Coop. Soc. ACQUARIO 85 (Capofila) Coop. Soc. OBIETTIVO UOMO Coop. Soc. ALBATROS ’85 Associazione DIANOVA REGIONE LAZIO Assessorato Sanità Fondo Lotta alla Droga “RIDUZIONE DEL DANNO E NON SOLO...” 2 A CURA DI : Dott.ssa Sabrina Signorini Dott. Cosimo Buccoliero. Con il contributo di tutta l’équipe del Nautilus. Un grazie particolare a tutti gli utenti che sono stati disponibili a raccontare le loro storie. LE MELE MARCE Nella cassetta ordinata di mele belle e lucenti, le mele marce si notano subito. Sono diverse. Si buttano via prima che guastino le altre. Anche nella vita, per qualcuno, ci sono le mele marce. Sono le persone che si “etichettano” come anormali, diverse. Hanno problemi, difficoltà. Sono scomode, dure, provocatorie. Ci chiediamo a volte cose incomprensibili. Insomma, disturbano. Quando entriamo in contatto con loro, scatta la nostra difesa. Via, fuori, se ne vadano, come se fossero, appunto “mele marce”. Pochissimi tentano di incontrare quella persona che ha la sua vita, la sua storia, le sue necessità. Da sempre la diversità non è accettata. Io ho imparato a conoscerla, ad accoglierla e a condividere le “diversità” degli altri con le mie. Ci siamo sentiti, tutti, più “normali”. Dal libro “Chi ha paura delle mele marce” di Luigi Ciotti. 3 La Coop. Acquario 85 e il Nautilus La Cooperativa Acquario 85 dal 1986 lavora nel campo delle dipendenze, soprattutto nel campo della Prevenzione, del Reinserimento sociale e dal 1998 nel settore della Riduzione del Danno. Dal 2000 gestisce il progetto Nautilus in qualità di Capofila, portando questo ad essere una sostanziale realtà nel territorio. La società "Acquario 85" Cooperativa Sociale, si costituisce in Roma il 16 gennaio 1985, con lo "scopo sociale di realizzare servizi per la prevenzione e il recupero della tossicodipendenza, per il reinserimento sociale e il sostegno ai giovani in difficoltà, attraverso il lavoro di un’équipe composta da operatori specializzati, in collegamento con le strutture pubbliche e privateÈ Ente Ausiliario della Regione Lazio –aderisce al Cearl, Coordinamento Regionale Enti Ausiliari Regione Lazio-. È Iscritta all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali. ‘E membro del CNCA-Lazio e Nazionale (Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza). Iscritta alla Lega delle Cooperative. Primo bando vinto nel 1985 “Piano Roma Giovani '85” del Comune di Roma, con un progetto di prevenzione e recupero delle tossicodipendenze, che si svolgerà prevalentemente nel quartiere di Corviale e presso la Comunità Diurna di Villa Maraini. Nel 1990 in convenzione con la Provincia di Roma realizza il Progetto "La periferia fa centro" finalizzata alla realizzazione di laboratori e seminari destinati alla popolazione giovanile della periferia romana. Dall’anno 2000 la Cooperativa ha svolto vari Progetti tra cui:i: Centro Diurno e Unità di Strada per Preadolescenti e Adolescenti in XV Circoscrizione, finanziato dalla Legge 285/97, in partenariato con Arciragazzi Roma, e la Coop. Sociale Input. Dal 2000 il Fondo Nazionale di Intervento per la Lotta alla Droga viene regionalizzato e da allora la Coop riceve finanziamenti dalla Regione in progetti di Prevenzione e di Riduzione del Danno, che la vedono per lo più in partenariato con altre Strutture, come:- il Centro Diurno “Nautilus” per Tossicodipendenti attivi e Alcolisti in ASL RMG. Inoltre l’Unità di Strada per Tossicodipendenti e Alcolisti, Latina, anni: 2001-2002; UnCentro di aggregazione giovanile a Corviale Roma. – e l’Unità di Strada per Tossicodipendenti e Alcolisti in Asl RmG Invece il Progetto di Peer Education in Asl RmG è finanziato dalla Provincia di Roma è nell’anno 2007/2008 . Mentre il Progetto di Peer Education in Asl RmG, finanziato dalla Regione, in Partenariato con la Coop. Folias con Capofila il Comune di Tivoli, anno 2011.. La Cooperativa Acquario '85 realizza in numerose scuole romane, attività di prevenzione primaria delle Tossicodipendenze, di informazione e di prevenzione relativamente all’Aids e malattie sessualmente trasmesse, di educazione alla salute e di promozione del benessere, orientati alla informazione/formazione di allievi, genitori e insegnanti. Opera stabilmente, con un suo Centro Ascolto (Via Ettore Ferrari, 104) nel quartiere di Nuovo Corviale, quartiere della estrema periferia romana svolgendo attività di prevenzione della tossicodipendenza e del disagio familiare e giovanile. Il nostro lavoro sottende una filosofia che mette al primo posto l’aiuto e la solidarietà verso coloro che vivono in condizione di maggiore isolamento e marginalità, allo scopo di ridurne o eliminare il disagio. I nostri operatori per i loro interventi utilizzano un mix di professionalità e doti umani per cogliere al meglio le individualità che si affacciano al servizio e non creare distanze, che, se eccessive, impediscono il rapporto e l’affrontare insieme i problemi. Si lavora cioè, molto per attivare e potenziare le risorse personali possedute dall’utente. Sotto questi principi si svolgono anche le attività che ci vedono impegnati nel Centro Nautilus. 4 La Coop. Albatros e il Nautilus La Cooperativa Sociale Albatros ’85 Onlus, Ente Ausiliario della Regione Lazio, è un’impresa sociale che offre servizi senza scopo di lucro, al fine di migliorare la qualità di vita dei cittadini attraverso un lavoro di prevenzione, di recupero delle problematiche psicosociali e sociosanitarie, di lotta all’esclusione sociale e per una politica di sviluppo locale sostenibile. Dal 1987 la Coop. Albatros ‘85 inizia ad operare con specifici interventi di prevenzione a carattere psico – socio educativo e sanitario con particolare riferimento ai minori e ai giovani, in parte provenienti da famiglie multiproblematiche con evidenti situazioni di disagio e svantaggio socio-culturale. La vocazione della Cooperativa a svolgere, prevalentemente, interventi nel campo della Prevenzione e del recupero delle Tossicodipendenze l’ha portata a partecipare ai bandi della Regione Lazio relativi al fondo Nazionale di Lotta alla Droga per l’attivazione e la successiva conduzione del Centro Diurno a Bassa Soglia “Nautilus” con capofila la Cooperativa Sociale Acquario 85. Per cui collabora alla gestione di questo “Servizio” di primo livello essenziale di assistenza sociosanitaria sul territorio della ASL ROMA/G e rivolto a tossicodipendenti e alcool dipendenti attivi. La Cooperativa Obiettivo Uomo è partner nel progetto Nautilus dalla sua costituzione per i principi a cui si ispira di sensibilità e di attenzione verso le problematiche umane. Il Centro Nautilus risponde agli obiettivi primari di intervenire con azioni positive, per favorire migliori condizioni di vita delle persone tossicodipendenti contribuendo, in sinergia con altre azioni di prevenzione, alla riduzione della domanda e dei rischi di uso, consumo e abuso delle sostanze psicotrope, siano esse illegali che legali. “Obiettivo Uomo”, Società Cooperativa Sociale Onlus, è una cooperativa sociale senza scopo di lucro attiva dal 1981 nei servizi rivolti alla persona, assistenziali, sociali, riabilitativi e ludicoricreativi. Accreditata presso il Registro Cittadino del Comune di Roma per Aree “Disabili”, “Minori”, “Anziani” e “Adulti” e gestisce attività di assistenza domiciliare, scolastica, laboratori, case famiglia, centri diurni, attività di gruppo, soggiorni estivi, per disabili; centro diurno a bassa soglia per tossicodipendenti, servizi per la popolazione immigrata, unità mobili per marginalità sociale, sostegno alla genitorialità, mediazione familiare. Dal 1997 ha realizzato progetti di prevenzione alla tossicodipendenza e alcool, attraverso unità di strada, laboratori e centri educativi con i finanziamenti della Regione Lazio e ufficio Urban e dall’anno 2006 partecipa a progetti sperimentali di Peer Education per la prevenzione alla tossicodipendenza, alcool, gioco d’azzardo, MST/HIV. Recentemente in collaborazione con la ASL RM “H” ha gestito un Centro Diurno di Prima Accoglienza per Tossicodipendenti nel Comune di Pomezia. Dal 1998 attiva il servizio di assistenza di base educativo-culturale per i bambini disabili nella scuola e in seguito si specializza con il Sostegno per le famiglie delle persone non autosufficienti; dal 2003 realizza e sviluppa progetti di residenzialità per rispondere alle esigenze di coloro che hanno bisogno di cercare un’alternativa alla famiglia di origine che non hanno più, oppure vogliono realizzare il loro desiderio di autonomia nella convivenza. 5 L’Associazione Dianova e il Progetto Nautilus La Missione di Dianova è: sviluppare azioni e programmi che contribuiscano attivamente all’autonomia personale e al progresso sociale. È proprio in base alla sua missione che l’organizzazione, oltre a gestire le proprie comunità con questa visione, e ad aver attivato programmi residenziali di pronta accoglienza, diagnosi ed orientamento, partecipa a progetti specifici come il Progetto Nautilus, uno dei pochi nei quali Dianova partecipa in attività di riduzione del danno. Questo è stato possibile anche in base ad un documento condiviso dalla rete Dianova che posiziona l’organizzazione su vari ambiti e tra questi quello della riduzione del danno: Dianova, è favorevole alla diversificazione dell'offerta assistenziale poiché, offrire trattamenti unicamente a coloro che desiderano abbandonare totalmente il consumo, significa ignorare una parte molto importante dei consumatori di sostanze. Dopo 7 anni dall'ingresso di Dianova nel progetto Nautilus possiamo dire di aver avuto una partecipazione attiva e intensa, che ha visto la nostra collega Dott.ssa Sabrina Signorini essere portatrice di quei valori e di quelle specificità legate alla nostra organizzazione. Lo stretto contatto con la comunità ha fatto sì che numerosi utenti avessero la possibilità di intravedere un percorso riabilitativo. L'obiettivo, quindi che Dianova si prefigge nell'ambito di questo progetto è avvicinare persone in difficoltà, accettando anche che non siano pronte ad intraprendere un percorso di cambiamento. Come risultati possiamo vantare diversi ingressi e numerosi invii al centro d'Ascolto di Dianova che ha seguito da vicino tutte le pratiche necessarie all'ingresso. L'auspicio resta di mantenere sempre attiva la collaborazione di rete con tutti i servizi affinchè le offerte e le risposte alla problematica di abuso di sostanze possa essere sempre più diversificata e attenta alle necessità della persona. L'Associazione Dianova è un’ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale), nata in Italia nel 1984 opera per il recupero e la riabilitazione dei tossicodipendenti, degli alcolisti e nel disagio sociale, in particolar modo gestisce Comunità Terapeutiche residenziali e Centri di Ascolto (nelle maggiori città italiane: Roma, Milano e Napoli), è iscritta all’Albo delle Regioni Lazio, Lombardia, Marche e Sardegna e ha in essere una convenzione con il Ministero di Grazia e Giustizia, è accreditata con il Servizio Pubblico nelle regioni Lombardia, Marche, Lazio e Sardegna per un totale di posti disponibili all'utenza di n° 167. L'Associazione aderisce a Dianova International, organizzazione non governativa senza scopo di lucro presente in 11 paesi dell'Europa e dell'America, che ha una lunga esperienza nel campo del recupero dei tossicodipendenti e ne condivide i suoi principi. Nel 2007 il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) ha inserito Dianova International come “membro consulente speciale” per le Nazioni Unite nell’ambito di tre aree educazione, giovani e tossicodipendenze e nel 2012 ha ottenuto lo “Statuto Consultivo” dall’UNESCO. 6 Indice “RIDUZIONE DEL DANNO E NON SOLO...” ................................................................................ 1 Che cos’è la Riduzione del Danno ............................................................................................... 8 Che cosa sono i servizi “ a bassa soglia”................................................................................... 8 Il territorio della ASL RMG e il consumo di sostanze................................................................. 9 Analisi del territorio, tipologia, dati ed età di consumo.................................................................................. 9 Il Centro Diurno Nautilus............................................................................................................ 11 Riduzione del danno e miglioramento della qualità della vita ..................................................................... 11 La storia del Servizio ................................................................................................................................... 11 Gli interventi................................................................................................................................................. 12 Alcuni dati recenti del Servizio Nautilus ...................................................................................................... 13 L’Equipe....................................................................................................................................................... 13 Il lavoro di rete ............................................................................................................................ 14 L’utenza ....................................................................................................................................... 16 La Ricerca: .................................................................................................................................. 21 L’efficacia di un intervento di riduzione del danno: risultati preliminari ....................................................... 21 Una giornata al Centro................................................................................................................ 26 Gli operatori si presentano… ..................................................................................................... 27 L’Assistente Sociale .................................................................................................................................... 27 La giovane Psicologa .................................................................................................................................. 27 L’operatrice psicosociale ............................................................................................................................. 29 L’ultimo acquisto del Nautilus...................................................................................................................... 29 Il Medico ...................................................................................................................................................... 31 Anche se io mi sentissi assolto sono per sempre coinvolto........................................................................ 32 L’Operatore… il Responsabile… il “Fondatore” ........................................................................................ 33 Storie di vita ed interviste agli utenti......................................................................................... 35 Un utente decisamente particolare ............................................................................................................. 35 Una storia di vita: Marco.............................................................................................................................. 37 Interviste:..................................................................................................................................... 39 Franco ......................................................................................................................................................... 39 Alessandro................................................................................................................................................... 40 Giancarlo ..................................................................................................................................................... 40 Il medico informa…..................................................................................................................... 42 Le emergenze ............................................................................................................................................. 42 Le malattie sessualmente trasmissibili........................................................................................................ 42 Conclusioni .................................................................................................................................................. 45 E Concludendo… ........................................................................................................................ 46 Il Centro Nautilus ........................................................................................................................ 