10 anni per la
Fondazione
Visconti
di San Vito
a pagina 6
Storie di
emigrazione,
da Somma
Lombardo
Gli Alpini
di Somma
e la memoria
dei Caduti
a pagina 18 e 19
a pagina 12
spazio
aperto
A N N O
X I I
N.
3
L U G L I O
2 0 0 8
Rivista civica a cura
dell’Amministrazione
comunale di
Somma Lombardo
Sped. in abb. post. 45%, art. 2, comma 20/b,
legge 662/96 Filiale di Varese
Ascolto silenzioso
dell’opera d’arte
“La scultura...” leggiamo
nel Vasari “...è un’arte che
levando il superfluo dalla
materia soggetta, la riduce
a quella forma di corpo che
nell’idea dello artefice è disegnata...”.
Di quest’arte, antica quanto
la cultura, il lascito è vastissimo e sua caratteristica è
mettere in campo una forma
che è un volume, che è un
solido: volume materiale,
tangibile, soppesabile, che
occupa uno spazio reale con
la sua effettiva tridimensionalità.
Transitando sulla strada che
da Sesto Calende porta a
Oneda, molte volte ho accostato e ho lasciato trascorrere
il mio tempo nell’ammirazione delle opere del Maestro
Giancarlo Sangregorio.
Nell’osservare quelle forme
di grandi dimensioni che
danno fattezze antropomorfiche alla pietra e al legno,
ricordo un concetto scritto
da Luciano Caramel: “Aveva
ragione Baudelaire. La scultura è un’arte da primitivi.
Richiede una dimensione
che non è quella del dinamismo metropolitano, un
tempo che è inconciliabile
con l’effimero della civiltà
dei consumi, uno spessore
significante che non può
applicarsi sull’hic et nunc”.
Qualche tempo fa abbiamo
conosciuto il Maestro Giancarlo Sangregorio, persona
minuta, intellettualmente
raffinata, di grande cultura
e umanità e, come capita
spesso per le vie del destino
sconosciuto a tutti noi; sic
erat in fatis, il tutto si è ricondotto alla nostra città.
Al ricordo delle famiglie Piantanida e Aliverti, a quel lonta-
no 1916 quando la mamma
di Giancarlo Sangregorio
serviva ai tavoli dell’Albergo
Sempione i pionieri del volo
che con il loro entusiasmo fecero alzare le prime macchine destinate alla conquista
del cielo, al grande fortunale
che abbattè il millenario cipresso. Lo scultore Giancarlo
Sangregorio ha donato una
parte delle sue opere alla nostra Città e alla Fondazione
Visconti di San Vito: opere
imponenti come “Il cavallo
di Troia” realizzato in legno
di sequoia, marmo e vetro; la
“Cassandra” in marmo; “Vino al vino” in legno di thuja
e di sequoia; i “Naviganti”
in marmo scintillante del
Brasile e legno, e altre opere
minori per dimensione che
hanno trovato collocazione
in Palazzo Viani Visconti e
in Fondazione Visconti di
San Vito.
Opere che potrete ammirare nell’importante catalogo
d’arte in preparazione incentrato su uno dei materiali
usati dal Maestro: la pietra
ollare.
È nostro compito preservarle
e renderle visibili, entrare nel
circuito dell’arte, nella consapevolezza che tutto ciò non
può che far bene alla nostra
Città, poiché sono gli uomini
che con le loro idee e non le
case, a fare la città.
Davanti a un’opera d’arte,
affermava Schopenhauer,
bisogna comportarsi come
di fronte a un principe e mai
prendere la parola per primi;
altrimenti si rischia di sentire
soltanto la propria voce.
Per noi tutti sarà una nuova
sfida.
Il Sindaco
Guido Colombo
L’artista con la scultura “giocolieri” donata al Comune e esposta nella Sala Sangregorio, accanto alla Sala Consiliare
Le sculture di Giancarlo Sangregorio a Somma Lombardo
Incontro con la materia
Somma Lombardo è una
immensa galleria d’arte. E
non solo per le numerose
e apprezzate mostre che
vengono periodicamente
allestite nelle sale comunali.
Ma anche e - oggi posso
affermare con orgoglio soprattutto per merito di
un grande artista quale è
Giancarlo Sangregorio.
La donazione delle sue sculture al Comune di Somma
Lombardo e il loro allestimento al Palazzo Municipale, al
Castello Visconti di San Vito
e a Villa Dolci hanno creato
un vero e proprio “museo”
cittadino, un’esposizione eccezionale e unica che segna
un valore aggiunto molto
significativo dal punto di
vista culturale nella nostra
Città.
All’interno del progetto
“Letture 2008” fortemente
voluto e sostenuto da questo
Assessorato alla Cultura, il
grande pubblico ha potuto
conoscere da vicino Giancarlo Sangregorio, nel giorno
in cui gli è stata conferita
dall’Amministrazione Comunale la cittadinanza onoraria, il primo giugno scorso.
L’artista, in quell’occasione,
è stato anche protagonista
di un incontro introdotto
da un grande critico d’arte,
Marco Rosci: due presenze
che ci hanno onorato e che
sottolineano il virtuoso percorso culturale che Somma
Lombardo ha intrapreso in
questi anni e che vuole sostenere e rafforzare.
L’incontro “con la materia”,
come abbiamo voluto intitolare l’appuntamento con
l’artista, diventa dunque un
“incontro con l’arte”, un
incontro con la cultura in senso ampio, un momento di
condivisione di un cammino
che ci avvicina a un panorama artistico di alto livello e
di notevole interesse.
Credo che l’arte - e la cultura in senso lato - siano
priorità fondamentali sulle
quali investire per la crescita
umana e sociale di una comunità: per questo ritengo
importante il primo grande
passo intrapreso in questa
direzione, un passo reso
possibile anche dal grande
spessore umano ed artistico
di Giancarlo Sangregorio.
L’Assessore alla Cultura
Gerardo Locurcio
spazio
aperto
Crescente
partecipazione
alle iniziative
amministrazione comunale
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 2
Voglia di cultura in Città
La voglia di Cultura della
nostra Città si è resa evidente
in questi mesi, attraverso
l’ampia e crescente partecipazione di pubblico agli
appuntamenti culturali organizzati dall’Assessorato.
Si è trattato di momenti di
grande interesse e respiro,
che hanno posto all’attenzione della popolazione anche tematiche impegnate e
non solo momenti di svago,
che pur non sono mancati.
L’esperienza rinnovata di
“Letture” e del “Maggio
Musicale” (cui hanno fatto
eco i due aperitivi in blues al
Castello Visconti di San Vito)
ha confermato l’interesse
della nostra Città a partecipare a momenti di discussione, confronto, ascolto che
contribuiscono alla crescita
sociale e culturale.
Un pubblico costantemente
in aumento, quello che ha
preso parte agli appuntamenti, che non ha esitato
a uscire di casa nonostante
l’inclemenza del tempo. E un
pubblico che si è mostrato
interessato, coinvolto, che ha
partecipato anche con il contraddittorio, e che per questo
ha reso ancor più riuscite le
due iniziative culturali organizzate dall’Assessorato.
Ci sono stati momenti di
puro svago e divertimento, ma ci sono state anche
serate che hanno aperto
uno spaccato reale e vero
U.R.P.: un servizio dovuto
non un’invenzione
A Ottobre
2008
il prossimo
numero di
Spazio Aperto
Il termine per la consegna degli articoli da
pubblicare sul prossimo numero di Spazio
Aperto è stato fissato per il 4 settembre.
L’ufficio comunale
preposto al ritiro è
l’Ufficio Cultura e Biblioteca.
