QUADERNI
IL LESSICO DI PAPA
FRANCESCO
20/09/2013
1
Alcune letture per conoscere Papa
Francesco (a cura di Girolamo Valenza)
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
SOMMARIO
DOCUMENTI
PRESENTAZIONE DEI DUE QUADERNI
2
INTERVISTA A PAPA FRANCESCO (CIVILTÀ CATTOLICA)
5
L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO A LAMPEDUSA
27
VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO IN OCCASIONE DELLA
XXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ VISITA ALLA
COMUNITÀ DI VARGINHA (MANGUINHOS) DISCORSO DEL SANTO
PADRE FRANCESCO RIO DE JANEIRO GIOVEDÌ, 25 LUGLIO 2013
30
VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO IN OCCASIONE DELLA
XXVIII GIORNATA MONDIALDELLA GIOVENTÙ INCONTRO CON
L'EPISCOPATO BRASILIANO DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
33
PAPA FRANCESCO AI CATECHISTI IN OCCASIONE DEL LORO INCONTRO
MONDIALE NELL'ANNO DELLA FEDE A ROMA.
44
LETTERA DI PAPA FRANCESCO A EUGENIO SCALFARI
49
SU REPUBBLICA IL DIALOGO TRA PAPA FRANCESCO E SCALFARI
54
APPENDICE
CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE FRANCESCO DURANTE
66
IL VOLO DI RITORNO DAL VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO
IN OCCASIONE DELLA XXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
SINTESI DELLE RIFLESSIONI DI PAPA FRANCESCO
NELLE OMELIE DELLA MESSA CHE OGNI MATTINA CELEBRA
NELLA DOMUS SANTA MARTA
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
PRESENTAZIONE
Papa Francesco, fin dalla sua apparizione per la prima benedizione in piazza S. Pietro
ha suscitato simpatia, dando significativi segnali di novità:.lo stesso saluto, il suo
presentarsi con la sola talare bianca e dichiararsi con il titolo di vescovo di Roma, che
ricorda che la Chiesa di Roma altro non fa che “presiedere nella carità” le altre Chiese
del mondo, il risiedere a Santa Marta, le omelie pronunciate in piedi, la sostituzione del
trono papale con una poltrona, il presentarsi al saluto ... hanno avuto un forte impatto
ecumenico e sull'opinione pubblica Un papa che si presenta come pastore, più che come
sovrano, corrisponde a quanto dice Gesù esortando gli apostoli a non fare come i potenti
del mondo (cfr. Mt 20,24-27; Mc 10,41-45; Lc 22,24-27).
I gesti successivi sono una testimonianza di prossimità, le sue parole un invito alla
speranza e alla gioia, la sua comunicazione frutto di una esperienza di ascolto, di
un'apertura al dialogo, di intensa partecipazione alle vicende dell'umanità. La simpatia
iniziale è divenuta vera ed autentica "empatia" non solo con i credenti ma, anche, con
una vasta opinione pubblica.
"Papa Bergoglio sta operando, con gesti e parole, una riconfigurazione linguistica
dentro la chiesa che mette in rilievo accenti e priorità nuovi. E costituisce un'opportunità,
per la chiesa cattolica, di riguadagnare slancio e respiro.... Il linguaggio di Francesco
corrisponde a un vero e proprio stile, a un modo di vivere la fede e di vedere la chiesa
che apre possibilità finora sottovalutate di sequela del Signore secondo il Vangelo. E' uno
stile in cui confluiscono l'appartenenza alla Compagnia di Gesù, le intuizioni del Concilio
Vaticano II, la sua estrazione latinoamericana" i
Per papa Francesco la misericordia è l'architrave della fede cristiana " Ciò che conta, nel
cammino del credente, è la fiducia, il credere all'amore (cfr. 1 Gv 4,16), prima della
dottrina e dei principi etici che possono finire per diventare motivo di esclusione Questo
accento sta portando molte persone a guardare nuovamente con simpatia alla chiesa e al
suo annuncio, anche se c'è chi vorrebbe invece una chiesa del rigore dai cancelli chiusi.
Per papa Francesco annunciare il Vangelo deve essere una passione, una vocazione, una
missione, un sentirci vicini all'altro (compassione), un andare nelle periferie.. come Gesù
non dobbiamo avere paura delle periferie. "Dio è sempre fedele, è creativo. . Dio è
creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Per essere fedeli, per essere
creativi, bisogna saper cambiare. E devo cambiare per adeguarmi alle circostanze nelle
quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver
paura di uscire.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
"La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione". E quello che attrae è la
testimonianza. Essere cristiani significa dare testimonianza della fede; essere coerente
nella propria vita... Ripartire da Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle
periferie."
Ll'invito continuo ad andare nelle periferie, quelle sociali ed economiche, ma anche quelle
esistenziali. significa una chiesa che si sporca le mani, che sta con i poveri, che corre dei
rischi, pur di uscire da se stessa e rompere la tentazione dell'auto-referenzialità. E' una
chiesa che non fortifica i confini, con un atteggiamento esclusivista, ma cerca l'incontro.
Agisce, insomma, come il buon samaritano della parabola (cfr. Lc 10,25-37) all'insegna
del "farsi prossimo".( Cristian Albini)
Il Concilio, la sua ecclesiologia, riprende ad essere la bussola della Chiesa. La
collegialità e la sinodalità sono un modo di vivere le relazioni dentro la chiesa, non più
all'insegna del verticismo gerarchico, ma del camminare insieme, della partecipazione di
tutti pur nella diversità dei ministeri Sinodalità è uno dei nomi della comunione
Nei discorsi di Papa Francesco sono frequenti i richiami alla necessità di una riforma
della Chiesa, a cominciare da realtà come la Curia, non più autoreferenziale, vaticano
centrica. E' una rottura con l'idea della chiesa come società perfetta, l'immagine di una
istituzione che si vuole presentare come sostanzialmente immodificabile. Soprattutto
vengono riprese espressioni del Vaticano II, cadute nel dimenticatoio, che hanno una
notevole forza dirompente, come chiesa dei poveri, rinunciando alle sicurezze mondane,
all'essere potere tra i poteri, o come "popolo di Dio" che contrasta la gerarcologia
piramidale.
Papa Francesco, secondo Massimo Faggioli, si sta muovendo nella direzione di deideologizzare il messaggio morale della chiesa: quando la proclamazione dei valori
avviene in modo astratto e staccato dalla preoccupazione pastorale per il bene concreto
delle persone a cui quel messaggio si rivolge (che siano coppie sposate, omosessuali,
conviventi non sposati, divorziati risposati), il messaggio evangelico diventa ideologico.
Questo non è solo un problema di credibilità per la chiesa, ma anche di rispetto del testo
evangelico, in cui l'accoglienza della persona da parte di Gesù prevale sul giudizio.
Queste premesse ci introducono alla presentazione dei due quaderni sono un tentativo di
sottolineare la novità del " lessico di Papa Francesco":
il primo quaderno è la raccolta di documenti (discorsi, omelie, interviste del Papa) che
danno l'impronta della struttura e del linguaggio di Francesco ( i due discorsi nel suo
viaggio apostolico in Brasile durante la visita alla comunità di Varginha e
all'episcopato brasiliano, l'omelia a Lampedusa, il discorso ai catechisti in occasione del
loro incontro mondiale, l'ampia e bella intervista rilasciata alla "Civiltà cattolica", la
conferenza stampa "integrale" durante il volo di ritorno dal viaggio in Brasile, la lettera
e la recente intervista a Scalfari, e, in appendice , le parole chiave delle omelie a Santa
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Marta...) Da queste letture, oltre alla comunicazione immediata e semplice. emerge la sua
grande profondità: lo stile missionario, la predicazione "sine glossa" del Vangelo, la
visione ecclesiologica di Papa Francesco: chiesa di comunione, essenziale, povera,
inclusiva, fraterna, chiesa profetica, la chiesa del Concilio, la chiesa "popolo di Dio".
il secondo quaderno è la selezioni di alcuni commenti , apparsi nei siti web o sui
quotidiani che ci aiutano, ulteriormente, a "capire" o, meglio, "accostarci "al linguaggio
e ai messaggi (all'arte comunicativa) di papa Francesco, scritti da Enzo Bianchi, Luigi
Alici, Aldo Maria Valli, Giuseppe Savagnone,, Leonardo Bof, Massimo Fagioli, Massimo
Cacciari, Luciano Caimi, Mauro Magatti.....
La gente avverte il cambiamento, constata la grande sensibilità sociale e pastorale, la
sua prossimità all'uomo. Papa Francesco adotta, con gesti e fatti, il dialogo come
metodo... capace di dare speranza; è l'uomo di Dio, testimone di quella speranza che la
Chiesa, fedele al suo Fondatore, comunica all'umanità intera.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
La Chiesa, l'uomo, le sue ferite: l'intervista
a papa Francesco
il testo integrale dell'intervista del
Santa Marta, lunedì 19 agosto ore 9,50
direttore
padre
Antonio
Spadaro
a
papa
Francesco.
È lunedì 19 agosto. Papa Francesco mi ha dato appuntamento alle 10,00 in Santa
Marta. Io però eredito da mio padre la necessità di arrivare sempre in anticipo. Le
persone che mi accolgono mi fanno accomodare in una saletta. L’attesa dura poco, e
dopo un paio di minuti vengo accompagnato a prendere l’ascensore. Nei due minuti
ho avuto il tempo di ricordare quando a Lisbona, in una riunione di direttori di alcune
riviste della Compagnia di Gesù, era emersa la proposta di pubblicare tutti insieme
un’intervista al Papa. Avevo discusso con gli altri direttori, ipotizzando alcune
domande che esprimessero gli interessi di tutti. Esco dall’ascensore e vedo il Papa già
sulla porta ad attendermi. Anzi, in realtà, ho avuto la piacevole impressione di non
aver varcato porte.
Entro nella sua stanza e il Papa mi fa accomodare su una poltrona. Lui si siede su una
sedia più alta e rigida a causa dei suoi problemi alla schiena. L’ambiente è semplice,
austero. Lo spazio di lavoro della scrivania è piccolo. Sono colpito dalla essenzialità
non solamente degli arredi, ma anche delle cose. Ci sono pochi libri, poche carte,
pochi oggetti. Tra questi un’icona di San Francesco, una statua di Nostra Signora di
Luján, Patrona dell’Argentina, un crocifisso e una statua di san Giuseppe dormiente,
molto simile a quella che avevo visto nella sua camera di rettore e superiore
provinciale presso il Colegio Máximo di San Miguel. La spiritualità di Bergoglio non è
fatta di «energie armonizzate», come le chiamerebbe lui, ma di volti umani: Cristo,
san Francesco, san Giuseppe, Maria.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Il Papa mi accoglie col sorriso che ormai ha fatto più volte il giro del mondo e che
apre i cuori. Cominciamo a parlare di tante cose, ma soprattutto del suo viaggio in
Brasile. Il Papa lo considera una vera grazia. Gli chiedo se si è riposato. Lui mi dice di
sì, che sta bene, ma soprattutto che la Giornata Mondiale della Gioventù è stata per
lui un «mistero». Mi dice che non è mai stato abituato a parlare a tanta gente: «Io
riesco a guardare le singole persone, una alla volta, a entrare in contatto in maniera
personale con chi ho davanti. Non sono abituato alle masse». Gli dico che è vero, e
che si vede, e che questo colpisce tutti. Si vede che, quando lui è in mezzo alla gente, i
suoi occhi in realtà si posano sui singoli. Poi le telecamere proiettano le immagini e
tutti possono vederle, ma così lui può sentirsi libero di restare in contatto diretto,
almeno oculare, con chi ha davanti a sé. Mi sembra contento di questo, cioè di poter
essere quel che è, di non dover alterare il suo modo ordinario di comunicare con gli
altri, anche quando ha davanti a sé milioni di persone, come è accaduto sulla
spiaggia di Copacabana.
Prima che io accenda il registratore parliamo anche d’altro. Commentando una mia
pubblicazione, mi ha detto che i due pensatori francesi contemporanei che predilige
sono Henri de Lubac e Michel de Certeau. Gli dico anche qualcosa di più personale.
Anche lui mi parla di sé e in particolare della sua elezione al Pontificato. Mi dice che
quando ha cominciato a rendersi conto che rischiava di essere eletto, il mercoledì 13
marzo a pranzo, ha sentito scendere su di lui una profonda e inspiegabile pace e
consolazione interiore insieme a un buio totale, a una oscurità profonda su tutto il
resto. E questi sentimenti lo hanno accompagnato fino all’elezione. In realtà avrei
continuato a parlare così familiarmente per tanto tempo ancora, ma prendo i fogli
con alcune domande che avevo annotato e accendo il registratore. Innanzitutto lo
ringrazio a nome di tutti i direttori delle riviste dei gesuiti che pubblicheranno questa
intervista.
Poco prima dell’udienza che ha concesso ai gesuiti della Civiltà Cattolica il 14 giugno
scorso, il Papa mi aveva parlato della sua grande difficoltà a rilasciare interviste. Mi
aveva detto che preferisce pensare più che dare risposte di getto in interviste sul
momento. Sente che le risposte giuste gli vengono dopo aver dato la prima risposta:
«non ho riconosciuto me stesso quando sul volo di ritorno da Rio de Janeiro ho risposto
ai giornalisti che mi facevano le domande», mi dice. Ma è vero: in questa intervista
più volte il Papa si è sentito libero di interrompere quel che stava dicendo
rispondendo a una domanda, per aggiungere qualcosa sulla precedente. Parlare con
Papa Francesco in realtà è una sorta di flusso vulcanico di idee che si annodano tra
loro. Persino prendere appunti mi dà la spiacevole sensazione di interrompere un
dialogo sorgivo. È chiaro che Papa Francesco è abituato più alla conversazione che
alla lezione.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Chi è Jorge Mario Bergoglio?
Ho la domanda pronta, ma decido di non seguire lo schema che mi ero prefisso, e gli
chiedo un po’ a bruciapelo: «Chi è Jorge Mario Bergoglio?». Il Papa mi fissa in
silenzio. Gli chiedo se è una domanda che è lecito porgli… Lui fa cenno di accettare
la domanda e mi dice: «non so quale possa essere la definizione più giusta… Io sono
un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere
letterario. Sono un peccatore».
Il Papa continua a riflettere, compreso, come se non si aspettasse quella domanda,
come se fosse costretto a una riflessione ulteriore.
«Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un
po’ ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento
più vera, è proprio questa: “sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”». E
ripete: «io sono uno che è guardato dal Signore. Il mio motto Miserando atque
eligendo l’ho sentito sempre come molto vero per me».
Il motto di Papa Francesco è tratto dalle Omelie di san Beda il Venerabile, il quale,
commentando l’episodio evangelico della vocazione di san Matteo, scrive: «Vide Gesù
un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse:
Seguimi». E aggiunge: «il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in
italiano sia in spagnolo. A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste:
misericordiando». Papa Francesco continua nella sua riflessione e mi dice, facendo un
salto di cui sul momento non comprendo il senso: «Io non conosco Roma. Conosco poche
cose. Tra queste Santa Maria Maggiore: ci andavo sempre». Rido e gli dico: «lo
abbiamo capito tutti molto bene, Santo Padre!». «Ecco, sì — prosegue il Papa —,
conosco Santa Maria Maggiore, San Pietro… ma venendo a Roma ho sempre abitato
in via della Scrofa. Da lì visitavo spesso la chiesa di San Luigi dei Francesi, e lì
andavo a contemplare il quadro della vocazione di san Matteo di Caravaggio».
Comincio a intuire cosa il Papa vuole dirmi. «Quel dito di Gesù così… verso Matteo.
Così sono io. Così mi sento. Come Matteo». E qui il Papa si fa deciso, come se avesse
colto l’immagine di sé che andava cercando: «È il gesto di Matteo che mi colpisce:
afferra i suoi soldi, come a dire: “no, non me! No, questi soldi sono miei!”. Ecco, questo
sono io: “un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi”. E questo è quel che
ho detto quando mi hanno chiesto se accettavo la mia elezione a Pontefice». Quindi
sussurra: «Peccator sum, sed super misericordia et infinita patientia Domini nostri Jesu
Christi confisus et in spiritu penitentiae accepto».
Perché si è fatto gesuita?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Comprendo che questa formula di accettazione è per Papa Francesco anche una
carta di identità. Non c’era più altro da aggiungere. Proseguo con quella che avevo
scelto come prima domanda: «Santo Padre, che cosa l’ha spinta a scegliere di entrare
nella Compagnia di Gesù? Che cosa l’ha colpita dell’Ordine dei gesuiti?». «Io volevo
qualcosa di più. Ma non sapevo che cosa. Ero entrato in seminario. I domenicani mi
piacevano e avevo amici domenicani. Ma poi ho scelto la Compagnia, che ho
conosciuto bene perché il seminario era affidato ai gesuiti. Della Compagnia mi hanno
colpito tre cose: la missionarietà, la comunità e la disciplina. Curioso questo, perché io
sono un indisciplinato nato, nato, nato. Ma la loro disciplina, il modo di ordinare il
tempo, mi ha colpito tanto». «E poi una cosa per me davvero fondamentale è la
comunità. Cercavo sempre una comunità. Io non mi vedevo prete solo: ho bisogno di
comunità. E lo si capisce dal fatto che sono qui a Santa Marta: quando sono stato
eletto, abitavo per sorteggio nella stanza 207. Questa dove siamo adesso era una
camera per gli ospiti. Ho scelto di abitare qui, nella camera 201, perché quando ho
preso possesso dell’appartamento pontificio, dentro di me ho sentito distintamente un
“no”. L’appartamento pontificio nel Palazzo Apostolico non è lussuoso. È antico, fatto
con buon gusto e grande, non lussuoso. Ma alla fine è come un imbuto al rovescio. È
grande e spazioso, ma l’ingresso è davvero stretto. Si entra col contagocce, e io no,
senza gente non posso vivere. Ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri».
Mentre il Papa parla di missione e di comunità, mi vengono in mente tutti quei
documenti della Compagnia di Gesù in cui si parla di «comunità per la missione» e li
ritrovo nelle sue parole."
Che cosa significa per un gesuita essere Papa?
Voglio proseguire su questa linea e pongo al Papa una domanda a partire dal fatto
che lui è il primo gesuita ad essere eletto Vescovo di Roma: «Come legge il servizio
alla Chiesa universale che lei è stato chiamato a svolgere alla luce della spiritualità
ignaziana? Che cosa significa per un gesuita essere eletto Papa? Quale punto della
spiritualità ignaziana la aiuta meglio a vivere il suo ministero?». «Il discernimento»,
risponde Papa Francesco. «Il discernimento è una delle cose che più ha lavorato
interiormente sant’Ignazio. Per lui è uno strumento di lotta per conoscere meglio il
Signore e seguirlo più da vicino. Mi ha sempre colpito una massima con la quale viene
descritta la visione di Ignazio:Non coerceri a maximo, sed contineri a minimo divinum
est. Ho molto riflettuto su questa frase in ordine al governo, ad essere superiore: non
essere ristretti dallo spazio più grande, ma essere in grado di stare nello spazio più
ristretto. Questa virtù del grande e del piccolo è la magnanimità, che dalla posizione
in cui siamo ci fa guardare sempre l’orizzonte. È fare le cose piccole di ogni giorno
con un cuore grande e aperto a Dio e agli altri. È valorizzare le cose piccole
all’interno di grandi orizzonti, quelli del Regno di Dio». «Questa massima offre i
parametri per assumere una posizione corretta per il discernimento, per sentire le cose
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
di Dio a partire dal suo “punto di vista”. Per sant’Ignazio i grandi principi devono
essere incarnati nelle circostanze di luogo, di tempo e di persone. A suo modo
Giovanni XXIII si mise in questa posizione di governo quando ripeté la massima Omnia
videre, multa dissimulare, pauca corrigere, perché, pur vedendo omnia, la dimensione
massima, riteneva di agire su pauca, su una dimensione minima. Si possono avere
grandi progetti e realizzarli agendo su poche minime cose. O si possono usare mezzi
deboli che risultano più efficaci di quelli forti, come dice anche san Paolo nella Prima
Lettera ai Corinzi». «Questo discernimento richiede tempo. Molti, ad esempio,
pensano che i cambiamenti e le riforme possano avvenire in breve tempo. Io credo
che ci sia sempre bisogno di tempo per porre le basi di un cambiamento vero,
efficace. E questo è il tempo del discernimento. E a volte il discernimento invece
sprona a fare subito quel che invece inizialmente si pensa di fare dopo. È ciò che è
accaduto anche a me in questi mesi. Il discernimento si realizza sempre alla presenza
del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della
gente, specialmente i poveri. Le mie scelte, anche quelle legate alla normalità della
vita, come l’usare una macchina modesta, sono legate a un discernimento spirituale che
risponde a una esigenza che nasce dalle cose, dalla gente, dalla lettura dei segni dei
tempi. Il discernimento nel Signore mi guida nel mio modo di governare». «Ecco,
invece diffido delle decisioni prese in maniera improvvisa. Diffido sempre della prima
decisione, cioè della prima cosa che mi viene in mente di fare se devo prendere una
decisione. In genere è la cosa sbagliata. Devo attendere, valutare interiormente,
prendendo il tempo necessario. La sapienza del discernimento riscatta la necessaria
ambiguità della vita e fa trovare i mezzi più opportuni, che non sempre si identificano
con ciò che sembra grande o forte».
La Compagnia di Gesù
Il discernimento è dunque un pilastro della spiritualità del Papa. In questo si esprime in
maniera peculiare la sua identità gesuitica. Gli chiedo quindi come pensa che la
Compagnia di Gesù possa servire la Chiesa oggi, quale sia la sua peculiarità, ma
anche gli eventuali rischi che corre. «La Compagnia è un’istituzione in tensione, sempre
radicalmente in tensione. Il gesuita è un decentrato. La Compagnia è in se stessa
decentrata: il suo centro è Cristo e la sua Chiesa. Dunque: se la Compagnia tiene
Cristo e la Chiesa al centro, ha due punti fondamentali di riferimento del suo
equilibrio per vivere in periferia. Se invece guarda troppo a se stessa, mette sé al
centro come struttura ben solida, molto ben “armata”, allora corre il pericolo di
sentirsi sicura e sufficiente. La Compagnia deve avere sempre davanti a sé il Deus
semper maior, la ricerca della gloria di Dio sempre maggiore, la Chiesa Vera Sposa
di Cristo nostro Signore, Cristo Re che ci conquista e al quale offriamo tutta la nostra
persona e tutta la nostra fatica, anche se siamo vasi di argilla, inadeguati. Questa
tensione ci porta continuamente fuori da noi stessi. Lo strumento che rende veramente
forte la Compagnia decentrata è poi quello, insieme paterno e fraterno, del
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
“rendiconto di coscienza”, proprio perché la aiuta a uscire meglio in missione». Qui il
Papa si riferisce a un punto specifico delle Costituzioni della Compagnia di Gesù nel
quale si legge che il gesuita deve «manifestare la sua coscienza», cioè la situazione
interiore che vive, in modo che il superiore possa essere più consapevole e accorto
nell’inviare una persona alla sua missione. «Ma è difficile parlare della Compagnia
— prosegue Papa Francesco —. Quando si esplicita troppo, si corre il rischio di
equivocare. La Compagnia si può dire solamente in forma narrativa. Solamente nella
narrazione si può fare discernimento, non nella esplicazione filosofica o teologica,
nelle quali invece si può discutere. Lo stile della Compagnia non è quello della
discussione, ma quello del discernimento, che ovviamente suppone la discussione nel
processo. L’aura mistica non definisce mai i suoi bordi, non completa il pensiero. Il
gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto. Ci
sono state epoche nella Compagnia nelle quali si è vissuto un pensiero chiuso, rigido,
più istruttivo - ascetico che mistico: questa deformazione ha generato l’Epitome
Instituti». Qui il Papa si sta riferendo a una specie di riassunto pratico in uso nella
Compagnia e riformulato nel XX secolo, che venne visto come un sostitutivo delle
Costituzioni. La formazione dei gesuiti sulla Compagnia per un certo tempo fu
plasmata da questo testo, a tal punto che qualcuno non lesse mai le Costituzioni, che
invece sono il testo fondativo. Per il Papa, durante questo periodo nella Compagnia
le regole hanno rischiato di sopraffare lo spirito, e ha vinto la tentazione di esplicitare
e dichiarare troppo il carisma. Prosegue: «No, il gesuita pensa sempre, in
continuazione, guardando l’orizzonte verso il quale deve andare, avendo Cristo al
centro. Questa è la sua vera forza. E questo spinge la Compagnia ad essere in
ricerca, creativa, generosa. Dunque, oggi più che mai, deve essere contemplativa
nell’azione; deve vivere una vicinanza profonda a tutta la Chiesa, intesa come
“popolo di Dio” e “santa madre Chiesa gerarchica”. Questo richiede molta umiltà,
sacrificio, coraggio, specialmente quando si vivono incomprensioni o si è oggetto di
equivoci e calunnie, ma è l’atteggiamento più fecondo. Pensiamo alle tensioni del
passato sui riti cinesi, sui riti malabarici, nelle riduzioni in Paraguay». «Io stesso sono
testimone di incomprensioni e problemi che la Compagnia ha vissuto anche di recente.
Tra queste vi furono i tempi difficili di quando si trattò della questione di estendere il
“quarto voto” di obbedienza al Papa a tutti i gesuiti. Quello che a me dava sicurezza
al tempo di padre Arrupe era il fatto che lui fosse un uomo di preghiera, un uomo che
passava molto tempo in preghiera. Lo ricordo quando pregava seduto per terra,
come fanno i giapponesi. Per questo lui aveva l’atteggiamento giusto e prese le
decisioni corrette».
Il modello: Pietro Favre, «prete riformato»
A questo punto mi chiedo se tra i gesuiti ci siano figure, dalle origini della Compagnia
ad oggi, che lo abbiano colpito in maniera particolare. E così chiedo al Pontefice se ci
sono, quali sono e perché. Il Papa comincia a citarmi Ignazio e Francesco Saverio, ma
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
poi si sofferma su una figura che i gesuiti conoscono, ma che certo non è molto nota in
generale: il beato Pietro Favre (1506- 1546), savoiardo. È uno dei primi compagni di
sant’Ignazio, anzi il primo, con il quale egli condivideva la stanza quando i due erano
studenti alla Sorbona. Il terzo nella stessa stanza era Francesco Saverio. Pio IX lo
dichiarò beato il 5 settembre 1872, ed è in corso il processo di canonizzazione. Mi
cita una edizione del suo Memoriale che lui fece curare da due gesuiti specialisti,
Miguel A. Fiorito e Jaime H. Amadeo, quando era superiore provinciale. Una edizione
che al Papa piace particolarmente è quella a cura di Michel de Certeau. Gli chiedo
quindi perché è colpito proprio dal Favre, quali tratti della sua figura lo
impressionano. «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà
semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento
discernimento interiore, il fatto di essere uomo di grandi e forti decisioni e insieme
capace di essere così dolce, dolce…». Mentre Papa Francesco fa questo elenco di
caratteristiche personali del suo gesuita preferito, comprendo quanto questa figura
sia stata davvero per lui un modello di vita. Michel de Certeau definisce Favre
semplicemente il «prete riformato», per il quale l’esperienza interiore, l’espressione
dogmatica e la riforma strutturale sono intimamente indissociabili. Mi sembra di
capire, dunque, che Papa Francesco si ispiri proprio a questo genere di riforma.
Quindi il Papa prosegue con una riflessione sul vero volto del fundador. «Ignazio è un
mistico, non un asceta. Mi arrabbio molto quando sento dire che gli Esercizi spirituali
sono ignaziani solamente perché sono fatti in silenzio. In realtà gli Esercizi possono
essere perfettamente ignaziani anche nella vita corrente e senza il silenzio. Quella che
sottolinea l’ascetismo, il silenzio e la penitenza è una corrente deformata che si è pure
diffusa nella Compagnia, specialmente in ambito spagnolo. Io sono vicino invece alla
corrente mistica, quella di Louis Lallemant e di Jean-Joseph Surin. E Favre era un
mistico».
L’esperienza di governo
Quale tipo di esperienza di governo può far maturare la formazione avuta da padre
Bergoglio, che è stato prima superiore e poi superiore provinciale nella Compagnia di
Gesù? Lo stile di governo della Compagnia implica la decisione da parte del
superiore, ma anche il confronto con i suoi «consultori». E così chiedo al Papa: «Pensa
che la sua esperienza di governo del passato possa servire alla sua attuale azione di
governo della Chiesa universale?». Papa Francesco dopo una breve pausa di
riflessione si fa serio, ma molto sereno. «Nella mia esperienza di superiore in
Compagnia, a dire il vero, io non mi sono sempre comportato così, cioè facendo le
necessarie consultazioni. E questa non è stata una cosa buona. Il mio governo come
gesuita all’inizio aveva molti difetti. Quello era un tempo difficile per la Compagnia:
era scomparsa una intera generazione di gesuiti. Per questo mi son trovato Provinciale
ancora molto giovane. Avevo 36 anni: una pazzia. Bisognava affrontare situazioni
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
difficili, e io prendevo le mie decisioni in maniera brusca e personalista. Sì, devo
aggiungere però una cosa: quando affido una cosa a una persona, mi fido totalmente
di quella persona. Deve fare un errore davvero grande perché io la riprenda. Ma,
nonostante questo, alla fine la gente si stanca dell’autoritarismo. Il mio modo
autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato ad avere seri problemi e ad
essere accusato di essere ultraconservatore. Ho vissuto un tempo di grande crisi
interiore quando ero a Cordova. Ecco, no, non sono stato certo come la Beata Imelda,
ma non sono mai stato di destra. È stato il mio modo autoritario di prendere le
decisioni a creare problemi». «Dico queste cose come una esperienza di vita e per far
capire quali sono i pericoli. Col tempo ho imparato molte cose. Il Signore ha permesso
questa pedagogia di governo anche attraverso i miei difetti e i miei peccati. Così da
arcivescovo di Buenos Aires ogni quindici giorni facevo una riunione con i sei vescovi
ausiliari, varie volte l’anno col Consiglio presbiterale. Si ponevano domande e si
apriva lo spazio alla discussione. Questo mi ha molto aiutato a prendere le decisioni
migliori. E adesso sento alcune persone che mi dicono: “non si consulti troppo, e
decida”. Credo invece che la consultazione sia molto importante. I Concistori, i Sinodi
sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione.
Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali.
La Consulta degli otto cardinali, questo gruppo consultivo outsider, non è una
decisione solamente mia, ma è frutto della volontà dei cardinali, così come è stata
espressa nelle Congregazioni Generali prima del Conclave. E voglio che sia una
Consulta reale, non formale».
«Sentire con la Chiesa»
Rimango sul tema della Chiesa e provo a capire che cosa significhi esattamente per
Papa Francesco il «sentire con la Chiesa» di cui scrive sant’Ignazio nei suoi Esercizi
Spirituali. Il Papa risponde senza esitazione partendo da un’immagine. «L’immagine
della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio. È la definizione
che uso spesso, ed è poi quella della Lumen gentium al numero 12. L’appartenenza a
un popolo ha un forte valore teologico: Dio nella storia della salvezza ha salvato un
popolo. Non c’è identità piena senza appartenenza a un popolo. Nessuno si salva da
solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di
relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità umana. Dio entra in questa
dinamica popolare ». «Il popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino
nella storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è essere in questo
popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere, e manifesta questa sua
infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo
che cammina. Ecco, questo io intendo oggi come il “sentire con la Chiesa” di cui parla
sant’Ignazio. Quando il dialogo tra la gente e i Vescovi e il Papa va su questa strada
ed è leale, allora è assistito dallo Spirito Santo. Non è dunque un sentire riferito ai
teologi». «È come con Maria: se si vuol sapere chi è, si chiede ai teologi; se si vuol
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
sapere come la si ama, bisogna chiederlo al popolo. A sua volta, Maria amò Gesù
con cuore di popolo, come leggiamo nel Magnificat. Non bisogna dunque neanche
pensare che la comprensione del “sentire con la Chiesa” sia legata solamente al
sentire con la sua parte gerarchica». E il Papa, dopo un momento di pausa, precisa in
maniera secca, per evitare fraintendimenti: «E, ovviamente, bisogna star bene attenti
a non pensare che questa infallibilitas di tutti i fedeli di cui sto parlando alla luce del
Concilio sia una forma di populismo. No: è l’esperienza della “santa madre Chiesa
gerarchica”, come la chiamava sant’Ignazio, della Chiesa come popolo di Dio, pastori
e popolo insieme. La Chiesa è la totalità del popolo di Dio». «Io vedo la santità nel
popolo di Dio, la sua santità quotidiana. C’è una “classe media della santità” di cui
tutti possiamo far parte, quella che di cui parla Malègue».
Il Papa si sta riferendo a Joseph Malègue, uno scrittore francese a lui caro, nato nel
1876 e morto nel 1940. In particolare alla sua trilogia incompiuta Pierres noires. Les
Classes moyennes du Salut. Alcuni critici francesi lo definirono «il Proust cattolico». «Io
vedo la santità — prosegue il Papa — nel popolo di Dio paziente: una donna che fa
crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati, i preti
anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito il Signore,
le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa per me è la
santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza
come hypomoné, il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma
anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa è la santità della
Iglesia militante di cui parla anche sant’Ignazio. Questa è stata la santità dei miei
genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che mi ha fatto tanto bene.
Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo leggo spesso: per me è come
una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto, anche moralmente, ed è sempre
andata avanti con coraggio». «Questa Chiesa con la quale dobbiamo “sentire” è la
casa di tutti, non una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone
selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido
protettore della nostra mediocrità. E la Chiesa è Madre — prosegue —. La Chiesa è
feconda, deve esserlo. Vedi, quando io mi accorgo di comportamenti negativi di
ministri della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente
è: “ecco uno scapolone”, o “ecco una zitella”. Non sono né padri, né madri. Non sono
stati capaci di dare vita. Invece, per esempio, quando leggo la vita dei missionari
salesiani che sono andati in Patagonia, leggo una storia di vita, di fecondità». «Un
altro esempio di questi giorni: ho visto che è stata molto ripresa dai giornali la
telefonata che ho fatto a un ragazzo che mi aveva scritto una lettera. Io gli ho
telefonato perché quella lettera era tanto bella, tanto semplice. Per me questo è stato
un atto di fecondità. Mi sono reso conto che è un giovane che sta crescendo, ha
riconosciuto un padre, e così gli dice qualcosa della sua vita. Il padre non può dire
“me ne infischio”. Questa fecondità mi fa tanto bene».
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Chiese giovani e Chiese antiche
Rimango sul tema della Chiesa, ponendo al Papa una domanda anche alla luce della
recente Giornata Mondiale della Gioventù: «Questo grande evento ha acceso
