The Bees Regia e fotografia: Rana Ayoub. Libano/Gran Bretagna, 2009, beta num col., 13’ Il film descrive la vita di una donna libanese che alleva api. Seguiamo la sua giornata tra gli alveari. La storia delle api rivela tutti i segreti di questa vita difficile in un paese difficile. Rana Ayoub Laureata in Comunicazione presso l’università americano-libanese di Beirut, ha trascorso tre anni a Dubai prima di perfezionarsi presso la Scuola di Belle Arti di Edimburgo nel 2008. The Bees è il suo film di diploma. Dalle mani Regia e fotografia: Titta Cosetta Raccagni - Montaggio: Cosetta Raccagni e Logovideo - Musica: Denove Fever - Produzione: Babacika Associazione Culturale. Italia/Cambogia, 2009, Mini DV col., 40' Dalle mani comincia questo racconto. Dalle mani dei cambogiani. Dal dettaglio, per poi allargare. Entrando nella storia. A viaggiare per tanto tempo, senza accorgertene finisce che trovi nuovi modi di guardare il mondo. Osservare le mani significa imparare come vive un paese. In Cambogia le mani non si toccano, non si congiungono, ma sono la parte del corpo che ha un valore simbolico ed estetico fondamentale. I cambogiani non ballano con il corpo, ma con le mani.... Cosetta Raccagni Cosetta Raccagni Cosetta Raccagni, detta Titta è nata e vive a Milano. Si è laureata in Storia e Critica del Cinema presso l’Università di Pavia. È da sempre attiva negli ambienti della cultura underground milanese, città a cui deve gran parte della sua formazione. Lavora con il video nelle sue diverse forme e sperimentazioni, dal reportage al vj, dal documentario alle performance teatrali. Negli ultimi due anni ha vissuto in diversi paesi dell'Asia. Und wenn vir dann im Himmel sind (Quando eravamo in paradiso) Regia, sceneggiatura e fotografia: Daniela Risch - Animazione: Katrin Huber, Daniela Risch Montaggio: Manuel Schtmitt - Musica: Matthew Mc Grath, André Schulz. Germania, 2008, col., 4' La storia di una famiglia: due giovani si incontrano, s'innamorano, si sposano, hanno dei figli, i figli crescono e si distaccano dal nucleo familiare. L'uomo muore e la storia finisce. Il tutto narrato attraverso gli spostamenti filmati a Stop motion dei piccoli mobili di una cucina giocattolo. Una tecnica antica, rivisitata con notevole efficacia. Even losing you (Perdendoti) Regia, animazione: Daniela Risch - Voce: Matthew Mc Grath – Musica: Thomas Buts. Germania, 2009, hd, col, 4’ Poema visivo sull'abbandono e la perdita. Ispirato alla poesia One Art di Elisabeth Bishop. Daniela Risch Vive fra Berlino e Essen. Si è specializzata presso l'Accademia di Arte e Media di Colonia. È fotografa e autrice di cortometraggi. Danze di Palloni e di coltelli Regia e montaggio: Chiara Idrusa Scrimieri - Fotografia: Sergio Stamerra - Interpreti: Leonardo Donadei, Alfredo Barone, Salvatore Barone, Davide Monaco, Flavio Olivares - Musica: Alessandro Coppola (Nidi d'Arac) - Produzione: Apulia Film Commission. Italia, 2009, DV col., 30' Leonardo Donadei, ballunaru e schermidore, vive a Parabita. Tra le strade notturne e ovattate del paese, dove lavora fino a notte fonda al pallone di 16 metri che costruirà per la festa di S. Antonio Abate, l’inverno è scandito dall’odore dei riti del fuoco e della terra, nell’attesa della festa. I paesi dell’entroterra salentino sono tenuti svegli da voci d’osteria e accesi da luminarie, i Santi li proteggono dagli angoli delle strade. La scherma, come alcune tradizioni più antiche, continua a scrivere piccole frasi della propria storia all’ombra dei clamori. Codici, colpi, coltelli, parole taglienti abitano una lingua nodosa, introversa, che s’interroga sulla propria storia difficile. Leonardo è sospeso tra terra e aria, diviso tra la levità delle architetture di carta offerte in voto al Santo e la gestualità spietata e sicura del duello di strada. Il segreto di questa contraddizione, se c’è, è nascosto dietro la porta di legno del suo laboratorio: un fuoco d’artificio olfattivo e visivo, di favole di paese, fantasie infantili appese alla carta con la colla di farina, bande musicali e fiocchi di zucchero filato, di quando i Santi spiccavano il volo a cercare speranza per un’esistenza povera e difficile. Chiara Idrusa Scrimieri Laureata in Storia dell’arte, lavora tra l’Emilia Romagna e il Salento. A Bologna è docente dei laboratori didattici di riprese e montaggio presso la Cineteca Comunale e fa parte del laboratorio sperimentale dell’audiovisivo Ipotesicinema diretto da Ermanno Olmi. Presiede l’associazione culturale Artèteca e la neonata società di produzione Idrusa s.a.s. (con Sergio Stamerra), ideata intorno a progettualità multimediali e audiovisive. Da settembre del 2006 è nella direzione artistica di Ientu te Cinema - Festival del Cinema e delle Arti Visive di Gallipoli. Si è formata nell’audiovisivo e nella scrittura cinematografica grazie al contatto con Jane Campion, Fernando Solanas, Abbas Kiarostami, Giuseppe Rotunno e Carlo Di Palma, Enza Negroni, Giovanni Robbiano, Michele Fasano, Fabio Bonifacci e soprattutto Ermanno Olmi. Ha collaborato a numerose produzioni di corti e mediometraggi spaziando dal reparto scenografico all’aiuto regia ed è autrice di racconti e lavori documentari. Dal 2004 sta curando il progetto multimediale sulla città di Gallipoli Caddipulina, finalizzato, tra l’altro, alla produzione di un film sui bambini che abitano nell’”isola” del centro storico. Filmografia Amelia (2007, cortometraggio); Sott’acqua e sotta Ientu (2004-2008, progetto sulla città di Gallipoli: Caddipulina; Gallipoli, città dei bambini; Abitare. Una storia d’amore a Gallipoli); Danze di palloni e di coltelli (documentario, 2009). Note di regia e produzione Il cortometraggio è stato finanziato da Apulia Film Commission nell’ambito del Progetto Memoria, ideato per valorizzare giovani filmmaker selezionati tramite concorso finanziandone la produzione di cortometraggi, documentari o di fiction, relativi a personaggi, eventi o luoghi particolarmente significativi della Puglia del ‘900 e che hanno contribuito a definirne identità e storia. Danze di palloni e di coltelli si è proposto di esplorare un aspetto della cultura musicale e coreutica del Salento ancora poco conosciuto al grande pubblico, che è la scherma salentina, anche nota come danza dei coltelli. Il coinvolgimento