n. 2 - aprile 2013 - Anno 67
Giornale della comunità parrocchiale Maria Immacolata di Nave (BS)
Habemus Papam
Calendario
Liturgico
APRILE 2013
GIUGNO 2013
7 2a Domenica di Pasqua
Rendete grazie al Signore perché è
buono: il suo amore è per sempre
1 Sabato 14:30 Conclusione
anno di catechismo
2 CORPUS DOMINI
Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore
Lc 9,11b-17
6 Giovedì Inizio Festa di S. Luigi
9 10a Domenica Tempo Ordinario
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato
Lc 7,11-17
16 11a Domenica Tempo Ordinario
Togli, Signore, la mia colpa e il mio
peccato
Lc 7,36 - 8,3
17 Lunedì Grest Elementari e Medie
23 12a Domenica Tempo Ordinario
Ha sete di te, Signore, l’anima mia
Gv 20,19-31
ANNOdellaFEDE
2 0 1 2 - 2 0 1 3
C
redere apre gli occhi: è la risposta
alla natura dell’uomo che rende piena, bella e soddisfatta la vita; sa farla rifiorire dandole un gusto sempre più vero
e intenso”
a fede è gioia che nasce dal riconoscere la presenza dell’infinito tra noi, in
carne e ossa.
L
(Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia)
D
obbiamo noi stessi aprirci alla fede;
e riaprire di nuovo, per tutti, la porta della fede. Niente altro, prima di questo.
(Sinodo dei Vescovi, Roma 2012)
L
a fede, proprio lei, è il nostro tesoro
più prezioso. Lo è per noi, lo è per
tutti. Non possiamo perderla, non vogliamo corromperla, non intendiamo
affogarla in un gergo per iniziati, né dissiparla a poco prezzo pur di trarne vantaggio per noi.
a fede è una forza bella. Ricominciamo a guardarla con occhio più limpido e scopriamo che la potenza della fede
e l’inizio dell’evangelizzazione coincidono fin dal primo momento.
cco la scoperta: la fede stessa è la
nostra vera ricchezza, il nostro lato
migliore, la nostra bellezza realmente
guardabile.
uesta buona coscienza deve riprendere respiro, scioglierci dalla nevrosi del tempo, restituirci uno sguardo
lieto e non corrucciato. In mezzo a tutti
gli espedienti che ci siamo inventati, e a
tutti i puntigli che ci hanno stremati, si
riapre dunque la porta della fede.
vi verrà voglia di riaprire la porta della vostra casa, per la sorpresa di quello che vi verrà incontro.(Pierangelo Sequeri)
L
E
Q
E
2
Parola del Parroco
15:00 genitori 1°anno IC
9 Martedì 20:30 genitori 3°anno IC
14 3a Domenica di Pasqua
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato
Gv 21,1-19
09:00 Ritiro cresimandi
16 Martedì 20:30 genitori 4°anno IC
17 MercoledìVisita Vicariale 20:30 Consiglio pastorale
a
21 4 Domenica di Pasqua
Noi siamo suo popolo, gregge che egli
guida
Gv 10,27-30
15:00 genitori 2°anno IC
24 Mercoledì20:30 Magistero
catechisti
26 Venerdì 20:30 Liturgia
penitenziale cresimandi
27 Sabato 15:30 Cresime 28
5a Domenica di Pasqua
Benedirò il tuo nome per sempre, Signore Gv 13,31-33a.34-35
10:30 Prime comunioni
MAGGIO 2013
4 Sabato 15:00 R itiro per la
Prima Riconciliazione
a
5 6 Domenica di Pasqua
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i
popoli tutti Gv 14,23-29
12 ASCENSIONE DEL SIGNORE
Ascende il Signore tra canti di gioia
Lc 24,46-53
16:00 genitori 1°anno IC e S. Messa
14 Martedì 20:30 genitori 3°anno IC
16 Giovedì 20:30 Consiglio pastorale
19 PENTECOSTE
Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra Gv 14,15-16.23b-26
15:00 Prima Riconciliazione
21 Martedì 20:30 genitori 4°anno IC
22 Mercoledì19:00 Magistero
catechisti
23 Giovedì 20:00 Veglia per la festa
di Maria Ausiliatrice
24 Venerdì Beata Vergine Maria
Ausiliatrice
Guidami, Signore, sul sentiero dei
tuoi comandi
25 Sabato 14:00 Pellegrinaggio
per bambini
26SS. TRINITA’
O Signore, quanto è mirabile il tuo
nome su tutta la terra!
Gv 16,12-15
09:30 Ammissione ai sacramenti
Nave Nostra n. 2/2013
Lc 9,18-24
3013a Domenica Tempo Ordinario
Sei tu, Signore, l’unico mio bene
Lc 9,51-62
Giornale della comunità parrocchiale “Maria Immacolata” di Nave
n. 2 - Aprile 2013 - Anno 67
Sommario
Anno della Fede������������������������ 2
Calendario Liturgico ���������������� 2
Parola del Parroco �������������������� 3
Benedetto XVI
Papa Francesco���������������������������������� 4
Benedetto XVI
Un sorprendente gesto carico di importanti conseguenze per la vita della Chiesa
L
e dimissioni di Benedetto XVI
hanno giustamente sorpreso e suscitato molti interrogativi. È apparso, infatti, evidente che si trattava di
una innovazione carica di conseguenze
incisive per la vita della chiesa, anche se,
aggrediti da un certo giornalismo, incline a guazzare nel sensazionale e restare
in superficie, rischiamo di limitarci alle
motivazioni personali: il peso del ministero, le condizioni di salute, l’insinuazione di torbide pressioni, la debolezza,
o il gesto di umiltà.
Si è piuttosto trattato di un gesto di
grande coraggio con il quale il papa Benedetto ha voluto, con un segno forte,
avviare il processo di aggiornamento del
ministero di Pietro (che è appunto un
ministero, cioè un servizio, e non una dignità ad personam) che sviluppa e porta
a compimento le indicazioni del Concilio Vaticano II, rinnovando la figura del
papato che diventa così meno secolare
(più spirituale), meno assoluta (più collegiale) e più ministeriale.
Il primo effetto prodotto da questa scelta è, in apparenza, una diminuzione della autorità del papato (e di conseguenza
della Chiesa stessa). Proprio questo è
l’aspetto che ha provocato reazioni e
sconcerto (e non sono mancati rimproveri di cedimento o, addirittura, di tradimento) mentre, in realtà, è un sacrificio,
un vero atto di servizio alla Chiesa.
D’ora in avanti l’autorevolezza della Chiesa sarà misurata sui contenuti
(sul valore delle sue proposizioni e sui
contributi che sa portare) e non sul suo
prestigio; se questo può apparire un
impoverimento è in realtà un passo di
autentica disponibilità al dialogo con il
mondo e con la cultura nella comune ricerca della verità. D’altro canto, anche la
critica alla Chiesa dovrà confrontarsi sul
merito e sui contenuti e non restare arroccata su contrapposizioni pretestuose,
in un confronto aperto e costruttivo.
Il risultato più diretto è però orientato
al dialogo con le Chiese non cattoliche,
un gesto eloquente, il “primo passo”, per
sgombrare il dialogo verso l’unità dei
cristiani. Certamente ha contribuito la
sensibilità personale di papa Ratzinger
e la sua esperienza di una chiesa, quella
tedesca, che vive molto da vicino il problema della divisione fra le Confessioni
cristiane, ma è evidente che si è trattato
di una scelta preparata e meditata a lungo e, certamente, confrontata e condivisa. Infatti, papa Francesco ha immediatamente raccolto e sottolineato questo
significato insistendo sulla sua nomina
a Vescovo di Roma, la chiesa che “ha il
compito di presiedere nella carità”.
Per i suoi predecessori un tale passo non
è stato possibile perché i tempi non erano ancora maturi (con fatica e gradualità
si è introdotta la regolare dimissione dei
vescovi e dei parroci per ragioni di età),
ma anche perché erano troppe le grandi e
delicate questioni legate alle loro rispettive personalità (soprattutto di carattere
ecclesiale, nel caso di Paolo VI, e anche
di portata mondiale nel caso di Giovanni Palo II) così da rendere impossibile un
loro ritiro in discrezione che consentisse
piena libertà al ministero del successore.
Nel caso di Benedetto XVI questo passo
è stato possibile grazie allo stile del suo
papato improntato ai grandi temi che
riguardano i fondamenti della cultura e
della fede e preparato con autentico stile
di umiltà e di servizio.
Anche per questo, grazie Benedetto.
Il Santo del mese����������������������� 6
Santa Caterina da Siena
Laici Cristiani, ������������������������ 8
Per una comunità adulta nella fede
I documenti del Vaticano II�������� 9
Gaudium et Spes
La bussola per la pastorale familiare
Oggi come ieri…è Pasqua! ���������� 11
Oratorio �������������������������������� 12
Qui Sprinter!
Azione Cattolica��������������������������13
Figli e Sessualità: Le parole di noi genitori
Oratorio �������������������������������� 14
Calendario estivo
Roma Express
Volontariato e non ������������������������ 16
Anagrafe Parrocchiale�������������� 16
Winter Short Trail “Tre Santi”���� 17
La Cacciata dei Mercanti�������������� 18
I messaggidelle campane�������������� 20
Madri e Spose Cristiane���������������� 22
La spazzatura in cassaforte ���������� 22
Taccuino economico ���������������� 23
Monteclana ieri& oggi����������������24
Nave Nostra n. 2/2013
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habemus Papam
PAPA FRANCESCO
Jorge Mario Bergoglio, un Papa venuto dal Sud del mondo nel nome del santo
più simile a Cristo
D
eve aver soffiato davvero forte il
vento dello Spirito Santo, nella
Cappella Sistina, per scompaginare i pronostici della vigilia e le previsioni degli addetti ai lavori sui nomi dei
favoriti e sui tempi lunghi di un Conclave che si preannunciava infatti difficile e
complesso, tanto quanto i gravi problemi che agitavano ultimamente la barca
della Chiesa e, non ultimo, per convincere l’umile arcivescovo di Buenos Aires,
il cardinale Jorge Mario Bergoglio, ad
accettare stavolta il ministero petrino.
