Signore,
SOMMARIO
3 Far fiorire la vita
4 La parola del Fondatore
8 La palabra del Fundador
13 La cultura dell’attenzione
16 Donne di contrade
sconosciute
21 Il dolore coraggioso
dei curati
26 Ravviva il dono...
28 Silenzio e interiorità
31 Nuestra Señora
de los dolores
33 Un niño nos ha nacido
35 Inmaculada Concepción
37 Los valores del Reino
39 Camino de formación
41 Dono grautito
43 Il mosaico
della sofferenza
46 La festa del malato
47 Quaresima di fraternità
49 Insieme per raccontare
51 Ettore Pretin pittore
53 Umile e generoso servizio
2
Legge sulla tutela dei dati personali. I dati personali dei lettori in possesso della rivista verranno trattati con la massima
riservatezza e non potranno essere ceduti a terzi o utilizzati per finalità diverse senza il preventivo consenso degli
interessati.
che hai concesso
al Servo di Dio,
Padre Emilio Venturini,
di amarti e servirti
con umile dedizione
nei poveri e nei deboli
ti prego di concedermi la grazia (...)
che per sua intercessione ti chiedo.
Fa’ che siano riconosciute nella Chiesa
le virtù di questo tuo servo fedele,
a tuo onore e gloria.
Per Cristo nostro Signore.
Amen
Padre, Ave e Gloria
Direttore responsabile:
Lorenzina Pierobon
Redazione:
Paola Barcariolo, Beatriz Molina, Alma Ramírez,
Ada Nelly Velázquez, Lizeth Pérez
Grafica e impaginazione:
Mariangela Rossi
Realizzazione e stampa:
Arti Grafiche Diemme - Taglio di Po (Ro)
Autorizzazione:
Tribunale di Venezia n. 1253 del 1.4.1997
Quadrimestrale di informazione religiosa
Congregazione Serve di Maria Addolorata di
Chioggia - Anno XII n. 1 - 2008
Madonna della Navicella
santino 1863,
Museo Diocesano
d’Arte Sacra, Chioggia
LA REDAZIONE
Far fiorire
la vita
La Chiesa ci è madre e maestra
perché ci ha generati nel suo seno attraverso la grazia battesimale e ci ha
resi membri del corpo di Cristo. Inoltre, nella sua sollecitudine materna,
ci accorda la misericordia di Dio, che
trionfa su tutti i nostri peccati e agisce soprattutto nel sacramento della
Riconciliazione. Come madre premurosa, attraverso la sua liturgia, giorno
dopo giorno, ci elargisce anche il nutrimento della Parola e dell’Eucaristia del Signore (cfr. CCC 2040).
Da questo primo numero del 2008
ci accompagnerà la pagina della
Chiesa assieme alla pagina del fondatore e a quella mariana.
È la vita del fondatore che continua a concretizzarsi nel servizio attraverso gli avvenimenti, i ministeri,
le attività che la congregazione offre
alla chiesa e ai fratelli.
Il Signore ci chiede di diventare
strumenti e solchi della Provvidenza attraverso cui passa lo Spirito di
Dio.
Custodire e coltivare la vita, perché possa continuare a fiorire. Questo
è il compito del vero maestro: trarre
dal proprio discepolo la verità che
questi già in cuore possiede ma che
ancora non sa.
Maria è serva della vita, serva di
quel figlio che non sarebbe stato per
lei, ma un figlio donato all’umanità.
Il Signore ci conceda di essere madri e padri perché capaci di trarre alla
vita nuova del Cristo Risorto. Gesù è
venuto perché noi avessimo la vita in
abbondanza (cfr. Gv 10,10).
suor Pierina Pierobon
Hacer florecer
la vida
La Iglesia es madre y maestra porque nos ha engendrado en su seno a
través de la gracia bautismal y nos
ha hecho miembros del cuerpo de
Cristo. Además, en su diligencia materna nos mete en sintonía con la misericordia de Dios que triunfa sobre
todos nuestros pecados y actúa sobre
todo en el sacramento de la Reconciliación. Como madre premurosa, a
través de su liturgia, día tras día, nos
dona el alimento de la Palabra y de la
Eucaristía del Señor (cfr. CCC 2040).
Apartir de este número, el primero del 2008, nos acompañará la página
de la Iglesia junto con la del fundador y la página mariana.
Es la vida del fundador que continúa a hacerse concreta en el servicio por medio de los acontecimientos, los ministerios, las actividades
que la congregación ofrece a la Iglesia y a los hermanos. El Señor nos pide transformarnos en instrumentos
y surcos de la providencia a través
de los cuales pasa el Espíritu Santo.
Custodiar y cultivar la vida, para que
pueda continuar a florecer, ésta es la
tarea del verdadero maestro: hacer salir del corazón del propio discípulo
la verdad que ya posee pero que aún
no conoce.
María es sierva de la vida, sierva
de aquel hijo que no sería para ella,
un hijo donado a la humanidad.
El Señor nos conceda ser madres y
padres por la capacidad de engendrar
a la vida nueva en Cristo Resucitado.
Jesús vino para que tuviéramos vida
y vida en abundancia (cfr. Jn 10,10).
suor Pierina Pierobon
3
La parola del Fondatore
Il racconto di Padre Emilio sull’Apparizione continua.
Anche in questa seconda parte, che riproduce la terza e la quarta puntata pubblicate
sempre sul giornale La Fede, colpiscono alcuni passaggi.
La narrazione prosegue fedele alle vicende già note - dopo il miracolo gli accertamenti, le manifestazioni di devozione popolare, la costruzione del santuario, la rappresentazione dell’Addolorata - ma Padre Emilio riesce ugualmente a personalizzare la storia
esprimendo due principi molto importanti che si ritrovano in molti articoli della Fede
come nell’operetta già ricordata, Una visita a Chioggia.
È suo preciso intento, infatti, valorizzare il patrimonio storico-artistico conservato
nelle chiese della città in quanto documentazione della memoria cittadina non solo religiosa ma anche civile. Ricordare che la religione è importante per la crescita della società
interessa molto a Padre Emilio in anni in cui lo Stato liberale tendeva a marginalizzare
la Chiesa. Questo ci fa comprendere l’importanza che egli attribuisce all’antica concordia
tra il Vescovo e il Magistrato dimostrata in quell’occasione, nell’auspicio che la collaborazione tra le istituzioni politiche e quelle religiose potesse rinnovarsi per raggiungere
lo stesso risultato: il bene comune.
Tempi, quindi, tutt’altro che di tenebre e d’ignoranza quelli ricordati, significativi - contrariamente a quanto cercavano di fare apparire gli anticlericali nell’Ottocento - di quei legami comunitari che hanno consolidato l’identità della città.
Gina Duse
LA FEDE,
Domenica 9 e 16 luglio 1876,
Anno I nn. 24-25
La nostra Madonna di Marina
(seconda parte)
4
Appena si fu divulgata per la città
la prodigiosa Apparizione della Vergine benedetta, che tosto si riaccese in
tutto il popolo l’antica fede dal malo
costume già illanguidita, e tocchi da
un sincero pentimento delle colpe che
avevano provocato sopra di loro lo
IL NOSTRO FONDATORE
sdegno di Dio si diedero a piangerle
di vero cuore. Fu allora un accorrere
affollato ai tribunali di penitenza, ed
un continuo pellegrinaggio dalla città
al lido calcato e santificato dai piedi di
Maria, ringraziandola della misericordia usata verso di loro, e protestandosi
in eterno suoi fedeli servi e devoti; e la
Vergine, che non si lascia mai vincere
di mano da chicchessia, a ricambiare
il filiale ossequio che Le era prestato,
aperse gli erarj delle sue grazie e favori, e in così larga copia versolli sopra
IL NOSTRO FONDATORE
il penitente popolo Chioggiotto, che a
buon diritto potè chiamarsi Chioggia
ed in specie il suo lido la terra delle
misericordie di Maria.
Intanto il Vescovo, che era allora Bernardino Veniero, personaggio
quanto dotto altrettanto pio e prudente, come ce lo dicono le antiche memorie, non era tale uomo da creder là su
due piedi a quanto gli venia esposto
da un rozzo ortolano: ma presa la cosa sotto severo esame, e ben pesata e
maturata, volle poi che il pio ed ingenuo Baldissera ne la suggellasse con
un giuramento. Ma non fu contento a
ciò solo il degno Prelato, chè intimata
una solenne Processione del Capitolo,
del Clero e di tutto il popolo al lido
avventurato, Egli medesimo vi si volle
recare, dove Dio gli fè grazia di toccare
con mano la verità del mirabile avvenimento, conciossiachè oltre al ceppo
o zocco segnato della Croce sul quale
sedette Maria, vide eziandio a piccola
distanza dal lido dondolare graziosamente sulle acque la Navicella, la
quale (come si ha dai processi istituiti sopra il fatto) si allontanava tutte le
volte che taluno inoltravisi in mare per
prenderla, ed esso indietro tornando
anch’essa si avvicinava.
Il giorno proprio della detta Processione non lo si sa, ma certo fu poco
dopo l’Apparizione. Questa Processione, e l’atto del giuramento prestato dinanzi al Vescovo, al Clero, ed al
Magistrato dal Baldissera, li veggiaProcessione nel luogo dell’apparizione (Alvise Benfatti, 1593)
mo rappresentati in due grandiose tele, dipinte la prima da Alvise Benfatti
nipote del celebre Paolo Veronese, la
seconda da Andrea Vicentini pittori
del secolo XVI, i quali Quadri coprono
quanto sono lunghe due delle spaziose pareti della Sagrestia della nostra
Cattedrale..
E qui facciamo lecita un’osservazione; ed che se al presente non si vede nel benedetto zocco la impressione
della Croce intinta di rosso, ciò non
toglie punto che da principio non ci
sia stata; ed è nostro giudizio che Dio
abbia voluto imprimervi quel segno
per dare forza e fede alla narrazione
del Baldissera, che cioè la Vergine sopra di quello si fosse adagiata; chè del
resto non era meraviglia il trovarsi sul
lido, dopo una burrasca qual fu quella
del 24 Giugno, un mozzicone d’albero
gettatovi dall’onde. La qual croce , dopo la visita fatta sopra luogo dal Vescovo e dagli altri, che sopra si è detta,
dileguò e più non apparve, siccome
più necessaria all’ottenuto intento. Del
resto la tradizione costante non lascia
luogo a dubitarne; e Bartolomeo Malombra che visse nel 1500 (il quale ci
dipinse un bel Quadro rappresentante
Cristo nell’atto di fulminare Chioggia,
trattenutovi dalle preghiere di Maria,
che si conserva anche esso nella sagrestia del Duomo) in un suo Poemetto in
ottava rima stampato nel 1579 in cui il
fatto racconta di questa nostra Apparizione, canta così:
IL NOSTRO FONDATORE
La Croce che sul Legno era di sangue
dopo alcun dì con la Navetta sparve.
Non fu paga Chioggia a que’ primi
segni di gratitudine mostrati verso la
sua Liberatrice Maria quali abbiamo
sopra narrato, ma volle eterna durasse la memoria del portentoso avvenimento. E prima doveasi il prezioso
legno sul quale si era adagiata Maria
collocare in luogo decente e riservato,
e perciò una piccola Cappelletta fu tosto costruita vicino al luogo dell’Apparizione che ne lo custodisse. Questa Cappelletta, ristaurata o meglio
ricostruita nel 1813, è quella che noi
volgarmente chiamiamo il Capitello
di Maria. Vero è che assai disdice al
presente che detta Cappella , dopo la
deviazione che due anni fa fu data alla strada che a Brondolo da Chioggia
conduce, anziché presentare ai viandanti la faccia come per lo innanzi,
presenti loro invece, la sua parte di
dietro, per il che pare quasi lasciata in
noncuranza e disprezzo: eppure poco
ci vorrebbe a togliere questo sconcio:
ma questo sia detto per incidenza.
Torniamo a noi. Non era questa
Cappelletta cosa tale da restarne appagata la devozione dei Chioggiotti. Una
Chiesetta , una capace Chiesetta stabilirono innalzare a gloria della Vergine
benedetta. Il Vescovo ed il Magistrato
della Città , tra i quali vi era in que’
tempi (tempi, già s’intende, di regresso, di tenebre, di ignoranza) una costante e totale concordia di sentimenti e di azioni, quando specialmente
trattavasi di cose che a Religione ed
a Pietà riferivansi, ben volentieri assecondarono il desiderio del popolo devoto, ed intanto furono d’avviso che,
per soddisfare alla devozione dei pellegrini che numerosi accorrevano ogni
giorno al lido avventurato, si innalzasse a breve distanza dal luogo dell’Apparizione una provvisoria Chiesetta di
tavole, dove, collocato un decente altare di legno, tosto s’incominciassero i
divini Uffizi; il che fu tosto eseguito e
(come si ha da autentiche memorie) il
giorno 16 luglio 1508, 20 giorni soltanto dopo il fatto prodigioso, parecchie
Messe vi furono celebrate.
Il Vescovo con Decreto del 20 luglio dell’anno stesso confermò ogni
cosa che pria a sola viva voce era stata
stabilita; nel quale stesso Decreto ordinò eziandio che la Chiesetta fosse
intitolata a Maria della Navicella, e
che al suo servizio fosse istituito un
Cappellano amovibile a suo beneplacito che dovesse ogni giorno celebrare ivi la messa, e le raccolte elemosine
ogni settimana versare in sue mani, o
di persona a ciò da sé designata. Ma
un Sacerdote solo era poco al bisogno
de’ fedeli ed al decoro di quel Santuario, per il chè fu preso e stabilito nel 22
gennajo 1511 fossero da eleggersi sei
Cappellani, e questi, due dal Vescovo, due dal Capitolo, e due dal Podestà d’accordo col Maggiore Consiglio;
quantunque, forse nell’anno 1600, si
tornò ancora all’elezione di un Cappellano solo.
Il vescovo e il podestà ascoltano la testimonianza di Baldassare Zalon (Andrea Vicentino, 1593)
IL NOSTRO FONDATORE
Il medesimo Prelato, annuendo alle istanze del Canonicale Capitolo con
un altro decreto che porta la data istessa del 20 luglio 1508 stabilì che detta
Cappellania fosse alla Mensa Canonicale incorporata: anzi, per togliere
cagione a futuri dubbj od opposizioni
che insorger potessero sulla validità
della decretata unione della Cappella alla Mensa Capitolare, tanto il Vescovo quanto i Canonici fecero istanza
alla Santa Sede per impetrarne la conferma e la ebbero dal regnante allora
Pontefice Giulio II con sua Bolla dell’8
settembre 1508. Questo ultimo fatto lo
veggiamo rappresentato in bellissimo
quadro che copre una delle pareti dell’Ufficio Parrocchiale del nostro Duomo; opera dell’esimio Benedetto Cagliari pittore Veronese, in cui veggonsi rappresentati nelle forme e fattezze
naturali tanto i nobili nostri cittadini
che a tale effetto si condussero in Roma, quanto i Prelati di quella Corte che
vi ebbero parte, conciossachè il Pittore
assieme de’ nostri si sia ivi recato per
potere rubare le naturali sembianze
di que’ personaggi per poi riprodurle
sulla tela.