48 7 Che cos’è la Riduzione del Danno Le finalità generali delle politiche di riduzione del danno sono relative alla tutela della salute globalmente intesa (organica, psichica e relazionale), da perseguire attraverso la definizione di obiettivi specifici che vanno dalla soluzione della dipendenza al raggiungimento di un equilibrio personale accettabile, attraverso la modifica di comportamenti e stili di vita rischiosi. Tali interventi, pur mirati a fasce specifiche di popolazione, per la natura delle patologie su cui intervengono si traducono in interventi di salute pubblica. La Riduzione del danno è una filosofia ed una pratica d’intervento che sceglie di aiutare la persona che fa uso di sostanze indipendentemente dalla sua volontà e possibilità di smettere; in questo senso gli obiettivi vengono posti avendo presente la persona nella sua complessità ed un livello accettabile di qualità della sua vita, che può non coincidere con l’astinenza dalle sostanze. Il concetto di accettabilità della qualità della vita complessiva della persona diventa un criterio non definito a priori ma significativo nella specificità e nelle esigenze del singolo caso. E’ una sfida importante per tutti gli operatori della salute perché presuppone un primo livello di intervento irrinunciabile che consiste nell’accettazione e nell’accoglienza totale della persona, anche in presenza delle sue scelte più distruttive. La filosofia della riduzione del danno acquisisce significato nella progettazione dei servizi a bassa soglia d’accesso (Unità di strada, Centri diurni di prima accoglienza, Centri notturni) presenti in Italia da oltre dieci anni con l’obiettivo di ridurre la mortalità e le patologie correlate all’abuso di droghe. Gli obiettivi di questi servizi sono: • a breve termine: promuovere la tutela della salute, contenendo la diffusione della infezioni da HIV ed epatiti e riducendo la mortalità attraverso gli interventi e l’informazione sull’overdose; • a lungo termine: costruire relazioni di fiducia che possano permettere alle persone contattate sia di accedere ai servizi che di attivare nel tempo le loro personali risorse per l’uscita dal problema. L’intervento è dunque complesso e calibrato sul singolo caso, avendo presente l’estrema disomogeneità che caratterizza la condizione del consumatore di sostanze. Che cosa sono i servizi “ a bassa soglia” I servizi a bassa soglia si rivolgono, di norma, a tossicodipendenti e alcolisti in fase attiva, scarsamente motivati alla disassuefazione fisica e psicologica da sostanze stupefacenti. I soggetti principalmente interessati a tali servizi sono: • Utenti problematici dei Ser.t, con frequenti ricadute, non in grado di aderire alle regole minime di un programma terapeutico-riabilitativo; • Consumatori che non si rivolgono ai Ser.T.; • Consumatori attivi che si rivolgono ai Ser.T. (continuando a consumare sostanze da strada) • Soggetti HIV positivi o in AIDS • Popolazioni "sommerse" cosiddette compatibili (a rischio) La tipologia degli interventi attivati da questi servizi è eterogenea ma presenta, come tratto comune, una riduzione sensibile della soglia di accesso al servizio, in termini di procedure di selezione dell’utenza; inoltre gli interventi sono volti a incontrare questo particolare tipo di utenza al fine di minimizzare i rischi di un’aggravarsi della loro situazione sotto il profilo della marginalità sociale, economica, relazionale e sanitaria. 8 Il territorio della ASL RMG e il consumo di sostanze. Analisi del territorio, tipologia, dati ed età di consumo Nel territorio della A.S.L RMG sono presenti i Sert territoriali di Tivoli, Palestrina, Subiaco, Monterotondo e Colleferro. Dal momento che non esistono dati specifici di riferimento sul consumo di sostanze in quel territorio, né dati sul consumo di alcol, è possibile fare una stima con un valore più descrittivo che epidemiologico. I dati dell’ultimo censimento Istat disponibili (2001), contano una popolazione giovanile, dai 15 ai 29 anni, di circa 10.500.000 persone. Secondo alcune stime a livello europeo e a livello nazionale di esperti sulla tossicodipendenza, i consumatori attivi di sostanze sono circa il 4% della popolazione giovanile generale. Nel territorio della ASL RMG la popolazione giovanile si attestava intorno alle 45.000 persone, pertanto se la rappresentatività locale può essere sovrapponibile a quella nazionale rispetto alla 9 percentuale di consumatori attivi, nel territorio della ASL RMG, i consumatori di sostanze dovrebbero attestarsi almeno intorno alle 2000 unità. In relazione al Bollettino tossicodipendenze Regione Lazio si rileva che sul territorio del Lazio la persone in trattamento presso i servizi pubblici e privati per le tossicodipendenze nel 2006 è di: 14.345 contatti (66,2% in carico ai Ser.T e 33,2% al Privato Sociale) di cui 2.298 (17,7%) sono nuovi utenti. L’età media tende ad aumentare: 37,4 anni. Anche l’età media dei nuovi utenti tende ad aumentare ed è di circa 32 anni. l’87,1 % delle persone in trattamento è di sesso maschile il 57% ha un diploma di scuola media inferiore, il 25% di media superiore il 35,4% un’occupazione stabile mentre il tasso di disoccupazione raggiunge il 23% il 88,5% è di nazionalità italiana; gli stranieri risultano essere l’11,2% ma raggiungono circa il 23% tra i nuovi utenti il 76,9% usa eroina come sostanza primaria, il 12,1% la cocaina. Tra i nuovi utenti il 54% sono assuntori di eroina mentre il 28,6% abusa di cocaina l’età media della prima assunzione è 20,2 anni mentre l’età media di primo contatto con il servizio è di 27,2 il 57% è HCV positivo, il 16,7% HIV positivo. Facendo un passo indietro per verificare l’andamento temporale delle caratteristiche dell’utenza in carico emerge che partendo dal 1992 al 2006 aumenta progressivamente l’età media (29 anni nel ’92, 37 nel ’06), idem per i nuovi utenti (25 anni e mezzo nel ’92 ai 32 nel ’06). Un’ulteriore riflessione può essere fatta sulla sostanza d’abuso, nel ’92 gli eroinomani erano il 94% mentre nel ’06 scendono a 76,9%; i consumatori di cocaina invece salgono dall’1% nel ’92 al 15% nel ’06. Facendo riferimento ai dati del 2006 dell’ASP, relativi al territorio della ASLRMG la popolazione che afferisce ai servizi di Riduzione del danno ha le seguenti caratteristiche: • in parte afferisce ai Sert di zona • fa parte di un sommerso almeno il 50-60% dei casi. Negli ultimi anni il consumo di sostanze stupefacenti è aumentato in modo esponenziale, come testimoniano i dati riguardanti i sequestri di tali sostanze da parte delle autorità competenti; il fenomeno della poliassunzione inoltre, in particolare congiunto all’abuso di alcol, crea effetti sanitari poco prevedibili e pericolosi. Assistiamo pertanto nei servizi di riduzione del danno all’afferenza di una tipologia d’utenza difficilmente classificabile, o perché facente parte del sommerso o perché, per modalità di consumo, si differenzia sostanzialmente dall’assunzione più tradizionale di un’unica sostanza. Molti sono inoltre stranieri, spesso non regolari in una condizione in cui la sostanza, in genere l’alcol, diventa un fragile supporto per sostenere le difficoltà della migrazione, della mancanza di un lavoro e di una dimora. Roma e provincia presentano infatti un numero molto elevato di popolazione straniera: Al 31 dicembre 2008 gli stranieri residenti nel comune di Roma, provenienti da 182 stati diversi, sono in totale 242.725, quasi il 9% del totale. Le comunità più numerose sono quelle provenienti dalla Romania (56.074), dalle Filippine (25.323), dalla Polonia (11.998), dal Bangladesh (10.410), dal Perù (9645), dalla Cina (8.733), dall'Ucraina (8.309), dall'Ecuador (6.667), dall'Egitto (6.436) e dall'Albania (5.304). La bassa soglia, in certi casi, finisce per diventare l’unica risposta possibile per soggetti inesistenti per gli organi ufficiali e pertanto non accoglibili dai servizi a più alta soglia d’accesso. I servizi di riduzione del danno, si trovano a farsi carico di una multi problematicità in cui l’abuso di sostanze è solo la punta dell’iceberg. 10 Il Centro Diurno Nautilus Riduzione del danno e miglioramento della qualità della vita La pratiche ed azioni nell’ambito della Riduzione del Danno si caratterizzano per essere centrate sull’accoglienza della persona, avendo individuato il rischio che deriva dall’isolamento sociale in cui il tossicodipendente tende a trovarsi. La differenza fondamentale con le altre forme di trattamento sta dunque nell’accettare che l’utente consumi sostanze e nel non giudizio del suo stile di vita. Si cerca di costruire una relazione accettando utenti che non hanno intenzione, al momento, di intraprendere un percorso di recupero. Tale obiettivo è infatti in certe situazioni valutato come poco praticabile; diventa quindi centrale l’accoglienza ed il supporto necessario affinché il consumo di droga rechi il minor danno possibile a sé e agli altri, rimanendo comunque auspicabile e prioritaria, a medio e lungo termine, l’emancipazione dall’uso ed abuso. L’intervento si basa dunque dando la priorità alla centralità della persona e il rispetto della sua scelta o ‘non scelta’: al centro, dunque la persona e non più la sostanza, con l’obiettivo della difesa della salute individuale e pubblica. Nei servizi a bassa soglia incontriamo infatti persone con problematiche e patologie a decorso molto lungo che necessitano di essere aiutate indipendentemente dalla capacità e volontà di smettere. Questa è la filosofia condivisa dall’équipe del Centro diurno Nautilus La storia del Servizio Il Progetto vede l’inizio nell’ Ottobre 2000 con il titolo “Centro di prima accoglienza diurno a bassa soglia nel territorio della ASL RM/G” ed i seguenti Enti partecipanti: • Coop. Soc. Onlus Acquario 85 (ente promotore) • Coop. Soc. Obiettivo Uomo • Coop. Soc. Albatros 85 • Ass. Dianova Onlus Dal 2000 fino al 2005, il Centro è stato ubicato a Villanova di Guidonia, poi si è trasferito ed a tutt’oggi ha la sua sede a Tivoli Terme in una traversa della Tiburtina, prospiciente le Terme “Acque Albule”, in un appartamento al secondo piano di una palazzina abitata da famiglie e sede di altri uffici. All’inizio i promotori del progetto erano solo le coop: Acquario 85, Albatros 85 e Obiettivo Uomo. Poi si aggiunge al partenariato anche l’Associazione Dianova apportando nuovi componenti all’equipe e una nuova visione della tossicodipendenza. L’Obiettivo del servizio è il contenimento dei danni individuali e collettivi correlati all’abuso di sostanze psicotrope’ la riduzione del rischio di mortalità per overdose o cause correlate, la riduzione dei rischi di morbilità per infezioni come HIV – EPATITI – TBC – MST. L’appartamento consta di una ampia stanza di accoglienza dove vengono effettuati anche i pasti e le riunioni, di una cucina, di un piccolo ufficio e di un bagno fornito di doccia e lavatrice predisposta per gli utenti, più bagno operatori, sala salotto/tv e 2 balconi. La zona suddetta si configura come crocevia di grossi complessi abitativi della periferia di Roma (Guidonia, Villalba, Villanova, Villa Adriana, Tivoli, ecc. …), dove il disagio sociale tipico della 11 periferia delle grandi città viene acuito e potenziato da una non trascurabile presenza di extracomunitari. Gli interventi Gli interventi erogati nel Centro diurno possono essere diversi rispondendo alle caratteristiche dei consumatori, al loro stile di vita, alle condizioni del momento. Il Centro rimane aperto ogni giorno dalle ore 11.00 alle 17.00, compresi i prefestivi ed osserva quest’orario ormai dal 2000, essendo diventato così un punto di riferimento importante per il territorio. La persona può trovare ogni giorno i seguenti servizi: • pasto caldo • possibilità di usufruire del bagno, lavarsi, fare la lavatrice, stendere i panni • taglio barba e capelli • tv, computer • distribuzione strumenti di profilassi (siringhe sterili, acqua distillata, Narcan, profilattici). • counselling • colloqui psicologici individuali • consulenza medica • consulenza legale • segretariato sociale Gli interventi mirano ad offrire un ritmo alla giornata di persone che stanno vivendo ai margini della società e anche a coloro che conservano un livello di integrazione sociale ma abbisognano di materiale di profilassi sanitaria: promuovendo la tutela della salute, contenendo la diffusione da infezioni da HIV ed epatiti, riuscendo ad informare e ad intervenire in caso di overdose. L’obiettivo è inoltre, nel tempo, quello di costruire relazioni di fiducia ed affidamento per cominciare a riattivare le risorse della persona e facilitare l’accesso a servizi più strutturati, che favoriscano l’inserimento in programmi terapeutici residenziali, semiresidenziali o di reinserimento lavorativo. Incontriamo queste persone spesso nella fase peggiore della loro vita, quando il circolo vizioso dell’incapacità ad uscire dalla tossicodipendenza e dal degrado li rende soggetti esclusi da molti livelli della società. L’ottica è quella di ridare dignità alla persona partendo dalla vita quotidiana, affinché si possa a poco a poco ridurre il gap col mondo circostante e riattivare le competenze personali per la reinclusione sociale. Con i nostri utenti nel corso degli anni abbiamo potuto proporre: • laboratori creativi • cineforum tematici settimanali • gruppi di auto-aiuto • corsi di informatica • ping-pong • freccette • laboratorio di lingua italiana • calcio balilla • tornei di sudoku Naturalmente tutti gli interventi vanno calati nel qui ed ora di realtà personali molto altalenanti e mutevoli e di gruppi spesso ad alto contenuto psicopatologico. La “realtà della morte” è molto vicina nel nostro servizio, come in tutti i servizi a bassa soglia, ciò nonostante la presenza sul territorio ormai duratura nel tempo, ci ha permesso di seguire anche storie di vita che hanno avuto evoluzioni di uscita dalla tossicodipendenza e dalla marginalità. 12 Alcuni dati recenti del Servizio Nautilus Periodo: da settembre 2010 ad agosto 2012 Numero Presenze: 4760 Numero Persone (in carico dal 2005): 308 maschi: 263 femmine: 45 italiani: 262 stranieri: 46 Nuovi Contatti: 59 maschi: 47 femmine: 12 italiani: 49 stranieri: 10 Età media utenti: 36,6 Colloqui di ingresso/contatto: 59 Interventi di consulenza sociale: 1061 Interventi di consulenza psicologica: 1068 Interventi sanitari: 704 Invii in altri servizi per tossicodipendenti: 82 Invii in altri servizi: 68 Pasti distribuiti: 4069 Docce: 1981, Lavatrici: 771 Materiale informativo: 3059 Profilattici: 2090 Siringhe date: 8708 Siringhe rese: 4041 acqua distillata: 3547 naloxone: 240 lacci emostatici: 296 L’Equipe L’Equipe del Centro Diurno Nautilus è composta da psicologi, psicoterapeuti, medico, assistente sociale e operatori sociali. Ogni turno prevede la presenza di due operatori ed eventuali tirocinanti o volontari, che possano distribuirsi le tante mansioni quotidiane. C’è infatti un livello d’intervento basato sullo svolgimento delle mansioni “regolari”, come la preparazione dei pasti, la distribuzione del materiale di profilassi sanitario, la compilazione delle schede contatti, ed un livello invece basato più sulla risposta alle diverse esigenze e alla multi problematicità dei nostri utenti. Tale risposta può essere sia improntata all’emergenza, medica e psicologica, che all’accoglienza di nuovi utenti o alla programmazione di percorsi individualizzati e invii alla rete di servizi del territorio. Alcuni membri dell’equipe sono presenti dall’inizio della progettazione, altri si sono avvicendati, rimanendo però nel servizio per periodi sempre abbastanza lunghi; le figure professionali del centro si caratterizzano infatti per una continuità sicuramente superiore a quella prevalente generalmente nei servizi drop-in, in cui il turn-over è sicuramente maggiore. Le relazioni operatori-utenti “a legame debole”, comune nella metodologia della riduzione del danno, diventano qui da noi, particolarmente complesse nella conoscenza annuale e nella convivenza continuativa, nella media di due giornate a settimana per operatore. 