diretto dei protagonisti di questa tradizione di famiglia come attori del film permetterà di confutare l'espressione "danza delle spade", attribuita dai più alla scherma salentina forse in virtù di un'ipotetica somiglianza con movenze e regole del fioretto e di ripercorrerne le vere origini e la discendenza dall'antico duello di coltello. La danza dei coltelli, ora per l'appunto ballata, tra uomini e nelle ronde di alcune feste salentine, si presenta stilizzata a rappresentare quello fu l'antico duello di coltello tra esponenti delle famiglie locali, che si contendevano il territorio e le relative attività economiche scontrandosi una volta l'anno in una delle fiere più importanti del Salento, la fiera di San Rocco a Torrepaduli, il 15 e 16 agosto. Il protagonista del film è Leonardo Donadei, schermidore e ballunaru (costruttore di palloni aerostatici votivi di carta) incarna l'idea dell'arte come sapere di famiglia, rinnovando alle nuove generazioni il valore della tradizione e dell'importanza che un'arte espressiva come la scherma, piuttosto che la costruzione dei palloni, hanno nel continuare l'identità di una famiglia e di un luogo. Il film diventa così scansione della quotidianità della vita di Leonardo, in casa, per strada, nel laboratorio del centro storico di Parabita dove prendono forma le sue immense architetture di carta decorate con disegni stilizzati e quasi primitivi in attesa del grande lancio, nel circolo che gestisce con gli amici, sulle terrazze dove si allena con gli schermidori, tra le feste patronali e sullo sfondo di un Salento invernale, piovoso, tra gente di terra, scandito dalla raccolta delle sarmente della rimonda delle viti che andranno a costruire il grande rituale del fuoco della Focara di Novoli. L'organizzazione del film ha privilegiato una modalità d'azione superleggera, con una troupe ridotta al minimo dei comparti tecnici e privilegiando la qualità di suono e immagini con doppia camera (in qualche caso 3) e due fonici al seguito, che hanno registrato direttamente in camera (per ridurre il più possibile la lunghezza delle operazioni di postproduzione audio e sincronizzazione) e raccolto una ricca riserva di suoni ambiente su dat. La strutturazione di una troupe leggera si è rivelata vincente per l'agilità di movimento nelle circostanze fisicamente più impraticabili ma anche per la bassa invasività che essa ha comportato nel rapporto con gli attori e con il paese in generale. Si è girato prevalentemente con luce ambiente, fatta eccezione per la scena della cena nel vecchio frantoio di Matino, in cui a curare luci ed atmosfere è stato Sergio Stamerra con l'aiuto di Costantino Frezza. Un ricco lavoro di documentazione fotografica è stato prodotto dallo stesso Sergio Stamerra a corredo del film, sia delle scene che come documento di backstage ed una sorta di diario di bordo è stato scritto dalla sottoscritta come testimonianza della lavorazione e dell'alto carattere di improvvisazione di questo progetto, la cui "sceneggiatura" è stata scritta giorno per giorno e con la collaborazione attiva dei suoi protagonisti. Der letzte Eremit (L’ultimo eremita) Regia, sceneggiatura e montaggio: Juliane Blothner - Fotografia: Max Tsui - Musica: Stewart Hill Interpreti: Andreas Nickl, Daniela Schulz, Adolfo Assor - Produzione: Kunsthochschule für Medien Germania, 2009, Beta SP col., 23' La nobiltà britannica è sempre stata famosa per la sua eccentricità. Alla fine del diciottesimo secolo, alcuni gentlemen erano soliti assumere un anacoreta professionale che vivesse nei loro giardini, come una sorta di elemento decorativo. Richard è l’ultimo discendente di una nobile famiglia decaduta. L’unica cosa rimasta della sua famiglia e della sua eredità è Jeremy, il suo “eremita ornamentale”. Questi eremiti sono soliti abitare piccoli appartamenti come un biotopo, che li proteggeva dal moderno mondo esterno che metteva in pericolo la loro fragile esistenza. Il sodalizio fra Richard e Jeremy è fortemente minacciato quando conoscono Lavinia, la ragazza carina della porta accanto, una giovane studentessa di arte, che si batte per l’accesso alla conoscenza. Juliane Blothner È nata a Bergisch-Gladbach nel 1982. Ha studiato all’Academy of Media Arts di Colonia dal 2003 fino al 2008, poi ha iniziato la sua carriera nello show business. Filmografia Suha (cortometraggio, 2004); My Manu Mahagony (cortometraggio, 2005); Der Wohnling/The Homeling (cortometraggio, 2006); Anchor People (Lacrimose) (cortometraggio, 2008); Der letzte Eremit/The last Hermit (cortometraggio, 2009). Questa poesia non è nel film ma, indubbiamente, è attinente L'eremita ornamentale Non proprio ornamentale, una figura bianca intravista forse dal viale, dentro il bosco di faggi, mentre vi dirigevate alla casa, così ferma da poter sembrare una lunga striscia di sole sulla corteccia, benché abbiate sentito su di voi, se non esattamente gli occhi, i suoi pensieri. Quasi nessuno l'ha visto da vicino. Il cuoco, tra i pochi, ha detto che indossava una tunica informe di tessuto grezzo e che sembrava un uomo in un sacco, e un ospite che si è trovato faccia a faccia con un individuo forse in camicia da notte l'ha immaginato un pazzo, o un sonnambulo. Non riuscivano a mettersi d'accordo sull'età. Il valletto che ha lasciato cacciagione in gelatina e patate di ieri accanto alla sua grotta nel banco di sabbia al mattino ha riferito, dopo lunga pausa, che il tipo gli è parso portare gli occhiali, ma stava nell'ombra chino sulla sua Bibbia. Non si sono parlati. Era un innamorato che ha rinunciato al mondo o forse gli avevano promesso mille sterline se resisteva sette anni nella caverna scucchiaiata apposta per lui, levandosi all'alba meditando il giorno intero sulla clessidra, la sera poi pregando o leggendo al lume di candela. Gli eremiti erano certo di gran moda ma questo non poteva essere stato messo lì come ornamento per le feste della casa. Alcuni ospiti sono arrivati a dubitare della sua esistenza, oppure a dire che da un pezzo aveva saltato il muro, abbandonando già i suoi attrezzi nel buco che lento si riempiva. Ma il fatto è questo. A volte un uomo deve afferrare il luogo in cui vive. Più non gli basta giacere la notte sotto il suo tetto e sentire la pioggia asciutta, e possedere tutti quegli