Pare infatti che, già nel 2005, il porporato argentino stesse raccogliendo un crescente consenso nel corso del conclave
4
che ha visto il cardinal Joseph Ratzinger
eletto Papa, ma che sia stato proprio lui a
convincere il collegio cardinalizio a non
insistere nel votarlo, perché non si sentiva pronto per un così grave compito.
Stavolta, al termine del quinto scrutinio,
al nostro cardinale bresciano Giovanni
Battista Re, che da decano dell’ordine dei
Vescovi si è rivolto a lui in latino con la
domanda di rito sull’accettazione: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo
Pontefice? – Con quale nome vuoi essere
chiamato?”, il cardinal Bergoglio, docile al
volere di Dio, ha risposto il suo “Sì”, indicando in Francesco il nome da lui scelto.
È’ una scelta, la sua, che è da subito tutto
Nave Nostra n. 2/2013
un programma, limpido, inequivocabile,
di altissimo profilo cristiano ed anche
rivoluzionario, tanto quanto il santo di
Assisi, il più vicino, tra i santi, al modello di Cristo. Papa Francesco è già tutto
un primato, oltre quello di Pontefice, lui
che è vero “ponte”, come nell’etimologia
stessa del nome. È infatti il primo Papa
latino americano, il primo gesuita, il primo di nome Francesco.
È nato a Buenos Aires il 17 dicembre
1936. Di famiglia semplice, con un papà
ferroviere di origini piemontesi e la mamma casalinga, ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico avvertendo,
successivamente, la chiamata al sacerdozio. Entrato nel seminario di Villa Devoto, nel 1958 è passato al noviziato della
Compagnia di Gesù. Ha compiuto studi
umanistici in Cile e nel 1963, al ritorno
a Buenos Aires, ha conseguito la laurea
in filosofia. È stato ordinato sacerdote
nel dicembre 1969. Maestro dei novizi a
San Miguel, nel 1973 è stato eletto Provinciale dell’Argentina, incarico che ha
esercitato per sei anni. Giovanni Paolo II
lo ha nominato Vescovo titolare di Auca
e ausiliare di Buenos Aires nel maggio
del 1992. Il 27 giugno dello stesso anno
ha ricevuto nella cattedrale di Buenos
Aires l’ordinazione episcopale. Il 3 giugno 1997 è stato nominato Arcivescovo
Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires
per successione, alla morte del Cardinale
Quarracino.
Dal 2005 al 2011 è stato Presidente della
Conferenza Episcopale Argentina.
È stato nominato cardinale da Papa Giovanni Paolo II, nel Concistoro del 21
febbraio 2001. Professore di letteratura
e di psicologia, parla sei lingue ed è autore dei libri: «Meditaciones para religiosos» del 1982, «Reflexiones sobre la
vida apostólica» del 1986 e «Reflexiones de esperanza» del 1992.
Lo definiscono una persona riservata,
schiva, di poche parole, ma soprattutto di
grande fede, profonda sensibilità, grande
apertura mentale, viva spiritualità, forza
morale e contagiosa serenità interiore.
Bergoglio è stato un sacerdote ed un Vescovo dal chiaro stile pastorale impron-
tato ad un’autentica missionarietà, forte
nei principi e nel rispetto del deposito
della fede, ma altrettanto attento ed aperto all’incontro con le persone, a partire
dagli ultimi, dai lontani, dai tanti poveri
che affollano i Paesi del Sud del mondo e
le periferie delle grandi metropoli sudamericane e, sempre più, anche le nostre.
È persona che ha sempre rifuggito la
notorietà, l’esposizione mediatica, non
parliamo del lusso e della mondanità
e che ha sempre rifuggito il potere, per
servire liberamente Dio. Nella sua vocazione per i poveri non ha però mai abbracciato la controversa teologia della
liberazione, pur riconoscendo l’urgenza
dell’attenzione alla dimensione sociale
del vivere, ma volendo mantenere fisso
lo sguardo su Cristo, il Crocifisso per eccellenza. Durante la sua prima Messa da
Pontefice ha detto al riguardo, parlando
a braccio, che chi non segue la croce di
Cristo segue in realtà il demonio (parole
esplicite e linguaggio vero e diretto, limpido! ndr) e che la Chiesa, senza Gesù, si
riduce ad essere solo un’organizzazione
umanitaria, una ong pietosa.
A chi, in Argentina, gli prospettava importanti incarichi curiali ha risposto:
“No, io in Curia muoio”, a significare la
sua sostanziale alterità dalle infrastrutture, anche quelle di fede e la sua radicalità evangelica, unita alla scelta di vivere,
evangelizzando, nelle periferie della storia, per incontrare negli ultimi il Cristo.
È con questo stile che viveva in un modesto appartamentino della capitale
argentina, si cucinava da solo e per spostarsi andava a piedi usando i mezzi pubblici, in mezzo alla sua gente. Quando
nel 2001 fu ordinato Cardinale chiese
agli argentini, che avevano organizzato
raccolte fondi per presenziare alla cerimonia di Roma, di restare invece a casa
a pregare per lui e di donare i soldi raccolti ai poveri, quegli stessi poveri delle
bidonvilles argentine che lui visitava
abitualmente ed in cui vivono, nella sola
Buenos Aires, oltre 500mila famiglie.
Non volle nemmeno una veste cardinalizia nuova per andare a Roma, ma si fece
riadattare quella del suo predecessore argentino. Nel suo Paese è stato un trascinatore di folle ed una figura di riferimento per tutta la Chiesa sudamericana. Una
spina nel fianco del potere, di qualunque
potere che si manifesti come contrario al
Vangelo ed ai suoi insegnamenti.
Nel primo giorno da Papa la sua umiltà è
apparsa subito evidente: niente insegne
solenni e croci d’oro, ma ha mantenuto al collo la sua croce di ferro; niente
Mercedes ma un’auto di servizio, ha dimezzato la scorta ed ha pagato di tasca
sua l’alloggio vaticano in cui ha vissuto i
giorni del Conclave.
Jorge Mario Bergoglio, prete, come si
è definito anche da cardinale, non può
essere pertanto ritenuto né un conservatore né un progressista, ma un cristiano
vero, autentico, radicato nella fede, difensore della dottrina e del Magistero ed
allo stesso tempo aperto alle sfide della
contemporaneità, con la forza disarmante dell’autenticità della testimonianza e
della coerenza irreprensibile della vita.
Un dono grande di Dio per la Chiesa e
per il mondo intero.
Alessandro Piergentili
SPIEGAZIONE DELLO STEMMA
LO SCUDO: Nei tratti, essenziali, il
Papa Francesco ha deciso di conservare
il suo stemma anteriore, scelto fin dalla
sua consacrazione episcopale e caratterizzato da una lineare semplicità.
Lo scudo blu è sormontato dai simboli
della dignità pontificia, uguali a quelli
voluti dal predecessore Benedetto XVI
(mitra collocata tra chiavi decussate
d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso). In alto, campeggia l’emblema
dell’ordine di provenienza del Papa, la
Compagnia di Gesù: un sole raggiante
e fiammeggiante caricato dalle lettere,
in rosso, IHS, monogramma di Cristo.
La lettera H è sormontata da una croce;
in punta, i tre chiodi in nero.
In basso, si trovano la stella e il fiore di
nardo. La stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine
Maria, madre di Cristo e della Chiesa;
mentre il fiore di nardo indica San Giuseppe, patrono della Chiesa universale.
Nella tradizione iconografica ispanica,
infatti, San Giuseppe è raffigurato con
un ramo di nardo in mano. Ponendo
nel suo scudo tali immagini, il Papa ha
inteso esprimere la propria particolare
devozione verso la Vergine Santissima e
San Giuseppe.
IL MOTTO: miserando atque eligendo
Il motto del Santo Padre Francesco
è tratto dalle Omelie di San Beda il
Nave Nostra n. 2/2013
Venerabile, sacerdote, il quale, commentando l’episodio evangelico della
vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit
ergo lesus publicanum et quia miserando
atque eligendo vidit, ait illi Sequere me”
(Vide Gesù un pubblicano e siccome
lo guardò con sentimento di amore e lo
scelse, gli disse: Seguimi).
Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella
Liturgia delle Ore della festa di San
Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nell’itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di
San Matteo dell’anno 1953, il giovane
Jorge Bergoglio sperimentò, all’età di
17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella
sua vita. In seguito ad una confessione,
si sentì toccare il cuore ed avvertì la
discesa della misericordia di Dio, che
con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di
Sant’Ignazio di Loyola.
Una volta eletto Vescovo, S.E. Mons.
Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che segnò gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua Chiesa, decise di scegliere, come motto e
programma di vita, l’espressione di San
Beda miserando atque eligendo, che
ha inteso riprodurre anche nel proprio
stemma pontificio.
da: L’Osservatore Romano
5
Il Santo del mese
Santa Caterina da Siena
C
aterina nasce a Siena nel popolare rione di Fontebranda, oggi
Nobile Contrada dell’Oca, il
25 marzo 1347, ventitreesima figlia del
tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie
Lapa Piagenti. La gemella Giovanna morirà poco tempo dopo la nascita. Il suo
carisma mistico si rivela molto presto: a
soli sei anni sostiene di aver visto, sospeso in aria sopra il tetto della basilica di
San Domenico, il Signore Gesù seduto
su di un bellissimo trono, vestito con
abiti pontificali insieme ai santi Pietro,
Paolo e Giovanni, a sette anni fa voto
di verginità. Ancora bambina, si dà alla
mortificazione, rinunciando a tutti i piaceri corporali, quali il mangiare la carne,
che passa di nascosto ai fratelli o distribuisce ai gatti di casa; si ciba solo di verdure e dorme due ore per notte.