13 La complessità della relazione, la vicinanza con realtà di marginalità sociale, di psicopatologia e di morte rende necessaria una riflessione all’interno del gruppo con carattere di regolarità e sistematicità. Gli operatori devono saper modulare intervento e accettazione dei limiti, devono tollerare di non poter fare abbastanza, in certi momenti, perché ancora l’utente non è pronto e un intervento prematuro può bruciare tutte le possibilità, può far incorrere in una pericolosa ricaduta delusiva. La riduzione del danno possiede pochi canovacci strutturati, la difficoltà dell’intervento sta proprio nel muoversi in un’area di confine dove tutto è ancora sospeso nella vita dell’utente, e quindi anche nella sua possibilità di accedere a servizi ad erogazione più definita. E’ pertanto programmato, con cadenza quindicinale, un incontro di supervisione che è sia metodologica che di analisi delle dinamiche interpersonali tra i componenti dell’equipe. Il Supervisore è un professionista esterno Psicoterapeuta esperto di dipendenze e riduzione del danno. Il lavoro di rete Ovviamente un servizio come il Nautilus ha necessità di lavorare in rete con gli altri servizi pubblici e del privato sociale per poter offrire una risposta quanto più possibile adeguata ed esaustiva alle molteplici problematiche degli utenti. La composizione dell’èquipe multi professionale è una peculiarità del Nautilus che vanta, come già detto, al suo interno un medico, un’assistente sociale, tre psicoterapeuti, una psicologa, una specializzanda psicoterapeuta e un’operatrice psicosociale. Ma nonostante questa varietà di professionalità l’èquipe non può da sola garantire un progetto individuale per l’utente, per cui è necessario ed importante strutturare un lavoro di rete con le altre strutture presenti sul territorio per far sì che insieme si possa garantire all’utente la fruibilità di un eventuale percorso per riconquistare un’autonomia e la dignità di persona. Le problematiche individuali che hanno gli utenti non si limitano mai all’abuso di sostanze, spesso sono senza un lavoro, hanno perso la casa in alcuni casi non l’hanno mai avuta. I legami con i familiari si sono interrotti, non hanno documenti, alcuni hanno problemi anche di tipo psichiatrico, problematiche legali ecc.. Per poter quindi migliorare la qualità della vita e riuscire a stimolare un’eventuale motivazione al cambiamento si cerca di utilizzare al massimo la collaborazione e le risorse degli altri Servizi presenti sul territori 14 15 L’utenza L’utenza del Centro diurno Nautilus è composta da soggetti maggiorenni tossicodipendenti attivi. Dall’esperienza accumulata in questi anni risulta che il gruppo target più sensibile alle offerte del Centro Diurno a Bassa Soglia è costituito da persone che: • mai sono state ai servizi pubblici per il timore di essere etichettate o “schedate” oppure, pur frequentando il servizio pubblico desiderano ulteriori risposte relative ad una presa in carico più globale, data la multi problematicità del momento; • in qualche modo si sono espulse dai servizi pubblici o privati: la frequentazione del Centro può facilitare un ritorno di fiducia verso i servizi abbandonati; • stranieri che hanno paura di frequentare il servizio pubblico che per loro rappresenta l’Istituzione; • consumatori di sostanze che vengono per il materiale di profilassi che risulta più complicato procurarsi presso le farmacie; • dai Sert, soprattutto di Tivoli, ma principalmente dal passaparola fra utenti, proviene buona parte della nostra utenza. Rispetto alla tipologia dell’utenza possiamo fare una stima in base ad alcuni parametri risultati per noi più rilevanti per la tipizzazione del fenomeno, stima effettuata sulla base dei dieci anni di attività. I parametri presi in considerazione sono: nazionalità, dimora, sostanze utilizzate, esperienza carceraria, stato di salute ecc... classi d'età 50% 38,90% 40% 31% 26% 30% 21,10% 20% 10% 14% 6% 23% anno 2003 anno 2012 16,50% 15,6% 6,10% 0% 20/24 25/29 30/34 35/39 16 >40 genere utenti N=263 300 200 100 N=67 N=46 N=17 maschi femmine 0 2003 2012 nazionalità utenti 300 250 200 150 100 50 0 N=262 N=76 N=46 N=8 anno 2003- 2012 17 italiani stranieri condizione lavorativa 100,00% 80% 80,00% 60% 60,00% 40,00% 20,00% 2003 2012 33% 16,5% 3,50% 7% 0,00% occupazione stabile non occupati non risponde condizione abitativa 70,00% 60% 58,3% 60,00% 50,00% 40,00% 28% 30,00% 2003 2012 21,4% 15,5% 20,00% 5% 10,00% 7% 4,8% 0,00% abitazione stabile nessuna abitazione senza fissa non risponde dimora 18 trattamenti precedenti 100% 80% 60% 40% 20% 0% 89% 69% trattamenti precedenti nessun trattamento 31% 11% 1 2 2003 2012 sostanza d'abuso 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 57% 38% 19% 6% eroina cocaina 16% 10,70% 23% 4% 2,30% alcool lsd 19 6% altro 2003 2012 esperienza carceraria 80,00% 67,80% 53% 47% 60,00% 32,20% 40,00% 20,00% si no 0,00% 1 2 2003 2012 stato riferito HIV 150,00% 50,00% 96% 91% 100,00% positivo negativo 9,50% 4% 0,00% 1 2 2003 2012 stato riferito epatite C 60,00% 55% 54,8% 45,2% 45% 40,00% positivo negativo 20,00% 0,00% 1 2 2003 2012 20 Abbiamo riportato i dati degli ultimi due anni di lavoro (settembre 2010-agosto 2012) e possiamo fare una riflessione comparativa con i dati dei primi anni di apertura del Nautilus (2001-2002) dove gli utenti in carico da 84 sono passati a 308. La prevalenza maschile è aumentata dall’80% nel 2003 all’85% nel 2012. La classe d’età dei maggiori di 40 è salita dal 31% al 38,9%. E’ aumentata anche la percentuale degli stranieri dal 9,5% al 15%. Per quanto riguarda invece la condizione lavorativa e l’abitazione abbiamo un trend inverso: sono saliti gli occupati dal 16,5% al 33,6% questo ci fa dedurre che chi si è rivolto al nostro servizio ancora riesce a mantenere un’occupazione e una casa dato che sono diminuiti i senza fissa dimora dal 15,5% al 5%. Un dato di rilievo è dato anche da utenti che si rivolgono per la prima volta ai servizi che nel 2003 era l’11% per passare nel 2012 al 31%, questo ci permette di pensare che mentre i primi anni gli utenti principalmente arrivavano inviati da altri servizi, successivamente il passaparola fra utenti è stata una modalità d’accesso rilevante, il dato è confermato anche dall’aver avuto esperienza carceraria che scende dal 67,8% nel 2003 al 47% nel 2012. Resta invariata la percentuale di utenti positivi all’epatite C al 45%, e diminuisce la positività all’HIV dal 9,5% al 4%. La droga più utilizzata resta l’eroina ma scende dal 57% al 38% mentre l’abuso di cocaina passa dal 5% al 19% e anche il consumo di alcool sale dal 10,7% al 16%. La fruizione del Centro da parte degli utenti è varia: ai “passaggi “ più rapidi per il materiale di profilassi sanitario (siringhe, acqua distillata ecc..) si accompagna anche la maggiore stanzialità di alcuni utenti che possono rimanere al Centro anche per tutto l’orario di apertura; questo in ordine sia alla fase della storia personale di dipendenza in cui si trovano, sia alla situazione sociale lavorativa: per alcuni è già infatti sopraggiunta la marginalità, l’isolamento, la perdita di riferimenti; altri riescono invece ancora a mantenere i legami con il mondo familiare e lavorativo. La Ricerca: L’efficacia di un intervento di riduzione del danno: risultati preliminari Introduzione Gli interventi di riduzione del danno comprendono programmi e strategie volte a limitare gli effetti dell’uso di droghe a livello medico, psicologico, sociale ed economico, nei consumatori cosiddetti ‘attivi’. La riduzione del danno si configura come una forma di prevenzione primaria, nella misura in cui previene l’insorgenza di malattie infettive derivanti dallo stato di tossicodipendenza, oppure terziaria se si considera propriamente l’uso di droghe. Gli interventi di riduzione del danno lavorano su obiettivi praticabili, a partire dalle condizioni reali del consumatore e dalle sue scelte di vita, dando valore alle risorse individuali, all’identificazione di bagagli e patrimoni esperienziali spendibili, alla scoperta di contesti in cui tali risorse, sebbene limitate, possano trovare validazione. In quest’ottica l’attivazione delle risorse e delle abilità dei consumatori come promotori del loro cambiamento, diventa uno degli obiettivi principali della metodologia della riduzione del danno. Nonostante le linee guida del ministero della Sanità indichino che gli interventi di riduzione del danno siano efficaci per garantire una migliore qualità della vita a tossicodipendenti attivi,, non ci sono dati in letteratura che confermano l’efficacia di questi interventi. Le evidenze riportate dai servizi dimostrano però che questa metodologia interviene sulla qualità della vita del soggetto e che questo tipo di intervento permette all’utente di divenire consapevole di quelle che sono le proprie capacità e risorse e mette in condizione di accedere al percorso di cura. Poiché non ci sono dati di efficacia è importante che la valutazione degli interventi realizzati nel campo delle tossicodipendenze diventi una regola piuttosto che una semplice indicazione o criterio di qualità, per due motivi principali: il primo è che questi interventi sono rivolti a persone in condizioni di forte difficoltà e disagio e quindi è necessario tenere sotto controllo sia i fattori favorevoli ai fini dell’intervento che eventuali eventi sfavorevoli dovuti all’intervento di prevenzione. Il secondo motivo è legato al fatto che quasi sempre gli interventi sono realizzati o sostenuti da fondi pubblici, è quindi necessario monitorare quali interventi risultano più utili e potenzialmente efficaci. 21 La valutazione degli interventi dovrebbe avvenire a due livelli, una valutazione interna volta a migliorare la capacità degli operatori di sistematizzare gli interventi realizzati nel progetto. La valutazione interna presenta alcuni limiti di obiettività legati ai tipici effetti di coinvolgimento, è quindi preferibile che la valutazione di efficacia sia affidata ad un valutatore esterno, non appartenente all’equipe responsabile della realizzazione dell’intervento, che sia condotta utilizzando metodologie scientificamente accreditate, e che siano scelti degli indicatori di efficacia non legati alla soggettività dell’operatore. Obiettivi Sulla base di quello che è stato appena detto è stato condotto uno studio di efficacia, in collaborazione con la cattedra di Psicodiagnosi dello Sviluppo, della Facoltà di Psicologia e Medicina della “Sapienza” Università di Roma. L’obiettivo generale della ricerca è stato quello di valutare i risultati ottenuti relativamente all’intervento di riduzione del danno presso il “Centro diurno Nautilus”, in consumatori cronici di sostanze illegali, riduzione del danno alcool correlato e prevenzione di malattie infettive. Gli indicatori utilizzati per valutare il suddetto obiettivo riguardano: il miglioramento dello stato di salute, la diminuzione degli incidenti e dei traumi, la diminuzione degli accessi in strutture di pronto soccorso, il numero di nuove infezioni riferite. Altro obiettivo riguarda l’instaurazione, il recupero o il miglioramento del rapporto tra utenza e rete dei servizi, indicato dal numero di invio ai servizi, il numero delle persone inviate che rimangono ai servizi e quelle dimesse dai servizi con esito positivo. Partecipanti Lo studio è stato condotto in due fasi: alla prima rilevazione il numero dei partecipanti che hanno aderito allo studio è di 40 soggetti (38 maschi e 2 femmine), di età compresa tra i 19 e i 60 anni (età media = 42.33; d.s. = 8.79; mediana=43; moda=40 ). Alla seconda rilevazione hanno partecipato invece 22 utenti, che hanno risposto nuovamente ai questionari presentati dopo circa un anno dalla prima rilevazione. Ai partecipanti è stato consegnato un consenso informato, sul quale veniva presentata una breve descrizione dello studio e le informazioni relative al trattamento dei dati personali. I partecipanti hanno aderito volontariamente allo studio. Strumenti Gli strumenti di valutazione dell’efficacia del progetto Nautilus sono i seguenti: Una scheda che comprende informazioni anagrafiche, socio-demografiche, informazioni relative agli interventi per tossicodipendenze, a eventuali carcerazioni, alle sostanze assunte, l’età di primo uso, overdose lifetime e nell’ultimo anno,comportamenti a rischio, malattie infettive. Inoltre, informazioni relative ad invii ad altre strutture e a familiarità per tossicodipendenze. Un questionario sullo stato di salute composto da 14 item che valutano il benessere psicofisico del rispondente attraverso domande riguardanti per esempio difficoltà nel portare avanti compiti quotidiani, nel gestire situazioni problematiche, nel sentirsi efficace nello svolgere compiti prima considerati semplici, desiderio di morire. Risultati relativi alle informazioni socio-demografiche Nazionalità: Per quanto riguarda la nazionalità la maggior parte degli utenti (N=29) sono italiani, 8 utenti sono di nazionalità polacca e 3 rumeni. Occupazione: relativamente alla condizione lavorativa solo 6 di loro riportano di avere un lavoro, la tipologia di lavoro riportata è però sempre saltuaria (volantinaggio, corriere, idraulico, muratore, operaio, pittore sempre in modo saltuario). Abitazione: rispetto alla condizione abitativa 22 utenti riferiscono di essere senza fissa dimora, solo 18 hanno una dimora stabile. Tra i senza fissa dimora, quando si indagano i motivi di questa condizione si rilevano motivazioni sempre relative alla propria condizione quali motivi economici e conflitti familiari. Stato civile: la maggior parte degli utenti riferiscono uno stato libero (N=20), 12 sono separati o divorziati, solo 3 sono coniugati e c’è un vedovo. Inoltre, 14 utenti riferiscono di avere anche figli. 22 Infine, nessuna tra le donne presenti è in stato interessante. Risultati relativi agli interventi per la condizione di tossicodipendenza L’81,6% degli utenti intervistati riferisce di aver ricevuto un intervento per tossicodipendenze. Come riportato nel grafico, la maggior parte degli interventi sono stati fatti al Sert (72,7%), un’altra buona parte in comunità (54,5%) e nei centri di prima accoglienza diurni (54,5%). Gli utenti riferiscono, inoltre di essersi riferiti ai servizi psichiatrici (43,8%), ai centri di prima accoglienza notturni (29%) e alle Unità di Strada (25%). Per il 71% degli utenti intervistati l’intervento è ancora in corso. Risultati relativi alle carcerazioni Tra gli utenti intervistati 22 riferiscono di essere stati almeno una volta in carcere, in media il numero di carcerazioni ammonta a 4 con un range che va da 1 a 10. I reati principalmente riferiti sono furto e rapina, detenzione e spaccio di droga, risse e colluttazioni. L’81% degli utenti che sono stati in carcere hanno finito di scontare la pena da più di 6 mesi mentre il 19% da 1 a 6 mesi. Risultati relativi alle droghe assunte La frequenza delle droghe assunte tra gli utenti intervistati è riportata nel grafico di seguito. Dei 40 utenti solo 5 fanno uso di una sola sostanza, la rimanente parte sono poli-assuntori. 23 L’età media di assunzione della prima droga è 17 anni. Gli anni di dipendenza da sostanze sono in media 20. La media di overdose lifetime è di 7, con un range da 0 a 30. La maggior parte di loro (N=10) hanno avuto l’ultima overdose più di un anno fa, solo 2 hanno avuto un’overdose nell’ultimo mese. Risultati relativi ai rischi dell’assunzione Solo 1 persona riporta di utilizzare siringhe usate da altri e 2 hanno utilizzato siringhe di altri. Inoltre tra coloro che riferiscono di avere rapporti sessuali il 45% riporta di aver utilizzato sempre o molto spesso il preservativo. Risultati relativi alle malattie infettive riferite dai soggetti Nessuno tra gli utenti intervistati riporta di essere affeto da HIV, una buona parte riporta di essere positivo all’epatite C e solo uno alla TBC. Risultati relativi ai traumi e incidenti Il 27% degli utenti riferisce di avere avuto incidenti o traumi nell’ultimo anno e il 70 % di loro riferisce di aver avuto un intervento al pronto soccorso per l’incidente avuto. I motivi principali riportati sono legati all’assunzione di sostanze per esempio cadute, risse, incidenti stradali dovuti a stato di ebbrezza o all’effetto di sostanze, cadute, overdose, tachicardia, ipertensione. Risultati relativi alla familiarità La maggior parte degli utenti hanno fratelli che fanno uso di sostanze,in genere le stesse assunte anche dall’utente, inoltre una forte familiarità si trova anche nei padri, spesso abusatori di alcool. Solo un utente riferisce di avere una madre che abusa di alcool e 4 riferiscono che anche il coniuge abusa di sostanze. Risultati relativi all’accesso ai servizi Gli utenti riferiscono di utilizzare i servizi da circa 10 anni, e il Nautilus da circa 4,5 anni. Risultati relativi allo stato di salute I risultati dimostrano che gli utenti italiani, che lavorano seppure saltuariamente, utenti con dimora stabile, coloro che frequentano il Nautilus da più tempo, riportano anche uno stato di salute migliore. Indicatori di efficacia dell’intervento Dopo circa 1 anno è stato chiesto agli utenti di essere nuovamente intervistati per valutare il miglioramento dello stato di salute, il minor numero di incidenti e ingressi al Pronto soccorso, e il numero di persone inviate. Dei 40 utenti 22 hanno risposto alla seconda rilevazione. Questi ultimi riferiscono di aver avuto meno incidenti e traumi nell’ultimo anno, di avere avuto meno accessi al pronto soccorso e non riferiscono nuove malattie infettive. Inoltre, tra le persone che hanno risposto, come si può osservare nel grafico, lo stato di salute è migliore. 