UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
ROMA “TOR VERGATA”
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE
Appunti del corso di
TECNICA ED
ORGANIZZAZIONE DEL
CANTIERE
Parte III
Il Progetto del Cantiere: gli Impianti, le Opere Provvisionali, le Attrezzature e
le Macchine
Prof. Ing. Vittorio NICOLOSI
Ing. Alfonso MONTELLA
Anno accademico 2003-2004
INDICE
INDICE..............................................................................................................3
1
PREMESSA .................................................................................................5
2
La scelta e l’infrastrutturazione delle aree di cantiere ................................6
2.1
Generalità ............................................................................................................... 6
2.1.1
La scelta delle aree di cantiere e la viabilità............................................... 7
2.1.2
I baraccamenti .............................................................................................. 7
2.1.3
L’officina di cantiere .................................................................................... 8
2.1.4
I depositi per materiali............................................................................... 8
2.1.5
Gli impianti elettrici di cantiere.................................................................. 9
2.1.6
Gli impianti idrici di cantiere .................................................................... 14
2.1.7
Gli impianti di produzione di aria compressa........................................ 15
3
Le macchine .............................................................................................. 20
3.1
Le macchine per il trasporto e sollevamento .................................................. 20
3.1.1
Le macchine per il trasporto su gomma ................................................. 20
3.1.2
I trasporti su rotaia..................................................................................... 22
3.1.3
I trasportatori continui .............................................................................. 22
3.1.4
I trasportatori funicolari ............................................................................ 25
3.1.5
Apparecchiature per il sollevamento....................................................... 28
3.2
Le macchine per la preparazione degli inerti................................................... 32
3.2.1
Le macchine per la frantumazione degli inerti....................................... 33
3.2.2
La vagliatura ................................................................................................ 35
3.2.3
Il lavaggio .................................................................................................... 36
3.3
Le macchine perforatrici .................................................................................... 36
3.4
Le macchine per i movimenti terra................................................................... 40
3.4.1
Escavatore ................................................................................................... 40
3.4.2
Pala meccanica............................................................................................ 43
3.4.3
Apripista ...................................................................................................... 45
3.4.4
Ruspa............................................................................................................ 47
3.4.5
Livellatrice ................................................................................................... 48
3.4.6
Rippers......................................................................................................... 49
3.4.7
Macchine costipanti ................................................................................... 50
4
Le opere provvisionali ............................................................................... 53
4.1
Generalità ............................................................................................................. 53
4.2
Le scale.................................................................................................................. 54
4.2.1
Scale portatili a mano................................................................................. 54
Indice
4
4.2.2
4.2.3
4.2.4
4.2.5
4.2.6
Scale fisse a pioli .........................................................................................55
Scale fisse a gradini.....................................................................................55
Scale ad elementi innestati.........................................................................56
Scale doppie.................................................................................................56
Scale aeree e ponti mobili sviluppabili su carro......................................56
4.3
Andatoie e passarelle...........................................................................................57
4.4
Protezioni delle aperture prospicienti il vuoto ................................................58
4.5
I ponteggi metallici fissi ......................................................................................58
4.5.1
Generalità.....................................................................................................58
4.5.2
Indicazione per la sicurezza del lavoro....................................................60
4.6
I castelli di carico e scarico .................................................................................62
4.6.1
Generalità.....................................................................................................62
4.6.2
Indicazione per la sicurezza del lavoro....................................................62
4.7
Balconcini di carico e scarico.............................................................................64
4.7.1
Generalità.....................................................................................................64
4.7.2
Indicazione per la sicurezza del lavoro....................................................64
4.8
I ponteggi mobili .................................................................................................66
4.8.1
I ponteggi sospesi ......................................................................................66
4.8.2
I ponteggi sospesi motorizzati o autosollevanti....................................68
4.8.3
I ponteggi su cavalletti ...............................................................................69
4.8.4
I ponteggi mobili su ruote........................................................................71
4.9
I ponteggi a sbalzo...............................................................................................72
4.10
altre opere provvisionali .....................................................................................72
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
1 PREMESSA
L’organizzazione, l'impianto e la gestione di un cantiere per la costruzione di
un’opera di ingegneria civile, qualunque sia la natura dell’opera da realizzare,
rappresentano soltanto l’atto finale, più specificamente operativo, in cui si estrinseca la
capacità produttiva dell’impresa.
Il progetto del cantiere, perché il risultato finale rappresenti il compendio ottimale dei
principali obiettivi (la qualità dell'opera nel rispetto delle condizioni a base dell'appalto,
ivi compreso il tempo di esecuzione, il conseguimento del giusto utile per l'Impresa e la
sicurezza dei lavoratori e dei terzi), non può essere razionalmente eseguita senza che
venga preceduto da un insieme di altre attività di diversa natura, che vanno da un’attenta
previsione tecnica delle opere da realizzare ad una specifica pianificazione (ed alla
conseguente programmazione) delle singole fasi di lavoro, attraverso le quali si intende
pervenire all'obiettivo finale della costruzione (vedi parte IV).
La notevole complessità dei problemi, derivante specialmente dalle innumerevoli
categorie di lavoro di volta in volta presenti nei possibili interventi nel settore, impedisce
l'individuazione di soluzioni tipo da applicarsi rigidamente ai diversi casi. È possibile,
invece, perseguire nella progettazione del cantiere e nella scelta delle attrezzature una
metodologia previsionale ed operativa che consenta, per quanto possibile, il
conseguimento di soluzioni ottimali.
La progettazione del cantiere è, pertanto, operazione quanto mai complessa: essa ha
inizio in sede di studio dell'appalto, quando, ad aggiudicazione non ancora conseguita, è
necessario analizzare il lavoro, sotto l'aspetto qualitativo e sotto quello quantitativo, per
pervenire alla formulazione dell'offerta; continua, a lavoro eventualmente acquisito,
durante la redazione del progetto esecutivo delle opere, dovendo le scelte progettuali
tenere rigorosamente conto delle intenzioni e delle possibilità operative dell'Impresa; si
conclude con l'installazione del cantiere, quando, definito in ogni dettaglio il programma
dei lavori, ha inizio concretamente la realizzazione dell'opera.
Il progetto del cantiere rappresenta quindi il momento conclusivo di tutto l'iter
progettuale del lavoro e contemporaneamente quello iniziale del ciclo strettamente
produttivo: esso, nel massimo e più razionale impiego possibile delle risorse, già
individuate in fase di pianificazione e programma del lavoro, è rivolto
fondamentalmente a:
a) scegliere l'ubicazione più idonea per l'area su cui installare il centro operativo, e
proporzionare le infrastrutture necessarie (recinzioni, baraccamenti per uffici,
officine, alloggi, collegamenti alla viabilità esterna, ecc.);
b) individuare esattamente ed approvvigionare il cantiere degli impianti e delle
attrezzature necessarie a porre in essere i cicli operativi, già definiti in sede di
pianificazione; in particolare tanto gli impianti e le attrezzature cosiddette “di
base” (impianti idrici ed elettrici, aria compressa, pompe, utensileria; ecc), che
quelli rivolti a determinate categorie di lavoro (impianti di per la produzione dei
conglomerati , macchine per movimenti di terra, ecc.).
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
6
2 LA SCELTA E L’INFRASTRUTTURAZIONE
DELLE AREE DI CANTIERE
2.1 GENERALITÀ
La conoscenza approfondita delle sequenze, delle fasi, delle risorse e dei tempi, oggetto
dei lavori , consente di organizzare il cantiere in un contesto planimetrico ottimizzato
dove saranno definite le disposizioni logistiche di (vedi esempio riportato in Figura 2.1):
− recizione esterna dell’area di cantiere,
− uffici (appaltatore, direzione lavori, eventuale subappaltatore, ecc.),
− spogliatoi,
− servizi igienici,
− mensa ed eventuale cucina,
− dormitori,
− zone di stoccaggio dei materiali,
− postazioni di lavoro fisse (preparazione semilavorati, malte, impasto, ecc),
− postazioni delle gru fisse (a torre),
− postazione impianto di betonaggio,
− postazione gruppo elettrogeno,
− deposito combustibili e/o prodotti infiammabili,
− deposito bombole ossigeno ed altri gas tecnici,
− deposito oli e prodotti chimici,
− quadri elettrici base per la distribuzione dell’energia elettrica, con segnalazione
del percorso delle linee elettriche,
− aree di parcheggio e zona accumulo rifiuti,
− viabilità di cantiere .
Figura 2.1 – Esempio di organizzazione delle aree di cantiere.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
7
2.1.1 La scelta delle aree di cantiere e la viabilità
Le aree vanno scelte in base alla natura del lavoro da eseguire, con attenta
considerazione delle caratteristiche orografiche, topografiche e geognostiche della zona,
della sua accessibilità, della possibilità di allacciamenti idrici ed elettrici, delle vicinanze di
cave di prestito per materiali o di eventuali discariche, ecc.
Il cantiere, specie nella zona sede di alloggi, officina e depositi di materiali o di mezzi,
dovrà essere opportunamente recintato al fine di non interferire con persone e situazioni
non attinenti al lavoro, solitamente allo scopo vengono impiegate: bandoni metallici, reti
metalliche, lamiere ondulate zincate o elementi prefabbricati in calcestruzzo.
Primaria importanza riveste il collegamento del cantiere alla viabilità esterna, che
dovrà essere realizzato da piste costruite appositamente con caratteristiche geometriche
e strutturali idonee al particolare transito su di esse previsto. Particolare attenzione va
inoltre posta nella realizzazione degli accessi alla viabilità ordinaria in modo da
determinare il minimo disturbo della circolazione e la massima sicurezza del traffico (va
evitato di posizionare i passi carrai a meno di 12 m dalle intersezioni). Apposite
segnalazioni indicheranno, sulla viabilità ordinaria, gli accessi del cantiere e le zone in cui
sussistono eventuali situazioni di pericolo per l'uscita di automezzi: inoltre dovranno
essere presenti indicazioni che specifichino con chiarezza l'oggetto del lavoro, l'ente
committente, l'Impresa assuntrice, il Direttore dei lavori e quello del cantiere, il
progettista, gli assistenti. È inoltre opportuno istituire un servizio di controllo al varco di
ingresso al cantiere che oltre ad impedire l’accesso agli estranei ala cantiere stesso,
controlli che automezzi in uscita dal cantiere non sporchino con fango o terra la viabilità
ordinaria; nel caso ciò si verifichi gli incaricati dovranno attivarsi per una sollecita pulizia
del manto stradale.
Anche la viabilità interna dovrà essere realizzata in modo da risultare funzionale alle
operazioni di trasporto che dovranno svolgersi nell'ambito del cantiere (i.e adeguata
larghezza e pendenza longitudinale), studiando i percorsi delle persone, dei veicoli, dei
materiali, sia in senso orizzontale che in senso verticale. Le vie interne del cantiere
devono essere ampie (dove è previsto il transito del personale prevedere spazzi
disponibili di almeno 0.70 m oppure nicchie o piazzole di almeno 20 m di lunghezza),
preferibilmente a senso unico di marcia, con segnalazioni relative alla velocità (limite di
velocità 10km/h e obbligo di farsi assistere nelle manovre in retromarcia), alla priorità
ed agli incroci. Inoltre la viabilità interna al cantiere dovrà essere dotata di adeguata
portanza (i.e. fondo solido e stabile), in modo da renderla agibile in ogni momento ed in
ogni condizione senza alcun rischio per il personale alla guida degli automezzi. A tal fine
risulta spesso conveniente far coincidere il più possibile le strade del cantiere con quelle
definitive anticipandone la preparazione del sottofondo e della fondazione. È inoltre
opportuno progettare la viabilità di cantiere in modo che sia il più possibile distante
dagli scavi previsti in fase di esecuzione dei lavori.
2.1.2 I baraccamenti
Nell'ambito del cantiere debbono essere previsti locali per la Direzione Lavori, per la
Direzione del cantiere, per gli uffici dell'Impresa, e locali di servizio. (per la mensa
operai, alloggiamenti e servizi per le maestranze, ecc..
Le caratteristiche dei locali ad uso ufficio e di servizio dovranno essere quelle previste
dal DPR n.303 del 19 marzo 1956 dal Titolo II del DLgs 626/94 e dal DLgs 494/96 e
successive modificazioni ed integrazioni. In particolare i locali devono essere dotati di
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
8
idonea cubatura, di un adeguato isolamento termico, di adeguata aerazione ed
illuminazione, devono inoltre essere riscaldati durante la stagione fredda.
L’ampiezza dei locali viene stabilita sempre in base al numero massimo di lavoratori
che si prevede possano utilizzarli
I locali prima menzionati vengono allocati in baracche generalmente in prefabbricate,
realizzate con elementi metallici, piani o ricurvi, di rapido e semplice montaggio.
A titolo orientativo si indicano le superfici necessarie per i diversi usi (indicando con
n il numero delle maestranze):
− Mensa 1 m2 per posto (si proporziona la mensa per un numero di posti pari ai
2/3 n);
− Cucina
10÷0.2.*2/3 n (m2);
− Dormitori
3÷4 m2 per posto;
− Servizi igienici 0,5 m2 per operaio (6 vasi alla turca per 100 operai).
2.1.3 L’officina di cantiere
La superficie dei locali da adibirsi ad officine per la riparazione dei mezzi dipende dal
tipo di cantiere e dall'eventuale vicinanza di servizi di assistenza esterni.
È opportuno comunque che siano presenti attrezzature per la riparazione di
autoveicoli e di macchinari elettrici, una falegnameria dotata di sega circolare e di banco
di falegname, un tornio parallelo, un trapano a colonna, una piccola fucina con incudine,
saldatrici, limatrici, ecc.
L'ambiente sarà costituito da baracche prefabbricate metalliche con una superficie
minima li almeno 50 m2.
2.1.4 I depositi per materiali
In funzione delle caratteristiche dei materiali da conservare potranno essere
all'aperto, eventualmente muniti di opportune recinzioni, od al chiuso, in locali
commisurati ai fabbisogni di provviste (vedi Figura 2.2 e Figura 2.3). In particolare per il
cemento si impiegano silos in lamiera a forma lievemente troncoconica in modo da
favorirne il trasporto mediante impilaggio, aventi capacità variabile fino a 500 q (vedi
Figura 2.3.
Figura 2.2 -
Esempio di deposito per bombole di gas compressi, chiuso e protetto
dal calore, con indicazioni di pericolo e di divieto di accesso ai non
autorizzati.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
Figura 2.3 –
9
Esempio di catasta ordinata di tavole di legno con lamiera superiore per
la protezione dalla pioggia.
Figura 2.4 – Rappresentazione schematica di sili e tramoggie .
2.1.5 Gli impianti elettrici di cantiere
L'elettricità è una forma di energia a basso costo, non inquinante, facilmente
trasmissibile; i motori elettrici sono leggeri, robusti, affidabili. Per questi motivi
l'elettricità viene impiegata nel cantiere, in particolare per l’azionamento delle
apparecchiature stazionarie (impianti di frantumazione e vagliatura, impianti di
betonaggio, gru, teleferiche, ecc.), oltre che negli impianti di illuminazione.
L'energia elettrica-viene prelevata, ove possibile, dalla rete pubblica (tensione 380
volts per potenze fino a 30 kW e brevi distanze, 20000 volts per potenze elevate e
distanze medie, valori maggiori per potenze elevate e distanze elevate), e
successivamente trasformata per renderla compatibili con le utenze. In mancanza di rete
pubblica, l’energia elettrica viene prodotta in cantiere per mezzo di gruppi elettrogeni
che verranno opportunamente protetti con tettoie e recinzioni. La potenza elettrica da
fornire all’impianto è pari alla somma delle potenze delle singole macchine, moltiplicate
per un coefficiente di contemporaneità (0,6÷0,8) variabile in funzione dei tempi di
utilizzazione delle macchine.
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La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
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Al fine di evitare guasti e/o interruzioni e di proteggere le persone, l’impianto
elettrico va ideato in modo sicuro fin dall’inizio tenendo presente tutto lo sviluppo che
avrà al momento di massimo impiego, anche se la sua realizzazione può avvenire
gradualmente secondo le necessità. Gli impianti elettrici dei cantieri sono obbligati a
funzionare in condizioni sfavorevoli: spesso all’aperto e quindi sottoposti all’azione
nociva delle intemperie (pioggia, sole, gelo e vento), a volte in locali non ventilati,
sottoposti all’azione dell’acqua del cantiere, del cemento, della calce e di altre sostanze
corrosive, nonché soggetti ad urti (soprattutto nelle parti volanti). Per i motivi
precedentemente citati gli impianti elettrici dei cantieri devono essere ancora più sicuri di
quelli degli stabilimenti industriali, benché la loro vita è molto più breve. È opportuno
osservare a tale riguardo che per i cantieri non è obbligatoria (secondo la legge 46/90) la
progettazione dell’impianto, che comunque, alla luce di quanto precedentemente
esposto, è sempre consigliabile effettuare conservandone i relativi documenti. La
realizzazione e modifica degli impianti, in base alla legge 46/90, deve essere effettuata
da società regolarmente abilitata,
con personale specializzato, e l’installatore
dell’impianto è tenuto al rilascio della dichiarazione di conformità corredata dagli allegati
obbligatori.
L’impianto elettrico del cantiere deve essere realizzato nel pieno rispetto della legge
n. 186 del 1° marzo 1968, che prevede:
art. 1 – Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed
elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte;
art.2 – I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed
elettronici realizzati secondo le norme del comitato elettrotecnico italiano (CEI) si
considerano a regola d’arte.
Per i cantieri le principali norme CEI da considerare sono:
‰ CEI 64-8/1/2/3/4/5/6/7 – Impianti elettrici utilizzatori a tensione non superiore a 1000
V in corrente alternata e 1500 V in corrente continua;
‰ CEI 64-12 - Guida per l’esecuzione dell’impianto di terra negli edifici per uso residenziale e
terziario;
‰ CEI 17-13/1/2 – Apparecchiature assiepate di protezione e manovra per bassa tensione (quadri
BT);
‰ CEI 70-1 – Gradi di protezione degli involucri;
‰ CEI 23-12 - Prese a spina per usi industriali;
‰ CEI 81-1 - Protezione di strutture contro fulmini.
Benché in tale paragrafo non si intende fornire una trattazione esaustiva della
progettazione e installazione dell’impianto elettrico di cantiere, la quale richiederebbe
un volume a se stante, di seguito verranno evidenziati alcuni aspetti fondamentali che è
utile prendere in considerazione nella realizzazione degli impianti.
Le cabine di trasformazione rappresentano l’interfaccia tra la rete interna e la linea di
adduzione; essa comprende i seguenti organi essenziali: morsetti arrivo linea esterna,
coltelli separatori, sezionatori a coltello, interruttore di massima, fusibili, trasformatore,
morsetti di distribuzione linee interne, apparecchi di misura. I trasformatori sono
macchine statiche (senza organi in movimento), ad elevato rendimento (95%), atte a
trasformare i fattori di potenza (tensione e intensità). Nelle cabine, realizzate in muratura
o più spesso metalliche prefabbricate, vengono installati generalmente due trasformatori
di cui uno di riserva. I trasformatori per piccole potenze possono talvolta essere
montati su pali metallici o di cemento armato centrifugato.
Nell’ideazione dell’impianto elettrico occorre tenere presente la necessità di poter
interrompere l’alimentazione a macchine, utensili e lampade non appena presentino un
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
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La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
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guasto o una anomalia che possono provocare infortuni. Perciò dopo la cabina vi è un
quadro generale, su cui sono posti l’interruttore ed i dispositivi di protezione generale.
La distribuzione si esegue mediante una o più linee principali ad anello o radiali
alimentate dalla cabina o quadro, e diverse linee secondarie, ognuna delle quali va ad
alimentare uno o più utilizzatori, ad esempio: betoniere, gru, apparecchi di sollevamento,
ecc. (vedi Figura 2.5). All’inizio di ogni linea del genere vanno posti un interruttore e i
dispositivi di protezione contro i sovraccarichi, le sovratensioni e gli altri guasti
pericolosi come ad esempio le tensioni di guasto (interruttori differenziali). Gli
interruttori ed i quadri devono essere ubicati in posizione ben visibile e facilmente
accessibile, in modo da poter essere subito individuati in caso di necessità.
Legenda: 1=quadro generale, 2=linea alimentazione, 3=interruttore automatico generale ed interruttore differenziale a bassa
sensibilità ritardato (0.3 A e 0.1÷02 sec), 4=morsetto di terra, 5=presa di terra locale, 6=linea sotterranea (tre fasi + neutro + terra),
7=linea aerea, A=quadro secondario per impianti fissi con interruttore differenziale a media sensibilità , 8=comando esterno
dell’interruttore generale del quadro secondario, 9=chiusura a chiave, 10=presa a 25 volt, 11=linea per la centrale di betonaggio e
per altri impianti fissi, B, C e D = quadri secondari per utilizzazioni mobili e portatili con interruttore differenziale ad alta sensibilità
e rapida (0.03 A e 0.03 sec)utilizzatori, 12=uscita per utilizzazioni per finiture interne, 13=linea al costruendo , 14 = presa di terra ad
anello sul fondo dello scavo con montanti per gli attacchi per gli impianti del costruendo.
Figura 2.5 -
Schema di impianto elettrico di cantiere.
La realizzazione di impianti del genere viene facilitata (resa più sicura e spedita)
utilizzando quadri prefabbricati, di varia entità e di pronto impiego. Per ogni presa è
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La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
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opportuno evidenziare quale utenza essa alimenta (mediante targhetta adesiva) e quali
sono disponibili per varie necessità, inoltre va ricordato che ad ogni tensione
corrisponde un preciso colore di individuazione: rosso 380 V, blu 220 V, viola 20÷25 V,
bianco 40÷50 V.
Poiché la corrente elettricità è causa di incendi e di infortuni, anche mortali, è
necessario evitare i corto circuiti, i contatti diretti con parti di impianti elettrici
normalmente sotto tensione, ed anche i contatti indiretti con elementi non facenti parte
di impianti elettrici ma accidentalmente in contatto con sorgenti di elettricità (p.e.
ponteggi). Tali obiettivi vengono raggiunti attraverso l’impiego di dispositivi di
protezione, automatici e differenziali, la cui funzione è quindi quella di garantire:
− Sicurezza contro l’incendio derivato da cause elettriche (corto circuiti);
− Sicurezza contro i contatti diretti con le parti in tensione;
− Sicurezza contro i contatti indiretti in caso di guasti verso terra, ovvero
dispersioni.
La sicurezza contro l’incendio si ottiene attraverso l’installazione di interruttori
automatici dotati di un adeguato potere di interruzione (in piccoli cantieri di interruttori
automatici con potere di interruzione tra 4500 e 6000 A e lunghezze di cavi 40÷50).
I dispositivi di protezione contro i contatti diretti sono rappresentati dagli interruttori
differenziali ad alta sensibilità con soglia di intervento da 15 a 30 mA.
La protezione per i contatti indiretti viene anch’essa affidata agli interruttori differenziali
con soglie di intervento tra 200 e 500 mA, sempre però in presenza di un adeguato
impianto di messa a terra per tutti gli involucri metallici delle apparecchiature elettriche.
Scopo dell'impianto di terra è istituire tra le parti metalliche ed il suolo un
collegamento elettrico idoneo, che annulli la differenza di potenziale o la mantenga nei
limiti non pericolosi; per valori usuali della tensione (fino a 1000 volts), la resistenza
dell'impianto verso terra non deve superare i 20 ohm.
Elementi fondamentali dell'impianto di terra sono:
− I conduttori di sezione tale da poter sostenere senza inconveniente
(riscaldamento) la massima corrente possibile in caso di corto circuito e da non
aumentare sensibilmente la resistenza dell’impianto (non inferiore comunque a 16
mm2 per conduttori di rame, a 50mm2 per conduttori di ferro o acciaio
zincato);
− I dispersori che si distinguono in dispersori tubolari, costituiti di tubi di acciaio
zincato (lunghezza 2÷4 m, diametro 4÷5 cm e spessore 2÷5 mm) che vengono
infissi in appositi pozzetti, e i dispersori a rete da interrare superficialmente (vedi
Figura 2.6).
I dispersori a tubo si impiegano in terreni a bassa resistività; i rimanenti in terreni a
resistività elevata; per raggiungere il valore desiderato della resistenza verso terra, può
essere necessario più dispersori in parallelo; la distanza tra i dispersori deve essere non
inferiore alla somma delle loro lunghezze; l'efficacia del dispersore può essere aumentata
sostituendo il terreno circostante con materiale a bassa resistività: argilla, carbone in
polvere, terra di fonderia. Bassa resistività presentano i terreni paludosi, i terreni vegetali,
le argille; media i calcari, le sabbie, le argille con sabbia e le ghiaia; molto elevata, i
graniti, i basalti i gneiss; la resistività diminuisce in presenza di acqua.
Nello stendere le linee elettriche del cantiere si deve tenere conto delle operazioni che
vengono svolte nel cantiere e quindi dei pericoli di contatto da di sotto, dal di sopra e
dai lati, da parte di macchine ed oggetti in movimento. In particolare, il percorso dei
cavi interrati deve essere indicato sul terreno con segnali ben visibili da parte di voglia
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
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effettuare scavi, manuali o con macchine; per evitare il contatto dal di sotto con le linee
aeree è opportuno applicare sbarramenti, lungo il suo percorso, con l’ausilio di robusti
portali limitatori di altezza nei punti in cui occorre effettuare attraversamenti. I
collegamenti con conduttori volanti e coppia spina-presa (maschio e femmina) non sono
mai perfettamente sicuri e perciò il loro numero va ridotto al minimo indispensabile
(l’elemento presa va tenuto a monte del collegamento e quello spina a valle).
Figura 2.6 - Rappresentazione schematica di dispersori: a) a tubo con pozzetto , b)
a bastone di rame senza pozzetto, c) a piastra, d) a rete
La sezione dei singoli conduttori può essere calcolata, per correnti alternate trifasi ,
attraverso la seguente relazione:
ρ ⋅ ⋅l ⋅ P
S=
2
p ⋅ V 2 ⋅ (cos ϕ )
dove
S
è la sezione del conduttore [mm2];
ρ
è la resistività [ohm mm2 / km];
l
è la lunghezza del filo [km];
P
è la potenza [watt];
V è il potenziale della linea d’arrivo [volt];
p
è la perdita di potenza (P/p=0.05);
ϕ
è l’angolo di spostamento di fase in corrente alternata.
La perdita di potenza totale nella linea e la caduta di potenziale (trascurando la
reattanza induttiva della linea deve essere contenuta in valori modesti (-5%) sono fornite
dalle seguenti espressioni:
PT = 3 ⋅ R ⋅ I 2
V = 3 ⋅ R ⋅ I ⋅ cos ϕ
dove
I=
P
3 ⋅V ⋅ cos ϕ
è l’intensità di corrente [ampere],
l
è la resistenza elettrica di ognuno dei tre conduttori [ohm]
S
Per le correnti monofase, la sezione dei conduttori, la perdita di potenza totale e la
caduta di potenziale sono date da:
2⋅ ρ ⋅l ⋅ P
S=
PT = 2 ⋅ R ⋅ I 2
,
, V = R ⋅ I ⋅ cosϕ
2
2
p ⋅V ⋅ (cos ϕ )
R= ρ⋅
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La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
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dove I =
P
e p = PT
P
V ⋅ cos ϕ
2.1.6 Gli impianti idrici di cantiere
I cantieri devono essere dotati di impianti per la fornitura dell’acqua necessaria per le
maestranze, le macchine e gli impianti; ovviamente le caratteristiche richieste per l’acqua
variano in funzione del suo impiego. Il fabbisogno di acqua non potabile viene calcolato
non soltanto in relazione alle necessità dei lavori ma anche per la pulizia del personale e
per i servizi igienici (vedi Tabella 2.1). Acqua sicuramente potabile va messa a
disposizione nella quantità calcolata, tenendo conto del numero di persone, della
temperatura, del genere di lavoro, ed eventualmente per i locali ad uso cucina e mensa,
medicazione, dormitorio, soggiorno (vedi Tabella 2.1).
Tabella 2.1:
Fabbisogni di acqua indicativi
Fabbisogno [m3]
80 ÷100 litri per addetto al giorno
Impiego dell’acqua
a) Per usi fisiologici
b) per i macchinari
Lavatrici
Betoniere
Compressori senza refrigeratore
1÷2 m3 per m3 di materiale trattato
150 litri per di impasto
2 litri per m3 di aria resa
L'acqua per usi potabili (almeno 15 l/gg per persona) deve essere incolore, limpida,
priva di odori e sapori sgradevoli, batteriologicamente pura; le sue caratteristiche non
possono superare i limiti indicati nella Tabella 2.2.
Tabella 2.2: Caratteristiche delle acque potabili
Caratteristica
Temperatura
Salinità totale
Durezza totale
Durezza permanente
Solfati (SOS)
Cloro (Cl)
Sostanze organiche (come O2 consumato)
Fe
Ammoniaca
Nitriti
Nitrati (N03)
C02
022
N2
Rapporto Ca/Mg
Rapporto O2/CO2
Valore prescritto
10÷12 °C
0,1÷1,0 g/1
35 °F
12 °F
0,09 g/l
0,035 g/1
0,0035 g/1
0,0005 g/1
assente
assente
0,02 g/1
10÷25 cm3/l
3÷8 cm3/l
7 ÷17 cm3/l
3:1
1:3
L’acqua per l'impasto dei calcestruzzi deve essere limpida e dolce, priva di limo,
materiali organici ed altre impurità in sospensione (torbidità massima 1÷2 grammi
eccezionalmente 2 ÷ 5), e priva di sali, particolarmente solfati e cloruri (max 0.5 ÷ 1 %).
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
15
L’acqua per alimentazione di caldaie, deve avere requisiti variabili con la pressione di
funzionamento; i principali requisiti sono riportati di seguito nella Tabella 2.3.
Per la distribuzione dell’acqua vengono usualmente impiegati tubi Mannesmann in
acciaio con giunto o a manicotto, e per l’acqua potabile tubi in acciaio zincato. Per
quanto concerne il dimensionamento delle condotte vengono adottati criteri del tutto
analoghi a quelli impiegati nei normali acquedotti (le perdite di carico lungo le condotte
di diametro s≤0,5 m si calcolano di solito con la formula di DARCY del moto
2
permanente delle correnti in pressione y = β ⋅ Q 5 L dove Q è la portata, D ed L il
D
diametro e la lunghezza della condotta, β un coefficiente adimensionale pari a
[0,00164+0,000042/D] (con D espresso in m per scabrosità normale delle pareti).
Tabella 2.3:
Esempio di caratteristiche delle acque impiegate per alimentazione di
caldaie
Pressione di esercizio
[atm]
< 15
Sostanze in sospensione
Sostanze organiche, mg/l
Sostanze oleose, mg/l
Sali totali mg/l
Durezza totale °F
CO2 libera mg/l
Ossigeno mg/l
Silice mg/l
pH
0
100
3
6000
1
30
-
15 ÷ 25 25 ÷ 60 60 ÷100
0
25
3
2000
0,5
10
0,2
25
-
0
10
1
1500
0,2
5
0,05
0,6
>8
0
5
1
1000
0,05
1
0,02
0,5
>8
> 100
0
5
1
300
0,02
0,5
0,01
0,3
>8
A vaporizzazione
istantanea
(caldaie supercritiche)
0
0,075 ÷ 0,1
0,002÷0,005
8,7÷9,7
Allo stesso tempo è necessario provvedere alla evacuazione delle acque di scarico, in
relazione alle loro caratteristiche le acque possono essere addotte direttamente o previo
trattamento (p.e. disoleazione) alla fognatura pubblica, ove esistente, o possono
richiedere lo stoccaggio in vasche e l’eliminazione successiva attraverso autobotti. Se ve
ne la possibilità conviene quindi effettuare subito gli allacciamenti alla fognatura
pubblica.
2.1.7 Gli impianti di produzione di aria compressa
L'aria compressa viene utilizzata come mezzo di trasmissione di energia: serve quindi
ad azionare macchine operatrici quali: macchine per la perforazione, macchine utensili,
pompe, paranchi, motori, ecc. Viene impiegata in particolare in quei casi in cui vi sono
difficoltà di ventilazione, come nelle gallerie. Viene prodotta dai compressori i quali
sono di due tipi: volumetrici ed aerodinamici. I primi provocano la compressione
dell'aria per diminuzione del volume della camera in cui essa viene aspirata; i secondi,
aspirando l'aria in una girante in rapida rotazione, forniscono ad essa energia cinetica,
che viene poi trasformata in energia di pressione in appositi diffusori. I compressori
alternativi a pistoni sono il tipo più comune, essi sono particolarmente adatti alle medie
pressioni (6÷8 daN/cm2) è in genere erogano portate variabili da valori minimi fino a
circa 100 m3/min. Tali compressori, che hanno caratteristiche di grande semplicità e
limitata manutenzione, possono essere: ad uno o a più cilindri (vedi Figura 2.7); a
semplice effetto (se ha una sola camera di compressione per cilindro) o a doppio effetto
(quando il pistone effettua il lavoro di compressione sia in andata che in ritorno).
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
La scelta e l’Infrastrutturazione delle Aree di Cantiere
16
La
compressione
può
essere:
monostadio, se l'aria viene portata alla
pressione di esercizio in un solo stadio
(valido per piccole e basse pressioni);
bistadio, se l'aria, compressa in una prima
fase a pressione intermedia viene portata
alla pressione finale dopo refrigerazione
intermedia;
pluristadio,
se
la
compressione avviene in più fasi, sempre
intervallate
da
una refrigerazione
Figura 2.7 - Schema di funzionamento
intermedia.
di
un
compressore
I Compressori rotativi a vite sono
alternativo
ad
un solo
costituiti da una camera in cui sono
cilindro
(1=valvola
di
alloggiati due rotori, ruotanti in senso
aspirazione , 2=valvola di
opposto, uno con lobi convessi (rotore
mandata).
maschio) e l'altro con lobi concavi (rotore
femmina); la potenza motrice è fornita al rotore maschio che trascina in rotazione il
rotore femmina, mediante una coppia di ingranaggi sincronizzatori (vedi Figura 2.8). I
rotori infatti non sono a contatto fra di loro, né con la superficie interna della camera:
ciò comporta la possibilità di non lubrificare la camera e di ottenere pertanto aria
completamente priva di olio. Tali compressori vengono impiegati per portate superiori a
100 m3/min e per pressioni intorno ai 6÷7 daN/cm2 (in queste condizioni risulta
particolarmente economico).
I compressori ROOT. (detti anche soffianti
ROOT), sono costituiti da una camera in cui
sono alloggiati due rotori, rotanti in senso
opposto mediante una coppia di ingranaggi
sincronizzati; ciò rende possibile che i rotori
non vengano a contatto tra di loro; pertanto
non è richiesta lubrificazione interna nella
camera; ne deriva una produzione di aria priva
di olio. La soffiante ROOT non produce Figura 2.8 – Schema compressore
rotativo a palette.
compressione
interna
ma
funziona
essenzialmente da pompa, per cui è utilizzabile
a pressione molto bassa ( < 1daN/cm2 ).
I Compressori aerodinamici. sono costituiti essenzialmente dai turbo compressori;
essi possono essere monostadio e pluristadio, assiali o radiali. Il loro funzionamento è
basato sul principio che l'aria aspirata viene notevolmente accelerata in una o più giranti.
L'energia cinetica che essa accumula viene successivamente trasformata in energia di
pressione in un diffusore posto sul lato mandata di ogni stadio. Vengono di solito
impiegati per portate molto elevate, superiori ai 500 m3/min e per una pressione di
esercizio intorno a 7 daN/cm2 (risultando in tale campo di impiego economici).
Le principali caratteristiche dei compressori sono: la portata o resa di aria, la pressione di
esercizio ed il consumo specifico.
La portata, o resa d'aria libera, viene misurata in volumi erogati di aria libera, ossia in
quantità di aria erogata, riportata alla pressione ed alla temperatura esistente
all'aspirazione. Per portata inferiore ad 1 m3/min viene fornito lo «spostamento
volumetrico» che è costituito dalla cilindrata del cilindro a bassa pressione moltiplicato
per il numero di giri; si ricordi comunque che in genere questo dato si differenzia dalla
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17
resa d'aria di circa il 30% per i compressori bistadio e di circa il 50% per quelli
monostadio.
La pressione di esercizio viene indica di solito la pressione relativa, che si misura in
daN/cm2. In base alla pressione di esercizio i compressori si dividono in:
- compressori per basse pressioni: fino a 4,5 daN/cm2;
- compressori per medie pressioni: 4,5÷10 daN/cm2,
- compressori per alte pressioni: oltre i 10 daN/cm2.
Il consumo specifico di energia è espresso in HP per m3/min d'aria libera prodotta; un
consumo di 7 HP m3/min è da ritenersi molto basso (il consumo di energia è minore
nei compressori con refrigerazione ad acqua mentre i compressori raffreddati ad aria
hanno un consumo di solito maggiore del 3÷5%) . In genere il consumo di un
compressore bistadio è sensibilmente minore di quello di un compressore monostadio.
Nella maggioranza dei casi il fabbisogno di aria compressa è costante, per cui è
necessario che il compressore sia dotato di un meccanismo in grado di regolare la
mandata.
Nei compressori volumetrici alternativi ciò si può ottenere nei seguenti modi:
a) mediante avviamento ed arresto automatico provocato da pressostati se le
variazioni di pressione sono frequenti, questo sistema può dar luogo a notevole logorio
delle apparecchiature per un eccesso di avviamenti (è impiegato per portate molto
piccole, minori di 1 m3/min) ;
b) mediante apertura delle valvole durante la fase di compressione: l'aria in tal caso
entra ed esce dai pistoni senza essere compressa ed il compressore marcia a vuoto; il
consumo di energia in tal caso si riduce al 10÷15% di quanto richiesto nel
funzionamento a pieno carico. Nei compressori alternativi a doppio effetto può essere
utilizzata la «messa a vuoto a tre gradini», in cui possono essere lasciate aperte le valvole
al di sopra o al di sotto dei pistoni o separatamente. In questo modo il compressore può
funzionare a pieno carico, a mezzo carico ed a vuoto. La regolazione mediante valvole è
comandata automaticamente da variazioni di pressione nel serbatoio, è un metodo
sicuro e semplice, e riduce al minimo le perdite di carico, di contro presenta
l'inconveniente di un certo dispendio di energia nei lunghi periodi di funzionamento a
vuoto;
c) mediante regolatore automatico, che provvede ad arrestare automaticamente il
compressore dopo un certo periodo di tempo di funzionamento a vuoto, periodo che
può essere stabilito in rapporto alle caratteristiche dell'impianto. Questo sistema riunisce
i vantaggi della regolazione con avviamento e arresto automatico a quelli della
regolazione mediante valvole.
Nei compressori volumetrici a vite la regolazione si effettua chiudendo la luce di
aspirazione e chiudendo la luce di mandata: sulla tubazione di mandata viene montata
una valvola di non ritorno per isolare la camera dei rotori durante il funzionamento a
vuoto.
Nei compressori aerodinamici infine la regolazione viene di solito effettuata
chiudendo la luce di aspirazione sino al 75% delle sue capacità: per regolazioni più
raffinate sono necessari meccanismi più complicati quali palette regolabili, ecc.
Il raffreddamento è necessario per eliminare in modo economico il calore che si
produce durante la compressione dell'aria ed a causa degli attriti presenti negli organi in
movimento. Esso viene realizzato durante i vari stadi di compressione nei refrigeratori
intermedi, ed alla fine della compressione nel refrigeratore finale. Il raffreddamento può
essere ad aria o ad acqua. Il primo sistema viene impiegato nel cast di piccole portate e
per unità mobili: può essere realizzato per dispersione naturale, dotando le camere di
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18
compressione di alette per aumentare la dispersione radiante, ovvero per ventilazione. Il
raffreddamento ad acqua può essere, in rapporto alla disponibilità di acqua, a ciclo
aperto, se l'acqua che esce dal compressore non viene utilizzata; a ciclo semichiuso, se
l'acqua uscente dal compressore viene fatta raffreddare per caduta a pioggia in una vasca
di raffreddamento e quindi convogliata mediante una pompa nuovamente nel circuito; a
ciclo chiuso se l'acqua circolante in circuito chiuso viene raffreddata mediante un
radiatore su cui soffia aria spinta da un ventilatore
Un impianto di produzione di aria compressa deve essere dotato sempre di un
refrigeratore d'uscita che ha la funzione di abbassare la temperatura dell'aria compressa
fino ad un valore prossimo a quello della rete di utilizzazione, e favorire in tal modo la
condensa del vapore d'acqua presente nell'aria (vedi Figura 2.9).
La presenza di condensa nella rete di distribuzione può infatti provocare gravi
inconvenienti nelle condutture, nelle macchine utilizzatrici ed in alcuni casi di impiego,
quali verniciatura, trasporti di materiali in polvere, ecc. I refrigeratori di uscita sono
generalmente raffreddati ad acqua e sono costituiti da un fascio tubiero l'acqua scorre
all'esterno od all'interno dei tubi, mentre l'aria scorre ovviamente nella sede opposta.
Spesso, per aumentare la superficie di raffreddamento, i tubi sono muniti di alette. A1
refrigeratore finale è sempre unito un separatore di condensa, le cui vaschette possono
essere espurgate manualmente o automaticamente.
In impianti di piccola portata il raffreddamento del refrigeratore finale può realizzarsi
mediante circolazione d'aria, talvolta forzata dalla presenza di ventilatori. I serbatoi
d’aria hanno la funzione di mantenere regolare la mandata d'aria compressa alla rete al
variare della richiesta da parte delle macchine utilizzatrici, nonché di migliorare il
raffreddamento e di raccogliere eventuali condense residue. Il proporzionamento della
capacità del serbatoio dipende fondamentalmente dalla portata e dal sistema di
regolazione del compressore, nonché dalla variazione nel tempo della quantità d'aria
compressa assorbita dall'impianto di utilizzazione (vedi Figura 2.9)
Figura 2.9 -
Schema di un impianto fisso di produzione di aria compressa: 1)
compressore, 2) refrigeratore d'uscita, 3) serbatoio dell'aria, 4)
tubazione di mandata, 5) tubo aria di regolazione, 6) regolatore per
funziona mento automatico, 7) interruttore del motore, 8) cavo del
motore.
Per pressioni di lavoro inferiori a 9 daN/cm2, in condizioni normali di consumo
d'aria, la capacità del serbatoio deve essere pari ad 1/10 della portata volumetrica del
compressore al minuto primo, se la regolazione avviene mediante apertura automatica
delle valvole per differenza tra pressione di messa a voto e pressione sotto carico di 0,4
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
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19
daN/cm2. Se il compressore è dotato di avviamento ed arresto automatico, il serbatoio
deve avere capacità maggiore, pari almeno alla portata al minuto primo del compressore,
per evitare un eccessivo logorio del motore. Questi valori della capacità dovranno essere
opportunamente aumentati se la richiesta di aria dell'impianto è particolarmente
irregolare, come p. es.. accade in impianti con pochi punti di utilizzazione.
Il progetto, la costruzione e l'ispezione dei serbatoi ad aria compressa, sono soggetti
ad apposita normativa: in Italia essa era regolata dall'Associazione Nazionale per il
Controllo della Combustione. Il serbatoio dovrebbe sempre essere installato all'esterno
dei fabbricati, al riparo da insolazione diretta, con fondazioni rigide in calcestruzzo.
Il calcolo del diversi rami della rete richiede preliminarmente la determinazione del
consumo nei diversi punti di prelievo, in funzione dell'assorbimento delle diverse
macchine utilizzatrici, e del fattore di utilizzazione delle diverse apparecchiature. È
buona norma, per le reti permanenti, che la caduta di pressione dovuta ai tubi ed alle
valvole, ai raccordi ed agli accessori non sia superiore ai 0,3 daN/cm2. La formula cui si
fa riferimento generalmente è:
Q1.85 ⋅ L
∆p = 0.008 ⋅ 5
d ⋅p
dove
∆p è la caduta di pressione nei tubi [daN/cm2],
Q è portata d'aria [m3/min ],
L è lunghezza della tubazione [m],
d
è il diametro interno delle condotte [pollici];
p
è pressione iniziale [daN/cm2].
L'applicazione della formula può essere effettuata con l'ausilio della tab. 2.V; il valore
di L deve essere aumentato per la presenza di giunti, valvole, ecc. secondo quanto
indicato nella stessa tabella.
Tabella 2.4:
Perdite di carico per ogni 100 m di tubazione diritta in acciaio con aria a
7 daN/cm2.
Aria a pressione
atmosferica
m3/h
m3/min
Diametro del tubo (mm)
25
30
35
40
45
50
60
70
80
90
100
125
150
60
1
0,12 0,045 0,02 0,01 100
1,66
0,30 0,12 0,05 0,03 0,015 0,008 200
3,33
1,0 0,40 0,20 0,10 0,055 0,03 0,013 300
5,0
2,0 0,90 0,40 0,20 0,11 0,07 0,028 0,013 400
6,66
- 0,50 0,70 0,35 0,20 0,11 0,048 0,020 0,010 500
8,33
1,0 0,55 0,30 0,18 0,07 0,032 0,018 0,01
600
10,0
1,40 0,75 0,40 0,25 0,10 0,045 0,022 0,014 700
11,66
1,90 1,0 0,50 0,32 0,13 0,060 0,030 0,018 0,010 800
13,33
1,25 0,70 . 0,40 0,17 0,070 0,040 0,023 0,013 900
15,0
1,50 0,85 0,50 0,20 0,082 0,050 0,028 0,016 1000
16,66
1,90 1,0 0,60 0,25 0,10 0,060 0,033 0,020 0,007
1500
23,50
2,0 1,40 0,50 0,25 0,13 0,070 0,040 0,013
2000
33,30
2,0 0,85 0,40 0,20 0,105 0,070 0,020 0,008
2500
41,6
- 1,40 0,60 0,30 0,18 0,10 0,032 0,013
3000
50,0
2,0 0,90 0,41 0,25 0,15 0,087 0,020
3500
58,0
- 1,20 0,60 0,33 0,20 0,060 0,026
4000
66,6
- 1,50 0,80 0,41 0,25 0,080 0,030
4500
75,0
- 1,80 1,0 0,53 0,30 0,10 0,040
Legenda: Le cifre all'interno delle linee in grassetto corrispondono alle utilizzazioni consigliabili. La perdita di carico per una
pressione diversa da 7 daN/cm2 è approssimativamente quella fornita dalla tabella moltiplicata per il rapporto della pressione
corrispondente a 7 daN/ cm2. Lunghezze equivalente in metri di tubazione: valvola=16 m; curva a 90°=5 m; curva a 30°=3 m.
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3 LE MACCHINE
3.1 LE MACCHINE PER IL TRASPORTO E SOLLEVAMENTO
3.1.1 Le macchine per il trasporto su gomma
I trasporti che interessano gli scambi di materiali e attrezzature con l’esterno
avvengono attraverso mezzi gommati adatti al trasporto su strada: autocarri, autotreni ed
autoarticolati. I veicoli autorizzati alla circolazione devono rispettare le prescrizioni
contenute nel “Nuovo Codice della Strada” (D.L.vo n. 285 del 1992 e D.P.R. n.495 del
1992 e successive modificazioni ed integrazioni), sinteticamente riassunte nel quadro di
Tabella 3.1.
Tabella 3.1: Caratteristiche dei veicoli pesanti per il trasporto su strada.
TIPO DI VEICOLO
1) autoveicolo isolato a 2 assi
2) autobus urbano o suburbano a 2 assi
3) autoveicolo isolato a 3 e più assi
4) autotreno a 3 assi (2 su motr.+1 su rim.)
5) autotreno a 4 assi (3+1)
6) autotreno a 4 assi (2+2)
7) autotreno a 5 assi (3+2)
8) autotreno a 5 assi (2+3)
9) autotreno con più di 5 assi (3+ )
10) autoarticolato a 3 assi (2+1)
11)
“
a 4 assi (3+1)
12)
“
a 4 assi (2+2)
13)
“
a 5 assi (3+2)
14)
“
a 5 assi (2+3)
15)
“
con più di 5 assi (3+ … )
Massa Totale [q]
180
190
240
240
300
400
440
432
440
300
360
400
440
432
440
LUNGHEZZA MAX [m]
12,00
12,00
12,00
18,00
18,00
18,00
18,00
18,00
18,00
15,50
15,50
15,50
15,50
15,50
15,50
Gli autocarri (vedi Figura 3.1), i quali possono essere dotati di cassone ribaltabile, si
distinguono in autocarri leggeri (massa a pieno carico fino a 3,5 t), medi (massa 3,5÷10
t) e pesanti (10÷50 t), in essi la tara costituisce circa il 35÷40% della massa totale (vedi
caratteristiche riportate in Tabella 3.2).
Figura 3.1 -
Autocarro
Le Macchine
Tabella 3.2:
Portata
utile
[t]
2,5
5,0
7,5
9,5
10,0
Peso a
pieno
carico
[t]
5,0
7,5
11,0
16,0
19,0
21
Dati caratteristici degli autocarri.
Lunghezza Larghezza Potenza Velocità Pendenza
Cassone F cassone G
max
superabile
[m]
3,90
3,90
4,00
5,50
6,00
[m]
1,90
2,00
2,20
2,35
2,35
(CV)
90
100
120
210
350
[km/h]
100
100
100
80
;115
[%]
29
23
23
46
60
Dimensioni [m]
L1
5,70
5,70
6,80
7,90
8,30
D1
2,00
2,20
2,30
2,50
2,50
H
2,20
2,30
2,60
2,70
3,0
Peso
Peso
Pendenza
rimorchiabile totale superabile con
rimorchio
[t]
[t]
[%]
7,0
18,0
20
18,0
32,0
21
23,0
44,0
30
Gli autotreni sono veicoli adatti per il trasporto pesante su lunghe distanze, i rimorchi
usuali per il trasporto stradale hanno massa a pieno carico di 20÷25 t, tara 4,5÷6 t, e
dimensioni del piano di carico 7,50÷8 per 2,50 m.
Gli autoarticolati, particolarmente adatti al trasporto di grossi carichi indivisibili,
sono costituiti da un trattore dotato di ralla, sulla quale scarica parte del proprio peso un
semirimorchio. I semirimorchi hanno massa complessiva a pieno carico fino a 30÷35 t,
con tara di 4,5÷6,5 t, e dimensioni del piano di carico fino a 12,50x2,50 m. Altre
caratteristiche degli autoarticolati sono :
− Rapporto di traino (peso rimorchio/peso motrice): 1,4,
− Carico max per asse: 12 t,
− Carico max per assi tandem (assi posti a distanza inferiore a 2 m) 19 t,
− Rapporto minimo potenza peso: 8 CV/t.
Per i mezzi d'opera (veicoli industriali in servizio misto o fuori strada), muniti di
permesso dell'ente proprietario della strada, è ammesso il peso a pieno carico (p.c.) di
33,0 t per i veicoli a 3 assi e di 56,0 t per gli autoarticolati (trattore a 3 assi,
semirimorchio a 2 assi).
I dumpers sono veicoli espressamente realizzati per l'impiego in cantiere, le cui
caratteristiche generali sono (vedi Figura 3.2): particolare robustezza, cassone ribaltabile,
trazione integrale, raggio di curvatura ridotto, pneumatici a bassa pressione ed a sezione
larga (adatti per terreni con scarsa capacità portante). I tipi con minore portata sono
talvolta dotati di guida reversibile, possono cioè marciare indifferentemente nei due
sensi, essendo la trasmissione dotata di invertitore ed il posto guida girevole a 180°. I
dumpers si distinguono in: leggeri, con portata 1÷3 m3, medi, con portata fino a 15 m3,
e pesanti, con portata fino a 25÷30 m3 (vedi caratteristiche in Tabella 3.3). I dumpers
leggeri e medi possono generalmente circolare anche su strade ordinarie, mentre quelli
pesanti possono circolare solo nell'ambito del cantiere.
Figura 3.2 -
Dumpers
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
22
Tabella 3.3:
Portata
utile
[t]
Peso a
pieno
carico
[t]
5,0
10,0
15,0
20,0
35,0
50,0
8,5
19,0
26,0
35,0
62,0
88,0
Dati caratteristici dei dumpers.
Lunghezza Larghezza Volume
Cassone F cassone G
cassone
Potenza
Velocità
Max [km/h]
Pendenza
superabile
Dimensioni [m]
[m]
[m]
raso
colmo
(CV)
avanti
indietro
[%]
L
l
h
2,70
3,80
5,00
4,70
3,90
6,00
2,20
2,50
2,50
2,90
3,70
4,35
3,0
6,0
9,0
10,0
19,0
25,0
3,5
7,6
10,5
12,5
23,0
33,0
65
175
265
275
440
635
25,0
50,0
65,0
52,0
57,0
56,0
25,0
50,0
8,0
6,5
13,0
7,5
45
45
35
33
30
30
4,80
5,80
7,30
7,20
8,05
9,40
2,10
2,50
2,50
2,90
3,70
4,35
2,05
2,80
3,00
3,10
3,50
4,15
3.1.2 I trasporti su rotaia
Le ferrovie a scartamento ridotto per cantiere sono adatte a lavori di lunga durata,
con notevoli movimenti di materiali (> 150 m3/ora) e notevoli distanze di trasporto (>
5 km).
Presentano l'inconveniente di richiedere una propria sede fissa, con modeste
pendenze (max.3÷5% consigliabili 1÷1,5%) e raggi di curvatura elevati (20 volte il passo
dei veicoli); incontrano pertanto sempre minor favore.
L'armamento è costituito da rotaie a fungo (4,5÷15 kg/m), lunghe generalmente 5,00
m, montate generalmente su traversine metalliche, facilmente collegabili con ganasce e
bulloni e scartamento 400÷600÷750 mm.
La trazione viene effettuata con: locomotori Diesel, adatti per lavori all'aperto o in
galleria con efficiente ventilazione (potenza 10÷250 CV, velocità 10÷25 km/ora, peso
2÷35 t); locomotori elettrici a batteria, adatti per lavori in galleria (potenza 10÷40 CV,
velocità 10÷15 km/ora, autonomia 15÷20 km); locomotori ad aria compressa in
bombole, ove si temano presenze di gas esplosivi (potenza 10÷50 CV, peso 4÷11 t,
velocità 5÷10 km/ora, pressione bombole 200 atm).
I vagoncini hanno capacità da 0,75 a 3,5 m3; il cui scarico avviene o attraverso
ribaltamento del cassone o mediante un fondo a tramoggia.
3.1.3 I trasportatori continui
I trasportatori continui di più largo impiego nei cantieri sono: a nastro di gomma, a
piastra, a cassetta, a coclea. Qualora vengano impiegati per il rifornimento di altre
macchine, i trasportatori continui vengono denominati alimentatori.
Il trasportatore a nastro, adottato per il trasporto di materiali sciolti, è costituito dai
seguenti elementi (vedi Figura 3.3):
- Il nastro, costituito da una o più tele (di cotone, canapa, nylon, acciaio) ricoperte
di neoprene, avente larghezza da 40 a 200 cm, la cui tensione nel ramo carico si
pone pari a (la tensione nel ramo scarico è pari a t/1.5 ÷ t/2.5):
t=
q ⋅l2
8⋅ f
dove q è il carico per metro lineare, l è l’interasse fra i rulli, f è la freccia, che non deve essere
superiore a l/30;
-
-
I rulli, o galoppini folli sul loro asse, che sostengono il nastro ad intervalli
regolari (sul lato carico 40÷50 cm con nastri piatti e 1÷1,5 m con nastri concavi,
sul lato scarico 2,5÷5 m), i quali vengono montati a gruppi di tre, secondo una
poligonale, per conferire al nastro una concavità che impedisce al materiale
trasportato di sfuggire lateralmente;
Il motore, la cui potenza si assume generalmente pari a:
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
23
P=Q*h / (3.6*102)+0.05*l [kW]
dove Q è la portata oraria, h il dislivello, l è la lunghezza;
-
il tenditore a contrappeso per gli impianti maggiori ed a vite per gli altri;
I dispositivi di carico e scarico: i primi guidano il materiale caricato evitando urti
ed abrasioni del nastro, i secondi raccolgono e convogliano il materiale che si
distacca dal tamburo di estremità per effetto combinato dell'accelerazione
centrifuga e della gravità.
La velocità del nastro varia da 0,5 a 3 m/s; la portata è espressa da:
Q=γ*V* (0.9*B-0.05)2
in cui B è la larghezza del nastro, V la velocità, γ il peso specifico.
L'inclinazione varia con la natura del materiale trasportato; in particolare non deve
superare i seguenti valori (per pezzature maggiori si possono adottare pendenze
maggiori):
Calce in polvere
Calcestruzzo
Cemento in polvere
Ghiaia di cava
Ghiaia vagliata
Sabbia umida
Sabbia asciutta
Terra comune
Figura 3.3 -
22°
15°
22°
18°
15°
20°
15°
18°
Schema di trasportatore con nastro in gomma
I trasportatori a piastra sono utilizzati per il trasporto di materiali in grossi blocchi,
oppure abrasivi, o caldi (fino a 200°C e oltre), e trovano frequente impiego come
alimentatori per i frantoi primari. Tali trasportatori sono costituiti da un tappeto,
formato da piastre metalliche collegate mediante cerniere mobili, poggianti su rulli
portati da un robusto telaio metallico (vedi Figura 3.4). La loro lunghezza giunge fino a
60 m, la velocità di trasporto è compresa tra 0,25 e 0,50 m/s, e la portata può
raggiungere 3000 t/ora (con piastre ad alveoli o a tazze si possono superare pendenze di
30°).
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Le Macchine
24
Figura 3.4 -
Trasportatore a piastre
Gli elevatori a tazze sono impiegati per il trasporto verticale, o con forti pendenze, di
materiali sciolti (ghiaia, pietrisco, sabbia). Sono costituiti da tazze metalliche, aventi
capacità da 10 a 150 dm3, disposte ad intervalli regolari (0,5÷1,2 m) su due catene chiuse
ad anello, che si avvolgono alla testata superiore sulle pulegge motrici ed alla testata
inferiore sulle pulegge tenditrici (vedi Figura 3.5). Indicazioni circa il rapporto tra
portata oraria, volume delle tazze e potenza impiegata, per un dislivello di 10m, sono
contenute nel quadro di Tabella 3.4.
Tabella 3.4:
Potenza impegnata in funzione della portata oraria e del volume delle
tazze.
Q [t/h]
50
100
150
250
350
Figura 3.5 -
V [dm3]
3,5
7,5
13
24
35
P (CV)
5,5
7,0
8,0
14,0
20,0
Schemi di elevatori a tazze
I trasportatori a coclea sono impiegati prevalentemente per il trasporto di materiale in
polvere (cemento), in quanto ne impediscono lo spandimento, ed in apparecchi per il
lavaggio degli inerti ed il mescolamento delle malte (vedi Figura 3.6). I trasportatori a
coclea sono costituiti da un albero con avvolta un'elica metallica (talvolta l'elica è
sostituita da pale elicoidali disposte ad intervalli), che gira in un tubo metallico chiuso
(trasporto materiale in polvere) o in un canale aperto (lavatrici, mescolatrici). Il passo
dell'elica è pari generalmente a 0,6÷0,8 d, e la portata oraria è data da:
π ⋅d2
µ
Q=
⋅ p ⋅ γ ⋅ n ⋅ 60
4
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
25
dove µ è il coefficiente di riempimento (µ ≈ 0,5), d il diametro del tubo, p il passo, γ il peso specifico del
materiale, n il numero dei giri al minuto.
La potenza per una lunghezza l è data da:
N=0,004 (A*n+B*Q) * l.
Il coefficiente A dipende dal tipo di cuscinetti sui quali è montato l'albero e dal
diametro della coclea (con cuscinetti a sfere, A=0,012÷0,230 per coclee di diametro
100÷600 mm), il coefficiente B dal materiale trasportato (per cemento in polvere, γ=1,3
t / m3, B=2.8). I trasportatori vengono impiegati per pendenze fino a 45° .
Figura 3.6 -
Trasportatori a coclea
3.1.4 I trasportatori funicolari
Gli impianti funicolari sono così definiti perché il moto dei veicoli avviene per mezzo di
funi, essi si distinguono in: funicolari terrestri, in cui i vagoni si muovono su rotaie
poggiate al suolo, e funicolari aeree, in cui i carichi viaggiano sospesi a carrelli mobili su
funi. Le funi sono costituite da fili di acciaio ad alta resistenza (σr > 120 daN / mm2); il
carico di rottura è pari alla somma dei carichi di rottura dei singoli fili di cui è costituita
moltiplicato per un coefficiente di cordatura variabile a seconda dei tipi da 0,80 a 0,92. Il
carico ammissibile delle funi dipende dal coefficiente di sicurezza che è variabile nelle
diverse utilizzazioni (negli argani 4÷6; nelle teleferiche 3÷5 per le funi portanti e 4÷5 per
le traenti, negli impianti monofune 4,5÷5,5; negli apparecchi di sollevamento 5÷8, e
negli ascensori 12). Le funi si suddividono in funzione della loro formazione (vedi
Figura 3.7): spiroidali aperte, spiroidali semichiuse, spiroidali di trefoli ad Ercole, piane
parallele, piane crociate, ecc.. Generalmente le funi spiroidali vengono adoperate come
portanti, tiranti e controventi nelle teleferiche; le funi piane vengono usate per
avvolgimenti su pulegge o tamburi di argani.
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26
Figura 3.7 -
Tipi di funi: a) spiroidale; b) semichiusa; c) chiusa a fili grossi; d) chiusa a fili
fini; e) fune Ercole; f) fune a 6 x 7 fili ad anima tessile; g) fune Seale; h) fune
Warrington; i) fune Scale a 6x(1+9+9) fili; l) fune Filler.
I piani inclinati sono costituiti da ferrovie da cantiere, a scartamento ridotto, su
tracciati ad elevata pendenza ad andamento generalmente rettilineo, in cui i vagoncini
vengono trascinati da cavi. Si realizzano piani inclinati a doppio binario ed a semplice
binario, con tratto centrale a doppio binario per l'incrocio dei vagoncini. I binari
possono essere posati su massicciata fino a pendenze del 35%; per pendenze maggiori
occorrono blocchi di ancoraggio in muratura o calcestruzzo. II treno di vagoncini in
ascesa e quello in discesa sono collegati da un unico cavo; in tal modo il treno scarico fa
da contrappeso al treno carico. II cavo è messo in movimento da un argano situato nella
stazione di monte: qualora il trasporto avvenga dall'alto verso il basso, i vagonetti in
discesa, più pesanti, trascinano i vagoncini in salita, e l'impianto funziona con minimo
consumo di energia. Il carico utile può giungere a 20 t per convoglio, con una velocità di
4 km/h ed un trasporto orario di 20÷40 t/km.Sulle pendenze elevate, per evitare il
rovesciamento del carico, i vagoncini vengono caricati su appositi carrelli zoppi; la
potenzialità si riduce a 5 t/km.
Le teleferiche sono impiegate per i trasporti in zone accidentate e si distinguono in
teleferiche alternative e teleferiche continue. La teleferica alternativa è costituita da due funi
portanti, su ciascuna delle quali si muove un vagonetto; i vagonetti sono collegati da un
cavo traente, dotato di moto alternativo. La capacità oraria delle teleferiche alternative,
con benne da 2 t e velocità di esercizio da 10 a 30 km/h (rispettivamente per teleferiche
con o senza piloni intermedi), varia da 10 a 20 t/km. Le teleferiche continue si distinguono
in monofuni e trifuni. Le teleferiche monofuni sono dotate di un unico cavo, che svolge
le funzioni di portante e di traente, e si muove sempre nello stesso verso, portando ad
intervalli regolari i vagonetti. Nelle stazioni di estremità i vagonetti vengono sganciati
per effettuare le operazioni di carico e di scarico; a tale scopo il carrello è dotato di due
pulegge e di una pinza: all'arrivo le due pulegge montano su una rotaia accostata al cavo,
determinando lo sganciamento della pinza; alla partenza avviene l'aggancio. Le teleferiche
continue trifuni sono dotate di due funi portanti fisse, e di un cavo traente dotato di moto
continuo. Le modalità per l'aggancio e lo sgancio dei vagonetti e la potenzialità
dell'impianto sono le stesse delle teleferiche monofuni. Il motore, che pone in moto il
cavo traente per mezzo di una puleggia di rinvio, ed i freni, che agiscono su una corona
solidale alla puleggia, vengono collocati nella stazione di monte, perché essendo
maggiore la tensione dei cavi, è maggiore anche l'aderenza cavo-puleggia. I contrappesi,
che hanno la funzione di mantenere la tensione nei cavi invariata al variare della
posizione del carico, riducendone la deformazione, vengono invece collocati sulla
stazione di valle.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
27
I Blondins sono particolari teleferiche, adatte al trasporto di carichi elevati; vengono
impiegati soprattutto nella costruzione di dighe e ponti. Essi sono costituiti: dalle funi,
dal carrello, dalle torri, e dagli argani (vedi Figura 3.8). Il cavo portante sostiene il
carrello ed i carichi ad esso sospesi, esso può essere ancorato ad entrambe le estremità,
oppure dotato ad una di contrappeso (spesso nei blondins a torri fisse o oscillanti, dopo
avere toccato l'estremità della torre il cavo portante viene ancorato al suolo e funziona
come controvento). Il cavo traente ha le due estremità collegate al carrello, in una torre
scorre sull'argano, che ne comanda gli spostamenti, sull'altra è teso da una carrucola
dotata di contrappeso. Il cavo sollevante comanda gli spostamenti verticali del carico,
esso ha un’estremità fissa e l'altra si avvolge sull'argano di sollevamento (per la
particolare configurazione del cavo sollevante il carico non può subire spostamenti
verticali durante lo spostamento del carrello). II carrello è munito di più ruote,
opportunamente articolate per ridurre la pressione specifica ed il momento flettente sul
cavo portante. Particolari staffe, dette cavalieri, distribuite dal carrello ad intervalli
regolari, impediscono ai cavi di sovrapporsi.
Figura 3.8 -
Schema di Blondin: a) con argano semplice, b) con argano doppio
I blondins a torri fisse (vedi Figura 3.9) servono solo la linea tra le due torri, i
blondins a torri oscillanti servono una superficie rettangolare ristretta, i blondins radiali
(vedi Figura 3.9), con una torre fissa e l'altra mobile su rotaie, servono una superficie a
forma di settore circolare, mentre i blondins con entrambe le torri mobili su rotaie
possono servire un'ampia superficie rettangolare. Le torri dei blondins, fisse od
oscillanti, sono costituite sostanzialmente da un puntone a travatura reticolare dotato di
controventi, mentre le torri mobili sono strutture più complesse a forma di piramide
triangolare con uno spigolo verticale. I blondins hanno luci fino a 1000 m, altezza delle
torri fino a 60, velocità di sollevamento 1÷2 m/s, velocità di traslazione di 4 m/s e
velocità d'inclinazione delle torri di 3 m/sec.
Figura 3.9 -
Rappresentazione schematica di blondins: a) a torri fisse, b) radiale
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
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28
3.1.5 Apparecchiature per il sollevamento
Le apparecchiature per il sollevamento più diffusamente impiegate in cantiere sono:
argani, paranchi, martinetti, e gru.
Gli argani sono macchine atte ad esercitare sforzi di trazione mediante funi o catene,
e costituiscono un elemento indispensabile per il funzionamento di gru, blondins,
teleferiche, ecc.. Sono costituiti da un tamburo sul quale si avvolge la fune (per catene
calibrate si adottano tamburi alveolati) che viene fatto ruotare mediante ingranaggi di
riduzione da un motore elettrico, o a combustione interna (raramente e solo per lavori
occasionali vengono realizzati argani ad azionamento manuale). Gli argani sono dotati di
freno, generalmente a nastro di acciaio o a dischi di frizione, e di nottolino di arresto di
sicurezza. Gli argani elettrici hanno portate da 0,5 a 6 t, velocità della fune 0,5÷2 m/s,
potenza 5÷200 CV e peso pari circa 0,5÷10 t.
I paranchi sono semplici apparecchi, atti al sollevamento verticale di carichi o ad
esercitare tiri orizzontali di limitata entità. Si distinguono in:
− Paranchi a taglia, costituiti da due bozzelli sui quali si avvolge una fune tirata
da un argano o a mano (carico sollevabile 0,1÷1,5 t con funi di canapa, 2÷50 t
con funi di acciaio);
− Paranchi a vite senza fine, dotati di una catena che si avvolge su di una ruota
ad alveoli fatta ruotare, a mano o da un motore elettrico, mediante una
riduzione a viti senza fine, che impedisce lo svolgimento accidentale della
catena.
Vengono generalmente montati su carrelli mobili su travi a doppio T (paranchi
scorrevoli, portata 1÷ 20 t).
I martinetti sono macchine atte a sollevare per distanze brevi carichi anche
elevatissimi; essi si dividono in (vedi Tabella 3.5):
− Martinetti idraulici, comandati da una pompa a comando manuale-elettrico
(portata fino a 300 t);
− Martinetti meccanici, dotati di un'asta a cremagliera sollevata da una manovella
mediante ingranaggi riduttori (portata fino a 20 t).
Tabella 3.5:
Quadro sinottico delle caratteristiche di martinetti idraulici
Corsa breve
Portata corsa diametro pressione velocità
[kg] [mm] [mm] [daN/cm2] [mm/s]
6000
160
55
300
2,30
10000 160
60
420
1,60
20000 160
85
360
1,20
35000 160
100
450
0,75
50000 160
125
410
0,50
100000 160
180
395
0,30
200000 160
250
410
0,12
300000 X60
300
425
0,09
Peso
[kg]
25
30
45
55
80
150
335
575
Corsa lunga
corsa diametro pressione velocità
[mm] [mm] [daN/cm2] [mm/s]
250
60
215
1,70
300
60
355
1,70
300
80
400
1,25
300
103
425
0,75
300
125
410
0,50
250
180
400
0,35
-
Peso
[kg]
45
50
70
115
155
325
-
La categoria delle gru comprende una serie di macchine di caratteristiche talvolta
molto diverse.
La Gru a torre effettua operazioni di sollevamento e trasporto, servendo una vasta
area, attraverso la combinazione di 4 movimenti fondamentali (vedi Figura 3.10):
− traslazione della base, mobile su rotaie (20÷30 m/min),
− rotazione del braccio (0.3÷ 1 giro/min),
− traslazione del carrello (10÷ 40 m/min),
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:
Le Macchine
29
− sollevamento del gancio (3 ÷90 m/min).
La gru a torre è costituita dai seguenti elementi principali:
La base, convenientemente zavorrata, fissa o mobile su rotaie (applicate su traversine
metalliche o di legno, poste su massicciata in pietrisco o inglobate in un solettone in
cls che va dimensionato in funzione del carico per ruota o carrello fino a 50=60 t);
La torre, composta da elementi a struttura generalmente reticolare, può raggiungere
giungere fino a 200 m, se di altezza superiore a 40÷50 viene ancorata al suolo o
all'edificio (l'ancoraggio va ripetuto ogni 15÷20 m) ;
Il braccio, su cui scorre il carrello che porta il gancio di sollevamento, è girevole sulla
sommità della torre ed è dotato di controbraccio zavorrato.
Alcune gru sono dotate di braccio ad inclinazione variabile, che consente di
aumentare l'altezza di sollevamento.
Figura 3.10 - Gru a torre
La stabilità della gru a torre deve essere garantita:
- in esercizio, e con pressione del vento di 30 daN/m2 (coefficiente di sicurezza 1,5);
- a vuoto e con pressione del vento di 100 daN / m2 (coefficiente di sicurezza 1,2).
Se la velocità del vento diviene eccessiva, la gru deve essere ancorata alla via di corsa
per mezzo delle tenaglie di ammaraggio
di cui è provvista, ed eventualmente al
suolo o alla costruzione per mezzo di
funi di acciaio di controvento.
Dati caratteristici della gru sono: il
carico massimo sollevabile, lo sbraccio
massimo, il momento nominale
(prodotto dallo sbraccio massimo per il
carico sollevabile all'estremità del
braccio), e l'altezza di sollevamento
Figura 3.11 - Diagramma di utilizzazione
(vedi Tabella 3.6).
per una gru a torre con
Il diagramma di utilizzazione di una
massimo carico al gancio
gru fornisce in genere l'entità del carico
di 8000 kg e massimo
sbraccio di 36 m.
massimo sollevabile con un dato valore
dello sbraccio (fig. 3.13): esso è
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Le Macchine
30
costituito da un tratto orizzontale, pari al massimo carico sollevabile e da un ramo di
iperbole (essendo il prodotto P*d costante).
[m]
70
70
100
200
200
-
Tipo
[t]
16
20
23
60
126
2
9
18
Dimensioni
della base
Altezza max . a
gru ancorata
[kW]
20
20
30
60
65
140
5
8
25
Peso gru senza
zavorra
[t]
4
4
5
8
0
0
0
Potenza elettrica
[m] [m/min] [m/min] [giri/min] [m/min] [t]
30 25÷20
30
0,8
25
I 36
35 25÷50
35
0,8
25
30
40 30÷60
35
0,8
25
35
45 15÷60 25÷50
0,8
25
40
50 15÷60
35
0,7
25
50 2÷30 10÷40
0,6
25
10
25
25
1,0
25
3
20 15÷30
25
1,0
25
10
30 3÷50
35
1,0
$0
16
Zavorra di sommità
Zavorra di base
Velocità di
traslazione gru
Velocità rotazione
braccio
[m]
30
35
40
45
50
70
10
20
25
Velocità di
traslazione carrello
[t]
1
1
1
1,5
2,0
6,5
0,3
0,6
1,2
Velocità di
sollevamento
Altezza di
sollevamento
[t]
2
2
3
8
10
30
0,4
1
4
Braccio massimo
Carico alla
estremità del
braccio
Caratteristiche medie delle gru a torre
Carico massimo
Tabella 3.6:
[m]
3,20x3,20 telescopica
3,80 x 3,80
“
3,80 x 3,80
“
4,50x4,50
„
„
8,00x8,00
„
2,20x2,60 a mont. rapido
3,00x3,50
“
3,80x3,80
“
Con riferimento alle modalità di montaggio le gru a torre si distinguono in:
− Gru a montaggio telescopico nelle quali viene montato inizialmente sulla
piattaforma il primo segmento della torre, entro cui scorre l'elemento telescopico
che porta il braccio ed il controbraccio zavorrato, successivamente viene
effettuato il sollevamento dell'elemento telescopico per mezzo di un martinetto
idraulico, o di un argano, e viene montato il secondo segmento della torre, e così
via.
− Gru a montaggio rapido, facilmente trasferibili e adatte per altezze e carichi
modesti, sono costituite da una base, mobile su rimorchio gommato in fase di
trasferimento e zavorrata e fissa su stabilizzatori o mobile su rotaie in fase di
lavoro, e da una torre e da un braccio ripiegabili o telescopici (vedi Figura 3.12).
Le gru a montaggio rapido sono generalmente del tipo a torre girevole con bracci
fissi o sollevabili.
Figura 3.12 - Gru a torre a montaggio rapido
Le Gru a portale sono costituite da un telaio a portale, fisso oppure mobile su rotaie,
dove sul traverso scorre un carrello dotato di paranco; esse sono realizzate per altezze
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
31
da 4 a 6 m e portate fino a 15 t, e vengono impiegate per il carico e lo scarico di
autotreni.
Le Gru derrick sono caratterizzate da notevoli portate (12÷15 t costante con lo sbraccio), altezze di sollevamento (100 m) e sbracci (80 m); esse trovano impiego nella
costruzione di dighe, specialmente ad arco, e di ponti (vedi Tabella 3.7).
Tabella 3.7: Dati caratteristici di alcune gru Derrick
Carico
sollevabile
Altezza di
sollevamento
sbraccio
massimo
[t]
6
6
6
6
12
12
[m]
60
30
70
30
100
45
[m]
50
50
60
60
80
80
Velocità
sollevamento
gancio
[m/min]
25=60
»
»
»
»
»
Velocità
sollevamento
braccio
[m/min]
0,4+0,7
»
»
»
»
»
Velocità di
rotazione
braccio
[giri /min]
0,5
0,5
0,4
0,4
0,3
0,3
Potenza
elettrica
Peso
Tipo
[kW]
170
170
200
200
350
350
[t]
27
33
29
37
84
105
a funi
a triedro
a funi
a triedro
a funi
a triedro
Si distinguono in:
− Derrick a funi, costituite da una torre centrale girevole per 360°, controventata
con funi di acciaio, che sostiene un braccio sollevabile, incernierato per
un'estremità verso la base deva torre (vedi Figura 3.13 );
− Derrick a gambe fisse, o a triedro, il cui braccio è sostenuto da tre o quattro aste
disposte a piramide (braccio e aste sono costituiti da elementi modulari, a
struttura reticolare vedi Figura 3.13 ).
La manovra del derrick avviene per mezzo di argani, che comandano le funi di
sollevamento e di rotazione del braccio, e di sollevamento del carico.
Figura 3.13 - Gru tipo derrick: a) a gambe fisse, b) a triedro
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
32
Le autogru sono gru montate su autotelaio caratterizzate dai seguenti elementi
costitutivi (vedi Figura 3.14):
− Autotelaio, derivato da autotelaio di autocarri o dumper, e progettato
appositamente a 2, 3, 4, 5 assi.
− Torretta girevole a 360°, dotata di braccio telescopico in lamiera scatolata,
sollevabile ed estensibile mediante martinetti idraulici; all'estremità del braccio
può essere collocata una prolunga (penna o Jib generalmente a struttura
reticolare) che consente di aumentare l'altezza di sollevamento con carichi ridotti.
− Stabilizzatori, a comando meccanico o idraulico, posti in opera allorché l'autogru
è in posizione di lavoro, per aumentare la base di appoggio; impiegando la
macchina senza stabilizzatori, il carico sollevabile, il raggio e l'altezza di
sollevamento risultano ridotti.
Caratteristiche dell'autogru sono:
− il carico sollevabile;
− l'altezza di sollevamento;
− il raggio della zona che può essere servita.
Il carico sollevabile varia con l'altezza e l'inclinazione del braccio, dovendo essere
garantita la stabilità al ribaltamento della macchina.
Le autogru si distinguono in:
Autogru leggere con portata fino a 20 t, altezza di sollevamento 22÷5 m, raggio 18 m,
dimensioni autotelaio (con gru ripiegata, in posizione di trasferimento) 8 x 2,50 x 4,00
m, e peso 25 t.
Autogru medie con portata fino a 35 t, altezza di sollevamento 30÷5 m, raggio 24 m,
dimensioni autotelaio 12,0 x 2,50 x 4,00 m, e peso 33 t.
Autogrù pesanti con portata fino a 100 t; altezza di sollevamento 50÷10 m, raggio 30 m,
dimensioni autotelaio 13,50 m per 2,50x4,00, e peso 50 t.
Figura 3.14 - Autogru con portata di 35 t.
3.2 LE MACCHINE PER LA PREPARAZIONE DEGLI INERTI
Le macchine per la preparazione degli inerti producono inerti di pezzatura idonea ad
essere impiegati nel confezionamento di: misti granulari, misti cementati, conglomerati
bituminosi e conglomerati cementizi.
Le operazioni consistono essenzialmente: nella frantumazione (primaria, secondaria,
terziaria e macinazione); nella separazione del materiale per pezzatura (o vagliatura) e nel
lavaggio.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
33
3.2.1 Le macchine per la frantumazione degli inerti
La frantumazione viene generalmente effettuata in uno o più stadi, a seconda delle
dimensioni iniziali e finali dei materiali, adoperando per ciascuno stadio macchine di
adeguate caratteristiche. In ogni stadio si ha una riduzione delle dimensioni degli
elementi (il rapporto di riduzione = dfinale/diniziale che si ottiene in ogni stadio varia da 1:5
a 1:6). Gli elementi prodotti in ogni stadio vengono vagliati per separare gli elementi che
non necessitano di ulteriore frantumazione da quelli di dimensioni maggiori che invece
devono essere inviati agli stadi successivi.
Le macchine impiegate per la frantumazione sono soggette ad elevate sollecitazioni
pertanto le parti più soggette ad usura vengono realizzate in acciai speciali (al
manganese) e sono facilmente sostituibili. Le caratteristiche generali dei frantoi sono:
− le dimensioni della bocca d'ingresso, che limitano la grandezza dei blocchi che
possono essere trattati dal frantoio;
− la produzione oraria, variabile con la dimensione degli inerti prodotti;
− la potenza assorbita.
I frantoi primari, caratterizzati da bocche di ingresso di grosse dimensioni (fino a
1,5x2,0 m), ed elevate produzioni (fino a 1000 m3/ora), riducono il materiale a
dimensioni di 150÷250 mm. Per la frantumazione primaria si impiegano:
− Frantoi a mascella a semplice ginocchiera (o a eccentrico diretto) costituiti da due piastre
dentate (mascelle), l'una solidale all'incastellatura (mascella fissa), l'altra mossa ad
un'estremità da un eccentrico e collegata all'incastellatura all'altra estremità per
mezzo di un pendolo (ginocchiera) (le dimensioni degli inerti prodotti possono
essere variate, avvicinando o allontanando le estremità inferiori delle mascelle
vedi Tabella 3.8 );
− Frantoi a mascella a doppia ginocchiera differiscono dai precedenti perché la mascella
mobile è incernierata superiormente ad un albero fisso, e l'albero eccentrico le
imprime un moto oscillatorio attraverso un'articolazione costituita da una biella e
due pendoli (impiegati prevalentemente per materiali particolarmente duri e
abrasivi vedi Tabella 3.9).
− Frantoi giratori (a cono) costituiti da una mascella fissa, a forma di tronco di cono
capovolto, entro cui ruota eccentricamente la mascella mobile, anche essa di
forma tronco conica (la regolazione si ottiene spostando verticalmente la
mascella mobile vedi Tabella 3.10).
− Frantoi ad urto costituiti da una camera frantumazione, con delle barre o martelli
oscillanti, che contiene uno o due rotori (velocità 400÷1000 giri / min) con dei
martelli , la frantumazione è provocata dagli urti contro i martelli e tra il materiale
(la regolazione viene effettuata variando la velocità del rotore e la distanza tra le
barre vedi Tabella 3.11).
I frantoi secondari riducono in graniglia e pietrischetto gli inerti di dimensione
massima 150÷300 mm, provenienti da cave o dai frantoi primari. Per la frantumazione
secondaria si impiegano frantoi a mascelle e ad una ginocchiera, ad urto, a cono,
denominati granulatori.
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
34
Tabella 3.8:
Caratteristiche medie dei frantoi primari a mascella ed ad una
ginocchiera.
Bocca di
Regolazione Produzione
alimentazione
[m3 /h]
[mm]
[mm]
900x750
80÷200
100÷180
1150x900
100÷300
160÷240
1250x1050
120÷300
180÷280
1400x1250
150÷330
220÷300
1850x1500
380÷600
380÷600
700x250
25÷60
10÷28
1000x300
30÷70
20÷50
250x 100
6÷20
0,6÷2 2
450x170
10÷30
5÷10
650x170
10÷40
7,5÷20
Giri
[n/min]
250
250
230
220
180
300
300
450
400
350
Potenza
[CV]
Peso
Lunghezza Larghezza Altezza
[t]
18,5
30,0
44,5
74,0
136,0
4,0
7,5
0,5
2,0
3,5
80÷100
100÷120
130÷150
170÷200
200÷300
30÷35
10+50
4÷8
15÷20
22÷35
[m]
3,15
3,50
4,35
4,90
5,50
1,90
2,25
0,75
1,15
1,40
[m]
1,95
2,25
2,65
2,95
3,50
1,55
2,10
0,75
1,15
1,45
[m]
2,55
3,00
3,30
3,80
4,30
1,35
1,65
0,70
1,20
1,40
Tipo di
frantumazione
primaria
“
“
“
“
secondaria
“
granul.
“
“
Figura 3.15 - Schemi di frantoi: a) a mascelle, b) giratorio, c) ad urto tipo Hazemag, d)
ad urto tipo Kubit.
Tabella 3.9:
Bocca di
alimentazione
[mm]
800x700
1050x850
1250x1050
Caratteristiche medie dei frantoi primari a mascella ed a doppia
ginocchiera.
Regolazione Produzione
Giri
Potenza
Peso
Lunghezza Larghezza
Altezza
[mm]
[m3 /h]
[n/min]
[CV]
[t]
[m]
[m]
[m]
70÷150
90÷180
100÷210
50+100
100÷180
180÷240
250
250
230
75
100÷125
125÷150
22,0
37,0
71,5
4,00
4,55
5,55
2,05
2,20
2,70
2,40
2,35
3,20
Tipo di
frantumazione
primaria
“
“
Tabella 3.10: Caratteristiche medie dei frantoi primari a rotativi a cono.
Bocca di
alimentazione
[mm]
Regolazione
Produzione
Giri
Potenza
330x915
450x1400
20÷70
35-120*
45-170*
80÷165*
Peso
Lunghezza
Larghezza
Altezza
[mm]
[m3 /h]
[n/min]
[CV]
[t]
[m]
[m]
[m]
63÷75
50+75
3÷13
3÷19
3÷32
5÷48
125÷160
110÷215
4÷20
6+38
12÷111
21+220
1000
1000
1150
1000
1150
1000
125
125÷200
20÷30
30÷50
60÷125
75÷200
12,5
29,5
3,0
6,5
9,5
23,0
4,35
5,50
2,30
3,20
3,50
5,00
1,80
2,40
1,20
1,55
1,70
3,30
3,25
4,50
2,60
3,50
2,85
4,30
Tipo di
frantumazione
primaria
“
secondaria
“
“
“
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
35
Tabella 3.11: Caratteristiche medie dei frantoi ad urto
Bocca di
alimentazione
Regolazione
Produzione
Giri
Potenza
Peso
Lunghezza
Larghezza
Altezza
[mm]
[mm]
[m3 /h]
[n/min]
[CV]
[t]
[m]
[m]
[m]
700x600
1000x800
1300x1000
1600x1300
2000x1600
300x500
400x900
500x1350
150x500
220x900
25÷150
25÷200
25÷250
50÷300
50÷300
30÷150
70÷310
220÷450
400÷600
400÷930
45
80
200
35
60
500
400
350
700
600
80÷150
150+300
190+360
240+600
680÷900
60÷100
100+180
200+300
75÷125
125÷200
8,0
16,0
21,0
38,0
70,0
6,0
12,0
25,5
6,0
12,0
2,80
3,40
3,65
4,60
5,85
2,20
2,75
3,10
2,20
2,75
1,75
2,30
2,85
3,20
3,90
1,45
2,00
2,90
1,45
2,00
2,40
3,10
3,55
4,05
4,55
2,05
2,50
2,95
2,05
2,50
Tipo di
frantumazione
primaria
“
“
“
“
secondaria
“
“
terziaria
“
Nella frantumazione terziaria si producono sabbia e filler, intale operazione vengono
impiegati, oltre ai frantoi a mascella ed ad urto, anche i:
− Mulini a martelli (simili ai frantoi ad urto da cui differiscono perché i martelli del
rotore sono oscillanti, e la camera di frantumazione è delimitata da piastre fisse
dotate di denti e chiusa inferiormente da una griglia);
− Mulini a cilindri costituiti da due cilindri affiancati che ruotano in verso opposto
di diametro 20 volte superiore alla dimensione massima degli inerti (vengono
impiegati raramente per il basso rendimento e l'eccessiva usura);
− Mulini a barre costituiti da un cilindro orizzontale rotante su perni cavi che
solleva delle barre metalliche facendole ricadere sul materiale da frantumare i
corpi macinanti sono costituiti da barre metalliche che, sollevate per effetto della
rotazione del tamburo, ricadono sul materiale frantumandolo.
3.2.2 La vagliatura
Le dimensioni degli inerti prodotti dai frantoi, o provenienti da cave, non sono
uniformi, pertanto è necessario dividerli per pezzatura attraverso un’operazione detta
vagliatura che viene effettuata per mezzo di vagli piani vibranti o di vagli cilindrici.
I vagli piani sono costituiti da una o più (massimo 4÷5) lamiere forate sovrapposte
(dette classifiche), disposte coi fori di dimensioni decrescenti dall'alto verso il basso,
collocate su un telaio mobile, sospeso o poggiato elasticamente ad una incastellatura
(vedi Figura 3.16). Il telaio viene fatto vibrare (vibrazioni di ampiezza 5÷15 mm e
frequenza 500÷1500 cicli/ora) attraverso attraverso masse rotanti eccentriche. I vagli
vibranti presentano una elevata potenzialità ed un consumo ridotto (vedi Tabella 3.12)
Tabella 3.12: Dati caratteristici dei vagli vibranti piani
Dimensioni
del piano
vagliante
[mm]
Numero dei
piani
600x1800
800x2000
1000x2500
1500 x 4000
1500 x 6000
1500 x 7000
1÷3
1÷3
1÷3
1÷4
2
2
Pezzatura
massima di
alimentazione
[mm]
Foratura
massima
Produzione
Giri
Potenza
Peso
[mm]
[m3 /h]
[n/min]
[CV]
[t]
150
150
150
300
130
130
80
80
80
130
70
60
6÷30
10÷50
15÷70
40 ÷ 200
170
200
1000÷1500
1000÷1500
1000÷1500
800 ÷1000
1000 ÷1500
1000 ÷1500
1÷2
1,5÷2,5
2÷3
8 ÷12
15
15
0,6
0,7
1,1
5,0
3,0
3,5
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
36
I vagli cilindrici o rotativi, hanno un rendimento modesto (vedi Tabella 3.13), e sono
costituiti da un tamburo la cui superficie esterna è costituita da lamiere con fori di
diametro crescente (il cilindro è diviso in sezioni). Il materiale immesso da un'estremità,
avanza per effetto della rotazione del tamburo e, passando attraverso i fori delle diverse
sezioni, si suddivide per pezzatura (vedi Figura 3.16).
Tabella 3.13: Caratteristiche dei vagli cilindrici
Diametro tamburo
[m]
0,65
0,95
1,25
1,50
Lunghezza tamburo
[m]
2+4
3÷5
4÷6
5÷.7
Produzione
[m3 /h]
4÷8
8÷15
15÷30
30÷50
Giri
[n/min]
20
16
14
12
Potenza
[CV]
3÷5
4÷8
8÷12
12÷18
Peso
[t]
0,7÷1,0
1,5÷1,9
3,3÷3,7
5,0÷7,0
Figura 3.16 - Vagli: a) vibrante , b) cilindrico
3.2.3 Il lavaggio
Il lavaggio ha lo scopo del lavaggio è eliminare dagli inerti le impurità (humus, argilla,
polveri) e viene effettuato con diverse modalità: a spruzzo sui vagli piani, con vagliolavatrice cilindriche, con lavatrici-scolatrici a coclea (per sabbia)
a spruzzo Sui vagli piani, sottoponendo il materiale a violenti getti di acqua; il sistema
è adatto per materiali di pezzatura grossolana, con impurità modesta.
Con vaglio-lavatrice cilindriche Eseguono contemporaneamente la vagliatura degli
inerti; differiscono dai vagli rotativi per un tratto iniziale non forato del tamburo, dotato
di pale che disgregano il materiale, esposto a getti di acqua.
3.3 LE MACCHINE PERFORATRICI
Macchine per la perforazione sono impiegate prevalentemente per l'apertura dei fori
da mina, in cui disporre le cariche di esplosivo necessarie all'abbattimento della roccia
(martelli perforatori e perforatrici); esse però trovano impiego anche per la demolizione
di superfici resistenti in piccoli scavi (martelli demolitori), oltre che per l'apertura di fori
profondi per l'esecuzione di sondaggi, in tutte le operazioni d'indagine geognostica del
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
37
sottosuolo (sonde e trivelle). Esse possono essere suddivise: in martelli perforatori,
perforatrici, martelli demolitori e macchine per sondaggi profondi.
I martelli perforatori sono costituiti schematicamente da un cilindro entro cui scorre un
pistone azionato da aria compressa, che batte ritmicamente sull'estremità di un'asta
metallica (fioretto), munita all'estremità di una testa di perforazione (tagliente). Gli
elementi costitutivi di un martello perforatore sono:
− il fusto, costituito da un cilindro in cui scorre il pistone;
− t'apparecchio di distribuzione, costituito generalmente da valvole, a disco ed a
cassetta, che provoca il movimento alternativo del pistone, di percussione e di
ritorno, provocando tra (altro l'esistenza di cuscini d'aria a fine corsa che ne
ammortizzano l'urto;
− il dispositivo di rotazioni, che ha la funzione di provocare ad ogni urto una
rotazione del fioretto intorno al suo asse, onde evitare l'ammorsamento del
tagliente e trasmettere energia d'urto a parti diverse della roccia (può essere a
barra di rotazione o a corona di rotazione);
− il fioretto, che è costituito da una barra in acciaio, a sezione circolare o poligonale
, di diametro variabile da 22 a 35 mm, quasi sempre con un foro centrale
destinato al passaggio di un getto d'acqua necessario per lo spurgo del foro e il
raffreddamento ;della testa del fioretto (vedi Figura 3.17).
All'estremità del fioretto è presente una testa tagliente costituita da acciaio speciale
sinterizzato, ovvero da materiali speciali quali carburi di tungsteno, di cobalto o di widia,
che può essere sostituita quando il tagliente perde l'affilatura, o ripristinata (affilature
miranti a ricostituire il filo del tagliente, il raggio e l'angolo di spoglia).
La forma del tagliente può essere diversa, in funzione della natura della roccia da
perforare: a fendente semplice, per roccia di media durezza non fessurata, a fendente
doppio, per roccia più dura, a fenderete a croce, per rocce dure e fori di maggior
dimensione, a fendente a Z, per roccia fessurata o tenera (vedi Figura 3.17).
I martelli perforatori di suddividono in: leggeri fino al peso di 16 kg; medi fino a 25
kg; pesanti oltre i 25 kg. Per la massa limitata dell'elemento battente (il pistone) la
frequenza raggiunge i 2000÷3000 colpi al minuto.
Figura 3.17 : Fioretto per martello perforatore (1÷collare, 2÷asta, 3÷punta, 4÷foro per
acqua, 5÷tagliente) e tipi di tagliente.
Nelle perforatrici, a differenza dei martelli perforatori, la massa battente è costituita
oltre che dal pistone anche dal fioretto, che segue il pistone nel movimento alternativo.
La maggiore entità della massa in movimento, rispetto a quella di un martello
perforatore, comporta la necessità di un peso totale maggiore per l'utensile, che pertanto
non può essere adoperato manualmente ma richiede sempre l'uso di un servosostegno.
Per contro la maggiore energia d'urto rende possibile una minore frequenza (200÷300
colpi/min) e rende l'utensile idoneo per l'apertura di fori di diametro maggiore.
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
38
I martelli demolitori, costruttivamente simili ai martelli perforatori, sono dotati di
utensili particolari (scalpelli, picconi, vanghe, batti-palancole) che li rendono adatti ai
lavori più svariati, quali la demolizione di murature, di pavimentazioni, di rocce tenere,
ovvero l'apertura di scavi, sia pure di piccola entità, per l'infissione di palancole, ecc.
A differenza dei martelli perforatori, nei demolitori non è presente il dispositivo di
rotazione e d'iniezione di aria o di acqua per l'espurgo.
I fori per l’esecuzione di sondaggi, fino a profondità di qualche decina di metri,
possono essere realizzati mediante l'uso di un martello pneumatico dotato di un
fioretto, la cui asta può essere allungabile mediante opportuni manicotti ed aste di
prolunga, in tal caso è necessario creare un sistema di appoggio (una slitta a tre piedi, ad
esempio) che consenta di allungare le aste man mano che il foro viene approfondito. In
alternativa a questa possibilità sono state create attrezzature speciali semoventi, adatte a
praticare lunghi fori in ogni direzione, mediante l'uso di servosostegni brandeggiabili
idraulicamente in ogni direzione, di cui le più note sono:
− Il wagon, drill, costituito essenzialmente da una slitta dotata di martello
perforatore, montato su carrello gommato trainato o semovente, adoperato di
solito per fori profondi fino a 30 m;
− Il crowler drill, più potente del wagon drill, adatto a muoversi su terreni più
accidentati montato su carro cingolato semovente; è dotato di perforatrice più
potente ed è generalmente in grado di effettuare fori aventi diametro fino a 115
mm (vedi Figura 3.18;
− Il drill master, impiegato prevalentemente per sondaggi in campagne di grande
ricerca o quando è necessario il prelievo di campioni intatti per profondità fino
all'ordine delle centinaia di metri;
− I carri perforatori (Jumbo), impiegati principalmente in galleria, e costituiti
generalmente da robusti carri su binari, sui quali sono montati più martelli
perforatori, spesso attraverso un braccio mobile ed allungabile (vedi Figura 3.19),
in modo da realizzare la richiesta geometria di perforazione (attualmente si tende
a realizzare carri gommati e ad eliminare i binari).
Figura 3.18 - Cowler drill cingolato
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
39
Figura 3.19 - Carro perforatore Jumbo a portale
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
40
3.4 LE MACCHINE PER I MOVIMENTI TERRA
Le macchine per i movimenti terra possono essere distinte in:
− macchine per la rottura del terreno;
− macchine per lo scavo e il carico;
− macchine per il trasporto;
− macchine per lo scavo e il trasporto;
− macchine per il livellamento;
− macchine per il costipamento.
La scelta del tipo di macchina, e delle caratteristiche prestazionali, dipende da
numerosi fattori, quali le caratteristiche del lavoro da eseguire, la scelta del ciclo di
lavoro, e la produttività richiesta (produzione nell’unità di tempo), che dipende dal piano
lavori. Si evidenzia l’importanza di pianificare l’utilizzo delle macchine in un’ottica
globale, tenendo conto cioè dell’interazione tra le differenti macchine. Ad esempio, se
un escavatore scarica il materiale su degli autocarri, le produttività dell’escavatore e degli
autocarri devono essere congruenti tra di loro in modo tale da evitare il perditempo
legato ad un escavatore che deve interrompere il ciclo di lavoro a causa della mancanza
di autocarri su cui depositare il materiale, ovvero quello legato alla presenza di autocarri
in attesa.
Tabella 3.14 Sintesi delle funzioni delle principali macchine per i movimenti di terra
Funzione
Rottura del terreno
Scavo e carico
Macchine
Rippers
Escavatore
Pala meccanica
Autocarro
Dumper
Apripista (dozer)
Ruspa (scraper)
Livellatrice (grader)
Rullo gommato
Rullo liscio
Rullo dinamico
Rullo a piedi costipanti
Trasporto
Scavo e trasporto
Scavo, trasporto, carico e scarico
Livellamento
Costipamento
3.4.1 Escavatore
Gli escavatori universali sono costituiti da un carro con piattaforma girevole per 360°
su cui è montata una torretta dotata di braccio di scavo. Il carro comprende tutti i
meccanismi occorrenti allo spostamento della macchina sul terreno. La struttura
ruotante comprende la cabina con i comandi e tutti i congegni per lo scavo.
L’escavatore può essere gommato o cingolato (vedi Tabella 3.15). Nel primo caso é
più piccolo, é dotato di maggior velocità di traslazione e può muoversi solo su terreni
resistenti (vedi Figura 3.20). L’escavatore cingolato può avere dimensioni maggiori ed è
in grado di muoversi su terreni molto accidentati o con bassa portanza, grazie alla bassa
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
41
pressione esercitata dai cingoli (0,3-1,5 kg/cm2); tuttavia la velocità di traslazione è
molto bassa (vedi Tabella 3.15 , Figura 3.21 e Figura 3.22).
Il sistema di comando può essere a funi o idraulico. Gli escavatori equipaggiati con il
sistema idraulico sono in grado di esercitare sforzi di spinta oltre che di tiro.
L’attrezzatura di scavo è costituita da un braccio base, incernierato sulla torretta, da
un secondo braccio, detto braccio di scavo, incernierato al braccio base, e da un attrezzo
finale incernierato al braccio di scavo. L’attrezzo finale è essere costituito dalla benna,
che rappresenta il punto di contatto tra la macchina e il materiale da scavare.
Le tipologie più comuni di benna sono:
− benna diritta, utilizzata in condizioni normali e adatta per i lavori al di sopra del
piano di appoggio per terre non molto compatte, ovvero per il caricamento di
materiale sciolto;
− benna rovescia, adatta per i lavori al di sotto del piano di appoggio, quali il taglio
delle trincee e la regolarizzazione delle scarpate;
− benna mordente, adatta per lo scavo di pozzi o per scavi ad elevata profondità;
− benna trascinata, adatta per operazioni di dragaggio.
Tabella 3.15 Caratteristiche degli escavatori
Gommato
Cingolato
Peso (T) Volume benna (mc) V (km/h)
<20
<2
20-30
<150
<5
2-5
Il ciclo di lavoro è composto da quattro fasi:
1. carico della benna,
2. rotazione a pieno carico,
3. scarico della benna,
4. rotazione a vuoto.
La produttività dell’escavatore può essere calcolata con le formule:
P ( m3 / h ) = V ⋅
r ⋅ f 3600
⋅
s
Tc
P ( m 3 / h ) = Pott ⋅
dove:
V
r
f
s
Pott
α
β
f
⋅α ⋅Β⋅ γ
s
è il volume a colmo della benna;
è il coefficiente di riempimento benna;
è il coefficiente di rendimento del cantiere;
è il coefficiente di rigonfiamento del terreno;
è la produttività in condizioni ottimali;
è il coefficiente per rotazione torretta differente da 90°;
è il coefficiente di comparazione benna, diversa dalla benna diritta;
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42
γ
Tc
è il coefficiente di profondità di scavo, diversa dalla profondità ottimale;
è tempo di ciclo (20-30 sec.).
Figura 3.20 – Escavatore gommato
Figura 3.21 – Escavatore idraulico cingolato
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Le Macchine
43
Figura 3.22 – Escavatore cingolato a benna mordente
3.4.2 Pala meccanica
La pala meccanica, anche detta pala caricatrice, è un particolare tipo di trattore,
montato su ruote o su cingoli e dotato anteriormente di benna con lama tagliente, che
svolge funzioni di scavo e trasporto.
Le pale cingolate sono lente ed adatte a brevi distanze di trasporto, le gommate, più
veloci ed utilizzabili per maggiori distanze di trasporto, si distinguono in pale a telaio fisso
ed assi sterzanti (con piccole benne) ed a telaio articolato intorno ad uno snodo centrale
(con grandi benne) (cfr. Tabella 3.16).
Le pale sono adatte a differenti tipi di impiego e possono essere equipaggiate con
numerosi tipi di benna:
− benna per impieghi generali;
− benna per materiali sciolti;
− benna per lo scavo in banco;
− benna da roccia;
− benna a scarico laterale, particolarmente indicata per lavorare in spazi ristretti.
Le tipologie di manovra delle pale sono:
1. Carico e scarico frontale;
2. Carico anteriore e scarico posteriore (adoperato in galleria);
3. Carico anteriore e scarico laterale
Tabella 3.16 Caratteristiche delle pale meccaniche
Volume benna (m3) V (km/h) Potenza (kw)
Gommata telaio fisso
<1
25-40
<70
Gommata telaio articolato
<5
25-40
<250
Cingolata
<3.5
8-13
<220
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44
La produttività della pala può essere calcolata con le formule:
P ( m3 / h ) = V ⋅
r ⋅ f 3600
⋅
s
Tc
P ( m 3 / h ) = Pott ⋅
dove:
V
r
f
s
Pott
δ
Tc
f
⋅δ
s
è il volume a colmo della benna;
è il coefficiente di riempimento benna;
è il coefficiente di rendimento del cantiere;
è il coefficiente di rigonfiamento del terreno;
è la produttività in condizioni ottimali;
è il tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo reale;
è il tempo di ciclo (espresso in secondi) pari a tempo di carico + tempo di
scarico + tempo di manovra +tempo di trasporto + tempo di ritorno.
Figura 3.23 – Rappresentazione schematica di una pala caricatrice a carico e scarico
frontale
Figura 3.24 - Pala caricatrice a carico e scarico frontale
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45
Figura 3.25 – Rappresentazione schematica di una pala caricatrice a carico anteriore
e scarico posteriore
3.4.3 Apripista
L’apripista è un trattore, cingolato o gommato, dotato anteriormente di una lama
metallica, di sezione concava, col bordo inferiore tagliente e con funzione di apertura
piste, stesa e livellamento.
Mediante la lama anteriore l’apripista scava il materiale ed è in grado di spostarlo, per
una distanza massima di circa 100 metri, mediante azione di spinta. La lama ha il taglio a
coltello e la sua particolare sagomatura aumenta il rendimento dello scavo. Il trattore
trasmette alla lama l’azione di spinta mediante due robusti bracci che, in posizione di
riposo, la tengono sollevata.
Gli apripista gommati sono adatti per terreni sciolti, mentre i cingolati, di maggior
potenza e più utilizzati, sono adatti a terreni più consistenti.
A seconda dell’inclinazione che può assumere la lama si distinguono:
− bull-dozer, con lama perpendicolare alla direzione del moto. Sono i più impiegati,
servono per apertura di tracce stradali e per operazioni di livellamento;
− angle-dozer, con lama che può ruotare (30°) attorno ad un asse verticale. Per la
possibilità di spostare lateralmente il terreno sono adatti alla realizzazione di
sezioni a mezza costa;
− tilt-dozer, con lama che può ruotare intorno (15°) ad un asse orizzontale. Sono
adoperati per la realizzazione di piani inclinati.
La produttività dell’apripista può essere calcolata con le formule:
P ( m3 / h ) = V f ⋅
r ⋅ f 3600
⋅
⋅ k gr
s
Tc
P ( m3 / h ) = L ⋅ h ⋅ v ⋅
P ( m 3 / h ) = Pott ⋅
f ⋅r
s
f
⋅δ
s
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46
dove:
Vf è il volume massimo trasportabile dall'apripista, fornito dalla casa costruttrice;
r
è il coefficiente di riempimento;
f
è il coefficiente di rendimento del cantiere;
s
è il coefficiente di rigonfiamento del terreno;
Tc è il tempo di ciclo pari a tempo di scavo +tempo di trasporto+tempo di ritorno
a vuoto +perditempo per il taglio del terreno+tempo di cambio
direzione+tempo di cambio marcia (L1/V1+L2/V2+L3/V3+To+Tm+2Tp).
kgr è l’effetto della pendenza;
L è la larghezza lama;
h è l’altezza del volume trasportato;
v è la velocità media di lavoro dell'apripista (m\h);
Pott è la produttività in condizioni ottimali;
δ è il tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo reale.
Tabella 3.17 Caratteristiche delle pale meccaniche
Peso (T) Profondità di scavo (m) Larghezza lama (m) V(km/h)
35-60
0.35-0.60
1.70-5.00
10
Figura 3.26 – Rappresentazione schematica di un apripista gommato
Figura 3.27 - Dozer o apripista cingolato
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47
3.4.4 Ruspa
La ruspa è una macchina costituita da due elementi principali: il trattore, parte
anteriore del veicolo comprendente cabina motore e trasmissione, e lo scraper, parte
posteriore comprendente cassone e collegamento (detto collo di cigno).
La ruspa svolge la funzione di scavo, trasporto e stesa del materiale ed è adatta per
terreni di scarsa consistenza e grossi volumi da trattare. Il suo utilizzo è particolarmente
indicato per distanze di trasporto variabili tra i 100 e i 3'000 metri.
Lo scavo del terreno e il riempimento del cassone avvengono durante il movimento
della macchina per l’azione della lama che affonda nel terreno e, per la sua inclinazione,
consente al materiale scavato di salire nel cassone.
A riempimento avvenuto la lama viene sollevata in modo che, funzionando da fondo
del cassone, ne provochi la chiusura.
La fase di lavoro successiva è il trasporto del materiale sino alla zona di scarico. Lo
scarico avviene in movimento abbassando la lama in modo da provocare un’apertura nel
fondo del cassone, ed azionando un eiettore che spinge il terreno verso l’apertura.
Si possono distinguere tre tipologie principali:
1. standard;
2. bimotore, in grado di lavorare su pista in cattive condizioni;
3. autocaricante, dotato di un sistema di caricamento a pale che consente di
lavorare senza pusher e che lo rende particolarmente adatto in terreni compatti.
Le procedure di lavoro della ruspa si distinguono in:
− Push-loading. Questo metodo è utilizzato principalmente con la versione
standard, dotato posteriormente di un blocco di spinta, sul quale contrasta un
bulldozer attrezzato con una lama molto robusta. L’apripista, che lavora come
pusher, esercita la sua azione di spinta solo durante la fase di carico; pertanto può
servire più ruspe che lavorano in parallelo.
− Push-pull. Questo metodo prevede due ruspe bimotori che si aiutano nelle
operazioni di carico senza dover utilizzare un pusher. La ruspa posteriore spinge
quella anteriore durante la fase di carico. Completata questa fase, la ruspa
anteriore tira la posteriore fino al carico completo.
− Push-pull con l’ausilio di un pusher nel caso di terreni molto duri.
La produttività della ruspa può essere calcolata con le formule
P ( m3 / h ) = V ⋅
r ⋅ f 3600
⋅
s
Tc
P ( m3 / h ) = Pott ⋅
f
⋅δ
s
dove:
V è la capacità del cassone;
r
è il coefficiente di riempimento;
f
è il coefficiente di rendimento del cantiere;
s
è il coefficiente di rigonfiamento del terreno;
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48
Tc =
l1 l 2 l 3 l 4
+ + + + Tm + 2 ⋅ Tp è il tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo
v1 v 2 v 3 v 4
reale;
Tm è il tempo di cambio marcia (≈6 sec) ;
Tp è il tempo di cambio direzione (≈20 sec) ;
l1
è la distanza di scavo (m);
è la distanza di trasporto a pieno carico (m);
l2
l3
è la distanza di scarico (m);
l4
è la distanza di ritorno a vuoto (m);
v1, v2, v3, e v4 sono le velocità nelle fasi suddette (m/s).
Figura 3.28 - Ruspa autocaricatrice
Figura 3.29 – Ruspe push-pull
3.4.5 Livellatrice
La livellatrice è costituita da una lama portata da un telaio a ponte, poggiante
anteriormente su di un asse a ruote direttrici e posteriormente su uno o due assi motori.
La lama, sistemata al centro del telaio, può ruotare attorno ad un asse verticale di 360°.
Il telaio può essere rigido oppure articolato. Attualmente vi è la tendenza
generalizzata ad adottare il telaio articolato, che migliora notevolmente le prestazioni
della macchina.
La livellatrice può essere impiegata in una vasta gamma di operazioni:
− asportazione dello strato superficiale di terra vegetale;
− spostamento laterale del terreno mosso dalle scarificatici (rippers);
− stesa e livellamento del terreno;
− profilatura scarpate;
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:
Le Macchine
49
− scavo di fossi.
In relazione alla tipologia di impiego possono essere adottati differenti sistemi di
sterzatura:
− a telaio diritto, utilizzato soprattutto nei lavori di rifinitura;
− a telaio articolato, usato per ottenere un più alto gradi di manovrabilità intorno
ad ostacoli e per livellare in curva e in banchina;
− a passo di granchio, ovvero con le ruote anteriori che viaggiano nella stessa
direzione di quelle posteriori mentre la macchina procede a telaio articolato,
usato soprattutto nei lavori a mezza costa.
La produttività può essere misurata in funzione della natura delle operazioni da
compiere:
− volume di terreno tagliato (m3/h);
− area livellata (m2/h);
− pista profilata (m/h).
Nel caso di taglio di terreno, la produttività si calcola con la formula:
P ( m 3 / h) =
dove:
A
v
f
N
A⋅v⋅ f
N
è l’area della sezione di terreno (mq);
è la velocità (m/h);
è il coefficiente di rendimento;
è il numero di passate necessarie.
Figura 3.30 - Livellatrice
3.4.6 Rippers
I rippers, ovvero gli scarificatori, sono costituiti da uno o più denti montati nella
parte posteriore di un trattore (di solito un dozer). Hanno la funzione di ridurre i terreni
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
50
compatti e le rocce in pezzatura tale da consentire lo scavo da parte di pale, scrapers,
graders.
Per valutare la rippabilità di un terreno é possibile effettuare delle prove sismiche a
rifrazione. In funzione della velocità di rifrazione delle onde si stimano le caratteristiche
meccaniche del terreno (modulo elastico), e quindi la sua rippabilità. Terreni molto
rigidi, ossia caratterizzati da alto modulo elastico, possono essere scavati solo con l’uso
di esplosivi.
La produttività del ripper può essere calcolata con la formula:
P ( m 3 / h) = V ⋅ f ⋅
3600
Tc
dove:
V è il volume di terreno rippato con un ciclo di lavoro;
f è il coefficiente di riempimento del cantiere;
Tc è il tempo di ciclo (secondi).
Figura 3.31 - Apripista cingolato con scarificatore
3.4.7 Macchine costipanti
Le caratteristiche meccaniche dei terreni sciolti sono strettamente legate al grado di
addensamento. All’aumentare dell’addensamento del terreno migliorano le proprietà
meccaniche e soprattutto si riducono le deformazioni plastiche del terreno.
L’azione di costipamento consiste nell’aumentare la densità del terreno con riduzione
dei vuoti ed espulsione di gas ed aria. Le macchine costipanti forniscono l’energia
necessaria all’addensamento esplicando azione di pressione, urto, vibrazione e
manipolazione.
L’energia costipante può essere fornita mediante azione statica, dovuta al peso
proprio del mezzo, o dinamica, ossia azione di urto e vibrazione impressa dal peso
proprio del mezzo associato ad un eccentrico. A seconda del prevalere di una delle due
tipologie di azione i rulli si distinguono in statici e dinamici.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Macchine
51
Rulli statici
Ruote metalliche: esplicano azione superficiale, si usano per la chiusura di strati già
costipati, solitamente per strati in conglomerato bituminoso (P/L <30 kg/cm rulli
leggeri, P/L > 60 kg/cm rulli pesanti).
Ruote gommate: esplicano un'azione manipolatrice ed in funzione della pressione di
gonfiaggio dei pneumatici esplicano un'azione più o meno superficiale, adatti per i
terreni incoerenti (Q<2,5 T rulli leggeri, Q>6 T rulli pesantissimi).
Piedi costipanti: adatti ai terreni coesivi dove esplicano un'azione puntuale in grado di
rompere i legami coesivi tra i granuli.
Rulli dinamici
Sono rulli lisci dotati di due masse eccentriche ruotanti in verso opposto la cui azione
orizzontale si annulla (Q/L < 15 kg/cm rulli leggeri, Q/L > 45 lg/cm rulli
pesantissimi). In via indicativa si può dire che un rullo vibrante da 4 T equivale ad un
rullo statico da 20 T.
La produttività dei rulli può essere calcolata con la formula:
P (m3/h) ÷ (L-B)×V×f×s/(p×10)
dove:
L-B è la larghezza del rullo diminuita del tratto di sovrapposizione tra le passate (cm);
s
è lo spessore del tratto costipato (cm);
f
è il coefficiente di rendimento;
V è la velocità di lavoro del rullo (km/h);
p è il numero delle passate necessarie;
10 è il coefficiente di conversione delle unità di misura.
Figura 3.32 - Rullo a zoccoli costipanti
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Macchine
52
Figura 3.33 – Rullo vibro-gommato
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
4 LE OPERE PROVVISIONALI
4.1 GENERALITÀ
Per opera provvisionale si intende l'allestimento di strutture di supporto
specifiche, che vengono rimosse o smontate ad ultimazione del lavoro. Esse hanno la
funzione di: permettere l’accesso ad un posto di lavoro, di consentire la realizzare
un'opera, proteggere un posto di lavoro. Tali opere devono essere realizzate non solo
pensando al modi di eseguire un lavoro, o di raggiungere un posto di lavoro a
qualsiasi altezza o profondità, ma anche considerando che dette strutture debbano
essere adatte per garantire situazioni di sicurezza assoluta al lavoratore contro il
pericolo della sua caduta dall'alto, ovvero della caduta di materiali e/o di attrezzature.
Per questo ogni struttura provvisionale deve essere pensata proporzionata ed idonea
allo scopo e realizzata con buoni materiali ed a regola d’arte.
Le opere provvisionali per l’accesso o la protezione di un posto di lavoro,
maggiormente impiegate in cantiere, sono:
− scala portatile a mano ,
− scale fisse a pioli "alla marinara" ,
− scale fisse a gradini ,
− andatoie e passarella ,
− le protezioni delle aperture prospicienti il vuoto.
Le opere provvisionali costruite per l’esecuzione dei lavori più diffusamente
impiegate in cantiere sono:
− scale ad elementi innestati,
− scale doppie,
− scale aeree e ponti mobili sviluppati su carro ,
− ponteggi,
− ponti sospesi ,
− ponti sospesi motorizzati o autosollevanti ,
− ponti su cavalletti ,
− ponti mobili su ruote (trabattelli) ,
− ponti a sbalzo ,
− castelli ed i balconcini per elevatori.
Nei paragrafi che seguono si daranno alcune sintetiche indicazioni circa le opere
sopra elencate rimandando per ulteriori approfondimenti ai testi specifici [3],
soprattutto per quanto concerne i ponteggi.
Le Opere Provvisionali
54
4.2 LE SCALE
4.2.1 Scale portatili a mano
La scala portatile a mano è un opera provvisionale molto comune nei cantieri, essa
deve essere utilizzata solo per superare un dislivello e non per eseguire un lavoro.
Riferimenti a tali opere sono contenuti nell’art. 8 del D.P.R. n.164 del 7/1/1956 e
artt. 16, 17, 18, 19 del D.P.R. 547 del 27/4/1955, nonché D.Lgs. 242/96.
Dal punto di vista tecnico le scale a mano devono essere costruite con materiali
adatti alle condizioni di impiego, resistenti nell'insieme e nei singoli elementi; ed
inoltre va osservato che:
− Le scale in legno, devono avere i pioli incastrati nei montanti e devono essere
provviste di tiranti sotto i due pioli estremi;
− È vietato utilizzare scale a mano improvvisate in cantiere, con tavole chiodate sui
montanti;
− Le scale a mano in ferro devono essere integre e provviste di dispositivi
antisdrucciolevoli;
− Le scale devono essere dotate di dispositivi di appoggio antisdrucciolevole alla
base dei montanti ed in sommità, o in alternativa di ganci di trattenuta, per
assicurarne la stabilità.
Naturalmente vale, per queste come per tutte le opere provvisionali, la regola del
controllo periodico del loro stato di conservazione (p.e. le scale che presentano pioli
rotti od altre anomalie devono essere subito scartate).
Le principali accortenze che devono essere osservate durante il loro impiego sono:
− La scala deve superare di almeno un metro il piano di accesso, curando la
corrispondenza del piolo con il piano medesimo;
− Le scale usate per l'accesso a piani successivi non devono essere poste una in
prosecuzione dell'altra;
− La scala deve distare dalla verticale di appoggio per circa 1/4 della sua
lunghezza.
− Le scale posizionate su terreno cedevole vanno appoggiate su un'unica tavola
di ripartizione.
− Il luogo dove viene installata la scala deve essere sgombro di materiali.
− Le scale non vincolate devono essere trattenute al piede da altra persona;
− Durante gli spostamenti laterali nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala;
− Evitare l'uso di scale eccessivamente sporgenti oltre il piano di arrivo.
− La scala deve essere utilizzata da una sola persona per volta limitando il peso
dei carichi da trasportare.
− Quando si eseguono lavori in posizione elevata, utilizzando scale ad elementi
innestati, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza sulla
scala.
− La salita e la discesa devono essere effettuate con il viso rivolto verso la scala.
Le scale a mano non necessitano di parapetti a meno che non vengano usate per il
superamento di due impalcati di ponteggio, e siano poste sul lato esterno del
ponteggio stesso.
I principali rischi connessi all’uso delle scale a mano sono:
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
−
−
−
−
−
55
lo scivolamento,
lo sbandamento,
la flessione,
la rottura di un piolo,
la caduta dell'uomo.
Figura 4.1 – Esempi di scale portatili a mano
4.2.2 Scale fisse a pioli
Le scale fisse a pioli, o “alla marinara”, sono strutture di accesso alte piu' di 5 m, e
poste con inclinazione superiore a 75°. Dal punto di vista tecnico esse devono:
− essere dotate di solida gabbia di protezione, o parete retrostante distante non
più di 60 cm dal piano dei pioli, a partire da mt. 2,50 dalla partenza;
− avere i pioli ad almeno 15 cm dalla parete in cui sono ancorati.
Riferimenti a tali opere sono contenuti
27/4/1955.
nell’art. 17
del
D.P.R. 547 del
4.2.3 Scale fisse a gradini
Le scale fisse a gradini non sono propriamente opere provvisionali, ma sono
classificate tra le strutture da realizzare per accedere ai posti di lavoro; esse dal punto
di vista tecnico devono:
− avere dimensioni e resistenza in funzione delle esigenze del transito e del
massimo affollamento,
− avere pedate ed alzate dimensionate a regola d'arte (2a + p = 62 cm),
− essere munite di un corrimano, se delimitate da due pareti,
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Opere Provvisionali
56
− essere dotate di idoneo parapetto verso il vuoto.
− nel caso di un loro utilizzo prima di porre un'opera i gradini, sul percorso delle
rampe devono essere fissati intavolati larghi cm. 60, con listelli trasversali posti
ogni 40 cm.
− i vani scala devono essere protetti con robusto intavolato in corrispondenza
del 1 ° solaio.
Riferimenti a tali opere sono contenuti nell’art. 69 del D.P.R. n.164 del 7/1/1956
e art. 16 del D.P.R. 547 del 27/4/1955.
4.2.4 Scale ad elementi innestati
Sono scale portatili composte di due o più elementi innestati (tipo all'italiana o
simili), per esse, oltre a quanto già prescritto per le scale a mano, si devono osservare
le seguenti prescrizioni (art. 20 del D.P.R. 547 del 27/4/1955):
− la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo particolari
esigenze, nel quale caso le estremità superiori dei montanti devono essere
assicurate a parti fisse;
− le scale in opera lunghe più di 8 metri devono essere munite di rompitratta per
ridurre la freccia di inflessione;
− nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo
spostamento laterale;
− durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una
continua vigilanza della scala.
4.2.5 Scale doppie
Sono un posto di lavoro improprio, la
cui stabilità e' affidata anche al lavoratore
che la usa perché immancabilmente tende
a sporgersi e sbilanciarsi onde aumentare
la superficie di intervento, sia orizzontale
che verticale, prima del successivo
posizionamento. Dal punto di vista
tecnico le scale doppie (vedi art. 21
D.P.R. 547 del 27/4/1955):
− non devono superare l'altezza di 5 m,
− devono essere provviste di catena di
trattenuta, od altro meccanismo per
bloccare il compasso di apertura.
4.2.6 Scale aeree e ponti mobili
sviluppabili su carro
La loro caratteristica e' che sono
montate
su
carro,
azionate
meccanicamente e ad inclinazione
variabile. Riferimenti a detti dispositivi
sono contenuti nell’art. 22 del D.P.R. 547
Figura 4.2 – Scale a mano doppie
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
57
del 27/4/1955 e negli artt. 53 e 54 del D.P.R. n.164 del 7/1/1956. In particolare
dette scale devono essere dotate di un proprio specifico libretto ove siano indicati: la
targa; il nome del costruttore, l'anno di costruzione; istruzioni e grafici per il rispetto
delle portate massime in funzione dell’altezza e della inclinazione del braccio; il
numero di persone che contemporaneamente possono stare sulla scala; il collaudo
iniziale e le verifiche annuali cui sono assoggettate (effettuate dall 'ispesl).
Le scale aeree non possono in ogni caso essere adoperate con pendenze minore di
60 gradi o maggiori di 80 gradi sull'orizzontale, ed il controllo della pendenza deve
essere effettuato mediante dispositivo a pendolo annesso al primo tratto della scala.
È necessario verificare che, prima dell’inizio delle operazioni di sollevamento, il carro
sia in posizione orizzontale, anche con l'ausilio di stabilizzatori, sia posto su una
base solida, e ad ogni ruota siano state applicate robuste calzatoie doppie, sagomate
e collegate con catenelle o tiranti. La orizzontalità del carro deve poter essere
controllata in ogni momento con idonea strumentazione.
Inoltre, i pezzi delle scale a tronchi distaccati, che compongono la volata, devono
portare un numero progressivo nell'ordine di montaggio.
In fase operativa è necessario assicurarsi che:
− qualunque operazione di spostamento e di messa a punto sia eseguita a scala
scarica;
− durante la salita siano evitate scosse ed urti,
− il lavoratore ed eventuali carichi, in ogni caso non superiori a 20 chilogrammi
a pieno sviluppo della scala, gravino sulla linea mediana della stessa,
− non siano applicati sforzi di trazione da parte di chi lavora in cima alla scala,
− la scala non poggi con la estremità superiore a strutture fisse..
sia posta la massima attenzione alla eventuale presenza di linee elettriche
durante lo spostamento della scala aerea, evitando ogni possibilità di contatto,
eventualmente abbassando opportunamente la volata della scala.
4.3 ANDATOIE E PASSARELLE
Le andatoie devono avere larghezza non minore di 0,60 m, quando siano destinate
soltanto al passaggio di lavoratori, e di 1,20 m, se destinate al trasporto di materiali, e
la loro pendenza non deve essere maggiore del 50% (vedi art. 27 del D.P.R. 547 del
27/4/1955 e art. 29 del D.P.R. n.164 del 7/1/1956 e Circolare Ministero del
Lavoro 15/80) .
Sulle tavole che compongono il piano di calpestio inclinato devono essere fissati
listelli trasversali a distanza di circa 40 cm, corrispondenti al passo di un uomo carico,
inoltre le andatoie devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ogni 6m. le
tavole costituenti il piano di calpestio devono essere appoggiate sui traversi posti a
distanza non superiore a 1,20 m dotati di supporti dimensionati in base alla portanza
del piano di appoggio, alla lunghezza della passerella ed ai carichi di servizio previsti.
Le andatoie e le passerelle devono essere munite, verso il vuoto, di normali parapetti
e tavole fermapiede. Inoltre, qualora vi sia il pericolo di caduta di materiale dall'alto,
le passerelle e le andatoie devono essere difese con un impalcato sovrastante.
Durante la fase di esecuzione dei lavori è necessario eseguire sulle passerelle e le
andatoie i controlli di seguito elencati, segnalando al responsabile del cantiere le
eventuali anomalie:
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Opere Provvisionali
58
− :verificarne la stabilità e la regolarità con particolare riguardo alle tavole che
compongono il piano di calpestio,
− verificare la robustezza dei parapetti,
− verificare che non siano sovraccaricate.
4.4 PROTEZIONI DELLE APERTURE PROSPICIENTI IL VUOTO
Protezioni vanno applicate su ogni apertura prospiciente il vuoto non protetta dal
ponteggio esterno (p.e. su balconi, pianerottoli, scale, vani degli ascensori, aperture a
pavimento e casi simili, fosse della calce, le passerelle ecc), nonché in corrispondenza
dei vani che abbiano una profondità superiore a m 0,50 (vedi D.P.R. 547/55 artt. 10,
16, 23, 26, 27, 193, 213, 242 , D.P.R. 164/56 artt. 4, 6, 24, 29, 56, 68, 69, Circolare
Ministero del Lavoro 15/80 e Circolare Ministero del Lavoro 13/82). Tali protezioni
provvisorie possono essere parapetti o sbarramenti (p.e. nel caso di vani a
pavimento copertura con tavole da ponte fissate contro il pericolo di loro
spostamento). Le protezioni devono essere allestite a regola d'arte, idonee allo scopo
e fissate rigidamente a strutture resistenti, ed essere conservate in efficienza per
l'intera durata del lavoro fino all'installazione delle eventuali protezioni definitive (i.e.
vanno rimosse solo previa autorizzazione). Tale protezione non è richiesta solo per i
piani di caricamento di altezza inferiore a m.1,50.
Si considera “parapetto normale” (art. 26 del D.P.R. 547 del 27/4/1955)
allorchè:
− sia costruito con materiale rigido, resistente e in buono stato di conservazione;
− sia alto almeno 1 metro;
− abbia almeno due correnti di cui uno intermedio posto a metà distanza tra quello
superiore ed il pavimento;
− sia costruito, nell'insieme ed in ogni singolo elemento, in modo da poter resistere
alla massima sollecitazione in relazione a condizioni ambientali o funzioni
specifiche (la norma UNI fissa tale sollecitazioni in 50 kg/ml).
I parapetti per le opere provvisionali devono essere provvisti di fascia di "arresto al
piede", costituita da una fascia continua posta a pavimento alta 20 cm.
4.5 I PONTEGGI METALLICI FISSI
4.5.1 Generalità
I ponteggi sono opere provvisionali impiegate essenzialmente nelle costruzioni
dell’ingegneria civile, al fine di consentire il sostegno e il transito del personale e/o il
sostegno di materiali e di apparecchiature destinate al sollevamento di questi ultimi.
Essi sono obbligatori per lavori da eseguire ad altezze superiori ai 2 m, al fine di
minimizzare i pericoli di caduta di uomini o cose. I ponteggi costituiscono delle vere
e proprie costruzioni e come tali vanno progettate secondo le norme strutturali
vigenti, e comunque secondo le regole della buona tecnica delle costruzioni, e
devono essere realizzate con tutte le precauzioni che si adottano per le costruzioni
ordinarie. Inoltre sia nella fase di realizzazione che durante il loro impiego devono
essere attuate tutte quelle misure di prevenzione degli infortuni causati dalla caduta
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
59
del personale e delle cose (i.e. realizzazione di parapetti, mancorrenti, tavole
fermapiede, mantovane, ecc.). I principali riferimenti normativi per i ponteggi sono:
D.P.R. 164/56 artt. 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, D.M. 2/9/1968, Circolare
Ministero del Lavoro 24/63, Circolare Ministero del Lavoro 13/82, Circolare
Ministero del Lavoro 149/85.
Attualmente i ponteggi sono realizzati quasi esclusivamente in elementi metallici
specificamente destinati a tale scopo ed approvati e autorizzati. Gli elementi devono
riportare impresso il marchio della ditta costruttrice che costituisce la conferma della
conformità dell’elemento con quelli provati in sede di collaudo.
I ponteggi devono essere realizzati in base alle specifiche tecniche ed alle
caratteristiche contenute nel progetto soggetto ad approvazione, e conseguente
autorizzazione, rilasciate dal Ministero del Lavoro (vedi D.P.R. n. 164/56). Essi
possono essere realizzati in base solo ad un disegno esecutivo tipo, sempre
obbligatorio, firmato dal responsabile del cantiere, se hanno ottenuto l'autorizzazione
ministeriale, per le strutture:
− alte fino a m 20 dal piano d'appoggio delle piastre di base all'estradosso del
piano di lavoro più alto;
− conformi agli schemi-tipo riportati nell'autorizzazione;
− comprendenti un numero complessivo d'impalcati non superiore a quello
previsto dagli schemi-tipo;
− con gli ancoraggi conformi a quelli previsti nell'autorizzazione e in ragione
d'almeno uno ogni 22 m2;
− con sovraccarico complessivo non superiore a quello considerato nella verifica
di stabilità;
− con i collegamenti bloccati mediante l'attivazione dei dispositivi di sicurezza.
I ponteggi che non rispondono anche ad una soltanto delle precedenti condizioni,
devono essere allestiti in conformità ad una relazione di calcolo e ad un disegno
esecutivo specifici, redatti da un ingegnere o architetto iscritto all'albo professionale.
Nel caso di ponteggio allestito con elementi misti sovrapposti è necessaria, oltre alla
documentazione di calcolo aggiuntiva, quella dei diversi fabbricanti.
L'installazione sul ponteggio di tabelloni pubblicitari, teloni, reti o altri elementi che
offrano resistenza al vento, richiede pure la documentazione di calcolo aggiuntiva.
Le eventuali modifiche al ponteggio devono essere riportate nella prevista
documentazione.
I tipi di ponteggi metallici utilizzati sono:
− I ponteggi a tubi e giunti, in cui le stilate sono costituite da due montanti uniti,
per mezzo di giunti, con più traversi; in essi può essere scelta l’altezza a cui
posizionare gli impalcati e pertanto sono generalmente destinati all’esecuzione
di strutture libere da vincoli;
− I ponteggi a telai prefabbricati, che sono costituiti da telai prefabbricati (di
forma e dimensioni fisse) e consentono la realizzazione di impalcati a livelli
altimetrici prefissati e sono destinati alla realizzazione di strutture regolari e
ripetitive.
Gli elementi principali dei ponteggi metallici sono:
− gli ancoraggi,
− la basetta,
− le controventature,
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
Le Opere Provvisionali
60
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
i correnti,
le diagonali,
i giunti,
gli impalcati,
i mancorrenti,
le mensole,
i montanti,
i parapetti,
i parasassi (o mantovane),
i perni,
i ponteggi,
il sottoponte o ponte di sicurezza,
le stilate
i telai
la torre vano,
i traversi
Ulteriori dettagli circa il progetto ed il montaggio dei ponteggi sono contenuti in
[3].
4.5.2 Indicazione per la sicurezza del lavoro
I ponteggi metallici, a tubi e giunti o ad elementi prefabbricati, devono essere
allestiti a regola d'arte, secondo le indicazioni del costruttore e devono essere
conservati in efficienza per l'intera durata dei lavori.
I principali rischi durante il montaggio e l’uso dei ponteggi sono connessi: Cadute
di persone dall'alto, punture, tagli, abrasioni, scivolamenti, cadute a livello, caduta di
materiale dall'alto, movimentazione manuale dei carichi.
Le principali misure di prevenzione possono essere sinteticamente riassunte nei
punti di seguito indicati:
− Il montaggio e lo smontaggio del ponteggio siano eseguiti da personale pratico
ed idoneo, dotato di dispositivi personali di protezione, rispettando quanto
indicato nell'autorizzazione ministeriale e sotto la diretta sorveglianza di un
preposto ai lavori.
− Il ponteggio abbia un piano di appoggio solido e di adeguata resistenza, mezzi di
collegamento efficaci, ancoraggi sufficienti e robusti e deve possedere una sicura
stabilità.
− Gli impalcati, realizzati con tavole di legno o con tavole metalliche, sianoessere
messi in opera secondo quanto indicato nell'autorizzazione ministeriale o
secondo progetto.
− Sui ponti di servizio sia vietato qualsiasi deposito, salvo quello temporaneo dei
materiali e degli attrezzi in uso, la cui presenza non deve intralciare i movimenti e
le manovre necessarie per l'andamento del lavoro ed il cui peso deve essere
sempre inferiore a quello previsto dal grado di resistenza dell'impalcato.
− Gli impalcati di servizio abbiano un sottoponte di sicurezza, costruito come il
ponte, a distanza non superiore a m 2,50 con la funzione di trattenere persone o
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
61
materiali che possono cadere dal ponte soprastante in caso di rottura di una
tavola.
− Alla base di ogni ponteggio sia espostoe il cartello che ne indichi le caratteristiche
(per costruzione o per manutenzione, numero degli impalcati previsti
dall'autorizzazione o dal progetto, carichi massimi ammissibili sugli impalcati
stessi).
− Teli o reti non esonerano dall'obbligo di applicare i parasassi in corrispondenza
dei luoghi di transito o di stazionamento all'altezza del solaio di copertura del
piano terreno ed eventualmente, per ponteggi molto alti, da ripetersi, con
l'avanzare dei lavori, ogni dodici metri (ogni sei piani di ponteggio).
− Reti o teli devono essere contenuti all'interno dei correnti o, in ogni caso, devono
essere fissati molto saldamente.
Durante l’esecuzione dei lavori è inoltre opportuno verificare:
− che il ponteggio sia realizzato dove necessario;
− che il ponteggio sia in buone condizioni di manutenzione, che il marchio del
costruttore si mantenga rintracciabile e decifrabile;
− la stabilità e l'integrità, ad intervalli periodici e specialmente dopo violente
perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione delle attività;
− la possibilità di accedere ai vari piani del ponteggio in modo comodo e sicuro
(le scale a pioli di collegamento fra i diversi piani devono essere sicure e
vincolate, possibilmente non devono essere in prosecuzione una dell'altra e, se
poste verso la parte esterna del ponteggio, devono essere dotate di una laterale
protezione);
− che non si salga o scenda lungo gli elementi del ponteggio;
− che non si corra o salti sugli intavolati del ponteggio;
− che non si getti dall'alto materiale di qualsiasi genere;
− che si abbandoni il ponteggio in presenza di un forte vento;
− che gli elementi del ponteggio, ritenuti idonei al reimpiego, siano conservati
separati dal materiale non più utilizzabile;
− Che sia segnalata al responsabile del cantiere qualsiasi anomalia.
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Le Opere Provvisionali
62
4.6 I CASTELLI DI CARICO E SCARICO
4.6.1 Generalità
Nei cantieri edili, una volta effettuata la realizzazione dei solai, l’introduzione dei
materiali all’interno non può più essere effettuata attraverso le gru, essa invece
avviene attraverso i castelli di carico (o di tiro) e le piazzole.
In particolare i castelli di carico sono destinati a consentire la movimentazione di
salita e discesa dei materiali a mezzo di argani e il loro afflusso all’interno della
costruzione. Il principale riferimento normativo è costituito ancora una volta dal
D.P.R. 164/56 artt. 55, 56. La loro costruzione deve rispondere a rigorosi criteri
tecnici che ne garantiscano solidità e stabilità, in particolare:
− I castelli devono essere ancorati alla costruzione ad ogni piano di ponteggio;
− I montanti devono essere controventati per ogni due piani di ponteggio;
− Gli impalcati devono risultare ampi per quanto necessario e robusti;
− Gli intavolati devono essere formati con tavole di spessore non inferiore a cm 5,
poggianti su traversi aventi sezione ed interasse dimensionati in relazione al
carico massimo previsto per ciascun piano;
− Su tutti i lati verso il vuoto deve essere installato un parapetto normale, con
tavola fermapiede;
−
Per queste strutture il progetto è sempre obbligatorio e tutte le citate
caratteristiche devono essere comunque contemplate nella relazione di calcolo e
nel disegno redatto da ingegnere o architetto abilitato.
