EDITORIALE
Fiera del Levante: una casa accogliente
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di Alessandro Ambrosi
POLITICA
Job on call
di Mauro Portoso
Il mondo della “private label”
di Michele Carriera
Apprendistato, una realtà in trasformazione
di Francesco Longobardi
NORMATIVA
Le pensioni al minimo 2009: occhio ai redditi
Pag. 10
a cura di ENASCO
TURISMO
In copertina: Primo piano sullo storico, bellissimo
ingresso monumentale, con le due torri, della Fiera
del Levante di Bari, da ottant’anni una delle immagini più significative e diffuse del capoluogo pugliese. Dopo un primo progetto realizzato dall’architetto
Saverio Dioguardi, l’ingresso monumentale fu perfezionato e portato a termine dall’architetto Cesare
Corradini che aveva disegnato un quartiere fieristico
quadrato, con due lati affacciati sull’Adriatico. E
l’ing. Vincenzo Rizzi, chiamato a costruire le varie
opere, fu puntuale e fedele nell’eseguire la volontà
del progettista. Nella prima pianta del quartiere fieristico del Corradini, di fronte all’ingresso monumentale era stata prevista una sorta di pontile dove
far attraccare i vaporetti per il trasporto dei visitatori: e in realtà negli anni ’30 funzionava un vaporetto
da Bari alla Fiera. L’Ente Fiera ha da tempo sottoposto le sue strutture storiche all’analisi della
Soprintendenza regionale che ha ritenuto di vincolare, sulla base del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’Ingresso Monumentale con i due torrioni, i
padiglioni 11, 189, 81, 181 oltre alla Fontana
Monumentale.
Iscritto presso il Tribunale di Bari in data 12/01/2009
- N. 69/2009 del Ruolo generale; N. 51 del Ruolo
sezionale; N. 2 del registro stampa
La Terra di Bari fra sacro e profano: mieru, mieru, mieru la la Pag. 12
di Vittorio Stagnani
Turismo culturale in provincia di Bari: La Pinacoteca provinciale »
Gli appuntamenti del mese
Anima internazionale, cuore mediterraneo
ATTUALITA’
La nuova sfida della DR
I termini dell’informatica
Evoluzione e finanziarizzazione del settore immobiliare
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30
di Giovanni Panza e Gabriele Ruggieri
Caritas in veritate
di Vincenzo Porro
ALIMENTAZIONE E SALUTE
Pag. 32
di Vittorio Stagnani
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a cura di Giovanna Spilotros
CULTURA
I Romani, le strade, la comunicazione
Pag. 36
a cura di Anna Mirabile
Storia della CCIAA di Bari: La bella Signora
Redazione: Via Amendola 172/c, 70125 Bari
Tel. 080/5481110 - Fax 080/5481077
e-mail: [email protected]
a cura di Giuseppe Lovecchio
La musica, un gioco di sensazioni per l’udito
Impaginazione e grafica: Saverio Matarrese
[email protected]
Drag me to hell
La tiratura di questo numero di “Confcommercio
magazine” è di 13.000 copie.
»
a cura di Stefano Lamanna
Coordinamento editoriale: EMANUELE PANZA
Per le inserzioni pubblicitarie su
“CONFCOMMERCIO MAGAZINE” rivolgersi alla
redazione, oppure chiamare i segg. numeri:
393.7848124 – 334.3609779, oppure scrivere alla
e-mail: [email protected]
Pag. 26
a cura della Redazione
L’estate sta finendo…
Stampa: SEDIT S.r.l. Servizi Editoriali
Via delle Orchidee n. 1, 70026 Modugno (BA)
Tel. 080.5857439 - Fax 080.5857427
Pag. 20
a cura della Redazione
Anno I n. 5 - Settembre 2009
Direttore Responsabile: PANTALEO CARRIERA
19
SPECIALE: “FIERA DEL LEVANTE”
La scommessa di Biolfish
Editore: Confcommercio della Provincia di Bari
legale rappresentante ALESSANDRO AMBROSI
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a cura di Stefano Lamanna
Rivista mensile di informazione, aggiornamento e
cultura a cura della Confcommercio della
Provincia di Bari – Distribuzione gratuita
Poste Italiane SpA
Spedizione in A.P. - 70% DCB S1/BA
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a cura di Alessandro Fusco
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di Vittorio Polito
di Viviana Rubini
CONFCOMMERCIO INFORMA
Scadenzario fiscale
a cura di Michele Carriera
I ristoratori protestano per i balzelli del Demanio
di Emanuele Panza
L@ POSTA
Lettere al Direttore
SOMMARIO
1
EDITORIALE
2
Lavoriamo tutti per una Campionaria moderna
Fiera del Levante:
una casa accogliente
di Alessandro Ambrosi
C
on settembre, eccola puntuale: in città riapre la Fiera del Levante e Bari si ripresenta
al suo appuntamento con gli espositori
europei e dei Paesi del Mediterraneo. Noi di
Confcommercio questa Campionaria la aspettiamo, la studiamo, ci entriamo. In altre parole,
vogliamo esserci. E’ anche una “nostra creatura”:
vorremmo – ci stiamo lavorando – diventi una
realtà sempre più forte al servizio dell’economia
del Sud Italia.
La collaborazione tra associazioni di categoria,
piccole e medie imprese locali e la dirigenza dell’ente Fiera è ormai consolidata. Ma occorre continuare, andare avanti concertando politiche di sviluppo che possano abbracciare tutti gli interessi in
gioco. Quelli della Fiera del Levante, delle imprese, dei cittadini.
Abbiamo in proposito provato a buttar giù
delle regole che a noi appaiono come fondamentali. Sei linee guida che rappresentano una traccia di
lavoro su cui impegnarci fin da ora e per i mesi a
venire. Ve le sottoponiamo:
Veduta aerea del quartiere fieristico.
1) La Fiera deve essere volano di sviluppo
anche per l’economia della città e dell’intero territorio regionale.
2) La Fiera deve creare nuove opportunità di
espansione per le nostre aziende verso i
mercati dell’Est del mondo.
3) Le organizzazioni di categoria, ognuna per
la propria competenza e rappresentatività,
devono essere partner della Fiera nell’ambito di accordi commerciali con altri Paesi.
4) Dobbiamo creare tutti i presupposti affinché la Fiera del Levante non diventi un,
seppur temporaneo, rivale di affari.
5) Bisogna organizzare eventi culturali e di
spettacolo in concomitanza con il periodo
di Fiera.
6) La Fiera e la Città devono rappresentare un
tutt’uno integrato, anche con l’offerta ai visitatori e ai cittadini di manifestazioni che
vadano ben oltre i confini della Campionaria: quale, ad esempio, la “Galleria delle Na
zioni” in una strada del centro Murattiano.
Cominciamo da quest’ultimo punto. Perché ci
sono novità interessanti grazie alla collaborazione
tra Confcommercio e il presidente dell’Ente Fiera,
Cosimo Lacirignola.
Il presupposto da cui siamo partiti è che la
Campionaria deve essere una vetrina internazionale
su Bari, ma anche una vetrina all’interno della città.
Da qui a organizzare una notte bianca con attori
principali gli espositori della “Gallerie delle Nazioni” e i commercianti, il passo è stato breve. Così
via Argiro per una giorno chiuderà alle auto per trasformarsi in un grande mercato multietnico con le
saracinesche dei negozi alzate fino a tarda ora: la
“Galleria delle Nazioni” barese che porta per strada
uno dei padiglioni della Fiera più graditi al pubblico.
Certo non basta per ridare vigore e visibilità
internazionale alla nostra rassegna. Occorrono
sempre nuovi progetti definiti e condivisi per svolgere una politica che attragga investitori e imprenditori. Partendo anche dalla necessità di rilanciare
le “piccole” iniziative, quali Expoturismo e la Borsa
del turismo, in un quadro di collaborazione con la
Fiera del Levante, per definire una programmazione degli eventi che incoraggerebbe flussi di turi-
smo e per destagionalizzare la Fiera di settembre e
renderla così «icona» di una città capace di internazionalizzarsi. Anche e soprattutto sfruttando,
coinvolgendo al meglio le classi dirigenti ed economiche che la rappresentano, affinché i Paesi che si
affacciano sul bacino del Mediterraneo possano
essere considerati, oggi, finalmente, un unico grande territorio, ideale proseguimento del nostro, tutti
cittadini sotto un unico cielo.
La Fiera che noi vogliamo è questo e molto
altro ancora. E la Fiera del Levante può, a giusta
ragione, rappresentare il braccio operativo delle
iniziative messe in campo da tutti i soggetti politici, economici e culturali della regione, in una rassegna che, se vuole avere un grande futuro, deve
tornare ad esaltare soprattutto il suo «cognome»,
rilanciando quello «spirito levantino» che tanta
fortuna portò a Bari e alla Puglia negli anni d’oro
del Novecento. Negli anni in cui la Fiera fu «punto
d’incontro tra un popolo e la borghesia levantina».
Non più soltanto la Fiera dei soci fondatori baresi
(Comune, Provincia e Camera di Commercio). E
nemmeno la Fiera allargata alla Regione.
Quella che verrà è una Fiera in itinere. Una
«Fiera delle merci», ma anche la Fiera delle
idee, dei diritti, degli incontri, della convivialità tra Occidente e Oriente: il simbolo di un
patto di amicizia tra il Nord e il Sud del
mondo. Una «casa» accogliente: la casa dei
Balcani, la casa del Mediterraneo, la casa
d’Europa, la casa dei pugliesi e di tutti coloro
che vogliono fare impresa. Un obiettivo che si
potrà raggiungere solo ed esclusivamente
attraverso «il gioco di squadra».
Perché non ha più alcun senso organizzare una
Fiera senza che siano coinvolti tutti i soggetti eco-
“
EDITORIALE
3
Anche quest'anno la cerimonia inaugurale della 73esima edizione
della Fiera del Levante si svolgerà nell'ampio salone dello"Spazio 7".
nomici, sociali, politici, culturali che operano sul
territorio. E ancora di più non ha ormai alcun
senso organizzare manifestazioni avulse dal contesto nel quale la Fiera vive.
Quella che vogliamo e che chiediamo, pronti da
piccoli e medi e imprenditori a fare la nostra parte,
è una Fiera del Levante innovativa ed ambiziosa
modellata sugli standard internazionali, che abbia
un forte collegamento col territorio, che possa far
conto su infrastrutture adeguate. Perché la Fiera,
per vocazione e statuto, si occupa di altre imprese,
produce affari, innovazione, scambi, cultura: una
rete complessa che sviluppa a livello locale un
forte indotto e rappresenta un centro di competitività per l’intero Paese. Un cambiamento che rivoluziona il concetto di «fare fiere» ed i cui risultati
positivi potrebbero essere dietro l’angolo.
Con l’estate si scongela il pessimismo delle famiglie
L’indicatore dei consumi di Confcommercio, da quattro mesi consecutivi fa registrare una significativa
attenuazione del segno meno (il crollo non c’è più!), i mercati finanziari sono in ripresa da marzo, il dato
della produzione industriale di giugno è positivo, il capitale fiduciario delle famiglie è in ripresa.
E allora tutto bene? No, perché contestualmente il Cnel prevede in autunno 500.000 posti di lavoro a
rischio. Dov’è la verità? La fase più acuta della crisi si è registrata nel secondo trimestre dell’anno in
corso. Questa è una ragionevole certezza sulla quale sia gli Istituti di ricerca che la Comunità internazionale sono d’accordo. Di fronte a noi, dunque, non abbiamo più una prospettiva senza orizzonte, ma un
percorso di uscita dalla crisi che sembra delinearsi più precisamente che in passato.
Ma qual è la novità rispetto ai mesi bui che speriamo aver lasciato definitivamente alle nostre spalle? E’
il sentimento delle famiglie cioè le loro aspettative e le loro speranze rispetto ai prossimi mesi. Qualche
dato ci aiuta a capire: aumentano le famiglie che guardano al futuro con ottimismo, sono il 56% contro
il 52% di gennaio, il 18% ritiene che nei prossimi mesi incrementerà le spese, il 71% ritiene di mantenerle sostanzialmente stabili.
Insomma, la prudenza di una quota significativa di italiani si sta scongelando perché si rende conto che
la febbre alta della crisi è passata e che in questa fase di convalescenza dell’economia italiana si può
riprendere il cammino della normalità. Quindi nonostante un terzo degli italiani rimanga ancora in difficoltà o bloccato dal timore che la coda della crisi sia ancora lunga, si percepisce chiaramente che c’è la
voglia di tornare a consumare.
Per dare una mano e rendere più forte questa spinta naturale che già c’è, la ricetta rimane sempre la stessa e speriamo che il Governo al più presto prenda provvedimenti in questa direzione, più reddito alle
famiglie e più credito alle imprese. Questo per uscire il prima possibile dalla crisi e preparare il terreno
per una crescita più robusta e duratura.
Sergio De Luca
Direttore Area Comunicazione e Immagine Confcommercio
”
POLITICA
4
La flessibilità come strumento
per incoraggiare le assunzioni
JOB ON CALL
di Mauro Portoso
N
ella jungla della moderna contrattualistica
relativa al mercato del lavoro, sempre più
spesso le Aziende e chi cerca lavoro, si trovano a confrontarsi con particolari forme contrattuali. Tra queste il cosiddetto Lavoro a chiamata
(dall’inglese “JOB ON CALL”), introdotto nel
nostro ordinamento dalla Riforma Biagi con il
decreto legislativo 276/2003.
Particolare è l’evoluzione storica di questa tipologia contrattuale: abolita dal Governo Prodi (con
l’allora Ministro del Lavoro Damiano), è tornata
nuovamente a regime con il Governo Berlusconi
con il Decreto Legge 112/2008 (con il Ministro
Sacconi), all’interno della riforma del mercato del
lavoro e l’introduzione del Libro Unico.
Ma di cosa parliamo in concreto?
Il contratto di lavoro a chiamata (o intermittente)
viene definito come quel contratto mediante il quale
Il prof. Marco Biagi, autore dell’omonima riforma; in alto, sotto il titolo, Palazzo Chigi, a Roma, sede del Consiglio dei Ministri.
un lavoratore si pone a disposizione del datore di
lavoro che può utilizzare la sua prestazione lavorativa, sia a tempo determinato che indeterminato.
Il datore di lavoro può prevedere per il periodo di
inutilizzo del lavoratore la cosiddetta indennità di
disponibilità: in questo caso il lavoratore è obbligato
a rispondere alla chiamata; in caso di mancata previsione dell’indennità di disponibilità non vi è – per
contro - obbligo di risposta da parte del lavoratore.
Il lavoro a chiamata si configura come una valida alternativa alle assunzioni giornaliere o al lavoro somministrato di breve durata, e consente al
datore di lavoro di essere in regola con la normativa e di non vedersi, quindi, applicata la maxi sanzione per il lavoro nero ( da 1.500 a 12. 000 euro +
150 euro al giorno di lavoro effettivo ).
Il Governo Berlusconi nell’ottica di questa semplificazione ha reintrodotto questo strumento, visto
– invece - dal precedente legislatore come misura
per nascondere il lavoro nero.
Ma come funziona il contratto di lavoro a chiamata?
Il datore di lavoro deve stipulare regolare contratto a tempo determinato o indeterminato e stabilire se è prevista o meno la già citata indennità di
disponibilità.
Nello stesso contratto deve essere previsto il
trattamento retributivo e le modalità di preavviso
della chiamata lavorativa che non può essere inferiore ad un giorno.
Con la stipula del contratto, il datore di lavoro
ha l’obbligo di comunicazione al Centro per l’impiego tramite il sistema telematico della relativa
assunzione. Una volta effettuata tale comunicazione obbligatoria, il datore di lavoro non ha ulteriori
obblighi di comunicazione.
POLITICA
5
Il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi – al centro della foto – durante una conferenza stampa.
Il lavoro a chiamata è ammesso nelle seguenti
ipotesi stabilite dalla normativa: Ipotesi Soggettive
e Ipotesi Oggettive.
Tutte le imprese possono stipulare contratti di
lavoro a chiamata per ipotesi soggettive a condizione che le prestazioni siano rese da soggetti con
meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più
di 45 anni di età anche pensionati.
Per ipotesi oggettive si intendono, invece, quelle in cui vi siano particolari esigenze dettate dalla
discontinuità del lavoro e le stesse sono individuate dalla contrattazione collettiva, dal ministero del
lavoro, o quelle relative alle prestazioni svolte nel
fine settimana, vacanze estive, natalizie e pasquali.
I contratti collettivi del commercio e turismo non
prevedono una particolare disciplina, ma il
Ministero del lavoro (Decreto Ministero Lavoro del
23/10/2004 ) è intervenuto con un elenco di attività
tra cui rientrano: Camerieri e personale di cucina
negli esercizi pubblici; Personale addetto al trasporto di merci; Commessi di negozio nelle città con
meno di 50.000 abitanti; Barbieri Parrucchieri –
Centri di Estetica; Impiegati di albergo. Questo elenco di attività emanato per sopperire alla contrattazione collettiva deve considerarsi puramente indicativo
delle tipologie di attività e, conseguentemente, i
divieti e le limitazioni dimensionali non trovano
applicazione, in attesa della disciplina contrattuale.
Inoltre, in un recente chiarimento ministeriale, è
stato disposto che il lavoratore che ha un contratto
di lavoro intermittente può essere destinatario della
indennità di disoccupazione con requisiti ridotti,
per il periodo di inattività, a condizione che il contratto sia a tempo determinato e non preveda alcuna indennità di disponibilità.
Sicuramente è uno strumento vantaggioso per le
aziende: le statistiche dimostrano che il contratto di
lavoro a chiamata è stato soprattutto utilizzato
dalle imprese della ristorazione per i 2/3 ed 1/3 dal
settore commercio, con contratti a tempo indeterminato e senza indennità di disponibilità.
Semplificando quindi si incoraggia ad assumere!
POLITICA
6
Il mondo della “private label”
Qualità e convenienza a
servizio del consumatore
di Michele Carriera
E’
forse un effetto della crisi o un
naturale processo di crescita, ma la
private label è un fenomeno che sta
crescendo a ritmi molto elevati, creando
qualche preoccupazione ai grandi brand che
fino a qualche tempo fa dominavano quasi
incontrastati il mercato.
Nel giro di pochi anni abbiamo assistito a
un crescente interesse degli operatori sulla
marca privata. Il fermento ha coinvolto sia
l’industria, che ha aumentato il proprio
orientamento verso il fenomeno private label,
sia la distribuzione, con l’avvio di piani di
sviluppo dimensionale delle gamme e di
evoluzione più complessiva della gestione
del marchio proprio che ne ha evidenziato il
ruolo nella strategia commerciale delle insegne. Sia gli operatori nazionali sia quelli
posti sotto l’egida di gruppi stranieri presentano, ormai, sui propri scaffali gamme di
marche proprie molto ampie, con diverse
collocazioni nella scala prezzi e con posizionamenti concettuali estremamente differenziati, tesi a soddisfare altrettanti segmenti di
domanda.
In altri termini anche in Italia si sta assistendo a quel fenomeno evolutivo che posiziona il ruolo della marca privata come
centrale nella politica del distributore. La
penetrazione del private label sul mercato
dei prodotti di largo consumo non è ancora
paragonabile a quella che si registra in
Gran Bretagna o in Francia, ma la quote di
mercato sulle vendite del private label salgono.
Nel 2006 il private label deteneva un
modesto 12,6% salito a marzo 2009 al
14,9%: +18% in poco più di due anni. Le
private label o marche private, sono prodotti o servizi solitamente realizzati o
forniti da società terze (fornitore di marca
industriale o terzista vera e propria) e
venduti con il marchio della società che
vende/offre il prodotto-servizio (Distributore). Nel passato erano anche chiamati “white label” (etichette bianche) in
quanto la marca offerta da Sainsbury
(catena di supermercati inglese) era
appunto un’etichetta bianca su cui era
scritto il semplice nome del prodotto.