ulteriormente i riflettori sui giovani, ma anche su quei “polmoni spirituali” che sono le
Chiese di più recente istituzione. Quali le speranze per la Chiesa universale che le
sembrano provenire da queste Chiese?». «Le Chiese giovani sviluppano una sintesi di
fede, cultura e vita in divenire, e dunque diversa da quella sviluppata dalle Chiese
più antiche. Per me, il rapporto tra le Chiese di più antica istituzione e quelle più
recenti è simile al rapporto tra giovani e anziani in una società: costruiscono il futuro,
ma gli uni con la loro forza e gli altri con la loro saggezza. Si corrono sempre dei
rischi, ovviamente; le Chiese più giovani rischiano di sentirsi autosufficienti, quelle più
antiche rischiano di voler imporre alle più giovani i loro modelli culturali. Ma il futuro si
costruisce insieme».
La Chiesa? Un ospedale da campo…
Papa Benedetto XVI, annunciando la sua rinuncia al Pontificato, ha ritratto il mondo di
oggi come soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza
per la vita della fede che richiedono vigore sia del corpo, sia dell’anima. Chiedo al
Papa, anche alla luce di ciò che mi ha appena detto: «Di che cosa la Chiesa ha più
bisogno in questo momento storico? Sono necessarie riforme? Quali sono i suoi desideri
sulla Chiesa dei prossimi anni? Quale Chiesa “sogna”?». Papa Francesco, cogliendo
l’incipit della mia domanda, comincia col dire: «Papa Benedetto ha fatto un atto di
santità, di grandezza, di umiltà. È un uomo di Dio», dimostrando un grande affetto e
una enorme stima per il suo predecessore. «Io vedo con chiarezza — prosegue — che
la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di
riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un
ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il
colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di
tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso».
«La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più
importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. E i ministri della
Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia. Il confessore, ad esempio,
corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è
misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il
rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le
mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno
accompagnate, le ferite vanno curate».«Come stiamo trattando il popolo di Dio?
Sogno una Chiesa Madre e Pastora. I ministri della Chiesa devono essere
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano
che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro. Dio è più grande del
peccato. Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La
prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono
essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte
con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza
perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato. I Vescovi,
particolarmente, devono essere uomini capaci di sostenere con pazienza i passi di Dio
nel suo popolo in modo che nessuno rimanga indietro, ma anche per accompagnare il
gregge che ha il fiuto per trovare nuove strade». «Invece di essere solo una Chiesa
che accoglie e che riceve tenendo le porte aperte, cerchiamo pure di essere una
Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi
non la frequenta, chi se n’è andato o è indifferente. Chi se n’è andato, a volte lo ha
fatto per ragioni che, se ben comprese e valutate, possono portare a un ritorno. Ma ci
vuole audacia, coraggio».
Raccolgo ciò che il Santo Padre sta dicendo e faccio riferimento al fatto che ci sono
cristiani che vivono in situazioni non regolari per la Chiesa o comunque in situazioni
complesse, cristiani che, in un modo o nell’altro, vivono ferite aperte. Penso a
divorziati risposati, coppie omosessuali, altre situazioni difficili. Come fare una
pastorale missionaria in questi casi? Su che cosa far leva? Il Papa fa cenno di aver
compreso che cosa intendo dire e risponde.«Dobbiamo annunciare il Vangelo su ogni
strada, predicando la buona notizia del Regno e curando, anche con la nostra
predicazione, ogni tipo di malattia e di ferita. A Buenos Aires ricevevo lettere di
persone omosessuali, che sono “feriti sociali” perché mi dicono che sentono come la
Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo. Durante il
volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona omosessuale è di buona
volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho
detto quel che dice il Catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria
opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza
spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in maniera
provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra
domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva
l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la
persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e
noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare
con misericordia.
Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta».
«Questa è anche la grandezza della Confessione: il fatto di valutare caso per caso, e
di poter discernere qual è la cosa migliore da fare per una persona che cerca Dio e
la sua grazia. Il confessionale non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Penso anche alla situazione
di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito.
Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa
enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana.
Che cosa fa il confessore?». «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad
aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è
possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma
quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto,
lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in
continuazione». «Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti
equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione
disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di
tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che
appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus.
Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della
Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il
profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda,
irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali». «Dico
questo anche pensando alla predicazione e ai contenuti della nostra predicazione.
Una bella omelia, una vera omelia, deve cominciare con il primo annuncio, con
l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di questo
annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può tirare anche una conseguenza
morale. Ma l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e
religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso. L’omelia è la pietra di
paragone per calibrare la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo
popolo, perché chi predica deve riconoscere il cuore della sua comunità per cercare
dove è vivo e ardente il desiderio di Dio. Il messaggio evangelico non può essere
ridotto dunque ad alcuni suoi aspetti che, seppure importanti, da soli non manifestano
il cuore dell’insegnamento di Gesù».
Il primo Papa religioso dopo 182 anni…
Papa Francesco è il primo Pontefice a provenire da un Ordine religioso dopo il
camaldolese Gregorio XVI, eletto nel 1831, 182 anni fa. Chiedo dunque: «Qual è
oggi nella Chiesa il posto specifico dei religiosi e delle religiose?». «I religiosi sono
profeti. Sono coloro che hanno scelto una sequela di Gesù che imita la sua vita con
l’obbedienza al Padre, la povertà, la vita di comunità e la castità. In questo senso i
voti non possono finire per essere caricature, altrimenti, ad esempio, la vita di
comunità diventa un inferno e la castità un modo di vivere da zitelloni. Il voto di
castità deve essere un voto di fecondità. Nella Chiesa i religiosi sono chiamati in
particolare ad essere profeti che testimoniano come Gesù è vissuto su questa terra, e
che annunciano come il Regno di Dio sarà nella sua perfezione. Mai un religioso deve
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
rinunciare alla profezia. Questo non significa contrapporsi alla parte gerarchica della
Chiesa, anche se la funzione profetica e la struttura gerarchica non coincidono. Sto
parlando di una proposta sempre positiva, che però non deve essere timorosa.
Pensiamo a ciò che hanno fatto tanti grandi santi monaci, religiosi e religiose, sin da
sant’Antonio abate. Essere profeti a volte può significare fare ruvido, non so come
dire… La profezia fa rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”. Ma in realtà il suo
carisma è quello di essere lievito: la profezia annuncia lo spirito del Vangelo».
Dicasteri romani, sinodalità, ecumenismo
Considerando il riferimento alla gerarchia, chiedo a questo punto al Papa: «Che cosa
pensa dei dicasteri romani?». «I dicasteri romani sono al servizio del Papa e dei
Vescovi: devono aiutare sia le Chiese particolari sia le Conferenze episcopali. Sono
meccanismi di aiuto. In alcuni casi, quando non sono bene intesi, invece, corrono il
rischio di diventare organismi di censura. È impressionante vedere le denunce di
mancanza di ortodossia che arrivano a Roma. Credo che i casi debbano essere
studiati dalle Conferenze episcopali locali, alle quali può arrivare un valido aiuto da
Roma. I casi, infatti, si trattano meglio sul posto. I dicasteri romani sono mediatori, non
intermediari o gestori». Ricordo al Papa che il 29 giugno scorso, durante la cerimonia
della benedizione e dell’imposizione del pallio a 34 arcivescovi metropoliti, aveva
affermato «la strada della sinodalità» come la strada che porta la Chiesa unita a
«crescere in armonia con il servizio del primato». Ecco la mia domanda, dunque:
«Come conciliare in armonia primato petrino e sinodalità? Quali strade sono
praticabili, anche in prospettiva ecumenica?». «Si deve camminare insieme: la gente, i
Vescovi e il Papa. La sinodalità va vissuta a vari livelli. Forse è il tempo di mutare la
metodologia del Sinodo, perché quella attuale mi sembra statica. Questo potrà anche
avere valore ecumenico, specialmente con i nostri fratelli Ortodossi. Da loro si può
imparare di più sul senso della collegialità episcopale e sulla tradizione della
sinodalità. Lo sforzo di riflessione comune, guardando a come si governava la Chiesa
nei primi secoli, prima della rottura tra Oriente e Occidente, darà frutti a suo tempo.
Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche
riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi.
Voglio proseguire la riflessione su come esercitare il primato petrino, già iniziata nel
2007 dalla Commissione Mista, e che ha portato alla firma del Documento di
Ravenna. Bisogna continuare su questa strada». Cerco di capire come il Papa veda il
futuro dell’unità della Chiesa. Mi risponde: «dobbiamo camminare uniti nelle
differenze: non c’è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù».
E il ruolo della donna nella Chiesa? Il Papa ha più volte fatto riferimento a questo
tema in varie occasioni. In una intervista aveva affermato che la presenza femminile
nella Chiesa non è emersa più di tanto, perché la tentazione del maschilismo non ha
lasciato spazio per rendere visibile il ruolo che spetta alle donne nella comunità. Ha
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
ripreso la questione durante il viaggio di ritorno da Rio de Janeiro affermando che
non è stata fatta ancora una profonda teologia della donna. Allora, chiedo: «Quale
deve essere il ruolo della donna nella Chiesa? Come fare per renderlo oggi più
visibile?». «È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella
Chiesa. Temo la soluzione del “machismo in gonnella”, perché in realtà la donna ha
una struttura differente dall’uomo. E invece i discorsi che sento sul ruolo della donna
sono spesso ispirati proprio da una ideologia machista. Le donne stanno ponendo
domande profonde che vanno affrontate. La Chiesa non può essere se stessa senza la
donna e il suo ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile. Maria, una donna, è
più importante dei Vescovi. Dico questo perché non bisogna confondere la funzione
con la dignità. Bisogna dunque approfondire meglio la figura della donna nella
Chiesa. Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna. Solo
compiendo questo passaggio si potrà riflettere meglio sulla funzione della donna
all’interno della Chiesa. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le
decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della
donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa».
Il Concilio Vaticano II
«Che cosa ha realizzato il Concilio Vaticano II? Che cosa è stato?», gli chiedo alla luce
delle sue affermazioni precedenti, immaginando una risposta lunga e articolata. Ho
invece come l’impressione che il Papa semplicemente consideri il Concilio come un fatto
talmente indiscutibile che non vale la pena parlarne troppo a lungo, come per
doverne ribadire l’importanza.
«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea.
Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso
Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma
liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una
situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di
discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo
attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile.
Poi ci sono questioni particolari come la liturgia secondo il Vetus Ordo. Penso che la
scelta di Papa Benedetto sia stata prudenziale, legata all’aiuto ad alcune persone
che hanno questa particolare sensibilità. Considero invece preoccupante il rischio di
ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione».
Cercare e trovare Dio in tutte le cose
Il discorso di Papa Francesco è molto sbilanciato sulle sfide dell’oggi. Anni fa aveva
scritto che per vedere la realtà è necessario uno sguardo di fede, altrimenti si vede
una realtà a pezzi, frammentata. È questo anche uno dei temi dell’enciclica Lumen
fidei. Ho in mente anche alcuni passaggi dei discorsi di Papa Francesco durante la
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. Glieli cito: «Dio è reale se si
manifesta nell’oggi»; «Dio sta da tutte le parti». Sono frasi che riecheggiano
l’espressione ignaziana «cercare e trovare Dio in tutte le cose». Chiedo dunque al
Papa: «Santità, come si fa a cercare e trovare Dio in tutte le cose?». «Quel che ho
detto a Rio ha un valore temporale. C’è infatti la tentazione di cercare Dio nel
passato o nei futuribili. Dio è certamente nel passato, perché è nelle impronte che ha
lasciato. Ed è anche nel futuro come promessa. Ma il Dio “concreto”, diciamo così, è
oggi. Per questo le lamentele mai mai ci aiutano a trovare Dio. Le lamentele di oggi
su come va il mondo “barbaro” finiscono a volte per far nascere dentro la Chiesa
desideri di ordine inteso come pura conservazione, difesa. No: Dio va incontrato
nell’oggi». «Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i
processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non
bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi.
Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed
è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano
dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa». «Incontrare Dio in tutte le cose non è
un eureka empirico. In fondo, quando desideriamo incontrare Dio, vorremmo
constatarlo subito con metodo empirico. Così non si incontra Dio. Lo si incontra nella
brezza leggera avvertita da Elia. I sensi che constatano Dio sono quelli che
sant’Ignazio chiama i “sensi spirituali”. Ignazio chiede di aprire la sensibilità spirituale
per incontrare Dio al di là di un approccio puramente empirico. È necessario un
atteggiamento contemplativo: è il sentire che si va per il buon cammino della
comprensione e dell’affetto nei confronti delle cose e delle situazioni. Il segno che si è
in questo buon cammino è quello della pace profonda, della consolazione spirituale,
dell’amore di Dio, e di vedere tutte le cose in Dio».
Certezza ed errori
«Se l’incontro con Dio in tutte le cose non è un “eureka empirico” — dico al Papa — e
se dunque si tratta di un cammino che legge la storia, si possono anche commettere
errori…». «Sì, in questo cercare e trovare Dio in tutte le cose resta sempre una zona
di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza
totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene. Per me
questa è una chiave importante. Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che
questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la
religione per se stesso. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre
lasciato spazio al dubbio. Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze;
bisogna essere umili. L’incertezza si ha in ogni vero discernimento che è aperto alla
conferma della consolazione spirituale». «Il rischio nel cercare e trovare Dio in tutte le
cose è dunque la volontà di esplicitare troppo, di dire con certezza umana e
arroganza: “Dio è qui”. Troveremmo solamente un dio a nostra misura.
L’atteggiamento corretto è quello agostiniano: cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
cercarlo sempre. E spesso si cerca a tentoni, come si legge nella Bibbia. È questa
l’esperienza dei grandi Padri della fede, che sono il nostro modello. Bisogna rileggere
il capitolo 11 dellaLettera agli Ebrei. Abramo è partito senza sapere dove andava,
per fede. Tutti i nostri antenati della fede morirono vedendo i beni promessi, ma da
lontano… La nostra vita non ci è data come un libretto d’opera in cui c’è tutto scritto,
ma è andare, camminare, fare, cercare, vedere… Si deve entrare nell’avventura
della ricerca dell’incontro e del lasciarsi cercare e lasciarsi incontrare da Dio».
«Perché Dio sta prima, Dio sta prima sempre, Dio primerea. Dio è un po’ come il fiore
del mandorlo della tua Sicilia, Antonio, che fiorisce sempre per primo. Lo leggiamo nei
Profeti. Dunque, Dio lo si incontra camminando, nel cammino. E a questo punto
qualcuno potrebbe dire che questo è relativismo. È relativismo? Sì, se è inteso male,
come una specie di panteismo indistinto. No, se è inteso in senso biblico, per cui Dio è
sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i
tempi e i luoghi dell’incontro con Lui. Bisogna dunque discernere l’incontro. Per questo
il discernimento è fondamentale».
«Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non
trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il
coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi
tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di
recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la
fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella
vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è
stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è
nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di
una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il
seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio».
Dobbiamo essere ottimisti?
Queste parole del Papa mi ricordano alcune sue riflessioni del passato, nelle quali
l’allora cardinal Bergoglio ha scritto che Dio vive già nella città, vitalmente mescolato
in mezzo a tutti e unito a ciascuno. È un altro modo, a mio avviso, per dire ciò che
sant’Ignazio scrisse negli Esercizi Spirituali, cioè che Dio «lavora e opera» nel nostro
mondo. Gli chiedo dunque: «dobbiamo essere ottimisti? Quali sono i segni di speranza
nel mondo d’oggi? Come si fa ad essere ottimisti in un mondo in crisi?». «A me non
piace usare la parola “ottimismo”, perché dice un atteggiamento psicologico. Mi piace
invece usare la parola “speranza” secondo ciò che si legge nel capitolo 11 della
Lettera agli Ebrei che citavo prima. I Padri hanno continuato a camminare,
attraversando grandi difficoltà. E la speranza non delude, come leggiamo nella
Lettera ai Romani. Pensa invece al primo indovinello della Turandot di Puccini», mi
chiede il Papa. Sul momento ho ricordato un po’ a memoria i versi di quell’enigma
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
della principessa che ha come risposta la speranza:Nella cupa notte vola un fantasma
iridescente. / Sale e spiega l’ale / sulla nera infinita umanità. / Tutto il mondo l’invoca
/ e tutto il mondo l’implora. / Ma il fantasma sparisce con l’aurora / per rinascere nel
cuore. / Ed ogni notte nasce / ed ogni giorno muore! Versi che rivelano il desiderio di
una speranza che qui però è fantasma iridescente e che sparisce con l’aurora.
«Ecco — prosegue Papa Francesco —, la speranza cristiana non è un fantasma e non
inganna. È una virtù teologale e dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non si può
ridurre all’ottimismo, che è solamente umano. Dio non defrauda la speranza, non può
rinnegare se stesso. Dio è tutto promessa».
L’arte e la creatività
Rimango colpito dalla citazione della Turandot per parlare del mistero della
speranza. Vorrei capire meglio quali sono i riferimenti artistici e letterari di Papa
Francesco. Gli ricordo che nel 2006 aveva detto che i grandi artisti sanno presentare
con bellezza le realtà tragiche e dolorose della vita. Chiedo dunque quali siano gli
artisti e gli scrittori che preferisce; se c’è qualcosa che li accomuna… «Ho amato
molto autori diversi tra loro. Amo moltissimo Dostoevskij e Hölderlin. Di Hölderlin
voglio ricordare quella lirica per il compleanno di sua nonna che è di grande
bellezza, e che a me ha fatto anche tanto bene spiritualmente. È quella che si chiude
con il verso Che l’uomo mantenga quel che il fanciullo ha promesso. Mi ha colpito
anche perché ho molto amato mia nonna Rosa, e lì Hölderlin accosta sua nonna a
Maria che ha generato Gesù, che per lui è l’amico della terra che non ha considerato
straniero nessuno. Ho letto il libroI Promessi Sposi tre volte e ce l’ho adesso sul tavolo
per rileggerlo. Manzoni mi ha dato tanto. Mia nonna, quand’ero bambino, mi ha
insegnato a memoria l’inizio di questo libro: “Quel ramo del lago di Como, che volge
a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…”. Anche Gerard Manley
Hopkins mi è piaciuto tanto». «In pittura ammiro Caravaggio: le sue tele mi parlano.
Ma anche Chagall con la sua Crocifissione bianca…».«In musica amo Mozart,
ovviamente. Quell’Et Incarnatus est della sua Missa in Do è insuperabile: ti porta a
Dio! Amo Mozart eseguito da Clara Haskil. Mozart mi riempie: non posso pensarlo,
devo sentirlo. Beethoven mi piace ascoltarlo, ma prometeicamente. E l’interprete più
prometeico per me è Furtwängler. E poi le Passioni di Bach. Il brano di Bach che amo
tanto è l’Erbarme Dich, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo. Sublime. Poi,
a un livello diverso, non intimo allo stesso modo, amo Wagner. Mi piace ascoltarlo, ma
non sempre. La Tetralogia dell’Anello eseguita da Furtwängler alla Scala nel ’50 è la
cosa per me migliore. Ma anche il Parsifal eseguito nel ’62 da Knappertsbusch».
«Dovremmo anche parlare del cinema. La strada di Fellini è il film che forse ho amato
di più. Mi identifico con quel film, nel quale c’è un implicito riferimento a san
Francesco. Credo poi di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi
quando avevo tra i 10 e 12 anni. Un altro film che ho molto amato è Roma città
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
aperta. Devo la mia cultura cinematografica soprattutto ai miei genitori che ci
portavano spesso al cinema».
«Comunque in generale io amo gli artisti tragici, specialmente i più classici. C’è una
bella definizione che Cervantes pone sulla bocca del baccelliere Carrasco per fare
l’elogio della storia di Don Chisciotte: “i fanciulli l’hanno tra le mani, i giovani la
leggono, gli adulti la intendono, i vecchi ne fanno l’elogio”. Questa per me può essere
una buona definizione per i classici».
Mi rendo conto di essere assorbito da questi suoi riferimenti, e di avere il desiderio di
entrare nella sua vita entrando per la porta delle sue scelte artistiche. Sarebbe un
percorso, immagino lungo, da fare. E includerebbe anche il cinema, dal neorealismo
italiano a Il pranzo di Babette. Mi vengono in mente altri autori e altre opere che lui
ha citato in altre occasioni, anche minori o meno noti o locali: dal Martín Fierro di José
Hernández alla poesia di Nino Costa, a Il grande esodo di Luigi Orsenigo. Ma penso
anche a Joseph Malègue e José María Pemán. E ovviamente a Dante e Borges, ma
anche a Leopoldo Marechal, l’autore di Adán Buenosayres, El Banquete de Severo
Arcángelo e Megafón o la guerra. Penso in particolare proprio a Borges, perché di
lui Bergoglio, ventottenne professore di Letteratura a Santa Fé presso il Colegio de la
Inmaculada Concepción, ebbe una conoscenza diretta. Bergoglio insegnava agli ultimi
due anni del Liceo e avviò i suoi ragazzi alla scrittura creativa. Ho avuto una
esperienza simile alla sua, quando avevo la sua età, presso l’Istituto Massimo di Roma,
fondando BombaCarta, e gliela racconto. Alla fine chiedo al Papa di raccontare la
sua esperienza.
«È stata una cosa un po’ rischiosa — risponde —. Dovevo fare in modo che i miei
alunni studiassero El Cid. Ma ai ragazzi non piaceva. Chiedevano di leggere García
Lorca. Allora ho deciso che avrebbero studiato El Cid a casa, e durante le lezioni io
avrei trattato gli autori che piacevano di più ai ragazzi. Ovviamente i giovani
volevano leggere le opere letterarie più “piccanti”, contemporanee come La casada
infiel, o classiche come La Celestina di Fernando de Rojas. Ma leggendo queste cose
che li attiravano sul momento, prendevano gusto più in generale alla letteratura, alla
poesia, e passavano ad altri autori. E per me è stata una grande esperienza. Ho
completato il programma, ma in maniera destrutturata, cioè non ordinata secondo ciò
che era previsto, ma secondo un ordine che veniva naturale nella lettura degli autori.
E questa modalità mi corrispondeva molto: non amavo fare una programmazione
rigida, ma semmai sapere dove arrivare più o meno. Allora ho cominciato anche a
farli scrivere. Alla fine ho deciso di far leggere a Borges due racconti scritti dai miei
ragazzi. Conoscevo la sua segretaria, che era stata la mia professoressa di
pianoforte. A Borges piacquero moltissimo. E allora lui propose di scrivere
l’introduzione a una raccolta». «Allora, Padre Santo, per la vita di una persona la
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
creatività è importante?», gli chiedo. Lui ride e mi risponde: «Per un gesuita è
estremamente importante! Un gesuita deve essere creativo».
Frontiere e laboratori
Creatività, dunque: per un gesuita è importante. Papa Francesco, ricevendo i Padri e i
collaboratori della Civiltà Cattolica, aveva scandito una triade di altre caratteristiche
importanti per il lavoro culturale dei gesuiti. Ritorno alla memoria a quel giorno, il 14
giugno scorso. Ricordo che allora, nel colloquio previo all’incontro con tutto il nostro
gruppo, mi aveva preannunciato la triade: dialogo, discernimento, frontiera. E aveva
insistito particolarmente sull’ultimo punto, citandomi Paolo VI, che in un famoso discorso
aveva detto dei gesuiti: «Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di
punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto
tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono
stati e vi sono i gesuiti».
Chiedo a Papa Francesco qualche chiarimento: «Ci ha chiesto di stare attenti a non
cadere nella “tentazione di addomesticare le frontiere: si deve andare verso le
frontiere e non portare le frontiere a casa per verniciarle un po’ e addomesticarle”. A
che cosa si riferiva? Che cosa intendeva dirci esattamente? Questa intervista è stata
concordata tra un gruppo di riviste dirette dalla Compagnia di Gesù: quale invito
desidera esprimere loro? Quali devono essere le loro priorità?».«Le tre parole chiave
che ho rivolto alla Civiltà Cattolica possono essere estese a tutte le riviste della
Compagnia, magari con accentuazioni diverse sulla base della loro natura e dei loro
obiettivi. Quando insisto sulla frontiera, in maniera particolare mi riferisco alla
necessità per l’uomo che fa cultura di essere inserito nel contesto nel quale opera e sul
quale riflette. C’è sempre in agguato il pericolo di vivere in un laboratorio. La nostra
non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, una fede storica. Dio si è rivelato
come storia, non come un compendio di verità astratte. Io temo i laboratori perché nel
laboratorio si prendono i problemi e li si portano a casa propria per addomesticarli,
per verniciarli, fuori dal loro contesto. Non bisogna portarsi la frontiera a casa, ma
vivere in frontiera ed essere audaci».
Chiedo al Papa se può fare qualche esempio sulla base della sua esperienza
personale. «Quando si parla di problemi sociali, una cosa è riunirsi per studiare il
problema della droga in una villa misera, e un’altra cosa è andare lì, viverci e capire
il problema dall’interno e studiarlo. C’è una lettera geniale del padre Arrupe ai
Centros de Investigación y Acción Social (CIAS) sulla povertà, nella quale dice
chiaramente che non si può parlare di povertà se non la si sperimenta con una
inserzione diretta nei luoghi nei quali la si vive. Questa parola “inserzione” è
pericolosa perché alcuni religiosi l’hanno presa come una moda, e sono accaduti dei
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
disastri per mancanza di discernimento. Ma è davvero importante». «E le frontiere
sono tante. Pensiamo alle suore che vivono negli ospedali: loro vivono nelle frontiere.
Io sono vivo grazie a una di loro. Quando ho avuto il problema al polmone in
ospedale, il medico mi diede penicillina e strectomicina in certe dosi. La suora che
stava in corsia le triplicò perché aveva fiuto, sapeva cosa fare, perché stava con i
malati tutto il giorno. Il medico, che era davvero bravo, viveva nel suo laboratorio, la
suora viveva nella frontiera e dialogava con la frontiera tutti i giorni. Addomesticare
le frontiere significa limitarsi a parlare da una posizione distante, chiudersi nei
laboratori. Sono cose utili, ma la riflessione per noi deve sempre partire
dall’esperienza».
Come l’uomo comprende se stesso
Chiedo allora al Papa se questo valga e come anche per una frontiera culturale
importante che è quella della sfida antropologica. L’antropologia a cui la Chiesa ha
tradizionalmente fatto riferimento e il linguaggio con la quale l’ha espressa restano un
riferimento solido, frutto di saggezza ed esperienza secolare. Tuttavia l’uomo a cui la
Chiesa si rivolge non sembra più comprenderli o considerarli sufficienti. Comincio a
ragionare sul fatto che l’uomo si sta interpretando in maniera diversa dal passato, con
categorie diverse. E questo anche a causa dei grandi cambiamenti nella società e di
un più ampio studio di se stesso…
Il Papa a questo punto si alza e va a prendere sulla sua scrivania il Breviario. È un
Breviario in latino, ormai logoro per l’uso. E lo apre all’Ufficio delle Letture della Feria
sexta, cioè venerdì, della XXVII settimana. Mi legge un passaggio tratto dal
Commonitórium Primum di san Vincenzo di Lerins: ita étiam christiánae religiónis
dogma sequátur has decet proféctuum leges, ut annis scílicet consolidétur, dilatétur
témpore, sublimétur aetáte («Anche il dogma della religione cristiana deve seguire
queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo,
approfondendosi con l’età»).
E così il Papa prosegue: «San Vincenzo di Lerins fa il paragone tra lo sviluppo
biologico dell’uomo e la trasmissione da un’epoca all’altra del depositum fidei, che
cresce e si consolida con il passar del tempo. Ecco, la comprensione dell’uomo muta col
tempo, e così anche la coscienza dell’uomo si approfondisce. Pensiamo a quando la
schiavitù era ammessa o la pena di morte era ammessa senza alcun problema.
Dunque si cresce nella comprensione della verità. Gli esegeti e i teologi aiutano la
Chiesa a maturare il proprio giudizio. Anche le altre scienze e la loro evoluzione
aiutano la Chiesa in questa crescita nella comprensione. Ci sono norme e precetti
ecclesiali secondari che una volta erano efficaci, ma che adesso hanno perso di valore
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
o significato. La visione della dottrina della Chiesa come un monolite da difendere
senza sfumature è errata».
«Del resto, in ogni epoca l’uomo cerca di comprendere ed esprimere meglio se stesso.
E dunque l’uomo col tempo cambia il modo di percepire se stesso: una cosa è l’uomo
che si esprime scolpendo la Nike di Samotracia, un’altra quella del Caravaggio,
un’altra quella di Chagall e ancora un’altra quella di Dalí. Anche le forme di
espressione della verità possono essere multiformi, e questo anzi è necessario per la
trasmissione del messaggio evangelico nel suo significato immutabile». «L’uomo è alla
ricerca di se stesso, e ovviamente in questa ricerca può anche commettere errori. La
Chiesa ha vissuto tempi di genialità, come ad esempio quello del tomismo. Ma vive
anche tempi di decadenza del pensiero. Ad esempio: non dobbiamo confondere la
genialità del tomismo con il tomismo decadente. Io, purtroppo, ho studiato la filosofia
con manuali di tomismo decadente. Nel pensare l’uomo, dunque, la Chiesa dovrebbe
tendere alla genialità, non alla decadenza». «Quando una espressione del pensiero
non è valida? Quando il pensiero perde di vista l’umano o quando addirittura ha
paura dell’umano o si lascia ingannare su se stesso. È il pensiero ingannato che può
essere raffigurato come Ulisse davanti al canto delle sirene, o come Tannhäuser,
circondato in un’orgia da satiri e baccanti, o come Parsifal, nel secondo atto
dell’opera wagneriana, alla reggia di Klingsor. Il pensiero della Chiesa deve
recuperare genialità e capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per
sviluppare e approfondire il proprio insegnamento».
Pregare
Pongo al Papa un’ultima domanda sul suo modo di pregare preferito. «Prego l’Ufficio
ogni mattina. Mi piace pregare con i Salmi. Poi, a seguire, celebro la Messa. Prego il
Rosario. Ciò che davvero preferisco è l’Adorazione serale, anche quando mi
distraggo e penso ad altro o addirittura mi addormento pregando. La sera quindi,
tra le sette e le otto, sto davanti al Santissimo per un’ora in adorazione. Ma anche
prego mentalmente quando aspetto dal dentista o in altri momenti della giornata». «E
la preghiera è per me sempre una preghiera “memoriosa”, piena di memoria, di
ricordi, anche memoria della mia storia o di quello che il Signore ha fatto nella sua
Chiesa o in una parrocchia particolare. Per me è la memoria di cui sant’Ignazio parla
nella Prima Settimana degli Esercizi nell’incontro misericordioso con Cristo Crocifisso. E
mi chiedo: “Che cosa ho fatto per Cristo? Che cosa faccio per Cristo? Che cosa devo
fare per Cristo?”. È la memoria di cui Ignazio parla anche nella Contemplatio ad
amorem, quando chiede di richiamare alla memoria i benefici ricevuti. Ma soprattutto
io so anche che il Signore ha memoria di me. Io posso dimenticarmi di Lui, ma io so che
Lui mai, mai si dimentica di me. La memoria fonda radicalmente il cuore di un gesuita:
è la memoria della grazia, la memoria di cui si parla nel Deuteronomio, la memoria
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
delle opere di Dio che sono alla base dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. È questa
memoria che mi fa figlio e che mi fa essere anche padre».
*
*
*
Mi rendo conto che proseguirei ancora a lungo questo dialogo, ma so che, come il
