Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/96 - D.C./D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perçue
ANNO XXXI - MENSILE - Nº 4 - APRILE 2010
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Rivista della Basilica di Torino-Valdocco
Passio Christi, passio hominis
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Attività & iniziative
hic domus mea
inde gloria mea
Direzione:
Livio Demarie (Coordinamento)
Mario Scudu (Archivio e Sito internet)
Luca Desserafino (Diffusione
e Amministrazione)
Direttore responsabile:
Sergio Giordani
Registrazione:
Tribunale di Torino n. 2954
del 21-4-1980
Stampa:
Scuola Grafica Salesiana
Torino
Corrispondenza:
Rivista Maria Ausiliatrice
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Centralino 011.52.24.822
Rivista 011.52.24.203
Fax 011.52.24.677
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Abbonamento:
Ccp n. 21059100 intestato a:
Santuario Maria Ausiliatrice,
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Collaboratori:
Corrado Bettiga, Lorenzo Bortolin, Marina Lomunno, Maurizio Versaci, Nicola Latorre
Per Bonifici:
Codice IBAN: IT15J076
0101 0000 0002 1059 100
Carissimi lettori,
a tutti voi giungano
i nostri calorosi auguri
di Buona Pasqua!
Cristo è risorto, alleluia!
Il Signore
è veramente risorto,
alleluia!
SANTE MESSE
CONFESSIONI
Giorni feriali: le Sante Messe vengono celebrate alle ore 6,30 / 7,00
/ 7,30 / 8,00 / 8,30 / 9,00 / 10,00
/ 11,00 / 17,00 / 18,30.
Santa Messa prefestiva ore 18,00.
Nei mesi di luglio e agosto viene
sospesa la Santa Messa delle ore
8,30. Ad agosto anche quella delle ore 17,00.
Giorni festivi: alle ore 7,00 / 8,00
/ 9,00 / 10,00 / 11,00 / 12,00 / 17,30
/ 18,30 / 21,00.
Quella delle Confessioni è una
delle attività spirituali principali e
più ricercate nel Santuario-Basilica di Maria Ausiliatrice.
Le confessioni, su richiesta, possono anche essere ascoltate in:
italiano, francese, inglese o spagnolo.
Giorni feriali: dalle ore 6,30 alle
12,00 e dalle ore 14,30 alle 19,00.
Giorni festivi: dalle ore 7,00 alle
12,30 e dalle 14,30 alle 19,00. Inoltre dalle ore 20,30 e alle 21,30 durante la celebrazione della Santa
Messa della sera.
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annuo: .................. € 13,00
Amico .................... € 20,00
Sostenitore ............ € 50,00
Europa .................. € 15,00
Extraeuropei .......... € 18,00
Un numero ............ € 1,30
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Pubblicità inferiore al 45%
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Colloqui spirituali
Ci si può riferire a qualche sacerdote in sacrestia. Oppure nei
giorni feriali dalle 16,00 alle 18,30
il sacerdote riceve in una saletta
all’interno del Santuario-Basilica.
Visita ai luoghi salesiani
Le visite di gruppi di pellegrini
possono essere guidate da un
salesiano del Santuario.
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La pagina del Rettore
Pasqua:
trionfo dell’amore
Carissimi amici,
il mese di aprile si apre con l’annuncio della Pasqua! “Cristo è veramente risorto” canta la liturgia: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era
morto; ma ora, vivo, trionfa”. È l’esplosione della vita in quel particolare momento storico, ma è anche l’esplosione della vita oggi, su questo nostro
mondo segnato in tante parti da una
cultura di morte: Cristo è vivo e la morte non ha più potere!
Annunciare la Pasqua vuol dire sperimentare ed affrontare questo prodigioso duello, spargere a piene mani
amore alla vita, annunciare una speranza gioiosa, squarciare le nubi che
opprimono gli uomini perché risplenda nuovamente il sole. Di questo siamo chiamati ad essere testimoni credibili e coraggiosi.
Dal 10 aprile al 23 maggio, a Torino vivremo un’esperienza significativa: l’esposizione della Sindone, immagine misteriosa che ricorda la Passione del Signore e rimanda al mistero
del Risorto. Alcune teorie sulla formazione dell’immagine di questo lenzuolo ipotizzano che essa sia stata impressa da un’esplosione di energia, dovuta proprio alla risurrezione. Ipotesi
affascinante, ma che non fa dimenticare
che ci troviamo di fronte ad un mistero di morte e di vita, che il Vangelo descrive come mistero di amore. Ed è
questo mistero di amore che attrae,
che suscita domande, che affascina i
nostri cuori.
La Sindone è un invito a prendere
sul serio l’avventura cristiana. Tanti saranno i pellegrini e tanti saranno coloro che dopo il passaggio in Cattedrale
cercheranno un momento di riflessione, di preghiera, di perdono, di celebrazione dell’Eucaristia, memoriale della passione, della morte e della risurrezione del Signore. La nostra Basilica
è inondata di domande di accoglienza per l’ospitalità, per la visita ai luoghi di Don Bosco, per pregare la Vergine Ausiliatrice. In particolare siamo
subissati dalle richieste per la celebrazione dell’Eucaristia in Basilica e nelle
varie cappelle di Valdocco, tanto che
non riusciamo più ad accontentare tutti. Saranno giorni impegnativi, ma siamo ben contenti di poter offrire questo servizio di accoglienza: è la casa di
Maria, è la casa della Madre sempre
pronta ad accogliere i suoi figli.
Il periodo della Sindone si concluderà con la Pentecoste e proprio alla
vigilia della Festa di Maria Ausiliatrice:
non potevamo desiderare di meglio.
A tutti l’augurio di una Santa Pasqua,
con l’assicurazione del nostro ricordo
per tutti in Basilica.
Don Franco Lotto, Rettore
[email protected]
I Valdocco, terra di
accoglienza per ogni
tempo.
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Editoriale
Facciamo silenzio, parla l
Carissimi,
U Il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino dal
1999 e Custode Pontificio della Sindone,
è nato a Salgareda,
in Diocesi e in provincia di Treviso, il 18
marzo 1933.
Y Il 2 maggio 2010
il Santo Padre Benedetto XVI sarà in visita a Torino per venerare la Sindone.
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grazie. È questa la parola che nasce
spontanea nel mio cuore a pochi giorni dall’Ostensione della Sindone. Grazie al Signore, innanzi tutto. Perché
l’immagine dell’Uomo della Sindone,
che richiama con impressionante chiarezza la sofferenza patita da Gesù, ci
fa riflettere sul suo immenso amore
verso ciascuno di noi. L’apostolo Giovanni scrive che “Dio è Amore” (1 Gv
4, 8) e “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna”
(Gv 3, 16). Così la Sindone, testimone
silenziosa del dolore e dell’angoscia
patita da quell’Uomo, da un lato può
sbigottire, ma dall’altro ricorda a ciascuno che “Dio mi ama immensamente”. Grazie, poi, a Papa Benedetto XVI.
Come molti di voi, non dimenticherò
quel 2 Giugno del 2008, quando durante l’udienza riservata alla Diocesi di
Torino, il Santo Padre ha manifestato
il suo consenso a una nuova Ostensione della Sindone e ha anticipato che
“Se il Signore mi dona la vita e la salute, spero di venire anch’io”. Torino è
ben lieta di accoglierlo per la prima
volta come Sommo Pontefice. Grazie anche agli Enti pubblici e a quanti, a vario titolo e spesso gratuitamente, sono impegnati nell’organizzazione di questo evento. Evento che
se è e resta religioso (e
qui penso anche al
servizio che sarà offerto ai pellegrini con
la Cappella dell’Adorazione e la Penitenzieria), non da me-
no implica molti aspetti pratici: dall’ospitalità all’assistenza sanitaria, dall’organizzazione della viabilità alla comunicazione. E dopo il grazie, il mio
“benvenuto”. Benvenuto a ciascuno di
voi, che sosterete in riflessione e preghiera davanti alla Sindone, a questa
immagine, misteriosa per la scienza e
sfida per l’intelligenza, come la definì
Papa Giovanni Paolo II, e che per noi
credenti è segno della Passione di Cristo. Non a caso, come tema di riflessione per questa Ostensione ho proposto il motto «Passio Christi, passio
hominis». La Sindone è richiamo forte
a contemplare, nell’immagine, il dolore di ogni uomo, le sofferenze alle quali spesso non sappiamo neppure dare un nome. La contemplazione della
Passione ci aiuta a capire che la sofferenza umana non può essere compresa se non a partire da quella del
Signore, pena il cadere nella disperazione e nel senso nichilistico che non
poca parte del pensiero moderno e
contemporaneo ha evidenziato. La Sin-
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a la Sindone
done presenta agli occhi e al cuore dei
fedeli la figura di Cristo sofferente che,
contemplato a partire dall’evento della Risurrezione, evidenzia non soltanto la vittoria sulla sofferenza e la morte del Figlio, ma anche sulla sofferenza e la morte delle persone di ogni
tempo e di ogni luogo. Guardando la
Sindone, la fatica umana, la delusione,
la sofferenza fisica e morale, il lutto, la
solitudine, l’emarginazione, l’ingiustizia sociale, il peccato – la “passio hominis”, appunto – trovano motivi di
conforto e di speranza. Speranza e proposito di una vita rinnovata dall’incontro con Gesù. Speranza e testimonianza del Vangelo, la “buona notizia”
per eccellenza. Speranza e partecipazione alla sofferenza di tutti gli uomini. Speranza e inventiva di iniziative di
solidarietà verso i poveri, gli ammalati, le persone in difficoltà, gli immigrati, i sofferenti. L’immagine sindonica ci
suggerisce tutte queste cose proprio
a partire da una condizione di silenzio
assoluto: il momento nel quale il Salvatore tocca il punto estremo dell’abbassamento e muore. Non c’è, quindi,
invito migliore a fare silenzio anche in
noi, così da lasciare spazio alle parole che giungono, quasi un sussurro,
da quel corpo martoriato, da quel
volto sfigurato, da quegli occhi chiusi eppure penetranti, e capire che come
sulla Croce il Salvatore
toccando l’estremo abbassamento dimostra
di essere il Figlio di
Dio, così ciascuno di
noi, pur provato da
fatiche e sofferen-
ze, trova la forza per sperare e reagire. Come Custode Pontificio della Sindone, auguro a tutti che l’Ostensione
possa essere una grande opportunità
per conoscere e amare meglio il Signore Gesù, i fratelli e anche se stessi. In una parola, per riscoprire la gioia di sentirci amati infinitamente da Dio
e per testimoniarlo al mondo. Vi attendo e per intercessione di Maria, che
a Torino imploriamo come Consolata
e come Ausiliatrice, invoco su di voi la
benedizione del Signore.