Invito a
cittadini e
associazioni:
articoli più corti
La Redazione invita tutti
coloro che desiderano
pubblicare un articolo
sulla rivista civica “Spazio Aperto” a limitare la
lunghezza dei testi come
segue: max 2 cartelle (formato A4, carattere T.N.R.
non inferiore a 12).
spazio
aperto
Registrazione Tribunale
di Busto A. n. 8/97
Direttore responsabile:
Gerardo Locurcio
Comitato di Redazione:
Gianluca Sari, Paolo Tatti,
Alberto Visco Gilardi,
Mauro Picchetti,
Andrea Vaccariello,
A pagina 9 del periodico
“Spazio Aperto” dello scorso maggio leggo l’opinione
espressa dai segretari dei
quartieri di San Rocco e di
San Bernardino. E mi colpisce la disinformazione
nella comunicazione che
viene fatta relativamente
alla costituzione dell’Ufficio
Relazioni con il Pubblico che,
secondo quanto affermato
dagli estensori del lungo e
dettagliato articolo, sarebbe stato “inventato” dagli
amministratori di Somma
Lombardo che “perseverano
nelle spese pazze”.
Come Assessore alla Comunicazione, referente per
l’Ufficio suddetto, tengo a
precisare ai segretari di San
Rocco e San Bernardino che
questo ufficio non è inventato, ma previsto dall’articolo 8
di una specifica legge del 7
giugno 2000, la legge 150,
che disciplina le attività di
informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni. Non solo: la
stessa legge, che è datata 8
anni or sono, stabiliva anche
che le pubbliche amministrazioni provvedessero alla
riorganizzazione degli Uffici
Relazioni con il Pubblico entro sei mesi dalla sua entrata
in vigore. Direi che Somma
Lombardo si è messa in regola con la legge: un’attesa
durata otto anni!
Lo scopo dell’Ufficio Relazio-
Cristiana Marzolo,
Saverio Fantacuzzi,
Luciano Lombardi
Consulenza editoriale,
impaginazione,
stampa e pubblicità:
Il Guado
Via P. Picasso, 21/23
Corbetta (MI)
tel. 02.972111
[email protected]
Questa pubblicazione viene
stampata in 7.200 copie
su carta riciclata ed inviata
gratuitamente
a tutti i nuclei familiari
residenti nel Comune
ni con il Pubblico è quello di
garantire i diritti d’accesso e
di informazione ai cittadini
tutti, di ascoltare suggerimenti, lamentele, magari
anche complimenti per
qualcosa. Vorrei invitare i
segretari di San Rocco e San
Bernardino a venire a conoscere personalmente l’Ufficio
Relazioni con il Pubblico in
piazza Vittorio Veneto: solo
conoscendo si può sapere
di che cosa si sta parlando e
poi trarre conclusioni. Conclusioni che saranno tratte
anche dagli Amministratori
stessi, non per parere personale o per strenua difesa di
scelte di legge, ma proprio
ascoltando i cittadini: sono
loro infatti, con le loro segnalazioni, a farci capire come sta lavorando l’Ufficio e
quali benefici ne sta traendo
la Città. Per ora posso assicurare di aver sentito pareri
molto positivi, di persone
che hanno trovato risposte
o comunque avuto ascolto:
tutto è perfezionabile, ma,
“invenzioni” o “spese” non
meglio identificate a parte, sapere di essere partiti
con il piede giusto ci aiuta
a camminare con maggior
sicurezza. Vi aspettiamo!
Mario Bistoletti
Assessore
alla Comunicazione
su situazioni sociali difficili, su argomenti spinosi. Ci
sono state serate di musica
conosciuta e famosa, così
come serate di musica più
impegnata, meno “facile”,
eppure gradita. La gente di
Somma ha dimostrato di voler vivere la Città dal punto di
vista culturale e questo è un
ottimo segnale per un Assessorato alla Cultura che vuole
confrontarsi con i cittadini e
con le loro richieste.
L’estate vedrà la proposta
del cinema all’aperto, grazie
anche alla collaborazione
con l’Associazione Somma
Giovani che ha fattivamente
contribuito all’organizzazione. Ma lo sguardo va
ancora oltre e già è in fase
di programmazione il grande
contenitore che festeggerà, il prossimo anno, i cin-
quant’anni di Somma Città.
C’è un particolare, in questa
prima grande fase culturale
nella quale ci siamo lanciati:
la gratuità, per il pubblico,
nella partecipazione agli appuntamenti. Si tratta di una
scelta precisa, che l’Amministrazione ha voluto compiere
come primo grande invito a
tutta la popolazione per far
parte di questa crescita e di
questo confronto. E con orgoglio si può affermare che
si è riusciti a offrire grande
qualità, capace di avvicinare
le più diverse fasce di pubblico e un progetto forse
ambizioso, ma in grado, se
compreso, di immettere in
un virtuoso circuito a favore
della nostra Città e di tutti i
sommesi.
Gerardo Locurcio
Assessore alla Cultura
Riaperti i termini per
il concorso di idee
sul dolce tipico di
Somma Lombardo
Grande interesse dei cittadini:
la scheda tecnica va consegnata
entro le 12.00
di sabato 6 settembre
A fronte delle tante richieste pervenute e del grande
interesse che sta suscitando
tra i cittadini il concorso di
idee per la creazione di un
dolce tipico cittadino, è
stata prorogata la scadenza
relativamente alla consegna della scheda tecnica
di partecipazione.
Tale scheda dovrà essere
consegnata entro le 12.00
del 6 settembre, mentre
la Commissione per la valutazione si riunirà il 13
settembre alle 10.00 (data
di consegna del dolce) e la
premiazione avverrà il 21,
nell’ambito della tradizionale Fiera del Castello. Il
concorso è aperto a tutti
i cittadini residenti nel Comune di Somma Lombardo:
il dolce da inventare dovrà
privilegiare tradizioni locali
e ingredienti del territorio.
Il dolce deve essere di pasticceria secca, conservabile
a temperatura ambiente e
facilmente trasportabile,
può essere sotto forma di
torta unica o di biscotti o
pasticcini. Informazioni e
copia del regolamento per
il concorso di idee possono
essere richieste all’Ufficio
Relazioni con il Pubblico e
all’Ufficio Accoglienza Turistica del Comune di Somma
Lombardo, in piazza Vittorio
Veneto 2, via fax al numero 0331 989075, via mail
all’indirizzo urp@comune.
sommalombardo.va.it, oppure all’Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di
Somma.
“Esprimo grande soddisfazione ed entusiasmo per
il riscontro positivo avuto
da questa prima grande
proposta in ambito dello sviluppo del marketing
territoriale - commenta
l’Assessore al Turismo e
Marketing Territoriale del
Comune di Somma Lombardo Marta Birigozzi - e mi
auguro che sia il primo passo di una sempre maggiore
partecipazione dei cittadini
a queste iniziative”.
L’Amministrazione
Comunale
Bando Fondo Sostegno Affitti
anno 2008
Dal 15 luglio al 31 ottobre 2008
Requisiti
essenziali per la
domanda
• Residenza Anagrafica nel
Comune di Somma Lombardo nell’alloggio oggetto
della richiesta di contributo
FSA.
• Contratto di locazione
vigente nel 2008 e regolarmente registrato.
• Assenza di diritti di proprietà su alloggio adeguato
al nucleo familiare.
• Per extracomunitari: carta
o permesso di soggiorno almeno biennale (ivi compresi
i soggetti già in possesso
di permesso di soggiorno
scaduto che hanno attivato
la procedura di rinnovo), e
che esercitano una regolare attività, anche in modo
non continuativo, di lavoro
subordinato o lavoro autonomo.
• Situazione economica riferita all’anno 2007 con valore
ISEE-fsa non superiore ad
euro 12.911,42.
L’erogazione del contributo
sarà proporzionale all’ISEEfsa del richiedente.
Assistenza per la presentazione della domanda presso
i centri autorizzati assistenza
fiscale - CAAF.
Maggiori
informazioni
presso:
- Sportello Servizi Sociali;
- Sito: www.comune.sommalombardo.va.it
Il Sindaco
Guido Colombo
spazio
aperto
servizi sociali
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 3
Una nuova Banca del Tempo Corso di
primo Soccorso
Un istituto di credito dove
l’unità di valore per lo scambio non sono i soldi, ma il
tempo.