Papa disse una volta, non bisogna «maltrattare i limiti». Complessivamente abbiamo
dialogato per oltre sei ore, nel corso di tre appuntamenti il 19, il 23 e il 29 agosto.
Qui ho preferito articolare il discorso senza segnalare gli stacchi per non perdere la
continuità. La nostra è stata in realtà una conversazione più che un’intervista: le
domande hanno fatto da sfondo, senza restringerla in parametri predefiniti e rigidi.
Anche linguisticamente abbiamo attraversato fluidamente l’italiano e lo spagnolo,
senza percepire di volta in volta i passaggi. Non c’è stato nulla di meccanico, e le
risposte sono nate nel dialogo e all’interno di un ragionamento che qui ho cercato di
rendere, in maniera sintetica, così come ho potuto.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
L’omelia di Papa Francesco a Lampedusa
Il testo integrale: ha criticato la «cultura del benessere» che rende insensibili le
persone ai problemi altrui
8 luglio 2013
1
“Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza
sono state una via di morte”. Così il titolo nei giornali. Quando alcune settimane fa ho
appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato
continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che
dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a
risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta, non si ripeta
per favore. Prima però vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di
incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari
e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro
viaggio verso qualcosa di migliore. Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio
di solidarietà. Grazie!
Grazie anche all’Arcivescovo Mons. Francesco Montenegro per il suo aiuto e il suo
lavoro e la sua vicinanza pastorale. Saluto cordialmente il sindaco, signora Giusy
Nicolini. Grazie tante per quello che lei ha fatto e fa. Un pensiero lo rivolgo ai cari
immigrati musulmani che stanno oggi, alla sera, iniziando il digiuno di Ramadan, con
l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita
più dignitosa per voi e le vostre famiglie.
Questa mattina alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, vorrei proporre
alcune parole che soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a
cambiare concretamente certi atteggiamenti. «Adamo, dove sei?»: è la prima
domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. «Dove sei, Adamo?». E Adamo è
un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di
diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo
sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da
amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone
la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di
essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è
catena di morte, porta a versare il sangue del fratello. Queste due domande di Dio
risuonano anche oggi, con tutta la loro forza; tanti di noi, mi includo anch’io, siamo
disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non
custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di
custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del
mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.
Pagina 27
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Dov’è tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è
una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi.
Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un
po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie,
ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano
comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà – e le loro voci
salgono fino a Dio. E un’altra volta a voi, abitanti di Lampedusa, ringrazio per la
solidarietà! Ho sentito recentemente uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui, sono
passati per le mani dei trafficanti, quelli che sfruttano la povertà degli altri; queste
persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno. Quanto hanno
sofferto. E alcuni non sono riusciti ad arrivare.
«Dov’è tuo fratello?» Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura
spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città
di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo
che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi
ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e
nessuno. Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del
sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io
non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il
sangue di tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente
responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo
caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui
parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo
morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra
strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La
cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida
degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono
l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi
porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione
siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza
dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro.
Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci
rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto. «Adamo dove sei?»,
«Dov’è tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia
dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io
vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e
per fatti come questo?», chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha
pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che
portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere
le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere,
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di
piangere. Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento:
«Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per
difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a
ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel
nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza,
di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato
prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo.
«Chi ha pianto?», chi ha pianto oggi nel mondo?.
Signore in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per
l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo, Padre, perdono per chi si è
accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti
chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno
creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore; Signore, che
sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo
fratello?».”
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO IN OCCASIONE DELLA XXVIII GIORNATA
MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
VISITA ALLA COMUNITÀ DI VARGINHA
(MANGUINHOS) DISCORSO DEL SANTO
PADRE FRANCESCO
Rio de Janeiro
Giovedì, 25 luglio 2013
Carissimi fratelli e sorelle, buongiorno!
È bello poter essere qui con voi! È bello! Fin dall’inizio, nel programmare la visita in
Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa Nazione. Avrei
voluto bussare a ogni porta, dire “buongiorno”, chiedere un bicchiere di acqua fresca,
prendere un “cafezinho” - non un bicchiere di grappa! - parlare come ad amici di
casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei nonni... Ma il Brasile è
così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte! Allora ho scelto di venire qui, di
fare visita alla vostra Comunità; questa Comunità che oggi rappresenta tutti i rioni del
Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con gioia! Basta vedere
come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un segno di affetto,
nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa! Grazie tante a ognuno
di voi per la bella accoglienza! Ringrazio gli sposi Rangler e Joana per le calorose
parole.
1. Fin dal primo momento in cui ho toccato la terra brasiliana e anche qui in mezzo a
noi, mi sento accolto. Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi
abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere
una persona e condividiamo qualcosa con lei - un po’ di cibo, un posto nella nostra
casa, il nostro tempo - non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene
che quando qualcuno che ha bisogno di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate
sempre un modo di condividere il cibo; come dice il proverbio, si può sempre
“aggiungere più acqua ai fagioli”! Si può aggiungere più acqua ai fagioli? ...
Sempre? ... E voi lo fate con amore, mostrando che la vera ricchezza non sta nelle
cose, ma nel cuore!
E il popolo brasiliano, in particolare le persone più semplici, può offrire al mondo una
preziosa lezione di solidarietà, una parola - questa parola solidarietà - spesso
dimenticata o taciuta, perché scomoda. Quasi sembra una brutta parola ... solidarietà.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli
uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare
per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle
disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità
e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie
sociali. Non è, non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la
nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile; non è questa,
ma la cultura della solidarietà; la cultura della solidarietà è vedere nell’altro non un
concorrente o un numero, ma un fratello. E tutti noi siamo fratelli!
Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare
tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta
contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci
saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che
abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente
impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. Non lasciamo,
non lasciamo entrare nel nostro cuore la cultura dello scarto! Non lasciamo entrare nel
nostro cuore la cultura dello scarto, perché noi siamo fratelli. Nessuno è da scartare"
Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce
veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei
pani di Gesù! La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa
tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!
2. Vorrei dirvi anche che la Chiesa, “avvocata della giustizia e difensore dei poveri
contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo”
(Documento di Aparecida, 395), desidera offrire la sua collaborazione ad ogni
iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Cari
amici, certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma
c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare.
Fame di dignità. Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo
dell'uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi
beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre;
la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale;
l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni
con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale
della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l'equilibrio umano e
per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere
vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano.
3. Un’ultima cosa vorrei dire, un'ultima cosa. Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti
giovani. Eh giovani! Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le
ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che,
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti
ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la
speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi per primi di portare il
bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo con il bene. La Chiesa vi accompagna,
portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è «venuto perché abbiano
la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità di Varginha dico: non
siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno di voi nel mio cuore e
faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti per le gioie, le richieste
di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione nei momenti di dolore e di
sofferenza. Tutto affido all'intercessione di Nostra Signora di Aparecida, Madre di
tutti i poveri del Brasile, e con grande affetto vi imparto la mia Benedizione. Grazie!
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO IN OCCASIONE DELLA XXVIII
GIORNATA MONDIALDELLA GIOVENTÙ
INCONTRO CON L'EPISCOPATO BRASILIANO
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Arcivescovado di Rio de Janeiro
Sabato, 27 luglio 2013
Cari fratelli,
Com’è buono e bello trovarmi qui con voi, Vescovi del Brasile!
Grazie per essere venuti, e permettetemi di parlavi come ad amici, perciò
preferisco parlarvi in spagnolo per poter esprimere meglio quello che ho nel cuore.
Vi chiedo di scusarmi!
Siamo riuniti un po’ in disparte, in questo posto preparato dal nostro fratello Mons.
Orani, per rimanere da soli e poter parlare da cuore a cuore, come Pastori ai
quali Dio ha affidato il suo Gregge. Nelle strade di Rio, giovani di tutto il mondo e
tante altre moltitudini ci aspettano, bisognosi di essere raggiunti dello sguardo
misericordioso di Cristo Buon Pastore, che siamo chiamati a rendere presente.
Godiamo, quindi, di questo momento di riposo, di condivisione, di vera fraternità.
Cominciando dalla Presidenza della Conferenza Episcopale e dall’Arcivescovo di
Rio de Janeiro, voglio abbracciare tutti e ciascuno, specialmente i Vescovi emeriti.
Più che un discorso formale, voglio condividere con voi alcune riflessioni.
La prima mi è venuta in mente un'altra volta quando ho visitato il santuario di
Aparecida. Lì, ai piedi della statua dell’Immacolata Concezione, ho pregato per
voi, per le vostre Chiese, per i vostri presbiteri, religiosi e religiose, per i vostri
seminaristi, per i laici e le loro famiglie e, in modo particolare, per i giovani e per
gli anziani, entrambi sono la speranza di un popolo; i giovani, perché portano la
forza, l’illusione, la speranza del futuro; gli anziani, perché sono la memoria, la
saggezza di un popolo.[1]
1. Aparecida: chiave di lettura per la missione della Chiesa
In Aparecida, Dio ha offerto al Brasile la sua propria Madre. Ma, in Aparecida,
Dio ha dato anche una lezione su Se stesso, circa il suo modo di essere e di agire.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Una lezione sull’umiltà che appartiene a Dio come tratto essenziale, e che è nel
DNA di Dio. C’è qualcosa di perenne da imparare su Dio e sulla Chiesa in
Aparecida; un insegnamento che né la Chiesa in Brasile, né il Brasile stesso devono
dimenticare.
All’inizio dell’evento di Aparecida c’è la ricerca dei poveri pescatori. Tanta fame e
poche risorse. La gente ha sempre bisogno di pane. Gli uomini partono sempre dei
loro bisogni, anche oggi.
Hanno una barca fragile, inadatta; hanno reti scadenti, forse anche danneggiate,
insufficienti.
Prima c’è la fatica, forse la stanchezza, per la pesca, e tuttavia il risultato è scarso:
un fallimento, un insuccesso. Nonostante gli sforzi, le reti sono vuote.
Poi, quando vuole Dio, Egli stesso subentra nel suo Mistero. Le acque sono profonde
e tuttavia nascondono sempre la possibilità di Dio; e Lui è arrivato di sorpresa,
chissà quando non Lo si aspettava più. La pazienza di coloro che lo attendono è
sempre messa alla prova. E Dio è arrivato in modo nuovo, perché Dio è sorpresa:
un’immagine di fragile argilla, oscurata dalle acque del fiume, anche invecchiata
dal tempo. Dio entra sempre nelle vesti della pochezza.
Ecco allora l’immagine dell’Immacolata Concezione. Prima il corpo, poi la testa, poi
il ricongiungimento di corpo e testa: unità. Quello che era spezzato riprende l’unità.
Il Brasile coloniale era diviso dal muro vergognoso della schiavitù. La Madonna
Aparecida si presenta con il volto negro, prima divisa, poi unita nelle mani dei
pescatori.
C’è qui un insegnamento che Dio ci vuole offrire. La sua bellezza riflessa nella
Madre, concepita senza peccato originale, emerge dall’oscurità del fiume. In
Aparecida, sin dall’inizio, Dio dona un messaggio di ricomposizione di ciò che è
fratturato, di compattazione di ciò che è diviso. Muri, abissi, distanze presenti
anche oggi sono destinati a scomparire. La Chiesa non può trascurare questa
lezione: essere strumento di riconciliazione.
I pescatori non disprezzano il mistero incontrato nel fiume, anche se è un mistero
che appare incompleto. Non buttano via i pezzi del mistero. Attendono la
pienezza. E questa non tarda ad arrivare. C’è qualcosa di saggio che dobbiamo
imparare. Ci sono pezzi di un mistero, come parti di un mosaico, che andiamo
incontrando. Noi vogliamo vedere troppo in fretta il tutto e Dio invece si fa vedere
pian piano. Anche la Chiesa deve imparare questa attesa.
Poi, i pescatori portano a casa il mistero. La gente semplice ha sempre spazio per
far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella
casa dei poveri Dio trova sempre posto.
I pescatori “agasalham”: rivestono il mistero della Vergine pescata, come se lei
avesse freddo e avesse bisogno di essere riscaldata. Dio chiede di essere messo al
riparo nella parte più calda di noi stessi: il cuore. Poi è Dio a sprigionare il calore
di cui abbiamo bisogno, ma prima entra con l’astuzia di colui che mendica. I
pescatori coprono quel mistero della Vergine con il manto povero della loro fede.
Chiamano i vicini per vedere la bellezza trovata; si riuniscono intorno ad essa;
raccontano le loro pene in sua presenza e le affidano le loro cause. Consentono
così che le intenzioni di Dio si possano attuare: una grazia, poi l’altra; una grazia
che apre ad un’altra; una grazia che prepara un’altra. Dio va gradualmente
dispiegando l’umiltà misteriosa della sua forza.
C’è da imparare tanto da questo atteggiamento dei pescatori. Una Chiesa che fa
spazio al mistero di Dio; una Chiesa che alberga in se stessa tale mistero, in modo
che esso possa incantare la gente, attirarla. Solo la bellezza di Dio può attrarre.
La via di Dio è l’incanto che attrae. Dio si fa portare a casa. Egli risveglia
nell’uomo il desiderio di custodirlo nella propria vita, nella propria casa, nel
proprio cuore. Egli risveglia in noi il desiderio di chiamare i vicini per far conoscere
la sua bellezza. La missione nasce proprio da questo fascino divino, da questo
stupore dell’incontro. Parliamo di missione, di Chiesa missionaria. Penso ai pescatori
che chiamano i loro vicini per vedere il mistero della Vergine. Senza la semplicità
del loro atteggiamento, la nostra missione è destinata al fallimento.
La Chiesa ha sempre l’urgente bisogno di non disimparare la lezione di Aparecida,
non la può dimenticare. Le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la
barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli
oceani. E tuttavia Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi
poveri, perché sempre è Lui che agisce.
Cari Fratelli, il risultato del lavoro pastorale non si appoggia sulla ricchezza delle
risorse, ma sulla creatività dell’amore. Servono certamente la tenacia, la fatica, il
lavoro, la programmazione, l’organizzazione, ma prima di tutto bisogna sapere
che la forza della Chiesa non abita in se stessa, bensì si nasconde nelle acque
profonde di Dio, nelle quali essa è chiamata a gettare le reti.
Un’altra lezione che la Chiesa deve ricordare sempre è che non può allontanarsi
dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del Mistero e resta fuori dalla
porta del Mistero, e, ovviamente, non riesce ad entrare in coloro che pretendono
dalla Chiesa quello che non possono darsi da sé, cioè Dio. A volte, perdiamo
coloro che non ci capiscono perché abbiamo disimparato la semplicità, importando
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente. Senza la grammatica
della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile “pescare”
Dio nelle acque profonde del suo Mistero.
Un ultimo ricordo: Aparecida è comparsa in un luogo di incrocio. La strada che
univa Rio, la capitale, con San Paolo, la provincia intraprendente che stava
nascendo, e Minas Gerais, le miniere molto ambite dalle Corti europee:
un croceviadel Brasile Coloniale. Dio appare negli incroci. La Chiesa in Brasile non
può dimenticare tale vocazione inscritta in sé fin dal suo primo respiro: essere
capace di sistole e diastole, di raccogliere e diffondere.
2. L’apprezzamento per il percorso della Chiesa in Brasile
I Vescovi di Roma hanno avuto sempre il Brasile e la sua Chiesa nel loro cuore. Un
meraviglioso percorso è stato compiuto. Dalle 12 diocesi durante il Concilio
Vaticano I alle attuali 275 circoscrizioni. Non si è avviata l’espansione di un
apparato o di un’impresa, ma piuttosto il dinamismo dei “cinque pani e due pesci”
evangelici, che, messi a contatto con la bontà del Padre, in mani callose sono
diventati fecondi.
Oggi, vorrei riconoscere il lavoro senza risparmio di voi Pastori, nelle vostre
Chiese. Penso ai Vescovi nelle foreste, salendo e scendendo i fiumi, nelle aree
semiaride, nel Pantanal, nella pampa, nelle giungle urbane delle megalopoli.
Amate sempre, con totale dedizione il vostro gregge! Ma penso anche a tanti nomi
e tanti volti, che hanno lasciato impronte incancellabili nel cammino della Chiesa in
Brasile, Facendo toccare con mano la grande bontà del Signore verso questa
Chiesa[2].
I Vescovi di Roma non sono mai stati lontani; hanno seguito, incoraggiato,
accompagnato. Negli ultimi decenni, il beato Giovanni XXIII ha invitato con
insistenza i Vescovi brasiliani a predisporre il loro primo piano pastorale, e, da
quell’inizio, è cresciuta una vera tradizione pastorale in Brasile, che ha fatto sì che
la Chiesa non fosse un transatlantico alla deriva, ma avesse sempre una bussola. Il
Servo di Dio Paolo VI, oltre ad incoraggiare la ricezione del Concilio Vaticano II,
con fedeltà, ma anche con tratti originali (cfr l’Assemblea Generale del CELAM a
Medellin), ha influito in modo decisivo sull’autocoscienza della Chiesa in Brasile
attraverso il Sinodo sull’evangelizzazione e quel testo fondamentale di riferimento
che rimane attuale: l’Evangelii nuntiandi. Il beato Giovanni Paolo II ha visitato il
Brasile per tre volte, percorrendolo da “cabo a rabo”, dal nord al sud, insistendo
sulla missione pastorale della Chiesa, sulla comunione e partecipazione, sulla
preparazione al Grande Giubileo, sulla nuova evangelizzazione. Benedetto XVI ha
scelto Aparecida per realizzare la V Assemblea Generale del CELAM e questo ha
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
lasciato una grande impronta nella Chiesa dell’intero Continente.
La Chiesa in Brasile ha ricevuto e applicato con originalità il Concilio Vaticano II e
il percorso realizzato, pur avendo dovuto superare certe malattie infantili, ha
portato ad una Chiesa gradualmente più matura, aperta, generosa, missionaria.
Oggi siamo in un momento nuovo. Come si è bene espresso il Documento di
Aparecida: non è un’epoca di cambiamento, ma è un cambiamento d’epoca.
Allora, oggi è sempre urgente domandarci: che cosa chiede Dio a noi? A questa
domanda vorrei tentare di offrire qualche linea di risposta.
3. L’icona di Emmaus come chiave di lettura del presente e del futuro
Anzitutto non bisogna cedere alla paura di cui parlava il beato John Henry
Newman: «Il mondo cristiano sta gradualmente diventando sterile, e si esaurisce
come una terra sfruttata a fondo che diviene sabbia».[3] Non bisogna cedere al
disincanto, allo scoraggiamento, alle lamentele. Abbiamo lavorato molto e, a volte,
ci sembra di essere degli sconfitti, e abbiamo il sentimento di chi deve fare il
bilancio di una stagione ormai persa, guardando a coloro che ci lasciano o non ci
ritengono più credibili, rilevanti.
Rileggiamo in questa luce, ancora una volta, l’episodio di Emmaus (cfr Lc 24, 1315). I due discepoli scappano da Gerusalemme. Si allontano dalla “nudità” di Dio.
Sono scandalizzati dal fallimento del Messia nel quale avevano sperato e che ora
appare irrimediabilmente sconfitto, umiliato, anche dopo il terzo giorno (vv. 1721). Il mistero difficile della gente che lascia la Chiesa; di persone che, dopo
essersi lasciate illudere da altre proposte, ritengono che ormai la Chiesa - la loro
Gerusalemme - non possa offrire più qualcosa di significativo e importante. E
allora vanno per la strada da soli, con la loro delusione. Forse la Chiesa è
apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo
povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti,
forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il
mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove
domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la
sua età adulta[4]. Il fatto è che oggi ci sono molti che sono come i due discepoli di
Emmaus; non solo coloro che cercano risposte nei nuovi e diffusi gruppi religiosi, ma
anche coloro che sembrano ormai senza Dio sia nella teoria che nella pratica.
Di fronte a questa situazione che cosa fare?
Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una
Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di
inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il
proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno
sterile, infecondo, incapace di generare senso.
La globalizzazione implacabile e l'intensa urbanizzazione spesso selvagge, hanno
promesso molto. Tanti si sono innamorati delle loro potenzialità e in essa c’è
qualcosa di veramente positivo, come, per esempio, la diminuzione delle distanze,
l’avvicinamento tra le persone e le culture, la diffusione dell’informazione e dei
servizi. Ma, dall’altro lato, molti vivevano i loro effetti negativi senza rendersi
conto di come essi pregiudicano la propria visione dell’uomo e del mondo,
generando maggiore disorientamento, e un vuoto che non riescono a spiegare.
Alcuni di questi effetti sono la confusione circa il senso della vita, la disintegrazione
personale, la perdita dell’esperienza di appartenere a un “nido”, la mancanza di
un luogo e di legami profondi.
E siccome non c’è chi li accompagni e mostri con la propria vita il vero cammino,
molti hanno cercato scorciatoie, perché appare troppo alta la “misura” della
Grande Chiesa. Ci sono anche quelli che riconoscono l’ideale dell’uomo e di vita
proposto dalla Chiesa, ma non hanno l’audacia di abbracciarlo. Pensano che
questo ideale sia troppo grande per loro, sia fuori delle loro possibilità; la meta a
cui tendere è irraggiungibile. Tuttavia non possono vivere senza avere almeno
qualcosa, sia pure una caricatura, di quello che sembra troppo alto e lontano. Con
la disillusione nel cuore, vanno alla ricerca di qualcosa che li illuda ancora una
volta, o si rassegnano ad una adesione parziale, che, in definitiva, non riesce a
dare pienezza alla loro vita.
Il grande senso di abbandono e di solitudine, di non appartenenza neanche a se
stessi che spesso emerge da questa situazione, è troppo doloroso per essere messo
a tacere. C’è bisogno di uno sfogo e allora resta la via del lamento. Ma anche il
lamento diventa a sua volta come un boomerang che torna indietro e finisce per
aumentare l’infelicità. Poca gente è ancora capace di ascoltare il dolore; bisogna
almeno anestetizzarlo.
Davanti a questo panorama, serve una Chiesa in grado di far compagnia, di
andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino
mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte
contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme; una Chiesa che si
renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono
già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper
leggere il tutto con coraggio. Gesù diede calore al cuore dei discepoli di Emmaus.
Vorrei che ci domandassimo tutti, oggi: siamo ancora una Chiesa capace di
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
riscaldare il cuore? Una Chiesa capace di ricondurre a Gerusalemme? Di
riaccompagnare a casa? In Gerusalemme abitano le nostre sorgenti: Scrittura,
Catechesi, Sacramenti, Comunità, amicizia del Signore, Maria e gli Apostoli...
Siamo ancora in grado di raccontare queste fonti così da risvegliare l’incanto per
la loro bellezza?
Tanti se ne sono andati poiché è stato loro promesso qualcosa di più alto, qualcosa
di più forte, qualcosa di più veloce.
Ma c’è qualcosa di più alto dell’amore rivelato a Gerusalemme? Nulla è più alto
dell’abbassamento della Croce, poiché lì si raggiunge veramente l’altezza
dell’amore! Siamo ancora in grado di mostrare questa verità a coloro che pensano
che la vera altezza della vita sia altrove?
Si conosce qualcosa di più forte della potenza nascosta nella fragilità dell’amore,
del bene, della verità, della bellezza?
La ricerca di ciò che è sempre più veloce attira l’uomo d’oggi: Internet veloce, auto
veloci, aerei veloci, rapporti veloci... E tuttavia si avverte una disperata necessità
di calma, vorrei dire di lentezza. La Chiesa, sa ancora essere lenta: nel tempo, per
ascoltare, nella pazienza, per ricucire e ricomporre? O anche la Chiesa è ormai
travolta della frenesia dell’efficienza? Recuperiamo, cari Fratelli, la calma di saper
accordare il passo con le possibilità dei pellegrini, con i loro ritmi di cammino, la
capacità di essere sempre vicini per consentire loro di aprire un varco nel
disincanto che c’è nei cuori, così da potervi entrare. Essi vogliono dimenticare
Gerusalemme nella quale abitano le loro sorgenti, ma allora finiranno per sentire
sete. Serve una Chiesa capace ancora di accompagnare il ritorno a Gerusalemme!
Una Chiesa che sia in grado di far riscoprire le cose gloriose e gioiose che si
dicono di Gerusalemme, di far capire che essa è mia Madre, nostra Madre e non
siano orfani! In essa siamo nati. Dov’è la nostra Gerusalemme, dove siamo nati?
Nel Battesimo, nel primo incontro di amore, nella chiamata, nella
vocazione! [5] Serve una Chiesa che torni a portare calore, ad accendere il cuore.
Serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che
camminano come in un esodo.
4. Le sfide della Chiesa in Brasile
Alla luce di quanto ho detto, vorrei sottolineare alcune sfide dell’amata Chiesa che
è in Brasile.
La priorità della formazione: Vescovi, sacerdoti, religiosi, laici
Cari Fratelli, se non formeremo ministri capaci di riscaldare il cuore alla gente, di
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
camminare nella notte con loro, di dialogare con le loro illusioni e delusioni, di
ricomporre le loro disintegrazioni, che cosa potremo sperare per il cammino
presente e futuro? Non è vero che Dio sia oscurato in loro. Impariamo a guardare
più in profondità: manca chi riscaldi loro il cuore, come con i discepoli di Emmaus
(cfr Lc 24,32).
Per questo è importante promuovere e curare una formazione qualificata che crei
persone capaci di scendere nella notte senza essere invase dal buio e perdersi; di
ascoltare l’illusione di tanti, senza lasciarsi sedurre; di accogliere le delusioni, senza
disperarsi e precipitare nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza
lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità.
Serve una solidità umana, culturale, affettiva, spirituale, dottrinale.[6] Cari Fratelli
nell’Episcopato, bisogna avere il coraggio di una revisione a fondo delle strutture
di formazione e di preparazione del clero e del laicato della Chiesa che è in
Brasile. Non è sufficiente una vaga priorità della formazione, né di documenti o di
convegni. Serve la saggezza pratica di mettere in piedi strutture durevoli di
preparazione in ambito locale, regionale, nazionale e che siano il vero cuore per
l’Episcopato, senza risparmiare forze, attenzione e accompagnamento. La
situazione attuale esige una formazione qualificata a tutti i livelli. I Vescovi non
possono delegare tale compito. Voi non potete delegare tale compito, ma
assumerlo come qualcosa di fondamentale per il cammino delle vostre Chiese.
Collegialità e solidarietà della Conferenza Episcopale
Alla Chiesa in Brasile non basta un leader nazionale, serve una rete di
“testimonianze” regionali, che, parlando lo stesso linguaggio, assicurino
dappertutto non l’unanimità, ma la vera unità nella ricchezza della diversità.
La comunione è una tela da tessere con pazienza e perseveranza che va
gradualmente “avvicinando i punti” per consentire una copertura sempre più estesa
e densa. Una coperta con pochi fili di lana non riscalda.
E’ importante ricordare Aparecida, il metodo di raccogliere la diversità. Non tanto
diversità di idee per produrre un documento, ma varietà di esperienze di Dio per
mettere in moto una dinamica vitale.
I discepoli di Emmaus sono tornati a Gerusalemme raccontando l’esperienza che
avevano fatto nell’incontro con il Cristo Risorto (cfr Lc 24,33-35). E là sono venuti a
conoscenza delle altre manifestazione del Signore e delle esperienze dei loro
fratelli. La Conferenza Episcopale è proprio un spazio vitale per consentire tale
interscambio di testimonianze circa gli incontri con il Risorto, nel nord, nel sud, nell’
ovest... Serve, allora, una valorizzazione crescente dell’elemento locale e
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
regionale. Non è sufficiente la burocrazia centrale, ma bisogna far crescere la
collegialità e la solidarietà, sarà una vera ricchezza per tutti.[7]
Stato permanente di missione e conversione pastorale.
Aparecida ha parlato di stato permanente di missione[8] e della necessità di una
conversione pastorale.[9] Sono due risultati importanti di quell’Assemblea per
l’intera Chiesa dell’area, e il cammino fatto in Brasile su questi due punti è
significativo.
Sulla missione è da ricordare che l’urgenza deriva dalla sua motivazione interna, si
tratta cioè di trasmettere un’eredità, e sul metodo è decisivo ricordare che
un’eredità è come il testimone, il bastone, nella corsa a staffetta: non si butta per
aria e chi riesce a prenderlo, bene, e chi non ci riesce rimane senza. Per
trasmettere l’eredità bisogna consegnarla personalmente, toccare colui al quale si
vuole donare, trasmettere, tale eredità.
Sulla conversione pastorale vorrei ricordare che “pastorale” non è altra cosa che
l’esercizio della maternità della Chiesa. Essa genera, allatta, fa crescere,
corregge, alimenta, conduce per mano ... Serve, allora, una Chiesa capace di
riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da
fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione,
di perdono, di amore.
Nella missione, anche continentale,[10]è molto importante rinforzare la famiglia,
che rimane cellula essenziale per la società e per la Chiesa; i giovani, che sono il
volto futuro della Chiesa; le donne, che hanno un ruolo fondamentale nel
trasmettere la fede e costituiscono una forza quotidiana in una società che la porti
avanti e la rinnovi. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì
promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le
donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità. Aparecida
sottolinea anche la vocazione e la missione dell’uomo nella famiglia, nella Chiesa e
nella società, come padri, lavoratori e cittadini[11]. Tenetelo in seria
considerazione!
Il compito della Chiesa nella società
Nell’ambito della società c’è una sola cosa che la Chiesa chiede con particolare
chiarezza: la libertà di annunciare il Vangelo in modo integrale, anche quando si
pone in contrasto con il mondo, anche quando va controcorrente, difendendo il
tesoro di cui è solo custode, e i valori dei quali non dispone, ma che ha ricevuto e
ai quali deve essere fedele.
La Chiesa afferma il diritto di servire l’uomo nella sua interezza, dicendogli quello