acri di buio e di terra, senza qualcuno che li ascolti, che vi si aggiri. Per questo l'ho pagato. Matthew Francis Lo faccio mille volte per me - Dragon Lady Regia, sceneggiatura e fotografia: Lucilla Pacileo e Maria Enrica Pacileo. Italia, 2008, col., 8’ Questo corto ci introduce ad una attività importante di auto aiuto e organizzazione tra donne che, come parte di un progetto nazionale e anche internazionale, si segnala a Firenze per una continua e molto apprezzata attività. Chi sono le Dragon Lady Il 14 febbraio 2006, giorno di San Valentino, nasce a Firenze l’equipaggio di Dragon Boat, Florence Dragon Lady, formato da un gruppo di donne operate di tumore al seno, con l’appoggio del Servizio "Donna come prima", all’interno della sezione di Firenze della Lega italiana contro i tumori, LILT e della Canottieri Comunali Firenze. Che cosa è il dragon boat Il Dragon Boat è una disciplina sportiva diffusa in tutto il mondo, che prevede gare su imbarcazioni standard lunghe 12,66 metri, con la testa e la coda a forma di dragone. Queste imbarcazioni sono sospinte da 20 atleti, 10 a destra e 10 a sinistra, con pagaie simili a quelle della canoa canadese, al ritmo scandito dal tamburino, mentre il timoniere a poppa tiene la direzione con un remo lungo circa tre metri. Even losing you (Perdendoti) Regia, animazione: Daniela Risch - Voce: Matthew Mc Grath – Musica: Thomas Buts. Germania, 2009, hd, col, 4’ Poema visivo sull'abbandono e la perdita. Ispirato alla poesia One Art di Elisabeth Bishop. Daniela Risch Vive fra Berlino e Essen. Si è specializzata presso l'Accademia di Arte e Media di Colonia. È fotografa e autrice di cortometraggi. Gelb & Pink Regia e sceneggiatura: Alexandra Schröder – Montaggio: Dominique Grisler – Fotografia: Benjamin Bischof – Musica: Claas Berger - Produzione: Boogiefilm Germania, 2009, HD col, 11' Essere sorelle è una condizione uguale a nessun'altra. Non è una scelta, non è un'amicizia, ma è molto più di un'affinità. È soprattutto un inevitabile confronto continuo e uno specchio, spesso impietoso in cui ci si riflette. Gelb e Pink sono due sorelle adolescenti diversissime per gusti, aspetto e atteggiamenti. Una corrisponde di più al corrente modello di femminilità. L'altra di meno. Eppure la voglia e la felicità di affrontare la vita insieme prevale su tutte la differenze. Alexandra Schröder Si è diplomata al Liceo Friedrich List di Berlino est e laureata all’Accademia d’Arte di Amburgo. Si specializzata in Cinema, Fotografia e Televisione a Dusseldorf e a Colonia. Filmografia Comic Strip (2001); Deborah (2002); Whats inside a Girl (2004); Love me (2005); Rock’n Roll (2006); Berufsberatung (2007); Schwärmer (2007); JVA Heinsberg (2008); Gelb&Pink (2009); Glasfasern (2010). Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi Regia: Rosalba Vitellaro - Soggetto e sceneggiatura: Rosalba Vitellaro, Alessandra Viola e Valentina Mazzola - Musica: Sample sas - Produzione: Rai Fiction e Larcadarte. Italia, 2010, Imx dvd col., 26' Negli anni '50, a Palermo, due amici e compagni di scuola, Giovanni e Paolo, cercano con l'aiuto di altri compagni di liberare dal Male oscuro la loro città e i suoi abitanti, improvvisamente diventati cinici e violenti, dopo aver incontrato il Mago Nivuru, che ha tolto loro l'anima e li ha trasformati in pupi. Una metafora delicata che affronta il tema della mafia, senza trascurare effetti umoristici ma anche approfondimenti sui difficili temi dell'omertà e del bullismo. La solidarietà e l'unione del gruppo, daranno i suoi frutti. Giovanni e Paolo liberano le anime dei cittadini e si godono la festa di Santa Rosalia da veri eroi. Le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono rimaste ben impresse nella mente di tutti, e le iniziative create con lo scopo di tenere viva tra i ragazzi la memoria dei due magistrati sono sempre buone occasioni per ricordare gli eventi drammatici che sconvolsero l’Italia e come il male debba essere combattuto. Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi è un cartoon che racconta in forma di favola una storia ambientata nella Palermo degli anni Cinquanta e i protagonisti portano i nomi Giovanni e Paolo. Proprio in omaggio ai due magistrati che in quegli anni erano davvero giovani amici a Palermo e proprio come loro lottano contro ogni prevaricazione e a favore della giustizia. Al cartoon hanno prestato le loro voci, tra gli altri, Leo Gullotta, Donatella Finocchiaro e Claudio Gioè. E’ un esempio di televisione di servizio pubblico. Un racconto insieme profondo e leggero, idealista e realista. Un messaggio di educazione alla legalità in un paese troppo spesso senza memoria. Antonio di Bella I bambini hanno chiaro in mente, spesso più dei grandi, il senso del giusto e dell’ingiusto, del vero e del falso, del bene e del male. I bambini credono. I bambini sanno molte più cose di noi. I bambini rischiano anche di vedere ucciso il loro immaginario collettivo da una tv che non guarda lontano. Per questo l’idea di legare con un cartone la storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a quella di due bambini degli anni ’50, che combattono contro un mago capace di trasformare gli uomini in pupi, ci è sembrata una sfida da cogliere, da difendere, da vincere. Un modo di dare un senso al nostro lavoro. Un modo di restituire senso alla televisione. Un modo per raccontare una storia vera con il linguaggio dell’immaginazione. Un modo per dire che la storia di Falcone e Borsellino è la nostra storia, ed è anche la storia dei nostri figli. E non è una storia finita. Ed è una storia da raccontare. Da non far passare mai sotto silenzio. Come ha detto Giovanni Falcone: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. O forse non muore. E vive per sempre. Anche in un cartone animato. Paolo Ruffini Rosalba Vitellaro Dal 2001 dirige l’agenzia di produzioni video e di cartoni animati Larcadarte, con sede a Palermo. Lavora come regista, realizza cartoni animati, documentari e spot. Tra i suoi lavori i cartoni Benedetta (2006), Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi (2010) e i documentari Pietramare (2009), Parco delle Madonie (2008) e Belice 35 anni dopo (2003). Alessandra Viola: "La lotta alla mafia parte dai bambini, Falcone e Borsellino diventano eroi da cartone" di