EDITORIALE Fiera del Levante: una casa accogliente Pag. 2 Pag. 4 » 6 » 8 di Alessandro Ambrosi POLITICA Job on call di Mauro Portoso Il mondo della “private label” di Michele Carriera Apprendistato, una realtà in trasformazione di Francesco Longobardi NORMATIVA Le pensioni al minimo 2009: occhio ai redditi Pag. 10 a cura di ENASCO TURISMO In copertina: Primo piano sullo storico, bellissimo ingresso monumentale, con le due torri, della Fiera del Levante di Bari, da ottant’anni una delle immagini più significative e diffuse del capoluogo pugliese. Dopo un primo progetto realizzato dall’architetto Saverio Dioguardi, l’ingresso monumentale fu perfezionato e portato a termine dall’architetto Cesare Corradini che aveva disegnato un quartiere fieristico quadrato, con due lati affacciati sull’Adriatico. E l’ing. Vincenzo Rizzi, chiamato a costruire le varie opere, fu puntuale e fedele nell’eseguire la volontà del progettista. Nella prima pianta del quartiere fieristico del Corradini, di fronte all’ingresso monumentale era stata prevista una sorta di pontile dove far attraccare i vaporetti per il trasporto dei visitatori: e in realtà negli anni ’30 funzionava un vaporetto da Bari alla Fiera. L’Ente Fiera ha da tempo sottoposto le sue strutture storiche all’analisi della Soprintendenza regionale che ha ritenuto di vincolare, sulla base del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’Ingresso Monumentale con i due torrioni, i padiglioni 11, 189, 81, 181 oltre alla Fontana Monumentale. Iscritto presso il Tribunale di Bari in data 12/01/2009 - N. 69/2009 del Ruolo generale; N. 51 del Ruolo sezionale; N. 2 del registro stampa La Terra di Bari fra sacro e profano: mieru, mieru, mieru la la Pag. 12 di Vittorio Stagnani Turismo culturale in provincia di Bari: La Pinacoteca provinciale » Gli appuntamenti del mese Anima internazionale, cuore mediterraneo ATTUALITA’ La nuova sfida della DR I termini dell’informatica Evoluzione e finanziarizzazione del settore immobiliare 27 » 28 » 30 di Giovanni Panza e Gabriele Ruggieri Caritas in veritate di Vincenzo Porro ALIMENTAZIONE E SALUTE Pag. 32 di Vittorio Stagnani » 34 a cura di Giovanna Spilotros CULTURA I Romani, le strade, la comunicazione Pag. 36 a cura di Anna Mirabile Storia della CCIAA di Bari: La bella Signora Redazione: Via Amendola 172/c, 70125 Bari Tel. 080/5481110 - Fax 080/5481077 e-mail: [email protected] a cura di Giuseppe Lovecchio La musica, un gioco di sensazioni per l’udito Impaginazione e grafica: Saverio Matarrese [email protected] Drag me to hell La tiratura di questo numero di “Confcommercio magazine” è di 13.000 copie. » a cura di Stefano Lamanna Coordinamento editoriale: EMANUELE PANZA Per le inserzioni pubblicitarie su “CONFCOMMERCIO MAGAZINE” rivolgersi alla redazione, oppure chiamare i segg. numeri: 393.7848124 – 334.3609779, oppure scrivere alla e-mail: [email protected] Pag. 26 a cura della Redazione L’estate sta finendo… Stampa: SEDIT S.r.l. Servizi Editoriali Via delle Orchidee n. 1, 70026 Modugno (BA) Tel. 080.5857439 - Fax 080.5857427 Pag. 20 a cura della Redazione Anno I n. 5 - Settembre 2009 Direttore Responsabile: PANTALEO CARRIERA 19 SPECIALE: “FIERA DEL LEVANTE” La scommessa di Biolfish Editore: Confcommercio della Provincia di Bari legale rappresentante ALESSANDRO AMBROSI » a cura di Stefano Lamanna Rivista mensile di informazione, aggiornamento e cultura a cura della Confcommercio della Provincia di Bari – Distribuzione gratuita Poste Italiane SpA Spedizione in A.P. - 70% DCB S1/BA 15 a cura di Alessandro Fusco » 38 » 40 » 42 » 45 » 46 » 48 di Vittorio Polito di Viviana Rubini CONFCOMMERCIO INFORMA Scadenzario fiscale a cura di Michele Carriera I ristoratori protestano per i balzelli del Demanio di Emanuele Panza L@ POSTA Lettere al Direttore SOMMARIO 1 EDITORIALE 2 Lavoriamo tutti per una Campionaria moderna Fiera del Levante: una casa accogliente di Alessandro Ambrosi C on settembre, eccola puntuale: in città riapre la Fiera del Levante e Bari si ripresenta al suo appuntamento con gli espositori europei e dei Paesi del Mediterraneo. Noi di Confcommercio questa Campionaria la aspettiamo, la studiamo, ci entriamo. In altre parole, vogliamo esserci. E’ anche una “nostra creatura”: vorremmo – ci stiamo lavorando – diventi una realtà sempre più forte al servizio dell’economia del Sud Italia. La collaborazione tra associazioni di categoria, piccole e medie imprese locali e la dirigenza dell’ente Fiera è ormai consolidata. Ma occorre continuare, andare avanti concertando politiche di sviluppo che possano abbracciare tutti gli interessi in gioco. Quelli della Fiera del Levante, delle imprese, dei cittadini. Abbiamo in proposito provato a buttar giù delle regole che a noi appaiono come fondamentali. Sei linee guida che rappresentano una traccia di lavoro su cui impegnarci fin da ora e per i mesi a venire. Ve le sottoponiamo: Veduta aerea del quartiere fieristico. 1) La Fiera deve essere volano di sviluppo anche per l’economia della città e dell’intero territorio regionale. 2) La Fiera deve creare nuove opportunità di espansione per le nostre aziende verso i mercati dell’Est del mondo. 3) Le organizzazioni di categoria, ognuna per la propria competenza e rappresentatività, devono essere partner della Fiera nell’ambito di accordi commerciali con altri Paesi. 4) Dobbiamo creare tutti i presupposti affinché la Fiera del Levante non diventi un, seppur temporaneo, rivale di affari. 5) Bisogna organizzare eventi culturali e di spettacolo in concomitanza con il periodo di Fiera. 6) La Fiera e la Città devono rappresentare un tutt’uno integrato, anche con l’offerta ai visitatori e ai cittadini di manifestazioni che vadano ben oltre i confini della Campionaria: quale, ad esempio, la “Galleria delle Na zioni” in una strada del centro Murattiano. Cominciamo da quest’ultimo punto. Perché ci sono novità interessanti grazie alla collaborazione tra Confcommercio e il presidente dell’Ente Fiera, Cosimo Lacirignola. Il presupposto da cui siamo partiti è che la Campionaria deve essere una vetrina internazionale su Bari, ma anche una vetrina all’interno della città. Da qui a organizzare una notte bianca con attori principali gli espositori della “Gallerie delle Nazioni” e i commercianti, il passo è stato breve. Così via Argiro per una giorno chiuderà alle auto per trasformarsi in un grande mercato multietnico con le saracinesche dei negozi alzate fino a tarda ora: la “Galleria delle Nazioni” barese che porta per strada uno dei padiglioni della Fiera più graditi al pubblico. Certo non basta per ridare vigore e visibilità internazionale alla nostra rassegna. Occorrono sempre nuovi progetti definiti e condivisi per svolgere una politica che attragga investitori e imprenditori. Partendo anche dalla necessità di rilanciare le “piccole” iniziative, quali Expoturismo e la Borsa del turismo, in un quadro di collaborazione con la Fiera del Levante, per definire una programmazione degli eventi che incoraggerebbe flussi di turi- smo e per destagionalizzare la Fiera di settembre e renderla così «icona» di una città capace di internazionalizzarsi. Anche e soprattutto sfruttando, coinvolgendo al meglio le classi dirigenti ed economiche che la rappresentano, affinché i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo possano essere considerati, oggi, finalmente, un unico grande territorio, ideale proseguimento del nostro, tutti cittadini sotto un unico cielo. La Fiera che noi vogliamo è questo e molto altro ancora. E la Fiera del Levante può, a giusta ragione, rappresentare il braccio operativo delle iniziative messe in campo da tutti i soggetti politici, economici e culturali della regione, in una rassegna che, se vuole avere un grande futuro, deve tornare ad esaltare soprattutto il suo «cognome», rilanciando quello «spirito levantino» che tanta fortuna portò a Bari e alla Puglia negli anni d’oro del Novecento. Negli anni in cui la Fiera fu «punto d’incontro tra un popolo e la borghesia levantina». Non più soltanto la Fiera dei soci fondatori baresi (Comune, Provincia e Camera di Commercio). E nemmeno la Fiera allargata alla Regione. Quella che verrà è una Fiera in itinere. Una «Fiera delle merci», ma anche la Fiera delle idee, dei diritti, degli incontri, della convivialità tra Occidente e Oriente: il simbolo di un patto di amicizia tra il Nord e il Sud del mondo. Una «casa» accogliente: la casa dei Balcani, la casa del Mediterraneo, la casa d’Europa, la casa dei pugliesi e di tutti coloro che vogliono fare impresa. Un obiettivo che si potrà raggiungere solo ed esclusivamente attraverso «il gioco di squadra». Perché non ha più alcun senso organizzare una Fiera senza che siano coinvolti tutti i soggetti eco- “ EDITORIALE 3 Anche quest'anno la cerimonia inaugurale della 73esima edizione della Fiera del Levante si svolgerà nell'ampio salone dello"Spazio 7". nomici, sociali, politici, culturali che operano sul territorio. E ancora di più non ha ormai alcun senso organizzare manifestazioni avulse dal contesto nel quale la Fiera vive. Quella che vogliamo e che chiediamo, pronti da piccoli e medi e imprenditori a fare la nostra parte, è una Fiera del Levante innovativa ed ambiziosa modellata sugli standard internazionali, che abbia un forte collegamento col territorio, che possa far conto su infrastrutture adeguate. Perché la Fiera, per vocazione e statuto, si occupa di altre imprese, produce affari, innovazione, scambi, cultura: una rete complessa che sviluppa a livello locale un forte indotto e rappresenta un centro di competitività per l’intero Paese. Un cambiamento che rivoluziona il concetto di «fare fiere» ed i cui risultati positivi potrebbero essere dietro l’angolo. Con l’estate si scongela il pessimismo delle famiglie L’indicatore dei consumi di Confcommercio, da quattro mesi consecutivi fa registrare una significativa attenuazione del segno meno (il crollo non c’è più!), i mercati finanziari sono in ripresa da marzo, il dato della produzione industriale di giugno è positivo, il capitale fiduciario delle famiglie è in ripresa. E allora tutto bene? No, perché contestualmente il Cnel prevede in autunno 500.000 posti di lavoro a rischio. Dov’è la verità? La fase più acuta della crisi si è registrata nel secondo trimestre dell’anno in corso. Questa è una ragionevole certezza sulla quale sia gli Istituti di ricerca che la Comunità internazionale sono d’accordo. Di fronte a noi, dunque, non abbiamo più una prospettiva senza orizzonte, ma un percorso di uscita dalla crisi che sembra delinearsi più precisamente che in passato. Ma qual è la novità rispetto ai mesi bui che speriamo aver lasciato definitivamente alle nostre spalle? E’ il sentimento delle famiglie cioè le loro aspettative e le loro speranze rispetto ai prossimi mesi. Qualche dato ci aiuta a capire: aumentano le famiglie che guardano al futuro con ottimismo, sono il 56% contro il 52% di gennaio, il 18% ritiene che nei prossimi mesi incrementerà le spese, il 71% ritiene di mantenerle sostanzialmente stabili. Insomma, la prudenza di una quota significativa di italiani si sta scongelando perché si rende conto che la febbre alta della crisi è passata e che in questa fase di convalescenza dell’economia italiana si può riprendere il cammino della normalità. Quindi nonostante un terzo degli italiani rimanga ancora in difficoltà o bloccato dal timore che la coda della crisi sia ancora lunga, si percepisce chiaramente che c’è la voglia di tornare a consumare. Per dare una mano e rendere più forte questa spinta naturale che già c’è, la ricetta rimane sempre la stessa e speriamo che il Governo al più presto prenda provvedimenti in questa direzione, più reddito alle famiglie e più credito alle imprese. Questo per uscire il prima possibile dalla crisi e preparare il terreno per una crescita più robusta e duratura. Sergio De Luca Direttore Area Comunicazione e Immagine Confcommercio ” POLITICA 4 La flessibilità come strumento per incoraggiare le assunzioni JOB ON CALL di Mauro Portoso N ella jungla della moderna contrattualistica relativa al mercato del lavoro, sempre più spesso le Aziende e chi cerca lavoro, si trovano a confrontarsi con particolari forme contrattuali. Tra queste il cosiddetto Lavoro a chiamata (dall’inglese “JOB ON CALL”), introdotto nel nostro ordinamento dalla Riforma Biagi con il decreto legislativo 276/2003. Particolare è l’evoluzione storica di questa tipologia contrattuale: abolita dal Governo Prodi (con l’allora Ministro del Lavoro Damiano), è tornata nuovamente a regime con il Governo Berlusconi con il Decreto Legge 112/2008 (con il Ministro Sacconi), all’interno della riforma del mercato del lavoro e l’introduzione del Libro Unico. Ma di cosa parliamo in concreto? Il contratto di lavoro a chiamata (o intermittente) viene definito come quel contratto mediante il quale Il prof. Marco Biagi, autore dell’omonima riforma; in alto, sotto il titolo, Palazzo Chigi, a Roma, sede del Consiglio dei Ministri. un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro che può utilizzare la sua prestazione lavorativa, sia a tempo determinato che indeterminato. Il datore di lavoro può prevedere per il periodo di inutilizzo del lavoratore la cosiddetta indennità di disponibilità: in questo caso il lavoratore è obbligato a rispondere alla chiamata; in caso di mancata previsione dell’indennità di disponibilità non vi è – per contro - obbligo di risposta da parte del lavoratore. Il lavoro a chiamata si configura come una valida alternativa alle assunzioni giornaliere o al lavoro somministrato di breve durata, e consente al datore di lavoro di essere in regola con la normativa e di non vedersi, quindi, applicata la maxi sanzione per il lavoro nero ( da 1.500 a 12. 000 euro + 150 euro al giorno di lavoro effettivo ). Il Governo Berlusconi nell’ottica di questa semplificazione ha reintrodotto questo strumento, visto – invece - dal precedente legislatore come misura per nascondere il lavoro nero. Ma come funziona il contratto di lavoro a chiamata? Il datore di lavoro deve stipulare regolare contratto a tempo determinato o indeterminato e stabilire se è prevista o meno la già citata indennità di disponibilità. Nello stesso contratto deve essere previsto il trattamento retributivo e le modalità di preavviso della chiamata lavorativa che non può essere inferiore ad un giorno. Con la stipula del contratto, il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicazione al Centro per l’impiego tramite il sistema telematico della relativa assunzione. Una volta effettuata tale comunicazione obbligatoria, il datore di lavoro non ha ulteriori obblighi di comunicazione. POLITICA 5 Il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi – al centro della foto – durante una conferenza stampa. Il lavoro a chiamata è ammesso nelle seguenti ipotesi stabilite dalla normativa: Ipotesi Soggettive e Ipotesi Oggettive. Tutte le imprese possono stipulare contratti di lavoro a chiamata per ipotesi soggettive a condizione che le prestazioni siano rese da soggetti con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età anche pensionati. Per ipotesi oggettive si intendono, invece, quelle in cui vi siano particolari esigenze dettate dalla discontinuità del lavoro e le stesse sono individuate dalla contrattazione collettiva, dal ministero del lavoro, o quelle relative alle prestazioni svolte nel fine settimana, vacanze estive, natalizie e pasquali. I contratti collettivi del commercio e turismo non prevedono una particolare disciplina, ma il Ministero del lavoro (Decreto Ministero Lavoro del 23/10/2004 ) è intervenuto con un elenco di attività tra cui rientrano: Camerieri e personale di cucina negli esercizi pubblici; Personale addetto al trasporto di merci; Commessi di negozio nelle città con meno di 50.000 abitanti; Barbieri Parrucchieri – Centri di Estetica; Impiegati di albergo. Questo elenco di attività emanato per sopperire alla contrattazione collettiva deve considerarsi puramente indicativo delle tipologie di attività e, conseguentemente, i divieti e le limitazioni dimensionali non trovano applicazione, in attesa della disciplina contrattuale. Inoltre, in un recente chiarimento ministeriale, è stato disposto che il lavoratore che ha un contratto di lavoro intermittente può essere destinatario della indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, per il periodo di inattività, a condizione che il contratto sia a tempo determinato e non preveda alcuna indennità di disponibilità. Sicuramente è uno strumento vantaggioso per le aziende: le statistiche dimostrano che il contratto di lavoro a chiamata è stato soprattutto utilizzato dalle imprese della ristorazione per i 2/3 ed 1/3 dal settore commercio, con contratti a tempo indeterminato e senza indennità di disponibilità. Semplificando quindi si incoraggia ad assumere! POLITICA 6 Il mondo della “private label” Qualità e convenienza a servizio del consumatore di Michele Carriera E’ forse un effetto della crisi o un naturale processo di crescita, ma la private label è un fenomeno che sta crescendo a ritmi molto elevati, creando qualche preoccupazione ai grandi brand che fino a qualche tempo fa dominavano quasi incontrastati il mercato. Nel giro di pochi anni abbiamo assistito a un crescente interesse degli operatori sulla marca privata. Il fermento ha coinvolto sia l’industria, che ha aumentato il proprio orientamento verso il fenomeno private label, sia la distribuzione, con l’avvio di piani di sviluppo dimensionale delle gamme e di evoluzione più complessiva della gestione del marchio proprio che ne ha evidenziato il ruolo nella strategia commerciale delle insegne. Sia gli operatori nazionali sia quelli posti sotto l’egida di gruppi stranieri presentano, ormai, sui propri scaffali gamme di marche proprie molto ampie, con diverse collocazioni nella scala prezzi e con posizionamenti concettuali estremamente differenziati, tesi a soddisfare altrettanti segmenti di domanda. In altri termini anche in Italia si sta assistendo a quel fenomeno evolutivo che posiziona il ruolo della marca privata come centrale nella politica del distributore. La penetrazione del private label sul mercato dei prodotti di largo consumo non è ancora paragonabile a quella che si registra in Gran Bretagna o in Francia, ma la quote di mercato sulle vendite del private label salgono. Nel 2006 il private label deteneva un modesto 12,6% salito a marzo 2009 al 14,9%: +18% in poco più di due anni. Le private label o marche private, sono prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto-servizio (Distributore). Nel passato erano anche chiamati “white label” (etichette bianche) in quanto la marca offerta da Sainsbury (catena di supermercati inglese) era appunto un’etichetta bianca su cui era scritto il semplice nome del prodotto. Questa tipologia di prodotti, non avendo la componente del costo di marketing tipico dell’industria di marca, permette al distributore di incassare margini più alti, rispetto agli analoghi prodotti di marca, e al consumatore di portare a casa un prodotto di qualità assimilabile a quella di marca a dei costi più contenuti. La caratteristica principale di questi prodotti è il loro prezzo, relativamente più basso rispetto a quello di marche note e pubblicizzate. Tuttavia, questo non deve far pensare ad una scarsa qualità, quasi sempre si tratta di beni di ottima qualità, a volte superiore a quella di marchi più celebri. Il motivo? E’ semplice. Questi beni di consumo vengono prodotti negli stessi stabilimenti dai quali escono i “grandi nomi”. Dunque è ragionevole pensare che in molti casi siano in tutto e per tutto identici ai loro cugini più famosi. Il fatto che costino media- POLITICA 7 Il reparto panetteria di un grande supermercato. mente dal 30 al 50% in meno (con punte che superano addirittura il 70%) è dovuto principalmente al fattore pubblicità. Dal momento che non vengono sostenuti gli elevatissimi costi di realizzazione e messa in onda di uno spot, o di acquisizione di pagine pubblicitarie, questi prodotti possono essere proposti a prezzi decisamente inferiori. Oltre a questo va considerato il fatto che il supermercato spesso chiede una fee d’ingresso alle grandi aziende, sia per essere presenti sugli scaffali, sia per ottenere un posizionamento ben visibile. Prima di comprare quindi, è giusto chiedersi quali siano le componenti del prezzo di vendita: si tratta del valore reale di un prodotto (ingredienti, ricerca e sviluppo, ecc…) o di un valore fittizio (investimenti pubblicitari e di marketing, costo di distribuzione, ecc.)