Per i dettagli costruttivi e progettuali relativi a tali elementi si può fare riferimento
a [3].
4.6.2 Indicazione per la sicurezza del lavoro
I principali rischi durante il montaggio e l’uso sono connessi a: cadute di persone
dall'alto, punture, tagli, abrasioni, scivolamenti, cadute a livello, movimentazione
manuale dei carichi.
Le misure di prevenzione che si possono mettere in atto consistono:
− Per il passaggio del carico, lasciare un varco con un parapetto mobile, non
asportabile, apribile solo verso l'interno, delimitato da robusti e rigidi sostegni
laterali e con tavola fermapiede alta non meno di cm 30.
− Realizzare il parapetto con un cancello che si chiuda automaticamente
abbandonandone l'azione d'apertura.
− Applicare, dal lato interno dei sostegni laterali, due staffoni in ferro, sporgenti
almeno cm 20, ai quali l'addetto possa afferrarsi.
− Mettere a disposizione dell'operatore la cintura di sicurezza.
− Esporre su ogni piano del castello il cartello con l'indicazione della sua portata
massima.
Durante l’esecuzione dei lavori è opportuno:
− Verificare gli ancoraggi e le condizioni delle tavole da ponte.
− Controllare che le protezioni perimetrali del castello siano complete e che il
cartello di portata massima permanga visibile.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
63
− Verificare che l'eventuale posto di carico e scarico a terra sia segnalato e
protetto, o delimitato con barriere, per impedire la permanenza ed il transito
sotto i carichi;
− Verificare la disponibilità e l’uso dei dispositivi di protezione individuali (i.e.
casco, guanti, cinture di sicurezza).
Figura 4.3 –
Prospetto di un castello di carico e scarico
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64
4.7 BALCONCINI DI CARICO E SCARICO
4.7.1 Generalità
Sono delle piazzole a sbalzo sfalsate rispetto alla verticale, aggettate in aggiunta al
ponteggio, che consentono il carico/scarico dei materiali movimentati dagli argani
posti sui castelli di tiro, esse sono previste dall’articolo 56 del D.P.R. 164/56.
Alcune indicazioni relative a tali elementi sono:
− I balconcini, o piazzole di carico, vanno realizzati a regola d'arte, dimensionati
e idonei allo scopo ed essere conservati in efficienza per l'intera durata del
lavoro.
− L'intavolato dei balconcini di carico deve essere costituito da tavole di
spessore non inferiore a cm 5, poggianti su traversi con sezione ed interasse
dimensionati al carico massimo previsto.
− Gli impalcati devono essere sufficientemente ampi e muniti sui lati verso il
vuoto di parapetti completamente chiusi, per evitare la possibilità che il
materiale scaricato cada dall'alto.
− I balconcini di carico devono essere realizzati conformemente a quanto
previsto dall'autorizzazione ministeriale, con particolare riguardo alle
dimensioni di larghezza e profondità. In caso contrario è necessario elaborare
la documentazione di calcolo aggiuntiva;
− Ai fini della stabilità del ponteggio, sulla stessa verticale non possono insistere
più balconcini di carico.
Per i dettagli costruttivi e progettuali relativi a tali elementi si può fare riferimento
a [3].
4.7.2 Indicazione per la sicurezza del lavoro
I principali rischi durante il montaggio e l’uso sono connessi a: cadute di persone
dall'alto, punture, tagli, abrasioni, scivolamenti, cadute a livello, movimentazione
manuale dei carichi.
Durante l’esecuzione dei lavori è opportuno:
− Verificare la stabilità e le condizioni degli impalcati e dei parapetti;
− Verificare che sia possibile accedere al balconcino di carico in modo sicuro;
− Verificare che sia presente e chiaramente visibile l’indicazione relativa il limiti
di portata massima che il balconcini, o la piazzole di carico, sono predisposti
per ricevere;
− Verificare che non siano rimosse le protezioni;
− Accertare che l'operatore abbia una completa visione della movimentazione
del carico effettuata con l'apparecchio di sollevamento;
− Concordare le segnalazioni operative con l'operatore addetto all'imbracatura
del carico e della manovra dell'apparecchio di sollevamento;
− Controllare la disponibilità e l’uso dei dispositivi di protezione individuali
(casco, guanti, cinture di sicurezza);
− Segnalare al responsabile del cantiere qualsiasi anomalia.
.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
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Figura 4.4 – Vista schematica di una piazzola di carico.
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Figura 4.5 -
Esempio di piazzola di carico e scarico
sovraccarichi distribuiti di 300 daN/m2 .
dimensionata
per
4.8 I PONTEGGI MOBILI
4.8.1 I ponteggi sospesi
I ponteggi sospesi sono opere provvisionali mobili destinate ad operare ancorate
alla costruzione esistente e sono regolati dagli artt. da 39 a 50 del D.P.R. n. 164/56.
Attualmente trovano impiego sempre più limitato ed essenzialmente per opere di
finitura. I ponti sospesi strutturalmente sono costituiti da:
− un impalcatura (art. 40 D.P.R. n.164/56),
− un argano di manovra (art. 42/164) con una fune di sospensione alle estremità
(due argani e due funi nel caso di "ponti pesanti"),
− travi di sostegno,
− funi di trattenuta.
L'unità di ponte deve essere costituita da due telai metallici, collegati da correnti che
sostengono i traversi, sui quali viene fissato il tavolame. I due telai devono essere
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
67
montati con distanza di non più di tre metri ed i correnti devono avere un franco a
sbalzo, oltre ciascun telaio, di 50 centimetri e devono essere muniti di un sistema di
trattenuta contro il pericolo di sfilamento dai telai. Il piano di calpestio, avente
larghezza di 1 m (1,50 m per i ponti pesanti), è costituito da tavole di spessore non
inferiore a 4 centimetri, bene accostate fra loro ed assicurate contro eventuali
spostamenti. Il legname impiegato nel ponte deve essere a fibre longitudinali dirette e
parallele, privo di nodi. Gli elementi in legno possono essere sostituiti da elementi
metallici di resistenza non minore. Il collegamento di più unità di ponti pesanti deve
essere effettuato rendendo direttamente connesse fra di loro le unità contigue, senza
inserzione di passerelle tra l'una e l'altra. I bulloni usati nel montaggio devono essere
assicurati con rondelle elastiche e con controdadi.
Gli argani (stesso tipo e stessa portata) sono rigidamente connessi ai telai di
sospensione ed hanno il tamburo di avvolgimento non inferiore a 12 volte il
diametro della fune e la flangia con tronco di almeno 2 volte il diametro della fune, a
completo avvolgimento. Essi sono dotati di arresto con discesa autofrenante hanno,
in posizione visibile, una targhetta indicante il carico massimo ed il numero delle
persone ammesse, la casa costruttrice, l'anno di costruzione, il n. di matricola. Gli
argani sono soggetti a collaudo e verifica biennale, riportati su apposito libretto di
immatricolazione (art. 50 del D.P.R. n.164/56).
Le travi di sostegno (art. 41 D.P.R. n.164/56) sono costituite da profilati in acciaio
dimensionati per lo specifico uso, e devono essere ancorate nella costruzione per una
lunghezza doppia della sporgenza libera (e' vietato usare contrappesi).
Le funi di trattenuta (art. 43 D.P.R. n.164/56) sono collegate alle travi di sostegno
mediante anelli o ganci, con non meno di 3 morsetti a bulloni (coefficiente di
sicurezza non inferiore a 6) e devono essere di tipo flessibile, con fili di acciaio carico
di rottura compreso tra 120 e 160 daN/mm2 e coefficiente di sicurezza non
inferiore a 10. L’attacco delle funi al tamburo deve essere piombato e l'attacco ai
ponti deve essere a non meno di 1,50 m dall 'impalcato. Le funi necessitano di
periodiche revisioni (trimestrali) e ingrassatura ed i risultati delle verifiche vanno
riportati su apposito libretto.
I parapetti (art. 41/164) dei ponti sospesi devono avere il corrente superiore in
ferro tubolare con diametro di 40 mm, il corrente intermedio con distanza non
maggiore di 30 cm dal corrente superiore e la "tavola fermapiedi" alta 80 cm. Nei
ponti leggeri i parapetti vanno applicati anche sul lato verso l'edificio, mentre nei
ponti pesanti e' sufficiente una sponda alta almeno cm. 5; dovendo l'impalcato, in
questi ponti, essere distante dalla costruzione non più di 10 cm.
È opportuno ricordare che ad ogni livello di lavoro i ponti vanno ancorati
all'edificio ed è vietato usare il ponte come apparecchio di sollevamento così come e'
vietato installare sui ponti apparecchi di sollevamento.
Si ricorda inoltre che per il collaudo e le verifiche biennali degli organi dei ponti
sospesi, ai sensi del D.M. 12/05/59, deve mettersi a disposizione del funzionario
addetto, il personale necessario, escluse le apparecchiature di misurazione.
Sui ponti sospesi leggeri, che hanno una fune di sospensioni ed un argano di
manovra per ciascuna estremità, non devono gravare sovraccarichi, compreso il peso
dei due lavoratori, superiori a 100 chilogrammi per metro lineare di sviluppo
(larghezza ≤ 1m). Sui ponti sospesi pesanti (larghezza ≤ 1,50m), che hanno quattro
funi di sospensione per ogni unità (ponte singolo) e quattro argani di manovra, non è
consentita la contemporanea presenza di persone in numero superiore a quello
indicato nelle targhette relative agli argani.
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68
Gli argani dei ponti sospesi devono essere manovrati simultaneamente nei ponti
leggeri ed alternativamente sui due laterali se trattasi di ponti pesanti, avendo cura
che la pendenza dell'impalcato non superi, ogni volta il 10%.
Il lavoro sui ponti sospesi e' vietato ai minori di 18 anni ed alle donne, inoltre i
lavoratori devono essere formati (almeno uno dei due) sulle manovre da eseguire.
L'accesso e l'uscita degli addetti dai ponti deve avvenire con modalità sicure e
con l’uso di cinture di trattenuta; solo per i ponti pesanti è ammesso l'uso di scala a
mano, previo ancoraggio della stessa e del ponte.
Le zone sottostanti ai ponti sospesi devono essere segnalate e recintate per
evitarne il transito.
Figura 4.6 -
Esempio di ponte sospeso
4.8.2 I ponteggi sospesi motorizzati o autosollevanti
I ponti sospesi motorizzati, simili ai ponti sospesi, sono costituiti da navicelle o
piattaforme sospese a mezzo di organi flessibili e sollevate da organi a motore
elettrico. Essi possono essere permanenti, ed in tal caso sono fissati alla costruzione
di cui sono a servizio, oppure mobili se possono lavorare in più luoghi diversi per
periodi di tempo limitati ed in modo non vincolato alla struttura portante del
costruendo. Nel primo caso i ponti sospesi motorizzati sono spesso realizzati con
travi portanti a traliccio in acciaio poste ai due lati, e fissate alla costruzione ogni 2
livelli di piano, mediante staffoni a v, e la movimentazione della piattaforma avviene
attraverso una guida a cremagliera situata nei tralicci stessi (D.M. 4/3/82). Tali
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
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69
apparati sono destinati al sollevamento di persone e di materiale necessario al lavoro
da eseguire.
I ponti sospesi motorizzati hanno le stesse prescrizioni già illustrate per i ponti
sospesi, ma si differenziano da questi per i seguenti aspetti:
− il sollevamento e la discesa sono comandati da argani azionati mediante forza
motrice. (motoriduttori),
− gli argani possono essere indifferentemente montati all'interno o all'esterno della
piattaforma,
− gli argani sono dotati di freno che agisce automaticamente in mancanza di forza
motrice,
− la piattaforma deve essere prevista per un carico massimo di 200 kg/mq pari a
due persone con 20 kg di materiale ciascuna (sono collaudati per una portata di
240 kg, con un franco quindi del 20%).
Il montaggio di tali opere provvisionali deve essere effettuato seguendo le
indicazioni riportate sul libretto della casa costruttrice; inoltre l'impianto elettrico di
f.m. e le strutture metalliche devono essere messe a terra.
Per i ponti posti ad altezza >60 m è obbligatoria l’installazione sul ponte di
uno strumento misuratore della velocità del vento, in quanto il loro uso è
vietato per velocità >45 km/h (60 km/h in caso sia munito di guide).
Figura 4.7 -
Ponte sospeso motorizzato
4.8.3 I ponteggi su cavalletti
I ponti su cavalletti sono utilizzati prevalentemente per lavori all'interno degli
edifici (quali tramezzature, intonaci e tinteggiature, impiantistica ecc.) ad altezze
inferiori a 2 m. I ponti su cavalletti sono costituiti da due o più cavalletti con un
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Le Opere Provvisionali
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impalcato di tavoloni (vedi art. 51 D.P.R. n.164/56). I cavalletti devono essere
irrigiditi da tiranti e diagonali e i tavoloni dell’impalcato, devono essere ben accostati
tra loro e fissati ai cavalletti.
È opportuno inoltre sottolineare il rispetto per i ponti a cavalletti delle seguenti
indicazioni:
− i cavalletti devono appoggiare su pavimento solido e piano,
− la distanza massima fra due cavalletti è di m 1,80, con le normali tavole da ponte
da cm 20 x 5, e di m 3,60 con tavole da cm 30 x 5 cm,
− la larghezza dell'impalcato non deve essere inferiore a cm 90,
− le tavole dell'impalcato devono essere accostate fra loro e fissate ai cavalletti.
− l’impalcato deve essere ad una altezza non maggiore di 2,00 m,
− le parti laterali a sbalzo devono essere di lunghezza non maggiore di 20 cm,
− devono essere allestiti a regola d'arte ed essere conservati in efficienza per l'intera
durata del lavoro,
− possono essere usati solo per lavori da eseguirsi al suolo o all'interno degli edifici,
− non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi esterni,
− non possono essere usati uno in sovrapposizione all'altro,
− non è consentito l’uso come appoggi di mezzi di fortuna quali scale a pioli, pile di
mattoni, sacchi di cemento e simili.
Durante l’esecuzione dei lavori è inoltre sempre opportuno:
− verificare le condizioni generali della struttura, con particolare riguardo
all'orizzontalità dell'impalcato, all'integrità dei cavalletti e delle tavole,
− non modificare la corretta composizione del ponte rimuovendo i cavalletti o
tavole,
− non sovraccaricare il ponte con materiali eccedenti quelli necessari per la
lavorazione in corso.
Figura 4.8 -
Ponti su cavalletti
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
Le Opere Provvisionali
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4.8.4 I ponteggi mobili su ruote
I ponti mobili su ruote o trabattelli sono ponteggi metallici ad elementi
componibili (telai prefabbricati), innestabili uno sull’altro, dotati di ruote idonee a
consentirne la traslazione al termine del lavoro eseguito. L’uso dei ponti su ruote è
regolato dall’art. 25 del D.P.R. n.547/55, dagli artt. 30, 52 del D.P.R. 164/56
nonchè Circolare Ministero del Lavoro 24/82. Tali ponti non sono soggetti ad alcun
iter autorizzativi da parte di strutture pubbliche ma dovrebbero essere progettate nel
rispetto delle norme UNI (UNI 10011/67, UNI 10012/67, UNI 7070 , nonché tutte
le normative relative alla qualità e all’utilizzo dei profilati per strutture metalliche).
Figura 4.9 -
Rappresentazione schematica di alcuni tipi di ponteggi mobili su
ruote.
Per quanto concerne le caratteristiche tecniche e di sicurezza da tenere presenti si
sottolinea che:
− I ponti a torre su ruote devono essere realizzati a regola d'arte, essere idonei
allo scopo ed essere mantenuti in
efficienza per l'intera durata dei
lavori;
− La stabilità deve essere garantita
anche senza la disattivazione delle
ruote, prescindendo dal fatto che il
ponte sia o meno ad elementi
innestati, e fino all'altezza e per
l'uso cui può essere adibito;
− Nel caso in cui la stabilità non sia
assicurata
contemporaneamente
alla mobilità, i ponti su ruote sono
assimilabili ai ponteggi metallici
fissi;
− Devono
avere
una
base
sufficientemente
ampia
da
resistere, con largo margine di
sicurezza, ai carichi e alle
sollecitazioni cui possono essere
sottoposti durante gli spostamenti;
Figura 4.10 – Ponte su ruote
Tecnica ed Organizzazione del Cantiere
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− I ponti su ruote devono essere usati esclusivamente per l'altezza massima
prevista dal costruttore;
− Sull'elemento di base deve essere esposta una targa riportante i dati del
fabbricante, le caratteristiche della struttura e le indicazioni di sicurezza.
Nell’impiego bisogna sempre verificare che:
Durante l’uso il ponte sia ancorato almeno ogni due piani (è opportuno
l’ancoraggio ogni volta che il momento stabilizzante sia inferiore a 2 volte il
momento ribaltante);
Il piano di scorrimento delle ruote sia compatto e livellato;
Il ponte sia dotato di dispositivo per il controllo dell'orizzontalità;
L'impalcato sia completo e ben fissato sugli appoggi;
Il parapetto di protezione sul piano di lavoro sia completo di tavola fermapiede;
L'accesso ai vari piani di calpestio sia effettuato tramite l’utilizzo di regolari scale
a pioli;
Siano state rispettate con scrupolo le prescrizioni e le indicazioni fornite dal
costruttore;
Sia rispettata l’orizzontalità e verticalità della struttura;
Siano stati usati i ripiani in dotazione e non impalcati di fortuna;
Non vi siano linee elettriche aeree a distanza inferiore a m 5;
Non siano stati installati apparecchi di sollevamento sul ponte;
Non vengano effettuare spostamenti con persone o materiali instabili sul ponte.
4.9
I PONTEGGI A SBALZO
I ponti a sbalzo possono essere costruiti (art. 25 D.P.R. n.164/56) purché sia
garantita la solidità e la stabilità. Per tali elementi valgono in generale le indicazioni
relative ai ponteggi, devono essere assicurati inoltre i seguenti requisiti:
− impalcato con tavole connesse tra loro,
− parapetto pieno, o almeno al primo ponte,
− impalcato con larghezza utile inferiore a mt. 1,20.
Per quanto concerne i traversi essi devono:
− essere solidamente ancorati, all'interno dell'edificio, a parti stabili e irrigiditi
con saettoni (non sono ammessi in linea generale i contrappesi),
− appoggiare su strutture resistenti,
− essere collegati internamente con due robusti correnti di cui uno applicato
contro il lato interno del muro dell’edificio.
4.10 ALTRE OPERE PROVVISIONALI
Sono considerate opere provvisionali accessorie:
a) le impalcature mobili per il getto dei pilastri,
b) le passerelle e gli impalcati a sbalzo per il getto dei solai,
c) le mantovane, poste all'altezza del 1° piano contro il pericolo di caduta di
materiali dall'alto,
d) i puntellamenti o sbadacciature contro il pericolo di smottamento del terreno.
Parte III – Il progetto del cantiere: gli impianti, le opere provvisionali, le attrezzature e le macchine
:
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Manuale di Ingegneria, Edizione Cremonese, Vol II parte II.
S. Arcangeli, “Organizzazione e sicurezza in cantiere”, Editrice Edilstampa,
Roma.
L. Falsino, A. Michelon, M. Vinci, “ Ponteggi – Progetto, norme e
procedure, pianificazione per la sicurezza, giurisprudenza”, Edizioni Dei
Roma, Tipografia del Genio Civile.
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