✠ Severino Card. Poletto
Arcivescovo di Torino
I Il manifesto ufficiale dell’Ostensione
della Sindone 2010.
Solenne Ostensione della Sindone
10 APRILE - 23 MAGGIO 2010
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA E GRATUITA A PARTIRE DAL 1° DICEMBRE 2009
w w w. s i n d o n e . o r g
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Leggiamo i Vangeli
L’essenziale che non teme
(Lc 10,38-42)
A
l dottore della Legge che gli chiede «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (10,25-37), il Maestro risponde di amare Dio ed il prossimo. Gesù ha però ancora un approfondimento da offrire in merito a
quella domanda. Una vicenda accaduta a Betania (Gv 11,1) costituisce
l’occasione da cui scaturisce l’ulteriore insegnamento che si raccoglie in
una breve espressione: «Di una cosa
sola c’è bisogno», ascoltare la Parola.
Nulla è più essenziale di questo. Colui che non ascolta non può infatti sapere chi il Signore gli chieda di diventare e cosa gli comandi di fare.
Y “Una sola cosa è
necessaria, Maria ha
scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via”.
Jan Vermeer, (1632-1675), Cristo
in casa di Marta e Maria / Editrice
Elledici.
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Marta e Maria
A differenza dei Samaritani che non avevano accolto Gesù perché diretto a Gerusalemme (9,52-53), Marta e Maria non esitano
ad ospitarlo nella loro
abitazione. Sarà però
sufficiente aprirgli le
porte? Certo che no! Bisognerà offrirgli dell’acqua perché si rinfreschi
e preparagli un’accoglienza che lo onori.
Tutto questo spinge
Marta ad adoperarsi al
massimo delle sue capacità. Maria invece,
«seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua
parola» (v. 39). L’evangelista Giovanni sarà totalmente concorde cir-
ca l’indole di queste due donne allorché, in occasione della rianimazione di
Lazzaro morto, scriverà di Marta, tutta
intenta a ricevere Gesù e a parlare con
Lui, e ci racconterà di Maria, dapprima
«seduta in casa» (Gv 11,20) e poi, giunta dal Signore, prostrata ai suoi piedi (Gv
11,32). Anche in Gv 12,2-3 si legge che
Marta si fosse messa a servire Gesù
mentre Maria avesse preferito compiere gesti d’amore purissimo per lui. Luca osserva che la fraintesa noncuranza della sorella non piace a Marta che
senza esitazione si rivolge a Gesù chiedendogli di congedarla perché la possa aiutare (v. 40b). Certamente questo
è il primo dei vertici drammatici del bra-
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me confronti
no, ma il successivo, quello segnato
dalle parole di Gesù, è il più importante poiché è proprio in esso che va ricercato l’insegnamento.
Solo una questione
di temperamento?
La replica del «Signore» a Marta è
distesa e dà soluzione alla questione:
nessun rimprovero in quelle parole,
ma solo il desiderio che spinge a volere il bene di persone già intimamente
care (Gv 11,5). Un’affrettata considerazione della risposta porterebbe ad
affermare che Gesù intenda fare un
confronto tra un temperamento portato all’attività ed uno propenso alla
contemplazione. Di fatto non è così!
Tutto l’insegnamento è invece incentrato sull’importanza dell’ascolto della Parola, «la parte migliore»: si tratta
di una priorità così essenziale da non
poter essere confrontata con nulla. Di
fronte ad essa non vi è indole o propensione umana che giustifichi: si deve ascoltare il Signore. Da ciò viene la
preziosa indicazione offerta a Marta,
il cui modo di fare non è squalificato, ma ridimensionato: ciò che l’ha ingannata, «distolta» (v. 40a ), è stato un
affanno misto ad un’agitazione tanto
smisurata da poter essere narrata col
verbo con cui normalmente si descrive il mare in burrasca. Quell’esagerazione aveva strappato la donna dal
tesoro più grande dell’ascolto!
L’essenziale che conta
Per «ereditare la vita eterna» (10,25)
bisognerà sempre garantire priorità
all’ascolto. Ad Israele Dio aveva detto «Ascolta» (Dt 6,4); agli apostoli in
occasione della Trasfigurazione lo
aveva ripetuto «Questi è il figlio mio,
l’eletto; ascoltatelo!» (9,34). Ora è il
Signore Gesù a rivolgere ad ogni discepolo lo stesso monito facendoci
capire che di «una sola cosa c’è bisogno» (v. 42a): ascoltare Lui è l’essenziale che non teme confronti.
La Parola di Gesù dura per sempre:
«Il cielo e la terra passeranno, ma le
mie parole non passeranno» (21,33);
le sue Parole sono «spirito e vita»
(Gv 6,63) e chi le fa proprie scoprirà che realmente il Signore ha per
noi soltanto «parole di vita eterna»
(Gv 6,68). Esse sono «la parte migliore», la ricchezza che non ci sarà mai
tolta (v. 42b).
Marco Rossetti
U “Il cielo e la terra
passeranno, ma le
mie parole non passeranno”.
[email protected]
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Spiritualità mariana
Maria, donna della Pasqua
F
U Cristo Risorto appare alla Madre.
Vetrata di Ks. Jozep Capiga e R. Z.
Rotzina nel Santuario della Mentorella (Capranica Prenestina, Roma).
ederico Nietzche, parlando di cristiani nel suo Zarathustra, afferma: «Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché
io impari a credere al loro Redentore.
Un’aria più da salvati dovrebbero avere
i suoi discepoli». È questa una delle sfide più forti per i cristiani d’oggi, che si
dimenticano facilmente di aver accolto e
di dover annunciare una «lieta notizia»,
che fanno fatica a vivere con convinzione e originalità la loro dignità segnata
dalla gioia pasquale. Per essere cristiani
più “pasquali” e più credibili, bisognerebbe che ci rivolgessimo a Maria, che è
modello della vita pasquale. Il suo canto del Magnificat è paragonabile all’exsultet che la Chiesa intona nella notte di
Pasqua. La Pasqua, il passaggio di Dio
nella storia umana realizzato in Cristo,
opera un passaggio dell’uomo dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla
disperazione alla gioia. Il Magnificat celebra appunto questo passaggio.
Maria sperimenta in sé
il passaggio di Dio
«O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo
creatore». Così canta la Chiesa nell’exsultet pasquale. Pasqua è dove si celebra
questo passaggio-incontro, in cui è sempre Dio a fare il primo passo. Il passaggio-proposta esige un passaggio-risposta: Dio passa dalla parte dell’uomo perché l’uomo possa passare alla parte di
Dio. Al venire divino risponde un andare umano, all’avvento di Dio fa eco l’esodo dell’uomo. Maria sente realizzarsi
dentro di sé questo misterioso incontro.
Ella sperimenta la pasqua mentre canta
il Magnificat. «L’anima mia magnifica il Si-
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gnore»: Maria coglie il passo di Dio, percepisce con stupore l’irrompere della sua
forza salvifica e trasale di gioia per la
grandezza del suo amore. «Grandi cose
ha fatto in me l’onnipotente»: in lei Dio
rinnova i prodigi dell’antica pasqua, in lei
Dio compie ora una nuova pasqua. Le
è dato di testimoniare un nuovo passaggio di Dio nella storia, un passaggio
che porta un nome e un volto: Gesù Cristo, di cui Maria è chiamata ad essere madre. Tutta l’opera salvifica di Gesù si svolge nel dinamismo del passaggio: con
l’incarnazione, il figlio di Dio «discende
dal cielo» (Gv 6,38), passando dalla sfera di Dio al mondo umano; la croce e la
risurrezione, invece, segnano il suo «passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1).
Maria è testimone e collaboratrice di
questo duplice passaggio, ciò conferisce a tutta la sua esistenza una tonalità
pasquale.
