Anno V - Numero 22 - Mercoledì 27 gennaio 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Unioni civili
Crisi all’Alcoa
A Marghera
Ritirata cattodem,
ecco le “preadozioni”
Operai assediano
la Regione Sardegna
Vittime delle foibe
e rabbia rossa
a pag. 2
a pag. 11
Fruch a pag. 4
SOLO PALLIATIVI PER IL CONTRASTO DELL’INQUINAMENTO SENZA ALCUN PROVVEDIMENTO STRUTTURALE
di Francesco Storace
on siamo su Scherzi a parte, ma in Campidoglio,
dove va in scena il mistero
buffo del blocco del traffico sotto dettatura. Da
quelle parti alloggia un commissario
prefettizio che non risponde al telefono se non quando chiama palazzo Chigi. Per le cose noiose delega il suo capo di gabinetto, che
ovviamente sta lì per fare da respingente e non ha il mandato per
risolvere i guai che provoca sua
eccellenza il Signor Prefetto.
E così accade che misteriosamente,
di sera, si viene a sapere che domenica prossima a Roma ci sarà,
per l’ennesima volta, lo stop alla
circolazione dei veicoli. Il fatto che,
per più giornate, si sia superato il
livello di polveri sottili nell’aria riguarda i giorni in cui il traffico c’è
perché si lavora e non quando non
c’è, come nelle giornate festive. I
protocolli in vigore prevedono stop
domenicali in un arco temporale
di diversi mesi, e comunque con
congruo anticipo per allertare la
popolazione. Quando si sforano i
livelli, vuol dire che questa roba
non serve proprio a niente.
Invece, che succede? Un solerte
funzionario - mi auguro non dopo
aver letto i nostri manifesti che annunciano l’evento di domenica al
Salesianum di via della Pisana - scrive l’ordinanza, il prefetto la firma. Il
danno, si illudono, è fatto, sottovalutando la nostra organizzazione.
Spostiamo la manifestazione al pomeriggio, alle 16,30, in modo da
poter consentire l’afflusso dei manifestanti alla struttura dove si svolgerà l’incontro che riguarda la nostra
“proposta per Roma”. Il Salesianum
è fuori dalla fascia verde e quindi
dal blocco, ma l’uscita riguarderà
anche chi abita dentro la città.
Che facciamo, prefetto? La democrazia è un valore subordinato alle
decisioni dell’amministrazione?
Devo portare a cena fuori Roma i
N
NON CI TRONCA
Ancora inutili blocchi del traffico a Roma. La nostra manifestazione si farà alle 16,30
manifestanti? Vedremo un esercito
di vigili urbani cecchinare chi vuole
issare le nostre bandiere senza essere costretto ad acquistare un’Euro
6 visto che nemmeno siete capaci
di prevedere mezzi pubblici gratuiti
in queste occasioni?
Per carità, la nostra gente è stata
capace di rischiare ben altro nella
propria militanza politica da spa-
ventarsi per le trovate di un commissario prefettizio che risolve i
problemi causandone altri. Ma siamo indignati per come si “governa”
una città a colpi di targhe alterne e
blocchi automobilistici. Sono provvedimenti che rappresentano il degno emblema di un fallimento amministrativo che non può essere pagato dai cittadini che, in assenza di
un trasporto pubblico efficiente,
hanno diritto di andare la domenica
dove vogliono con la loro auto.
Il prefetto Tronca farebbe bene a
rivedere un provvedimento che non
serve proprio a niente, soprattutto
visto che nessuno in Campidoglio
si preoccupa di dire quanto incidono
altre e ben più pericolose fonti di
inquinamento (caldaie, impianti in-
dustriali ecc.) né se si stanzieranno
fondi per sostituire i vecchi impianti
negli edifici pubblici.
Siamo pronti anche ad atti di disobbedienza civile e a inondare il
tribunale di ricorsi, perché non si
mette a soqquadro una città nel
giro di quattro-cinque giorni.
È davvero facile governare in questo modo.
CON L’APERTURA DELLA VARIANTE, A RISCHIO CENTINAIA DI POSTI DI LAVORO
Lasciati a piedi dal Valico
oncobilaccio, Pian del Voglio. Tantissimi italiani ne
hanno letto i nomi, molte
volte anche a lungo, nelle code
che ciclicamente hanno bloccato
il tratto appenninico dell’Autosole.
Nomi che però presto sbiadiranno
nella memoria collettiva del Paese:
e già stanno iniziando a farlo.
Perché da un mese, e un bel reportage pubblicato dall’edizione
on line de Il Corriere della Sera
ieri ne ha dato contezza agli utenti,
la Variante di Valico è aperta e sul
vecchio tracciato non passa più
nessuno.
È il progresso, bellezza!, e lascia
poco spazio al romanticismo: accorciare di dieci minuti, se non
un quarto d’ora, la percorrenza
tra Firenze e Bologna era una
R
CI VEDIAMO
DOMENICA POMERIGGIO
ORE 16,30
CENTRO CONGRESSI SALESIANUM
VIA DELLA PISANA 1111
priorità vera per la nazione e bene
ha fatto a sottolinearlo all’inaugurazione Matteo Renzi, che ha
invece taciuto del fatto che il mero
ruolo di tagliatore del nastro avuto
nella faccenda doveva suggerirgli
una minor prosopopea.
Ma un Paese che progredisce, se
davvero vuole andare avanti, non
può permettersi di lasciare nessuno indietro. Invece lo sta facendo
con 110 dipendenti delle due società che gestiscono gli autogrill
di Roncobilaccio e più in generale
con un’area geografica che di autostrada ci ha campato per cinquant’anni.
Là è già scattata la tagliola delle
ore di esubero e della cassa integrazione, mentre i parcheggi e le
stesse corsie dell’autostrada un
tempo spina dorsale dell’Italia su
gomma restano desolatamente
vuoti, lasciando presagire che non
ci sarà uscita dal tunnel di questa
crisi.
Rischia grosso anche l’hotel che
si affaccia sulle carreggiate, col
proprietario che guarda le chiavi
delle camere appese alla reception
ed è già chiusa la Taverna del Valico, il primo ristorante per camionisti, che aveva aperto nel
1965.
Un disastro per decine di famiglie,
il cui territorio non ha alcuna fabbrica che possa assorbire tante
persone sul punto di essere escluse dal mondo del lavoro.
Un dramma che non è certo improvviso, ma che era anzi inevitabile con l’apertura del nuovo
Valico. Non aver provveduto per
tempo a creare una valida alternativa occupazionale per la gente
e di sviluppo per i territori è una
macchia che oscura la Variante e
sporca, irrimediabilmente, la coscienza degli amministratori che
ci dovevano pensare prima.
Robert Vignola
2
Mercoledì 27 gennaio 2016
ATTUALITA’
LA DISCUSSIONE SULLE UNIONI CIVILI ALLA SVOLTA. MA INCOMBE IL POPOLO DEL FAMILY DAY
L’uovo di Colombo? Lo “stepchild temperato”
L’assemblea dei senatori Pd vota all’unanimità l’impianto del ddl Cirinnà. Non ci sarà voto segreto.
I cattodem battono in ritirata e si aggrappano al contentino: non chiamare le adozioni col loro nome
di Robert Vignola
e novanta piazze arcobaleno servivano per mettere il sale sulla
coda al Pd. E ieri il partito attraverso
il quale ormai deve passare ogni
voglia affinché in Italia possa muoversi una foglia ha stabilito la sua condotta:
sì convinto al ddl Cirinnà e libertà di coscienza
sugli articoli che maggiori pruriti causano a
chi trova una ovvia verità che i bambini debbano avere un padre e una madre e a chi ritiene una inaccettabile forma di schiavitù nel
terzo millennio consentire la barbarie dell’utero in affitto, anche solo implicitamente.
L’assemblea dei senatori democratici che si
è riunita ieri ha quindi già votato all’unanimità,
ieri, l’impianto sul disegno di legge sulle
unioni civili. Nessun contrario quindi, ma neanche nessun astenuto: segno che le obiezioni
dei cosiddetti cattodem sono rimaste fuori la
porta dove si riuniva il gruppo di Palazzo
Madama. È vero che è arrivata una formale
proposta di emendare sia l’articolo 3 che
l’articolo 5 del testo. L’istanza porta la firma
del senatore Stefano Collina secondo il quale
“così come si presenta, con la sola esclusione
del Titolo II della legge sulle adozioni, l’articolo
L
3 autorizza, di fatto, l’approvazione della stepchild adoption, alla quale resto contrario” e
ciò renderebbe inutile anche la discussione
sull’articolo 5. Segno che si temono contentini
in sede parlamentare che non precluderebbero scorciatoie ad adozioni. La verità è però
che il contentino del caso si starebbe mate-
rializzando in una “preadozione” (o addirittura
“stepchild temperata”: parole sempre più
difficili sotto le quali seppellire la verità…),
come l’ha definita qualcuno, lasciandosi sfuggire che si tratta di “affido biennale preadottivo”. E le tanto citate mediazioni che dovranno
avvenire di qui alla prossima settimana girano
proprio sui paletti da mettere a quest’altra
progettato crollo della famiglia naturale.
Invece la corrente maggioritaria del partito
si preoccupa soprattutto di obbedire agli
ordini giunti dalle piazze lesbo-gay-bi-trans
dell’altro giorno:“Ce ne infischiamo del voto
segreto. Il Pd esprime le proprie opinioni,
anche diverse, alla luce del sole”, ha detto
Luigi Zanda, il presidente del senatori dem.
“Il 2 febbraio diremo quali saranno gli emendamenti dove ci sarà libertà di voto”, ha aggiunto, augurandosi una drastica riduzione
degli emendamenti “così da poter discutere
sul merito, dedicando la dovuta attenzione e
il tempo che l’argomento merita”. Tanto più
che resta in piedi l’ipotesi di “cangurarli” e
decapitare così la discussione: l’arma è in
mano al senatore dem Andrea Marcucci.
Ulteriori segnali dicono che la partita rischia
di essere già segnata: la straordinaria fiducia
ostentata da Monica Cirinnà e le minacce
del mite Alfano che prefigura un referendum
per correggere la legge che andrà votata.
Tutto lascia pensare insomma che il destino
sia stato ben stabilito. Soltanto una piazza
forte e chiara, sabato dalle 14 al Circo Massimo, potrebbe gettare in faccia agli alchimisti
di Pd la certezza di poter ingannare i cattodem,
ma non la consapevolezza di un popolo.
L’ULTIMA ENTRATA A GAMBA TESA NEL DIBATTITO È ARRIVATA DAL CONSIGLIO D’EUROPA
Diritti gay: e se ce lo chiede la Nato?
l rosa dei gay pride e
la mimetica degli
eserciti. Che c’azzecca? Sicuramente la grande
maestria politica delle
piazze arcobaleno, che
hanno realizzato una manovra d’accerchiamento,
seppure con truppe assolutamente di numero inferiore, per rompere l’assedio del popolo italiano
ai castellini aria su adozioni e comparazioni legali.
Ma c’è anche dell’altro. E
come sempre il coacervo
ideale per mescolare ingredienti tanto distanti, a
I
prima vista, tra loro è l’Europa. Quell’Europa che
ora “ci chiede” le unioni
civili, come hanno iniziato
contemporaneamente a
strillare ieri i giornaloni
progressisti italiani.
A pronunciarsi comunque
non era stato alcun consesso di eletti, direttamente o meno, ma un singolo
tizio: il segretario generale
del Consiglio d’Europa,
Thorbjorn Jagland. Un
norvegese, quindi uno che
(beninteso) non ha neanche l’euro a casa sua, ma
che ci ha tenuto a dar lezioni via twitter agli italiani
sui diritti civili. “Incoraggio l’Italia a garantire il
riconoscimento legale alle
coppie dello stesso sesso
così come stabilito dalla
sentenza della Corte europea dei diritti umani e
come accade nella maggior parte degli Stati
membri del Consiglio
d'Europa”, ha detto, sentendo il traguardo ormai
vicino.
Ma chi è costui? Un laburista del Paese dei fiordi,
arrivato alla poltrona di
premier e poi andato a
svernare a Strasburgo, non
prima di aver partecipato
anche al comitato del Premio Nobel, altra grancassa
internazionale la politicizzazione della quale non
sarà mai abbastanza pubblicamente svergognata.
Gioverà tuttavia sottolineare che a succedergli
alla guida del partito laburista norvegese è stato
Jens Stoltenberg, oggi segretario generale della
Nato.
Speriamo che il prossimo
a chiedere il riconoscimento dei diritti gay in
Italia non sia lui: cominceremmo a temere che la
democrazia delle unioni
civili potrebbe, in ultima
istanza, essere esportata
a suon di bombe…
R.V.
