Anno V - Numero 22 - Mercoledì 27 gennaio 2016 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Unioni civili Crisi all’Alcoa A Marghera Ritirata cattodem, ecco le “preadozioni” Operai assediano la Regione Sardegna Vittime delle foibe e rabbia rossa a pag. 2 a pag. 11 Fruch a pag. 4 SOLO PALLIATIVI PER IL CONTRASTO DELL’INQUINAMENTO SENZA ALCUN PROVVEDIMENTO STRUTTURALE di Francesco Storace on siamo su Scherzi a parte, ma in Campidoglio, dove va in scena il mistero buffo del blocco del traffico sotto dettatura. Da quelle parti alloggia un commissario prefettizio che non risponde al telefono se non quando chiama palazzo Chigi. Per le cose noiose delega il suo capo di gabinetto, che ovviamente sta lì per fare da respingente e non ha il mandato per risolvere i guai che provoca sua eccellenza il Signor Prefetto. E così accade che misteriosamente, di sera, si viene a sapere che domenica prossima a Roma ci sarà, per l’ennesima volta, lo stop alla circolazione dei veicoli. Il fatto che, per più giornate, si sia superato il livello di polveri sottili nell’aria riguarda i giorni in cui il traffico c’è perché si lavora e non quando non c’è, come nelle giornate festive. I protocolli in vigore prevedono stop domenicali in un arco temporale di diversi mesi, e comunque con congruo anticipo per allertare la popolazione. Quando si sforano i livelli, vuol dire che questa roba non serve proprio a niente. Invece, che succede? Un solerte funzionario - mi auguro non dopo aver letto i nostri manifesti che annunciano l’evento di domenica al Salesianum di via della Pisana - scrive l’ordinanza, il prefetto la firma. Il danno, si illudono, è fatto, sottovalutando la nostra organizzazione. Spostiamo la manifestazione al pomeriggio, alle 16,30, in modo da poter consentire l’afflusso dei manifestanti alla struttura dove si svolgerà l’incontro che riguarda la nostra “proposta per Roma”. Il Salesianum è fuori dalla fascia verde e quindi dal blocco, ma l’uscita riguarderà anche chi abita dentro la città. Che facciamo, prefetto? La democrazia è un valore subordinato alle decisioni dell’amministrazione? Devo portare a cena fuori Roma i N NON CI TRONCA Ancora inutili blocchi del traffico a Roma. La nostra manifestazione si farà alle 16,30 manifestanti? Vedremo un esercito di vigili urbani cecchinare chi vuole issare le nostre bandiere senza essere costretto ad acquistare un’Euro 6 visto che nemmeno siete capaci di prevedere mezzi pubblici gratuiti in queste occasioni? Per carità, la nostra gente è stata capace di rischiare ben altro nella propria militanza politica da spa- ventarsi per le trovate di un commissario prefettizio che risolve i problemi causandone altri. Ma siamo indignati per come si “governa” una città a colpi di targhe alterne e blocchi automobilistici. Sono provvedimenti che rappresentano il degno emblema di un fallimento amministrativo che non può essere pagato dai cittadini che, in assenza di un trasporto pubblico efficiente, hanno diritto di andare la domenica dove vogliono con la loro auto. Il prefetto Tronca farebbe bene a rivedere un provvedimento che non serve proprio a niente, soprattutto visto che nessuno in Campidoglio si preoccupa di dire quanto incidono altre e ben più pericolose fonti di inquinamento (caldaie, impianti in- dustriali ecc.) né se si stanzieranno fondi per sostituire i vecchi impianti negli edifici pubblici. Siamo pronti anche ad atti di disobbedienza civile e a inondare il tribunale di ricorsi, perché non si mette a soqquadro una città nel giro di quattro-cinque giorni. È davvero facile governare in questo modo. CON L’APERTURA DELLA VARIANTE, A RISCHIO CENTINAIA DI POSTI DI LAVORO Lasciati a piedi dal Valico oncobilaccio, Pian del Voglio. Tantissimi italiani ne hanno letto i nomi, molte volte anche a lungo, nelle code che ciclicamente hanno bloccato il tratto appenninico dell’Autosole. Nomi che però presto sbiadiranno nella memoria collettiva del Paese: e già stanno iniziando a farlo. Perché da un mese, e un bel reportage pubblicato dall’edizione on line de Il Corriere della Sera ieri ne ha dato contezza agli utenti, la Variante di Valico è aperta e sul vecchio tracciato non passa più nessuno. È il progresso, bellezza!, e lascia poco spazio al romanticismo: accorciare di dieci minuti, se non un quarto d’ora, la percorrenza tra Firenze e Bologna era una R CI VEDIAMO DOMENICA POMERIGGIO ORE 16,30 CENTRO CONGRESSI SALESIANUM VIA DELLA PISANA 1111 priorità vera per la nazione e bene ha fatto a sottolinearlo all’inaugurazione Matteo Renzi, che ha invece taciuto del fatto che il mero ruolo di tagliatore del nastro avuto nella faccenda doveva suggerirgli una minor prosopopea. Ma un Paese che progredisce, se davvero vuole andare avanti, non può permettersi di lasciare nessuno indietro. Invece lo sta facendo con 110 dipendenti delle due società che gestiscono gli autogrill di Roncobilaccio e più in generale con un’area geografica che di autostrada ci ha campato per cinquant’anni. Là è già scattata la tagliola delle ore di esubero e della cassa integrazione, mentre i parcheggi e le stesse corsie dell’autostrada un tempo spina dorsale dell’Italia su gomma restano desolatamente vuoti, lasciando presagire che non ci sarà uscita dal tunnel di questa crisi. Rischia grosso anche l’hotel che si affaccia sulle carreggiate, col proprietario che guarda le chiavi delle camere appese alla reception ed è già chiusa la Taverna del Valico, il primo ristorante per camionisti, che aveva aperto nel 1965. Un disastro per decine di famiglie, il cui territorio non ha alcuna fabbrica che possa assorbire tante persone sul punto di essere escluse dal mondo del lavoro. Un dramma che non è certo improvviso, ma che era anzi inevitabile con l’apertura del nuovo Valico. Non aver provveduto per tempo a creare una valida alternativa occupazionale per la gente e di sviluppo per i territori è una macchia che oscura la Variante e sporca, irrimediabilmente, la coscienza degli amministratori che ci dovevano pensare prima. Robert Vignola 2 Mercoledì 27 gennaio 2016 ATTUALITA’ LA DISCUSSIONE SULLE UNIONI CIVILI ALLA SVOLTA. MA INCOMBE IL POPOLO DEL FAMILY DAY L’uovo di Colombo? Lo “stepchild temperato” L’assemblea dei senatori Pd vota all’unanimità l’impianto del ddl Cirinnà. Non ci sarà voto segreto. I cattodem battono in ritirata e si aggrappano al contentino: non chiamare le adozioni col loro nome di Robert Vignola e novanta piazze arcobaleno servivano per mettere il sale sulla coda al Pd. E ieri il partito attraverso il quale ormai deve passare ogni voglia affinché in Italia possa muoversi una foglia ha stabilito la sua condotta: sì convinto al ddl Cirinnà e libertà di coscienza sugli articoli che maggiori pruriti causano a chi trova una ovvia verità che i bambini debbano avere un padre e una madre e a chi ritiene una inaccettabile forma di schiavitù nel terzo millennio consentire la barbarie dell’utero in affitto, anche solo implicitamente. L’assemblea dei senatori democratici che si è riunita ieri ha quindi già votato all’unanimità, ieri, l’impianto sul disegno di legge sulle unioni civili. Nessun contrario quindi, ma neanche nessun astenuto: segno che le obiezioni dei cosiddetti cattodem sono rimaste fuori la porta dove si riuniva il gruppo di Palazzo Madama. È vero che è arrivata una formale proposta di emendare sia l’articolo 3 che l’articolo 5 del testo. L’istanza porta la firma del senatore Stefano Collina secondo il quale “così come si presenta, con la sola esclusione del Titolo II della legge sulle adozioni, l’articolo L 3 autorizza, di fatto, l’approvazione della stepchild adoption, alla quale resto contrario” e ciò renderebbe inutile anche la discussione sull’articolo 5. Segno che si temono contentini in sede parlamentare che non precluderebbero scorciatoie ad adozioni. La verità è però che il contentino del caso si starebbe mate- rializzando in una “preadozione” (o addirittura “stepchild temperata”: parole sempre più difficili sotto le quali seppellire la verità…), come l’ha definita qualcuno, lasciandosi sfuggire che si tratta di “affido biennale preadottivo”. E le tanto citate mediazioni che dovranno avvenire di qui alla prossima settimana girano proprio sui paletti da mettere a quest’altra progettato crollo della famiglia naturale. Invece la corrente maggioritaria del partito si preoccupa soprattutto di obbedire agli ordini giunti dalle piazze lesbo-gay-bi-trans dell’altro giorno:“Ce ne infischiamo del voto segreto. Il Pd esprime le proprie opinioni, anche diverse, alla luce del sole”, ha detto Luigi Zanda, il presidente del senatori dem. “Il 2 febbraio diremo quali saranno gli emendamenti dove ci sarà libertà di voto”, ha aggiunto, augurandosi una drastica riduzione degli emendamenti “così da poter discutere sul merito, dedicando la dovuta attenzione e il tempo che l’argomento merita”. Tanto più che resta in piedi l’ipotesi di “cangurarli” e decapitare così la discussione: l’arma è in mano al senatore dem Andrea Marcucci. Ulteriori segnali dicono che la partita rischia di essere già segnata: la straordinaria fiducia ostentata da Monica Cirinnà e le minacce del mite Alfano che prefigura un referendum per correggere la legge che andrà votata. Tutto lascia pensare insomma che il destino sia stato ben stabilito. Soltanto una piazza forte e chiara, sabato dalle 14 al Circo Massimo, potrebbe gettare in faccia agli alchimisti di Pd la certezza di poter ingannare i cattodem, ma non la consapevolezza di un popolo. L’ULTIMA ENTRATA A GAMBA TESA NEL DIBATTITO È ARRIVATA DAL CONSIGLIO D’EUROPA Diritti gay: e se ce lo chiede la Nato? l rosa dei gay pride e la mimetica degli eserciti. Che c’azzecca? Sicuramente la grande maestria politica delle piazze arcobaleno, che hanno realizzato una manovra d’accerchiamento, seppure con truppe assolutamente di numero inferiore, per rompere l’assedio del popolo italiano ai castellini aria su adozioni e comparazioni legali. Ma c’è anche dell’altro. E come sempre il coacervo ideale per mescolare ingredienti tanto distanti, a I prima vista, tra loro è l’Europa. Quell’Europa che ora “ci chiede” le unioni civili, come hanno iniziato contemporaneamente a strillare ieri i giornaloni progressisti italiani. A pronunciarsi comunque non era stato alcun consesso di eletti, direttamente o meno, ma un singolo tizio: il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland. Un norvegese, quindi uno che (beninteso) non ha neanche l’euro a casa sua, ma che ci ha tenuto a dar lezioni via twitter agli italiani sui diritti civili. “Incoraggio l’Italia a garantire il riconoscimento legale alle coppie dello stesso sesso così come stabilito dalla sentenza della Corte europea dei diritti umani e come accade nella maggior parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa”, ha detto, sentendo il traguardo ormai vicino. Ma chi è costui? Un laburista del Paese dei fiordi, arrivato alla poltrona di premier e poi andato a svernare a Strasburgo, non prima di aver partecipato anche al comitato del Premio Nobel, altra grancassa internazionale la politicizzazione della quale non sarà mai abbastanza pubblicamente svergognata. Gioverà tuttavia sottolineare che a succedergli alla guida del partito laburista norvegese è stato Jens Stoltenberg, oggi segretario generale della Nato. Speriamo che il prossimo a chiedere il riconoscimento dei diritti gay in Italia non sia lui: cominceremmo a temere che la democrazia delle unioni civili potrebbe, in ultima istanza, essere esportata a suon di bombe… R.V. I 18 SENATORI EX BERLUSCONIANI NON VOTERANNO LA SFIDUCIA A RENZI-BOSCHI Salva banche: Verdini corre in soccorso opo l'appoggio sulle riforme costituzionali, che di fatto hanno sancito la migrazione dei verdiniani (ex berlusconiani) dalle parti