Questa tipologia di prodotti, non avendo
la componente del costo di marketing tipico
dell’industria di marca, permette al distributore di incassare margini più alti, rispetto
agli analoghi prodotti di marca, e al consumatore di portare a casa un prodotto di qualità assimilabile a quella di marca a dei costi
più contenuti.
La caratteristica principale di questi prodotti è il loro prezzo, relativamente più
basso rispetto a quello di marche note e pubblicizzate. Tuttavia, questo non deve far pensare ad una scarsa qualità, quasi sempre si
tratta di beni di ottima qualità, a volte superiore a quella di marchi più celebri.
Il motivo? E’ semplice. Questi beni di consumo vengono prodotti negli stessi stabilimenti dai quali escono i “grandi nomi”.
Dunque è ragionevole pensare che in molti
casi siano in tutto e per tutto identici ai loro
cugini più famosi. Il fatto che costino media-
POLITICA
7
Il reparto panetteria di un grande supermercato.
mente dal 30 al 50% in meno (con punte che
superano addirittura il 70%) è dovuto principalmente al fattore pubblicità.
Dal momento che non vengono sostenuti
gli elevatissimi costi di realizzazione e messa
in onda di uno spot, o di acquisizione di
pagine pubblicitarie, questi prodotti possono
essere proposti a prezzi decisamente inferiori. Oltre a questo va considerato il fatto che il
supermercato spesso chiede una fee d’ingresso alle grandi aziende, sia per essere presenti sugli scaffali, sia per ottenere un posizionamento ben visibile.
Prima di comprare quindi, è giusto
chiedersi quali siano le componenti del
prezzo di vendita: si tratta del valore
reale di un prodotto (ingredienti, ricerca
e sviluppo, ecc…) o di un valore fittizio
(investimenti pubblicitari e di marketing, costo di distribuzione, ecc.)? Il più
delle volte la seconda componente incide
notevolmente sul prezzo al pubblico.
Oggi in Italia tutte le maggiori catene
distributive, da Selex a Auchan, da Conad a
Esselunga, da Lidl a Coop commercializzano
prodotti private label. Non bisogna trascurare
il fatto che le diverse catene distributive
investono su questi prodotti la propria reputazione, la propria immagine e, quindi, non
possono sicuramente permettersi di floppare
su questi prodotti.
Molti consumatori si sono accorti di ciò ed
ecco perché negli ultimi anni la crescita della
private label risulta impetuosa. Nel comparto
dei private label si contano oggi oltre 1.200
aziende italiane che lavorano stabilmente
per le marche commerciali per un giro complessivo di affari legato alla vendita di questi
prodotti nelle catene del largo consumo pari
a circa 4,4 miliardi di euro.
Le referenze sono circa 10mila. In Italia
questo fenomeno ha portato ad una presa di
coscienza: quella del consumatore maturo che
pone in essere scelte di acquisto autonome e
intelligenti. Questa è la vera novità. Negli altri
Paesi europei, dove la maturità del consumatore era fatto acquisito, la PL ha sovente percentuali doppie rispetto alle nostre. La crescita che noi stiamo vivendo sul comparto non è
superiore a quella degli altri Paesi. La vera
differenza sta proprio nella presa di coscienza
dell’esistenza di un nuovo consumatore.
Quindi comprare un prodotto di marca
commerciale non deve far pensare che si stia
acquistando qualcosa di scarso, né far sentire
che, per risparmiare, si stia rinunciando a un
“prodotto di marca”. Comprare un prodotto
di marca commerciale è una scelta assolutamente valida, sopratutto per combattere i rincari e l’inflazione. La cosa importante da controllare sempre è l’etichetta informativa del
prodotto che si sta acquistando, facendo molta
attenzione agli ingredienti, al luogo di produzione, ai consigli per la conservazione.
POLITICA
8
APPRENDISTATO
una realtà
in trasformazione
di Francesco Longobardi
C
hi ancora pensa che l’apprendista tipo sia
il ragazzo che va “a bottega” da una
azienda è fuori strada: il Rapporto di
monitoraggio ISFOL sull’apprendistato in Italia
nel decennio 1998-2008 fotografa una realtà in
crescita e, al tempo stesso, in trasformazione.
La crescita: nel periodo monitorato dall’Isfol il
numero degli apprendisti è sostanzialmente raddoppiato e l’apprendistato - superando dal 2007
la quota delle 600.000 unità – è arrivato oggi a
interessare il 17% degli occupati nella fascia 15-29
anni (un giovane su sei in quella fascia d’età).
Dietro il dato di sintesi ecco alcune novità, tra
cui proprio la tipologia degli apprendisti e i settori di applicazione del contratto.
Alla crescita nel numero degli apprendisti si
accompagna una diversificazione del tradizionale
target di utenza. Per quanto gli apprendisti continuino prevalentemente a essere in possesso di
licenzia media, cresce la percentuale di chi è in possesso di titoli più elevati, come indica il passaggio
dallo 0,2% del 2002 al 4,7% del 2007 degli apprendisti laureati. Contemporaneamente si assiste a
un’estensione della tipologia contrattuale alle fasce
più adulte della popolazione (25 anni e oltre), nello
stesso arco temporale le percentuali sono più che
raddoppiate: dal 10,2 al 22.4% del totale.
Altra novità: l’evoluzione dei settori d’applicazione. L’artigianato, settore principe, pur continuando a occupare un terzo degli apprendisti,
sta cedendo il passo al terziario dove si è registrata una progressiva diffusione degli apprendisti
fino a rappresentare, nel 2008, il 43,4% del totale
degli occupati in apprendistato.
Accanto a questi elementi il Rapporto approfondisce alcuni aspetti specifici dell’apprendistato - contratto a causa mista lavoro/formazione - e prende in esame sia il legame tra l’apprendistato e l’espletamento del diritto dovere
di istruzione e formazione che l’offerta formativa pubblica.
Sull’aumento dell’età degli apprendisti e la
parallela contrazione nel numero dei più giovani,
gioca un ruolo anche la mancanza di regolamentazione della forma di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, ancora “virtuale” tranne l’eccezione di
alcune Regioni. Dunque i minori possono essere
assunti in apprendistato, ma come contratto di
lavoro e solo limitatamente come strumento per
assolvere al diritto-dovere, situazione che trova
conferma nello scarso numero di apprendisti in
obbligo formativo (34.275), solo il 6,5% del totale
degli apprendisti occupati (dato 2007).
Quanto all’offerta formativa pubblica, le risorse impegnate ammontano a circa 125,6 milioni di
euro nel 2006 e a oltre 180 milioni nel 2007, cui è
“
01 Luglio 2009 PRESENTATO
ALL’UNIVERSITÀ ROMA TRE
IL DECIMO RAPPORTO
SULL’APPRENDISTATO
L’università della teoria e della conoscenza accademica
ospita il sapere che viene dal fare. Siamo nell’aula magna
dell’Università Roma Tre (vedi foto sotto il titolo nella pagina
a fianco) e ad essere dibattuto da professori, ricercatori ed
esperti, è l’apprendistato nelle sue varie forme. Un sistema di
formazione e di accompagnamento al lavoro riconosciuto in
tutti gli interventi, come uno strumento che merita di essere
implementato e sviluppato. Padrone di casa e coordinatore dei
lavori, Giampiero Proia ordinario di Diritto del lavoro Sergio Trevisanato, presidente dell’Istituto Isfol
dell’Università Roma Tre.
L’occasione del dibattito è stata offerta dalla recente uscita del decimo rapporto di monitoraggio
sull’apprendistato, realizzato dall’Isfol e presentato nelle due relazioni introduttive di Sergio
Trevisanato, presidente dell’Istituto e Sandra D’Agostino, che ha coordinato la ricerca. Nelle pagine del rapporto, l’identikit degli apprendisti di oggi, il quadro attuale dell’occupazione e della formazione, il processo e l’evoluzione delle norme nazionali e regionali nonché delle discipline contrattuali che ne definiscono la cornice. In particolare, nell’intervento di Trevisanato, un richiamo
all’apprendistato per il diritto-dovere e apprendistato alto, per illustrarne i ritardi nell’implementazione. Su queste due tipologie di apprendistato, rispettivamente gli interventi di Giuseppe
Bertagna ordinario di Scienze dell’informazione dell’Università di Bergamo, che ha caldeggiato il
riconoscimento formale delle competenze e dei titoli acquisiti attraverso l’apprendistato dei più
giovani che ancora soffre di un forte pregiudizio ‘accademico’. Sull’alto apprendistato l’intervento
di Giuditta Alessandrini, ordinario di Pedagogia del lavoro dell’Università di Roma Tre che ha
esposto le ragioni che fanno di questa tipologia formativa una forma eccellente di placement. Un
alto apprendistato che favorisce la competitività e l’innovazione delle imprese, come ha ricordato
Trevisanato, e dunque da sostenere in una fase di crisi come quella attuale.
Dopo l’intervento di Pier Antonio Varesi, ordinario di diritto del lavoro dell’Università Cattolica
di Piacenza, centrato sulle molteplici sfaccettature giuridiche del contratto di apprendistato e sulla
legittimità costituzionale della formazione in azienda, ha chiuso i lavori Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Tiraboschi ha illustrato l’intricato intreccio di questioni tecnico-politiche che hanno contribuito
a fare dell’apprendistato uno strumento dalle grandi potenzialità che stenta a decollare. “È in gioco
l’integrazione tra due mondi, quello dell’apprendimento e quello del lavoro” ha detto Tiraboschi,
sottolineando l’importanza della costruzione di reti territoriali e individuando il contratto di
apprendistato come contratto unico a tutela progressiva, un contratto subordinato a tempo indeterminato che senza i ‘vincoli’ dell’articolo 18 dello statuto dei lavori, può dare stabilità occupazionale formalizzando l’acquisizione delle competenze attraverso la prosecuzione del contratto.
”
corrisposta – nel 2006 - una spesa da parte delle
Regioni di circa 114 milioni di euro.
Gli interventi formativi organizzati dalle Regioni hanno coinvolto 96.144 apprendisti nel 2006 (il
17,4% del totale degli occupati in apprendistato) e
124.262 nel 2007 (il 20,7%). L’impegno delle Regioni sull’apprendistato si rivela, tuttavia, molto disomogeneo: nel nord-est la quota di formati è pari al
28,9% nel 2006 e sale al 34,9 nel 2007, mentre nel
mezzogiorno la stessa quota è pari al 10,3% nel
2006 e scende al 5,1% nell’ultimo anno, al netto
delle Regioni i cui dati sono indisponibili. Differenziazione territoriale che vale anche rispetto ad
altri indicatori, quali i dati di programmazione, il
volume di attività formative organizzate per i tutor
aziendali, la quantità di risorse impegnate e spese.
Sempre più un “sistema plurale”, dunque,
l’apprendistato, così come recita il titolo del X
Rapporto, non solo nella tipologia di utenti e nei
settori ma anche nella diffusione delle forme di
applicazione e nella declinazione del contratto a
livello territoriale.
POLITICA
9
NORMATIVA
10
Le pensioni al minimo 2009:
OCCHIO
AI REDDITI
a cura di ENASCO
D
iventano più semplici e basati solo su
dati certi i rapporti tra Inps e pensionati che percepiscono prestazioni legate
al reddito.
E’ questa una delle novità introdotta dalla
legge n. 14 di quest’anno, che ha stabilito che, ai
fini delle prestazioni collegate al reddito, si tiene
conto unicamente del reddito conseguito dal
beneficiario e dal coniuge nell’anno solare precedente e non più, come è avvenuto fino al 2008,
su quello presunto dell’anno in corso in modo
da ridimensionare le erogazioni basate sul criterio del reddito presunto che aveva dato adito a
problemi di varia natura.
Il calcolo della pensione minima
Per capire adesso con quale criterio viene
attribuita l’integrazione dobbiamo ricordare
anzitutto che l’Inps calcola la pensione sulla
base dei versamenti effettuati. Ma se l’importo
risulta inferiore al minimo di legge (458,19
euro al mese nel 2009) aggiunge la differenza,
cioè una integrazione a totale carico dello
Stato.
Attenzione però, l’integrazione, che un
tempo veniva concessa a chiunque avesse maturato il diritto a pensione, oggi è strettamente
legata ai redditi personali per chi vive da solo e
a quelli della coppia per chi è coniugato.
La legge fissa determinati limiti di reddito
che, come si è detto, vengono aggiornati di
anno in anno in base al tasso di inflazione (costo
della vita pari al 3,3% per il 2009).
E anche chi non li supera non è detto che riceva come integrazione la differenza tra la pensione maturata e il trattamento minimo. A seconda
del reddito dichiarato può essere assegnata la
misura intera o ridotta.
Per chiarire meglio vediamo intanto come si
presenta la situazione per i pensionati che vivono da soli.
Nel 2009 possono contare sul trattamento
minimo di 458,19 euro mensili se il loro reddito
annuo non supera 5.766,28 euro.
Se il reddito extra pensione si colloca tra
5.766,29 euro e 11.532,56 euro l’integrazione
spetta in misura ridotta; ad esempio di un pensionato che ha maturato con i soli contributi una
pensione di 200 euro al mese e possiede altri
redditi (case, altre pensioni ecc..) per 9.000 euro
l’anno. In questo caso l’integrazione è di 194,82
euro (11.532,56 – 9.000 : 13) per cui la pensione
sarà di 395 euro al mese, inferiore quindi al trattamento minimo.
I redditi personali e della coppia
Il discorso diventa più complicato per le persone coniugate che devono superare in pratica
un doppio sbarramento: quello del reddito personale che deve restare nei limiti sopra indicati
e quello della coppia.
Quest’anno la situazione si presenta in questi
termini:
• reddito personale che non supera 5.766,28
euro e reddito della coppia non oltre 17.298,84
euro; in questo caso al pensionato spetta l’integrazione intera e viene quindi garantito il
trattamento minimo di 458,19 euro al mese.
• reddito personale compreso tra 5.766,28 e
11.532,56 e reddito della coppia compreso tra
17.298,84 e 23.065,12. In questo caso l’integrazione spetta in misura ridotta.
La legge stabilisce che l’importo spettante è
quello minore risultante dal doppio confronto
tra il limite massimo di reddito personale
(11.532,56) e quello effettivamente posseduto e
tra il limite di reddito della coppia (23.065,12) e
quello conseguito.
Quali redditi
E’ il caso di ricordare che l’Inps considera tutti
i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti o tassati alla fonte come gli interessi bancari e
postali, i rendimenti da bot e altri titoli.
Nel computo rientrano anche le rendite Inail
e gli assegni assistenziali.
In altre parole bisogna denunciare tutto con
la sola eccezione dei redditi provenienti da:
• la casa di abitazione;
• le pensioni di guerra;
• l’assegno di accompagno;
• i trattamenti di famiglia;
• i sussidi erogati da Enti Pubblici senza carattere di continuità.
Nella tabella che si riporta sono sintetizzati i
requisiti per ottenere l’integrazione.
I CONTRIBUTI 2009
PER I PENSIONATI COLLABORATORI
Anche quest’anno le collaborazioni coordinate e continuative per le quali si versano i contributi alla gestione Inps dei lavoratori parasubordinati hanno subito un nuovo rincaro.
Dal 1° gennaio è scattato, infatti, il secondo
adeguamento, previsto dalla legge n. 247 del
2007, per coloro che svolgono in via esclusiva
attività di collaborazione e a progetto.
Il contributo per la pensione, che nel 2008 era
passato dal 23 al 24%, è salito quest’anno al 25%
ed è già in program ma una maggiorazione nella
stessa misura per il 2010, quando il prelievo
arriverà al 26% dei compensi percepiti.
L’aliquota resta ferma al 17% per i pensionati e per coloro che, svolgendo una seconda attività, sono iscritti anche alla gestione separata.
Così come indicato in tabella il quadro delle
aliquote risulta articolato in tre diverse fasce di
contribuzione:
• 25,72 per cento (8,34 per cento a carico del lavoratore e 17,40 per cento a carico del committente) per i lavoratori privi di altra copertura.
• 17 per cento (5,67 per cento a carico del lavoratore e 11,33 per cento a carico del committente) per i titolari di pensione diretta (vecchiaia, invalidità e anzianità). E’ prevista per
la stessa aliquota anche per i pensionati con
solo la prestazione di reversibilità.
E’ il caso di ricordare che il contributo è dovuto anche da coloro che hanno compiuto il 65°
anno di età e continuano a lavorare, a prescindere dal fatto che siano già pensionati o abbiano un’altra copertura previdenziale;
• 17 per cento (5,67 per cento a carico del lavoratore e 11,33 per cento a carico del committente) per coloro che versano i contributi contemporaneamente ad un’altra previdenza
obbligatoria (sia quale lavoratore dipendente
e sia autonomo) e per i prosecutori volontari
autorizzati prima del 1996.
Va detto che il maggior prelievo imposto
dalla legge ha soprattutto lo scopo di garantire
pensioni decenti a coloro che non hanno un’altra copertura previdenziale.
Con le aliquote precedenti potevano contare
infatti su prestazioni davvero povere.
Senza contare poi che il maggiore montante
contributivo (somma dei versamenti capitalizzati) accumulato può essere utilizzato per una
pensione totalizzata da parte di coloro che poi
ottengono un contratto di lavoro dipendente a
tempo indeterminato.
Le nuove aliquote vanno ad incidere ovviamente anche sugli importi della seconda pensione di cui possono beneficare gli iscritti ad altri
fondi e i pensionati che continuano a lavorare.
NORMATIVA
11
TURISMO
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La terra di Bari fra sacro e profano
mieru, mieru,
mieru la la...
a cura di Vittorio Stagnani
In
autunno tante le sagre dedicate all’uva e
al vino. In provincia di Bari tra settembre
e ottobre bancarelle, onori e coccarde
anche a cipolle, olive, funghi e altre leccornie. Il
vino e il pane, ammettiamolo, sono i sovrani di
tutte le sagre: somo immaginabili pesce azzurro,
polpo, castagne, zampina, senza un bicchiere di
“triuske”, vale a dire di mieru che più mieru non
c’è? Oppure di un bianco o di un rosatello? E’
ammissibile che melanzane, pomodori, peperoni
non siano gustati con il pane?
In questi giorni è alla vitis vinifera che sono dedicate le attenzioni più interessate in considerazione
del fatto che “Mieru , mieru, mieru la là / senza lu
mieru nu pozzù campà” (vino, vino la là, senza il
vino non posso vivere): è l’inizio di uno dei canti
pugliesi più belli sul merum dei latini, cioè dello
schietto. Canto immortalato nella musica dal maestro Silvestro Sasso e dalle parole di un ignoto,
quanto vivace poeta (salentino?), magari aiutato da
libagioni di bianco, rosso, rosatello. Altrimenti
come avrebbe potuto asserire di tornare nudo a
casa, di consultare masciare (maghe), giocarsi la
camicia, di togliersi tutti i pensieri a ogni “bicchieri
te mieru ca biu”, tranne l’idea fissa di una tal
Pizzicarella che “quannu camini lu piettu te balla”?
I dialetti si dissetano con il vino. Meglio se bevuto nelle cantine. Tanti i proverbi, le canzoni, i sonetti che gli sono dedicati, per non dire dei brindisi. La
Puglia ne ha... tini pieni. E’ barese un brindisi che fa
tanto sorridere: “Vine vinette, si belle e perfette,
trase da la vocche e iesse dall’uccellette”.
“Mo vène ottobre che l’uva mature,/E bene l’agghje fatte la vennemate,/Agghje na votte de miere
friske...” (a ottobre l’uva è matura e nella botte è in
fermentazione il vino fresco...): così in dialetto barese la definizione dell’autunno, la stagione delle
vigne.
E andando per vigneti, cantine sociali, piazze e
piazzette di paesi e paesini si hanno più occasioni
per gustare i colori autunnali delle vigne, i profumi
del mosto, o magari riscoprire il gusto di mangiare
un grappolo d’uva colto dal vitigno la mattina presto quando è ancora fresco e ha in gocciole di rugiada i baci della notte. Non troverete più nessuno che
pesti l’uva con i piedi: nelle cantine sociali sono in
uso moderni impianti di vinificazione che garantiscono igiene e qualità.