I 18 SENATORI EX BERLUSCONIANI NON VOTERANNO LA SFIDUCIA A RENZI-BOSCHI
Salva banche: Verdini corre in soccorso
opo l'appoggio sulle riforme
costituzionali, che di fatto
hanno sancito la migrazione
dei verdiniani (ex berlusconiani)
dalle parti della maggioranza di
centrosinistra, e dopi aver incassato
te vicepresidenze di altrettante
commissioni, il gruppo Ala – che
fa capo per l’appunto all’ex fedelissimo dell’ex Cavaliere – si appresta a replicare. E così, a poche
ore dak voto di fiducia in Senato
sul salva-banche, i verdiniani fanno
sapere che loro torneranno ad appoggiare Renzi, la Boschi e compagnia, invece di sostenere la minoranza che su quel voto di sfiducia
invece confida per mettere quanto
meno alle corde il governo.
E ancora una volta i 18 voti dei
verdiniani potrebbero rivelarsi de-
D
cisivi per salvare capra, cavoli e
Matteo. Un voto preannunciato in
pompa magna ma, come a mettere
le mani avanti, il portavoce del
gruppo Ala, il senatore Vincenzo
D’Anna, fa sapere che “però non
siamo entrati in maggioranza”. E
il collega di partito Ciro Falanga
aggiunge: "E' un voto sul merito.
Semplicemente non siamo d'accordo con quanto scritto sulle
mozioni". E invece sono d’accordo
con l’assunto di Renzi-Boschi, ma
guarda un po’. I verdiniani fanno
sapere che comunque potrebbero
invece smarcarsi sul voto per il
ddl Cirinnà, ma a questo punto
beato chi ci crede.
Tornando alle banche, invece, c’è
da dire che si pè intanto conclusa
la prima fase per la cessione delle
4 good bank. Secondo gli istituti
di credito interessati, ovvero Banca
Etruria, Banca Marche, Carife e
Carichieti, gli esiti di questa prima
fase dono stati “più che soddisfacenti. Prassi e obblighi verso i
partecipanti al processo impongono riservatezza. Questa fase ha
riguardato l'invito a manifestare
interessi di natura preliminare e
non vincolante da parte di potenziali
investitori nelle banche e ha consentito una prima mappatura degli
operatori nazionali e internazionali
interessati. Le attività in vendita
prevedono in maniera preferenziale
la cessione in un unico blocco
complessivo, ma saranno valutate
attentamente anche possibili offerte
separate per una o più delle Good
Bank e delle loro partecipazioni
non strategiche. In questo quadro,
la presentazione di offerte relative
a tutte e quattro le Good Banks e
l'attenzione ai Territori sono elemento positivo di valutazione". I
quattro istituti aggiungono che
ora “verranno richieste conferme
di interesse più circostanziate che
permetteranno il passaggio ad
una seconda selezione”.
Ma anche in questa occasione le
critiche politiche non mancano:
“Se il Governo pensa di risolvere
tutto con una minuscola bad bank
si sbaglia di grosso – fa sapere
ad esempio Gianluca Pini della
Lega Nord – Le banche rimarranno
comunque piene di spazzatura e
per i risparmiatori truffati non
sembra esserci un barlume di
speranza concreto. Renzi ha di-
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Mercoledì 27 gennaio 2016
ATTUALITA’
TAROCCATI I DOCUMENTI DELL’ULTIMA CAMPAGNA ELETTORALE
Firme false, il Piemonte traballa
Accettate venti richieste di costituzione di parte civile: c’è anche l’ex presidente Cota
Intanto va avanti il procedimento amministrativo in Consiglio di Stato: Chiamparino rischia
di Robert Vignola
un rebus, quello piemontese, che
tiene con il fiato sospeso il Pd. Perché le firme false sono non soltanto
un problema di immagine per il
partito, ma potrebbero alla lunga
trasformarsi in un problema di tenuta per
l’amministrazione regionale.
Intanto muove i primi passi il processo per
le presunte irregolarità commesse nella raccolta firme per alcune liste a sostegno della
candidatura dell’attuale Governatore Sergio
Chiamparino. Sotto accusa ci sono una decina
di funzionari del Pd e alcuni collaboratori
che hanno provveduto alla raccolta delle
firme. Secondo l’accusa ci sarebbero firme
taroccate, autenticazioni irregolari e altre forzature che sarebbero state messe in atto per
poter presentare in tempo utile alcune liste a
sostegno di Chiamparino. Questo per ciò che
concerne l’aspetto penale.
Il Giudice per l’Udienza Preliminare Paola
Boemio ha respinto per mancanza di legittimazione, la richiesta di costituzione di parte
civile della Lega Nord Piemonte, mentre
È
invece l’ha accettata per Roberto Cota, che
nella fattispecie si è costituito come semplice
cittadino. Sono state accettate in tutto venti richieste di costituzione. L’udienza è stata aggiornata al 12 febbraio.
C’è però un altro fronte, quello del procedimento amministrativo avviato dallo stesso
Cota che a giorni attende il pronunciamento
del Consiglio di Stato. Anche per questo i
legali degli imputati hanno chiesto un
rinvio dell’udienza in attesa che arrivi il
pronunciamento della suprema corte amministrativa. Il Tar del Piemonte aveva
infatti respinto il ricorso contro la lista regionale Chiamparino presidente, contro
le liste provinciali del Pd a Cuneo e Chiam-
parino per il Piemonte a Torino. Aveva
però dato la possibilità all’ex consigliere
provinciale della Lega Patrizia Borgarello
di presentare una querela per falso. Ora
bisognerà attendere la sentenza del Consiglio di Stato da cui potrebbe dipendere
il destino di Chiamparino.
Per il Tar infatti le eventuali irregolarità nelle
procedure di raccolta ed autenticazione delle
firme non metterebbero in discussione il risultato delle elezioni e la vittoria di Chiamparino, semmai al massimo una diversa distribuzione dei seggi fra gli eletti. Per Cota
invece la dimostrazione di "due pesi e due
misure". Nel suo caso le firme false attribuite
ad una lista che lo sostenne nel 2010 furono
considerate sufficienti a determinare l'esito
del voto al punto da riportare il Piemonte
alle elezioni anticipate. Ora bisognerà vedere
se anche il Consiglio di Stato sarà dello stesso
avviso del Tar e salverà la poltrona dell'attuale
Governatore Pd oppure adotterà lo stesso
criterio utilizzato a suo tempo con Cota. Sempre che Chiamparino non si dimetta per sua
volontà, come ha detto di voler fare nel caso
in cui il procedimento non dimostri l totale
estraneità ai fatti attribuiti.
IL SINDACO DI PARMA A TUTTO TONDO: “NON SO SE MI RICANDIDERÒ COL M5S, SENZA BEPPE SPERO IN PIÙ DEMOCRAZIA”
Pizzarotti vicino all’addio e al Pd
La sentenza del primo cittadino sulla vicenda di Quarto: “La cacciata della Capuozzo decisa da Grillo e Casaleggio”
di Marco Zappa
A
nche Pizzarotti, sindaco di
Parma, ha ormai deciso di
fare “un passo di lato dal
Movimento”. No, lui non andrà a
fare teatro. Tantomeno si butterà
in televisione. Il primo cittadino,
in un’intervista a Repubblica, lascia
intendere che la sua esperienza
in chiave pentastellata è ormai al
capolinea. “Non so ancora se mi
ricandiderò. Tantomeno se lo farò
con il M5s. Serve rinsaldare il rapporto. A me piacerebbe, ma bisognerebbe volerlo in due”.
L’amministratore comunale più
amato dal popolo grillino con il
54% dei consensi, dopo le fratture
con il leader maximo del partito,
pensa all’addio. Sempre più insistenti le voci di un suo imminente
abbandono. Dati i rapporti ormai
gelati con tutto il direttorio M5s.
Grazie pure alla definitiva frattura
sancitasi lo scorso novembre quando “Mr.Pizza” è salito in cattedra al
fianco del collega di Bergamo Gori
(Pd), in un dibattito organizzato da
FutureDem in Lombardia per parlare di governance e partecipazione. La più classica delle gocce che
ha fatto traboccare il vaso. Una
mossa mal digerita perfino da quei
pochi rappresentati pentastellati
che continuavano a difenderlo dai
continui attacchi di Grillo.
E adesso Pizzarotti medita la fuga.
E commenta l’ennesima retromarcia (a chiacchiere) del comico genovese dal partito. “E’ più di un
anno che tra stanchezza, riavvicinamenti, nomine del direttorio, la
sua presenza ha cominciato a essere laterale. Spero che questo
porti a rivedere delle posizioni e
a organizzare quel collegamento
con i territori che, in vista delle
prossime amministrative, è quanto
mai necessario. Quel che è accaduto nell’ultimo periodo (chiaro il
riferimento alla vicenda di napoletana che imbarazza il M5s, ndr)
ha dimostrato quanto sia importante
che ci sia un punto di incontro tra
il centro e i comuni. Quarto a parte,
nelle città che vanno al voto molti
gruppi si spaccano e si contendono
le candidature. Non erano stati nominati dei referenti territoriali?
Dove sono? Cosa fanno? Ci sono
Fico, Di Battista e Di Maio, ma parlamentari che svolgono con impegno il loro compito non possono
fare tutto”.
Il primo cittadino di quella città
che Grillo nel 2013 non esitò a definire come “la nostra Stalingrado”,
parla pure della decisione su Quarto che ha portato alla espulsione
della sindaca Rosa Capuozzo:
“L’hanno presa”, la sentenza,“Grillo
e Casaleggio. Non so chi ci fosse a
Milano, ma sicuramente non è stata
allargata. Non puoi parlare di massima democrazia, di trasparenza,
di condividere le informazioni, se
al momento del bisogno le regole
le dettano sempre meno persone.
Se il Movimento abbandona i sindaci in difficoltà? Bisogna entrare
nell’ordine delle idee che amministrare è diverso dal fare opposizione. A volte ci sono impegni pregressi da rispettare. E per cambiare
le cose serve tempo. Bisogna incontrarsi, condividere le posizioni”.
Frontale, l’attacco di Pizzarotti, che
continua a pensare a una lista civica
molto ben vista dal Pd a Parma.
IL CANTANTE TORNA AD ATTACCARE RENZI
ACCUSATO DI FALSO IN ATTO PUBBLICO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA PIAZZA A SALERNO
Pelù:“Ho visto nascere
il nuovo mostro di Firenze”
De Luca colleziona un altro avviso
Italia è in una situazione
di “predittatura" o forse
"in dittatura" e "il mostro
che oggi si sta sviluppando
sotto gli occhi di tutti l'ho visto
nascere a Firenze”.
Così, con queste ed altre espressioni, è arrivato il nuovo attacco
del cantante Piero Pelù nei confronti del presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’artista fiorentino ha incalzato ancora il
premier, in occasione della prima
serata del premio dedicato a
Fabrizio De Andrè, all'Auditorium
Parco della musica a Roma. Al
leader dei Litfiba è andato il
premio alla carriera, consegnato
da Dori Ghezzi: "È uno stimolo
L’
ad essere ancora più legato con
la realtà, anche in futuro- ha
detto il cantante- Oggi è sempre
più difficile, in questa Italia in
predittatura o forse in piena
dittatura... Ho toccato con mano,
attraverso opere pubbliche a
Firenze, quello che sarebbe successo in Italia".
Pelù ha poi parlato di "questa
strana alleanza, questo mostro
a due teste, questo ''Renzusca'', questo animale che nasce
dalle ceneri di Licio Gelli che
noi tutti salutiamo e a cui auguriamo di stare dove deve
stare". Gli artisti hanno soltanto
"fionde di parole. Loro, le armi,
il potere, i twitter".
Intanto in Puglia è bufera dopo la condanna del consigliere regionale dem Abaterusso
i moltiplicano in tutta Italia i guai giudiziari per esponenti del Pd, anche
molto in vista. È il caso di Vincenzo
De Luca, che risulta indagato per falso in
atto pubblico: un avviso di garanzia nuovo
di zecca per il governatore, per fatti che risalgono ancora una volta alla sua esperienza
da sindaco di Salerno. Stavolta di mezzo c’è
una variante al progetto per la realizzazione
di piazza della Libertà. Assieme a De Luca
sono indagati anche alcuni componenti della
sua giunta e i tecnici che dovranno rispondere,
a vario titolo, di turbativa d'asta e peculato.
Secondo l'accusa, De Luca e la sua giunta
avrebbero approvato la variante con la quale
venivano stanziati altri otto milioni di euro
per alcuni "imprevisti", ovvero la presenza di
S
acqua nel sottosuolo: al di sotto della piazza
scorre difatti il torrente Fusandola. Proprio
ieri i legali di De Luca hanno chiesto la sua
assoluzione al processo che vede il governatore indagato per abuso d'ufficio nella vicenda del termovalorizzatore.
In Puglia invece la bufera si concentra sulla
figura del consigliere regionale Ernesto Abateruffo, condannato insieme al figlio (anch’egli
impegnato in politica, vicesindaco a a Patù,
in provincia di Lecce) a un anno sei mesi
per truffa all’Inps. La Procura contestava a
padre e figlio di avere truffato l’Inps per
circa mezzo milione di euro, all’epoca in cui
il calzaturificio Vereto di Gagliano del Capo
fu chiuso e al suo posto fu costituita la Gea.