Andrea Curreli 21 aprile 2010 Esiste un valore che si chiama legalità e ci sono stati due uomini, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che in nome di quel valore hanno sacrificato le loro vite. Esiste poi una televisione che deve non solo informare e divertire, ma anche educare. In un'epoca di reality show, fiction e telerisse è bello scoprire che la Rai ha prodotto Giovanni e Paolo e il Mistero dei Pupi, un cartone animato dai forti contenuti sociali. A ideare e raccontare questa favola, ambientata nella Palermo degli anni Cinquanta, ci ha pensato la regista Rosalba Vitellaro traducendo in immagini la sceneggiatura firmata con Alessandra Viola e Valentina Mazzola. I protagonisti sono due bambini, Giovanni e Paolo, che combattono contro un mago malvagio che domina le persone privandole dell'anima. Alessandra Viola spiega la scelta di utilizzare il cartone animato come mezzo per ribadire il valore della la legalità. Viola, come è nata l'idea di realizzare un cartone animato con un chiaro messaggio sociale? È nata da un viaggio in macchina con Rosalba Vitellaro mentre stavamo ascoltando Mulini a vento, la canzone che Carmen Consoli ha dedicato a Giovanni Falcone. Poche settimane dopo sui giornali è uscita la notizia che, secondo un sondaggio, gli studenti delle scuole medie italiane non sapevano chi fossero Falcone e Borsellino. Ci siamo rese conto che i ragazzi non hanno conservato la memoria delle gesta di queste due persone che hanno dato la vita per tutti noi. Era doveroso rinverdire la memoria di queste due figure sia con il cartone animato che con una serie di iniziative nelle scuole. Era necessario parlare nuovamente di legalità, di sacrificio e di impegno civile. Qual è stata la risposta? Nelle scuole i docenti hanno accolto con entusiasmo il progetto. La prima proiezione del cartone a Rapallo durante Cartoons on the Bay è piaciuta molto ai bambini. Va detto però che il cartone è stato realizzato molto bene dalla Musicartoon di Roma con uno stile cinematografico e tantissimi disegni al minuto. Abbiamo anche indetto un concorso per selezionare dei fumetti sempre sul tema della legalità e della lotta alla mafia, i migliori saranno inseriti in un libretto che sarà poi distribuito nelle scuole insieme al dvd del cartone. Sostanzialmente è un modo nuovo di raccontare ai bambini la storia dei due magistrati Ci voleva una metafora per riproporre Falcone e Borsellino come esempio per i più giovani che altrimenti hanno come riferimento calciatori e veline. Non possono essere questi i modelli positivi dei giovani perché significa impostare tutto sulle capacità atletiche e sulla bellezza che sono cose effimere davanti all'impegno civile. Arriviamo alla trama: i due bambini riescono a sconfiggere il mago, ma non c'è il lieto fine. Sconfiggono il mago che rappresenta il mafioso, ma l'ombra del mago ovvero la mafiosità si salva. L'ombra si stacca e striscia via per la città pronta a reincarnarsi in altre persone. Hanno vinto la battaglia, ma purtroppo non la guerra come dimostrano poi anche i fatti storici. Giovanni Falcone era socialista, Paolo Borsellino era missino ma entrambi avevano come riferimento la legalità, un valore assoluto che va oltre le divisioni partitiche. Possono ancora essere un esempio per la nostra classe politica? Sono un esempio per i bambini, ma dovrebbero esserlo per tutti i cittadini e sopratutto per la classe politica. La giustizia, la legge e l'integrità morale non sono valori né di destra, né di sinistra e per questo dovrebbero essere condivisi da una società civile. Se c'è gente che è disposta a morire per questi valori dimostra il fatto che si deve andare oltre le faziosità perché c'è un bene comune che è facilmente riconoscibile da qualsiasi classe politica e gruppo sociale. Il pool antimafia era composto da persone di diversissima estrazione politica, ma con un obiettivo comune. In questi giorni su Facebook è apparso un gruppo che inneggia al clan dei Casalesi e ha raccolto oltre 400 sostenitori. Se qualcuno esalta il camorrista, il mafioso o l'ndranghetista questo vuol dire che c'è ancora tanto da lavorare, non crede? Purtroppo il male esercita, soprattutto sui giovani, un fortissimo fascino. Sposo una definizione non mia: l'Italia è il Paese dei furbi. È fortissima l'ammirazione che riscuote chi ce la fa anche a dispetto delle leggi. Siamo un popolo che invece andrebbe educato al rispetto delle regole. Isabel Regia e sceneggiatura: Camila Gómez, Soledad Lomba - Montaggio: Ignacio Renzi - Fotografia: Alejandro Reynoso - Musica: CristianGiglio - Interpreti: Vicky Calo, Yamila Colombo, Susy Calcaño, Elisa Massi. Argentina, 2010, 16 mm col., 15' Isabel è una ragazzina di 10 anni con la passione per l'astronomia, che vuole andare in visita al Planetario. Per questo chiede a sua madre l'autorizzazione richiesta dalla scuola. La madre è depressa per la recente separazione e, gravata di tutte le responsabilità della famiglia, si occupa poco della figlioletta. Per di più la figlia maggiore adolescente è incinta. Non avendo ottenuto la firma della madre per l'autorizzazione, Isabel decide di falsificarla, la direttrice della scuola la scopre e le nega il permesso di andare in gita al Planetario. Isabel allora decide di andarci per conto suo, ma si perde per strada e in questo modo bussa alla casa di sua nonna. La nonna decide di trasferirsi a casa della figlia e delle nipoti e nel giro di poco tempo, tutto si aggiusta. Durante una discussione familiare alla ragazza incinta si rompono le acque. Così Isabel, sulla strada verso l'ospedale, finalmente vede il Planetario. Camila Gómez È nata a Buenos Aires nel 1985. Dopo gli studi superiori, nel 2004 si è iscritta all'Università di Buenos Aires per studiare Disegno, Immagine e Suono. Isabel è la sua seconda esperienza come regista. Soledad Lomba È nata a Lomas de Zamora, Buenos Aires, nel 1986. Dopo il diploma secondario con indirizzo Disegno e Comuinicazione, nel 2005 si iscrive all'Università di Buenos Aires per studiare Disegno, Immagine e Suono. Isabel è la sua prima esperienza come regista. Ins Blaue (Nel Blu) Regia: Kaija Helweg - Sceneggiatura: Kaija Helweg, Alexandra Heneka - Montaggio: Inka Gradinger, Christian Krämer - Fotografia: Dirk Heuer - Musica: Thomas Resch, TAPE