IGOR IL RUSSO / ITALIAN TABLOID
Domenica 2 aprile 2017: «Barista ucciso durante
tentativo di rapina. Ha reagito e il ladro ha
sparato». Siamo a Riccardina di Budrio nel
bolognese. La povera vittima si chiama Davide
Fabbri.
Lunedì 3 aprile 2017: la pistola che ha ucciso
Davide Fabbri è una calibro 9 Smith&Wesson.
Sarebbe l’arma rubata la notte tra il 29 e 30
marzo a una guardia giurata della Securpol,
durante una rapina a una piadineria di
Consandolo, comune in provincia di Argenta, a
circa trenta chilometri da Budrio. Al vigilante
viene mostrato il video della rapina di Budrio,
video ripreso dalle telecamere interne al bar. Lui
riconosce subito l’uomo che lo ha rapinato a
Consandolo portandogli via la pistola.
A Budrio il rapinatore è entrato nel bartabaccheria di Davide Fabbri quando erano da
poco passate le 21,30 del primo aprile. Indossa
un giaccone militare con il bavero rialzato, in
testa porta un cappello, e a tracolla un fucile da
caccia. Tra il titolare dell’esercizio e il rapinatore
nasce una colluttazione. Davide Fabbri riesce a
disarmare il rapinatore, ferendolo alla testa con il
suo stesso fucile. Ma poi succede qualcosa di
inaspettato: in un capovolgimento di fronte
improvviso, il barista viene trascinato dal
rapinatore nel retrobottega, e lì ucciso con una
pistola, fuori dall’occhio delle telecamere. Nel
bar quella sera ci sono altri tre clienti, uno sarà
accidentalmente colpito a una gamba dal pallino
del fucile, durante la colluttazione tra il Fabbri e
il rapinatore, ma non gravemente. E’ presente
anche la povera moglie del Fabbri che assiste a
tutto. Le sono rimasti impressi, dice, gli occhi del
rapinatore che non scorderà mai più. Aggiunge
che, dopo aver sparato al marito il rapinatore ha
puntato la pistola anche su di lei, ma pare avere
un attimo di titubanza e se ne va,
fortunatamente. La donna dice che l’uomo aveva
un accento straniero, era basso e grosso. Nel
video ripreso dalla telecamera interna del bar
appare infatti un bandito goffo, robusto,
impacciatissimo.
Viene diramato un primo identikit del Killer:
uomo robusto, alto 1,75 con accento dell’est.
Indossa una tuta mimetica, ha una pistola e un
fucile a pallini.
Antefatto
La rapina sanguinaria di Budrio avrebbe in realtà
un antefatto: la rapina avvenuta nella notte tra il
29/30 settembre 2017 a una piadineria di
Consandolo. La guardia giurata arriva sul posto
alle 2:30 perché era scattato l’allarme del locale.
Scende dall’auto di servizio e inizia a controllare
il piazzale davanti al chiosco, poi il chiosco
stesso: porte e finestre chiuse, tutto in ordine.
Ritorna alla sua macchina, ma un colpo di fucile
improvvisamente lo sfiora, infrangendo il vetro
posteriore della sua fiat panda Securpol. Anche
gli abitanti della villetta di fronte al chiosco
avvertono nettamente lo sparo. Il vigilante sente
una voce dietro di sé: «Butta l’arma e stai fermo.
Buttati in terra, non guardare, stai fermo. Non
guardarmi, non guardarmi». L’accento è dell’est
Europa. Il vigilante vede con la coda dell’occhio
un fucile puntato verso la sua testa. Il rapinatore
gli si avvicina, e sempre intimandogli di stare
fermo e di non guardarlo, gli ordina di buttare la
pistola a terra. Il bandito gli arriva vicinissimo e
gli chiede se è ferito. Gli dice di chiamare
un’ambulanza appena se ne sarà andato lontano.
Il vigilante così lo descrive: alto un metro e
ottanta, con la mimetica e gli anfibi ai piedi. Poi
aggiunge che l’uomo parlava a un telefono.
Ricorda benissimo che diceva al suo
interlocutore: «E’ della Securpol, ho preso
l’arma». Ancora oggi non si sa con chi il bandito
fosse al telefono. Prima di andarsene il bandito
gli chiede se ha con sé un altro caricatore, il
vigilante gli consegna quello che ha. Dopo aver
preso la pistola del vigilante e i caricatori con 15
colpi ciascuno, l’uomo si dilegua, a piedi, di
corsa, nel buio. Nella sua deposizione il vigilante
si ricorda che la sera precedente, sempre nello
stesso luogo a Consandolo, era suonato
l’allarme. Era accorso subito, e pochi istanti dopo
erano arrivati anche i carabinieri. Insieme
avevano accertato che non c’era nulla di strano.
L’orario era il medesimo. Era stata forse una
prova per la rapina del giorno dopo? Si voleva
controllare se accorrevano o no i carabinieri in
caso scattasse l’allarme della piadineria? Ma
visto che i carabinieri la sera prima erano arrivati,
perché ritentare la rapina la sera dopo rischiando
proprio lo scontro con i carabinieri? Era davvero
la piadineria l’obiettivo del bandito? E con chi
parlava al telefono? Perché al telefono aveva
detto che c’era il vigilante della Securpol? Perché
si preoccupava tanto di non essere visto in
faccia? Perché chiese al vigilante se fosse ferito?
Il vigilante dirà che il bandito non gli sembrò uno
comune, ma uno che ci sapeva fare, un militare
quasi. Possibile che questo bandito fosse lo
stesso goffo, basso e impacciatissimo rapinatore
di Budrio?
