APPLICAZIONI
non food
Astucci sì, astucci no
di Luca Maria De Nardo
Marketing o prevenzione dei rifiuti da imballaggio? Le motivazioni al
ritorno al packaging secondario risultano deboli e poco dimostrabili
“M
archi come Sensodyne oppure Odol-med3
di GlaxoSmithKline e
Blend-a-Med di Procter & Gamble hanno
riconosciuto che i tubetti da soli non possono
soddisfare i requisiti del packaging moderno.
Solo le confezioni in cartone permettono di
presentare tutte le informazioni sul prodotto
in modo accattivante, offrendo uno spazio
adeguato per dialogare con i clienti.” Così inizia un articolo che Pro Carton, l’associazione
europea dei produttori di cartoncino e cartone, ha pubblicato nella propria newsletter
lo scorso 30 maggio. Testimoni di una ripresa dell’uso degli astucci nel settore dentifrici
sono Jürgen Berger, Senior Communication
Manager di Glaxo SmithKline per l’Europa occidentale e settentrionale, e Melanie Fischer,
addetta stampa di Procter & Gamble. Il ritorno è motivato da specifiche richieste dei consumatori relative a informazioni, visibilità del
prodotto, igiene e integrità del prodotto.
I nostri dubbi
La scelta sarebbe sostenuta da richieste dei
consumatori, ma la maggior parte dopo l’acquisto getta immediatamente l’astuccio senza
leggerlo. Maggiori informazioni? La superficie
del fustellato raramente riporta contenu-
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ti sostanzialmente diversi da quelli stampati
sui tubetti e la maggior parte dei tubetti non
riporta neppure raccomandazioni evidenti e
subito visibili sull’opportunità di differenziare il rifiuto da imballaggio (in genere si ricorre a marchietti microscopici). Ulteriori dubbi
sull’efficacia di comunicazione dei tubetti è
data dall’orientamento delle informazioni: il
tubetto si tiene generalmente con la mano
sinistra ma in questa modalità risultano generalmente capovolte. Le informazioni aggiuntive potrebbero essere gestite tramite etichette
a libretto oppure con codici che interagiscano col web. Oltretutto la priorità non sarebbe
tanto l’informazione aggiuntiva, ma la garanzia di originalità e di tracciabilità (vedi caso di
Colgate di cinque anni fa, in arrivo contraffatto dalla Cina).
Strumento logistico?
L’unico vero problema dell’assenza di astuccio potrebbe essere la gestione del prodotto
in fase di allocazione a scaffale: ma per altre
categorie di prodotto si è risolto il problema
con espositori riempiti a fine linea da macchine automatiche che inseriscono i tubetti in
vassoi: questi potrebbero essere appunto di
cartone o cartoncino. Infine, la sostenibilità:
l’assenza di astuccio potrebbe essere argomento di comunicazione e differenziazione
per la marca, come la scelta di alcuni distributori per i prodotti a marchio in Italia e in Europa. Infine, da rammentare che l’astuccio diviene occasione di furto per i taccheggiatori, che
sostituiscono il prodotto originale contenuto
negli astucci con prodotti di maggior valore. n
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COM.PACK N. 5-2012 - Packaging Observer