della maggioranza di centrosinistra, e dopi aver incassato te vicepresidenze di altrettante commissioni, il gruppo Ala – che fa capo per l’appunto all’ex fedelissimo dell’ex Cavaliere – si appresta a replicare. E così, a poche ore dak voto di fiducia in Senato sul salva-banche, i verdiniani fanno sapere che loro torneranno ad appoggiare Renzi, la Boschi e compagnia, invece di sostenere la minoranza che su quel voto di sfiducia invece confida per mettere quanto meno alle corde il governo. E ancora una volta i 18 voti dei verdiniani potrebbero rivelarsi de- D cisivi per salvare capra, cavoli e Matteo. Un voto preannunciato in pompa magna ma, come a mettere le mani avanti, il portavoce del gruppo Ala, il senatore Vincenzo D’Anna, fa sapere che “però non siamo entrati in maggioranza”. E il collega di partito Ciro Falanga aggiunge: "E' un voto sul merito. Semplicemente non siamo d'accordo con quanto scritto sulle mozioni". E invece sono d’accordo con l’assunto di Renzi-Boschi, ma guarda un po’. I verdiniani fanno sapere che comunque potrebbero invece smarcarsi sul voto per il ddl Cirinnà, ma a questo punto beato chi ci crede. Tornando alle banche, invece, c’è da dire che si pè intanto conclusa la prima fase per la cessione delle 4 good bank. Secondo gli istituti di credito interessati, ovvero Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, gli esiti di questa prima fase dono stati “più che soddisfacenti. Prassi e obblighi verso i partecipanti al processo impongono riservatezza. Questa fase ha riguardato l'invito a manifestare interessi di natura preliminare e non vincolante da parte di potenziali investitori nelle banche e ha consentito una prima mappatura degli operatori nazionali e internazionali interessati. Le attività in vendita prevedono in maniera preferenziale la cessione in un unico blocco complessivo, ma saranno valutate attentamente anche possibili offerte separate per una o più delle Good Bank e delle loro partecipazioni non strategiche. In questo quadro, la presentazione di offerte relative a tutte e quattro le Good Banks e l'attenzione ai Territori sono elemento positivo di valutazione". I quattro istituti aggiungono che ora “verranno richieste conferme di interesse più circostanziate che permetteranno il passaggio ad una seconda selezione”. Ma anche in questa occasione le critiche politiche non mancano: “Se il Governo pensa di risolvere tutto con una minuscola bad bank si sbaglia di grosso – fa sapere ad esempio Gianluca Pini della Lega Nord – Le banche rimarranno comunque piene di spazzatura e per i risparmiatori truffati non sembra esserci un barlume di speranza concreto. Renzi ha di- Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org strutto il Paese, è questa la verità: il problema è che non se ne rende conto o meglio fa finta di non accorgersene. Prima o poi la polvere solleverà il tappeto e per gli italiani saranno ancora tempi più bui”. Igor Traboni Igor Traboni Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Mercoledì 27 gennaio 2016 ATTUALITA’ TAROCCATI I DOCUMENTI DELL’ULTIMA CAMPAGNA ELETTORALE Firme false, il Piemonte traballa Accettate venti richieste di costituzione di parte civile: c’è anche l’ex presidente Cota Intanto va avanti il procedimento amministrativo in Consiglio di Stato: Chiamparino rischia di Robert Vignola un rebus, quello piemontese, che tiene con il fiato sospeso il Pd. Perché le firme false sono non soltanto un problema di immagine per il partito, ma potrebbero alla lunga trasformarsi in un problema di tenuta per l’amministrazione regionale. Intanto muove i primi passi il processo per le presunte irregolarità commesse nella raccolta firme per alcune liste a sostegno della candidatura dell’attuale Governatore Sergio Chiamparino. Sotto accusa ci sono una decina di funzionari del Pd e alcuni collaboratori che hanno provveduto alla raccolta delle firme. Secondo l’accusa ci sarebbero firme taroccate, autenticazioni irregolari e altre forzature che sarebbero state messe in atto per poter presentare in tempo utile alcune liste a sostegno di Chiamparino. Questo per ciò che concerne l’aspetto penale. Il Giudice per l’Udienza Preliminare Paola Boemio ha respinto per mancanza di legittimazione, la richiesta di costituzione di parte civile della Lega Nord Piemonte, mentre È invece l’ha accettata per Roberto Cota, che nella fattispecie si è costituito come semplice cittadino. Sono state accettate in tutto venti richieste di costituzione. L’udienza è stata aggiornata al 12 febbraio. C’è però un altro fronte, quello del procedimento amministrativo avviato dallo stesso Cota che a giorni attende il pronunciamento del Consiglio di Stato. Anche per questo i legali degli imputati hanno chiesto un rinvio dell’udienza in attesa che arrivi il pronunciamento della suprema corte amministrativa. Il Tar del Piemonte aveva infatti respinto il ricorso contro la lista regionale Chiamparino presidente, contro le liste provinciali del Pd a Cuneo e Chiam- parino per il Piemonte a Torino. Aveva però dato la possibilità all’ex consigliere provinciale della Lega Patrizia Borgarello di presentare una querela per falso. Ora bisognerà attendere la sentenza del Consiglio di Stato da cui potrebbe dipendere il destino di Chiamparino. Per il Tar infatti le eventuali irregolarità nelle procedure di raccolta ed autenticazione delle firme non metterebbero in discussione il risultato delle elezioni e la vittoria di Chiamparino, semmai al massimo una diversa distribuzione dei seggi fra gli eletti. Per Cota invece la dimostrazione di "due pesi e due misure". Nel suo caso le firme false attribuite ad una lista che lo sostenne nel 2010 furono considerate sufficienti a determinare l'esito del voto al punto da riportare il Piemonte alle elezioni anticipate. Ora bisognerà vedere se anche il Consiglio di Stato sarà dello stesso avviso del Tar e salverà la poltrona dell'attuale Governatore Pd oppure adotterà lo stesso criterio utilizzato a suo tempo con Cota. Sempre che Chiamparino non si dimetta per sua volontà, come ha detto di voler fare nel caso in cui il procedimento non dimostri l totale estraneità ai fatti attribuiti. IL SINDACO DI PARMA A TUTTO TONDO: “NON SO SE MI RICANDIDERÒ COL M5S, SENZA BEPPE SPERO IN PIÙ DEMOCRAZIA” Pizzarotti vicino all’addio e al Pd La sentenza del primo cittadino sulla vicenda di Quarto: “La cacciata della Capuozzo decisa da Grillo e Casaleggio” di Marco Zappa A nche Pizzarotti, sindaco di Parma, ha ormai deciso di fare “un passo di lato dal Movimento”. No, lui non andrà a fare teatro. Tantomeno si butterà in televisione. Il primo cittadino, in un’intervista a Repubblica, lascia intendere che la sua esperienza in chiave pentastellata è ormai al capolinea. “Non so ancora se mi ricandiderò. Tantomeno se lo farò con il M5s. Serve rinsaldare il rapporto. A me piacerebbe, ma bisognerebbe volerlo in due”. L’amministratore comunale più amato dal popolo grillino con il 54% dei consensi, dopo le fratture con il leader maximo del partito, pensa all’addio. Sempre più insistenti le voci di un suo imminente abbandono. Dati i rapporti ormai gelati con tutto il direttorio M5s. Grazie pure alla definitiva frattura sancitasi lo scorso novembre quando “Mr.Pizza” è salito in cattedra al fianco del collega di Bergamo Gori (Pd), in un dibattito organizzato da FutureDem in Lombardia per parlare di governance e partecipazione. La più classica delle gocce che ha fatto traboccare il vaso. Una mossa mal digerita perfino da quei pochi rappresentati pentastellati che continuavano a difenderlo dai continui attacchi di Grillo. E adesso Pizzarotti medita la fuga. E commenta l’ennesima retromarcia (a chiacchiere) del comico genovese dal partito. “E’ più di un anno che tra stanchezza, riavvicinamenti, nomine del direttorio, la sua presenza ha cominciato a essere laterale. Spero che questo porti a rivedere delle posizioni e a organizzare quel collegamento con i territori che, in vista delle prossime amministrative, è quanto mai necessario. Quel che è accaduto nell’ultimo periodo (chiaro il riferimento alla vicenda di napoletana che imbarazza il M5s, ndr) ha dimostrato quanto sia importante che ci sia un punto di incontro tra il centro e i comuni. Quarto a parte, nelle città che vanno al voto molti gruppi si spaccano e si contendono le candidature. Non erano stati nominati dei referenti territoriali? Dove sono? Cosa fanno? Ci sono Fico, Di Battista e Di Maio, ma parlamentari che svolgono con impegno il loro compito non possono fare tutto”. Il primo cittadino di quella città che Grillo nel 2013 non esitò a definire come “la nostra Stalingrado”, parla pure della decisione su Quarto che ha portato alla espulsione della sindaca Rosa Capuozzo: “L’hanno presa”, la sentenza,“Grillo e Casaleggio. Non so chi ci fosse a Milano, ma sicuramente non è stata allargata. Non puoi parlare di massima democrazia, di trasparenza, di condividere le informazioni, se al momento del bisogno le regole le dettano sempre meno persone. Se il Movimento abbandona i sindaci in difficoltà? Bisogna entrare nell’ordine delle idee che amministrare è diverso dal fare opposizione. A volte ci sono impegni pregressi da rispettare. E per cambiare le cose serve tempo. Bisogna incontrarsi, condividere le posizioni”. Frontale, l’attacco di Pizzarotti, che continua a pensare a una lista civica molto ben vista dal Pd a Parma. IL CANTANTE TORNA AD ATTACCARE RENZI ACCUSATO DI FALSO IN ATTO PUBBLICO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA PIAZZA A SALERNO Pelù:“Ho visto nascere il nuovo mostro di Firenze” De Luca colleziona un altro avviso Italia è in una situazione di “predittatura" o forse "in dittatura" e "il mostro che oggi si sta sviluppando sotto gli occhi di tutti l'ho visto nascere a Firenze”. Così, con queste ed altre espressioni, è arrivato il nuovo attacco del cantante Piero Pelù nei confronti del presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’artista fiorentino ha incalzato ancora il premier, in occasione della prima serata del premio dedicato a Fabrizio De Andrè, all'Auditorium Parco della musica a Roma. Al leader dei Litfiba è andato il premio alla carriera, consegnato da Dori Ghezzi: "È uno stimolo L’ ad essere ancora più legato con la realtà, anche in futuro- ha detto il cantante- Oggi è sempre più difficile, in questa Italia in predittatura o forse in piena dittatura... Ho toccato con mano, attraverso opere pubbliche a Firenze, quello che sarebbe successo in Italia". Pelù ha poi parlato di "questa strana alleanza, questo mostro a due teste, questo ''Renzusca'', questo animale che nasce dalle ceneri di Licio Gelli che noi tutti salutiamo e a cui auguriamo di stare dove deve stare". Gli artisti hanno soltanto "fionde di parole. Loro, le armi, il potere, i twitter". Intanto in Puglia è bufera dopo la condanna del consigliere regionale dem Abaterusso i moltiplicano in tutta Italia i guai giudiziari per esponenti del Pd, anche molto in vista. È il caso di Vincenzo De Luca, che risulta indagato per falso in atto pubblico: un avviso di garanzia nuovo di zecca per il governatore, per fatti che risalgono ancora una volta alla sua esperienza da sindaco di Salerno. Stavolta di mezzo c’è una variante al progetto per la realizzazione di piazza della Libertà. Assieme a De Luca sono indagati anche alcuni componenti della sua giunta e i tecnici che dovranno rispondere, a vario titolo, di turbativa d'asta e peculato. Secondo l'accusa, De Luca e la sua giunta avrebbero approvato la variante con la quale venivano stanziati altri otto milioni di euro per alcuni "imprevisti", ovvero la presenza di S acqua nel sottosuolo: al di sotto della piazza scorre difatti il torrente Fusandola. Proprio ieri i legali di De Luca hanno chiesto la sua assoluzione