24 Relativamente agli invii invece, 8 utenti sono stati già inviati in comunità mentre 2 utenti hanno attivato le procedure per entrare in comunità. Conclusioni I risultati dello studio, seppure con limiti relativi ai pochi soggetti che hanno aderito e quelli che hanno partecipato alla seconda fase, dimostrano che l’intervento di riduzione del danno è efficace sia relativamente al miglioramento dello stato di salute che ai rischi nei quali incorrono i tossicodipendenti attivi relativamente a incidenti o traumi, sembra inoltre proteggere dal contrarre nuove malattie infettive. Molto importante è il fatto che quasi il 50% degli utenti intervistati nel primo step, sono stati inviati a percorsi di cura. Seppure i risultati dello studio sono preliminari, è importante stabilire l’efficacia dell’ intervento di riduzione del danno specifico del Centro Nautilus, e diffonderlo agli altri servizi in rete. Infatti, in genere gli utenti accedono ai servizi dopo molti anni di dipendenza oppure migrano da un servizio all’altro, avere studi di efficacia del funzionamento dei servizi e della rete può essere utile per inviare gli utenti, sulla base delle proprie risorse e volontà, al miglior trattamento. Dott.sa Gemma Battagliese – Facoltà di Psicologia e Medicina – Università Sapienza – Roma BY WFROMM 25 Una giornata al Centro Alle ore 11 i due operatori in servizio aprono il Centro, a volte trovano già qualcuno che aspetta fuori, specie quando fa freddo e si ha voglia di un caffè. Si sale e si accede al servizio, gli operatori leggono il “diario di bordo”, prezioso strumento per scambiarsi informazioni, compiti, impressioni e accadimenti delle giornate precedenti. Si prepara il caffè per gli ospiti, mentre qualcuno citofona per richiedere materiale di profilassi o chi viene per trascorrere la giornata con noi. Alle 12 si conteggiano le presenze per il pranzo e si danno le mansioni: qualcuno laverà i piatti, qualcuno pulirà il bagno o la sala da pranzo o la stanza di relax. Ognuno ha le sue preferenze rispetto alle mansioni, ma cerchiamo di ruotare perché il lavaggio piatti pesa un po’ a tutti, specie quando arriviamo a dieci coperti. Il pranzo viene preparato da un operatore, così l’equipe ha deciso negli anni; l’altro operatore si dedica all’utenza: colloqui, eventuali invii e contatti con altre strutture, oltre alla distribuzione del materiale a chi arriva per un “passaggio” rapido. Anche tra gli operatori ci sono le preferenze; c’è chi ama cucinare e si cimenta in nuove ricette, chi si sforza ma cucina sempre le stesse cose, chi proprio preferisce fare altro, chi è specializzato nel taglio capelli. Ogni giornata ha una storia a parte; ci sono tendenze del periodo, flussi di persone che si ripetono per alcuni giorni consecutivi, a seconda di esigenze comuni in quel momento, simpatie, conoscenze di vecchia data o incontri fortuiti al centro, che danno luogo ad amicizie che per alcuni giorni possono essere di grande condivisione sia di interessi che di bisogni. Ma le evoluzioni sono rapide; chi sta bene oggi magari domani ha bisogno di stretta assistenza; forse la sera prima ha esagerato con la sostanza e oggi non riesce neanche a tenersi in piedi. C’è anche chi viene da noi per un periodo lungo, in modo regolare e puntuale, perché magari sta facendo un percorso che lo porterà all’inserimento in una struttura a media/alta soglia; il momento precedente è molto delicato, si ha bisogno di supporto, rinforzo, per non ricadere, proprio alla vigilia dell’accoglienza in comunità. Ci sono alcuni che spariscono improvvisamente, poi sappiamo in modo casuale, da altri utenti o da colleghi di altri servizi, che qualcosa è successo, il carcere, un ricovero ma anche un lavoro che si riesce a mantenere per un periodo più lungo. Qualcuno… muore… Consumiamo insieme il pranzo che è un momento molto importante per tutti, operatori ed utenti, un momento di condivisione, a volte emergono anche tematiche personali, complice la convivialità del pasto. Dopo pranzo è il momento delle mansioni, tutti sanno quello che devono fare; qualcuno borbotta che gli è stato attribuito un compito troppo pesante, qualcun altro è in forma e fa più del dovuto, pulisce il centro come uno specchio, qualcuno sgattaiola via con una scusa per evitare il compito e correre dietro la propria dipendenza. Finiti i lavori c’è chi guarda la tivù, chi si mette al PC, chi chiede ascolto agli operatori; a volte c’è un nuovo film da vedere o un nuovo gioco. C’è chi chiede di telefonare alla famiglia che è lontana, all’estero, o che lo ha cacciato perché non ne poteva più. Arriviamo così al caffè del pomeriggio, momento in cui spuntano anche quelli dei passaggi pomeridiani per le siringhe, il narcan, un panino. A volte c’è stata un’emergenza da tamponare, un litigio acceso tra utenti, un’espulsione di qualcuno da fare, un accorrere per qualcuno che sta male, dentro o fuori del Centro, quando gli amici ci chiamano in soccorso. Si arriva dunque, o in modo più tranquillo, o decisamente concitato, alle 17: la giornata al Nautilus si conclude, non prima di aver raccontato l’accaduto sul diario agli operatori del giorno dopo. 26 Gli operatori si presentano… L’Assistente Sociale Sono passati 7 anni ormai dal mio ingresso nel Nautilus…Ma ricordo il primo giorno di affiancamento come fosse ieri. Arrivo in questo appartamento: due operatori e qualche utente. La mia esperienza precedente era stata in comunità terapeutica, l’idea di dare le siringhe mi aberrava ma ero convinta che la mia mission fosse di ‘salvarli tutti’ memore dello slogan che aveva accompagnato la mia carriera per anni ‘dalla droga si può e si deve uscire’. Purtroppo non si avvera con tutti gli utenti! Ma io non lo sapevo. I miei colleghi la pensavano diversamente da me: “qua si fanno altre cose.. studia la riduzione del danno…cerca di capire l’importanza dell’accoglienza, l’ascolto e pensa che distribuire le siringhe serve a prevenire malattie”. “Ok – pensavo - ma non è una soluzione”. Gli utenti spesso venivano, prendevano le siringhe e frettolosamente se ne andavano per paura di essere ‘schedati’. Poi ho verificato che pian piano cominciavano a parlare di fronte al non giudizio e proprio grazie al fatto che nessuno metteva loro pressione e li giudicava. E’ stato bello conquistare la loro fiducia e anche riuscire a capire le loro emozioni e punti di vista diversi. Poi il gruppetto degli alcolisti polacchi, e lì le difficoltà di comunicazione a causa della lingua imponevano metodi creativi per conquistare la fiducia e cercare di intervenire stante le poche risorse. Ho iniziato a capire gli alcolisti, prima del Nautilus ne avevo visti pochi. Lentamente mi sono inserita nell’equipe, tutti psicoterapeuti e medici… mi sentivo un po’ differente.. in seguito ho capito che le differenze possono essere un punto di forza. E da quel giorno solo due colleghi sono rimasti ancora, siamo i più anziani del gruppo! La stessa regola vale per gli utenti, si fermano da noi per un periodo poi l’obiettivo finale, il più nobile, è dirottarli verso altri servizi per intraprendere percorsi di recupero, nel migliore dei casi. Purtroppo non sempre vogliono uscire dalla dipendenza e il principio cardine della riduzione del danno è il rispetto della persona e della sua volontà. A quel punto si cerca di sostenerli per migliorare la qualità della vita, al Nautilus ho capito quanto possa essere importante per una persona che vive alla giornata fare un pasto caldo, una doccia bollente, trovare un ambiente confortevole e delle persone disponibili ad ascoltarti…Quante storie ho sentito, quante persone ho conosciuto e ancora oggi non mi stanco di ascoltare, ogni utente mi insegna qualcosa, qualcosa che non puoi imparare sui libri, che ti lascia sempre un segno nell’anima… Ci sarebbero tante cose da dire, da raccontare…in una frase: Non è giusto vivere per lavorare e neanche lavorare per vivere ma è bello quando fai un lavoro che ti fa sentire viva! Sabrina Signorini La giovane Psicologa In base alla mia esperienza, una giovane psicologa alle prese con le sue prime esperienze all’interno di un centro di prima accoglienza in cui la soglia è bassa e le tipologie di intervento sono le più diverse, deve avere alcuni accorgimenti in più. Sicuramente più di ogni altro posto qui bisogna fare i conti con il forte impatto emotivo a cui inevitabilmente ti sottopongono le storie di vita degli utenti che afferiscono al servizio, quindi ogni volta mi sono ritrovata a riflettere e a fare esperienza di come saper utilizzare la mia empatia e a sviluppare quella necessaria capacità di separazione emotiva dall’angoscia che spesso pervade il paziente. Come seconda cosa ho ritenuto che presentandomi al centro come nuova operatrice, con i miei colleghi oltre che con gli utenti, dovevo trovare il modo di costruire il mio ruolo come persona capace di rapporto con l’altro stando attenta a non perdere la mia individualità. Man mano che conoscevo gli utenti, imparavo i loro nomi e le loro storie, avevo la possibilità di fare un’analisi individuale dei problemi associati alle dipendenze, una buona occasione questa per farsi apprezzare dai colleghi e far notare aspetti della persona che loro al momento non vedono, perché se è vero che “ad ogni speranza corrisponde la stessa quantità di frustrazione”, e che, se quello che i tuoi colleghi ora danno per scontato, tu con nuovi occhi, e soprattutto perché ancora non conosci nulla di lui, con la curiosità e la voglia di capire tipica di una prima volta, puoi andare oltre e meravigliarli nel carpire anche 27 piccoli cambiamenti. Una volta conquistata anche la fiducia dei colleghi, alla giovane psicologa non resta che unire le proprie caratteristiche professionali all’apprendimento estemporaneo dell’esperienza decennale dei colleghi che la circondano. Ed è così, proprio attraverso una mia lettura e osservazione delle loro modalità che ritenevo di volta in volta più o meno opportune, che ho iniziato ora da quasi due anni a crescere in questo mio nuovo profilo professionale con la voglia di mettermi sempre in discussione e con tanta sete di imparare… Una storia di noi e del centro: Leo L. è un uomo polacco di 45 anni, alcolista, aspetto sempre curato, occhio furbo e soprattutto un uomo che apparentemente sembra non avere problemi con l’alcol. La sua storia da quando è arrivato in Italia si è connotata dal tradimento da parte della moglie con un uomo italiano, dalla separazione da lei e dai suoi due figli e da un’incapacità a mantenere relazioni stabili. L. si presenta al centro invitato da un gruppo di polacchi. Come la maggior parte di questo gruppo di alcolisti stranieri L. fa solo richieste di prima necessità ma lasciando in me una forte sensazione che abusi del servizio, così come si fa con le sostanze e, dopo aver mangiato il più possibile, padroneggiato il telecomando, reclama a noi operatori la possibilità di un inserimento lavorativo. Il suo pensiero magico gli fa credere che solo il lavoro può risolvere realmente i suoi problemi. L. ci esprime una motivazione di tipo utilitaristico per la sopravvivenza: mangiare, fare la lavatrice, la doccia ed utilizza il Nautilus come fosse la sua casa ( indossa le ciabatte e si rilassa a guardare la tv), ed è su questo suo bisogno che deve nascere una riflessione in più: al Nautilus, in quella che lui sente la sua casa, L. riesce ad ottenere quello che fuori sembra irraggiungibile, ed acquisisce anche se solo per poche ore, un po’ di sicurezza in più. L. viene visto come un’arrogante, in effetti lui non sa chiedere ma pretende; non ha mai fatto una chiara richiesta di aiuto perché non riconosce di avere un problema di alcolismo, ed utilizza il servizio per quello che è, e le sue esigenze di accudimento vengono anteposte a tutto. Non riusciamo ad esser molto tolleranti con lui, se trasgredisce una regola la sospensione è più immediata, perché di fondo, il pensiero comune tra noi operatori è che per lui è più facile poter fare di più. Questo tipo di pensiero è il più istantaneo, il più impulsivo, quello che scaturisce da un’emozione negativa, un senso di rabbia nei confronti di un utente che non ti riconosce come figura che può aiutarlo se non per i suoi bisogni primari e un senso di frustrazione nel non avere la possibilità di aiutare una persona. L. all’apparenza sembra avere qualcosa in più rispetto agli altri utenti, un senso che non spinge neanche te operatore a fare quel qualcosa di più per lui, provocando così una reazione a catena dell’esser respinto, in una vita in cui ha però già accumulato e vissuto molti rifiuti. Dopo un anno e mezzo che L. frequenta il nostro centro, da questa sua iniziale difficoltà ad aprirsi e a chiedere aiuto e sostegno a noi operatori ad oggi riesce a verbalizzare le sue difficoltà, questo ci ha permesso di costruire insieme un possibile progetto per lui: da dicembre con l'apertura dei dormitori per l'emergenza freddo vorrebbe frequenterà un servizio notturno ed allontanarsi così dalla strada, come seconda cosa si sta aiutando L. ad esser inserito in un tirocinio lavorativo per impiegare al meglio il suo tempo e le sue risorse e mettersi alla prova in un contesto lavorativo che conosca le sue problematiche e quindi per lui più sicuro. Infine aiutarlo a recuperare i rapporti con la sua ex moglie ed i suoi figli. Ai centri di prima accoglienza come il nostro, si lavora oltre che per la riduzione del danno in senso stretto, anche cercando di motivare il soggetto, trasformando quella che è una motivazione utilitaristica di sopravvivenza in una motivazione più forte di superamento della dipendenza con un’augurabile invio in Comunità o Centri di primo e secondo livello. Ma bisogna sempre tenere a mente che tempi e problemi sono diversi da persona a persona. Il tipico atteggiamento che io ho avvertito in L. è quello di difesa, diffidenza e di inaccessibilità a qualsiasi tentativo più profondo di comunicazione. Quello che ho imparato è che, per abbattere questo muro, è necessario eliminare ogni forma di pregiudizio, di interpretazioni già costituite e di condizionamenti dovuti alle informazioni che ci sono giunte, questo è quello che L. mi ha insegnato e che per questo ho deciso di raccontare in questo scritto. Se si entra in difficoltà con un utente secondo me, è allora utile iniziare a rivedere quella trama di significati dati per scontati in base ai quali il paziente regola il proprio comportamento. Per poter 28 fare questo e avere una conoscenza più completa possibile, è necessario un lavoro di negoziazione con altri punti di vista. Le riunioni di coordinamento di equipè e la supervisione servono a questo: per far convergere i diversi sguardi ed avere cosi una visione completa ed intersoggettiva degli utenti. Ognuno poi mette in campo, in proporzione variabile, le proprie competenze personali, la capacità di ascolto, la capacità di entrare in relazione e anche la capacità di tradurre le parole in azioni, è questo lavoro di equipè che permette di aiutare la persona nella sua totalità, che dà la possibilità all’operatore di metter in discussione il suo operato e che il Nautilus cerca di non perdere con nessun utente. Diventa quindi importante creare per L. chiuso nelle sue difese, e così come per qualsiasi altro utente che c’è e che verrà, un clima di fiducia in un campo neutro, attraverso l’accettazione e la disponibilità a investire su di lui avendo fiducia nelle sue capacità di cambiamento; questo implica un’attribuzione di valore e di competenza, un riconoscimento di lui come soggetto degno di rispetto, con i suoi modi di fare, i suoi problemi ed i suoi tempi insieme ad una contemporanea capacità dell’operatore di dare continuamente un senso al suo operare in funzione di quel specifico utente. Chiara Vidoni L’operatrice psicosociale Sono “approdata” al Nautilus nei primi giorni del novembre 2008. Il mio corso di studi prevedeva un tirocinio universitario in un centro convenzionato e decisi di restringere la mia ricerca soprattutto a centri che si occupavano di tossicodipendenza. Pur avendo solo una sommaria esperienza e conoscenza dell’argomento, ho sempre avuto un particolare interesse per questo campo. Un interesse fondato su fantasie che però vennero presto disattese. Sono passati ormai quattro anni da quel lontano 2008. Ora non sono più una “semplice” tirocinante, ma un’operatrice a tutti gli effetti. Nonostante questo, ho ancora la voglia, il bisogno e la necessità di imparare e di migliorare. Ricordo ancora il tanto temuto “primo giorno”. Avevo appena firmato e consegnato all’università i fogli per la richiesta di tirocinio e di corsa son dovuta salire su un treno diretto a Tivoli Terme. Non sapevo bene che cosa mi aspettasse. Credevo di dover raggiungere un grande centro nella periferia romana, una sorta di comunità dove poter iniziare ad osservare come “guarire” dalla tossicodipendenza. Mi ritrovai, invece, di fronte alla porta di un piccolo appartamento in una palazzina poco distante dalla zona termale. Dopo le iniziali presentazioni con i due operatori di turno, mi guardai intorno ed iniziai a capire che quel bagaglio di fantasie e sicurezze che avevo portato con me era in realtà una valigia vuota. C’erano all’incirca 4/5 utenti quel girono tra italiani e stranieri. Erano quasi tutti “fatti”, malconci, malvestiti. Ne arrivarono altri, ma solo per un fugace passaggio; entravano affannosamente in ufficio e ne riuscivano altrettanto affannosamente con un sacchetto in mano. Quel sacchetto conteneva siringhe, acqua, lacci emostatici, disinfettanti… Iniziai a chiedermi dove fossi capitata, cosa “nascondesse” questo centro, perché incentivasse -a mio parere- l’abuso di sostanze e perché permettesse che degli utenti ubriachi e completamente storditi girovagassero per l’appartamento “scroccando” tv, cibo, bagno, lavatrice per poi andare a farsi di nuovo una volta chiusa la porta e girato l’angolo! Mi consegnarono un libretto, “Linee guida sulla Riduzione del Danno”, e da lì, insieme ad una buona dose di osservazione sul campo, i miei dubbi e le mie domande trovarono un riscontro. Il Nautilus è la risposta reale e coerente alle richieste di un’utenza “abbandonata dal mondo”. E’ come una grande famiglia, un rifugio in cui soddisfare il bisogno di sentirsi accettati, accolti, ascoltati, accuditi. E’ come un libro in cui tutti sono protagonisti e portatori di storie ed esperienze delle quali far tesoro. E’ come un appiglio a cui “agganciarsi” quando si è perso tutto. E’ come un trampolino di lancio per una nuova vita. Stefania Sgueglia della Marra L’ultimo acquisto del Nautilus Silvia, psicologa, specializzanda in psicoterapia cognitivo - comportamentale, tirocinio re laurea e post laurea e successiva assunzione nel settore delle tossicodipendenze. Trascorsi 6 anni come 29 tirocinante, volontaria, operatore e psicologa