EZIO BONANNI LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Rischi, Danni e Tutele Prestazioni previdenziali e risarcimenti ©Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus Proprietà letteraria riservata ISBN 978-88-909105-2-4 Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus Via Crescenzio, 2 – 00193 – Roma http://osservatorioamianto.jimdo.com/ Email [email protected] Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del volume. Sono vietate in tutti i Paesi la traduzione, la riproduzione, la memorizzazione elettronica e l’adattamento, anche parziali, con qualsiasi mezzo effettuate, per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale senza la specifica autorizzazione dell’Editore. EZIO BONANNI LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Rischi, danni e tutele Prestazioni previdenziali e risarcimenti Prefazione Prof. Pietro Sartorelli Editore: Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali Edizione riveduta: 31 Dicembre 2013 ISBN 9788890910524 Ringrazio tutti coloro che nel tempo hanno reso possibile, con la loro scienza e coscienza, la realizzazione di quest’opera, tra i quali il Prof. Pietro Sartorelli, il Prof. Giancarlo Ugazio, il Dott. Paolo Pitotto e tanti altri scienziati dai quali ho appreso molte delle cognizioni tecnico-scientifiche, e tutti i miei collaboratori, tra i quali la Dott.ssa Silvia Arata, la Dott.ssa Anna Corbi, l’Avv.ssa Maria Linda Bruno, senza dimenticare tutti coloro che fanno parte dell’Osservatorio Nazionale Amianto, preziosi compagni di viaggio, a cominciare dal Segretario Nazionale, Dott. Michele Rucco, la Dott.ssa Stefania Divertito, il Dott. Gianni Avvantaggiato, il Dott. Claudio Zappalà, e si potrebbe continuare ancora. A tutte le vittime dell’amianto e ai loro familiari e al tempo stesso a tutti coloro che giorno dopo giorno dedicano le loro energie, la loro esistenza per porre fine a questo genocidio, e per rendere giustizia a migliaia e migliaia di morti, e per sconfiggere definitivamente questo killer silenzioso, contro ogni complicità e connivenza, per un mondo migliore, veramente giusto ed equo in cui anche le Istituzioni finalmente perseguano la tutela della salute e dell’ambiente e con esso la dignità della persona. Prefazione Nel 2006 la World Health Organization (WHO) dichiarava ufficialmente che la migliore soluzione per eliminare le patologie asbesto-correlate consisteva nella cessazione dell’impiego di tutti i tipi di amianto. Tale affermazione teneva conto del fatto che non esiste un livello di esposizione per quanto basso al di sotto del quale il rischio di contrarre malattie da asbesto era scongiurato. Nello stesso anno l’International Labour Organization (ILO), a sua volta, invitava ad eliminare l’uso dell’asbesto e ad identificare e trattare convenientemente l’amianto presente negli ambienti di vita e di lavoro per prevenire l’insorgenza di future malattie e morti da asbesto. Malgrado ciò in molti Paesi si continua l’estrazione e la vendita dell’amianto, soprattutto del tipo serpentino rappresentato dal crisotilo, anche se in alcuni di essi la produzione e/o l’uso di manufatti in amianto è bandita. Questo tipo di politica è stata recentemente condannata dall’International Commission on Occupational Health (ICOH) che nello statement “Global asbestos ban and the elimination of asbestos-related diseases” del 2012 richiama anche l’attenzione sulla necessità nel campo specifico di una prevenzione primaria, secondaria e terziaria. In particolare, per la stessa ICOH, la prevenzione terziaria deve includere da parte della Sanità Pubblica le cure mediche e riabilitative finalizzate alla riduzione per quanto possibile della disabilità derivante dalle patologie da asbesto, nonché la valutazione della stessa invalidità in modo da garantire i relativi benefici. Risulta incredibile come, di fronte ai pronunciamenti di tutti gli organismi internazionali che univocamente condannano l’amianto, ancora oggi in alcuni casi si voglia far credere che esista incertezza scientifica per quanto riguarda la sua nocività. In effetti nel nostro Paese solo recentemente si è diffusa la consapevolezza dei danni per la salute pubblica derivanti dall’uso massivo dell’amianto avvenuto nei decenni passati, in gran parte osservati oggi e negli anni a venire. Dati i lunghi tempi di latenza di queste malattie infatti le azioni volte alla loro prevenzione dovranno continuare per vari decenni dopo l’effettiva interruzione dell’estrazione e dell’uso dell’asbesto. In questo ambito deve essere inquadrata la battaglia sostenuta quotidianamente da Ezio Bonanni e dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), la ONLUS da lui fondata che rapidamente ha raccolto sostegno sia nel mondo politico che scientifico. Questa sua ultima fatica, che segue numerosi altri libri sull’argomento, rende conto del livello di approfondimento raggiunto non solo nell’ambito giuridico a lui congeniale, ma anche, quale cultore della materia, in campo scientifico, occupandosi con disinvoltura al tempo stesso degli aspetti mineralogici, igienistici industriali e medici della materia. Probabilmente mai nessuno era riuscito a riunire in un’unica opera dedicata alla tutela dei rischi lavorativi da amianto la trattazione approfondita di argomenti di natura così differente, dedicando anche una considerevole parte del volume alla storia dell’amianto e dell’emersione del rischio morbigeno che derivava dal suo impiego, avvenuta progressivamente in campo scientifico e giurisprudenziale. Questo sforzo è premiato dall’omogeneità dell’opera stessa che molto difficilmente si sarebbe potuta ottenere se fosse stata realizzata da più autori. Il libro risulta al tempo stesso consigliabile a chi per la prima volta si avvicina a questa tematica per semplice curiosità o desiderando arricchirsi culturalmente, come a chi intenda approfondirne gli aspetti tecnici, giuridici e scientifici. In tal senso la trattazione è molto estesa e in grado di accontentare i professionisti in ambito legale e medico che vogliano aggiornarsi sui molti e diversi problemi che l’asbesto ha purtroppo creato in ambito lavorativo. Il compito non era facile ed Ezio Bonanni ha dimostrato grande sensibilità e competenza affrontando temi di estrema delicatezza e attualità. Pietro Sartorelli Introduzione I minerali di amianto sono responsabili della morte o di gravi malattie in migliaia e migliaia di cittadini e lavoratori, e di loro congiunti, tale da costituire un’emergenza non solo sanitaria e giudiziale, ma soprattutto sociale e per certi versi culturale, ove si consideri la sottovalutazione del rischio, e della poca attenzione per la tutela dell’ambiente e della salute, mentre invece fin dall’inizio o quantomeno dagli anni ’30, del secolo scorso, c’era piena consapevolezza di quanto pregiudizio si determinasse per la salute umana e per l’ambiente a causa dell’utilizzo esponenzialmente crescente dell’asbesto, utilizzato in più di 3.000 applicazioni e presente pure nelle scuole e negli ospedali. Si è reso necessario, quindi, ricostruire le vicende che hanno portato alla mobilitazione sempre crescente di cittadini e lavoratori, di professionisti e uomini politici, fino alla messa al bando dell’amianto nel nostro paese in seguito alla legge n. 257 del 1992, con uno sguardo attento in prospettiva ai progressi della scienza ed una attenzione per la prevenzione primaria, e per gli strumenti di tutela, anche previdenziale e risarcitoria. Questo libro vuole essere anche lo strumento attraverso il quale chiunque possa trovare un sostegno per la tutela delle sue ragioni, se e quando si senta o si ritenga vittima del minerale, o in dovere di agire per spirito e coscienza etica. Vengono suggeriti gli strumenti attraverso i quali ottenere il riconoscimento delle prestazioni previdenziali legate all’esposizione all’amianto e all’insorgenza delle patologie asbesto correlate, e per ottenere anche il risarcimento del maggior pregiudizio sofferto, sotto il profilo patrimoniale e non patrimoniale, con analisi e proposte per la tutela procedimentale e giurisdizionale, dal quale deriva un inteccio virtuoso per la tutela della salute del genere umano e la speranza in un mondo migliore da lasciare in eredità ai nostri figli e alle future generazioni. L’autore INDICE SOMMARIO 1. Che cos’è l’amianto ................................................................................................................................ 1 1.1 I minerali di amianto. ......................................................................................................................... 1 1.2 La classificazione. .............................................................................................................................. 1 1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei vari tipi di amianto.................................................... 4 1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto. ....................................................................................... 6 1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti amianto. ............................................................................. 9 1.6 La produzione di amianto nel Novecento. ..........................................................................................10 1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese. ...........................................................................................12 1.8 I livelli di rischio...............................................................................................................................13 1.8.1 Gli ambienti di lavoro. ..............................................................................................................13 1.8.2 Gli ambienti di vita. ..................................................................................................................14 2. Il rischio amianto e le patologie asbesto correlate ................................................................................17 2.1 Il rischio amianto. .............................................................................................................................17 2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di asbesto. ...............................18 2.3 La identificazione dell’agente patogeno, la diagnosi delle patologie asbesto correlate e la verifica del nesso di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico. .......................................................19 2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee. ..................................................................23 2.5 Le pleuropatie asbesto correlate. .......................................................................................................23 2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico. ..........................................................24 2.5.2 L’ispessimento pleurico. ...........................................................................................................30 2.5.3 Versamenti pleurici benigni. .....................................................................................................30 2.5.4 Atelettasie rotonde....................................................................................................................30 2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva. .................................................................................................30 2.6 L’asbestosi. .......................................................................................................................................31 2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale. .......................................................35 2.8 Il tumore del polmone. ......................................................................................................................35 2.9 Il mesotelioma. .................................................................................................................................42 2.9.1 Il mesotelioma pleurico. ...........................................................................................................43 2.9.2 Il mesotelioma peritoneale. .......................................................................................................48 2.9.3 Conclusioni in ordine al mesotelioma. ......................................................................................51 2.10 Le patologie autoimmunitarie. ...........................................................................................................54 2.11 Tumore al pancreas ed amianto. ........................................................................................................57 2.12 Le neoplasie dell’apparato gastrointestinale. ......................................................................................57 2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo. .................................................................................................59 2.14 I tumori della faringe e laringe. .........................................................................................................62 2.15 Tumori dell’apparato urogenitale (rene e prostata).............................................................................62 2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici. ..................................................................................................63 3. L’amianto nella storia fino agli albori del XX secolo ...........................................................................65 3.1 L’etimologia. ....................................................................................................................................65 3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico........................................................................................ 66 3.3 Gli albori della Medicina del Lavoro. ................................................................................................67 3.4 Il Medioevo. .....................................................................................................................................67 3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale. ..........................................................................68 3.6 La nascita della moderna Medicina del Lavoro: l’emersione delle patologie polmonari causate dalle polveri e della necessità della prevenzione ........................................................................................69 3.7 3.8 3.9 La Rivoluzione Industriale. ...............................................................................................................70 La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo. ....................................................................71 Lo studio delle pneumoconiosi e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo...........................72 4. Emersione del rischio morbigeno per esposizione ad amianto ............................................................83 4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana. .....................................83 4.2 Le norme di igiene e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo. ...........................................85 4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio del XX secolo. ................................85 4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano. .................................................................................88 4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Torino. ...........................................................88 4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto. ................................92 4.7 L’istituzione dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche con il divieto di esportazione dell’amianto e la evoluzione normativa nel primo decennio del XX secolo. ...................95 4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo. ....................................................................95 4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20. ........................................................................................98 4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e l’Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’. .................................................................................................................... 105 5. L’asbestosi come malattia professionale e il suo riconoscimento giuridico ....................................... 107 5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30. ............................................................................. 107 5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e della giurisprudenza nella seconda metà degli anni ’30………………… ....................................................................................................................... 109 5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento dell’asbestosi come malattia professionale. .... 113 6. Emersione del nesso di causalità tra esposizione all’amianto e neoplasie polmonari ....................... 121 6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e il tumore del polmone. ....................................................................................................................... 121 6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata .................................................................... 121 6.3 La Costituzione e il lavoro. ............................................................................................................. 124 6.4 Il faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema di prevenzione e di protezione; il definitivo approccio diagnostico e terapeutico dell’asbestosi ed emersione della consapevolezza del rischio morbigeno dell’amianto per le patologie neoplastiche (1951-1960). ....... 125 7. Amianto e mesoteliomi ........................................................................................................................ 131 7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma. ................................... 131 7.2 La consapevolezza unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e carcinoma polmonare, grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il contributo scientifico dei medici del lavoro italiani. ................. 135 7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli studi, le loro pubblicazioni nel periodo 1971-80 136 7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del dibattito scientifico sul rischio morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva 477/83/CEE, e le premesse per la messa al bando dell’amianto (1981-1990). ...................................................................................... 138 7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della medicina del lavoro (1991-2000), conferma del rischio anche a basse dosi. ............................................................................................................... 147 8. I diritti della persona .......................................................................................................................... 153 8.1. Il diritto. ......................................................................................................................................... 153 8.2 La dimensione etica del diritto. ....................................................................................................... 154 8.3 Salute e diritto. ................................................................................................................................ 156 8.4 La dignità come valore della persona umana. .................................................................................. 162 8.5 La dignità nella Costituzione italiana. .............................................................................................. 162 8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona. .............................................................................. 163 8.7 8.8 La nozione giuridica di salute. ......................................................................................................... 163 ‘Il diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della salute’ e della ‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la tutela di ogni altro diritto...... 164 8.9 La salute quale ambito inviolabile della dignità umana. ................................................................... 167 8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti della persona umana. ....................... 167 9. La tutela dell’ambiente ....................................................................................................................... 169 9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto comunitario e nel diritto interno. ........................................................................................................................................... 169 9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente................................................ 169 9.1.2. Il principio dello sviluppo sostenibile. ................................................................................... 169 9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di impatto ambientale e di internalizzazione. .................................................................................................... 170 9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di prevenzione e di precauzione nel diritto comunitario. ................................................................................................ 171 9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di ambiente. ............................................ 172 9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario. ................................................................... 172 9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della persona umana. .................................................. 173 9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’. 173 9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati’ e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali. ............................................ 173 9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale. ................................................................................ 174 9.3.6. L’ambiente come bene primario ed assoluto. ......................................................................... 175 10. Igiene e sicurezza del lavoro ............................................................................................................. 177 10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie. .......................................... 177 10.2 La direttiva quadro 89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale. ............................................... 180 10.2.1 I soggetti della sicurezza. ...................................................................................................... 180 10.2.2 La prevenzione dei rischi alla fonte. ...................................................................................... 181 10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi. ......................................... 181 10.2.4. Garanzia della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. .............................................. 182 10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro. ............................................................................................................................................ 183 10.4 Le misure di prevenzione. ............................................................................................................... 184 10.5 Informazione e formazione dei lavoratori. ....................................................................................... 185 10.6. Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione. ...................................................... 185 10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla massima sicurezza tecnicamente possibile. ....... 186 10.8. Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE........................................................................ 189 10.9 Esigenza di un ‘testo unico’. ........................................................................................................... 189 10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici. ................................................................................................................ 190 11. La normativa dell’amianto tra diritto comunitario e diritto interno .............................................. 193 11.1 Premessa. ........................................................................................................................................ 193 11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro’. .................................................................................... 193 11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE e la condanna della Corte di Giustizia. .............. 194 11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) a carico della Repubblica Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C-49/00 per inadempimento in tema di servizio di prevenzione e protezione. ............................................................................................... 196 11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di Giustizia. .......................... 196 11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009. ....................................................................................... 198 11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e violazione del quadro costituzionale dei diritti della persona, in tema di protezione dei lavoratori dall’amianto (e dagli altri cancerogeni). ...................... 199 11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni). ..................................... 199 11.7.2 Le disposizioni normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008. ...... Errore. Il segnalibro non è definito.200 11.8 Osservazioni conclusive. ................................................................................................................. 207 11.9 Il diritto al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi comunitari e per violazione delle disposizioni costituzionali. .............................................................................................................. 207 12. Le prestazioni assicurative erogate dall’Inail................................................................................... 215 12.1 La funzione di tutela del lavoratore. ................................................................................................ 215 12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita.................................................................................. 216 12.3 Gli istituti di previdenza. ................................................................................................................. 216 12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate. ....................................................................... 217 12.5 Le patologie asbesto correlate nelle tabelle delle malattie professionali............................................ 219 12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi. ....................................................................................... 220 12.7 Le altre patologie asbesto correlate che figurano nelle tabelle INAIL. .............................................. 222 12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione legale di origine professionale della patologia se contemplata nelle tabelle. .................................................................................... 222 12.9 Il superamento del sistema tabellare. ............................................................................................... 222 12.10 Le prestazioni. ................................................................................................................................ 227 12.11 Le prestazioni sanitarie. .................................................................................................................. 227 12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato. ....................................................................... 227 12.12.1 Inabilità temporanea assoluta. ............................................................................................. 228 12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente. .............................................................................. 228 12.13 Altre prestazioni.............................................................................................................................. 230 12.13.1 L’assegno di incollocabilità. ............................................................................................... 230 12.13.2 La rendita di passaggio. ...................................................................................................... 230 12.13.3 Le quote integrative. ........................................................................................................... 231 12.14 Le prestazioni ai superstiti. .............................................................................................................. 232 12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari. .......................................... 232 12.14.2 Assegno continuativo mensile. ............................................................................................ 232 12.14.3 Assegno funerario............................................................................................................... 233 12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni. ................................................................................ 233 12.15 La procedura per ottenere l’indennizzo. ........................................................................................... 233 12.16 La prescrizione. .............................................................................................................................. 233 12.17 Decorrenza della prescrizione.......................................................................................................... 234 13. I benefici contributivi per esposizione ad amianto. .......................................................................... 237 13.1 Le rivalutazioni contributive. ................................................ Errore. Il segnalibro non è definito.237 13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92. ..................................................................................... 238 13.3 La natura giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge 257/92. ................ 238 13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte dall’art. 47 della legge 326/03. ........................................................................................................................................... 240 13.5 Applicabilità della nuova disciplina dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03. ....................... 241 13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il mancato deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005.............................................................................................. 246 13.7 L’art. 24, comma 6, del D.L. 201/11 convertito in legge 214/11 (cosiddetta Legge ‘Salva Italia’) e l’impatto sui lavoratori esposti all’amianto. ..................................................................................... 249 13.8 Accertamento dell’esposizione qualificata ai fini del riconoscimento del diritto di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/92. ........................................................................................................................ 252 13.8.1 Il limite di soglia. ................................................................................................................. 252 13.8.2 La competenza delle CONTARP regionali. ........................................................................... 252 13.8.3 L’utilizzo del Database Amyant INAIL e dell’algoritmo di calcolo dell’Ente tedesco Berufsgenossenchaften per la valutazione tecnica dell’esposizione. ................................................. 255 13.8.4 La tutela giurisdizionale del diritto........................................................................................ 255 13.9 Gli atti di indirizzo ministeriali........................................................................................................ 256 13.10 Contenuto dell’atto di indirizzo ministeriale. ................................................................................... 259 13.11 Sulla natura giuridica degli atti di indirizzo ministeriali. .................................................................. 260 13.12 Sulla legittimità degli atti di indirizzo ministeriali. .......................................................................... 261 13.13 L’intervento del legislatore per assicurare valore legale agli atti di indirizzo ministeriale. ................ 262 13.14 Le norme di cui all’art. 1, commi 20, 21 e 22 della legge n. 247 del 2007. ....................................... 263 13.15 Il Decreto 12.03.08 e l’atto Inail del 19.05.08 n. 60002.................................................................... 263 13.16 La legittimazione passiva. ............................................................................................................... 266 13.17 La decadenza ex art. 47 del DPR 639/70. ........................................................................................ 267 14. Le altre forme di tutela sociale ......................................................................................................... 271 14.1 Il Fondo Vittime dell’Amianto. ....................................................................................................... 271 14.2 Le prestazioni del Fondo. ................................................................................................................ 272 14.3 Profili di illegittimità del decreto del Ministro del Lavoro n. 30 del 12.01.2011. .............................. 272 14.4 Impugnazione del Decreto Interministeriale innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale Lazio. 273 14.5 Il procedimento amministrativo e le opzioni processuali per il riconoscimento del diritto (anche a coloro che non sono titolari di rendita Inail). ................................................................................... 277 14.6 L’equiparazione alle vittime del dovere nella Marina Militare. ........................................................ 278 15. La responsabilità penale in materia di amianto ............................................................................... 281 15.1 Il fondamento costituzionale della repressione penale. ..................................................................... 281 15.2 La responsabilità penale. ................................................................................................................. 281 15.3 I reati omissivi. ............................................................................................................................... 282 15.4 Le fonti del diritto penale del lavoro. ............................................................................................... 282 15.5 La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. .............................................................. 282 15.6 La non efficace applicazione delle norme di sicurezza e di prevenzione. .......................................... 283 15.7 Il microsistema penale di cui agli artt. 434 e 437 c.p. ....................................................................... 285 15.7.1 L’art. 437 c.p. ....................................................................................................................... 287 15.7.2 La condotta nella fattispecie penale di cui all’art. 437 c.p. ..................................................... 289 15.7.3 Il disastro o infortunio. ......................................................................................................... 291 15.7.4 Il dolo nell’ipotesi di reato di cui all’art. 437 c.p. .................................................................. 293 15.7.5 L'ipotesi del secondo comma dell’art. 437 del codice penale. ............................................... 293 15.7.6 La fattispecie dell'art. 434 del codice penale. ....................................................................... 301 15.7.7 La condotta nel reato di cui all’art. 434 del codice penale...................................................... 303 15.7.8 Il dolo................................................................................................................................... 304 15.7.9 L'ipotesi del secondo comma dell’art. 434 del codice penale. ................................................ 306 15.8 La fattispecie di cui all’art. 451 del codice penale. ........................................................................... 308 15.9 L’art. 449 del codice penale. ........................................................................................................... 309 15.10 La recente evoluzione normativa e il nuovo quadro sanzionatorio. ................................................... 310 15.11 Le associazioni come formazioni sociali con le quali far valere i diritti. ........................................... 311 15.12 La costituzione di parte civile nel processo penale. .......................................................................... 312 15.13 La legittimazione processuale delle associazioni a costituirsi parte civile e/o a intervenire nel processo penale. ............................................................................................................................................ 313 15.14 Il nesso di causalità. ........................................................................................................................ 317 15.15 Le componenti dell’illecito omissivo. .............................................................................................. 321 15.15.1 Il legame tra il non fare e l’evento naturalistico. .................................................................. 321 15.15.2 Quanto all’asbestosi. ........................................................................................................... 329 15.15.3 Quanto al tumore polmonare. .............................................................................................. 331 15.15.4 Quanto al mesotelioma. ...................................................................................................... 335 15.16 L’elemento psicologico del reato. .................................................................................................... 347 15.17 La colpa nei casi di patologie asbesto correlate. ............................................................................... 347 16. La responsabilità civile del datore di lavoro..................................................................................... 359 16.1 La natura giuridica della responsabilità del datore di lavoro. ............................................................ 359 16.2 Il regime probatorio nei diversi profili di responsabilità. .................................................................. 359 16.3 La colpa contrattuale e la colpa aquiliana. ....................................................................................... 361 16.4 La irrilevanza del luogo dello svolgimento delle mansioni. .............................................................. 363 16.5 Le affermazioni confessorie di Confindustria e la consapevolezza del rischio cui si è voluto consapevolmente sottoporre i lavoratori esponendoli all’amianto. .................................................... 363 16.6 L’eccezione del datore di lavoro circa l’inesistenza di una norma che imponesse limiti di soglia e la mancata verifica dell’entità dell’esposizione.................................................................................... 364 16.7 La risarcibilità dei danni differenziali e complementari del lavoratore in caso di insorgenza di malattia professionale. .................................................................................................................................. 366 16.8 Il nesso di causalità in materia di responsabilità civile. .................................................................... 368 16.9 La responsabilità in caso di esposizione ambientale. ........................................................................ 373 16.10 Inizio della decorrenza della prescrizione in tema di responsabilità contrattuale ed aquiliana. .......... 373 17. I danni risarcibili e la loro quantificazione ...................................................................................... 375 17.1 Il danno potenziale. ......................................................................................................................... 375 17.2 Il danno statisticamente accertato. ................................................................................................... 375 17.3 La risarcibilità dei pregiudizi da esposizione ad amianto.................................................................. 376 17.4 La risarcibilità del ‘danno biologico a causa del semplice pericolo cagionato dall’alterazione’ anche in assenza di incidenza funzionale. ...................................................................................................... 379 17.5 Disturbo post traumatico da stress legato alla condizione esistenziale di paura di ammalarsi quale malattia professionale indirettamente legata alla esposizione ad amianto. ........................................ 379 17.6 I pregiudizi esistenziali e morali legati all’esposizione ad amianto in caso di assenza di patologia asbesto correlata.............................................................................................................................. 380 17.7 La risarcibilità dei danni ulteriori, anche in caso di accredito della maggiorazione contributiva di cui all’art. 13, commi 6, 7, 8, della legge n. 257/92. .............................................................................. 382 17.8 La risarcibilità dei danni differenziali e complementari.................................................................... 382 17.9 L’integrale risarcimento di tutti i pregiudizi. .................................................................................... 387 17.10 Il ‘principio di integralità del risarcimento del danno’...................................................................... 389 17.11 La risarcibilità del danno morale. .................................................................................................... 392 17.12 Il ‘principio di integralità del risarcimento del danno’ delle vittime dell’amianto. ............................ 394 17.13 La risarcibilità dei danni subiti dai familiari. ................................................................................... 395 17.14 La quantificazione dei danni............................................................................................................ 396 18. Prevenzione primaria, diagnosi precoce e pubbliche responsabilità ............................................... 401 18.1 L’incidenza di patologie asbesto correlate in Italia........................................................................... 401 18.1.1 I dati epidemiologici del mesotelioma. .................................................................................. 401 18.1.2 La valutazione dell’incidenza delle altre patologie. ............................................................... 404 18.2 18.3 18.4 18.5 La necessità di aggiornamento delle tabelle delle patologie asbesto correlate. .................................. 405 La prevenzione primaria.................................................................................................................. 405 La diagnosi precoce come forma di prevenzione secondaria. ........................................................... 407 Amianto: monitoraggio preventivo periodico per gli ex esposti, già prevista dall’art. 29 del D.Lgs. 277/91. ........................................................................................................................................... 408 18.6 Le prospettive: dalla bonifica integrale al risarcimento dei danni. .................................................... 411 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ........................................................................................................... 413 Capitolo I Che cos’è l’amianto SOMMARIO: 1.1 I minerali di amianto. 1.2 La classificazione. 1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei vari tipi di amianto. 1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto. 1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti amianto. 1.6 La produzione di amianto nel Novecento. 1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese. 1.8 I livelli di rischio. 1.8.1 Gli ambienti di lavoro. 1.8.2 Gli ambienti di vita. 1.1 I minerali di amianto. Il termine amianto o ‘asbesto’ indica quei silicati fibrosi che, diversamente dagli altri, hanno capacità di suddivisione longitudinale in fibrille, lunghe e flessibili e sempre più sottili, fino a poter raggiungere un diametro di 0,25 ųm (1300 volte più sottile di un capello umano), e che sono capaci di rimanere sospese a lungo tanto da poter essere facilmente inalate e penetrare in tutti gli organi del corpo umano e causare diverse patologie, molte delle quali con esito infausto. L’amianto è virtualmente indistruttibile, perché resiste al fuoco e al calore fino a 2000°, ed è inattaccabile da agenti esogeni, come gli acidi, ed è estremamente flessibile, resistente alla trazione, fonoassorbente, facilmente friabile, abbondante ed economico: tutte queste caratteristiche ne hanno facilitato l’impiego e la diffusione. E’ possibile definire l’esistenza di due tipi fondamentali di asbesto, i serpentini e gli anfiboli, che, secondo la composizione chimica riconducono, nella maggioranza dei casi, al tipo degli inosilicati basici di magnesio a catena doppia cui appartiene appunto il crisotilo, secondo la seguente tabella 1: 1 - crisotilo (serpentino fibroso) Mg6[(OH)6Si4O11]•H2O 2 - lizardite Mg6[(OH)6Si4O11] di serpentino: 3 - antigorite (serpentino lamellare) Mg6[(OH)8Si4O10] 4 - amesite (asbesto bruno) Mg2Al2[(OH)8Al2Si2O10] amianto o asbesto di anfibolo: 1 - antofillite (Mg,Fe)7, [(OH)2Si8O22] 2 - tremolite Ca2Mg5[(OH)2Si8O22] 3- actinolite Na2Ca2Mg10(OH)4Sil6O44] 4 - riebeckite Na2Fe3’’Fe2’’’[(OH)2Si8O22] 5 - crocidolite (asbesto blu) Na2(Mg,Fe)3[(OH)2Si8O22] 1.2 La classificazione. L’art. 247 del D.Lgs. 09.04.08 n. 81, che riproduce l’art. 2 della Direttiva 477/83/CEE (ora sostituita dalla Direttiva 2009/148/CE), stabilisce che 1 Renato Sinno, IL RISCHIO ‘AMIANTO’ NELL’AMBIENTE DI VITA E DI LAVORO, RISPOSTE RISOLUTIVE DELLE PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA ‘INERTIZZAZIONE’ ED ALLA ‘SOSTITUIBILITÀ’ DELL’AMIANTO. 2 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO “Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi: a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4; b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5; c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5; d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5; e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4; f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6” tra i quali solo il crisotilo, detto anche ‘amianto bianco’, appariene alle serie dei serpentini, mentre tutti gli altri (l’amosite, la tremolite, l’antofillite, l’actinolite, la crocidolite detto anche ‘amianto blu’) sono anfiboli (dal greco αμφίβολος e dal latino amphibolus=ambiguo). Il crisotilo (dal greco χρυσός= fibra d’oro) o amianto bianco-verde-grigio-giallastro, è un silicato idrato di magnesio, con formula 3MgO,2SiO,2H2O- n. CAS 12001-29-5, con fibre di lunghezza variabile, soffici e setose, con elevata resistenza meccanica e flessibilità, con una buona tenuta degli agenti alcalini, con una temperatura di decomposizione tra i 450-700°C, ed è di gran lunga il tipo di amianto più diffuso2. Appartengono alla serie degli anfiboli: l’actinolite o actinoto (dal greco ακτινωτο/j=pietra raggiata) o amianto verde-nero; silicato idrato di calcio, ferro e magnesio, 2CaO,4MgO,FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-66-4; è un componente abbondante delle rocce scistose-cristalline della catena alpina; ed ha una temperatura di decomposizione tra 620-900°C; l’amosite (dall’acronimo di Asbestos Mines of South Africa) o amianto bruno-giallo-grigio o cummingtonite o grunerite; silicato idrato di ferro e magnesio, 5.5FeO,1.5MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 12172-73-5), con fibre lunghe, diritte e fragili, di flessibilità discreta e con particolare stabilità al calore e temperatura di decomposizione tra 600-800°C, utilizzato prevalentemente come isolante termico; la crocidolite3 (dal greco κροκυ/j υℵδοϕ λι/θοj=pietra simile a un fiocco di lana) o amianto blu o amianto del Capo o riebeckite, proviene dalle vicinanze di Griqua Town, nell’Africa australe; silicato idrato di sodio, ferro ferrico, ferro ferroso e magnesio, Na2O,Fe2O3,3FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 12001-28-4; con fibre diritte, maggiore resistenza agli agenti acidi rispetto agli altri tipi di anfiboli, di buona flessibilità e con temperatura di decomposizione tra 400-600°C; la tremolite o amianto grigio-verde-giallo; silicato idrato di calcio e magnesio, 2CaO,5MgO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-68-6), comune in molte località alpine, prende il nome dalla Valle Tremola nel massiccio del S. Gottardo (Campolongo, nel Canton Ticino) 4; fragile, ma con più resistenza al calore, perché ha una temperatura di decomposizione tra 950-1040°C. l’antofillite5 (dal greco α℘νθοj=fiore e φυ/λλον=foglia, e dal latino scientifico antophyllum = garofano) o amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 77536-67-5; è il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti dell’Alto Adige (Val Passiria, sopra Merano) e in misura inferiore anche nell’isola d’Elba e nelle Alpi e Prealpi Occidentali, e in Finlandia, è fragile, con temperatura di decomposizione tra 600-850°C. Tutte queste caratteristeche possono essere così riassunte: 2 In Italia si estrae dalle cave della Val Malenco in alta Valtellina (a fibra lunga e molto pregiato) e della Val di Susa (E. Artini, I minerali, VI edizione, Hoepli Ed., Milano 1963. 3 VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma 1986. 4 VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma 1994. 5 N.Tommaseo, B.Bellini, DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA, voce ‘antofillite’,vol. I, UTE Ed,Torino 1865. CAPITOLO I | 3 Crisotilo – ‘White asbestos’ dal greco: ‘fibra d’oro’ n. CAS (*) 12001-29-5 crisotilo Crocidolite - “Blue asbestos” dal greco: “fiocco di lana” n. CAS 12001-28-4 riebeckite- glaucofane Na2Fe3+2Fe2+3(Si8O22(OH)2 Grunerite d’amianto (amosite) “Brown asbestos” Asbestos Mines of South Africa n. CAS 12172-73-5 cummingtonite-grunerite (Mg, Fe2+)7Si8O22(OH,F)2 Tremolite di amianto dalla Val Tremola, Svizzera n. CAS 77536-68-6 tremolite Ca2Mg5Si8O22(OH)2 Actinolite di amianto dal greco: “fibra raggiata” n. CAS 77536-66-4 Antofillite di amianto dal greco: “garofano” n. CAS 77536-67-5 actinolite Ca2(Mg,Fe2+)5Si8O22(OH,F)2 antofillite (Mg,Fe)7(Si8O22)(OH)2 Mg3 (Si2O5)(OH)4 Veri e propri minerali industriali Utilizzo occasionale. Minor numero di giacimenti minerari (*) Chemical Abstracts Service (CAS): il numero CAS è il numero con cui viene assicurata la completa identificazione delle sostanze chimiche. FONTE: Amianto naturale in Piemonte, a cura della Regione Piemonte e di Arpa Piemonte. e con il segunte schema semplificativo: Amianto e/o Asbesto __________________________|_________________________ | | Crysotile Amphibole fibrose _________________________________________________________________ | | | | | Amosite Tremolite Anthophyllite Actinolite Crocidolite 5.5.FeO, 1.5MgO, 2CaO, 5MgO, 7MgO,8SiO2, H2O 2CaO,4MgO, FeO (amianto blu) 8SiO2, H2O 8SiO2, H2O 8SiO2, H2O Na2O,Fe2O3,3FeO 8Si2, H2O La classificazione del legislatore non è in grado di riprodurre la variegata diversità di questi minerali, sia perché ognuno dei quali, anche quelli che appartengono allo stesso gruppo, ha una differente formula chimica6, che non è sovrapponibile, poiché i loro componenti, la cui identificazione richiederebbe una analisi quantistica elementare volta per volta, sono molto eterogenei; sia perchè ce ne sono molti altri, come l’erionite (IARC 2012b) e la fluoro-edenite7, che non vi sono contemplati e che invece dovrebbero esserlo, in quanto hanno le stesse caratteristiche 6 M.B. Bever (MIT), ENCYCLOPEDIA OF MATERIALS SCIENCE AND ENGINEERING, Pergamon Press, New York 1986, e Ezio Bonanni, LO STATO DIMENTICA L’AMIANTO KILLER, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Sesto San Giovanni, 2009. 7 La fluoro-edenite è un minerale del gruppo anfibolo di sottogruppo calcico clino anfibolo. La sua composizione è con membro fluoro dominate e la sua relazione è edenite. La classificazione Dana è 66.01.03a.10a (gruppo 2, anfiboli calcici), la classe Strunz è 09.DE.10 (Inosilicati della famiglia anfibolo), la classe Nichel-Strunz è 9.DE.15 (Inosilicati clinoanfiboli) dove con E fanno parte gli inosilicati con doppie catene periodiche, 2(Si4O11). La sua composizione chimica è di elementi quali: Al, Ca, F, H, Mg, Na, O, Si, con concentrazioni di Na2O (3.20%) K2O (0,84%) MgO (22,65%) CaO (10,83%) MnO (0,46%) FeO (1,60%) Al2O3 (3,53%) Fe2O3 (1,00%) SiO2 (52,92%) TiO2 (0,29%) F (4,35%) Cl (0,07%) somma 101,74% in meno di O = F + Cl 1,85% per un totale di 99,89% in peso. Le proprietà fisiche vanno dal lustre vitreo con diafanità trasparente, al colore verde chiaro a giallo intenso (anche grigio nero) con riflessi bianco-giallastri, 5-6 Mohs di durezza misurata, densità di 3,09 g/cm3, tenacia fragile, sfaldatura 110 e frattura concoide. 4 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO fisico-chimiche e sono in grado di determinare gli stessi rischi per l’uomo e danni per l’ambiente8 dei mimerali contemplati nella norma, che dovrebbe essere riformulata, con l’integrazione ed il richiamo a tutti i minerali asbesti formi, per applicarvi le stesse misure di prevenzione e tutela. La fluoro-edenite è stata utilizzata nella città di Biancavilla, ai piedi dell’Etna, senza che ci fosse consapevolezza del rischio cui andavano incontro i suoi abitanti, tra i quali negli ultimi anni sono insorti molti mesoteliomi9. La mancata classificazione della fluoro-edenite e di altri minerali asbestiformi quali minerali di amianto espone a rischio molti cittadini, privi così di ogni tutela, preventiva e risarcitoria, diversamente l’adeguamento della legislazione renderebbe applicabili le norme di prevenzione tecnica e protezione individuale nei luoghi di lavoro, e di prevenzione primaria negli ambienti di vita, otre alle disposizioni di cui alla Legge 257/92 (con il divieto di estrazione, utilizzazione e commercializzazione e le misure di sostegno per i lavoratori), non ultime le misure di sorveglianza sanitaria per gli esposti, per una eventuale diagnosi precoce della patologie asbesto correlate che dovessero insorgere, e per assumere ogni ulteriore misura che si rendesse necessaria, anche in termini di assistenza e previdenza sociale. 1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei vari tipi di amianto. La differente composizione chimica di tutti i minerali di amianto discende dalla provenienza e ne ripercorre l’origine, attraverso un processo di infiltrazione dell’acqua nel sottosuolo, la forte pressione e la modifica della struttura delle rocce, e ne determina la capacità di suddivisione in fibre longitudinali, le cui caratteristiche sono a loro volta influenzate anche dalle lavorazioni e dalle modalità di impiego, ferme le caratteristiche di incorruttibilità, resistenza alle alte temperature, all’usura, all’aggressione delle sostanze chimiche e alla trazione e dunque dell’indistruttibilità10. L’elemento strutturale comune di tutti i silicati è lo ione complesso [SiO4]4-; il gruppo silicato ha uno sviluppo tridimensionale a forma di tetraedro, in cui il catione Si4+ è legato a quattro ioni ossigeno. 2 O apicale 2- O di base · Si4+ 8 Belluso E., Ferraris G., Alberico A., AMIANTO, LA COMPONENTE AMBIENTALE: DOVE, QUALI E COME SONO GLI “Effetti negativi per la salute umana possono essere causati anche da fibre minerali diverse da quelle classificate dalla legge n. 277/91, quali actinolite, amosite, antofillite, crisotilo, crocidolite e tremolite (ad es. Ross et al., 1993) e, più in generale, da polveri minerali; basterebbe citare il caso dell’erionite (Ross et al., 1993). Per un quadro più realistico delle relazioni tra cause e danno si dovrebbe però meglio tenere conto che: a) esistono molti altri minerali fibrosi che possono essere presenti nell’ambiente, anche se non utilizzati industrialmente, la cui nocività/innocuità è ancora da studiare (Astolfi et al., 1991); i minerali asbestiformi, ivi compresi quelli classificati amianto dalla legge, sovente contengono a livello submicroscopico (e cioè di fibrille) altre fasi fibrose; c) la variabilità chimica è assai cospicua”. “Il Piemonte è particolarmente ricco di rocce serpentiniche che possono essere mobilizzate indipendentemente dall’estrazione di amianto. Tali rocce sono pure ricche di minerali fibrosi non classificati amianto. Basti ricordare la scoperta, effettuata tra il 1983 e il 1985 (Compagnoni et al., 1983; Compagnoni et al., 1985), di abbondante presenza di due nuovi minerali asbestiformi, carlosturanite e balangeroite. In seguito a tale scoperta, è stata effettuata una dettagliata ricerca e campionatura dei minerali fibrosi presenti nelle rocce serpentini che del territorio alpino occidentale, cui sono seguite adeguate indagini di laboratorio”. 9 Comba P, Gianfagna A., Paoletti L. PLEURAL MESOTELIOMA CASES IN BIANCAVILLA ARE RELATED TO A NEW FLUOROEDENITE FIBROUS AMPHIBOLE. Arch Environ Health 2003; 58:229-32. 10 G. Scansetti, INTRODUZIONE ALL’IGIENE INDUSTRIALE, Cortina Ed., Torino 1980. AMIANTI NELLE ALPI OCCIDENTALI?, CAPITOLO I | 5 La sua struttura deriva dalle ridotte dimensioni dello ione silicio tetravalente e dalla sua alta carica positiva, rispetto agli ioni O2- che sono, invece, relativamente più grandi. Il silicio presenta una forte carica che, unita alle dimensioni relativamente piccole del legame Si-O, genera l’esistenza di [SiO4]4- isolati oppure organizzati in strutture in cui i diversi atomi di silicio formano dei polimeri inorganici; in questi, i tetraedri sono tra loro legati esclusivamente per i vertici e mai per gli spigoli o le facce ed ogni atomo di ossigeno è comune a due tetraedri limitrofi. La classificazione dei minerali asbestoidi, essendo essi polimeri della tipologia sopra descritta, si basa su modalità e grado di polimerizzazione del tetraedro di base, come avviene per tutti gli altri silicati. I silicati sono classificati su basi strutturistiche, vale a dire sul modo in cui i tetraedri si uniscono, e non semplicemente su basi chimiche; ciò caratterizza la morfologia esterna delle differenti specie silicatiche. Possono essere individuate le seguenti sottoclassi: 1) nesosilicati: contraddistinti da una struttura ‘ad isola’ in cui i tetraedri rimangono isolati; 2) sorosilicati: costituiti da gruppi di due tetraedri uniti tra loro tramite uno ione ossigeno; 3) ciclosilicati: consistenti in anelli costituiti da 3 oppure 4 oppure 6 tetraedri uniti per due vertici; 4) inosilicati: formati da collegamenti a catena - semplici o doppi- tra i tetraedri secondo una direzione prevalente; 5) fillosilicati: composti di strati di tetraedri, saldati tra loro da anelli esagonali con sviluppo bidimensionale, che attribuiscono al minerale un aspetto lamellare, fogliaceo, con facile sfaldatura. Gli anfiboli e i serpentini fanno parte, rispettivamente, degli inosilicati e dei fillosilicati: i primi, si presentano allungati fino ad essere fibrosi, mentre i secondi hanno l’aspetto di fogli. Il tetraedro dei silicati, presentando quattro cariche negative, non è un’unità elettricamente neutra, dunque, per bilanciare questa eccedenza di cariche negative, si deve legare con altri ioni positivi (Fe, Mg, Ca). L’amianto anfibolico può essere del tipo: Ø ferromagnesico (antofillite ed amosite); Ø calcico (tremolite ed actinolite); Ø sodico (Riebeckite fibrosa o crocidolite). Gli anfiboli, appartenenti alla famiglia degli inosilicati a catena doppia, sono minerali presenti nelle rocce eruttive conseguentemente al raffreddamento dei magmi silicatici e, strutturalmente, si presentano sotto forma di fibre più o meno lineari, relativamente flessibili, avvolte in massi. La loro composizione è ottenuta da miscele isomorfe di due silicati e i principali anfiboli sono monoclini e hanno formula generale molto complessa; essendo minerali idrati, cristallizzano solo in presenza di acqua. La composizione chimica del gruppo degli anfiboli può essere espressa dalla formula: W0-1X2Y5Z8O22(OH,F)2, dove: Ø Ø Ø Ø W indica Na e K, X indica Ca, Na, Mn, Fe, Mg, Li, Y indica Mn, Fe, Mg, Al, Ti, Z indica Si e Al. 6 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO La struttura degli anfiboli si caratterizza per la catena doppia Si4O12 parallela all’asse c, con struttura contenente molti siti cationici e forma un’impalcatura a T-O-T (tetraedro-ottaedrotetraedro), di ampiezza doppia rispetto alla struttura T-O-T del pirosseno, con diminuita stabilità termica rispetto ai pirosseni per la presenza del gruppo (OH). L’amianto serpentinico, il crisotilo, è invece un silicato idrato di magnesio. I minerali asbestoidi presentano dei caratteri cristallo-chimici e geomineralogici che hanno importanti implicazioni per quanto concerne la loro patogenicità, dovuta essenzialmente alla capacità di rilasciare fibre/fibrille inalabili. I minerali di amianto acquisiscono il loro particolare aspetto fibroso negli specifici ambienti di formazione e, segnatamente, in ambiente metamorfico a temperature basso/medie ed a regimi medi di pressione, che ne favoriscono la rapida idratazione e l’immediato consolidamento. In mancanza di queste condizioni, gli stessi minerali possono assumere abito massivo (quasi amorfo) e costituire le rispettive varietà non fibrose, ma chimicamente identiche. Mentre i legami Si-O, all’interno delle catene, si spezzano molto difficilmente, gli anfiboli, data la loro conformazione, si sfaldano con molta facilità lungo la direzione delle catene; anche lo stesso crisotilo può sfaldarsi per apertura degli strati spiraliformi sovrapposti. La fibrosità degli asbesti, per tali ragioni, si manifesta a varie scale: dal campione macroscopico, in cui si distinguono fasci di fibre anche di decimetri, fino alla scala del microscopio elettronico che permette di evidenziare fibre ancora più sottili. La possibilità di suddivisione longitudinale in tante, migliaia, di fibre, conferisce al minerale elevate proprietà meccaniche e lo fa risultare l’unico capace di essere annodato e filato, fino ad un massiccio impiego nel settore tessile, metalmeccanico, edile, cartario, dei trasporti, e ad un vastissimo impiego, negli ambienti di vita e di lavoro, in almeno 3.000 tipologie di prodotti. Possiamo così riassumere le proprietà di questi minerali: Proprietà minerale Colore Crisotilo Da bianco a verde pallido T(°C) decomposizione T(°C) fusione Densità (g/cm3) Resistenza agli acidi Resistenza agli alcali Resistenza alla trazione 103 (Kg/cm2) Aspetto Flessibilità Filabilità Indice rifrazione Crocidolite Blu Antofillite Da bianco a grigio Actinolite Da verde chiaro a verde scuro Tremolite Da bianco a grigio 450-700 Amosite Da grigiogiallastro a marrone scuro 600-800 400-600 600-850 620-960 950-1040 1500 1400 1200 1450 1400 1315 2,55 Scarsa Molto buona 31 3,4-3,5 Media Buona 17 3,3-3,4 Buona Buona 35 2,85-3,1 Molto buona Molto buona <7 3,0-3,2 Media Buona 5 2,9-3,1 Molto buona Buona 5 Serico, flessibile Molto buona Molto buona 1,53-1,55 Fragile Fragile e duro Lungo e rigido Discreta Discreta 1,66-1,69 Buona Buona 1,65-1,70 Discreta-fragile Scarsa 1,59-1,69 Fragile Scarsa 1,60-1,69 Fragile, friabile Fragile Scarsa 1,60-1,69 1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto. L’amianto è indistruttibile, resistente al calore e al fuoco, resistente all’azione degli acidi, resistente alla trazione, molto flessibile e friabile e dotato di capacità fono assorbenti (per questo veniva spruzzato nelle scuole, nelle palestre, nelle piscine, nelle mense, negli ospedali, nelle stazioni delle metropolitane, etc., su pareti o soffitti per formare uno strato soffice di alcuni centimetri, capace di creare una sensazione acustica di ovattamento dei suoni, minor intensità dei rumori e migliore comprensione delle parole non compromesse dagli echi acustici), termoisolanti, CAPITOLO I | 7 in grado di contenere il calore (come nelle tubazioni, per il trasporto del vapore, per isolare caldaie e forni). Se legato a matrici resistenti e stabili, è compatto (come per esempio l’eternit), se legato con matrici non compatte, è friabile (come il materiale spruzzato), e viene classificato come tale se può essere ridotto in polvere con la sola pressione delle dita, diversamente è in matrice compatta. Le caratteristiche e il basso costo di estrazione e produzione ne hanno favorito l’impiego nei settori più disparati, dalla produzione del cemento-amianto, il cui nome commerciale era eternit, all’uso in edilizia anche per realizzare le tegole, i pavimenti, le tubazioni, le vernici e le canne fumarie, nonché per la coibentazione di edifici, navi, treni, aerei, etc.; dalle tute dei vigili del fuoco, alle automobili (vernici e parti meccaniche), alla fabbricazione di corde, plastica e cartoni, e perfino nella filtrazione dei vini11: complessivamente, in oltre 3000 applicazioni. Nell’edilizia questi materiali sono stati largamente impiegati, sia nell’impasto con il cemento, per realizzare quei manufatti, tra i quali i più diffusi: lastre ondulate o piane, per coperture di edifici industriali e civili, prefabbricati e pareti divisorie non portanti, tubi per acquedotti e fognature, tegolature, canne fumarie, serbatoi, intonaci, oltre che negli impianti di riscaldamento e di condizionamento, e quindi: (a) nelle coperture in cemento-amianto, quali lastre ondulate, tegole, etc., realizzate con crisotilo e anche con anfiboli quali la crocidolite, che hanno rappresentato il 90% di tutto l’amianto collocato, e che tuttora rappresentano una fonte di contaminazione di fibre nel caso siano degradate o danneggiate, e comunque quando la matrice cementizia perde la sua consistenza; (b) nei controsoffitti e nelle coibentazioni del sottotetto, dove se non presenti direttamente sotto forma di lane o feltri di amianto, si può essere ricorsi all'uso di pianelle e pannelli in fibrocemento piano, con finalità antincendio e tenuta del calore. Spesso sono stati realizzati anche intonaci a spruzzo o con impasti gessosi dati a cazzuola, con tenore in amianto variabile; (c) nei cassoni, nei serbatoi e nelle tubazioni per l'acqua: uso molto frequente nell'edilizia. Si tratta di cemento‐amianto di vario spessore e di vario calibro, utilizzato sia per le acque bianche e meteoriche che per gli scarichi fognari (pozzetti, gronde, canalizzazioni), con contaminazione anche dell’acqua potabile; (d) nelle canne fumarie, nei camini e nelle tubazioni di scarico fumi di combustione sono stati diffusamente usate tubazioni in cemento‐amianto, per le caratteristiche di incombustibilità e tenuta del calore; (e) nei pannelli, nei divisori e nelle tamponature: soprattutto nell'edilizia prefabbricata sono stati usati sino agli anni '80, pannellature in miscele di amianto con varie matrici leganti, organiche ed inorganiche (carbonato di calcio, silicato di alluminio). Presentano habitus fibroso nelle superfici di taglio; è stato usato prevalentemente crisotilo, ma anche anfiboli, per un contenuto totale di circa il 15 % in peso; (f) nelle pavimentazioni in vinil‐amianto: molto usato nell'edilizia pubblica: ospedali, scuole, uffici, prima degli anni '80. Conosciuto comunemente come ‘linoleum’, in piastrelle o lastre (per lo più verdi o blu) ha un contenuto di amianto variabile dal 3‐4% al 30%, prevalentemente crisotilo; (g) nelle caldaie, nelle stufe, nei forni e negli apparati elettrici: molte applicazioni domestiche o di uso comune possono presentare applicazioni di materiali contenenti amianto quali: - guarnizioni sottoforma di cordoncino o cartone, ed isolamenti termici, sottoforma di feltri e tessuti di amianto, in stufe, caldaie e forni; 11 Assoamianto, IMPIEGHI 05.03.2012. DELL'AMIANTO, sito internet http://www.assoamianto.it/utilizzo_dell.htm, consultato in data 8 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO - cartoni negli apparati elettrici o ferri da stiro o phon; - guarnizioni in motori elettrici, caldaie, motori a scoppio; (h) nella coibentazione di tubi per il riscaldamento: il locale caldaia è potenzialmente un luogo in cui è possibile la presenza di amianto come: ‐ coibentazione dei tubi (impasto gessoso o nastri tessuti) ‐ isolante elettrico (cartone) per le contattiere e per i termostati o termocoppie ‐ premistoppa per le valvole ‐ feltri, tessuti e guarnizioni intorno alla caldaia. Quindi i principali luoghi dove è stato utilizzato amianto, possono essere così analiticamente riportati: Per le caratteristiche di fono assorbenza: Per le caratteristiche di resistenza al fuoco: Per le caratteristiche di termoisolanza: cinema, chiese, mense, ospedali, palestre, ristoranti, scuole, teatri, etc. autorimesse, carrozze ferroviarie, centrali elettriche e termiche, navi, etc. carrozze ferroviarie, capannoni industriali, navi, etc. Per quanto riguarda l’industria, l’amianto veniva utilizzato per (i) coperture in eternit, pannellature e tamponature: nelle attività industriali è molto frequente l'utilizzo di coperture dei capannoni con lastre ondulate di fibrocemento contenente amianto (più comunemente conosciute con il più diffuso nome commerciale: ‘Eternit’) in una percentuale variabile tra il 12 ed 15% sul peso totale. La tipologia di amianto usata é quella del crisotilo, ma spesso avvenivano aggiunte di crocidolite (spesso riconoscibile da ciuffi blu scuro di fibre affioranti) e/o amosite in basse percentuali. I pannelli di divisione o tamponatura sono spesso materiali compositi dell'amianto, dove oltre al cemento, si possono ritrovare lane minerali, resine organiche, cellulosa; (j) condotte e tubi coibentati: è stato molto frequente l'uso di tubazioni in cemento amianto di vario calibro, sia per l'adduzione di acqua o di scarichi fognari (presenza diffusa di pozzetti, gronde, canali, serbatoi), ma anche per il trasporto di fluidi industriali (oli, acidi, etc.), in quanto il cemento‐amianto si presta molto bene per questa funzione che può avvenire oltre che a temperatura, anche a pressione: in questo caso veniva usato un cemento‐amianto con più del 15% di asbesto miscelato. Altra applicazione industriale molto diffusa é stata quella di ricoprire le tubazioni metalliche da coibentare con impasti di amianto (soprattutto amosite), gesso o silicati di magnesio o sodio; questa malta veniva contenuta da una retina metallica di contenimento e di solvente, il tutto era racchiuso da una sottile copertura in cemento‐amianto: questa modalità di coibentazione è nota come ‘coppella’, e, attualmente si ritrova diffusamente protetta da lamierino zincato o da telatura bituminosa nelle parti danneggiate o sottoposte a manutenzione; (k) serbatoi, tank, reattori, refrigeratori, giunti di espansione: ha avuto grande diffusione la coibentazione di contenitori, anche grandi, per la tenuta termica con amianto friabile, soprattutto amosite. Risultano normalmente ricoperti da rete metallica di contenimento; (l) impianti termici, impianti a pressione e bombole: negli impianti chimici dove la pressione spesso si combina con temperature operative spinte ed eventualmente liquidi corrosivi, l'amianto ha giocato un importante ruolo nei punti di tenuta, costituendo il principale materiale usato per le guarnizioni, sovente sottoforma di treccia di crisotilo tessuto. Corde di amianto (crisotilo) si ritrovano frequentemente quali guarnizioni nelle caldaie. Nelle bombole di acetilene l'amianto friabile costituisce una frazione importante del peso totale del contenitore; CAPITOLO I | 9 (m) parti di macchine e macchinari: frequente la presenza in macchine utensili: ‐ convertitori di coppia ‐ frizioni e freni ‐ rondelle e guarnizioni ‐ coibentazioni isolanti elettriche, termiche, antifiamma, antibrina, antirombo e antirumore. (n) impianti elettrici: i quadri elettrici, le centraline di distribuzione e telefoniche trovano un largo uso di materiali contenenti amianto: carte, cartoni, pannelli, materassini isolanti, caminetti spegniarco in cemento‐amianto, paratie in ‘glasal’ o ‘syndanio’ (fibrocementi di amianto prodotti con particolari miscele ad alta pressione e particolarmente duri); (o) giunti flangiati, baderne e guarnizioni: altro settore di impiego assai vasto di tessuti di amianto e di miscele di amianto con varie componenti resinose organiche , la più nota è l'‘amiantite’, prodotta in fogli di vario spessore e ritagliabile da fustellatrici per ottenere guarnizioni di giunti, di motori, di valvole, di tubazioni, di contenitori. Dalla pressatura si ottenevano: - corde, nastri e guaine utilizzati per fasciare tubazioni e cavi elettrici situati in prossimità di sorgenti di calore; - tessuti per confezionare tute protettive antifuoco da destinarsi a pompieri, operai dell'industria siderurgica e piloti di auto da corsa; - coperte spegni fiamma e tende per il contenimento del calore dei forni a tunnel; - materassi per coibentare le grandi caldaie a vapore delle vecchie navi; - sipari da teatro; - carta e cartoni utilizzati come barriere antifiamma, guarnizioni per forni o caldaie, piani di appoggio sui banchi di saldatura; rivestimenti di casseforti; - pannelli di fibre grezze compresse impiegati per la coibentazione di condotte che trasportavano vapore ad alta temperatura; - filtri in carta di amianto che hanno avuto in largo uso nell'industria chimica ed alimentare (per filtrare vino e bibite). Dall'impasto con altri materiali si otteneva amianto a spruzzo: - isolante termico nei cicli industriali con alte temperature (es.: centrali termiche e termoelettriche, industria chimica, siderurgica, vetraria, ceramica e laterizi, alimentare, distillerie, zuccherifici, fonderie); - isolante termico nei cicli industriali con basse temperature (es. impianti frigoriferi, impianti di condizionamento); - isolante termico (coibentazione di carrozze ferroviarie, navi e autobus) e barriera antifiamma nelle condotte per impianti elettrici. Dall’impasto con resine sintetiche si ottenevano: - ferodi, usati per fabbricare freni e frizioni degli autoveicoli. Durante l’uso i ferodi si consumano, riducendosi in particelle che si disperdono nell'aria; - confezione di mattonelle per pavimenti. Il rilascio di fibre da questo materiale è praticamente nullo durante il normale uso. 1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti amianto. La pericolosità dei materiali di amianto dipende dalla loro capacità di rilasciare fibre aerodisperse nell’ambiente che possono essere inalate, e uno dei criteri che permette una 10 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO valutazione è rappresentato dalla friabilità dei materiali: si definiscono tali quelli che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere mediante la semplice pressione delle dita e comunque possono liberare fibre spontaneamente per la scarsa coesione interna (soprattutto se sottoposti a fattori di deterioramento quali vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di acqua) e possono essere facilmente danneggiati nel corso di interventi di manutenzione. In relazione alla loro friabilità, i materiali contenenti amianto possono essere classificati come: (a) friabili, se facilmente sbriciolati o ridotti in polvere; (b) compatti, se duri, senza possibilità di essere ridotti in polvere se non con l’impiego di attrezzi meccanici, e così Tipo di materiale Ricoprimenti a spruzzo e rivestimenti isolanti Rivestimenti isolanti di tubazioni o caldaie Funi, corde e tessuti Cartoni, carte e prodotti affini Prodotti in amiantocemento Prodotti bituminosi, mattonelle di vinile con intercapedini di carta di amianto, mattonelle e pavimenti vinilici, PVC e plastiche rinforzate ricoprimenti e vernici, mastici, sigillanti, stucchi adesivi contenenti amianto Note Friabilità Fino all'85% circa di amianto. Spesso anfiboli (amosite, crocidolite); prevalentemente amosite spruzzata su strutture portanti di acciaio o su alter superfici come isolanti termo-acustici Impiegati tutti i tipi di amianto talvolta in miscela al 6 - 10% con silicati di calcio. In tele, feltri, imbottiture in genere al 100%. In passato sono stati usurati tutti i tipi di amianto. In seguito solo crisotilo al 100% Generalmente solo crisotilo al 100% Elevata Attualmente il 10 - 15% di amianto in genere crisotilo. Crocidolite e amosite si ritrovano in alcuni tipi di tubazioni e di lastre Dallo 0,5 al 2 % per mastici, sigillanti, adesivi; dal 25 al 100 % per pavimenti e mattonelle vinilici Possono rilasciare fibre se abrasi, segati, perforati o spazzolati, oppure se deteriorati Elevato potenziale di rilascio di fibre se i rivestimenti non sono ricoperti con strano sigillante uniforme e intatto Possibilità di rilascio di fibre quando grandi quantità di materiali vengono immagazzinati Non avendo una struttura molto compatta, sono soggetti a facili abrasioni ed a usure Improbabile rilascio di fibre durante l'uso normale. Possibilità di rilascio di fibre se tagliati, abrasi o perforati 1.6 La produzione di amianto nel Novecento. L'utilizzo intensivo dell'amianto nelle varie lavorazioni industriali inizia alla fine dell'Ottocento e si intensifica nel corso del Novecento; nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso la produzione mondiale raggiunge l'apice e, da allora, incomincia un lento declino che tuttora prosegue, senza tuttavia lasciare prevedere crolli repentini. Anzi negli ultimi anni (dal 1996 al 2000) si assiste ad una stabilizzazione della quantità estratta. CAPITOLO I | 11 Produzione di amianto dal 1930 al 2000 I dati per la costruzione del grafico sono stati tratti dalla tabella presentata da Claudio e Tommaso Bianchi in ‘Amianto. Un secolo di sperimentazioni sull'uomo’, cit., pag. 7. E' opportuno precisare che i dati relativi al 1930 e al 1950 sono riferiti al consumo e non alla produzione. Per il futuro, è difficile ipotizzare ulteriori previsioni, dal momento che molto dipenderà sia dalla ‘possibilità’ di diffusione e di applicazione planetaria dei saperi e delle conoscenze mediche, sia dalla capacità di mobilitazione che dimostreranno le forze che si battono per il bando dell'asbesto in contrapposizione agli interessi delle grandi multinazionali che lo commerciano e delle aziende che lo usano. La distribuzione geografica dell'impiego del minerale corrisponde alla localizzazione delle aree industriali sul globo ed alla loro crescita nel corso del Novecento. Lo sfruttamento del minerale parte da fine Ottocento nei Paesi di prima industrializzazione (Inghilterra, USA, Europa nordoccidentale...) per poi procedere nei Paesi di seconda industrializzazione (Giappone, Italia, URSS e Europa orientale...) e infine estendersi dagli anni Settanta a tutto il globo (in particolare nell'Estremo Oriente, in Cina, Corea del Sud, India, Thailandia). Dalla fine degli anni Settanta diminuisce progressivamente l'uso in Europa e in Nord America. Come si nota nitidamente dal grafico seguente, che riporta il consumo in tonnellate di amianto in Europa e in Nord America dal 1920 al 2000, il maggior impiego del minerale nei due continenti si verifica nella seconda metà del Novecento, declinando però vistosamente dagli anni Ottanta. Consumo in tonnellate di amianto in Europa e in Nord America dal 1920 al 2000 12 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Inizialmente il Nord America presentava maggiori consumi, ma con la massiccia cresita economica europea degli anni Cinquanta-Sessanta, vennero raggiunte anche in quest’area le quantità usate in America, per poi essere superate dagli anni Settanta. Anche perché proprio a partire dagli anni Settanta scoppia negli Stati Uniti la disputa sulla nocività del minerale e questo ne fece ridurre progressivamente l’impiego negli Usa (fino agli anni Ottanta l’assoluto maggior consumatore di amianto nel Nord America sono proprio gli Stati Uniti, poi superati da Canada e Messico). Solo successivamente scoppierà la ‘questione amianto’ anche in Europa, e ciò porterà a un drastico ridimensionamento dell’uso del minerale, fino alla direttiva 1999/77/CE della Commissione della Comunità Europea che ne prevede il bando per tutti gli Stati che la compongono a decorrere dal primo gennaio 2005. Ciò ci fa auspicare che l’UE giochi un ruolo ‘propulsivo’ in merito, cercando di far recepire il contenuto di tali normative anche agli Stati extra-comunitari non solo europei per avviare un processo che porti ad una fuoriuscita globale dall’amianto. 1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese. A partire dal 1945 e fino al 1992, in Italia sono state lavorate 3.748.550 tonnellate di amianto, e fino agli anni ’80 il nostro Paese è stato il secondo maggiore produttore di amianto, dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della comunità europea; il picco è stato raggiunto nel 1976 con 164.788 tonnellate; fino al 1987 la produzione si è mantenuta sopra le 100.000 tonnellate annue per poi decrescere, fino ad annullarsi completamente dopo il 1992. Secondo stime del CNR, nel nostro Paese l’amianto è ancora presente in diverse realtà industriali e produttive, e nel settore dell’edilizia e dei trasporti. Ci sono, inoltre, 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture in onduline di cemento-amianto, presenti su tutto il territorio nazionale, ancora da bonificare. L’ISPRA, nel capitolo ‘Rifiuti speciali’ dell’annuario del 2011, specifica che in Italia nel 2009 sono stati prodotti rifiuti di materiali contenenti amianto per 379.000 tonnellate, con un aumento del 18% rispetto all’anno precedente, di cui 345.472 tonnellate, pari al 91,2%, è costituita da rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, classificati con CER 170605, e soltanto 32.429 tonnellate, pari all’8,6, sono costituite da materiali isolanti contenenti amianto (CER 170601), mentre soltanto 563 tonnellate, pari allo 0,14 sono apparecchiature fuori uso contenenti fibre libere di amianto (CER 160212), e ancora meno, e cioè 430 tonnellate, pari allo 0,11%, sono costituiti da imballaggi metallici contenenti amianto (CER 150111), ed in ultimo solo 20 tonnellate, pari allo 0,005%, sono pastiglie per freni contenenti amianto (CER 160101). Appare evidente che ove non vengano istituiti stringenti obblighi di bonifica, e tenendo conto delle sole coperture in amianto, pari a 32 milioni di tonnellate, e senza tener conto degli altri materiali in amianto, e dividendo per 345.472 (che è il dato complessivo dei materiali da costruzione in amianto e non solo delle onduline, che benché rappresentino una quantità enorme, sono pur sempre una minima parte dei materiali edili che hanno presenza di amianto), si avrebbe quale risultato che occorrerebbero ancora altri 90 anni soltanto per rimuovere le coperture in cemento amianto. CAPITOLO I | 13 1.8 I livelli di rischio Occorre necessariamente distinguere tra gli ambienti di lavoro e gli ambienti di vita, rispetto ai quali esistono diversi ambiti normativi, metodologie di misura, livelli di accettabilità, provvedimenti di prevenzione e mezzi di protezione. 1.8.1 Gli ambienti di lavoro. La esposizione occupazionale a fibre di amianto ha avuto grande importanza in passato quando le cautele previste dalla normativa di origine comunitaria (D.Lgs. 277/91) non erano ancora operanti e tale esposizione era semplicemente considerata nell'ambito di quelle a polveri nocive prevista dal DPR 303/55. Come valori di riferimento venivano utilizzati, quindi, i Valori Limite di Soglia (TLV) adottati dalla ACGIH 4. La direttiva 477/83/CEE fu recepita in Italia soltanto con il D.Lgs. 277/91 e la Legge 257/92 ha introdotto livelli di soglia più restrittivi rispetto a quelli dell'ACGIH, peraltro mai applicati in modo sistematico nel nostro paese, e che sono stati poi ridotti progressivamente fino allo 0,1 ff/l di cui all’art. 254 del D.Lgs. 81/08, nonostante l’amianto sia un cancerogeno certo per l’uomo (notazione A1) La stima e la conoscenza delle esposizioni passate sono oggi estremamente importanti, in relazione ai lunghi tempi di latenza di molte delle patologie asbesto correlate e al fine di poter approntare idonei strumenti di prevenzione, se non altro secondaria, con diagnosi precoce, ovvero ai fini di prepensionamento con le maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, L. 257/92. Occorre dunque rapportarsi al passato al fine di verificare le esposizioni di lavoratori che hanno svolto mansioni ora non più attuali, anche in seguito all’introduzione del divieto di estrazione, lavorazione e commercializzazione dell’amianto, con l’entrata in vigore della L. n. 257/92, anche se rimangono del tutto attuali le esposizioni di lavoratori impegnati in quelle attività che prevedono la rimozione, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto ancora presente. Apposite norme tecniche definiscono i criteri di allestimento e conduzione di questi cantieri con un approccio di protezione dalle fibre di amianto che prevede contemporaneamente: • l'incapsulamento con prodotti vernicianti/impregnanti dei materiali contenenti amianto; • la massima protezione delle vie respiratorie degli addetti con dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati; • la costante rimozione dell'inquinante mediante aspirazione ed espulsione dell'aria all'esterno dei cantieri previa filtrazione assoluta. L’art. 249 del D.Lgs 81/08 detta le norme di valutazione del rischio, e si fonda sul prelievo di aria confinata in zona respiratoria del lavoratore, attraverso una pompa portatile e membrana filtrante, e successivo conteggio delle fibre depositate con il microscopio ottico in contrasto di fase a 500 ingrandimenti. Il risultato dell'analisi si esprime in numero di fibre per millilitro d'aria (ff/ml). Ai fini del conteggio si considerano solo le fibre più lunghe di 5 micron, con diametro inferiore a 3 micron e con rapporto di allungamento superiore a 3: esse vengono definite fibre regolamentate ‐ FR (OMS, 1987), anche se ciò non è condivisibile, in quanto tutte le fibre di amianto sono dannose per l’organismo umano, e non a caso il Prof. Omura, riferendosi ad alcune valutazioni eseguite dall’EPA, che aveva conteggiato soltanto parte delle fibre, ha chiesto che gli venissero indicate le 14 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO evidenze scientifiche che avevano determinato quelle modalità di valutazione e che portavano ad escludere il rischio per la salute per talune fibre di amianto12. Così sono di seguito riportate alcune esemplificazioni relative alle esposizioni personali valutate con i criteri sopra esposti: Rimozione coperture di cemento‐amianto non trattate e a secco: 0,03 ‐ 0,3 ff/ml media 8 ore 0,2 ff/ml Rimozione coperture di cemento‐amianto con trattamento 0,01 ‐ 0,08 ff/ml media 8 ore 0,02 ff/ml Addetti alla produzione vetro media 8 ore 0,3 ff/ml Fustellatura guarnizioni media 8 ore 0,2 ff/ml Smontaggio freni 0,2 ‐ 2 ff/ml Scoibentazione di amianto friabile 0,6 ‐ 2 ff/ml 1.8.2 Gli ambienti di vita. Per moltissimi anni il rischio di esposizione a fibre di amianto è stato considerato importante solo per i lavoratori, mentre è stato del tutto sottovalutato quello non professionale e collegato solo indirettamente al lavoro (familiari di lavoratori addetti ad attività con presenza di amianto o aree interessate ad immissioni da stabilimenti produttivi) e ambientale, dovuto alla contaminazione degli ambienti di vita con fibre di amianto presenti nelle aree antropizzate. Sulla base di queste considerazioni sono stati emanati, oltre alla Legge 257/92, alcuni decreti applicativi che hanno l'obiettivo di gestire il potenziale rischio derivato dalla presenza di amianto in edifici, manufatti e coperture. Pur essendo il rischio causato dall'esposizione ad amianto nella popolazione di più difficile valutazione rispetto a quello professionale, si deve innanzitutto precisare che non esiste una soglia sotto la quale c’è assenza di rischio 13, fermo restando che si dovrà tener conto (a) della netta differenza tra amianto friabile (libero o tessuto o spruzzato etc.) e l’amianto in matrice compatta (come il cemento-amianto etc.) purché in buone condizioni, perché il primo è di gran lunga più pericoloso, per la facilità con la quale può determinare la dispersione di fibre; (b) la determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse si effettua con prelievi su membrana e conteggi in microscopia elettronica a scansione (SEM). Può essere anche utilizzata la microscopia elettronica a trasmissione (TEM) attualmente adottata in Nord America; (c) viene essere accordata la precedenza agli interventi di protezione per gli occupanti di edifici quali scuole di ogni ordine e grado ed ospedali (Circolare n°45/86 del Ministero della Sanità); (d) erroneamente non sono considerati importanti comparti ambientali diversi dall'atmosfera, pertanto l'amianto non è considerato rilevante tra gli inquinanti di tipo alimentare o del sottosuolo. Le lobby hanno inciso e sono riuscite a far sottovalutare il pericolo che le fibre di asbesto disperse nell’acqua potabile trasportata in tubi di cemento-amianto possano determinare nei tanti cittadini che la ingeriscono, o la utilizzano per le normali attività di vita (cucinare, lavarsi, etc.), e che ne determina, con l’evaporazione, la dispersione negli ambienti domestici, e quindi con la inalazione per le persone che vi abitano. 12 Come precisa Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE. Aracne, 2012. 13 Iarc, MONOGRAPHS ON THE EVALUATION OF CARCINOGENIC RISKS TO HUMANS, Volume 14, Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998. CAPITOLO I | 15 I dati riportati nella letteratura scientifica, peraltro non molto omogenei in riferimento ai metodi di campionamento e analisi impiegati, evidenziano concentrazioni di fibre aerodisperse estremamente variabili che vanno da valori di 0,0001 ff/l (fibre/litro) in aria ambiente fino a 50 ‐ 100 ff/l in ambienti confinati con amianto friabile degradato (dati riferiti a misure in microscopia elettronica). Queste esposizioni, a lungo sottovalutate, determinano comunque un rischio per la salute in quanto per i cancerogeni non vi sono soglie sotto le quali si è a riparo assoluto da ogni rischio, e perché le fibre inalate nel tempo si accumulano nell’organismo e accrescono progressivamente il rischio (probabilità) di provocare danni (soprattutto per gli anfiboli) e perché tra la popolazione esposta sono compresi anche i bambini (si pensi alle scuole dove ancora oggi c’è amianto) i quali hanno una lunga aspettativa di vita ed hanno perciò più possibilità di sviluppare il tumore; e perché in questo tipo di esposizioni non ci sono mezzi di protezione delle vie respiratorie, a differenza di coloro che sono professionalmente esposti, per i quali sono previsti criteri di precauzione, sorveglianza e controllo. Capitolo II Il rischio amianto e le patologie asbesto correlate SOMMARIO: 2.1 Il rischio amianto. 2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di asbesto. 2.3 La identificazione dell’agente patogeno e la diagnosi delle patologie asbesto correlate e la verifica del nesso di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico. 2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee. 2.5 Le pleuropatie asbesto correlate. 2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico. 2.5.2 L’ispessimento pleurico. 2.5.3 Versamenti pleurici benigni. 2.5.4 Atelettasie rotonde. 2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva. 2.6 L’asbestosi. 2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale. 2.8 Il tumore del polmone. 2.9 Il mesotelioma. 2.9.1 Il mesotelioma pleurico. 2.9.2 Il mesotelioma peritoneale. 2.9.3 Conclusioni in ordine al mesotelioma. 2.10 Le patologie autoimmunitarie. 2.11 Tumore al pancreas ed amianto. 2.12 Le neoplasie dell’apparato gastrointestinale. 2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo. 2.14 I tumori della faringe e laringe. 2.15 Tumori dell’apparato urogenitale (rene e prostata). 2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici. 2.1 Il rischio amianto. Tutte le fibre di amianto sono contaminano l’ambiente e ledono il corpo umano, in base alle loro caratteristiche, dalla composizione chimica alla provenienza, dalla lunghezza e diametro al loro rapporto, e alla capacità di dispersione; quest’ultima dipende pure dal tipo di utilizzazione e lavorazione, e non solo dalla reattività di superficie e dalla loro biodurabilità, che già ne condizionano la persistenza a livello alveolare o pleurico e i meccanismi patogenetici di fagocitosi dei macrofagi o la formazione di granulomi14. Le fibre di amianto hanno una capacità di penetrazione nel corpo umano inversamente proporzionale al diametro, e quelle anfiboliche, perché rettilinee, attraversano più agevolmente il tessuto polmonare e raggiungono la pleura rispetto a quelle di crisotilo che hanno una forma ricurva; tutte sono cancerogene (la IARC - Monographs supplement 7, Asbestos [group 1]15 contempla tutti i tipi di asbesto tra le sostanze cancerogene del gruppo 1), senza che si possa stabilire un livello di esposizione dell’essere umano sotto il quale non ci sia rischio di contrarre cancro (come precisa ancora la IARC Monographs On The Evaluation Of Carcinogenic Risks To Humans, Volume 14, Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998: ‘At present, it is not possible to assess whether there is a level of exposure in humans below which an increased risk of cancer would not occur’16); per di più, ogni esposizione aumenta il rischio di insorgenza ovvero diminuisce i tempi di latenza o aumenta la progressione della patologia tumorale eventualmente innescata. ‘L’esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata’ (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1986), per evitare che quantità minime di minerale, inalate o ingerite, possano far ammalare chi è particolarmente predisposto o chi si trova in particolari condizioni enzimatiche. L’entità e il tipo di esposizione incide sia sulla valutazione delle misure di prevenzione primaria e secondaria che debbono essere eventualmente adottate, poiché evidentemente chi è stato esposto alla crocitolite avrà una più elevata probabilità di contrarre mesotelioma, rispetto a chi lo è 14 Donaldson K, Murphy FA, Duffin R, Poland CA. ASBESTOS, CARBON NANOTUBES AND THE PELURAL MESOTHELIUM: A REVIEW OF THE HYPOTHESIS REGARDING THE ROLE OF LONG FIBRE RETENTION IN THE PARIETAL PLEURA, INFLAMMATION AND MESOTHELIOMA. Part Fibre Toxicol. 2010; 22: 7:5. 15 IARC MONOGRAPHS SUPPLEMENT 7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987. 16 Iarc MONOGRAPHS ON THE E VALUATION OF CARCINOGENIC RISKS TO HUMANS, Volume 14, Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998. 18 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO stato al crisotilo, anch’esso cancerogeno ma con una minore capacità patogenetica, sia sulla valutazione medico-legale del danno e del nesso di causalità ove insorgano delle patologie asbesto correlate. 2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di asbesto. L’anamnesi lavorativa al pari della identificazione della natura mineralogica delle fibre di asbesto inalate assume un ruolo determinante per valutare la necessità di sorveglianza sanitaria e per modularne il protocollo, come già evidenziato dal Prof. Emilio Sartorelli17: “particolare importanza…, oltre ad un’accurata anamnesi lavorativa e ad uno studio approfondito dei luoghi di lavoro e delle mansioni eseguite, anche la identificazione delle fibre presenti nei materiali utilizzati durante le varie lavorazioni, nelle polveri sedimentate e soprattutto nei liquidi di lavaggio bronco-alveolare; infatti l’identificazione della natura mineralogica delle fibre di asbesto è determinante perchè, come è noto, l’azione patogena è maggiore per gli asbesti di anfibolo rispetto all’asbesto di serpentino (crisotilo)”. I vari tipi di asbesto contenuti nei materiali possono essere identificati, sempre seguendo il prof. Pietro Sartorelli, attraverso diverse tecniche: - Microscopia ottica in contrasto di fase (impiegando il metodo della dispersione cromatica); Diffrattometria a raggi X; Spettroscopia infrarossa; Microscopia elettronica a scansione con sonda per la microanalisi dei raggi X in dispersione di energia; - Microscopia elettronica a trasmissione con sonda per la microanalisi dei raggi X in dispersione di energia. Tutte le tecniche analitiche sopra elencate presentano caratteristiche che, a seconda dei casi, ne limitano o ne richiedono l’utilizzo esclusivo di alcune piuttosto che di altre. L’analisi sui materiali viene normalmente eseguita mediante microscopia ottica in contrasto di fase impiegando il metodo della dispersione cromatica, o diffrattometria a raggi X o spettroscopia infrarossa. Tali tecniche presentano limitazioni dovute sia ai limiti di rivelabilità strumentali, sia al fatto che, ad esempio, la diffrattometria e la spettroscopia infrarossa non sono in grado di distinguere, dei vari minerali, le forme fibrose da quelle non fibrose ed, inoltre sono possibili interferenze in presenza di matrici complesse. Da quanto sopra riportato emerge che non sempre l’analisi qualitativa effettuata con le metodiche analitiche descritte può dare una risposta certa sulla presenza e sulla natura dell’asbesto esistente in un campione quando questo sia inglobato in matrice complessa; per questo motivo si rende necessario l’utilizzo della microscopia elettronica in quanto è l’unica metodica che consente, mediante la sonda per la microanalisi di raggi X in dispersione di energia, di risalire alla composizione in ossidi degli elementi presenti nella singola fibra che stiamo analizzando. Per qualificare e quantificare l’esposizione personale, è decisivo lo studio del BAL, attraverso il quale si possono ricavare dati scientificamente apprezzabili, sui quali modulare il programma di sorveglianza sanitaria, e come prova documentale per ottenere l’accredito delle maggiorazioni contributive e il riconoscimento di eventuali patologie asbesto-correlate che dovessero insorgere: “Il risultato derivante dallo studio mediante microscopia ottica del BAL è sicuramente un indicatore dell’esposizione passata ad asbesto, in quanto documenta la presenza o meno dei corpuscoli di asbesto; tale presenza fa sicuramente da discriminante tra la popolazione esposta e 17 Emilio Sartorelli, MANUALE DI MEDICINA DEL LAVORO, Piccin-Nuova Libraria, 1998. CAPITOLO II | 19 quella non esposta, anche se è noto che possono essere rilevati corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel BAL di soggetti non esposti abitanti in aree urbane, ma anche in zone rurali. Tuttavia, mentre si possono osservare corpuscoli dell’asbesto occasionali (concentrazioni < 1 per ml) anche in non esposti, la presenza di corpi dell’asbesto in concentrazioni superiori a 1 per ml dimostra una forte correlazione con il carico polmonare di fibre e quindi anche un’esposizione professionale significativa. I corpuscoli dell’asbesto rappresentano una reazione dell’organismo alle fibre di asbesto penetrate nei tessuto polmonare e possono essere osservati nei preparati istologici in sede interstiziale od endoalveolare donde possono essere espulsi con l’escreato. Essi sono costituiti da una fibra di asbesto della lunghezza di 15-100 micron avvolta da un mantello proteico ricco di ferro, con meccanismo di formazione extracellulare per quelli originati dalle fibre lunghe ed intracellulare (nei macrofagi) per quelli originati dalle fibre corte che possono essere interamente fagocitate. Quindi l’analisi del lavaggio broncoalveolare eseguita mediante microscopia ottica a contrasto di fase per la determinazione della concentrazione dei corpuscoli di asbesto è importante perchè fornisce un’indicazione dell’entità della passata esposizione; tuttavia tale tecnica analitica non consente di individuare la natura mineralogica nè delle fibre nude, nè del “core” dei corpuscoli di asbesto parzialmente ricoperti da ferro-proteine; pertanto, per utilizzare al massimo le informazioni che ci possono derivare dal lavaggio broncoalveolare al fine di confermare l’esposizione occupazionale ad asbesto è necessario eseguire un’analisi delle fibre nel BAL mediante microscopia elettronica a scansione o a trasmissione con sonda per la microanalisi dei raggi X in dispersione di energia. Tale tecnica analitica consente inoltre di rilevare (a causa del maggior potere risolutivo) anche le fibre ultrasottili che con la microscopia ottica risultano non visibili”. Il grado di rischio è proporzionale all’entità dell’esposizione, per durata ed intensità, e influenzato dalla serie del minerale e dal suo impiego e lavorazione, che ne determina la capacità di suddivisione longitudinale, in fibre sempre più sottili, ed è proporzionale alle caratteristiche del materiale. Inoltre, l’individuazione del grado di rischio permette di attivare la prevenzione primaria per chi non è stato esposto, e quella secondaria per quei pazienti per i quali è stato eseguito l’esame; infine, permette di evitare future esposizioni che comunque influiscono aggravandone le conseguenze di quelle pregresse, e di avere a disposizione uno strumento investigativo fondamentale per affermare il nesso di causalità. 2.3 La identificazione dell’agente patogeno, la diagnosi delle patologie asbesto correlate e la verifica del nesso di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico. Ci sono alcuni casi nei quali le patologie asbesto correlate determinano la morte del paziente senza essere state preventivamente diagnosticate, poiché spesso sono asintomatiche, non solo per quanto riguarda l’asbestosi, come già segnalato nel 1949 da Canepa18 e Franchini: questi, nel sottoporre ad esame autoptico un coibentatore di navi deceduto per infortunio, vi riscontrarono una estesa fibrosi polmonare che non era stata rilevata nei controlli clinici; che non era emersa dagli esami radiologici periodici; che non era accompagnata da alcun sintomo dispnoico, e che rendeva evidente come la stessa potesse essere diagnosticata soltanto in uno stadio relativamente avanzato. Anche Boglioli L.R., Taff. M.L., Spitz W.U., Gordon R.E., in ‘Sudden death o fan elderly man with multiple malignant neoplasms (Morte improvvisa di un uomo affetto da diverse neoplasie maligne)’ {AM J Forensic Med Pathol. 12, 265-271, 1991} descrivono un caso di decesso immediato e inspiegabile 18 A. Franchini, G. Canepa, CONTRIBUTO Lav. 40 (6-7) : 161-172, 1949. ALLO STUDIO ANATOMO- PATOLOGICO DELL’ ASBESTOSI POLMONARE, Med. 20 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO senza ci fosse stata una esatta diagnosi e identificazione della causa della morte, emersa soltanto in seguito all’esame autoptico19: “With the lengthening of the human life span, cancer has become an increasingly important medical problem for the aged. It is not uncommon to find multiple primary neoplasms in elderly individuals. We recently investigated the death of an elderly man who had died suddenly and had three incidental malignant neoplasms, including a pleural mesothelioma, first diagnosed at autopsy. The importance of performing a complete medicolegal autopsy for epidemiological and statistical purposes is emphasized”. La diagnosi precisa e la identificazione delle caratteristiche mineralogiche del tipo di fibre inalate, e la loro influenza nell’innesco di un eventuale processo cancerogeno è possibile anche con l’esecuzione dell’esame istologico per la quale sono necessari 100 mg di tessuto, come si evince in uno studio di Wu M., Gordon R.E., Herbert R., Padilla M., Moline J., Mendelson D., Litle V., Travis W.D., Gil J., eseguito su alcuni pazienti che, trovandosi nel settembre del 2001 trovavano nei pressi del World Trade Center, erano rimasti esposti alle polveri che avevano invaso Manhattan in seguito al crollo delle Torri Gemelle e che avevano contratto delle pneumopatie: “CONTEXT: After the collapse of the World Trade Center (WTC) on 11 September 2001, a dense cloud of dust containing high levels of airborne pollutants covered Manhattan and parts of Brooklyn, New York. Between 60,000 and 70,000 responders were exposed. Many reported adverse health effects. CASE PRESENTATION: In this report we describe clinical, pathologic, and mineralogic findings in seven previously healthy responders who were exposed to WTC dust on either 11 September or 12 September 2001, who developed severe respiratory impairment or unexplained radiologic findings and underwent video-assisted thoracoscopic surgical lung biopsy procedures at Mount Sinai Medical Center. WTC dust samples were also examined. We found that three of the seven responders had severe or moderate restrictive disease clinically. Histopathology showed interstitial lung diseaseconsistent with small airways disease, bronchiolocentric parenchymal disease, and nonnecrotizing granulomatous condition. Tissue mineralogic analyses showed variable amounts of sheets of aluminum and magnesium silicates, chrysotile asbestos, calcium phosphate, and calcium sulfate. Small shards of glass containing mostly silica and magnesium were also found. Carbon nanotubes (CNT) of various sizes and lengths were noted. CNT were also identified in four of seven WTC dust samples. DISCUSSION: These findings confirm the previously reported association between WTC dust exposure and bronchiolar and interstitial lung disease. Longterm monitoring of responders will be needed to elucidate the full extent of this problem. The 20 finding of CNT in both WTC dust and lung tissues is unexpected and requires further study” . 19 Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 57. Sintesi: “Con l’allungamento dell’arco vitale dell’uomo, il cancro è divenuto un problema sanitario d’importanza crescente per l’anziano. Non è raro trovare neoplasie multiple primarie nell’anziano. Di recente, noi abbiamo eseguito ricerche sulla morte di un uomo attempato che era deceduto improvvisamente ed era portatore di tre neoplasie maligne occasionali, comprendenti un mesotelioma pleurico, diagnosticato per la prima volta all’autopsia. Abbiamo rilevato l’importanza di eseguire l’autopsia con approccio medico-legale finalizzato al rilievo epidemiologico e statistico”. 20 Wu M., Gordon R.E., Herbert R., Padilla M., Moline J., Mendelson D., Litle V., Travis W.D., Gil J., CASE REPORT: LUNG DISEASE IN WORLD TRADE CENTER RESPONDERS EXPOSED TO DUST AND SMOKE: CARBON NANOTUBES FOUND IN THE LUNGS OF WORLD TRADE CENTER PATIENTS AND DUST SAMPLES (REPERTO CLINICO: PNEUMOPATIA IN SOGGETTI ESPOSTI NEL WORLD TRADE CENTER A POLVERE E FUMO: RITROVAMENTO DI NANOTUBI DI CARBONIO NEI POLMONI E NEI CAMPIONI DI POLVERE), Environ Health Perspect. 118, 499-504, 2010. Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 59. Sintesi: “Contesto: dopo il crollo del World CAPITOLO II | 21 Questi esami hanno permesso di affermare la sussistenza del nesso di causalità tra queste patologie e l’esposizione a polveri e fibre di amianto del WTC, poiché l’esame istopatologico dimostra la pneumopatia interstiziale e l’analisi mineralogica del tessuto evidenzia la presenza di quantità variabili di lamelle di silicati di alluminio, magnesio, di asbesto crisotilo, etc. Questi esami hanno rilevanza anche nella ricerca e nella cura dei mesoteliomi, come dimostrato in un altro studio eseguito da Chahinian A.P., Kirschner P.A., Gordon R.E., Szrajer L., Holland J.F. i quali attraverso l’esame istopatologico oltre che ad avere conferma della esattezza della diagnosi, hanno potuto ottenere delle cellule tumorali che hanno impiantato nel topo nudo, sul quale sperimentare l’efficacia di diverse terapie, oltre che verificarne il nesso causale21: “A patient with malignant mesothelioma experienced tumor recurrence 3 months after pleuropneumonectomy. Samples of the tumor were transplanted into nude mice to assess chemosensitivity. There was close concordance between the results in xenografts and the clinical outcome in this patient. Both mitomycin and to a lesser extent cisplatin were effective as single agents against the nude mouse xenografts, and the combination of these two drugs produced a complete response both in the patient and in the xenografts. The patient survived 18 months from onset of chemotherapy and 24 months from diagnosis. The duration of clinical complete response to chemotherapy was 14 months, despite the fact that mitomycin, the most effective agent against the xenografts, was discontinued after only two cycles because the patient developed pulmonary toxicity. This directpatient-xenograft correlation further validates the usefulness of the nude mouse model in the search for effective therapies for malignant mesothelioma, a tumor characterized by frequent refractoriness to most available Trade Center (WTC), l’11 settembre 2001, una densa nube di polvere con un elevato contenuto di inquinanti aerodispersi coprì Manhattan e parti di Brooklyn, New York. Furono esposti tra 60.000 e 70.000 individui. Molti riferirono severi disturbi di salute. Presentazione dei casi: in questo rapporto noi riferiamo i reperti clinici, patologici, mineralogici in sette individui, in precedenza sani, che furono esposti alla polvere del WTC l’11 o il 12 settembre 2001, e che svilupparono gravi patologie respiratorie o inspiegabili reperti radiologici e furono sottoposti a biopsia polmonare in video-toracoscopia presso il Centro Medico del Mount Sinai. Furono esaminati anche campioni della polvere del WTC. Trovammo che tre dei setti individui presentavano una condizione clinica di grave o moderata riduzione funzionale respiratoria. L’esame istopatologico evidenziò una pneumopatia interstiziale, consistente in sofferenze delle vie aeree di minor calibro, in sofferenza parenchimale bronchiolocentrica con formazioni granulomatose non necrotizzanti. Le analisi mineralogiche del tessuto mostrarono la presenza di quantità variabili di lamelle di silicati di alluminio e di magnesio, di asbesto crisotilo, di fosfato di calcio, e solfato di calcio. Furono trovati anche piccoli frammenti di vetro contenenti soprattutto silicio e magnesio. Furono osservati anche nano tubi di carbonio (CNT) di diverso calibro e lunghezza. Furono identificati anche CNT in quattro dei sette campioni di polvere del WTC. Discussione: questi reperti confermano l’associazione, riferita in precedenza, tra l’esposizione alla polvere del WTC e la pneumopatia interstiziale. Sarà necessario un monitoraggio a lungo termine dei soggetti per chiarire completamente questo problema. Il reperto dei CNT sia nella polvere del WTC sia nel tessuto polmonare era inatteso e richiede di essere ulteriormente studiato”. 21 Chahinian A.P., Kirschner P.A., Gordon R.E., Szrajer L., Holland J.F., USEFULNESS OF THE NUDE MOUSE MODEL IN MESOTHELIOMA BASED ON A DIRECT PATIENT-XENOGRAT COMPARISON (UTILITÀ DEL MODELLO DEL TOPO NUDO NEL MESOTELIOMA BASATO SUL PARAGONE DIRETTO PAZIENTE-TRAPIANTO), Cancer. 68, 558-560, 1991. Questa pubblicazione che traduce le ricerche dirette dal Prof. Gordon è stata assunta in esame dal Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 57. Sintesi: “Un paziente affetto da mesotelioma maligno andò incontro alla recidiva del tumore tre mesi dopo la pleuropneumectomia chirurgica. Frammenti del tessuto tumorale furono impiantati in topi nudi per esaminare la chemio sensibilità. Ci fu una stretta concordanza tra i risultati nell’impianto eterologo e l’evoluzione clinica in questo paziente. Sia la mitomicina, sia il cisplatino, anche se in minor misura, furono efficaci come agenti singoli contro l’impianto eterologo nel topo nudo, e la combinazione di questi due farmaci produceva una risposta completa sia nel paziente sia negli impianti eterologhi. Il paziente sopravvisse 18 mesi dall’inizio della chemioterapia e 24 mesi dalla diagnosi. La durata della completa risposta clinica fu di 14 mesi, nonostante il fatto che la mitomicina, il farmaco più efficace contro gli impianti, fosse interrotto dopo soli due cicli perché il paziente aveva sviluppato effetti tossici sul polmone. Questa correlazione diretta paziente-impianto eterologo convalida ulteriormente l’utilità del modello del topo nudo nella ricerca di terapie efficaci del mesotelioma maligno, un tumore caratterizzato dalla frequente refrattarietà verso i farmaci disponibili”. 22 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO agents”. L’esame istologico del tessuto dell’organo bersaglio del paziente, permette di verificare e quantificare la eventuale esposizione, per entità e tipo, ma anche, a differenza del BAL, quale sia la provenienza del minerale e il luogo dove è stato utilizzato, e quindi permette di accertare scientificamente e giuridicamente il nesso di causalità, attraverso la individuazione del luogo e del periodo di esposizione: in definitiva, qualora l’esposizione fosse occupazionale permette di risalire alla identificazione del titolare dell’obbligo di garanzia e di affermarne le responsabilità civili e penale e con esse quelle del datore di lavoro22. Heller D.S., Gordon R.E., già nel 1991, hanno pubblicato un caso di tumore polmonare, che si riteneva fosse stato causato dall’esposizione professionale all’amianto, per il quale erano già decorsi 10 anni, e non c’era tessuto polmonare sufficiente per una ricerca diretta delle fibre; poiché la vedova aveva conservato fazzoletti di carta contenenti campioni dell’espettorato dell’estinto raccolti prima del decesso, ne è stato raschiato il materiale e l’esame della microspia elettronica, ha permesso di evidenziare la presenza di asbesto, crisotilo e amosite, e quindi di confermare l’origine occupazionale della patologia asbesto correlata: in questo caso la vedova ha ottenuto il risarcimento dei danni23. In altri casi gli studi istopatologici hanno permesso di evidenziare il nesso causale anche di altre patologie che fino ad ora non erano state associate all’esposizione all’asbesto, tra le quali la polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale, come dimostrato da Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., attraverso uno studio che parte dall’esame bioptico del polmone a cielo aperto eseguito su un paziente, già adibito ad attività nel settore edile, che ne era affetto: nelle sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu osservata una sola formazione ferruginosa, mentre l’esame al microscopio elettronico mostrò un eccezionale carico polmonare di polveri minerali, specialmente un’alta concentrazione di fibre ultramicroscopiche di asbesto crisotilo, tanto che si è potuto concludere che ne fosse l’agente eziologico24. 22 Come suggerito dal Prof. Ronald Gordon, che in data 24 ottobre 2011 ha ricevuto l’autore presso il Department of Pathology, Mount Sinai School of Medicine, City University of New York (NY 10029-6574). 23 Heller D.S., Gordon R.E., DEMONSTRATION OF ASBESTOS FIBERS IN A TEN-YEAR-OLD SPUTUM SAMPLE (DIMOSTRAZIONE DI FIBRE D’ASBESTO IN UN CAMPIONE DI SPUTO VECCHIO DI 10 ANNI), Am J Ind Med. 20, 415-419, 1991, il cui abstract da Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, a pag. 55, con la traduzione in italiano: “Il contributo di una precedente esposizione ad asbesto all’insorgenza di successivi tumori maligni, soprattutto nel polmone, è stato un tema di grande interesse scientifico. In anni recenti, questa correlazione è stata la molla per un rilevante contenzioso legale. In questo momento, la correlazione tra asbesto e cancro polmonare è ben accettata. Sono disponibili eccellenti tecniche per l’identificazione dei corpuscoli dell’asbesto e delle fibre nei tessuti mediante microscopia luce e microscopia elettronica, a patto che si possano avere campioni di tessuto per le ricerche. Recentemente noi abbiamo incontrato un caso di carcinoma polmonare in un soggetto con una storia anamnestica di esposizione lavorativa ad asbesto che era deceduto dieci anni prima. La diagnosi del tumore maligno fu fatta per mezzo dell’esame istologico di una metastasi in un linfonodo della regione del muscolo scaleno. Non c’era tessuto polmonare disponibile per una ricerca diretta. Ci fu fatto sapere che la vedova del lavoratore deceduto aveva conservato fazzoletti di carta contenenti campione dell’espettorato dell’estinto raccolti prima del suo decesso. Noi siamo stati in grado di dimostrare un rilevante carico di asbesto, crisotilo e amosite, esaminando mediante microscopia elettronica il materiale raschiato via da questi fazzoletti di carta”. 24 Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., DESQUAMATIVE INTERSTITIAL PNEUMONIA ASSOCIATED WITH CHRYSOTILE ASBESTOS FIBRES (POLMONITE INTERSTIZIALE DESQUAMATIVA CORRELATE CON LE FIBRE DI ASBESTO CRISOTILO), Br J Ind Med. 48, 332-337, 1991, nella cui pubblicazione in Italia da parte di Giancarlo Ugazio, in “Asbesto/amianto, ieri, oggi, domani, viaggio tra verità, ipocrisia, reticenza e dolore”, e nella traduzione in italiano della sintesi dell’autore: “L’attività produttiva delle pareti a secco, in passato, è stata correlata con l'esposizione alle fibrille aero disperse d’asbesto. Questa pubblicazione riferisce il caso di un lavoratore addetto alla costruzione di pareti a secco, con 32 anni di esposizione, che sviluppò dispnea e una riduzione della capacità degli scambi gassosi, e presentava opacità irregolari diffuse sulla radiografia toracica. Egli non rispose al trattamento con CAPITOLO II | 23 Molti datori di lavoro, alle istanze risarcitorie delle vittime, oppongono la ubiquitaria presenza dell’amianto nei luoghi di vita e concludono per la natura non professionale della patologia: questo tipo di accertamenti permette, invece, non solo di determinare l’entità dell’esposizione, ma soprattutto il tipo di fibre e le caratteristiche mineralogiche, di risalire all’impiego e dunque al luogo di esposizione, permettendo di determinare con ragionevole certezza la responsabilità civile e penale. Questo risultato si ottiene anche ove si volesse negare la legge scientifica fondata sul modello multistadio della cancerogenesi, che si basa sull’evidenza scientifica della rilevanza di ogni esposizione morbigena per l’insorgenza di qualsiasi patologia asbesto correlata, ivi compreso il mesotelioma: oggi, ogni tentennamento rispetto alla teoria della trigger dose sembra ormai superato, anche in ambito giudiziale25, poiché si è giunti alla conclusione che ogni esposizione, anche quelle successive, incidono sul meccanismo della riparazione e sulle capacità immunitarie, fino a far aumentare il rischio, diminuire la latenza e potenziare il processo neoplastico26. Viene a determinarsi, quindi, la responsabilità di tutti coloro che detenevano le posizioni di garanzia e che erano tenuti ad evitare l’evento. Se anche si volesse accogliere per il mesotelioma l’altra teoria, è evidente che gli esami scientifici permetterebbero e permettono comunque e in ogni caso di risalire alle fibre che hanno determinato l’insorgenza della patologia e quindi ad individuare le responsabilità. 2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee. Nel 1953 un medico della Clinica Dermatologica dell’Università di Genova, Dott. Farris, pubblicò ‘Verruche da amianto ed altre manifestazioni cutanee nei lavoratori dei ‘coibenti’’27, con una casistica di lesioni dermatologiche negli addetti alla coibentazione delle navi; gli operai che erano stati a contatto con materiali contenenti amianto (per lo più cordone-amianto, capisolite, amosite, magnesia-amianto, tela-amianto, fibretta-amianto e martinite), presentavano spesso le cosiddette “verruche da amianto”, cioè elementi papulo-nodulari di tipo granulomatoso, al centro dei quali è possibile rinvenire frammenti di fibre di amianto; tali lesioni insorgevano e possono insorgere alle mani, o in altre parti del corpo, nei soggetti che non usano guanti protettivi. 2.5 Le pleuropatie asbesto correlate. Le fibre di amianto oltre a determinare l’insorgenza dell’asbestosi e di altre pneumoconiosi determinano anche l’insorgenza delle pleuropatie, la cui patogenesi è riconducibile alla migrazione delle fibre di amianto nella cavità pleurica, poiché una volta inalate esse tendono ad accumularsi alla periferia del polmone a causa dell’azione di disseminazione operata dai vasi linfatici drenanti in corticosteroidi. L’esame bioptico del polmone a cielo aperto dimostrò una polmonite interstiziale desquamativa. Nelle sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu osservata una sola formazione ferruginosa, tuttavia l’esame al microscopio elettronico mostrò un eccezionale carico polmonare di polveri minerali, specialmente un’alta concentrazione di fibre di asbesto crisotilo. Questo lavoro pone l’accento sulla necessità di considerare le fibre di asbesto come agente eziologico della polmonite interstiziale desquamativa. Anche la lieve fibrosi interstiziale presente in questo caso è considerata come conseguenza dell’esposizione alla polvere minerale, soprattutto alle fibre ultramicroscopiche d’asbesto”. 25 Tra le altre, Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 11.07.2011, n. 15159; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 16.02.2012, n. 2251. 26 E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, MCS-AMIANTO&GIUSTIZIA, Edizioni Minerva Medica, Torino 2011. 27 G. Farris, VERRUCHE DA AMIANTO ED ALTRE MANIFESTAZIONI CUTANEE NEI LAVORATORI DEI “COIBENTI”, Rass. Med. Ind.,12 (1) : 1-17, 1953. 24 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO senso centrifugo verso il plesso sottopleurico28. Le pleuropatie determinano l’insorgenza di placche pleuriche, ispessimento pleurico diffuso, versamenti pleurici benigni, atelettasie rotonde e broncopatia ostruttiva. 2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico. Le placche pleuriche sono ispessimenti che interessano la pleura parietale, e sono di norma multiple, bilaterali, in qualche caso simmetriche con estensione e spessore variabili, ad eccezione degli apici e seni costofrenici, e possono calcificare. Questa pleuropatia è un’affezione morbosa29, che costituisce il presupposto fondamentale sul quale fondare la diagnosi30, e per valutare l’intensità della pregressa esposizione, anche per esprimere un giudizio in ordine al nesso causale di eventuali patologie tumorali. Spesso aumentano di volume nel tempo; i versamenti durano a lungo e tendono a recidivare dopo il drenaggio; presentano (a) il quadro clinico paucisintomatico, (b) il quadro radiologico con placche localizzate inizialmente in sede parieto-basale o in corrispondenza del tratto centrale del diaframma, (c) il quadro funzionale con deficit di tipo restrittivo31, senza riduzione della diffusione alveolo-capillare. Le fibre di amianto sono trasportate per via linfatica nel cavo pleurico e qui esercitano un’azione irritativa diretta sulla superficie pleurica innescando la reazione infiammatoria delle cellule mesoteliali, le quali inglobano le fibre di asbesto e producono collagene, elastina, laminina e fibronectina, elementi tutti che costituiscono la matrice connettivale-extracellulare della placca, come evidenziato da McLoud et al.32. Hillerdal G.33 descrive questo meccanismo e più recentemente sempre Hillerdal, avvalorato anche da Craighead, Rosenstock e Churg34, ha dimostrato come l’esposizione alle fibre di amianto 28 A tutte le pleuropatie benigne deve essere attribuito il significato di indicatori di pregressa esposizione ad amianto. P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS E XPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998; 89: 471-480. 30 J.E. Cotes, J. Steel, WORK RELATED LUNG DISORDERS, Ed. Blackwell Scientific Publications, 1987. 31 M.R. Beckelake, ASBESTOS RELATED DISEASES OF THE LUNG AND OTHER ORGANS, Am. Rev. Resp. Dis.,1976, 114, 187 – 227. 32 McLoud TC, Woods BO, Carrington CB, et al. DIFFUSE PLEURAL THICKENING IN AN ASBESTOS-EXPOSED POPULATION: PREVALENCE AND CAUSES. AJR 1985;144:9-18. Abstract: “Two types of pleural reaction have been described in association with asbestos exposure: pleural plaques and diffuse pleural thickening. This study was undertaken to determine the prevalence and causes of diffuse thickening in asbestos-exposed persons. Serial chest radiographs in 1373 exposed individuals and 717 controls were interpreted according to the ILO scheme by two B readers. Diffuse pleural thickening was defined as a smooth, noninterrupted pleural density extending over at least one-fourth of the chest wall, with or without costophrenic angle obliteration. Among the exposed group, plaques and diffuse thickening occurred with almost equal frequency, 16.5% and 13.5%, respectively. Of the 185 cases with diffuse thickening, the radiographic appearance was most often due to the residual of a benign asbestos effusion (31.3%) or confluent plaques (25.4%). The most commonly held explanation of diffuse thickening, an extension of pulmonary fibrosis to the visceral and parietal pleura, was actually infrequent (10.2%). Among the group with diffuse thickening without asbestosis, the forced vital capacity and single-breath diffusing capacity were significantly lower than those of comparable normal persons and those with confluent plaques”. 