n. 2 - aprile 2013 - Anno 67 Giornale della comunità parrocchiale Maria Immacolata di Nave (BS) Habemus Papam Calendario Liturgico APRILE 2013 GIUGNO 2013 7 2a Domenica di Pasqua Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre 1 Sabato 14:30 Conclusione anno di catechismo 2 CORPUS DOMINI Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore Lc 9,11b-17 6 Giovedì Inizio Festa di S. Luigi 9 10a Domenica Tempo Ordinario Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato Lc 7,11-17 16 11a Domenica Tempo Ordinario Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato Lc 7,36 - 8,3 17 Lunedì Grest Elementari e Medie 23 12a Domenica Tempo Ordinario Ha sete di te, Signore, l’anima mia Gv 20,19-31 ANNOdellaFEDE 2 0 1 2 - 2 0 1 3 C redere apre gli occhi: è la risposta alla natura dell’uomo che rende piena, bella e soddisfatta la vita; sa farla rifiorire dandole un gusto sempre più vero e intenso” a fede è gioia che nasce dal riconoscere la presenza dell’infinito tra noi, in carne e ossa. L (Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia) D obbiamo noi stessi aprirci alla fede; e riaprire di nuovo, per tutti, la porta della fede. Niente altro, prima di questo. (Sinodo dei Vescovi, Roma 2012) L a fede, proprio lei, è il nostro tesoro più prezioso. Lo è per noi, lo è per tutti. Non possiamo perderla, non vogliamo corromperla, non intendiamo affogarla in un gergo per iniziati, né dissiparla a poco prezzo pur di trarne vantaggio per noi. a fede è una forza bella. Ricominciamo a guardarla con occhio più limpido e scopriamo che la potenza della fede e l’inizio dell’evangelizzazione coincidono fin dal primo momento. cco la scoperta: la fede stessa è la nostra vera ricchezza, il nostro lato migliore, la nostra bellezza realmente guardabile. uesta buona coscienza deve riprendere respiro, scioglierci dalla nevrosi del tempo, restituirci uno sguardo lieto e non corrucciato. In mezzo a tutti gli espedienti che ci siamo inventati, e a tutti i puntigli che ci hanno stremati, si riapre dunque la porta della fede. vi verrà voglia di riaprire la porta della vostra casa, per la sorpresa di quello che vi verrà incontro.(Pierangelo Sequeri) L E Q E 2 Parola del Parroco 15:00 genitori 1°anno IC 9 Martedì 20:30 genitori 3°anno IC 14 3a Domenica di Pasqua Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato Gv 21,1-19 09:00 Ritiro cresimandi 16 Martedì 20:30 genitori 4°anno IC 17 MercoledìVisita Vicariale 20:30 Consiglio pastorale a 21 4 Domenica di Pasqua Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida Gv 10,27-30 15:00 genitori 2°anno IC 24 Mercoledì20:30 Magistero catechisti 26 Venerdì 20:30 Liturgia penitenziale cresimandi 27 Sabato 15:30 Cresime 28 5a Domenica di Pasqua Benedirò il tuo nome per sempre, Signore Gv 13,31-33a.34-35 10:30 Prime comunioni MAGGIO 2013 4 Sabato 15:00 R itiro per la Prima Riconciliazione a 5 6 Domenica di Pasqua Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti Gv 14,23-29 12 ASCENSIONE DEL SIGNORE Ascende il Signore tra canti di gioia Lc 24,46-53 16:00 genitori 1°anno IC e S. Messa 14 Martedì 20:30 genitori 3°anno IC 16 Giovedì 20:30 Consiglio pastorale 19 PENTECOSTE Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra Gv 14,15-16.23b-26 15:00 Prima Riconciliazione 21 Martedì 20:30 genitori 4°anno IC 22 Mercoledì19:00 Magistero catechisti 23 Giovedì 20:00 Veglia per la festa di Maria Ausiliatrice 24 Venerdì Beata Vergine Maria Ausiliatrice Guidami, Signore, sul sentiero dei tuoi comandi 25 Sabato 14:00 Pellegrinaggio per bambini 26SS. TRINITA’ O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Gv 16,12-15 09:30 Ammissione ai sacramenti Nave Nostra n. 2/2013 Lc 9,18-24 3013a Domenica Tempo Ordinario Sei tu, Signore, l’unico mio bene Lc 9,51-62 Giornale della comunità parrocchiale “Maria Immacolata” di Nave n. 2 - Aprile 2013 - Anno 67 Sommario Anno della Fede������������������������ 2 Calendario Liturgico ���������������� 2 Parola del Parroco �������������������� 3 Benedetto XVI Papa Francesco���������������������������������� 4 Benedetto XVI Un sorprendente gesto carico di importanti conseguenze per la vita della Chiesa L e dimissioni di Benedetto XVI hanno giustamente sorpreso e suscitato molti interrogativi. È apparso, infatti, evidente che si trattava di una innovazione carica di conseguenze incisive per la vita della chiesa, anche se, aggrediti da un certo giornalismo, incline a guazzare nel sensazionale e restare in superficie, rischiamo di limitarci alle motivazioni personali: il peso del ministero, le condizioni di salute, l’insinuazione di torbide pressioni, la debolezza, o il gesto di umiltà. Si è piuttosto trattato di un gesto di grande coraggio con il quale il papa Benedetto ha voluto, con un segno forte, avviare il processo di aggiornamento del ministero di Pietro (che è appunto un ministero, cioè un servizio, e non una dignità ad personam) che sviluppa e porta a compimento le indicazioni del Concilio Vaticano II, rinnovando la figura del papato che diventa così meno secolare (più spirituale), meno assoluta (più collegiale) e più ministeriale. Il primo effetto prodotto da questa scelta è, in apparenza, una diminuzione della autorità del papato (e di conseguenza della Chiesa stessa). Proprio questo è l’aspetto che ha provocato reazioni e sconcerto (e non sono mancati rimproveri di cedimento o, addirittura, di tradimento) mentre, in realtà, è un sacrificio, un vero atto di servizio alla Chiesa. D’ora in avanti l’autorevolezza della Chiesa sarà misurata sui contenuti (sul valore delle sue proposizioni e sui contributi che sa portare) e non sul suo prestigio; se questo può apparire un impoverimento è in realtà un passo di autentica disponibilità al dialogo con il mondo e con la cultura nella comune ricerca della verità. D’altro canto, anche la critica alla Chiesa dovrà confrontarsi sul merito e sui contenuti e non restare arroccata su contrapposizioni pretestuose, in un confronto aperto e costruttivo. Il risultato più diretto è però orientato al dialogo con le Chiese non cattoliche, un gesto eloquente, il “primo passo”, per sgombrare il dialogo verso l’unità dei cristiani. Certamente ha contribuito la sensibilità personale di papa Ratzinger e la sua esperienza di una chiesa, quella tedesca, che vive molto da vicino il problema della divisione fra le Confessioni cristiane, ma è evidente che si è trattato di una scelta preparata e meditata a lungo e, certamente, confrontata e condivisa. Infatti, papa Francesco ha immediatamente raccolto e sottolineato questo significato insistendo sulla sua nomina a Vescovo di Roma, la chiesa che “ha il compito di presiedere nella carità”. Per i suoi predecessori un tale passo non è stato possibile perché i tempi non erano ancora maturi (con fatica e gradualità si è introdotta la regolare dimissione dei vescovi e dei parroci per ragioni di età), ma anche perché erano troppe le grandi e delicate questioni legate alle loro rispettive personalità (soprattutto di carattere ecclesiale, nel caso di Paolo VI, e anche di portata mondiale nel caso di Giovanni Palo II) così da rendere impossibile un loro ritiro in discrezione che consentisse piena libertà al ministero del successore. Nel caso di Benedetto XVI questo passo è stato possibile grazie allo stile del suo papato improntato ai grandi temi che riguardano i fondamenti della cultura e della fede e preparato con autentico stile di umiltà e di servizio. Anche per questo, grazie Benedetto. Il Santo del mese����������������������� 6 Santa Caterina da Siena Laici Cristiani, ������������������������ 8 Per una comunità adulta nella fede I documenti del Vaticano II�������� 9 Gaudium et Spes La bussola per la pastorale familiare Oggi come ieri…è Pasqua! ���������� 11 Oratorio �������������������������������� 12 Qui Sprinter! Azione Cattolica��������������������������13 Figli e Sessualità: Le parole di noi genitori Oratorio �������������������������������� 14 Calendario estivo Roma Express Volontariato e non ������������������������ 16 Anagrafe Parrocchiale�������������� 16 Winter Short Trail “Tre Santi”���� 17 La Cacciata dei Mercanti�������������� 18 I messaggidelle campane�������������� 20 Madri e Spose Cristiane���������������� 22 La spazzatura in cassaforte ���������� 22 Taccuino economico ���������������� 23 Monteclana ieri& oggi����������������24 Nave Nostra n. 2/2013 3 habemus Papam PAPA FRANCESCO Jorge Mario Bergoglio, un Papa venuto dal Sud del mondo nel nome del santo più simile a Cristo D eve aver soffiato davvero forte il vento dello Spirito Santo, nella Cappella Sistina, per scompaginare i pronostici della vigilia e le previsioni degli addetti ai lavori sui nomi dei favoriti e sui tempi lunghi di un