Secondo l’ipotesi accusatoria, la nuova fab-
brica in realtà operava con gli stessi macchinari e lo stesso personale della precedente,
mentre una trentina di operai che risultavano
in mobilità in realtà lavoravano regolarmente.
Immediate le richieste di dimissioni da parte
dell’opposizione.
R.V.
4
Mercoledì 27 gennaio 2016
ATTUALITA’
CAGLIARI – NUOVA MOBILITAZIONE DEI LAVORATORI DI PORTOVESME
Vogliono garanzie: operai Alcoa bloccano il Consiglio
In duecento hanno presidiato il palazzo per chiedere a Regione e Palazzo Chigi di trovare
una soluzione sui costi dell’energia. I lavori dell’Aula, previsti in mattinata, sono slittati al pomeriggio
di Barbara Fruch
vevano annunciato azioni eclatanti
per protestare contro “le promesse
della politica alle quali non sono
ancora seguiti fatti concreti” e così
è stato. Dopo il blocco della statale
131 di giovedì scorso e il sit-in nell’aeroporto
di Elmas, ieri, circa duecento lavoratori e lavoratrici dell’Alcoa di Portovesme, hanno
bloccato, il palazzo del Consiglio regionale
a Cagliari. Motivo? Vogliono avere risposte
concrete sul loro futuro lavorativo e, soprattutto,
garanzie sui costi dell’energia.
I lavoratori sono così partiti alle 6.45 da Villamassargia, nel Sulcis, e hanno raggiunto via
Roma dove è scattata la protesta: il palazzo,
dove era in programma una seduta dei consiglieri per discutere e approvare la riforma
degli Enti locali, è stato occupato e gli operai
hanno tentato di bloccare tutti gli ingressi
creando una vera e propria catena umana.
“La catena umana attorno a palazzo del Consiglio - hanno spiegato i sindacati - simboleggia la volontà di fermare la politica perché
si accorga della nostra vertenza che ora più
che mai richiede una interlocuzione a livello
di Palazzo Chigi”.
I manifestanti chiedono infatti a Regione e Palazzo Chigi di trovare una soluzione sui costi
dell’energia, così da permettere a Glencore,
che aveva espresso l’interesse a subentrare
ad Alcoa negli impianti di produzione di alluminio, di acquisire lo stabilimento e di farlo ripartire. La multinazionale svizzera infatti ha
posto al governo una condizione imprescindibile per l’apertura di una trattativa: il costo
dell’energia per i prossimi 10 anni non avrebbe
dovuto superare i 25 euro/Mwh, richieste ri-
A
tenute non compatibili dal Mise.
“Vogliamo che la politica scenda in campo al
nostro fianco – ha detto Bruno Usai, della Cgil
– Chiediamo che il governo nomini un commissario che prenda in mano la situazione”.
A causa del blocco sono rimasti fuori i consiglieri compreso il presidente dell’Aula Gianfranco Ganau, che si sono messi a discutere
con gli operai. Forti le contestazioni da parte
dei lavoratori stanchi di aspettare risposte
che non arrivano. Renzi, hanno ricordato i
manifestanti, lo scorso 28 maggio in visita al
Mater Olbia aveva annunciato il riavvio della
fabbrica già dallo scorso settembre. Impegni
rimasti puntualmente disattesi. Sul posto anche
gli agenti della polizia in assetto antisommossa.
“Credo che il Governo nazionale debba dare
delle risposte, soprattutto sul versante – ha
detto il presidente del Consiglio regionale
Ganau – siamo l’unica Regione italiana che
non ha il metano”.
La questione ruota, come detto, attorno al
prezzo dell’energia. Quello di Portovesme è
l’unico stabilimento italiano che produce (anzi,
produceva) alluminio. La multinazionale americana Alcoa ha deciso di chiudere e dalla
fine del 2012 l’industria è ferma. Ora, però,
c’è un’azienda svizzera pronta a rilevare gli
impianti.
E per i sindacati le soluzioni ci sono e sono
rappresentate dagli strumenti del contratto
bilaterale e dell’interconnector che permettono
da subito di avere prezzi competitivi e concorrenziali dell’energia. Secondo Rino Barca,
segretario Fim Cisl, è anche già noto il paese
che potrebbe fornire l’energia a prezzi concorrenziale, ed è la Germania. L’altra soluzione
potrebbe essere quella utilizzata anche per
l’Ilva di Taranto: ossia una sorta di commissariamento dello stabilimento da parte dello
Stato italiano per il suo riavvio per poi procedere alla sua successiva vendita.
Sul caso è intervenuta anche Forza Italia. “Subito una norma, da negoziare con Bruxelles,
per una soluzione di lungo periodo al nodo
energia, che consenta di aprire la via a potenziali acquirenti dell’Alcoa – hanno detto
Ugo Cappellacci, Alessandra Zedda, Pietro
Pittalis, Ignazio Locci e Stefano Tunis, presenti
davanti al Consiglio – Nelle more delle decisioni europee il Governo spinga per un accordo bilaterale con l’Enel, che funga da
‘ponte’ e consenta di proseguire il percorso”.
L’attività del Consiglio regionale è ripresa
nel pomeriggio. In apertura di seduta il presidente Ganau ha illustrato all’Aula un documento, concordato in mattinata in conferenza dei capigruppo, in cui si esprime solidarietà ai lavoratori dell’Alcoa ma non si
condivide il metodo con cui è stata portata
avanti la protesta, bloccando l’attività del
parlamento dei sardi. “Il Consiglio regionale
si impegna a chiedere che il presidente del
Consiglio dei ministri intervenga direttamente
nella vertenza per il rilancio dell’attività
Alcoa. Il primo febbraio - è scritto in una
nota stampa - durante la seduta statutaria,
sarà discusso un ordine del giorno unitario
sull’argomento”.
TRAFFICO BLOCCATO, IERI ANCORA UN CORTEO DEI LAVORATORI, E I DISORDINI CONTINUANO
Ilva, secondo giorno di protesta a Genova
La Fiom in piazza anche questa mattina: alla manifestazione odierna non aderisce la Uilm
Gela, migliaia in marcia
per difendere la raffineria Eni
icono “no” alla chiusura
della raffineria dell’Eni. E
lo fanno per “difendere
2.500 posti di lavoro e lo stesso
futuro della città”. Sono migliaia
la persone che hanno sfilato in
corteo ieri a Gela (20 mila, per
gli organizzatori, 10-12 mila
per la polizia) aderendo così
allo sciopero proclamato dal
Consiglio comunale (in seduta
permanente da 5 giorni).
A mettere in discussione l’industria sono i ritardi della politica e il mancato rilascio
delle autorizzazioni ministeriali
per la riconversione degli impianti che, abbandonato il petrolio per scelta strategica,
dovrebbe portare alla produzione di bio-carburanti, grazie
a un protocollo che prevede
investimenti Eni in Sicilia,
confermati dall’azienda, per
2,2 miliardi di euro.
A protestare ieri, dal piazzale
antistante l’ospedale fino a piaz-
D
za Municipio, c’erano i sindacati,
rappresentanti della società civile, della classe politica, imprenditoriale ed esponenti delle
forze sociali, compresi i rappresentanti di Confindustria Sicilia. Metalmeccanici in tuta,
avvocati, sacerdoti, studenti,
pensionati, donne, bambini, seguivano sindaci e gonfaloni di
una dozzina di comuni del comprensorio, con bandiere e striscioni, in una vera e propria
mobilitazione di popolo. Numerosi gli slogan e i cartelloni
satirici che prendevano di mira
il premier Renzi, rappresentato
con il naso lungo di Pinocchio.
Oggi, a Roma, è prevista una
riunione al Ministero del Lavoro
dove sono stati convocati il
sindaco di Gela, Domenico Messinese, e il governatore della
Sicilia, Rosario Crocetta, per
definire misure straordinarie
sull’uso degli ammortizzatori
sociali.
di Emma Moriconi
raffico bloccato, stabilimento occupato, un altro corteo dei lavoratori
dell’Ilva: è questa la fotografia della
situazione a Genova ieri. Per tutta la notte
precedente i lavoratori avevano occupato
lo stabile, al mattino il corteo ha raggiunto
l’elicoidale San Benigno e bloccato la
Sopraelevata. Sono circa quattrocento i
lavoratori scesi in corteo, con quattro
mezzi. “noi diciamo no alla vendita al
buio, senza garanzie. L’accordo di programma prevedeva il rispetto dei livelli
occupazionali e retributivi, insieme agli
investimenti industriali. È il governo che
deve dirci se lo vuole mantenere”: è
questo il nocciolo della questione, a
quanto riporta il Secolo XIX, che effettua
una copertura live della vicenda con aggiornamenti continui e riferisce di una
giornata difficile per la città, con migliaia
di auto ferme sulle principali direttrici
genovesi per il blocco che riguarda anche
il casello autostradale di Genova Ovest.
La prima notizia risale alle 8,40 di ieri
mattina, quando i lavoratori sono usciti
dallo stabilimento e hanno percorso Lungomare Canepa verso l’elicoidale per
bloccare l’autostrada e la Sopraelevata.
Alla protesta si sono aggregati anche studenti, che recavano uno striscione con
su scritto “Il nostro futuro non si tocca,
T
studenti e operai uniti nella lotta”. Nel
corso della mattinata il quotidiano ligure
ha sentito anche Armando Palombo della
Fiom, che ha dichiarato al cronista: “Ci
sono a rischio altri 700 posti, Genova ci
ha traditi, noi fermiamo la città siamo disposti ad andare avanti a oltranza”. Chiuso
a metà mattinata il casello di Genova
Ovest, decisione di Autostrade per l’Italia.
Si è espresso anche il sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
con delega agli affari europei Sandro
Gozi: “L’Italia può proseguire i lavori per
tutte le misure che riguardano le bonifiche
ambientali e a tutela della salute pubblica.
E deve farlo celermente. È stato deciso
nella riunione tecnica sull’Ilva che si è tenuta ieri [l’altro ieri, NdR] a Bruxelles. Un
risultato non scontato ma che è di buon
auspicio sul futuro del siderurgico”. All’ora
di pranzo l’intera città era paralizzata, la
situazione si è fatta presto piuttosto grave,
al punto di suscitare un intervento del
presidente della Regione Toti: “La protesta
- ha detto - è comprensibile ma occorre
non aumentare la tensione in città perché
nessuno guadagnerebbe da questo. Il
governo -ha aggiunto però - deve fare
chiarezza su quello che sarà il destino
dell’Ilva in tutte le sue parti, da Taranto a
Genova che è parte di una realtà industriale che il governo si è impegnato a
salvare. Vedremo quali saranno le risposte”. Nel pomeriggio, dopo sette ore di
occupazione e di blocco del traffico, i lavoratori sono rientrati in stabilimento. Il
coordinatore della Fiom Palombo ha detto
che lo sciopero continua: per oggi si prevedono dunque ancora disordini e proteste, con un corteo fino in Prefettura, a
cui però non aderirà la Uilm, almeno a
quanto dichiarato da una nota della locale
segreteria del sindacato. Per i metalmeccanici della Fiom l’appuntamento è per
questa mattina alle 8,30 in piazza Massena
a Cornigliano.
5
Mercoledì 27 gennaio 2016
ATTUALITA’
PALLONE E FISCO, 64 INDAGATI. CI SONO ANCHE GALLIANI, LOTITO, DE LAURENTIIS, PREZIOSI E MOGGI JR
Il calcio italiano finisce in fuorigioco
Accuse pure a Lavezzi, Immobile, Crespo e Milito. Perquisizioni a Casa Milan, coinvolte
complessivamente 35 società di A e B - La procura di Napoli: “Radicato sistema per evadere le tasse”
di Marcello Calvo
l calcio italiano finisce ancora una volta
in fuorigioco. In offside, nell’inchiesta
sconvolgente della procura di Napoli,
i padri padroni del football nostrano.
Da Galliani (Milan) a Lotito (Lazio e
Salernitana) passando per De Laurentiis (Napoli). Fino ad arrivare a Della Valle (Fiorentina)
Zamparini (Palermo), Preziosi (Genoa) Campedelli (Chievo), Ghirardi (ex dominus del
Parma), Garrone (già patron della Sampdoria).
Solo per citarne alcuni. Passando per l’ex
presidente e amministratore delegato della
Juventus, Blanc. Coinvolti massimi dirigenti e
calciatori (16). Come Lavezzi (Psg), Nocerino
(Milan), Denis (Atalanta) Immobile e Molinaro
(Torino), Milito (ex Inter), Paletta (Atalanta). E
tecnici (Crespo del Modena). Ma anche diversi
procuratori, tra cui Alessandro Moggi (figlio
di Luciano), Hidalgo, Mazzoni. E molti altri.