In Maria si compie
il passaggio dell’umanità
«Dio ci ha fatti passare dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia,
dal lutto alla festa, dalle tenebre alla luce. Perciò diciamo davanti a lui: alleluia!»: sono parole della liturgia pasquale
ebraica, che evidenziano questo concetto: il passaggio di Dio opera un passaggio nell’uomo. Pasqua è passare a ciò
che non passa! Nel suo canto del Magnificat, Maria si fa voce di tutta l’umanità. È l’umanità sorpresa dall’amore che
celebra le sue nozze con Dio. È l’umanità povera che canta la sua Pasqua di
salvezza. «Ha spiegato la potenza del
suo braccio...» (Lc 1,51-55). Con una serie di sette verbi: spiegato, disperso, ro-
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T L’icona della Madre di Dio “Roveto ardente”.
Scuola di Palekh, metà del 19º sec..
vesciato, innalzato, ricolmato, rimandato, soccorso, Maria descrive l’agire di
Dio sull’umanità. Il numero sette ha il significato di totalità, i verbi quindi indicano la logica di fondo, il criterio e lo
stile d’azione di Dio, che è sostanzialmente questo: Egli si manifesta come il
Dio della Pasqua. Infatti i sette verbi rappresentano tutti un ribaltamento della situazione, un passaggio. La Pasqua di
Dio sconvolge gli schemi umani ed opera un cambiamento, di cui Maria è testimone e profezia. Accompagnando
l’umanità nel cammino pasquale, ella rivolge ancora oggi, a tutti, la parola incoraggiante di Mosè a Israele davanti al
Mar Rosso: «Non abbiate paura! Siate
forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi» (Es 14,13).
Maria Ko Ha Fong
[email protected]
A MARIA, DONNA DELLA PASQUA
O Maria, vergine del Magnificat e donna della Pasqua, veglia
su questo mondo in continuo passaggio ma che non sa dove
andare. Sei l’esperta del passaggio.
A Nazaret il tuo “sì” segna il passaggio tra l’Antico e il Nuovo
Testamento.
Ad Ain Karim annunzi con il tuo Magnificat il passaggio ad un
mondo nuovo.
A Betlemme partecipi al passaggio di Dio dal cielo alla terra.
A Gerusalemme con la profezia di Simeone e con la perdita del
tuo figlio nel tempio compi una pasqua interiore e senti passare
una spada nel tuo cuore.
A Cana hai provocato il passaggio dall’acqua al vino.
Al Calvario sei testimone del passaggio dell’umanità dalla morte
alla vita.
Nel cenacolo accogli con tutta la Chiesa la pasqua dello Spirito.
Dopo il tuo “passaggio” nel cielo, non hai cessato di essere ausiliatrice della nostra pasqua, causa della nostra letizia. Lungo tutta la storia della Chiesa ti troviamo in tutte le svolte, in tutti i momenti quando spunta l’alba, quando germoglia la vita.
Continua ad assisterci, o Maria, nei nostri vari passaggi in questa
terra, fino al nostro passaggio definitivo al cielo, per raggiungere
te e il tuo figlio Gesù Cristo, nostra Pasqua.
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Maria nei secoli
Bernardo cantore d
“
U Bernardo di Chiaravalle fu un religioso, abate e teologo
francese.
Apparizione della Madonna a San
Bernardo (particolare), Filippo Lippi (1486), Firenze, Badia Fiorentina.
V
ergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura...”.
Così comincia la stupenda preghiera alla Vergine del Paradiso dantesco. Dante la mette sulle labbra di San Bernardo da Chiaravalle, monaco cistercense, la cui figura giganteggia per la sua
straordinaria devozione mariana. L’abbazia da lui fondata a Clairvaux, di cui
egli fu abate per 38 anni, fu infatti posta sotto lo speciale patrocinio di Maria: non sorprende che essa divennne
un faro di spiritualità per tutta l’Europa. Egli merita davvero il titolo di “Dottore mariano” che gli è stato attribuito: eccellente teologo della vita mistica, Bernardo ha composto dei testi sulla Madonna che hanno avuto una vasta influenza nella storia della mariologia. Dalla sua devozione sgorgò quella preghiera poi divenuta popolarissima, intitolata, dalla prima parola latina, Memorare, l’accorata petizione che
un credente rivolge alla Vergine delle
Vergini e alla Madre di Dio, incrollabilmente certo di ricevere il suo aiuto
e di essere esaudito. È una preghiera
così bella che la Liturgia l’ha raccolta
tra le antifone mariane che si recitano
alla fine dell’ultima preghiera, prima di
andare a dormire, la Compieta. Inoltre,
è una preghiera così efficace che la
Beata Madre Teresa di Calcutta l’adoperava come “novena volante” nei momenti di urgente bisogno, ripetendola
per nove volte consecutive.
Maria, Stella del mare
Come tutti gli autori del Medioevo,
anche Bernardo prova molto interesse per le etimologie. Come già San-
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t’Agostino, ravvisa nel nome di “Maria”
questo significato: “Stella del mare” e lo
trova appropriato perché, come una
stella brillante nella notte della vita degli uomini, Ella emette una luce fulgida che consente di non perdersi: “O tu
che, nelle vicissitudini della vita, più che
di camminare per terra hai l’impressione di essere sballottato tra tempeste e uragani, se non vuoi finire travolto
dall’infuriare dei flutti, non distogliere
lo sguardo dal chiarore di questa stella! Nei pericoli, nelle difficoltà e nei momenti di incertezza, pensa a Maria, invoca Maria”. Nei celebri discorsi intitolati Missus est, Bernardo commenta
l’Annunciazione. Si tratta di una vera
summa mariologica. In uno di questi discorsi, il Dottore mariano spiega un
concetto importantissimo. Dio, nella
sua Onnipotenza, volle che il Mistero
dell’Incarnazione, cioè della nostra salvezza, dipendesse dalla libera accettazione della Vergine Maria. In questo
senso, l’umanità è immensamente debitrice al “sì” di Maria. Con la sua insuperabile capacità di dare pathos alla narrazione, Bernardo pensa che il
cielo e la terra, tutta l’umanità e la storia siano presenti nella povera casa di
Nazareth prima che la Madonna dia
la sua risposta all’Angelo: “Anche noi,
o Signora, miseramente gravati come
siamo da una sentenza di condanna,
aspettiamo da te una parola compassionevole. Ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se sei d’accordo, noi
saremo immediatamente liberati. Questa risposta, o Vergine pietosa, attende in pianto Adamo cacciato dal paradiso insieme con la sua misera prole.
Questa risposta attende da te l’umani-
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e di Maria
tà intera, prostrata ai tuoi piedi. Alzati,
corri, apri! Alzati con la tua fede, corri
con la tua disponibilità, apri col tuo
consenso!”. Al di là del valore artistico,
questa meditazione è così significativa
dal punto di vista teologico che la Liturgia dell’Ufficio delle Letture propone questo testo ogni anno, il 20 dicembre. Il “sì” di Maria in latino si dice
“fiat”. Bernardo leggeva la Bibbia in latino. Osserva acutamente che quella
parola ha una sfumatura nella lingua
latina che ben si addice ai sentimenti
dell’anima della Madonna. Fiat esprime
sincero desiderio, adesione del cuore,
preghiera che si fa assenso. Bernardo
non si sbagliava: la lingua originale del
Vangelo di Luca è il greco. Luca è
l’evangelista che ha raccolto le confidenze di Maria. Egli riporta le parole
della Madonna in una coniugazione
verbale particolarissima di quella lingua,
l’ottativo, il modo verbale che si usa
quando si desidera ardentemente che
qualcosa avvenga. Detto in altre parole: alla vocazione ricevuta la Madonna
ha espresso il suo consenso con gioia e fiducia sicché la volontà del Padre
e la sua si sono fusi in unico desiderio: l’Incarnazione del Figlio di Dio e la
salvezza degli uomini.
Maria, “l’acquedotto”
a cui attingere
In genere, Bernardo, quando parla
della Vergine, sviluppa immagini e temi mutuati dalla Sacra Scrittura e dalla dottrina dei Padri. È anche originale. Per esempio, adopera un paragone
molto efficace per far comprendere
che, se Cristo è l’acqua viva che dif-
fonde la grazia divina nell’umanità peccatrice, la Madonna collabora in modo singolare ed indispensabile a questa comunicazione dell’opera salvifica.
Ella è l’acquedotto. “L’acquedotto è pieno, così che tutti possano attingere
dalla sua pienezza”. Si chiede successivamente: “In che modo l’acquedotto
in questione poté allacciarsi ad una
sorgente così elevata?”. La risposta è
data a partire dalla valutazione dell’eccellenza delle virtù morali e teologali che da Maria furono praticate in
modo incomparabile. Di queste virtù,
Bernardo ama sottolineare l’umiltà, necessaria ad ogni credente: “La senti
proclamare Vergine – scrive il nostro
autore – la senti definire umile. Se non
puoi imitare la verginità dell’umile, imita l’umiltà della vergine. Virtù enco-
I Maria collabora
all’opera salvifica di
Cristo, acqua viva per
l’umanità peccatrice.
miabile è la verginità, ma virtù più necessaria è l’umiltà”. L’insegnamento di
Bernardo, anche a motivo dell’autorevolezza di cui era circondato, fece scuola ed altri teologi mariani del suo secolo, il XII, ne seguiranno le orme. Di
essi parleremo nei prossimi articoli.