Ma alla devozione dei fervidi
Chioggiotti troppo piccola riusciva la
detta Chiesa; idearono adunque la fab-
brica di un sontuoso e magnifico Santuario. Nel giorno pertanto 11 maggio
dell’anno 1511 il Vescovo Bernardino
Veniero accompagnato dal clero e dal
popolo si portò processionalmente al
luogo designato per la nuova fabbrica,
e colle prescritte cerimonie benedisse
e pose nei fondamenti la prima pietra
celebrandosi poscia la Messa Solenne.
E qui è il luogo di dire alcuna cosa
della prodigiosa Immagine di Maria
che adesso veneriamo nella Parrocchiale Chiesa di S. Giacomo. Rappresenta essa al vivo la Vergine vestita di
nero ammanto, in aspetto di grave mestizia, portante sulle ginocchia il mesto Figliuolo, come appunto degnossi
apparire al Baldissera.
È tradizione essersi Essa trovata
una bella mattina sopra l’altare o sulla
soglia della prima provvisoria Chiesetta, senza che mai si sia potuto saper
nè il Donatore nè l’Autore di così devota ed espressiva pittura. Quello che
è certo è questo, che fino da quando
la possediamo, cioè dall’anno 1509, fu
tenuta sempre in somma venerazione
da tutti, e come cosa venuta dal Cielo,
e che Maria si è degnata per suo mezzo
operare a prò de’ suoi devoti innumerevoli meraviglie. (continua)
Lo zocco (il legno)
7
IL NOSTRO FONDATORE
La palabra del Fundador
Aparición - Introducción a la segunda parte.
La narración de Padre Emilio sobre la Aparición continúa también en esta segunda
parte que corresponde a la tercera y cuarta de aquellas que fueron publicadas en el periódico La Fe, llaman la atención algunos fragmentos.
La narración continúa fiel a las vicisitudes ya mencionadas – después del milagro las
constataciones, las manifestaciones de devoción popular, la construcción del santuario,
la representación de la Dolorosa – pero apesar de esto Padre Emilio logra hacer propia la
historia, expresando dos principios muy importantes que se encuentran en varios artículos de La Fe como en la pequeña obra ya mencionada, Una visita a Chioggia.
Su intento preciso es, de hecho, hacer notar el valor que las iglesias de la ciudad custodian como patrimonio histórico-artístico, como documentación de la memoria ciudadana
no solamente religiosa sino también civil. Era significativo para Padre Emilio recordar
que la religión era importante para el crecimiento de la sociedad en los años en que la
tendencia del Estado liberal era marginar a la Iglesia.
Esto nos lleva a entender la importancia que él da a la antigua concordia entre el
Obispo y el Magistrado que se observó en aquella ocasión, con el augurio de que la colaboración entre las instituciones políticas y religiosas pudiera renovarse para lograr un
mismo resultado: el bien común.
Por eso aquellos tiempos no eran de tinieblas y de ignorancia como querían hacer
parecer los anticlericales del ochocientos, sino que eran en vez, significativas aquellas
relaciones que consolidaron la identidad de la ciudad.
Gina Duse
LA FE,
Año I n. 24 y 25,
domingos 9 y 16 de julio de 1876
Nuestra Virgen de Marina
(2da. Parte)
8
Recién fue divulgada en la ciudad
la prodigiosa Aparición de la Virgen
bendita, se encendió rápidamente en
todo el pueblo la antigua fe debilitada
por las malas costumbres y alcanzados
por un franco arrepentimiento de las
culpas que habían provocado el enojo
de Dios hacia ellos, se dedicaron a llorarle con un corazón sincero. Se suscitó entonces un acudir multitudinario
a los confesionarios, y una continua
peregrinación de la ciudad a la ribera tocada y santificada por los pies de
María agradeciéndole la misericordia
derramada hacia ellos y declarándose
eternamente sus fieles servidores y devotos, y la Virgen que no se deja vencer
nunca de ninguno, devolvioles el filial
obsequio que le fue dado, derramando al penitente pueblo Chioggiotto el
tesoro de sus gracias y favores, que a
buen derecho se pudo llamar Chioggia
y especialmente su ribera la tierra de
las misericordias de María.
Mientras tanto el Obispo, que era
entonces Bernardino Veniero, personaje docto cuanto pío y prudente,
como nos lo dicen las antiguas memorias no era un hombre que podría creer
fácilmente a lo que le venía expuesto
de un burdo hortelano, pero, considerando la situación bajo severo examen
y bien pensada y madurada, quiso que
el pío e ingenuo Baldissera le sellase
la cuestión con juramento. Pero no
se contentó el digno prelado sólo con
IL NOSTRO FONDATORE
esto, sino que convocando una procesión del Capítulo, del Clero y de todo
el pueblo hacia la ribera donde tuvo
lugar el acontecimiento, él mismo quiso ir, donde Dios hizole la gracia de
tocar con mano la verdad del maravilloso suceso, con todo esto además
del tronco o pedazo de leño marcado
con la cruz en el que se sentó la Virgen, vio mecerse graciosamente a poca
distancia de la ribera sobre las aguas
la Navecilla, la cual (como si por los
procesos instituidos sobre el hecho) se
alejaba todas la veces que alguno entraba en el mar para aferrarla y si éste
retrocediese ella se acercaba.
El día preciso de la dicha procesión
no se sabe, pero ciertamente fue poco
Pellegrinaggio alla Madonna della Navicella (2008)
después de la Aparición. Esta procesión
y el prestar juramento de Baldissera ante el Obispo, el Clero y el Magistrado, lo
vemos representado en dos grandiosas
telas pintadas, la primera por Alvise
Benfatti sobrino del célebre Paolo Veronese, la segunda por Andrés Vicentini, pintores del siglo XVI, tales cuadros
cubren todo lo largo de las espaciosas
paredes de nuestra catedral.
Y aquí hacemos válida una observación; y aunque si al momento no se
ve grabado en el bendito tronco el signo de la cruz bañada de rojo, eso no
quita que desde el principio no estuviese; y a nuestro parecer Dios quiso
imprimirle aquel signo para dar fuerza y fe a lo que narró Baldissera, que
a saber la Virgen sobre él se posó, que
por lo demás no era
una sorpresa que se
encontrara en la ribera un fragmento
de árbol arrojado por
la olas después de
una tempestad como aquella de aquel
24 de junio. La cruz,
después de la inspección hecha por el
Obispo y por otros,
que al inicio se mencionó,
desapareció
y no retornó más,
puesto que no era ya
necesaria y queda la
tradición constante
que no deja lugar a
dudas; y Bartolomeo
Malombra que vivió
en 1500 (el cual nos
pintó un bonito cuadro representando a
Cristo en el acto de
fulminar a Chioggia,
que se detuvo por las
9
IL NOSTRO FONDATORE
Pellegrinaggio alla Madonna della Navicella (2008)
10
oraciones de María, que se conserva
también en la sacristía de nuestra Catedral) en un pequeño poema por él
escrito en octava rima impreso en 1579
en el que cuenta el hecho de esta Aparición nuestra, canta así:
La cruz que sobre el leño era de sangre
después de algunos días con la Navecilla desaparece...
No fueron suficientes para Chioggia los signos de gratitud, aquellos
ya citados, mostrados hacia su Liberadora María, mas quiso que durase
eternamente la memoria del portentoso acontecimiento. Y primero donde
estuvo el precioso leño sobre el que se
posó María, debiose colocarlo en lugar
decente y reservado, y por lo tanto una
pequeña Capilla fue pronto construida cerca del lugar de la Aparición, que
a éste custodiara.
Esta Capillita, restaurada o mejor
dicho, reconstruida en 1813, es aquella que nosotros llamamos vulgarmen-
te el capitel de María.
Verdad es que deja mucho que desear al presente que, dicha Capilla, después de la desviación que se realizó
hace dos años de la carretera que va
de Chioggia a Bróndolo, en vez de presentar a los caminantes la fachada al
frente se las presenta por detrás, por lo
que pareciera que fue dejada a descuido y desprecio: y sin embargo poco
bastaría para eliminar este error: pero
todo esto sea dicho entre paréntesis.
Volvamos a donde estábamos. No
era esta la Capilla cosa tal de saciar
la devoción de los Chioggiotos. Fue
una pequeña Iglesia, pero una iglesia,
a que establecieron erigir para gloria
de la Virgen bendita. El Obispo y el
Magistrado de la ciudad, en los que
existía en aquellos tiempos (llamense
tiempos de decadencia, de oscuridad,
de ignorancia) una constante y total
concordia de sentimientos y de acciones, especialmente cuanto se tratase
IL NOSTRO FONDATORE
de cosas de religión y piedad, de buen
grado secundaron el deseo del devoto
pueblo, y en tanto fueron del parecer
que, para satisfacer la devoción de los
numerosos peregrinos que acudían
cada día a esta ribera, se construyera
muy cerca del lugar de la Aparición
una iglesia muy pequeña provisional,
hecha de madera, donde se colocase
un altar decente de leño y pronto se
comenzara el culto divino. Pronto fue
realizado y (come se constata en memorias auténticas) el día 16 de julio de
1508, solo veinte días del hecho prodigioso, varias misas fueron celebradas.
El Obispo con decreto del 20 de julio del mismo año confirmó cada una
de las cosas que primero sólo de palabras había sido establecida; en ese
mismo decreto ordenó que la iglesia
fuera llamada Maria della Navicella
(María de la Navecilla), y que estuviera a su servicio un sacerdote fijo,
que tendría que celebrar cada día ahí
la misa y las limosnas recaudadas fueran entregadas en sus manos o dadas
a la persona por él designada. Pero
un solo sacerdote era insuficiente para las necesidades de los fieles y para
el decoro requerido del santuario, por
lo que fue decidido y establecido el 22
de enero de 1511 que fueran elegidos
seis sacerdotes, dos por el Obispo, dos
por el Capítulo, dos por el alcalde de
acuerdo con el Consejo Mayor, aunque si, hacia el año 1600, se regrezó a
la elección de un solo sacerdote.
El mismo prelado, consintiendo a
las solicitudes del Canonical Capítulo,
con otro decreto que lleva la misma
fecha del 20 de julio de 1508 estableció
que dicha Capellanía fuera incorporada al Comedor Canonical: mas bien,
para no dejar motivos de dudas o para evitar oposiciones sobre la validez
de la decretada unión de la Capilla al
Comedor Capitular, tanto el Obispo
como los canónicos hicieron instancia
a la Santa Sede para obtener la ratificación y la obtuvieron del pontífice de
entonces, Julio II, con la Bula del 8 de
septiembre de 1508.
Este último hecho lo vemos representado en el bellísimo cuadro que
cubre una de las paredes de la oficina
parroquial de nuestra catedral; obra
del eximio Benedetto Calegari, pintor
Veronés, en el que están representadas
las formas y facciones naturales tanto
de nuestros ciudadanos nobles, que a
tal efecto se dirigieron a Roma, como
de los prelados de aquella corte, que
con todo esto el pintor junto con los
nuestros también participó para poder robarles las naturales semblanzas
a aquellos personajes para después reproducirlas en la tela.
Pero para la devoción de los fervorosos Chioggiotos demasiado pequeña resultó dicha iglesia, entonces
proyectaron la construcción de un
suntuoso y magnífico Santuario. Por
lo tanto el día 11 de mayo del año
1511 el Obispo Bernardino Veniero
acompañado del clero y del pueblo se
dirigió procesionalmente al lugar designado para la nueva construcción y
con las prescritas ceremonias bendice
11
IL NOSTRO FONDATORE
Santuario della Madonna della Navicella - celebrazione eucaristica (2008)
y pone la primera piedra y después celebrose la primera Misa Solemne.
Cabe decir algo en este momento
de la prodigiosa imagen de María que
actualmente veneramos en la iglesia
parroquial de Santiago Apóstol. Ésta
representa la Virgen, como fue vista,
cubierta con un manto negro, con aspecto de grande tristeza, con el Hijo en
las rodillas, tal y como se dignó aparecérsele a Baldissera.
Es tradición que ésta fue encontra-
12
da una bonita mañana sobre el altar o
sobre los escalones (umbral) de la primera iglesia provisoria, sin que nunca se supiese ni el donador ni el autor
de esta devota y expresiva pintura.
Aquello que es cierto es que desde que
la poseemos, es decir del año 1509, fue
conservada siempre con grande veneración de todos, como cosa venida del
Cielo, y que María se dignó actuar, en
pro de sus devotos, innumerables maravillas. (continuará)
PAGINA DELLA CHIESA
La cultura dell’attenzione
Avere attenzione alle persone significa scoprire l’uomo nella sua
originalità e varietà e guardare a Dio nella sua vertiginosa libertà
di aprirsi a ogni creatura.
A undici anni ho conosciuto un sacerdote mandato dalla Provvidenza
nella curazia dove frequentavo la domenica. Era giovane. Non solo ci faceva cantare e pregare, ma anche giocava a calcio con noi ragazzi; esperto
nel dribblare, talvolta si divertiva a nascondere tra piede e piede il pallone,
abbassando a campana la veste talare;
organizzava i nostri spettacoli teatrali,
il grest estivo e le escursioni in bici o in
battello sul Po. Incontrava facilmente i
nostri gusti.
Non solo, ma avvicinava le famiglie e gli adulti (in anni ancora di
separatezza), familiarizzava con gli
operai dei campi, condividendo con
loro talvolta lo stesso lavoro manuale. Ora, ultraottantenne, è ancora sulla
breccia: missionario bene amato a Teresina-Piaul in Brasile. Mi sono chiesto più volte quale fosse e quale sia il
segreto di tanta entratura. Col tempo
ho capito che la sua ‘attenzione a tutti’
era una nota costante della sue giorna-
te piene di lavoro e di preghiera, come
quelle di Gesù.
D’altra parte Gesù per primo ha
mostrato una straordinaria attenzione
agli altri: si pensi al suo incontro con
la Samaritana (Gv 4,5-39), con il centurione romano (Lc 7,1-10), con la donna
cananea (Mt 15,21-28), con Pilato (Gv
18,28-19,1) e con altri. La condivisione
di Gesù con gli emarginati è un volto
preciso della Chiesa che Gesù sognava. Per lui il fattore decisivo è l’uomo.