Un vero e proprio terremoto. Ben 64 gli
indagati per false fatturazioni ed evasione fiscale. Con la Guardia di Finanza che ha
messo a segno una serie di sequestri di
denaro su conti correnti di 58 eccellenti e di
perquisizioni nei confronti di 33 calciatori e
agenti in tutta Italia. I beni congelati ammontano
a 12 milioni di euro fra immobili, somme di
denaro e quote societarie.
Sono complessivamente 35 le società di calcio
professionistiche di Serie A e B coinvolte
nella maxi inchiesta dei pm partenopei. Al
centro dell’indagine le presunte violazioni
italiano, ormai logoro e senza credibilità. E
adesso a tremare sono i tifosi che temono ripercussioni, danni e penalizzazioni. Per le
presunte malefatte dei propri presidenti.
I
Da sinistra: De Laurentiis, Galliani e Lotito
fiscali e penali commesse da molti club di
primissimo piano, procuratori e giocatori nell’ambito di operazioni commerciali che avevano il fine di acquisizione dei diritti alle prestazioni sportive di calciatori.
I militari delle Fiamme Gialle hanno bussato
pure negli uffici della Figc. Ma non solo. Pure
a Casa Milan dove sono stati sequestrati
faldoni e documenti.
Le accuse sono pesantissime. Con gli inquirenti, guidati dal procuratore aggiunto Piscitelli,
che nel raccontare le indagini che hanno dato
il via all’inchiesta “Fuorigioco”, parlano di un
“sistema radicato, finalizzato ad evadere le
imposte, messo in atto da decine e decine di
società nonché da oltre un centinaio di persone
fisiche. Un meccanismo fraudolento architettato
per sottrarre materia imponibile alle casse
dello Stato italiano, adottato nel contesto delle
operazioni commerciali sulla compravendita
di calciatori”.
Un’inchiesta partita nel 2012, destinata a provocare altri strascichi e polemiche in un mondo,
quello del pallone, già devastato da Calciopoli
e dalla bufera del calcioscommesse. Dove a
finire nella bufera sono ancora una volta quei
dirigenti sportivi accusati di avere in mano le
redini del calcio italiano. Come Lotito e Galliani,
principali sostenitori di Tavecchio, di nuovo
nel tritacarne giudiziario. Insieme al calcio
Ecco tutti gli indagati:
Quarantacinque i dirigenti di società di calcio
di serie A e B: Alessandro Moggi, Marco
Sommella, Vincenzo Leonardi, Riccardo Calleri,
Umberto Calaiò, Leonardo Rodriguez, Fernando Hidalgo, Aleandro Mazzoni, Edoardo
Rossetto, Antonio Percassi, Luca Percassi,
Claudio Garzelli, Giorgio Perinetti, Luigi Corioni, Gianluca Nani, Sergio Gasparin, Pietro
Lo Monaco, Igor Campedelli, Maurizio Zamparini, Rino Foschi, Daniele Sebastiani, Andrea
Della Valle, Oronzo Corvino, Alessandro Zarbano, Enrico Preziosi, Luciano Cafaro, Jean
Claude Blanc, Alessio Secco, Claudio Lotito,
Marco Moschini, Renato Cipollini, Aldo Spinelli,
Adriano Galliani, Aurelio De Laurentiis, Tommaso Ghirardi, Pietro Leonardi, Pasquale Foti,
Eduardo Garrone, Marino Umberto, Massimo
Mezzaroma, Roberto Zanzi, Giovanni Lombardi
Stronati, Francesco Zadotti, Sergio Cassingena,
Massimo Masolo, Dario Cassingena.
Sedici i calciatori: Gustavo German Denis,
Fernando Quintero, Adrian Mutu, Ciro Immobile, Matteo Paro, Hernan Crespo, Pasquale
Foggia, Antonio Nocerino, Marek Jankulovski,
Cristian Chavez, Inacio David Fideleff, Ivan
Ezequiel Lavezzi, Gabriel Paletta, Emanuele
Calaiò, Cristian Molinaro, Rios Pavon, Diego
Alberto Milito.
ARRIVA IL LEADER IRANIANO E DAL MUSEO DEL CAMPIDOGLIO SPARISCONO TUTTI I NUDI
Statue velate per non dispiacere a Rohani
Nel secondo giorno a Roma anche l’atteso incontro con Papa Francesco
DAL 2 FEBBRAIO MULTE, DIVIETI E RESTRIZIONI
Sigarette, le vecchie regole
stanno per andare… in fumo
remate, tremate, le sanzioni
sono (quasi) arrivate. Tempi duri per i fumatori, che
hanno ormai i giorni contati.
Non solo le scioccanti immagini
sui pacchetti, dal prossimo 2
febbraio entreranno in vigore
regole davvero stringenti per limitare le sigarette tutti i prodotti
da fumo.
L’Italia si allinea alle direttive europee, con l’obiettivo di tutelare
i minori. La nuova legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso
18 gennaio, è destinata a far discutere. Chi sbaglia paga. E pure
in maniera pesante. Sarà vietato
fumare nelle auto, in sosta o in
movimento, in presenza di minori
e donne in stato di gravidanza.
Ma anche all’aperto, nelle pertinenze esterne delle strutture universitarie e ospedaliere. Anche
dei reparti di ginecologia e ostetricia. E ancora: neonatologia e
pediatria.
Nuovi divieti pure per i venditori.
Banditi i pacchetti da dieci e imposto un nuovo limite, pari a 30
grammi, per il pacchetto sfuso.
Stretta anche sui tabacchi aro-
T
matizzati e ricariche per sigarette
elettroniche. Mentre la vendita
ai minori sarà punita con una
multa da 500 a 3.000 euro e con
misure che variano dalla sospensione di 15 giorni fino al ritiro
della licenza. A tutela dei non
maggiorenni è stata bandita pure
la pubblicità di sigarette di ogni
tipo a ridosso dei programmi televisivi e prima degli spettacoli
cinematografici destinati soprattutto ad un pubblico di bambini.
Freno a mano per le sigarette
agli aromi, come quelle al mentolo
e alla vaniglia. Rischia grosso
pure chi getta i mozziconi per
terra. Previste sanzioni salatissime
rispetto a quelle vigenti - solo
sulla carta - fino ad ora.
La nuova norma rivede anche
alcuni aspetti “dell’etichettatura
e del confezionamento dei prodotti del tabacco”. Con le avvertenze relative alla salute che
“dovranno figurare sui pacchetti”.
Le immagini, sicuramente spaventose con foto di persone malate e avvertimenti macabri, dovranno superare i due terzi della
superficie della confezione.
di Cristina Di Giorgi
rosegue la visita ufficiale in Italia
del presidente iraniano Hassan
Rohani, che lunedì ha incontrato il
premier Renzi e l'inquilino del Quirinale
Sergio Mattarella. Il secondo giorno del
leader di Teheran in Italia è iniziato con
l'intervento al Business Forum degli industriali italiani e iraniani in corso a
Roma: “Dopo anni di sanzioni, in Iran ci
sono spazi vuoti” in cui “concretizzare
capacità” ha detto Rohani. Che ha poi
aggiunto: “Siamo pronti ad accogliere
investitori stranieri” ed in questo quadro
“l'Italia ha un'importanza particolare: abbiamo con voi una buona collaborazione
e gli iraniani conoscono il vostro lavoro,
si fidano degli italiani”. Come per i negoziati sul nucleare, “anche nell'economia
dobbiamo intraprendere una collaborazione vincente per tutti” Anche perché
“se vogliamo lottare contro il terrorismo,
una delle strade che abbiamo è lo sviluppo economico” in quanto “la disoccupazione crea soldati per i terroristi”
ha concluso il leader di Teheran.
Un appello, il suo, che a quanto si apprende gli industriali dei due Paesi hanno
accolto di buon grado: tra i risultati del
Forum c'è infatti la sottoscrizione di una
serie di accordi commerciali di notevole
importanza(si parla di contratti per un
valore stimato di 17 miliardi di euro).
L'altro appuntamento clou della giornata
per il presidente Rohani è stato l'incontro
con il papa, durato una quarantina di
P
Le statue ricoperte con dei pannelli
minuti. “Spero nella pace” ha detto il
pontefice accogliendo il capo di Stato.
Che a sua volta, al termine della visita,
ha chiesto a papa Francesco di pregare
per lui.
Al di là degli aspetti prettamente istituzionali del viaggio del leader di Teheran
a Roma emerge, in proposito, un elemento che ha suscitato più di qualche
polemica. La conferenza stampa congiunta, successiva agli incontri con con
Mattarella e Renzi, che hanno sancito
ufficialmente la ripresa dei rapporti tra
Italia e Iran, si è svolta in Campidoglio,
ai Musei Capitolini. In cui, per l'occasione,
le statue di nudo sono state completamente oscurate da una serie di pannelli
che ne impedivano la visione. Una copertura – è stato spiegato - decisa come
forma di rispetto alla cultura e sensibilità
iraniana. Giusta motivazione, per carità.
Anche se a quel punto tanto valeva svolgere l'incontro in un qualunque corridoio
di un qualunque ministero italiano. Tolleranza o servilismo? Stando alla cifra
della nostra classe politica, verrebbe
da propendere per la seconda ipotesi.
E non solo con l'Iran.
6
Mercoledì 27 gennaio 2016
ESTERI
USA: VERSO LE PRESIDENZIALI 2016
Hillary brilla. E spera
Nell’ultimo dibattito tra i candidati democratici, la Clinton appare molto in forma. Ma lo sfidante Sanders risponde a tono
di Cristina Di Giorgi
ultimo dibattito televisivo
tra i candidati democratici
prima delle primarie ha
visto una Hillary Clinton
decisamente in forma. Grazie forse anche ad una formula diversa
da quella degli incontri precedenti (non
tutti contro tutti ma una serie di interventi
singoli dei vari contendenti) il forum
pubblico organizzato dalla Cnn in diretta
da Des Moines (in Iowa) ha consentito
infatti all’ex first lady di esprimere, all’interno di un confronto comunque serrato
ma sereno in particolar modo con il suo
sfidante principale Bernie Sanders, una
L’
brillantezza e una “capacità di entusiasmare” - così si legge sulla stampa - che
non si vedeva da tempo.
A poche ore dalle dichiarazioni del presidente uscente Obama, che in un’intervista sul sito “Politico” si è schierato
con Hillary (descrivendola come “la
candidata potenzialmente più efficace”
per difendere la sua eredità), la frontrunner democratica ha risposto dicendo
di essere stata “molto toccata e gratificata” dalle parole dell’attuale inquilino
della Casa Bianca. “Sono io la scelta
migliore per la nomination e per la presidenza” ha poi detto sorridendo.
Mancano appena sei giorni al primo
turno di votazioni (si comincerà in Iowa)
e la signora Clinton approfitta dell’ultimo
dibattito tv per ricordare la sua lunga
esperienza in politica: “sono in giro da
molto tempo ed ho ricevuto molti attacchi.
Ma resto in piedi e vado avanti”. A proposito di Donald Trump Hillary, senza
neanche nominarlo espressamente, ha
detto che i suoi “insulti e parole denigratorie sono la parte più stressante di
questa campagna elettorale”. E sulle sue
discusse prese di posizione a proposito
dei musulmani ha aggiunto che “non
solo è vergognoso e contrario ai nostri
valori sostenere che le persone di una
certa religione non debbano entrare nel
nostro Paese, ma anche pericoloso”.
Dal canto suo il settantaquattrenne Sanders è stato comunque in grado di mantenersi all’altezza ed ha saputo dare
del filo da torcere all’ex segretario di
Stato. Circondato dagli elettori dell’Iowa
(sua roccaforte: qui infatti a Sanders è
accreditato il 46% dei consensi contro
il 44% della Clinton), è apparso tranquillo
e determinato: “ho l’esperienza e la
capacità di giudizio per fare il presidente” ha detto il senatore del Vermont.
Che ha poi aggiunto: “non possiamo
continuare ad avere un governo dominato da miliardari e un Congresso che
lavora per gli interessi di pochi. C’è bisogno di una rivoluzione politica”. Quanto poi alle differenze con la sua sfidante,
Sanders ha puntato sul voto a proposito
dell’intervento in Iraq, l’oleodotto Keystone, la riforma sanitaria e Wall Street.
In ombra – ma era probabilmente inevitabile – il terzo contendente, l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley.
Che secondo l’ultimo sondaggio è fermo al 4% dei consensi tra i votanti democratici su base nazionale, mentre
Hillary Clinton ha il 52% e Sanders la
insegue al 38%.
CINA
Rilasciato lo svedese Dhalin,
attivista per i diritti umani
o svedese Peter Dhalin,
fondatore di un’organizzazione per la difesa dei diritti
umani arrestato all’aeroporto di
Pechino il 4 gennaio ed incriminato per “minacce alla sicurezza dello Stato”, è stato in
queste ore rilasciato ed espulso
dalla Repubblica popolare cinese.
L’accusa principale nei suoi
confronti era quella di aver “addestrato e finanziato avvocati
senza licenza per prendere in
carico casi contro il governo”.