L’ex Rambo argentano
Gli inquirenti che indagano sulla rapina di Budrio
pensano subito a uno strano personaggio, un
uomo dalle mille identità che si spacciava per
russo, che finisce subito nella lista del pubblico
ministero di Bologna che indaga sul caso. La sua
foto segnaletica in breve tempo è in tutte le auto
delle Forze dell’ordine. E’ un pregiudicato molto
noto nel Medio Ferrarese: rapinatore solitario,
definito un ex soldato di fanteria, arrestato nel
2010 per alcune rapine. Tra le sue vittime anche
il sindaco di Argenta che se lo ritrova davanti
casa una sera. I Carabinieri lo avevano cercato
per settimane e poi ritrovato in un casolare
abbandonato. Era specializzato nelle rapine con
arco, frecce e pugnali. In molti lo chiamavo il
‘ninja’. Scaltro e veloce si muoveva nella notte
come un gatto. Sempre vestito di nero, con
passamontagna o casco, nello zaino teneva
pugnali e binocolo.
Ricordiamo l’uomo che appare nel video ripreso
dalla telecamera interna del bar del povero
Davide Fabbri a Budrio: basso e grosso (come
aveva d’altronde testimoniato la stessa moglie
della vittima), goffo e impacciatissimo. Ma al
contempo risoluto e veloce nel freddare il
povero barista alla nuca, come in una
esecuzione, e fuori dall’occhio delle telecamere.
Martedì 4 aprile 2017: i RIS esaminano la scia di
sangue, di circa 40 m, riscontrata fuori dal bar di
Budrio, e probabilmente appartenente al
rapinatore che sarebbe forse ferito.
Un nome viene dato alla stampa: Igor Vaclavic,
noto come Igor il Russo. Classe 1976, alto 1,80,
esperto di tiro con l’arco, di arti marziali e
nell’uso delle armi da fuoco. E’ fuggito dal paese
natio dopo aver partecipato a una rapina
culminata in una violenza sessuale. E’ in Italia
probabilmente dal 2006. Arrestato nel 2007 per
una serie di rapine, ha trascorso quasi otto anni
in carcere. Pare abbia l’incredibile capacità di
cambiare connotati e identità, facendo
letteralmente perdere le proprie tracce. La sua
prima immagine risale al 2010: barba e capelli
incolti. Il 4 novembre del 2011 era stato firmato
contro di lui un decreto di espulsione. Era stato
portato al Cie (Centri di Identificazione e
Espulsione) di Bari per essere identificato ed
espulso. Ci resta quindici giorni, ma la Russia non
lo riconosce e l’Uzbekistan nemmeno. Igor non
ha un passaporto e nemmeno un nome certo.
Non può espatriare senza documenti, per cui con
una stretta di mano esce libero dal Cie di Bari.
Mercoledì 5 aprile 2017: secondo il medico
legale Davide Fabbri è stato ucciso a bruciapelo,
da distanza ravvicinata, con un’inclinazione
dall’alto verso il basso e da destra verso sinistra.
Forse il rapinatore era di fronte a Fabbri e forse i
due non erano in piedi. La dinamica non è chiara.
Certo, il colpo fatale è stato esploso alla base del
collo. Sembra quasi un’esecuzione di stampo
militare. Dopo aver ucciso il barista, il rapinatore
è uscito dal bar per poi rientrarvi e riprendere il
fucile che aveva dimenticato, e che gli era stato
preso dal Fabbri che inizialmente lo aveva
disarmato.
Secondo omicidio
Sabato 8 aprile 2017: gira la notizia che Igor il
russo è stato catturato, ma che poi è riuscito a
fuggire a piedi tra i campi dopo aver
abbandonato il mezzo su cui viaggiava, un
Fiorino di colore bianco. Fino ad ora non era mai
stato visto con una macchina, era sempre fuggito
a piedi, a partire dalla rapina alla piadineria di
Consandolo. Sono i carabinieri che lo
intercettano a bordo del Fiorino. Igor si ferma
(sono in via Spina a Marmorta), scende dalla
macchina e scappa a piedi. I carabinieri non gli
sparano, diranno che non c’erano le condizioni di
sicurezza. Certo è che Igor torna anche indietro,
sotto gli occhi dei carabinieri, per prendere lo
zaino che ha dimenticato a bordo della
macchina. Così come torna indietro nel bar di
Budrio per riprendere il fucile dimenticato. I due
carabinieri ricevono l’ordine di non sparare ma di
aspettare rinforzi: i cacciatori di Calabria e i GIS.
Eppure Igor ha appena ucciso, intorno alle 19, al
confine tra le province di Bologna e Ferrara. Ha
ammazzato una guardia venatoria volontaria,
Valerio Verri, e ferito un agente della Polizia
provinciale, Marco Ravaglia. Pare che l’agente
della polizia provinciale, ferito, ma vivo, abbia
riconosciuto Igor. Tutto è successo durante un
controllo casuale, un pattugliamento anti
bracconaggio. Igor ha sparato a bruciapelo ai due
uomini che non lo avevano riconosciuto. In tutte
le auto della polizia c’è la foto segnaletica di Igor,
c’è una caccia all’uomo in corso, ma i due agenti
non hanno la foto di Igor e non sono stati messi
in guardia. Anche in questa rapina Igor sottrae
l’arma all’agente della polizia provinciale che si
finge morto.
I carabinieri che conoscono bene Igor, non hanno
condiviso informazioni trincerandosi dietro il
segreto investigativo. Ancora nella notte tra
l’otto e il nove aprile, cioè una settimana dopo i
fatti di Budrio e poche ore dopo l’omicidio del
volontario Verri, la compagnia di Porto Maggiore
trasmette a svariati organismi istituzionali — tra
cui la Questura e la Prefettura di Ferrara — un
telex in cui nega di conoscerne l’identità. ‘Ignoto’
lo definiscono i militari nel documento che recita
« … esplodeva numero 5 colpi di arma da fuoco
calibro 9 x 21 attingendo autovettura polizia
provinciale Ferrara con a bordo l’agente scelto
della Polizia provinciale Ravaglia Marco e Valerio
Verri, volontario Legambiente».