Conclave che si preannunciava infatti difficile e complesso, tanto quanto i gravi problemi che agitavano ultimamente la barca della Chiesa e, non ultimo, per convincere l’umile arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, ad accettare stavolta il ministero petrino. Pare infatti che, già nel 2005, il porporato argentino stesse raccogliendo un crescente consenso nel corso del conclave 4 che ha visto il cardinal Joseph Ratzinger eletto Papa, ma che sia stato proprio lui a convincere il collegio cardinalizio a non insistere nel votarlo, perché non si sentiva pronto per un così grave compito. Stavolta, al termine del quinto scrutinio, al nostro cardinale bresciano Giovanni Battista Re, che da decano dell’ordine dei Vescovi si è rivolto a lui in latino con la domanda di rito sull’accettazione: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice? – Con quale nome vuoi essere chiamato?”, il cardinal Bergoglio, docile al volere di Dio, ha risposto il suo “Sì”, indicando in Francesco il nome da lui scelto. È’ una scelta, la sua, che è da subito tutto Nave Nostra n. 2/2013 un programma, limpido, inequivocabile, di altissimo profilo cristiano ed anche rivoluzionario, tanto quanto il santo di Assisi, il più vicino, tra i santi, al modello di Cristo. Papa Francesco è già tutto un primato, oltre quello di Pontefice, lui che è vero “ponte”, come nell’etimologia stessa del nome. È infatti il primo Papa latino americano, il primo gesuita, il primo di nome Francesco. È nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Di famiglia semplice, con un papà ferroviere di origini piemontesi e la mamma casalinga, ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico avvertendo, successivamente, la chiamata al sacerdozio. Entrato nel seminario di Villa Devoto, nel 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù. Ha compiuto studi umanistici in Cile e nel 1963, al ritorno a Buenos Aires, ha conseguito la laurea in filosofia. È stato ordinato sacerdote nel dicembre 1969. Maestro dei novizi a San Miguel, nel 1973 è stato eletto Provinciale dell’Argentina, incarico che ha esercitato per sei anni. Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires nel maggio del 1992. Il 27 giugno dello stesso anno ha ricevuto nella cattedrale di Buenos Aires l’ordinazione episcopale. Il 3 giugno 1997 è stato nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino. Dal 2005 al 2011 è stato Presidente della Conferenza Episcopale Argentina. È stato nominato cardinale da Papa Giovanni Paolo II, nel Concistoro del 21 febbraio 2001. Professore di letteratura e di psicologia, parla sei lingue ed è autore dei libri: «Meditaciones para religiosos» del 1982, «Reflexiones sobre la vida apostólica» del 1986 e «Reflexiones de esperanza» del 1992. Lo definiscono una persona riservata, schiva, di poche parole, ma soprattutto di grande fede, profonda sensibilità, grande apertura mentale, viva spiritualità, forza morale e contagiosa serenità interiore. Bergoglio è stato un sacerdote ed un Vescovo dal chiaro stile pastorale impron- tato ad un’autentica missionarietà, forte nei principi e nel rispetto del deposito della fede, ma altrettanto attento ed aperto all’incontro con le persone, a partire dagli ultimi, dai lontani, dai tanti poveri che affollano i Paesi del Sud del mondo e le periferie delle grandi metropoli sudamericane e, sempre più, anche le nostre. È persona che ha sempre rifuggito la notorietà, l’esposizione mediatica, non parliamo del lusso e della mondanità e che ha sempre rifuggito il potere, per servire liberamente Dio. Nella sua vocazione per i poveri non ha però mai abbracciato la controversa teologia della liberazione, pur riconoscendo l’urgenza dell’attenzione alla dimensione sociale del vivere, ma volendo mantenere fisso lo sguardo su Cristo, il Crocifisso per eccellenza. Durante la sua prima Messa da Pontefice ha detto al riguardo, parlando a braccio, che chi non segue la croce di Cristo segue in realtà il demonio (parole esplicite e linguaggio vero e diretto, limpido! ndr) e che la Chiesa, senza Gesù, si riduce ad essere solo un’organizzazione umanitaria, una ong pietosa. A chi, in Argentina, gli prospettava importanti incarichi curiali ha risposto: “No, io in Curia muoio”, a significare la sua sostanziale alterità dalle infrastrutture, anche quelle di fede e la sua radicalità evangelica, unita alla scelta di vivere, evangelizzando, nelle periferie della storia, per incontrare negli ultimi il Cristo. È con questo stile che viveva in un modesto appartamentino della capitale argentina, si cucinava da solo e per spostarsi andava a piedi usando i mezzi pubblici, in mezzo alla sua gente. Quando nel 2001 fu ordinato Cardinale chiese agli argentini, che avevano organizzato raccolte fondi per presenziare alla cerimonia di Roma, di restare invece a casa a pregare per lui e di donare i soldi raccolti ai poveri, quegli stessi poveri delle bidonvilles argentine che lui visitava abitualmente ed in cui vivono, nella sola Buenos Aires, oltre 500mila famiglie. Non volle nemmeno una veste cardinalizia nuova per andare a Roma, ma si fece riadattare quella del suo predecessore argentino. Nel suo Paese è stato un trascinatore di folle ed una figura di riferimento per tutta la Chiesa sudamericana. Una spina nel fianco del potere, di qualunque potere che si manifesti come contrario al Vangelo ed ai suoi insegnamenti. Nel primo giorno da Papa la sua umiltà è apparsa subito evidente: niente insegne solenni e croci d’oro, ma ha mantenuto al collo la sua croce di ferro; niente Mercedes ma un’auto di servizio, ha dimezzato la scorta ed ha pagato di tasca sua l’alloggio vaticano in cui ha vissuto i giorni del Conclave. Jorge Mario Bergoglio, prete, come si è definito anche da cardinale, non può essere pertanto ritenuto né un conservatore né un progressista, ma un cristiano vero, autentico, radicato nella fede, difensore della dottrina e del Magistero ed allo stesso tempo aperto alle sfide della contemporaneità, con la forza disarmante dell’autenticità della testimonianza e della coerenza irreprensibile della vita. Un dono grande di Dio per la Chiesa e per il mondo intero. Alessandro Piergentili SPIEGAZIONE DELLO STEMMA LO SCUDO: Nei tratti, essenziali, il Papa Francesco ha deciso di conservare il suo stemma anteriore, scelto fin dalla sua consacrazione episcopale e caratterizzato da una lineare semplicità. Lo scudo blu è sormontato dai simboli della dignità pontificia, uguali a quelli voluti dal predecessore Benedetto XVI (mitra collocata tra chiavi decussate d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso). In alto, campeggia l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo. La stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica San Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, San Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine Santissima e San Giuseppe. IL MOTTO: miserando atque eligendo Il motto del Santo Padre Francesco è tratto dalle Omelie di San Beda il Nave Nostra n. 2/2013 Venerabile, sacerdote, il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di San Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nell’itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di San Matteo dell’anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimentò, all’età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola. Una volta eletto Vescovo, S.E. Mons. Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che segnò gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua Chiesa, decise di scegliere, come motto e programma di vita, l’espressione di San Beda miserando atque eligendo, che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio. da: L’Osservatore Romano 5 Il Santo del mese Santa Caterina da Siena C aterina nasce a Siena nel popolare rione di Fontebranda, oggi Nobile Contrada dell’Oca, il 25 marzo 1347, ventitreesima figlia del tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piagenti. La gemella Giovanna morirà poco tempo dopo la nascita. Il suo carisma mistico si rivela molto presto: a soli sei anni sostiene di aver visto, sospeso in aria sopra il tetto della basilica di San Domenico, il Signore Gesù seduto su di un bellissimo trono, vestito con abiti pontificali insieme ai santi Pietro, Paolo e Giovanni, a sette anni fa voto di verginità. Ancora bambina, si dà alla mortificazione, rinunciando a tutti i piaceri corporali, quali il mangiare la carne, che passa di nascosto ai fratelli o distribuisce ai gatti di casa; si ciba solo di verdure e dorme due ore per notte. A dodici anni, nonostante le pesanti fatiche domestiche alle quali sarà sottoposta, pone un netto rifiuto al desiderio dei genitori, che la vorrebbero maritare; si chiude in casa, si taglia completamente i capelli e si copre il capo con un velo. Ben presto riuscirà a convincere anche i genitori, allorquando il padre, scorta una colomba sulla testa di Caterina intenta a pregare, capisce che il suo fervore non è solo frutto di un’esaltazione, ma di una vocazione veramente sentita e sincera. Nel 1363, a sedici anni, spinta da una visione di San Domenico, entra nel terz’ordine laicale domenicano, vestendo l’abito delle «mantellate» (dal mantello nero sull’abito bianco dei Domenicani). Diventa suo confessore il beato Raimondo da Capua (1330-1399), poi superiore generale dell’ordine domenicano, che scriverà la Legenda Maior, la prima biografia di santa Caterina. Semianalfabeta, dopo aver faticato inutilmente, chiederà al Signore il dono di saper leggere per pregare il Breviario. Si occupa dei poveri, dei carcerati, dei moribondi e dei lebbrosi di cui cura le piaghe, dopo aver vinta una primitiva ripugnanza bevendo l’acqua che le era servita per lavare una ferita cancrenosa e dichiarando che “non aveva mai gustato cibo o bevanda tanto dolce e squisita”. La notte di carnevale del 1367, accompagnato dalla Vergine e da una folla di 6 santi, le appare Cristo che le dona un anello, sposandola misticamente. La visione sparisce, l’anello rimane, visibile solo a lei. Un’altra volta Cristo le prende il cuore, lo porta via e ritorna con un altro vermiglio che dichiara essere il suo e che inserisce nel costato della Santa. Si dice che a ricordo del miracolo le rimase in quel punto una cicatrice. Nel frattempo, diffondendosi la sua fama, si va raccogliendo attorno a lei una quantità di gente, chierici e laici, che prendono il nome di “Caterinati”. Nel 1375, mentre su incarico del papa predica la crociata, assorta in preghiera in una chiesetta del Lungarno a Pisa, detta ora di Santa Caterina, riceve le stimmate che, come l’anello del matrimonio mistico, saranno visibili solo a lei. Nel 1376 è incaricata dai fiorentini di intercedere presso il papa per far togliere loro la scomunica che si erano guadagnati per aver formato una lega contro lo strapotere dei francesi. Poi, con le sue discepole, un altare portatile e tre confessori, si reca ad Avignone per convincere il papa Gregorio XI a rientrare a Roma. Nel 1378 è dunque convocata a Roma da Urbano VI perché lo aiuti a ristabilire l’unità della Chiesa, contro i francesi che a Fondi avevano eletto l’antipapa Clemente VII. Scende a Roma con discepoli e discepole, lo difende strenuamente e, sfinita dalle sofferenze fisiche, muore il 29 aprile del 1380. Viene sepolta nella basilica domenicana di Santa Maria sopra Minerva. dove giace tuttora sotto l’altare maggiore. Tre anni dopo le sarà staccato il capo per portarlo a Siena. Caterina (dal greco: donna pura) vive in un momento storico e in una terra, la Toscana, di intraprendente ricchezza spirituale e culturale, dilaniata però da tensioni e lotte fratricide di carattere politico per le frequenti discordie fra guelfi e ghibellini. Tre sono gli aspetti del misticismo di Caterina: la totale appartenenza a Cristo, la sapienza, il coraggio. I due simboli che ne caratterizzano l’iconografia sono il libro e il giglio, che rappresentano rispettivamente la dottrina e la purezza. Ha lasciato circa quattrocento lettere Nave Nostra n. 2/2013 sandria, sulla quale è effigiata anche la nostra Santa in abiti domenicani con il giglio in mano. Anche a Nave, nella Pieve della Mitria, troviamo riprodotta due volte Santa Caterina: nella cappella di Sant’Antonio Abate con i santi Sebastiano ed Antonio Abate (sec. XV) e sulla parete sinistra della navata nella Incoronazione della Vergine di Grazio Cossali con San Domenico (inizi XVII sec.). Ricordiamo infine due opere scultoree presenti nel nostro paese: una in scaiola nella Chiesa Parrocchiale a sinistra dell’altare del Santo Rosario dovuta a F. Stanga (1843) e l’altra, mirabile esempio di intaglio ligneo settecentesco, di Rizzardo Carboni eseguita per l’altare del Santo Rosario della Parrocchiale ed ora insieme a quella di San Domenico sul presbiterio della chiesetta di S. Cesario nell’omonima contrada. Clara Stella scritte a tutti i potenti del suo tempo, un “Dialogo della divina Provvidenza”, una delle più notevoli opere della mistica, e una raccolta di preghiere. Canonizzata nel 1460 da Pio II, Pio IX la nomina compatrona di Roma con i santi Pietro e Paolo, Pio X la elegge a patrona delle donne di Azione Cattolica, Pio XII la sceglie quale compatrona d’Italia con S. Francesco d’Assisi, Paolo VI le conferisce il titolo di Dottore della Chiesa ed infine Giovanni Paolo II la nomina compatrona d’Europa con S. Brigida di Svezia e S. Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, additandola come esempio per le nuove generazioni del terzo millennio. Alessandro Bonvicino detto Il Moretto - Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria e i santi Caterina da siena, Paolo e Girolamo - Brescia, Chiesa di San Clemente - 1543 Rizzardo Carboni - Santa Caterina da Siena Nave, chiesa di San Cesario - secolo XVIII Ha ispirato numerosi artisti che l’hanno ritratta il più delle volte con l’abito domenicano, la corona di spine, in mano un cuore o un libro o un giglio o il crocefisso o una chiesa. Altri predilessero i fantasiosi racconti della sua vita, come il matrimonio mistico, al pari di Michelino da Besozzo, che, in una tavola nella Pinacoteca di Siena (1420), ritrae la Santa sotto l’aspetto di una principessa fanciulla inginocchiata a ricevere l’anello che il Bambino Gesù seduto sulle ginocchia della Madonna le sta infilando all’anulare. Un secolo dopo, questo stesso tema sarà ripreso dal pittore bresciano il Moretto in una sua tela ora a Brescia in una collezione privata. Tra le altre opere, che ornano la Chiesa di San Clemente a Brescia, si trova una tela con il matrimonio mistico di Santa Caterina d’AlesNave Nostra n. 2/2013 Francesco Stanga - Santa Caterina da Siena Nave, Chiesa Parrocchiale a sinistra dell’altare del Santo Rosario - 1843 7 I grandi documenti del Concilio Vaticano II Gruppo AC LAICI CRISTIANI, PER UNA COMUNITÀ ADULTA NELLA FEDE 1. Il laico cristiano secondo il Concilio 2. Parole chiave per una laicità vissuta 3. Chiamati e mandati da Gesù Cristo 1. Il laico cristiano secondo il Concilio I n uno dei primi passaggi della Christifideles laici si legge l’invito del Papa a passare dalla splendida teoria conciliare sul laicato ad un’autentica prassi ecclesiale. È un’espressione che contiene un duplice riconoscimento. Si afferma in primo luogo che il modo di pensare la vocazione dei laici nel Magistero conciliare è un magnifico orizzonte, una splendida teoria, un significativo punto di riferimento per capire l’esistenza e la vocazione laicale. Punto di riferimento non superato, se il Papa lo propone come quello che deve orientare la vita della Chiesa e la prassi ecclesiale. In secondo luogo, si sostiene implicitamente che rispetto a questo modo di pensare la vita dei laici esiste un ritardo da colmare: se la prassi ecclesiale deve continuare a rifarsi a questa teoria, ciò significa che essa non è ancora pienamente realizzata. Questo può dipendere da molteplici ragioni: dal modo in cui i laici comprendono la loro vocazione, scommettono su di essa, cercano di accoglierla e viverla pienamente e di compiere gli opportuni cammini di formazione; dal modo di vivere delle comunità, che non sempre aiutano, sostengono e favoriscono la crescita di un laicato maturo e adulto. Oggi nelle comunità vi è sicuramente una crescita di consapevolezza, una maggiore coscienza che i laici sono chiamati a vivere una forma di corresponsabilità e una vocazione non di secondo piano. Si può registrare, nel cammino di questi anni, una ricerca che riguarda le caratteristiche vocazionali dell’essere laici in termini di spiritualità, di impegno missionario, di attività pastorale. È evidente la sempre maggiore consapevolezza che non è sufficiente per i laici essere presenti per dire che essi vivono la loro vocazione nella Chiesa, o essere coinvolti in un servizio operativo, pragmatico, esecutivo. L’essere laici non si esaurisce 8 nella generica disponibilità ad attuare qualcosa, ma significa, come per ogni vocazione, accogliere un dono di Dio che è della comunità, per la comunità e per ciascuna persona all’interno della comunità. Significa rispondere al Signore che chiama. Tipologie di laico È quindi opportuno interrogarsi non tanto su ciò che devono fare i laici, quanto su chi sono essi per le comunità e per il mondo. Chiunque cerchi di capire la vocazione laicale e di viverne la grandezza, si rende conto dell’importanza della “splendida teoria” conciliare e vorrebbe entrare sempre