al processo che vede il governatore indagato per abuso d'ufficio nella vicenda del termovalorizzatore. In Puglia invece la bufera si concentra sulla figura del consigliere regionale Ernesto Abateruffo, condannato insieme al figlio (anch’egli impegnato in politica, vicesindaco a a Patù, in provincia di Lecce) a un anno sei mesi per truffa all’Inps. La Procura contestava a padre e figlio di avere truffato l’Inps per circa mezzo milione di euro, all’epoca in cui il calzaturificio Vereto di Gagliano del Capo fu chiuso e al suo posto fu costituita la Gea. Secondo l’ipotesi accusatoria, la nuova fab- brica in realtà operava con gli stessi macchinari e lo stesso personale della precedente, mentre una trentina di operai che risultavano in mobilità in realtà lavoravano regolarmente. Immediate le richieste di dimissioni da parte dell’opposizione. R.V. 4 Mercoledì 27 gennaio 2016 ATTUALITA’ CAGLIARI – NUOVA MOBILITAZIONE DEI LAVORATORI DI PORTOVESME Vogliono garanzie: operai Alcoa bloccano il Consiglio In duecento hanno presidiato il palazzo per chiedere a Regione e Palazzo Chigi di trovare una soluzione sui costi dell’energia. I lavori dell’Aula, previsti in mattinata, sono slittati al pomeriggio di Barbara Fruch vevano annunciato azioni eclatanti per protestare contro “le promesse della politica alle quali non sono ancora seguiti fatti concreti” e così è stato. Dopo il blocco della statale 131 di giovedì scorso e il sit-in nell’aeroporto di Elmas, ieri, circa duecento lavoratori e lavoratrici dell’Alcoa di Portovesme, hanno bloccato, il palazzo del Consiglio regionale a Cagliari. Motivo? Vogliono avere risposte concrete sul loro futuro lavorativo e, soprattutto, garanzie sui costi dell’energia. I lavoratori sono così partiti alle 6.45 da Villamassargia, nel Sulcis, e hanno raggiunto via Roma dove è scattata la protesta: il palazzo, dove era in programma una seduta dei consiglieri per discutere e approvare la riforma degli Enti locali, è stato occupato e gli operai hanno tentato di bloccare tutti gli ingressi creando una vera e propria catena umana. “La catena umana attorno a palazzo del Consiglio - hanno spiegato i sindacati - simboleggia la volontà di fermare la politica perché si accorga della nostra vertenza che ora più che mai richiede una interlocuzione a livello di Palazzo Chigi”. I manifestanti chiedono infatti a Regione e Palazzo Chigi di trovare una soluzione sui costi dell’energia, così da permettere a Glencore, che aveva espresso l’interesse a subentrare ad Alcoa negli impianti di produzione di alluminio, di acquisire lo stabilimento e di farlo ripartire. La multinazionale svizzera infatti ha posto al governo una condizione imprescindibile per l’apertura di una trattativa: il costo dell’energia per i prossimi 10 anni non avrebbe dovuto superare i 25 euro/Mwh, richieste ri- A tenute non compatibili dal Mise. “Vogliamo che la politica scenda in campo al nostro fianco – ha detto Bruno Usai, della Cgil – Chiediamo che il governo nomini un commissario che prenda in mano la situazione”. A causa del blocco sono rimasti fuori i consiglieri compreso il presidente dell’Aula Gianfranco Ganau, che si sono messi a discutere con gli operai. Forti le contestazioni da parte dei lavoratori stanchi di aspettare risposte che non arrivano. Renzi, hanno ricordato i manifestanti, lo scorso 28 maggio in visita al Mater Olbia aveva annunciato il riavvio della fabbrica già dallo scorso settembre. Impegni rimasti puntualmente disattesi. Sul posto anche gli agenti della polizia in assetto antisommossa. “Credo che il Governo nazionale debba dare delle risposte, soprattutto sul versante – ha detto il presidente del Consiglio regionale Ganau – siamo l’unica Regione italiana che non ha il metano”. La questione ruota, come detto, attorno al prezzo dell’energia. Quello di Portovesme è l’unico stabilimento italiano che produce (anzi, produceva) alluminio. La multinazionale americana Alcoa ha deciso di chiudere e dalla fine del 2012 l’industria è ferma. Ora, però, c’è un’azienda svizzera pronta a rilevare gli impianti. E per i sindacati le soluzioni ci sono e sono rappresentate dagli strumenti del contratto bilaterale e dell’interconnector che permettono da subito di avere prezzi competitivi e concorrenziali dell’energia. Secondo Rino Barca, segretario Fim Cisl, è anche già noto il paese che potrebbe fornire l’energia a prezzi concorrenziale, ed è la Germania. L’altra soluzione potrebbe essere quella utilizzata anche per l’Ilva di Taranto: ossia una sorta di commissariamento dello stabilimento da parte dello Stato italiano per il suo riavvio per poi procedere alla sua successiva vendita. Sul caso è intervenuta anche Forza Italia. “Subito una norma, da negoziare con Bruxelles, per una soluzione di lungo periodo al nodo energia, che consenta di aprire la via a potenziali acquirenti dell’Alcoa – hanno detto Ugo Cappellacci, Alessandra Zedda, Pietro Pittalis, Ignazio Locci e Stefano Tunis, presenti davanti al Consiglio – Nelle more delle decisioni europee il Governo spinga per un accordo bilaterale con l’Enel, che funga da ‘ponte’ e consenta di proseguire il percorso”. L’attività del Consiglio regionale è ripresa nel pomeriggio. In apertura di seduta il presidente Ganau ha illustrato all’Aula un documento, concordato in mattinata in conferenza dei capigruppo, in cui si esprime solidarietà ai lavoratori dell’Alcoa ma non si condivide il metodo con cui è stata portata avanti la protesta, bloccando l’attività del parlamento dei sardi. “Il Consiglio regionale si impegna a chiedere che il presidente del Consiglio dei ministri intervenga direttamente nella vertenza per il rilancio dell’attività Alcoa. Il primo febbraio - è scritto in una nota stampa - durante la seduta statutaria, sarà discusso un ordine del giorno unitario sull’argomento”. TRAFFICO BLOCCATO, IERI ANCORA UN CORTEO DEI LAVORATORI, E I DISORDINI CONTINUANO Ilva, secondo giorno di protesta a Genova La Fiom in piazza anche questa mattina: alla manifestazione odierna non aderisce la Uilm Gela, migliaia in marcia per difendere la raffineria Eni icono “no” alla chiusura della raffineria dell’Eni. E lo fanno per “difendere 2.500 posti di lavoro e lo stesso futuro della città”. Sono migliaia la persone che hanno sfilato in corteo ieri a Gela (20 mila, per gli organizzatori, 10-12 mila per la polizia) aderendo così allo sciopero proclamato dal Consiglio comunale (in seduta permanente da 5 giorni). A mettere in discussione l’industria sono i ritardi della politica e il mancato rilascio delle autorizzazioni ministeriali per la riconversione degli impianti che, abbandonato il petrolio per scelta strategica, dovrebbe portare alla produzione di bio-carburanti, grazie a un protocollo che prevede investimenti Eni in Sicilia, confermati dall’azienda, per 2,2 miliardi di euro. A protestare ieri, dal piazzale antistante l’ospedale fino a piaz- D za Municipio, c’erano i sindacati, rappresentanti della società civile, della classe politica, imprenditoriale ed esponenti delle forze sociali, compresi i rappresentanti di Confindustria Sicilia. Metalmeccanici in tuta, avvocati, sacerdoti, studenti, pensionati, donne, bambini, seguivano sindaci e gonfaloni di una dozzina di comuni del comprensorio, con bandiere e striscioni, in una vera e propria mobilitazione di popolo. Numerosi gli slogan e i cartelloni satirici che prendevano di mira il premier Renzi, rappresentato con il naso lungo di Pinocchio. Oggi, a Roma, è prevista una riunione al Ministero del Lavoro dove sono stati convocati il sindaco di Gela, Domenico Messinese, e il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, per definire misure straordinarie sull’uso degli ammortizzatori sociali. di Emma Moriconi raffico bloccato, stabilimento occupato, un altro corteo dei lavoratori dell’Ilva: è questa la fotografia della situazione a Genova ieri. Per tutta la notte precedente i lavoratori avevano occupato lo stabile, al mattino il corteo ha raggiunto l’elicoidale San Benigno e bloccato la Sopraelevata. Sono circa quattrocento i lavoratori scesi in corteo, con quattro mezzi. “noi diciamo no alla vendita al buio, senza garanzie. L’accordo di programma prevedeva il rispetto dei livelli occupazionali e retributivi, insieme agli investimenti industriali. È il governo che deve dirci se lo vuole mantenere”: è questo il nocciolo della questione, a quanto riporta il Secolo XIX, che effettua una copertura live della vicenda con aggiornamenti continui e riferisce di una giornata difficile per la città, con migliaia di auto ferme sulle principali direttrici genovesi per il blocco che riguarda anche il casello autostradale di Genova Ovest. La prima notizia risale alle 8,40 di ieri mattina, quando i lavoratori sono usciti dallo stabilimento e hanno percorso Lungomare Canepa verso l’elicoidale per bloccare l’autostrada e la Sopraelevata. Alla protesta si sono aggregati anche studenti, che recavano uno striscione con su scritto “Il nostro futuro non si tocca, T studenti e operai uniti nella lotta”. Nel corso della mattinata il quotidiano ligure ha sentito anche Armando Palombo della Fiom, che ha dichiarato al cronista: “Ci sono a rischio altri 700 posti, Genova ci ha traditi, noi fermiamo la città siamo disposti ad andare avanti a oltranza”. Chiuso a metà mattinata il casello di Genova Ovest, decisione di Autostrade per l’Italia. Si è espresso anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli affari europei Sandro Gozi: “L’Italia può proseguire i lavori per tutte le misure che riguardano le bonifiche ambientali e a tutela della salute pubblica. E deve farlo celermente. È stato deciso nella riunione tecnica sull’Ilva che si è tenuta ieri [l’altro ieri, NdR] a Bruxelles. Un risultato non scontato ma che è di buon auspicio sul futuro del siderurgico”. All’ora di pranzo l’intera città era paralizzata, la situazione si è fatta presto piuttosto grave, al punto di suscitare un intervento del presidente della Regione Toti: “La protesta - ha detto - è comprensibile ma occorre non aumentare la tensione in città perché nessuno guadagnerebbe da questo. Il governo -ha aggiunto però - deve fare chiarezza su quello che sarà il destino dell’Ilva in tutte le sue parti, da Taranto a Genova che è parte di una realtà industriale che il governo si è impegnato a salvare. Vedremo quali saranno le risposte”. Nel pomeriggio, dopo sette ore di occupazione e di blocco del traffico, i lavoratori sono rientrati in stabilimento. Il coordinatore della Fiom Palombo ha detto che lo sciopero continua: per oggi si prevedono dunque ancora disordini e proteste, con un corteo fino in Prefettura, a cui però non aderirà la Uilm, almeno a quanto dichiarato da una nota della locale segreteria del sindacato. Per i metalmeccanici della Fiom l’appuntamento è per questa mattina alle 8,30 in piazza Massena a Cornigliano. 