Sembra che perfino la religione (almeno quella formalistica del giudaismo)
vada in secondo ordine. In grazia dell’uomo egli relativizza elementi religiosi come la legge (Gv 8,1-11), il culto
(Lc 10,25-37), il tempio e il sabato (Mt
12,1-8), la tradizione (Mc 7,1-13). Attenzione a ogni uomo, comprensione
per ogni persona, misericordia per
ogni creatura: sono caratteristiche dello stile relazionale di Gesù.
La lavanda dei piedi (Gv 13,1-7) rimane gesto emblematico di una cultu-
13
PAGINA DELLA CHIESA
14
ra dell’attenzione. Perciò la predisposizione a lavare i piedi nella reciprocità caratterizza l’atteggiamento di fondo dell’esistenza cristiana, rapportata
al prossimo.
Avere attenzione anche alle persone di altra fede e di altra cultura significa scoprire l’uomo nella sua originalità e varietà, guardare a Dio nella sua
vertiginosa libertà di aprirsi a ogni
creatura, apprezzare anche le altre
religioni nelle loro diverse forme (sia
pure culturalmente condizionate) di
proporre l’incontro Dio-uomo.
L’elemento base di una cultura
dell’attenzione sta nel riconoscimento della diversità e della molteplicità
delle vie della grazia. La varietà delle
religioni va vista non come disgrazia
ma come promessa, non come sfortuna ma come dono, non come disorientamento dello spirito umano ma
come ricchezza dell’incontro fra Dio
e l’uomo. Siamo fratelli e sorelle in
cammino con persone d’altra fede,
con le quali condividiamo l’esperienza di fede.
Perciò il dialogo diventa metodo
dell’annuncio e il nostro cuore il primo terreno di missione. L’attenzione
alle persone d’altra fede non è un’ovvietà. Spesso le trattiamo come estranee, dato che i pregiudizi religiosi e le
tendenze culturali ingenerano paura.
E in un rapporto appesantito da paure
l’altro non si sente accettato, e la stessa vita sociale viene turbata da inutili
sospetti. Su questo terreno le nostre
comunità cristiane hanno un ruolo
profetico da svolgere. Con la forza del
vangelo noi cristiani siamo chiamati a
sviluppare una contro-cultura, connotata dall’attenzione verso le persone di
fede diversa e dal rispetto per gli estranei. D’altronde un rapporto spontaneo e rispettoso con gente d’altra fede
conferisce dignità alla nostra esistenza
di uomini; è un segno di rispetto anche alla variegata azione dello Spirito
di Dio nel cuore umano.
Secoli addietro l’Europa fu un continente interamente cristiano, ora non
più: l’Europa diventa via via una società pluralistica. Questa trasformazione va vista come grazia e dono. È
grazia – sulla base della fede cristiana – accogliere con rispetto le persone
d’altra fede, dimostrare attenzione ai
loro testi sacri, alle loro usanze, ai loro
simboli religiosi. Spezzare il pane an-
PAGINA DELLA CHIESA
che con loro può diventare dono per
tutti: un dono che apre all’Europa e al
futuro della Chiesa, chiamata a confrontarsi con le diversità anche in altri
continenti.
Probabilmente anche per questi
valori sono morti monsignor Romero
in America latina, don Andrea Santoro in Turchia, l’arcivescovo caldeo
Rahho in Iraq e in altri luoghi altri
martiri del nostro tempo: l’attenzione
e il dialogo tingono talvolta di rosso la
strada della fede.
Giuliano Marangon
síntesis
La cultura
de la atención
El elemento básico de una cultura
de la atención es el reconocimiento de
la diversidad y de la multiplicidad de
las vías de la grazia. La variedad de las
religiones tiene que verse como promesa, como don, como riqueza del encuentro entre Dios y los hombres. Somos hermanos y hermanas en camino
con las personas de otra fe, con las cuales compartimos la experiencia de fe.
Por otra parte, Jesús es el primero en mostrarnos una extraordinaria
atención hacia los otros: si piensas al
encuentro con la Samaritana (Jn 4,539), con el centurión romano (Lc 7,110), con la mujer cananea (Mt 15,21-28),
con Pilatos (Jn 18,28-19,1) y con otros.
El compartir de Jesús con los marginados es un rostro específico de la iglesia que Jesús soñó. Para él el factor decisivo es el ser humano y pareciera que
hasta la religión (al menos el judaismo
formalista) la pone en segundo lugar.
En orden al ser humano, él relativiza
elementos religiosos como la ley (Jn
8,1-11), el culto (Lc 10,25-37), el templo y el sábado (Mt 12,1-8), la tradición
(Mc 7,1-13). La atención hacia cada ser
humano, la comprensión hacia cada
persona, la misericordia hacia cada
creatura: son características del estilo
con el que Jesús se relacionaba.
El lavatorio de los pies (Jn 13,1-7)
queda como gesto emblemático de la
cultura de la atención. Por esto la predisposición a lavar los pies en la reciprocidad, caracteriza la actitud fundamental de la existencia cristiana, con
relación al prójimo.
Con la fuerza del Evangelio nosotros estamos llamados a desarrollar
una contracultura, caracterizada por
la atención hacia las personas de fe y
por el respeto a los no creyentes.
15
PAGINA MARIANA
Donne di contrade sconosciute
Quest’anno, durante la formazione permanente in Italia, che si è svolta in due momenti uno nella casa di spiritualità a Crespano del Grappa e l’altro nella comunità Ecce
Ancilla a Chioggia, ci hanno aiutato suor Paola e la professoressa Giuliana a riflettere
sul tema: incontrare il dolore da Sara a Maria. Proponiamo in sintesi una prima parte
dei loro interventi.
Le donne di “contrade sconosciute” non sono figure di primo piano, ma sono
ugualmente importanti nel piano di Dio, perché divengono strumenti e solchi
della Provvidenza attraverso cui passa lo Spirito di Dio. Sono donne di periferia.
La periferia è la geografia preferita da Dio. Così Dio ha agito con Santa Maria, la
donna che è prefigurata in tutte le donne dell’Antico Testamento, la donna che
è l’anello che congiunge i tempi dell’Antico e del Nuovo Testamento e si colloca
nella “pienezza dei tempi”.
SIFRA e PUA
Due donne accanto alla vita che nasce (Es
1,7-21).
La centralità dell’Esodo nella memoria di Israele giustifica la scelta di
anteporre due donne di questo libro
16
alle figure femminili di altre pagine
bibliche.
È con l’Esodo che Israele diviene
una nazione (cfr. Es 19) ed acquista la
fisionomia di popolo eletto. Oppres-
sione, liberazione o riscatto sono le
coordinate fondamentali della lettura
che il popolo farà della propria storia
connotando la comprensione di Dio e
l’intera esperienza religiosa. Da blande misure iniziali, si arriverà a vessazioni schiavizzanti verso il popolo di
Israele che diventa quasi prigioniero:
lavori forzati, ogni sorta di lavoro nei
campi, restrizioni e durezza di vita.
Infine ecco l’ordine spietato di
sopprimere tutti i nuovi nati di sesso
maschile, per estirpare la pianta di
un popolo troppo prolifico rispetto al
modesto tasso di crescita degli egiziani. Il comando è chiaro: il destino degli
israeliti è di essere eliminati dalla terra
egiziana.
Il re d’Egitto, di cui non viene detto
il nome, dice alle levatrici degli Ebrei,
delle quali invece si dice il nome, Sifra e Pua (Es 1,15): “Quando assistete
al parto delle donne ebree, osservate
quando il neonato è ancora tra le due
sponde del sedile del parto: se è maschio, lo farete morire, se è femmina,
potrà vivere” (Es 1,16).
La scelta del faraone è uno spietato
genocidio. Alla sua risoluta decisione
si oppone quella coraggiosa e astuta delle due donne ebree che non si
rendono strumenti del re, per la sua
politica demografica. La loro apparizione è breve, ma significativa. Esse
non vogliono rendersi complici di un
uomo di governo che facendo scelte
di morte, vuol sostituirsi a Dio datore
della vita.
Dio origina la vita e di questo loro
hanno coscienza perché il testo dice:
“temettero Dio” (v. 17a). Il timore di
Dio diviene in loro rispetto per la vita
perché, similmente a Lui, conoscono il
“peso” di generare e di trarre alla vita.
Sanno quanto sia prezioso il loro compito e quanto sono prossime al mistero
che nella donna, ma prima ancora in
Dio, origina e chiama alla vita. È per
questa prossimità al mistero della vita che in loro è grande il timore, ed è
per il loro compito di levatrici che non
possono obbedire al Faraone. Per questo la levatrice, ma anche ogni donna
che sopprime la vita, manca di timore
di Dio e ferisce se stessa là ove è riposto il suo peso specifico.
Da qui il coraggio della disobbedienza: “non fecero come aveva loro
ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini” (v. 17b); il loro è un
non-fare (che è già un fare), una disobbedienza che è una decisione, una non
obbedienza che è libertà. Con il loro
gesto esse hanno tagliato il cordone
ombelicale tra il potere e la morte ed
hanno arrestato il dolore.
Alla richiesta da parte del Faraone
di una motivazione, le levatrici rispondono: “Le donne ebree non sono come
le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!” (v. 19).
Sifra e Pua sfidano il Faraone attraverso l’inganno, la finta ingenuità, la
salda determinazione nascosta sotto
l’arrendevolezza apparente. A loro si
può applicare la definizione evangeli-
17
PAGINA MARIANA
ca di Matteo: “Furbe come serpenti e
semplici come colombe” (10,16). Sono
donne che si fanno antesignane dello
stile di libertà portato da Cristo.
La disobbedienza delle levatrici
è la loro responsabilità verso la vita
usata contro il potere irresponsabile
del Faraone, un potere di morte. Esse lo contrastano mettendo a repentaglio la propria vita, per stare dalla
parte della vita (paradosso), certe che
la loro disobbedienza è giusta, perché
sanno che obbediscono a Dio piuttosto che agli uomini (cfr. At 5,29). E tanto più gli ordini umani sono precisi,
tanto più ha spessore la loro disobbedienza, la loro testimonianza di donne
giuste, la grande libertà e forza morale di “agire contro”, in virtù della loro
coscienza che le porta a temere Dio, a
valutare ciò che è giusto ai suoi occhi.
Conseguenza del dolore di morte
che esse sanano e colmano, della vita che salvano e quindi della gioia che
danno alle madri, è altra vita. Le don-
ne come Dio sono per la vita.
“Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte”
(v. 20).
La vita straripa quasi dalle donne
ebree, perché la desiderano, la accolgono e la rispettano. Ne sono talmente
piene che la donano spontaneamente
senza aiuti esterni e, se levatrici, non
temono di offrirla per altre nuove vite.
Benedizioni di vita senza misura per
coloro che hanno rischiato disobbedendo senza titubanze.
“E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una famiglia
numerosa”(v. 21). Chi teme Dio, in
Dio trova la sua forza, non ha bisogno
di puntelli umani e rischia tutto. Si deve disobbedire dunque e rischiare anche la vita per amore della vita, della
vita indifesa e offesa soprattutto, perché è sacra, perché Dio ne è l’autore.
Chi teme Dio ama e chi ama non ha
paura. Nell’amore non c’è paura perché “l’amore vince la paura” (Edith
Stein).
Sifra e Pua, rischiano la loro vita
disobbedendo al re per salvare vite
nascenti e in cambio ottengono “una
misura pigiata, traboccante” (Lc 6,38)
di vita futura. Se semini vita raccogli
vita. Se sei benedizione sarai benedetto e porterai benedizione.
Ogni figlio è il frutto benedetto del
grembo di una donna, come lo è stato
Gesù, il frutto benedetto del grembo
di Maria (Lc 1,42).
Maria serva della vita, serva di quel
figlio che non sarebbe stato per lei, ma
un figlio donato all’umanità. In questo
dono sta l’amore e il dolore di Maria.
Sifra e Pua sono madri dei figli che
vedono nascere, perché li traggono alla vita, non alla morte come voleva il
re. Così è stato per la Vergine Maria
con Gesù, venuto non per lei, ma perché noi avessimo la vita in abbondan-
RICORRENZE
za (cfr. Gv 10,10).
La Vergine ha accolto il Figlio di
Dio nel suo grembo… ed è sempre stata fedele alla vita, all’accoglienza della
volontà di Dio anche quando comportava avversità e rifiuto umani. L’angelo le aveva detto: “Non temere Maria”
(Lc 1,30)… Ella si è fidata di Dio, a cui
nulla è impossibile, il Dio di Abramo,
di Isacco… il Dio di Sifra e di Pua… il
Dio che fa fiorire il deserto.
Nel Figlio di Maria diventiamo figli
di Dio, come se in Gesù la Madonna ci
avesse portati tutti in grembo con la
sua maternità allargata. Maria ha rischiato in nome della vita, della Vita
che non avrà mai fine. Grazie a lei madre della vita.
suor Paola Barcariolo
síntesis
Sifrá y Púa
Dos mujeres junto a la vida que nace (Ex
1,7-21).
Este año, durante la formación permanente en Italia, que se llevó a cabo
en dos momentos, uno en nuestra casa de espiritualidad “Santa María del
Covolo “ en Crespano del Grappa y el
otro en la comunidad “Ecce Ancilla”
en Chioggia, guiados por sr Ma. Paola Barcariolo y la Profesora Giuliana
proponiéndonos el tema: “Encontrar
el dolor de Sara a María”.
Las mujeres de “calles desconocidas” no son figuras de primer plano,
pero igualmente son importantes en
el plan de Dios, porque se vuelven
instrumentos y canales de la Providencia a través de los cuales pasa el
Espíritu de Dios. Santa María es la
mujer prefigurada en todas las mujeres del Antiguo Testamento, es el anillo que une los tiempos del Antiguo y
Nuevo Testamento.
La centralidad del Éxodo en la me-
19
PAGINA MARIANA
20
moria de Israel justifica la elección de
anteponer dos mujeres de este libro a
las figuras femeninas de otras páginas
bíblicas.
El rey de Egipto, cuyo nombre no
viene enunciado, dice a las parteras de
los Ebreos, de las cuales si se dice el
nombre, Sifrá e Púa (Ex 1,15): “Cuando asistirán a las hebreas, fijense bien
en el momento en que dan a luz: si
es niño, háganlo morir; y si es niña,
déjenla con vida” (Ex 1, 16).
La decisión del faraón es un despiadado genocidio. A su firme decisión se opone aquella valorosa y astuta de las dos mujeres hebreas que no
se vuelven instrumentos del rey. Su
aparición es breve, mas significativa.
Ellas no quieren hacerse cómplices de
un hombre de gobierno que, haciendo
elecciones de muerte, quiere sustituir
a Dios dador de la vida.
A la petición de una motivación de
parte del Faraón, las parteras responden que “las hebreas no son como las
egipcias. Son más robustas y dan a luz
antes que llegue la partera” (v. 19).