più profondamente nel mistero di questa vocazione, per riuscire a svolgere e raccontare il significato di questo magistero. Al tempo stesso, però, ognuno si rende conto che c’è una realtà ecclesiale che fatica a cogliere e valorizzare gli aspetti più profondi e interiori del magistero sul laicato. È utile provare a individuare i tipi di laici che sono oggi presenti nelle nostre comunità, ovvero le forme concrete con le quali diverse persone hanno interpretato il magistero sui laici, a seconda delle differenti sensibilità e situazioni storiche e ecclesiali. a) La prima tipologia di laico si potrebbe definire pastorale. È colui che si spende molto soprattutto nel contesto pastorale, nelle attività, nelle iniziative, nei progetti della realtà parrocchiale e diocesana e che interpreta la sua vocazione soprattutto in riferimento all’esperienza della comunità cristiana, con una competenza che è aumentata nel corso degli anni e che molte volte si potrebbe addirittura definire eccessiva, quando rischia di perdere il riferimento all’esperienza quotidiana della vita di famiglia, del lavoro, delle responsabilità sociali e di relazione. Nave Nostra n. 2/2013 b) Il secondo modello di laico è quello spirituale. È colui che identifica l’esperienza cristiana soprattutto con le occasioni nelle quali si condensa la sua vicenda interiore, come i momenti di preghiera o comunque quelli in cui si esclude lo scorrere quotidiano della vita, quasi che il resto fosse irrilevante rispetto alla preghiera, alla ricerca di interiorità, all’ascolto della Parola di Dio. c) Il terzo modello è quello del laico secolare. È colui che realizza la sua vocazione cristiana totalmente nel mondo, ma vive in maniera molto debole il legame con la comunità cristiana, rendendosi quasi totalmente autonomo da essa. È una sorta di testimonianza laicale senza famiglia, si cerca di vivere le difficili responsabilità del mondo senza il riferimento dell’accoglienza, dell’insegnamento, della preghiera, della condivisione, del magistero della comunità cristiana. d) Il quarto modello è quello del laico cristiano, senza ulteriori aggettivi, così come viene descritto e definito nel magistero del Concilio e nella Christifideles laici, documento con cui il Papa ha consegnato alla comunità cristiana l’insegnamento del Concilio sui laici. È il laico che vive, non senza fatica ma anche con il respiro di chi coglie tutta la bellezza di questa esperienza, la sua doppia appartenenza alla città dell’uomo e alla città di Dio. È opportuno soffermarsi su quest’ultima tipologia di laico, che potremmo definire di qualità, chiedendoci quali sono le scelte che lo contraddistinguono. Il magistero conciliare per un laicato di qualità Non è evidentemente possibile parlare di un laicato di qualità prescindendo dall’insegnamento conciliare; è quindi necessario mettere a fuoco alcune idee da esso desunte per compiere un passo avanti sul cammino avviato. a) Il primo aspetto è il considerare il laico cristiano come una persona che è di Dio. Questo è uno degli insegnamenti che si può rischiare di dare per scontati e invece esprime la grandezza del laico stesso. Il laico cristiano è una persona che è di Dio. Ciò significa che egli è valorizzato, che la sua vita è immersa nel mistero della Pasqua di Cristo e che in essa è rinnovata e rigenerata, è aperta alla possibilità della comunione con Dio. Questa è la grandezza che rende la dignità dei laici comune a quella di ogni altra persona: l’essere di Dio, che fa sì che la sua vita sia risorta e rigenerata da questa possibilità di comunione. b) Il secondo aspetto da considerare, conseguente al primo, è l’essere figli di una stessa famiglia, l’appartenere cioè al medesimo popolo di Dio, a tutti gli effetti. La vocazione laicale, con la sua specificità, ha quindi uguale valore, dignità e responsabilità rispetto a qualsiasi altra vocazione nella Chiesa. In una famiglia non c’è chi vale di più e chi di meno: ci sono persone diverse, che hanno compiti differenti, ma che vivono tutte con medesimo cuore. c) Il terzo aspetto è quello che dice l’originalità dell’essere dentro questa famiglia e del vivere l’appartenenza a Dio come laici. Essi realizzano il loro essere credenti secondo l’originalità di quella che il Concilio chiama “l’indole secolare”: sono, cioè, persone di Dio nella famiglia, nel lavoro, nelle responsabilità sociali. Non solo vivono nel mondo, ma condividono l’esperienza di tutti stando dentro le realtà comuni a tutti; si preoccupano di ciò di cui Dio si cura, leggendo la realtà e la vita con gli occhi di Dio e cercando di fare la loro parte perché questa realtà si trasfiguri e, anche tramite la loro partecipazione, diventi risorta, cioè fatta nuova nel mistero di Dio. Il loro vivere nel mondo non si riferisce semplicemente a un territorio, ma significa la condivisione dell’esperienza di tutti perché la realtà risorga e dia già da oggi segni più leggibili e brillanti della novità della vita nuova, della risurrezione del Signore. La vita quotidiana è quindi il luogo della dedizione a Dio, della ricerca di Dio, dell’incontro con il suo mistero. La condivisione della vita concreta è per i laici vocazione, è la loro chiamata, il luogo del loro incontro con il Signore. Gli impegni che questo comporta sono la volontà di Dio. GAUDIUM et SPES L’uomo creato in CRISTO L e gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia. (GS 1). Così comincia un altro importante documento del Concilio Vaticano II: la Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Il decennio precedente il Vaticano II fu una fucina di pensiero che preparò il terreno a un rovesciamento di prospettiva e ad un cambiamento di mentalità che avverrà proprio con il Concilio stesso. Cosa era necessario per la Chiesa? Innanzitutto sanare una dicotomia, una separazione tra natura e sopranatura. Tra una natura che ha come fine la felicità naturale che si raggiunge con la ragione anche senza Cristo e una sopranatura che è data in seguito per grazia dove l’uomo è chiamato da Dio a una relazione con Lui raggiungibile con la fede e che ha come meta la visio beatifica. Due mondi diversi e sovrapposti. Inoltre bisognava uscire dalle secche dell’amartiocentrismo. Secondo questa tendenza, al centro della storia della salvezza sta il peccato. L’uomo con il peccato si preclude il fine soprannaturale. È per il peccato e la redenzione conseguente che Cristo entra nella storia. Cristo dunque entra in scena solo dopo, in funzione del peccato degli uomini, al punto che senza peccato l’uomo avrebbe potuto realizzarsi anche senza Cristo. Bisognava quindi recuperare la tesi secondo la quale l’uomo è creato in Cristo. Il rapporto umanità/Cristo era diventato, dopo l’epoca dei Padri, non più costitutivo ed originario ma estrinseco e aggiuntivo. Già nel 1957, Nave Nostra n. 2/2013 Rahner, teologo di grande rilievo, puntava l’attenzione sulla connotazione soprannaturale dell’uomo che già dalla creazione è interpellato da Dio nella storia, è creato per parlare con Dio. Inoltre, questo uomo, si trova già subito nell’ordine della grazia che non è un’entità o qualsivoglia una sostanza ma è lo Spirito di Cristo che inabita l’uomo e lo rende capax Dei. Cristo è quindi la misura dell’umano chiamato sempre più a divinizzarsi. Così la Gaudium et Spes promulgata nella IX sessione del Concilio il 7 dicembre del 1965, aveva già delle piste per dire alcune cose centrali che troviamo soprattutto in GS nella prima parte al n.22, gioiello di elevata statura teologica: Cristo, l’uomo nuovo. Così leggiamo: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione”. GS 22 purtroppo non dice quale sia questa altissima vocazione ma è facilmente intuibile sia dalla Sacra Scrittura sia dalla riflessione teologica: quella di essere figli nel Figlio Gesù. Tertulliano così diceva: “mentre Dio modellava Adamo aveva davanti come modello Gesù Cristo”. In GS risulta finalmente chiaro il nesso tra antropologia e cristologia. Solo in Cristo l’uomo comprende in pienezza e definitivamente la propria identità. Gesù è l’uomo perfetto, Gesù si è fatto umanità e in lui è compiuta in pienezza ed è per noi paradigmatica. Cristo è l’uomo riuscito perché in lui l’umanità è stata assunta senza essere annientata. In GS 41 troviamo ancora: “Chi segue Cristo, uomo perfetto, anche lui si fa più uomo”. Ed è lo Spirito Santo che realizza la conformità a Cristo ed in particolare al Cristo pasquale. Seppure Costituzione sulla Chiesa, Gaudium et Spes è il documento principale del discorso antropologico che oggi come non mai è urgente da riprendere e sul quale, come Chiesa e come modo di fare pastorale, dobbiamo confrontarci. 