5 Mercoledì 27 gennaio 2016 ATTUALITA’ PALLONE E FISCO, 64 INDAGATI. CI SONO ANCHE GALLIANI, LOTITO, DE LAURENTIIS, PREZIOSI E MOGGI JR Il calcio italiano finisce in fuorigioco Accuse pure a Lavezzi, Immobile, Crespo e Milito. Perquisizioni a Casa Milan, coinvolte complessivamente 35 società di A e B - La procura di Napoli: “Radicato sistema per evadere le tasse” di Marcello Calvo l calcio italiano finisce ancora una volta in fuorigioco. In offside, nell’inchiesta sconvolgente della procura di Napoli, i padri padroni del football nostrano. Da Galliani (Milan) a Lotito (Lazio e Salernitana) passando per De Laurentiis (Napoli). Fino ad arrivare a Della Valle (Fiorentina) Zamparini (Palermo), Preziosi (Genoa) Campedelli (Chievo), Ghirardi (ex dominus del Parma), Garrone (già patron della Sampdoria). Solo per citarne alcuni. Passando per l’ex presidente e amministratore delegato della Juventus, Blanc. Coinvolti massimi dirigenti e calciatori (16). Come Lavezzi (Psg), Nocerino (Milan), Denis (Atalanta) Immobile e Molinaro (Torino), Milito (ex Inter), Paletta (Atalanta). E tecnici (Crespo del Modena). Ma anche diversi procuratori, tra cui Alessandro Moggi (figlio di Luciano), Hidalgo, Mazzoni. E molti altri. Un vero e proprio terremoto. Ben 64 gli indagati per false fatturazioni ed evasione fiscale. Con la Guardia di Finanza che ha messo a segno una serie di sequestri di denaro su conti correnti di 58 eccellenti e di perquisizioni nei confronti di 33 calciatori e agenti in tutta Italia. I beni congelati ammontano a 12 milioni di euro fra immobili, somme di denaro e quote societarie. Sono complessivamente 35 le società di calcio professionistiche di Serie A e B coinvolte nella maxi inchiesta dei pm partenopei. Al centro dell’indagine le presunte violazioni italiano, ormai logoro e senza credibilità. E adesso a tremare sono i tifosi che temono ripercussioni, danni e penalizzazioni. Per le presunte malefatte dei propri presidenti. I Da sinistra: De Laurentiis, Galliani e Lotito fiscali e penali commesse da molti club di primissimo piano, procuratori e giocatori nell’ambito di operazioni commerciali che avevano il fine di acquisizione dei diritti alle prestazioni sportive di calciatori. I militari delle Fiamme Gialle hanno bussato pure negli uffici della Figc. Ma non solo. Pure a Casa Milan dove sono stati sequestrati faldoni e documenti. Le accuse sono pesantissime. Con gli inquirenti, guidati dal procuratore aggiunto Piscitelli, che nel raccontare le indagini che hanno dato il via all’inchiesta “Fuorigioco”, parlano di un “sistema radicato, finalizzato ad evadere le imposte, messo in atto da decine e decine di società nonché da oltre un centinaio di persone fisiche. Un meccanismo fraudolento architettato per sottrarre materia imponibile alle casse dello Stato italiano, adottato nel contesto delle operazioni commerciali sulla compravendita di calciatori”. Un’inchiesta partita nel 2012, destinata a provocare altri strascichi e polemiche in un mondo, quello del pallone, già devastato da Calciopoli e dalla bufera del calcioscommesse. Dove a finire nella bufera sono ancora una volta quei dirigenti sportivi accusati di avere in mano le redini del calcio italiano. Come Lotito e Galliani, principali sostenitori di Tavecchio, di nuovo nel tritacarne giudiziario. Insieme al calcio Ecco tutti gli indagati: Quarantacinque i dirigenti di società di calcio di serie A e B: Alessandro Moggi, Marco Sommella, Vincenzo Leonardi, Riccardo Calleri, Umberto Calaiò, Leonardo Rodriguez, Fernando Hidalgo, Aleandro Mazzoni, Edoardo Rossetto, Antonio Percassi, Luca Percassi, Claudio Garzelli, Giorgio Perinetti, Luigi Corioni, Gianluca Nani, Sergio Gasparin, Pietro Lo Monaco, Igor Campedelli, Maurizio Zamparini, Rino Foschi, Daniele Sebastiani, Andrea Della Valle, Oronzo Corvino, Alessandro Zarbano, Enrico Preziosi, Luciano Cafaro, Jean Claude Blanc, Alessio Secco, Claudio Lotito, Marco Moschini, Renato Cipollini, Aldo Spinelli, Adriano Galliani, Aurelio De Laurentiis, Tommaso Ghirardi, Pietro Leonardi, Pasquale Foti, Eduardo Garrone, Marino Umberto, Massimo Mezzaroma, Roberto Zanzi, Giovanni Lombardi Stronati, Francesco Zadotti, Sergio Cassingena, Massimo Masolo, Dario Cassingena. Sedici i calciatori: Gustavo German Denis, Fernando Quintero, Adrian Mutu, Ciro Immobile, Matteo Paro, Hernan Crespo, Pasquale Foggia, Antonio Nocerino, Marek Jankulovski, Cristian Chavez, Inacio David Fideleff, Ivan Ezequiel Lavezzi, Gabriel Paletta, Emanuele Calaiò, Cristian Molinaro, Rios Pavon, Diego Alberto Milito. ARRIVA IL LEADER IRANIANO E DAL MUSEO DEL CAMPIDOGLIO SPARISCONO TUTTI I NUDI Statue velate per non dispiacere a Rohani Nel secondo giorno a Roma anche l’atteso incontro con Papa Francesco DAL 2 FEBBRAIO MULTE, DIVIETI E RESTRIZIONI Sigarette, le vecchie regole stanno per andare… in fumo remate, tremate, le sanzioni sono (quasi) arrivate. Tempi duri per i fumatori, che hanno ormai i giorni contati. Non solo le scioccanti immagini sui pacchetti, dal prossimo 2 febbraio entreranno in vigore regole davvero stringenti per limitare le sigarette tutti i prodotti da fumo. L’Italia si allinea alle direttive europee, con l’obiettivo di tutelare i minori. La nuova legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 18 gennaio, è destinata a far discutere. Chi sbaglia paga. E pure in maniera pesante. Sarà vietato fumare nelle auto, in sosta o in movimento, in presenza di minori e donne in stato di gravidanza. Ma anche all’aperto, nelle pertinenze esterne delle strutture universitarie e ospedaliere. Anche dei reparti di ginecologia e ostetricia. E ancora: neonatologia e pediatria. Nuovi divieti pure per i venditori. Banditi i pacchetti da dieci e imposto un nuovo limite, pari a 30 grammi, per il pacchetto sfuso. Stretta anche sui tabacchi aro- T matizzati e ricariche per sigarette elettroniche. Mentre la vendita ai minori sarà punita con una multa da 500 a 3.000 euro e con misure che variano dalla sospensione di 15 giorni fino al ritiro della licenza. A tutela dei non maggiorenni è stata bandita pure la pubblicità di sigarette di ogni tipo a ridosso dei programmi televisivi e prima degli spettacoli cinematografici destinati soprattutto ad un pubblico di bambini. Freno a mano per le sigarette agli aromi, come quelle al mentolo e alla vaniglia. Rischia grosso pure chi getta i mozziconi per terra. Previste sanzioni salatissime rispetto a quelle vigenti - solo sulla carta - fino ad ora. La nuova norma rivede anche alcuni aspetti “dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco”. Con le avvertenze relative alla salute che “dovranno figurare sui pacchetti”. Le immagini, sicuramente spaventose con foto di persone malate e avvertimenti macabri, dovranno superare i due terzi della superficie della confezione. di Cristina Di Giorgi rosegue la visita ufficiale in Italia del presidente iraniano Hassan Rohani, che lunedì ha incontrato il premier Renzi e l'inquilino del Quirinale Sergio Mattarella. Il secondo giorno del leader di Teheran in Italia è iniziato con l'intervento al Business Forum degli industriali italiani e iraniani in corso a Roma: “Dopo anni di sanzioni, in Iran ci sono spazi vuoti” in cui “concretizzare capacità” ha detto Rohani. Che ha poi aggiunto: “Siamo pronti ad accogliere investitori stranieri” ed in questo quadro “l'Italia ha un'importanza particolare: abbiamo con voi una buona collaborazione e gli iraniani conoscono il vostro lavoro, si fidano degli italiani”. Come per i negoziati sul nucleare, “anche nell'economia dobbiamo intraprendere una collaborazione vincente per tutti” Anche perché “se vogliamo lottare contro il terrorismo, una delle strade che abbiamo è lo sviluppo economico” in quanto “la disoccupazione crea soldati per i terroristi” ha concluso il leader di Teheran. Un appello, il suo, che a quanto si apprende gli industriali dei due Paesi hanno accolto di buon grado: tra i risultati del Forum c'è infatti la sottoscrizione di una serie di accordi commerciali di notevole importanza(si parla di contratti per un valore stimato di 17 miliardi di euro). L'altro appuntamento clou della giornata per il presidente Rohani è stato l'incontro con il papa, durato una quarantina di P Le statue ricoperte con dei pannelli minuti. “Spero nella pace” ha detto il pontefice accogliendo il capo di Stato. Che a sua volta, al termine della visita, ha chiesto a papa Francesco di pregare per lui. Al di là degli aspetti prettamente istituzionali del viaggio del leader di Teheran a Roma emerge, in proposito, un elemento che ha suscitato più di qualche polemica. La conferenza stampa congiunta, successiva agli incontri con con Mattarella e Renzi, che hanno sancito ufficialmente la ripresa dei rapporti tra Italia e Iran, si è svolta in Campidoglio, ai Musei Capitolini. In cui, per l'occasione, le statue di nudo sono state completamente oscurate da una serie di pannelli che ne impedivano la visione. Una copertura – è stato spiegato - decisa come forma di rispetto alla cultura e sensibilità iraniana. Giusta motivazione, per carità. Anche se a quel punto tanto valeva svolgere l'incontro in un qualunque corridoio di un qualunque ministero italiano. Tolleranza o servilismo? Stando alla cifra della nostra classe politica, verrebbe da propendere per la seconda ipotesi. E non solo con l'Iran. 6 Mercoledì 27 gennaio 2016 ESTERI USA: VERSO LE PRESIDENZIALI 2016 Hillary brilla. E spera Nell’ultimo dibattito tra i candidati democratici, la Clinton appare molto in forma. Ma lo sfidante Sanders risponde a tono di Cristina Di Giorgi ultimo dibattito televisivo tra i candidati democratici prima delle primarie ha visto una Hillary Clinton decisamente in forma. Grazie forse anche ad una formula diversa da quella degli incontri precedenti (non tutti contro tutti ma una serie di interventi singoli dei vari contendenti) il forum pubblico organizzato dalla Cnn in diretta da Des Moines (in Iowa) ha consentito infatti all’ex first lady di esprimere, all’interno di un confronto comunque serrato ma sereno in particolar modo con il suo sfidante principale Bernie Sanders, una L’ brillantezza e una “capacità di entusiasmare” - così si legge sulla stampa - che non si vedeva da tempo. A poche ore dalle dichiarazioni del presidente uscente Obama, che in un’intervista sul sito “Politico” si è schierato con Hillary (descrivendola come “la candidata potenzialmente più efficace” per difendere la sua eredità), la frontrunner democratica ha risposto dicendo di essere stata “molto toccata e gratificata” dalle parole dell’attuale inquilino della Casa Bianca. “Sono io la scelta migliore per la nomination e per la presidenza” ha poi detto sorridendo. Mancano appena sei giorni al primo turno di votazioni (si comincerà in Iowa) e la signora Clinton approfitta dell’ultimo dibattito tv per ricordare la sua lunga esperienza in politica: “sono in giro da molto tempo ed ho ricevuto molti attacchi. Ma resto in piedi e vado avanti”. A proposito di Donald Trump Hillary, senza neanche nominarlo espressamente, ha detto che i suoi “insulti e parole denigratorie sono la parte più stressante di questa campagna elettorale”. E sulle sue discusse prese di posizione a proposito dei musulmani ha aggiunto che “non solo è vergognoso e contrario ai nostri valori sostenere che le persone di una certa religione non debbano entrare nel nostro Paese, ma anche pericoloso”. Dal canto suo il settantaquattrenne Sanders è stato comunque in grado di mantenersi all’altezza ed ha saputo dare del filo da torcere all’ex segretario di Stato. Circondato dagli elettori dell’Iowa (sua roccaforte: qui infatti a Sanders è accreditato il 46% dei consensi contro il 44% della Clinton), è apparso tranquillo e determinato: “ho l’esperienza e la capacità di giudizio per fare il presidente” ha detto il senatore del Vermont. Che ha poi aggiunto: “non possiamo continuare ad avere un governo dominato da miliardari e un Congresso che lavora per gli interessi di pochi. C’è bisogno di una rivoluzione politica”. Quanto poi alle differenze con la sua sfidante, Sanders ha puntato sul voto a proposito dell’intervento in Iraq, l’oleodotto Keystone, la riforma sanitaria e Wall Street. In ombra – ma era probabilmente inevitabile – il terzo contendente, l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley. Che secondo l’ultimo sondaggio è fermo al 4% dei consensi tra i votanti democratici su base nazionale, mentre Hillary Clinton ha il 52% e Sanders la insegue al 38%. CINA Rilasciato lo svedese Dhalin, attivista per i diritti umani o svedese Peter Dhalin, fondatore di un’organizzazione per la difesa dei diritti umani arrestato all’aeroporto di Pechino