La desobediencia de las parteras es
responsabilidad hacia la vida usada
contra el poder irresponsable del Faraón, un poder de muerte. Ellas lo obstaculizan poniendo en peligro la propia vida, para estar de parte de la vida,
seguras que su desobediencia es justa,
porque saben que obedecen a Dios en
vez de los hombres (cfr. Hch. 5, 29).
Cada hijo es el fruto bendito del
vientre de una madre, como lo fue
Jesús, el fruto bendito del vientre de
María (Lc 1, 42). María es sierva de la
vida, sierva de aquel hijo que no sería
para ella, sino un hijo donado a la humanidad. En este don está el amor y el
dolor de María.
Sifrá y Púa son madres de los hijos
que ven nacer, porque los traen a la vida, hijos que de ellas no serán jamás.
Así fue para la Virgen María con Jesús,
que vino no para ella, sino para que
nosotros tuvieramos la vida en abundancia (cfr. Jn 10, 10).
La Virgen acogió el Hijo de Dios en
su vientre y fue siempre fiel a la vida,
a la acogida de la voluntad de Dios,
aún cuando comportaba adversidades
y rechazos humanos. El ángel le había
dicho: “No temas María” (Lc 1, 30).
Ella confió en Dios, al cual nada
es imposible, el Dios de Abraham, de
Isaac… el Dios de Sifrá y Púa… el Dios
que hace florecer el desierto. En el Hijo
de María somos hijos de Dios, como
si en Jesús nos hubiera llevado en el
vientre con su maternidad alargada.
APPROFONDIMENTI
Il dolore coraggioso dei curati
Il vero maestro deve trarre dal proprio discepolo la verità
che questi già in cuore possiede ma che ancora non sa.
La vicenda delle due levatrici che
aprono il libro dell’Esodo, Sifra e Pua,
non è molto nota al “grande” pubblico
che comunemente frequenta le chiese,
e se lo è, è marginale rispetto alle vicende, e ai relativi protagonisti di Esodo. Nella fattispecie sono molto più
note la figlia del faraone e la giovane
Miriam, che salvarono il piccolo Mosé;
ma solo quelle due levatrici avevano
impedito il genocidio ordinato dal faraone, a monte dello stesso Mosé.
La figura della levatrice avrebbe
costituito il modello del maestro in
Socrate, figlio di una levatrice, il quale
avrebbe definito maieutica la propria
arte pedagogica perché, come la levatrice aiuta il bambino a nascere, ma
non lo crea, così il vero maestro deve
trarre dal proprio discepolo la verità
che questi già in cuore possiede ma
che ancora non sa.
Il parto comporta dolore e la levatrice è figura di chi per vocazione si
pone al servizio della sofferenza altrui
non per impedire il soffrire, ma per
aiutare chi soffre a contenere e finalizzare il dolore. Per questo ella dovrebbe essere modello di ogni curante.
Oggi i curanti sono troppo presi dal
“guarire” e quindi dall’aver successo
sulla malattia, tanto che vogliono aver
successo anche sul dolore.
Ne consegue troppo spesso (e in via
purtroppo prevalente) che l’attenzione
del curante è catturata dall’analisi dei
sintomi e dall’applicazione coerente
di rimedi, mentre il dolore connesso
alla malattia (e anche alle stesse cure:
i famosi effetti collaterali) è disatteso,
inascoltato e il sofferente abbandonato
alla propria grave fragilità. Eppure dal
dolore si può soccombere.
La medicina nata per accompagna-
21
RICORRENZE
22
re la malattia, fino alla morte, è oggi
diventata una medicina che a tutti i
costi si identifica soltanto con la guarigione, e non ascolta più il dolore. Anche la psicoterapia, purtroppo e con
mia grande sorpresa, si sta avviando
sulla stessa strada, ed essa continua
ad affinare tecniche del controllo della
sofferenza, della sua (spesso illusoria)
soluzione, mentre rinuncia sempre
più al compito di comprendere quali
sono i veri fattori della terapia.
Curare infatti significa porsi accanto all’altro facendosi “protesi” soltanto di ciò in cui l’altro è impedito, dal
dolore o dalla sua condizione, ma lasciando a lui la padronanza della propria pienezza umana.
Questo significa cogliere il valore
dell’altro per ciò che egli rimane o per
ciò che gli rimane, pur nella condizione di malattia (o di disagio sociale) e
fino al suo limite (che può essere la
sua stessa morte, la sua invalidità permanente, oppure e magari, il suo essere realmente un assassino). Ma per
sostenere l’altro, il suo essere uomo,
indipendentemente dalle condizioni
in cui versa, occorre allenare il proprio sguardo a scendere negli abissi
del cuore umano, senza paura. E questo movimento è l’esatto contrario
della tendenza odierna a un progresso
infinito per cui, basta che ci sia qualcosa da fare, che deve essere fatto, senza
spesso analizzarne i costi o le conseguenze. Certa scienza è purtroppo diventata nient’altro che questo.
È qui che il confronto con il Dio
biblico diventa necessario per ogni
curante o terapeuta, anche se poi egli
vorrà chiamare il proprio assoluto
in altro modo. Qual è infatti la forza
che sorregge un curante nel chiamare
ancora “uomo” un essere degradato,
senza mente, rudere agli occhi altrui,
e anche a se stesso, oppure che si presenta con le mani macchiate di un assassinio?
Nessuno nega che questa forza sia
l’amore come evidenza soggettiva ed
esperienziale di quel principio mai dimenticato che è l’idea di Bene.
E cos’è il Dio biblico se non quel Bene che interpella personalmente e che
non teme di incontrare ognuno anche
in quello che si ritiene disumano (come certe malattie) o che addirittura uccide la vita? Nel Figlio ucciso violentemente Dio incontra il nostro sguardo
APPROFONDIMENTI
assassino, purché lo alziamo da terra.
Ebbene, per chi aiuta si tratta di
porsi su questo asse di Dio che guarda
all’uomo ed è disposto a scendere fino
al punto più basso pur di risollevarne
la vita (Gv 17). Il problema infatti non
è il male (come malattia o violenza): il
problema è che ogni stato dell’uomo
deve essere ricondotto nella vita e al
significato che essa ha nell’uomo.
La vita nell’uomo non è solo organica, o animale, ma è anche protesa
verso gli altri e verso l’Assoluto. Le
religioni sono il luogo dove l’uomo
apprende i modi per costruire il suo
rapporto personale con l’Assoluto e lo
può assieme agli altri.
Le due levatrici non sono state brave, né eroiche, anche se hanno rischiato la loro vita: esse semplicemente
hanno ascoltato l’ordine del faraone e
si sono accorte che questo non rientrava nella totalità della loro esperienza,
che era al servizio della vita. Esse si
sono attenute al senso della loro esperienza tanto più che, se avessero obbedito al faraone, non avrebbero aiutato
il dolore delle madri, ma lo avrebbero
aggravato. Cosa infatti aiuta la donna
a tollerare il dolore del parto che, si sa,
è uno fra i più gravi? Il fatto che ella
non è da sola, ma è col suo bambino e
la levatrice ricorda spesso alla madre
che il suo soffrire è legato allo sforzo
del bambino per nascere.
La lingua ebraica, nella sua profondità idiomatica e ideogrammatica, traduce le doglie del parto con (c)habel
che diversamente vocalizzato (chebel)
significa corda, fune. Chi ha vissuto le
doglie del parto può ben dire che esso è ben figurato da spire di cordame
che avvolge e stringe; ma non solo, il
dolore del parto è un dolore legato allo sforzo del bambino, e al suo dolore,
anche se egli non ha ancora un sistema
nervoso abbastanza integrato per sen-
tirlo come suo. Il piccolo infatti lo sente ma nella gran parte non lo rapporta
a sé stesso (perché il Sé, per come noi
lo intendiamo, verrà soltanto dopo).
Quelle corde del termine ebraico allora dicono che lo sforzo del bambino è
strettamente legato alla capacità della
madre di accompagnarlo, di adattarsi
alle fatiche del bambino per nascere;
e le ostetriche sanno molto bene questo, e dicono ad ogni partoriente che il
bambino godrà e avrà dei vantaggi se
la madre saprà fare questo. Loro aiutano la madre a fare questo, e in genere
si ha una buona nascita. Allora quelle
corde, pur in mezzo al grande dolore,
diventeranno sinergiche, come le briglie di una pariglia galoppante, come
corde di un liuto: in entrambi i casi il
prodotto sarà l’armonia di un trotto, o
di una musica.
Armonia nel dolore? Sì, e più che
mai, perché il dolore è sempre la conseguenza di una rottura in un equilibrio: un amore tradito, un corpo che
23
APPROFONDIMENTI
vacilla, una parte che perde il suo
funzionamento all’interno dell’intero
corpo; ...talvolta quella primitiva armonia non sarà più ricostruibile, … e
questo causerà ulteriore dolore che si
sommerà a quello primario… ma… il
problema rimane l’armonia, da ritrovare, o ricostruire ex novo attraverso
nuove vie.
Ecco, le nuove vie: queste verranno
sempre dall’incontro con altri, quegli
altri sempre in qualche modo maieutici (levatrici) che, magari senza saperlo,
si porranno accanto a noi supportandoci dove non possiamo, cosicché noi
ritroviamo la nostra creatività e scopriamo nuove soluzioni.
E poi il ritmo: la levatrice aiuta la
madre a controllare il dolore attraverso il ritmo (del respiro e delle spinte).
Quando in sede post-universitaria ci
si è interrogati su quale sia il fattore
curativo della psicoterapia, ci si è detti
che certamente una parte centrale aveva la cadenza regolare degli incontri
con qualcuno che ascoltasse; ciò che
era disperazione veniva diluita in tempi ritmici all’interno dei quali nasceva
la fiducia e la consolazione; ne seguiva
la visione nuova e un nuovo apprendi-
24
mento rispetto alla propria vita.
Ma la regolarità, l’ascolto, il ritmo…
e la conseguente fiducia non sono forse ciò che ha anche a che fare, almeno
all’inizio, con la preghiera rituale?...
Allora… quale conclusione?
Da molto tempo ormai penso che il
cuore delle tante sofisticate cure (certamente funzionali) nella società d’oggi sia lo stesso dell’antica preghiera…
e ben lo sanno coloro che si rivolgono
alle pratiche curative orientali… E dove è andata a finire la nostra preghiera
ebraico-cristiana? Occorrerà recuperarla scientificamente?
Ricordiamo che se la scienza è nata
dal pensiero greco, mentre l’attenzione a renderla utile a tutti i sofferenti è
valore del cristianesimo…è il cristianesimo che pratica l’aiuto ai deboli
come via a Dio. Aiutare e curare sono
modi della pietà e modi della preghiera... Questa non è opera nostra ma in
essa noi (curanti e curati) poniamo la
nostra esistenza nell’Assoluto, per noi
il Dio personale (tanto più personale
perché nel dolore, più che mai, ognuno di noi si ritrova con il più intimo sé
stesso).
Giuliana Fabris
APPROFONDIMENTI
síntesis
El dolor intrépido
de los que han sido
sanados
La historia de las dos parteras que
abre el libro del Éxodo, Sifrá e Púa, no
es muy conocida al «grande» público
que comunmente frecuenta la iglesia.
Son mucho más conocidas la hija del
faraón y la joven Miriam que salvaron
al pequeño Moisés, pero sólo aquellas
dos parteras impidieron el genocidio
ordenado por el faraón antes del nacimiento del mismo Moisés. El parto
comporta dolor y la partera es figura
de aquellos que, por vocación, se pone
al servicio del sufrimiento del otro no
para impedir el dolor sino para ayudar a quien sufre, para ayudarlo a contener y finalizar el dolor. Por eso ella
debe ser modelo de todo médico.
La medicina nació para acompañar
la enfermedad, hasta la muerte, hoy
esta medicina se identifica solamente con la sanación y ya no escucha el
dolor. También la psicoterapia, desafortunadamente y con grande sorpresa, se está dirigiendo hacia la misma
dirección. Sanar, en efecto, significa
estar junto al otro haciéndose «próte-
sis» solamente en la invalidez del otro,
por el dolor o por su condición, pero
dejando a él el dominio de la propia
plenitud humana.
Pero para sostener al otro, independientemente de la condición en la
cual esté, se necesita ejercitar la propia mirada para que logre descender
a los abismos del corazón humano, sin
miedo. Es aquí que el confrontarse con
el Dios bíblico es necesario para cada
médico o terapeuta, aunque si después
éste llama al absoluto en otro modo.
Ninguno niega que la fuerza que sostiene a un médico para poder llamar
todavía «hombre» a un ser degradado,
sea el amor como evidencia subjetiva y
esperiencial de aquel principio nunca
olvidado que es la idea de Bien. ¿Y que
cosa es el Dios Bíblico si no aquel Bien
que interpela personalmente y que no
teme de encontrar a cada uno aun en
aquello que se considera deshumano
o que directamente mata la vida? En
el Hijo asesinado violentamente Dios
encuentra nuestra mirada asesina, con
tal de que nos alzemos de la tierra.
Y bien, para quien ayuda se trata de
ponerse en este eje de Dios que mira al
hombre y está dispuesto a descender
al punto más bajo con tal de elevar la
vida (Jn 17).
Ravviva il dono...
Tu porti un sogno,
ti anima una irresistibile
voglia di vivere,
di fare qualcosa di grande.
Hai un bisogno di amare,
per esprimere il meglio
di te stesso?
Non lasciarti abbattere
perché il tuo sogno è vero!
Giovane ravviva il dono
che è in TE!
Noi Serve di Maria
vogliamo seguire Gesù,
ispirandoci a Maria,
Madre e Serva del Signore,
accanto alle infinite croci
dove Egli è ancora crocifisso
nei suoi fratelli.
Voi realizzare questo ideale
di fraternità, di servizio
e di amore Maria?
Per Te Giovane…
Weekend
15-16 Novembre 2008
17-18 Gennaio 2009
16-17 Marzo 2009
Per Te Adolescente…
18 Ottobre 2008
8/22 Novembre 2008
13 Dicembre 2008
Per informazioni:
tel. 041 400255
e-mail:
[email protected]
Reaviva el don...
Tu tienes un ideal,
te impulsan unas
ganas irresistibles de vivir,
de hacer algo grande
¿Tienes dentro de ti
una necesidad de amar,
para expresar lo mejor de ti?
¡No te desanimes,
porque tu ideal es verdadero!
¡Joven reaviva il don de Dios
que está en ti!
Para Ti joven…
Nosotras Siervas de María
queremos seguir a Jesús,
inspirándonos a María,
Madre y Sierva del Señor,
junto a las infinitas cruces
donde Él está todavía crucificado
en sus hermanos.
Te invitamos a participar Retiro
mensual
en casa MATER DOLOROSA, sur
19 N°178
Orizaba, Ver. El 4° domingo de
cada mes.
Informes: Tel. 7243240
Piedras Negras, Coahuila.