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
che Dio ha rivelato circa l’uomo e la sua realizzazione, ad essa desidera rendere
presente quel patrimonio immateriale senza il quale la società si sfalda, le città
sarebbero travolte dai propri muri, abissi e barriere. La Chiesa ha il diritto e il
dovere di mantenere accesa la fiamma della liberta e dell’unità dell’uomo.
Educazione, salute, pace sociale sono le urgenze brasiliane. La Chiesa ha una
parola da dire su questi temi, perché per rispondere adeguatamente a tali sfide
non sono sufficienti soluzioni meramente tecniche, ma bisogna avere una sottostante
visione dell’uomo, della sua libertà, del suo valore, della sua apertura al
trascendente. E voi, cari Confratelli, non abbiate timore di offrire questo contributo
della Chiesa che è per il bene dell’intera società e di offrire questa parola
“incarnata” anche con la testimonianza.
L’Amazzonia come cartina di tornasole, banco di prova per la Chiesa e la società
brasiliane
C’è un ultimo punto sul quale vorrei soffermarmi, e che ritengo rilevante per il
cammino attuale e futuro non solo della Chiesa in Brasile, ma anche dell’intera
compagine sociale: l’Amazzonia. La Chiesa è in Amazzonia non come chi ha le
valigie in mano per partire dopo aver sfruttato tutto ciò che ha potuto. La Chiesa è
presente in Amazzonia sin dall’inizio con missionari, congregazioni religiose,
sacerdoti, laici e vescovi, e tuttora è presente e determinante per il futuro
dell’area. Penso all’accoglienza che la Chiesa in Amazzonia offre oggi agli
immigrati haitiani dopo il terribile terremoto, che ha sconvolto il loro Paese.
Vorrei invitare tutti a riflettere su quello che Aparecida ha detto
sull’Amazzonia,[12] anche il forte richiamo al rispetto e alla custodia del intera
creazione che Dio ha affidato all’uomo non perché lo sfrutti selvaggiamente, ma
perché lo renda un giardino. Nella sfida pastorale che rappresenta l’Amazzonia
non posso non ringraziare ciò che la Chiesa in Brasile sta facendo: la Commissione
Episcopale per l’Amazzonia creata nel 1997 ha già dato molti frutti e tante diocesi
hanno risposto in modo pronto e generoso alla richiesta di solidarietà, inviando
missionari laici e sacerdoti. Ringrazio Mons. Jaime Chemelo pioniere di questo
lavoro e il Card. Hummes attuale Presidente della Commissione. Ma vorrei
aggiungere che va ulteriormente incentivata e rilanciata l’opera della Chiesa.
Servono formatori qualificati, soprattutto formatori e professori di teologia, per
consolidare i risultati ottenuti nel campo della formazione di un clero autoctono,
anche per avere sacerdoti adattati alle condizioni locali e consolidare, per così
dire, il “volto amazzonico” della Chiesa. In questo, per favore, vi chiedo di essere
coraggiosi, di avere parresia! Nel linguaggio “porteño” [di Buenos Aires] vi direi di
essere intrepidi.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Cari Confratelli, ho cercato di offrivi in modo fraterno delle riflessioni e delle linee
di lavoro in una Chiesa come quella in Brasile che è un grande mosaico di piccole
pietre, di immagini, di forme, di problemi, di sfide, ma che proprio per questo è
una enorme ricchezza. La Chiesa non è mai uniformità, ma diversità che si
armonizzano nell’unità e questo vale in ogni realtà ecclesiale.
La Vergine Immacolata di Aparecida sia la stella che illumina il vostro impegno e il
vostro cammino per portare, come Lei lo ha fatto, il Cristo ad ogni uomo e ad ogni
donna del vostro immenso Paese. Sarà Lui, come ha fatto con i due discepoli
smarriti e delusi di Emmaus, a scaldare il cuore e donare nuova e sicura speranza.
[1] Il Documento di Aparecida sottolinea come i bambini, i giovani e gli anziani costruiscono il
futuro dei popoli (cfr n. 447).
[2] Penso a tante figure come, per citarne solo alcuni: Lorscheider, Mendes de Almeida, Sales,
Vital, Camara, Macedo... insieme al primo Vescovo brasiliano Pero Fernandes Sardinha
(1551/1556) ucciso da bellicose tribù locali.
[3] Letter of 26 January 1833, in: The Letters and Diaries of John Henry Newman, vol. III,
Oxford 1979, p. 204.
[4] Nel Documento di Aparecida vengono presentate sinteticamente le ragioni di fondo di
questo fenomeno (cfr n. 225).
[5] Cfr anche i quattro punti indicati da Aparecida (n. 226).
[6] Nel Documento di Aparecida grande attenzione è riservata alla formazione del Clero, come
pure dei laici (cfr nn. 316-325; 212).
[7] Anche su questo aspetto il Documento di Aparecida offre linee di cammino importanti (cfr
nn. 181-183; 189).
[8] Cfr n. 216.
[9] Cfr nn. 365-372.
[10] Le conclusioni della Conferenza di Aparecida insistono sul volto di una Chiesa che è per
sua stessa natura evangelizzatrice, che esiste per evangelizzare, con audacia e libertà, a tutti i
livelli (cfr nn.547-554).
[11] Cfr nn. 459-463.
[12] Cfr in particolare i nn. 83-87 e da un punto di vista di una pastorale unitaria il n.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Cari catechisti, Dio è creativo»
di Papa Francesco | 28 settembre 2013
Per essere fedeli bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E perché? Per
adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare il Vangelo.
Il testo integrale del discorso rivolto il 27 settembre da Papa Francesco ai catechisti in
occasione del loro incontro mondiale nell'Anno della fede in corso a Roma.
--------------Cari catechisti, buonasera!
Mi piace che nell'Anno della fede ci sia questo incontro per voi: la catechesi è un
pilastro per l'educazione della fede, e ci vogliono buoni catechisti! Grazie di questo
servizio alla Chiesa e nella Chiesa. Anche se a volte può essere difficile, si lavora
tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! E'
forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede, perché
lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare
sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la
Chiesa! "Essere" catechisti! Non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro da
catechista perché mi piace insegnare... Ma se tu non sei catechista, non serve! Non
sarai fecondo, non sarai feconda! Catechista è una vocazione: "essere catechista",
questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto "fare" i
catechisti, ma "esserlo", perché coinvolge la vita. Si guida all'incontro con Gesù con le
parole e con la vita, con la testimonianza.
Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto: "La Chiesa non cresce per
proselitismo. Cresce per attrazione". E quello che attrae è la testimonianza. Essere
catechista significa dare testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita.
E questo non è facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all'incontro con Gesù
con le parole e con la vita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san
Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: "Predicate sempre il Vangelo e, se fosse
necessario, anche con le parole". Le parole vengono... ma prima la testimonianza: che
la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo. Ed "essere"
catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo.
E questo amore non si compra nei negozi, non si compra qui a Roma neppure. Questo
amore viene da Cristo! E' un regalo di Cristo! E' un regalo di Cristo! E se viene da
Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
dà, Che cosa significa questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, anche per
me, perché anch'io sono catechista? Cosa significa?
Io parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi gesuiti... uno, due e tre!
1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, avere questa
familiarità con Gesù.
Gesù lo raccomanda con insistenza ai discepoli nell'Ultima Cena, quando si avvia a
vivere il dono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l'immagine
della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il
tralcio è attaccato alla vite. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la
familiarità con Cristo. Rimanere in Gesù! E' un rimanere attaccati a Lui, dentro di Lui,
con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù.
La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E
questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. Ricordo, tante volte in
diocesi, nell'altra diocesi che avevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel
seminario catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: "Ho il titolo di catechista!".
Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola stradina! Chi ti aiuterà? Questo
vale sempre! Non è un titolo, è un atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! E'
uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Io vi domando: Come
state alla presenza del Signore? Quando vai dal Signore, guardi il Tabernacolo, che
cosa fate? Senza parole... Ma io dico, dico, penso, medito, sento... Molto bene! Ma tu
ti lasci guardare dal Signore?
Lasciarci guardare dal Signore. Lui ci guarda e questa è una maniera di pregare. Ti
lasci guardare dal Signore? Ma come si fa? Guardi il Tabernacolo e ti lasci
guardare... è semplice! E' un po' noioso, mi addormento... Addormentati,
addormentati! Lui ti guarderà lo stesso, Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicuro che Lui
ti guarda! E questo è molto più importante del titolo di catechista: è parte dell'essere
catechista. Questo scalda il cuore, tiene acceso il fuoco dell'amicizia col Signore, ti fa
sentire che Lui veramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle uscite che
ho fatto, qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente giovane,
e mi ha detto: "Padre, piacere di conoscerla, ma io non credo in niente! Non ho il dono
della fede!". Capiva che era un dono. "Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice
lei?". "Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui! Niente di più". E
questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore!
Capisco che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e ha figli, è
difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti
nello stesso modo; nella Chiesa c'è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali;
l'importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno può domandarsi: come vivo
io questo "stare" con Gesù? Questa è una domanda che vi lascio: "Come vivo io
questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù?". Ho dei momenti in cui rimango alla
sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il
mio cuore? Se nel nostro cuore non c'è il calore di Dio, del suo amore, della sua
tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri?
Pensate a questo!
2. Il secondo elemento è questo. Secondo: ripartire da Cristo significaimitarlo
nell'uscire da sé e andare incontro all'altro.
Questa è un'esperienza bella, e un po' paradossale. Perché? Perché chi mette al
centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro
della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è
il vero dinamismo dell'amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è
sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica... Così diventiamo anche noi se
rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell'amore. Dove c'è
vera vita in Cristo, c'èapertura all'altro, c'è uscita da sé per andare incontro all'altro
nel nome di Cristo. E questo è il lavoro del catechista: uscire continuamente da sé per
amore, per testimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo è
importante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spinge a uscire.
Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di "sistole - diastole": unione con
Gesù - incontro con l'altro. Sono le due cose: io mi unisco a Gesù ed esco all'incontro
con gli altri. Se manca uno di questi due movimenti non batte più, non può vivere.
Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. Questa parolina: dono. Il
catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono della fede e lo dà in dono agli
altri. E questo è bello. E non se ne prende per sé la percentuale! Tutto quello che
riceve lo dà! Questo non è un affare! Non è un affare! E' puro dono: dono ricevuto e
dono trasmesso. E il catechista è lì, in questo incrocio di dono. E' così nella natura
stessa del kerigma: è un dono che genera missione, che spinge sempre oltre se stessi.
San Paolo diceva: «L'amore di Cristo ci spinge», ma quel "ci spinge" si può tradurre
anche "ci possiede". E' così: l'amore ti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli altri. In
questa tensione si muove il cuore del cristiano, in particolare il cuore del catechista.
Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di catechista: unione con Gesù e
incontro con l'altro? Con questo movimento di "sistole e diastole"? Si alimenta nel
rapporto con Lui, ma per portarlo agli altri e non per ritenerlo? Vi dico una cosa: non
capisco come un catechista possa rimanere fermo, senza questo movimento. Non
capisco!
3. E il terzo elemento - tre - sta sempre in questa linea: ripartire da Cristo
significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Qui mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante,
specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza. Giona è un uomo
pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo lo porta ad avere i suoi schemi ben
chiari e a giudicare tutto e tutti con questi schemi, in modo rigido. Ha tutto chiaro, la
verità è questa. E' rigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di andare a
predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la sente. Andare là! Ma io
ho tutta la verità qui!. Non se la sente...Ninive è al di fuori dei suoi schemi, è alla
periferia del suo mondo. E allora scappa, se ne va in Spagna, fugge via, si imbarca
su una nave che va da quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona! E' breve, ma
è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nella Chiesa.
Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri schemi per
seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete una cosa? Dio non ha paura!
Sapevate questo voi? Non ha paura! E' sempre oltre i nostri schemi! Dio non ha paura
delle periferie. Ma se voi andate alle periferie, lo troverete lì. Dio è sempre fedele, è
creativo. Ma, per favore, non si capisce un catechista che non sia creativo. E la
creatività è come la colonna dell'essere catechista. Dio è creativo, non è chiuso, e per
questo non è mai rigido. Dio non è rigido! Ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende.
Per essere fedeli, per essere creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E
perché devo cambiare? E' per adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare
il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un
catechista si lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta
tranquillo, finisce per essere una statua da museo: e ne abbiamo tanti! Ne abbiamo
tanti! Per favore, niente statue da museo! Se un catechista è rigido diventa
incartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole essere codardo, statua da
museo o sterile? Qualcuno ha questa voglia? [catechisti: No!] No? Sicuro? Va bene!
Quello che dirò adesso lo ho detto tante volte, ma mi viene dal cuore di dirlo.
Quando noi cristiani siamo chiusi nel nostro gruppo, nel nostro movimento, nella nostra
parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi e ci succede quello che accade a
tutto quello che è chiuso; quando una stanza è chiusa incomincia l'odore dell'umidità. E
se una persona è chiusa in quella stanza, si ammala! Quando un cristiano è chiuso nel
suo gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si ammala. Se un
cristiano esce per le strade, nelle periferie, può succedergli quello che succede a
qualche persona che va per la strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto
incidenti stradali. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non
una Chiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il coraggio di correre il
rischio per uscire, e non un catechista che studi, sappia tutto, ma chiuso sempre: questo
è ammalato. E alle volte è ammalato dalla testa....
Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dice quello! Gesù dice:
Andate, io sono con voi! Questa è la nostra bellezza e la nostra forza: se noi
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
andiamo, se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, con vero spirito
apostolico, con parresia, Lui cammina con noi, ci precede, - lo dico in spagnolo - ci
"primerea". Il Signore sempre ci "primerea"! Ormai avete imparato il senso di questa
parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io. La Bibbia dice, il Signore dice nella
Bibbia: Io sono come il fior del mandorlo. Perché? Perché è il primo fiore che fiorisce
nella primavera. Lui è sempre "primero"! Lui è primo! Questo è fondamentale per noi:
Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare lontano, in una estrema
periferia, e forse abbiamo un po' di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel
cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima
senza fede. Ma voi sapete una delle periferie che mi fa così tanto male che sento
dolore - lo avevo visto nella diocesi che avevo prima? E' quella dei bambini che non
sanno farsi il Segno della Croce. A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno
farsi il Segno della Croce. Questa è una periferia! Bisogna andare là! E Gesù è là, ti
aspetta, per aiutare quel bambino a farsi il Segno della Croce. Lui sempre ci
precede.
Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vi dico grazie per
quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella Chiesa, nel Popolo di Dio in
cammino, perché camminate con il Popolo di Dio. Rimaniamo con Cristo - rimanere in
Cristo - cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo, imitiamolo
nel suo movimento d'amore, nel suo andare incontro all'uomo; e usciamo, apriamo le
porte, abbiamo l'audacia di tracciare strade nuove per l'annuncio del Vangelo.
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni. Grazie! Maria è nostra
Madre, Maria sempre ci porta a Gesù! Facciamo una preghiera, uno per l'altro, alla
Madonna.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Lettera di Papa Francesco a Eugenio
Scalfari
Pregiatissimo Dottor Scalfari,
è con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia
di rispondere alla lettera che, dalle pagine di Repubblica, mi ha voluto indirizzare il 7
luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello
stesso quotidiano il 7 agosto. La ringrazio, innanzi tutto, per l’attenzione con cui ha
voluto leggere l’Enciclica Lumen fidei. Essa, infatti, nell’intenzione del mio amato
Predecessore, Benedetto XVI, che l’ha concepita e in larga misura redatta, e dal
quale, con gratitudine, l’ho ereditata, è diretta non solo a confermare nella fede in
Gesù Cristo coloro che in essa già si riconoscono, ma anche a suscitare un dialogo
sincero e rigoroso con chi, come Lei, si definisce «un non credente da molti anni
interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth». Mi pare dunque
sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui
viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si
richiama alla predicazione e alla figura di Gesù. Penso vi siano, in particolare, due
circostanze che rendono oggi doveroso e prezioso questo dialogo.
Esso, del resto, costituisce, come è noto, uno degli obiettivi principali del Concilio
Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII, e del ministero dei Papi che, ciascuno con la sua
sensibilità e il suo apporto, da allora sino ad oggi hanno camminato nel solco
tracciato dal Concilio. La prima circostanza — come si richiama nelle pagine iniziali
dell’Enciclica — deriva dal fatto che, lungo i secoli della modernità, si è assistito a un
paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin
dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso
bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra
la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna
d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il
tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e
senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro. La seconda
circostanza, per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della
fede, deriva dal fatto che questo dialogo non è un accessorio secondario
dell’esistenza del credente: ne è invece un’espressione intima e indispensabile. Mi
permetta di citarLe in proposito un’affermazione a mio avviso molto importante
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
dell’Enciclica: poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore — vi si
sottolinea — «risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella
convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa
umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede.
Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la
testimonianza e il dialogo con tutti» (n. 34). È questo lo spirito che anima le parole che
le scrivo.
La fede, per me, è nata dall’incontro con Gesù. Un incontro personale, che ha toccato
il mio cuore e ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza. Ma al tempo
stesso un incontro che è stato reso possibile dalla comunità di fede in cui ho vissuto e
grazie a cui ho trovato l’accesso all’intelligenza della Sacra Scrittura, alla vita nuova
che come acqua zampillante scaturisce da Gesù attraverso i Sacramenti, alla
fraternità con tutti e al servizio dei poveri, immagine vera del Signore. Senza la
Chiesa — mi creda — non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza
che quell’immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d’argilla della nostra
umanità. Ora, è appunto a partire di qui, da questa personale esperienza di fede
vissuta nella Chiesa, che mi trovo a mio agio nell’ascoltare le sue domande e nel
cercare, insieme con Lei, le strade lungo le quali possiamo, forse, cominciare a fare un
tratto di cammino insieme. Mi perdoni se non seguo passo passo le argomentazioni da
Lei proposte nell’editoriale del 7 luglio. Mi sembra più fruttuoso — o se non altro mi è
più congeniale — andare in certo modo al cuore delle sue considerazioni. Non entro
neppure nella modalità espositiva seguita dall’Enciclica, in cui Lei ravvisa la mancanza
di una sezione dedicata specificamente all’esperienza storica di Gesù di Nazareth.
Osservo soltanto, per cominciare, che un’analisi del genere non è secondaria. Si tratta
infatti, seguendo del resto la logica che guida lo snodarsi dell’Enciclica, di fermare
l’attenzione sul significato di ciò che Gesù ha detto e ha fatto e così, in definitiva, su
ciò che Gesù è stato ed è per noi. Le Lettere di Paolo e il Vangelo di Giovanni, a cui
si fa particolare riferimento nell’Enciclica, sono costruiti, infatti, sul solido fondamento
del ministero messianico di Gesù di Nazareth giunto al suo culmine risolutivo nella
pasqua di morte e risurrezione. Dunque, occorre confrontarsi con Gesù, direi, nella
concretezza e ruvidezza della sua vicenda, così come ci è narrata soprattutto dal più
antico dei Vangeli, quello di Marco. Si costata allora che lo «scandalo» che la parola
e la prassi di Gesù provocano attorno a lui derivano dalla sua straordinaria
«autorità»: una parola, questa, attestata fin dal Vangelo di Marco, ma che non è
facile rendere bene in italiano. La parola greca è «exousia », che alla lettera
rimanda a ciò che «proviene dall’essere» che si è. Non si tratta di qualcosa di
esteriore o di forzato, dunque, ma di qualcosa che emana da dentro e che si impone
da sé. Gesù in effetti colpisce, spiazza, innova a partire— egli stesso lo dice — dal
suo rapporto con Dio, chiamato familiarmente Abbà, il quale gli consegna questa
«autorità» perché egli la spenda a favore degli uomini. Così Gesù predica «come uno
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
che ha autorità», guarisce, chiama i discepoli a seguirlo, perdona... cose tutte che,
nell’Antico Testamento, sono di Dio e soltanto di Dio. La domanda che più volte ritorna
nel Vangelo di Marco: «Chi è costui che...?», e che riguarda l’identità di Gesù, nasce
dalla costatazione di una autorità diversa da quella del mondo, un’autorità che non è
finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, ma a servirli, a dare loro libertà e
pienezza di vita. E questo sino al punto di mettere in gioco la propria stessa vita, sino
a sperimentare l’incomprensione, il tradimento, il rifiuto, sino a essere condannato a
morte, sino a piombare nello stato di abbandono sulla croce. Ma Gesù resta fedele a
Dio, sino alla fine. Ed è proprio allora — come esclama il centurione romano ai piedi
della croce, nel Vangelo di Marco — che Gesù si mostra, paradossalmente, come il
Figlio di Dio! Figlio di un Dio che è amore e che vuole, con tutto se stesso, che l’uomo,
ogni uomo, si scopra e viva anch’egli come suo vero figlio. Questo, per la fede
cristiana, è certificato dal fatto che Gesù è risorto: non per riportare il trionfo su chi
l’ha rifiutato, ma per attestare che l’amore di Dio è più forte della morte, il perdono
di Dio è più forte di ogni peccato, e che vale la pena spendere la propria vita, sino in
fondo, per testimoniare questo immenso dono.
La fede cristiana crede questo: che Gesù è il Figlio di Dio venuto a dare la sua vita
per aprire a tutti la via dell’amore. Ha perciò ragione, egregio Dott. Scalfari, quando
vede nell’incarnazione del Figlio di Dio il cardine della fede cristiana. Già Tertulliano
scriveva «caro cardo salutis», la carne (di Cristo) è il cardine della salvezza. Perché
l’incarnazione, cioè il fatto che il Figlio di Dio sia venuto nella nostra carne e abbia
condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte della nostra esistenza, sino al grido della
croce, vivendo ogni cosa nell’amore e nella fedeltà all’Abbà, testimonia l’incredibile
amore che Dio ha per ogni uomo, il valore inestimabile che gli riconosce. Ognuno di
noi, per questo, è chiamato a far suo lo sguardo e la scelta di amore di Gesù, a
entrare nel suo modo di essere, di pensare e di agire. Questa è la fede, con tutte le
espressioni che sono descritte puntualmente nell’Enciclica.
Sempre nell’editoriale del 7 luglio, Lei mi chiede inoltre come capire l’originalità della
fede cristiana in quanto essa fa perno appunto sull’incarnazione del Figlio di Dio,
rispetto ad altre fedi che gravitano invece attorno alla trascendenza assoluta di Dio.
L’originalità, direi, sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al
rapporto che Egli ha con Dio che è Abbà e, in questa luce, al rapporto che Egli ha con
tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore. In altri termini, la
figliolanza di Gesù, come ce la presenta la fede cristiana, non è rivelata per marcare
una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri: ma per dirci che, in Lui, tutti
siamo chiamati a essere figli dell’unico Padre e fratelli tra di noi. La singolarità di
Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione. Certo, da ciò consegue anche — e
non è una piccola cosa — quella distinzione tra la sfera religiosa e la sfera politica
che è sancita nel «dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare»,
affermata con nettezza da Gesù e su cui, faticosamente, si è costruita la storia
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
dell’Occidente. La Chiesa, infatti, è chiamata a seminare il lievito e il sale del
Vangelo, e cioè l’amore e la misericordia di Dio che raggiungono tutti gli uomini,
additando la meta ultraterrena e definitiva del nostro destino, mentre alla società
civile e politica tocca il compito arduo di articolare e incarnare nella giustizia e nella
solidarietà, nel diritto e nella pace, una vita sempre più umana. Per chi vive la fede
cristiana, ciò non significa fuga dal mondo o ricerca di qualsivoglia egemonia, ma
servizio all’uomo, a tutto l’uomo e a tutti gli uomini, a partire dalle periferie della
storia e tenendo desto il senso della speranza che spinge a operare il bene
nonostante tutto e guardando sempre al di là.
Lei mi chiede anche, a conclusione del suo primo articolo, che cosa dire ai fratelli ebrei
circa la promessa fatta loro da Dio: è essa del tutto andata a vuoto? È questo — mi
creda — un interrogativo che ci interpella radicalmente, come cristiani, perché, con
l’aiuto di Dio, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, abbiamo riscoperto che il
popolo ebreo è tuttora, per noi, la radice santa da cui è germinato Gesù. Anch’io,
nell’amicizia che ho coltivato lungo tutti questi anni con i fratelli ebrei, in Argentina,
molte volte nella preghiera ho interrogato Dio, in modo particolare quando la mente
andava al ricordo della terribile esperienza della Shoah. Quel che Le posso dire, con
l’apostolo Paolo, è che mai è venuta meno la fedeltà di Dio all’alleanza stretta con
Israele e che, attraverso le terribili prove di questi secoli, gli ebrei hanno conservato
la loro fede in Dio. E di questo, a loro, non saremo mai sufficientemente grati, come
Chiesa, ma anche come umanità. Essi poi, proprio perseverando nella fede nel Dio
dell’alleanza, richiamano tutti, anche noi cristiani, al fatto che siamo sempre in attesa,
come dei pellegrini, del ritorno del Signore e che dunque sempre dobbiamo essere
aperti verso di Lui e mai arroccarci in ciò che abbiamo già raggiunto.
Vengo così alle tre domande che mi pone nell’articolo del 7 agosto. Mi pare che, nelle
prime due, ciò che Le sta a cuore è capire l’atteggiamento della Chiesa verso chi non
condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi
non crede e non cerca la fede. Premesso che — ed è la cosa fondamentale — la
misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la
questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato,
anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e
obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come
bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro
agire.
In secondo luogo, mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e
quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive,
sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di
verità «assoluta», nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni
relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù
Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla
situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva,
tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita.
Non ha detto forse Gesù stesso: «Io sono la via, la verità, la vita»? In altri termini, la
verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per
essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e,
forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione... assoluta, reimpostare in
profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per
intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio
dire.
Nell’ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà
anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell’uomo sta nel poter
pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui.
Ma il rapporto è tra due realtà. Dio — questo è il mio pensiero e questa la mia
esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! — non è un’idea, sia pure altissima,
frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la «R» maiuscola. Gesù ce lo rivela —
e vive il rapporto con Lui — come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non
dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita
dell’uomo sulla terra — e per la fede cristiana, in ogni caso, questo mondo così come
lo conosciamo è destinato a venir meno — , l’uomo non terminerà di esistere e, in un
modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui. La Scrittura parla di «cieli
nuovi e terra nuova» e afferma che, alla fine, nel dove e nel quando che è al di là di
noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa, Dio sarà «tutto in
tutti».
Egregio Dott. Scalfari, concludo così queste mie riflessioni, suscitate da quanto ha
voluto comunicarmi e chiedermi. Le accolga come la risposta tentativa e provvisoria,
ma sincera e fiduciosa, all’invito che vi ho scorto di fare un tratto di strada insieme. La
Chiesa, mi creda, nonostante tutte le lentezze, le infedeltà, gli errori e i peccati che
può aver commesso e può ancora commettere in coloro che la compongono, non ha
altro senso e fine se non quello di vivere e testimoniare Gesù: Lui che è stato mandato
dall’Abbà «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno
di grazia del Signore» (Lc4, 18-19).
Con fraterna vicinanza
Francesco
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
1 Ottobre 2013
Il Papa a Scalfari: così cambierò la Chiesa
"Giovani senza lavoro, uno dei mali del
mondo"
Su Repubblica il dialogo con Francesco: "Ripartire dal Concilio, aprire alla cultura
moderna". Il colloquio in Vaticano dopo la lettera di Bergoglio pubblicata dal nostro
giornale: "Convertirla? Il proselitismo è una solenne sciocchezza. Bisogna conoscersi e
ascoltarsi". "La Santa Sede è troppo vaticano-centrica. Basta cortigiani"
di EUGENIO SCALFARI
Lo leggo dopo
MI DICE papa Francesco: "I più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi anni
sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi. I
vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza, ma
non hanno né l'uno né l'altra, e il guaio è che non li cercano più. Sono stati schiacciati
sul presente. Mi dica lei: si può vivere schiacciati sul presente? Senza memoria del
passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro costruendo un progetto, un
avvenire, una famiglia? È possibile continuare così? Questo, secondo me, è il problema
più urgente che la Chiesa ha di fronte a sé".
Santità, gli dico, è un problema soprattutto politico ed economico, riguarda gli Stati, i
governi, i partiti, le associazioni sindacali.
«Certo, lei ha ragione, ma riguarda anche la Chiesa, anzi soprattutto la Chiesa
perché questa situazione non ferisce solo i corpi ma anche le anime. La Chiesa deve
sentirsi
responsabile
sia
delle
anime
sia
dei
corpi».
Santità, Lei dice che la Chiesa deve sentirsi responsabile. Debbo dedurne che la
Chiesa non è consapevole di questo problema e che Lei la incita in questa direzione?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«In larga misura quella consapevolezza c’è, ma non abbastanza. Io desidero che lo
sia di più. Non è questo il solo problema che abbiamo di fronte ma è il più urgente e
il più drammatico».
L’incontro con papa Francesco è avvenuto martedì scorso nella sua residenza di Santa
Marta, in una piccola stanza spoglia, un tavolo e cinque o sei sedie, un quadro alla
parete. Era stato preceduto da una telefonata che non dimenticherò finché avrò
vita.Erano le due e mezza del pomeriggio. Squilla il mio telefono e la voce alquanto
agitata della mia segretaria mi dice: «Ho il Papa in linea glielo passo
immediatamente ».
Resto allibito mentre già la voce di Sua Santità dall’altro capo del filo dice:
«Buongiorno, sono papa Francesco». Buongiorno Santità — dico io e poi — sono
sconvolto non m’aspettavo mi chiamasse. «Perché sconvolto? Lei mi ha scritto una
lettera chiedendo di conoscermi di persona. Io avevo lo stesso desiderio e quindi son
qui per fissare l’appuntamento. Vediamo la mia agenda: mercoledì non posso, lunedì
neppure, le andrebbe bene martedì?».
Rispondo: va benissimo.
«L’orario è un po’ scomodo, le 15, le va bene? Altrimenti cambiamo giorno». Santità,
va benissimo anche l’orario. «Allora siamo d’accordo: martedì 24 alle 15. A Santa
Marta.
Deve
entrare
dalla
porta
del
Sant’Uffizio».