A dodici anni, nonostante le pesanti fatiche domestiche alle quali sarà sottoposta, pone un netto rifiuto al desiderio dei
genitori, che la vorrebbero maritare; si
chiude in casa, si taglia completamente i
capelli e si copre il capo con un velo.
Ben presto riuscirà a convincere anche i
genitori, allorquando il padre, scorta una
colomba sulla testa di Caterina intenta a
pregare, capisce che il suo fervore non è
solo frutto di un’esaltazione, ma di una
vocazione veramente sentita e sincera.
Nel 1363, a sedici anni, spinta da una
visione di San Domenico, entra nel
terz’ordine laicale domenicano, vestendo l’abito delle «mantellate» (dal mantello nero sull’abito bianco dei Domenicani). Diventa suo confessore il beato
Raimondo da Capua (1330-1399), poi
superiore generale dell’ordine domenicano, che scriverà la Legenda Maior, la
prima biografia di santa Caterina. Semianalfabeta, dopo aver faticato inutilmente, chiederà al Signore il dono di saper
leggere per pregare il Breviario.
Si occupa dei poveri, dei carcerati, dei
moribondi e dei lebbrosi di cui cura le
piaghe, dopo aver vinta una primitiva
ripugnanza bevendo l’acqua che le era
servita per lavare una ferita cancrenosa e
dichiarando che “non aveva mai gustato
cibo o bevanda tanto dolce e squisita”.
La notte di carnevale del 1367, accompagnato dalla Vergine e da una folla di
6
santi, le appare Cristo che le dona un
anello, sposandola misticamente. La visione sparisce, l’anello rimane, visibile
solo a lei. Un’altra volta Cristo le prende il cuore, lo porta via e ritorna con un
altro vermiglio che dichiara essere il suo
e che inserisce nel costato della Santa. Si
dice che a ricordo del miracolo le rimase
in quel punto una cicatrice.
Nel frattempo, diffondendosi la sua
fama, si va raccogliendo attorno a lei
una quantità di gente, chierici e laici, che
prendono il nome di “Caterinati”.
Nel 1375, mentre su incarico del papa
predica la crociata, assorta in preghiera in una chiesetta del Lungarno a Pisa,
detta ora di Santa Caterina, riceve le
stimmate che, come l’anello del matrimonio mistico, saranno visibili solo a lei.
Nel 1376 è incaricata dai fiorentini di
intercedere presso il papa per far togliere
loro la scomunica che si erano guadagnati per aver formato una lega contro lo
strapotere dei francesi.
Poi, con le sue discepole, un altare portatile e tre confessori, si reca ad Avignone
per convincere il papa Gregorio XI a rientrare a Roma.
Nel 1378 è dunque convocata a Roma
da Urbano VI perché lo aiuti a ristabilire
l’unità della Chiesa, contro i francesi che
a Fondi avevano eletto l’antipapa Clemente VII. Scende a Roma con discepoli
e discepole, lo difende strenuamente e,
sfinita dalle sofferenze fisiche, muore il
29 aprile del 1380. Viene sepolta nella basilica domenicana di Santa Maria
sopra Minerva. dove giace tuttora sotto
l’altare maggiore. Tre anni dopo le sarà
staccato il capo per portarlo a Siena.
Caterina (dal greco: donna pura) vive
in un momento storico e in una terra,
la Toscana, di intraprendente ricchezza
spirituale e culturale, dilaniata però da
tensioni e lotte fratricide di carattere politico per le frequenti discordie fra guelfi
e ghibellini.
Tre sono gli aspetti del misticismo di Caterina: la totale appartenenza a Cristo, la
sapienza, il coraggio. I due simboli che
ne caratterizzano l’iconografia sono il libro e il giglio, che rappresentano rispettivamente la dottrina e la purezza.
Ha lasciato circa quattrocento lettere
Nave Nostra n. 2/2013
sandria, sulla quale è effigiata anche la
nostra Santa in abiti domenicani con il
giglio in mano.
Anche a Nave, nella Pieve della Mitria,
troviamo riprodotta due volte Santa Caterina: nella cappella di Sant’Antonio
Abate con i santi Sebastiano ed Antonio
Abate (sec. XV) e sulla parete sinistra
della navata nella Incoronazione della
Vergine di Grazio Cossali con San Domenico (inizi XVII sec.).
Ricordiamo infine due opere scultoree
presenti nel nostro paese: una in scaiola nella Chiesa Parrocchiale a sinistra
dell’altare del Santo Rosario dovuta a F.
Stanga (1843) e l’altra, mirabile esempio
di intaglio ligneo settecentesco, di Rizzardo Carboni eseguita per l’altare del
Santo Rosario della Parrocchiale ed ora
insieme a quella di San Domenico sul
presbiterio della chiesetta di S. Cesario
nell’omonima contrada.
Clara Stella
scritte a tutti i potenti del suo tempo, un
“Dialogo della divina Provvidenza”, una
delle più notevoli opere della mistica, e
una raccolta di preghiere.
Canonizzata nel 1460 da Pio II, Pio IX la
nomina compatrona di Roma con i santi
Pietro e Paolo, Pio X la elegge a patrona
delle donne di Azione Cattolica, Pio XII
la sceglie quale compatrona d’Italia con
S. Francesco d’Assisi, Paolo VI le conferisce il titolo di Dottore della Chiesa
ed infine Giovanni Paolo II la nomina
compatrona d’Europa con S. Brigida di
Svezia e S. Teresa Benedetta della Croce,
al secolo Edith Stein, additandola come
esempio per le nuove generazioni del
terzo millennio.
Alessandro Bonvicino detto Il Moretto - Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria e i
santi Caterina da siena, Paolo e Girolamo - Brescia, Chiesa di San Clemente - 1543
Rizzardo Carboni - Santa Caterina da Siena
Nave, chiesa di San Cesario - secolo XVIII
Ha ispirato numerosi artisti che l’hanno
ritratta il più delle volte con l’abito domenicano, la corona di spine, in mano
un cuore o un libro o un giglio o il crocefisso o una chiesa. Altri predilessero i
fantasiosi racconti della sua vita, come il
matrimonio mistico, al pari di Michelino da Besozzo, che, in una tavola nella Pinacoteca di Siena (1420), ritrae la
Santa sotto l’aspetto di una principessa
fanciulla inginocchiata a ricevere l’anello che il Bambino Gesù seduto sulle ginocchia della Madonna le sta infilando
all’anulare. Un secolo dopo, questo stesso tema sarà ripreso dal pittore bresciano
il Moretto in una sua tela ora a Brescia in
una collezione privata. Tra le altre opere,
che ornano la Chiesa di San Clemente
a Brescia, si trova una tela con il matrimonio mistico di Santa Caterina d’AlesNave Nostra n. 2/2013
Francesco Stanga - Santa Caterina da Siena
Nave, Chiesa Parrocchiale a sinistra
dell’altare del Santo Rosario - 1843
7
I grandi documenti
del Concilio Vaticano II
Gruppo AC
LAICI CRISTIANI,
PER UNA COMUNITÀ ADULTA NELLA FEDE
1. Il laico cristiano secondo il Concilio
2. Parole chiave per una laicità vissuta
3. Chiamati e mandati da Gesù Cristo
1. Il laico cristiano secondo il Concilio
I
n uno dei primi passaggi della Christifideles laici si legge l’invito del Papa
a passare dalla splendida teoria conciliare sul laicato ad un’autentica prassi
ecclesiale. È un’espressione che contiene
un duplice riconoscimento. Si afferma
in primo luogo che il modo di pensare
la vocazione dei laici nel Magistero conciliare è un magnifico orizzonte, una
splendida teoria, un significativo punto
di riferimento per capire l’esistenza e la
vocazione laicale. Punto di riferimento
non superato, se il Papa lo propone come
quello che deve orientare la vita della
Chiesa e la prassi ecclesiale.
In secondo luogo, si sostiene implicitamente che rispetto a questo modo di
pensare la vita dei laici esiste un ritardo
da colmare: se la prassi ecclesiale deve
continuare a rifarsi a questa teoria, ciò significa che essa non è ancora pienamente realizzata.
Questo può dipendere da molteplici ragioni: dal modo in cui i laici comprendono la loro vocazione, scommettono
su di essa, cercano di accoglierla e viverla
pienamente e di compiere gli opportuni
cammini di formazione; dal modo di
vivere delle comunità, che non sempre
aiutano, sostengono e favoriscono la crescita di un laicato maturo e adulto.
Oggi nelle comunità vi è sicuramente
una crescita di consapevolezza, una maggiore coscienza che i laici sono chiamati
a vivere una forma di corresponsabilità
e una vocazione non di secondo piano.
Si può registrare, nel cammino di questi
anni, una ricerca che riguarda le caratteristiche vocazionali dell’essere laici in
termini di spiritualità, di impegno missionario, di attività pastorale. È evidente la sempre maggiore consapevolezza
che non è sufficiente per i laici essere
presenti per dire che essi vivono la loro
vocazione nella Chiesa, o essere coinvolti in un servizio operativo, pragmatico,
esecutivo. L’essere laici non si esaurisce
8
nella generica disponibilità ad attuare
qualcosa, ma significa, come per ogni
vocazione, accogliere un dono di Dio
che è della comunità, per la comunità
e per ciascuna persona all’interno della
comunità. Significa rispondere al Signore che chiama.