esclusivamente in centri per la cura delle dipendenze e tossicodipendenti, decido di sperimentarmi in altri settori, per accrescere le mie competenze professionali e conoscere differenti realtà problematiche. Resisto poco, dopo appena due anni, pur avendo un lavoro stabile, inizio a cercare, con poche speranze, possibilità lavorative nel settore delle tossicodipendenze. Con poche speranze, lo sottolineo, visti gli ingenti tagli sulle politiche sociali e la chiusura di diversi centri di accoglienza e centri notturni. Ed ecco che dopo pochi giorni attira la mia attenzione un annuncio in cui ricercavano “psicologo per collaborazione professionale come operatore in un centro di accoglienza per tossicodipendenti”, in zona Tivoli Terme. A questo punto il livello di esaltazione che mi pervade è al massimo apice, non solo esiste un centro di accoglienza che cerca personale ma è anche nelle vicinanze dal mio domicilio! Mi presento al colloquio. Vado via soddisfatta e in attesa. Nulla. Passano 2 mesi e ricevo una telefonata dal responsabile, il dott. Buccoliero, per colloquio urgente per inserimento imminente nell’organico della struttura. Non era una telefonata attesa ma colgo al volo l’opportunità e nel giro di 5 giorni, 3 affiancamenti, entro a far parte dell’equipe del Nautilus. Questo è stato il percorso che mi ha portata ad approdare al Centro. Il Nautilus, un piccolo spaccato di realtà della zona periferica di una grande metropoli, uno degli ultimi centri di accoglienza che ancora sopravvive nella provincia romana, dove confluiscono tutta quella parte di umanità che non ha un posto dove andare, dove lavarsi, dove scaldarsi, dove trovare accoglienza, dove potersi relazionare senza preoccuparsi del Giudizio. Immigrati senza documenti, italiani senza fissa dimora, italiani con diversi problemi legali ed amministrativi. A questo punto, la mia maggiore preoccupazione non è l’utenza, ma bensì l’equipe. Infatti, nel tempo ho imparato quanto sia importante il lavoro di un “equipe multidisciplinare”, definizione di cui si sente parlare oramai ovunque, dai grandi docenti universitari ai programmi televisivi mattutini, ma che nella realtà non si concretizzano o difficilmente i suoi singoli membri riescono ad attivare un lavoro di equipe sul singolo paziente. Nella realtà quotidiana ogni professionista, nel contesto dell’equipe, assume due posizioni, permettetemi una generalizzazione: 1. Voyeuristico 2. Deresponsabilizzante Il primo si pone al paziente come se questi sia arrivato nel tempio della dea Atena, dove il sapere si infonderà nel paziente tramite le straordinarie e magiche doti del suo “Curatore”, in sintesi cerca di fidelizzare il paziente per puro piacere personale, dove i bisogni del paziente scenderanno in secondo piano, quindi non avranno rilevanza aspetti quali la comunicazione tra colleghi, condivisione di progetti e quant’altro; l’appartenente alla seconda posizione, ad ogni paziente incontrato volgerà lo sguardo circa un centinaio di volte verso l’orologio pensando a cosa farà una volta timbrato il cartellino: la spesa, i bambini, la cena, dove andare a far shopping e così via. Questo tipo di professionista subisce il paziente e le sue problematiche, subisce le decisioni dei colleghi, condivide poco e annuisce molto di più. In realtà potrei aggiungere una terza categoria: il “crocerossino”, ti salverò sempre e comunque, ma non sono numericamente rilevanti quindi non rientrerà nella mia generalizzazione. Detto questo, è facile comprendere le mie preoccupazioni. Sin dai primi giorni di affiancamento, proseguendo per i turni da operatore, tutto ciò che ho descritto finora non si verificava, trascorrevano i turni, conoscevo di volta in volta tutti gli operatori, ed ognuno di loro si preoccupava di darmi le istruzioni tecniche, le pratiche e le “dritte” necessarie ad affrontare il turno, di condividere informazioni utili sugli utenti che di giorno in giorno conoscevo, ed ecco le prime riunioni, in cui potevo osservare solo condivisione di informazioni, confronti, messe in discussioni, insomma tutti quei principi di cui ho tanto letto sui manuali del “buon professionista”. Il tempo è trascorso, oramai sono 12 mesi che faccio parte dell’equipe del Nautilus, tra alti e bassi, periodi di duro lavoro e periodi più leggeri, ma sicuramente una cosa è restata costante ognuno di noi (psicoterapeuti, psicologi, assistente sociale, medico) mantiene fede all’idea di equipe multidisciplinare, dove si condividono le informazioni, i progetti per ognuno di loro e i singoli interventi. Ogni professionista ha in mente l’obiettivo comune il benessere dell’utente. La vera prova che dovetti superare, dopo il colloquio con il responsabile, in realtà fu l’accettazione della mia presenza da parte di un utente, non uno qualsiasi, ma un utente “storico” del Nautilus, definito da tutti “Atipico”: R., 40 anni, italiano, poliassuntore da sempre, o almeno da quanto siamo riusciti ricostruire. Non conosciuto da alcun servizio del sistema sanitario nazionale per tossicodipendenti, da alcun 30 psichiatra o CSM, DSM e quant’altro. R. frequenta il centro per lunghi periodi e poi scompare, in modo ciclico da quando ha aperto il Nautilus, ha un abitazione di sua proprietà nelle case popolari, non possiede una cucina o l’allaccio del gas, così anche una lavatrice. Nei giorni in cui il Nautilus è chiuso, i giorni festivi, e nelle ore serali, per mangiare si rivolge alla Caritas e nei vari centri di accoglienza dove è possibile usufruire di un pasto. R. non è un tossicodipendente puro, in quanto ha evidenti sintomi deliranti con allucinazioni visive e uditive e idee persecutorie, non aggressive verso persone o cose, ma non avendo una documentazione storica non è possibile sapere se questi sintomi siano pregressi o postumi l’abuso di sostanze psicotrope. Peculiarità di R. è la remissione totale di ognuno dei sintomi precedentemente elencato se impegnato in attività manuali, come ad esempio la cura della casa o riparare un qualsiasi oggetto all’interno del centro e così via. Inoltre R. risulta essere un “termometro umano” rispetto l’umore del centro, quando i suoi deliri si accentuano e R. diventa irrequieto, noi operatori allunghiamo le orecchie, ingrandiamo gli occhi, e cerchiamo di prevenire situazioni a rischio, dando maggiori attenzioni agli animi particolarmente sofferenti e inquieti. Il mio primo contatto con R. fu anticipato da queste parole “non guardarlo fisso negli occhi, potrebbe prenderla male, non predilige le donne”. Faccia a faccia con il mio soggetto, il suo sguardo fisso su di me, i suoi deliri, le parole che cascavano come un torrente in piena senza apparente logica e i miei tentativi di evitare i suoi occhi, il suo sguardo, tutti i miei sforzi vani. Non feci altro che fare ciò che mi viene più naturale: tentare di entrare in contatto con R. ascoltandolo, parlandogli, iniziando a costruire una relazione, fatta anche di sguardi. R. non ebbe reazioni abnormi, con mio sollievo, notai un’accettazione tacita della mia presenza all’interno del centro, con il quale stabilii una discreta relazione professionale e umana. Mi sentii riconosciuta nel mio ruolo, se pur novella, anche da R., colui che a detta dei colleghi più “anziani” fece scappare alcuni dei miei predecessori! Attualmente R. si è allontanato dal centro entrando in quella sua ciclicità di assenza dal servizio, e probabilmente si trova nel suo periodo di maggior abuso di sostanze psicotrope, ma io, i miei colleghi, il Nautilus, siamo lì a Bagni di Tivoli pronti a riaccoglierlo nel momento in cui senta la necessità di curarsi di sé. Silvia De Napoli Il Medico 21.12.’09: data spartiacque della mia vita professionale. Sostengo l’esame finale del Corso di Formazione in Medicina Generale, conclusione del mio ciclo di studio che mi ero prefissato. Dopo poche ore vengo avvicinato da un’ operatrice esperta del Nautilus, che mi propone di lavorare per il Centro di Prima Accoglienza di Tivoli Terme. Accetto con un po’ di sana incoscienza, non conoscendo bene né il Centro né di come possano essere utilizzate le mie specifiche competenze professionali. Qualche giorno seguente sostengo il colloquio di lavoro con il responsabile del Centro, Mimmo. Il successivo mese di gennaio incomincio la mia avventura al Nautilus, neofita sia nel settore delle tossicodipendenze che in quello di un centro a bassa soglia: la Formazione di un Medico di Famiglia prevede solo un tirocinio teorico-pratico presso un Ser.T. territoriale della durata complessiva di due settimane. All’inizio cerco di comprendere il funzionamento del Centro, le esigenze degli utenti, di come possa essere utile la mia figura professionale e di come mi possa integrare con gli altri componenti dell’ equipe, visto che sono l’unico operatore con la qualifica di medico. Ben presto mi rendo conto di trovarmi di fronte a persone bisognose di sostegno e che in quel contesto devo mettere in pratica quel concetto di “visione olistica del paziente”, tanto caro ai miei docenti e che tanto spesso ha riecheggiato durante l’intera durata del Corso di Formazione. Nella realtà quotidiana immagino il Nautilus come un’oasi nel deserto della vita di alcuni viandanti. Gli utenti del Centro sono i viaggiatori che, durante la lunga personale traversata, sostano da noi quando hanno bisogno di soddisfare i propri bisogni primari: mangiare, lavarsi, lavare i propri indumenti, riposarsi e curarsi. In un solo concetto, occuparsi di se stessi, seppure solo per alcune ore di una giornata. Ed in questo ruolo un Medico di Medicina Generale è quanto di meglio possa loro capitare. Le patologie tipiche di persone che hanno problemi con le sostanze d’abuso trovano spesso una risposta sufficientemente adeguata ed esauriente dal medico del Centro. E, quando ciò non si verifica, gli utenti vengono inviati presso il Servizio o lo Specialista del S.S.N. più appropriato. Quando sono in turno al Nautilus mi sento un po’ come i vecchi medici condotti che, con pochi strumenti e molta semeiotica, erano in grado di inquadrare la patologia e dare un’ appropriata terapia farmacologica, un consiglio e quant’altro. Migliorare, anche di poco, la qualità 31 della vita degli utenti del Centro per me è fonte di soddisfazione ed appagamento. Ora posso affermare con certezza di comprendere appieno la definizione Wonca 2002 della Medicina Generale ed in particolare l’utilizzo del modello olistico che è peculiare ed esclusivo dei Medici di Famiglia. Sono trascorsi tre anni dall’inizio di questa avventura e certamente sono soddisfatto di aver intrapreso questa esperienza, tanto da permettermi, in modo continuo, di crescere professionalmente. Nel frattempo svolgo sostituzioni di diversi Medici di Famiglia e presto la mia opera presso il Ser.t. degli Istituti Penitenziari di Rebibbia. A ben vedere sono esperienze complementari che ben si armonizzano tra loro. Giuseppe Fargnoli Lo Psicoterapeuta Sono Massimo operatore a singhiozzo del Centro Nautilus (da Ottobre 2008 a Maggio 2009, da Settembre 2009 a Maggio 2010, ancora a Ottobre 2012). Il mio allontanarmi e ritornare non è legato al mio livello di interesse per il lavoro, ma alle difficoltà economiche, a cui spesso questo progetto è soggetto. Sono uno Psicoterapeuta. Arrivo per la prima volta al Nautilus dopo esperienze nel campo delle tossicodipendenze legate soprattutto alla prevenzione, in ambito scolastico, dove gli "utenti" sono adolescenti che si affacciano per le prime volte all'uso di varie sostanze psicotrope. Quello che trovo al Nautilus è un contesto del tutto diverso: gli utenti sono per la maggior parte adulti (non più giovani) che consumano e abusano da molti anni. Pazienti cronici, dipendenti, cui la "droga" (qualunque essa sia: alcool, eroina, cocaina, nella maggior parte dei casi) ha segnato la loro vita in modo esclusivo. Spesso è stato difficile per me riuscire a comunicare con loro: il centro accoglie consumatori attivi che non hanno motivazione a "smettere", a disintossicarsi, a fare un percorso di recupero, e quindi spesso vi accedono in stati alterati, fisicamente debilitati, "fatti" e “distrutti” insomma. La loro motivazione (per tutti è questa all'inizio) è darsi una ripulita, riscaldarsi, riposarsi, mangiare qualcosa, prendersi una pausa di poche ore dalla "vita di strada". In alcuni periodi, mi sono chiesto se la mia professionalità fosse utile, o forse sprecata, in un contesto del genere. Mi domandavo che valore avesse, "cercare di tenere in vita” persone che giorno dopo giorno, vedevo peggiorare, vedevo essere sempre meno presenti, ed avvicinarsi sempre più alla morte. Questo mi succedeva all'inizio, quando mi fermavo in superficie. Poi, però, c'è tutto il resto, che mi fa andare al lavoro con la speranza, con la motivazione e la voglia di vedere se in tutto questo nero ci sono barlumi di luce. E la luce c'è. Tutti vengono al centro per la sopravvivenza, vengono a “scroccare” e spesso non stanno tanto a vedere chi c'è dall'altra parte, l'operatore intendo. Ma poi ritornano, sempre per la necessità dei servizi essenziali (pasto caldo, doccia, lavare i propri vestiti, etc.); e poi ritornano ancora e si accorgono che in questo "approdo" si riesce anche a scambiare qualche parola, a farsi una risata, a trovare delle persone competenti, dei professionisti della salute, che potranno essere una guida ed indirizzare verso altri servizi, dare un sostegno, ma soprattutto mostrare modalità di relazione, più sane, più affettive, con delle regole di convivenza definite. Nelle sei ore in cui sono al Centro Nautilus cerco di offrire all'utente la possibilità di trovare uno spazio in cui si cerca il più possibile di non giudicare il loro passato, le loro scelte, in cui chi sta lì non ti disprezza, perché vivi per la strada e sei "uno scarto della società". Quando qualcuno dai e dai trova la giusta motivazione, ricarica un po' le sue forze, e riesce a vedere un futuro a prescindere dalla dipendenza, allora il mio lavoro può cambiare, per portare le persone nella direzione del cambiamento e dell'invio in servizi più “terapeutici”. Ma, se quel momento non arriva, sono sempre pronto ad accogliere, indipendentemente dalla libera scelta dell'utente. Massimo Vidmar Anche se io mi sentissi assolto sono per sempre coinvolto Quando sono stato invitato a scrivere qualcosa riferita alla mia esperienza di operatore Nautilus mi sono detto: “e mò che scrivo?” Man mano che riflettevo su quali aspetti, caratteristiche della mia esperienza di operatore hanno lasciato un’impronta nel mio vissuto e di come poterli sintetizzare ho sentito frullare nel mio 32 cervello la canzone del Maggio di De Andrè, facendo affiorare, nella loro opposizione, due concetti dubitativi. Il primo di tipo caratteriale e professionale: coinvolto/non coinvolto; Il secondo, consequenziale, di tipo valutativo: assolto/non assolto. Allora mi sono detto di farmi coraggio, guardare in faccia la realtà ed esprimere questo mio dubbio anche se mi dico che non è niente di importante, che è un breve momento riflessivo. T. è un utente riservato, rispettoso e disponibile. Si presenta un po’ trasandato e sembra essere poco capace di prendersi cura di se stesso. Quando l’ho conosciuto parla di sé come una persona con impegni di lavoro e con competenze varie; nega di avere un problema di alcool dipendenza e usufruisce dei servizi del Nautilus senza ulteriore progettualità. Con il tempo si nota un progressivo deterioramento fino ad un aggravamento psicofisico tale che decidiamo di intervenire per favorire il rientro nel suo Paese di origine. Per fare questo abbiamo programmato e organizzato un lavoro di accompagno dell’utente da parte Nostra esplicatosi con l’avvisare i suoi parenti della prossima partenza di T., l’andare a prenderlo dalla dimora fatiscente dove alloggiava e farlo accompagnare da un suo connazionale all’autolinea. F., invece, è un utente che si presenta ben curato e con un apparente alto livello di autostima. Cerca continuamente il rapporto con l’operatore, anche per conferme rispetto alla sua reale bassa autostima. F. sa che il suo problema è l’uso di alcool ma nega di avere un coesistente disturbo affettivo e disturbo antisociale di personalità. Con il suo comportamento provocatorio e sfidante nei confronti degli operatori, fino ad arrivare ad accenni di ritorsioni verso questi, costringe l’equipe a decidere il suo allontanamento dal Centro. Due storie, due storie diverse, due metodologie diverse di intervento. Con T. abbiamo dilatato il campo di intervento, i confini del Nautilus, per andare a prenderlo e fare in modo che partisse per il suo Paese di origine. Con F. abbiamo chiuso o, comunque, ristretta la soglia di accesso per fare in modo che non potesse frequentare il Centro o, qualora pensasse di frequentarlo, riprogrammare una progettualità più circostanziata. Due conclusioni diverse rispetto alle quali potrei dire di avere fatto il mio dovere; di sentirmi assolto; che il mio coinvolgimento operativo, adesso, è rivolto ad altre situazioni/utenti/persone rispetto ai quali attivarmi e/o coinvolgermi. Ciò nonostante, rispetto al rapporto con questi due utenti sento di avere avuto una responsabilità, sento ancora più forte una voce che mi dice: “per quanto mi possa sentire assolto sono per sempre coinvolto”. Mauro Cerone L’Operatore… il Responsabile… il “Fondatore” Fosse la nostra Struttura molto più grande e