il 4 gennaio ed incriminato per “minacce alla sicurezza dello Stato”, è stato in queste ore rilasciato ed espulso dalla Repubblica popolare cinese. L’accusa principale nei suoi confronti era quella di aver “addestrato e finanziato avvocati senza licenza per prendere in carico casi contro il governo”. La settimana scorsa l’attivista era apparso sul canale televisivo locale CCTV, che aveva mandato in onda un video di 10 minuti in cui l’uomo ha ammesso la sua colpa e si è scusato per “aver offeso i sentimenti del popolo cinese”. Una confes- L sione questa che – riferisce la Bbc – i responsabili dell’organizzazione fondata da Dahlin hanno definito “assurda” e apparentemente “forzata”. Il portavoce dell’ambasciata svedese ha confermato che l’attivista ha lasciato la Cina, senza però fornire in merito ulteriori dettagli. Il ministro degli Esteri di Stoccolma Margot Wallstrom in proposito ha dichiarato di aver accolto con favore il rilascio di Dahlin, ma ha espresso preoccupazione per un altro svedese detenuto nelle carceri di Pechino. Si tratta di Gui Minhai, una delle cinque persone legate ad una casa editrice e libreria di Hong Kong di cui, da alcuni mesi, non si hanno CdG più notizie. FRANCIA: L’EX CAPO DELLO STATO PUBBLICA UN LIBRO SULLA SUA ESPERIENZA Sarkozy: Mea Culpa sincero o elettorale? Ad un anno dalle presidenziali, l’operazione editoriale appare ai più come una tattica politica per riconquistare gli elettori di Claudio Pasquini Peruzzi irrequieto Nicolas Sarkozy sta tentando in tutti i modi di ritornare protagonista sulla scena politica nazionale. L’ultima mossa strategica dell’ex Presidente della Repubblica si è manifestata nella pubblicazione di un suo libro intitolato “La Francia per la vita” in cui espone in 260 pagine e 10 capitoli il bilancio della sua esperienza quinquennale (2007-2012) alla presidenza della repubblica tra rimpianti, errori, e riflessioni. I temi trattati sono numerosi: dalle scelte economiche del suo governo fino alle politiche d’immigrazione e sicurezza, passando per il rapporto con Hollande e le diaspore interne al suo partito, e finendo con alcune idee per il 2017. Un Mea Culpa commuovente ed ammirevole con cui Sarkozy tenta di riconquistare il territorio perduto. Nonostante la sua spiegazione che “il libro non è una dichiarazione di candidatura alle prossime elezioni presidenziali”, le perplessità attorno a quest’iniziativa sono legittime e giustificabili. Il tempismo da orologio svizzero fa piazza pulita di ombre e dubbi attorno alla vicenda. Così come nel L’ 2006, quando pubblicò un libro dal titolo “Testimonianza” per lanciare la sua candidatura alle presidenziali, oggi ci riprova con l’ennesima performance esibizionistica in stile Sarko, il caso vuole proprio a distanza di un anno dalle prossime elezioni politiche. I sondaggi evidenziano le difficoltà dei Republicains e le esitazioni degli elettori? Si deve intervenire. Ed ecco l’opera d’arte a firma Sarkozy. Un’inequivocabile strategia elettorale che si pone l’obiettivo di colpire i cittadini francesi nell’emotività e nei sentimenti mettendo in mostra una persona, o meglio un politico, capace di sottoporsi ad un esame di coscienza riconoscendo gli sbagli - solo alcuni - commessi durante il suo trascorso da presidente. Tanto di cappello se non fosse per l’odore di bruciato che aleggia nell’aria. Una percentuale rilevante dell’elettorato l’ha abbandonato aderendo al progetto del Front National di Marine Le Pen oppure al partito dell’astensionismo perché delusi dalla politica Sarkoziana. Di conseguenza, la decisione di pubblicare questo libro dei rimpianti induce gran parte delle persone a pensare ad una colossale operazione di marketing. Sarkozy rinnova la sua speranza che “la politica cessi d’incarnare l’impotenza, cessi di essere sinonimo di rinuncia”. A suo dire, “non passa un giorno senza che pensi alla Francia”. Siamo sicuri che la Francia pensi a lui? E’ lui il candidato ideale che può realmente rappresentare una speranza ed una prospettiva futura per il paese transalpino? Bisognerà aspettare qualche mese prima di poter analizzare l’impatto del libro sulla società francese. Il popolo ha spesso dimostrato di avere una memoria storica corta motivo per il quale la decisione di pubblicarlo ora è frutto di un’intelligenza politica non da poco. Resta da vedere come questa iniziativa sarà interpretata dai cittadini. L’intramontabile Sarkozy è alla ricerca del perdono oppure della misericordia? A pensar male si fa peccato, ma raramente si sbaglia. 7 Mercoledì 27 gennaio 2016 ESTERI CAOS RIFUGIATI Immigrazione, l’Europa ha fallito La parola d’ordine è: ognun per sé La Danimarca approva a larga maggioranza una nuova discussa legge. E nel mar Egeo si continua a morire di Cristina Di Giorgi arlare di migranti senza riferirsi a vittime e tragedie è purtroppo diventato quasi impossibile. Di ieri, a tal proposito, l'ennesimo naufragio nel Mar Egeo: cinque i corpi che la Guardia costiera di Ankara ha recuperato dopo che un'imbarcazione diretta in Grecia, con a bordo altre 16 persone (che attualmente risultano disperse), si è rovesciata al largo della costa occidentale della Turchia. Ancora morte dunque. Come quella che ha toccato la Svezia, dove un rifugiato di appena 15 anni ha ucciso con un coltello la responsabile di un centro per minori richiedenti asilo di Goteborg: lo ha riferito la Bbc, secondo cui la vittima, di origini libanesi, è morta in ospedale per le ferite riportate. “Si tratta di un crimine terribile” ha commentato il premier svedese Lofven, che ha aggiunto: “Credo ci siano molte persone in Svezia preoccupate dalla possibilità di casi di questo tipo”. Morti senz'altro diverse, ma legate dal filo conduttore di una questione, quella appunto dei migranti, che diventa sempre più complessa e difficile. Anche e soprattutto quando i singoli Stati, che in modo più o meno appropriato cercano la soluzione che ritengono migliore per affrontare il problema, non P riescono – complice l'impossibilità, dettata forse dall'incapacità delle strutture sovranazionali ed europee in particolare, di trovare una soluzione comune e condivisa – a collaborare. E va senz'altro letta in quest'ottica la recente presa di posizione in particolare degli Stati del Nord Europa (Svezia, Danimarca e Norvegia) di reintrodurre autonomamente i controlli alle frontiere. Stati che, appoggiati anche da Germania, Francia e Austria, al termine del vertice sull'immigrazione concluso ieri ad Amsterdam, hanno chiesto alla Commissione europea di sospendere per due anni il trattato di Schengen sulla libera circolazione. Non si ritiene sufficiente, dunque, la richiesta comunque presentata alla Grecia di aumentare i controlli alle frontiere. L'Europa ha fallito: ognuno per sé quindi. Come la Danimarca, il cui Parlamento sempre ieri ha approvato, con 81 voti a favore, 27 contrari e un astenuto, la controversa legge sull'immigrazione in cui, tra le varie misure è prevista quella di confiscare denaro e beni di valore ai richiedenti asilo per coprire le spese di accoglienza e permanenza nel Paese. Un provvedimento questo che molti hanno descritto come razzista e xenofobo ma che l'esecutivo del premier Rasmussen ha difeso precisando che “le misure previste mettono i migranti SIRIA Duplice attentato dell’Isis a Homs: venticinque morti e oltre cento feriti terroristi dello Stato Islamico hanno rivendicato il duplice attentato suicida che, ieri mattina, è stato portato a termine ad un check point dell'esercito siriano a Homs, cittadina situata nel centro del Paese e controllata dalle truppe fedeli al presidente Assad. “Un combattente dello Stato Islamico ha eseguito martedì mattina un'operazione di martirio con una cintura esplosiva, dopo l'esplosione di un'autobomba parcheggiata vicino ad un posto di blocco dell'esercito nel quartiere al Zahara” si legge nel comunicato diffuso dall'agenzia filo-Isis “Amaq”. Stando a quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo, il bilancio è di 25 morti (altre fonti parlano invece di almeno 30 vittime) e 125 feriti. Tra loro, ha riferito il governatore della provincia Talal al Barazi “ci sono molti poliziotti in servizio al checkpoint ma la maggior parte delle vittime sono civili”. L'esplosione – riferisce l'agenzia siriana Sana – ha causato anche danni a palazzi residenziali e infrastrutture. I In base alla ricostruzione fornita dai media locali, due attentatori si sarebbero accostati in auto ad un posto di controllo dell'esercito e uno dei due sarebbe sceso dall'auto, poco dopo fatta esplodere. Nel caos conseguente all'esplosione, anche il secondo terrorista ha fatto saltare la sua carica. Homs, che un tempo era uno dei centri nevralgici della ribellione siriana, oggi è oggi sotto il controllo quasi completo delle forze governative. Il quartiere di al-Zahraa, prevalentemente alawita (l'etnia a cui appartiene anche il presidente Assad), era già stato obiettivo di attentati. Il 28 dicembre 2015, due attacchi simultanei avevano causato la morte di 19 persone, ferendone gravemente CdG altre 43. nella stessa condizione dei danesi senza lavoro, che se vogliono accedere al sussidio di disoccupazione devono vendere tutti i loro beni di valore superiori a 10 mila corone (circa 1350 euro)”. Provvedimenti duri certo, ma forse anche comprensibili se si pensa che la Danimarca nel 2016 si aspetta di ricevere circa 20mila richiedenti asilo (5000 in più rispetto allo scorso anno). 8 Mercoledì 27 gennaio 2016 DA ROMA E DAL LAZIO VENTI DIRIGENTI NAZIONALI CHIEDONO LA CONVOCAZIONE DEGLI ORGANI DI PARTITO FdI, sorpresa sulle primarie con i paletti Storace: “Rispettiamo il loro dibattito, ma domenica pomeriggio diremo la nostra” i infiamma il dibattito sulle primarie in Fratelli d’Italia An. All’indomani della proposta di Giorgia Meloni su Il Tempo, una ventina di dirigenti del partito hanno scritto alla leader del movimento per chiedere le “primarie subito e senza paletti perché FdI nasce sul mito delle primarie e perché più volte in questi anni i suoi rappresentanti, a partire dal suo leader, Meloni ‘hanno urlato che i candidati non li decidono le segreterie o i tavolini a Palazzo Grazioli o Via Bellerio, ma il popolo sovrano’”. E’ la presa di posizione degli aderenti al movimento Azione nazionale e membri della Direzione nazionale (Antonio Triolo, Marco Cerreto, Antonio Tisci, Francesco Rizzo, Ettore De Conciliis, Marcella Amadio, Giovanni Zinni, Franco Bevilacqua, Roberto Tundo, Brian Carelli) e dell’Assemblea nazionale di FdI (Sabina Bonelli, Claudio Di Lorenzo, Raimondo Frau, Piero Adamo, Cesare Mevoli, Andrea Sacripanti, Gloria Pasquali, Guido Anderson, Giulia Ciapparoni, Marco Valente, Massimiliano Mammi). In una missiva, i dirigenti si dicono stupiti per il “dibattito sulle primarie del centrodestra per le prossime elezioni comunali”. Un dibattito, secondo i dirigenti, che “coinvolge in prima persona il leader del nostro partito”, ricordando i motivi che li hanno spinti ad aderire al movimento che fa capo all’ex ministro della Gioventù: “FdI nasce sul mito delle primarie e ne fa argomento centrale della sua attività politica, tratto distintivo all’interno del centrodestra rispetto a partiti padronali e chiusi S in se stessi. Più volte in questi anni i massimi esponenti del partito, e noi con loro, hanno urlato che i candidati non li decidono le segreterie o i tavolini a Palazzo Grazioli o via Bellerio, ma il popolo sovrano”, riferendosi ai principali alleati di FdI: Forza Italia e Lega Nord. Perché, sostengono i dirigenti, “lo abbiamo fatto rivendicando una diversità quasi genetica rispetto al centrodestra dei casting o dei nominati e minacciando, in alcune occasioni, la corsa solitaria piuttosto che la disponibilità a piegarsi ai diktat degli alleati”. I dirigenti hanno ricordato, inoltre, la battaglia portata avanti con Azione nazionale, che ha lanciato la petizione per le primarie “come unico metodo serio per scegliere i candidati, da adottare in tutta Italia ed imprescindibile in quelle realtà dove più personalità sembrano disposte a scendere in campo”. Infatti, è la posizione dei venti, “ci sembra l’unico metodo possibile ed auspicabile per coinvolgere il popolo dei nostri elettori”. Tornando agli interventi pubblicati su Il Tempo (da Giorgia Meloni a Fabio Rampelli) in cui è emersa la volontà di lanciare le primarie, i dirigenti di FdI hanno detto che “siamo rimasti quindi letteralmente a bocca aperta davanti alle interviste di Rampelli ed alle dichiarazioni di Meloni che, di fronte ad un’evidente vittoria delle loro e nostre ragioni, si sono affrettati a riempire di “se” e “ma” i giornali d’Italia. Primarie “se” si fanno ovunque, èrimarie “ma” senza qualcuno, primarie “ma” a qualcuno non servono, primarie “se” non si candida Tizio o Caio….”