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Rivista n° 13 del 22 Aprile 1994
PER LA STORIA DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLO SPLENDORE
“IL CAMPANILE”
di P. Candido Valerio Donatelli
Nel panorama di Giulianova, guardandolo dal litorale, dalle prime ore della sera fino al
mattino si vedono illuminati due monumenti che possiamo ritenere, a buon diritto, simboli della
città degli Acquaviva: la cupola della Chiesa di San Flaviano, al centro del paese; e, all’estremità
nord, il campanile del Santuario della Madonna dello Splendore. Certo, la cupola di San Flaviano
con la sua imponenza dalle linee goticheggianti quattrocentesche fa ritenere che sia stata voltata
da un grande architetto quando in Roma Michelangelo non ancora elevava la cupola di San
Pietro.
Essa costituisce “un ragguardevole monumento dell’arte, dice il Bindi, nelle nostre
province, certo una delle opere architettoniche più maestose, nuove, originali e singolarmente
audaci del sec. XV negli Abruzzi, e che per la sua forma, non trova riscontro nella regione
nostra”. cfr. “Giulianova - la Posillipo degli Abruzzi” di V. Bindi.
Lo sguardo ci porta oltre la cupola di San Flaviano. Vediamo l’altro punto illuminato: la
cella campanaria e la cuspide del campanile del Santuario della Madonna dello Splendore, che
pur non potendo vantare una nobiltà artistica paragonabile nemmeno in parte a quella della
cupola di S. Flaviano, tuttavia per la sua struttura svettante e snella, nonostante la costrizione in
cui lo tengono avviluppato le costruzioni che l’Amministrazione ospedaliera gli ha posto come
assedio per soffocarlo, fin dall’anno 1914 e seguenti, sembra un faro luminoso che serva ai
naviganti e a chi è in viaggio la notte a indicare la vicinanza della terra sicura e la luce che ne
illumina il cammino.
Bella e apprezzabile l’idea che ha avuto l’amministrazione pubblica di segnalare nella notte
i due luoghi dello spirito che possano più facilmente elevare il pensiero di chi è e deve essere
vigile, per la salvezza propria e degli altri, verso i cieli eterni.
Mentre ordinariamente, la luce dei due monumenti è riflessa, nei festeggiamenti di aprile la
luce si sprigiona da essi, ed è ancora più viva, più efficace, più vera.
Alla luce del sole, però, la cupola e il campanile assumono due aspetti molto differenti, o,
addirittura, sconcertanti. Perché, mentre la cupola si materializza sotto lo sguardo, che,
ammirato, la contempla, in tutta la sua grandiosità e bellezza; il povero campanile si scopre e
non si scopre; resta, sempre e sola, la cella campanaria con la cuspide a otto vele dritte, con la
palla, la bandiera e la Croce in ferro.
Sembra quasi divincolarsi nella morsa delle costruzioni che gli sono addossate su tre lati e
gli lasciano libero il lato anteriore solo, tenendolo anche costretto, alla linea del tetto, con un
cornicione odioso.
Solo il suono delle campane a festa sembra rompere l’assedio e stende per le colline e per
il mare l’inno della gioia e della libertà che si libra su tutti, quasi implorando continuamente una
mano liberatrice che restituisca l’opera sacra, artistica e monumentale alla sua funzione di
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richiamo, per tutti e per ognuno, a quella che è stata l’intenzione e la volontà di chi ha voluto
rendere il luogo delle apparizioni della Vergine Santissima più vivo e più conosciuto,e, più
facilmente presente con il suono dei sacri bronzi vivo alle orecchie di tutti.
Io penso e ritengo che questo dovrebbe essere un impegno sacro e irrinunciabile per tutti e
per ognuno dei devoti della Madonna e del Suo Santuario: abbattere e distruggere i due piani,
direi proprio sacrileghi, che dal 1914 sono stati costruiti abusivamente su tutto il coro fino al
campanile, e, costruirvi il tetto dell’abside del Santuario; detti piani sono contro ogni diritto, e il
diritto canonico parla chiaro.
Il Santuario della Madonna dello Splendore (foto di Pierino Santomo)
Se andiamo a fare un sopralluogo nei locali che sovrastano il loro e incapsulano il
campanile, almeno per una dozzina di metri in altezza, l’impressione che ne riceviamo è
semplicemente spaventosa sia per la quantità che per la qualità estremamente lurida di rifiuti
che si trova disseminata ovunque, essendo tutti i sacchi abbandonati e fatiscenti, aperti ad ogni
ludibrio e ridotti ad antri maleodoranti dalla frequentazione di zingari, drogati e viziosi di ogni
specie.
Eleviamo perciò il nostro grido di allarme non solo per la difesa del campanile, manufatto di
arte monumentale, liturgico, funzionale e panoramico, bene prezioso di tutta la collettività, non
solo religiosa ma anche umana; ed anche per tanti problemi che investe il protrarsi di una
situazione di abbandono e capace di favorire infezioni, malattie e pericoli immediati per la sanità
pubblica e ambientale.
"Scorcio del Santuario della Madonna"
dipinto di Miriani Salvalai
Disegno del campanile del Santuario, pubblicato sul N. 1 Anno V (Aprile 1954)
del periodico "Maria SS. dello Splendore"
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Intervenga decisamente e al più presto chi è responsabile e della cosa e dei beni pubblici.
Voglio ricordare che il monumento in questione: il campanile del Santuario della Madonna
dello Splendore risale nella costruzione alla metà del secolo decimonono, agli anni in cui presero
possesso della custodia del Santuario i Frati Minori Cappuccini.
Già nell’anno del loro ingresso nel santuario, i religiosi sotto il Padre Guardiano: P.
Sigismondo Zechini da Mosciano Sant’Angelo, primo superiore del convento, iniziarono i lavori di
preparazione per la celebrazione del terzo centenario dell’apparizione, secondo la tradizione, il
1857, e, con lui, i suoi successori: P. Giuliano Danese da Tossicia e il P. Eusebio Scucimarre da
Penne (come leggiamo nel libretto “Brevi notizie del culto che si presta in Giulianova a Maria SS.
dello Splendore”, stampato a Sulmona per la Tipografia Antonio Damiani nel 1907; in
preparazione alle celebrazioni cinquantenarie di detto anno e curato dai religiosi del Convento):
“incominciarono subito i restauri del convento, costruirono l’ampia sagrestia in luogo dell’antica
inadatta, diverse camere per il loro uso e la torre campanaria. tutto a spese della pubblica
carità”.
L’invito che allora i religiosi rivolsero ai fedeli e devoti del Santuario: “Maria SS. aiuti tutti
coloro che, leggendo queste brevi pagine, si sentiranno spinti a concorrere all’incremento del
culto della Regina dell’universo in questa ridente piaga dell’Adriatica marina”, resti ancora come
sostegno di fede e ispiratore di devozione e di azioni esemplari e lascino monumenti anche
materiali e visibili come testimonianza e stimolo per i posteri.
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Il giorno dopo di averci presentato questo scritto, Padre Candido se n’è andato
improvvisamente, il 31 marzo, Giovedì Santo, lasciandoci sgomenti. Questo bollettino, “La
Madonna dello Splendore a Giulianova e la festa del 22 Aprile”, fin dal suo nascere ha accolto
annualmente i suoi articoli, alcuni dei quali, con fine intuito storico, hanno precisato date e
avvenimenti sulla storia del Santuario. Lui aspettava tempi più calmi per darci di esso una storia
più precisa e approfondita. Ora che non è più con noi fisicamente speriamo che rimanga viva in
noi la sua presenza spirituale e la sua memoria.
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