famosa, potrei essere definito Fondatore giacché sono presente in Nautilus dal primo giorno ed anche prima, in qualche modo, avendo partecipato alla stesura del primo Progetto, ed avendo realizzato i successivi. Quello in corso per cui tuttora lavoriamo è il quarto! Già… per lavorare nel nostro settore ogni circa 3 anni dobbiamo partecipare ad un bando e vincerlo se vogliamo continuare a lavorare e continuare ad offrire i servizi ai nostri Utenti! II fatto che il periodo della convenzione ha un termine, il fatto che sempre siano seguite con proroghe di 10mesi, di 5 mesi, di due mesi, di 2 mesi e 20 giorni, crea disagio all’operatore con l’aggiunta che i pagamenti erogati dalla Regione Lazio sono spesso in ritardo e con punte di anni. Di questo disagio si cerca di non rendere partecipe l’utente, ma non si può fare a meno di veder andar via colleghi ben formati e validi! Purtroppo a volte la motivazione dell’operatore, cozza con la realtà pratica di garantirsi un minimo reddito! Bene dei miei colleghi di 12 anni fa, al Nautilus,sono rimasto solo io. Alcuni hanno cambiato settore, altri trasmigrati in strutture più grosse, capaci di offrire maggiori garanzie. Credo che la mia motivazione è tuttora molto alta, ma è alta anche la consapevolezza che si è in meccanismo perverso che sfrutta la tua motivazione per resistere alle alte frustrazione che un servizio di u bassa soglia ti lancia! Allora cosa alimenta la motivazione ad operare in un Centro per la Riduzione del Danno, che utenti, spesso mal messi, con scarsa propensione al cambiamento. Ma sarà che 33 una storia come questa cementi la fedeltà al Servizio? Vediamo allora…. Marco è uno degli utenti più storici del Nautilus. Dai primi tempi, già si mostrò diverso, in qualche modo un leader dei compagni e che presto instaurò con gli operatori rapporti molto vicini ‘all’essere amicali’. Lui all’inizio ci frequentava a singhiozzo, quando veniva licenziato dai vari lavori che faceva, a causa dell’alcol. Poi più spesso capitava che veniva ubriaco e nel tempo sempre veniva di meno perché troppo ubriaco! Bevevo fino a crollare tanto che spesso i suoi compagni del ‘muretto’ chiamavano il 118, ma capitava che le reiterate chiamate inducevano l’equipaggio delle ambulanze a non caricarlo dato che era il solito ubriaco! D’altra parte Lui come altri suoi colleghi, spesso un a volta che erano in ospedale, dalla lettiga o dal letto si alzavano e se ne andavano, prima di ricevere le cure del caso: questo accadeva anche quando erano portatori di ferite o fratture! Bene Marco percorse tutta la ‘carriera’ dell’alcolista, peggiorando le sue condizioni psichiche e fisiche! Con noi aveva sempre un rapporto speciale, ma ciò non ci evitò di allontanarlo quando la sua situazione sanitaria precipitò da rendere incompatibile la sua presenza nel Nautilus. Ogni tanto io andavo a trovarlo al ‘muretto’ e spesso lo trovai steso per terra circondato da cartoni di vino. Una volta assistetti ad un episodio in cui si fece chiamare l’ambulanza, ma solo dopo che si era scolato l’ultimo cartone! Poi un giorno di un gelido autunno un suo compatriota (che morì tragicamente un mese dopo) arrivando ci disse di scendere giù che c’era Marco all’ingresso: caduto! Era in periodo in cui era sospeso dal Nautilus, ma scendemmo ugualmente! La scena che si presentava somigliava alla statua del “Galata Capitolino”, solo che era molto meno classica e più tragica!* Ci chiese aiuto, più coi gesti che con le parole, non si reggeva in piedi, si trascinava a terra! Era in un mare di liquidi vagamente organici, era sporco, bagnato e maleodorante! Fortunatamente quel giorno eravamo in tre operatori: Due di Noi lo aiutarono ad alzarsi e sorreggendolo lo portammo su al Servizio, senza tentennamenti, nonostante fosse stato espulso! Lo facemmo riposare, e appena possibile ‘lo lavammo’ alla meglio, vestito e rifocillato, valutammo di accompagnarlo ad un ospedale che sapevamo non lo avrebbe fatto fuggire, ma curato seriamente: il Policlinico ’Umberto I’ di Roma. Verificammo per quanto possibile lo stato della sua motivazione Un operatore lo accompagnò coi mezzi pubblici, un altro sostò con lui a rinforzargli la motivazione e far si che la lunga attesa non lo facesse desistere. Strano ma vero, l’attesa su una sedia al Pronto Soccorso durò quattro giorni seppure via via sempre più preso in carico dal personale e curato per quanto possibile, rilevando il suo stato altamente debilitato con valori degli esami clinici molto alterati! Finchè il quarto giorno fu ricoverato alla Clinica di Gastroenterologia. I medici lo videro come caso disperato, non sciolsero la prognosi per parecchi giorni. Insomma subì cure intensive per un intero mese e all’uscita, leggermente forzato acconsenti ad andare in comunità ,rinunciando a passare a salutare i suoi amici (forse sarebbe stata una nuova fuga nel vino). Lo andai a prendere di domenica mattina per portarlo in Umbria in una Comunità di vita della Caritas, l’unica che lo accettava senza documenti e nelle sue condizioni fisiche (difatti da loro subì altri tre ricoveri). Qui resta per circa 4 mesi avendo modo di riflettere sul suo passato e prendendo spunti per un suo futuro. Poi fugge bruscamente, ritorna nel triangolo Tivoli, Villanova, Tivoli Terme. Torna al ‘muretto’, dai suoi amici alcolisti: ma stranamente riesce a non bere e fumare, pur essendo tutti i giorni a contatto con alcolisti e vino, tanto che loro lo definiscono ‘pazzo’ perché non beve! Da noi vige ancora la sospensione anche in accordo con la Comunità da cui era fuggito, tra l’altro portando via indumenti e vettovaglie non sue! Per mesi fa tentativi per rientrare al Nautilus. L’équipe animosamente discute per mesi, poi si decide il suo reingresso! Ci appare davvero un uomo nuovo, cambiato, con voglia di tornare alla vita sociale e lavorativa: piano piano riceve da noi aiuti rivolti alla sua crescita della sua autonomia. Per farla breve recupera uno dei suoi vecchi mestieri: il pittore decoratore. Impara ad usare il computer per crearsi manifesti ed impara ad usare Internet per farsi pubblicità sulla rete! Funziona trova lavoro da artigiano. Diventa bravissimo nell’uso del P.C., macchine fotografiche, iPhone, ecc. Ora ha una partita iva, un conto in banca, una casa ’normale’ -e non spelonca- ha recuperato il rapporto coi parenti ed è andato a trovarli: la prima volta è tornato che aveva comprato l’auto! Insomma è ora un piccolo imprenditore, fa una vita dignitosa e quando può viene ancora trovarci e mette la sua esperienza a disposizioni degli attuali utenti. Complimenti Marco! Bhe sì, sono questi casi, che a volte viviamo in prima persona che ci fanno amare questo lavoro, che a volte sembra una missione, una missione ‘impossible’, sembra! Cosa posso dire di più? Che sono un operatore completo! Come Responsabile e per questo ruolo mi trovo ad interfacciarmi con altre Strutture, con la parte amministrativa del progetto, ad avere 34 rapporti con gli Operatori per questioni “sindacali” per i pagamenti ma soprattutto per questioni inerenti la metodologia d’intervento in casi specifici e a discutere sull’andamento del Centro. Invece come operatore faccio tutto: accolgo gli utenti, predispongo, per loro la colazione ed il pranzo ecc.. come spiegato in altre parte di questo libro! Poi a a volte uso le mie competenze di psicologo e psicoterapeuta. Bugia! queste competenze sono sempre presenti sottotraccia e continuamente agiscono nel rapporto con l’utente e arricchiscono la relazione di contenuti professionali. Ma è chiaro che elementi di psicoconsulenza o psicoterapici vengono utilizzati, sono utilissimi per cogliere le istanze che gli utenti presentano in ogni qualsiasi momento al di là di ‘setting’ strutturati. *Galata Capitolino Storie di vita ed interviste agli utenti Un utente decisamente particolare Abbiamo avuto un utente decisamente atipico, 50 anni di cui 30 di tossicodipendenza durante i quali non si è mai rivolto a nessun servizio. Arriva da noi per passaparola di altri utenti e viene solo per prendere le siringhe. Non ci ha voluto dire il nome, ci guardava con diffidenza, decisamente non si fidava. Poi un giorno ci ha chiesto aiuto ed ha cominciato a frequentare il Centro. Ero molto curiosa dalla sua storia e lui molto voglioso di raccontarla così gli ho proposto di scriverla sul computer del Nautilus e lui ha accettato. Riporto qui alcuni brani: “A testa bassa, a scrivere, ma non ho scritto praticamente nulla di quello che è il mio rapportarmi con le mie esperienze, con le donne, con quello che è il mio rapporto con i viaggi, come li organizzavo come li ho vissuti, come li ho goduti o sofferti, con quelle che sono state le mie esperienze con la tanta droga da me usata, dei tanti tipi di droghe. Lo stesso vale per la mia vita attuale con la mia compagna. Non basterebbe un volume per descrivere queste mie esperienze con la droga o come dice lei con l’amante. E già da questo si capisce quanto sia difficile per me parlarne. Dovrei vergognarmi per le tante volte che comunque è sempre rimasta al mio fianco, forse per via che ci conosciamo da più di quarant’anni anche se conviviamo solo da dieci. “Mio figlio”, forse inconsapevole, con sofferenza ma senza darlo a vedere, mi resta sempre vicino anche 35 quando sto nella merda, in crisi di astinenza, quando sto spudoratamente nel torto, quando mi difende a spada tratta anche contro la mamma. Questo per me significano onore, rispetto e prestare fede alla parola data. Quanto ha sofferto questo figlio con il padre morto a quarant’anni di alcool e droga. Ora, nonostante i miei tanti errori…, è un ventenne, diplomato, lavora, gioca e vede il calcio dalla curva sud. Spero un giorno di sentire il coraggio di spiegare tutto ciò che sono le mie impressioni su questi rapporti, sull’effetto di essi sul mio corpo e soprattutto sulla mente. Ma non ho glissato solo su storie ed aneddoti che circondano il mondo fatto di droghe, di sfide, di rischi, di soldi, l’ho fatto anche su tante altre che prima o poi proverò a scrivere. Invece pensavo di aver già scritto abbastanza su tutto, comunque si è capito che io della mia compagna mi posso solo fidare, vi ricordo che mi ha salvato la vita più di una volta, mi conosce talmente bene che da tempo è il mio medico di fiducia! A dire dai fatti è veramente grande. Si, dai leggi e dimmi, cosa ne pensi…? Bello e coraggioso! E’ vero io non ce l’ho mai fatta a scrivere cosa avevo dentro, e di questo te ne do atto, ma permetti che ti dica una cosa: ho scritto un riassunto e anche molto breve delle cose che ho vissuto, io lo so, ma forse non è ancora arrivato il momento di scriverle tutte, o di parlarne. Magari “prima luce” può aiutarti, raccogliendo domande che meritano una risposta, o quant’altro sia utile per te, per il Nautilus e per lei che è a dir poco geniale, per il solo fatto di come sia riuscita a capirmi in pochissimo tempo, da quando sono in cura da lei. Si “prima luce” è la mia fortuna per risolvere questo problema ultratrentennale. Vorrei tanto aiutarla se non scrivendole magari parlandole di queste tante cose che ancora mi porto dentro. E per come mi sembra di capire, sono importanti per me e per il Nautilus che raccoglie dati per le tante persone che lo frequentano e non. Magari un accurato racconto di quello che è stata simbolicamente la stazione termini di quegli anni ottanta, per arrivare a raccontare dei primi anni novanta a Tor Bella Monaca, fino ai primi anni del duemila e viverli da nomade, da un quartiere all’altro, fino ad oggi, novembre duemilaundici, potrebbe davvero servire. Posso dire che se proprio non riuscirò a scriverli, prometto di parlarne con “prima luce”, tanto sono sicuro che lei mi aiuterà perché prendendomi per mano mi sta insegnando a vivere e a rapportarmi con la gente, con gli animali e con il mondo intero. Magari la profezia dopo più di trent’anni si sta avverando! Con grande piacere e mezzo secolo di vita sulle spalle sono felicissimo di fare il percorso all’indietro per tornare all’inizio, là dove tutto è cominciato, e proseguire a testa alta fino all’ultimo istante, provare a vivere pulito dentro per dimostrare il meglio di me ed essere soddisfatto di me stesso, pensando ed aiutando tutti coloro che hanno bisogno di me come persona “normale” ma con molta esperienza da offrire agli altri. Nel momento in cui scrivevo tutto ciò che ho scritto non pensavo di ritrovarmi con gli occhi in tilt, il cervello in totale confusione: date, aneddoti, nottate e nottatacce, insomma mi sembra di non capire cosa scrivo e cosa leggo. Ormai mi sembra di navigare a vista, senza strumenti e senza vento, per inserire cosa mi torna in mente in questo momento devo tornare indietro o continuare ad andare avanti? Chissà come avrebbe fatto Hermann Hesse ad uscire da questa “caciara”. Io non sono un scrittore ma un autodidatta, anche per quanto riguarda tutto il vissuto che mi porto dietro, si, penso, dico e cerco di ripetere tutto quello che mi passa per la mente, questo lo posso fa’, ma non sono uno scrittore, eppure sto scrivendo di aver preso la Licenza elementare a Vicovaro, per le Medie lo stesso, le superiori… alla stazione termini, la laurea a Tor Bella Monaca, per certe cose sono i migliori Istituti…o no? Non so da quale cominciare, e questo vuol dire che non parto da nessuno o magari da tutti…” Quarantanovesimo Oggi sto al quarantanovesimo giorno senza roba, lungo da scrivere, un coro al nautilus, con prima luce e la mia compagna di vita, la spalla destra, appoggia il discorso di prima luce, è semplice e chiaro: il percorso è solo all’inizio. Il peggio arriva adesso , la lucidità, affrontarla e imparare a conviverci, è la parte più difficile, in primis si soffre di insonnia, e poi il cervello diventa vulnerabile. La cosa al momento mi sembrava democraticamente fascista, un coro di sì da ragione a prima luce. Che coro, sembrava la bolgia del Colosseo, risultato breve e conciso: resti qui, puntuale come sempre. Riesco solo a strappare un: ne parleremo in equipe…ma sarà, i dottori sono loro, e cosi arrivederci a nuovo ordine. Da parte mia sto soffrendo come già sapevo di insonnia, e non é certo una passeggiata per me e la mia famiglia. Descrivere cosa vuol dire , soffrire e far soffrire chi ti sta intorno, non è certo facile da digerire, ancora di più scriverlo. Un tornado in casa, si, per 36 quanto piano si possa fare, a notte fonda tutto diventa maledettamente amplificato , rumoroso, insomma come me movo è ‘na caciara. Posso solo ringraziare la mia compagna, e mio figlio. … Le storie tornando indietro cambiano perché se non sbaglio sto scrivendo di droga e di drogati. Nelle mani del nautilus, loro ci credono, io di più, come mi sento? Ma come mi sento,? Mi sento normale, normale, normaleee. Sentirsi così è come nascere, anzi, rinascere, tutto quello che è normale lo vivo come un bambino, ma con la testa forse si un pò pazza, ma non scema, intelligente …e questo me lo dico da solo! Tutto intorno sembra una novità , ma già vista migliaia di volte, è la percezione che dentro è cambiata, è il valore che dai a cosa ti circonda, è per come la penso io, è un calvario, ma sono arrivato al capolinea. Si, specialmente per la mia storia che è una lunga storia il capolinea è lì, lo vedo. Non posso dimenticare in un momento quello che era nel bene e nel male una vita vissuta anche se attraverso esperienze negative, e non posso dimenticare in un momento con quanta sofferenza e dolore l’ho vissuta. Una vita con il piede sempre sul pedale dell’acceleratore. Tanta esperienza mi è stata regalata a carissimo prezzo, ma c’è tutta, e vi giuro che rimane a vita. Le risorse umane devono prevalere nel trattare sotto la stazione con i nordafricani per tiragli un pacco, o magari in un androne di torbella. Come va a finire è solo ovviamente ogni volta una lotteria. Questo sviluppa parecchi sensi del corpo, insegna a riconoscere una persona con un solo sguardo, fiutare se c’è una trappola dei caramba o della polizia, o se per puro caso ti trovi al momento sbagliato o nel posto sbagliato. Ecco la frittata che va per terra. In una di queste stradine di torbella scelgo il posto giusto per consumare una dose, è tutto pronto, la roba c’è, il filtro pure, la vena palpita, e sono finalmente pronto. Tac, tac, tac , dal finestrino chiuso, mi giro senza aver avuto il tempo di iniettarmi la mia desiderata pera e vedo una canna di pistola puntata alla testa. Cazzo, con la roba non consumata , la calibro nove in testa che si muove a modo “sbrigate a calà se no so’ cazzi amari”. Scendo dalla macchina pensando a che cazzo raccontare dal momento che ero stato beccato in flagranza. L’altro poliziotto parla a bassa voce ma mi resta facile sentire: “non é lui, stanno dietro la siepe”, il poliziotto mi guarda e mi dice di allontanarmi al più presto: “Sali in macchina e vai a farti il tuo buco da un’altra parte”. Solo in macchina metto in moto e scappo non lontano dal momento che la spada é carica, mi faccio poco distante dal fermo precedente, trovo ‘sta vena e finalmente mi faccio, appena in tempo per sentire urla di altolà, e subito uno sparo… spero in aria. Metto in moto la macchina e via di corsa al paesello. Un altro viaggio da raccontare. Quarantanovesimo giorno, scrivo e spero di essermi spiegato, la roba non è per tutti gli usi o abusi, è come il vino, non tutti lo possono bere. Il viaggio parte da lontano senza sapere a cosa si va