9 Gaudium et Spes: OGGI COME IERI… e’ PASQUA! La bussola del Vaticano II per la pastorale familiare da: “La Promessa” - foglio di collegamento informativo per la pastorale familiare della Diocesi di Brescia - aprile 2013 L a Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, inizia la parte II, quella relativa alle questioni che meritano maggior attenzione, proprio con la Dignità del matrimonio e della famiglia e la sua valorizzazione (nn. 4752). Così come ha portato elementi di novità allora, ripresi poi nei documenti successivi, anche per noi e per la pastorale oggi. Innanzitutto la GS afferma la centralità dell’amore coniugale per/nel matrimonio, uscendo da una visione che lo presentava come semplicemente ordinato a tre fini ben precisi. È la prospettiva per- sonalista nella quale il senso della fedeltà e della indissolubilità non nascono come un dovere da ottemperare ma sono richieste intrinseche dell’amore che “l’irrevocabile consenso personale” accoglie come sue. Amore che si esprime come “tenerezza” e “amicizia coniugale” come “intima comunità di vita e di amore”, nella “dignità e santità degli atti coniugali”. La Costituzione pastorale propone il senso del matrimonio e tutti i valori che custodisce, anche quello della procreazione responsabile. Parla di uguale dignità personale sia dell’uomo che della donna. Afferma che il matrimonio-sacramento non si riduce alla celebrazione di quel famoso giorno ma è da viversi tutta la vita perché Cristo “Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione … e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre”. Perciò gli sposi sono dentro un cammino vocazionale per la mutua santificazione, che non avviene nonostante il matrimonio ma nel e attraverso questo stato di vita, perché “nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro 10 amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione”. Al n.52 c’è l’ invito ai sacerdoti ad “aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente serene”. A fronte della banalizzazione della sessualità, della privatizzazione sia dei sentimenti che dell’esperienza familiare, oggi questo documento riafferma che la dimensione affettiva è educabile, che ha a che fare con l’esperienza di fede e la chiamata a vivere la vita come vocazione, che il matrimonio-sacramento è per il bene di tutti, che vale la pena formare a questa consapevolezza chi chiede di sposarsi in Cristo e accompagnare gli sposi, lungo la vita a rendere fruttuoso il loro sacramento. Chiara Pedraccini Ente ecclesiastico parrocchia Maria Immacolata Direttore: don Gianluigi Carminati Direttore responsabile: Alessandro Piergentili Coordinatore: Livio Tameni Redazione fotografica e video: Claudio Balzarini - Ferruccio Porta Piergiorgio Pasotti Direzione - Redazione Amministrazione: via S. 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L’esaltazione del Cristo Crocifisso narrata dal profeta Isaia ci fa pregustare la Sua risurrezione. La risurrezione di Cristo è davvero un fatto inaudito, un fatto così straordinario che la nostra razionalità fatica a rinchiuderlo dentro le logiche umane. E’ più immediato comprendere ed immedesimarsi nel Cristo Crocifisso ma molto più difficile è entrare nella dimensione del Cristo Risorto. E’ vero, un Dio crocifisso non è stato compreso nemmeno ai tempi di Gesù, ma la morte di Croce si presenta a noi come un fatto umano che è comune a tutti e nel quale non fatichiamo ad associarci. Riusciamo meno ad estendere la vittoria della Croce anche a noi, alla nostra vita, meno a sentirci partecipi del Cristo glorioso anche se ormai ce ne sono state spalancate le porte ed il nostro destino è ormai accomunato a quello del Cristo Risorto. La vita eterna trabocca ormai nella nostra vita di pellegrini e viandanti e “la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose”(Fil.3,20). Passione, morte e risurrezione non sono però due misteri distinti e scollegati, quale che si possa fermarsi all’uno o all’altro; anche se la tentazione dei credenti spesso è quella di “fermarsi” alle 15 di quel Venerdì che ha cambiato le sorti della storia. Il mistero va compreso e vissuto nella sua interezza poiché, come sapientemente l’apostolo Giovanni fa trasparire dal suo Vangelo, il Crocifisso è già glorioso. Già lì si scorge la Sua vittoria, già lì la chiesa nascente riceve lo Spirito Santo, già lì l’Amore ha già vinto. Difficile vivere le nostre croci dal versan- te del terzo giorno, ci sembrano così assurde, così come agli occhi dei contemporanei di Gesù la Croce del Figlio di Dio era “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” ( 1 Cor 1,23 ). Tempo fa, i nostri nonni ed anche direi bis o trisnonni, si preparavano all’arrivo della Domenica di Risurrezione. Alla domenica delle Palme, particolarmente sentita e solennizzata con la processione, così com’è anche oggi, gli ulivi benedetti venivano tenuti dalle famiglie in vista della prossima tempesta a venire. Quando il cielo si oscurava ed era temporale forte, gli ulivi si bruciavano con l’augurio che presto sarebbe finita la bufera. Le famiglie poi, durante la settimana, pulivano la casa da cima a fondo (soprattutto le suppellettili in rame), slegavano le catene del fuoco usato tutto l’anno per cucinare e, chi con la bicicletta e chi legandosele in vita, correva per le strade assolutamente non asfaltate del paese fino a che erano linde. Il Venerdì Santo venivano messe le uova sotto le ceneri del fuoco ancora calde e si diceva che le uova mangiate in quel giorno erano salutari. Ma ricordo ancor meglio il Sabato Santo, essendo ancora bambina non partecipavo alla Messa solenne pasquale e mia nonna allo slegare delle campane mi bagnava gli occhi con l’acqua e mi diceva “adesso ci vedi”.! Senza tante parole, comprendevo che era la Luce di Cristo che stava inondando le nostre vite e le nostre case. Tutta l’esistenza e tutte le famiglie attendevano con impazienza quel giorno di gloria. Anche oggi la Chiesa si prepara alla festa cristiana più importante. La liturgia è quella di sempre, forse mancano i sobri segni esterni che la incarnano nella vita. A noi il compito di far risuonare nelle nostre case l’annuncio gioioso delle campane di Pasqua. Elisa Nave Nostra n. 2/2013 11 Oratorio www.oratoriodinave.it Gruppo AC QUI SPRINTER! FIGLI E SESSUALITA’: Q D Sprinter, amore e fantasia ualche tempo fa mi è capitata sottomano una frase che ha catturato la mia attenzione: “Sai dire quanto amore hai dentro?” recitava e poi proseguiva con una riflessione sull’amore, il tempo, le storie che si intrecciano e lo scrivere. Chi ha avuto la pazienza di iniziare la lettura potrà chiedersi cosa centrino le parole “amore”, “tempo”, “storie” e “scrittura” con l’obiettivo che l’articolo si era dato: raccontare dello Sprinter. Tra poche righe spero sarà tutto più chiaro! La nostra “storia” si intitola “Sprinter” e nasce, prende avvio e trae nutrimento dalle storie di tante persone che decidono quotidianamente di mettere a disposizione una parte della loro vita, di sé stessi, per gli altri. La nostra storia nasce quindi dall’intreccio di tante storie che sono doni, doni di “tempo”... e pensate che bel racconto può nascere dall’intrecciarsi di tanti “doni di tempo”! E non crediate che sia qualcosa di astratto! Il tempo che le persone decidono di mettere a disposizione di altri è molto concreto, parla di loro, delle loro abilità e conoscenze, dei loro vissuti e delle esperienze, dell’amore che attraverso questa scelta diventa dono. Quanti esempi concreti di amore e costanza ho potuto vedere attraverso la presenza degli adulti (mamme e papà) che settimanalmente hanno gratuitamente donato il loro tempo all’oratorio. Quanta passione, voglia di allegria, di mettersi in gioco e, perché no, di crescere, mi ha comunicato la persistenza di ragazzi adolescenti nello scegliere il servizio allo Sprinter. Questa storia di intrecci di vite diventa, poi, ringraziamento ai genitori che hanno deciso di affidare all’oratorio una parte del vissuto dei loro figli, perché la storia dello Sprinter, senza i suoi protagonisti, sarebbe priva di senso. Desidererei che il mio ringraziamento personale giungesse a tutti i genitori e ai bambini che hanno creduto e continuano a credere in questo progetto. Ormai l’attività di quest’anno, con il mese di aprile, giunge al termine e nei vari 12 LE PAROLE DI NOI GENITORI laboratori (cucina, mini-sprinter, tiro con l’arco, teatro e manualità) è tempo di bilanci. Per riprendere anche l’ultima delle parole citate all’inizio (“scrittura”), sono state proprio queste riflessioni conclusive che mi hanno portato la voglia di scrivere e scrivervi di quello che per me è lo Sprinter: una storia di intrecci di vite, una storia di dono e di crescita. E penso sia questo un