33 Hillerdal G. THE PATHOGENESIS OF PLEURAL PLAQUES AND PULMONARY ASBESTOSIS: POSSIBILITIES AND IMPOSSIBILITIES. Eur J Respir Dis 1980; 61:129-138. Abstract: “None of the various existing theories on the pathogenesis of pleura plaques (PP) is able to explain their peculiarities. Knowledge of physiology of the lung and pleura and in particular its lymphatic system as well as cellular activities when the cells are exposed to asbestos is necessary when discussing these problems. Short asbestos fibres when phagocytosed by macrophages will activate these cells to produce various substances, among them a factor that will stimulate fibroblasts to produce more collagen. Some of the small fibres will spread towards the visceral pleura of the lung, just like all inhaled dusts. Once in the visceral pleura, some of them will penetrate to the pleural space. There, they will follow the normal lymph flow from the pleural space, which is exclusively through the parietal pleura. Finally, in passing through the parietal pleura, a portion will remain in macrophages there, causing a low-grade stimulation of the submesothelial fibroblasts. After some decades, this will result in visible PP”. 29 CAPITOLO II | 25 aumenta il rischio di carcinoma bronchiale: su una coorte di 1.596 soggetti con placche pleuriche identificati dal 1963 al 1985, egli ha riscontrato un rischio di tumore del polmone pari a 1,4 e di mesotelioma pleurico a 11,25, con latenze medie superiori ai 40 anni35. Le placche pleuriche sono solitamente asintomatiche e la diagnosi è prevalentemente radiologica e si giova di proiezioni oblique con la diagnostica tradizionale, appaiono peraltro molto evidenti all’indagine con High Resolution Computed Tomography (HRCT). Nel caso di estensione marcata degli ispessimenti, se lo spessore è di almeno 5 mm con estensione ad almeno il 25% della parete toracica bilaterale o obliterazione di entrambi i seni costofrenici, si parla di ‘fibrosi pleurica diffusa’. In questi casi non si tratta più solo di un segno di esposizione, ma di un’affezione morbosa da amianto36, che comporta una riduzione della compliance torace-polmone, con conseguente indebolimento complessivo dell’apparato respiratorio, che comunque risulta alterato e con esso la funzione respiratoria e la capacità di diffusione alveolo-capillare, anche in assenza di segno radiologico di fibrosi interstiziale. Miller A., Lilis R., Godbold J. mettono in evidenza la riduzione della capacità vitale forzata (CVF)37: “Radiographic evidence of interstitial fibrosis (IF) secondary to asbestos inhalation (using the International Labour Office [ILO] profusion of small irregular opacities) was compared with FVC as an independent indicator of IF. In addition, spirometric indices of airflow (FEV1/FVC and FET25-75%) were correlated with the radiographic profusion score. A study of 2,611 longterm insulators was well designed for these analyses since all subjects were from the same trade, there were sufficient (n = 515) nonsmokers to assess the effects of asbestos exposure in the absence of smoking, most (60%, n = 1,557) of the workers had parenchymal abnormalities 34 Craighead JE, Mossman BT. THE PATHOGENESIS OF ASBESTOS-ASSOCIATED DISEASES. N Eng J Med 1982;307:14461455; Rosenstock L, Hudson LD. NONMALIGNANT ASBESTOS-INDUCED PLEURAL DISEASE. Semin Respir Med 1986;7:197-202; Churg A. THE PATHOGENESIS OF PLEURAL PLAQUES. Indoor Built Environ 1997;6:73–78. 35 Hillerdal G, Henderson DW. ASBESTOS, ASBESTOSIS, PLEURAL PLAQUES AND LUNG CANCER. Scand J Work Environ Health 1997; 23:93–103. Abstract: “Inhalation of asbestos fibers increases the risk of bronchial carcinoma. It has been claimed that asbestosis is a necessary prerequisite for the malignancy, but epidemiologic studies usually do not have enough statistical strength to prove that asbestos-exposed patients without asbestosis are without risk. Several recent studies do actually indicate that there is a risk for such patients. In addition, case-referent studies of patients with lung cancer show an attributable risk for asbestos of 6% to 23%, which is much higher than the actual occurrence of asbestosis among these patients. Thus there is an increasing body of evidence that, at low exposure levels, asbestos produces a slight increase in the relative risk of lung cancer even in the absence of asbestosis. Consequently, all exposure to asbestos must be minimized”. Questo studio è citato anche nella sentenza del Tribunale Penale di Torino, n. 565, che ha definito il giudizio n. 24265/04 R.G. notizie di reato e n. 5219/09 R.G. Tribunale (Processo Eternit). 36 G.Chiappino, G. Pierucci, BENIGN PLEUROPATHIES DUE TO ASBESTOS: THEIR CLINICAL PROGNOSTIC SIGNIFICANCE AND THE MEDICOLEGAL ASPECTS, Med. Lav., 1992, 83 (3) p 244 –8. 37 Miller A, Lilis R., Godbold J., et al., RELATIONSHIP OF PULMONARY FUNCTION TO RADIOGRAPHIC INTERSTITIAL FIBROSIS IN 2,611 LONGTERM ASBESTOS INSULATORS: AN ASSESSMENT OF THE INTERNATIONAL LABOUR OFFICE PROFUSION SCORE, Am Rev Respir Dis 1992;145: 263–270. Sintesi autore: “L’evidenza radiografica di fibrosi interstiziale (IF) secondaria a inalazione di amianto (utilizzando l'Ufficio internazionale del lavoro [OIL] profusione di piccole opacità irregolari) è stato confrontato con FVC come indicatore indipendente di IF. Inoltre, gli indici spirometrici di flusso d'aria (FEV1/FVC e FET25-75%) sono stati correlati con il punteggio di profusione radiografico. Uno studio su 2.611 isolatori a lungo termine è stato messo in atto per queste analisi; nello studio sono stati presi in considerazione soggetti che svolgevano la medesima attività professionale. Sono stati sufficienti (n = 515) non fumatori per valutare gli effetti dell'esposizione all'amianto in assenza di fumo, la maggior parte (60%, n = 1.557) dei lavoratori ha presentato anomalie parenchimali (punteggio maggiore o uguale a 1/0), e c'era una maggiore prevalenza di punteggi più alti che in altre serie pubblicate (347 lavoratori o 13,3% avevano un punteggio maggiore o uguale a 2 / 1). Guardando a tutti i soggetti, la FVC è diminuita come punteggio di maggiore profusione. La FVC era anormale (88,0% del predetto), anche quando il punteggio era chiaramente profusione normale (0/0). La FVC era più bassa in qualsiasi punteggio nei fumatori e nei lavoratori con ispessimento pleurico (di più con ispessimento diffuso). C'era, tuttavia, qualche differenza di FVC tra i punteggi intermedi 0/1 contro 1/0 e 1/2 contro 2/1. Maggiore flusso di aria con maggiore profusione, che tende a superare una diminuzione registrata a profusione punteggi minori. Questi risultati forniscono una maggiore comprensione delle relazioni tra i punteggi profusione, fumo, malattie della pleura, e la funzione polmonare”. 26 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO (scores greater than or equal to 1/0), and there was a greater prevalence of high scores than in other published series (347 workers or 13.3% had scores greater than or equal to 2/1). Looking at all subjects, the FVC decreased as profusion score increased. The FVC was abnormal (88.0% of predicted) even when the profusion score was clearly normal (0/0). The FVC was lower at any score in smokers and in workers with pleural thickening (more so with diffuse thickening). There was, however, no difference in FVC between intermediate scores 0/1 versus 1/0 and 1/2 versus 2/1. Airflow increased with greater profusion, tending to overcome a decrease seen at lesser profusion scores. These results provide a greater understanding of the relationships among profusion scores, smoking, pleural diseases, and pulmonary function”. Anche Schwartz DA, Fuortes LJ, Galvin JR, et al. confermano queste risultanze38: “To assess the clinical significance of asbestos-induced pleural fibrosis, we evaluated the relationship between radiographic evidence of pleural fibrosis and spirometric values in 1,211 sheet metal workers. Of those with pleural fibrosis (n = 334), 78% had circumscribed plaques and 22% had diffuse pleural thickening involving the costophrenic angle. Factors that were found to be associated with the presence and type of pleural fibrosis included increased age (p less than 0.001), more years in the trade (p less than 0.0001), more years since first exposure to asbestos (p less than 0.0001), more pack-years of cigarette smoking (p less than 0.01), and the presence and degree of interstitial fibrosis (p less than 0.0001). After controlling for these potential confounders (age, years in the trade, latency, pack-years of smoking, and ILO profusion category), linear multivariate regression models demonstrated that both circumscribed plaques (p = 0.007) and diffuse pleural thickening (p = 0.008) were independently associated with decrements in FVC but not with decrements in the FEV1/FVC ratio. Furthermore, our data indicate that the effect of diffuse pleural thickening on decrements in FVC is approximately twice as great as that seen with circumscribed pleural plaques. We conclude that the presence and type of pleural fibrosis among asbestos-exposed workers is independently associated with a pattern of spirometry that is suggestive of an underlying restrictive defect in lung function”. Secondo Jarvolm B., Sanden A. 39 la data della prima esposizione, la durata dell’esposizione e l’esposizione cumulativa sembrano correlarsi linearmente con il rischio di placche pleuriche; l’esposizione cumulativa, tuttavia, appare essere quella maggiormente associata: 38 Schwartz DA, Fuortes LJ, Galvin JR, et al., ASBESTOS-INDUCED PLEURAL FIBROSIS AND IMPAIRED LUNG FUNCTION, AmRev Respir Dis 1990; 141: 321–326. Sintesi autore: “Per valutare il significato clinico di asbesto e fibrosi pleurica, è stata valutata la relazione tra l'evidenza radiografica di fibrosi pleurica e valori spirometrici in 1.211 lavoratori di metallo. Di quelli con fibrosi pleurica (n = 334), il 78% aveva contratto placche e il 22% aveva diffuso ispessimento pleurico che coinvolge il seno costofrenico. E’ stato trovato che i fattori correlati con la presenza e il tipo di fibrosi pleurica comprendono a) l'aumentare dell'età (p inferiore a 0.001), b) numero di anni di servzio (p inferiore a 0.0001), c) numero di anni dalla prima esposizione ad amianto (p inferiore a 0.0001) , d) numero di anni da fumatore (p inferiore a 0,01),e) presenza e il grado di fibrosi interstiziale (p inferiore a 0,0001). Dopo un’analisi di questi fattori, i modelli di regressione lineare multivariata hanno dimostrato che entrambe le placche circoscritte (p = 0.007) e diffuso ispessimento pleurico (p = 0,008 ) erano indipendentemente associati con decrementi in FVC ma non con decrementi nel rapporto FEV1/FVC. Inoltre, i dati hanno dimostrato che l'effetto di ispessimento pleurico diffuso sul diminuisce in SV è circa due volte più grande di quello visto con placche pleuriche circoscritte. Si conclude che la presenza e il tipo di fibrosi pleurica tra i lavoratori esposti all'amianto è indipendentemente associata ad un modello di spirometria che è indicativa di un difetto di fondo restrittivo della funzione polmonare”. 39 Jarvolm B, Sanden A., PLEURAL PLAQUES AND RESPIRATORY FUNCTION, Am J Ind Med 1986;10: 419–426. Sintesi autore: “Uno studio trasversale è stato composto da 202 lavoratori dei cantieri navali non fumatori con differenti esposizioni all'amianto. La loro radiografia del torace non riportava particolari anomalie a parte la presenza di placche pleuriche. Tutti i lavoratori hanno partecipato ad un esame specifico per esposti all'amianto, che comprendeva un totale di 3.904 persone. 115 dei 202 lavoratori non riportavano anomalie ai raggi X, mentre 87 lavoratori riportavano placche pleuriche, senza alcuna anomalia nelle radiografie. Tre dei 115 lavoratori con normali raggi X e 13 del 87 con placche pleuriche avevano SV al di sotto dei limiti di riferimento (p inferiore a 0.005). I lavoratori con placche hanno avuto una media inferiore del 6,9% FV. Anche dopo stratificazione di esposizione all'amianto, i lavoratori con presenza di CAPITOLO II | 27 “This cross-sectional study was comprised of 202 nonsmoking shipyard workers with varying exposures to asbestos. Their chest X-rays were normal or contained no abnormality other than pleural plaques. They participated in a health examination of workers exposed to asbestos, which comprised a total of 3,904 persons. One hundred and fifteen of the 202 workers had no deviations from normal X-rays, and 87 had pleural plaques but no other finding on their X-rays. Three out of the 115 workers with normal X-rays and 13 of the 87 with pleural plaques had FVCs below the reference limits (p less than 0.005). The workers with plaques had an average of 6.9% lower FVC. Even after stratification for asbestos exposure, men with plaques were found to have lower FVCs than men without plaques. This difference was largest for those with heavy exposure to asbestos”. E ancora, Clin B, Paris C, Ameiulle J, et al40: “BACKGROUND: It is uncertain whether isolated pleural plaques cause functional impairment. OBJECTIVE: To analyse the relationship between isolated pleural plaques confirmed by CT scanning and lung function in subjects with occupational exposure to asbestos. METHODS: The study population consisted of 2743 subjects presenting with no parenchymal interstitial abnormalities on the high-resolution CT (HRCT) scan. Asbestos exposure was evaluated by calculation of an individual cumulative exposure index (CEI). Each subject underwent pulmonary function tests (PFTs) and HRCT scanning. Variables were adjusted for age, smoking status, body mass index, CEI to asbestos and the centres in which the pulmonary function tests were conducted. RESULTS: All functional parameters studied were within normal limits for subjects presenting with isolated pleural plaques and for those presenting with no pleuropulmonary abnormalities. However, isolated parietal and/or diaphragmatic pleural plaques were associated with a significant decrease in total lung capacity (TLC) (98.1% predicted in subjects with pleural plaques vs. 101.2% in subjects free of plaques, p=0.0494), forced vital capacity (FVC) (96.6% vs. 100.4%, p<0.001) and forced expiratory volume in 1 s (FEV(1)) (97.9% vs. 101.9%, p=0.0032). In contrast, no significant relationship was observed between pleural plaques and FEV1/FVC ratio, forced expiratory flow at 25-75% FVC and residual volume. A significant correlation was found between the extent of pleural plaques and the reduction in FVC and TLC, whereas plaque thickness was not related to functional impairment. CONCLUSIONS: The results show a relationship between isolated parietal and/or placche pleuriche avevano FVC più passo rispetto ai lavoratori senza placche pleuriche. Questa differenza è più grande per quelli con forte esposizione all'amianto”. 40 Clin B, Paris C, Ameiulle J, et al., DO ASBESTOS-RELATED PLEURAL PLAQUES ON HRCT SCANS CAUSE RESTRICTIVE IMPAIRMENT IN THE ABSENCE OF PULMONARY FIBROISIS?, Thorax. 2011; 66: 985-91. Sintesi autore: “Background: Non è chiaro se isolate placche pleuriche provocano danni funzionali. Obiettivo: Analizzare il rapporto tra isolate placche pleuriche confermati mediante scansione TC e la funzione polmonare nei soggetti con esposizione professionale all'amianto. Metodi: La popolazione in studio consisteva di 2743 soggetti senza alcuna anormalità parenchimale interstiziali identificata da scansione ad alta risoluzione CT (HRCT). L’esposizione all'amianto è stata valutata attraverso il calcolo di un indice individuale di esposizione cumulativa (CEI). Ogni soggetto è stato sottoposto i test di funzionalità polmonare (PFT) e alla scansione HRCT. Le variabili sono state organizzate per età, abitudine al fumo, indice di massa corporea, CEI all'amianto e dei centri in cui sono stati condotti i test di funzionalità polmonare. Risultati: Tutti i parametri funzionali studiati erano nei limiti della norma per i soggetti che presentano isolate placche pleuriche e per coloro che le presentano senza anomalie pleuropolmonari. Tuttavia, parietali isolata e / o diaframmatica placche pleuriche sono stati associati con una significativa riduzione della capacità polmonare totale (TLC) (98,1% previsto in soggetti con placche pleuriche contro 101,2% in soggetti privi di targhe, p = 0.0494), la capacità vitale forzata (FVC) (96,6% vs 100,4%, p <0,001) e volume espiratorio forzato in 1 s (FEV (1)) (97,9% vs 101,9%, p = 0,0032). Al contrario, nessuna relazione significativa è stata osservata tra le placche pleuriche e il rapporto FEV1/FVC, flusso espiratorio forzato a volume 25-75% FVC e residuale. Una correlazione significativa è stata trovata tra l'estensione delle placche pleuriche e la riduzione della FVC e TLC, mentre lo spessore della placca non è stato correlto a danni funzionali. Conclusioni: I risultati mostrano una relazione tra parietale isolata e / o diaframmatica placche pleuriche e una tendenza verso un pattern restrittivo, sebbene la diminuzione osservata della FVC e TLC è improbabile che sia di reale rilevanza clinica per la maggior parte dei soggetti di questa serie”. 28 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO diaphragmatic pleural plaques and a trend towards a restrictive pattern, although the observed decrease in FVC and TLC is unlikely to be of real clinical relevance for the majority of subjects in this series”. Le placche dunque sono il segno dell’interstiziopatia in evoluzione, ancora non radiologicamente evidente e sono dose dipendenti. Per stabilire i tempi di insorgenza dalla prima esposizione sono stati eseguiti molti studi, e c’è stata la pubblicazione di diversi lavori scientifici tra i quali quello di Koskinen et al.41, che mette in evidenza il rischio molto frequente tra i lavoratori edili, sia ancora in attività che tra quelli pensionati: “OBJECTIVES: The prevalence of asbestos-related radiographic abnormalities was surveyed among Finnish construction, shipyard, and asbestos industry workers. METHODS: The radiographic screening focused on active and retired workers who were under the age of 70 years and had been employed for at least 10 years in construction or for at least 1 year in shipyards or in the asbestos industry. In 1990-1992, 18,943 people participated in an X-ray examination of the lungs and an interview on work history and exposure. The criteria for a positive radiological finding were (i) small irregular lung opacities clearly consistent with interstitial pulmonary fibrosis (ILO 1/1 or higher), (ii) lung opacities indicating mild pulmonary fibrosis (ILO 1/0) with unilateral or bilateral pleural plaques, (iii) marked adhesions with or without thickening of the visceral pleura, or (iv) findings consistent with bilateral pleural plaques. RESULTS: Fulfilling the criteria were 4133 workers (22%) (22% from construction, 16% from shipyards, and 24% from the asbestos industry). The radiological findings included signs of pulmonary fibrosis (3%), changes in the visceral pleura (7%), bilateral plaques (17%), and unilateral plaques (10%). Occupational disease was diagnosed according to the Finnish insurance regulations for three-fourths of those referred for further examinations, 96% being abnormalities in the pleura and 4% being asbestosis. CONCLUSIONS: Exposure to asbestos dust has been common in ordinary construction work, and, consequently, radiographic abnormalities (mostly pleural) occur frequently among active and retired construction workers”. Più recentemente Matrat M, Pairon JC, Paolillo AG, et al.42 insistono sul rischio morbigeno tra i lavoratori del settore edile per l’utilizzo di materiali friabili contenenti amianto, e così per i 41 Koskinen K, Zitting A, Tossavainen A, et al., RADIOGRAPHIC ABNORMALITIES AMONG FINNISH CONSTRUCTION, Scand J Work Environ Health 1998; 24: 109–117. Sintesi autore: “OBIETTIVI: La prevalenza di anomalie radiografiche asbesto-correlate è stata rilevata nell’edilizia finlandese, cantieri navali, e lavoratori del settore amianto. METODI: La proiezione radiografica è stata incentrata sui lavoratori attivi e pensionati che di età inferiore ai 70 anni e che avevano lavorato per almeno 10 anni nel settore dell’edilizia o per almeno 1 anno nei cantieri navali o nel settore dell'amianto. Nel 1990-1992, 18.943 persone hanno partecipato a un esame radiografico dei polmoni e ad un colloquio sulla loro storia professionale e l'esposizione ad amianto. I criteri per un risultato positivo radiologici erano (i) piccole opacità irregolari del polmone chiaramente coerenti con fibrosi polmonare interstiziale (ILO 1/1 o superiore), (ii) opacità polmonari che indicano lieve fibrosi polmonare (ILO 1/0) con placche pleuriche monolaterali o bilaterali, (iii) aderenze marcate con o senza ispessimento della pleura viscerale, o (iv) risultati coerenti con placche pleuriche bilaterali. RISULTATI: i criteri sono stati soddisfatti da 4133 i lavoratori (22%) (22% del settore dell’edilia, il 16% del settore dei cantieri navali, e il 24% del settore amianto). I risultati radiologici hanno evideniatoi segni di fibrosi polmonare (3%), cambiamenti della pleura viscerale (7%), targhe bilaterali (17%), e placche unilaterali (10%). La malattia professionale è stata diagnosticata in base alle norme assicurative finlandesi:, il 96% per anomalie nella pleura e il 4% per asbestosi. CONCLUSIONI: L'esposizione a polveri di amianto è stata appurata nel settore dell’edilizia ordinaria e, di conseguenza, anomalie radiografiche (per lo più della pleura) si verificano di frequente tra i lavoratori edili attivi e pensionati”. 42 Matrat M, Pairon JC, Paolillo AG, et al., ASBESTOS EXPOSURE AND RADIOLOGICAL ABNORMALITIES AMONG MAINTENANCE AND CUSTODIAN WORKERS IN BUILDINGS WITH FRIABLE ASBESTOS-CONTAINING MATERIALS, Int Arch Occup Environ Health 2004; 77: 307–312. Abstract: “OBJECTIVES: Few studies have been carried out to evaluate the respiratory effects of asbestos exposure of custodian and maintenance workers. METHODS: By a multicentre crosssectional study, 277 custodian and maintenance employees working in buildings with friable asbestos-containing materials and 87 unexposed subjects were studied for radiological abnormalities by use of the International Labour SHIPYARD AND ASBESTOS INDUSTRY WORKERS, CAPITOLO II | 29 lavoratori degli impianti del cemento-amianto, non solo tra gli operai, ma anche tra gli impiegati, come dimostra lo studio di Jakobsson K, Stro¨mberg U, Albin M, et al43. Le conclusioni mettono in evidenza come anche il crisotilo è dannoso per l’organismo umano, in quanto le concentrazioni di anfibolo, nelle situazioni esaminate, erano molto limitate: le indagini radiologiche dimostrano anomalie del parenchima polmonare, in base al tempo di esposizione, anche con versamenti pleurici benigni, coerenti con una reazione immediata scatenata dall’esposizione intensa all’amianto crisotilo. Le patologie dimostrano che per le placche pleuriche e per l’asbestosi c’è una reazione doserisposta, e questi parametri, sulla base di indagini radiologiche, permettono di includere coloro che sono stati esposti nelle popolazioni ad alto rischio al fine di stabilire idonee misure di sorveglianza sanitaria, come evidenziano Paris ed altri44. Office (ILO) classification of radiographs of pneumoconiosis, in relation to parameters of asbestos exposure. RESULTS: The cumulative asbestos exposure index was generally low (fewer than 5 fibres/ml x years in 82.3% of exposed workers). On multivariate analysis, pleural thickening was significantly related to latency since onset of exposure to asbestos in exposed workers, after adjustment for age, body mass index and tobacco smoking. CONCLUSIONS: Asbestos exposure of custodian and maintenance employees in buildings with friable asbestoscontaining materials might be associated with an excess of pleural thickening on chest X-rays”. 43 Jakobsson K, Stro¨mberg U, Albin M, et al., RADIOLOGICAL CHANGES IN ASBESTOS CEMENT WORKERS, Occup Environ Med 1995; 52: 20–27. Abstract: “OBJECTIVE: To explore associations between exposure to asbestos cement dust and radiographic findings in lung parenchyma and pleura. METHODS: Radiographs from 174 blue collar workers and 29 white collar workers from an asbestos cement plant formed one part of the study. Progression of small opacities was further studied in those 124 blue collar workers, for whom two radiographs taken after the end of employment were available. The median readings from five readers who used the full ILO 1980 classification were used. As exposure indices, time since start of employment, duration of employment, cumulative exposure, and average intensity of asbestos exposure were used. The influence of age and smoking was also considered in multiple logistic regression analyses. RESULTS: Small opacities (profusion > or = 1/0) were closely correlated with time related exposure variables, and showed weaker association with intensity based exposure variables. The odds ratio (OR) for small opacities was equal to 2.8 (90% CI 1.2, 6.7) in the > 30 f(fibre)-y/ml group, compared with those in the 0-10 f-y/ml group. Progression of at least two minor ILO categories after the end of employment was seen in 20%. Also, pleural thickening was closely related to time. By contrast, costophrenic angle obliterations were not associated with the time related variables, but closely associated with the intensity of asbestos exposure, and tended to occur during employment. The OR was 4.5 (90% CI 1.3, 15) in the > 2 f/ml group, compared with those in the 0-1 f/ml group. CONCLUSIONS: In these workers, exposed mainly to chrysotile but also to small amounts of amphibole, the risk of radiographically visible parenchymal abnormality was substantially increased and strongly dependent on time related exposure variables. Progression was found long after the end of exposure. The findings on costophrenic angle obliterations, supposed to be sequelae of benign pleural effusions, were consistent with an immediate reaction triggered by intense asbestos exposure”. 44 Paris C., Thierry S., Brochard P., et al., PLEURAL PLAQUES AND ASBESTOSIS: DOSE- AND TIME-RESPONSE RELATIONSHIPS BASED ON HRCT DATA, Eur Respir J. 2009; 34: 72-9. Abstract: “Most studies on asbestos-related diseases are based on chest radiographs, and dose-response relationships are still controversial. The aim of this study was to describe the most relevant parameters of asbestos exposure linked to pleural plaques and asbestosis diagnosed by high-resolution computed tomography (HRCT). A large screening programme including systematic HRCT examinations was organised from 2003 to 2005 in France for formerly asbestos-exposed workers. The time since first exposure (TSFE), level, duration and cumulative exposure to asbestos were used in adjusted unconditional logistic regression to model the relationships of the two diseases. Analysis of a population of 5,545 subjects demonstrated that TSFE (p<0.0001) and cumulative exposure (p = 0.02) (or level, depending on the models used), were independently associated with the frequency of pleural plaques. Only cumulative exposure (p<0.0001) or level of exposure (p = 0.02) were significantly associated with asbestosis. All trend tests were significant for these parameters. To date and to our knowledge, this study is the largest programme based on HRCT for the screening of asbestos-exposed subjects. Both time-response and dose-response relationships were demonstrated for pleural plaques, while only dose-response relationships were demonstrated for asbestosis. These parameters must be included in the definition of high-risk populations for HRCT-based screening programmes”. 30 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Questi studi confermano le conclusioni cui era giunto Boffetta45, il quale aveva affermato che anche il mesotelioma è legato alla dose per intensità e tempo di esposizione, che determina il rischio e i tempi dell’insorgenza, in progressione tenendo conto della data della prima esposizione. 2.5.2 L’ispessimento pleurico. L’ispessimento pleurico diffuso interessa la pleura viscerale (con obliterazione del seno costo-frenico) ed ha localizzazione bilaterale o monolaterale; può determinare anche aderenze tra i due foglietti pleurici e può calcificare. Nei casi lievi, l’ispessimento è asintomatico, mentre nei casi più gravi, in cui la fibrosi risulta massiva, si associa ad una sindrome respiratoria restrittiva che si manifesta con dispnea da sforzo, tosse secca e dolore toracico. La diagnosi è basata su clinica e radiografia del torace e risulta una prevalenza tra gli esposti ad amianto compresa tra il 2 e il 7%, con un rapporto tra placche ed ispessimenti circa di 6 a 1. 2.5.3 Versamenti pleurici benigni. Sono pleuriti essudative apparentemente idiopatiche, spesso con versamento ematico, che coinvolgono i foglietti viscerale e parietale della pleura e compaiono dopo non meno di 10 anni di esposizione e spesso rimangono l’unica manifestazione per un altro decennio. Sono patologie benigne, tranne quando si presentano con febbre, dolore toracico, leucocitosi, ed evolvono verso l’ispessimento pleurico diffuso e l’obliterazione del seno costo-frenico. Non sono clinicamente distinguibili dai versamenti che preannunciano più serie patologie asbesto correlate e la diagnosi differenziale si basa essenzialmente sul mancato riscontro di altri fattori causali (quali in particolare TBC e tumori) e sulla positività anamnestica per l’amianto. 2.5.4 Atelettasie rotonde. Le atelettasie rotonde sono lesioni pleuroparenchimali circoscritte, con ispessimento della pleura viscerale, presenza di sinechia con la pleura parietale e atelettasia parcellare del parenchima sottostante, conseguenti a versamenti pleurici benigni a cui segue l’invaginazione della pleura viscerale con il collasso del parenchima circostante; e/o in seguito a fibrosi pleurica viscerale che esercita trazione sul parenchima polmonare vicino. Alla radiografia e soprattutto alla TAC del torace, l’area di atelettasia si mostra con una struttura a coda di cometa che si determina in seguito ad un affastellamento di vasi e bronchi verso l'ilo. 2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva. Si dibatte se le pneumopatie asbesto correlate, solitamente a carattere restrittivo, possono invece determinare anche alterazioni ostruttive e sul ruolo della concomitante esposizione al fumo 45 Boffetta P., HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med Lav. 1998; 89: 471-80. Abstract: “Asbestos causes four diseases in humans: Lung fibrosis (asbestosis) follows heavy exposure and, in industrialized countries, is mainly a relic of past working conditions. The risk of pleural fibrosis and plaques is likely to be linearly dependent from time since first exposure and is present for all types of asbestos fibres. The diagnostic uncertainties regarding pleural plaques and the substantial degree of misclassification make it difficult to precisely estimate the shape of the dose-response relationship. The risk of lung cancer seems to be linearly related to cumulative asbestos exposure, with an estimated increase in risk of 1% for each fibre/ml-year of exposure. All fibre types seem to exert a similar effect on lung cancer risk; a multiplicative interaction with tobacco smoking has been suggested. Pleural mesothelioma is a malignant neoplasm which is specifically associated with asbestosexposure: the risk is linked with the cubic power of time since first exposure, after allowing for a latency period of 10 years, and depends on the fibre type, as the risk is about three times higher for amphiboles as compared to chrysotile. Environmental exposure to asbestos is also associated with mesothelioma risk”. CAPITOLO II | 31 di sigaretta, anche se queste ultime sono riscontrabili anche tra gli esposti che non hanno mai fumato. La BPCO viene evidenziata attraverso l’esame spirometrico, che mostra una riduzione dell’indice di Tiffeneau [rapporto tra volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) e capacità vitale forzata (FVC)] conseguente alla riduzione dell’FEV1. La presenza delle fibre di asbesto sulle pareti bronchiali induce flogosi, iperplasia e fibrosi, che si estende ai dotti alveolari, determinando quindi l’inizio del processo asbestosico, oppure un’altra delle patologie asbesto correlate, che colpisce le piccole vie aeree. Quando la sindrome ostruttiva si associa a quella restrittiva, che è predominante, si accentua l’entità della compromissione funzionale. 2.6 L’asbestosi. Già nel 1927 Cooke ha distinto la fibrosi polmonare diffusa causata da amianto che egli chiamava ‘asbestosi’ dalla silicosi e dalle altre pneumoconiosi e ne ha descritto il meccanismo patogenetico capace di determinarne l’insorgenza: l’asbesto, grazie alle sue caratteristiche polianioniche, quando giunge a contatto con i macrofagi alveolari stimola la produzione di interleuchina 1, la quale attiva la formazione di collagene da parte dei fibroblasti, e, in modo nonantigene-specifico, la proliferazione dei linfociti T, che, in presenza di qualsiasi tipo di antigene, inviano un messaggio di ritorno ai macrofagi alveolari, che incrementano la produzione degli antigeni di membrana Ia (antigeni di istocompatibilità del tipo II); questi ultimi, sempre che vi siano antigeni, stimolano nuovamente i linfociti T, in maniera questa volta antigene-specifica. Si crea così un circuito nel quale la fibrosi polmonare origina per la presenza di asbesto e di antigeni; da questo ciclo deriva, da parte dei fibroblasti, la produzione di collagene, e da parte dei linfociti B la produzione di plasmacellule e immuno-globuline. Essendo la fibra di asbesto indistruttibile, questo processo è destinato a proseguire con sempre maggiore intensità. Questo spiega il motivo per cui, in alcune persone, la fibrosi è più precoce e massiva, mentre molte altre risultano indenni. Condizioni di iperreattività immunitaria, quali l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso, o situazioni infettive, quali tubercolosi polmonare, bronchiti e polmoniti, determinano certamente uno stato di ipersensibilità, che può favorire l’insorgenza della patologia, e che quindi controindica maggiormente l’esposizione ad amianto. Sotto il profilo anatomo-patologico, il polmone, per effetto delle fibre di amianto, diviene rigido e perde la elasticità del parenchima, con successiva desquamazione intra-alveolare, determinata dalle fibre, con possibile alterazione dei bronchioli e da essi la fibrosi peribronchiale e alveolare, e il successivo inspessimento, tant’è che spesso gli alveoli delle zone colpite da asbestosi si presentano rivestite da cellule epiteliali cubiche anziché pavimentose. La struttura aghiforme di alcuni tipi di fibre di amianto (anfiboli), ne determina la penetrazione nel parenchima polmonare con il cosiddetto ‘effetto spugna’ conseguente agli atti respiratori stessi, con interessamento prima delle basi polmonari e poi di quelle adiacenti il cuore e sottopleuriche, con conseguenti micro-lesioni e micro-emorragie parenchimali, che spiegano l’andamento cronico-evolutivo della malattia asbestosica, anche nei soggetti non ipersensibili e non affetti da broncopneumopatie croniche. Nel polmone e nell’escreato delle persone che hanno inalato amianto, sono state evidenziati poi i cosiddetti ‘corpuscoli dell’asbesto’: strutture allungate, di circa 10-30 micron di lunghezza e 23 micron di diametro, giallastre, composte centralmente da una fibra allargata all’estremità e ricoperta da uno strato amorfo-proteico con granuli di ferritina, determinati dalla capacità del 32 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO minerale di assorbire proteine, acido ialuronico e ferritina, e costituiscono un segno biologico di esposizione. Clinicamente, l’asbestosi si presenta con la dispnea, che insorge generalmente in modo insidioso, quando cioè il processo fibrotico è abbastanza avanzato, e agli esami diagnostici i pazienti hanno dei crepitii e con la radiografia del torace o con l’esame TAC è possibile riscontrare le lesioni caratteristiche della asbestosi, dalla fibrosi alla accentuazione a livello basale della reticolazione ‘a tela di ragno’, e nei casi più gravi il tipico aspetto ‘a vetro smerigliato’, e all’esame spirometrico emerge l’insufficienza respiratoria restrittiva, tanto più grave quanto più elevato è il grado di fibrosi, e in altri casi l’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, con riduzione della capacità di diffusione sia a riposo sia sotto sforzo, con algie interscapolari e basali, dovute all’impegno pleurico; tosse, con scarsa espettorazione vischiosa, soprattutto nei mesi invernali. Nell’espettorato, sono presenti, come già detto, i tipici ‘corpuscoli dell’asbesto’, oltre a numerosi siderociti che, unitamente ai corpuscoli, possono costituire, secondo alcuni, un segno preradiologico di asbestosi. Nell’asbestosi i disturbi clinici si presentano di solito più precocemente che nella silicosi, e dipendono, oltre che dalla sensibilità individuale, dalla natura e dall’entità dell’esposizione. Nelle condizioni lavorative comuni in passato (esposizioni medio-gravi), dopo circa 5-10 anni di latenza comparivano alterazioni croniche e lentamente progressive, rappresentate da un inspessimento fibroso, diffuso, simmetrico e minutamente reticolare di tutta l’impalcatura di sostegno dei polmoni, ed in particolare dei setti inter-alveolari. Poiché alcune lavorazioni dell’amianto erano anche in passato poco faticose, spesso si è assistito alla permanenza sul luogo di lavoro di pazienti affetti da tecnopatia in stadio avanzato e troppo spesso, anche a causa della non coerente applicazione delle norme di cui all’art. 13, comma 8, L. 257/92, che stabiliva il prepensionamento per i lavoratori esposti, e con la contemporanea scarsa sorveglianza sanitaria, si veniva a determinare il ritardo della fine dell’esposizione, che dunque determinava l’aggravamento di queste patologie e in alcuni casi anche l’esito infausto. In alcuni soggetti ipersensibili, si giungeva prematuramente a morte per scompenso di cuore o per bronco-polmoniti intercorrenti; molto frequente era poi il decesso per associazione a tubercolosi polmonare. In questi casi più gravi, l’evoluzione complessiva della malattia poteva rivestire un arco di circa 15 anni dall’inizio dell’esposizione. In caso di esposizioni più lievi, per minore concentrazione ambientale o per ridotta esposizione temporale (ad esempio per precoce abbandono dell’attività a rischio), questi periodi si allungavano e in alcuni casi coesisteva il cancro broncopolmonare. L’asbestosi presenta generalmente un andamento cronico-ingravescente, per cui anche cessando l’esposizione lavorativa non ci sono miglioramenti, ed anzi spesso si registrano peggioramenti del quadro clinico e nei casi di patologia infettiva intercorrente o di abitudine al fumo, la risoluzione del processo flogistico con le cure appropriate (farmaci e cure termali) o la sospensione del fumo, possono rallentare in modo considerevole l’aggravamento della tecnopatia asbestosica. A tale proposito, si ricorda che da tempo l’Istituto Assicuratore prevede, nei casi di associazione di patologie infettive croniche, la possibilità di accesso gratuito annuale alle cure termali inalatorie. Si sono distinti due modelli di classificazione: quello proposto dal BIT-Ginevra nel 1958, che consentiva la classificazione pratica soprattutto della silicosi e delle pneumoconiosi dei minatori di carbone, e quello proposto dall’UICC/Cincinnati, che, essendo più esteso e dettagliato, si applicava meglio alla descrizione dei casi di asbestosi. La classificazione del BIT si adatta in particolare alle pneumoconiosi con piccole opacità arrotondate, e indica con il simbolo ‘L’ le fibrosi lineari, mentre con la ‘Z’ le immagini non più CAPITOLO II | 33 normali ma non ancora indice di sicura pneumoconiosi polmonare o mediastinica. Successivamente, si è visto che l’interpretazione radiologica attraverso tale metodo può determinare la confusione di immagini L con immagini Z, e viceversa. La classificazione della UICC prevede invece una suddivisione degli aspetti radiografici delle pneumoconiosi in ‘piccole e grandi opacità’; le piccole vengono a loro volta distinte in rotonde e irregolari, valutando: a) la profusione, cioè la concentrazione delle opacità conseguenti a fibrosi, suddivise in quattro categorie (Cat.0: 0/-, 0/0, 0/1; Cat.1: 1/0, 1/1,1/2; Cat.2: 2/1, 2/2 2/3; Cat3: 3/2, 3/3, 3/4); b) il tipo, strettamente correlato al diametro, per le opacità rotonde (p,q,r) o alle caratteristiche morfologiche, per le piccole opacità irregolari (s,t,u); c) l’estensione, riferita alle zone polmonari in cui tali opacità sono localizzate (zona superiore, media, inferiore, destra e sinistra). Le grandi opacità, invece, vengono classificate a seconda delle dimensioni (categorie A, B, C) e del tipo (wd: opacità ben delimitate; id: opacità mal delimitate). I casi di asbestosi nel tempo sono considerevolmente aumentati; pertanto gli studi sulle pneumoconiosi, in passato rappresentati prevalentemente dalle ricerche sulla silicosi, hanno in seguito dedicato sempre più spazio all’asbestosi. In campo epidemiologico, risultava quindi indispensabile una classificazione non tanto diagnostica, quanto finemente analitica, in rapporto alle alterazioni radiologiche presenti. Con il metodo della ‘lettura multipla’, è stato osservato, soprattutto dagli autori inglesi, che spesso la medesima lastra veniva inserita prima in una categoria, e poi in quella immediatamente superiore o inferiore, anche da parte dello stesso operatore. Nella revisione del 1968, ciascuna categoria della classificazione del BIT viene quindi suddivisa in tre stadi, e viene altresì aggiunta una classificazione delle alterazioni pleuriche e del profilo delle ombre, data l’importanza di questi particolari nella diagnosi radiologica della malattia asbestosica. Anche in questa revisione vengono adottati i simboli s, t, u, per le piccole opacità irregolari, equivalenti ai simboli p, m, n, della silicosi. La classificazione BIT delle lastre di pneumoconiosi, iniziata nel 1950 e già rivista nel 1958, viene adattata nel 1968 a quella UICC, con la quale viene infine fusa nel 1971, durante l’International Workshop ILO/UC, sponsorizzato dalla Task Force on Pneumoconioses of the American College of Radiology, venendo così a costituire una ‘Classificazione Internazionale’, con un unico set di lastre campione di riferimento; nel 1980 c’è stata un’ulteriore revisione. Come già accennato, la spirometria completa è un altro esame utile per la diagnosi di asbestosi e per la determinazione della lesione all’integrità psicofisica, sia sotto l’aspetto clinico che medico-legale. Solitamente nell’asbestosi si instaura un’insufficienza respiratoria restrittiva, conseguente alla fibrosi polmonare ed alle alterazioni pleuriche, associate, in alcuni casi, alla malattia. Nei casi iniziali, anche in assenza di segni radiologici rilevanti, si osserva una riduzione della capacità di trasporto dell’ossido di carbonio (TLCO) e una desaturazione arteriosa di ossigeno, anche in corso di prove da sforzo di moderata entità. Spesso le prove spirometriche, che vengono svolte facendo effettuare una espirazione forzata in apposito boccaglio monouso, raccordato allo spirometro da tubo flessibile, non vengono svolte dai pazienti in modo sufficientemente corretto, per la difficoltà oggettiva che tali operazioni comportano, soprattutto nelle persone anziane; pertanto non sempre la scarsa collaborazione dei pazienti, segnalata talora nei referti, dipende da un’effettiva scarsa volontà di sottoporsi alla prova46. 46 Le prime nozioni di fisiologia respiratoria risalgono a Galeno, medico greco del II sec. d.C., e a Erasistrato, medico greco fondatore della fisiologia, del III sec. d.C., che dimostrarono il ruolo del diaframma e dei muscoli accessori intercostali nell’attività respiratoria, oltre all’origine ed alle funzioni del nervo frenico. Anche Leonardo da Vinci (14521519) si occupò della funzione del diaframma, osservando che durante l’inspirazione il polmone si espande in tutte le 34 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Già nel 1846, Hutchinson aveva inventato la spirometria e definito la capacità vitale e da allora gli spirografi hanno subito notevoli miglioramenti, e nel 1948 Tiffeneau e Pinelli hanno definito il volume espiratorio massimo al secondo (VEMS) quale ‘capacità polmonare utilizzabile nello sforzo’. La determinazione di questi due parametri ha reso possibile dividere le affezioni respiratorie in patologie restrittive, in cui la capacità vitale (CV) e il VEMS diminuiscono parallelamente ed il loro rapporto rimane pressochè normale, ed ostruttive, in cui la CV risulta più o meno invariata, con forte riduzione della VEMS e conseguentemente del rapporto VEMS/CV. Altro parametro importante delle prove spirometriche è poi il volume (VR) residuo (come già evidenziato dal Sartorelli negli anni ’50-’60), cioè la quantità di aria che rimane nelle vie aeree dopo un’espirazione forzata; la somma della CV e del VR determina la capacità totale (CT o TLC), ed il rapporto VR/CT, normalmente compreso tra il 20-30%, aumenta solitamente con l’età e nelle forme enfisematose. I valori normali di riferimento sono correlati alla statura ed al peso dell’individuo; in alcune patologie, oltre ai parametri funzionali, risulta utile valutare natura ed entità degli scambi gassosi alveolari, attraverso lo studio della diffusione alveolo-capillare, introdotto nel 1915 da M.Krogh. Sotto il profilo funzionale, l’asbestosi determina la riduzione dei volumi polmonari (VC e TLC) e una caduta degli scambi gassosi; nei fumatori è possibile evidenziare un quadro di broncoostruzione con diminuzione del FEV1> VC. Il lavaggio bronco-alveolare, introdotto da autori belgi e francesi, e praticato in Italia dall’U.O. di Medicina del Lavoro di Siena, permette, nel caso di sospetta asbestosi, di accertare la pregressa esposizione, ma non ha valore diagnostico. Previa sedazione generale ed anestesia locale, nonché inibizione della tosse, si introduce il fibro-broncoscopio per via nasale sino ad un bronco segmentario del lobo medio; in seguito si introducono 20 ml di soluzione fisiologica, aspirando lentamente il liquido dopo qualche secondo (l’operazione si ripete in circa 10’, per 7-8 volte). L’analisi del liquido al microscopio ottico e/o elettronico consente il riconoscimento e la valutazione dei corpuscoli e delle fibre d’amianto, presenti in relazione alla sensibilità della metodica impiegata. Il BAL fornisce anche il quadro citologico, caratteristico soprattutto in caso di alveoliti. Il campione dell’ambiente alveolare risulta ben correlato con quello isolato da tessuto polmonare ottenuto con biopsia a torace aperto. La scintigrafia polmonare con citrato di Gallio consente di diagnosticare agevolmente ascessi, neoplasie e lesioni tubercolari, mentre nel caso di pneumoconiosi, essendoci solitamente una lieve anche se diffusa flogosi interstiziale, la concentrazione di radionuclide risulta modesta; pertanto tale indagine non viene abitualmente svolta per l’asbestosi, anche per la possibile interferenza di organi e tessuti circostanti. La TAC polmonare, soprattutto in seguito alla recente introduzione dell’alta risoluzione, consente invece una precisa diagnosi delle pleuropatie asbestosiche, e conferma inoltre la fibrosi polmonare, fornendo dati sulla sua estensione. Questo esame si impone poi in particolari casi di alterazione funzionale dei parametri respiratori, in presenza di normalità radiologica, mentre l’esame istologico del polmone consente una diagnosi di certezza; e poiché è alquanto invasivo, è riservato ai casi più gravi, o al corso di autopsie, che vengono eseguite nel caso di decesso di titolari di rendita per pneumoconiosi. Attualmente presso l’Unità Operativa di Medicina del Lavoro del Policlinico Le Scotte di Siena, diretta dal Prof. Pietro Sartorelli (che ha continuato le ricerche scientifiche del padre, Prof. direzioni, mentre il collasso a seguito di puntura pleurica venne scoperto da Andrea Vesalio (1514-1564), anatomista fiammingo attivo in Italia e fondatore dell’anatomia descrittiva dell’uomo. CAPITOLO II | 35 Emilio Sartorelli), vengono eseguiti anche gli esami della mesotelina e della osteopontina47. 2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale. Anche la polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale debbono essere classificate tra le patologie asbesto correlate, come è stato dimostrato con lo studio pubblicato da Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., ed eseguito su un paziente che era stato esposto alle fibrille aerodisperse di asbesto durante l’attività lavorativa nel settore edile48: “The drywall construction trade has in the past been associated with exposure to airborne asbestos fibres. This paper reports a drywall construction worker with 32 years of dust exposure who developed dyspnoea and diminished diffusing capacity, and showed diffuse irregular opacities on chest radiography. He did not respond to treatment with corticosteroids. Open lung biopsy examination showed desquamative interstitial pneumonia. Only a single ferruginous body was seen on frozen section, but tissue examination by electron microscopy showed an extraordinary pulmonary burden of mineral dust with especially high concentrations of chrysotile asbestos fibres. This report emphasises the need to consider asbestos fibre as an agent in the aetiology of desquamative interstitial pneumonia. The coexistent slight interstitial fibrosis present in this case is also considered to have resulted from exposure to mineral dust, particularly ultramicroscopic asbestos fibres”. L’esame al microscopio elettronico ha permesso di dimostrare la presenza di polveri minerali di amianto, specialmente fibre di asbesto crisotilo, nel polmone del paziente, e quindi dimostra come debbono essere considerate come agente eziologico della polmonite interstiziale desquamativa, come la fibrosi interstiziale. 2.8 Il tumore del polmone. Secondo l'ILO ogni anno muoiono al mondo oltre cento mila persone da tumori asbesto correlati, di cui almeno 70.000 per carcinomi polmonari, e altri 44.000 per mesoteliomi pleurici, cui vanno aggiunti tutti gli altri decessi causati dalle altre patologie tumorali e dalle pneumoconiosi e dalle loro complicazioni. Nell’eziologia complessa e multifattoriale del tumore al polmone, nella quale interagiscono in maniera addittiva e sinergica fattori genetici, ambientali ed occupazionali, l’amianto svolge un ruolo di primo piano49, e non può essere negato (Berry G., Gibbs G.W.50), e si viene a determinare un 47 Marker tumorali, sui quali insistono i sanitari dell’U.O. dell’Università di Siena. Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., DESQUAMATIVE INTERSTITIAL PNEUMONIA ASSOCIATED WITH CHRYSOTILE ASBESTOS FIBRES (POLMONITE INTERSTIZIALE DESQUAMATIVA CORRELATE CON LE FIBRE DI ASBESTO CRISOTILO), Br J Ind Med. 48, 332-337, 1991, nella cui pubblicazione in Italia da parte di Giancarlo Ugazio, in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI, DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, e nella traduzione in italiano della sintesi dell’autore: “L’attività produttiva delle pareti a secco, in passato, è stata correlata con l'esposizione alle fibrille aero disperse d’asbesto. Questa pubblicazione riferisce il caso di un lavoratore addetto alla costruzione di pareti a secco, con 32 anni di esposizione, che sviluppò dispnea e una riduzione della capacità degli scambi gassosi, e presentava opacità irregolari diffuse sulla radiografia toracica. Egli non rispose al trattamento con corticosteroidi. L’esame bioptico del polmone a cielo aperto dimostrò una polmonite interstiziale desquamativa. Nelle sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu osservata una sola formazione ferruginosa, tuttavia l’esame al microscopio elettronico mostrò un eccezionale carico polmonare di polveri minerali, specialmente un’alta concentrazione di fibre di asbesto crisotilo. Questo lavoro pone l’accento sulla necessità di considerare le fibre di asbesto come agente eziologico della polmonite interstiziale desquamativa. Anche la lieve fibrosi interstiziale presente in questo caso è considerata come conseguenza dell’esposizione alla polvere minerale, soprattutto alle fibre ultramicroscopiche d’asbesto”. 49 Così Heller D.S., Gordon R.E., DEMONSTRATION OF ASBESTOS FIBERS IN A TEN-YEAR-OLD SPUTUM SAMPLE (DIMOSTRAZIONE DI FIBRE D’ASBESTO IN UN CAMPIONE DI SPUTO VECCHIO DI 10 ANNI), Am J Ind Med. 20, 415-419, 48 36 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO sinergismo prima di tutto tra amianto e fumo (anche tra la popolazione generale), come evidenziato da Albin M, Magnani C, Krstev S, et al. 51. Può essere richiamato il lavoro del Prof. Forni (I tumori professionali del polmone52), presentato al IV Congresso Nazionale della Società Italiana di Cancerologia, nel quale vennero riepilogati i dati sui tumori professionali del polmone, causati dall’amianto, presente anche negli ambienti di vita. J.E. Cotes nel 1968 ha pubblicato la II edizione del testo inglese Lung function53 sulla funzionalità polmonare, con ampia retrospettiva sull’evoluzione delle prove di funzionalità respiratoria e descrizione delle più recenti acquisizioni in materia e l’anno dopo in Sud Africa S. Williams, ha pubblicato Asbestosis bibliography54, con un’ampia rassegna bibliografica di tutta la letteratura sull’amianto, con riassunto degli articoli relativi al periodo 1960-1968. Può essere stimato che non meno del 3-4% dei tumori polmonari è causato dall’amianto, sulla base di due lavori, che hanno utilizzato la distribuzione dei tassi di tumore della pleura in Piemonte e in Italia, come metro di paragone, e nell’ambito di uno studio di analisi ecologica, il primo di 1991, il cui abstract da Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, pagg. 55 e 56, prima citato. 50 Berry G, Gibbs GW. AN OVERVIEW OF THE RISK OF LUNG CANCER IN RELATION TO EXPOSURE TO ASBESTOS AND OF TACONITE MINERS. Regul Toxicol Pharmacol 2008; 52(1 Suppl): S218-22. Abstract: “Exposure-response relationships between the relative risk of lung cancer and quantitative measures of exposure to asbestos are available from a number of epidemiological studies. Meta-analyses of these relationships have been published by Lash et al. (1997) [Lash, T.L., Crouch, E.A.C., Green, L.C., 1997. A meta-analysis of the relation between cumulative exposure to asbestos and relative risk of lung cancer. Occup. Environ. Med. 54, 254-263] and Hodgson and Darnton (2000) [Hodgson, J.T., Darnton, A., 2000. The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in relation to asbestos exposure. Ann. Occup. Hyg. 44, 565-601]. In this paper, the risks derived in these meta-analyses have been compared. Lash et al., concentrated on process and found that the risk of lung cancer increased as the asbestos is refined by processing. Hodgson and Darnton concentrated on fibre type and found that the risk was highest for exposure to amphibole asbestos (crocidolite and amosite), lowest for chrysotile and intermediate for mixed exposure. Some of the differences between the conclusions from the two meta-analyses are a consequence of the choice of studies included. The range of asbestos types included in the studies in the analysis of Hodgson and Darnton was wider than that in Lash et al., enabling differences between fibre types to be analyzed more readily. There are situations where occupational exposure to chrysotile asbestos has shown no detectable increase in risk of lung cancer. Taconite miners have shown no increased risk of mortality due to lung cancer”. 51 Albin M., Magnani C., Krstev S., et al. ASBESTOS AND CANCER: AN OVERVIEW OF CURRENT TRENDS IN EUROPE. Environ Health Perspect. 1999; 107 Suppl 2:289-98. Abstract: “This review assesses the contribution of occupational asbestos exposure to the occurrence of mesothelioma and lung cancer in Europe. Available information on national asbestos consumption, proportions of the population exposed, and exposure levels is summarized. Population-based studies from various European regions on occupational asbestos exposure, mesothelioma, and lung cancer are reviewed. Asbestos consumption in 1994 ranged, per capita, between 0. 004 kg in northern Europe and 2.4 kg in the former Soviet Union. Population surveys from northern Europe indicate that 15 to 30% of the male (and a few percent of the female) population has ever had occupational exposure to asbestos, mainly in construction (75% in Finland) or in shipyards. Studies on mesothelioma combining occupational history with biologic exposure indices indicate occupational asbestos exposure in 62 to 85% of the cases. Population attributable risks for lung cancer among males range between 2 and 50% for definite asbestos exposure. After exclusion of the most extreme values because of methodologic aspects, most of the remaining estimates are within the range of 10 to 20%. Estimates of women are lower. Extrapolation of the results to national figures would decrease the estimates. Norwegian estimates indicate that one-third of expected asbestos-related lung cancers might be avoided if former asbestos workers quit smoking. The combination of a current high asbestos consumption per capita, high exposure levels, and high underlying lung cancer rates in Central Europe and the former Soviet Union suggests that the lung cancers will arise from the smoking-asbestos interaction should be a major concern”. 52 E.C.Vigliani, A.Forni, I TUMORI PROFESSIONALI DEL POLMONE, Atti IV Congresso Nazionale Società Italiana di Cancerologia, 6 (2):77-83, 1967. 53 J.E.Cotes, LUNG FUNCTION, Blackwell Ed., Oxford 1968. 54 S.Williams, ASBESTOSIS BIBLIOGRAPHY, State Library Ed., Pretoria 1969. CAPITOLO II | 37 Martuzzi M, Comba P, De Santis M, et al.55, cui ha fatto seguito lo studio di Marinaccio A, Scarselli A, Binazzi A, et al., dal titolo ‘Magnitude of asbestos-related lung cancer mortality in Italy’56. Ci sono delle pubblicazioni che approfondiscono il rapporto tra i casi di mesotelioma (MM) e i casi di tumore polmonare indotto dall’asbesto (ARLC), e su uno studio condotto da De Vos Irvine H, Lamont DW, Hole DJ, Gillis CR, su una coorte di cittadini scozzesi ha stimato che il 5.7% dei casi di tumore polmonare, diagnosticati tra il 1975 ed il 1984 nella Scozia occidentale, debbono essere considerati asbesto correlati, evidenziando un rapporto ARLC/MM pari a 2:157. Uno studio finlandese eseguito da Karjalainen A, Anttila S, Vanhala E, Vainio H. su una popolazione di pazienti sottoposti a trattamento chirurgico per carcinoma polmonare tra il 1988 e il 1993, ha permesso di accertare che circa il 19% di queste neoplasie fossero riconducibili all’esposizione all’amianto, con un rapporto di 5:1 con il mesotelioma58. 55 Martuzzi M., Comba P., De Santis M., et al. ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER MORTALITY IN PIEDMONT, ITALY. Am J Ind Med. 1998; 33: 565-70. Abstract: “This study investigates the association between pleural neoplasm mortality, a possible proxy for asbestos exposure, and lung cancer mortality among males resident in Piedmont (northwestern Italy). Pleural neoplasm mortality was estimated in the 1,209 municipalities of the region for the period 1980-1992, applying Bayesian methods. The association with lung cancer mortality for municipalities was studied using Poisson regression. Urban/rural indicators and altitude were also included in the analysis. A positive, statistically significant association was found between pleural neoplasm and lung cancer mortality (beta = 0.025, P < 0.001); lung cancer risk was associated also with urban status (vs. rural, beta = 0.223, P < 0.001) and altitude (P = 0.01). The proportion of lung cancer deaths attributable to living in municipalities with increased pleural neoplasm mortality was 3.9% (95% confidence interval, 2.1-5.7%). The observed association and the presence of a dose-response relationship at the municipality level underscore the dangers of asbestos for human health”. 56 Marinaccio A., Scarselli A., Binazzi A., et al. MAGNITUDE OF ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER MORTALITY IN ITALY. Br J Cancer. 2008; 99: 173-5. La cui sintesi degli autori può essere così tradotta: “An ecological study, based on a data set containing all lung and pleural cancer deaths in each Italian municipality in the period 1980-2001, was performed. The pleural to lung cancer ratio was estimated to be 1 : 1 and 3% (around 700) of all male lung cancer deaths were found to be asbestos-related”. 57 De Vos Irvine H, Lamont DW, Hole DJ, Gillis CR. ASBESTOS AND LUNG CANCER IN GLASGOW AND THE WEST OF SCOTLAND. BMJ. 1993; 306:1503-6. Abstract: “OBJECTIVE: To quantify the relation between lung cancer and exposure to asbestos in men in west Scotland and to estimate the proportion of lung cancer which may be attributed to exposure to asbestos. DESIGN: An ecological correlation study of the incidence of lung cancer in men and past asbestos exposure. The unit of analysis was the postcode sector. Correction was made for past cigarette smoking, air pollution, and deprivation. SETTING: The region covered by the west of Scotland cancer registry, containing 2.72 million people and including Glasgow and the lower reaches of the River Clyde, where shipbuilding was once a major industry. SUBJECTS: All men diagnosed with lung cancer between 1975 and 1984 whose residence at the time of registration was within the west of Scotland. MAIN OUTCOME MEASURE: The population attributable risk for asbestos related lung cancer. RESULTS: An estimated 5.7% (95% confidence interval 2.3 to 9.1%) of all lung cancers in men registered in the west of Scotland during the period 1975-84 were asbestos related, amounting to 1081 cases. CONCLUSIONS: A considerable proportion of cases of lung cancer in men in Glasgow and the west of Scotland from 1975 to 1984 were asbestos related. Most of these may not have been considered for compensation by the Department of Social Security. Given the very small annual number of recorded cases of asbestosis this condition is probably not a prerequisite for the development of asbestos related lung cancer. A heightened awareness of the increasing incidence of asbestos related neoplasms and their more thorough investigation are recommended”. 58 Karjalainen A, Anttila S, Vanhala E, Vainio H. ASBESTOS EXPOSURE AND THE RISK OF LUNG CANCER IN A GENERAL URBAN POPULATION. Scand J Work Environ Health 1994; 20: 243-50. Abstract: “OBJECTIVES: The aim of the study was to investigate the asbestos-associated risk of lung cancer according to histological type of cancer, lobe of origin, pulmonary concentration, and type of amphibole fibers and also to estimate the etiologic fraction of asbestos for lung cancer. METHODS: The pulmonary concentration of asbestos fibers in 113 surgically treated male lung cancer patients and 297 autopsy cases among men serving as referents was determined by scanning electron microscopy. The age- and smoking-adjusted odds ratios of lung cancer were calculated according to pulmonary fiber concentration for all lung cancer types, squamous-cell carcinoma, and adenocarcinoma and for the lower-lobe and the upper- and middle-lobe cancers. RESULTS: The risk of lung cancer was increased according to the pulmonary concentration of asbestos fibers (f) of 1.0 to 4.99 x 10(6) f.g-1 [odds ratio (OR) 1.7] and > or = 5.0 x 10(6) f.g-1 (OR 5.3). The odds ratios associated with fiber concentrations of > or = 1.0 x 10(6) f.g-1 were higher for adenocarcinoma (OR 4.0) than for squamous-cell carcinoma (OR 1.6). The asbestos-associated risk was higher for lower lobe tumors than for upper lobe tumors. The risk estimates for anthophyllite and crocidolite-amosite fibers were similar, except for the risk of squamous-cell carcinoma. An etiologic fraction of 19% was calculated for asbestos among male surgical lung cancer patients in the greater 38 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO In un lavoro più recente di Darnton AJ, McElvenny DM, Hodgson JT. e relativo ad una stima del numero di tumori polmonari asbesto-correlati registrati in Gran Bretagna nel periodo che va dal 1980 al 2000, ad eccezione del 1991, è emerso che il 2-3% dei decessi per carcinoma polmonare era riconducibile ad una pregressa esposizione ad amianto con un rapporto con il mesotelioma pari a 0,759. P. Boffetta e collaboratori, in uno studio pubblicato nel 2010, stima che possono essere attribuiti all’esposizione professionale di amianto il 5.4 dei tumori al polmone, con un rapporto pari a 2.2, ovvero a due casi di tumore polmonare ogni due casi di mesotelioma, nei quali l’asbesto ha contribuito a farlo insorgere con una frazione di oltre l’80%60. Nel 2006, un organismo creato nel 1991 dalla divisione “Infortuni sul lavoro-malattie occupazionali” del sistema francese di previdenza sociale, ai fini assicurativi e di prevenzione a livello europeo, ha pubblicato un rapporto su “Le malattie professionali legate all’amianto in Europa: riconoscimento, cifre, dispositivi specifici”, nel quale venivano riportati tutti i dati relativi ai casi di tumore polmonare asbesto correlati indennizzati nei vari paesi europei e la sequenza per i periodi dal 1980 al 2003, dal quale risulta che nel nostro Paese nel 2003 sono stati riconosciuti soltanto 189 mentre in Francia 1018 e in Germania 739. Tutti gli studi sono concordi nell’attribuire ai due anfiboli, crocitolite e amosite, un livello di rischio maggiore rispetto al crisotilo, così hanno un ruolo le caratteristiche dimensionali delle fibre, e le modalità di utilizzo del minerale, in quanto il processo di separazione longitudinale che dà Helsinki area. CONCLUSIONS: Past exposure to asbestos is a significant factor in the etiology of lung cancer in southern Finland. The asbestos-associated risk seems to be higher for pulmonary adenocarcinoma and lower-lobe tumors than for squamous-cell carcinoma and upper-lobe tumors”. 59 Darnton AJ, McElvenny DM, Hodgson JT. ESTIMATING THE NUMBER OF ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER DEATHS IN GREAT BRITAIN FROM 1980 TO 2000. Ann Occup Hyg. 2006; 50: 29-38. Abstract: “INTRODUCTION: Inhalation of asbestos fibres is known to cause two main kinds of cancer-mesothelioma and lung cancer. While the vast majority of mesothelioma cases are generally accepted as being caused by asbestos, the proportion of asbestos-related lung cancers is less clear and cannot be determined directly because cases are not clinically distinguishable from those due to other causes. The aim of this study was to estimate the number of asbestos-related lung cancers among males by modelling their relative lung cancer mortality among occupations within Great Britain in terms of smoking habits, mesothelioma mortality (as an index of asbestos exposure) and occupation type (as a proxy for socio-economic factors). METHODS: Proportional mortality ratios for lung cancer and mesothelioma for the 20-year period from 1980 to 2000 (excluding 1981) were calculated for occupational groups. Smoking indicators were developed from three General Household Surveys carried out during the 1980s and 1990s. Poisson regression models were used to estimate the number of asbestos-related lung cancers by estimating the number of lung cancer deaths in each occupation assuming no asbestos exposure and subtracting this from the actual predicted number of lung cancer deaths. RESULTS: The effect of asbestos exposure in predicting lung cancer mortality was weak in comparison to smoking habits and occupation type. The proportion of current smokers in occupational groups and average age at which they started smoking were particularly important factors. Our estimate of the number of asbestos-related lung cancers was between two-thirds and one death for every mesothelioma death: equivalent to between 11 500 and 16 500 deaths during the time period studied. CONCLUSIONS: Asbestos-related lung cancer is likely to have accounted for 2-3% of all lung cancer deaths among males in Great Britain over the last two decades of the 20th century. Asbestos-related lung cancers are likely to remain an important component of the total number of lung cancer deaths in the future as part of the legacy of past asbestos exposures in occupational settings”. 60 Boffetta P, Autier P, Boniol M, et al. AN ESTIMATE OF CANCERS ATTRIBUTABLE TO OCCUPATIONAL EXPOSURES IN FRANCE. J Occup Environ Med. 2010; 52: 399-406. Abstract: “OBJECTIVE: To perform a quantitative estimate of the proportion of cancers attributable to occupational exposures in France in 2000. METHODS: Exposure data for established carcinogens were obtained from a 1994 survey and other sources. Relative risks for 23 exposure-cancer combinations were derived from meta-analyses and pooled analyses. RESULTS: A total of 4335 cases of cancer among men (2.7% of all cancers) and 403 cases among women (0.3% of all cancers) were attributed to occupational exposures. Asbestos, polycyclic aromatic hydrocarbons, and chromium VI were the main occupational carcinogens in men, and asbestos and involuntary smoking were the main carcinogens in women. Corresponding proportions for cancer deaths were 4.0% and 0.6% in men and women, respectively. Lung cancer represented 75% of deaths attributable to occupational exposures. CONCLUSION: Our estimates are comparable with those obtained for other countries in studies based on similar methodology”. CAPITOLO II | 39 origine a fibre di minore diametro è maggiore in alcuni settori rispetto che ad altri così lo è di più nel settore tessile rispetto a quello minerario, anche se l’entità dell’esposizione risulta il fattore principale, come dimostra Boffetta nello studio dal titolo ‘Health effects of asbestos exposure in humans: a quantitative assessment’, pubblicato in Med Lav 1998; 89: 471-48061. Si dimostra che il rischio di sviluppare il cancro polmonare è correlato in modo lineare all’esposizione cumulativa all’amianto, con un aumento pari all’1% per ogni fibra per ml per ogni anno, senza che sussista un valore soglia al di sotto del quale l’effetto cancerogeno non si realizzi. La dose cumulativa di 25 fibre/ml/anno, stimata anche in seguito ad anamnesi lavorativa e non solo accertata attraverso l’esame mineralogico del liquido broncoalveolare ricavato in seguito al BAL, permette di concludere che il rischio relativo di carcinoma polmonare nei lavoratori esposti, rispetto a quelli che non lo sono stati è ≥ 2 (Helsinki Consensus Conference), con tempi di latenza di almeno 15 anni dall’inizio dell’esposizione ancorché molto variabile, e con aumento del rischio al 30° - 35° anno di osservazione ed una riduzione nel periodo successivo, nel quale il residuo specialmente di crisotilo nel polmone si inattiva parzialmente e soprattutto perché coloro che sono stati più esposti, e che hanno fumato con più abitualità, sono già deceduti. L’effetto sinergico del fumo di sigaretta con l’esposizione ad amianto, determina una incidenza del tumore polmonare molto più marcata tra coloro che sono esposti, come hanno dimostrato Hammond EC, Selikoff IJ, Seidman H. i quali hanno pubblicato ‘Asbestos exposure, cigarette smoking and death rates’62, e confermato da Gustavsson P, Nyberg F, Pershagen G et al., 61 Boffetta P. HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT. Med Lav 1998; 89: 471-480. Abstract: “Asbestos causes four diseases in humans: Lung fibrosis (asbestosis) follows heavy exposure and, in industrialized countries, is mainly a relic of past working conditions. The risk of pleural fibrosis and plaques is likely to be linearly dependent from time since first exposure and is present for all types of asbestos fibres. The diagnostic uncertainties regarding pleural plaques and the substantial degree of misclassification make it difficult to precisely estimate the shape of the dose-response relationship. The risk of lung cancer seems to be linearly related to cumulative asbestos exposure, with an estimated increase in risk of 1% for each fibre/ml-year of exposure. All fibre types seem to exert a similar effect on lung cancer risk; a multiplicative interaction with tobacco smoking has been suggested. Pleural mesothelioma is a malignant neoplasm which is specifically associated with asbestos exposure: the risk is linked with the cubic power of time since first exposure, after allowing for a latency period of 10 years, and depends on the fibre type, as the risk is about three times higher for amphiboles as compared to chrysotile. Environmental exposure to asbestos is also associated with mesothelioma risk”. 62 Hammond EC, Selikoff IJ, Seidman H. ASBESTOS EXPOSURE, CIGARETTE SMOKING AND DEATH RATES. Ann N Y Acad Sci 1979; 330:473-90. Abstract: “Before 1966, there was evidence from a number of studies conducted in several different countries that people with a history of occupational exposure to asbestos dust are at risk of developing asbestosis and mesothelioma and at very high risk of lung cancer. There was also evidence that mesothelioma or lung cancer resulting from asbestos exposure does not usually appear until many years after initial exposure. Little more was known about the sometimes fatal effects of exposure to asbestos dust although there was some evidence that it increases the risk of cancer of the digestive tract. This investigation was started in 1966 primarily to obtain information on the combined effects of cigarette smoking and exposure to asbestos dust in respect to death from lung cancer and chronic noninfectious pulmonary diseases: to obtain further evidence concerning cancer other than mesothelioma and lung cancer; and to obtain information on the degree to which occupational exposure to asbestos dust increases total death rates from all causes combined. Some of the early findings have been published. In any study of the effects of exposure to asbestos dust it is necessary to have information on two groups of people: an exposed group and a nonexposed group usually called the ‘control group’. Obviously, the two groups should be as alike as possible except in respect to asbestos exposure. In mortality studies, the total population is often used as the control groups; and age-sex specific death rates as officially reported for the total population are compared with the age-sex specific death rates of asbestos workers. When this is done (and we have done it) it is only because of lack of availability of a more suitable control group. For this investigation, we could not use the total population as the only control group for the reason that we had to have information on the age-specific death rates of men with each of various types of smoking histories; and such information is not available for the total population. Therefore, we had to obtain a more suitable control group described later”. 40 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO nella loro pubblicazione ‘Low-dose exposure to asbestos and lung cancer: Dose-response relations and interaction with smoking in a population-based case-referent study in Stockholm, Sweden’63. Le indagini epidemiologiche confermano che il rischio di tumore polmonare (11/100.000 persone/anno nella popolazione generale) è aumentato secondo alcuni di cinque volte, secondo altri fino a 15 volte, nei lavoratori dell'asbesto non fumatori, rispetto ai non esposti non fumatori, mentre negli esposti fumatori, il rischio è addirittura più di 50 volte superiore. Il tumore polmonare insorge molto facilmente nei soggetti asbestosici, come dimostrato dal Prof. Enrico Vigliani64, che pertanto già dal 1969, quando il consumo di amianto tendeva ad aumentare, affermò che fosse necessaria una incisiva azione di prevenzione, con l’abbassamento dei limiti di soglia, una incisiva attivazione degli strumenti di prevenzione e di evitare ogni ulteriore esposizione per chi lo era stato già nel passato, e che trova conferma nella pubblicazione di O’Reilly et al., dal titolo ‘Asbestos-related lung disease’65. L’esperienza dei lavoratori civili in un cantiere navale della Guardia Costiera degli Stati Uniti costituisce il Background degli studi di Krstev e collaboratori, i quali hanno pubblicato lo studio dal titolo ‘Mortality among shipyard coast guard workers: a retrospective cohort study’66, dal quale 63 Gustavsson P, Nyberg F, Pershagen G et al. LOW-DOSE EXPOSURE TO ASBESTOS AND LUNG CANCER: DOSE-RESPONSE RELATIONS AND INTERACTION WITH SMOKING IN A POPULATION-BASED CASE-REFERENT STUDY IN STOCKHOLM, SWEDEN. Am J Epidemiol 2002; 155: 1016-1022. Abstract: “This population-based case-referent study investigated the lung cancer risk associated with occupational exposure to asbestos, focusing on dose-response relations and the interaction with tobacco smoking. Incident cases of lung cancer among males aged 40-75 years in Stockholm County, Sweden, were identified from 1985 to 1990. Referents were selected randomly within strata (age, inclusion year) of the study base. Questionnaires administered to subjects or their next of kin gave information on occupations, tobacco smoking habits, and residences. Response rates of 87% and 85% resulted in 1,038 cases and 2,359 referents, respectively. Occupational exposures were assessed by an industrial hygienist. Lung cancer risk increased almost linearly with cumulative dose of asbestos. The risk at a cumulative dose of 4 fiber-years was 1.90 (95% confidence interval (CI): 1.32, 2.74), higher than that predicted by downward linear extrapolation from highly exposed occupational cohorts. The relative risk (exp(beta)) for a transformed dose variable ln(fiber-years + 1) was 1.494 (95% CI: 1.193, 1.871) per unit of exposure. The joint effect of asbestos and smoking was estimated to be 1.15 (95% CI: 0.77, 1.72) times that predicted from the sum of their individual effects and 0.31 (95% CI: 0.11, 0.86) times that predicted from their product, indicating a joint effect between additivity and multiplicativity”. 64 E.C.Vigliani, CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI MASSIME TOLLERABILI DI SILICE E AMIANTO NELL’ ARIA, Med.Lav. vol.60 n.2, 1969: “la ragione del forte abbassamento dei limiti tollerabili dell’amianto, consiste nel fatto che l’asbestosi predispone all’insorgenza del cancro polmonare e del mesotelioma della pleura......L’azione oncogena dell’amianto fa trascendere il problema dei suoi effetti biologici dal campo della patologia professionale a quello della medicina preventiva e dell’igiene pubblica. ......In alcuni paesi, si è incominciato a tenere un registro dei mesoteliomi....Nella polvere dell’atmosfera delle città, sono contenute fibre di amianto, come è stato di recente osservato anche a Torino”. 65 O‘Reilly KM, Mclaughlin AM, Beckett WS, Sime PJ., ASBESTOS-RELATED LUNG DISEASE, Am Fam Physician 2007;75: 683–8. Abstract: “The inhalation of asbestos fibers may lead to a number of respiratory diseases, including lung cancer, asbestosis, pleural plaques, benign pleural effusion, and malignant mesothelioma. Although exposure is now regulated, patients continue to present with these diseases because of the long latent period between exposure and clinical disease. Presenting signs and symptoms tend to be nonspecific; thus, the occupational history helps guide clinical suspicion. High-risk populations include persons in construction trades, boilermakers, shipyard workers, railroad workers, and U.S. Navy veterans. Every effort should be made to minimize ongoing exposure. Patients with a history of significant asbestos exposure may warrant diagnostic testing and follow-up assessment, although it is unclear whether this improves outcomes. Patients with significant exposure and dyspnea should have chest radiography and spirometry. The prognosis depends on the specific disease entity. Asbestosis generally progresses slowly, whereas malignant mesothelioma has an extremely poor prognosis. The treatment of patients with asbestos exposure and lung cancer is identical to that of any patient with lung cancer. Because exposure to cigarette smoke increases the risk of developing lung cancer in patients with a history of asbestos exposure, smoking cessation is essential. Patients with asbestosis or lung cancer should receive influenza and pneumococcal vaccinations”. 66 Krstev S, Stewart P, Rusiecki J, Blair A., MORTALITY AMONG SHIPYARD COAST GUARD WORKERS: A RETROSPECTIVE COHORT STUDY, Occup Environ Med 2007; 64:651–8. Abstract: “BACKGROUND: The mortality experience of 4702 (4413 men and 289 women) civilian workers in a US Coast Guard shipyard was evaluated. METHODS: All workers employed at the shipyard between 1 January 1950 and 31 December 1964 were included in the study and were followed through 31 December 2001 for vital status. Detailed shipyard and lifetime work histories found in CAPITOLO II | 41 risulta la prova di un eccesso di patologie tumorali per i tumori delle vie respiratorie (SMR 1,29, 95% CI 1,15-1,43), del cancro del polmone (SMR 1,26 , 95% CI 1,12-1,41), del mesotelioma (SMR 5,07, IC 95% 1,85-11,03) dell’enfisema (SMR 1,44, IC 95% 1,01-1,99), oltre ad un aumento dell’insorgenza anche dei tumori del cavo orale e naso-faringeo ma solo tra i lavoratori del legno nel cantiere, potendo lasciar supporre quindi un sinergismo con le polveri di amianto, che debbono essere considerate quantomeno concausa di queste patologie. Beall et al., in uno studio relativo all’incidenza del cancro quale causa di mortalità in un impianto di produzione di pneumatici tra coloro che vi erano stati occupati per almeno un anno, vi ravvisa un aumento del cancro dello stomaco, della vescica, e della leucemia 67. Battista et al. hanno pubblicato uno studio relativo alla mortalità per cancro associata all’esposizione all’amianto nel settore della costruzione e della riparazione dei vagoni ferroviari, e dal quale risulta un aumento dei tumori della laringe e del pancreas e del mieloma multiplo, senza che se ne possano trarre conclusioni certe, come invece per il cancro al polmone, per il quale invece non può essere messa in dubbio l’incidenza della esposizione all’amianto68. the shipyard personnel records and job descriptions were evaluated. Workers were classified as likely exposed to any potential hazardous substances. In addition, 20 job groups were created on likely similar exposures. Standardised mortality ratios (SMRs) were calculated based on the general population of the state and adjusted for age, calendar period, sex and race. RESULTS: The follow-up was successful for 93.3% of the workers. Among all men employed in the shipyard, there was an excess of mortality from all causes of death (SMR 1.08; 95% CI 1.04 to 1.12), respiratory cancers (SMR 1.29; 95% CI 1.15 to 1.43), lung cancer (SMR 1.26; 95% CI 1.12 to 1.41), mesothelioma (SMR 5.07; 95% CI 1.85 to 11.03) and emphysema (SMR 1.44; 95% CI 1.01 to 1.99) and a decrease for cardiovascular diseases (OR 0.95; 95% CI 0.90 to 1.00), vascular lesions of the central nervous system (SMR 0.80; 95% CI 0.67 to 0.96), cirrhosis of the liver (SMR 0.38; 95% CI 0.25 to 0.57) and external causes of death (SMR 0.55; 95% CI 0.44 to 0.68). A similar pattern was observed for the men classified as exposed. No increasing trend of mortality was found with duration of employment in the shipyard, with the exception of mesothelioma (SMRs of 4.23 and 6.27 for <10 years and > or =10 years, respectively). In occupations with at least three cases and with an SMR of > or =1.3, the authors observed a significantly elevated mortality for lung cancer among machinists (SMR 1.60; 95% CI 1.08 to 2.29) and shipfitters, welders and cutters (SMR 1.34; 95% CI 1.07 to 1.65) and for oral and nasopharyngeal cancers among wood workers (SMR 6.20; 95% CI 2.27 to 13.50). CONCLUSION: Employment in this Coast Guard shipyard revealed a small but significant excess mortality from all causes, lung cancer and mesothelioma, most of which is probably related to asbestos exposure”. 67 Beall C., Corn M., Cheng H., et al., MORTALITY AND CANCER INCIDENCE AMONG TIRE MANUFACTURING WORKERS HIRED IN OR AFTER 1962, J Occup Environ Med 2007; 49: 680–90. Abstract: “OBJECTIVE: This study evaluated mortality during 1962 through 2003 and cancer incidence during 1995 through 2003 at a tire manufacturing plant. METHODS: The mortality study included 3425 men and women, employed for at least one year. Of these, 3069 were eligible for the cancer incidencestudy. RESULTS: Employees experienced 390 deaths compared with 608 expected (standardized mortality ratio (SMR)=64; 95% confidence interval (CI)=58-71). Total cancer mortality (123 observed, SMR=75, CI=62-89) and lung cancer mortality (47 observed, SMR=72, CI=53-96) were lower than expected. Hourly white men had small increases in stomach cancer, bladder cancer, and leukemia deaths. During 1995 through 2003, 169 incident cancers were observed compared with 197 expected (SIR=86, 95% CI=74-100). Three mesothelioma cases occurred among hourly white men (SIR=653, CI=135-1907); all were exposed potentially to asbestos before starting at the rubber plant. CONCLUSIONS: Small numbers and limited information on jobs, occupational agents, and lifestyle preclude attribution of observed increases to workplace exposures”. 68 Battista G., Belli S., Comba P., et al., MORTALITY DUE TO ASBESTOS-RELATED CAUSES AMONG RAILWAY CARRIAGE CONSTRUCTION AND REPAIR WORKERS. Occup Med 1999; 49: 536–9. Abstract: “The objective of this study was to further clarify the cancer risk associated with asbestos exposure in railway carriage construction and repair. The cohort included 734 subjects employed between 1 January 1945 and 31 December 1969. Vital status was ascertained at 31 December 1997.Mortality was investigated in the time span 1970-97. Forty-two subjects (6%) were lost to follow-up and eight causes of death (4%) could not be ascertained. The overall mortality was not above the expected value. Among neoplastic diseases, excesses were observed for lung ştandardizedmortality ratio (SMR) = 124; 90% confidence interval (CI) = 87-172; 26 obs), pleura (SMR = 1,327; CI = 523-2,790; 5 obs), larynx (SMR = 240; CI = 95-505; 5 obs), liver (SMR = 241; CI = 126-420; 9 obs), pancreas (SMR = 224; CI = 98-443; 6 obs) and multiple myeloma (SMR = 429; CI = 117-1,109; 3 obs). The observed excess of lung and pleural neoplasms can be causally related to asbestos exposure in the manufacture of railwaycarriages. A causal role of asbestos exposure in the raised SMRs from laryngeal and pancreatic neoplasms and multiple myeloma cannot be conclusively proven”. 42 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Chen et al., hanno eseguito uno studio di coorte su lavoratori con asbestosi in Hong Kong, dal quale è emerso un rapporto tra l’asbestosi e le malattie cardiache, oltre che con le altre patologie ritenute asbesto correlate69. Il tumore polmonare può insorgere anche in assenza di segni radiologici di asbestosi come conferma Finkelstein MM70 nello studio dal titolo ‘Absence of radiographic asbestosis and the risk of lung cancer among asbestos-cement workers: extended follow-up of a cohort’ (pubblicato in Am J Ind Med. nel 2010): anche in assenza di asbestosi coloro che sono stati esposti all’amianto possono contrarre il tumore al polmone, e quindi il nesso di causalità non può essere escluso, coerentemente con quanto già stabilito nei criteri di Helsinki, secondo i quali non è necessario il riscontro radiologico o bioptico di asbestosi per attribuire all’asbesto un ruolo causale nell’insorgenza del tumore polmonare (Helsinki Consensus Report, 1997). Nonostante l’amianto nel nostro Paese sia stato messo al bando già con la legge n. 257 del 1992, e quindi da oltre 20 anni, sussiste ancora un eccesso di rischio di cancro polmonare negli ex esposti, come ci confermano gli studi epidemiologici e scientifici disponibili, non solo perché gli effetti del minerale perdurano sull’organismo umano ben oltre, ma soprattutto per la persistenza dell’esposizione, nei luoghi di vita ed in vari settori produttivi71. 2.9 Il mesotelioma. Fu Wedler per primo nel 1944 ad individuare una correlazione certa tra asbesto e tumori mesoteliali: infatti, un’altra patologia neoplastica collegata all’esposizione ad amianto è proprio il mesotelioma maligno. 69 Chen M., Tse LA, Au RK, et al., MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER MORTALITY: A HISTORICAL COHORT STUDY HONG KONG. Lung Cancer. 2012; 76: 165-70. Abstract: “OBJECTIVES: To investigate the mortality pattern among a cohort of workers with asbestosis in Hong Kong, with special emphases onmesothelioma and lung cancer. METHODS: All 124 male workers with confirmed asbestosis in Hong Kong during 1981-2008 were followed up to December 31, 2008 to ascertain the vital status and causes of death. Standardized mortality ratio (SMR) for each underlying cause of death was calculated by using person-year method. Axelson's indirect method was applied to adjust for the potential confounding effect of cigarette smoking. RESULTS: A total of 86 deaths were observed after 432.8 person-years of observations. The SMR for overall mortality (6.06, 95% CI: 4.90-7.51) increased significantly. The elevated risk of deaths from all cancers (7.53, 95% CI: 5.38-10.25) was mainly resulted from a significantly excess risk from lung cancer (SMR=7.91, 95% CI: 4.32-13.29, 14 deaths) and mesothelioma (SMR=6013.63, 95% CI: 3505.95-9621.81, 17 deaths). The SMR forlung cancer retained statistically significant after adjustment of smoking. An increased smoking adjusted SMR was also suggested for all heart diseases (2.32, 95% CI: 0.93-4.79, 7 deaths) and acute myocardial infarction (3.10, 95% CI: 0.84-7.94, 4 deaths), though the statistical significance was borderline. We found a positive association with net years of exposure to asbestos for mesothelioma and lung cancer. CONCLUSIONS: Our study provided further evidence on the carcinogenesis of asbestos/asbestosis with the risk of deaths from lung cancer andmesothelioma. This study also provided a preliminary support for a possible link between asbestosis and heart disease, but power is limited”. 70 Finkelstein MM, ABSENCE OF RADIOGRAPHIC ASBESTOSIS AND THE RISK OF LUNG CANCER AMONG ASBESTOS-CEMENT WORKERS: EXTENDED FOLLOW- UP OF A COHORT. Am J Ind Med. 2010; 53:1065-69. Abstract: “BACKGROUND: It has been a matter of controversy whether there is an increased risk of lung cancer among asbestos-exposed workers withoutradiographic asbestosis. A previous study of lung cancer risk among asbestos-cement workers has been updated with an additional 12 years of follow-up. METHODS: Subjects had received radiographic examination at 20 and 25 years from first exposure to asbestos. Radiographs were interpreted by a single National Institute of Safety and Health (NIOSH)-certified B-reader using the 1971 International Labor Office (ILO) Classification of the pneumoconioses as reference standard. Asbestosis was defined as an ILO coding of 1/0 or higher. Standardized Mortality Ratios (SMRs) were calculated using the general population of Ontario as reference. RESULTS: Among asbestos-cement workers without radiographic asbestosis at 20 years latency the lung cancer SMR was 3.84 (2.24-6.14). Amongworkers without asbestosis when examined at 25 years latency the SMR was 3.69 (1.59-7.26). CONCLUSIONS: Workers from an Ontario asbestos-cement factory who did not have radiographic asbestosis at 20 or 25 years from first exposure to asbestos continued to have an increased risk of death from lung cancer during an additional 12 years of follow-up”. 71 Si pensi al Petrolchimico di Gela, ove tonnellate e tonnellate di amianto, presenti nel sito, in assenza di qualsiasi misura di sicurezza sono stati oggetto di reiterati sequestri da parte della Magistratura già a partire dal luglio 2011. AMONG ASBESTOSIS WORKERS IN CAPITOLO II | 43 Il mesotelioma è un tumore delle sierose, che insorge più frequentemente al livello pleurico – mesotelioma della pleura – ma si manifesta anche in tutte le altre sedi dove è presente il tessuto mesoteliale, quali il peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo. 2.9.1 Il mesotelioma pleurico. I mesoteliomi pleurici sono causati dall’esposizione all’amianto, ed è maggiore per esposizione a crocidolite, seguita da quella agli altri anfiboli, e infine da quella al crisotilo, che spesso contiene tracce di anfiboli come impurità. La IARC72 tuttavia non ha mai valutato in termini differenziali i vari tipi di amianto, ribadendo semplicemente che si tratta di sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo e come è stato confermato da Scherpereel A, Astoul P, Baas P, et al., nella pubblicazione ‘Guidelines of the ERS/ESTS for management of malignant pleural mesothelioma’73, e recentemente anche da van Meerbeeck JP, Scherpereel A, Surmont VF, Baas P.74, anche limitata nel tempo, ad uno o due anni, risalenti ad almeno 15-20 anni prima, e con una punta massima intorno ai 40 anni dalla prima esposizione, e con noduli multipli di piccole dimensioni sulla pleura parietale o viscerale che evolvono verso la coesione per formare delle masse tumorali. Anche esposizioni ambientali, soprattutto se si sommano a quelle lavorative determinano un aumento di rischio di contrarre il mesotelioma, che è patologia dose-correlata, come hanno confermato Hansen et al., con uno studio del 199875, nel quale si porge attenzione agli ambienti di 72 IARC, Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to umans, suppl.7, Lyon 1987. Scherpereel A, Astoul P, Baas P, et al., GUIDELINES OF THE ERS/ESTS FOR MANAGEMENT OF MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA, Eur Resp J 2010; 35: 479–95. Abstract: “Malignant pleural mesothelioma (MPM) is a rare tumour but with increasing incidence and a poor prognosis. In 2008, the European Respiratory Society/European Society of Thoracic Surgeons Task Force brought together experts to propose practical and up-to-dated guidelines on the management of MPM. To obtain an earlier and reliable diagnosis of MPM, the experts recommend performing thoracoscopy, except in cases of pre-operative contraindication or pleural symphysis. The standard staining procedures are insufficient in approximately 10% of cases. Therefore, we propose using specific immunohistochemistry markers on pleural biopsies. In the absence of a uniform, robust and validated staging system, we advice use of the most recent TNM based classification, and propose a three step pre-treatment assessment. Patient's performance status and histological subtype are currently the only prognostic factors of clinical importance in the management of MPM. Other potential parameters should be recorded at baseline and reported in clinical trials. MPM exhibits a high resistance to chemotherapy and only a few patients are candidates for radical surgery. New therapies and strategies have been reviewed. Because of limited data on the best combination treatment, we emphasise that patients who are considered candidates for a multimodal approach should be included in a prospective trial at a specialised centre”. 74 van Meerbeeck JP, Scherpereel A, Surmont VF, Baas P., MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA: THE STANDARD OF CARE AND CHALLENGES FOR FUTURE MANAGEMENT. Crit Rev Oncol Hematol. 2011; 78: 92-111. Abstract: “This review addresses the management of MPM. In an introductory section, the etiology, epidemiology, presentation, diagnosis and staging of MPM will be reviewed. The evidence was collected by a systematic analysis of the literature (2000-2009) using the databases Medline (National Library of Medicine, USA), Embase (Elsevier, Netherlands), Cochrane Library (Great Britain), National Guideline Clearinghouse (USA), HTA Database (International Network of Agencies for Health Technology Assessment - INAHTA), NIH database (USA), International Pleural Mesothelioma Program WHOLIS (WHO Database) with the following keywords and filters: pleura, cancer, mesothelioma, guidelines, treatment, surgery, chemotherapy, radiotherapy, palliation, supportive care, pleurodesis, review”. 75 Hansen J, De Klerk NH, Musk AW et al. ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO CROCIDOLITE AND MESOTHELIOMA. Abstract: “This study aimed to estimate exposure-response relationships for mesothelioma and environmental exposure to crocidolite. All 4,659 former residents of Wittenoom, Western Australia (WA) who lived there between 1943 and 1993 for at least 1 mo and were not directly employed in the crocidoliteindustry, were followed-up through the WA death, cancer and mesothelioma registries, electoral rolls, and telephone books. In 1992, all subjects who should be traced were sent a questionnaire. Exposure levels were estimated from results of periodic environmental surveys and duration of residence. Incidence rates were standardized to the World Population and Cox Regression was used to estimate the effects of exposure on incidence. To the end of 1993, 27 cases of mesothelioma were diagnosed. Mesothelioma cases stayed longer at Wittenoom, had a higher average intensity ofexposure, and a higher cumulative exposure to crocidolite than control subjects. The standardized incidence of mesothelioma was 260 per million person-years, and was similar for males and females. The rate increased significantly with time from first exposure, duration of exposure and cumulative exposure. At these levels of crocidolite exposure, there is a significantly increased risk of mesothelioma, which is dose-dependent”. 73 44 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO vita, come già avevano fatto l’anno prima Howel D, Arblaster L, Swinburne L, et al., con la pubblicazione ‘Routes of asbestos exposure and the development of mesothelioma in an English region’76, ove si esaminava il ruolo delle esposizioni familiari e domestiche, il cui ruolo è confermato dallo studio di Bourdes V, Boffetta P, Pisani P. dal titolo ‘Environmental exposure to asbestos and risk of pleural mesothelioma:review and meta-analysis’77, pubblicato nel 2000, la presenza di corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel liquido pleurico serve solo a confermare la pregressa esposizione. Il mesotelioma ha un lungo periodo di latenza (37-43 anni, range 13-73 anni), e insorge prevalentemente a livello pleurico, pur potendo interessare tutte le sedi in cui vi è del tessuto mesoteliale, tipo il pericardio, il peritoneo, la tunica vaginale del testicolo. Si tratta di un tumore molto raro e che presenta diversi quadri istologici (epiteliale, sarcomatoso, indifferenziato e a cellule miste), per cui risulta molto difficile una corretta interpretazione diagnostica. Il mesotelioma pleurico è caratterizzato da una bassa sopravvivenza (circa 1 anno dalla diagnosi), da intensi dolori toracici, tosse e dispnea ingravescente, per incremento della neoplasia e/o comparsa di versamento pleurico. La diagnosi in vivo si basa sulla presenza dei seguenti elementi patognomonici: - pregressa esposizione a dosi elevate di amianto per almeno un anno; -periodo di latenza superiore ai 20 anni; insorgenza insidiosa dei sintomi; -assenza di linfoadenopatia; -assenza di metastasi; -positività radiografica (mammelloni pleurici); - presenza di cellule maligne mesoteliali e di acido ialuronico nel versamento pleurico -esame istologico positivo; -esclusione di altre localizzazioni primarie. La presenza dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel liquido pleurico serve solo a confermare la pregressa esposizione. 76 Howel D, Arblaster L, Swinburne L, et al. ROUTES OF ASBESTOS EXPOSURE AND THE DEVELOPMENT OF ENGLISH REGION. Occ Environ Med. 1997; 54:403-9. Abstract: “OBJECTIVES: To investigate the contribution of exposure to asbestos through different routes in the development of mesothelioma. METHODS: Case-control study. 185 confirmed cases of mesothelioma and 160 controls were identified, when death had occurred between 1979 and 1991 in four health districts in Yorkshire. The surviving relatives were interviewed to ascertain lifetime exposure to asbestos. Adjusted odds ratios (ORs) of exposure to asbestos (through occupational, paraoccupational, and residential routes) were calculated for cases and were compared with controls. RESULTS: Likely or possible occupational exposure to asbestos was more common in cases than in controls (OR 5.6, 95% confidence interval (95% CI) 3.1 to 10.1). After excluding those with likely or possible occupational exposure, likely or possible paraoccupational exposure was more common in cases than controls (OR 5.8, 95% CI 1.8 to 19.2). Only six cases of mesothelioma were identified as being solely exposed to asbestos through their residence, compared with nine controls. The OR for residential exposure to asbestos varied between 1.5 and 6.6, depending on which potential industrial sources were included, but the 95% CIs were so wide that slightly reduced or greatly increased odds comparing cases with controls could not be excluded. CONCLUSION: Study results support previous evidence that occupational and paraoccupational exposure to asbestos is associated with developing mesothelioma. Despite a rigorous search, purely residential exposure seemed to account for only 3% of identified cases. No firm conclusion can be drawn about the risks from residential exposure alone, as many of the study subjects could also have been occupationally or paraoccupationally exposed to asbestos” 77 Bourdes V, Boffetta P, Pisani P. ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO ASBESTOS AND RISK OF PLEURAL MESOTHELIOMA: REVIEW AND META- ANALYSIS. Eur J Epidemiol. 2000; 16: 411-7. Abstract: “A number of epidemiological studies have addressed the risk of pleural mesothelioma from environmental (household and neighborhood) exposure toasbestos, but no overall risk estimate is available. We reviewed the epidemiological studies on risk of pleural mesothelioma and household or neighborhood exposure to asbestos. We identified eight relevant studies; most were conducted in populations with relatively high exposure levels. We combined the risk estimates in a meta-analysis based on the random-effects model. The relative risks (RRs) of pleural mesothelioma for householdexposure ranged between 4.0 and 23.7, and the summary risk estimate was 8.1 (95% confidence interval [CI]: 5.3-12). For neighborhood exposure, RRs ranged between 5.1 and 9.3 (with a single RR of 0.2) and the summary estimate was 7.0 (95% CI: 4.7-11). This review suggests a substantial increase in risk of pleural mesothelioma following high environmental exposure to asbestos; however, the available data are insufficient to estimate the magnitude of the excess risk at the levels of environmental exposure commonly encountered by the general population in industrial countries”. MESOTHELIOMA IN AN CAPITOLO II | 45 In letteratura sono noti anche casi di mesoteliomi da fibre minerali naturali diverse, quali l’erionite e le fibre di vetro78, oppure da agenti fisici quali le radiazioni ionizzanti, tuttavia l’85-98% dei casi di mesotelioma riconosce una pregressa esposizione ad amianto. Il fumo di sigaretta non determina un incremento di tale patologia. Anche nel nostro Paese, alla luce delle tragiche vicende che hanno colpito i familiari di diversi lavoratori esposti, così per le mogli che hanno lavato le tute dei mariti impregnate di polveri di asbesto, ci sono state diverse ricerche, oggetto di numerose pubblicazioni, già nel 1993, con lo studio di Magnani C, Terracini B, Ivaldi C et al., dal titolo: ‘A cohort study on mortality among wives of workers in the asbestos cement industry in Casale Monferrato – Italy’79, cui ha fatto seguito nel 2000 un secondo lavoro di Magnani C, Agudo A, González CA et al. 80 e nel 2001 quello di Magnani C., Dalmasso P., Biggeri A. et al., dal titolo ‘Increased risk of malignant mesothelioma of the pleura after residential or domestic exposure to asbestos. A case-control study in Casale Monferrato – Italy’81, che confermano come ci sia un rischio concreto di contrarre mesotelioma 78 J.T.Peterson, S.D.Greenberg & al., NON-ASBESTOS-RELATED MALIGNANT MESOTHELIOMA, Cancer 54:951-960, 1984. - P.V.Pelnar, Further evidence of non-asbestos-related mesothelioma, Scan.J.Work Environ. Health, 14:141-144, 1988. 79 Magnani C, Terracini B, Ivaldi C et al. A COHORT STUDY ON MORTALITY AMONG WIVES OF WORKERS IN THE ASBESTOS CEMENT INDUSTRY IN C ASALE MONFERRATO – ITALY. Br J Ind Med. 1993;50:779-84. Abstract: “The study investigates mortality from cancer and other diseases in a cohort of wives of asbestos cement workers in Casale Monferrato (northwest Italy). After the exclusion of women with an occupational record in the asbestos cement industry, the cohort comprised 1964 women. Their domestic exposure was estimated according to their husbands' periods of employment in the plant: 1740 had a period of domestic exposure whereas the remaining 224 married an asbestos cement worker only after he definitely stopped his activity in the asbestos cement plant; these have, therefore, been considered as unexposed. The cohort of wives was constructed entirely through official records in the town offices and is both exhaustive and unaffected by recall bias. At the end of follow up (1988) 1669 women were alive, 270 were dead and 25 (1.2%) were untraced. Main mortality analyses were only up to age 79 to reduce the misclassification of causes of death. Expected mortality was based on local rates. Mortality analyses were limited to the period 1965-88 due to the availability of local rates: in that period 210 deaths occurred among women with domestic exposure v 229.1 expected. There were four deaths from pleural tumours (one diagnosed as mesothelioma at necropsis) and six from lung cancer v. 0.5 and 4.0 expected respectively. Two further cases of mesothelioma were diagnosed by histological examination after the end of follow up. None of the threewives with histologically diagnosed mesothelioma had been engaged in industrial activities. Corresponding information for the other three cases could not be traced”. 80 Magnani C, Agudo A, González CA et al. MULTICENTRIC STUDY ON MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA AND NONOCCUPATIONAL EXPOSURE TO ASBESTOS. Br J Cancer. 2000;83:104-11. Abstract: “Insufficient evidence exists on the risk of pleural mesothelioma from non-occupational exposure to asbestos. A population-based case-control studywas carried out in six areas from Italy, Spain and Switzerland. Information was collected for 215 new histologically confirmed cases and 448 controls. A panel of industrial hygienists assessed asbestos exposure separately for occupational, domestic and environmental sources. Classification of domestic and environmental exposure was based on a complete residential history, presence and use of asbestos at home, asbestos industrial activities in the surrounding area, and their distance from the dwelling. In 53 cases and 232 controls without evidence of occupational exposure to asbestos, moderate or high probability of domestic exposure was associated with an increased risk adjusted by age and sex: odds ratio (OR) 4.81, 95% confidence interval (CI) 1.8-13.1. This corresponds to three situations: cleaning asbestos-contaminated clothes, handling asbestos material and presence of asbestos material susceptible to damage. The estimated OR for high probability of environmental exposure (living within 2000 m of asbestos mines, asbestos cement plants, asbestos textiles, shipyards, or brakes factories) was 11.5 (95% CI 3.5-38.2). Living between 2000 and 5000 m from asbestos industries or within 500 m of industries using asbestos could also be associated with an increased risk. A dose-response pattern appeared with intensity of both sources of exposure. It is suggested that low-dose exposure to asbestos at home or in the general environment carries a measurable risk of malignant pleural mesothelioma”. 81 Magnani C, Dalmasso P, Biggeri A et al. INCREASED RISK OF MALIGNANT MESOTHELIOMA OF THE PLEURA AFTER RESIDENTIAL OR DOMESTIC EXPOSURE TO ASBESTOS. A CASE-CONTROL STUDY IN CASALE MONFERRATO – ITALY. Environ Health Perspect. 2001;109: 915-9. Abstract: “The association of malignant mesothelioma (MM) and nonoccupational asbestos exposure is currently debated. Our study investigates environmental and domestic asbestos exposure in the city where the largest Italian asbestos cement (AC) factory was located. This population-based casecontrol study included pleural MM (histologically diagnosed) incidents in the area in 1987-1993, matched by age and sex to two controls (four if younger than 60). Diagnoses were confirmed by a panel of five pathologists. We interviewed 102 cases and 273 controls in 1993-1995, out of 116 and 330 eligible subjects. Information was checked and completed on the basis of factory and Town Office files. We adjusted analyses for occupational exposure in the AC industry. In the town there were no other relevant industrial sources of asbestos exposure. Twenty-three cases and 20 controls lived 46 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO anche per i familiari dei lavoratori esposti ad amianto: quindi sono esposti a rischio anche coloro che hanno avuto una esposizione soltanto domestica e familiare, che dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, per una diagnosi precoce della patologia. Esiste una proporzionalità tra dose cumulativa e mesotelioma (Berman DW, Crump KS, nel loro studio dal titolo ‘Update of potency factors for asbestos-related lung cancer and mesothelioma’82; Boffetta P. nella pubblicazione dal titolo ‘Human cancer from environmental with an AC worker [odds ratio (OR) = 4.5; 95% confidence interval (CI), 1.8-11.1)]. The risk was higher for the offspring of AC workers (OR = 7.4; 95% CI, 1.9-28.1). Subjects attending grammar school in Casale also showed an increased risk (OR = 3.3; 95% CI, 1.4-7.7). Living in Casale was associated with a very high risk (after selecting out AC workers: OR = 20.6; 95% CI, 6.2-68.6), with spatial trend with increasing distance from the AC factory. The present work confirms the association of environmental asbestos exposure and pleural MM, controlling for other sources of asbestos exposure, and suggests that environmental exposure caused a greater risk than domestic exposure”. 82 Berman DW, Crump KS. UPDATE OF POTENCY FACTORS FOR ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER AND MESOTHELIOMA. Crit Rev Toxicol. 2008;38 Suppl 1:1-47. Abstract: “The most recent update of the U.S. Environmental Protection Agency (EPA) health assessment document for asbestos (Nicholson, 1986, referred to as "the EPA 1986 update") is now 20 years old. That document contains estimates of "potency factors" for asbestos in causing lung cancer (K(L)'s) and mesothelioma (K(M)'s) derived by fitting mathematical models to data from studies of occupational cohorts. The present paper provides a parallel analysis that incorporates data from studies published since the EPA 1986 update. The EPA lung cancer model assumes that the relative risk varies linearly with cumulative exposure lagged 10 years. This implies that the relative risk remains constant after 10 years from last exposure. The EPAmesothelioma model predicts that the mortality rate from mesothelioma increases linearly with the intensity of exposure and, for a given intensity, increases indefinitely after exposure ceases, approximately as the square of time since first exposure lagged 10 years. These assumptions were evaluated using raw data from cohorts where exposures were principally to chrysotile (South Carolina textile workers, Hein et al., 2007; mesotheliomaonly data from Quebec miners and millers, Liddell et al., 1997) and crocidolite (Wittenoom Gorge, Australia miners and millers, Berry et al., 2004) and using published data from a cohort exposed to amosite (Paterson, NJ, insulation manufacturers, Seidman et al., 1986). Although the linear EPA model generally provided a good description of exposure response for lung cancer, in some cases it did so only by estimating a large background risk relative to the comparison population. Some of these relative risks seem too large to be due to differences in smoking rates and are probably due at least in part to errors in exposure estimates. There was some equivocal evidence that the relative risk decreased with increasing time since last exposure in the Wittenoom cohort, but none either in the South Carolina cohort up to 50 years from last exposure or in the New Jersey cohort up to 35 years from last exposure. The mesothelioma model provided good descriptions of the observed patterns of mortality after exposure ends, with no evidence that risk increases with long times since last exposure at rates that vary from that predicted by the model (i.e., with the square of time). In particular, the model adequately described the mortality rate in Quebec chrysotile miners and millers up through >50 years from last exposure. There was statistically significant evidence in both the Wittenoom and Quebec cohorts that the exposure intensity-response is supralinear(1) rather than linear. The best-fitting models predicted that the mortality rate varies as [intensity](0.47) for Wittenoom and as [intensity](0.19) for Quebec and, in both cases, the exponent was significantly less than 1 (p< .0001). Using the EPA models, K(L)'s and K(M)'s were estimated from the three sets of raw data and also from published data covering a broader range of environments than those originally addressed in the EPA 1986 update. Uncertainty in these estimates was quantified using "uncertainty bounds" that reflect both statistical and nonstatistical uncertainties. Lung cancer potency factors(K(L)'s) were developed from 20 studies from 18 locations, compared to 13 locations covered in the EPA 1986 update. Mesothelioma potency factors(K(M)'s) were developed for 12 locations compared to four locations in the EPA 1986 update. Although the 4 locations used to calculate K(M) in the EPA 1986 update include one location with exposures to amosite and three with exposures to mixed fiber types, the 14 K(M)'s derived in the present analysis also include 6 locations in which exposures were predominantly to chrysotile and 1 where exposures were only to crocidolite. The K(M)'s showed evidence of a trend, with lowest K(M)'s obtained from cohorts exposed predominantly to chrysotile and highest K(M)'s from cohorts exposed only to amphibole asbestos, with K(M)'s from cohorts exposed to mixed fiber types being intermediate between the K(M)'s obtained from chrysotile and amphibole environments. Despite the considerable uncertainty in the K(M) estimates, the K(M) from the Quebec mines and mills was clearly smaller than those from several cohorts exposed to amphibole asbestos or a mixture of amphibole asbestos and chrysotile. For lung cancer, although there is some evidence of larger K(L)'s from amphibole asbestos exposure, there is a good deal of dispersion in the data, and one of the largest K(L)'s is from the South Carolina textile mill where exposures were almost exclusively to chrysotile. This K(L) is clearly inconsistent with the K(L) obtained from the cohort of Quebec chrysotile miners and millers. The K(L)'s and K(M)'s derived herein are defined in terms of concentrations of airborne fibers measured by phase-contrast microscopy (PCM), which only counts all structures longer than 5 microm, thicker than about 0.25 microm, and with an aspect ratio > or =3:1. Moreover, PCM does not distinguish between asbestos and nonasbestos particles. One possible reason for the discrepancies between the K(L)'s and K(M)'s from different studies is that the category of structures included in PCM counts does not correspond closely CAPITOLO II | 47 pollutants: the epidemiological evidence’83), che conferma i risultati di Hodgson JT, Darnton A., ed oggetto di pubblicazione nel lavoro dal titolo: ‘The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in relation to asbestos exposure’84. Che in uno studio eseguito su una popolazione di soggetti esposti ad asbesto in una miniera dell’Australia occidentale, dimostrano come l’incidenza di mesoteliomi, pleurici e peritoneali, presenta una correlazione positiva con il tempo trascorso dalla prima esposizione, con il massimo rischio dopo 40/50 anni e proporzionale all’entità dell’esposizione complessiva. Doll R, Peto J., nello studio dal titolo ‘Asbestos: effects on health of exposure to asbestos’ hanno affermato che l’incremento della dose incrementa il rischio di insorgenza della malattia, ma non rileva per determinare il periodo di induzione85. Questo studio è di fondamentale importanza perché vi si afferma testualmente ‘non v’è prova di un livello soglia al di sotto del quale non vi sia rischio di mesotelioma’, e Hillerdal G., nel suo lavoro ‘Mesothelioma: cases associated with non-occupational and low dose exposures’86 e to biological activity. In the accompanying article (Berman and Crump, 2008) the K(L)'s and K(M)'s and related uncertainty bounds obtained in this article are paired with fiber size distributions from the literature obtained using transmission electron microscopy (TEM). The resulting database is used to define K(L)'s and K(M)'s that depend on both the size (e.g., length and width) and mineralogical type (e.g., chrysotile or crocidolite) of an asbestos structure. An analysis is conducted to determine how well different K(L) and K(M) definitions are able to reconcile the discrepancies observed herein among values obtained from different environments”. 83 Boffetta P. HUMAN CANCER FROM ENVIRONMENTAL POLLUTANTS: THE EPIDEMIOLOGICAL EVIDENCE. Mutat Res. 2006; 608: 157-62. Abstract: “An increased risk of mesothelioma has been reported among individuals experiencing residential exposure to asbestos, while results for lung cancerare less consistent. Several studies have reported an increased risk of lung cancer risk from outdoor air pollution: on the basis of the results of the largest study, the proportion of lung cancers attributable to urban air pollution in Europe can be as high as 10.7%. A causal association has been established between second-hand tobacco smoking and lung cancer, which may be responsible for 1.6% of lung cancers. Radon is another carcinogen present in indoor air, which may be responsible for 4.5% of lung cancers. An increased risk of bladder might be due to water chlorination by-products. The available evidence on cancer risk following exposure to other environmental pollutants, including, pesticides, dioxins and electro-magnetic fields, is inconclusive”. 84 Hodgson JT, Darnton A. THE QUANTITATIVE RISKS OF MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER IN RELATION TO ASBESTOS EXPOSURE. Ann Occup Hyg. 2000; 44: 565-601. Abstract: “Mortality reports on asbestos exposed cohorts which gave information on exposure levels from which (as a minimum) a cohort average cumulative exposure could be estimated were reviewed. At exposure levels seen in occupational cohorts it is concluded that the exposure specific risk of mesothelioma from the three principal commercial asbestos types is broadly in the ratio 1:100:500 for chrysotile, amosite and crocidolite respectively. For lung cancer the conclusions are less clear cut. Cohorts exposed only to crocidolite or amosite record similar exposure specific risk levels (around 5% excess lung cancer per f/ml.yr); but chrysotile exposed cohorts show a less consistent picture, with a clear discrepancy between the mortality experience of a cohort of xhrysotile textile workers in Carolina and the Quebec miners cohort. Taking account of the excess risk recorded by cohorts with mixed fibre exposures (generally<1%), the Carolina experience looks uptypically high. It is suggested that a best estimate lung cancer risk for chrysotile alone would be 0.1%, with a highest reasonable estimate of 0.5%. The risk differential between chrysotile and the two amphibole fibres for lunc cancer is thus between 1:10 and 1:50. Examination of the inter-study dose response relationship for the amphibole fibres suggests a non-linear relationship for all three cancer endpoints (pleural and peritoneal mesotheliomas, and lung cancer). The peritoneal mesothelioma risk is proportional to the square of cumulative exposure, lung cancer risk lies between a linear and square relationship and pleural mesothelioma seems to rise less than linearly with cumulative dose. Although these nonlinear relationships provide a best fit ot the data, statistical and other uncertainties mean that a linear relationship remains arguable for pleural and lung tumours (but not or peritoneal tumours). Based on these considerations, and a discussion fo the associated uncertainties, a series of quantified risk summary statements for different elvels of cumulative exposure are presented”. 85 Doll R, Peto J. ASBESTOS: EFFECTS ON HEALTH OF EXPOSURE TO ASBESTOS. London: Health and Safety Commission; HMSO, 1985. 86 Hillerdal G., MESOTHELIOMA: CASES ASSOCIATED WITH NON-OCCUPATIONAL AND LOW DOSE EXPOSURES, Occ Environ Med. 1999;56:505-13. Abstract: “OBJECTIVES: To estimate the importance of low dose exposure to asbestos on the risk of mesothelioma. METHODS: A review of the literature. RESULTS AND CONCLUSIONS: There is no evidence of a threshold level below which there is no risk of mesothelioma. Low level exposure more often than not contains peak concentrations which can be very high for short periods. There might exist a background level 48 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Hodgson JT, Darnton A. nel loro lavoro ‘The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in relation to asbestos exposure’87, riferendosi a Illgren EB, Browne K. 88 e a quanto da loro affermato, hanno messo in evidenza come il tentativo di affermare la sussistenza di una ‘soglia dall’identificazione della più bassa dose stimata essere stata ricevuta da qualunque caso osservato è un nonsenso logico. Inoltre, l’esistenza di zero casi in una categoria di dose (umana o animale) non dovrebbe essere automaticamente interpretata come rischio zero. La diretta conferma di una soglia in base ai dati umani è virtualmente impossibile’ (Rapporto ISTISAN, 2007). Il mesotelioma pleurico invade le strutture toraciche vicine, e si presenta in tre forme istologiche: epitelioide, sarcomatoide, bifasica, la cui diagnosi è molto complessa e necessita delle più recenti tecniche diagnostiche di immunoistochimica89. 2.9.2 Il mesotelioma peritoneale. La sede più diffusa del mesotelioma maligno in sede extrapleurica è quella peritoneale, per cui l’associazione con l’esposizione all’amianto è stata già dimostrata, in seguito a numerosi studi, tra i quali quello di Ribak et al., 1988 ('Malignant mesothelioma in a cohort of asbestos insulation workers: Clinical presentation, diagnosis, and causes of death')90, e di Heller D.S., Gordon R.E., of mesothelioma occurring in the absence of exposure ot asbestos, but there is no proof of this and this "natural level" is probably much lower than the 1-2/million/year which has been often cited”. 87 Hodgson JT, Darnton A. THE QUANTITATIVE RISKS OF MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER IN RELATION TO ASBESTOS EXPOSURE, Ann Occup Hyg. 2000; 44: 565-601. Abstract: “Mortality reports on asbestos exposed cohorts which gave information on exposure levels from which (as a minimum) a cohort average cumulative exposure could be estimated were reviewed. At exposure levels seen in occupational cohorts it is concluded that the exposure specific risk ofmesothelioma from the three principal commercial asbestos types is broadly in the ratio 1:100:500 for chrysotile, amosite and crocidolite respectively. For lung cancer the conclusions are less clear cut. Cohorts exposed only to crocidolite or amosite record similar exposure specific risk levels (around 5% excess lung cancer per f/ml.yr); but chrysotile exposed cohorts show a less consistent picture, with a clear discrepancy between the mortality experience of a cohort of xhrysotile textile workers in Carolina and the Quebec miners cohort. Taking account of the excess risk recorded by cohorts with mixed fibre exposures (generally<1%), the Carolina experience looks uptypically high. It is suggested that a best estimate lung cancer risk for chrysotile alone would be 0.1%, with a highest reasonable estimate of 0.5%. The risk differential between chrysotile and the two amphibole fibres for lunc cancer is thus between 1:10 and 1:50. Examination of the inter-study dose response relationship for the amphibole fibres suggests a non-linear relationship for all three cancer endpoints (pleural and peritoneal mesotheliomas, and lung cancer). The peritoneal mesothelioma risk is proportional to the square of cumulative exposure, lung cancer risk lies between a linear and square relationship and pleural mesothelioma seems to rise less than linearly with cumulative dose. Although these non-linear relationships provide a best fit ot the data, statistical and other uncertainties mean that a linear relationship remains arguable for pleural and lung tumours (but not or peritoneal tumours). Based on these considerations, and a discussion fo the associated uncertainties, a series of quantified risk summary statements for different elvels of cumulative exposure are presented”. 88 Illgren EB, Browne K. ASBESTOS RELATED MESOTHELIOMA: EVIDENCE FOR A THRESHOLD IN ANIMALS AND HUMAN. Regul. Toxicol. Pharmacology. 1991;13:116-32. Abstract: “A threshold for mesothelioma for the major asbestos fiber types becomes not only plausible but also very likely in view of the existence of a distinct background incidence of spontaneously occurring and non-asbestos-related mesotheliomas; the high occupational doses associated with the appearance of mesotheliomas in humans; and the large number of "tumorigenic" fibers required to produce significant numbers of mesotheliomas inanimals. Even when the duration of exposure associated with the appearance of mesotheliomas in humans has been brief, the exposure itself has been intense. The review of the relevant animal and human literature cited herein supports the concept of mesothelioma threshold”. 89 Beasley MB, Brambilla E, Travis WD. THE 2004 WORLD HEALTH ORGANIZATION CLASSIFICATION OF LUNG TUMORS. Semin Roentgenol 2005; 40: 90–97. 90 Ribak, J., Lilis, R., Suzuki, Y., Penner, L., and Selikoff, I. J. MALIGNANT MESOTHELIOMA IN A COHORT OF ASBESTOS INSULATION WORKERS: CLINICAL PRESENTATION, DIAGNOSIS, AND CAUSES OF DEATH. Br. J. Ind. Med. 1988, 45: 182– 187. Abstract: "Malignant mesothelioma has been rare in the general population. In recent decades its incidence has risen dramatically, parallel to the increasing use of asbestos in industry since 1930. Altogether 17,800 asbestos insulation workers, members of the International Association of Heat and Frost Insulators and Asbestos Workers (AFLCIO-CLC) in the United States and Canada, were enrolled for prospective study on 1 January 1967 and followed up to the present. Every death that occurs is investigated by our laboratory. One hundred and seventy five deaths from mesothelioma occurred among the 2221 men who died in 1967-76 and 181 more such deaths in the next eight years. CAPITOLO II | 49 Clement P.B., Turnnir R., Katz N., in ‘Presence of asbestos in peritoneal malignant mesotheliomas in women (Presenza di asbestos nei mesoteliomi peritoneali maligni nelle donne)’, Int J Gynecol Cancer. 