incontro, ma si parte lo stesso, finché si ha culo si continua ad andare, ma come spesso succede, presto diventa un dramma personale da dividere tristemente con tutte le persone che ti vogliono bene. Bisogna ricordare, che il viaggio inizia, che è lungo e pericoloso, ma si decide di rischiare, ci si butta nell’ignoto, si pensa che solo pochi fortunati spiriti avventurosi osino fare il primo dei tantissimi passi per farsi un viaggio. La vita è un viaggio, ma, se mi sono spiegato, la mia vita è stata finora il viaggio a cavallo di una qualsiasi sostanza. Questa può regalarti esperienze oppure una morte senza dolore ma non bisogna dimenticare che comunque il viaggio nella droga è potenzialmente mortale. Una storia di vita: Marco Marco, così si fa chiamare in italiano, viene dalla Polonia, ha 39 anni. E’ arrivato in Italia nel 1990, quando non aveva ancora vent’anni; è arrivato come tanti, con alcuni amici, per venire a vedere come si vive in Italia, per cercare opportunità di una vita diversa, forse migliore. In Polonia ha frequentato tre anni di Istituto tecnico, ma non è riuscito a concludere il percorso di studi, non ha preso il diploma. Per qualche anno ha lavorato nella zona di Tivoli come tornitore, pittore edile, manovale. Con gli amici si beveva per tradizione, per abitudine, per compagnia, inizialmente senza abusare. Fino a quando, a circa 27 anni, l’alcool inizia a far parte della sua vita ma non è il centro della sua esistenza. Poi, i problemi della lontananza dalla famiglia, alcune delusioni, le difficoltà abitative e lavorative fanno sì che “ dai 30 anni inizio a bere forte”. “Ho iniziato per conoscenza di amici che bevevano”; poi si scopre che bere aiuta anche a dimenticare e così cominciano gli anni all’inseguimento dell’alcool, le giornate ruotano attorno al bere. “Fino al 2005 facevo ancora 37 qualche giornata di lavoro” poi c’è il punto di non ritorno..”pensavo solo al vino”. Come l’alcool ha cambiato la tua vita chiediamo: “chi beve fa gruppo, sta bene, chi non beve non capisce….la gente ti odia”. L’unico servizio cui Marco si rivolge è il Nautilus, non è un immigrato “regolare” ed è più difficile accedere a servizi tradizionali. Frequenta il Centro per quasi dieci anni nei quali abbiamo modo di vedere la sua “discesa con l’alcool”. L’alcol è una “brutta bestia” che si insinua a poco a poco, partendo da un uso “aggregante” e alleviante la condizione del senza fissa dimora. Il processo è lungo, la volontà di cambiare altalenante, l’alcool è forte, la motivazione non è costante. Cosa c’è senza l’alcol? Quali possibilità lavorative, sociale, amicali? Gli amici connazionali bevono tutti.. Ma Marco ha già provato a radicare diversamente in Italia; ha una figlia a Tivoli con un’italiana, forse una possibilità in più degli altri. Conosce bene tutti gli operatori del Centro, dopo tanti anni; ad alcuni è più legato e molto lentamente si insinua anche l’idea che qualcosa possa cambiare. “ Mi avete spinto verso una direzione” dice Marco; da tanto, e con le modalità “deboli” della riduzione del danno, cerchiamo di spingerlo verso un’altra possibile strada, alternativa all’alcool. Ma “non mi rendevo conto”; no si rendeva conto Marco, o si rendeva conto a tratti, fin quando non si prende paura: il fegato di chi beve ad un certo punto cede e Marco va molto vicino a lasciarci. Altri suoi amici non ci sono più. Lo portiamo in ospedale, viene ricoverato per un periodo abbastanza lungo, poi riusciamo ad inserirlo in una Comunità della Caritas in Umbria. Superata la fase critica decide di tornare a Tivoli, così torna a vivere insieme agli amici “alcolisti” a tutti gli effetti. A Nautilus non siamo d’accordo con questa scelta, siamo preoccupati per una possibile ricaduta ma Marco non tocca più l’alcool, si è preso paura “non voglio più giocare con la mia vita” dice. Per tanto tempo ha usufruito dei nostri servizi, del pasto caldo, dei servizi igienici ma, adesso che è di nuovo lucido, dice che i tanti colloqui fatti con gli operatori, nelle situazioni più complicate, sono stati semi che col tempo hanno contribuito a guidarlo nella giusta direzione. “Mi chiedo ancora se ce la farò” dice, “ho provato tante volte, ho sofferto tanto, adesso sono contento.. un uomo ubriaco è un disperato”. Adesso Marco sta cominciando a lavorare, nel settore edile; gli piacerebbe trovare un posto fisso ma nel frattempo si sta dedicando anche ad alcune passioni: è diventato molto bravo col computer, si è comprato una macchina fotografica e di tanto in tanto gli piace documentare la vita dei suoi amici, che si trovano ancora dentro il tunnel e che vorrebbe aiutare ad uscire; anche il settore sociale lo interessa e si tiene informato sugli eventi del territorio che si occupano di dipendenze, come la prevenzione con i ragazzi. Usufruisce ancora del nostro servizio e qualche nostro operatore ha un’idea su di lui… forse sarebbe un ottimo operatore. Ma alla fine lui decide di aprire una ditta di pittura edile, si affitta una casa e oggi viene al Nautilus come volontario e mediatore culturale. Tratto dal suo blog… Abbiamo deciso di lasciare intatto il testo così come lui l’ha scritto e pubblicato online. Questa la storia Vera di un Ragazzo Polacco. Sono un Ragazzo-Uomo Polacco di 40 anni. In Italia oltre 20 anni. Sono venuto in questo Paese nel inizio anno 1990 con mio amico che aveva la sua sorella in una piccola Cita vicino Roma. Siamo venuti appena finita la scuola in intenzione rimanere per periodo di vacanze Magari guadagnare qualche soldo. Poi il tempo si prolungato e ci siamo rimasti di più. Io con tempo mi sono trasferito da un altro paese dove lavoravo. Primi anni la mia vita era tranquilla, dopo di che ho cominciato frequentare amici che abusavano di alcol. Inizio sembrava normale come si forse niente, naturalmente dopo di una settimana lavorativa finalmente il weekend e vai con birra, vino, vodka, ed altri liquori dopo finiva “La Sbornia totale-coma”!. E tutte le settimane uguale. Dopo qualche anno cominciato di peggio- lavoro? Niente licenziamenti da per tutto “no voglio ubriacone, Uomo di Vino no vale un quadrino” cosi dicevano il datori di lavoro, in fatti e VERO. Il tempo passava ma io giorno per giorno peggioravo. No mi rendevo conto che con mani stessi mi sto togliendo la VITA. Fine anno 2008 preciso fine ottobre arrivato forse peggiore periodo della mia vita. Con aiuto di una struttura sociale (dott. Psicologo/gi) sono stato accompagnato da Policlinico Umberto I a Roma. La sono stato ricoverato ca. un mese, mese di terrore ed sofferenza dolore, incubi etc. Il medici mi hanno detto che sono stato fortunato, perché 38 sono arrivato, se ritardavo qualche giorno rischiavo di morire. Dopo ospedale sempre il Psicologo/ga mi hanno proposto la Comunità in Umbria, per allontanarmi da cattiva amicizia, per non ricominciare di nuovo bere, d’accordo ho detto. Il Comunità ci sono stato ca. quattro messi dopo di chi mi sono sfuggito, ho “scapato” fin adesso non so perché? Sono ritornato a Roma, inizio era difficile, ero debole forse triste, fragile, forse qualcuno sapeva mi hanno Odiato mi sono domandato? Un altro percorso difficile ma Vero. Mi sono detto questo il periodo difficile ma no devo mollare. E ora che Vi racconto questa storia vera e difficile sono passati oltre due anni da quando non tocco Alcol, sono fiero di me stesso, pensavo di non riuscire mai da questo giro, questo Incubo questa vita schifosa da cane! Certo ho perso tanto ma spero che continuerò cosi, senza ubriacarmi perche, sapete La VITA e Bella. Ora mi sento come nuovo, ho lavoro, ho imparato sacco di cose se bevevo sicuramente facessi una brutta fine. Un consiglio da parte mia state molto attenti che il Alcol e il”dolore” rovina intere famiglie le persone, quello lo posso dire perché sono stato la sua Vittima. Buona Fortuna da xxx! Interviste: Franco Franco C. 50enne, alcolista, ex-tossicodipendente da 20 anni. Una vita dedicata alle sostanze, affacciato al sert negli anni 80 ma mai preso in carico da nessun servizio. Il lavoro fatto con lui è consistito soprattutto nel ricostruire tutti i passaggi della sua vita e nel verificare le condizioni psicofisiche e la rete familiare. Ha sempre avuto molte resistenze a mettersi in discussione e decisamente è un utente impegnativo ma stabilita la relazione siamo riusciti anche con lui a fare un progetto per liberarlo dall’alcool. Ti ricordi la prima volta che sei arrivato al Nautilus? Sono arrivato a febbraio di quest’anno. Mi ha portato mio fratello a tradimento, ma va bene. Mi aveva detto che dovevamo andare a vedere per un lavoro. Poi l’operatrice mi chiama e mi rendo conto che non era per un lavoro. Mio fratello parlava con l’operatrice e non sapevo cosa dovevo fare. Poi l’operatrice mi ha spiegato che era un centro per persone che avevano problemi con le droghe e l’alcool. Questo è stato il primo servizio che ho conosciuto. Ho accettato di venire al Nautilus e i primi tempi ero molto confuso e non mi rendevo conto bene come funzionava. Ti è stato utile il Nautilus? Moltissimo, mi ha funzionato come antidepressivo, mi aiutato nelle relazioni sociali e mi sono sentito accolto senza giudizio. Come ti sei trovato con gli operatori? Si, mi trovo bene con tutti gli operatori, mi ha fatto molto bene parlare della mia vita e prendere coscienza della mia situazione. Cosa ti è caro del Nautilus? L’amicizia con alcuni ragazzi, l’umanità degli operatori e la comprensione in merito alla mia condizione quando sono arrivato al centro che non ero gestibile. Il Nautilus mi è servito per maturare la decisione di entrare in comunità. Ho sempre pensato che ce la dovevo fare da solo ma grazie a voi ho imparato a chiedere aiuto. Prima il contatto con il Sert, e ho visto che ci sono tante persone che hanno problemi con la droga e l’alcool. Il mio problema è quando esco da qui che devo tornare a casa incontro poi persone che mi invitano al bar e non so dire di no. I gruppi di auto-aiuto ti sono stati utili? Moltissimo, la condivisione dei problemi, le emozioni da poter condividere e il non sentirsi soli mi ha aiutato. I gruppi sono favolosi. Mi mancherà il Nautilus quando entrerò in comunità… 39 Alessandro Alessandro, 48 anni alcoolista, ex cocainomane…un percorso comunitario alla spalle concluso ma poi è ricaduto. Si rivolge al Nautilus quando la madre lo mette fuori casa e si rende conto che non ha un lavoro e l’alcool sta tornando nella sua vita. Lo inviamo a Step by step per un progetto di inserimento lavorativo, riusciamo ad inserirlo in un centro di accoglienza notturno e insieme anche ai servizi sociali del comune di Guidonia facciamo un progetto condiviso. Purtroppo A. ricade sempre più spesso mettendo a repentaglio il progetto e alla fine si rende conto che è meglio se entra in comunità. Lo accompagniamo in questo percorso all’ingresso sostenendo la motivazione e lavorando sulle ricadute. A. decide di entrare in Comunità a Dianova, adesso sono tre mesi che è partito. Quando sei arrivato la prima volta al Nautilus? Circa un anno fa Come hai conosciuto il servizio? Tramite il Sert che mi ha inviato Che ti aspettavi di trovare? Mi aspettavo ‘peggio’ di quello che in realtà ho ricevuto, perciò sono stato molto bene. In particolare che ti immaginavi? Mi immaginavo di trovare un posto dove si mangiava solamente invece ho trovato operatori molto in gamba che mi hanno aiutato a ritrovare fiducia in me stesso All’inizio che difficoltà hai incontrato? All’inizio stavo ‘impicciato con la testa già per conto mio, apposta sono venuto qui, stavo sempre zitto, per conto mio, pensavo a tante cose del passato. Piano piano ho cominciato a riprendermi, anche se ho bevuto parecchio ma grazie a voi ho iniziato a liberarmi del passato e a un certo punto è scattato qualcosa dentro me. Volevo ritornare quello che ero, un po’ più sciolto, un po’ più libero, liberarmi dei pensieri sul passato: liti con l’ex-moglie, problemi con mio figlio, ecc.. ho messo tutto dietro le spalle ho continuato ad andare avanti. Cosa ti rimane del Nautilus? Mi rimane un bel ricordo, persone che mi hanno dato calore Un consiglio per migliorare il servizio? Va bene così, non manca niente Che ne pensi dei gruppi di auto-aiuto che facciamo con gli utenti? Sono utili e ti puoi sfogare anche se poi le difficoltà ognuno le deve affrontare da solo Secondo te c’è un’ottima rete di servizi? Si, ho visto che gli operatori lavorano in rete e si parlano fra di loro per aiutare gli utenti. Gli operatori sono tutti gentili e disponibili. Giancarlo Giancarlo ha 52 anni, frequenta il nostro servizio da pochi mesi, inizialmente sembrava molto resistente ad aprirsi, parlava molto di sé ma poco della sua parte emotiva, il problema dell'alcool sembrava non toccarlo, a volte anche non esistere. E' una persona con dei segnali narcisistici e pensavamo che ciò rendesse difficile la convivenza con gli altri utenti, ma come per gli altri, questo posto pian piano mette alla prova e riesce a dare all'utente la possibilità di sperimentarsi, di 40 ambientarsi e di confrontarsi, di passare un tempo sano che Giancarlo ultimamente ha imparato ad apprezzare e a riconoscere come diverso da quello passato fuori a bere.... Giancarlo sei venuto qui da noi il 3 luglio di questa estate, come sei arrivato al nostro servizio? Io non avevo mai frequentato un servizio, sono 10,15 anni che bevo , poi ho conosciuto un “supertossico” che mi ha detto che al Sert curavano anche l'Alcool, ho iniziato a fare dei colloqui al Sert e l'assistente sociale mi ha consigliato di andare al comune di Tivoli per un tirocinio lavorativo: alla Folias, è li che mi hanno consigliato di frequentare un servizio di prima accoglienza dove era possibile mangiare, appunto il Nautilus. Che ricordi hai del primo giorno che sei arrivato qui al Nautilus? Stavo un po' impacciato ma a dire la verità non mi aspettavo di trovare un posto così. Cosi come? Qui nonostante tutti abbiano dei problemi si respira una buona armonia, quando non lavoro se sto in giro mi capita che gli altri mi istigano a bere, qui invece sono tranquillo e poi qui mi sento a casa! Perché a casa? Perché è un appartamento ed anche se ci sono delle regole sono regole di convivenza e poi ormai conosco tutti e se mi serve un consiglio ci siete voi operatori. Cosa ti piace del sentirti a casa? Il fatto di sentirmi sereno, non cerco di sfuggire da un posto che mi piace, scapperei se mi imponessero le cose, ma qui mi sento tranquillo. Che difficoltà hai incontrato qui al Nautilus? Ho avuto inizialmente qualche disagio con gli utenti in merito alla convivenza ma non ho mai creato problemi agli altri, né gli altri li hanno creati a me, altrimenti non verrei qui. Avresti qualche consiglio per migliorare il servizio? Si, dare maggiore visibilità ad un posto così, perché c'è tanta gente che dovrebbe essere aiutata e si dovrebbe anche allargare la struttura per dare accesso a più persone. Pensi che siano necessari i colloqui con gli operatori di turno? Mi piace parlare, quando esci da un colloquio ti senti come se fossi stato a messa,mi dà tranquillità, è come se “spurgassi” quello che ho dentro Avresti un pensiero o una frase da dedicare al Nautilus? Siete una cosa bella!! Penso che questo posto possa veramente aiutare tante persone, ma dopo che sarò andato via io, perché adesso dovete aiutare me!! 41 Il medico informa… Le emergenze Tra le problematiche più rilevanti che si possono riscontrare nel nostro lavoro e che spesso tragicamente rileviamo tra i nostri utenti va ricordata la sindrome da astinenza da oppiacei che in assenza di metadone può essere trattata solo sintomatologicamente. Tutti noi ci siamo trovati di fronte a un tossicodipendente in stato di astinenza e facilmente lo si riconosce: pupille dilatate, midriasi per essere un po’ più tecnici, stato di agitazione psicomotoria, dolori e crampi muscolari, vomito e diarrea, sudorazione profusa. Tutto questo corteo sintomatologico fa si che si possa parlare di una vera e propria sindrome che deve essere trattata con antidolorifici e miorilassanti, antiemetici, antidiarroici e con benzodiazepine. Di altra natura è la sindrome di astinenza alcolica caratterizzata da fini tremori alle estremità distali, sudorazione, tachicardia, agitazione pscicomotoria e rialzo termico, nei casi più gravi tale sindrome può sfociare nel quello che veniva descritto come delirium tremens caratterizzato da allucinazioni visive a carattere zoomorfico nella maggior parte dei casi insetti tremori convulsi e rialzo termico questo quadro va considerato una vera e propria emergenza medica può portare al coma e alla morte in tale caso se non si dispone di altri presidi l’unico e più efficace rimedio è la somministrazione di bevande alcoliche. In genere fortunatamente è molto raro, in anni di lavoro in questo settore, posso affermare di averlo potuto osservare una sola volta per altro in un utente del Nautilus. Anche nel caso della sindrome da astinenza alcolica ci si avvale di una terapia sintomatologica, in questo caso il farmaco principale è il diazepam. Numerose altre sostanze di abuso possono dare una sintomatologia astinenziale tra queste bisogna menzionare le benzodiazepine le quali vengono spesso sottovalutate nei loro effetti, specialmente da noi medici e che senza voler essere polemico, troppo spesso vengono prescritte con troppa leggerezza. Altra emergenza medica può essere considerato l’attacco psicotico