La Fenice
No 1 ­ Inverno 2021
Il volo della Fenice
L'iniziazione martinista nell'era contemporanea
L'iniziazione martinista: iniziazione reale o virtuale?
L'Ain e i suoi riflessi
La barba di Aronne (1a parte)
Louis-Claude de Saint-Martin e la via cardiaca (1a parte)
Essere martinisti (1a parte)
Loggia Martinista "Silentium"
Info e conta : loggiasilen [email protected]
La Fenice
No 1 ­ Inverno 2021
La Fenice
è il notiziario della Loggia Martinista
"Silentium" dedicato agli studi sul
Martinismo e sulla Tradizione.
È uno spazio di incontro fra quanti, animati
da interno desiderio, vogliono condividere la
propria esperienza con coloro che sono in
cammino o si apprestano a farlo, nel solco
della Tradizione.
L'editing e la pubblicazione online sono
a cura di:
Iperion S:::I:::I::: ­ Bes S:::I:::
Le immagini e la revisione dei testi sono
curate da:
Eros S:::I::: ­ Hathor I:::I:::
Hanno scritto su questo numero della
rivista:
Iperion S:::I:::I::: ­ Aerman S:::I:::
Rhiannon S:::I::: ­ Bes S:::I:::
Eros S:::I::: ­ Crisi I:::I:::
Sommario
Editoriale
‒ Il volo della Fenice
‒ La Fenice
Rassegna Martinista
‒ L'iniziazione martinista nell'era contemporanea
‒ L'iniziazione martinista: iniziazione reale o virtuale?
Sentieri della Tradizione
‒ L'Ain e i suoi riflessi
‒ La barba di Aronne (1a parte)
La Parola ritrovata
‒ Meditazioni sul Martinismo e sui doveri dei martinisti
Contributi
‒ Louis­Claude de Saint­Martin e la via cardiaca (1a parte)
­ Essere martinisti (1a parte)
Vita Fraterna
La responsabilità degli articoli è lasciata
interamente ai singoli autori e non impegna, per il
loro contenuto, la Loggia Martinista "Silentium".
‒ La loggia martinista "Silentium" e i suoi gruppi
­ Calendario operativo
Il presente notiziario:
­ non ha carattere di periodicità
­ non contiene pubblicità
­ non è in vendita
­ ha diffusione esclusivamente online
­ non diffonde o scambia informazioni sulle attuali condizioni politiche/economiche/sociali del Paese
­ non costituisce testata giornalistica o prodotto editoriale ai sensi della legge 62/2001.
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La Fenice
Editoriale
Il volo della Fenice
di Iperion S:::I:::I:::
Carissimi lettori,
Luce. Separabis Terram ab Igne, subtile a
spisso, suaviter, cum magno ingenio… et
recepit vim superiorum et inferiorum… sic
habebis gloriam totius mundi.
Per il nome della rivista, ci si è ispirati alla
narrazione mitologica che descrive la
Fenice come l’uccello abitante la regione
mediterranea della Fenicia, nell’Asia
occidentale. Il mito rimanda ai concetti di
rinascita, di rinnovamento e di
rigenerazione.
La Fenice è messaggera e
annunciatrice di una
nuova Vita, della novella
Luce.
Questi concetti
sottendono a fasi
operative che si ritrovano
in ogni Tradizione
iniziatica.
Nel Martinismo trovano
la loro ragion d’essere
nella reintegrazione che
prelude al “Ritorno alle
Origini”, fine a cui tende
ogni martinista e che il mito della Fenice,
così come illustrata in copertina, ben
rappresenta.
La rivista “La Fenice” esprime le idee e
l’operatività che caratterizzano la Loggia
Martinista “Silentium” e i suoi Gruppi nei
quali forte è il senso di rinnovamento e
“habitare fratres in Unum”.
la rivista “La Fenice” fa il suo debutto in un
periodo dell’anno in cui forte è il desiderio di
dare avvio alla semina di quanto in
precedenza raccolto e con attenzione
vagliato affinché un nuovo ciclo possa avere
inizio. Ed è quanto ci rammenta - nella
Tavola di Smeraldo - Ermete Trismegisto:
«Separerai il sottile dallo spesso con grande
ingegno… affinché ogni oscurità si
allontani».
Ciò che avviene in Natura, trova le sue leggi
nell’agricoltura celeste che, analogicamente,
riguarda anche l’essere umano. In piena
adesione con lo spirito di cui la Natura è
partecipe in questo periodo, ci si è separati
da quanto ritenuto superfluo e contingente
raccogliendo la forza delle cose superiori e
inferiori, per mirare esclusivamente alla
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
Info e contatti: [email protected]
Come la Fenice rinasce dalle ceneri per
iniziare una Vita Nova così la Loggia
“Silentium” e i suoi Gruppi sono sorti
dalle ceneri di una precedente esperienza
per librarsi nuovamente verso vette più
elevate e dar vita a un nuovo percorso di
ricerca operando fraternamente, nel senso
più autentico del termine, superando ogni
forma di umiliante discriminazione,
soprattutto di genere, nella piena
osservanza della tradizione martinista.
Si è pensato di mutare, oltre al nome della
rivista, anche la sua veste grafica, a
cominciare dal cambio di colore della
copertina che dal rosso amaranto passa al
blu.
Innanzitutto, il colore blu suggerisce l’idea
della riflessione e della meditazione (idee
necessarie se si vuole rispondere alle tre
domande della Sfinge: Chi sono? Da dove
vengo? Dove vado?).
Al contempo, il colore blu rimanda ai
concetti di rinascita e di scoperta della
Verità, così come ritenuto dagli egizi.
Su questi elementi valoriali è stata
realizzata l’immagine della Fenice che
simbolicamente allude a un percorso
verticale mirante all’astro luminoso per
eccellenza: il Sole.
I primi numeri della Rivista riproporranno
alcuni articoli già pubblicati in altra sede
poiché affrontano concetti e idee
irrinunciabili per la comprensione degli
articoli che verranno pubblicati nei numeri
successivi.
La collaborazione alla rivista “La Fenice” è
aperta a tutti gli “uomini di desiderio” che
nel Martinismo (qualunque ne sia la
denominazione e la struttura) vedono come fondamentale Verità e come scopo
irrinunciabile - la riconciliazione dell’uomo
con sé stesso e la successiva reintegrazione
che ciascuno deve evocare, creare e
sviluppare in sé.
La Fenice ha ripreso a volare.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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L a Fe n i c e
di Belfegor (settembre 1949)
tempi lontanissimi, ricostruita da una serie
di documenti scritti su tavolette d'argilla,
appartenenti ai secoli XIV e XIII a. C.
L'articolo che segue fu pubblicato, nel
1949, sul primo numero dell'omonima
rivista La Fenice - Rivista mensile di studi
esoterici - per conto della Delegazione
Generale della Fr+Tm+ di Miriam, ai quei
tempi presieduta da Domenico Lombardi
(Benno).
Nella nota di presentazione della rivista La
Fenice, Lombardi racconta di aver trovato
l'articolo in un mucchio di vecchie carte e di
averlo scelto perchè intitolato come la
rivista, La Fenice appunto, «e poi perchè
firmato da un certo Belfegor».
Quindi prosegue: "Baal o Beelphegor, come Voi
sapete, era il dio dell'«aprimento», cioè
dell'«apertura» che si fa «per entrare». Dunque
è d'occasione e pure di buon augurio. Speriamo,
pertanto, che "La Fenice" riesca ad aprire più
larghi orizzonti ai cerebri chiusi ed a far entrare i
migliori, con passo misurato ed accorto, nel
Sacrario della Mistica Rosa".
Non possiamo che fare nostro il medesimo
augurio.
=^=^=^=^=^=^=
Esse contengono testi di cultura di
carattere amministrativo è religioso, di cui
alcuni ancora inediti, incisi con scrittura
alfabetica, simile al sillabario cuneiforme
sumero-accadico.
La loro religione, che conosciamo da un
rifacimento greco di Filone di Biblo,
conservato in numerosi frammenti,
consisteva in una cosmogonia che
attribuiva, all'unione del CAOS con lo
La Fenicia si stendeva lungo le coste della
Siria, a settentrione del promontorio del
Carmelo, sulla fascia costiera, fra
l’Antilibano e il mare, e fu abitata da
remotissimi tempi, come è provato da
avanzi arcaici ivi rinvenuti.
I Fenici ebbero e conservarono, nonostante
l'influenza egizia e greca, una propria
fisionomia culturale ed etnica, che risale a
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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SPIRITO, la nascita di un uovo (Môt), dalla
cui scissione ebbero origine il CIELO e la
TERRA.
Due principi, dunque, che si fondono e si
scindono, per diretto ed inverso processo di
creazione, da cui una coppia originaria,
matrice degli dei, dei giganti e dell'umanità.
I loro onori sacri erano resi
fondamentalmente ad una coppia divina,
Baal - Astarte, cui univano un dio fanciullo,
per la formazione della Triade Suprema.
Essi nutrivano un culto sensuale della
Natura, nella quale distinguevano un
principio maschile e un principio femminile.
Fenice era il loro rappresentante mitico, in
greco fòinix, che vuol dire rosso fuoco.
Abbondano in greco i derivati e sinonimi
come:
Foinico, che significa rosso, purpureo,
fiammeggiante, vermiglio.
Foinios, rosso (di sangue) sanguinoso.
Foinissa, sangue.
Foinisso, tingere, colorare in rosso.
Fenicide era la tunica rossa che gli opliti
spartani portavano sotto la corazza.
Fuoco fenicio o feniano era una soluzione
di fosforo nel solfuro di carbonio, che,
versata su corpi combustibili, li
incendiava, perché il solfuro di carbonio si
volatilizza subito e il fosforo che resta si
infiamma facilmente.
La Fenice è pure una costellazione del cielo
australe.
Fenici erano le Caste Avi-Gerie, che
serbavano i Lari degli Avi, cioè le ceneri,
quelle stesse da cui la fenice risorgeva e
che sono il risultato della combustione in
Apotheosis.
