Lezione introduttiva al corso
Corso di “Economia Industriale Internazionale”
Davide Arduini
1. Introduzione
Oggetto
 Lo scopo dell’Economia Industriale (da ora EI) è l’analisi del
sistema economico dal punto di vista dell’offerta, ossia delle
industrie
 Industrie: insiemi di imprese (manifatturiere e di servizi)
aggregate secondo criteri che vedremo nella sezione 7
“Quali confini per le industrie”
 In particolare, l’EI studia:
A) il funzionamento dei vari mercati
B) i comportamenti adottati dalle imprese
C) l’interdipendenza che, in alcuni mercati, si viene a
determinare tra le imprese
2
2. Differenze tra Economia Industriale e Microeconomia
 L’EI ha come punto di partenza, diversamente dall’analisi
microeconomica di base, l’ipotesi che nei mercati industriali
del mondo reale la concorrenza non è quasi mai perfetta
 In contrasto con l’analisi classica sugli aspetti della
concorrenza basati sul prezzo, l’EI riconosce la più ampia
natura della competizione nei mercati del mondo reale, in cui
un ruolo fondamentale è occupato anche dallo sviluppo dei
prodotti e dei processi produttivi, dal design, dalla
pubblicità, dalle strategie di investimento in Ricerca e
Sviluppo (da ora R&S), ecc …….
3
3. Le origini dell’EI (1)
 Per esigenze di sintesi studieremo solo tre scuole di
pensiero (due americane e una austriaca)
A) la scuola di Harvard (USA)
- basa il suo approccio sul tradizionale paradigma strutturacomportamenti-risultati
- sottolinea l’importanza della struttura di mercato e di
altre condizioni oggettive, in quanto rappresentano lo
strumento per identificare le più generali tendenze di
comportamento nei mercati
- enfatizza che l’EI deve principalmente studiare il ruolo e
gli effetti del potere monopolistico nelle strutture
industriali
4
3. Le origini dell’EI (2)
B) la scuola di Chicago (USA) si differenzia da quella di Harvard in
diversi aspetti
- dal punto di vista metodologico, in quanto gli autori di Chicago
basano molto di più l’analisi sulla teoria economica standard
(spesso con un riferimento astratto alla concorrenza perfetta)
- gli autori della scuola di Chicago sono spesso scettici rispetto
alle ipotesi ed agli argomenti proposti dagli autori di Harvard a
riguardo delle politiche pubbliche da adottare
- gli autori di Chicago utilizzano la tradizionale teoria classica
della formazione del prezzo per analizzare e criticare le varie
ipotesi che sono state avanzate in termini di politiche,
sottolineando in particolare, quando tali ipotesi cessano di
essere conformi con le assunzioni neoclassiche della
massimizzazione del profitto
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- gli autori di Chicago sono scettici agli interventi pubblici
nell’industria privata
3. Le origini dell’EI (3)
C) la scuola austriaca
- considera la concorrenza un processo dinamico che non può
essere analizzato che non può essere analizzato usando i modelli
economici convenzionali e statici
- sostiene che il profitto, piuttosto che essere un indicatore di
un possibile potere di monopolio, è in realtà una caratteristica
integrale del processo competitivo, e fornisce segnali essenziali
agli imprenditori in merito all’allocazione delle risorse
- guarda con scetticismo all’approccio basato sul paradigma
struttura-comportamenti-risultati e a gran parte dell’analisi
microeconomica neoclassica. Tuttavia il processo di analisi
alternativo che propone la scuola austriaca è abbastanza limitato
in termini di concetti e di teorie, e spesso rappresenta poco più
che un supporto politico per un economia di libero mercato
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4. Quali domande? (1)
A) Le imprese hanno Potere di Mercato (PM)? Come si misura?
B) Come si acquisisce e consolida il PM?
C) Quali sono le conseguenze del PM?
NB: il PM può essere definito come la capacità di fissare prezzi
superiori al costo (P > MC)
A)Le imprese hanno PM? Come si misura?
Ovvero: come si fa a capire se le imprese sono in grado di
estrarre un profitto positivo dalle attività produttive?