. Ma non sono finite qui le perplessità dei dirigenti di FdI: “Oggi (ieri, ndr), poi, siamo giunti al caos: da un lato le dichiarazioni del presidente del partito Meloni che dà il suo assenso alle primarie solo se si svolgono in tutte le città, dall’altro le dichiarazioni del Capogruppo di FdI al Comune di Napoli che si schiera contro le primarie, a sua volta smentito dai responsabili locali del partito che si dicono pronti a partecipare. Insomma, altro che destra plurale: qua siamo a ‘tutto e il suo contrario’”. Chiare le domande dei dirigenti nella lettera inviata alla Meloni: “Se qualcuno ha deciso una modifica genetica al Dna del partito, se ci sia la volontà di imporre una diversa concezione della democrazia e della sovranità popolare e, se così fosse, ci chiediamo ancora in quali organi di partito questa scelta sia avvenuta, posto che né l’Assemblea né la Direzione nazionale ci risultano essere state convocate su un tema così importante”. “Chiediamo quindi - conclude la missiva - l’immediata convocazione degli organi dirigenti di Fdi per discutere e deliberare con urgenza sullo svolgimento delle primarie per le prossime elezioni comunali, tema che, per la sua importanza, non può rimanere nella discrezionalità di uno o più esponenti, pur autorevolissimi, del partito”. Anche Francesco Storace (La Destra), sostenitore delle primarie di coalizione, è intervenuto sulla discussione aperta dai dirigenti di FdI e membri di An: “Il dibattito che si è aperto sulle primarie in Fratelli d’Italia è interessante perché porta alla ribalta idee molto diverse. Ne attendiamo l’esito con rispetto. Anche noi siamo per le primarie senza paletti e lo diremo con chiarezza domenica pomeriggio alla nostra manifestazione”, ha scritto il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e candidato Sindaco di Roma. Giuseppe Sarra CIVITA CASTELLANA, L’AMMINISTRAZIONE NEGA L’ACCESSO AGLI ATTI E NON RISPONDE A SEI INTERROGAZIONI L’ultima speranza: “C’è posta per te” Il consigliere de La Destra, Carlo Angeletti: “Sarò costretto a chiedere aiuto alla trasmissione della De Filippi” emocrazia a rischio a Civita Castellana, 17mila anime, nel Viterbese. A denunciarlo è Carlo Angeletti, consigliere de La Destra, a cui è stato negato per ben due occasioni l’accesso agli atti e in attesa di ricevere una risposta scritta dall’amministrazione Pd - Sel, guidata dal dem Giuseppe Angelelli, a ben sei interrogazioni dettagliatissime. In entrambi i casi la giunta di centrosinistra non ha rispettato i termini di scadenza, non permettendo al consigliere comunale di portare avanti la sua attività consiliare. Anche la Prefettura di Viterbo, per voce del viceprefetto dott.ssa Amalfitano, è intervenuta per sollecitare le questioni sollevate dall’esponente de La Destra, una presa di posizioni a cui il segretario generale dell’Ente, Sara Salimbene, aveva dato la propria disponibilità a ricevere il consigliere. Un incontro, però, che non ha portato i frutti sperati. Così Angeletti è tornato alla carica presentando un esposto alla caserma dei Carabinieri. D Di cosa si tratta? Il primo accesso agli atti si sofferma sull’edilizia popolare: i fondi stanziati dalla Regione Lazio, tramite l’Ater di Viterbo, per il completamento della Casa protetta per gli rimenti, su proposta dell’Agenzia Regionale per la Mobilità della Regione Lazio e approvata dal Comune di Civita Castellata, sulla messa insicurezza dei passaggi a livello incustoditi. L’Aremol ha così dato seguito ai procedimenti espropriando i terreni, con l’insurrezione popolare dei cittadini. Inoltre, il Comune non mi ha mai fornito né i progetti né il verbale della conferenza dei servizi. il primo cittadino Gianluca Angelelli e il consigliere de La Destra Carlo Angeletti anziani e per la ristrutturazione degli appartamenti dell’ex Eca, Ente comunale di assistenza. Il secondo, invece, ha lo scopo di acquisire l’autorizzazione da parte dell’Ente per l’installazione della antenna Vodafone, sita in una zona artigianale contravvenendo i regolamenti comunali. Le interrogazioni spaziano dalla viabilità all’urbanistica, in particolare su un piano particolareggiato. La quarta interrogazione chiede di fare luce su appalto di 46mila euro per uno studio sui passi carrabili e la segnaletica orizzontale. La quinta interrogazione si concentra sullo stato della convenzione stipulata con Gallese, un comune di circa 3mila anime, dove gli agenti della Polizia locale di Civita Castellana avrebbero prestato servizio per un totale di 54 ore di straordinario, pagato dall’Ente. L’ultima interrogazione, infine, chiede chia- Cosa ha intenzione di fare? Mi sono appellato più volte al prefetto, in particolare da quando il Partito democratico è alla guida della città. Da oltre un anno attendo le risposte alle interrogazioni, purtroppo non ho ricevuto nessuna rassicurazione. Ecco perché mi sono rivolto ai carabinieri. Dovrà armarsi di buona pazienza… Mi auguro di no. Se neanche l’autorità giudiziaria dovesse risolvere tali problemi, sono costretto a recarmi a “C’è posta per te” di Maria De Filippi. Perché l’amministrazione non risponde? Se si trattasse di documentazione particolare potrebbero almeno inviarmi una comunicazione ufficiale. Stanno impedendo a un consigliere di opposizione di svolgere la propria attività di controllo. 9 8 Mercoledì 27 gennaio 2016 DA ROMA E DAL LAZIO FRANCESCO STORACE, INTERVISTATO A “RADIO RADIO”, SPAZIA DALLE POLEMICHE SULLE PRIMARIE AL FUTURO DELLA CAPITALE FINO ALLE PRIORITÀ “La destra per vincere? Meno nervosa” di Emma Moriconi on è più il momento delle polemiche, occorre trovare la quadra. Nel centrodestra è Francesco Storace, candidato a sindaco di Roma, a fare da pacere sul nervosismo che traspare in queste ore, scaturito dal diktat di Giorgia Meloni, la quale non ha sciolto le riserve sulla sua scesa in campo ma che ha imposto i paletti per le primarie, chieste a gran voce e a più riprese dall’ex ministro della Salute. “Per vincere la destra dovrebbe essere meno nervosa. Tante volte ci si perde in polemiche infantili”, è il monito del leader de La Destra ai microfoni di Radio Radio. Se la Meloni ha posto la condizione sui candidati già usciti sconfitti dalle urne, l’ex governatore del Lazio ha rilanciato così: “Non so chi sarà il candidato sindaco ma mi piacerebbe che firmasse un impegno e cioè non voler fare altro da grande dopo il sindaco di Roma perché troppe volte si pensa che Roma serva per fare altro dopo”, ha argomentato Storace, il quale non ha dubbi se dovesse candidarsi: “Se mi presento, mi impegno per 10 anni a non fare altro perché mi piacerebbe dedicarmi al territorio. Bisogna fare il sindaco di paese”. La sicurezza e il futuro dei campi rom regolari, tollerati e irregolari saranno al centro del dibattito della campagna elettorale, finiti nell’ambito dello scandalo di Mafia capitale. “Noi dobbiamo dire basta, non possiamo più accettare questa presenza N invasiva. Non possiamo permetterci di avere zone di periferie con campi rom: non ce ne devono essere più”, che ha sentenziato: “Questa storia deve finire, Roma non può più permetterselo”. Chiudendo il capitolo sui cosiddetti “villaggi della solidarietà”, Storace ha messo in risalto le differenze con gli eventuali antagonisti e le politiche che metterebbero in campo: “Se vince la sinistra il problema rimane, se vincono i grillini gli zingari raddoppiano ma se vinciamo noi il problema si risolve. Per fare questo serve un sindaco libero”. E alla domanda “Chi potrebbe essere?”. Storace è lapi- dario: “Ce l’avete davanti”. Ma la partita è difficile. Se Storace è la vera sorpresa dei primi sondaggi, che lo premiano insieme alla Meloni, dalle proiezioni emerge come la sfida si giochi sul filo del rasoio: con pochissimi punti di distanza tra M5S, centrodestra e centrosinistra, mentre Marchini si è spento dopo la sfiducia all’ex sindaco Marino. La differenza la faranno l’inclusione e la scelta del candidato a sindaco. “Oggi una qualunque coalizione se indovina o sbaglia il candidato può arrivare prima o quinta - ha osservato Storace - i partiti sono delle larve, ormai decidono i cittadini in CANTONE HA RISCRITTO ALLA REGIONE. ACCUSE DAI 5 STELLE, CHE DEPOSITANO UN’INTERROGAZIONE SUI MANCATI PROVVEDIMENTI AL PRESIDENTE Ipab Gaeta, i misteri di Zingaretti Perilli: “Il governatore non si aggrappi ai soliti specchi retorici” n’altra grana per il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che dovrà rispondere all’interrogazione del Movimento Cinque Stelle sulla sua mancata sospensione a causa della nomina di Giovanni Agresti, in qualità di commissario straordinario dell’Ipab Santissima Annunziata di Gaeta, malgrado il manager sia amministratore della Gest-Var, una società che gestisce due cliniche private. Una firma che gli avrebbe dovuto costare tre mesi di sospensione, come previsto dalla legge Severino. Lo strano caso era stato chiuso lo scorso ottobre proprio dall’Autorità Anticorruzione, che aveva riconosciuto “la non sussistenza della colpevolezza e della responsabilità oggettiva del presidente della Regione Lazio”. Di fatto assolvendolo. A vuotare il sacco è stato Gianluca Perilli, consigliere pentastellato, che, a seguito di un accesso agli atti, ha rivelato: “Dopo il ricorso al Tar, di cui anche l’avvocatura dello Stato ha chiesto l’accoglimento, depositato dal nostro gruppo consiliare contro l’assoluzione di Zingaretti per la nomina illegittima di Agresti, ho appreso che il presidente dell’Anac Cantone, in U una nota recapitata alla Regione lo scorso dicembre, ha evidenziato ‘la contraddittorietà’ tra la determinazione finale assunta dal Rpc (responsabile anti corruzione Regione Lazio, ndr) e gli atti propedeutici all’adozione del provvedimento, contraddittorietà che denota una carenza di valutazione sull’elemento psicologico ravvisabile in capo al Presidente della Regione Lazio”. E Perilli ha scoperto anche che “nei confronti del quale, a parere dell’Autorità, si sarebbe dovuta configurare, almeno, la colpa per omesso controllo sulla veridicità delle dichiarazioni rese ai fini del conferimento dell’incarico, aggiungendo che ‘dall’indagine della Gdf emerge come il Rpc, durante il procedimento sanzionatorio, sia stato oggetto di atti diretti e indiretti di influenza, volti ad indirizzarne comportamento’”. La vicenda è tutt’altro che chiusa, insomma. Infatti il consigliere grillino ha depositato un’interrogazione per sapere dal governatore Zingaretti “quali atti diretti o indiretti di influenza abbia subito la responsabile anticorruzione e in che modo questi volessero influenzare il comportamento della stessa”. L’auspicio di Perilli è che “il presidente, dopo aver pubblicizzato urbi et orbi la sua assoluzione e avere invece taciuto su