Eppure è documentato che i carabinieri dei due
comandi provinciali di Bologna e Ferrara, stavano
indagando su Norbert Feher (il vero nome di
Igor), già dalla notte del 30 marzo quando questi
aveva rubato la pistola alla guardia giurata a
Consaldolo. Pare che subito un maresciallo di
Bologna avesse riconosciuto il modus operandi
del ben noto Feher responsabile delle rapine del
2007 nel ferrarese, tanto che il 3 aprile gli
investigatori avevano messo sotto controllo il
suo telefono cellulare. Nelle cinque pagine della
richiesta di intercettazioni, datata 2 aprile,
l’identità del presunto assassino è certa:
«Considerata la gravità dei reati e il concreto
pericolo di reiterazione e l’esistenza di un quadro
di gravità indiziaria nei confronti di Vaclavic,
appare indispensabile attivare immediate
intercettazioni telefoniche». In quei giorni di
inizio aprile però, nel tempo che intercorre tra
l’omicidio di Budrio e quello del volontario Verri,
alla Questura di Ferrara sembra che non si sappia
nulla. I giornali già pubblicavano le foto di
Feher/Igor e nel frattempo i canali ufficiali
rimanevano muti. «Nessuna segnalazione risulta
pervenuta in relazione all’omicidio Fabbri»,
scriveva la Prefettura di Ferrara in una nota alla
Procura. Lo stesso sosteneva la Questura:
«Nessun elemento investigativo o di rilievo per la
sicurezza pubblica ci è stato comunicato».
Mentre negli stessi giorni i carabinieri di Ferrara
fanno uscire un comunicato che ribalta, o
vorrebbe ribaltare, tutto: «Nessun dato
investigativo fino all’8 aprile faceva presagire la
sua responsabilità penale (di Feher, ndr) per gli
episodi delittuosi del 30 marzo e del 1° aprile, né
la sua presenza nella zona». Esattamente
l’opposto di quanto sostengono gli stessi
carabinieri (ma quelli di Bologna) e le carte agli
atti dell’indagine. Infatti, per difendersi
dall’esposto dell’avvocato Fabio Anselmo
secondo cui l’uccisione di Valerio Verri poteva
essere evitata, i carabinieri bolognesi hanno
dimostrato alla Procura che già il 2 aprile la loro
centrale operativa aveva trasmesso
“informalmente via mail” l’identità del ricercato.
Nome, cognome e grado di pericolosità: «Ha un
fucile da caccia e una semiautomatica». Nel
lungo elenco dei destinatari della segnalazione
“informale” mancano però Questura e Prefettura
di Ferrara1.
1
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2017/11/01/news/sulla_caccia_a_igor_il_russo_polizia_contro_carabinieri_no
n_ci_dicevano_niente_-179913441/
Domenica 9 aprile 2017: scendono in campo per
prendere Igor il russo 1000 uomini che battono
strade, campi, canali, casolari, boschi. Arrivano le
forze speciali da Ferrara e Bologna, sono pronti
ad intervenire anche i reparti speciali del
Tuscania, unità militare dell’Arma dei Carabinieri,
formata da paracadutisti. Sono attesi anche i
Nocs, le teste di cuoio.
Lunedì 10 aprile 2017: iniziano a circolari i vari
nomi di Igor, il killer trasformista. Ora si sa che
Igor Vaclavic, in realtà si chiama Norbert Feher,
non sarebbe russo ma serbo. La notizia viene
confermata proprio dalle autorità serbe. Igor
sarebbe fuggito dalla Serbia dopo una violenta
rapina culminata in una violenza sessuale, e
arrivato in Italia nel 2006 avrebbe commesso
almeno due omicidi e diverse rapine. Tre i colpi a
lui attribuiti quelli del 2015 a Mesola, Villanova di
Denore e Coronella, assieme ad altri due
complici Ivan Pajdek detto Uber che pare sia
amico di infanzia di Igor arrivato anche lui dalla
Serbia, e Patrik Ruszo.
La strana banda di Igor
Assieme a Ivan Pajdek e Patrik Ruzso, Igor
avrebbe commesso alcune rapine molto violente.
La rapina di Villanova di Denore, a esempio, nella
quale la vittima è un operaio part-time in una
ditta di pulizie, quarantenne, che vive in una
villetta assieme alla madre malata di cui si
occupa. Siamo nella notte tra il 26 e 27 luglio
2015. E’ l’una e un quarto di notte quando
l’operaio sta rincasando dopo essere stato in
pizzeria. Entra nel cortile con la macchina per
parcheggiarla in garage. Scende per aprire la
porta del garage, ed è aggredito alle spalle. Viene
preso per il collo e trascinato, cerca di resistere
ma viene colpito in testa da una bastonata
violentissima. Cade a terra e i rapinatori
continuano a bastonarlo, lui vede solo i piedi e
capisce che sono in tre. Crede, dalla voce, che
uno sia più vecchio e gli altri due più giovani. I
rapinatori non provano nemmeno ad entrare in
casa. Mettono quattro giri di nastro adesivo sulla
bocca della vittima, e poi anche sugli occhi.
L’operaio sviene, e i rapinatori lo trasportano in
fondo al giardino, gli prendono dalle tasche il
portafogli, il cellulare e il bancomat di cui si
fanno dire il codice segreto. Preleveranno 250
euri.