Non so come chiudere questa telefonata e mi lascio andare dicendogli: posso
abbracciarla per telefono? «Certamente, l’abbraccio anch’io. Poi lo faremo di
persona, arrivederci ».
Ora son qui. Il Papa entra e mi dà la mano, ci sediamo. Il Papa sorride e mi dice:
«Qualcuno dei miei collaboratori che la conosce mi ha detto che lei tenterà di
convertirmi»
È una battuta gli rispondo. Anche i miei amici pensano che sia Lei a volermi convertire.
Ancora sorride e risponde: «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso.
Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda.
A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove
idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare
la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano,
ma l’importante è che portino verso il Bene».
Santità, esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce?
«Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo
incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene».
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Lei, Santità, l’aveva già scritto nella lettera che mi indirizzò. La coscienza è autonoma,
aveva detto, e ciascuno deve obbedire alla propria coscienza. Penso che quello sia
uno dei passaggi più coraggiosi detti da un Papa.
«E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di
seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per
migliorare il mondo».
La Chiesa lo sta facendo?
«Sì, le nostre missioni hanno questo scopo: individuare i bisogni materiali e immateriali
delle persone e cercare di soddisfarli come possiamo. Lei sa cos’è l’“agape”?».
Sì, lo so.
«È l’amore per gli altri, come il nostro Signore l’ha predicato. Non è proselitismo, è
amore. Amore per il prossimo, lievito che serve al bene comune».
Ama il prossimo come te stesso.
«Esattamente, è così».
Gesù nella sua predicazione disse che l’agape, l’amore per gli altri, è il solo modo di
amare Dio. Mi corregga se sbaglio.
«Non sbaglia. Il Figlio di Dio si è incarnato per infondere nell’anima degli uomini il
sentimento della fratellanza. Tutti fratelli e tutti figli di Dio. Abba, come lui chiamava il
Padre. Io vi traccio la via, diceva. Seguite me e troverete il Padre e sarete tutti suoi
figli e lui si compiacerà in voi. L’agape, l’amore di ciascuno di noi verso tutti gli altri,
dai più vicini fino ai più lontani, è appunto il solo modo che Gesù ci ha indicato per
trovare la via della salvezza e delle Beatitudini».
Tuttavia l’esortazione di Gesù, l’abbiamo ricordato prima, è che l’amore per il
prossimo sia eguale a quello che abbiamo per noi stessi. Quindi quello che molti
chiamano narcisismo è riconosciuto come valido, positivo, nella stessa misura dell’altro.
Abbiamo discusso a lungo su questo aspetto.
«A me — diceva il Papa — la parola narcisismo non piace, indica un amore smodato
verso se stessi e questo non va bene, può produrre danni gravi non solo all’anima di
chi ne è affetto ma anche nel rapporto con gli altri, con la società in cui vive. Il vero
guaio è che i più colpiti da questo che in realtà è una sorta di disturbo mentale sono
persone che hanno molto potere. Spesso i Capi sono narcisi».
Anche molti Capi della Chiesa lo sono stati.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Sa come la penso su questo punto? I Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi,
lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato».
La lebbra del papato, ha detto esattamente così. Ma qual è la corte? Allude forse
alla Curia? ho chiesto.
«No, in Curia ci sono talvolta dei cortigiani, ma la Curia nel suo complesso è un’altra
cosa. È quella che negli eserciti si chiama l’intendenza, gestisce i servizi che servono
alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del
Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticanocentrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto
per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio
e i presbiteri, i parroci, i Vescovi con cura d’anime, sono al servizio del popolo di Dio.
La Chiesa è questo, una parola non a caso diversa dalla Santa Sede che ha una sua
funzione importante ma è al servizio della Chiesa. Io non avrei potuto avere la piena
fede in Dio e nel suo Figlio se non mi fossi formato nella Chiesa e ho avuto la fortuna
di trovarmi, in Argentina, in una comunità senza la quale non avrei preso coscienza di
me e della mia fede».
Lei ha sentito la sua vocazione fin da giovane?
«No, non giovanissimo. Avrei dovuto fare un altro mestiere secondo la mia famiglia,
lavorare, guadagnare qualche soldo. Feci l’università. Ebbi anche una insegnante
verso la quale concepii rispetto e amicizia, era una comunista fervente. Spesso mi
leggeva e mi dava da leggere testi del Partito comunista. Così conobbi anche quella
concezione molto materialistica. Ricordo che mi fece avere anche il comunicato dei
comunisti americani in difesa dei Rosenberg che erano stati condannati a morte. La
donna di cui le sto parlando fu poi arrestata, torturata e uccisa dal regime
dittatoriale allora governante in Argentina».
Il comunismo la sedusse?
«Il suo materialismo non ebbe alcuna presa su di me. Ma conoscerlo attraverso una
persona coraggiosa e onesta mi è stato utile, ho capito alcune cose, un aspetto del
sociale, che poi ritrovai nella dottrina sociale della Chiesa».
La teologia della liberazione, che papa Wojtyla ha scomunicato, era abbastanza
presente nell’America Latina.
«Sì, molti suoi esponenti erano argentini».
Lei pensa che sia stato giusto che il Papa li combattesse?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Certamente davano un seguito politico alla loro teologia, ma molti di loro erano
credenti e con un alto concetto di umanità ».
Santità, mi permette di dirle anch’io qualche cosa sulla mia formazione culturale? Sono
stato educato da una madre molto cattolica. A 12 anni vinsi addirittura una gara di
catechismo tra tutte le parrocchie di Roma ed ebbi un premio dal Vicariato. Mi
comunicavo il primo venerdì di ogni mese, insomma praticavo la liturgia e credevo.
Ma tutto cambiò quando entrai al liceo. Lessi, tra gli altri testi di filosofia che
studiavamo, il “Discorso sul metodo” di Descartes e rimasi colpito dalla frase, ormai
diventata un’icona, “Penso, dunque sono”. L’io divenne così la base dell’esistenza
umana, la sede autonoma del pensiero.
«Descartes tuttavia non ha mai rinnegato la fede del Dio trascendente».
È vero, ma aveva posto il fondamento d’una visione del tutto diversa e a me accadde
di incamminarmi in quel percorso che poi, corroborato da altre letture, mi ha portato
a tutt’altra sponda.
«Lei però, da quanto ho capito, è un non credente ma non un anticlericale. Sono due
cose molto diverse».
È vero, non sono anticlericale, ma lo divento quando incontro un clericale.
Lui sorride e mi dice: «Capita anche a me, quando ho di fronte un clericale divento
anticlericale di botto. Il clericalismo non dovrebbe aver niente a che vedere con il
cristianesimo. San Paolo che fu il primo a parlare ai Gentili, ai pagani, ai credenti in
altre religioni, fu il primo ad insegnarcelo».
Posso chiederle, Santità, quali sono i santi che lei sente più vicini all’anima sua e sui
quali si è formata la sua esperienza religiosa?
«San Paolo è quello che mise i cardini della nostra religione e del nostro credo. Non si
può essere cristiani consapevoli senza San Paolo. Tradusse la predicazione di Cristo in
una struttura dottrinaria che, sia pure con gli aggiornamenti di un’immensa quantità di
pensatori, di teologi, di pastori d’anime, ha resistito e resiste dopo duemila anni. E poi
Agostino, Benedetto e Tommaso e Ignazio. E naturalmente Francesco. Debbo spiegarle
il perché?».
Francesco — mi sia consentito a questo punto di chiamare così il Papa perché è lui
stesso a suggerirtelo per come parla, per come sorride, per le sue esclamazioni di
sorpresa o di condivisione, mi guarda come per incoraggiarmi a porre anche le
domande più scabrose e più imbarazzanti per chi guida la Chiesa. Sicché gli
chiedo: di Paolo ha spiegato l’importanza e il ruolo che ha svolto, ma vorrei sapere
quale tra quelli che ha nominato sente più vicino all’anima sua?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Mi chiede una classifica, ma le classifiche si possono fare se si parla di sport o di
cose analoghe. Potrei dirle il nome dei migliori calciatori dell’Argentina. Ma i santi...».
Si dice scherza coi fanti, conosce il proverbio?
«Appunto. Tuttavia non voglio evadere alla sua domanda perché lei non mi ha chiesto
una classifica sull’importanza culturale e religiosa ma chi è più vicino alla mia anima.
Allora le dico: Agostino e Francesco».
Non Ignazio, dal cui Ordine Lei proviene?
«Ignazio, per comprensibili ragioni, è quello che conosco più degli altri. Fondò il nostro
Ordine. Le ricordo che da quell’Ordine proveniva anche Carlo Maria Martini, a me ed
anche a lei molto caro. I gesuiti sono stati e tuttora sono il lievito — non il solo ma
forse il più efficace — della cattolicità: cultura, insegnamento, testimonianza
missionaria, fedeltà al Pontefice. Ma Ignazio che fondò la Compagnia, era anche un
riformatore e un mistico. Soprattutto un mistico».
E pensa che i mistici sono stati importanti per la Chiesa?
«Sono stati fondamentali. Una religione senza mistici è una filosofia».
Lei ha una vocazione mistica?
«A lei che cosa le sembra?».
A me sembra di no.
«Probabilmente ha ragione. Adoro i mistici; anche Francesco per molti aspetti della
sua vita lo fu ma io non credo d’avere quella vocazione e poi bisogna intendersi sul
significato profondo di quella parola. Il mistico riesce a spogliarsi del fare, dei fatti,
degli obiettivi e perfino della pastoralità missionaria e s’innalza fino a raggiungere la
comunione con le Beatitudini. Brevi momenti che però riempiono l’intera vita ».
A Lei è mai capitato?
«Raramente. Per esempio quando il Conclave mi elesse Papa. Prima dell’accettazione
chiesi di potermi ritirare per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il
balcone sulla piazza. La mia testa era completamente vuota e una grande ansia mi
aveva invaso. Per farla passare e rilassarmi chiusi gli occhi e scomparve ogni
pensiero, anche quello di rifiutarmi ad accettare la carica come del resto la
procedura liturgica consente. Chiusi gli occhi e non ebbi più alcuna ansia o emotività.
Ad un certo punto una grande luce mi invase, durò un attimo ma a me sembrò
lunghissimo. Poi la luce si dissipò io m’alzai di scatto e mi diressi nella stanza dove mi
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
attendevano i cardinali e il tavolo su cui era l’atto di accettazione. Lo firmai, il
cardinal Camerlengo lo controfirmò e poi sul balcone ci fu l’“Habemus Papam”».
Rimanemmo un po’ in silenzio, poi dissi: parlavamo dei santi che lei sente più vicini alla
sua anima ed eravamo rimasti ad Agostino. Vuole dirmi perché lo sente molto vicino a
sé?
«Anche il mio predecessore ha Agostino come punto di riferimento. Quel santo ha
attraversato molte vicende nella sua vita ed ha cambiato più volte la sua posizione
dottrinaria. Ha anche avuto parole molto dure nei confronti degli ebrei, che non ho
mai condiviso. Ha scritto molti libri e quello che mi sembra più rivelatore della sua
intimità intellettuale e spirituale sono le “Confessioni”, contengono anche alcune
manifestazioni di misticismo ma non è affatto, come invece molti sostengono, il
continuatore di Paolo. Anzi, vede la Chiesa e la fede in modo profondamente diverso
da Paolo, forse anche perché erano passati quattro secoli tra l’uno e l’altro».
Qual è la differenza, Santità?
«Per me è in due aspetti, sostanziali. Agostino si sente impotente di fronte
all’immensità di Dio e ai compiti ai quali un cristiano e un Vescovo dovrebbe
adempiere. Eppure lui impotente non fu affatto, ma l’anima sua si sentiva sempre e
comunque al di sotto di quanto avrebbe voluto e dovuto. E poi la grazia dispensata
dal Signore come elemento fondante della fede. Della vita. Del senso della vita. Chi è
non toccato dalla grazia può essere una persona senza macchia e senza paura come
si dice, ma non sarà mai come una persona che la grazia ha toccato. Questa è
l’intuizione di Agostino».
Lei si sente toccato dalla grazia?
«Questo non può saperlo nessuno. La grazia non fa parte della coscienza, è la
quantità di luce che abbiamo nell’anima, non di sapienza né di ragione. Anche lei, a
sua totale insaputa, potrebbe essere toccato dalla grazia».
Senza fede? Non credente?
«La grazia riguarda l’anima».
Io non credo all’anima.
«Non ci crede ma ce l’ha».
Santità, s’era detto che Lei non ha alcuna intenzione di convertirmi e credo che non ci
riuscirebbe.
«Questo non si sa, ma comunque non ne ho alcuna intenzione ».
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
E Francesco?
«È grandissimo perché è tutto. Uomo che vuole fare, vuole costruire, fonda un Ordine
e le sue regole, è itinerante e missionario, è poeta e profeta, è mistico, ha constatato
su se stesso il male e ne è uscito, ama la natura, gli animali, il filo d’erba del prato e
gli uccelli che volano in cielo, ma soprattutto ama le persone, i bambini, i vecchi, le
donne. È l’esempio più luminoso di quell’agape di cui parlavamo prima».
Ha ragione Santità, la descrizione è perfetta. Ma perché nessuno dei suo predecessori
ha mai scelto quel nome? E secondo me, dopo di Lei nessun altro lo sceglierà?
«Questo non lo sappiamo, non ipotechiamo il futuro. È vero, prima di me nessuno l’ha
scelto. Qui affrontiamo il problema dei problemi. Vuole bere qualche cosa?».
Grazie, forse un bicchiere d’acqua.Si alza, apre la porta e prega un collaboratore
che è all’ingresso di portare due bicchieri d’acqua. Mi chiede se vorrei un caffè,
rispondo di no. Arriva l’acqua. Alla fine della nostra conversazione il mio bicchiere
sarà vuoto, ma il suo è rimasto pieno. Si schiarisce la gola e comincia.
«Francesco voleva un Ordine mendicante ed anche itinerante. Missionari in cerca di
incontrare, ascoltare, dialogare, aiutare, diffondere fede e amore. Soprattutto
amore. E vagheggiava una Chiesa povera che si prendesse cura degli altri, ricevesse
aiuto materiale e lo utilizzasse per sostenere gli altri, con nessuna preoccupazione di
se stessa. Sono passati 800 anni da allora e i tempi sono molto cambiati, ma l’ideale
d’una Chiesa missionaria e povera rimane più che valida. Questa è comunque la
Chiesa che hanno predicato Gesù e i suoi discepoli».
Voi cristiani adesso siete una minoranza. Perfino in Italia, che viene definita il giardino
del Papa, i cattolici praticanti sarebbero secondo alcuni sondaggi tra l’8 e il 15 per
cento. I cattolici che dicono di esserlo ma di fatto lo sono assai poco sono un 20 per
cento. Nel mondo esiste un miliardo di cattolici e anche più e con le altre Chiese
cristiane superate il miliardo e mezzo, ma il pianeta è popolato da 6-7 miliardi di
persone. Siete certamente molti, specie in Africa e nell’America Latina, ma minoranze.
«Lo siamo sempre stati ma il tema di oggi non è questo. Personalmente penso che
essere una minoranza sia addirittura una forza. Dobbiamo essere un lievito di vita e
di amore e il lievito è una quantità infinitamente più piccola della massa di frutti, di
fiori e di alberi che da quel lievito nascono. Mi pare d’aver già detto prima che il
nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle
delusioni, della disperazione, della speranza. Dobbiamo ridare speranza ai giovani,
aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Poveri tra i poveri.
Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace. Il Vaticano II, ispirato da papa
Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna
significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto
molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare».
Anche perché — mi permetto di aggiungere — la società moderna in tutto il pianeta
attraversa un momento di crisi profonda e non soltanto economica ma sociale e
spirituale. Lei all’inizio di questo nostro incontro ha descritto una generazione
schiacciata sul presente. Anche noi non credenti sentiamo questa sofferenza quasi
antropologica. Per questo noi vogliamo dialogare con i credenti e con chi meglio li
rappresenta.
«Io non so se sono il migliore che li rappresenta, ma la Provvidenza mi ha posto alla
guida della Chiesa e della Diocesi di Pietro. Farò quanto sta in me per adempiere al
mandato che mi è stato affidato».
Gesù, come Lei ha ricordato, ha detto: ama il tuo prossimo come te stesso. Le pare che
questo sia avvenuto?
«Purtroppo no. L’egoismo è aumentato e l’amore verso gli altri diminuito».
Questo è dunque l’obiettivo che ci accomuna: almeno parificare l’intensità di questi
due tipi d’amore. La sua Chiesa è pronta e attrezzata a svolgere questo compito? Lei
cosa pensa?».
Penso che l’amore per il potere temporale sia ancora molto forte tra le mura vaticane
e nella struttura istituzionale di tutta la Chiesa. Penso che l’Istituzione predomini sulla
Chiesa povera e missionaria che lei vorrebbe.
«Le cose stanno infatti così e in questa materia non si fanno miracoli. Le ricordo che
anche Francesco ai suoi tempi dovette a lungo negoziare con la gerarchia romana e
con il Papa per far riconoscere le regole del suo Ordine. Alla fine ottenne
l’approvazione ma con profondi cambiamenti e compromessi».
Lei dovrà seguire la stessa strada?
«Non sono certo Francesco d’Assisi e non ho la sua forza e la sua santità. Ma sono il
Vescovo di Roma e il Papa della cattolicità. Ho deciso come prima cosa di nominare
un gruppo di otto cardinali che siano il mio consiglio. Non cortigiani ma persone sagge
e animate dai miei stessi sentimenti. Questo è l’inizio di quella Chiesa con
un’organizzazione non soltanto verticistica ma anche orizzontale. Quando il cardinal
Martini ne parlava mettendo l’accento sui Concili e sui Sinodi sapeva benissimo come
fosse lunga e difficile la strada da percorrere in quella direzione. Con prudenza, ma
fermezza e tenacia».
E la politica?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
«Perché me lo chiede? Io ho già detto che la Chiesa non si occuperà di politica».
Però proprio qualche giorno fa ha rivolto un appello ai cattolici ad impegnarsi
civilmente e politicamente.
«Non mi sono rivolto soltanto ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà. Ho
detto che la politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d’azione
che non è quello della religione. Le istituzioni politiche sono laiche per definizione e
operano in sfere indipendenti. Questo l’hanno detto tutti i miei predecessori, almeno
da molti anni in qua, sia pure con accenti diversi. Io credo che i cattolici impegnati
nella politica hanno dentro di loro i valori della religione ma una loro matura
coscienza e competenza per attuarli. La Chiesa non andrà mai oltre il compito di
esprimere e diffondere i suoi valori, almeno fin quando io sarò qui».
Ma non è stata sempre così la Chiesa.
«Non è quasi mai stata così. Molto spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata
dal temporalismo e molti membri ed alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo
di sentire. Ma ora lasci a me di farle una domanda: lei, laico non credente in Dio, in
che cosa crede? Lei è uno scrittore e un uomo di pensiero. Crederà dunque a
qualcosa, avrà un valore dominante. Non mi risponda con parole come l’onestà, la
ricerca, la visione del bene comune; tutti principi e valori importanti, ma non è questo
che le chiedo. Le chiedo che cosa pensa dell’essenza del mondo, anzi dell’universo. Si
domanderà certo, come tutti, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Se le pone
anche un bambino queste domande. E lei?».
Le sono grato di questa domanda. La risposta è questa: io credo nell’Essere, cioè nel
tessuto dal quale sorgono le forme, gli Enti.
«E io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio. E
credo in Gesù Cristo, sua incarnazione. Gesù è il mio maestro e il mio pastore, ma Dio,
il Padre, Abbà, è la luce e il Creatore. Questo è il mio Essere. Le sembra che siamo
molto distanti?»
Siamo distanti nei pensieri, ma simili come persone umane, animate inconsapevolmente
dai nostri istinti che si trasformano in pulsioni, sentimenti, volontà, pensiero e ragione.
In questo siamo simili.
«Ma quello che voi chiamate l’Essere vuole definire come lei lo pensa?».
L’Essere è un tessuto di energia. Energia caotica ma indistruttibile e in eterna caoticità.
Da quell’energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere.
Le forme hanno le loro leggi, i loro campi magnetici, i loro elementi chimici, che si
combinano casualmente, evolvono, infine si spengono ma la loro energia non si
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
distrugge. L’uomo è probabilmente il solo animale dotato di pensiero, almeno in
questo nostro pianeta e sistema so-lare. Ho detto è animato da istinti e desideri ma
aggiungo che contiene anche dentro di sé una risonanza, un’eco, una vocazione di
caos.
«Va bene. Non volevo che mi facesse un compendio della sua filosofia e mi ha detto
quanto mi basta. Osservo dal canto mio che Dio è luce che illumina le tenebre anche
se non le dissolve e una scintilla di quella luce divina è dentro ciascuno di noi. Nella
lettera che le scrissi ricordo d’averle detto che anche la nostra specie finirà ma non
finirà la luce di Dio che a quel punto invaderà tutte le anime e tutto sarà in tutti».
Sì, lo ricordo bene, disse “tutta la luce sarà in tutte le anime” il che -se posso
permettermi -dà più una figura di immanenza che di trascendenza.
«La trascendenza resta perché quella luce, tutta in tutti, trascende l’universo e le
specie che in quella fase lo popolano. Ma torniamo al presente. Abbiamo fatto un
passo avanti nel nostro dialogo. Abbiamo constatato che nella società e nel mondo in
cui viviamo l’egoismo è aumentato assai più dell’amore per gli altri e gli uomini di
buona volontà debbono operare, ciascuno con la propria forza e competenza, per
far sì che l’amore verso gli altri aumenti fino ad eguagliare e possibilmente superare
l’amore per se stessi».
Qui anche la politica è chiamata in causa.
«Sicuramente. Personalmente penso che il cosiddetto liberismo selvaggio non faccia
che rendere i forti più forti, i deboli più deboli e gli esclusi più esclusi. Ci vuole grande
libertà, nessuna discriminazione, non demagogia e molto amore. Ci vogliono regole di
comportamento ed anche, se fosse necessario, interventi diretti dello Stato per
correggere le disuguaglianze più intollerabili».
Santità, lei è certamente una persona di grande fede, toccato dalla grazia, animato
dalla volontà di rilanciare una Chiesa pastorale, missionaria, rigenerata e non
temporalistica. Ma da come parla e da quanto io capisco, Lei è e sarà un Papa
rivoluzionario. Per metà gesuita, per metà uomo di Francesco, un connubio che forse
non si era mai visto. E poi, le piacciono i “Promessi Sposi” di Manzoni, Holderlin,
Leopardi e soprattutto Dostoevskij, il film “La strada” e “Prova d’orchestra” di Fellini,
“Roma città aperta” di Rossellini ed anche i film di Aldo Fabrizi.
«Quelli mi piacciono perché li vedevo con i miei genitori quando ero bambino».
Ecco. Posso suggerirle di vedere due film usciti da poco? “Viva la libertà” e il film su
Fellini di Ettore Scola. Sono certo che le piaceranno. Sul potere gli dico: lo sa che a
vent’anni ho fatto un mese e mezzo di esercizi spirituali dai gesuiti? C’erano i nazisti a
Roma e io avevo disertato dalla leva militare. Eravamo punibili con la condanna a
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
morte. I gesuiti ci ospitarono a condizione che facessimo gli esercizi spirituali per tutto
il tempo in cui eravamo nascosti nella loro casa e così fu.
«Ma è impossibile resistere ad un mese e mezzo di esercizi spirituali» dice lui
stupefatto e divertito. Gli racconterò il seguito la prossima volta. Ci abbracciamo.
Saliamo la breve scala che ci divide dal portone. Prego il Papa di non
accompagnarmi ma lui esclude con un gesto. «Parleremo anche del ruolo delle donne
nella Chiesa. Le ricordo che la Chiesa è femminile».
E parleremo se Lei vuole anche di Pascal. Mi piacerebbe sapere come la pensa su
quella grande anima.
«Porti a tutti i suoi familiari la mia benedizione e chieda che preghino per me. Lei mi
pensi, mi pensi spesso».
Ci stringiamo la mano e lui resta fermo con le due dita alzate in segno di
benedizione. Io lo saluto dal finestrino. Questo è Papa Francesco. Se la Chiesa
diventerà come lui la pensa e la vuole sarà cambiata un’epoca.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
APPENDICI
CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DAL VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO IN
OCCASIONE DELLA XXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
Padre Lombardi:
Allora, cari amici, abbiamo la gioia di avere con noi in questo viaggio di ritorno, il
Santo Padre Francesco; è stato così gentile da darci un buon tempo ampio per fare
con noi un bilancio del viaggio e rispondere con totale libertà alle vostre domande.
Io do a lui la parola per una piccola introduzione e poi dopo cominciamo con la lista
di quelli che si sono iscritti a parlare e li prendiamo un po’ dai diversi gruppi
nazionali e linguistici. Allora, a Lei, Santità, la parola per iniziare.
Papa Francesco:
Buonasera, e grazie tante. Io sono contento. E’ stato un viaggio bello, spiritualmente
mi ha fatto bene. Sono stanco, abbastanza, ma con il cuore allegro, e sto bene,
bene: mi ha fatto bene spiritualmente. Trovare la gente fa bene, perché il Signore
lavora in ognuno di noi, lavora nel cuore, e la ricchezza del Signore è tanta che
sempre possiamo ricevere tante cose belle dagli altri. E questo a me fa bene.
Questo, come un primo bilancio. Poi dirò che la bontà, il cuore del popolo brasiliano
è grande, è vero: è grande. E’ un popolo tanto amabile, un popolo che ama la
festa, che anche nella sofferenza sempre trova una strada per cercare il bene da
qualche parte. E questo va bene: è un popolo allegro, il popolo ha sofferto tanto! E’
contagiosa l’allegria dei brasiliani, è contagiosa! E ha un grande cuore, questo
popolo. Poi, dirò degli organizzatori, tanto da parte nostra, come da parte dei
brasiliani; ma io ho sentito che mi trovavo davanti un computer, quel computer
incarnato … Ma davvero! Era tutto cronometrato, no? Ma bello. Poi, abbiamo avuto
problemi con le ipotesi di sicurezza: la sicurezza di qua, la sicurezza di là; non c’è
stato un incidente in tutta Rio de Janeiro, in questi giorni, e tutto era spontaneo. Con
meno sicurezza, io ho potuto stare con la gente, abbracciarla, salutarla, senza
macchine blindate… è la sicurezza di fidarsi di un popolo. E’ vero che sempre c’è il
pericolo che ci sia un pazzo … eh, sì, che ci sia un pazzo che faccia qualcosa; ma
anche c’è il Signore! Ma, fare uno spazio di blindaggio tra il vescovo e il popolo è
una pazzia, e io preferisco questa pazzia: fuori, e correre il rischio dell’altra pazzia.
Preferisco questa pazzia: fuori. La vicinanza fa bene a tutti.Poi, l’organizzazione
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
della Giornata, non qualcosa di preciso, ma tutto: la parte artistica, la parte
religiosa, la parte catechetica, la parte liturgica… è stato bellissimo! Loro hanno una
capacità di esprimersi nell’arte. Ieri, per esempio, hanno fatto cose bellissime,
bellissime! Poi, Aparecida: Aparecida per me è un’esperienza religiosa forte.
Ricordo la Quinta Conferenza. Io sono stato lì a pregare, a pregare. Io volevo
andare solo, un po’ di nascosto, ma c’era una folla impressionante! Ma, non è
possibile, quello lo sapevo prima di arrivare. E abbiamo pregato, noi. Non so …
una cosa … ma anche da parte vostra. Il vostro lavoro è stato, mi dicono – io non ho
letto i giornali in questi giorni, non avevo tempo, non ho visto la tv, niente –, ma mi
dicono che è stato un lavoro buono, buono, buono! Grazie, grazie per la
collaborazione, grazie di avere fatto questo. Poi il numero, il numero dei giovani.
Oggi – io non posso crederlo – ma oggi il Governatore parlava di tre milioni. Non
posso crederlo. Ma dall’altare – quello è vero! – non so se voi, alcuni di voi siete
stati all’altare: dall’altare, alla fine, c’era tutta la spiaggia piena, fino alla curva;
più di quattro chilometri. Ma, tanti giovani. E dicono, mi ha detto Mons. Tempesta,
che erano di 178 Paesi: 178! Anche il Vicepresidente mi ha detto questo numero:
quello è sicuro. E’ importante! Forte!
Juan de Lara (spagnolo, Efe)
Santità, buona notte. A nome di tutti i colleghi vogliamo ringraziarla per questi
giorni che ci ha regalato in Rio de Janeiro, per il lavoro che ha fatto e lo sforzo che
ci ha messo. Ed anche, a nome di tutti i giornalisti spagnoli, la vogliamo ringraziare
delle preghiere e dei gesti per le vittime dell’incidente ferroviario di Santiago de
Compostela. Moltissime grazie. La prima domanda non ha molto a che vedere con il
viaggio, ma cogliamo l’occasione che ci dà questa possibilità, e vorrei domandarle:
Santità, in questi quattro mesi di Pontificato abbiamo visto che ha creato diverse
Commissioni per riformare la Curia. Vorrei domandarle: Che tipo di riforma ha in
mente, contempla la possibilità di sopprimere lo IOR, la cosiddetta Banca del
Vaticano? Grazie.
Papa Francesco:
I passi che ho fatto in questi quattro mesi e mezzo vengono da due versanti: il
contenuto di quello che si doveva fare, tutto, viene dal versante delle Congregazioni
Generali dei cardinali. Erano cose che noi cardinali abbiamo chiesto a colui che
sarebbe diventato il nuovo Papa. Io mi ricordo che chiesi molte cose, pensando che
sarebbe stato un altro… Chiedevamo di far questo, per esempio la Commissione di
otto cardinali, sappiamo che è importante avere una Consulta outsider, non le
Consulte che già vi sono, ma outsider. Questo va ogni volta nella linea - qui faccio
come un’astrazione, pensando, però lo faccio per spiegarlo - nella linea della
maturazione della relazione tra sinodalità e primato. Ossia, questi otto cardinali
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
favoriscono la sinodalità, aiutano i diversi episcopati del mondo ad esprimersi nello
stesso governo della Chiesa. Ci sono molte proposte che sono state fatte e che
tuttavia non sono state ancora messe in pratica, come la riforma della Segreteria
del Sinodo, nella metodologia; come la Commissione post-sinodale, che abbia
carattere permanente di consulta; come i concistori cardinalizi, con tematiche non
tanto formali - come per esempio, la canonizzazione, ma anche altre tematiche,
eccetera. Bene, il versante dei contenuti viene da lì! Il secondo versante è
l’opportunità. Vi confesso che a me non è costato, il primo mese di Pontificato,
organizzare la Commissione degli otto cardinali, che è un primo punto. La parte
economica pensavo di trattarla il prossimo anno, perché non è la cosa più
importante che bisognava trattare. Ma l’agenda è cambiata a causa delle
circostanze che voi conoscete e che sono di dominio pubblico; sono apparsi
problemi che dovevano essere affrontati. Il primo: il problema dello IOR, ossia,
come incamminarlo, come delinearlo, come riformularlo, come sanare quello che c’è
da sanare, e qui c’è la prima Commissione di riferimento, questo è il nome. Voi
conoscete il chirografo, quello che si chiede, quelli che la integrano, tutto. Poi
abbiamo avuto la riunione della Commissione dei 15 cardinali che si occupano degli
aspetti economici della Santa Sede. Provengono da tutte le parti del mondo. E lì,
preparando questa riunione, si vide la necessità di fare una unica Commissione di
riferimento per tutta l’economia della Santa Sede. Ossia fu affrontato il problema
economico fuori agenda, però queste cose succedono quando nell’ufficio di governo
uno va da una parte, ma gli tirano una pallonata dall’altra parte, e la devi parare.
Non è così? Quindi, la vita è così, ma anche questo è il bello della vita. Ripeto la
domanda che mi ha fatto sullo IOR, scusate, sto parlando in castigliano. Scusate, la
risposta mi veniva in castigliano.
Con riferimento a quella domanda che mi faceva dello IOR, io non so come finirà lo
IOR; alcuni dicono che, forse, è meglio che sia una banca, altri che sia un fondo di
aiuto, altri dicono di chiuderlo. Mah! Si sentono queste voci. Io non so. Io mi fido del
lavoro delle persone dello IOR, che stanno lavorando su questo, anche della
Commissione. Il Presidente dello IOR rimane, lo stesso che era prima; invece il
Direttore e il Vicedirettore hanno dato le dimissioni. Ma questo, io non saprei dirle
come finirà questa storia, e questo è bello anche, perché si trova, si cerca; siamo
umani, in questo; dobbiamo trovare il meglio. Ma, questo sì; ma le caratteristiche
dello IOR – sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia - trasparenza e
onestà. Questo dev’essere così. Grazie.
Andrea Tornielli (la Stampa)
Santo Padre, avrei una domanda un po’ forse indiscreta: ha fatto il giro del mondo
la fotografia, quando siamo partiti, di Lei che sale la scaletta dell’aereo portando
una borsa nera, e ci sono stati articoli in tutto il mondo che hanno commentato questa
novità: sì, del Papa che sale … non accadeva, diciamo, che il Papa salisse con il suo
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
bagaglio a mano. Allora, ci sono state anche ipotesi su che cosa contenesse la borsa
nera. Allora, le mie domande sono: uno, perché ha portato Lei la sua borsa nera e
non l’ha portata un collaboratore, e due, se può dirci che cosa c’era dentro …
Grazie.
Papa Francesco:
Non c’era la chiave della bomba atomica! Mah! La portavo perché sempre ho fatto
così: io, quando viaggio, la porto. E dentro, cosa c’è? C’è il rasoio, c’è il breviario,
c’è l’agenda, c’è un libro da leggere – ne ho portato uno su Santa Teresina di cui io
sono devoto. Io sono andato sempre con la borsa quando viaggio: è normale. Ma
dobbiamo essere normali … Non so … è un po’ strano per me quello che tu mi dici,
che ha fatto il giro del mondo quella foto. Ma dobbiamo abituarci ad essere
normali. La normalità della vita. Non so, Andrea, se ti ho risposto…
Aura Miguel (portoghese, Radio Renascença)
Santità, volevo chiedere perché Lei chiede così insistentemente che si preghi per Lei?
Non è normale, abituale, ascoltare un Papa chiedere così tanto di pregare per Lui
…
Papa Francesco:
Io sempre ho chiesto questo. Quando ero prete lo chiedevo, ma non tanto
frequentemente; ho cominciato a chiederlo con una certa frequenza nel lavoro di
vescovo, perché io sento che se il Signore non aiuta in questo lavoro di aiutare il
Popolo di Dio ad andare avanti, uno non può… Io davvero mi sento con tanti limiti,
con tanti problemi, anche peccatore - voi lo sapete! - e devo chiedere questo. Ma,
mi viene da dentro! Anche alla Madonna chiedo che preghi per me il Signore. E’
un’abitudine, ma è un’abitudine che mi viene dal cuore e anche dalla necessità che
ho per il mio lavoro. Io sento che devo chiedere… non so, è così…
Philip Pullella (di lingua inglese)
Santità, grazie per la sua disponibilità, a nome del gruppo inglese. Il collega de
Lara ha già fatto la domanda che noi volevamo fare, quindi proseguo un po’ su
quelle linee lì, poco, però: Lei, nella ricerca di fare questi cambiamenti, mi ricordo
che Lei ha detto al gruppo di America Latina che ci sono tanti santi che lavorano in
Vaticano, ma anche persone che sono un po’ meno sante, no? Lei ha trovato
resistenza a questo suo desiderio di cambiare le cose in Vaticano? Ha trovato
resistenza? La seconda domanda è: Lei vive in un modo molto austero, è rimasto
a Santa Marta, eccetera… Lei vuole che i Suoi collaboratori, anche i cardinali,
seguano questo esempio e forse vivano in comunità, o è una cosa solo per Lei?