? Il più delle volte la seconda componente incide notevolmente sul prezzo al pubblico. Oggi in Italia tutte le maggiori catene distributive, da Selex a Auchan, da Conad a Esselunga, da Lidl a Coop commercializzano prodotti private label. Non bisogna trascurare il fatto che le diverse catene distributive investono su questi prodotti la propria reputazione, la propria immagine e, quindi, non possono sicuramente permettersi di floppare su questi prodotti. Molti consumatori si sono accorti di ciò ed ecco perché negli ultimi anni la crescita della private label risulta impetuosa. Nel comparto dei private label si contano oggi oltre 1.200 aziende italiane che lavorano stabilmente per le marche commerciali per un giro complessivo di affari legato alla vendita di questi prodotti nelle catene del largo consumo pari a circa 4,4 miliardi di euro. Le referenze sono circa 10mila. In Italia questo fenomeno ha portato ad una presa di coscienza: quella del consumatore maturo che pone in essere scelte di acquisto autonome e intelligenti. Questa è la vera novità. Negli altri Paesi europei, dove la maturità del consumatore era fatto acquisito, la PL ha sovente percentuali doppie rispetto alle nostre. La crescita che noi stiamo vivendo sul comparto non è superiore a quella degli altri Paesi. La vera differenza sta proprio nella presa di coscienza dell’esistenza di un nuovo consumatore. Quindi comprare un prodotto di marca commerciale non deve far pensare che si stia acquistando qualcosa di scarso, né far sentire che, per risparmiare, si stia rinunciando a un “prodotto di marca”. Comprare un prodotto di marca commerciale è una scelta assolutamente valida, sopratutto per combattere i rincari e l’inflazione. La cosa importante da controllare sempre è l’etichetta informativa del prodotto che si sta acquistando, facendo molta attenzione agli ingredienti, al luogo di produzione, ai consigli per la conservazione. POLITICA 8 APPRENDISTATO una realtà in trasformazione di Francesco Longobardi C hi ancora pensa che l’apprendista tipo sia il ragazzo che va “a bottega” da una azienda è fuori strada: il Rapporto di monitoraggio ISFOL sull’apprendistato in Italia nel decennio 1998-2008 fotografa una realtà in crescita e, al tempo stesso, in trasformazione. La crescita: nel periodo monitorato dall’Isfol il numero degli apprendisti è sostanzialmente raddoppiato e l’apprendistato - superando dal 2007 la quota delle 600.000 unità – è arrivato oggi a interessare il 17% degli occupati nella fascia 15-29 anni (un giovane su sei in quella fascia d’età). Dietro il dato di sintesi ecco alcune novità, tra cui proprio la tipologia degli apprendisti e i settori di applicazione del contratto. Alla crescita nel numero degli apprendisti si accompagna una diversificazione del tradizionale target di utenza. Per quanto gli apprendisti continuino prevalentemente a essere in possesso di licenzia media, cresce la percentuale di chi è in possesso di titoli più elevati, come indica il passaggio dallo 0,2% del 2002 al 4,7% del 2007 degli apprendisti laureati. Contemporaneamente si assiste a un’estensione della tipologia contrattuale alle fasce più adulte della popolazione (25 anni e oltre), nello stesso arco temporale le percentuali sono più che raddoppiate: dal 10,2 al 22.4% del totale. Altra novità: l’evoluzione dei settori d’applicazione. L’artigianato, settore principe, pur continuando a occupare un terzo degli apprendisti, sta cedendo il passo al terziario dove si è registrata una progressiva diffusione degli apprendisti fino a rappresentare, nel 2008, il 43,4% del totale degli occupati in apprendistato. Accanto a questi elementi il Rapporto approfondisce alcuni aspetti specifici dell’apprendistato - contratto a causa mista lavoro/formazione - e prende in esame sia il legame tra l’apprendistato e l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione che l’offerta formativa pubblica. Sull’aumento dell’età degli apprendisti e la parallela contrazione nel numero dei più giovani, gioca un ruolo anche la mancanza di regolamentazione della forma di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, ancora “virtuale” tranne l’eccezione di alcune Regioni. Dunque i minori possono essere assunti in apprendistato, ma come contratto di lavoro e solo limitatamente come strumento per assolvere al diritto-dovere, situazione che trova conferma nello scarso numero di apprendisti in obbligo formativo (34.275), solo il 6,5% del totale degli apprendisti occupati (dato 2007). Quanto all’offerta formativa pubblica, le risorse impegnate ammontano a circa 125,6 milioni di euro nel 2006 e a oltre 180 milioni nel 2007, cui è “ 01 Luglio 2009 PRESENTATO ALL’UNIVERSITÀ ROMA TRE IL DECIMO RAPPORTO SULL’APPRENDISTATO L’università della teoria e della conoscenza accademica ospita il sapere che viene dal fare. Siamo nell’aula magna dell’Università Roma Tre (vedi foto sotto il titolo nella pagina a fianco) e ad essere dibattuto da professori, ricercatori ed esperti, è l’apprendistato nelle sue varie forme. Un sistema di formazione e di accompagnamento al lavoro riconosciuto in tutti gli interventi, come uno strumento che merita di essere implementato e sviluppato. Padrone di casa e coordinatore dei lavori, Giampiero Proia ordinario di Diritto del lavoro Sergio Trevisanato, presidente dell’Istituto Isfol dell’Università Roma Tre. L’occasione del dibattito è stata offerta dalla recente uscita del decimo rapporto di monitoraggio sull’apprendistato, realizzato dall’Isfol e presentato nelle due relazioni introduttive di Sergio Trevisanato, presidente dell’Istituto e Sandra D’Agostino, che ha coordinato la ricerca. Nelle pagine del rapporto, l’identikit degli apprendisti di oggi, il quadro attuale dell’occupazione e della formazione, il processo e l’evoluzione delle norme nazionali e regionali nonché delle discipline contrattuali che ne definiscono la cornice. In particolare, nell’intervento di Trevisanato, un richiamo all’apprendistato per il diritto-dovere e apprendistato alto, per illustrarne i ritardi nell’implementazione. Su queste due tipologie di apprendistato, rispettivamente gli interventi di Giuseppe Bertagna ordinario di Scienze dell’informazione dell’Università di Bergamo, che ha caldeggiato il riconoscimento formale delle competenze e dei titoli acquisiti attraverso l’apprendistato dei più giovani che ancora soffre di un forte pregiudizio ‘accademico’. Sull’alto apprendistato l’intervento di Giuditta Alessandrini, ordinario di Pedagogia del lavoro dell’Università di Roma Tre che ha esposto le ragioni che fanno di questa tipologia formativa una forma eccellente di placement. Un alto apprendistato che favorisce la competitività e l’innovazione delle imprese, come ha ricordato Trevisanato, e dunque da sostenere in una fase di crisi come quella attuale. Dopo l’intervento di Pier Antonio Varesi, ordinario di diritto del lavoro dell’Università Cattolica di Piacenza, centrato sulle molteplici sfaccettature giuridiche del contratto di apprendistato e sulla legittimità costituzionale della formazione in azienda, ha chiuso i lavori Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia. Tiraboschi ha illustrato l’intricato intreccio di questioni tecnico-politiche che hanno contribuito a fare dell’apprendistato uno strumento dalle grandi potenzialità che stenta a decollare. “È in gioco l’integrazione tra due mondi, quello dell’apprendimento e quello del lavoro” ha detto Tiraboschi, sottolineando l’importanza della costruzione di reti territoriali e individuando il contratto di apprendistato come contratto unico a tutela progressiva, un contratto subordinato a tempo indeterminato che senza i ‘vincoli’ dell’articolo 18 dello statuto dei lavori, può dare stabilità occupazionale formalizzando l’acquisizione delle competenze attraverso la prosecuzione del contratto. ” corrisposta – nel 2006 - una spesa da parte delle Regioni di circa 114 milioni di euro. Gli interventi formativi organizzati dalle Regioni hanno coinvolto 96.144 apprendisti nel 2006 (il 17,4% del totale degli occupati in apprendistato) e 124.262 nel 2007 (il 20,7%). L’impegno delle Regioni sull’apprendistato si rivela, tuttavia, molto disomogeneo: nel nord-est la quota di formati è pari al 28,9% nel 2006 e sale al 34,9 nel 2007, mentre nel mezzogiorno la stessa quota è pari al 10,3% nel 2006 e scende al 5,1% nell’ultimo anno, al netto delle Regioni i cui dati sono indisponibili. Differenziazione territoriale che vale anche rispetto ad altri indicatori, quali i dati di programmazione, il volume di attività formative organizzate per i tutor aziendali, la quantità di risorse impegnate e spese. Sempre più un “sistema plurale”, dunque, l’apprendistato, così come recita il titolo del X Rapporto, non solo nella tipologia di utenti e nei settori ma anche nella diffusione delle forme di applicazione e nella declinazione del contratto a livello territoriale. POLITICA 9 NORMATIVA 10 Le pensioni al minimo 2009: OCCHIO AI REDDITI a cura di ENASCO D iventano più semplici e basati solo su dati certi i rapporti tra Inps e pensionati che percepiscono prestazioni legate al reddito. E’ questa una delle novità introdotta dalla legge n. 14 di quest’anno, che ha stabilito che, ai fini delle prestazioni collegate al reddito, si tiene conto unicamente del reddito conseguito dal beneficiario e dal coniuge nell’anno solare precedente e non più, come è avvenuto fino al 2008, su quello presunto dell’anno in corso in modo da ridimensionare le erogazioni basate sul criterio del reddito presunto che aveva dato adito a problemi di varia natura. Il calcolo della pensione minima Per capire adesso con quale criterio viene attribuita l’integrazione dobbiamo ricordare anzitutto che l’Inps calcola la pensione sulla base dei versamenti effettuati. Ma se l’importo risulta inferiore al minimo di legge (458,19 euro al mese nel 2009) aggiunge la differenza, cioè una integrazione a totale carico dello Stato. Attenzione però, l’integrazione, che un tempo veniva concessa a chiunque avesse maturato il diritto a pensione, oggi è strettamente legata ai redditi personali per chi vive da solo e a quelli della coppia per chi è coniugato. La legge fissa determinati limiti di reddito che, come si è detto, vengono aggiornati di anno in anno in base al tasso di inflazione (costo della vita pari al 3,3% per il 2009). E anche chi non li supera non è detto che riceva come integrazione la differenza tra la pensione maturata e il trattamento minimo. A seconda del reddito dichiarato può essere assegnata la misura intera o ridotta. Per chiarire meglio vediamo intanto come si presenta la situazione per i pensionati che vivono da soli. Nel 2009 possono contare sul trattamento minimo di 458,19 euro mensili se il loro reddito annuo non supera 5.766,28 euro. Se il reddito extra pensione si colloca tra 5.766,29 euro e 11.532,56 euro l’integrazione spetta in misura ridotta; ad esempio di un pensionato che ha maturato con i soli contributi una pensione di 200 euro al mese e possiede altri redditi (case, altre pensioni ecc..) per 9.000 euro l’anno. In questo caso l’integrazione è di 194,82 euro (11.532,56 – 9.000 : 13) per cui la pensione sarà di 395 euro al mese, inferiore quindi al trattamento minimo. I redditi personali e della coppia Il discorso diventa più complicato per le persone coniugate che devono superare in pratica un doppio sbarramento: quello del reddito personale che deve restare nei limiti sopra indicati e quello della coppia. Quest’anno la situazione si presenta in questi termini: • reddito personale che non supera 5.766,28 euro e reddito della coppia non oltre 17.298,84 euro; in questo caso al pensionato spetta l’integrazione intera e viene quindi garantito il trattamento minimo di 458,19 euro al mese. • reddito personale compreso tra 5.766,28 e 11.532,56 e reddito della coppia compreso tra 17.298,84 e 23.065,12. In questo caso l’integrazione spetta in misura ridotta. La legge stabilisce che l’importo spettante è quello minore risultante dal doppio confronto tra il limite massimo di reddito personale (11.532,56) e quello effettivamente posseduto e tra il limite di reddito della coppia (23.065,12) e quello conseguito. Quali redditi E’ il caso di ricordare che l’Inps considera tutti i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti o tassati alla fonte come gli interessi bancari e postali, i rendimenti da bot e altri titoli. Nel computo rientrano anche le rendite Inail e gli assegni assistenziali. In altre parole bisogna denunciare tutto con la sola eccezione dei redditi provenienti da: • la casa di abitazione; • le pensioni di guerra; • l’assegno di accompagno; • i trattamenti di famiglia; • i sussidi erogati da Enti Pubblici senza carattere di continuità. Nella tabella che si riporta sono sintetizzati i requisiti per ottenere l’integrazione. I CONTRIBUTI 2009 PER I PENSIONATI COLLABORATORI Anche quest’anno le collaborazioni coordinate e continuative per le quali si versano i contributi alla gestione Inps dei lavoratori parasubordinati hanno subito un nuovo rincaro. Dal 1° gennaio è scattato, infatti, il secondo adeguamento, previsto dalla legge n. 247 del 2007, per coloro che svolgono in via esclusiva attività di collaborazione e a progetto. Il contributo per la pensione, che nel 2008 era passato dal 23 al 24%, è salito quest’anno al 25% ed è già in program ma una maggiorazione nella stessa misura per il 2010, quando il prelievo arriverà al 26% dei compensi percepiti. L’aliquota resta ferma al 17% per i pensionati e per coloro che, svolgendo una seconda attività, sono iscritti anche alla gestione separata. Così come indicato in tabella il quadro delle aliquote risulta articolato in tre diverse fasce di contribuzione: • 25,72 per cento (8,34 per cento a carico del lavoratore e 17,40 per cento a carico del committente) per i lavoratori privi di altra copertura. • 17 per cento (5,67 per cento a carico del lavoratore e 11,33 per cento a carico del committente) per i titolari di pensione diretta (vecchiaia, invalidità e anzianità). E’ prevista per la stessa aliquota anche per i pensionati con solo la prestazione di reversibilità. E’ il caso di ricordare che il contributo è dovuto anche da coloro che hanno compiuto il 65° anno di età e continuano a lavorare, a prescindere dal fatto che siano già pensionati o abbiano un’altra copertura previdenziale; • 17 per cento (5,67 per cento a carico del lavoratore e 11,33 per cento a carico del committente) per coloro che versano i contributi contemporaneamente ad un’altra previdenza obbligatoria (sia quale lavoratore dipendente e sia autonomo) e per i prosecutori volontari autorizzati prima del 1996. Va detto che il maggior prelievo imposto dalla legge ha soprattutto lo scopo di garantire pensioni decenti a coloro che non hanno un’altra copertura previdenziale. Con le aliquote precedenti potevano contare infatti su prestazioni davvero povere. Senza contare poi che il maggiore montante contributivo (somma dei versamenti capitalizzati) accumulato può essere utilizzato per una pensione totalizzata da parte di coloro che poi ottengono un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Le nuove aliquote vanno ad incidere ovviamente anche sugli importi della seconda pensione di cui possono beneficare gli iscritti ad altri fondi e i pensionati che continuano a lavorare. NORMATIVA 11 TURISMO 12 La terra di Bari fra sacro e profano mieru, mieru, mieru la la... a cura di Vittorio Stagnani In autunno tante le sagre dedicate all’uva e al vino. In provincia di Bari tra settembre e ottobre bancarelle, onori e coccarde anche a cipolle, olive, funghi e altre leccornie. Il vino e il pane, ammettiamolo, sono i sovrani di tutte le sagre: somo immaginabili pesce azzurro, polpo, castagne, zampina, senza un bicchiere di “triuske”, vale a dire di mieru che più mieru non c’è? Oppure di un bianco o di un rosatello? E’ ammissibile che melanzane, pomodori, peperoni non siano gustati con il pane? In questi giorni è alla vitis vinifera che sono dedicate le attenzioni più interessate in considerazione del fatto che “Mieru , mieru, mieru la là / senza lu mieru nu pozzù campà” (vino, vino la là, senza il vino non posso vivere): è l’inizio di uno dei canti pugliesi più belli sul merum dei latini, cioè dello schietto. Canto immortalato nella musica dal maestro Silvestro Sasso e dalle parole di un ignoto, quanto vivace poeta (salentino?), magari aiutato da libagioni di bianco, rosso, rosatello. Altrimenti come avrebbe potuto asserire di tornare nudo a casa, di consultare masciare (maghe), giocarsi la camicia, di togliersi tutti i pensieri a ogni “bicchieri te mieru ca biu”, tranne l’idea fissa di una tal Pizzicarella che “quannu camini lu piettu te balla”? I dialetti si dissetano con il vino. Meglio se bevuto nelle cantine. Tanti i proverbi, le canzoni, i sonetti che gli sono dedicati, per non dire dei brindisi. La Puglia ne ha... tini pieni. E’ barese un brindisi che fa tanto sorridere: “Vine vinette, si belle e perfette, trase da la vocche e iesse dall’uccellette”. “Mo vène ottobre che l’uva mature,/E bene l’agghje fatte la vennemate,/Agghje na votte de miere friske...” (a ottobre l’uva è matura e nella botte è in fermentazione il vino fresco...): così in dialetto barese la definizione dell’autunno, la stagione delle