La Fenice, a quanto sostiene Ovidio, si
trovava negli Elisi, cioè Eli-Isis, (Sole e
Luna) e adombrava un mistero, l'ultimo a
conoscersi, unico per tutto il mondo.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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E viene tirata in ballo
perfino l'accertata sede
topografica, variabile su
tutti i quarti e mezzi
quarti della rosa dei
venti, a seconda che alla
nuova coprocrazia
dell’occulto piaccia
spostare la sua instabile
residenza. La Fenice, invece, ne indica
l'ubicazione UNICA e SICURA, ed i suoi
decifrabili connotati stanno a dimostrare
che non bisogna rivolgersi al pizzardone
stradale per rintracciarla, perché i Numi
non si farebbero tanto facilmente
sorprendere a simposio da estranei non
muniti del biglietto d'invito. Nel simbolo
della Fenice stanno la chiave e la parola di
passo per comunicare con l'OCCULTO
SINEDRIO, la cui Gerarchia non si
estrania dai suoi dipendenti ed è la sola
DOMINANTE. Pertanto, chi non sia un
venditore di fumo, o uno dei tanti
ciarlatani che infestano noiosamente
l'approccio ai confini del sacro recinto, ha
il dovere di invitare i preparati a non
rivolgersi vanamente all'oriente o
all'occaso, ma a stabilire il proprio,
indistruttibile contatto. Allora soltanto,
sapranno se trattisi di un cavo
transatlantico o di un filo della tessitrice
Aracne, avranno risposta ai loro molti
pensieri che, sotto l'aspetto di iridate
farfalle o di notturne falene, vanno
sciamando intorno ai consapevoli, e
capiranno pure perché fanno una
grandissima pena.
Su questo famoso
uccello molto
favoleggiarono gli
antichi e, secondo
Erodoto, esso volava
dall'Arabia in Eliopoli,
ogni cinquecento anni,
recando chiuso in un
uovo di mirra il
cadavere del padre, per seppellirlo nel
Tempio del Sole. Secondo Tacito, invece, si
fabbricava un nido in Arabia e, cresciuto,
bruciava il padre sull'altare del Sole; mentre
per altri, giunto alla età avanzata, si
uccideva sopra un rogo di legni aromatici,
donde il nome di Ardea purpurea, dalla pira
che lo incenerisce e dal colore rosso di cui si
ammanta. L'uccello fu adorato in varie città
e venne messo in relazione col dio Sole
(Rig), anzi lo si vede appollaiato presso la
tomba di Osiride e, secondo i testi delle
Piramidi, nel Tempio della Fenice era la
pietra sacra puntuta, dalla quale era sorto
nei primordi il dio. Il rosso, il fuoco, le
ceneri, che volano facilmente al vento,
l'uccello purpureo, il rogo, la resurrezione e
gli Elisi, sono tutti ingredienti,
procedimenti e risultati di operazioni
alchemiche, che si praticano in un recondito
CENTRO, ove lo 0 è la Fiamma, lo 0 è
l'Orifiamma e lo 0 è la Sfinge; del quale
CENTRO potrebbe dirsi, come per l'Araba
Fenice, «che vi sia ognun lo dice, ove sia
nessun lo sa». Cotesto CENTRO ricorre,
tuttavia, frequentemente nelle incaute,
malconsistenti e fin troppo riconoscibili
ostentazioni di versatissimi millantatori.
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La Fenice
Rassegna Martinista
L'iniziazione martinista nell'era contemporanea
Iperion S:::I:::I::: - Loggia "Silentium" - Collina di Pescara
È anche vero che i termini iniziazione e
Parola vanno contestualizzati, non in un
ambiente spazio-temporale finito, o
quaternario, ma vanno invece riferiti in
un ambito tradizionale dove non c’è spazio
e non c’è tempo, dove invece vi è
l’esistenza, non necessariamente legata
alla presenza dell’uomo, ma dove vi è
qualcosa che va al di là quello che i suoi
sensi sono in grado di cogliere. Come si
dice, se il cieco non è nelle condizioni di
vedere la luce emanata dal Sole, non
significa che la luce e il Sole non esistano.
A tal riguardo, eviterei di entrare nelle
disquisizioni fra immanenza e
trascendenza, disquisizioni che lascio agli
amanti dei verba, ma non del Verbum.
In princípio erat Verbum,
et Verbum erat apud Deum,
et Deus erat Verbum.
Hoc erat in princípio apud Deum.
Ómnia per ipsum facta sunt:
et sine ipso factum est nihil, quod factum est:
in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum:
et lux in ténebris lucet,
et ténebræ eam non comprehendérunt.
(Giovanni, Vangelo 1:1-5)
Perché iniziare questo articolo, dedicato
all’attualità dell’iniziazione martinista, con
il Prologo o, altrimenti detto, Inno al Logos
di Giovanni?
Per affrontare l’argomento, ho voluto prima
chiarire a me stesso cosa intendere per
iniziazione. Innanzitutto, ho pensato che il
termine iniziazione faccia pensare a un
inizio, a un cominciare, a un principio.
Mi è allora, subito balzato alla mente, come
ricordo recente, il Prologo di Giovanni, in cui
si fa riferimento, per l’appunto, al Principio.
E cosa ci dice Giovanni? Che al principio
c’era il Verbo, o meglio, il Verbum.
Soffermiamoci: il termine Verbum è
tradotto, il più delle volte, come Parola.
Quindi, se dobbiamo pensare all’iniziazione
come un principio e, al principio era il
Verbum, cioè la Parola, allora per sillogismo
categorico, in qualche modo, l’iniziazione
deve avere a che fare con la Parola.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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l’iniziazione martinista, si
tratta di cominciare da subito
ad operare affinché, come
indicato dai Maestri Passati, si
possa giungere alla
reintegrazione dell’uomo nelle
sue primitive proprietà, virtù
e potenze spirituali e divine,
andate “dimenticate” e quindi
perse, in seguito alla “caduta”.
Con l’iniziazione, infatti, si
apre per l’uomo la possibilità
di fare ingresso in un “mondo
altro”, ma allo stesso tempo in
sé stesso, per risvegliare il
“principio divino” presente in
ciascuno di noi.
Si tratta di ciò che veniva
definito il Fuoco al centro della
Terra, rappresentato anatomicamente
nell’uomo dal cuore, considerato come
centro dell’intelligenza spirituale, da cui
deriva il termine ricordare, da "re-cordari",
cor, cordis, cioè cuore che col prefisso re,
significa portare al cuore.
Non è un caso che molti segni nei diversi
gradi martinisti, e in altre strutture
iniziatiche, fanno riferimento al cuore quale simbolo del centro della memoria
spirituale umana da risvegliare altrimenti detto flos ignis, il fiore di fuoco,
rappresentato in alcune immagini
mistiche come una fiamma che si
sprigiona dal cuore.
Non a caso anche altre strutture iniziatiche,
riconoscendo questa vicinanza semantica
fra Verbum e iniziazione, spingono la loro
opera alla ricerca della Parola perduta.
In realtà, sia il Verbum che l’iniziazione
riportano ad un concetto comune che è
quello di atto creativo, di atto trasmutatorio,
o, ancora meglio, di palingenesi, vale a dire
di ri-nascita, di una nuova vita dunque o
Vita Nova.
Ciò è possibile se si lascia agire, su di sé e in
sé, l’influenza spirituale che viene trasmessa
durante il rito di iniziazione per aprirsi
completamente ad un altro modo, o mondo,
di esistenza.
In particolare, per quanto concerne
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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riportare in luce quanto è stato
ottenebrato, obnubilato dallo stato
esistenziale nel piano della manifestazione
sensibile o “al di qua”.
Pertanto, l’iniziazione deve
necessariamente condurre, in quanto
memoria, ad una presa di conoscenza di
una condizione “altra”, o
ancora meglio, “ultra”, una
condizione che ci è nota, ma
è stata dimenticata
conseguentemente al
distacco dalla divinità, alla
caduta nel piano fenomenico
della materialità o
quaternario.
Lo stesso può dirsi della
perdita della Parola, nel
rumore prodotto dalla
materialità del discorso
puramente dialettico.
Invece, la Parola deve essere
intesa essenzialmente nel
suo significato profondo, come veicolo
simbolico di una esperienza interiore.
In quanto appena detto, ci soccorre il
divin poeta, allorché, nel primo canto del
Paradiso, al settantesimo verso, ci
ammonisce: Trasumanar significar per
verba non si poria, vale a dire che non si
può andare al di là dell’umano se si
utilizzano le parole.
Ci si riferisce qui ad una conoscenza non
accademica, non parolaia, non libresca,
non limitata alla razionalità, per quanto
dotta essa possa essere.
La conoscenza a cui tende l’iniziazione è
completamente opposta alla conoscenza
Quindi, se con l’iniziazione dobbiamo
ricordare, se dobbiamo pervenire allo stato
iniziale dell’uomo prima della caduta, allora
dobbiamo ritrovare per analogia, il Verbum,
la Parola che solo apparentemente è andata
perduta o confusa nel frastuono della
verbosità.
Sempre analogicamente, si può fare
riferimento alla Fenice, l’Uccello di Fuoco
della teologia di Heliopolis, o al Quetzalcóat,
il Serpente piumato della teologia tolteca.
Entrambi indicano un inizio, il principio
primordiale di vita che riscoperto in sé,
conduce all’immortalità.
Su questo tema, e in particolare su come gli
antichi egizi hanno rappresentato il
percorso a ritroso dell’uomo verso la sua
origine divina, è opportuno fare riferimento
al Libro dei morti egizio chiamato anche
Libro per uscire al giorno.
Occorre rammentare che l’iniziazione è
strettamente collegata ad un ricordo, e il
ricordo è una riconquista della memoria, un
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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non le si pongono a dimora al calore della
terra nel giusto periodo, non si diventa
giardiniere.
Una cosa non la si conosce realmente
finché non la si realizza.
Vale a dire finché la coscienza non possa
trasformarvisi.
Questo ci pone dinanzi una evidente
verità: la conoscenza fine a sé stessa è
essenzialmente concettuale e accademica,
è kultur, mentre la conoscenza iniziatica è
sostanzialmente un vissuto, un fare,
ancora meglio è Opera.
È questo il motivo per cui, in ambito
iniziatico e tradizionale non vi è, e non vi
può essere, un insegnamento di tipo
cattedratico con sedicenti messia e
abboccanti discenti.
Non possono esserci conferenzieri che
propongono falso misticismo e confusioni
spiritualistiche, tipiche della new age,
abbonamenti a prolifiche monografie
periodiche sul
sovrannaturale, corsi
a dispense di dottrine
esotiche di ogni tipo a
costi proibitivi.
Ma questo dispersivo
e fuorviante
panorama che si offre
a chi si avvicina alla
ricerca esoterica non
ha nulla di
tradizionale e
tantomeno di
iniziatico.
razionale, alla gnosis greca, che vede il
conoscente, colui che conosce, e il conosciuto,
l’oggetto della conoscenza, su versanti
contrapposti, rimarcando, di fatto, una
dualità fra soggetto conoscente e oggetto
conosciuto.
Consegue un processo gnostico, o di
conoscenza, essenzialmente duale, un
continuo procedere fra due opposti.
Al contrario, e non può essere altrimenti, la
conoscenza iniziatica è un andare oltre ogni
dimensione dialettica.
Nella conoscenza iniziatica vi è
identificazione fra conoscente e conosciuto ed
è quindi un’esperienza essenzialmente
unitaria ed unitiva.