questa nota, risponda rapidamente e chiaramente, senza stravolgere il senso delle dure parole di Cantone e senza aggrapparsi ai soliti specchi retorici”. base alla persona”. Si è parlato anche di calcio. Il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, romanista doc, è stato chiamato in causa anche sulle polemiche dello Stadio della Roma, con Stefano Fassina (Sel-SI), ad esempio, che vorrebbe rivedere il progetto. “Sono assolutamente favorevole allo stadio della Roma. E non capisco la logica di chi è contrario”, ha scandito l’ex governatore, secondo cui:“Se ci sono problemi infrastrutturali si risolvano. Pagano tutto i privati. E’ una polemica che oggettivamente non riesco a concepire”. A chi sosteneva di aver portato Claudio Lotito alla presidenza della Lazio, Storace ha chiarito: “Non è vero”. Innanzitutto, ha aggiunto, “non lo sento e non lo vedo da 7-8 anni. Ho semplicemente riconosciuto i crediti vantati dalla Regione Lazio. Non capisco questa polemica”. Molti radioascoltatori si sono complimentati con il leader de La Destra, “un politico non solo coerente” ma che “ha già dimostrato di saper amministrare quando era alla guida della Regione Lazio”, ha sostenuto più di qualcuno. Storace ha fornito la sua ricetta per sconfiggere il malaffare che si è abbattuto sul Campidoglio, tirando fuori dal cilindro la legge tagliamani, presentata alla Pisana insieme al collega Righini di Fratelli d’Italia, che impedisce a “chi finanzia le campagne elettorali di aggiudicarsi i lavori pubblici”. Infine, l’ex governatore non ha risparmiato critiche al commissario straordinario Tronca anche sull’estensione delle targhe alterne per sconfiggere le polvere sottili. Mentre, sempre secondo Storace, ci sarebbe bisogno della gratuità dei mezzi pubblici. La proposta per Roma di Storace sarà presentata domenica 31 alle 16 e 30 presso l’Auditorium Salesianum di via della Pisana 1111, un paio di chilometri prima del Consiglio regionale del Lazio. AGENTE SOSPESO: CONTINUA LO SCIOPERO DELLA FAME DEL LEADER DEL SINDACATO Il Sap protesta al Quirinale Domani Marisa Grasso, vedova del poliziotto Raciti, si recherà al sit-in e porterà con sé una lettera destinata al capo dello Stato Mattarella rosegue la mobilitazione del Sindacato autonomo di polizia in difesa di F.R., il sindacalista sospeso in organico al commissariato Vescovio, reo di aver mostrato lo scorso dicembre equipaggiamenti non più in uso tra gli agenti in un’intervista alla trasmissione Ballarò, al quale è stato peraltro dimezzato lo stipendio. La protesta è arrivata nei pressi del Quirinale con un sit-in in programma fino a domani in via Mazzarino. L’animatore è il segretario generale del Sap, Gianni Tonelli, che ha iniziato da una settimana lo sciopero della fame, il quale ha usato parole dure contro il capo della Polizia Pansa e del questore capitolino D’Angelo, entrambi denunciati alla Procura della Repubblica di Roma. Il sindacalista F.R. aveva denunciato in che condizioni sono costretti ad operare i circa 17mila agenti in servizio nella Capitale, criticità vissute anche nel resto della Penisola. Dai giubbotti antiproiettile in scadenza agli ubot usurati fino alla beretta m12 del 1978, rimarcando l’insufficiente preparazione anche alla luce delle P minacce dell’Isis. “La ricostruzione è falsa”, ha ribadito più volte il leader del Sap durante la conferenza stampa di una settimana fa all’Albergo Nazionale a Roma. Già in quell’occasione Tonelli, vittima di un procedimento disciplinare per aver indossato una maglietta della polizia durante una trasmissione, aveva rivolto un appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Presidente, abbiamo bisogno di lei”. Solidarietà è giunta dalle forze politiche del centrodestra e dal sindacato autonomo dei Vigili del Fuoco. Mentre Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha chiesto una commissione d’inchiesta sul caso e presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Domani intorno alle 11, hanno fatto sapere dal Sap, anche la vedova di Filippo Raciti, Marisa Grasso, il poliziotto ucciso nei disordini scoppiati alla fine del derby siciliano tra Catania e Palermo nel 2007, si recherà al gazebo del sindacato per sostenere la battaglia di Tonelli. La Grasso, ha spiegato il numero uno del Sap, “porterà con sé una lettera destinata al presidente della Repubblica, Mattarella” Nessuna novità dal Quirinale. Il Sap, però, non indietreggerà di un millimetro. 10 Mercoledì 27 gennaio 2016 STORIA ERA IL 1944, LA GUERRA IMPERVERSAVA E IN MOLTI SCELSERO DI SEGUIRE MUSSOLINI NELLA REPUBBLICA SOCIALE Piccola storia di un giovane eroe Benito de’ Spuches morì dopo una settimana di agonia, ferito mortalmente dal piombo antifascista: aveva solo 16 anni di Emma Moriconi i chiama Benito de’ Spuches, nato a Barce il 5 settembre 1927. “Per l’alto spirito militare dimostrato in seguito al vile attentato di cui sei stato vittima, ti tributo l’encomio solenne con la seguente motivazione e formulo i migliori auguri per la tua guarigione: ‘Ferito gravemente da mano sovversiva cadeva a terra gridando: Viva il Duce. Sottoposto ad intervento chirurgico, sebbene il suo stato fisico permanesse preoccupante, non cessava di manifestare la sua fede a chiunque lo avvicinava, dimostrando così di che tempra sono forgiati i nuovi legionari della Guardia’. Brescia, 26 gennaio 1944 - XXII. D’ordine del Comandante Generale G.N.R. F.to Console Gen. N. Nichiarelli’”. Benito de’ Spuches venne gravemente ferito, e morì dopo sette giorni di sofferenze. Aveva solo sedici anni. A questo giovane è dedicato un libretto edito dalla Morcelliana nel 1944, in copia è disponibile presso il Centro Studi e Documentazione sul periodo storico della Repubblica Sociale Italiana. È questo l’argomento della nostra trattazione di oggi, perché anche in questo caso - come accade ahimè troppo spesso - ci sono vicende e uomini che sembrano essere rimasti nell’oblio, quando se ne parla è sempre a latere, come fossero capitati lì per caso, e magari si tende a dare invece spazio al gossip che piace evidentemente tantissimo ai lettori, altrimenti qualcuno prima o poi ci spiegherà perché si sono adoperati fiumi di inchiostro per stare dietro alle scappatelle amorose di Benito Mussolini, per esempio. Nel caso specifico potrebbe in effetti esserci di mezzo una “scappatella” del Duce, vi sono infatti alcuni elementi che potrebbero far pensare che Benito de’ Spuches fosse un figlio naturale di Benito Mussolini. Vi sono prove concrete quantomeno di una relazione con la madre Ina, ma non è questo che ci interessa. A noi il gossip non fa gola, a noi interessa la storia. E in questo caso specifico ci interessa la vicenda di Benito de’ Spuches, a prescindere che si tratti o meno del figlio del Duce, sulla qual cosa del resto nessuno può dire una parola definitiva. Bando dunque ai pettegolezzi e alle vicende intime del Mussolini uomo, ché saranno anche fatti suoi tutto sommato. Parliamo piuttosto di un altro Benito, il giovane eroe appunto, ecco la sua storia attraverso questo interessante documento dell’epoca, che titola: “L’alto spirito di un Legionario colpito dal piombo antifascista”. Leggiamo insieme: “Un vile colpo sovversivo ha gravemente ferito il giovane legionario Benito de’ Spuches, figlio del Console, attualmente prigioniero in India. Cadendo a terra, e subito circondato dai presenti accorsi, il ragazzo si mostrava sereno, e trovava parole di calda fede fascista. Al coman- S dante della Legione, diceva: ‘Non vi preoccupate di me, signor console. Viva il Duce’. Dato lo stato grave, si rese necessario l’immediato intervento chirurgico e mentre veniva trasportato dalla camera alla sala operatoria, attraversando una corsia, cantava ad alta voce la canzone dei Battaglioni ‘M’ suscitando così l’entusiasmo e la commozione fra i ricoverati, che, scesi dai loro letti, gli si avvicinavano facendogli ogni buon augurio e rispondendogli col saluto al Duce. Il viso dell’eroico legionario dimostrava la sua soddisfazione. All’Ecc. Dolfin, che si recava a visitarlo, diceva stringendogli la mano: ‘Dite al Duce che sto per morire, ma che fino all’ultimo respiro penserò a lui. Viva il Duce’. Per il suo alto spirito di devozione e per i suoi elevatissimi sentimenti fascisti, il de’ Spuches è stato proposto per un encomio solenne”. Una copia di questa pubblicazione, che tra poco andremo a raccontare nello specifico ai lettori, finì sulla scrivania di Benito Mussolini: per questa ragione la troviamo conservata in originale presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, con un autografo di Ina de’ Spuches che recita: “Al Duce in memoria di mio figlio Benito che l’amò con completa dedizione fino al sacrificio. Ina de’ Spuches - Brescia 6-4-XXII”. In copertina la scritta: “Camerata Allievo Ufficiale Benito de’ Spuches Presente!” e il simbolo dei Battaglioni “M”, una fiamma, la M di Mussolini con il Fascio Littorio. E poi: “XV° Battaglione ‘M’ Guardia Giovanile Legionaria”. La seconda pagina reca una foto del giovanissimo eroe, 16 anni appena: indossa la divisa del Battaglione, con la “M” e il Fascio sul bavero della sua camicia nera. Raccontare tutto è qui impossibile, tuttavia vogliamo riferire al lettore alcuni stralci da questo volumetto, che riferisce le ultime ore di vita del giovane. Ecco cosa disse, tra l’altro: “Dai notizia della mia morte a tutti i miei amici e soprattutto alla signora Bertelli (Madre di un suo caro amico deceduto appena rimpatriato dall’A.O.). Fa sapere al mio Comandante che desidero che tutti i miei camerati sappiano come e perché sono morto, che facciano ciò che io volevo e non sono arrivato a compiere”. E ancora: “Mamma sta calma, non piangere. Non mi dispiace per me di morire, mi dispiace per te. Ricorda mamma di perdonare chi mi ha colpito e non voglio vendette. Mamma, ti devo confessare una cosa: ho smarrito i gemelli d’oro del babbo. [...] Mamma stai tranquilla, lassù starò con la nonna e ti aspetto”. Alla crocerossina “Signorina Brunelli” diceva sempre “per favore”, “prego”, “grazie”, “scusi”. E ripeteva: “Ti ripeto, mamma, che non venga fatta nessuna vendetta. Penserà il Signore. Scusate se sono un po’ petulante”. Ebbe, in quelle ore, un pensiero per tutti: “Al camerata Valerio Longa - disse alle 2,30 del mattino - riporta ai miei camerati come io ho saputo morire. Dì loro di perdonarmi se qualche volta li ho trattati male”. Al Cappellano disse: “Ho già detto che perdono di cuore a tutti e non voglio vendette [...] Non pregate perché viva; desidero morire presto, voi dovete essere il mio intercessore. Si, desidero ricevere l’Estrema Unzione. Fate presto, fate presto”. E ripeteva a tutti i presenti: “Non voglio né ossigeno, né canfora per non prolungare oltre le sofferenze inutili. Aspetto con serenità e fiducia la mia ultima ora. Viva l’Italia, viva il Duce, Iddio mi benedica”. Alla Suora Ambrogina volle dire: “Buon giorno, sorella, fra un’ora vado in Cielo, pregherò per voi, se lo volete”. “LUNEDÌ 22 MI PRESENTERÒ AL COMANDANTE DELLA LEGIONE ‘LEONESSA’ CON UNA CERTA SPERANZA D’ESSERE ACCOLTO NEI RANGHI” Volontario nei Battaglioni “M” “Combatteremo fino a riconquistare la nostra Patria momentaneamente barbaramente calpestata” uando il giovane Benito de’ Spuches decise di arruolarsi scrisse a suo padre: “Domani mattina alle 9 mi presenterò al Comando della Legione ‘Leonessa’, in Brescia, per arruolarmi nei Battaglioni ‘M’ e spero di poter frequentare il Corso Allievi Ufficiali. Il trattamento è ottimo, sotto ogni punto di vista, ma ciò non importa. Come voi salvaste l’Italia nel ‘18, così ora tocca a noi giovani di Mussolini salvare la Patria in pericolo. Spero di rendermi degno di te”. Q Molto sentita anche la lettera che scrisse al Duce il 20 novembre 1943 (il cui