“In questo periodo, la campagna pugliese vive
il suo momento magico per la vendemmia in un tripudio di luci surreali e colori che vanno dal purpureo, al rosso arancio, dal giallo al verdone, al violetto - dice Nicola Roncone, autore di un pregevole
Inno a Bacco, edito da Adda - la vite è simbolo di
vita solaris. E’ una pianta assetata di luce e di calore
tanto che Dante, nel ventiseiesimo canto del
Purgatorio, scrisse “...guarda il calor del sol che si fa
vino/ giunto all’omor che da la vite cola...”
“E’ uomo di cantina” si dice in modo spregiativo di chi non ha voglia di lavorare, preferendo al
dovere l’eccessivo bere e trascurando così famiglia
e impegni. Questo vale, appunto, per chi non si sa
regolare e chi del vino ha fatto il compagno inseparabile della sua esistenza, con conseguenze che tutti
conoscono quando, appunto, si eccede in libagioni
e non solo. Persino il saluberrimo latte farebbe male
bevendone due litri il giorno. O il pane, se ne mangiassimo quotidianamente cinque chili. Lo stesso
vale per il vino che è sì una bevanda alcolica, ma è
anche, se non soprattutto, un alimento: considerato
sotto quest’aspetto il vino fa bene, se bevuto senza
alzare troppo il gomito, altrimenti...
Per i morigerati l’essere definiti uomini di cantina (ormai con questa s’intende più quella delle cooperative dove si vinifica) diventa un complimento
specie se con i calici di bianchi, rossi, rosati e rosatelli ci si ricollega ad avvenimenti culturali, sociali e
turistici. Già, proprio così: seguendo gli effluvi di
mosto, di gusti e retrogusti dei vini d’Italia ecco
che, inebriati dal nettare di Bacco, si scoprirono
tanti paesi, monumenti, gallerie, musei, poco conosciuti. E allora, che bello essere uomo di cantina!
L’uva va ricordata in allegria sapendo quanto
quest’antico frutto, e a grappoli e in bottiglia, sia
salutare come pochi per le sostanze che contiene.
Ogni chicco è una farmacia, ogni grappolo
“Riscalda i freddolosi, rianima gli esausti, nutre gli
emaciati, risveglia gli ingegni sonnolenti, crea artisti e poeti, rallegra i malinconici, spiana la collera ai
biliosi...”, sosteneva l’umanista Laguna.
Ormai è accertato che il vino rosso, sempre se
bevuto con moderazione, previene le malattie cardio circolatorie. Per questo è da prendere in seria
considerazione il consiglio di tal Logroscino, speziale (farmacista) barese: “Lascia cianciar li medici
che al vin pongon il veto, poscia se lo trincan contro
ogni lor divieto”.
Perciò brindiamo al vino: “Viva a Noé/Gran
Patriarche/ca fu salvate ind’all’Arche/velite sapé
percè?/Percé fu l’autore/ de cusse liquore/ ca scacce i brutte penzière/e mette l’allegrie...”
O se preferite cantiamo con Nicolavitus de
Paschale, trovatore barese del Duecento: “Vinum,
vinum, te divinum, fontem veri jubili...”
Il primo sorso di vino che sia stato ingollato da
un umano s’è perso nelle tenebre della preistoria e
TURISMO
13
per i cronisti è un vero peccato. La storia del vino,
infatti, è inseparabile da quella dell’uomo. Se sapessimo come bevevano i nostri più remoti antenati,
conosceremmo assai più a fondo le peripezie dell’evoluzione umana. La prima bevanda alcolica fu,
senza dubbio, una sorta di vino e ognuno sa che
questo potente catalizzatore delle emozioni ha più
d’una volta modificato il corso della storia”. (Vini
del Mondo -Mondadori).
“Per te tra breve/ questi grappoli lividi/ l’autunno variopinto/ accenderà di porpora”. Versi del
lucano Orazio, nati dall’ispirazione avuta dallo
I VINI DELLE MURGE
Le Murge rappresentano un territorio
eterogeneo che si esprime in una pluralità di
paesaggi e di sapori che
nascono da una terra
generosa. Ai piedi di
Castel del Monte, terreni rocciosi ricchi di
vegetazione spontanea
e strisce di campi coltivati contrastano apparentemente con i boschi
di querce e le pinete
dell’Alta Murgia. E’ questo il regno del nero di
Troia, il vitigno che accomuna ben tre Doc del
Nord-barese, dando vita a vini di buona struttura che si prestano al lungo invecchiamento.
Molto diffusi in questa zona anche aglianico,
bombino bianco, bombino nero, montepulciano
e pampanuto. Più regolare, invece, il paesaggio
della Murgia Adriatica, nel cui territorio si coltiva il pregiato moscato di Trani, detto anche
moscato reale. Verdeggiante il panorama della
Bassa Murgia, dove i produttori di Gioia del
Colle contendono alla città di Manduria il “primato” per il primitivo.
Sorprendenti architetture fra lame, doline,
gravine e grotte naturali, frutto del lento scorrere sotterraneo delle acque che caratterizzano
l’affascinante territorio della Murgia delle
Gravine. Ottimi vini bianchi nascono in questi
luoghi in cui primeggiano bianco d’Alessano,
greco di tufo e verdeca.
TURISMO
14
SAGRE E FESTE FRA
SETTEMBRE E OTTOBRE
• 03 Settembre - NOCI
A San Rocco che ragù
• inizio Settembre - BARLETTA
Rievocazione della Disfida
• 07 Settembre - ACQUAVIVA DELLE FONTI
Lancio della mongolfiera
• 14/15 Settembre - RUTIGLIANO
Festa del Crocifisso
• 16-18 Settembre - GRAVINA IN PUGLIA
Raduno int. Dei Cortei Storici Medievali
• 8 Settembre - MOLFETTA
Festa di Maria Santissima dei Martiri
• Settembre - POLIGNANO A MARE
Tavolata degli Involtini e della Carne Arrosto
• Settembre - RUTIGLIANO
Sagra dell’Uva
• Settembre - SAMMICHELE
Sagra della Zampina, del Bocconcino e del
Buon Vino
• 29 Settembre – NOCI
Fungo in Festa
• Settembre - SANTERAMO IN COLLE
Passeggiata Ciclo-Agroturistica e Sagra dei
Prodotti Tipici
• Settembre - CASSANO DELLE MURGE
Mestieri e Tradizioni in Piazza
• Ottobre - ACQUAVIVA DELLE FONTI
Sagra del Calzone di Cipolla
• Ottobre - ADELFIA
Sagra dell’Uva
• Ottobre - BITONTO
Sagra dell’Uva
• Ottobre - POGGIORSINI
Sagra del Fungo Cardoncello
• Ottobre - PUTIGNANO
Sagra del Fungo di Bosco
• Ottobre - PUTIGNANO
Sagra della Braciola e della Farinella
• Ottobre - SANNICANDRO DI BARI
Sagra delle Olive e dell’Olio
• Ottobre - CASSANO DELLE MURGE
Festa della vendemmia e del primitivo
Barletta, cortile del castello: un momento
della annuale rievocazione della Disfida.
spettacolo delle vigne in questa stagione di vendemmia e di mosto. E con Orazio tanti altri poeti
sono stati presi dai colori e dagli effluvi della Vitis
vinefera (questo il suo nome scientifico): Virgilio,
Neruda, Pound, Bertolucci.
Persino il “pessimista”, moralista e malaticcio
Giacomo Leoparadi non fu indenne dalle malizie
del vino. Leopardi non era astemio e apprezzava
soprattutto i vini marchigiani. Da come canta il
vino nello Zibaldone è ritenuto il “più bacchico tra
i letterati del suo tempo”. Infatti, Leopardi riteneva
il vino capace di dare lucidità alla mente e di stimolare l’immaginazione anche quando dà sopore poiché allontana dall’uomo “la coscienza della propria
finitudine e infelicità”.
Prima di Leopardi, Parini fa stare sulla mensa
del “giovin signore” vini di pregio. Verga nei
Malavoglia ricorre spesso al forte significato di
pane e vino per i suoi personaggi sempre così poveri. Carducci con “Ma per le vie del borgo / dal
ribollir dei tini/ va l’aspro odor de i vini/ l’anime a
rallegrar”, eleva il vino a dignità suprema. Per contro - incredibile, ma vero - non amava il vino quel
libertino, trasgressore geniale di Gabriele
d’Annunzio. Però ne parla anche lui spesso nelle
sue opere come indispensabile compagno per le
classi povere, così come lo fa bere a personaggi
mondani o mitologici.
Turismo culturale in provincia di Bari
La Pinacoteca
Provinciale
a cura di Alessandro Fusco
C
ome ogni grande città, anche Bari è ricca di
importanti istituzioni museali. La più
importante è senza dubbio la Pinacoteca
Provinciale, di istituzione relativamente recente.
Essa nacque infatti ufficialmente nel 1928, dalla
confluenza dei dipinti già conservati nella piccola
pinacoteca annessa al Museo Provinciale, qui pervenuti dopo la soppressione dei monasteri nella
seconda metà dell’800; di altri dipinti ceduti a titolo di deposito da chiese e conventi pugliesi e di
opere ottenute in prestito dalle Gallerie Nazionali
di Napoli e di Roma.
Sede della Pinacoteca erano, all’epoca, alcune
salette del Palazzo del Governo, già convento di
San Domenico, in corso Vittorio Emanuele.
Qui la raccolta rimase sino al 1936, quando fu
trasferita nel nuovo palazzo della Provincia, eretto
su progetto dell’ing. Luigi Baffa, dove ad essa fu
destinato l’intero terzo piano per farne il “salotto
dell’Amministrazione Provinciale di Bari”. Nel frattempo la raccolta era venuta arricchendosi con
depositi, acquisizioni e donazioni. Particolarmente
ampliata risultava la sezione dell’800, grazie
soprattutto alle donazioni di Riccardo Ferrara,
Damaso Bianchi ed Enrico Castellaneta e ad alcuni
fortunati acquisti.
Nonostante il trasferimento nella nuova sede,
ampia e dignitosa, le sorti della Pinacoteca rimasero comunque lontane dalla vita culturale della città:
tale separatezza ne causò a poco a poco la decadenza, sino al quasi completo abbandono della fine
degli anni ’50.
La rinascita della Pinacoteca e la nuova sistemazione, che dura sostanzialmente ancora oggi, si collocano mella seconda metà degli anni ’60, quando si
rinunciò coraggiosamente a tutti i dipinti già ottenuti in prestito dalle Gallerie Nazionali – che non avevano alcuna attinenza con la vicenda artistica pugliese – e si decise di compensare tali perdite con altri
depositi più pertinenti, che hanno conferito alla raccolta una fisionomia più spiccatamente regionale.
Dopo la grande mostra dell’arte in Puglia dal
Tardoantico al Rococò – tenutasi in Pinacoteca nel
1964 -, che fu preceduta da una sistematica ricognizione dell’arte pugliese su tutto il territorio per un
amplissimo arco cronologico (VI-XVIII secolo), si
ottennero in deposito dalla Soprintendenza ai
Monumenti e alle Gallerie della Puglia anche alcune interessanti sculture che si aggiunsero alle poche
già in Pinacoteca.
TURISMO
15
TURISMO
16
Dal 25 a 27 Settembre l’ottava edizione
I DIALOGHI DI TRANI
Anche quest’anno si svolgerà, dal 25 al 27
settembre, presso il Castello Svevo di Trani, la
manifestazione “I Dialoghi di Trani”. Giunta alla
sua VIII edizione, l’iniziativa è promossa dalla
Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo in collaborazione con l’Associazione culturale
“La Maria del Porto”, e sotto l’Alto Patronato
della Presidenza della Repubblica: i Dialoghi
rappresentano un’occasione unica per discutere
assieme ai protagonisti della scena politica,
sociale, economica e culturale del nostro Paese
ed internazionale, delle questioni più significative della nostra contemporaneità.
L’obiettivo è quello di offrire nuovi elementi
di riflessione e dare il proprio contributo per
abbattere i tanti muri e le sovrastrutture che ci
dividono e costruire ponti infiniti per raggiungere sensibilità e saperi differenti e lontani.
L’idea è quella di avvicinare autori e lettori, comunicatori e cittadini, docenti e studenti, di farli
incontrare e “dialogare” nel Castello, come un
tempo avveniva nell’agorà della polis e nei luoghi
della socialità, per scambiarsi e tramandarsi saperi: dunque, alimentare il dialogo, perché – come
ricordava il filosofo Lévinas - “l’uomo è un’esistenza che parla”. Scopo del dialogo, dunque, deve
essere la reciproca comprensione e scopo della
comprensione il reciproco avvicinamento. E
soprattutto in tempi dominati dalla paura e dal
pregiudizio, comprensione ed avvicinamento si
perseguono sulla via della conoscenza.
Una sala della Pinacoteca Provinciale.
Così come si presenta attualmente, la Pinacoteca
Provinciale di Bari fornisce un’ampia documentazione dell’arte pugliese o in relazione con la Puglia
dall’XI al XIX secolo. Il materiale esposto comprende
una sezione medievale (sculture dei secc. XI-XIV,
icone e affreschi pugliesi dei secc. XII-XIV); dipinti
veneti dei secc. XV-XVI provenienti da chiese della
regione (Antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni
Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo
Tintoretto); pittura pugliese dei secc. XV-XVII e
napoletana o di scuola napoletana dei secc. XVIIXVIII con opere di Paolo Finoglio, del Maestro degli
Annunci, di Cesare Fracanzano, Andrea Vaccaro,
Il tema che sarà affrontato dai dialoganti in
questa edizione è “CO-SCIENZA E DEMOCRAZIA”. Luciano Canfora, Pietro Greco, Serge
Latouche, Gilberto Corbellini, Fernando Savater, Michael I. Norton, Piergiorgio Odifreddi,
Maria Pace Ottieri, Angelo Mellone, Sylvie
Menard, Paolo Flores d’Arcais, Beppino Englaro, Armando Massarenti, Sanjit Bunker Roy,
Piero Dorfles e Giorgio Zanchini, si interrogheranno sul rapporto tra scienza e democrazia,
libertà e ricerca, scienza e letteratura, comunicazione e informazione, ma anche su ambiente ed
economia. Ai dibattiti si alterneranno pregevoli
momenti di arte e teatro, musica e impegno, con
il laboratorio di scrittura creativa tenuto dalla
Scuola “Omero” di Roma.
Dato il successo di pubblico e il consenso riscosso tra i protagonisti nel corso delle precedenti
edizioni, i “Dialoghi di Trani” si confermano un
appuntamento culturale di primo piano e di sicuro interesse a livello nazionale, a cui scrittori emergenti e non guardano con particolare attenzione.
Giovanni Fattori: “Il ritorno della cavalleria”
Al Castello Svevo di Bari
sino al 25 ottobre 2009
SANTI SULL’ADRIATICO
La Mostra “Santi sull’Adriatico”, a meno di un anno
dalla conclusione del progetto “Cooperation @nd cultural heritage” nell’ambito dell’ Interreg Italia-Albania,
che ha visto la messa in rete di parte del patrimonio
museale di alcune delle più importanti sedi espositive
albanesi e pugliesi, si offre come nuova importante occasione di “incontro” di culture.
La Mostra è nata all’interno di una progettualità condivisa con la Regione Marche, la Regione Puglia
- Assessorato al Mediterraneo, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia,
in collaborazione con il Ministero Albanese del Turismo, Cultura, Gioventù e dello Sport, il Museo
Nazionale Onufri di Berat, il Museo di Arte Medioevale di Korçe, la Soprintendenza BSAE della Puglia,
la Soprintendenza BAP per le Province di Bari e Foggia, la Soprintendenza BAP per le Province di Lecce,
Brindisi e Taranto, il Segretariato Generale IAI (Iniziativa Adriatico Ionica), Ancona, il CIASU (Centro
Internazionale Alti Studi Universitari), ente attuatore Innovapuglia.
L’evento espositivo si inserisce come sub-progetto nell’APQ “Programma di sostegno alla Cooperazione
Regionale Balcani Occidentali” - Linea 2.4 Dialogo e Cultura “Infrastrutture Culturali & Territori” - ed offre
l’occasione per mettere in evidenza la rete di rapporti che, attraverso il mare, ha contribuito alla formazione di un linguaggio artistico che traduce il sentimento religioso dei popoli dell’Adriatico.
Bizantina culturalmente oltre il limite storico dell’XI secolo, la Puglia è collegata da relazioni culturali che portarono ad influenze reciproche nell’espressione artistica.
Sessanta le opere presentate, con un percorso espositivo articolato in cinque sezioni, che documentano le origini della circolazione iconica in Adriatico dal XIII al XV secolo, la scuola di Onufri e comprendono icone dei Musei Albanesi di Berat e Korce (soprattutto di età post bizantina), per la maggior parte
inedite al pubblico occidentale, particolarmente importanti per testimoniare la circolazione iconografica
nel basso Adriatico dal XV al XIX secolo.
A confronto con le icone provenienti dalle sedi espositive albanesi è stato inserito un nucleo di icone
coeve provenienti dai musei pugliesi di Brindisi (Museo Archeologico Ribezzo), Lecce (Museo
Provinciale), Museo Galleria Nazionale Devanna di Bitonto (BA) e dal Castello di Copertino (LE).
La Mostra è ospitata nelle sale «Angioina» e «Bona Sforza» del Castello Svevo di Bari, sede della
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bari e Foggia.
“
Luca Giordano, Nicola Malinconico, Paolo de
Mattesis, Francesco de Mura, Lorenzo de Caro e
Giuseppe Bonito; un prezioso nucleo di dipinti di
Corrado Giaquinto; una notevole raccolta di pittura
napoletana e meridionale dell’Ottocento (Celentano,
Morelli, Boldini, De Nittis, Netti, Patini); maiolica
pugliese dei secc. XVII-XVIII e presepi napoletani
del Settecento e abbigliamento d’epoca.
Dal marzo 1987 la Pinacoteca di Bari si è arricchita ufficialmente di un’importante collezione
donata dall’ing. Luigi Grieco: cinquanta importanti
dipinti dell’Ottocento e primo Novecento.
La raccolta ottocentesca si articola attorno a due
nuclei principali: i macchiaioli toscani (presenti
quasi al completo ad eccezione di Cecioni), un piccolo gruppo di dipinti di pittori meridionali di formazione napoletana (De Nittis, Palizzi, Toma,
Mancini), nonché pochi dipinti veneti e un
Cremona. Nell’eccezionale nucleo macchiaiolo
spiccano quattro dipinti di Giovanni Fattori (su
tutti bellissimo “Il ritorno della cavalleria”), quattro
di Silvestro Lega, tre di Giuseppe Abbati. Di grande
pregio anche i dipinti del Novecento, dove prevalgono i paesaggi e le vedute, con opere di Morbelli,
Viani, de Pisis, Mafai, Morandi, Casorati, Campigli,
Carrà, De Chirico, Rosai e Spadini.
Inoltre è stato incrementato l’acquisto di opere
d’arte contemporanea.
Icona della sezione medievale della Pinacoteca.
TURISMO
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Gli appuntamenti
del mese
a cura di Stefano Lamanna
Il Curci di Barletta
apre con
Gino Paoli
Ottobre è il mese della nuova stagione teatrale del Teatro Piccinni, ma altresì di richiamo sono le date
dei concerti di 2 delle più belle voci del panorama italiano: Renato Zero e Gino Paoli. Nel frattempo
prosegue e si conclude la bellissima mostra “Santi sull’Adriatico” presso il castello Svevo di Bari
(leggi a pag. 17).
a Bari l’8 e 9 ottobre 2009
MANCA SOLO LA DOMENICA
Presso l’Auditorium La Vallisa di Bari, l’attrice e
regista Licia Maglietta porta in scena una figura insieme mitica e reale, che incarna l’esuberanza della vita,
restituita non senza amarezza ma con sguardo sorridente e commosso. Una nuova tappa di un percorso
che da qualche tempo ne indirizza la ricerca sulle possibilità di incarnare sul palcoscenico
figure femminili mediate dalla grande
letteratura d’ogni tempo e nazionalità.