vigne. E andando per vigneti, cantine sociali, piazze e piazzette di paesi e paesini si hanno più occasioni per gustare i colori autunnali delle vigne, i profumi del mosto, o magari riscoprire il gusto di mangiare un grappolo d’uva colto dal vitigno la mattina presto quando è ancora fresco e ha in gocciole di rugiada i baci della notte. Non troverete più nessuno che pesti l’uva con i piedi: nelle cantine sociali sono in uso moderni impianti di vinificazione che garantiscono igiene e qualità. “In questo periodo, la campagna pugliese vive il suo momento magico per la vendemmia in un tripudio di luci surreali e colori che vanno dal purpureo, al rosso arancio, dal giallo al verdone, al violetto - dice Nicola Roncone, autore di un pregevole Inno a Bacco, edito da Adda - la vite è simbolo di vita solaris. E’ una pianta assetata di luce e di calore tanto che Dante, nel ventiseiesimo canto del Purgatorio, scrisse “...guarda il calor del sol che si fa vino/ giunto all’omor che da la vite cola...” “E’ uomo di cantina” si dice in modo spregiativo di chi non ha voglia di lavorare, preferendo al dovere l’eccessivo bere e trascurando così famiglia e impegni. Questo vale, appunto, per chi non si sa regolare e chi del vino ha fatto il compagno inseparabile della sua esistenza, con conseguenze che tutti conoscono quando, appunto, si eccede in libagioni e non solo. Persino il saluberrimo latte farebbe male bevendone due litri il giorno. O il pane, se ne mangiassimo quotidianamente cinque chili. Lo stesso vale per il vino che è sì una bevanda alcolica, ma è anche, se non soprattutto, un alimento: considerato sotto quest’aspetto il vino fa bene, se bevuto senza alzare troppo il gomito, altrimenti... Per i morigerati l’essere definiti uomini di cantina (ormai con questa s’intende più quella delle cooperative dove si vinifica) diventa un complimento specie se con i calici di bianchi, rossi, rosati e rosatelli ci si ricollega ad avvenimenti culturali, sociali e turistici. Già, proprio così: seguendo gli effluvi di mosto, di gusti e retrogusti dei vini d’Italia ecco che, inebriati dal nettare di Bacco, si scoprirono tanti paesi, monumenti, gallerie, musei, poco conosciuti. E allora, che bello essere uomo di cantina! L’uva va ricordata in allegria sapendo quanto quest’antico frutto, e a grappoli e in bottiglia, sia salutare come pochi per le sostanze che contiene. Ogni chicco è una farmacia, ogni grappolo “Riscalda i freddolosi, rianima gli esausti, nutre gli emaciati, risveglia gli ingegni sonnolenti, crea artisti e poeti, rallegra i malinconici, spiana la collera ai biliosi...”, sosteneva l’umanista Laguna. Ormai è accertato che il vino rosso, sempre se bevuto con moderazione, previene le malattie cardio circolatorie. Per questo è da prendere in seria considerazione il consiglio di tal Logroscino, speziale (farmacista) barese: “Lascia cianciar li medici che al vin pongon il veto, poscia se lo trincan contro ogni lor divieto”. Perciò brindiamo al vino: “Viva a Noé/Gran Patriarche/ca fu salvate ind’all’Arche/velite sapé percè?/Percé fu l’autore/ de cusse liquore/ ca scacce i brutte penzière/e mette l’allegrie...” O se preferite cantiamo con Nicolavitus de Paschale, trovatore barese del Duecento: “Vinum, vinum, te divinum, fontem veri jubili...” Il primo sorso di vino che sia stato ingollato da un umano s’è perso nelle tenebre della preistoria e TURISMO 13 per i cronisti è un vero peccato. La storia del vino, infatti, è inseparabile da quella dell’uomo. Se sapessimo come bevevano i nostri più remoti antenati, conosceremmo assai più a fondo le peripezie dell’evoluzione umana. La prima bevanda alcolica fu, senza dubbio, una sorta di vino e ognuno sa che questo potente catalizzatore delle emozioni ha più d’una volta modificato il corso della storia”. (Vini del Mondo -Mondadori). “Per te tra breve/ questi grappoli lividi/ l’autunno variopinto/ accenderà di porpora”. Versi del lucano Orazio, nati dall’ispirazione avuta dallo I VINI DELLE MURGE Le Murge rappresentano un territorio eterogeneo che si esprime in una pluralità di paesaggi e di sapori che nascono da una terra generosa. Ai piedi di Castel del Monte, terreni rocciosi ricchi di vegetazione spontanea e strisce di campi coltivati contrastano apparentemente con i boschi di querce e le pinete dell’Alta Murgia. E’ questo il regno del nero di Troia, il vitigno che accomuna ben tre Doc del Nord-barese, dando vita a vini di buona struttura che si prestano al lungo invecchiamento. Molto diffusi in questa zona anche aglianico, bombino bianco, bombino nero, montepulciano e pampanuto. Più regolare, invece, il paesaggio della Murgia Adriatica, nel cui territorio si coltiva il pregiato moscato di Trani, detto anche moscato reale. Verdeggiante il panorama della Bassa Murgia, dove i produttori di Gioia del Colle contendono alla città di Manduria il “primato” per il primitivo. Sorprendenti architetture fra lame, doline, gravine e grotte naturali, frutto del lento scorrere sotterraneo delle acque che caratterizzano l’affascinante territorio della Murgia delle Gravine. Ottimi vini bianchi nascono in questi luoghi in cui primeggiano bianco d’Alessano, greco di tufo e verdeca. TURISMO 14 SAGRE E FESTE FRA SETTEMBRE E OTTOBRE • 03 Settembre - NOCI A San Rocco che ragù • inizio Settembre - BARLETTA Rievocazione della Disfida • 07 Settembre - ACQUAVIVA DELLE FONTI Lancio della mongolfiera • 14/15 Settembre - RUTIGLIANO Festa del Crocifisso • 16-18 Settembre - GRAVINA IN PUGLIA Raduno int. Dei Cortei Storici Medievali • 8 Settembre - MOLFETTA Festa di Maria Santissima dei Martiri • Settembre - POLIGNANO A MARE Tavolata degli Involtini e della Carne Arrosto • Settembre - RUTIGLIANO Sagra dell’Uva • Settembre - SAMMICHELE Sagra della Zampina, del Bocconcino e del Buon Vino • 29 Settembre – NOCI Fungo in Festa • Settembre - SANTERAMO IN COLLE Passeggiata Ciclo-Agroturistica e Sagra dei Prodotti Tipici • Settembre - CASSANO DELLE MURGE Mestieri e Tradizioni in Piazza • Ottobre - ACQUAVIVA DELLE FONTI Sagra del Calzone di Cipolla • Ottobre - ADELFIA Sagra dell’Uva • Ottobre - BITONTO Sagra dell’Uva • Ottobre - POGGIORSINI Sagra del Fungo Cardoncello • Ottobre - PUTIGNANO Sagra del Fungo di Bosco • Ottobre - PUTIGNANO Sagra della Braciola e della Farinella • Ottobre - SANNICANDRO DI BARI Sagra delle Olive e dell’Olio • Ottobre - CASSANO DELLE MURGE Festa della vendemmia e del primitivo Barletta, cortile del castello: un momento della annuale rievocazione della Disfida. spettacolo delle vigne in questa stagione di vendemmia e di mosto. E con Orazio tanti altri poeti sono stati presi dai colori e dagli effluvi della Vitis vinefera (questo il suo nome scientifico): Virgilio, Neruda, Pound, Bertolucci. Persino il “pessimista”, moralista e malaticcio Giacomo Leoparadi non fu indenne dalle malizie del vino. Leopardi non era astemio e apprezzava soprattutto i vini marchigiani. Da come canta il vino nello Zibaldone è ritenuto il “più bacchico tra i letterati del suo tempo”. Infatti, Leopardi riteneva il vino capace di dare lucidità alla mente e di stimolare l’immaginazione anche quando dà sopore poiché allontana dall’uomo “la coscienza della propria finitudine e infelicità”. Prima di Leopardi, Parini fa stare sulla mensa del “giovin signore” vini di pregio. Verga nei Malavoglia ricorre spesso al forte significato di pane e vino per i suoi personaggi sempre così poveri. Carducci con “Ma per le vie del borgo / dal ribollir dei tini/ va l’aspro odor de i vini/ l’anime a rallegrar”, eleva il vino a dignità suprema. Per contro - incredibile, ma vero - non amava il vino quel libertino, trasgressore geniale di Gabriele d’Annunzio. Però ne parla anche lui spesso nelle sue opere come indispensabile compagno per le classi povere, così come lo fa bere a personaggi mondani o mitologici. Turismo culturale in provincia di Bari La Pinacoteca Provinciale a cura di Alessandro Fusco C ome ogni grande città, anche Bari è ricca di importanti istituzioni museali. La più importante è senza dubbio la Pinacoteca Provinciale, di istituzione relativamente recente. Essa nacque infatti ufficialmente nel 1928, dalla confluenza dei dipinti già conservati nella piccola pinacoteca annessa al Museo Provinciale, qui pervenuti dopo la soppressione dei monasteri nella seconda metà dell’800; di altri dipinti ceduti a titolo di deposito da chiese e conventi pugliesi e di opere ottenute in prestito dalle Gallerie Nazionali di Napoli e di Roma. Sede della Pinacoteca erano, all’epoca, alcune salette del Palazzo del Governo, già convento di San Domenico, in corso Vittorio Emanuele. Qui la raccolta rimase sino al 1936, quando fu trasferita nel nuovo palazzo della Provincia, eretto su progetto dell’ing. Luigi Baffa, dove ad essa fu destinato l’intero terzo piano per farne il “salotto dell’Amministrazione Provinciale di Bari”. Nel frattempo la raccolta era venuta arricchendosi con depositi, acquisizioni e donazioni. Particolarmente ampliata risultava la sezione dell’800, grazie soprattutto alle donazioni di Riccardo Ferrara, Damaso Bianchi ed Enrico Castellaneta e ad alcuni fortunati acquisti. Nonostante il trasferimento nella nuova sede, ampia e dignitosa, le sorti della Pinacoteca rimasero comunque lontane dalla vita culturale della città: tale separatezza ne causò a poco a poco la decadenza, sino al quasi completo abbandono della fine degli anni ’50. La rinascita della Pinacoteca e la nuova sistemazione, che dura sostanzialmente ancora oggi, si collocano mella seconda metà degli anni ’60, quando si rinunciò coraggiosamente a tutti i dipinti già ottenuti in prestito dalle Gallerie Nazionali – che non avevano alcuna attinenza con la vicenda artistica pugliese – e si decise di compensare tali perdite con altri depositi più pertinenti, che hanno conferito alla raccolta una fisionomia più spiccatamente regionale. Dopo la grande mostra dell’arte in Puglia dal Tardoantico al Rococò – tenutasi in Pinacoteca nel 1964 -, che fu preceduta da una sistematica ricognizione dell’arte pugliese su tutto il territorio per un amplissimo arco cronologico (VI-XVIII secolo), si ottennero in deposito dalla Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie della Puglia anche alcune interessanti sculture che si aggiunsero alle poche già in Pinacoteca. TURISMO 15 TURISMO 16 Dal 25 a 27 Settembre l’ottava edizione I DIALOGHI DI TRANI Anche quest’anno si svolgerà, dal 25 al 27 settembre, presso il Castello Svevo di Trani, la manifestazione “I Dialoghi di Trani”. Giunta alla sua VIII edizione, l’iniziativa è promossa dalla Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo in collaborazione con l’Associazione culturale “La Maria del Porto”, e sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica: i Dialoghi rappresentano un’occasione unica per discutere assieme ai protagonisti della scena politica, sociale, economica e culturale del nostro Paese ed internazionale, delle questioni più significative della nostra contemporaneità. L’obiettivo è quello di offrire nuovi elementi di riflessione e dare il proprio contributo per abbattere i tanti muri e le sovrastrutture che ci dividono e costruire ponti infiniti per raggiungere sensibilità e saperi differenti e lontani. L’idea è quella di avvicinare autori e lettori, comunicatori e cittadini, docenti e studenti, di farli incontrare e “dialogare” nel Castello, come un tempo avveniva nell’agorà della polis e nei luoghi della socialità, per scambiarsi e tramandarsi saperi: dunque, alimentare il dialogo, perché – come ricordava il filosofo Lévinas - “l’uomo è un’esistenza che parla”. Scopo del dialogo, dunque, deve essere la reciproca comprensione e scopo della comprensione il reciproco avvicinamento. E soprattutto in tempi dominati dalla paura e dal pregiudizio, comprensione ed avvicinamento si perseguono sulla via della conoscenza. Una sala della Pinacoteca Provinciale. Così come si presenta attualmente, la Pinacoteca Provinciale di Bari fornisce un’ampia documentazione dell’arte pugliese o in relazione con la Puglia dall’XI al XIX secolo. Il materiale esposto comprende una sezione medievale (sculture dei secc. XI-XIV, icone e affreschi pugliesi dei secc. XII-XIV); dipinti veneti dei secc. XV-XVI provenienti da chiese della regione (Antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto); pittura pugliese dei secc. XV-XVII e napoletana o di scuola napoletana dei secc. XVIIXVIII con opere di Paolo Finoglio, del Maestro degli Annunci, di Cesare Fracanzano, Andrea Vaccaro, Il tema che sarà affrontato dai dialoganti in questa edizione è “CO-SCIENZA E DEMOCRAZIA”. Luciano Canfora, Pietro Greco, Serge Latouche, Gilberto Corbellini, Fernando Savater, Michael I. Norton, Piergiorgio Odifreddi, Maria Pace Ottieri, Angelo Mellone, Sylvie Menard, Paolo Flores d’Arcais, Beppino Englaro, Armando Massarenti, Sanjit Bunker Roy, Piero Dorfles e Giorgio Zanchini, si interrogheranno sul rapporto tra scienza e democrazia, libertà e ricerca, scienza e letteratura, comunicazione e informazione, ma anche su ambiente ed economia. Ai dibattiti si alterneranno pregevoli momenti di arte e teatro, musica e impegno, con il laboratorio di scrittura creativa tenuto dalla Scuola “Omero” di Roma. Dato il successo di pubblico e il consenso riscosso tra i protagonisti nel corso delle precedenti edizioni, i “Dialoghi di Trani” si confermano un appuntamento culturale di primo piano e di sicuro interesse a livello nazionale, a cui scrittori emergenti e non guardano con particolare attenzione. Giovanni Fattori: “Il ritorno della cavalleria” Al Castello Svevo di Bari sino al 25 ottobre 2009 SANTI SULL’ADRIATICO La Mostra “Santi sull’Adriatico”, a meno di un anno dalla conclusione del progetto “Cooperation @nd cultural heritage” nell’ambito dell’ Interreg Italia-Albania, che ha visto la messa in rete di parte del patrimonio museale di alcune delle più importanti sedi espositive albanesi e pugliesi, si offre come nuova importante occasione di “incontro” di culture. La Mostra è nata all’interno di una progettualità condivisa con la Regione Marche, la Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, in collaborazione con il Ministero Albanese del Turismo, Cultura, Gioventù e dello Sport, il Museo Nazionale Onufri di Berat, il Museo di Arte Medioevale di Korçe, la Soprintendenza BSAE della Puglia, la Soprintendenza BAP per le Province di Bari e Foggia, la Soprintendenza BAP per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, il Segretariato Generale IAI (Iniziativa Adriatico Ionica), Ancona, il CIASU (Centro Internazionale Alti Studi Universitari), ente attuatore Innovapuglia. L’evento espositivo si inserisce come sub-progetto nell’APQ “Programma di sostegno alla Cooperazione Regionale Balcani Occidentali” - Linea 2.4 Dialogo e Cultura “Infrastrutture Culturali & Territori” - ed offre l’occasione per mettere in evidenza la rete di rapporti che, attraverso il mare, ha contribuito alla formazione di un linguaggio artistico che traduce il sentimento religioso dei popoli dell’Adriatico. Bizantina culturalmente oltre il limite storico dell’XI secolo, la Puglia è collegata da relazioni culturali che portarono ad influenze reciproche nell’espressione artistica. Sessanta le opere presentate, con un percorso espositivo articolato in cinque sezioni, che documentano le origini della circolazione iconica in Adriatico dal XIII al XV secolo, la scuola di Onufri e comprendono icone dei Musei Albanesi di Berat e Korce (soprattutto di età post bizantina), per la maggior parte inedite al pubblico occidentale, particolarmente importanti per testimoniare la circolazione iconografica nel basso Adriatico dal XV al XIX secolo. A confronto con le icone provenienti dalle sedi espositive albanesi è stato inserito un nucleo di icone coeve provenienti dai musei pugliesi di Brindisi (Museo Archeologico Ribezzo), Lecce (Museo Provinciale), Museo Galleria Nazionale Devanna di Bitonto (BA) e dal Castello di Copertino (LE). La Mostra è ospitata nelle sale «Angioina» e «Bona Sforza» del Castello Svevo di Bari, sede della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bari e Foggia. “ Luca Giordano, Nicola Malinconico, Paolo de Mattesis, Francesco de Mura, Lorenzo de Caro e Giuseppe Bonito; un prezioso nucleo di dipinti di Corrado Giaquinto; una notevole raccolta di pittura napoletana e meridionale dell’Ottocento (Celentano, Morelli, Boldini, De Nittis, Netti, Patini); maiolica pugliese dei secc. XVII-XVIII e presepi napoletani del Settecento e abbigliamento d’epoca. Dal marzo 1987 la Pinacoteca di Bari si è arricchita ufficialmente di un’importante collezione donata dall’ing. Luigi Grieco: cinquanta importanti dipinti dell’Ottocento e primo Novecento. La raccolta ottocentesca si articola attorno a due nuclei principali: i macchiaioli toscani (presenti quasi al completo ad eccezione di Cecioni), un piccolo gruppo di dipinti di pittori meridionali di formazione napoletana (De Nittis, Palizzi, Toma, Mancini), nonché pochi dipinti veneti e un Cremona. Nell’eccezionale nucleo macchiaiolo spiccano quattro dipinti di Giovanni Fattori (su tutti bellissimo “Il ritorno della cavalleria”), quattro di Silvestro Lega, tre di Giuseppe Abbati. Di grande pregio anche i dipinti del Novecento, dove prevalgono i paesaggi e le vedute, con opere di Morbelli, Viani, de Pisis, Mafai, Morandi, Casorati, Campigli, Carrà, De Chirico, Rosai e Spadini. Inoltre è stato incrementato l’acquisto di opere d’arte contemporanea. Icona della sezione medievale della Pinacoteca. TURISMO 17 Gli appuntamenti del mese a cura di Stefano Lamanna Il Curci di Barletta apre con Gino Paoli Ottobre è il mese della nuova stagione teatrale del Teatro Piccinni, ma altresì di richiamo sono le date dei concerti di 2 delle più belle voci del panorama italiano: Renato Zero e Gino Paoli. Nel frattempo prosegue e si conclude la bellissima mostra “Santi sull’Adriatico” presso il castello Svevo di Bari (leggi a pag. 17). a Bari l’8 e 9 ottobre 2009 MANCA SOLO LA DOMENICA Presso l’Auditorium La Vallisa di Bari, l’attrice e regista Licia Maglietta porta in scena una figura insieme mitica e reale, che incarna l’esuberanza della vita, restituita non senza amarezza ma con sguardo sorridente e commosso. Una nuova tappa di un percorso che da qualche tempo ne indirizza la ricerca sulle possibilità di incarnare sul palcoscenico figure femminili mediate dalla grande letteratura d’ogni tempo e nazionalità. Donne scelte per la forza e l’intensità con cui le pagine ne restituiscono tratti e carattere, come nel caso di Borina, la protagonista della pièce in scena per la prima della nuova stagione del Teatro Pubblico Pugliese. a Barletta il 20 ottobre 2009 RENATO ZERO in concerto Seconda tappa del tour “Zeronovetour” 2009. Renato Zero presenta dal vivo in concerto le 17 canzoni del suo nuovo Cd “Presente”, oltre ai suoi più grandi successi di sempre. a Bari dal 21 al 25 ottobre 2009 MOLTO RUMORE PER NULLA Gabriele Lavia porta in scena uno dei capolavori del teatro di Shakespeare. Una commedia frizzante in cui il noto attore/regista si circonda di una ventina di giovani, del suo laboratorio teatrale, per mettere in scena, con la coralità che contraddistingue quest’opera shakesperiana, le storie dei protagonisti Leonato, Claudio, Ero, Beatrice e Benedetto. Una commedia che riassume alcuni dei contenuti chiave dell’universo shakespeariano: il dilemma esistenziale tra l’essere e l’apparire, il tema del doppio, dello specchio, della maschera. Uno spettacolo che attraverso una rappresentazione apparentemente giocosa e spensierata giunge a toccare le basi ontologiche dell’essere umano. Al Teatro Piccinni di Bari. a Bari dal 21 al 25 ottobre 2009 SALA GIUSEPPINA DEL KURSAAL SANTALUCIA Doppio appuntamento per gli amanti della musica da camera. Alle ore 19 DUO PIANISTICO FERRARI - FORTUNATO con musiche di J. Brahms, M. Ravel, I. Strawinsky. A seguire, alle ore 21 circa, PICCINNIENSEMBLE. Direttore musicale, Valfrido Ferrari. Regia, scene e costumi di Giovanni Caruso. In collaborazione con “Teatro dei Limoni”. I. Stravinsckij: “Histoire du Soldat” a Barletta il 31 ottobre 2009 GINO PAOLI in concerto Per inaugurare la nuova stagione teatrale 2009-2010 del Teatro Curci di Barletta CapoVolti ad Arte. “Storie” nuovo album del cantautore genovese che ci racconta, appunto, dodici storie, tanto visionarie quanto vere. Naturalmente non potranno mancare i successi di sempre che hanno segnato la musica italiana dagli anni ‘60 ad oggi. TURISMO 19 SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE” CRONACA 20 Da ottant’anni Fiera di prodotti e idee Cuore di Bari e del Mezzogiorno a cura della Redazione O ttant’anni sono trascorsi da quando, con R.D. 3 ottobre 1929, n. 1874, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 novembre 1929, veniva giuridicamente riconosciuto lo Statuto dell’Ente Fiera del Levante, nato da un’idea del Presidente della Camera di Commercio di Bari, Antonio De Tullio, e su iniziativa del Comune di Bari, dell’Amministrazione Provinciale e dello stesso Ente Camerale. La prima edizione della Fiera del Levante Campionaria Internazionale - si svolse nel 1930. La rassegna ha continuato a svolgersi puntualmente a settembre di ogni anno, con la sola interruzione degli anni della seconda guerra mondiale dal 1940 al 1946. Bari, settembre 1949: il primo Presidente della Repubblica Italia, Luigi Einaudi (secondo da destra) inaugura la Campionaria barese. In alto, sotto il titolo, l’ingresso orientale della Fiera del Levante. Ripercorrere – sia pure per grandi linee - le tappe di questi ottant’anni è assolutamente interessante oltre che utile, in quanto serve anche a capire lo sviluppo della Città di cui quell’Ente divenne il simbolo più significativo. 