Indicatori usati:
A.1) differenza tra profitto medio di un’impresa e profitto
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medio dell’industria con N imprese (Harberger)
4. Quali domande? (2)
i 
dove
1 N
  i 1i
N
 l’impresa i ha potere di mercato
 Una misura analoga si può applicare per verificare se una
industria i ha potere di mercato all’interno di una economia
con N settori
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4. Quali domande? (3)
A.2) indice prezzo-costo (o indice di Lerner)
L
p  ci
i 
p
 dove p e c denotano il prezzo praticato dall’impresa (o il
prezzo medio praticato nell’industria) e il costo marginale
 La media dell’indice prezzo-costo di tutte le imprese
operanti in una industria (ponderate per la quota di mercato
di ciascuna impresa, si) è detto indice di Lerner e misura il
potere di mercato di una industria
N
Lj  
i 1
p  ci
p c
si

p
p
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4. Quali domande? (4)
 Le analisi empiriche hanno mostrato che mediamente il potere
di mercato è diverso tra industrie e tra imprese all’interno di
ciascuna industria
 Il che apre la strada alla seconda domanda
B) Come si acquisisce e consolida il PM?
 Detenere PM significa ottenere maggiori profitti
 Se non esistono barriere all’entrata, ci si può attendere che un
profitto positivo (o superiore al profitto medio) attiri l’entrata
di concorrenti, che riduce i profitti fino ad annullarli
l’impresa, già attiva nel mercato, vede ridursi il suo PM
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4. Quali domande? (5)
 Il potere di mercato si determina e si consolida:
- per legge (monopolio legale tramite brevetti, concessioni,
licenze, protezionismo)
- per caratteristiche dei costi e dimensione del mercato
(monopolio naturale)
- a causa di comportamenti strategici
• innovazione (anche senza protezione del brevetto può
determinare posizioni di monopolio)
• marketing/pubblicità
• deterrenza all’entrata
• cooperazione/collusione
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4. Quali domande? (6)
C) Quali sono le conseguenze del PM?
 equità: trasferimento di risorse dai consumatori ai produttori
 inefficienza allocativa: se c’è PM le risorse produttive in
genere sono allocate in modo tale che si produce (e consuma)
meno output di quanto i consumatori sarebbero disposti ad
acquistare
 inefficienza produttiva: se c’è PM è probabile che le risorse
vengano impiegate in modo più costoso a parità di output (curve
dei costi marginali più alte)
 rent seeking behaviour: spreco di risorse delle imprese per
influenzare le scelte politiche e garantirsi un elevato PM
 efficienza dinamica: se c’è PM si possono modificare nel
tempo la disponibilità di risorse, le tecniche di produzione
(spostamento delle curve di costo) e il tasso di introduzione di
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nuovi prodotti (variazione della combinazione di output)
5. Quale ruolo per la politica pubblica?
 in microeconomia l’intervento pubblico è giustificato solo dai
fallimenti del mercato
- beni pubblici, asimmetrie informative, esternalità
 in EI l’intervento pubblico si giustifica per:
- limitare le conseguenze negative del PM sulla collettività e in
particolare sui consumatori (regolamentazione, politiche antitrust e
politiche per l’industria)
- rafforzare la posizione competitiva di alcune imprese/settori
(politica industriale)
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6. Approcci all’EI (1)
A) Paradigma struttura-condotta-performance
B) Approcci alternativi
A) Paradigma struttura-condotta-performance
 Il paradigma enfatizza i legami tra la struttura ed il
comportamento di mercato nel determinare i risultati
economici (performance) che si realizzano nelle varie
industrie
 Esiste una relazione biunivoca tra:
Struttura (S)
numero di
concorrenti/acquirenti,
Concentrazione,
barriere all’entrata,