Donne scelte per la forza e l’intensità con cui le pagine ne restituiscono
tratti e carattere, come nel
caso di Borina, la protagonista della pièce in scena per
la prima della nuova stagione del Teatro Pubblico
Pugliese.
a Barletta il 20 ottobre 2009
RENATO ZERO in concerto
Seconda tappa del
tour “Zeronovetour”
2009. Renato Zero
presenta dal vivo in
concerto le 17 canzoni del suo nuovo Cd
“Presente”, oltre ai
suoi più grandi successi di sempre.
a Bari dal 21 al 25 ottobre 2009
MOLTO RUMORE PER NULLA
Gabriele Lavia porta in scena uno dei capolavori del teatro di Shakespeare. Una commedia
frizzante in cui il noto attore/regista si circonda di
una ventina di giovani, del suo laboratorio teatrale, per mettere in scena, con la coralità che contraddistingue quest’opera shakesperiana, le storie
dei protagonisti Leonato, Claudio, Ero, Beatrice e
Benedetto.
Una commedia che riassume alcuni dei contenuti chiave dell’universo shakespeariano: il dilemma
esistenziale tra l’essere e l’apparire, il tema del doppio, dello specchio, della maschera. Uno spettacolo
che attraverso una rappresentazione apparentemente giocosa e spensierata giunge a toccare le basi
ontologiche dell’essere umano.
Al Teatro Piccinni di Bari.
a Bari dal 21 al 25 ottobre 2009
SALA GIUSEPPINA
DEL KURSAAL SANTALUCIA
Doppio appuntamento per gli amanti della
musica da camera. Alle ore 19 DUO PIANISTICO
FERRARI - FORTUNATO con musiche di J.
Brahms, M. Ravel, I. Strawinsky. A seguire, alle ore
21 circa, PICCINNIENSEMBLE. Direttore musicale, Valfrido Ferrari. Regia, scene e costumi di
Giovanni Caruso. In collaborazione con “Teatro dei
Limoni”. I. Stravinsckij: “Histoire du Soldat”
a Barletta il 31 ottobre 2009
GINO PAOLI in concerto
Per inaugurare la nuova stagione teatrale
2009-2010 del Teatro Curci di Barletta CapoVolti ad Arte.
“Storie” nuovo album del cantautore genovese che ci racconta, appunto, dodici storie,
tanto visionarie quanto vere. Naturalmente
non potranno mancare i successi di sempre che
hanno segnato la musica italiana dagli anni ‘60
ad oggi.
TURISMO
19
SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE”
CRONACA
20
Da ottant’anni Fiera di prodotti e idee
Cuore di Bari e
del Mezzogiorno
a cura della Redazione
O
ttant’anni sono trascorsi da quando, con
R.D. 3 ottobre 1929, n. 1874, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 2 novembre
1929, veniva giuridicamente riconosciuto lo Statuto
dell’Ente Fiera del Levante, nato da un’idea del
Presidente della Camera di Commercio di Bari,
Antonio De Tullio, e su iniziativa del Comune di
Bari, dell’Amministrazione Provinciale e dello stesso Ente Camerale.
La prima edizione della Fiera del Levante Campionaria Internazionale - si svolse nel 1930. La
rassegna ha continuato a svolgersi puntualmente a
settembre di ogni anno, con la sola interruzione degli
anni della seconda guerra mondiale dal 1940 al 1946.
Bari, settembre 1949: il primo Presidente della Repubblica Italia, Luigi
Einaudi (secondo da destra) inaugura la Campionaria barese. In alto,
sotto il titolo, l’ingresso orientale della Fiera del Levante.
Ripercorrere – sia pure per grandi linee - le
tappe di questi ottant’anni è assolutamente interessante oltre che utile, in quanto serve anche a capire
lo sviluppo della Città di cui quell’Ente divenne il
simbolo più significativo.
6 Settembre 1930. In una città di operosa tradizione mercantile viene inaugurata la prima edizione di una fiera che non si chiama Fiera di Bari ma
“del Levante”, per indicare subito le sue aperture ai
problemi di sviluppo.
D’altronde sin dall’inizio e già nella mente del
suo propugnatore, i suoi principali intenti erano di
avviare scambi commerciali col vicino Oriente,
compito questo al quale solo Bari – vera testa di
ponte verso l’Oriente – poteva compiutamente corrispondere; nonché valorizzare e far meglio conoscere l’attività produttiva del Mezzogiorno d’Italia
e della Puglia in particolare nel campo industriale,
commerciale e agricolo.
Settembre 1947. Finita la guerra, la Fiera riapre ed è qui che si elaborano le idee di una politica
di sviluppo più accelerato del Mezzogiorno, per
portarlo al livello di crescita italiano ed europeo.
Due anni dopo, il Presidente del Consiglio Alcide
De Gasperi firmava il decreto di nomina a
Presidente della Fiera del Levante del prof. Nicola
Tridente, il cui nome sarà legato indissolubilmente
alla rinascita ed allo sviluppo della Campionaria
barese fino al 1962, anno della sua morte.
Febbraio 1969. Parte anche per la Fiera l’era della
specializzazione, contemporaneamente all’adesione
all’Union des Foires Internazionales: Macef Levante,
Mobilevante e Sachia arricchiscono il calendario
annuale dell’Ente e fanno di Bari la seconda piazza
fieristica italiana in assoluto e la principale interlocutrice del nuovo sviluppo del Sud.
Bari, settembre 2006: il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la sua visita alla 70esima Fiera del Levante; lo accompagnano il
Prefetto di Bari Carlo Schilardi (alla sua destra), il Pres. della Regione Puglia, Niki Vendola, ed il sindaco di Bari, Michele Emiliano (alla sua sinistra).
Nel 1971 la Fiera dà vita ad una nuova mostra
specializzata, l’Expo Sport Levante, che va ad
aggiungersi all’elenco delle fiere già esistenti a
corollario della Campionaria generale di settembre.
Mercati e idee per il Mezzogiorno, il Mediterraneo e l’Europa, dunque: la sfida della Fiera si proietta con forza sullo scacchiere economico internazionale per promuovere strategie di espansione produttive e di libera circolazione di uomini e merci,
anche in vista del traguardo del 1992, che deve costituire l’occasione per il definitivo inserimento delle
regioni meridionali nel contesto comunitario.
L’appuntamento che prima era solo per settembre si allarga, dunque, ad una serie sempre più articolata di manifestazioni che toccano settori essenziali per la crescita del mercato meridionale, dall’agricoltura all’edilizia, dal turismo all’informatica. La Fiera si propone così, da un lato, di coordinare la domanda e l’offerta di beni d’investimento e
strumentali allo sviluppo dei principali settori economici; dall’altro, essa mira a stimolare la produzione e la domanda di nuovi prodotti. Work in
progress, quello della Fiera del Levante che, alla
vigilia della sua 73ma edizione si conferma e si
rilancia come il più vitale e proficuo luogo d’incontri e di scambi tra l’Occidente industrializzato e i
Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del vicino e
Medio Oriente e del Terzo Mondo, proiettato sul
mercato con tre connotazioni particolari: quella di
sottolineare vocazioni e capacità dell’imprenditorialità meridionale guardando ai nuovi traguardi
europei; quella di mettere in evidenza la ripresa
dell’impegno pubblico e privato a sostegno dell’ulteriore sviluppo del Mezzogiorno; ed infine quella
di far conoscere al mercato meridionale e mediterraneo le nuove produzioni internazionali utili ad
accelerarne la crescita.
Continuando ad essere, contemporaneamente,
non solo una struttura di promozione mercantile,
ma anche un vero e proprio osservatorio economico, attraverso il quale si misurano gli obiettivi di
sviluppo secondo le risorse, i tempi, le congiunture che l’economia vive.
Fiera di prodotti, dunque, ma anche, soprattutto e sempre più Fiera di idee, nel cuore di un’area
geografica che resta fra le più strategiche per i traffici internazionali.
FIERA DEL LEVANTE
Il Consiglio Generale
DOTT. COSIMO LACIRIGNOLA
Presidente
in rappresentanza del Comune di Bari
PROF. ANTONIO CIUFFREDA
Vice Presidente
DOTT. VITO MICHETTI
ING. ANTONIO PALUMBO
in rappresentanza della Provincia di Bari
DOTT. GIUSEPPE BRANCACCIO
AVV. PAOLO MAZZONE
DOTT. GIUSEPPE CASCELLA
in rappresentanza della Regione Puglia
AVV. PAOLO NITTI
PROF.SSA MARIAFARA FAVIA
AVV. SANTE STEFANELLI
in rappresentanza della Cam. Comm. I.A.A. di Bari
ON. DOTT. ANTONIO LAFORGIA
DOTT. SILVIO PANARO
DOTT. MARIO RUBINO
***
Segretario Generale
Dott. RICCARDO ROLLI
Da sinistra: il pres. della Fiera, Lacirignola, con il sindaco di
Bari, Emiliano, ed il vice pres. Ciuffreda.
SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE”
21
22
A colloquio con il
Presidente Lacirignola
“Hic manebimus
optime”
D
inanzi agli uffici direzionali della Fiera del
Levante sorge un grande cantiere sulla cui
recinzione spiccano cartelli con il medesimo
slogan “Stiamo costruendo la Fiera del futuro”. Ma
quale sarà il futuro della Fiera del levante?
Lo chiediamo al presidente Cosimo Lacirignola
che ci accoglie con estrema cortesia, da gentleman
inglese, e subito ci proietta in una visione geoeconomica di ampio respiro che dimostra la sua profonda
convinzione circa le reali potenzialità della Fiera.
“Il mondo economico sta cambiando ed anche in
fretta: se prima le rotte commerciali erano quelle
atlantiche che si muovevano dall’America verso
l’Europa e facevano scalo a Rotterdam, il più grande hub portuale dell’Europa, oggi entrano in ballo
giganti come Cina ed India che arrivano, tramite
Suez, nel Mediterraneo. Dobbiamo far trovare qui
da noi gli snodi commerciali catturando i flussi economici che essi sono in grado di movimentare. Non
possiamo, non dobbiamo limitarci a guardare il
cambiamento, ma dobbiamo cavalcarlo o qualcun
altro lo farà al posto nostro. Per fare ciò dobbiamo
superare il nostro grave, atavico handicap: quello di
non essere capaci di unirci e fare sistema. Bisogna
unirsi con le Università, con i centri attivi e con le
forze sociali vincendo la battaglia per l’unità e l’aggregazione. Le nuove strategie devono essere quelle della filiera; quindi non solo Fiera del Levante,
ma pluralità di attori.”
Quindi, Presidente, la Fiera come modo di sentire il
territorio, aggregarlo e svilupparlo?
“E’ esattamente questo il concetto che ritengo
debba presiedere alle azioni future della Fiera: lo
stiamo facendo lavorando non da soli, ma creando
alleanze strategiche con le grandi Fiere, in primis con
l’Expo 2015; stiamo creando un grande Centro
Congressi per il quale, entro quest’anno, contiamo di
firmare l’accordo di programma e ci stiamo organizzando per esternalizzare le nostre attività (come previsto dalla legge regionale sulle fiere) all’interno di
una Fondazione che promuova, regoli ed organizzi
gli eventi. Insomma, lavoriamo, tutti, per un Sud
protagonista, costretto a diventarlo, proiettato oltre
l’Obiettivo 1 che è ormai in scadenza nei prossimi
anni, un Sud come opportunità e non come problema, calato nella nuova realtà di un mondo che ha
cambiato la propria direzione.”
Ma il nostro è un territorio inserito nel Mediterraneo...
“Ed è proprio questo lo scenario nel quale la
Fiera dovrà cimentarsi. Dal 2010 si apre la zona di
libero scambio nel Mediterraneo per cui passeremo
da Sud d’Europa a Nord della zona Mediterranea
che si allargherà ad inglobare l’Europa balcanica;
noi, al centro di tale enorme bacino, potremo intercettare le opportunità di mercato diventando epicentro non solo geografico. Quindi è chiaro che la
Fiera del Levante non può essere mera esposizione
di merci, visto che la rivoluzione delle telecomunicazioni ha modificato radicalmente il modo di presentare le mercanzie; ma deve essere luogo in cui si
mostra l’immateriale, la storia, gli elementi distintivi collegati con il prodotto, quegli elementi cioè che
sono gli unici che ci consentiranno di sostenere le
agguerrite concorrenze dei paesi stranieri.”
Ma, Presidente, la globalizzazione non rischia di far
perdere questi connotati?
“La globalizzazione elimina molte barriere, ma
non può eliminare la storia collegata ai prodotti.
Noi dobbiamo favorire la nostra mentalità mercantile cercando di diventare appetibili, di offrire
non solo prodotti in quanto tali, ma anche ciò che
essi rappresentano: i saperi, i sapori, i valori.
Dobbiamo trasferire know how e tecnologie
moderne, insieme a concetti antichi riscoperti
come quello della dieta mediterranea e dei prodotti sani e saporiti delle nostre campagne. Dobbiamo
fare marketing territoriale, tutti insieme sviluppando forme di partenariato con le altre sponde
del Mediterraneo e diventando, la Fiera, cassa di
risonanza del tessuto imprenditoriale cui offriamo, da sempre, la forte volontà di collaborare per
raggiungere gli obiettivi che abbiamo illustrato.”
Ma è vero che il quartiere fieristico sarà spostato?
“Dicevano gli antichi ‘Hic manebimus optime’. E noi
qui ci stiamo benissimo, né abbiamo intenzione di traslocare; lo dimostra il grosso investimento che stiamo
facendo sia creando nuovi, moderni e grandi padiglioni, sia con il progetto del Centro Congressi.
Piuttosto mi piace ricordare la richiesta della
Confcommercio di spostare in città, per un giorno,
una parte della Fiera, la Galleria delle Nazioni, consentendo il verificarsi di un evento di simbiosi della
città con la Fiera. Su questo progetto stiamo lavorando con impegno e grande disponibilità.”
SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE”
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SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE”
CRONACA
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ma
Dal 12 al 20 Settembre la 73ma
edizione
della Campionaria barese
“Anima internazionale,
cuore mediterraneo”
“
Anima internazionale, cuore Mediterraneo” è
lo slogan scelto per l’edizione 2009 della
Campionaria di Bari che conferma la vocazione storica al sostegno dell’espansione delle imprese verso i mercati esteri e che focalizza l’attenzione
sulla mediterraneità, l’aspetto più caratterizzante
dell’identità della Fiera.
La riconferma dei Saloni specializzati e della
Galleria delle Nazioni, una folta partecipazione
di esponenti politici ed economici e di delegazioni
estere, con un ampio spazio riservato alla cultura
con il nuovo progetto “E’ qui la musica” sono solo
alcune delle caratteristiche della 73esima Fiera del
Levante, in programma a Bari dal 12 al 20 settembre nell’80° anniversario della fondazione
dell’Ente.
Cresce il numero di espositori e delegazioni
estere. Il padiglione 172 sarà destinato alla Francia.
Una presenza di alto livello, che porterà ancora
una volta in Puglia il meglio della produzione artigianale con vari settori rappresentati, dal tessile ai
saponi, dall’enogastronomia ai bijoux. Inoltre la
Camera di Commercio italiana a Marsiglia favorirà i contatti tra le piccole e medie imprese italiane
e francesi.
Per il terzo anno consecutivo interverrà (nel
padiglione 102) il Sud Australia con una delegazione governativa che farà il punto sul
Memorandum of Understanding firmato nel 2007
con la Regione Puglia e rinforzato lo scorso anno.
Per le Filippine, invece, sarà presente l’ambasciatore in Italia il quale illustrerà le opportunità commerciali del Paese in un seminario ad hoc in calendario il 14 settembre. Discorso analogo per il
Senegal che avrà uno spazio all’esterno del padiglione 115 in cui fornirà informazioni su turismo e
scambi economici anche alla luce del protocollo di
collaborazione siglato in passato tra Fiera del
Levante e gli organismi Cices-Asepex.
Non mancherà l’attenzione al sociale: una delegazione di Funowi, un’organizzazione riconosciuta dal governo keniota e dall’Ambasciata d’Italia e
che assiste i bambini orfani e le vedove, assicurando loro vitto, alloggio e istruzione, occuperà uno
stand (messo a disposizione gratuitamente dalla
Fiera) in cui poter vendere alcuni prodotti il cui
ricavato sarà destinato a queste persone.
Di grande rilievo le presenze istituzionali che
animeranno la Borsa degli Affari nel padiglione
93. Debutto ufficiale per l’Associazione ItaloGeorgiana, ma interverranno anche la Chamber of
Economy of Montenegro, l’Autorità Portuale di
Durazzo, l’Associazione Italia-Hong Kong, le
Ambasciate di Kenya, Estonia e Ucraina e la
Camera di Commercio Italo-Orientale.
In una nuova collocazione, vicino l’Ingresso
Monumentale, Agrimed sarà lo spazio interamente riservato al settore dei prodotti agroalimentari.
Un laboratorio di idee e progettualità in cui incontrarsi e scambiarsi idee e conoscenze sulla produzione, la trasformazione, la commercializzazione e
la distribuzione di prodotti e tecnologie.
Una superficie di circa 4.000 metri quadri destinata al mercato dell’usato e con una formula
moderna che già la scorsa edizione aveva riscontrato il gradimento del pubblico: anche quest’anno
Motus non tradirà le aspettative di chi è alla ricerca di un’automobile e vuole contenere le spese.
Il veicolo usato viene inteso dal Gruppo
Maldarizzi (che sarà presente alla Campionaria
con una ricca esposizione) come semi nuovo e
acquistato direttamente dalle case produttrici. Gli
automezzi vengono revisionati, controllati scrupolosamente e rivenduti con tanto di certificato di
garanzia.
Chi, invece, cerca soluzioni innovative e design
d’eccellenza per la propria abitazione troverà tutte
le novità del settore nel Salone dell’Arredamento,
parzialmente attiguo a Edil Levante Abitare, che
ospiterà i protagonisti del mondo dell’edilizia abitativa e dei complementi delle costruzioni.
Presenti all’“appello” anche la sezione espositiva dedicata ai Beni di Consumo - con stand di
abbigliamento, pellicceria, pelletteria, artigianato
tipico, articoli da regalo, gastronomia - e Business
Centre, un momento di incontro ideale per tutti gli
enti pubblici e privati, le compagnie di assicurazione, gli istituti di credito, il settore finanziario ed
in generale per tutti coloro che a vario titolo forniscono servizi reali alle imprese e alle famiglie.
Cospicuo anche il numero dei convegni, dei
workshop e delle conferenze stampa, a cui prenderanno parte rappresentanti di spicco del mondo
politico ed economico nazionale e locale e durante
i quali verranno approfonditi i temi “caldi” del
Paese e i prossimi scenari mondiali.
E’ qui la musica
Se è vero che “dove le parole finiscono inizia la
musica” (Heinrich Heine), la Fiera del Levante
“risponde” con “E’ qui la musica”, un insieme di
iniziative organizzate durante la 73^ Campionaria
dalla Sezione Eventi Culturali, guidata da Carlo
Gentile, in collaborazione con la Fondazione
Petruzzelli.
In programma innanzitutto una mostra-mercato dedicata alle pubblicazioni che hanno come
tema la musica con la presenza delle case editrici
che offrono all’interno del loro catalogo libri e/o
cd e dvd musicali, così come delle edizioni musicali e delle case discografiche. Ogni giorno sono
previsti incontri con autori e case editrici per la
presentazione delle novità editoriali mentre, con
“On Music”, i visitatori avranno a disposizione
torrette d’ascolto dei diversi lettori di mp3 in commercio. Spazio anche a showcase delle case discografiche e (dal 12 al 18 sul terrazzo del Padiglione
110) a concerti serali (dalle 20.30 alle 22) dedicati a
classica, lirica, jazz, R&B, R&R, techno e cover
band con la partecipazione di interpreti nazionali
ed internazionali preceduti da gruppi emergenti. Il
18, 19 e 20, invece, “The way we were - Come eravamo” è il titolo delle tre serate a tema dedicate
agli anni ’60, ’70 e ’80 con musiche e ambientazioni “d’epoca” e cena (400 i posti a disposizione).