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Papa Francesco:
I cambiamenti… i cambiamenti vengono anche da due versanti: quello che noi
cardinali abbiamo chiesto, e quello che viene dalla mia personalità. Lei parlava del
fatto che sono rimasto a Santa Marta: ma io non potrei vivere da solo nel Palazzo, e
non è lussuoso. L’appartamento pontificio non è tanto lussuoso! E’ largo, è grande,
ma non è lussuoso. Ma io non posso vivere da solo o con un piccolo gruppetto! Ho
bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente… E per questo quando i
ragazzi delle scuole gesuite mi hanno fatto la domanda: “Perché Lei? Per austerità,
per povertà?”. No, no: per motivi psichiatrici, semplicemente, perché
psicologicamente non posso. Ognuno deve portare avanti la sua vita, con il suo
modo di vivere, di essere. I cardinali che lavorano in Curia non vivono da ricchi e da
fastosi: vivono in un appartamentino, sono austeri, loro, sono austeri. Quelli che
conosco, questi appartamenti che l’APSA dà ai cardinali. Poi, mi sembra che ci sia
un’altra cosa che volevo dire. Ognuno deve vivere come il Signore gli chiede di
vivere. Ma l’austerità – un’austerità generale – credo che sia necessaria per tutti noi
che lavoriamo al servizio della Chiesa. Ci sono tante sfumature sulle austerità…
ognuno deve cercare il suo cammino. Rispetto ai santi, questo è vero, ce ne sono,
santi: cardinali, preti, vescovi, suore, laici; gente che prega, gente che lavora tanto,
e anche che va dai poveri, di nascosto. Io so di alcuni che si preoccupano di dare da
mangiare ai poveri o poi, nel tempo libero, vanno a fare ministero in una chiesa o in
un’altra… Sono preti. Ci sono santi in Curia. E anche c’è qualcuno che non è tanto
santo, e questi sono quelli che fanno più rumore. Voi sapete che fa più rumore un
albero che cade di una foresta che cresce. E questo a me fa dolore quando ci sono
queste cose. Ma ci sono alcuni che danno scandalo, alcuni. Noi abbiamo questo
monsignore in galera, credo che ancora prosegue in galera; non è andato in galera
perché assomigliava alla beata Imelda precisamente, non era un Beato. Sono
scandali, questi, che fanno male. Una cosa - questo non l’ho mai detto, ma me ne
sono accorto - credo che la Curia sia un poco calata dal livello che aveva un tempo,
di quei vecchi curiali… il profilo del vecchio curiale, fedele, che faceva il suo lavoro.
Abbiamo bisogno di queste persone. Credo… ci sono, ma non sono tanti come un
tempo. Il profilo del vecchio curiale: io direi così. Dobbiamo averne di più, di questi.
Se trovo resistenza? Mah! Se c’è resistenza, ancora io non l’ho vista. E’ vero che non
ho fatto tante cose, ma si può parlare che sì, io ho trovato aiuto, e anche ho trovato
gente leale. Per esempio, a me piace quando una persona mi dice: “Io non sono
d’accordo”, e questo l’ho trovato. “Ma questo non lo vedo, non sono d’accordo: io lo
dico, Lei faccia”. Questo è un vero collaboratore. E questo l’ho trovato, in Curia. E
questo è buono. Ma quando ci sono quelli che dicono: “Ah, che bello, che bello, che
bello”, e poi dicono il contrario dall’altra parte… Ancora non me ne sono accorto.
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Forse sì, ci sono alcuni, ma non me ne sono accorto. La resistenza: in quattro mesi non
si può trovare tanto …
Patricia Zorzan (brasiliana)
Parlando a nome dei brasiliani. La società è cambiata, i giovani sono cambiati e si
vedono in Brasile tanti giovani. Lei non ha parlato sull’aborto, sul matrimonio tra
persone dello stesso sesso. In Brasile è stata approvata una legge che amplia il
diritto all’aborto e ha permesso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Perché
non ha parlato su questo?]
Papa Francesco:
La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo. Non era necessario tornarci,
come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali
la Chiesa ha una dottrina chiara!
Patricia Zorzan:
Ma è un argomento che interessa ai giovani…
Papa Francesco:
[Sì, ma non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il
cammino ai ragazzi. Non è vero? Inoltre, i giovani sanno perfettamente qual è la
posizione della Chiesa!
Patricia Zorzan:
Qual è la posizione di Vostra Santità, ce ne può parlare?
Papa Francesco:
Quella della Chiesa. Sono figlio della Chiesa!
Antoine-Marie Izoard (francese)
Buongiorno, Santità. A nome dei colleghi di lingua francese del volo – siamo 9 su
questo volo. Per un Papa che non vuole fare interviste, veramente Le siamo grati. Lei
dal 13 marzo già si presenta come il Vescovo di Roma, con una grandissima,
fortissima insistenza. Quindi, vorremmo capire qual è il senso profondo di questa
insistenza, se per caso più che di collegialità si parla forse di ecumenismo, per caso,
di essere primus inter pares della Chiesa? Grazie.
Papa Francesco:
Si, in questo non si deve andare più avanti di quello che si dice. Il Papa è vescovo,
Vescovo di Roma, e perché è Vescovo di Roma è successore di Pietro, Vicario di
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Cristo. Sono altri titoli, ma il primo titolo è “Vescovo di Roma”, e da lì viene tutto.
Parlare, pensare che questo voglia dire essere primus inter pares, no, questo non è
conseguenza di questo. Semplicemente, è il titolo primo del Papa: Vescovo di Roma.
Ma ci sono anche gli altri … Credo che lei abbia detto qualcosa di ecumenismo:
credo che questo favorisca un po’ l’ecumenismo. Ma, soltanto questo …
Dario Menor Torres (de La Razón, della Spagna)
Una domanda sui suoi sentimenti. Una settimana fa lei ha commentato di come un
bambino le chiese come si sentiva, se qualcuno si poteva immaginare di essere Papa
e se poteva desiderare di esserlo. Lei disse che bisognava essere pazzi per questo.
Dopo la sua prima esperienza tra la moltitudine di gente, come sono stati questi
giorni in Rio, può raccontare come si sente ad essere Papa, se è molto duro, se è
felice nell’esserlo, e se ancora, in qualche modo, ha accresciuto la sua fede o, al
contrario, ha avuto qualche dubbio. Grazie.
Papa Francesco:
Fare il lavoro di vescovo è una cosa bella, è bella. Il problema è quando uno cerca
quel lavoro: questo non è tanto bello, questo non è del Signore. Ma quando il
Signore chiama un prete a diventare vescovo, questo è bello. C’è sempre il pericolo
di pensarsi un po’ superiori agli altri, non come gli altri, un po’ principe. Sono
pericoli e peccati. Ma il lavoro di vescovo è bello: è aiutare i fratelli ad andare
avanti. Il vescovo davanti ai fedeli, per segnare la strada; il vescovo in mezzo ai
fedeli, per aiutare la comunione; e il vescovo dietro ai fedeli, perché i fedeli tante
volte hanno il fiuto della strada. Il vescovo dev’essere così. La domanda diceva se a
me piaceva? A me piace fare il vescovo, mi piace. A Buenos Aires ero tanto felice,
tanto felice! Sono stato felice, è vero. Il Signore mi ha assistito in quello. Ma come
prete sono stato felice, e come vescovo sono stato felice. In questo senso dico: mi
piace!
Domanda fuori campo:
E fare il Papa?
Papa Francesco:
Anche, anche! Quando il Signore ti mette lì, se tu fai quello che il Signore vuole, sei
felice. Questo è il mio sentimento, quello che sento.
Salvatore Mazza ( “Avvenire”)
Non riesco neanche ad alzarmi. Mi scuso, non riesco neanche ad alzarmi in piedi per
tutti i fili che ho sotto i piedi. Noi abbiamo visto in questi giorni, L’abbiamo vista
pieno di energie anche a sera tardi; La stiamo vedendo adesso con l’aereo che
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
balla, che sta tranquillamente in piedi, senza un attimo di esitazione. Volevamo
chiederLe: si parla molto di prossimi viaggi. Si parla dell’Asia, di Gerusalemme,
dell’Argentina. Lei ha già un calendario più o meno definito per il prossimo anno,
oppure è ancora tutto da vedere?
Papa Francesco:
Definito - definito non c’è niente. Ma posso dirle qualcosa a cui si sta pensando. E’
definito – scusi - il 22 settembre a Cagliari. Poi, il 4 ottobre ad Assisi. In mente,
dentro l’Italia, io vorrei andare a trovare i miei, una giornata: andare con l’aereo la
mattina e tornare con l’altro, perché loro, poverini, mi chiamano e abbiamo un buon
rapporto. Ma soltanto un giorno. Fuori d’Italia: il Patriarca Bartolomeo I vuole fare
un incontro per commemorare i 50 anni di Athenagora e Paolo VI a Gerusalemme.
Anche il Governo israeliano ha fatto un invito speciale per andare a Gerusalemme.
Credo che il Governo dell’Autorità palestinese lo stesso. Questo si sta pensando: non
si sa bene se si vada o non si vada… Poi, in America Latina credo che non ci sia
possibilità di tornare, perché il Papa latinoamericano, il primo viaggio in America
Latina… arrivederci! Dobbiamo aspettare un po’! Credo che si possa andare in
Asia, ma questo è tutto nell’aria. Ho avuto un invito per andare in Sri Lanka e anche
nelle Filippine. Ma in Asia si deve andare. Perché Papa Benedetto non ha avuto
tempo di andare in Asia, ed è importante. Lui è andato in Australia e poi in Europa
e in America, ma l’Asia… Andare in Argentina: in questo momento io credo che si
possa aspettare un po’, perché tutti questi viaggi hanno una certa priorità. Io volevo
andare a Costantinopoli, il 30 settembre, per fare visita a Bartolomeo I, ma non è
possibile, non è possibile per l’agenda mia. Se ci troviamo, lo faremo a
Gerusalemme.
Hada Messia (Stati Uniti, della CNN)
Salve … Lei si regge meglio di me … No, no, no: va bene, va bene. La mia
domanda è: quando ha incontrato i giovani argentini Lei, un po’ scherzando, forse
un po’ seriamente ha detto loro che Lei pure, qualche volta, si sente ingabbiato:
volevamo sapere a cosa si riferisse, esattamente…
Papa Francesco:
Lei sa quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma, perché a me
piaceva, a Buenos Aires, andare per la strada, mi piaceva tanto! In questo senso, mi
sento un po’ ingabbiato. Ma, questo devo dirlo perché sono tanto buoni questi della
Gendarmeria vaticana, sono buoni, buoni, buoni e sono loro riconoscente. Adesso mi
lasciano fare qualcosa in più. Io credo… il loro dovere è custodire la sicurezza.
Ingabbiato, in quel senso. A me piacerebbe andare per la strada, ma capisco che
non è possibile: lo capisco. In quel senso l’ho detto. Perché la mia abitudine era –
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
come diciamo noi di Buenos Aires – io ero un prete callejero …
Marcio Campos(brasiliano)
Sua Santità, Santo Padre, voglio dire che quando lei avrà nostalgia del Brasile, del
popolo brasiliano, allegro, abbracci la bandiera che Le ho consegnato. Vorrei anche
ringraziare i miei colleghi dei quotidiani Folha de São Paulo, Estado, Globo e Veja
per rappresentarli in questa domanda. Santo Padre, è difficile accompagnare un
Papa, molto difficile. Siamo tutti stanchi, Lei sta bene e noi siamo stanchi… In Brasile,
la Chiesa cattolica ha perso fedeli in questi ultimi anni. Il Movimento del
Rinnovamento Carismatico è una possibilità per evitare che i fedeli frequentino la
Chiesa pentecostale o altre Chiese pentecostali? Molte grazie per la sua presenza e
molte grazie per essere con noi.
Papa Francesco:
E’ molto vero quello che lei dice del calo dei fedeli: è vero, è vero. Ci sono
statistiche. Abbiamo parlato con i vescovi brasiliani del problema, in una riunione
che abbiamo avuto ieri. Lei domandava sul Movimento di Rinnovamento Carismatico.
Io vi dico una cosa. Negli anni, alla fine degli anni Settanta, inizio anni Ottanta, io
non li potevo vedere. Una volta, parlando di loro, avevo detto questa frase: “Questi
confondono una celebrazione liturgica con una scuola di samba!”. Questo l’ho detto
io. Mi sono pentito. Poi, ho conosciuto meglio. E’ anche vero che il movimento, con
buoni assessori, è andato su una bella strada. E adesso credo che questo movimento
faccia tanto bene alla Chiesa, in generale. A Buenos Aires, io li riunivo spesso e una
volta l’anno facevo una Messa con tutti loro in cattedrale. Li ho favoriti sempre,
quando io mi sono convertito, quando io ho visto il bene che facevano. Perché in
questo momento della Chiesa – e qui allargo un po’ la risposta – credo che i
movimenti siano necessari. I movimenti sono una grazia dello Spirito. “Ma, come si
può reggere un movimento che è tanto libero?”. Anche la Chiesa è libera! Lo Spirito
Santo fa quello che vuole. Poi, Lui fa il lavoro dell’armonia, ma credo che i
movimenti siano una grazia, quei movimenti che hanno lo spirito della Chiesa. Per
questo credo che il movimento del Rinnovamento carismatico non solo serva ad
evitare che alcuni passino alle confessioni pentecostali. Ma no! serve alla Chiesa
stessa! Ci rinnova. E ognuno cerca il proprio movimento secondo il proprio carisma,
dove lo porta lo Spirito.
Jean-Marie Guénois (de Le Figaro)
Santo Padre, una domanda con il mio collega di La Croix, anche: Lei ha detto che la
Chiesa senza la donna perde fecondità. Quali misure concrete prenderà? Per
esempio, il diaconato femminile o una donna a capo di un dicastero? E una
piccolissima domanda tecnica: Lei ha detto di essere stanco. Ha un allestimento
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
speciale per il ritorno? Grazie, Santità.
Papa Francesco:
Cominciamo dall’ultimo. Quest’aereo non ha allestimenti speciali. Io sono davanti,
una bella poltrona, comune, ma comune, quella che hanno tutti. Io ho fatto scrivere
una lettera e una chiamata telefonica per dire che io non volevo allestimenti speciali
sull’aereo: è chiaro? Secondo, la donna. Una Chiesa senza le donne è come il
Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la
maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine,
della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna
è più importante degli Apostoli! E’ più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è
sposa, è madre. Ma la donna, nella Chiesa, non solo deve … non so come si dice in
italiano … il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma,
come lavoratrice, limitata … No! E’ un’altra cosa! Ma i Papi… Paolo VI ha scritto
una cosa bellissima sulle donne, ma credo che si debba andare più avanti
nell’esplicitazione di questo ruolo e carisma della donna. Non si può capire una
Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che portano
avanti. Io penso un esempio che non ha niente a che vedere con la Chiesa, ma è un
esempio storico: in America Latina, il Paraguay. Per me, la donna del Paraguay è la
donna più gloriosa dell’America Latina. Tu sei paraguayo? Sono rimaste, dopo la
guerra, otto donne per ogni uomo, e queste donne hanno fatto una scelta un po’
difficile: la scelta di avere figli per salvare: la Patria, la cultura, la fede e la lingua.
Nella Chiesa, si deve pensare alla donna in questa prospettiva: di scelte rischiose,
ma come donne. Questo si deve esplicitare meglio. Credo che noi non abbiamo fatto
ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare questo,
può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la
presidentessa della Caritas … Ma, c’è di più! Bisogna fare una profonda teologia
della donna. Questo è quello che penso io.
Pablo Ordaz (de El País)
Vorremmo sapere quale sia la sua relazione di lavoro, non solo di amicizia, e di
collaborazione con Benedetto XVI. Non c’è mai stata prima una circostanza simile; e
se ha contatti frequenti e la sta aiutando in questo lavoro. Molte grazie.]
Papa Francesco:
Credo che l’ultima volta che ci sono stati due Papi, o tre Papi, non abbiano parlato
tra loro, stavano lottando per vedere chi fosse quello autentico. Sono arrivati ad
essere tre durante lo Scisma d’Occidente. C’è qualcosa…
C’è qualcosa che qualifica il mio rapporto con Benedetto: io gli voglio tanto bene.
Sempre gli ho voluto bene. Per me è un uomo di Dio, un uomo umile, un uomo che
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
prega. Io sono stato tanto felice quando lui è stato eletto Papa. Anche quando lui ha
dato le dimissioni, è stato per me un esempio di grandezza! Un grande. Soltanto un
grande fa questo! Un uomo di Dio e un uomo di preghiera. Lui adesso abita in
Vaticano, e alcuni mi dicono: ma come si può fare questo? Due Papi in Vaticano! Ma,
non ti ingombra lui? Ma lui non ti fa la rivoluzione contro? Tutte queste cose che
dicono, no? Io ho trovato una frase per dire questo: “E’ come avere il nonno a casa”,
ma il nonno saggio. Quando in una famiglia il nonno è a casa, è venerato, è amato,
è ascoltato. Lui è un uomo di una prudenza! Non si immischia. Io gli ho detto tante
volte: “Santità, lei riceva, faccia la sua vita, venga con noi”. E’ venuto per
l’inaugurazione e la benedizione della statua di San Michele. Ecco, quella frase dice
tutto. Per me è come avere il nonno a casa: il mio papà. Se io avessi una difficoltà o
una cosa che non ho capito, telefonerei: “Ma, mi dica, posso farlo, quello?”. E
quando sono andato per parlare di quel problema grosso, di Vatileaks, lui mi ha
detto tutto con una semplicità … al servizio. E’ una cosa che non so se voi la sapete,
credo di sì, ma non sono sicuro: quando ci ha parlato, nel discorso di congedo, il 28
febbraio, ci ha detto: “Fra voi c’è il prossimo Papa: io gli prometto obbedienza”.
Ma è un grande; questo è un grande!
Anna Ferreira(brasiliana)
Santo Padre, buonasera. Grazie. Vorrei dire “grazie” tante volte: grazie di avere
portato tanta allegria al Brasile, e grazie anche di rispondere alle nostre domande.
A noi giornalisti piace tanto fare domande. Vorrei sapere, perché ieri Lei ha detto
ai vescovi brasiliani della partecipazione delle donne nella nostra Chiesa. Vorrei
capire meglio: come dev’essere questa partecipazione di noi donne nella Chiesa? Se
Lei, cosa ne pensa anche dell’ordinazione delle donne? Come dev’essere la nostra
posizione nella Chiesa?
Papa Francesco:
Io vorrei spiegare un po’ quello che ho detto sulla partecipazione delle donne nella
Chiesa: non si può limitare al fatto che faccia la chierichetta o la presidentessa della
Caritas, la catechista… No! Deve essere di più, ma profondamente di più, anche
misticamente di più, con questo che io ho detto della teologia della donna. E, con
riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: “No”. L’ha
detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva. Quella è chiusa, quella
porta, ma su questo voglio dirti una cosa. L’ho detto, ma lo ripeto. La Madonna,
Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La
donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come, è quello che
dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una esplicitazione
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
teologica di questo. Grazie.
Gian Guido Vecchi(Corriere della Sera)
Padre Santo, Lei anche in questo viaggio ha parlato più volte di misericordia. A
proposito dell’accesso ai Sacramenti dei divorziati risposati, c’è la possibilità che
cambi qualcosa nella disciplina della Chiesa? Che questi Sacramenti siano
un’occasione per avvicinare queste persone, anziché una barriera che li divide dagli
altri fedeli?
Papa Francesco:
Questo è un tema che si chiede sempre. La misericordia è più grande di quel caso
che lei pone. Io credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di
epoca, anche tanti problemi della Chiesa - come una testimonianza non buona di
alcuni preti, anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del
clericalismo, per fare un esempio - hanno lasciato tanti feriti, tanti feriti. E la Chiesa
è Madre: deve andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si
stanca di perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare
i feriti. E’ mamma, la Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia. E
trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è tornato a
casa, il papà non gli ha detto: “Ma tu, senti, accomodati: che cosa hai fatto con i
soldi?”. No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha voluto parlare, ha parlato.
La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno… non solo aspettarli: andare a
trovarli! Questa è la misericordia. E io credo che questo sia unkairós: questo tempo è
un kairós di misericordia. Ma questa prima intuizione l’ha avuta Giovanni Paolo II,
quando ha incominciato con Faustina Kowalska, la Divina Misericordia… lui aveva
qualcosa, aveva intuito che era una necessità di questo tempo. Con riferimento al
problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati
possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione,
non possono. Io credo che questo sia necessario guardarlo nella totalità della
pastorale matrimoniale. E per questo è un problema. Ma anche - una parentesi - gli
Ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come
la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo
problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale
matrimoniale. E per questo, due cose; primo: uno dei temi da consultare con questi
otto del Consiglio dei cardinali, con i quali ci riuniremo l’1, il 2 e il 3 ottobre, è come
andare avanti nella pastorale matrimoniale, e questo problema uscirà lì. E, una
seconda cosa: è stato con me, quindici giorni fa, il segretario del Sinodo dei Vescovi,
per il tema del prossimo Sinodo. Era un tema antropologico, ma parlando e
riparlando, andando e tornando, abbiamo visto questo tema antropologico: la fede
come aiuta la pianificazione della persona, ma nella famiglia, e andare quindi sulla
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
pastorale matrimoniale. Siamo in cammino per una pastorale matrimoniale un po’
profonda. E questo è un problema di tutti, perché ci sono tanti, no? Per esempio, ne
dico uno soltanto: il cardinale Quarracino, il mio predecessore, diceva che per lui la
metà dei matrimoni sono nulli. Ma diceva così, perché? Perché si sposano senza
maturità, si sposano senza accorgersi che è per tutta la vita, o si sposano perché
socialmente si devono sposare. E in questo entra anche la pastorale matrimoniale. E
anche il problema giudiziale della nullità dei matrimoni, quello si deve rivedere,
perché i Tribunali ecclesiastici non bastano per questo. E’ complesso, il problema
della pastorale matrimoniale. Grazie.
Carolina Pigozzi (Paris Match)
Buona sera, Santo Padre. Vorrei sapere se Lei, da quando è Papa, si sente ancora
gesuita …
Papa Francesco:
E’ una domanda teologica, perché i gesuiti fanno voto di obbedire al Papa. Ma se il
Papa è gesuita, forse deve far voto di obbedire al Generale dei gesuiti… Non so
come si risolve questo … Io mi sento gesuita nella mia spiritualità; nella spiritualità
degli Esercizi, la spiritualità, quella che io ho nel cuore. Ma tanto mi sento così che
fra tre giorni andrò a festeggiare con i gesuiti la festa di Sant’Ignazio: dirò la
Messa al mattino. Non ho cambiato di spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi
sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come
gesuita. Grazie a lei.
Nicole Winfield (Associated Press)
Santità, grazie di nuovo per essere venuto “tra i leoni”. Santità, al quarto mese del
suo pontificato, volevo chiederle di fare un piccolo bilancio. Ci può dire quale è
stata la cosa migliore di essere Papa, un aneddoto, e quale la cosa peggiore, e
qual è la cosa che l’ha sorpresa di più in questo periodo?
Papa Francesco:
Ma non so come rispondere a questo, davvero. Cose grosse, cose grosse non sono
state. Cose belle sì; per esempio, l’incontro con i Vescovi italiani è stato tanto bello,
tanto bello. Come Vescovo della capitale d’Italia, mi sono sentito con loro a casa. E
quello è stato bello, ma non so se sia stato il migliore. Anche una cosa dolorosa, ma
che è entrata abbastanza nel mio cuore, la visita a Lampedusa. Ma quello è di
piangere, mi ha fatto bene quello. Ma quando arrivano queste barche li lasciano
alcune miglia prima della costa e loro devono, con la barca, arrivare da soli. E
questo mi fa dolore perché penso che queste persone sono vittime di un sistema
socio-economico mondiale. Ma la cosa peggiore – mi scusi – che mi è venuta è una
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
sciatica – davvero! – che ho avuto il primo mese perché per fare le interviste mi
accomodavo in una poltrona e questo mi ha fatto un po’ male. E’ una sciatica
dolorosissima, dolorosissima! Non l’auguro a nessuno! Ma queste cose: parlare con la
gente; l’incontro con i seminaristi e le religiose è stato bellissimo, è stato bellissimo.
Anche l’incontro con gli alunni dei collegi gesuiti è stato bellissimo, cose buone.
Domanda:
Qual è la cosa che l’ha più sorpresa?
Papa Francesco:
Le persone, le persone, le persone buone che ho trovato. Ho trovato tante persone
buone in Vaticano. Ho pensato cosa dire, ma quello è vero. Io faccio giustizia,
dicendo questo: tante persone buone. Tante persone buone, tante persone buone,
ma buone buone buone!
Elisabetta ..
Papa Francesco, anzitutto a nome dei 50 mila argentini che ho incontrato lì e che mi
hanno detto “Viaggerai con il Papa, per favore, digli che è stato fantastico,
stupendo; domandagli quando verrà, ma lei ha già detto che non andrà… Quindi,
le faccio una domanda più difficile. Si è spaventato quando ha visto la relazione su
Vatileaks?
Papa Francesco:
No! Ti racconto un aneddoto sul rapporto “Vatileaks”. Quando andai a trovare
Papa Benedetto, dopo aver pregato nella cappella, siamo stati nel suo studio e ho
visto una grande scatola e una grossa busta. Scusi…
Benedetto mi ha detto, mi diceva: “In questa scatola grande ci sono tutte le
dichiarazioni, le cose che hanno detto i testimoni, tutti lì. Ma il riassunto e il giudizio
finale è in questa busta. E qui si dice ta-ta-ta…”. Aveva tutto in testa! Ma che
intelligenza! Tutto a memoria, tutto! Ma no, (parole in spagnolo) non mi sono
spaventato, no. No, no. Ma è un problema grosso, eh? Ma non mi sono spaventato.
Sergio Rubín (la REpubblica)
Santità, due cose. Questa è la prima: lei ha insistito molto sul fermare la perdita di
fedeli. In Brasile è stata molto forte. Spera che questo viaggio contribuisca a che la
gente ritorni alla Chiesa, si senta più vicina. E la seconda, più familiare: a lei
piaceva molto l’Argentina e aveva molto nel cuore Buenos Aires. Gli argentini si
chiedono se a lei non manchi tanto questa Buenos Aires, lei la percorreva in autobus,
in pulman, camminava per le strade. Molte grazie.
Pagina 79
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Papa Francesco:
Io credo che un viaggio papale sempre fa bene. E credo che al Brasile questo farà
bene, ma non soltanto la presenza del Papa, ma quello che in questa Giornata
della Gioventù si è fatto, loro si sono mobilizzati e loro faranno tanto bene, forse
aiuteranno tanto la Chiesa. Ma questi fedeli che se ne sono andati, tanti non sono
felici perché si sentono di appartenere alla Chiesa. Credo che questo sarà positivo,
non solo per il viaggio, ma soprattutto per la Giornata: la Giornata è stato un
evento meraviglioso. E di Buenos Aires, sì, alle volte mi manca. E quello si sente. Ma
è una mancanza serena, è una mancanza serena, è una mancanza serena. Ma io
credo che lei, Sergio, conosca meglio me di tutti gli altri, Lei può rispondere a questa
domanda. Con il libro che ha scritto!
Alexey Bukalov (russo)
Buonasera Santo Padre. Santo Padre, tornando all’ecumenismo: oggi gli ortodossi
festeggiano i 1.025 anni del cristianesimo, ci sono grandissimi festeggiamenti in
molte capitali. Se vuole fare un commento su questo fatto, sarò felice a questo
proposito. Grazie.
Papa Francesco:
Nelle Chiese ortodosse, hanno conservato quella pristina liturgia, tanto bella. Noi
abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione. Loro lo conservano, loro lodano Dio,
loro adorano Dio, cantano, il tempo non conta. Il centro è Dio, e questa è una
ricchezza che vorrei dire in questa occasione in cui Lei mi fa questa domanda. Una
volta, parlando della Chiesa occidentale, dell’Europa occidentale, soprattutto la
Chiesa più cresciuta, mi hanno detto questa frase: “Lux ex oriente, ex occidente
luxus”. Il consumismo, il benessere, ci hanno fatto tanto male. Invece voi conservate
questa bellezza di Dio al centro, la referenza. Quando si legge Dostoevskij - io
credo che per tutti noi deve essere un autore da leggere e rileggere, perché ha una
saggezza - si percepisce qual è l’anima russa, l’anima orientale. E’ una cosa che ci
farà tanto bene. Abbiamo bisogno di questo rinnovamento, di questa aria fresca
dell’Oriente, di questa luce dell’Oriente. Giovanni Paolo II lo aveva scritto nella sua
Lettera. Ma tante volte il luxus dell’Occidente ci fa perdere l’orizzonte. Non so, mi
viene questo di dire. Grazie.
Valentina Alazraki( messicana)
La domanda, da parte di tutti i messicani sarebbe: quando andrà a Guadalupe?...
Questa però è la domanda dei messicani … La mia sarebbe: lei canonizzerà due
grandi Papi: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Vorrei sapere qual è - secondo lei il modello di santità che emerge dall’uno e dall’altro e qual è l’impatto che hanno
Pagina 80
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
avuto nella Chiesa e in lei.
Papa Francesco:
Giovanni XXIII è un po’ la figura del “prete di campagna”, il prete che ama ognuno
dei fedeli, che sa curare i fedeli e questo lo ha fatto da vescovo, come nunzio. Ma
quante testimonianze di Battesimo false ha fatto in Turchia in favore degli ebrei! E’
un coraggioso, un prete di campagna buono, con un senso dell’umorismo tanto
grande, tanto grande, e una grande santità. Quando era nunzio, alcuni non gli
volevano tanto bene in Vaticano, e quando arrivava per portare cose o chiedere, in
certi uffici lo facevano aspettare. Mai si è lamentato: pregava il Rosario, leggeva il
Breviario, mai. Un mite, un umile, anche uno che si preoccupava per i poveri.
Quando il cardinal Casaroli è tornato da una missione - credo in Ungheria o in
quella che era la Cecoslovacchia di quel tempo, non ricordo quale delle due – è
andato da lui a spiegargli come era stata la missione, in quella epoca della
diplomazia dei “piccoli passi”. E hanno avuto l’udienza – 20 giorni dopo Giovanni
XXIII sarebbe morto - e mentre Casaroli se ne andava, lo fermò: “Ah Eminenza – no,
non era Eminenza – Eccellenza, una domanda: lei continua ad andare da quei
giovani?” Perché Casaroli andava al Carcere minorile di Casal del Marmo e
giocava con loro. E Casaroli ha detto: “Sì, sì!”. “Non li abbandoni mai”. Questo ad
un diplomatico, che arrivava dal fare un percorso di diplomazia, un viaggio così
impegnativo, Giovanni XXIII ha detto: “Non abbandoni mai i ragazzi”. Ma è un
grande, un grande! Poi quello del Concilio: è un uomo docile alla voce di Dio,
perché quello gli è venuto dallo Spirito Santo, gli è venuto e lui è stato docile. Pio XII
pensava di farlo, ma le circostanze non erano mature per farlo. Credo che questo
[Giovanni XXIII] non abbia pensato alle circostanze: lui ha sentito quello e lo ha
fatto. Un uomo che si lasciava guidare dal Signore. Di Giovanni Paolo II mi viene di
dire “il grande missionario della Chiesa”: è un missionario, è un missionario, un uomo
che ha portato il Vangelo dappertutto, voi lo sapete meglio di me. Ma Lei quanti
viaggi ha fatto? Ma andava! Sentiva questo fuoco di portare avanti la Parola del
Signore. E’ un Paolo, è un San Paolo, è un uomo così; questo per me è grande. E
fare la cerimonia di canonizzazione tutti e due insieme credo che sia un messaggio
alla Chiesa: questi due sono bravi, sono bravi, sono due bravi. Ma c’è in corso la
causa di Paolo VI ed anche di Papa Luciani: queste due sono in corso. Ma, ancora
una cosa che credo che io ho detto, ma non so se qui o da un’altra parte: la data di
canonizzazione. Si pensava l’8 dicembre di quest’anno, ma c’è un problema grosso;
quelli che vengono dalla Polonia, i poveri, perché quelli che hanno i mezzi possono
venire con l’aereo, ma quelli che vengono, i poveri, vengono in bus e già a dicembre
le strade hanno il ghiaccio e credo che si debba ripensare la data. Io ho parlato con
il cardinal Dziwisz e lui mi ha suggerito due possibilità: o Cristo Re di quest’anno, o
la Domenica della Misericordia del prossimo anno. Credo che sia poco tempo Cristo
Pagina 81
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Re di quest’anno, perché il Concistoro sarà il 30 settembre e a fine d’ottobre c’è
poco tempo, ma non so, devo parlare con il cardinal Amato su questo. Ma credo che
l’8 dicembre non sarà.
Domanda:
Ma saranno canonizzati insieme?
Papa Francesco:
Insieme tutti e due insieme, sì.
Ilze Scamparini:
Vorrei chiedere il permesso di fare una domanda un po’ delicata: anche un’altra
immagine ha girato un po’ il mondo, che è stata quella di mons. Ricca e delle notizie
sulla sua intimità. Vorrei sapere, Santità, cosa intende fare su questa questione?
Come affrontare questa questione e come Sua Santità intende affrontare tutta la
questione della lobby gay?
Papa Francesco:
Quello di mons. Ricca: ho fatto quello che il Diritto Canonico manda a fare, che è
la investigatio previa. E da questainvestigatio non c’è niente di quello di cui
l’accusano, non abbiamo trovato niente di quello. Questa è la risposta. Ma io vorrei
aggiungere un’altra cosa su questo: io vedo che tante volte nella Chiesa, al di fuori
di questo caso ed anche in questo caso, si vanno a cercare i “peccati di gioventù”,
per esempio, e questo si pubblica. Non i delitti, eh? i delitti sono un’altra cosa:
l’abuso sui minori è un delitto. No, i peccati. Ma se una persona, laica o prete o
suora, ha fatto un peccato e poi si è convertito, il Signore perdona, e quando il
Signore perdona, il Signore dimentica e questo per la nostra vita è importante.
Quando noi andiamo a confessarci e diciamo davvero: “Ho peccato in questo”, il
Signore dimentica e noi non abbiamo il diritto di non dimenticare, perché corriamo il
rischio che il Signore non si dimentichi dei nostri [peccati]. E’ un pericolo quello.
Questo è importante: una teologia del peccato. Tante volte penso a San Pietro: ha
fatto uno dei peggiori peccati, che è rinnegare Cristo, e con questo peccato lo
hanno fatto Papa. Dobbiamo pensare tanto. Ma, tornando alla Sua domanda più
concreta: in questo caso, ho fatto l’investigatio previa e non abbiamo trovato.
Questa è la prima domanda. Poi, Lei parlava della lobby gay. Mah! Si scrive tanto
della lobby gay. Io ancora non ho trovato chi mi dia la carta d’identità in Vaticano
con “gay”. Dicono che ce ne sono. Credo che quando uno si trova con una persona
così, deve distinguere il fatto di essere una persona gay, dal fatto di fare una
lobby, perché le lobby, tutte non sono buone. Quello è cattivo. Se una persona è
gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il
Pagina 82
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice aspetta un po’, come si dice… - e dice: “non si devono emarginare queste persone
per questo, devono essere integrate in società”. Il problema non è avere questa
tendenza, no, dobbiamo essere fratelli, perché questo è uno, ma se c’è un altro, un
altro. Il problema è fare lobby di questa tendenza: lobby di avari, lobby di politici,
lobby dei massoni, tante lobby. Questo è il problema più grave per me. E La
ringrazio tanto per aver fatto questa domanda. Grazie tante!
Padre Lombardi:
Grazie. Mi pare che più di così non si poteva fare. Abbiamo persino abusato del
Papa che ci aveva detto che era già un po’ stanco e gli auguriamo adesso di
riposarsi un poco.
Papa Francesco:
Grazie a voi, e buona notte, buon viaggio e buon riposo.
© Copyright - Libreria Editrice Vaticana
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IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
Sintesi delle riflessioni di Papa Francesco nelle
omelie della Messa che ogni mattina celebra nella
Domus Santa Marta
I SERVIZI SONO DE L’OSSERVATORE ROMANO E DELLA RADIO VATICANA