standard
produttivi/tecnologici
Condotte (C)
strategie di prezzo,
R&S,
pubblicità e
differenziazione,
cooperazione,
internazionalizzazione
Performance (P)
redditività/produttività,
potere di mercato,
innovazione,
crescita,
efficienza (allocazione
delle risorse) 14
6. Approcci all’EI (2)
Esempi di performance che influenzano la struttura (P
S)
 Alta profittabilità attira nuove imprese e riduce la concentrazione
 Bassa profittabilità induce alcune imprese ad uscire dal mercato e
aumenta la concentrazione
 L’innovazione crea monopolio naturale
Esempi di mercato
competitivi
concentrato
che
favorisce
comportamenti
 Mercati concentrati rendono possibile R&S su larga scala e
migliorano le performance innovative
 In mercati concentrati si possono avere prezzi bassi per: i.) guerre
di prezzo per il mantenimento/controllo del mercato; ii.) effetto di
introduzione di nuove tecnologie
 Mercati concentrati possono favorire la cooperazione tra imprese
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(non-collusiva), che può dar luogo ad innovazione tecnologica
6. Approcci all’EI (3)
Esempi di strategie (comportamenti) che influenzano la
struttura (C
S)
 R&S volta all’innovazione di prodotto apre nuovi mercati,
mette in discussione quelli esistenti e crea posizioni di potere
di mercato e aumenta la concentrazione
 R&S volta all’innovazione di processo abbassa i costi e i
prezzi degli innovatori, ne aumenta il potere di mercato,
costringe i non innovatori ad uscire dal mercato
 Strategie predatorie rendono non profittevole l’entrata sul
mercato, conservando mercati concentrati
 Accumulo di capacità produttiva in eccesso può
rappresentare una minaccia credibile che l’incumbent renderà
non profittevole l’entrata, riducendo il numero di imprese
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attive sul mercato
6. Approcci all’EI (4)
B) Approcci alternativi
 A partire dalla metà degli anni ’80 si sono sviluppati diversi filoni
che propongono approcci alternativi all’EI rispetto al paradigma SCP
 Enfasi sul processo concorrenziale (da statica comparata ad analisi
dinamica)
 Enfasi sul comportamento strategico come causa di cambiamento
della struttura
Principali filoni di analisi
 New Industrial Organization (NIO): deterrenza e barriere
strategiche, selezione all’entrata, comportamento rent seeking
 Evolutivi e Neo-schumpteriani: strategie innovative
condizioni di monopolio temporaneo con effetti cumulativi
creano
 Neo-istituzionalisti: scelte di corporate governance e allocazione
del potere di mercato delle imprese e degli stakeholder
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7. Quali confini per le industrie (1)
Industria
 attenzione alle accezioni troppo ampie o scorrette di
“industria”:
- Accezione troppo ampia: identificare industria con l’intero
settore manifatturiero
- Accezione scorretta: identificare industria con impresa (es.
grande industria = grande impresa)
Criteri di aggregazione delle imprese
A) relazione prezzo/quantità
 si può definire l’industria produttrice del bene X, diversa da
quella produttrice del bene Y se la quantità domandata di X
non dipende dal prezzo di Y e viceversa
 questo è vero se l’elasticità incrociata è nulla
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7. Quali confini per le industrie (2)
dQx Qx
x, y 
/
0
dPy Py
 L’industria dell’auto è diversa dall’industria delle caramelle
perché una variazione del prezzo delle caramelle non influisce
sulla domanda di auto
 Ma questo criterio non distingue tra:
- industrie produttrici di beni sostituti (es. plastica e alluminio)
per le quali
dQx Qx
x, y 
/
0
dPy Py
19
7. Quali confini per le industrie (3)
- industrie produttrici di beni complementari (es. computer e
stampanti) per le quali
dQx Qx
x, y 
/
0
dPy Py
 In entrambi i casi il criterio prezzo/quantità porterebbe a
concludere che le industrie X e Y non sono diverse.