In calendario anche proiezioni di film che
hanno come tema centrale la musica (nella Sala
Levante dalle 18 alle 20.30) e videoclip (nella parte
est del Padiglione 116 dalle 10 alle 20.30); guida
all’ascolto e commento critico di opere e composizioni musicali (dal 13 al 18, dalle 16.00 alle 18.30
nella Sala Levante); il convegno sullo stato della
critica musicale in Italia (il 19 alle 17.30 nella Sala
Levante); una mostra a tema a cura di Casa
Piccinni ed un ricco programma musicale realizzato dai Conservatori e dagli Enti musicali pugliesi
che promuoveranno le loro attività.
Fervono i lavori di ristrutturazione del quartiere
Insieme ai preparativi per la 73° edizione della
Fiera del Levante si continua a lavorare alacremente per la ristrutturazione del suo quartiere.
“Cerchiamo di salvaguardare il patrimonio
storico edilizio della Fiera con molta attenzione,
ma – chiarisce Riccardo Rolli, segretario generale
dell’Ente Fiera – dobbiamo nello stesso tempo
tutelare l’incolumità dei nostri espositori e visitatori, sottoponendo le strutture fieristiche ad attente verifiche, come avvenuto per la tettoia 71 che,
per le condizioni in cui versava, non avrebbe superato la verifica di vulnerabilità sismica (DM
14/1/08) per la classe III (affollamenti significati-
Il segretario generale della Fiera del Levante, Riccardo Rolli; nella
pagina a fianco, sotto il titolo, veduta notturna della fontana monumentale della Fiera.
vi), nella quale a pieno titolo rientrano i padiglioni
fieristici: di qui la dolorosa, ma inevitabile demolizione di quei 16 pilastri a forma di ombrello”.
“I rimpianti – spiega il presidente Lacirignola devono lasciare il posto agli obiettivi strategici, il
che significa, a riguardo della Fiera del Levante,
commistione e contaminazione tra le vestigia del
passato e società in divenire. Questo significa dare
vita ad una Fiera ridisegnata in un’ottica più funzionale e moderna: autosili, nuovo padiglione
modulare super attrezzato, riorganizzazione dell’accessibilità veicolare, impianti fotovoltaici, aree
attrezzate a verde e, non ultimo, un Centro
Congressi che quando sorgerà costituirà l’unica
struttura del genere di tutto il Mezzogiorno”.
“Quando la ristrutturazione del quartiere sarà
ultimata – conclude Cosimo Lacirignola - potremo
dire che l’opera di integrazione tra Fiera del
Levante e la città potrà considerarsi definitivamente attuata nell’ideale prosecuzione di una storia iniziata ottanta anni fa e che continua guardando al futuro”.
Maggio 2005, una foto che rimarrà nella storia della Fiera del
Levante: la tettoia 71 costituita dai pilastri ad ombrello, recentemente demolita, pronta per ospitare i lavori del XXIV Congresso
Eucaristico Nazionale.
SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE”
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ATTUALITA’
26
LA NUOVA
SFIDA DELLA
M
assimo Di Risio, Presidente della
DR Automobiles Groupe, ha una
grande passione per le auto, conoscenza precisa del mercato e capacità imprenditoriale; ha messo tali sue competenze a servizio di un’idea innovativa che si è concretizzata nel 2007 con il debutto alla 31° edizione
del Motor Show di Bologna di una nuova casa
automobilistica, la DR che presentò subito
due prototipi: la DR5 e la DR3.
La DR realizza le proprie auto combinando
e fondendo i punti di forza e le esperienze di
diverse culture industriali per ottenere un
risultato di sicuro successo: una gamma di
auto ad alto contenuto tecnologico, con un
design e uno stile italiano ad un costo competitivo.
Dopo un’attenta verifica delle opportunità
di lavorare anche con mercati esteri, infatti, la
decisione è stata quella di abbinare le grandi
capacità produttive del mercato asiatico alle
qualità italiane: innovazione e stile accattivante.
Dopo aver registrato un Maggio 2009 da
record, con le vendite della DR5 che la vedono come secondo crossover più venduto in
Italia, la casa molisana conferma il suo trend
positivo.
Viene offerta una grande varietà di motorizzazioni: 1.6 e 2.0 nelle versioni benzina e
bifuel GPL e METANO oltre che 1.9 Diesel, si
può scegliere anche l’allestimento autocarro
previsto dalla versione BIZ disponibile con
tutte le motorizzazioni.
Da settembre si aprono nuovi scenari per la
DR con il lancio di tre nuovi modelli, già tutti
presentati in anteprima al Motor Show 2008
ed al Salone Internazionale di Ginevra dello
scorso marzo: DR1 – DR2 – DR3.
A parte la DR3, suv tre porte dalla linea
sportiva, la DR lancia dunque la sfida ai segmenti A e B, rispettivamente con la DR1 e la
DR2.
La filosofia è la medesima: auto dal design
accattivante, con un contenuto tecnologico
uguale a quello dei competitors, ma con un
prezzo estremamente competitivo.
Presso Motoria, Gruppo Maldarizzi, Unica
concessionaria DR oltre che Chrysler, Jeep e
Dodge per Puglia e Matera tutta la gamma DR
è visionabile e disponibile per una prova su
strada nelle due Sedi di Bari e Matera.
a cura di Stefano Lamanna
RAND CORPORATION: Associazione americana per progetti militari da cui nacque l’idea
(1964) della rete Internet.
RESET: Operazione di azzeramento e ripartenza
di un programma in esecuzione oppure di un
computer per ristabilire valori o situazioni precedenti.
RETE: Moltitudine di computer collegati assieme. Quelle più piccole sono definite LAN o “reti
locali” (ad esempio tra computer di uno stesso
edificio, o attiguo, collegati assieme), mentre
quelle più grandi dette WAN o “reti geografiche”
coprono una zona più vasta. Internet è un insieme di reti.
RANDOM: il termine è utilizzato per indicare
un qualcosa che avviene in maniera del tutto
casuale. Ad esempio i banner pubblicitari di un
sito web non sono sempre gli stessi ma vengono
caricati in maniera random, ovvero se prendiamo
2 o più computer e contemporaneamente accediamo alla stessa pagina web, avremo sicuramente visualizzazioni diverse dei banner.
RISOLUZIONE: il massimo numero di pixel che
può essere visualizzato su un monitor . Per esempio risoluzione 800 x 600.
REAL AUDIO: tecnologia che permette la riproduzione di suoni via internet. I suoni non necessitano di un completo download per essere ascoltati ma si possono sentire anche mentre si stanno
scaricando.
ROUTER: il router è un dispositivo per l’accesso
alla rete usato per il trasferimento di informazioni. Composto da una scatola hardware consente
la connessione di uno o più computer alla rete
locale e alla rete internet.
REFRESH: è l’aggiornamento di una pagina
web. Questa può avvenire in maniera automatica
o su indicazione dell’utente. Si pensi alle homepage dei giornali on-line o degli indici di borsa.
Per mantenere sempre aggiornati gli utenti su ciò
che sta accadendo o sull’andamento delle borse,
tali siti adottano un sistema per cui le informazioni, purchè si rimanga sempre nella stessa
pagina web, si aggiornano di continuo. Si tratta
di un refresh a tempo che l’utente può accelerare
cliccando il relativo pulsante “Aggiorna” presente in tutti i browser.
RELEASE: la release (letteralmente rilascio), sta
ad indicare una particolare versione di un software resa disponibile ai suoi utenti. Solitamente
le release vengono identificate da altre particolari versioni rese disponibili in precedenza da un
particolare numero (ad. es. Internet Explorer 7.0,
poi 7.1, 8.0, ecc). Convenzionalmente si distinguono major release quando le differenze dalla
versione precedente riguardano sostanziali evoluzioni delle funzionalità del prodotto software,
e minor release quando le differenze riguardano
principalmente correzioni di malfunzionamenti
del software.
REMOTO: termine con cui si indica un terminale oppure un archivio posto a distanza dal sistema centrale d’elaborazione.
Nella foto, un router wireless di ultima generazione.
SCREEN CAPTURE: Molti non sanno che le
tastiere a disposizione di qualunque PC consentono lo screen capture (cattura dello schermo) di
tutto ciò che abbiamo sul nostro desktop informatico. Guardando la nostra tastiera è difatti
presente un tasto (Stamp) che se premuto ci permette di effettuare uno screen capture. Per
visionare il risultato basterà aprire un normale
documento di Word e procedere con il tasto
Incolla.
ATTUALITA’
I termini
dell’informatica
27
ATTUALITA’
28
Evoluzione e
finanziarizzazione del
settore immobiliare
di Giovanni Panza e Gabriele Ruggeri
Il
mattone, nel bene e nel male. La finanza, nel bene e nel male. Nonostante
tutte le colpe che comunemente si possano associare, soprattutto negli USA, la finanziarizzazione nel settore immobiliare ha caratterizzato in positivo la crescita della nostra
economia domestica.
Alla fine degli anni ’80 il mercato immobiliare italiano era fondamentalmente appannaggio di imprese di costruzione e di un certo
numero di agenzie immobiliari. Tuttavia l’industria delle costruzioni ha visto crescere, di
molto, al suo interno, specie nel corso degli
ultimi dieci anni, la quota dei servizi nel settore dei servizi immobiliari, quota che può ulteriormente crescere.
Il percorso di finanziarizzazione è stato
lungo e si è consacrato con i Fondi immobiliari di diritto italiano. Nonostante si fossero gettate le basi con la Legge sui Fondi immobiliari
del 1994, solo nel 1999 tale legge, con la nascita del primo fondo immobiliare di diritto italiano, promosso però da un operatore non italiano (Deutsche Bank), sarebbe divenuta effettivamente operativa.
In questi venti anni abbiamo potuto “osservare” molti cambiamenti, scanditi da una
prima fase di boom dei valori immobiliari nel
1988-1992, una successiva di crisi, nel 19921997 ed una terza dal 1997 al 2007 di nuova
espansione di inedita durata, sino al cambiamento collegato all’attuale crisi.
Sino alla metà del 2008 il mondo della
finanza immobiliare rappresentava un’interessante opportunità di investimento sia
per le imprese sia per la clientela privata
che, grazie alla finanziarizzazione del settore, poteva investire direttamente non
solo nel mattone, ma anche nella “carta”
(titoli, azioni, obbligazioni, quote), rendendo il settore maggiormente liquido, un settore che per caratteristiche specifiche
(dimensione degli investimenti, complessità normative, tempi di realizzazione) non
era appannaggio dei piccoli investitori.
In particolare, la finanziarizzazione del settore ha permesso di utilizzare due strumenti
principalmente quali veicolo di raccolta degli
investimenti:
• le Società Immobiliari Quotate;
• i Fondi Immobiliari.
La società immobiliare viene generalmente
usata per identificare tutte quelle società che si
occupano del settore immobiliare da un punto
di vista tecnico (società immobiliari vere e proprie, società di intermediazione immobiliare…).
Le società immobiliari vere e proprie hanno per
oggetto la costruzione, la ristrutturazione, la
rivendita o la locazione delle unità immobiliari
acquistate, ristrutturate o costruite.
Devono, quindi, avere le caratteristiche di
un imprenditore commerciale. Le modalità di
costituzione di tali società sono le medesime di
quelle delle società di persone o delle società di
capitali.
L’introduzione dei Fondi immobiliari in Italia
è avvenuta per effetto della legge n. 86 del 1994.
A tale intervento ne sono seguiti altri volti tutti
ad agevolare questo settore che sin dalla nascita
ha dimostrato grandi possibilità di crescita e
soprattutto buone prospettive di redditività nel
medio periodo. Il Testo Unico della Finanza del
1998 ed i decreti attuativi successivi hanno posto
limiti agli investimenti, criteri di valutazione del
patrimonio e prospetti contabili dei fondi.
Il complesso di norme emanate dal 1999 al
2005 ha contributo a favorire la diffusione di
questi veicoli, introducendo agevolazioni sia dal
punto di vista della gestione sia da quello fiscale.
In particolare le maggiori novità hanno
riguardato:
• l’introduzione dei fondi ad apporto, il cui
patrimonio, diversamente dai fondi ordinari
in cui viene costituito mediante sottoscrizione, viene costituito tramite il conferimento
di beni immobili, di diritti immobiliari o di
partecipazioni in società immobiliari.
• la possibilità, per il sottoscrittore di una
quota del fondo, di ottenere il rimborso
anticipato (oppure di acquistare nuove
quote) rispetto alla normale scadenza del
fondo, ferma restando la natura chiusa
dello stesso.
In questo modo si è voluto rendere lo strumento finanziario più facilmente liquidabile.
Comparazione e caratteristiche salienti per il potenziale investitore.
Ma conviene investire in una società immobiliare quotata o in un fondo immobiliare chiuso?
Prima di tutto, i due strumenti hanno un diverso orientamento all’investimento, che deriva dai
vincoli esistenti alla loro operatività. L’attività di
un fondo immobiliare è disciplinata da un regolamento che impone precise politiche di investimento. Una società immobiliare, invece, può
dedicarsi a tutto quanto concerne il settore
immobiliare in generale e quindi acquisire terreni, investire in un’area che può divenire edificabile, ma anche partecipare alla costruzione di
infrastrutture.
Di conseguenza, mentre il fondo investe
per lo più in immobili locati, che aumentano
il proprio valore nel tempo, attraverso, per
esempio, gli interventi di miglioramento delle
infrastrutture della zona in cui l’immobile si
trova o gli interventi di ristrutturazione dell’immobile stesso, la società immobiliare quotata ha un fine più speculativo, e investe in
tutto ciò che può garantire una rivalutazione.
Quindi, chi acquista azioni immobiliari partecipa ad un capitale con rischio di impresa ben
maggiore di chi sottoscrive quote di fondi
immobiliari.
La società immobiliare ha una durata praticamente illimitata, mentre il fondo ha una vita
stabilita nel regolamento che, per quelli attualmente esistenti, si colloca tra i 10 e i 15 anni.
Anche da questi brevi cenni è evidente che
ci si trova di fronte a due forme di investimento molto diverse, rivolte ad investitori che
affrontano il mercato con differenti aspettative.
In termini di rilevanza quantitativa si nota
che in Italia le dimensioni del mercato delle
società immobiliari quotate sono attualmente
piuttosto modeste, non comparabili a quelle
degli altri Paesi europei.
ATTUALITA’
29
ATTUALITA’
30
Riflessioni sulla nuova
Enciclica di Benedetto XVI
“Caritas in Veritate”
e l’eccellenza aziendale
di Vincenzo Porro
E’
stata recentemente pubblicata la Lettera
Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in
Veritate” quale continuazione degli insegnamenti della Chiesa in campo sociale. Si tratta di
un piccolo libretto di 48 pagine articolato in 77
paragrafi e composto da una introduzione, sei capitoli ed una conclusione. Partendo dai principi della
dottrina sociale della Chiesa, richiamata nell’introduzione e nel primo capitolo dedicato al
“Messaggio della Populorum Progressio” di Paolo
VI, il documento estende l’applicazione di tali principi alle problematiche
umane del nostro tempo
quali la globalizzazione,
la tecnologia, l’ambiente,
la vita umana.
La terminologia e la
fraseologia
utilizzata
sembrano, ad una lettura
superficiale, distanti anni
luce dal linguaggio del
mondo pulsante degli
affari. Qualcuno un po’
sprovveduto potrebbe
addirittura considerare
questa Lettera come un
vecchio sermone orecchiato tante volte e che
poco o nulla ha da dire al
mondo del business.
La verità è esattamente il contrario: le teorie, i
modelli e le esperienze manageriali che esplorano e
mirano a conseguire l’eccellenza aziendale, ritornano proprio a quei principi semplici ma rivoluzionari della dottrina sociale della Chiesa. Per apprezzare la modernità della “Caritas in Veritate” può essere utile fare alcuni passaggi logici.
Il mondo dell’economia è attività umana
“Parla con chiarezza, a questo riguardo, la dottrina sociale della Chiesa, che ricorda come l’economia, con tutte le sue branche, è un settore dell’attività umana” (par. 45). Può sembrare banale ma non
lo è. Da quando il positivismo ha cercato di orientare l’economia al metodo delle scienze naturali c’è
stato un grande sviluppo di applicazioni quantitative ed un affidamento alla matematica per simulare
i fenomeni economici fino al punto di dimenticare
che dietro algoritmi finanziari, quantunque sofisticati, c’è sempre un comportamento umano responsabile o irresponsabile.
Una delle radici della crisi attuale è nell’avere
dimenticato questo, illudendosi che il denaro si
possa produrre automaticamente a partire da altro
denaro e non dal lavoro, e nell’aver trascurato conseguentemente il funzionamento delle istituzioni
che avrebbero dovuto imbrigliare il comportamento degli operatori finanziari in comportamenti corretti.
“Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: l’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la
vita economico-sociale” (par. 25). L’economia
aziendale è arrivata allo stesso punto: per perseguire l’eccellenza non è sufficiente la tecnologia o
la finanza evoluta, ma è indispensabile avere
“capitale umano”; soggetti non più semplici for-
nitori di abilità e competenze, e neppure meri esecutori di compiti, ma persone responsabilmente
impegnate a realizzare e migliorare la competenza
che viene richiesta a ciascuna posizione organizzativa.
E’ un coinvolgimento emotivo - intellettuale alla
base dell’impegno richiesto dall’eccellenza; insomma serve che le persone interpretino i propri ruoli
aziendali non solo facendo quello che si deve fare,
ma anche mettendosi in quello che si fa. Il modello
EFQM quale punto di riferimento europeo per perseguire l’eccellenza aziendale pone, infatti, quale
criterio determinante la valutazione di come l’organizzazione gestisce e sviluppa le competenze del
proprio personale e ne consente la manifestazione
del pieno potenziale a livello individuale, di gruppo e di organizzazione nel suo complesso.
L’azienda è quindi anche un insieme di relazioni
“La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più
le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale” (par. 53). Infatti la teoria
manageriale, rivolta ad esplorare le vie dell’eccellenza, ha sempre di più enfatizzato il concetto che
un’azienda non è solo un sistema composto da una
mera catena di operazioni, ma anche un insieme di
relazioni tra persone, un luogo di produzione, ma
anche una comunità di persone.
Inoltre l’azienda eccellente deve essere concepita come una comunità di uomini immersa in una
comunità più ampia, il territorio, la società, della
quale è parte integrante in una prospettiva di sistema. E’ in quest’ottica che assumono un significato
pregnante i concetti di eccellenza nella soddisfazione degli stakeholders, orientamento al cliente, supplychain e rapporto di partnership con i fornitori, sviluppo e coinvolgimento del personale, responsabilità pubblica o sociale.
L’uomo che lavora è sempre una “persona
umana”
Allora se è tutto chiaro alla teoria manageriale di
come si diventa un’azienda eccellente perché in
Sua Santità Papa Benedetto XVI ripreso durante un’udienza in
Vaticano.
ATTUALITA’
31
Maggio 2005: è a Bari, per il XXIV Congresso Eucaristico, la prima
uscita ufficiale di Papa Benedetto XVI.
pratica è così difficile? Qui la Chiesa, esperta di
umanità, ha ancora molto da insegnare alle scuole
di management. C’è spesso, infatti, un fraintendimento profondo sulla natura umana che impedisce
di comprendere fino in fondo il “funzionamento”
della persona. Il massimo che è stato prodotto rimane la piramide di Maslow che individua nell’autorealizzazione, la stima di se stesso, la più alta motivazione al lavoro e quindi suggerisce che solo con
persone con questo livello di motivazione si può
perseguire un sentiero di eccellenza.