La settimana scorsa l’attivista
era apparso sul canale televisivo
locale CCTV, che aveva mandato
in onda un video di 10 minuti
in cui l’uomo ha ammesso la
sua colpa e si è scusato per
“aver offeso i sentimenti del
popolo cinese”. Una confes-
L
sione questa che – riferisce la
Bbc – i responsabili dell’organizzazione fondata da Dahlin
hanno definito “assurda” e apparentemente “forzata”.
Il portavoce dell’ambasciata
svedese ha confermato che l’attivista ha lasciato la Cina, senza
però fornire in merito ulteriori
dettagli. Il ministro degli Esteri
di Stoccolma Margot Wallstrom
in proposito ha dichiarato di
aver accolto con favore il rilascio
di Dahlin, ma ha espresso
preoccupazione per un altro
svedese detenuto nelle carceri
di Pechino. Si tratta di Gui
Minhai, una delle cinque persone legate ad una casa editrice
e libreria di Hong Kong di cui,
da alcuni mesi, non si hanno
CdG
più notizie.
FRANCIA: L’EX CAPO DELLO STATO PUBBLICA UN LIBRO SULLA SUA ESPERIENZA
Sarkozy: Mea Culpa sincero o elettorale?
Ad un anno dalle presidenziali, l’operazione editoriale appare ai più come una tattica politica per riconquistare gli elettori
di Claudio Pasquini Peruzzi
irrequieto Nicolas Sarkozy sta
tentando in tutti i modi di ritornare protagonista sulla scena
politica nazionale. L’ultima mossa
strategica dell’ex Presidente della Repubblica si è manifestata nella pubblicazione di un suo libro intitolato
“La Francia per la vita” in cui espone
in 260 pagine e 10 capitoli il bilancio
della sua esperienza quinquennale
(2007-2012) alla presidenza della repubblica tra rimpianti, errori, e riflessioni. I temi trattati sono numerosi:
dalle scelte economiche del suo governo fino alle politiche d’immigrazione
e sicurezza, passando per il rapporto
con Hollande e le diaspore interne al
suo partito, e finendo con alcune idee
per il 2017.
Un Mea Culpa commuovente ed ammirevole con cui Sarkozy tenta di riconquistare il territorio perduto. Nonostante la sua spiegazione che “il
libro non è una dichiarazione di candidatura alle prossime elezioni presidenziali”, le perplessità attorno a quest’iniziativa sono legittime e giustificabili. Il tempismo da orologio svizzero
fa piazza pulita di ombre e dubbi
attorno alla vicenda. Così come nel
L’
2006, quando pubblicò un libro dal titolo “Testimonianza” per lanciare la
sua candidatura alle presidenziali,
oggi ci riprova con l’ennesima performance esibizionistica in stile Sarko,
il caso vuole proprio a distanza di un
anno dalle prossime elezioni politiche.
I sondaggi evidenziano le difficoltà
dei Republicains e le esitazioni degli
elettori? Si deve intervenire. Ed ecco
l’opera d’arte a firma Sarkozy. Un’inequivocabile strategia elettorale che
si pone l’obiettivo di colpire i cittadini
francesi nell’emotività e nei sentimenti
mettendo in mostra una persona, o
meglio un politico, capace di sottoporsi
ad un esame di coscienza riconoscendo
gli sbagli - solo alcuni - commessi
durante il suo trascorso da presidente.
Tanto di cappello se non fosse per l’odore di bruciato che aleggia nell’aria.
Una percentuale rilevante dell’elettorato l’ha abbandonato aderendo al
progetto del Front National di Marine
Le Pen oppure al partito dell’astensionismo perché delusi dalla politica
Sarkoziana. Di conseguenza, la decisione di pubblicare questo libro dei
rimpianti induce gran parte delle persone a pensare ad una colossale operazione di marketing. Sarkozy rinnova
la sua speranza che “la politica cessi
d’incarnare l’impotenza, cessi di essere
sinonimo di rinuncia”. A suo dire,
“non passa un giorno senza che pensi
alla Francia”. Siamo sicuri che la
Francia pensi a lui? E’ lui il candidato
ideale che può realmente rappresentare
una speranza ed una prospettiva futura
per il paese transalpino?
Bisognerà aspettare qualche mese prima di poter analizzare l’impatto del
libro sulla società francese. Il popolo
ha spesso dimostrato di avere una
memoria storica corta motivo per il
quale la decisione di pubblicarlo ora
è frutto di un’intelligenza politica non
da poco. Resta da vedere come questa
iniziativa sarà interpretata dai cittadini.
L’intramontabile Sarkozy è alla ricerca
del perdono oppure della misericordia?
A pensar male si fa peccato, ma raramente si sbaglia.
7
Mercoledì 27 gennaio 2016
ESTERI
CAOS RIFUGIATI
Immigrazione, l’Europa ha fallito
La parola d’ordine è: ognun per sé
La Danimarca approva a larga maggioranza una nuova discussa legge. E nel mar Egeo si continua a morire
di Cristina Di Giorgi
arlare di migranti senza
riferirsi a vittime e tragedie è purtroppo diventato quasi impossibile. Di ieri, a tal proposito,
l'ennesimo naufragio nel Mar Egeo:
cinque i corpi che la Guardia costiera di Ankara ha recuperato dopo
che un'imbarcazione diretta in Grecia, con a bordo altre 16 persone
(che attualmente risultano disperse), si è rovesciata al largo della
costa occidentale della Turchia.
Ancora morte dunque. Come quella che ha toccato la Svezia, dove
un rifugiato di appena 15 anni ha
ucciso con un coltello la responsabile di un centro per minori richiedenti asilo di Goteborg: lo ha
riferito la Bbc, secondo cui la vittima, di origini libanesi, è morta
in ospedale per le ferite riportate.
“Si tratta di un crimine terribile”
ha commentato il premier svedese
Lofven, che ha aggiunto: “Credo
ci siano molte persone in Svezia
preoccupate dalla possibilità di
casi di questo tipo”.
Morti senz'altro diverse, ma legate
dal filo conduttore di una questione, quella appunto dei migranti,
che diventa sempre più complessa
e difficile. Anche e soprattutto
quando i singoli Stati, che in modo
più o meno appropriato cercano
la soluzione che ritengono migliore
per affrontare il problema, non
P
riescono – complice l'impossibilità,
dettata forse dall'incapacità delle
strutture sovranazionali ed europee
in particolare, di trovare una soluzione comune e condivisa – a collaborare.
E va senz'altro letta in quest'ottica
la recente presa di posizione in
particolare degli Stati del Nord
Europa (Svezia, Danimarca e Norvegia) di reintrodurre autonomamente i controlli alle frontiere. Stati
che, appoggiati anche da Germania, Francia e Austria, al termine
del vertice sull'immigrazione concluso ieri ad Amsterdam, hanno
chiesto alla Commissione europea
di sospendere per due anni il trattato di Schengen sulla libera circolazione. Non si ritiene sufficiente,
dunque, la richiesta comunque
presentata alla Grecia di aumentare
i controlli alle frontiere.
L'Europa ha fallito: ognuno per sé
quindi. Come la Danimarca, il cui
Parlamento sempre ieri ha approvato, con 81 voti a favore, 27 contrari e un astenuto, la controversa
legge sull'immigrazione in cui, tra
le varie misure è prevista quella
di confiscare denaro e beni di valore ai richiedenti asilo per coprire
le spese di accoglienza e permanenza nel Paese. Un provvedimento questo che molti hanno descritto
come razzista e xenofobo ma che
l'esecutivo del premier Rasmussen
ha difeso precisando che “le misure previste mettono i migranti
SIRIA
Duplice attentato dell’Isis
a Homs: venticinque morti
e oltre cento feriti
terroristi dello Stato Islamico
hanno rivendicato il duplice attentato suicida che, ieri mattina,
è stato portato a termine ad un
check point dell'esercito siriano a
Homs, cittadina situata nel centro
del Paese e controllata dalle truppe
fedeli al presidente Assad. “Un
combattente dello Stato Islamico
ha eseguito martedì mattina
un'operazione di martirio con una
cintura esplosiva, dopo l'esplosione
di un'autobomba parcheggiata vicino ad un posto di blocco dell'esercito nel quartiere al Zahara”
si legge nel comunicato diffuso
dall'agenzia filo-Isis “Amaq”.
Stando a quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo, il bilancio è di 25 morti
(altre fonti parlano invece di almeno
30 vittime) e 125 feriti. Tra loro,
ha riferito il governatore della provincia Talal al Barazi “ci sono molti
poliziotti in servizio al checkpoint
ma la maggior parte delle vittime
sono civili”. L'esplosione – riferisce
l'agenzia siriana Sana – ha causato
anche danni a palazzi residenziali
e infrastrutture.
I
In base alla ricostruzione fornita
dai media locali, due attentatori
si sarebbero accostati in auto ad
un posto di controllo dell'esercito
e uno dei due sarebbe sceso dall'auto, poco dopo fatta esplodere.
Nel caos conseguente all'esplosione, anche il secondo terrorista
ha fatto saltare la sua carica.
Homs, che un tempo era uno dei
centri nevralgici della ribellione
siriana, oggi è oggi sotto il controllo quasi completo delle forze
governative. Il quartiere di al-Zahraa, prevalentemente alawita
(l'etnia a cui appartiene anche il
presidente Assad), era già stato
obiettivo di attentati. Il 28 dicembre
2015, due attacchi simultanei
avevano causato la morte di 19
persone, ferendone gravemente
CdG
altre 43.
nella stessa condizione dei danesi
senza lavoro, che se vogliono accedere al sussidio di disoccupazione devono vendere tutti i loro
beni di valore superiori a 10 mila
corone (circa 1350 euro)”. Provvedimenti duri certo, ma forse anche comprensibili se si pensa che
la Danimarca nel 2016 si aspetta
di ricevere circa 20mila richiedenti
asilo (5000 in più rispetto allo scorso anno).
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Mercoledì 27 gennaio 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
VENTI DIRIGENTI NAZIONALI CHIEDONO LA CONVOCAZIONE DEGLI ORGANI DI PARTITO
FdI, sorpresa sulle primarie con i paletti
Storace: “Rispettiamo il loro dibattito, ma domenica pomeriggio diremo la nostra”
i infiamma il dibattito sulle
primarie in Fratelli d’Italia An. All’indomani della proposta di Giorgia Meloni su
Il Tempo, una ventina di dirigenti del partito hanno scritto alla
leader del movimento per chiedere
le “primarie subito e senza paletti
perché FdI nasce sul mito delle primarie e perché più volte in questi
anni i suoi rappresentanti, a partire
dal suo leader, Meloni ‘hanno urlato
che i candidati non li decidono le
segreterie o i tavolini a Palazzo Grazioli o Via Bellerio, ma il popolo sovrano’”. E’ la presa di posizione
degli aderenti al movimento Azione
nazionale e membri della Direzione
nazionale (Antonio Triolo, Marco
Cerreto, Antonio Tisci, Francesco
Rizzo, Ettore De Conciliis, Marcella
Amadio, Giovanni Zinni, Franco Bevilacqua, Roberto Tundo, Brian Carelli) e dell’Assemblea nazionale di
FdI (Sabina Bonelli, Claudio Di Lorenzo, Raimondo Frau, Piero Adamo,
Cesare Mevoli, Andrea Sacripanti,
Gloria Pasquali, Guido Anderson,
Giulia Ciapparoni, Marco Valente,
Massimiliano Mammi).
In una missiva, i dirigenti si dicono
stupiti per il “dibattito sulle primarie
del centrodestra per le prossime
elezioni comunali”. Un dibattito, secondo i dirigenti, che “coinvolge in
prima persona il leader del nostro
partito”, ricordando i motivi che li
hanno spinti ad aderire al movimento
che fa capo all’ex ministro della Gioventù: “FdI nasce sul mito delle primarie e ne fa argomento centrale
della sua attività politica, tratto distintivo all’interno del centrodestra
rispetto a partiti padronali e chiusi
S
in se stessi. Più volte in questi anni i
massimi esponenti del partito, e noi
con loro, hanno urlato che i candidati
non li decidono le segreterie o i tavolini a Palazzo Grazioli o via Bellerio,
ma il popolo sovrano”, riferendosi
ai principali alleati di FdI: Forza Italia
e Lega Nord. Perché, sostengono i
dirigenti, “lo abbiamo fatto rivendicando una diversità quasi genetica
rispetto al centrodestra dei casting
o dei nominati e minacciando, in alcune occasioni, la corsa solitaria
piuttosto che la disponibilità a piegarsi ai diktat degli alleati”.
I dirigenti hanno ricordato, inoltre,
la battaglia portata avanti con Azione
nazionale, che ha lanciato la petizione
per le primarie “come unico metodo
serio per scegliere i candidati, da
adottare in tutta Italia ed imprescindibile in quelle realtà dove più personalità sembrano disposte a scendere in campo”. Infatti, è la posizione
dei venti, “ci sembra l’unico metodo
possibile ed auspicabile per coinvolgere il popolo dei nostri elettori”.