6 Settembre 1930. In una città di operosa tradizione mercantile viene inaugurata la prima edizione di una fiera che non si chiama Fiera di Bari ma “del Levante”, per indicare subito le sue aperture ai problemi di sviluppo. D’altronde sin dall’inizio e già nella mente del suo propugnatore, i suoi principali intenti erano di avviare scambi commerciali col vicino Oriente, compito questo al quale solo Bari – vera testa di ponte verso l’Oriente – poteva compiutamente corrispondere; nonché valorizzare e far meglio conoscere l’attività produttiva del Mezzogiorno d’Italia e della Puglia in particolare nel campo industriale, commerciale e agricolo. Settembre 1947. Finita la guerra, la Fiera riapre ed è qui che si elaborano le idee di una politica di sviluppo più accelerato del Mezzogiorno, per portarlo al livello di crescita italiano ed europeo. Due anni dopo, il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi firmava il decreto di nomina a Presidente della Fiera del Levante del prof. Nicola Tridente, il cui nome sarà legato indissolubilmente alla rinascita ed allo sviluppo della Campionaria barese fino al 1962, anno della sua morte. Febbraio 1969. Parte anche per la Fiera l’era della specializzazione, contemporaneamente all’adesione all’Union des Foires Internazionales: Macef Levante, Mobilevante e Sachia arricchiscono il calendario annuale dell’Ente e fanno di Bari la seconda piazza fieristica italiana in assoluto e la principale interlocutrice del nuovo sviluppo del Sud. Bari, settembre 2006: il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la sua visita alla 70esima Fiera del Levante; lo accompagnano il Prefetto di Bari Carlo Schilardi (alla sua destra), il Pres. della Regione Puglia, Niki Vendola, ed il sindaco di Bari, Michele Emiliano (alla sua sinistra). Nel 1971 la Fiera dà vita ad una nuova mostra specializzata, l’Expo Sport Levante, che va ad aggiungersi all’elenco delle fiere già esistenti a corollario della Campionaria generale di settembre. Mercati e idee per il Mezzogiorno, il Mediterraneo e l’Europa, dunque: la sfida della Fiera si proietta con forza sullo scacchiere economico internazionale per promuovere strategie di espansione produttive e di libera circolazione di uomini e merci, anche in vista del traguardo del 1992, che deve costituire l’occasione per il definitivo inserimento delle regioni meridionali nel contesto comunitario. L’appuntamento che prima era solo per settembre si allarga, dunque, ad una serie sempre più articolata di manifestazioni che toccano settori essenziali per la crescita del mercato meridionale, dall’agricoltura all’edilizia, dal turismo all’informatica. La Fiera si propone così, da un lato, di coordinare la domanda e l’offerta di beni d’investimento e strumentali allo sviluppo dei principali settori economici; dall’altro, essa mira a stimolare la produzione e la domanda di nuovi prodotti. Work in progress, quello della Fiera del Levante che, alla vigilia della sua 73ma edizione si conferma e si rilancia come il più vitale e proficuo luogo d’incontri e di scambi tra l’Occidente industrializzato e i Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del vicino e Medio Oriente e del Terzo Mondo, proiettato sul mercato con tre connotazioni particolari: quella di sottolineare vocazioni e capacità dell’imprenditorialità meridionale guardando ai nuovi traguardi europei; quella di mettere in evidenza la ripresa dell’impegno pubblico e privato a sostegno dell’ulteriore sviluppo del Mezzogiorno; ed infine quella di far conoscere al mercato meridionale e mediterraneo le nuove produzioni internazionali utili ad accelerarne la crescita. Continuando ad essere, contemporaneamente, non solo una struttura di promozione mercantile, ma anche un vero e proprio osservatorio economico, attraverso il quale si misurano gli obiettivi di sviluppo secondo le risorse, i tempi, le congiunture che l’economia vive. Fiera di prodotti, dunque, ma anche, soprattutto e sempre più Fiera di idee, nel cuore di un’area geografica che resta fra le più strategiche per i traffici internazionali. FIERA DEL LEVANTE Il Consiglio Generale DOTT. COSIMO LACIRIGNOLA Presidente in rappresentanza del Comune di Bari PROF. ANTONIO CIUFFREDA Vice Presidente DOTT. VITO MICHETTI ING. ANTONIO PALUMBO in rappresentanza della Provincia di Bari DOTT. GIUSEPPE BRANCACCIO AVV. PAOLO MAZZONE DOTT. GIUSEPPE CASCELLA in rappresentanza della Regione Puglia AVV. PAOLO NITTI PROF.SSA MARIAFARA FAVIA AVV. SANTE STEFANELLI in rappresentanza della Cam. Comm. I.A.A. di Bari ON. DOTT. ANTONIO LAFORGIA DOTT. SILVIO PANARO DOTT. MARIO RUBINO *** Segretario Generale Dott. RICCARDO ROLLI Da sinistra: il pres. della Fiera, Lacirignola, con il sindaco di Bari, Emiliano, ed il vice pres. Ciuffreda. SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE” 21 22 A colloquio con il Presidente Lacirignola “Hic manebimus optime” D inanzi agli uffici direzionali della Fiera del Levante sorge un grande cantiere sulla cui recinzione spiccano cartelli con il medesimo slogan “Stiamo costruendo la Fiera del futuro”. Ma quale sarà il futuro della Fiera del levante? Lo chiediamo al presidente Cosimo Lacirignola che ci accoglie con estrema cortesia, da gentleman inglese, e subito ci proietta in una visione geoeconomica di ampio respiro che dimostra la sua profonda convinzione circa le reali potenzialità della Fiera. “Il mondo economico sta cambiando ed anche in fretta: se prima le rotte commerciali erano quelle atlantiche che si muovevano dall’America verso l’Europa e facevano scalo a Rotterdam, il più grande hub portuale dell’Europa, oggi entrano in ballo giganti come Cina ed India che arrivano, tramite Suez, nel Mediterraneo. Dobbiamo far trovare qui da noi gli snodi commerciali catturando i flussi economici che essi sono in grado di movimentare. Non possiamo, non dobbiamo limitarci a guardare il cambiamento, ma dobbiamo cavalcarlo o qualcun altro lo farà al posto nostro. Per fare ciò dobbiamo superare il nostro grave, atavico handicap: quello di non essere capaci di unirci e fare sistema. Bisogna unirsi con le Università, con i centri attivi e con le forze sociali vincendo la battaglia per l’unità e l’aggregazione. Le nuove strategie devono essere quelle della filiera; quindi non solo Fiera del Levante, ma pluralità di attori.” Quindi, Presidente, la Fiera come modo di sentire il territorio, aggregarlo e svilupparlo? “E’ esattamente questo il concetto che ritengo debba presiedere alle azioni future della Fiera: lo stiamo facendo lavorando non da soli, ma creando alleanze strategiche con le grandi Fiere, in primis con l’Expo 2015; stiamo creando un grande Centro Congressi per il quale, entro quest’anno, contiamo di firmare l’accordo di programma e ci stiamo organizzando per esternalizzare le nostre attività (come previsto dalla legge regionale sulle fiere) all’interno di una Fondazione che promuova, regoli ed organizzi gli eventi. Insomma, lavoriamo, tutti, per un Sud protagonista, costretto a diventarlo, proiettato oltre l’Obiettivo 1 che è ormai in scadenza nei prossimi anni, un Sud come opportunità e non come problema, calato nella nuova realtà di un mondo che ha cambiato la propria direzione.” Ma il nostro è un territorio inserito nel Mediterraneo... “Ed è proprio questo lo scenario nel quale la Fiera dovrà cimentarsi. Dal 2010 si apre la zona di libero scambio nel Mediterraneo per cui passeremo da Sud d’Europa a Nord della zona Mediterranea che si allargherà ad inglobare l’Europa balcanica; noi, al centro di tale enorme bacino, potremo intercettare le opportunità di mercato diventando epicentro non solo geografico. Quindi è chiaro che la Fiera del Levante non può essere mera esposizione di merci, visto che la rivoluzione delle telecomunicazioni ha modificato radicalmente il modo di presentare le mercanzie; ma deve essere luogo in cui si mostra l’immateriale, la storia, gli elementi distintivi collegati con il prodotto, quegli elementi cioè che sono gli unici che ci consentiranno di sostenere le agguerrite concorrenze dei paesi stranieri.” Ma, Presidente, la globalizzazione non rischia di far perdere questi connotati? “La globalizzazione elimina molte barriere, ma non può eliminare la storia collegata ai prodotti. Noi dobbiamo favorire la nostra mentalità mercantile cercando di diventare appetibili, di offrire non solo prodotti in quanto tali, ma anche ciò che essi rappresentano: i saperi, i sapori, i valori. Dobbiamo trasferire know how e tecnologie moderne, insieme a concetti antichi riscoperti come quello della dieta mediterranea e dei prodotti sani e saporiti delle nostre campagne. Dobbiamo fare marketing territoriale, tutti insieme sviluppando forme di partenariato con le altre sponde del Mediterraneo e diventando, la Fiera, cassa di risonanza del tessuto imprenditoriale cui offriamo, da sempre, la forte volontà di collaborare per raggiungere gli obiettivi che abbiamo illustrato.” Ma è vero che il quartiere fieristico sarà spostato? “Dicevano gli antichi ‘Hic manebimus optime’. E noi qui ci stiamo benissimo, né abbiamo intenzione di traslocare; lo dimostra il grosso investimento che stiamo facendo sia creando nuovi, moderni e grandi padiglioni, sia con il progetto del Centro Congressi. Piuttosto mi piace ricordare la richiesta della Confcommercio di spostare in città, per un giorno, una parte della Fiera, la Galleria delle Nazioni, consentendo il verificarsi di un evento di simbiosi della città con la Fiera. Su questo progetto stiamo lavorando con impegno e grande disponibilità.” SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE” 23 SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE” CRONACA 24 ma Dal 12 al 20 Settembre la 73ma edizione della Campionaria barese “Anima internazionale, cuore mediterraneo” “ Anima internazionale, cuore Mediterraneo” è lo slogan scelto per l’edizione 2009 della Campionaria di Bari che conferma la vocazione storica al sostegno dell’espansione delle imprese verso i mercati esteri e che focalizza l’attenzione sulla mediterraneità, l’aspetto più caratterizzante dell’identità della Fiera. La riconferma dei Saloni specializzati e della Galleria delle Nazioni, una folta partecipazione di esponenti politici ed economici e di delegazioni estere, con un ampio spazio riservato alla cultura con il nuovo progetto “E’ qui la musica” sono solo alcune delle caratteristiche della 73esima Fiera del Levante, in programma a Bari dal 12 al 20 settembre nell’80° anniversario della fondazione dell’Ente. Cresce il numero di espositori e delegazioni estere. Il padiglione 172 sarà destinato alla Francia. Una presenza di alto livello, che porterà ancora una volta in Puglia il meglio della produzione artigianale con vari settori rappresentati, dal tessile ai saponi, dall’enogastronomia ai bijoux. Inoltre la Camera di Commercio italiana a Marsiglia favorirà i contatti tra le piccole e medie imprese italiane e francesi. Per il terzo anno consecutivo interverrà (nel padiglione 102) il Sud Australia con una delegazione governativa che farà il punto sul Memorandum of Understanding firmato nel 2007 con la Regione Puglia e rinforzato lo scorso anno. Per le Filippine, invece, sarà presente l’ambasciatore in Italia il quale illustrerà le opportunità commerciali del Paese in un seminario ad hoc in calendario il 14 settembre. Discorso analogo per il Senegal che avrà uno spazio all’esterno del padiglione 115 in cui fornirà informazioni su turismo e scambi economici anche alla luce del protocollo di collaborazione siglato in passato tra Fiera del Levante e gli organismi Cices-Asepex. Non mancherà l’attenzione al sociale: una delegazione di Funowi, un’organizzazione riconosciuta dal governo keniota e dall’Ambasciata d’Italia e che assiste i bambini orfani e le vedove, assicurando loro vitto, alloggio e istruzione, occuperà uno stand (messo a disposizione gratuitamente dalla Fiera) in cui poter vendere alcuni prodotti il cui ricavato sarà destinato a queste persone. Di grande rilievo le presenze istituzionali che animeranno la Borsa degli Affari nel padiglione 93. Debutto ufficiale per l’Associazione ItaloGeorgiana, ma interverranno anche la Chamber of Economy of Montenegro, l’Autorità Portuale di Durazzo, l’Associazione Italia-Hong Kong, le Ambasciate di Kenya, Estonia e Ucraina e la Camera di Commercio Italo-Orientale. In una nuova collocazione, vicino l’Ingresso Monumentale, Agrimed sarà lo spazio interamente riservato al settore dei prodotti agroalimentari. Un laboratorio di idee e progettualità in cui incontrarsi e scambiarsi idee e conoscenze sulla produzione, la trasformazione, la commercializzazione e la distribuzione di prodotti e tecnologie. Una superficie di circa 4.000 metri quadri destinata al mercato dell’usato e con una formula moderna che già la scorsa edizione aveva riscontrato il gradimento del pubblico: anche quest’anno Motus non tradirà le aspettative di chi è alla ricerca di un’automobile e vuole contenere le spese. Il veicolo usato viene inteso dal Gruppo Maldarizzi (che sarà presente alla Campionaria con una ricca esposizione) come semi nuovo e acquistato direttamente dalle case produttrici. Gli automezzi vengono revisionati, controllati scrupolosamente e rivenduti con tanto di certificato di garanzia. Chi, invece, cerca soluzioni innovative e design d’eccellenza per la propria abitazione troverà tutte le novità del settore nel Salone dell’Arredamento, parzialmente attiguo a Edil Levante Abitare, che ospiterà i protagonisti del mondo dell’edilizia abitativa e dei complementi delle costruzioni. Presenti all’“appello” anche la sezione espositiva dedicata ai Beni di Consumo - con stand di abbigliamento, pellicceria, pelletteria, artigianato tipico, articoli da regalo, gastronomia - e Business Centre, un momento di incontro ideale per tutti gli enti pubblici e privati, le compagnie di assicurazione, gli istituti di credito, il settore finanziario ed in generale per tutti coloro che a vario titolo forniscono servizi reali alle imprese e alle famiglie. Cospicuo anche il numero dei convegni, dei workshop e delle conferenze stampa, a cui prenderanno parte rappresentanti di spicco del mondo politico ed economico nazionale e locale e durante i quali verranno approfonditi i temi “caldi” del Paese e i prossimi scenari mondiali. E’ qui la musica Se è vero che “dove le parole finiscono inizia la musica” (Heinrich Heine), la Fiera del Levante “risponde” con “E’ qui la musica”, un insieme di iniziative organizzate durante la 73^ Campionaria dalla Sezione Eventi Culturali, guidata da Carlo Gentile, in collaborazione con la Fondazione Petruzzelli. In programma innanzitutto una mostra-mercato dedicata alle pubblicazioni che hanno come tema la musica con la presenza delle case editrici che offrono all’interno del loro catalogo libri e/o cd e dvd musicali, così come delle edizioni musicali e delle case discografiche. Ogni giorno sono previsti incontri con autori e case editrici per la presentazione delle novità editoriali mentre, con “On Music”, i visitatori avranno a disposizione torrette d’ascolto dei diversi lettori di mp3 in commercio. Spazio anche a showcase delle case discografiche e (dal 12 al 18 sul terrazzo del Padiglione 110) a concerti serali (dalle 20.30 alle 22) dedicati a classica, lirica, jazz, R&B, R&R, techno e cover band con la partecipazione di interpreti nazionali ed internazionali preceduti da gruppi emergenti. Il 18, 19 e 20, invece, “The way we were - Come eravamo” è il titolo delle tre serate a tema dedicate agli anni ’60, ’70 e ’80 con musiche e ambientazioni “d’epoca” e cena (400 i posti a disposizione). In calendario anche proiezioni di film che hanno come tema centrale la musica (nella Sala Levante dalle 18 alle 20.30) e videoclip (nella parte est del Padiglione 116 dalle 10 alle 20.30); guida all’ascolto e commento critico di opere e composizioni musicali (dal 13 al 18, dalle 16.00 alle 18.30 nella Sala Levante); il convegno sullo stato della critica musicale in Italia (il 19 alle 17.30 nella Sala Levante); una mostra a tema a cura di Casa Piccinni ed un ricco programma musicale realizzato dai Conservatori e dagli Enti musicali