Roberto Spataro
[email protected]
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Il Papa ci parla
Da cinque anni
lavoratore nella
Q
uel giorno, 19 aprile 2005, ricordiamo l’annuncio in Piazza San
Pietro. Tutti noi ad ascoltare il nuovo
Papa col fiato sospeso: «Cari fratelli e
U Benedetto XVI: il
19 aprile tutti ricorderanno i 5 anni dalla sua elezione a Papa, e sui mass media
ciascuno vorrà dire
la sua.
Qui ricordiamo le sue
prime parole, quando
si è presentato alla
Chiesa e al mondo.
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sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno
eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare
e agire anche con strumenti insufficienti, e soprattutto mi affido alle vostre preghiere...».
I Era l’annuncio – per lui – di un cambio radicale di vita, come hanno notato gli storici: cominciava infatti il cosiddetto Ratzinger 3. C’era già stato il
Ratzinger 1, del bravo professore di
teologia in Germania, che affascinava
gli studenti, partecipava al Concilio Vaticano II da esperto, poi prendeva le distanze dall’irrequieto suo collega prof.
Hans Küng. Küng aveva fondato la rivista “Concilium”, dicendo già col titolo che bisogna continuare a discutere
e discutere sempre; Ratzinger allora
fondò la rivista “Communio”, per dire
che più importante è fare comunione
e dialogo. Poi c’è stato il Ratzinger 2,
col suo trasferimento a Roma come
Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della fede. Chiamato al fianco di Papa Wojtyla, per essere custode della fede e difensore dell’ortodossia. Quasi cinque quinquenni è durato questo servizio, con tanti problemi
e casi difficili da dipanare. E con quel
dono che ha confezionato con le sue
mani per tutta la cristianità: il “Catechismo della Chiesa Cattolica”. Infine il
Ratzinger 3, ossia Papa Benedetto lavoratore nella vigna.
I L’essere al vertice, la vertigine. Nel
suo primo messaggio, il giorno dopo
l’elezione, Papa Benedetto ricordò la
scena evangelica, il dialogo sconvolgente: “Tu sei il Cristo!”, “Tu sei Pietro,
e su questa pietra edificherò la mia
chiesa... A te darò le chiavi del regno dei
cieli”. Poi commentò: “Io, successore di
Pietro, ripeto con trepidazione le parole
trepidanti del pescatore di Galilea, e
riascolto con intima emozione la rassicurante promessa del divino Maestro. Se è enorme il peso della responsabilità che si riversa sulle mie povere
spalle, è certamente smisurata la potenza divina su cui posso contare. Il Signore, scegliendomi quale vescovo di
Roma, mi ha voluto suo vicario, mi ha
voluto pietra su cui tutti possano poggiare con sicurezza. Chiedo a lui di supplire alla povertà delle mie forze, perché sia coraggioso e fedele...”.
I Lavoratore nella vigna. Il Papa si sarà dato programma? Sì, lo ha presentato quel giorno stesso, ma incomprensibile per i manager moderni: “Il
mio programma di governo è quello di
non fare la mia volontà, di non perse-
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vigna
guire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e
della volontà dei Signore. E di lasciarmi guidare da lui, cosicché sia lui stesso a guidare la Chiesa in quest’ora della nostra storia”.
I C’è da supporre la solitudine del Papa. Si sa, chi siede sui pinnacoli vive isolato. O no? L’anno scorso, ringraziando per i tanti auguri ricevuti nel quarto anniversario della sua elezione, Papa Benedetto ha rassicurato: “Non mi
sento mai solo... Ho sperimentato la
comunione che mi circonda e mi sostiene: una solidarietà spirituale, nutrita essenzialmente di preghiera, che
si manifesta in mille modi. A partire
dai miei collaboratori della Curia Romana, fino alle parrocchie geograficamente più lontane, noi cattolici formiamo e dobbiamo sentirci una sola
famiglia, animata dagli stessi sentimenti
della prima comunità cristiana: «La moltitudine di coloro che erano diventati
credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32)”.
za San Pietro: “Cari fratelli e sorelle”.
Ogni suo discorso, messaggio, esortazione, omelia, comincia così. Ci considera fratelli e sorelle. Prima, l’approccio ufficiale dei papi era per lo più
un solenne “Diletti figli e figlie”, che cadeva molto dall’alto. Papa Ratzinger
invece scende al nostro piano, e ci chiama fratelli.
Perciò a noi tocca chiamarlo padre. O
meglio, dovremmo dire come Gesù:
Abbà. Che è in ebraico un vezzeggiativo, adatto ai bambini, e – anche se i
biblisti non osano – andrebbe tradotto non con un asciutto padre, ma con
papà, babbo, paparino, papino.
I Magari, per sentirci rispondere da lui
– come di solito fa dalla finestra di
Piazza San Pietro – con l’augurio di
essere noi sempre pieni di “cioia”.
Enzo Bianco
[email protected]
Preghiera
O Dio nostro Padre,
nel disegno
della tua sapienza
tu hai scelto
Benedetto XVI
come vicario
di Cristo sulla terra,
e pastore
di tutto il gregge.
Fa’ che egli
confermi i fratelli,
e tutta la Chiesa
sia in comunione
con lui
nel vincolo dell’unità,
dell’amore
e della pace.
(Dalla liturgia)
Osservatorio Martini. Foto di Andrea Guermani.
I E il suo pensiero, di continuo rivolto a Maria. Fa capolino fin dai primi discorsi: “Nelle sue mani pongo il presente e il futuro della mia persona e
della Chiesa...”; “Vi invito a camminare
docili e obbedienti alla voce del suo
divin figlio...”; “Alla Vergine Madre di
Dio, che ha accompagnato con la sua
silenziosa presenza i passi della Chiesa nascente, e ha confortato la fede
degli Apostoli, affido tutti noi... e le attese, le speranze e le preoccupazioni
dell’intera comunità cristiana”.
I E sono significative anche le prime
parole rivolte dal Papa a tutti, in Piaz-
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La Sindone di Torino
L’oggetto più misterioso
del mondo
� È un lenzuolo funerario di lino, tessuto a spina di pesce. È certamente
molto antico: è lungo poco più di quattro metri (4,37 per l’esattezza) e largo
un metro e dieci centimetri. Si trova in
una splendida cappella del Duomo di
Torino.
� Sulla Sindone si vede l’immagine
tenue di un corpo umano maschile, di
fronte e di schiena, perché il lungo lenzuolo sul quale fu adagiato supino gli
fu poi ripiegato sopra, e probabilmente
rincalzato ai piedi. L’immagine è stabile, dal punto di vista del colore e della chimica (vale a dire che non può essere cancellata, sbiancata, mutata dai
normali agenti chimici) ed è insensibile all’acqua.
� Non è un dipinto e le tracce sono
sangue umano del gruppo AB.
� La prima grande sorpresa è che si
tratta di un negativo fotografico.
© Haltadefinizione.com - Diocesi di
Torino.
� La garanzia che non si tratti di un
“falso” medievale sta nel fatto che ancora oggi nessuno è in grado di dire
con certezza come si sia formata. E
nessuno è in grado di riprodurla, con
tutte le caratteristiche chimiche e fisiche presenti sul lenzuolo.
� Nell’impronta sindonica è codificata un’informazione tridimensionale.
Con un analizzatore d’immagine si ottiene una forma tridimensionale del
corpo proporzionata e senza distorsione. Applicando lo stesso procedimento a un dipinto o a una normale
fotografia si ottengono invece immagini deformate.
� Oltre al fatto che nel Medio Evo
non si sapeva più come avveniva la
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crocifissione romana (i chiodi erano
sempre dipinti nel palmo...), che la composizione e la differenziazione del sangue (venoso, arterioso, siero ecc.) è stata scoperta e studiata alcuni secoli dopo che la Sindone di Torino era già
nota, senza tener conto dei pollini e
del resto.
� Tutti i segni che vediamo fanno
pensare ad una cosa sola: quest’uomo
ha subito uno dei supplizi più crudeli
e disonoranti di tutti i tempi: la crocifissione.
� Una grossa macchia di sangue, segno di una ferita sul costato, invade la
parte destra. Questa ferita è sicuramente mortale: nessun uomo che ha
una ferita di questo genere può essere vivo. Il colpo fu inferto quando l’uomo era già morto.
�� Il biologo Max Frei di Zurigo, scoprì sulla Sindone tracce di aloe e di
mirra. Sostanze usate in Palestina per
la sepoltura dei cadaveri. Max continuò
le sue ricerche e scoprì microscopici
granuli di polline appartenenti a specie vegetali che esistono solo in Medio Oriente.
�� Papa Giovanni Paolo, non molti anni fa, davanti alla Sindone disse: “La
Sindone di Torino è una sfida alla nostra intelligenza. La Chiesa affida agli
scienziati il compito di continuare a investigare, così che risposte soddisfacenti possano essere trovate a tutte le
domande. La Chiesa li invita ad agire
con libertà interiore e un attento rispetto sia per la metodologia scientifica che per la sensibilità dei credenti”.
Bruno Ferrero
[email protected]
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Il poster
I
l motto che il nostro Cardinale
Arcivescovo ha proposto per
l’ostensione del 2010, “Passio Christi,
passio hominis”, evidenzia un’inscindibile corrispondenza fra due
esperienze umane, che si rispecchiano l’una nell’altra. Da sempre la parola di Pilato “Ecco l’uomo” è ascoltata come un invito a vedere nella
sofferenza di Gesù tutte le sofferenze umane: quell’Uomo incorpora il destino di tutti
gli uomini. E in realtà è
così, perché il nostro
dolce Redentore è venuto a portare su di sé, quanto di
negativo l’uomo ha incontrato e accumulato sul suo cammino. E nell’incessante lotta contro il male l’uomo non trova aiuto migliore se non
affidare questo stesso male alla potenza liberatrice del Fratello venuto
dall’alto per farsi carne nella solidarietà più piena.