9, 452-455, 1999, nel cui abstract testualmente91: “Asbestos plays a causal role in pleural mesotheliomas. The role in peritoneal mesotheliomas is less clear, particularly in women, who are less likely to have an exposure history. Seven peritoneal malignant mesotheliomas in women with no recorded asbestos exposure were analyzed in this report. Tissue digestion was performed on paraffin blocks of tumor. Transmission electron microscopy, energy-dispersive spectroscopy, and electron diffraction were performed for tissue fiber burden and fiber identification. Asbestos fiber burdens were present in 6 cases. Two showed crocidolite, 2 showed chrysotile, one showed chrysotile and amosite, and one showed chrysotile and tremolite. Fiber burdens ranged from 56,738 to 1,963,250 fibers per gram wet weight tissue. All fibers counted were between 1 and 5 microns. This study demonstrates asbestos in peritoneal mesotheliomas in women.Asbestos may play a role in the development of these tumors”. cui ha fatto seguito Welch et al., 2005 ('Asbestos and peritoneal mesothelioma among collegeeducated men')92, McDonald et al., 2006 ('Sixty years on: the price of assembling military gas masks in 1940')93 e Boffetta et al., 2007 ('Epidemiology of peritoneal mesothelioma')94, per il quale Altogether, 356 workers had died of malignant mesothelioma (pleural or peritoneal) by 1984. Diagnosis of mesothelioma was accepted only after all available clinical, radiological, and pathological material was reviewed by our laboratory and histopathological confirmation by the pathology unit made in each case. One hundred and thirty four workers died of pleural and 222 of peritoneal mesothelioma. Age at onset of exposure, age at onset of the disease, and age at death were similar in both groups of patients. Significant difference was noted only in the time elapsed from onset of exposure to the development of first symptoms, which was longer in the group with peritoneal mesothelioma. Shortness of breath, either new or recently increased, and chest pain were the most frequent presenting symptoms in the group with pleural mesothelioma; abdominal pain and distension were frequent in the patients with peritoneal mesothelioma. Pleural effusion or ascites were found in most patients. The most effective approach to the diagnosis of malignant pleural mesothelioma in these cases was by open lung biopsy; exploratory laparotomy was best for diagnosing peritoneal mesothelioma. Patients with pleural mesothelioma died principally from pulmonary insufficiency whereas those with peritoneal mesothelioma succumbed after a period of pronounced wasting". 91 Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, reticenza e dolore, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 58. Sintesi: “L’asbesto svolge un ruolo eziologico nei mesoteliomi pleurici. Il suo ruolo nei mesoteliomi peritoneali è meno chiaro, soprattutto nelle donne le quali meno verosimilmente hanno una storia anamnestica di esposizione. In questa ricerca furono studiati sette mesoteliomi peritoneali maligni in donne senza storie anamnestiche di esposizione. La digestione del tessuto fu eseguita su campioni del tumore inclusi in paraffina. La microscopia elettronica a trasmissione, la spettroscopia a dispersione d’energia, e la diffrazione elettronica furono impiegate per il conteggio delle fibre e per la loro identificazione. Il carico delle fibre di asbesto era presente in sei casi. Due mostrarono la presenza di crisotilo, uno mostrò crisotilo e amosite, ed uno evidenziò crisotilo e tremolite. I conteggi variarono tra 56.738 e 1.963.250 fibre per grammo di peso umido. Tutte le fibre avevano dimensioni tra 1 e 5 micron. Questa ricerca evidenzia la presenza di asbesto nei mesoteliomi peritoneali nelle donne. L’asbesto può svolgere un ruolo eziologico dell’insorgenza di questi tumori. 92 Welch LS, Acherman YI, Haile E, et al. ASBESTOS AND PERITONEAL MESOTHELIOMA AMONG COLLEGE-EDUCATED MEN. Int. J. Occup. Environ. Health. 2005; 11: 254–258. Abstract: "The proportion of peritoneal mesotheliomas among all mesotheliomas has been decreasing, leading some to suggest that peritoneal mesotheliomaoccurs only after high levels of exposure to asbestos. To investigate the relationship between asbestos exposure and the development of peritonealmesothelioma, a case-control study examined 40 cases of primary peritoneal mesothelioma from a single institution. This series differed from previous reports in that 75% of the cases and controls had attended college. Results show an odds ratio of 6.6 for asbestos exposure among this group of primary peritoneal mesothelioma cases with relatively slight asbestos exposures". 93 McDonald JC, Harris JM, Berry G. SIXTY YEARS ON: THE PRICE OF ASSEMBLING MILITARY GAS MASKS IN 1940. Occup. Environ. Med. 2006; 63:852–825. Abstract: "BACKGROUND: Between 1940 and 1944 military gas masks with filter pads containing 20% crocidolite were assembled in a Nottingham factory. METHODS: Records supplied by the late Professor Stephen Jones were of 1154 persons, mainly women, who had worked in the factory during this period; they included many deaths from mesothelioma. A systematic effort was therefore made to establish causes of death for the whole cohort. RESULTS: Of 640 employees with full name and sex recorded, 567 (89%) were traced. Of 50 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO l’esposizione alla crocidolite rispetto al crisotilo segna un costante aumento del rischio (Merler et al., 200095; Reid et al., 200596), in ogni caso proporzionale all’esposizione per intensità e durata these, 491 had died, including 65 from mesothelioma, though only 54 were certified as such. After exclusion of these 54, standardised mortality ratios were significantly raised for respiratory cancer (SMR 2.5) and carcinomatosis (SMR 3.2). The pattern of mortality in the remaining 514 employees without full identification was similar, but a low tracing rate (40%) did not justify their further analysis. The first death from mesothelioma was in 1963 (22 years after first exposure) and the last in 1994, whereas a further 5.0 cases would have been expected between 1996 and 2003 (p = 0.0065). CONCLUSION: These findings in a cohort followed over 60 years after brief exposure to crocidolite confirm a high and specific risk of mesothelioma (28% peritoneal) and perhaps of lung cancer some 20-50 years later. The statistically significant absence of further mesothelioma cases during the past eight years suggests that crocidolite, though durable, is slowly removed". 94 Boffetta, P. EPIDEMIOLOGY OF PERITONEAL MESOTHELIOMA: A REVIEW. Ann. Oncol. 2007; 18:985–990. Abstract: "The epidemiology of peritoneal mesothelioma is complicated by possible geographic and temporal variations in diagnostic practices. The incidence rates in industrialized countries range between 0.5 and three cases per million in men and between 0.2 and two cases per million in women. Exposure to asbestos is the main known cause of peritoneal mesothelioma. Results on peritoneal mesothelioma have been reported for 34 cohorts exposed to asbestos, among which a strong correlation was present between the percentages of deaths from pleural and peritoneal mesothelioma (correlation coefficient 0.8, P < 0.0001). Studies of workers exposed only or predominantly to chrysotile asbestos resulted in a lower proportion of total deaths from peritoneal mesothelioma than studies of workers exposed to amphibole or mixed type of asbestos. Cases of peritonealmesothelioma have also been reported following exposure to erionite and Thorotrast, providing further evidence of common etiological factors with the pleural form of the disease. The role of other suspected risk factors, such as simian virus 40 infection and genetic predisposition, is unclear at present. Control of asbestos exposure remains the main approach to prevent peritoneal mesothelioma". 95 Merler E, Ercolanelli M, de Klerk N. IDENTIFICATION AND MORTALITY OF ITALIAN EMIGRANTS RETURNING TO ITALY AFTER HAVING WORKED IN THE CROCIDOLITE MINES AT WITTENOON GORGE, WESTERN AUSTRALIA. Epidemiol. Prev. 2000; 24: 255–261. Abstract: “The crocidolite mine at Wittenoom Gorge, Western Australia, has been active from 1943 to 1966, and managed by Australian Blue Asbestos Ltd (ABA). Migrants constituted the large majority of workers. The list of workers is composed of 6,911 subjects (6,501 males). In it we identified 1,102 Italians (1,069 males) and completed the follow up for those previously lost, remained in Australia or returned to Italy. Up to 1997, 302 subjects (301 males) definitively resettled in Italy, almost always returning to their community of origin. The median length of work at Wittenoom for those resettled was 17.8 months. The resettled subjects are spread around Italy, and 112 subjects (37%) already died. We compared the mortality rates of those returned to Italy to the rates of the male Italian population. Migrants were subjected to a strong selection before departure and were the target of a surveillance program during work at Wittenoom: however, for those resettled, instead of a healthy migrant effect, we observed an overmortality, mainly due to deaths from penumoconiosis (10 deaths vs 0.38 expected), from respiratory tumours (3 deaths from pleural mesothelioma and 4 from primary peritoneal tumours; an excess of lung cancers, SMR 1.28, 95% CI 0.72-2.11, and an excess of undefined caused of deaths (SMR 6.29, 95% CI 2.52-12.96). The study suggests that asbestos-related diseases and deaths have been observed among those resettled to Italy. In order to increase the precision of the follow up of the Wittenoom cohort, a search outside Australia should be carried out in some European countries for workers whose vital status was unconfirmed. Survivors in Italy are suffering from asbestosis, jeopardizing their life, and are at risk of cancer, but few have received information, actions aimed at reducing the accumulated risk, or compensation. Italy had a multi-million number of migrants for work, and an important percentage of migrants is returned to Italy: the effects of occupational exposures to adverse agents should be expected, but this topic has received up to now little attention”. 96 Reid A, de Klerk N, Ambrosini G, et al. THE ADDITIONAL RISK OF MALIGNANT MESOTHELIOMA IN FORMER WORKERS AND RESIDENTS OF WITTENOOM WITH BENIGN PLEURAL DISEASE OR ASBESTOSIS. Occup. Environ. Med. 2005; 62:665– 669. Abstract: “AIMS: To examine the hypothesis that people with benign pleural disease or asbestosis have an increased risk of malignant mesothelioma beyond that attributable to their degree of asbestos exposure. METHODS: Former workers and residents of the crocidolite mining and milling town of Wittenoom are participating in a cancer prevention programme (n = 1988). The first plain chest radiograph taken at the time of recruitment into the cancer prevention programme was read for evidence of benign pleural disease and asbestosis, using the UICC classification. Crocidolite exposure of former workers was derived from employment records and records of dust measurements performed during the operation of the asbestos mine and mill between 1943 and 1966. Based on fibre counts, exposure for former residents was determined using duration of residence and period of residence (before and after a new mill was commissioned in 1957) and interpolation from periodic hygienic measures undertaken from personal monitors between 1966 and 1992. Cox proportional hazards modelling was used to relate benign pleural disease, asbestosis, asbestos exposure, and mesothelioma. RESULTS: Between 1990 and 2002, there were 76 cases of mesothelioma (56 of the pleura and 20 of the peritoneum). Cases had more radiographic evidence of (all) benign pleural disease, pleural thickening, blunt/obliterated costophrenic angle, and asbestosis than non-cases. Adjusting for time since first exposure (log years), cumulative exposure (log f/ml-years), and age at the start of the programme, pleural thickening (OR = 3.1, 95% CI 1.2 to 7.6) and asbestosis (OR = 3.3, 95% CI 1.3 to 8.6) were associated with an increased risk of peritoneal CAPITOLO II | 51 (Browne and Smither97, 1983; Leigh et al., 1991)98. Il meccanismo di insorgenza è stato recentemente approfondito in uno studio di BundersonSchelvan et al., che hanno messo in evidenza il ruolo dello stress ossidativo99. 2.9.3 Conclusioni in ordine al mesotelioma. In Italia muoiono circa 1200 persone all’anno per mesotelioma, distribuite maggiormente nelle aree dove in passato si è utilizzato l’amianto. Data l’elevata latenza nella genesi della patologia, nonostante la riduzione delle esposizioni, non si prevede una diminuzione di nuove mesothelioma. There was no increased risk for pleural mesothelioma. CONCLUSION: The presence of benign pleural disease, in particular pleural thickening, and asbestosis appears to increase the risk of mesothelioma of the peritoneum, but not of the pleura beyond that attributable to indices of asbestos exposure in this cohort of subjects exposed to crocidolite”. 97 Browne K, Smither WJ. ASBESTOS RELATED MESOTHELIOMA: FACTORS DISCRIMINATING BETWEEN PLEURAL AND PERITONEAL SITES. Br. J. Ind. Med. 1983; 40:145–152. Abstract: “Up to the end of 1980, 144 confirmed cases of mesothelioma were identified among employees of an organisation using asbestos in manufacturing and insulation. The primary site was peritoneal in 74 cases, pleural in 66, and undetermined in four. All employees had been exposed to amphiboleasbestos, and evidence from different factories confirmed the predominant role of crocidolite in the production of mesothelioma. The ratio of pleural to peritoneal sites showed a continuous change when related to the year of first exposure, varying from 5:1 pleural to peritoneal before 1921 to 1:3 after 1950. The strong temporal relationship appeared to reflect progressive dust suppression, including the non-fibrous dusts present in insulation materials and perhaps also the degree to which the fibres had been opened. Other predisposing factors were related to the degree of individual exposure, the peritoneal site being associated preferentially with longer and heavier exposures”. 98 Leigh J, Rogers AJ, Ferguson DA, et al. LUNG ASBESTOS FIBER CONTENT AND MESOTHELIOMA CELL TYPE, SITE, AND SURVIVAL. Cancer. 1991; 68: 135–141. Abstract: “All ascertainable cases of malignant mesothelioma in Australia were notified to a national surveillance program in the period January 1, 1980 to December 31, 1985. There were 854 cases obtained and 823 confirmed on clinical (77) or histologic (746) ground. Tumor site was known in 759 cases (685 pleural and 74 peritoneal). Lung fiber content analyses by light microscopy and analytic transmission electron microscopy with energy-dispersive x-ray analysis were done on 226 cases in which postmortem material was available, using the method of Rogers. Cell type was determined by a five-member expert panel of pathologists appointed by the Royal College of Pathologists of Australasia. There was a statistically significant trend between lung fiber content (fibers/g dry lung) and cell type from epithelial (low fiber content) through mixed to sarcomatous (high fiber content). This trend was most apparent for total uncoated fibers (chi-square = 6.8, df = 1, P less than 0.01) and crocidolite (chisquare = 6.7, df = 1, P less than 0.01). Lung fiber content also was associated with tumor site; higher lung fiber content being associated with peritoneal tumors. This relationship was significant for all fiber content measures except chrysotile and was independent of the fiber content-cell type relationship (log-linear analysis). Survivalfrom time of provisional diagnosis was significantly longer for epithelial (mean, 13 months; standard deviation [SD], 12.8) and mixed (mean, 10.2 months; SD, 8.7) types than sarcomatous cell types (mean, 5.8 months; SD, 6.5; P less than 0.0001, by analysis of variance on log10 survival time).Survival time was significantly greater for pleural tumors (mean, 11.4 months; SD, 13.4) than peritoneal tumors (mean, 8.6 months; SD, 12.5) (P less than 0.005, by Student's t test on log10 survival time)”. 99 Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. NONPULMONARY OUTCOMES OF ASBESTOS EXPOSURE. J Toxicol Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52. Abstract: “The adverse pulmonary effects of asbestos are well accepted in scientific circles. However, the extrapulmonary consequences of asbestos exposure are not as clearly defined. In this review the potential for asbestos to produce diseases of the peritoneum, immune, gastrointestinal (GIT), and reproductive systems are explored as evidenced in published, peer-reviewed literature. Several hundred epidemiological, in vivo, and in vitro publications analyzing the extrapulmonary effects of asbestos were used as sources to arrive at the conclusions and to establish areas needing further study. In order to be considered, each study had to monitor extrapulmonary outcomes following exposure to asbestos. The literature supports a strong association between asbestos exposure and peritoneal neoplasms. Correlations between asbestos exposure and immune-related disease are less conclusive; nevertheless, it was concluded from the combined autoimmune studies that there is a possibility for a higher-than-expected risk of systemic autoimmune disease among asbestos-exposed populations. In general, the GIT effects of asbestos exposure appear to be minimal, with the most likely outcome being development of stomach cancer. However, IARC recently concluded the evidence to support asbestos-induced stomach cancer to be "limited." The strongest evidence for reproductive disease due to asbestos is in regard to ovarian cancer. Unfortunately, effects on fertility and the developing fetus are under-studied. The possibility of other asbestos-induced health effects does exist. These include brain-related tumors, blood disorders due to the mutagenic and hemolytic properties of asbestos, and peritoneal fibrosis. It is clear from the literature that the adverse properties of asbestos are not confined to the pulmonary system. 52 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO insorgenze sino al 2030, mentre non si conoscono ancora gli effetti delle basse esposizioni ad amianto negli ambienti di vita e di lavoro, prese in considerazione solo di recente. A tale proposito, la IARC non ha espresso valori-limite per questi agenti cancerogeni, e tra i nuovi esposti risultano attualmente i ferrovieri, gli scoibentatori, gli edili, i manutentori, i meccanici, i verniciatori etc.100 Per quanto riguarda il mesotelioma, sono sufficienti basse dosi innescanti e brevi periodi di esposizione ad amianto, che possono verificarsi non solo negli ambienti di lavoro ma anche in quelli di vita. Non sono segnalati, in questo caso, meccanismi sinergici con il fumo di tabacco; vengono invece indicati come possibili cause di mesoteliomi anche le radiazioni ionizzanti. L’incidenza del mesotelioma è messa in relazione all’entità dell’esposizione per durata e per intensità, crescente con la terza o quarta potenza del tempo dalla prima esposizione, e a parità di condizioni si assegna un peso maggiore a quella più remota (Berry G, Reid A, Aboagye-Sarfo P, et al. dal titolo ‘Malignant mesotheliomas in former miners and millers of crocidolite at Wittenoom (Western Australia) after more than 50 years follow-up’101), ed in ultimo il Prof. Luciano Mutti, in una pubblicazione del 20 luglio 2012 sul sito www.osservatorioamianto.com, nella pagina del Dipartimento Ricerca e Cura del Mesotelioma, di cui lo scienziato è Direttore, risultano tracciati gli elementi e i dati relativi alle ultime e più autorevoli risultanze scientifiche, in base alle quali si può affermare che la teoria della trigger dose è assolutamente non scientificamente fondata: “La singola fibra killer non esiste: il concetto di dose cumulativa Ovviamente, ogniqualvolta ci si riferisce, sia in condizioni sperimentali che nell' esposizione reale cui i soggetti sono esposti, a “basse/intermedie concentrazioni”, non si intende “una singola fibra” sulla cui capacità di indurre cancro non esiste alcuna evidenza scientifica. Al contrario sia nei modelli animali che negli studi epidemiologici la trasformazione neoplastica è chiaramente dose dipendente mentre nei nostri modelli sperimentali che utilizzano in vitro cellule mesoteliali umane normali, la trasformazione richiede sempre una certa quantità di fibre seppur in concentrazione non elevata Più in dettaglio questa chiarissima evidenza è basata sui seguenti dati ampiamente condivisi da tutta la comunità scientifica internazionale più coinvolta nella ricerca e nel trattamento dei tumori da amianto: 1) Epidemiologia: le linee guida europee pubblicate dalla European Respiratory Society e dalla European Society of Thoracic Surgeons (di cui lo scrivente è co-autore) a pag 481 (colonna a sx) parlano solo di dosi cumulative anche se non è possibile stabilire quale sia la dose cumulativa sufficiente Tale affermazione è basata su evidenze dalla letteratura internazionale citata nel documento finale pubblicato sull European Respiratory Journal nel 2010 e frutto di due “consensus 100 M.Huncharek, CHANGING RISK GROUPS FOR MALIGNANT MESOTHELIOMA, Cancer 69:2704-2711, 1992. Berry G, Reid A, Aboagye-Sarfo P, et al. MALIGNANT MESOTHELIOMAS IN FORMER MINERS AND MILLERS OF CROCIDOLITE AT WITTENOOM (WESTERN AUSTRALIA) AFTER MORE THAN 50 YEARS FOLLOW- UP. Br J Cancer. 2012; 106: 1016-20. Abstract: “BACKGROUND: To report the number of malignant pleural and peritoneal mesotheliomas that have occurred in former Wittenoom crocidolite workers to the end of 2008, to compare this with earlier predictions, and to relate the mesothelioma rate to amount of exposure. METHODS: A group of 6489 men and 419 women who had worked for the company operating the former Wittenoom crocidolite mine and mill at some time between 1943 and 1966 have been followed up throughout Australia and Italy to the end of 2008. RESULTS: The cumulative number of mesotheliomas up to 2008 was 316 in men (268 pleural, 48 peritoneal) and 13 (all pleural) in women. There had been 302 deaths with mesothelioma in men and 13 in women, which was almost 10% of all known deaths. Mesothelioma rate, both pleural and peritoneal, increased with time since first exposure and appeared to reach a plateau after about 40 to 50 years. The mesothelioma rate increased with amount of exposure and the peritoneal mesotheliomas occurred preferentially in the highest exposure group, 37% compared with 15% overall. CONCLUSION: By the end of 2008, the number of mesothelioma deaths had reached 4.7% for all the male workers and 3.1% for the females. Over the past 8 years the numbers were higher than expected. It is predicted that about another 60 to 70 deaths with mesothelioma may occur in men by 2020”. 101 CAPITOLO II | 53 meetings” tenuti a Lille e Berlino cui hanno partecipato 20 esperti internazionali Rispetto al tipo di esposizione, vi è ampio consenso, infine, che l’ esposizione ambientale protratta sia caratterizzata, semmai, dalla tendenza ad un più lungo periodo di cancerogenesi neessario per il raggiungimento di una sufficiente dose cumulativa Chemoprevention of asbestos-linked cancers: a systematic review. Neri M, Ugolini D, Boccia S, Canessa PA, Cesario A, Leoncini G, Mutti L, Bonassi S. Anticancer Res. 2012 Mar;32(3):1005-13. Da tale considerazione deriva la conseguenza logica che mentre basse concentrazioni di fibre in grado di indurre trasformazione neoplastica (come quelle ambientali), necessitano di un tempo di latenza più lungo, concentrazioni cancerogene intermedie (come quelle di molte esposizioni lavorative) esposizione lavorativa necessitano di un tempo di latenza più breve 2) Evidenze di Biologia cellulare e molecolare. Il nostro gruppo ha pubblicato un lavoro sulla prestigiosa rivista ( Cancer Res) nel 2005 dove si dimostra che è necessaria una certa concentrazione di fibre (non una) che rimane in sito e trasforma progressivamente le cellule mesoteliali normali (Fig 1) C) La singola cellula trasformata che induce il Mesotelioma non esiste. Evidenze scientifiche che ampiamente dimostrano la necessità dell’ esistenza di numerose cellule trasformate e di esposizione prolungata ad un cancerogeno 1) Esiste un significativo grado di inattivazione enzimatica della tossicità delle fibre nonchè un significativo grado di eliminazione per via linfatica ma, soprattutto, le cellule mesoteliali sono attaccabili dal sistema immunitario ed una sola cellula trasformata (comunque non da una sola fibra) è impossibile che dia cancro da sola . E’ evidente che è essenziale un' esposizione sufficiente e protratta per un sufficiente periodo di tempo al fine di ottenere un critico numero di cellule trasformate che non possono più essere controllate dal sistema immunitario Questo concetto di singola cellula trasformata è assolutamente anacronistico rispetto alle conoscenze nell’ era a moderna della ricerca biomolecolare e dell’ immunità tumorale In particolare le cellule mesoteliali trasformate e quelle di mesotelioma sono caratterizzate da una sorprendente capacità di indurre una risposta immunitaria efficace da rendere il concetto della genesi del mesotelioma come quello di un cancro sviluppatosi da una singola cellula assolutamente lontano dalle evidenze scientifiche disponibili Expression and regulation of B7-H3 immunoregulatory receptor, in human mesothelial and mesothelioma cells: immunotherapeutic implications. Calabrò L, Sigalotti L, Fonsatti E, Bertocci E, Di Giacomo AM, Danielli R, Cutaia O, Colizzi F, Covre A, Mutti L, Natali PG, Maio M. J Cell Physiol. 2011 Oct;226(10):2595-600. doi: 10.1002/jcp.22600. Cancer testis antigens expression in mesothelioma: role of DNA methylation and bioimmunotherapeutic implications. Sigalotti L, Coral S, Altomonte M, Natali L, Gaudino G, Cacciotti P, Libener R, Colizzi F, Vianale G, Martini F, Tognon M, Jungbluth Britiish J cancer, 2001 Primary human mesothelioma cells express class II MHC, ICAM-1 and B7-2 and can present recall antigens to autologous blood lymphocytes. Mutti L, Valle MT, Balbi B, Orengo AM, Lazzaro A, Alciato P, Gatti E, Betta PG, Pozzi E. Int J Cancer. 1998 Dec 9;78(6):740-9. 2) Esistono forti evidenze che alcuni tumori umani vedano il loro inizio dalla trasformazione di un numero sufficiente di cellule staminali tissutali normali (cancer stem cells hypothesis.) E’ stato infatti dimostrato che un cancerogeno deve alterare ripetutamente nel tempo le cellule staminali normali di un tessuto per trasformarle in cancer stem cells. Quindi sono neessarierie ripetute esposizioni critiche che trasformano molte cellule staminali normali in “cancer stem cells” 54 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO E' anche facilmente desumibile da queste evidenze come la persistenza di un cancerogeno e la rinnovata esposizione delle “cancer stem cells” a concentarzioni basse/intermedie alle fibre di amianto (come da esposizione esogena protratta di origine ambientale o lavorativa) induca la trasformazione di un maggior nunmero di xcellule staminali normali e, in ultima analisi, porti ad uyna maggiore aggressività della lesione neoplapstica, “alimentata” da un maggior numero di “cancer stem cells” Noi abbiamo identificato queste “cancer stem cells” nel mesotelioma In vitro and in vivo characterization of highly purified human mesothelioma derived cells.Melotti A, Daga A, Marubbi D, Zunino A, Mutti L, Corte G. BMC Cancer. 2010 Feb 22;10:54”. Per cui lo studioso trae le seguenti conclusioni: “Risulta del tutto evidente quindi, anche alla luce di tutte queste evidenze epidemiologiche e sperimentali (ampiamente condivise dalla comunità scientifica internazionale degli esperti), che a) l’ ipotesi che una singola fibra killer che trasformi una singola cellula normale in cellula tumorale e che quest’ ultima sia la causa del tumore è assolutamente infondata ed, in ultima analisi, totalmente inaccettabile b) concentrazioni basse/ intermedie sono le più pericolose in senso cancerogene e determinano tempi di latenza più brevi e meno brevi (rispettivamente) dall' inizio dell'esposizione alla comparsa clinica del tumore c) al contrario, risulta chiaro uno scenario in cui una prolungata esposizione a basse concentrazioni di amianto sia il meccanismo che, quando raggiunge la dose cumulativa sufficiente, causa la progressiva trasformazione di un numero critico di cellule normali mesoteliali in cellule tumorali di Mesotelioma e ad alla progressione della malattia d) più alto è il numero di cellule staminali tissutali che si trasformano in “cancer stem cells” a causa della protratta, rinnovata esposizione a concentrazioni basse intermedie di fibra, più probabile è la maggiore aggressività biologica della neoplasia”. Queste tesi scientifiche hanno trovato successivo autorevole riscontro con la Sentenza della Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, n. 33311 del 27.08.2012. 2.10 Le patologie autoimmunitarie. L’insorgenza dell’artrite reumatoide, del lupus, della sclerosi sistemica, della periaortite e della fibrosi retro peritoneale sono state associate all’esposizione alle fibre di amianto. Olsson et al., in uno studio (Occupations and exposures in the work environment as determinants for rheumatoid arthritis, pubblicato presso Occup Environ Med nel 2004)102 e Noonan 102 Olsson AR, Skogh T, Axelson O, Wingren G., OCCUPATIONS AND EXPOSURES IN THE WORK ENVIRONMENT AS Occup Environ Med. 2004; 61: 233–238. Abstract: “BACKGROUND AND AIMS: Several occupational categories have been associated with rheumatoid arthritis (RA); this study was conducted to further evaluate these associations. METHODS: Lifelong occupational history together with exposure experiences were collected through a postal questionnaire answered by 293 incident cases and 1346 population based referents. Occupational determinants were evaluated through stratified and multivariate analyses; pooled analyses with previously gathered data on 422 prevalent cases and 858 referents were also performed. RESULTS: In both materials, significantly increased logistic odds ratios (LORs) were seen for male conductors, freight and transport workers (LOR 17.8, 95% CI 1.5 to 207.8 and LOR 4.7, 95% CI 1.4 to 16.3, respectively), and farmers and farm workers (LOR 2.4, 95% CI 1.1 to 5.2, and LOR 2.2, 95% CI 1.3 to 3.5, respectively). Among women, increased LORs were seen in the separate and the pooled material for printmakers and process engravers (LOR 5.5, 95% CI 0.9 to 32.6, and LOR 3.0, 95% CI 0.9 to 10.3, respectively). Increased risks were seen in both materials for men exposed to asbestos (LOR 2.5, 95% CI 1.0 to 6.8, and LOR 1.6, 95% CI 0.8 to 3.3, respectively), and vibrations (LOR 2.0, 95% CI 0.9 to 4.4, and LOR 2.2, 95% CI 1.3 to 3.8, respectively). The risk for RA increased with increasing duration of exposure to vibrations and mineral dust, respectively. CONCLUSIONS: There was evidence of a causal relation between exposures to vibrations DETERMINANTS FOR RHEUMATOID ARTHRITIS. CAPITOLO II | 55 et al., in uno studio (Nested case control study of autoimmune disease in an asbestos-exposed population. Environ Health Perspect. 2006)103, hanno approfondito il ruolo dell’amianto per l’insorgenza dell’artrite reumatoide, così Gold LS, Ward MH, Dosemeci M, De Roos AJ104 per quanto riguarda il lupus e la sclerosi sistemica, mentre invece Van Bommel et al105 e Uibu et al.106 and mineral dust and development of RA among men. Occupational factors seem to be aetiologically more important for men, and most occupations at risk involve multiple exposures. Several exposuresassociated with an increased risk for RA are frequent among farmers, and some of the occupations at risk include exposure to organic dust”. 103 Noonan CW, Pfau JC, Larson TC, Spence MR., NESTED CASE CONTROL STUDY OF AUTOIMMUNE DISEASE IN AN ASBESTOS-EXPOSED POPULATION. Environ Health Perspect. 2006; 114: 1243–1247. Abstract: “OBJECTIVE: To explore the potential association between asbestos exposure and risk of autoimmune disease, we conducted a casecontrol studyamong a cohort of 7,307 current and former residents of Libby, Montana, a community with historical occupational and environmental exposure to asbestos-contaminated vermiculite. METHODS: Cases were defined as those who reported having one of three systemic autoimmune diseases (SAIDs): systemic lupus erythematosus, scleroderma, or rheumatoid arthritis (RA). Controls were randomly selected at a 3:1 ratio from among the remaining 6,813 screening participants using frequency-matched age and sex groupings. RESULTS: The odds ratios (ORs) and 95% confidence intervals (CIs) for SAIDs among those >or=65 years of age who had worked for the vermiculite mining company were 2.14 (95% CI, 0.90-5.10) for all SAIDs and 3.23 (95% CI, 1.31-7.96) for RA. In this age group, exposure to asbestos while in the military was also an independent risk factor, resulting in a tripling in risk. Other measures of occupational exposure to vermiculite indicated 54% and 65% increased risk for SAIDs and RA, respectively. Those who had reported frequent contact with vermiculite through various exposure pathways also demonstrated elevated risk for SAIDs and RA. We found increasing risk estimates for SAIDs with increasing numbers of reported vermiculite exposure pathways (p<0.001). CONCLUSION: These preliminary findings support the hypothesis that asbestos exposure is associated with autoimmune disease. Refined measurements of asbestos exposure and SAID status among this cohort will help to further clarify the relationship between these variables”. 104 Gold LS, Ward MH, Dosemeci M, De Roos AJ., SYSTEMIC AUTOIMMUNE DISEASE MORTALITY AND OCCUPATIONAL EXPOSURES. Arthritis Rheum. 2007; 56: 3189–3201. Abstract: “OBJECTIVE: To generate hypotheses regarding occupational exposures that may cause systemic autoimmune diseases. METHODS: Based on examination of US death certificates, we identified deaths in 26 states for which a cause was listed as rheumatoid arthritis (RA) (n = 36,178), systemic lupus erythematosus (SLE) (n = 7,241), systemic sclerosis (n = 5,642), or other systemic autoimmune disease (n = 4,270). Odds ratios (ORs) and 95% confidence intervals (95% CIs) were calculated to estimate associations between occupation and death from any systemic autoimmune disease, and from RA, SLE, and systemic sclerosis, specifically. Additionally, we estimated risks associated with occupational exposures, which were assigned using jobexposure matrices. RESULTS: A broad array of occupations was associated with death from systemic autoimmune diseases, including several of a priori interest. Farming occupation was associated with death from any systemic autoimmune disease (OR 1.3 [95% CI 1.2-1.4]), and increased risk was also seen with occupational exposure to animals and pesticides. Several industrial occupations were associated with death from any systemic autoimmune disease, including mining machine operators (OR 1.3 [95% CI 1.1-1.5]), miscellaneous textile machine operators (OR 1.2 [95% CI 1.0-1.4]), and hand painting, coating, and decorating occupations (OR 1.8 [95% CI 1.0-2.9]). These occupations were also significantly associated with death from the specific autoimmune diseases examined. Certain occupations entailing exposure to the public, such as teachers, were associated with systemic autoimmune disease-related death, whereas others, such as waiters and waitresses, were not. CONCLUSION: Our results suggest that death from systemic autoimmune diseases may be associated with occupational exposures encountered in farming and industry. The hypotheses generated in this study provide leads for future research on determinants of these diseases”. 105 Van Bommel EF, Jansen I, Hendriksz TR, Aarnoudse AL., IDIOPATHIC RETROPERITONEAL FIBROSIS: PROSPECTIVE EVALUATION OF INCIDENCE AND CLINICORADIOLOGIC PRESENTATION. Medicine (Baltimore). 2009; 88: 193–201. Abstract: “Retroperitoneal fibrosis (RPF) is a rare disorder of unknown etiology. Its incidence is unknown, and the insidious and nonspecific nature of symptoms may contribute to considerable diagnostic delay. We conducted the current study to assess the incidence and clinicoradiologic characteristics of idiopathic RPF. For this, we evaluated prospectively 53 consecutive patients with a diagnosis of idiopathic RPF at our tertiary care referral center from April 1998 through January 2008.Calculated annual incidence of RPF was 1.3/100,000 inhabitants. Mean age was 64 +/- 11.1 (SD) yr; male-female ratio was 3.3:1.0. Median duration of symptoms was 6.0 mo (IQR 3.0-12.0). Abdominal, flank, and/or back pain and discomfort were the major symptoms, with visual analogue scale scores of 49 +/- 27.2 mm and 43 +/- 29.4 mm for pain and discomfort, respectively. Female patients had higher erythrocyte sedimentation rate (ESR), higher white blood cell count, and lower hemoglobin content than male patients at presentation. Computed tomographydocumented maximal mass thickness amounted to 35 +/- 16.6 mm; craniocaudal length amounted to 137 +/- 48.8 mm. RPF mass extension up to or above the level of the renal vessels was noted in 3 patients (6%). Six patients (11%) presented with atypical RPF localization and/or bulky mass. Localized lymphadenopathy adjacent to the RPF mass was observed frequently (25%). Patients with hydronephrosis (56%) presented earlier than patients without hydronephrosis, with higher creatinine and greater mass thickness but similar pain severity. Patients were typically at high cardiovascular risk with increased-often aneurysmal-infrarenal aortic diameter (25.0 mm, IQR 22.0-30.0). RPF mass 56 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO hanno evidenziato il ruolo dell’esposizione ad amianto per quanto riguarda l’insorgenza della periaortite e della fibrosi peritoneale. La presenza di autoanticorpi anche in assenza di manifestazione patologica dimostra l’attivazione di meccanismi autoimmunitari, come confermano le alterazioni di specifici parametri umorali come gli anticorpi anti-nucleo (Pernis et al., 1965107; Pfau et. al., 2005108), il fattore reumatoide (Pernis et al., 1965; Lange et al., 1974109), e l’incremento dei livelli sierici di immunoglobine di tipo G e A (Bunderson-Schelvan et al., 2012110). distribution was similar in patients with or without aneurysmal dilation. Occupational asbestos exposure (20%) and asbestos-related pleural changes (17%) were frequent among males. Previous or concurrent chronic inflammatory disease and/or autoimmune disease was noted in 8 patients (15%). Multivariate analysis revealed an independent association of ESR values with severity of pain and discomfort. Smoking was independently associated with infrarenal aortic diameter.In summary, annual RPF incidence is higher than previously assumed. Age at diagnosis and malefemale ratio seem to have changed over time. RPF typically affects patients at high cardiovascular risk, including increased aortic diameter. Clinical presentation is influenced by sex, severity of inflammation and presence of hydronephrosis. Prolonged asbestos exposure and asbestos-related pleural changes were frequent among males. Localized lymphadenopathy adjacent to the RPF mass occurs frequently and should not confuse RPF diagnosis”. 106 Uibu T, Oksa P, Auvinen A, et al., ASBESTOS EXPOSURE AS A RISK FACTOR FOR RETROPERITONEAL FIBROSIS. Lancet. 2004; 363: 1422–1426. Abstract: “BACKGROUND: Retroperitoneal fibrosis (RPF) is an uncommon disease with unknown causation in most cases. The pathognomonic finding is a fibrous mass covering the abdominal aorta and the ureters. Our aim was to clarify the possible role of asbestos exposure in the development of RPF. The hypothesis was based on the ability of asbestos to cause fibrosis in pulmonary and pleural tissue. METHODS: We undertook a casecontrol study of 43 patients with the disease (86% of eligible cases) treated in three university hospital districts of Finland in 1990-2001. For every patient, five population-based controls were selected, matched by age, sex, and central hospital district. We assessed asbestos exposure and medical history using a postal questionnaire and a personal interview. Of the 215 eligible controls, 179 (83%) participated in the study. FINDINGS: The age-standardised incidence of RPF was 0.10 (95% CI 0.07-0.14) per 100?000 person-years. The disease was strongly associated with asbestos exposure. The odds ratio (OR) was 5.54 (1.64-18.65) for less than 10 fibre-years of asbestos exposure and 8.84 (2.03-38.50) for 10 or more fibre-years, the attributable fraction being 82% and 89%, respectively. Other risk factors were previous use of ergot derivates (OR 9.92 [1.63-60.26]), abdominal aortic aneurysm (OR 6.73 [0.81-56.08]), and smoking for more than 20 pack-years (OR 4.73 [1.28-17.41]). INTERPRETATION: Our results show that occupational asbestos exposure is an important causal factor for RPF. For patients with work-related asbestos exposure, RPF should be considered an occupational disease”. 107 Pernis B, Vigliani EC, Selikoff IJ., RHEUMATOID FACTOR IN SERUM OF INDIVIDUALS EXPOSED TO ASBESTOS. Ann NY Acad Sci. 1965; 132: 112–120. 108 Pfau JC, Blake DJ, Fritzler MJ. AUTOANTIBODY PROFILES OF AN ASBESTOSEXPOSED POPULATION. In Autoimmunity: Role, regulation and disorders. 2009; pp. 245–268: NOVA Science 109 Lange A, Smolik R, Zatonski W, Szymanska J. AUTOANTIBODIES AND SERUM IMMUNOGLOBULIN LEVELS IN ASBESTOS WORKERS. Int Arch Arbeitsmed. 1974; 32: 313–325. 110 Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. NONPULMONARY OUTCOMES OF ASBESTOS EXPOSURE. J Toxicol Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52. Abstract: “The adverse pulmonary effects of asbestos are well accepted in scientific circles. However, the extrapulmonary consequences of asbestos exposureare not as clearly defined. In this review the potential for asbestos to produce diseases of the peritoneum, immune, gastrointestinal (GIT), and reproductive systems are explored as evidenced in published, peer-reviewed literature. Several hundred epidemiological, in vivo, and in vitro publications analyzing the extrapulmonary effects of asbestos were used as sources to arrive at the conclusions and to establish areas needing further study. In order to be considered, each study had to monitor extrapulmonary outcomes following exposure to asbestos. The literature supports a strong association between asbestos exposure and peritoneal neoplasms. Correlations between asbestos exposure and immune-related disease are less conclusive; nevertheless, it was concluded from the combined autoimmune studies that there is a possibility for a higher-than-expected risk of systemic autoimmune disease among asbestos-exposed populations. In general, the GIT effects of asbestos exposure appear to be minimal, with the most likely outcome being development of stomach cancer. However, IARC recently concluded the evidence to support asbestos-induced stomach cancer to be "limited." The strongest evidence for reproductive disease due to asbestos is in regard to ovarian cancer. Unfortunately, effects on fertility and the developing fetus are under-studied. The possibility of other asbestos-induced health effects does exist. These include brain-related tumors, blood disorders due to the mutagenic and hemolytic properties of asbestos, and peritoneal fibrosis. It is clear from the literature that the adverse properties of asbestos are not confined to the pulmonary system”. CAPITOLO II | 57 2.11 Tumore al pancreas ed amianto. In ordine al nesso causale tra esposizione ad amianto e pancreas, è indispensabile prima di tutto richiamare le indagini epidemiologiche di coorte iniziato da Selikoff111 nel 1967 sui coibentatori di cantieri U.S.A. e canadesi. La dimensione della coorte era di oltre 18.000 lavoratori eseguita per 20 anni, con una prima elaborazione nel 1977, dopo dieci anni, e la seconda nel 1986, dopo 20 anni, e che aveva evidenziato un aumento di incidenza nella prima valutazione, mentre nella seconda è emersa una incidenza statisticamente significativa. La conferma dell’aumento significativo di tumori al pancreas in seguito ad esposizione ad amianto, fatta emergere dallo studio del Prof. Selikoff, risiede nella presenza di una forte esposizione ad amianto, con una conseguente migrazione di fibre dagli organi della cavità toracica a quelli della cavità addominale e l’aumento significativo e generalizzato dei carcinomi anche in altri organi viscerali addominali, quali il colon-retto, la cistifellea e le vie biliari. Sarebbe necessario uno studio istopatologico dei reperti dei tessuti ed organi addominali, con il metodo illustrato dal Prof. Gordon, al quale prima si è fatto riferimento, per rilevare la presenza di fibre di amianto, come estremo chiarimento del nesso causale. 2.12 Le neoplasie dell’apparato gastrointestinale. La presenza di amianto nelle tubature degli acquedotti contamina l’acqua potabile con fibre di crisotilo, che vengono ingerite, oppure inalate, in quanto gli usi antropici determinano evaporazione e quindi dispersione delle fibre negli ambienti domestici. Gli effetti sono legati alla tipologia e durata di esposizione (Bunderson-Schelvan et al., 112 2011 ), così come per quanto abbiamo già evidenziato in ordine al mesotelioma e dagli studi di Kanarek et al., 1980113, Andersen et al., 1993114 e poi di Kjaerheim et al., 2005115 emerge che quello 111 Selikoff I.J., Seidman H. ASBESTOS - ASSOCIATED DEATHS AMONG INSULATION WORKERS IN THE STATES AND CANADA. In Landrigan P, Kazemi H (Eds) “The third wave of asbestos disease: exposure to asbestos in place”. Annals NY Academy Sciences 1991; 643; 1 - 14. 112 Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. Nonpulmonary outcomes of asbestos exposure. J Toxicol Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52. 113 Kanarek MS, Conforti PM, Jackson LA, et al. ASBESTOS IN DRINKING WATER AND CANCER INCIDENCE IN THE SAN FRANCISCO BAY AREA. Am J Epidemiol. 1980; 112: 54–72. Abstract: “Age-adjusted, sex- and race-specific 1969-1971 cancer incidence ratios for the 722 census tracts of the San Francisco-Oakland Standard Metropolitan Statistical Area were compared with measured chysotile asbestos counts in tract drinking waters. The water supplies serving the area have varying contact with naturally occurring serpentine. The t test for multiple regression coefficients and the t test for correlation coefficients showed significant (p less than 0.01) relationships between chrysotile asbestos content of tract drinking water and white male lung, white female gall bladder and pancreas, and peritoneal cancers in both sexes. Of weaker significance (0.01 less than or equal to 0.05) were female esophagus, pleura and kidney, as well as stomach cancers in both sexes. These associations appeared to be independent of income, education, asbestos occupation, marital status, country of origin and mobility”. 114 Andersen A, Glattre E, Johansen BV. INCIDENCE OF CANCER AMONG LIGHTHOUSE KEEPERS EXPOSED TO ASBESTOS IN DRINKING WATER. Am J Epidemiol. 1993; 138: 682–687. Abstract: “The study population comprises 690 Norwegian male lighthouse keepers whose water supply came from cisterns that received rain water off asbestos-cement-tiled roofs. The asbestos-cement tiles were installed in the late 1950s, and two decades later the fiber content in the tap water was analyzed. The fiber content ranged from 1,760 to 71,350 million fibers per liter, which is significantly higher than measured in any other Norwegian public water supply. During the follow-up period, 1960-1991, no statistically significant excess risk was found for any type of cancer in the group with a latency period of 20 years or more, except for stomach cancer (11 observed cases vs. 4.57 expected, standardized incidence ratio = 241, 95% confidence interval 120-431). No cases of malignant mesothelioma were found. The study is limited by lack of knowledge as to when the tiles began to deteriorate and, thus, the magnitude of total exposure as well as by the inability to control for such potential confounding factors as diet”. 115 Kjaerheim K, Ulvestad B, Martinsen JI, Andersen A., CANCER OF THE GASTROINTESTINAL TRACT AND EXPOSURE TO ASBESTOS IN DRINKING WATER AMONG LIGHTHOUSE KEEPERS (NORWAY). Cancer Causes Control. 2005; 16: 593–598. Abstract: “OBJECTIVE: Previous studies of predominantly ecological design have indicated a possible elevation of gastrointestinal cancer risk in population groups exposed to drinking water contaminated with asbestos from natural 58 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO più frequente è quello dello stomaco, come pure è causato dall’amianto il tumore del colon (Germani et al., 1999116; Kjaerheim et al., 2005) e dell’esofago (Kang et al., 1997117). Altri hanno negato il nesso di causalità, e tuttavia queste apparenti contraddizioni possono essere facilmente spiegate tenendo conto dell’intensità dell’esposizione e della differente composizione mineralogica delle fibre, come evidenzia anche il Prof. Giancarlo Ugazio 118, il quale evidenzia come ‘a una ricerca esclusivamente epidemiologica non guasterebbe se fosse corroborata dal rilevamento di dati sperimentali aggiuntivi sul carico di fibre di asbesto … mediante le tecniche diagnostiche non invasive di Y. Omura (2006) oppure con le determinazioni quantitative, … descritte dal gruppo di ricerca di R.E. Gordon’. Sui tumori gastrointestinali e sulla loro natura di patologie asbesto correlate, si era già pronunciato Irving Selikoff, con lo studio ‘Epidemiology of gastrointestinal cancer’119, che ha sources or asbestos-cement containing water pipes. In the present study the possible effect of ingested asbestos fibers on gastrointestinal cancer risk was investigated in an occupational group where a proportion of the employees was exposed to asbestos in their drinking water. METHOD: A cohort of 726 lighthouse keepers first employed between 1917 and 1967 were followed up for cancer incidence from 1960 to 2002. The standardized incidence ratio (SIR) was calculated as the number of new cancer cases divided by the expected number based on five-year age and sex specific incidence rates in the general rural population of Norway. A 95% confidence interval (CI) was calculated for all SIR values assuming a Poisson distribution of the cancer cases. RESULTS: Risk of stomach cancer was elevated in the whole cohort (SIR: 1.6, CI: 1.0-2.3), in the subgroup with definite asbestos exposure (SIR: 2.5, CI: 0.9-5.5), and when the group was followed for 20 years and more after first possible exposure (SIR: 1.7, CI: 1.1-2.7). Less consistent results were found for colon cancer; SIR was 1.5 (CI: 0.9-2.2) overall, 0.8 (CI: 0.1-2.9) among the exposed, and 1.6 (CI: 1.0-2.5) twenty years and more after first possible exposure. CONCLUSION: The results support the hypothesis of an association between ingested asbestos and gastrointestinal cancer risk in general and stomach cancer risk specifically”. 116 Germani D, Belli S, Bruno C, Grignoli et al., COHORT MORTALITY STUDY OF WOMEN COMPENSATED FOR ASBESTOSIS IN ITALY. Am J Ind Med. 1999; 36: 129–134. Abstract: “BACKGROUND: The carcinogenic effect of asbestos is accepted for lung cancer and mesothelioma, while conflicting opinions exist for other cancer sites. The aim of the present investigation is to study cause-specific mortality of women compensated for asbestosis who had certainly been exposed to high levels of asbestos fibers. METHODS: The cause-specific mortality of all Italian women compensated for asbestosis and alive December 31, 1979, was investigated through October 30, 1997. In the total cohort, which included 631 subjects, 277 deaths occurred. Cause-specific SMRs (Standardized Mortality Ratio) were computed using the national rates for comparison. RESULTS: A significantly increased mortality for all diseases related to asbestos exposure was observed. Mortality for all causes, all neoplasms, lung cancer, uterine cancer, ovarian cancer, and nonneoplastic respiratory diseases was significantly increased. Separate analyses for textile (n = 276) and asbestos-cement (n = 278) workers were performed. Women employed in the textile industry, mainly exposed to chrysotile, who are compensated at a younger age, showed higher SMRs for lung cancer and asbestosis. Women in the asbestos-cement industry, mainly exposed to crocidolite containing asbestos mixtures, experienced higher mortality for pleural malignancies. CONCLUSIONS: The role of asbestos exposure in the development of gastrointestinal and genital neoplasms is discussed”. 117 Kang SK, Burnett CA, Freund E, et al., GASTROINTESTINAL CANCER MORTALITY OF WORKERS IN OCCUPATIONS WITH HIGH ASBESTOS EXPOSURES. Am J Ind Med. 1997; 31: 713–718. Abstract: “Asbestos, which is a well-known risk factor for lung cancer and malignant mesothelioma, has also been suggested as a gastrointestinal (GI) carcinogen. This study was conducted to assess the relationship between high asbestos exposure occupations and the occurrence of G1 cancer. Death certificate data were analyzed from 4,943,566 decedents with information on occupation and industry from 28 states from 1979 through 1990. Elevated proportionate mortality ratios (PMRs) for mesothelioma were used to identify occupations potentially having many workers exposed to asbestos. All PMRs were age-adjusted and sex- and racespecific. The PMRs for GI cancers in white males were then calculated for these occupations after excluding mesothelioma, lung cancer, and non-malignant respiratory disease from all deaths. We identified 15,524 cases of GIcancer in the 12 occupations with elevated PMRs for mesothelioma. When these occupations were combined, the PMRs for esophageal, gastric, and colorectal cancer were significantly elevated at 108 (95% confidence interval = 107110), 110 (106-113), and 109 (107-110), respectively. Esophagealcancer was elevated in sheet metal workers and mechanical workers. Gastric cancer was elevated in supervisors in production and managers. Colorectal cancer was elevated in mechanical and electrical and electronic engineers. However, high exposure occupations like insulation, construction painter supervisors, plumbers, furnace operators, and construction electricians showed no elevations of GI cancers. In conclusion, this death certificate study supports an association between asbestos exposure and some GI cancer, however the magnitude of this effect is very small”. 118 Giancarlo Ugazio, ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI. Aracne Editore, luglio 2012. 119 Irving J. Selikoff, EPIDEMIOLOGY OF GASTROINTESTINAL CANCER, in Environmental Health Perspectives, Vol. 9, pp. 299-305, 1974. CAPITOLO II | 59 trovato autorevole e definitivo riscontro nelle conclusioni dello IARC120: “There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have been observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and colorectum”. 2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo. Già nel 1982, Wignall and Fox e Acheson et al., e poi Newhouse et al. nel 1985 e nel 2009 Reid et al., avevano affermato il nesso causale tra questa neoplasia e l’esposizione all’amianto. In Italia è stato dimostrato un incremento di casi di tumore ovarico in donne indennizzate per asbestosi (Germani et al., 1999) impiegate nel settore tessile dell’asbesto (Pira et al., 2005) e nella produzione del cemento (Magnani et al., 2008), oltre che nel settore tipografico. Marina Musti, Tommaso Massaro, Domenica Cavone, Armando Pinca, Gabriella Martina, Maria Antonietta Grimaldi, Antonio Baldassarre, Gabriella Serio e Leonardo Resta del Dipartimento Medicina Interna e Medicina Pubblica Sezione Medicina Lavoro Ramazzini Università Bari e Dipartimento Anatomia Patologica Università Bari, hanno pubblicato uno studio avente ad oggetto ‘Esposizione ad amianto e rischio di insorgenza di mesotelioma primitivo dell’ovaio’, dal quale si evince che ‘una meta-analisi del 1999 sulla mortalità di donne impiegate in un’industria tipografica russa ha evidenziato 13 decessi per carcinoma ovarico’ e precisamente: “12 donne erano addette alla rilegatura dei testi ed esposte a talco contaminato da amianto (21). Un eccesso di tumori ovarici rispetto agli attesi è stato riscontrato in diversi studi condotti su soggetti occupati in fabbriche di cemento-amianto. Nel 2000 Attanoos e Gibbs analizzano 7 casi di tumore primitivo delle gonadi maschili e femminili. Quattro di questi sono tumori primitivi dell’ovaio, dei quali tre mesoteliomi. Tra questi ultimi per due pazienti è stata accertata l’esposizione ad amianto”. Uno studio caso-controllo (Langseth 2007) condotto su lavoratrici di una industria tipografica in Novergia ha evidenziato la presenza di fibre di amianto all’interno di frammenti di tessuto ovarico sano in due dei casi (46 donne affette da cancro ovarico) ed in nessuno dei controlli a sostegno dell’ormai condivisa opinione di diversi autori sul passaggio delle fibre attraverso le vie genitali fino all’ovaio. Nel sito www.asbesto.com, in ordine alle macchine rotative, che si utilizzano nel settore poligrafico, evidenzia la presenza di amianto ed una alta incidenza di mesoteliomi tra i lavoratori del settore121. 120 IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010. Riguardo le macchine rotative, che rientrano nel campo delle macchine operative, sarà opportuno consultare l’articolo tratto dal sito: www.asbestos.com: “Machine Operatives - Mesothelioma Risks Machine operatives were exposed to asbestos in a variety of ways. Machine operative is a general term used for anyone who operates machinery. Asbestos, because it was commonly used as as insulator, was often found in various types of machinery, and in fact, was one of the most widely used products of the industrial age. The insulating abilities of asbestos made it the perfect material to line brakes, cables and other parts of the inner workings of machinery. …....….. Unfortunately, the clothing and gloves often caused machine operatives to be exposed to asbestos when the protective gear became worn or torn. When this occurred, microscopic asbestos fibers were released into the air, where they could be inhaled or ingested by machine operatives”. Il quale evidenzia come per le macchine operative fosse diffuso l’impiego di materiali a consumo in MCA, che usurandosi liberavano continuamente fibre, e l’impiego di DPI in MCA, quali guanti e grembiuli, che anch’essi liberavano fibre. 121 60 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Fibre di asbesto sono state trovate nel tessuto ovarico di donne esposte (Heller et al., 1996122; 1999123; Langseth et al., 2007). Heller D.S., Gordon R.E., Westhoff C., Gerber S., ‘Asbestos exposure and ovarian fiber burden (Esposizione ad asbesto e carico di fibre nell’ovaio)’, Am J Ind Med. 29, 435-439, 1996, hanno evidenziato124: “Epidemiologic studies suggest increased risk of epithelial ovarian cancer in female asbestos workers and increased risk of malignancy in general in household contacts of asbestos workers. Ovaries were studied from 13 women with household contact with men with documented asbestos exposureand from 17 women undergoing incidental oophorectomy. Ovarian tissue was examined by analytic electron microscopy. Significant asbestos fiberburdens were detected in 9 out of 13 women with household asbestos exposure (69.2%), and in 6 out of 17 women who gave no exposure history (35%). Three exposed women had asbestos counts over 1 million fibers per gram wet weight (23%), but only 1/17 women without an exposure history had a count that high (6%). Although asbestos has been documented as a contaminant of some older cosmetic talc preparations, the chrysotile and crocidolite types of asbestos we detected are more indicative of background and/or occupational exposure. This study demonstrates that asbestoscan reach the ovary. Although the number of subjects is small, asbestos appears to be present in ovarian tissue more frequently and in higher amounts in women with a documentable exposure history”. Ed ancora Heller D.S., Gordon R.E., Katz N., ‘Correlation of asbestos fiber burdens in fallopian tubes and ovarian tissue (Correlazione tra il conteggio delle fibre d’asbesto nelle tube di Falloppio e quello del tessuto ovarico)’, Am J Obstet Gynecol. 18, 346-347, 1999125: “Evidence suggests an increased risk of ovarian cancer with asbestos exposure. Ovaries and corresponding fallopian tubes were studied by analytic electron microscopy. There was 71.4% agreement between tube and ovary for presence-type of asbestos. The fallopian tube can provide useful information regarding asbestos exposure when no ovarian tissue is available”. 122 Heller DS, Gordon RE, Westhoff C, Gerber S. ASBESTOS EXPOSURE AND OVARIAN FIBER BURDEN. Am J Ind Med. 1996; 29: 435–439. 123 Heller DS, Gordon RE, Katz N. CORRELATION OF ASBESTOS FIBER BURDENS IN FALLOPIAN TUBES AND OVARIAN TISSUE. Am J Obstet Gynecol. 1999; 181: 346–347. 124 Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 58. Sintesi: “Ricerche epidemiologiche suggeriscono un aumento del rischio di cancro ovarico in donne lavoratrici nel campo dell’asbesto e un incremento di malignità generale nei contatti domiciliari con lavoratori dell’asbesto. Furono studiate le ovaie di 13 donne in contatto domiciliare con uomini certamente esposti ad asbesto e di 167 donne sottoposte occasionalmente ad ooforectomia. Il tessuto ovarico fu esaminato mediante microscopia elettronica analitica. Furono osservate rilevanti concentrazione di fibre d’asbesto in 9 delle 13 donne con esposizione domiciliare ad asbesto (69,2%), e in 6 delle 17 donne che non presentavano una storia anamnestica di esposizione (35%). Tre delle donne esposte presentavano conteggi di fibrille superiori ad un milione di fibre per grammo di peso umido (23%), ma solo 1/17 donne senza una storia anamnestica di esposizione aveva un conteggio altrettanto elevato (6%). Sebbene sia stato dimostrato che l’asbesto è un contaminante di vecchie preparazioni cosmetiche di talco, le specie molecolari dell’asbesto, crisotilo e crocidolite, che noi abbiamo trovato sono indicative di un’esposizione di base od occupazionale. Questa ricerca dimostra che l’asbesto può raggiungere l’ovaio. Sebbene il numero dei soggetti sia piccolo, l’asbesto sembra presente nel tessuto ovarico più frequentemente in elevate concentrazioni nelle donne con una storia anamnestica positiva per l’esposizione”. 125 Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 58. Sintesi: “L’evidenza suggerisce che l’esposizione ad asbesto aumenta il rischio di contrarre il cancro dell’ovaio. Le ovaie e le corrispondenti tube di Falloppio furono studiate con microscopia elettronica analitica. Ci fu una concordanza al 71,4% tra le tube e le ovaie per la concentrazione e la tipizzazione molecolare delle fibre d’asbesto. La tuba di Falloppio può fornire informazioni utili a proposito dell’esposizione ad asbesto quando non sia disponibile tessuto ovarico”. CAPITOLO II | 61 Haque AK, prima con Mancuso MG, Williams MG, Dodson RF, del Dipartimento di Patologia dell’Università del Texas Medical Branch, Galveston, con la pubblicazione del 1992, ‘Asbestos in organs and placenta of five stillborn infants suggests transplacental transfer’126; poi con Vrazel DM, Burau KD, Cooper SP, Downs T. con la pubblicazione dal titolo ‘Is there transplacental transfer of asbestos? A study of 40 stillborn infants’127, e ancora con Vrazel DM e con Uchida T., con la pubblicazione dal titolo ‘Assessment of asbestos burden in the placenta and tissue digests of stillborn infants in South Texas’128, ha dimostrato che le fibre di amianto 126 Haque AK, Mancuso MG, Williams MG, Dodson RF. ASBESTOS IN ORGANS AND PLACENTA OF FIVE STILLBORN Environ. Res. 1992; 58: 163–175. Abstract: “Digests of lungs, liver, and placenta from five stillborn infants of 22 to 38 weeks gestational age were examined for asbestos and other fibers using light and electron microscopy, energy dispersive X-ray analysis, and selected area diffraction analysis. Uncoated chrysotile asbestos fibers were found in the digests of at least one of the three tissues examined from each stillborn infant. The asbestos fiber burdens ranged from 71,000 to 357,000 fibers/g wet tissue. Most of the fibers were small, with the mean length ranging from 0.83 to 2.53 microns. While appreciable numbers of uncoated chrysotile fibers were present, no coated asbestos fibers were found in any of the stillborns. Both coated and uncoated nonasbestos fibers were found in at least one of the tissue digests of all five stillborns. The uncoated nonasbestos fibers were characterized as aluminum silicates, diatomaceous earth fragments, or other fibers. The coated nonasbestos fibers or ferruginous bodies were consistent with being formed on diatomaceous earth fragments, black carbon cores, or sheet silicate cores. Since the placenta is the only route of communication between the fetus and the outside environment, our findings strongly suggest a transplacental transfer of asbestos and other fibers in humans”. 127 Haque AK, Vrazel DM, Burau KD, et al. IS THERE TRANSPLACENTAL TRANSFER OF ASBESTOS? A STUDY OF 40 STILLBORN INFANTS. Pediatr. Pathol Lab Med. 1996; 16:877–892. Abstract: “An autopsy study was conducted to investigate whether there is transplacental transfer of asbestos in humans. The asbestos burden of lung, liver, skeletal muscle, and placenta digests of 40 stillborn infants was determined using a bleach digestion method. The fibers detected in the tissue digests were characterized as to the type of asbestos, using electron microscopy, energy-dispersive x-ray analysis, and selected-area diffraction analysis. Placental digests of 45 full-term, liveborn infants were similarly processed as controls. Low levels of small, thin, uncoated asbestos fibers were detected in the placentas and organs of 37.5% of the stillborn infants (15 of 40). The fiber sizes ranged from 0.05 to 5.0 microns in length and 0.03 to 0.3 micron in width, with a mean length of 1.15 microns and a mean width of 0.069 micron. Maximum numbers of fibers were found in the lungs (mean 235,400 fibers/g; n = 10), followed by liver (mean 212,833 fibers/g; n = 6), placenta (mean 164,500 fibers/g; n = 4), and skeletal muscle (80,000 fibers/g; n = 1). The fibers were detected at all stages of gestation and showed no association with gestational age. A significant association was found between fiber presence and working mothers, and positive but nonsignificant associations were found with maternal history of drug abuse, previous abortions, and fetal maceration. No association was found between premature rupture of membranes and fiber presence. No fibers were detected in the 45 placentas of the liveborn control infants. There was a highly significant difference in the asbestos fiber counts of the placentas of the stillborn and liveborn infants (P < .001). Our studies demonstrate the presence of short and thin asbestos fibers in stillborn infants and their positive association with working mothers”. 128 Haque AK, Vrazel DM, Uchida T. ASSESSMENT OF ASBESTOS BURDEN IN THE PLACENTA AND TISSUE DIGESTS OF STILLBORN INFANTS IN SOUTH TEXAS Arch Environ Contam Toxicol. 1998; 35: 532–538. Abstract: “The primary aim of this prospective study was to examine the tissues and placentas of autopsied stillborn infants for presence of asbestos fibers.Asbestos burden of lung, liver, skeletal muscle, and placenta digests of 82 stillborn infants was determined using standard bleach digestion technique. The digests were examined by electron microscopy, and the types of fibers determined using energy dispersive x-ray analysis and selected area diffraction analysis. Digests of 45 placentas collected from deliveries of liveborn healthy infants were processed and examined similarly as controls. Asbestos fibers were detected in 50% of the fetal digests and 23% of the placental digests of stillborn infants. Of the fibers present, 88% were chrysotile, 10% were tremolite, and 2% were actinolite and anthophyllite. Fibers measured 0.5-16.73 microgram in length (mean 1.55 microgram), and 0.03-0.8 microgram in width (mean 0.098 microgram). Lungs were most frequently positive for fibers (50%), followed by muscle (37%), placenta (23%), and liver (23%). Mean fiber counts were highest in the liver (58,736 f/g), followed by placenta (52,894 f/g), lungs (39,341 f/g), and skeletal muscle (31,733 f/g). Digests of 15% of the control placentas also showed asbestos fibers, although in very small numbers. The mean fiber count of the stillborn placentas (52,894 f/g) was significantly higher than the mean fiber count of the control placentas (mean 19 f/g) (p = 0.001). A highly significant association was found between fiber presence in stillborns and a maternal history of previous abortions (p = 0.007). A significant association was also found between fiber presence and placental diseases (p = 0.041). An association was suggested between working mothers and fiber presence (p = 0.19), although it did not reach statistical significance. The study documents the presence of small and thin asbestos fibers in stillborn fetal tissues and placenta. Significantly higher number of fibers were found in stillborn tissues compared to controls (liveborn placenta). The absence of a maternal history of asbestos-related occupations suggests that the fibers may have been acquired through environmental exposure”. INFANTS SUGGESTS TRANSPLACENTAL TRANSFER. 62 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO attraversano la placenta e determinano una esposizione prenatale del nascituro, associate a un possibile incremento della mortalità fetale (Tsurikova et al., 1992129) e la comparsa di mesotelioma nell’infanzia (Wassermann et al., 1980130). Quindi si può concludere che il tumore dell’ovaio deve essere associato all’esposizione all’amianto, come pure confermato da Straif et al. 131 e dalle conclusioni dello IARC132: “There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have been observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and colorectum. For cancer of the colorectum, the Working Group was evenly divided as to whether the evidence was strong enough to warrant classification as sufficient”. 2.14 I tumori della faringe e laringe. Una relazione positiva è stata riscontrata tra l’esposizione ad asbesto e tumore della faringe sulla base dei risultati di una serie di studi di coorte condotti su popolazioni esposte professionalmente all’amianto (Selikoff & Seidman, 1991; Sluis-Cremer et al., 1992; Reid et al., 2004; Pira et al., 2005). Nel rapporto Eurogip (2006) si evidenzia come il tumore alla laringe sia stato riconosciuto come asbesto correlato in 237 casi in Germania per il periodo dal 1997 al 2012, 15 casi in Danimarca per il periodo dal 1991 al 2003, altri 11 casi in Francia dal 1994 al 2002, e in Italia soltanto tre casi nel 2002, mentre per quanto riguarda il tumore alla faringe, soltanto due casi in Francia dal 1994 al 2002. Nelle conclusioni IARC133: “There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary…”. 2.15 Tumori dell’apparato urogenitale (rene e prostata). Nel 1995 sono state ritrovate fibre di asbesto nei tumori uroteliali e nella parete vescicale sana (‘Concentrazione di fibre di asbesto nei tumori uroteliali e nella parete vescicale esente da neoplasia’134). Già nel 2004, Morando Soffritti sosteneva che “Oltre al mesotelioma, l’amianto determina un aumento dell’incidenza di altri tumori, in particolare di quelli del polmone, della laringe, dell’esofago, del colon-retto, e del rene”. 129 Tsurikova GV, Spitsyn VA, Gladkova EV, Minaeva OP. BIODEMOGRAPHIC PARAMETERS AS INDICATORS OF GENETIC ADAPTATION TO HARMFUL OCCUPATIONAL FACTORS (E.G., ASBESTOS). Gig Tr Prof Zabol. 1992; 6: 28–30. 130 Wassermann M, Wassermann D, Steinitz R, et al. Mesothelioma in children. IARC Sci Publ. 1980; 30: 253–257. Straif K, Benbrahim-Tallaa L, Baan R, et al. A REVIEW OF HUMAN CARCINOGENS—PART C: METALS, ARSENIC, DUSTS, AND FIBRES. Lancet Oncol. 2009; 10: 453–454. 132 IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010. Sintesi dell’autore: “Vi è una sufficiente evidenza della cancerogenicità per l'uomo di tutte le forme di amianto (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite e antofillite). L'amianto provoca il mesotelioma e il cancro del polmone, della laringe e dell'ovaio. Anche associazioni positive sono state osservate tra l'esposizione a tutte le forme di amianto e tumore della faringe, stomaco, colon-retto e. Per il cancro del colon-retto, il Gruppo di lavoro è stato equamente diviso sul fatto che la prova era abbastanza forte da giustificare la classificazione come sufficiente”. 133 IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010. 134 L.Pollice, G.M.Ferri, L.Paoletti, & al., CONCENTRAZIONE DI FIBRE DI ASBESTO NEI TUMORI UROTELIALI E NELLA PARETE VESCICALE ESENTE DA NEOPLASIA, Med.Lav. 17:11-15, 1995. 131 CAPITOLO II | 63 Il Tribunale di Velletri, Sezione Lavoro, con Sentenza 2471 del 12.07.2012, ha accolto la domanda di un lavoratore affetto da carcinoma uroteliale ed esposto ad amianto, al quale l’INAIL non aveva voluto riconoscere la natura professionale della patologia, nonostante gli fossero state già riconosciute in seguito ad una Sentenza del Tribunale di Roma le maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, L. 257/92 con accertamento giudiziale di esposizione qualificata ed ultradecennale. L’INAIL è stata condannata all’indennizzo del danno biologico e del danno patrimoniale: nella motivazione si fa riferimento alla pregressa ed accertata esposizione ad amianto, e al fatto che possono essere dichiarate tali (e cioè asbesto correlate in relazione ad esposizione professionale ad asbesto), non solo le classiche patologie inserite nelle tabelle. 2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici. In due pazienti con asbestosi e in uno con mesotelioma pleurico susseguente ad un mieloma iniziale, sono stati rinvenuti tre diversi tumori maligni della linea cellulare B, leucemia linfocitaria cronica, mieloma ad immunoglobulina A [IgA], e mieloma ad immunoglobulina G [IgG]. Carenze di immunità cellulomediata e iperattività della funzione delle cellule B, sono state osservate in precedenza in pazienti affetti da asbestosi. Kagan E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J. e Nachnani G.H.135 ritengono che queste alterazioni immunitarie siano asbesto correlate e possono predisporre allo sviluppo di tumori maligni di tipo immunoproliferativo e linfoproliferativo, giacchè questi tumori sono stati rinvenuti in un più ampio numero di situazioni cliniche di iperattività del sistema immune. Successivamente gli stessi Kagan E. e Jacobson R.J., hanno pubblicato ‘Lymphoid and plasma cell malignancies: asbestos-related disorders of long latency (Tumori maligni di cellule linfoidi e di plasmacellule: disturbi correlate all’asbesto con una lunga latenza)’136 in Am. J. Clin Pathol 80, 14-20, 1983, attraverso il quale si dimostra come 13 lavoratori esposti all’amianto fossero affetti da neoplasie linfoplasmacitarie, dei quali 6 con leucemia cronica linfocitaria, 4 con mieloma IgG, 2 con mieloma IgA, e 1 con linfoma istiocitario. Il periodi di latenza variava tra i 16 e i 41 anni e l’affezione polmonare asbesto correlata era evidente in 12 soggetti e i mesoteliomi maligni della pleura coesistevano con i mielomi IgG in due soggetti, tanto da poter escludere una correlazione fortuita. Questo studio conferma ancora una volta come l’asbesto sia cancerogeno per il sistema linfoide e suggerisce di verificare la pregressa esposizione all’amianto in pazienti che presentino neoplasie linfoproliferative. Contestualmente Waxweiler R., Robinson C.137, hanno pubblicato ‘Asbestos and nonHodgkin’s lymphoma (Asbesto e linfoma non-Hodgkin)’, con il quale si evidenzia come nel periodo che va dal 1959 al 1962 vi erano tra i richiedenti una indennità per la disabilità un crescente numero di pazienti affetti da linfoma e leucemia che avevano svolto attività di ingegnere meccanico e carpentiere, e come tra la causa di decesso per uomini nel 1950 ci fossero molti più tumori maligni dei tessuti linfopoietici e ematopoietici. Nello studio di Battista G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D., Paredes I., dal titolo ‘Mortality due to asbestos-related causes among railway carriage construction 135 Kagan E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J., Nachnani G.H., ASBESTOS-ASSOCIATED NEOPLASMS OF B CELL LINEAGE (NEOPLASIE ASBESTO-CORRELATE DELLA LINEA CELLULARE), B. Am J Med 67, 325-330,1979. 136 Kagan E. e Jacobson R.J., LYMPHOID AND PLASMA CELL MALIGNANCIES: ASBESTOS-RELATED DISORDERS OF LONG LATENCY (TUMORI MALIGNI DI CELLULE LINFOIDI E DI PLASMACELLULE: DISTURBI CORRELATE ALL’ ASBESTO CON UNA LUNGA LATENZA), Am J Clin Pathol 80, 14-20, 1983. 137 Waxweiler R., Robinson C., ASBESTOS AND NON-HODGKIN’S LYMPHOMA (ASBESTO E LINFOMA NON-HODGKIN), Lancet. I(8317), 189-190, 1983. 64 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO and repair workers (Mortalità dovuta a cause correlate all’asbesto tra i lavoratori della costruzione di vetture ferroviarie e della loro riparazione)’138, hanno messo in evidenza un incremento del mieloma multiplo, anche se non ritenevano definitivamente dimostrato il nesso causale con l’esposizione all’amianto. Becker N., Berger J., Bolm-Audorff U., in ‘Asbestos exposure and malignant lymphomas A review of the epidemiological literature (Esposizione ad asbesto e linfomi maligni – Una rassegna della letteratura epidemiologica)’, pubblicato su Int. Arch. Occup. Environ. Health139, hanno messo in evidenza come ci sono stati numerosi casi di linfomi tra coloro che sono stati esposti all’amianto. Nella ricerca questi studiosi hanno distinto tra linfoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica e il plasmocitoma/mieloma multiplo e anche se il rapporto causale non poteva essere confermato, tuttavia un incremento dei casi tra coloro che erano stati esposti all’amianto, lascia supporre un aumento del rischio, con conseguente necessità di maggiori approfondimenti. In ultimo Seidler A., Becker N., Nieters A., Arhelger R., Mester B., Rossnagel K., Deeg E., Elsner G., Melis M., Sesler S., Avataneo G., Meloni M., Cocco P.140, con scopo di analizzare la relazione tra l’esposizione all’asbesto e il linfoma maligno con una ricerca multicentrica eseguita in Germania e in Italia, secondo un comune protocollo fondamentale, hanno fatto emergere come per un totale di 1.173 individui, mediante un colloquio e anamnesi occupazionale, con questionari aggiuntivi dedicati alle specifiche mansioni di lavoro e valutazione dell’esposizione all’asbesto, si giunge al risultato che non sarebbe risultata alcuna associazione statisticamente significativa tra l’esposizione cumulativa all’asbesto e il rischio di qualunque sottotipo di linfoma. Un rischio elevato fu rinvenuto per l’associazione tra l’esposizione a più di 2,6 fibre per anno e il mieloma multiplo. Il Prof. Giancarlo Ugazio ha spiegato la divergenza delle conclusioni di Seidler et al., con quelle degli altri studi eseguiti dal 1979 al 2001, con il fatto che all’esame epidemiologico non sono stati aggiunti dati sperimentali ‘…sul carico di fibre d’asbesto dei tessuti emolinfopoietici implicati nell’affezione tumorale nei casi , o quelli indenni nei controlli, mediante le tecniche diagnostiche non invasive di Y. Omura (2006) (…) oppure con le determinazioni quantitative, con la speciazione molecolare, descritte dal gruppo di ricerca di R. E. Gordon, su entrambe le popolazioni osservate nello studio caso/controllo’141. 138 Battista G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D., Paredes I., MORTALITY DUE TO ASBESTOSRELATED CAUSES AMONG RAILWAY CARRIAGE CONSTRUCTION AND REPAIR WORKERS (MORTALITÀ DOVUTA A CAUSE CORRELATE ALL’ ASBESTO TRA I LAVORATORI DELLA COSTRUZIONE DI VETTURE FERROVIARIE E DELLA LORO RIPARAZIONE), Occup Med (Lond). 49, 536-539, 1999. 139 Becker N., Berger J., Bolm-Audorff U., ASBESTOS EXPOSURE AND MALIGNANT LYMPHOMAS A REVIEW OF THE EPIDEMIOLOGICAL LITERATURE (ESPOSIZIONE AD ASBESTO E LINFOMI MALIGNI – UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA EPIDEMIOLOGICA), Int. Arch. Occup. Environ. Health. 74, 459-469, 2001. 140 Seidler A., Becker N., Nieters A., Arhelger R., Mester B., Rossnagel K., Deeg E., Elsner G., Melis M., Sesler S., Avataneo G., Meloni M., Cocco P., ASBESTOS EXPOSURE AND MALIGNANT LYMPHOMA: A MULTICENTER CASE-CONTROL STUDY IN GERMANY AND ITALY (ESPOSIZIONE ALL’ ASBESTO E LINFOMA MALIGNO: RICERCA MULTICENTRICA CASOCONTROLLO ESEGUITA IN GERMANIA E IN ITALIA), Int Arch Occup Environ Health. 83, 563-570, 2010. 141 Ugazio Giancarlo, ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI, DOMANI , VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Aracne, luglio 2012. Capitolo III L’amianto nella storia fino agli albori del XX secolo SOMMARIO: 3.1 L’etimologia. 3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico. 3.3 Gli albori della Medicina del Lavoro. 3.4 Il Medioevo. 3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale. 3.6 La nascita della moderna Medicina del Lavoro: l’emersione delle patologie polmonari causate dalle polveri e della necessità della prevenzione. 3.7 La Rivoluzione Industriale. 3.8 La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo. 3.9 Lo studio delle pneumoconiosi e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo. 3.1 L’etimologia. Il termine amianto, utilizzato prevalentemente in Italia e in Francia, dal greco ’αμίαντος142, significa puro o immacolato (’α privativa e μιαίντω = incontaminabile, puro, incorruttibile); ed è sinonimo di asbesto, dal greco ’άσβεστος143 (’α privativa e σβέννυμι) che è utilizzato prevalentemente nel mondo anglosassone, in Germania ed in Russia, e può essere tradotto anche come inestinguibile, incessante e perpetuo, ed identifica perfettamente le caratteristiche fisicochimiche del minerale. Nella lingua greca entrambi i termini venivano utilizzati come aggettivi: per es. ’άλς ’αμίαντος si traduce con mare incontaminato e πύρ ’άσβεστος come fuoco inestinguibile, così nel linguaggio tecnico-scientifico identifica quei minerali che hanno queste particolari caratteristiche e così ’αμίαντος λίθος si traduce con pietra incorruttibile e dunque, nella lingua italiana, con amianto. Già Erodoto144 (484-430 a.C.), citò amianto facendo riferimento al figlio di Licurgo da Trapezunte d’Arcadia: ’Αμίαντος Λυκούργου ’Αρκάς ’εκ Τραπεζούντος, anche se non si può escludere145 che egli potesse far riferimento anche al minerale146. Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, 23-79 d.C.), nel suo ‘Naturalis Historia’ sostituì '’άσβεστος con ’άσβεστινον, per indicare il lino incorruttibile purificato dal fuoco, che traduceva in ‘materiale non corruttibile’ e ‘lino vivo’, per affermarne l’origine vegetale dal deserto e dal sole dell’India e l’utilizzazione per realizzare mantelli dei re e delle persone influenti, e venivano utilizzati anche per avvolgere i cadaveri durante la cremazione nelle cerimonie funebri, per evitare la contaminazione delle ceneri. Nella lingua latina147 i termini ‘αμίαντος e ‘άσβεστος furono tradotti con amiantus, i, m., e asbestinum, i, n. e asbestos, i, f., e usati indifferentemente come sinonimi, e nella lingua italiana148, il termine asbesto fu utilizzato per la prima volta nel 1327 da Cecco d’Ascoli149 e quello di amianto in uno scritto del 1546-47 da M. A. Montignano150, nella traduzione in volgare delle opere di 142 H. Stephano, THESAURUS GRAECAE LINGUAE, vol. I, Parigi 1831-1856 - Rocci L., Vocabolario greco-italiano, Dante Alighieri Ed., 38° edizione, Roma 1995 - Montanari F., Vocabolario della lingua greca, Loescher Ed., Torino 1995. 143 Daremberg et Saglio, DICTIONNAIRE DES ANTIQUITES GRECQUES ET ROMAINES, Hachette Ed., Paris 1873. 144 Hèrodote (1948), HISTOIRES, VI, 127, Les belles lettres Ed., Paris. 145 J.E.Powell, A LEXICON TO HERODOTUS, II edizione, G.Olms Ed., Hildesheim 1960. 146 Paulys-Wissowa, REAL-ENCYCLOPÄDIE DER CLASSISCHEN ALTERTUMSWISSENSCHAFT, Metzlerscher Ed. Stuttgart 1894. 147 F. Calonghi, DIZIONARIO LATINO-ITALIANO, III edizione, Rosenberg&Sellier, Torino, 1962. 148 M. Cortelazzo, P. Zolli, DIZIONARIO ETIMOLOGICO DELLA LINGUA ITALIANA, 1/A-C, Zanichelli, Bologna 1979. 149 DIZIONARIO BOMPIANI DEGLI AUTORI, v.I A-C, Bompiani Ed., Milano 1987. 150 C. Battisti, G. Alessio, DIZIONARIO ETIMOLOGICO ITALIANO, Barbera G. Ed., Firenze 1951. 66 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Pedanio Dioscoride, ed è riapparso nel linguaggio commerciale della seconda metà del XIX secolo. 3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico. Ricerche archeologiche eseguite fin dagli anni Trenta del secolo scorso presso il lago Juojärvi hanno portato alla luce reperti che dimostrano come gli artigiani scandinavi, e poi quelli russi, utilizzassero i minerali di amianto, principalmente antofillite, per realizzare un impasto con terracotta e paglia che con la cottura permetteva di realizzare utensili da cucina e pentole, che perciò stesso erano più resistenti, al fuoco e al calore. Oltre ad Erodoto151, che vi aveva fatto riferimento per indicare ‘Amiante di Licurgo’, il termine amianto venne utilizzato per indicare quei minerali che avevano trovato largo utilizzo in tutto il Peloponneso e le isole del Mediterraneo, da Cipro152, dove il minerale veniva impiegato per la manifattura dei teli utilizzati per la cremazione, per gli stoppini delle lampade, per i cappelli e le scarpe (Pedanio Dioscoride)153, ad Eubea (Evia), nel Mar Egeo154, dove la ‘pietra di Karystos’155 veniva filata e pettinata, fino a realizzarne un tessuto simile alla lana, con il quale creare tovaglie che potevano essere lavate con il fuoco156 e Apollonio Discolo157 nel II secolo d.C. confermava che, con un materiale simile al legno, venivano prodotti anche stoppini indelebili alla fiamma e tessuti impermeabili anche all’acqua. Ancora nel II secolo, Plutarco, filosofo e letterato greco, raccontava di vergini vestali che utilizzavano lampade perpetue per illuminare il fuoco sacro dei templi di Roma, di tovaglioli, reti e cuffie in lino incombustibile di Carpasia, antica città di Cipro provvista di cave di amianto158; anche Pausania, scrittore greco, riferisce che la lampada perpetua del tempio di Minerva Poliade, ad Atene, aveva uno stoppino in lino di Carpasia 159. In Roma, Plinio il Vecchio (erudito latino del I secolo d.C.), nel trattato ‘Naturalis historia’, descriveva l’amianto come ‘lino vivo’ con il quale poter realizzare tessuti, tovaglie, tuniche funebri per i re, e sudari ai quali avvolgere i corpi dei defunti prima della cremazione, e per non mescolarne le ceneri, ed affermò che traesse origine dai monti dell’Arcadia, provincia greca del Peloponneso centrale160 e Anassilao di Larissa, naturalista seguace in Roma delle dottrine pitagoriche, ne aveva esaltato le capacità fonoassorbenti161. Il filosofo greco Teofrasto (ca 372-287 d.C.), discepolo di Aristotele, descrisse l’amianto 151 Come già prima precisato nel primo capitolo, nell’opera “Le Nove Muse”, libro 3, 284, Erodoto aveva indicato con la parola Amianto il nome proprio di persona: “Amiante di Licurgo arcade da Trapezunte”. 152 Le miniere erano localizzate a sud/est del monte Troodos, presso il villaggio denominato “Amianto” di cui tuttavia non abbiamo più traccia. 153 Pedanio Dioscoride, nel suo trattato DE MATERIA MEDICA, del I secolo d.C.: Pedanii Dioscoridis, Mat.Med.V,93, M.Ising, Basilea 1542 “Amiantus lapis in Cypro nascitur, scisso alumini similis: quo utpote flexili, telas uela tantum spectaculi gtatia texunt,sic ignibus iniecta ardent quidem, sed flammis inuicta splendidiora exeunt”. 154 Strabone, RERUM GEOGRAPHICARUM, X,1§6,J.Wolters, Amsterdam 1707 - Strabon, Géographie X,1 §6, Les belles lettres, Paris 1971. 155 L’origine di questa pietra è nelle rocce ofilitiche che affiorano estesamente nella parte centro settentrionale dell’isola. 156 Strabone, geografo e storico - 63/58 - 21/25 a.C., nel suo trattato RERUM GEOGRAPHICARUM. 157 Apollonii Dyscoli, Hist.Comment.36 ,I.Elzevirium , Lione 1620 . 158 Plutarco, De orac.defect., VII,5,Piatti, Firenze 1820. 159 Pausania, Periegesi della Grecia,I,26 §7, Mondadori Ed.,Milano 1982. 160 Gaio Plinio Secondo, Hist.Nat.XXXVII,54 §146, Einaudi Ed., Torino 1988, “Asbestos in Arcadiae montibus nascitur coloris ferrei”… “Inventum iam est etiam quod ignibus non absumeretur. Vivum id vocant, ardentesque in focis convivio rum ex eo vidimus mappas sordi bus exustis splendescentes igni magim quam possent aquis. Ragum inde funebres tunicae carporis favillam ab reliquo separant cinere”. 161 Id., Hist.Nat.XIX,4 §19,Einaudi Ed., Torino 1984 “Anaxilaus auctor est linteo eo circumdatam arborem surdis ictubus et qui non exaudiantur caedi”. CAPITOLO III | 67 come ‘pietra apparentemente somigliante alla lana, sulla quale se viene versato dell’olio, brucia, ma una volta bruciato tutto l’olio, la pietra cessa di bruciare, come se non fosse responsabile del fenomeno’, come ci confermano le Ricette Fiorentine162 (nelle quali viene chiamato ‘allume di piuma’). Alcuni di questi oggetti, sono stati rinvenuti e sono ora custoditi in vari musei, così in quello Archeologico di Napoli sono conservati il lino di Pozzuoli, lenzuolo funerario rinvenuto nel 1633 e il candelabro con stoppino in amianto, ritrovato in una tomba a Vulci, città etrusca presso Viterbo (Fossati, Ann. Hist.Arch., I p 129); e nei Musei Vaticani è esposto il lenzuolo funerario di 1,80 m x 1,60 m, ritrovato in un sarcofago a Roma, vicino a Porta Maggiore nel 1702, del monumento funerario di Eurysaces, ricco fornaio della Roma tardo - repubblicana. 3.3 Gli albori della Medicina del Lavoro. Già nel secondo millennio a.C. nelle miniere d’oro sul Mar Rosso163 e in quelle greche, dove si estraeva l’argento164 e il minio (polvere rossa costituita da una miscela di ossidi di piombo, chiamata dai Greci ‘cinabro’), gli operai si proteggevano dalle polveri utilizzando delle membrane di vesciche, con le quali fasciavano il viso in modo da poterci vedere: “qui minium in officinis poliunt, faciem laxis vesicis inligant, ne in respirando pernicialem pulverem trahant et tamen ut per illas spectent” (Plinio il Vecchio165), ed altri accorgimenti per limitare la dispersione dei vapori che si sprigionavano dalla fusione dei metalli166, perché erano altrettanto dannosi per l’uomo. Prima Ippocrate167 e poi Galeno168, avevano compreso che le polveri cagionavano delle tecnopatie169, e che pertanto per la loro diagnosi e prognosi fosse indispensabile l’anamnesi lavorativa. 3.4 Il Medioevo. Un alone di mistero e magia avvolge l’utilizzo dell’amianto per tutto il corso del Medioevo, e fantasiose leggende vennero alimentate dalle abitudini di Carlo Magno, che per impressionare i suoi ospiti e impaurire i suoi nemici, si avvolgeva con una tovaglia di amianto che non prendeva fuoco; 162 Circa la presenza di amianto sull’isola di Cipro, una testimonianza importante ci viene da Giovanni Mariti, studioso di scienze naturali, nato a Firenze nel 1736, nelle Ricette Fiorentine «Viaggi per l’isola di Cipro e per la Soria e Palestina … dell’anno MDCCLX al MDCCLXVIII, Tomo 1. Nel testo scrive: “… L’istessa difficoltà (la raccolta del minerale era vietata) si trova per la pietra amianto, la di cui cava è presso il villaggio di Paleoandros, della quale, per testimonianza dei diversi Istorici, colle dovute preparazoni facendosene tele, queste poi, per nettarlle si gettano sopra il fuoco e rimangono pulite ed incombuste, e di cui Plinio Libro XXXVI cap XIX ‘Amiantus alumini stmilis nihil igni depredi’, e Dioscoride parlando dell’amainto di Cipro: amiantus Lapis in Cipro nascitur Scilli alumini familis, e quo elaborato ut pote flebili telass pectacula graztia texunt: de ignibus inviete splendidores exeuhnt. (Descoride?) I Mariti poi aggiunge: “… i moderni greci chiamato questa pietra amianto col nome di Caristia, ed altri con quello di pietra di cotone. Altre a detta Pietra, vi si trova molto diaspro rosso, agata…”» 163 C.H.V.Sutherland, L’ORO, Mondadori Ed., Milano 1961 ,p 33 . 164 D.M.Metcalf,W.A,Oddy, METALLURGY IN NUMISMATICS,I,p 3-49,R.N.S. Ed.,Londra 1980. 165 Secondo Plinio Gaio (1988), HIST. NAT., XXXIII, 40, Einaudi Ed., Torino, 1988. Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio, riferisce che gli addetti alla lavorazione del minio (polvere rossa costituita da miscela di ossidi di piombo, chiamata dai Greci “cinabro”) si fasciavano il viso con membrane di vesciche allentate, per non assorbire respirando quella polvere nociva e per aver modo tuttavia di guardare attraverso di esse: “qui minium in officinis poliunt, faciem laxis vesicis inligant, ne in respirando pernicialem pulverem trahant et tamen ut per illas spectent”. 166 Id., Hist.Nat.,XXXIV,50 §167 ,Einaudi Ed.,Torino 1988. 167 Medico greco (460-377 a.C.). 168 Medico e filosofo greco (129-200 d.C.). 169 C.Brillante, O.Galeazzi, D.Siviero, SINTESI STORICA DELLE MALATTIE PROFESSIONALI NEL PERIODO EGIZIANO E NEL PERIODO GRECO-ROMANO, Atti del XXXIV Congresso Nazionale di Storia della Medicina del 1989, Messina 1992. 68 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO e dai racconti di Marco Polo170 che in relazione alla utilizzazione di teli di amianto che si pulivano non con l’acqua ma con il fuoco, lo definiva ‘telo di salamandra’171: “Anche vi dico che a Roma hae una di queste tovaglie, che’l Gran Cane mandò per gran presente, perché il sudario del nostro Signore vi fosse messo entro”; e dei cinesi che lo definivano ‘pietra del diavolo’, perché evocavano scenari infernali riconducibili alla sua resistenza alle fiamme. Nel corso del VI secolo il medico naturalista Boezio (480-524 d.C.) ce ne descrive l’uso in unguenti e farmaci miracolosi: “Dall’asbesto si fa spesso un unguento miracoloso per il lattime (crosta lattea - ndr) e per le ulcerazioni delle gambe. Si prendono quattro once di asbesto, due once di piombo, due once di ruta e vengono bruciate, quindi ridotte in polvere vengono macerate in un recipiente di vetro con l’aceto ed ogni giorno, per una volta al giorno per un mese l’impasto viene agitato; dopo un mese si deve far bollire per un’ora e lo si lascia riposare finchè non diventi chiaro: poi si mescola una dose di codesto aceto bianco con una ugual dose di olio di rosa finchè l’unguento sia ben amalgamato: allora si unge tutto il capo del fanciullo per farlo rapidamente guarire: per la scabbia e le vene varicose le parti vengono unte al tramonto finchè non sopravvenga la guarigione. Se questo minerale viene sciolto con acqua e zucchero e se ne somministra una piccola dose al mattino tutti i giorni alla donna quando ha perdite bianche, guarisce subito”. 3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale. Nel Rinascimento, le innovazioni della tecnica e dell’industria metallurgica e mineraria hanno permesso la realizzazione di manufatti anche in amianto, e il fiorire degli scambi e dei commerci ha creato nuova ricchezza, e con essa la classe dei mercanti, che arrivava anche a finanziare alcuni regni172. Nel corso del XVII secolo, l’amianto cominciò ad essere utilizzato anche per alcuni preparati medicinali173, utilizzati per la cura delle ulcere trofiche, della scabbia, della tinea, per la pasta dentaria174, per la produzione di polvere contro la sudorazione dei piedi etc., fino agli anni ’60 del XX secolo, e il dibattito scientifico era animato dalla disquisizione sulla sua natura, perché alcuni ritenevano che fosse un vegetale per il fatto che poteva essere tessuto. In quel periodo, l’amianto si estraeva nelle miniere della regione del Sinkiang Uighur, provincia autonoma nel nord-ovest della Repubblica Popolare Cinese, posta a sud di Kazakistan e Mongolia, che per il fatto che dovessero essere ‘coltivate’ ne confermava la convinzione che nascesse dalla terra, e ne alimentava quell’alone di leggenda175 e ne incuteva timore176, come tutto ciò che avesse origine dal sottosuolo. Nella Russia degli Zar, fin dal 1720, l’amianto veniva estratto e lavorato nella Regione degli Urali centrali, e vi si realizzavano grembiuli, guanti, cappelli, manufatti ed impianti metallurgici, e 170 Nato nel 1254 e deceduto nel 1324 che nel suo “Il Milione” contiene alcune osservazioni molto accurate circa le caratteristiche dell’asbesto, ma al tempo stesso compaiono considerazioni assolutamente fantasiose, tale da non farlo ritenere un testo scientifico. 171 Marco Polo, MILIONE, XLVIII, Einaudi Ed., Torino 1954. 172 F.M.Vanni, IL SEGNO DEI MERCANTI, Nuova Grafica Fiorentina, Firenze 1995. 173 A.Boetii de Boodt, GEMMARUM ET LAPIDUM HISTORIA, Wechelianis Ed., Hanoviae 1609 - F.Micheli (Prof. Medicina R. Università Torino), voce “Boodt”, Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti,vol.VII, Ist.Giovanni Treccani, Roma 1930. 174 M. Masi, A. Corongiu, (2005) - AMIANTO - MANUALE DI BONIFICA- ANALISI DEL RISCHIO METODI DI INTERVENTO. Tipografia del Genio Civile, Roma, 141 pp. 175 Mircea Eliade, ARTI DEL METALLO E ALCHIMIA, Boringhieri,61-8826-5,Torino 1982. 176 Così come sosteneva già Aristotele (filosofo greco, 384-322 a.C.). CAPITOLO III | 69 alcuni campioni, due anni dopo, furono consegnati a Pietro il Grande, e sul finire del secolo Giovanni Aldini dell’Università di Bologna presentò in Francia una tuta protettiva in amianto. Negli Stati Uniti, Beniamino Franklin nel 1752 vendette a sir Hans Sloane una borsa realizzata in stone asbestos, con tessuto di puro crisotilo, che oggi è conservata, con tanto di etichetta ‘tremolite’ nel Museo di Storia Naturale di Londra. Questo periodo storico sul piano socio-culturale fu caratterizzato dal pensiero illuministico e dalla affermazione del rigoroso uso della ragione e dell’autosufficienza del metodo empirico sulla scienza e con l’emersione di concezioni che facevano riferimento alla persona come portatrice di diritti, e dalla Rivoluzione Francesce e quella Industriale, che con l’invenzione del telaio meccanico e della macchina a vapore ha determinato nel periodo che va dal 1760-1780 e il 1830 la trasformazione del sistema produttivo da artigianale a industriale, con una diversa organizzazione del lavoro, che presuppone anche il reclutamento di donne e bambini, assoggettati ad un orario di lavoro fino a 15 ore al giorno, in assenza di qualsiasi misura igienica e in ambienti insalubri. 3.6 La nascita della moderna Medicina del Lavoro: l’emersione delle patologie polmonari causate dalle polveri e della necessità della prevenzione L’amianto era di largo consumo ed utilizzo nelle attività artigianali per tutto il Medioevo, in quanto indispensabile per realizzare i prodotti che venivano posti in commercio, senza che le fonti facciano alcun riferimento all’adozione di misure di prevenzione e protezione dalle fibre. Nel secolo XVI, Georgius Agricola (1494-1555), studioso di lingue antiche, filosofo e medico tedesco, tradusse Galeno ed Ippocrate e studiò i minerali; e nel 1530 pubblicò ‘Bermannus sive de re metallica dialogus’177, con il quale, pur avvalorando le antiche teorie di Aristotele circa una presunta natura vegetale, descrisse le miniere tedesche e le tragiche conseguenze che le polveri avevano sulla salute dei lavoratori, con tecnopatie che corrispondevano alla silicosi e tubercolosi178, che lo avevano portato a segnalare la necessità di ventilare gli ambienti, di adottare sistemi individuali di protezione con maschere antipolvere, con filtro di cotone ed altre misure di prevenzione tecnica. Paracelso (1493-1541), nome italiano del medico-itinerante179 svizzero Aureoli Philippi Theophrasti Bombastus Von Hohenheim, descrisse le patologie polmonari dei minatori del Tirolo, causate dalle polveri, e quindi confermò 180 che i lavoratori si ammalavano di pneumoconiosi fin da epoca antichissima. La definitiva consacrazione e autonomia scientifica della medicina del lavoro si deve al medico modenese Bernardo Ramazzini (1633-1714), che fu il primo ad ispezionare personalmente le officine, e a pubblicare già nel 1700 (e in seconda versione nel 1713), un trattato sistematico sulle tecnopatie181, il ‘De morbis artificium diatriba’, che fu tradotto in quattordici lingue e per tutto il secolo fu il testo fondamentale per lo studio della medicina del lavoro, e nel quale descrisse il ruolo delle polveri per l’insorgenza di numerose patologie e l’importanza dell’anamnesi lavorativa (‘quam artem exerceat’), e nel 1711 l’orazione ‘De contagiosa epidemica.... in boves’182, nella quale affermò per la prima volta in termini scientifici, il fondamentale concetto igienico-preventivo della prevenzione della insorgenza di una malattia che doveva essere perseguito con adeguare 177 G.Agricola, DE L’ARTE DE METALLI, VI,H.Frobenio & N.Episcopio Ed., Basilea 1563, p 189. G.F.Rubino, L.Pettinati, ELEMENTI DI MEDICINA DEL LAVORO, Minerva Medica Ed., Torino 1985, p.6. 179 A.Miotto, PARACELSO, MEDICO E MAGO, Ferro Ed.,Milano 1971. 180 Paracelsi, OPERUM MEDICO-CHIMICORUM SIVE PARADOXORUM V,1, C.M.P. Ed., Francofurto 1603. 181 B.Ramazzini, DE MORBIS ARTIFICUM DIATRIBA,N.I.S. Ed., Roma 1982. 182 B.Ramazzini, OPERA OMNIA, VII, Cramer & Perachon Ed., Genevae 1717. 178 70 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO misure tecniche ed igieniche, piuttosto che sulla sua cura (‘longe praestantius est praeservare quam curare’)183. 3.7 La Rivoluzione Industriale. Con la Rivoluzione Industriale il sistema produttivo ed economico subirono una profonda e irreversibile trasformazione, che ebbe delle ripercussioni anche sullo stato sociale, e sulla salute dei lavoratori e sulla salubrità dell’ambiente, senza alcuna distinzione, in quanto c’era un intreccio irreversibile tra i due ambiti. L’apparizione della fabbrica e delle macchine ha modificato anche i rapporti fra gli individui partecipi della produzione: da un lato, la classe operaia che comincia a percepire un salario quale compenso del proprio lavoro e del tempo dedicato all’attività in fabbrica, indispensabile per trarre i mezzi di sostentamento e permettere un’esistenza libera e dignitosa; dall’altro, il capitalista industriale, l’imprenditore titolare della fabbrica e dei mezzi di produzione, il cui fine è quello di massimizzare il suo profitto. Il meccanismo propulsore e caratterizzante della Rivoluzione Industriale è caratterizzato dalla crescita del PIL, in misura maggiore rispetto all’incremento demografico, come accaduto in Inghilterra, che passa dal +2% al +4% all’anno, rispetto all’aumento demografico annuale, che è del +1% circa, così che la popolazione industriale cresce rispetto ai lavoratori agricoli, con conseguente aumento della produttività, tale da determinare lo sviluppo del commercio e l’accumulo di capitali, anche per effetto delle transazioni, utilizzate per nuovi investimenti industriali. Numerosi processi di trasformazione della proprietà agraria, dovuti all’utilizzo di nuovi strumenti meccanici, imposero l’abbandono della campagna, ed una migrazione di massa di intere famiglie verso la città, con conseguente aumento demografico superiore alla domanda di nuova manodopera e sempre sotto la soglia del PIL, e aumento di forza-lavoro e dunque una maggiore offerta di manodopera, rispetto alla domanda, e dunque con un eccesso di manodopera, con conseguente abbassamento dei salari, aumento dei prezzi, perché il prodotto era inferiore a quanto necessario per la collettività. Il vapore diventava una delle principali fonti di energia, e le caldaie, le condotte, etc., con le loro alte temperature, necessitavano di un isolante termico, non infiammabile, quale appunto l’amianto e i suoi derivati, con la conseguente insorgenza di patologie asbesto correlate per i dipendenti, già nel settore delle attività artigianali. I mercanti erano la nuova classe emergente, che concentrava nelle sue mani la maggior parte dei capitali, con enorme disponibilità di acquisto di nuove tecnologie, favorendo la modificazione del sistema produttivo e determinando la scomparsa della produzione artigianale, della figura del negoziante (il c.d. mastro e padrone delle università di mestiere), che non era più in grado di competere nel sistema di tipo industriale, con l’archetipo dell’impresa privata, in cui il proprietario ‘capitalista’ si interessa di soddisfare i bisogni di consumo della popolazione, che aveva preventivamente incrementato anche tramite la pubblicità, e con l’utilizzo esasperato della manodopera, la cui offerta era sempre maggiore per via del già descritto incremento demografico e lo spopolamento dalle campagne, che riversava nella città un gran numero di famiglie, le quali 183 In un libro del Carnevale (B.Ramazzini, LA SALUTE DEI PRINCIPI, a cura di F.Carnevale, Tosca Ed., Firenze 1992) è contenuto un elenco completo delle opere di Ramazzini e la bibliografia dei testi dedicati a questo autore. Per ulteriori notizie su Agricola, Paracelso e Ramazzini, si rimanda ai profili contenuti in testi specializzati (SCIENZIATI E TECNOLOGI, DALLE ORIGINI AL 1875, Mondadori Ed., Milano 1975,vol.I ,II - A.Castiglioni, STORIA DELLA MEDICINA, Mondadori Ed., Milano 1936), agli estratti dalla Storia della Medicina di Arturo Castiglioni (DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI, Ist.Enc.Italiana, Roma 1979) e da Scienziati e Tecnologi, della Mondadori. CAPITOLO III | 71 andavano ad ingrossare le fila del cosiddetto ‘proletariato’, senza una vera e propria forza contrattuale, in quanto l’offerta di manodopera era sempre maggiore della domanda, per cui in virtù del meccanismo dell’offerta e della richiesta, i salari erano destinati ad abbassarsi, cui nel periodo dal XVIII secolo fino ai primi decenni del XIX secolo184 si tentava di reagire con la costituzione di associazioni di mutuo soccorso. Nel corso del XIX secolo, grazie al movimento risorgimentale l’Italia divenne uno Stato unitario, che impoverì il sud, le cui poche attività industriali vennero soppresse, con successivo spopolamento che accentuò lo squilibrio che distrusse l’economia patriarcale naturale, e sviluppò le pratiche assistenzialistiche, sulle quali ha attecchito il fenomeno delle associazioni malavitose, mentre nel centro-nord Italia si sviluppò via via l’attività industriale185 fino a determinare la capacità di esportazione nei mercati mondiali con riduzione dell’importazione di molti prodotti e dell’emigrazione all’estero186. Vennero introdotte nuove sostanze chimiche nelle attività lavorative, senza che ne fosse preventivamente valutato il pericolo per l’ambiente e per la salute umana, e in seguito all’assenza di strumenti di prevenzione e protezione, ci fu un esponenziale aumento delle malattie professionali, anche gravi e con esiti letali: nelle miniere e nelle gallerie, l’utilizzo delle perforatrici pneumatiche ha fatto aumentare le polveri e con esse l’esposizione per i dipendenti e quindi le pneumopatie. Come è sempre avvenuto nel passato, come avviene nel presente e come, verosimilmente, avverrà nel futuro, ogni tappa evolutiva delle vicende umane presenta, come fosse una medaglia, una testa ed una croce187: accanto alle nuove scoperte ed invenzioni ed al miglioramento del tenore di vita, già a partire dal XIX secolo, diventavano sempre più frequenti anche i casi di infortunio sul lavoro e le malattie professionali, il cui esito per il lavoratore era quasi sempre infausto e con gli eredi e gli infortunati superstiti, invalidi, sono iniziati i giudizi per il risarcimento dei danni. La difficoltà di accertare la responsabilità dell’infortunio e della malattia professionale, determinò in dottrina e in giurisprudenza l’emersione della categoria della responsabilità contrattuale dell’imprenditore, la cui fonte era nell’obbligo legale di tutela della integrità psicofisica del prestatore d’opera, con conseguente diritto al risarcimento in caso di lesione della salute e degli altri diritti. Tuttavia, dalla dottrina della colpa contrattuale, già alla fine del XIX secolo, si passò rapidamente nella concezione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, e, nei primi decenni del secolo successivo 188, contro le malattie professionali. 3.8 La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo. Il mercato dei prodotti in amianto ebbe una rapida espansione nel decennio tra il 1860 ed il 1870 per le capacità di isolamento termico indispensabili per le nuove tecnologie a vapore e così si venne a formare un consorzio italo-inglese di imprenditori, si riaprirono le cave di amianto nel nord-Italia, si sviluppò l’estrazione nei vasti giacimenti in Quebec (Canada). Nel periodo che va dal 1870 al 1878, l’Italia era l’unica nazione nella quale si estraeva e lavorava l’amianto, che venne utilizzato anche per la fabbricazione di tessuti, corde e pannelli, che vennero presentati nel corso dell’esposizione universale di Parigi del 1878, e a poco a poco ne aumentarono le applicazioni e gli 184 V.Castronovo, LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE, Sansoni Studio Ed.,Firenze 1982. U.Forti, STORIA DELLE INVENZIONI E DELLE INDUSTRIA, Fabbri Ed., Milano 1963. 186 Cfr. documentazione prodotta dalla Fondazione Agnelli sulle comunità italiane all’estero. 187 In modo più approfondito: E. Bonanni, G. Ugazio, op.cit. 188 Il tentativo di assicurare, oltre agli infortuni anche le malattie professionali, ci fu già tra la fine dell’‘800 e gli inizi del ‘900, ma i tempi non erano maturi e la legge non fu approvata (E. C. Vigliani, A. D. Bonsignore, MEDICINA DEL LAVORO, ECIG Ed., Genova 1983. 185 72 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO utilizzi, fino ai tessuti e alla carta, mano a mano che si perfezionò l’industria manifatturiera, e nell’ultimo decennio del secolo si creò una moderna industria dell’amianto che fosse al passo con i tempi di sempre nuove e maggiori applicazioni del minerale189. In Quebec i primi giacimenti di crisotilo (pierre á coton) vennero scoperti nel 1860 nei pressi di San Joseph e, successivamente, nel 1877, nei pressi di Danville, dove, a partire dall’anno successivo, iniziò una produzione di 50 tonnellate e già nel 1885 entrarono in attività numerose miniere ubicate in Thetford Mines, negli Urali, e nel 1886 fu avviata la produzione nella città di Asbest presso Bazhenovskoye, dove nel 1884 era stato scoperto un grande giacimento di crisotilo, anche se già all’inizio del XVIII secolo, era stato scoperto presso Ekaterinenburg un giacimento di amianto e le fibre venivano utilizzate per le attività tessili, fino a che gli impianti divennero di proprietà della Compagnia Uralasbest (1918). La scoperta di crocidolite in Sud Africa risale al 1812, nella provincia di Capo Settentrionale, mentre la produzione iniziò solo nel 1893, presso la città di Koegas e nel 1926 vicino a Pomfret; l’amosite fu, invece, scoperta nel Transvaal, sempre in Sud Africa, vicino alla città di Penge, già nel 1907 con produzione avviata nel 1916. 3.9 Lo studio delle pneumoconiosi e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo. Gli studi sulle patologie causate dalla inalazione di polveri (pneumoconiosi190) sono proseguiti per tutto il XIX secolo e hanno portato alle prime diagnosi di asbestosi in Inghilterra e poi in Italia, con l’evidenza scientifica delle minori aspettative di vita degli addetti alle lavorazioni dell’amianto191. Poiché la salute era considerata un diritto primario del cittadino, in Francia già nel 1794 fu istituita la Scuola di Sanità con la disciplina dell’Igiene192 (dal greco γίεια = salute); in Italia nel 1806 fu emanato da Napoleone Bonaparte il ‘Regolamento di polizia medica, di sanità continentale e di sanità marittima’, con istituiva una normativa organica per la sua protezione, cui si aggiunsero nel 1830 altre norme emanate dallo Stato Pontificio, dal Granducato di Toscana e dal LombardoVeneto, per far fronte a delle pandemie coleriche; e in Inghilterra, nel 1833, venne promulgato il ‘Factory Act’ (Regolamento per le Industrie), che, con le sue norme di protezione e di igiene, rappresentò una tappa fondamentale nella storia della prevenzione delle tecnopatie. Nel dizionario di igiene193 del dott. Cérésole, pubblicato nel 1833, fu inserita la voce ‘ventilazione, odori insalubri (ordinanza Re di Francia 14/1/1815), umidità, igiene’ e due anni dopo, sugli annali francesi di igiene pubblica e medicina legale, vennero pubblicati due interessanti 189 Summers L., ASBESTOS AND THE ASBESTOS INDUSTRY. THE WORLD’S MOST WONDERFUL MINERAL AND OTHER FIREPROOF MATERIALS, Sir Isaac Pitman & son LTD, London s. d. (ma prima metà anni ’20 del Novecento): “[in 1866] one Signor Albonico, in conjunction with a cultured and very shrewd Florentine cleric named Canon Del Corona, and a noblemen, the Marquis di Baviera, made experiments which resulted in the production of asbestos cloth and paper. These gentlemen had anticipated making bank notes, etc., for the Italian Government, but most unfortunately were frustrated in their negotiations by the outbreak of the Franco-German War” …”[in 1871] Canon Corona, the Marquis di Baviera, and Messrs Furse Brothers, of Rome, combined in activities to secure properties and concessions to work asbestos from the Communal authorities in Italy, and when, a few years later, another company, called «The ItaloEnglish Pure Asbestos Company», of London, was formed, they secured extensive rights and established a factory in Turin, and the industry began in earnest, stimulated by healthy and keen competition” (Summers, pp. 4-11, s.d., ma 1921). 190 E. Ziegler, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, V.Pasquale Ed., Napoli 1891. 191 Significativi, a tale riguardo, risultano i lavori di L.Scarpa, D.Lovisetto, G.Mussa e V.M.Palmieri (di cui in seguito). 192 D.Ottolenghi, (prof.Igiene, R.Univ.Bologna), ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, vol. XVIII, Ist. Enc. Treccani Ed., Roma 1933 - G.Vanini, R. Bucci, STORIA DEI CONGRESSI DEGLI IGIENISTI ITALIANI, Univ.Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A.Gemelli”, Istituto di Igiene, Roma 1991. 193 Cérésole, DICTIONNAIRE D’HYGIENE, Vol.I, Fodratti Ed., Torino 1833. CAPITOLO III | 73 lavori194, che analizzavano la durata della vita in base alla professione svolta (Lombard) e le patologie professionali correlate all’attività di tipografo-stampatore (Chevallier) e nel 1837 venne pubblicato il ‘Dictionnaire de l’industrie manufacturière’195, che conteneva un’ampia e dettagliata voce sull’igiene, suddivisa in pubblica e privata, mentre in Italia nel 1847, Carlo Alberto ha promulgato, per il Regno di Sardegna, un ‘Editto Sanitario’. Già a partire dal 1841, in numerosi testi divulgativi, vennero citate maschere e aspiratori come indispensabili mezzi di protezione e il ‘Dictionnaire de l’industrie manufacturière’196 riportava la descrizione dei principali metodi di ventilazione, compresa l’aspirazione. Nel 1848, il medico napoletano, Salvatore De Renzi, fece rientrare l’igiene pubblica e privata come materia del suo trattato di ‘Storia della medicina in Italia’197, descrivendo tutti gli apporti dei medici degli stati preunitari, e nel 1851 venne celebrata a Parigi la Prima Conferenza Sanitaria Internazionale, alla quale parteciparono tutti gli Stati. Nel 1856, l’amianto viene definito ‘lino di terra e lana di salamandra’, sull’‘Enciclopedia popolare italiana’198, in quanto poteva essere filato ed era incombustibile e venivano ricordate le attività della ditta Perpenti, che produceva manufatti (tele, carta da stampa, merletti) e le attività del Cav. Aldini per la produzione di tuniche e casacche per gli spegnitori di incendi (II vol.) e alla voce ‘malattia’ risultavano descritte anche le patologie, che erano state suddivise con tabelle di malattia (XII vol.); l’anno dopo, Francesco Freschi, professore di igiene alla Regia Università di Genova, iniziò a pubblicare un dizionario d’igiene pubblica (‘Dizionario di igiene pubblica e di polizia sanitaria’)199, ad uso dei medici e dei magistrati, in cui alla voce ‘arti e mestieri’ veniva descritta l’influenza delle varie attività lavorative sulla salute, e quindi della necessità di limitare le ore di lavoro settimanali e l’anno seguente fu pubblicato il II volume, nel quale alla voce ‘igiene industriale’, si faceva riferimento alla insalubrità delle polveri ed al loro effetto sulla salute ed il III volume, alla voce ‘polveri’, furono elencate le ricerche del Dott. Lombard di Ginevra e del Dott. Benoiston di Châteauneuf sulla premorienza dei lavoratori che ne erano esposti e che di rado raggiungevano i 40-50 anni e alla voce ‘professioni’ venne riportata una tabella di vari autori circa l’influenza della professione sulla longevità. Nel 1859, il Regno di Sardegna emanò una legge sanitaria completa, che, ampliata e modificata, costituì la prima legge sulla sanità pubblica del nuovo Regno d’Italia (Legge n. 2248 del 20/3/1865). Michel Lévy nel 1862 diede alle stampe la IV edizione del trattato di igiene pubblica e privata, e nella V edizione del 1869200 riportò gli studi di Lombard sull’esposizione a polveri minerali e segnalò la frequente associazione di tisi polmonare nei lavoratori di questo settore, già emersa nel lontano 1834. 194 H.C.Lombard, DE L’INFLUENCE DES PROFESSIONS SUR LA DUREE DE LA VIE, Ann.Hyg.Publ. et Med.Leg., t.XIV-I p. : 88-131, Paris 1835 - A.Chevallier, De la nécessité de faire de nouvelles recherches sur les maladies qui affligent les ouvriers et observations sur celles qui se font remarquer chez les imprimeurs, Id., t.XIII-II p.: 304- 344, Paris 1835. 195 A. Baudrimont & al., DICTIONNAIRE DE L’INDUSTRIE MANUFACTURIERE, Vol.VI, Baillière Ed., Paris 1837. 196 A.Baudrimont & al., DICTIONNAIRE DE L’INDUSTRIE MANUFACTURIERE, X vol., Baillière Ed., Paris 1841. 197 S. De Renzi, STORIA DELLA MEDICINA IN ITALIA, V, Filiatre-Sebezio Ed., Napoli 1848, e ricordava l’introduzione della statistica medica già da parte dell’abate Toaldo all’inizio dell’800, e le indagini di mortalità svolte a Torino da Antonio Molineri, dal 1749 al 1755. 198 NUOVA ENCICLOPEDIA POPOLARE ITALIANA, II, IV ed., UTE Torino 1856 - XII ,quarta edizione, UTE Torino 1861. 199 F.Freschi, DIZIONARIO DI IGIENE PUBBLICA E DI POLIZIA SANITARIA, G.Favale Ed., Torino 1857. 200 M.Lèvy, TRAITE D’HYGIENE PUBLIQUE ET PRIVEE, IV edizione, Baillière Ed., Paris 1862 - V edizione 1869. 74 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO In quegli stessi anni a Torino, con Regio Decreto del 23/11/1862201, venne istituito il Regio Museo Industriale Italiano - museo statale ed attualmente non più esistente - sul modello di quelli esistenti in Francia e in Inghilterra, situato in via Ospedale n. 32202 (nell’attuale via Giolitti, nell’area ora adibita a parcheggio del piazzale Valdo Fusi). Il museo era aperto al pubblico gratuitamente, e nella sala n.15 vennero esposti i vari tipi di amianto, mentre nella sala n.40 vi era l’archivio industriale203, al quale si poteva accedere rivolgendosi all’assistente conservatore204. Nel 1863, venne istituita nel nostro Paese, la Divisione di Sanità Pubblica, coordinata da un amministrativo e composta da due sezioni, dirette da medici, cui seguirono numerose altre variazioni e richieste di potenziamento, volte soprattutto al risanamento degli spazi urbani. La seconda metà del XIX secolo venne dominata dalla figura di Paolo Mantegazza205, nato a Monza nel 1831, il quale si era già distinto all’età di 17 anni, quando prese parte ai combattimenti delle “Cinque Giornate” di Milano del 1848, e fu studente a Milano e a Pisa, fino a laurearsi in Medicina presso l’Università di Pavia, e nel 1856 fu medico a Salta (città agricola e mineraria dell’Argentina), e nel 1858, nominato professore di patologia generale e sperimentale all’Università di Pavia ne istituì il primo laboratorio, e fu poi docente di antropologia presso l’Istituto di Studi Superiori di Firenze e vi fondò il Museo e fu chiamato a far parte del Consiglio superiore di sanità, e viaggiò a lungo; molti suoi testi non solo scientifici, furono tradotti in tutte le principali lingue, e ha curato per oltre 20 anni, la pubblicazione dell’Enciclopedia Igienica Popolare con un almanacco all’anno; nella IX, X, XI e XII Legislatura, fu eletto deputato nel Collegio di Monza, ed ebbe idee centriste, e si occupò principalmente di problemi sanitari, fino a quando con il Regio Decreto del 16.11.1876 venne nominato Senatore del Regno, e fu decorato di molti ordini cavallereschi italiani e stranieri, fino a che nel 1910 si spense a San Terenzo (La Spezia). Nel 1867 pubblicò ‘Elementi d’igiene’206, ed ebbe modo di descrivere dettagliatamente il meccanismo patogenetico delle polveri, e di evidenziare come tutti coloro che le hanno inalate sono morti prematuramente per tisi, poiché ‘l’aria impura è più pericolosa di un cattivo cibo’, e di concludere sulla necessità assoluta di introdurre aspiratori, di lavorare ad umido e di pulire i pavimenti con segatura bagnata e deprecando il fatto che ‘molti rifiutano queste precauzioni, dicendo che la vita troppo lunga produrrebbe una pericolosa concorrenza!’. Nel 1881, pubblicò ‘Almanacco igienico popolare- Igiene del lavoro’207, nel quale, al V capitolo, insisteva sui danni che le polveri erano in grado di determinare all’organismo umano e cercava di porre rimedio alla non curanza degli industriali, affermando che ‘tutti (sono) sviati dietro al malo esemplo!’208. Nel descrivere le diverse attività professionali esposte al rischio e dopo aver classificato le polveri in minerali, animali e vegetali, confermò che tutte sono dannose per la salute, perché 201 Museo Industriale Italiano, SOCIETÀ REALE DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, G.Faziola Ed., Firenze 1865. 202 Alcuni giorni in Torino, GUIDA DESCRITTIVA STORICO-ARTISTICA, E.F.Casanova Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico Com.Torino, Coll.Simeom G 33) 203 Regio Museo Industriale Italiano, SUO ORDINAMENTO E DESCRIZIONE DELLE COLLEZIONI, Favale Ed., Torino 1871. 204 E.Borbonese,TORINO ILLUSTRATA E DESCRITTA, Petrini Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico Com.Torino, Coll. Simeom G 34). 205 A.De Gubernatis, PICCOLO DIZIONARIO DEI CONTEMPORANEI ITALIANI, Forzani Ed., Roma 1895 - T.Sarti, IL PARLAMENTO SUBALPINO E NAZIONALE, Editrice dell’Industria, Terni 1890 - T.Rovito, DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO DEI LETTERATI E GIORNALISTI ITALIANI CONTEMPORANEI, Melfi & Joelle Ed., Napoli 1907 - A.Ribera, ENCICLOPEDIA BIOGRAFICA E BIBLIOGRAFICA ITALIANA : A.Malatesta, serie XLIII, vol.II, Ministri, Deputati e Senatori dal 1848 al 1922, EBBI Ed., Roma 1941. 206 P.Mantegazza, ELEMENTI D’IGIENE, Brigola Ed., Milano 1867. 207 P.Mantegazza, ALMANACCO IGIENICO POPOLARE- IGIENE DEL LAVORO, anno XVI, Brigola Ed., Milano 1881. 208 D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PARADISO XVIII ,124. CAPITOLO III | 75 determinano l’insorgenza di catarro bronchiale, enfisema polmonare, bronchiectasie, polmoniti e tisi: “Spesso però la presenza delle polveri e il loro accumularsi nel tessuto polmonare produce malattie speciali, che si chiamano col nome di pneumoconiosi (polvere del polmone, dal greco) e che si distingue poi in antracosi, siderosi, calicosi e bissinosi, secondo la natura della polvere che ingombra il polmone... Nei primi anni di esercizio del loro mestiere, questi operai soffrono poco o punto e il male non li attacca che poco a poco e insidiosamente. Talvolta gli incomodi appaiono ad un tratto in seguito ad un incidente fortuito; quale un raffreddore, un catarro, una leggera bronchite. E’ bene però che gli operai conoscano i primi sintomi, per prevenire mali più gravi.” L’autore ha descritto le fasi della patologia, dalla comparsa di una dispnea da sforzo ingravescente, associata a tosse convulsiva - in questa fase della malattia, secondo i francesi, ‘le poussier s’est attaché à l’homme’ - cui subentrano poi dimagramento, cardiopatia e, infine, la morte. Il Mantegazza fece tesoro dei contributi di Klozier (1763) sulla calicosi, di Hirt sulla premorienza nelle attività polverose, di Zenker sulla sclerosi polmonare, e di Merkel (1871) sulla siderosi, e segnalò come l’introduzione di aspiratori e l’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione e quindi il miglioramento delle condizioni igieniche avesse determinato miglioramenti dello stato di salute e una minore incidenza di pneumopatie: “Nella maggior parte dei casi un velo, una maschera, una spugna umida basterebbe a togliere il 50% della polvere che entra nei loro polmoni. Ma conviene dirlo, i più preferiscono non prendersi alcuna briga, preferiscono non seccarsi piuttosto che applicarsi un semplice ordigno che li difenda dalla polvere. Essi guardano alla rara eccezione di qualche operaio robusto che non diventa tisico e campa vecchio anche in mezzo alla polvere, e dimenticano con cinico disprezzo i moltissimi che scendono nella polvere ancor giovani o in tutta la pienezza della loro virilità... Molti operai starebbero volentieri al mondo alcuni anni di più e adotterebbero di buona voglia quelle precauzioni elementari, che sono indicate dal più grossolano buon senso e adoprerebbero veli, maschere e spugne; ma hanno paura di essere canzonati dai loro compagni, e di sembrare effeminati o paurosi. Ma che effeminatezza, ma che paura! Adoperate il coraggio contro i prepotenti che vi insultano o contro i nemici della patria, ma non contro la polvere, che uccide i vili e i coraggiosi in una stessa maniera”. Egli rivolgendosi ancora ai datori di lavoro, citò il medico francese Guy Patin ‘maudit argent, que tu fais du mal en ce monde!’, e ancora Dante Alighieri: ‘O cupidigia che i mortali affonde/ Sì sotto te, che nessuno ha podere/ Di trarre gli occhi fuor dalle tue onde!’209 e esprimendo questi auspici: “Guadagnate pure, fatevi ricchi col frutto delle vostre industrie, ma pensate anche un pochino agli operai, che sono il primo strumento della vostra ricchezza. Migliorate l’igiene del vostro stabilimento, adottando i più moderni metodi di ventilazione, imponete come un obbligo ai vostri operai l’uso di quei mezzi che la scienza ha suggerito e che la esperienza ha dimostrato efficaci. Soprattutto poi non accettate nelle vostre officine che uomini gagliardi e che un’accurata visita medica vi ha dimostrato come tetragoni contro la tisi, rifiutate i fanciulli , rifiutate anche i giovinetti, anche le donne. Che la vostra agiatezza non sia turbata dal rimorso e i vostri sonni non siano funestati dall’apparizione di tanti spettri, che colle loro mani uncinate e bianche verranno a battervi sul petto, accusandovi di volontario omicidio”. 