Ma come si fa ad avere persone che vogliono
auto-realizzarsi nel lavoro? La risposta è nel
titolo ed all’inizio della Lettera Enciclica: “La
carità nella verità …è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e
dell’umanità intera…L’amore — « caritas » — è
una forza straordinaria, che spinge le persone a
impegnarsi con coraggio e generosità… è il
principio non solo delle micro - relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma
anche delle macro-relazioni: rapporti sociali,
economici, politici” (par. 1-2).
Il motivo è che l’agire umano ha un duplice
aspetto: il fare e l’essere. L’esperienza personale
conferma che l’uomo avverte che nell’agire non
solo compie azioni buone o cattive, ma realizzandole, rende sé stesso buono o cattivo. In altre parole
DIVENTIAMO CIÒ CHE FACCIAMO, chi ruba
diventa sempre più ladro in progressione alla ripetizione dei furti che compie.
Questo vale anche per il contrario, chi mette
sempre più spesso in ordine le proprie cose diventa
progressivamente una persona ordinata. Allora
l’operaio che deve controllare quel bullone, la cui
tenuta è determinante per un eccellente processo
produttivo, ed è consapevole che facendo bene, con
cura ed attenzione, quel compito diventa lui stesso
una persona migliore troverà la motivazione a continuare a fare bene quel lavoro non solo perché
viene pagato o perché guadagna la stima dei propri
compagni e superiori, ma soprattutto perché con il
suo lavoro ben fatto può amare sé stesso, raggiungere l’autostima.
Dice il Pontefice: “Non c’è l’intelligenza e poi
l’amore: ci sono l’amore (la passione per quello che
si fa diremmo noi) ricco di intelligenza e l’intelligenza
piena di amore” (par. 30).
ALIMENTAZIONE E SALUTE
32
Nuova linfa a pesca e acquacoltura bio
La scommessa di
BiolFish
di Vittorio Stagnani
P
romuovere la sostenibilità ambientale, dando
valore alle buone pratiche produttive applicate
dalle comunità di pescatori e agricoltori del
Mediterraneo, è stato l’obiettivo di fondo del BiolFish,
manifestazione internazionale incentrata sull’acquacoltura biologica e la pesca sostenibile, la cui seconda
edizione si è tenuta a fine giugno a Monopoli. Una
settimana di eventi che, oltre ai momenti di studio, ha
visto alternarsi gastronomia, cultura, iniziative e premiazioni, in collegamento col Premio Biol - la kermesse mondiale di olivicoltura bio da cui il BiolFish è scaturito - all’insegna della valorizzazione del territorio e
Un momento del convegno sull’acquacultura, organizzato nel contesto di Biolfish; in alto, adulti e bambini impegnati nel pesca turismo.
delle sue produzioni tipiche. Il tutto sotto lo slogan
“La Terra sposa il Mare”.
Patrocinato dal Ministero delle Politiche agricole
e Ifoam e organizzato dal Comune di Monopoli col
supporto di Regione Puglia, Coispa, CiBi, Icea,
Consorzio Puglia Natura e Premio Biol, in questa
seconda edizione il BiolFish ha seguito vari temi: dal
nuovo regolamento Ue sull’acquacoltura biologica
alla presentazione del primo standard italiano e del
Mediterraneo per la pesca eco-sostenibile, dal Green
Paper e la riforma della politica comunitaria della
pesca, fino all’agricivismo con i nuovi rapporti tra
agricoltura e città. Nel parterre dei workshop, rappresentanti di vari enti e istituzioni.
BiolFish ha ospitato la prima consultazione nazionale sulla politica comunitaria della pesca legata al
Green Paper, il libro verde del settore. Presentato ad
aprile dalla Commissione europea, il documento è
nato per attivare una riflessione nei paesi comunitari
per condividere e armonizzare le misure tese a garantire la sostenibilità e la sopravvivenza a lungo termine delle specie ittiche nei mari d’Europa. In merito la
Commissione europea ha aperto la consultazione che si chiuderà a dicembre - a pescatori, operatori del
settore, scienziati e società civile.
Circa l’acquacoltura, alla vigilia dell’approvazione comunitaria del nuovo regolamento di settore,
dal BiolFish si è levata netta la posizione italiana:
“Sventiamo il rischio che a Bruxelles sia snaturata
l’acquacoltura bio”. Compatti, ministero, produttori,
associazioni ed esperti hanno lanciato un monito su
quanto accaduto in sede comunitaria. A maggio il
Comitato permanente per l’agricoltura bio avrebbe
dovuto approvare il testo finale del regolamento di
attuazione. Ma il testo presentato dalla Commissione è stato ritirato dal voto per la contrarietà delle
delegazioni di Francia, Regno Unito, Olanda e
Svezia, tese a un testo che rendesse l’acquacoltura
bio di fatto molto vicina a quella convenzionale. Di
qui l’esigenza di esprimere sostegno politico
all’azione svolta dalla commissione, affinché nella
riunione del 29 e 30 giugno il testo al voto rispetti in
toto i principi dell’agricoltura bio. Cosa poi effettivamente avvenuta, con grande soddisfazione italiana.
Spazio anche sul cosiddetto agricivismo, illustrato
di chi l’ha teorizzato, il prof. Richard Ingersoll: storico
dell’urbanistica statunitense e docente all’Università
di Firenze, Ingersoll parla di “Sprawltown” (sprawl,
sdraiato), città diffusa senza forma né limite dove, fra
centri commerciali, tangenziali, parcheggi e abitazioni, l’agricoltura - e quindi gli orti - incarna uno degli
strumenti per restituire ai cittadini il loro spazio e il
loro ruolo: la campagna, ora, è dentro.
Ad affiancare i momenti di studio, la kermesse
non ha mai perso il taglio della festa di piazza e dunque, per la giornata conclusiva, il ricco programma ha
avuto il suo clou al Castello Carlo V con la cerimonia
di premiazione Biolfish 2009 per le realtà del mondo
della pesca e dell’acquacoltura più attente ai temi del
bio e della crescita ecosostenibilie: quest’anno il riconoscimento è andato all’associazione di pescatori di
Torre Guaceto, per essere stata la prima a chiedere la
nuova certificazione per la pesca ecosostenibile. Proclamati i vincitori del concorso fotografico BiolFish - il
barese Emiliano Santeramo per la sezione pesca e il
monopolitano Edison Bellantuono per quella olivicola - e consegnati i principali premi Biol, proclamati ad
aprile: dal vincitore assoluto, il sardo “Masoni
Becciu”, al miglior olio biologico pugliese, il Dop “Sio
Gargano” di Carpino. Chiusura in Piazza Vittorio
Emanuele II, con l’atteso “Pesce in piazza”: grande
frittura di pesce organizzata con la comunità dei pescatori locali, seguita dal concerto conclusivo dell’Orchestra di Fiati dell’Università di Bari - Harmonia.
Oggi si punta all’allevamento biologico del pesce in
considerazione della disponibilità di un crescente
numero di consumatori a spendere un po’ di più per
l’acquisto di prodotti biologici o ecosostenibili e
garantiti dalla tracciabilità del prodotto grazie all’etichettatura obbligatoria delle confezioni di pesce.
Nel 1978-79 gli italiani consumavano sette chili di
pesce a testa; oggi questa cifra è raddoppiata mentre
il consumo della carne é sceso da 82 a 75 chilogrammi; ogni anno gli italiani spendono in media 170
euro per il pesce e circa 750 euro per la carne.
La produzione convenzionale di spigole e orate è,
a livello europeo, di circa 200.000 tonnellate, rispetto
alle 160 della produzione biologica delle stesse specie. E’ prevedibile che la domanda di prodotti ittici
biologici crescerà fortemente nei prossimi mesi e
anni, soprattutto con l’adozione di nuovi regolamenti europei. L’acquacoltura è un settore economico
fondamentale tra le produzioni alimentari: nel 2003,
su circa 132,2 milioni di tonnellate di pesce pescato,
l’acquacoltura ha contribuito per circa il 31% (41,9
milioni di tonnellate).
Una soluzione moderna… vecchia di 5.000 anni
L’uomo ha allevato pesce sin dalla preistoria. Tra
i reperti archeologici più probanti ne sono stati rinvenuti a Giava e risalgono a 3.000 anni a.C. In quella lontana isola la maricoltura, o acquicoltura, era
condotta in modo intensivo. Infatti, sono state scoperte molte vasche di stabulazione.
Gli Egizi, almeno secondo quanto testimonierebbero alcuni affreschi risalenti a 2.500 anni a.C., già
conoscevano le tecniche per la stabulazione dei
pesci. In un bassorilievo ritrovato nella tomba egizia
di Aktihetep, risalente appunto a quell’epoca, è
ritratto un uomo intento a raccogliere pesce da uno
A proposito di acquacultura
E se dal mare non avessimo più alicette, sgombri?
Che fine hanno fatto le aguglie, con lo spadino, la
lisca verde e le carni così saporite? Pesca oggi, pesca
domani, magari ricorrendo pure a qualche magagna,
ecco che i mari, ormai esausti, di pesce ne hanno
sempre meno e i costi salgono. Ci sono, per fortuna,
i fermi biologici per dare respiro alla fauna ittica, ma
non basta per rispondere alle richieste del mercato.
La FAO indica da qualche tempo l’acquacoltura
come una fondamentale opportunità per fornire
risorse alimentari alla popolazione mondiale,
soprattutto per una maggiore diversificazione della
dieta, non solo a beneficio dei paesi più poveri, ma
anche per sostenere i consumi dei paesi occidentali i
cui mari sono sempre più depauperati.
L’acquacoltura o acquicoltura o maricoltura, se
in mare, è l’allevamento, meglio se biologico, di
pesci, crostacei e molluschi, in aree confinate e
controllate dall’uomo, definite, secondo il tipo di
produzione semiestensivo ed intensivo in: peschiere, gabbie, barriere artificiali sommerse, vivai, valli da pesca o stagni. Salmone, carpa, pesce
latte, pangasio, orata, branzino, spigola, trota iridea, mazzancolla, crostacei, molluschi quali mitili
e ostriche sono i prodotti ittici più allevati.
Dagli anni ‘50 l’acquicoltura ha avuto un notevole incremento ed è stata studiata in molti paesi del
mondo sino a diventare una vera e propria scienza.
Cucina biolfish in piazza.
stagno. Nello stesso periodo fu praticata in Cina e
Fan li, nel 500 a.C., scrisse il primo trattato conosciuto riguardo all’acquacoltura.
I Romani allevavano le murene nutrendole con…
schiavi freschi.
Furono i Fenici a insegnare ai popoli del bacino
del Mediterraneo la maricoltura, o acquicoltura. I
più bravi ad apprendere i trucchi del mestiere i soliti Etruschi; i Romani impararono da loro. Per avere
pesce fresco non badavano a spese e a pazzie. I ricchi patrizi avevano nella loro “domus”, d’Anzio e di
Ponza, vivai per l’allevamento oltre che di murene
anche di spigole e orate.
Nel 1842 Stephen Ludwig Jacobi effettuò la
prima fecondazione artificiale su trote di fiume.
ALIMENTAZIONE E SALUTE
33
ALIMENTAZIONE E SALUTE
34
L’estate
sta finendo...
a cura di Giovanna Spilotros
“
L’estate sta finendo e un anno se ne va… in
spiaggia di ombrelloni non ce ne sono
più”: così cantavano i Righeira, nel 1985,
con quel tono leggermente malinconico che
segna il ritorno alla realtà dopo lunghe giornate di vacanza e relax.
Gli inglesi lo chiamano “post-vacation
blues” e si riferisce alla sindrome da rientro
dalle ferie, un fenomeno da qualche anno analizzato scientificamente a livello internazionale. Chi torna al lavoro lamenta spesso, infatti,
senso di stordimento, calo dell’attenzione, emicrania, apatia, disturbi del sonno; manifestazioni che tendono a scomparire non appena l’organismo ritorna, attraverso le ripristinate capacità
adattive, ad una condizione di equilibrio psicofisico.
È comprensibile che, a causa della ripresa
del lavoro, del rientro in città e della nostalgia
della vacanza ormai passata, non si abbia voglia
di mettersi in regola anche con il cibo seguendo
un’alimentazione sana ed equilibrata. Durante
l’estate capita spesso di lasciarsi andare a qualche tentazione in più, trascurando le buone abitudini coltivate durante l’anno. Non bisogna
però colpevolizzarsi: nell’economia dell’organismo c’è posto per momenti in cui si dimenticano un pò le sane regole alimentari, concedendosi più libertà.
È facile che il relax, la spensieratezza e qualche gelato di troppo abbiano contribuito a far
recuperare qualche chiletto. C’è chi non se ne
preoccupa, sostenendo che si va incontro all’in-
verno e “le magagne” si possono coprire sotto lo
strato dei vestiti; ma è preferibile recuperare
immediatamente la forma e cercare di mantenerla durante la stagione invernale, per evitare di
fare diete massacranti la primavera successiva.
No alle diete drastiche, o a quelle che escludono a priori alcuni alimenti; bisogna, in primis, tornare ad un’alimentazione sana che non
escluda alcun principio nutritivo necessario per
il nostro organismo. Meglio, quindi, consumare
cibi genuini, ridurre drasticamente i grassi grazie al consumo di alimenti conditi a “crudo”, ed
in particolare sostituendo il burro e gli altri
grassi animali con olio extravergine di oliva. È
un errore, infatti, considerare soltanto i grassi
visibili, o meglio i condimenti usati nella preparazione delle pietanze, senza tenere conto di
quelli presenti negli alimenti stessi. Una corretta alimentazione, in tal senso, privilegia le cotture a vapore, a microonde o alla griglia, le
quali limitano l’aggiunta di altri grassi per il
condimento di alimenti già ricchi di tali sostanze. Non va dimenticato che il consumo smodato di grassi è all’origine dell’obesità e delle
malattie cardiovascolari.
Pasta e riso, contrariamente a quanto comunemente si pensa, sono fondamentali nella
nostra alimentazione, vanno consumati abitualmente e le raccomandazioni possono riguardare, semmai, le porzioni.
Si consiglia di privilegiare i legumi e alternare la carne, preferibilmente magra, al pesce,
aumentare la quantità di verdure durante i pasti
ed abolire quasi completamente la frutta molto
zuccherina come uva, cachi, banane, datteri e
fichi.
La frutta è, peraltro, fondamentale, per cui
quando si vuole affievolire il senso di fame è
opportuno non buttarsi sulla prima merendina
che si incontra in credenza, ma mangiare un frutto di stagione che aiuterà, tra l’altro, a migliorare
la funzionalità intestinale.
In generale, il consumo di alimenti con zuccheri semplici, come la frutta e la verdura,
aumenta la produzione da parte dell’organismo
di serotonina, il neuromediatore del benessere,
che stimola il rilassamento, agevolando il ritorno
ai ritmi di vita quotidiani. Frutta e verdura di stagione sono dunque una farmacia naturale. Ma
molti altri sono gli effetti dietetici di questi alimenti, per compensare gli “sgarri” commessi
sotto l’ombrellone dai tanti italiani che non sono
riusciti a seguire un preciso regime alimentare
durante le vacanze e si trovano, così, con qualche
taglia in più e il fegato affaticato anche per il consumo di alcolici: vediamone alcuni in dettaglio!
Le pesche, ricche di betacarotene, hanno un
rilevante effetto depurativo che incrementa la
funzionalità di reni e intestino.
Le mele, per il loro modesto apporto calorico,
combattono il colesterolo, depurano il sangue,
sgonfiano la pancia e accelerano lo smaltimento
delle scorie.
Le pere contengono zuccheri semplici (quasi
tutto fruttosio), fibra, molta acqua e sempre
poche calorie; sono quindi adatte per gli intestini
pigri e per chi vuole mettersi a dieta, grazie
anche al loro buon potere saziante.
La lattuga conferisce volume e potere saziante, con un apporto calorico estremamente limitato e assicura anche un certo contributo di fibre
alimentari, vitamine (A, E, C, B1, B2 e B3) e sali
minerali (calcio, magnesio, potassio e sodio);
essa, inoltre, contiene antiossidanti che aiutano a
combattere l’invecchiamento cellulare, la circolazione sanguigna e a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.
I pomodori, oltre a essere ortaggi dietetici per
eccellenza, regalano all’organismo un buon
apporto di vitamine (in particolare la C) e sali
minerali, soprattutto potassio, fosforo, calcio;
quindi, il pomodoro rappresenta un vero e proprio elisir di salute anche per la presenza di fibre,
come cellulosa ed emicellulosa, concentrate nella
buccia e nei semi.
ALIMENTAZIONE CRONACA
E SALUTE
35
Altro tasto dolente è il sale: è consigliabile
limitarne l’uso per evitare il rischio di ipertensione e la ritenzione idrica, causa di inestetismi
e gonfiore, e preferire, al suo posto, le erbe aromatiche come prezzemolo, basilico, salvia,
rosmarino e origano, per insaporire i cibi.
Bere molta acqua è una raccomandazione,
sempre ripetuta, fondamentale per “pulire” il
nostro organismo dalle scorie e dalle altre
sostanze presenti in eccesso. Il consiglio è quello
di berne almeno 2 litri al giorno, il che gioverà
anche alla pelle, che risulterà più elastica e sana.
Se poi, durante le ferie, non si è fatto altro che
stare distesi al sole o comodamente seduti
all’ombra a leggere un bel libro, non bisogna
dimenticare di fare un pò di attività fisica, giusto
corollario di una dieta corretta ed equilibrata.
Chi non ha tempo per andare in palestra può
approfittare delle belle giornate che settembre
ancora concede per fare qualche passeggiata, ma
anche preferire le scale all’ascensore può essere
un ottimo espediente per tornare in forma.
Non dimenticate, infine, lo spuntino di metà
mattinata e di metà pomeriggio (un frutto): servirà a tenere attivo il metabolismo. Sono consigli
semplici che, se seguiti senza che costino troppi
sacrifici, permetteranno di arrivare alla prossima
estate già in forma.
CULTURA
36
Storia del commercio
I romani, le strade,
la comunicazione
a cura di Anna Mirabile
D
opo la sua leggendaria fondazione, l’economia di Roma si basava solamente sulla sua
produzione agricola; i primi scambi avvenivano quindi tra la città e le campagne circostanti.
In seguito ai contatti con le popolazioni etrusche e
con i Greci che si erano stanziati nell’Italia meridionale, cominciò a svilupparsi il commercio e la
prima industria di Roma; quest’ultima ricevette
ulteriori stimoli con le successive conquiste romane
in tutta l’Italia, anche settentrionale.
Nonostante questo, Roma rimase prevalentemente un importante centro di consumo, più che di produzione: infatti le importazioni superavano di gran
lunga le esportazioni, che erano per la maggior parte
composte da manufatti di bronzo. Nella capitale le
industrie più importanti erano quella edilizia, con le
attività ad essa connesse, e quella che produceva
beni di lusso, come gioielli e coppe cesellate.
Per quanto riguarda le importazioni, l’Etruria
lavorava i metalli e soprattutto il bronzo, con cui
venivano realizzati molti oggetti; città come Genova,
Ostia e Ravenna rifornivano Roma di navi; la Puglia
era esportatrice di un certo tipo di lana molto ricercato nel mondo romano; la Campania era una famosa produttrice di vini e altri generi alimentari, tra cui
Roma, Via Appia, la tomba di Cecilia Metella;
in alto, sotto il titolo, un tratto dell’antica Via Appia.
il noto garum, esportato soprattutto da Pompei; i
centri industriali più importanti erano le città di
Capua, Cuma, Pozzuoli e Pompei, nelle quali si producevano manufatti di bronzo, terracotta e vetro. In
Italia settentrionale si fabbricavano in particolare
oggetti bronzei ed anfore (Bergamo, Modena, Pola) e
si lavoravano la lana e i tessuti (Istria, Padova,
Parma, Aquileia); la città di Aquileia era uno dei centri commerciali più attivi e ricchi di industrie.