pugliesi che promuoveranno le loro attività. Fervono i lavori di ristrutturazione del quartiere Insieme ai preparativi per la 73° edizione della Fiera del Levante si continua a lavorare alacremente per la ristrutturazione del suo quartiere. “Cerchiamo di salvaguardare il patrimonio storico edilizio della Fiera con molta attenzione, ma – chiarisce Riccardo Rolli, segretario generale dell’Ente Fiera – dobbiamo nello stesso tempo tutelare l’incolumità dei nostri espositori e visitatori, sottoponendo le strutture fieristiche ad attente verifiche, come avvenuto per la tettoia 71 che, per le condizioni in cui versava, non avrebbe superato la verifica di vulnerabilità sismica (DM 14/1/08) per la classe III (affollamenti significati- Il segretario generale della Fiera del Levante, Riccardo Rolli; nella pagina a fianco, sotto il titolo, veduta notturna della fontana monumentale della Fiera. vi), nella quale a pieno titolo rientrano i padiglioni fieristici: di qui la dolorosa, ma inevitabile demolizione di quei 16 pilastri a forma di ombrello”. “I rimpianti – spiega il presidente Lacirignola devono lasciare il posto agli obiettivi strategici, il che significa, a riguardo della Fiera del Levante, commistione e contaminazione tra le vestigia del passato e società in divenire. Questo significa dare vita ad una Fiera ridisegnata in un’ottica più funzionale e moderna: autosili, nuovo padiglione modulare super attrezzato, riorganizzazione dell’accessibilità veicolare, impianti fotovoltaici, aree attrezzate a verde e, non ultimo, un Centro Congressi che quando sorgerà costituirà l’unica struttura del genere di tutto il Mezzogiorno”. “Quando la ristrutturazione del quartiere sarà ultimata – conclude Cosimo Lacirignola - potremo dire che l’opera di integrazione tra Fiera del Levante e la città potrà considerarsi definitivamente attuata nell’ideale prosecuzione di una storia iniziata ottanta anni fa e che continua guardando al futuro”. Maggio 2005, una foto che rimarrà nella storia della Fiera del Levante: la tettoia 71 costituita dai pilastri ad ombrello, recentemente demolita, pronta per ospitare i lavori del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale. SPECIALE “FIERA DEL LEVANTE” 25 ATTUALITA’ 26 LA NUOVA SFIDA DELLA M assimo Di Risio, Presidente della DR Automobiles Groupe, ha una grande passione per le auto, conoscenza precisa del mercato e capacità imprenditoriale; ha messo tali sue competenze a servizio di un’idea innovativa che si è concretizzata nel 2007 con il debutto alla 31° edizione del Motor Show di Bologna di una nuova casa automobilistica, la DR che presentò subito due prototipi: la DR5 e la DR3. La DR realizza le proprie auto combinando e fondendo i punti di forza e le esperienze di diverse culture industriali per ottenere un risultato di sicuro successo: una gamma di auto ad alto contenuto tecnologico, con un design e uno stile italiano ad un costo competitivo. Dopo un’attenta verifica delle opportunità di lavorare anche con mercati esteri, infatti, la decisione è stata quella di abbinare le grandi capacità produttive del mercato asiatico alle qualità italiane: innovazione e stile accattivante. Dopo aver registrato un Maggio 2009 da record, con le vendite della DR5 che la vedono come secondo crossover più venduto in Italia, la casa molisana conferma il suo trend positivo. Viene offerta una grande varietà di motorizzazioni: 1.6 e 2.0 nelle versioni benzina e bifuel GPL e METANO oltre che 1.9 Diesel, si può scegliere anche l’allestimento autocarro previsto dalla versione BIZ disponibile con tutte le motorizzazioni. Da settembre si aprono nuovi scenari per la DR con il lancio di tre nuovi modelli, già tutti presentati in anteprima al Motor Show 2008 ed al Salone Internazionale di Ginevra dello scorso marzo: DR1 – DR2 – DR3. A parte la DR3, suv tre porte dalla linea sportiva, la DR lancia dunque la sfida ai segmenti A e B, rispettivamente con la DR1 e la DR2. La filosofia è la medesima: auto dal design accattivante, con un contenuto tecnologico uguale a quello dei competitors, ma con un prezzo estremamente competitivo. Presso Motoria, Gruppo Maldarizzi, Unica concessionaria DR oltre che Chrysler, Jeep e Dodge per Puglia e Matera tutta la gamma DR è visionabile e disponibile per una prova su strada nelle due Sedi di Bari e Matera. a cura di Stefano Lamanna RAND CORPORATION: Associazione americana per progetti militari da cui nacque l’idea (1964) della rete Internet. RESET: Operazione di azzeramento e ripartenza di un programma in esecuzione oppure di un computer per ristabilire valori o situazioni precedenti. RETE: Moltitudine di computer collegati assieme. Quelle più piccole sono definite LAN o “reti locali” (ad esempio tra computer di uno stesso edificio, o attiguo, collegati assieme), mentre quelle più grandi dette WAN o “reti geografiche” coprono una zona più vasta. Internet è un insieme di reti. RANDOM: il termine è utilizzato per indicare un qualcosa che avviene in maniera del tutto casuale. Ad esempio i banner pubblicitari di un sito web non sono sempre gli stessi ma vengono caricati in maniera random, ovvero se prendiamo 2 o più computer e contemporaneamente accediamo alla stessa pagina web, avremo sicuramente visualizzazioni diverse dei banner. RISOLUZIONE: il massimo numero di pixel che può essere visualizzato su un monitor . Per esempio risoluzione 800 x 600. REAL AUDIO: tecnologia che permette la riproduzione di suoni via internet. I suoni non necessitano di un completo download per essere ascoltati ma si possono sentire anche mentre si stanno scaricando. ROUTER: il router è un dispositivo per l’accesso alla rete usato per il trasferimento di informazioni. Composto da una scatola hardware consente la connessione di uno o più computer alla rete locale e alla rete internet. REFRESH: è l’aggiornamento di una pagina web. Questa può avvenire in maniera automatica o su indicazione dell’utente. Si pensi alle homepage dei giornali on-line o degli indici di borsa. Per mantenere sempre aggiornati gli utenti su ciò che sta accadendo o sull’andamento delle borse, tali siti adottano un sistema per cui le informazioni, purchè si rimanga sempre nella stessa pagina web, si aggiornano di continuo. Si tratta di un refresh a tempo che l’utente può accelerare cliccando il relativo pulsante “Aggiorna” presente in tutti i browser. RELEASE: la release (letteralmente rilascio), sta ad indicare una particolare versione di un software resa disponibile ai suoi utenti. Solitamente le release vengono identificate da altre particolari versioni rese disponibili in precedenza da un particolare numero (ad. es. Internet Explorer 7.0, poi 7.1, 8.0, ecc). Convenzionalmente si distinguono major release quando le differenze dalla versione precedente riguardano sostanziali evoluzioni delle funzionalità del prodotto software, e minor release quando le differenze riguardano principalmente correzioni di malfunzionamenti del software. REMOTO: termine con cui si indica un terminale oppure un archivio posto a distanza dal sistema centrale d’elaborazione. Nella foto, un router wireless di ultima generazione. SCREEN CAPTURE: Molti non sanno che le tastiere a disposizione di qualunque PC consentono lo screen capture (cattura dello schermo) di tutto ciò che abbiamo sul nostro desktop informatico. Guardando la nostra tastiera è difatti presente un tasto (Stamp) che se premuto ci permette di effettuare uno screen capture. Per visionare il risultato basterà aprire un normale documento di Word e procedere con il tasto Incolla. ATTUALITA’ I termini dell’informatica 27 ATTUALITA’ 28 Evoluzione e finanziarizzazione del settore immobiliare di Giovanni Panza e Gabriele Ruggeri Il mattone, nel bene e nel male. La finanza, nel bene e nel male. Nonostante tutte le colpe che comunemente si possano associare, soprattutto negli USA, la finanziarizzazione nel settore immobiliare ha caratterizzato in positivo la crescita della nostra economia domestica. Alla fine degli anni ’80 il mercato immobiliare italiano era fondamentalmente appannaggio di imprese di costruzione e di un certo numero di agenzie immobiliari. Tuttavia l’industria delle costruzioni ha visto crescere, di molto, al suo interno, specie nel corso degli ultimi dieci anni, la quota dei servizi nel settore dei servizi immobiliari, quota che può ulteriormente crescere. Il percorso di finanziarizzazione è stato lungo e si è consacrato con i Fondi immobiliari di diritto italiano. Nonostante si fossero gettate le basi con la Legge sui Fondi immobiliari del 1994, solo nel 1999 tale legge, con la nascita del primo fondo immobiliare di diritto italiano, promosso però da un operatore non italiano (Deutsche Bank), sarebbe divenuta effettivamente operativa. In questi venti anni abbiamo potuto “osservare” molti cambiamenti, scanditi da una prima fase di boom dei valori immobiliari nel 1988-1992, una successiva di crisi, nel 19921997 ed una terza dal 1997 al 2007 di nuova espansione di inedita durata, sino al cambiamento collegato all’attuale crisi. Sino alla metà del 2008 il mondo della finanza immobiliare rappresentava un’interessante opportunità di investimento sia per le imprese sia per la clientela privata che, grazie alla finanziarizzazione del settore, poteva investire direttamente non solo nel mattone, ma anche nella “carta” (titoli, azioni, obbligazioni, quote), rendendo il settore maggiormente liquido, un settore che per caratteristiche specifiche (dimensione degli investimenti, complessità normative, tempi di realizzazione) non era appannaggio dei piccoli investitori. In particolare, la finanziarizzazione del settore ha permesso di utilizzare due strumenti principalmente quali veicolo di raccolta degli investimenti: • le Società Immobiliari Quotate; • i Fondi Immobiliari. La società immobiliare viene generalmente usata per identificare tutte quelle società che si occupano del settore immobiliare da un punto di vista tecnico (società immobiliari vere e proprie, società di intermediazione immobiliare…). Le società immobiliari vere e proprie hanno per oggetto la costruzione, la ristrutturazione, la rivendita o la locazione delle unità immobiliari acquistate, ristrutturate o costruite. Devono, quindi, avere le caratteristiche di un imprenditore commerciale. Le modalità di costituzione di tali società sono le medesime di quelle delle società di persone o delle società di capitali. L’introduzione dei Fondi immobiliari in Italia è avvenuta per effetto della legge n. 86 del 1994. A tale intervento ne sono seguiti altri volti tutti ad agevolare questo settore che sin dalla nascita ha dimostrato grandi possibilità di crescita e soprattutto buone prospettive di redditività nel medio periodo. Il Testo Unico della Finanza del 1998 ed i decreti attuativi successivi hanno posto limiti agli investimenti, criteri di valutazione del patrimonio e prospetti contabili dei fondi. Il complesso di norme emanate dal 1999 al 2005 ha contributo a favorire la diffusione di questi veicoli, introducendo agevolazioni sia dal punto di vista della gestione sia da quello fiscale. In particolare le maggiori novità hanno riguardato: • l’introduzione dei fondi ad apporto, il cui patrimonio, diversamente dai fondi ordinari in cui viene costituito mediante sottoscrizione, viene costituito tramite il conferimento di beni immobili, di diritti immobiliari o di partecipazioni in società immobiliari. • la possibilità, per il sottoscrittore di una quota del fondo, di ottenere il rimborso anticipato (oppure di acquistare nuove quote) rispetto alla normale scadenza del fondo, ferma restando la natura chiusa dello stesso. In questo modo si è voluto rendere lo strumento finanziario più facilmente liquidabile. Comparazione e caratteristiche salienti per il potenziale investitore. Ma conviene investire in una società immobiliare quotata o in un fondo immobiliare chiuso? Prima di tutto, i due strumenti hanno un diverso orientamento all’investimento, che deriva dai vincoli esistenti alla loro operatività. L’attività di un fondo immobiliare è disciplinata da un regolamento che impone precise politiche di investimento. Una società immobiliare, invece, può dedicarsi a tutto quanto concerne il settore immobiliare in generale e quindi acquisire terreni, investire in un’area che può divenire edificabile, ma anche partecipare alla costruzione di infrastrutture. Di conseguenza, mentre il fondo investe per lo più in immobili locati, che aumentano il proprio valore nel tempo, attraverso, per esempio, gli interventi di miglioramento delle infrastrutture della zona in cui l’immobile si trova o gli interventi di ristrutturazione dell’immobile stesso, la società immobiliare quotata ha un fine più speculativo, e investe in tutto ciò che può garantire una rivalutazione. Quindi, chi acquista azioni immobiliari partecipa ad un capitale con rischio di impresa ben maggiore di chi sottoscrive quote di fondi immobiliari. La società immobiliare ha una durata praticamente illimitata, mentre il fondo ha una vita stabilita nel regolamento che, per quelli attualmente esistenti, si colloca tra i 10 e i 15 anni. Anche da questi brevi cenni è evidente che ci si trova di fronte a due forme di investimento molto diverse, rivolte ad investitori che affrontano il mercato con differenti aspettative. In termini di rilevanza quantitativa si nota che in Italia le dimensioni del mercato delle società immobiliari quotate sono attualmente piuttosto modeste, non comparabili a quelle degli altri Paesi europei. ATTUALITA’ 29 ATTUALITA’ 30 Riflessioni sulla nuova Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate” e l’eccellenza aziendale di Vincenzo Porro E’ stata recentemente pubblicata la Lettera Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate” quale continuazione degli insegnamenti della Chiesa in campo sociale. Si tratta di un piccolo libretto di 48 pagine articolato in 77 paragrafi e composto da una introduzione, sei capitoli ed una conclusione. Partendo dai principi della dottrina sociale della Chiesa, richiamata nell’introduzione e nel primo capitolo dedicato al “Messaggio della Populorum Progressio” di Paolo VI, il documento estende l’applicazione di tali principi alle problematiche umane del nostro tempo quali la globalizzazione, la tecnologia, l’ambiente, la vita umana. La terminologia e la fraseologia utilizzata sembrano, ad una lettura superficiale, distanti anni luce dal linguaggio del mondo pulsante degli affari. Qualcuno un po’ sprovveduto potrebbe addirittura considerare questa Lettera come un vecchio sermone orecchiato tante volte e che poco o nulla ha da dire al mondo del business. La verità è esattamente il contrario: le teorie, i modelli e le esperienze manageriali che esplorano e mirano a conseguire l’eccellenza aziendale, ritornano proprio a quei principi semplici ma rivoluzionari della dottrina sociale della Chiesa. Per apprezzare la modernità della “Caritas in Veritate” può essere utile fare alcuni passaggi logici. Il mondo dell’economia è attività umana “Parla con chiarezza, a questo riguardo, la dottrina sociale della Chiesa, che ricorda come l’economia, con tutte le sue branche, è un settore dell’attività umana” (par. 45). Può sembrare banale ma non lo è. Da quando il positivismo ha cercato di orientare l’economia al metodo delle scienze naturali c’è stato un grande sviluppo di applicazioni quantitative ed un affidamento alla matematica per simulare i fenomeni economici fino al punto di dimenticare che dietro algoritmi finanziari, quantunque sofisticati, c’è sempre un comportamento umano responsabile o irresponsabile. Una delle radici della crisi attuale è nell’avere dimenticato questo, illudendosi che il denaro si possa produrre automaticamente a partire da altro denaro e non dal lavoro, e nell’aver trascurato conseguentemente il funzionamento delle istituzioni che avrebbero dovuto imbrigliare il comportamento degli operatori finanziari in comportamenti corretti. “Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: l’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale” (par. 25). L’economia aziendale è arrivata allo stesso punto: per perseguire l’eccellenza non è sufficiente la tecnologia o la finanza evoluta, ma è indispensabile avere “capitale umano”; soggetti non più semplici for- nitori di abilità e competenze, e neppure meri esecutori di compiti, ma persone responsabilmente impegnate a realizzare e migliorare la competenza che viene richiesta a ciascuna posizione organizzativa. E’ un coinvolgimento emotivo - intellettuale alla base dell’impegno richiesto dall’eccellenza; insomma serve che le persone interpretino i propri ruoli aziendali non solo facendo quello che si deve fare, ma anche mettendosi in quello che si fa. Il modello EFQM quale punto di riferimento europeo per perseguire l’eccellenza aziendale pone, infatti, quale criterio determinante la valutazione di come l’organizzazione gestisce e sviluppa le competenze del proprio personale e ne consente la manifestazione del pieno potenziale a livello individuale, di gruppo e di organizzazione nel suo complesso. L’azienda è quindi anche un insieme di relazioni “La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale” (par. 53). Infatti la teoria manageriale, rivolta ad esplorare le vie dell’eccellenza, ha sempre di più enfatizzato il concetto che un’azienda non è solo un sistema composto da una mera catena di operazioni, ma anche un insieme di relazioni tra persone, un luogo di produzione, ma anche una comunità di persone. Inoltre l’azienda eccellente deve essere concepita come una comunità di uomini immersa in una comunità più ampia, il territorio, la società, della quale è parte integrante in una prospettiva di sistema. E’ in quest’ottica che assumono un significato pregnante i concetti di eccellenza nella soddisfazione degli stakeholders, orientamento al cliente, supplychain e rapporto di partnership con i fornitori, sviluppo e coinvolgimento del personale, responsabilità pubblica o sociale. L’uomo che lavora è sempre una “persona umana” Allora se è tutto chiaro alla teoria manageriale di come si diventa un’azienda eccellente perché in Sua Santità Papa Benedetto XVI ripreso durante un’udienza in Vaticano. ATTUALITA’ 31 Maggio 2005: è a Bari, per il XXIV Congresso Eucaristico, la prima uscita ufficiale di Papa Benedetto XVI. pratica è così difficile? Qui la Chiesa, esperta di umanità, ha ancora molto da insegnare alle scuole di management. C’è spesso, infatti, un fraintendimento profondo sulla natura umana che impedisce di comprendere fino in fondo il “funzionamento” della persona. Il massimo che è stato prodotto rimane la piramide di Maslow che individua nell’autorealizzazione, la stima di se stesso, la più alta motivazione al lavoro e quindi suggerisce che solo con persone con questo livello di motivazione si può perseguire un sentiero di eccellenza. Ma come si fa ad avere persone che vogliono auto-realizzarsi nel lavoro? La