Bouffard, Booker - Interpreti: Christian Kerepeszki, Katinka Auberger, Piet Voβler, Jens Weisser Produzione: Academy of Media Arts Cologne. Germania, 2010, Digi Beta col., 30' Sven (37 anni) e Maren (35 anni) sono innamorati e decidono di trascorrere il loro primo weekend insieme in un cottage in campagna. Il figlio di Maren, Jannek (11 anni), sarebbe dovuto rimanere a casa di un amico che all'ultimo momento risulta indisponibile. La coppia decide di portare Jannek in campagna con loro, sarà un weekend del tutto sorprendente. Was es ist (Cos'è) Regia e sceneggiatura: Kaija Helweg - Montaggio: Inka Gradinger, Christian Krämer - Fotografia: Dirk Heuer - Musica: Thomas Resch, Monomatik, Astrophil and Stella - Interpreti: Olga Nasfeter, Philipp Denzel, Christian Kerepeszki, Anna Schmidt, Anton Weber - Produzione: Academy of Media Arts Cologne. Germania, 2009, 35 mm col., 45' Quando Chris e Nils si incontrano tutto sembra essere facile. Presto diventano una coppia e tutto sarebbe a posto se solo Chris riuscisse a essere felice. Il film indaga i sentimenti di Chris, divisa fra il suo desiderio d'amore e la paura. Kaija Helweg È nata nel 1971 a Göttingen. Nel 1999 si laurea in Arte e Fonetica con indirizzo in Comunicazione e Psicologia all'Università di Amburgo. Fino al 2005 lavora come assistente alla regia, direttrice del casting e sceneggiatrice per numerosi film e programmi televisivi. Dal 2005 al 2008 frequenta un corso post-laurea presso l'Academy of Media Arts di Colonia specializzandosi in regia e sceneggiatura. A proposito di Was es ist e Ins Blaue Mi interesso di come le persone gestiscono le loro insicurezze nella vita di tutti i giorni, specialmente per quanto riguarda i piccoli drammi quotidiani. La vita nella sua inconsistenza. La vita nei suoi aspetti tragici e curiosi. Cosa succede quando delle persone che si piacciono si sentono insicure e diventano più vulnerabili? Non vogliono che gli altri si accorgano delle loro incertezze. Tutto ciò è fonte di problemi. Dall’esterno potrebbe sembrare facile trovare le parole giuste per dare un nome al problema, ma è così difficile se ti trovi coinvolto nella situazione. Penso che i sentimenti delle persone costituiscano una delle più grosse ambivalenze della vita. Non voglio spiegare perché le persone nel mio film si comportano in un certo modo. Cerco di osservarli nella loro quotidianità. Il pubblico dovrebbe essere in grado di farsi un’idea personale. Immagino i miei protagonisti nelle situazioni tragiche di tutti i giorni e aspetto di vedere cosa succede, sperando in qualcosa di vero, toccante e qualche volta anche curioso. Una piccola nota riguardo alla produzione del film: ho girato Ins blaue prima di realizzare Was es ist perché a volte la vita non va come la pianifico. Ho avuto un po’ di problemi con la post produzione di Ins blaue, così sono stata in grado di finire il film solo dopo aver terminato la post produzione di Was es ist. Kaija Helweg La melodia Regia e sceneggiatura: Natalie Kerman - Soggetto: Judith Dominguéz - Montaggio: Jesús Mediavilla - Fotografia: Álvaro López - Interpreti: Sandra Marco, Micky Molina, Antonio Castro, Marilene Andrade - Produzione: NK Producciones. Spagna, 2010, DV col., 8' C'è sempre qualcuno al mondo che può ascoltarti, che può capirti. A dispetto delle differenze, c'è sempre quancuno che ascolta la tua melodia. Natalie Kerman È nata a Teheran nel 1972. All'età di 12 anni si è trasferita in Svezia con la famiglia. Ha sempre subito il fascino del cinema e per questo studia cinema e teatro al Drama Centre di Göteborg e lavora come attrice per tre anni. Pubblica il suo primo libro dal titolo Ho 5 anni. Nel 2005 si trasferisce a Madrid dove lavora come sceneggiatrice. Sus ojos è il primo cortometraggio girato a Madrid con Enrique San Francisco e Jorge Sanz come attori principali. La melodia è il suo secondo cortometraggio. Lucie de tous les temps Regia, voce narrante, sceneggiatura e ricerca: Julie Perron – Montaggio: Louise Côté – Fotografia: Pierre David, Laurent Chevallier, Isabelle Fermon, Isabelle Razavet, Julie Perron - Musica: Jerôme Minière. Québec, 2003, col., 52’ Julie Perron, giovane regista del Québec, dedica il suo film all’anziana signora conosciuta per caso in un ascensore parigino che l’ha affascinata con la sua carica di umanità e energia. La “ragazza” di 89 anni è Lucie Aubrac, un mito della resistenza francese. Nata in Borgogna da una famiglia di viticoltori, militante antifascista, durante l’occupazione tedesca, fonda il giornale e il movimento clandestino Libération. In questo periodo diventa una specialista in evasioni salvando due volte dalla morte il marito Raymond e liberando 14 prigionieri. Intelligentissima e attrice nata, recita tutte le parti necessarie per ottenere i suoi risultati, arrivando a ingannare anche il terribile capo della Gestapo Klaus Barbie. Scoperta e ricercata, riesce a mettersi in salvo all’estero incinta e con il marito ferito. Sulle sue avventure sono stati scritti romanzi ed è divenuta addirittura l’eroina di un fumetto americano. Dopo la guerra ha ripreso il suo lavoro di insegnante, è vissuta in Marocco, in Italia e negli Stati Uniti continuando ad essere una militante attiva e ben decisa a trasmettere la sua fiducia negli esseri umani e nella vita alle giovani generazioni. Il film di Julie Perron non presta particolare attenzione alla cronologia delle vicende, piuttosto procede per intuizioni seguendo il filo di un dialogo serrato e profondo tra le due donne, arricchito da materiali di archivio. Julie Perron Ha studiato cinema presso l'Università di Parigi VII. Ha lavorato per qualche anno come montatrice e poi ha ottenuto un dottorato su Educazione e nuove tecnologie. Ha prodotto e realizzato un testo multimediale per i 100 anni del cinema del Québec e si è dedicata alla ricerca e produzione di materiali in questo campo. Ha lavorato alla ricerca, sceneggiatura e realizzazione di Mai en décembre (Godard en Abitibi) per l'O.N.F. Lucie de tous les temps è il suo primo documentario. Tra i suoi progetti una serie di ritratti di artisti di Montréal. Martes por la mañana Regia e sceneggiatura: Cheli Sánchez - Montaggio: Antonio Lava - Fotografia: José Antonio Muñoz - Interpreti: Aitor Luna, Caridad Hurtado - Produzione: Juan Francisco Sánchez. Spagna, 2009, Red One col., 8' Lavorare in una grande azienda può essere molto stressante e Pedro non fa eccezione. Un martedì qualsiasi... Cheli Sánchez È nata ad Albacete nel 1981. Si è diplomata in Comunicazione Audiovisiva e ha completato la sua preparazione con un master in Regia e sceneggiatura cinematografica e televisiva. Durante gli studi ha prodotto numerosi cortometraggi, selezionati in festival importanti. Poi ha lavorato come assistente alla regia, realizzato cortometraggi e documentari ottenendo riconoscimenti internazionali. Mille giorni di Vito Regia e sceneggiatura: Elisabetta Pandimiglio - Fotografia e montaggio: Elisabetta Pandimiglio e César Meneghetti - Musica: X‐Men e Tied & Twickled Trio - Produzione: Axelotil B+W Films. Italia, 2009, 35 mm col/bn, 10' Esiste chi è condannato a vivere dietro le sbarre senza aver commesso reati: i piccoli delle detenute. Vito è uno di loro. Compiuti tre anni, come prescrive la legge italiana, è tornato libero portandosi dietro il peso della sua infanzia cosi particolare. Note di regia Dieci anni fa, elaborai il mio primo progetto sui bambini in carcere senza colpa, dopo aver letto un articolo dove si raccontava di Teresa, diciassette mesi, che viveva nella sezione massima sicurezza di Rebibbia, con la madre condannata per traffico di stupefacenti. Il pezzo era corredato di foto. Mi colpì un’immagine in particolare: una bambina camminava per il corridoio dell’istituto di pena, imitando il tipico “passeggio” delle detenute. Stava imparando a sillabare le sue prime parole: vitto invece di pappa e poi cella, visita, aria, agente, apri!. Da allora, non ho mai abbandonato l’intenzione di provare a rappresentare visivamente un piccolo spaccato di un’ingiustizia tanto grande, ma cosi complessa da sciogliere e forse anche da raccontare. Mi è capitato, parlando a qualcuno del progetto, di sentirmi dire che un centinaio di bambini detenuti sono un numero troppo piccolo rispetto a tutti quelli che nel mondo soffrono la fame, vengono violentati, sfruttati, usati per fare le guerre, uccisi. Non posso certo negare questo dato terribile, ma credo che, finché resterà in carcere un solo bambino, valga la pena non dimenticarlo. Con questo film ho tentato di ricostruire la giornata di un bambino che ha vissuto la drammatica esperienza della detenzione senza colpa, in particolare il momento della visita alla madre ancora in carcere. Il tragitto verso l’istituto di pena inevitabilmente riporta il piccolo Vito indietro: ogni evento, ogni passaggio, ogni particolare scatena in lui un micro cortocircuito che vivifica un passato troppo vicino e fa annegare il desiderio del “riincontro” in un’inquietudine crescente. Il percorso narrativo, incentrato sugli stati d’animo altalenanti del protagonista, tende a rappresentare la difficile interazione con il mondo circostante, attraverso l’affacciarsi insistente e ossessivo di un universo infantile impiantato sull’assenza di libertà. Prezioso, antiretorico e non didattico, anzi autoriale in senso pieno, complesso lavoro fra documento narrazione e video arte, dedicato ai bambini che, dopo avere vissuto fino ai tre anni in carcere con le madri detenute, vi ritornano settimanalmente per stare un po' con loro. Claustrofobia, cortocircuiti emotivi, ricordi sensazioni paure, in una sospensione di tempo dolore crescita, resa con partecipe rigore. Maurizio Di Rienzo (S.N.G.C.I.) Elisabetta Pandimiglio Regista, autrice, scrittrice e sceneggiatrice. Ha scritto e diretto: lungometraggi di finzione, documentari, corti narrativi, video educativi e spot progresso per conto di Unione Europea, Comune di Roma, Telefono Rosa, Regione Lazio. E una delle fondatrici di Telefono Rosa (Associazione Nazionale contro la violenza sommersa). Ha pubblicato indagini, denunce, inchieste, saggi, racconti su condizione femminile e disagio sociale, e il romanzo Ilia di Notte (Data News, 2001). Su commissione di Nanni Moretti ha realizzato nel 2002 il Diario Sacher Zappaterra. I suoi film sono stati proiettati in oltre venti paesi. Per i suoi lavori da regista ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui tre menzioni speciali ai Nastri d’Argento (1997 Punti di vista, 2004 Sogni di cuoio, 2010 Mille giorni di Vito). Gli ultimi lavori da lei scritti e diretti: Mille giorni di Vito e il lungometraggio L’incontro. Filmografia Punti di vista (cortometraggio, 1996); Interferenze (1998); Se un giorno qualcuno (cortometraggio, 1998); Spot CEE conto la violenza domestica (cortometraggio, 1999); Cercando Eva (cortometraggio, 2000); Senza terra (cortometraggio, 2001); A sud del sud (cortometraggio, 2001); Zappaterra (cortometraggio, 2002); Cachorro Louco (cortometraggio, 2003); Romevideo (cortometraggio, 2003); Sogni di cuoio (documentario, 2004); Motoboy (docu‐fiction, 2004); Comizi e quant’altro (documentario, 2005); Contromano (cortometraggio, 2005); Nonostante la pioggia (cortometraggio, 2005); Esterno notte (cortometraggio, 2005); Verso Itaca (cortometraggio, 2005); Spot cinema notte bianca (cortometraggio, 2006); Il corso dei fiori (documentario, 2006); Taccone fuga in salita (documentario, 2007);. Countdown (cortometraggio, 2007); Roma annual report 2007 (mediometraggio, 2007); Roma capodanno 08 (cortometraggio, 2008); Testi & Testimoni (I e II edizione, 2008-2010); Mille giorni di Vito (cortometraggio, 2009); L’incontro (documentario, 2010). Paolo e Giovanna – Progetto anni ‘60 Ideazione, Ricerca e Regia: Classi III B e IV B ITAS Firenze Fotografia e montaggio: Laboratorio Video della Provincia di Firenze Italia, 2009, col. 32’ Dal repertorio di interviste sugli anni ’60 realizzate dal Laboratorio Video per le Scuole Superiori della Provincia di Firenze un’intervista di coppia. Giovanna Mattolini e Paolo Biagini hanno ripercorso, assieme agli allievi di due classi dell’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, il decennio oggetto della ricerca, dal punto di vista dell’esperienza personale, in rapporto ad avvenimenti locali e nazionali che li hanno visto partecipi direttamente o indirettamente. Soggettività, memoria, biografia e autobiografia sono state le tematiche più trattate, attraverso l’uso dei linguaggi visivi, da studenti e insegnanti nei dieci anni di esistenza del