I “conti correnti” non parlano di euro, ma di ore di lavoro
prestate agli altri “soci”.
Servizio gratuito di prelievo
del sangue a domicilio dal 25
Agosto 2008
Una convenzione sottoscritta con il Comune offre a
tutti i cittadini di Somma Lombardo, attraverso personale qualificato del laboratorio di analisi Biomedical di
Gallarate, di usufruire del servizio di prelievo del sangue
a domicilio. Il costo è legato al pagamento del ticket. Per
informazioni e prenotazioni, contattare l’Ufficio Servizi
Sociali del Comune al numero 0331 989016.
Prenotazioni
Presso lo sportello comunale Servizi Sociali (tel.
0331.989016) martedì e venerdì dalle ore 10 alle ore
13 (muniti di impegnativa medica).I prelievi verranno
effettuati nei giorni di lunedì e venerdì.
Ritiro esami
Previo pagamento del ticket se dovuto, lunedì e mercoledì dalle ore 15 alle ore 17 presso Ufficio comunale
Relazioni con il Pubblico.
E le transazioni non parlano
di denaro, ma di disponibilità
temporale.
Si chiama “banca del tempo”, realtà già consolidata in
tanti Comuni, che si vorrebbe far partire anche a Somma
Lombardo e per la quale si
cercano “soci”. Entro il 1°
ottobre tutte le persone interessate ad aderire a questo
progetto possono rivolgersi
all’InformaLavoro del Comune, in piazza Vittorio Veneto
2 il lunedì e il mercoledì dalle
16.30 alle 18.00, martedì, giovedì e venerdì dalle
10.00 alle 13.00 (telefono
0331989017, e-mail: inform
alavoro@sommalombardo.
info) dove si potranno anche avere le informazioni
dettagliate.
Lo scopo della banca del
tempo è quello di valorizzare
l’importanza delle capacità
individuali e delle relazioni
tra le persone: chiunque sa
fare una cosa può mettere a
disposizione le sue capacità
così da offrire un servizio a
chi ne ha bisogno. Viceversa,
potrà chiedere aiuto a un
altro “socio” quando avrà
bisogno di un servizio particolare che non è in grado di
svolgere. Unità di misura per
queste prestazioni è proprio
il tempo: non sono previsti
pagamenti in denaro, ne si
parla di rapporti di lavoro:
gli scambi alla “banca del
tempo” non hanno un valore di mercato, bensì uno,
sotto certi aspetti, più “alto”,
cioè la trasformazione di una
prestazione in possibilità di
relazionarsi con gli altri, di
conoscersi, di creare una rete
di contatti umani e sociali
importanti.
Per Somma Lombardo si
tratta di un’opportunità
molto interessante a livello
sociale e culturale: lasciarsela
sfuggire sarebbe davvero un
peccato.
Mi auguro che i cittadini
di Somma colgano questa
bella e positiva occasione
di aiuto e di collaborazione,
riscoprendo al contempo
l’importanza dei rapporti
interpersonali, principio fondamentale nella crescita di
una società civile.
Antonella Rossi
Assessore ai Servizi Sociali
In collaborazione con l’Assessorato ai Servizi Sociali,
Sanità e Lavoro del Comune, la Croce Rossa Italiana
- Comitato Locale di Gallarate organizza per il prossimo
mese di ottobre un corso di primo soccorso. Gli incontri
si svolgeranno nella sala polivalente “Giovanni Paolo
II” in via Marconi 2 e toccheranno diversi argomenti,
dalla storia della Croce Rossa alle funzioni dell’apparato
respiratorio e circolatorio, dalle ferite e i congelamenti
all’apparato osteoarticolare, dal sistema nervoso all’apparato digerente, fino a nozioni sulle punture di insetti,
i morsi di animali, ma anche le tossicodipendenze,
l’alcolismo e il parto. Il ciclo prevede anche una lezione
di ripasso teorico e pratico. Gli incontri si svolgeranno in
orario serale e avranno ciascuno una durata di circa due
ore e per informazioni e iscrizioni è possibile contattare
il Comitato Locale della Croce Rossa di Gallarate al
numero 0331 798777. Questo il programma:
- lunedì 6 ottobre: il Primo Soccorso;
- mercoledì 8 ottobre: apparato respiratorio;
- lunedì 13 ottobre: apparato circolatorio;
- mercoledì 15 ottobre: la cute - lo shock;
- lunedì 20 ottobre: l’apparato osteoarticolare;
- mercoledì 22 ottobre: il sistema nervoso;
- lunedì 27 ottobre: l’apparato digerente;
- mercoledì 29 ottobre: tossicodipendenze, morsi di
animali, il parto
- lunedì 3 novembre: ripasso teorico e pratico.
Antonella Rossi
Assessore ai Servizi Sociali
Assessorato all’Ambiente - Agenda 21 C.U.V.
Istruzioni
per l’uso
Rispettare l’ambiente anche
da turista attraverso le vacanze sostenibili. Un tema
che rientra nel progetto
di sostenibilità ambientale
dell’Agenda 21 C.U.V. e
che risponde al nome di
Turismo Sostenibile. Secondo l’O.M.T. (Organizzazione
Mondiale del Turismo), “Lo
sviluppo turistico sostenibile
soddisfa le esigenze attuali
dei turisti e dei luoghi d’accoglienza, tutelando e migliorando nel coltempo le
prospettive per il futuro. Esso
deve integrare la gestione di
tutte le risorse in modo che le
esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte, mantenendo
allo stesso tempo l’integrità
culturale, i processi ecologici
essenziali, la diversità biologica e i sistemi viventi”. A
fronte del fatto che oggi il turismo rappresenta l’industria
in maggior espansione al
mondo, ognuno di noi può
adottare comportamenti
responsabili per ridurre.
Gli impatti negativi che i
Turismo sostenibile, turismo responsabile
nostri viaggi possono avere
sull’ambiente. Le vacanze
sostenibili iniziano nel momento della scelta del luogo:
è possibile combinare nuove
scoperte, rilassamento, piacere, arricchimento culturale
e conservazione delle risorse
del pianeta.
Qui di seguito elenchiamo
alcuni consigli che ognuno
di noi può adottare per vivere
una vacanza sostenibile:
Prima...
- valutare la meta e le motivazioni del viaggio: riposo,
interessi culturali, avventura,
volontariato etc.
- se possibile, cercare di
organizzare le vacanze in
periodi meno affollati: i costi
sono inferiori, si godono
maggiormente i luoghi e
i momenti vissuti e non si
“aggredisce” in massa il
luogo che ci ospita.
- al momento della scelta
e dell’acquisto del viaggio
favorire agenzie, tour operators, compagnie aeree,
hotel che dimostrano di
avere un reale impegno nei
confronti dell’ambiente e
delle comunità ospitanti: il
consumatore attento può
“orientare” e condizionare
il mercato del turismo;
- prediligere strutture ricettive tipiche del luogo: accettare la logica del villaggio
turistico “standardizzato”
distrugge il contatto con le
“diversità”.
- documentarsi sul Paese,
la cultura e la società che si
incontrerà attraverso testi,
guide turistiche o internet;
- utilizzare il treno o altri
mezzi di trasporto collettivi
per raggiungere la località
turistica prescelta.
Durante...
- Avere rispetto della vita
quotidiana locale, della cultura e della religione rappresenta un segno di grande
civiltà!
- Se si sceglie una struttura alberghiera, ricordarsi di adottare comportamenti che si
tengono anche a casa: non
sprecare energia elettrica
lasciando accese inutilmente
più luci contemporanea-
mente; non abusare della
risorsa acqua facendone
un uso improprio; cercare di
evitare i prodotti da toiletta
usa e getta che vengono
messi a disposizione gratuitamente in quanto producono ulteriore inquinamento, a
partire dalla loro produzione:
(utilizzare i prodotti portati da casa); non cambiare
quotidianamente gli asciugamani: le lavanderie consumano il 40% ca. dell’acqua
calda usata in media in un
albergo! Segnalare queste
buone pratiche alle strutture
ricettive: si contribuire alla
divulgazione di comportamenti virtuosi.