testo è riportato nel libriccino e l’originale autografo conservato in Archivio) in cui dice tra l’altro: “Lunedì 22 mi presenterò al Comandante della Legione ‘Leonessa’ con una certa speranza d’essere accolto nei ranghi. Benché ancora sedicenne, ho già potuto conoscere molto da vicino i disastri della vera guerra e l’orrore, dico orrore perché è la parola che più s’addice, della prigionia in A.O.I., prigionia durata per ben 20 mesi sotto i cosiddetti ‘Liberatori’. Ed è appunto durante questi 20 mesi di dura prigionia che la mia Fede si è maggiormente rinsaldata, per cui oggi sono pronto a donare la mia vita per l’Italia e per Voi. Il 25 luglio mi sconvolse e trepidai... lo sdegno invase il mio animo. Dall’8 settembre fino ad oggi ho inteso levarsi dal mio animo una voce che mi diceva: ‘Tu devi andare! Tuo padre soffre in prigionia: devi vendicarlo! Vendicati contro quei nemici che per 20 mesi ti hanno maltrattato ed insultato e che per 3 anni hanno ucciso i tuoi fratelli’ [...] E così, come Voi ci comandate, combatteremo fino a riconquistare la nostra Patria momentaneamente barbaramente calpestata. [...] Duce, disponete di me come volete. Per Voi, anche l’impossibile”. Il volumetto celebrativo riporta poi alcuni versi dedicati al giovane dai suoi camerati, il commosso ricordo del Cappellano Militare Don Antonio Ciceri. Ancora un ricordo è quello del suo commi- litone Fulvio Balisti, che scrive tra l’altro: “Piccola creatura! Tu non sapevi - tanto umilmente e nobilmente credevi - quanta perfidia potesse covare un cuore umano, quanta forza custodisce il tuo giovane cuore”. E ancora il Legionario Ezio Baldi dice: “La scintilla della tua vita, Benito, ha acceso molte fiamme [...] Eri stato colpito a more, ma il Destino ha voluto che, per sette giorni ancora, anima e corpo rimanessero legati insieme. Ha voluto che la speranza stemperasse il dolore di coloro che ti volevano bene e attirasse sulle tue sofferenze l’attenzione del popolo bresciano”. Mussolini incarica Dolfin di rispondere: “Il Duce mi prega di dirvi che si associa al vostro dolore con ammirazione per lo stoicismo del vostro figliolo che ha suggellato col sangue la sua purissima fede”. [email protected] 11 Mercoledì 27 gennaio 2016 DALL’ITALIA ENNESIMO BLITZ DEI SOLITI VANDALI IN VISTA DELLA GIORNATA DEL RICORDO Falce e martello non cancellano la storia Simbolo comunista e stelle a cinque punte sul monumento ai martiri delle foibe a Marghera E monta la polemica: “Solito gesto infame, che rende più attuale la ricorrenza del dieci febbraio” di Barbara Fruch a Giornata del Ricordo si avvicina e, come ogni anno, c’è chi non perde occasione per infangare la memoria delle vittime. Il monumento ai martiri delle foibe, realizzato anni fa a Marghera (Venezia) nell’ambito delle manifestazioni per il 10 febbraio, è stato imbrattato per l’ennesima volta. Sulla pietra con targa l’altra notte sono comparse scritte in vernice rossa: simboli con falce e martello e stelle a cinque punte, come rende noto il Comune di Venezia.“Si tratta del solito gesto infame, che rende più attuale il Giorno del Ricordo ha detto il presidente della Municipalità di Marghera, Gianfranco Bettin – Come al solito, come quasi ogni anno, come infami nel buio, anche quest’anno, un po’ in anticipo sui tempi, gli imbrattatori della stele ai Martiri delle foibe, nella piazza omonima di Marghera, si sono ripresentati e hanno provveduto a insozzare il monumento in vista della Giornata del Ricordo della tragedia delle foibe e dell’esilio degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Ovviamente, ripuliremo subito. Ovviamente, nessuno si farà intimidire o impressionare da questo gesto vigliacco; anzi, esso conferma l’attualità dell’iniziativa che ogni anno si ripete in tutta Italia e che nella nostra città L ha, da sempre, un particolare significato. Gli imbrattatori non lo sanno, ma la loro sortita ormai stucchevole anche se non meno odiosa, è una specie di omaggio rituale che gli sconfitti con disonore, quali essi sono, rendono a chi, dalla Storia, ha infine avuto ragione”. Una verità storica che, fortunatamente, ormai non viene più messa in discussione. “La vernice si cancella, la Storia no - ha dichiarato l’assessore comunale alla Coesione sociale, Simone Venturini - Ancora una volta qualche vigliacco ha deciso di insultare la memoria, il dolore delle persone e la storia. La tragedia delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati, per troppo tempo colpevolmente dimenticata, è ormai una verità storica. Non saranno simboli del passato carichi di violenza, a cancellare il ricordo degli esuli e dei martiri dell’Istria e della Dalmazia. La storia va avanti e con essa il ricordo e il rispetto di chi ha patito sofferenza e morte. Tali gesti non fanno che rafforzare l’impegno dell'Amministrazione comunale a sostegno di tutte le iniziative volte a ricordare questa tragedia nazionale”. Lo sfregio è stato condannato anche dal Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia. “Fortunatamente raglio d’asino non sale al cielo – ha detto il Governatore – Ma profanare un monumento ai martiri è una delle vigliaccate più aberranti. Esprimo tutto il mio sdegno per un gesto inumano, indice di una bassezza senza pari. L’offesa è tanto più grave in quanto arriva a pochi giorni dalla Giornata del Ricordo che cade il 10 febbraio, ma è infame a prescindere e merita una punizione esemplare per i responsabili, che mi auguro possano essere quanto prima individuati e posti davanti alle loro responsabilità”. Non è la prima volta che accade. Tant’è che tornano ancora una volta le polemiche, che si imperniano sulla reiterata richiesta di sottoporre a una sorveglianza più stretta la stele, istituita proprio per non dimenticare una pagina buia del secolo scorso, magari con un sistema di telecamere. E mentre si cercano i colpevoli, è già stata presentata una denuncia contro ignoti, la segnalazione è arrivata anche su Facebook dalla pagina ufficiale del Movimento Irredentista Italiano. “Dopo l'ennesima offesa agli italiani che trovarono la morte nei tristi giorni tra il 1943 ed il 1945, ribadiamo ai noti vigliacchi autori del gesto che non saranno di certo simili atti a rallentare il percorso di riscoperta di quella storia che, goffamente, tentano ancora oggi di occultare compiendo tali vilipendi – si legge in un post – Da questi oltraggi continueremo a trarre, come ogni anno, nuovo vigore per proseguire il nostro lavoro ed incrementare il nostro impegno”. E la conclusione, anche un questo caso, è una: “La vernice si cancella. La storia no”. Appunto. MILANO TREVISO COSENZA Antonacci a processo per evasione fiscale Senza Audi Gialla, malviventi “liberi” Morte neonato: tre medici indagati ncora vip nei guai per evasione fiscale. Il cantautore Biagio Antonacci è imputato in un processo a Milano con l’accusa di avere evaso circa 3,5 milioni di euro di imposte negli anni tra il 2004 e il 2008. Il reato che gli contestano i magistrati in particolare è di “infedele dichiarazione dei redditi”. L’inchiesta è nata da una verifica fiscale delle Fiamme gialle nel giugno del 2008 a seguito della quale l’artista, nel 2012, ha regolarizzato la sua posizione con l'Agenzia delle Entrate. A rinviarlo a giudizio con citazione diretta è stato tempo fa il pm Carlo Nocerino, ora procuratore aggiunto a Brescia. Ieri il dibattimento è entrato nel vivo con la testimonianza di un sottufficiale della finanza che ha ricostruito il presunto meccanismo utilizzato per versare meno soldi al Fisco. Il cantante si sarebbe servito dell’interposizione di tre società, due italiane (di cui Antonacci all'epoca era il principale azionista) e una inglese, per pagare meno tasse. In aula è stato sentito anche come teste della difesa il fiscalista che ha spiegato al Tribunale che A on la distruzione del veicolo, le possibilità di risalire ai banditi sono ridotte al minimo. Ad ammetterlo, in riferimento al caso dell’Audi gialla che per giorni ha seminato il panico tra Veneto e Friuli, è la procura di Treviso, alzando così bandiera bianca sulla vicenda. Il mezzo infatti, al centro di una imponente caccia da parte delle forze dell’ordine è stato rinvenuto bruciato l’altra notte nel Trevigiano. Evidentemente i tre malviventi, probabilmente dell’est Europa, che la usavano, braccati, hanno incendiato la vettura in aperta campagna, tra Oné di Fonte ed Asolo. Un effetto in parte dovuto anche alla stampa secondo il procuratore della Repubblica di Treviso, Michele Dalla Costa, che si è detto rammaricato “per il troppo clamore mediatico”. “Sarà difficile trovare qualche reperto utile - ha aggiunto Dalla Costa - e purtroppo, se fino a ieri avevamo qualche aggancio per individuare gli occupanti, oggi non c'è più neppure C quattro anni fa Antonacci ha raggiunto un accordo con l’Erario grazie a un accertamento con adesione. Nonostante abbia saldato i debiti con il fisco, insomma, il cantautore è imputato perché avrebbe indicato “nelle proprie dichiarazioni fiscali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo” trasformando “dei redditi da lavoro autonomo, soggetti ad aliquota progressiva più elevata, in redditi d’impresa, soggetti ad aliquota proporzionale più conveniente”. In aula si ritorna il prossimo 23 febbraio per la diB.F. scussione del pm. micidio colposo. È questo il reato ipotizzato nei confronti di tre medici dell’ospedale Annunziata di Cosenza, nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura locale sulla morte del neonato avvenuta lunedì durante il parto nell'Unità operativa complessa di Ostetricia e Ginecologia. Si tratta di due ginecologi e un’ostetrica che sono stati raggiunti dagli avvisi di garanzia. Nella giornata di lunedì l’ospedale aveva avviato un’indagine interna, mentre il ministero della Salute aveva disposto l’invio di ispettori presso per far luce sulle cause della tragedia. La Procura intanto ha disposto l’autopsia sul corpo del piccolo morto al momento del parto. L’emissione degli avvisi di garanzia si è resa necessaria proprio per consentire agli indagati di nominare, eventualmente, consulenti di parte per l’ispezione cadaverica che sarà effettuata presumibilmente oggi. In una nota ufficiale diffusa dalla direzione dell'ospedale si legge che la donna sarebbe giunta all'ospedale “accusando dolori”. “Il parto avvenuto per via spontanea - prosegue il documento ha presentato difficoltà nel mo- O questo”. La procura di Treviso non è titolare di fascicoli particolari sui reati commessi dalla banda dell’Audi nel territorio, e l’attività di giudiziaria è di tipo puramente di tipo conoscitivo. Sono infatti diverse le procure venete che hanno aperto fascicoli sul caso. Secondo le diverse indagini i banditi sono responsabili si alcuni furti e rapine. A loro era stato imputato inizialmente anche un investimento mortale sul passante di Mestre, episodio comunque su cui sono ancora in corso accertamenti. Quel che è certo è come la “famosa” Audi gialla per giorni è stata usata in una serie di raid in numerosi luoghi con rocambolesche fughe, sul filo dei B.F. 260 km/h. mento dell'espulsione del feto, morto per cause ancora in corso di accertamento”. Sulla tragedia ieri era intervenuta anche la Regione Calabria. “Il presidente della Regione ha disposto che il Dipartimento Tutela della Salute aprisse un'immediata e rigorosa inchiesta sull'evento stesso”. Fin da lunedì erano pronti anche i primi provvedimenti. “Anche d'intesa con la struttura commissariale, il direttore generale dell'Azienda ospedaliera è stato invitato a sospendere immediatamente il ginecologo coinvolto - è scritto in una nota - fino al completamento delle indagini”. Quella avvenuta a Cosenza è l’ennesima tragedia in sala parto che si è consumata nelle ultime setB.F. timane.