risposta è nel titolo ed all’inizio della Lettera Enciclica: “La carità nella verità …è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera…L’amore — « caritas » — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità… è il principio non solo delle micro - relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici” (par. 1-2). Il motivo è che l’agire umano ha un duplice aspetto: il fare e l’essere. L’esperienza personale conferma che l’uomo avverte che nell’agire non solo compie azioni buone o cattive, ma realizzandole, rende sé stesso buono o cattivo. In altre parole DIVENTIAMO CIÒ CHE FACCIAMO, chi ruba diventa sempre più ladro in progressione alla ripetizione dei furti che compie. Questo vale anche per il contrario, chi mette sempre più spesso in ordine le proprie cose diventa progressivamente una persona ordinata. Allora l’operaio che deve controllare quel bullone, la cui tenuta è determinante per un eccellente processo produttivo, ed è consapevole che facendo bene, con cura ed attenzione, quel compito diventa lui stesso una persona migliore troverà la motivazione a continuare a fare bene quel lavoro non solo perché viene pagato o perché guadagna la stima dei propri compagni e superiori, ma soprattutto perché con il suo lavoro ben fatto può amare sé stesso, raggiungere l’autostima. Dice il Pontefice: “Non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore (la passione per quello che si fa diremmo noi) ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore” (par. 30). ALIMENTAZIONE E SALUTE 32 Nuova linfa a pesca e acquacoltura bio La scommessa di BiolFish di Vittorio Stagnani P romuovere la sostenibilità ambientale, dando valore alle buone pratiche produttive applicate dalle comunità di pescatori e agricoltori del Mediterraneo, è stato l’obiettivo di fondo del BiolFish, manifestazione internazionale incentrata sull’acquacoltura biologica e la pesca sostenibile, la cui seconda edizione si è tenuta a fine giugno a Monopoli. Una settimana di eventi che, oltre ai momenti di studio, ha visto alternarsi gastronomia, cultura, iniziative e premiazioni, in collegamento col Premio Biol - la kermesse mondiale di olivicoltura bio da cui il BiolFish è scaturito - all’insegna della valorizzazione del territorio e Un momento del convegno sull’acquacultura, organizzato nel contesto di Biolfish; in alto, adulti e bambini impegnati nel pesca turismo. delle sue produzioni tipiche. Il tutto sotto lo slogan “La Terra sposa il Mare”. Patrocinato dal Ministero delle Politiche agricole e Ifoam e organizzato dal Comune di Monopoli col supporto di Regione Puglia, Coispa, CiBi, Icea, Consorzio Puglia Natura e Premio Biol, in questa seconda edizione il BiolFish ha seguito vari temi: dal nuovo regolamento Ue sull’acquacoltura biologica alla presentazione del primo standard italiano e del Mediterraneo per la pesca eco-sostenibile, dal Green Paper e la riforma della politica comunitaria della pesca, fino all’agricivismo con i nuovi rapporti tra agricoltura e città. Nel parterre dei workshop, rappresentanti di vari enti e istituzioni. BiolFish ha ospitato la prima consultazione nazionale sulla politica comunitaria della pesca legata al Green Paper, il libro verde del settore. Presentato ad aprile dalla Commissione europea, il documento è nato per attivare una riflessione nei paesi comunitari per condividere e armonizzare le misure tese a garantire la sostenibilità e la sopravvivenza a lungo termine delle specie ittiche nei mari d’Europa. In merito la Commissione europea ha aperto la consultazione che si chiuderà a dicembre - a pescatori, operatori del settore, scienziati e società civile. Circa l’acquacoltura, alla vigilia dell’approvazione comunitaria del nuovo regolamento di settore, dal BiolFish si è levata netta la posizione italiana: “Sventiamo il rischio che a Bruxelles sia snaturata l’acquacoltura bio”. Compatti, ministero, produttori, associazioni ed esperti hanno lanciato un monito su quanto accaduto in sede comunitaria. A maggio il Comitato permanente per l’agricoltura bio avrebbe dovuto approvare il testo finale del regolamento di attuazione. Ma il testo presentato dalla Commissione è stato ritirato dal voto per la contrarietà delle delegazioni di Francia, Regno Unito, Olanda e Svezia, tese a un testo che rendesse l’acquacoltura bio di fatto molto vicina a quella convenzionale. Di qui l’esigenza di esprimere sostegno politico all’azione svolta dalla commissione, affinché nella riunione del 29 e 30 giugno il testo al voto rispetti in toto i principi dell’agricoltura bio. Cosa poi effettivamente avvenuta, con grande soddisfazione italiana. Spazio anche sul cosiddetto agricivismo, illustrato di chi l’ha teorizzato, il prof. Richard Ingersoll: storico dell’urbanistica statunitense e docente all’Università di Firenze, Ingersoll parla di “Sprawltown” (sprawl, sdraiato), città diffusa senza forma né limite dove, fra centri commerciali, tangenziali, parcheggi e abitazioni, l’agricoltura - e quindi gli orti - incarna uno degli strumenti per restituire ai cittadini il loro spazio e il loro ruolo: la campagna, ora, è dentro. Ad affiancare i momenti di studio, la kermesse non ha mai perso il taglio della festa di piazza e dunque, per la giornata conclusiva, il ricco programma ha avuto il suo clou al Castello Carlo V con la cerimonia di premiazione Biolfish 2009 per le realtà del mondo della pesca e dell’acquacoltura più attente ai temi del bio e della crescita ecosostenibilie: quest’anno il riconoscimento è andato all’associazione di pescatori di Torre Guaceto, per essere stata la prima a chiedere la nuova certificazione per la pesca ecosostenibile. Proclamati i vincitori del concorso fotografico BiolFish - il barese Emiliano Santeramo per la sezione pesca e il monopolitano Edison Bellantuono per quella olivicola - e consegnati i principali premi Biol, proclamati ad aprile: dal vincitore assoluto, il sardo “Masoni Becciu”, al miglior olio biologico pugliese, il Dop “Sio Gargano” di Carpino. Chiusura in Piazza Vittorio Emanuele II, con l’atteso “Pesce in piazza”: grande frittura di pesce organizzata con la comunità dei pescatori locali, seguita dal concerto conclusivo dell’Orchestra di Fiati dell’Università di Bari - Harmonia. Oggi si punta all’allevamento biologico del pesce in considerazione della disponibilità di un crescente numero di consumatori a spendere un po’ di più per l’acquisto di prodotti biologici o ecosostenibili e garantiti dalla tracciabilità del prodotto grazie all’etichettatura obbligatoria delle confezioni di pesce. Nel 1978-79 gli italiani consumavano sette chili di pesce a testa; oggi questa cifra è raddoppiata mentre il consumo della carne é sceso da 82 a 75 chilogrammi; ogni anno gli italiani spendono in media 170 euro per il pesce e circa 750 euro per la carne. La produzione convenzionale di spigole e orate è, a livello europeo, di circa 200.000 tonnellate, rispetto alle 160 della produzione biologica delle stesse specie. E’ prevedibile che la domanda di prodotti ittici biologici crescerà fortemente nei prossimi mesi e anni, soprattutto con l’adozione di nuovi regolamenti europei. L’acquacoltura è un settore economico fondamentale tra le produzioni alimentari: nel 2003, su circa 132,2 milioni di tonnellate di pesce pescato, l’acquacoltura ha contribuito per circa il 31% (41,9 milioni di tonnellate). Una soluzione moderna… vecchia di 5.000 anni L’uomo ha allevato pesce sin dalla preistoria. Tra i reperti archeologici più probanti ne sono stati rinvenuti a Giava e risalgono a 3.000 anni a.C. In quella lontana isola la maricoltura, o acquicoltura, era condotta in modo intensivo. Infatti, sono state scoperte molte vasche di stabulazione. Gli Egizi, almeno secondo quanto testimonierebbero alcuni affreschi risalenti a 2.500 anni a.C., già conoscevano le tecniche per la stabulazione dei pesci. In un bassorilievo ritrovato nella tomba egizia di Aktihetep, risalente appunto a quell’epoca, è ritratto un uomo intento a raccogliere pesce da uno A proposito di acquacultura E se dal mare non avessimo più alicette, sgombri? Che fine hanno fatto le aguglie, con lo spadino, la lisca verde e le carni così saporite? Pesca oggi, pesca domani, magari ricorrendo pure a qualche magagna, ecco che i mari, ormai esausti, di pesce ne hanno sempre meno e i costi salgono. Ci sono, per fortuna, i fermi biologici per dare respiro alla fauna ittica, ma non basta per rispondere alle richieste del mercato. La FAO indica da qualche tempo l’acquacoltura come una fondamentale opportunità per fornire risorse alimentari alla popolazione mondiale, soprattutto per una maggiore diversificazione della dieta, non solo a beneficio dei paesi più poveri, ma anche per sostenere i consumi dei paesi occidentali i cui mari sono sempre più depauperati. L’acquacoltura o acquicoltura o maricoltura, se in mare, è l’allevamento, meglio se biologico, di pesci, crostacei e molluschi, in aree confinate e controllate dall’uomo, definite, secondo il tipo di produzione semiestensivo ed intensivo in: peschiere, gabbie, barriere artificiali sommerse, vivai, valli da pesca o stagni. Salmone, carpa, pesce latte, pangasio, orata, branzino, spigola, trota iridea, mazzancolla, crostacei, molluschi quali mitili e ostriche sono i prodotti ittici più allevati. Dagli anni ‘50 l’acquicoltura ha avuto un notevole incremento ed è stata studiata in molti paesi del mondo sino a diventare una vera e propria scienza. Cucina biolfish in piazza. stagno. Nello stesso periodo fu praticata in Cina e Fan li, nel 500 a.C., scrisse il primo trattato conosciuto riguardo all’acquacoltura. I Romani allevavano le murene nutrendole con… schiavi freschi. Furono i Fenici a insegnare ai popoli del bacino del Mediterraneo la maricoltura, o acquicoltura. I più bravi ad apprendere i trucchi del mestiere i soliti Etruschi; i Romani impararono da loro. Per avere pesce fresco non badavano a spese e a pazzie. I ricchi patrizi avevano nella loro “domus”, d’Anzio e di Ponza, vivai per l’allevamento oltre che di murene anche di spigole e orate. Nel 1842 Stephen Ludwig Jacobi effettuò la prima fecondazione artificiale su trote di fiume. ALIMENTAZIONE E SALUTE 33 ALIMENTAZIONE E SALUTE 34 L’estate sta finendo... a cura di Giovanna Spilotros “ L’estate sta finendo e un anno se ne va… in spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più”: così cantavano i Righeira, nel 1985, con quel tono leggermente malinconico che segna il ritorno alla realtà dopo lunghe giornate di vacanza e relax. Gli inglesi lo chiamano “post-vacation blues” e si riferisce alla sindrome da rientro dalle ferie, un fenomeno da qualche anno analizzato scientificamente a livello internazionale. Chi torna al lavoro lamenta spesso, infatti, senso di stordimento, calo dell’attenzione, emicrania, apatia, disturbi del sonno; manifestazioni che tendono a scomparire non appena l’organismo ritorna, attraverso le ripristinate capacità adattive, ad una condizione di equilibrio psicofisico. È comprensibile che, a causa della ripresa del lavoro, del rientro in città e della nostalgia della vacanza ormai passata, non si abbia voglia di mettersi in regola anche con il cibo seguendo un’alimentazione sana ed equilibrata. Durante l’estate capita spesso di lasciarsi andare a qualche tentazione in più, trascurando le buone abitudini coltivate durante l’anno. Non bisogna però colpevolizzarsi: nell’economia dell’organismo c’è posto per momenti in cui si dimenticano un pò le sane regole alimentari, concedendosi più libertà. È facile che il relax, la spensieratezza e qualche gelato di troppo abbiano contribuito a far recuperare qualche chiletto. C’è chi non se ne preoccupa, sostenendo che si va incontro all’in- verno e “le magagne” si possono coprire sotto lo strato dei vestiti; ma è preferibile recuperare immediatamente la forma e cercare di mantenerla durante la stagione invernale, per evitare di fare diete massacranti la primavera successiva. No alle diete drastiche, o a quelle che escludono a priori alcuni alimenti; bisogna, in primis, tornare ad un’alimentazione sana che non escluda alcun principio nutritivo necessario per il nostro organismo. Meglio, quindi, consumare cibi genuini, ridurre drasticamente i grassi grazie al consumo di alimenti conditi a “crudo”, ed in particolare sostituendo il burro e gli altri grassi animali con olio extravergine di oliva. È un errore, infatti, considerare soltanto i grassi visibili, o meglio i condimenti usati nella preparazione delle pietanze, senza tenere conto di quelli presenti negli alimenti stessi. Una corretta alimentazione, in tal senso, privilegia le cotture a vapore, a microonde o alla griglia, le quali limitano l’aggiunta di altri grassi per il condimento di alimenti già ricchi di tali sostanze. Non va dimenticato che il consumo smodato di grassi è all’origine dell’obesità e delle malattie cardiovascolari. Pasta e riso, contrariamente a quanto comunemente si pensa, sono fondamentali nella nostra alimentazione, vanno consumati abitualmente e le raccomandazioni possono riguardare, semmai, le porzioni. Si consiglia di privilegiare i legumi e alternare la carne, preferibilmente magra, al pesce, aumentare la quantità di verdure durante i pasti ed abolire quasi completamente la frutta molto zuccherina come uva, cachi, banane, datteri e fichi. La frutta è, peraltro, fondamentale, per cui quando si vuole affievolire il senso di fame è opportuno non buttarsi sulla prima merendina che si incontra in credenza, ma mangiare un frutto di stagione che aiuterà, tra l’altro, a migliorare la funzionalità intestinale. In generale, il consumo di alimenti con zuccheri semplici, come la frutta e la verdura, aumenta la produzione da parte dell’organismo di serotonina, il neuromediatore del benessere, che stimola il rilassamento, agevolando il ritorno ai ritmi di vita quotidiani. Frutta e verdura di stagione sono dunque una farmacia naturale. Ma molti altri sono gli effetti dietetici di questi alimenti, per compensare gli “sgarri” commessi sotto l’ombrellone dai tanti italiani che non sono riusciti a seguire un preciso regime alimentare durante le vacanze e si trovano, così, con qualche taglia in più e il fegato affaticato anche per il consumo di alcolici: vediamone alcuni in dettaglio! Le pesche, ricche di betacarotene, hanno un rilevante effetto depurativo che incrementa la funzionalità di reni e intestino. Le mele, per il loro modesto apporto calorico, combattono il colesterolo, depurano il sangue, sgonfiano la pancia e accelerano lo smaltimento delle scorie. Le pere contengono zuccheri semplici (quasi tutto fruttosio), fibra, molta acqua e sempre poche calorie; sono quindi adatte per gli intestini pigri e per chi vuole mettersi a dieta, grazie anche al loro buon potere saziante. La lattuga conferisce volume e potere saziante, con un apporto calorico estremamente limitato e assicura anche un certo contributo di fibre alimentari, vitamine (A, E, C, B1, B2 e B3) e sali minerali (calcio, magnesio, potassio e sodio); essa, inoltre, contiene antiossidanti che aiutano a combattere l’invecchiamento cellulare, la circolazione sanguigna e a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo. I pomodori, oltre a essere ortaggi dietetici per eccellenza, regalano all’organismo un buon apporto di vitamine (in particolare la C) e sali minerali, soprattutto potassio, fosforo, calcio; quindi, il pomodoro rappresenta un vero e proprio elisir di salute anche per la presenza di fibre, come cellulosa ed emicellulosa, concentrate nella buccia e nei semi. ALIMENTAZIONE CRONACA E SALUTE 35 Altro tasto dolente è il sale: è consigliabile limitarne l’uso per evitare il rischio di ipertensione e la ritenzione idrica, causa di inestetismi e gonfiore, e preferire, al suo posto, le erbe aromatiche come prezzemolo, basilico, salvia, rosmarino e origano, per insaporire i cibi. Bere molta acqua è una raccomandazione, sempre ripetuta, fondamentale per “pulire” il nostro organismo dalle scorie e dalle altre sostanze presenti in eccesso. Il consiglio è quello di berne almeno 2 litri al giorno, il che gioverà anche alla pelle, che risulterà più elastica e sana. Se poi, durante le ferie, non si è fatto altro che stare distesi al sole o comodamente seduti all’ombra a leggere un bel libro, non bisogna dimenticare di fare un pò di attività fisica, giusto corollario di una dieta corretta ed equilibrata. Chi non ha tempo per andare in palestra può approfittare delle belle giornate che settembre ancora concede per fare qualche passeggiata, ma anche preferire le scale all’ascensore può essere un ottimo espediente per tornare in forma. Non dimenticate, infine, lo spuntino di metà mattinata e di metà pomeriggio (un frutto): servirà a tenere attivo il metabolismo. Sono consigli semplici che, se seguiti senza che costino troppi sacrifici, permetteranno di arrivare alla prossima estate già in forma. CULTURA 36 Storia del commercio I romani, le strade, la comunicazione a cura di Anna Mirabile D opo la sua leggendaria fondazione, l’economia di Roma si basava solamente sulla sua produzione agricola; i primi scambi avvenivano quindi tra la città e le campagne circostanti. In seguito ai contatti con le popolazioni etrusche e con i Greci che si erano stanziati nell’Italia meridionale, cominciò a svilupparsi il commercio e la prima industria di Roma; quest’ultima ricevette ulteriori stimoli con le successive conquiste romane in tutta l’Italia, anche settentrionale. Nonostante questo, Roma rimase prevalentemente un importante centro di consumo, più che di produzione: infatti le importazioni superavano di gran lunga le esportazioni, che erano per la maggior parte composte da manufatti di bronzo. Nella capitale le industrie più importanti erano quella edilizia, con le attività ad essa connesse, e quella che produceva beni di lusso, come gioielli e coppe cesellate. Per quanto riguarda le importazioni, l’Etruria lavorava i metalli e soprattutto il bronzo, con cui venivano realizzati molti oggetti; città come Genova, Ostia e Ravenna rifornivano Roma di navi; la Puglia era esportatrice di un certo tipo di lana molto ricercato nel mondo romano; la Campania era una famosa produttrice di vini e altri generi alimentari, tra cui Roma, Via Appia, la tomba di Cecilia Metella; in alto, sotto il titolo, un tratto dell’antica Via Appia. il noto garum, esportato soprattutto da Pompei; i centri industriali più importanti erano le città di Capua, Cuma, Pozzuoli e Pompei, nelle quali si producevano manufatti di bronzo, terracotta e vetro. In Italia settentrionale si fabbricavano in particolare oggetti bronzei ed anfore (Bergamo, Modena, Pola) e si lavoravano la lana e i tessuti (Istria, Padova, Parma, Aquileia); la città di Aquileia era uno dei centri commerciali più attivi e ricchi di industrie. In età imperiale nacquero nuove industrie nelle regioni conquistate, che conobbero un facile sviluppo: infatti il commercio fu agevolato rendendo