209 Id., Paradiso XXVII, 121 76 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Nell’appendice II, faceva riferimento all’iniziativa assunta nel 1875 dal Comune di Milano che aveva istituito un bollettino demografico che segnalava i decessi dei lavoratori in base alle attività professionali che svolgevano. Il meccanismo patogenetico e le caratteristiche istologiche della fibrosi polmonare indotta da alcune polveri minerali, sono stati descritti in modo magistrale da Zenker210 nel suo lavoro del 1867 (Ueber Staubinhalationskrankheiten der Lungen), che pose le basi degli studi anatomopatologici sulle pneumoconiosi, per ulteriori ricerche come quelle di Ziegler nel 1891, oltre ad avere per primo utilizzato questo termine “pneumoconiosi” come gli venne riconosciuto anche dagli autori francesi. L’‘Enciclopedia di Chimica’211 già nel 1868 descrisse alcuni tipi di aspiratori, e nel 1870 un testo divulgativo francese (Les merveilles de la science)212 fornì un’ampia descrizione della ventilazione, inclusa quella adottata nelle fabbriche213, nel 1870 viene pubblicato il I volume della ‘Enciclopedia Medica Italiana’214, contenente, alla voce ‘arti’, un dettagliato elenco dei vari mestieri (lavori manuali) e delle varie professioni (attività culturali), con i relativi rischi lavorativi. L’Enciclopedia recepì interamente l’elenco francese aggiornato al 1866 delle industrie insalubri, suddivise per classi, e dei relativi inconvenienti (polvere, rumore, fumo etc.); essa conteneva, altresì, delle considerazioni sociali ed igieniche, ed infine riportava una ricca rassegna bibliografica. Negli anni successivi ne vennero pubblicati altri volumi, contenenti le altre voci in ordine alfabetico, tra cui ‘igiene’ (redatta da Abba), e ‘polmone (malattie del)’ (compilata da Maragliano). Nel 1873, la XIII edizione di un noto dizionario francese di medicina e chirurgia (Dictionnaire de médecine)215 riportava un’aggiornata trattazione delle voci ‘antracosi- igiene (industriale e professionale) - penetrazione (delle polveri) - polvere – siderosi’ e tre anni più tardi venne pubblicato il II volume dell’Enciclopedia Italiana (‘Nuova Enciclopedia Italiana’)216 dove nella voce ‘aria’ c’era un’ampia trattazione del ‘polviscolo atmosferico’ prodotto da alcune industrie e dannoso per la salute dei lavoratori. Sempre nel 1881 A. Proust pubblicò un trattato di igiene (Traité d’hygiène) 217, in cui, parlando delle impurità dell’aria, soffermava la sua attenzione sull’importante tema dell’inquinamento da polveri, studiato da Tissandier, Tyndall, Ehremberg e Sigerson; l’autore segnalava che, specie in presenza di clima secco, le polveri, anche quelle vulcaniche, potevano essere trasportate a grande distanza. Nel 1882 sul Dizionario Universale (‘Dizionario Universale di scienze, lettere ed arti’, voci ‘cancro’ e ‘tumore’)218 di scienze, lettere ed arti pubblicato sotto la direzione di Michele Lessona e Carlo Valle, vennero trattate, le voci ‘cancro’ (‘ulcera di cattiva indole, fetentissima, che tende rapidamente ad estendersi...e a recidivare dopo l’estirpazione....Chiamasi cachessia cancerosa l’alterazione profonda di tutto l’organismo che loro consegue’) e ‘tumore’ (‘produzione morbosa persistente di generazione nuova e caratterizzata da una tumefazione limitata’). Pur con i limiti 210 F.A. Zenker, UEBER STAUBINHALATIONSKRANKHEITEN DER LUNGEN, Deutsches Archiv. für Klinische Medicin, zweiter band, Vogel Ed.,Leipzig 1867. 211 F. Selmi, ENCICLOPEDIA DI CHIMICA, vol.II, UTET, Torino 1868. 212 L. Figuier, LES MERVEIILES DEL LA SCIENCE, Furne & Jouvet Ed., Paris 1870. 213 Come pure, M.Lessona, C.A.Valle, DIZIONARIO UNIVERSALE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treves Ed., Milano 1882 214 ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, VOCE “ARTI” serie I, vol.I, parte II, Vallardi Ed., Milano 1870 voce “igiene”, serie I,vol.V, parte II - voce “polmone (malattie del)” serie II,vol.III, parte III. 215 E. Littré, Ch. Robin, DICTIONNAIRE DE MEDECINE, Baillière Ed., Paris 1873. 216 G. Boccardo, NUOVA ENCICLOPEDIA ITALIANA, vol.II, UTET, Torino 1876. 217 A. Proust, TRAITÉ D’HYGIÈNE, II edizione, Masson Ed., Paris 1881. 218 M.Lessona, C.A.Valle, DIZIONARIO UNIVERSALE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voci “cancro” e “tumore”, III edizione, Treves Ed., Milano 1882. CAPITOLO III | 77 derivanti dalle scarse conoscenze scientifiche dell’epoca, tali definizioni contenevano già alcuni concetti basilari, ripresi e sviluppati poi negli studi successivi e nel 1884 una rivista divulgativa mensile (‘La scienza per tutti’)219 confermò come la durata della vita fosse influenzata dalle attività professionali, e per incarico di De Pretis, il medico milanese Agostino Bertani (vicepresidente della giunta incaricata, nel 1877, dell’inchiesta sulla condizione sanitaria dei lavoratori della terra in Italia), dettò delle regole per la pubblica igiene, mentre Raffaele Pareto e Giovanni Sacheri nel 1885 hanno redatto il IV volume dell’‘Enciclopedia delle arti e industrie’220, nel quale riportarono un elenco degli ‘stabilimenti insalubri, pericolosi od incommodi’, comprendenti le industrie polverose (catalogo di Vernois), e segnalarono il biasimo di Anfosso per la vendita ai fanciulli di sostanze colorate nocive, e denunciarono la scarsa igiene delle industrie, con il paradosso che ‘l’operaio trova nel lavoro, principio del suo benessere e della sua dignità, le cause prime della malattia e della morte’, con descrizione dei vari tipi di ‘polviglio’ e le malattie che determinava, e la necessità di ventilare le officine, con la descrizione del sistema di aspirazione di Romanin Jacur, sulla base degli studi del Pagliani. Tra le regole di prevenzione, gli autori hanno richiamato l’importanza delle visite mediche di assunzione degli operai, e raccomandavano di evitare che tra di loro vi fossero dei fanciulli, e la necessità di informarli sui rischi connessi alle polveri, con un elenco delle malattie professionali che erano in grado di causare. Nel 1887, venne pubblicato il ‘Dizionario enciclopedico di medicina e chirurgia’221, in vari volumi e tradotto dal tedesco; che al volume X, alla voce ‘pneumoconiosi’, conteneva una precisa descrizione eziologica, clinica ed anatomopatologica delle malattie polmonari conseguenti ad inalazione di polveri minerali, vegetali, animali e miste, corredata da una ricca bibliografia222 dei principali studi scientifici in materia; e al volume XI riportava un’ampia trattazione statistica delle ‘professioni’, ad ognuna delle quali faceva riferimento una tabella con le diverse attese di vita; il successivo volume riportava alla voce ‘siderosi’ l’indicazione delle misure di profilassi, tra le quali l’utilizzo di maschere ed esaustori e la descrizione della metodologia per la misurazione delle polveri ambientali. Nello stesso anno, Francesco Crispi richiese la consulenza del Prof. Luigi Pagliani; che portò al decreto 27.11.1887, con il quale fu istituita presso il Ministero dell’Interno la Direzione Generale della Sanità Pubblica, e alla presentazione della proposta di legge sulla sanità pubblica che venne approvata e promulgata il 22/12/1888223, con la quale all’art. 3 veniva istituita l’assistenza medica, chirurgica ed ostetrica gratuita per i poveri, e all’art. 60 imponeva di disporre di regolamenti locali di igiene con ‘prescrizioni atte a evitare o rimuovere altre cause di insalubrità non enumerate in questa legge’224. Nel 1888, un testo tedesco (‘Manuale di igiene’)225 di A.Geigel, M.v.Pettenkofer, J.Forster, A.Higler, I.Soyka, venne dedicato alle malattie dei mestieri e tradotto da alcuni medici napoletani: l’episodio ebbe un’importanza rilevante perché dal testo si evinceva la nocività delle polveri 219 LA SCIENZA PER TUTTI, n.37, vol.IV, Sonzogno Ed., Milano 1884. R.Pareto, G.Sacheri, ENCICLOPEDIA DELLE ARTI E INDUSTRIE, vol.IV, UTE Ed., Torino 1885. 221 A.Eulenburg, DIZIONARIO ENCICLOPEDICO DI MEDICINA E CHIRURGIA, vol.I, Pasquale-Vallardi Ed., Napoli 1887 - Id., vol.X-XI-XII. 222 46 lavori. 223 L. n. 5849 del 22/12/1888, Legge per la tutela della igiene e della sanità pubblica, G.U.R. 24/12/88 n.301. 224 Benedetto Croce si dichiarò entusiasta di queste misure e le ritenne un fatto memorabile per la vita politica italiana, come ricordò il Prof. Pagliani nel suo intervento al IV Congresso Nazionale degli igienisti, che si svolse a Trento nel 1921. 225 A. Geigel, M.v. Pettenkofer, J. Forster, A. Higler, I.Soyka, MANUALE DI IGIENE, vol. I, parte I, N.Jovene & V. Pasquale Ed., Napoli 1888. 220 78 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO contenute nell’aria, provenienti sia dalle fabbriche sia dalla combustione del carbon fossile; venne così evidenziata una matrice comune nell’inquinamento degli ambienti di vita e di lavoro (cfr pag. 54). Nello stesso anno, un dizionario generale di scienze (‘Nuova Enciclopedia Italiana’)226 riportava la voce ‘ventilatore e ventilazione’, con descrizioni molto precise delle loro caratteristiche tecniche. Le conoscenze in materia di igiene industriale e di prevenzione delle tecnopatie vennero riportate anche sui testi giuridici, tra i quali, nel 1891, ‘Il Digesto Italiano’227, con un’accurata descrizione dell’igiene del lavoro e delle varie attività lavorative, degli adulti e dei minori. Nel 1891, nella II edizione italiana del ‘Trattato di Anatomia patologica speciale’228 di Ziegler, un intero capitolo fu dedicato ai ‘tumori del pulmone’, suddivisi in primari e secondari (o metastatici), secondo moderni criteri di oncologia. Finalmente, il 17.03.1898, venne promulgata da Umberto I, Re d’Italia, la ‘Legge sugli infortuni degli operai sul lavoro’229, con successivo Regolamento Generale applicativo contenuto nel R.D. n.230 del 18/6/1899, che imponeva all’art. 7 (del Regolamento) l’adozione di mezzi di protezione individuale, e con R.D. n. 231 del 18/6/1899 quello per la prevenzione degli infortuni nelle miniere e nelle cave, entrambi pubblicati nella G.U.R. del 26/6/1899 n.148. Già dal 1890 e per oltre venti anni, il Prof. Luigi Pagliani ha diretto la ‘Rivista di Igiene e Sanità Pubblica’230, con capo redattore il Dott. Francesco Abba, responsabile dei servizi di igiene e sanità della città di Torino, le cui pubblicazioni si sono distinte tanto da ottenere il conferimento della medaglia d’oro all’Esposizione di Igiene di Como del 1899, la medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, il diploma d’onore all’Esposizione di Igiene di Napoli del 1900 e la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Il n. 23 della rivista, anno XX, dell’1.12.1909, nella rubrica ‘Questioni del giorno’, riferiva della polemica esplosa in Parlamento sulla non applicazione delle leggi sociali, anche a causa dell’assenza di vigilanza adeguata, e sull’esclamazione dell’On.le Brunelli che, nel citare Dante Alighieri, affermò: ‘le leggi son, ma chi pon mano ad esse?’231. Nel 1890, nella III parte del ‘Trattato di igiene pubblica e privata’232, l’ordinario di fisiologia e igiene di Erlangen trattò in modo specifico le malattie causate dalle polveri, descrivendo l’effetto irritativo meccanico a livello bronco-polmonare di quelle minerali insolubili, con produzione di catarro a livello delle alte vie respiratorie e deposito delle particelle inalabili più piccole a livello del parenchima polmonare; che produce, come immediata conseguenza, fenomeni di flogosi e di enfisema, spesso associati ad infezione tubercolare. Secondo l’autore, la funzione respiratoria è influenzata negativamente da vari e differenti tipologie in grado di determinare quadri istopatologici differenti, quali ad esempio la siderosi, l’antracosi, la silicosi etc.,e di compromettere seriamente la qualità e la durata della vita. L’autore descrive, inoltre, i vari mezzi di protezione 226 G.Boccardo, NUOVA ENCICLOPEDIA ITALIANA, vol.XXIII, UTET, Torino 1888. P.Fiore, IL DIGESTO ITALIANO, vol.XXI p.I c.III, “igiene del lavoro”, UTE, Torino 1891. 228 E.Ziegler, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, II edizione italiana, V.Pasquale Ed., Napoli 1891. 229 L. n.80 del 17/3/1898, Legge sugli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 31/3/1898 n.75. 230 RIVISTA DI IGIENE E SANITÀ PUBBLICA, a. IX n.10, 16/5/1898 - a. XVI n.7, 1/4/1905 - a. XIX n.9, 1/5/1908 - a. XIX n.24, 16/12/1908 - a. XX n.6, 16/3/1909 - a. XX n.23, 1/12/1909 - a. XXI n.18, 16/9/1910 - a. XXI n.20, 16/10/1910. 231 D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PURGATORIO XVI, 97; lo stesso incipit è stato poi riportato dal Tribunale di Torino, Sez. Lavoro, Giudice Dott. Ciocchetti, nella Sentenza n. 3308/98, successivamente riformata in appello dal Tribunale di Torino, che ribaltava la decisione, a sua volta annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio innanzi la Corte di Appello di Torino. 232 J. Rosenthal,TRAITE D’HYGIENE PUBLIQUE ET PRIVEE, III parte,cap.II §393-394-396,A.Manceaux Ed., Bruxelles 1890. 227 CAPITOLO III | 79 individuale più comunemente impiegati all’epoca e descrive i sistemi di abbattimento delle polveri mediante umidificazione e dell’aspirazione localizzata. Nel 1892, la scuola napoletana ha continuato la sua attività di traduzione e si è cimentata anche su un celebre testo tedesco (‘Trattato di igiene sociale e delle malattie professionali’)233 di igiene sociale, nel quale si affrontavano, nello specifico, i problemi legati al pulviscolo atmosferico e le conseguenti pneumoconiosi nella I parte, e le diverse malattie da inalazione di polveri (‘catarri, enfisema, pneumonite, cirrosi polmonare e tisi’) nella III parte, curata da Merkel. Nel 1893 Giovanni Faralli diede alle stampe un testo (‘Igiene della vita pubblica e privata’)234 di igiene pubblica e privata, che al cap. XIII contemplava l’igiene delle professioni, segnalando che gli ‘operai soccombono talora a malattie dovute all’irritazione meccanica che le polveri silicee o metalliche esercitano sul polmone...’. Nel trattato di medicina francese di Charcot, Bouchard, Brissard, ‘Trattato di medicina’, vol. IV, UTE Ed., Torino 1894, tradotto dal Dott. B. Silva, ci fu una accurata descrizione delle pneumoconiosi da un punto di vista storico, eziologico, anatomo-patologico, clinico, terapeutico e profilattico (maschere, aspiratori e cambio-lavoro)235, e venne descritta l’insorgenza del cancro polmonare negli operai delle miniere di cobalto arsenicale dello Schneeberg. Nello stesso anno, il VI libro dell’‘Enciclopedia di Igiene e Medicina Pubblica’ diretta dal dott. Jules Rochard236 fu interamente dedicato all’igiene industriale. Le malattie da polvere vennero indicate come nosoconiosi (da noσoς malattia e κονία polvere), e vennero suddivise in dermatoconiosi (patologie a carico della cute e delle mucose), pneumoconiosi (patologie a carico del polmone, già indicate con tale termine da Zenker237) ed enteroconiosi (patologie a carico delle mucose digestive). Nell’Enciclopedia si procede, inoltre, ad una classificazione delle polveri in minerali (pietrose, metalliche e saline, con relativa casistica clinica ed anatomo-patologica), vegetali (carbonose, cellulose, legnose e filamentose), organiche (di origine animale- peli, piume etc.). Le polveri minerali determinano, secondo l’autore, una pneumopatia cronica interstiziale, con sclerosi parenchimale a noduli e successiva formazione di caverne enfisematose di compenso attorno ad essi. Nel cap. III, art. 3, § 2, pag. 604, è stata descritta la frequente associazione tra tubercolosi polmonare e pneumoconiosi, evidenziata da L.Hirt già nel 1878. Nel testo confluiscono le ricerche di Riegel del 1875, dalle quali si evidenzia il notevole incremento di residui minerali, nei polmoni inceneriti degli esposti deceduti (pag. 298), e s’individua come sintomo primordiale di malattia coniotica la dispnea, attribuita all’ostacolo prodotto dalla fibrosi interstiziale alla circolazione polmonare. In seguito, l’autore ha illustrato le diverse tipologie di apparecchi di aspirazione per le polveri, dimostrando che attraverso il loro utilizzo, unito ove possibile ad una lavorazione in ambiente umido, la durata media della vita degli esposti è sovrapponibile a quella della popolazione di riferimento; infine vennero descritti minuziosamente i mezzi di protezione individuale (respiratori e maschere), introdotti già con successo nel 1860 dal Dott. Durwell (Alsazia). Nel VI cap. vennero riportate le statistiche, ad uso assicurativo, di mortalità, morbilità e infortuni riferiti alle diverse 233 F. Renk, G. Wolffhugel, C. Flugge, J. Forster, Fr. Erismann, A.Schuster, TRATTATO DI IGIENE SOCIALE E DELLE PROFESSIONALI,vol.I, parte 1 - F. Erismann, A.Baer, L.Hirt,L. Degen, A.Schuster, F.Renk, A.Kunkel,A.Merkel, Vol.I, parte 3, N.Jovene & V. Pasquale Ed., Napoli 1892. 234 G. Faralli, IGIENE DELLA VITA PUBBLICA E PRIVATA, Hoepli Ed., Milano 1893. 235 Charcot, Bouchard, Brissard, TRATTATO DI MEDICINA, vol.IV, UTE Ed., Torino 1894. 236 J. Rochard, ENCYCLOPEDIE D’HYGIENE ET MEDICINE PUBLIQUE, livre VI Hygiène industrielle, A. Layet,§ II, L.Battaille Ed., Paris, 1894. p 291-326, p 604-610. 237 E. Gurlt,A. Hirsch, BIOGRAPHISCHES LEXIKON DER HERVORRAGENDEN AERZTE, Urban & Schwarzenberg Ed.,Wien 1888, p.364. MALATTIE 80 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO professioni; nel libro X sono invece contenute le nozioni di igiene pubblica e industriale (II parte, II sezione, cap. IV, pag.712 e segg.) dell’Enciclopedia, pubblicata nel 1897 e curata da M.H.Monod:in esso sono elencati alcuni provvedimenti relativi alla tutela dei lavoratori (orario, riposo settimanale, età minima di assunzione etc.). Nel 1895, Ulrico Hoepli di Milano, editore-libraio della Real Casa, pubblicò un manuale di igiene del lavoro (‘Igiene del lavoro’)238, nel quale Sanarelli (‘Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi’)239 e Trambusti descrissero i danni provocati da materiali pulverulenti (pag. 83 e segg.), l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi (pag.86 e segg.) ed i rimedi contro le polveri (aspiratori e maschere, pag.90 e segg.), utili per aumentare le aspettative di vita degli esposti. Nel 1897, Revelli, igienista del municipio di Torino, pubblicava ‘Igiene industriale’, avente ad oggetto l’igiene e la polizia sanitaria delle manifatture, fabbriche e depositi, per gli stabilimenti insalubri, in seguito al Regolamento sanitario del 9 ottobre 1889240, e raccoglieva tutte le pubblicazioni italiane e straniere in materia di igiene industriale, riferite alle polveri, con indicazioni operative e di vigilanza, alla luce della Legge n. 5849 del 22.12.1888 per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica, e dei successivi regolamenti sanitari. L’autore elencava una serie di norme cautelari per prevenire le patologie professionali legate alle esposizioni alle polveri, sottolineando l’inutilità di una ventilazione generale e l’efficacia dell’aspirazione localizzata, previo ‘inviluppo ermetico di ciascun congegno’ (pag. 281) e suggerendo l’adozione di “una sopraveste, stretta ai polsi ed al collo, da lasciarsi, nelle ore di uscita, in un locale apposito, distinto da quello in cui l’operaio depone l’abito che porta fuori dall’officina. L’abitudine che hanno molti operai di indossare la sopraveste direttamente sul vestito abituale, è deplorevole, perché questo diventa facilmente veicolo di polveri tossiche”; consigliava, inoltre, di mettere a disposizione degli operai una camera da bagno, con obbligo di servirsene prima dell’uscita, e maschere di protezione contro le polveri, non senza evidenziare come le maestranze, in quanto non informate del rischio morbigeno, avessero una certa ritrosia ad indossarle. Nel 1898, nella XVIII edizione di un noto dizionario francese di medicina (‘Dictionnaire de médecine’)241 sono riportate le voci ‘sidérose’ e ‘pneumokoniose’: come già anticipato, gli studi e le pubblicazioni scientifiche che numerose si sono succedute nel corso del XIX° secolo hanno portato all’approvazione della legge 17 marzo 1898 n. 80, pubblicata nel n.75 della Gazzetta Ufficiale del Regno in data 31/3/1898, ed il successivo Regolamento generale applicativo per le imprese e per le industrie, pubblicato nel n.148 della G.U. del Regno, in data 26/6/1899. All’art.7 del citato regolamento, si segnalava che “gli operai dovranno essere protetti dalle eventuali proiezioni sia dell’organo lavoratore, sia della materia che stanno lavorando, con quei mezzi che la pratica avrà dimostrato adatti allo scopo senza dar luogo ad altri inconvenienti”, introducendo così per la prima volta l’obbligo di adozione di mezzi di protezione individuale. Nel 1899, fu appovato e pubblicato al n. 140 della G.U. del Regno, il Regolamento per la prevenzione degli infortuni nelle miniere e nelle cave242 e nello stesso anno, Vincenzo De Giaxa, 238 G.Sanarelli, A. Trambusti, IGIENE DEL LAVORO, U. Hoepli Ed., Milano,1895. CHI È? DIZIONARIO DEGLI ITALIANI D’OGGI, II ediz.,Formiggini Ed., Roma, 1931. 240 C.A. Revelli, IGIENE INDUSTRIALE, UTE Torino, 1897. 241 E.Littré, DICTIONNAIRE DE MEDECINE, XVIII edizione, Baillière Ed., Paris 1898. 242 E.Magrini, INFORTUNI SUL LAVORO, MEZZI TECNICI PER PREVENIRLI. Hoepli Ed, Milano 1903. 239 CAPITOLO III | 81 professore di igiene alla Regia Università di Napoli243 pubblicò la III edizione del suo ‘Compendio di Igiene’244, e nella sezione dedicata all’igiene industriale, ha descritto le patologie causate dalle polveri e gli strumenti per prevenirle: dalle ‘sputacchiere’ negli ambienti di lavoro, con obbligo agli operai di servirsene per limitare la diffusione della tubercolosi; fino alla sorveglianza sanitaria, affidata ad ispettori industriali i quali “fungono quali organi dello stato, curando l’adozione delle norme legislative, tendenti a salvaguardare la salute pubblica e quella dell’operaio, attuando un rigoroso controllo, poiché le trasgressioni, più di frequente che dall’ignoranza, hanno origine da motivi di interesse da parte dei proprietari delle industrie”. C. Anfosso, nel ‘Dizionario di igiene popolare’245, del 1899, ha definito l’amianto come “strana pietra che il tempo sfila in stami argentini, candidi, morbidi come una lanuggine ed in bioccoli come di bambagia! Sono pietre vecchie, a cui cresce la barba, dicono gli alpigiani per ischerzo ai bambini, e bene dicono senza saperlo”, e segnalava che nei cataloghi dei musei, come per esempio in quello antico milanese del Settala, venne indicato come ‘legno di monte’, ‘cuoio di monte’ e ‘lino di pietra’; alla voce ‘aria’, vennero descritte le modalità di analisi delle polveri minerali che vi sono contenute (limo atmosferico), spiegando i meccanismi in forza dei quali rimangono sospese, e precisando la loro origine cosmotellurica e industriale; con il termine di ‘asbestico’ venne poi definito un prodotto ottenuto con avanzi macinati di amianto canadese, utilizzati come pasta ignifuga; mentre, sotto la voce ‘polveri industriali dannose’, sono state elencate e descritte le più comuni maschere protettive. 243 DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI, Ist. Enc. Italiana ,Roma 1988, p. 134. V.De Giaxa,COMPENDIO DI IGIENE, III edizione,Vallardi Ed., Milano 1899. 245 C.Anfosso, DIZIONARIO DI IGIENE POPOLARE, Sonzogno Ed., Milano 1899. 244 Capitolo IV Emersione del rischio morbigeno per esposizione ad amianto SOMMARIO: 4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana. 4.2 Le norme di igiene e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo. 4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio del XX secolo. 4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano. 4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Torino. 4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto. 4.7 L’istituzione dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche con il divieto di esportazione dell’amianto e la evoluzione normativa nel primo decennio del XX secolo. 4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo. 4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20. 4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e l’Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’. 4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana. Adelaide Anderson e Lucy Deane, dell’Ispettorato inglese e gallese, già nel 1898 avevano incluso la tessitura dell’amianto tra le lavorazioni più polverose e pericolose ‘per la salute dei lavoratori che esso pone e per i casi osservati di alterazioni dell’albero bronchiale e dei polmoni attribuiti, con criteri medici, all’occupazione dell’interessato’ e aggiunge: ‘I terribili effetti della polvere di amianto erano apparsi tali da indurre anche l’ispettore medico a svolgere un esame microscopico della polvere minerale. Si è disvelata con chiarezza una forma simil vetrosa e irregolare delle particelle, tali da frammentarsi e rimanere sospese nell’aria dell’ambiente di lavoro in qualsiasi quantità con conseguenze dannose, così come si sarebbe potuto sospettare’, con conseguente insorgenza di insidiose patologie delle vie respiratorie, e conseguenti numerosi decessi. Il Dott. Murray, medico del Charing Cross Hospital di Londra, già nel 1899 aveva visitato un cardatore di 33 anni che aveva lavorato per circa 14 anni in esposizione all’amianto e che l’anno dopo era già deceduto per asbestosi, e nel 1906, aveva chiesto all’assicuratore pubblico il riconoscimento e la liquidazione dell’indennizzo. Nel 1907 egli pubblicò ‘Report of the Department of Commitee on Compensation for Industrial Disease’246. La domanda non venne accolta, nonostante egli avesse segnalato altri 10 casi di operai della stessa ditta che erano deceduti per la stessa patologia polmonare e di cui aveva ritenuto sussistere il nesso di causalità, con la giustificazione del rinvenimento di lesioni tubercolari, in uno alle alterazioni fibrosclerotiche del polmone, all’esame autoptico. La Commissione governativa, incaricata del riconoscimento delle malattie professionali interrogò a lungo il dott. Murray, e gli atti furono pubblicati da Greenberg247 nel 1982 su una rivista scientifica americana, e successivamente in Italia da Carnevale e Chellini248, con un breve profilo del medico inglese e con alcune notizie sull’impiego dell’amianto in quell’epoca e sulle segnalazioni della sua pericolosità da parte del locale Ispettorato del lavoro. Come si evince dai verbali, il Dott. Murray dichiarò alla commissione d’inchiesta: 246 H.Montague Murray, REPORT OF THE DEPARTMENT OF COMMITEE ON COMPENSATION FOR INDUSTRIAL DISEASE, London, H.M. Stationery Office 1907, pag. 58. 247 M.Greenberg, THE MONTAGUE MURRAY CASE, Am.J.Ind.Med., 3:351-356, 1982. 248 F.Carnevale, E.Chellini, AMIANTO- MIRACOLI, VIRTÙ, VIZI, Editoriale Tosca, Firenze 1992. 84 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO “ho esperienza di un caso, che ho tenuto sotto osservazione per 14 mesi… si sente dire che oggi viene assunto in qualche impegno per ridurre l’inalazione della polvere, proprio perché la malattia non si manifesti così facilmente come prima”. e gli furono poste delle domande, alle quali rispose in modo molto chiaro: “pensa che quel tipo di malattia possa manifestarsi ancora? R. se c’è polvere, certamente; (ancora D. - Presidente della Commissione) nutre qualche dubbio sul fatto che la polvere di amianto possa causare fibrosi? R.: penso che non vi siano dubbi che l’abbia causata in questo specifico caso… R.: il paziente era un uomo di 33 anni. Aveva lavorato per circa 14 anni, nei primi 10 nel reparto cosiddetto di cardatura che descriveva come quello più a rischio per l’inalazione delle polveri. Sempre quel paziente mi ha confidato che delle 10 persone che lavoravano in quel reparto quando fu assunto, egli rimaneva l’unico in vita… dopo essere stato in cardatura per 10 anni, fu messo a lavorare in altro reparto, dove c’era molta meno polvere. Nel corso dell’ultima parte di quei 10 anni ha presentato due crisi diagnosticate come bronchite… Nel 1899, dopo aver lavorato per 13-14 anni, è giunto alla mia osservazione e ho constatato la presenza di una marcata fibrosi polmonare… D. Qual è stata l’evoluzione di tale episodio? R.: migliorò. Stette male per un mese prima di presentarsi in ospedale, vi rimase due mesi e poi ritornò a lavoro. Questo succedeva nella primavera del 1899. Lavorò per alcuni mesi, si ammalò nuovamente ed ebbe un nuovo ricovero nell’aprile del 1900, nel corso del quale è deceduto… D. Erano presenti dei segni di tubercolosi? R.: no, erano presenti dei linfonodi ingrossati… D. Vuole descrivere che cosa ha trovato nel corso dell’esame dei polmoni? R.: erano estremamente duri e fibrosi, specie a livello dei lobi inferiori. D. Di che colore erano?… si notavano delle aderenze pleuriche? R.: sì. D. Può dire alla Commissione che cos’è l’amianto?… Queste punte acuminate sono le punte dell’amianto? R.: sì… D. L’amianto può essere trovato nell’escreato? R.: sì, noi abbiamo esaminato l’escreato trovandovi polveri che però non possono essere distinte da polveri diverse dall’amianto… D. Il caso da lei descritto può essere richiamato per rappresentare la generalità dei casi di malattia di amianto? R.: sì. D. Nell’escreato è stata ricercata la presenza di bacilli di tubercolosi? R: certo, ma non sono stati ritrovati. D. L’esame post mortem dei polmoni poteva far sospettare la presenza di lesioni cavitarie tubercolari? R. No… D. Parlando più in generale, corrisponde al vero il fatto che la tisi fibroide come quella di cui si sta trattando è stata osservata molto di rado negli ospedali londinesi? R. corrisponde al vero”. La fibrosi polmonare riscontrata nel paziente, come si evince chiaramente dagli atti, fu causata esclusivamente dall’inalazione delle fibre di amianto e le stesse aderenze pleuriche evidenziate all’autopsia ne erano la conseguenza, ma il riconoscimento della tecnopatia venne negato, sul presupposto che il decesso fosse stato causato da tisi fibroide. In Francia, l’ispettore del lavoro Auribault 249: “nel 1890 una fabbrica di filatura e tessitura di amianto si insediò nelle vicinanze di Condé-surNoireau (Calvados). Durante i primi cinque anni di produzione nessun tipo di ventilazione artificiale assicurava l’allontanamento diretto delle polveri silicee prodotte nelle diverse fasi lavorative; questa inosservanza totale delle regole dell’igiene produrrà numerosi decessi tra il personale: una cinquantina di operai e operaie moriranno nell’intervallo precitato; il Direttore, in precedenza proprietario di una filatura di cotone a Gonneville (Manche), aveva reclutato 17 operai tra i suoi precedenti dipendenti; 16 di loro erano morti a causa della “chalicose” tra il 1890 e il 1895”. 249 Auribault M, NOTE SUR L’HYGIENE ET LA SECURITE Bulletin de Inspectorat du Travail, 1906; 14: 120-132. DES OUVRIERS DANS LA FILATURES ET TISSAGES D’ AMIANTE, CAPITOLO IV | 85 4.2 Le norme di igiene e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo. In Italia, già con R.D. n.45 del 3 febbraio 1901, venne approvato il regolamento per l’esecuzione della legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica, e nel R.D. 442 del 1909, le lavorazioni dell’amianto era considerate insalubri, con divieto di potervi adibire le donne e i minori, e nel D.M. del 17.07.1912, anche tutte le lavorazioni dei minerali erano considerate di seconda classe, con obbligo di speciali cautele per l’incolumità del vicinato. Con Legge 246 del 1902 venne istituito in Italia il Ministero di agricoltura, industria e commercio l’Ufficio del Lavoro250, e con R.D. n. 48 del 29.11.1903 ne fu approvato il regolamento esecutivo251: l’Ufficio del Lavoro doveva raccogliere le notizie dei lavoratori del Regno e degli emigrati, con l’istituzione del Consiglio Superiore del Lavoro, composto da 44 membri, tra i quali 1 ministro, 3 senatori, 3 deputati, 4 rappresentanti di camere di commercio, 4 rappresentanti di comizi agrari, 3 membri della federazione italiana delle società di mutuo soccorso, e 3 della lega nazionale delle cooperative, 2 delle banche popolari, oltre ai direttori generali dell’agricoltura, della statistica, della marina mercantile, dell’industria, della divisione credito e previdenza, dell’ufficio del lavoro e dell’emigrazione, oltre a 14 membri nominati con regio decreto. Il regolamento esecutivo era costituito da 28 articoli che definivano gli aspetti amministrativi sul suo funzionamento, e se ne fece menzione negli stessi testi divulgativi dell’epoca, tra i quali l’‘Enciclopedia Elementare’252 di Mario Lessona. Con R.D. n.51 del 31/1/1904, Vittorio Emanuele III emanò il ‘Testo Unico di Legge per gli infortuni degli operai sul lavoro’253, cui fece seguito il Regolamento d’igiene della città di Torino, del 1905254, che al cap. XVI, disponeva il decentramento delle industrie insalubri, in applicazione della norma di cui all’art. 38 della Legge sanitaria 22/12/1888 n.5849, cui seguiva l’innovativo Regolamento, nel 1907255, nel quale 11 capitoli con 104 articoli più un’appendice, conteneva le disposizioni legislative per la vigilanza sulle industrie insalubri o pericolose, ed un elenco delle ditte che potessero considerarsi tali, e si prescriveva già al capitolo I, art. 2, di aspirare localmente le polveri e i fumi e al cap. IV, artt. 31-42, dedicati alle cautele contro lo sviluppo e lo spandimento del pulviscolo, furono presi in esame i vari accorgimenti tecnici che gli industriali avrebbero potuto adottare, salvo ulteriori migliorie richieste dagli ispettori comunali, e altri regolamenti locali dello stesso tenore. 4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio del XX secolo. All’inizio del ‘900 in Italia fiorivano gli studi in materia di igiene industriale e medicina del lavoro, e iniziò le pubblicazioni la rivista ‘Ingegnere Igienista’, diretta dal prof. Luigi Pagliani, docente di Igiene della Regia Facoltà di Medicina e dall’ingegnere civile Carlo Losio, con esame interdisciplinare dei problemi legati alla sicurezza, applicati ai vari rami dell’ingegneria, secondo quanto disponeva all’art. 6 il R.Decreto 19 maggio 1898 (Ministero della Pubblica Istruzione), cui seguì un corso di igiene del quale il medesimo era docente, e le cui lezioni vennero fissate la domenica dalle 10.00 alle 12.00, affinchè vi potessero partecipare, oltre agli studenti, anche gli stessi architetti ed ingegneri attivi nella professione256. 250 L.n.246 del 29/6/1902, G.U.R. 7/7/1902 n.157. R.D.n.48 del 29/1/1903, G.U.R. 27/2/1903 n.48. 252 M.Lessona, DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, UTET, Torino 1911. 253 R.D. n.51 del 31/1/1904, Testo unico di legge per gli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 27/2/1904 n.43. 254 Città di Torino, REGOLAMENTO D’IGIENE, Vassallo Ed., Torino 1905. 255 Comune di Torino, REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI, 1 dicembre 1907. 256 Ingegnere Igienista, anno III 1902,p 12. 251 86 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Quel periodo fu fecondo, poiché oltre alla pubblicazione della rivista interdisciplinare, si è potuto veicolare il sapere scientifico, utile per prevenire le principali tecnopatie, attraverso la prevenzione primaria, e con l’utilizzo degli strumenti tecnici, della riduzione e contenimento, l’introduzione delle lavorazioni a umido e l’aspirazione localizzata e il confinamento delle attività polverose, e l’utilizzo degli strumenti individuali di protezione, quali le maschere. Nel 1902, il Lucchini, ne ‘Il Digesto Italiano’257 faceva ancora riferimento alle industrie insalubri e pericolose e il Dott. Giglioli, dell’Istituto di Clinica Medica di Firenze, pubblicò ‘Le malattie del lavoro’ nella sua seconda edizione258, nel quale ha descritto l’azione meccanica e chimica delle polveri sull’apparato respiratorio, e l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi, e prescritto le misure profilattiche, prime tra tutte di evitarne l’inalazione attraverso l’utilizzo di sistemi individuali di protezione. Nel 1903 venne pubblicato dalla Hoepli259 il manuale di I.Ghersi, ‘Imitazioni e succedanei nei grandi e piccoli prodotti industriali’, che conteneva una elencazione dei numerosi impieghi dell’amianto, dalla realizzazione dei materassi, che apparivano più igienici di quelli di lana, fino alla descrizione delle lavorazioni nelle fabbriche italiane, inglesi, tedesche e statunitensi; nello stesso anno il dott. Bertarelli, assistente presso l’Istituto d’Igiene della R.Università di Torino pubblica nella ‘Rivista di igiene e sanità pubblica’260 l’indagine relativa alle condizioni igieniche dei fonditori di caratteri nella ditta Nebiolo di Torino, e i rischi di saturnismo, con le relative ordinanze e norme di buona tecnica, in uso all’epoca sia per le polveri tossiche, quali appunto il piombo, sia per quelle sclerogene, per prevenire l’insorgenza di malattie professionali. Nel 1903 Effren Magrini261, ingegnere assistente tecnico del Regio Museo Industriale dal 1903 al 1926, pubblicò in ‘Annuario della Regia Università di Torino’ un testo sulla sicurezza e l’igiene nell’industria (‘La sicurezza e l’igiene dell’operaio nell’industria’)262, nel quale evidenziò come le polveri industriali determinassero l’insorgenza di numerose fibrosi tra gli operai esposti sui quali i sintomi clinici comparivano solo in fase avanzata, tanto da elencare tutta una serie di norme di buona tecnica volte a diminuirne la concentrazione nell’aria, tra le quali l’aspirazione, il divieto di immetterle all’esterno (con descrizione i collettori di polvere di Jouanny e Springer), fino alla descrizione dei mezzi di protezione individuale, rispetto ai quali suggeriva l’esigenza di migliorare le maschere respiratorie per poter proteggere le maestranze dalle polveri. Nel 1905 su un testo (‘Il secolo XIX’)263 che analizza le vicende politiche e culturali dell’epoca, H.Kraemer, riepilogava tutte le norme nazionali e internazionali in materia di protezione dei lavoratori, e il Dott. Giovanale Salsotto, sul I volume del Dizionario di Cognizioni Utili diretto da Mario Lessona264, ha definito il ‘cancro’ secondo criteri di tipo istologico, e ha classificato i tumori di origine epiteliale, che ha distinto in epiteliomi o carcinomi; e di questi ultimi la particolare aggressività (e successivamente, nel V volume, pubblicato nel 1917, lo stesso autore ha redatto la voce ‘tumori’, classificandoli sulla base del tessuto da cui derivano). Nel 1906, il dott. Pieraccini, libero docente di Patologia Speciale Medica del R.Istituto di Studi superiori di Firenze, medico primario e capo del servizio delle malattie del lavoro del R.Arcispedale di S.Maria Nuova in Firenze, ha pubblicato ‘Patologia del lavoro e terapia 257 L.Lucchini, IL DIGESTO ITALIANO, vol.XIII, p.I, UTE, Torino 1902. G.Y.Giglioli, LE MALATTIE DEL LAVORO, seconda edizione,Dante Alighieri Ed.,Roma 1902. 259 I.Ghersi, IMITAZIONI E SUCCEDANEI NEI GRANDI E PICCOLI PRODOTTI INDUSTRIALI, U.Hoepli Ed., Milano 1923. 260 RIVISTA D’IGIENE E SANITÀ PUBBLICA, diretta da L.Pagliani e A.Sclavo, anno XIV n.23, Torino 1903. 261 ANNUARIO DELLA R.UNIVERSITÀ DI TORINO 1903-1904, Stamperia Reale, Torino 1904. 262 E.Magrini, LA SICUREZZA E L’IGIENE DELL’OPERAIO NELL’INDUSTRIA, Nazionale Ed., Torino 1903. 263 H.Kraemer, IL SECOLO XIX, SEL Ed., Milano 1905. 264 M.Lessona, DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, vol.I, UTET, 1905 - Id., vol.V, 1917. 258 CAPITOLO IV | 87 sociale’265, nella cui prefazione mise in risalto l’importanza sociale e politica dell’igiene del lavoro per la salute della collettività e sulla necessità di indennizzare anche le malattie professionali oltre agli infortuni sul lavoro come già avveniva all’estero e nel capitolo XXX descrisse l’incidenza della tubercolosi polmonare nell’ambito delle diverse professioni. Sempre nel 1906, a Milano nel corso del Primo Congresso Internazionale per le malattie del lavoro, venne nominata la Commissione Internazionale Permanente per la medicina del lavoro, al quale, via via, hanno aderito numerosi paesi e che propose lo studio delle malattie professionali, pubblicando successivamente un bollettino ‘Origine et développement de la Commission Internationale permanente pour la medicine du travail - Atti del I Congresso Internazionale per le malattie del lavoro’, utile ai Paesi membri per promuovere adeguamenti legislativi finalizzati al miglioramento degli ambienti e delle condizioni di lavoro266, e durante il quale emerse in modo incontrovertibile il rischio morbigeno legato all’esposizione a polveri e fibre di amianto. Il Prof. L. Scarpa267 constatò che tra i 27.000 ammalati di tubercolosi polmonare, curati nel Policlinico Generale di Torino, tra il 1892 e il 1906, soltanto 30 erano stati esposti a polveri e fibre di amianto, per un impiego ancora esiguo nelle lavorazioni, e tra questi, 21 donne e 9 uomini, persero la vita entro un anno dalla diagnosi, tranne uno, e la progressione della malattia portò a far concludere che ci fosse una relazione con l’esposizione alle fibre di amianto, pur confermando che qualsiasi esposizione alle polveri dovesse essere evitata. Il clinico partecipò al XVIII Congresso di Medicina Interna, che si tenne a Roma nel 1908, e tenne una relazione nella quale giunse alle seguenti conclusioni: “nella mia sezione del Policlinico generale di Torino, su un totale di oltre 27.000 ammalati, curati e istoriati dal 1892, oggi non ho trovato registrati – e ciò nel lasso di tempo di 12 anni, cioè dal 1894 al 1906 – che 30 soli operai addetti a tale industria [dell’amianto] quali lavoratori sia nelle miniere sia nella fabbricazione dei tessuti di tale minerale, e più precisamente, donne 21 e uomini 9»; e aggiunge che di questi operai, 29 «si mostrarono affetti da processi più o meno gravi ed estesi di tubercolosi polmonare (...) con andamento rapido anzi galoppante (...) non si riuscì in essi nemmeno a ottenere il minimo miglioramento (...) e in meno di un anno, dalla prima visita, si ebbe per tutti esito letale. Evidentemente, non bastano 30 casi per formulare una qualsiasi proposizione assoluta, ma sembrami tuttavia che sia difficile pensare a una semplice coincidenza casuale, a proposito di 29 individui, fra il mestiere da essi esercitato e la malattia che li ha colpiti e che resti quindi giustificato – per lo meno come grido di allarme il sospetto che l’industria dell’amianto costituisca, forse a motivo dello speciale pulviscolo a cui dà luogo, una delle occupazioni più perniciose quanto a predisposizione verso la tubercolosi polmonare, sì che si impongano speciali misure d’igiene e speciali misure di lavoro per gli operai che vi si adibiscono ....La classe lavoratrice ha bisogno e possibilità di essere tutelata contro le insidie di quello stesso lavoro a cui chiede il sostentamento, che paga non di rado a prezzo della propria salute e della propria esistenza”. Questi studi costituivano le basi per istituire la Clinica del Lavoro di Milano e i presupposti delle due pronunce giurisprudenziali di Torino, in quanto hanno fatto acquisire la consapevolezza e l’unanimità scientifica sul fatto che le polveri, e quelle di amianto in particolare, fossero lesive per la salute umana. 265 G.Pieraccini, PATOLOGIA DEL LAVORO E TERAPIA SOCIALE, S.E.L. , Milano 1906. L. Carozzi, ORIGINE ET DÉVELOPPEMENT DE LA COMMISSION INTERNATIONALE PERMANENTE POUR LA MEDICINE DU TRAVAIL - ATTI DEL I CONGRESSO INTERNAZIONALE PER LE MALATTIE DEL LAVORO, Milano giugno 1906. 267 L.Scarpa, LAVORI DEI CONGRESSI DI MEDICINA INTERNA- INDUSTRIA DELL’AMIANTO E TUBERCOLOSI (XVIII Congresso tenuto in Roma nell’ottobre 1908), Roma marzo 1909. 266 88 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano. Nei primi anni del ‘900, i problemi sociali ebbero un gran peso nella vita pubblica italiana, specialmente in Lombardia, regione che ha visto la nascita del socialismo italiano, e nella quale, in un clima desideroso di riforme sociali, il giovane professore dell’Università di Pavia, Luigi Devoto268, incominciò, con scritti e conferenze, a mostrare quanto la Medicina avrebbe potuto fare per organizzare il lavoro su basi così fisiologiche da abolire, insieme alla fatica ed ai pericoli, la maggior parte dei contrasti tra capitale e lavoro (Conferenza di Brescia, 1901). Il Consiglio Comunale di Milano, nella seduta del 20/11/1902, forte anche della donazione ricevuta dall’Ing. Siro Valerio, in data 02.03.1893, al fine di costituire una sede della Facoltà di Medicina anche a Milano, approvò a larga maggioranza (57 voti favorevoli e 7 contrari, su 64 votanti) la proposta della coalizione democratica facente capo al sindaco Giuseppe Mussi, circa il progetto di fondazione di un Istituto Superiore di perfezionamento per giovani medici, con varie strutture, tra le quali anche una ‘Clinica del Lavoro’269, avente quale scopo precipuo, già indicato dal Devoto, di studiare scientificamente le cause delle malattie professionali, diffondendone la conoscenza clinica tra i medici, oltre la diagnosi e la cura delle sospette malattie professionali e il controllo periodico della salute degli operai addetti alle industrie in genere e a quelle insalubri in particolare, nonostante la spaccatura che si venne a creare all’interno dello stesso Partito Socialista, tra coloro che sostennero Devoto (ambiente socialista femminile o ad esso più vicino, grazie agli studi svolti a Pavia sul lavoro delle mondine) e quelli che si identificavano nella figura di Paolo Pini (18751945), socialista noto come ‘medico dei poveri’, che riteneva più appropriato creare un Ispettorato Medico del Lavoro, con invio diretto dei sanitari sui siti, al fine di poter svolgere i controlli necessari e le attività di prevenzione ed evitare l’insorgenza delle tecnopatie, tra i quali il dott. Edoardo Bonardi, politico socialista e medico sociale, primo docente di Medicina sociale presso gli istituti clinici di perfezionamento; il dott. Angelo Filippetti, medico e politico socialista, sindaco di Milano dal ’20 al ’22270; il dott. Annibale Bertazzoli, ostetrico-ginecologo, che fu politico di tendenze radicali e assessore dal ’22 al ’26, i quali votarono contro l’istituzione della Clinica, che venne finalmente costruita a Milano, tra il 1907 e il 1910, e divenne la prima Clinica del Lavoro al mondo. 4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Torino. Nella primavera del 1906, le società ‘Bender e Martiny e The British Asbestos Company Limited’ (già Perotti e Brauns), site in Nole programmarono una ristrutturazione aziendale che contemplava di attribuire tre macchine ogni due operai, invece che una per ciascuno e un aumento dell’orario di lavoro da 9 ore a 10 ore e mezzo, con il licenziamento di molte delle maestranze. Ci fu dunque una protesta, e degli scioperi, e il giornale ‘Il Progresso del Canavese e delle Valli Stura’271, diretto dall’avv. Carlo Pich, gerente il Sig. Arturo Mariani, ed edito a Ciriè, prese le parti dei lavoratori e pubblicò diversi articoli con i quali sosteneva le loro ragioni, facendo riferimento alla pericolosità delle polveri di amianto per la salute, e alla riduzione delle loro aspettative di vita, e influì così sulla trattativa, che si risolse positivamente con aumenti salariali, senza alcun licenziamento. 268 DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI, Ist.Enc.Italiana , Roma 1991. B.Zanobio, FONDAZIONE, NASCITA, PRIMI PASSI DELLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO. SUOI CONTESTI STORICO E SOCIALE, Med.Lav. 1992; 83,1:18-32. 270 E fu rimosso dai fascisti da Palazzo Marino. 271 IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI STURA, N.22 anno VI,/6/1906 - n. 23 anno VI,8/6/1906 - n.24 anno VI 15/6/1906 - n.33 anno VI 17/8/1906 - n.41 anno VI 12/10/1906 - n.44 anno VI 2/11/1906 - n.23 anno VII 7/6/1907 n.24 anno VII 14/6/1907. 269 CAPITOLO IV | 89 La società ‘The British Asbestos Company Limited’, già Perotti & Branny, chiese a ‘Il progresso del Canavese e delle Valli di Stura’ di rettificare le notizie circa la pericolosità delle fibre di amianto e la lettera venne pubblicata al n. 23 dell’8 giugno del 1906 con una nota della redazione con la quale si esprimeva vivo compiacimento per il ‘trionfo delle giustissime domande operaie...’, e ciò272 “anche a costo di suscitare gli sdegni della Compagnia abbiamo sempre affermato che le domande operaie erano giuste dato il genere di industria che annualmente fa un numero incredibile di vittime”. La ‘British Asbestos Company Limited’ reagì ingiungendo di rettificare, richiamando le norme di cui all’art. 43 del Reggio Editto sulla stampa, e che venne riportata sul successivo n. 24 del 15 giugno con il titolo ‘A proposito di sciopero a Nole’, e in essa si poteva leggere tra l’altro: “Soprattutto la prego di smentire l’avventata affermazione che la nostra industria faccia annualmente un numero incredibile di vittime! Io sfido Lei e chiunque altro a provare che ciò risponde al vero; e sarei lieto che Ella avesse il coraggio di persistere in quella sua affermazione, per avere campo di fare risultare giudizialmente la falsità assoluta”273. Ne fece seguito una nota redazionale: “non comprendiamo neppure ciò che egli [il sig. Brauns] voglia rettificare. I nostri commenti? Non abbiamo che da confermare parola per parola, ciò che abbiamo scritto non avendo mancato né alla legge, né all’eduzione: non comprendiamo davvero lo sdegno del sig. Brauns. Il nostro torto principale sembra quello di aver scritto che l’industria dell’amianto è più nociva delle altre e fa annualmente un considerevole numero di vittime. Ebbene chiunque consulta le statistiche mortuarie di Nole troverà spesso queste parole: tifi, anemia, gastro-enterite. Se poi si va a cercare la professione si troverà con una triste frequenza: operai ed operaie dell’amianto. Questo ben inteso non avviene solo nello stabilimento della British, ma non ci sembra di offendere nessuno quando, come liberi pubblicisti, scriviamo che gli operai dell’amianto sono degli di un qualche riguardo rispetto al salario più degli operai delle altre industrie”274. La società londinese citò in giudizio l’Avv. Pich e il Sig. Mariani davanti al Tribunale Penale e Civile di Torino per chiederne la condanna al risarcimento dei presunti danni, sostenendo che non corrispondesse al vero275 “che l’industria dell’amianto fa annualmente un numero incredibile di vittime e che dalle tavole necrologiche di quel Comune appare che con triste frequenza operai ed operaie dell’amianto muoiono per tisi, anemia, o gastro-enterite”. I convenuti si sono costituiti in giudizio ed hanno contestato le deduzioni e richieste dell’attrice, perché dal certificato del sindaco di Nole risultava che ‘fra gli operai dell’amianto residenti in Note vi furono […] nel quinquennio 1902-1906 dieci morti (7 per tubercolosi polmonare, 1 di bronchite, 1 per tifo, 1 per infortunio sul lavoro), che fra gli operai (molto più numerosi) dell’industria del cotone i morti furono pure in numero di dieci e fra quelli dell’industria dei manici di frusta (più numerosi ancora …) quattordici’; e, dalla dichiarazione del Sindaco di Villanova Canavese, ‘…come nocivo per gli operai il lavorare nell’amianto’; e dai certificati medici ‘si evince che gli operai lavoranti a Nole nelle fabbriche per la lavorazione dell’amianto vanno soggetti a bronco-polmoniti dovete alle aspirazioni della polvere di quel minerale’ e che ‘la 272 IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 08.06.1906, n. 23, pag. 2. IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 15.06.1906, n. 24, pag. 2. 274 IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 15.06.1906, n. 24. 275 Tribunale di Torino, Sentenza n. 1209 del 31.10.1906, pag. 5 della trascrizione dattiloscritta. 273 90 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO bronchite […] offre terreno favorevole allo sviluppo del bacillo della tubercolosi’, poichè ‘è cosa da tempo risaputa che gli operai dove si lavora l’amianto si ammalano più facilmente, in confronto degli operai che frequentano altri stabilimenti […] di malattie croniche delle vie respiratorie e in conseguenza di enfisema, di tubercolosi polmonare’; e dall’attestazione di 4 consiglieri comunali di Nole Canavese che ‘l’opinione pubblica di quel comune considera l’industria dell’amianto come nociva e pericolosa a causa della polvere […] pelli operai e operaie che vi lavorano, tanto che essi sanno che molti operai e operaie di Nole dopo di avere lavorato per alcun tempo nell’amianto passano a lavorare in altri stabilimenti diversi, anche con eventuale diminuzione di salario’. Il Tribunale di Torino, seconda Sezione Civile, con Sentenza 22.10.1906 (nel definire il giudizio iscritto al ruolo n.1197-1906, n. cron. 8688, n. rep. 9914 -Archivio di Stato di Torino, sez. riunite -)276 ha rigettato la domanda risarcitoria ed ha assolto l’Avv. Carlo Pich e il gerente Arturo Mariani poiché: “l’attrice […] muove all’avvocato Pich e al suo giornale” l’accusa di “aver affermato contro verità che l’industria dell’amianto è per la salute degli operai pericolosa più delle altre che hanno opifici di Nole Canvaese; che la stessa fa annualmente un numero incredibile di vittime; che nelle tavole necrologiche di quel Comune appare con triste frequenza segnato il decesso di operai ed operaie dell’amianto per tisi, per bronchiti e per gastroenterite […]. Il male è, per l’attrice, che […] nella specie… non vi è nella pubblicazione del Progresso la narrazione di fatti non veri o maliziosamente alterati; e perché si dimentica dall’attrice, che se il fatto è lecito non può il giornalista essere ricerco di danni […]. Purtroppo disse il vero il Progresso del Canavese circa alla mortalità degli operai […]; ed è pur vero nella sostanza […] quanto scrisse in riguardo alla pericolosità della lavorazione dell’amianto; conseguentemente fu giusta ed onesta […] l’osservazione che quelli operai sono degli di qualche riguardo più degli operai delle altre industrie; intendendo di quelle di Nole. E con ciò non esorbitò lo scrittore dal suo diritto e non venne meno all’ufficio suo difendendo la causa degli operai e denunciando come nocivo quel genere di lavoro […]. Mantenuto nell’ambito di una tale obbiettività lo scritto, non si sa vedere come si possa, senza incorrere nella taccia di audace, sostenersi dalla The British Company che le venne fatta ingiuria e che ha ragione ad un indennizzo pecuniario. Forsechè discutere della nocività o meno per l’operaio della lavorazione dell’amianto, o di altra materia, esorbita dal diritto di libera critica che la nostra legge statutaria riconosce alla pubblica stampa? Mai no […]. Non vi fu ingiuria […] perchè quando accennava alla pericolosità della lavorazione dell'amianto e alla grave mortalità che colpisce e colpiva in Nole gli operai che vi sono addetti in confronto 276 Tribunale di Torino, sez.II, sentenza civile. 1906 ottobre 22, ruolo n.1197=1906, n.cron. 8688, n. rep. 9914 (Archivio di Stato di Torino, sez. riunite). CAPITOLO IV | 91 di quella che si verifica, fatte le debite proporzioni, negli operai addetti ad altri generi di industrie, diceva disgraziatamente il vero [...]. Le produzioni fatte in causa e che vennero nella prima parte della presente sentenza riassunte, lo provano abbondantemente e d'altra parte è particolare, questo della pericolosità delle lavorazioni in ambienti torbidi per polveri sospese nell'aria che vi si respira, di cognizione comune a tutte le persone anche soltanto mediocremente colte. Il Tribunale non può entrare in un campo scientifico che non è il suo, ma può ben dire ciò che è, e deve essere scienza di tutti. Può dire cioè che la cognizione dell’ esistenza di malattie professionali è cognizione antica; e che a cominciare dal 1700, quando il Ramazzini professore a Modena scriveva il su De Morbis artificum diatriba, per venire al Sanarelli, al Revelli, all'Albrecht al Giglioli che scrissero in questi ultimi anni sulle malattie del lavoro, a giungere fino all'anno corrente in cui di esse si discusse a Milano nel Congresso Internazionale per le malattie del lavoro, tutti coloro che come medici o come sociologi dell'igiene dei lavoratori si occuparono, riconobbero che ogni lavoro ogni professione porta con sè morbi speciali, o quanto meno modifica l'organismo profondamente [...]. Riconobbero i più altresì che fra le industrie pericolose o quanto meno fra quelle che agiscono direttamente o indirettamente sulla mortalità o sulla mobilità umana vi sono quelle che indicarono col nome di polverose, e tra queste in prima linea le industrie nel cui lavorio si sollevano polveri minerali, siano esse ad azione meccanica siano ad azione chimica. Scrissero ancora che fra le polveri ad azione meccanica sono più pericolose quelle provenienti da sostanze silicee, in quantoché per la costituzione delle particelle che le compongono vengono a ledere le vie degli apparati respiratori, quando non giungono fino al polmone, predisponendole allo sviluppo della tubercolosi, facilitandone la diffusione, aumentandone la gravità. Tutto questo sapendo, lo scrittore del Progresso del Canavese poteva bene, senza colpa d'imprudenza o di leggerezza, scrivere che l'industria dell'amianto è pericolosa; dell'amianto che nessuno vorrà negare sia un minerale composto fra l'altro di silice in proporzione superiore al 50% (secondo Bergman 63,9%) [...]. Anche qui bisogna riconoscere che [...] lo scrittore ha detto il vero, sette morti per tisi e uno per bronco-polmonite sui soli operai dell'amianto, contro 17 degli operai di tutte le altre industrie, che formano quasi il quintuplo dei primi, è pur un qualche cosa che il giornalista poteva dire impressionante [...]. E l'avvocato Pich fu esatto anche quando scrisse che la mortalità in genere è maggiore fra li operai dell'amianto che fra quelli delle altre industrie; i certificati prodotti lo provano in modo veramente irrefutabile”. La ‘The British Asbestos Company Limited’ ha impugnato la sentenza del Tribunale innanzi la Corte di Appello di Torino, la quale definì il giudizio cron. n. 578, rep. n. 325, confermando la decisione del Tribunale di Torino, con la Sentenza, della I sezione civile del 4 giugno del 1907, n. 334, registro n. 116/1907 (Archivio di Stato di Torino, sez. riunite277) e le domande risarcitorie vennero definitivamente rigettate. La motivazione della Sentenza confermava i danni che le fibre di amianto erano capaci di arrecare alla salute umana, secondo le acquisizioni scientifiche già risalenti agli studi di Ramazzini, Sanarelli, Revelli, Albrecht, Giglioli, Bergmann e Graziadei, che erano stati già rivalutati nella loro attualità nella Sentenza del Tribunale, la quale aveva messo in evidenza come anche il consulente di parte attrice, Prof. Pagliani, non aveva potuto smentire quanto avevano riferito gli attori: 277 Corte d’Appello di Torino, sez. I civile, 1907 giugno 4, cron. n. 578, rep.n.325, sent. n.334, registro n. 116/1907 (Archivio di Stato di Torino, sez. riunite). 92 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO “La società appellante si indugia lungamente per dimostrare come la colpa civile dell'autore degli articoli lamentati sorga allorquando esso trascese a dire che innumerevoli sono le vittime che annualmente soccombono per malattie contratte nella lavorazione dell'amianto, recando con tale affermazione necessariamente danno all'opificio da cui rimase sviata la maestranza. Ma a parte la disquisizione scientifica [...], colui che vergò gli scritti denunciati e si avventurò alle considerazioni di cui si duole la società appellante, vi agì trovato animato dalla massima buona fede quando disse che la lavorazione era più nociva delle altre eseguite in quella industre plaga [...]. Il concetto suo, il quale soltanto porge la misura della responsabilità per colpa aquiliana, rimane sempre quello dianzi accertato, di presentare un argomento fondato in fatto favorevole alla tesi sostenuta dagli operai, cosa questa lecita ed onesta. Posciachè la circostanza che la lavorazione di qualsiasi materia che sprigioni delle polveri [...] aspirate dall'operaio, sia dannosa alla salute, potendo produrre con facilità dei malanni, è cognizione pratica a tutti comune, come è cognizione facilmente apprezzabile da ogni persona dotata di elementare cultura, che l'aspirazione del pulviscolo di materie minerali silicee come quelle dell'amianto [...] può essere maggiormente nociva, in quanto le microscopiche molecole volatizzate siano aghiformi od almeno filiformi ma di certa durezza e così pungenti e meglio proclivi a produrre delle lesioni ed alterazioni sulle delicatissime membrane mucose dell'apparato respiratorio”. Queste sentenze sono dunque attuali e certificano come fosse noto, non solo al mondo scientifico, ma affermato dalla giurisprudenza che l’amianto fosse dannoso per l’uomo e per l’ambiente, in un periodo nel quale ancora qualcuno, nell’interesse delle società produttrici, si affanna a sostenere che non ci sarebbe unanimità scientifica sul nesso causale tra esposizione e patologia278, e quando quelle aziende fanno ormai parte della ‘archeologia dell’industria’279. 4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto. Nel contesto di un’esposizione di Igiene280, che si tenne a Berlino nel 1907, contemporanea al XIV Congresso Internazionale di Igiene e Demografia, è emersa l’importanza delle malattie professionali, e Müller281 pubblicò ‘Malattie delle vie respiratorie’, con il quale descrisse l’aspetto anatomopatologico delle pneumoconiosi, il meccanismo di depurazione polmonare per via linfatica e il ruolo dei macrofagi nelle fibrosi polmonari. Nel 1908, il Dott. Allevi pubblicò ‘Le malattie dei lavoratori e l’igiene industriale’282, e sostenne: “il medico ha il dovere di essere all’avanguardia d’ogni progresso sociale, perché nella diagnosi delle malattie non può dimenticare i rimedi necessari alla difesa dell’individuo e della specie. Spesse volte, data la divergenza degli interessi, la sua parola riuscirà a molti molesta”, alla luce dei fattori professionali di premorienza e le varie tecnopatie, legate principalmente alle 278 Amplius, Ezio Bonanni, IL NESSO DI CAUSALITÀ IN TEMA DI PATOLOGIE ASBESTO CORRELATE, in Diritto dei lavori, anno V, n. 2, luglio 2011, Cacucci Editore, in internet www.csddl.it con speciale riferimento alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, IV^ Sezione Penale, Sentenza n. 38991 del 04.11.2010 e n. 43786 del 13.12.2010, con ulteriori sviluppi giurisprudenziali con la Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15156 del 11.07.2011 e con la Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 2251 del 16.02.2012, con le quali sembra essere stata riaffermata la consapevolezza giudiziaria della influenza di qualsiasi esposizione ai fini dell’aumento del rischio, della diminuzione dei tempi di latenza, e del sinergismo di qualsiasi esposizione morbigena, secondo il principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 del codice penale. 279 K.Hudson,THE ARCHEOLOGY OF INDUSTRY, Newton Compton Ed., ediz.italiana, Roma 1979. 280 IL RAMAZZINI - GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA SOCIALE, anno I, fasc.1, gennaio 1907. 281 F.Müller, MALATTIE DELLE VIE RESPIRATORIE, S.E.L. Ed., Milano 1907 . 282 G.Allevi, LE MALATTIE DEI LAVORATORI E L’IGIENE INDUSTRIALE, Hoepli Ed., Milano 1908. CAPITOLO IV | 93 polveri e l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi polmonare, con l’elenco dei principali problemi di igiene industriale, tra i quali quelli relativi all’influenza pericolosa dell’industria sul vicinato. Egli raccomanda l’utilizzo dei sistemi individuali di protezione, e di aspirazione localizzata, che vengono descritti, e di armadietti separati per gli abiti civili e le tute da lavoro, con locali specifici per la mensa, per l’infermeria e per idonei servizi igienici, e auspica l’istituzione di casse di maternità. Parlando della legislazione sociale, l’autore ricorda che sin dal 1363 a Venezia il doge Lorenzo Celsi elesse i magistrati dei Giustizieri, con il compito di sorvegliare le fabbriche; Napoleone I il 15/10/1810 emise un decreto riguardante l’esercizio delle industrie, mentre nel Regno Lombardo-Veneto, con ordinanza del 7/11/1843 si vietava l’impiego nelle industrie dei fanciulli con età inferiore ai 9 anni (14 anni per i lavori pericolosi); Ferdinando II di Borbone, soprannominato il “Re Bomba”, nel 1850 promulgò una legge sul lavoro nelle solfare. Sempre nel 1908, il Dott. Filippo Accorimboni pubblicò un manuale d’igiene pratica283 per le scuole maschili, nel quale descrisse i danni polmonari da polveri (cfr. pag. 67) e inserì, finanche, delle nozioni elementari di pronto soccorso; il Prof. A. Di Vestea ha pubblicato, per le scuole medie e magistrali, ‘Principi di Igiene’284, nel quale illustrò il concetto di coefficiente di utilizzazione del macchinario ed esaminò gli inconvenienti sanitari degli operai e del vicinato e, nel capitolo dedicato alle malattie professionali, richiamò le pneumoconiosi e la frequente associazione con la tubercolosi, descrisse le maschere e il fatto che fossero mal tollerate dai lavoratori ed infine i vari sistemi di aspirazione. Nel 1909 venne pubblicato in Italia il famoso trattato di E.Roth sulle ‘Malattie Professionali ed Igiene del Lavoro’, edito originariamente a Potsdam nel 1904285, nel quale furono raccolti tutti i testi sulle conferenze aventi ad oggetto l’assicurazione e la legislazione protettiva del lavoratore tenute tra il 1900 e il 1903 alla Charité di Berlino; nel cap. I, citando anche il primo convegno dei lavoratori a domicilio, tenutosi a Berlino nel marzo 1904, si richiamavano gli studi statistici sulle assenze per malattia insieme alla possibilità di errori dovuti al fatto che, per alcuni lavori, vengono prescelte solo persone sane, mentre per altri si utilizzano anche soggetti già ammalati (ad esempio, lavori domiciliari di sartoria potevano essere svolti anche da persone già affette da tubercolosi); si evidenziava che in Inghilterra la denuncia delle malattie professionali è stata introdotta nel 1895, dapprima per 4 e successivamente per 11 tecnopatie, consentendo talvolta di eliminare difetti del ciclo produttivo; nei sistemi inglese e tedesco, erano state introdotte visite preventive per tutte le persone da avviare al lavoro, e, periodicamente, per i lavoratori delle industrie insalubri (Germania 1893), svolte possibilmente da medici non stipendiati dai datori di lavoro (in Italia, solo in alcuni paesi del Piemonte, si richiede una visita medica all’atto dell’assunzione nell’industria dei fiammiferi, che dichiari l’operaio immune da carie dentali); mentre, in Belgio e in Inghilterra, si adottava un registro sanitario di fabbrica; auspicandosi, così, anche in Italia, una sollecita approvazione di un’assicurazione contro le malattie professionali, secondo i criteri esposti da ‘Devoto al Congresso Internazionale delle Assicurazioni sociali’ di Roma del 1908. Si sottolineava, infine, l’opportunità di collegare l’attività di sorveglianza igienico-sanitaria dell’ispettore medico con quella igienistica degli uffici comunali di igiene, come segnalato da un’apposita commissione riunitasi a Monaco di Baviera nel 1906 che ha stabilito i compiti del medico di fabbrica, e la necessità della sua formazione in igiene e medicina del lavoro, con corso 283 F.Accorimboni, NOZIONI D’IGIENE PRATICA PER LE SCUOLE MASCHILI, II edizione, Soc.Dante Alighieri Ed., Milano 1908. 284 A.Di Vestea, PRINCIPI DI IGIENE, UTET, Torino 1908. 285 E.Roth, MALATTIE PROFESSIONALI E IGIENE DEL LAVORO, trad. dr. L. Carozzi, prefazione prof. L. Devoto, Treves Ed, Milano 1909. 94 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO teorico pratico semestrale, e successivo apprendistato di 1-2 anni. I medici di fabbrica dovevano possibilmente essere selezionati tra coloro che avevano già maturato esperienza nella cassa malattia, dove vigeva il criterio di libera scelta del medico, auspicando il mantenimento del doppio ruolo di medico curante e aziendale, al fine di poter meglio valutare sia le tecnopatie sfumate sia quelle più gravi, che, determinando assenza dal lavoro, non sarebbero altrimenti giunte a conoscenza del medico di fabbrica. Nel III capitolo venivano trattate le polveri, i relativi danni e le difese, nonché la diffusione della tubercolosi polmonare e le norme di buona tecnica; l’autore ricordava che “l’aspirazione della polvere si deve fare ancora in modo che non passi davanti agli operai che lavorano nel locale; quindi non si dovrà approvare la posa di aspiratori sul soffitto, poiché in tal caso la polvere è obbligata a passare vicino alla bocca dell’operaio”(pag.126) “Non si dovrà infine dimenticare che il pericolo dell’inalazione della polvere non è niente affatto limitato allo stabilimento in sé, ma che anche tutto il paese può essere più o meno disturbato dall’azione di una polvere nociva o incomoda” (pag.130). Italo Pedrazzini, medico condotto di Bormio, nel 1910 pubblicò un manuale divulgativo di igiene286 del lavoro in cui affermava che ‘tra le principali cause che rendono un lavoro malsano non possiamo però dimenticare la polverosità dell’ambiente dove il lavoro è compiuto’. Veniva poi segnalato che i danni variano in rapporto alla natura e alla quantità delle polveri inalate, e si evidenziava come l’aspirazione e la lavorazione a umido riducano notevolmente i rischi; l’autore consigliava poi l’adozione di mezzi di protezione individuale e scrive che le maschere ‘purtroppo entrano poco nella pratica, anche per un certo senso di male intesa fierezza del proprio lavoro che hanno certi operai e che li porta a disdegnare ogni sorta di precauzione’. Un commento in chiave giuridica di tutta la normativa relativa all’igiene del lavoro, alle industrie insalubri e pericolose e agli infortuni dei lavoratori, unitamente ad un confronto con la legislazione straniera, è contenuto in un testodel 1910287. Il 20 marzo 1910 avvenne a Milano la solenne inaugurazione della Clinica del Lavoro tanto voluta da Devoto - come illustrato all’inizio del presente paragrafo - , con partecipazione di personalità politiche, mediche ed istituzionali, nazionali ed internazionali; in quell’occasione, il prof. Langlois, in rappresentanza del Ministro del Lavoro francese, affermò: “Aujourd’hui est une date historique, qu’elle marque un’époque dans l’évolution incessante de la vie sociale des peuples... L’Italie, et plus particulièrment l’Administration communale de Milano, donne ici au monde entier un noble exemple... La Clinique des maladies professionnelles est appelée à devenir un centre d’instruction mondial”. Devoto, già nel consuntivo del primo triennio, evidenziava, tra gli argomenti studiati dalla Clinica del Lavoro, la patologia da polveri; pertanto dal 1912, a livello medico-specialistico, si puntualizzava l’incidenza delle patologie da polveri, nel contesto industriale del nord Italia. Il 12.07.1910 all’Università di Torino si è laureato in Medicina e Chirurgia, con il voto 88/110 lo studente Giorgio Castagneri, nato a Nole Canavese l’1/6/1884, iscritto al I anno accademico di Medicina nel 1903-1904, con successivo trasferimento alla Facoltà di Scienze nel dicembre del 1903 e ritorno a Medicina nel 1904-1905, con una tesi altamente innovativa288 su ‘un 286 I.Pedrazzini, ELEMENTI DI IGIENE, Paravia Ed., Torino 1911. G.B. Cereseto, LA LEGISLAZIONE SANITARIA IN ITALIA- COMMENTO ALLA LEGGE 22/12/1888 N.5849 E ALLE LEGGI COMPLEMENTARI ED AFFINI, (T.U.17/7/1907 n.636), vol. III, UTET, Torino 1910. 288 E.C. Vigliani, A GLANCE AT THE EARLY ITALIAN STUDIES ON THE HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS, Med. Lav. 82: 489491, 1991. 287 CAPITOLO IV | 95 caso mortale di asbestosi complicato da tubercolosi’, il quale si è iscritto all’Ordine dei Medici il 19/9/1914 n.627; dopo aver svolto attività di ufficiale sanitario289 a Nole Canavese, è deceduto il 3/7/1956. 4.7 L’istituzione dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche con il divieto di esportazione dell’amianto e la evoluzione normativa nel primo decennio del XX secolo. Come già evidenziato290, “Il Regio Decreto 14 giugno 1909, n. 442… approvava il regolamento per il TU. della Legge per il lavoro delle donne e dei fanciulli, all'articolo 29, tabella B n. 12, includeva la filatura e tessitura dell'amianto tra i lavori insalubri o pericolosi nei quali l'applicazione delle donne minorenni e dei fanciulli era vietata o sottoposta a speciali cautele, con una specifica previsione dei locali ove non sia assicurato il pronto allontanamento del pulviscolo. Analoghe disposizioni dettava il regolamento per l'esecuzione della legge su lavoro delle donne e dei fanciulli, emanato con D.Lgt. 6 agosto 1916 n. 1136, articolo 36, tabella B, n. 13”. Con legge n. 1361 del 22.12.1912, G.U. 20/5/1913 n.117 e R.D. n.431 del 27/4/1913, G.U. 3/1/1914 n.2, venne istituito l’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro291, alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura, industria e commercio che prevedeva l’istituzione di un corpo di ispettori dell’industria del lavoro con i poteri di recarsi in ogni momento nelle aziende, ispezionare ed elevare verbali di contravvenzione, e nel cui ruolo l’ispettore capo circolo e il capo di ispezione a disposizione del Ministero potevano essere occupati soltanto da laureati in medicina con competenza in igiene industriale. Con l’art. 1, R.D.L. n° 1278/1914, si vietò l’esportazione dell’amianto e dei suoi prodotti, anche al fine di evitare il rischio di insorgenza di controversie, in relazione ai danni che avrebbe potuto determinare, ed in ogni caso per salvaguardare gli interessi dei produttori italiani che lo utilizzavano. Il 15/5/1919 venne emanato il Decreto-legge Luogotenenziale 292, che dettava le norme per la compilazione del regolamento generale e di quelli speciali circa l’igiene del lavoro, che comminava le penalità per le contravvenzioni ai regolamenti medesimi, convertito in legge n. 473 del 17.04.1925293. 4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo. Nel III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro294, che si tenne a Torino nell’ottobre del 1911, e al quale hanno partecipato specialisti provenienti da tutta Italia, la terza seduta venne dedicata alle patologie polmonari da inalazione di polveri, e nella relazione di Cesa-Bianchi e di Devoto, della Clinica del Lavoro di Milano, fu illustrata la crescente incidenza di patologie delle vie respiratorie negli operai delle industrie nelle quali c’era polvere nell’ambiente lavorativo. 289 Ricettario del dott. Giorgio Castagneri. Così nella Sentenza della Corte di Cassazione, n. 15159 dell’11.07.2011, e già in precedenza nella Sentenza della Corte di Cassazione n. 5117/08. 291 L.n.1361 del 22/12/1912, G.U. 20/5/1913 n.117 - R.D. n.431 del 27/4/1913, G.U. 3/1/1914 n. 2, da M. Moffa, L’ISPETTORATO DEL LAVORO, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1968. 292 D.L. Luogotenenziale n.818 del 15/5/1819, Norme per la compilazione del regolamento generale e di quelli speciali circa l’igiene del lavoro, G.U. 2/6/1919 n.130. 293 L. n.473 del 17/4/1925, Conversione in legge di decreti luogotenenziali, G.U. 5/5/1925 n.104. 294 ATTI DEL III CONGRESSO NAZIONALE PER LE MALATTIE DEL LAVORO (MALATTIE PROFESSIONALI), Torino, 13-16 ottobre 1911, L.Checchini Ed., Torino 1911. 290 96 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Gli atti del congresso confermano come era emerso il ruolo delle fosse nasali come filtro naturale, e la funzione protettiva dello starnuto, della lacrimazione e della tosse e del meccanismo con il quale il muco e le ciglia determinino la difesa dalle polveri, che si depositano nel polmone di destra, per le maggiori dimensioni dei bronchi in quel lato e più consistente afflusso di aria. Si evidenziò l’opportunità di non costruire case nelle immediate adiacenze dei grandi stabilimenti industriali (cfr. p.285), per evitare i rischi da inquinamento ambientale. Nel suo intervento il prof. Pagliani sostenne che le polveri pericolose dovessero essere rimosse dal loro punto di produzione. Cesa-Bianchi concordò con le osservazioni con il Dott. Loriga e Giglioli sul fatto che “possono esistere casi di pneumoconiosi gravi, capaci di decorrere a sé, senza intervento di fattori infettivi specifici, con sintomi rilevanti ed a carattere progressivo, o con esito talora letale” (cfr. p. 304). L’ing. E.Magrini, direttore della Mostra Permanente di Igiene Industriale annessa al Regio Politecnico, intervenne per illustrare come fin dalla sua fondazione (1909) e inaugurazione (agosto 1911) ha perseguito lo scopo di offrire consulenze gratuite su questioni di igiene industriale, e con aggiornata esposizione permanente di apparecchiature per la prevenzione delle tecnopatie e precisando che “ “mentre lo studio dell’igiene industriale, ebbe si può dire le sue origini in Italia, e trovò tra i nostri scienziati numerosi cultori, purtroppo nella applicazione dei suoi fondamentali principi nei nostri stabilimenti industriali, ebbe fino ad ora uno sviluppo minimo... Nei numerosi stabilimenti italiani è molto raro trovare in funzione ottimi e razionali sistemi di ventilazione, per asportare i pulviscoli, le polveri.....” (cfr.p.534). Sempre nel 1911 fu tradotto in italiano il trattato in lingua francese ‘Malattie dei polmoni, dei bronchi e della trachea’295, nel quale una sezione era dedicata alle pneumoconiosi, e della necessità di ottenere la rimozione delle polveri depositate a livello bronco-polmonare, anche per via linfatica, e vengono consigliate misure di protezione e di prevenzione, quali le maschere protettrici e i sistemi di ventilazione. Nello stesso anno a Torino, venne celebrata l’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro, e ai congressisti il Municipio ha distribuito quale omaggio sulla guida sulle istituzione igieniche e sanitarie della città per l’occasione del cinquantenario della proclamazione del Regno d’Italia, e a pag. 69 furono descritti i nuovi istituti universitari del Valentino, iniziati nel 1884, e ultimati nel 1890, e che comprendevano anche l’Istituto di Igiene.296 Contemporaneamente, Giovanni Loriga, medico dell’Ufficio del Lavoro di Roma, nell’intervenire al II Congresso Internazionale per le malattie del lavoro che si tenne a Torino, sostenne che le pneumoconiosi fossero entità nosologiche autonome dalla tubercolosi: egli infatti aveva già pubblicato nel 1910 il libro ‘Igiene industriale’297, nel quale aveva approfondito la tematica delle polveri (minerali, vegetali, animali e miste), e aveva elencato i danni che causavano e gli strumenti tecnici che potessero impedirne la produzione e la dispersione (norme di buona tecnica), i mezzi di protezione individuale per la pelle, gli occhi e le vie aeree ed i mezzi di raccolta, 295 P.Claisse, E.Mosny, Landouzy, Griffon, Triboulet, Barbier, Balzer, Menetrier, Mery, abonneix, Le Noir, MALATTIE DEI POLMONI, DEI BRONCHI E DELLA TRACHEA, UTET Ed., Torino 1911. 296 F. Abba, TORINO- ISTITUZIONI IGIENICHE, SANITARIE, FILANTROPICHE E SOCIALI, 1911 (Archivio Storico Com. Torino, Coll. Simeom C 2044). 297 G.Loriga, IGIENE INDUSTRIALE, dal Trattato di Medicina sociale-Sanità fisica, diretta da A. Celli, Vallardi Ed., Milano 1910. CAPITOLO IV | 97 al fine di impedirne la dispersione all’esterno dell’opificio, secondo un moderno criterio ecologico. Sempre nel 1911, Luigi Pagliani298, professore di igiene della Regia Università e del Regio Politecnico di Torino, già direttore della sanità pubblica del Regno, pubblicò il trattato ‘Igiene e sanità pubblica,colle applicazioni alla ingegneria e alla vigilanza sanitaria’299, nel quale elencò le attività insalubri e dei mezzi di difesa contro lo sviluppo delle polveri, e P.Claisse confermò le osservazioni di Müller del 1907. Nel 1912 venne pubblicato ‘La salute dell’operaio’300 scritto da G.M. Cassola in cui vennero illustrati i principali concetti di igiene del lavoro, in relazione alle industrie insalubri, e alla descrizioni delle patologie da polveri, con prescrizione dei mezzi di difesa. Nel 1913, sulla rivista ‘Il Ramazzini, giornale italiano di medicina sociale’301, si anticiparono le date del IV Congresso Italiano di Malattie Professionali in Roma, e del III Congresso Internazionale di Malattie Professionali in Vienna nel 1914, con un’apposita sezione sulle pneumoconiosi, avente come relatori Langlois (Paris), Oliver (New Castle), Devoto e Cesa-Bianchi (Milano), e che non ebbe luogo a causa del primo conflitto mondiale, anche se in letteratura vennero pubblicati diversi articoli tra i quali quello di Devoto302, che confermò le conclusioni del Convegno di Torino del 1911, affermando tra l’altro che ‘le polveri che si sviluppano nei mestieri sono sempre dannose, in quanto che possono determinare a poco a poco alterazioni di diverso carattere dell’apparato respiratorio’. Nello stesso anno, Luigi Carozzi, libero docente di malattie professionali nella Regia Università di Parma e capo servizio nella Regia Clinica del Lavoro di Milano, pubblicò ‘Il lavoro, nell’igiene, nella patologia, nell’assistenza sociale’303, trattato sull’igiene e le patologie del lavoro, nel quale (I volume, parte II cap.IV) classificava le polveri industriali, le difese dell’organismo, le pneumoconiosi e la loro frequente associazione a tisi, la prevenzione igienica ambientale e individuale; e condivideva le misure adottate dal Comune di Torino con il regolamento per le industrie insalubri; e (sempre nel I volume al capitolo IV) illustra i tumori di origine professionale, ritenendo tali quelli vescicali da anilina (fucsina, naftilamina e benzidina), quelli cutanei da raggi X, ed i sarcomi polmonari dei minatori dello Schneeberg (nichel e cobalto). Per quanto riguarda i tumori vescicali, evidenziò l’utilità di una diagnosi precoce, basata sul riscontro di ematuria e pollachiuria, e di un’asportazione chirurgica della neoplasia. Sempre nel 1914 venne pubblicato ‘Igiene e previdenza del lavoratore’ di G.F. Calabria304, che poteva essere adottato come manuale per le scuole elementari, per quelle superiori e serali, e dedicato in particolare ai maestri di campagna nel quale si evidenziava come ‘le industrie che più di tutte e sovra tutte nuociono all’operaio sono quelle che, come effetto del lavoro, svolgono della polvere’ (paragrafo 6 del cap.XIII, pag 227) e rammentava i consueti mezzi di prevenzione, oltre a fornire informazioni sulla Cassa nazionale di previdenza, istituita fin dal 1898, al fine di assicurare il sostentamento di tutti gli operai, compresi quelli emigrati e residenti all’estero (pag. 202), rispetto alla vecchiaia e all’invalidità. 298 E. Gurlt, A. Hirsch, BIOGRAPHISCHES LEXIKON DER HERVORRAGENDEN AERZTE, Urban & Schwarzenberg Ed., Vienna 1886. 299 L.Pagliani, IGIENE E SANITÀ PUBBLICA,COLLE APPLICAZIONI ALLA INGEGNERIA E ALLA VIGILANZA SANITARIA,Vallardi Ed., Milano 1912. 300 G.M.Cassola, LA SALUTE DELL’OPERAIO, Vallardi Ed., Milano 1912. 301 IL RAMAZZINI, GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA SOCIALE, anno VII, fasc.1-2, gennaio-febbraio 1913. 302 L. Devoto, LA PNEUMOCONIOSI, COMUNICAZIONE AL III CONVEGNO INTERNAZIONALE PER LE MALATTIE PROFESSIONALI, Vienna 1914. 303 L.Carozzi, IL LAVORO, NELL’IGIENE, NELLA PATOLOGIA, NELL’ASSISTENZA SOCIALE, vol.I, Barbera Ed., Firenze 1914. 304 G.F.Calabria, IGIENE E PREVIDENZA DEL LAVORATORE, La Provinciale Ed.,Mantova 1914. 98 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Nel 1918, con la pubblicazione ‘A roentgenologic study of the effects of dust inhalation upon the lungs’, di H.K.Pancoast, T.G.Miller & al. 305, furono descritte per la prima volta le alterazioni radiologiche determinate dall’asbestosi polmonare, e negli Stati Uniti i lavoratori esposti all’amianto non vennero più assicurati per il rischio-vita, in quanto queste attività vengono ritenute molto pericolose306 e Armando Albert pubblicò una sintesi di norme pratiche per l’installazione dei ventilatori industriali307, che, data la loro grande utilità, risultano sempre più diffusi. Nel 1919 Francesco Cosentini ha redatto il supplemento al ‘Dizionario di cognizioni utili’308, già pubblicato nel 1911 sotto la direzione di Mario Lessona; alla voce ‘igiene del lavoro’ si evidenziava che ‘uno dei pericoli più gravi, che bisogna combattere, è quello dell’inalazione delle polveri’. 4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20. Nel 1921, venne pubblicato in Germania il ‘Trattato di Patologia speciale medica e Terapia’309 nel quale vennero descritte le patologie causate dalla inalazione di polveri, i cui sintomi erano sovrapponibili alla bronchite; il prof. Giovanni Loriga pubblicò ‘Sommari di igiene industriale-Legislazione igienica del lavoro-Assistenza sociale’310, nel quale ha riassunto le sue lezioni del corso di perfezionamento in Medicina del Lavoro, tenuto presso l’Università di Roma, tra le quali la nona, dedicata alle polveri, che ‘costituiscono una delle cause più comuni e più diffuse di insalubrità del lavoro’, di cui illustrò le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche e i diversi gradi di nocività e le lesioni sugli organi bersaglio; il prof. Foà311 pubblicò ‘Anatomia patologica dell’apparato respiratorio’, nel quale furono riassunte le principali tappe della ricerca sulle pneumoconiosi e la traduzione italiana della XXII edizione del testo di Strümpell, e sottolineata la necessità di informare il lavoratore dei rischi legati alle polveri. Con la Raccomandazione n. 20 del 22.10.1923, furono dettate nuove norme per la protezione dei lavoratori, anche se aveva ad oggetto i servizi di ispezione circa i regolamenti e le leggi afferenti la sicurezza sul lavoro. Nel 1924 ci furono altre pubblicazioni scientifiche, dalla nuova edizione del dizionario medico ‘Larousse’312, aggiornata nelle voci ‘industrie insalubri, polveri e patologie da polveri’ e alla voce ‘cancer’, nella quale venivano illustrati alcuni concetti moderni di oncogenesi (crescita sregolata di cellule) e descritte le vie di diffusione delle cellule neoplastiche per via linfatica ed ematica, fino all’origine delle metastasi, e sull’origine del cancro (cause determinanti), nel premettere che ‘la cause intime du cancer est encore inconnue’, venivano richiamate le ipotesi di anarchia cellulare e la teoria parassitaria microbica, avendo riferimento al mondo animale e vegetale e ai relativi studi sperimentali, senza tralasciare tra le cause predisponenti l’età (il cancro era [ed è] più frequente tra i 40-60 anni), l’alimentazione (maggiore incidenza nei carnivori) e gli stati flogistici irritativi cronici (ulcere, leucoplasie), con introduzione del concetto di lesione 305 H.K.Pancoast, T.G.Miller & al., A ROENTGENOLOGIC STUDY OF THE EFFECTS OF DUST INHALATION UPON THE LUNGS, Am.J.Roentgenol., 1918, 5: 129-138. 306 F.L. Hoffman, PRUDENTIAL INSURANCE COMPANY, MORTALITY FROM RESPIRATORY DISEASE IN DUSTY TRADES, INORGANIC DUSTS, Bull. U.S. Bureau of Labor Stat. n.231, Ind. Accident Hyg. n.17- Washington D.C., U.S. Bureau of Labor 1918. 307 A.Albert, I VENTILATORI INDUSTRIALI, Hoepli Ed., Milano 1918. 308 F.Cosentini, supplemento al DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, UTET, Torino 1919. 309 A.Strumpell, TRATTATO DI PATOLOGIA SPECIALE MEDICA E TERAPIA, vol.I - parte I, Vallardi Ed., Milano 1921. 310 G.Loriga, SOMMARI DI IGIENE INDUSTRIALE-LEGISLAZIONE IGIENICA DEL LAVORO-ASSISTENZA SOCIALE, Sampaolesi Ed., Roma 1921. 311 P.Foà, ANATOMIA PATOLOGICA DELL’APPARATO RESPIRATORIO, UTET Ed., Torino 1921. 312 Galtier-Boissière, LAROUSSE MEDICAL ILLUSTRE, Larousse Ed., Paris 1924. CAPITOLO IV | 99 precancerosa, con l’indicazione della natura professionale dei tumori cutanei, già noti da tempo (ramoneurs, operai a contatto con olio, paraffina, toluidina, esposti a radiazioni solari o raggi X); e Giovanni Antonio Vigliani, allora direttore generale dell’Istituto Nazionale per la cura degli operai infortunati sul lavoro e per l’applicazione delle leggi sociali (‘La Vigile’) fu autore della pubblicazione ‘La Scienza Medica al servizio del Lavoro’313 con la quale auspicava l’istituzione di un ente nazionale per la protezione dagli infortuni, anche perché sia gli industriali che i sindacalisti non apparivano sufficientemente documentati sui rischi professionali segnalati dalla letteratura scientifica, e proprio in quell’anno W.E. Cooke fu autore di una pubblicazione scientifica, ‘Fibrosis of the lung, due to the inhalation of asbestos dust’314, nella quale descriveva il caso di una donna deceduta per fibrosi polmonare dopo 20 anni di esposizione in un ditta di tessitura dell’amianto. Nel 1925, nel contesto di un concorso a premi per studi sulle assicurazioni sociali, il prof. Aristide Ranelletti, docente di patologia del lavoro presso la Regia Università di Roma, presentava uno studio315 sulle tecnopatie che includeva un’ampia digressione sulle ‘malattie da materiale di lavoro sviluppante polveri’: l’autore descriveva tra le principali malattie a carico dell’apparato respiratorio, la pneumoconiosi, segnalando la loro frequente associazione con la tubercolosi polmonare, e fornendo per ciascuna patologia definizione, cenni storici, eziologia, patogenesi, cause predisponenti generali e locali, anatomia patologica, ricerche sperimentali, sintomi, diagnosi, prognosi, terapia, profilassi individuale e sociale. Nel suo lavoro il Prof. Ranelletti si soffermava altresì sulla descrizione delle patologie da polveri a carico degli occhi, delle orecchie e della pelle, specie sulle frequenti congiuntiviti da polveri di amianto nei lavoratori impiegati presso le cave di Cipro. Corre l’anno 1926 quando Oddo Casagrandi, direttore dell’Istituto di Igiene della Regia Università di Padova, pubblicava ‘Il trattato italiano di Igiene’316, in cui A. Castiglioni curava il capitolo relativo alla storia dell’igiene, dall’antichità ai giorni nostri; e l’Ing. Colombo pubblicava il ‘Manuale dell’ingegnere civile e industriale’317, contenente un prospetto riepilogativo delle norme di buona tecnica che si sarebbero dovute rispettate nella progettazione di ventilatori e aspiratori nei luoghi di lavoro; in Francia il M. Auribault318 pubblicò ‘Note sur l’hygiène et la sécurité des ouvriers dans les filatures et tissages d’amiante’, Bull. de l’Inspection du Travail, circa la morte di 50 persone alla fine dell’1800 nella industria di filatura e tessitura di amianto del Calvados; e Harvier319 richiamava la proposta del Congresso Internazionale di Londra del 1902 di classificare le pneumoconiosi non in base all’origine della polvere, ma in rapporto ai caratteri nocivi. Nel 1927 Cooke, pubblicò ‘Pulmonary asbestosis’ nel quale per la prima volta descrisse i ‘corpuscoli dell’asbesto’320, e fu coniato il termine di asbestosi per la fibrosi polmonare degli esposti ad amianto. Nel 1928 venne pubblicato dal prof. Ferrannini321, direttore della Clinica Medica della Regia Università di Cagliari, il testo ‘Medicina del Lavoro’, nel quale un capitolo fu dedicato alle pneumoconiosi, e pur non utilizzando il termine asbestosi, ne illustrava l’insidiosità, poiché 313 G.A.Vigliani, LA SCIENZA MEDICA AL SERVIZIO DEL LAVORO, Del Signore Ed., Torino 1924. W.E. Cooke, FIBROSIS OF THE LUNG, DUE TO THE INHALATION OF ASBESTOS DUST, Br. Med. J., 1924, 2 : 147. 315 A.Ranelletti, LE MALATTIE DA LAVORO, vol.I parte II, Ministero dell’Economia Nazionale, Panetto & Petrelli Ed., Spoleto 1925. 316 O.Casagrandi, TRATTATO ITALIANO DI IGIENE, UTET, Torino 1926. 317 G.Colombo, MANUALE DELL’INGEGNERE CIVILE E INDUSTRIALE, Hoepli Ed., Milano 1926. 318 M. Auribault, NOTE SUR L’HYGIENE ET LA SECURITE DES OUVRIERS DANS LES FILATURES ET TISSAGES D’AMIANTE, Bull. de l’Inspection du Travail, 1926,14 : 126-132. 319 G.H.Roger, F.Widal, P.J.Teissier, NOUVEAU TRAITE DE MEDICINE, f.XI, II ed., Masson Ed., Paris 1926. 320 W.E.Cooke, PULMONARY ASBESTOSIS, Br.Med.J. 1927, 11:1024-1025. 321 L.Ferrannini, MEDICINA DEL LAVORO, Vallardi Ed., Milano 1928. 314 100 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO ‘iniziano in modo subdolo e procedono assai lentamente, in maniera che sono rilevate sempre assai tardivamente... Praticamente, dunque, tutte le polveri industriali si possono ritenere come nocive’; con rassegna bibliografica al fondo del capitolo, nel quale sono illustrate le acquisizioni del II Congresso Internazionale delle Malattie Professionali a Bruxelles nel 1912 ed il I Congresso dell’Associazione tedesca di Igiene Industriale nel 1924: dopo le prime segnalazioni di Giglioli e Loriga, condivise da Cesa-Bianchi, nel corso del III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro del 1911 a Torino, nel 1928 Merewether, capo dell’Ispettorato del Lavoro inglese, incaricato di svolgere uno studio epidemiologico sui danni da esposizione ad asbesto nell’industria tessile, e Price descrissero un caso di asbestosi polmonare non complicato da tubercolosi322; gli stessi autori negli anni 1928-1930 condussero poi un accurato studio sull’effetto della polvere d’amianto a carico dei polmoni nelle industrie inglesi, dal quale nel 1933 scaturisce un regolamento specifico sulla lavorazione dell’amianto, denominato ‘Asbestos Industry Regulation’. Nel 1929 in un dizionario di merceologia323 c’era la voce ‘amianto’ che vedeva l’elenco dei produttori mondiali (con al primo posto il Canada) e dei numerosi settori di impiego e l’‘Enciclopedia Treccani’324 descriveva in modo molto moderno i vari sistemi di ventilazioneaspirazione. La pubblicazione di Kaufmann325 ‘Trattato di anatomia patologica speciale’ del 1929, sottolineava l’importanza della quantità complessiva di polvere inspirata, e descriveva per i casi di fibrosi più grave un vero processo di ‘cirrosi polmonare’. Nel 1930 l’Ispettorato Medico Corporativo del Ministero delle Corporazioni326 pubblica con l’Ist. Poligrafico dello Stato ‘Studi sulla pneumoconiosi in Italia’, con prefazione, in forma di lettera del Dott. Anselmo Anselmi, direttore generale delle corporazioni dal 1927 al 1943 (ex magistrato senza competenze mediche), al Ministro delle Corporazioni Giuseppe Bottai, il quale disegna il background sul quale si innesta la presa d’atto, prima di tutto politica, sul rischio morbigeno dell’esposizione all’amianto, risultato di studi eseguiti soprattutto in altri Paesi, conformemente alle ‘disposizioni impartite’ dal ministero: “Nel «IV Congresso della Commissione Internazionale Permanente per lo studio delle malattie professionali», tenutosi a Lione dal 3 al 6 aprile 1929, l’argomento della silicosi polmonare formò oggetto delle più interessanti discussioni. […] Forti dissensi si manifestarono anche… sulle proposte relative alla necessità di emanare disposizioni legislative speciali per la riparazione dei danni che essa produce. Ad accrescere le dubbiezze di interpretazione dei segni clinici e radiologici della malattia ed a determinare l’incertezza di molti partecipanti al Congresso concorreva il fatto che i contributi scientifici sulla silicosi erano presentati soltanto da medici dell’Africa del Sud, dell’Inghilterra e della Germania. I medici degli altri paesi europei si erano astenuti dalla trattazione di questo argomento, perché la malattia vi è pochissimo conosciuta e non vi assume mai il carattere di malattia a focolaio, o di malattia di massa. Venne pertanto riconosciuta la necessità di affrontare… lo studio della silicosi… e di completarlo con quello delle forme similari di malattie polmonari prodotte da altre polveri […] In seguito alle disposizioni impartite dalla Enrico Vigliani, che ritenne opportuno che anche l’Italia portasse il suo contributo a questi 322 E.R.A. Merewether, C.W. Price, REPORT ON EFFECT OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS AND DUST SUPPRESSION IN THE London H.M.Stationery Office, 1930. 323 V.Villavecchia, DIZIONARIO DI MERCEOLOGIA E DI CHIMICA APPLICATA, quinta edizione, vol.I, Hoepli Ed., Milano 1929. 324 G.Richter, voce Aspiratori, vol.IV, ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treccani Ed., Roma 1929. 325 E.Kaufmann, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, F.Vallardi Ed., Milano 1929. 326 STUDI SULLA PNEUMOCONIOSI IN ITALIA, Roma, 1930. ASBESTOS INDUSTRY, CAPITOLO IV | 101 importanti problemi scientifici, l’Ispettorato medico corporativo, valendosi dell’opera dei propri funzionari e della intelligente collaborazione di valenti medici… organizzò e diresse le indagini per lo studio della patologia polmonare dei lavoratori del marmo e dell’amianto”. Nel contributo del Dott. Domenico Lovisetto327 (medico di fabbrica della Capamianto) dal titolo ‘Asbestosi’, e nell’intervento del Dott. Giovanni Mussa328 (direttore del Dispensario antitubercolare di Ciriè), dal titolo ‘Note critiche radiologiche sulle pneumoconiosi da amianto’, emergeva in modo incontrovertibile che le polveri anche quelle di amianto fossero dannose per l’organismo umano, ancorché nel nostro Paese ce ne fosse un impiego ancora molto limitato, in un quadro di insufficiente approfondimento nel nostro Paese329. Il Dott. Domenico Lovisetto esordisce con richiami storici, riferimenti alla composizione chimica, e traccia un quadro delle prime diagnosi di patologie asbesto correlate, dovute innanzitutto agli studi compiuti in altri paesi, ai cui contributi fa riferimento330: “Le fibre di amianto (…) respirate dagli operai addetti a questa lavorazione possono provocare una sindrome morbosa denominata asbestosi polmonare. […] I minerali di amianto più pericolosi sono quelli che dannomaggior polvere durante la lavorazione, e cioè l’amosite e l’amianto bleu o crocidolite. I processi di lavorazione più pericolosi sono «l’apertura delle fibre», «la cardatura» e «la tessitura»… Lo studio della malattia prodotta dall’amianto sui lavoratori è affatto recente: gli inglesi sono stati i primi a studiare questa malattia che chiamarono asbestosi polmonare”. Egli però ha sottovalutato il rischio in quanto ha affermato che ‘l’inalazione delle particelle di asbestos determinando una irritazione cronica delle vie aeree del polmone, possa favorire in casi limitati l’insediarsi del bacillo di Koch’, cioè la tubercolosi331, e che ‘cessata l’azione irritante della inalazione della polvere di amianto, il processo di fibrosi generalmente si arresta’ e ha concluso sostenendo che: ‘I casi con esito letale sono pochi e questi oggi, coi mezzi moderni di protezione e con gli impianti di aspirazione e ventilazione assai perfezionati, non dovrebbero più verificarsi, o dovrebbero almeno ridursi ad un numero limitatissimo’. Il Mussa fu già di diverso avviso, poiché evidenziava come “La polvere di amianto è considerata, nei paesi ove esso è lavorato industrialmente, come molto nociva, e causa di lesioni polmonari che molto facilmente degenerano in tubercolosi. L’indagine condotta nei nostri paesi ove vi sono industrie che lavorano l’amianto (per quanto manchino statistiche ufficiali) fa rilevare un numero notevole di ammalati di tubercolosi polmonare, specie fra gli operai addetti alle industrie stesse, tanto che nel popolo è diffusa l’idea che basti lavorare per qualche tempo in tali stabilimenti per contrarre la tubercolosi”. Quindi già nel 1930 la comunità scientifica italiana era consapevole del rischio morbigeno indotto dall’amianto, e ne aveva informato gli organi competenti, e così come lo erano gli industriali del settore, non solo nel nostro Paese332, ma anche nel resto del mondo333, e in quello 327 D. Lovisetto (medico di fabbrica della Capamianto di Torino), ASBESTOSI, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 115-132. 328 G. Mussa (direttore del dispensario antitubercolare di Ciriè), NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA PNEUMOCONIOSI DA AMIANTO, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930: 133-140. 329 Cfr. D. Lovisetto, ASBESTOSI, 117-132, e G. Mussa, NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA PNEUMOCONIOSI DA AMIANTO, 133 e ss. 330 D. Lovisetto, ASBESTOSI, cit., 120. 331 D. Lovisetto, ASBESTOSI, cit., 131-132. 332 In Italia prima degli anni ’30 non c’erano stati studi sistematici e specifici sul danno che le polveri di amianto erano in grado di indurre nei lavoratori del settore e in coloro che vi erano esposti, e ciò non di meno le sentenze del Tribunale 102 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO stesso anno nel Regno Inglese l’asbestosi fu inserita tra le malattie professionali indennizzabili con il ‘Workman’s Compensation (Silicosis and Asbestosis) Act 1930’. Dalla metà degli anni trenta e sino alla fine di questo decennio continuarono a seguire ulteriori conferme, innanzitutto a livello scientifico334, così negli Stati Uniti, nel 1932, lo United States di Torino e della Corte di Appello di Torino e le stesse norme di cui al R.D. 442 del 1909, che classificano insalubri le lavorazioni che lo impiegavano, facendone divieto di lavoro alle donne minorenni e ai fanciulli fino a 16 anni, o quantomeno che fossero adottate misure di prevenzione sottoposte alla valutazione della Direzione Provinciale del Lavoro in modo da garantire la loro efficacia per la tutela della loro salute e integrità psicofisica, e che costituiscono la data dalla quale far decorrere la conoscenza o quantomeno la conoscibilità del rischio che inducevano. La Corte di Cassazione, in molte sentenze, fa riferimento proprio a questa risalente normativa per fissare il momento in cui far decorrere la conoscenza e/o conoscibilità del rischio; tra le tante Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza n. 5117/2008; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 15159/2011; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2251/2012; Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza n. 24997/12, e ancora più recentemente con la Sentenza della Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, n. 33311 del 27.08.2012, nella quale testualmente: “Risponde a conoscenze comuni maturate in epoche anche assai lontane nel tempo che l'ingestione per via aerea di fibre, particelle e polveri costituisce pericolo per la salute. Da oltre un secolo si ha la diffusa, piena consapevolezza della specifica pericolosità dell'assunzione attraverso le vie aeree delle microfibre di amianto (R.D. 14 giugno 1909, n. 442, nell'ambito di norme a tutela dei fanciulli; L. 12 aprile 1943, n. 455, la quale introdusse l'asbestosi fra le malattie professionali). Pur vero che ai quei tempi era nota solo l'insorgenza dell'asbestosi, ma, di sicuro, la pericolosità della lavorazione del materiale in parola era ben nota. L'evidenziazione su basi divulgative affidabili della correlazione tra assunzione di polveri d'amianto e processi cancerogeni risale al 1964 (conferenza sugli "Effetti biologici dell'amianto" dell'Accademia delle Scienze, tenutasi a New York). Peraltro, nella detta occasione venne presentata da Enrico Vigliani l'esperienza italiana. Lo stesso studioso nel 1966 e nel 1968, pubblicò in Italia su riviste scientifiche il proprio pensiero. La questione venne ripresa, con ampio approfondimento, in occasione del 34 congresso della Società Italiana di Medicina del Lavoro, tenutosi a Saint Vincent. V'è, peraltro, da soggiungere che i primi studi dai quali emergeva la detta correlazione risalgono agli anni 30/40 e poi 50 del secolo scorso (in Germania). In Italia risalgono ai lontani anni 1955/1956 i primi approfondimenti resi pubblici da…”. Anche a non voler conto delle sentenze della Corte di Cassazione, evidentemente la conoscenza e/o conoscibilità del rischio e il conseguente obbligo di rimuoverlo o quantomeno di ridurlo può essere ritenuto operante quantomeno dal 1930. 333 Gli stessi autori hanno pubblicato altri lavori in quello stesso anno: D. Lovisetto, PULMONARY ASBESTOSIS, in Records of the international conference on silicosis at Johannesburg, August, 1930, Stud. Rep. Ser. F. (Ind. Hyg.), no. 13, Genova: ILO, 1930; G. Mussa, CLINICAL AND RADIOLOGICAL NOTES ON PNEUMOCONIOSIS DUE TO ASBESTOS, in Records of the international conference on silicosis at Johannesburg, August, 1930, Stud. Rep. Ser. F. (Ind. Hyg.), no. 13, Genova: ILO, 1930. 334 Tra le varie pubblicazioni possono essere qui ricordate: A.J. Lanza & W.J, Mc Connell, EFFECTS OF THE INHALATION OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS OF ASBESTOS WORKERS, Public Health Report, 1935, Vol. 50: 1; W. Alwens, UBER ASBESTOSIS DER LUNGEN, Munchen Med. Wochenschr, 82:1797-1800. 1935; D.S. Egbert, PULMONARY ASBESTOSIS, Am. Rev. Tuberc, 31:25-34, 1935; W.B. Fulton, A. Dooley, J.L. Matthews, R.L. Houtz, ASBESTOSIS, Penn Dept. Labor and Ind Bull, 42, 1935; L. Mart, ASBESTOSIS AND TUBERKULOSE DER LUNGEN, Zeitschr. f. Tuberk., 72:11-15, 1935; Memorandum on the industrial diseases of silicosis and asbestosis, London: HMSO, 1935; K.M. Lynch, W.A. Smith, PULMONARY ASBESTOSIS III: CARCINOMA OF LUNG IN ASBESTO-SILICOSIS, Amer. J. Cancer,1935; 24, 54-64; R.C. Page, A STUDY OF THE SPUTUM IN PULMONARY ASBESTOSIS, Am. J. Med. Sci., 189:44-55, 1935; T.P. White, PULMONARY ASBESTOSIS, Trans. Med. Soc. State of North Carolina, 1935:259-262, 1935; W. Alwens, ASBESTOSIS, Zeitschr. f. Gewerbehyg. u. Unfall., 43: 1-6, 1936; P. Arnold, J.R. Beal, P.A. Cookson, A CASE OF ASBESTOSIS OF THE LUNGS, Brit. J. Tuberc., 33:45-48, 1936; J. Donnelly, PULMONARY ASBESTOSIS: INCIDENCE AND PROGNOSIS, J. Ind. Hyg., 18:222228, 1936; S.B. Mcpheeters, A SURVEY OF A GROUP OF EMPLOYEES EXPOSED TO ASBESTOS DUST, J. Ind. Hyg., 18:229239, 1936; J.R. Shull, ASBESTOSIS, A ROENTGENOLOGIC REVIEW OF 71 CASES, Radiology, 27:279-292, 1936; K.M. Lynch, PULMONARY ASBESTOSIS, J. Am. Med. Assoc., 109:1974-1978, 1937; R.T. Page & J.J. Bloomfield, DUST CONTROL METHODS IN AN ASBESTOS FABRICATING PLANT , U.S. Publ. Health Report, 52:1713-1737, 1937; N. Sundius & A. Bygden, DER STAUBINHALT EINER ASBESTOSISLUNGE UND DIE BESCHAFFENHEIT DER SOGENANNTEN ASBESTOSISKORPERCHEN, Arch. f. Gewerbepathol. u. Gewerbehyg., 8:26-70, 1937; D.R. Wilson, ANNUAL REPORT OF THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES FOR THE YEAR 1936, London: HMSO, 1937; S.R. Gloyne, PATHOLOGY, in Silicosis and asbestosis, edited by A.J. LANZA, N.Y., 1938; F. Hornig, KLINISHE BETRACHTUNGEN ZUR FRAGE DES BERUFSKREBSES DER ASBESTARBEITER, Zeitschr. Krebsforsch., 47:281-287, 1938; W.C. Dreesseen, J.M. Dellavalle, T.I. Edwards, J.W. Miller, R.R. Sayers, A STUDY OF ASBESTOSIS IN THE ASBESTOS TEXTILE INDUSTRY, Public Health Bulletin 1938; no. 241:1-126, Washington DC; D.R. Wilson, ANNUAL REPORT OF THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES FOR THE YEAR 1937, London: HMSO, 1938; F.W. Baader, ASBESTOS, Deutsche Med. Wochenschr., 65:407-408, 1939; W.W. George & R.D. Leonard, AN X-RAY STUDY OF THE LUNGS OF WORKMEN IN THE ASBESTOS INDUSTRY, COVERING A PERIOD OF TEN YEARS, Radiology, 33:196-202, 1939; R.R. Sayers & W.C. Dreesseen, ASBESTOSIS, Am. J. Public Health, 29:205-214, 1939; A. Sirois, MINES D’AMIANTE, SELICOSE, AMIANTOSE, Laval Med., 4:275-283, 1939; D.R. CAPITOLO IV | 103 Bureau of Mines scriveva a Eagle-Picher, una società che impiegava l’amianto: ‘It is now known that asbestos dust is one of the most dangerous dusts to which man is exposed’. Nel 1930 il prof. Caccuri noto clinico di Napoli, pubblicò ‘Le malattie respiratorie da polveri’335, e riassunse in occasione del IX Congresso di Medicina del Lavoro tenutosi a Roma, le conoscenze sulle malattie respiratorie da polveri; con l’elenco degli studi pioneristici di alcuni medici liguri336, già nella prima metà dell’800, e relativi alle patologie da polveri nei lavoratori delle cave d’ardesia di Lavagna, già magistralmente riassunti da Devoto nell’VIII Congresso di Medicina del Lavoro tenutosi a Napoli nell’ottobre 1929, e richiamava le acquisizioni sulle malattie da polveri attraverso tutti i convegni nazionali e internazionali dal 1906 al 1929. Egli auspicava l’inserimento delle pneumoconiosi tra le patologie soggette a legge assicurativa; e le definiva richiamando il concetto estensivo formulato dal Maragliano e ripreso da Devoto, con classificazione delle polveri e descrizione delle lavorazioni che le provocavano, evidenziando come un dipendente inspira in un anno dai 15 ai 300 grammi di polvere; descriveva i moderni esami chimico-fisici sull’inquinamento ambientale utilizzati da Sokolov in Russia, già espressi in mg/m3 ; citava poi indagini equivalenti svolte da Giardina nelle miniere di zolfo della Sicilia e da Mazzitelli nelle cave e negli opifici di Carrara; esponeva i dati sulla polverosità delle strade, ampiamente dibattuti nel IV Congresso Nazionale di Igiene di Torino del 1926, dove è stata prospettata l’utilità dell’asfaltatura sistematica di tutte le vie di comunicazione, al fine di ridurre notevolmente lo sviluppo di polvere. A tale proposito, ricordava le ricerche di Palamidesi, del Laboratorio Batteriologico del Comune di Firenze, di Reitani a Torino e Manfredi a Napoli, sulla presenza del bacillo di Koch nella polvere stradale; riassumeva poi i principali lavori sulla morbilità delle attività polverose, e per l’amianto, oltre alla pubblicazione di Scarpa, richiamava il lavoro di Dhers, basato sugli studi di Merewether e Price, che metteva in evidenza come la frequenza della fibrosi polmonare fosse in rapporto con la durata degli anni di lavoro e con la concentrazione delle polveri. Citava poi due indagini fondamentali: “recentemente Lovisetto337 in Italia ha pubblicato uno studio sugli operai sia della fabbrica di amianto a Basse di Dora338 (1902-1912), sia nei nuovi locali molto più salubri a Pozzo Strada vicino a Torino. L’A. ha potuto notare come questi lavoratori fino a 3-4 anni di servizio soffrono soltanto di faringite e tosse stizzosa senza espettorazione, mentre in media dopo 5 anni si cominciano a notare lievi alterazioni polmonari, e dopo 10 fatti ancora più gravi: di questi operai riporta 3 casi di asbestosi probabilmente misti a tubercolosi. Anche il Mussa339 ha seguito delle ricerche cliniche e radiologiche sugli operai dello stabilimento Bender & Martiny di Nole Canavese, notando molti casi di lesioni polmonari anche pure, senza cioè partecipazione del bacillo di Koch”. Wilson, ANNUAL REPORT OF THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES FOR THE YEAR 1938, LONDON: HMSO, 1939; A. Bonne, ASBESTOSIS, Deutsche Med. Wochenschr., 66:1024-1025, 1940; L. Roemheld, H. Kempf, H.W. Wedler, UNTERSUCHUNGEN UBER DIE LUNGENFUNKTION BEI ASBESTOSE, Deutsche Arch. Klin. Med., 186:53-70, 1940; A. Schrumpf, ET TILFELLE AV LUNGEASBESTOSE, Nord. Medicin, 9:704-706, 1940; M.J. Stone, CLINICAL STUDIES IN ASBESTOSIS, Am. Rev. Tuberc., 41:12-21, 1940; A. Wolff, OM LUNGEASBESTOSE, MED DEMONSTRASJON AV 3 TILFELLE, Nord. Medicin., 5:535-541, 1940. 335 S. Caccuri, LE MALATTIE RESPIRATORIE DA POLVERI, Cordani Ed., Milano 1930. 336 Mongiardini 1808, Imperiale Accademia Genovese di Scienze e Lettere- N. Della Torre 1846, Congresso degli Scienziati Italiani, Genova. 337 D.Lovisetto (medico di fabbrica della Capamianto di Torino), ASBESTOSI, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 115-132. 338 ASCT, GUIDA DI TORINO ANNO 1910, strada vicinale delle Basse di Dora. 339 G.Mussa (direttore del dispensario antitubercolare di Ciriè), NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA PNEUMOCONIOSI DA AMIANTO, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 133-140. 104 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO I lavori di Lovisetto e Mussa, come già anticipato, contenuti nella pubblicazione ‘Studi sulla pneumoconiosi in Italia’ del Ministero delle Corporazioni, richiesta dal Ministro Giuseppe Bottai ad uso legislativo, al fine di poter inserire le suddette patologie nell’ambito delle tecnopatie assicurate, e curata da A. Anselmi, direttore generale delle Corporazioni, non trovarono immediata trasposizione sul piano legislativo. Nello stesso decennio, nel nostro paese, fu emanato il regio decreto n. 1720 del 7 agosto 1936, che, richiamando quanto già contemplato nel regio decreto 14 giugno 1909 n. 442 e decreto legislativo 6 agosto 1916 n. 1136, recava nelle tabelle dei lavori pericolosi, faticosi ed insalubri, ove ai punti 5 e 20 si fa riferimento nella tabella A)340 alla macinazione di calce, gesso, cementi, pozzolana, amianto, talco, grafite, marmo, etc. e nella tabella B)341 alla mescola, filatura e tessitura dell’amianto e ulteriori contributi sono assicurati dagli studiosi italiani sul fatto che ‘non esistono polveri assolutamente inerti od indifferenti all’organismo’ e che fossero in grado di danneggiare l’apparato respiratorio342. Caccuri sosteneva l’importanza della predisposizione individuale, per fattori ereditari o ipersensibilità, nella genesi della componente asmatica, correlata con alcune pneumoconiosi e già evidenziata da Bastai e Frugoni; Giovanni Loriga riassumeva le conoscenze internazionali sulla pneumoconiosi; Giacomo Bianchi focalizzava le pneumoconiosi dei lavoratori del marmo, con osservazioni cliniche, radiologiche e ricerche sperimentali; Luigi Turano illustrava uno studio radiologico (con ricerche cliniche e batteriologiche) sull’apparato respiratorio degli operai addetti alla lavorazione del marmo a Carrara; Domenico Lovisetto e Giovanni Mussa presentavano due ampi studi clinico-radiologici sull’asbestosi polmonare, descrivendo poi dettagliatamente i casi relativi a 6 dipendenti della ‘Capamianto’ di Torino e a 15 della ‘Bender & Martiny’ di Nole Canavese. Sempre nel 1930 il libero docente in medicina-legale Vincenzo Palmieri343, pubblicò ‘L’asbestosi polmonare’344 in una rivista specialistica, con descrizione della insorgenza della patologia a causa delle polveri di amianto, utilizzate anche per imbottire i materassi, e della quale descrisse i sintomi, tra i quali la dispnea e la tosse e affermò di condividere il metodo proposto da Roodhouse Gloyne nella pubblicazione ‘The Lancet’ per evidenziare le fibre di amianto nell’escreato345, indicando l’utilità del radiogramma toracico, che risultava patognomonico (fibrosi fine), rammentava la prognosi spesso fatale dell’asbestosi, l’assenza di cure efficaci e il quadro anatomo-patologico all’autopsia (ispessimento pleurico, fibrosi basale del parenchima, evidenza istologica dei corpuscoli dell’asbesto). La ricerca di una classificazione dei riscontri radiologici facilmente applicabile nei casi di asbestosi è iniziata nel 1930 in Sud Africa; sull’Enciclopedia Italiana Treccani del 1930346, alla voce “cancro”, ci fu un’ampia trattazione, con revisione critica delle principali teorie eziopatogenetiche ed elenco dei fattori predisponenti; tra le professioni a rischio, sono state citate la 340 Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri per i quali è vietata l’occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli. Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri in cui è consentita l’occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli, subordinatamente all’osservanza di speciali cautele e condizioni. 342 Come precisa G. Loriga, IGIENE DEL LAVORO, Milano, 1937, 123, il quale richiamava anche le posizioni di altri studiosi i quali affermavano che l’amianto determinava anche“i maggiori danni del polmone” e tra gli altri A. TARSITANO, L’amiantosi professionale, Morgagni, 74:136-139, 1932; G. QUARELLI, Tracheite da asbesto, Med. Lavoro, 25:218-223, 1934. 343 CHI È? DIZIONARIO DEGLI ITALIANI D’OGGI, voce “Palmieri”, IV edizione, Cenacolo Ed., Roma 1940. 344 V.M.Palmieri, L’ASBESTOSI POLMONARE, Riforma Medica, 46, 1207, 1930. 345 S.Roodhouse, THE LANCET, n.5557, 1930. 346 ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voce “cancro” di A. Lutrario, già direttore Sanità Civile Roma, Medicina Sociale, vol.VIII, Treccani Ed., Roma, 1930. 341 CAPITOLO IV | 105 lavorazione del catrame, la distillazione del carbon fossile, la lavorazione dei prodotti arsenicali e le industrie chimiche in genere, con un’approfondita analisi statistica ed epidemiologica, con interessanti dati sulla distribuzione geografica dei casi di cancro in generale. 4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e l’Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’. Nel 1925 furono stipulate diverse convenzioni, la n.18 del 19/5/1925, ratificata con R.d.l. n.1792 del 4/12/1933 (G.U.10/1/1934), avente ad oggetto il risarcimento delle malattie professionali (intossicazione da piombo e mercurio, infezione carbonchiosa) e la Convenzione n.19 del 19/5/1925, ratificata con L. n.2795 del 29/12/1927 (G.U. n.38 del 15/5/1928), avente ad oggetto l’uguaglianza del trattamento dei lavoratori stranieri e nazionali in materia di risarcimento degli infortuni sul lavoro; e venne emanata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro la Raccomandazione n.24 del 19/5/1925, avente ad oggetto l’indennizzo delle malattie professionali, e con l’auspicio che vi fossero ricomprese anche le tecnopatie, fino alla pubblicazione ‘L’assurancemaladie’347, con la quale venivano riepilogate le normative sulle assicurazioni sociali nei diversi stati. Nel 1927 venne finalmente approvato il ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro’348, Regio Decreto n. 530 del 14.04.1927, che conteneva anche tutta una serie di norme sulla segnalazione e custodia delle sostanze nocive nella cassetta di pronto soccorso, sul medico di fabbrica per le visite di ammissione al lavoro e periodiche (da stabilirsi con apposito elenco), e all’art. 17 norme sul microclima, sul ricambio d’aria, sulla difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi (con aspirazione dei medesimi, incluse le polveri, e con provvedimenti atti a ridurne o a impedirne, per quanto è possibile, la diffusione nell’ambiente dove lavorano gli operai): “Nei locali chiusi nei quali si sviluppino normalmente vapori, odori, fumi o polveri di qualunque specie, l’esercente ha il dovere di adottare provvedimenti atti ad impedire od a ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione nell’ambiente dove lavorano gli operai. L’aspirazione dei gas, vapori, odori, fumo o polveri deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono”. E all’art. 38 sul rumore e sugli scuotimenti, sui mezzi di protezione individuale e di difesa349: “I mezzi personali di protezione e tutti gli altri necessari a difesa della salute dell’operaio devono essere forniti dall’esercente. Quando gli apparecchi di protezione possono diventare veicolo di contagio devono essere individuali e contrassegnati col nome, o con un numero. I funzionari incaricati della vigilanza possono farli cambiare quando si dimostrino insufficienti allo scopo. I lavoratori che non facciano uso degli apparecchi di protezione, o non ne curino la conservazione, sono puniti a norma dell’art. 56”. Questo Regolamento Generale imponeva al datore di lavoro di informare i dipendenti sui rischi ai quali venivano sottoposti, indicando anche le norme di buona tecnica. Proprio l’inadempimento nella osservanza delle norme sancite dal Regolamento di Igiene, ha consentito ai lavoratori di richiedere, in ambito civile, il risarcimento dei danni sofferti; per tale motivo, il riconoscimento delle malattie professionali, negato alla Camera il 16/4/1902 nell’ambito della 347 BIT, L’ASSURANCE-MALADIE, n.4, Genève 1925. R.D. n.530 del 14/4/1927, Approvazione del regolamento generale per l’igiene del lavoro, G.U. 25/4/1927 n.95. 349 La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 15159 dell’11.07.2011, testualmente: Lo stesso Regio Decreto 14 aprile 1927, n. 530, tra gli altri agli articoli 10, 16, e 17, conteneva diffuse disposizioni relative alla aerazione dei luoghi di lavoro, soprattutto in presenza di lavorazioni tossiche. 348 106 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO discussione della legge relativa al Testo Unico sugli infortuni lavorativi, diventava utile anche agli imprenditori, e pertanto, con Regio Decreto n. 928 del 13.05.1929350 avente ad oggetto ‘Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’ furono riconosciute come professionali 6 patologie (intossicazioni da piombo, mercurio, fosforo bianco e solfuro di carbonio; anchilostomiasi), ed entrò in vigore soltanto in data 01.01.1934, dopo che fu approvato il regolamento di esecuzione con il Regio Decreto n° 1565/1933 e con il successivo provvedimento R.D. n.1765 del 17/8/1935, ‘Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali’351, furono dettate le disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con indicazione del periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro, senza che però ne fosse contemplata l’asbestosi, nonostante fosse già emerso il rischio morbigeno legato all’esposizione all’amianto. 350 R.D. n.928 del 13/5/1929, Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, G.U. 14/6/1929 n.138. R.D. n.1765 del 17/8/1935, Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, G.U. 14/10/1935 n.240. 351 Capitolo V L’asbestosi come malattia professionale e il suo riconoscimento giuridico SOMMARIO: 5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30. 5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e della giurisprudenza nella seconda metà degli anni ’30. 5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento dell’asbestosi come malattia professionale. 5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30. Nel 1931 fu pubblicato il ‘Trattato della tubercolosi’352, curato dal Devoto, nel quale Ottolenghi, igienista di Bologna, sviluppò il capitolo relativo alla tubercolosi nei suoi rapporti sociali e professionali: nel libro fu riportata una stima delle quantità di polveri che presumibilmente raggiungevano i polmoni di ogni singolo lavoratore per ogni anno, in base alle diverse attività lavorative; e Sisto, direttore della Clinica Medica Generale della Regia Università di Modena, trattò la parte relativa alla costituzione, predisposizione, e disposizione individuale verso le tecnopatie. Sempre nel 1931, viene pubblicato ‘Clinica delle malattie professionali’353 del prof. Quarelli, direttore dell’Istituto di Clinica delle malattie Professionali della Regia Università di Torino e primario di medicina dell’Osp. Maggiore di S. Giovanni Battista della città di Torino, nel quale c’è un’analisi clinica delle tecnopatie, e una sezione sulle dermopatiti professionali, trattata in collaborazione con il Prof. Enzo Bizzozzero, direttore della Clinica Dermosifilopatica della Regia Università di Torino; oltre ad un capitolo sulle pneumoconiosi, nel quale si segnalano i lavori di Oliver sull’asbestosi, e l’utilità della ricerca dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato ai fini diagnostici, con didascalie e con numerosissime illustrazioni. Il Devoto pubblicò, nel 1932, sulla rivista ‘La medicina del lavoro’, un lavoro dal titolo ‘Una disciplina italiana e i trenta anni del suo giornale’354, con il quale riassumeva i 30 anni di studi sulle malattie professionali in Italia, anche in chiave politica, economica e sociale, e faceva riferimento anche all’istituzione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, sulla base di quanto venne disposto nella parte XIII del Trattato di Versailles del 1919, e su quanto affermato durante la Conferenza Internazionale di Washington circa l’esistenza di ‘…condizioni di lavoro che significano per moltissimi l’ingiustizia, la miseria e le privazioni...’, e richiamando l’impegno del Carozzi a collaborare con i più grandi specialisti di ogni paese per la stesura dell’Enciclopedia di Igiene e Patologia del Lavoro. Sempre nel 1932 Pieraccini concorreva alla cattedra di Medicina del Lavoro della Regia Università di Napoli355; tra i suoi lavori, risultava particolarmente interessante quello del 1908, che analizzava le patologie dei lavoratori delle miniere e degli alti forni dell’Elba, considerandoli in gruppi omogenei (metodologia sviluppata nelle mappe di rischio contemplate nella L.833/78), rispetto agli studi precedenti, nei quali le tecnopatie venivano studiate in collegamento eziologico con il lavoro, considerato globalmente per lavorazioni e/o gruppi di industrie similari. 352 L.Devoto, TRATTATO DELLA TUBERCOLOSI, Vallardi Ed., Milano 1931. G.Quarelli, CLINICA DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, UTET, Torino 1931. 354 L.Devoto, UNA DISCIPLINA ITALIANA E I TRENTA ANNI DEL SUO GIORNALE, La Medicina del Lavoro, n.12, dicembre 1931-X, Cordani Ed., Milano 1932-X. 355 G.Pieraccini, ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI, Bernardino Ed., Siena 1932-X. 353 108 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Nel 1932, il Bureau International du Travail (BIT) pubblicò l’enciclopedia356 ‘Hygiène du travail’ (igiene del lavoro), e alla voce ‘polveri’ redatta dal prof. Max Sternberg di Vienna furono descritte le pneumoconiosi; e per l’asbestosi, furono elencati gli studi clinici svolti sino ad allora nei diversi paesi (non sono citati i lavori di Lovisetto e Mussa). Ulteriori notizie sull’amianto sono poi riportate sotto altre voci, e nessuna modifica fu aggiunta nella edizione pubblicata nell’anno successivo. Il manuale pratico ‘Medicina Interna’ di Ceconi e Micheli357, adottato dagli studenti di Medicina, nel 1933, ricevette l’encomio dalla Reale Accademia d’Italia per aver contribuito all’affermazione della scienza medica italiana all’estero; sulle pneumoconiosi, precisava: “è stata descritta di recente anche una forma di pneumoconiosi che si osserva nei lavoratori dell’amianto (asbestosi), la quale si esplica in processi di indurimento sclerotico, talvolta anche broncopneumonitici localizzati in preferenza nei lobi inferiori con tendenza alla fusione purulenta (Rostoki). L’importanza attuale dell’asbestosi come malattia professionale risulta evidente per la circostanza che la produzione mondiale di asbesto che nel 1880 era di sole 500 tonnellate, era salita nel 1929 a 430.000 tonnellate (E.Merewether)”. Questi studi dimostravano come per l’insorgenza dell’asbestosi assumesse rilevante importanza la predisposizione individuale e segnalavano come la sua sintomatologia si sovrapponesse a quella della bronchite e la prognosi fosse favorevole soltanto se l’operaio avesse evitato ulteriori esposizioni, mentre in caso contrario sarebbe subentrata una dispnea ingravescente, con enfisema e cardiopatia secondaria, e il decorso, non di rado complicato da tubercolosi, si sarebbe inevitabilmente evoluto verso la morte. Sull’Enciclopedia Italiana del 1933, ad opera del prof .Nicolò Castellino, direttore dell’Istituto di Medicina del Lavoro della Regia Università di Napoli, veniva descritta l’asbestosi come ‘pneumoconiosi professionale dovuta ad inalazione di polvere di amianto, che determina una peribronchite fibrosa, con consecutiva retrazione del tessuto circostante e una polmonite interstiziale cronica’; le cosiddette ‘malattie da polveri minerali’, che comprendevano in un tutt’uno silicosi ed asbestosi, vengono quindi ad essere differenziate tra loro anche a livello divulgativo358. Nel 1933, Luigi Carozzi, capo del servizio di igiene dell’Ufficio internazionale del lavoro di Ginevra, nel redigere la voce ‘igiene del lavoro’ dell’‘Enciclopedia Treccani’359, ha sostenuto che “le polveri (di origine animale, vegetale, minerale o mista) che si sollevano nelle più svariate industrie, rappresentano uno dei più importanti fattori di malattia e di predisposizione all’infezione tubercolare. Il medico igienista e il tecnico difendono l’organismo contro l’azione delle polveri, raccogliendole presso l’origine della loro produzione (aspirazione localizzata), o impedendone il sollevamento nell’ambiente (macchine chiuse, inumidimento del materiale polverulento ecc.), o precipitandole con sistemi diversi: filtrazione, precipitazione elettrostatica ecc.” Nel 1934, Quarelli pubblicava ‘Tracheite da asbesto’360 relativa ad un caso di tracheite da asbesto, insorta in un’operaia di una manifattura d’amianto, che con l’entrare in fabbrica veniva 356 BIT, HYGIENE DU TRAVAIL, vol.II, G-Z, Genève 1932- Id., 1933. A.Ceconi, F.Micheli, MEDICINA INTERNA, vol. II, Minerva Medica Ed., Torino 1937. 358 N.Castellino (R.Univ. di Napoli, Med. Lavoro) & L.Carozzi (Uff. Int. del Lavoro, Ginevra), Voce “lavoro” (patologia del lavoro & igiene del lavoro), ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, vol. XX, Ist. Giovanni Treccani, Roma 1933. 359 L.Carozzi, voce Igiene del lavoro, vol.XX, ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treccani Ed., Roma 1933. 