Un basilare assioma ermetico così recita: per
conoscere cosa sia la tal cosa, bisogna
diventare la cosa stessa, come dire che
possiamo leggere tutti i libri di giardinaggio
e guardare tutti i video possibili, ma finché
non si prendono le sementi e le pianticelle e
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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sdoppiamento fra conoscente e conosciuto,
allo stesso modo, il culto del divino
presuppone uno sdoppiamento, una netta
separazione fra l’orante e la divinità.
Il processo iniziatico, di contro, auspica
una transumanazione, un andare oltre la
natura umana, per pervenire,
successivamente, ad una identificazione
con il divino, una fusione, un bruciare
insieme o indiamento.
Una sintesi di quanto appena detto si
trova nella parola “Dio” che indica sia il
concetto di divinità,
Dio per l’appunto, sia
l’identità dell’iniziato,
se si pensa a Dio scritto
come D’Io. Ed è questo
ricordo della primitiva
unità da ricostituire
che richiama il
concetto di
reintegrazione tanto
caro al Martinismo e ai
martinisti e, come
ricordato dal Maestro
Passato Nebo, ne è “…
la sua essenza, la sua
prima e ultima
parola2”. Parola o
Verbum, vorrei
aggiungere, capace di richiamare, da noi e
in noi, la voce occulta e divina del nostro
Maestro Interiore che ci ri-corda chi Io
Sono.
Louis-Claude de Saint-Martin, in Ecce
Homo, rammenta: “Malgrado la vastità del
Ho detto pocanzi che la conoscenza
iniziatica è Opera; allora, se il fine del
Martinismo è la reintegrazione dell’uomo
nelle sue condizioni originarie, prima della
caduta, cioè un processo di reintegrazione
con il divino, ne consegue (sempre seguendo
il sillogismo categorico) che l’opera a cui si
fa riferimento è un Opera Divina, in greco
antico teos Dio e ergon opera, ciò che negli
Oracoli Caldaici1 è stata definita teurgia (dal
greco antico theurghía).
Di Opera si sta trattando.
Occorre escludere, pertanto, tutto quanto
possa avere carattere devozionale e,
conseguentemente, deve essere escluso tutto
ciò che diviene mero culto del divino.
Infatti, come il processo di conoscenza
adottato dalla gnosi presuppone uno
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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istanza di percorrere un cammino di
riconciliazione e reintegrazione, facendo di
sé stesso il Filosofo dell’Unità.
Sta proprio in questo l’attualità
dell’iniziazione martinista che conserva la
sua essenza più profonda nel suo essere
intimamente radicata nella Tradizione.
tempo, malgrado lo spessore delle tenebre, tutte
le volte che l'uomo contemplerà i suoi rapporti
con Dio, ritroverà in sé gli elementi
indissolubili della sua essenza originale ed i
naturali indizi della sua gloriosa
destinazione3”.
Ecco, allora, che il Martinismo fornisce gli
strumenti per pervenire a questo risveglio
progressivo in funzione della qualificazione
dell’iniziato che rappresenta la materia
prima dell’Opera. Si è detto delle finalità
dell’iniziazione, e dell’iniziazione martinista
in particolare, si è detto che il Martinismo
fornisce degli strumenti progressivi per la
pratica, si è detto che il compimento
dell’Opera dipende dalla messa “in atto” di
quanto nell’iniziato è “in potenza”. Il
martinista dovrà, perciò, mostrarsi scevro
dai lacciuoli del tempo e dello spazio che
non possono avviluppare colui che, ricevuta
una iniziazione reale, avverta l’intima
Note:
Gli oracoli caldaici sono stati scritti fra il
I e II sec. d.C. e sono attribuiti a Giuliano
il Caldeo e suo figlio Giuliano il Teurgo.
L’opera completa, scritta in greco, è
andata parzialmente distrutta e sono
giunti a noi solo dei frammenti.
1
Francesco Brunelli, Il Martinismo e
l’Ordine Martinista, Editrice Volumnia,
Perugia, 1980, p.175.
2
Louis-Claude de Saint-Martin, Ecce
Homo. La reintegrazione dell’uomo
attraverso la catarsi, Edizioni Bastogi,
Foggia, 1998, p.27.
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L'iniziazione martinista: iniziazione reale o virtuale?
Rhiannon S:::I::: - Gruppo "Phartenope" - Collina di Napoli
Nel momento in cui si vuole cominciare a
dall’altro abbiamo la possibilità offerta
all’uomo di rialzarsi lungo una verticalità
nel momento in cui si “rende conto” di
avere in sé “il germe della Luce” che lo
porterà allo stato iniziale prima della
“caduta”.
E ancora una volta è richiamato il
concetto di inizio e di principio.
Ma inizio di cosa?
La parola “inizio”, da cui “iniziazione”, è
la soluzione: inizio da in-ire, quindi un
“andare dentro” e non verso improbabili
divinità assise su nubi accomodanti e
paffute.
parlare di “iniziazione” la mente ci rimanda
subito al concetto che si sta per “dare inizio
a qualcosa”, che si sta “intraprendendo un
percorso” che ci condurrà verso la “meta” di
cui abbiamo - in un preciso momento della
nostra vita - avvertito la “presenza” e il
conseguente “richiamo”. E questo “sentire
interiore” ha caratterizzato sempre colui
che si avvicina ad una struttura iniziatica,
sia se ci riferiamo al passato sia in età
contemporanea.
Come martinista, come donna che ha
avvertito questo richiamo e che ha deciso,
non certo per caso, di intraprendere
il percorso martinista, non posso che
fare riferimento ai nostri Maestri
Passati – che sono sempre presenti
fra noi – a cominciare da Martinez
de Pasqually che usava affermare:
“Mio Dio, proteggimi da me stesso”.
Il suo allievo prediletto, LouisClaude de Saint-Martin gli faceva
eco sostenendo che: “L’uomo è la
somma di tutti i problemi” ma allo
stesso tempo asseriva che: “L’uomo
porta in sé il germe della Luce e delle
verità”.
Ecco, quindi, che se da una parte
abbiamo la rappresentazione
dell’uomo immerso nella
problematicità del piano orizzontale
(ricordato da Martinez e da LCSM)
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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Una volta compreso che la “risposta” a
questa “chiamata interiore” si trova
nell’intraprendere un percorso di
comprensione e successivo sviluppo del
nostro essere, dobbiamo riflettere se quanto
ci prospetta il percorso martinista sia reale
nel senso di res, di riscontrabile, oppure
frutto di seducenti fumose filosofie, cioè se il
Martinismo offre una iniziazione reale o
virtuale.
E per rispondere a questo mio interrogativo
mi è giunto, quasi inaspettatamente, un
piccolo intervento svolto dal Gran Maestro
Passato Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani).
Fabrizio Mariani ha lavorato come
giornalista e come conduttore
radiofonico per la Rai. È stato anche
uno scrittore e ha dato alle stampe
numerosi testi con la casa editrice
Bastogi di Foggia. In particolare, nel
1982, ha pubblicato “Introduzione alla
pratica ermetica” la cui presentazione è
stata scritta da Nebo, Francesco
Brunelli, Gran Maestro dell’allora
Ordine Martinista Antico e
Tradizionale (OMAT).
La presentazione al testo è datata
Perugia, luglio 1982. Brunelli morirà
qualche settimana dopo, il 19 agosto.
Quindi, è stato forse uno dei suoi
ultimi contributi scritti.
Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani)
come giornalista ha condotto la
rubrica radiofonica “Atanor - Gli
orizzonti dell'esoterismo” che andava in
onda la domenica sera, alle ore 22:15,
su Rai Radio 3. Una delle trasmissioni
ha avuto come tema “Iniziazione reale
e/o virtuale” con particolare riferimento
all’iniziazione nell’Ordine Martinista.
Ecco la trascrizione, semplificata, del
contenuto della trasmissione.
L'iniziazione - e in particolare l'iniziazione
martinezista-martinista - è per definizione
la trasmissione reale di un potere spirituale.
Ne conseguono alcune ovvietà sulle quali
sarà bene soffermarci per chiarire una
buona volta le idee a tutti.
È ovvio, per esempio, che ognuno utilizzerà
il deposito iniziatico ricevuto in ragione
delle sue possibilità intrinseche, le quali
variano da individuo a individuo.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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Attraverso questa trasmissione si instaura
un vincolo karmico, indissolubile, tra chi
trasmette il fluido e chi lo riceve, vincolo che,
come tutto ciò che attiene al karma, si
perpetua oltre la morte (il fatto che alla
morte dell'Iniziatore il discepolo debba
cercarsi un altro maestro riguarda,
specificatamente, l'attività operativa sul
piano del Quaternario).
In altre strutture è diverso: in Massoneria,
tanto per fare un esempio, è la loggia, unità
di base dell'organizzazione, che accoglie
l'aspirante apprendista attraverso il suo
capo, il maestro venerabile, che tale non è a
vita, né a priori, ma è eletto dall'assemblea,
con periodica cadenza.
L'Iniziatore Martinista, invece, è tale a
priori, cioè prima ed indipendentemente
dalla loggia, che, una volta costituita, è per
sempre di sua esclusiva responsabilità.
L'iniziazione martinista riguarda le
possibilità intrinseche (cioè quelle che già
sono, anche se latenti, nel recipiendario);
queste possibilità possono non affiorare mai,
ma non per questo l'iniziazione è meno reale;
altre forme di iniziazione, invece,
riguardano le possibilità non intrinseche
(cioè quelle che, grazie allo studio e alla
meditazione sui simboli potranno un giorno
nascere, ex novo, nel recipiendario); in
questo caso si può (anzi: si deve) parlare di
iniziazione virtuale, ma il discorso non ci
riguarda.
Il grave compito che si assume l'Iniziatore
consiste nel capire se un profano di desiderio
abbia in sé, oppure no, le possibilità
intrinseche: solo in caso affermativo, infatti,
egli potrà procedere a trasmettere
Dei talenti ricevuti, ogni operaio fa quel che
vuole e che può.
È errato affermare che chi non spende i talenti
è perché non li ha ricevuti, o li possiede
soltanto virtualmente.
La peculiarità dell'Ordine consiste nella
trasmissione diretta di un fluido, di un
legame, fra l'iniziatore (che tale è a vita,
semel abbas, semper abbas) e il
recipiendario con l'imposizione della mano e
con le parole (risvegliati, o tu che dormi,
ricevi questa fiamma ardente che ti
permetterà di vincere la potenza delle
tenebre) parole che ogni Martinista, degno di
questo nome, dovrebbe custodire scolpite nel
cuore.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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Qui termina la trascrizione della
trasmissione.
Da quanto appena detto,
è fuori di dubbio che la iniziazione
martinista
sia una iniziazione reale che produce un
legame indissolubile fra il recipiendario
e il maestro rafforzato dalla catena
eggregorica ininterrotta fra recipiendario
e l’iniziatore e fra questi e il suo
maestro, e così fino a giungere ai
Maestri Passati, ricordati durante la
trasmissione iniziatica:” Io… nel nome del
mio iniziatore… e sotto gli auspici dei
Nostri Venerati Maestri Passati, ti ricevo…
ecc. ecc.”
E da questo momento, il nuovo iniziato,
il neofita, è posto in contatto con la sua
realtà, res appunto, interiore,
attraverso la pratica dei riti relativi al
grado di appartenenza.
un'iniziazione che abbia tutti i requisiti
richiesti dalla nostra Tradizione.
Capire ciò è molto difficile: sono in gioco, da
parte dell'Iniziatore, cospicue facoltà intuitive
e una buona conoscenza della psicologia
applicata.
Può accadere - e accade - che l'Iniziatore sbagli
e scambi per desiderio quella che è soltanto una
malcelata e inconsapevole velleità. Allo sbaglio
dell'Iniziatore, però, pone rimedio l'Eggregoro
dell'Ordine che senza frapporre indugi espelle
dall'Ordine e restituisce al mondo profano la
persona che in campo iniziatico dispone, in
quel momento, soltanto di possibilità non
intrinseche. È probabilmente su queste
argomentazioni che si è usata, nel nostro
ambito, la dizione relativa alla virtualità
dell'iniziazione, generando qualche piccola
confusione che speriamo di aver fugato, in
quanto l’iniziazione martinista è sempre
un’iniziazione reale.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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A questo punto mi è obbligo ricordare
Stanislas de Guaita che al nuovo iniziato,
così si rivolge: “Invano i più saggi Maestri ti
rivelerebbero le supreme formule della scienza e
del potere magico, poiché la Verità Occulta non
può essere trasmessa in un discorso, ma
ciascuno deve evocarla, crearla e svilupparla in
sé”. Ciò significa che il grado ricevuto deve
essere attivato e sviluppato in sé, magari con
la guida dell’iniziatore per evitare errori e
sviamenti visto che questi, come dice il
Maestro Passato Aldebaran, con l’iniziazione
ne assume una responsabilità personale.
Se è vero che l’iniziazione martinista è reale
e non virtuale, in quanto crea un legame che
prescinde dal piano della manifestazione e
va oltre il quaternario per approdare a piani
più elevati, è ancor più vero, allora, che
l’iniziazione martinista, e quindi l’iniziatore,
deve andare oltre le forme fenomeniche
contraddistinte dalla dualità. Deve dunque
prescindere da un mondo dove tutto è
sdoppiato e polarizzato, comunemente
rappresentato dal Sole e dalla Luna, dal
bianco e dal nero, dal maschile e dal
femminile, ma guardare la Luce Una
imprigionata nella materia, nella corporeità.
Deve dare la giusta risposta alla chiamata di
quella scintilla divina che, in quanto tale
non può essere né uomo e né donna e
prescinde da ogni forma di caratterizzazione
e, soprattutto, di limiti al suo naturale e
incondizionato sviluppo.
Questo è ancor più vero se osservo la mia
esperienza personale dal giorno in cui ho
deciso di rispondere alla mia chiamata
interiore e intraprendere un percorso
iniziatico. Il rapporto con il mio iniziatore,
gli strumenti che l’Ordine mi ha messo a
disposizione e la pratica costante dei riti
hanno fatto di me una donna nuova, che
ha cioè raggiunto la consapevolezza che
una strada per la propria reintegrazione
esiste e il desiderio di percorrerla si è
tramutato in realtà.
In questo vedo e intendo l’iniziazione reale
e non virtuale che caratterizza il
martinismo.
E in questo vedo e intendo la sua
ineluttabile attualità.
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La Fenice
Sentieri della Tradizione
L'Ain e i suoi riflessi
Bes S:::I::: - Gruppo "Anubi" - Collina di Palermo
All’origine di tutto, nella tradizione
Il senso di Ain che diventa Ani va in questa
stessa direzione.
Esiste così il Sole che non vediamo, il Sole
riflesso sugli oggetti e il raggio di Sole.
Ognuna di queste esistenze, chiamate
Zahzaot, possiede un nome:
• L’inconoscibile è Ain
• La proiezione come spazio (i nostri
oggetti) è Ain Soph
• La proiezione come tempo (il raggio) è
Ain Soph Aur
cabalistica, vi è il nulla, l’Ain.
Permutando queste tre lettere in Ani il
significato cambia nel pronome personale
“io”, come se il vuoto originario e l’io siano i
due punti del diametro di un cerchio che
parte dall’emanazione, arriva alla mia
coscienza, e ritorna al suo principio.
Inteso come qualcosa di perfetto al di là del
tempo e dello spazio che l’uomo non può
conoscere in nessun modo, David ben
Abraham ha-Lavan descrive così l’Ain :
“Ha più essere di ogni essere del mondo,
ma è semplice;
e siccome ogni essere
si riconosce nella complessità
viene assunto come il Nulla.”
Nonostante l’assoluta impossibilità
dell’uomo di conoscere Ain, i cabalisti, in
particolar modo a partire da Isaac il Cieco,
lo hanno cercato attraverso un gioco di
riflessi, come quando contempliamo la
presenza dell’astro solare vedendone la luce
sugli oggetti posati sul tavolo o sulle pareti
delle nostre abitazioni. Questi raggi
condividono con il Sole la loro natura
luminosa in una maniera che farà dire a
René Guenon in altro contesto tradizionale:
"La luce è essenzialmente una e la sua natura
non è diversa nel Sole e nei suoi raggi, i quali
ultimi non si distinguono se non in modo
illusorio nei confronti del Sole stesso."
(Rivista di Studi Tradizionali, 1947).
Ain Soph, nome che pur indicando una
delle Luci di Ain è diventato per
antonomasia il nome di Dio, si è iniziato ad
usare dal 1200 inizialmente come aggettivo
per definire qualcosa di infinito.
Dal 1300 lo troviamo quasi in tutte le
pubblicazioni cabalistiche a volte confuso
con la Shekinah che, più specificatamente,
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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La Creazione sott’intende l’avvenuta
presenza delle tre Zahzazot e infatti nel
pensiero mistico ebraico è triplicemente
divisa. Esiste una dimensione assoluta
inconoscibile se non mediante la perdita
dell’Io da cui scaturisce la creazione degli
oggetti della Casa, la parola Bereshit che ha
per lettera iniziale la Beth, il cui
significato è appunto
casa. Esiste, infine, una
creazione che è simile alla
luce che cade sopra gli
oggetti. Queste ultime
due creazioni posseggono
un particolare contesto
simbolico. Nel Sefer
Yetzirah infatti vengono
incisi – Chalak - nel
fango, quindi togliendo
qualcosa da una materia
già esistente formata da
terra e acqua, i 32
sentieri mistici di
Sapienza che generano la
Casa. Successivamente l’Eterno dà forma
all’Universo mediante tre lettere Samekh,
Peh e Resh che formano le parole Sepher –
il testo, Sephar – il numero, e Sippur – la
comunicazione.
Sepher è l'elemento visivo, la forma.
Sephar è l'elemento numerico/ritmico e
Sippur è la vibrazione, il suono.
Queste tre lettere sono infine le radici
della parola Sephirah attraverso la quale
la luce acquisisce un suo colore che attesta
una specifica qualità.
è la presenza di Dio nel mondo, nell’uomo e
nell’Universo ma che nei percorsi più legati
all’immanentismo tende a coincidere con
l’Assoluto. Se vogliamo insistere sulla cosa è
come se Ain Soph si riferisse all’infinito e
quindi ad una condizione spiccatamente
spaziale e Ain Soph Aur all’eterno ossia al
tempo.
Teniamo sempre in mente la coincidenza
qualitativa confermata dalla permutazione
delle tre lettere Ain in Ani, e riflettiamo
sulla aderenza semantica tra origine
dell’universo e origine dell’io. Quest’ultimo,
quindi, ha una consistenza vuota, meglio
dire “silenziosa” per il suo essere del mondo
ma semplice e, così come percepiamo
l’esistenza di una persona attraverso la sua
voce, è in questa dimensione ermetica di
assoluto silenzio che percepiamo l’esistenza
originaria. Io sono quello.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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Nel XV/XVI secolo si diffusero le prime
rappresentazioni grafiche cabalistiche a
forma di Albero anche grazie a opere come
l’Ilan ha-Gaddol di Meir Poppers e la
Kabbalah Denudata di Knorr Von
Rosenroth.
La rappresentazione ad albero, l’Otz
Chiim, ha avuto l’indubbio vantaggio di
identificare in un colpo d’occhio il
percorso della luce, il raggio che si colora
attraverso le Sefiroth mediante dei percorsi
di trasmutazione interni chiamati canali, o
Zinnot.
Osservando l’Albero Cabalistico, notiamo
alcune particolarità di cui spesso si legge e
su cui non è mai scontato riflettere.
È possibile innanzitutto dividere l’Albero
in tre colonne:
La colonna di destra è la colonna della
Grazia, formata dalla Saggezza (Hokmah),
dalla Grandezza o dall’Amore (Gedullah) e
dalla Vittoria (Netzach). È la colonna delle
forze ampliatrici, positive di segno e
maschili. L’Espansione.
La colonna di sinistra è la colonna della
Severità, formata dall’Intelligenza (Binah),
dal Potere o dalla Severità (Gevurah) e
dalla Maestà (Hod). È la colonna delle
forze limitanti, negative di segno e
femminili. Il Contenimento.
Considerando il contenimento come
l’utero che accoglie il seme, in questo senso
femminile e l’espandere come il seminare e
avendo contezza dei tre triangoli che si
vengono a formare a partire dal basso del
nostro albero, il triangolo naturale legato
Se quello che è stato scritto finora riguarda
una creazione che odora di fede in quanto
inconoscibile, ricordo l’importanza che per
l’ebraismo hanno le lettere e la loro
combinazione. Pertanto, ancora una volta,
assoluto inconoscibile e Io hanno la stessa
qualità e la creazione potrebbe quindi essere
vista come un ritorno, due
semicirconferenze che si completano nel
cerchio.
Per questo, però, occorre un Sentiero.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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al fisico, quello psichico legato all’anima e
quello dell’intelletto legato allo Spirito
vediamo inoltre come, a sinistra, Hod
contiene il naturale, Geburah lo psichico e
Binah l’intelletto così come, a destra,
Netzach amplia il naturale, Gedullah lo
psichico e Hokmah l’intelletto.
La colonna centrale, che sorregge l’intero
Albero è la colonna dell’Equilibrio e della
Bellezza, formata dalla Corona (Kether),
dalla Bellezza o dalla Misericordia
(Tiphereth), dal Fondamento o dal Giusto
(Yesod) e infine dal Regno (Malkuth).
Assume questo nome in quanto nel suo
proiettarsi equilibra le forze contenitrici e
quelle espansive.
Così Yesod equilibra Netzach e Hod;
Tiphereth, Gedullah e Gevurah;
Kether, Hokmah e Binah.
L’Ani, l’Io, è attraverso i tre libri, ossia
Sepher, Sephar e Sippur, che contempla
l’Eterno e l’Infinito percependo
l’inconoscibile.
Questi tre libri sono raccolti nella parola
Sefirah.
Le Sefiroth sono vetri colorati, oggetti
della casa, che raccolgono la luce e le
danno una specifica qualità attraverso la
quale il nostro corpo, la nostra anima e il
nostro intelletto si proiettano in una
direzione compiendo un viaggio.
I tre triangoli, il naturale, lo psichico e
l’intellettuale, sono l’Ain,
l'Ani, il Nulla che si muta
in Io.
Questo avviene quando
dal parlare di Dio
parliamo con Dio sino a
essere Dio.
Questo è il serpente che si
morde la coda, la
circonferenza chiusa, il
ritorno che mette fine al
Tikkun.
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La barba di Aronne (1a parte)
Eros S:::I::: - Gruppo "Zeteo" - Collina di Salerno
Ho avuto modo, in questi anni dedicati al
martinismo, di meditare spesso sul nostro
rituale giornaliero, rendendomi cosciente
dell’investitura spirituale che esso
rappresenta, la sua tradizione e il suo potere
magico di risvegliare l’uomo interiore.
Ma è altrettanto vero che il rischio di fare il
rituale in modo meccanico è molto alto.
Questo rischio si presenta, credo, quando
l’uomo iniziato viene sovrastato dall'uomo
profano e il rito è relegato in quei pochi
minuti ad esso dedicati. Il rito giornaliero
diventa, così, un mero dovere derivante
dall'iniziazione. In questo caso l'associato è
ancora prigioniero dell’uomo profano in cui
prevale l'obbligo di fare qualcosa.
La “forzatura” (o meglio l'impegno) nasce
da una organizzazione dell’iter giornaliero.
Con il tempo, se il seme sboccia, l’uomo
iniziato prevale sull'uomo profano.
Questo è frutto di un processo che implica
un perfezionamento continuo dell’Uomo,
durante il quale egli comincia ad incarnare il
Verbo: la personalità iniziatica e il nuovo io
iniziatico si fanno sempre più spazio: dove
prima c’era un ammasso informe di desideri,
voglie ed egoici personalismi ora c’è un
Individuo. Come una piantina si erge dalla
terra per dirigersi verso il cielo dove l’uomo
iniziato è al di sopra dell'uomo profano e di
ogni cosa appartenente al piano materiale.
Questo sentire l’iniziazione mi nasce
meditando sull'Ecce quam bonum e sulla
consacrazione di Aaroon.
L’Ecce quam bonum ricorda la solenne
investitura di Aaron, il fratello di Mosè:
“Poi Mosè prese l'olio dell'unzione, unse la
Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e
così le consacrò.
Fece sette volte l'aspersione sull'altare, unse
l'altare con tutti i suoi accessori, la conca e
la sua base, per consacrarli.
Versò l'olio della unzione sul capo d'Aronne
e unse Aronne, per consacrarlo.
Poi Mosè fece avvicinare i figli d'Aronne, li
vestì di tuniche, li cinse con le cinture e legò
sul loro capo i turbanti, come il Signore
aveva ordinato a Mosè.”
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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significato legato sia alle ossa sia ai giorni
dell’anno, nonché ha un collegamento con
la Torah, che invito il lettore a fare una
ricerca personale) e 1600 torri da ogni lato.
Ogni torre di file incastonate, che volano
in alto e attingono alla mensa della madre
sublime, dal suo olio dell’unzione.
Dall’antico dei giorni è discesa l’energia del
Padre e della Madre, rispettivamente dalla
sephirah della sapienza (Hockmah) e
dell’intelligenza (Binah),
dalle cui unione è poi
nato Ze’er Anpin.”
Nella descrizione di Ben
Yochai, il corpo di ZA è a
un tempo: figura divina e
agglomerato di Sephirot,
quindi esso richiama sia
gli attributi dell’uomo,
ma anche metafore
dell’emanazione.
Come i suoi 3 cervelli
sono collegati a Hockmah,
Binah e Da’ath.
In questo caso anche la
barba e i capelli non
hanno un ruolo
marginale, ma anzi, hanno
intrinsecamente immagine, simbolo e
metafora dell’emanazione. “Abbiamo
stabilito che Madre e Padre si tengono
all’antico dei giorni, ai suoi riccioli
(barba).”
È certamente così, giacché essi dipendono
dal cervello, occulto tra tutti gli occulti, e
a questi si tengono. Quando i discepoli
considereranno le mie parole,
comprenderanno che tutto è solo antico:
Questo tipo di cerimonia avveniva in tre
occasioni: per l'ordinamento sacerdotale, per
l'investitura a sovrano, per il matrimonio.
Troviamo una prima apparizione di questo
passo nello Zohar, nel libro chiamato: “La
madre orna gli sposi”.
Questo passo zoharico mi richiama subito
alla mente l’immagine di Myriam o se
vogliamo Sophia, incarnata dalla sephirah
Binah, come si osserva in questo passaggio:
“Allora in segreto, la
madre effonde doni
sublimi e li invia e li
incastona nella corona.
Poi profondi fiumi di
Santo Olio dell’unzione
sul capo del Re. Dal capo
di questi scende così quel
buono olio sublime sulla
barba preziosa, e di là
sulla veste regale".
A ciò si riferiscono le
parole:
“È come olio profumato
sul capo, che scende lungo
la barba, la barba di
Aronne, che scende sino
all’orlo della sua veste”.
Attorno alla corona ci sono 50 grappoli (le
50 porte d’intelligenza) incisi sulla madre
sublime tempestata di pietre preziose:
bianca, rossa, verde, nera, azzurra e
porpora. In questi colori c’è un forte
richiamo agli arcangeli e alle sephiroth,
manca solo il giallo di Tipheret.
Quindi prosegue: 613 luci da ogni parte (613
sono le mitzvot che sono i precetti che l’ebreo
osserva. Oltretutto questo numero ha un
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egli era ed egli sarà, e tutti quelli sono suoi
ornamenti.
Padre e Madre escono da quel cervello […]
da esso dipendono e ad esso sono attaccati.”
Quando le ciglia inferiori si dividono da
quelle superiori e offrono spazio necessario
per scorgere, gli occhi si aprono e hanno
l’aspetto di chi si è appena svegliato dal
sonno.
Quattro colori appaiono in quegli occhi, da
essi risplendono i 4 astucci dei filatteri, che
illuminano i condotti del cervello.
Questi quattro colori rappresentano sia i
quattro colori dell’Eden identificabili con
quattro lettere: mem, nun, resh, ghimel.
Queste lettere sono le porte d’accesso alla
Natura superiore, al firmamento superiore,
questo accade in due occasioni, secondo lo
Zohar.
La prima è quando si lascia definitivamente
questo corpo, l’altra è attraverso il sogno o
attraverso pratiche iniziatiche.
La mem rappresenta la morte,
essenza femminile, materia del mondo
divino, la rinascita, il principio
rinnovatore, la trasformazione; la Croce,
Iehovah.
La nun trasmutazione, il
passaggio, il frutto, il premio nato da un
lavoro materiale e spirituale dell’uomo che
può rivendicare la sua identità nei
confronti del Padre. L’iniziativa umana.
L’Aqua; Emmanuel.
La resh, medicina, resurrezione, la
testa, il vero pensiero che penetra l’uomo
attraverso la morte. È il rinnovamento.
Rodeh.
La ghimel è la mano che afferra, il
primo avvenimento dell’uomo, la terra,
l’azione. Gadol.
Secondo lo Zohar, solo le anime dei giusti
attraversano la porta dell’arconte.
Quest’arconte aspetta al “varco dei
dormienti” e il suo nome è Suria.
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con cui discernerà il bene e il
male.
La via di queste sephirot è
Aleph che è chiamata il
primo maschile. La lettera
Aleph è composta da due iod
e una vav. La iod inferiore è
Gerusalemme e la superiore è
Sion - 3 è come la rugiada
dell'Ermon, che scende sui
monti di Sion; là infatti il
SIGNORE ha ordinato che
sia la benedizione, la vita in eterno.
Gerusalemme rappresenta la parte
esteriore di Malkut, l’altra (Sion) quella
interiore:
Sempre gli occhi del Signore, tuo Dio, sono
su di essa (Gerusalemme) dall’inizio
dell’anno alla fine dell’anno. In entrambi i
casi (inizio e fine) sono stati scritti con
grafia difettata senza l’Aleph poiché si
tratta della He inferiore del Nome Divino
(Malkut) ( Me-resit anziché Me-re’sit con
l’Aleph).
(continua)
Il suo compito è
“inghiottire” chi si
avvicina, e se l’anima
è giusta, la partorirà
come era nel principio.
Oltre il varco ci sono
quattro arcangeli:
Mikael, Rafael,
Gabriel e infine
Nuriel.
Questi quattro
arcangeli si posano
sull’anima dell’iniziato e dopo averlo
profumato con 12 tipi di aromi lo vestono di
una veste bianca, e così, l’anima non è più
di un mondo inferiore, ma di un mondo
superiore: In questo mondo i vestiti sono
superiore agli uomini, ma nell’altro, i vestiti
sono superiori all’uomo che l’indossa.
7 sono quelli chiamati Occhi del Signore (gli
arcangeli) e la vista esce dal colore nero
(Binah/Saturno); dal rosso escono i signori
del giudizio (Geburah/Marte) e sono
chiamati Occhi del signore che perlustrano la
terra. Dal verde (Netzach/Venere) si rivelano
le azioni buone e cattive; poiché è detto:
invero i suoi occhi sono le vie dell’uomo e
sono chiamati: gli occhi del Signore che
perlustrano, poiché essi sono i due lati, nel
bene e nel male.
Dal bianco escono tutte le misericordie,
tutte le bontà che si trovano nel mondo, per
fare del bene: allora si purificano tutti e tre i
colori per ricevere la misericordia, quei
colori si mescolano gli uni con gli altri e si
attaccano gli uni con gli altri.
Le orecchie dell’Antico diventano una sola
26
La Fenice
La Parola ritrovata
Meditazione sul martinismo e sui doveri dei martinisti
Sette S:::I:::I:::
È questa una meditazione sui valori
intrinseci del Martinismo e sulle possibilità
che ogni appartenente all'Ordine ha
davanti a sé nella traduzione pratica di una
dinamica che, originata, come tutto,
dall’UNO, ci giunge attraverso e per mezzo
di... «ogni Tradizione» come dice l'art. 2
degli Statuti, o meglio della
TRADIZIONE, perché essa, quando è
vera, non può che essere UNA,
riallacciandosi necessariamente alla Fonte
Primordiale matrice del divenire.
Sempre l'art. 2 precisa che «l'Ordine non
pone limiti alla ricerca, né fa distinzione di
razza, di fede religiosa o di ideali sociali».
Sono questi i punti che distinguono in
modo inconfondibile il Martinismo da molti
altri Ordini Iniziatici!
Il Martinismo è un sistema aperto, e come
tale possiede, a differenza di altri Ordini,
una dinamica cronotipica che pur
mantenendo il costante e necessario
collegamento con la Fonte Primordiale,
vive e reagisce in funzione delle variabili
spazio-temporali; emanazioni dualistiche
dell'Unità Primordiale.
Questa precipua caratteristica che trova
conferma nel poliedrico valore radicale dei
Maestri Passati la pone in una posizione
unica almeno rispetto al mondo
occidentale.
In un mondo rimasto ancorato per la
maggior parte al passato, o proiettato in un
futuro completamente squilibrato e
disarmonico - perché partorito da principi
generati da una reazione al passato e
incuranti dei nuovi vettori spaziotemporali che cominciano a pesare sui
piatti della bilancia terrestre - il
Martinismo ha in sé tutte le possibilità per
agire quale forza catalizzatrice che
permette alle nuove potenzialità di
inserirsi nella dinamica umana e terrestre.
Da tempo, e da più parti ormai, si sente
ripetere come il suono di una campana che
accelera sempre più il ritmo dei suoi
rintocchi, che i nuovi tempi stanno
sopraggiungendo e con essi la necessità per
l'uomo di acquisire nuovi stati di
coscienza. L'umanità è giunta ad un giro
di boa, si dice da alcuni: l'era dell'Acquario
sta iniziando, ripetono altri; un nuovo
ciclo cosmico avanza a passi serrati,
insistono altri ancora; ma ognuna di
queste fonti, incatenata ai suoi schemi
27
La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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dottrinari, lo dice, lo ripete, magari lo urla,
per affermare che solo poco tempo è
rimasto, a chi vuol veramente salvarsi, per
abbracciare incondizionatamente quella
dottrina.
Così la percezione di una verità, che come
tale dovrebbe amalgamare, non fa che
frazionare sempre più, incrementando lo
sviluppo di una nuova Torre di Babele già in
atto.
Il Martinismo in forza della sua essenza,
collegato per mezzo della sua energia sempre
vitale e presente in esso trasfusa dai Maestri
Passati che si rinnova, si potenzia e si
trasfonde in noi tutti grazie alla dinamica
vorticosa della ritualità, può essere
veramente depositario della Tradizione una
e vera congiungentesi alla Fonte
assimilare questi nuovi vettori di forze che
stanno cominciando ad avvolgere questa
nostra Terra.
Trovandosi in tali condizioni, può attuare
un'azione sia sui piani sottili che su quelli
concreti per portare il suo valido
contributo alla creazione di una
equilibrata comprensione di una nuova
realtà fra tutti coloro che divisi da
apparenti superficialità dottrinarie, sono
di retti verso un medesimo
raggiungimento.
Ed in ciò vedo un rinnovato dovere di ogni
Martinista, il dovere di aiutare ogni
creatura umana verso la comprensione di
quel principio che dovrà un giorno essere
l'unica vera forza che tutti accomuna e
tutti comprende: l’AMORE
UNIVERSALE.
Ogni qual volta una creatura
riuscirà veramente ad
identificarsi nel suo
prossimo, una parte della
immensa differenziazione
che fa esistere il dualismo
sarà stata assorbita; due
scintille un tempo esplose da
un unico globo di Luce si
saranno riunite, sospinte
dalla loro stessa forza
originaria a rientrare nella
Grande Fiamma d’Amore che
dovrà un giorno ardere in un
unico fuoco il dualismo tutto.
Questo impulso formidabile fu un giorno
già donato all'umanità e con esso fu data
la Pace, ma essa non è stata compresa.
Il Nuovo Stato di Coscienza nel quale
Primordiale.
Ecco, il Martinismo grazie a questa sua
superiore qualità, libero come è da catene
dottrinarie unidirezionali, ha in sé le
caratteristiche per ben comprendere ed
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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contrastanti; ed i primi sintomi già si
palesano nell'uomo e nella natura.
È quindi di somma importanza che si
creino dei canali psico-spirituali che,
consci di tale realtà, si adoperino a far
defluire, se così si può dire, queste nuove
energie verso la
moltitudine
impreparata
attraverso un
mezzo trasduttore
con essa
risuonante.
Il Martinismo, e
per esso ogni
Martinista, può e
deve adoperarsi
con tutte le forze
per creare quei
canali di cui
parlavo prima, giungendo così in breve
tempo al coordinamento psico-spirituale
di tutti gli altri «centri di buona volontà
per la nuova era» che in tutto il mondo
cercano di sbocciare; perché, anche se
sparuti, esistono esseri che hanno già
avuto la percezione netta di tale necessità.
Gli Alti Centri Occulti già lavorano in tale
senso, ma la collaborazione deve essere
data da ogni uomo di desiderio e di buona
volontà, affinché, nettati gli spiriti dai
preconcetti e dai tarpami che li
invischiano e li legano, un bocciolo di rosa
possa germogliare al centro della croce
dell’umanità.
Allora, all'Amore ed alla Pace verrà
aggiunta la Gioia!
l'umanità tutta è sospinta dalle nuove forze
spazio-temporali che hanno, per ora
blandamente, cominciato ad investire il
nostro pianeta, porta con sé qualcosa che
integra e completa all'umanità era stato già
dato.
Tale realtà ancora intangibile per i più, è
senza dubbio il grande evento cosmico che
innalzerà l'umanità lungo la spirale del suo
cammino evolutivo. Si tratta di forze di
ordine spirituale che, come tali, incideranno
sullo stesso piano per gli uomini, ma sono
forze nuove e poderose alle cui armonie i più
sono ancora sordi, perché rimasti ancorati a
principi che sono serviti ad una esperienza
ormai conclusa, nell'economia spaziotemporale cosmica. Perché tutto ciò possa
compiersi secondo quell’Armonia che regge
e governa il tutto, il nostro sistema
planetario sta entrando in zone cosmiche di
adatte vibrazioni generanti.
Questo incontro, si convertirà in un primo
momento, per i più, in un vero e proprio
scontro di potenzialità energetiche
29
La Fenice
Contributi
Louis-Claude de Saint-Martin e la via cardiaca (1a parte)
Crisi I:::I::: - L::: G::: M::: Toscana
“C’è senza dubbio un diapason giusto nella
natura, c’è n’è uno particolare per ogni essere.
Se tu ne usi un altro, che puoi produrre?
Malgrado la precisione di tutti i tuoi suoni,
secondo i rapporti della scala musicale,
questi non saranno meno falsi,
poiché il diapason lo sarà lui stesso”
Louis-Claude de Saint-Martin
La preghiera è uno strumento espressivo di
tutte le religioni ed è nata con il mondo.
L’essere umano infatti spesso è ricorso
all’atto del pregare per incamminarsi di
nuovo verso la divinità, per invocare o
evocare il proprio dio. Si potrebbe
erroneamente definire la preghiera come il
momento in cui l’uomo parla alla parte
divina che è in sé, ma è molto molto di più
di un semplice momento, anche e
soprattutto in quanto priva di tempo, così
come di spazio.
Pregare è l’azione più semplicemente
efficace a disposizione dell’uomo, e la
complessità non è del sacro.
La preghiera è un segmento, la via
immaginabile più breve per unire due punti
la cui costituzione minima sono appunto i
due punti stessi e che si dissolve nel suo
scopo ultimo di farli combaciare e divenire
un punto unico: l’Unità.
Louis Claude de Saint Martin nasce nel 1743
ad Amboise, in Francia. Frequenta la
facoltà di giurisprudenza ma alla fine si
dedica alla carriera militare.
È in tale ambiente che, nel
1769, viene presentato a Martinez de
Pasqually, fondatore dell’Ordine dei
Cavalieri Massoni Eletti Cohen
dell’Universo, di cui seguirà gli
insegnamenti e da cui sarà iniziato,
diventandone segretario nel 1768.
Dopo la morte del maestro (1774),
sostenitore della Via Teurgica o Magica,
Saint Martin – che non volle mai fondare
un proprio Ordine - delinea i perimetri
della propria dottrina che presenta
caratteristiche mistiche, riconoscendo
comunque un considerevole debito verso la
cosmologia martinezista rivisitata alla
luce della filosofia di Jacob Bohme.
Questa sarà da Saint Martin stesso
definita “Via Cardiaca”.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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La mistica, o via cardiaca, è caratterizzata
da una forte ricerca interiore e da un
relativo distacco dalle cose mondane,
nonché da una spiritualità semplice e
lineare, istintiva e spontanea.
È centralizzata sul superamento di ogni
dialettica dualistica conflittuale, lavorando
oltre i sistemi plurimi ed egoici della mente.
Vive e si nutre nel silenzio della comunione
con il divino che è in noi.
Non c’è ricerca di perdono, di comprensione,
di riparo, di salvezza.
C’è un viaggio irrazionale ma controllato,
folle ma lucido, con una ricerca invocativa
ed una manifestazione evocativa di intensità
inimmaginabile mediante mente umana:
mania (stato non ordinario della coscienza a
contatto con il sacro) ed entusiasmo (“con
Dio dentro di sé”).
I termini invocazione ed evocazione
derivano entrambi dal latino e significano
rispettivamente “chiamare intensamente” e
“chiamare fuori”.
L’accezione religiosa si distingue
ovviamente da quella esoterica, ambito in
cui non dobbiamo dimenticare che la
preghiera è intesa come contatto diretto
con il divino multisfaccettato, conosciuto
o sconosciuto, che arde in noi.
Ben si comprende quindi che utilizzeremo
l’evocazione per risolvere un nostro
difetto, per allontanarlo, dissolverlo,
mentre invece ricorreremo all’invocazione
per creare un ponte solido attraverso cui
ottenere una qualità, farla giungere sino a
noi e farla nostra.
Ma per procedere tra questo “fuori” e
questo “dentro” è necessario aver
raggiunto la rara e perfetta posizione
dell’enucleazione, dello sdoppiamento
coscienziale, per prendere a piene mani da
un lato, e dall’altro rimanere immuni e
invulnerabili psicologicamente. Noi siamo
lì, consapevoli di esserlo, non per perdere
“qualcosa” bensì per canalizzarlo senza
traumi in noi stessi.
La via cardiaca non è
ideata in supplenza di
quella teurgica, bensì a
quest’ultima affiancata,
ed esaltata dalla
consapevolezza del
desiderio che parte dalla
mente, si consolida
attraverso la volontà,
per poi sbocciare dal
cuore, luogo d’incontro
con il divino. La teurgia
è valida e prende senso,
ma soprattutto efficacia,
solo se non slegata dalla
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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preghiera nonché dal lavoro
di retrospezione e
meditazione.
La retrospezione è un
allarme che segnala gli
attacchi della nostra natura
materiale a quella spirituale
e divina, un segnalatore dei
limiti alla nostra libertà.
La meditazione è una sonda
che rileva le catene della
nostra prigione terrestre, e
indica la fitta rete costruita
da noi stessi (ma non solo) al
di sotto di queste maglie che
inconsciamente ci
attanagliano ogni giorno.
La preghiera esoterica è l’esercito con cui
scendiamo in guerra contro i nostri demoni e
le nostre paure, per vincere i nostri confini,
per ridare la dignità e il trono al re che è in
noi.
Durante la retrospezione stiliamo la nostra
anamnesi, durante la meditazione
diventiamo il nostro medico migliore,
durante la preghiera ci curiamo sino ad
intervenire chirurgicamente.
Per rendere efficace l’azione della preghiera
è necessaria la costruzione da due lati dello
stesso canale, occorre cioè sia l’aiuto divino
che la predisposizione umana.
Si lavora in due, si opera in Uno, tramite lo
strumento fondamentale che è la preghiera
interiore unita a quella esteriore, serie di
gesta quotidiane indirizzate verso l’universo
metafisico. L’uomo dedito alla
reintegrazione nella sua essenza divina
universale è tutto proteso a riprendere il
contatto con il Principio
Supremo, a ristabilire
l’Unità primordiale.
Questo processo si
manifesta, si costruisce e
si fortifica mediante il
desiderio e la volontà.
L’essere umano infatti è
un soggetto attivo con
caratteristiche di
“pensiero, volontà e
azione” ed è proprio
facendo leva su queste –
riportate allo stato
originario – che esso può
elevarsi al NOSCE TE
IPSUM.
Nel poema “Il Coccodrillo” - scritto da
Saint Martin nel 1799 - il protagonista
Eleazar viene depredato della sua polvere
magica ottenuta con la pansé o viola del
pensiero con la quale aveva sempre vinto
il male. Viene insomma a perdere la sua
“forza elementale” pur restando in
possesso del “desiderio”, che grazie anche
alla “concentrazione”, riesce a dominare i
nemici attraverso le tre facoltà dell’anima
riconquistate: il pensare, il sentire, il
volere.
Questo è l’uomo nuovo, questo è l’uomo di
desiderio.
Saint-Martin in una lettera ad un amico:
"La sola iniziazione che predico e cerco,
con tutto l'ardore della mia anima, è
quella tramite cui possiamo entrare nel
cuore di Dio e far entrare il cuore di Dio in
noi, per realizzare un matrimonio
indissolubile che fa di noi l'amico, il
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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fratello e lo sposo del nostro Divino
Riparatore. L'unico mezzo per arrivare a
questa Santa Iniziazione è spingersi sempre
più negli abissi del nostro essere e non
mollare la presa finché non siamo giunti a
trarne la vivente e vivificante radice".
La preghiera è un’Azione Sacra e nasce
dalla sinergia delle tre macro-zone fisiche e
animiche dell’uomo. Queste individuano tre
punti precisi del corpo umano pur
appartenendo ad un livello più elevato,
sottile: il plesso solare, il plesso cardiaco e la
zona intracigliare. Ciascuna di esse
rappresenta la fonte di una “qualità” ben
delineata.
Il plesso solare individua il luogo dove il
nutrimento si trasforma in energia che viene
destinata, oltre al corpo fisico, a funzioni
intellettive, mentali, spirituali; è qui che
umanamente viene nutrita la legione di ego.
Il plesso cardiaco individua l’ingresso della
caverna da cui salire o scendere lungo il
nostro inconscio. È l’ingresso del labirinto
dell’anima, ove introdursi fino al centro,
sconfiggere lo sconosciuto mostro, e
riemergere attraverso il filo “sottile”.
La zona intracigliare è il centro del pensiero
e dell’intelletto, più materiale e corporeo il
primo, più elevato e nobile il secondo.
Il plesso solare è energia, il plesso cardiaco è
volontà, la zona intracigliare è pensiero: di
nuovo incontriamo il “pensiero, volontà e
azione” del maestro… È comunque il cuore
la via di fuga dalla ristrettezza e dalla morte
terrena, il centro della croce, bilancio e
soluzione del dualismo che perviene dagli
ego vigorosi materiali nonché dai pensieri
duali e dubbiosi della mente.
Quando ricerchiamo la nostra energia, la
nostra coscienza, la nostra intelligenza,
scopriamo che siamo ingannati in tale
ricerca dalla continua e prevaricante
ombra dell’ego. Quando preghiamo
diventiamo invulnerabili e osserviamo la
veste psicologica dei nostri io perché siamo
oltre, così come in meditazione riusciamo
a guardare dall’esterno la nostra mente
che agisce per noi, ci prende in giro, e ci
conduce dove vuole lei. Tutto è duale,
tutto è bianco e nero, persino le due
colonne poste come confine fra natura
umana e divina. La preghiera è la barca
per passare indenni le colonne d’Ercole ed
intraprendere il viaggio spirituale.
Quando preghiamo, innanzitutto,
dobbiamo trovare il tipo di respirazione
più adatto, sia a noi stessi che al momento
specifico.
(continua)
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Essere martinisti (1a parte)
Aerman S:::I::: - A:::O:::M:::
Il Martinista, pur essendo essotericamente
un “laico” nella sua essenza e piena
operatività, invece,
è un “sacerdote”
nell’accezione del
termine e non nel
senso clericale vero e
proprio.
Infatti, il Martinista
opera una sua iniziale
purificazione come
“essere decaduto” in
modo da potersi
mondare dai miasmi
della vita profana e
da altre forme di
decadenza larvale che
spesso nascono con la
pratica di attività più
o meno magiche di basso livello dotte o
indotte.
Superata l’iniziale fase come “associato”
che è molto importante per la
purificazione, si passa alla seconda fase
come “iniziato” ove s’incomincia a
“praticare” ma nello stesso tempo si
effettua un periodo di purificazione molto
ben più importante del primo.
Quindi, ha ben esternato il Fr::: Duncan
quando ha scritto «… Sottolineo quindi che
il Rito Quotidiano è un Rito di Purificazione
Individuale e pertanto va fatto proprio
quando ne abbiamo più bisogno …».
Da ciò nasce l’importanza di eseguire il rito
Chi è il Martinista? Cosa deve praticare?
Semplicemente si
potrebbe rispondere
con: “Il Martinista è
quella persona, di sesso
maschile o femminile
che aderisce ad un
Ordine Martinista”.
Ma non è così
semplice perché tale
attestazione è solo
un’affermazione
esteriore e come tale
effimera. Come ben
sanno i Fratelli e le
Sorelle, la regola
dell’Ordine è: “Fai ciò
che ritieni opportuno
purché non sia in contrasto con i principi del
Martinismo”. Questi principi sono quelli di
aiuto al prossimo, in modo anonimo e
disinteressato. Sul significato di “aiuto” ci si
può scrivere un trattato in quanto,
comunemente, nella vita di tutti i giorni, è
interpretato in moltissimi modi che
spaziano dall’aiuto materiale a quello
psicologico. Nel Martinismo, invece,
s’intende l’aiuto che si da nei “piani sottili”,
che non è appannaggio dei molti ma
solamente di chi pratica a livello teurgico sia
che essi siano degli ecclesiastici o che siano
degli iniziati Martinisti o di altri ordini
ermetici collaterali.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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quotidiano (o di Catena o
Giornaliero – come lo vogliamo
intendere) con costanza, forza e
impegno. Ove ciò non è
possibile, così come scrive il Fr:::
Duncan, è necessario farsi
“sospendere” dalla Catena
perché, altrimenti, si diventa un
freno e una “zavorra” per tutta
la stessa Catena Iniziatica.
Si è mai visto o sentito che un
prete non svolge il sacro rito
della messa giornalmente o che
lo esegue quando gli va?
Per darvi una testimonianza che quanto
dico non sono immaginazioni, vi riporto
un caso che mi capitò tanto tempo fa.
Mi offrirono di aderire anche ad un altro
ordine che non era in contrasto con i nostri
principi.
Per andare all’iniziazione, dovevo fare un
viaggio di circa 7-8 ore e come mezzi
dovevo utilizzare l’auto, il traghetto e il
treno.
Partii la mattina prima dell’alba e
raggiunto l’imbarco per il traghetto,
ancora buio, non lo trovai al solito molo.
Chiesi notizie al personale addetto e mi
dissero che ancora doveva arrivare e mi
indicarono un altro traghetto.
Salito su quel traghetto, vidi quello che
dovevo prendere, partire da un altro
invaso ancora. “Poco male arriverò sempre
in tempo per prendere il treno su cui avevo
prenotato il posto”, pensai; ma non fu così
perché la nave su cui ero si fermò in mare
per dare la precedenza ad un’altra nave
Il Martinista può praticare altri percorsi
iniziatici?
Per quanto riguarda la pratica di altri
percorsi iniziatici, come già detto, la regola
dell’Ordine è: "fai ciò che ritieni opportuno
purché non sia in contrasto con i principi del
Martinismo”.
Ma su questa regola bisogna fare delle
considerazioni speculative individuali.
Ognuno di noi, penso, abbia fatto delle
scelte nell'essere Martinista.
Se poi, durante il cammino, può succedergli
di essere attratto da altre strade, è giusto
che ognuno le provi.
Sicuramente due percorsi non si potranno
fare anche se potrebbero essere analoghi.
A maggior ragione se sono diversi.
Sarà poi l'essenza dell'individuo e il
verificarsi degli eventi (che sicuramente ci
saranno, leggi Eggregoro) a fargli
comprendere quale delle due possibili strade
sia perseguibile.
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La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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che veniva in senso trasversale, poi dopo un
quarto d’ora, partì e quando raggiunse la
meta, la passerella per la discesa si bloccò in
semi- verticale e non ci fu verso per farla
mettere in posizione.
Dopo mezz’ora di armeggi, non si sa come (a
detta del personale manovratore), si mosse e
si mise in posizione di discesa.
Raggiunsi la stazione ma il treno che dovevo
prendere, in perfetto orario, era già passato
da circa mezz’ora e quindi lo avevo perso.
Contrariato, ma deciso a proseguire,
aspettai il treno successivo che sarebbe
partito da li a circa due ore.
Presi quel treno ma, mi viene da ridere al
ricordo, dopo avere viaggiato per circa
quattro ore (era oltre metà percorso) il treno
si fermò ad una stazione e ... non volle più
partire.
Si proprio così!
Si erano bloccati i freni di quattro ruote
della vettura ove mi trovavo.
Cosa molto strana perché (per chi non lo sa)
i freni dei treni sono ad aria compressa e
tutte le vetture, compresa la motrice, sono
collegate tra loro tramite una condotta di
modo che la frenata agisca in modo uguale e
graduale in tutto il treno e, nel caso si
sganciasse una carrozza, automaticamente
frenerebbe tutto il treno perché l’aria non
sarebbe più tenuta allo stato compresso.
Inutile dire che tutti i tentativi per
sbloccarli sono andati a vuoto.
Dopo circa un’ora e quando si aspettava un
intervento sostitutivo, all’improvviso i freni
si sbloccarono da soli e il treno fu in grado di
ripartire.
A quel punto avevo intuito.
Troppe coincidenze in una volta e tutte
strane.
A distanza di poco tempo, ebbi la certezza
che quella “via” era sbagliata e non era
per me.
Sicuramente ognuno di noi ha bisogno,
nella vita, di fare delle esperienze per
potere decidere delle scelte giuste o
sbagliate che possano essere.
Ma una volta fatta la scelta, è sicuramente
quella perché fatta con fede e costanza.
Altrimenti, sarà sempre una continua
tentazione e un continuo di dubbi;
venendo a mancare la fede che si può
solamente originare dalla scelta vera,
consapevole e sentita dal proprio essere.
Il volere imporre o condizionare non porta
a nulla se non a generare una coesione
forzata che al primo urto si romperà in
mille pezzi.
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Altrimenti, che senso avrebbe “parlare
bene e razzolare male” così come avviene
nel mondo profano e anche con alcuni
ministri di qualsiasi religione o confessione
essi siano?
Forse il Maestro Gesù ha mai detto “Fai
quel che ti dico e non fare quel che faccio”?
Se invece si cammina sulla “strada”, ti
accorgerai che sei un “estraneo” nel mondo
in cui fino al momento hai vissuto e
continui a vivere.
Ti rendi conto (o per lo meno ne hai la
sensazione): delle bellezze del creato fino a
sentirle tue.
Di essere una parte di loro.
Di sentire il canto della natura (gli uccelli,
i corsi d’acqua, il vento, la pioggia, il
fuoco, etc.) e sembra che essi ti parlino
della creazione o comunque ti dicano
qualcosa, nella semplicità del loro
linguaggio, che la tua mente razionale (ma
chiusa ed imprigionata da schemi,
convenzioni, da desideri materiali,
speranze, da odio, da astio, etc.) non
percepisce.
Così come non percepisce “la vita”, “la
vera vita” che trovi ovunque; anche nella
nuda pietra che tiri con un calcio al tuo
prossimo per volerlo ferire.
Ti rendi conto che, seduto sulla nuda terra,
questa ti parla e ti racconta della sua
creazione, degli eventi che ha visto e che
gli uomini hanno generato nella loro
grande stupidità ed egoismo.
Ed allora ti rendi conto di vivere in un
mondo di dolore e di pazzia.
Per la prima volta ti assale un dubbio:
“Che invece io sia un disadattato?”.
La comunione di scelte, invece, potrà
navigare su tutti i mari in tempesta e se
anche nella “nave” dovesse entrare
dell'acqua in determinati momenti, è sicuro
che la robustezza la manterrà sempre a galla
permettendole di raggiungere la sua meta.
Personalmente, ho anch’io fatta questa
esperienza per poi arrivare alla conclusione
che l’essere «Martinista senza “poi”, ma, in
animo e spirito» conduce alla realizzazione
dell’«essere» in modo tangibile, reale e
inopinabile.
Come dev’essere il rapporto con il mondo
circostante?
“Vivere così come si parla (ora et labora –
prega e lavora) per camminare nella Via della
Reintegrazione”. Così è riportato nelle
“lezioni di preparazione” che ognuno di noi
ha letto e studiato prima di essere ammesso
nell’Ordine e che consiglio ogni tanto di
rileggere.
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Allora ti rendi conto che quello che “hai
sentito di leggere” non erano parole avulse
o sentimenti e pensieri scombinati e
capirai di avere imboccato l’inizio di una
strada giusta: “Il sentiero di mezzo” che gli
ermetisti descrivono: “Diritto, ma pieno
d’insidie ed ostacoli”.
Sta a te superarli ma anche di non cadere
nelle trappole che ti saranno tese durante
il cammino.
Allora e solo allora, ti rendi conto, perché
senti “qualcosa” che ti avvolge e ti
“inchioda” entrandoti dalla sommità della
testa (il 7° chakra) giungendo ai piedi ed
oltre questi fino al centro della terra, che ti
dice “IO SONO” ed allora senti la
“potenza”, “il peso” e “l’armonia”
dell’Universo e ti senti piccolo ed
insignificante ma anche, nello stesso tempo,
una parte di Esso.
La mente razionale allora ti dice: “Non sei
disadattato, senti qualcosa che gli altri non
hanno la fortuna di sentire.
Perché non ti adoperi invece ad alleviare le
loro sofferenze umane e spirituali, an- che le
più piccole?
Anche la più banale, ed avrai compiuto il tuo
dovere di Uomo? ”
(continua)
38
La Fenice
Vita fraterna
La Loggia Martinista "Silentium" e i suoi gruppi
Durante questo decennio di operatività la
Loggia Martinista "Silentium" ha cercato
approcci collaborativi con altre strutture
martiniste, tutti conclusi.
La Loggia Martinista “Silentium” ha
cominciato ad operare da circa dieci anni,
presso la collina di Pescara, in sedi che di
volta in volta vengono poste a disposizione
da strutture iniziatiche amiche.
Questo perché nel Martinismo,
tradizionalmente, non ci sono quote di
ingresso, capitazioni annuali e somme per
passaggi di grado. Al più c'è un'equa
ripartizione delle spese, qualora sostenute.
Come ogni loggia martinista, anche la
"Silentium", è seguita da un iniziatore,
Iperion S:::I:::I:::, che assume la funzione di
Filosofo Incognito della loggia.
La sua linea iniziatica è la seguente: Nebo
(Francesco Brunelli) - Rigel (RMPN) Iperion (FRR).
Iperion è stato associato al Martinismo
dall'amatissimo Nicolaus (Nicola Ingrosso),
nel 1998, entrando così a far parte
dell'Ordine Martinista Universale, dove ha
conseguito i tre gradi martinisti durante la
Gran Maestranza dell'illuminante Giovanni
Aniel (Fabrizio Mariani).
Nella Loggia "Silentium", dalla sua
costituzione, sono stati iniziati al
Martinismo 81 fra fratelli e sorelle.
Ovviamente non tutti sono rimasti
all'interno della Loggia, soprattutto perché
il Martinismo richiede un'operatività
costante e continua, che può non essere alla
portata di tutti. Vi è anche chi ha optato per
il passaggio in altre diverse strutture.
Per tutti vale il motto "semel abbas semper
abbas" non avendo il Martinismo previsto
forme affini alla "scomunica".
Quindi, allo stato attuale, la Loggia
Martinista "Silentium" è una struttura
iniziatica assolutamente indipendente da
altri Ordini, Riti, Obbedienze, fratrie
spirituali e da qualunque chiesa, pur
rispettando ciascuna di tali
organizzazioni.
La Loggia “Silentium” opera alla Gloria
del Grande Artefice dei Mondi, del sacro
pentagramma
e sotto gli auspici del
Phil::: Inc::: Louis-Claude de SaintMartin, Nostro Venerato Maestro.
Conformemente alla Tradizione
Martinista, la Loggia “Silentium” adotta
il simbolismo del ternario: i tre gradi
(Associato Incognito, Iniziato Incognito,
Superiore Incognito), i tre colori (nero,
rosso, bianco), i tre simboli fondamentali
39
La Fenice ­ Rivista martinista ­ Inverno 2021
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(cordone, maschera, mantello), i tre lumi.
La Loggia Martinista “Silentium” proclama
la sua osservanza alle leggi dello Stato, così
come l’inderogabile rispetto dei principi di
libertà, tolleranza e fratellanza.
Allo stesso modo, si oppone a ogni forma di
miope, ottusa e umiliante discriminazione:
di genere, sociale ed etnica; si astiene dal
prendere parte in controversie di natura
politica e confessionale nel rispetto del
libero pensiero, individuale e sociale.
Gli insegnamenti, la rituaria e il piano di
studi sono conformi a quelli martinisti di
estrazione "brunelliana" prevedendo un
approccio essenzialmente teurgico
occidentale con particolare riferimento alle
dottrine sviluppatesi, in diversi periodi
storici, nel bacino del mediterraneo e nel
continente europeo.
Dalla Loggia "Silentium", negli anni, sono
"gemmati" diversi gruppi (ogni gruppo deve
essere composto da almeno 4 fratelli/
sorelle), ciascuno seguito da un Fratello/
Sorella Maggiore.
Attualmente, oltre la Loggia "Silentium"
che ha sede a Pescara, affidata a Iperion
S:::I:::I:::, sono presenti i seguenti gruppi:
- "Anubi" - Palermo (Bes S:::I:::)
- "Parthenope" - Napoli (Rhiannon S:::I:::)
- "Zeteo" - Salerno (Eros S:::I:::)
- "Stanislas de Guaita" - Bari (Zapquiel S:::I:::)
- "Nova Lux" - Roma (Samas S:::I:::)
È in corso di costituzione il Gruppo
"Eirene", in Piemonte, guidato dalla sorella
Aspasia S:::I:::, non appena saranno
regolate le iniziazioni al cessare
dell'emergenza sanitaria.
Fratelli e sorelle isolati (laddove non è
ancora possibile costituire un gruppo) sono
presenti in Toscana, Liguria e Sardegna.
Oltre che con la presente rivista - riportante
le idee e l’operatività che caratterizzano la
Loggia Martinista “Silentium” e i suoi
Gruppi - è in corso di realizzazione il sito
web che riporterà notizie e materiali utili ad
ogni martinista e a ogni cercatore dello
spirito.
In vista di questi ambiziosi propositi, non
resta che augurarci che la pace, la serenità,
e la gioia ardano sempre nei nostri e vostri
cuori.
Ora e per sempre.
Iperion S:::I:::I:::
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La Fenice Nr 1 comp