migliori le comunicazioni terrestri e più sicure quelle marittime, inoltre tutte le merci poterono trovare uno sbocco grazie alle esigenze militari per l’impero e di consumo per Roma. Dalle regioni orientali giungevano merci rare, preziose e ricercate: alcune venivano prodotte localmente, come profumi dall’Arabia, altre venivano importate da regioni esterne all’impero, come la seta dalla Cina. L’Egitto produceva papiri e manufatti di cristallo, in particolare preziosissime coppe; fu uno dei primi paesi in cui si sviluppò l’industria del vetro, che da qui si diffuse poi anche in Italia. Per quanto riguarda le regioni occidentali e settentrionali, le loro industrie incominciarono a fare concorrenza a quelle italiche. Dalla Spagna giungevano acciaio, lana e un garum particolarmente gustoso. In Gallia si lavoravano i metalli preziosi, si fabbricavano oggetti di bronzo, particolari vasi di argilla e si producevano calzature, mantelli e più in generale stoffe. La Scozia esportava smeraldi e la regione del Reno vasellame. L’imperialismo romano non ebbe mai un carattere prevalentemente industriale e commerciale, poiché altre erano le attività delle province che rendevano ricca Roma; inoltre la città non impose mai un’esportazione forzata nelle province delle merci prodotte nella capitale. Bisogna sottolineare inoltre che l’attività mercantile e quella industriale non erano considerate dai nobili e da coloro che erano al potere occupazioni degne del loro prestigio, tanto CULTURA 37 Le Colonne romane, da sempre il simbolo della città di Brindisi. Conosciute come il termine dell’antica via Appia, rappresentavano in realtà un riferimento portuale per i naviganti dell’epoca. che i senatori avevano il divieto di possedere navi e di conseguenza anche di esercitare il commercio. LE STRADE ROMANE E LE ROTTE CAROVANIERE Le strade romane vennero sempre costruite inizialmente per scopi militari, poi con il tempo diventarono grandi vie di comunicazione e furono anche usate per gli scambi commerciali. Una delle prime vie costruite, ma sicuramente quella che assunse più importanza per il commercio con l’Italia meridionale, fu la via Appia, che collegava Roma a Brindisi attraverso Capua e Benevento, voluta e appaltata dal censore del 312 a. C. Appio Claudio Cieco, che era legato ai ceti mercantili interessati ad un’espansione verso sud; vi erano inoltre altre vie dirette verso il sud, come la via Latina fino a Capua o la via Popilia fino allo stretto di Messina. Nel II secolo a. C. si svilupparono le comunicazioni con l’Italia settentrionale: per la loro impor- Lo sviluppo dell’antica via Appia, da Roma a Brindisi. tanza vengono ricordate la via Flaminia fino a Rimini, la via Aemilia fino a Piacenza, la via Aurelia fino a Luna, la via Cassia che collegava Roma con i maggiori centri dell’Etruria. Più tardi vennero costruite altre strade che mettevano in comunicazione gli estremi del territorio romano, la penisola iberica e la Macedonia con il mar Egeo: la via Domizia, che dalle Alpi Marittime giungeva fino in Spagna, e la via Egnatia, da Apollonia e Durazzo, sulla costa adriatica della penisola balcanica, fino a Tessalonica, in Calcide. In Gallia i Romani trovarono una rete stradale già costruita in precedenza dalle popolazioni celtiche e vi apportarono solamente dei miglioramenti, potenziando le comunicazioni transalpine (da Torino a Lione attraverso la valle di Susa, i valichi della Valle d’Aosta) e quelle dirette verso il Reno, per i contatti con la Germania. In Britannia il più importante centro stradale e portuale era Londra, da cui partivano le vie che giungevano fino a nord, in Scozia. CULTURA 38 Storia della Camera di Commercio di Bari LA BELLA SIGNORA a cura di Giuseppe Lovecchio “ La bella Signora”: con questa espressione lo storico barese Giorgio Saponaro, nel 1982, salutò il ritorno degli uffici della Camera di Commercio nella prestigiosa sede di Corso Cavour. Un suo redazionale, ospitato dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 7 ottobre dello stesso anno, riportava la notizia con questi entusiastici termini: “Nel centro del centro di Bari, la Camera di Commercio è ritornata al suo splendore di un tempo, nel bel corso Cavour, dalla fisionomia orientaleggiante, guarnito di vecchi palmizi, di giardini e di mare. Un punto di onore per la città averla sottratta all’abbattimento”. Altri giudizi furono espressi da autorevoli rappresentanti della cultura, dell’imprenditoria e del mondo politico: tra i tanti uno dei più significativi fu quello del prof. Saverio La Sorsa, già segretario della CdC, per il quale la sede della Camera era “… il più bel monumento che la città commerciale ha eretto a se stessa”. Cento anni prima, al termine dei lavori di costruzione del palazzo, un giudizio altrettanto significativo era stato espresso dal Presedente della CdC dell’epoca, Cav. Angelo Saverio Positano che l’aveva definita “ Opera importante che di lustro e di decoro adorna la città e la Provincia”. LE RAGIONI DI UNA SEDE Quali furono le ragioni che consigliarono la costruzione di una sede? Alcune erano di ordine pratico: sottrarsi ai continui trasferimenti degli uffici (in pochi anni tre trasferimenti, dapprima in Via Melo, successivamente in Corso Vittorio Emanuele ed infine in Via Castello); altre volte ad offrire adeguata assistenza alla nascente imprenditoria e stare al passo con la vertiginosa crescita economica di Bari che, era convinzione generale, stava assumendo il ruolo di “grande centro commerciale”. A questo risultato avevano contribuito diversi fattori: l’apertura della tratta ferroviaria BariTaranto, che aveva agevolato i rapporti fra la Puglia e la Calabria dirottando i traffici di merci da Napoli verso il porto di Bari; la creazione, nel 1875, della prima Società barese di Navigazione a Vapore, denominata “La Bari”, cui seguì nell’anno successivo quella di un’altra Compagnia di Navigazione denominata “Puglia”; il forte incremento demografico della città di Bari, che in poco più di vent’anni, dal 1860 al 1880, aveva visto raddoppiare i suoi abitanti da 30 mila a 60 mila; il sorgere di altre fabbriche (conserve alimentari, pastifici, saponifici, etc.) a ridosso 39 CULTURA del quartiere murattiano; la pubblicazione di diversi “fogli” e “notiziari” cittadini (Il Piccolo Corriere, Il Bari, La Settimana, Il Commercio, pubblicato dalla CdC, Spartaco e Fra Militone, questi ultimi due satirici) che, pur non avendo una sicura cadenza, contribuivano a rendere vivace l’attività culturale ed economica della città. Numerosi erano i convegni e le mostre specializzate di prodotti agricoli (olio e vino soprattutto) organizzate dalla CdC. In questo clima e fervore di iniziative si fece strada nei consiglieri l’idea di costruire una sede. LA SCELTA DEL LUOGO La scelta del luogo dove costruire la sede fu accompagnata da una vivace polemica (come avviene ora per il Palagiustizia!) fra coloro che indicavano come zona più idonea il Largo Castello e coloro che, invece, per una Bari sognata in prospettiva quale anello di congiunzione fra Oriente e Occidente, prediligevano la soluzione Largo Cavour. Per i primi c’erano buone ragioni per opporsi alla eventuale scelta di largo Cavour perché troppo decentrata rispetto alla città. Anche l’autorevole consigliere camerale, Tommaso Columbo, espresse alcuni dubbi sulla idoneità del luogo, tanto da proporre che “… si facesse un saggio sulla profondità della fondamenta potendo darsi che vi fosse acqua a quel punto”. Comunque fu lo stesso Columbo divenuto, nel gennaio 1882 Presidente dell’Ente, a perfezionare e concludere tutti gli atti e a dare inizio ai lavori di costruzione con la posa della prima pietra il 15 agosto 1882. La costruzione fu completata nel 1889 e comportò una spesa di £ 1.050.000. La Camera di Commercio di Bari in un famoso dipinto di Filippo Alto. segni premonitori, quelle crepe si riaprirono facendo scoprire tra l’altro in sede di verifiche tecniche l’esistenza di acqua marina nelle fondazioni. In data 1° marzo 1971 la Giunta Camerale, dopo varie consulenze tecniche, deliberò il trasferimento di tutti gli uffici in via Re David, trasferimento che avvenne soltanto nel mese di settembre di quell’anno. UN’INCHIESTA MINISTERIALE ABBATTERE O RICOSTRUIRE? Alcuni fattori esterni (la rottura dei rapporti commerciali con la Francia e le polemiche che seguirono con il Governo centrale) ed altri interni (al presidente Cav. Angelo Saverio Positano si addebitava di aver coinvolto la CdC nell’attività della sua Banca Provinciale attanagliata da una grave crisi finanziaria) determinarono dimissioni a catena nella composizione del Consiglio camerale, tanto da determinare l’intervento del ministro Miceli che, su richiesta del Prefetto, inviò a Bari un deputato bresciano, tale Bortolo Benedini, con il compito di fare chiarezza sull’attività della Camera. Per quel deputato, la sede, per il suo alto costo, era un lusso che Bari non avrebbe potuto permettersi così come troppo alte erano le spese per l’organizzazione di alcuni convegni (svolti in polemica con la politica agricola del governo), nonché quelle occorse per una fiera enologica che si era svolta nel 1886. Il suo rapporto al ministero concludeva sulla necessità di commissariare l’Ente. Così avvenne e nell’ottobre del 1889 il Ministro nominò Commissario della CdC barese quel deputato. Il Palazzo - che negli anni a seguire vide la nascita del Margherita, quella della Banca d’Italia nonché quella del bel lungomare - continuò la sua funzione fino a quando, nell’aprile del 1945, lo scoppio di una nave carica di munizioni ancorata nel porto di Bari non ne causò lo sventramento di porte e finestre e di crepe che non furono riparate in maniera adeguata, convinti che una volta stuccate non si sarebbero riaperte. Ed invece nel 1967, dopo altri Gli anni successivi furono caratterizzati da una dura polemica fra quanti vagheggiavano, in nome della modernità, l’abbattimento della vecchia sede per farne una nuova, ed altri, invece, nettamente contrari, favorevoli alla conservazione architettonica del palazzo e alla sua ristrutturazione. Anche sul tipo di ristrutturazione ci furono ardite ipotesi, quali lo svuotamento dell’edificio e la sua ricostruzione con strutture in acciaio al fine di consentire un maggior numero di piani. Fu la Gazzetta del Mezzogiorno, con i servizi di Antonello Ambruosi, a contrastare l’ipotesi demolizione o svuotamento e a richiedere l’intervento della Sopraintendenza ai monumenti perché il Palazzo venisse sottoposto a vincolo. Tale provvedimento fu adottato sul finire del 1971 e confermato nel 1980 dal Ministro ai Beni Culturali dell’epoca, l’on. Nicola Vernola, cui improvvidamente aveva fatto ricorso il Presidente della Camera di Commercio, cav. uff. Angelo Marino. Si era ormai alle battute finali: l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco dell’epoca, dott. Luigi Farace, approvò il progetto di ristrutturazione della sede presentato dall’avv. Gianfranco Brunetti, Presidente ff. della CdC. Nel giro di due anni La Bella Signora, in coincidenza con la ricorrenza del centenario della posa della prima pietra, ritornò all’antico splendore. I lavori di ristrutturazione ebbero una accelerazione con la nomina a nuovo Presidente della Camera di Commercio dell’ex Sindaco Luigi Farace: costarono 7 miliardi e 640 milioni di lire. CULTURA 40 La musica, un gioco di sensazioni per l’udito di Vittorio Polito N essuna civiltà conosciuta ha ignorato la musica. Alle origini mitiche della musica in Grecia, poesia e musica erano un tutt’uno. Apollo è il dio delle Muse e Orfeo, poeta e musicista, con le sue melodie piega animali e natura cantando i suoi poemi accompagnandosi con la lira. La musica ha un grande potere sullo spirito dell’uomo, soprattutto per i due maggiori costituenti, la melodia ed il ritmo. La musica è un linguaggio ricco e mai uguale a se stesso che si evolve continuamente, un modo di esprimere pensieri ed emozioni, come la scrittura, la pittura, la poesia o la scultura. I valori emotivi e la relazione tra musica ed emozione sono stati oggetto di numerosi studi indirizzati verso un’analisi sistematica della relazione tra esse. Da qui gli effetti terapeutici del suono e della musica che sono in grado di indurre, non solo attenzione e rilassamento, ma anche di modulare la percezione di stimoli nocivi e modificare anche l’attività del sistema nervoso vegetativo. Per tali motivi le frequenze musicali rappresentano anche una efficace aggiunta terapeutica in varie condizioni mor- bose, anche in quelle caratterizzate da dolore, per cui potrebbero definirsi anche frequenze analgesiche. È il caso di ricordare che sono in corso studi che stanno dimostrando che l’ascolto di una qualunque musica, scatena meccanismi che stimolano il cervello, infatti, quando siamo allegri ci viene voglia di cantare e quando viviamo qualche emozione intensa la musica accompagna il nostro stato d’animo. La musicoterapia non è nuova, è solo un rimedio antico tornato di moda. Infatti, già nel 1811, Pietro Lichtenthal, medico tedesco, scrisse il «Trattato dell’influenza della musica sul corpo umano e del suo uso in certe malattie». In realtà pare proprio che la terapia musicale, lanciata in questi ultimi anni, tragga le sue radici ancor prima di Cristo, quando Talete, con il suono di un’arpa, sconfisse la peste e Aristotele dispensò consigli sulle virtù della musica come unico rimedio contro i disturbi psicosomatici. Ma al di là delle origini, la musicoterapia viene utilizzata anche come strumento terapeutico nel sostegno psicologico ai bambini con difficoltà visive, uditive e di parola. Ai ragazzi autistici fornisce una possibilità in più, quella di comunicare, mentre ai bambini un sottofondo musicale leggero può utilmente “ Peter Lichtenthal nacque a Preßbourg (l’attuale Bratislava) il 10 maggio 1780. Laureatosi in medicina all’università di Vienna, trentenne (1810) si trasferì a Milano dove ricoprì la carica di censore del regno Lombardo-Veneto; qui restò fino alla morte, avvenuta il 18 agosto del 1853. Uomo di vastissima cultura, pubblicò numerose opere sia in Austria che in Italia: come compositore spaziò fra i più diversi generi, scrivendo, fra l’altro, 7 balletti per il teatro alla Scala, musica sacra, orchestrale e da camera. Come teorico non si occupò solo di musica: oltre al suo Dizionario, a trattati di armonia, a studi su Mozart e sull’estetica musicale, scrisse di medicina (con un trattato di musicoterapia), di botanica, di astronomia e di geografia. Negli ultimi anni della sua vita curò inoltre alcuni almanacchi editi da Ricordi, a quell’epoca pubblicazioni decisamente di larga tiratura. Durante gli anni trascorsi a Milano allacciò rapporti con importanti famiglie cittadine e fu estimatore e promotore della musica di Mozart, coi cui parenti a Vienna aveva stretto legami d’amicizia. ” nostra aggressività, se basso, dà una sensazione di benessere e non danneggia i nostri apparati uditivo, digestivo, cardiocircolatorio e nervoso, particolarmente sensibili agli insulti sonori. Buon ascolto, quindi, e ricordate che secondo il filosofo tedesco Immanuel Kant, la musica è anche «un bel gioco di sensazioni per l’udito». CULTURA accompagnare i primi giorni di vita, con il risultato di metterlo subito a contatto con un linguaggio molto ricco e stimolante e rasserenarlo nella sua quotidiana scoperta del mondo che lo circonda. Alcuni decenni fa, una rivista specializzata pubblicò una tabella a proposito di «Capricci e prodezze della musicoterapia». In essa si legge come il jazz, stimolante ed eccitante, aumenta la concentrazione ed a volte l’aggressività; il rock ed il “rithm and blues” eccitano, deconcentrano, riducono l’autocontrollo, mentre l’eccesso di volume provoca euforia e a volte violenza incontrollata. “La notte” di Vivaldi, ad esempio, è distensiva, combatte l’insonnia e riduce sensibilmente le tensioni emotive, l’ansia. Stessa cosa può dirsi per la musica di Bach, mentre, ascoltando Mozart, si riduce l’acidità gastrica e si migliora quindi sensibilmente la digestione. Il “Bolero” di Ravel eccita, ma su soggetti psicolabili può anche indurre isterismo, depressione, stati confusionali. Il “Canto di Primavera” di Mendelssohn, invece, allenta le tensioni nervose e l’ansia repressa, facilita l’estroversione e l’ottimismo. E per finire ricordo il “Medical sound”, una sorta di cocktail composto da suoni naturali mescolati a musicalità primitive e integrato da variazioni elettroniche, che è rasserenante, in molti soggetti facilita il relax ed il sonno. Oscar Wilde preferiva la musica di Wagner perché «È così rumorosa che permette di discorrere durante il tempo dell’esecuzione,senza che gli altri possano sentire quello che si dice» (?). È bene tener presente, invece, che la musica è pur sempre un rumore e va ascoltata a “giusto volume”, in quanto, se alto, aumenta la 41 CULTURA 42 Visto per voi al festival di Cannes DRAG ME TO HELL di Viviana Rubini S am Raimi, grande regista di genere, torna finalmente ai vecchi amori con un nuovo horror, dopo i successi de La casa (1982, una trilogia di culto per gli appassionati), Darkman (1990) e le tre pellicole su Spiderman (l’ultima del 2007 e ora è in preparazione anche la quarta). Christine Brown (Alison Lohman) rappresenta il sogno dell’americano medio, una ragazza acqua e sapone, attraente, intelligente e ambiziosa, che lavora in banca al servizio prestiti. Aspira ardentemente a una promozione e per compiacere il suo capo, decide di negare il mutuo alla signora Ganush (Lorna Raver), una vecchia e decrepita zingara che le ha chiesto aiuto. Qui comincia la sua disavventura: la vecchia le lancia una potente maledizione e il demone Lamia inizia a perseguitarla per impossessarsi della sua anima. La vita della ragazza si trasforma in un vero e proprio inferno, tra ombre sataniche, visioni spaventose, oggetti animati, vermi, sangue. Christine non sembra arretrare davanti a nulla per placare la presenza demoniaca; si mette persino in contatto con un esorcista indiano e una medium latina. All’età di cinquant’anni, il regista dimostra di non aver perso la sua abilità di maestro del genere; il film scorre a ritmo avvincente con un frenetico susseguirsi di eventi, fino al finale a sorpresa. Prodotto low budget realizzato tra amici (la sceneggiatura per esempio è del fratello di Raimi), la pellicola ha il pregio di far paura sul serio e di essere allo stesso tempo molto ironico, di mescolare spaventi e risate. Si fa poco uso del digitale e la maggior parte degli effetti speciali è realizzata con tecniche artigianali. Presentato fuori concorso allo scorso Festival di Cannes, Drag me to Hell (alla lettera “Trascinami all’Inferno”) è il primo horror ai tempi della crisi e della recessione globale. Razionalità contro magia, incredulità contro evidenza, affronta problematiche sociali -la paura degli americani nei confronti del diverso, rappresentato dalle differenti