In età imperiale nacquero nuove industrie nelle
regioni conquistate, che conobbero un facile sviluppo: infatti il commercio fu agevolato rendendo
migliori le comunicazioni terrestri e più sicure quelle marittime, inoltre tutte le merci poterono trovare
uno sbocco grazie alle esigenze militari per l’impero e di consumo per Roma.
Dalle regioni orientali giungevano merci rare,
preziose e ricercate: alcune venivano prodotte localmente, come profumi dall’Arabia, altre venivano
importate da regioni esterne all’impero, come la
seta dalla Cina.
L’Egitto produceva papiri e manufatti di cristallo, in particolare preziosissime coppe; fu uno dei
primi paesi in cui si sviluppò l’industria del vetro,
che da qui si diffuse poi anche in Italia. Per quanto
riguarda le regioni occidentali e settentrionali, le
loro industrie incominciarono a fare concorrenza a
quelle italiche.
Dalla Spagna giungevano acciaio, lana e un
garum particolarmente gustoso. In Gallia si lavoravano i metalli preziosi, si fabbricavano oggetti di
bronzo, particolari vasi di argilla e si producevano
calzature, mantelli e più in generale stoffe. La
Scozia esportava smeraldi e la regione del Reno
vasellame.
L’imperialismo romano non ebbe mai un carattere prevalentemente industriale e commerciale,
poiché altre erano le attività delle province che rendevano ricca Roma; inoltre la città non impose mai
un’esportazione forzata nelle province delle merci
prodotte nella capitale. Bisogna sottolineare inoltre
che l’attività mercantile e quella industriale non
erano considerate dai nobili e da coloro che erano al
potere occupazioni degne del loro prestigio, tanto
CULTURA
37
Le Colonne romane, da sempre il simbolo della città di Brindisi. Conosciute come il termine dell’antica via Appia, rappresentavano in realtà un
riferimento portuale per i naviganti dell’epoca.
che i senatori avevano il divieto di possedere navi e
di conseguenza anche di esercitare il commercio.
LE STRADE ROMANE
E LE ROTTE CAROVANIERE
Le strade romane vennero sempre costruite inizialmente per scopi militari, poi con il tempo diventarono grandi vie di comunicazione e furono anche
usate per gli scambi commerciali.
Una delle prime vie costruite, ma sicuramente
quella che assunse più importanza per il commercio con l’Italia meridionale, fu la via Appia, che collegava Roma a Brindisi attraverso Capua e
Benevento, voluta e appaltata dal censore del 312 a.
C. Appio Claudio Cieco, che era legato ai ceti mercantili interessati ad un’espansione verso sud; vi
erano inoltre altre vie dirette verso il sud, come la
via Latina fino a Capua o la via Popilia fino allo
stretto di Messina.
Nel II secolo a. C. si svilupparono le comunicazioni con l’Italia settentrionale: per la loro impor-
Lo sviluppo dell’antica via Appia, da Roma a Brindisi.
tanza vengono ricordate la via Flaminia fino a
Rimini, la via Aemilia fino a Piacenza, la via Aurelia
fino a Luna, la via Cassia che collegava Roma con i
maggiori centri dell’Etruria.
Più tardi vennero costruite altre strade che mettevano in comunicazione gli estremi del territorio
romano, la penisola iberica e la Macedonia con il
mar Egeo: la via Domizia, che dalle Alpi Marittime
giungeva fino in Spagna, e la via Egnatia, da
Apollonia e Durazzo, sulla costa adriatica della
penisola balcanica, fino a Tessalonica, in Calcide.
In Gallia i Romani trovarono una rete stradale
già costruita in precedenza dalle popolazioni celtiche e vi apportarono solamente dei miglioramenti,
potenziando le comunicazioni transalpine (da
Torino a Lione attraverso la valle di Susa, i valichi
della Valle d’Aosta) e quelle dirette verso il Reno,
per i contatti con la Germania. In Britannia il più
importante centro stradale e portuale era Londra,
da cui partivano le vie che giungevano fino a nord,
in Scozia.
CULTURA
38
Storia della
Camera di Commercio
di Bari
LA BELLA
SIGNORA
a cura di Giuseppe Lovecchio
“
La bella Signora”: con questa espressione lo storico barese Giorgio
Saponaro, nel 1982, salutò il ritorno degli uffici della Camera di
Commercio nella prestigiosa sede di
Corso Cavour.
Un suo redazionale, ospitato
dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 7
ottobre dello stesso anno, riportava la
notizia con questi entusiastici termini:
“Nel centro del centro di Bari, la Camera di
Commercio è ritornata al suo splendore di un
tempo, nel bel corso Cavour, dalla fisionomia orientaleggiante, guarnito di vecchi palmizi, di giardini e di
mare. Un punto di onore per la città averla sottratta
all’abbattimento”.
Altri giudizi furono espressi da autorevoli rappresentanti della cultura, dell’imprenditoria e del
mondo politico: tra i tanti uno dei più significativi
fu quello del prof. Saverio La Sorsa, già segretario
della CdC, per il quale la sede della Camera era “…
il più bel monumento che la città commerciale ha eretto a
se stessa”.
Cento anni prima, al termine dei lavori di
costruzione del palazzo, un giudizio altrettanto
significativo era stato espresso dal Presedente della
CdC dell’epoca, Cav. Angelo Saverio Positano che
l’aveva definita “ Opera importante che di lustro e di
decoro adorna la città e la Provincia”.
LE RAGIONI DI UNA SEDE
Quali furono le ragioni che consigliarono la costruzione di una sede?
Alcune erano di ordine pratico: sottrarsi ai continui trasferimenti degli
uffici (in pochi anni tre trasferimenti, dapprima in Via Melo, successivamente in Corso Vittorio Emanuele
ed infine in Via Castello); altre volte
ad offrire adeguata assistenza alla
nascente imprenditoria e stare al passo
con la vertiginosa crescita economica di Bari
che, era convinzione generale, stava assumendo il ruolo di “grande centro commerciale”.
A questo risultato avevano contribuito diversi
fattori: l’apertura della tratta ferroviaria BariTaranto, che aveva agevolato i rapporti fra la Puglia
e la Calabria dirottando i traffici di merci da Napoli
verso il porto di Bari; la creazione, nel 1875, della
prima Società barese di Navigazione a Vapore, denominata “La Bari”, cui seguì nell’anno successivo
quella di un’altra Compagnia di Navigazione denominata “Puglia”; il forte incremento demografico
della città di Bari, che in poco più di vent’anni, dal
1860 al 1880, aveva visto raddoppiare i suoi abitanti
da 30 mila a 60 mila; il sorgere di altre fabbriche (conserve alimentari, pastifici, saponifici, etc.) a ridosso
39
CULTURA
del quartiere murattiano; la pubblicazione di diversi
“fogli” e “notiziari” cittadini (Il Piccolo Corriere, Il
Bari, La Settimana, Il Commercio, pubblicato dalla
CdC, Spartaco e Fra Militone, questi ultimi due satirici) che, pur non avendo una sicura cadenza, contribuivano a rendere vivace l’attività culturale ed economica della città. Numerosi erano i convegni e le
mostre specializzate di prodotti agricoli (olio e vino
soprattutto) organizzate dalla CdC.
In questo clima e fervore di iniziative si fece
strada nei consiglieri l’idea di costruire una sede.
LA SCELTA DEL LUOGO
La scelta del luogo dove costruire la sede fu accompagnata da una vivace polemica (come avviene
ora per il Palagiustizia!) fra coloro che indicavano
come zona più idonea il Largo Castello e coloro che,
invece, per una Bari sognata in prospettiva quale
anello di congiunzione fra Oriente e Occidente, prediligevano la soluzione Largo Cavour.
Per i primi c’erano buone ragioni per opporsi
alla eventuale scelta di largo Cavour perché troppo
decentrata rispetto alla città. Anche l’autorevole
consigliere camerale, Tommaso Columbo, espresse
alcuni dubbi sulla idoneità del luogo, tanto da proporre che “… si facesse un saggio sulla profondità della
fondamenta potendo darsi che vi fosse acqua a quel
punto”. Comunque fu lo stesso Columbo divenuto,
nel gennaio 1882 Presidente dell’Ente, a perfezionare e concludere tutti gli atti e a dare inizio ai lavori
di costruzione con la posa della prima pietra il 15
agosto 1882. La costruzione fu completata nel 1889
e comportò una spesa di £ 1.050.000.
La Camera di Commercio di Bari in un famoso dipinto di Filippo Alto.
segni premonitori, quelle crepe si riaprirono facendo scoprire tra l’altro in sede di verifiche tecniche
l’esistenza di acqua marina nelle fondazioni. In
data 1° marzo 1971 la Giunta Camerale, dopo varie
consulenze tecniche, deliberò il trasferimento di
tutti gli uffici in via Re David, trasferimento che avvenne soltanto nel mese di settembre di quell’anno.
UN’INCHIESTA MINISTERIALE
ABBATTERE O RICOSTRUIRE?
Alcuni fattori esterni (la rottura dei rapporti
commerciali con la Francia e le polemiche che
seguirono con il Governo centrale) ed altri interni
(al presidente Cav. Angelo Saverio Positano si
addebitava di aver coinvolto la CdC nell’attività
della sua Banca Provinciale attanagliata da una
grave crisi finanziaria) determinarono dimissioni a
catena nella composizione del Consiglio camerale,
tanto da determinare l’intervento del ministro
Miceli che, su richiesta del Prefetto, inviò a Bari un
deputato bresciano, tale Bortolo Benedini, con il
compito di fare chiarezza sull’attività della Camera.
Per quel deputato, la sede, per il suo alto costo,
era un lusso che Bari non avrebbe potuto permettersi così come troppo alte erano le spese per l’organizzazione di alcuni convegni (svolti in polemica con la
politica agricola del governo), nonché quelle occorse
per una fiera enologica che si era svolta nel 1886.
Il suo rapporto al ministero concludeva sulla
necessità di commissariare l’Ente. Così avvenne e
nell’ottobre del 1889 il Ministro nominò Commissario della CdC barese quel deputato.
Il Palazzo - che negli anni a seguire vide la nascita del Margherita, quella della Banca d’Italia nonché quella del bel lungomare - continuò la sua funzione fino a quando, nell’aprile del 1945, lo scoppio
di una nave carica di munizioni ancorata nel porto
di Bari non ne causò lo sventramento di porte e
finestre e di crepe che non furono riparate in maniera adeguata, convinti che una volta stuccate non si
sarebbero riaperte. Ed invece nel 1967, dopo altri
Gli anni successivi furono caratterizzati da una
dura polemica fra quanti vagheggiavano, in nome
della modernità, l’abbattimento della vecchia sede
per farne una nuova, ed altri, invece, nettamente
contrari, favorevoli alla conservazione architettonica del palazzo e alla sua ristrutturazione. Anche sul
tipo di ristrutturazione ci furono ardite ipotesi,
quali lo svuotamento dell’edificio e la sua ricostruzione con strutture in acciaio al fine di consentire
un maggior numero di piani.
Fu la Gazzetta del Mezzogiorno, con i servizi di
Antonello Ambruosi, a contrastare l’ipotesi demolizione o svuotamento e a richiedere l’intervento della
Sopraintendenza ai monumenti perché il Palazzo
venisse sottoposto a vincolo. Tale provvedimento fu
adottato sul finire del 1971 e confermato nel 1980 dal
Ministro ai Beni Culturali dell’epoca, l’on. Nicola
Vernola, cui improvvidamente aveva fatto ricorso il
Presidente della Camera di Commercio, cav. uff.
Angelo Marino. Si era ormai alle battute finali:
l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco
dell’epoca, dott. Luigi Farace, approvò il progetto di
ristrutturazione della sede presentato dall’avv.
Gianfranco Brunetti, Presidente ff. della CdC.
Nel giro di due anni La Bella Signora, in coincidenza con la ricorrenza del centenario della posa
della prima pietra, ritornò all’antico splendore. I
lavori di ristrutturazione ebbero una accelerazione
con la nomina a nuovo Presidente della Camera di
Commercio dell’ex Sindaco Luigi Farace: costarono
7 miliardi e 640 milioni di lire.
CULTURA
40
La musica,
un gioco di
sensazioni
per l’udito
di Vittorio Polito
N
essuna civiltà conosciuta ha ignorato
la musica. Alle origini mitiche della
musica in Grecia, poesia e musica
erano un tutt’uno. Apollo è il dio delle Muse e
Orfeo, poeta e musicista, con le sue melodie
piega animali e natura cantando i suoi poemi
accompagnandosi con la lira.
La musica ha un grande potere sullo spirito
dell’uomo, soprattutto per i due maggiori
costituenti, la melodia ed il ritmo. La musica è
un linguaggio ricco e mai uguale a se stesso
che si evolve continuamente, un modo di
esprimere pensieri ed emozioni, come la scrittura, la pittura, la poesia o la scultura.
I valori emotivi e la relazione tra musica ed
emozione sono stati oggetto di numerosi studi
indirizzati verso un’analisi sistematica della
relazione tra esse. Da qui gli effetti terapeutici
del suono e della musica che sono in grado di
indurre, non solo attenzione e rilassamento,
ma anche di modulare la percezione di stimoli
nocivi e modificare anche l’attività del sistema
nervoso vegetativo. Per tali motivi le frequenze musicali rappresentano anche una efficace
aggiunta terapeutica in varie condizioni mor-
bose, anche in quelle caratterizzate da dolore,
per cui potrebbero definirsi anche frequenze
analgesiche. È il caso di ricordare che sono in
corso studi che stanno dimostrando che
l’ascolto di una qualunque musica, scatena
meccanismi che stimolano il cervello, infatti,
quando siamo allegri ci viene voglia di cantare
e quando viviamo qualche emozione intensa la
musica accompagna il nostro stato d’animo.
La musicoterapia non è nuova, è solo un
rimedio antico tornato di moda. Infatti, già nel
1811, Pietro Lichtenthal, medico tedesco,
scrisse il «Trattato dell’influenza della musica sul
corpo umano e del suo uso in certe malattie». In
realtà pare proprio che la terapia musicale,
lanciata in questi ultimi anni, tragga le sue
radici ancor prima di Cristo, quando Talete,
con il suono di un’arpa, sconfisse la peste e
Aristotele dispensò consigli sulle virtù della
musica come unico rimedio contro i disturbi
psicosomatici.
Ma al di là delle origini, la musicoterapia
viene utilizzata anche come strumento terapeutico nel sostegno psicologico ai bambini
con difficoltà visive, uditive e di parola. Ai
ragazzi autistici fornisce una possibilità in più,
quella di comunicare, mentre ai bambini un
sottofondo musicale leggero può utilmente
“
Peter Lichtenthal nacque a Preßbourg
(l’attuale Bratislava) il 10 maggio 1780.
Laureatosi in medicina all’università di
Vienna, trentenne (1810) si trasferì a Milano
dove ricoprì la carica di censore del regno
Lombardo-Veneto; qui restò fino alla morte,
avvenuta il 18 agosto del 1853. Uomo di
vastissima cultura, pubblicò numerose
opere sia in Austria che in Italia: come compositore spaziò fra i più diversi generi, scrivendo, fra l’altro, 7 balletti per il teatro alla
Scala, musica sacra, orchestrale e da camera. Come teorico non si occupò solo di
musica: oltre al suo Dizionario, a trattati di
armonia, a studi su Mozart e sull’estetica
musicale, scrisse di medicina (con un trattato di musicoterapia), di botanica, di astronomia e di geografia. Negli ultimi anni
della sua vita curò inoltre alcuni almanacchi
editi da Ricordi, a quell’epoca pubblicazioni decisamente di larga tiratura. Durante gli
anni trascorsi a Milano allacciò rapporti con
importanti famiglie cittadine e fu estimatore e promotore della musica di Mozart, coi
cui parenti a Vienna aveva stretto legami
d’amicizia.
”
nostra aggressività, se basso, dà una sensazione di benessere e non danneggia i nostri apparati uditivo, digestivo, cardiocircolatorio e nervoso, particolarmente sensibili agli insulti
sonori.
Buon ascolto, quindi, e ricordate che secondo il filosofo tedesco Immanuel Kant, la musica è anche «un bel gioco di sensazioni per l’udito».
CULTURA
accompagnare i primi giorni di vita, con il
risultato di metterlo subito a contatto con un
linguaggio molto ricco e stimolante e rasserenarlo nella sua quotidiana scoperta del mondo
che lo circonda.
Alcuni decenni fa, una rivista specializzata
pubblicò una tabella a proposito di «Capricci e
prodezze della musicoterapia». In essa si legge
come il jazz, stimolante ed eccitante, aumenta
la concentrazione ed a volte l’aggressività; il
rock ed il “rithm and blues” eccitano, deconcentrano, riducono l’autocontrollo, mentre l’eccesso di volume provoca euforia e a volte violenza incontrollata. “La notte” di Vivaldi, ad esempio, è distensiva, combatte l’insonnia e riduce
sensibilmente le tensioni emotive, l’ansia.
Stessa cosa può dirsi per la musica di Bach,
mentre, ascoltando Mozart, si riduce l’acidità
gastrica e si migliora quindi sensibilmente la
digestione. Il “Bolero” di Ravel eccita, ma su
soggetti psicolabili può anche indurre isterismo, depressione, stati confusionali. Il “Canto
di Primavera” di Mendelssohn, invece, allenta
le tensioni nervose e l’ansia repressa, facilita
l’estroversione e l’ottimismo. E per finire ricordo il “Medical sound”, una sorta di cocktail
composto da suoni naturali mescolati a musicalità primitive e integrato da variazioni elettroniche, che è rasserenante, in molti soggetti
facilita il relax ed il sonno.
Oscar Wilde preferiva la musica di Wagner
perché «È così rumorosa che permette di discorrere
durante il tempo dell’esecuzione,senza che gli altri
possano sentire quello che si dice» (?).
È bene tener presente, invece, che la musica
è pur sempre un rumore e va ascoltata a “giusto volume”, in quanto, se alto, aumenta la
41
CULTURA
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Visto per voi al festival di Cannes
DRAG
ME TO
HELL
di Viviana Rubini
S
am Raimi, grande regista di genere, torna
finalmente ai vecchi amori con un nuovo
horror, dopo i successi de La casa (1982, una
trilogia di culto per gli appassionati), Darkman
(1990) e le tre pellicole su Spiderman (l’ultima del
2007 e ora è in preparazione anche la quarta).
Christine Brown (Alison Lohman) rappresenta
il sogno dell’americano medio, una ragazza acqua
e sapone, attraente, intelligente e ambiziosa, che
lavora in banca al servizio prestiti. Aspira ardentemente a una promozione e per compiacere il suo
capo, decide di negare il mutuo alla signora
Ganush (Lorna Raver), una vecchia e decrepita
zingara che le ha chiesto aiuto. Qui comincia la
sua disavventura: la vecchia le lancia una potente
maledizione e il demone Lamia inizia a perseguitarla per impossessarsi della sua anima. La vita
della ragazza si trasforma in un vero e proprio
inferno, tra ombre sataniche, visioni spaventose,
oggetti animati, vermi, sangue. Christine non
sembra arretrare davanti a nulla per placare la
presenza demoniaca; si mette persino in contatto
con un esorcista indiano e una medium latina.
All’età di cinquant’anni, il regista dimostra di
non aver perso la sua abilità di maestro del genere; il film scorre a ritmo avvincente con un frenetico susseguirsi di eventi, fino al finale a sorpresa.
Prodotto low budget realizzato tra amici (la
sceneggiatura per esempio è del fratello di Raimi),
la pellicola ha il pregio di far paura sul serio e di
essere allo stesso tempo molto ironico, di mescolare spaventi e risate. Si fa poco uso del digitale e
la maggior parte degli effetti speciali è realizzata
con tecniche artigianali.
Presentato fuori concorso allo scorso Festival
di Cannes, Drag me to Hell (alla lettera
“Trascinami all’Inferno”) è il primo horror ai
tempi della crisi e della recessione globale.