Retiro Juvenil:
12-13 Abril.
24-25 Mayo
Informes: Tel. 7831315
e-mail:
[email protected]
¿Quieres realizar este ideal
de fraternidad, de servicio
y de amor a María?
RICORRENZE
Silenzio e interiorità
San Giuseppe l’uomo del silenzio, del lavoro,
dell’obbedienza e della famiglia.
Il giorno 15 marzo il nostro vescovo Angelo si è unito idealmente a tutta
la congregazione nella cappella della casa madre in Chioggia, nella celebrazione
dell’Eucaristia assieme ad altri sacerdoti e
laici, per supplicare il nostro patrono San
Giuseppe e ricordare gli inizi della famiglia religiosa.
Infatti, la festa liturgica è stata anticipata al sabato, non potendola celebrare
durante la settimana santa. Riportiamo
l’omelia del vescovo.
Nel giorno dedicato a S. Giuseppe, nel 1873, prendeva il suo inizio la
Congregazione delle Serve di Maria
Addolorata. Alla figura e alla protezione di questo santo rimane legata
e affidata questa famiglia religiosa:
custode amoroso della famiglia di Nazareth e, diciamo pure, custode anche
di questa comunità. Guardiamo a lui
come l’uomo del silenzio, del lavoro,
dell’obbedienza e della famiglia.
Uomo del silenzio innanzitutto. Il
vangelo non riferisce nessuna sua parola. Giuseppe non andò a predicare;
28
non ebbe la gloria del martirio. La sua
morte fu una partenza in punta di piedi: Gesù nella sua vita pubblica avrebbe parlato del Padre che è nei cieli. In
un tempo come il nostro nel quale tutto è detto, pubblicato, reclamizzato,
questo santo ci richiama il valore del
silenzio e della interiorità; dell’azione
seria e generosa, senza preoccuparci
troppo della pubblicità.
Ci sono persone, a volte anche nella
vita religiosa, che parlano quasi sempre di se stesse, che non sanno ascoltare, non sentono il bisogno di ricevere
dei consigli. S. Giuseppe ci insegna ad
educarci e ad educare al vero dialogo,
che prima di tutto è ascolto: ascolto degli altri e soprattutto ascolto di Dio.
Giuseppe, uomo del silenzio, è anche l’uomo del lavoro. Di Gesù si dirà:
“figlio del fabbro”: operaio, artigiano
del paese. Lavoro manuale, semplice
e faticoso, con gli incerti e i disagi del
mestiere; la difficoltà di accontentare
tutti, la pazienza nell’aspettare ricompensa. Non lavoro borghese, signori-
DALLE MISSIONI
le, intellettuale, di direzione; neppure altamente umanitario. Con questo
lavoro manteneva la famiglia; era il
suo modo pratico; concreto di amare.
Gesù imparò a lavorare da Giuseppe. L’eterna Sapienza, il Creatore dei
mondi, accettò di imparare, di cominciare, di chiedere consiglio.
Noi ci auguriamo che nella nostra
società le condizioni del lavoro rivelino ed esaltino la dignità dell’uomo,
non lo umilino relegandolo al ruolo di
oggetto, come un pezzo di ingranaggio. Tuttavia ricordiamo che il lavoro
anche semplice, manuale, non disonora l’uomo, la donna; lo ha esercitato
Giuseppe, e con lui lo stesso Figlio di
Dio. Portiamo con noi questo esempio,
anche quando saremmo tentati di misurare l’importanza delle persone dal
compito che hanno, più che dal modo
di svolgerlo. Ricordo ancora quanto
diceva, tanti anni fa, un mio insegnante di teologia: “È molto meglio che un
grande uomo onori un piccolo posto,
piuttosto che un piccolo uomo sia onorato da un grande posto”.
L’uomo del silenzio, del lavoro,
è anche l’uomo della obbedienza. In
quella piccola famiglia gli ordini Dio
li dava a Giuseppe: e non erano facili
da eseguire. “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa”. “Alzati,
prendi con te il bambino e sua madre
e fuggi in Egitto, e resta lì finché non ti
avvertirò, perché Erode sta cercando il
bambino per ucciderlo”. E in seguito:
“Alzati, prendi con te il bambino e sua
madre, e va nel paese d’Israele, perché
sono morti coloro che insidiavano la
vita del bambino”. A Giuseppe Gesù
obbediva (“Stava loro sottomesso”,
osserva S. Luca); ma Giuseppe era obbediente a Dio.
Il Concilio ci ha ricordato che la obbedienza nella vita religiosa deve essere attiva e responsabile.
Ma questo non vuol dire che sia facile. Anzi a volte è crocifiggente; è resa
possibile solo dall’amore. S. Giuseppe
anche in questo ci offre il suo esempio,
insieme con il suo aiuto, la sua protezione.
Giuseppe, l’uomo del silenzio,
del lavoro e dell’obbedienza, è anche
l’uomo della famiglia. È stato chiamato da Dio ad essere sposo e padre in
modo diverso da altri, verginale e sublime, con un figlio suo e non suo. Ma
la famiglia fu la sua vocazione. Non
è stato sempre facile; ci sono state le
prove, anche durissime. Pensiamo al
suo dramma per la maternità di Maria; alla sua responsabilità alla nascita
di Gesù nella povertà di una stalla; e
poi alla fuga verso l’Egitto, e lo smarrimento al tempio. La stessa morte, tra
le braccia di Gesù e Maria, sarà stata
dura per il distacco da loro. Il vangelo
riassume l’elogio di Giuseppe con una
sola parola: uomo giusto. Che significa fedele al suo posto, alla sua vocazione, sempre.
In un celebre discorso tenuto a Nazareth il 5 gennaio 1964 il Papa Paolo VI° diceva: “Qui comprendiamo il
modo di vivere in famiglia. Nazareth
ci ricorda cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro
ed inviolabile”.
Oggi noi preghiamo questo santo
29
RICORRENZE
per le famiglie, anche per le famiglie
dei nostri cari, che portiamo in cuore
e talvolta nelle preoccupazioni. Vorremmo che anche la comunità religiosa fosse famiglia: con vincoli diversi
da quella naturale, ma pure sacri e
profondi. Ci conceda S. Giuseppe non
solo di sentirne il bisogno, di desiderarla, ma di collaborare a costruirla:
con la stima vicendevole, il dialogo
sincero, la collaborazione fattiva; all’occorrenza anche con la comprensione e il perdono. Se nella vita religiosa,
e anche sacerdotale, c’è una comunità
con veri rapporti di famiglia, gli altri
problemi e difficoltà si affrontano con
più coraggio e si superano anche più
facilmente.
Ci auguriamo e preghiamo perché
questo si realizzi veramente in questa
Congregazione che si affida a Maria e
a Giuseppe e con rinnovata fiducia va
incontro a Gesù e alla missione alla
quale egli la chiama anche in questo
attuale momento della società e della
chiesa. O S. Giuseppe, nostro patrono,
prega per noi.
+ Angelo Daniel
vescovo di Chioggia
síntesis
Silencio e interioridad
El 15 de marzo nuestro Obispo Angelo se reunió espiritualmente, con la
celebración de la Eucaristía, con toda
la Congregación en la capilla de la Casa Madre en Chioggia, junto a otros sacerdotes y laicos, para elevar súplicas
a nuestro Protector San José y recordar
los inicios de nuestra familia religiosa.
Así nos exhortaba: “En el día dedicado
a San José, en 1973, nacía la congregación de las Siervas de María Dolorosa.
A la figura y protección de este san-
to quedó unida ésta familia religiosa.
Contemplemos a San José como hombre de silencio, de trabajo, de obediencia y de familia.
Fue llamado por Dios a ser esposo y
padre en modo diferente a los demás,
virginal y sublime, con un hijo suyo y
no suyo. El Evangelio resume el elogio a José con una sola palabra: hombre justo, que significa siempre fiel a
su puesto, a su vocación. Hoy nosotros
oramos a este santo por las familias,
también por las familias de nuestros
parientes, que llevamos en el corazón
y que a veces tienen preocupaciones.
Quisiéramos que también la comunidad religiosa fuera una familia: con
vínculos diferentes de la natural, pero
igualmente sagrados y profundos.
Nos conceda San José no sólo sentir
esta necesidad, desearla, sino también
colaborar para construirla: con estima
recíproca, diálogo sincero, colaboración efectiva y, cuando sea necesario
también con la comprensión y el perdón. Si en la vida religiosa y también
en la sacerdotal existe una comunidad
con verdaderas relaciones de familia,
los problemas y las dificultades se enfrentan con mayor valor y se superan
más fácilmente.
Deseamos y oramos para que esto
se realice verdaderamente en esta
Congregación que se encomienda a
María y José.
DALLE MISSIONI
Nuestra Señora de los dolores
La madre piadosa estaba junto a la cruz y lloraba
mientras el hijo pendía.
En este día 15 de septiembre de
2007, nos reunimos como Congregación, las hermanas de la Delegación
Mexicana acompañadas por los hermanos de la Orden Seglar para celebrar la solemnidad de Nuestra Señora
de los Dolores. A las doce del día en el
templo de “Santa María de los Servitas” participamos a la Eucarística presidida por el P. Ángel Flores, Vicario
de la Catedral de San Miguel Arcángel, Orizaba, Ver.
Durante la homilía el Padre Ángel
nos invitaba a reflexionar en la Virgen
María: “ella es la mujer que estaba en
los planes de Dios, para que por ella
llegara la salvación al mundo, pero
como Dios es muy respetuoso de la libertad del hombre, también respetó la
libertad de María.
María reconoce que su libertad
le viene de Dios y da su SI. Es un SI
confiado, hágase en mí según tu palabra,
hágase en mi según tus planes, yo soy
tu esclava. Esto nos demuestra que
María es mujer de fe, de esperanza;
mujer humilde que se humilla ante su
Señor, que sabe aceptar la voluntad
de Dios. Pareciera que en la vida de
María todo fuera gozo, porque proclama: el poderoso ha hecho obras grandes
por mí. Respuesta de gozo, pero también de dolor, porque María sabía del
dolor que le había anunciado Simeón:
Una espada te atravesará el alma…, a pesar del dolor se mantienen de pie junto
a la Cruz, aceptando el plan de Dios en
su Hijo y en ella.
La fortaleza, la esperanza, aun en
medio del dolor, es un gran ejemplo
para nuestra sociedad que le da la
vuelta al sufrimiento porque no entendemos que el dolor es parte del caminar que tenemos que recorrer para
alcanzar la resurrección.
A nosotras como religiosas, el Padre, nos invitaba a consagrar nuestra
vida a los enfermos, a la educación, y
a todas las necesidades que la Iglesia
y la sociedad nos presenta. Que esta
fiesta nos anime y fortalezca para seguir dando luz, esperanza y consuelo
a aquellos a los que llevamos su mensaje, además de que fortalezca nuestra
vocación. A las hermanas jóvenes en
31
DALLE MISSIONI
formación las exhortaba a no desanimarse, a no tener miedo de cargar con
la Cruz del Señor diariamente .
Esta celebración nos lleva a profundizar realmente el gran significado
de la cruz redentora y a mirar a María
junto a la cruz de Jesús. Esta presencia
significa fidelidad hasta las últimas
consecuencias, hasta la muerte.
El corazón de María no se vació
nunca de esperanza y por eso la comunidad cristiana la recuerda en este día
como la madre fiel, que, aún en medio
del máximo dolor, acompañó a su Hijo
hasta la muerte en cruz.
Los cristianos debemos tener los
mismos sentimientos de María. En
medio del dolor y el sufrimiento que
estamos viviendo, no podemos perder
la esperanza. Está por amanecer un día
nuevo, el día de la vida. Con María, como los pobres de Dios, podemos confiar siempre en Él que nos ama, que
nos anuncia, con la resurrección de
su Hijo, nuestra propia resurrección.
También nuestro espíritu se puede
alegrar, aún en medio del dolor, por
la esperanza que viene de Dios.
María, entregada por Jesús al discípulo amado y el discípulo amado
que acoge en su casa a María, se convierten para nosotros en la encomienda que el Señor quiere hacernos a
quienes hemos de convertirnos en sus
discípulos amados: Acoger a su Iglesia
en nuestra casa, en nuestra familia, para que se convierta en una comunidad
de fe, en un signo creíble del amor de
Dios, en una comunidad que camine
con una esperanza renovada. Mientras no perdamos nuestra comunión
con la Iglesia, podremos caminar con
firmeza y permanecer fieles al Señor.
Si Cristo, si María, si la Iglesia están
en nosotros, vivamos como testigos
que dan su vida para que todos disfruten de la Vida, de la salvación que Dios
nos ha dado en Cristo Jesús, su Hijo.
Que la Santísima Virgen María, que
incluso al pie de la cruz permaneció de
pie escuchando a su Hijo, dispuesta a
hacer su voluntad; que no rehuyó en
la encomienda de irse con el discípulo
amado para ayudarle a caminar con el
mismo amor y fidelidad puesta a toda prueba con que vivió su Hijo Jesús;
que ella, nuestra Madre, interceda por
nosotros, para que no nos quedemos
en una fe intimista y romanticista, sino
que caminemos en una fe de generosidad, de capacidad de acoger a los que
sufren, a los pecadores, a los que han
sido marginados, para que, disfrutando del amor que Dios quiere que todos
poseamos, algún día seamos acogidos
eternamente en la Casa del Padre.
sor Beatriz Molina
DALLE MISSIONI
sintesi
L’Addolorata
Il 15 settembre 2007, ci siamo riunite come Delegazione Messicana nel
tempio di Santa Maria dei Servi in
Orizaba per celebrare la solennità della Vergine Addolorata. L’Eucaristia è
stata presieduta da padre Ángel Flores, vicario de la cattedrale di San Michele Arcangelo, Orizaba-Veracruz. È
stata una celebrazione molto solenne e
si sono uniti a noi anche l’Ordine secolare e altri fedeli.
Il celebrante ci invitava a consacrare la nostra vita agli ammalati, all’educazione dei fanciulli e dei giovani ad
essere aperte a tutte le necessità della
chiesa, a trovare slancio proprio nella
celebrazione per donare luce, speranza e consolazione a coloro che il Signore pone nel nostro cammino.
Noi contempliamo la Vergine addolorata ai piedi della croce durante la
settimana santa: e il suo essere ai piedi
della croce di Gesù ci aiuta a riflettere
sul grande significato della croce redentrice e della fedeltà fino alle ultime
conseguenze, fino alla morte.
Chiediamo alla Vergine Maria che
ci ottenga una fede generosa, capace
di accogliere le persone in difficoltà,
coloro che soffrono nel corpo e nello
spirito affinché possano sperimentare
la bontà misericordiosa di Dio padre.
Un niño nos ha nacido
Tengo la convicción que el Señor se ha adelantado como regalo.