La vittima non vede in faccia nessuno dei tre
rapinatori.
Alcune notizie su Igor
Quando arriva in Italia tra il 2005 e il 2006 (le
date ballano), Igor racconta di essere un ex
militare dell’armata Rossa, membro dei reparti
speciali addestrato a sopravvivere in tutte le
condizioni ambientali. Lavora per un anno come
operaio, poi inizia con i furti con arco e frecce e
colpisce tra Ferrara e Rovigo. Si rifugia nei
casolari abbandonati. Un giorno è messo in fuga
da due contadini settantenni a bastonate, e col
volto ancora sanguinante è catturato dai
carabinieri. Un particolare dissonante rispetto a
tutta la sua mitica figura. Ma ormai ci siamo
abituati, credo. Igor può essere un militare super
addestrato, ed essere disarmato in pochi minuti
da un barista. Può essere alto, agile e scattante,
un ‘ninja’, ma anche basso, goffo e impacciato. E’
davvero un trasformista. Catturato e arrestato
per le sue rapine da ninja, Igor è condannato a
tre anni di reclusione. Dietro le sbarre lo
chiamano Lupo solitario. Il 13 settembre 2011
viene portato al Cie di Bari per l’espulsione, ma
né la Russia né l’Uzbekistan lo riconoscono così il
governo italiano lo libera. E Igor ritorna tra le
paludi delle campagne emiliane, perché dicono,
ormai è lì, solo lì che si sente a casa. Assalta case
con l’ascia in mano e con il casco da motociclista
in testa. Viene di nuovo catturato. Passa cinque
anni nel carcere di Argenta dove frequenta il
catechismo, aiuta il parroco a pulire la chiesa, e si
guadagna lo sconto di pena. A maggio 2015 è
nuovamente libero. Esce dal carcere cattolico e
battezzato col nome di Ezechiele, un profeta
dell’antico testamento, guardiano del popolo cui
annunciava l’imminente giudizio di Dio,
invitandoli alla conversione. Ma sembra che in
realtà avesse deciso il nome Ezechiele guardando
il film Pulp Fiction. Ezechiele 25:17[ è un
passo biblico di fantasia che il personaggio Jules
Winnfield recita tre volte nel film: «Il cammino
dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte
dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia
degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel
nome della carità e della buona volontà conduce
i deboli attraverso la valle delle tenebre, perché
egli è in verità il pastore di suo fratello e il
ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia
calerà sopra di loro con grandissima vendetta e
furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno
ad ammorbare e infine a distruggere i miei
fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del
Signore quando farò calare la mia vendetta sopra
di te». Jules proclamava
il versetto immediatamente prima di uccidere le
sue vittime.
Il compagno di cella di Igor, Luigi Scrima, afferma
che, quando finiva la carta igienica, lui usava le
pagine di famiglia Cristiana che gli dava il parroco
del carcere. Abbiamo un Igor ironico, davvero,
così nel nome cattolico scelto, come nelle
abitudini intime. Pare un convinto cattolico ma
sceglie un nome che evoca l’Antico Testamento
da un film di Tarantino, e usa Famiglia Cristiana
quando finiscono i rotoli di carta igienica.
Comunque, risale a questo periodo il suo profilo
facebook, e alcuni dicono anche la sua
conoscenza con Ivan Pajdek e Patrick Ruszo. Una
volta uscito di galera, infatti, Ivan Pajdek
accoglierà Igor in casa sua e insieme a Ruzso
metteranno a segno colpi in diverse ville tra il 26
luglio e il 5 agosto 2015. La rapina più violenta
attribuita alla banda ‘di Igor’ sarà quella del
settembre 2015 ad Aguscello, dove un
pensionato è sequestrato e torturato fino alla
morte: ma a quella rapina Igor non partecipa. Si
dirà però che ne fosse il regista, anzi lo sosterrà
proprio Ivan Pajdek che sarà poi considerato
dagli inquirenti una fonte attendibile su tutto ciò
che riguarda Igor.
Saranno le dichiarazioni spontanee di un
detenuto, del quale non si sa ovviamente il
nome, a collegare Ivan Pajdek e Patrick Ruszo a
Igor. Sembra avesse ascoltato i discorsi tra
Pajdek che si faceva chiamare Huber, e Igor,
relativi a una rapina a un’anziana donna di
Mesola. Gli viene mostrata una foto e il detenuto
riconosce Igor. Agosto del 2015, a Mesola sul
Delta del Po, un’anziana signora che vive sola, è
aggredita durante il sonno nel suo letto: «Mi
hanno bloccato subito (i polsi) puntandomi le
pile in faccia». La donna raccontando ai
giornalisti la sua vicenda dirà che i rapinatori
erano tre, grandi e grossi, ma nella denuncia
formalizzata ai Carabinieri si parla di due uomini
grandi. I banditi la legano mani e piedi con
fascette di plastica e poi le tappano la bocca con
nastro adesivo. Le rubano i pochi gioielli e anche
la bigiotteria. Se ne vanno lasciandola così nel
letto. La libereranno due giorni dopo il figlio
entrato in casa con i Carabinieri. La violenta
rapina viene attribuita alla banda di Igor. Gli
inquirenti sono sicuri che Igor era presente non
perché la vittima lo ha riconosciuto, ma per il
modus operandi. Quella era la banda di
Igor…………………..
Giovedì 13 aprile 2017: Igor non si trova ancora.
Ricordiamo che lo stanno cercando più di mille
uomini della forze dell’ordine, tra cui i reparti
speciali. Pensano addirittura che Igor abbia
navigato il fiume Reno fino a raggiungere
l’Adriatico o le sue coste.