Tornando agli interventi pubblicati
su Il Tempo (da Giorgia Meloni a
Fabio Rampelli) in cui è emersa la
volontà di lanciare le primarie, i dirigenti di FdI hanno detto che “siamo
rimasti quindi letteralmente a bocca
aperta davanti alle interviste di Rampelli ed alle dichiarazioni di Meloni
che, di fronte ad un’evidente vittoria
delle loro e nostre ragioni, si sono
affrettati a riempire di “se” e “ma” i
giornali d’Italia. Primarie “se” si
fanno ovunque, èrimarie “ma” senza
qualcuno, primarie “ma” a qualcuno
non servono, primarie “se” non si
candida Tizio o Caio….”.
Ma non sono finite qui le perplessità
dei dirigenti di FdI: “Oggi (ieri, ndr),
poi, siamo giunti al caos: da un lato
le dichiarazioni del presidente del
partito Meloni che dà il suo assenso
alle primarie solo se si svolgono in
tutte le città, dall’altro le dichiarazioni
del Capogruppo di FdI al Comune
di Napoli che si schiera contro le
primarie, a sua volta smentito dai
responsabili locali del partito che si
dicono pronti a partecipare. Insomma, altro che destra plurale: qua siamo a ‘tutto e il suo contrario’”.
Chiare le domande dei dirigenti nella
lettera inviata alla Meloni: “Se qualcuno ha deciso una modifica genetica
al Dna del partito, se ci sia la volontà
di imporre una diversa concezione
della democrazia e della sovranità
popolare e, se così fosse, ci chiediamo
ancora in quali organi di partito questa
scelta sia avvenuta, posto che né
l’Assemblea né la Direzione nazionale
ci risultano essere state convocate
su un tema così importante”.
“Chiediamo quindi - conclude la
missiva - l’immediata convocazione
degli organi dirigenti di Fdi per discutere e deliberare con urgenza
sullo svolgimento delle primarie per
le prossime elezioni comunali, tema
che, per la sua importanza, non può
rimanere nella discrezionalità di uno
o più esponenti, pur autorevolissimi,
del partito”.
Anche Francesco Storace (La Destra),
sostenitore delle primarie di coalizione, è intervenuto sulla discussione
aperta dai dirigenti di FdI e membri
di An: “Il dibattito che si è aperto
sulle primarie in Fratelli d’Italia è interessante perché porta alla ribalta
idee molto diverse. Ne attendiamo
l’esito con rispetto. Anche noi siamo
per le primarie senza paletti e lo
diremo con chiarezza domenica pomeriggio alla nostra manifestazione”,
ha scritto il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e candidato
Sindaco di Roma.
Giuseppe Sarra
CIVITA CASTELLANA, L’AMMINISTRAZIONE NEGA L’ACCESSO AGLI ATTI E NON RISPONDE A SEI INTERROGAZIONI
L’ultima speranza: “C’è posta per te”
Il consigliere de La Destra, Carlo Angeletti: “Sarò costretto a chiedere aiuto alla trasmissione della De Filippi”
emocrazia a rischio a Civita Castellana, 17mila anime, nel Viterbese. A
denunciarlo è Carlo Angeletti, consigliere de La Destra, a cui è stato negato
per ben due occasioni l’accesso agli atti e
in attesa di ricevere una risposta scritta
dall’amministrazione Pd - Sel, guidata dal
dem Giuseppe Angelelli, a ben sei interrogazioni dettagliatissime. In entrambi i
casi la giunta di centrosinistra non ha rispettato i termini di scadenza, non permettendo al consigliere comunale di portare
avanti la sua attività consiliare.
Anche la Prefettura di Viterbo, per voce
del viceprefetto dott.ssa Amalfitano, è intervenuta per sollecitare le questioni sollevate dall’esponente de La Destra, una
presa di posizioni a cui il segretario generale
dell’Ente, Sara Salimbene, aveva dato la
propria disponibilità a ricevere il consigliere. Un incontro, però, che non ha portato
i frutti sperati.
Così Angeletti è tornato alla carica presentando un esposto alla caserma dei Carabinieri.
D
Di cosa si tratta?
Il primo accesso agli atti si sofferma sull’edilizia popolare: i fondi stanziati dalla Regione Lazio, tramite l’Ater di Viterbo, per il
completamento della Casa protetta per gli
rimenti, su proposta dell’Agenzia Regionale
per la Mobilità della Regione Lazio e approvata dal Comune di Civita Castellata,
sulla messa insicurezza dei passaggi a
livello incustoditi. L’Aremol ha così dato
seguito ai procedimenti espropriando i terreni, con l’insurrezione popolare dei cittadini. Inoltre, il Comune non mi ha mai
fornito né i progetti né il verbale della
conferenza dei servizi.
il primo cittadino Gianluca Angelelli e il consigliere de La Destra Carlo Angeletti
anziani e per la ristrutturazione degli appartamenti dell’ex Eca, Ente comunale di
assistenza.
Il secondo, invece, ha lo scopo di acquisire
l’autorizzazione da parte dell’Ente per l’installazione della antenna Vodafone, sita in
una zona artigianale contravvenendo i regolamenti comunali.
Le interrogazioni spaziano dalla viabilità
all’urbanistica, in particolare su un piano
particolareggiato. La quarta interrogazione
chiede di fare luce su appalto di 46mila
euro per uno studio sui passi carrabili e la
segnaletica orizzontale.
La quinta interrogazione si concentra sullo
stato della convenzione stipulata con Gallese, un comune di circa 3mila anime, dove
gli agenti della Polizia locale di Civita Castellana avrebbero prestato servizio per
un totale di 54 ore di straordinario, pagato
dall’Ente.
L’ultima interrogazione, infine, chiede chia-
Cosa ha intenzione di fare?
Mi sono appellato più volte al prefetto, in
particolare da quando il Partito democratico
è alla guida della città. Da oltre un anno attendo le risposte alle interrogazioni, purtroppo non ho ricevuto nessuna rassicurazione. Ecco perché mi sono rivolto ai carabinieri.
Dovrà armarsi di buona pazienza…
Mi auguro di no. Se neanche l’autorità giudiziaria dovesse risolvere tali problemi,
sono costretto a recarmi a “C’è posta per
te” di Maria De Filippi. Perché l’amministrazione non risponde? Se si trattasse di
documentazione particolare potrebbero almeno inviarmi una comunicazione ufficiale.
Stanno impedendo a un consigliere di opposizione di svolgere la propria attività di
controllo.
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DA ROMA E DAL LAZIO
FRANCESCO STORACE, INTERVISTATO A “RADIO RADIO”, SPAZIA DALLE POLEMICHE SULLE PRIMARIE AL FUTURO DELLA CAPITALE FINO ALLE PRIORITÀ
“La destra per vincere? Meno nervosa”
di Emma Moriconi
on è più il momento delle
polemiche, occorre trovare la quadra. Nel centrodestra è Francesco
Storace, candidato a sindaco di Roma, a fare da pacere sul
nervosismo che traspare in queste
ore, scaturito dal diktat di Giorgia
Meloni, la quale non ha sciolto le
riserve sulla sua scesa in campo
ma che ha imposto i paletti per le
primarie, chieste a gran voce e a
più riprese dall’ex ministro della
Salute.
“Per vincere la destra dovrebbe
essere meno nervosa. Tante volte
ci si perde in polemiche infantili”,
è il monito del leader de La Destra
ai microfoni di Radio Radio.
Se la Meloni ha posto la condizione
sui candidati già usciti sconfitti dalle
urne, l’ex governatore del Lazio ha
rilanciato così: “Non so chi sarà il
candidato sindaco ma mi piacerebbe che firmasse un impegno e
cioè non voler fare altro da grande
dopo il sindaco di Roma perché
troppe volte si pensa che Roma
serva per fare altro dopo”, ha argomentato Storace, il quale non ha
dubbi se dovesse candidarsi: “Se
mi presento, mi impegno per 10
anni a non fare altro perché mi piacerebbe dedicarmi al territorio. Bisogna fare il sindaco di paese”.
La sicurezza e il futuro dei campi
rom regolari, tollerati e irregolari
saranno al centro del dibattito della
campagna elettorale, finiti nell’ambito dello scandalo di Mafia capitale.
“Noi dobbiamo dire basta, non possiamo più accettare questa presenza
N
invasiva. Non possiamo permetterci
di avere zone di periferie con campi
rom: non ce ne devono essere più”,
che ha sentenziato: “Questa storia
deve finire, Roma non può più permetterselo”.
Chiudendo il capitolo sui cosiddetti
“villaggi della solidarietà”, Storace
ha messo in risalto le differenze
con gli eventuali antagonisti e le
politiche che metterebbero in campo: “Se vince la sinistra il problema
rimane, se vincono i grillini gli
zingari raddoppiano ma se vinciamo noi il problema si risolve.
Per fare questo serve un sindaco
libero”. E alla domanda “Chi potrebbe essere?”. Storace è lapi-
dario: “Ce l’avete davanti”.
Ma la partita è difficile. Se Storace
è la vera sorpresa dei primi sondaggi, che lo premiano insieme alla
Meloni, dalle proiezioni emerge
come la sfida si giochi sul filo del
rasoio: con pochissimi punti di distanza tra M5S, centrodestra e centrosinistra, mentre Marchini si è
spento dopo la sfiducia all’ex sindaco Marino.
La differenza la faranno l’inclusione
e la scelta del candidato a sindaco.
“Oggi una qualunque coalizione se
indovina o sbaglia il candidato può
arrivare prima o quinta - ha osservato Storace - i partiti sono delle
larve, ormai decidono i cittadini in
CANTONE HA RISCRITTO ALLA REGIONE. ACCUSE DAI 5 STELLE, CHE DEPOSITANO
UN’INTERROGAZIONE SUI MANCATI PROVVEDIMENTI AL PRESIDENTE
Ipab Gaeta, i misteri di Zingaretti
Perilli: “Il governatore non si aggrappi ai soliti specchi retorici”
n’altra grana per il presidente della Regione Lazio,
Nicola Zingaretti, che dovrà
rispondere all’interrogazione del
Movimento Cinque Stelle sulla
sua mancata sospensione a causa
della nomina di Giovanni Agresti,
in qualità di commissario straordinario dell’Ipab Santissima Annunziata di Gaeta, malgrado il manager sia amministratore della
Gest-Var, una società che gestisce
due cliniche private. Una firma
che gli avrebbe dovuto costare
tre mesi di sospensione, come
previsto dalla legge Severino.
Lo strano caso era stato chiuso
lo scorso ottobre proprio dall’Autorità Anticorruzione, che aveva
riconosciuto “la non sussistenza
della colpevolezza e della responsabilità oggettiva del presidente
della Regione Lazio”. Di fatto assolvendolo.
A vuotare il sacco è stato Gianluca
Perilli, consigliere pentastellato,
che, a seguito di un accesso agli
atti, ha rivelato: “Dopo il ricorso
al Tar, di cui anche l’avvocatura
dello Stato ha chiesto l’accoglimento, depositato dal nostro gruppo consiliare contro l’assoluzione
di Zingaretti per la nomina illegittima di Agresti, ho appreso che il
presidente dell’Anac Cantone, in
U
una nota recapitata alla Regione
lo scorso dicembre, ha evidenziato
‘la contraddittorietà’ tra la determinazione finale assunta dal Rpc
(responsabile anti corruzione Regione Lazio, ndr) e gli atti propedeutici all’adozione del provvedimento, contraddittorietà che denota
una carenza di valutazione sull’elemento psicologico ravvisabile
in capo al Presidente della Regione
Lazio”. E Perilli ha scoperto anche
che “nei confronti del quale, a parere dell’Autorità, si sarebbe dovuta
configurare, almeno, la colpa per
omesso controllo
sulla veridicità delle
dichiarazioni rese ai
fini del conferimento
dell’incarico, aggiungendo che ‘dall’indagine della Gdf
emerge come il Rpc,
durante il procedimento sanzionatorio,
sia stato oggetto di
atti diretti e indiretti
di influenza, volti ad
indirizzarne comportamento’”.
La vicenda è tutt’altro
che chiusa, insomma. Infatti il consigliere grillino ha depositato un’interrogazione per sapere dal governatore
Zingaretti “quali atti diretti o indiretti
di influenza abbia subito la responsabile anticorruzione e in che
modo questi volessero influenzare
il comportamento della stessa”.
L’auspicio di Perilli è che “il presidente, dopo aver pubblicizzato
urbi et orbi la sua assoluzione e
avere invece taciuto su questa
nota, risponda rapidamente e chiaramente, senza stravolgere il senso
delle dure parole di Cantone e
senza aggrapparsi ai soliti specchi
retorici”.
base alla persona”.