L’essere umano è un’unità indivisibile. Chinarsi sulla vicenda della
sofferenza umana, in tutte le sue forme, significa avvicinarsi alla vicenda
di Cristo.
Per questa interscambiabilità il
cammino di preparazione all’ostensione non può trovare suggerimenti migliori che nell’attenzione simul-
Ecce Homo
Passio Christi, passio hominis
PERCHÉ IL CORPO?
Questo mistero trova la sua descrizione più coinvolgente nella realtà della Sindone. Essa ci mostra
l’Uomo e in essa ogni uomo si sente accolto e rappresentato.
L’aspetto che per primo ci viene
incontro contemplandola è la realtà corporea dell’uomo: un corpo
che ha sofferto così tanto da fare
sorgere la domanda: ma perché Dio,
il Creatore e Padre, ci ha dato un
corpo, se poi viene ridotto così? Le
sofferenze dell’uomo, a cominciare
da quelle di Gesù, non si esauriscono nelle sofferenze del corpo.
Ma c’è tra la sofferenza fisica e quella dello spirito una corrispondenza
tale che, anche dall’immagine corporea di quell’Uomo, è possibile indovinare qualcosa del suo travaglio interiore.
tanea alle due sofferenze, che hanno un’unica radice.
L’AMORE CI SPINGE
Guarderemo intensamente al corpo di Cristo e penseremo: il corpo
ha permesso a Cristo di morire; il
nostro corpo ci permette di godere
i frutti di quella morte, dopo esserne stata la causa. Ma chiederemo
anche la forza di partecipare e condividere quel destino che, perché
condiviso con lui, diventa fecondo.
Non sarà allora più strano, né tanto inaccettabile, dire con Paolo: “Porto le stigmate di Gesù nel mio corpo” (Gal 6,17).
Il suo “amore ci avvolge
e ci spinge”, come ancora ci
diceva Paolo (2 Co 5,14) e ci
ha ripetuto l’esempio eroico dei nostri santi. Guardando la Sindone, sentiamoci coinvolti e spinti dal
suo amore verso una partecipazione alle sofferenze
dell’umanità che non ci lasci facilmente tranquilli.
Mons. Giuseppe Ghiberti
I L’Uomo e la Passione.
Dipinto di Pierre Octave Fasani.
Presidente della Commissione
diocesana per la Sindone
[email protected]
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RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE - nº 4 - 2010
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Si è caricato delle nostre sofferenze
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© Commissione diocesana per la Sindone.
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Principali date
della Sindone
544: A Edessa (odierna
Turchia) per la prima volta si hanno informazioni
e si parla di una straordinaria immagine “non fatta da mani d’uomo”.
944: La Sindone viene
portata a Costantinopoli.
1204: I Crociati conquistano Costantinopoli e
portano via anche numerose reliquie.
1353: Geoffroy de Charny, cavaliere oltre che devoto cristiano, porta la
Sindone nel suo feudo di
Lirey (Francia).
1453: Marguerite de
Charny cede la Sindone
ai Duchi di Savoia.
1532: Incendio nella
Cappella del Santo Sudario a Chambery (capitale
dei Savoia).
1578: Emanuele Filiberto
dopo aver spostato (1562)
la capitale da Chambery a
Torino, porta in città anche
la Sindone (che d’ora in
poi si chiamerà La Sindone di Torino).
1889: L’avv. Secondo Pia
per la prima volta fotografa la Sindone.
Le Ostensioni più recenti: 1978, 1998, 2000 e
2010.
Creazione di Adamo, Michelangelo, particolare
del soffitto della Cappella Sistina.
Siamo noi l’icona di Dio,
il suo manifesto,
la sua immagine,
la sua visione.
Lo scopo dell’icona è di lasciar indovinare
colui che non si può toccare,
e di suscitare il desiderio di conoscerlo,
di trasfigurare il reale
e di porre al suo centro
la sorprendente luce del Tutto Altro.
Siamo noi l’icona di Dio,
la disegniamo con la nostra carne e sangue,
con il nostro sudore
e le nostre lente esitazioni,
le nostre parole e i nostri gesti,
i nostri rifiuti e le nostre rivolte,
la nostra tenerezza.
Senza finzioni né menzogne
noi siamo l’icona di Dio.
Non abbiamo fretta:
occorre una vita intera perché essa sia dipinta,
tanto minuzioso ardore essa esige.
Per realizzarla occorre spesso
contemplare il Modello,
fino a quando sulla nostra faccia,
traspaia il suo Volto.
Non il volto di un condannato
a orribile morte,
ma quello del Risorto Vittorioso
Vivente per l’eternità.
T Il Duomo di Torino, ove è custodita la Sindone.
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Filatelia religiosa
Se la Sindone
arriva per posta...
I
l Santo Padre Benedetto XVI sarà a
Torino il 2 maggio 2010 per pregare davanti alla Sindone, in occasione
dell’Ostensione che si svolgerà dal 10
aprile al 23 maggio prossimo.
Il tema dell’Ostensione sarà la “Passio Christi, Passio hominis”, nello spirito già espresso dal Papa Giovanni
Paolo II in occasione della sua venuta
nel 1998 quando aveva dichiarato che
“nella Sindone si riflette l’immagine della sofferenza umana”.
Le Poste italiane hanno emesso un
francobollo celebrativo dell’evento del
valore di € 0,60, in 4 milioni di esemplari, che riproduce la sepoltura
del Cristo, un acquerello su seta
con supporto in tela di lino di
cm 55x44, opera di G. B. Della
Rovere del Secolo XVII, custodito nella Galleria Sabauda di Torino. Il dipinto riproduce la scena dove Giuseppe d’Arimatea,
aiutato da Giovanni, l’apostolo
prediletto, e da un discepolo, avvolge nel sudario il corpo di Gesù, con le “tre Marie” in pianto e,
in alto, tre angeli che sorreggono il telo sindonico. L’annullo postale riproduce lo stesso soggetto.
Le Poste Italiane avevano già emesso due francobolli “sindonici”. Nel 1978,
in occasione del IV centenario della traslazione della Sacra Sindone a Torino,
un francobollo da L. 220 che riproduceva una stampa popolare eseguita nel
1578 per la prima Ostensione a Torino,
in occasione della venuta del card. Carlo Borromeo. Per l’Ostensione del 1998:
nella ricorrenza del V Centenario della
costruzione del Duomo di Torino, avevano emesso un francobollo da L. 800
con l’immagine del Duomo e nello
sfondo il Sacro Volto sindonico.
Numerose sono le emissioni di
altri Paesi, le
cartoline e gli
annulli postali
commemorativi di cui avremo occasione
di segnalare in
seguito.
Angelo Siro
I L’annullo filatelico per l’Ostensione
del 1998 e il francobollo del 2010 apposto sull’annulo commemorativo.
(Per gentile concessione di Vaccari News).
Gruppo di Filatelia
Religiosa “Don Pietro Ceresa”
[email protected]
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Insieme verso la lectio
Dio ci parla
Dopo aver riflettuto su che cos’è la Parola di Dio, in questa seconda tappa ecco la
struttura della “Lectio divina”.
N
essuna parola esiste senza una
persona che parla. Dio ci ha parlato e ci parla. Nella Lettera agli Ebrei,
infatti, è scritto: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in
diversi modi ai padri, per mezzo dei
profeti, ultimamente, in questi giorni, ha
parlato a noi per mezzo del Figlio, che
ha costituito erede di tutte le cose e
per mezzo del quale ha fatto anche il
mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e della sua sostanza, sostiene tutto con la potenza
della sua parola” (Ebr 1,1-3). La parola è il mezzo per entrare in relazione
con una persona. La Parola può essere comunicata in vari modi, ma l’autore rimane sempre Dio. La “Lectio divina” è prima di tutto relazione con la Persona, o meglio con le Persone della
Trinità. E questa relazione è un mezzo
ed un segno per la comunione. L’apostolo Giovanni scrive: “Ciò che era fin
dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i
Y La Parola di Dio è
uno strumento di relazione e comunione
con Lui.
© Famiglia Cristiana, n. 8, 2008.
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nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita...
noi lo annunziamo anche a voi, perché
anche voi siate in comunione con noi.
La nostra comunione è col Padre e col
Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1,1-4).
In relazione con Dio
Lo scopo della Parola è farci entrare in comunione con Dio Padre, Figlio
e Spirito Santo. Nel Vangelo di San
Giovanni, Gesù riassume: “Questo vi
ho detto perché la mia gioia sia in voi
e la vostra gioia sia piena” (15, 11).
Questo pensiero è bellissimo, ma noi
non ci crediamo abbastanza. Tutta la
Parola di Dio è per creare relazione
con Dio, per creare una relazione personale con Dio. Osserva ancora San
Giovanni: “Molti altri segni fece Gesù
in presenza dei suoi discepoli, ma non
sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che
Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo
nome” (20,30-31).
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Nel creare una “relazione” con noi,
è Dio che ha fatto il primo passo, e
l’ha fatto non soltanto con la storia
della salvezza. Basta pensare ai sacramenti che ognuno di noi ha ricevuto:
sono segni efficaci che sono dentro
ciascuno di noi, non sono aria fritta!