La comunidad “Mater Dolorosa”
en este adviento se propuso hacer
un serio camino de conversión para
poder regalar al Niño Dios una cuna
digna de Él, ofreciéndole nuestra firme voluntad de amar sinceramente
a todas las hermanas y, a quien fuera necesario, pedir y ofrecer el perdón
sincero.
Tengo la convicción que el Señor,
que siempre nos precede en todo, todavía antes de la realización práctica
de nuestro empeño, Él mismo se ha
adelantado como regalo, por medio
de nuestro Párroco, eligiendo a nuestra comunidad como Madrina del
Niño Dios en esta Navidad.
Nunca me ha gustado ser puesta en
evidencia pero, si el Señor lo ha dispuesto, con sencillez lo he aceptado.
He leído este hecho como una ulterior posibilidad, ofrecida por el Señor,
para empeñarnos comunitariamente
con mayor intensidad a acoger la venida del Salvador.
Con entusiasmo hemos preparado
un pequeño recuerdo para ofrecer a
los fieles al final de la celebración de
la misa de Navidad. El 24 de diciembre a las 20:45 hrs., salimos de la casa
en procesión, cantando villancicos,
acompañadas por dos acólitos, por la
familia de Sor M. Judith y de algunas
personas de las casas cercanas.
A la puerta de la Iglesia nos ha recibido el P. Francisco Aguilera, nuestro
33
DALLE MISSIONI
Párroco y el concelebrante P. Filiberto
Serrano, para introducirnos a la celebración.
Durante la homilía el Padre invitó a
considerar: que esta es una noche santa
en la que el Eterno entró en el tiempo
y la Omnipotencia quiso revestirse de
nuestra debilidad. Es impresionante
contemplar este misterio de Navidad,
como Aquél que vistió el sol, la luna, las
estrellas, hizo los animales, la belleza
de las flores y todo cuanto existe, no se
vistió a sí mismo, sino que lo encontramos envuelto en pañales en un pesebre.
Tenemos la oportunidad de contemplarlo y adorarlo hecho niño en
medio de nosotros y descubrir que
el Salvador del mundo ha nacido para cada hombre de buena voluntad.
Terminando la Eucaristía, presentamos a los fieles el Niño Dios para la
adoración y, uno pequeño para llevar
a su casa; luego, acompañadas por el
Párroco y cantando nos dirigimos hacia el Bautisterio, lugar donde se había
preparado el nacimiento para colocar
al Niño Dios.
La comunión de vida vivida en este
tiempo y en esta celebración, la hemos
externado luego en la convivencia regresando a nuestra comunidad.
sor Flavia Penzo
sintesi
Un Bambino è nato
per noi
34
Il parroco della parrocchia della
Concordia Orizaba, durante l’Avvento ha scelto la nostra comunità come
madrina del Bambino Gesù per il Santo Natale 2007.
Ho letto questo evento come un regalo e un’opportunità per impegnarci
comunitariamente con maggior inten-
sità ad accogliere la venuta del Signore
in mezzo a noi.
La notte del 24 dicembre in processione, cantando e pregando assieme
alle persone dei dintorni, ci siamo recate nella chiesa parrocchiale per la celebrazione dell’Eucaristia. Alla porta
ci ha accolto il parroco assieme al concelebrante padre Filiberto Serrano.
Al termine della celebrazione abbiamo offerto ai fedeli il Bambino
Gesù, perché venga adorato, e consegnato un piccolo ricordo che avevamo
preparato per la natività del Signore.
DALLE MISSIONI
Inmaculada Concepción
Padre Emilio vivió y amó la Palabra de Dios,
los sacramentos y la oración a imitación de María.
En este día nos hemos reunido las
comunidades de la Delegación mexicana para celebrar varios acontecimientos de nuestra Congregación:
Aniversario de la muerte de nuestros
Fundadores Padre Emilio Venturini y
Madre Elisa Sambo y un aniversario
más de la llegada de nuestras hermanas a México.
Por la tarde del día ocho iniciamos
nuestro encuentro fraterno con la celebración de Vísperas, después compartimos la cena y un momento de recreo
divertidísimo en el que cada comunidad aportó algo para todas las hermanas con respecto a los acontecimientos
que estábamos celebrando.
Al día siguiente Sor Soledad nos
impartió un tema de nuestro Fundador, tocando aspectos como el de:
su sensibilidad ante la situación de
Chioggia en su tiempo. Esta situación
la relacionó con la que vivimos actualmente en nuestro país. Reflexionamos
que ante todo eso el Padre no fue indiferente, su vida estuvo marcada por
el amor, el sacrificio y sobre todo de
una gran experiencia de Dios en la que
encontró la fuerza y la luz para poder
ver las necesidades del que se encontraba en el sufrimiento y poder hacer
algo concreto. Padre Emilio vivió y
amó la Palabra de Dios, los sacramentos y la oración. Nosotras como hijas
suyas debemos entrar en un proceso
de conversión para poder recorrer el
camino del amor que nuestro Padre
vivió y aprender de él a amar nuestra
vocación, para cumplir la misión que
el Señor nos pide, sirviendo sobre todo
a los mas necesitados.
Terminado el tema nos dirigimos
a la parroquia del Espíritu Santo para participar de la Eucaristía, para dar
35
sintesi
Immacolata concezione
gracias al Señor por estos momentos
de fraternidad experimentada y vivida con cada una de las hermanas.
Recordar las figuras de nuestros
fundadores nos lleva a renovarnos
interiormente para nuevamente seguir caminado en esta vocación que
el Señor nos ha regalado, tratando de
hacer vida el carisma que Padre Emilio nos ha heredado, sensibles a las necesidades de nuestro tiempo que hoy
como ayer siguen siendo tal palpables
en nuestra sociedad.
Comunidad Inmaculada Concepción
Córdoba
36
Le varie comunità del Messico si
sono riunite l’otto dicembre 2007 per
ricordare la nascita al cielo dei nostri
fondatori, padre Emilio e madre Elisa,
e l’inizio del nostro servizio missionario in questa terra messicana.
Abbiamo iniziato il nostro incontro
con la celebrazione dei Vespri, seguita
dalla cena e da una ricreazione molto
vivace, dove ogni comunità ha offerto la sua genialità sempre in sintonia
con il tema dell’incontro. Il giorno seguente è stata offerta da suor Soledad
una riflessione sul nostro fondatore,
la quale ha messo in relazione la realtà storica vissuta da padre Emilio con
quella attuale in cui siamo chiamate
ad operare e a servire i fratelli.
Ciò che ha mosso padre Emilio a vivere in prima persona difficoltà e problemi dei suoi fratelli è stato l’amore,
il sacrificio e soprattutto la sua profonda esperienza di Dio, che gli ha dato
la forza per poter scoprire le necessità
delle persone che incontrava cercandovi un rimedio.
Padre Emilio visse e amò la Parola di Dio, i sacramenti e la preghiera.
Ora tocca a noi, sue figlie, ripercorrere
il cammino dell’amore concretizzato
dal nostro fondatore per apprendere
ad amare la nostra vocazione e per
poter compiere la missione che il Signore ci ha affidato.
DALLE MISSIONI
Los valores del Reino
Vale la pena dejarlo todo por Cristo.
El equipo de pastoral vocacional
ha organizado una serie de retiros para jóvenes, con el deseo de fomentar
en ellas el interés por conocer a Jesucristo, como camino, verdad y vida de
sus vidas.
El día 8 de diciembre en nuestra
reunión de familia en la Delegación
mexicana dimos inicio a un Maratón
vocacional, en la celebración de Vísperas, con la intención de que cada
comunidad durante un mes ruegue al
Dueño de la mies que envíe vocaciones a nuestra Congregación.
Para esto hemos preparado algunos símbolos los cuales se irán pasando en cada comunidad para hacernos
presente el empeño a realizar durante
el mes que nos corresponda: un cirio,
una cruz, una libreta y nuestro gran
Protector San José. Se ha iniciado con
la Comunidad “Mater Dolorosa”, en
el mes de enero irá a San José, en febrero a la Comunidad de la “Inmaculada Concepción”, en marzo a Piedras
Negras Comunidad “Familia de Nazaret” y en abril a Xochimilco Comunidad “Santa María de la Esperanza”
y así, sucesivamente hasta terminar el
año.
El 16 de Diciembre de 2007 tuvimos
nuestro primer retiro con jóvenes en
la comunidad “Mater Dolorosa” con
la participación de 15 jovencitas y el
27 de enero un segundo con la misma
participación de 15 jóvenes, Dios mediante los tendremos cada cuarto domingo de cada mes, así como otros en
las diferentes diócesis en las que cada
comunidad se encuentra.
Pidamos al Señor para que les muestre el camino que quiere para cada joven y si es su voluntad envíe algunas
de ellas a nuestra Congregación.
Constatamos que la joven hoy en
día tiene mucha necesidad de Dios,
y que el dinamismo juvenil que posee
sería capaz de llevarla a entregar su
vida al Señor por la causa del Reino,
pero percibimos que se encuentra envuelta por un mundo ruidoso, consumista y placentero, por el que se deja
llevar y su vida se pone en peligro haciendo aun lado aquello de bueno que
posee. Hoy más que nunca urge un
cambio en nuestras vidas para poder
37
DALLE MISSIONI
contagiar los valores del Reino para
que de esta manera la joven pueda ver
que, a pesar de todo lo que existe a su
alrededor, hay algo por lo que valdría
la pena dejarlo todo e ir detrás de la
perla preciosa que es Cristo el Señor.
Las hermanas de la Delegación
mexicana pedimos que tanto hermanas como personas cercanas oren por
estos encuentros y por quienes nos encontramos al frente de ellos.
Equipo de Pastoral Vocacional
Delegación mexicana
sintesi
I valori del regno
L’equipe della pastorale vocazionale ha organizzato una serie di ritiri
per giovani con il desiderio di suscitare in loro l’interesse della conoscenza
del Signore Gesù come aiuto per il loro
cammino.
Inoltre ogni comunità si è impe-
gnata a turno ogni mese a pregare il
Padrone della messe perché mandi
operai alla sua messe. A questo scopo
sono stati preparati alcuni simboli che
passeranno di comunità in comunità,
per tutto l’anno 2008, per aiutarci in
questo impegno assunto: un cero, una
Croce, un quadernone e il nostro grande Protettore San Giuseppe.
Abbiamo iniziato pure gli incontri
con le giovani desiderose di conoscere
il Signore augurandoci che si sentano
attratte a donare la loro vita al Signore
per la causa del regno.
DALLE MISSIONI
Camino de formación
A Jesucristo es imposible conocerle y no amarle,
amarle y no seguirle.
Me encuentro en el segundo año de
Noviciado, y algo muy importante que
es parte de mi formación es el estudio
acerca de la Iglesia, de Jesucristo y de
la Virgen María, para esto voy junto
con mis cinco hermanas Novicias al
Inter Religioso “San Rafael Guizar y
Valencia” que se encuentra aquí en la
ciudad de Orizaba, Ver.
Frecuentar esta institución es una
vivencia muy significativa en mi caminar, ya que convivo con otras hermanas de diferentes Congregaciones y así
puedo darme cuenta de los diferentes
carismas que forman la Iglesia, de las
riquezas que el Espíritu Santo da a cada Congregación y lo importante que
es la comunión para formar unidad.
Asistimos al Inter los días martes
y viernes. Las clases nos las imparten
hermanas religiosas de diferentes congregaciones, también sacerdotes y laicos muy bien preparados. Todos ellos
con sus diferentes materias nos transmiten su amor y entrega al Señor, nos
dan a conocer, nos enseñan a valorar
y amar nuestra vocación, a la Iglesia y
a Jesucristo.
Es para mi una experiencia muy
bonita el saber que mi ideal de consagrarme al Señor lo comparto no sólo
con mis hermanas de Congregación,
sino también con otras jóvenes que
tienen el mismo deseo; comparto con
DALLE MISSIONI
ellas momentos muy alegres, por que oramos unas
por otras para que seamos
perseverantes en nuestra
vocación.
En la apertura del curso formativo de este año
escolar 2007-2008, el Padre
Carlos René Castro (Vicario Episcopal de la Vida
Religiosa) en la homilía
de la misa extrajo un valor
primordial del Evangelio:
debemos cuidar y descubrir día con día lo valioso
de nuestro tesoro que es
Cristo por el cual vale la
pena dejar y venderlo todo, fuera de Cristo lo que
busquemos o dejemos es
vanidad. ¡En esta institución nos formamos para
dar al mundo la caridad
de Cristo!
Guadalupe González C.
Novicia
sintesi
Cammino
di formazione
40
Sto vivendo il secondo
anno di noviziato e una
parte molto importante,
in questoperiodo di formazione, è lo
studio che abbraccia varie tematiche:
Gesù Cristo, la Vergine Maria, la chiesa e altre materie connesse con il cammino di consacrazione. Frequento la
scuola dell’internoviziato San Rafael
Guizar nella città di Orizaba - Veracruz assieme ad altre cinque mie compagne di noviziato.
È un’esperienza molto significativa
in questo mio cammino formativo, an-
che perché mi trovo con altre giovani
di varie congregazioni e posso cogliere
meglio i differenti carismi che formano la chiesa e la ricchezza dello Spirito
santo offerta a ciascuna congregazione in funzione della comunione nella
diversità.
Noi ci formiamo per offrire al mondo quella carità che ci motiva. Caritas
Christi Urget nos, ci ricorda il nostro
fondatore padre Emilio Venturini.
DALLE MISSIONI
Dono gratuito
Giornata mondiale della vita consacrata 2008.
In questo giorno, grato alla chiesa
per il dono della vita consacrata, tutte
le religiose della diocesi di Cordoba,
Messico, hanno vissuto una bellissima esperienza di preghiera e di fraternità.
Abbiamo iniziato la giornata nella
casa delle Suore de María Inmaculada
di Guadalupe, con la partecipazione
di 100 religiose di differenti congregazioni della diocesi.
La presenza di padre Armando
Pruneda, vicario delle religiose, è stata molto utile perché, con la sua grande spiritualità, ci ha guidate e animate
durante tutta la giornata.
Le suore Adoratrici del Santissimo
Sacramento di Coscomatepec hanno
animato l’adorazione con canti di lode a Gesù eucaristia, di ringraziamento e di gratitudine per la chiamata ad
essere testimoni dell’amore di Cristo
al servizio della chiesa, specialmente
dei più poveri, i quali sono i prediletti
del Signore.
Un altro momento molto significativo è stata la meditazione bella e profonda del nostro vicario, che ci ha fatto
riflettere sull’importanza della parola
di Dio che vive e parla nell’intimo dei
nostri cuori, anche se siamo piccoli e
fragili, però sempre creature uscite
dalle mani della Santissima Trinità,
a sua immagine e somiglianza, elette
e consacrate per essere strumenti di
pace, di amore e di riconciliazione in
questo mondo diviso dall’odio e dall’egoismo.