esempio di risposta alla misura della “quantità” di amore che ci portiamo dentro: amore per ciascuna di queste storie. «E se qualcun’altro vede quello che vedi tu, beh, allora hai trovato qualcuno che ti vive. Non lasciarlo fuggire. Fermalo! Vivilo! Scrivilo! Le storie sono come le persone. Non sono fatte per stare sole. Perché non c’è niente di più riuscito di storie che s’intrecciano». Tra poco inizierà la preparazione del grest estivo... carichiamoci!!! E come si suol dire... sarà Tutta un’altra storia! Adriana Ah, l’appuntamento per tutti è il 4 MAGGIO allo spettacolo teatrale “Alice in Wonderland”, realizzato da bambini e ragazzi del gruppo di teatro dello Sprinter! Non mancate! Nave Nostra n. 2/2013 urante l’anno associativo 20112012, il gruppo dei giovaniadulti di Azione Cattolica ha affrontato il tema della DONNA vista in contesti diversi (la donna e il lavoro, la donna nella Bibbia…) e da punti di vista diversi (la donna vista da Gesù). Tale percorso formativo non si è esaurito nella riflessione condivisa dei singoli partecipanti, ma è stato l’input per una proposta concreta di formazione per la nostra comunità. Dopo l’interruzione estiva, infatti, il gruppo si è interrogato su quale contributo offrire al mondo adulto e dopo aver vagliato alcune possibilità si è deciso di proporre ai genitori e agli educatori, quali protagonisti della crescita dei nostri ragazzi, un percorso di educazione alla sessualità, inteso come “TROVARE LE PAROLE” per raccontare i significati veri e autentici della sessualità, cogliendo le occasioni della quotidianità. Nello specifico il corso, che si è svolto tra novembre e dicembre, si è posto come obiettivo quello di aiutare gli adulti a trovare la strada per mettersi in contatto con i ragazzi perché questi ultimi possano sperimentare parola e gesti che li aiutino a comprendere se stessi, gli altri e le relazioni. Si è, quindi, lavorato per offrire un’immagine della sessualità svincolata dalla sola dimensione fisica ed integrata di tutti quegli aspetti cognitivi, psicologici, emotivi e relazionali che la costituiscono. Ma chi di meglio di coloro che hanno partecipato può esprimere il significato e il contributo di questo cammino? Lasciamo allora la parola ad una mamma: “Tutti i genitori provano sulla loro pelle la fatica di accudire ed educare i figli a 360 gradi fin dalla nascita. Tante volte si rischia di dare più importanza a certi aspetti dell’educazione rispetto ad altri, oppure si pensa che alcuni di essi debbano essere affrontati solo a determinate età dei figli. uno di questi aspetti che i genitori devono imparare a fare propria prerogativa è proprio l’educazione sessuale. Anche in questo ambito noi genitori, che vogliamo una crescita sana e serena per i nostri figli, dobbiamo informarci e formarci. In mezzo a tanta confusione, dovuta al bombardamento di messaggi e modelli Nave Nostra n. 2/2013 troppo spesso superficiali e riduttivi, i genitori devono essere un punto fermo aperto e disponibile a cui i figli piccoli e grandi si possono rivolgere in qualsiasi momento. Bisogna dunque essere competenti e quindi ben vengano questi corsi che aiutano a dare lo slancio iniziale e a non sentirsi troppo soli.” Federica 13 www.oratoriodinave.it Oratorio Oratorio www.oratoriodinave.it … un tempo per vivere insieme l’estate con gioia ed amicizia … Elementari Medie 17 giugno al 5 luglio 17 giugno al 5 luglio dal lunedì al venerdì dalle 13.30 alle 18.30 dal lunedì al venerdì dalle 13.30 alle 18.30 LUOGO: Oratorio LUOGO: ex Oratorio Femminile Corso Animatori 21 aprile ore 14,30: per tutti 1° & 2° livello: 24 aprile - 2 - 8 maggio 3° livello: 3 - 10 - 17 maggio Week-End per Animatori 1 - 2 giugno Giornate al mare dal 7 al 9 luglio Pinarella Elementari Medie dalla Seconda alla Quinta Elementare dalla Prima alla Terza Media dall’11 al 15 luglio dal 14 al 21 luglio campo residenziale campo residenziale LUOGO: casa in Val Malga, vicino a Edolo COSTO: euro 100,00 LUOGO: casa in Val Malga, vicino a Edolo COSTO: euro 160,00 Comprende viaggio, vitto, alloggio Comprende viaggio, vitto, alloggio Amici del mare dal 4 all’11 agosto Campo Famiglie ASSISI e ROMA dal 12 al 15 agosto Informazioni ed iscrizioni presso segreteria dell’oratorio entro il 27 aprile Cammino di Santiago Orari di segreteria: Lunedì da Martedì a Venerdì Sabato 14 dalle ore 20.00 alle ore 23.00 dalle ore 14.00 alle ore 17.00 dalle ore 20.00 alle ore 23.00 dalle ore 14.00 alle ore 17.00 Nave Nostra n. 2/2013 per adolescenti e giovani dal 17 al 30 agosto Nave Nostra n. 2/2013 15 Volontariato e non Winter Short Trail “I TRE SANTI” S I Stima e gratitudine per tutti i volontari della nostra comunità tiamo vivendo un lungo periodo di crisi, non solo economica, in cui l’incertezza nel futuro e la sfiducia nelle istituzioni minano la serenità delle famiglie. L’essenza dell’economia mondiale, il consumismo, sta mostrando una volta di più i suoi naturali limiti: la crescita continua, sostenuta da consumi sempre più ingenti, non è più, come mai lo è stata, reale. L’impoverimento del potere d’acquisto delle famiglie non permette più l’acquisto di beni superflui, e tante volte anche di quelli necessari, e le tassazioni esagerate ed inique aggravano una situazione già compromessa. Le istituzioni, i governanti, o chiamateli come volete, cresciuti a pane e banche, non trovano di meglio che sottrarre servizi e assistenza ai propri “sudditi”, al solo scopo di racimolare qualche euro per coprire la voragine causata da colpevoli malgestioni. La scoperta quotidiana di sprechi e malversazioni di ogni tipo, pagate con i nostri cari euro, fa male e non favorisce speranza. È evidente che qualche cambiamento s’ha da fare. Tralasciamo per un attimo le tristezze sopra descritte e, con uno slancio d’ottimismo, spostiamoci su un terreno più solido e rassicurante. Ogni tanto da queste pagine ci piace ricordare, non lo si fa mai abbastanza, tutta quella gente che in maniera gratuita e disinteressata svolge attività di volontariato. Sembra facile a dirsi, ma il volontariato, contrariamente ad altri organismi, apporta beneficio al bene pubblico e sopperisce, almeno in parte, alla cronica deficienza di pubblico servizio. Non è impresa da poco, sopratutto in tempi di vacche magre. Nella nostra piccola comunità i volontari garantiscono la sopravvivenza di numerose iniziative, tante volte invisibili ai più oppure date per scontate. Il COSP, 16 Gara podistica sui sentieri dei tre santuari dei monti che circondano il nostro paese GRAZIE M i sento in dovere di scrivere queste poche righe per esprimere gratitudine verso coloro che generosamente mettono a disposizione, in forma totalmente gratuita, il loro tempo e la loro esperienza nell’opera di svolgere quelle attività che necessitano alla parrocchia. L’insieme di queste persone formano numerosi gruppi, tra i quali figurano i volontari del Santuario della Madonna della Misericordia di Conche. Grazie al loro impegno, mantengono vivo un servizio di accoglienza e ristoro presso le antiche mura del Santuario, provvedendo anche ai lavori di mantenimento necessari. Non è un impegno di poco conto, vista l’affluenza di pellegrini in ogni stagione dell’anno, e il personale non è mai abbastanza. A questo proposito, mi auguro che “nasca” qualche volontario in più a dare manforte agli amici di Conche, nella speranza di proseguire una consuetudine oramai decennale ed apprezzata da tutti. Mauro Boni L’AVIS, la Caritas, il gruppo Antincendio, tutti quelli che garantiscono il funzionamento dell’Oratorio, chi tiene in buono stato le nostre chiese, chi si preoccupa della formazione dei nostri ragazzi, chi non si dimentica degli anziani, ecc. Non ci piace fare elenchi perchè si dimentica sempre qualcuno, ma era solo per darvi un’idea di quanta buona gente, ciascuno animato dal proprio pensiero, agisce per quello che consideriamo uno dei più salutari beni comune: il servizio alla comunità. Ci piace finire anche in bellezza, per cui sosteniamo e ringraziamo i volontari, in qualsiasi campo prestino la loro opera, e preghiamo affinchè la loro perseveranza non conosca crisi. Alla faccia di ogni crisi! La Redazione Nave Nostra n. 2/2013 Anagrafe Parrocchiale BATTESIMI 2 3 4 5 6 Yaroslav Anna Cecilia Giulia Chiara DEFUNTI 8 9 10 11 Agnese Angela Vittorio Pietro anni 88 anni 96 anni 67 anni 93 l 3 marzo 2013 ha avuto luogo il “Tre Santi trail”. Il percorso partiva dalle scuole medie in via don Giacomini per dirigersi verso Sant’ Antonio; l’itinerario ha proseguito verso Conche salendo fino alla Croce di vetta (punto più alto della gara). Poi ci si è avviati alla discesa passando per la Cocca, Sant’Onofrio, località Crocetta, Sacca e rientro alle scuole medie. Questo