- visitare manifestazioni /
eventi locali autentici;
- Utilizzare, come mezzo di
spostamento, la bicicletta
o andare a piedi: un luogo
visitato con calma regala
momenti e sensazioni indimenticabili;
- acquistare prodotti locali,
accertandosi che i souvenir
che si comprano non comportino impatto ambien-
tale e sfruttamento locale.
Questo contribuisce, inoltre,
a supportare l’economia
locale indipendente.
- evitare di utilizzare le macchine fotografiche usa e
getta: parte dei componenti
sono composti da sostanze
chimiche tossiche;
- nelle aree protette o in
qualsiasi ambiente naturale
seguire sempre le regole
imposte dalle autorità competenti: seguire i sentieri,
non disturbare gli animali
del luogo...
Dopo...
- Parlare della tua vacanza sostenibile: la condivisione del
“buon esempio” si estende
spesso proprio grazie al passaparola!
- Reciclare le guide una volta
finito il viaggio: prestale a chi
ne ha bisogno o darle a un
negozio di libri usati;
- Se possibile, rimanere in
contatto con le persone del
posto.
E per chi resta in città?
Quale occasione migliore
per conoscere la nostra real-
tà territoriale che spesso, a
causa della vita frenetica che
conduciamo, non conosciamo nemmeno.
Il Comune di Somma Lombardo è attivo l’Ufficio del
Turismo (P.zza V. Veneto 2
- Orari Sportello: dal lunedì al
venerdì 08,30-14,00; sabato
e domenica 10,00-18,00),
dove è possibile trovare
numerose guide e tutte le
informazioni necessarie per
conoscere le bellezze del
nostro territorio:
- brochure della Provincia di
Varese: laghi, castelli, Sacro
Monte;
- itinerari cicloturistici;
- sport praticabili con indirizzi
strutture;
- elenco ristoranti, agriturismi, alberghi della Provincia
di Varese;
I cittadini saranno inoltre
informati su tutte le iniziative
culturali, sportive ed enogastronomiche della città.
Presto sarà attivo l’info-point
Parco del Ticino.
Rossana Vergani
Sportello Agenda 21C.U.V.
spazio
aperto
cultura
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 4
Tutti Scrittori 2ª Edizione
A Coarezza, presso le scuole “Tredici” si è tenuta la seconda edizione
del concorso “Tutti Scrittori” promosso dalla Pro Loco Coarezza e
patrocinato dall’Amministrazione Comunale. L’attrice Milena Neri ha
letto i sei brani con drammatica interpretazione. La giuria popolare
ha votato i sei racconti finalisti con il seguente ordine:
1. L’ora d’itagliano di Arturo Bernava (Chieti).
2. Tutta colpa dell’indulto di Antonino D’Accorso Lidestri (Varese).
3. Io non mangio pesce di Rossella Castellano (Piano di Sorrento - Napoli).
4. La figlia di Piero di Bruno Bianco (Montegrosso d’Asti).
5. W gli sposi di Giovanna Fumareschi (Casalpusterlengo - Lodi).
6. Menticchia e Vipassana di Verdiana Maggiorelli (Vigevano).
La serata è stata allietata dal buffet e dalla musica della pianista Sara
Tamburini che ha accompagnato il basso Oliviero Pari e la soprano
Laura Scotti nell’esibizione canora del loro repertorio operistico.
Il sindaco Guido Colombo, il vicesindaco Antonella Rossi, l’architetto Selvini, il presidente della Proloco di Somma Lombardo Renato Leoni hanno
premiato gli scrittori in un’atmosfera fantastica creata dall’allestimento
dei grandi aquiloni costruiti dal nostro architetto Teresio De Micheli.
✒ Io non mangio pesce
✒ L’ora d’Itagliano
Ho mal di testa. Quelli della “Quinta
A” hanno preteso un incontrodibattito dal titolo: “Da D’Annunzio a Tinto Brass: l’evoluzione del
piacere”; a volte fare l’insegnante
di lettere in un Istituto superiore
italiano può essere molto faticoso,
a prescindere dalle ore da cinquanta minuti. Adesso ho un’ora
in “Quarta B”. Devo riportare i
compiti svolti la settimana scorsa: sommando i voti che i venti
componenti della classe hanno
ottenuto non si arriva a cento, ma
loro sono stoicamente convinti che
riusciranno ad essere promossi. Il
mio mal di testa aumenta.
Entro in aula e la maggior parte
degli alunni mi attende sulla porta,
come se l’aria nella stanza si fosse
rarefatta e concentrata davanti
all’uscio. Vanno al loro posto con
una lentezza esasperante, formando una processione che mi ricorda
una carovana tuareg nel deserto,
solo che loro non sono i tuareg,
bensì i cammelli: stessa andatura
dinoccolata, stesso ruminare, stessi
versi gutturali dei simpatici animali,
perché indubbiamente lo sono.
Simpatici intendo dire.
“Prssò, cià rpurtat i compt”. La
essemmesseite ha colpito non solo
la lingua scritta, ma anche quella
parlata, per cui sono diventato da
“professore” un misero “prssò”.
L’autore della domanda è Luciani
ed è interessato al voto del compito
perché la madre lo nutre sulla base
dei risultati scolastici: voti superiori
a cinque si mangia, inferiori si digiuna. Mi si stringe il cuore nel pensare
che Luciani (un metro e novanta
per centoventi chili) nemmeno
oggi mangerà. Il mio mal di testa
aumenta ulteriormente. Inutile fare
tanti preamboli, li informo subito
che il compito è andato male.
Eppure il titolo del tema sembrava
interessante: “Signora musica come si sente? Dica MP3”. Gli alunni,
appena dettato il titolo, in effetti mi
avevano guardato come se avessi
parlato in russo (avendo parlato in
italiano e non in dialetto per loro il
risultato poteva sembrare simile),
ma poi si erano messi a lavorare
con impegno, facendomi pensare
di aver centrato (una volta tanto)
un argomento che potesse interessarli. Ma era andata male, così
come era andata male quella volta
che avevo dato loro un compito
sui nuovi linguaggi mediatici. La
già citata essemmesseite l’aveva
fatta da padrona e quando avevo
segnato in blu un “che” scritto
“ke” ed un “non” scritto “nn”,
si era quasi sfiorata la rivoluzione
francese.
Un alunno alza la mano per fare una domanda: “Prssò, senta,
scusa”. Faccio finta di inorridire:
“Mulani, ma da quando mi dai del
tu?”. “No prssò, che ne so io... io
volevo fare l’astinenza”.
Faccio fatica a capire cosa intenda
Mulani con astinenza, ma poi anni
e anni di insegnamento mi aiutano
nella traduzione: “Mulani, a parte
il fatto che si dice assonanza, in
questo caso non serve l’astinenza,
come dici tu, bastava parlare in
italiano usando la i”.
Mulani mi guarda come se avessi
spiegato la formula della bomba H,
poi improvvisamente si illumina e
ricomincia a parlare: “Prssò. Scusi”,
tiro un sospiro di sollievo, “Senti”.
Il mio mal di testa arriva a livelli di
guardia.
La domanda di Mulani viene giudicata inammissibile e rimandata
a data da destinarsi. Riconsegno i
compiti cercando di non guardare
l’espressione dei loro volti mentre rimirano il voto. Luciani tiene
il foglio sul petto senza avere il
coraggio di guardarlo, come un
giocatore di poker che legge le
proprie carte davanti ad un piatto
milionario.
Finisco il giro e sento un tonfo in
fondo all’aula: è la testa del povero
Luciani “caduta” sul banco: il pokerista ha scoperto le sue carte...
il piatto piange.
“Sentite ragazzi”, cerco di volgere
la cosa il più positivamente possibile, “vorrei che Calmieri leggesse
il proprio tema per farvi capire che
forse anche per voi c’è ancora speranza”. Mauro Calmieri non è il più
bravo della classe, anzi, ha sempre
galleggiato sul quattro tendente al
cinque; eppure stavolta ha preso
nove e voglio enfatizzare la cosa
per tentare di infondere un po’ di
fiducia in chi vuole migliorarsi.