che molte volte si rileva negli abusatori di cocaina e di altri stimolanti il SNC in questo caso sedativi e antipsicotici con un occhio di riguardo all’insorgenza di probabili aritmie cardiache in tal caso ospedalizzazione immediata. La più frequente drammatica emergenza che si riscontra nei servizi a bassa soglia è l’overdose da oppiacei, se torniamo ai sintomi descritti per l’astinenza dobbiamo ricordare che i sintomi sono l’esatto opposto pupille puntiformi secchezza delle mucose bradipnea fino all’arresto respiratorio e alla morte. L’overdose va immediatamente trattata, ma va specificato che prima deve essere riconosciuta si può parlare di overdose solo quando c’è perdita di coscienza. L’overdose va trattata supportando la ventilazione del paziente con un ‘ambu’ e se non si dispone dello strumento si può praticare la respirazione “bocca a bocca” e somministrando naloxone il più presto possibile. Da ricordare che il naloxone per via orale è del tutto inefficace quindi va somministrato per via intramuscolare ed endovena. Si consiglia senza perdere tempo a cercare vene, di iniettare immediatamente e sottolineo immediatamente, 2 fiale di naloxone intramuscolo e solo dopo andare a cercare una vena accessibile per la somministrazione endovena. Risulta stupefacente la ripresa immediata del paziente che spesso non si ricorda neanche di aver rischiato di morire e a volte si arrabbia perché è finito l’effetto della sostanza e arriva la ‘rota’. Le malattie sessualmente trasmissibili Quando comunemente si parla di rapporto a rischio si rivolge il pensiero immediatamente ad una gravidanza indesiderata ed una conseguente contraccezione di emergenza (la famosa “pillola del giorno dopo”). Invece, un altro rischio altamente sottovalutato e misconosciuto nella popolazione generale è quello ben più rilevante di contrarre una malattia a trasmissione sessuale. Scientificamente si definisce rapporto a rischio qualsiasi tipo di rapporto sessuale non protetto con 42 compagni occasionali o anche con un compagno stabile che abbia avuto, a sua volta, rapporti a rischio durante i quali può aver contratto una malattia sessuale. Conseguentemente, vengono definite con gli acronomi M.T.S. (malattie trasmesse sessualmente) o S.T.D. (sexually transmitted diseases) quelle malattie che si contraggono durante l’attività sessuale, a causa della presenza di germi infettanti nelle secrezioni vaginali e/o nel sangue. Le M.T.S. costituiscono uno dei più importanti problemi di salute pubblica in tutto il mondo, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Secondo le stime dell’O.M.S. (Organizzazione Mondiale Sanità) le M.T.S. hanno una incidenza annua di 333 milioni di casi nel mondo, escludendo l’AIDS. L’incidenza delle M.T.S. nel mondo è in continuo aumento, dovuto soprattutto sia all’aumento della tendenza ad avere rapporti sessuali con più compagni che alla maggior morbilità. La categoria maggiormente a rischio è quella dei giovani adolescenti. In Italia l’età media per il primo rapporto si situa intorno a 17 anni. Le infezioni vaginali sono la ragione più comune che spinge a cercare assistenza medica. Queste infezioni possono essere accompagnate da vari sintomi che comprendono: • Cattivo odore a livello vaginale; • Bruciore; • Prurito; • Secrezioni vaginali anomale; • Dolore o irritazione nei rapporti sessuali o alla minzione. Anche se oggi l’attenzione informativa dei comuni mass-media è posta soprattutto sull’AIDS, è bene ricordare e non sottovalutare anche le altre malattie sessualmente trasmesse, poiché possono essere più o meno aggressive e, se trascurate, comportare conseguenze anche gravi come: • Infertilità femminile e maschile, • Alterazioni patologiche del feto; • Depressione immunitaria. Le malattie sessualmente trasmesse comprendono un insieme eterogeneo di malattie che possono essere di varia origine: batterica; virale; parassitaria. Le attuali più comuni M.T.S. sono le vaginiti batteriche, la candidiasi, la Gonorrea, la chlamydia, i condilomi, le infezioni erpetiche, la pediculosi del pube, la Sifilide,l’ Epatite B e C, l’ A.I.D.S. Se per alcune di queste malattie la trasmissione sessuale è l’unica via di contagio, per altre , invece, è uno dei possibili percorsi di diffusione. 1. Vaginiti batteriche Le vaginiti batteriche sono attualmente considerate il tipo di infezione vaginale più comune, che causa spesso perdite vaginali più o meno dense, maleodoranti, di colorito grigio o giallastro, senza prurito, accompagnate da arrossamento vulvare e bruciore. Nel 50% dei casi possono essere asintomatica. Le vaginiti batteriche sono una sindrome clinica causata dall’abnorme crescita di batteri anaerobi (Gardnerella Vaginalis, Mycoplasma Hominis, Prevotella) a discapito dei Lattobacilli aerobi che proteggono chimicamente la vulva: l’ambiente lievemente acido prodotto naturalmente inibisce la crescita di microrganismi potenzialmente dannosi. Queste infezioni si trasmettono principalmente attraverso l’attività sessuale, ma può essere trasmessa anche tramite indumenti intimi contaminati, asciugamani, spugne, o con l’acqua inquinata dei bagni, bidet e piscine. 2. Candidiasi genitale La Candidasi, infezione genitale diffusissima, è causata da un micete, la Candida Albicans. I tipici sintomi della candidiasi vaginale sono le perdite bianco-giallastre e pastose, simili a grani di ricotta, arrossamento e prurito intenso locale, dolore alla minzione ed ai rapporti sessuali. Caratteristicamente la secrezione non è maleodorante. L’uomo, se contagiato, può lamentare dolore al glande. A volte può essere asintomatica. L’ambiante vaginale è normalmente abitato da vari microrganismi in equilibrio tra loro. Quando l’equilibrio si altera per particolari condizioni contingenti, come, ad esempio, durante la fase premestruale, l’assunzione di contraccettivi orali, di antibiotici, di chemioterapici, la gravidanza, il diabete mellito, le malattie debilitanti, o, comunque, durante una diminuzione dei poteri di difesa, si può instaurare l’infezione micotica cronica e 43 recidivante. La trasmissione di questa malattia con i rapporti è frequente perché molti individui sono portatori abituali della candida. Inoltre, possono essere fonte di contagio gli asciugamani, la biancheria, l’inquinamento dei servizi igienici, ed, infine, la scarsa igiene personale. 3. Gonorrea La gonorrea, popolarmente chiamata “scolo”, è una infezione causata dalla Neisseria Gonorrhoeae. Il contagio si trasmette sia per via sessuale che in maniera indiretta attraverso la biancheria sporca. Nella donna possono essere presenti leucorrea, secrezioni muco purulenti endocervicali, algie pelviche e disuria. A volte l’infezione è asintomatica. Il 10-20% delle infezioni da gonococco non trattate evolve in malattia infiammatoria pelvica, causa di rilevante dolore pelvico cronico, gravidanze ectopiche e sterilità. Nell’uomo l’infezione è spesso asintomatica. In meno del 10% può provocare una uretrite e la comparsa di una secrezione muco purulenta. Raramente l’infezione può provocare epididimite e prostatite. 4. Chlamydia La Chlamydia è una delle più frequenti infezioni genitali che, secondo recenti statistiche, sarebbe responsabile di circa il 40% delle M.T.S. E’ causata da un microrganismo, la Chlamydia trachomatis, che si trasmette esclusivamente per via sessuale. A volte è asintomatica, ma spesso si presenta con sintomi quali le perdite vaginali, il prurito ed il dolore minzionale. La Chlamydia della vagina può diffondersi al collo dell’utero e risalire verso le tibe, le ovaie ed l’apparato urinario. Tale diffusione anatomica dell’infezione può comportare una malattia infiammatoria pelvica con dolori pelvici cronici, un incremento del rischio di gravidanza extrauterina ed, infine, la sterilità. Questa infezione può interessare anche l’uomo e spesso in maniera asintomatica. Se non curata, può portare alla sterilità. 5. Condilomi I condilomi sono causati dal virus papilloma umano (H.P.V.). L’infezione da H.P.V. del tratto genitale sta aumentando la sua diffusione, tanto che si ritiene che sia una delle più comuni, se non la più diffusa malattia trasmessa sessualmente. L’infezione da H.P.V. si manifesta sotto forma di piccole escrescenze carnose (condiloma acuminato), piatte (condiloma piano), larghe (condiloma esofitico), variegato (condiloma cavolfiore) e causano prurito e dolore durante i rapporti sessuali. E’ importante sottolineare che queste lesioni sono associate ad un aumentato rischio di contrarre un carcinoma del collo dell’utero. 6. Herpes Genitalis Sono stati identificati due tipi di virus erpetici: H.S.V. 1, che produce una infezione non genitale; H.S.V. 2, che è causa dell’infezione genitale di tipo ricorrente. A livello vulvare, vaginale e della portio si manifesta con la presenza di piccole vescicole intensamente dolorose che, rompendosi, si possono rompere e dare luogo a delle piccole ulcerazioni. Da queste lesioni il virus può trasmettersi per contatto diretto e di conseguenza con l’attività sessuale. 7. Pediculosi del pube La pediculosi pubica è una infestazione delle zone ricoperte da peli, più frequentemente la regione genitale, che è causata da un parassita, il Phtirius pubis, Questo organismo predilige le aree prevalentemente umide, non troppo fitte di peli, e si trasmette per stretto contatto fisico, quasi esclusivamente per via sessuale ed è altamente contagiosa. L’esame della regione pubica rileva, spesso con difficoltà, la presenza del parassita che può avere l’aspetto di una piccola lentiggine e l’infestazione può essere sostenuta da pochi elementi. Il sintomo predominante è il prurito prevalentemente notturno. Nelle sedi delle morsicature possono osservarsi piccole papule, macule azzurrognole, il grattamento può portare alla formazione di escoriazioni con il rischio di infezioni secondarie. 44 8. Sifilide La sifilide è una malattia grave che si trasmette attraverso il contatto sessuale con un individuo portatore di lesioni infette, raramente acquisita attraverso oggetti contaminati. L’infezione luetica dal treponema pallidum. Qualche settimana dopo il contagio si formano ulcere non dolorose a livello genitale che vanno incontro ad involuzione spontanea. Se non riconosciuta e curata può evolvere in forme secondarie e terziarie, coinvolgendo vari organi ed apparati, con conseguenze molto gravi. 9. Epatite B e C L’epatite virale di tipo B e C sono malattie trasmissibili con il sangue e con le secrezioni genitali (attività sessuale). La possibilità di trasmettere l’infezione dipende dalla condizione sierologica della persona affetta. 10. A.I.D.S. L’A.I.D.S., la più grave delle infezioni a trasmissione sessuale, è causata dal virus H.I.V. che colpisce il sistema immunitario, rendendolo incapace di assolvere alle sue funzioni naturali di difesa dell’organismo nei confronti sia delle infezioni che dei tumori. Il virus H.I.V. è presente soprattutto nel sangue e nelle secrezioni genitali. Conclusioni L’arma più efficace contro le malattie trasmesse sessualmente è sicuramente la prevenzione: prevenire una malattia a trasmissione sessuale è più facile che curare una infezione una volta contratta. La combinazione di accurata igiene personale, pratiche sessuali sicure e stile di vita salubre può aiutare ad evitarle. Vademecum essenziale. 1. Informarsi adeguatamente sulle malattie trasmesse sessualmente; 2. Conoscere le abitudini sessuali del proprio compagno; 3. Utilizzare il profilattico con un nuovo compagno, fino a che siate certi che tale persona non abbia una M.T.S.; 4. Usare correttamente del profilattico riduce significativamente la probabilità di contrarre una infezione; 5. Evitare rapporti vaginali o anali non protetti e sesso orale con persone di dubbia storia sessuale; 6. Rammentare che i dispositivi meccanici anticoncezionali, come la spirale ed il diaframma, ed i contraccettivi orali non proteggono assolutamente dalle M.T.S.; 7. Avere cura del proprio corpo con un’alimentazione sana, varia e regolare, un esercizio fisico costante, l’abolizione del fumo, degli alcolici e delle sostanze psicotrope, aiuta l’organismo a mantenere integre le proprie difese naturali. Consigli dopo un rapporto a rischio. • Evitare assolutamente di effettuare qualunque tipo di lavanda vaginale interna dopo un rapporto a rischio (rimuoverebbe la normale flora batterica rendendo la mucosa vaginale più aggredibile dai germi e conseguentemente faciliterebbe la risalita degli stessi germi fino all’utero, aumentando il rischio di contrarre la malattia infiammatoria pelvica); • Evitare di ricorrere ad una terapia antibiotica empirica od a prodotti topici inadeguati (potrebbero essere inefficaci contro l’agente patogeno in causa e/o causare fenomeni di resistenza a terapia); • E’ bene, invece, rivolgersi sempre ai centri specialistici di prevenzione. • E’ fortemente consigliabile che tutte le donne sessualmente attive effettuino controlli ginecologici cadenzati periodicamente. A cura di tutti i medici che si sono avvicendati al Nautilus: Michele Pellegrino, Emilia Sardella, Lorenzo Meschini e Giuseppe Fargnoli. 45 E Concludendo… Ecco quello che avete visto e letto, se avete avuto la pazienza e la voglia di leggerci, è il primo racconto che facciamo oltre alle varie relazioni tecniche richieste dalla progettazione. Abbiamo sentito il dovere-bisogno, ma anche il piacere di farlo visto che da numerose parti ci veniva fatta questa richiesta. Ora che l’abbiamo fatto ci appare come un qualcosa che era dovuto soprattutto a noi che ci lavoriamo e ai nostri utenti che ci hanno appoggiato e partecipato con le loro storie. Sicuramente non è un lavoro esaustivo, ma perdonateci è la prima volta che ci cimentiamo in un lavoro di questo tipo. Non è una pubblicazione scientifica, anche se in alcuni pezzi lo è, invero è una pubblicazione divulgativa e di testimonianza sulle cose che accadono, anzi buone cose che accadono in un piccolo centro di riduzione del danno, in un pezzo della vasta provincia romana. Non pensiamo di essere essenziali ma alcuni dei nostri utenti ce lo fanno pensare. Speriamo di essere riusciti a trasmettere qualcosa della nostra realtà quotidiana in cui navighiamo, certe volte, perigliosamente. Sicuramente siamo molto più bravi a fare che non a raccontarci. Dedicato a tutti i nostri utenti che sono con noi o navigano già in acque più sicure. E anche, e soprattutto a quelli che ci hanno lasciato e non ce l’hanno fatta. 46 47 Il Centro Nautilus Il Centro diurno a Bassa Soglia Nautilus apre ad ottobre del 2000 a Villanova di Guidonia. Nasce su ideazione progettazione della Cooperativa Sociale Acquario ’85 in partenariato con la Coop. Albatros 85 e Obiettivo Uomo rispondendo ad un Bando del Fondo Nazionale di Lotta alla Droga affidato per la prima volta alla Regione Lazio. Inizia così l’attività di un servizio destinata poi a radicarsi sul territorio nella provincia romana. Nei primi 5 anni di attività si insedia e si rinforza nel territorio dell’ASL Rmg e in particolare del Sert di Tivoli (che serve un vasto bacino di utenza costituito da diversi comuni, tra cui Guidonia - terzo comune per popolazione del Lazio). Afferiscono i primi utenti ‘scettici’ in merito ad un servizio che non li scheda e non li obbliga a trattamenti, ma li accoglie senza giudizi in un ambiente confortevole, fornendo loro informazioni e materiale di profilassi sanitario. Inoltre in questo centro-casa si può mangiare, lavare i vestiti, fare la doccia e parlare con gli operatori disponibili all’ascolto. I primi anni sono caratterizzati dalla costruzione reale di un servizio, a partire da una progettazione teorica, utilizzando le esperienze degli operatori provenienti da servizi similari nella città di Roma, ma soprattutto prendendo spunto dagli accadimenti che giornalmente avvenivano. Sulla base esperienziale nasce il primo regolamento per gli utenti e gli operatori del Nautilus. Nel 2005 per problematiche abitative il Centro si trasferisce a Tivoli Terme ed entra nel partenariato anche l’Associazione Dianova arricchendo il Nautilus con una diversa visione della tossicodipendenza. Nel corso del tempo il Servizio si è sempre più radicato sul territorio, costruendo rapporti di rete efficaci con gli altri Servizi pubblici e del privato sociale. L’utenza è diventata sempre più numerosa e diversificata e le prestazioni erogate sono sempre più calibrate sui bisogni reali e specifici. SABRINA SIGNORINI: laureata in Scienze Politiche, Assistente Sociale e Counsellor alle Dipendenze Patologiche, lavora nel settore delle tossicodipendenze da una quindicina d’anni, prima in Comunità terapeutica e poi in altri servizi dell’Associazione Dianova (Responsabile Centro d’Ascolto di Pozzuoli e Conduttrice gruppi di auto mutuo aiuto dei genitori degli utenti in Comunità) fino ad approdare alla Riduzione del danno sia in Nautilus che per un paio d’anni al Tartaruga per l’Ass. La Tenda. COSIMO BUCCOLIERO: Psicologo-Psicoterapeuta, dopo alcuni corsi post-laurea sulle tossicodipendenze, è tra i soci fondatori della Coop. Sociale Acquario 85. Ha sempre lavorato nel sociale in particolare occupandosi sia di prevenzione, recupero e riduzione del danno di persone tossicodipendenti. Inoltre ha partecipato a progetti rivolti ai giovani e ai minori in difficoltà, oltre che alla promozione del benessere. Dal 1994 è nel CdA della Cooperativa. Dal 2000 è Responsabile del Centro Diurno Nautilus. 48