emozionante winter short trail è stato organizzato dal circolo ARCIUISP di Nave ed è stato dedicato alla memoria di Giacomo Rossetti, straordinario atleta, caratterizzato da tenacia e semplicità. Gli organizzatori hanno chiesto per l’allestimento dell’evento la collaborazione di varie associazioni tra le quali il GEO (Gruppo Escursionistico Oratoriale). Noi “ragazzi” del GEO ben volentieri, soprattutto quando si tratta di iniziative aggreganti e di attività a contatto con le bellezze della natura, siamo felicissimi di cooperare. All’escursione hanno aderito 150 atleti che hanno corso tra i boschi, calpestato la neve, ascoltato il silenzio ovattato, respirato il sottile profumo dell’inverno vivendo un’esperienza che entra nel cuore per rimanervi. Chi ama la montagna in tutte le sue forme non può non innamorarsi del paesaggio incantato che caratterizza l’inverno delle valli dei tre Santi. Per tutti i camminatori, i sentieri rappresentano il mezzo di comunicazione con la montagna, percorsi per secoli, sono stati le uniche vie per raggiungere luoghi sacri per noi molto significativi. Abbiamo notato che da alcuni anni, l’affermarsi di una nuova sensibilità per la qualità della vita, per la natura, per la ricerca di spiritualità ha fatto riavvicinare un crescente numero di camminatori ed escursionisti alla montagna, dando così modo di valorizzare nuovamente quei sentieri un po’ dimenticati. La montagna insegna all’uomo che non si può salire senza fatica e che la fatica permette il gusto della conquista. Ma anche che la gioia che si prova è totalmente gratuita, incomparabilmente più grande e diversa, senza proporzione con la pena della fatica. Non è la gioia di una vittoria sportiva, che vuole che ci sia anche uno sconfitto. È una gioia pura, condivisibile, che lascia anche molto soli perché incomunicabile; in essa la presenza dell’altro è quella di un amico, non di un concorrente, necessaria per godere davvero del momento, della grazia donata, che lega insieme la bellezza immobile alla dinamica del cammino. Il tutto è bello e richiede di essere gustato in silenzio … come la preghiera. In montagna si sale in cordata. Anche nella vita spirituale non si può andare molto avanti e in alto da soli; in un caso e nell’altro non è neanche una cosa corretta. Anche lo sconosciuto è accolto, salutato, aiutato se ne ha bisogno, guidato se è perso. Nessuno può dire di avere una vita veramente spirituale se non si fa carico dei fratelli del mondo intero. La solidarietà viene dal fatto che la montagna è grande e che noi siamo coscienti e contenti di essere piccoli. Guardare la montagna, scalarla, scendere col senso della fine di tutte le cose, ma anche la riconoscenza per ciò che si è ricevuto, in fondo gratuitamente, il deNave Nostra n. 2/2013 siderio di una nuova salita, o il silenzio nello stare a guadarla, sapere che la montagna ci unisce e non ci divide da tutti quei popoli che stanno oltre il raggio della vista, tutto è parabola della nostra vita spirituale, che si colma di Dio e abbraccia tutti gli uomini. Spero che l’iniziativa possa essere rivissuta ogni anno perché rappresenta un momento di smisurata crescita. Luca - Gruppo Geo 17 LA CACCIATA DEI MERCANTI La testimonianza di vivaci relazioni con la vita culturale cittadina del tempo L a cacciata dei mercanti dal tempio è un episodio inconsueto della vita di Gesù che ci sorprende per il contrasto con l’immagine, più familiare, del maestro buono e mite sempre incline alla comprensione e alla misericordia. Ci affascina e ci inquieta ad un tempo: condividiamo istintivamente l’irritazione per la mercificazione delle cose sacre (di tutte le cose sacre: la religione, ma anche la vita, la famiglia, l’educazione, la politica, …), ma siamo pure intimoriti dalla sensazione di essere anche noi oggetto di questo zelo purificatore. Il tempio da liberare è innanzitutto il tempio del nostro cuore spesso popolato da usurpatori che lo inquinano. È un tema di forte attualità per noi che viviamo nel “mercato globale”, che non indica solo la dimensione planetaria dei rapporti commerciali, ma insinua la mentalità che, ormai, tutto è diventato un mercato. Ma in tutti i tempi questa scena ha infiammato lo spirito e appassionato gli artisti che l’hanno rappresentata in forme sempre molto efficaci. Anche nella nostra parrocchiale, alto sopra la porta d’ingresso, a monito per chi esce, è collocato il grande quadro di “Gesà che caccia i mercanti dal tempio”. È un opera di grandi dimensioni della prima metà del ‘700 di indubbio interesse, ma di cui non si conosce l’autore. In passato si sono sprecati grandi nomi, fenomeno frequente quando si promuove il restauro di un’opera, ma solo recentemente, dopo che il prof. Loda ha riconosciuto nella figura della ‘ragazza con co- lomba” (in basso a sinistra) il disegno di un discepolo del Pittoni, si è riconociuto che si tratta dell’imitazione di un’opera del noto pittore Giovan Battista Pittoni, maestro veneziano (1687-1767). Il suo quadro “Cristo che scaccia dal Tempio gli Ebrei”, infatti, insieme ad altre due sue opere ‘La Strage degl’Innocenti’ e ‘La B.V. Addolorata’, era esposto a Palazzo Avogadro, a Brescia, come risulta dalla testimonianza di Giovan Battista Carboni che, nel 1760 ha redatto un catalogo delle opere d’arte presenti a Brescia1. Questa opera, presumibilmente requisita al tempo napoleonico, è stata recentemente esposta all’asta2, a Londra, dagli eredi della famiglia francese divenuta proprietaria, ed è stato così possibile vedere la sua riproduzione. Con grande sorpresa si può constatare la puntuale somiglianza fra i due quadri e riconoscere che non si tratta solo di una imitazione, ma di una attenta copiatura; le varianti introdotte sono, infatti molto limitate, mentre i singoli personaggi sono meticolosamente ripresi nelle pose, nei colori e negli ornamenti, fedeli in ogni particolare. Diverso è il gusto stilistico, molto più tondeggiante e cromaticamente acceso nel quadro di Nave secondo il gusto emiliano e bolognese presente anche nelle altre opere della nostra parrocchiale. Naturalmente il nostro autore ha dovuto riorganizzare la scena del Pittoni, posta in uno spazio quadrato e di piccole dimensioni (un metro per un metro circa), per adattarla ad uno spazio rettangolare e molto più grande (sei metri per quattro). Dimostra pertanto di essere un abile maestro che, fra l’altro, tiene conto non solo delle proporzioni, ma modifica anche la prospettiva (dal momento che il quadro sarà visto dal basso); tuttavia lo slittamento delle figure e la correzione delle posizioni e degli sguardi fa perde- re l’organicità della composizione e la nervosa istantanea del movimento della scena, centrata sul gesto di Cristo, che vediamo nel quadro del Pittoni. Ben aveva visto, pertanto, il Mingotti (parroco a Nave nella prima metà dell’800) che nella sua descrizione delle opere della parrocchiale liquida il nostro quadro con il semplice apprezzamento per “la vivacità dei colori”. Possiamo infine trarre alcune considerazioni interessanti. Innanzitutto osserviamo che il quadro è stato appositamente commissionato per la nostra chiesa e il soggetto scelto volutamente per essere collocato in alto sulla parete di fondo. Al pittore è stato chiesto di rappresentare non una sua interpretazione della scena evangelica, ma di imitare fedelmente il quadro del Pittoni. Questo presuppone che il committente, non solo conoscesse le opere esposte a Palazzo Avogadro, ma fosse persona introdotta nell’ambiente intellettuale cittadino tanto da ottenere la disponibilità del quadro per farne eseguire una meticolosa riproduzione, affidata a un pittore veramente bravo. Non stentiamo a riconoscere qui la personalità di don Bartolomeo Moreni, letterato e dotto parroco di Nave, che, in occasione della realizzazione della parrocchiale, intesse relazioni con i protagonisti del nuovo spirito culturale e artistico della vita cittadina del tempo e introduce nel paese quella vitalità che porterà, dopo di lui, alla realizzazione delle due duscipline a lato della parrocchiale. 1 Merita ricordare che G.B. Carboni è figlio di Rizzardo e fratello di Bernardino e Domenico, architetti e scultori, che hanno lavorato per la nostra parrocchiale: sono gli autori della soasa dell’altare maggiore, dei disegni degli altari del Rosario e del SS. Sacramento e delle statue lignee di S. Domenico e S. Caterina, realizzate per l’altare della Madonna e ora collocate nella chiesa di S. Cesario (vedi pg. 6). 