Calmieri si alza timidamente e viene
alla cattedra; con un filo di voce
mi informa che non se la sente di
leggere il tema e lo capisco, così lo
faccio io per lui.
Il tema comincia quasi in sordina,
descrivendo gli effetti benefici della
musica sul morale delle persone,
poi prende una piega triste, ma non
tragica, nonostante la tragicità del-
l’argomento; è incredibile quanto
poco noi insegnanti conosciamo i
nostri ragazzi: Mauro ha perso la
madre l’estate scorsa, ma noi non
l’abbiamo saputo.
“Cara musica, io lo so che lei non si
sente tanto bene, malgrado le nuove tecnologie riescano a riprodurre
un suono quasi perfetto. Eppure
alla mia mamma piaceva ascoltarLa
con un vecchio giradischi, con il
vinile che frusciava come in un
film in bianco e nero. Quel fruscio
che riproduceva le canzoni di Baglioni e dei Dire Straits le ha fatto
compagnia sino alla fine, entrando
a far parte dei miei ricordi più cari.
Alle volte la notte, quando non
riesco a dormire, lo sento grattare
dolcemente dentro la mia testa e
non riesco a capire se è il fruscio
del disco o la voce della mia piccola
mamma che non ce la faceva più
a parlare, eppure volle dirmi sino
all’ultimo quanto mi amava. Cara
musica, io lo so che Lei è molto
impegnata e non si sente tanto
bene, ma se ha un attimo, per
favore, faccia un salto in Paradiso
e mi saluti la mia mamma”.
In quel momento suona la campanella, ma nessuno si muove.
Alzo lo sguardo sulla classe: più di
un volto è rigato e tutti guardano
Mauro Calmieri che a sua volta
ha lo sguardo perso nei propri
ricordi, nei propri fruscii. Passano
ancora alcuni secondi in un silenzio
irreale, poi, all’unisono, esplode un
applauso dal profondo dei loro
cuori ed io mi unisco a loro.
Il mio mal di testa è passato.
Arturo Bernava (Chieti)
✒ Tutta colpa dell’indulto (Storiella semiseria)
Quando le sbarre della cella si
aprirono, il detenuto 3456 stava
ancora dormendo placidamente.
La voce del secondino risuonò
nell’aria come un fulmine a ciel
sereno. Il suo volto scuro e severo
non faceva presagire niente di
buono. “ Gatto Leonardo, è arrivata la tua ora “, disse con tono
grave e solenne.
“Ma non è possibile, ci deve essere un errore”, replicò, in preda
alla disperazione, il recluso. “
Mi dispiace, ma non c’è nessun
errore”, rispose perentoriamente
la guardia carceraria. Per Gatto
Leonardo, Leo per gli amici, era la
fine di un sogno. Iniziava un incubo. I compagni di cella cercarono
di fargli coraggio. “ Tieni duro, non
mollare”, gli dissero, in coro, con
le lacrime agli occhi. Gatto Leo, da
tutti conosciuto ormai col nome
di Galeotto, fece un cenno con il
capo ma sapeva che non li avrebbe
più rivisti. Erano come fratelli e gli
dispiaceva separarsi da loro.
Prima di accomiatarsi
definitivamente fu ricevuto dal
direttore, Giorgio Manette che,
con grande rammarico, gli notificò
l’inoppugnabile ordinanza del
tribunale.
“ Signor Gatto, purtroppo le devo
comunicare che il soggiorno a
spese dello stato è terminato.
Da oggi dovrà lasciare libero il
posto”.
“Signor direttore, la prego, la
supplico, faccia qualcosa. Metta
una buona parola, ma non mi butti
in mezzo alla strada. In prigione
mi trovo bene, ho un sacco di
amici, svolgo un lavoro dignitoso,
mi diverto, mangio e non pago
la pigione! Fuori non saprei cosa
fare. La mia casa poi, con quella
strega di mia moglie, è peggio di
una galera!”.
“ La capisco perfettamente, signor Gatto, ma deve credermi
non posso aiutarla. Ho le mani
legate; anzi... slegate! Proprio in
questi giorni hanno approvato
la legge sull’indulto”. “Macché
indulto. Piuttosto insulto! Un oltraggio a tanti poveri carcerati che
si ritrovano senza vitto e senza
alloggio”.
“Effettivamente il parlamento si
è dimostrato un po’ intransigente
in questa circostanza. Anzi direi
troppo... clemente!”
“Ma io mi appellerò alla corte
di giustizia europea, scriverò al
Presidente della Repubblica e ad
Amnesty International per denunciare questi soprusi!”
“La legge è legge. Le consiglio
di rivolgersi al suo avvocato. Lui
saprà cosa è meglio fare”.
“La ringrazio, ma nel frattempo
le chiedo una piccola raccomandazione: mi faccia restare qualche
altro giorno in questo carcere.
Ormai sono affezionato a questo
ambiente, preferisco stare qui che
andare a casa”.
“Ma vuole scherzare? Questo è
un carcere serio, non è mica un
albergo che uno entra ed esce
quando vuole.
Anzi, con le norme vigenti è più
facile uscire che entrare! I controlli
sono rigorosi. I giudici sono molto
pignoli e severi a riguardo. Potrei
perdere il posto. Se lo immagina,
se si venisse a sapere, i giornali
titolerebbero: ex detenuto occupa abusivamente una cella
del carcere Scoppierebbe uno
scandalo senza precedenti! Per
questo sono costretto, mio malgrado, a congedarla ”.
Era diventato ormai un ospite
indesiderato e così, a malincuore,
si avviò verso l’uscita. Il portone si
spalancò implacabile e un raggio
di sole illuminò il suo viso solcato
dal pianto.
Dopo un ultimo, struggente saluto
le porte del carcere si richiusero,
inesorabilmente, dietro le sue
spalle. I giorni trascorsi in quella
casa di pena, erano ormai lontani
ricordi.
Con gran pena dovette arrendersi, nonostante avesse chiesto
la grazia persino a ...San Vittore!
Di fronte alla burocrazia, però,
non ci sono santi che tengono.
Non gli rimaneva che seguire il
consiglio del direttore e così si recò
dal suo avvocato Massimo Della
Pena. Un nome, una garanzia,
come recitava la targhetta posta
all’ingresso dell’ufficio.
“Caro signor Gatto, purtroppo lei ha commesso una grave
imprudenza a fare la rapina in
quel negozio armato di coltello a
serramanico. Ormai sono sistemi
superati. Oggi si usano le automatiche, i kalasnikov, le bombe
a mano... “.
”È la prima cosa che ho trovato a
portata di mano”.
“E poi diciamo la verità, lei si è
dichiarato colpevole, ha chiesto
perdono e ha sorriso persino alla
cassiera”.
“Era tanto simpatica e gentile”.
“Consideri inoltre che ha sottratto
pochi spiccioli e i clienti, impietositi, hanno dovuto fare una colletta
per non mandarlo a mani vuote!
Tanto che il P.M. Innocenti aveva
chiesto l’archiviazione”.
“Al processo quel giudice pelato
mi voleva ad ogni costo assolvere!”.
“Ah si, il giudice Ponzio. Voleva
lavarsene le mani. Ho dovuto insistere per ottenere una condanna
esemplare “.
“Si, ma adesso mi trovo al punto
di partenza e io a casa da quella
Santippe di mia moglie non voglio
tornarci”.
“Capisco ma ci vorrebbe un reato
molto più grave”.
“Come ad esempio spaccio di
droga... ”
“Ma no, hanno aumentato le
dosi minime, se la caverebbe con
poco”.
“Allora potrei insultare un poliziotto”.
“Non conviene. Oltraggio a pubblico ufficiale: al massimo due mesi
con la condizionale...”.
“E se derubassi le cassette dell’elemosine?”.
“Furto con scasso: cinque mesi di
arresti domiciliari”.
“Ma allora sono senza speranza...”.