360 G.Quarelli, TRACHEITE DA ASBESTO, Med. Lav. 25:218-233, 1934. 357 CAPITOLO V | 109 colpita da accessi di tosse stizzosa; nello stesso anno alla voce ‘neoplasma’361, si riportano i classici concetti di Virchow per la definizione di una neoplasia o di un tumore (‘accrescimento patologico e circoscritto’), segnalando comunque il carattere invasivo di tale accrescimento e la possibilità di metastasi. 5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e della giurisprudenza nella seconda metà degli anni ’30. Nel VII Congresso Internazionale delle Malattie da Lavoro362 di Bruxelles, una sessione fu interamente dedicata alla lotta contro le polveri: Middleton (Londra) e Bordas (Parigi) illustrarono la raccolta dei campioni e dell’analisi delle polveri (conteggio e diametro delle particelle di polvere mediante ‘impinger’, coniometro circolare o a getto e precipitatore termico); Deladriere (Bruxelles) e Boerma (L’Aja) esposero le diverse modalità di intervento contro le polveri sospese nell’aria (aspirazione, maschere); Teleky (Vienna) e Pieraccini (Firenze) evidenziarono i criteri di selezione degli operai esposti a polveri dannose; Policard (Lione), Martin (St.Etienne) e Denet (Obourg-lesMons) riassunsero i segni di allarme per la diagnosi precoce di pneumoconiosi e per l’allontanamento dal lavoro nocivo (radiografia e anamnesi lavorativa). Nel 1936, il BIT pubblicava un ‘Vademecum de l’hygiéniste du travail’363 sui principiali metodi di ricerca e analisi nel campo dell’igiene del lavoro, con il quale gli studiosi londinesi Green e Middleton illustravano i metodi di dosaggio e conteggio delle polveri, che apparivano analoghi a quelle descritte da Loriga e che questi pubblicò l’anno seguente. “Il Regio Decreto 7 agosto 1936, n. 1720 che approvava le tabelle indicanti i lavori per i quali era vietata l'occupazione dei fanciulli e delle donne minorenni, prevedeva alla tabella B s lavori pericolosi, faticosi ed insalubri in cui è consentita l'occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli, subordinatamente all'osservanza di speciali cautele e condizioni e, tra questi, al n. 5, la lavorazione dell'amianto, limitatamente alle operazioni di mescola, filatura e tessitura”364. Nel 1936 venne pubblicato il manuale ‘Codice del medico del lavoro’365 che conteneva tutta la normativa relativa all’igiene del lavoro ed all’assicurazione delle tecnopatie e degli infortuni, al fine di consentire ai medici di fabbrica di svolgere correttamente il loro lavoro. Nella prefazione del quarto libro pubblicato da Loriga nel 1937366, si ricordava l’affluenza sempre maggiore dei giovani medici alle ‘Scuole di perfezionamento in Medicina del Lavoro’, sorte in molte università dopo l’impulso dato a questo insegnamento dal Ministero delle Corporazioni e da quello dell’Educazione Nazionale. Il I capitolo descriveva, invece, l’importanza dell’Igiene del lavoro (‘ramo dell’Igiene generale che si propone di difendere l’uomo contro le cause di malattia, di infortunio, di invalidità precoce o di diminuzione della sua capacità produttiva, che vanno unite allo esercizio di una professione o di un mestiere’) che interessava il 53,75% della popolazione; il II capitolo riguardava la legislazione del lavoro, e l’autore, elencando le fonti internazionali, ricordava il documento che ha sancito il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, e cioè la parte XIII del trattato di Saint Germain: 361 ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voce “neoplasma” di B.Devecchi, prof. Anatomia Patologica Regia Università di Firenze, vol. XXIV, Roma 1934. 362 ATTI DEL VIIME CONGRES INTERNATIONAL DES ACCIDENTS ET DES MALADIES DU TRAVAIL, tome III,maladies du travail, Vromans Ed., Bruxelles 1935. 363 VADEMECUM DE L’HYGIENISTE DU TRAVAIL, BIT Genève 1936. 364 Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., n. 15159 dell’11.07.2011. 365 A. Altarelli, CODICE DEL MEDICO DEL LAVORO, Hoepli Ed. Milano 1936. 366 G. Loriga, IGIENE DEL LAVORO, Vallardi Ed., Milano 1937. 110 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO “Considerando che la Società delle Nazioni ha per fine di stabilire la pace universale, e una pace siffatta può essere fondata soltanto sulla giustizia sociale....considerando che la mancata adozione, da parte di uno stato qualsiasi, di un regime di lavoro veramente umano ostacola gli sforzi degli altri che desiderano migliorare la sorte dei lavoratori nei propri paesi....le Alte Parti Contraenti, mosse da sentimenti di giustizia e di umanità, e dal desiderio di assicurare una pace mondiale durevole, hanno convenuto di istituire una Organizzazione permanente per promuovere l’attuazione del programma esposto nel preambolo”. A questo punto l’autore ricordava che “questa Organizzazione è l’Ufficio internazionale del lavoro, che ha sede in Ginevra, ed ha già dato frutti copiosi e succulenti. Di essa fa parte la Sezione di igiene del lavoro, che è degnamente diretta dal prof. Carozzi, già ispettore medico del lavoro in Italia, assistito da un Comitato internazionale di consultazione e di corrispondenza per la Igiene industriale, del quale ha l’onore di far parte l’autore di questo libro”. L’autore richiamava le attività di due organizzazioni volontarie autonome: la Commissione internazionale permanente per la medicina del lavoro e quella degli infortuni, discendenti legittime della benemerita Associazione internazionale per la protezione dei lavoratori, con sede a Basilea, in un periodo antecedente il primo conflitto mondiale; e gli importanti Congressi internazionali congiunti, il VI a Ginevra nel 1931 e il VII a Bruxelles nel 1935. Inoltre il Loriga richiamava l’importanza della Conferenza annuale internazionale del lavoro, la quale si riunì per la prima volta a Washington nel 1919, poi a Genova nel 1920 e successivamente sempre a Ginevra: essa sino al 1935 ha approvato 49 Disegni di Convenzione e 45 Raccomandazioni, le quali furono in gran parte ratificate e tradotte in legge dai 61 Stati membri della Organizzazione. Vennero inoltre elencate le principali norme internazionali relative all’ispezione del lavoro, precisato il ruolo dei medici di fabbrica (ex art.6 R.G.I.L.), ricordando che in Inghilterra sono stati previsti con ampio mandato sin dal 1833, contemporaneamente alla istituzione dell’Ispettorato del Lavoro in Italia, del quale sono stati chiamati a far parte i medici del lavoro soltanto a partire dal 1938 e che ‘tutta l’opera del medico di fabbrica è considerata in America tanto fruttifera che un grande industriale americano ha detto che se domani dovesse riorganizzare le sue officine, il primo servizio da istituire sarebbe il servizio medico’. Il X capitolo della parte I era dedicato alla difesa contro le polveri, con inserimento dell’asbesto tra quelle più pericolose (pag.125), ed il XXIV capitolo della parte II alla misura delle polveri (metodi gravimetrici, metodi densimetrici, metodi della precipitazione elettrica, metodi per adesione o impingement); furono poi descritti i ‘conimetri’, definiti più maneggevoli e precisi, e adatti alla conta dei granuli di polvere e al loro esame microscopico, allo scopo di misurare i diametri e le altre proprietà fisiche e chimiche delle particelle e, da ultimo, l’autore ha elencato le modalità di misurazione della polvere in ambienti non confinati, per valutazioni di tipo ecologico. In quel periodo, il fatto che le tecnopatie da polveri non fossero ancora considerate come di origine professionale ed inserite nelle relative tabelle, al fine di determinare l’indennizzo dei lavoratori che ne fossero colpiti, aveva aveva alimentato l’insorgenza di numerose cause civili, che promosse a carico dei datori di lavoro negli anni dal 1938 al 1940 avevano portato la Corte di Cassazione ad altrettante condanne, sulla base dei presupposti già evidenziati nel 1936 dalla Corte di Cassazione, secondo la quale367 “E’… certo ed incontestabile che l’integrità personale dell’uomo e la sua salute (sommi beni che 367 RESPONSABILITÀ CIVILE E PREVIDENZA, GIURISPRUDENZA CORPORATIVA, 1941 Roma. anno 41, vol.12 - Id., anno 42, vol.13 - G.Balella, MASSIMARIO DI CAPITOLO V | 111 trascendono dalla sfera dell’individuo per assurgere ad importanza sociale, come necessaria premessa della conservazione e del miglioramento della specie) sono protette non soltanto dal contratto, ma altresì da numerose leggi di pulizia sanitaria e perfino dal Codice Penale”. (Corte di Cassazione Civile, Sentenza n. 2107 del 28.04.1936, pubblicata il 17.06.1936). La Corte di Cassazione svilupperà questi fondamentali principi in importanti successive sentenze, che confermavano le decisioni dei Giudici di merito, in ordine alla responsabilità dei datori di lavoro per violazione delle norme già esistenti in materia di sicurezza sul lavoro. La pendenza dei numerosi giudizi a carico del datore di lavoro, intentati dai lavoratori malati e dalle loro vedove, in un momento nel quale era più intenso lo sforzo bellico, quando tuttavia le sorti sembravano già segnate, si determinò una sensibile accelerazione nel riconoscimento assicurativo delle pneumoconiosi (silicosi ed asbestosi), con la legge 455/1943. Questo contesto venne descritto magistralmente dal Mottura con un articolo ‘L’ammalato per contratto di lavoro’ (considerazioni indotte dallo studio della malattie polmonari da polveri industriali), pubblicato nel 1950, sulla rivista ‘Cultura e realtà’368. Nel 1937, alla voce ‘tumore’369 (‘neoformazione cellulare a sviluppo illimitato, a struttura profondamente aberrante’) venne avanzata una moderna classificazione delle neoplasie su base embriologica-istogenetica (t. ectodermici, mesodermici, entodermici, mesenchimali, e da residui embrionali), cui seguì un’ampia trattazione della fisiologia delle cellule neoplastiche, ed un aggiornamento dei fattori causali; in ambito professionale venne citato il frequentissimo cancro polmonare dei lavoratori delle miniere di Schneeberg in Sassonia, attribuibile al cobalto, nonché il papilloma vescicale da anilina, oltre ai già elencati tumori nei lavoratori della paraffina, dell’arsenico, e del catrame; a tale proposito, vennero elencate le principali sostanze cancerogene contenute nel catrame; nella seconda appendice dell’enciclopedia370, alla voce ‘tumore’ vennero riportati i più moderni studi di oncogenesi sperimentale da agenti chimici, con descrizione delle principali sostanze cancerogene e del loro probabile meccanismo d’azione; nella terza appendice371, venne riportato il crescente numero di morti per tumore (seconda causa di mortalità in Italia dopo le malattie cardio-vascolari), pur segnalando che tali cifre sono in parte attribuibili all’affinamento dei mezzi diagnostici ed all’aumento della vita media; venne poi dedicato un paragrafo ai rapporti tra fumo di tabacco e tumori del sistema respiratorio. Nel 1937, l’Ente Nazionale di propaganda per la Prevenzione Infortuni (ENPI), pubblicò al n.6 della collana, una monografia di G.A.Vigliani, allora direttore sanitario dell’ENPI e padre del più volte citato E.C.Vigliani, relativa agli istituti di medicina industriale, nel quale era riportato che, già nel giugno ’36, era stato inaugurato quello di Milano, e successivamente quelli di Genova, Firenze, Napoli ed infine quelli di Roma e Torino, con fotografie della sala-visite, delle apparecchiature oculistiche, del laboratorio di tossicologia, della radiologia, dello spettrografo, del reparto psicotecnico, del fotometro spettrale, dell’apparecchiatura dei tempi di scelta e reazione, del reparto di neuropatologia e della biblioteca. Lo spettrografo Zeiss, installato a Torino, era uno dei più avanzati del mondo (in funzione, all’epoca, solo in altri quattro laboratori stranieri) e consentiva esami tossicologici sbalorditivi per quei tempi: era ormai venuta alla luce la moderna Medicina del Lavoro, con le sue varie specializzazioni; l'ENPI infatti, già allora, non si limitava a svolgere le visite periodiche, ma 368 G. Mottura, CULTURA E REALTÀ, rivista bimestrale n. 1 -1950. Id., voce “tumore” di G.Verno, prof. di Oncologia Regia Università di Roma, vol.XXXIV, Roma 1937. 370 Id., voce “tumore” di P.Buffa, Centro Studio Fisiopatologia del cancro c/o CNR Roma-Oncologia, II appendice, 1938-1948, Roma 1949. 371 Id., voce “tumore” di P.Valdoni, prof. Chirurgia Università di Roma, terza appendice, 1949-1960, Roma 1961. 369 112 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO effettuava controlli biologici ed ambientali e si occupava attivamente di ricerca scientifica. Nel 1938, nel ‘Nuovo Digesto Italiano’ ci fu una nuova redazione delle voci ‘lavoro (igiene e assistenza sociale del)’ e ‘industrie insalubri e pericolose’372 nelle quali c’era un aggiornamento dell’elenco ed una specifica descrizione delle industrie insalubri e pericolose e delle misure di igiene e assistenza sociale; e nello stesso anno Dreessen e Dellavalle pubblicarono ‘A study of asbestosis in the asbestos textile industry’373 relativa ad uno studio su oltre 500 lavoratori di un’industria tessile esposti ad amianto, nei quali il rischio era stato sottostimato poiché altri 150 già ammalati erano stati poco prima licenziati; e nello stesso anno venne pubblicato il I supplemento dell’enciclopedia (dell’‘Encyclopédie d’hygiène du travail, del BIT’374), che conteneva tra l’altro l’aggiornamento sull’asbestosi redatto da Gloyne e Merewether, di cui E.C.Vigliani dello stesso anno pubblicava una recensione nel bimestrale dell’ENPI (‘Rassegna di medicina applicata al lavoro industriale’). Nel 1939, E.C. Vigliani, in una rivista specialistica pubblicò ‘Asbestosi polmonare’375, in cui descrisse le caratteristiche cliniche, radiologiche e anatomopatologiche dell’asbestosi, segnalando che già nel 1908 Scarpa, al XVIII Congresso di Medicina Interna, aveva riferito la morte per lesioni polmonari di 29 operai addetti alla lavorazione dell’amianto, e che nel 1914 in Germania Fahr e Feigel aveva descritto strani cristalli rinvenuti nei polmoni di un operaio di una manifattura di amianto, morto per sclerosi polmonare. Vigliani ricordava altresì che vi erano ormai più di 70 pubblicazioni sul tema e che nel 1938 gli americani avevano introdotto la concentrazione limite di 5 milioni di particelle per piede cubo (173 pp/cm3); segnalava infine l’opportunità di non adibire alla lavorazione dell’amianto le persone affette da patologie cardiache, polmonari e pleuriche, e di dotare comunque le maestranze di maschere e le aziende di aspiratori; e il fatto che le visite preventive e periodiche fossero precedute da una radiografia del torace. Nel 1940, G. Mottura e F. Fagiano hanno pubblicato ‘Anatomia patologica e patogenesi dell’asbestosi polmonare’376, con la prima descrizione anatomo-patologica esauriente della morte per asbestosi, in seguito all’autopsia eseguita sul corpo di due donne che erano decedute per questa patologia, rispettivamente nel 1937 e nel 1938, anche se la possibilità di morte per asbestosi era già nota ai primi del 1900, mentre l’associazione asbestosi-cancro polmonare venne evidenziata in due soggetti ammalati di asbestosi, per la prima volta negli anni ’30 da Gloyne377. Nel 1940 Vigliani, descriveva dal punto di vista clinico-radiologico i due casi mortali di asbestosi, pubblicando ‘Due casi mortali di asbestosi’378, che già erano stati trattati dal punto di vista anatomo-patologico da Mottura e Fagiano in ‘Anatomia patologica e patogenesi dell’asbestosi polmonare’, correlando il lavoro con un’ampia rassegna bibliografica. Si trattava di due donne: una, deceduta a 56 anni, ha lavorato 30 in una fabbrica di corde d’amianto di Torino, l’altra deceduta a 50 anni, ha lavorato per 7 anni in gioventù in una manifattura di amianto di Nole Canavese. Ancora Vigliani, nel 1940, pubblicava un altro studio sull’asbestosi in 4 manifatture 372 M.D’Amelio, NUOVO DIGESTO ITALIANO- LAVORO (IGIENE E ASSISTENZA SOCIALE DEL), vol.VII - industrie insalubri e pericolose, vol.VI, UTET, Torino, 1938. 373 W.C.Dreessen, J.M.Dellavalle & al., A STUDY OF ASBESTOSIS IN THE ASBESTOS TEXTILE INDUSTRY, Public Health Bull., n.241, 1938. 374 G.A.Vigliani, RASSEGNA DI MEDICINA APPLICATA AL LAVORO INDUSTRIALE, anno IX n.4, Roma agosto 1938. 375 E.C.Vigliani, ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med.Indust., X-6, 1-12, 1939. 376 G. Mottura, E. Fagiano, ANATOMIA PATOLOGICA E PATOGENESI DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med. Indust.,11/5/1940. 377 S.R.Gloyne, TWO CASES OF SQUAMOUS CARCINOMA IN THE LUNG OCCURRING IN ASBESTOSIS, Tubercle, 17:5-10,1935. 378 E.C.Vigliani, DUE CASI MORTALI DI ASBESTOSI, Rass. Med. Ind., XI - 1: 26-52, 1940. CAPITOLO V | 113 d’amianto situate in Torino e Provincia379 (‘Società Italo-Russa per l’Amianto’, ‘Capamianto’, ‘Bender & Martiny’ e una ditta produttrice di materiali d’attrito). L’elaborato era suddiviso in una prima parte in cui venivano trattate le questioni di igiene del lavoro, ed in una seconda, comprendente i problemi clinico-radiologici, incluse le complicanze tubercolari e neoplastiche. Su 442 operai esaminati, 76 sono affetti da asbestosi, risultata più grave nei reparti con concentrazione di polvere più elevata (> 200 pp/cc)380. Sempre nel 1940, venne pubblicato il ‘Trattato di patologia medica del lavoro’ del prof. 381 Preti , con il quale furono descritte la patogenesi, l’anatomia patologica, la sintomatologia clinica, il quadro radiologico dell’asbestosi, la sua prognosi infausta e peggiore di quella della silicosi, ed elencò quali mezzi preventivi generali ed individuali dovessero essere adottati. Nello stesso anno venne pubblicata una monografia ‘La silicosi’382 a cura di Quarelli, nella quale si dava conto del fatto che i malati fossero ormai più di 4.000 e che fosse indispensabile la prevenzione, con visite periodiche, con sistemi di aspirazione, con l’utilizzo delle maschere antipolvere, che erano ritenuti indispensabili per prevenire l’insorgenza dell’asbestosi. Il testo di Vanzetti ‘Trattato italiano di Anatomia Patologica’383 del 1940, dedicato al suo maestro Foà, conteneva un capitolo sulle pneumoconiosi redatto da Mottura, con una moderna descrizione dell’asbestosi ed una precisa segnalazione sulla sua frequente associazione con il cancro polmonare, ribadita da V. Cesaris Demel, in ‘Il cancro primitivo del polmone’384, nel quale al capitolo dell’etiologia e patogenesi, si citava l’importanza del fumo di tabacco, del catrame, delle emanazioni radioattive e delle pneumoconiosi, e veniva sottolineata l’importanza del fattore ambientale (già messa in risalto nel ’32 da Lipschitz) abitativo, lavorativo e geografico nella sua insorgenza, che veniva altresì correlata all’asbesto-silicosi (come fecero Linch e Smith nel 1935), e all’esposizione all’amianto quale fattore scatenante (come con Flecksender). Vennero poi considerate la sede e la localizzazione dei tumori polmonari, le forme anatomiche, l’età e il sesso, le metastasi, l’associazione con la tubercolosi e la classificazione istologica. Il testo si concludeva con una ricca bibliografia. Nel 1941, fu lo stesso Vigliani, nel corso di un importante convegno che si svolse a Torino, ad affrontare il problema della diagnosi clinica e della prevenzione della silicosi, con le metodiche di campionamento ambientale385 utili anche per le indagini relative all’asbestosi. 5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento dell’asbestosi come malattia professionale. Nel 1941, nella relazione della Commissione ENPI (‘Relazioni delle Commissioni degli esperti medici, tecnici e medico-legali sui problemi diagnostici, preventivi e assicurativi della 379 E.C.Vigliani, STUDIO SULL’ASBESTOSI NELLE MANIFATTURE D’AMIANTO, ENPI Ed., collana n.34 delle pubblicazioni degli Istituti di Medicina Industriale dell’ENPI, 1940. 380 Il Prof. Vigliani ha ringraziato i direttori delle manifatture ing. Gori, ing. Rossetti, ing. Nodari e ing. Boggio, dott. e rag. Ferrabino, che avevano permesso la realizzazione dello studio (non fu così in altre circostanze negli Stati Uniti d’America). 381 L.Preti, TRATTATO DI PATOLOGIA MEDICA DEL LAVORO, Cordani Ed., Milano 1940. Questi era ordinario di Medicina del Lavoro e direttore della Clinica del Lavoro della Regia Università di Milano. 382 G.Quarelli, G.De Dominicis, LA SILICOSI, Società Reale Mutua Assicurazioni, Torino 1940. 383 F.Vanzetti, TRATTATO ITALIANO DI ANATOMIA PATOLOGICA, vol.II, UTET, Torino 1940. 384 V.Cesaris Demel, IL CANCRO PRIMITIVO DEL POLMONE, Universitas Ed., Roma 1940. 385 E.C.Vigliani, I-DIAGNOSI CLINICA DELLA SILICOSI, II-PREVENZIONE DELLA SILICOSI, DA ATTI DEL CONVEGNO SULLA SILICOSI, Torino 22-23/2/1941, ENPI Ed. 1941. 114 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO silicosi e dell’asbestosi’)386 presieduta da Cesa-Bianchi (direttore della Clinica Medica della Regia Università di Milano) e di cui facevano parte Vigliani, in qualità di segretario, Mottura, Castellino ed altri illustri clinici, oltre al dott. Mario Azario, direttore dei servizi sanitari della FIAT, si sottolineò l’importanza di accurate visite preventive all’atto dell’assunzione, che dovevano essere ripetute periodicamente ogni anno, con radiografie del torace e controlli otorinolaringoiatrici, come misure indispensabili per la prevenzione medica per l’asbestosi, e nel Convegno ENPI di Torino, si dette corso alla fondazione del ‘Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi’, per approfondire il problema preventivo, terapeutico e assicurativo della silicosi e dell’asbestosi, cui scaturì successivamente la proposta di legge di cui alla Commissione Legislativa 5/2/1943-XXI, XXX Legislatura, I della camera dei Fasci e delle Corporazioni; Lupo, radiologo dell’ENPI e dell’osp. Maggiore di Novara, proponeva di unificare le tecniche radiologiche per la diagnosi delle pneumoconiosi e pubblicò una relazione ENPI-Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi del 1941, coordinata da Vigliani e anche una interessante rassegna dei quadri radiologici dell’asbestosi polmonare (‘I quadri radiologici dell’asbestosi polmonare’387), nella quale vennero fornite precise prescrizioni di tecnica radiografica e venne adottata una classificazione radiologica in stadi dell’asbestosi (I stadio: sottile fibrosi con accentuazione basale della trama polmonare- II stadio: incremento dei segni precedenti - III stadio: maggiore addensamento fibroso, con sottilissime strie a guisa di raggi - IV stadio: gravi alterazioni fibrotiche non più compatibili con il lavoro); e si segnalava che negli Stati Uniti vi erano 12.000 persone esposte all’inalazione di polveri di amianto, in Inghilterra 3.000 e in Italia 1.000, delle quali la massima parte in Piemonte. I Giudici di merito, già in diverse occasioni, avevano condannato i datori di lavoro a risarcire i danni subiti dai lavoratori malati di asbestosi e di altre patologie asbesto correlate, e la Corte di Cassazione aveva rigettato i loro ricorsi, confermando queste decisioni, affermando fondamentali principi che possono essere così riassunti: Con Sentenza n. 682 del 20.01.1941, pubblicata il 10.03.1941, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro aveva enunciato i seguenti principi di diritto: “le forme assicurative predisposte per garantire gli operai contro talune malattie professionali tassativamente elencate, non dispensano i datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la dovuta diligenza nella propria azienda, per evitare danni ai lavoratori (anche se compresi nella previdenza assicurativa), adottando tutti i mezzi protettivi prescritti o suggeriti dalla tecnica e dalla scienza. Il dovere di prevenzione, che l’art. 17 r.d. 14 aprile 1927, n. 530, sull’igiene del lavoro, impone per il lavoro che si svolga in ‘locali chiusi’ va osservato in tutti quei casi in cui il luogo di lavoro, pur non essendo completamente chiuso, non sia tale da permettere comodamente e senza pericolo la uscita dei vapori e di qualsiasi materia nociva”. (Cass., Sentenza n. 682 del 20.01.1941) La colpa del datore di lavoro risiede nell’assenza di ‘aspiratori’ in ‘locali non perfettamente chiusi’ e nell’inadempimento dell’obbligo di predisporre ‘maschere per i lavoratori’ e nella negligenza e imprudenza rispetto ‘allarme dato dagli scienziati’ sulla pericolosità delle polveri (Cass. Sent. n. 682 del 20.01.1941, pubblicata il 10.03.1941, Soc. acciaierie elettr. c. Panceri), poiché già in precedenza la stessa Corte aveva stabilito che per le “malattie professionali non garantite da assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può 386 Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, RELAZIONI DELLE COMMISSIONI DEGLI ESPERTI MEDICI, TECNICI E MEDICO-LEGALI SUI PROBLEMI DIAGNOSTICI, PREVENTIVI E ASSICURATIVI DELLA SILICOSI E DELL’ ASBESTOSI, ENPI, 1941-XX. 387 G.Mastrosimone, I QUADRI RADIOLOGICI DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med.Ind., 12 (8-9): 429-452, 1941. CAPITOLO V | 115 esimersi da responsabilità se l’evento dannoso si sia prodotto per sua colpa” (Corte di Cassazione, Sentenza 17.01.1941, Soc. off. elettroferro Tallero c. Massara) né la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa dal fatto che “gli operai non avevano mai denunziato disturbi […] perché la silicosi insidia insensibilmente l’organismo del lavoratore fino alle manifestazioni gravi che causano l’incapacità al lavoro sicché il lavoratore non è in grado di accorgersene in precedenza”, poiché l’art. 2 del r.d. 530 del 1927, “prescrive al datore di lavoro di avvertire preventivamente il lavoratore del pericolo, di indicargli i mezzi di prevenzione adatti” e l’art. 17 del r.d. 530 del 1927 “prescrive l’aspirazione della polvere immediatamente vicino al luogo ove viene prodotta” (Corte di Cassazione, II^ Sezione Civile, Sentenza n. 686 del 17.01.1941), Il ‘Repertorio Generale Annuale’388 sulla base di queste pronunce formulava le seguenti massime: “in ordine alle malattie professionali non garantite da assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può esimersi da responsabilità se l’evento dannoso si sia prodotto per sua colpa” (312bis) “Il datore di lavoro, che assume la organizzazione ed il rischio dell’impresa, ha il dovere di tutelare e garantire i prestatori d’opera dai pericoli inerenti al lavoro.” (313) “Le forme assicurative predisposte per garantire gli operai contro talune malattie professionali tassativamente elencate non dispensano i datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la dovuta diligenza nella propria azienda, per evitare danni ai lavoratori (anche se compresi nella previdenza assicurativa), adottando tutti i mezzi protettivi prescritti o suggeriti dalla tecnica e dalla scienza” (314). che ispiravano la successiva codificazione nell’art. 2087 del codice civile (r.d. 16.03.1942, n. 262), che nel chiudere il sistema impose serrati obblighi di prevenzione e tutela dell’incolumità psicofisica e dignità del prestatore d’opera, imponendo al datore di lavoro di “…nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” che trovò ulteriore riscontro nell’art. 2 e ulteriore specificazione nelle norme di cui agli artt. 35, 36, 38 e 41, comma 2, della Costituzione, per lo specifico riferimento alla tutela della dignità di ogni essere umano, con la capacità di anticipare i successivi sviluppi della legislazione nazionale ed internazionale389. Nello stesso anno Bezançon segnalava che la silicosi cominciava ad incidere maggiormente390, e nel 1943 venne pubblicato un ulteriore aggiornamento radiologico dell’asbestosi, ‘Osservazioni sull’asbestosi’391, con un’indagine clinico-radiologica su 276 operai della cava di amianto di San Vittore a Balangero, che era la più importante in Italia, che abitavano 388 REPERTORIO GENERALE ANNUALE DI GIURISPRUDENZA, BIBLIOGRAFIA E LEGISLAZIONE, vol.LXVI, Foro Italiano Ed., Roma 1941. 389 E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino, 2011. 390 F.Bezançon, L.Bernard & al., PRECIS DE PATHOLOGIE MEDICALE, Masson Ed., Paris 1942. 391 F.Stoppani, A.Velicogna, OSSERVAZIONI SULL’ASBESTOSI, La Medicina Contemporanea, 9 (10) : 225-230, 1943. 116 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO nelle vicinanze dello stabilimento, a distanze variabili tra i 2 ai 15 Km; tragitto che quasi tutti, forti fumatori di pipa e bevitori di alcolici, compiono in bicicletta. Solo in una piccola percentuale di casi si evidenziarono lesioni a carattere pneumoconiotico, sempre di grado molto lieve. Il 25/1/1943, presso la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, fu presentato il disegno di legge n.2262 relativo all’estensione a silicosi ed asbestosi dell’assicurazione obbligatoria per le malattie professionali, il quale fu approvato dalla Commissione Legislativa dell’Industria il 5/2/1943 dopo ampio dibattito scientifico e medico-legale, così come testimoniato dagli atti preparatori della legge; cui fece seguito la trasmissione al Senato, che lo approvò il 05.03.1943 e con definitiva pubblicazione come L. n.455 il 12/4/1943392. Nella sua concreta regolamentazione del 1943, il legislatore intervenne in quel particolare momento storico per risollevare per quanto fosse possibile le condizioni di lavoro delle popolazioni del nord Italia, già duramente provate dalla guerra e dalle sue restrizioni e in pietose condizioni, disponendo che, quanto meno i lavoratori ammalati fossero indennizzati (art. 7). Per questo motivo fu fatto obbligo ai datori di lavoro di denunciare all’ente assicuratore i casi di malattia professionale e quelle lavorazioni che potessero provocare l’asbestosi e ciò anche al fine di versare un premio supplementare (art. 13) che permettesse di mantenere un equilibrio di bilancio. Ogni violazione delle norme così istituite era punita con l’ammenda (art. 16) e furono istituite delle misure di sorveglianza sanitarie in forza delle quali si disponeva che i lavoratori ‘devono sottoporsi, a cura e spese del datore di lavoro, a visita medica al momento dell’assunzione e a visite periodiche’, i cui risultati gli dovevano essere comunicati (art. 5) oltre che essere annotati in ‘schede personali da intestarsi ad ogni lavoratore al casellario centrale infortuni, nonché trascritti, tutte le volte che da essi risulti la necessità dell’abbandono delle lavorazioni pericolose, nei libretti di lavoro’ (art. 6). Il successivo articolo 9 statuiva: “gli accertamenti diagnostici sulle condizioni morbose contemplate nella presente legge sono, in ogni caso denunciato, di competenza dell’istituto assicuratore e così pure le cure”. Con una beffa della storia393, mentre in tutti i teatri di guerra uomini e donne di tutte le nazionalità e razze si fronteggiavano e morivano inutilmente tra sofferenze atroci, il legislatore italiano assumeva contezza che l’amianto, anche quello che si usava nei luoghi di lavoro, era dannoso all’uomo e che provocava quantomeno l’asbestosi, che per ciò stesso doveva essere indennizzata con una rendita (art. 14 L. 455/43): quindi da questa data non è ammissibile l’ignoranza del rischio legato all’amianto. L’Istituto Assicuratore394, con una lettera del 2/6/43, segnalava alle sedi periferiche di provvedere all’applicazione dell’assicurazione obbligatoria contro silicosi ed asbestosi, annunciandone la imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regno. La Direzione Generale dell’INAIL, con lettera prot. n.75 del 28/6/1943, informava le sedi periferiche del fatto che sulla Gazzetta Ufficiale n.137 del 14/6/43 fosse stata pubblicata la legge relativa all’assicurazione obbligatoria per silicosi ed asbestosi. L’indennizzo era liquidato nel caso in cui 392 Disegno di Legge n.2262/C del 25/1/1943, Estensione dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi ed asbestosi - Discussione in Commissione Legislativa dell’Industria della Camera 5/2/43 - Disegno di Legge n.2215/S del 6/2/43 ex 2262/C - Approvazione del provvedimento da parte della Commissione dell’economia corporativa e dell’autarchia, 57° riunione, 5/3/43 - L. n.455 del 12/4/1943, G.U. 14/6/43 n.137. 393 E. Bonanni, LO STATO DIMENTICA L’AMIANTO KILLER, Ed. Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Milano-Sesto S. Giovanni, 2009. 394 INAIL: Circolare n.63 del 2/6/1943 - Circolare n.75 del 28/6/43 - Lettera Pos.n.306/Ar del 28/12/43 - Circolare n.74 del 24/7/45 - Circolare n.73 del 3/8/46 - Circolare n.74 del 5/8/46 - Circolare n.41 del 5/4/1950 - Circolare n.179 del 24/11/54 - Circolare n.184 del 27/9/54 - Circolare n.8 del 16/1/56 - Lettera circolare riservata n.1 del 31/10/57. CAPITOLO V | 117 fosse stata riconosciuta la patologia in misura superiore al grado invalidante del 33%, contrariamente alle altre malattie professionali per le quali era sufficiente superare il 20%, ed erano comunque previste prestazioni sanitarie, oltre a rendite ed assegni in caso di morte, oltre alla rendita di passaggio, a titolo assistenziale, nel caso di abbandono del lavoro perché affetti da tecnopatia in percentuale variabile dallo 0% all’80%. Secondo le indicazioni contenute nelle norme transitorie, la legge estendeva retroattivamente il beneficio assicurativo per i casi manifestatisi in un periodo compreso sino a 10 anni prima, con esclusione dei lavoratori e loro superstiti che, avendo intentato un procedimento civile, fossero risultati soccombenti, e dei casi conclusisi con condanna del datore di lavoro o transazione, salvo che per la differenza in difetto tra quanto già corrisposto e quanto dovuto. La Direzione Generale dell’INAIL, trasferitasi a Lecco per le note vicende belliche, il 28/12/43 comunicava le modalità di applicazione dei tassi assicurativi. Seguono altre circolari, nuovamente da Roma, tra le quali possono essere ricordate quella n.74 del 27/7/45, che indica le modalità di inoltro delle denunce di pneumoconiosi; quella n.73 del 3/8/46, che ricordava la necessità di centralizzare tutti i casi di silicosi ed asbestosi presso la Direzione Generale, inviando della documentazione medica e radiologica in originale e utilizzando un unico protocollo in cui il numero è seguito dall’indicazione ‘Sil’ o ‘Asb’, a seconda del tipo di patologia; quella n.74 del 5/8/46, che segnalava la sospensione dei termini prescrizionali dall’8/9/43 al 15/10/46, nei territori soggetti all’Amministrazione Italiana ed in quelli ancora soggetti al Governo Militare Alleato. Nel 1947, la Convenzione n. 81 del 19/6/1947, ratificata con L.n.1305 del 2/8/1952 (s.o. G.U. n. 242 del 17/10/52) aveva ad oggetto le ispezioni del lavoro nell’industria e nel commercio, e nel 1949 il Canepa, medico dell’istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università di Genova, pubblica ‘L’asbestosi nei lavoratori portuali’395, che riferiva circa i casi di asbestosi nei lavoratori addetti alla coibentazione delle navi nel Porto di Genova e Annoni, allievo del Prof. Vigliani, una rassegna, ‘La patogenesi dell’asbestosi’396, nella quale considerava le ipotesi chimiche, fisiche e miste della fibrogenesi polmonare. Emilio Sartorelli, nel XV Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, che si tenne a Vienna nel 1966, espose un riepilogo dei suoi studi sulla compromissione della diffusione alveolocapillare nell’asbestosi, con la sintesi dei suoi studi nel ‘Methode en régime stable pour l’étude de la diffusion pulmonaire du CO dans l’asbestose’397, e l’anno successivo Enrico Vigliani partecipò al XIX Convegno dell’Accademia Americana di Medicina del Lavoro a San Francisco, cui tenne la relazione ‘Practice of occupational medicine in the Clinica del Lavoro “Luigi Devoto”’398 , nella quale riassumeva la storia e l’attività della Clinica ‘Devoto’, e i risultati al 1966, e cioè la diagnosi di 49 casi di asbestosi. La Conferenza Internazionale (Internationale Konferenz über die biologischen Wirkungen des Asbestos399) sull’asbestosi, che si tenne nel 1968 a Dresda, permise di fare il punto su tutte le conoscenze dalla mineralogia, ai modelli di patogenesi sperimentale, alle metodiche di radiologia diagnostica, alle prove spirometriche, e venne confermato che l’amianto era un cancerogeno, come confermavano tra l’altro tutti gli studi sui mesoteliomi pleurici e peritoneali e sui cancri polmonari. Il Vigliani vi intervenne con dei collaboratori, e con lo studio ‘Studies on “in vitro” 395 G.Canepa, L’ASBESTOSI NEI LAVORATORI PORTUALI, Zacchia, 12 (3-4):188-205, 1949. A.Annoni, LA PATOGENESI DELL’ASBESTOSI, Rass. Med. Inf. Patol. Lav. 2 (4) : 507-518, 1949. 397 E.Sartorelli, METHODE EN RÉGIME STABLE POUR L’ÉTUDE DE LA DIFFUSION PULMONAIRE DU CO DANS L’ASBESTOSE, da Atti del XV Congresso Intern. Di Medicina del Lavoro, Vienna 1966. 398 E.C.Vigliani, PRACTICE OF OCCUPATIONAL MEDICINE IN THE CLINICA DEL LAVORO “LUIGI DEVOTO”, Arch. Environ Health, 17: 135-142, 1968. 399 INTERNATIONALE KONFERENZ ÜBER DIE BIOLOGISCHEN WIRKUNGEN DES ASBESTOS, Dresden aprile 1968. 396 118 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO cytotoxicity of asbestos dusts’400 dimostrarono la citotossicità dell’asbesto richiamando l’indagine epidemiologica ‘Epidemiological study of asbestos workers in northern Italy’401 sui lavoratori dell’amianto nel Nord Italia, che poi resero pubblici anche nel nostro paese. Ne seguì la pubblicazione di due fondamentali lavori del Vigliani, il primo ‘The fibrogenic response to asbestos’402, relativo alla risposta fibrogenetica del polmone alle fibre d’amianto, l’altro, ‘Frequenza dell’asbestosi e cause di morte tra gli asbestosici indennizzati nella provincia di Torino’403, sulla frequenza dell’asbestosi e sulle cause di morte tra i malati di asbestosi indennizzati nella provincia di Torino. Quest’ultimo venne letto nel corso del Convegno sulle Patologie da Asbesto, tenutosi a Torino nel giugno ’68, in presenza di numerosi politici, sindacalisti e studiosi, tra i quali il prof. Cesare Rotta e il prof. Lorenzo Crosetti, succedutisi nella direzione della Sanità FIAT di quel periodo. Questo studio fece emergere che nella provincia di Torino, tra il ’43 e il ’67, erano stati indennizzati per asbestosi 607 lavoratori, di cui 195 deceduti (16 per neoplasie polmonari o pleuriche; uno solo proveniente dalle cave, e ben 15 dalle manifatture); nel marzo ’68 risultavano assicurati 2305 operai. L’osservanza dei limiti di esposizione all’amianto introdotti a partire dal ‘69-’72, determinò per i nuovi esposti un radicale cambiamento del quadro clinico, con comparsa di reperti radiologici sfumati dopo 10-20 anni di esposizione, uniti ad una lieve compromissione funzionale respiratoria e a positività per la ricerca nell’escreato dei corpuscoli dell’asbesto e dei siderociti. In termini giudiziari, si è pertanto passati da un contesto di omicidio colposo ad un’eventuale presenza di lesioni colpose sporadiche. E’ in ogni caso necessario evitare di esporre ad amianto dei fumatori, dei soggetti affetti da patologie di tipo auto-immune (es. lupus eritematoso, artrite reumatoide etc.) e delle persone con infezioni croniche delle vie aeree. Nei pazienti affetti da segni iniziali di malattia asbestosica, è inoltre indispensabile cessare quanto prima l’esposizione morbigena, perché l’unica soluzione è la prevenzione primaria, anche in coloro che sono stati già esposti, nel senso di non continuare l’inalazione di fibre, in quanto il rischio è proporzionale all’intensità e alla durata dell’esposizione. L’Associazione Internazionale di Medicina del Lavoro404, Sottocomitato per l’asbestosi, nel 1970, celebrò a Cagliari il XXXIII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, con una tavola rotonda sulla diagnosi radiologica, sulle prove funzionali e sulle indagini ambientali relative alle patologie correlate ad esposizione ad amianto e lo stesso anno Giovanni Berlinguer ha pubblicato ‘La salute nelle fabbriche’405, nel quale venivano raccolte le testimonianze degli operai sulle condizioni di lavoro nelle principali aziende nazionali, e risultava che oltre il 60% delle aziende aveva problemi legati alle polveri, conseguenti soprattutto ad una mancata o insufficiente aspirazione. Nel 1973 si tenne a Lione un importantissimo Convegno Internazionale (‘Biological effects of asbestos’406), dal quale emerse con chiarezza che tutti i tipi di amianto risultano cancerogeni per l’uomo; tra i relatori non vi furono studiosi italiani. Venne allegata la parte del testo con le 400 E.Parazzi, B.Pernis, G.C.Secchi, E.C.Vigliani, STUDIES ON “IN VITRO” CYTOTOXICITY OF ASBESTOS DUSTS, Med.Lav. 59 (10):561-574, 1968. 401 E.C.Vigliani, I.Ghezzi, P.Maranzana, B.Pernis, EPIDEMIOLOGICAL STUDY OF ASBESTOS WORKERS IN NORTHERN ITALY, Med.Lav. 59 (8-9): 481-485, 1968. 402 E.C.Vigliani, THE FIBROGENIC RESPONSE TO ASBESTOS, Med.Lav. 59 (6-7):401-410, 1968. 403 E.C.Vigliani, P. Maranzana, I. Ghezzi, FREQUENZA DELL’ASBESTOSI E CAUSE DI MORTE TRA GLI ASBESTOSICI INDENNIZZATI NELLA PROVINCIA DI TORINO, da Atti del Convegno di Studi sulla Patologia da Asbesto, Torino 21 giugno 1968. 404 ATTI DEL XXXIII CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEL LAVORO, Cagliari 1970. 405 G.Berlinguer, LA SALUTE NELLE FABBRICHE, Laterza Ed., Bari 1970. 406 W.H.O., BIOLOGICAL EFFECTS OF ASBESTOS, IARC Ed., Lyon 1973. CAPITOLO V | 119 comunicazioni relative alle caratteristiche chimiche dell’asbesto, ai corpi ferruginosi, al rapporto tra immunologia ed asbestosi, all’importanza dei fattori chimici nei meccanismi eziologici delle patologie da amianto. Sempre nel 1973 fu pubblicata una nuova edizione dell’‘Encyclopédie de médicine, d’hygiène et de sécurité du travail’ del BIT407, in cui la voce ‘asbestosi’ risultava già esauriente sin dalla stesura del Carozzi del lontano 1938, e nella quale vengono ulteriormente descritte tutte le complicazioni tra le quali quelle neoplastiche e le modalità per prevenirle, e lo stesso anno Vigliani pubblicò ‘Valutazione del rischio pneumoconiogeno, ruolo svolto dai fattori infettivi’408, circa la valutazione del ruolo svolto dai fattori infettivi nella pneumoconiosi, e nell’‘Enciclopedia del Diritto’409 c’è la voce ‘igiene del lavoro’, con ulteriori aggiornamenti sul tema, concentrato sui mezzi di protezione individuali e le principali norme di prevenzione e buona tecnica, ulteriormente approfonditi nel 1974 da C.Smuraglia nell’articolo ‘La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale’410, pubblicato nella ‘Rivista di diritto del lavoro’, richiamando la necessità della tutela giuridica della sicurezza del lavoro, nella evoluzione legislativa, fino allo Statuto dei lavoratori, con la legge 300 del 1970, che all’art. 9 contemplava la possibilità di controllare direttamente i rischi, in stretta correlazione a quanto già contemplato nella Carta Costituzionale, nell’art. 2087 del Codice Civile, nei Regolamenti preventivi, Codice Penale e altre leggi, tutte collegate nel generale dovere di sicurezza. 407 BIT, ENCYCLOPEDIE DE MEDICINE, D’HYGIENE ET DE SECURITE DU TRAVAIL, vol.I A-K, Genève 1973. E.C.Vigliani, VALUTAZIONE DEL RISCHIO PNEUMOCONIOGENO, RUOLO SVOLTO DAI FATTORI INFETTIVI, Med.Lav. 64 (9-10), 1973. 409 ENCICLOPEDIA DEL DIRITTO, XXIII, Giuffrè Ed., 1973. 410 C.Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, in “Rivisita di diritto del lavoro”,VIII- Giuffrè Ed., Milano 1974. 408 Capitolo VI Emersione del nesso di causalità tra esposizione all’amianto e neoplasie polmonari SOMMARIO: 6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e il tumore del polmone. 6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata. 6.3 La Costituzione e il lavoro. 6.4 Il faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema di prevenzione e di protezione; il definitivo approccio diagnostico e terapeutico dell’asbestosi ed emersione della consapevolezza del rischio morbigeno dell’amianto per le patologie neoplastiche (1951-1960). 6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e il tumore del polmone. Nel 1935 Lanza e Mc Connell effettuavano un’indagine per conto della Compagnia Assicurativa americana ‘Metropolitan Life Insurance Company’, incaricando Gardner di eseguire degli esami radiografici del torace dei lavoratori dipendente delle ditte che lavorano amianto, impiegati da più di 3 anni, dai quali risultò che quasi tutti erano ammalati di asbestosi411 e molti di loro avevano già il tumore al polmone e furono tenuti all’oscuro del loro stato di salute, fino al decesso. Le risultanze di questi studi non furono pubblicati, se non molti anni dopo e pesantemente censurati, e soltanto negli ultimi anni del secolo scorso, nel corso di alcuni procedimenti giudiziari, si venne a sapere che Lanza tutelava gli interessi economici degli imprenditori e degli assicuratori, e faceva pressione su tutti i colleghi affinché tacessero con i lavoratori dei rischi cui erano esposti412, e per tenerli a lavoro anche quando erano già ammalati, tanto che nel 1992 Abrams affermò413: "How many lives would have been saved if Gardner’s observations including those on lung cancer and asbestos had been reported without censorship?”. 6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata Negli anni ’30 del secolo scorso, l’associazione ‘asbestosi - cancro polmonare’ venne evidenziata da Gloyne414 in due soggetti e nel 1938 questa segnalazione venne riportata su ‘Rassegna di Medicina Applicata al Lavoro Industriale’, ENPI, n. 4, e venne specificato che il 411 A.J.Lanza, W.J.Mc Connell & al., EFFECTS OF THE INHALATION OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS OF ASBESTOS Public Health Rep., 50:1, 1935. 412 D.E. Lilienfeld, M.S. Engin, THE SILENCE: THE ASBESTOS INDUSTRY AND EARLY OCCUPATIONAL CANCER RESEARCH. A CASE STUDY, Am.J.Public Health, 81: 791-800, 1991. 413 “Quante vite umane potevano essere salvate se gli studi di Gardner non fossero stati censurati!”, nella pubblicazione “Some Hidden History of Occupational Medicine, Herbert K. Abrams, Department of Family and Community Medicine, University of Arizona, Tucson, Arizona 85724 Received May 15, 1992”, in Italia pubblicato dal Prof. Ugazio in http://www.grippa.org/index.htm, consultato in data odierna (27.01.2012) e in “Patologie Ambientali e Lavorative”, autori Ugazio, Bonanni, Minerva Medica Editrice, Torino, gennaio 2011, e ribadito da quest’ultimo negli Stati Uniti nella Asbestos Johnson Conference presso l’Università del Vermont, nel luglio 2011, con la relazione “Asbestos killer for humans and the environment” e successivamente, nell’ottobre 2011, nel 28th Annual International Symposium On Acupuncture, Electro-Therapeutics, & The Latest Related Medical Topics And Advancements con relazione dal titolo “Medical and Forensic Implications of Asbestos in Italian Law”. 414 S.R. Gloyne. TWO CASES OF SQUAMOUS CARCINOMA IN THE LUNG OCCURRING IN ASBESTOSIC. Tubercle, 1935. 17: 510. WORKERS, 122 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO primo caso era quello di una donna esposta ad amianto deceduta a 35 anni e l’altro di una donna deceduta a 71 anni che quindi anni prima aveva lavorato per non meno di due anni in una fabbrica di manufatti di amianto, entrambe decedute per neoplasia polmonare con asbestosi. Nel 1946, nel testo ‘Il cancro’, scritto da Rondoni L., edizione Ambrosiana, Milano 1946, largamente utilizzato dagli studenti di medicina, venne riportato che Nordmann già nel 1938 riteneva la polvere di amianto un importante agente eziologico per il cancro polmonare e tale affermazione venne confermata a livello sperimentale da A. Sorge nel 1941 (anche per l’alta incidenza di casi tra coloro che erano affetti da asbestosi), e si conclude che l’asbestosi è la pneumoconiosi più cancerogena. Nel 1949 Merewether evidenziava, tramite riscontro autoptico la presenza di neoplasia polmonare nel 13% degli asbestosici, contro l’1,3% dei silicotici. Nonostante fosse chiaro fin dagli anni ’30 il nesso causale tra l’esposizione a polveri di amianto e l’insorgenza di patologie tumorali polmonari, ci vollero gli studi di Doll415 pubblicati nel 1955 per far ritenere l’amianto rischioso per il tumore al polmone: “Forse in risposta agli studi tedeschi e cecoslovacchi, Merewether si interessò della possibile relazione tra l’asbesto e il cancro broncogenico. Egli domandò ai suoi Ispettori medici del lavoro, tra i quali ero entrato anch’io nel 1947, di esaminare i referti autoptici recenti relativi a lavoratori dell’asbesto, e stabilire la causa di morte. I risultati furono pubblicati nella sua Relazione annuale per il 1947 che, per vari motivi, comparì solo nel 1949. Data la mia posizione privilegiata a Manchester – vi erano tre grosse fabbriche di amianto nella Divisione di mia competenza – il mio contributo fu il più importante numericamente, anche se io devo per modestia ammettere che non ne ho nessun merito. L’idea fu di Merewether, e io ho soltanto svolto una parte del lavoro. Tuttavia ciò mi ha inculcato un interesse e una curiosità per l’asbesto che sono durate fino a oggi. Ho scoperto che, considerando le cause di morte ricavabili dalle ultime 100 autopsie condotte su lavoratori di amianto, il tumore polmonare era responsabile della morte di 25 casi. Fui abbastanza curioso da esaminare le ultime 100 autopsie di lavoratori dell’industria ceramica, essendo anche quell’industria nella mia giurisdizione: solo 2 di essi erano morti per tumore polmonare”. Come riferito da Carnevale 416, “Richard Doll ha sempre voluto difendere due primati nella storia delle conoscenze sugli effetti dell’amianto che giustamente gli spettano, quello di aver potuto eseguire il primo studio epidemiologico su lavoratori dell’amianto e quello di aver dovuto scrivere parole rimarchevoli a Knox, medico della Turner & Newall, che gli chiedeva, per conto dell’azienda, di non pubblicare i risultati ottenuti: «Per quanto mi riguarda, ritengo che qualunque risultato positivo riguardante le cause di cancro deve essere messo a disposizione di tutti i ricercatori del settore» (...) è proprio attraverso una libera pubblicazione che il lavoro può essere sperimentato e utilizzato (o confutato) da altri”. Anche in questo caso ci furono pressioni per evitare la pubblicazione dell’articolo, ma Schilling rispose negativamente, perché ritenne di far valere ‘argomenti di principio e di pubblico interesse’417. 415 R.Doll, MORTALITY FROM LUNG CANCER IN ASBESTOS WORKERS, Br. J. Ind. Med., 12: 81-86,1955. F. Carnevale, AMIANTO UNA TRAGEDIA DI LUNGA DURATA. ARGOMENTI UTILI PER UNA RICOSTRUZIONE STORICA DEI FATTI PIÙ RILEVANTI, in Epidemiologia e Prevenzione”, 31, 2007, pp. 53-74. 417 Schilling RSF, 1994. Nel caso: THE CHASE MANHATTAN BANK, N.A. versus T & N plc. United States District Court, Southern District of New York. 87 Civ. 4435 (VLB) (KAR). Transcript of Trial Day 7. Discussion of the deposition R.S.F. Schilling. Pp. 900-954. Citato da Greenberg M, A STUDY OF LUNG CANCER MORTALITY IN ASBESTOS WORKERS: Doll, 1955, American Journal of Industrial Medicine, 1993; 6: 339. 416 CAPITOLO VI | 123 Lo stesso anno, in Italia, Rombolà pubblicava ‘Asbestosi e carcinoma polmonare in una filatrice di amianto’418, avente ad oggetto un caso di carcinoma polmonare in filatrice di amianto affetta da asbestosi lieve, e Portigliatti (‘Considerazioni sull’associazione: Asbestosi e carcinoma polmonare’419), che sottolineava l’opportunità di riconoscere il nesso di causalità tra asbestosi e carcinoma polmonare, e dunque di considerare quest’ultimo tra le patologie professionali asbesto correlate indennizzabili, e ancora il Ricciardi Pollini (‘Rilievi sulla incidenza del cancro primitivo del polmone e suoi rapporti tra cancro polmonare ed attività professionale’420), concordava circa la correlazione tra l’asbestosi e il cancro polmonare, e l’anno dopo Francia e Monarca pubblicano ‘Asbestosi e carcinoma polmonare’421, relativo ad altri due casi di carcinoma polmonare in asbestosici, che avvaloravano le ipotesi della cancerogenicità dell’amianto sostenuta dal Comitato per il Cancro Professionale dello stato di New York422. Nel 1964, nel corso della conferenza organizzata dalla New York Academy of Sciences sugli effetti biologici dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si raggiunse un consenso generale anche sulla associazione asbesto-cancro polmonare. Il Prof. Enrico C. Vigliani intervenne a tale conferenza presentando uno studio423 sulla mortalità degli asbestosici indennizzati dal 1943 al 1964 nelle province di Torino, Alessandria e nella Regione Lombardia. Vennero evidenziati 11 carcinomi e 3 mesoteliomi. Tali neoplasie risultarono 5 volte più frequenti tra i soggetti affetti da asbestosi rispetto a quelli affetti da silicosi. Negli anni successivi furono pubblicati molti altri lavori, alcuni dei quali mirati a mettere in discussione la veridicità del rapporto causale tra asbesto e cancro polmonare, basandosi soprattutto sulla difficoltà del confronto statistico. Sono possibili sovra e sottostime dei casi di neoplasia, per il fatto che l’amianto fosse ubiquitariamente presente anche negli ambienti di vita e per il ruolo di ‘potente fattore moltiplicativo’ rappresentato dal fumo di sigaretta nell’insorgenza del tumore al polmone, e per il problema della valutazione retrospettiva, qualitativa/quantitativa, dell’esposizione ad amianto negli ambienti di vita e di lavoro e per la presenza di tumori polmonari dovuti interamente o in parte ad altre cause, oltre alle pressioni di tipo economico sia di coloro che sostenevano l’utilizzo delle fibre di amianto sia di coloro che sostenevano l’utilizzo di fibre alternative. Il Vigliani nel 1967, al IV Congresso Nazionale della Società Italiana di Cancerologia424 presentò un lavoro riepilogativo sui tumori professionali del polmone, precisando che il problema coinvolge anche gli ambienti di vita. Questa raccomandazione è stata ripresa a pag. 130 del libro di Roth “Malattie professionali e igiene del lavoro’, tradotto dal Dott. Carozzi e con prefazione del Dott. Luigi Devoto (Treves ed., Milano, 1981). Nel 1981 viene pubblicato da M. G. Botton, D.T.D. Hges, T.J. Phillips ‘A guide to 418 G.Rombolà, ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE IN UNA FILATRICE DI AMIANTO, Med.Lav.46, (4):242-250, 1955. M.Portigliatti Barbos, CONSIDERAZIONI SULL’ASSOCIAZIONE: ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE, Giorn. Acc. Med. di Torino, 118 (1-6): 91-107,1955. 420 R.Ricciardi Pollini, RILIEVI SULLA INCIDENZA DEL CANCRO PRIMITIVO DEL POLMONE E SUOI RAPPORTI TRA CANCRO POLMONARE ED ATTIVITÀ PROFESSIONALE, Rass.Med.Ind. 24:313-334, 1955. 421 A.Francia, G.Monarca, ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE, Min. Med. 98:1950-1959, 1956. 422 In altra parte si fa riferimento alla censura degli studi di Gardner, a dimostrazione della pressione che le lobby finanziarie erano in grado di esercitare sul mondo scientifico. 423 E. C. Vigliani, G. Mottura, P. Maranzana, ASSOCIATION OF POULMONARY TUMORS WITH ASBESTOSIS IN PIEDMONT AND LOMBARDY, Annals of the New York Academy of Sciences. 1965. 132 (1): 558 - 574. 424 E. C. Vigliani, A. Forni, I TUMORI PROFESSIONALI DEL POLMONE. Atti del 4° Congresso Nazionale Società Italiana di cancerologia, 1967, 6 (2): 77-83. 419 124 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO compensation for asbestos-related diseases’, Br. Med. J. 1981. 282: 2107 - 2011, con il quale vengono elencate le manifestazioni cliniche correlate all’amianto, tra le quali figura anche il carcinoma bronchiale. 6.3 La Costituzione e il lavoro. L’Assemblea Costituente, nella seduta del 22.12.1947, ha approvato il testo definitivo della Costituzione della Repubblica Italiana425, il cui esordio declama: ‘l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’ (art. 1), tutelato ‘in tutte le sue forme ed applicazioni’ (art. 35 Cost.), e lo ‘riconosce a tutti i cittadini’ (art. 4) come un diritto e come un dovere. La Carta Costituzionale continua affermando che la Repubblica ‘tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’ (art. 32); subordina la libertà dell’iniziativa economica privata alla ‘utilità sociale’ e ‘alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’ (art. 41 II comma), nel pieno riconoscimento dei ‘diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità’; impone ‘l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’ (art. 2), tanto da portare a far emergere il diritto al lavoro salubre, come dovere dello Stato e dei suoi organi oltre che obbligo contrattuale del datore di lavoro426. I precetti costituzionali avrebbero dovuto condurre il Legislatore a porre al bando il pericoloso minerale, del quale il rischio morbigeno, già scientificamente dimostrato fin dagli inizi del secolo, era conosciuto dal Legislatore per effetto del riconoscimento dell’asbestosi quale malattia professionale; le stesse norme dell’ordinamento, da quelle specifiche (L. 455 del 1943) a quelle generali di cui all’art. 2087 c.c., si sarebbero dovute interpretare nel rispetto dei principi fondamentali del nascente stato repubblicano e così pervase da ulteriore feconda linfa, in tutela della persona e dei suoi inalienabili diritti (diversamente, soltanto con il D.Lgs. 277/91 vennero adottati i limiti di soglia, e soltanto con la L. 257/92 venne interdetta l’estrazione, la lavorazione e la produzione di materiali in amianto). Al Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, svoltosi a Genova nel ’49, Vigliani presentava la statistica427 dei casi di asbestosi diagnosticati in Piemonte tra il 1941 e il 1948: la percentuale più alta di lavoratori affetti da asbestosi risultava essere nelle manifatture tessili di amianto (18%), seguite dalle industrie di freni e frizioni e dalle cave (circa 13%) ed infine da quelle del cemento-amianto (2,5%). Ancora nel 1949 alcuni medici-legali genovesi (Canepa e Franchini) segnalavano un caso di asbestosi in un coibentatore di navi deceduto per infortunio428, il quale era affetto da un’estesa fibrosi polmonare, ma senza sintomatologia dispnoica, che non era stata rilevata dai controlli clinici e dagli esami radiologici periodici, e dunque non individuata ed emersa soltanto in sede autoptica, con relativa discrepanza, che rendeva evidente come l’asbestosi potesse essere diagnosticata soltanto in uno stadio relativamente avanzato. Il ‘Trattato di patologia speciale medica e terapia’429 di Bufano del 1949, includeva tra le pneumoconiosi anche l’asbestosi, che era tra le più gravi, unitamente alla silicosi, riportando i dati epidemiologici, che evidenziavano come, oltre ai minatori delle cave di amianto, colpiva anche gli 425 Gazzetta Ufficiale n° 298 del 27/12/1947, entrata in vigore il 1° gennaio 1948. E. Bonanni, G. Ugazio, op.cit 427 E.C.Vigliani, LO STATO ATTUALE DELLA SILICOSI IN ITALIA, in Atti del XV Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, Genova 1949. 428 A.Franchini, G. Canepa, CONTRIBUTO ALLO STUDIO ANATOMO-PATOLOGICO DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Med. Lav. 40 (6-7) : 161-172, 1949. 429 M. Bufano, TRATTATO DI PATOLOGIA SPECIALE MEDICA E TERAPIA, Vallardi Ed., Milano 1949. 426 CAPITOLO VI | 125 altri lavoratori delle produzioni nelle quali si utilizzava. Nel 1950 si tenne a Sidney la III Conferenza Internazionale sulle Pneumoconiosi430, nella quale vennero descritte le diverse forme cliniche, i diversi meccanismi patogenetici delle polveri, a seconda della loro composizione chimica, i test funzionali, gli esami di laboratorio e il loro valore per la determinazione del grado di incapacità lavorativa, la possibilità di diagnosi precoce e differenziale, le complicazioni, le misure preventive, le visite periodiche. Con circolare n. 41 del 5/4/50, il Servizio Sanitario della Direzione Generale impartiva agli ispettori compartimentali sanitari le modalità con le quali istruire le domande delle rendite per pneumoconiosi, sottolineando l’importanza dell’anamnesi lavorativa, del quadro radiologico, dell’esame obiettivo e delle prove di esercizio fisico; sempre nella stessa circolare vennero fornite agli ispettori le seguenti norme di buona tecnica per le inchieste: analisi delle condizioni generali e professionali (abitudine al fumo, pregresse attività lavorative con esposizione a polveri) cubatura, aerazione, ventilazione, presenza di aspiratori, mezzi di protezione e controlli ambientali delle polveri sul luogo di lavoro malattie pregresse ed affezioni attuali, controllando i dati della visita preventiva di assunzione e delle visite periodiche casi mortali, con particolare controllo della causa di morte e richiesta di necroscopia nei casi sospetti. L’allegato 2 della citata circolare riportava altresì modalità e termini delle rilevazioni radiologiche, mentre l’allegato 3 conteneva il prospetto per l’esame obiettivo e la prova statica e dinamica sulla grandezza della forza di riserva del cuore. 6.4 Il faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema di prevenzione e di protezione; il definitivo approccio diagnostico e terapeutico dell’asbestosi ed emersione della consapevolezza del rischio morbigeno dell’amianto per le patologie neoplastiche (1951-1960). Nel 1951, L. Parmeggiani, un assistente del Prof. Vigliani, evidenziava un’alta incidenza di asbestosi nel settore del cemento-amianto, dove risultavano ammalati fino al 3% dei lavoratori esposti431. Nella Circolare n.16 del 15/2/1951 il Ministero dell’Interno, Direzione Generale dei Servizi Antincendi432, nonostante fosse evidente il rischio morbigeno legato all’esposizione alle fibre di amianto, subordinava la concessione dell’agibilità per i locali di pubblico spettacolo alla presenza di una coperta di amianto di 2,2 m con un lato minimo di 1,4 m. L’Enciclopedia Medica Italiana, nel 1951433, indicava l’asbesto tra le sostanze cancerogene inorganiche; nel 1957434, alla voce ‘tumore’ sono stati sviluppati in modo approfondito tutti gli aspetti dell’oncologia, compreso il metabolismo delle cellule neoplastiche. Con la Legge n.1967 del 15/11/1952435, veniva ampliata la tabella delle malattie professionali in vigore dal 1935. Nel 1953, Vigliani pubblicava una relazione sull’attività svolta dal Centro per lo Studio e la 430 Bureau International du Travail, TROISIEME CONFERENCE INTERNATIONALE D’EXPERTS EN PNEUMOCONIOSES, Sydney, 1950, ILO, Genève 1953. 431 L.Parmeggiani, RILIEVI STATISTICI SULLE PNEUMOCONIOSI NELLA INDUSTRIA DEL CEMENTO, Rass. Med. Ind., 20: 400-409, 1951. 432 L. Corbo, MANUALE DI PREVENZIONE INCENDI NELL’EDILIZIA E NELL’INDUSTRIA, p.171, Pirola Ed., Milano 1981. 433 ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, voce “sostanze cancerogene” di P.Rondoni, direttore Patologia Generale Univ. di Milano e R. Deotto, prof. Microbiologia Univ. di Sassari, II vol., Sansoni Ed., Firenze 1951. 434 Id., voce “tumore”, di C. Sirtori, direttore Div.Anatomia Patologica Ist.Naz. Studio e Cura Tumori di Milano, IX vol., Firenze 1957. 435 Legge n.1967 del 15/11/52, Modifica della tabella delle malattie professionali, allegata al R.D.17/8/1935 n.1765, G.U. n.288 del 12/12/1952. 126 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Prevenzione della Pneumoconiosi (‘Relazione sulla attività svolta dal Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, creato dall’ENPI presso la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano, negli anni 1951-1952’436), nella quale veniva descritto l’impiego delle unità mobili per lo svolgimento degli esami schermografici; nel 1951 vennero effettuate con questi mezzi 95.156 schermografie in 1057 stabilimenti, e nel 1952 altre 106.040 in 1333 stabilimenti. La distribuzione, per regione, degli operai delle industrie polverose schermografati dagli autocarri radiologici dell’ENPI, vedeva in testa la Lombardia, seguita da Piemonte, Veneto, Liguria, Toscana, Sardegna, Emilia, Lazio, Campania, Marche e Basilicata, mentre nelle altre regioni non furono effettuati questi interventi. Gli operai esposti ad amianto visitati nel 1951 furono 951; il 22,4% di essi presentava segni di asbestosi, lieve nel 17,4%, media nel 4,2% e grave nello 0,8% dei casi, mentre non risultarono associazioni tra asbestosi e tubercolosi. Con la Raccomandazione n. 97 del 4/6/1953, relativa alla protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, la quale segnalava al punto e) di “captare al loro punto di emissione od in vicinanza di questo punto mediante aspirazione meccanica, un sistema di ventilazione o altri mezzi appropriati, le polveri, i fumi e i gas, le fibre, i vapori o le nebbie nocive, quando non sia possibile evitare l’esposizione a questi agenti, applicando i metodi contemplati nei paragrafi da a) a d) precedenti”; al punto f) di “munire i lavoratori di indumenti protettivi, dell’attrezzatura e degli altri mezzi di protezione individuale necessari per sottrarli all’azione degli agenti nocivi, ... e istruire ai lavoratori sul modo di servirsene”. Si consigliava, inoltre, che gli indumenti e le attrezzature di protezione contaminati fossero puliti e mantenuti dal datore di lavoro in luogo separato dagli indumenti ordinari; vennero poi descritte le modalità degli esami medici di monitoraggio e delle denunce di malattia professionale. Il riordino giuridico dell’ENPI, nel periodo post-bellico, avvenne con la L. n. 2390 del 9/12/52 (G.U. n. 302 del 31/12/52), mentre il nuovo statuto era contenuto nel D.P.R. n.1512 del 18/12/54 (G.U. n.77 del 4/4/1955); modificato con il D.P.R. n.1146 del 28/7/60 (G.U. n.260 del 22/10/60)437. Con circolare n.179 del 24/11/54, il Servizio Centrale Infortuni introdusse l’obbligo di eseguire gli accertamenti clinici previsti per le pneumoconiosi: l’elettrocardiogramma, la misurazione della pressione arteriosa e la ricerca del bacillo di Koch nell’espettorato e con la circolare n.184 del 27/11/54 si decentrava affidando agli organi periferici dell’INAIL la gestione delle rendite per silicosi ed asbestosi. Con DPR n.547 del 27/4/1955438, furono introdotte nuove norme per la prevenzione degli infortuni, con relativi obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori, in una evidente riproposizione delle norme già risalenti. Nel 1955 vennero stabiliti i criteri di valutazione dell’invalidità permanente439, in base alla natura e all’entità della pneumoconiosi, e sulla funzionalità polmonare, cui seguì la pubblicazione di due lavori, il primo (P. Ollino, ‘Le reazioni pleuriche nel quadro radiologico dell’asbestosi 436 E.C.Vigliani, RELAZIONE SULLA ATTIVITÀ SVOLTA DAL CENTRO PER LO STUDIO E LA PREVENZIONE DELLE PNEUMOCONIOSI, creato dall’ENPI presso la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano, negli anni 1951-1952, Bollettino Schermografico VI (9-10) : 1-5, 1953. 437 Legge n.2390 del 19/12/1952, Riorganizzazione giuridica dell’ENPI, G.U.n.302 del 31/12/52 - D.P.R.n.1512 del 18/12/54, Approvazione dello statuto dell’ENPI, G.U.n.77 del 4/4/1955 - D.P.R.n.1146 del 28/7/1960, Modificazioni allo statuto dell’ENPI, G.U.n.260 del 22/10/1960. 438 DPR n.547 del 27/4/1955, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, s.o. G.U. n.158 del 12/7/1955. 439 E.C.Vigliani, C.M.Cattabeni, L’EVALUATION DE L’INCAPACITÉ DE TRAVAIL DUE À LA PNEUMOCONIOSE, Atti del IV Congresso dell’Accademia Internazionale di Medicina Legale e di Medicina Sociale, Genova 1955. CAPITOLO VI | 127 polmonare’) metteva in evidenza le frequenti reazioni pleuriche negli individui affetti da asbestosi440, il secondo (F.Gobbato, A. Meda, G.Monarca, ‘Rilievi elettrocardiografici in 88 casi di asbestosi polmonare’) le alterazioni emerse con gli esami elettrocardiografici in 88 casi di asbestosi polmonare441, e con un riepilogo dei casi di asbestosi in Italia tra il 1946 e il 1954442, dal quale emergeva che su 489 casi denunciati, erano state concesse 205 rendite per asbestosi, di cui 181 in Piemonte (153 sono operai in manifatture d’amianto, adibiti per lo più alla filatura), 11 in Lombardia e 13 in Liguria. Con gli accordi di Roma del 4/11/1950 e con il successivo protocollo addizionale firmato a Parigi il 20/3/1952, si dava corso al Consiglio d’Europa, e si approvava la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che la Repubblica Italiana ha contribuito a concepire e che venne recepita nel nostro Paese con la legge 4 agosto 1955 n. 848, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24/9/1955, con la quale si (ri)affermava il principio di tutela della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana. La Corte di Strasburgo, il cui intervento può essere direttamente invocato dagli aventi diritto per ottenere la condanna dello Stato membro inadempiente, costituisce il nucleo operativo di un formidabile complesso di norme che vincola anche e soprattutto gli stati membri al rispetto dei diritti di ogni persona, come contemplati e tutelati nella Convenzione e nei protocolli allegati, primi fra tutti la vita umana (art. 2), la vita privata e familiare (art. 8), imponendo anche obblighi specifici e positivi di intervento a carico degli stati membri, con una giurisprudenza che legge, interpreta ed applica le norme in modo evolutivo e promozionale, fino a contemplare, ex art. 8, l’obbligo di ogni singolo Stato ad intervenire positivamente per tutelare la salubrità dell’ambiente e la salute dei cittadini da qualsiasi ingerenza ed attentato che potesse influire sulla persona umana anche nella sua dinamica relazionale. L’art. 6 della Convenzione attribuisce al cittadino dello Stato membro il diritto ad agire in giudizio per far valere i suoi diritti (che sono anche quelli della Convenzione) innanzi ad un Giudice terzo ed indipendente che deve pronunciarsi entro termini di ragionevole durata443. Nel 1956 F. Molfino e D. Zannini pubblicarono ‘Malattie polmonari da polveri nei lavoratori dei porti’, afferente il problema delle pneumoconiosi nei lavoratori portuali444, con ulteriore approfondimento e pubblicazione dello studio delle patologie cardio-vascolari conseguenti all’asbestosi (‘Contributo allo studio dell’apparato cardiovascolare nell’asbestosi’445); venne altresì presentata da A. Francia, con la pubblicazione ‘Aspetti radiologici dell’asbestosi polmonare’, un’altra classificazione dell’asbestosi446, che teneva conto dell’aspetto radiologico, dell’anamnesi e del riscontro nell’escreato dei corpi asbestosici, sottolineando l’utilità della stratigrafia nell’eventuale diagnosi di una complicanza neoplastica, e dell’elettrocardiogramma nei casi di associazione di patologie cardio-vascolari. 440 P. Ollino, LE REAZIONI PLEURICHE NEL QUADRO RADIOLOGICO DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Arch.Sci.Med.100 (II):403-413, 1955. 441 F. Gobbato, A. Meda, G. Monarca, RILIEVI ELETTROCARDIOGRAFICI IN 88 CASI DI ASBESTOSI POLMONARE, G.Accad.Med. Torino, 118 : 31-37, 1955. 442 R.Ricciardi Pollini, L’ASBESTOSI IN ITALIA NEL PERIODO 1946-1954, Riv.Ing.Mal.Prof. 42 : 780-784, 1955. 443 Numerosi ricorsi sono stati promossi da cittadini italiani esposti e vittime dell’amianto, e dalle associazioni tra le quali l’Osservatorio Nazionale Amianto, innanzi alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo per denunciare la violazione di queste norme, e chiedere la condanna dello Stato italiano e sono tuttora in corso. 444 F. Molfino, D. Zannini, Malattie polmonari da polveri nei lavoratori dei porti, Folia Medica, 39 (6):525-539, 1956. 445 G. Odaglia, D. Zannini, CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE NELL’ASBESTOSI, Lav.Um.,VIII:529-550, 1956. 446 A. Francia, ASPETTI RADIOLOGICI DELL’ASBESTOSI POLMONARE. Min.Med.,98:1928-1937, 1956. 128 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Con circolare n.8 del 16/1/56 venne ribadita la necessità di segnalazione all’INPS dei casi di silicosi od asbestosi associate a tubercolosi. Con DPR n.303 del 19/3/1956447, vennero emanate le nuove norme generali per l’igiene del lavoro, che riproducevano quelle già in vigore448, seppur con considerevole ampliamento dei casi in cui furono previste le visite preventive e periodiche dei lavoratori esposti a rischio di tecnopatia, mentre la rendita veniva riconosciuta soltanto a coloro che avessero una invalidità permanente superiore al 33% e soltanto con il DPR 648 del 1956449, si ridusse al 20% il grado di inabilità e si elevò a 15 anni il termine dalla cessazione del lavoro, e con il DPR n. 1169 del 21/7/1956 venne approvato il regolamento sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed asbestosi; all’art.1 si specificava450: “Ai fini dell’applicazione delle norme di legge e della tabella delle lavorazioni per le quali è obbligatoria l’assicurazione contro la silicosi e l’asbestosi, le rocce, gli abrasivi e i materiali indicati nella tabella medesima si considerano contenenti silice libera o amianto quando questi siano presenti in percentuale tale da poter dare luogo, avuto riguardo alle condizioni delle lavorazioni, ad inalazione di polvere di silice libera o di amianto tale da determinare il rischio”. Nel 1957 vennero pubblicati due testi specialistici: uno francese, del professore di Medicina del Lavoro di Parigi, H. Desoille, dal titolo ‘Médicine du travail et maladies professionnelles’451, che conteneva una schematica descrizione dell’asbestosi, ed uno italiano, da parte del Prof. Vanzetti, anatomopatologo, dal titolo ‘Trattato italiano di anatomia patologica’452, nel quale Mottura ha redatto il capitolo sulle pneumoconiosi, con una moderna descrizione anatomopatologica dell’asbestosi e della sua conseguente insorgenza tra coloro che ne erano affetti anche del carcinoma ai polmoni. Nello stesso anno furono pubblicati tre articoli, che focalizzavano rispettivamente, quello di E.Gaffuri, A.Berra, ‘Insufficienza respiratoria nell’asbestosi’453, la ridotta funzionalità polmonare degli asbestosici, segnalando l’insufficienza respiratoria (volumi polmonari e capacità di ventilazione), quello di E.Sartorelli, ‘Asbestosi grave con sindrome del blocco alveolo-capillare’454, il blocco alveolo- capillare (capacità vitale, volume residuo e saturazione in O2 del sangue arterioso) e quello di F.Sulotto, G.C.Coscia, G.Meo, G.Cardellino, M.D’Onofrio, ‘La scintigrafia polmonare nell’asbestosi’455, l’alterazione scintigrafica da fibrosi polmonare (albumina radioiodata). Con lettera circolare riservata, la Direzione Generale INAIL il 31/10/57, comunicava ai vari ispettori compartimentali la possibilità di concessione delle cure climatiche, se utili, per restaurare 447 DPR n.303 del 19/3/1956, Norme generali per l’igiene del lavoro, s.o. G.U. n.105 del 30/4/56. Infatti, l’art. 21 del DPR 303/56 altro non è, in buona sostanza, che la riproduzione dell’art. 17 del Regio Decreto 530 del 1927 dispone la tutela dell’incolumità psicofisica attraverso la limitazione dell’aspirazione delle polveri con l’utilizzo di maschere ed altri dispositivi individuali. 449 DPR n.648 del 20/3/1956, Norme modificatrici della L.n.455 del 12/4/143, sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l’asbestosi, G.U. n.173 del 13/7/1956. 450 DPR n.1169 del 21/7/1960, Approvazione delle norme regolamentari per l’attuazione della L.12/4/1943,n.455, modificata con D.L.20/3/1956 n.648, sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed asbestosi. G.U.n.263 del 26/10/1960. 451 H. Desoille, MEDICINE DU TRAVAIL ET MALADIES PROFESSIONNELLES, Flammarion Ed., Paris 1957. 452 F. Vanzetti, TRATTATO ITALIANO DI ANATOMIA PATOLOGICA, UTET 1957. 453 E. Gaffuri, A.Berra, INSUFFICIENZA RESPIRATORIA NELL’ASBESTOSI, Min.Med. 48:1639-1643, 1957. 454 E. Sartorelli, ASBESTOSI GRAVE CON SINDROME DEL BLOCCO ALVEOLO-CAPILLARE, Med.Lav. 48 (5):358-362, 1957. 455 F. Sulotto, G.C. Coscia, G. Meo, G. Cardellino, M. D’Onofrio, LA SCINTIGRAFIA POLMONARE NELL’ASBESTOSI, Med. Lav. 58,10: 609-617, 1957. 448 CAPITOLO VI | 129 la capacità lavorativa e in quello stesso anno Vanzetti ha aggiornato la sua opera in ordine all’asbestosi facendone curare la redazione dal Prof. Mottura. Nel 1959 Vigliani ha pubblicato ‘Criteri di orientamento sulle cosiddette “massime concentrazioni biologiche tollerabili”’456 sui valori-limite ambientali delle diverse sostanze (TLV), nel quale sottolineava che essi non tutelavano i casi di allergia o di ipersensibilità, e che dunque la prevenzione medica era meno efficace di quella antinfortunistica, che prevedeva la tutela di tutte le maestranze, con margini tecnici decisamente più ampi. La sicurezza tecnica risultava pertanto molto più efficace di quella medica. La Raccomandazione n.112 del 3/6/1959, auspicava la costituzione di servizi di medicina del lavoro nelle aziende, definendone l’organizzazione, la funzione, la pianta organica ed i mezzi d’azione. Nel 1960, vennero pubblicati gli atti della Conferenza sulle Pneumoconiosi (‘Proceedins on the Pneumoconiosis Conference’457), che si tenne nel 1959 a Johannesburg, dove furono esposte tutte le conoscenze relative all’igiene ambientale, alla prevenzione, all’eziologia, alla patologia clinica e alla diagnostica delle tecnopatie da polveri, incluse le metodiche analitiche mediante microscopio elettronico. J.C.Wagner trattò gli aspetti patologici dell’asbestosi in Sud Africa, C.A.S legge quelli clinici a Capo Nord e M. Hurwitz quelli radiologici. Nello stesso anno, l’‘Encyclopédie Médico-Chirurgicale’458 aggiornò la voce ‘exploration fonctionnelle pulmonaire’, specificando la necessità di eseguire tutte le prove spirometriche che sono ancor oggi utilizzate, al fine di valutare il danno funzionale respiratorio. Contemporaneamente, in Germania venne pubblicato da H. Bohling, G.J acob e H. Müller, un trattato sull’asbestosi, ‘Die asbestose der lungen’459, con l’analisi dei vari tipi d’amianto, la patogenesi, la clinica, la diagnostica radiologica, le prove funzionali, le complicazioni e la profilassi. Nel 1960, in Italia furono pubblicati diversi lavori, tra i quali quelli di C. Vecchione, ‘Indagine igienico-sanitaria in un moderno stabilimento per la lavorazione dei manufatti in fibrocemento e affini’460, relativo all’indagine igienico-sanitaria svolta dalla Clinica del Lavoro dell’Università di Napoli su una ditta che produceva manufatti in fibro-cemento, attraverso ripetute determinazioni della concentrazione ambientale delle polveri, considerando l’umidità relativa, e il il controllo clinico di 530 dipendenti, tra i quali soltanto uno era affetto da asbestosi senza tubercolosi polmonare; e due lavori clinici della scuola torinese, uno di E. Concina, O. Orlandi e G.A. Teso, ‘Il quadro broncologico dell’asbestosi’461, afferente un’indagine broncologica in soggetti affetti da asbestosi (senza lesioni bronchiali tipiche) e l’altro di G. Scansetti e G.F. Rubino, ‘Analisi comparata della compromissione cardiovascolare e respiratoria nell’asbestosi polmonare’462, relativo alla compromissione cardio-vascolare e respiratoria, che risultava direttamente proporzionale alla gravità della fibrosi per riduzione della superficie respirante. 456 E.C.Vigliani, CRITERI DI ORIENTAMENTO SULLE COSIDDETTE “MASSIME CONCENTRAZIONI BIOLOGICHE TOLLERABILI”, Med.Lav. 50:323-327, 1959. 457 PROCEEDINS ON THE PNEUMOCONIOSIS CONFERENCE, Johannesburg february 1959, Churchill Ed., London 1960. 458 P.Sadoul, ENCYCLOPEDIE MEDICO-CHIRURGICALE, voce “poumon, exploration fonctionnelle”, Paris 1960. 459 H. Bohling, G. Jacob, H. Müller, DIE ASBESTOSE DER LUNGEN, G.Thieme Verlag, Stuttgart 1960. 460 C.Vecchione, INDAGINE IGIENICO-SANITARIA IN UN MODERNO STABILIMENTO PER LA LAVORAZIONE DEI MANUFATTI IN FIBROCEMENTO E AFFINI, Min.Med. 43:1182-1198, 1960. 461 E.Concina, O.Orlandi, G.A.Teso, IL QUADRO BRONCOLOGICO DELL’ASBESTOSI, Min.Med. 51(19):797-809, 1960. 462 G.Scansetti, G.F.Rubino, ANALISI COMPARATA DELLA COMPROMISSIONE CARDIOVASCOLARE E RESPIRATORIA NELL’ ASBESTOSI POLMONARE, Min.Med. 51(19): 8-17, 1960. Capitolo VII Amianto e mesoteliomi SOMMARIO: 7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma. 7.2 La consapevolezza unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e carcinoma polmonare, grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il contributo scientifico dei medici del lavoro italiani (1961-1970). 7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli studi, le loro pubblicazioni nel periodo 1971-1980. 7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del dibattito scientifico sul rischio morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva 477/83/CEE, e le premesse per la messa al bando dell’amianto (1981-1990). 7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della medicina del lavoro (1991-2000), conferma del rischio anche a basse dosi. 7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma. Nel 1931 venne coniato il termine mesotelioma e già ‘nel 1934 fu descritto per la prima volta un particolare carcinoma primitivo della pleura, che fu denominato mesotelioma e in seguito riscontrato anche nel peritoneo’463 e l’associazione fra asbestosi e mesotelioma della pleura e del peritoneo viene menzionata ripetutamente in diverse pubblicazioni alla fine degli anni ’40 e inizio degli anni ’50, sulla base delle quali si sarebbe già potuto stabilire come definitivamente provata la relazione causale fra esposizione ad Amianto e mesotelioma. Weiss (1953), Leicher (1954), Doll (1955) e Van der Schoot (1958)464 associarono la patologia polmonare da mesotelioma con l’esposizione all’asbesto; nel 1960 Keal, in Inghilterra, evidenziò dei mesoteliomi peritoneali nei dipendenti di aziende tessili di amianto465. L’ambiente scientifico fu particolarmente colpito dalle conclusioni di Chris Wagner466 che nel suo lavoro ‘Diffuse pleural mesothelioma and asbestos exposure in the north western Cape Province’ del 1960 ha descritto 33 casi di tumori primari della pleura in abitanti della parte nord occidentale della provincia del Capo, di entrambi i sessi, di età compresa tra i 31 e i 68 anni, dei quali 28 si erano manifestati in minatori esposti e 5 in lavoratori esposti esposti direttamente o indirettamente all’amianto blu (crocidolite) delle colline amiantifere situate ad ovest di Kimberley, e nell’industria manifatturiera dell’Amianto, per dimostrare che ci fosse correlazione tra esposizione ad amianto e neoplasie della pleura non solo nei casi diagnosticati ai lavoratori direttamente esposti nelle industrie estrattive, ma per quelli insorti in soggetti verosimilmente sottoposti soltanto ad un’esposizione di tipo ambientale (es. casalinghe, domestici, mandriani, agricoltori, guardapesca ecc, un assicuratore ed un contabile): da allora i mesoteliomi sono stati ricercati e spesso ritrovati in diverse realtà espositive. Nel 1962, egli ha pubblicato i dati sull’induzione sperimentale di mesoteliomi nei ratti467 e nel 463 Laura Conti in A COME AMIANTO - LAVORAZIONI, RISCHI, INQUINAMENTO. COSA SI FA, COSA BISOGNA FARE, pp. 8-9, Edizioni Ediesse, Roma 1986. 464 H.C.M. van der Schoot, ASBESTOSIS EN PLEURAGEZWELLEN, Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde 7/6/1958: 1125 – 1126. 465 E. Keal, ASBESTOSIS AND ABDOMINAL NEOPLASM, Lancet, 3: 1211 – 1216, 1960. 466 J.C. Wagner, A.C. Sleggs, P. Marchand, DIFFUSE PLEURAL MESOTHELIOMA AND ASBESTOS EXPOSURE IN THE NORTH WESTERN C APE PROVINCE, Br. J. Ind. Med., 17 : 260 – 271, 1960. 467 Wagner, J.C. EXPERIMENTAL PRODUCTION OF MESOTHELIAL TUMORS OF THE PLEURA BY IMPLANTATION OF DUSTS IN LABORATORY ANIMALS. Nature, 1962,196:180-183. 132 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 1965 ha descritto 87 casi di mesoteliomi osservati a partire dal 1953468, dei quali solo una parte aveva colpito lavoratori con documentata esposizione professionale ad amianto, mentre più della metà dei casi riguardava individui che vivevano nelle vicinanze delle miniere o dell’industria manufatturiera dove in minerale veniva estratto e lavorato, confermando così quanto già affermato in precedenza, circa l’estensione del rischio anche tra coloro che non vi fossero esposti direttamente, bensì soltanto in seguito alla contaminazione ambientale determinata dalle attività antropiche. Come ha scritto Murray, il lavoro di Wagner469-470 “colpì il mondo scientifico con la forza di una tempesta, e ovunque si cercasse il mesotelioma, ben presto lo si trovava, soprattutto nelle zone dove erano localizzati cantieri navali o manifatture di asbesto che avevano utilizzato l'amianto blu. Furono osservati casi in diversi Paesi, casi che sono stati poi presentati ad un Simposio presso l’Accademia delle Scienze di New York nel dicembre 1964, sotto la presidenza del Professor Irving Selikoff, il quale aveva dimostrato la presenza della patologia da asbesto, compreso il mesotelioma, in un gruppo di coibentatori di cantieri navali del New Jersey. Ciò catturò l’attenzione dei media mondiali e ha portato a quello che io ho definito una pandemia di malattia mediagenica. Vi fu un sorprendente consenso sui rischi dell’asbesto che, da allora, ha sempre fatto notizia. L’impeto fornito dai mezzi di informazione era evidente in molti Paesi. Nel Regno Unito, per esempio, la battaglia per l’introduzione di una legislazione ha portato alle Norme per l’Asbesto del 1969. L’importazione della crocidolite, utilizzata negli ultimi tempi solo per i contenitori delle batterie per gli autobus londinesi e per i carri armati dell’esercito, era stata volontariamente abbandonata nel 1966…” Sempre nel 1960 E. Keal riscontra nei lavoratori di tessiture di Amianto inglesi casi di mesotelioma peritoneale471 mettendo in luce come altre sierose, ad esempio quella peritoneale, possono essere interessate da processi neoplastici ascrivibili ad esposizione ad Amianto. Nel 1963 al Congresso Internazionale di Madrid Buchnan472 riferiva che, da un’analisi dell’Ispettorato del Lavoro, nel periodo ’47-’54 è stata rilevata un’alta incidenza di tumori bronchiali e di mesoteliomi della pleura, del peritoneo e dell’ovaio in lavoratori esposti ad amianto. Nel 1964, nel corso della Conferenza organizzata dalla ‘New York Academy of Sciences’ sugli effetti biologici dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si raggiunse un consenso generale anche sulla associazione asbesto-cancro polmonare e amianto – mesotelioma attraverso l’analisi dei soli studi clinici, trattandosi di un tumore molto raro, la cui incidenza è anche più di 100 volte maggiore negli esposti, e che colpisce quasi esclusivamente persone che in passato hanno lavorato l’amianto; si evidenzia inoltre che il mesotelioma costituisce la causa di decesso in circa il 10% dei lavoratori esposti. Il Prof. Vigliani vi intervenne con G. Mottura e P. Maranzana, presentando uno studio (‘Association of poulmonary tumors with asbestosis in Piedmont and Lombardy’473) sulla mortalità degli asbestosici indennizzati dal ’43 al ’64 nelle province di Torino e Alessandria e nella regione 468 Wagner, J.C. EPIDEMIOLOGY OF DIFFUSE MESOTHELIAL TUMORS: E VIDENCE OF AN ASSOCIATION FROM STUDIES IN SOUTH AFRICA AND THE UNITED KINGDOM. Ann. N.Y. Acad. Sci,1965,132:575-578. 469 Murray R: ASBESTOS: A CHRONOLOGY OF ITS ORIGINS AND HEALTH EFFECTS. Br J Ind Med 1990; 47: 361-365. 470 Murray R: ASBESTO: UNA CRONOLOGIA DELLE SUE ORIGINI E DEI SUOI EFFETTI SULLA SALUTE. Med Lav 1991a, 82(6): 480-488. 471 Keal E: ASBESTOSIS AND ABDOMINAL NEOPLASM. Lancet, 1960, 3: 1211-1216. 472 W.D. Buchnan, THE ASSOCIATION OF CERTAIN CANCERS WITH ASBESTOSIS. XIV Congreso Internacional de Medicine del trabajo, Madrid 1963, vol.4. 473 E.C. Vigliani, G. Mottura, P. Maranzana, ASSOCIATION OF POULMONARY TUMORS WITH ASBESTOSIS IN PIEDMONT AND LOMBARDY, Annals of the New York Academy of Sciences, 132 (1):558-574, 1965. CAPITOLO VII | 133 Lombardia e presentò i primi casi di mesotelioma in Italia: lo studio riguarda circa 300 operai di Piemonte, Liguria e Lombardia, indennizzati dall’INAIL per asbestosi nel periodo 1943 – 1957, e successivamente deceduti. In questo gruppo venivano evidenziate 28 morti per tumore polmonare o mesotelioma pleurico, corrispondenti ad una percentuale otto volte superiore a quella da tumori dello stesso tipo, presentata dai silicotici deceduti nello stesso periodo, mentre sui 172 deceduti relaativi agli 879 casi di asbestosi in Piemonte ed in Lombardia, vengono identificati 15 casi di carcinoma polmonare e 3 casi mesotelioma, ai quali si devono aggiungere un caso di carcinoma polmonare e 2 casi di mesotelioma ancora viventi. Il Donna474 nel 1965 descrisse l’associazione tra mesotelioma pleurico e asbestosi polmonare e nel XXXIV Congresso della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (S. Vincent 1971), Rubino 475 espose i primi casi di mesotelioma pleurico verificatisi in provincia di Alessandria, nell’indotto del cemento – amianto. Nel 1972 Selikoff476 segnalava l’associazione tra inquinamento degli ambienti di vita e mesotelioma negli abitanti della città di New York, e suddivideva le esposizioni in occupazionali dirette e indirette, ambientali e familiari; nel 1973 Bianchi477 segnalava quelli insorti a Trieste nell’ambito della cantieristica navale e nel 1976 veniva pubblicato uno studio sulla mortalità da mesoteliomi in lavoratori esposti ad amianto in un’industria tessile478. Nel 1978 Selikoff osservò che il mesotelioma era capace di manifestarsi, nel soggetto suscettibile, anche in seguito ad inalazione di una quantità straordinariamente piccola di fibre di amianto, definite trigger dose o dose innescante479: l’autore riportava poi nello stesso testo 24 casi di mesoteliomi in famigliari di lavoratori esposti. Nel 1982, nella ‘Rivista degli infortuni e delle malattie professionali’ dell’INAIL, si riferiva della concessione del premio Buccheri-La Ferla480 per il biennio ‘81-‘82 a Irving Selikoff, per i suoi studi sull’amianto: lo studioso americano, direttore dell’istituto di Scienze Ambientali di New York, nel corso della premiazione, affermò che ‘nei prossimi vent’anni vi saranno 200 decessi alla settimana nei soli Stati Uniti dovuti a tumori provocati dalla lavorazione dell’amianto’481. Nel 1983 venne pubblicata la IIª ristampa del testo di ‘Medicina del Lavoro’482 di Vigliani e Bonsignore, nel quale, a pag. 266, si affermava che ‘...sono numerosi i casi di mesoteliomi nei quali non è stato possibile documentare un’esposizione professionale o accidentale ad amianto’. Alla Fondazione Carlo Erba venne presentata da J. R. Rüttner una relazione ‘Il problema dei mesoteliomi in Svizzera’483, pubblicato nello stesso anno il lavoro di Rutstein ‘Sentinel health events: a basis for physician recognition and publican health surveillance’484, nel quale i mesoteliomi sono considerati un ‘evento sentinella’ di precedenti esposizioni ad amianto. 474 A. Donna, O. Campobasso & al., ASSOCIAZIONE TRA MESOTELIOMA PLEURICO E ASBESTOSI POLMONARE, Riv. Anat. Patol. Oncol. 27 : 28 – 35, 1965. 475 G.F. Rubino, G. Scansetti & al., EPIDEMILOGIA DEL MESOTELIOMA PLEURICO IN AREE INDUSTRIALI URBANE, Med. Lav. 7 – 8 : 219 – 315, 1972. 476 I.J.Selikoff, W.J.Nicholson, A.M.Langer, ASBESTOS AIR POLLUTION, Arch. Environ. Health, 25:1-13, 1972. 477 C. Bianchi, L. Di Bonito & al., ESPOSIZIONE LAVORATIVA ALL’ASBESTO IN 20 CASI DI MESOTELIOMA DIFFUSO DELLA PLEURA, Min. Med., 64 : 1724 – 1727, 1973. 478 M.L.Newhouse, G.Berry, PREDICTIONS OF MORTALITY FROM MESOTHELIAL TUMOURS IN ASBESTOS FACTORY WORKERS, Br.J.Ind.Med., 33:147-151, 1976. 479 I.J. Selikoff, ASBESTOS AND DISEASE, Academic Press, New York 1978. 480 INAIL, RIVISTA DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, LXIX, 4-5, 1982. 481 Id., LXIX, 6, 1982. 482 E.C.Vigliani, A.D.Bonsignore, MEDICINA DEL LAVORO, ECIG , Genova 1983. 483 J. R. Rüttner, IL PROBLEMA DEI MESOTELIOMI IN SVIZZERA, Fondazione Carlo Erba, Milano 1983. 484 D.D. Rutstein, R.J. Mulla & al., SENTINEL HEALTH EVENTS: A BASIS FOR PHYSICIAN RECOGNITION AND PUBLICAN HEALTH SURVEILLANCE, Am. J. Pubblic. Health 73 : 1054 – 1062, 1983. 134 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Nel 1985 venne pubblicata la IIª edizione della ‘Enciclopedia Medica Italiana’485, in cui la voce ‘pneumoconiosi’ fu compilata da Candura e Moscaio: il testo conteneva un’accurata descrizione dell’asbestosi, in cui si ricordava che la sua associazione con il cancro polmonare era stata osservata fin dal 1930, mentre quella tra amianto e mesotelioma pleurico fin dal 1960. Nel 1987, su Lancet, venne pubblicato un lavoro di A.M.Langer, R.P.Nolan, S.H.Constantopoulos, H.M. Moutsopoulos dal titolo ‘Association of metsovo lung and pleural mesothelioma with exposure to tremolite-containing whitewash’486, relativo a 6 decessi per mesoteliomi da tremolite, su 600 morti in un villaggio del nordovest della Grecia, in cui le abitazioni erano state imbiancate con calce contenente questo anfibolo. Inoltre K. Mc Connochie, L. Limonato, P. Mavrides, P. Christofides, F.D. Pooley, J.C. Wagner, in ‘Mesothelioma in Cyprus: the role of tremolite’487, vennero descritti dei mesoteliomi da tremolite, inspirata negli ambienti di vita a Cipro, a causa dell’abitudine degli abitanti di dipingere le case con una calce bianca che contiene questo anfibolo. Nel 1988 l’Istituto Superiore di Sanità488 pubblicava un rapporto sulla mortalità per tumore maligno della pleura in Italia tra il 1980 e il 1983, segnalando che in quel periodo si sono avuti 2.372 decessi per mesotelioma, avvenuti soprattutto nelle città in cui è presente la cantieristica navale (Genova, La Spezia, Livorno, Savona, Taranto) e in provincia di Alessandria, per la produzione di manufatti in cemento – amianto (Casale Monferrato). Nel 1998 Y. Iwatsubo, J.C. Patron & al. pubblicarono ‘Pleural mesothelioma: dose – response relation at low levels os asbestos exposure in french population based case –control study’489, che è uno studio caso/controllo sull’esposizione della popolazione francese a basse dosi di amianto, con segnalazione dei casi di mesotelioma pleurico e relativa relazione dose/risposta. Questo studio, svolto dagli esperti dei principali centri francesi, ha evidenziato in significativo eccesso di mesoteliomi anche per esposizioni decisamente più basse di quelle proposte dai valori-limite adottati nelle aziende durante gli anni ’80. Nel 1999 venne pubblicato un importante review che sottolineava la possibilità di insorgenza di mesoteliomi anche per basse esposizioni, sia negli ambienti di lavoro che negli ambienti di vita: l’autore affermava che non è possibile stabilire un livello di esposizione ad amianto al di sotto del quale non vi sia il rischio di contrarre il mesotelioma490. Nel 2000 furono pubblicati tre lavori che sostanzialmente confermavano l’alto rischio di mesoteliomi pleurici a seguito di esposizioni professionali, anche se si può avere l’insorgenza per esposizione domestica o ambientale (‘Occupationand risk of malignant pleural mesothelioma: a case-control study in Spain’ di A. Agudo, C. Gonzales491). Venne inoltre evidenziato come anche nelle esposizioni ambientali il rischio aumenti sensibilmente vicino alle zone estrattive di amianto o in luoghi in cui vi sono industrie che producono o manipolano manufatti di amianto (‘Multicentric 485 ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, II edizione, USES, Firenze 1985 - Id.,vol.VII, I edizione, Sansoni Ed., Firenze 1955. 486 A.M.Langer, R.P.Nolan, S.H.Constantopoulos, H.M. Moutsopoulos, ASSOCIATION OF METSOVO LUNG AND PLEURAL MESOTHELIOMA WITH EXPOSURE TO TREMOLITE-CONTAINING WHITEWASH, Lancet, 25 aprile 1987. 487 K. Mc Connochie, L. Limonato, P. Mavrides, P. Christofides, F.D. Pooley, J.C. Wagner, MESOTHELIOMA IN CYPRUS : THE ROLE OF TREMOLITE, Thorax 42 : 342 – 347, 1987. 488 C. Bruno, P. Comba, M. Desantis, F.Malchiodi, MORTALITÀ PER TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA: 1980 – 1983, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1988. 489 Y. Iwatsubo, J.C. Patron & al., PLEURAL MESOTHELIOMA : DOSE – RESPONSE RELATION AT LOW LEVELS OS ASBESTOS EXPOSURE IN FRENCH POPULATION BASED CASE –CONTROL STUDY, Am. J. Epidemiol. 1998 vol. 148 n.2, 133 – 142. 490 G. Hillerdal, MESOTHELIOMA: CASES ASSOCIATED WITH NON OCCUPATIONAL AND LOW EXPOSURE, Occup. Environ. Med., 1999 : 56; 505 – 513. 491 A. Agudo, C. Gonzales, OCCUPATIONAND RISK OF MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA: A CASE-CONTROL STUDY IN SPAIN, Am. J. Med. 37 : 159 – 168, 2000. CAPITOLO VII | 135 study on malignant pleural mesothelioma and non-occupational exposure to asbestos’ di C. Magnani, A. Agudo & al. 492; ‘Environmental exposure to asbestos and risk of pleural mesothelioma: review and meta analysis’ di V. Bourdes, P. Boffetta, P. Pisani493). 7.2 La consapevolezza unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e carcinoma polmonare, grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il contributo scientifico dei medici del lavoro italiani. Con la Legge n. 628 del 22.07.1961 (‘Modifica all’ordinamento del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale’494) vennero modificate le norme organizzative sul funzionamento dell’Ispettorato del Lavoro, senza che divenisse uno strumento efficace, poiché aveva un organico insufficiente ad un controllo capillare del territorio. Il Ministero dell’Interno, Direzione Generale Sevizi Antincendi495, con la Circolare n. 91 del 14/9/1961, alla tabella 5, disponeva che sulla rete Strauss o direttamente sull’acciaio ci fosse intonaco di amianto, ovvero che si utilizzassero delle lastre di fibra d’amianto, per proteggere contro il fuoco i fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile. Mentre nello stesso anno in Inghilterra venne pubblicato da D. Hicks, J.W.J. Fay, J.R. Ashford e S. Rae, un lavoro, ‘The relation between pneumoconiosis and environmental conditions’496, riepilogativo sull’analisi radiologica delle pneumoconiosi in rapporto all’esposizione a polveri, e in Francia da C. Gernez-Rieux, M. Marchand, P. Mounier-Kuhn, A. Policard e L. Roche il trattato sulle broncopneumopatie professionali, ‘Broncho-pneumopathies professionnelles’497, che descriveva in modo molto accurato e moderno l’asbestosi, segnalandone la sospetta associazione con neoplasie polmonari, già descritta nel 1935 da Kenneth, Lynch e Cannon, nel 1936 da Gloyne, nel 1942 da Welz, nel 1943 da Wedder, nel 1947 da Desmeules, Rousseau, Giroux e Sirois, e vennero aggiornate nell’‘Enciclopedia medica italiana’ da M.Aloisi, direttore Ist. Patologia Generale di Padova, la voce ‘sostanze cancerogene’498, nella quale l’asbesto venne incluso tra le sostanze cancerogene sicuramente coinvolte nella genesi di cancri professionali umani, ma di cui non si è potuta ancora dare una riprova sperimentale, e da G.M. Molinatti, la voce ‘tumori’499, aggiornata sugli ultimi studi sulla oncologia. Con Raccomandazione CEE del 23/7/1962500, venivano catalogate le varie malattie professionali, suddivise in tecnopatie da agenti chimici (n.25 patologie), cutanee (n.2 patologie), da inalazione (n.7 patologie, comprese silicosi, associata o meno a tubercolosi polmonare, e asbestosi, associata o meno a tubercolosi o a un cancro del polmone), da agenti infettivi e parassitari (n.4 patologie), da carenza vitaminica (n.1 patologia), da agenti fisici (n.3 patologie) e nel 1963 la 492 C. Magnani, A. Agudo & al., MULTICENTRIC STUDY ON MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA AND NONOCCUPATIONAL EXPOSURE TO ASBESTOS, British J. Of Cancer (2000) 83 (1), 104 – 11. 493 V.Bourdes, P. Boffetta, P.Pisani, ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO ASBESTOS AND RISK OF PLEURAL MESOTHELIOMA: REVIEW AND META ANALYSIS, Eur. J. Epidemiol. 2000, May; 16 (5) : 411 – 7. 494 L.n.628 del 22/7/1961, Modifica all’ordinamento del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, G.U.27/7/1961 n.184. 495 106 Id, pag. 149. 496 D.Hicks, J.W.J.Fay, J.R.Ashford, S.Rae, THE RELATION BETWEEN PNEUMOCONIOSIS AND ENVIRONMENTAL CONDITIONS, National Coal Board’s Pneumoconiosis Field Research, Londra 1961. 497 C.Gernez-Rieux, M.Marchand, P.Mounier-Kuhn, A.Policard, L.Roche, BRONCHO-PNEUMOPATHIES PROFESSIONNELLES, Masson & Cie Ed., Paris 1961. 498 ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, voce “sostanze cancerogene” di M.Aloisi, direttore Ist.Patologia Generale di Padova, aggiornamento, vol.I, I.C.C., Firenze 1961. 499 Id, voce “tumori” di G.M. Molinatti, libero docente Patologia Speciale Medica Univ. Torino, aggiornamento, vol.II, 1961. 500 G.Miraldi, GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI, CEDAM Ed., Padova 1979. 136 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO CECA501 pubblicava gli atti di un convegno sulle pneumoconiosi svoltosi a Bruxelles nel 1961, mentre in Italia venne pubblicato il primo volume del trattato di ‘Medicina del Lavoro’502, del Caccuri, nel quale Ferraro cura il capitolo sulla storia dello sviluppo internazionale della medicina del lavoro, dal quale emerge come la Svezia fu il primo paese a riconoscere, già nel 1887, le malattie professionali, che equiparò agli infortuni sul lavoro, con una legge di tutela assicurativa dei lavoratori. Nel 1965 fu pubblicato il II volume503, con un capitolo sull’asbestosi curato da Fati, il quale, oltre a descrivere la malattia in modo moderno ed esauriente, elencava tra le complicanze sia il cancro del polmone sia il mesotelioma della pleura (Wagner) e del peritoneo (Keal). La Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità dell’art.74, II comma del DPR 30/6/65 n.1124, nella parte in cui non poneva, agli effetti della rendita, chi era colpito da malattia professionale nella stessa condizione di chi era invece colpito da infortunio sul lavoro. 7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli studi, le loro pubblicazioni nel periodo 1971-1980. Nel 1974, la II edizione dell’Enciclopedia ha sviluppato il tema delle sostanze cancerogene504, soffermandosi sul loro meccanismo d’azione e proponendo una dettagliata classificazione delle varie sostanze; l’asbesto veniva riportato tra gli agenti chimici inorganici che determinavano sarcomi e mesoteliomi sperimentali nei ratti, e carcinoma broncogeno e mesoteliomi nell’uomo, con richiamo alle diverse teorie sulla cancerogenesi. La Legge n.780 del 27/12/1975505 estendeva la valutazione globale del danno, in pazienti affetti da pneumoconiosi, anche a tutte le forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio ad esse associate. Gli atti preparatori della legge, evidenziavano la volontà unanime delle forze politiche, allora presenti e votanti, per il superamento del concetto di ‘diagnosi’ ancorata in senso stretto all’evidenza della radiografia toracica tradizionale, in quanto responsabile di sottostima; più esattamente, dai lavori della XIII Commissione della Camera dei Deputati (VI Legislatura) e della 530° seduta pubblica del Senato della Repubblica, si evinceva chiaramente che tutti i gruppi parlamentari, le associazioni di categoria, gli imprenditori, l’istituto assicuratore ed i tecnici, ritenevano utile superare il precedente restrittivo concetto di rischio e di entità dell’esposizione, per giungere ad un contesto dove il lavoro non era più causa ma occasione di malattia, senza necessità di valori-soglia di esposizione e con estensione delle prestazioni assicurative a tutti i casi di silicosi ed asbestosi anche ‘associate’ ad altre malattie dell’apparato respiratorio e cardio-circolatorio, e non più soltanto alla TBC polmonare in fase attiva. La L.780/75 all’art.4 riprese il concetto di “associazione” come complemento di unione, ben espresso con questo termine, che designa non solo la coesistenza, bensì anche l’interazione anatomo-funzionale o eziopatogenetica. 501 CECA, LE PNEUMOCONIOSI, n.3 collezione di igiene e medicina del lavoro, Lussemburgo 1963. S.Caccuri, LA MEDICINA DEL LAVORO, I vol., Wassermann & C. Ed., Milano 1963. 503 Id., II vol. Milano 1965. 504 Id., voce “sostanze cancerogene”, II edizione, USES, Firenze 1974. 505 Proposta di Legge n.793/C del 20/9/72, Estensione dei benefici previsti dalla L.27/7/62 n.1115 ai superstiti dei lavoratori colpiti da silicosi, associata o no ad altre forme morbose, contratta nelle miniere di carbone in Belgio, Proposta di Legge n.245/C del 12/6/72, Modifica alle norme sulla prevenzione e l’assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l’asbestosi- Disegno di Legge n.886/S del 21/2/73, Miglioramento al trattamento economico degli infortunati del lavoro già liquidati in capitale o rendita vitalizia - Commissione 13/C, seduta 19/11/75 - 530° seduta pubblica/S del 17/12/75 - Legge n.780 del 27/12/75, Norme concernenti la silicosi e l’asbestosi, nonché la rivalutazione degli assegni continuativi mensili agli invalidi liquidati in capitale, G.U. 22/1/76 n.19. 502 CAPITOLO VII | 137 Nel 1975 Mirabella pubblicava una revisione della letteratura medica sui tumori pleuropolmonari in asbestosici sottoposti ad autopsia, da cui risultava che la neoplasia è presente nel 40% dei casi506. Nel 1977 Francesco e Annamaria Candura pubblicarono ‘Il pericolo non è un mestiere’507, con il quale tracciarono la storia e le prospettive della medicina del lavoro, dai primi scioperi dei lavoratori egizi, fino alla descrizione dell’organizzazione del lavoro nell’antica Cina e India, dove anche le assenze per malattia venivano retribuite, e nel quale sono riportati i contratti di lavoro dell’antica Grecia, di Roma repubblicana (istituzione delle corporazioni) ed imperiale, e le prime norme igieniche introdotte già nella civiltà minoica a Creta. Venne poi descritta la realtà medievale (tutela degli infortuni da parte dei Longobardi), con lo sviluppo degli scambi dei manufatti artigianali attraverso i mercanti e l’istituzione delle prime casse di mutuo soccorso, gestite dalle varie corporazioni. Gli autori hanno sottolineato l’importanza dell’opera di Bernardo Ramazzini e infine analizzano il concetto di rischio, dal quale scaturisce la prevenzione delle tecnopatie. Giovanni Berlinguer, nel 1979 aggiornava la voce ‘igiene del lavoro’ dell’’Enciclopedia Treccani’, sottolineando che508 “malgrado il moltiplicarsi di conoscenze sulle cause di malattia collegate all’attività produttiva, l’espansione capitalistica coincidente con la prima rivoluzione industriale causò tuttavia ciò che Marx definì genocidio pacifico”. Nel 1979 si tenne a Caracas la V Conferenza Internazionale delle Pneumoconiosi (‘Vth International Pneumoconiosis Conference’509), in cui, per quanto riguarda l’amianto, vennero comparate le varie tecniche di conteggio delle fibre, nei campionamenti ambientali delle diverse lavorazioni. Nello stesso anno venne pubblicato il libro di Crepet, ‘Medicina del Lavoro’510, nel quale venne trattato l’argomento dell’associazione tra amianto e cancro polmonare, già nota intorno al 1930, riportando i lavori di Mc Donald (minatori), Meurman (minatori), Doll (tessili), Newhouse (tessili), Selikoff (coibentatori). Furono segnalati casi di mesotelioma in minatori (Wagner e Webster), nell’impiego di crocidolite (Newhouse e Tompson), nella cantieristica navale (Mc Ewen, Elmes, Hain, Zielhaus e Gobbato), nella produzione di manufatti (Mc Donald); vennero poi focalizzate le manifestazioni pleuriche benigne “a colata di cera”, spesso non associate a fibrosi asbestosica e ritenute un segno di pregressa esposizione ad asbesto, anche non professionale ma prolungata nel tempo. Spesso tali lesioni apparivano in abitanti di zone limitrofe ad un giacimento o ad una manifattura, e non sono segni premonitori di mesotelioma (Rubino e Scansetti). Nel 1979 A. Azara ed E. Eula hanno aggiornato la voce ‘igiene e sicurezza del lavoro’ del ‘Novissimo Digesto’511, e nello stesso anno nel ‘Dizionario etimologico della lingua italiana’512, I volume, viene riportata la definizione di ‘cancro’ (dal greco karkίς=granchio e dal latino 506 F. Mirabella, SU DANNI ONCOGENI PLEURO-POLMONARI AUTOPTICAMENTE PROVATI, DI UNA SILICATOSI IN AUMENTO (ASBESTOSI), Med. Lav., 66 : 192 – 211, 1975. 507 F. Candura, A.Candura, IL PERICOLO NON È UN MESTIERE, SUGARCo Ed., Milano 1977. 508 G.Berlinguer, voce Igiene del lavoro, IV appendice, 1961-1978, Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treccani Ed., Roma 1979. 509 ILO, VTHINTERNATIONAL PNEUMOCONIOSIS CONFERENCE, Caracas 1978. 510 M.Crepet, MEDICINA DEL LAVORO, UTET, Torino 1979. 511 A.Azara, E.Eula, NOVISSIMO DIGESTO ITALIANO, IX, UTET, Torino 1979. 512 M.Cortelazzo, P.Zolli, DIZIONARIO ETIMOLOGICO DELLA LINGUA ITALIANA, 1/A-C, Zanichelli Ed., Bologna 1979 Id., 3/I-N, 1983 - Id., IV/O-R, 1985 - Id., 5/S-Z, 1988. 138 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO cancrum=granchio, per analogia delle ramificazioni del tumore con le zampe del granchio), utilizzato per la prima volta da D.Cavalca nel 1342. Nel 1980 Desoille pubblicava ‘Précis de Médicine du Travail’513, che ribadiva i concetti espressi negli altri trattati, e contemporaneamente venne proposta una nuova classificazione514 delle radiografie per le pneumoconiosi. Nello stesso anno Pettinati e Perrelli pubblicano ‘Elementi di medicina preventiva dei lavoratori’515, con il quale veniva sottolineata l’importanza della prevenzione delle tecnopatie, in particolare delle pneumoconiosi, e del rischio di neoplasie, elencando i pregi e i difetti dei vari mezzi di protezione, e le modalità per la corretta esecuzione degli esami funzionali di monitoraggio, e nello stesso anno venne ristampata la VI edizione della pubblicazione ‘The diseases of occupation’ sulle tecnopatie di Hunter516, che riassumeva tutte le vicende storiche, cliniche e preventive relative all’utilizzo dell’amianto. Contemporaneamente, venne pubblicato il testo americano ‘Sourcebook on Asbestos Disease’ di Peters & Peters517, che analizzava gli aspetti medici, legali ed ingegneristici collegati all’impiego dell’amianto; gli autori focalizzavano anche le problematiche relative all’ipersensibilità individuale, e indicano le norme di buona tecnica in uso presso i militari. Nel 1980 fu pubblicata dalla Clinica Devoto un’interessante analisi del fenomeno infortunistico in fabbrica (‘Proposta di un metodo di raccolta di elaborazione e controllo dei dati relativi al fenomeno infortunistico in fabbrica’518), dalla quale si evidenziava la possibilità, da parte dell’azienda, di ottenere uno sconto o un aumento del 30% del tasso medio nazionale, a seconda di un decremento o di un incremento delle prestazioni, rispetto alla media nazionale del settore. Storicamente già dall’Editto di Rotari del 643, gli impresari edili vengono obbligati a risarcire gli infortuni. Pare che le prime assicurazioni519 siano state stipulate nel XIV sec. per i lavoratori delle miniere di sale di Wieliecza, in Polonia, dopo il regno di Casimiro il Grande (1333-1370). Nell’articolo della Clinica Devoto si precisava che la FIAT, nel 1973, su una base salariale di 700 miliardi, ha versato all’INAIL circa 21 miliardi di premi assicurativi; pertanto, considerando la possibilità di uno sconto o di un aggravio del 30%, potevano essere spesi in più o risparmiati ogni anno oltre 6 miliardi di lire. 7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del dibattito scientifico sul rischio morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva 477/83/CEE, e le premesse per la messa al bando dell’amianto (1981-1990). Nel 1981, in ‘Dizionari del diritto privato’520, G. Marino sviluppò le questioni inerenti l’ambiente di lavoro, tracciando il rapporto uomo-macchina-ambiente, nella sua complessa globalità (cfr. artt. 32-35-41 Cost., art.2087 c.c., art.9 st.lav.), e il 02.04.81 la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 64, sancì che anche in caso di silicosi e asbestosi il grado minimo di inabilità 513 H.Desoille, PRECIS DE MEDICINE DU TRAVAIL, Masson Ed., Paris 1980. OCCUPATIONAL SAFETY AND HEALTH SERIES N.22 (Rev.), Guidelines for the use of ILO International Classification of radiographs of pneumoconioses, ILO Geneva 1980. 515 L.Pettinati, G.Perrelli, ELEMENTI DI MEDICINA PREVENTIVA DEI LAVORATORI, Cortina Ed., Torino 1980. 516 D.Hunter, THE DISEASES OF OCCUPATION, Hodder & Stoughton Ed., London 1980. 517 G.A.Peters, B.J.Peters, SOURCEBOOK ON ASBESTOS DISEASE, Garland SPTM Ed., N.Y. 1980. 518 N.Di Credico, F.Merluzzi, A.Grieco, PROPOSTA DI UN METODO DI RACCOLTA DI ELABORAZIONE E CONTROLLO DEI DATI RELATIVI AL FENOMENO INFORTUNISTICO IN FABBRICA, Assessorato Sanità Regione Lombardia, 1980. 519 M.Bariéty, C.Coury, HISTOIRE DE LA MEDECINE, Fayard Ed., 1963. 520 N.Irti, DIZIONARI DEL DIRITTO PRIVATO, 2. Diritto del Lavoro, Dell’Olio, Varese 1981. 514 CAPITOLO VII | 139 permanente indennizzabile doveva essere l’11% come nel caos degli infortuni sul lavoro o di altre tecnopatie industriali e agricole, con conseguente estensione del numero dei beneficiari. Nello stesso anno in Italia veniva pubblicato il lavoro di A.C.Braun, ‘La storia del cancro,sulla sua natura, cause e possibilità di controllo’521, nel quale al capitolo 1 c’era la rassegna delle origine storiche del concetto di cancro e sui primi reperti clinici nell’antichità (Egitto 1500 a.C.), e sull’uso del termine da parte di Ippocrate nel V secolo a.C., per il tumore del seno, dello stomaco e dell’utero; e delle prime relazioni tra cancro ed esposizioni ambientali risalenti già al 1775 (spazzacamini inglesi e cancro dello scroto), e la successiva introduzione dei concetti fondamentali sulla loro natura come introdotti tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX sec., grazie agli studi del fisiologo e anatomico francese Bichat; e sul fatto che tra i lavoratori che respiravano polveri di amianto vi era una incidenza di tumori polmonari più elevata che nel resto della popolazione; nei capitoli successivi vennero approfondite le caratteristiche delle cellule neoplatische (metabolismo, crescita, replicazione, mutazioni etc.), oltre alla bibliografia finale. A Padova, in occasione del IV Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, F.D’Orsi, E.Munafò, A.Serio, S.Battisti, U.Cappelli, presentarono una relazione sulla ‘Esposizione ad asbesto nelle officine delle Ferrovie dello Stato: criteri di prevenzione’522, nel quale si evidenziava come i ferrovieri fossero esposti sia ad anfiboli (amosite e crocidolite) sia a crisotilo, con indicazione della composizione dei principali prodotti contenenti amianto di normale utilizzo nel settore, nel quale spesso si usava spruzzarlo, o utilizzarlo in fiocchi, oppure come amiantite, corde e nastri, con indicazione dei valori ambientali riscontrati nelle diverse lavorazioni, e un esame dei materiali alternativi, con le loro temperature di decomposizione (lana di roccia 800°C). Sempre nel 1981 Enterline in ‘Proportion of cancer Due to Exposure to Asbestos’523 segnalava che in tutte le patologie da amianto è presente una relazione dose-risposta, anche se a basse dosi la valutazione del rischio risulta complessa. Nel 1981 venne pubblicata su una rivista specialistica inglese un’interessante review ‘A guide to compensation for asbestos- related diseases’524 che elencava le manifestazioni cliniche correlate all’amianto [corpuscoli dell’asbesto, alterazioni pleuriche (placche ialine o calcifiche, pleuriti, versamenti), asbestosi, carcinoma bronchiale, mesotelioma pleurico e peritoneale]. Nel 1982 venne pubblicata la traduzione di una Storia della Medicina francese525, che riportava al III vol. la storia del cancro, con un excursus dei vari reperti e delle nozioni scientifiche a partire dall’Egitto e dalla Grecia antica sino al Medioevo ed al Rinascimento, per giungere alla fine del ‘700, con l’esame degli studi del Pott, Bichat, Müller, fondatori della moderna oncologia, citando l’amianto tra le sostanze chimiche capaci di indurre nell’uomo delle neoplasie. Nello stesso anno alla Fondazione Carlo Erba, Pernis, con lo studio ‘L’immunocitologia del polmone nelle fibrosi polmonari croniche’526, espose le varie teorie relative alle fibrosi polmonari croniche, e nello stesso anno Goldsmith pubblicò ‘Asbestos as a Systemic Carcinogen: The 521 A.C.Braun, LA STORIA DEL CANCRO, SULLA SUA NATURA, CAUSE E POSSIBILITÀ DI CONTROLLO, Liviana E., Padova 1981. 522 F.D’Orsi, E.Munafò, A.Serio, S.Battisti, U.Cappelli, ESPOSIZIONE AD ASBESTO NELLE OFFICINE DELLE FERROVIE DELLO STATO: CRITERI DI PREVENZIONE, Atti 44° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e di Igiene Industriale, Padova 1981. 523 P.E.Enterline,PROPORTION OF CANCER DUE TO EXPOSURE TO ASBESTOS, Bambury report, 9:19-26, 1981. 524 M.G.Britton, D.T.D.Huges, T.J.G.Phillips, A GUIDE TO COMPENSATION FOR ASBESTOS- RELATED DISEASES, Br.Med.J. 282:2107-2111, 1981. 525 STORIA DELLA MEDICINA, vol.III, Walk Over Italiana, Bergamo 1982. 526 B.Pernis, L’IMMUNOCITOLOGIA DEL POLMONE NELLE FIBROSI POLMONARI CRONICHE, Fondazione Carlo Erba, Milano 1982. 140 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Evidence from Eleven Cohorts’527, un interessante lavoro sulla cancerogenicità sistemica dell’amianto, meritevole di un’attenta lettura per l’importanza e l’attualità dell’argomento in ambito scientifico. Sempre nel 1982 W.J. Nicholson, J. Perkel, I.J. Selikoff, pubblicarono ‘Occupational Exposure to Asbestos: population at Risk and Projected Mortality - 1980-2030’528, con una valutazione della mortalità degli esposti ad asbestos negli anni 1980/2030, con una previsione che la riduzione dei livelli di esposizione non avrebbe determinato una diminuzione del numero di neoplasie, la cui incidenza si sarebbe ridotta molto modestamente. Sul III volume del 1983 si riportava l’etimologia di ‘neoplasia’, termine usato per la prima volta da Lessona nel 1875 e ripreso dalla definizione di ‘neoplasma’ di Canini del 1865. Nel 1983 Rubino in ‘Le malattie da asbesto’529 riassunse le conoscenze relative alle patologie da amianto, per un testo di aggiornamento rivolto a tutta la classe medica italiana. Nel 1984 Saffiotti alla Fondazione Carlo Erba presentava una relazione dal titolo ‘Nuove ricerche sulla patogenesi del cancro polmonare’530, con la quale ha illustrato le nuove ricerche sulla patogenesi del cancro polmonare, e ha sostenuto che l’identificazione di due geni capaci di trasmettere la suscettibilità all’azione degli agenti promoventi (TPA). Nello stesso anno, sempre alla Fondazione Carlo Erba, viene tenuto un Convegno sui ‘Nuovi metodi di indagine nelle pneumopatie professionali’531, ripreso in seguito sulla rivista ‘La Medicina del Lavoro’ nel 1985. I relatori G.F. Rubino, G. Discalzi, E. Pira, A. Forni, M.C. Guerrieri, G. Chiappino, M. Marconcini, A.M. Farro, F. Cottino, A. Bo, A. Favero, C. Ponzetti, G. Aceto, hanno illustrato la tecnica del lavaggio bronco-alveolare nelle pneumopatie, la TAC nelle pleuropatie e la scintigrafia con Ga67 nelle pneumoconiosi. R.Murray in ‘Asbestos in the Soviet Union’532 sostenne, per quanto riguarda l’insorgenza di neoplasie polmonari, la mancata conferma di sinergismo moltiplicativo tra fumo ed amianto e l’estrema rarità di mesoteliomi nei lavoratori sovietici esposti a crisotilo; ha ricordato infine che il MAC di 2 mg/m3 di polvere totale di amianto è stato fissato in seguito ad esperimenti su animali. Sempre nel 1984, in base ad uno studio sull’acqua potabile contaminata ‘Asbestos in drinking water’533, venne riportata la possibilità che l’ingestione di fibre di asbesto possa determinare patologie ad essa correlate. Sul IV vol. del 1985 si riportavano il prefissoide ‘onco’, l’aggettivo ‘oncogeno’, utilizzato nel 1925-26 da E.Centanni a proposito dei virus oncogeni, ed i sostantivi ‘oncologia’ e ‘oncoterapia’. Nel 1985 L. Grilli sviluppava in ‘Diritto penale del lavoro’, in ‘Teoria e pratica del diritto’534,il concetto di tutela penale della sicurezza sul lavoro. Nel 1985 l’USL 12 di Genova pubblicò ‘Un’esperienza di bonifica da amianto in ambiente di 527 J.R.Goldsmith, ASBESTOS AS A SYSTEMIC CARCINOGEN: THE EVIDENCE FROM ELEVEN COHORTS, Am.J.Ind.Med., 3:341-348, 1982. 528 W.J.Nicholson, J.Perkel, I.J.Selikoff, OCCUPATIONAL E XPOSURE TO ASBESTOS: POPULATION AT RISK AND PROJECTED MORTALITY- 1980-2030, Am.J.Ind.Med.3:259-311, 1982. 529 G.F.Rubino, LE MALATTIE DA ASBESTO, Fed.Med., XXXVI-2:144-152, 1983. 530 U.Saffiotti, NUOVE RICERCHE SULLA PATOGENESI DEL CANCRO POLMONARE, Fondazione Carlo Erba, Milano 1984. 531 G.F.Rubino,G.Discalzi, E.Pira, A.Forni, M.C.Guerrieri, G.Chiappino, M.Marconcini, A.M.Farro, F.Cottino, A.Bo, A.Favero, C.Ponzetti, G.Aceto, NUOVI METODI DI INDAGINE NELLE PNEUMOPATIE PROFESSIONALI, Fondazione CarloErba, Milano 1984. 532 R.Murray, ASBESTOS IN THE SOVIET UNION, Lancet 155-156, 21 luglio 1984. 533 P.Toft, M.E.Meek, D.T.Wigle, J.C.Méranger, ASBESTOS IN DRINKING WATER, Critical Review Environ. Control, 14 (2):151-197, 1984. 534 L.Grilli, DIRITTO PENALE DEL LAVORO, in Teoria e pratica del diritto, Giuffrè Ed., Milano 1985. CAPITOLO VII | 141 lavoro’, in ‘Il rischio neoplastico da amianto nei luoghi di lavoro e nell’ambiente di vita’535, relativa alla bonifica dell’amosite presente nei Cantieri Navali Riuniti, e segnalò la necessità di verificare il rispetto delle norme di buona tecnica nel corso dell’intervento, perché in caso contrario ci sarebbero stati dei rischi per i lavoratori e per l’ambiente. Nell’edizione del 1955 della stessa enciclopedia, la voce ‘pneumoconiosi’ era stata invece curata da Redaelli536, direttore dell’istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Milano, che cita tra le complicanze dell’asbestosi il cancro polmonare, ma non il mesotelioma. Nel 1986 ancora alla Fondazione Carlo Erba si organizzò una tavola rotonda ‘Problemi medici dell’esposizione alla polvere di amianto’537, alla quale intervennero G.F. Rubino, D. Bonsignore, G. Chiappino, A. Donna, M. Governa, G. Piolatto, e durante la quale furono valutati i nuovi criteri di diagnosi dell’asbestosi, la pericolosità delle fibre di vetro e il loro effetto oncogeno. La conferenza generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, convocata a Ginevra dal Consiglio di Amministrazione dell’ufficio internazionale del lavoro nella 72° sessione del 4/6/1986, sul presupposto delle precedenti Convenzioni e raccomandazioni sul cancro professionale (1974), sull’inquinamento dell’aria, rumore e vibrazioni (1977), sui servizi per la salute nell’ambito del lavoro (1985), l’elenco delle malattie professionali nella sua versione riveduta nel 1980, allegata alla Convenzione sulle prestazioni in caso di infortunio sul lavoro e malattia professionale (1964), nonché la ‘raccolta di direttive pratiche sulla sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto’, pubblicato dall’Ufficio Internazionale del Lavoro nel 1984, ha deciso di adottare le proposte ‘relative alla sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto’, con la Convenzione n° 162. Le norme di questa Convenzione sono contemplate in 30 articoli. L’art. 10 statuisce: “Qualora ciò sia necessario per tutelare la salute dei lavoratori, e realizzabile dal punto di vista tecnico, la legislazione nazionale deve prevedere una o più delle seguenti misure: Capoverso a): “Ogni qualvolta ciò sia possibile, la sostituzione dell’amianto o di alcuni tipi di amianto o di alcuni prodotti contenenti amianto con altri materiali o prodotti, o l’impiego di tecnologie alternative che la autorità competente valuti da un punto di vista scientifico come innocue o meno nocive”. Nell’elenco non è presente la Repubblica Italiana che tra gli Stati Membri non ha ancora ratificato la Convenzione n°162 della Organizzazione Internazionale del Lavoro, relativa alla sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto. Il Ministero della Sanità, con Ordinanza del 26/6/1986 (‘Restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono’)538, ha emanato delle restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contenevano, non applicabili al settore dei trasporti, ex art.1. Con Circolare n.45 del 10/7/86 (‘Piano di interventi e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso all’impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati’)539, il Ministero 535 C.Calabresi, UN’ESPERIENZA DI BONIFICA DA AMIANTO IN AMBIENTE DI LAVORO, IN IL RISCHIO NEOPLASTICO DA AMIANTO NEI LUOGHI DI LAVORO E NELL’ AMBIENTE DI VITA, Arco Ed., 161-165 ,1985. 536 A.Codignola, L’ITALIA E GLI ITALIANI DI OGGI, Il Nuovo Mondo Ed., Genova 1947. 537 G.F.Rubino, D.Bonsignore, G.Chiappino, A.Donna, M.Governa, G.Piolatto, PROBLEMI MEDICI DELL’ESPOSIZIONE ALLA POLVERE DI AMIANTO, Fondazione Carlo Erba, Milano 1987. 538 Ordinanza Ministero Sanità del 26/6/86, Restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono,G.U.n.157 del 9/7/1986 . 539 Circolare Ministero Sanità n.45 del 10/7/1986, Piano di interventi e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso all’impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati, G.U. n.169 del 23/7/86. 142 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO della Sanità si occupava dei rischi connessi con l’impiego di amianto negli edifici, segnalando che ‘l’OMS ha recentemente riconosciuto l’impossibilità di individuare per l’amianto una concentrazione nell’aria che rappresenti un rischio nullo per la popolazione, date le proprietà cancerogene di questo inquinante’; sul documento vengono poi stabilite delle norme volte a localizzare le strutture edilizie contenenti amianto, a determinare il livello di contaminazione e a fornire direttive tecniche per la bonifica. Con Decreto Ministeriale 16/10/1986, vennero integrate le norme del DPR n.128 del 9/4/59, in materia di controllo dell’aria nelle attività estrattive dell’amianto. Nel 1986 l’U.S.-EPA propose negli Stati Uniti (‘Asbestos; Proposed mining and Import Restrictions and Proposed Manufacturing Importation and processing Prohibitions’540), la proibizione dell’impiego dell’amianto, sul presupposto che in base ai dati disponibili neanche la riduzione a 0,2 ff/cc proposta dall’OSHA sarebbe stata efficace per rimuovere il rischio di cancro da amianto. Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con Decreto del 21/1/1987 (‘Norme tecniche per l’esecuzione di visite mediche periodiche ai lavoratori esposti al rischio di asbestosi’)541, ha abolito per i lavoratori esposti al rischio asbestosi l’obbligo della radiografia del torace, potenzialmente nociva e spesso non attendibile nei casi iniziali, che in precedenza era previsto nel corso della visita preventiva e di quelle periodiche annuali, e l’ha sostituita con almeno tre dei seguenti indicatori: 1) la ricerca dei corpuscoli dell’asbesto nell’espettorato, 2) siderociti nell’espettorato, 3) rantolini crepitanti basali molto fini e persistenti nel tempo, 4) insufficienza respiratoria restrittiva, 5) compromissione della diffusione alveolo-capillare ai gas durante le prove spirometriche. Tutte queste metodiche derivano dallo sviluppo della ricerca scientifica svolta negli anni precedenti e riportata dettagliatamente nell’elaborato. Attualmente per la diagnosi di asbestosi occorrono i seguenti requisiti: - esposizione ad amianto per almeno 2 anni se elevata, e per almeno 5 anni se lieve. - intervallo di almeno 10 anni tra l’inizio dell’esposizione e insorgenza della malattia. - presenza di due segni maggiori ( evidenza radiologica = o > s 1/1, riduzione della CV) o di un segno maggiore e uno minore (riduzione TLCO, crepitii basali). La diagnosi differenziale dell’asbestosi deve essere fatta con le pneumopatie interstiziali di altra natura (es. fibrosi polmonare idiopatica, da collagenopatie, da emorragie polmonari, da proteinosi alveolare, da amiloidosi, da malattie ereditarie, da radiazioni, da farmaci antibiotici e chemioterapici, da gas, fumi e vapori etc.) L’esposizione professionale ad amianto può determinare anche pleuriti acute e lesioni benigne della pleura. Queste ultime non determinano solitamente una compromissione funzionale, a meno che non siano concomitanti all’asbestosi, e compaiono dopo almeno 20 anni dall’avvenuta esposizione; esse non sono manifestazioni precancerose, e si presentano in tre forme diverse: atelettasie rotonde (rare), - ispessimenti pleurici diffusi (esiti di pregresse pleuropatie acute con versamento) - placche pleuriche circoscritte (spesso bilaterali e simmetriche). Nel 1987, D.Carullo redigeva nel ‘Commentario del Codice Civile’542 un’ampia trattazione della norma di cui all’art. 2087 c.c., avente ad oggetto la tutela delle condizioni di lavoro. 