Laboratorio Video della Provincia di Firenze. Da quando, finalmente e per legge, è caduto il tabù sulla storia più recente, grazie all’introduzione della storia del ‘900 nei programmi scolastici, si è scoperto che, per i più giovani, l’indagine e soprattutto la narrazione del passato sono lavoro gradito e interessante. A volte una vera passione. In molte Scuole Superiori l’analisi dei testi cinematografici in relazione allo studio della storia è diventata prassi corrente. Questo, sia grazie all’arrivo di giovani docenti che, nel corso dei loro studi, hanno acquisito le competenze necessarie per utilizzare i linguaggi visivi, sia grazie ad una proficua attività di aggiornamento sul tema, molto partecipata in tutta la Toscana, realizzata all’inizio del nuovo millennio. Alcune istituzioni e centri di ricerca, disponibili verso le scuole, come l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, l’Istituto Ernesto de Martino e gli Istituti Storici della Resistenza sono diventati punti di riferimento per l’inserimento del tema Cinema e Storia nell’offerta formativa delle Superiori. La presenza a Firenze di due Festival di Cinema, che programmano abitualmente film documentari o a soggetto di tipo storico (Festival dei Popoli e Festival di Cinema e Donne), ha fatto conoscere, al mondo della scuola, opere e autori importanti e facilitato l’incontro con ricercatori e studiosi. In molte occasioni dalla lettura dei testi cinematografici si è deciso di passare alla “scrittura” realizzando piccoli film o repertori d’interviste, in genere collegati a progetti d’Istituto o di gruppi di scuole. È questo il caso del Progetto Anni’60, realizzato dal Tecnico Agrario di Firenze, nel biennio scolastico 2007/2008 e 2008/2009 Pietramare Regia, soggetto e sceneggiatura: Alessandra Viola, Rosalba Vitellaro - Fotografia: Serenella Fiasconaro - Musica: Serena Ganci - Produzione: Rai Cinema e Larcadarte. Italia, 2009, HD col., 42' La chiusura delle cave di pietra pomice di Lipari ha lasciato senza lavoro settanta persone, tagliate fuori dal circuito economico dell'isola. Ma non ha potuto cancellare la memoria di un'intera comunità, che alla pomice rimane legata da ricordi familiari, esperienze personali, immagini, tradizioni. Nel 2000 Lipari è stata inserita nell'elenco dei siti Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Eppure quello che doveva essere un incentivo alla rinascita economica e turistica dell'isola, si è trasformato in un boomerang capace di metterne a dura prova la resistenza. La raccomandazione dell'UNESCO, ignorata dalle aziende che scavano la pomice, di interrompere lo sfruttamento delle cave per tutelare il cono vulcanico di monte Pilato, nel giro di due anni ha comportato il sequesto di magazzini, attrezzature e macchinari e di fatto l'interruzione degli scavi, senza che alcuna riconversione dei siti e dei lavoratori sia stata neppure tentata. Dal 2007 ad oggi, solo quattro ex lavoratori della pomice hanno trovato un altro lavoro. Gli altri attendono ancora che le istituzioni mantengano le loro promesse. Liberamente ispirato a Fontamara di Ignazio Silone. Alessadra Viola È giornalista freelance, scrive di scienza per diverse testate italiane e straniere tra cui L'Espresso, La Repubblica, Wired e Wired UK, Il Sole 24 Ore, e collabora con la Rai come autrice di programmi televisivi e di cartoni animati. Nel 2008 è stata premiata come migliore giornalista scientifica italiana dalla Fondazione Armenise-Harvard e dall'Unione Italiana Giornalisti Scientifici (UGIS). Pietramare è la sua prima (co)regia. Rosalba Vitellaro Dal 2001 dirige l’agenzia di produzioni video e di cartoni animati Larcadarte, con sede a Palermo. Lavora come regista, realizza cartoni animati, documentari e spot. Tra i suoi lavori i cartoni Benedetta (2006), Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi (2010) e i documentari Pietramare (2009), Parco delle Madonie (2008) e Belice 35 anni dopo (2003). Re-Inventare l’età matura Regia: Sara Maino - Libera Universita dell’Autobiografia di Anghiari Mnemoteca del Basso Sarca comune di Arco Laboratorio condotto da Beatrice Carmellini Novembre 2009 – Gennaio 2010 Interpreti: Angioletta, Clara, Elisabetta, Grazia, Iva, Laura, Lorenza, Lucia, Maddalena, Nadia, Natalia, Rina, Rita, Rosanna. Italia, 2010, col., 10’ Riappropriarsi del proprio passato, stabilire collegamenti tra esperienze diverse, trovare le linee di interpretazione che permettono di meglio capire quello che è accaduto e quello che accade qui ed ora. Orienteering, privatissimo ma di gruppo, tra storia e memoria. Il laboratorio autobiografico è pensato come uno spazio di meta-riflessione all’interno del quale si sperimentano dispositivi di scrittura di sé, dando forma alle proprie rappresentazioni, condividendo interpretazioni di sé, dell’altro e del mondo. Il progetto in breve Re-Inventare l’età matura. Ricerca attorno alla seconda età adulta delle donne che negli anni Sessanta e Settanta “uscirono dal bozzolo”. Premessa La ricerca intende lavorare intorno alla domanda: “Cosa significa per le donne nate fra il 1940 e il 1957 dover inventare anche la propria realtà matura e vivere oggi una seconda maturità?” La finalità della ricerca corre su un doppio binario: − conoscere come vivono la loro seconda età adulta le donne che in gioventù - secondo esperienze diverse, individuali e/o collettive - hanno messo in discussione gli schemi dei ruoli femminili per come allora erano socialmente dominanti o non li hanno messi in discussione ma sono consapevoli dei cambiamenti avvenuti. − produrre contesti per l’auto-riflessione delle donne protagoniste, capaci di significare e ri– significare le realtà oggetto della narrazione. Obiettivi specifici 1. Un obiettivo di conoscenza. Ricostruire autobiograficamente il passaggio alla seconda età adulta delle donne attraverso la narrazione. 2. Un obiettivo di auto-formazione. Facilitare consapevolezza e conoscenza di sé nelle donne narranti, in riferimento ai temi oggetto della ricerca, ma anche nelle donne in generale, attraverso la restituzione di quanto emerge da coloro che si raccontano. Ai primi due possono essere correlati: 3. Un obiettivo educativo ed etico. Indagare, descrivere e assumere criticamente una esplicita responsabilità generazionale nei confronti delle altre donne, attraverso l’analisi e la elaborazione delle “orme e delle eredità” di genere che questa generazione di donne lascia e propone. 