Terminata la prima parte della
giornata, siamo partite dal Plancarte
e processionalmente ci siamo dirette
alla Cattedrale, per partecipare alla
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DALLE MISSIONI
42
Santa Eucaristia delle ore 13.00 celebrata dal vescovo Monsignor Eduardo Porfirio Patiño Leal assieme al vicario della vita consacrata. La chiesa era
gremita di fedeli e tutte noi religiose
abbiamo fatto la processione d’entrata
con le fiaccole accese e cantando Come
il cervo all’acqua va.
Ho sperimentato una grande emozione; il mio cuore palpitava forte
pensando all’incontro definitivo con
il mio Sposo Gesù. Ho pensato alle
vergini prudenti e ho chiesto al Signore per me e per tutte le consacrate di
conservare sempre accesa la lampada
della nostra fede.
Nell’omelia monsignor vescovo ci
invitava a vivere lo spirito delle beatitudini mediante i consigli evangelici della povertà, castità e obbedienza
con serenità, sostenute dalla grazia di
Dio e dalla forza che viene dallo Spirito Santo.
Mentre ascoltavo l’omelia chiedevo
al Signore l’amore e la forza di volontà
per essere nella chiesa segno dei beni
futuri e per dare un vero significato alla mia consacrazione.
Al momento della comunione, nell’intimità con il Signore, ho fatto mio
il canto del Magnificat, meditando come Maria le grandi meraviglie che fa
il Signore con gli umili, i piccoli, con
quelli che sperano nella bontà e nella
misericordia di Dio.
Dopo esserci alimentate del Pane eucaristico abbiamo consumato
l’agape fraterna in un salone preparato come refettorio, gustando un buon
pranzo.
Ho passato il giorno della vita consacrata 2008 ringraziando il Signore
per avermi chiamato a vivere più vicino a Lui e a sperimentare il suo amore
misericordioso per la mia vocazione
religiosa.
suor Adalgisa Bordigato B.
síntesis
Don gratuito
El día 2 de febrero de 2008, grato a la Iglesia por el don de la Vida
Consagrada, todas las religiosas de la
Diócesis de Córdoba, Ver. (México),
vivieron una bellísima experiencia de
oración y de fraternidad. El padre Armando Pruneda, Vicario de las religiosas guió toda la jornada.
Las Hermanas Adoratrices del Santísimo Sacramento de Coscomatepec
animaron la Adoración con cantos de
alabanza a Jesús Eucaristía, de agradecimiento y gratitud por la llamada a
ser testigos del amor de Cristo al servicio de la Iglesia, especialmente de los
más pobres, los cuales son los predilectos del Señor.
Nos dirigimos después a la Catedral para participar a la Santa Eucaristía de la 1:00 p.m. celebrada por el
Obispo Mons. Eduardo Porfirio Patiño Leal, junto con el vicario de la Vida Consagrada.
La Iglesia estaba llena de fieles.
Experimenté una grande emoción,
mi corazón palpitaba fuertemente
pensando al encuentro definitivo con
mi Esposo Jesús. Pensé a las vírgenes
prudentes y pedí al Señor, por mí y
por todas las consagradas, de conservar siempre encendida la lámpara de
nuestra fe.
En la homilía Mons. Eduardo nos
invitaba a vivir el espíritu de las Bienaventuranzas mediante los consejos
evangélicos de pobreza, castidad y
obediencia con serenidad, sostenidas
por la gracia de Dios y por la fuerza
que viene del Espíritu Santo.
He pasado el día de la Vida Consagrada del 2008 agradeciendo al Señor
por haberme llamado a vivir más cerca a Él y a experimentar su amor misericordioso en mi vocación religiosa.
TESTIMONIANZE
Il mosaico della sofferenza
Solo penetrando nei nascosti disegni di Dio Padre
è possibile gettate luce sul mistero del dolore.
Ci siamo incontrate, a Borgo Madonna a Chioggia e a Santa Maria del
Covolo a Crespano del Grappa, per i
tre giorni di formazione permanente
tenuti da suor Paola Barcariolo e dalla
dottoressa Giuliana Fabris. Eravamo
un gruppo di circa trenta suore.
Il tema - Incontrare il dolore da Sara a
Maria - si è svolto sul concetto del dolore e della sofferenza i quali appartengono alla comune famiglia umana,
alla fragilità della nostra natura, e che
riguardano il corpo e lo spirito, e sulla stessa fatica quotidiana nel vivere
la carità, la condivisione, l’amore fraterno. Il nostro stesso equilibrio viene
scosso da eventi imprevisti. Ma in tutto ciò dobbiamo adeguarci alla pedagogia di Dio, che ci tende sempre e comunque la mano perché, pur essendo
un mistero la sofferenza, Cristo l’ha
vissuta fino in fondo e l’ha sconfitta.
Su questa verità si fonda la nostra fede, il nostro vissuto, la nostra intimità
con Dio.
Suor Paola, prima relatrice, si è soffermata su figure di donne dell’Antico Testamento, Sifra, Pua, Abisag, e
del Nuovo, Claudia e Maria. La sacra
scrittura considera con grande serietà
il fatto della sofferenza. Il lamento sale
a Dio (vedi gli Ebrei schiavi in Egitto),
molti Salmi sono pieni di angoscia e
di supplica e sviscerano il dolore umano. Sostenuti dalla fede e dall’amore
a Dio, i profeti e i saggi della Bibbia
sono riusciti a poco a poco a scoprire
aspetti della sofferenza ben più profondi. È sempre difficile trasformare
in parole il dolore e la sofferenza sen-
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za snaturarli. L’esperienza di dolore,
di malattia di qua1siasi genere, pone
interrogativi all’uomo. L’uomo allora
interroga la propria fede.
Vediamo la sofferenza di Maria:
l’apparizione dell’Angelo le cambia
completamente la vita. Crede nella
sua parola, ma anche lei ha bisogno di
segni, di essere confermata e va da sua
cugina Elisabetta; lì avviene qualcosa
di grande, e lei si ferma aiutandola,
servendola. Dove non c’è lo spezzare
il pane l’umanità giace nella miseria.
L’anima consacrata vive nella sua pelle lo spezzare il pane (la croce quotidiana) e ne raccoglie i frutti. Maria è
una donna, ma forte in Dio; segue la
vita di suo figlio e quando lo vede morire, dopo atroci tormenti, continua a
credere alla parola udita, ritta sotto la
croce anche quando tutto è finito; lei è
certa che Dio è fedele alla parola data.
Prega e raccoglie i discepoli. Cristo ce
l’ha consegnata come Madre. Maria
è accanto a ogni creatura, ci tende le
braccia e non ci lascia soli.
Noi, Serve di Maria Addolorata, assieme abbiamo approfondito il nostro
carisma; sono sorti degli interrogativi:
siamo degne del nome che portiamo?
Diamo testimonianza nel nostro vissuto? Amiamo la comunità, le sorelle, gli ammalati, i soli, i dimenticati?
Il mosaico della sofferenza umana è
grande.
Dobbiamo immergerci nei fratelli
che soffrono, non solo a parole ma con
gesti, con sguardi attenti di tenerezza,
con inviti alla fiducia, con atti dì carità, perché solo nell’amore reciproco la
nostra unione e sponsalità con Dio sarà vera. Allora come vivere il grande
mistero del dolore, della sofferenza?
Come viverlo nella nostra famiglia di
consacrate? Qual è la risposta? Solo
nel Cristo la troviamo.
Da questi interrogativi emergono delle riflessioni che ci danno quasi delle regole di vita: la sofferenza
va vissuta con umiltà, con amore,
con generosità e con la preghiera.
Nasce così la comunione, il donarsi
a vicenda, il progettare insieme, lottare insieme, vivere insieme, non essere
TESTIMONIANZE
mai soli, darsi la mano come in cordata nella preghiera rivolta al nostro
sposo il Crocifisso, per raggiungere la
vetta. Allora si immerge lo sguardo
nel Risorto e si sta insieme con Gesù,
l’Amato.
Maria, ricordati che sul calvario
Gesù ci ha consegnato alla tua materna sollecitudine; veglia su di noi e
aiutaci ad essere vere testimoni del tuo
Figlio e fa che il dolore, la sofferenza
nelle sue molteplici manifestazioni,
non soffochino mai la fiducia che abbiamo in te.
suor Francesca Borille
síntesis
El mosaico
del sufrimiento
El tema de la formación permanente, “Encontrar el dolor desde Sara a María”, se desarrolló sobre el
concepto del dolor que pertenece a
la común familia humana, a la fragi-
lidad de nuestra naturaleza. Se hace
sentir en el cuerpo y en el espíritu, de
la misma manera que el empeño del
esfuezo cotidiano por vivir la caridad,
el compartir, el amor fraterno. Pero el
sufrimiento se debe vivir con humildad, con amor, con generosidad y con
la oración.
Sor Paola, primera relatora, se detuvo sobre las figuras de mujeres del
Antiguo Testamento, en modo particular, Sifrá, Púa, Abisag, y del Nuevo
Testamento Claudia y María.
María es una mujer humana, pero
fuerte en Dios, que sigue la vida de su
Hijo y cuando lo ve morir, después de
atroces tormentos, continúa a creer en
la palabra que escuchó. Le fue dada la
fuerza de estar allá, de pie bajo la cruz
aún cuando todo está terminado, ella,
sin embargo, está segura que Dios es
fiel a la palabra que da; ora y reune los
discípulos. Cristo se las ha entregado
como Madre. María es el ejemplo de
toda creatura, nos abre los brazos y no
nos deja solos.
COMUNITÀ IN CAMMINO
La festa del malato
La famiglia nella realtà della malattia, 16° giornata mondiale.
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Si è rinnovata anche domenica 10
febbraio, presso la Casa di cura Villa
Erbosa, la giornata dedicata allo speciale incontro con i malati ricoverati,
che viene tradizionalmente chiamata
“Festa del malato”.
La giornata vuole essere appunto
l’occasione, in particolare per la Parrocchia dell’Arcoveggio e per la Comunità delle Serve di Maria Addolorata, presenti a Villa Erbosa, per confermare un impegno di attenzione e di
solidarietà fraterna nei confronti degli
ospiti ricoverati.
La Festa trova il suo fondamento
nella consueta celebrazione liturgica
della Santa Messa domenicale, che
nell’occasione acquista particolare solennità attraverso la presenza del coro
parrocchiale, che col canto scandisce
la celebrazione e i momenti di speciale preghiera comunitaria per chiedere
aiuto e protezione a favore di coloro
che, per malattia e sofferenze, sono comunque più vicini al Signore.
Il quarto piano della Casa è diventato nella circostanza ancor più Chiesa
attraverso la condivisione del Cibo eucaristico fra sorelle e fratelli in Cristo,
pur se taluni dei presenti vivono un
momento di difficoltà fisica.
Si è voluto in particolare sottolineare anche nelle preghiere come nessuno debba sentirsi solo e proprio per
questo, alla consueta distribuzione
dell’Eucaristia ai malati nelle camere,
è seguita una breve visita da parte di
alcuni parrocchiani per un saluto, un
momento di ascolto e la consegna di
un biglietto contenente un pensiero o
una preghiera accompagnato da un
fermo in legno abbellito da un piccolo
disegno fatto a mano e diverso per ciascun malato: quasi a ricordare l’unicità dell’attenzione del Signore per ciascuno dei suoi figli.
Claudio Rubbi
síntesis
Fiesta del enfermo
El Domingo 10 de febrero se vivió
nuevamente, en la clínica Villa Erbosa, la jornada dedicada al especial encuentro con los enfermos internados,
que tradicionalmente se llama “Fiesta
del enfermo”. La fiesta tiene su fundamento en la acostumbrada celebración
litúrgica de la Santa Misa dominical
para pedir ayuda y protección a favor de aquellos que, por enfermedad
o sufrimiento, están más cercanos al
Señor. Se quiso en particular subrayar
también en las oraciones que ninguno
debe sentirse solo y por consiguiente,
después de la celebración de la Eucaristía, se llevó a cabo una breve visita
a todos los enfermos en los diferentes
salas del hospital entregándoles una
tarjeta de felicitaciones acompañado
de un separador de madera embellecido con un dibujo hecho a mano diferente para cada enfermo: casi para recordar la atención particular del Señor
para cada uno de sus hijos.
ANIMAZIONE GIOVANILE
Quaresima di fraternità
La nuova apertura missionaria porti la novità e la freschezza
di essere inviate e ravvivi la nostra vocazione.
Come ogni anno la nostra chiesa
diocesana di Chioggia invita i fedeli a un gesto di carità che indirizza a
diverse realtà missionarie. Quest’anno ha scelto la nostra Congregazione
per aiutare la nuova apertura di una
missione in Burundi, Africa. Il Centro
missionario diocesano ha organizzato
due appuntamenti, uno il 22 marzo
nel vicariato di Portoviro, l’altro il 26
marzo nel vicariato di Sottomarina. In
questi due incontri abbiamo scoperto
la ricchezza della Chiesa, che ci fa una
sola cosa in Cristo, nella fraternità e
soprattutto nella preghiera.
Abbiamo condiviso la realtà del
continente africano e più specificamente del Burundi, un paese segnato
dal flagello della guerra come tanti altri, ma in cammino; sedimento di pace
e riconciliazione, e in questa ricerca ci
siamo anche noi, per vivere, accompagnare, sostenere e portare la nostra
piccola testimonianza in questa nuova
realtà a cui il Signore ci ha chiamato.
È impressionante vedere come si
manifesta la provvidenza di Dio, giacché diverse realtà che esistono nella
diocesi, formate da persone sensibili
alla missione, si sono fatte vicine a noi
con il loro ascolto e il loro aiuto.
Quello che nasce da parte di tutti in
questi momenti, vissuti con intensità,
è un bel grazie alle persone che, con
gratuità e disponibilità, hanno accolto
questo progetto e hanno avuto interesse a conoscere e sostenere la nostra
missione, non guardandoci da lontano, bensì condividendo passo a passo
con noi gioia e preoccupazione.
Che questo avvenimento porti a
tutta la Chiesa che è in Chioggia e anche in Messico, la novità e la freschezza del messaggio evangelico.
A esempio della nostra Madre Maria, camminiamo sempre nella speranza e nell’amore con la gioia nel cuore
per annunciare la bellezza della vita
donata al servizio dei fratelli più bisognosi.
suor Celeste Pérez Padilla
síntesis
Cuaresma
de fraternidad
El Centro Misionero Diocesano (de
Chioggia) organizó dos encuentros
durante la cuaresma, durante los cua-
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ANIMAZIONE GIOVANILE
les hemos compartido la realidad del
continente africano y específicamente de Burundi, un país marcado por
el flagelo de la guerra como muchos
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otros, pero, éste, en camino hacia la
paz y la reconciliación. En esta búsqueda estamos también nosotras, para vivir, acompañar, sotener y llevar
ANIMAZIONE GIOVANILE
nuestro pequeño testimonio en esta
nueva realidad a la cual el Señor nos
ha llamado a realizarnos.
Deseamos que este acontecimiento
haga llegar a toda la Iglesia, que está
en Chioggia y también en México, la
novedad y la frescura de ser envia-
dos y reavivar nuestra vocación misionera. A ejemplo de nuestra Madre
María, caminemos siempre en la esperanza con la alegría en el corazón para anunciar la belleza de una vida donada al servicio de los hermanos más
necesitados.
Insieme per raccontare
Andiamo in Burundi per narrare la gratuità
dell’amore che il Signore ci ha donato.
Insieme ai giovani dei vari vicariati della diocesi, anche noi suore Serve
di Maria Addolorata ci siamo date
appuntamento nella Chiesa di Sant’Anna di Chioggia, insieme al nostro
vescovo Angelo Daniel, per celebrare
la Giornata Mondiale della Gioventù
diocesana alla vigilia della domenica
delle Palme 2008.
È seguito poi il pellegrinaggio da
Sant’Anna al santuario della Beata
Vergine della Navicella per ricordare
i 500 anni dalla sua apparizione. Durante il tragitto abbiamo pregato il rosario alternando, fra l’una e l’altra decina, canti, brani biblici, intercessioni e
testimonianze.
Dentro il terzo mistero, che ci ha
aiutato a meditare sulla nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, è stata offerta una testimonianza dalle due suo-
re missionarie che si porteranno tra i
fratelli africani. Prima di tutto si sono
richiamate al capitolo XII delle Costituzioni che parla delle forme di servizio. L’articolo 117 dice testualmente:
“Come Cristo lasciò la gloria del Padre
e divenne uomo, membro del popolo
ebreo, così anche la suora missionaria
deve rinunciare a se stessa e incarnarsi
nel popolo nel quale viene inviata”.
Ricordando il brano evangelico, in
cui Giuseppe e Maria sono stati chiamati al censimento e si sono messi in
cammino, così noi Serve di Maria Addolorata siamo state chiamate in Burundi, in Africa, non per un censimento ma per la chiamata che ci ha fatto il
Signore di portare nel nostro cuore il
suo amore per donarlo agli altri. Maria e Giuseppe si sono affidati a Dio e
ci insegnano che si testimonia con la
49
ANIMAZIONE GIOVANILE
vita senza considerare quanto lungo e
faticoso sia stato il viaggio. Così la nostra congregazione si mette in viaggio
facendo la volontà di Dio che vuole
portarci all’incontro con i nostri fratelli burundesi.
In questo nostro andare portiamo
tutte le nostre consorelle, la diocesi di
Chioggia e la Chiesa, ma soprattutto
un cuore grande, aperto e disponibile
per scoprire insieme a Dio la ricchezza
dei valori nella diversità di questo popolo che aspetta il sorriso di Dio.
In quel giorno, Maria e Giuseppe
non trovarono posto e neanche una
piccola attenzione, ma hanno vissuto
tutto nel silenzio e nella fiducia nel Signore. Essi ci invitano a lasciare tutte le nostre sicurezze per fare posto a
Gesù che è il nostro più prezioso dono. Maria è colei che presenta il Figlio
suo Gesù non con il volto severo di
un giudice pronto a castigare, ma con
quello misterioso dell’uomo dei dolori
che dona la sua vita per amore. Chiediamo la sua protezione per le nostre
consorelle missionarie, che sia lei che
le presenta ai nostri fratelli africani.
suor Patricia Doria T.
50
síntesis
Juntos para contar…
Junto con los jóvenes de la vicaría
de la diócesis, también nosotras Siervas de María dolorosa, nos dimos cita
en la iglesia de Santa Ana de Chioggia,
junto a nuestro Obispo Angelo Daniel,
para celebrar la Jornada Mundial de la
Juventud diocesana en la vigilia del
Domingo de Ramos 2008.
Después siguió la peregrinación
desde Santa Ana al santuario de la
Beata Virgen de la Navicella. Durante
el recorrido rezamos el rosario y compartimos nuestro testimonio misionero. Nosotras Siervas de María Dolorosa fuimos llamadas a Burundi, África,
para narrar la gratitud del amor que el
Señor nos donó. Nos ponemos en viaje
para encontrar a nuestros hermanos
burundeses y como instrumentos del
Señor, ellos se sientan amados por Él.
Llevamos a todas nuestras hermanas, a la diócesis de Chioggia y a la
Iglesia, pero sobre todo un corazón
grande, abierto y disponible para descubrir junto a Dios la riqueza de los
valores en la diversidad de este pueblo que espera la sonrisa de Dios.
Chioggia, Cappella Casa Madre
Simon Ntamwana, vescovo di Gitega, Burundi
in preghiera davanti all’urna del servo di Dio
Padre Emilio Venturini, nostro fondatore.
COMUNITÀ IN CAMMINO
Ettore Pretin pittore
Espresse la sua passione per la pittura
soprattutto come ritrattista.
In seguito al rinvenimento dei documenti che hanno portato ad identificare l’autore del ritratto del Fondatore
delle Serve di Maria Addolorata padre
Emilio Venturini, fu grande il desiderio di conoscere qualcosa dell’artista e
ho cercato tra i personaggi illustri della città di Chioggia, ma inutilmente:
nei libri non c’era alcuna traccia di lui.
Ho immaginato che poteva essere ancora vivente qualche suo parente, trattandosi di un personaggio vissuto in
un tempo relativamente vicino a noi.
Questa si rivelò la strada giusta.
Una nipote, che l’ha conosciuto personalmente, mi ha dato le informazioni che cercavo. Ella ogni anno faceva il
giro, insieme al padre e ai fratelli, per
vedere le opere del nonno Ettore. Questa nipote possiede un suo ritratto, che
l’artista ha eseguito quando aveva cinque anni, un ritratto di suo padre, ha
avuto anche, per un certo periodo, un
quadro rappresentate la Vergine poi,
in seguito ad un restauro, andato perduto; i suoi fratelli possiedono altre
opere del nonno.
Il pittore Ettore Pretin è nato a Canal di Valle intorno al 1880, si è trasferito a Chioggia dopo il primo conflitto
mondiale nel 1918 con il figlio Dante,
che aveva meno di tre anni, e la moglie. Lavorò nel cementificio allora esistente ai Saloni.
Espresse la sua passione per la pittura soprattutto come ritrattista autodidatta. Fin da bambino disegnava
ogni volta che ne aveva la possibilità
su qualsiasi materiale. Con un carboncino tracciava la sagoma di animaletti
sulle pareti domestiche per spaventare i parenti e gli amici suoi coetanei;
erano così simili ai reali che sua madre cercava di ucciderli con la ciabatta.
Imprimeva immagini sulla carta dello
zucchero e del pane, sui sacchetti del
cemento e ovviamente anche su tavolette, cartoncini e tela.
Ha realizzato tantissime opere, in
gran parte ritratti, ma anche qualche
paesaggio, nonostante non amasse
questo genere, la nipote ne ha visti
solo due dipinti e tra questi uno scorcio della sua città con il campanile del
duomo. Ha prodotto anche immagini
sacre ed ex voto.
Tra i ritratti, oltre a quello dei due
benemeriti sacerdoti suoi concittadini, padre Emilio Venturini e monsi-
51
COMUNITÀ IN CAMMINO
gnor Nicolò Maria Bonaldo, c’è anche
quello del vescovo monsignor Giacinto Ambrosi.
Ha dipinto su commissione di altri
pittori e queste opere non le ha firmate.
Alcune delle sue opere si trovano
nel seminario vescovile di Chioggia
dove il figlio Dante ha frequentato
il ginnasio. Un’immagine del Sacro
Cuore di Gesù, realizzata per monsignor Riccardo Boscolo si trova nella
chiesa di S. Giuseppe di Cavarzere ed
è molto venerata dal popolo. Gli ex voto si trovano nella chiesa di S. Domenico e nella Basilica di San Giacomo.
Solitamente firmava i suoi lavori
sul retro, molti però non li firmava
affatto. Si dilettava a copiare opere
d’autore, tra queste ricordiamo una
Madonna del Luini e il martirio dei
Santi Felice e Fortunato. Visse 72 anni
e si spense il 7 agosto 1952.
suor Chiara Lazzarin
síntesis
Ettore Pretin, pintor
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Es el autor del cuadro del Fundador de las Siervas de María Dolorosa,
Padre Emilio Venturini. Nació en Canal de Valle alrededor del 1880; después de la Primera Guerra mundial
en el 1918, se transfirió a Chioggia con
su hijo Dante, que tenía menos de tres
años, y su esposa. Expresó su pasión
por la pintura sobre todo como retratista autodidacta. Desde pequeño dibujaba cada vez que tenía la posibilidad sobre cualquier material. Realizó
muchísimas obras, en gran parte retratos, pero también algunos paisajes, a
pesar de que no amaba este género, su
sobrina vio sólo dos cuadros y entre
estos un cuadro en escorzo (representación en perspectiva) de la ciudad con
el campanario de la catedral. Realizó
también imágenes sagradas y exvotos
(imágenes de milagros recibidos). Entre los retratos, además de los dos beneméritos sacerdotes conciudadanos
Padre Emilio Venturini y Monseñor
Nicolò Maria Bonaldo, existe también
uno del Obispo Giacinto Ambrosi.
Vivió 72 años, murió el 7 de agosto
de 1952.
IN COMUNIONE
Umile e generoso servizio
Abitare per sempre nella casa del Signore
per gustare la sua dolcezza (Sal 26,4).
All’alba del 23 febbraio 2008, nella
comunità Santa Maria della Visitazione, nel silenzio della notte, è entrata
per sempre nella festa eterna delle
nozze, suor Guglielmina Cesaretto,
accompagnata dalla Vergine Maria.
“Abitare per sempre nella casa del
Signore per gustare la sua dolcezza”
(Sal 26,4), è stata l’unica cosa che ha
cercato durante la sua vita. Lo dimostrano le testimonianze che all’unanimità ci danno le sorelle che hanno
condiviso con lei l’esperienza della
vita fraterna.
Suor Guglielmina Bruna era nata a
Pettorazza (RO) l’8 marzo 1924; entrata in Congregazione il 24 novembre
1946, ha emesso la consacrazione perpetua il 27 aprile 1955.
Dopo la sua professione religiosa,
per cinque anni ha svolto il servizio della questua; successivamente, ha svolto
il suo umile e generoso servizio in varie
comunità della congregazione.
L’unico titolo che in queste comunità ha avuto è quello di suora. Era
proprio questa la sua professione e
l’ha svolta così bene che le religiose
la ricordano come una suora buona.
Ecco l’aggettivo che si sentiva sempre
aggiungere al suo nome, buona, perché le virtù esercitate erano proprio
quelle che imprimono nel volto la
bontà del Maestro. Da lui ha accettato
sia i giorni felici che quelli tristi. Era
solita esclamare: “Sia fatta la volontà
del Signore”.
Nei lunghi anni di malattia, non
è venuto meno il suo solito sorriso.
Quando le si domandava come stesse,
la sua risposta era sempre “benon”, in-
fatti non si lamentava mai.
Nel suo servizio di cuoca in Casa Madre ha lasciato il solo ricordo
delle sue premure per gli altri, della
sua umiltà e del suo silenzio anche
di fronte alle incomprensioni. L’unico
suo confidente era Gesù nel tabernacolo, a lui ricorreva a confidare le sue
difficoltà. Le sorelle ricordano la sua
prontezza nell’aiutare gli altri e la sua
accoglienza di persona semplice.
Ancora da ragazza non mancava
mai da messa e, nonostante abitasse lontana dalla chiesa, era la prima
ad arrivare. La sua testimonianza di
suora buona, semplice e accogliente
è l’eredità lasciata a tutte noi consorelle, anziane e giovani, ma anche al
personale infermieristico che l’ha conosciuta.
IN COMUNIONE
Grazie, Signore, perché ce l’hai data come compagna di cammino e hai
realizzato nella serva della tua Madre
un capolavoro di umiltà. Tu hai amato
la nostra Congregazione attraverso di
lei e ora la chiami a te per accrescere
la nostra comunità del cielo. Da lì, cara suor Guglielmina, intercedi per noi
assieme ai nostri Fondatori e alle altre
sorelle, perché possiamo essere anche
noi suore buone, umili e servizievoli.
Maria Regina dei suoi servi ti introduca nella casa del Signore, l’unica dimora che hai cercato.
suor Ada Nelly Velázquez E.
como una buena hermana. El adjetivo
que siempre se añadía a su nombre era
“buena” porque las virtudes que ella
vivía eran aquellas que imprimen en
el rostro la bondad del Maestro. De él
aceptó tanto los días felices como los
tristes. Solía decir: “Hágase la voluntad del Señor”.
En los largos años de enfermedad,
no faltó su acostumbrada sonrisa. Su
único confidente era Jesús en el tabernáculo, a él recurría para confiarle sus
dificultades. Las hermanas recuerdan
su prontitud en el ayudar a los demás
y su acogedora persona sencilla.
síntesis
Servicio humilde
y generoso
El 23 de febrero del 2008 el Señor
llamó consigo a sor Guglielmina (Bruna) que nació en Pettoraza (RO) el 8
de marzo de 1924 y entró en la Congregación el 24 de noviembre de 1946.
Emitió la consagración perpetua el 27
de abril de 1955.
Después de su profesión religiosa,
por cinco años desarrolló el servicio de
pedir limosna; sucesivamente ofreció
su servicio humilde y generoso en varias comunidades de la congregación.
El único título que en estas comunidades recibió fue el de “Hermana”.
Era ésta su profesión y la desenvolvió
tan bien que las hermanas la recuerdan
Ricordiamo
attraverso la preghiera di suffragio e il nostro affetto:
54
Lina Cremondin Boscolo, Vasco Maran, Sante Borille,
Caterina Rossi Aprile, Alessandra Capovilla Cavinato,
Lina Schiavon, Rossi Giorgio, Pietro Paolo Crocco,
Liliana Finotto Sceia, Basilio Cappuzzo, Antonio Luise.
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Il giorno 2 di ogni mese alle ore 18, nella Basilica di San Giacomo in Chioggia,
esprimiamo la nostra venerazione a padre Emilio con la celebrazione dell’Eucaristia,
in modo particolare il 2 dicembre, anniversario della morte.
Per immagini, biografie, comunicazioni di grazie, offerte per la causa,
rivolgersi a:
Postulazione Serve di Maria Addolorata
Calle Manfredi, 224 - Chioggia (VE) - Tel. 041 5500670 - c.c.p. n. 18719302
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Signore - Serve di Maria Addolorata di Chioggia