Si è parlato anche di calcio. Il vicepresidente del Consiglio regionale
del Lazio, romanista doc, è stato
chiamato in causa anche sulle polemiche dello Stadio della Roma,
con Stefano Fassina (Sel-SI), ad
esempio, che vorrebbe rivedere il
progetto.
“Sono assolutamente favorevole allo
stadio della Roma. E non capisco
la logica di chi è contrario”, ha
scandito l’ex governatore, secondo
cui:“Se ci sono problemi infrastrutturali si risolvano. Pagano tutto i
privati. E’ una polemica che oggettivamente non riesco a concepire”.
A chi sosteneva di aver portato
Claudio Lotito alla presidenza della Lazio, Storace
ha chiarito: “Non è vero”.
Innanzitutto, ha aggiunto,
“non lo sento e non lo
vedo da 7-8 anni. Ho semplicemente riconosciuto i
crediti vantati dalla Regione Lazio. Non capisco questa polemica”.
Molti radioascoltatori si
sono complimentati con il
leader de La Destra, “un
politico non solo coerente”
ma che “ha già dimostrato
di saper amministrare
quando era alla guida della Regione Lazio”, ha sostenuto più di qualcuno.
Storace ha fornito la sua
ricetta per sconfiggere il
malaffare che si è abbattuto sul Campidoglio, tirando fuori dal cilindro la
legge tagliamani, presentata alla Pisana insieme al
collega Righini di Fratelli d’Italia,
che impedisce a “chi finanzia le
campagne elettorali di aggiudicarsi
i lavori pubblici”.
Infine, l’ex governatore non ha risparmiato critiche al commissario
straordinario Tronca anche sull’estensione delle targhe alterne
per sconfiggere le polvere sottili.
Mentre, sempre secondo Storace,
ci sarebbe bisogno della gratuità
dei mezzi pubblici.
La proposta per Roma di Storace
sarà presentata domenica 31 alle
16 e 30 presso l’Auditorium Salesianum di via della Pisana 1111, un
paio di chilometri prima del Consiglio regionale del Lazio.
AGENTE SOSPESO: CONTINUA LO SCIOPERO DELLA FAME DEL LEADER DEL SINDACATO
Il Sap protesta al Quirinale
Domani Marisa Grasso, vedova del poliziotto Raciti, si recherà al sit-in
e porterà con sé una lettera destinata al capo dello Stato Mattarella
rosegue la mobilitazione
del Sindacato autonomo
di polizia in difesa di F.R.,
il sindacalista sospeso in organico al commissariato Vescovio,
reo di aver mostrato lo scorso
dicembre equipaggiamenti non
più in uso tra gli agenti in un’intervista alla trasmissione Ballarò,
al quale è stato peraltro dimezzato
lo stipendio.
La protesta è arrivata nei pressi
del Quirinale con un sit-in in
programma fino a domani in via
Mazzarino. L’animatore è il segretario generale del Sap, Gianni
Tonelli, che ha iniziato da una
settimana lo sciopero della fame,
il quale ha usato parole dure
contro il capo della Polizia Pansa
e del questore capitolino D’Angelo, entrambi denunciati alla
Procura della Repubblica di
Roma.
Il sindacalista F.R. aveva denunciato in che condizioni sono costretti ad operare i circa 17mila
agenti in servizio nella Capitale,
criticità vissute anche nel resto
della Penisola. Dai giubbotti antiproiettile in scadenza agli ubot
usurati fino alla beretta m12 del
1978, rimarcando l’insufficiente
preparazione anche alla luce delle
P
minacce dell’Isis.
“La ricostruzione è falsa”, ha ribadito più volte il leader del Sap
durante la conferenza stampa di
una settimana fa all’Albergo Nazionale a Roma.
Già in quell’occasione Tonelli,
vittima di un procedimento disciplinare per aver indossato
una maglietta della polizia durante
una trasmissione, aveva rivolto
un appello al presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella:
“Presidente, abbiamo bisogno
di lei”.
Solidarietà è giunta dalle forze
politiche del centrodestra e dal
sindacato autonomo dei Vigili
del Fuoco. Mentre Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha chiesto
una commissione d’inchiesta sul
caso e presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno,
Angelino Alfano.
Domani intorno alle 11, hanno
fatto sapere dal Sap, anche la
vedova di Filippo Raciti, Marisa
Grasso, il poliziotto ucciso nei
disordini scoppiati alla fine del
derby siciliano tra Catania e Palermo nel 2007, si recherà al
gazebo del sindacato per sostenere la battaglia di Tonelli.
La Grasso, ha spiegato il numero
uno del Sap, “porterà con sé
una lettera destinata al presidente
della Repubblica, Mattarella”
Nessuna novità dal Quirinale. Il
Sap, però, non indietreggerà di
un millimetro.
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STORIA
ERA IL 1944, LA GUERRA IMPERVERSAVA E IN MOLTI SCELSERO DI SEGUIRE MUSSOLINI NELLA REPUBBLICA SOCIALE
Piccola storia di un giovane eroe
Benito de’ Spuches morì dopo una settimana di agonia, ferito mortalmente dal piombo antifascista: aveva solo 16 anni
di Emma Moriconi
i chiama Benito de’ Spuches, nato a
Barce il 5 settembre 1927. “Per l’alto
spirito militare dimostrato in seguito
al vile attentato di cui sei stato vittima,
ti tributo l’encomio solenne con la seguente motivazione e formulo i migliori auguri
per la tua guarigione: ‘Ferito gravemente da
mano sovversiva cadeva a terra gridando: Viva
il Duce. Sottoposto ad intervento chirurgico,
sebbene il suo stato fisico permanesse preoccupante, non cessava di manifestare la sua
fede a chiunque lo avvicinava, dimostrando
così di che tempra sono forgiati i nuovi legionari
della Guardia’. Brescia, 26 gennaio 1944 - XXII.
D’ordine del Comandante Generale G.N.R. F.to
Console Gen. N. Nichiarelli’”.
Benito de’ Spuches venne gravemente ferito, e
morì dopo sette giorni di sofferenze. Aveva
solo sedici anni. A questo giovane è dedicato
un libretto edito dalla Morcelliana nel 1944, in
copia è disponibile presso il Centro Studi e
Documentazione sul periodo storico della Repubblica Sociale Italiana. È questo l’argomento
della nostra trattazione di oggi, perché anche
in questo caso - come accade ahimè troppo
spesso - ci sono vicende e uomini che sembrano
essere rimasti nell’oblio, quando se ne parla è
sempre a latere, come fossero capitati lì per
caso, e magari si tende a dare invece spazio al
gossip che piace evidentemente tantissimo ai
lettori, altrimenti qualcuno prima o poi ci spiegherà perché si sono adoperati fiumi di inchiostro per stare dietro alle scappatelle amorose
di Benito Mussolini, per esempio. Nel caso
specifico potrebbe in effetti esserci di mezzo
una “scappatella” del Duce, vi sono infatti alcuni
elementi che potrebbero far pensare che Benito
de’ Spuches fosse un figlio naturale di Benito
Mussolini. Vi sono prove concrete quantomeno
di una relazione con la madre Ina, ma non è
questo che ci interessa. A noi il gossip non fa
gola, a noi interessa la storia. E in questo caso
specifico ci interessa la vicenda di Benito de’
Spuches, a prescindere che si tratti o meno del
figlio del Duce, sulla qual cosa del resto nessuno
può dire una parola definitiva.
Bando dunque ai pettegolezzi e alle vicende
intime del Mussolini uomo, ché saranno anche
fatti suoi tutto sommato.
Parliamo piuttosto di un altro Benito, il giovane eroe appunto,
ecco la sua storia attraverso questo interessante documento
dell’epoca, che titola: “L’alto spirito di un Legionario colpito dal
piombo antifascista”. Leggiamo insieme: “Un vile colpo sovversivo
ha gravemente ferito il giovane legionario Benito de’ Spuches,
figlio del Console, attualmente prigioniero in India. Cadendo a
terra, e subito circondato dai presenti accorsi, il ragazzo si mostrava sereno, e trovava parole di calda fede fascista. Al coman-
S
dante della Legione, diceva: ‘Non vi preoccupate di me, signor
console. Viva il Duce’. Dato lo stato grave, si rese necessario
l’immediato intervento chirurgico e mentre veniva trasportato
dalla camera alla sala operatoria, attraversando una corsia,
cantava ad alta voce la canzone dei Battaglioni ‘M’ suscitando
così l’entusiasmo e la commozione fra i ricoverati, che, scesi
dai loro letti, gli si avvicinavano facendogli ogni buon augurio e
rispondendogli col saluto al Duce. Il viso dell’eroico legionario
dimostrava la sua soddisfazione. All’Ecc. Dolfin, che si recava a
visitarlo, diceva stringendogli la mano: ‘Dite al
Duce che sto per morire, ma che fino all’ultimo
respiro penserò a lui. Viva il Duce’. Per il suo
alto spirito di devozione e per i suoi elevatissimi
sentimenti fascisti, il de’ Spuches è stato proposto
per un encomio solenne”.
Una copia di questa pubblicazione, che tra poco
andremo a raccontare nello specifico ai lettori,
finì sulla scrivania di Benito Mussolini: per questa
ragione la troviamo conservata in originale
presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma,
con un autografo di Ina de’ Spuches che recita:
“Al Duce in memoria di mio figlio Benito che
l’amò con completa dedizione fino al sacrificio.
Ina de’ Spuches - Brescia 6-4-XXII”. In copertina
la scritta: “Camerata Allievo Ufficiale Benito de’
Spuches Presente!” e il simbolo dei Battaglioni
“M”, una fiamma, la M di Mussolini con il Fascio
Littorio. E poi: “XV° Battaglione ‘M’ Guardia Giovanile Legionaria”. La seconda pagina reca una
foto del giovanissimo eroe, 16 anni appena: indossa la divisa del Battaglione, con la “M” e il
Fascio sul bavero della sua camicia nera.
Raccontare tutto è qui impossibile, tuttavia vogliamo riferire al lettore alcuni stralci da questo
volumetto, che riferisce le ultime ore di vita del
giovane. Ecco cosa disse, tra l’altro: “Dai notizia
della mia morte a tutti i miei amici e soprattutto
alla signora Bertelli (Madre di un suo caro
amico deceduto appena rimpatriato dall’A.O.).
Fa sapere al mio Comandante che desidero
che tutti i miei camerati sappiano come e perché
sono morto, che facciano ciò che io volevo e
non sono arrivato a compiere”. E ancora: “Mamma sta calma, non piangere. Non mi dispiace
per me di morire, mi dispiace per te. Ricorda
mamma di perdonare chi mi ha colpito e non
voglio vendette. Mamma, ti devo confessare
una cosa: ho smarrito i gemelli d’oro del babbo.
[...] Mamma stai tranquilla, lassù starò con la
nonna e ti aspetto”. Alla crocerossina “Signorina
Brunelli” diceva sempre “per favore”, “prego”,
“grazie”, “scusi”. E ripeteva: “Ti ripeto, mamma,
che non venga fatta nessuna vendetta. Penserà
il Signore. Scusate se sono un po’ petulante”.
Ebbe, in quelle ore, un pensiero per tutti: “Al
camerata Valerio Longa - disse alle 2,30 del
mattino - riporta ai miei camerati come io ho
saputo morire. Dì loro di perdonarmi se qualche
volta li ho trattati male”. Al Cappellano disse:
“Ho già detto che perdono di cuore a tutti e non voglio vendette
[...] Non pregate perché viva; desidero morire presto, voi
dovete essere il mio intercessore. Si, desidero ricevere l’Estrema
Unzione. Fate presto, fate presto”. E ripeteva a tutti i presenti:
“Non voglio né ossigeno, né canfora per non prolungare oltre
le sofferenze inutili. Aspetto con serenità e fiducia la mia ultima
ora. Viva l’Italia, viva il Duce, Iddio mi benedica”. Alla Suora
Ambrogina volle dire: “Buon giorno, sorella, fra un’ora vado in
Cielo, pregherò per voi, se lo volete”.
“LUNEDÌ 22 MI PRESENTERÒ AL COMANDANTE DELLA LEGIONE ‘LEONESSA’ CON UNA CERTA SPERANZA D’ESSERE ACCOLTO NEI RANGHI”
Volontario nei Battaglioni “M”
“Combatteremo fino a riconquistare la nostra Patria momentaneamente barbaramente calpestata”
uando il giovane Benito
de’ Spuches decise di arruolarsi scrisse a suo padre: “Domani mattina alle 9 mi
presenterò al Comando della Legione ‘Leonessa’, in Brescia, per
arruolarmi nei Battaglioni ‘M’ e
spero di poter frequentare il Corso
Allievi Ufficiali. Il trattamento è
ottimo, sotto ogni punto di vista,
ma ciò non importa. Come voi
salvaste l’Italia nel ‘18, così ora
tocca a noi giovani di Mussolini
salvare la Patria in pericolo. Spero
di rendermi degno di te”.
