Il problema della violenza
Psicologia sociale e della
comunicazione
Prof- G. Leone
CORIS- Sapienza
Il problema della violenza
Fenomeno umano
• pervasivo
• intenzionale
• interazionale:
vittima
persecutore
bystander
Lo stato eteronomico negli
esperimenti di Milgram
La psicologia dell’inerzia di
fronte alla violenza.
Vedere e non vedere la violenza
• Evidenze comuni:
“Quattro sberle non hanno mai fatto male a nessuno”
• Fino alla cecità per la violenza “burocratica”
(Shoa, “danni collaterali”) o implicita e strutturale
(fame)
• Diritto formale di definizione dell’uso legittimo e
illegittimo della violenza
• Ma anche: affievolimento della capacità (speciespecifica?) di solidarietà spontanea e di percezione
del male dell’uomo sull’uomo
L’esempio della tortura
• Tecnica socialmente appresa
• Non è rivolta alla morte ma a “piegare”
“ammorbidire”, far dire la “verità”.
• Esclusione sociale prima della morte fisica
• Tortura come ammaestramento o spettacolo
• Degradazione della vittima
(disumanizzazione) per rassicurare
l’aggressore
Comprensione dell’aggressività e della
violenza: letta alla luce del modello
competitivo delle interazioni umane
• Aggressività al servizio della
sopravvivenza: vita come competizione del
più adatto, sia nell’animale che nell’uomo
• Vittimizzazione secondaria: la vittima è
colpevole della sua debolezza
• Giustificazione dell’aggressore: la violenza
è un’espressione della forza
• Sovrapposizione semantica tra aggressività
e violenza
Comprensione dell’aggressività e
della violenza: letta alla luce del
modello altruistico dell’interazione
umana
• Empatia come legame naturale con l’altro:
base della cooperazione per la lotta per la
sopravvivenza di tutti gli individui, ma solo
tra gli umani
• Distinzione semantica tra aggressività e
violenza
• Misattribuzione della sofferenza empatica
necessaria per i violenti e gli inerti
• Disumanizzazione della vittima necessaria
nella violenza estrema
Una sintesi: la vulnerabilità
all’altro
• La condizione umana è segnata dalla
vulnerabilità all’altro (Arendt, 1958)
• Altro indispensabile per decidere della
sopravvivenza del singolo soggetto, nel
bene e nel male
La vulnerabilità all’altro come
variabile costruttiva
• Relazione di attaccamento (Bowlby, 1988)
come base della sopravvivenza fisica e
psicologica, nelle prime fasi dello sviluppo
• Poche alternative: base sicura, relazione
ansiosa invischiante, relazione ansiosa
evitante, relazione disorganizzata
• Crea modelli operativi interni che agiscono
da filtro per le future relazioni intime con
partner e figli
• Da genitore si può correggere “perdonando”
l’imperfezione della propria infanzia
La vulnerabilità all’altro come
variabile distruttiva
• Esposizione alle intenzioni violente
dell’altro
• strutturali, nell’ingiusta distribuzione di
possibilità e risorse (capacitazione)
• reificanti, nel trasformare alcuni soggetti in
oggetti, da fine a mezzo dell’azione
• disumanizzanti, nell’esclusione di alcuni
dalla comunità morale umana
• dirette, nell’attacco fino alla morte fisica
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