Igor il russo in carcere ad Argenta: nei cinque
anni di detenzione non fa colloqui con famigliari,
e non riceve mai telefonate. Sembra abbia una
madre, due sorelle e un fratello, forse anche una
moglie e un figlio. Il suo compagno di cella, Luigi
Scrima, amico poi anche su Facebook, lo descrive
come una persona tranquilla che non litigava e
discuteva con nessuno. Viveva come un eremita.
Afferma che Igor era ben addestrato ed era
impossibile che un uomo comune lo disarmasse.
Dice di non poter credere che il rapinatore del
barista di Budrio fosse Igor, il barista non
avrebbe potuto disarmare uno come lui. Agli altri
detenuti Igor aveva raccontato di essere
siberiano, un cecchino, disertato dalle forze
speciali. Aveva una cicatrice sulla caviglia di 20
cm, raccontava di essersi tagliato via il numero di
matricola. Era stato anche in Cina per due anni,
dove aveva vissuto sui monti con una tribù.
Prendeva appunti in ideogrammi per evitare che
i compagni di cella li leggessero, e traduceva a un
detenuto cinese analfabeta le lettere della
moglie. E il cinese era uno dei pochi con cui
parlava. Ogni mattina si svegliava alle sei e
faceva 12.000 addominali. Ogni mille si fermava
e scriveva qualcosa. Andava avanti fino alle
undici, non si fermava nemmeno se gli venivano
dei crampi. Poi una doccia e il catechismo col
prete del carcere. L’unica cosa che lo spaventava
era che potessero rimandarlo in Russia. L’amico
di cella di Igor aggiunge poi un particolare
interessante: dopo l’arresto dei suoi compari di
rapina Pajdek e Ruzso, Igor sarebbe andato a
fare il gigolò in Spagna, a Valencia. Lì diceva di
guadagnare molti soldi, per cui non aveva
bisogno di delinquere, perché Igor gli disse di
odiare le armi da sparo. Sembra invece che in
Spagna, Igor abbia fatto il corriere della droga
per una banda di magrebini. Ma perché poi Igor
nel 2017 sarebbe ritornato in Italia, per finire
braccato nelle campagne emiliane? Gli inquirenti
rispondono che Igor ritornò in Italia perché era
scattato contro di lui un mandato internazionale
di cattura per le rapine della sua banda, e i
magrebini non lo avrebbero più coperto non
volendo grane. E Igor sarebbe ritornato in quel
territorio ferrarese che conosceva così bene e
che considerava casa sua e dove si sentiva
sicuro? Certo è che, a marzo 2017 Igor si cancella
da fb, disdice le schede telefoniche e si cancella
anche da whatsapp. Giusto prima della rapina di
Consandolo. Quasi avesse ricevuto un ordine.
Ma un’altra circostanza assai strana emerge sulla
fuga in Spagna di Igor. Pare sia sparito dopo aver
ricevuto una telefonata dalla Questura di
Ferrara. Una chiamata ricevuta sul suo telefonino
quando era stato individuato come autore delle
rapine compiute nell’estate del 2015 assieme a
Pajdek e Ruzso. La circostanza emerge dai
tabulati chiesti dalla Procura di Bologna che
all'epoca indagava sul primo dei due omicidi
della banda di Igor, e che furono acquisiti dai
magistrati del capoluogo per tentare di scovare il
fuggitivo attraverso suoi possibili contatti.
Analizzando il traffico telefonico gli inquirenti si
sono imbattuti nel numero intestato alla polizia,
e con il quale Igor avrebbe dialogato per una
manciata di secondi. Chiusa la telefonata il killer
si sarebbe disfatto della scheda per poi sparire
dalla circolazione. Igor sapeva dell'arresto dei
suoi complici nelle rapine del 2015, sapeva che
erano stati fermati per un omicidio, e forse
temeva di essere tirato dentro alla faccenda. E
aveva intuito bene. Pajdek e Ruzsco, arrestati a
ottobre 2015 per la rapina finita male nella quale
perse la vita Pier Luigi Tartari, di 73 anni, per le
botte ricevute, sono accusati anche di altri furti,
tre per l’esattezza, fatti nello stesso periodo.
Loro ammettono e, forse allo scopo di ottenere
qualche vantaggio, tirano in mezzo anche "Ivan il
russo", dicono che c'era anche lui nei tre colpi.
Accuse che a novembre del 2016 si
trasformeranno in un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere nella quale, oltre ai due
slavi, finisce anche il nome di Igor. Le indagini
sulle rapine in due casi sono svolte dai
carabinieri, nel terzo dalla polizia. Ed è in questo
contesto che arriva la telefonata, dalla questura
di Ferrara che avverte Igor il Russo.2 E Igor se ne
va in Spagna a fare il gigolò, racconta al suo ex
amico di cella. Oppure qualcuno gli trova lavoro
nella banda magrebina così come, forse, appena
uscito dal carcere di Argenta lo aveva accasato
dal buon Pajdek? Un’opzione degna di un
romanzo di James Ellroy…………………
2
http://m.dagospia.com/igor-il-russo-e-sparito-dopo-aver-ricevuto-una-telefonata-dalla-questura-di-ferrara-160139
Giovedì 20 aprile 2017: sono ormai quindici i
giorni di caccia all’uomo nella campagna
emiliana. C’è la psicosi di Igor. Lo vedono da
tutte le parti, anche passeggiare al supermercato
e in treno. Il territorio è sotto assedio.
Lunedì 24 aprile 2017: gli inquirenti
attribuiscono a Igor una rapina con uccisione
avvenuta il 30 dicembre 2015: una guardia
giurata uccisa con un fucile da caccia all’ingresso
della cava Manzona nel ravennate. La dinamica
non è chiara, ma somiglia molto alla rapina alla
piadineria di Consandolo. Forse il metronotte ha
impugnato la pistola e il rapinatore ha sparato.