540 EPA: ASBESTOS; PROPOSED MINING AND IMPORT RESTRICTIONS AND PROPOSED AND PROCESSING PROHIBITIONS, Federal Register vol.51 n.19:3738-3759, 1986. 541 MANUFACTURING IMPORTATION Decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 21/1/1987, Norme tecniche per l’esecuzione di visite mediche periodiche ai lavoratori esposti al rischio di asbestosi, G.U. n.35 del 12/2/1987. 542 V.Carullo, COMMENTARIO DEL CODICE CIVILE, V-I, UTET, Torino 1987. CAPITOLO VII | 143 Recentemente a tali pleuropatie, in passato ritenute solo un segno di pregressa esposizione, è stato attribuito il significato di affezione morbosa; gli ispessimenti pleurici (o placche pleuriche circoscritte e/o diffuse) costituiscono, insieme al versamento pleurico benigno, la malattia pleurica benigna543. La diagnosi di questa patologia, secondo Cotes544, si basa su: - Pregressa esposizione ad amianto, con reazioni pleuriche maggiormente correlate alla distanza dall’inizio dell’esposizione che all’entità della stessa, e con latenza di circa 15 anni. Spesso vi è un lento aumento di volume delle placche; i versamenti durano a lungo e tendono a recidivare dopo il drenaggio - Quadro clinico paucisintomatico - Quadro radiologico con placche localizzate inizialmente in sede parieto-basale o in corrispondenza del tratto centrale del diaframma. I versamenti sono molto spesso bilaterali. - Quadro funzionale con deficit di tipo restrittivo545, senza riduzione della diffusione alveolocapillare. Nel caso di estensione marcata degli ispessimenti, se lo spessore è di almeno 5 mm con estensione ad almeno il 25% della parete toracica bilaterale o obliterazione di entrambi i seni costofrenici, si parla di ‘fibrosi pleurica diffusa’. In questi casi non si tratta più solo di un segno di esposizione, ma di un’affezione morbosa da amianto546, che comporta una riduzione della compliance torace-polmone, con conseguente indebolimento dell’apparato respiratorio. Nel 1987 E.Raffn,B.Korsgaard pubblicarono, ‘Asbestos exposure and carcinoma of penis’547, relativo a 6 casi di carcinoma del pene in esposti nel settore del cemento-amianto. Nello stesso anno la IARC (Monographs supplement 7, Asbestos [group 1])548 ha inserito tutti i tipi di asbesto tra le sostanze cancerogene del gruppo 1. Sempre nel 1987 l’U.S.-EPA mise in atto un piano di intervento per eliminare l’amianto da tutte le scuole pubbliche e private (Asbestoscontaining Materials in Schools)549. Ancora nel 1987, al Convegno di Fiuggi sull’inquinamento, venne segnalato come il cementoamianto, e i materiali di attrito delle automobili, per la presenza di asbesto, avesse determinato la contaminazione delle aree urbane (G.Chiappino, G.Scansetti, K.H.Friedrichs, M.Patroni, ‘Rilascio, inalazione, patologia da fibre inorganiche naturali e sintetiche, in Inquinamento in ambienti di vita e di lavoro: esperienze e linee di intervento’)550. Contemporaneamente M. Patroni, R. Trimarchi, F. Andreoletti, V. Foà, G. Chiappino pubblicavano un lavoro (‘Il rischio occupazionale nell’industria italiana del cemento-amianto’)551, che sottostimava enormemente il rischio morbigeno, fino a giungere alla previsione che a partire da quel periodo non ci fossero altri rischi, rispetto a quelli pregressi anche se si sottolinea che anche il vinil-amianto potesse rilasciare molte fibre nel corso dell’impianto, della manutenzione o di elevato 543 P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998; 89: 471-480. 544 J.E. Cotes, J. Steel, WORK RELATED LUNG DISORDERS, Ed. Blackwell Scientific Publications, 1987. 545 M.R. Beckelake, ASBESTOS RELATED DISEASES OF THE LUNG AND OTHER ORGANS, Am. Rev. Resp. Dis.,1976, 114, 187 – 227. 546 G.Chiappino, G. Pierucci, BENIGN PLEUROPATHIES DUE TO ASBESTOS: THEIR CLINICAL PROGNOSTIC SIGNIFICANCE AND THE MEDICOLEGAL ASPECTS, Med. Lav., 1992, 83 (3) p 244 –8. 547 E.Raffn,B.Korsgaard, ASBESTOS EXPOSURE AND CARCINOMA OF PENIS, Lancet p. 1394, 12 dicembre 1987. 548 IARC MONOGRAPHS SUPPLEMENT 7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987. 549 EPA: ASBESTOS-CONTAINING MATERIALS IN SCHOOLS, Federal register vol.52 n.210 : 41826-41905, 1987. 550 G.Chiappino, G.Scansetti, K.H.Friedrichs, M.Patroni, RILASCIO, INALAZIONE, PATOLOGIA DA FIBRE INORGANICHE NATURALI E SINTETICHE, IN INQUINAMENTO IN AMBIENTI DI VITA E DI LAVORO: ESPERIENZE E LINEE DI INTERVENTO, Atti del Convegno Nazionale ECO-Fiuggi’87, Acta Medica Ed. e Congressi: 135-151, 1987. 551 M.Patroni, R.Trimarchi, F.Andreoletti, V.Foà, G.Chiappino, IL RISCHIO OCCUPAZIONALE NELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO-AMIANTO, Med.Lav. 78:351-359, 1987 144 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO degrado. Nel 1988, con circolare n.23 del 12 maggio, l’INAIL inviò ai vice direttori generali, ai dirigenti delle unità centrali e periferiche ed ai coordinatori generali delle consulenze professionali centrali, il testo delle sentenze della Corte Costituzionale n.179 del 10/2/88 (estensione dell’indennizzo alle patologie non tabellate, purchè provate) e n.206 dell’11/2/88 (esclusione dei termini), relative alle modiche del sistema di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali552. Nello stesso anno si tenne a Bologna un Convegno su ‘Le broncopneumopatie ambientali’553, nel quale ci fu l’intervento di Ciaccia che sottolineò il rischio dovuto alle fibre alternative all’amianto (lana di vetro, lana di roccia e lana di scoria). Nello stesso anno la Rivista INAIL riferiva la concessione del premio Buccheri-La Ferla per la medicina del lavoro al prof. Rubino 554, per gli studi sull’amianto e i suoi sostituti negli ambienti di vita555. Sul V vol. del 1988, si ricorda l’etimologia del termine ‘tumore’ (dal latino tumor = gonfiore, tumefazione), impiegato prima del 1575 da G.Dalla Croce e usato per indicare forme benigne e maligne. Con D.M. del 20/6/1988, pubblicato sulla G.U. n.151 del 29/6/88, vennero aumentati i premi assicurativi per le pneumoconiosi. Nel 1988 l’Istituto Superiore di Sanità556 pubblicava un rapporto sulla mortalità per tumore maligno della pleura in Italia tra il 1980 e il 1983, segnalando che in quel periodo si sono avuti 2.372 decessi per mesotelioma, avvenuti soprattutto nelle città in cui è presente la cantieristica navale (Genova, La Spezia, Livorno, Savona, Taranto) e in provincia di Alessandria, per la produzione di manufatti in cemento – amianto (Casale Monferrato). Ancora nel 1988 veniva pubblicato un lavoro (‘Asbestos-contaiminated drinking water: its impact on household air’)557 di J.S.Webber, S.Syrotynski, M.V.King, sulla contaminazione dell’acqua potabile con fibre di amianto, e sulla loro capacità di determinare a sua volta un auemento dell’inquinamento ambientale di circa 10 volte nell’ambiente nel quale veniva erogata. Nel 1988 venne poi redatta da N.Castellino, M.Mazzella di Bosco, A.Paoletti, L.Pecora, N.Sannolo ‘I primi 50 Congressi della Medicina del Lavoro italiana (1907-1987)’558, nella cui prefazione si faceva riferimento alle difficoltà incontrate da questa disciplina per sostenere la sua autonomia nel mondo del lavoro e dell’ambiente scientifico, richiamando l’articolo scritto dal Ferrannini nel 1947 sui problemi connessi all’inizio di tale insegnamento, avvenuto nel 1907 a Napoli. Seguirono poi le recensioni dei temi congressuali: 552 INAIL, circolare n.23, 12/5/1988 - Sentenza n.179 del 10/2/1988, Corte Costituzionale - Sentenza n.206 dell’11/2/1988, Corte Costituzionale. 553 F.Zanardi, P.Pitotto, A.D.Bonsignore, P.Pieri, A. Ciaccia, A.Papi, De Vecchi, P.Ricci, LE BRONCOPNEUMOPATIE AMBIENTALI, A.N.M.A.F.S. Bologna 1988 . 554 INAIL, RIVISTA DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, LXXV,6, 1988. 555 G.F.Rubino, L’AMIANTO ED I SUOI SOSTITUTI NEGLI AMBIENTI DI VITA, Conferenza dell’ottobre ’89 presso la villa Tornabuoni Lemmi di Careggi. 556 C. Bruno, P. Comba, M. Desantis, F.Malchiodi, MORTALITÀ PER TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA: 1980 – 1983, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1988. 557 J.S.Webber, S.Syrotynski, M.V.King, ASBESTOS-CONTAIMINATED DRINKING WATER: ITS IMPACT ON HOUSEHOLD AIR, Environ. Res. 46, 153-167, 1988. 558 N.Castellino, M.Mazzella di Bosco, A.Paoletti, L.Pecora, N.Sannolo, I PRIMI 50 CONGRESSI DELLA MEDICINA DEL LAVORO ITALIANA (1907-1987), Ist.Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1988. CAPITOLO VII | 145 1. quella sull’asbestosi, nella quale, a pag.124, si segnalava che concentrazioni 0,2 ff/cc si ritrovano a non meno di 3-4 Km dalla cava di Balangero; l’articolo richiamava poi le pubblicazioni presentate nei Convegni del 1930 a Roma, del 1970 a Cagliari e del 1971 a St.Vincent. 2. quella sull’igiene industriale, nella quale si ricordava la mostra permanente di Igiene Industriale di Torino, presentata nel corso del III Congresso Nazionale del 1911 e il dibattito interdisciplinare, intitolato ‘Ingegneri, igienisti e Medicina del Lavoro’ e svoltosi a Firenze nel corso del V Congresso Nazionale del 1922; faceva seguito una rassegna dei principali argomenti di igiene industriale, trattati nel corso degli anni, tra cui le raccomandazioni in merito ai procedimenti di campionamento e caratterizzazione delle fibre di asbesto (Cagliari 1970) e la valutazione del rischio pneumoconiogeno (Pisa del 1972). 3. quella sulla tutela previdenziale della patologia da lavoro, nella quale si segnalava che il 17/4/1872 fu inaugurato, nel teatro Argentina in Roma, il I Congresso operaio nazionale, che aveva all’ordine del giorno il tema ‘come provvedere una pensione all’operaio assolutamente inabile al lavoro’; che fu interrotto dalla contestazione operaia. L’articolo ricordava poi che l’8/7/1833, con la Legge n.1473, veniva sancita la costituzione della ‘Cassa nazionale d’assicurazione per gli infortuni degli operai sul lavoro’, con sede centrale a Milano, e con R.D. 19/12/1901 veniva istituita, ‘presso il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, una Commissione (di cui facevano parte tra gli altri Devoto, Sanarelli, Mangiagalli e Loriga) per lo studio delle malattie professionali, in vista di un’apposita legge assicurativa’. Venne poi riportata la prima descrizione di pneumoconiosi istologica, fatta dal Puccini nel 1958. La pubblicazione proseguiva con una sezione di ‘Notizie e curiosità’, nella quale, a proposito del III Congresso di Torino del 1911, venne segnalato che la FIAT, con lettera del suo Presidente comm. Alessandro Marangoni, rimise la somma di £100 quale contributo per le spese, e questi perciò stesso risultava anche tra i Membri del Comitato d’Onore e tra i Congressisti. Vennero poi elencati i più antichi maestri di Medicina del Lavoro, con i relativi profili: Bernardino Ramazzini, Luigi Devoto, Luigi Ferrannini, Gaetano Pieraccini, Nicolò Castellino, Luigi Carozzi. Il testo si concludeva con le tabelle riassuntive degli argomenti trattati nei diversi Congressi, elencati in ordine cronologico e in ordine alfabetico. Ancora nel 1988 venne pubblicato uno studio di T.F.Mancuso, ‘Relative Risk of Mesothelioma Among Railroad Machinists Exposed to Chrysotile’559, sui macchinisti delle ferrovie statunitensi esposti al crisotilo, divisi in due sottocoorti in rapporto alla data di assunzione: nel primo gruppo nel quale c’erano stati 156 decessi, dei quali 14 erano dovuti a mesoteliomi e 11 a tumori del polmone; nel secondo gruppo (assunzioni più recenti) su 40 decessi soltanto 5 erano dovuti a tumori polmonari e 1 a mesotelioma. Nel 1989, veniva pubblicata nella ‘Enciclopedia Giuridica Treccani’560 la voce ‘igiene e sicurezza del lavoro’, redatta da C. Smuraglia, e in quello stesso anno una indagine epidemiologica di E. Merler e E. Chellini, sulla frequenza dell’asbestosi e altre patologie asbesto correlate in Italia (‘Epidemiologia dei tumori primitivi della pleura’561), nella quale si evidenzia come tra i 3000 titolari di rendita per asbestosi, la maggior parte sono residenti in Piemonte, Lombardia, Liguria, 559 T.F. Mancuso, RELATIVE RISK OF MESOTHELIOMA AMONG RAILROAD MACHINISTS EXPOSED TO CHRYSOTILE, Am. J. Ind. Med., 13:639-657, 1988. 560 C.Smuraglia, voce “igiene e sicurezza del lavoro”- Enciclopedia Giuridica, vol.XV, Treccani Ed., Roma 1989. 561 E.Merler, E.Chellini, EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI PRIMITIVI DELLA PLEURA, Annali Ist.Sup.Sanità, 28:133-146, 1992. 146 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Campania e Puglia, con precedenti lavorativi per lo più nel settore del cemento-amianto, della cantieristica navale e della produzione di freni e frizioni. Nel 1989 la IARC pubblicò la rassegna ‘Non-occupational exposure to mineral fibres’ di J. Bignon, J. Peto e R. Saracci, circa l’esposizione non occupazionale a fibre minerali562, nella quale si faceva riferimento ad uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, che valutava la presenza di fibre minerali e di polvere nei polmoni di persone che abitavano in aree urbane. Nello stesso anno un piccolo studio di coorte, ‘Mortality Among Employees of an Ontario Factory that Manufactured Construction Materials Using Chrysotile Asbestos and Coal Tar Pitch’563, M.M.Finkelstein evidenziava un incremento di tutti tipi di neoplasie in esposti a crisotilo; lo stesso anno, vennero pubblicati due studi, rispettivamente ‘Amosite mesothelioma in a cohort of asbestos workers’564 di J.Ribak, H.Seidman, I.J.Selikoff, relativo ad un aggiornamento di uno studio precedente, nel quale è emerso che su 820 esposti in maniera breve ma intensa, c’erano stati 17 casi di mesotelioma pleurico e 9 peritoneali; il secondo, ‘Mortality Among Employees of an Ontario Factory Manufacturing Insulation Materials from Amosite Asbestos’565, di M.M.Finkelstein, relativo alla coorte di 133 persone, tra i quali vengono diagnosticati 4 tumori del polmone e 2 del peritoneo. Nel 1990, l’Istituto Superiore di Sanità pubblicò ‘Ricerche ed indagini sull’asbesto in Italia: bibliografia analitica 1930-1990’566, un’interessante rassegna bibliografica sulle ricerche relative alle patologie da amianto, svolte in Italia dal 1930 al 1990, includendo spesso i riassunti dei lavori citati. Questa iniziativa, già intrapresa all’estero sia per l’asbestosi sia per tutte le pneumoconiosi, riprendeva due pubblicazioni precedenti dello stesso istituto, che nell’82 avevano portato alle stampe il periodo 1930-1982 (cfr. ISTISAN 1982/18), e nell’89 il periodo 1983-1989 (cfr. ISTISAN ‘89/21). Nello stesso anno venne pubblicato un lavoro, ‘Asbestos Content of Lung Tissue, Lymh Nodes and Pleural Plaques from Former Shipyard Workers’567, di R.F.Dodson, M.G.Williams, C.J.Corn, A.Brollo, C.Bianchi, sul contenuto d’amianto nel tessuto polmonare, nei linfonodi tracheali e nelle placche pleuriche di coibentatori di navi, rilevato in corso di autopsia, e venne segnalata la diversa clearance a seconda del tipo di amianto. Nello stesso anno vi furono tre segnalazioni relative ad asbesto e tumori renali, ‘Re: Asbestos and Kidney Cancer’568 di P.E.Enterline, V.Enderson. Sempre nel 1990 venne pubblicato un testo sulle applicazioni della tomografia assiale computerizzata ad alta risoluzione (HRCT)569 nelle pneumoconiosi, con un capitolo dedicato ai segni patognomonici dell’asbestosi (placche pleuriche, presenti anche nei fumatori non esposti, e fibrosi interstiziale). 562 J.Bignon, J.Peto, R.Saracci, NON-OCCUPATIONAL EXPOSURE TO MINERAL FIBRES, IARC S.P.n.90, Lyon 1989. M.M.Finkelstein, MORTALITY AMONG EMPLOYEES OF AN ONTARIO FACTORY THAT MANUFACTURED CONSTRUCTION MATERIALS USING CHRYSOTILE ASBESTOS AND COAL T AR PITCH, Am.J.Ind.Med., 16:281-287, 1989. 564 J.Ribak, H.Seidman, I.J.Selikoff, AMOSITE MESOTHELIOMA IN A COHORT OF ASBESTOS WORKERS, Scand.J.Work Environ Health 15:106-110, 1989. 565 M.M.Finkelstein, MORTALITY AMONG EMPLOYEES OF AN ONTARIO FACTORY MANUFACTURING INSULATION MATERIALS FROM AMOSITE ASBESTOS, Am.J.of Ind.Med., 15:477-481, 1989. 566 L.Paoletti, M.Diociaiuti, A.Torrice, S.Cavallo, M.De Santis, C.P.Vollono, M.Maggini, G.M.Petrelli, G.Donelli, RICERCHE ED INDAGINI SULL’ASBESTO IN ITALIA: BIBLIOGRAFIA ANALITICA 1930-1990, Istituto Superiore di Sanità , Roma 1990. 567 R.F.Dodson, M.G.Williams, C.J.Corn, A.Brollo, C.Bianchi, ASBESTOS CONTENT OF LUNG TISSUE, LYMH NODES AND PLEURAL PLAQUES FROM FORMER SHIPYARD WORKERS, Am.Rew.Respir.Dis. 142:843-847, 1990. 568 P.E.Enterline, V.Enderson, RE: ASBESTOS AND KIDNEY CANCER, Am.J.Ind.Med. 17:645-646, 1990 - M.Maclure, Id., 647-648, 1990 - A.H.Smith, Id., 649-650, 1990. 569 G.F.Pistolesi, C.Procacci, VADEMECUM ALLA TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA DEL TORACE - cap.XXI, Patologia interstiziale, Piccin Ed., Padova 1990. 563 CAPITOLO VII | 147 Un editoriale inglese del 1990 evidenzia la possibilità di inquinamento del talco da parte della tremolite, ‘On talc, tremolite and tergiversation’570, con conseguenti patologie neoplastiche. 7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della medicina del lavoro (1991-2000), conferma del rischio anche a basse dosi. Nel 1991 venne pubblicato ‘Mineral fibers and health’571 di D.Liddell, K.Miller, con interessanti notizie sulle prime indagini eseguite in Inghilterra nel 1898 dall’Ispettorato del Lavoro, i quali sostengono che il crisotilo appare più pericoloso degli anfiboli negli esperimenti sugli animali, ma meno pericoloso per l’uomo, come pure sono rischiose le fibre alternative. Nello stesso anno venne pubblicato lo studio di R. Calisti e A. Sgarzi, ‘Asbestosi in un autotrasportatore: caso clinico e analisi dell’esposizione’572, relativo ad un caso di asbestosi in un camionista, che aveva inalato le fibre di amianto presenti nell’aria proveniente, attraverso il riscaldamento, dal vano motore, nel quale era contenuto del materiale isolante in amianto. La Direttiva della Commissione CEE del 3/12/1991573, dopo aver richiamato tutti i provvedimenti precedenti relativi all’amianto, vietava l’immissione sul mercato e l’uso di 5 anfiboli (crocidolite, amosite, antofillite, actinolite e tremolite), e si regolamentava l’uso del crisotilo, vietandone l’immissione sul mercato in 14 diverse situazioni (es. giocattoli, filtri, tessuti etc.) Nel 1991 Enterline in ‘Changing attitudes and opinions regarding asbestos and cancer 1934574 1965’ riassumeva le varie testimonianze scientifiche in ordine al rapporto tra asbesto e cancro, esposte a livello internazionale tra il 1934 e il 1965, con una tabella molto esplicativa delle posizioni dei vari autori, sia in ordine al carcinoma polmonare sia in ordine al mesotelioma. L’insorgenza dei tumori polmonari dovuti ad amianto si verificava di solito dopo 15 anni dall’inizio dell’attività lavorativa, ed era favorita da esposizioni intense e prolungate ad amianto e dalla concomitante azione del fumo di sigaretta (effetto sinergico moltiplicativo). Da un punto di vista istologico, erano più frequenti le neoplasie di tipo squamoso rispetto agli adenocarcinomi e agli oatcell. Sul piano clinico, non vi erano elementi differenziali specifici rispetto alle neoplasie polmonari non dovute ad amianto, per cui, in assenza di fibrosi polmonare e di esposizione consistente, risultava problematico stabilire un nesso causale tra attività lavorativa e tumore. Infatti in Germania ed in Inghilterra il cancro polmonare veniva indennizzato come malattia da amianto soltanto quando si associava ad asbestosi. Nel 1991 venne pubblicato un articolo, ‘Translocation of Inhaled Asbestos Fibers from the Lung to Other Tissues’575, redatto da Y.Suzuki e N.Kohyama, sulla migrazione delle fibre di amianto inalate dal polmone agli altri tessuti, nel quale si constatava una maggiore capacità di migrazione del crisotilo rispetto all’amosite. Sempre in quell’anno l’Accademia delle Scienze di New York pubblicava l’annale ‘The third wave of asbestos disease: exposure to asbestos in place’576 sulla ‘terza ondata’ dei disturbi da 570 R. Reger, W.K.C. Morgan, ON TALC. TREMOLITE AND TERGIVERSATION, Br. J. Of Ind. Med. 47 : 505 – 507, 1990. D.Liddell, K.Miller, MINERAL FIBERS AND HEALTH, CRC Press, Boca Raton 1991. 572 R.Calisti, A Sgarzi, ASBESTOSI IN UN AUTOTRASPORTATORE: CASO CLINICO E ANALISI DELL’ESPOSIZIONE, Med.Lav.82:30-37, 1991. 573 Direttiva 91/659/CEE , G.U. CEE 31/12/91. 574 P.H.Enterline, CHANGING ATTITUDES AND OPINIONS REGARDING ASBESTOS AND CANCER 1934-1965, Am.J.Ind.Med. 20:685-700, 1991. 575 Y.Suzuki, N.Kohyama, TRANSLOCATION OF INHALED ASBESTOS FIBERS FROM THE LUNG TO OTHER TISSUES, Am.J.Ind.Med. 19:701-704, 1991. 576 P.J. Landrigan, H. Kazemi, THE THIRD WAVE OF ASBESTOS DISEASE: EXPOSURE TO ASBESTOS IN PLACE, Annals of New York Academy of Sciences, vol.643, 1991 571 148 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO amianto, in cui P.J. Landrigan e H. Kazemi posero in evidenza l’insorgenza di mesoteliomi tra gli insegnanti di alcune scuole americane, inquinate da amianto; inoltre in una rivista oncologica italiana, venne pubblicato l’articolo ‘Mesotelioma pleurico in barbiere, da esposizione indiretta ad asbesto’577, di C. Maltoni, C. Pinto, G. Gardini, A Belli e C. Tabanelli, su un caso di mesotelioma pleurico in un barbiere, per esposizione indiretta ad asbesto, le cui fibre erano presenti sui capelli polverosi degli operai impiegati in una vicina azienda di cemento – amianto in Emilia. Ancora nel 1991 autori australiani, A. J. Rogers, J. Leigh & al., in ‘Relationship between lung asbestos fiber type and concentration and relative risk of mesothelioma – a case control study’578, evidenziarono una relazione lineare tra concentrazione di fibre di asbesto nei polmoni e rischio di mesotelioma. Nel 1992 venne segnalato da Chiappino e Pierucci, con l’articolo ‘Le pleuropatie benigne da amianto: significato clinico prognostico ed aspetti medico-legali’579, l’incremento delle pleuropatie benigne in assenza di asbestosi, in esposti ad amianto; tali lesioni non devono essere valutate solo come indicatori di pregressa esposizione, ma come vere manifestazioni morbose. Con il D.Lgs.n.77 del 25/1/1992 l’Italia ha attuato la Direttiva CEE 88/364580, nella quale veniva tutelata la salute dei lavoratori contro i rischi di esposizione relativi a 4 agenti chimici cancerogeni: 2-naftilamina, 4-aminodifenile, benzidina e 4-nitrodifenile; le visite mediche relative a queste esposizioni debbono essere svolte anch’esse da medici competenti. La Legge n.257 del 27/3/1992581 contiene le norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. Con questo provvedimento si impediva l’estrazione, l’importazione, e la lavorazione dell’amianto in tutti i settori produttivi. Nel 1992 G. Marando, nella voce ‘La sicurezza del lavoro nel sistema della giurisprudenza, in Teoria e pratica del Diritto n.59’582, si cimentava in un’esegesi dell’art.2087 del c.c., introdotto nel 1942 al fine di garantire “una nuova e più efficiente tutela della personalità del lavoratore, nella sua interezza, obbligando l’imprenditore all’adozione di tutte le misure di salvaguardia suggerite dalla particolarità del lavoro, esperienza e tecnica”. Nello stesso anno D. Politanò redigeva la voce ‘igiene e sicurezza del lavoro (tutela penale)’ sul ‘Digesto delle Discipline Penalistiche’583, con un esame attento dell’intera materia. Nel 1992-93 ci furono diverse segnalazioni584 sulla insufficiente tutela per la salute dei lavoratori, in ragione dei valori-limite ambientali, per le fibre di amianto, che apparivano troppo elevati, sino al 1970, nonostante che le conoscenze scientifiche indicassero già allora la necessità di ridurre ulteriormente l’esposizione. 577 C. Maltoni, C. Pinto, G. Gardini, A Belli, C. Tabanelli, MESOTELIOMA PLEURICO IN BARBIERE, da esposizione indiretta ad asbesto, Acta Oncologica, 12 (5): 465 – 471, 1991. 578 A. J. Rogers, J. Leigh & al., RELATIONSHIP BETWEEN LUNG ASBESTOS FIBER TYPE AND CONCENTRATION AND RELATIVE RISK OF MESOTHELIOMA – A CASE CONTROL STUDY , Cancer 67 : 1912 – 1920, april 1991. 579 G.Chiappino, G.Pierucci, LE PLEUROPATIE BENIGNE DA AMIANTO: SIGNIFICATO CLINICO PROGNOSTICO ED ASPETTI MEDICO- LEGALI, Med.Lav. 83:244-248, 1992. 580 D.Leg. 25/1/92 n.77, Attuazione della Direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, s.o. G.U.n.36 del 13/2/92. 581 Legge n.257 del 27/3/1992, Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, s.o. G.U. n.87 del 13/4/1992. 582 G.Marando, LA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SISTEMA DELLA GIURISPRUDENZA, in Teoria e pratica del Diritto n.59, Giuffrè Ed., Milano 1992. 583 D.Politanò, VOCE “IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO (TUTELA PENALE)”- Digesto VI, UTET, Torino 1992. 584 W.A.Cook, TLVS FOR ASBESTOS, Am.J.of Ind.Med., 21:765-766, 1992 - G.V.Coles, TLVS FOR ASBESTOS, Am.J.of Ind.Med., 23:955-957, 1993 - M.Corn, TLVS FOR ASBESTOS, id., 959 - T.F.Mancuso, TLVS FOR ASBESTOS, id., 961-965 - G.H.Schepers, TLVS FOR ASBESTOS, id., 967-969. CAPITOLO VII | 149 Il Decreto Legge n.169 del 5/6/1993, convertito nella Legge n.271 il 4/7/1993, conteneva disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto, anche in riferimento alle norme della Costituzione Italiana585, negli art.1 (‘l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro...’) 32 (‘la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti...’) - 35 (‘la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e le sue dimensioni...’) e 41(‘l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana...’), ribadisce l’obbligo del rispetto delle norme igieniche, volte a tutelare tutti i cittadini, compresi gli ipersensibili. Nel 1993 veniva riportato un caso di mesotelioma pleurico osservato in un idraulico, ‘Descrizione di un caso di mesotelioma pleurico osservato in un idraulico; casistiche degli anni precedenti in Toscana: prospettive di interventi di prevenzione’586, per inalazione di fibre di amianto dalle guarnizioni dei tubi e dai manufatti in cemento – amianto. Sempre nel 1993 veniva segnalato un caso di mesotelioma pleurico da asbesto in un marinaio di leva della Marina Militare587, addetto – macchine, esposto all’amianto contenuto nel materiale coibentante. Nel 1993 fu pubblicato uno studio che evidenziava la presenza di amianto nelle navi traghetto 588 F.S. . Il lavoro, oltre a precisare i compiti del Registro Navale Italiano, della Capitaneria di Porto e dell’Ufficio di Sanità Marittima, illustrava la normativa di legge vigente, in materia di sicurezza, nel settore della navigazione, definendo anche cosa si intendeva per personale navigante. Venivano poi elencati gli studi che hanno evidenziato il maggior rischio di contrarre tumori polmonari e mesoteliomi per questo tipo di lavoratori, e in particolare nel personale di macchina. Due delle navi traghetto considerate montavano motori marini FIAT. Dalle determinazioni ambientali svolte nelle varie parti delle navi è stata sempre rilevata la presenza di anfiboli, in concentrazione variabile a seconda dello stato di manutenzione, della condizione di esercizio e dei locali considerati. Nel 1994 fu pubblicata la III edizione del testo di Parkes, ‘Occupational lung disorders’589, sulle tecnopatie polmonari, nella quale risulta puntualizzata l’importanza delle prime fibre inalate nella genesi dei mesoteliomi, e il fatto che in un soggetto suscettibile l’innesco può avvenire nelle prima fasi espositive. Sempre nel 1994 a Carpi590, in occasione dei ‘Ramazzini days’, vennero trattati diversi problemi collegati con l’esposizione ad amianto nel mondo, ripresi e pubblicati nell’anno successivo sulla rivista ‘La Medicina del Lavoro’. In ordine al mesotelioma, vennero presentate le seguenti pubblicazioni: ‘Il mesotelioma come indicatore di rischio da esposizione ad asbesto: ruolo del patologo’ (Zampi, Comin, Dini); ‘Mesoteliomi da esposizione all’ amianto usato nelle ferrovie: 130 casi italiani’ (Maltoni, Pinto, Carnuccio, Valenti, Lodi, Amaducci); ‘Mesoteliomi da esposizione ad amianto usato negli 585 V.Falzone, F.Palermo, F.Cosentino, LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, ILLUSTRATA CON I LAVORI Mondadori ed., Milano 1976. 586 P. Catalano, D. Dodoli, F. De Virgilio, M. Guerri, L. Borghini, DESCRIZIONE DI UN CASO DI MESOTELIOMA PLEURICO OSSERVATO IN UN IDRAULICO; CASISTICHE DEGLI ANNI PRECEDENTI IN TOSCANA: PROSPETTIVE DI INTERVENTI DI PREVENZIONE, XII Giornate Internazionali di Medicina del Lavoro, Taormina 1993. 587 C. Maltoni, C. Pinto, D. Valenti, P. Lodi, G. Cattini, R. Lodi, MESOTELIOMA PLEURICO DA ASBESTO IN MARINAIO DELLA MARINA MILITARE, Acta Oncologica, 14 (2) : 199 – 206, 1993. 588 E.Turi, F.Tidei, L.Paoletti, ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO A BORDO DELLE NAVI: UNO STUDIO SULLA SITUAZIONE AMBIENTALE IN DUE CLASSI DI NAVI TRAGHETTO, Med.Lav. 83 (3):201-210, 1993. 589 W.R.Parkes, OCCUPATIONAL LUNG DISORDERS, Butterwoorth & Heinemann Ed., London 1994. 590 Annual Ramazzini days, 1994. I.J. Selikoff Scientific Conference, Updating the epidemiology of asbestos disease. Med. Lav. 86 (5) : 389 – 489, 1995. PREPARATORI, 150 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO zuccherifici’ (Maltoni, Pinto, Valenti, Carniccio, Amaducci, Minardi); ‘Rischi professionali sconosciuti di mesoteliomi da amianto’ (Pinto, Soffritti, Maltoni). Sempre nel 1994 uscirono ancora tre importanti articoli: uno sulla possibile genesi di mesoteliomi in seguito ad esposizione a tremolite, molto diffusa nelle rocce, anche se non utilizzata commercialmente (‘Asbestos – related disease associated with exposure to asbestiform tremolite’ di S.H. Shrebo, V.L. Roggli591), un altro sull’inquinamento da tremolite e insorgenza di placche pleuriche in Afghanistan (‘Environmental airborn tremolite asbestos pollution and pleural plaques in Afghanistan’ di C. Voisin, I. Marin, P. Brochard, J.-C. Pairon 592), il terzo sulla presenza del virus SV40 nei mesoteliomi (‘Il virus delle scimmie complice dell’asbesto’ di F. Terragni593), con possibile effetto innescante della neoplasia (questo virus è stato riscontrato in oltre 200 milioni di dosi di vaccino antipolio salk, proveniente da cellule di scimmie infette, N.d.R.) Nel 1994 le Ferrovie dello Stato costituirono un gruppo di studio (Direzione Generale F.S.Servizio Sanitario, circ. 24259, ‘Amianto a bordo delle navi traghetto’594), per valutare il problema conseguente alla presenza di amianto a bordo delle navi traghetto. Nello stesso anno, l’INAIL di La Spezia 595 ha svolto un interessante studio sulle patologie da asbesto rilevate nel personale del settore lavorativo della cantieristica navale. Il 17 marzo1995 venne emanato il D.Lgs. n. 230, relativo all’attuazione delle direttive Euratom596, che, nella II sezione (protezione dei pazienti), contiene i criteri e le modalità di impiego delle radiazioni ionizzanti in campo medico (ex art.111). Il decreto impose lo svolgimento di esami radiologici solo se strettamente necessari, ed istituisce il libretto radiologico personale, ex art.114. Anche in campo medico-legale è quindi necessario limitare l’impiego degli esami radiologici. Nel 1996 venne nuovamente evidenziata l’inadeguatezza dei precedenti TLV per l’amianto (‘The asbestos TLV: early evidence of inadequacy’597), riprendendo la vicenda di Lanza del 1935. Nello stesso anno un testo giuridico ribadiva il ruolo fondamentale dell’art.2087 c.c. ai fini della tutela della salute nei luoghi di lavoro (‘La tutela della salute nei luoghi di lavoro’598). Vennero infine inserite due ricerche sulle norme preventive in tema di esposizione ad amianto, di cui una svolta su una banca dati CEE e l’altra su Internet (Amianto-CEE, elenco provvedimenti legislativi - Prevenzione rischio amianto-Internet - elenco provvedimenti599). Nel 1995 venne pubblicato un interessante lavoro (‘Pleural malignant mesothelioma and nonoccupational exposure to exposure to asbestos in Casale Monferrato, Italy’600) che evidenziava l’incremento di mesoteliomi pleurici tra gli abitanti di Casale Monferrato, esposti ad amianto nell’ambiente di vita per la vicinanza di una nota fabbrica di manufatti cementoamianto. 591 S.H. Shrebo, V.L. Roggli, ASBESTOS – RELATED DISEASE ASSOCIATED WITH EXPOSURE TO ASBESTIFORM TREMOLITE, Am. J. Ind. Med., 26: 809 – 819, 1994. 592 C. Voisin, I. Marin, P. Brochard, J.-C. Pairon, ENVIRONMENTAL AIRBORN TREMOLITE ASBESTOS POLLUTION AND PLEURAL PLAQUES IN AFGHANISTAN, Chest. 106 (3) : 974 – 976, 1994. 593 F. Terragni, IL VIRUS DELLE SCIMMIE COMPLICE DELL’ASBESTO, Tempo Medico, 36 (21), 1994. 594 Direzione Generale F.S.-Servizio Sanitario, circ.24259, AMIANTO A BORDO DELLE NAVI TRAGHETTO, 4/7/94. 595 M.Martini, PATOLOGIA DA ASBESTO- ESPERIENZA NELLA SEDE INAIL DI LA SPEZIA, Riv. Inf. Mal. Prof., 1-2:55-66, 1994. 596 D.Leg. n.23° del 17/3/1995, Attuazione delle direttive Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, S.o. n.74 G.U.n.136 del 13/6/1995. 597 D.Egilman, A.Reinert, THE ASBESTOS TLV: EARLY EVIDENCE OF INADEQUACY, Am.J.of Ind.Med., 30:369-370, 1996. 598 G.Loy & al., LA TUTELA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO, CEDAM, 1996. 599 Amianto-CEE, elenco provvedimenti legislativi - Prevenzione rischio amianto-Internet - elenco provvedimenti. 600 C. Magnani, B. Terracini & al., PLEURAL MALIGNANT MESOTHELIOMA AND NON-OCCUPATIONAL EXPOSURE TO EXPOSURE TO ASBESTOS IN C ASALE MONFERRATO, ITALY, Occup. Eniron. Med. 1995; 52 : 362 – 367. CAPITOLO VII | 151 La circolare INAIL del 23/11/95601 in materia di benefici contributivi per i lavoratori esposti ad amianto, riteneva che la disposizione normativa contemplasse solo gli assicurati INAIL alla voce ‘amianto’, e ad una concentrazione ambientale media annuale di 0,1 ff/cc3 di amianto, ex art.24 comma 3 D.Lgs. 277/1991, che recepisce la Direttiva CEE 477/83. Nel 1996, sul ‘Dizionario di storia della salute’602 edito da Einaudi, veniva riportata un’aggiornatissima trattazione della voce ‘cancro’ a cura di M.Gianni, con il richiamo alle prime fonti contenute sul papiro di Ebees (1550 a.C.), ai reperti di tumore del seno, dello stomaco e dell’utero riportati da Ippocrate (460-377 a.C.), alle prime classificazioni (Galeno,129-201 d.C.), all’identificazione del tessuto tumorale (Bichat 1771-1802), all’isolamento delle cellule neoplastiche effettuata da (Müller, 1801-1858), alla scoperta della derivazione del cancro da mutazioni di cellule sane (Virchow, 1821-1902), alla possibilità di trapiantare le cellule neoplastiche (Loeb, 1859- 1959 e Jansen, 1864-1934), alla evidenza epidemiologica della fuliggine come agente eziologico del tumore dello scroto degli spazzacamini (Pott, 1713-1788). In ordine alla terapia, si rammentava che Ippocrate riteneva utile non asportare i tumori, mentre Leonida di Alessandria (I sec. d.C.) era un fautore dell’exeresi chirurgica, ed il contemporaneo Galeno dell’incisione con drenaggio; la radioterapia è stata introdotta dai Curie nel 1894, mentre la chemioterapia è iniziata nel 1942. Venne poi richiamato il National Cancer Act, firmato da Nixon nel 1971, che si riproponeva di eradicare il cancro per la fine del secolo. Nel 1996 fu presentata in un convegno nazionale l’interessante casistica dei mesoteliomi in Puglia, con evidenza di numerosi casi tra le casalinghe (‘Casistica dei mesoteliomi in Puglia, da “L’amianto: dall’ambiente di lavoro all’ambiente di vita. Nuovi indicatori per futuri effetti”’603). Nello stesso anno, l’Istituto Superiore di Sanità pubblicava una casistica di mortalità604 per tumori maligni della pleura in Italia, negli anni 1988 – 1992; segnalando come il rischio maggiore fosse quello relativo ai cantieri navali, industria del cemento-amianto, realtà industriali complesse come quelle presenti a Torino e Milano, con le rispettive cinture industriali. Nel 1998, su una nota rivista italiana, il responsabile dell’Unità di Environmental Cancer Epidemiology dello IARC di Lione pubblicava ‘Health effects of asbestos exposure in humans: a quantitative assessment’605, come riepilogo delle patologie da esposizione ad asbesto nell’uomo, sottolineando che l’amianto fosse in grado di determinare l’insorgenza di quattro patologie: l’asbestosi per esposizioni a dosi elevate – le placche pleuriche, che dipendono dal tempo trascorso dalla prima esposizione ed insorgono dopo inalazione di qualsiasi tipo di fibra di amianto - il tumore polmonare, dipendente in modo lineare dall’esposizione cumulativa ad amianto, con aumento di rischio dell’1% per ogni fibra/ml/anno di esposizione, e che è provocato da tutti i tipi di amianto, con interazione sinergica con il fumo di tabacco; il mesotelioma pleurico, tumore maligno specificamente associato con esposizione ad amianto, è in rapporto al tipo di fibra (gli anfiboli sono tre volte più pericolosi del crisotilo) ed il rischio dipende dalla terza potenza del tempo trascorso dall’inizio dell’esposizione, con latenza di dieci anni. 601 Circolare INAIL 23/11/1995, Art.13, comma 8, della L.n.257/92 modificato dalla L.n.271/93. Benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto. 602 DIZIONARIO DI STORIA DELLA SALUTE, VOCE “CANCRO”, Einaudi Ed., Torino 1996. 603 M. Musti, D. Cavone, L. Palamà, CASISTICA DEI MESOTELIOMI IN PUGLIA, DA “L’AMIANTO: DALL’AMBIENTE DI LAVORO ALL’ AMBIENTE DI VITA. NUOVI INDICATORI PER FUTURI EFFETTI”, Torino 23 – 25/11/1996 (S.I.V.R. – Pavia) 604 M. Di Paola, M. Mastrantonio, M. Carboni, S. Belli, M. Grignoli, P. Comba, M. Nesti, LA MORTALITÀ PER TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA NEGLI ANNI 1988- 1992, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1996. 605 P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998: 89, 6 : 471 – 480. Capitolo VIII I diritti della persona SOMMARIO: 8.1. Il diritto. 8.2 La dimensione etica del diritto. 8.3 Salute e diritto. 8.4 La dignità come valore della persona umana. 8.5 La dignità nella Costituzione italiana. 8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona. 8.7 La nozione giuridica di salute. 8.8 Il ‘diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della salute’ e della ‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la tutela di ogni altro diritto. 8.9 La salute quale ambito inviolabile della dignità umana. 8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti della persona umana. 8.1. Il diritto. La vicenda dell’amianto e le conseguenze sull’ambiente e sulla salute impone di chiederci: ‘che cos’è il diritto?’. Le norme che regolano la civile convivenza di una nazione (cittadini ed istituzione tra di loro e nel rapporto tra gli uni e gli altri) e ne incarnano (e ne esprimono) i valori fondamentali, in itinere, non sono tali in virtù della forza precettiva e vincolante, bensì soltanto se sono espressione di un comune sentire che non li rende dei cristalli immobili e fragili, formule vuote ed astratte, lontane dall’uomo e dalla società, bensì motori di un progresso rispettoso dei diritti fondamentali della persona nel divenire della storia, che si nutre dell’esperienza e sintetizza ogni singola vicenda umana, e che non può essere un’equazione del profitto. La sicurezza e la tutela della salute sui luoghi di lavoro non può essere perseguita con la sola assicurazione INAIL, che costituisce una transazione anticipata, in caso di infortunio o malattia professionale, quanto piuttosto con una diversa cultura che deve radicarsi sul principio di precauzione, basarsi sulla interdizione anticipata di condotte rischiose e pericolose, con la rimozione di ogni agente nocivo, poiché diversamente la loro lesione è irreversibile, e il risarcimento non può restituire il benessere psicofisico ormai compromesso606. Gli stessi momenti di repressione dei comportamenti individuali, e di interdizione di condotte illecite e scorrette e di scelte politico-amministrative non coerenti, devono essere letti, interpretati e sentiti come teleologicamente ispirati a perseguire un progresso individuale e collettivo che sia coerente con i valori della persona e della società, che non possono prescindere dalla tutela dell’ambiente e della salute e di ogni altro diritto fondamentale della persona, poiché il diritto non è sovrastruttura (Marx) nè limite della libertà (Kant)607, quanto piuttosto uno strumento al servizio dell’uomo, identificato come genere umano (oltre che con le future generazioni), senza poter prescindere dagli altri esseri viventi e dal rapporto con il pianeta, in un unico momento, anche logico, perché unico è il motore che alimenta la vita universale, il rapporto dell’uomo con 606 “Ogni cultura e arte, ornamento dell’umanità, e il miglior ordinamento sociale, sono frutti dell’insocievolezza, la quale ci costringe da sé a disciplinarsi e a svolgere quindi compiutamente con arte forzata i germi della natura” (Immanuel Kant, IDEA PER UNA STORIA UNIVERSALE DAL PUNTO DI VISTA COSMOPOLITICO, 1784). 607 Nella concezione del filosofo tedesco Kant, il diritto è uno strumento di limitazione della libertà; qui il senso viene rovesciato, in quanto costituisce lo strumento dialetticamente positivo, ed autenticamente condiviso, filtrato dalle Istituzioni nazionali e sovranazionali, che operano con metodo democratico, e che serve all’uomo ed è da lui utilizzato, come sistema di norme per salvaguardare e al tempo stesso edificare, in concorso con le regole sociali, economiche e con l’acquisizione del patrimonio morale e culturale della nazione e della società in cui vive, la sua esistenza, individuale e collettiva, interiore e sociale (e naturale) e parametro delle scelte politiche e legislative e giudiziarie. 154 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO l’ambiente e dell’ambiente con l’uomo, proiettato nel futuro, nel perenne corso della storia. Se per il filosofo Kant, dunque, le norme di diritto limitano la ‘libertà di ciascuno alla condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro’, in una concezione moderna, si dovrebbe affermare che la ratio riposa nella ‘limitazione della libertà di ciascuno dal diritto di inquinare, consumare e mettere in pericolo l’habitat e l’ecosistema, che è necessaria per se stessi, cioè per il singolo individuo (ma anche per l’intera collettività, e per tutti gli altri esseri viventi), alla condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro uomo (e con precisi limiti ed obblighi anche nei confronti delle pubbliche autorità), e che ne rispetti anche tutti gli altri diritti che ne discendono, tra i quali quello di poter continuare a vivere in un ambiente salubre e goderne degli elementi e dei componenti, e dei frutti meravigliosi, tra i quali la visione di ruscelli e di valli incontaminate, di un mare ancora azzurro e di un sole che illumini anche l’animo umano’. Solo così gli Stati ‘si costringono reciprocamente a cercare l’uno e l’altro sopra di sé, e perciò crescono belli dritti, mentre gli altri, che, in libertà e isolati tra di loro, mettono rami a piacere, crescono storpi, storti e tortuosi’ (Kant)608. Abbiamo richiamato il lento evolversi della legislazione spesso non al passo con le acquisizioni della scienza e della tecnica, in materia di tutela della salute pubblica e della incolumità psicofisica negli ambienti di lavoro, ed emerge l’evidenza della codificazione delle regole di prevenzione tecnica e primaria già dettate in epoca risalente, come principio generale e norma di chiusura, soltanto con l’art. 2087 c.c., entrato in vigore nel 1942, e in materia di amianto, nonostante ci fosse piena consapevolezza scientifica fin dai primi anni del secolo scorso circa il danno che le fibre erano capaci di determinare all’organismo umano, tanto che l’asbestosi fu ritenuta malattia professionale indennizzabile già con la legge 455 del 1943, paradossalmente è proprio dagli anni ’50 che in Italia c’è stato un progressivo incremento del consumo di amianto, che ha raggiunto la punta massima nei decenni che vanno dagli anni ’60 alla fine degli anni ’80, fino al mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE, e la conseguente condanna della Repubblica Italiana da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13.12.1990, cui seguì il tardivo recepimento delle norme poste a tutela dei lavoratori esposti all’amianto con il D.L.vo 277/91, che imponeva limiti di soglia, e ulteriori obblighi a carico del datore di lavoro, e soltanto con la legge 257 del 1992609 (a circa 40 anni dalla legge 455 del 1943) è stata vietata l’estrazione, la commercializzazione e la lavorazione e la produzione di materiali in amianto, quando invece l’art. 32 della Costituzione, entrato in vigore il 1° gennaio 1948, tutela la salute come diritto del singolo e interesse della collettività. 8.2 La dimensione etica del diritto. Il diritto non può prescindere dalla concreta ed efficace applicazione delle sue norme, rispetto al fine, conforme ai principi fondamentali, che ritiene di perseguire (e nella specie la tutela della salute e dell’integrità psicofisica di tutti gli individui, che non può essere scissa dalla integrità dell’ecosistema e dell’ambiente), e che si deve nutrire prima di tutto della cultura della legalità, sulla quale fare attecchire e proliferare quei principi, quali quello di sviluppo sostenibile, precauzione, ispirati a regole di prevenzione primaria, sui quali impiantare il complesso di norme cogenti e vincolanti, precise e penetranti, che debbono essere sentite come regole di condotta, e solo 608 Si ribalta la tradizionale teoria di categoria, che diviene strumento dell’uomo nel suo divenire anche sociale. Legge 27 marzo 1992 n. 257. Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto. Pubblicato sul supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" n. 87 del 13 aprile 1992 - Serie generale, con la quale non si impone la bonifica dei siti contaminati, quanto piuttosto il divieto di estrazione, produzione e commercializzazione di prodotti in amianto, con assoluto ritardo rispetto all’emergere delle patologie asbesto correlate risalenti di circa un secolo. 609 CAPITOLO VIII | 155 in via residuale imposte con il momento giurisdizionale e repressivo, e che presuppone di doverlo considera un mezzo e non il fine, per perseguire il progresso e non raggiungere il profitto, individuale, attraverso regole e comportamenti poco chiari e per nulla conformi, e collettivo, con regole di bilancio che spesso trasformano l’individuo in vassallo, in una logica di progresso condiviso capace anche di tutelare i diritti fondamentali della persona umana. Nel nostro Paese, lobbies capace di influenzare la politica e di imporsi sul sindacato, impegnato principalmente a salvaguardare i livelli occupazionali e salariali, hanno determinato la monetizzazione del rischio, e la transazione anticipata attraverso l’assicurazione sociale con il pagamento del premio, capace di deresponsabilizzare la classe imprenditoriale non solo rispetto a danni subiti dai lavoratori in seguito a infortuni e malattie professionali (art. 10 del D.P.R. 1124/65), ma soprattutto dall’applicazione delle norme giuridiche esistenti, e nel perseguirne l’approvazione di altre rese necessarie dalla formulazione dei precetti costituzionali (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 36, 37, 38 e 41 II comma, della Costituzione), tra i quali la tutela della dignità e integrità psicofisica della persona, per altro già codificati e imposti con l’art. 2087 del codice civile, norma di chiusura dell’ordinamento, in grado di perseguirne la tutela, anche attraverso regole non scritte, bensì imposte dalle acquisizioni tecnico-scientifiche e dall’esperienza. Non si intende certo sostenere una dimensione solo etica e teleologica dell’ordinamento, e tuttavia non si può prescindere dalla necessità di tutelare l’integrità psicofisica e la dignità della persona umana, rispetto alle malattie professionali, come quelle asbesto correlate, come pure nei confronti di qualsiasi altra patologia, o infortunio sul lavoro, dal senso profondo dell’uomo, che sta alla base delle norme fondamentali del nostro ordinamento, di quel nucleo inalienabile dei diritti della persona dal quale si dipanano come da un groviglio tutti gli altri diritti e coinvolge la generalità dei consociati, sui quali si proietta e si riflette, ogni persona, oltre ogni confine territoriale, distinzione di razza, differenze di qualità personali e sociali (artt. 2 e 3 della Costituzione)610. C’è forse una religiosità naturale in questa concezione, una religiosità che vede nell’uomo, nella sua integrità psichica e fisica, morale e personale, un momento indefettibile e il punto più alto del fine del diritto, e dell’agire umano, e che fonda l’eticità del diritto, e dà ragione della sua precettività, e sul quale si innestano i diritti fondamentali, largamente condivisi e patrimonio comune di tutte le culture e di tutte le civiltà, nella storia come nell’attualità, che non possono far condividere e devono portare al superamento di quella concezione assolutizzante dell’economia e del profitto, quale fine e quale parametro di valutazione dell’umano agire611, anticipata dal costituente dalla norma italiana con l’art. 41 della Costituzione, e che riteniamo sia comune a tutte le confessioni, in quanto riconducono al Divino Creatore ad un unico comune denominatore, che poi è sintetizzato nell’uomo (non a caso il Dio della religione cristiana si è fatto carne ed è sceso sulla terra attraverso il Figlio, e con Esso si è fatto Uomo e come tale è ritornato a Lui612). 610 In modo più esteso Bonanni - Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, MCS AMIANTO E GIUSTIZIA, Minerva Medica, gennaio 2011, Torino, pag. 121 e seguenti. 611 Si inverte, nella gerarchia dei valori, l’importanza della vita umana rispetto al profitto, le cui leggi debbono sottostare al principio fondamentale e alla regola sovrana della tutela, della salute e dell’ambiente. 612 Lettera Apostolica Millennio Adveniente Tertio, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II all’Episcopato, al Clero e ai Fedeli circa la preparazione del Giubileo dell’anno 2000: “3. Giovanni, nel Prologo del suo Vangelo, riassume in una sola frase tutta la profondità del mistero dell'Incarnazione. Egli scrive: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (1, 14). Per Giovanni, nel concepimento e nella nascita di Gesù si attua l'Incarnazione del Verbo eterno, consustanziale al Padre. L'Evangelista si riferisce al Verbo che in principio era presso Dio, per mezzo del quale è stato fatto tutto ciò che esiste; il Verbo nel quale era la vita, vita che era la luce degli uomini (cf. 1, 1-5). Del Figlio unigenito, Dio da Dio, l'apostolo Paolo scrive che fu «generato prima di ogni creatura» (Col 1, 15). Dio crea il mondo per mezzo del Verbo. Il Verbo è 156 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Oltre al triste primato che il nostro Paese detiene a causa dell’enorme numero di infortuni e di malattie professionali, si assiste alla negazione dei diritti fondamentali ai quali gli Stati dichiarano di volersi ispirare, alla lesione dell’ecosistema e a scelte globali non condivisibili che mettono a rischio l’intero pianeta, e la stessa sopravvivenza dell’uomo, in quanto tale, tanto da rendere necessario un impegno comune, personale e culturale, per riappropriarci del senso vero e profondo dell’uomo e della sua individualità, e dei diritti fondamentali che discendono dalla persona, e che riguardano tutti gli essere umani, e tutti gli esseri viventi. Una moderna religiosità della natura come comune sentimento di rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, che deve indurre ed anzi costringere ad una regolamentazione giuridica non più sulla trincea della tutela della proprietà privata e del rapporto economico, bensì sul terreno promozionale del catalogo dei diritti della persona umana (conforme Cass. Civ. Sez. III^, 02.02.2010 n. 2352613) e con essi tra i diritti di libertà, anche quello all’integrità psicofisica, dell’ambiente in tutte le sue componenti, nel quale il cittadino, anche quello sano, ha diritto alla prevenzione primaria, e, se è malato, ha diritto alla diagnosi precoce, alle cure ed alle riabilitazioni, e, quando il suo destino è ineludibile, ha diritto ad essere accompagnato ad una morte dignitosa, che possa rispecchiare la dignità dell’essere umano. 8.3 Salute e diritto. Il nostro Paese detiene il triste primato del numero degli infortuni e delle malattie professionali e non solo per quanto riguarda le patologie asbesto correlate ed è secondo soltanto all’India, alla Cina, e ad altri Paesi che non si fanno scrupolo di calpestare i diritti fondamentali della persona614. Per molto, troppo tempo, purtroppo, le norme giuridiche non hanno trovato concreta ed efficace applicazione615, e come abbiamo visto, il prezzo umano, sociale e morale, oltre che l'eterna Sapienza, il Pensiero e l'Immagine sostanziale di Dio, «irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1, 3). Egli, generato eternamente ed eternamente amato dal Padre, come Dio da Dio e Luce da Luce, è il principio e l'archetipo di tutte le cose da Dio create nel tempo. 4.[…] Cristo, Figlio consustanziale al Padre, è dunque Colui che rivela il disegno di Dio nei riguardi di tutta la creazione e, in particolare, nei riguardi dell'uomo. Come afferma in modo suggestivo il Concilio Vaticano II, Egli «svela ... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Gli mostra questa vocazione rivelando il mistero del Padre e del suo amore. «Immagine del Dio invisibile», Cristo è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio deformata dal peccato. Nella sua natura umana, immune da ogni peccato ed assunta nella Persona divina del Verbo, la natura comune ad ogni essere umano viene elevata ad altissima dignità: «Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato». L’utilizzo dell’amianto, dunque, contraddice tutti questi principi, e nega la stessa essenza dell’uomo, come immagine di Dio, tanto che il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, è autorevolmente intervenuto sul tema durante l’udienza generale del 27.04.2011, esortando l’AVANI (Associazione Vittime Amianto Nazionale Italiana) e l’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) “a proseguire la loro importante attività a difesa dell’ambiente e della salute pubblica”. 613 La Corte di Cassazione afferma la sua funzione di filonomachia che si estende ed “include anche il processo interpretativo di conformazione dei diritti nazionali e costituzionali” (Cass. Civ. Sez. III^, 02.02.2010 n. 2352) nel ruolo promozionale del catalogo completo dei diritti della persona umana come sanciti dalla Carta di Nizza recepita nel Trattato (Pubblicata nel “Il lavoro nella giurisprudenza” 6/2010, IPSOA, pag. 582). 614 Recentemente il dilemma salute/occupazione, quale interesse protetto, è emerso in tutta la sua drammaticità nella vicenda dell’ILVA di Taranto che continua ad inquinare con molti agenti patogeni oltre che con l’amianto, e quindi a deturpare l’ambiente e a pregiudicare la salute umana; una vicenda in cui le scelte della Magistratura, ispirate dal principio cautelare, non hanno trovato accoglimento unanime, e in cui c’era chi tra le forze politiche e sindacali sosteneva che comunque non si può chiudere l’attività, dovendo essere salvaguardati i posti di lavoro di migliaia di persone e l’avvenire di altrettante famiglie, sorvolando sull’evidenza che non si può morire per lavorare e che l’inquinamento provocato dall’Ilva non danneggia solo i dipendenti dell’Ilva stessa. 615 Purtroppo nel nostro Paese, per lungo, troppo tempo, le norme sono rimaste sulla carta, tanto da far esclamare al Giudice del lavoro del Tribunale di Torino, Dott. Ciocchetti, Sentenza n. 3308/98 del 30 aprile 1998, “le leggi son, ma chi pon mano ad esse? Nullo” (D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PURGATORIO XVI, 97). CAPITOLO VIII | 157 economico, per prestazioni sanitarie, previdenziali etc. (non ultimo quelle di una successiva bonifica) di malattie professionali e infortuni sul lavoro, è stato enorme: la vicenda dell’amianto ne costituisce il caso paradigmatico, dove le opzioni ispirate dalla esigenza di salvaguardare le attività dell’amianto616 (e i loro profitti), oltre al sacrificio delle vite umane, e ai costi umani e sociali, ha determinato gravissimo aggravio per il bilancio pubblico in termini di spesa sanitaria, per prestazioni previdenziali ed assistenziali, costi di bonifica, etc., e successivamente anche per gli stessi imprenditori, con il fallimento delle loro società, e con la pendenza di numerosi procedimenti giudiziari. Si impongono dunque scelte radicali secondo schemi di prevenzione nell’organizzazione del lavoro e della produzione, che presuppongano la rimozione del rischio alla fonte, rispetto alla limitazione del rischio che si fondi sulla sua valutazione, che presuppone invece la presunzione di dominare le forze della natura e tutte le sue variabili e che all’atto pratico si traduce nel triste primato di infortuni e malattie professionali, e quindi lutto e tragedie che sono sotto gli occhi di tutti, e che al costo morale e sociale, aggiungono quelli per spese sanitarie, assistenziali e previdenziali, che si traducono anche nella lesione dell’equilibrio di bilancio (art. 81 della Costituzione) che sta tanto a cuore agli odierni governanti617, oltre che a disporre la effettiva applicazione delle norme ora vigenti, con un sistema repressivo e sanzionatorio, adeguato e coerente, che possa quindi essere altrettanto dissuasivo. Oltre alla coerente interpretazione e applicazione delle norme ora in vigore e con una nuova e più moderna legislazione ancorata ai valori etici, morali, culturali e sociali patrimonio della nostra civiltà, che posti al servizio dell’uomo diventano uno strumento per perseguirne i fini imposti dall’ordinamento e voluti dalla coscienza sociale e frutto di una millenaria elaborazione morale e culturale (quali la tutela della vita umana), oltre al pareggio di bilancio, che non può essere certo perseguito senza abbattere gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, e altre patologie determinate dalla esposizione ambientale agli agenti patogeni, e che determina l’aggravarsi e l’aumento delle spese sanitarie, assistenziali e previdenziali: non c’è dunque dicotomia logica e giuridica nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme costituzionali della tutela della salute e dell’ambiente rispetto a quelle che impongono di perseguire l’equilibrio di bilancio, anzi confluiscono tutte nell’unico fine di tutela della salubrità dell’ambiente, che preserva da ogni rischio di danno indotto da cause violente e da esposizioni morbigene. Occorre definitivamente superare arcaiche concezioni e pedanti impostazioni della scienza giuridica che sull’esempio della compilazione giustinianea è ancorata a sviluppare i suoi sforzi esegetici e dedica le sue energie alla complessa regolamentazione della proprietà privata, del contratto, delle società, dei rapporti economici, della concorrenza e del mercato, in cui lo stesso rapporto di lavoro è inteso come un rapporto solo economico e contrattuale: tutta la vita della persona sembra essere regolata dal contratto, a prescindere dal contenuto, anche non patrimoniale di questi rapporti e della stessa esistenza618. 616 Di seguito riporteremo l’intervento dell’On.le Muzio alla Camera dei Deputati, circa le pressioni delle lobbies dell’amianto e il cedimento politico fino al ritardo nella approvazione della L. 257/92. 617 Fermo restando che la vita umana, anche di un solo essere umano, non ha prezzo, e che quindi, al di là delle scelte di bilancio, si impongono regole stringenti in tutela dell’ambiente e della salute, che si possono raggiungere soltanto con la riduzione del rischio a zero. 618 G. Mottura, articolo L’AMMALATO PER CONTRATTO DI LAVORO (CONSIDERAZIONI INDOTTE DALLO STUDIO DELLE MALATTIE POLMONARI DA POLVERI INDUSTRIALI), in Cultura e realtà, rivista bimestrale n. 1 - 1950, dove l’anatomopatologo supera l’aspetto ideologico della lotta di classe ponendo l’attenzione alla tutela della salute: “L'articolo è molto interessante (...) perché, con realistica crudezza, vengono messe in luce le manchevolezze della nostra legislazione contro la silicosi, la quale si è preoccupata assai più di salvaguardare i datori di lavoro dagli oneri delle cause per responsabilità civile, assicurando obbligatoriamente la silicosi, che la salute degli operai delle industrie 158 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO L’uomo deve essere posto al centro dell’ordinamento giuridico per regolarne i rapporti sociali e tutelarne i diritti fondamentali oltre lo stereotipo del diritto soggettivo e delle sue storiche determinazioni, in una dimensione necessariamente globale e globalizzante, che coinvolga le istituzioni e gli Stati, che porti a tutelare in via generale il diritto alla vita, alla salute, che presuppone l’ambiente salubre ed ogni altro diritto ed interesse collettivo, con obblighi positivi delle pubbliche istituzioni, secondo principi di prevenzione e precauzione (art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea619), perché soltanto così possono essere preservati l’ambiente e l’ecosistema, e con essi ogni altro diritto, e perché oramai non ne è più ammessa una lettura privatistica, fondata sul concetto di obbligazione, legata alla lesione dei beni materiali, rispetto ad altri per i quali non è ammessa la restitutio in integrum, con coinvolgimento anche di interi territori e nazioni, che in alcune circostanze nulla hanno a che vedere con le cause dell’evento, e che le subiscono soltanto, come dimostrano alcune sciagure dovute ad incidenti in centrali atomiche, e a calamità, e ad altre circostanze. La dottrina e la giurisprudenza si sono evolute per porre le norme al passo con i tempi e hanno costruito l’obbligazione contrattuale delle pubbliche amministrazioni, rispetto a beni e ad interessi, che non possono essere lesi e che devono essere tutelati, esaltando il ruolo delle norme di cui all’art. 1173 c.c. in rapporto alle norme della Costituzione italiana620 e dei trattati internazionali. Tuttavia la condanna e il risarcimento economico non costituiscono tutela integrale ed efficace di questi diritti621, soprattutto perché nulla e nessuno potranno restituire all’infortunato e/o al malato il benessere psicofisico ormai venuto meno. Il rapporto di lavoro non può essere identificato con il contratto di lavoro, e la tutela della salute dell’integrità psicofisica debbono andare oltre la concezione soltanto privatistica dell’obbligazione del datore di lavoro, e deve lasciare il campo ai doveri dello Stato e degli altri enti di intervenire positivamente ed efficacemente, anche con l’esercizio delle funzioni, affinché si Silicotigene”. Con queste parole Enrico Vigliani, il più importante medico del lavoro italiano, segnalava su La Medicina del Lavoro (1950, 41, p.317) il saggio non scientifico ma di «evidente polemica politico-sociale» dedicato alla silicosi scritto da Giacomo Mottura. 619 L’art.191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, recepito dal Trattato di Lisbona che ha lasciato pressoché invariato il testo rispetto alla redazione presente nella Costituzione per l'Europa, recita testualmente: 1. La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: — salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, — protezione della salute umana, — utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, — promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione. C 115/132 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 9.5.2008. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l'Unione tiene conto: — dei dati scientifici e tecnici disponibili, — delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione, — dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione, — dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni. 4. Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali. 620 Si pensi alla responsabilità medica del sanitario e della casa di cura, costruita con lo schema della responsabilità contrattuale, rispetto a quella extracontrattuale, che vi concorre in via alternativa. 621 Contenuto che Chiovenda aveva saggiamente riassunto nel motto per il quale il processo deve offrire “tutto quello e proprio quello” che il fruitore della tutela giurisdizionale ha diritto ad avere sul piano sostanziale in Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, ristampa del 1965, pp. 39 e ss. Ne sono un residuo le norme di cui all’art. 1453 c.c. (Risolubilità del contratto per inadempimento), e 2058 c.c. (Risarcimento in forma specifica). CAPITOLO VIII | 159 bandiscano gli agenti patogeni, si impongano regole di prevenzione primaria, e siano interdette le condotte che possano creare rischio da cui ne può discendere la lesione, e solo in via residuale con l’indennizzo e la prestazione previdenziale e la riabilitazione e con la pena a carico dei responsabili e il risarcimento dei danni differenziali622. Si assiste al definitivo superamento di una concezione soltanto normativistica del diritto, propugnata dal pensiero positivistico623, e superata dal corso della storia e dall’incedere degli eventi, perché l’imperatività, specialmente se ferma sulla carta, mostra tutti i suoi segni di intrinseca debolezza, per una concezione che invece deve essere nuova e moderna, di un diritto che non va visto solo sotto l’aspetto classico della soggettività e che quando riguarda anche solo il singolo, è anche collettivo, perché il presupposto per la salute del singolo è valido anche per la salute della collettività (se si lede l’ambiente, si determinano le condizioni di insicurezza per tutti, non solo per il singolo; per tutelare la salute, e realizzare una vera e propria prevenzione primaria, è condizione indispensabile proteggere l’ambiente che da solo il singolo non può proteggere: tutelare l’ambiente significa tutelare la salute di tutti, anche delle future generazioni, la lesione ambientale è la lesione alla salute di tutti anche di coloro che non sono ancora nati, e rispetto ai quali il loro diritto alla salute non esiste se qualcuno prima di loro ha posto in essere le condizioni per le quali nel mondo ci siano agenti patogeni, cancerogeni, mutageni, etc., che sono in grado di lederne l’integrità fin dal concepimento) ed apre la strada a una nuova dimensione, quella collettiva, dei diritti fondamentali e dell’obbligazione dello Stato nei confronti del singolo e di ogni cittadino. Anche nell’ambito del rapporto di lavoro, l’obbligazione di sicurezza, posta a presidio della salute e della integrità psicofisica, deve superare l’aspetto soltanto privatistico, e la pur utile identificazione con gli usi normativi, che ne permettono la diretta cogenza (art. 1339 c.c.), o il principio ermeneutico (art. 1374 c.c.), di integrazione del contratto, per assumere la necessaria dimensione collettiva e pubblica, di obbligazione dello Stato a legiferare, a vigilare e a esercitare la giurisdizione e i pubblici poteri (funzioni), in modo conforme al fine, in una chiara concezione etica dell’attività economica, pubblica e privata (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 41 I e II comma, della Costituzione)624, in piena applicazione del precetto di cui all’art. 2087 del Codice Civile. 622 Conf. Wikipedia voce ‘principio di precauzione’ par. ‘Controversie sul principio di precauzione’ (consultato il giorno 25 agosto 2011): “L'utilità e opportunità dell'utilizzo del principio di precauzione a livello decisionale europeo e internazionale è un punto ampiamente controverso. Secondo i suoi sostenitori, seguire il principio di precauzione è la condotta più ragionevole quando vi siano dei dubbi per la salute e l'ambiente. Ad esempio, se si fosse applicato il principio di precauzione ai primi allarmi (risalenti agli anni sessanta) sulla cancerogenicità dell'amianto, si sarebbe evitato l'eccessivo diffondersi di materiali edili a base di amianto, cosa che ha generato numerosissimi casi di asbestosi e mesotelioma polmonare, oltre a ingenti costi per la successiva bonifica delle aree contaminate. Nonostante le prove sulla sua dannosità, ancora oggi esso viene comunque utilizzato in paesi come la Thailandia, la Cina e la Russia”. 623 Con il termine ‘normativismo’ si fa riferimento a una tendenza a considerare il diritto come norma [vedi Norma giuridica], comune a molte teorie filosofiche e giuridiche contemporanee. Nel senso più ampio del termine, il normativismo parte dalla convinzione che il diritto sia un insieme di prescrizioni. Da questo dato di partenza si diramano poi diversi indirizzi dottrinali. Secondo il formalismo interpretativo i significati normativi si identificano con gli enunciati linguistici che li esprimono, per cui vi sarebbe una reciproca corrispondenza tra enunciato e norma. Secondo una versione del normativismo vicina al realismo giuridico, la portata delle norme può essere suscettibile di diversi significati e di differenti applicazioni, a seconda dei singoli casi in questione. Il pensiero di Hans Kelsen rappresenta una rigorosa esemplificazione del normativismo. Per il giurista austriaco le norme esistono realmente nel mondo del «dover essere», e sono conoscibili attraverso la scienza giuridica, che è «pura», vale a dire aliena da qualsiasi contaminazione di natura morale, sociale, economica. Per Kelsen il fondamento delle norme giuridiche si ritrova in norme superiori via via sempre più astratte, finché, proseguendo nel processo di astrazione, si giunge ad una norma ultima, superiore anche alla Costituzione, priva di contenuto materiale e che lo studioso chiama «norma fondamentale» (Grundnorm). vedi H.Kelsen, TEORIA GENERALE DELLE NORME, Einaudi, 1997. 624 Significativo il decreto di citazione del responsabile civile ex art. 83 c.p.p. del Tribunale di Paola, nel procedimento n. RG 727/2010, in accoglimento dell’istanza formulata dalla difesa delle vittime costituite parte civile, affinché siano 160 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO I diritti della persona risiedono nella sua dignità, che non è solo del singolo cittadino, ma dell’uomo in quanto essere umano, non solo negli ambienti di lavoro ma in tutti gli ambienti di vita in cui egli si trova ad agire, fino ad una riappropriazione del senso etico, dei valori profondi che ne hanno animato e condotto l’esistenza, reso viva la coscienza e l’intelletto, per proiettare nel futuro il valore uomo che presuppone quello della salute e quello dell’ambiente, dove la cultura e i valori giuridici devono costituirne il presidio, e debbono essere veicolati attraverso la scuola e i mezzi di informazione, che non possono limitarsi a redigere l’annuale bollettino di guerra dei morti sul lavoro e a causa delle malattie professionali, in numero maggiore rispetto alle stesse guerre dei tempi moderni, nel rispetto del pluralismo, della dialettica individuale e collettiva, che permetta il superamento di ogni compartimento stagno, di ogni barriera e distinzione, anche regionale e nazionale, in tutto il Pianeta. Il diritto si trasforma così in motore dell’etica e del progresso, alimentato dal carburante della scienza e della cultura, verso il traguardo della tutela della persona, in prospettiva della civiltà del Pianeta, superando definitivamente ogni forma di provincialismo e di egoismo, nazionalistico e campanilistico, con ripudio della sua concezione di strumento regolatore della corsa al profitto e al cosiddetto progresso economico, e della concezione che vede nel solo prodotto interno lordo, nel solo utile aziendale o nazionale, il parametro di civiltà625. I Paesi più poveri non riescono ad assolvere efficacemente al servizio di assistenza sanitaria, e ci sono anche tra i giovanissimi moltissimi morti, anche per patologie banali e una vita media molto al di sotto rispetto ai paesi occidentali (anche per questioni di carattere generale, si pensi allo stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi, che li trasforma nelle pattumiere del mondo, e che incidono sull’ambiente, aggravando il bilancio sanitario - anche se la lesione di quello spicchio del Pianeta non è senza effetti per tutti -) e solo poche Nazioni altamente industrializzate corrono attraverso il cosiddetto progresso e l’opulenza di pochi incide sul destino del globo, trasformandosi nell’ipoteca dell’intera collettività presente e futura: sicché evidentemente la persona deve essere considerata cittadino del pianeta, per tutelare la quale ci deve essere la salvaguardia dell’ambiente. Il diritto non avrebbe senso, e con esso qualsiasi altra scienza, e qualsiasi sforzo umano, senza un dialogo globalizzato e globalizzante, che determini l’assunzione di consapevolezza, di coscienza e di responsabilità da tradurre in cultura sulla quale possano attecchire e proliferare quei principi (precauzione, prevenzione, etc.) sui quali far venire alla luce un complesso di norme cogenti e vincolanti, specifiche e penetranti, che dalla precauzione per l’ambiente, dalla prevenzione primaria per la salute, con il diritto che ne sia lo strumento e con esso strumento dell’uomo, e non viceversa, possa essere perseguito il progresso inscindibilmente legato al rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, superando quella logica di vassallaggio verso il profitto o alla solidità del bilancio per un progresso condiviso, ancorato alla religiosità dell’uomo, che è poi la religiosità di tutte le confessioni, che riconducono al Divino Creatore, L’attuale quadro costituzionale che governa la nostra Repubblica, il complesso delle norme che regola l’Unione e le Convenzioni internazionali disegnano un profilo meraviglioso, che farebbe presumere l’idillio dei diritti della persona umana, oltre ogni forma di discriminazione e diseguaglianza, con la tutela di ogni diritto in chiave individuale e collettiva, che invece è dichiarati responsabili civili in solido con gli imputati anche gli enti territoriali (Comune, Regione e Stato), per la loro condotta inadempiente rispetto ai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. 625 Un alto livello del PIL non è indice di un alto livello di civiltà ; invero, in tempi attuali, gli Stati che hanno fatto registrare un altissimo livello di incremento del PIL (vedi la Cina), sono quelli che contemporaneamente si distinguono per il sacrificio dei diritti umani, tanto da non potersi definire Paesi civili, e mentre declamano la tutela del lavoro, calpestano i diritti fondamentali, permettendo lo sfruttamento e la sopraffazione in una condizione disumana, fino alla morte tra atroci sofferenze, dove alla negazione della vita si aggiunge l’esproprio della dignità. CAPITOLO VIII | 161 contraddetto dalle condizioni drammatiche e assenza di consapevolezza del pesante tributo di sofferenze, malattie e morte, conseguente all’assenza di concreta ed efficace tutela di questi diritti, che seppur solennemente reclamati rimangono scritti sulla carta, nella loro vuota fissità nell’ordinamento, come se fossero delle stelle che ci guardassero da lontano, lontane dalla vita dell’uomo di tutti i giorni, che diviene così un Ulisse solitario del III millennio. Ne sono un caso emblematico e drammatico i cittadini affetti da patologia asbesto correlata, vittime prima della non applicazione delle leggi, e la seconda volta del limite di bilancio, quell’idea di equilibrio che si fonda sull’art. 81 della Costituzione che può portare a sacrificare o a negare i più elementari e fondamentali diritti della persona umana (si pensi ai limiti di spesa sanitaria, che incidono sui controlli preventivi, di prevenzione secondaria, bene inteso, perché ormai tali cittadini l’amianto lo hanno già nell’organismo, e lì è destinato a rimanere, o su altri profili, quali quello previdenziale, assistenziale etc.) quando è proprio l’inquinamento ambientale, il massiccio utilizzo di patogeni di origine antropica, e non solo dell’amianto, presenti negli ambienti di vita e di lavoro, nei prodotti, negli alimenti, nell’acqua, nell’aria, determina queste patologie, le accelera e ne aggrava i sintomi (determina enormi spese sanitarie e previdenziali, che potevano essere evitate a monte con la prevenzione primaria). Le leggi di bilancio le considerano dei rischi per l’equilibrio contabile, e tendono a ridurne i costi e dunque a sacrificare ulteriormente chi è già vittima, in una compressione dei diritti, già a suo tempo violati, mentre invece i costi sociali e le responsabilità dovrebbero gravare nei confronti di coloro che hanno permesso, con la loro inadempienza, la disapplicazione delle norme, l’utilizzo di sistemi produttivi e organizzativi con i quali si è posto a rischio l’ambiente e dunque la collettività, e che grava anche sullo Stato in base ai principi sanciti dall’art. 28 della Costituzione e dai principi generali anche di diritto privato. Si pone dunque l’esigenza primaria ed insopprimibile di un’assunzione di coscienza e responsabilità, che porti a scelte legislative, interdittive, seppur tardivamente, dell’utilizzo dei patogeni e della loro presenza negli ambienti di lavoro e di vita, perchè in questo modo si tutelerà anche l’uomo oltre che l’ambiente e si attiverà un circolo virtuoso di minori patologie e di migliori condizioni di salute, con conseguente, enorme, vero e strutturale risparmio in termini di spesa sanitaria, previdenziale e assistenziale, compatibile con i diritti della persona. Invece si assiste a continue lagnanze del sistema politico circa la necessità di ridurre le spese sanitarie e sociali, che discendono dalla norma di cui all’art. 38 della Costituzione, senza precisare che la causa risiede in scelte legislative e in opzioni di esercizio delle potestà amministrative e giurisdizionali che hanno permesso, in spregio dei principi fondamentali, la lesione dell’ambiente e della salute di centinaia di migliaia di persone626. Quindi le leggi di bilancio, piuttosto che occuparsi di un continuo aumento delle tasse e del taglio delle prestazioni nei confronti dei più deboli, dovrebbe proiettarsi strutturalmente in un risparmio sulla spesa sanitaria e previdenziale attraverso la salvaguardia dell’ambiente e della salute, nei luoghi di lavoro e nei luoghi di vita, con una vera prevenzione primaria che da legge scientifica si trasforma anche in diritto vivente nella concezione e nella formulazione di nuove leggi, oltre che in risveglio dal letargo delle norme costituzionali già a suo tempo dettate dai padri costituenti. 626 Si pensi all’Eternit che aveva in Italia diversi stabilimenti, e le cui attività hanno determinato migliaia e migliaia di patologie e decessi, e dunque una enorme spesa sanitaria e previdenziale: evidentemente questa spesa è addebitabile anche all’inerzia degli organi dello Stato, i quali non hanno vigilato e hanno permesso che imprenditori senza scrupoli, dei veri e propri criminali, determinassero lutti e tragedie, sui quali è per altro già intervenuta una Sentenza penale di condanna, ed è in corso un ulteriore processo innanzi il Tribunale di Torino. 162 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 8.4 La dignità come valore della persona umana. Il termine dignità assume diversi significati e profili, dalla condizione di consapevolezza del singolo sulle sue qualità e di quelle di ogni altro essere umano (concezione ontologica), fino alla proiezione e sintesi nell’ambiente sociale (Battaglia e Catautella), come misura dei suoi meriti e del suo ruolo (concezione fenomenologica); e nell’habitat naturale, e la cui valenza giuridica dopo essere stata affermata da Cicerone nell’antica Roma, è stata riscoperta recentemente, dopo la seconda guerra mondiale, per riaffermare quel nucleo essenziale dei diritti della persona umana, calpestata dal nazismo e da ogni forma di autoritarismo, tanto da essere così richiamata espressamente nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (1945), come presupposto dei ‘diritti fondamentali dell’Uomo’, come sinonimo del ‘valore della persona umana’; e così nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), con il ‘riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili’. 8.5 La dignità nella Costituzione italiana. La Costituzione Repubblicana aveva anticipato il concetto giuridico di dignità umana, e all’art. 22627 lo aveva riaffermato nella sua dimensione sociale, anche attraverso l’esercizio del diritto di difesa e di azione in giudizio (art. 24), anche nei confronti dei pubblici poteri, con la garanzia del Giudice naturale (art. 25), con la presunzione di innocenza fino alla definitiva condanna (art. 27), le cui pene ‘non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità’ anche per coloro che si sono resi protagonisti dei gesti più efferati, con il suo imprescindibile riconoscimento che deriva dall’art. 2: ‘la Repubblica riconosce e garantisce diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’ , come esplicito riferimento nell’art. 3, I comma, che esalta la ‘pari dignità sociale’; e così ‘il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro’ deve comunque essere ‘sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa’ (art. 36); e la stessa iniziativa economica vi è subordinata, in uno alla sicurezza e alla libertà (art. 41, II comma, della Costituzione), con il definitivo superamento della sua dimensione soltanto interiore e ideale, verso quella sociale, nella dinamica della vita628, e di volta in volta ne sono titolari i cittadini, i lavoratori, gli imprenditori etc., con il definitivo superamento del privilegio della nascita e della casta, da cui deriva il necessario corollario dell’affermazione del merito, che si fonda sulla dignità del lavoro, che è l’unico strumento di perseguimento dell’eguaglianza sostanziale e di edificazione della persona e della nazione, attraverso cui si fondono in un nucleo indistruttibile il complesso dei diritti e delle norme della nostra Carta Costituzionale, secondo finalità anche programmatiche, in vista dello sviluppo futuro per l’intera comunità. L’uguaglianza non è più soltanto una astratta e formale qualificazione di fronte alla legge, quanto piuttosto il fine da perseguire affinché ognuno abbia le stesse possibilità con le stesse condizioni di partenza per edificare se stesso, e l’intera collettività, secondo il principio di tutela della persona nel vincolo solidaristico in una concezione pluralistica e di esaltazione della persona umana che permea l’intera Carta Costituzionale. Tramonta definitivamente quella concezione del diritto di proprietà sul quale si fondava 627 Che recita: “nessuno può essere privato per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”, per impedire che fosse negato il valore dell’essere umano e la possibilità per la vittima di poter esercitare i suoi diritti. 628 Il lavoro è lo strumento per superare la diseguaglianza sociale, e per assicurare “una esistenza libera e dignitosa” (art. 36 della Costituzione) a tutto il nucleo familiare, che è quello primordiale sul quale si costruisce ogni società. CAPITOLO VIII | 163 l’essenza stessa del privilegio, ed è tale solo se se ne assicura la funzione sociale (art. 42 della Costituzione), cui è subordinata la stessa iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione) contro ogni forma di egoismo e di individualismo, di sfruttamento e di parassitismo, in una concezione solidale della società e dell’idea di progresso, e di programma per il futuro, nel quale si annida l’individuo che tuttavia vi vive e vi è garantito, ed attraverso la tutela dei suoi diritti, si persegue il bene comune (finalità sociale). 8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona. Le norme costituzionali non possono essere considerati precetti giuridici tra di loro slegati, ma debbono essere interpretati gli uni insieme con gli altri, ed in rapporto alle fonti sovranazionali, comunitarie ed internazionali: così il diritto alla vita (art. 2 Cedu, ora incorporato nei Trattati di diritto comunitario, ma già prima riprodotto nella Carta di Nizza, ed in altre fonti), non può prescindere dal diritto alla salute, che a sua volta si basa sulla salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (art. 32, 41, II comma, della Costituzione ed art. 8 Cedu), e che non può essere tutelata in un ambiente contaminato, perché non è pensabile che l’uomo si chiuda e viva in una campana di vetro, e se anche gli fosse possibile, gli sarebbe preclusa la possibilità di uscire all’aria aperta, di poter contemplare il paesaggio, o semplicemente di ascoltare il cinguettio degli uccelli, e ciò lo renderebbe frustrato, e comunque lo condizionerebbe, non rendendolo più libero. Così la malattia di un individuo si ripercuote sulla famiglia, e sulla società, e se vogliamo anche sul bilancio collettivo (Cfr. spese per cure mediche, prestazioni previdenziali ed assistenziali etc.), che tanto preoccupa i legislatori contemporanei. La norma di cui all’art. 81 della Costituzione non può essere letta ed interpretata in termini soltanto ragionieristici, bensì applicata con scelte virtuose preventive del rischio e quindi del danno, che porterebbe uno strutturale risparmio, ben oltre misure sempre più restrittive: si pensi all’uso di cancerogeni, tra i quali l’amianto, e l’enorme spesa sanitaria, assistenziale e previdenziale, e per le bonifiche, della quale certamente non sono responsabili le vittime, alle quali invece ci si rivolge sempre in termini di stima dei costi (delle cure, dell’assistenza, degli indennizzi). Quindi, scelte di privilegio del profitto a danno della salute e dell’ambiente hanno determinato spese enormi e strutturale disavanzo pubblico, al quale si può porre rimedio soltanto con la messa al bando dei patogeni e degli inquinanti in generale, e con essi tutelare la vita umana, l’ecosistema, e la stessa solidità del bilancio, rispettare dunque i precetti dell’art. 32 e quelli di cui all’art. 38 della Costituzione non confligge con la disposizione di cui all’art. 81 della Costituzione, ed anzi è coerente con l’intero sistema tracciato dalle norme che dall’art.1 fino all’art. 4 per passare agli artt. 35, 36 e 41 della Costituzione, tutelano il lavoro, i diritti fondamentali della persona umana, in piena coerenza, anche perché nessun indennizzo e nessun risarcimento, nulla e nessuno, potranno restituire il benessere psicofisico venuto meno, l’ambiente definitivamente compromesso, e restituire la gioia di un sorriso o della contemplazione delle acque limpide di un ruscello nel quale specchiarsi, sullo sfondo di vallate verdi capaci di reintegrare le energie psicofisiche logorate dal lavoro. 8.7 La nozione giuridica di salute. Nella costruzione dogmatica dei diritti dell’uomo e nella loro affermazione normativa e giurisprudenziale, la salute è un bene fondamentale, benché appartenga alla ‘seconda’ ed in parte alla ‘terza’ generazione, e fu soltanto con l’intervento di Nitti, nella seduta pomeridiana dell’Assemblea Costituente del 19.04.1947 (in ‘Atti Assemblea Costituente’, n. 3094 ss), che 164 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO emerse la necessità di doverne rafforzare ed elevare la garanzia, per allontanare qualsiasi rischio di lesione che potesse metterlo in pericolo, fino alla sua definitiva qualificazione di ‘fondamentale’629, che originariamente non era contemplata: ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’ (art. 32 della Costituzione Italiana); dotata dei caratteri della inviolabilità, inalienabilità, intrasmissibilità, indisponibilità ed irrinunciabilità, la salute assume la duplice veste di diritto soggettivo assoluto tra i privati e di diritto sociale, invocando l’intervento dei pubblici poteri, chiamati ad intervenire ai fini della prevenzione, ovvero per istituire l’assistenza sanitaria e la riabilitazione, con la garanzia di erogare prestazioni sociali e previdenziali (art. 38), in un quadro solidaristico, già tracciato dall’art. 2 della Costituzione. Il diritto alla salute, e lo stesso diritto sanitario, consta di un complesso di norme tra le quali anche quelle che dovrebbero assicurare la conservazione della migliore condizione di benessere psicofisico, e quelle che dovrebbero tutelare la salute come interesse sociale e collettivo, da attuarsi attraverso la prevenzione primaria, il cui presupposto essenziale è la sostituzione degli agenti patogeni (o quantomeno il loro confinamento), per evitare l’esposizione umana, o la loro ingestione, con l’aria, l’acqua ed il cibo. Gli agenti patogeni, e dunque non solo l’amianto, debbono essere oggetto di bonifica e di rimozione dai luoghi di vita e di lavoro, in piena coerenza con la cultura della prevenzione come modello di società e di sviluppo, anche attraverso l’informazione e la formazione, con la consapevolezza piena che soltanto l’ambiente salubre può costituire il presupposto per una migliore e più efficace tutela del benessere psicofisico, rispetto al quale anche la diagnosi precoce e le cure possono essere tardive, perché le fibre inalate, ovvero qualsiasi altra sostanza nociva, una volta presenti nell’organismo vi arrecano pregiudizio, abbreviando la vita e rendendola meno degna di essere vissuta. 8.8 ‘Il diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della salute’ e della ‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la tutela di ogni altro diritto. Il diritto-dovere al lavoro, quale strumento di edificazione personale e di progresso per la collettività, non può prescindere e non può ritenersi tale senza gli strumenti attraverso i quali preservare l’integrità psicofisica, anche perché se fosse occasione di malattia e di morte sarebbe in contraddizione con l’idea stessa di Stato e di Costituzione, e ne negherebbe i fini e la legittimità, e perché la norma di cui all’art. 4, che deve essere letta in rapporto alle norme di cui agli artt. 1 e 2, e quale strumento di uguaglianza formale e sostanziale, anche in chiave programmatica, non può prescindere dalla tutela della salute di cui all’art. 32 della Costituzione, che è essa stessa finalità dell’ordinamento, in una circolarità dei rapporti e dei diritti intorno al nucleo essenziale costituito dalla dignità che è come il sole all’interno del sistema solare. Quindi, il diritto al lavoro e il diritto alla salute, e il dovere di lavorare, presuppongono e si trasformano nel diritto al lavoro salubre, che è dovere, proprio in quanto salubre, nei confronti di se stesso e della collettività630, perché se il lavoro è un diritto, prima di tutto è un dovere, e allora non può costituire occasione di autolesione, o di lesione dei diritti fondamentali della persona, la cui esistenza e il cui esercizio non possono prescindere dal benessere psicofisico e della integrità dell’ambiente, sicché i diritti vivono tutti insieme (artt. 4, 32 e 35 e 41, II comma, della 629 Nella seduta del 24.04.1947 (in Atti Assemblea Costituente, n. 3295 ss). Già in E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE MCS - AMIANTO & GIUSTIZIA, Edizione Minerva Medica, Torino, 2011. 630 CAPITOLO VIII | 165 Costituzione), e presuppongono l’assenza di patogeni (artt. 9 e 117 della Costituzione), per realizzare quei fini che l’ordinamento si prefigge (artt. 2 e 3, anche nella visione programmatica di cui all’art. 3, II comma, della Costituzione). Diversamente, il lavoro, che costituisce il momento centrale del nostro ordinamento e della nostra vita, diverrebbe uno strumento di negazione dei diritti: nell’interpretazione dell’art. 4 della Costituzione non si può prescindere dalle norme contemplate negli artt. 9, 32, 35, 36 e 41 II comma, della Costituzione, in uno a quelle di cui agli artt. 2087 e 2099 c.c., che ci porta a concludere che il diritto al lavoro e il diritto alla salute, e i loro corrispondenti doveri, non possono sussistere di per sé e non hanno esistenza autonoma, e che c’è un diritto-dovere al lavoro salubre, che vincola anche le pubbliche amministrazione nell’esercizio delle funzioni e della giurisdizione: le norme di salvaguardia debbono essere congrue, adeguate, e concretamente applicate. Questa opzione ermeneutica, in seguito alla quale è emerso il diritto al lavoro salubre, quale diritto soggettivo e interesse collettivo, è pienamente coerente con il principio supercostituzionale di cui all’art. 2087 c.c., che sintetizza il complesso delle norme costituzionali, nell’obbligo di ‘tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’, esteso anche allo Stato e agli altri Enti pubblici (art. 32 della Costituzione e artt. 2 e 8 Cedu), che seppur risalente all’inizio degli anni ’40, mantiene la sua straordinaria modernità, sia pur poco e male attuata per i primi anni, è stato via via rivalutato, e deve essere considerato un principio fondamentale e la sintesi del nostro diritto costituzionale (artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36, 38 e 41 II comma della Costituzione). La ‘personalità morale’ che è richiamata nel nostro Codice Civile equivale alla dignità della persona, al nucleo dei suoi diritti fondamentali, e del suo valore in sé, a prescindere dal censo, dalle condizioni, dalle mansioni, etc., che si deve tutelare insieme all’integrità psico-fisica, anch’essa nella sua accezione più ampia di migliori condizioni possibili di benessere per l’individuo, come componente della collettività, e rappresenta un’estensione della tutela oltre la sola ‘integrità fisica’, e anticipa di decenni principi successivamente contemplati nelle convenzioni internazionali, nei trattati e nelle altre fonti del diritto comunitario, ed impegna alla prevenzione, coerente con lo sviluppo della tecnica e dei progressi della scienza e delle nuove regole suggerite dall’esperienza. Il lavoro, in quanto strumento di elevazione e di attuazione del fine programmatico contemplato nell’art. 3, comma 2, della nostra Carta Costituzionale, in una lettura etica dell’iniziativa economica privata e pubblica (art. 41, II comma), riporta direttamente alla ‘personalità morale’, obbligando non solo il datore di lavoro, ma anche i pubblici poteri, alla sua salvaguardia e con essa al lavoro salubre, che è tanto più penetrante ove si consideri il ruolo, sociale e non solo economico, personale e non solo collettivo, assunto dal lavoro, strumento di elevazione della persona e di progresso della società, in grado di elevare culturalmente, moralmente, e per ogni altro profilo, la persona, ed assicurare un futuro anche alle rispettive famiglie (artt. 35 e 36 della Costituzione). Sullo Stato e sugli altri Enti pubblici grava un preciso dovere di cooperazione e di vigilanza, affinchè si crei la possibilità di poter lavorare, ma soprattutto si creino le condizioni di salubrità dell’ambiente lavorativo: solo così anche il diritto al lavoro può ritenersi concretamente assicurato. Lo stato attuale delle cose, il gran numero degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, non depone positivamente per l’efficacia e l’effettiva applicazione delle norme che presiedono alla salvaguardia della salute e del benessere psicofisico e della ‘personalità morale’ dei prestatori di lavoro; ciò innanzitutto a causa della mancanza della sicurezza, e per una cultura giuridica che ha voluto privilegiare l’aspetto risarcitorio su quello della prevenzione; per la scarsa propensione del nostro sistema imprenditoriale alle innovazioni tecnologiche ed agli investimenti 166 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO per sistemi produttivi più sicuri, ciò anche per la difficoltà di accedere al credito, aggravata dalla parcellizzazione in medie, piccole e, soprattutto, piccolissime imprese, che comunque anche volendo non potrebbero sopportarne i costi (rendendo dunque più cogente la cooperazione degli Enti pubblici preposti, piuttosto che l’erogazione della prestazione previdenziale successiva all’infortunio o alla malattia professionale, il cui intervento sarebbe non solo tardivo, per la lesione dei bene fondamentali della persona, che l’indennità non potrebbe reintegrare, ma soprattutto gravoso per il bilancio pubblico). La lettura formalistica, disarticolata e slegata delle norme porterebbe dunque ad una lettura non confacente con le finalità e i principi che governano il nostro ordinamento giuridico, integrato dalle norme di diritto internazionale e di diritto comunitario, anche se ad oggi le norme di cui agli artt. 32 e 41, II comma, della Costituzione, quand’anche direttamente precettive, in relazione alle norme del Codice Civile e delle Leggi Speciali, ovvero come strumento di una loro lettura costituzionalmente orientata, non pare abbiano trovato specifica ed efficace applicazione, proprio in relazione al gran numero di malattie professionali e di incidenti sul lavoro, mostrando dunque la non congruità del sistema di sicurezza sul lavoro, ed autorizzando a pensare che sia necessaria una loro specificazione ed enucleazione, con norme che le possano tradurre in regolamentazione da poter applicare nei singoli luoghi di lavoro e nei singoli territori dell’intera nazione. La dignità umana ed il groviglio di diritti che vi si dipana non può essere letta solo come una condizione astratta o interiore, quanto piuttosto e diversamente come dovere delle pubbliche Istituzioni di rispettarla in tutte le sue componenti (diritto al lavoro salubre, diritto alla salute, diritto all’ambiente, etc.), anche con comportamenti attivi di prevenzione e precauzione, attraverso la legislazione, e l’esercizio dei poteri amministrativi e giudiziari, conformi e confacenti, in una dimensione e concezione anche sociale e collettiva, coerentemente con l’esaltazione sociale e collettiva, e nella dimensione solidale e programmatica, sancita dalle norme di cui agli artt. 2, 3, 35, 36 e 41 della Costituzione. Anche se il lavoro qualifica e rende la misura della dignità, non per questo qualcuno ne può essere carente, se non altro per quanto abbiamo già evidenziato in ordine alla norma di cui all’art. 22 della Costituzione. I diritti della persona umana, tra i quali il diritto alla salute, sono riconosciuti, uti singulus e nella sua dimensione sociale: ‘come singolo’, ed allo stesso tempo come ‘interesse della collettività’, e non a caso ‘nessuno può essere obbligato al trattamento sanitario se non per disposizione di legge’, e soprattutto ‘la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana’, con proiezione del diritto alla salute nel rapporto con gli altri diritti di costituzionale rilevanza. Nella riserva di legge di cui all’art. 32, II comma, della Costituzione, i relativi poteri sono specificamente circoscritti nel perimetro del ‘rispetto della persona umana’: è nel principio del diritto alla salute che i due profili, le due eccezioni, della dignità umana trovano la loro sintesi, e più tardi nella stessa Legislazione e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e dei Giudici di merito, si legano insieme, poiché ‘il valore della dignità e della salute di ciascun essere umano è valore supremo che non conosce distinzioni e graduazioni di status personali’ (Corte Costituzionale, Sentenza 414 del 1991). Qualsiasi concezione della società non può prescindere dall’etica della dignità umana, ed anche la colpevolezza rispetto ai più efferati reati non può far dimenticare il suo doveroso rispetto (ne è conferma il contenuto della norma di cui all’art. 27 della Costituzione), elevandosi così a valore supremo dell’Ordinamento, al pari del diritto alla salute, del diritto all’ambiente e del diritto al lavoro e di ogni altro diritto fondamentale. CAPITOLO VIII | 167 8.9 La salute quale ambito inviolabile della dignità umana. In più occasioni la Corte Costituzionale ha riaffermato il diritto alla dignità della persona (Sentenza n. 194 del 12.06.1996, in tema di prelievo ematico), nelle pratiche terapeutiche (Sentenza n. 282 del 19.06.02), e l’impossibilità di poter mettere in pericolo, ovvero non tutelare adeguatamente l’integrità psicofisica dei cittadini a causa di limiti di risorse economiche, perché ciò sarebbe contrario alla dignità della persona e ne svuoterebbe il contenuto, e con esso di ogni altro diritto (Corte Costituzionale 13.11.2000, n. 509), perché costituisce ‘quel nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […] il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto’, che deve essere garantito anche agli stranieri ‘qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato’ (Corte Costituzionale Sentenza n. 252 del 05.07.01, e Corte Costituzionale Sentenza 28.11.05 n. 432), anche attraverso ‘l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni costituzionali’ (Corte Costituzionale 22.09.1998, n. 347). La dignità umana è la bussola delle opzioni legislative e il parametro interpretativo, nell’esercizio della giurisdizione e delle funzioni amministrative631. 8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti della persona umana. Con l’art. 2 del Trattato di Lisbona la dignità assume definitivamente quel ruolo decisivo, quel collegamento immediato e testuale, che nella Carta Costituzionale ha la sola dimensione sociale: poiché ‘l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze’, e prosegue all’art. 3, n. 3, precisando che ‘si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata… alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente’, per proseguire con la declinazione del catalogo dei diritti della persona, di cui assume un ruolo promozionale. Il concetto di salute ha assunto sempre un ruolo centrale in tutti gli ordinamenti, a tutti i livelli, passando dalla nozione di ‘bene individuale’, che lo identificava con la sola assistenza sanitaria, fino alla dimensione di ‘bene’ collettivo (interesse della comunità ad avere individui sani, in un ambiente salubre, come tutela di ogni aspetto della vita della persona): rispetto ad esso lo stato e le altre pubbliche istituzioni assumono il ruolo di garanti ed hanno l’obbligo di intervento, anche in prevenzione e non solo repressivo ed indennitario dopo la lesione, e non sono più soltanto i gestori della sanità pubblica e convenzionata, in una concezione meramente assistenzialistica dell’esercizio delle loro funzioni, che appare ormai superata. La Conferenza Internazionale della Sanità (New York, 1946) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel riconoscere il diritto di ogni uomo alla salute, la definiscono come “uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non consiste soltanto nell’assenza di malattie o infermità. Il possesso del migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua razza, la sua 631 Così in tema di filiazione naturale, se ne richiama la “cittadinanza e dignità” al pari di quella civile (Cass. Sent. n. 2315 del 16.03.1999), fino al regolamento dei trattamenti obbligatori che debbono assicurare “il rispetto della dignità della persona umana” (art. 33, l. 833 del 23.12.1978), coerentemente a quanto è stato stabilito per il trattamento del malato di mente con la l. 13.05.1978, n. 180, cosiddetta Legge Basaglia. 168 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica e sociale. I Governi hanno la responsabilità della sanità dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate”. Questa disposizione non può non essere letta ed interpretata in uno con quelle di cui agli artt. 2 ed 8 Cedu, e con le altre norme di diritto costituzionale e di diritto comunitario che sopra abbiamo richiamato, e confermano, con l’interpretazione sistematica in uno con l’art. 4 della Costituzione, l’emersione del ‘diritto al lavoro salubre’. Ne discende l’obbligo non solo a carico del datore, di natura contrattuale, ma anche degli organismi statali, di vigilanza e di azioni positive, per perseguire e tutelare la salute e l’integrità psicofisica in ogni situazione e condizione, sempre e comunque, nel quale un ruolo fondamentale è costituito dal principio di prevenzione primaria e di precauzione, sancito dalle Convenzioni internazionali, dall’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, e presente nella nostra legislazione. Capitolo IX La tutela dell’ambiente SOMMARIO: 9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto comunitario e nel diritto interno. 9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente. 9.1.2 Il principio dello sviluppo sostenibile. 9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di impatto ambientale e di internalizzazione. 9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di prevenzione e di precauzione nel diritto comunitario. 9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di ambiente. 9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario. 9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della persona umana. 9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’. 9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati’ e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali. 9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale 9.3.6 L’ambiente come bene primario ed assoluto. 9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto comunitario e nel diritto interno. 9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente. Il divieto di inquinamento transfrontaliero, con l’obbligo del risarcimento dei danni (Trail Smeller) trova un autorevole precedente nella decisione del Tribunale arbitrale del 1935 a partire dalla quale l’ambiente è un ‘valore’ da proteggere, e ne è conferma, in materia di amianto la decisione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che nel 2001 ha rigettato le richieste del Canada e ha confermato anche in sede di appello le conclusioni del Panel, affermando la legittimità del Decreto con il quale la Repubblica Francese aveva proibito l’uso e l’importazione di amianto e dei prodotti che lo contenevano632, anche contro il principio cardine della libertà del commercio, in quanto non poteva essere in contrasto con la salute umana, e non poteva obliterare il principio della tutela della vita, così come stabilito espressamente dall’art. 20, lettera b), del Gat, in piena coerenza con gli obblighi assunti quando aveva aderito all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Con la Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza di Stoccolma del 1972, l’‘ambiente umano’ venne considerato un diritto oggetto di conservazione e miglioramento, ‘davanti alle generazioni future’ nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, in base al quale la soddisfazione dei bisogni del presente non deve compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i suoi bisogni633. 9.1.2. Il principio dello sviluppo sostenibile. ‘Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni’, perché soltanto rispettando l’ambiente si può evitare la morte del Pianeta (rapporto Brundtland del 1978), e 632 EUROPEAN COMMUNITIES-MEASURES AFFECTING THE PROHIBITIONS OF ASBESTOS AND ASBESTOS PRODUCTS, WTO Doc. WT/DS135/AB/R, 12 marzo 2001. 633 Ne sono una logica evoluzione la successiva Conferenza di Vienna del 22.03.1985, ed il protocollo di Montreal del 16.09.1987, nel tentativo di preservare il pianeta dall’assottigliamento dello strato di ozono, e quella di New York del 09.05.1992, per tentare di salvaguardare il pianeta dai cambiamenti climatici e con la decisione di ridurre l’emissione di gas ad effetto serra. 170 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO realizzare il ‘miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende’634, e che ha trovato successiva affermazione e generale condivisione della gran parte degli Stati nella Conferenza di Rio del 1992, cui sono seguiti ulteriori incontri635. Nel 1994, l’International Council for Local Environmental Initiatives lo ha definito: ‘sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l’operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”, e successivamente nel 2001 l’UNESCO, ha precisato: “per l’umanità quanto la biodiversità per la natura (…) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale’ (artt. 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001), valorizzando dunque la ‘biodiversità’ e la ‘diversità culturale’. Il principio dello sviluppo sostenibile, come elaborato nella Conferenza di Rio del giugno 1992, è stato recepito anche nell’ordinamento nazionale con l’art. 3-quater del D.Lgs. n. 152/06, con la istituzione nel Ministero dell’Ambiente della ‘Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile, il Clima e l’Energi’a, prevista con il ‘regolamento recante riorganizzazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare’, secondo il disposto di cui all’art. 6, D.P.R. 03.08.2009, n. 140. 9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di impatto ambientale e di internalizzazione. Come abbiamo già evidenziato nel paragrafo che precede, con l’Earth Summit delle Nazioni Unite, tenutosi dal 2 al 14 giugno 1992, a Rio de Janeiro, fu approvata la ‘Dichiarazione di Rio’ sull’ambiente e lo sviluppo, che ha arricchito il quadro delineato dalla Conferenza di Stoccolma, ed al principio dello sviluppo sostenibile, ha aggiunto quelli di valutazione di impatto ambientale, di internalizzazione e di precauzione636. 634 La World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, del 1991. Durante la Conferenza, vennero stipulati importanti accordi (Convezione sulla Tutela della Biodiversità) e formulate ulteriori significative dichiarazioni (Dichiarazione sui rapporti tra ambiente e sviluppo con la formulazione del principio dello sviluppo economico sostenibile con l’ambiente, la risoluzione della lotta alla siccità ed alla desertificazione). Gli Stati intervenuti hanno concordato sul contenuto del principio dello sviluppo sostenibile, ed hanno stipulato una “dichiarazione”, che può essere così riassunta: a. “le parti hanno il diritto ed il dovere di promuovere uno sviluppo sostenibile”; b. “nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo”; c. i Governi si impegnano “a collaborare per promuovere un sistema economico internazionale che porti ad una crescita e ad uno sviluppo economico sostenibile in tutte le parti”; d. gli Stati si devono impegnare alla “conservazione ed incremento, se del caso, dei pozzi e dei serbatoi di tutti i gas ad effetto serra, ivi compresi la biomassa, le foreste e gli oceani, nonché altri ecosistemi terrestri, costieri e marini”; e. “il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di sviluppo e ambientali delle generazioni presenti e future”; f. ci si deve porre, “a beneficio della generazione presente e di quelle future”, l’obiettivo di “stabilizzare … le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico”; g. “la pace, lo sviluppo e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili”. 636 “La precauzione è quindi la prima tra le possibili misure pubbliche destinate a neutralizzare i danni ecologici. Non solo il danno non viene ancora causato, ma anche l’eventualità della sua sopravvenienza non è dimostrata in modo irrefutabile. Di fatto, avviene un vero e proprio cambiamento di paradigmi. Quando la nozione di rischio certo è sufficiente per parlare di prevenzione, il nuovo paradigma è speciale in quanto introduce il fattore incertezza. In effetti, la precauzione non presuppone più la conoscenza perfetta del rischio: è sufficiente averne sentore, sospettare che possa accadere, presumerlo. Non si tratta più, quindi, solo di prevenire rischi quasi sicuri, valutabili, calcolabili, ma piuttosto di anticipare quelli che derivano dalla possibilità, dall’eventualità, dalla plausibilità, dalla probabilità. Si tratta non tanto di adottare «un insieme di misure destinate ad evitare un avvenimento che è possibile prevedere” quanto di osservare 635 CAPITOLO IX | 171 Successivamente, questi fondamentali principi sono stati recepiti ed hanno trovato forza e cogenza normativa attraverso l’enucleazione in via interpretativa dalle norme di cui agli artt. 2 ed 8 Cedu, con decisioni della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, e nei Trattati di diritto comunitario (Cfr. art. 174 Trattato CE, art. 3, direttiva 21.04.2004, n. 35/2004/CE e successivamente 191 del TFUE), e nella stessa Carta Europea dei Diritti Fondamentali adottata a Nizza nel 2000, della quale giova richiamare l’art. 37, che ha ad oggetto la ‘tutela dell’ambiente ed il miglioramento della sua qualità’, collocata nel capo IV, dal titolo ‘solidarietà’, ora al vertice nella gerarchia delle fonti ed immediatamente precettive, con disapplicazione delle norme di diritto interno che ne fossero in contrasto, in forza dell’entrata in vigore dell’art. 6 del Trattato di Lisbona, e con i conseguenti strumenti di tutela giurisdizionale, anche in ambito sopranazionale ed internazionale. 9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di prevenzione e di precauzione nel diritto comunitario. L’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea sancisce espressamente la tutela dell’ambiente, il principio ‘chi inquina paga’ e ‘dello sviluppo sostenibile’, in uno ai principi di ‘precauzione’ e ‘prevenzione’637. I principi possono essere così enucleati: - ‘chi inquina paga’, determina l’assunzione della ‘responsabilità dell’inquinamento’ a carico delle ‘parti coinvolte’, ovvero del ‘produttore’ al quale ‘può essere chiesto di assumersi il carico delle misure necessarie per un adeguato riequilibrio ambientale e cui si può comminare una sanzione o un ecotassa per sollecitarlo a ridurre l’inquinamento’. La precauzione (limitazione di rischi ipotetici o basati su indizi) impone scelte cogenti anche rispetto a pericoli potenziali, dei quali non si ha ancora conoscenza o certezza, ed amplia lo spettro di tutela, rispetto alla prevenzione (limitazione di rischi oggettivi e provati). “una previsione minuziosa… per evitare od attenuare mali, inconvenienti, dispiaceri ulteriori solo prefigurati». A coronamento dell’evoluzione degli interventi possibili, il principio di precauzione invita le autorità pubbliche ad agire oppure ad astenersi in caso d’incertezza. Porta a ritardare, o anche ad abbandonare, quelle attività che si suppone abbiano conseguenze gravi per la protezione dell’ambiente, anche nel caso in cui i sospetti non siano completamente comprovati sul piano scientifico. Il nesso di causalità tra il rischio e il danno previsto non dev’essere assoluto in tutte le circostanze. Al contrario, accelera l’adozione di decisioni destinate ad assicurare una migliore protezione dell’ambiente anche in mancanza di un parere unanime da parte degli esperti del settore. Rimodellando l’essenza stessa della norma, la sua applicazione va ben al di là di una semplice procedura decisionale, ancorché vengano comunque esaminati i differenti interessi e punti di vista” (De Sadeleer 2001, 591). 637 “La politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente; - protezione della salute umana; - utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; - promozione sul piano internazionale di misure destinata a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio <chi inquina paga>. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l’Unione tiene conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili; - delle condizioni dell’ambiente nelle varie regioni dell’Unione; - dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione; - dello sviluppo socioeconomico dell’Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni. 4. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell’Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali”. 172 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Il principio di prevenzione non è facile da tradurre in pratica, poiché le conoscenze scientifiche non sono mai in grado di conferire certezza assoluta in ordine al fatto che un qualche pericolo non possa derivare anche da attività che oggi sembrano essere innocue, ed assumono un ruolo decisivo le pressioni sociali ed economiche provenienti da più parti sugli stessi consessi scientifici. Il Legislatore raramente può assumere le sue decisioni e selezionare tra le diverse opzioni, presupponendo la ‘certezza scientifica’ e deve formulare le sue scelte sul presupposto della gravità e del grado di probabilità dei rischi per la salute umana e per l’ambiente. Le sue decisioni sono dunque tutte politiche e sono caratterizzate da un ampio margine di discrezionalità, se ispirate dal metodo precauzionale, per il quale rilevano esclusivamente pericoli potenziali, dei quali non si ha conoscenza, mentre sono obbligate, in tema di prevenzione, con pericoli identificati, provati ed oggettivi. Lo spartiacque tra prevenzione e precauzione è costituito dalla distinzione tra rischio ipotetico e rischio certo, e la distinzione si giustifica con il diverso grado di certezza scientifica del rischio, la cui incertezza si risolve nella precauzione, per la quale è necessaria la mera probabilità, rispetto alla certezza che caratterizza la prevenzione, in considerazione della impossibilità del suo raggiungimento attraverso il metodo scientifico, le cui conclusioni sono epistemiologicamente sempre poste in discussione e oggetto di approfondimenti, dibattiti e rispettivi tesi e posizioni, e nella particolarità della materia, particolarmente influenzabili dalle lobby di potere. Le modifiche del Trattato confermano il ruolo di centrale importanza della tutela ambientale come il presupposto di uno sviluppo sostenibile e di attuazione delle politiche ed azioni comunitarie per il fine del bene comune della vecchia Europa oltre ogni frontiera localistica e campanilistica, pur pregna di quegli antichi ed intramontabili valori e principi che ne hanno informato la comune civiltà: all’art. 2 testualmente, tra le finalità, c’è anche quella di ‘promuovere (…) un elevato livello di protezione dell’ambiente e miglioramento di quest’ultimo’ e ‘le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche ed azioni comunitarie (…) in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile’ (art. 6), nell’ambito del principio di ‘operare per uno sviluppo sostenibile dell’Europa’ fondato su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente secondo principi di sviluppo sostenibili. Si afferma una visione trasversale dell’ambiente, le cui esigenze devono essere sempre integrate nella definizione ed attuazione di tutte le politiche e di tutte le azioni dell’Unione, poiché il consumo dell’ambiente determina spesso la contemporanea incapacità di autorigenerazione per l’eccessivo livello di immissioni di sostanze inquinanti. Si sancisce normativamente e si impone con forza cogente il principio di azione preventiva che impegna l’Unione nella valutazione dell’impatto ambientale prima di ogni altra cosa, per evitare che l’attività antropica lo leda definitivamente, ed imponendone l’obbligo di ripristino dello stato quo ante, fin dove è possibile, ovvero di rimuovere la fonte pericolosa e/o inquinante. La tutela preventiva del bene ambientale, e con esso della salute, dovrebbe rimuovere il rischio ed impedire l’evento lesivo, con la sintesi del principio di precauzione e la deterrenza del ‘chi inquina paga’. 9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di ambiente. 9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario. La normativa nazionale in materia ambientale ruota essenzialmente sul D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 aprile 2006, modificato dal D.Lgs. 284 dell’8 CAPITOLO IX | 173 novembre 2006, e dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, con il quale si disciplina la valutazione di impatto ambientale e valorizzazione ambientale, la tutela dell’assetto idrogeologico e del servizio idrico, i rifiuti, la qualità dell’aria, la bonifica dei siti inquinati, e con abrogazione di tutte le altre norme precedenti. I pilastri di questo rinnovato corpus normativo sono costituiti dal principio dell’azione ambientale, sancito dall’art. 3ter del D.Lgs. 152/06. Il principio dello sviluppo sostenibile e del ‘chi inquina paga’, già recepito dal diritto comunitario, ed ora espressamente contemplato nelle norme del Titolo V del Codice dell’ambiente, e comunque nell’art. 3quater, sono in rapporto inscindibile con i principi di prevenzione e precauzione e tutela dell’ambiente, che possono essere rinvenuti nell’intero corpus normativo, meglio descritto in uno specifico capitolo, al quale ci riportiamo, con precise e specifiche procedure finalizzate alla tutela dell’ambiente. 9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della persona umana. La tutela dei diritti della persona umana si arricchisce di nuovi strumenti e di nuovi meccanismi, anche in via preventiva e non solo indennitario-risarcitoria, perché vi sono alcuni diritti che una volta compromessi (l’ambiente, la salute etc.) non possono essere ripristinati, e nessuna somma di denaro potrà mai restituire il benessere psico-fisico ormai perduto, o ridare la vita a specie viventi estinte, etc. 9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’. Nella nostra Carta Costituzionale, prima delle recenti e già illustrate modifiche, non sussisteva una tutela immediata e diretta del diritto all’ambiente, anche se si assumeva piena consapevolezza del suo essere il ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’ (Bordon)638. Il degrado ambientale aveva dunque imposto una più attenta riflessione sul diritto all’ambiente, quale bene fondamentale della persona umana, senza essere più circoscritto alla sola tutela dei beni culturali e del patrimonio storico ed artistico. 9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati’ e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali. Già nel 1983, la Corte di Cassazione, aveva anticipato le linee guida che hanno portato all’approvazione dell’art. 18, Legge 08.07.1986, n. 349 e il successivo sviluppo della legislazione639: “In tema di tutela dell’ambiente, la Costituzione con l’art. 9 collega aspetti naturalistici (paesaggio) e culturali (promozione dello sviluppo della cultura e tutela del patrimonio storico artistico) in una visione non statica ma dinamica, non meramente estetica od estrinseca, ma di protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati dalle testimonianze di civiltà; allo stesso modo con l’art. 32 eleva la salute a diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività; mentre sotto altri profili assicura al diritto all’ambiente, in quanto espressione della personalità individuale e sociale, un’adeguata 638 Bordon, 2005, CHI NON INFORMA PAGA: DANNO ESISTENZIALE DA INADEMPIMENTO DEL CONTRATTO DI ASSISTENZA in RCP, 525. 2005a Il diritto all’ambiente, in P. Cendon ( a cura di), I diritti della persona, IV, Giuffrè, Milano, pagg. 443-464. 639 Cassazione Penale, Sez. III, 20 gennaio 1983, n. 421, Mazzola, CODICE DELL’AMBIENTE, 1999, 67. SANITARIA, 174 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO protezione: ambiente come sede della partecipazione (artt. 2, 3, 5); oggetto di difesa per tutti (art. 24); sostrato necessario per l’apprendimento, l’insegnamento, l’arte, la scienza (artt. 33 e 34); limite alla proprietà e all’iniziativa economica (artt. 35, 41, 42, 43, 44); oggetto del coagularsi di forze politiche (art. 49)”. 9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale. L’art. 18 della legge 08.07.1986 n. 349 ha definito il danno ambientale640 e ha tracciato una prima regolamentazione delle azioni di salvaguardia e tutela in un ‘momento di cesura rispetto all’esperienza passata, consacrando il valore ambiente in una sua dimensione e valenza autonome’, un ‘bene immateriale unitario’ che deve essere protetto in forza dei precetti costituzionali di cui agli artt. 9 e 32 della Costituzione, e che è valore primario ed assoluto, in quanto determina la qualità della vita dell’uomo: “L’ambiente è stato considerato un bene immateriale unitario sebbene a varie componenti, ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di tutela; ma tutte, nell’insieme, sono riconducibili ad unità (…). L’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto641 (…). L’ambiente è, quindi, un bene giuridico in quanto riconosciuto e tutelato da norme. Non è certamente possibile oggetto di una situazione soggettiva di tipo appropriativi; ma, appartenendo alla categoria dei c.d. beni liberi è fruibile dalla collettività e dai singoli642”. Anche prima della formulazione normativa tipica di cui all’art. 18 della legge 349 del 1986, la lesione dell’ambiente determinava l’attivazione di una tutela fondata sullo 643 ‘schema di tutela 640 Legge n°349 del 08.07.1986 art. 18: “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. Per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei Conti, di cui all’art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. L’azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo. Le associazioni di cui al precedente art. 13 ed i cittadini, al fine di sollecitare l’esercizio dell’azione da parte dei soggetti legittimati, possono denunciare i fatti lesivi di beni ambientali dei quali siano a conoscenza. Le associazioni individuate in base all’art. 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi. Il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l’ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino, e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone, ove possibile il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. Per la riscossione dei crediti in favore dello Stato risultanti dalle sentenze di condanna si applicano le norme di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639”. 641 La Corte Costituzionale prosegue, evidenziando come l’art. 18, Legge n°349/86, come pure altre norme, costituiscono l‘enucleazioen del precetto costituzionale, necessaria ai fini dell’effettiva precettività e della concreta attuazione nella dinamica dei rapporti giuridici: “Vi sono, poi, le norme ordinarie che, in attuazione di detti precetti, disciplinano ed assicurano il godimento collettivo ed individuale del bene ai consociati; ne assicurano la tutela imponendo a coloro che lo hanno in cura, specifici obblighi di vigilanza e d’interventi. Sanzioni penali, civili ed amministrative rendono la tutela concreta ed efficiente”. (Corte Cost., Sentenza 30.12.1987, n°641). 642 Corte Costituzionale Sentenza n°641 del 30.12.1987 643 Corte Costituzionale, Sentenza n. 247 del 1974. CAPITOLO IX | 175 aquiliana’644, ancorato sulle disposizioni normative di cui agli artt. 2043 e 2059 c.c., sul quale la Corte Costituzionale è tornata ancora con la Sentenza n. 641 del 30.12.87, con la quale ha ripercorso le fasi di emersione giurisprudenziale della tutela risarcitoria del danno ambientale anche generale, e la natura giuridica del bene, immateriale, unitario intrinsecamente, oltre che strettamente connesso agli altri beni e diritti, così da quelli di cui agli artt. 9 e 32, piuttosto che di quelli di cui agli artt. 35, 36, 38 e 41 II comma della Costituzione, e non per nulla la libertà di iniziativa economica e pubblica è confinata entro precisi limiti, posti a tutela non solo della libertà e della dignità della persona ma anche della sua sicurezza, con vincoli anche per il Legislatore645. L’ambiente è dunque un bene unitario e immateriale, con dimensione individuale e collettiva, e limite del potere esecutivo e legislativo, e termine di bilanciamento tra i vari diritti costituzionali, ove l’art. 9 si proietta nell’art. 41 II comma della Costituzione, e l’iniziativa economica pubblica e privata deve essere messa in rapporto con i diritti fondamentali della persona umana, anche attraverso l’interpretazione sistematica e teleologica con le norme che garantiscono la tutela dei diritti fondamentali646. 