La “Lectio” della Parola è lo strumento per rendere concreta questa comunione, per capire ciò che Dio prova per te, molto prima che ciò che tu
provi per Dio. Perché ci sia comunione, il primo posto va alla persona:
quanto comunica una persona, passa
tramite la parola, ma alcune volte la
parola può non servire perché la comunione arriva più intensa dall’amore: è lo Spirito Santo.
Lectio, percorso a tappe
Detto questo, anche se un po’ difficile, entriamo nei vari passaggi della
“Lectio”.
Innanzi tutto, la contemplatio. La
prima cosa è contemplare l’amore che
Dio mi vuole. Noi occidentali non siamo molto capaci a fare questo. Anche
quando pensiamo all’amore di Dio,
andiamo subito a noi, che non sappiamo amare Dio... Invece occorre
contemplare l’amore di Dio: il primo
passo verso di noi è suo. E il Signore
Gesù si relaziona con noi mediante
la Parola.
Poi, l’oratio, la preghiera, perché siamo consapevoli che il Signore è con noi
e ci spiega le scritture e spezza il pane per noi. Perché pregare? Perché di
fronte a questi doni, noi siamo come
il cieco di Gerico. Ricordate? “Gli risposero: «Passa Gesù Nazareno!». Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio
di Davide, abbi pietà di me». Quelli che
camminavano avanti lo sgridavano perché tacesse; ma lui continuava ancora
di più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me». Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli
T La meditatio è il
momento della Lectio in cui riflettere
sulla Parola.
fu vicino, gli domandò: «Cosa vuoi che
faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che
io riabbia la vista». E Gesù gli disse:
«Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti
ha salvato» (Lc 18,37-42).
La meditatio: è il nostro impegno
per togliere ciò che impedisce di vedere.
L’amore di Dio che scopriamo per noi,
non ci lascia indifferente. “Ma le loro
menti furono accecate; infatti fino ad
oggi quel medesimo velo rimane, non
rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si
legge Mosè, un velo è steso sul loro
cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto”
(2 Cor 3,14-16).
Infine, l’actio: è cercare come obbedire al Signore che ci invita: “Va’, lavati gli occhi alla luce della mia Parola e
vedrai”. La constatazione di un amore
(qualsiasi amore, e quindi, pensiamo a
com’è quello di Dio) ci mette in movimento dentro e butta giù le barriere interiori per trovare la strada della comunione.
Stefano Martoglio
[email protected]
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Maria nell’arte
La “Maestà” per anto n
I
l 9 giugno 1311 per le vie di Siena si
svolse una singolare processione:
non una delle solite, dove il popolo faceva da comparsa al seguito di un noto personaggio o di un simulacro famoso per miracoli. Al centro dell’attenzione, c’era un dipinto appena uscito dalle mani dell’artista. Lasciava ancor dietro l’odore di vernici e di collanti
e già le pubbliche autorità e il clero lo
portavano in processione verso la cattedrale. Era la “Madonna in Maestà” di
Duccio: pittura preziosa e di una bellezza sconvolgente.
Duccio di Buoninsegna era nato a
Siena verso la metà del 1200. Alcuni dei
documenti che lo riguardano sono
molti, per cause legali diverse, alcune
assai pesanti. Provvedimenti che la dicono lunga sul carattere, se non ribelle, certo poco attento alle convenzioni, del pittore. Era stato a Firenze dove, nel 1285, aveva eseguito una delle
sue opere migliori: la cosiddetta “Madonna Rucellai” per la Compagnia dei
Laudesi della chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, che è ora esposta
nella Galleria degli Uffizi, in compagnia di altre due “Madonne in Maestà”:
la prima di Cimabue e la seconda di
Giotto.
Y In questo particolare: il Transito della
Beata Vergine.
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Dipinta su entrambi i lati
La “Maestà”, così da sempre è chiamata, fu commissionata a Duccio il 9
ottobre 1308 e costò all’Opera del duomo 3.000 fiorini d’oro, una somma altissima. Era dipinta su ambo i lati. Sul
davanti, la Madonna con Bambino: circondata da una teoria di santi e angeli
e seduta su un ampio e sfarzoso trono, accenna ad una spazialità tridimensionale secondo le novità già praticate da Cimabue. È dipinta con una
cromia morbida, che dà naturalezza al
dolce incarnato. Anche il Bambino
esprime una profonda tenerezza, e il
suo corpo non sembra generare peso
sul grembo della Madre. Sul retro, sono raffigurate 26 storie della Passione.
In origine il complesso era fornito di
una predella ed era coronato con pinnacoli figurati dove erano descritti alcuni episodi desunti dal Nuovo Testamento e dai vangeli apocrifi. Sono significative le scene che sovrastano la
Madonna in Maestà, dove sono raccontati gli ultimi momenti della vita
della Vergine; il testo di riferimento è
un apocrifo, il “Transito della Beata Maria Vergine”, attribuito a Giuseppe d’Arimatea.
L’oro sostituisce il cielo
Duccio, in questa sua opera, è attentissimo alla descrizione degli edifici, interno ed esterno. Ad esempio,
colloca gli episodi dell’Ultima Cena e
del Processo davanti a Pilato in ambienti simili, caratterizzati da un soffitto a cassettoni sostenuto da robuste mensole aggettanti, con un’asta
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o nomasia
messa lì di traverso con un panno che
pare un testimonio di quanto sta avvenendo, e da un aereo porticato che
raggruppa e separa le figure quasi a
formare un’ulteriore cornice dentro la
tavola.
Il pittore è un grande regista di emozioni. Cambiano le ambientazioni, e
dalle esili architetture gotiche si passa
alle rocce nude, ma sempre ci conduce per mano nella storia e nei pensieri dei discepoli e di Gesù: quella raccontata è una vicenda preziosa, dove
l’oro sostituisce il cielo, e quasi non ce
ne accorgiamo.
La grandiosa pala rimase sull’altare maggiore della cattedrale senese fino al 1505. Con la costruzione del nuovo altare fu trasferita in una cappella
laterale. Poi, il primo agosto 1771 la tavola fu smembrata, le assi che la componevano furono smontate e sezionate in modo da separare le due superfici dipinte.
Natale Maffioli
U Per un pittore medievale era “in maestà” una figura rappresentata frontalmente, seduta su un
trono, nel pieno della propria potenza.
[email protected]
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Attualità
I sogni e le delusioni
di una
J
asmine è una splendida ragazza di
sedici anni. Il suo nome ha un vago sapore di esotico e di misterioso,
mentre in realtà si tratta di una italiana purosangue di solida famiglia borghese e piemontese. Figlia unica, è assediata dalle attenzioni di mamma, papà e nonna paterna, con contorno di
badante e colf a tempo pieno, che si
sono suddivisi i compiti di educarla nel
solco della tradizione familiare: la nonna nella religione, il padre nell’arte del
successo economico nella vita e la
mamma la guida per mano nei meandri del bon-ton dell’esclusiva ed escludente alta borghesia sabauda. Nonostante la sua bellezza, la sua intelligenza ed il suo eccellere nel tennis e
nel nuoto, la ragazza si sente frustrata e triste. Perché? Perché, come i giovani di ogni tempo, vorrebbe vivere in
pienezza i suoi sogni nell’ottica del tutto e subito. Invece la famiglia, la scuola, i preti e le suore continuano a ripeterle a raffica tutta una lunga serie
di divieti: no ad innamorarsi; no ad
uscire con i suoi coetanei; no a realiz-
Y Sedici anni: età di
domande e di interrogativi.
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zare i suoi progetti etichettati infantili;
no a truccarsi; no a decidere autonomamente se credere o meno; no a vestirsi secondo i suoi gusti; no a fare tardi la sera... Gli adulti proprio non li capisce. A parole vogliono educarla, ma
con i loro comportamenti la deludono profondamente innestando in lei
reazioni di rigetto. La nonna le sembra
piena di contraddizioni. Cooperatrice
salesiana, di messa quotidiana, inappuntabile nell’osservanza del precetto
festivo, nonostante questo, è razzista
nei suoi pregiudizi, indisponente nel
relazionarsi con le persone di servizio,
parsimoniosa tanto da sfiorare l’avarizia. Questo la rende poco credibile
nel suo tentativo di trasmetterle l’amore di Dio e del prossimo.
Se questa è la fede... a che mi serve?
Che senso ha tutto questo? I dubbi
a riguardo della religione aumentano
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a sedicenne
se Jasmine si ferma un attimo a prendere in considerazione l’atteggiamento educativo delle suore e del prete
della sua scuola “cattolica”. Hanno sempre sulle labbra termini bellissimi che
incarnano un po’ i suoi ideali, peccato che rimangano termini astratti avulsi da una condotta concreta. Troppe
ipocrisie, gelosie, dogmatismi, contro
testimonianze, falsità... Ed allora che
senso ha il tutto? Se questa è la fede,
meglio farne a meno. Anche il padre
lascia perplessa l’adolescente in cerca
di modelli esistenziali. Avvocato di fama, iperattivo sul lavoro e completamente assente in famiglia. Secondo lui,
la figlia ha tutto quello che le serve per
sentirsi felice: scuola di gran nome, circoli sportivi esclusivi, viaggi in tutto il
mondo... Deve solo chiedere e tutto le
viene dato. Deve preoccuparsi di studiare e di non avere grilli per la testa.