“Per adesso vada a casa che poi
troveremo una soluzione”.
Il ritorno ad Alcatraz, cioè a casa,
non fu dei migliori. Ad accoglierlo..
con il matterello c’era la moglie
brontolona che lo tempestò di
domande.
“Ti sembra questa l’ora di rientrare? Dove sei stato tutto questo
tempo? Scommetto che sei stato
in villeggiatura, a divertirti e a
sbafare, mentre io sono rimasta
qui a sgobbare come una negra.
Ma adesso mi sentirai...”.
La donna continuava ad inveire
quando il marito, in preda ad un
raptus omicida, strinse le mani
attorno al collo della moglie che
stramazzò in terra. “Sono libero! E
soprattutto vedovo”, gridò pieno
di gioia.
Poi chiamò i carabinieri per costituirsi e il suo legale per dargli la
bella notizia: ”Avvocato, avvocato! questa volta l’ergastolo non
me lo toglie nessuno!” L’euforia,
però, durò poco perché la donna, nel frattempo, si era ripresa.
Era solo svenuta e continuava a
lanciare anatemi nei confronti
del marito.
L’uomo pallido in volto accostò
nuovamente la cornetta all’orecchio e, dopo aver ritrovato il sorriso, gridò contento: ”Avvocato!
avvocato! ho trovato la soluzione:
per il suicidio, quanti anni mi
danno?”
Antonino D’Accorso
Lidestri (Varese)
Non ho mai mangiato pesce. Fin da
quando ero in fasce. Hanno provato
a farmelo mangiare nella pasta, nel
pane con le patate, passato, omogeneizzato, triturato, liofilizzato... ma
niente, il mio stomaco lo rifiutava, la
bocca si barrava a doppia mandata,
gli occhi mi si serravano.
I parenti, gli zii, i nonni, hanno provato
addirittura ad imbrogliarmi, mi spacciavano il pesce per carne o addirittura:
Gli ufo fritti... Carne aliena... Non mangiavo pesce e mi volevano far assaggiare carne di esseri di cui non si sapeva
nemmeno la provenienza, potevano
essere geneticamente modificati... gli
ufo fritti! Ho scoperto in seguito che
gli ufo fritti erano... Totani.
Ma non solo non volevo mangiarlo,
l’odore mi inorridiva, alla sua vista
mi agghiacciavo. Quando a casa si
mangiava pesce io mi alzavo prima
che il resto della famiglia iniziasse a
spinare quelle carni, a sbudellare quelle
teste... e poi quegli occhi bianchi....
quelle membra mollicce...
Tanto meno potevo andare in pescheria, l’odore che emanava e l’idea di potermi sporcare i vestiti con quell’acqua
puzzolente mi faceva accapponare
la pelle... mi limitavo ad aspettare in
macchina a debita distanza.
Il 24 dicembre dell’anno scorso verso
le 5 del pomeriggio, mia madre, nel
bel mezzo della preparazione del
cenone-battaglia, mi guarda, e con
tono perentorio, come solo lei sa
fare, mi ordina di andare in pescheria,
subito, per ritirare le vongole che lei
aveva precedentemente ordinato
al GIOVANE... A Natale si sa siamo
tutti più buoni... tranne mia madre
avrebbe cucinato me per il cenone se
non avessi subito eseguito gli ordini.
Indosso i vestiti peggiori, quelli che non
mi sarebbe dispiaciuto gettare dopo
la contaminazione. Entro in pescheria
mantenendomi il pantalone con le
mani e saltando tra le parti bagnate del
pavimento come se stessi guadando il
rio delle Amazzoni, ovviamente non
volevo sentire l’odore di quell’aria,
quindi respiravo con la bocca, mi
sentivo un pesce fuor d’acqua: Mi
guardo intorno in cerca del “giovane”... lo vedo, aveva il cappellino di
lana blu in testa ed un’incerata gialla,
sembrava l’etichetta di una scatola di
tonno. Mi avvicino, sfortunatamente
ci sono degli altri clienti e sono costretta
ad aspettare: allora me lo studio, ha
dei bei occhi... risaltano su quella pelle
abbronzata, la barba incolta lo rende
interessante, le spalle sono proprio
di chi fa un lavoro pesante... belle
grosse, con braccia possenti... oddio
ora che fa? Sorride... ma è fantastico..
la stanza è piena di stelline e nell’aria
si sente una voce cantare ... You are
my destiny... e noi siamo su di un
prato e lui spinge la mia altalena e
petali di fiori cadono dal cielo e c’è luce
ovunque... “Signorina... Signorina?
Signorina ma la vuole passare qui la
notte di Natale?” Trasalgo: una donna-uomo mi distoglie dal mio sguardo
abbacinato “Ehmm... sono la figlia
della signora Vongola devo ritirare
delle Castellano... cioè... Vongole”
e lei-lui “ah si? Michele a’ figlia da
signora Castellano pè ‘e vongole” lui
mi guarda... e mi sorride, la testa mi
gira, per non perdere l’equilibrio mi
appoggio con la mano alla prima cosa
che trovo, solo dopo mi rendo conto
di averla infilato nella vasca dei polipi.
Aahhh vai via brutto animale!
“Voi siete la figlia della signora Rita?
Non ci sono dubbi, bella la mamma
bella la figlia” io farfuglio solo “si... io...
per... vongole” “Si allora dite a vostra
madre che io le ho fatte già spurgare le
ho sciacquate ad una ad una e poi.....”
ha detto tante tante cose, ma io ormai
vedevo solo la sua bocca muoversi e
suoi occhi penetrarmi... sono arrivata
alla macchina fluttuando.
Da allora il venerdì era la mia giornata,
prima dal parrucchiere e poi a prendere il pesce con mia madre, e lui era
gentile affascinante, anche quando
infilava la mano nuda nella vasca dei
pesci vivi lui lo faceva con savoir faire,
tornavo dalla pescheria e mettevo i
miei panni a lavare e pensavo a lui.
Tanto che, il venerdì non mi bastò più,
e per poter parlargli di più cominciai
a farmi consigliare.
La prima volta che mi sono trovata da
sola con un orata non è stato un bel
momento, la poggiai sul lavello ancora
nella bustina... sapevo che lei già mi
guardava, presi dei guanti di stoffa
li ricoprii con dei guanti monouso e
sopra ancora i guanti per lavare i piatti,
la presi per la coda... tirandola fuori
lentissimamente... in un sol gesto la
buttai nel lavello, aprii l’acqua fredda
e scappai... a fumare una sigaretta.
Rischiavo un colpo al cuore, mentre
fumavo pensavo a lui e mi feci forza,
mi avvicinai al lavello... lei l’orata, era
ancora li che mi guardava... allora
spensi la sigaretta misi un cd e cominciai a cantare a squarciagola “I
never folling in love again” e mentre
cantavo pulii la mia prima orata.
Non mi ricordo come feci, ne come
la cucinai, ricordo solo che piangevo,
piangevo da morire.
Le mie uscite di “vado a prendere il
pesce” diventarono molto più lunghe
e sempre meglio vestite.