 Quindi, il criterio prezzo/quantità non è adatto a distinguere
industrie diverse ma interdipendenti dal punto di vista
tecnologico o di mercato
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7. Quali confini per le industrie (4)
B) criterio della base tecnologica
 identifica le industrie in funzione di:
- caratteristiche delle tecnologie impiegate
- dinamiche e struttura dei costi
- interdipendenze e complementarità tra processi produttivi
- tipo e ventaglio di competenze e attori coinvolti
es. filiera elettronica vs. filiera chimica
C) criterio storico-culturale
 identifica le industrie sulla base di fattori istituzionali,21
sociali e geopolitici
7. Quali confini per le industrie (5)
Fattori istituzionali/sociali/geopolitici
Sistema di norme formali e informali, di processi di
implementazione, di organizzazioni preposte ad attuarle
influenza sulle industrie
es. distretti industriali, sistemi innovativi nazionali
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7. Quali confini per le industrie (6)
 In definitiva: il criterio di definizione di una industria
dipende dagli obiettivi dell’analisi. Una buona analisi dovrebbe
combinare i 3 criteri
Criterio di
aggregazione
Applicazione
Focus
Tipo di
analisi
P/Q
Industrie non
interdipendenti
Relazioni di
mercato
Quantitativa
Base tecnologica
Filiere industriali
interdipendenti
Caratteristiche
ed evol. tecnologia
Quali quantitativa
Storico/culturale
Distretti, Sistemi Innovativi
Nazionali o Settoriali
Caratteristiche
ed evol. istituzioni
Quali quantitativa
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7. Quali confini per le industrie (7)
Esempi di aggregazioni di industrie
A) Per classi merceologiche (es. ATECO-NACE)
…
…
17
Industrie tessili
171
1711
Preparazione e filatura di fibre tipo cotone
1712
Preparazione e filatura di fibre tipo lana cardata
17121
Preparazione delle fibre di lana e assimilate, cardatura
17122
Filatura della lana cardata e di altre fibre tessili a taglio laniero
1713
Preparazione e filatura di fibre tipo lana pettinata
17131
Pettinatura e ripettinatura delle fibre di lana e assimilate
17132
Filatura della lana pettinata e delle fibre assimilate; preparazioni in gomitoli e matasse
1714
Preparazione e filatura di fibre tipo lino
1715
Torcitura e preparazione della seta (inclusa quella di cascami) e torcitura e testurizzazione di filati sintetici
o artificiali
1716
Preparazione di filati cucirini
1717
Attività di preparazione e di filatura di altre fibre tessili
172
…
Preparazione e filatura di fibre tessili
Tessitura di materie tessili
…
24
7. Quali confini per le industrie (8)
B) Per Intensità tecnologica (OCSE)
High technology
Aerospace, Computers, office machinery, Electronics,
communications, Pharmaceuticals
Medium-high
technology
Scientific instruments, Motor vehicles, Electrical machinery,
Chemicals, Other transport equipment, Non-electrical
machinery
Medium-low
technology
Rubber and plastic products, Shipbuilding, Other
manufacturing, Non-ferrous metals, Non-metallic mineral
products, Fabricated metal products, Petroleum refining,
Ferrous metal
Low technology
Paper printing, Textile and clothing, Food, beverages and
tobacco, Wood and furniture
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7. Quali confini per le industrie (9)
C.1)
Per caratteristiche istituzionali: dimensione di impresa,
obiettivi e fonti dell’innovazione, appropriabilità dei
risultati e barriere all’entrata (Pavitt, 1984)
Settori tradizionali (Supplier
dominated)
Tessile, abbigliamento, calzature, alimentari
Settori Specializzati (Specialised
Suppliers)
Meccanica strumentale, Macchinari, Strumenti di precisione
Settori ad alta intensità di scala
(Scale intensive)
Siderurgia, Auto, Beni di consumo durevole
Settori basati sulla scienza (Science
based)
Elettronica, Farmaceutica, Chimica Fine, Aeronautica
26
7. Quali confini per le industrie (10)
C.2) La tassonomia di Pavitt (1984)
Settori
tradizionali
(Supplier dominated)
Settori
Specializzati
(Specialised
Suppliers)
Settori ad
alta intensità
di scala
(Scale intensive)
Settori
basati sulla scienza
(Science based)
Dimensione
d’impresa
Medio-Piccola
Medio-Piccola
Medio-Grande
Sia GI che PMI
Obiettivo
dell’innovazione
Rid. Costi
Miglioramento
performance,
affidabilità
e customizzazione
Rid. Costi
(Δ proc/prod,
ec. Scala)
Nuovi
prodotti/processi
Fonte
dell’innovazione
Esterna
(fornitori)
Apprendimento
dall’uso
Appropriabilità
dei risultati
Scarsa
(imitazione)
Elevata
(conosc. tacite)
Barriere
all’entrata
Basse
Medie
Settori
Esterna
Esterna (fornitori)
(interaz con utilizzatore)
Interna (R&S)
Interna
(apprendimento)
Tessile, abbigliamento, Meccanica strumentale,
calzature, alimentari
Macchinari,
Strumenti di precisione
Interna (R&S)
Esterna
(partnerships)
Media
Elevata
(brevetti/segretezza (brevetti, innovazione
)
continua)
Alte
Siderurgia, Auto,
Beni di consumo
durevole
Alte
Elettronica,
Farmaceutica,
Chimica Fine,
Aeronautica 27
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