Lui la circonda di “roba” concreta, spendibile al tavolo della vita e non di favole o smancerie sentimentali. Non gli
passa per l’anticamera del cervello che
sua figlia ha bisogno della sua presenza di padre e non del suo portafoglio, di educazione alla tenerezza e non
di cinismo esistenziale. Che senso ha
avere un padre così, anaffettivo ed interessato solo ad accumulare beni?
Ho bisogno di affetto!
Resta quella povera sfigata della
mamma narcisista ed autoreferenziale. Secca come un’acciuga alla perenne ricerca di un qualcosa che attenui
le sue paure. Elegantissima, presenzialista nel jet-set torinese, fanatica seguace di tutte le diete vegetariane, pie-
na di protesi, botulino e silicone, schiava della sua immagine. È tutt’altro che
un punto di riferimento educativo.
Abortista, ma non mangia carne per
solidarietà contro i poveri animali macellati; non indossa pellicce perché animalista ma non disdegna i diamanti
che grondano sfruttamento ed ingiustizia umana. È di sinistra, ma vuole
essere servita a puntino ed è solita rivolgere tutte le sue attenzioni più a Tigre, magnifico gatto persiano, che alla figlia. Non ha tempo per riceverne
gli sfoghi e le confidenze, mai un gesto affettuoso, mai una carezza, mai
un bacetto di buonanotte.
Una siffatta famiglia è meglio rimpiazzarla con il gruppo degli amici: così aperto, solidale, complice e libertario. Lentamente nella mente di Jasmine si fa strada la convinzione che la religione della nonna, del prete e delle
suore, che l’efficientismo pragmatico
del padre e l’inconsistenza esistenziale materna non meritino di essere seguiti, ma evitati se vuole essere libera
e felice. E così lentamente, giorno dopo giorno, la ragazza si convince che
tutto quello che sa di fede, di famiglia
e di valori appartiene ad un mondo
che non deve essere il suo... Tutto questo non può essere solo definito nichilismo da parte degli adulti!
Ermete Tessore
U Spesso gli amici
sono una vera e propria famiglia.
RMA online
All’indirizzo
www.donbosco-torino.it
oppure su
www.ausiliatrice.net
in approfondimenti,
potete leggere
anche l’articolo di
don Pier Giuseppe
Accornero
Il Papa ai giovani:
Seguite Gesù,
Maestro buono.
[email protected]
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La pagina dell’ADMA
Con Maria,
pellegrini verso il Regno
ADMA news
Per informazioni
complete e aggiornate
sull’ADMA nel mondo
consultate il sito:
www.donbosco-torino.it
adma-on-line
L
a Madonna ci accompagna come
Madre e ci invita a percorrere il pellegrinaggio della vita nella gioia, nella
fiducia in Dio creatore, consapevoli che
nella fede scopriamo la bellezza e la
grandezza della vita. Per riuscire in questo occorre dedicarsi alla preghiera
personale: con essa si alimenta la fede, il contatto con Dio e si trova la forza di avanzare nel cammino spirituale. È vitale tener viva nella giornata la
preghiera personale: essa fa sì che noi
cerchiamo Dio, lo incontriamo, ci nutriamo di Lui e della sua Grazia.
Dio, nostro riposo
La preghiera personale ha un luogo privilegiato: il cuore. Lì dobbiamo
cercare Dio e ascoltare la sua voce.
Se riusciamo a far tacere i rumori del
mondo e del nostro io, ci è possibile
ascoltare le sue parole di luce, percepire le sue ispirazioni, lasciarci commuovere dalla sua tenerezza. Nel medesimo tempo possiamo parlare a
Dio, nella certezza che ci ascolta e ci
capisce, come nessun’altra persona
potrebbe fare. Esponiamo con la fiducia dei figli ogni nostro problema,
ogni turbamento, ogni bisogno, ogni
richiesta. Dio esaudisce sempre chi
prega con fede senza stancarsi. Riempiamo di Dio il cuore durante le nostre giornate tumultuose. Dio è il nostro riposo, la nostra medicina e la
nostra forza. Basta ripetere col cuore
alcune piccole invocazioni, perché si
accenda in noi la sua presenza. Quando Lui è presente, anche noi siamo
presenti a noi stessi e facciamo bene
e con amore ogni cosa.
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La fede? È come un fiore...
Si perde la fede perché non si prega. La fede è come un fiore: l’acqua
che alimenta questo fiore è la preghiera. La Madonna è la Madre che ci
fa crescere, ci consiglia, ci incoraggia,
ci ammonisce e ci esorta dicendo: crescete e rallegratevi nel Signore che vi
ha creati. Rallegratevi per questo meraviglioso piano della Creazione e della Redenzione nel quale siete inseriti,
così da diventare faro di luce soprattutto per coloro che hanno il cuore e
la mente accecati e non sanno riconoscere la presenza e l’amore di Dio
nella loro vita.
“L’amore è l’essenza di Dio stesso”,
è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza
all’esistenza di ogni uomo. Al tempo
stesso, l’amore è, per così dire, lo “stile” di Dio e dell’uomo credente, è il
comportamento di chi, rispondendo
all’amore di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In Gesù Cristo questi due aspetti
formano una perfetta unità: Egli è
l’Amore incarnato.
I santi, inno alla carità
Questo Amore ci è rivelato pienamente nel Cristo crocifisso. Fissando
lo sguardo su di Lui, possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi
abbiamo riconosciuto l’amore che Dio
ha per noi e vi abbiamo creduto” (cfr.
1 Gv 4,16; Encicl. Deus caritas est, 1).
“Cari amici, se pensiamo ai Santi, riconosciamo la varietà dei loro doni spirituali, e anche dei loro caratteri uma-
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ni. Ma la vita di ognuno di essi è un
inno alla carità, un cantico vivente all’amore di Dio! Oggi, 31 gennaio, ricordiamo in particolare San Giovanni
Bosco, fondatore della Famiglia Salesiana e patrono dei giovani. In questo
Anno Sacerdotale vorrei invocare la
sua intercessione affinché i sacerdoti
siano sempre educatori e padri dei gio-
vani; e perché, sperimentando questa
carità pastorale, tanti giovani accolgano la chiamata a dare la vita per Cristo e per il Vangelo. Maria Ausiliatrice, modello di carità, ci ottenga queste
grazie” (Benedetto XVI - Angelus del 31
gennaio 2010).
Don Pier Luigi Cameroni
[email protected]
T Giovedì 11 febbraio, presso il Centro Mariano “Beata
Vergine Addolorata”
di Rovigo, durante un
incontro sulle aggregazioni laicali, su invito di Sr. Maria Grazia Camparini, è stata presentata l’ADMA.
Foto di gruppo.
T Da sinistra: suor
Maria Grazia Camparini, don Pierluigi e
il sig. Conti Alessandro durante la presentazione.
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Appuntamenti mariani
La GranMadre e il contadi
22 aprile 1557 - Santa Maria dello Splendore in Giuliano v
CSDM online
Consultate l’archivio
on-line del Centro di
documentazione. Troverete anche nuove
informazioni ed approfondimenti.
www.donbosco-torino.it
Questo mese: storia
illustrata dei Papi della seconda metà del
V secolo.
I L’esterno e l’interno dove sgorga l’acqua della sorgente
del Santuario.
28
I
l P. Pietro Capullo, priore dei Padri
Celestini, custodi del Santuario fino
al 1800, scrive nella Cronaca del tempo: «Il 22 aprile 1557 piacque al Signore dare un segno della sua divina
bontà col far conoscere al popolo di
Giulianova la Vergine dello Splendore».
Verso mezzogiorno, un pio contadino, di nome Bertolino, stanco per aver
raccolto legna da ardere, si riposa all’ombra di un frondoso ulivo. Ristorato dalla piacevole brezza che giunge dal
mare fin lassù, sta per assopirsi quando vede tra i rami dell’albero una luce
abbagliante e, al centro, la Vergine Maria che gli dice: «Su, Bertolino, va’ in
Giulianova e porta la bella notizia che
la Gran Madre di Dio ha scelto qui la
sua dimora. Avvisa il clero che venga
con solenne processione ad onorarmi
e che qui, dove tu ora mi vedi, si costruisca un santuario». Stordito per la
grande emozione, ma fiero per l’incarico ricevuto, Bertolino corre dal Governatore della città per riferirgli il messaggio della Madonna.
Ma, come prevedibile, sia il Governatore che alcuni notabili presenti, si
divertono molto nell’ascoltare lo strano racconto, e quando il contadino incomincia ad insistere perché lo seguano sul luogo dell’apparizione, lo
cacciano in malo modo, e lo considerano visionario e demente: “forse i primi caldi o un bicchiere di vino in più,
gli hanno dato alla testa”. Molto abbattuto per la cattiva accoglienza ricevuta, Bertolino se ne ritorna a casa, ed
il giorno seguente, di buon mattino,
spinto da una forza interiore, si reca
nuovamente presso l’ulivo con la speranza di rivedere la splendente immagine della Madonna e poterle confidare tutta la sua amarezza.
L’Apparizione ritorna!
Con il cuore in gola, percorre di corsa l’ultimo tratto della salita; si sente
umiliato e offeso, non tanto per le ingiurie ricevute, quanto piuttosto per il
fallimento della missione avuta dalla
Madonna. Chissà se la Vergine Maria
si mostrerà ancora ai suoi occhi?