I miei amici erano felici perché io
continuavo a cucinare pesce per loro,
diventai bravissima, ovviamente con
l’aiuto di Michele che diventava sempre più prezioso e più bello: Branzino
decorato, Nasello alla diplomatica,
Luccio in salsa di caviale, Salmone
hawaiano, Trota in salsa. Insomma
di tutto di più. E mentre sceglieva il
pesce per me mi parlava di mare, della
voce del vento, della sua passione per
la musica ed io... io mi perdevo nei suoi
occhi... e non capivo assolutamente
cosa dicesse. Ma non ero ancora
riuscita a mangiare pesce, tolleravo
l’odore le squame e le interiora... ma
il sapore no. Una mattina entrai in
pescheria e lo vidi che sbatteva un
polipo, lo faceva con un tale vigore
ma con un tale vigore che desiderai
incredibilmente essere quel polipo...
mi si avvicinò con quel solito sorriso,
alla sonoluomodeituoisogni fadimequelochevuoi, e mi disse “questa
notte mentre pescavo, ho tirato su un
Dentice così lucente che mi ha fatto
pensare alla luce del tuo volto, “Ah!
grazie” “...te l’ho messo da parte
perché volevo fosse il tuo. Ho pensato
che se mentre assapori la sua carne
pensi a me, faresti come io ho fatto ieri
notte”.... Oh mio Dio ....non sapevo
cosa fare... ho detto grazie sono corsa
a casa e le sue parole risuonavano
nelle mie orecchie “mentre Assapori...
assapori? assapori????”, Non voglio,
non posso, ...ma devo devo... ok ce
la posso fare... ce la farò... preparai
quel pesce come si fa per il vitello
santo da immolare a gli Dei, non volli
nessuno in stanza con me, dovevo
essere sola, sola con me stessa e il mio
dono d’amore da Assapo... non ce la
faccio... ce la devo fare... Mangiai quel
Dentice con un chilo e mezzo di pane
vicino... mi sembrò meno difficile... I
suoi doni d’amore però si moltiplicarono di settimana in settimana...
e piano piano il mio gusto ed il mio
stomaco si dovettero abituare a quello
che il cuore aveva deciso per loro. Tutti
questi sforzi portarono grandi frutti,
non solo quelli di mare, infatti il 23
giugno finalmente Michele mi chiese
di uscire. Prenotammo un tavolo in un
locale di gran lusso, al quale lui stesso
forniva il pesce, era un fantastico
locale sul mare; la luna risplendeva
magica su quella distesa d’acqua; lui
senza il berretto blu e l’incerata gialla
era ancora più bello. Io ero davvero
emozionata, non mi era mai successo
di dover stare così, sulle spine per un
uomo, ed ora che tutte le mie fatiche
stavano per essere gratificate non ci
credevo, mi rivedevo pulire i pesci con
le loro budella molli, affogare polipi
vivi e friggere montagne di pesce...
e poi lo guardavo e vedevo il perché
dei miei sforzi.
Mentre mi teneva la mano arrivò il cameriere, io ordinai una Cernia ai ferri, il
cameriere si girò e chiese “Signore per
lei una spigola al sale?” e lui rispose
“No, io non magio pesce”.
Rossella Castellano
(Piano di Sorrento - Napoli)
spazio
aperto
cultura
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 5
✒ La figlia di Piero
Era la sera della commissione edilizia.
La commissione edilizia si riuniva
puntualmente alle nove di sera ogni
qualvolta c’era qualche pratica da
sbrigare, vale a dire tre o quattro
volte all’anno, nel bar trattoria “Da
Oscar”, mescolandosi placidamente
ai giocatori di carte e biliardo che tutte
le sere frequentavano il locale.
-Giovanni vuole ampliare il capannone. Non sa più dove mettere tutti
i trattori che gli portano Il tecnico comunale iniziava i riti della
procedura di esame concessioni edilizie, sistematicamente così costituita:
descrizione della richiesta, elogi all’iniziativa presentata, approvazione
del progetto.
- Giovanni è davvero bravo. Non trovi
da nessuna parte meccanici come lui
per le macchine agricole.Mario il falegname, aveva dato il suo
contributo professionale e il sindaco
Edoardo chiudeva l’iter.
- È giusto che si sistemi meglio. Oscar,
cosa ne dici di portare una bottiglia
ed un po’ di bicchieri? Oscar era il padrone del bar e già
da tempo aveva pronti bicchieri e
bottiglia. Con il suo simpatico sorriso
immerso nei baffi scuri, raggiunse i
tavolini di riunione per compiere il
suo dovere di barista.
- Enzo vuole fare il muretto di cinta con
recinzione in ferro zincato e cancello
automatico - Questo è veramente un
gran lavoro. Pensa come starà bene
quando sarà finito. - Bravo Enzo, fai il tuo muretto così
tutto il borgo diventa più bello. Oscar,
ma se portassi anche una pagnotta e
qualche fetta di salame? Nemmeno questa volta Oscar si fece
attendere più di tanto ed in rapida
successione giunsero quel pane e
quel salame che teneva pronti da
un pezzo.
- Piero ha deciso di alzare la casa di
un piano per ricavare un alloggio da
dare alla figlia che si sposerà l’anno
prossimo. - Certo che sono soddisfazioni avere
una figlia così brava. Io conosco anche
il futuro genero e devo dire che è
proprio un ragazzo a posto. - Eh... veramente... forse... dovrei
vedere meglio... Il tecnico comunale non staccava gli
occhi dagli ampi disegni aperti sui
tavolini quadrati del bar, emettendo
continui e sofferenti borbottii. Muoveva nervosamente il capo passando
dalle sezioni in scala alle planimetrie,
dalle planimetrie alla domanda in
carta bollata, dalla domanda in carta
bollata nuovamente alle sezioni e via
di questo passo.
- Non c’è mica qualcosa che non
va, Aldo? - A prima vista ...bisogna poi verificare... forse la cubatura è eccessiva.
L’impedimento reale è che di fronte
abbiamo la Casa di Riposo, un edificio
pubblico, e se Piero alza la sua casa
i vecchietti si trovano il muro ad un
tiro di sputo dalle finestre. “Amministratori” e “tecnici” iniziavano anch’essi ad agitarsi ed a guardare
preoccupati sia i disegni sia il volto dei
colleghi, in vana attesa di scorgere
✒ W gli sposi
“Carletto si sposa a luglio e ci ha
invitati al matrimonio”. Disse la zia a
tavola, lapidaria come il solito.
Carletto, il mio cugino preferito:
grande, grosso e giocherellone che mi
faceva spesso salire sul carro e tenere
le redini dei buoi si sposava!
Come il Principe che nelle illustrazioni
del mio libro preferito arrivava a cavallo
con un mantello rosso o azzurro, a
seconda della fiaba e si portava via
la Principessa. Bollicine di gioia mi
frizzavano nella testa al pensiero di
quell’evento che per giorni immaginai
nei minimi particolari rendendolo
sempre più sontuoso e fantasmagorico. Le nozze si celebravano in paese
che distava circa cinque chilometri
dalla casa della zia.Partimmo quasi
all’alba, in bicicletta. Io ancora non
arrivavo alla sella e dovetti salire sul
manubrio della bici di mio fratello,
altissima e massiccia come tutte quelle
di allora. Aveva i freni comandati da
asticciole di ferro che si saldavano in
micidiali morsetti giusto sul manubrio
e che, per quanto ne capivo, avevano
l’unica funzione di pizzicare le cosce di
chi era costretto a sedersi là sopra.
Dopo le prime pedalate cominciarono
strilli e lagnanze da parte mia.
“Ahia, freni apposta per pizzicarmi!”.
“Taci oca, non è vero”.
“Si, invece, prendi le buche apposta
per frenare! Ahia ahi! Ziaaa, lui frena
apposta!”. La zia dietro gridava a
squarciagola minacciando punizioni
efferate nella nostra totale indifferenza, poiché non ci aveva mai allungato
neanche uno scappellotto.
Dopo un viaggio in cui mio fratello
potè sfogare tutto il suo sadismo
centrando deliberatamente i sassi
più sporgenti della strada sterrata e
accelerando sui dossi per atterrare violentemente subito dopo, arrivammo
davanti alla chiesa. La zia verificò che
le mie gambe erano effettivamente
butterate di segni violacei, ma parve
più turbata dallo stato del vestitino
quasi nuovo che appariva stazzonato
e picchiettato da decine di strizzature
scure di grasso lubrificante. Il piazzale
della chiesa era affollato d’uomini
infagottati in giacche scure e donne
dai vestiti sgargianti. Tutti sudavano
scrutando ansiosi la curva in fondo
alla strada.
Preceduto dal rombo della sua Vespa
nuova di zecca finalmente arrivò lo
sposo.Anche lui indossava un vestito
scuro con una giacca pesante da cui
spuntavano i polsini della camicia. Era
congestionato in faccia come se la
cravatta che non aveva mai indossato
prima di allora, lo stesse lentamente
strangolando.