9.3.6. L’ambiente come bene primario ed assoluto. L’ambiente è647 ‘un bene primario ed un valore assoluto costituzionalmente garantito alla collettività’, attraverso il quale si realizza648 ‘la tutela dei beni culturali sul piano del patrimonio storico ed artistico è contemplata, in Costituzione, insieme a quella del paesaggio - ambiente, come espressione del principio fondamentale dell’ambito territoriale in cui si svolge la vita dell’uomo e si sviluppa la persona umana’, fino al formale riconoscimento con la nuova formulazione dell’art. 117 II comma della Costituzione, in forza del quale ‘lo Stato ha legislazione esclusiva sulle seguenti materie… tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’, che va letto con l’art. 9 della Costituzione, e che senza ombra di dubbio ne rafforza la tutela e ne determina la rilevanza del pregiudizio sofferto individualmente e collettivamente come danno risarcibile649. La norma costituzionale non è senza rilievo in quanto costituisce il diritto all’ambiente, all’ecosistema ed ai beni culturali, in via autonoma, come diritto soggettivo di ogni singolo, oltre che diritto pubblico della collettività, e ne sancisce dunque la risarcibilità, perché ancorata non solo sulle disposizioni normative di cui all’art. 2059 c.c.,in rapporto prima con la norma di cui all’art. 644 Anche con la sentenza 184 del 1986, depositata in data 14.07.86, quando la legge non era ancora in vigore ancorché già approvata, la Corte Costituzionale ha riaffermato la natura aquiliana della responsabilità, e quindi ha legittimato l’impianto normativo, entrato in vigore con la legge 349 del 1986. 645 Corte Costituzionale 30.12.1987, n°641, a proseguire rispetto agli stralci riportati in precedenza, e nel senso voluto dagli autori “Alle varie forme di godimento è accordata una tutela civilistica la quale, peraltro, trova ulteriore supporto nel precetto costituzionale che circoscrive l’iniziativa economica privata (art. 41 cost.) ed in quello che riconosce il diritto di proprietà, ma con i limiti dell’utilità e della funzione sociale (art. 42 cost.). E’, inoltre, specificamente previsto il danno che il bene può subire (art. 18 n. 1). Esso è individuato come compromissione (dell’ambiente) e, cioè, alterazione, deterioramento o distruzione, cagionata da fatti commissivi od omissivi, dolosi o colposi, violatori delle leggi di protezione e di tutela e dei provvedimenti adottati in base ad esse. Le dette violazioni si traducono, in sostanza, nelle vanificazioni delle finalità protettive e per se stesse costituiscono danno. La responsabilità che si contrae è correttamente inserita nell’ambito e nello schema della tutela aquiliana (art. 2043 c.c.). Questa Corte (sentt. n. 247/74 e n. 184/86) ha già ritenuto possibile il ricorso all’art. 2043 c.c. in tema di lesione della salute umana, dell’integrità dell’ambiente naturale e di danno biologico. Si è così in grado di provvedere non solo alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato ma anche a prevenire ed a sanzionare l’illecito. Il tipo di responsabilità civile ben può assumere, nel contempo, compiti preventivi e sanzionatori”, Corte Costituzionale conforme Sentenza n. 388 del 30.07.1992. 646 Conforme Sentenza della Corte Costituzionale 30.07.1992, n. 388 647 Corte Costituzionale, Sentenza n. 641 del 30.12.1987. 648 Corte cost. 1° aprile 1998, n. 85, CS, 1998, II, 502 649 Anche alla luce delle SS.UU. Sentenza n. 26972 del 2008, con la quale si afferma che i pregiudizi anche quelli non patrimoniali, debbono essere risarciti integralmente se sofferti per lesione dei diritti costituzionali ovvero tipicamente enunciati da una norma di diritto. 176 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 2043 c.c., e poi anche con le norme specifiche in materia ambientale, tra le quali quelle di cui agli artt. 9 e 117, e quindi con quelle di cui agli artt. 2, 3 e 4, 35, 36 e 41 II° comma, piuttosto che con l’art. 32 della Costituzione, e anche in assenza di lesione all’integrità psicofisica, con determinazione equitativa, poiché650 “Va riconosciuto lo sforzo in atto di dare un riconoscimento specifico alla salvaguardia dell’ambiente come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettività e di creare istituti giuridici per la sua protezione. Si tende, cioè, ad una concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali. Esso comprende la conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti), l’esigenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale ed in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni. Trattasi di valori che in sostanza la Costituzione prevede e garantisce (artt. 9 e 32 Cost.), alla stregua dei quali le norme di previsione abbisognano di una sempre più moderna interpretazione”. Il diritto all’ambiente come diritto soggettivo di ogni singolo, di ogni essere vivente, anche vegetale, assume altresì un rilievo anche nella dimensione collettiva, del danno ambientale in generale, e nell’ambito di tutela, che si può azionare in via preventiva e in via risarcitoria, di ogni pregiudizio sofferto individualmente e collettivamente. Dopo gli interventi del Legislatore comunitario e internazionale, oltre che di quello nazionale, non può essere messo in dubbio che ogni lesione deve essere risarcita, o con azione innanzi al Giudice civile, o con la costituzione di parte civile nel procedimento penale eventualmente pendente, e ciò singolarmente, o con associazioni anche non riconosciute. 650 Corte cost. 22 maggio 1987, n. 210, RgAmbiente, 1987, 334. Capiloto X Igiene e sicurezza del lavoro SOMMARIO: 10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie. 1.2 La direttiva quadro 89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale. 10.2.1 I soggetti della sicurezza. 10.2.2 La prevenzione dei rischi alla fonte. 10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi. 10.2.4 Garanzia della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. 10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro. 10.4 Le misure di prevenzione. 10.5 Informazione e formazione dei lavoratori. 10.6 Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione. 10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla massima sicurezza tecnicamente possibile. 10.8 Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE. 10.9 Esigenza di un ‘testo unico’. 10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici. 10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie. L’Unione Europea e gli Stati membri ‘hanno come obiettivi la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione’ come recita l’art. 151 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, riaffermato in numerose Direttive e altri atti normativi di fonte comunitaria; questi principi ispirano le proposte del Comitato Consultivo per la Sicurezza l’igiene e la tutela della sanità sul luogo di lavoro (composto da rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei governi, ai fini del ‘dialogo sociale’), che la Commissione è chiamata a vagliare. Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali preoccupano gli Stati membri e l’Unione in termini umani ed economici, ed è stata istituita l’‘Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro’, con regolamento del Consiglio 18 luglio 1994, n. 2062 - aggiornato dal regolamento 29 giugno 1995, n. 1463/95 - che tra i suoi fini annovera anche quelli di raccogliere e diffondere informazioni tecniche e scientifiche, contribuire allo sviluppo dei programmi dell'Unione, raggiungere le finalità stabilite dall’art. 151 TFUE, oltre che di ispirare ulteriori iniziative legislative e le decisioni della Corte di Giustizia quest’ultima, per l’influsso delle culture nordiche, più attente alla sicurezza sul lavoro, ha costituito uno strumento formidabile per l’enucleazione evolutiva di principi di diritto comunitario coerenti con le finalità, e vincolanti per tutti gli Stati membri, e capace di influenzare in misura portentosa anche la nostra legislazione nazionale. Nel 1980 è stato emanato un primo complesso organico di norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, costituito dalla direttiva quadro 80/1107/CEE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, successivamente modificata con la direttiva n. 88/642/CEE del 16 dicembre 1988 - ed alla quale hanno fatto seguito quattro direttive particolari relative ai singoli agenti di rischio: - direttiva n. 82/605/CEE del 28 luglio 1982 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad un'esposizione al piombo metallico ed ai suoi composti ionici durante il lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE)’; 178 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO - direttiva n. 83/477/CEE del 19 settembre 1983 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro (II direttiva particolare ai sensi dell’art. 8 della direttiva 80/1107/CEE)’, successivamente modificata dalla direttiva n. 2003/18/CE del 27 marzo 2003; e sostituita con la direttiva 2009/148/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro’; - direttiva n. 86/188/CEE del 12 maggio 1986 ‘in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro’; - direttiva n. 88/364/CEE del 9 giugno 1988 ‘sulla protezione dei lavoratori mediante il divieto di taluni agenti specifici e/o di talune attività (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE)’. La direttiva quadro n. 80/1107 del 1980 e le direttive particolari n. 80/605, n. 86/188, e la direttiva 83/477/CEE del 19.09.1983, sono state recepite dal d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277. La direttiva particolare n. 88/364 è stata recepita dal d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 77. La direttiva n. 2003/18/ce è stata recepita dal d.lgs. 25 luglio 2006, n. 257, che inserisce il Titolo VI-bis nel d.lgs. n. 626 del 1994. La Comunità ha poi adottato la direttiva quadro n. 89/391, del 12 giugno 1989, avente ad oggetto misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, per prevenire infortuni sul lavoro e malattie professionali, attraverso la prevenzione e la limitazione dei rischi professionali; con l'informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti in materia di sicurezza, e prevedeva anche l’adozione di direttive particolari, per determinati settori o aspetti della sicurezza. Furono emanate dunque le seguenti direttive: - direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/654 ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/655 ‘relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’, successivamente modificata dalla direttiva del 5 dicembre 1995, n. 95/63 e dalla direttiva del 27 giugno 2001, n. 2001/45/CE; - direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/656 ‘relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte di lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 29 maggio 1990, n. 90/269 ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale dei carichi che comporta tra l'altro rischi dorsolombari per il lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 29 maggio 1990, n. 90/270 ‘relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’651; 651 Sull'applicabilità soggettiva delle disposizioni della direttiva, cfr. Corte giust. 6 luglio 2000, causa C-11/99, in Guida al lavoro, 2000, 29, 27. V., inoltre, Corte giust. 24 ottobre 2002, causa C-455/00, ivi, 2002, 50, 97, che ha condannato l'Italia per mancata attuazione della direttiva nella parte in cui non il d.lgs. di recepimento n. 626 del 1994 non indica espressamente le condizioni a seguito delle quali si configura il diritto del lavoratore ad ottenere i dispositivi speciali di protezione. L'art. 7 della legge comunitaria 2002 (l. 3 febbraio 2003, n. 14) dà attuazione al dettato della Corte ponendo CAPITOLO X | 179 - direttiva del 29 aprile 2004, n. 2004/37/CE ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio)’; - direttiva del 18 settembre 2000, n. 2000/54 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro individuale (settima direttiva ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 24 giugno 1992, n. 92/57 ‘riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 24 giugno 1992, n. 92/58 ‘recante le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o salute sul luogo di lavoro (nona direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 19 ottobre 1992, n. 92/85 ‘concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti e puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1) di Direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 3 novembre 1992, n. 92/91 ‘relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione (undicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 3 dicembre 1992, n. 92/104 ‘concernente le prescrizioni minime per il miglioramento della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori in superficie e sotterranee industrie estrattive (dodicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391 / CEE)’; - direttiva del 23 novembre 1993, n. 93/103 ‘riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo dei pescherecci (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’652; - direttiva del 7 aprile 1998, n. 98/24 ‘sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 16 dicembre 1999, n. 1999/92 ‘relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive (quindicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1) di Direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE ‘sulla salute prescrizioni minime di sicurezza relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi del Articolo 16 (1) della direttiva 89/391/CEE)’; - direttiva del 29 aprile 2004, n. 2004/40/CE ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; a carico del datore di lavoro l'obbligo di fornire ai lavoratori dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta qualora il risultato degli esami ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali. Peraltro, la Corte giust. 10 aprile 2003, causa C-65/01, in Guida al diritto, 2003, 17, 90 ss. 652 Cfr. Corte giust. 21 settembre 1999, causa C-362/98, Commissione v. Repubblica italiana, in Dir. prat. lav., 2000, 27, XIV, secondo cui l'Italia è venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva. 180 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO - direttiva 5 aprile 2006, n. 2006/25/CE ‘sulla salute prescrizioni minime di sicurezza relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’; La direttiva quadro n. 89/391 del 1989 e le prime sette direttive particolari sono state recepite dal d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, successivamente modificato dal d.lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Le modifiche apportate dalle direttive n. 97/42 e n. 99/38 alla sesta direttiva particolare sulla protezione da agenti cancerogeni sono state recepite nell'ordinamento interno dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. L'ottava a la nona direttiva particolare sono state rispettivamente recepite dai d.lgs. 14 agosto 1996, n. 493 e n. 494. La decima direttiva particolare è stata recepita dal d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645, l'undicesima e la dodicesima sono state recepite dal d.lgs. 25 novembre 1996, n. 624, la tredicesima dal d.lgs. 17 agosto 1999, n. 298; la quattordicesima dal d.lgs. 2 febbraio 2002, n. 25; la quindicesima dal d.lgs. 12 giugno 2003, n. 233; la sedicesima dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 187; la diciassettesima dal d.lgs. 10 aprile 2006, n. 195; la diciottesima dal d.lgs. 19 novembre 2007, n. 257, che integra il d.lgs. n. 626 del 1994, aggiungendovi il titolo V-bis. Per completare il quadro della normativa comunitaria in tema di tutela della salute occorre poi ricordare: - la direttiva del 25 giugno 1991, n. 91/383 ‘che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici con una durata del rapporto di lavoro fisso o un rapporto di lavoro interinale’; - la direttiva del 23 novembre 1993, n. 93/104 ‘concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro’, successivamente modificata dalla direttiva 22 giugno 2000, n. 2000/34; - la direttiva del 9 dicembre 1996, n. 96/82 ‘sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose’. 10.2 La direttiva quadro 89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale. La direttiva quadro n. 89/391 contempla prescrizioni minime di tutela delle condizioni e della sicurezza sul lavoro, per prevenire alla fonte qualsiasi occasione di rischio per la salute e l’incolumità psicofisica dei prestatori d’opera, attraverso una nuova cultura della organizzazione dei sistemi di produzione, con la sola eccezione delle forze armate, della polizia, dei servizi di protezione civile, degli addetti ai servizi domestici (art. 2, III comma, lettera a). 10.2.1 I soggetti della sicurezza. Il lavoratore; il datore di lavoro; il medico competente; il responsabile del servizio di prevenzione e protezione; il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nel servizio di prevenzione e protezione dai rischi, sono gli attori e i protagonisti della sicurezza e le loro definizioni sono state riportate pedissequamente prima nel D.Lgs 626/94, e poi nella ulteriore legislazione, non senza dover correre ai ripari nei casi di evidente discrasia come per la definizione del datore di lavoro la cui nozione non poteva essere limitata a quella di ‘qualsiasi persona fisica o giuridica o soggetto pubblico che è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la responsabilità dell'impresa ovvero dello stabilimento’ quanto piuttosto più correttamente, anche in seguito alle modifiche disposte con il D.L.vo 242/1986 e con la legge n. 39 dell’01.03.2002, come effettivo responsabile della garanzia della prevenzione, in qualsiasi struttura nella quale è svolta attività (anche ricreativa e culturale ovvero nell’ambito militare). CAPITOLO X | 181 10.2.2 La prevenzione dei rischi alla fonte. Questo principio si deduce chiaramente dall’obbligo posto a carico dei soggetti esterni all'impresa - quali i progettisti degli impianti e dei luoghi di lavoro, i concedenti in leasing di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti - di rispettare le misure di prevenzione fin dal momento delle scelte progettuali e tecniche degli impianti e dei posti di lavoro; dall’obbligo del datore di lavoro di valutazione preventiva di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e di predisposizione di un programma di attuazione delle misure preventive (art. 4, 1° comma del d.lgs. n. 626 del 1994)653, con la collaborazione di un numero di soggetti più ampio rispetto a quello tradizionalmente previsto nell’ordinamento nazionale. Si vengono a creare nuove figure protagoniste della prevenzione, dal ‘medico competente’, designato dal datore di lavoro tra i sanitari in possesso della relativa specializzazione, o tra coloro che lo fossero in medicina legale; a quella del ‘responsabile del servizio di prevenzione e protezione’, il quale, nelle aziende che hanno un limitato numero di dipendenti, può coincidere con il datore di lavoro, e nelle altre con uno di loro, purché in possesso di attitudini e capacità adeguate; solo qualora manchi questa figura tra i dipendenti, l’incarico può essere affidato ad una persona esterna, che abbia le conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione e protezione654 del ‘rappresentante per la sicurezza’ eletto o designato dai lavoratori; ed i lavoratori stessi, chiamati a collaborare con gli altri attori della prevenzione. 10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi. La procedimentalizzazione dell’obbligo di valutazione del rischio al fine della elaborazione del programma per le doverose misure di protezione, ha reso necessario dover elaborare un apposito documento, custodito presso l’azienda ed esaminato almeno una volta all'anno in una riunione, cui partecipano il datore di lavoro, il rappresentante del servizio di prevenzione, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il medico competente. Tale documentazione è comunque sempre a disposizione degli organi di vigilanza e dei rappresentanti dei lavoratori. Ne consegue una trasparenza delle decisioni del datore di lavoro, che può avere successivamente effetti rilevanti in tema di responsabilità penale dello stesso. Anche se nella concreta realtà alla previsione normativa non si è accompagnata una concreta ed efficace attuazione tale da determinare un effettivo miglioramento degli standard di sicurezza, e si è trasformata più che altro in burocratico e formale adempimento dei precetti, come è facilmente dimostrabile dall’alto numero di infortuni sul lavoro e malattie professionali. Soprattutto, la prevenzione che si fonda sulla valutazione del rischio, presuppone l’arroganza dell’essere umano di poter determinare a priori tutte le variabili degli accadimenti e delle conseguenze sulla persona, che sono le più variabili, dove quest’ultima è la variabile più imprevedibile (si pensi a chi è predisposto per alcune patologie, per cui è sufficiente la minima esposizione; oppure al logoramento, magari con turni di lavoro particolarmente lunghi, che aumenta le probabilità di infortunio, etc.), e che ci porta a ritenere la insufficienza di questo criterio, rispetto a quello della rimozione e dell’annullamento del rischio, che è l’unico strumento attraverso il quale 653 Il testo dell'art. 4, 1° comma è stato così modificato dall'art. 21 della l. 1° marzo 2002, n. 39, in attuazione della sentenza della Corte giust. 15 novembre 2001, causa C-49/00, che ha considerato inadempiente lo stato italiano perchè l'art. 4, 1° comma del d.lgs. n. 626 del 1994 nella sua primitiva formulazione non costituiva una corretta trasposizione dell'art. 6, n. 3, lett. a della direttiva. Infatti, quest'ultima impone al datore di lavoro di valutare i rischi per la salute e sicurezza esistenti sul luogo di lavoro, mentre la norma traspositiva interna enumerava solo tre tipi di rischi: attrezzature di lavoro; sostanze e preparati chimici impiegati; sistemazione dei luoghi di lavoro. 654 V. l'art. 8, 6° comma del decreto nel testo modificato dall'art. 21 della l. 1° marzo 2002, n. 39, in attuazione della decisione della Corte giust. n. C-49/00 del 15 novembre 2001. 182 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO annullare tutte le variabili, e realizzare i precetti costituzionali già illustrati. 10.2.4. Garanzia della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. Con l’art. 2087 c.c., il Legislatore del 1942 recepisce le massime della giurisprudenza della Corte di Cassazione e le istanze della dottrina più accorta e impone una espressa previsione di tutela della personalità morale e dell’incolumità del lavoratore, adeguate alla ‘particolarità del lavoro, esperienza e tecnica’, come avente natura di obbligo contrattuale, oggetto della obbligazione, ovvero accessorio, pur sempre vincolante per il datore di lavoro e già dal momento dell’inserimento nell’organizzazione produttiva e a prescindere dagli obblighi assicurativi specifici. La norma sancisce l’emersione di un diritto soggettivo del lavoratore alla sicurezza, che trova la sua fonte anche nelle norme di cui agli artt. 2, 32, I° comma, 35, 36, 38 e 41 II comma della Costituzione, attraverso i quali questi principi costituzionali in materia di tutela dei cittadini e della persona umana confluiscono nella disciplina del rapporto di lavoro, che pertanto oltre che dal contratto è regolato anche dalla legge, ai massimi livelli delle sue fonti, e con principi supercostituzionali che non possono essere oggetto di revisione. L’art. 2087 c.c. non può non essere letto in relazione alle norme di cui agli artt. 2, 4, 32 e 41 II° comma, che per effetto delle norme di cui agli artt. 35 e 36 della Costituzione, qualifica la salute e l’incolumità psicofisica e la tutela della dignità umana nel luogo di lavoro come diritti assoluti, incoercibili e insopprimibili, non negoziabili, anche nell’ottica della logica economica della produzione e del profitto, o del limite di bilancio degli enti pubblici e dello Stato. L’art. 2087 c.c. è una vera e propria norma di prevenzione, avente carattere generale e sussidiario rispetto alla particolare disciplina dei vari decreti, che costituiscono una specifica applicazione dell’ampio principio di tutela della condizioni di lavoro senza esaurire il dovere generale e il suo contenuto, poiché impone l’obbligo di provvedere agli ulteriori e necessari mezzi protettivi anche se non previsti dalle leggi speciali. La sussidiarietà va interpretata come integrazione, ispirata alla dinamica dei tempi, e alla pericolosità dell’ambiente, secondo regole di prudenza e diligenza, e del rispetto di ogni regola anche non scritta, e come tensione della massima sicurezza per il lavoratore, sia attraverso una adeguata strutturazione degli impianti, con l’osservanza delle opportune regole di condotta, sia con l’adozione di tutte le misure utili per rimuovere ogni causa di pericolo, sia come obbligo del datore di lavoro e dei preposti ad un continuo aggiornamento. L’obbligo di prevenzione si lega anche al progresso tecnologico, e la norma quando impone al datore di lavoro di ‘adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore’, deve tradursi come obbligo di utilizzo di ogni misura suggerita dalla tecnica più progredita, ispirata al sapere scientifico in continua evoluzione ed aggiornamento, per rimuovere i rischi alla radice655, con costante adeguamento degli ambienti, degli impianti, delle attrezzature, man mano che si assiste allo sviluppo tecnico scientifico, ancorché in assenza di un obbligo codificato656, per assicurare il risultato oggetto della garanzia657. La norma di cui all’art. 2087 c.c., che anticipa di decenni le disposizioni proprie del diritto comunitario, integrata con i precetti costituzionali, impone al datore di lavoro di adempiere 655 G.Marando, LA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SISTEMA DELLA GIURISPRUDENZA, in Teoria e pratica del diritto, Giuffrè, Milano, 1992, pp. 9-11. 656 G.Marino, AMBIENTE DI LAVORO, in M.Dell’Olio, DIRITTO DEL LAVORO, DIZIONARI DEL DIRITTO PRIVATO a cura di N.Irti, Giuffrè, pp.2-3. 657 DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, p.111. CAPITOLO X | 183 esattamente l’obbligo di sicurezza che non si esaurisce nell’adempimento esatto delle specifiche disposizioni di legge, in relazione al tipo specifico di attività imprenditoriale, e si estende all’obbligo di conoscenza delle situazioni di rischio del dipendente e dell’onere di adottare ogni prudente e diligente strumento di tutela, per la salute, che siano necessarie anche in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza ed alla tecnica (art. 2087 c.c.): Cass. Sez. Lav. 03.07.08, n. 18376, secondo l’utilizzo ‘della migliore tecnologia disponibile’ poiché ‘occorre attribuire sicura preminenza al bene della sicurezza e della salute della persona/lavoratore rispetto ad altri interessi costituzionalmente garantiti, ma condizionati (art. 41, II° comma, Cost. rispetto agli artt. 32 e 35 della Costituzione)’ (cfr. Cassazione Penale IV^ Sezione, Sentenza n. 12799 del 29.03.07, conforme Corte di Giustizia della Comunità Europea, Sentenza 12.11.1996 in causa C-84/1994), senza che i costi economici e le esigenze della produzione lo possano comprimere o affievolire (cfr. art. 41, II comma, Cost., che impone limiti all’iniziativa economica privata, per salvaguardare ‘la sicurezza,… la libertà,… la dignità umana’; in giurisprudenza Cassazione Penale, Sezione IV^, Sentenza n. 12799 del 29.03.07). La Corte di Cassazione in sede penale prima con Sentenza n. 10164 del 27 settembre 1994; e poi con Sentenza n. 11424 del 3 novembre 1998 ha stabilito che “il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza (…) sicché non è sufficiente che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa più sicura” e che658 “La responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di norme di diritto oggettivo esistenti o di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psico-fisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico”. L’art. 2087 c.c., per la sua portata generale, chiude il sistema di prevenzione con una ‘norma aperta’ volta a supplire alle lacune di una disciplina che non può prevedere ogni fattore di rischio; pronta a raccogliere e soddisfare le esigenze del miglioramento e della sicurezza nell’ambiente di lavoro, pur nella realtà mutevole delle tecniche. 10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro. Qualora si verifichi un infortunio per l’inosservanza del precetto, sussiste responsabilità contrattuale, ed in via alternativa extracontrattuale, con il conseguente diritto del dipendente ad ottenere l’integrale risarcimento di tutti i danni, tale da integrare la norma di cui all’art. 43 c.p., che in relazione ad eventi lesivi potrà assumere rilievo anche penalistico, poiché si concretizza in violazione dei precetti contemplati nelle norme di cui agli artt. 437 (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) e 451 (Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro) c.p. e costituisce circostanza aggravante di cui agli artt. 589 (Omicidio 658 Corte di Cassazione Sentenza n. 15078 del 26.06.2009. 184 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO colposo), II comma, e 590 (Lesioni personali colpose), III comma, c.p. La norma di cui all’art. 2087 c.c. integra i precetti penali posti a presidio della pubblica incolumità e della tutela della persona rispetto al rischio di una lesione di beni fondamentali che trovano nella Carta Costituzionale la loro prima garanzia, e dunque costituisce il dovere dell’imprenditore, anche penalmente rilevante, come garante dell’integrità fisica dei prestatori di lavoro, e definisce, insieme all’interesse oggetto della garanzia, il contenuto della garanzia stessa (apprestare ogni misura ‘necessaria’) e il criterio di determinazione della garanzia dovuta (la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica). In tal modo l’art. 2087 c.c. delinea un modello di comportamento dovuto all’imprenditore (o un modello di buon imprenditore659) che è direttamente rilevante ai fini del giudizio di colpa660. Le norme di cui all’art. 2087 c.c. sanciscono ulteriori obblighi del datore di lavoro rispetto a quelli di ‘prudenza, perizia e diligenza’ propri di ogni contratto, in ragione delle norme cautelari specifiche, e di tutte le altre che possono e debbono essere adottate, il cui adempimento richiede l’attuazione di ogni misura ‘necessaria’ all’effettiva salvaguardia del bene tutelato661, rispetto alle quali l’imprenditore ha una posizione di garanzia, con precetto che deve essere riferito a qualsiasi situazione lavorativa (compresa la pubblica amministrazione), a prescindere dalle dimensioni dell’impresa; e quindi anche nella realtà di lavoro subordinato non relativo all’esercizio di un’impresa, ed esteso anche ai dirigenti662 e a tutti gli altri attori della sicurezza663. 10.4 Le misure di prevenzione. L’obbligo di tutela imposto dall’imprenditore dall’art. 2087 c.c. assume diversa fisionomia e diversa estensione in relazione al tipo di lavoro, ai pericoli in esso insiti, ai rapporti nei quali il lavoratore si trova con i vari soggetti dell’impresa. E’ per questo che il legislatore si limita opportunamente a porre (usando una formula generica e nel contempo ampia) che le misure da adottare sono quelle necessarie ai fini dell’anzidetta tutela: necessarie e, quindi, oltre alle misure previste dalle leggi speciali e dai regolamenti, anche tutte quelle che (anche in base ad altre fonti lato sensu e a disposizioni impartite dalle competenti autorità pubbliche) sono da considerare indispensabili per la difesa dell’incolumità dei lavoratori664. Lo stesso legislatore soggiunge, perché non si travalichino i criteri della ragionevolezza, che i parametri direttivi per l’individuazione delle misure che garantiscano l’effettività della tutela delle condizioni sono questi tre: a) la particolarità del lavoro, da intendersi come il complesso degli elementi che caratterizzano il lavoro stesso e nella quale rientrano, adducendoli in esempio come esattamente si è già fatto da altri, i processi usati per la produzione; le tecniche lavorative adottate; le sostanze 659 Si ritiene altresì che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., rientri fra i doveri del datore accertare l’idoneità del dipendente a una determinata attività che possa sottoporlo a specifici rischi, v.indicazioni in Riv.giur.lav., 1984, IV, 65. 660 DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, p.110. 661 DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, pp.110-111. 662 La tesi è perfettamente in linea con il principio, desumibile dal sistema, della «totalità» della sicurezza, che non va circoscritta ad una parte soltanto dei soggetti nell’impresa, né ad alcuni mezzi e misure protettive, incontrando l’unico limite per le persone obbligate derivante dalla definizione delle rispettive sfere di competenza, in G.Marando, op. cit., pp. 11-13. 663 Meglio illustrato in Bonanni, Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE. MCS AMIANTO & GIUSTIZIA, Ed. Minerva Medica, Torino, 2011. 664 Il che significa - per dirla con il Bianchi D’urso, PROFILI GIURIDICI DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, cit. p.183 - che l’obbligo di sicurezza viene soddisfatto quando siano realizzate non solo le misure ‘tipiche’, ma ogni altra misura ‘atipica’ concretamente rispondente alle molteplici esigenze protettive proprie di qualsiasi organizzazione protettiva. Si veda anche Assanti, CONSIDERAZIONI SUI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI MISURE DI SICUREZZA, in Securitas, 1965, pp.112 e ss. CAPITOLO X | 185 impiegate (tossiche, asfissianti, esplodenti, specificamente nocive alla salute); le condizioni dell’ambiente lavorativo, cioè tutti gli elementi che direttamente o indirettamente concorrono a costituire la specifica pericolosità di ogni singola attività lavorativa665; b) l’esperienza, che si acquisisce per prova fattane direttamente o per averla veduta fare da altri in altre lavorazioni similari (donde l’opportunità, anzi l’obbligo dell’imprenditore di dar mente a quanto di nuovo e più efficace eventualmente si adotti di là dalla propria azienda)666; c) la tecnica, i cui dati sono da aggiornare in relazione al progresso e alle conquiste della scienza. Si conviene che le anzidette misure debbano essere adottate in relazione alle normali doti di capacità intellettuale, morale e fisica dei lavoratori dipendenti, ‘senza escludere anche un obbligo di tutela ad hoc per il singolo lavoratore quando le esigenze del rapporto e dell’ambiente lo impongano inderogabilmente’667. Ed è ovvio che l’imprenditore non possa limitarsi soltanto a predisporre codeste misure, ma debba controllare che esse siano usate nel modo più acconcio e debba avvertire i lavoratori preliminarmente o, comunque, tempestivamente - dei pericoli a cui si espongono anche con l’inosservanza delle particolareggiate istruzioni e direttive che, ad ogni buon fine, debbono essere impartite dall’imprenditore stesso. Le misure di sicurezza devono essere adottate con riferimento non solo alle caratteristiche oggettive dell'organizzazione di lavoro, ma anche alle condizioni soggettive di salute di ciascun lavoratore. A tal fine la direttiva richiede di effettuare nelle lavorazioni a rischio per il tramite del medico competente una sorveglianza sanitaria di carattere preventivo - intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati - e di carattere periodico per controllare lo stato di salute dei lavoratori. Inoltre, il datore di lavoro - nell'affidare i compiti ai lavoratori deve tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute ed alla loro sicurezza. Il lavoratore deve poi essere allontanato dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona. 10.5 Informazione e formazione dei lavoratori. Si inaugura una nuova stagione in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto l’art. 10 estende l’obbligo del datore di lavoro di informare i lavoratori sui rischi non solo specifici cui sono esposti in relazione all'attività svolta, così come da tempo è previsto dalla normativa interna, ma anche in generale sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa (art. 10); di formarli dall’assunzione, fino al cambiamento delle mansioni o in caso di introduzione di nuove tecnologie, e con i necessari aggiornamenti, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (art. 12). Si tratta di un'importante novità della direttiva, la quale è ispirata ad una filosofia di partecipazione attiva dei lavoratori alla politica di prevenzione in materia di sicurezza. 10.6. Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione. Il rappresentante per la sicurezza - eletto o designato dai lavoratori - gode di una serie di diritti, quali: l'accesso ai luoghi di lavoro; l'informazione e la consultazione in materia di prevenzione; la partecipazione alle riunioni periodiche in materia di salute; la possibilità di ricorso 665 Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit. p. 223. 666 cit. p.85. Si veda anche Lega, LA CAPACITÀ Resta escluso che l’imprenditore debba ricercare a proprie spese nuove misure di prevenzione e fare sperimentazioni pratiche in proprio: Barchi, NOTE IN TEMA DI RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO EX ART. 2087 C.C., cit., p.105. 667 Lega, LA CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., p.221. 186 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO alle autorità competenti qualora ritenga che le misure adottate dal datore di lavoro siano inidonee a tutelare la salute dei lavoratori; peraltro riproducendo sostanzialmente una norma già contemplata nell’art. 9 della legge n. 300 del 20.05.1970 (Statuto dei lavoratori)668, che stabilisce espressamente: “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”. Peraltro mai attuata e passata sotto silenzio: non esiste memoria di rappresentanze di lavoratori che avessero controllato l’applicazione di norme inesistenti fino ai tempi recenti per prevenire patologie tumorali tra le più gravi, o che promuovano iniziative finalizzate ‘a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica’, sicché anche la norma di diritto comunitario si è tradotta in adempimenti meramente formali e comunque non in grado di incidere concretamente ed efficacemente sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, come dimostra - non ci stancheremo mai di ripeterlo - il triste bilancio degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. 10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla massima sicurezza tecnicamente possibile. Il lavoratore ha un diritto soggettivo direttamente azionabile nei confronti del datore di lavoro affinché siano adottate tutte le misure idonee alla prevenzione di ogni rischio, e non già soltanto un cosiddetto interesse legittimo, pur con qualche voce dottrinaria dissenziente669. C’è chi sostiene recisamente la natura pubblicistica del dovere di tutela delle condizioni di lavoro, che lungi dal costituire il contenuto di una specifica obbligazione contrattuale nei confronti dei singoli datori di lavoro, deve interpretarsi come un dovere di carattere generale, posto essenzialmente nei confronti dello Stato e solo indirettamente a vantaggio dei singoli lavoratori, la cui situazione soggettiva, perciò, dovrebbe considerarsi come un interesse legittimo alla predisposizione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza. Un elemento a favore di tale impostazione andrebbe individuato nella già ricordata coincidenza tra il fatto costituente violazione della disposizione dell’art. 2087 e la responsabilità penale che confermerebbe la stretta connessione tra la sicurezza del lavoro e l’interesse di tutta la comunità: è, comunque, correttamente escluso che la situazione soggettiva di vantaggio del singolo, 668 Con il titolo “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. 669 Nel cosiddetto interesse legittimo la norma è posta per la tutela dell’interesse generale, rispetto alla quale alcuni individui, per date circostanze e situazioni, in cui vengono a trovarsi rispetto alla materia regolata dalla norma, traggono un particolare, personale vantaggio dalla osservanza della medesima. L’interesse individuale certamente non arriva a soggettivarsi fino al punto da non essere considerato compenetrato con quello generale; nondimeno esso è diverso da quello che può avere un qualsiasi altro soggetto, sicché, logicamente, gli è accordata una difesa. Questa difese è, però, indiretta: la volontà del soggetto portatore dell’interesse distinto non essendo facultata e potenziata, l’interesse stesso è tutelato soltanto di riflesso, cioè in occasione della tutela dell’interesse generale. I mezzi giuridici, in altri termini, sono predisposti per la difesa dell’interesse generale, ma attraverso questa il singolo consegue la piena soddisfazione del proprio interesse. Nel caso di diritto soggettivo, invece, la volontà del suo titolare è riconosciuta in modo diretto, non casuale, e la norma che esso di volta in volta può invocare ha per scopo la tutela del suo interesse individuale. Il diritto soggettivo, pertanto, può essere definito come la potestà giuridica di volere ed agire, riconosciuta dal diritto (inteso come norma) ad un soggetto per la diretta ed immediata tutela di un interesse che si individua in modo specifico nel soggetto stesso. CAPITOLO X | 187 tutelata solo indirettamente, comporti necessariamente l’attribuzione al datore di lavoro di un ampio potere discrezionale nel determinare le misure idonee ad assicurare la sicurezza del lavoro670. C’è chi sostiene, invece, che dall’art. 2087 - che si inserisce nella disciplina del rapporto di lavoro nell’impresa, e che pone non un obbligo generico che si ricolleghi solo ad un interesse generale, ma un obbligo specifico nell’ambito di detto rapporto sinallagmatico - non può sorgere, per il lavoratore, che una posizione attiva di diritto soggettivo e non può per contro sorgere, per l’imprenditore, altro che non una posizione passiva di dovere o di obbligo in senso stretto671. Ma non mancano le posizioni intermedie o compromissorie, come dir si voglia. Così alcuni sostengono che il diritto soggettivo del lavoratore ad ottenere prima dell’inizio del lavoro le misure protettive indispensabili affinché l’esecuzione della prestazione avvenga in modo a lui non nocivo potrà sorgere solo quando è configurabile un diritto del lavoratore a esplicare di fatto la prestazione pattuita (lavoro in prova, limitatamente al periodo di prova e finché non sia intervenuta in esso la disdetta; tirocinio; molti casi di lavoro artistico, teatrale, sportivo, giornalistico e simili)672. Ed altri - restii a riporre fiducia pressoché illimitata nella sufficienza del momento pubblicistico a garantire comunque la soddisfazione dell’interesse del prestatore alla tutela e alla protezione del bene nominato nell’art. 32 della Costituzione - sostengono la duplice rilevanza del dovere di sicurezza ex art. 2087, convinti che non vi siano “motivi plausibili per escludere che alla posizione di vincolo per l’imprenditore corrisponda, ex art.2087 c.c., il diritto di credito del singolo prestatore, rectius la pretesa alla garanzia di un ambiente di lavoro sano ed esente da rischi, entro il quale l’obbligazione possa essere adempiuta senza pregiudizio per l’integrità fisica e morale del debitore di opere”. ‘Non è detto che la stessa norma [art.2087] non debba essere riletta e interpretata alla luce delle successive vicende storiche, legislative e costituzionali. Dopo tutto (…) la Carta costituzionale ha riconosciuto la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività (art.32) legittimando così la rilevanza di tale bene nell’ambito privato e nella sfera pubblica e, perciò, la possibile concorrenza di diversi strumenti di tutela e di reazione con effetti e conseguenze tipo logicamente distinte’673. Fa chiaramente eco chi sostiene ‘che non di interesse legittimo si deve parlare con riguardo alla situazione giuridica del creditore di sicurezza, ma semmai di diritto ‘superprotetto’, in ragione della peculiare bivalenza della norma protettiva [art. 2087] che comporta un dovere verso lo Stato e un obbligo verso i privati, rendendo possibile la concorrenza di strumenti di tutela privatistici e pubblicistici674; e chi aggiunge che ‘per la nozione stessa di obbligazione è sufficiente che il comportamento imposto (magari dalla legge: artt. 1173 e 1374 c.c.) al debitore sia idoneo a 670 Così, a titolo esemplificativo, D’Eufemia, NORME INDEROGABILI E INTERESSI LEGITTIMI NEL RAPPORTO DI LAVORO loc. cit., pp. 9 e ss. e 16 e ss.; Levi Sandri, LA TUTELA DELL’IGIENE E DELLA SICUREZZA DEL LAVORO, loc. cit., pp. 388 e ss. 671 Così, ancora a titolo esemplificativo, De Litala, IL CONTRATTO DI LAVORO, Torino, 1956, p.380; Tamburrino, LA TUTELA DELLA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SINALLAGMA CONTRATTUALE, loc. cit., pp.72 e ss.; Persico, TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO: UNA NUOVA FASE, loc. cit., p. 490. 672 Lega, LA CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., pp. 244 ss.; ID. INTRODUZIONE AL DIRITTO PREVENZIONISTICO, cit., p.47. V. anche Pera, OSSERVAZIONI SUL C.D. OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO, loc. cit., pp. 869 e ss. 673 Così testualmente Montuschi, DIRITTO ALLA SALUTE E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, cit., pp.56 e ss. 674 Bianchi D’Urso, PROFILI GIURIDICI DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, cit., p.53, Cfr. anche Lega, LA CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., pp.225 e ss.; Azzalini, ISTITUZIONI DI DIR. LAV. E DELLA PREV. INF., cit., pp. 546 e ss; Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, cit., pp. 58,70 e 81 e ss. Di una responsabilità pubblicisticamente contrattuale parla il Razza, CONTRIBUTO ALLA TEORIA DEGLI OBBLIGHI DEGLI IMPRENDITORI, loc. cit., p.726. ECC, 188 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO soddisfare l’interesse anche non patrimoniale del creditore, rimanendo del tutto ininfluente che tale interesse appartenga a lui in modo diretto ed esclusivo, ovvero gli appartenga in via di proiezione di interessi generali, tutelati anche mediante altri strumenti (rientranti nel diritto penale, amministrativo, ecc.)’675. Dopo questa disamina, le conclusioni non possono essere diverse al di là dei termini utilizzati dalla dottrina (bivalenza, bifrontalità, polivalenza, duplice rilevanza, etc.) per definire la natura dell’art. 2087, che è lo strumento fondamentale, il baluardo insormontabile, il momento di sintesi che lega insieme e costituisce la radice della previsione dell’art. 4 e dell’art. 32 della Costituzione, in un unicum al diritto al lavoro salubre, al tempo stesso diritto soggettivo, ed obbligo del datore di lavoro, di natura privatistica, e il pubblico interesse, e l’obbligo dello Stato e degli enti nei quali si articola ad intervenire positivamente non solo affinché le norme generali e specifiche trovino adeguata applicazione, e perché si sviluppino al passo con i tempi, ma soprattutto nel positivo intervento, nell’esercizio di ogni funzione amministrativa e della giurisdizione, con pieno coinvolgimento dell’intero sistema e dell’intero ordinamento. Questi diritti ricondotti a strumento di tutela della persona realizzano la equivalenza e la sovrapposizione del profilo privatistico e pubblicistico che non confliggono anzi costituiscono un’armonica commistione, e si completano, in un percorso virtuoso per una diretta e diffusa tutela della sicurezza del lavoro e con esso della salute e della dignità della persona, e conseguentemente di ogni altro suo diritto. Per questo, sulle orme della migliore giurisprudenza676 e della dottrina677 ‘è da ritenere che alla tutela pubblicistica dell’[integrità fisica e della personalità morale] dei prestatori di lavoro, e per la cui realizzazione (come per la realizzazione dell’interesse della produzione) grava sull’imprenditore un obbligo legalmente sanzionato verso lo Stato (artt. 2087, 2088 ss.), faccia riscontro una corrispondente tutela privatistica mediante il conferimento di un diritto soggettivo al singolo prestatore di lavoro’678, con obbligo di intervento positivo (conformemente a quanto disposto dalle norme di cui agli artt. 2 e 8 Cedu, ora a pieno titolo norme di diritto comunitario ai sensi dell’art. 6 del Trattato di Lisbona). Da respingere, per contro, è l’affermazione che il diritto di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale dei lavoratori rientri nella categoria dei diritti della personalità679 (che come è noto hanno carattere generale ed assoluto), non fosse altro perché a questi diritti ‘corrisponde 675 Spagnuolo Vigorita L., RESPONSABILITÀ DELL’IMPRENDITORE, loc. cit., p.447 Ad es. Cass., III Sez., 18 novembre 1976, n.4318, in Mass. Giurid. it., 1976, c.1019, secondo la quale, precisamente, l’art. 2087 c.c., che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, non contiene soltanto l’enunciazione di un dovere imposto nell’interesse generale, ma sancisce una vera e propria obbligazione, imponendo all’imprenditore una serie di misure che si risolvono in una prestazione, che egli è tenuto ad adempiere e che il lavoratore ha diritto di pretendere. 677 Santoro Passarelli F., NOZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO, cit., p.181. 678 C’è da meditare anche sull’insegnamento del Giorgianni M., L’OBBLIGAZIONE (LA PARTE GENERALE DELLE OBBLIGAZIONI), I, Milano, 1951, p.73 [« Perché un dovere giuridico possa qualificarsi come obbligazione basta che esso (oltre a possedere gli altri requisiti) soddisfi l’interesse di un soggetto determinato. Che poi esso soddisfi anche un interesse pubblico, non crediamo sia sufficiente a respingerlo dalla categoria dell’obbligazione. L’appartenenza di un dovere giuridico alla categoria dell’obbligazione involge una questione che può considerarsi semplicemente di qualificazione del dovere medesimo e nulla impedisce che il medesimo dovere, che dal punto di vista del diritto privato viene qualificato come obbligazione, possa, poiché esso tutela anche un interesse pubblico, ricevere un’altra qualificazione nell’ambito del diritto pubblico »] e del Nicolò, voce Diritto civile, in Enc. dir., XII Milano, 1964, pp. 904 ss. 679 Sui diritti della personalità ampia bibl. in Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, cit., p.64, nota 24. 676 CAPITOLO X | 189 sempre e soltanto un dovere di astensione dei soggetti passivi’680, mentre al precitato diritto della sicurezza (che è, come si è dimostrato, essenzialmente relativo) corrispondono comportamenti positivi e negativi, anche a carico degli enti pubblici. 10.8. Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE. La direttiva-quadro n. 89/391/CEE avente ad oggetto l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, secondo una concenzione prevenzionistica, è stata recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, composto di dieci titoli, e di norme aventi ad oggetto disposizioni generali in materia di lavoro, i luoghi di lavoro, l'uso delle attrezzature di lavoro681, l'uso dei dispositivi di protezione individuale, la movimentazione manuale dei carichi, l'uso di attrezzature munite di videoterminali682, la protezione da agenti cancerogeni, la protezione da agenti biologici, le sanzioni, le disposizioni transitorie e finali. Peraltro, questo decreto non si è sostituito integralmente alla legislazione prevenzionistica precedente, ma ha lasciato in vigore tutte le disposizioni vigenti in materia (art. 95 del decreto) in quanto non specificatamente modificate o abrogate, determinando grande difficoltà esegetiche, per la verifica delle ipotesi di abrogazione esplicita e quelle di abrogazione implicita, caso quest'ultimo in cui l'operazione ermeneutica è certamente più delicata ed implica notevoli elementi di incertezza. 10.9 Esigenza di un ‘testo unico’. Il sovrapporsi di diverse fonti e molteplicità di norme, senza abrogare esplicitamente quelle già in vigore, e le continue Sentenze di condanna della Corte di Giustizia, hanno fatto emergere la necessità di un intervento legislativo nazionale con un ‘testo unico’, così come ha previsto l'art. 1 della l. 3 agosto 2007, n. 123, che fissava alcune fondamentali linee direttrici per l'intervento dei decreti delegati, finalizzato ad armonizzare e ridurre ad unità l’intero sistema, che non fosse soltanto compilativo, e si facesse perciò carico non solo della complessità del quadro giuridico che si era venuto a determinare nel tempo, ma anche delle nuove esigenze sociali. E’ venuto così alla luce il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, rubricato ‘Attuazione dell'art. 1 della l. 8 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro’, di tredici titoli, 306 articoli e con 50 allegati, che include, abrogandoli, diversi provvedimenti, fra i quali il d.lgs. n. 626 del 1994, il d.p.r. n. 547 del 1955, il d.p.r. n. 303 del 1956 (ad eccezione dell'art. 64 in materia di poteri ispettivi), il d.p.r. n. 164 del 1956, il d.lgs. n. 494 del 1996, e che è stato oggetto di modifiche con il D.Lgs. 106 del 2009. Fra le più importanti novità introdotte dal testo unico vi è l'estensione del campo applicativo nei confronti di tutti i lavoratori che prestano la loro attività nell'ambito di un'organizzazione facente capo ad un datore pubblico o privato, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, autonoma o subordinata, prescelta, con l’introduzione di una nuova disciplina in tema di appalto, che ne inaspriva le sanzioni per le violazioni delle norme antinfortunistiche, e con la loro responsabilità solidale. 680 Persiani, CONTRATTO DI LAVORO E ORGANIZZAZIONE, Padova, 1966, p.68, ma si veda anche Giorgianni M., L’obbligazione ecc., cit., pp.243 ss.; Di Majo Gianquinto, PROFILI DEI DIRITTI DELLA PERSONALITÀ, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, pp.69 ss.; Santoro Passarelli F., DIRITTI ASSOLUTI E RELATIVI, in Enc. dir., XII, cit. p.754. 681 La direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/45/CE modifica la direttiva n. 89/655/CEE del Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, par. 1 della direttiva n. 89/391/CEE). 682 In attuazione dell'art. 56, 3° comma del d.lgs. n. 626 del 1994, vedi il d.m. 2 ottobre 2000. Cfr. anche l'art. 21 della l. 29 dicembre 2000, n. 422, che ha modificato il d.lgs. n. 626 del 1994 con riferimento al lavoro al videoterminale. 190 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici. L'esigenza di armonizzare le disposizioni nazionali relative alla protezione dei lavoratori dagli agenti chimici, fisici e biologici trova un primo riconoscimento normativo nella direttiva quadro n. 80/1107 - come modificata dalla direttiva n. 88/642 del 1988. Ad essa si aggiungono quattro direttive particolari: - direttiva del 28 luglio 1982, n. 82/605 sulla ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad esposizione a piombo metallico ed ai suoi componenti durante il lavoro’ (prima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE); - direttiva del 19 settembre 1983, n. 83/477 sulla ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad un'esposizione all'amianto durante il lavoro’ (seconda direttiva particolare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE), modificata dalla direttiva 2003/18/CE; - direttiva del 12 maggio 1986, n. 86/188 in materia di ‘protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro’; - direttiva del 9 giugno 1988, n. 88/364 sulla ‘protezione dei lavoratori mediante il divieto di taluni agenti specifici e/o di talune attività’ (quarta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE). Questi testi normativi appaiono ispirati dalla volontà di prevenire il rischio di malattie professionali lungo latenti dei lavoratori esposti all’azione prolungata di sostanze nocive. La direttiva quadro prevede anzitutto il nuovo sistema dei ‘valori limite’, definibili come limiti di esposizione a fattori nocivi, quali il piombo, l'amianto e il rumore (art. 4, 4° comma), con l’assurda presunzione di poter stabilire per tutti una identica reazione nell’organismo, senza tener conto delle sensibilità (e delle debolezze) individuali e del potenziamento tossicologico indotto dal sinergismo, e della graduazione del rischio proporzionale ai tempi (oltre che all’intensità) dell’esposizione. Solo con la totale rimozione (o confinamento) o con l’evitare l’esposizione si annulla il rischio, e si realizza pienamente il dettato costituzionale, che impone la sicurezza sui luoghi di lavoro e negli ambienti di vita; di contro il concetto di soglia si basa sulla presunzione dell’uomo di poter calcolare e valutare il rischio e di poterlo controllare, con la logica conseguenza che ogni variabile lo rende concreto e determina delle lesioni dei beni giuridici protetti, e nel caso di specie si traduce comunque in un pregiudizio, anche nel caso in cui l’esposizione non determini l’insorgenza di alcuna patologia: infatti qualsiasi cancerogeno, od altro patogeno pregiudica l’uomo, e se anche questi riesce ad attivare il meccanismo riparatorio, evidentemente la preoccupazione e l’ansia per il futuro è essa stessa un pregiudizio, un danno morale, se non propriamente ascrivibile alla categoria delle lesioni (psico) biologiche683. Le norme sui “valori limite”, emersi dalla fonte comunitaria, rappresentano una formula compromissoria che non è condivisibile in sé, sia sotto il profilo medico, che sotto l’aspetto squisitamente giuridico, ed appare ormai superata, sicuramente superabile, alla luce del nuovo complesso generale che ha assunto il catalogo dei diritti della persona umana, anche se al momento della loro formulazione hanno rappresentato un momento di sicuro avanzamento, rispetto ad un sistema precedente che non contemplava alcun limite all’esposizione in ambito lavorativo per cancerogeni ed altri agenti nocivi. 683 La Cassazione a Sezioni Unite con la Sentenza in data 21.02.02, n. 2515, ha sancito il principio di diritto circa la risarcibilità del ‘perturbamento psichico’, come danno morale, e successivamente con la Sentenza 11.11.08, n. 26972, come rientrante nel danno biologico, sicché sempre di pregiudizio si tratta, con fondamento giuridico della illegittimità delle soglie. CAPITOLO X | 191 Soltanto il venir meno degli agenti patogeni, o il totale confinamento, può rappresentare esattamente l’interesse primario alla salubrità dell’ambiente lavorativo dal quale discende la migliore tutela per la salute dentro e fuori il luogo di lavoro. Ai cosiddetti limiti soglia fanno seguito obblighi ulteriori che gravano sul datore di lavoro e che possono essere così riassunti: - l'informazione dei lavoratori sui rischi potenziali derivanti dalla loro esposizione, sulle misure tecniche di prevenzione da osservare e sulle precauzioni che dovranno essere prese (art. 4, 9° comma); - l'allontanamento temporaneo del lavoratore dall'attività comportante esposizione all'agente nocivo per motivi sanitari inerenti alla sua persona, con l'assegnazione, per quanto possibile, ad altro posto di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Tale disciplina dilata la tutela già prevista dall'ordinamento interno per alcune categorie di lavoratori, quali, ad esempio, i lavoratori affetti da silicosi o inidonei ad attività che espongono a radiazioni ionizzanti. Inoltre, essa dà ragione all'orientamento giurisprudenziale - in tema di interpretazione dell'art. 33, d.p.r. n. 303 del 1956 o dell'art. 2087 c.c. - secondo il quale il datore di lavoro avesse l’obbligo di adibire i soggetti deboli ad altre mansioni684; - l'accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ai risultati delle misure di esposizione e dei propri controlli sanitari. La direttiva si preoccupa altresì di tutelare ‘la salute della popolazione e l'ambiente’, con rafforzamento del diritto soggettivo all'ambiente, che era emerso nella sua formulazione normativa già con la direttiva n. 337 del 1985, successivamente modificata con la direttiva 11 del 1997, ed espressamente tutelato nell’art. 174 del Trattato sull’Unione Europea, ora art. 191 TFUE, e che aveva determinato la modificazione dell’art. 117 della nostra Carta Costituzionale, in coerenza con le affermazioni della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione. Con l'emanazione della direttiva del 7 aprile 1998, n. 98/24 - recepita dal d.lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 - il legislatore comunitario ‘per motivi di coerenza e di chiarezza e per ragioni tecniche’ ha modificato e riunificato in un unico provvedimento le disposizioni contenute nella direttiva quadro n. 80/1107 e nelle direttive particolari n. 82/605 e n. 88/364, facendo emergere l’intenzione di perseguire un coerente livello di protezione dai rischi derivanti da agenti chimici, mediante la definizione di nuovi requisiti minimi per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti a tali fattori nocivi. La direttiva n. 98/24 ha confermato il sistema di prevenzione basato sui valori limite di esposizione professionale e sui valori limite biologici, definiti a livello comunitario ‘in base ad una valutazione scientifica indipendente dei più aggiornati dati scientifici disponibili’ (art. 3), in questa sede non condivisa, per le ragioni già evidenziate. Questi valori - che possono essere rivisti secondo la procedura di cui all'art. 17 della direttiva quadro n. 89/391 - rappresentano il massimo grado di esposizione al fattore di rischio apparentemente e formalmente non derogabile in pejus dalle normative nazionali di recepimento, peraltro largamente disattese nella concreta realtà della fabbrica e degli altri luoghi di lavoro, di cui è prova l’alto numero di infortuni e malattie professionali. La direttiva arricchisce poi ulteriormente gli obblighi datoriali di valutazione dei rischi e di successiva definizione delle misure da approntare per l'eliminazione o la riduzione al minimo degli stessi. Ciò costituisce una conferma dei principi anticipati dalla stessa direttiva n. 80/1107 e posti alla base dell'intero sistema prevenzionistico dalla direttiva quadro n. 89/391. 684 V. Cass. 2 aprile 1990, n. 4447, in Dir. prat. lav., 1990, 1228. 192 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Disposizioni specifiche sono poi dedicate all'informazione, alla formazione, alla consultazione e alla partecipazione dei lavoratori, nonché alla sorveglianza sanitaria. Si tratta di obblighi in generale già previsti in capo al datore di lavoro dalla direttiva n. 89/391. Essi trovano ulteriore specificazione nella direttiva in esame, in considerazione delle particolari fonti di rischio cui sono esposti i lavoratori. In base all'art. 13, la direttiva quadro n. 80/1107 e le direttive particolari n. 82/605 e n. 88/364 sono abrogate a partire dalla data del 5 maggio 2001, termine ultimo per il recepimento della nuova normativa comunitaria. Rimane unicamente in vigore la direttiva n. 86/188 in materia di protezione dai rischi derivanti dall’esposizione al rumore, e perdono la loro natura di direttive particolari, per l’abrogazione della cosiddetta direttiva quadro. Inoltre, per entrambe le direttive l'adeguamento degli allegati al progresso tecnico dovrà ora avvenire secondo la procedura di cui alla direttiva n. 89/391. Capitolo XI La normativa dell’amianto tra diritto comunitario e diritto interno SOMMARIO: 11.1 Premessa. 11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro’. 11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE e la condanna della Corte di Giustizia. 11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) a carico della Repubblica Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C-49/00 per inadempimento in tema di servizio di prevenzione e protezione. 11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di Giustizia. 11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009. 11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e violazione del quadro costituzionale dei diritti della persona, in tema di protezione dei lavoratori dall’amianto (e dagli altri cancerogeni). 11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni). 11.7.2 Le disposizioni normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008. 11.8 Osservazioni conclusive. 11.9 Il diritto al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi comunitari e per violazione delle disposizioni costituzionali. 11.1 Premessa. La direttiva 89/391/CEE del 12.06.1989 non è stata fedelmente recepita nel nostro ordinamento con il già mensionato decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (GURI n. 265 del 12 novembre 1994, Supplemento ordinario n. 141, pag. 5), poi modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 (GURI n. 104 del 6 maggio 1996, Supplemento ordinario n. 75, pag. 5). In materia di amianto si sono succedure e stratificate tutta una serie di norme interne e comunitarie, dei più diversi settori (ambiente, salute, lavoro etc.) e per i più specifici profili, non ultimi quelli processuali, il cui proliferare ha determinato criticità interpretative ed applicative ed ha fatto emergere la necessità di un testo unico con il quale superare le difficoltà di interconnessione, interpretazione ed applicazione coordinata dell’intero complessivo assetto. 11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro’. L’Unione Europea è intervenuta con la direttiva 477/83/CEE (II direttiva particolare ai sensi dell’art. 8 della direttiva 80/1107/CEE), avente ad oggetto ‘…protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare alla loro salute dall’esposizione all’amianto durante il lavoro, nonché la prevenzione di tali rischi’ (art. 1, n. 1), e lasciando ‘…impregiudicata la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che garantiscono una maggiore protezione dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda la sostituzione dell’amianto con prodotti sostitutivi meno pericolosi’ (art. 1, n. 3). Il legislatore comunitario, con questa prima direttiva ha ritenuto che dovessero essere adottate delle opzioni di limitazione del rischio (art. 3), attraverso la sua preventiva valutazione (art. 4), con la sorveglianza sanitaria degli esposti e con il divieto dell’uso dell’amianto per la sola applicazione a spruzzo (art. 5), con riduzione dell’esposizione “al livello più basso ragionevolmente praticabile ed in ogni caso al di sotto dei valori limite fissati dall’art. 8, in particolare mediante le seguenti misure: 1) Il quantitativo di amianto utilizzato in ciascun caso deve essere limitato al quantitativo minimo ragionevolmente praticabile. 2) Il numero dei lavoratori esposti, o che possono essere esposti, alla polvere 194 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al minimo possibile. 3) I processi lavorativi devono in linea di massima essere concepiti in modo che non vi sia emissione di polvere di amianto nell'aria. Se ciò non è ragionevolmente possibile, bisogna eliminare la polvere quanto più vicino al punto di emissione. 4) Tutti gli edifici e/o gli impianti e le attrezzature che servono alla lavorazione o al trattamento dell'amianto devono poter essere regolarmente sottoposti ad un'efficace pulitura e manutenzione. 5) L'amianto allo stato grezzo dovrà essere conservato e trasportato in appositi imballaggi chiusi. 6) I residui delle lavorazioni devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Questa misura non si applica alle attività estrattive”. L’art. 8 dettava specifici valori limite, e l’art. 18 disponeva che “1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1987. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Tuttavia la data del 1° gennaio 1987 è rinviata al 1° gennaio 1990 per quanto riguarda le attività estrattive dell'amianto. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva”. Nelle premesse delle disposizioni normative, al terzo ‘considerando’, si fa esplicito riferimento alla nocività dell’amianto, e che pertanto ‘un elevato numero di lavoratori risulta esposto ad un potenziale rischio per la salute…’ e al quarto ‘considerando’ si fa esplicito riferimento al fatto che non ci sia una soglia al di sotto la quale si possa dichiarare l’assenza di rischio, e che in definitiva ogni esposizione è dannosa per l’organismo umano: “considerando che le attuali conoscenze scientifiche non sono tali da consentire di stabilire un livello al di sotto del quale non vi siano più rischi per la salute; che tuttavia, riducendo il tempo di esposizione all'amianto, diminuirà il rischio di malattie ad esso connesse; che la presente direttiva comporta prescrizioni minime che saranno rivedute in base all'esperienza acquisita e all'evoluzione della tecnica in questo campo”. 11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE e la condanna della Corte di Giustizia. La direttiva 477/83/CEE non è stata recepita nel nostro paese entro il 1° gennaio 1987, così come stabilito dall’art. 18, e la Commissione, dopo il perdurante inadempimento della Repubblica Italiana, avviò la procedura di infrazione n. 240 del 1989 e affidò il giudizio alla Corte di Giustizia, la quale con decisione del 13.12.1990 ha dichiarato e statuito: “1) La Repubblica italiana, non adottando nei termini prescritti i provvedimenti, diversi da quelli relativi alle attività estrattive dell’amianto, necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 19 settembre 1983, 83/477/CEE, sulla tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad un’esposizione all’amianto durante il lavoro, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE”. sulla base della seguente motivazione: “1. Con atto depositato nella cancelleria della Corte di giustizia il 31 luglio 1989, la Commissione delle Comunità europee ha presentato, a norma dell’art.169 del Trattato CEE, un ricorso mirante a far dichiarare che la Repubblica italiana, non adottando entro i termini prescritti i provvedimenti, diversi da quelli inerenti alle attività estrattive dell’amianto, necessari per dare attuazione nell’ordinamento giuridico interno alla direttiva del Consiglio 19 settembre CAPITOLO XI | 195 1983, 83/477/CEE, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad un’esposizione all’amianto durante il lavoro (GU L 263, pag.25, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE. 2. L’art.18, n.1, della direttiva 83/477, già citata dispone, che gli Stati membri adottano le disposizioni legislative regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva stessa anteriormente al 1° gennaio 1987 e che informano immediatamente la Commissione. Esso precisa inoltre che, per quanto riguarda le attività estrattive dell’amianto, la data del 1° gennaio 1987 è rinviata al 1° gennaio 1990. A norma del n.2, gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni di diritto interno che adottano nell’ambito disciplinato dalla direttiva. 3. Non avendo ricevuto entro i termini prescritti alcuna comunicazione da parte della Repubblica italiana per quanto riguarda i provvedimenti di attuazione della direttiva, la Commissione le ha inviato una lettera di diffida il 16 novembre 1987, sollecitando la presentazione delle difese in merito al termine di due mesi. La risposta fornita dalla Repubblica italiana il 5 febbraio 1988 non è stata ritenuta sufficiente dalla Commissione che, dopo avere adottato il 18 gennaio 1989 un parere motivato, rimasto senza seguito, ha introdotto il presente ricorso. 4. Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento e dei mezzi ed argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d’udienza. Questi aspetti del fascicolo sono riportati in proseguo solo nei limiti necessari per comprendere il ragionamento della Corte. 5. La Repubblica italiana, pur ammettendo sostanzialmente che non sono stati ancora adottati i provvedimenti necessari per l’attuazione della direttiva nel proprio ordinamento, osserva che la normativa italiana contiene attualmente varie disposizioni volte a garantire la tutela della salute dei lavoratori e che, inoltre, il governo italiano ha promosso un’iniziativa specifica con la quale è stata chiesta al Parlamento una delega legislativa allo scopo di adottare le norme necessari per attuare, mediante decreto del presidente della Repubblica, le numerose direttive in materia di sanità e di tutela dei lavorator, tra i quali rientra la direttiva in questione. Nella fase orale, essa ha precisato che detta iniziativa è sfociata nella legge n.112, promulgata e pubblicata il 30 luglio 1990, ma osserva che è necessario un certo tempo per dare attuazione alla direttiva in questione 6. Si deve ricordare a questo proposito, che secondo la costante giurisprudenza, uno Stato membro non può recepire disposizioni, pratiche o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti dalle direttive. 7. Occorre constatare che la Repubblica italiana, non adottando nei termini prescritti i provvedimenti, diversi da quelli relativi alle attività estrattive dell’amianto, necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 19 settembre 1983,83/477, sulla tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad un’esposizione dell’amianto durante il lavoro, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE”. La direttiva venne così recepita con il D.Lgs. 277/91, e pur con il nuovo intervento normativo la criticità nel processo osmotico dal diritto comunitario a quello internazionale, si venivano a determinare ulteriori interventi, con altre sentenze di condanna della Corte di Giustizia 685. Inoltre, con la promulgazione della legge 27 marzo 1992 n. 257686, ‘Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto’, senza notifica preventiva alla Commissione allo stato di progetto, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi a essa incombenti ai sensi dell’articolo 685 Tra i quali quella a definizione della procedura n. 279 del 1994 e poi successivamente con la decisione del 15.11.2001, a definizione della procedura C-40/00. 686 Legge 27.03.1992 n. 257, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13/4/92, dal titolo ‘Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto’. Ma se il titolo sembra preannunciare la messa al bando dei pericolosi silicati fibrosi, già l’articolo 1 contraddice il titolo poiché: ‘sono vietate (soltanto) l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o prodotti contenenti amianto’. 196 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 8, n. 1, comma 1, della direttiva del consiglio 28 marzo 1983, n.189/83/CEE (come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, n.182/88/CEE), che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche. Ne seguiranno ulteriori e travagliate vicende legislative e giudiziarie. 11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) a carico della Repubblica Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C49/00 per inadempimento in tema di servizio di prevenzione e protezione. L'art. 8 del decreto legislativo 626/94, sul ‘Servizio di prevenzione e protezione’, disponeva in modo difforme rispetto alla direttiva che avrebbe dovuto recepire, con l’assenza di previsione chiara e dettagliata relativa alle competenze richieste alle persone responsabili ed addette alle attività di protezione e di prevenzione dai rischi professionali all’interno dell’impresa; con l’inadempimento delle norme di cui agli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva: la notifica del parere alla Repubblica Italiana segnava l’avvio della procedura di infrazione, con invito a presentare osservazioni e ad adottare le necessarie misure per conformare l’ordinamento nazionale agli obblighi derivanti dalla direttiva; trascorso invano il termine di due mesi, seguiva il ricorso innanzi la Corte di Giustizia (C-49/2000), che si pronunciava con la sua V Sezione accogliendo le conclusioni della Commissione, poiché “[...] non avendo definito le capacità e le attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. 11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di Giustizia. Con la legge n. 39 del 1° marzo 2002, avente ad oggetto ‘Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2001’ e con il successivo D.Lgs. n. 195 del 23.06.2003 allegati A) e B), avente ad oggetto ‘Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per l'individuazione delle capacità e dei requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori’ (emanato a norma dell’art. 21 della l. 39 del 2002), si tentava di dar corso alla decisione della Corte di Giustizia e si disponeva la modifica delle norme censurate a far data dal 04.01.2006, disponendo e specificando i requisiti professionali di responsabile e addetto ai servizi aziendali di prevenzione e protezione, finchè il testo, con ulteriori modifiche, è stato incorporato nel D.Lgs. 81/08. Come si può rilevare dalla lettura combinata degli articoli 2 e 3 del Decreto Legislativo n.195/2003 (che ha introdotto il nuovo articolo 8 bis del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626), l'adeguamento ai principi e criteri affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 15 novembre 2001, nella causa C-49/00 [come richiesto dalla sentenza stessa, e successivamente dall'art. 21 della legge 1° marzo 2002, n. 39], era conferito esclusivamente da quanto previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 195/2003, che aveva introdotto il nuovo articolo 8 bis del D. Lgs. n. 626/94, e questo a far data dall'entrata in vigore del Decreto medesimo, ovvero dal 13 agosto 2003. Tuttavia l’articolo 8 bis, pur se astrattamente idoneo a dar corso alle richieste della sentenza CAPITOLO XI | 197 della Corte di Giustizia, prevedendo la definizione da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano degli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi di cui all'articolo 8 bis commi 2-3 e 5 del D. L.gs. n.626/94, così come modificato ed integrato dal D.Lgs. n.195/2003, restava assolutamente privo di contenuto ed era giuridicamente inefficace, perché rinviava ad una situazione che non esisteva per i gravi ritardi e negligenze della Conferenza Stato Regioni, secondo uno schema dilatorio che ne ha impedito per anni una efficace trasposizione ed una effettiva applicazione nel nostro ordinamento. Lo Stato italiano si è concesso una ulteriore dilazione dell'adempimento obbligatorio, decisione questa già estremamente discutibile (in violazione dell'articolo 10 del Trattato CE) nell'ambito di una corretta attuazione nazionale di una direttiva che risale al 1989 e che è ad oggi ancora inattuata (per quanto riguarda i requisiti professionali del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione e dell'addetto), a far data dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni del D.Lgs. n.195/2003, ovvero dal 13 agosto 2003, si è inopinatamente poi esteso fino al 4 gennaio 2006, e oltre, ed ancora oggi ci sono gravi profili di inadempimento degli obblighi di diritto comunitario. La definitiva adozione con decreto dei requisiti minimi di tali corsi appare essere del tutto indefinita, in sede politica e deliberante, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonostante le riunioni dei tecnici di tale Conferenza abbiano da tempo messo a punto i contenuti di tali corsi. Questa dilazione indefinita, nei fatti, elude la sentenza della Corte di Giustizia, vanificandone i principi e i criteri dei requisiti di formazione professionale del responsabile e addetto al servizio di prevenzione e protezione. In forza dell'articolo 3 del D.Lgs. n. 195/2003 relativo ad una non meglio precisata fase ‘transitoria’, questa eccezione, dettata da esigenze particolari non generalizzabili, del tutto eccentriche rispetto alle regole fondanti stabilite dalla direttiva 89/391/CEE, grazie ad una fase transitoria indefinita, e di fatto non più transitoria, diviene sistema generalizzato di esenzione di RSPP e ASPP non datori di lavoro dalla necessità di acquisire le capacità e le attitudini necessarie per svolgere un ruolo cruciale in materia di prevenzione e protezione dai rischi lavorativi per la salute e sicurezza dei lavoratori: il tutto viene ridotto ad un banalissimo programma di 16 ore, privo di significato concreto, equivalente ai requisiti minimali previsti per il datore di lavoro delle piccole imprese dal D.M. 16 gennaio 1997, svuotando così di ogni significato la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) 15 novembre 2001, nella causa C- 49/00 che rilevò la violazione italiana degli obblighi di adempiere il diritto comunitario, come sopra descritta. Gli Assessorati alla sanità e alla formazione professionale delle Regioni italiane hanno elaborato una adeguata proposta in ordine agli indirizzi ed ai requisiti minimi dei corsi di formazione per Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in base alle indicazioni del D.Lgs. 195/03, ma la Conferenza Stato-Regioni in sede politica non ha provveduto a dare attuazione a tale accordo, adottando i necessari provvedimenti, che sono un vero e proprio atto dovuto, secondo il diritto italiano e quello comunitario, trattandosi di recepimento di una direttiva comunitaria disattesa da oltre 20 anni. Questa perdurante incertezza e ambiguità contrasta con gli obiettivi e le finalità della direttiva inattuata n. 89/391/Ce e del diritto comunitario (articolo 10 del Trattato CE), in generale. 198 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009. Il 5 gennaio 2010 è entrata in vigore la direttiva europea 2009/148/CE del 30 novembre 2009 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (Gazzetta Ufficiale dell’UE L330/28 del 16 dicembre 2009), che sostituisce la precedente direttiva 83/477/CEE del 19 settembre 1983 e le sue successive modifiche. Come le precedenti, la nuova direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni che garantiscono una maggiore protezione dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda la sostituzione dell’amianto con prodotti meno pericolosi. In particolare, l’articolo 8 ribadisce che ‘i datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto in sospensione nell’aria superiore a 0,1 fibre per cm3 , misurata in rapporto a una media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore’. L’articolo 6 precisa che l’esposizione dei lavoratori alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto deve essere per tutte le attività ridotta al minimo e in ogni caso al di sotto del valore limite di 0,1 fibre per cm3, attraverso le seguenti misure: - il numero di lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile; - i processi lavorativi devono essere concepiti in modo da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissioni di polvere di amianto nell’aria; - tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell’amianto devono poter essere regolarmente sottoposti a un’efficace pulizia e manutenzione; - l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi; - i residui devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un’etichettatura indicante che contengono amianto. L’articolo 12 precisa invece che, per talune attività quali lavori di demolizione, di rimozione dell’amianto, di riparazione e di manutenzione per le quali è prevedibile il superamento del valore limite di 0,1 fibre per cm3, il datore di lavoro deve stabilire le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori durante tali attività, in particolare: - i lavoratori devono ricevere un apposito dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuale che essi devono indossare; - devono essere affissi cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite fissato all’articolo 8 della direttiva; - deve essere evitata la dispersione della polvere prodotta dall’amianto o dai materiali contenenti amianto al di fuori dei locali/luoghi dei lavori. I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento devono essere consultati su tali misure prima di procedere a tali attività. Nell’articolo 14 viene altresì precisato che i datori di lavoro devono prevedere un’idonea formazione per tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto e che tale formazione deve avvenire senza alcun onere a carico deilavoratori e a intervalli regolari. L’articolo 19 stabilisce che, fatte salve alcune eccezioni, i lavoratori esposti devono essere iscritti dal datore di lavoro in un registro che indichi il carattere e la durata della loro attività, nonché il tipo di esposizione, cui avranno accesso il medico o altra autorità responsabile del CAPITOLO XI | 199 controllo sanitario, nonché ogni lavoratore interessato e, in forma collettiva ed anonima, anche tutti i lavoratori e i loro rappresentanti. L’articolo 3 ammette che alcune norme di sicurezza e informazione possano non essere applicate quando il lavoro prevede: - brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili; - la rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate a una matrice; - l’incapsulamento e il condizionamento di guaine a materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato; - la sorveglianza e il controllo dell’aria e il prelievo di campioni ai fini dell’individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale. L’allegato I della presente direttiva contiene infine le ‘Raccomandazioni pratiche per l’accertamento clinico dei lavoratori’, che tengono conto del fatto che: “1. In base alle conoscenze di cui si dispone attualmente, l’esposizione alle fibre libere di amianto può provocare le seguenti affezioni: — asbestosi, — mesotelioma, — cancro del polmone, — cancro gastrointestinale”. Quindi dispongono che: “2. Il medico e/o l’autorità che ha il compito di effettuare il controllo medico dei lavoratori esposti all’amianto devono essere a conoscenza delle condizioni o delle circostanze nelle quali ciascun lavoratore ha subito l’esposizione. 3. L’accertamento clinico dei lavoratori dovrebbe essere effettuato conformemente ai principi e alle prassi della medicina del lavoro; esso dovrebbe comportare almeno le seguenti misure: — tenuta della cartella clinica e professionale del lavoratore, — colloquio individuale, — esame clinico generale e segnatamente del torace, — esami della funzionalità polmonare (spirometria e curva flusso-volume). Il medico e/o l’autorità preposta alla sorveglianza medica devono decidere, alla luce delle conoscenze più recenti in materia di medicina del lavoro, dell’opportunità o meno di realizzare altri esami, quali la citologia dello sputo, la radiografia toracica o una tomo densitometria”. 11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e violazione del quadro costituzionale dei diritti della persona, in tema di protezione dei lavoratori dall’amianto (e dagli altri cancerogeni). 11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni). Nel nostro ordinamento non c’è un testo unico in materia di amianto, e si sono succeduti nel tempo diversi interventi legislativi, che non hanno risolto il quadro confuso, che è confermato anche dalla tecnica legislativa del decreto legislativo 81/2008, e successivamente con il D.Lgs. 106 del 03.08.2009, e soprattutto rimangono inattuate le disposizioni che impongono la sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti ed ex esposti. 200 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 11.7.2 Le disposizioni normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008. Con il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, già all’art. 29 (come modificato per effetto del d.lgs. 106 del 2009, la cui interpolazione è riportata in grassetto) il legislatore ha dettato le ‘Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi’, e all’amianto è dedicato il capo III, dal titolo ‘Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto’, che alla Sezione I delle disposizioni generali, all’art. 246 ne definisce il ‘campo di applicazione’ senza abrogare le disposizioni della legge n. 257/92: “1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano a tutte le rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate”. Dopo la definizione dei silicati fibrosi che a mente dell’art. 247 possono essere definiti con il termine amianto, e alla Sezione II, definisce gli obblighi del datore di lavoro, tra i quali, all’art. 248, la ‘individuazione della presenza di amianto’, e di applicazione delle misure di prevenzione, prime fra tutte la ‘valutazione del rischio’, ‘al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare’ e l’art. 249, stabilisce: “nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all’amianto non è superato nell’aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 251, comma 1, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attività: a) brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili; b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice; c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato; d) sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale. 3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto”. Quindi ove il datore di lavoro valuti sulla carta che non ci sarà il superamento del limite di soglia, non si darà applicazione alle disposizioni di cui agli artt. articoli 250, 251, comma 1, 259 e 260, comma 1, e quindi non ci sarà alcuna notifica ‘prima dell’inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio’ (art. 250 del D.Lgs 81/08). Quindi la notificazione, per la quale il datore di lavoro dovrebbe indicare la ‘a) ubicazione del cantiere; b) tipi e quantitativi di amianto manipolati; c) attività e procedimenti applicati; d) numero di lavoratori interessati; e) data di inizio dei lavori e relativa durata; f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori all'amianto’ rappresenta una eccezione: in tal modo si eludono le norme di diritto comunitario, e soprattutto si aggirano le disposizioni di cui all’art. 32 della Costituzione. I lavoratori avrebbero diritto a poter accedere a questi atti, così come dispone l’art. 250, n. 3, del D.Lgs. 81 del 2008: “3. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi l e 2”. CAPITOLO XI | 201 Ma nella realtà questa norma viene disattesa. Quindi le misure di prevenzione e protezione di cui all’art. 251, I comma, del D.Lgs. 81/08687, vengono di fatto applicate solo ove nella valutazione dei rischi si ritenga, sulla carta, che ci possa essere un superamento della soglia di esposizione, e così nella maggior parte dei casi è di lampante semplicità la possibilità di eludere l’applicazione delle norme di prevenzione e protezione. Nella sostanza, il legislatore del 2009 ha ritenuto di derogare all’applicazione di una serie di norme per cui nei casi sub a), b), c) e d), non c’è alcun obbligo di notificazione ex art. 250, né sorveglianza sanitaria di cui all’art 259, né la tenuta del registro di esposizione e cartelle sanitarie di rischio ex art. 260, I comma, ed ora con l’aggiunta, tra le esenzioni, anche della norma di cui all’art. 251, I comma, si annulla qualsiasi misura di prevenzione ed in particolare l’obbligo di riduzione al minimo e comunque ‘al di sotto del valore limite fissato nell’art. 254…’. Queste norme, già nella prima stesura del D.Lgs. 81 del 2008 furono sottoposte a vaglio critico688, per le ambiguità in ordine alla (non soddisfacente) tutela nei casi di esposizione ad amianto ritenuta debole e sporadica, e per il limite delle 100 ff/l, e la modifica dell’art. 249 D.Lgs. 81/08, per effetto dell’art. 114 del D.Lgs. 106/09, appare in contrasto con la direttiva 2009/148/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30.11.09, oltre che con quanto già era stato stabilito nella direttiva 477/83/CEE, perché sostanzialmente depotenziando la insuperabilità della soglia massima, di fatto elude la prescrizione di tutela, che è circoscritta nelle sole ipotesi per le quali il datore di lavoro reputi che ci siano delle esposizioni continuative ed intense (!). Quindi il datore di lavoro può escludere sulla carta, con una valutazione preventiva e non tecnica, che si possano superare le 100 ff/l, e che l’esposizione sia dunque sporadica e di debole intensità, e che quindi non ci sia necessità di prevenzione tecnica e protezione individuale, anche quando nella materialità dei casi l’esposizione sia continuative e ben superiore, ciò contraddice quanto già disposto dal legislatore comunitario con la direttiva 77/99/CEE, nella quale specificamente si rileva: “(1) considerando che l'uso dell'amianto e dei prodotti che lo contengono può, liberando le fibre, provocare asbestosi, mesotelioma e cancro ai polmoni; che, di conseguenza, l'immissione sul mercato e l'uso dell'amianto devono essere limitati nel modo più rigoroso possibile; (2) considerando che la direttiva 83/478/CEE del Consiglio(4), recante quinta modifica della 687 L’art. 251 del D.Lgs. 81/08 stabilisce espressamente: “1. In tutte le attività di cui all’articolo 246, la concentrazione nell’aria della polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure: a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile; b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto nell’aria. La protezione deve essere tale da garantire all’utilizzatore in ogni caso che la stima della concentrazione di amianto nell’aria filtrata, ottenuta dividendo la concentrazione misurata nell’aria ambiente per il fattore di protezione operativo, sia non superiore ad un decimo del valore limite indicato all’articolo 254; c) l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro, l’accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d); d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni previste dall’art. 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma 1, lettera b), del presente articolo; e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria; f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione; g) l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi; h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono essere successivamente trattati in conformità alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi”. 688 Bonanni Ezio, LO STATO DIMENTICA L’ AMIANTO KILLER. DIRITTI NEGATI - RICORSO A STRASBURGO, Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio editore, Milano 2009. 202 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO direttiva 76/769/CEE, dispone il divieto di immissione sul mercato e di uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono, salvo tre possibili eccezioni; che la stessa direttiva ha introdotto disposizioni di etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti contenenti fibre di amianto; (3) considerando che la direttiva 85/610/CEE del Consiglio(5), recante settima modifica della direttiva 76/769/CEE, stabilisce che l'immissione sul mercato e l'uso delle fibre di amianto sono vietate nella fabbricazione di giocattoli, materiali o preparati destinati ad essere applicati a spruzzo, prodotti finiti sotto forma di polvere venduti al dettaglio al pubblico, articoli per fumatori, vagli catalitici, pitture e vernici; (4) considerando che la direttiva 91/659/CEE della Commissione(6), che adegua al progresso tecnico l'allegato I della direttiva 76/769/CEE, stabilisce che tutte le varietà di fibre di amianto anfibolo e i prodotti che le contengono non siano più immessi sul mercato e usati; che la stessa direttiva stabilisce che le fibre di amianto crisotilo e i prodotti che le contengono non siano più immessi sul mercato e usati in quattordici categorie di prodotti; (5) considerando che il comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità e l'ambiente è stato consultato in merito agli effetti sulla salute dell'amianto crisotilo e dei suoi sostituti; (6) considerando che per la maggior parte delle restanti applicazioni dell'amianto crisotilo sono ora disponibili prodotti sostitutivi o alternativi che sono considerati come non cancerogeni e meno pericolosi; (7) considerando che non è ancora stato individuato un livello massimo di esposizione sotto il quale l'amianto crisotilo non presenta rischi cancerogeni”. Le disposizioni di cui all’art. 250 non sono state modificate, ma ne è stato circoscritto l’ambito di applicabilità per effetto delle modificazioni all’art. 249 del D.Lgs. 81/08, e quindi vengono meno apertamente le tutele sub capo b), comma I, dell’art. 251 e quindi l’obbligo dell’uso dei dispositivi di protezione individuale, che invece era sempre imposto dalle norme risalenti, pur con l’impegno di ridurre al minimo e comunque sotto il limite fissato nell’art. 254, la loro esposizione (anzi l’uso dei sistemi di protezione individuale era finalizzato proprio a far rimanere l’esposizione al di sotto del limite delle 100 fibre litro e comunque a ridurre l’esposizione). Si potrebbe obiettare che le norme di prevenzione tecnica e di protezione individuale più rigorose non trovino applicazione solo per i casi di esposizione saltuaria e debole, cui si potrebbe replicare che è quantomeno non agevole né semplice quantificare la presenza di fibre di amianto, tenendo conto che ne bastano quantità minime, e il logorio delle attività, ed anche del tempo, per raggiungere concentrazioni enormi (un grammo del minerale può generare miliardi di fibre, in un contesto nel quale si possa dichiarare che non c’è una soglia al di sotto della quale il rischio non esiste), anche volendo presupporre il massimo impegno del datore di lavoro (in un contesto invece dove si assiste ad una violazione sistematica delle norme), mentre invece sarebbe stato opportuno e doveroso non esporre i lavoratori alle polveri e fibre di amianto, investimenti per la bonifica avrebbero accresciuto il valore delle aziende, evitato altre vittime, con un risparmio di costi morali e sociali, oltre che in termini di spesa sanitaria, assistenziale e previdenziale. L’art. 252 detta le misure igieniche e l’art. 253 dispone l’obbligo del controllo dell’esposizione, in quanto non c’è stato l’obbligo di bonificare i siti (e quindi, secondo il legislatore italiano, i lavoratori possono continuare a rimanere esposti a polveri e fibre di amianto, nonostante sia un cancerogeno), e l’art. 254 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che si può rimanere esposti ad amianto nel limite delle 100 ff/l nella media delle 8 ore lavorative: “1. Il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 0,l fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell’aria superiore al valore limite. CAPITOLO XI | 203 2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati. 3. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria. 4. In ogni caso, se l’esposizione non può essere ridotta con altri mezzi e per rispettare il valore limite è necessario l’uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da garantire tutte le condizioni previste dall’articolo 251, comma 1, lettera b); l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro; l’accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d). 5. Nell’ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche”. Ove si ritenga invece che, anche con l’adozione delle ‘misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell’aria’ si ‘superi il valore limite’, l’art. 255 stabilisce che il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori: “1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante l’adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell'aria, è prevedibile che questa superi il valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare: a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali tali da garantire le condizioni previste dall’articolo 251, comma 1, lettera b); b) provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione; c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro; d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all’articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali attività”. Come dobbiamo interpretare queste disposizioni? Vuol dire il legislatore che per le altre attività le misure non debbono essere ‘adeguate’? Cosa intende il legislatore per ‘adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti’? Tanto più che al capo a) si fa riferimento al ‘dispositivo di protezione delle vie respiratorie ed altri dispositivi di protezione individuali’, e quindi ciò lascerebbe supporre che nelle altre ipotesi queste misure non siano obbligatorie, che in sostanza non ci sia alcuna prescrizione che le imponga, ove il datore di lavoro, nella valutazione del rischio, supponga che non si superi la soglia delle 100 ff/l: questa possibile opzione interpretativa, suggerita dal tenore letterale delle norme, palesemente in contrasto con le disposizioni di diritto comunitario e con la Carta Costituzionale, va invece calata nel sistema delle altre fonti anche quelle di grado superiore, ed applicata in modo da salvarne la legittimità: “la rilevanza dei valori soglia… questa Corte di legittimità ha avuto già in passato modo di affermare, in materia di amianto, che “l’obbligo del datore di lavoro di prevenzione contro gli agenti chimici scatta pur quando le concentrazioni atmosferiche non superino predeterminati parametri quantitativi, ma risultino comunque tecnologicamente possibili di ulteriori 204 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO abbattimenti (Cass. IV, 3567/2000, Hariolf). Si è osservato che nell’attuale contesto legislativo italiano non c’è spazio per una interpretazione del concetto dei valori limite come soglia a partire dalla quale sorga per i destinatari dei precetti l’obbligo prevenzionale nella sua dimensione soggettiva ed oggettiva, giacchè ciò comporterebbe inevitabili problemi di legittimità costituzionale, che è implicita e connaturata all’idea stessa del valore-limite una rinuncia a coprire una certa quantità di rischi ed una certa fascia marginale di soggetti quei soggetti che, per condizioni fisiche costituzionali o patologiche, non rientrano nella media, essendo ipersensibili o ipersuscettibili all’azione di quel determinato agente nocivo, ancorché assorbito in quantità inferiore alle dosi normalmente ritenute innocue. Pertanto i valori-limite vanno intesi come semplici sogli di allarme, il cui superamento, fermo restando il dovere di attuare sul piano oggettivo le misure tecniche, organizzative e procedurali concretamente realizzabili per eliminare o ridurre al minimo i rischi, in prelazione alle conoscenze, acquisite in base al progresso tecnico, comporti l’avvio di un ulteriore e complementare attività di prevenzione soggettiva, articolata su un complesso e graduale programma di informazioni, controlli e fornitura di mezzi personali di protezione diretto a limitare la durata dell’esposizione degli addetti alle fonti di pericolo”. (Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, Sent. n 38991 del 04.11.2010). Quindi le norme in esame, per come sono state formulate, se interpretate nel loro tenore letterale, o almeno per quello che sembra esserne il senso logico, sarebbero contrarie al dettato costituzionale (e a quello comunitario), per cui si deve ritenere che per evitare ‘problemi di legittimità costituzionale’ che ‘i valori-limite vanno intesi come semplici soglie di allarme, il cui superamento, fermo restando il dovere di attuare sul piano oggettivo le misure tecniche, organizzative e procedurali concretamente realizzabili per eliminare o ridurre al minimo i rischi’ impone ulteriori misure, e che pertanto anche nei casi in cui si preveda il non superamento della soglia, non di meno il datore di lavoro, per quanto dispongono le norme di cui all’art. 2087 c.c. e 4, 32, 35, 36 e 41, II comma, della Costituzione, debba adottare oltre alle misure di prevenzione tecnica, anche quelle di protezione soggettiva. L’art. 256 detta le norme relative ai ‘Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto’, e l’art. 257 quelle di ‘informazione dei lavoratori’, sui ‘rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto’ e le ‘norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare’, le ‘modalità di pulitura e di uso degli indumenti’, ‘le misure di precauzione’, i limiti di soglia e la necessità del ‘monitoraggio ambientale’, e l’art. 258 dispone la necessità di ‘formazione dei lavoratori’ e l’art. 259 la ‘sorveglianza sanitaria’ dei lavoratori addetti ‘alle opere di manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei rifiuti’, i quali ‘prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con periodicità fissata dal medico competente, sono sottoposti a sorveglianza sanitaria’, e al momento della risoluzione del rapporto il medico competente deve fornire al lavoratore ‘le indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare e all’opportunità di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari’, con le seguenti modalità689: “3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale, l’esame clinico generale ed in particolare del torace, nonché esami della funzione respiratoria. 4. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l’opportunità di effettuare altri esami quali la citologia 689 Art. 259, nn. 3 e 4. CAPITOLO XI | 205 dell’espettorato, l’esame radiografico del torace o la tomodensitometria. Ai fini della valutazione di cui al primo periodo il medico competente privilegia gli esami non invasivi e quelli per i quali è documentata l’efficacia diagnostica”. L’art. 260 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che: “1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all’articolo 246, che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell’ambiente e l’uso di idonei DPI, nella valutazione dell’esposizione accerta che l’esposizione è stata superiore a quella prevista dall’articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle condizioni di cui all’articolo 240, li iscrive nel registro di cui all’articolo 243, comma 1 e ne invia copia agli organi di vigilanza ed all’ISPESL. L’iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea dovendosi perseguire l’obiettivo della non permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato all’articolo 251, comma 1, lettera b). 2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all’ISPESL copia dei documenti di cui al comma l. 3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all’ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1. 4. L’ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell’esposizione”. L’art. 261 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che ‘1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3’ e questa disposizione recita: “3. Presso l’ISPESL è costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate: a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM); b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS); c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalità di possibile significatività epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali”. Le norme di cui all’art. 262 (sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente), con il D.Lgs. 106 del 2009, sono state completamente riformulate, con un sensibile alleggerimento delle sanzioni: “1. Il datore di lavoro è punito: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione degli articoli 223, commi 1, 2 e 3, 236, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e 249, commi 1 e 3; b) con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione dell’articolo 223, comma 6. 2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, 242, commi 1, 2 e 5, lettera b), 248, comma 1, 250, commi 1 e 4, 251, 252, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi 1, 2, 3 e 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1; 206 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO b) con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 227, commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1, 2 e 4, e 240, comma 3; c) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 800 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 250, commi 2 e 3, e 256, commi 5 e 7; d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, e 260, commi 2 e 3” rispetto alla precedente regolamentazione690. Così come sono state alleggerite le ‘sanzioni per il preposto’, stabilite dall’art. 263, che recita testualmente: “1. Con riferimento alle previsioni di cui al presente titolo, il preposto è punito: a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.600 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 240, commi 1 e 2, 241, 242, commi 1 e 2, 248, comma 1, e 254; b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 250 a 1.000 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1, 2 e 4” rispetto a quanto originariamente previsto691. Così per quanto riguarda il medico competente, per il quale l’art. 264 stabilisce: “1. Il medico competente e' punito: a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e comma 6, 230, e 242, comma 4; b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell'articolo 243, comma 2. a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 300 a 1.200 euro per la violazione degli articoli 229, commi 3, primo periodo, e 6, 230, e 242, comma 4; b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell’articolo 243, comma 2. E’ stato altresì introdotto l’art. 264 bis, che così recita: “(Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti) 1. Chiunque viola le disposizioni di cui all’articolo 238, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 450 euro”. Il Legislatore del 2009, con l’art. 124 (del D.Lgs. 106/09) ha introdotto nuove sanzioni, che però sono di natura soltanto amministrativa, e sviliscono le capacità interdittive, soprattutto dissuasive, di quelle norme penali finalizzate a presidiare e salvaguardare la salute e l’incolumità 690 L’art. 262 del D.Lgs. 81 del 2008, nella sua originaria formulazione, aveva il seguente tenore letterale: “1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti: a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3, 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1; b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma 1, e 252; c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e 7; d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, e 260, commi 2 e 3”. 691 L’art. 263 del D.Lgs. 81 del 2008, nella sua originaria formulazione, aveva il seguente tenore letterale: “1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attività alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19: a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi 1 e 2; b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1 e 4”. CAPITOLO XI | 207 psicofisica dei lavoratori prima che siano lese692. 11.8 Osservazioni conclusive. L’impianto normativo del D.Lgs. 81/08 può reggere soltanto e nella misura in cui le disposizioni meno rispettose del dettato costituzionale e dei principi del diritto comunitario siano interpretate con un processo osmotico, attraverso il quale attribuire loro, anche contro il tenore letterale, una portata ed una valenza di ulteriori ed aggiuntivi obblighi di prevenzione tecnica e protezione individuale, che si ricavano in via generale dalle norme di cui agli artt. 2087 c.c. e 2, 32, piuttosto che 35 e 36 e 41, II comma, della Costituzione, e dagli artt. 2 e 8 Cedu, e dal Catalogo dei Diritti della Persona Umana, come elaborato dalla Corte di Giustizia e dalla Corte di Strasburgo, e soprattutto dal Legislatore comunitario, e modificato dall’entrata in vigore dell’art. 6 del Trattato di Lisbona. I nuovi diritti e i nuovi strumenti di tutela così contemplati, potranno inaugurare un nuovo corso, in caso della assunzione di consapevolezza della necessità di annullare le soglie nell’azzeramento del rischio, e in caso di assunzione della responsabilità per i danni, di qualsiasi specie e natura, che si dovessero venire a determinare a qualsiasi persona e che legittimerebbero, accanto ai mezzi processuali tipici degli Stati membri, con la possibilità di diretta ed immediata applicabilità delle norme già richiamate, anche un’azione diretta a carico degli Stati membri e della stessa Unione, innanzi la Corte di Strasburgo e/o la Corte di Giustizia693, nei modi e nei termini che abbiamo già illustrato. 11.9 Il diritto al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi comunitari e per violazione delle disposizioni costituzionali. Le società datrici di lavoro e i loro amministratori e dirigenti sono certamente responsabili di tutti i danni che hanno causato esponendo i lavoratori ad amianto e ad altri cancerogeni, e ne dovranno rispondere in sede civile e penale, e lo Stato e gli enti pubblici previdenziali dovranno riconoscere ed accreditare tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali (rendite, prestazioni aggiuntive del Fondo Vittime Amianto, maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto, etc.), ma non di meno questi ultimi potranno essere esonerati dall’obbligo dell’integrale ristoro di ogni pregiudizio, che la loro condotta ha determinato, nella misura in cui non sono state applicate efficacemente le norme costituzionali, prime fra tutte quelle di cui all’art. 32, e quelle civilistiche, che si rinvengono senza dubbio nell’art. 2087 c.c., e per il ritardo con il quale soltanto nel 1992 l’amianto è stato messo al bando, e per oscuri episodi di collusione con i settori industriali dell’amianto, che sono stati in grado di interdire l’approvazione di una efficace normativa sui limiti di soglia, quando già negli anni ’70 questa esigenza era stata rimarcata da insigni scienziati, fino ad ottenere il non recepimento della direttiva 477/83/CEE, per “difendere l’idea della sicurezza dell’amianto; una pura operazione lobbystica con la quale gli industriali del settore hanno combattuto la battaglia in difesa del loro business… un modello di sviluppo che ha provocato morti, che genera e genererà costi all’infinito… l’Italia è stata… per molti anni inadempiente quanto all’adeguamento delle disposizioni comunitarie, che già dieci anni fa prevedevano per i paesi membri misure di prevenzione e protezione per i lavoratori 692 Per maggiori approfondimenti circa le modifiche introdotte con il D.Lgs. 106 del 2009, si rimanda a E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino 2011. 693 Più ampliamente in Ezio Bonanni, TRATTATO DI LISBONA, NUOVE FONTI NORMATIVE E TUTELE NEL DIRITTO DEL LAVORO, in Diritto dei lavori, Anno IV n. 2, maggio 2010, Cacucci editore, in internet: www.csddl.it e in E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino 2011. 208 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO utilizzatori dell’amianto. Le imprese hanno preteso questi ritardi dai governi che si sono succeduti…” (come ha evidenziato l’On.le Muzio in un suo intervento alla Camera dei Deputati) 694. Indagini difensive hanno permesso infatti di acquisire le prove della esistenza e della attività di queste lobby, tra cui spicca una nota scritta a mano relativa ad un ‘incontro’ presso la ‘Assocemento’ di Roma nel lontano 17 novembre 1978, e rinvenuta presso l’Archivio di Stato di Torino, tra le carte del Consiglio di Amministrazione della Società ‘Amiantifera Balangero’ (Torino), nella quale si legge ‘Le Società di produzione di amianto chiedono di rallentare la questione della normativa sui limiti di esposizione legati alla produzione dei lavoratori, "l'ENPI ha aderito a questa richiesta... Il ministro della Salute ha confermato questo fatto’ (Torino, Archivio di Stato). Qui si è di fronte ad una vera e propria responsabilità civile dello Stato e dei suoi apparati, e a tacer d’altro, anche a voler negare attendibilità al documento manoscritto, la effettiva sussistenza della lobby dell’amianto trova specifico richiamo e riferimento nella Sentenza n. 565 del 2012 del Tribunale di Torino695, all’esito di una serie di acquisizioni dibattimentali inoppugnabili. 694 L’On.le Muzio: “ancora in questi ultimi giorni si è tenuto un processo a Casale Monferrato che è terminato con la condanna dell’Eternit-S.p.A. per responsabilità consumate in ordine alla lavorazione dell’amianto negli stabilimenti di quella città […]. Circa 1.500 erano le parti civili in quel procedimento e si trattava di ex lavoratori e di eredi delle vittime dell’amianto. Sulla tossicità e sugli effetti cancerogeni dell’amianto vi è ormai una vasta letteratura; anzi, direi che tale letteratura vi è sempre stata: esistevano, infatti, testi e dati fin dal 1935, lavori del congresso americano. Si tratta di studi che sono stati occultati dagli industriali nel nostro paese e da un sindacato ancora debole per permettersi uno scontro in ordine ai temi “salute-occupazione” in quegli anni di regime. Ancora pochi anni fa si costituì l’Associazione utilizzatori di amianto, che raccoglieva coloro cui faceva riferimento circa il 60 per cento del consumo complessivo di amianto ed aveva una sola parola d’ordine: difendere l’idea della sicurezza dell’amianto; una pura operazione lobbistica con la quale gli industriali del settore hanno combattuto la battaglia in difesa del proprio business. Si trattava, certo, di una logica perversa, quella del profitto a tutti i costi: un modello di sviluppo che ha provocato morti, che genera e genererà costi all’infinito se non si saprà, sulla scorta di quanto avvenuto, porvi rimedio, applicando fino in fondo […] la legge n. 257 […]. L’Italia è stata… per molti anni inadempiente quanto all’adeguamento delle disposizioni comunitarie, che già dieci anni fa prevedevano per i paesi membri misure di prevenzione e protezione per i lavoratori utilizzatori dell’amianto. Le imprese hanno preteso questi ritardi dai governi che si sono succeduti … (richiamava le) circa 3000 applicazioni dell’amianto (e motivava le sue conclusioni precisando che) le fibre di amianto sono assunte dall’uomo per inalazione, attraverso l’apparato respiratorio, fino a raggiungere i polmoni, oppure tramite ingestione. L’asbestosi è la malattia professionale legata alla proprietà di queste fibre e provoca la cicatrizzazione del tessuto polmonare con conseguente perdita definitiva della capacità funzionale. Gli ultimi studi scientifici, ulteriormente perfezionati, dicono che non è possibile alcuna guarigione dalle lesioni prodotte dall’asbesto. Ed è ormai acclarato che esso produce tumori maligni della pleura e del peritoneo, chiamati mesoteliomi, tumori polmonari e gastrointestinali. Questa sostanza cancerogena non ha alcun livello di soglia o limite che possa garantire la salute di coloro che sono stati o siano esposti, nel senso che è dannosa una quantità anche minima; l’amianto e le sue fibre sono già stati riconosciuti scientificamente dannosi per la salute (e ha richiamato la tragedia delle vittime sostenendo che) la cronaca, … serve anche da supporto ai ragionamenti svolti nelle Commissioni attività produttive e lavoro. E’ dunque necessaria una formulazione del decreto legge che risponda davvero alla necessità dei lavoratori […]” (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, XI^ Legislatura, disegni di legge e relazioni, disegno di legge n. 2744, pag. 2). 