Giunto però in prossimità dell’albero, tutti i suoi timori svaniscono: la
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dino Bertolino
o va (TE)
Madonna è lì ad attenderlo. Lo incoraggia e lo esorta a tornare dal Governatore, ma anche la seconda ambasciata non ha miglior successo della prima. Il terzo giorno, Bertolino ritorna in quel luogo ormai a lui tanto
caro. Si inginocchia ed attende che ritorni l’Apparizione. La Vergine ritorna:
con dolcezza e fermezza lo incoraggia
a dimostrare al Governatore che quanto dice corrisponde a verità.
Senza esitazioni, Bertolino ritorna
in città. Con coraggio, per la terza volta, riferisce quanto la Madonna gli ha
comandato, ed insiste perché tutti salgano con lui in cima alla collina per verificare la veridicità del suo racconto.
Questa volta però alle ingiurie si aggiungono le percosse. Per meglio convincerlo a mettere giudizio, i presenti
ricorrono alla violenza.
La sorgente miracolosa
Bertolino, dal temperamento mite,
sarebbe rimasto sopraffatto se la Madonna non fosse intervenuta a liberarlo! Improvvisamente chi lo percuote rimane con il braccio paralizzato e
muto. Nella sala scende un pesante silenzio! Tutti comprendono di essere
testimoni di un fatto soprannaturale
ed ognuno, in cuor suo, chiede perdono per le offese fatte al povero Bertolino. Il Governatore spaventato convoca il Parroco, i Canonici, e tutti, in solenne processione, si recano sul luogo indicato da Bertolino che, con cuore colmo di gioia, guida il corteo dal palazzo ducale al luogo miracoloso. Tutti, trasecolati ammirano la visione, chiara e distinta, della Vergine Maria, splen-
dente fra fulgori di luce abbagliante.
Ed un nuovo grande dono riserva loro la Madonna, come prova tangibile
e duratura dello straordinario avvenimento: alla base dell’ulivo fa sgorgare una sorgente d’acqua pura e fresca,
che ancora oggi continua a sollievo di
tanti ammalati! Il primo miracolato è
proprio l’uomo che ha percosso Bertolino e si è burlato di lui. Sinceramente
pentito, riacquista la parola e l’uso del
braccio. La notizia dell’apparizione si
sparge in un baleno ed attira sul luogo una moltitudine di persone per segnarsi con l’acqua della sorgente e per
invocare misericordia, protezione e
conforto.
Mario Morra
U “Su, Bertolino, levati e vanne tosto in
Giulianova e spargi
per tutto il paese la
lieta novella che la
Gran Madre di Dio
qui ha scelto la sua
dimora”.
[email protected]
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Lettere a suor Manu
Ma a Messa... neanche p
“H
Y Come far gustare
la gioia dell’incontro
con il Signore ai giovani, oggi?
o un solo figlio, ha 15 anni. Non
mi dà grossi problemi, va bene
a scuola, è abbastanza educato, mi
racconta qualcosa di sé, basta che non
parliamo di fede, di Chiesa, di Messa e quant’altro: argomenti tabù! Io
sono catechista e la mia famiglia ha
una bella tradizione religiosa. Non
siamo bigotti, ma crediamo nel Vangelo e cerchiamo di viverne il messaggio. Non può immaginare quanta sofferenza io provi ogni volta che
tento di invitarlo con me o di spronarlo ad andare in oratorio dove ci sono altri ragazzi (purtroppo non molti e purtroppo non simpatici) come
lui. La Messa per lui è “una noia infinita, le preghiere sono parole senza senso, e la gente che va in Chiesa
gente che non ha carattere e si lascia
abbindolare dai preti”.
Inoltre, ciò che mi fa arrabbiare, è
che né il prete né gli animatori tentano in qualche modo di conquistarlo, e la Messa dei ragazzi è senza entusiasmo e non invoglia tanto la partecipazione. Mi dispiace che non possa gustare la gioia di avere un amico come Gesù accanto a sé. Vorrei che
si fidasse e mi ascoltasse anche senza provare chissà quali emozioni, ma
non succede e non mi piace costringerlo!... Che fare?
”
Che fare?... Se non temessi di turbare
qualcuno direi che non mi preoccupa
il fatto che suo figlio non vada a Messa, o meglio: non è la prima preoccupazione. Infatti mi preoccupa di più
che in oratorio non ci sia un clima accattivante, non ci siano animatori che
vanno a cercare i ragazzi, non ci sia un
30
ambiente convincente. Anni fa, lavorando per la rivista Primavera, ho avuto modo di intervistare un disk jockey
famoso. Ad un certo punto ha sentito
il bisogno di dirmi: “Anch’io vado in
chiesa sai?” e io gli ho risposto “Beh,
buon per te!” e lui ha continuato: “Però ci vado quando non c’è nessuno,
perché la Messa, per me, è la cosa più
triste che ci sia”. Purtroppo non ho
avuto il coraggio di dirgli “Ma non è vero...” perché mi sono venute in mente
quasi delle fotografie di messe davvero molto tristi... Che fare? Penso sia
molto importante avere chiaro l’obiettivo, che, per me, è che suo figlio possa incontrare Gesù, lasciarsi avvolgere dal suo amore e riconoscerlo importante e indispensabile per una vita
vera! Credo che la Messa, a quel punto nascerà come bisogno. Se invece
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e per sogno!
non scatta l’incontro, se anche andasse a Messa per far contenta sua mamma, sarebbe solamente un gesto esteriore. Cosa farebbe Gesù? È una domanda che mi piace fare e farmi spesso. Gesù partirebbe da suo figlio! “Zaccheo scendi!... Matteo seguimi!... Pietro vieni!...” partirebbe dall’incontro. Costruire una relazione profonda, bella,
piena di amore fatto percepire (come
suggerisce Don Bosco). Fare in modo
che i giovani possano dire se Dio mi
ama così... mi ama davvero tanto! Quindi testimoniare il proprio incontro con
Gesù, fare in modo che Gesù faccia
davvero la differenza nella nostra vita
fino a spingere qualcuno a chiederci:
ma qual è il tuo segreto? Qual è il segreto della tua serenità, della tua pazienza, della tua vita così ... contagiosa? Poter rispondere “Il mio segreto è
Gesù” è certamente una bella testimonianza! Poi però c’è ancora un passaggio importante: che l’oratorio, la
comunità cristiana possa dire, soprattutto ai giovani: “Vieni e vedi”; vieni in
oratorio e ti divertirai, vieni alla Messa dei giovani e ti troverai a tuo agio,
sarà una bella esperienza. Ma questo,
ovviamente, non dipende da suo figlio, e neppure da lei... Ultima idea...
che fare? Preghi per suo figlio, gli dia
la sua voce, le sue mani alzate, le sue
ginocchia piegate... Anch’io mi unisco
alla sua preghiera. Sono certa che Dio
ci ascolterà.
Manuela Robazza
U Per costruire una
relazione profonda,
“Vieni e vedi”.
[email protected]
ANNA PEIRETTI - BRUNO FERRERO
LA SINDONE
RACCONTATA
AI BAMBINI
Editrice Elledici, pagine 16, € 1,80
Due bambini, facendo una ricerca
scolastica su Torino, si imbattono
per caso nel “Museo della Sindone”. Inizierà per loro un viaggio straordinario. Il libretto illustrato è uno strumento utile nella
catechesi, nella scuola, in famiglia, anche per preparare un
eventuale pellegrinaggio con i bambini in occasione dell’Ostensione della Sindone.
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Nº 4 - APRILE 2010
Pasqua: trionfo dell’amore
La pagina del rettore
Don Franco Lotto
Facciamo silenzio, parla la Sindone
Editoriale
Card. Severino Poletto
L’essenziale che non teme confronti
Leggiamo i Vangeli
Marco Rossetti
Maria, donna della Pasqua
Spiritualità mariana
Maria Ko Ha Fong
Bernardo cantore di Maria
Maria nei secoli
Roberto Spataro
Da cinque anni lavoratore nella vigna
Il Papa ci parla
Enzo Bianco
L’oggetto più misterioso del mondo
La Sindone di Torino
Bruno Ferrero
Ecce Homo. Passio Christi, passio hominis
Mons. Giuseppe Ghiberti - Mario Scudu
Il Poster
Dio ci parla
Insieme verso la lectio
Stefano Martoglio
La “Maestà” per antonomasia
Maria nell’arte
Natale Maffioli
I sogni e le delusioni di una sedicenne
Attualità
Ermete Tessore
Con Maria, pellegrini verso il Regno
La pagina dell’ADMA
Pier Luigi Cameroni
La Gran Madre e il contadino Bertolino
Appuntamenti mariani
Ma a Messa... neanche per sogno!
Lettere a suor Manu
Mario Morra
Manuela Robazza
FOTO DI COPERTINA:
Chiesa del Santo Volto a Torino. Nel presbiterio le tessere in pietra ricreano il volto della Sindone tramite un effetto pixel.
(Progetto Arch. Mario Botta, foto di Enrico Cano)
Altre foto: Archivio Rivista - Haltadefinizione.com - Archivio ICP - Centro Documentazione Mariana - Redazione ADMA - Editrice Elledici - Beppe Ruaro - ANS Image Bank.
Basilica di Torino
Rivista della
-Valdocco
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ANNO XXXI -
MENSILE - Nº
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Passio Christi,
passio hominis
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