Razionalità contro magia, incredulità contro evidenza, affronta problematiche sociali -la paura
degli americani nei confronti del diverso, rappresentato dalle differenti culture che si mescolano
nella storia- ed economiche. Racconta l’avidità e la
mutazione di una persona normale, innocua, che si
rende complice delle peggiori malefatte per colpa
del suo arrivismo e del denaro. Christine infatti,
anche davanti al demone, continua fino alla fine a
rifiutare le proprie responsabilità e a dare la colpa al
suo capo.
Questo film è la dimostrazione di quanto prodotti di genere, spesso purtroppo ancora sottovalutati, riescano a rinnovarsi e a dire tanto, sia artisticamente che politicamente.
I LOVE SHOPPING
Dopo il grande successo di pubblico, è da poco
uscita in dvd una delle commedie più popolari
della passata stagione cinematografica.
Tratto dalla fortunatissima serie di romanzi per
ragazze di Sophie Kinsella e prodotto dalla Disney,
I love shopping racconta dell’irrefrenabile desiderio d’acquisto e il delirante apprendistato di
Rebecca Bloomwood (Isla Fisher), una giornalista
in erba che indossa abiti firmati e che sfoggia sempre un look studiatissimo.
La storia Ë diretta da P. J. Hogan (lo stesso de Il
matrimonio del mio migliore amico) e, a differenza
dei libri, è ambientata a New York, invece che a
Londra. Becky Ë affetta da sindrome di shopping
compulsivo, è dipendente dagli acquisti e continua
a riempire i suoi armadi con abiti, biancheria, scar-
Isla Fisher, interprete femminile di “I love shopping”.
pe e accessori di ogni genere. Vive con una sua
amica, lavora come redattrice di una noiosissima
rivista di economia ed è impelagata dai debiti che
contrae con le sue troppe carte di credito.
Il suo sogno professionale Ë quello di scrivere
per una prestigiosa testata di moda ma si ritrova
invece autrice improvvisata di una rubrica di gran
successo su come gestire i propri risparmi. E’ qui
che incontra Luke (Hugh Dancy), il suo capo redattore e se ne innamora. Braccata da un segugio del
recupero crediti, Becky dovrà quindi cercare di far
fronte alle numerose bugie che Ë costretta a raccontare a Luke, e a non farsi lusingare dai manichini
parlanti e dalle meravigliose vetrine di Manhattan.
Commedia rosa piena d’ottimismo che strizza
l’occhio al ben più riuscito Il diavolo veste Prada e
alla serie tv Sex and the City. Qui però i personaggi
risultano essere superficiali e senza personalità ben
definite; le situazioni non sono abbastanza divertenti da suscitare il riso e l’unica costante resta
l’apatia dello spettatore. Anche se dietro alle avventure frivole di una fashion victim e agli abiti griffati della Fifth Avenue, si celano i sintomi della crisi
globale (nonostante il libro sia stato scritto circa
dieci anni fa).
Il film offre la testimonianza di un’epoca in cui
l’euforia da acquisti è alimentata dalla facilità con
cui si fa scivolare la propria carta di credito. Ma dietro lo shopping frenetico come momentanea cura
contro i malesseri del quotidiano, l’insicurezza e le
carenze d’affetto, potrebbe nascondersi una potenziale soluzione contro la crisi.
CULTURA
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a cura di Michele Carriera
Lunedì 12 Ottobre
Versamento dei contributi relativi al personale domestico.
Versamento dei contributi previdenziali integrativi ai Fondi Negri e Besusso per i dirigenti
commerciali.
Venerdì 16 Ottobre
Versamento delle ritenute alla fonte relative a
redditi di lavoro dipendente e assimilati del mese
precedente.
Liquidazione nonché versamento dell’imposta eventualmente a debito relativa al mese precedente.
Versamento delle quote dell’addizionale
regionale/comunale all’IRPEF, trattenuta sul
reddito di lavoro dipendente/pensione.
Versamento all’INPS da parte dei datori di
lavoro dei contributi previdenziali a favore della
generalità dei lavoratori dipendenti, relativi alle
retribuzioni maturate nel mese precedente.
Invio telematico all’Amministrazione finanziaria dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento
IVA ricevute nel mese precedente.
Termine per il versamento dell’imposta sugli
intrattenimenti del mese precedente.
Martedì 20 Ottobre
Presentazione degli elenchi riepilogativi delle
cessioni e degli acquisti intracomunitari mensili
registrati o soggetti a registrazione.
Lunedì 26 Ottobre
Presentazione della denuncia ENPALS dei
contributi per i lavoratori dello spettacolo.
Consegna al CAF o al professionista abilitato
del modello 730 integrativo.
Sabato 31 Ottobre
Versamento della seconda rata dell’imposta
sostitutiva relativa alla rivalutazione delle partecipazioni societarie e dei terreni non posseduti in
regime d’impresa.
Presentazione degli elenchi riepilogativi delle
cessioni e degli acquisti intracomunitari trimestrali registrati o soggetti a registrazione.
F.I.D.A.
Federazione Italiana Dettaglianti
dell’Alimentazione
Confcommercio della Provincia di Bari
Nella convinzione che, per meglio valorizzare il ruolo del negozio di quartiere come primaria risorsa socio-economica del territorio,
occorra caratterizzare l’attività commerciale
con un migliore e più professionale rapporto
con i consumatori, e in collaborazione con
- L’Unità di Epidemiologia dell’Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano
- L’Associazione di Promozione Sociale
“LaSaluteMelaMangio”
PROMUOVE
a favore dei settori: Ortofrutticolo, Drogherie,
Dettaglio Alimentare, Salumerie-Gastronomie,
Pollame e Rosticcerie, Ittico e Surgelati, Pasta
fresca, Pizza e Dolciumi, un Corso di qualificazione professionale in
“Alimentazione e Cucina naturale”
utile a far conoscere i principi di una corretta e
sana alimentazione, e rivolto esclusivamente
agli operatori del piccolo commercio alimentare, al fine di formare professionalità adeguate a
quelle che sono le nuove esigenze di mercato.
Per informazioni relative a dettagli e modalità per partecipare a questi Corsi, rivolgersi
alla sede della Confcommercio di Bari.
CONFCOMMERCIO INFORMA
Scadenzario
fiscale
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CONFCOMMERCIO INFORMA
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Incontro con gli on.li Carlucci e Baldassarre
I ristoratori protestano
per i balzelli del demanio
di Emanuele Panza
E’
un grave problema quello esposto dai
ristoratori di Terra di Bari agli onorevoli
Gabriella Carlucci e Raffaele Baldassarre
ed all’Assessore Provinciale Matteo Paparella,
durante un incontro svoltosi nella sede della
Confcommercio Provinciale: si tratta dell’aumento
delle tariffe di concessione demaniale per i ristoranti, che passano, per ogni mille metri di costa
concessa, da 3.500 euro annuali ad addirittura
50.000.
Il problema viene da lontano, dall’Unione
Europea che troppo spesso non si rende conto
delle conseguenze che si producono a livello
locale a seguito di una legislazione troppo
generica.
Tale aumento (oltre il 1400%!!) rischia (ma è
una certezza) di affossare i ristoratori che operano in regime di concessione demaniale. Non
così per gli operatori classificati come attività
turistiche; i ristoratori - sostiene il presidente
della Categoria, Francesco Mancini -, in forza
anche della definizione data dall’art. 7 della
legge 27/03/2001, devono essere considerati
operatori turistici e, quindi, esclusi da tale vessatoria imposizione.
In realtà per oltre due
anni c’era stato un difetto di
applicazione
normativa;
oggi, quindi, si rischia di
avere ordini di introito per
il pagamento di un triennio
per circa 150.000 euro per
ogni imprenditore.
E’ sotto gli occhi di tutti
che tale situazione, in un
momento di scarsissima liquidità e di crisi conclamata,
quando tutti riconoscono la
necessità di aiutare le PMI, è
assolutamente insopportabile
per qualsiasi azienda.
Tra l’altro pende sulle
imprese la minaccia di un
mancato rinnovo della licenza, con la conseguenza di per-
dere le strutture che sono state costruite con i propri mezzi ed i propri sacrifici.
La categoria era già d’accordo sull’aumento del
100% delle tariffe che era stato individuato come
corretto e sostenibile anche dalle autorità pubbliche; gli operatori hanno lanciato l’idea di una
moratoria per 12/24 mesi oppure di una dichiarazione autocertificata sul periodo di attività, attestante il carattere turistico dell’impresa, cosa che li
esonererebbe dalla vessazione impositiva.
Sono stati illustrati, agli onorevoli presenti, i
vari emendamenti che nel tempo sono stati presentati e che si sono intrecciati con le vicende delle
leggi finanziarie e non approvati a causa del voto
di fiducia che impediva inserimenti.
E’ stato anche ricordato l’impegno preso dall’attuale ministro per il turismo, Michaela
Brambilla, e dall’On.le Denis Verdini di interessarsi al problema a tutela degli imprenditori e dei
lavoratori impiegati.
Gli appassionati interventi di Ambrosi,
Presidente Provinciale di Confcommercio, di
Mancini e Caizzi, presidenti dei ristoratori e degli
albergatori, di De Marco e di altri imprenditori
hanno convinto Carlucci e Baldassarre ad assicurare
un forte interessamento per porre fine a tale assurda
situazione di grosso pericolo per tanti imprenditori.
Al termine dell’incontro, abbiamo avvicinato i due
parlamentari e l’ass. prov.le Paparella.
Un momento dell’incontro nella sede di Confcommercio: da sinistra si riconoscono Giuseppe Aquilino, Leo Carriera, Alessandro
Ambrosi, l’ass. Matteo Paparella e l’on. Gabriella Carlucci.
“On.le Carlucci, due donne al vertice del Ministero
del Turismo: la Brambilla, ministro, e Lei quale
Presidente dell’Osservatorio del Turismo. Riuscirà la
concretezza femminile a indirizzare la politica sul turismo verso seri investimenti, per far conoscere all’estero
le bellezze naturali, culturali ed artistiche d’Italia e del
Sud in particolare?”
“Purtroppo la modifica costituzionale del 2001
ha trasformato il turismo in materia di competenza
delle regioni, con un conseguente spezzettamento
dell’offerta turistica. Le conseguenze sono che le
grandi masse di turisti - vedi, ad esempio, i ricchi
cinesi, oltre 100 milioni - oggi e nei prossimi anni
sono organizzati dai tour operators tedeschi che li
portano, ovviamente, dove vogliono loro. Il
Governo ha dato un grosso impulso ad un coordinamento nazionale per una promozione unitaria di
tutto ciò che è made in Italy, senza, però, poter
disporre di competenze economiche; il che non ha
permesso di sviluppare un portale unitario “Scegli
l’Italia” che, sulla falsariga di quello francese
“Maison de France”, consentisse di determinare
una comunicazione globale e completa sul “dove,
come e quando” in ambito turistico. Dobbiamo supplire cercando di unificare telematicamente l’offerta
turistica che arriva da tutta Italia in maniera gravemente frammentata.”
“Non ci sono enti statali che dovrebbero porre rimedio a questa mancanza di unità?”
“Esiste l’ENIT (Ente Nazionale Italiano
Turismo) che dovrebbe essere il braccio operativo
del governo, ma, come già detto, esso cozza con le
autonome competenze di regioni e Province.
Inoltre va ricordato che, purtroppo, non esistono
neppure criteri univoci di classificazione dei servizi turistici, il che va, ovviamente, a detrimento di
una chiara omologazione dei servizi stessi.”
“On.le Baldassarre, e l’Europa, come le stelle, sta a
guardare?”
“L’Europa assegna i fondi strutturali alle
regioni, prevedendo importanti risorse per le
aziende turistiche che provvedono ad opere di
restauro degli impianti e di potenziamento
delle infrastrutture. Ma le risorse messe a
disposizione vanno utilizzate. La Puglia ha a
disposizione 8 miliardi dei Fondi strutturali,
ma non ha ancora provveduto a contrattare con
Bruxelles le linee di massima delle impostazioni per l’uso del finanziamento. Mentre le
regioni del Nord hanno da tempo approvato il
Piano di Attuazione regionale, la Puglia lo ha
approvato solo a Maggio 2009 e deve renderlo
operativo entro 5 anni, pena la perdita del
finanziamento. Purtroppo dal 2013 usciremo
dall’Obiettivo 1 per cui questi finanziamenti
sono gli ultimi previsti dalla UE.”
“On.le Carlucci, non Le sembra che si dovrebbe
incentivare il turismo degli anziani, non solo per la
maggiore disponibilità di tempo che essi hanno e per
una particolare propensione a viaggiare, ma anche per
scopi culturali e di assistenza alla terza età?”
“Certamente sarebbe opportuno che proprio le
associazioni di categoria e quelle di patronato si
unissero per ottenere dal governo una forte leva
fiscale che consenta di sviluppare una forma di
I deputati Gabriella Carlucci e Raffaele Baldassarre con, al centro,
Giovanni Mazzone.
turismo, appunto quello degli anziani, che tocca
non solo le strutture ricettive, ma anche quelle culturali e dello spettacolo. Si avrebbe, così, anche la
realizzazione di quella destagionalizzazione dei
flussi turistici che potrebbe rappresentare una
svolta nella politica della sopravvivenza delle
imprese interessate. Su tali obiettivi posso assicurare il mio personale interessamento, così come
certamente anche quello dell’On.le Baldassarre,
per trovare gli strumenti legislativi atti a perseguire questa strada”.
“Dottor Matteo Paparella, Lei in qualità di nuovo
Assessore Provinciale alla Protezione Civile, Polizia
Provinciale e Sicurezza, cosa pensa di fare per i nostri
ristoratori?
“Per quanto riguarda i controlli, che devono
essere fatti soprattutto a tutela degli operatori onesti che ricevono seri danni dalla concorrenza sleale di chi non osserva le regole, verranno effettuati,
ma senza la spettacolarizzazione che, purtroppo,
siamo spesso abituati a vedere. Non c’è bisogno di
entrare nei locali “con i pennacchi e con le armi”,
come cantava De Andrè, e ciò per evitare che la
clientela si spaventi e che si crei un danno di
immagine per le imprese. Per quanto riguarda il
problema emerso nell’incontro di oggi, assicuro il
mio serio interessamento, nei limiti della competenza della Provincia, per contribuire ad una definizione positiva dello stesso”.
Da sinistra: Vito D’Ingeo, Leo Carriera e l’on. Carlucci.
CONFCOMMERCIO INFORMA
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L@ POSTA
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Lettere al
Direttore
a cura di Leo Carriera
Riceviamo dall’Avv. Giuseppe Lovecchio una
nota nella quale, usando il suo solito garbo, ci rimprovera di aver “dimenticato”, nello speciale “Castellana
Grotte” pubblicato nel numero di Giugno del nostro
magazine, la figura di Mario Giodice, storico
Presidente dell’ASCOM di Castellana.
Concordiamo con quanto dice Lovecchio a proposito della storia che “non può essere solo quella del presente, ma deve abbracciare anche quella passata, qualunque sia
il giudizio da dare ai personaggi ed agli eventi”; ma è proprio questo concetto che si discosta dallo spirito degli
“speciali”.
Gli speciali che abbiamo dedicato a Castellana e
Bisceglie e che porteremo avanti anche per altri
Comuni non sono, volutamente, una storia della
Confcommercio locale, ma intendono offrire uno spaccato del Comune nei suoi aspetti culturali, turistici ed
economici tutti intesi in un’ottica attenta al presente e
rivolta alle prospettive future. In tale spirito si inquadra la parte dello speciale relativo all’ASCOM.
Ciò non vuol dire che dimentichiamo le figure
mitiche della Confcommercio dei tempi andati: il
ricordo dell’azione dei Giodice di Castellana, Gallo
di Bisceglie, Caldarola di Ruvo, Loiudice di
Altamura, Esposito di Monopoli e dei tanti imprenditori che hanno dedicato gran parte della loro vita al
servizio di un’idea associativa incarnata dalla
Confcommercio sarà oggetto di un excursus storico
della nostra Associazione che faremo a partire dai
prossimi numeri. E sarà proprio l’Avvocato
Lovecchio, nella duplice veste di protagonista e di
storico, a farci ripercorrere l’ultracinquantennale storia della Confcommercio.
Ci scrivono alcuni ristoratori chiedendoci se l’iniziativa sul bollino di qualità non rischi di diventare
discriminatoria.
La FIPE Confcommercio, Federazione Italiana dei
Pubblici Esercizi, ha comunicato che, a tutela del turismo enogastronomico e dei consumatori, darà vita ad
un marchio per la trasparenza dei prezzi di bar e ristoranti a Roma (e successivamente in tutta Italia). Si tratta di un marchio di trasparenza dei prezzi, da consegnare ai tanti operatori onesti che si rivolgono in
maniera professionale ai clienti, ai quali sarà data la
possibilità, telefonando ad un numero verde, di segnalare eventuali difformità nei comportamenti. Nel caso
di infrazione accertata, le imprese saranno sanzionate
e private del marchio.
L’iniziativa sarà completata da un sistema di conciliazione, in accordo con Federconsumatori, per dirimere le controversie a livello nazionale e per risolvere
le controversie fra turisti e imprese.
Queste iniziative, lungi dall’essere discriminatorie,
tutelano non solo gli utenti, ma anche l’imprenditore
serio e sono modi concreti per affrontare il problema
dell’offerta di qualità che è l’unico modo per contribuire a migliorare l’immagine dell’offerta agli occhi
dei consumatori italiani e stranieri, senza fare uso di
fantasiose Commissioni di vigilanza istituite di recente che sono valide semmai per intervenire su servizi
pubblici scadenti .
Il Dott. Giovanni D’Elia, Commercialista e Consulente del Lavoro di Triggiano, ci chiede se e come sia
possibile una collaborazione tra il professionista e la
Confcommercio.
Sul problema dei rapporti tra Associazione di categoria e professionisti la Confcommercio ha preso netta
e concreta posizione da oltre 15 anni.
Abbiamo ritenuto di non gestire più direttamente,
ma affidandoli a professionisti esterni, servizi di consulenza fiscale o del lavoro, per evitare conflittualità
con chi, invece, può e deve essere un partner privilegiato; il concetto base è che la Confcommercio e gli
Ordini professionali offrono servizi alla medesima
utenza: la Piccola e Media Impresa.
Noi, alle aziende, offriamo servizi di natura sindacale, assistenza contributiva, finanziaria, diamo
voce alle esigenze delle imprese nelle sedi politiche
istituzionali, ma, soprattutto in materia fiscale e del
lavoro, possiamo tutelarle nelle sedi opportune.
Facciamo riferimento alla nostra presenza nelle commissioni di conciliazione e negli osservatori fiscali
provinciali e regionali, ai nostri Enti Bilaterali del
Commercio e del Turismo che, nel rispetto del principio della bilateralità sempre più favorito dalle istituzioni, consentono una serie di servizi quali, ad esempio, quello della certificazione dei contratti di lavoro.
Nel campo sanitario offriamo ai nostri assistiti un
formidabile strumento di tutela quale il Fondo EST
sul quale prossimamente faremo un dettagliato articolo; nel campo della formazione abbiamo un ventaglio di offerte che spaziano dal micro corso per la
sostituzione del libretto sanitario fino all’apprendistato professionalizzante, passando attraverso i corsi
per l’iscrizione alla CCIAA e quelli per la sicurezza
sul lavoro. Alcuni di questi corsi possono essere
anche gratuiti.
Anche nel campo dei finanziamenti, da quelli di
poche migliaia di euro a quelli di più alto livello, possiamo offrire un’assistenza qualificata.
Tutto ciò lo mettiamo al servizio dei consulenti del
lavoro e fiscali e, per il loro tramite, delle imprese da
essi curate. In definitiva, per noi il consulente è un
qualificato terminale che ci mette in contatto con la
nostra base, allargandola e, nel contempo, dandoci
maggiore forza rappresentativa per contare di più
dove è importante contare.
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