L’uomo sarebbe stato ucciso con lo stesso fucile
che sarebbe poi stato usato anche nella rapina di
Consandolo, da dove arriva la calibro 9 che
uccide poi il barista di Budrio. E anche alla
guardia giurata della cava, Igor avrebbe rubato la
pistola. Sul luogo del delitto viene trovato un
bossolo di fabbricazione dell’est Europa. Pare
inoltre che Igor fosse stato visto più volte nei
dintorni in quel periodo, già a novembre. Anzi le
pattuglie lo avrebbero anche fermato sei o sette
volte. Non c’è però alcun riconoscimento. Anche
questa volta nessuno ha visto Igor in faccia.
Un affare di Stato
Venerdì 28 aprile 2017, Igor il russo diventa un
affare di Stato. Il ministro dell’Interno Marco
Minniti si reca prima a Budrio a far visita alla
moglie del povero barista, e poi incontra gli
inquirenti, le vittime, i sindaci dei comuni
interessati alle ricerche. Igor è l’uomo più
ricercato d’Italia.
Mercoledì 3 maggio 2017: Igor è ancora alla
macchia. Inizia a girare la voce su un presunto
sequestro da parte di Igor di un’intera famiglia.
Voce che sarà presa in considerazione dagli
inquirenti ma che si rivelerà falsa. E’ in arrivo
dalla Serbia il Dna di Igor. La scia di sangue
lasciata davanti al bar di Budrio non ha ancora un
nome, e non so se ad oggi lo abbia. Viene preso
in considerazione anche il profilo Facebook
dell’uomo: pare siano sparite alcune foto che lo
ritraevano in compagnia, e questo il 9 aprile,
ultimo giorno di accesso di Igor alla rete
telefonica, il giorno successivo alla morte della
guardia ecologica, il giorno in cui abbandona il
Fiorino. Pare che Igor abbia usato diverse Sim
telefoniche intestate a persone differenti.
Giovedi 4 maggio 2017: Un pakistano si presenta
spontaneamente in caserma a Molinella.
Afferma di aver incontrato Igor il russo, forse, la
sera del 28 aprile mentre stava percorrendo in
bici una ciclabile fra Marmorta e Consaldolo.
L’uomo è uscito improvvisamente da un
cespuglio brandendo un bastone:«Lacero, vestito
con cappello e tuta mimetica, capelli lunghi e
barba incolta, smagrito, occhi febbricitanti e
incavati». Il pakistano teme una rapina, ma
l’uomo fugge subito via immergendosi nella
boscaglia, anche se lui gli offre il portafoglio. Il
pakistano è sentito dal PM che gli mostra le foto
segnaletiche, e lui riconosce Igor, aggiungendo
anche che voleva la sua bici. Si attribuisce ad Igor
un’altra rapina ad Argenta, in realtà un tentativo
di rapina, commesso stranamente ai danni di un
altro pakistano. Un tentativo di rapina con
accetta avvenuto tra il delitto di Budrio e il
delitto della guardia ecologica, Valerio Verri. Con
in mano un’accetta Igor avrebbe tentato di
rubare il furgoncino dell’uomo. Poi, salta fuori un
uomo di 27 anni, volontario della Protezione
Civile, che si è scontrato con Igor proprio dopo
l’omicidio della guardia ecologica. Era in casa,
erano circa le 23 di domenica 2 aprile, quando
sente un colpo contro una delle finestre di casa,
come fosse stato lanciato un sasso. Uscito di casa
per controllare viene aggredito da un uomo
incappucciato, alto circa un metro e settanta. Ne
nasce una colluttazione, ma alla fine il ladro si dà
alla fuga. Dice che l’uomo incappucciato si
dilegua in auto. Pensa sia Igor perché lo aveva
visto altre volte in bicicletta da quelle parti visto
che lavorava alle dipendenze di un agricoltore di
quella zona. Inoltre si ricorda di averlo visto
passare alcune ore prima della sua aggressione
col Fiorino bianco intorno alle 19-19,30 poco
dopo l’omicidio della guardia ecologica. Alla
guida un uomo somigliante a Igor che era al
telefono. Ma che sorta di aggressione sarebbe
questa? Pare eseguita solamente per attirare
l’attenzione. E poi ancora Igor al telefono……..
Tanti Igor
A questo punto iniziano ad essere avvistati tanti
Igor il russo, diversi. Un uomo di 31 anni lo
incontra a Bando, frazione argentana. Secondo
lui Igor era in perfetta forma, camminava a passo
veloce. Quando i loro sguardi si sono incrociati
Igor ha iniziato a correre. Pochi secondi, ma
l’uomo è certo, era Igor: maglia nera, pantaloni
verde militari, zaino blu scuro in spalla, barba e
capelli un po’ lunghi, non era sporco. Era forse
un po’ dimagrito ma in perfetta forma. Poi un
falegname di 56 anni di Ospital Monacale, vicino
a Consaldolo, dice di averlo incontrato il 24
febbraio, prima ancora che tutto iniziasse, prima
ancora della rapina alla piadineria di Consaldolo.
Igor lo voleva rapinare, ma alla fine si era
calmato, addirittura avevano parlato per quindici
minuti. Voleva soldi e cocaina. Parlava un italiano
perfetto.