4. Un obiettivo politico. La ricerca potrebbe trovare risposte intorno ad altre domande cruciali: quali sono i desideri dell’età matura delle donne protagoniste? La loro libertà, la loro autodeterminazione hanno ancora bisogno del gruppo, “delle altre”? E della politica? Quali sono le dimensioni della società, delle politiche, del welfare attorno - o contro - cui varrebbe la pena vivere una “seconda ribellione”? Approccio metodologico La ricerca utilizzerà l’approccio narrativo e la pratica autobiografica per esplorare, attraverso la scrittura, le esperienze e i saperi delle donne coinvolte intorno alla seconda età della vita. Il pensiero narrativo privilegia la costruzione di storie come modelli interpretativi della realtà; attraverso la narrazione la mente organizza la conoscenza attribuendo significati, valorizzando gli aspetti semantici e trasformando l’esperienza in una storia coerente. Il feroce saladino Regia e montaggio: Simona Molino e Matteo Lucidi - Fotografia: Simona Molino - Interpreti: Federico Benedetti, Marco Donati, Elia Maiuli, Vincenzo Falasca, Vittorio Bitti, Andrea Brunacci, Richard Bruschi, Chiara Matalone, Aurora Mancinelli - Produzione: Istituto Comprensivo Nicoló Alunno di Belfiore, Foligno. Italia, 2010, Mini DV col., 24' Una maniera speciale per studiare la storia e, contemporaneamente, avvicinarsi ai linguaggi visivi, non soltanto come spettatori passivi. I giovanissimi studenti dell'Istituto Comprensivo di Belfiore (PG) hanno messo in scena l'esperienza dei loro nonni che vissero gli anni della guerra quando avevano la loro età. Si sono così cimentati con scenografia, costumi e giochi del tempo. Allora tutti collezionavano le figurine e il feroce Saladino era la più rara e desiderata. Rappresentava un guerriero orientale con calzoni a sbuffo, turbante e scimitarra. Sulle alture dietro Perugia, però, c'erano davvero dei soldati che provenivano dall'altra parte del mare, i prigionieri balcanici internati in un campo circondato dal filo spinato. Tra i bambini e i prigionieri del campo nacque, o avrebbe potuto nascere, un'amicizia. Rasputin a mano armata Regia, sceneggiatura e montaggio: Simona Molino e Matteo Lucidi. Italia, 2010, Digitale col., 3' Rasputin, il burattinaio russo, oltre i Romanov, controlla anche la Mafia. Animazione dadaista di armi, cervelli e automobili che si compongono in un gioco inquietante. kINDERGartEN (Matteo Lucidi e Simona Molino) Matteo Lucidi nasce a Foligno nel 1978. Vive a Roma per dieci anni dove si laurea in Architettura all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e dove ottiene la qualifica professionale di Aiuto Regista. Nel 2005 è cofondatore dello Studio Rossolucido di architettura, design, grafica e video. Dal 2007 insegna tecnica cinematografica nelle scuole medie. Simona Molino nasce a Foligno nel 1978. Si laurea in Scienze della Formazione all’Università degli Studi di Perugia e attualmente insegna in un nido d’infanzia. Und wenn vir dann im Himmel sind (Quando eravamo in paradiso) Regia, sceneggiatura e fotografia: Daniela Risch - Animazione: Katrin Huber, Daniela Risch Montaggio: Manuel Schtmitt - Musica: Matthew Mc Grath, André Schulz. Germania, 2008, col., 4' La storia di una famiglia: due giovani si incontrano, s'innamorano, si sposano, hanno dei figli, i figli crescono e si distaccano dal nucleo familiare. L'uomo muore e la storia finisce. Il tutto narrato attraverso gli spostamenti filmati a Stop motion dei piccoli mobili di una cucina giocattolo. Una tecnica antica, rivisitata con notevole efficacia. Daniela Risch Vive fra Berlino e Essen. Si è specializzata presso l'Accademia di Arte e Media di Colonia. È fotografa e autrice di cortometraggi. Was es ist (Cos'è) Regia e sceneggiatura: Kaija Helweg - Montaggio: Inka Gradinger, Christian Krämer - Fotografia: Dirk Heuer - Musica: Thomas Resch, Monomatik, Astrophil and Stella - Interpreti: Olga Nasfeter, Philipp Denzel, Christian Kerepeszki, Anna Schmidt, Anton Weber - Produzione: Academy of Media Arts Cologne. Germania, 2009, 35 mm col., 45' Quando Chris e Nils si incontrano tutto sembra essere facile. Presto diventano una coppia e tutto sarebbe a posto se solo Chris riuscisse a essere felice. Il film indaga i sentimenti di Chris, divisa fra il suo desiderio d'amore e la paura. Kaija Helweg È nata nel 1971 a Göttingen. Nel 1999 si laurea in Arte e Fonetica con indirizzo in Comunicazione e Psicologia all'Università di Amburgo. Fino al 2005 lavora come assistente alla regia, direttrice del casting e sceneggiatrice per numerosi film e programmi televisivi. Dal 2005 al 2008 frequenta un corso post-laurea presso l'Academy of Media Arts di Colonia specializzandosi in regia e sceneggiatura. A proposito di Was es ist e Ins Blaue Mi interesso di come le persone gestiscono le loro insicurezze nella vita di tutti i giorni, specialmente per quanto riguarda i piccoli drammi quotidiani. La vita nella sua inconsistenza. La vita nei suoi aspetti tragici e curiosi. Cosa succede quando delle persone che si piacciono si sentono insicure e diventano più vulnerabili? Non vogliono che gli altri si accorgano delle loro incertezze. Tutto ciò è fonte di problemi. Dall’esterno potrebbe sembrare facile trovare le parole giuste per dare un nome al problema, ma è così difficile se ti trovi coinvolto nella situazione. Penso che i sentimenti delle persone costituiscano una delle più grosse ambivalenze della vita. Non voglio spiegare perché le persone nel mio film si comportano in un certo modo. Cerco di osservarli nella loro quotidianità. Il pubblico dovrebbe essere in grado di farsi un’idea personale. Immagino i miei protagonisti nelle situazioni tragiche di tutti i giorni e aspetto di vedere cosa succede, sperando in qualcosa di vero, toccante e qualche volta anche curioso. Una piccola nota riguardo alla produzione del film: ho girato Ins blaue prima di realizzare Was es ist perché a volte la vita non va come la pianifico. Ho avuto un po’ di problemi con la post produzione di Ins blaue, così sono stata in grado di finire il film solo dopo aver terminato la post produzione di Was es ist. Kaija Helweg