culture che si mescolano nella storia- ed economiche. Racconta l’avidità e la mutazione di una persona normale, innocua, che si rende complice delle peggiori malefatte per colpa del suo arrivismo e del denaro. Christine infatti, anche davanti al demone, continua fino alla fine a rifiutare le proprie responsabilità e a dare la colpa al suo capo. Questo film è la dimostrazione di quanto prodotti di genere, spesso purtroppo ancora sottovalutati, riescano a rinnovarsi e a dire tanto, sia artisticamente che politicamente. I LOVE SHOPPING Dopo il grande successo di pubblico, è da poco uscita in dvd una delle commedie più popolari della passata stagione cinematografica. Tratto dalla fortunatissima serie di romanzi per ragazze di Sophie Kinsella e prodotto dalla Disney, I love shopping racconta dell’irrefrenabile desiderio d’acquisto e il delirante apprendistato di Rebecca Bloomwood (Isla Fisher), una giornalista in erba che indossa abiti firmati e che sfoggia sempre un look studiatissimo. La storia Ë diretta da P. J. Hogan (lo stesso de Il matrimonio del mio migliore amico) e, a differenza dei libri, è ambientata a New York, invece che a Londra. Becky Ë affetta da sindrome di shopping compulsivo, è dipendente dagli acquisti e continua a riempire i suoi armadi con abiti, biancheria, scar- Isla Fisher, interprete femminile di “I love shopping”. pe e accessori di ogni genere. Vive con una sua amica, lavora come redattrice di una noiosissima rivista di economia ed è impelagata dai debiti che contrae con le sue troppe carte di credito. Il suo sogno professionale Ë quello di scrivere per una prestigiosa testata di moda ma si ritrova invece autrice improvvisata di una rubrica di gran successo su come gestire i propri risparmi. E’ qui che incontra Luke (Hugh Dancy), il suo capo redattore e se ne innamora. Braccata da un segugio del recupero crediti, Becky dovrà quindi cercare di far fronte alle numerose bugie che Ë costretta a raccontare a Luke, e a non farsi lusingare dai manichini parlanti e dalle meravigliose vetrine di Manhattan. Commedia rosa piena d’ottimismo che strizza l’occhio al ben più riuscito Il diavolo veste Prada e alla serie tv Sex and the City. Qui però i personaggi risultano essere superficiali e senza personalità ben definite; le situazioni non sono abbastanza divertenti da suscitare il riso e l’unica costante resta l’apatia dello spettatore. Anche se dietro alle avventure frivole di una fashion victim e agli abiti griffati della Fifth Avenue, si celano i sintomi della crisi globale (nonostante il libro sia stato scritto circa dieci anni fa). Il film offre la testimonianza di un’epoca in cui l’euforia da acquisti è alimentata dalla facilità con cui si fa scivolare la propria carta di credito. Ma dietro lo shopping frenetico come momentanea cura contro i malesseri del quotidiano, l’insicurezza e le carenze d’affetto, potrebbe nascondersi una potenziale soluzione contro la crisi. CULTURA 43 a cura di Michele Carriera Lunedì 12 Ottobre Versamento dei contributi relativi al personale domestico. Versamento dei contributi previdenziali integrativi ai Fondi Negri e Besusso per i dirigenti commerciali. Venerdì 16 Ottobre Versamento delle ritenute alla fonte relative a redditi di lavoro dipendente e assimilati del mese precedente. Liquidazione nonché versamento dell’imposta eventualmente a debito relativa al mese precedente. Versamento delle quote dell’addizionale regionale/comunale all’IRPEF, trattenuta sul reddito di lavoro dipendente/pensione. Versamento all’INPS da parte dei datori di lavoro dei contributi previdenziali a favore della generalità dei lavoratori dipendenti, relativi alle retribuzioni maturate nel mese precedente. Invio telematico all’Amministrazione finanziaria dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento IVA ricevute nel mese precedente. Termine per il versamento dell’imposta sugli intrattenimenti del mese precedente. Martedì 20 Ottobre Presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari mensili registrati o soggetti a registrazione. Lunedì 26 Ottobre Presentazione della denuncia ENPALS dei contributi per i lavoratori dello spettacolo. Consegna al CAF o al professionista abilitato del modello 730 integrativo. Sabato 31 Ottobre Versamento della seconda rata dell’imposta sostitutiva relativa alla rivalutazione delle partecipazioni societarie e dei terreni non posseduti in regime d’impresa. Presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari trimestrali registrati o soggetti a registrazione. F.I.D.A. Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione Confcommercio della Provincia di Bari Nella convinzione che, per meglio valorizzare il ruolo del negozio di quartiere come primaria risorsa socio-economica del territorio, occorra caratterizzare l’attività commerciale con un migliore e più professionale rapporto con i consumatori, e in collaborazione con - L’Unità di Epidemiologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - L’Associazione di Promozione Sociale “LaSaluteMelaMangio” PROMUOVE a favore dei settori: Ortofrutticolo, Drogherie, Dettaglio Alimentare, Salumerie-Gastronomie, Pollame e Rosticcerie, Ittico e Surgelati, Pasta fresca, Pizza e Dolciumi, un Corso di qualificazione professionale in “Alimentazione e Cucina naturale” utile a far conoscere i principi di una corretta e sana alimentazione, e rivolto esclusivamente agli operatori del piccolo commercio alimentare, al fine di formare professionalità adeguate a quelle che sono le nuove esigenze di mercato. Per informazioni relative a dettagli e modalità per partecipare a questi Corsi, rivolgersi alla sede della Confcommercio di Bari. CONFCOMMERCIO INFORMA Scadenzario fiscale 45 CONFCOMMERCIO INFORMA 46 Incontro con gli on.li Carlucci e Baldassarre I ristoratori protestano per i balzelli del demanio di Emanuele Panza E’ un grave problema quello esposto dai ristoratori di Terra di Bari agli onorevoli Gabriella Carlucci e Raffaele Baldassarre ed all’Assessore Provinciale Matteo Paparella, durante un incontro svoltosi nella sede della Confcommercio Provinciale: si tratta dell’aumento delle tariffe di concessione demaniale per i ristoranti, che passano, per ogni mille metri di costa concessa, da 3.500 euro annuali ad addirittura 50.000. Il problema viene da lontano, dall’Unione Europea che troppo spesso non si rende conto delle conseguenze che si producono a livello locale a seguito di una legislazione troppo generica. Tale aumento (oltre il 1400%!!) rischia (ma è una certezza) di affossare i ristoratori che operano in regime di concessione demaniale. Non così per gli operatori classificati come attività turistiche; i ristoratori - sostiene il presidente della Categoria, Francesco Mancini -, in forza anche della definizione data dall’art. 7 della legge 27/03/2001, devono essere considerati operatori turistici e, quindi, esclusi da tale vessatoria imposizione. In realtà per oltre due anni c’era stato un difetto di applicazione normativa; oggi, quindi, si rischia di avere ordini di introito per il pagamento di un triennio per circa 150.000 euro per ogni imprenditore. E’ sotto gli occhi di tutti che tale situazione, in un momento di scarsissima liquidità e di crisi conclamata, quando tutti riconoscono la necessità di aiutare le PMI, è assolutamente insopportabile per qualsiasi azienda. Tra l’altro pende sulle imprese la minaccia di un mancato rinnovo della licenza, con la conseguenza di per- dere le strutture che sono state costruite con i propri mezzi ed i propri sacrifici. La categoria era già d’accordo sull’aumento del 100% delle tariffe che era stato individuato come corretto e sostenibile anche dalle autorità pubbliche; gli operatori hanno lanciato l’idea di una moratoria per 12/24 mesi oppure di una dichiarazione autocertificata sul periodo di attività, attestante il carattere turistico dell’impresa, cosa che li esonererebbe dalla vessazione impositiva. Sono stati illustrati, agli onorevoli presenti, i vari emendamenti che nel tempo sono stati presentati e che si sono intrecciati con le vicende delle leggi finanziarie e non approvati a causa del voto di fiducia che impediva inserimenti. E’ stato anche ricordato l’impegno preso dall’attuale ministro per il turismo, Michaela Brambilla, e dall’On.le Denis Verdini di interessarsi al problema a tutela degli imprenditori e dei lavoratori impiegati. Gli appassionati interventi di Ambrosi, Presidente Provinciale di Confcommercio, di Mancini e Caizzi, presidenti dei ristoratori e degli albergatori, di De Marco e di altri imprenditori hanno convinto Carlucci e Baldassarre ad assicurare un forte interessamento per porre fine a tale assurda situazione di grosso pericolo per tanti imprenditori. Al termine dell’incontro, abbiamo avvicinato i due parlamentari e l’ass. prov.le Paparella. Un momento dell’incontro nella sede di Confcommercio: da sinistra si riconoscono Giuseppe Aquilino, Leo Carriera, Alessandro Ambrosi, l’ass. Matteo Paparella e l’on. Gabriella Carlucci. “On.le Carlucci, due donne al vertice del Ministero del Turismo: la Brambilla, ministro, e Lei quale Presidente dell’Osservatorio del Turismo. Riuscirà la concretezza femminile a indirizzare la politica sul turismo verso seri investimenti, per far conoscere all’estero le bellezze naturali, culturali ed artistiche d’Italia e del Sud in particolare?” “Purtroppo la modifica costituzionale del 2001 ha trasformato il turismo in materia di competenza delle regioni, con un conseguente spezzettamento dell’offerta turistica. Le conseguenze sono che le grandi masse di turisti - vedi, ad esempio, i ricchi cinesi, oltre 100 milioni - oggi e nei prossimi anni sono organizzati dai tour operators tedeschi che li portano, ovviamente, dove vogliono loro. Il Governo ha dato un grosso impulso ad un coordinamento nazionale per una promozione unitaria di tutto ciò che è made in Italy, senza, però, poter disporre di competenze economiche; il che non ha permesso di sviluppare un portale unitario “Scegli l’Italia” che, sulla falsariga di quello francese “Maison de France”, consentisse di determinare una comunicazione globale e completa sul “dove, come e quando” in ambito turistico. Dobbiamo supplire cercando di unificare telematicamente l’offerta turistica che arriva da tutta Italia in maniera gravemente frammentata.” “Non ci sono enti statali che dovrebbero porre rimedio a questa mancanza di unità?” “Esiste l’ENIT (Ente Nazionale Italiano Turismo) che dovrebbe essere il braccio operativo del governo, ma, come già detto, esso cozza con le autonome competenze di regioni e Province. Inoltre va ricordato che, purtroppo, non esistono neppure criteri univoci di classificazione dei servizi turistici, il che va, ovviamente, a detrimento di una chiara omologazione dei servizi stessi.” “On.le Baldassarre, e l’Europa, come le stelle, sta a guardare?” “L’Europa assegna i fondi strutturali alle regioni, prevedendo importanti risorse per le aziende turistiche che provvedono ad opere di restauro degli impianti e di potenziamento delle infrastrutture. Ma le risorse messe a disposizione vanno utilizzate. La Puglia ha a disposizione 8 miliardi dei Fondi strutturali, ma non ha ancora provveduto a contrattare con Bruxelles le linee di massima delle impostazioni per l’uso del finanziamento. Mentre le regioni del Nord hanno da tempo approvato il Piano di Attuazione regionale, la Puglia lo ha approvato solo a Maggio 2009 e deve renderlo operativo entro 5 anni, pena la perdita del finanziamento. Purtroppo dal 2013 usciremo dall’Obiettivo 1 per cui questi finanziamenti sono gli ultimi previsti dalla UE.” “On.le Carlucci, non Le sembra che si dovrebbe incentivare il turismo degli anziani, non solo per la maggiore disponibilità di tempo che essi hanno e per una particolare propensione a viaggiare, ma anche per scopi culturali e di assistenza alla terza età?” “Certamente sarebbe opportuno che proprio le associazioni di categoria e quelle di patronato si unissero per ottenere dal governo una forte leva fiscale che consenta di sviluppare una forma di I deputati Gabriella Carlucci e Raffaele Baldassarre con, al centro, Giovanni Mazzone. turismo, appunto quello degli anziani, che tocca non solo le strutture ricettive, ma anche quelle culturali e dello spettacolo. Si avrebbe, così, anche la realizzazione di quella destagionalizzazione dei flussi turistici che potrebbe rappresentare una svolta nella politica della sopravvivenza delle imprese interessate. Su tali obiettivi posso assicurare il mio personale interessamento, così come certamente anche quello dell’On.le Baldassarre, per trovare gli strumenti legislativi atti a perseguire questa strada”. “Dottor Matteo Paparella, Lei in qualità di nuovo Assessore Provinciale alla Protezione Civile, Polizia Provinciale e Sicurezza, cosa pensa di fare per i nostri ristoratori? “Per quanto riguarda i controlli, che devono essere fatti soprattutto a tutela degli operatori onesti che ricevono seri danni dalla concorrenza sleale di chi non osserva le regole, verranno effettuati, ma senza la spettacolarizzazione che, purtroppo, siamo spesso abituati a vedere. Non c’è bisogno di entrare nei locali “con i pennacchi e con le armi”, come cantava De Andrè, e ciò per evitare che la clientela si spaventi e che si crei un danno di immagine per le imprese. Per quanto riguarda il problema emerso nell’incontro di oggi, assicuro il mio serio interessamento, nei limiti della competenza della Provincia, per contribuire ad una definizione positiva dello stesso”. Da sinistra: Vito D’Ingeo, Leo Carriera e l’on. Carlucci. CONFCOMMERCIO INFORMA 47 L@ POSTA 48 Lettere al Direttore a cura di Leo Carriera Riceviamo dall’Avv. Giuseppe Lovecchio una nota nella quale, usando il suo solito garbo, ci rimprovera di aver “dimenticato”, nello speciale “Castellana Grotte” pubblicato nel numero di Giugno del nostro magazine, la figura di Mario Giodice, storico Presidente dell’ASCOM di Castellana. Concordiamo con quanto dice Lovecchio a proposito della storia che “non può essere solo quella del presente, ma deve abbracciare anche quella passata, qualunque sia il giudizio da dare ai personaggi ed agli eventi”; ma è proprio questo concetto che si discosta dallo spirito degli “speciali”. Gli speciali che abbiamo dedicato a Castellana e Bisceglie e che porteremo avanti anche per altri Comuni non sono, volutamente, una storia della Confcommercio locale, ma intendono offrire uno spaccato del Comune nei suoi aspetti culturali, turistici ed economici tutti intesi in un’ottica attenta al presente e rivolta alle prospettive future. In tale spirito si inquadra la parte dello speciale relativo all’ASCOM. Ciò non vuol dire che dimentichiamo le figure mitiche della Confcommercio dei tempi andati: il ricordo dell’azione dei Giodice di Castellana, Gallo di Bisceglie, Caldarola di Ruvo, Loiudice di Altamura, Esposito di Monopoli e dei tanti imprenditori che hanno dedicato gran parte della loro vita al servizio di un’idea associativa incarnata dalla Confcommercio sarà oggetto di un excursus storico della nostra Associazione che faremo a partire dai prossimi numeri. E sarà proprio l’Avvocato Lovecchio, nella duplice veste di protagonista e di storico, a farci ripercorrere l’ultracinquantennale storia della Confcommercio. Ci scrivono alcuni ristoratori chiedendoci se l’iniziativa sul bollino di qualità non rischi di diventare discriminatoria. La FIPE Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, ha comunicato che, a tutela del turismo enogastronomico e dei consumatori, darà vita ad un marchio per la trasparenza dei prezzi di bar e ristoranti a Roma (e successivamente in tutta Italia). Si tratta di un marchio di trasparenza dei prezzi, da consegnare ai tanti operatori onesti che si rivolgono in maniera professionale ai clienti, ai quali sarà data la possibilità, telefonando ad un numero verde, di segnalare eventuali difformità nei comportamenti. Nel caso di infrazione accertata, le imprese saranno sanzionate e private del marchio. L’iniziativa sarà completata da un sistema di conciliazione, in accordo con Federconsumatori, per dirimere le controversie a livello nazionale e per risolvere le controversie fra turisti e imprese. Queste iniziative, lungi dall’essere discriminatorie, tutelano non solo gli utenti, ma anche l’imprenditore serio e sono modi concreti per affrontare il problema dell’offerta di qualità che è l’unico modo per contribuire a migliorare l’immagine dell’offerta agli occhi dei consumatori italiani e stranieri, senza fare uso di fantasiose Commissioni di vigilanza istituite di recente che sono valide semmai per intervenire su servizi pubblici scadenti . Il Dott. Giovanni D’Elia, Commercialista e Consulente del Lavoro di Triggiano, ci chiede se e come sia possibile una collaborazione tra il professionista e la Confcommercio. Sul problema dei rapporti tra Associazione di categoria e professionisti la Confcommercio ha preso netta e concreta posizione da oltre 15 anni. Abbiamo ritenuto di non gestire più direttamente, ma affidandoli a professionisti esterni, servizi di consulenza fiscale o del lavoro, per evitare conflittualità con chi, invece, può e deve essere un partner privilegiato; il concetto base è che la Confcommercio e gli Ordini professionali offrono servizi alla medesima utenza: la Piccola e Media Impresa. Noi, alle aziende, offriamo servizi di natura sindacale, assistenza contributiva, finanziaria, diamo voce alle esigenze delle imprese nelle sedi politiche istituzionali, ma, soprattutto in materia fiscale e del lavoro, possiamo tutelarle nelle sedi opportune. Facciamo riferimento alla nostra presenza nelle commissioni di conciliazione e negli osservatori fiscali provinciali e regionali, ai nostri Enti Bilaterali del Commercio e del Turismo che, nel rispetto del principio della bilateralità sempre più favorito dalle istituzioni, consentono una serie di servizi quali, ad esempio, quello della certificazione dei contratti di lavoro. Nel campo sanitario offriamo ai nostri assistiti un formidabile strumento di tutela quale il Fondo EST sul quale prossimamente faremo un dettagliato articolo; nel campo della formazione abbiamo un ventaglio di offerte che spaziano dal micro corso per la sostituzione del libretto sanitario fino all’apprendistato professionalizzante, passando attraverso i corsi per l’iscrizione alla CCIAA e quelli per la sicurezza sul lavoro. Alcuni di questi corsi possono essere anche gratuiti. Anche nel campo dei finanziamenti, da quelli di poche migliaia di euro a quelli di più alto livello, possiamo offrire un’assistenza qualificata. Tutto ciò lo mettiamo al servizio dei consulenti del lavoro e fiscali e, per il loro tramite, delle imprese da essi curate. In definitiva, per noi il consulente è un qualificato terminale che ci mette in contatto con la nostra base, allargandola e, nel contempo, dandoci maggiore forza rappresentativa per contare di più dove è importante contare.