17 settembre 2013
IL PAPA: LA CHIESA È UNA MAMMA CORAGGIOSA CHE PORTA I SUOI
FIGLI ALL'INCONTRO CON GESÙ
La Chiesa ha il coraggio di una donna che difende i suoi figli per portarli all’incontro col
suo Sposo. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco ...

17 settembre 2013
PREGHIAMO PER I POLITICI PERCHÉ CI GOVERNINO BENE

Un buon cristiano partecipa attivamente alla vita politica e prega perché i politici amino il loro
popolo e lo servano con umiltà. È la riflessione ...
17 settembre 2013
COME UNA MAMMA CHE DIFENDE I SUOI FIGLI

Come una mamma che ci ama, ci difende, ci dà la forza per andare avanti nella lotta contro il male.
È questa l’immagine della Chiesa ...
16 settembre 2013
AMORE PER IL POPOLO E UMILTÀ, VIRTÙ NECESSARIE PER CHI
GOVERNA: COSÌ IL PAPA A SANTA MARTA

Umiltà e amore sono caratteristiche indispensabili per chi governa, mentre i cittadini, soprattutto se
cattolici, non possono disinteressarsi della politica: è quanto ha detto Papa ...
14 settembre 2013
IL PAPA: SOLO CON LA PREGHIERA E LE LACRIME SI PUÒ INTRAVEDERE
IL MISTERO GRANDE DELLA CROCE

Il mistero della Croce è un mistero grande per l’uomo e può essere avvicinato solo nella preghiera e
nelle lacrime: è quanto ha osservato Papa ...
14 settembre 2013
DALLE CHIACCHIERE MALEVOLE ALL'AMORE VERSO IL PROSSIMO
Le chiacchiere uccidono come e più delle armi. Su questo concetto Papa Francesco è tornato a parlare questa mattina,
venerdì 13 settembre, nella messa celebrata ...

14 settembre 2013
L’ALBERO DELLA CROCE
Storia dell’uomo e storia di Dio si intrecciano nella croce. Una storia essenzialmente di amore. Un mistero immenso,
che da soli non possiamo comprendere. Come ...

13 settembre 2013
IL PAPA: LE CHIACCHIERE SONO CRIMINALI PERCHÉ UCCIDONO DIO E IL
PROSSIMO
Chi parla male del prossimo è un ipocrita che non ha “il coraggio di guardare i propri difetti”. E’ il
monito levato da Papa Francesco, ...
Pagina 84
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO

13 settembre 2013
CONTEMPLARE GESÙ MITE E SOFFERENTE
Non è facile per i cristiani vivere secondo i principi e le virtù ispirati da Gesù . «Non è facile, ma –
ha detto Papa ...


12 settembre 2013
IL PAPA A SANTA MARTA: PER AMARE IL NEMICO CONTEMPLA LA
PASSIONE DI GESÙ E LA DOLCEZZA DI MARIA
“L’umanità sofferente” di Gesù e la “dolcezza” di Maria. Sono i due “poli” cui deve guardare il
cristiano per riuscire a vivere ciò che il ...
11 settembre 2013
CRISTIANI SENZA TIMORE VERGOGNA O TRIONFALISMO

Oggi nel mondo ci sono «tanti cristiani senza risurrezione». A loro Papa Francesco, durante la
messa celebrata questa mattina, martedì 10 settembre, a Santa Marta, ...
10 settembre 2013
IL PAPA: NO AD ATTEGGIAMENTI TRIONFALISTICI NELLA CHIESA,
ANNUNCIARE GESÙ SENZA TIMORE E VERGOGNA

I cristiani sono chiamati ad annunciare Gesù senza timore, senza vergogna e senza trionfalismo. E’
quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla ...
10 settembre 2013
GESÙ È LA SPERANZA
Fanno tristezza quei sacerdoti che hanno perso la speranza. Per questo Papa Francesco nella messa celebrata questa
mattina, lunedì 9 settembre, a Santa Marta, ha ...

09 settembre 2013
IL PAPA: LA SPERANZA CRISTIANA NON È OTTIMISMO, È MOLTO DI PIÙ, È
GESÙ

La virtù della speranza – forse meno conosciuta di quella della fede e della carità – non va mai
confusa con l’ottimismo umano, che è ...
07 settembre 2013
IL PAPA: GUARDARSI DA DEVOZIONI E RIVELAZIONI CHE NON PORTANO
A CRISTO, IL CENTRO SIA SEMPRE GESÙ

Il cristiano non deve mai dimenticare che il centro della sua vita è Gesù Cristo: è quanto
sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani ...
07 settembre 2013
NON C’È CRISTIANO SENZA GESÙ

Non c’è cristiano senza Gesù. E Gesù non c’è quando il cristiano risponde a comandamenti che non
portano a Cristo o non vengono da Cristo. ...
06 settembre 2013
PAPA FRANCESCO: LA CHIESA CUSTODISCE IL MATRIMONIO, IMMAGINE
DELL'UNIONE DI CRISTO CON LA CHIESA

Il cristiano sia sempre gioioso come quando si va a nozze. E’ quanto affermato da Papa Francesco
nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. ...
06 settembre 2013
ASCOLTO, RINUNCIA E MISSIONE
Quando il Signore passa nella nostra vita, ci dice sempre una parola e ci fa una promessa. Ma ci
chiede anche di spogliarci di qualcosa ...

06 settembre 2013
Pagina 85
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
LA GRAZIA DELLA GIOIA
Essere cristiano significa avere la gioia di appartenere totalmente a Cristo, «unico sposo della
Chiesa», e andare incontro a lui così come si va ad ...

05 settembre 2013
PAPA FRANCESCO: PER OGNI CRISTIANO GESÙ HA UNA PROMESSA E UNA
MISSIONE

Quando viene il Signore “ho paura che passi e non me ne accorga”. Con questa citazione di
Sant’Agostino, Papa Francesco ha iniziato l’omelia della Messa ...
04 settembre 2013
UNA LUCE MITE, UMILE E PIENA D'AMORE

L'umiltà, la mitezza, l'amore, l'esperienza della croce sono i mezzi attraverso i quali il Signore
sconfigge il male. E la luce che Gesù ha portato ...
03 settembre 2013
IL PAPA: GESÙ NON HA BISOGNO DI ESERCITI PER VINCERE IL MALE, LA
SUA FORZA È L'UMILTÀ

“Sempre dove è Gesù c’è umiltà, mitezza e amore”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella
Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ...
03 settembre 2013
LA MINACCIA DEL PETTEGOLEZZO

La lingua, le chiacchiere, il pettegolezzo sono armi che ogni giorno insidiano la nella comunità
umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere. Con esse ...
02 settembre 2013
MESSA DEL PAPA A SANTA MARTA: "MAI UCCIDERE IL PROSSIMO CON
LA NOSTRA LINGUA"

Dove c’è Dio non ci sono odio, invidia e gelosia e non ci sono quelle chiacchiere che uccidono i
fratelli: è quanto ha affermato Papa ...
07 luglio 2013
FRANCESCO, NELL'AULA PAOLO VI, AI GIOVANI IN CAMMINO
VOCAZIONALE RACCOMANDA UNA VITA COERENTE AL VANGELO

Date il vostro contributo per una “Chiesa fedele alla strada indicata da Gesù”; “siate contemplativi e
missionari”: così Papa Francesco ai tanti giovani in cammino ...
06 luglio 2013
IL PAPA: NON DOBBIAMO AVER PAURA DI RINNOVARE LE STRUTTURE
DELLA CHIESA

Essere cristiano “non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo”: è quanto
sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta, l’ultima ...
06 luglio 2013
RINNOVAMENTO SENZA TIMORI

Un invito a lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo, a non aver paura del nuovo, a non temere il
rinnovamento nella vita della Chiesa è stato ...
05 luglio 2013
LA MISERICORDIA, IL CUORE DEL MESSAGGIO DI DIO: COSÌ PAPA
FRANCESCO A SANTA MARTA
Il cuore del messaggio di Dio è la misericordia: è quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa
a Santa Marta commentando il Vangelo della chiamata ...

05 luglio 2013
Pagina 86
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
LA LIBERTÀ DEI FIGLI DI DIO

Se esistesse una «carta d’identità» per i cristiani, certamente la libertà figurerebbe fra i tratti
caratteristici. La libertà dei figli di Dio — ha spiegato ...
05 luglio 2013
MISERICORDIA, FESTA E MEMORIA

Lasciarsi guardare dalla misericordia di Gesù; fare festa con Lui; mantenere viva la «memoria» del
momento in cui abbiamo incontrato nella nostra vita la salvezza. ...
04 luglio 2013
PAPA FRANCESCO: SIAMO FIGLI DI DIO, NESSUNO CI PUÒ RUBARE
QUESTA CARTA D'IDENTITÀ

Noi siamo figli di Dio grazie a Gesù, nessuno ci può rubare questa carta d’identità: è quanto ha
affermato stamani Papa Francesco durante la Messa ...
03 luglio 2013
IL PAPA NELLA FESTA DI SAN TOMMASO: DIO SI INCONTRA BACIANDO LE
PIAGHE DI GESÙ NEI FRATELLI PIÙ DEBOLI

Per incontrare il Dio vivo è necessario baciare con tenerezza le piaghe di Gesù nei nostri fratelli
affamati, poveri, malati, carcerati: è quanto ha detto ...
03 luglio 2013
TOCCARE LE PIAGHE PER PROFESSARE GESÙ

Bisogna uscire da noi stessi e andare sulle strade dell’uomo per scoprire che le piaghe di Gesù sono
visibili ancora oggi sul corpo di tutti ...
02 luglio 2013
IL PAPA: FUGGIAMO DAL PECCATO SENZA AVERNE NOSTALGIA,
DOBBIAMO ESSERE FORTI NELLA DEBOLEZZA
Il cristiano è chiamato ad essere coraggioso nella propria debolezza. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella
Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il ...

01 luglio 2013
IL PAPA: PREGARE CON CORAGGIO E INSISTENZA PER TOCCARE IL
CUORE DI DIO

Dobbiamo pregare con coraggio il Signore, anche con insistenza come ha fatto Abramo. E’ quanto
affermato stamani da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa ...
01 luglio 2013
BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI PREGARE IL SIGNORE

Se si vuole ottenere qualcosa da Dio bisogna avere il coraggio di “negoziare” con lui attraverso una
preghiera insistente e convinta, fatta di poche parole. ...
29 giugno 2013
IL MISTERO DELLA PAZIENZA DI DIO

Non esiste «un protocollo dell’azione di Dio sulla nostra vita», ma possiamo esser certi che, prima o
poi, egli interviene «a modo suo». Per questo ...
28 giugno 2013
IL PAPA: IL CRISTIANO SIA PAZIENTE E IRREPRENSIBILE, CAMMINANDO
SEMPRE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE
Il Signore ci chiede di essere pazienti e irreprensibili, camminando sempre alla sua presenza. E’
quanto affermato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla Casa ...

28 giugno 2013
Pagina 87
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
CRISTIANI DI AZIONE E DI VERITÀ

C’è bisogno di «cristiani di azione e di verità», la cui vita sia «fondata sulla roccia di Gesù», e non
di «cristiani di parole», superficiali ...
27 giugno 2013
IL PAPA: FONDATE CON GIOIA LA VITA SU GESÙ ROCCIA, NO AI
“CRISTIANI SENZA CRISTO”

Ci sono persone che “si mascherano da cristiani” e peccano o di eccessiva superficialità o di troppa
rigidità, dimenticando che un vero cristiano è un ...
27 giugno 2013
LA GIOIA DELLA PATERNITÀ PASTORALE

La grazia della paternità. Si è incentrata su questo tema la riflessione di Papa Francesco durante la
messa di stamane, mercoledì 26 giugno, nella cappella ...
26 giugno 2013
IL PAPA: I PRETI ABBIANO LA GRAZIA DELLA PATERNITÀ SPIRITUALE.
GLI AUGURI AL CARD. DE GIORGI
Dio vuole che i sacerdoti vivano con pienezza una speciale grazia di “paternità”: quella spirituale
nei riguardi delle persone loro affidate. Lo ha affermato Papa ..

25 giugno 2013
IL PAPA: ESSERE CRISTIANO NON È UNA CASUALITÀ, MA UNA
CHIAMATA D'AMORE

Essere cristiano è una chiamata d’amore, una chiamata a diventare figli di Dio. E’ quanto
sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. ...
25 giugno 2013
L’ESEMPIO DI GIOVANNI VOCE DELLA PAROLA

Una Chiesa ispirata alla figura di Giovanni il Battista: che «esiste per proclamare, per essere voce di
una parola, del suo sposo che è la ...
25 giugno 2013
LA CHIAMATA DI ABRAMO

La strada per la pace in Medio Oriente è quella indicata dalla «saggezza» di Abramo, padre comune
nella fede per ebrei, cristiani e musulmani. Lo ...
24 giugno 2013
IL PAPA: LA CHIESA SIA COME SAN GIOVANNI, VOCE CHE
INDICA LA PAROLA SENZA IDEE PROPRIE

Come San Giovanni, la Chiesa è chiamata a proclamare la Parola di Dio fino al martirio. E’ quanto
sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla ...
24 giugno 2013
LA RISPOSTA CHE VIENE DAL CUORE

«Ma voi, chi dite che io sia?». La domanda che Gesù rivolge agli apostoli continua ancora oggi a
provocare la coscienza dei cristiani. Ed esige ...
23 giugno 2013
MESSA DEL PAPA CON I NUNZI APOSTOLICI: GESÙ CI CHIEDE
CHI SIA PER NOI, RISPONDIAMO COL CUORE
Stamani, alle ore 9.30, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Domus Sanctae Marthae.
Erano presenti circa 40 nunzi apostolici, rimasti in Vaticano dopo ...

23 giugno 2013
Pagina 88
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
MESSA DEL PAPA CON I NUNZI APOSTOLICI: GESÙ CI CHIEDE
CHI SIA PER NOI, RISPONDIAMO COL CUORE

Ieri mattina, alle ore 9.30, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Domus Sanctae
Marthae. Erano presenti circa 40 nunzi apostolici, rimasti in Vaticano ...
22 giugno 2013
IL PAPA: SERVIAMO LA PAROLA DI DIO, NON L'IDOLATRIA
DELLA RICCHEZZA E LE PREOCCUPAZIONI DEL MONDO

Le ricchezze e le preoccupazioni del mondo “soffocano la Parola di Dio”. E’ quanto affermato da
Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa ...
22 giugno 2013
ALLA RICERCA DEL VERO TESORO

«L’amore, la carità, il servizio, la pazienza, la bontà, la tenerezza» sono i «tesori bellissimi» di cui
ha parlato Papa Francesco stamattina, venerdì 21 giugno, ...
22 giugno 2013
I PILASTRI DELLA SALVEZZA CRISTIANA

Ricchezze e preoccupazioni del mondo rendono dimentichi del passato, confusi nel presente, incerti
sul futuro. Fanno cioè perdere di vista i tre pilastri su cui ...
21 giugno 2013
IL PAPA: IL SIGNORE CI AIUTI AD ACCUMULARE TESORI CHE CI
SALVANO IL CUORE

Chiedere a Dio la grazia di un cuore che sappia amare e non si lasci sviare da tesori inutili. È la
sostanza dell’omelia tenuta questa ...
21 giugno 2013
MESSA DEL PAPA A SANTA MARTA - PREGARE IL NOSTRO
PADRE

Non c’è bisogno di sprecare tante parole per pregare: il Signore sa quello che vogliamo dirgli.
L’importante è che la prima parola della nostra preghiera ...
20 giugno 2013
IL PAPA: NON POSSIAMO PREGARE IL PADRE, SE ABBIAMO
NEMICI NEL NOSTRO CUORE

Per pregare il Padre Nostro dobbiamo avere il cuore in pace con i nostri fratelli. E’ quanto
affermato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla ...
20 giugno 2013
LA GRAZIA DELLA GIOIA E DELLA MAGNANIMITÀ

«Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo»: sono queste le
categorie di «ipocriti che Gesù rimprovera tanto». Le ha indicate Papa ...
19 giugno 2013
IL PAPA AI CRISTIANI: NON SIATE IPOCRITI E MORALISTI, MA
MAGNANIMI E LARGHI DI CUORE
Il cristianesimo non è una “casistica” di precetti: questa concezione impedisce di comprendere e
vivere che Dio è gioia e magnanimità. Papa Francesco lo ha ...

19 giugno 2013
Pagina 89
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
MESSA DEL PAPA A SANTA MARTA - L’ARTE DI AMARE I NEMICI

Amare i nostri nemici, quelli che ci perseguitano e ci fanno soffrire, è difficile e non è neppure un
“buon affare” perché ci impoverisce. Eppure ...
18 giugno 2013
PAPA FRANCESCO: PERDONARE I NEMICI CI FA ASSOMIGLIARE
A GESÙ

Amare i nemici è difficile, ma è quello che ci chiede Gesù: è quanto affermato da Papa Francesco
nella Messa di stamani alla Casa Santa ...
17 giugno 2013
PAPA FRANCESCO: È GESÙ IL SEGRETO DELLA MAGNANIMITÀ
DEL CRISTIANO
Per il cristiano, Gesù è “il tutto” e da qui deriva la sua magnanimità. E’ quanto sottolineato da Papa
Francesco nella Messa di stamani alla ...

17 giugno 2013
IL NULLA E IL TUTTO DEL CRISTIANO

«Il nulla è seme di guerra, sempre; perché è seme di egoismo. Il tutto, quello grande, è Gesù». Sulla
corretta comprensione di questo binomio si ...
16 giugno 2013
MESSA DEL PAPA A SANTA MARTA - LA FRETTA DEL CRISTIANO

La vita cristiana deve essere sempre inquieta e mai tranquillizzante e certo non è «una terapia
terminale per farci stare in pace fino al cielo». ...
15 giugno 2013
IL PAPA: IL CRISTIANO NON PENSA ALLA SUA PACE, MA VA
SULLE STRADE AD ANNUNCIARE QUELLA DI CRISTO

Vita cristiana non è “stare in pace fino al Cielo”, ma andare per il mondo ad annunciare Gesù che
“si è fatto peccato” per riconciliare ...
14 giugno 2013
IL PAPA: SE IL CRISTIANO RIFUGGE DA UN'UMILTÀ DI
FACCIATA LA POTENZA DI DIO È DENTRO DI LUI

L’unico modo per ricevere realmente il dono della salvezza di Cristo è riconoscerci con sincerità
deboli e peccatori, evitando ogni forma di autogiustificazione. Papa Francesco ...
14 giugno 2013
ANCHE LA LINGUA PUÒ UCCIDERE

La collera e l’insulto al fratello possono uccidere. Lo ha ricordato Papa Francesco nella messa di
questa mattina, giovedì 13 giugno, nella cappella della Domus ...
14 giugno 2013
L'UMILTÀ CONCRETA DEL CRISTIANO

Senza l'umiltà, senza la capacità di riconoscere pubblicamente i propri peccati e la propria fragilità
umana, non si può raggiungere la salvezza e neanche pretendere ...
13 giugno 2013
IL PAPA: NO ALLA DENIGRAZIONE DELL'ALTRO, SEGUIAMO LA
LEGGE DELLA MITEZZA

Il Signore ci conceda la grazia di fare attenzione ai commenti che facciamo sugli altri: è quanto
affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani ...
12 giugno 2013
Pagina 90
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: I CRISTIANI VINCANO LA TENTAZIONE DI "ANDARE
INDIETRO" E IL "PROGRESSISMO ADOLESCENTE"

Non dobbiamo avere paura della libertà che ci dà lo Spirito Santo: è quanto sottolineato da Papa
Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa ...
12 giugno 2013
I SEGNI DELLA GRATUITÀ

Povertà e lode di Dio: sono le due coordinate principali della missione della Chiesa, i «segni» che
rivelano al popolo di Dio se «un apostolo ...
12 giugno 2013
QUEL PROGRESSISMO ADOLESCENTE

Sono due le tentazioni da affrontare in questo momento della storia della Chiesa: andare indietro
perché timorosi della libertà che viene dalla legge «compiuta nello ...
11 giugno 2013
IL PAPA: UNA CHIESA RICCA È UNA CHIESA CHE INVECCHIA, IL
VANGELO SI ANNUNCIA CON GRATUITÀ

Il Vangelo va annunciato con semplicità e gratuità: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella
Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ...
11 giugno 2013
PORTE APERTE ALLA CONSOLAZIONE

Perché ci sono persone che hanno il cuore chiuso alla salvezza? È su questo interrogativo che Papa
Francesco ha incentrato l’omelia della messa di oggi, ...
10 giugno 2013
IL PAPA: LE BEATITUDINI NON SONO UN MERO ELENCO, PER
CAPIRLE BISOGNA APRIRE IL CUORE

La vera libertà nasce dall’aprire la porta del cuore al Signore: è quanto sottolineato da Papa
Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. ...
09 giugno 2013
TRA STUPORE E MEMORIA

La Parola di Dio, quella che solo all’ascolto “provoca stupore”, va custodita gelosamente nel
profondo del cuore. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina, sabato ...
08 giugno 2013
IL PAPA: IMPARIAMO DA MARIA A LEGGERE LA VITA CON LA
PAROLA DI DIO, A RICEVERLA E CUSTODIRLA

Come Maria, impariamo a ricevere e custodire la Parola di Dio. E’ quanto affermato da Papa
Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta, nell’odierna memoria ...
08 giugno 2013
LA DIFFICILE SCIENZA DELL'AMORE
La "scienza della carezza" manifesta due pilastri dell'amore: la vicinanza e la tenerezza. E «Gesù
conosce bene questa bella scienza». Lo ha detto Papa Francesco ...

07 giugno 2013
Pagina 91
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
LASCIAMOCI AMARE DALLA TENEREZZA DI DIO: COSÌ IL PAPA
A SANTA MARTA NELLA SOLENNITÀ DEL SACRO CUORE DI
GESÙ

Lasciarci amare dal Signore con tenerezza è difficile ma è quanto dobbiamo chiedere a Dio: è
l’invito di Papa Francesco nella Messa di stamani a ...
06 giugno 2013
PAPA FRANCESCO: SMASCHERIAMO GLI IDOLI CHE CI
IMPEDISCONO DI AMARE DIO

Ognuno di noi vive di piccole o grandi idolatrie, ma la strada che porta a Dio passa per un amore
esclusivo a Lui, come ci ...
06 giugno 2013
PER SMASCHERARE GLI IDOLI NASCOSTI

È un invito a scoprire «gli idoli nascosti nelle tante pieghe che abbiamo nella nostra personalità», a
«cacciare via l'idolo della mondanità, che ci porta ...
05 giugno 2013
GRIDARE IL PROPRIO DOLORE DAVANTI A DIO È UNA
PREGHIERA DEL CUORE: COSÌ IL PAPA A SANTA MARTA

Lamentarsi delle proprie sofferenze davanti a Dio non è peccato, ma una preghiera del cuore che
arriva al Signore: è quanto ha affermato il Papa ...
04 giugno 2013
IL PAPA: L'IPOCRISIA È LA LINGUA DEI CORROTTI, IL
CRISTIANO PARLA CON AMORE E CON VERITÀ

Un cristiano non usa un “linguaggio socialmente educato”, incline all’ipocrisia, ma si fa portavoce
della verità del Vangelo con la stessa trasparenza dei bambini. È ...
04 giugno 2013
IMPARIAMO IL LINGUAGGIO DEI BAMBINI

Papa Francesco è tornato a parlare della corruzione. Questa mattina, martedì 4 giugno, ha proposto
una riflessione sul linguaggio che di solito usano i corrotti, ...
03 giugno 2013
IL PAPA: I CORROTTI FANNO TANTO MALE ALLA CHIESA, I
SANTI SONO LUCE PER TUTTI

Peccatori, corrotti e santi. Papa Francesco ha incentrato su questo trinomio la sua omelia per la
Messa di stamani nella Casa Santa Marta. Il Papa ...
03 giugno 2013
I GRANDI SMEMORATI

Il pensiero di Papa Francesco è andato questa mattina, lunedì 3 giugno, al predecessore Giovanni
XXIII — «un modello di santità» l’ha definito — per ...
03 giugno 2013
DOV’È TUO FRATELLO?
«La guerra è pazzia. È il suicidio dell’umanità. È un atto di fede nei soldi, che per i potenti della
terra sono più importanti delle ...