695 Tribunale di Torino, Sentenza n. 565 del 2012, pp. 394 e seguenti: “Tale diffusione di informazioni sempre più precise sulla pericolosità delle polveri di amianto induce gli industriali del settore ad elaborare una strategia comune. In occasione della conferenza internazionale delle organizzazioni di informazione sull'amianto (Asbestos Information Committee) tenutasi a Londra nel. novembre del 1971 (che vede la partecipazione di delegati dei maggiori gruppi industriali dell'amianto, finanziatori del comitato, tra i quali, per Eternit S.A., il dott. J. Lepoutre, capo dei servizi medici, e A. Eyben), W. J. Smither dell'Asbestosis Research Council esordisce osservando, con specifico riferimento al mesotelioma, che i casi riscontrati sono notevolmente aumentati nelle aree in cui viene maggiormente utilizzato l'amianto, di tal che può dirsi "evidente" l'associazione di tale tipo di tumore con esposizioni di tipo professionale. Egli rileva tuttavia che, secondo alcuni studi, i lavoratori dell'amianto risultano esposti ad un rischio minore rispetto ai fumatori di venti o trenta sigarette al giorno, e che occorre in ogni caso considerare, più che gli aspetti nocivi, i "grandi benefici dell'amianto, e gli effetti negativi per la comunità se venisse privata di questa sostanza". Il presidente dell'Asbestos Information Committee, M.F. Howe, prevedendo che le critiche contro l'amianto si sarebbero intensificate, consiglia pertanto di collaborare all'elaborazione di una legislazione più vincolante, istituendo, nel CAPITOLO XI | 209 contempo, un comitato d'azione (cioè una lobby) che metta a punto una strategia di comunicazione. Egli osserva infatti che "gli attacchi, anche improvvisi, possono essere opera di giornalisti del settore medico o di esperti medici dei vostri Paesi, oppure scaturire dagli scritti e dalle dichiarazioni di esterni, quali i dottori Selikoff e RattrayTaylor, o essere ispirati dai sindacati. Possono colpire dapprima determinati prodotti...o dirigersi all'uso dell'amianto in generale. Secondo me, in misura crescente saranno legati a timori per l'ambiente". Howe invita pertanto i partecipanti ad esaminare con attenzione, ed a sviluppare, i loro strumenti di difesa (soprattutto in termini di controinformazione, con la diffusione di scritti e di opuscoli "tranquillizzanti") nei confronti dei futuri attacchi, con l'obiettivo principale di partecipare, ove possibile, all'elaborazione delle normative da parte dei singoli governi (Atti della conferenza internazionale 24-25 novembre 1971 prodotti dal c.t. Castleman ud. 22 e 29 novembre 2010, faldone 56 bis): in tale ottica verranno pubblicate, nel 1976, numerose pagine di pubblicità sui principali quotidiani europei che evidenziano come "i problemi che pone l'amianto sono irrilevanti in confronto agli enormi servizi che vi rende ogni giorno senza che neppure lo sappiate. Questi problemi sono e saranno risolti" (Le Monde, "Impariamo a vivere con l'amianto" citato da F. Iselin, "Amianto e potere", prod. ud. 24 maggio 2010, faldone 41). Le difese degli imputati (in specie dell'imputato De Cartier) hanno contestato, in primo luogo, che vi fosse, già negli anni sessanta, all'interno della stessa comunità (pagina 395) scientifica, un "sapere definitivo", formato da conoscenze consolidate sulla correlazione fra mesotelioma pleurico ed esposizione a fibre di amianto; hanno escluso, in secondo luogo, che - a quell'epoca - le informazioni scientifiche raccolte (non soltanto in tema di mesotelioma ma, più in generale, sulle patologie asbesto-correlate) si fossero trasferite in ambito industriale. Si è a tal riguardo osservato, in estrema sintesi, anche sulla base di quanto riferito dai consulenti tecnici delle difese (relazione tecnica c.t. Cavallo, fald. 59; c.t. Canzio Romano esame 24 gennaio 2011, fald. 57): che solo gli studi epidemiologici (intrapresi soltanto all'inizio degli anni settanta) hanno permesso di comprendere la presenza e la "magnitudo" del problema, e ciò è tanto più vero per le patologie neoplastiche che insorgono con lunghi periodi di latenza; che la mancanza di sistemi di verifica delle esposizioni professionali secondo metodi certi e internazionalmente riconosciuti rendeva ancor più improbabile il riconoscimento di un eventuale problema e la stima della dimensione dello stesso; che soltanto a partire dalla seconda metà degli anni sessanta i medici di fabbrica hanno iniziato a sviluppare programmi di sorveglianza sanitaria utili alla raccolta di evidenze cliniche correttamente inquadrate in relazione alle conoscenze nosologiche dell'epoca; che - dalla metà degli anni cinquanta alla metà degli anni sessanta - il tumore polmonare veniva considerato quale complicanza dell'asbestosi, di tal che si riteneva che la prevenzione della seconda - con il progredire della medicina industriale, in specie in termini di sorveglianza del livello delle polveri - avrebbe comportato anche la prevenzione del primo; che le ricerche iniziali sul mesotelioma erano precipuamente riferite all'attività estrattiva, alla tessitura ed al settore delle coibentazioni industriali e navali, nelle quali si ipotizzavano, trattandosi di matrici friabili perché umidificate, livelli di esposizione più rilevanti; per converso, il rischio nell' industria del cemento amianto era considerato inferiore, stante la matrice compatta trattata; che - nella seconda metà degli anni sessanta - sia Selikoff che Vigliani avevano evidenziato, con riferimento al mesotelioma, la necessità di approfondire aspetti rilevanti, quali l'importanza della qualità di asbesto nello sviluppo delle patologie tumorali e l'individuazione dei criteri per la diagnosi della neoplasia, al fine di una sua standardizzazione; che i progressi effettuati dalla ricerca scientifica non venivano immediatamente veicolati all'esterno, ed in particolare al settore industriale. A tali obiezioni deve rispondersi convenendo con le difese soltanto sulla premessa, e cioè sul fatto che le ricerche e le conoscenze sulla elevatissima pericolosità dell'amianto, e segnatamente sulle caratteristiche e sull' incidenza del mesotelioma, non fossero, negli anni sessanta e nei primissimi anni settanta, assimilabili a quelle attuali, e non potessero dunque definirsi "consolidate". Occorre tuttavia sottolineare che, con le sintetizzate obiezioni; le difese degli imputati ammettono implicitamente che ciò che non poteva essere ignorato (ed anzi, era stato perfettamente assimilato) dai grandi gruppi industriali dell'amianto, tra i quali Eternit certamente rientrava, con quel che ne consegue in termini di accesso alle informazioni, è che le indagini scientifiche sviluppatesi sin dai primi anni del novecento avevano evidenziato che le polveri di amianto provocavano, oltre all'asbestosi, anche patologie tumorali, in particolare del polmone e della pleura, che la crocidolite doveva considerarsi la (pagina 396) sostanza più pericolosa e, addirittura, che tali gravi neoplasie potevano colpire anche chi non presentava attività lavorativa all’interno delle miniere e delle fabbriche che trasformavano tale materiale. Prova ne è che l'Inghilterra aveva emanato per due volte (cioè nel 1931 e nel 1969), seguita nel 1970 dagli Stati Uniti, norme regolamentari dirette alla tutela della salute dei lavoratori dell'amianto, abolendo addirittura l'uso della crocidolite (il che non poteva certamente essere ignorato dalle aziende del settore), e che le indagini di Wagner e, precipuamente, quelle di Selikoff sul mesotelioma avevano destato grande preoccupazione negli ambienti industriali, inducendoli, come si è visto, a compattarsi nello sforzo di orchestrare una vivace campagna di controinformazione che mettesse in luce i vantaggi dell 'uso dell'amianto a discapito dei rischi che esso comportava. Prova ne è, soprattutto, che nella citata relazione del Convegno informativo di Amiantus tenutosi a Neuss nel giugno 1976 ("Tutela del lavoro e dell'ambiente Ree. 117) si dà atto che "a partire dagli anni sessanta vengono seguiti con la massima attenzione i lavori scientifici [in specie di Selikoff] concernenti l'amianto, la dove l'amianto viene considerato una minaccia per la salute, e viene inoltre mantenuto uno stretto contatto con gli uffici competenti", per poi osservare che dopo "una campagna ben programmata e con la collaborazione di scienziati" è stato revocato il divieto, emanato in Svezia nello stesso 1976, di utilizzare l'amianto-cemento per i tubi. Non appare dunque forzato affermare, da un lato, che i grandi 210 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO gruppi industriali dell'amianto, nessuno escluso, avevano un preciso interesse a seguire in tempo reale gli sviluppi delle ricerche scientifiche e, d'altro lato, che tali progressi spingevano tali gruppi ad adottare adeguate contromisure ("campagne ben programmate") per impedire l'interdizione dell'uso e della vendita del cemento amianto. Né può condividersi quanto osservato dalla difesa dell'imputato De Cartier sulla sopravvalutazione, a riguardo, della conferenza londinese del 1971 dell'Asbestos Information Committee e sulla "ingenuità" dei tentativi operati dalle aziende per rilanciare l'immagine dell'amianto, nonché sulla scarsa incisività (desumibile dalla promulgazione delle normative anglosassoni di tutela dei lavoratori) della lobby venutasi a creare all'inizio degli anni settanta per perseguire tale obiettivo. La conferenza internazionale del 1971 assume, infatti, un significato di grande rilievo sotto il profilo delle strategie messe a punto dalle aziende del settore per due fondamentali ragioni. In primo luogo, perché in quella sede si prende atto esplicitamente dell'evidenza dell'associazione del mesotelioma con esposizioni di tipo professionale, il che smentisce l'assunto che le informazioni provenienti dalla comunità scientifica venivano recepite dagli ambienti industriali con costante ritardo rispetto alla loro propalazione interna. In secondo luogo perché, preso atto di tale evoluzione delle conoscenze mediche, l'obiettivo dichiarato del cartello dell'amianto diviene quello di collaborare con gli organi istituzionali non già per assecondare tali scoperte ed adottare le necessarie misure di prevenzione e di tutela della salute dei lavoratori, ma - come si è detto - per controllare e limitare gli effetti nocivi derivanti alle aziende da una legislazione eccessivamente restrittiva. Il timore che emerge con chiarezza dalle relazioni della conferenza internazionale dell'Asbestos Information Committee - e in particolare dalle parole di Howe - è, infatti, che la diffusione all'esterno dei risultati delle indagini scientifiche (di quelle di Selikoff in particolare) induca l'opinione pubblica ed i sindacati ad esercitare pressioni sui governi - (pagina 397) alcuni dei quali avevano già provveduto ad emanare regolamenti finalizzati alla prevenzione e alla tutela della salute dei lavoratori - per bandire l'amianto o, quantomeno, per prevederne un utilizzo ridotto e accompagnato da norme di sicurezza troppo rigide. A tale conferenza, si noti, partecipa, come si è detto, quel Lepoutre che visiterà, poco dopo, in qualche occasione, lo stabilimento di Casale Monferrato (in epoca precedente, e non successiva, come sostenuto dalla difesa De Cartier, alle visite dell'ENPI - Rec. 759 - e al citato articolo comparso sul N.Y.T.), senza - tuttavia - che delle allarmanti informazioni recepite direttamente dal medico belga rimanga traccia alcuna, tantomeno sotto il profilo operativo. Non a caso, nel citato documento interno del 14 febbraio 1973 (Ree. 174), menzionato dalla difesa De Cartier per sostenere che le visite di Lepoutre avevano sortito l'effetto di "confrontare le esperienze" e di `favorire l'attivazione di un rilevamento sistematico del livello di inquinamento da polveri nello stabilimento", si annota come la continuazione dei controlli sia necessaria "tanto per disporre di elementi di giudizio sull'efficacia delle nuove installazioni (...) per ridurre i gravi pericoli di asbestosi, quanto per poter controbattere le immancabili accuse che periodicamente ci vengono fatte dall'ENPI e dai rappresentanti degli operai". Il che dimostra, ancora una volta, come l'attivazione per recepire le evoluzioni delle conoscenze scientifiche sia strettamente connessa all'esigenza, per le aziende, di minimizzare e di controinformare, piuttosto che di adeguarsi ad esse in funzione della tutela della salute dei lavoratori. Sempre nel 1973, Lepoutre partecipa ad una Riunione di esperti sulla sicurezza nell'utilizzo dell'amianto (Ginevra 11-18112/1973), nella quale viene esplicitamente rilevato che l'inalazione delle fibre di amianto può causare il mesotelioma della pleura e il mesotelioma peritoneale, evidenziandosi peraltro che, stante la lunga latenza, "l'incidenza delle affezioni constatate ora non permette di valutare gli effetti dei livelli di presenza di polvere attuali" (Rec.5592). Nel giugno del 1976 si svolge il già ampiamente citato Convegno di Neuss, nel quale Ernst Schmidheiny parla, come si è detto, del mesotelioma e del rischio di contrarre la malattia alla quale sono soggetti i lavoratori esposti ad alte concentrazioni di polveri. Desta, dunque, molte perplessità (anche alla luce delle dichiarazioni dei dipendenti dello stabilimento di Casale Monferrato, di cui si dirà di seguito) quanto riferito al dibattimento da Hans Ullrich Teichert, capo della direzione tecnica del Centro di Neuss (ud. 14 marzo 2011) con riferimento all'individuazione dell'epoca in cui ebbe a parlarsi, per la prima volta, nell'ambito dell'Istituto, dei rischi di mesotelioma pleurico connessi all'uso dell'amianto; dichiarazioni che sono comunque significative della mancata traduzione delle indagini in materia in aumento delle misure di prevenzione e di sicurezza: (… ... …) Non soltanto, infatti, come si è visto, Schmidheiny aveva, nel Convegno di Neuss, fatto esplicito riferimento al rischio di mesotelioma, segnalando che "si può supporre che per i lavoratori che negli scorsi decenni sono stati esposti ad alte concentrazioni di polvere il rischio di essere soggetti a queste malattie [cancro dei polmoni e mesotelioma] sia notevolmente superiori", ma tali informazioni si erano già negli anni precedenti diffuse in ambito aziendale, tant'è vero che alcuni dipendenti della Eternit di Casale Monferrato, prima ancora di diventare dirigenti, avevano appreso dell'esistenza degli studi di Selikoff e, soprattutto, dell'associazione tra il tumore della pleura e l'esposizione all'amianto. Ciò emerge con chiarezza dalla deposizione, pur titubante, di Cesare Coppo: (…......) Sempre al fine di perseguire l'obiettivo della controinformazione (si noti che, nel 1973, si era tenuto, oltre alla riunione di Ginevra, un convegno internazionale a Lione nel quale era emerso con chiarezza che tutti i tipi di amianto erano cancerogeni per l'uomo e che, nello stesso anno, l 'international Agency for Research on Cancer (IARC) (pagina 401) dell'organizzazione mondiale della sanità, nella sua prima monografia sull'amianto, aveva concluso per la "sufficiente evidenza" della sua cancerogenicità, classificando in seguito - nel 1977 - l'amianto tra gli agenti cancerogeni per l'uomo), i produttori delle maggiori industrie dell'amianto iniziano, poco dopo, a riunirsi periodicamente in incontri di vertice riservati, denominati "tour d'horizon" (giro di orizzonte). Essi hanno ad oggetto questioni riguardanti il mercato CAPITOLO XI | 211 dell'amianto (in particolare produzioni e consumi, andamento dei mercati, competitività dei prodotti, materiali sostitutivi) e il rapporto tra amianto ed ambiente (salute, attività sindacali, attività della CEE, sviluppi legislativi in Europa e negli Stati Uniti). A tali incontri, quattro dei quali risultano documentati, tenutisi tra il 1977 e il 1981, partecipano, tra gli altri, il gruppo Eternit svizzero (con i dirigenti Graf e Dorner), il gruppo Eternit Belga, la Eternit francese, la Turner & Newell e la Saint-Gobain-Pont a-Mousson. In occasione del tour d'horizon tenutosi il 1° dicembre 1977, viene osservato che "in merito alla questione dei materiali sostitutivi si ha l'impressione che sebbene il problema sanitario legato all 'amianto abbia stimolato il loro sviluppo, rimangono i dubbi riguardo la disponibilità a lungo termine, 25 - 30 anni, ed al prezzo dei principali gradi di fibra di amianto (...) Nel contempo è essenziale mantenere il mercato del cemento-amianto anche per assicurare la regolare transizione verso prodotti sostitutivi se e nel momento in cui ciò divenisse necessario". Analoghe considerazioni si ritrovano nel tour d'horizon del 27 novembre 1978. Nella circostanza Dorner osserva che "l'urgenza di trovare materiali sostituivi è diminuita nel corso dei due-tre anni passati, in quanto è calato anche il timore della possibile carenza, sia quella reale, sia quella prevista per il futuro, carenza di fibra di amianto. Tuttavia l'andamento della domanda a lungo termine, così come il problema sanitario, legato all'amianto, suggeriscono comunque di non abbandonare la ricerca di materiali sostituivi". In occasione del tour d'horizon tenutosi a Parigi il 29 ottobre 1979, lo stesso Dorner sottolinea che "nei sindacati, nei gruppi politici e finanziari e nell'opinione pubblica vi è una consapevolezza sempre maggiore dei rischi sanitari che possono derivare dall'utilizzo dell'amianto qualora non vengano rispettati determinati standard; in Paesi come la Germania occidentale e la Svizzera l'amianto viene pubblicizzato in maniera negativa...nella Germania occidentale si è proposto di stabilire un limite di livello di polveri molto più restrittivo (...). L'amianto perderà probabilmente quote di mercato; è poco probabile che questa tendenza possa invertirsi e che si riesca ad impedire la sua espansione verso i paesi in via di sviluppo". I rappresentanti delle aziende presenti osservano peraltro che esse non avrebbero dovuto "semplicemente arrendersi" all'amianto, e che sarebbero stati necessari sforzi e spese considerevoli per sostenere le "lobby per l'amianto a livello dei sindacati e delle unioni dei datori di lavoro, dei clienti e del mondo politico". Nel tour d'horizon del 24 febbraio 1981 viene, in particolare, definito l'approccio nei confronti dell'attività della Commissione Economica Europea, che dopo aver messo a punto "una serie di strategie ambientali" - aveva raccomandato la diffusione delle informazioni relative alla pericolosità dell' inquinamento da amianto anche presso le organizzazioni professionali di datori di lavoro e lavoratori, nonché presso le università e i medici del lavoro. Come indica il rapporto, la maggior parte dei partecipanti ritiene, come già aveva ritenuto all' inizio degli anni settanta, e nonostante il progredire, nel frattempo, delle (pagina 402) conoscenze scientifiche, che l'industria debba "lottare per l'amianto in Europa, almeno contro le proposte e le minacce più estreme (...). Le azioni da intraprendere dovrebbero includere la ricerca del sostegno da parte di membri del Parlamento europeo, soprattutto tra coloro che hanno impianti di lavorazione dell'amianto nelle loro circoscrizioni elettorali. E' ugualmente necessario intraprendere azioni per consolidare la fiducia dei committenti e di coloro che utilizzano i prodotti dell'amianto" (tutti i rapporti relativi ai Tour d'horizon in Rec. n. 606). Il "consolidamento della fiducia dei committenti" passa tuttavia, ancora una volta, per la minimizzazione, se non per l'occultamento, della dannosità della sostanza. Come osservato dal c.t. Castleman, nell'ottavo incontro del comitato esecutivo dell'Associazione internazionale amianto (A.I.A.) del 1978, il già citato Etienne Van der Rest dell'Eternit belga osserva come sia opportuno che le etichettature sui prodotti contenenti avvisi sulla loro pericolosità "debbano essere utilizzate soltanto nei paesi in cui sono obbligatori ed è meglio che non vengano utilizzate nei paesi in cui non sono obbligatorie; per quanto riguarda il resto del continente Europa, tali etichette che vengano utilizzate in Gran Bretagna non vengano utilizzate quando viene mandato il prodotto nel resto dell 'Europa continentale". Emerge infatti dal verbale della riunione che Van der Rest chiede, nell'occasione, "ai membri inglesi di fare il possibile per ottenere che le merci inglesi contenenti amianto esportate nel continente non debbano ancora essere etichettate, poiché questo metterebbe l'industria continentale in una posizione difficoltosa" ( Ree. 5589). Ancora nel marzo 1980 interviene, a riguardo, uno scambio di lettere tra Van der Rest e tale Hardy della Turner & Newall, nelle quali il primo si lamenta del fatto che vengano apposte sui prodotti le suddette etichette ("Potrai comprendere come io sia rimasto deluso nel vedere che sui sacchi di amianto Turner dice chiaramente "ispirare o respirare la polvere di amianto può causare tumori ed altre malattie mortali"; R.5590). Un funzionario capo della Turner & Newall osserva, a riguardo, che "coloro che sono coinvolti con processi statunitensi sull'amianto [come la Jhons Manvill] probabilmente sono più sensibili su questo problema di quanto non lo siano i produttori di amianto cemento all'interno di quella che allora era Comunità Europea" (trascrizione esame Castleman ud 29111110, ff. 8 ss.). In conclusione, può dirsi accertato che le conoscenze sulla pericolosità dell'amianto, non solo con riferimento al rischio di asbestosi e di tumore polmonare, ma anche relativamente al rischio di mesotelioma (pleurico e peritoneale), avevano raggiunto, già negli anni sessanta e all'inizio degli anni settanta, i grandi gruppi industriali, ed in particolare il "gruppo belga", come confermato dalla presenza del capo medico Lepoutre nelle menzionate riunioni in cui tali rischi sono stati, con grande chiarezza, enunciati. E può dirsi parimenti acclarato che le scoperte di Selikoff e di Wagner della metà degli anni sessanta sul mesotelioma non erano rimaste circoscritte nell'ambito della comunità scientifica, ma - al contrario - si erano rapidamente diffuse, anche grazie all'attività di sensibilizzazione portata avanti da Selikoff, tra gli industriali dell 'amianto: i quali, oltre a minacciare - neppure troppo velatamente - lo stesso Selikoff nel caso non avesse desistito dal pubblicizzare gli esiti delle sue 212 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Dunque il dibattimento ha dimostrato come non fossero peregrine, anzi, assolutamente fondate, le deduzioni che erano state formulate dallo scrivente in qualità di difensore di parte civile, il quale aveva chiesto ed ottenuto di essere autorizzato a citare lo Stato come responsabile civile696, secondo quanto dispone l’art. 83 c.p.p., e che potranno essere riproposte in sede civile, per ottenere la declaratoria di accertamento e condanna dello Stato e degli altri enti pubblici per questo come per altri casi analoghi, poiché esiste una colpa collettiva, o contrattuale, ovvero da contatto o contratto sociale, per la inefficienza ed inefficacia dello Stato e degli enti preposti nel far rispettare quelle norme che, approvate fin da epoca risalente, disponevano l’obbligo di tutela della salute, anche attraverso interventi positivi, e con le quali si sarebbero salvate decine di migliaia di vite umane di lavoratori e di loro familiari. Gli industriali dell’amianto sono riusciti ad influenzare, nel corso degli anni, tutti gli organi della pubblica amministrazione, sia quelli deputati alla verifica dell’applicazione delle norme e alla repressione di comportamenti illeciti, sia le stesse assemblee legislative, ove solo si ricordi e si richiami il mancato tempestivo recepimento della direttiva 477/83/CEE sanzionato dalla Corte di Giustizia, già nel dicembre del 1990. Neanche la maggiorazione contributiva, o altre provvidenze, possono costituire integrale risarcimento dei danni, alla salute e all’esistenza stessa di questi lavoratori e cittadini, anche se non ancora affetti da patologie asbesto correlate, danni che discendono comunque anche dalla tardiva adozione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 277/91 e alla legge n. 257/92, e alla incapacità di far rispettare le leggi (art. 97 Cost.) nell’ottica di interessi generali (art. 98 Cost.), per cui il risarcimento di tutti i pregiudizi dovrà essere integrale, e vi concorreranno anche profili di responsabilità extracontrattuale, secondo quanto disposto dalle norme di cui agli artt. 2043 e/o 2059 c.c. (in combinato disposto con le norme costituzionali che garantiscono – rafforzano la garanzia già contenuta nel complesso normativo del codice civile e delle leggi speciali – cfr Sentenza Sezioni Unite Civili 26972/208 – i diritti fondamentali della persona nella sua sfera individuale e nella proiezione sociale (in cui è ricompreso il luogo di lavoro), dal diritto alla salubrità dell’ambiente lavorativo, ex art. 2087 cc e 32 e 41 II comma Cost., al pieno sviluppo della persona umana, nella uguaglianza e dignità, anche nell’esercizio del diritto–dovere al lavoro, secondo le norme di cui agli artt. 1, 2, 3, 4, che si riflette sui rapporti famigliari, secondo le norme di cui agli artt. 29, 30 e 31, sul presupposto di piena solidarietà sociale, ex art. 38, nei rapporti economici come regolati negli artt. 35 e ss. della Costituzione). Se invece si dovesse affermare l’inesistenza degli obblighi di tutela (in contrasto anche con la Giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale) comunque l’azione risarcitoria non può ritenersi infondata, in quanto lo Stato avrebbe dovuto enucleare e comunque dare attuazione concreta alle norme di cui agli artt. 32 e 41, II comma, della Costituzione, secondo i principi generali dell’ordinamento, dal contratto sociale al divieto del neminem laedere (nell’ambito di una lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui agli artt. 2043 e 2059 c.c.), ed in ultima analisi anche in seguito alla Sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con decisione del 13.12.1990, ha sanzionato la Repubblica Italiana per non avere recepito la direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la tutela dei lavoratori esposti ad amianto, comportamento indagini sulla dannosità della sostanza, avevano immediatamente adottato contromisure per occultare tali precise emergenze scientifiche, al fine dichiarato di sferrare una controffensiva in difesa dell'amianto”. La Sentenza risulta pubblicata integralmente nel sito dell’Osservatorio Nazionale Amianto www.osservatorioamianto.com 696 Cui è seguito il provvedimento di estromissione in seguito all’accoglimento della richiesta dell’Avvocatura dello Stato, nell’interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri. CAPITOLO XI | 213 quest’ultimo che ha determinato una più elevata esposizione e minore tutela, e dunque una maggiore incidenza del danno e delle patologie asbesto correlate: nel capo VII si legge infatti “occorre quindi constatare che la Repubblica Italiana, non adottando nei termini prescritti i provvedimenti,… necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 19/9/1983, 83/477, sulla tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad una esposizione all’amianto durante il lavoro, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE”. Il dispositivo è chiaro quando afferma l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi comunitari e che derivano dal Trattato, in tema di ‘tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad esposizione all’amianto durante il lavoro’, che ha avuto quale conseguenza, pratica e concreta, che milioni di lavoratori sono rimasti esposti ad amianto oltre ogni soglia, per un periodo maggiore, fino a quando la direttiva non è stata recepita, con l’inalazione di maggiori dosi, che hanno un effetto sempre nefasto sulla salute, e per la mancata istituzione del ‘registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma’, che era imposto a tutti gli Stati membri dall’art. 17 della direttiva. In caso di mancata tempestiva ed esatta trasposizione di una direttiva comunitaria, lo Stato membro ne è responsabile dei danni e delle conseguenza pregiudizievoli che determina per ogni cittadino dell’Unione, ed è chiamato all’integrale risarcimento, come già affermato dalla Corte di Giustizia697 e recentemente anche dalla Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17350 del 18.04.2011698, la quale ha confermato che in questi casi è configurabile una responsabilità civile dello Stato, secondo i seguenti presupposti: a) che il provvedimento assegni al cittadino europeo una situazione giuridica soggettiva di vantaggio; b) che tale situazione giuridica soggettiva sia precisa nel contenuto; c) che vi sia un nesso di causalità tra la violazione dello Stato ed il danno subito da singolo; d) che la violazione sia grave e manifesta, confermando così la giurisprudenza interna e della Corte di Giustizia. L’inadempimento degli obblighi comunitari, e di quelli contrattuali, propri del contratto sociale, e la violazione delle norme che pongono divieto di arrecare ingiusto pregiudizio, determinano la contestuale e solidale responsabilità dello Stato e degli altri enti pubblici, che si aggiungono al datore di lavoro nell’obbligo di risarcire tutti i danni per esposizione ed insorgenza di patologie asbesto correlate. 697 E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino, 2011. La Corte di Cassazione ha accolto un ricorso dello scrivente in materia di responsabilità dello Stato e dei Ministeri competenti in materia di tardivo e/o inesatto recepimento delle direttive comunitarie in materia di retribuzioni dei medici specializzandi. 698 Capitolo XII Le prestazioni assicurative erogate dall’Inail SOMMARIO: 12.1 La funzione di tutela del lavoratore. 12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita. 12.3 Gli istituti di previdenza. 12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate. 12.5 Le patologie asbesto correlate nelle tabelle delle malattie professionali. 12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi. 12.7 Le altre patologie asbesto correlate che figurano nelle tabelle INAIL. 12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione legale di origine professionale della patologia se contemplata nelle tabelle. 12.9 Il superamento del sistema tabellare. 12.10 Le prestazioni. 12.11 Le prestazioni sanitarie. 12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato. 12.12.1 Inabilità temporanea assoluta. 12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente. 12.13 Altre prestazioni. 12.13.1 L’assegno di incollocabilità. 12.13.2 La rendita di passaggio. 12.13.3 Le quote integrative. 12.14 Le prestazioni ai superstiti. 12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari. 12.14.2 Assegno continuativo mensile. 12.14.3 Assegno funerario. 12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni. 12.15 La procedura per ottenere l’indennizzo. 12.16 La prescrizione. 12.17 Decorrenza della prescrizione. 12.1 La funzione di tutela del lavoratore. Il sistema di sicurezza sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali poggia sul sistema indennitario costituito dall’assicurazione obbligatoria in favore dei lavoratori prevista dall’art. 38 comma 2 della Costituzione e disciplinata dal D.P.R. 1124/65 e dal D.L.vo 38/2000, e ha la funzione di garantire una protezione sanitaria ed economica ai lavoratori infortunati o colpiti da malattie professionali, nonché di fornire assistenza economica ai superstiti del lavoratore deceduto, con il costo che grava esclusivamente sul datore di lavoro chiamato al pagamento dei premi, in funzione transattiva anticipata rispetto alla lesione. La nostra Costituzione (art. 32, ancorato sulle norme di cui agli artt. 2, 3 e 4) sancisce il diritto alla salute, anche come interesse collettivo, ben oltre la sola dimensione individuale, che impone interventi dello Stato e delle sue strutture periferiche anche prima e per evitare che venga meno quello che è considerato un bene fondamentale per l’esercizio di qualsiasi altro diritto, e di cui l’indennizzo e anche l’integrale risarcimento non possono ritenersi satisfattivi, perché non lo reitengrano, per la irreversibilità della lesione. Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali hanno determinato e determinano un numero considerevole di decessi, più di qualsiasi guerra dei tempi moderni, basti pensare come l’utilizzo dell’amianto, oltre ai lutti e alle tragedie già seminate, causa solo nel nostro Paese circa 5.000 morti ogni anno, e il numero non è destinato a decrescere, e allo stesso modo lo è per gli altri agenti patogeni. Ciò si sarebbe potuto evitare ove le norme fossero state lette e applicate nello spirito della Costituzione, secondo i principi della cultura della sicurezza e in chiave preventiva e prevenzionistica, e per rimanere sul tema amianto tenendo conto della risalente giurisprudenza e normativa sul danno alla salute che le sue polveri e fibre sono in grado di determinare, mentre invece il riconoscimento dell’asbestosi è stata riconosciuta come malattia professionale soltanto con la legge 455 del 1943, e pur in vigenza delle norme costituzionali fin dal 1948, il divieto di utilizzo è stato disposto soltanto nel 1992 e senza obbligo di bonifica. Una effettiva tutela della salute sui luoghi di lavoro non è stata possibile per la scarsa cultura della sicurezza, per la scarsa propensione del sistema industriale italiano a intervenire per la 215 216 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO modernizzazione e per la prevenzione, anche perché si regge su piccole e medie imprese, che spesso hanno difficoltà ad accedere al credito, e perché il sistema sociale predilige gli esborsi per le prestazioni economiche in favore delle vittime, rispetto alla bonifica e al non utilizzo degli agenti patogeni e alla rimozione di ogni situazione di pericolo, e cioè ai mezzi e agli strumenti della prevenzione primaria, rispetto rimanendo ancorato alla presunzione di poter valutare il rischio e di potere evitare gli eventi lesivi della salute umana (che poi puntualmente si verificano). La prevenzione è dunque l’unico strumento con il quale proteggere effettivamente la salute nei luoghi di lavoro e la dignità della persona, e la più efficace misura di protezione sociale, e di realizzazione dell’equilibrio del bilancio dello Stato e degli organi periferici: invece diverse politiche, decisioni e culture hanno determinato oltre a un costo umano e sociale per le vittime e per i loro familiari, enormi spese per prestazioni assistenziali, previdenziali e sanitarie, a carico della collettività, che si sarebbero potute evitare, nell’interesse di tutte le parti (lavoratori, datori di lavoro, pubbliche istituzioni, etc.). 12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita. Il nostro sistema previdenziale, caratterizzato dal rischio professionale ancorato sulle norme di cui all’art. 38, non può prescindere dalle altre norme della nostra Costituzione, di cui è proiezione, e si caratterizza per l’indennizzo del danno biologico e del danno patrimoniale per diminuite capacità di lavoro, in caso di malattia professionale, causata dall’attività lavorativa (anche nel caso in cui la responsabilità dell’evento sia imputabile a colpa del lavoratore), quindi con finalità solo transattive, accompagnate da una selezione rigorosa sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, e con accollo al datore di lavoro dell’onere finanziario dell’assicurazione. La logica transattiva che caratterizza questo sistema ha precluso la possibilità di perseguire una efficace prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro e di realizzare una efficace ed effettiva tutela della salute umana, poiché il datore di lavoro ha sempre preferito socializzare il danno con la transazione preventiva attraverso il pagamento del premio Inail, con sostanziale impunità patrimoniale, e così per decenni nei luoghi di lavoro si è continuato l’uso di amianto e di altri agenti patogeni (anche da parte di aziende di Stato, si pensi, a titolo di esempio, all’utilizzo dell’amianto nel settore ferroviario, nelle centrali elettriche, nella Marina Militare, e si potrebbe continuare all’infinito) con assenza di misure di prevenzione, e di elusione delle norme vigenti, in pieno inadempimento dei precetti specifici e di quelli generali di cui all’art. 2087 del codice civile, e delle norme costituzionali, prime fra tutte quelle dell’etica della libertà di iniziativa economica, pubblica e privata, consacrata nell’art. 41 II comma della Costituzione, che è stato certamente facilitato dall’assenza della logica della prevenzione, attraverso la riduzione a zero di qualsiasi rischio, e la totale abolizione dell’uso di ogni cancerogeno. 12.3 Gli istituti di previdenza. I lavoratori del settore privato trovano tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali attraverso l’operato dell’INAIL, Istituto Nazionale per l’Assistenza contro gli Infortuni sul Lavoro, cui è stato accorpato l’IPSEMA, nel quale a sua volta erano confluite le Casse Marittime, mentre per i dipendenti civili dello Stato provvedono in genere le stesse amministrazioni, oppure l’INAIL in forza di un contratto di mandato, con addebito dei costi alle amministrazioni interessate, tanto da assumere quasi un monopolio nel settore. CAPITOLO XII | 217 12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate. Le patologie asbesto correlate sono ‘malattie infortunio’699, ‘intendendosi per tali la sindrome morbosa imputabile all’azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanico-fisici, purchè insorte in esecuzione del lavoro’ la cui700 ‘sindrome morbosa (è) imputabile all’azione lesiva di agenti diversi di quelli meccanicofisici’, che penetrati nell’organismo umano determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomofisiologico (Cass. 28.10.2004, n. 20941) anche attraverso l’indebolimento delle difese immunitarie (Cass. 26.05.06, n. 12559), e701 ‘insorta in esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica, etc.), evitabili con determinati accorgimenti’ ed infatti702: “i giudici di merito, con sentenze che si integrano tra loro per essere conformi sul punto, hanno chiarito che il pericolo per la pubblica incolumità derivava da una causa violenta individuata nella prolungata e massiccia esposizione a concentrazioni di amianto. Pertanto - a parte la considerazione che la richiamata sentenza n. 232-1983 della Corte Costituzionale nel caso di specie non ha alcun rilievo, in quanto la suddetta Corte si è limitata solo ad affermare il principio che esula dai suoi poteri l'estensione dell'ambito di applicazione dell'art. 437 c.p. anche al rischio di malattie professionali - correttamente i giudici di merito hanno inquadrato il rischio di infortunio, al quale erano esposti i lavoratori, nella categoria delle "malattie infortunio" secondo il concetto elaborato dal consolidato indirizzo giurisprudenziale (vedi sez. 1 n. 12367 del 14-9-1990, proc. Chili, rv. 185325). Infatti - a differenza delle malattie professionali in senso stretto, che consistono in manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro e che non sono prodotte da agenti esterni - "la malattia - infortunio" va intesa come sindrome morbosa insorta in esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica, ecc.), evitabile con determinati accorgimenti. Ne consegue che correttamente nel caso di specie è stato applicato l'art. 437 c.p., atteso che la condotta contestata all' consisteva nella omessa predisposizione di impianti e nella omessa adozione di altre misure idonee a prevenire il pericolo derivante da una causa esterna quale la elevata concentrazione di amianto nell'ambiente di lavoro”. così come ha confermato il Tribunale Penale di Torino703, con la Sentenza n. 565 del 13.2/14.5.2012 (da pag. 480): “la Corte di Cassazione, sulla base di tale insegnamento, per la prima volta nel 1990 (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 12367 del 9 luglio 1990 ud. - dep. 14 settembre 1990 - imp. Chili - rv. 185325), ha chiarito che: "L'interesse tutelato dalla norma di cui all'art. 437 cod. pen. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) è quello della pubblica incolumità; sempre, qualora, dal comportamento dell'agente, attivo od omissivo che sia, possa derivare un infortunio o un disastro. Pertanto ai fini della configurabilità del delitto, tra gli infortuni rientrano le <malattie-infortunio>, intendendosi per tali la sindrome morbosa imputabile all'azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanico fisici, purché insorte in esecuzione di lavoro. Esse rientrano tra quelle professionali in senso lato ma non le esauriscono, mentre nelle malattie professionali in senso stretto rientrano tutte quelle manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro ma che non siano prodotte da agenti esterni. Rientra 699 Corte di Cassazione, I Sezione, Sentenza n. 12367 del 09.07.1990, depositata il 14.09.1990. Corte di Cassazione, Sentenza n. 12367 del 1990, e Corte di Cassazione, I^ Sezione, Sentenza n. 10161 del 1° ottobre 1996, depositata il 26.11.96 e ancora proprio in materia di esposizione lavorativa alle polveri di amianto, Corte di Cassazione, Sezione I^, Sentenza n. 350 del 20.11.98, depositata il 14.01.99. 701 Corte di Cassazione, Sezione I^, Sentenza n. 11894 del 06.02.02, depositata il 23.03.02. 702 Corte di Cassazione Penale, sentenza 20 novembre 1998, n. 350. 703 Sentenza n. 565 del 13.02/14.05.2012 (da pag. 480), che ha definito il giudizio n. 24265/04 R.G. notizie di reato e n. 5219/09 R.G. Tribunale (processo Eternit). 700 218 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO pertanto nella previsione normativa dell'art. 437 cod. pen. la condotta di chi ometta di collocare in ambiente lavorativo impianti di aspirazione idonei ad impedire che agenti esterni chimici <aggrediscano> il fisico di chi sia ad essi esposto.". Da tale decisione in poi, l'indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte a tal riguardo è rimasto costante e l'enunciato principio, oltre che per le malattie derivanti da inalazioni da gas tossici alle quali era riferita la sentenza 12367/1990, è stato poi ripetuto per le ipoacusie (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 10161 dell' 1 ottobre 1996 ud. - dep. 26 novembre 1996 - imp. Martini + altri) e , ancora, proprio in materia di esposizione lavorativa alle polveri di amianto (Cass. - Sez. 1 - sentenza n. 350 del 20 novembre 1998 ud. - dep. 14 gennaio 1999 - imp. Mantovani ed altro - rv. 212203). Quest'ultima sentenza, poi interamente richiamata da Cass. - Sez. 1 - sentenza n. 11894 del 6 febbraio 2002 ud. - dep. 23 marzo 2002 - imp. Capogrosso e altri - rv. 221072, pare particolarmente significativa, sia per quanto riguarda i criteri fissati per distinguere il delitto previsto dall'art. 437 c.p. dalle contravvenzioni in materia antinfortunistica, sia per quanto riguarda il concetto di infortunio sul lavoro e l'interpretazione che ad esso deve essere attribuita. La Corte, ha ribadito che: "a differenza delle malattie professionali in senso stretto, che consistono in manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro e che non sono prodotte da agenti esterni - la <malattiainfortunio> va intesa come sindrome morbosa insorta in esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica, ecc.), evitabile con determinati accorgimenti. Ne consegue che correttamente nel caso di specie è stato applicato l'art. 437 c.p., atteso che la condotta contestata….consisteva nella omessa predisposizione di impianti e nella omessa adozione di altre misure idonee a prevenire il pericolo derivante da una causa esterna quale la elevata concentrazione di amianto nell'ambiente di lavoro." Come si vede, dal 1990 ai giorni nostri, l'indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione si è consolidato nel distinguere la malattia professionale in senso stretto, individuata in "tutte quelle manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro ma che non siano prodotte da agenti esterni", dalla malattia-infortunio, definita "sindrome morbosa imputabile all'azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanicofisici, purché insorte in esecuzione di lavoro". La malattia-infortunio, pertanto, deve essere ricompresa nel concetto di infortunio sul lavoro, in quanto perfettamente conforme proprio al concetto di infortunio descritto dal legislatore nell'art. 2 r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), in cui si fa riferimento all'infortunio sul lavoro come alterazione dell'organismo determinata da causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea assoluta che comporti l'astensione dal lavoro per più di tre giorni. La Corte di Cassazione (Sentenza n. 12367/90), a tal riguardo, ha subito chiarito che il concetto di "causa violenta" deve essere comprensivo di tutte quelle forme di lesività tali da produrre un danno al lavoratore e, quindi, quelle ad esempio bariche, elettriche, radioattive, chimiche, eccetera. E, dunque, la malattia- infortunio si distingue dalla malattia professionale, in quanto i due concetti non sempre coincidono, essendo l'ambito di manifestazione delle malattie professionali certamente più ampio di quello delle malattie-infortunio, perché si possono presentare sindromi morbose che, pur correlate all'attività lavorativa, non siano però dipendenti da una causa violenta determinata dall'aggressione di agenti esterni, risultando prodotte invece da agenti meccanico-fisici”. CAPITOLO XII | 219 12.5 Le patologie asbesto correlate nelle tabelle delle malattie professionali. L’asbestosi è stata la prima malattia asbesto correlata ad essere inserita nelle tabelle delle malattie professionali704, e soltanto con il D.P.R. 336 del 1994, che ha modificato l’allegato 5, n. 56, sono state considerate tali anche il mesotelioma (pleurico, pericardico e peritoneale) e il carcinoma polmonare, e con D.M. 27 Aprile 2004, G.U. n.134 del 10 Giugno 2004, nella lista II (‘Malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità’), del Gruppo 6 (tumori professionali) l’asbesto viene considerato in ordine all’insorgenza del tumore della laringe, e nella Lista III (‘Malattie la cui origine lavorativa è possibile’) sempre per quanto riguarda il Gruppo 6 (tumori professionali) in ordine ai tumori gastroenterici, e con D.M. 11.12.2009705, sono state aggiunte nelle tabelle delle malattie professionali anche le placche pleuriche e gli ispessimenti pleurici e la fibrosi polmonare. Sono assistite dalla presunzione legale di origine le seguenti patologie: a) Placche e ispessimenti pleurici con o senza atelettasia rotonda (j92); b) Mesotelioma pleurico (c45.0); c) Mesotelioma pericardico (c45.2); d) Mesotelioma peritoneale (c45.1); e) Mesotelioma della tunica vaginale del testicolo (c45.7); f) Tumore polmonare (c34); g) Asbestosi (j61); h) Fibrosi polmonare (j68.4); e il lavoratore per ottenere l’indennizzo deve provare soltanto di esserne affetto e di aver svolto mansioni rientranti nell’ambito delle lavorazioni tabellate. Originariamente erano indennizzabili solamente quelle patologie che rientravano nelle tabelle, elenchi tassativi di malattie tipiche, ritenute etiologicamente rilevanti e determinate da un agente patogeno, allo stato delle conoscenze scientifiche e dei dati di esperienza statisticamene rilevabili, nell’ambito di lavorazioni ritenute morbigene, con un ulteriore limite costituito dal periodo massimo entro il quale la patologia avrebbe dovuto manifestarsi per essere riconosciuta in rapporto causale con l’attività professionale, che poteva ritenersi presunto iuris et de iure, nel quale l’unico onere probatorio per l’avente diritto era quello di dimostrare di essere stato adibito a quella particolare lavorazione che nella tabella era individuata come morbigeno, con inversione dell’onere della prova a carico dell’Istituto assicuratore che ove voglia negare l’indennizzo deve dimostrare che la patologia è insorta esclusivamente per cause non attinenti l’attività professionale. La Commissione della Comunità Europea fin dal 1962, sulla base dei risultati della ricerca scientifica, aveva messo in dubbio il sistema delle tabelle e ne aveva auspicato il superamento con il sistema misto, che, per quanto riguarda l’asbestosi, aveva trovato un primo riscontro nella legge 780 del 1975; per le altre patologie di origine professionale, era intervenuta la Corte Costituzionale, prima con la Sentenza n. 179 del 18.02.88 e poi con la Sentenza n. 206 del 25.02.88, le cui declaratorie di incostituzionalità avevano sancito il definitivo superamento del sistema tabellare, e quindi l’indennizzabilità di qualsiasi forma morbosa ‘per le quali sia comunque provata la causa di lavoro’ (art. 3 e 211 del D.P.R. 1124/65), con una nozione di causa lavorativa che comprendeva la nocività conseguente all’organizzazione dell’attività lavorativa, anche se ascrivibile a lavorazione non contemplata nella tabella e anche se insorta oltre il periodo massimo, per effetto della 704 Con la legge n. 455 del 1943. Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’art. 139 del Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modifiche e integrazioni. 705 220 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO caducazione delle norme che fissavano un termine massimo entro il quale la malattia dovesse venire alla luce per essere indennizzata (artt. 134 e 254 del D.P.R. 1124/65), prevedendo che in questo caso l’onere della prova fosse a carico dell’assicurato. Per quanto riguarda il tumore alla laringe, contemplato nella lista n. II, tra le malattie di origine lavorativa di ‘limitata probabilità’ e i tumori gastroenterici, in quanto contemplati nella lista III, ancorché di ‘possibile’ origine lavorativa, l’istituto assicuratore non ne potrà negare la indennizzabilità, ove l’avente diritto dimostri di aver svolto lavorazioni in esposizione all’amianto, e anche ove si ritenesse irrilevante il loro inserimento nella lista INAIL, l’onere della prova potrà essere assolto richiamando semplicemente le conclusioni IARC706 e di altre agenzie. 12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi. Con la legge 455 entrata in vigore il 22.04.1943, anche l’asbestosi è stata contemplata nell’elenco delle malattie professionali che figurano nelle tabelle dell’Inail, e successivamente il testo normativo è confluito negli artt. 142 e seguenti del D.P.R. 1124/65, che è stato successivamente modificato con la legge 780 del 27.12.75, che ha abrogato le disposizioni di cui agli artt. 142 e 143, cosicchè sono rimaste in vigore soltanto quelle degli artt. 144 fino a 177, e così è stata abrogata con la definizione legale di asbestosi, anche ogni restrizione in ordine ai termini e facendo assumere momento centrale all’esercizio dei lavori morbigeni: l’art. 144 stabilisce che le prestazioni assicurative sono dovute sia nei casi in cui la malattia determini diretta inabilità, sia nei casi in cui ne è concausa, con altre forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio e l’art. 145 prevede provvidenze ulteriori in favore dei superstiti in caso di morte del lavoratore assicurato. L’allegato 8 del D.P.R. 1124/65 indica le lavorazioni tabellate, ai fini del riconoscimento della silicosi e asbestosi: Malattie Silicosi anche associata a tubercolosi 706 Lavorazioni a) Lavorazioni nelle miniere e cave in sotterraneo e lavori in sotterraneo in genere, lavori nelle miniere e cave a cielo aperto e lavori di scavo a cielo aperto in presenza di roccia contenente silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera b) Lavori di frantumazione, macinazione, manipolazione di rocce, materiale ed abrasivi contenenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera c) Taglio, lavorazione, preparazione, levigatura, smerigliatura, molatura lucidatura, adattamento in opera, delle rocce e di altri materiali contenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polveri di silice libera Taglio, levigatura, smerigliatura, molatura, lucidatura, eseguiti con impiego di materiali contenenti silice libera (esclude e operazioni di molatura di Per quanto riguarda il tumore alla laringe e quello al colon, lo IARC ha concluso: “There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have been observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and colorectum” (Trad. Vi è una sufficiente evidenza della cancerogenicità per l'uomo di tutte le forme di amianto (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite e antofillite). L'amianto provoca il mesotelioma e il cancro del polmone, della laringe e dell'ovaio. Associazioni positive sono state osservate inoltre tra l'esposizione a tutte le forme di amianto e cancro dello stomaco, della faringe e del colon-retto). Sui tumori gastrointestinali e sulla loro natura di patologie asbesto correlate, si era già pronunciato vd. Irving J. Selikoff, in EPIDEMIOLOGY OF GASTROINTESTINAL CANCER, già citato. CAPITOLO XII | 221 utensili, aventi carattere occasionale) o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera d) Produzione di mole e abrasivi in genere, di refrattari, di ceramiche, di cemento e del vetro, limitatamente alle operazioni su materiali contenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera e) Lavori nelle industrie siderurgiche, metallurgiche, meccaniche, nei quali si usino o si trattino materiali contenti ilice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera f) Produzione di laterizi, comprese le cave di argilla, ed altre lavorazioni nelle quali di usino o si trattino materiali contenenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera Asbestosi anche associata a tubercolosi Estrazione/e successive lavorazioni dell'amianto nelle miniere; lavori nelle manifatture e lavori che comportano impiego ed applicazione di amianto e di materiali che contengono o che comunque espongano ad inalazione di polvere di amianto La patologia determina una insufficienza respiratoria ingravescente, nella quale si osserva la riduzione prevalente dell’indice FVC, per la cui valutazione ai fini della determinazione del grado di invalidità ci si deve riportare all’all. 2 delle tabelle del D.M. 12.07.2000: Riduzione percentuale dell'indice Percentuali d danno biologico Insufficienza respiratoria LIEVE - 25% - 35% - 40% 6% 11% 15% Insufficienza respiratoria MEDIA - 45% - 50% 25% 40% Insufficienza respiratoria GRAVE FVC ridotto a meno del 50%, con contestuale compromissione anche degli altri indici Complicanze extrapolmonari in parziale compenso Ipossiemia con PaO2 intorno al 55% del valore normale di riferimento Insufficienza respiratoria SEVERA FVC ridotto a meno di 1/3, con contestuali compromissione anche degli altri indici Dispnea stadio V Complicanze extrapolmonari, a seconda della gravità Ipossiemia con PaO2 ridotta per oltre il 55% rispetto al valore normale di riferimento Ipercapnia (> 50mmHg) Ossigenoterapia a permanenza Fino al 60% > 60% In riferimento all’indice DLCO, si deve far riferimento alla tabella relativa alle interstiziopatie: Riduzione percentuale dell'indice Percentuali d danno biologico Insufficienza respiratoria LIEVE - 25% - 35% - 40% 6% 11% 15% Insufficienza respiratoria MEDIA - 45% - 50% Insufficienza respiratoria GRAVE DLCO ridotto a meno del 50%, con contestuale compromissione anche degli altri indici Complicanze extrapolmonari in parziale compenso 25% 40% Fino al 60% 222 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Ipossiemia con PaO2 intorno al 55% del valore normale di riferimento Insufficienza respiratoria SEVERA DLCO ridotto a meno di 1/3, con contestuali compromissione anche degli altri indici Dispnea stadio V Complicanze extrapolmonari, a seconda della gravità Ipossiemia con PaO2 ridotta per oltre il 55% rispetto al valore normale di riferimento Ipercapnia (> 50mmHg) Ossigenoterapia a permanenza > 60% 12.7 Le altre patologie asbesto correlate che figurano nelle tabelle INAIL. Nelle tabelle INAIL, come abbiamo visto, figurano anche tutti i mesoteliomi, il tumore polmonare, le placche e gli ispessimenti pleurici, e la fibrosi polmonare, e anche qui, per quanto abbiamo già evidenziato, non ci possono essere dubbi sul diritto del paziente ad ottenere l’indennizzo e l’erogazione di tutte le prestazioni, ove dimostri di aver svolto lavorazioni in esposizione all’amianto. 12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione legale di origine professionale della patologia se contemplata nelle tabelle. Ai fini del rischio ambientale e della conseguente indennizzabilità delle malattie professionali ad esso collegate, assume rilievo l’esecuzione di un attività lavorativa che, per esigenze obiettive, debba costantemente e normalmente, anche se non quotidianamente, svolgersi in connessione ambientale con la lavorazione protetta, tale da determinare l’esposizione del lavoratore al rischio cui è esposto l’addetto di queste lavorazioni (Cass. Sez. Lav., 08.10.92, n. 10949). L’Inail per poter superare la presunzione legale di origine professionale della patologia dovrà dimostrare che il lavoratore sia stato addetto in maniera sporadica e occasionale alla lavorazione tabellare e con esposizione insufficiente e che la patologia sia insorta esclusivamente per altra causa di origine extralavorativa (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 21.12.2009, n. 26893; Cassazione, Sezione Lavoro, 26.07.2004, n. 14023; Circolare Inail, 24.07.2008, n. 47), in caso contrario deve erogare le prestazioni previdenziali, anche quando siano intervenute altre cause estranee all’ambiente lavorativo purchè non si raggiunga la certezza che siano state sufficienti esse sole a determinare l’evento: “Anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, che sia per sé sufficiente a produrre l'infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge”. (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 04.11.2010, n. 22441). 12.9 Il superamento del sistema tabellare. L’INAIL, per le patologie che figurano nelle tabelle, deve solo provvedere a erogare le prestazioni, a meno che neghi la loro origine professionale e lo dimostri, mentre per tutte le altre, comunque cagionate da agenti patogeni nell’ambiente lavorativo, come per il caso dell’amianto, l’intervento della Corte Costituzionale, prima con la sentenza n. 179 del 18.02.88 e poi con la Sentenza n. 206 del 25.02.88, ha determinato il definito superamento del sistema delle tabelle, e ha CAPITOLO XII | 223 sancito, con il sistema misto, l’indennizzabilità ‘anche per le malattie per le quali sia comunque provata la causa di lavoro’707. Il sistema misto introduce un ‘doppio metodo’ di definizione della domanda di prestazione previdenziale, che incide unicamente sul piano probatorio, poiché per patologie tabellate sussiste la presunzione legale di origine, mentre per quelle che non lo sono deve essere ‘comunque provata la causa di lavoro’ (Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88), e le prestazioni sono del tutto identiche, né si poteva né si doveva intravedere nessuna differenza708 (Corte di Cassazione, a Sezione Unite, con Sentenza 1919 del 09.03.1990). Le tabelle non possono essere applicate in via analogica: “In tema di assicurazione contro le malattie professionali, nella disciplina risultante a seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 3 primo comma del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988), inerente le malattie diverse da quelle specificatamente elencate nelle apposite tabelle, ovvero ricollegabili all'esercizio di lavorazioni diverse da quelle descritte nelle tabelle stesse, sono indennizzabili solo dietro prova della "causa di lavoro" da parte dell'interessato, per le malattie e lavorazioni entrambe "tabellari", opera, a favore dell'assicurato, una presunzione di eziologia professionale. A tale ultimo riguardo, le elencazioni contenute nelle indicate tabelle hanno carattere tassativo, ma ciò, se vieta un'applicazione analogica delle relative previsioni, non è di ostacolo ad una interpretazione estensiva delle medesime, con la conseguenza che la suddetta presunzione è invocabile anche per lavorazioni non espressamente previste nelle tabelle, ma da ritenersi in esse implicitamente incluse, alla stregua della identità dei connotati essenziali, ferma restando l'inapplicabilità della presunzione stessa per quelle lavorazioni che presentino solo alcuni caratteri in comune, unitamente ad elementi non marginali di diversità, sì da rendere configurabile una piena somiglianza con fattispecie inclusa nella lista (nella specie, la C.S. ha cassato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto la frantumazione di materiale calcareo mediante mulini a palle rientrare nella attività di produzione di polveri metalliche con macchine a pestelli, prevista dalla voce n. 44 lett. e della tabella)”. (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 1919 del 09.03.90) E’ possibile affermare la presunzione legale di origine professionale della malattia soltanto nel caso in cui sussista una implicita inclusione nelle tabelle, e/o identità di connotati essenziali, e/o piena somiglianza con la fattispecie inclusa nella lista (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 1919 del 09.03.90) e “il Giudice può fare una applicazione estensiva di tali previsioni (in caso di)709 infermità del tutto identica a quella cagionata o derivata da una lavorazione tabellata (vedi Corte Costituzionale n. 179 del 1988)” (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 5254 del 19.11.89). In caso di insorgenza di patologie diverse da quelle indicate nelle tabelle e comunque causate e/o concausate dall’esposizione a polveri e fibre di amianto, il lavoratore ha diritto ad ottenere il riconoscimento delle prestazioni previdenziali erogate dall’Inail purchè renda la prova del nesso di causalità: 707 Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88. Prof. Angelo Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Lezione Magistrale, VI Convegno Nazionale di Medicina Legale e Previdenziale. 709 Il contenuto nella parentesi è nostro. 708 224 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO “In tema di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, la sentenza della corte costituzionale n. 179 del 1988, dichiarativa (fra l'altro) della parziale illegittimità costituzionale dell'art. 3 e dell'art. 134, primo comma, del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, ha comportato l'istituzione di un sistema cosiddetto misto, nell'ambito del quale va distinto il caso del lavoratore colpito da una delle tecnopatie tabellate, nel quale, nel concorso delle altre condizioni di legge, vale la presunzione legale dell'origine professionale della malattia, dall'ipotesi del lavoratore colpito da malattia non riferibile a lavorazioni tabellate, ancorchè insorta fuori del periodo massimo d'indennizzabilità, nella quale il lavoratore medesimo ha l'onere di provare la derivazione causale della malattia dall'attività lavorativa”. (Corte di Cassazione, Sezione lavoro n. 6808 del 3/7/1990) Poiché “per conseguire il diritto a una rendita da malattia professionale ai sensi del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 - la quale, a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 179 del 1988, è configurabile relativamente ad ogni infermità, di cui sia provata l'origine lavorativa, e cioè la connessione eziologica con un rischio specifico o anche soltanto generico aggravato dall'attività lavorativa protetta - il lavoratore addetto ad una lavorazione non tabellata è tenuto a dimostrare, in base ai principi in tema di onere probatorio fissati dall'art. 2697 cod. civ., l'avvenuta esposizione a rischio nonché, le particolari caratteristiche dell'affezione che la distinguano dalle altre patologie di natura comune” (Corte di Cassazione, Sezione lavoro n. 2500 del 21/3/1997). L’onere della prova può considerarsi assolto ove sussista710 ‘certezza allo stato’, sulla base del criterio probabilistico fondato su base epidemiologica, e ciò soprattutto per le patologie di origine multifattoriale rispetto alle quali è impossibile raggiungere la certezza scientifica assoluta sul nesso di causalità: “In tema di assicurazione contro le malattie professionali, nella disciplina risultante a seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988) la neoplasia polmonare può essere inclusa tra le malattie causate da piombo (di cui alla voce n. 1 della nuova tabella delle malattie professionali nell'industria, allegata al d.p.r. n. 48211975) se il nesso di causalità tra la specifica sostanza morbigena tabellata (piombo) e detta malattia venga stabilito in base a dati (anche epidemiologici) ritenuti affidabili dalla scienza medica; in difetto di malattia professionale "tabellata" contratta nell'esercizio di lavorazioni, o in dipendenza dell'esposizione a sostanze, parimenti tabellate, deve essere verificato in concreto l'eventuale nesso di causalità tra malattia e attività lavorativa dell'assicurato, indipendentemente dalla loro inclusione nella tabella”. (C. Cass. Sezione Lavoro n. 8310 del 24/7/1991). Eventuali concause non escludono il nesso di causalità711, come già precisato dalla Corte di Cassazione, la quale ha ormai consolidato il suo orientamento712, ispirato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988: “la concorrenza di fattori causali professionali e non professionali, implica l’applicazione del principio dell’equivalenza delle condizioni recepito dall’art. 41 c.p., per cui va attribuita 710 Con espressione mutuata dalla recente giurisprudenza penale: Cass. IV^ Sez. Pen., Sentenza 22.11.2005, n. 1977. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza del 04.11.2010, n. 22441. 712 Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sentenza del 17.03.2006, n° 5932/06. 711 CAPITOLO XII | 225 efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito – anche in maniera indiretta e remota – alla produzione dell’evento…” e713 “se indubbiamente appare discostarsi dalle normali regole assicurative, è invece in linea con le finalità sociali dell’assicurazione sociale nelle quali ha rilevanza dirimente la regola del ‘in dubio pro misero’”. Per il riconoscimento delle prestazioni assistenziali, l’accertamento del nesso di causalità risiede nella regola della preponderanza ‘dell’evidenza o «del più probabile che non»’, in ragione della ‘diversità’ rispetto al ‘processo penale’ (cfr. Cass. Sez. Unite, Sent. 581/08 ed ex multis Cass. 16 ottobre 2007, n. 21619; Cass. 18 aprile 2007, n. 9238; Cass. 5 settembre 2006, n. 19047; Cass. 4 marzo 2004, n. 4400; Cass. 21 gennaio 2000, n. 632), ed è sufficiente la ‘probabilità qualificata’ (Cass., Sentenza 6388/98), che può essere verificata attraverso ulteriori elementi, come i dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale. “E’ di tutta evidenza che per ritenere un evento probabile si richiede che il grado di probabilità sia per lo meno superiore al 50%: criterio che può essere in linea di massima accettato in sede previdenziale, come causalità debole, ancora più debole della causalità civile. Ma di fatto non esiste alcun metodo, in questo ambiti per formulare una elevata stima percentuale. Chi utilizza queste formulazioni… esprime una convinzione soggettiva… mediante varie formule ‘serie ed apprezzabili probabilità’, ‘molto probabile’, ‘notevoli probabilità’, ‘elevata probabilità’” (Cass., Sentenza 3602/98)… La differenza appare solo di natura quantitativa e può racchiudersi nei concetti di causalità forte (in sede penale) e di causalità debole negli altri due ambiti forse con ulteriore qualificazione di causalità ultradebole in sede previdenziale”714. “In tema di responsabilità professionale del medico, nella ricerca del nesso di causalità tra la condotta dell’agente e l’evento, al criterio della certezza degli effetti della condotta lesiva si può (e si deve, occorrendo) sostituire il criterio della probabilità, anche limitata, di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli; ne consegue che il rapporto di causalità sussiste anche quando l’opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non già la certezza, bensì soltanto serie ed apprezzabili possibilità di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata, con una certa probabilità, salvata (nella specie trattasi di omicidio colposo per tardiva diagnosi di infezione tetanica in donna sottoposta a taglio cesareo; i giudici di merito avevano ritenuto il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e l’evento letale, sussistendo la probabilità del 30% che un corretto e tempestivo intervento terapeutico avrebbe avuto esito positivo” 713 Nelle malattie professionali la distinzione tra malattie tabellate e malattie non tabellate, introduce un doppio metodo, per le prime sussiste una presunzione legale di origine, per le seconde un onere probatorio più rigoroso a carico dell’avente diritto. Il sistema tabellare inizialmente circoscriveva la riconducibilità a malattia professionale di quelle sole patologie che fossero contemplate nelle tabelle, ed escludeva che si potessero riconoscere come patologie indennizzabili quelle che non vi erano contemplate, fino a quando la Corte Costituzionale con le Sentenze rispettivamente 179 del 18.02.88 e 206 del 25.02.88 sanciva il superamento del sistema, ai fini dell’affermazione di un sistema complementare che sancisse l’indennizzo “anche per le malattie sia comunque provata la causa di lavoro” (Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88). La Corte di Cassazione, a Sezione Unite, con Sentenza 1919 del 09.03.1990, ha confermato che l’unica distinzione tra queste patologie risiede unicamente sul piano probatorio, poiché sul piano indennitario non si poteva né si doveva intravedere nessuna differenza (Prof. Angelo Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Lezione Magistrale, VI Convegno Nazionale di Medicina Legale e Previdenziale). 714 A. Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Sesto Convegno Nazionale di Medicina Legale Previdenziale. 226 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO (Cass. Pen. Sez. IV, 17 gennaio 1992, Silvestri e altro, in Dir. Famiglia, 1992, 580; ID in Nuova Giur. Civ. commentata, 1992, I, 358). Per la valutazione causale degli agenti patogeni è necessario tener conto in concreto anche delle condizioni fisiche del singolo e ai fini della prova della sussistenza del nesso causale tra i fattori di rischio e la patologia denunciata è sufficiente la ragionevole certezza dell’origine professionale della malattia (Cass. 10.02.2011, n. 3227; Cass. 05.08.2010, n. 18270; Cass. 21.12.2009, n. 26893), che deve ritenersi sussistente in presenza di un grado di probabilità (cosiddetta qualificata) desumibile anche da dati epidemiologici e dalla letteratura scientifica (nota Inail 16.02.2006 n. 7876 bis), sulla base della constatazione che ‘non si poteva escludere che’ le attività nell’ambiente lavorativo hanno comunque determinato una influenza negativa sull’insorgenza o sul più grave decorso dell’infermità denunciata, secondo i principi del ‘più probabile che non’, tenendo conto che715 “…la presenza nell’ambiente lavorativo dei fattori di nocività, quando non sia possibile riscontrare con certezza le condizioni di lavoro esistenti all’epoca della dedotta esposizione al rischio, può essere desunta con un elevato grado di probabilità, dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro e dalla durata della prestazione lavorativa. A tale scopo ci si dovrà avvalere dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, dalle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza…”. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro con la Sentenza n. 2002 del 02.02.2005, nel riformare la decisione della Corte territoriale, riconosceva la natura professionale del tumore polmonare diagnosticato a due lavoratori prima che questa patologia fosse contemplata nelle nuove tabelle, integrate con notevole ritardo, rispetto ai dati della ricerca scientifica, con il D.P.R. n. 336 dell'aprile 1994, alle quali fa esplicito riferimento nella motivazione, e per il loro decesso ha accolto la domanda delle vedove e condannato l’INAIL, il cui ricorso incidentale veniva rigettato, a costituire le relative rendite, e ad erogare ogni altra prestazione dovuta: “Ciò posto, può dirsi, in applicazione di principi consolidati, che il nesso causale tra il decesso del lavoratore e l'attività lavorativa è da reputare sussistente ogni volta che, secondo le leggi scientifiche in materia risulti altamente probabile - secondo criteri di prove statistiche - che il lavoratore deceduto, avendo operato in ambiente inquinato, abbia potuto contrarre la patologia letale riscontrata. In altre parole, in base alle leggi scientifiche in materia di esposizione all'azione dell'amianto, secondo l'accertamento compiuto dal primo giudice (che non è specificamente censurato dall'INAIL in questa sede) deve ritenersi di natura professionale il decesso dei due assicurati, in conseguenza della attività a lungo espletata in ambiente fortemente inquinato da fibre della detta sostanza: è agli atti la prova che il decesso di entrambi i lavoratori sia collegata alla malattia professionale, a sua volta derivata dalla lunga esposizione a rischio di inalazione delle fibre menzionate. Il primo giudice ha richiamato i dati risultanti dalla sentenza penale e la consulenza tecnica effettuata nel giudizio di primo grado, concludendo che vi possono essere dubbi, all'esito di una rigorosa valutazione dei dati acquisiti con il supporto dei più accreditati studi condotti a livello internazionale e di dati epidemiologici omogenei rispetti ai casi in esame, sull'esistenza del nesso eziologico tra esposizione all'azione dell'amianto e le neoplasie riscontrate, che hanno portato alla morte di entrambi gli assicurati. 715 Circolare INAIL prot. n. 7876/bis del 16.02.2006; CAPITOLO XII | 227 Questa, del resto, doveva essere opinione condivida dallo stesso Istituto, se è vero che lo stesso almeno per il coniuge della Goliuso - aveva ammesso il caso all'indennizzo, preavvertendo addirittura della prossima costituzione della rendita a superstiti. I ricorsi della Goliuso e della Festivo devono, in conclusione, essere accolti, quello incidentale dell'INAIL rigettato. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte”. Il principio di diritto, dell’alta probabilità, secondo criteri statistici, della possibilità di contrarre la patologia, ai fini del riconoscimento del nesso causale è affermato in modo inoppugnabile716: “il nesso causale tra il decesso del lavoratore e l'attività lavorativa è da reputare sussistente ogni volta che, secondo le leggi scientifiche in materia risulti altamente probabile - secondo criteri di prove statistiche - che il lavoratore deceduto, avendo operato in ambiente inquinato, abbia potuto contrarre la patologia letale riscontrata”. 12.10 Le prestazioni. L’art. 66 del D.P.R. 1124/65 specifica le prestazioni assicurative in favore di lavoratori vittime di infortunio o di malattia professionale: 1) un’indennità giornaliera per l’inabilità temporanea; 2) una rendita per l’inabilità permanente; 3) un assegno per l’assistenza personale continuativa; 4) una rendita ai superstiti e un assegno una volta tanto in caso di morte; 5) le cure mediche e chiurgiche, compresi gli accertamenti clinici; 6) la fornitura degli apparecchi di protesi. Queste prestazioni sono dovute dall’istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto gli obblighi stabiliti dalla legge (art. 67 del D.P.R. 1124/65), secondo il principio di automaticità. 12.11 Le prestazioni sanitarie. L’Inail assicura le cure mediche e chirurgiche, i soccorsi di urgenza, gli accertamenti clinici e la fornitura di apparecchi di protesi, presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, con oneri a suo carico, mentre sono di sua competenza gli accertamenti e le prestazioni medico legali (art. 12, comma I, legge 67/88), per tutto il tempo della inabilità temporanea (art. 86 del D.P.R. 1124/65) e senza che l’infortunato possa rifiutarsi. Assicura cure ambulatoriali, protesi e cure termali e soggiorni climatici, durante i quali l’assicurato ha diritto all’indennità per inabilità temporanea assoluta o integrazione della rendita e al rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno e del soggiorno in albergo convenzionato. 12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato. L’infortunio sul lavoro e le malattie professionali, ivi comprese quelle asbesto correlate, sono indennizzabili nel caso in cui provochino al lavoratore, oltre alla inabilità temporanea assoluta, la morte o la lesione personale, purchè con postumi non inferiori al 6%, per quanto riguarda il danno biologico, e al 16% per quanto riguarda la riduzione della capacità generica di lavoro, e in assenza di questi requisiti e presupposti la patologia non è indennizzabile. 716 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2002 del 02.02.2005. 228 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Non sono indennizzabili conseguenze che non assumono particolare rilievo, né quei pregiudizi, come il danno morale, esistenziale, etc. che non determinano menomazione psicofisica suscettibile di una valutazione medico legale, né una riduzione della capacità lavorativa. 12.12.1 Inabilità temporanea assoluta. Le norme di cui agli artt. 68 e 73 del D.P.R. 1124/65 stabiliscono che in caso di inabilità temporanea assoluta in seguito ad infortunio sul lavoro o malattia professionale il lavoratore ha diritto alla retribuzione che è posta a carico del datore di lavoro per i primi 4 giorni, e dell’Inail, per il periodo successivo, salva la possibilità di prevedere nei contratti collettivi l’obbligo di integrazione del datore di lavoro. Trattamento Giornate di assenza Giorno dell’infortunio (o in cui si è manifestata la malattia professionale) Dal 1° al 3° giorno successivi (periodo di carenza) (*) Dal 4° al 90° giorno (anche non continuativi) (*) Datore di lavoro INAIL 100% del guadagno medio giornaliero 60% del guadagnomdio giornaliero 60% della retribuzione media giornaliera 75% della retribuzione media Dal 91° giorno alla guarigione (*) giornaliera (*) Si intendono come giorni di calendario compresi sabato, domenica e festività. 12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente. L’art. 13 del D.L.vo 38/2000 ha integrato l’originario sistema ed ha stabilito che in luogo della prestazione di cui all'articolo 66, primo comma, numero 2), del D.P.R. 1124/65, fosse erogato l’indennizzo del danno biologico, ove abbia causato una invalidità di natura permanente, capace di menomare l’integrità psicofisica del soggetto e di ripercuotersi su tutte le sue attività e capacità ed ha stabilito: 2. In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l'INAIL nell'ambito del sistema d'indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cui all'articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico, eroga l'indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni: a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell'integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica ‘tabella delle menomazioni’, comprensiva degli aspetti dinamicorelazionali. L'indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al 16 per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita, nella misura indicata nell'apposita ‘tabella indennizzo danno biologico’. Per l'applicazione di tale tabella si fa riferimento all'età dell'assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell'articolo 91 del testo unico; b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di un'ulteriore quota di rendita per l'indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita ‘tabella dei coefficienti’, che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria CAPITOLO XII | 229 di attività lavorativa di appartenenza dell'assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla ‘tabella dei coefficienti’. La corrispondente quota di rendita, rapportata al grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui all'articolo 74 del testo unico. L’indennizzo del danno biologico (art. 13, comma 2, n°1, D. Lgs. 38/00) è svincolato dal reddito e non viene determinato in base alla retribuzione, ed è corrisposto sotto forma di capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% e inferiori al 16%, e nel caso di menomazione pari o superiore viene corrisposta una quota aggiuntiva di rendita per le conseguenze patrimoniali che derivano dalla menomazione (ex art. 13, comma 2, n. 2, D. Lgs. 38/00), calcolata e liquidata con i criteri di cui all’art. 74, proporzionata al grado di inabilità sulla base delle aliquote di retribuzione, e quindi per inabilità dal 16% al 64%, con aliquota crescente con il grado di inabilità, dal 50% al 98% e per inabilità dal 65% al 100%, aliquota pari al 100%. La rendita diretta è liquidata sulla base della retribuzione effettiva corrisposta al lavoratore nei 12 mesi antecedenti l’infortunio o la malattia professionale, e ove non avesse prestato la sua opera durante questo periodo in modo continuativo, ovvero qualora fosse stato dipendente di più datori di lavoro, e non sia possibile il cumulo, la retribuzione annua si valuta uguale a 300 volte la retribuzione giornaliera, entro determinati limiti, massimi e minimi. Per la liquidazione delle rendite relative ai postumi per asbestosi, così come stabilisce l’art. 147 del D.P.R. 1124/65, la retribuzione annua da assumersi come base di calcolo è quella percepita dal lavoratore, nei 12 mesi precedenti la manifestazione della malattia durante il periodo nel quale il lavoratore è stato adibito alle lavorazioni morbigene e ove le avesse abbandonate la rendita differisce a seconda se sia disoccupato o occupato in lavorazione non soggette all’obbligo dell’assicurazione, e in qual caso si assume come base di riferimento la retribuzione percepita dai lavoratori nella medesima località e nella medesima lavorazione alla quale era adibito il lavoratore alla data dell’abbandono; e ove fosse occupato in attività soggetta ad obbligo di assicurazione, per il qual caso si assume la liquidazione della retribuzione che sarebbe servita per la determinazione della rendita, ove la liquidazione fosse avvenuta alla data dell’abbandono. In conclusione, l’art. 13 del D.Lgs. 38/2000 precisa che, in caso di danno biologico, definito come ‘lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona’, le menomazioni conseguenti vengono indennizzate in termini di danno biologico e danno patrimoniale, secondo i seguenti requisiti: § causa lavorativa dell’infortunio o della malattia § grado di menomazione dell’integrità psicofisica compreso tra il 6% ed il 100%. Le menomazioni conseguenti alle lesioni psicofisiche sono indennizzate, senza alcun riferimento alla retribuzione, in base a: § tabella delle menomazioni § tabella dell’indennizzo danno biologico. Le prestazioni consistono in: § indennizzo in capitale: se il grado di menomazione è pari o superiore al 6% e inferiore al 16%; § indennizzo in rendita: se il grado di menomazione è pari o superiore al 16%. Nel caso di indennizzo in capitale, oggetto dell’indennizzo è il solo danno biologico. Nel caso di indennizzo in rendita, la rendita stessa viene integrata, per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, di una ulteriore quota commisurata al grado di menomazione, alla retribuzione percepita ed al coefficiente individuato nell’apposita ‘tabella dei coefficienti’. 230 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO Grado di invalidità Indennizzo del danno biologico (ex 13, co. 2, a, D. Lgs. 38/00) Quota per il danno patrimoniale (ex 13, co. 2, b, D. Lgs. 38/00) Fino al 6% Franchigia Dal 6% al 15% Capitale per il solo indennizzo del danno biologico A partire dal 16% Rendita per indennizzo del danno biologico più quota aggiuntiva per le conseguenze patrimoniali derivanti dalla menomazione717 12.13 Altre prestazioni. 12.13.1 L’assegno di incollocabilità. Le norme di cui agli artt. 180 del D.P.R. 1124/65 e 10 della legge 246/76, stabiliscono il diritto all’assegno mensile pagato con la rendita diretta, che svolge una funzione sostitutiva dell’avviamento obbligatorio al lavoro nei confronti degli invalidi che hanno perso ogni capacità lavorativa o che per il grado o per la natura della invalidità, potrebbero essere nocivi per l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti (Corte di Cassazione 03.03.1986, n. 1338). Con decorrenza dal 1° gennaio 2007, i requisiti per avere diritto all’assegno di incollocabilità sono costituiti dalla sussistenza di un grado di riduzione dell’integrità psicofisica (danno biologico) di grado superiore al 20%, secondo le tabelle per il calcolo biologico; l’età non superiore ai limiti pensionistici stabiliti dalla legge, la incollocabilità riconosciuta dalla DPL. Questo assegno viene concesso dopo un mese dalla presentazione della richiesta all’Inail e viene pagato fino al compimento dell’età pensionabile, salvo che nel frattempo non intervengano variazioni sui requisiti di accesso, ed è di importo pari ad €239,16 (come rivalutato in seguito al D.M. 20.05.2011; Circolare Inail del 19.09.2011, n. 46). 12.13.2 La rendita di passaggio. La rendita di passaggio è una prestazione economica particolare che viene riconosciuta in favore dei lavoratori affetti da silicosi o asbestosi per effetto delle norme di cui agli artt. 150 e 151 del D.P.R. 1124/65 (nota Inail 11.01.2007, n. 264), al fine di incentivarne l’abbandono delle attività pericolose e che viene concessa dall’Inail a coloro che ne hanno avuto il riconoscimento, purchè con grado di inabilità non superiore all’80%, e dal 1° gennaio 2007, con danno biologico di qualunque grado, purchè non superiore al 60%, e che sono occupati nella lavorazione nella quale si è contratta la malattia professionale che si vuole abbandonare ai fini di profilassi (anche nel caso in cui la concentrazione delle polveri non sia sufficiente a determinare l’insorgenza della malattia718), con decorrenza dalla data di effettivo abbandono della lavorazione a rischio e per il periodo di 1 717 La giurisprudenza di legittimità ha, di volta in volta, definito l`attitudine al lavoro di cui all`art. 74 del d.P.R. n. 1124 del 1965 come la possibilità di esercitare un lavoro di qualsiasi genere, suscettibile di utilità economica, indipendentemente dalla incidenza che la menomazione esplica sulla capacità di lavoro dell`assicurato (cfr. Cass. 14 aprile 1982, n. 2239, ; Cass. 14 febbraio 1983, n. 1158, ; Cass. 9 aprile 1987, n. 3520, ), come la capacità di svolgere un qualunque lavoro manuale medio (cfr. Cass. 14 luglio 1984, n. 4129; Cass. 24 luglio 1990, n. 7495, ), come la capacità biologica di erogare energie fisiopsichiche per il compimento di una qualsiasi attività lavorativa (cfr. Cass. 21 agosto 1986, n. 5138, ), come la capacità lavorativa generica tout court, ovvero come la capacità biologica di guadagno (cfr. Cass. 30 ottobre 1982, n. 5737). In definitiva qui il pregiudizio è a carico della capacità di guadagno dell`assicurato genericamente intesa. 718 Come precisato dalla Corte di Cassazione, con Sentenza n. 2500 del 21.02.2002. CAPITOLO XII | 231 anno, indipendentemente dalle prestazioni o dalle indennità che già spettano in seguito all’accertata riduzione dell’attitudine al lavoro. La rendita è pari a 2/3 della differenza in meno tra la retribuzione giornaliera percepita nei 30 giorni precedenti l’abbandono della lavorazione a rischio e quella percepita nella nuova occupazione e nel caso in cui rimanga temporanemanete disoccupato è pari a 2/3 della retribuzione giornaliera percepita negli ultimi 30 giorni, comunque senza poter superare tenendo conto delle altre indennità la retribuzione percepita dall’assicurato nella lavorazione nel corso della quale è stato causato l’insorgere della malattia professionale. 12.13.3 Le quote integrative. L’articolo 77 del TU 1124/1965 prevede che se l’infortunato ha moglie e figli, solo moglie o solo figli aventi requisiti di cui ai nn. 1 e 2 dell`art. 85 la rendita è aumentata di un ventesimo per la moglie e per ciascun figlio, indipendentemente dalla data di matrimonio e di nascita. Tali quote integrative della rendita sono corrisposte anche nel caso in cui l’infortunio sia occorso ad una donna; a tale effetto, per quanto riguarda il coniuge, debbono ricorrere le condizioni di cui al secondo e terzo comma dei n. 1 dell`art. 85. Le quote integrative della rendita seguono le variazioni della rendita e cessano in ogni caso con questa, qualora non siano cessate prima per il decesso della persona per la quale furono costituite. Le quote predette, che sono parte integrante della rendita liquidata all’infortunato, sono riferite per tutta la durata della rendita alla composizione della famiglia dell`infortunato stesso. La rendita è aumentata di 1/20 per il coniuge e per i figli fino a 18 anni; per i figli inabili, senza limiti di età, finché dura l`inabilità; per i figli viventi a carico fino a 21 anni se studenti di scuola media superiore e e per tutta la durata normale del corso, ma non oltre il ventiseiesimo anno di età, se studenti universitari. In questi ultimi due casi, peraltro, e necessario fornire la prova della vivenza a carico del lavoratore infortunato, vivenza a carico che e invece presunta/iuris et dejure per la moglie e per i figli inabili o di eta non superiore ai diciotto anni. La Corte cost. 12 maggio 1988 n. 529 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 77, II c, T.U. 1965 per violazione degli artt. 3 e 29 Cost. nella parte in cui, per il periodo di tempo anteriore all’entrata in vigore della L. 9 dicembre 1977, n. 903, riconosceva il diritto della moglie infortunata alla quota integrativa della rendita solo nell’ipotesi di riduzione dell’attitudine al lavoro del marito a meno di un terzo, anziché per il semplice fatto della vivenza a carico della moglie, che è situazione considerata invece sufficiente per 1’ipotesi in cui l’infortunato sia il marito. Le quote integrative hanno natura indennitaria e costituiscono parte integrante della rendita, giacché perseguono la funzione di risarcire i familiari dell’infortunato che, vivendo con quest’ultimo, risentono anch`essi della conseguenza dell`infortunio; pertanto, tali maggiorazioni non rappresentano un’erogazione assimilabile agli assegni familiari, e quindi, per essi non opera il divieto di cumulo sancito in generale dall’art. 16, 1 c, D.L. 2 marzo 1974 n. 30 fra i suddetti assegni e gli altri trattamenti di famiglia comunque denominati. Il tutto purche`, per quanto concerne la moglie, non vi sia stata sentenza di separazione personale passata in giudicato e pronunciata per colpa di lei o di entrambi i coniugi. 232 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 12.14 Le prestazioni ai superstiti. 12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari. Le norme di cui agli artt. 85, 105 e 106 del D.P.R. 1124/65 stabiliscono che qualora l’infortunio o la malattia professionale abbiano cagionato la morte dell’assicurato, ai superstiti spetta, dal giorno successivo, una rendita proporzionata alla retribuzione annua del lavoratore deceduto, senza che possa superare l’importo dell’intera retribuzione e con l’obbligo dell’Inail di avvertire i superstiti della necessità di proporre domanda entro i termini, senza alcun indennizzo del danno biologico719. Ammontare della rendita (% della retribuzione) 50% Beneficiari Coniuge (1) Durata e condizioni Fino alla morte o nuovo matrimonio - fino a 18 anni - fino a 21 se studenti di scuola superiore Figli (legittimi, naturali, riconosciuti o 20% o professionale riconoscibili, adottivi, affiliati, affidati) - fino a 26 se universitari - fino alla morte se inabile - fino a 18 anni Orfani di entrambi i genitori o dell'unico - fino a 21 se studenti di scuola superiore genitore naturale che li ha riconosciuti (2) 40% o professionale Orfani di un solo genitore naturale (3) - fino a 26 se universitari - fino alla morte se inabile Ascendenti (in mancanza di coniuge e Fino alla morte, se provata la vivenza a 20% figli) carico (4) del defunto Fratelli o sorelle (in mancanza di coniuge Nei limiti previsti per i figli e se provata 20% e figli) la convivenza a carico del defunto (1) Anche se legalmente separato al momento dell'infortunio ed indipendentemente dal fatto che fosse destinatario di un assegno di mantenimento (Cass. 23 agosto 2000 n. 11025). (2) C. Cost. 21 dicembre 1985 n. 360 (3) A decorrere dal 2 aprile 2009 (C. Cost. 11 marzo 2009 n. 86). La rendita deve essere, inoltre, concessa per tutte le giudiziarie; non erano prescritte o coperte da giudicato nei termini suddetti. In queste ipotesi la misura del 40% viene corrisposta dalla data di decorrenza della rendita. Nei casi definii antecedentemente al 2 aprile 2009 per i quali i figli naturali riconosciuti o riconoscibili risultino titolari di rendita ai superstiti nella misura del 20% la misura della rendita va elevata al 40% a far data dal rateo di rendita di aprile 2004 (Circ. INAIL 13 maggio 2009 n. 24). (4) La vivenza a carico sussiste quando al mantenimento dell'ascendente, in quanto privo di mezzi di sussistenza autonomi, concorreva in modo consistente il defunto (Cass. 24 novembre 1997 n. 11745. Trib. Cremona 5 gennaio 2007). A tal fine occorre considerare anche il reddito del coniuge dell'ascendente dal momento che anche in assenza del regime di comunione legale tra i coniugi, sussiste comunque l'obbligo di assistenza materiale (Cass. 4 marzo 2002 n. 3069). 12.14.2 Assegno continuativo mensile. In caso di morte del titolare della rendita per inabilità permanente di grado non inferiore al 65% per diversa patologia rispetto a quella riconosciuta come quella professionale, spetta al coniuge e ai figli superstiti uno speciale assegno continuativo mensile, pari ad una quota parte della predetta rendita. Beneficiari Coniuge (1) (2) Figli inabili (2) Figli (legittimi, naturali, riconosciuti o riconoscibili, adottivi, affiliati, affidati) (2) 719 Ammontare della rendita (% della retribuzione) 50% 50% 20% Durata del beneficio e condizioni Fino alla morte o nuovo matrimonio Finché dura l'inabilità - fino a 18 anni - fino a 21 se studenti di scuola superiore viventi a carico e senza lavoro retribuito - fino a 26 se universitari viventi a carico L’art. 13, D. Lgs. 38/00, non riconosce l’indennizzo del danno biologico in caso di morte dell’assicurato, e in forza di quanto stabilito nell’11° comma (Per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si applica la normativa del testo unico, in quanto compatibile) trovano dunque applicazione le norme originarie del D.P.R. 1124/65. CAPITOLO XII | 233 e senza lavoro retribuito - fino a 18 anni - fino a 21 se studenti di scuola superiore - fino a 26 se universitari - fino alla morte se inabile (1) L'assegno non spetta al coniuge separato con sentenza passata in giudicato o divorziato, tranne il caso in cui la sentenza di separazione o di divorzio non ponga l'obbligo del mantenimento o degli alimenti a carico dell'altro coniuge. (2) Il diritto è condizionato dal fatto che tali soggetti non abbiano titolo a rendite, a prestazioni economiche previdenziali o ad altri redditi (escluso il reddito della casa di abitazione) d importo pari o superiore a quello del suddetto assegno. Orfani di entrambi i genitori (2) 40% 12.14.3 Assegno funerario. Ai superstiti dei lavoratori deceduti per infortunio sul lavoro o per malattia professionale spetta un assegno a rivalutazione monetaria periodica, come la rendita, e qualora non ci fossero eredi a coloro che dimostrino di avere sostenuto le spese in occasione dell’evento, così come stabilisce l’art. 86 comma 3 del D.P.R. 1124/65. 12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni. Ai familiari dei lavoratori deceduti per infortunio sul lavoro verificatosi dopo il 1° gennaio 2007, sono erogati benefici economici, tra i quali una prestazione una tantum di importo stabilito ogni anno con D.M., commisurata al numero dei familiari superstiti ed erogata dall’Inail e una anticipazione della rendita ai superstiti pari a 3 mensilità, in favore di coloro cui spetta la rendita e alle medesime condizioni. Tipologia A B C D N. superstiti 1 2 3 Più di 3 Importo (€) 6.500,00 7.500,00 10.000,00 15.000,00 La disposizione in esame rileva poiché, come abbiamo già prima evidenziato, l’insorgenza delle patologie asbesto-correlate deve essere considerata un infortunio sul lavoro, per la causa violenta che la determina, e come tale dà luogo al diritto di cui all’art. 1, comma 1187, Legge 296/06 e di cui all’art. 9, comma 4, letta d, D. Lgs. 81/08; e del D.M. 19.11.2008. 12.15 La procedura per ottenere l’indennizzo. Il lavoratore deve informare tempestivamene il datore di lavoro, il quale a sua volta deve fare denuncia dell’evento all’Inail, la quale avvia il procedimento di accertamento. L’avente diritto deve proporre domanda di indennizzo, specificando la prestazione richiesta, rendita, indennità, etc. e su di lui incombe l’onere della prova (art. 2697 c.c.). 12.16 La prescrizione. L’azione per conseguire le prestazioni si prescrive nel termine di 3 anni dal giorno dell’infortunio o dalla data della manifestazione della malattia professionale (art. 112 del D.P.R. n°1124/65) e rimane sospeso durante la liquidazione amministrativa, per 150 giorni, per il procedimento previsto dall’art. 104, e per 210 per quello indicato nell’art. 83, del D.P.R. n°1124/65, decorsi i quali l’interessato ha facoltà di proporre l’azione giudiziaria. 234 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO 12.17 Decorrenza della prescrizione. La prescrizione inizia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, ovvero da quando si siano verificate tutte le condizioni di legge, e quindi per quanto riguarda le patologie asbesto-correlate, da quando si sono manifestate, sussistendo inabilità indennizzabile e consapevolezza della loro natura professionale. Nel caso di patologie multifattoriali, come alcune tra le quali il tumore polmonare, etc., la prescrizione inizia a decorrere dalla diagnosi della malattia e dei suoi profili tecnopatici, della sua origine professionale e il raggiungimento della misura minima indennizzabile (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 21.11.2001, n°14665). La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 8257 del 2003 ha precisato: “La manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui all'art. 112 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, può ritenersi verificata solo quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, l'origine professionale ed il grado invalidante sia desumibile da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., quali la domanda amministrativa (con valore di presunzione semplice), certificati medici che attestino l'esistenza della malattia al momento della certificazione, od altri fatti noti dai quali sia possibile trarre presunzioni gravi, precise e concordanti circa lo stato soggettivo di consapevolezza dell'assicurato. Non corrisponde a tali requisiti un giudizio peritale posteriore, che desuma la consapevolezza anteriore unicamente dalla gravità della malattia, dal medesimo accertata in sede peritale”. Ancora più recentemente, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 2002 del 2005, proprio riferendosi al tumore polmonare di origine professionale per esposizione ad amianto, ha chiarito: “L'INAIL, come già rilevato, ha eccepito la prescrizione sul solo rilievo che le domande di rendita sono state proposte, con ricorso al giudice del lavoro, dopo il decorso dei tre anni dalla morte dei rispettivi coniugi. Una volta stabilito, tuttavia, che la morte, di per sè, non è sufficiente a legittimare l'esercizio del diritto al conseguimento del diritto alla prestazione INAIL, ne deriva che la morte non può neppure rappresentare il momento iniziale del termine di prescrizione. Come esattamente ha rilevato il primo giudice, l'INAIL deve, dunque, dimostrare che tra la conoscibilità del carattere professionale delle malattie determinative della morte dei rispettivi coniugi e le date di presentazione delle domande di rendita delle ricorrenti, vi era stato un intervallo di almeno tre anni, ai fini della maturazione del termine prescrizionale. Non essendo stato soddisfatto tale onere, (come già detto l'INAIL anzi ha continuato ancora a negare l'esistenza di un nesso di causalità tra esposizione a rischio e decesso e quindi l'origine professionale della malattia) l'eccezione di prescrizione deve essere respinta. Come è già stato posto in luce dalla sentenza del Tribunale, ancora in anni successivi alle domande amministrative, l'INAIL aveva pervicacemente continuato a negare che i lavoratori (poi deceduti) fossero stati esposti al rischio amianto, e così al rischio delle malattie professionali dagli esiti letali. Contraddittoriamente, dopo avere ammesso (nel caso della Goliuso il caso ad indennizzo) l'Istituto aveva poi invocato per entrambe le posizioni (Goliuso e Festivo), la prescrizione triennale, nel giugno 1990, arrivando persino a sostenere, in sede di costituzione nel giudizio di primo grado "l'infondatezza della domanda in quanto priva del requisito essenziale del nesso di causalità tra evento lesivo e morte del lavoratore" (3 maggio 1994). Il tutto in aperta contraddizione con il comportamento precedente e, tra l'altro, quando la nuova tabella delle CAPITOLO XII | 235 malattie professionali di cui al D.P.R. n. 336 dell'aprile 1994 indicava già tra le malattie neoplastiche causate dall'asbesto il mesotelioma pleurico, pericardico e peritoneale ed il carcinoma del polmone. Tale elemento, di per sè solo, sarebbe sufficiente a determinare l'accoglimento della domanda. Solo da questo momento, infatti, deve ritenersi che fosse oramai acquisita la conoscenza di tutti i presupposti di legge. E nonostante ciò l'Istituto continuava a negare l'esistenza del nesso eziologico tra esposizione a rischio e malattia professionale. Il Collegio non vuole sostenere la retroattività della inclusione tra le malattie tabellate. Sui ritardi con il quale il nostro Paese ha acquisito dati scientifici già da tempo noti nella scienza medica non è qui il caso di soffermarsi. Solo da questo momento poteva iniziare a decorrere il termine di prescrizione, sulla base dei dati medici acquisiti. In ogni caso, nel caso di specie, la documentazione sanitaria agli atti dimostra per entrambi gli assicurati che il decesso fu dovuto a adenocarcinoma polmonare (Merone) e a mesotelioma pleurico (Figlioli)”. L’Inail, ove ritenga che si sia maturata la prescrizione, oltre a doverlo eccepire, deve dimostrare lo stato di soggettiva consapevolezza dell’assicurato ovvero dei suoi eredi circa la natura professionale della patologia in un periodo superiore ai 3 anni e 150 giorni, ovvero i 3 anni e 210 giorni, rispetto a quando è stata inoltrata la domanda720. 720 Il fondamento di questi principi è stato confermato dalle SS.UU. con le sentenze n. 577, 581 e 583 del 2008. Capitolo XIII I benefici contributivi per esposizione ad amianto. SOMMARIO: 13.1 Le rivalutazioni contributive. 13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92. 13.3 La natura giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge 257/92. 13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte dall’art. 47 della legge 326/03. 13.5 Applicabilità della nuova disciplina dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03. 13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il mancato deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005. 13.7 L’art. 24, comma 6, del D.L. 201/11 convertito in legge 214/11 (cosiddetta Legge ‘Salva Italia’) e l’impatto sui lavoratori esposti all’amianto. 13.8 Accertamento dell’esposizione qualificata ai fini del riconoscimento del diritto di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/92. 13.8.1 Il limite di soglia. 13.8.2 La competenza delle CONTARP regionali. 13.8.3 L’utilizzo del Database Amyant INAIL e dell’algoritmo di calcolo dell’Ente tedesco Berufsgenossenchaften per la valutazione tecnica dell’esposizione. 13.8.4 La tutela giurisdizionale del diritto. 13.9 Gli atti di indirizzo ministeriali. 13.10 Contenuto dell’atto di indirizzo ministeriale. 13.11 Sulla natura giuridica degli atti di indirizzo ministeriali. 13.12 Sulla legittimità degli atti di indirizzo ministeriali. 13.13 L’intervento del legislatore per assicurare valore legale agli atti di indirizzo ministeriale. 13.14 Le norme di cui all’art. 1, commi 20, 21 e 22 della legge n. 247 del 2007. 13.15 Il Decreto 12.03.08 e l’atto Inail del 19.05.08 n. 60002. 13.16 La legittimazione passiva. 13.17 La decadenza ex art. 47 del DPR 639/70. 13.1 Le rivalutazioni contributive. L’art. 13 della legge 257 del 1992 avente ad oggetto misure di ‘Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato’, contiene misure poste a favore dei lavoratori del settore dell’amianto tra le quali una serie di norme finalizzate ad erogare una maggiorazione contributiva con il coefficiente 1,5 utile per maturare anticipatamente il diritto a pensione oppure per coloro che già lo sono, per rivalutare la relativa prestazione previdenziale, così al comma 6, si stabilisce che “Per i lavoratori delle miniere o delle cave di amianto il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche è moltiplicato per il coefficiente di 1,5”. Così per coloro che in seguito alle attività morbigene avessero contratto una delle patologie asbesto correlate, documentate dall’Inail, così come dispone il comma 7721, per il quale: “Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all' amianto documentate dall'Istituto nazionale per l' assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto e' moltiplicato per il coefficiente di 1,5’. Stessa rivalutazione cui hanno diritto anche coloro che ancora non hanno contratto patologie asbesto correlate, né hanno lavorato in cave o miniere di amianto, purchè siano stati esposti ad una Il Decreto Legge 5 giugno 1993, n. 169 (in G.U. 05/06/1993, n. 130), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 1993, n. 271 (in G.U. 4/8/1993, n. 181) ha disposto (con l'art. 1, comma 1-bis) la modifica dell'art. 13, comma 7. 721 237 238 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO concentrazione pari o superiore a 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni, come stabilisce il successivo comma 8722, che assume il seguente tenore letterale: “Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all' assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall' esposizione all'amianto gestita dall' INAIL e' moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche per il coefficiente di 1,5”. la cui disciplina è stata successivamente modificata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 47 della legge 326 del 2003 con la quale l’entità della rivalutazione è stata ridotta al coefficiente di 1,25, utile ai soli fini della determinazione dell’entità della prestazione previdenziale, e non per la sua anticipata maturazione, la cui applicazione intertemporale della fattispecie è regolata dalle norme di cui all’art. 47 comma 6 bis legge 326/03 e dall’art. 3 comma 132 della legge 350/03. 13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92. Le norme di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 13 della Legge 257/92 non hanno dato adito ad alcun dubbio interpretativo, né sono sorte controversie sulla loro applicazione, poiché ai lavoratori delle cave e miniere nelle quali si estraevano e ricavavano i minerali di asbesto, pacificamente gli enti previdenziali hanno provveduto a rivalutare la posizione contributiva con il coefficiente 1,5, permettendo così, anche per effetto delle altre misure di sostegno ai lavoratori del settore, che nessuno rimanesse privo di mezzi di sostegno, in seguito alla dismissione delle attività per effetto dell’entrata in vigore del divieto di estrazione e commercializzazione dei prodotti in amianto; mentre si sono riscontrate maggiori difficoltà per quanto riguarda l’applicazione della disciplina relativa ai casi di insorgenza di malattie professionali asbesto correlate, poiché spesso l’Inail non le ha riconosciute, o le ha riconosciute in ritardo, oppure non le ha riconosciute come tali, oppure dopo la condanna giudiziale, e ciò ha determinato dei pregiudizi, se non altro perché ha ritardato l’accesso al pensionamento di molti lavoratori che sono rimasti esposti al rischio nei siti contaminati, ovvero hanno potuto godere di un minor periodo di riposo, ovvero hanno maturato il diritto alla prestazione pensionistica con il massimo dell’anzianità anagrafica e della contribuzione previdenziale nelle more del rilascio del certificato di esposizione, divenuto così del tutto inutile. L’Inail per i lavoratori affetti da una delle patologie asbesto correlate regolarmente documentate (ovvero che hanno lavorato in cave e miniere di amianto) deve rilasciare il certificato di esposizione e lo deve inoltrare direttamente all’ente presso il quale è costituita la posizione previdenziale dell’avente diritto, che rivaluterà l’intero periodo con il coefficiente 1,5 utile per maturare il diritto a pensione, e per coloro che lo hanno già acquisito, per rivalutarne le prestazioni. Queste norme non fanno riferimento ad un periodo minimo di esposizione, né a limiti di soglia, per cui la fattispecie si perfeziona con la sola documentazione dell’attività di lavoro in cave e miniere di amianto, o con la certificazione dell’insorgenza della malattia professionale, documentata dall’Inail, senza alcun limite temporale, e senza la necessità di dedurre e provare che ci sia stata una esposizione qualificata pari o superiore alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative. 13.3 La natura giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge 257/92. 722 Il Decreto Legge 5 giugno 1993, n. 169 (in G.U. 05/06/1993, n. 130), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 1993, n. 271 (in G.U. 4/8/1993, n. 181) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) la modifica dell'art. 13, comma 8; successivamente, con D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n.326 (art. 47, comma 1), CAPITOLO XIII | 239 La rivalutazione contributiva per coloro che siano rimasti esposti all’amianto con concentrazioni pari o superiori alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per oltre 10 anni, ex art. 13 comma 8 legge 257/92, è riconosciuta indipendentemente dalla diagnosi di malattia asbesto correlata, ‘in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa spiegata’723. Alcuni giudici di merito avevano sospettato l’illegittimità della norma e l’hanno sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale724, la quale si è pronunciata rigettando la censura perché infondata, ravvisando la determinatezza della fattispecie nel richiamo al presupposto temporale della esposizione ultradecennale coniugata al sistema di tutela previdenziale e a quello del rischio morbigeno, e la razionalità e ragionevolezza in relazione alla capacità delle polveri e fibre di amianto presenti nel luogo di lavoro di determinare conseguenze pregiudizievoli ‘da indurre il Legislatore, sia pure ai fini di prevenzione’ oltre alla rivalutazione del periodo contributivo utile a maturare anticipatamente il diritto pensione: “Nell’ambito di tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, coniugando l’elemento temporale con quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela previdenziale (artt. 1 e 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965), viene ad implicare, necessariamente, quello di rischio e, più precisamente, di rischio morbigeno rispetto alle patologie, quali esse siano, che l’amianto é capace di generare per la sua presenza nell’ambiente di lavoro; evenienza, questa, tanto pregiudizievole da indurre il legislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il valore massimo di concentrazione di amianto nell’ambiente lavorativo, che segna la soglia limite del rischio di esposizione (decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive modifiche)”. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 4913/2001, ha dunque circoscritto l’ambito di operatività della fattispecie ai soli casi nei quali nell’ambiente di lavoro presumibilmente ci fosse una esposizione pari o superiore a 100 ff/ll, e l’avente diritto fosse riuscito a renderne la prova, pur con elevato grado di probabilità, presupponendo con il richiamo alle norme di cui agli artt. 24 e 31 del D.L.vo 277/91, con il quale nel nostro Paese è stata recepita la direttiva 477/83/CEE, quanto oggetto di condanna di condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella decisione del 13.12.90, con la quale era stata definita la procedura di infrazione n. 240 del 1989 promossa di ufficio dalla Commissione Europea a carico della Repubblica Italiana, la quale non aveva adottato le norme imposte in sede comunitaria per la tutela dei lavoratori esposti all’amianto, e che dunque ha determinato un ingiusto pregiudizio (portato anche dal concomitante inadempimento delle norme costituzionali e fermo restando che il mancato, o il non tempestivo e puntuale recepimento delle direttive comunitarie, come in questo caso, è fonte di responsabilità), che perciò stesso deve essere integralmente risarcito, e che lo è parzialmente con le disposizioni dettate con l’art. 13 comma 8 legge 257/92, con la quale è stata adottata725 “una soluzione che, tenendo conto della capacità di produrre danni in relazione al tempo di esposizione, consente una maggiorazione dell’anzianità contributiva per tutti i dipendenti che siano stati esposti all’amianto per più di dieci anni … attuazione dei principi di solidarietà di cui è espressione l’art. 38 Cost. – in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa spiegata”. 723 724 725 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 4913 del 2001 ed ex multis. Corte Costituzionale, Sentenza n. 5 del 2000. Cass. Sent. 4913/2001. 240 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO La Corte Costituzionale è intervenuta nuovamente726, al fine di rendere l’esatta interpretazione delle norme di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, e ha stabilito che nel riconoscimento del diritto non è ammessa alcuna selezione che si fondi sulla titolarità del rapporto e sulla categoria merceologica, in quanto ha una funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività svolta per via della presenza di amianto nell’ambiente lavorativo: “plurimi elementi esegetici, i quali portano a ritenere che essa sia volta a tutelare, in linea generale, tutti i lavoratori esposti all’amianto, in presenza, beninteso, dei presupposti passati dalla disposizione stessa, secondo quanto evidenziato dalla già ricordata Sentenza di questa Corte n. 5 del 2000. Presupposti richiesti proprio perché la legge n. 271 del 1993 ha voluto tener conto della capacità del’amianto di produrre danni sull’organismo in relazione al tempo di esposizione, sì da attribuire il beneficio della maggiorazione dell’anzianità contributiva in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa svolta”. Selezionare tra gli esposti all’amianto, per un periodo di oltre 10 anni, a concentrazioni oltre la soglia delle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative, per escluderne una vasta platea (ferrovieri, militari, etc.) solo perché non erano dipendenti di imprese che producevano prodotti in amianto o lo lavorassero direttamente, non risponde allo spirito e allo 727 “scopo della norma (che)… è quello di indennizzare i lavoratori che hanno una aspettativa di vita inferiore rispetto a quelli non esposti all’amianto” cosicchè anche la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 19.01.2007 n. 1179, riferendosi ai marittimi, ha dettato un principio di diritto di portata generale: “ciò che rileva per il diritto alla rivalutazione contributiva è la sussistenza di un rischio morbigeno (qualificato) e dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, e non pure la soggettività dell’ente - FS, poste casse marittime, IPSEMA o INAIL - che gestisce l’assicurazione” e ciò anche perché nel nostro Paese molte aziende di Stato hanno utilizzato l’amianto e perché gli enti pubblici non hanno dato applicazione al disposto di cui all’art. 32 della Costituzione, e pur consapevoli del fatto che il minerale determinasse danni alla salute e all’ambiente (come dimostra l’inserimento dell’asbestosi nelle tabelle delle malattie professionali utilizzate dall’Inail per l’erogazione delle prestazioni assicurative fin con la legge 455 del 1943) ne hanno permesso un sempre maggior utilizzo, che paradossalmente ha raggiunto l’apice negli anni ’70 ed ’80, quando se ne conosceva anche la natura di cancerogeno, e solo dopo la condanna in ambito europeo sono stati adottati (con il D.L.vo 277/91) limiti di soglia, e se ne è vietato l’impiego e la lavorazione (con la legge 257/92), e quindi contraddice il disposto dell’art. 38, anche come proiezione delle norme di cui all’art. 32 (per la funzione preventiva) nonché il principio di eguaglianza e i criteri di razionalità della interpretazione e applicazione oltre che del venire in essere della disposizione legislativa, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale in relazione all’art. 3, e soprattutto contraria alla tutela del lavoro e dei principi di solidarietà e dignità che si trovano scolpiti nelle norme di cui agli artt. 35 e 36 della Costituzione, anche perché tutto ciò poteva essere evitato, e molte vite umane potevano essere salvate. 13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte dall’art. 47 della legge 326/03. 727 726 Con la Sentenza n. 127 del 2002. Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008. CAPITOLO XIII | 241 L’art. 13 comma 8 della legge 257/92 nella sua originaria formulazione riconosceva il diritto alla rivalutazione della posizione previdenziale con il coefficiente 1,5 utile per maturare anticipatamente il diritto a pensione e ove percepita a vedersene maggiorato l’importo delle prestazioni. Con l’art. 47, comma 1, del D.L. 269/03, convertito con legge 326 del 23.11.2003, il Legislatore è intervenuto per ridurre il coefficiente moltiplicatore ad 1,25, applicabile ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non più utile per maturare anticipatamente il diritto di accesso alle prestazioni previdenziali: “A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e' ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime”. Con il successivo 5° comma, il legislatore ha stabilito che gli aventi diritto avessero l’onere di inoltrare domanda di certificazione di esposizione all’Inail, chiamata a rendere un parere tecnico attraverso le CONTARP regionali, e a rilasciare la certificazione, nel termine di 6 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale: “I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono presentare domanda alla sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici”, che veniva alla luce con D.M. del 27.10.04, adottato dal Ministro del lavoro di concerto con il Ministero delle finanze, e con il quale si stabiliva che “La domanda di certificazione dell'esposizione all'amianto, predisposta secondo lo schema di cui all'allegato 1, deve essere presentata alla sede INAIL entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, a pena di decadenza dal diritto ai benefici pensionistici di cui all'art. 2, comma 1. Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla sede INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata”. (art. 3, comma 2, del D.M. 27.10.2004) Si può decadere dal diritto per effetto del mancato o non tempestivo deposito della domanda all’Inail entro il 15.06.2005, soltanto nei casi in cui trova applicazione la fattispecie così come modificata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 47 della legge 326/03, mentre invece nessuna decadenza può essere comminata (per il mancato deposito della domanda all’Inail) nei casi in cui trovi applicazione la precedente e più favorevole normativa dettata dalla originaria formulazione dell’art. 13 comma 8 della legge 257/92, così come stabilito dal successivo comma 6 bis dell’art. 47 della legge 326/03 e dell’art. 3 comma 132 della legge 350/03. 13.5 Applicabilità della nuova disciplina dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03. Con l’art. 47 della legge 326/03, il Legislatore, per motivi di bilancio, è intervenuto sulla disciplina dei benefici contributivi di cui all’art. 13 comma 8 della legge 257/92 per ridurre il coefficiente moltiplicatore a 1,25, senza che potesse essere utilizzato per maturare anticipatamente il diritto di accedere alle prestazioni pensionistiche, e ha introdotto il termine di decadenza dal diritto per coloro che non avessero inoltrato domanda di certificazione all’Inail nel termine del 15.06.2005, mentre non ha modificato le altre norme, e quindi anche quelle relative alle fattispecie 242 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO di cui ai commi 6 e 7, il cui coefficiente rimane di 1,5, senza alcun termine per avanzarne domanda di certificazione all’Inail pena la decadenza. Per una vasta platea di lavoratori queste nuove norme non trovano applicazione anche per il caso di esposizione qualificata ultradecennale ad amianto un tempo regolata solo dall’art. 13 comma 8 della legge 257/92, poiché già in sede di conversione all’art. 47 venne aggiunto il comma 6 bis il quale stabilisce: “Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”. (art 47, comma 6-bis della legge 326 del 2003). La precedente e più favorevole normativa, secondo quanto dispone l’art. 13 comma 8 legge 257/92, senza riduzione del coefficiente ad 1,25, utile ai soli fini della rivalutazione della prestazione e non della anticipata maturazione del diritto e della disciplina della decadenza, trova applicazione per quei lavoratori che alla data di entrata in vigore del decreto (02.10.03) avessero avuto accesso a trattamenti di mobilità, o avessero definito la risoluzione del rapporto di lavoro e avessero già depositato domanda di pensione, o ne avessero maturato il diritto ‘anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257’. Avevano maturato il diritto a pensione alla data del 02.10.03, ai fini dell’applicazione della norma di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, quei lavoratori che con l’aggiunta della maggiorazione dell’anzianità contributiva pari al 50% del periodo di lavoro in esposizione ad amianto, avessero raggiunto, a prescindere dall’età, almeno 37 anni di anzianità contributiva ovvero avessero raggiunto l’età di 57 anni con 35 anni di anzianità contributiva, alle seguenti condizioni: a) Anno Anzianità contributiva 1998 1999 2000 2001 2002 2003 35 35 35 35 35 35 Età anagrafica Per la genericità dei Per categorie particolari lavoratori (tab. C L. (tab. B L. 335/95) 449/97) 54 53 55 53 55 54 56 54 57 55 57 55 b) Anzianità contributiva (a prescindere dall’età) 36 37 37 37 37 37 A circa un mese dalla sua entrata in vigore, il legislatore ha ritenuto di dover intervenire nuovamente per ampliare la platea di coloro ai quali non dovessero essere applicate le norme di cui all’art. 47, comma 1, l. 326/03, e per attenuarne gli effetti: “In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’INAIL. All’onere relativo all’applicazione del presente comma e del comma 133, valutato CAPITOLO XIII | 243 in 25 milioni di euro per l’anno 2004, 97 milioni di euro per l’anno 2005 e 182 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236”. (art. 3, comma 132, legge 350/03). Le norme di cui all’art. 47, commi 1 e 5, della Legge n. 326/03 (e quindi anche quelle di cui all’art. 3, comma 2, DM 27.10.2004, con le quali si stabilisce al 15.06.2005 il termine per il deposito della domanda all’Inail in mancanza del quale il lavoratore decade dal diritto) non trovano applicazione anche per coloro che avessero ‘già maturato alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992’ (senza che si facesse riferimento al diritto a pensione), oltre che a coloro che avessero già inoltrato domanda all’INAIL e/o all’INPS; e che avessero già pendente il giudizio o ottenuto sentenze favorevoli di riconoscimento della maggiorazione La Corte di Cassazione ha dettato il seguente principio di diritto728: “In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, l’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta dall’art. 47, comma 1°, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326) - ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, di cui all’art. 13 della l. 27 marzo 1992, n. 257, per i lavoratori che alla data del 2.10.2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL od ottenuto Sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva”. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, si è pronunciata ancora, già con la Sentenza n. 21229 del 2005729, per confermare l’indirizzo interpretativo secondo il quale la successiva disposizione normativa introdotta con l’art. 3 comma 132 legge 350/03 non ha ampliato la platea di coloro ai quali va applicata la precedente disciplina, poiché per ‘…il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257’, corrisponde alla precedente normativa, in quanto deve essere inteso come ‘…maturazione del diritto a pensione’, e richiamando la precedente massima tratta dalla Sentenza della Sezione Lavoro n. 21862 del 18 novembre 2004. La precedente e più favorevole disciplina (coefficiente 1,5 utile per maturare il diritto a pensione, e assenza di decadenza per coloro che non avessero presentato la domanda all’Inail entro il 15.06.2005) rimane applicabile soltanto a coloro che alla data del 02.10.03 avessero già maturato il diritto a pensione anche per effetto dell’aggiunta dei periodi contributivi pari al 50% di quelli in esposizione all’amianto, mentre ne sono esclusi coloro che a quella data pur avendo maturato il diritto ai benefici contributivi non avevano ancora maturato il diritto al trattamento di quiescenza. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza del 29.12.2006 n. 27602, è tornata nuovamente a pronunciarsi sulla interpretazione delle diverse norme che regolano la disciplina dei 728 La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n°21862 del 18.11.2004, ha dettato i principi interpretativi dell’applicazione e dell’ambito di operatività intertemporale del nuovo complesso sistema normativo. 729 e con altre pronunce, tra le quali Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15008 del 2005. 244 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO benefici contributivi per esposizione ultradecennale ad amianto, e sulla loro applicazione intertemporale: “La disciplina non è mutata a seguito delle nuove norme che sono state emanate in tema di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, essendosi già affermato (Cass. n. 21862 del 18 novembre 2004 e n. 15008 del 15 luglio 2005) che "In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, la L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, comma 1, (convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003 n. 326) - ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13 per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che, tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva”. (Cass. civ. Sez. lavoro, 29-12-2006, n. 27602) In questa Sentenza la Corte di Cassazione quando fa riferimento all’art. 3 comma 132 della legge 350/03 afferma che “ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13 per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione”, senza alcun riferimento alla maturazione del diritto a pensione, che invece è contenuto nell’art. 47, comma 6 bis, della l. 326/03: per cui possiamo concludere che il Legislatore del dicembre 2003 “ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13 per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione”, senza alcun riferimento al diritto a pensione, diversamente da quanto disposto dall’art. 47 comma 6 bis della legge 326/03, che invece vi fa esplicito riferimento, con una formulazione730 “innovativa rispetto a quella del decreto legge, e che introduca nuove deroghe all’applicabilità della nuova disciplina dei benefici per l’esposizione ad amianto dettata dallo stesso decreto legge,… (perché)… mentre l’art. 47 contemplava, ai fini dell’applicabilità del vecchio regime, il requisito del possesso di una determinata anzianità contributiva, raggiunta con l’ordinario versamento di contributi o anche con l’ausilio della rivalutazione per l’esposizione all’amianto, l’art. 3 condiziona l’applicabilità della disciplina previgente al mero fatto della prestazione di attività lavorativa con esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni. Inoltre, l’art. 3 stabilisce anche un’altra importante eccezione all’applicabilità della nuova disciplina, non prevista dal D.L. n. 269/03, in quanto fa salva la disciplina previgente in favore di coloro i quali, alla data del 02.10.2003, avessero ‘avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL’ (dell’esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni) oppure avessero ‘avviato’, cioè instaurato, cause per il riconoscimento dei benefici della legge n. 257/92, definite con Sentenza loro favorevole. Si deve dunque ritenere che il legislatore, con l’art. 3, comma 132 della legge n. 350, abbia inteso apportare modifiche alla disciplina dei benefici in materia di amianto dettata dal D.L. n. 730 Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008. CAPITOLO XIII | 245 269, estendendo l’applicabilità della normativa precedente a un maggior numero di assicurati rispetto a quello originariamente individuato dal decreto legge. Si è dunque di fronte ad una successione di leggi nel tempo, per effetto della quale, in base ai principi generali, la disposizione successiva abroga quella precedente che sia con essa compatibile, determinandone l’abrogazione tacita (art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice Civile)”. (Corte di Appello di Perugia, Sentenza n. 441 del 2008) C’è una ‘indubbia diversità delle due formulazioni’ del testo legislativo, poiché l’art. 47 comma 6 bis della legge 326/03 fa riferimento alla maturazione del ‘diritto di trattamento pensionistico’, mentre il successivo art. 3 comma 132 della legge 350/03 fa riferimento anche a quei ‘lavoratori che abbiano maturato, alla data del 02.10.2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27.03.1992 n. 257…’, senza alcun riferimento al diritto a pensione, e quindi anche per costoro deve trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 (anche in relazione al termine di decadenza per coloro che non hanno depositato la domanda all’INAIL entro il 15.06.2005). Quando la seconda norma fa riferimento alla maturazione del diritto alla maggiorazione contributiva, non può essere considerata identica alla prima, se non altro per la diversa e non equivoca formulazione letterale, e se così non fosse731: “non si comprende(rebbe), tuttavia, perché mai il legislatore avrebbe dovuto impiegare una locuzione così involuta per esprimere un concetto così lineare, che peraltro solo un mese prima (in sede di conversione del decreto legge) aveva enunciato una terminologia più pertinente e appropriata. Del resto, non avrebbe avuto senso ritornare sul medesimo argomento, per dettare una disposizione identica a quella emanata poche settimane prima, oltre tutto usando un lessico più oscuro e ambiguo. In sostanza, poiché si deve ritenere che le norme di legge perseguano uno scopo e non si esauriscono in vane esercitazioni linguistiche, l’unica interpretazione secondo cui questa particolare norma può avere un significato utile è quella qui propugnata, la quale muove dalla constatazione che le due espressioni sopra citate non sono equivalenti, ma indicano situazioni oggettivamente diverse. In definitiva, con l’art. 3, comma 132, il legislatore ha inteso estendere il beneficio per l’esposizione all’amianto, nella sua originaria formulazione contenuta nella legge n. 257/92, a tutti coloro i quali, alla data del 02.10.2003, avessero prestato per oltre 10 anni attività lavorativa, soggetta all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali gestita dall’INAIL, con esposizione all’amianto in determinate concentrazioni, anche se tale esposizione non fosse stata ancora formalmente riconosciuta con certificazione dell’INAIL o con pronuncia dell’autorità giudiziaria. Costoro si trovavano per l’appunto nella condizione di aver ‘maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali’ di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257/92”. (Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008) Al contrario, ove si ritenesse che si possa identificare sul piano normativo la maturazione ‘del diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27.03.1992 n. 257’, così come specificato dall’art. 3, comma 132, l. 350/2003, con maturazione alla data del 02.10.2003 del ‘diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali’ di cui all’art. 47 comma 6 bis, si dovrebbe ammettere che quella successiva è inutile, e che il 731 Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro n. 441 del 2008. 246 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO legislatore è intervenuto invano, a distanza di un mese, con una nuova disposizione del tutto sovrapponibile a quella precedente. Le due norme non sono affatto identiche, e la seconda quando fa un esplicito e chiaro riferimento alla condizione di aver ‘maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali’ di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257/92 alla data del 02.10.03, vuole ciò che dice, coerente e rispettosa del dettato costituzionale 732 in base al quale “non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, senza un’inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle prospettive legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla propria attività lavorativa”. (Sentenza della Corte Costituzionale, n. 822/88). Non è equo, né razionale, né giusto che lavoratori già pregiudicati per via del tardivo recepimento della direttiva 477/83/CEE e del sostanziale inadempimento dei precetti costituzionali in tema di sicurezza e salubrità dell’ambiente lavorativo, possano decadere dal diritto o vederselo ridotto ad un coefficiente pari alla metà, utile soltanto per maggiorare la prestazione previdenziale una volta che l’avessero maturata autonomamente in seguito alla prosecuzione dell’attività e al conferimento dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva, quando avevano già maturato il diritto alla rivalutazione, in un periodo nel quale non era necessaria alcuna domanda e gli enti avrebbero dovuto costituire automaticamente la posizione contributiva con anzianità contributiva calcolata con il coefficiente 1,5: è evidente che il nuovo intervento si giustifica nella necessità e volontà di ampliare la platea alla quale continuare ad applicare le disposizioni di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, facendovi rientrare anche coloro che avessero già maturato il diritto per essere stati già esposti ad una concentrazione di polveri e fibre di amianto oltre la soglia delle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni, alla data del 02.10.03 (senza che dovessero avere anche maturato il diritto a pensione). 13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il mancato deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005. Nel vigore del precedente regime erano gli enti previdenziali a dover accreditare le maggiorazioni contributive ai lavoratori esposti all’amianto, senza necessità che questi ne facessero richiesta733: “la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale au