STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 1
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Sur la faculté de penser (1796)
Preferirei dunque di gran lunga che si adottasse il nome
di ideologia o scienza delle idee. E’ molto saggio che non
si presupponga niente di ciò che è dubbio o sconosciuto;
essa non rammenta allo spirito alcuna idea di causa. Il
suo significato è molto chiaro per tutti, se non si
considera che quello della parola francese idea; perché
ognuno sa che cosa intende con un’idea, sebbene pochi
sappiano ciò che essa è. E’ rigorosamente esatto in questa
ipotesi; perché ideologia è la traduzione letterale di
scienza delle idee.
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Docente Prof. Scuccimarra
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Sur la faculté de penser (1796)
Ed è altrettanto esatto, se si fa riferimento all’etimologia
greca della parola idea: perché il verbo eido vuol dire, io
vedo, io percepisco, io percepisco attraverso la vista, e
persino io so, io conosco. (…) Or, poiché di eido noi
abbiamo fatto idea per esprimere una percezione in
generale, possiamo ben farne ideologia per esprimere la
scienza che tratta delle idee o percezioni…
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Antoine L.C. Destutt de Tracy
Sur la faculté de penser (1796)
Ed è altrettanto esatto, se si fa riferimento all’etimologia
greca della parola idea: perché il verbo eido vuol dire, io
vedo, io percepisco, io percepisco attraverso la vista, e
persino io so, io conosco. (…) Or, poiché di eido noi
abbiamo fatto idea per esprimere una percezione in
generale, possiamo ben farne ideologia per esprimere la
scienza che tratta delle idee o percezioni…
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Docente Prof. Scuccimarra
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Sur la faculté de penser (1796)
Questa parola ha un altro vantaggio ed è che dando il
nome di ideologia alla scienza che risulta dall’analisi
delle sensazioni, voi indicate allo stesso tempo il fine e
il mezzo: e se la vostra dottrina si trova a differire da
quella di qualche altro filosofo che coltiva la stessa
scienza, la ragione la conosciamo prima: è che voi non
cercate la conoscenza dell’uomo che nelle analisi delle
sue facoltà; vi potete permettere di ignorare tutto ciò che
non scoprirete…
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Antoine L.C. Destutt de Tracy
Elements d’idéologie (1804)
Non si ha una conoscenza completa di un animale, se non si
conoscono le sue facoltà intellettuali. L’ideologia è una parte
della zoologia, ed è soprattutto nell’uomo che questa parte è
importante e merita di essere approfondita.
(…) Ho tentato di offrire una descrizione esatta e
circostanziata delle nostre facoltà intellettuali, dei loro
principali fenomeni, e delle loro più rilevanti circostanze; in
una parola dei veri e propri elementi di ideologia. E senza
soffermarmi sulle difficoltà dell’impresa, non ne ho visto
che l’utilità…
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Docente Prof. Scuccimarra
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Elements d’idéologie, Introduction (1804)
A voi mi rivolgo, o giovani, e per voi soli scrivo. Non pretendo
affatto di dare degli insegnamenti a quelli che sanno già molte cose
e le sanno bene: a loro chiederei lumi invece di offrirgliene. E
quanto a coloro che le sanno male, vale a dire che avendo un gran
numero di conoscenze ne hanno tratto dei risultati falsi di cui si
credono molto sicuri, e a quelli sono attaccati da un lunga
abitudine, io sono ancor più lungi da presentar loro le mie idee;
poiché, come ha detto uno dei più grandi filosofi moderni; «Una
volta che gli uomini abbiano acquisito delle opinioni false e le
abbiano autenticamente registrate nei loro spiriti, è impossibile sia
parlare loro in modo intellegibile quanto scrivere in modo leggibile
su un foglio di carta già sporco di scrittura».
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Docente Prof. Scuccimarra
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Elements d’idéologie, Introduction (1804)
Nulla di più giusto di questa osservazione di Hobbes. Forse vedremo presto
assieme la ragione di questo fatto; ma intanto la potete tenere per certa. Io sarei
altresì molto sorpreso se la vostra piccola esperienza personale, per quanto poco
estesa possa essere, non ve ne abbia già offerto la prova. Comunque sia, la prima
volta che a qualche vostro compagno accadrà di ostinarsi in una idea la quale a tutti
gli altri sembri assurda, osservatelo attentamente e vedrete che egli è in una
disposizione mentale tale che gli è impossibile comprendere le ragioni che a voi
altri sembrano chiarissime. E’ che quelle stesse idee si sono preventivamente messe
nella sua testa con tutt’altro ordine che quello con cui si sono messe nelle vostre; e
che sono congiunte a moltissime altre, le quali bisognerebbe smuovere dal posto
che tengono nella sua mente, volendo rettificare quelle in cui tanto si ostina. In
un’altra occasione gli concederete forse la rivincita. Ebbene amici miei è nello
stesso modo che ci attacca ad un falso sistema di filosofia e ad una falsa
combinazione in un gioco d’infanzia.
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Docente Prof. Scuccimarra
Antoine L.C. Destutt de Tracy
Elements d’idéologie, Introduction (1804)
E’ per preservarvi dall’una e dall’altro che in questo libro voglio non già
insegnarvi, ma farvi notare tutto quello che succede in voi medesimi quando
pensate, parlate e ragionate. Aver delle idee, esprimerle, combinarle sono tre
cose differenti, ma strettamente legate insieme. Queste tre operazioni si
trovano in ogni minima frase; e sono sì unite insieme, e si eseguono con tanta
prontezza e si rinnovano tante volte in un giorno, in un’ora, in un momento,
che quasi pare a prima vista cosa impossibile a comprendere come ciò possa
accadere in noi. Tuttavia vedrete presto che questo meccanismo non è così
complicato come potreste credere. Per vederlo chiarito è sufficiente esaminarlo
in dettaglio; e già sentirete che è necessario conoscerlo per essere certi di farsi
delle idee vere, di esprimerle con esattezza e di combinarle con giustezza; tre
condizioni senza le quali non si ragiona che a caso. Studiamo dunque assieme
la nostra intelligenza…
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Docente Prof. Scuccimarra
Pierre Bayle
Dictionnaire historique et critique (1695)
La ragione umana» è un principio di
distruzione, non di edificazione; essa
serve a formare dubbi e a volgersi a
dritta e a manca in una interminabile
disputa.
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Docente Prof. Scuccimarra
Pierre Bayle
Dictionnaire historique et critique (1695)
E’ la libertà che regna nella République des lettres.
Questa repubblica è uno Stato straordinariamente libero.
Non vi si riconosce che l’impero della verità e della
ragione; e sotto i loro auspici si fa innocentemente
guerra a chiunque. Gli amici devono stare in guardia
contro gli amici, i padri contro i loro figli, i suoceri
contro i loro generi: proprio come in un secolo di ferro.
(…) Ciascuno è allo stesso tempo sovrano e
condannabile da ciascuno…
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Docente Prof. Scuccimarra
Encyclopédie, Voce “Critique”
Il lettore necessita di una guida morale. «Questa
guida sarà una critica capace di distinguere la verità
dall’opinione, il diritto dall’autorità, il dovere
dall’interesse, la virtù dalla gloria, in una parola di
ridurre l’uomo, quale che sia stato, alla condizione
di cittadino, condizione che è la base della legge, la
regola dei costumi, e da cui nessun uomo o società
ebbe mai diritto di ribellarsi».
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Immanuel Kant
Kritik der reinen Vernunft (1781)
Il tempo nostro è proprio il tempo della critica,
cui tutto deve sottostare. Vi si vogliono
comunemente sottrarre la religione per la santità
sua e la legislazione per la sua maestà: così esse
lasciano adito a giusti sospetti, e non possono
pretendere quella non simulata stima, che la
ragione concede solo a ciò che ha saputo
resistere al suo libero e pubblico esame.
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Napoleone Bonaparte
Discorso al Consiglio di Stato (1812)
E’ alla dottrina degli ideologi, a questa metafisica
ossessiva, che cerca in modo artificioso le cause
prime, e che su queste fondamenta vorrebbe
erigere la legislazione dei popoli, invece di
adattare le leggi alla conoscenza del cuore
umano e alle lezioni della storia, che vanno
attribuite tutte le disgrazie che si sono abbattute
sulla nostra amata Francia.
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STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 2
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Fenomenologia dello Spirito (1806-7),
Prefazione:
Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto
mercé l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende
dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma
altrettanto decisamente come soggetto (…), ciò che è poi lo
stesso, è l’essere che in verità è effettuale, ma soltanto in
quanto la sostanza è il movimento del porre se stesso, o in
quanto essa è la mediazione del divenir-altro-da-sé con se
stesso (…). Il vero è il divenire di se stesso, il circolo che
presuppone e ha all’inizio la propria fine come proprio fine, e
che solo mediante l’attuazione e la propria fine è effettuale.
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Fenomenologia dello Spirito (1806-7),
Prefazione:
(…) Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto
l’essenza che si completa mediante il suo
sviluppo. Dell’Assoluto si deve dire che esso è
essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò
che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua
natura, nell’essere effettualità, soggetto o
divenir-se-stesso.
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Fenomenologia dello Spirito (1806-7),
Prefazione:
(…) Che il vero sia effettuale solo come sistema,
o che la sostanza sia essenzialmente Soggetto,
ciò è espresso in quella rappresentazione che
enuncia l’Assoluto come Spirito – elevatissimo
concetto appartenente all’Età moderna e alla sua
religione.
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Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
(1817):
Il “sopprimere” è una determinazione fondamentale che
si manifesta ad ogni istante, di cui bisogna afferrare il
senso con precisione e che si deve soprattutto
distinguere bene dal nulla. Ciò che si sopprime (o si
supera) non diventa nulla per questo: Il nulla è
immediato; una cosa soppressa invece è mediata; essa è
un non-essendo, ma, in quanto risultato che è sorto da
un essere; essa quindi ha ancora in sé la determinazione
da cui proviene.
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Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
(1817):
Aufheben ha nella lingua un doppio senso: quello di conservare e
quello di far cessare, di porre un termine. Conservare ha
d’altronde un significato negativo, cioè per conservare qualcosa
bisogna che gli si tolga la sua immediatezza, che gli si sopprima
la sua esistenza, così che essa è sottomessa alle condizioni
esterne. In questo modo ciò che viene soppresso è nello stesso
tempo conservato, avendo perso solo la sua esistenza immediata,
senza essere per questo annientato. Sul piano semantico, le due
determinazioni di aufheben possono essere considerate significati
della stessa parola. E’ sorprendente che una lingua sia giunta a
usare una sola parola per due significati opposti.
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Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
(1817):
(…) Una cosa è soppressa (superata) nella
misura in cui essa è realizzata in unità con il suo
opposto: in questa determinazione, la Cosa
superata appare come riflessa e può essere
designata come «momento»…
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Scienza della logica (1812-16):
L’unico punto, per ottenere il progresso scientifico – e
intorno alla cui semplicissima intelligenza bisogna
essenzialmente adoprarsi, - è la conoscenza di questa
proposizione logica, che il negativo è insieme anche
positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve
nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente
solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a
dire che una tal negazione non è una negazione qualunque,
ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve, ed
è perciò negazione determinata.
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Scienza della logica (1812-16):
Bisogna, in altre parole, saper conoscere che nel risultato
essenzialmente contenuto quello da cui esso risulta; - il che è
propriamente una tautologia, perché, se no, sarebbe un immediato, e
non un risultato. Quel che risulta, la negazione, in quanto è negazione
determinata, ha un contenuto. Cotesta negazione è un nuovo concetto,
ma un concetto che è superiore e più ricco che non il precedente. Essa è
infatti divenuta più ricca di quel tanto ch’è costituito dalla negazione, o
dall’opposto di quel concetto. Contiene dunque il concetto precedente,
ma contiene anche di più, ed è l’unità di quel concetto e del suo
opposto. – Per questa via deve il sistema dei concetti, in generale,
costruir se stesso – e completarsi per un andamento irresistibile, puro,
senz’accoglier nulla dal di fuori.
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Scienza della logica (1812-16):
(…) Un tal metodo non è nulla di diverso dal suo oggetto e
contenuto; - poiché è il contenuto in sé, la dialettica che il contenuto
ha in lui stesso, quella che lo muove. E’ chiaro che nessuna
esposizione può valere come scientifica, la quale non segua
l’andamento di questo metodo e non si uniformi al suo semplice
ritmo, poiché è l’andamento della cosa stessa. (…) Quello per cui
il concetto si spinge avanti è quel negativo, dianzi accennato, che ha
in sé; cotesto è il vero elemento dialettco. La dialettica, che venne
trattata come una parte separata della logica e che, quanto al suo
scopo e al suo punto di vista, rimase, si può dire, interamente
disconosciuta, acquista con ciò una ben altra dignità…
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Scienza della logica (1812-16):
(…) La contraddizione (…) è la radice di ogni movimento e
vitalità; qualcosa si muove, ha un istinto e un’attività, solo in
quanto ha in se stesso una contraddizione. (…) La comune
esperienza riconosce che si dà una quantità di cose
contraddittorie, di contraddittorie disposizioni, ecc., la cui
contraddizione non sta semplicemente in una riflessione esteriore,
ma in loro stesse. E la contraddizione non è poi da prendere
semplicemente come un’anomalia che si mostri solo qua e là, ma
è il negativo nella sua determinazione essenziale, il principio di
ogni muoversi, muoversi che non consiste se non in un esplicarsi
e mostrarsi della contraddizione…
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Il sistema filosofico di Hegel
Logica
Idea in sé e per sé=
Puro pensiero (tesi)
Filosofia della natura
Idea fuori di sé=
Natura (antitesi)
Filosofia dello spirito
Idea che ritorna in sé=
Spirito (sintesi)
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Il sistema filosofico di Hegel
Logica
Dottrina dell’essere
Dottrina dell’essenza
Dottrina del concetto
Filosofia della natura
Meccanica
Fisica
Organica
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Il sistema filosofico di Hegel
Filosofia dello Spirito
Spirito soggettivo
Antropologia
Fenomenologia
Psicologia
Spirito oggettivo
Diritto
Moralità
Eticità
Spirito assoluto
Arte
Religione
Filosofia
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Il sistema filosofico di Hegel
Eticità
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Famiglia
Società civile
Stato
Lineamenti di filosofia del diritto
Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che
esso è il fine, e quelli sono i suoi strumenti. Peraltro tale
rapporto generale di fine a mezzo non è in questo caso
adeguato. Lo Stato non è infatti una realtà astratta che si
contrapponga ai cittadini; bensì essi sono momento come
nella vita organica, in cui nessun membro è fine e
nessuno è mezzo, (§ 258 A).
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Lezioni di filosofia della storia
Si può chiamare astuzia della ragione il fatto che
quest’ultima faccia agire per sé le passioni, e che
quanto le serve di strumento per tradursi in
esistenza abbia da ciò scapito e danno (I, 97)
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezioni di filosofia della storia
Questi sono i grandi uomini della storia, quelli i cui propri
fini particolari contengono il sostanziale, che è volontà
dello spirito del mondo. Questo contenuto è la loro vera
potenza, esso è nell’universale istinto inconsapevole degli
uomini. Essi sono spinti a ciò intimamente, e non hanno
altro modo di resistere a colui che ha assunto, nel proprio
interesse, l’esecuzione di un tale fine. I popoli piuttosto si
uniscono intorno alla sua bandiera: egli svela loro e reca in
atto quel che era impulso immanente della loro natura.
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Docente Prof. Scuccimarra
Epistolario
Ho visto l’imperatore – quest’Anima del mondo
– cavalcare in ricognizione attraverso la città; è
davvero una sensazione meravigliosa vedere un
tale individuo, che concentrato qui in un punto,
dritto su di un cavallo, conquista il mondo intero
e lo domina.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
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Epistolario
Gli avvenimenti più universali (…) mi suscitano le più universali
considerazioni, che mi riportano nella sfera del pensiero i particolari
singoli e prossimi, per quanto questi possano interessare il sentimento.
Io considero che lo Spirito del mondo ha dato al tempo la parola
d’ordine di avanzare; un tale comando è obbedito; questo essere si
avanza irresistibile come una falange corazzata, in ordine chiuso, e con
il movimento impercettibile del sole, attraverso ogni ostacolo;
innumerevoli truppe leggere si muovono nell’uno e nell’altro senso, e la
maggior parte di esse non sa neppure di che si tratta e non fa che
incassare colpi che provengono come da una mano invisibile. Tutte le
millanterie temporeggiatrici (…) a nulla servono; (…) Il partito più
sicuro (interiormente ed esteriormente) è quello di osservare questo
gigante che si avanza…
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Lezioni di filosofia della storia
La bandiera dello spirito libero (…) è la bandiera
sotto cui serviamo e che teniamo alta. Il tempo,
da allora fino a noi, non ha avuto e non ha altra
opera da compiere all’infuori di quella di
incorporare questo principio nel mondo (IV, 151)
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Lezioni di filosofia della storia
Sembra che allo spirito del mondo sia ora riuscito di
sbarazzarsi da ogni essenza estranea e oggettiva, e di
cogliersi infine come Spirito assoluto, di generare da sé
ciò che gli diviene oggettivo e, comportandosi con
calma, di tenerlo in suo potere.
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Docente Prof. Scuccimarra
Lezioni di filosofia della storia
Sin qui è giunto lo spirito del mondo. L’ultima filosofia è
il risultato di tutte le precedenti; nulla è perduto, tutti i
principi sono conservati. Questa idea concreta è il
risultato degli sforzi dello spirito attraverso quasi 2500
anni (…) del suo più serio lavoro per diventare oggettivo
a se stesso e per conoscersi: Tantae molis erat se ipsam
cognoscere mentem (parafrasi virgiliana).
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STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
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Lezione n. 3
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Filosofia del diritto, Prefazione
La filosofia, poiché è lo scandaglio del razionale,
appunto per ciò che è l’apprendimento di ciò ch’è
presente e reale, non la costruzione di un al di là, che sa
Dio dove dovrebbe essere, - o del quale di fatto si sa ben
dire dov’è, cioè nell’errore di un vuoto, unilaterale
raziocinare…
Ciò che è razionale è reale:
e ciò che è reale è razionale.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Filosofia del diritto, Prefazione
In questa convinzione sta ogni coscienza non prevenuta, e così
pure la filosofia, e questa procede di qui nella considerazione
così dell’universo spirituale, come di quello naturale. Se la
riflessione, il sentimento o qualsiasi forma abbia la coscienza
soggettiva, riguarda il presente per un qualcosa di vano, è al di
là di esso, e giudica da saccente, esso si ritrova in uno spazio
vano, e giacché essa ha realtà soltanto nel presente, così essa
stessa è soltanto vanità. Se d’altro verso l’idea passa per ciò
ch’è soltanto un’idea, una rappresentazione in un’opinione, la
filosofia al contrario procura l’intellezione che nulla è reale al
di fuori dell’idea.
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Filosofia del diritto, Prefazione
Quel che importa allora è conoscere, nella parvenza di
ciò ch’è temporale e transeunte, la sostanza che è
immanente e l’eterno che è presente. Poiché il razionale,
che è sinonimo dell’idea, allorché esso nella sua realtà
entra in pari tempo nell’esistenza esterna, vien fuori in
un’infinita ricchezza di forme, fenomeni e configurazioni,
e circonda il suo nucleo con la scorza variopinta nella
quale la coscienza dapprima dimora, che soltanto il
concetto trapassa, per trovare il polso interno e pur nelle
configurazioni esterne sentirlo ancora battere…
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Filosofia del diritto, Prefazione
…Così, dunque, questo trattato, in quanto contiene la
scienza dello Stato, dev’essere null’altro, se non il
tentativo d’intendere e presentare lo Stato come cosa
razionale in sé. In quanto scritto filosofico, esso deve
restare molto lontano dal dover costruire uno Stato come
dev’essere; l’ammaestramento che può trovarsi in esso
non può giungere a insegnare allo Stato come deve
essere, ma, piuttosto, in quale modo esso deve esser
riconosciuto come universo etico.
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Filosofia del diritto, Prefazione
…Intendere ciò che è, è il compito della filosofia,
poiché ciò che è, è la ragione. Del resto, per quel che
si riferisce all’individuo, ciascuno è, senz’altro,
figlio del suo tempo; e anche la filosofia è il proprio
tempo appreso col pensiero. E’ altrettanto folle
pensare che una qualche filosofia precorra il suo
mondo attuale, quanto che ogni individuo si lasci
indietro il suo tempo, e salti oltre…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
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Filosofia del diritto, Prefazione
Ciò che sta tra la ragione come spirito autocosciente, e la ragione
come realtà presente, ciò che differenzia quella ragione da questa ed
in essa non lascia trovare l’appagamento, è l’impaccio di qualche
astrazione, che non si è liberata, e non si è fatta concetto.
Riconoscere la ragione come la rosa, nella croce del presente, e
quindi godere di questa – tale riconoscimento razionale è la
riconciliazione con la realtà, che la filosofia consente a quelli, i
quali hanno avvertito, una volta, l’interna esigenza di comprendere e
di mantenere, appunto, la libertà soggettiva in ciò che è sostanziale, e
al modo stesso, di stare nella libertà soggettiva, non come in
qualcosa di individuale e di accidentale, ma in qualcosa che è in sé e
per sé.
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Filosofia del diritto, Prefazione
(…) Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come
dev’essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come
pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo
che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e
fatta. Questo, che il concetto insegna, la storia mostra, appunto,
necessario: che, cioè, prima l’ideale appare di contro al reale, nella
maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo medesimo,
colto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale. Quando
la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è
invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma
soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far
del crepuscolo.
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STORIA DEL PENSIERO POLITICO
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Lezione n. 5
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
K. Marx, Undicesima tesi su Feuerbach
I filosofi hanno solo interpretato il
mondo in modi diversi; si tratta però
di mutarlo.
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K. Marx, L’ideologia tedesca
Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi,
intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio,
dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della
loro testa sono diventati più forti di loro. Essi, i creatori, si sono
inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle
idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui
giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei
pensieri. Insegniamo loro a sostituire queste immaginazioni con pensieri
che corrispondano all’essenza dell’uomo, dice uno; a comportarsi
criticamente verso di esse, dice un altro; a togliersele dalla testa, dice un
terzo, e la realtà ora esistente andrà in pezzi.
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K. Marx, L’ideologia tedesca
Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna
filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal
pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli
stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua criminosa
spregiudicatezza. Il primo volume di questa pubblicazione ha lo scopo
di smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono
considerate, di mostrare come esse altro non fanno che tener dietro, con
i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate di
questi filosofici esegeti rispecchino semplicemente la meschinità delle
reali condizioni tedesche. Essa ha lo scopo di mettere in ridicolo e di
toglier credito alla lotta filosofica con le ombre della realtà, che va a
genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco…
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K. Marx, L’ideologia tedesca
I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari, non
sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può
astrarre solo nell’immaginazione. Essi sono gli individui
reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di
vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti
quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi
presupposti sono dunque constatabili per via puramente
empirica.
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K. Marx, L’ideologia tedesca
Il primo presupposto di tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza di
individui umani viventi. Il primo dato di fatto da constatare è dunque
l’organizzazione fisica di questi individui e il loro rapporto, che ne consegue,
verso il resto della natura. Qui naturalmente non possiamo addentrarci
nell’esame né della costituzione fisica dell’uomo stesso, né delle condizioni
naturali trovate dagli uomini, come le condizioni geologiche, oro-idrografiche,
climatiche, e così via. Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi
naturali e dalle modifiche da esse subite nel corso della storia per l’azione degli
uomini.
Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la
religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli
animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un
progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica. Producendo i
loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa
vita materiale.
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K. Marx, L’ideologia tedesca
Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza
dipende prima di tutto dalla natura dei mezzi di sussistenza che
essi trovano e che debbono riprodurre. Questo modo di
produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione
dell’esistenza fisica degli individui; anzi, esso è già un modo
determinata dell’attività di questi individui, un modo determinato
di estrinsecare la loro vita, un modo di vita determinato. Come gli
individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono
coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che
producono quanto col modo come producono. Ciò che gli
individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della
loro produzione.
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K. Marx
Il compito della storia, una volta scomparso l’al di là della
verità, consiste quindi nello stabilire la verità dell’al di
qua. Compito della filosofia, che è al servizio della storia, è
lo smascheramento, dopo che la figura sacra
dell’estraneazione dell’uomo è già stata smascherata,
dell’autoestraneazione dell’uomo nelle figure non-sacre.
La critica del cielo si trasforma quindi nella critica della
terra, la critica della religione nella critica del diritto, la
critica della teologia nella critica della politica.
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Docente Prof. Scuccimarra
K. Marx
Noi siamo i compagni filosofici del presente, senza esserne
i compagni storici. La filosofia tedesca è il prolungamento
ideale della storia tedesca… Ciò che presso i popoli
progrediti è lo sfacelo pratico delle condizioni politiche
moderne, è rappresentato in Germania, dove queste
condizioni non esistono neppure ora, anzitutto dallo
sfacelo critico del rispecchiamento filosofico di queste
condizioni. La filosofia tedesca del diritto e dello Stato è
l’unica storia tedesca che possa stare alla pari con la
situazione ufficiale del mondo moderno.
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K. Marx
Il popolo tedesco deve quindi confrontare questa sua storia di
sogno con le sue condizioni attuali, e sottomettere alla critica
non soltanto queste ultime, ma anche la loro astratta
continuazione. Il suo avvenire non può limitarsi né alla
negazione immediata delle sue condizioni reali, né alla
immediata realizzazione delle sue concezioni politiche e
giuridiche ideali, poiché esso già possiede nelle sue
concezioni ideali la negazione immediata delle sue
condizioni reali, ed ha già quasi vissuto anticipatamente,
vedendola concretamente nei popoli vicini, la realizzazione
immediata delle sue concezioni ideali.
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K. Marx
Questo modo di considerare le cose non è privo di
presupposti. Esso dipende dai presupposti reali, e non li
abbandona neppure un istante. I suoi presupposti sono gli
uomini, non però in una qualsiasi compiutezza o fissità
fantastica, ma nel loro reale… processo di sviluppo sotto
determinate condizioni. Non appena viene rappresentato
questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una
raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi,
pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di
soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.
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Marx, Critica del diritto pubblico
hegeliano (1843)
Il lato più profondo di Hegel sta nel fatto di aver
sentito come un contrasto la separazione della
società civile da quella politica. Negativo è
peraltro il fatto che egli si accontenti di avere
apparentemente dissolto questo contrasto.
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Marx, Critica del diritto pubblico
hegeliano (1843)
Per comportarsi quindi come un vero cittadino dello Stato, per
acquistare importanza ed efficacia politiche, egli deve uscire dalla
sua realtà civile, deve astrarsene e rientrare nella propria
individualità, abbandonando tutta questa organizzazione; l’unica
esistenza infatti che egli trova, per essere cittadino dello Stato, è la
sua individualità nuda e cruda, poiché l’esistenza dello Stato in
quanto governo può fare a meno dell’individuo, e la sua esistenza
nella società civile prescinde da quella dello Stato. Egli può essere
cittadino dello Stato solo come individuo, e in contrasto con queste
uniche comunità sussistenti. La sua esistenza come cittadino dello
Stato è un’esistenza estranea alla sua esistenza come uomo sociale, è
cioè un’esistenza puramente individuale.
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Marx, Critica del diritto pubblico
hegeliano (1843)
I droits de l’homme, cioè i diritti dell’uomo, sono come
tali distinti dai droits du citoyen, cioè dai diritti del
cittadino. Ma chi è l’homme distinto dal citoyen? Nessun
altro fuorché il membro della società borghese. Perché
dunque il membro della società borghese diventa un
uomo, l’uomo semplicemente, è perché i suoi diritti sono
chiamati diritti dell’uomo? Come ci spieghiamo questo
fatto? Certo in base al rapporto tra Stato politico e
società borghese, cioè in base alla natura
dell’emancipazione (soltanto) politica.
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STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
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Lezione n. 6
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
K. Marx, L’ideologia tedesca
La divisione del lavoro offre anche il primo esempio del
fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società
naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra
interesse particolare e interesse comune, fin tanto che
l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma
naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una
potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga,
invece di essere da lui dominata.
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Docente Prof. Scuccimarra
K. Marx, L’ideologia tedesca
Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha un
sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e
dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o
critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere,
laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera
di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a
piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal
modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani
quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la
sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien
voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né
critico.
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K. Marx, L’ideologia tedesca
Questo fissarsi dell’attività sociale, questo consolidarsi del nostro proprio
prodotto in un potere obiettivo che ci sovrasta, che cresce fino a sfuggire al
nostro controllo, che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri
calcoli, è stato fino ad oggi uno dei momenti principali dello sviluppo
storico. Il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine
attraverso la cooperazione dei diversi individui, determinata nella divisione
del lavoro, appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è
volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come
una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno
donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al
contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la
quale è indipendente dal volere e dall’agire degli uomini e anzi dirige
questo volere e questo agire…
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Marx, Il Capitale
Di dove sorge dunque il carattere enigmatico del prodotto
di lavoro appena assume forma di merce? Evidentemente
proprio da tale forma. L’eguaglianza dei lavori umani
riceve la forma reale dell’eguale oggettività di valore dei
prodotti del lavoro, la misura del dispendio di forza-lavoro
umana mediante la sua durata temporale riceve la forma
della grandezza di valore dei prodotti del lavoro, infine i
rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle
determinazioni sociali dei loro lavori, ricevono la forma di
un rapporto sociale dei prodotti del lavoro.
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Marx, Il Capitale
L’arcano della forma merce consiste dunque semplicemente
nel fatto che tale forma, come uno specchio, restituisce agli
uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro proprio
lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei
prodotti di quel lavoro, come proprietà sociali naturali di
quelle cose, e quindi restituisce anche l’immagine del
rapporto sociale tra produttori e lavoro complessivo,
facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti
esistente al di fuori di essi produttori. Mediante questo quid
pro quo i prodotti del lavoro diventano merci, cose
sensibilmente soprasensibili, cioè cose sociali.
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Marx, Il Capitale
Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica
di un rapporto tra cose è soltanto il rapporto sociale
determinato che esiste fra gli uomini stessi. Quindi, per
trovare un’analogia, dobbiamo involarci nella regione
nebulosa del mondo religioso. Quivi, i prodotti del cervello
umano paiono figure indipendenti, dotate di vita propria, che
stanno in rapporto tra loro e in rapporto con gli uomini. Così,
nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umano.
Questo io chiamo il feticismo che s’appiccica ai prodotti del
lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è
inseparabile dalla produzione delle merci (I, I, 4)
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Marx, Il Capitale
In genere, la riflessione sulle forme della vita umana, e
quindi anche l’analisi scientifica di esse, prende una strada
opposta allo svolgimento reale. Comincia post festum e
quindi parte dai risultati belli e pronti del processo di
svolgimento. Le forme che danno ai prodotti del lavoro
l’impronta di merci, e quindi sono il presupposto della
circolazione delle merci, hanno già la solidità di forme
naturali della vita sociale, prima che gli uomini cerchino di
rendersi conto, non già del carattere storico di queste forme,
che per essi anzi sono ormai immutabili, ma del loro
contenuto (Vol. I, p. 107)
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Marx, Scritti giovanili
“Quando il proletariato annuncia il
dissolvimento dell’ordine finora esistente,
rivela solo il segreto della sua propria
esistenza, poiché esso il dissolvimento
effettivo di quest’ordine mondiale”.
Marx, L’ideologia tedesca
Il comunismo per noi non è uno stato di
cose che debba essere instaurato, un ideale
al quale la realtà dovrà conformarsi.
Chiamiamo comunismo il movimento reale
che abolisce lo stato di cose presente. Le
condizioni di questo movimento risultano
dal presupposto ora esistente.
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Marx, Il Capitale
Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo: che
il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e
punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione; che la produzione è
solo produzione per il capitale, e non al contrario i mezzi di produzione
sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per
la società dei produttori. I limiti nei quali possono unicamente muoversi la
conservazione e l’autovalorizzazione del valore-capitale, che si fonda
sull’espropriazione e l’impoverimento della grande massa dei produttori,
questi limiti si trovano dunque continuamente in conflitto con i metodi di
produzione a cui il capitale deve ricorrere per raggiungere il suo scopo, e
che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione
come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive
sociali del lavoro.
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Marx, Il Capitale
Il mezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze
produttive sociali – viene permanentemente in conflitto
con il fine ristretto, la valorizzazione del capitale
esistente. Se il modo di produzione capitalistico è quindi
un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva
materiale e la creazione di un corrispondente mercato
mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante
tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione
sociali che gli corrispondono (Vol. III, p. 303).
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
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Marx, Il Capitale
Dato che la massa di lavoro vivo impiegato diminuisce
costantemente in rapporto alla massa di lavoro oggettivato da
essa messo in movimento (cioè ai mezzi di produzione
consumati produttivamente) anche la parte di questo lavoro
vivo che non è pagato e si oggettiva in plusvalore, dovrà
essere in proporzione costantemente decrescente rispetto al
valore del capitale complessivo impiegato. Questo rapporto
tra la massa del plusvalore e il valore del capitale
complessivo impiegato costituisce però il saggio del profitto,
che dovrà per conseguenza diminuire costantemente (Vol. III,
p. 261).
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Docente Prof. Scuccimarra
Marx, Epistolario (1858)
Avevo cominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e lo continuai
a Bruxelles, dove ero emigrato in seguito ad un decreto di espulsione
del sig. Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta
acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere
brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro
esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari,
indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che
corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione
costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale
sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla
quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.
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Struttura e sovrastruttura
Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in
generale, il processo sociale, politico e spirituale della
vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il
loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che
determina la loro coscienza. A un dato punto del loro
sviluppo, le forze produttive materiali della società
entrano in contraddizione con i rapporti di produzione
esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono
l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per
l’innanzi s’erano mosse.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Struttura e sovrastruttura
La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della
coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata
all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini,
linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri,
lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora
come emanazione diretta del loro comportamento
materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione
spirituale quale essa si manifesta nel linguaggio della
politica, delle leggi, della morale, della religione, della
metafisica, ecc. di un popolo.
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Il concetto di ideologia
La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della
coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata
all’attività materiale e alle relazioni materiali degli
uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e
i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono
qui ancora come emanazione diretta del loro
comportamente materiale. Ciò vale allo stesso modo per
la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel
linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della
religione, della metafisica, ecc. di un popolo.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
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Il concetto di ideologia
Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc.,
ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un
determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni
che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La
coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall’essere
cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro
vita. Se nell’intera ideologia gli uomini appaiono capovolti come
in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo
storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli
oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico…
(L’ideologia tedesca, p. 13)
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Il concetto di ideologia
Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che
discende dal cielo alla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si
parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né
da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per
arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente
operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo
sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita.
Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono
necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita,
empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di
conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma
ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non
conservano oltre la parvenza dell’autonomia.
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Docente Prof. Scuccimarra
Il concetto di ideologia
Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che
sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali
trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i
prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma
la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte
dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che
corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si
considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.
Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai
presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi
presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati
fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed
empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate.
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Il concetto di ideologia
Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso
muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo
istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche
modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo
di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto
condizioni determinate. Non appena viene rappresentato
questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una
raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi,
pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di
soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.
(L’ideologia tedesca, pp. 12 s.).
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Il concetto di ideologia
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti;
cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari
tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei
mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei
mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono
assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione
intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale
dei rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque
l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe
dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che
compongono la classe dominante posseggono tra l’altro anche la
coscienza, e quindi pensano… (L’ideologia tedesca, pp. 35 s.)
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Il concetto di ideologia in Marx
1) Credenze illusorie o socialmente sconnesse,
che si considerano il fondamento della
storia e che distraendo gli uomini e le donne
dalle loro vere condizioni sociali (comprese
le determinazioni sociali delle loro idee),
servono a sorreggere un potere oppressivo.
Il contrario di ciò è una conoscenza esatta e
spregiudicata delle condizioni sociali
materiali
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Il concetto di ideologia in Marx
2) Idee che esprimono direttamente gli
interessi materiali della classe sociale
dominante e che sono utili alla difesa del suo
dominio.
Il contrario di ciò è o la vera conoscenza
scientifica o la coscienza delle classi non
dominanti.
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Il concetto di ideologia in Marx
3) Tutte le forme concettuali in cui si combatte
la lotta di classe, compresa rpobabilmente l
valida coscienza di forze politicamente
rivoluzionarie. Il contrario di ciò è qualsiasi
concezione al momento non coinvolta nella
lotta.
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Il concetto di ideologia in Marx
4) Una non verità esistente, praticamente
fondata, dotata di conseguenze pratiche ed
infine interamente sopprimibile soltanto
attraverso la prassi. (Il Capitale, Analisi del
feticcio della merce)
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CONTEMPORANEO
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Lezione n. 7
I SEMESTRE
A.A. 2010-2011
Per la critica dell’economia politica (1859):
Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in
rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in
rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di
sviluppo delle loro forze produttive materiali. (…) A un dato punto
del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano
in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i
rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica)
dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti,
da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro
catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il
cambiamento della base economica si sconvolge più o meno
rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.
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Docente Prof. Scuccimarra
Per la critica dell’economia politica (1859):
(…) Una formazione sociale non perisce finché non si siano
sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e
superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che
siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali
della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non
quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose
dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le
condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno
sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico,
antico, feudale e borghese moderno possono essere designati
come epoche che marcano il progresso della formazione
economica della società.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Il Capitale:
Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano
e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la
massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione,
dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che
sempre più s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso
meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale
diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e
sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione
del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro
involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ultima ora della
proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati. (…) La
produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttibilità di un processo
naturale, la propria negazione. E’ la negazione della negazione.
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Docente Prof. Scuccimarra
F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):
Secondo la concezione marxista della storia la produzione e riproduzione
della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di
più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce
quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere
l’unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta
insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i
diversi momenti della sovrastruttura – le forme politiche della lotta di
classe e i risultati di questa – costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa
dopo una battaglia vinta, ecc. – le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di
tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie
politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo
sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul
decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo
preponderante la forma. .
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F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):
E’ un’azione reciproca di tutti questi momenti, in cui
alla fine il movimento economico si impone come
fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti
casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così
vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare
come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario,
applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe
certo più facile che risolvere una semplice equazione di
primo grado.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):
Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni
assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma
anche quelli politici, ecc., anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli
uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva… Ma in secondo luogo la
storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di
molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una
gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze
che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da
cui scaturisce una risultante – l’avvenimento storico – che a sua volta può esser
considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo
non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato
da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così
la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed
essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento…
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Docente Prof. Scuccimarra
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CONTEMPORANEO
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Lezione n. 8
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
F. Nietzsche:
Un grado, certo molto elevato, di cultura è raggiunto quando
l’uomo si libera dalle idee e dalle paure superstiziose e
religiose… Se egli è a questo grado di liberazione, gli resta
ancora da superare con la massima tensione della sua
riflessione la metafisica. Poi però è necessario un movimento
all’indietro: egli deve capire la giustificazione storica, come
pure quella psicologica di tali rappresentazioni, deve
riconoscere come sia di là venuto il maggior progresso
dell’umanità e come senza un tale movimento all’indietro, ci
si priverebbe dei migliori risultati finora ottenuti
dall’umanità.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche:
Che non ci sia verità; che non ci sia una
costituzione assoluta delle cose, una “cosa
in sé”; - ciò stesso è nichilismo, è anzi il
nichilismo estremo (Frammenti postumi
1887-88, pp. 13 s.).
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F. Nietzsche:
Quale che sia lo stato che questo mondo può raggiungere, deve averlo
già raggiunto, e non una ma infinite volte. Così questo attimo: esso era
già qui una volta e molte volte e parimenti ritornerà, tutte le forze
distribuite esattamente come ora; lo stesso avviene per l’attimo che ha
generato questo e per quello che sarà il figlio dell’attimo attuale. Uomo!
La tua vita intera, come una clessidra, sarà di nuovo capovolta, e sempre
di nuovo si vuoterà – un grande minuto di tempo frammezzo, finché
tutte le condizioni dalle quali tu sei divenuto, nel corso circolare
cosmico, si verificano di nuovo. E allora troverai di nuovo ogni dolore e
ogni piacere e ogni amico e nemico e ogni speranza e ogni errore e ogni
filo d’erba e ogni raggio di sole, la connessione totale di tutte le cose.
(Frammenti postumi, 1881).
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Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
Oggi i filosofi, partendo dallo spirito della
funzione, riflettono su come trasformare
l’umanità in un organismo – è l’opposto della mia
tendenza: il numero maggiore possibile di
organismi diversi e che si trasformano, i quali,
giunti alla loro maturità e putrefazione, lasciano
cadere il loro frutto: gli individui, dei quali certo
la maggior parte perisce; ma solo i pochi contano
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
La terra è divenuta piccola, e su di essa saltella l’ultimo
uomo, che rende piccola ogni cosa. La sua stirpe è
inestinguibile come quella degli scarafaggi; l’ultimo
uomo vivrà molto a lungo… Non si diventa ormai più né
poveri né ricchi: entrambe le cose costano troppa fatica.
Chi vuole ancora regnare? Chi vuole ancora obbedire?
Entrambe le cose sono troppo gravose. Nessun pastore e
un solo gregge! Ognuno vuole allo stesso modo, tutti
sono eguali: chi sente in maniera diversa se ne va
spontaneamente al manicomio.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
Un tale spirito divenuto libero sta al centro del
tutto con un fatalismo gioioso e fiducioso, nella
fede che soltanto sia biasimevole quel che se ne
sta separato, che ogni cosa si redima e si affermi
nel tutto – egli non nega più. Ma una fede siffatta
è la più alta di tutte le fedi possibili: l’ho
battezzata col nome di Dioniso.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Ecce Homo:
Io conosco la mia sorte. Si legherà un giorno al
mio nome il ricordo (…) di una crisi, come non
ce ne fu un’altra simile sulla Terra, al più
profondo conflitto di coscienza, ad una decisione,
proclamata contro tutto ciò che sinora era stato
creduto, richiesto, consacrato. Io non sono un
uomo, sono una dinamite…
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Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Ecce Homo:
Io contraddico come mai è stato contraddetto, e malgrado
ciò sono l’antitesi di uno spirito negatore… Con tutto ciò
sono necessariamente pure un uomo del destino. E infatti, se
la verità entra in lotta con la menzogna di millenni, avremo
di tali scuotimenti, tali convulsioni di terremoto che mai
erano state neppure sognate. Il concetto di politica è ora
entrato completamente in una guerra tra spiriti, tutte le forme
di dominio della vecchia società sono saltate in aria – esse
riposano tutte quante sulla menzogna; ci saranno guerre
come non ce ne sono state mai sulla terra. Solo da me
comincia sulla terra la grande politica.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche:
La mia opera ha tempo e non voglio essere per nulla
scambiato con ciò che il presente ha da risolvere come
proprio compito. Tra cinquant’anni, forse, alcuni (…)
avranno occhi per vedere ciò che da me è stato
compiuto. Ma al presente non è soltanto difficile, ma
assolutamente impossibile (…) parlare di me
pubblicamente senza rimanere illimitatamente dietro la
verità.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, La volontà di potenza :
Ciò che racconto è la storia dei prossimi due secoli. Io
descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire:
l’avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere
raccontata; perché la necessità stessa è qui all’opera. Questo
futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia
dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono
già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove da
lungo tempo in una torturante tensione che cresce di decenni in
decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta,
precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine,
che non riflette più e ha paura di riflettere.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, La volontà di potenza :
– Chi prende qui la parola non ha fatto, invece, altro
sinora che riflettere: come filosofo e solitario di istinto
che ha trovato il proprio vantaggio nello starsene
appartato ed estraneo, nel pazientare, nel differire; come
uno spirito che osa osare e tentare, e già si è smarrito una
volta in ogni labirinto del futuro; (…) che guarda
indietro quando racconta ciò che dovrà avvenire; come il
primo compiuto nichilista europeo, che però ha già
vissuto dentro di sé sino all’esaurimento il nichilismo
stesso, e lo ha dietro di sé, sotto di sé, fuori di sé.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
Non sarebbe dunque per il movimento democratico una specie
di scopo, di redenzione e di giustificazione, il fatto che venisse
qualcuno a servirsi di esso, e che attraverso questa nuova (…)
configurazione della schiavitù (…) trovasse la sua strada quella
specie superiore di spiriti dominatori e cesarei, che su tutto ciò
si appoggerebbe, si sosterrebbe e potrebbe innalzarsi’ (…)
L’aspetto dell’attuale Europeo mi dà molte speranze: va
formandosi una audace razza dominatrice sulla base di una
massa estremamente intelligente… Le stesse condizioni che
favoriscono lo sviluppo dell’animale del gregge provocano
anche la formazione dell’animale capo.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche:
Chi ha conservato ed ha educato in sé una forte volontà,
e possiede al tempo stesso uno spirito ampio, gode di
possibilità più favorevoli che mai in precedenza. La
plasmabilità degli uomini è infatti diventata grandissima
in questa Europa democratica; uomini che imparano
facilmente e si adattano facilmente rappresentano la
regola: l’animale del gregge, per di più assai intelligente,
è preparato. Chi può comandare trova quelli che
debbono ubbidire.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche:
In tali condizioni, quali sono presentate alla nostra civiltà, di
movimenti eccessivi per il ritmo e per i mezzi spiegati, il centro di
gravità degli uomini si sposta… In questo caso il centro di gravità cade
necessariamente sui mediocri: la mediocrità, in quanto garanzia e
portatrice dell’avvenire, si consolida contro il dominio della plebe e
dell’eccentricità (per lo più collegate tra loro). Dal che sorge per gli
uomini di eccezione un nuovo avversario, o anche una nuova seduzione.
Posto che essi non si adattino alla plebe e non cantino le loro poesie per
compiacere all’istinto dei diseredati, dovranno essere necessariamente
«mediocri» e «solidi»… Ancora una volta (…) tutto quanto il mondo
completamente esaurito dell’ideale viene ad ottenere una pregiata
difesa… Risultato: la mediocrità acquista spirito, arguzia, genio, diventa
divertente, seduce…
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Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 9
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
In passato l’anima guardava al corpo con
disprezzo: e questo disprezzo era allora la
cosa più alta: - essa voleva il corpo
macilento, orrido, affamato. Pensava in tal
modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra.
Ma quest’anima era anch’essa macilenta,
orrida e affamata: e crudeltà era la voluttà di
quest’anima (pp. 6-7).
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:
’Io’ dici tu, e sei orgoglioso di questa
parola. Ma la cosa ancora più grande,
cui tu non vuoi credere – il tuo corpo e
la sua grande ragione: essa non dice
‘io’, ma fa ‘io’ (p. 34).
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Frammenti postumi:
Tutto ciò che entra nella coscienza costituisce
l’ultimo anello di una catena, di una chiusura.
Che un pensiero sia immediatamente causa di un
altro pensiero, è cosa solo apparente. I veri
avvenimenti concatenati si svolgono al di sotto
della nostra coscienza: le serie e successioni di
sentimenti, pensieri, eccetera, che si producono,
sono solo sintomi del vero accadere.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
F. Nietzsche, Frammenti postumi:
E anche quei piccolissimi esseri viventi che
costituiscono il nostro corpo (o meglio: del cui
cooperare ciò che chiamiamo corpo è la migliore
immagine) non sono per noi atomi spirituali, ma
qualcosa che cresce, lotta, si accresce e a sua
volta muore: sicché il loro numero muta in modo
variabile, e la nostra vita è, come qualunque vita,
in pari tempo, un continuo morire
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 10
I SEMESTRE
A.A. 2010-2011
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Il metodo dialettico è la predominanza metodologica
della totalità sui momenti particolari. (…) La totalità
concreta è la categoria autentica della realtà. (…) La
considerazione della genesi della intellegibilità di un
oggetto a partire dalla sua funzione nella totalità
determinata (…) fa della concezione dialettica della
totalità la sola che comprenda la realtà come divenire
sociale.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Ciò che distingue in modo decisivo il marxismo dalla
scienza borghese non è il predominio delle motivazioni
economiche nella spiegazione della storia, ma il punto di
vista della totalità. La categoria della totalità, il dominio
determinante e onnilaterale dell’intero sulle parti è
l’essenza del metodo che Marx ha assunto da Hegel
riformulandolo in modo originale e ponendolo alla base
di una scienza interamente nuova…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Il dominio della categoria della totalità è il veicolo del
principio rivoluzionario della scienza. E’ solo in Marx che
la dialettica hegeliana è diventata, secondo l’espressione di
Herzen, un’algebra della rivoluzione. Ma essa non lo è
diventata
semplicemente
per
il
rovesciamento
materialistico. Piuttosto il principio rivoluzionario della
dialettica hegeliana ha potuto manifestarsi in e per questo
rovesciamento perché è stata salvata l’essenza del metodo,
cioè il punto di vista della totalità (…) inteso come unità
del pensiero e della storia.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Il metodo dialettico di Marx mira alla conoscenza
della società come totalità. Per il marxismo non
c’è dunque in ultima analisi una scienza
giuridica, una economia politica, una storia, ecc.
autonome: c’è una sola scienza, storia e
dialettica, unica e unitaria dello sviluppo della
società come totalità. (…) Totalità tanto come
oggetto posto che come soggetto ponente.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
L’empirismo crede di poter trovare un fatto importante
in ogni dato, in ogni statistica, in ogni factum brutum
della vita economica. Ed esso non si rende conto che
l’enumerazione più semplice, la catalogazione di “fatti”
più scarna di commenti è già un’ “interpretazione”; che
già fin d’ora i fatti sono appresi a partire da una teoria,
secondo un metodo; che sono stati strappati alla
connessione vitale in cui originariamente erano inseriti e
sono stati introdotti nel contesto di una teoria.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Il marxismo ha perso la capacità di vedere la totalità della
società come totalità storica concreta, di intendere le forme
reificate come processi tra uomini di portare positivamente
alla coscienza e trasformare in prassi il senso immanente
dell’evoluzione che si manifesta negativamente nelle
contraddizioni della forma astratta della esistenza. Se in tale
ideologia il principio dell’uomo come valore, come ideale,
come imperativo morale, ecc. ha un ruolo sempre più
importante (…), questo non è che un sintomo della ricaduta
nella immediatezza borghese reificata.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
«Come ogni altra attività,l’attività sociale può essere
determinata:
1) In modo razionale rispetto allo scopo (zweckrational),
attraverso delle aspettative concernenti i comportamenti
degli oggetti del mondo esteriore o quelli degli altri uomini;
2) In modo razionale rispetto al valore (wertrational) attraverso
la credenza cosciente nel valore intrinseco di un
comportamento – di ordine etico, estetico, religioso o altro –
indipendentemente dal successo sperato;
3) Secondo gli affetti (in particolare le emozioni), a partire dalle
passioni e dai sentimenti specifici degli attori;
4) Secondo la tradizione, in virtù di abitudini inveterate».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
«Gli agenti possono accordare a un ordine una validità
legittima:
a) In virtù della tradizione: validità di ciò che è sempre
stato;
b) In virtù di una credenza di ordine affettivo (del tutto
emozionale): validità della nuova rivelazione o
dell’esemplarità;
c) In virtù di una credenza razionale secondo dei valori:
validità di ciò che si ritiene essere un assoluto;
d) In virtù di uua disposizione positiva, alla legalità della
quale si crede»..
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
«Ci sono tre tipi di dominazione legittima. La validità di questa legittimità
si può basare:
1) Su dei motivi razionali, che si vasano sulla credenza nella legalità dei
regolamenti emanati e del diritto di dare delle direttive che hanno
coloro che sono chiamati a esercitare l’autorità con questi mezzi
(autorità legale);
2) Su dei motivi tradizionali, che poggiano sulla credenza quotidiana
nella santità delle tradizioni immemoriali nella legittimità di coloro che
sono chiamati ad esercitare l’autorità attraverso tali mezzi (autorità
tradizionale);
3) Su dei motivi carismatici, che poggiano sulla devozione nei confronti
della santità eccezionale, della virtù eroica o del carattere esemplare di
una persona individuale, o ancora che emanano da ordini rivelati o
emanati da quella (autorità carismatica)».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
«Agisce in maniera razionale rispetto allo scopo
colui che orienta il suo agire allo scopo, ai mezzi
e alle conseguenze concomitanti, misurando
razionalmente i mezzi in rapporto agli scopi, gli
scopi in rapporto alle conseguenze ed infine
anche i diversi scopi possibili in rapporto
reciproco: in ogni caso egli non agisce quindi né
affettivamente né tradizionalmente»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
Uno degli elementi costitutivi dello spirito capitalistico moderno (e
non soltanto di questo, ma della civiltà moderna), ossia la condotta
razionale della vita sul fondamento dell’idea di professione, è nato
(…) dallo spirito dell’ascesi cristiana… Quando infatti l’ascesi fu
trasferita dalle celle dei monaci alla vita professionale e cominciò a
dominare l’eticità intra-mondana, essa cooperò per la sua parte
all’edificazione di quel possente cosmo dell’ordinamento economico
moderno, legato ai presupposti tecnici ed economici della produzione
meccanica, che oggi determina con strapotente forza coercitiva – e
forse continuerà a determinare finché non sarà bruciato l’ultimo
quintale di combustibile fossile – lo stile di vita di tutti gli individui
nati in questo ingranaggio, e non soltanto di quelli direttamente attivi
nell’acquisizione economica.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
Secondo l’opinione di Richard Baxter, la cura per i beni
esteriori doveva avvolgere le spalle dei suoi santi soltanto come
un ‘sottile mantello che si possa gettar via in ogni momento’.
Ma il destino fece del mantello una gabbia di acciaio. Mentre
l’ascesi intraprendeva lo sforzo di trasformare il mondo e di
esercitare la sua influenza nel mondo, i beni esteriori di questo
mondo acquistavano un potere crescente e, alla fine,
ineluttabile sull’uomo, come mai prima nella storia. Oggi il suo
spirito – chissà se per sempre – è fuggito da questa gabbia. In
ogni caso il capitalismo vittorioso, da quando si fonda su una
base meccanica, non ha più bisogno di questo sostegno.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Weber:
Nessuno sa chi in futuro abiterà in quella gabbia e se, alla
fine di questo enorme sviluppo, vi saranno profeti
interamente nuovi o una potente rinascita di principi e di
ideali antichi, oppure ancora – escludendo l’una e l’altra
alternativa – una pietrificazione meccanizzata, adornata di
una specie di convulso desiderio di sentirsi importante.
Allora, certo, per gli ‘ultimi uomini’ di questo sviluppo
culturale potrebbe diventare verità il principio: ‘specialisti
senza spirito, gaudenti senza cuore – questo nulla
s’immagine di essere salito a un grado mai prima raggiunto
di umanità.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
In opposizione all’accettazione dogmatica di una
realtà semplicemente data ed estranea al soggetto,
nasce l’esigenza di comprendere, a partire dal
soggetto-oggetto identico, ogni dato come
prodotto di questo soggetto-oggetto, ogni dualità
come caso particolare derivato da questa unità
primitiva. Ora questa unità e attività.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Solo l’unità del soggetto e dell’oggetto, del pensiero e
dell’essere che la prassi ha intrapreso a provare e a
dimostrare, trova realmente il luogo della sua realizzazione
e del suo sostrato nella unità tra la genesi delle
determinazioni pensate e la storia del divenire della realtà.
Tale unità può tuttavia essere compresa come unità a
condizione che non solo il luogo metodologico della
soluzione possibile sia indicato nella storia, ma anche che
il noi – soggetto della storia – e la cui azione è la storia
reale – possa essere concretamente mostrato.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe:
Nella misura in cui la coscienza viene riferita all’intero della
società, si riconoscono quelle idee, sentimenti, ecc. che gli
uomini avrebbero avuto in una determinata situazione di vita,
se fossero stati in grado di cogliere pienamente questa
situazione, e gli interessi da essa emergenti, sia in rapporto
all’agire immediato, sia in rapporto alla struttura – conforme
a questi interessi – dell’intera società… Ora, la coscienza di
classe è la reazione razionalmente adeguata che viene in
questo modo attribuita di diritto a una determinata posizione
tipica nel processo di produzione.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
G. Lukàcs, Prefazione a Storia e coscienza
di classe (1967):
Il proletariato come soggetto-oggetto identico
della storia dell’umanità non è quindi una
realizzazione materialistica che sia in grado di
superare le costruzioni intellettuali idealistiche: si
tratta piuttosto di un hegelismo più hegeliano di
Hegel, di una costruzione che intende
oggettivamente oltrepassare il maestro stesso
nell’audacia con cui si eleva con il pensiero al di
sopra di qualsiasi realtà.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 11
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
La Scuola di Francoforte:
Max Horkheimer
Theodor W. Adorno
Herbert Marcuse
Erich Fromm
Walter Benjamin
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Crepuscolo:
«Non so in che misura i metafisici abbiano
ragione, forse da qualche parte esiste
davvero un sistema o un frammento
metafisico particolarmente calzante, so però
che di solito i metafisici sono solo
scarsamente impressionati da ciò che
tormenta gli uomini»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse, Sul carattere affermativo
della cultura :
La cultura affermativa è stata la forma storica, in cui sono
stati custoditi i bisogni umani che andavano al di là della
riproduzione materiale dell’esistenza; per questo verso, vale
per la cultura affermativa quello che vale anche per la forma
di realtà sociale in cui essa rientra: il diritto è anche dalla sua
parte. E’ vero che ha tolto ai “rapporti esterni” il peso della
responsabilità per la “destinazione dell’uomo”, rendendo
stabile la loro ingiustizia; ma vi ha anche contrapposto
l’immagine di un ordine migliore, la cui realizzazione è
affidata, come un compito all’ordine presente.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse, Sul carattere affermativo
della cultura :
Nella misura in cui la cultura ha dato forma alle
nostalgie e agli impulsi appagabili, ma di fatto
inappagati degli uomini, essa perderà il proprio
oggetto… La bellezza si incarnerà diversamente,
quando non dovrà più essere rappresentata come
apparenza reale, ma dovrà esprimere la realtà e la
gioia che si trarrà da essa.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Materialismo e
metafisica:
«Elevare il lavoro a concetto supremo
dell’attività umana significa professare
un’ideologia ascetica. (…) Mantenendo
questo concetto generale i socialisti si
fanno portatori della propaganda
capitalistica»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse, Per la critica
dell’edonismo :
«La realtà della felicità è la realtà della
libertà come autodeterminazione
dell’umanità liberata nella sua lotta comune
con la natura.
(…) Nella loro forma complessiva (…) la
felicità e la ragione, coincidono»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse, Per la critica
dell’edonismo :
«Nella misura in cui l’illibertà è già presente nei bisogni
e non nella loro gratificazione, essi devono essere i primi
a essere liberati – non con un’azione educativa o di
rinnovamento morale dell’uomo, ma con un processo
politico ed economico che comprende la possibilità per
la comunità di disporre dei mezzi di produzione, il
riorientamento del processo produttivo verso i bisogni e i
desideri dell’intera società, l’accorciamento della
giornata lavorativa e l’attiva partecipazione degli
individui alla gestione della comunità. »
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse:
«La ragione è la categoria fondamentale del pensiero filosofico,
l’unica per mezzo della quale questo si mantiene legato al destino
dell’umanità. La filosofia voleva investigare le ragioni ultime e più
universali dell’essere. Sotto la denominazione di ragione essa ha
pensato l’idea di un essere autentico, in cui siano unificate tutte le
opposizioni di importanza decisiva (tra soggetto e oggetto, essenza e
fenomeno, pensiero ed essere). A questa idea di connetteva la
convinzione che l’essente non fosse già razionale in modo
immediato, ma dovesse ancora essere addotto a ragione… Essendo
il mondo in quanto dato legato al pensiero razionale, anzi
dipendendone nel suo essere, ogni cosa che contraddiceva la
ragione, che non era razionale, era considerata
qualcosa da superare. La ragione era così eretta a istanza critica»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse:
Di per sé la scientificità non è mai una garanzia per la
verità, e tantomeno in una situazione come quella
odierna, n cui la verità è in stretta opposizione ai fatti
e si trova anzi celata dietro ai fatti. E non è la
prevedibilità scientifica che possa afferrarne il
carattere futuro…
Senza la fantasia, ogni conoscenza filosofica rimane
sempre e soltanto legata al presente o al passato e
tagliata fuori dal futuro, che è il solo a congiungere la
filosofia con la storia reale dell’umanità.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Teoria tradizionale e
teoria critica:
L’obiettivo della teoria tradizionale è sempre stato la
formulazione di principi generali internamente coerenti
che descrivessero il mondo. Sebbene scopo della teoria
tradizionale sia stato sempre la pura conoscenza, più che
l’azione, nella misura in cui essa consente di prevedere e
controllare teoricamente processi naturali e sociali nel
loro complesso, tradisce il riferimento ad un nesso di
azione che ha come fine il dominio tecnologico sia della
natura fisica che di determinati processi economici e
sociali.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Teoria tradizionale e
teoria critica:
La teoria critica si rifiuta di feticizzare la conoscenza
come qualcosa di separato e superiore all’azione. Così
facendo, essa si sottrae all’errore fondamentale della
teoria tradizionale: mentre questa si è estraniata dalla
prassi sociale come sua origine, credendo di poter
fondare il proprio metodo esclusivamente su criteri
conoscitivi immanenti, la teoria, intesa nel senso della
critica, rimane costantemente consapevole del proprio
nesso costitutivo.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Teoria tradizionale e
teoria critica:
Adottando tale prospettiva, la teoria critica diviene in grado
di riconoscere che l’ideale della libertà dell’intellettuale è un
mito: la ricerca scientifica disinteressata è impossibile in una
società in cui gli uomini non sono ancora autonomi; il
ricercatore è sempre parte dell’oggetto che intende studiare, e
dato che la società che studia non è ancora il frutto di una
scelta libera e razionale dell’uomo lo scienziato non può
evitare di partecipare a quell’eteronomia. La sua percezione è
necessariamente mediata dalle categorie sociali al di sopra
delle quali non si può sollevare.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Max Horkheimer, Teoria tradizionale e
teoria critica:
Per quanto in definitiva faccia parte della
società, il ricercatore diviene così capace di
sollevarsi al di sopra di essa. Effettivamente
il suo dovere è quello di individuare quelle
forze e tendenze negative della società
che rinviano a una realtà diversa.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse:
«La teoria conserverà la verità anche
se la prassi rivoluzionaria devierà
dalla sua giusta via. La prassi segue
la verità e non viceversa. »
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 12
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Herbert Marcuse, Prefazione a Cultura e società:
Una cosa (…) non era incerta per l’autore di
questi saggi e per i suoi amici dell’Istituto: il
riconoscimento del fatto che lo stato fascista era
la società fascista, che il potere totalitario e la
ragione totalitaria provenivano dalla struttura
della società esistente, che era allora sul punto di
lasciarsi alle spalle il suo passato liberale e di
annettersi la sua negazione storica.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Herbert Marcuse, La lotta contro il liberalismo
nella concezione totalitaria dello Stato (1934):
La totalità sociale, intesa come realtà autonoma e primaria rispetto
agli individui diventa, semplicemente in grazia del suo carattere di
totalità, anche un valore autonomo e primario: la totalità è, in
quanto totalità, il vero e l’autentico. Qui non viene posta la
questione se ogni totalità non debba prima di tutto legittimarsi di
fronte agli individui, e in che misura le loro possibilità e necessità
siano in essa superate e conservate. Spostando la totalità all’inizio
anziché alla fine, si sbarra la via alla critica teorica e pratica della
società, che porta appunto a questa totalità. La totalità viene
mistificata in maniera programmatica
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Teologia politica (1922):
Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.
Infatti ogni ordine riposa su una decisione e
anche il concetto di ordinamento giuridico, che
viene acriticamente impiegato come qualcosa che
si spiega da sé, contiene in sé la contrapposizione
dei due diversi elementi del dato giuridico. Anche
l’ordinamento giuridico, come ogni altro ordine,
riposa su una decisione e non su una norma.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Teologia politica (1922):
(…) L’eccezione è ciò che non è riconducibile; essa si sottrae
all’ipotesi generale, ma nello stesso tempo rende palese in assoluta
purezza un elemento formale specificamente giuridico: la decisione.
Nella sua forma assoluta il caso d’eccezione si verifica solo allorché
si deve creare la situazione nella quale possano avere efficacia norme
giuridiche. Ogni norma generale richiede una strutturazione normale
dei rapporti di vita, sui quali essa di fatto deve trovare applicazione e
che essa sottomette alla propria regolamentazione normativa. La
norma ha bisogna di una situazione media omogenea. Questa
normalità di fatto non è semplicemente un «presupposto esterno» che
il giurista può ignorare; essa riguarda invece direttamente la sua
efficacia immanente.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Teologia politica (1922):
Non esiste nessuna norma che sia applicabile ad un caos.
Prima dev’essere stabilito l’ordine: solo allora ha un senso
l’ordinamento giuridico. Bisogna creare una situazione
normale, e sovrano è colui che decide in modo definitivo se
questo stato di normalità regna davvero. Ogni diritto è
«diritto applicabile ad una situazione». Il sovrano crea e
garantisce la situazione come un tutto nella sua totalità. Egli
ha il monopolio della decisione ultima. In ciò sta l’essenza
della sovranità statale, che quindi propriamente non
dev’essere definita giuridicamente come monopolio della
sanzione o del potere, ma come monopolio della decisione…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Teologia politica (1922):
L’eccezione è più importante del caso
normale. Quest’ultimo non prova nulla,
l’eccezione prova tutto; non solo essa
conferma la regola: la regola stessa vive
solo dell’eccezione. Nell’eccezione, la
forza della vita reale rompe la crosta di
una meccanica irrigidita nella
ripetizione…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
La specifica distinzione politica alla quale è possibile
ricondurre le azioni e i motivi politici, è la distinzione di
amico (Freund) e nemico (Feind). Essa offre una definizione
concettuale, cioè un criterio, non una definizione esaustiva o
una spiegazione del contenuto. (…) Il significato della
distinzione di amico e nemico è di indicare l’estremo grado
di intensità di un’unione o di una separazione, di
un’associazione o di una dissociazione; essa può sussistere
teoricamente e praticamente senza che, nello stesso tempo,
debbano venir impiegate tutte le altre distinzioni morali,
estetiche, economiche o di altro tipo.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Non c’è bisogno che il nemico politico sia moralmente
cattivo, o esteticamente brutto; egli non deve
necessariamente presentarsi come concorrente economico e
forse può anche apparire vantaggioso concludere affari con
lui. Egli è semplicemente l’altro, lo straniero (der Fremde) e
basta alla sua essenza che egli sia esistenzialmente, in un
senso particolarmente intensivo, qualcosa d’altro e di
straniero, per modo che, nel caso estremo, siano possibili
con lui conflitti che non possano venir decisi né attraverso
un sistema di norme prestabilite né mediante l’intervento di
un terzo “disimpegnato” e perciò “imparziale”.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Solo chi vi prende parte direttamente può por
termine al caso conflittuale estremo; in
particolare solo costui può decidere se
l’alterità dello straniero nel conflitto
concretamente esistente significhi la negazione
del proprio modo di esistere e perciò sia
necessario difendersi e combattere, per
preservare il proprio, peculiare, modo di vita.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Nemico non è il concorrente o l’avversario in generale. Nemico
non è neppure l’avversario privato che ci odia in base a
sentimenti di antipatia. Nemico è solo un insieme di uomini che
combatte almeno virtualmente, e che si contrappone ad un altro
raggruppamento umano dello stesso genere. Nemico è solo il
nemico pubblico, poiché tutto ciò che si riferisce ad un simile
raggruppamento, e in particolare ad un intero popolo, diventa
per ciò stesso pubblico. Il nemico è l’hostis, non l’inimicus in
senso ampio. (…) La contrapposizione politica è la più intensa ed
estrema di tutte e ogni altra contrapposizione concreta è tanto
più politica quanto più si avvicina al punto estremo, quello del
raggruppamento in base ai concetti di amico-nemico…
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Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Nel concetto di nemico rientra l’eventualità, in termini reali, di una
lotta. Questo termine va impiegato prescindendo da tutti i mutamenti
casuali o dipendenti dallo sviluppo storico della tecnica militare e delle
armi. La guerra è lotta armata fra unità politiche organizzate, la
guerra civile è lotta armata all’interno di un’unità organizzata (che
proprio perciò però sta divenendo problematica). L’essenza del
concetto di arma sta nel fatto che essa è uno strumento di uccisione
fisica di uomini. Come il termine di nemico anche quello di lotta
dev’essere qui inteso nel senso di un’originarietà assoluta. Esso non
significa concorrenza, non la lotta «puramente spirituale» della
discussione, non il simbolico «lottare» che alla fine ogni uomo in
qualche modo compie sempre, poiché in realtà l’intera vita umana è
una «lotta» ed ogni uomo un «combattente».
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Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
I concetti di amico, nemico e lotta acquistano il loro
significato reale dal fatto che si riferiscono in modo
specifico alla possibilità reale dell’uccisione fisica. La
guerra consegue dall’ostilità poiché questa è
negazione assoluta di ogni altro essere. La guerra è
solo la realizzazione estrema dell’ostilità. Essa non ha
bisogno di essere vista come qualcosa di ideale o di
desiderabile: essa deve però esistere come possibilità
reale, perché il concetto di nemico possa mantenere il
suo significato…
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Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Allo Stato, in quanto unità sostanzialmente politica,
compete il jus belli, cioè la possibilità reale di
determinare, in dati casi e in forza di una decisione
propria, il nemico e di combatterlo. E’ poi indifferente
con quali mezzi tecnici la guerra verrà condotta, quale
organizzazione militare esista, quante probabilità vi
siano di vincere la guerra, purché il popolo
politicamente uno sia pronto a combattere per la sua
esistenza ed indipendenza: nel che esso determina, in
forza di decisione propria, la sua indipendenza e
libertà.
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Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
(…) Lo Stato come unità politica decisiva ha concentrato presso di sé
una competenza immensa: la possibilità di far la guerra e quindi spesso
di disporre della vita degli uomini. Infatti il jus belli contiene una
disposizione di questo tipo; esso comporta la duplice possibilità di
ottenere dagli appartenenti al proprio popolo la disponibilità a morire e
ad uccidere, e di uccidere gli uomini che stanno dalla parte del nemico.
Il compito di uno Stato normale consiste però soprattutto nell’assicurare
all’interno dello Stato e del suo territorio una pace stabile, nello stabilire
«tranquillità, sicurezza e ordine» e di procurare in tal modo la situazione
normale che funge da presupposto perché le norme giuridiche possano
aver vigore, poiché ogni norma presuppone una situazione normale e
non vi è norma che possa aver valore per una situazione completamente
abnorme nei suoi confronti
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Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Se uno Stato combatte il suo nemico politico in nome
dell’umanità, la sua non è una guerra dell’umanità, ma una guerra
per la quale un determinato Stato cerca di impadronirsi, contro il
suo avversario di un concetto universale per potersi identificare
con esso (a spese del suo nemico), allo stesso modo come si
possono utilizzare a torto i concetti di pace, giustizia, progresso,
civiltà, per rivendicarli a sé e sottrarli al nemico. L’umanità è uno
strumento particolarmente idoneo alle espansioni imperialistiche
ed è, nella sua orma etico-umanitaria, un veicolo specifico
dell’imperialismo economico. A questo proposito vale, pur con
una modifica necessaria, una massima di Proudhon: chi parla di
umanità, vuol trarvi in inganno.
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Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Se uno Stato combatte il suo nemico politico in nome
dell’umanità, la sua non è una guerra dell’umanità, ma una guerra
per la quale un determinato Stato cerca di impadronirsi, contro il
suo avversario di un concetto universale per potersi identificare
con esso (a spese del suo nemico), allo stesso modo come si
possono utilizzare a torto i concetti di pace, giustizia, progresso,
civiltà, per rivendicarli a sé e sottrarli al nemico. L’umanità è uno
strumento particolarmente idoneo alle espansioni imperialistiche
ed è, nella sua orma etico-umanitaria, un veicolo specifico
dell’imperialismo economico. A questo proposito vale, pur con
una modifica necessaria, una massima di Proudhon: chi parla di
umanità, vuol trarvi in inganno.
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Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Proclamare il concetto di umanità, richiamarsi all’umanità,
monopolizzare questa parola: tutto ciò potrebbe
manifestare soltanto – visto che non si possono impiegare
termini del genere senza conseguenze di un certo tipo – la
terribile pretesa che al nemico va tolta la qualità di un
uomo, che esso dev’essere dichiarato hors-la.loi e horsl’umanité e quindi che la guerra deve essere portata fino
all’estrema inumanità. Ma al di fuori di questa
utilizzazione altamente politica del termine non politico di
umanità, non vi sono guerre dell’umanità come tale
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Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
[La] necessità di pacificazione interna porta, in situazioni critiche, al fatto
che lo Stato, in quanto unità politica, determina da sé, finché esiste, anche il
«nemico interno». In tutti gli Stati esiste perciò in qualche forma ciò che il
diritto statale delle repubbliche greche conosceva come dichiarazione di
polemios e il diritto statale romano come dichiarazione di hostis: forme
cioè più o meno acute, automatiche o efficaci solo in base a leggi speciali,
manifeste o celate in prescrizioni generali, di bando, di proscrizione, di
estromissione dalla comunità di pace, di collocazione hors la loi, in una
parola di dichiarazione di ostilità interna allo Stato. Questo è il segno, a
seconda del comportamento di colui che è stato dichiarato nemico dello
Stato, della guerra civile, cioè del superamento dello Stato come unità
politica organizzata, pacificata al suo interno, chiusa territorialmente e
impenetrabile ai nemici. Il successivo destino di questa unità sarà poi
deciso dalla guerra civile…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Potere costituente è una volontà politica il cui
potere o autorità è in grado di prendere la
decisione concreta fondamentale sulla specie e la
forma della propria esistenza politica, ossia di
stabilire complessivamente l’esistenza dell’unità
politica. Dalle decisioni di questa volontà si fa
discendere la validità di ogni ulteriore disciplina
legislativa costituzionale.
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Docente Prof. Scuccimarra
Carl Schmitt, Il concetto di «politico»
Stato è un determinato status di un popolo, e
precisamente lo status dell’unità politica. Forma
di Stato è la specie particolare della struttura di
questa unità. Soggetto di ogni determinazione
concettuale dello Stato è il popolo. Lo Stato è una
condizione, e precisamente la condizione di un
popolo.
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Herbert Marcuse, La lotta contro il liberalismo
nella concezione totalitaria dello Stato (1934):
L’attivizzazione e la politicizzazione totale strappano ampi strati
sociali alla neutralità che li paralizzava, e creano nuove forme di
lotta politica e nuovi metodi di organizzazione politica su tutto un
fronte che ha una larghezza e profondità finora sconosciute. Viene
abolita la separazione di Stato e società, che il XIX secolo nel suo
liberalismo aveva cercato di metter ein atto: lo Stato fa sua l’opera
di integrazione politica della società. E in seguito
all’esistenzializzazione e totalizzazione della politica, lo Stato
diventa anche il portatore delle possibilità autentiche
dell’esistenza stessa. Non è lo Stato che deve rispondere all’uomo,
ma l’uomo che deve rispondere allo Stato: l’uomo è alla mercè
dello Stato.
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Herbert Marcuse, La lotta contro il liberalismo nella
concezione totalitaria dello Stato (1934):
Kant era convinto che ci fossero dei diritti «inalienabili» degli uomini, a cui
«l’uomo non può rinunziare, nemmeno se vuole». (…) Kant aveva legato
l’uomo al dovere che questi dà a se stesso, alla libera autodeterminazione in
quanto unica legge fondamentale; l’esistenzialismo sopprime questa legge
fondamentale e vincola l’uomo «al Führer e al movimento che a questi si è
votato in maniera incondizionata» (Heidegger). Altra era stata la fede di
Hegel: «Ciò che nella vita è vero, grande e divino, lo è grazie all’idea…
Tutto ciò che tiene insieme la vita umana, che ha un valore e come tale
viene considerato, è di natura spirituale, e questo regno dello spirito esiste
soltanto grazie alla coscienza della verità e del diritto e alla comprensione
delle idee». Oggi l’esistenzialismo la sa più lunga: «Le regole del vostro
essere non siano dottrine e “idee”. Il Führer in persona, ed egli soltanto, è la
realtà tedesca odierna e futura e la sua legge» (Heidegger).
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Herbert Marcuse, La lotta contro il liberalismo nella
concezione totalitaria dello Stato (1934):
(…) L’esistenzialismo, che una volta si considerava
l’erede dell’idealismo tedesco, ha rigettato la massima
eredità spirituale della storia tedesca. Non con la morte
di Hegel, ma soltanto adesso ha luogo la «caduta dei
Titani» della filosofia classica tedesca. Allora le sue
conquiste più importanti erano state salvate e accolte
nella teoria scientifica della società, nella critica
dell’economia politica. Incerto è oggi il destino del
movimento operaio, in cui si era conservata l’eredità di
questa filosofia.
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Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 13
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Walter Benjamin, Il surrealismo
(…) E ciò significa pessimismo su tutta la linea.
Pessimismo assoluto. Sfiducia nella sorte della
letteratura, sfiducia nella sorte della libertà,
sfiducia nella sorte dell’umanità europea, ma
soprattutto sfiducia, sfiducia e sfiducia verso ogni
forma di intesa: tra le classi, tra i popoli, tra i
singoli. E illimitata fiducia solo nel gruppo
Farben e nel perfezionamento pacifico
dell’aviazione.
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Docente Prof. Scuccimarra
Walter Benjamin, Sul concetto di storia
1. Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere,
ad ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli
assicurava la vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in
bocca, sedeva di fronte alla scacchiera, poggiata su un’ampia tavola. Un
sistema di specchi suscitava l’illusione che questa tavola fosse
trasparente da tutte le parti. In realtà c’era accoccolato un nano gobbo,
che era un asso nel gioco degli scacchi e che guidava per mezzo di fili la
mano del burattino. Qualcosa di simile a questo apparecchio si può
immaginare della filosofia. Vincere deve sempre il fantoccio chiamato
«materialismo storico». Esso può farcela senz’altro con chiunque se
prende al suo servizio la teologia, che oggi, com’è noto, è piccola e
brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno.
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Walter Benjamin, Sul concetto di storia
2. «Una delle caratteristiche più notevoli dell’animo umano, - scrive Lotze, - è,
fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del presente
verso il principio futuro». La riflessione porta a concludere che l’idea di felicità
che possiamo coltivare è tutta tinta del tempo a cui ci ha assegnato, una volta
per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che potrebbe suscitare la nostra
invidia, è solo nell’aria che abbiamo respirato, fra persone a cui avremmo
potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto farci dono di sé. Nell’idea di
felicità, in altre parole, vibra indissolubilmente l’idea di redenzione. Lo stesso
vale per la rappresentazione del passato, che è il compito della storia. Il passato
reca con sé un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C’è un’intesa
segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A
noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una
debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si
lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.
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Walter Benjamin, Sul concetto di storia
6. Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo «come
propriamente è stato». Significa impadronirsi di un ricordo come esso
balena nell’istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di
fissare l’immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al
soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il
patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo
stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In
ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo
che è in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come
redentore, ma come vincitore dell’Anticristo. Solo quello storico ha il
dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato
dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli
vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.
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Walter Benjamin, Sul concetto di storia
8. La tradizione degli oppressi ci insegna che lo «stato di
emergenza» in cui vivamo è la regola. Dobbiamo giungere a un
concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di
fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di
emergenza; e ciò migliorerà la nostra posizione nella lotta contro
il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in ciò che i
suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una
legge storica. Lo stupore perché le cose che viviamo sono
«ancora» possibile nel ventesimo secolo è tutt’altro che filosofico.
Non è all’inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l’idea
di storia da cui proviene non sta più in piedi.
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Walter Benjamin, Sul concetto di storia
9. C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un
angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo
sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese.
L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al
passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola
catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia
ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e
ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è
impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più
chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a
cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al
cielo. Ciò che chiamiamo progresso, è questa tempesta.
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Paul Klee, Angelus Novus
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Walter Benjamin, Sul concetto di storia
14. La storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il
tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di «attualità»
(Jetztzeit). Così, per Robespierre, la Roma antica era un passato
carico di attualità, che egli faceva schizzare dalla continuità della
storia. La Rivoluzione francese s’intendeva come una Roma
ritornata. Essa richiamava l’antica Roma esattamente come la
moda richiama in vita un costume d’altri tempi. LA moda ha il
senso dell’attuale, dovunque esso viva nella selva del passato.
Essa è un balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in
un’arena dove comanda la classe dominante. Lo stesso balzo,
sotto il cielo libero della storia, è quello dialettico, come Marx ha
inteso la rivoluzione.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
L’illuminismo, nel senso più ampio di
pensiero in continuo progresso, ha
perseguito da sempre l’obiettivo di
togliere agli uomini la paura e di
renderli padroni. Ma la terra
interamente illuminata splende all’
insegna di trionfale sventura.
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Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Il programma dell’illuminismo era di liberare il mondo
dalla magia. Esso si proponeva di dissolvere i miti e di
rovesciare l’immaginazione con la scienza. (…) D’ora in
poi la materia dev’essere dominata al di fuori di ogni
illusione di forze ad essa superiori o in essa immanenti,
di qualità occulte. Ciò che non si piega al criterio del
calcolo e dell’utilità, è, agli occhi dell’illuminismo,
sospetto. E quando l’illuminismo può svilupparsi
indisturbato da ogni oppressione esterna, non c’è più
freno.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Alle sue stesse idee sui diritti degli uomini finisce per
toccare la sorte dei vecchi universali. Ad ogni resistenza
spirituale che esso incontra, la sua forza non fa che
aumentare. Ciò deriva dal fatto che l’Illuminismo
riconosce se stesso anche nei miti. Quali che siano i miti
a cui ricorre la resistenza, per il solo fatto di diventare, in
questo conflitto, argomenti. rendono omaggio al
principio della razionalità analitica che essi
rimproverano
all’illuminismo.
L’illuminismo
è
totalitario.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Gli uomini si distanziano col pensiero dalla
natura per averla di fronte nella posizione in cui
dominarla. Come la cosa, lo strumento materiale,
che si mantiene identico in situazioni diverse, e
separa così il mondo – caotico, multiforme e
disparato – da ciò che è noto, uno ed identico, il
concetto è lo strumento ideale, che si apprende a
tutte le cose nel punto in cui si possono afferrare
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Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Gli uomini pagano l’accrescimento del loro
potere con l’estraneazione da ciò su cui lo
esercitano. L’illuminismo si rapporta alle cose
come il dittatore agli uomini: che conosce in
quanto è in grado di manipolarli. Lo scienziato
conosce le cose in quanto è in grado di farle. Così
il loro in-sé diventa per-lui. Nella trasformazione
l’essenza delle cose si rivela ogni volta come la
stessa: come sostrato del dominio.
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Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
L’umanità ha dovuto sottoporsi a un trattamento
spaventoso, perché nascesse e si consolidasse il
Sé, il carattere identico, pratico, virile dell’uomo,
e qualcosa di tutto ciò si ripete in ogni infanzia.
Lo sforzo di tenere insieme l’io appartiene all’io
in tutti i suoi stadi, e la tentazione di perderlo è
sempre stata congiunta alla cieca decisione di
conservarlo.
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Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
(…) La specie umana, comprese le sue macchine, i suoi prodotti chimici, le
sue forze organizzative (…), è, in quest’epoca, le dernier cri
dell’adattamento. Non solo gli uomini hanno superato i loro predecessori
diretti, ma li hanno estirpati così radicalmente come di rado una specie più
recente ha fatto con la specie anteriore, non eccettuati i sauri carnivori.
Di fronte a ciò sembra quasi un capriccio voler costruire la storia
universale, come ha fatto Hegel, in funzione di categorie come libertà e
giustizia. Esse derivano, infatti, dagli individui marginali, da quelli che,
considerati dal punto di vista del corso complessivo, non significano nulla,
se non in quanto contribuiscono a introdurre condizioni sociali transitorie in
cui si producono, in quantità particolarmente grandi, macchine e prodotti
chimici per il rafforzamento della specie e la sottomissione delle altre.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Dal punto di vista di questa storia seria tutte le idee, i tabù, le
religioni, le fedi politiche, interessano solo nella misura in cui,
sorte da casi molteplici, aumentano o diminuiscono le possibilità
naturali della specie umana sulla terra o nell’universo. La
liberazione dei borghesi dall’ingiustizia del passato feudale e
assolutistico è servita, attraverso il liberalismo, a scatenare la
produzione meccanica, come l’emancipazione della donna finisce
nel suo addestramento come arma speciale. Lo spirito, e tutto ciò
che vi è di buono, è . nella sua origine e nella sua esistenza –
irretito senza scampo in questo orrore. Il siero che il medico
somministra al bambino malato , è dovuto all’aggressione a una
creatura inerme.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
(…) La funzione storica della cultura è tutta nel suo effetto
di ritorno su questa organizzazione, che essa potenzia e
sviluppa ulteriormente. Onde il pensiero autentico, che se
ne libera, la ragione nella sua forma pura, assume tratti di
follia, rilevati da sempre dagli autoctoni. (…) La parte
svolta dalla ragione è quella di uno strumento di
adattamento, e non di un sedativo della volontà, come
potrebbe sembrare dall’uso che ne ha fatto a volte
l’individuo. La sua astuzia consiste nel fare, degli uomini,
belve di raggio sempre più vasto, e non nel produrre
l’identità di soggetto e oggetto…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Pur avendo osservato da molti anni che nell’attività
scientifica moderna le grandi invenzioni si pagano con una
crescente decadenza della cultura teoretica, credevamo pur
sempre di poter seguire la falsariga dell’organizzazione
scientifica, nel senso che il nostro contributo si sarebbe
limitato essenzialmente alla critica o alla continuazione di
dottrine particolari. Esso avrebbe dovuto attenersi, almeno
nell’ordinamento tematico, alle discipline tradizionali:
sociologia, psicologia e gnoseologia. I frammenti raccolti in
questo volume mostrano che abbiamo dovuto rinunciare a
quella fiducia.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Se l’attento studio ed esame della tradizione scientifica (…) è un
momento indispensabile della conoscenza, è entrata d’altra parte in crisi,
nel presente sfacelo della civiltà borghese, non solo l’organizzazione,
ma il senso stesso della scienza. Ciò che i fascisti di ferro ipocritamente
lodano e i docili esperti di umanità ingenuamente eseguono,
l’autodistruzione incessante dell’illuminismo, costringe il pensiero a
vietarsi fin l’ultimo candore verso le consuetudini e le tendenze dello
spirito del tempo. Se la vita pubblica ha raggiunto uno stadio dove il
pensiero si trasforma inevitabilmente in merce e la lingua in
imbonimento della medesima, il tentativo di mettere a nudo questa
depravazione deve rifiutare obbedienza alle esigenze linguistiche e
teoretiche attuali, prima che le loro conseguenze storiche universali lo
rendano del tutto impossibile
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
(…) In contrasto con i suoi amministratori, la filosofia
rappresenta – fra le altre cose – il pensiero che non
capitola di fronte alla vigente divisione del lavoro e non
si lascia prescrivere da essa i propri compiti. L’esistente
non costringe gli uomini solo con la violenza fisica e gli
interessi materiali, ma anche con la strapotenza della
suggestione. La filosofia non è sintesi, base o
coronamento della scienza, ma lo sforzo di resistere alla
suggestione, la decisione della libertà intellettuale e
reale.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
(…) In contrasto con i suoi amministratori, la filosofia
rappresenta – fra le altre cose – il pensiero che non
capitola di fronte alla vigente divisione del lavoro e non
si lascia prescrivere da essa i propri compiti. L’esistente
non costringe gli uomini solo con la violenza fisica e gli
interessi materiali, ma anche con la strapotenza della
suggestione. La filosofia non è sintesi, base o
coronamento della scienza, ma lo sforzo di resistere alla
suggestione, la decisione della libertà intellettuale e
reale.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
La divisione del lavoro, come si è formata sotto il dominio, non viene
per questo ignorata. La filosofia non fa che penetrare la menzogna per
cui sarebbe inevitabile. Non lasciandosi ipnotizzare dalla strapotenza, le
tiene dietro in tutti gli angoli del meccanismo sociale, che – per prima
cosa – non deve essere rovesciato né diretto ad altri fini, ma compreso al
di fuori dell’incantesimo che esercita. [La filosofia] non riconosce
norme o fini astratti, che si presterebbero ad applicazione in contrasto
coi fini e con le norme vigenti. La sua libertà dalla suggestione
dell’esistente consiste proprio in ciò che essa accetta – senza starci
troppo a pensare – gli ideali borghesi: quelli che sono ancora proclamati
– e sia pure in forma alterata – dagli esponenti dell’attuale stato di cose,
o quelli che sono ancora riconoscibili come significato oggettivo delle
istituzioni, tecniche e culturali, a dispetto di ogni manipolazione.
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Docente Prof. Scuccimarra
Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’Illuminismo
Essa crede che la divisione del lavoro esiste per gli uomini e che il
progresso conduce alla libertà: e proprio per questo entra facilmente in
conflitto con la divisione del lavoro e col progresso. Essa presta una voce
alla contraddizione di credenza e realtà e si attiene così strettamente al
fenomeno temporalmente condizionato. Per essa il massacro su scala
colossale non conta, come per il giornale, più della liquidazione di alcuni
ricoverati. Essa non antepone l’intrigo dell’uomo politico che si mette
d’accordo coi fascisti a un modesto linciaggio, i turbini di réclame
dell’industria cinematografica all’intimo annuncio di un cimitero. Non ha
nessuna particolare inclinazione per ciò che è «grande». Essa è ad un tempo
estranea all’esistente e capace di comprenderlo intimamente. La sua voce
appartiene all’oggetto, ma senza che questo lo voglia; è la voce della
contraddizione, che, senza di essa, non si farebbe udire, ma trionferebbe
muta.
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Docente Prof. Scuccimarra
Theodor W. Adorno
La filosofia che una volta sembrò
superata, si mantiene in vita perché è
stato mancato il momento della sua
realizzazione.
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STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
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Lezione n. 15
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
J. Habermas, Sul concetto di
partecipazione politica (1958)
L’analisi si attiene alle regole della teoria critica che è
libera proprio perché «accetta gli ideali borghesi, siano
essi quelli ancora coltivati (seppure in senso distorto) dai
rappresentanti della borghesia, o quelli in cui occorre
riconoscere, a dispetto di ogni manipolazione, il
significato oggettivo delle istituzioni tecniche e
culturali.. Essa espone la lingua alla contraddizione tra
fede e realtà e ciò facendo riflette un fenomeno del
tempo».
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J. Habermas, Sul concetto di
partecipazione politica (1958)
La fede nella libertà politica e nell’influenza politica del cittadino
viene contrapposta alla realtà della situazione attuale. Non si può
avere più alcun dubbio sulla ristrettezza dello spazio in cui è stata
confinata la partecipazione politica del cittadino medio. Questa
partecipazione può concretizzarsi, una volta ogni due anni circa,
nel processo elettorale in parte preformato in parte manipolato
(oppure nella astensione elettorale). Nei libri destinati
all’educazione politica e persino in molti dibattiti delle scienze
politiche la «partecipazione» si condensa in un valore in sé,
mentre l’espressione del voto e l’interesse politico diventano un
feticcio. Questa reificazione rispecchia appunto una buona parte
della realtà deformata.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Sul concetto di
partecipazione politica (1958)
D’altro lato, il senso obiettivo delle istituzioni esistenti
nel nostro paese è in contraddizione con lo sviluppo
concreto. Sul piano giuridico il popolo è ancora e
sempre sovrano mentre su quello politico continua a
disporre, nel parlamento, di una istituzione fornita di
tutti gli auspicabili crismi costituzionali. Ci si può
chiedere dunque se anche oggi un’autentica
partecipazione dei cittadini alla vita politica, seppure non
effettiva, non sia per lo meno possibile…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Sul concetto di
partecipazione politica (1958)
Occorre (…) stabilire fino a che punto una società riesca a
trasformare il dominio in autorità razionale e cioè a dare
equamente al lavoro ciò che spetta al lavoro e all’esperienza ciò
che spetta all’esperienza, nell’interesse della collettività e sotto
il suo controllo; e inoltre, fino a che punto essa riesca a
superare la separazione fra il potere politico e la riproduzione
apparentemente privata della vita. A parte il suo carattere molto
(e forse troppo) generale questa formulazione indica la via di
un possibile sviluppo storico sul quale noi crediamo oggi di
poter fondatamente misurare il valore della coscienza
politica…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Hannah Arendt, The Human
Condition
Lavoro
Opera
Azione e discorso
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Hannah Arendt, The Human
Condition
Lo spazio pubblico o spazio dell’apparenza «si
forma ovunque gli uomini condividano le
modalità dell’azione e del discorso, e quindi
anticipa e precede ogni costituzione formale della
sfera pubblica e delle varie forme di governo, le
varie forme cioè in cui la sfera pubblica può
essere organizzata».
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Docente Prof. Scuccimarra
Hannah Arendt, The Human
Condition
…Una vita spesa nell’esperienza
privata, di “ciò che è proprio” (idion),
fuori dal mondo comune, è idiota per
definizione
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Docente Prof. Scuccimarra
Hannah Arendt, The Human
Condition
La peculiarità dello spazio pubblico è che
diversamente dagli spazi che sono opera delle
nostre mani, non sopravvive alla realtà del
movimento che lo crea, ma scompare non solo
con la scomparsa degli uomini – come nelle
grandi catastrofi, quando il corpo politico di un
popolo viene distrutto – ma con la scomparsa e la
fine delle loro stesse azioni.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Hannah Arendt, The Human
Condition
«Il potere è ciò che mantiene in vita la
sfera pubblica, lo spazio potenziale
dell’apparire tra uomini che agiscono e
parlano»
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
I fondamenti strutturali della «sfera pubblica
borghese»:
1) sistematica astrazione dalle disuguaglianze di
status
2) assenza
di
limiti
al
processo
di
problematizzazione riflessiva
3) assoluta apertura verso l’esterno
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
La «sfera pubblica borghese» come luogo di
una libera discussione razionale fondata
sulla sola autorità dell’argomento
migliore, una determinazione cooperativa
del bene comune, non distorta da alcun
interesse di parte
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
La sfera pubblica borghese può essere concepita in un
primo momento come la sfera dei privati riuniti come
pubblico; costoro rivendicano subito contro lo stesso
potere pubblico la regolamentazione della sfera pubblica
da parte dell’autorità, per concordare con questa le
regole generali del commercio nella sfera – privatizzata
in linea di principio, ma pubblicamente rilevante – dello
scambio di merci e del lavoro sociale. Peculiare e
storicamente senza precedenti è il tramite di questo
confronto politico: la pubblica argomentazione razionale
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J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
(…) I borghesi sono privati; come tali non «dominano». Le loro
rivendicazioni contro il pubblico potere si indirizzano perciò non
contro la concentrazione del dominio che dovrebbe essere
«spartito»; ma piuttosto attaccano il principio del dominio vigente.
Il principi del controllo contrappostogli dal pubblico borghese, la
pubblicità appunto, mira a modificare il dominio stesso. La
rivendicazione di potere così come si viene delineando
nell’argomentare pubblico, quella rivendicazione che eo ipso
rinunci alla forma di una pretesa di dominio, se si realizzasse
dovrebbe portare a qualcosa di più che a una mera sostituzione
della base di legittimazione di una sovranità conservatesi in linea
di principio
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
(…) Il processo con cui il pubblico di privati che
discutono una funzione critica si appropria della sfera
pubblica autoritariamente regolata e con cui questa viene
istituita come momento della critica al pubblico potere,
si compie con la ristrutturazione delle funzioni di quella
sfera pubblica letteraria già dotata di istituzioni quali il
pubblico e le relative piattaforme di discussione. Tramite
questa mediazione, tutto il contesto delle esperienze
dell’ambito privato riferito al pubblico penetra anche
nell’ambito di una sfera pubblica politica.
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
(…) Con la nascita di una sfera del sociale, per la cui regolamentazione
l’opinione pubblica si batte contro il potere pubblico, il tema
dell’ambito pubblico moderno, paragonato a quello antico, si sposta dai
compiti propriamente politici di una cittadinanza che agisce
com’unitariamente (giurisdizione all’interno e autodeterminazione verso
l’esterno) ai compiti prevalentemente civili di una società che discute
pubblicamente (garanzia dello scambio di merci). La funzione politica
dell’elemento pubblico borghese consiste nel disciplinare la società
civile (civil society, société civile, in contrapposizione a res publica);
con le esperienze di una sfera privata intimizzata alle spalle, essa tiene
fronte all’autorità monarchica stabilita; in questo senso, sin dall’inizio,
essa ha carattere insieme privato e polemico.
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
(…) I criteri di universalità e astrattezza che contrassegnano la norma la
giuridica dovevano avere peculiare evidenza per i privati che, nel processo di
comunicazione della dimensione pubblica letteraria, si accertano della loro
soggettività, derivata dalla sfera dell’intimità. Infatti, in quanto pubblico, essi
sono già sottoposti a quella legge non formulata che codifica la parità degli
uomini colti, legge la cui astratta universalità è sola a garantire che gli individui
sussulti in modo parimenti astratto sotto di essa come «puri e semplici uomini»
vengano liberati nella loro soggettività proprio per tale via. I clichè di
«eguaglianza» e «libertà», irrigiditi nelle formule della propaganda borghese
rivoluzionaria, conservano qui ancora il loro nesso vivente: il dibattito pubblico
del pubblico borghese si compie, in linea di massima, prescindendo da tutti i
ranghi sociali e politici precostituiti, secondo regole universali che garantiscono
un campo d’azione al dispiegamento letterario nella loro intimità, dal momento
che restano, in quanto tali, assolutamente esteriori agli individui;
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Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
(…) Contemporaneamente, ciò che in tali condizioni risulta dal pubblico
dibattito, richiede raziocinio; secondo tale idea, un’opinione pubblica
nata dalla forza dell’argomento migliore aspira a quella razionalità
moralisticamente pretenziosa che cerca di far coincidere giustezza e
giustizia. L’opinione pubblica deve corrispondere alla «natura della
cosa». Perciò le «leggi» che essa vorrebbe stabilire ora anche per la
sfera sociale, possono pretendere, oltre ai criteri formali di generalità e
astrattezza, anche quello materiale della razionalità. In questo senso i
fisiocratici spiegano che soltanto l’opinion publique conosce e rileva
l’ordre naturel perché il monarca illuminato lo possa porre a base del
suo agire nella forma di norme generali. Il potere deve essere portato per
questa via a una convergenza con la ragione.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
Come privato il borghese è due cose in una: proprietario
di beni e persone, e uomo fra gli uomini: bourgeois e
homme. Questa ambivalenza della sfera privata è anche
l’ambivalenza della sfera pubblica, a seconda cioè che i
privati si intendano tra loro nel dibattito letterario e cioè
da uomini che discutono sulle esperienze della loro
soggettività, o che si intendano fra loro nel dibattito
politico, su come regolare la loro sfera privata, cioè da
proprietari. I componenti di queste due specie di
pubblico non sempre coincidono perfettamente (…).
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica (1961)
La pubblicità manipolativa:
«La dimensione pubblica viene, per così dire, dispiegata
dall’alto per procurare a certe posizioni un’aura di good will.
Originariamente essa garantiva il nesso del pubblico dibattito
delle idee tanto con la fondazione legislativa del dominio
quanto con il controllo critico del suo esercizio. Ma ormai
essa rende possibile la specifica ambivalenza di un dominio
esercitato sul potere dell’opinione non-pubblica: essa serve
alla manipolazione del pubblico e insieme alla legittimazione
di fronte ad esso. La dimensione pubblica critica è
soppiantata da quella manipolativa».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Conoscenza e interesse
(1965)
Una scienza sociale critica si sforza «di controllare quando le
proposizioni teoriche formulino regolarità invarianti dell’agire
sociale in generale e quando invece rapporti di dipendenza
ideologicamente irrigiditi, ma in principio modificabili. Nella
misura in cui ciò accade, la critica dell’ideologia, come del resto
la psicanalisi, conta sul fatto che l’informazione sulle connessioni
normative mettano in moto un processo di riflessione nella
coscienza dell’interessato stesso. In tal modo il livello di
coscienza irriflessa, che fa pare delle condizioni iniziali di tale
leggi, può essere modificato. Un sapere nomologico criticamente
mediato può così tramite la riflessione se non togliere vigore alla
legge, almeno sospenderne l’applicazione».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Conoscenza e interesse
(1965)
…Ciò che ci distingue dalla natura è l’unico
dato di fatto che possiamo conoscere per
sua natura: il linguaggio. L’emancipazione
è posta per noi già con la sua struttura. Con
la prima proposizione viene espressa
inequivocabilmente l’intenzione di un
consenso universale e non imposto.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Conoscenza e interesse
(1965)
Certamente la comunicazione potrebbe dispiegarsi soltanto
in una società emancipata, che avesse realizzato la maturità
dei suoi membri fino a diventare il dialogo sottratto al
dominio di tutti con tutti, dal quale deriviamo pur sempre
tanto il modello di un’identità dell’io formata nella
reciprocità, quanto l’idea del vero accordo. In questo senso la
verità di una proposizione si fonda sull’anticipazione della
vita riuscita. L’apparenza ontologica di una teoria pura,
dietro cui scompaiono gli interessi guida della conoscenza,
rafforza la finzione che il dialogo socratico sia possibile
universalmente e in ogni momento…
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Conoscenza e interesse
(1965)
La filosofia ha supposto che l’emancipazione posta con la
struttura del linguaggio sia non solo anticipata, ma già reale.
Proprio la teoria pura, che vorrebbe derivare tutto da se stessa,
diventa preda dell’esterno rimosso e diventa ideologica. Solo
quando la filosofia scopre nel corso dialettico della storia le tracce
della violenza, che deforma il dialogo continuamente tentato,
continuamente spingendolo fuori dai binari di una comunicazione
senza coazione, porta avanti il processo, di cui altrimenti legittima
la stasi: il progresso del genere umano verso l’emancipazione.
(…) L’unità di conoscenza e interesse si verifica in una
dialettica che ricostruisca l’elemento represso a partire dalle
tracce storiche del dialogo represso.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Tecnica e scienza come
ideologia (1967)
Con «lavoro» o agire razionale rispetto allo
scopo, intendo o agire strumentale o scelta
razionale oppure una combinazione di entrambi.
L’agire strumentale è organizzato secondo regole
tecniche, che si basano su un sapere empirico.
Esse implicano in ogni caso prognosi
condizionali su eventi osservabili, fisici o sociali;
tali prognosi possono rivelarsi esatte o non vere.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Tecnica e scienza come
ideologia (1967)
Con agire comunicativo intendo una interazione mediata
simbolicamente. Essa è organizzata in base a norme vigenti in
modo vincolante, che definiscono aspettative reciproche di
comportamento e che devono essere comprese e riconosciute da
almeno due soggetti agenti. Le norme sociali sono rese effettive
tramite sanzioni; il loro senso si oggettiva in una comunicazione
nel linguaggio quotidiano. Mentre la validità di regole tecniche e
strategie dipende dalla validità di proposizioni empiricamente vere
o analiticamente esatte, la validità di norme sociali è basata solo
sull’intersoggettività dell’intendersi in base a intenzioni ed è
garantita dal riconoscimento generale di obbligazioni
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
J. Habermas, Teoria dell’agire
comunicativo (1985)
La teoria dell’agire comunicativo è intesa a mettere in luce un
potenziale razionale insito nella stessa prassi comunicativa
quotidiana. Con ciò essa spiana contemporaneamente la strada a
una scienza sociale dal procedere ricostruttivo, che identifica in
tutta la loro estensione i processi di razionalizzazione culturale e
sociale, ripercorrendoli anche oltre la soglia della società
moderne; allora non si avrà più bisogno di ricercare potenziali
normativi solo in una formazione specifica di un’epoca. L’obbligo
di stilizzare le singole espressioni prototipiche di una razionalità
comunicativa incarnata nelle istituzioni viene a cadere in favore di
un intervento empirico, che allenta la tensione del contrasto
astratto tra norma e realtà.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
CONTEMPORANEO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 16
I SEMESTRE
A.A. 2011-2012
Michel Foucault, L’archeologia del
sapere
Potrei definire la mia ricerca come «un’analisi di fatti
culturali che caratterizzano la nostra cultura e, in tal senso, si
tratterebbe di qualcosa come una etnologia della cultura a cui
apparteniamo. Infatti, cerco di situarmi all’esterno della
cultura a cui apparteniamo, di analizzarne le condizioni
formali, per farne, in una certa misura, la critica, non però
nel senso di ridurne i valori, ma per vedere come si sia potuta
effettivamente svolgere. Inoltre, analizzando le condizioni
stesse della nostra razionalità, metto in causa il nostro
linguaggio, il mio linguaggio, di cui analizzo come sia potuto
sorgere».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, L’archeologia del
sapere
Questa prospettiva si trova davanti «tutto un campo d’indagine.
Un campo sterminato, ma definibile: è costituito infatti
dall’insieme di tutti gli enunciati effettivi (sia parlati che scritti),
nella loro dispersione di avvenimenti e nell’istanza propria a
ciascuno di loro. Prima di occuparsi, con piena certezza, di una
scienza, o di romanzi, o di discorsi politici, o dell’opera di un
autore oppure di un libro, il materiale che si deve trattare nella sua
originaria neutralità è costituito da tutta una folla di avvenimenti
nello spazio del discorso in generale. Si delinea in tal modo il
progetto di una descrizione pura degli avvenimenti discorsivi
come orizzonte per la ricerca delle unità che vi si formano».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, L’archeologia del
sapere
Il «discorso» può essere definito: insieme degli
enunciati che appartengono a uno stesso sistema
di formazione; in questo modo potrò parlar di
discorso clinico, di discorso economico, di
discorso della storia naturale, di discorso
psichiatrico…
Le «regole» del discorso «definiscono» «il
regime degli oggetti»
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
La genealogia del potere:
Con il termine potere mi sembra che si debba intendere
innanzitutto la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al
campo in cui si esercitano e costitutivi della loro
organizzazione; il gioco che attraverso lotte e sconti
incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte; gli appoggi che
questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri, in modo da
formare una catena o un sistema, o, al contrario, le
differenze, le contraddizioni che li isolano gli uni dagli altri.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
La genealogia del potere:
In ogni punto del corpo sociale, tra un uomo e una
donna, nella famiglia, tra maestro ed allievo, tra colui
che sa e colui che non sa, passano delle relazioni di
potere che non sono la proiezione pura e semplice del
grande potere sovrano sopra gli individui; esse sono
piuttosto il terreno mobile e concreto su cui quello si
ancora, le condizioni necessarie affinché possa
funzionare.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
Il potere è ovunque «non perché avrebbe il
privilegio di raggruppare tutto sotto la sua
invincibile unità, ma perché si produce in ogni
istante, in ogni punto o piuttosto in ogni relazione
fra un punto ed un altro. Il potere è dappertutto;
non perché inglobi tutto ma perché viene da ogni
dove».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
Non voglio dire che lo Stato non sia importante; quel che voglio dire è
che i rapporti di potere e di conseguenza l’analisi che se ne deve fare
deve andare al di là del quadro dello Stato. Deve farlo in due sensi:
innanzitutto perché lo Stato, anche colla sua onnipotenza, anche con i
suoi apparati, è ben lungi dal ricoprire tutto il campo reale dei rapporti
di potere; e poi perché lo Stato non può funzionare che sulla base di
relazioni di potere preesistenti. Lo Stato è sovrastrutturale in rapporto a
tutta una serie di reti di potere che passano attraverso i corpi, la
sessualità, la famiglia, gli atteggiamenti, i saperi, le tecniche, ecc. (…)
Questo metapotere con funzioni di interdizione non può realmente aver
presa e non può reggersi che nella misura in cui si radica in tutta una
serie di rapporti di potere che sono molteplici, indefiniti, e che sono la
base necessaria di queste grandi forme di potere negativo.
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Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, Sorvegliare e punire
La microfisica del potere:
L’ambito argomentativo dell’analisi del potere è costituito allora dalle
relazioni d’azione che «non sono univoche, ma definiscono
innumerevoli punti di scontro, focolai di instabilità di cui ciascuno
comporta rischi di conflitto, di lotte e di inversioni, almeno transitorie,
dei rapporti di forza. Il rovesciamento di questi “micropoteri” non
obbedisce dunque alla legge del tutto o niente, né è conseguito una volta
per tutte da un nuovo controllo degli apparati o sa un nuovo
funzionamento o da una distruzione delle istituzioni; in cambio, nessuno
dei suoi episodi localizzati può inscriversi nella storia, se non attraverso
gli effetti che induce su tutta le rete in cui è preso».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
L’Occidente ha conosciuto a partire dall’età classica una
trasformazione molto profonda di questi meccanismi di
potere. Il «prelievo» tende a non esserne più la forma
principale, ma solo un elemento fra gli altri che hanno
funzioni di incitazione, di rafforzamento, di controllo, di
sorveglianza, di maggiorazione e di organizzazione delle
forze che sottomette; un potere destinato a produrre delle
forze, a farle crescere e ad ordinarle piuttosto che a
bloccarle, a piegarle o a distruggerle
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
Concretamente, questo potere sulla vita si è sviluppato in due
forme principali a partire dal XVII secolo; esse non sono
antitetiche, costituiscono piuttosto due poli di sviluppo legati da
tutto un fascio intermedio di relazioni. Uno dei poli, il primo
sembra ad essersi formato, è stato centrato sul corpo in quanto
macchina: il suo dressage, il potenziamento delle sue attitudini,
l’estorsione delle sue forze, la crescita parallela della sua utilità e
della sua docilità, la sua integrazione a sistemi di controllo efficaci
ed economici, tutto ciò è stato assicurato da meccanismi di potere
che caratterizzano le discipline: anatomo-politica del corpo
umano.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
Il secondo, che si è formato un po’ più tardi, verso la
metà del XVIII secolo, è centrato sul corpo-specie, sul
corpo attraversato dalla meccanica del vivente e che
serve da supporto ai processi biologici: la proliferazione,
la nascita e la mortalità, il livello di salute, la durata di
vita, la longevità con tutte le condizioni che possono
farla variare; la loro assunzione si opera attraverso tutta
una serie di interventi e di controlli regolatori: una biopolitica della popolazione.
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Michel Foucault, La volontà di sapere
«Non c’è (…), rispetto al potere, un luogo del grande Rifiuto (…) ma
esistono resistenze, e di svariati tipi: possibili, necessarie, improbabili,
spontanee, selvagge, solitarie, concertate, striscianti, violente,
irriducibili, pronte al compromesso, interessate o sacrificali; per
definizione non possono esistere che nel campo strategico delle
relazioni di potere. (…) Come la trama delle relazioni di potere finisce
per formare uno spesso tessuto che attraversa gli apparati e le istituzioni
senza localizzarsi esattamente in essi, così la dispersione dei punti di
resistenza attraversa le stratificazioni sociali e le unità individuali. Ed è
probabilmente la codificazione strategica di quei punti di resistenza che
rende possibile una rivoluzione, un po’ come lo Stato riposa
sull’integrazione istituzionale dei rapporti di potere».
STORIA DEL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
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