Q
Molto sentita anche la lettera che
scrisse al Duce il 20 novembre
1943 (il cui testo è riportato nel
libriccino e l’originale autografo
conservato in Archivio) in cui
dice tra l’altro: “Lunedì 22 mi
presenterò al Comandante della
Legione ‘Leonessa’ con una certa
speranza d’essere accolto nei
ranghi. Benché ancora sedicenne,
ho già potuto conoscere molto
da vicino i disastri della vera
guerra e l’orrore, dico orrore perché è la parola che più s’addice,
della prigionia in A.O.I., prigionia
durata per ben 20 mesi sotto i
cosiddetti ‘Liberatori’. Ed è appunto durante questi 20 mesi di
dura prigionia che la mia Fede si
è maggiormente rinsaldata, per
cui oggi sono pronto a donare la
mia vita per l’Italia e per Voi. Il
25 luglio mi sconvolse e trepidai...
lo sdegno invase il mio animo.
Dall’8 settembre fino ad oggi ho
inteso levarsi dal mio animo una
voce che mi diceva: ‘Tu devi andare! Tuo padre soffre in prigionia:
devi vendicarlo! Vendicati contro
quei nemici che per 20 mesi ti
hanno maltrattato ed insultato e
che per 3 anni hanno ucciso i
tuoi fratelli’ [...] E così, come
Voi ci comandate, combatteremo
fino a riconquistare la nostra Patria momentaneamente barbaramente calpestata. [...] Duce, disponete di me come volete. Per
Voi, anche l’impossibile”.
Il volumetto celebrativo riporta
poi alcuni versi dedicati al giovane
dai suoi camerati, il commosso
ricordo del Cappellano Militare
Don Antonio Ciceri. Ancora un
ricordo è quello del suo commi-
litone Fulvio Balisti, che scrive
tra l’altro: “Piccola creatura! Tu
non sapevi - tanto umilmente e
nobilmente credevi - quanta perfidia potesse covare un cuore
umano, quanta forza custodisce
il tuo giovane cuore”. E ancora il
Legionario Ezio Baldi dice: “La
scintilla della tua vita, Benito, ha
acceso molte fiamme [...] Eri
stato colpito a more, ma il Destino
ha voluto che, per sette giorni
ancora, anima e corpo rimanessero legati insieme. Ha voluto
che la speranza stemperasse il
dolore di coloro che ti volevano
bene e attirasse sulle tue sofferenze l’attenzione del popolo bresciano”. Mussolini incarica Dolfin
di rispondere: “Il Duce mi prega
di dirvi che si associa al vostro
dolore con ammirazione per lo
stoicismo del vostro figliolo che
ha suggellato col sangue la sua
purissima fede”.
[email protected]
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Mercoledì 27 gennaio 2016
DALL’ITALIA
ENNESIMO BLITZ DEI SOLITI VANDALI IN VISTA DELLA GIORNATA DEL RICORDO
Falce e martello non cancellano la storia
Simbolo comunista e stelle a cinque punte sul monumento ai martiri delle foibe a Marghera
E monta la polemica: “Solito gesto infame, che rende più attuale la ricorrenza del dieci febbraio”
di Barbara Fruch
a Giornata del Ricordo si
avvicina e, come ogni
anno, c’è chi non perde
occasione per infangare
la memoria delle vittime.
Il monumento ai martiri delle foibe,
realizzato anni fa a Marghera (Venezia) nell’ambito delle manifestazioni per il 10 febbraio, è stato imbrattato per l’ennesima volta.
Sulla pietra con targa l’altra notte
sono comparse scritte in vernice
rossa: simboli con falce e martello
e stelle a cinque punte, come rende
noto il Comune di Venezia.“Si tratta
del solito gesto infame, che rende
più attuale il Giorno del Ricordo ha detto il presidente della Municipalità di Marghera, Gianfranco
Bettin – Come al solito, come quasi
ogni anno, come infami nel buio,
anche quest’anno, un po’ in anticipo
sui tempi, gli imbrattatori della
stele ai Martiri delle foibe, nella
piazza omonima di Marghera, si
sono ripresentati e hanno provveduto a insozzare il monumento in
vista della Giornata del Ricordo
della tragedia delle foibe e dell’esilio degli italiani dall’Istria e
dalla Dalmazia. Ovviamente, ripuliremo subito. Ovviamente, nessuno
si farà intimidire o impressionare
da questo gesto vigliacco; anzi,
esso conferma l’attualità dell’iniziativa che ogni anno si ripete in
tutta Italia e che nella nostra città
L
ha, da sempre, un particolare significato. Gli imbrattatori non lo
sanno, ma la loro sortita ormai stucchevole anche se non meno odiosa,
è una specie di omaggio rituale
che gli sconfitti con disonore, quali
essi sono, rendono a chi, dalla Storia,
ha infine avuto ragione”.
Una verità storica che, fortunatamente, ormai non viene più messa
in discussione. “La vernice si cancella, la Storia no - ha dichiarato
l’assessore comunale alla Coesione
sociale, Simone Venturini - Ancora
una volta qualche vigliacco ha deciso di insultare la memoria, il
dolore delle persone e
la storia. La tragedia delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati, per troppo tempo
colpevolmente dimenticata, è ormai una verità
storica. Non saranno
simboli del passato carichi di violenza, a cancellare il ricordo degli
esuli e dei martiri dell’Istria e della Dalmazia.
La storia va avanti e con
essa il ricordo e il rispetto di chi ha patito
sofferenza e morte. Tali
gesti non fanno che rafforzare l’impegno dell'Amministrazione comunale a sostegno di
tutte le iniziative volte a
ricordare questa tragedia nazionale”.
Lo sfregio è stato condannato anche dal Presidente della Regione
del Veneto Luca Zaia.
“Fortunatamente raglio
d’asino non sale al cielo – ha detto il
Governatore – Ma profanare un monumento ai martiri è una delle vigliaccate più aberranti. Esprimo
tutto il mio sdegno per un gesto
inumano, indice di una bassezza
senza pari. L’offesa è tanto più grave
in quanto arriva a pochi giorni dalla
Giornata del Ricordo che cade il 10
febbraio, ma è infame a prescindere
e merita una punizione esemplare
per i responsabili, che mi auguro
possano essere quanto prima individuati e posti davanti alle loro responsabilità”.
Non è la prima volta che accade.
Tant’è che tornano ancora una volta
le polemiche, che si imperniano
sulla reiterata richiesta di sottoporre
a una sorveglianza più stretta la
stele, istituita proprio per non dimenticare una pagina buia del secolo
scorso, magari con un sistema di telecamere.
E mentre si cercano i colpevoli, è
già stata presentata una denuncia
contro ignoti, la segnalazione è arrivata anche su Facebook dalla pagina ufficiale del Movimento Irredentista Italiano. “Dopo l'ennesima
offesa agli italiani che trovarono la
morte nei tristi giorni tra il 1943 ed
il 1945, ribadiamo ai noti vigliacchi
autori del gesto che non saranno di
certo simili atti a rallentare il percorso
di riscoperta di quella storia che,
goffamente, tentano ancora oggi di
occultare compiendo tali vilipendi
– si legge in un post – Da questi oltraggi continueremo a trarre, come
ogni anno, nuovo vigore per proseguire il nostro lavoro ed incrementare
il nostro impegno”.
E la conclusione, anche un questo
caso, è una: “La vernice si cancella.
La storia no”. Appunto.
MILANO
TREVISO
COSENZA
Antonacci a processo
per evasione fiscale
Senza Audi Gialla,
malviventi “liberi”
Morte neonato:
tre medici indagati
ncora vip nei guai per evasione fiscale. Il cantautore
Biagio Antonacci è imputato in un processo a Milano con
l’accusa di avere evaso circa 3,5
milioni di euro di imposte negli
anni tra il 2004 e il 2008. Il reato
che gli contestano i magistrati in
particolare è di “infedele dichiarazione dei redditi”.
L’inchiesta è nata da una verifica
fiscale delle Fiamme gialle nel
giugno del 2008 a seguito della
quale l’artista, nel 2012, ha regolarizzato la sua posizione con
l'Agenzia delle Entrate.
A rinviarlo a giudizio con citazione
diretta è stato tempo fa il pm
Carlo Nocerino, ora procuratore
aggiunto a Brescia.
Ieri il dibattimento è entrato nel
vivo con la testimonianza di un
sottufficiale della finanza che ha
ricostruito il presunto meccanismo utilizzato per versare meno
soldi al Fisco. Il cantante si sarebbe servito dell’interposizione
di tre società, due italiane (di cui
Antonacci all'epoca era il principale azionista) e una inglese, per
pagare meno tasse.
In aula è stato sentito anche
come teste della difesa il fiscalista
che ha spiegato al Tribunale che
A
on la distruzione del veicolo,
le possibilità di
risalire ai banditi sono
ridotte al minimo. Ad
ammetterlo, in riferimento al caso dell’Audi gialla che per
giorni ha seminato il
panico tra Veneto e
Friuli, è la procura di
Treviso, alzando così
bandiera bianca sulla vicenda. Il
mezzo infatti, al centro di una imponente caccia da parte delle forze
dell’ordine è stato rinvenuto bruciato l’altra notte nel Trevigiano.
Evidentemente i tre malviventi,
probabilmente dell’est Europa,
che la usavano, braccati, hanno
incendiato la vettura in aperta
campagna, tra Oné di Fonte ed
Asolo.
Un effetto in parte dovuto anche
alla stampa secondo il procuratore
della Repubblica di Treviso, Michele Dalla Costa, che si è detto
rammaricato “per il troppo clamore mediatico”. “Sarà difficile
trovare qualche reperto utile - ha
aggiunto Dalla Costa - e purtroppo,
se fino a ieri avevamo qualche
aggancio per individuare gli occupanti, oggi non c'è più neppure
C
quattro anni fa Antonacci ha raggiunto un accordo con l’Erario
grazie a un accertamento con
adesione.
Nonostante abbia saldato i debiti
con il fisco, insomma, il cantautore è imputato perché avrebbe
indicato “nelle proprie dichiarazioni fiscali elementi attivi per
un ammontare inferiore a quello
effettivo” trasformando “dei redditi
da lavoro autonomo, soggetti ad
aliquota progressiva più elevata,
in redditi d’impresa, soggetti ad
aliquota proporzionale più conveniente”. In aula si ritorna il
prossimo 23 febbraio per la diB.F.
scussione del pm.
micidio colposo. È questo
il reato ipotizzato nei confronti di tre medici dell’ospedale Annunziata di Cosenza,
nell’ambito dell’inchiesta avviata
dalla Procura locale sulla morte
del neonato avvenuta lunedì durante il parto nell'Unità operativa
complessa di Ostetricia e Ginecologia. Si tratta di due ginecologi
e un’ostetrica che sono stati raggiunti dagli avvisi di garanzia.
Nella giornata di lunedì l’ospedale
aveva avviato un’indagine interna,
mentre il ministero della Salute
aveva disposto l’invio di ispettori
presso per far luce sulle cause
della tragedia. La Procura intanto
ha disposto l’autopsia sul corpo
del piccolo morto al momento
del parto. L’emissione degli avvisi
di garanzia si è resa necessaria
proprio per consentire agli indagati di nominare, eventualmente,
consulenti di parte per l’ispezione
cadaverica che sarà effettuata
presumibilmente oggi.
In una nota ufficiale diffusa dalla
direzione dell'ospedale si legge
che la donna sarebbe giunta all'ospedale “accusando dolori”.
“Il parto avvenuto per via spontanea - prosegue il documento ha presentato difficoltà nel mo-
O
questo”. La procura di Treviso
non è titolare di fascicoli particolari
sui reati commessi dalla banda
dell’Audi nel territorio, e l’attività
di giudiziaria è di tipo puramente
di tipo conoscitivo.
Sono infatti diverse le procure
venete che hanno aperto fascicoli
sul caso.
Secondo le diverse indagini i banditi sono responsabili si alcuni
furti e rapine. A loro era stato
imputato inizialmente anche un
investimento mortale sul passante
di Mestre, episodio comunque
su cui sono ancora in corso accertamenti. Quel che è certo è
come la “famosa” Audi gialla per
giorni è stata usata in una serie
di raid in numerosi luoghi con
rocambolesche fughe, sul filo dei
B.F.
260 km/h.
mento dell'espulsione del feto,
morto per cause ancora in corso
di accertamento”.
Sulla tragedia ieri era intervenuta
anche la Regione Calabria. “Il
presidente della Regione ha disposto che il Dipartimento Tutela
della Salute aprisse un'immediata
e rigorosa inchiesta sull'evento
stesso”. Fin da lunedì erano pronti
anche i primi provvedimenti. “Anche d'intesa con la struttura commissariale, il direttore generale
dell'Azienda ospedaliera è stato
invitato a sospendere immediatamente il ginecologo coinvolto
- è scritto in una nota - fino al
completamento delle indagini”.
Quella avvenuta a Cosenza è l’ennesima tragedia in sala parto che
si è consumata nelle ultime setB.F.
timane.
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