2 http://www.bonhams.com/auctions/20016/lot/90/ Confronto delle proporzioni dei due quadri Il quadro della chiesa parrocchiale di Nave - Anonimo, 1730 ca. ( cm 410 x 603) 18 Nave Nostra n. 2/2013 Cristo che scaccia dal Tempio gli Ebrei - GB. Pittoni 1720 ca. ( cm 101,5 x 94) Nave Nostra n. 2/2013 Ragazza con colomba - disegno di Anton Kern 19 RiConoscere i messaggi delle campane Gli annunci Ave Maria: Il suono delle campane si distingue per gravità: la campana n° 1 (campanone) emette il suono più grave, la campana n° 5, (la più piccola) il suono più acuto n° n° n° n° n° Si Do Re Mi Fa 1 2 3 4 5 Santa Messa: annuncia l’orario delle celebrazioni mezz’ora giorni feriali: campane n° 2-3-4 a dondolo prima della funzione tempi forti e feste: campane n° 2-3-4-5 a dondolo Ø 1,605 mt. Kg. 2.350 domenica: 5 campane solennità: concerto Solenne Ø 1,430 mt. Kg. 1.650 Ø 1,265 mt. Kg. 1.140 Ø 1,200 mt. Kg. 970 Ø 1,070 mt. Kg. 680 Le Campane possono suonare in tre modi diversi: a dondolo o a distesa annuncia l’inizio e la fine della giornata al mattino alle 7,00 giorni feriali: campana n° 4 e 5 a dondolo seguite dal carillon alla sera alle 19,00 giorni festivi: come la Messa del giorno (festivo o solenne) Le campane si muovono liberamente, il suono è ricco di riverberi armonici, la frequenza dei rintocchi è determinata dal diverso peso delle campana, pertanto il suono non segue nessun ritmo preordinato e varia a secondo del numero di campane che suonano contemporaneamente Richiamo: la frequenza e la successione dei rintocchi seguono un ritmo preordinato, il suono (prodotto dalla caduta della campana) è più marcato ed è seguito da un riverbero prolungato Tipi di Concerto: Solenne Maggiore: Solenne Minore: Funebre: Annuncio di Morte A: Annuncio di Morte B: a martello 20 suonato con 5 campane, con ritmo solenne e gioioso come il maggiore, ma guidato dalla 2ª campana con 5 campane, con dominanza dei suoni gravi concerto con la sola campana n° 1 (per i residenti) concerto con la sola campana n° 2 (per i non residenti) il rintocco, prodotto da un colpo a campana ferma, è singolo e senza riverbero; viene usato per i rintocchi delle ore o per eseguire frasi musicali (carillon) Nave Nostra n. 2/2013 richiama l’inizio delle celebrazioni un quarto d’ora prima della funzione campane n° 4 e n° 5 a dondolo Mezzogiorno: annuncia il mezzogiorno dopo i rintocchi delle 12,00 giorni feriali: campane 4 e 5 a dondolo sabato e domenica: 5 campane a distesa solennità e vigilia: concerto solenne (maggiore o minore come la solennità) Vespri: Battesimi: a concerto a distesa Maggiore suona come la Messa feriale (o festa infrasettimanale) - segue Richiamo annuncia l’inizio della celebrazione del battesimo all’ora di inizio suona il carillon di allegrezza Annuncio di morte: annuncia l’ora della morte (se prima dell’Ave Maria serale) non viene suonato di Concerto di una sola campana domenica o nelle solennità n° 1 per un defunto residente in parrocchia, n° 2 se non residente Funerale: Concerto funebre con 5 campane alla vigilia: preannuncia l’ora del funerale (anche di domenica) nel giorno del funerale: suona mezz’ora prima dell’inizio e all’arrivo della salma Accompagnamento: accompagna il corteo dalla chiesa al cimitero concerto di 3 campane (3ª-2ª-1ª) e rintocchi cadenzati del campanone Nave Nostra n. 2/2013 21 Madri e Spose Cristiane La spazzatura in cassaforte D alle pagine di “Nave Nostra” le incaricate della Compagnia “Madri e Spose Cristiane” della nostra Parrocchia, desiderano ringraziare tutte le offerenti che anche quest’anno, come tutti gli anni precedenti, hanno fatto – escluso rarissimi casi - la loro generosa offerta per la vita della nostra Compagnia. Crediamo opportuno precisare ancora una volta l’operato del nostro gruppo ricordando che: - al primo venerdì di ogni mese la S. Messa del mattino nella Chiesa Parrocchiale è celebrata in suffragio delle Madri e Spose Cristiane defunte; - entro il trigesimo della morte di ogni madre o sposa viene celebrata una S. Messa in suffragio ed i parenti vengono informati della data e dell’orario; - alla celebrazione della S. Messa del funerale di ogni madre o sposa, viene posto sul presbiterio dell’Altare Maggiore lo stendardo della Compagnia per indicare la vicinanza di tutte le Socie ai famigliari; - alla festa di S.Anna viene celebrata una S. Messa in onore della “Mamma della Madonna” per invocarne la protezione e dopo la celebrazione segue un rinfresco fraterno; - nella settimana della Commemorazione dei Defunti si celebra una S. Messa per tutte le Madri e Spose defunte della nostra Comunità; - le offerte raccolte vengono devolute a necessità di opere parrocchiali partecipando a sostenere il decoro della Chiesa, aiuti per interventi più o meno importanti (esempio: l’offerta significativa per la ristrutturazione dell’Oratorio, il restauro dei banchi della Parrocchia e l’intervento sugli stessi per una migliore collocazione dei libri di preghiera, il pagamento delle porte a vetro poste nell’atrio delle due porte laterali dell’entrata nella chiesa parrocchiale per una riduzione dei consumi, ...); - tramite la nostra concittadina Suor Eleonora Liberini adottiamo, a distanza, una bambina della sua missione con una cifra di sostegno. 22 Si precisa che non è più possibile portare lo stendardo nel percorso del Funerale in quanto quello di dimensioni ridotte è stato bruciato e non si è creduto opportuno riproporlo in quanto sorgono difficoltà nel portarlo e sottoporlo a pioggia e vento: si è creduto bene restaurare lo stendardo grande, per la sua importanza artistica, e porre quello sull’altare maggiore al momento del funerale. Questa soluzione e la S. Messa entro il mese della morte con il nostro ricordo nella preghiera per l’anima della persona cara defunta, hanno l’intenzione di offrire una vicinanza cristiana molto importante a chi soffre tanto dolore. Noi tutte, madri e spose di Nave, desideriamo portare armonia in ogni famiglia ed invitiamo anche le giovani Spose e Madri o chi è da poco trasferita nella nostra Comunità, ad aderire al nostro Gruppo e noi le accoglieremo con un fraterno “Benvenuta”. Le responsabili del Gruppo Nave Nostra n. 2/2013 F ermo restando che l’impegno nello smaltimento dei rifiuti è una responsabilità civica che non si può delegare, ma un dovere sociale da assumere in misura responsabile, mi pare divertente (amaramente divertente) constatare i paradossi ai quali ci ha portato lo spensierato e ottimistico piacere del consumo. Ogni società ha i suoi valori da custodire; la nostra civiltà, fino a ieri caratterizzata dai centri commerciali (più belli di un “Carosello” di quando eravamo bambini), spuntati ovunque come funghi con dispendio di aree, di soluzioni architettoniche, innovazioni tecniche e attraente densità di servizi, sembra ora identificare la sua immagine con le “isole ecologiche”. Siamo stati tuffati nella piacevole enfasi della differenziazione con l’entusiasmo di adottare comportamenti più virtuosi. È una vera “conversione” (cambiamento di mentalità e atteggiamento) con affollate assemblee di “catechesi” con tanto di libretto di catechismo colorato da imparare con diligenza. La differenziazione è già diventata cultu- ra, figura fra i più emancipati argomenti di compìta socializzazione, è generosamente presente nella conversazione in famiglia, con gli amici e i colleghi, corredata di confronti, consigli e istruzioni. Sembra quasi una scena del “Fantasma della libertà”, allucinante film di Buñuel, degli anni ’70, dove si gioca a rovesciare gli stereotipi e i luoghi comuni della società borghese. La spazzatura è infatti diventata un “bene” costoso”, così prezioso da tenerlo sottochiave. La chiave del cassonetto è infatti il simbolo della nuova virtù: personale, esclusiva, familiare e molto pratica. Tuttavia non nasconde il presagio di prossimi rincari inappellabili delle tariffe e dei controlli capillari. È difficile liberarsi, infatti, dal sospetto che a monte degli esosi costi dello smaltimento non ci sia anche la tutela di eccedenti ricavi degli addetti; gli stessi che stilano le classifiche dei Comuni virtuosi, guarda caso, i primi allineati con le soluzioni confezionate. Intanto ci sentiamo tutti un po’ migliori nel compiere l’ordinato gesto di azionare la slot machine come fosse la promessa di un fortunato premio, quello di un ambiente più pulito. E già mi immagino agguerrite casalinghe che si sfidano a gara, modello “Musichiere”, nel correre a centrare il “colore” giusto della immondizia che, da quando è simpaticamente colorata, sembra meno sozza, anzi pare un elemento di arredo che dà un tocco di aggiornata modernità alle nostre case. Pare che, poiché la crisi ci ha definitivamente svegliati dal sogno del consumo indifferenziato, possiamo trovare consolazione almeno nello smaltimento differenziato di quello che ci ha lasciato in eredità. don Gianluigi R adio Parrocchiale: 92.700 in FM Nave Nostra n. 2/2013 23