La pista delle badanti
Gli inquirenti sospettano una presenza femminile
accanto a Igor. Sembra che una badante abbia
indicato a Igor il bar del povero Davide Fabbri a
Riccardina di Budrio. Ma perché? Fabbri
custodiva in casa, sopra il bar, un fucile da caccia
e due pistole regolarmente dichiarate e detenute
con porto d’armi per uso sportivo. Mirava a
quelle Igor? Fabbri inoltre aveva una collezione
di orologi antichi di pregio. Forse interessavano
quelli a Igor?
Mercoledì 31 maggio 2017: parla per la prima
volta l’agente Marco Ravaglia della polizia
provinciale che assieme alla guardia ecologica
Valerio Verri aveva fermato Igor con il Fiorino il 9
aprile, sospettando un bracconiere. Si era detto,
nell’imminenza dei fatti, che aveva riconosciuto
Igor il russo. Ferito gravemente da una serie di
colpi, si era finto morto. Dichiara di non aver mai
visto in faccia l’assassino prima della sparatoria e
di non averlo riconosciuto subito come il killer di
Budrio.
Lunedì 12 giugno 2017: di Igor il russo nessuna
traccia, ma una cartolina viene recapitata alla
stazione dei carabinieri di Ferrara. L’immagine
raffigura la nave ammiraglia della Marina militare
dove si formano i marinai, la Amerigo Vespucci.
C’è una freccia rossa sulla vela di poppa e sul
retro un messaggio sgrammaticato firmato Igor.
Sarebbe partita il 17 maggio dal Centro di
smistamento postale di Firenze. Il messaggio
recita: «Per grazie Livorno, addio Italia M e
soldati Skifi». Ormai nella zona rossa dell’Emilia
sono rimasti solo una quarantina di militari. Le
ultime notizie di Igor risalgono a metà maggio.
Venerdì 15 dicembre 2017: Igor viene catturato
in Spagna nella zona di El Ventorrillo, tra le città
di Terruel in Andorra e Albalete del Arzobispo.
Pare fosse in un casolare abbandonato. Ha ucciso
tre persone: due agenti e un allevatore. I due
agenti, chiamati dall’allevatore, avevano il
giubbotto anti proiettile. Igor mira alle parti non
coperte proprio per uccidere. Sfila loro le pistole,
e fugge con un pick-up verde. Fugge per sette
ore guidando per 85 km, braccato dalla polizia
spagnola e anche dalle teste di cuoio spagnole. A
2 km da un posto di blocco all’altezza del paese
di Cantavieja, forse per un colpo di sonno esce di
strada. Viene catturato alle 2:50 del mattino. Con
sé ha 4 pistole, la Smith&Wesson rubata alla
guardia ferrarese a Consandolo, la pistola
dell’agente della polizia provinciale Ravaglia, e le
due Beretta degli agenti di polizia spagnoli uccisi.
Ha anche un tablet, un cellulare, un pc e una
chiavetta Usb. Come è arrivato in Spagna Igor?
Addirittura qualcuno scriverà ‘in bicicletta’.
Come ha fatto a sparire da un territorio sotto
stretto controllo militare? Come mai ha con sé
un tablet, un cellulare, un pc e una chiavetta
ubs?
Ad oggi Igor il russo rimane chiuso nel carcere di
Saragozza. La sua giornata è scandita dagli
allenamenti e dalla lettura. Racconta: «Ho ucciso
perché mi sono trovato in situazioni in cui solo il
più abile sopravvive. Mi dispiace per quello che è
successo ma ho dovuto uccidere per non essere
ucciso». Pare abbia anche detto: «Mi ha chiesto
Dio di uccidere». Lo specialista che lo segue ha
detto di lui: "Non è un fanatico, ma un soggetto
con una personalità complessa e problematica
dal punto di vista psicologico e psichiatrico, e che
meriterebbe di essere approfondita con una
perizia super partes". Igor ha rivelato di aver
avuto un addestramento militare in Serbia, ma
non nel periodo del conflitto con la Croazia. E di
essersi arruolato come volontario mercenario
in Ucraina, a combattere al fianco di chi non si
sa. Di certo Norbert Feher è uno che sa sparare,
sa come nascondersi e fuggire dalle forze
dell'ordine. Come ha dimostrato la sua lunga
fuga dall’Italia alla Spagna.
Ma un altro fatto strano accade in Spagna,
relativo alla vicenda di Igor il Russo. Il 10
novembre 2018 esce sul Resto del Carlino la
notizia che Luigi Scrima, trentanovenne di Lugo
ex compagno di cella in Italia di 'Igor il russo', è
stato arrestato in Spagna. Nei suoi confronti è
stato eseguito un mandato di arresto europeo
chiesto dalla Procura di Ravenna per un cumulo
di pena di un anno e otto mesi per vecchie
vicende, inoltre si è sottratto all'affidamento in
prova ai servizi sociali, varcando il confine e
andando nella zona di Valencia, nei giorni della
fuga di Igor. Valencia, proprio dove si reca Igor
dopo l’arresto dei suoi amici Ivan Pjdek e Patrik
Ruzso, e la telefonata ricevuta dalla Questura di
Ferrara, e dove aveva raccontato a Scrima di fare
il gigolò. Ricordiamo che Igor viene arrestato a
metà dicembre sempre in Spagna, ma in
Aragona. Scrima, che è a Valenzia da novembre,
in un'intervista racconta di essere stato una sorta
di "esca" per la cattura di Igor, ma dice di non
essere mai stato suo complice, né di sapere dove
fosse durante la latitanza3.
Che ci fa Scrima in Spagna? Come ci arriva? Era
casuale la sua condivisione della cella nel carcere
di Argenta con Igor il Russo? Domande che si
farebbe James Ellroy per un romanzo………….