02 giugno 2013
Pagina 92
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: DIO PIANGE PER LA PAZZIA DELLA GUERRA, SUICIDIO
DELL'UMANITÀ CHE UCCIDE L'AMORE

“La guerra è il suicidio dell’umanità perché uccide il cuore e uccide l’amore”. E’ uno dei passaggi
dell’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata, domenica ...
02 giugno 2013
LO SCANDALO DELL’INCARNAZIONE

Lo «scandalo» di un Dio che si è fatto uomo ed è morto sulla croce è stato al centro dell’omelia
tenuta da Papa Francesco questa ...
01 giugno 2013
PAPA FRANCESCO: NON SONO LE OPERE SOCIALI CHE FANNO
LA CHIESA MA LO SCANDALO DELLA CROCE

“La Chiesa non è un’organizzazione di cultura”, ma è “la famiglia di Gesù”: è quanto sottolineato
da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa ...
01 giugno 2013
L’ETERNITÀ NON SARÀ NOIOSA

Sono tanti i cristiani che non conoscono la gioia. E anche quando sono in chiesa a lodare Dio,
sembrano a un funerale più che a ...
31 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: DIO È GIOIA, IL VANGELO NON SI PORTA
AVANTI CON I CRISTIANI SFIDUCIATI

Lo Spirito Santo è “l’autore” della gioia cristiana e per annunciare il Vangelo è necessario avere nel
cuore la gioia che dona lo Spirito di ...
29 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: IL TRIONFALISMO FERMA LA CHIESA,
VINCERE LA TENTAZIONE DI UN CRISTIANESIMO SENZA
CROCE

Il trionfalismo ferma la Chiesa: è la tentazione del cristianesimo senza Croce, la Chiesa sia invece
umile. E’ quanto ha affermato il Papa stamani nella ...
29 maggio 2013
IL TRIONFALISMO DEI CRISTIANI

Il trionfalismo che appartiene ai cristiani è quello che passa attraverso il fallimento umano, il
fallimento della croce. Lasciarsi tentare da altri trionfalismi, da trionfalismi ...
28 maggio 2013
IL PAPA: NON SI SEGUE GESÙ PER FARE CARRIERA, LA SUA VIA
È QUELLA DELLA CROCE

L’annuncio di Gesù non è una patina, una vernice, ma va dentro al cuore e ci cambia. E’ quanto
affermato da Papa Francesco nella Messa ...
28 maggio 2013
IL TEMPO DI DIO
Il fascino del provvisorio, la sensazione di essere padroni del tempo, e la cultura del benessere a
tutti i costi spesso impediscono all’uomo di oggi ...

27 maggio 2013
Pagina 93
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: CULTURA DEL BENESSERE E FASCINO DEL
PROVVISORIO NON CI FANNO SEGUIRE GESÙ

Per seguire Gesù dobbiamo spogliarci della cultura del benessere e del fascino del provvisorio. E’
quanto affermato stamani da Papa Francesco, nella Messa alla Casa ...
26 maggio 2013
L'ACCOGLIENZA CRISTIANA

I cristiani che chiedono non devono mai trovare porte chiuse. Le chiese non sono uffici dove
presentare documenti e carte quando si chiede di entrare ...
25 maggio 2013
IL PAPA: CHI SI AVVICINA ALLA CHIESA TROVI PORTE APERTE
E NON CONTROLLORI DELLA FEDE

Quanti si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte e non dei controllori della fede: è quanto ha
affermato il Papa stamani durante la Messa ...
25 maggio 2013
LA SAGGEZZA DEI CRISTIANI

«Nella preghiera che è nel messale latino per la messa di questa mattina dedicata a santa Maria
Ausiliatrice — ha detto Papa Francesco nell’omelia di ...
24 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: SOPPORTARE CON PAZIENZA LE
DIFFICOLTÀ E VINCERE CON AMORE LE OPPRESSIONI

“Sopportare con pazienza e vincere con amore le oppressioni esterne ed interne”: è la preghiera
elevata da Papa Francesco durante la Messa Santa Marta nella ..
.
24 maggio 2013
QUEL SALE CHE DÀ SAPORE

Il cristiano, secondo la metafora evangelica di Matteo (5, 13-14), è chiamato ad essere sale della
terra. Ma se non trasmette il sapore che il ...
23 maggio 2013
IL PAPA: SENZA IL SALE DI GESÙ SIAMO INSIPIDI, DIVENTIAMO
CRISTIANI DA MUSEO

I cristiani diffondano il sale della fede, della speranza e della carità: è questa l'esortazione di Papa
Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa ...
22 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: LA CULTURA DELL'INCONTRO È ALLA BASE
DELLA PACE

“Fare il bene” è un principio che unisce tutta l’umanità, al di là della diversità di ideologie e
religioni, e crea quella cultura dell’incontro che ...
22 maggio 2013
NESSUNO DEVE UCCIDERE IN NOME DI DIO

Nessuno deve uccidere in nome di Dio. E anche soltanto dirlo è una bestemmia. Invece ogni uomo
non solo può, ma deve fare del bene, ...
22 maggio 2013
IL VERO POTERE È SERVIZIO

Il vero potere è il servizio. Un concetto che Papa Francesco ha già espresso in altre occasioni e che
stamane, martedì 21 maggio, è tornato ...
21 maggio 2013
Pagina 94
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: NELLA CHIESA L'UNICA STRADA PER ANDARE AVANTI
È IL SERVIZIO NON IL POTERE

Per un cristiano, progredire significa abbassarsi come ha fatto Gesù. E’ quanto sottolineato da Papa
Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il ...
20 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: LA PREGHIERA UMILE, FORTE E
CORAGGIOSA COMPIE MIRACOLI

Una preghiera coraggiosa, umile e forte, compie miracoli: è quanto ha affermato il Papa stamani
nella Messa presieduta a Santa Marta. Erano presenti alcuni dipendenti ...
20 maggio 2013
LA PREGHIERA FA MIRACOLI

I miracoli esistono ancora oggi. Ma per consentire al Signore di compierli c’è bisogno di una
preghiera coraggiosa, capace di superare quel «qualcosa di incredulità» ...
18 maggio 2013
BUONE MANIERE E CATTIVE ABITUDINI

Dopo i «cristiani da salotto», sono i «cristiani chiacchieroni» l’oggetto del nuovo richiamo di Papa
Francesco nei confronti di quanti hanno smarrito il senso della ...
18 maggio 2013
IL PAPA: CHIACCHIERE DISTRUTTIVE NELLA CHIESA,
DISINFORMAZIONE, DIFFAMAZIONE E CALUNNIA SONO
PECCATO

Il cristiano deve vincere la tentazione di “mischiarsi nella vita degli altri”: è l’esortazione di Papa
Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. ...
17 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: IL PROBLEMA NON È ESSERE PECCATORI,
MA NON LASCIARSI TRASFORMARE DALL'AMORE DI CRISTO

Il problema non è essere peccatori, il problema è non lasciarsi trasformare nell'amore dall’incontro
con Cristo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa ...
17 maggio 2013
LA VERGOGNA DI PIETRO

L’essere peccatori non è un problema; lo è piuttosto non pentirsi di avere peccato, non provare
vergogna per quello che si è fatto. Papa Francesco ...
17 maggio 2013
I GUAI DI SAN PAOLO

Con la sua testimonianza di verità il cristiano deve «dar fastidio» alle «nostre strutture comode»,
anche a costo di finire «nei guai», perché animato da ...
17 maggio 2013
LA CAREZZA DELLA CHIESA
La carità è la carezza della Chiesa. Lo ha detto Papa Francesco incontrando questa mattina, giovedì
16 maggio, a Santa Marta, il cardinale Oscar Andrés ...

16 maggio 2013
Pagina 95
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: ALLA CHIESA SERVE IL FERVORE APOSTOLICO, NON I
CRISTIANI DA SALOTTO

La Chiesa ha tanto bisogno del fervore apostolico che ci spinge avanti nell’annuncio di Gesù. E’
quanto sottolineato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla ...
16 maggio 2013
QUANDO I PASTORI DIVENTANO LUPI

Vescovi e preti che si lasciano vincere dalla tentazione del denaro e dalla vanità del carrierismo, da
pastori si trasformano in lupi «che mangiano la ...
15 maggio 2013
PREGATE PER I VESCOVI E I PRETI PERCHÉ SIANO PASTORI E
NON LUPI: COSÌ IL PAPA A SANTA MARTA

Pregate per i preti e i vescovi perché non cedano alla tentazione dei soldi e della vanità ma siano al
servizio del popolo di Dio: ...
15 maggio 2013
IL PAPA A SANTA MARTA: PREGATE PER I VESCOVI E I PRETI
PERCHÉ SIANO PASTORI E NON LUPI

Pregate per i preti e i vescovi perché non cedano alla tentazione dei soldi e della vanità ma siano al
servizio del popolo di Dio: ...
15 maggio 2013
SATANA CI TRUFFA SEMPRE

L’egoismo non porta da nessuna parte. L’amore invece libera. Per questo chi è capace di vivere la
propria vita come «un dono da dare agli ...
14 maggio 2013
IL PAPA: NON ISOLIAMOCI NELL'EGOISMO, CHI DONA LA VITA
PER AMORE NON È MAI SOLO

Abbiamo bisogno di un "cuore largo" che sia capace di amare. E’ quanto affermato, stamani, da
Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. Il ...
13 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: LO SPIRITO SANTO È LO SCONOSCIUTO
DELLA NOSTRA FEDE MA È LUI CHE CI RICORDA LE COSE DI
DIO

È lo Spirito Santo che permette al cristiano di avere “memoria” della storia e dei doni ricevuti da
Dio. Senza questa grazia, si rischia di ...
13 maggio 2013
LO SPIRITO SANTO QUESTO SCONOSCIUTO

Verrebbe da dire «lo Spirito Santo, questo sconosciuto», pensando ai tanti che ancora oggi «non
sanno spiegare bene chi sia Spirito Santo» e «dicono: “Non ...
11 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: LA VERA PREGHIERA CI FA USCIRE DA NOI
STESSI APRENDOCI AI BISOGNI DEGLI ALTRI
La vera preghiera ci fa uscire da noi stessi e ci apre al Padre e ai fratelli più bisognosi: lo ha detto
stamani Papa Francesco ...

11 maggio 2013
Pagina 96
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
DUE USCITE PER IL CRISTIANO

Le piaghe di Gesù sono ancora presenti sulla terra. Per riconoscerle è necessario uscire da noi stessi
e andare incontro ai fratelli bisognosi, ai malati, ...
11 maggio 2013
LA MALINCONIA NON È CRISTIANA

Parlava della gioia Papa Francesco questa mattina, venerdì 10 maggio, durante la messa nella
cappella della Domus Sanctae Marthae e dunque ha voluto in qualche ...
10 maggio 2013
IL PAPA: LA GIOIA DEL CRISTIANO NON È L'ALLEGRIA DI UN
MOMENTO, MA UN DONO DI GESÙ

“Il cristiano è un uomo e una donna di gioia”: è quanto sottolineato da Papa Francesco stamani nella
Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ...
09 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: LA CHIESA SIA UMILE E CORAGGIOSA,
APERTA E IN CAMMINO

Mancano pochi giorni al secondo mese dall’elezione di Papa Francesco. Una delle novità più
feconde di questo inizio Pontificato sono le Messe che il Papa ...
09 maggio 2013
GESÙ NON ESCLUDE NESSUNO

Gesù non ha escluso nessuno. Ha costruito ponti, non muri. Il suo messaggio di salvezza è per tutti.
Questa mattina, mercoledì 8 maggio, durante la ...
08 maggio 2013
IL PAPA: I CRISTIANI COSTRUISCANO PONTI NON MURI, LA
VERITÀ È UN INCONTRO

L’evangelizzazione non è fare proselitismo. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa
alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il cristiano che ...
08 maggio 2013
GIOIA NELLA SOPPORTAZIONE
La gioia e la forza della sopportazione cristiana rendono l’uomo più giovane e aiutano ad accettare e
a vivere pazientemente tribolazioni e difficoltà della vita. ...

07 maggio 2013
PAPA FRANCESCO: UN BUON CRISTIANO NON SI LAMENTA, MA
AFFRONTA IL DOLORE CON GIOIA

Anche in mezzo alle tribolazioni, il cristiano non è mai triste ma testimonia sempre la gioia di
Cristo. E’ quanto affermato stamani da Papa Francesco, ...
07 maggio 2013
UN COMPAGNO DI STRADA

Un «amico» che ogni giorno si fa per ciascuno di noi «compagno di strada». È lo Spirito Santo
secondo Papa Francesco, che questa mattina, lunedì ...
06 maggio 2013
IL PAPA: LO SPIRITO SANTO, NOSTRO COMPAGNO DI STRADA E
AMICO, SENZA DI LUI NON POSSIAMO CONOSCERE GESÙ

Lo Spirito Santo è nostro amico e compagno di strada e ci dice dove è Gesù: così, in sintesi, Papa
Francesco nell’omelia della Messa presieduta ...
05 maggio 2013
Pagina 97
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
QUELLA PERSECUZIONE ISTIGATA DAL PRINCIPE DEL MONDO

I cristiani sono perseguitati oggi più che agli inizi della storia del cristianesimo. La causa originaria
di ogni persecuzione è l’odio del principe del mondo ...
04 maggio 2013
IL PAPA: SIATE MITI E UMILI PER VINCERE L'ODIO DEL MONDO

Rimaniamo sempre miti e umili per sconfiggere le lusinghe e l'odio del mondo. E’ quanto affermato
da Papa Francesco nella Messa di stamani nella Casa ...
04 maggio 2013
MESSA DEL PONTEFICE A SANTA MARTA

Un tocco di colore, familiare tra l’altro, ha caratterizzato l’assemblea dei fedeli che hanno
partecipato alla messa celebrata da Papa Francesco questa mattina, venerdì 3 ...
03 maggio 2013
IL PAPA: LA CHIESA DEVE ESSERE CORAGGIOSA, NO AI
CRISTIANI TIEPIDI

Tutti i cristiani hanno il dovere di trasmettere la fede con coraggio. E’ l’esortazione che Papa
Francesco ha rivolto, stamani, ai fedeli presenti alla Messa ...
03 maggio 2013
NO AL «LAVORO SCHIAVO»

Prima di tutto l’uomo e la sua dignità. Lo ha ribadito Papa Francesco nell’omelia della messa
presieduta mercoledì mattina, 1° maggio, nella cappella della Domus ...
03 maggio 2013
PER ESSERE LA CHIESA DEL SÌ

La Chiesa, «comunità del sì» forgiata dallo Spirito Santo, contrapposta alla «Chiesa del no», che
costringe lo Spirito «a un doppio lavoro»: è l’immagine proposta ...
02 maggio 2013
IL PAPA: LA CHIESA È UNA COMUNITÀ DEL “SÌ”, PERCHÉ NASCE
DALL'AMORE DI CRISTO

La Chiesa è una comunità del “sì” perché nasce dall’amore di Cristo. E’ quanto affermato, stamani,
da Papa Francesco nella Messa celebrata nella Cappella della ...
01 maggio 2013
MESSA DEL 1° MAGGIO. IL PAPA: SOCIETÀ INGIUSTA QUELLA
CHE NON DÀ LAVORO O SFRUTTA I LAVORATORI

La società non è giusta se non offre a tutti un lavoro o sfrutta i lavoratori: lo ha affermato il Papa
mercoledì mattina nella Messa ...
01 maggio 2013
LONTANI DALLA MONDANITÀ

La pace, quella vera, non si compra. È un dono di Dio. Un dono che egli fa alla sua Chiesa. Per
ottenerla i cristiani devono ...
30 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: TUTTI DEVONO PREGARE PER LA CHIESA.
UNA CHIESA "MONDANA" NON PORTA IL VANGELO
“Quando la Chiesa diventa mondana” diventa una “Chiesa debole”. Così si è espresso in sintesi
oggi Papa Francesco, durante la Messa presieduta nella Cappellina di ...

29 aprile 2013
Pagina 98
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
PAPA FRANCESCO: VERGOGNARSI DEI PROPRI PECCATI È
VIRTÙ DELL'UMILE CHE PREPARA AL PERDONO DI DIO

Vergognarsi dei propri peccati è la virtù dell’umile che prepara ad accogliere il perdono di Dio: lo
ha detto Papa Francesco, stamani, durante la Messa ...
29 aprile 2013
BENEDETTA VERGOGNA

Il confessionale non è né una «tintoria» che smacchia i peccati, né una «seduta di tortura» dove si
infliggono bastonate. La confessione infatti è l’incontro ...
28 aprile 2013
PER UNA COMUNITÀ APERTA AI VALORI DELLO SPIRITO

C’è chi affronta la sofferenza mantenendo viva la gioia che nasce dallo Spirito — come per esempio
i cristiani perseguitati ancora oggi in tante parti ...
27 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: LO SPIRITO CREA NELLA CHIESA
COMUNITÀ APERTE E NON GRUPPI CHIUSI

“Guardare Gesù che ci invia a evangelizzare, ad annunciare il suo nome con gioia”. E’ l’esortazione
di Papa Francesco che, questa mattina durante l’omelia nella ...
27 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: ANNUNCIARE CRISTO CON GIOIA. IL VERO
BENE NON È CALUNNIA E INGIURIA

“Guardare Gesù che ci invia a evangelizzare, ad annunciare il suo nome con gioia”. E’ l’esortazione
di Papa Francesco che, questa mattina durante l’omelia nella ...
27 aprile 2013
MESSA DEL PONTEFICE A SANTA MARTA - LA FEDE NON È UNA
TRUFFA

La fede non è né una alienazione né una truffa, ma è un cammino concreto di bellezza e di verità,
tracciato da Gesù, per preparare ...
26 aprile 2013
IL PAPA: FEDE NON È ALIENAZIONE MA CAMMINO DI VERITÀ
PER PREPARARSI A VEDERE IL VOLTO MERAVIGLIOSO DI DIO

Il cammino di fede non è alienazione, ma preparare il cuore a vedere il volto meraviglioso di Dio: è
quanto ha affermato oggi il Papa ...
26 aprile 2013
MAGNANIMITÀ NELL’UMILTÀ

Magnanimità nell’umiltà. È lo stile di vita del cristiano che voglia realmente essere testimone del
vangelo sino agli orizzonti estremi del mondo. I contorni di ...
25 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: IL CRISTIANO SIA UMILE MA NON TEMA DI
FARE COSE GRANDI
Il Papa ha presieduto questa mattina, nella Domus Sanctae Marthae, la Messa nella Festa di San
Marco Evangelista: lo stile dell’annuncio cristiano – ha detto ...

25 aprile 2013
Pagina 99
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IN MEZZO A UNA STORIA D’AMORE

La Chiesa è una storia d’amore e noi ne facciamo parte. Ma proprio per questo, quando si dà troppa
importanza all’organizzazione, quando uffici e burocrazia ...
24 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: LA CHIESA È UNA STORIA D'AMORE, NON
UN'ORGANIZZAZIONE BUROCRATICA

La Chiesa non è un’organizzazione burocratica, è una storia di amore: è quanto ha detto il Papa
durante la Messa presieduta stamani nella Cappellina della ...
23 aprile 2013
CRISTO È LA PORTA DEL REGNO

C’è solo una porta per entrare nel Regno di Dio. E quella porta è Gesù. Chiunque tenti di entrarvi
attraverso un’altra via è «un ladro» ...
22 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: I CRISTIANI SONO UMILI, POVERI E MITI,
GLI ARRAMPICATORI NON HANNO FEDE

Il Vangelo del Buon Pastore con Gesù che si definisce “la porta delle pecore” è stato al centro
dell’omelia del Papa, stamani, nella Messa celebrata ...
20 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: I CRISTIANI TIEPIDI COSTRUISCONO
PICCOLE CHIESE, MA NON È LA CHIESA DI GESÙ

I cristiani tiepidi sono quelli che vogliono costruire una Chiesa a propria misura, ma non è la Chiesa
di Gesù: è quanto ha detto oggi ...
20 aprile 2013
PER NON CEDERE ALLA TENTAZIONE DELLO SCANDALO

Una Chiesa fatta da cristiani liberi dalla tentazione di mormorare contro Gesù «troppo esigente»,
ma soprattutto liberi «dalla tentazione dello scandalo», è una Chiesa che ...
20 aprile 2013
UNA CHIESA LIBERA DALL’IDEOLOGIA

L’ideologia falsifica il Vangelo e insidia anche la Chiesa. Per questo Papa Francesco, durante la
celebrazione della messa di questa mattina, venerdì 19 aprile, ha ...
19 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: ACCOGLIERE LA PAROLA DI DIO CON
CUORE UMILE, LA CHIESA SIA LIBERATA DA MORALISMI E
IDEOLOGIE
La Parola di Dio va accolta con umiltà perché è parola d’amore, solo così entra nel cuore e cambia
la vita: è quanto, in sintesi, ...

19 aprile 2013
DIO È PERSONA
Parlare con Dio come è parlare con delle persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Perché questo
è il nostro Dio, uno e trino; ...

18 aprile 2013
Pagina 100
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
IL PAPA: FEDE È CREDERE IN UN DIO CHE È PERSONA, NON IN
UN “DIO SPRAY”

La fede è un dono che comincia incontrando Gesù, Persona reale e non un “dio-spray”. Lo ha detto
Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa ...
18 aprile 2013
LA CHIESA NON È UNA BABYSITTER

La Chiesa non deve essere come «una babysitter che cura il bambino per farlo addormentare». Se
così fosse sarebbe una «Chiesa sopita». Chi ha conosciuto ...
17 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: NO ALLA CHIESA BABYSITTER, I LAICI
RISCOPRANO LA RESPONSABILITÀ DI BATTEZZATI

La potenza del Battesimo spinge i cristiani al coraggio di annunciare Cristo anche senza sicurezze,
anche tra le persecuzioni: lo ha affermato Papa Francesco durante ...
17 aprile 2013
LO SPIRITO NON SI ADDOMESTICA

«Oggi è il compleanno di Benedetto XVI. Offriamo la messa per lui, perché il Signore sia con lui,
lo conforti e gli dia molta consolazione». ...
16 aprile 2013
IL PAPA: CONCILIO, OPERA DELLO SPIRITO SANTO, MA C'È CHI
VUOLE ANDARE INDIETRO. MESSA DEDICATA A BENEDETTO
XVI

Lo Spirito Santo spinge le persone e la Chiesa stessa ad andare avanti ma noi opponiamo resistenza
e non vogliamo cambiare: è quanto ha affermato ...
16 aprile 2013
LA CALUNNIA UCCIDE

La calunnia distrugge l’opera di Dio, perché nasce dall’odio. Essa è figlia del «padre della
menzogna» e vuole annientare l’uomo, allontanandolo da Dio. La calunnia ...
15 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: TROPPI MARTIRI NELLA CHIESA VITTIME
DI CALUNNIA, UN ATTO CHE VIENE DA SATANA

“La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone”. Lo ha affermato questa mattina Papa
Francesco all’omelia della Messa presieduta nella cappella della Casa “S. Marta”, ...
14 aprile 2013
NIENTE CHIACCHIERE, NIENTE PAURA

Per risolvere i problemi della vita bisogna guardare in faccia la realtà, pronti, come il portiere di una
squadra di calcio, a parare il pallone ...
13 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: NON BISOGNA "TRUCCARE" LA VITA, MA
ACCETTARE BENE E MALE FIDANDOSI DI DIO
Di fonte ai problemi della vita, il cristiano non prenda scorciatoie ma si affidi sempre a Dio, che non
gli farà mancare il suo aiuto. ...
Pagina 101
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO

12 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: IL TRIONFALISMO, TENTAZIONE DEI
CRISTIANI. SERVE LA GRAZIA DELLA PERSEVERANZA

Alla sequela di Cristo si cammina con perseveranza e senza trionfalismi. Lo ha affermato questa
mattina Papa Francesco, nella Messa celebrata alla “Casa S. Marta”, ...
12 aprile 2013
DIO NON HA LA BACCHETTA MAGICA
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Le «fantasie trionfalistiche» sono «una grande tentazione nella vita cristiana». Ma Dio «non fa
come una fata con la bacchetta magica», che può salvare l’uomo ...
12 aprile 2013
L’OBBEDIENZA È ASCOLTO CHE RENDE LIBERI
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Dio non può essere oggetto di negoziato. E la fede non prevede la possibilità di essere «tiepidi», «né
cattivi né buoni», cercando con «una doppia ...
11 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: ASCOLTARE DIO E SEGUIRE LA STRADA DI
GESÙ CI RENDE LIBERI E FELICI
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Ascoltare Dio ci rende liberi e ci dona quella felicità che “le proposte del mondo” non possono
garantire. E’ quanto ha affermato Papa Francesco questa ...
10 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: È L'AMORE DI DIO CHE SALVA, NON I SOLDI,
IL POTERE O LA VANITÀ
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“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada
perduto ma abbia la vita eterna”: su ...
10 aprile 2013
LA SALVEZZA SECONDO FRANCESCO
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«Il Signore non ci salva con una lettera, con un decreto, ma ci ha salvato» e continua a salvarci con
il «suo amore», restituendo agli ...
10 aprile 2013
ELOGIO DELLA MITEZZA
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La tentazione di chiacchierare degli altri e bastonarli con le parole è sempre dietro l’angolo. Anche
in famiglia, tra amici e in parrocchia «dove le ...
09 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: NON GIUDICARE NÉ SPARLARE MAI, IL
CRISTIANO È MITE E CARITATEVOLE
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Lo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni ai suoi membri ad essere miti,
rinunciando a sparlare degli altri. Con questo auspicio, Papa ...
08 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: L'AMORE CRISTIANO O È UMILE O NON È
AMORE DI DIO
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Per un cristiano, “progredire” vuol dire “abbassarsi” lungo la strada dell’umiltà per far risaltare
l’amore di Dio. Su questo pensiero, definito la “regola d’oro”, Papa ...
08 aprile 2013
LA REGOLA D’ORO DELL’UMILTÀ
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L’umiltà è «la regola d’oro»: per il cristiano «progredire» vuol dire «abbassarsi». Ed è proprio sulla
strada dell’umiltà, scelta da Dio stesso, che passano amore ...
07 aprile 2013
Pagina 102
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
LA FEDE NON SI VENDE
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«Per trovare i martiri non è necessario andare alle catacombe o al Colosseo: i martiri sono vivi
adesso, in tanti Paesi. I cristiani sono perseguitati ...
06 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: LA FEDE NON SI NEGOZIA, PER QUESTO LA
CHIESA È ANCHE OGGI CHIESA DI MARTIRI
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Testimoniare con coraggio l’integralità della fede: è l’invito lanciato stamani da Papa Francesco
durante la Messa presieduta nella Cappellina della Casa Santa Marta. Alla celebrazione ...
06 aprile 2013
NEL NOME DI GESÙ
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Solo il nome di Gesù è la nostra salvezza. Solo lui ci può salvare. E nessun altro. Tanto meno i
moderni “maghi” con le improbabili ...
05 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: NON CI SALVANO I MAGHI, NÉ I TAROCCHI
O NOI STESSI, SOLO GESÙ SALVA
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Solo nel nome di Gesù c’è la salvezza: è quanto ha detto Papa Francesco stamani nella breve omelia
pronunciata durante la Messa presieduta nella Cappellina ...
05 aprile 2013
LA PACE NON HA PREZZO
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La pace non si compra nè si vende: è un dono di Dio. E lo dobbiamo chiedere. Lo ha ricordato Papa
Francesco giovedì mattina, 4 ...
04 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: LO STUPORE DELL'INCONTRO CON CRISTO
GENERA LA VERA PACE
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Lo stupore dell’incontro con Cristo è stato al centro della breve omelia di Papa Francesco durante la
Messa presieduta stamani presso la Casa Santa Marta. ...
04 aprile 2013
DALLE LAMENTELE ALLA SPERANZA
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Le lamentele fanno male al cuore. Sono cattive; e non soltanto quelle contro gli altri «ma anche
quelle contro noi stessi, quando tutto ci appare ...
03 aprile 2013
MESSA DEL PAPA: LAMENTARSI FA MALE AL CUORE,
CONFIDIAMO IN GESÙ, È VICINO ANCHE NEI MOMENTI PIÙ BUI
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L’episodio dei discepoli di Emmaus, che propone la liturgia del Mercoledì nell’Ottava di Pasqua, è
stato al centro della breve omelia pronunciata stamani da Papa ...
02 aprile 2013
PAPA FRANCESCO: CHIEDERE LA GRAZIA DELLE LACRIME PER
VEDERE IL CRISTO RISORTO
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Ieri mattina Papa Francesco ha presieduto la Messa presso la Casa Santa Marta, alla presenza di
alcuni membri della Gendarmeria vaticana. Nella sua breve omelia ...
28 marzo 2013
MAI PARLARE MALE DEGLI ALTRI
Parlare male di qualcuno equivale a venderlo. Come fece Giuda, che vendette Gesù per trenta
denari. E proprio prendendo spunto dal brano del vangelo di ...
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27 marzo 2013
Pagina 103
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
MESSA DEL MERCOLEDÌ SANTO. IL PAPA: PARLARE MALE DEI
NOSTRI FRATELLI È COME TRADIRE GESÙ
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Il tradimento di Giuda paragonato al pettegolezzo, al parlare male degli altri. E’ la riflessione fatta
da Papa Francesco nella breve omelia tenuta questa mattina ...
27 marzo 2013
COM’È BELLO ESSERE PERDONATI
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Papa Francesco ha celebrato anche martedì mattina, 26 marzo, la messa nella cappella della Domus
Sanctae Marthae. Quest'oggi ha voluto che fossero con lui all'altare ...
26 marzo 2013
IL PAPA ALLA MESSA DEL MARTEDÌ SANTO: ABBIAMO FIDUCIA
NELLA DOLCEZZA DEL PERDONO DI GESÙ
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Aprire il cuore alla dolcezza del perdono di Dio: l’invito di Papa Francesco è contenuto nell’omelia
della Messa che il Pontefice ha presieduto questa mattina ...
26 marzo 2013
LA PAZIENZA DI DIO
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La pazienza di Dio è stata al centro dell’omelia di Papa Francesco durante la messa che ha
concelebrato nelle prime ore della mattina di oggi, ...
25 marzo 2013
MESSA DI PAPA FRANCESCO A "SANTA MARTA": DIO È
PAZIENTE CON LE NOSTRE DEBOLEZZE
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Durante la Settimana Santa, pensiamo alla “pazienza” che Dio ha con ognuno di noi. Lo ha detto
questa mattina Papa Francesco durante la breve omelia ...
24 marzo 2013
MESSA DEL PAPA NELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE CON
ALCUNE MAESTRANZE DEL VATICANO
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Anche questa mattina, sabato 23 marzo, Papa Francesco ha invitato alla celebrazione della messa
mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae alcune maestranze della Città ...
23 marzo 2013
MESSA DI PAPA FRANCESCO ALLA DOMUS: OGNI CRISTIANO
DEVE DIRE "CRISTO È MORTO PER ME"
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Papa Francesco ha invitato anche ieri alla celebrazione della Messa mattutina nella cappella della
Domus Sanctae Marthae alcune maestranze della Città del Vaticano. Era così ...
23 marzo 2013
MESSA DEL PONTEFICE CON GIARDINIERI E NETTURBINI
VATICANI
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Quando il nostro cuore è di pietra, succede che prendiamo pietre vere in mano e lapidiamo Gesù
Cristo nelle persone dei nostri fratelli, specialmente quelli ...
22 marzo 2013
MESSA DEL PAPA PER I GIARDINIERI E I NETTURBINI DEL
VATICANO: APRIRE IL CUORE ALL'AMORE
Papa Francesco ha celebrato ieri mattina la Messa nella cappellina della Casa Santa Marta alla
presenza di netturbini e giardinieri che lavorano in Vaticano. Una ...
Pagina 104
IL LESSICO DI PAPA FRANCESCO
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