Tipologie di laico
È quindi opportuno interrogarsi non
tanto su ciò che devono fare i laici, quanto su chi sono essi per le comunità e per
il mondo. Chiunque cerchi di capire la
vocazione laicale e di viverne la grandezza, si rende conto dell’importanza della
“splendida teoria” conciliare e vorrebbe
entrare sempre più profondamente nel
mistero di questa vocazione, per riuscire
a svolgere e raccontare il significato di
questo magistero. Al tempo stesso, però,
ognuno si rende conto che c’è una realtà
ecclesiale che fatica a cogliere e valorizzare gli aspetti più profondi e interiori
del magistero sul laicato.
È utile provare a individuare i tipi di laici
che sono oggi presenti nelle nostre comunità, ovvero le forme concrete con le
quali diverse persone hanno interpretato
il magistero sui laici, a seconda delle differenti sensibilità e situazioni storiche e
ecclesiali.
a) La prima tipologia di laico si potrebbe
definire pastorale. È colui che si spende
molto soprattutto nel contesto pastorale, nelle attività, nelle iniziative, nei
progetti della realtà parrocchiale e diocesana e che interpreta la sua vocazione
soprattutto in riferimento all’esperienza
della comunità cristiana, con una competenza che è aumentata nel corso degli
anni e che molte volte si potrebbe addirittura definire eccessiva, quando rischia
di perdere il riferimento all’esperienza
quotidiana della vita di famiglia, del lavoro, delle responsabilità sociali e di relazione.
Nave Nostra n. 2/2013
b) Il secondo modello di laico è quello
spirituale. È colui che identifica l’esperienza cristiana soprattutto con le occasioni nelle quali si condensa la sua
vicenda interiore, come i momenti di
preghiera o comunque quelli in cui si
esclude lo scorrere quotidiano della vita,
quasi che il resto fosse irrilevante rispetto alla preghiera, alla ricerca di interiorità, all’ascolto della Parola di Dio.
c) Il terzo modello è quello del laico secolare. È colui che realizza la sua vocazione
cristiana totalmente nel mondo, ma vive
in maniera molto debole il legame con la
comunità cristiana, rendendosi quasi totalmente autonomo da essa. È una sorta
di testimonianza laicale senza famiglia,
si cerca di vivere le difficili responsabilità
del mondo senza il riferimento dell’accoglienza, dell’insegnamento, della preghiera, della condivisione, del magistero
della comunità cristiana.
d) Il quarto modello è quello del laico cristiano, senza ulteriori aggettivi, così come
viene descritto e definito nel magistero
del Concilio e nella Christifideles laici,
documento con cui il Papa ha consegnato alla comunità cristiana l’insegnamento
del Concilio sui laici. È il laico che vive,
non senza fatica ma anche con il respiro
di chi coglie tutta la bellezza di questa
esperienza, la sua doppia appartenenza
alla città dell’uomo e alla città di Dio.
È opportuno soffermarsi su quest’ultima
tipologia di laico, che potremmo definire di qualità, chiedendoci quali sono le
scelte che lo contraddistinguono.
Il magistero conciliare per un laicato di
qualità
Non è evidentemente possibile parlare
di un laicato di qualità prescindendo
dall’insegnamento conciliare; è quindi
necessario mettere a fuoco alcune idee
da esso desunte per compiere un passo
avanti sul cammino avviato.
a) Il primo aspetto è il considerare il laico
cristiano come una persona che è di Dio.
Questo è uno degli insegnamenti che si
può rischiare di dare per scontati e invece esprime la grandezza del laico stesso.
Il laico cristiano è una persona che è di
Dio. Ciò significa che egli è valorizzato,
che la sua vita è immersa nel mistero della Pasqua di Cristo e che in essa è rinnovata e rigenerata, è aperta alla possibilità
della comunione con Dio. Questa è la
grandezza che rende la dignità dei laici
comune a quella di ogni altra persona:
l’essere di Dio, che fa sì che la sua vita sia
risorta e rigenerata da questa possibilità
di comunione.
b) Il secondo aspetto da considerare,
conseguente al primo, è l’essere figli di
una stessa famiglia, l’appartenere cioè al
medesimo popolo di Dio, a tutti gli effetti. La vocazione laicale, con la sua specificità, ha quindi uguale valore, dignità
e responsabilità rispetto a qualsiasi altra
vocazione nella Chiesa. In una famiglia
non c’è chi vale di più e chi di meno: ci
sono persone diverse, che hanno compiti
differenti, ma che vivono tutte con medesimo cuore.
c) Il terzo aspetto è quello che dice l’originalità dell’essere dentro questa famiglia e del vivere l’appartenenza a Dio
come laici. Essi realizzano il loro essere
credenti secondo l’originalità di quella
che il Concilio chiama “l’indole secolare”: sono, cioè, persone di Dio nella famiglia, nel lavoro, nelle responsabilità
sociali. Non solo vivono nel mondo, ma
condividono l’esperienza di tutti stando
dentro le realtà comuni a tutti; si preoccupano di ciò di cui Dio si cura, leggendo la realtà e la vita con gli occhi di Dio e
cercando di fare la loro parte perché questa realtà si trasfiguri e, anche tramite la
loro partecipazione, diventi risorta, cioè
fatta nuova nel mistero di Dio. Il loro
vivere nel mondo non si riferisce semplicemente a un territorio, ma significa
la condivisione dell’esperienza di tutti
perché la realtà risorga e dia già da oggi
segni più leggibili e brillanti della novità
della vita nuova, della risurrezione del
Signore.
La vita quotidiana è quindi il luogo della dedizione a Dio, della ricerca di Dio,
dell’incontro con il suo mistero. La condivisione della vita concreta è per i laici
vocazione, è la loro chiamata, il luogo
del loro incontro con il Signore. Gli impegni che questo comporta sono la volontà di Dio.
GAUDIUM et SPES
L’uomo creato in CRISTO
L
e gioie e le speranze, le tristezze e le
angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che
soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano
che non trovi eco nel loro cuore. La loro
comunità, infatti, è composta di uomini
i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono
guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed
hanno ricevuto un messaggio di salvezza
da proporre a tutti. Perciò la comunità dei
cristiani si sente realmente e intimamente
solidale con il genere umano e con la sua
storia. (GS 1).
Così comincia un altro importante documento del Concilio Vaticano II: la
Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo.
Il decennio precedente il Vaticano II
fu una fucina di pensiero che preparò
il terreno a un rovesciamento di
prospettiva e ad un cambiamento di
mentalità che avverrà proprio con il
Concilio stesso. Cosa era necessario per
la Chiesa?
Innanzitutto sanare una dicotomia, una
separazione tra natura e sopranatura.
Tra una natura che ha come fine la
felicità naturale che si raggiunge con
la ragione anche senza Cristo e una
sopranatura che è data in seguito per
grazia dove l’uomo è chiamato da Dio
a una relazione con Lui raggiungibile
con la fede e che ha come meta la visio
beatifica.
Due mondi diversi e sovrapposti. Inoltre
bisognava uscire dalle secche dell’amartiocentrismo. Secondo questa tendenza,
al centro della storia della salvezza sta il
peccato. L’uomo con il peccato si preclude il fine soprannaturale. È per il peccato
e la redenzione conseguente che Cristo
entra nella storia. Cristo dunque entra in
scena solo dopo, in funzione del peccato
degli uomini, al punto che senza peccato
l’uomo avrebbe potuto realizzarsi anche
senza Cristo.
Bisognava quindi recuperare la tesi secondo la quale l’uomo è creato in
Cristo. Il rapporto umanità/Cristo era diventato, dopo l’epoca dei Padri, non più costitutivo ed originario ma
estrinseco e aggiuntivo. Già nel 1957,
Nave Nostra n. 2/2013
Rahner, teologo di grande rilievo, puntava l’attenzione sulla connotazione
soprannaturale dell’uomo che già dalla
creazione è interpellato da Dio nella storia, è creato per parlare con Dio. Inoltre,
questo uomo, si trova già subito nell’ordine della grazia che non è un’entità o
qualsivoglia una sostanza ma è lo Spirito
di Cristo che inabita l’uomo e lo rende
capax Dei. Cristo è quindi la misura
dell’umano chiamato sempre più a divinizzarsi.
Così la Gaudium et Spes promulgata
nella IX sessione del Concilio il 7
dicembre del 1965, aveva già delle
piste per dire alcune cose centrali che
troviamo soprattutto in GS nella prima
parte al n.22, gioiello di elevata statura
teologica: Cristo, l’uomo nuovo. Così
leggiamo: “In realtà solamente nel
mistero del Verbo incarnato trova vera
luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti,
il primo uomo, era figura di quello futuro
(Rm5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo,
che è il nuovo Adamo, proprio rivelando
il mistero del Padre e del suo amore svela
anche pienamente l’uomo a se stesso e gli
manifesta la sua altissima vocazione”.
GS 22 purtroppo non dice quale sia questa
altissima vocazione ma è facilmente
intuibile sia dalla Sacra Scrittura sia dalla
riflessione teologica: quella di essere figli
nel Figlio Gesù. Tertulliano così diceva:
“mentre Dio modellava Adamo aveva
davanti come modello Gesù Cristo”.
In GS risulta finalmente chiaro il nesso
tra antropologia e cristologia. Solo in
Cristo l’uomo comprende in pienezza e
definitivamente la propria identità.
Gesù è l’uomo perfetto, Gesù si è fatto
umanità e in lui è compiuta in pienezza
ed è per noi paradigmatica. Cristo è
l’uomo riuscito perché in lui l’umanità
è stata assunta senza essere annientata.
In GS 41 troviamo ancora: “Chi segue
Cristo, uomo perfetto, anche lui si fa
più uomo”. Ed è lo Spirito Santo che
realizza la conformità a Cristo ed in
particolare al Cristo pasquale. Seppure
Costituzione sulla Chiesa, Gaudium
et Spes è il documento principale del
discorso antropologico che oggi come
non mai è urgente da riprendere e sul
quale, come Chiesa e come modo di fare
pastorale, dobbiamo confrontarci.
9
Gaudium et Spes:
OGGI COME IERI…
e’ PASQUA!
La bussola del Vaticano II per la pastorale familiare
da: “La Promessa” - foglio di collegamento informativo per la pastorale familiare della
Diocesi di Brescia - aprile 2013
L
a Costituzione pastorale sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, inizia la
parte II, quella relativa alle questioni che
meritano maggior attenzione, proprio
con la Dignità del matrimonio e della
famiglia e la sua valorizzazione (nn. 4752). Così come ha portato elementi di
novità allora, ripresi poi nei documenti
successivi, anche per noi e per la pastorale oggi.
Innanzitutto la GS afferma la centralità
dell’amore coniugale per/nel matrimonio, uscendo da una visione che lo presentava come semplicemente ordinato a
tre fini ben precisi.
È la prospettiva per- sonalista nella quale
il senso della fedeltà e della indissolubilità non nascono come un dovere da ottemperare ma sono richieste intrinseche
dell’amore che “l’irrevocabile consenso
personale” accoglie come sue.
Amore che si esprime come “tenerezza”
e “amicizia coniugale” come “intima comunità di vita e di amore”, nella “dignità
e santità degli atti coniugali”.
La Costituzione pastorale propone il
senso del matrimonio e tutti i valori che
custodisce, anche quello della procreazione responsabile. Parla di uguale dignità personale sia dell’uomo che della
donna. Afferma che il matrimonio-sacramento non si riduce alla celebrazione
di quel famoso giorno ma è da viversi
tutta la vita perché Cristo “Salvatore
degli uomini e sposo della Chiesa viene
incontro ai coniugi cristiani attraverso
il sacramento del matrimonio. Inoltre
rimane con loro perché, come egli stesso
ha amato la Chiesa e si è dato per essa,
così anche i coniugi possano amarsi l’un
l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione … e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre”.
Perciò gli sposi sono dentro un cammino
vocazionale per la mutua santificazione,
che non avviene nonostante il matrimonio ma nel e attraverso questo stato
di vita, perché “nelle gioie e nei sacrifici
della loro vocazione, attraverso il loro
10
amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte
e la sua risurrezione”.
Al n.52 c’è l’ invito ai sacerdoti ad “aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la
predicazione della parola di Dio, con il
culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro
difficoltà e confortarli con carità, perché
si formino famiglie veramente serene”.
A fronte della banalizzazione della sessualità, della privatizzazione sia dei sentimenti che dell’esperienza familiare,
oggi questo documento riafferma che
la dimensione affettiva è educabile, che
ha a che fare con l’esperienza di fede e la
chiamata a vivere la vita come vocazione, che il matrimonio-sacramento è per
il bene di tutti, che vale la pena formare a
questa consapevolezza chi chiede di sposarsi in Cristo e accompagnare gli sposi,
lungo la vita a rendere fruttuoso il loro
sacramento.
Chiara Pedraccini
Ente ecclesiastico
parrocchia Maria Immacolata
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Direttore responsabile:
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Coordinatore:
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Redazione fotografica e video:
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Piergiorgio Pasotti
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di Brescia n. 59/2000 del 5/12/2000
la Redazione di
organizza il
7° Concorso Fotografico
a tema libero
accettazione fotografie: mese di maggio 2013
Informazioni: www.oratoriodinave.it
oppure telefonando ai seguenti numeri:
339 2157360 (Livio)
338 2278906 (Claudio)
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in collaborazione con
Oratorio di Nave - Biblioteca Comunale di Nave
Nave Nostra n. 2/2013
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo
aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai ad
essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. ( Is.52,13-15 )
S
briciolare nella vita quotidiana un
evento così grande non è facile.
L’esaltazione del Cristo Crocifisso
narrata dal profeta Isaia ci fa pregustare
la Sua risurrezione.
La risurrezione di Cristo è davvero un
fatto inaudito, un fatto così straordinario che la nostra razionalità fatica a rinchiuderlo dentro le logiche umane.
E’ più immediato comprendere ed immedesimarsi nel Cristo Crocifisso ma
molto più difficile è entrare nella dimensione del Cristo Risorto. E’ vero, un Dio
crocifisso non è stato compreso nemmeno ai tempi di Gesù, ma la morte di Croce si presenta a noi come un fatto umano
che è comune a tutti e nel quale non fatichiamo ad associarci. Riusciamo meno
ad estendere la vittoria della Croce anche a noi, alla nostra vita, meno a sentirci partecipi del Cristo glorioso anche se
ormai ce ne sono state spalancate le porte ed il nostro destino è ormai accomunato a quello del Cristo Risorto. La vita
eterna trabocca ormai nella nostra vita di
pellegrini e viandanti e “la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo
come salvatore il Signore Gesù Cristo, il
quale trasfigurerà il nostro misero corpo
per conformarlo al suo corpo glorioso, in
virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose”(Fil.3,20).
Passione, morte e risurrezione non sono
però due misteri distinti e scollegati,
quale che si possa fermarsi all’uno o
all’altro; anche se la tentazione dei credenti spesso è quella di “fermarsi” alle 15
di quel Venerdì che ha cambiato le sorti della storia. Il mistero va compreso e
vissuto nella sua interezza poiché, come
sapientemente l’apostolo Giovanni fa
trasparire dal suo Vangelo, il Crocifisso
è già glorioso. Già lì si scorge la Sua vittoria, già lì la chiesa nascente riceve lo
Spirito Santo, già lì l’Amore ha già vinto.
Difficile vivere le nostre croci dal versan-
te del terzo giorno, ci sembrano così assurde, così come agli occhi dei contemporanei di Gesù la Croce del Figlio di
Dio era “scandalo per i giudei e stoltezza
per i pagani” ( 1 Cor 1,23 ).
Tempo fa, i nostri nonni ed anche direi
bis o trisnonni, si preparavano all’arrivo
della Domenica di Risurrezione.
Alla domenica delle Palme, particolarmente sentita e solennizzata con la processione, così com’è anche oggi, gli ulivi
benedetti venivano tenuti dalle famiglie
in vista della prossima tempesta a venire.
Quando il cielo si oscurava ed era temporale forte, gli ulivi si bruciavano con
l’augurio che presto sarebbe finita la
bufera. Le famiglie poi, durante la settimana, pulivano la casa da cima a fondo
(soprattutto le suppellettili in rame),
slegavano le catene del fuoco usato tutto
l’anno per cucinare e, chi con la bicicletta e chi legandosele in vita, correva per
le strade assolutamente non asfaltate del
paese fino a che erano linde. Il Venerdì
Santo venivano messe le uova sotto le
ceneri del fuoco ancora calde e si diceva
che le uova mangiate in quel giorno erano salutari.
Ma ricordo ancor meglio il Sabato Santo, essendo ancora bambina non partecipavo alla Messa solenne pasquale e
mia nonna allo slegare delle campane mi
bagnava gli occhi con l’acqua e mi diceva “adesso ci vedi”.! Senza tante parole,
comprendevo che era la Luce di Cristo
che stava inondando le nostre vite e le
nostre case. Tutta l’esistenza e tutte le famiglie attendevano con impazienza quel
giorno di gloria. Anche oggi la Chiesa si
prepara alla festa cristiana più importante. La liturgia è quella di sempre, forse
mancano i sobri segni esterni che la incarnano nella vita. A noi il compito di
far risuonare nelle nostre case l’annuncio
gioioso delle campane di Pasqua.
Elisa
Nave Nostra n. 2/2013
11
Oratorio
www.oratoriodinave.it
Gruppo AC
QUI SPRINTER!
FIGLI E SESSUALITA’:
Q
D
Sprinter, amore e fantasia
ualche tempo fa mi è capitata
sottomano una frase che ha catturato la mia attenzione: “Sai dire
quanto amore hai dentro?” recitava e poi
proseguiva con una riflessione sull’amore, il tempo, le storie che si intrecciano e
lo scrivere.
Chi ha avuto la pazienza di iniziare la
lettura potrà chiedersi cosa centrino le
parole “amore”, “tempo”, “storie” e “scrittura” con l’obiettivo che l’articolo si era
dato: raccontare dello Sprinter. Tra poche righe spero sarà tutto più chiaro!
La nostra “storia” si intitola “Sprinter”
e nasce, prende avvio e trae nutrimento
dalle storie di tante persone che decidono quotidianamente di mettere a disposizione una parte della loro vita, di sé
stessi, per gli altri. La nostra storia nasce
quindi dall’intreccio di tante storie che
sono doni, doni di “tempo”... e pensate
che bel racconto può nascere dall’intrecciarsi di tanti “doni di tempo”! E non
crediate che sia qualcosa di astratto!
Il tempo che le persone decidono di
mettere a disposizione di altri è molto
concreto, parla di loro, delle loro abilità e conoscenze, dei loro vissuti e delle
esperienze, dell’amore che attraverso
questa scelta diventa dono.
Quanti esempi concreti di amore e costanza ho potuto vedere attraverso la
presenza degli adulti (mamme e papà)
che settimanalmente hanno gratuitamente donato il loro tempo all’oratorio.
Quanta passione, voglia di allegria, di
mettersi in gioco e, perché no, di crescere, mi ha comunicato la persistenza di
ragazzi adolescenti nello scegliere il servizio allo Sprinter.
Questa storia di intrecci di vite diventa, poi, ringraziamento ai genitori che
hanno deciso di affidare all’oratorio una
parte del vissuto dei loro figli, perché la
storia dello Sprinter, senza i suoi protagonisti, sarebbe priva di senso. Desidererei che il mio ringraziamento personale
giungesse a tutti i genitori e ai bambini
che hanno creduto e continuano a credere in questo progetto.
Ormai l’attività di quest’anno, con il
mese di aprile, giunge al termine e nei vari
12
LE PAROLE DI NOI GENITORI
laboratori (cucina, mini-sprinter, tiro
con l’arco, teatro e manualità) è tempo
di bilanci. Per riprendere anche l’ultima
delle parole citate all’inizio (“scrittura”),
sono state proprio queste riflessioni conclusive che mi hanno portato la voglia di
scrivere e scrivervi di quello che per me è
lo Sprinter: una storia di intrecci di vite,
una storia di dono e di crescita. E penso sia questo un esempio di risposta alla
misura della “quantità” di amore che ci
portiamo dentro: amore per ciascuna di
queste storie.
«E se qualcun’altro vede quello
che vedi tu, beh, allora hai trovato qualcuno che ti vive. Non lasciarlo fuggire. Fermalo! Vivilo! Scrivilo!
Le storie sono come le persone. Non sono
fatte per stare sole. Perché non c’è niente
di più riuscito di storie che s’intrecciano».
Tra poco inizierà la preparazione del
grest estivo... carichiamoci!!! E come si
suol dire... sarà Tutta un’altra storia!
Adriana
Ah, l’appuntamento per tutti è il 4
MAGGIO allo spettacolo teatrale “Alice in Wonderland”, realizzato da bambini e ragazzi del gruppo di teatro dello
Sprinter! Non mancate!
Nave Nostra n. 2/2013
urante l’anno associativo 20112012, il gruppo dei giovaniadulti di Azione Cattolica ha
affrontato il tema della DONNA vista
in contesti diversi (la donna e il lavoro, la
donna nella Bibbia…) e da punti di vista
diversi (la donna vista da Gesù).
Tale percorso formativo non si è esaurito
nella riflessione condivisa dei singoli
partecipanti, ma è stato l’input per una
proposta concreta di formazione per la
nostra comunità.
Dopo l’interruzione estiva, infatti,
il gruppo si è interrogato su quale
contributo offrire al mondo adulto e
dopo aver vagliato alcune possibilità
si è deciso di proporre ai genitori e
agli educatori, quali protagonisti della
crescita dei nostri ragazzi, un percorso
di educazione alla sessualità, inteso
come “TROVARE LE PAROLE” per
raccontare i significati veri e autentici
della sessualità, cogliendo le occasioni
della quotidianità.
Nello specifico il corso, che si è svolto tra
novembre e dicembre, si è posto come
obiettivo quello di aiutare gli adulti a
trovare la strada per mettersi in contatto
con i ragazzi perché questi ultimi
possano sperimentare parola e gesti che
li aiutino a comprendere se stessi, gli altri
e le relazioni.
Si è, quindi, lavorato per offrire
un’immagine della sessualità svincolata
dalla sola dimensione fisica ed integrata
di tutti quegli aspetti cognitivi,
psicologici, emotivi e relazionali che la
costituiscono.
Ma chi di meglio di coloro che hanno
partecipato può esprimere il significato
e il contributo di questo cammino?
Lasciamo allora la parola ad una mamma:
“Tutti i genitori provano sulla loro pelle
la fatica di accudire ed educare i figli
a 360 gradi fin dalla nascita. Tante
volte si rischia di dare più importanza
a certi aspetti dell’educazione rispetto
ad altri, oppure si pensa che alcuni di
essi debbano essere affrontati solo a
determinate età dei figli. uno di questi
aspetti che i genitori devono imparare
a fare propria prerogativa è proprio
l’educazione sessuale. Anche in questo
ambito noi genitori, che vogliamo una
crescita sana e serena per i nostri figli,
dobbiamo informarci e formarci. In
mezzo a tanta confusione, dovuta al
bombardamento di messaggi e modelli
Nave Nostra n. 2/2013
troppo spesso superficiali e riduttivi,
i genitori devono essere un punto
fermo aperto e disponibile a cui i figli
piccoli e grandi si possono rivolgere in
qualsiasi momento. Bisogna dunque
essere competenti e quindi ben vengano
questi corsi che aiutano a dare lo slancio
iniziale e a non sentirsi troppo soli.”
Federica
13
www.oratoriodinave.it
Oratorio
Oratorio
www.oratoriodinave.it
… un tempo per vivere insieme l’estate
con gioia ed amicizia …
Elementari
Medie
17 giugno al 5 luglio
17 giugno al 5 luglio
dal lunedì al venerdì
dalle 13.30 alle 18.30
dal lunedì al venerdì
dalle 13.30 alle 18.30
LUOGO: Oratorio
LUOGO: ex Oratorio Femminile
Corso
Animatori
21 aprile ore 14,30: per tutti
1° & 2° livello:
24 aprile - 2 - 8 maggio
3° livello: 3 - 10 - 17 maggio
Week-End
per Animatori 1 - 2 giugno
Giornate al mare
dal 7 al 9 luglio
Pinarella
Elementari
Medie
dalla Seconda alla Quinta Elementare
dalla Prima alla Terza Media
dall’11 al 15 luglio
dal 14 al 21 luglio
campo residenziale
campo residenziale
LUOGO: casa in Val Malga, vicino a Edolo
COSTO: euro 100,00
LUOGO: casa in Val Malga, vicino a Edolo
COSTO: euro 160,00
Comprende viaggio, vitto, alloggio
Comprende viaggio, vitto, alloggio
Amici del mare
dal 4 all’11 agosto
Campo Famiglie
ASSISI e ROMA
dal 12 al 15 agosto
Informazioni ed iscrizioni presso
segreteria dell’oratorio entro il 27 aprile
Cammino di
Santiago
Orari di segreteria: Lunedì da Martedì a Venerdì
Sabato
14
dalle ore 20.00 alle ore 23.00
dalle ore 14.00 alle ore 17.00
dalle ore 20.00 alle ore 23.00
dalle ore 14.00 alle ore 17.00
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per adolescenti e giovani
dal 17 al 30 agosto
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15
Volontariato e non
Winter Short Trail “I TRE SANTI”
S
I
Stima e gratitudine per tutti i volontari della nostra comunità
tiamo vivendo un lungo periodo
di crisi, non solo economica, in cui
l’incertezza nel futuro e la sfiducia
nelle istituzioni minano la serenità delle
famiglie.
L’essenza dell’economia mondiale, il
consumismo, sta mostrando una volta di
più i suoi naturali limiti: la crescita continua, sostenuta da consumi sempre più
ingenti, non è più, come mai lo è stata,
reale. L’impoverimento del potere d’acquisto delle famiglie non permette più
l’acquisto di beni superflui, e tante volte
anche di quelli necessari, e le tassazioni
esagerate ed inique aggravano una situazione già compromessa.
Le istituzioni, i governanti, o chiamateli
come volete, cresciuti a pane e banche,
non trovano di meglio che sottrarre
servizi e assistenza ai propri “sudditi”, al
solo scopo di racimolare qualche euro
per coprire la voragine causata da colpevoli malgestioni. La scoperta quotidiana
di sprechi e malversazioni di ogni tipo,
pagate con i nostri cari euro, fa male e
non favorisce speranza.
È evidente che qualche cambiamento
s’ha da fare.
Tralasciamo per un attimo le tristezze
sopra descritte e, con uno slancio d’ottimismo, spostiamoci su un terreno più
solido e rassicurante.
Ogni tanto da queste pagine ci piace ricordare, non lo si fa mai abbastanza, tutta quella gente che in maniera gratuita e
disinteressata svolge attività di volontariato. Sembra facile a dirsi, ma il volontariato, contrariamente ad altri organismi,
apporta beneficio al bene pubblico e
sopperisce, almeno in parte, alla cronica
deficienza di pubblico servizio. Non è
impresa da poco, sopratutto in tempi di
vacche magre.
Nella nostra piccola comunità i volontari garantiscono la sopravvivenza di numerose iniziative, tante volte invisibili ai
più oppure date per scontate. Il COSP,
16
Gara podistica sui sentieri dei tre santuari dei monti che circondano il nostro paese
GRAZIE
M
i sento in dovere di scrivere queste poche righe per
esprimere gratitudine verso
coloro che generosamente mettono a
disposizione, in forma totalmente gratuita, il loro tempo e la loro esperienza
nell’opera di svolgere quelle attività
che necessitano alla parrocchia.
L’insieme di queste persone formano
numerosi gruppi, tra i quali figurano i
volontari del Santuario della Madonna
della Misericordia di Conche.
Grazie al loro impegno, mantengono
vivo un servizio di accoglienza e ristoro
presso le antiche mura del Santuario,
provvedendo anche ai lavori di mantenimento necessari. Non è un impegno di poco conto, vista l’affluenza di
pellegrini in ogni stagione dell’anno,
e il personale non è mai abbastanza. A
questo proposito, mi auguro che “nasca” qualche volontario in più a dare
manforte agli amici di Conche, nella
speranza di proseguire una consuetudine oramai decennale ed apprezzata
da tutti.
Mauro Boni
L’AVIS, la Caritas, il gruppo Antincendio, tutti quelli che garantiscono il funzionamento dell’Oratorio, chi tiene in
buono stato le nostre chiese, chi si preoccupa della formazione dei nostri ragazzi,
chi non si dimentica degli anziani, ecc.
Non ci piace fare elenchi perchè si dimentica sempre qualcuno, ma era solo
per darvi un’idea di quanta buona gente,
ciascuno animato dal proprio pensiero,
agisce per quello che consideriamo uno
dei più salutari beni comune: il servizio
alla comunità.
Ci piace finire anche in bellezza, per cui
sosteniamo e ringraziamo i volontari, in
qualsiasi campo prestino la loro opera, e
preghiamo affinchè la loro perseveranza
non conosca crisi.
Alla faccia di ogni crisi!
La Redazione
Nave Nostra n. 2/2013
Anagrafe
Parrocchiale
BATTESIMI
2
3
4
5
6
Yaroslav
Anna
Cecilia
Giulia
Chiara
DEFUNTI
8
9
10
11
Agnese Angela
Vittorio
Pietro
anni 88
anni 96
anni 67
anni 93
l 3 marzo 2013 ha avuto luogo il
“Tre Santi trail”.
Il percorso partiva dalle scuole medie
in via don Giacomini per dirigersi verso
Sant’ Antonio; l’itinerario ha proseguito verso Conche salendo fino alla Croce
di vetta (punto più alto della gara). Poi
ci si è avviati alla discesa passando per la
Cocca, Sant’Onofrio, località Crocetta,
Sacca e rientro alle scuole medie.
Questo emozionante winter short trail
è stato organizzato dal circolo ARCIUISP di Nave ed è stato dedicato alla
memoria di Giacomo Rossetti, straordinario atleta, caratterizzato da tenacia e
semplicità.
Gli organizzatori hanno chiesto per l’allestimento dell’evento la collaborazione
di varie associazioni tra le quali il GEO
(Gruppo Escursionistico Oratoriale).
Noi “ragazzi” del GEO ben volentieri,
soprattutto quando si tratta di iniziative
aggreganti e di attività a contatto con le
bellezze della natura, siamo felicissimi di
cooperare.
All’escursione hanno aderito 150 atleti
che hanno corso tra i boschi, calpestato la neve, ascoltato il silenzio ovattato,
respirato il sottile profumo dell’inverno
vivendo un’esperienza che entra nel cuore per rimanervi.
Chi ama la montagna in tutte le sue
forme non può non innamorarsi del paesaggio incantato che caratterizza l’inverno delle valli dei tre Santi. Per tutti i
camminatori, i sentieri rappresentano il
mezzo di comunicazione con la montagna, percorsi per secoli, sono stati le uniche vie per raggiungere luoghi sacri per
noi molto significativi.
Abbiamo notato che da alcuni anni, l’affermarsi di una nuova sensibilità per la
qualità della vita, per la natura, per la ricerca di spiritualità ha fatto riavvicinare
un crescente numero di camminatori ed
escursionisti alla montagna, dando così
modo di valorizzare nuovamente quei
sentieri un po’ dimenticati.
La montagna insegna all’uomo che non
si può salire senza fatica e che la fatica
permette il gusto della conquista. Ma
anche che la gioia che si prova è totalmente gratuita, incomparabilmente più
grande e diversa, senza proporzione con
la pena della fatica. Non è la gioia di una
vittoria sportiva, che vuole che ci sia
anche uno sconfitto. È una gioia pura,
condivisibile, che lascia anche molto soli
perché incomunicabile; in essa la presenza dell’altro è quella di un amico, non di
un concorrente, necessaria per godere
davvero del momento, della grazia donata, che lega insieme la bellezza immobile alla dinamica del cammino. Il tutto è
bello e richiede di essere gustato in silenzio … come la preghiera.
In montagna si sale in cordata. Anche
nella vita spirituale non si può andare
molto avanti e in alto da soli; in un caso
e nell’altro non è neanche una cosa corretta. Anche lo sconosciuto è accolto,
salutato, aiutato se ne ha bisogno, guidato se è perso. Nessuno può dire di avere
una vita veramente spirituale se non si fa
carico dei fratelli del mondo intero. La
solidarietà viene dal fatto che la montagna è grande e che noi siamo coscienti e
contenti di essere piccoli.
Guardare la montagna, scalarla, scendere
col senso della fine di tutte le cose, ma
anche la riconoscenza per ciò che si è
ricevuto, in fondo gratuitamente, il deNave Nostra n. 2/2013
siderio di una nuova salita, o il silenzio
nello stare a guadarla, sapere che la montagna ci unisce e non ci divide da tutti
quei popoli che stanno oltre il raggio
della vista, tutto è parabola della nostra
vita spirituale, che si colma di Dio e abbraccia tutti gli uomini.
Spero che l’iniziativa possa essere rivissuta ogni anno perché rappresenta un
momento di smisurata crescita.
Luca - Gruppo Geo
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LA CACCIATA DEI MERCANTI
La testimonianza di vivaci relazioni con la vita culturale cittadina del tempo
L
a cacciata dei mercanti dal tempio
è un episodio inconsueto della vita
di Gesù che ci sorprende per il
contrasto con l’immagine, più familiare,
del maestro buono e mite sempre incline
alla comprensione e alla misericordia.
Ci affascina e ci inquieta ad un tempo:
condividiamo istintivamente l’irritazione per la mercificazione delle cose sacre
(di tutte le cose sacre: la religione, ma
anche la vita, la famiglia, l’educazione,
la politica, …), ma siamo pure intimoriti
dalla sensazione di essere anche noi oggetto di questo zelo purificatore.
Il tempio da liberare è innanzitutto il
tempio del nostro cuore spesso popolato
da usurpatori che lo inquinano.
È un tema di forte attualità per noi che
viviamo nel “mercato globale”, che non
indica solo la dimensione planetaria
dei rapporti commerciali, ma insinua la
mentalità che, ormai, tutto è diventato
un mercato. Ma in tutti i tempi questa
scena ha infiammato lo spirito e appassionato gli artisti che l’hanno rappresentata in forme sempre molto efficaci.
Anche nella nostra parrocchiale, alto
sopra la porta d’ingresso, a monito per
chi esce, è collocato il grande quadro di
“Gesà che caccia i mercanti dal tempio”.
È un opera di grandi dimensioni della
prima metà del ‘700 di indubbio interesse, ma di cui non si conosce l’autore. In
passato si sono sprecati grandi nomi, fenomeno frequente quando si promuove
il restauro di un’opera, ma solo recentemente, dopo che il prof. Loda ha riconosciuto nella figura della ‘ragazza con co-
lomba” (in basso a sinistra) il disegno di
un discepolo del Pittoni, si è riconociuto
che si tratta dell’imitazione di un’opera
del noto pittore Giovan Battista Pittoni,
maestro veneziano (1687-1767).
Il suo quadro “Cristo che scaccia dal Tempio gli Ebrei”, infatti, insieme ad altre due
sue opere ‘La Strage degl’Innocenti’ e ‘La
B.V. Addolorata’, era esposto a Palazzo
Avogadro, a Brescia, come risulta dalla
testimonianza di Giovan Battista Carboni che, nel 1760 ha redatto un catalogo delle opere d’arte presenti a Brescia1.
Questa opera, presumibilmente requisita al tempo napoleonico, è stata recentemente esposta all’asta2, a Londra, dagli
eredi della famiglia francese divenuta
proprietaria, ed è stato così possibile vedere la sua riproduzione.
Con grande sorpresa si può constatare la
puntuale somiglianza fra i due quadri e
riconoscere che non si tratta solo di una
imitazione, ma di una attenta copiatura;
le varianti introdotte sono, infatti molto limitate, mentre i singoli personaggi
sono meticolosamente ripresi nelle pose,
nei colori e negli ornamenti, fedeli in
ogni particolare.
Diverso è il gusto stilistico, molto più
tondeggiante e cromaticamente acceso
nel quadro di Nave secondo il gusto emiliano e bolognese presente anche nelle
altre opere della nostra parrocchiale.
Naturalmente il nostro autore ha dovuto
riorganizzare la scena del Pittoni, posta
in uno spazio quadrato e di piccole dimensioni (un metro per un metro circa),
per adattarla ad uno spazio rettangolare
e molto più grande (sei metri per quattro). Dimostra pertanto di essere un
abile maestro che, fra l’altro, tiene conto
non solo delle proporzioni, ma modifica
anche la prospettiva (dal momento che il
quadro sarà visto dal basso); tuttavia lo
slittamento delle figure e la correzione
delle posizioni e degli sguardi fa perde-
re l’organicità della composizione e la
nervosa istantanea del movimento della
scena, centrata sul gesto di Cristo, che
vediamo nel quadro del Pittoni.
Ben aveva visto, pertanto, il Mingotti
(parroco a Nave nella prima metà dell’800)
che nella sua descrizione delle opere della parrocchiale liquida il nostro quadro
con il semplice apprezzamento per “la
vivacità dei colori”.
Possiamo infine trarre alcune considerazioni interessanti. Innanzitutto osserviamo che il quadro è stato appositamente
commissionato per la nostra chiesa e il
soggetto scelto volutamente per essere
collocato in alto sulla parete di fondo.
Al pittore è stato chiesto di rappresentare
non una sua interpretazione della scena
evangelica, ma di imitare fedelmente il
quadro del Pittoni. Questo presuppone
che il committente, non solo conoscesse
le opere esposte a Palazzo Avogadro, ma
fosse persona introdotta nell’ambiente
intellettuale cittadino tanto da ottenere la disponibilità del quadro per farne
eseguire una meticolosa riproduzione,
affidata a un pittore veramente bravo.
Non stentiamo a riconoscere qui la personalità di don Bartolomeo Moreni,
letterato e dotto parroco di Nave, che,
in occasione della realizzazione della
parrocchiale, intesse relazioni con i protagonisti del nuovo spirito culturale e
artistico della vita cittadina del tempo
e introduce nel paese quella vitalità che
porterà, dopo di lui, alla realizzazione
delle due duscipline a lato della parrocchiale.
1
Merita ricordare che G.B. Carboni è
figlio di Rizzardo e fratello di Bernardino e
Domenico, architetti e scultori, che hanno
lavorato per la nostra parrocchiale: sono gli
autori della soasa dell’altare maggiore, dei
disegni degli altari del Rosario e del SS.
Sacramento e delle statue lignee di S. Domenico e S. Caterina, realizzate per l’altare
della Madonna e ora collocate nella chiesa
di S. Cesario (vedi pg. 6).
2
http://www.bonhams.com/auctions/20016/lot/90/
Confronto delle proporzioni dei due quadri
Il quadro della chiesa parrocchiale di Nave - Anonimo, 1730 ca. ( cm 410 x 603)
18
Nave Nostra n. 2/2013
Cristo che scaccia dal Tempio gli Ebrei - GB. Pittoni 1720 ca. ( cm 101,5 x 94)
Nave Nostra n. 2/2013
Ragazza con colomba - disegno di Anton Kern
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RiConoscere i messaggi
delle campane
Gli annunci
Ave Maria:
Il suono delle campane si distingue per gravità: la campana n° 1 (campanone) emette il suono più grave, la campana n° 5, (la più piccola) il suono più acuto
n°
n°
n°
n°
n°
Si  Do Re Mi  Fa 1
2
3
4
5
Santa Messa:
annuncia l’orario delle celebrazioni
mezz’ora
giorni feriali: campane n° 2-3-4
a dondolo
prima della funzione tempi forti e feste: campane n° 2-3-4-5 a dondolo
Ø 1,605 mt. Kg. 2.350
domenica: 5 campane
solennità: concerto Solenne
Ø 1,430 mt. Kg. 1.650
Ø 1,265 mt. Kg. 1.140
Ø 1,200 mt. Kg. 970
Ø 1,070 mt. Kg. 680
Le Campane possono suonare in tre modi diversi:
a dondolo o a distesa
annuncia l’inizio e la fine della giornata
al mattino alle 7,00
giorni feriali: campana n° 4 e 5 a dondolo seguite dal carillon
alla sera alle 19,00
giorni festivi: come la Messa del giorno (festivo o solenne)
Le campane si muovono liberamente,
il suono è ricco di riverberi armonici, la frequenza dei rintocchi è determinata dal
diverso peso delle campana, pertanto il suono non segue nessun ritmo preordinato e
varia a secondo del numero di campane che suonano contemporaneamente
Richiamo:
la frequenza e la successione dei rintocchi seguono un ritmo preordinato, il suono
(prodotto dalla caduta della campana) è più marcato ed è seguito da un riverbero
prolungato
Tipi di Concerto:
Solenne Maggiore: Solenne Minore: Funebre:
Annuncio di Morte A: Annuncio di Morte B: a martello
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suonato con 5 campane, con ritmo solenne e gioioso
come il maggiore, ma guidato dalla 2ª campana
con 5 campane, con dominanza dei suoni gravi
concerto con la sola campana n° 1 (per i residenti)
concerto con la sola campana n° 2 (per i non residenti)
il rintocco, prodotto da un colpo a campana ferma, è singolo e senza riverbero; viene
usato per i rintocchi delle ore o per eseguire frasi musicali (carillon)
Nave Nostra n. 2/2013
richiama l’inizio delle celebrazioni
un quarto d’ora
prima della funzione
campane n° 4 e n° 5 a dondolo
Mezzogiorno:
annuncia il mezzogiorno
dopo i rintocchi delle 12,00
giorni feriali: campane 4 e 5
a dondolo
sabato e domenica: 5 campane
a distesa
solennità e vigilia: concerto solenne (maggiore o minore come la solennità)
Vespri:
Battesimi:
a concerto
a distesa
Maggiore
suona come la Messa feriale (o festa infrasettimanale) - segue Richiamo
annuncia l’inizio della celebrazione del battesimo
all’ora di inizio suona il carillon di allegrezza
Annuncio di morte:
annuncia l’ora della morte (se prima dell’Ave Maria serale)
non viene suonato di Concerto di una sola campana
domenica o nelle solennità n° 1 per un defunto residente in parrocchia, n° 2 se non residente
Funerale:
Concerto funebre con 5 campane
alla vigilia: preannuncia l’ora del funerale (anche di domenica)
nel giorno del funerale: suona mezz’ora prima dell’inizio e all’arrivo della salma
Accompagnamento:
accompagna il corteo dalla chiesa al cimitero
concerto di 3 campane (3ª-2ª-1ª) e rintocchi cadenzati del campanone
Nave Nostra n. 2/2013
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Madri e Spose Cristiane
La spazzatura
in cassaforte
D
alle pagine di “Nave Nostra”
le incaricate della Compagnia
“Madri e Spose Cristiane” della
nostra Parrocchia, desiderano ringraziare tutte le offerenti che anche quest’anno, come tutti gli anni precedenti, hanno fatto – escluso rarissimi casi - la loro
generosa offerta per la vita della nostra
Compagnia.
Crediamo opportuno precisare ancora
una volta l’operato del nostro gruppo
ricordando che:
- al primo venerdì di ogni mese la S.
Messa del mattino nella Chiesa Parrocchiale è celebrata in suffragio delle Madri e Spose Cristiane defunte;
- entro il trigesimo della morte di ogni
madre o sposa viene celebrata una S.
Messa in suffragio ed i parenti vengono
informati della data e dell’orario;
- alla celebrazione della S. Messa del
funerale di ogni madre o sposa, viene
posto sul presbiterio dell’Altare Maggiore lo stendardo della Compagnia per
indicare la vicinanza di tutte le Socie ai
famigliari;
- alla festa di S.Anna viene celebrata una
S. Messa in onore della “Mamma della
Madonna” per invocarne la protezione e
dopo la celebrazione segue un rinfresco
fraterno;
- nella settimana della Commemorazione dei Defunti si celebra una S. Messa
per tutte le Madri e Spose defunte della
nostra Comunità;
- le offerte raccolte vengono devolute a
necessità di opere parrocchiali partecipando a sostenere il decoro della Chiesa,
aiuti per interventi più o meno importanti (esempio: l’offerta significativa
per la ristrutturazione dell’Oratorio, il
restauro dei banchi della Parrocchia e
l’intervento sugli stessi per una migliore collocazione dei libri di preghiera,
il pagamento delle porte a vetro poste
nell’atrio delle due porte laterali dell’entrata nella chiesa parrocchiale per una
riduzione dei consumi, ...);
- tramite la nostra concittadina Suor
Eleonora Liberini adottiamo, a distanza, una bambina della sua missione con
una cifra di sostegno.
22
Si precisa che non è più possibile portare
lo stendardo nel percorso del Funerale
in quanto quello di dimensioni ridotte è
stato bruciato e non si è creduto opportuno riproporlo in quanto sorgono difficoltà nel portarlo e sottoporlo a pioggia
e vento: si è creduto bene restaurare lo
stendardo grande, per la sua importanza
artistica, e porre quello sull’altare maggiore al momento del funerale.
Questa soluzione e la S. Messa entro il
mese della morte con il nostro ricordo
nella preghiera per l’anima della persona
cara defunta, hanno l’intenzione di offrire una vicinanza cristiana molto importante a chi soffre tanto dolore.
Noi tutte, madri e spose di Nave, desideriamo portare armonia in ogni famiglia ed invitiamo anche le giovani Spose
e Madri o chi è da poco trasferita nella
nostra Comunità, ad aderire al nostro
Gruppo e noi le accoglieremo con un
fraterno “Benvenuta”.
Le responsabili del Gruppo
Nave Nostra n. 2/2013
F
ermo restando che l’impegno nello smaltimento dei rifiuti è una responsabilità civica che non si può
delegare, ma un dovere sociale da assumere in misura responsabile, mi pare divertente (amaramente divertente) constatare i paradossi ai quali ci ha portato
lo spensierato e ottimistico piacere del
consumo.
Ogni società ha i suoi valori da custodire; la nostra civiltà, fino a ieri caratterizzata dai centri commerciali (più belli
di un “Carosello” di quando eravamo
bambini), spuntati ovunque come funghi con dispendio di aree, di soluzioni
architettoniche, innovazioni tecniche e
attraente densità di servizi, sembra ora
identificare la sua immagine con le “isole
ecologiche”.
Siamo stati tuffati nella piacevole enfasi
della differenziazione con l’entusiasmo
di adottare comportamenti più virtuosi.
È una vera “conversione” (cambiamento
di mentalità e atteggiamento) con affollate assemblee di “catechesi” con tanto di
libretto di catechismo colorato da imparare con diligenza.
La differenziazione è già diventata cultu-
ra, figura fra i più emancipati argomenti
di compìta socializzazione, è generosamente presente nella conversazione in
famiglia, con gli amici e i colleghi, corredata di confronti, consigli e istruzioni.
Sembra quasi una scena del “Fantasma
della libertà”, allucinante film di Buñuel,
degli anni ’70, dove si gioca a rovesciare
gli stereotipi e i luoghi comuni della società borghese. La spazzatura è infatti diventata un “bene” costoso”, così prezioso
da tenerlo sottochiave.
La chiave del cassonetto è infatti il simbolo della nuova virtù: personale, esclusiva, familiare e molto pratica. Tuttavia
non nasconde il presagio di prossimi
rincari inappellabili delle tariffe e dei
controlli capillari. È difficile liberarsi, infatti, dal sospetto che a monte degli esosi
costi dello smaltimento non ci sia anche
la tutela di eccedenti ricavi degli addetti; gli stessi che stilano le classifiche dei
Comuni virtuosi, guarda caso, i primi
allineati con le soluzioni confezionate.
Intanto ci sentiamo tutti un po’ migliori
nel compiere l’ordinato gesto di azionare la slot machine come fosse la promessa di un fortunato premio, quello di un
ambiente più pulito. E già mi immagino
agguerrite casalinghe che si sfidano a
gara, modello “Musichiere”, nel correre a
centrare il “colore” giusto della immondizia che, da quando è simpaticamente
colorata, sembra meno sozza, anzi pare
un elemento di arredo che dà un tocco
di aggiornata modernità alle nostre case.
Pare che, poiché la crisi ci ha definitivamente svegliati dal sogno del consumo
indifferenziato, possiamo trovare consolazione almeno nello smaltimento differenziato di quello che ci ha lasciato in
eredità.
don Gianluigi
R adio Parrocchiale: 92.700 in FM
Nave Nostra n. 2/2013
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Habemus Papam - Oratorio di Nave