3
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2018/11/10/news/igor_arrestato_compagno_di_cella_italiano_di_igor211254150/
Cinema, letteratura e realtà
Anni fa, nel 1998, uscì uno strano film Ronin che
raccontava la storia di cinque moderni guerrieri
mercenari di varia nazionalità, tutti senza lavoro,
ex di CIA, KGB, Stasi, alla deriva dopo la fine della
guerra fredda. Pareva un film pensato e diretto
proprio dalla Cia, per spiegare la nuova
situazione creatasi a livello dei servizi, in ambito
mondiale. Ecco, Igor ci sarebbe stato davvero
bene in questo film. Almeno uno degli Igor che
tivù e giornali ci hanno presentato: quello
imprendibile, capace di stare sott’acqua per ore
respirando con una canna. Ecco se potessi farlo,
a commento di quest’ultima frase inserirei
un’emoticon sorridente. Purtroppo però ci sono
delle vittime innocenti in questa strana storia e
non ho molta voglia di ridere. Perché quella di
Igor il russo è davvero una strana storia, che
sembra iniziare nel 2015 con l’uccisione di una
guardia giurata di una cava nel ravennate e le
rapine messe a segno con Pjdek e Ruzso. L’Igor
militare e professionista imprendibile, è un
personaggio che ruba delle armi, che tenta una
rapina a una piadineria di Consaldolo
probabilmente sapendo che arriveranno i
carabinieri. E’ un super bandito che la maggior
parte delle volte nessuno vede in volto, che
scappa a piedi, munito di telefono cellulare e pc.
E’ un uomo che viaggia tra Italia e Spagna dove fa
il corriere della droga, mentre qui da noi è
affezionato alla campagna ferrarese dove fa il
ninja che si rifugia nei casolari, che si macchia di
rapine violente, e alla più violenta non partecipa,
ma ne è la mente. E’ un bandito, forse ex
militare, scaltro e addestrato che in carcere
conduce una vita monastica, parla e scrive in
cinese e si converte al cattolicesimo. E’ uno
strano personaggio del quale sappiamo molto
soprattutto grazie ad un altro strano
personaggio: Ivan Pajdek. Una volta arrestato per
le rapine attribuite alla banda di Igor, della quale
faceva parte, Pajdek scrive un memoriale per
raccontare tutta la storia della banda di Igor, e la
storia di lui e Igor amici dall’infanzia. Pajdek
racconta anche di quando ha accolto in casa sua
Igor appena uscito dal carcere di Argenta, visto
che non aveva un posto dove andare. Pajdek
accoglie Igor in famiglia, tanto che il ‘Russo’ farà
anche da cameriere al matrimonio della figlia.
Igor il Russo, che appena uscito dal carcere non
sa dove andare e finisce da Pajdek un piccolo
delinquente che vive di espedienti e furti di
rame, e con lui penserà a formare una banda che
commetterà rapine violente.
Nel 1995 esce il romanzo di James Ellroy
‘American Tabloid’. Crudissimo spaccato
dell'America degli anni Sessanta, un quadro
storico ricostruito con minuzia e puntualità dove
si muovono tre personaggi in bilico tra crimine e
giustizia, ideali e tornaconto personale, in un
viaggio allucinante che culmina con l'omicidio
di John Kennedy. CIA, FBI, Mafia, Ku Klux
Klan, castristi e sbirri tutti mescolati in quella che
sarebbe la (presunta) storia sotterranea
degli Stati Uniti di quegli anni. Non c’è bianco e
nero, non c’è giusto o sbagliato, non ci sono né
buoni né cattivi, ma una miriade di collegamenti,
piste, relazioni, doppi e tripli giochi, un mosaico
disperante in cui nessuno è innocente. Ellroy
racconta come gli esuli cubani arrivati a Miami
fossero assoldati dalla Cia, addestrati in vista di
un’invasione di Cuba e nel contempo usati per
spacciare droga alle persone di colore della città.
Ellroy racconta come questi esuli cubani fossero
in maggioranza delinquenti e drogati liberati da
Castro con l’intento di svuotare la melma
presente nelle carceri cubane. Allo stesso modo
Cia e FBI, racconta Ellroy, lavoravano gomito a
gomito con la Mafia che a Cuba aveva perso
molti soldi con il colpo di stato di Castro, e che
non amava nemmeno i Kennedy, soprattutto
Robert Kennedy. Ma quello di Ellroy è un
romanzo.
Invece Igor il Russo chi era? Un ronin come lui
stesso pare far intendere dalla Spagna? Ronin in
giapponese significa letteralmente ‘uomo alla
deriva’, e designava il samurai decaduto, rimasto
senza padrone. Questi tipi di samurai erano
guerrieri erranti disposti a lavorare per chiunque
li pagasse, spesso unendosi in gruppi potevano
creare scompiglio nei villaggi, saccheggiandoli o
installandovisi. I ronin potevano anche mettersi
al servizio del popolo, insegnando arti marziali e
di guerra, o farsi assumere come guardie del
corpo per difendere il villaggio da aggressioni
esterne. Se un samurai uccideva un ronin, non
doveva temere nessuna vendetta, poiché i ronin
non erano legati a nessuno, per questo i ronin
erano una facile preda dei samurai più potenti,
che nutrivano anche un certo disprezzo per
questi guerrieri erranti.
Bibliografia
Igor Il Russo Un Killer In Fuga, Documentario TV8
Cristina Battista, I giorni di Igor,Minerva Edizioni,
2018.
Ho consultato molti articoli sul caso di Igor, di
vari giornali reperibili in rete. Non credo sia il
caso di nominarli tutti, in quanto non ho attinto
da nessuno in particolare se non quelli che ho
citato in nota nel testo. Una nota a parte
meritano gli articoli apparsi sul Resto del Carlino,
tutti reperibili in rete.
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IGOR IL RUSSO-converted