“Carlèto - lo chiamai - Càva la giàca,
séntat no che cald!” Mi fece un sorriso
distratto ed entrò in chiesa.
La zia mi guardò costernata. Mio
negli sguardi altrui un barlume di
speranza.
Il vero problema risiedeva nel fatto
che in tanti anni di onorata carriera
mai la commissione edilizia aveva
espresso un parere negativo. Eppure
quella volta, anche se nessuno osava ammetterlo, non si poteva nella
maniera più assoluta approvare il
progetto presentato.
Per cercare di trovare un rimedio
emersero le proposte più disparate:
sistemare soltanto anziani non vedenti
nelle stanze della Casa di Riposo che
guardavano sull’abitazione di Piero,
trovare in paese una casa per la figlia
di Piero e relativo marito, alzare di
un piano la Casa di Riposo ed altre
soluzioni fantasiose su cui conviene
elegantemente soprassedere.
Nel pieno scoramento generale, uno
dei due muratori propose al vicesindaco un’idea rivoluzionaria.
- Gino, perché non fai venire tuo
figlio? Studia da avvocato e potrebbe
consigliarci la strada giusta. Il figlio del vicesindaco era un ragazzo
totalmente privo di voglia di studiare,
iscritto al primo anno di Giurisprudenza, dotato di un’intelligenza assolutamente non superiore alla media
nazionale, ma ricco di presunzione
ed ignoranza tali da non rendersi
minimamente conto di possedere
le caratteristiche precedentemente
enunciate. Appena avvertito dal padre
che era stato fatto il suo nome per
una consulenza legale, indossò un
elegante completo grigio con vistosa
cravatta multicolore e si precipitò
quindi nel bar, non senza aver prima
prelevato il Codice Civile che riposava
da mesi sulla scrivania.
Terminato di ascoltare con aria seria i
termini del problema e lasciata scorrere una teatrale pausa di riflessione,
decise che era giunto il momento
di mostrare ai presenti le indiscusse
doti di cui andava fiero. Si alzò dalla
sedia, fece un lungo respiro, si portò i
pollici delle mani dove le maniche della
camicia si congiungono al busto ed
iniziò la sua requisitoria passeggiando
per il locale.
- Il nostro ordinamento giuridico non
penalizza la libera iniziativa anzi, come
sancito dall’articolo 1 della Costituzione, individua nel lavoro il fondamento
della Repubblica Italiana ed incentiva
le attività che lo generano e lo alimentano. D’altra parte è scopo principale
del legislatore il garantire la tutela di
tutti i cittadini, in particolare di coloro
i quali, de iure e de facto, non sono in
grado di difendere in prima persona
i propri diritti. Va però precisato che
soltanto la parte lesa può invocare il
rispetto dei diritti sanciti in primis dalla
Costituzione ed in secundis dalle leggi
vigenti ed allo stato attuale non mi
sembra di ravvedere la presenza di
parti lese così aprioristicamente dette.
Ciò nonostante è riconosciuto per
legge un lasso di tempo entro il quale
i diretti interessati, ed in subordine
eventuali terzi, possano richiedere
una procedura sospensiva relativa
alla delibera oggetto di contenzioso.
Tale procedura, assai frequente in
un’ordinamento garantista qual è il
nostro, può risultare però di difficile
attuazione nel caso in questione; infatti la riforma degli Enti locali concede
ad essi ampio potere decisionale e
facoltà di eliminare autonomamente i
vincoli e gli impedimenti che possono
ostacolare lo sviluppo urbanistico.
Fatto salvo naturalmente che il funzionario pubblico risponde civilmente
e penalmente di ogni decisione presa,
ai sensi delle leggi in vigore in materia
di responsabilità degli amministratori
nei confronti dei propri amministrati,
di terzi e di altri Enti Pubblici. La commissione edilizia al completo
era rimasta in religioso silenzio, gli
occhi sbarrati, lo sgomento perplesso
di chi è combattuto tra la coscienza
dei propri limiti intellettivi e la convinzione di aver ascoltato una marea di
stupidaggini. Nessuno osava fermare
il giovane, se non altro per rispetto nei
confronti del vicesindaco. Fu il padre
stesso che pose fine all’arringa del
novello Perry Mason.
- Grazie Marco. Adesso che ne sappiamo di più vedremo di prendere la
decisione migliore. Tutti ringraziarono Marco e dando
prova di elegante raffinatezza si astennero da ogni commento.
Adesso però rimanevano soli con il
progetto della casa di Piero, la sua regolare domanda in bollo e soprattutto
il problema di come comunicare la
decisione negativa all’interessato.
Era quasi mezzanotte. Dalla porta
di ingresso entrò Ugo, il postino del
paese, una notorietà per le sue doti
di provetto conoscitore e divulgatore
dei fatti altrui.
- Avrei voluto esserci anch’io ad
ascoltare! Una scenata, dev’esserci
stata una scenata! I pochi rimasti nel
bar ascoltavano interessati la novità
dell’ultima ora.
- La figlia di Piero, quella che doveva
sposarsi, ha lasciato il fidanzato; sembra che abbia già qualcun altro. Piero
ha un diavolo per capello, dice che
un ragazzo così bravo non lo troverà
più, dice che la figlia si comporta
da bambina, ... che scenata... che
scenata! I componenti la commissione edilizia
si guardarono l’un l’altro; un sorriso
abbozzato sul volto del sindaco innescò a cascata quelli di tutti gli altri.
Il primo cittadino si schiarì la voce e
con tono serio e professionale chiuse
formalmente l’iter amministrativo.
- Alla luce di quanto emerso nel dibattito e dei possibili ulteriori sviluppi,
propongo a codesta commissione di
congelare provvisoriamente la pratica
del signor Gallo Piero relativa al fabbricato di sua proprietà. Seguirà mio
personale contatto con l’interessato
per maggiore definizione dei particolari. Oscar, perché non ci porti un
pezzo di quel buon formaggio che
ti porta sempre tuo cognato dalla
montagna? Oscar fece un sospiro di sollievo. Era
da un po’ che l’aveva preparato e non
avrebbe gradito molto rimetterlo in
frigo: chissà quando ci sarebbe stata
la prossima commissione edilizia.
Bruno Bianco
(Montegrosso d’Asti)
fratello sibilò:
“Taci, oca!”. Che era il suo intercalare preferito nei miei confronti e si
affrettò a raggiungere un gruppo
di ragazzetti.
Tra le facce di parenti circa stretti, scorsi
i musetti lentigginosi di due bambini
che non conoscevo e per i quali
maturai un immediato sentimento di
profonda antipatia. Erano pressoché
identici, uno, però era lievemente più
alto e da come dava continuamente
di gomito al fratello, dedussi che
doveva essere anche il più malnato.
Appena scesa dalla bici mi avevano
accolto con una serie impressionante
di gestacci e linguacce che avevano
fatto affacciare dentro le loro bocche
ghignanti, incisivi leporini.
Ricambiai i gemelli Palettoni, come li
ribattezzai mentalmente, della peggior boccaccia del mio repertorio. Per
niente impressionati mi guardarono
con commiserazione e corsero a far
danni altrove.
“Rìva la spùsa, rìva la spùsa!” Sentii
gridare. Accompagnata da una piccola processione di parenti, madre
lacrimosa in testa, fratelli piccoli e
medi schiamazzanti alle spalle, arrivò
la sposa biancovestita, al braccio di suo
padre che zoppicava vistosamente.
In chiesa il caldo asfissiante e l’odore
d’incenso e garofani m’immersero in
un lieve torpore. Appoggiata al fianco
della zia e cullata dalle litanie incom-
prensibili della messa, mi assopii.
Mi svegliò il trambusto dell’uscita.
Poi avvertii un dolore acuto come se
qualcuno avesse cercato di strapparmi
la pelle della testa. Con un urlo che
fece girare i vicini di panca, mi girai di
scatto in tempo per vedere il più alto
dei Palettoni che lanciava il fiocco rosa
della mia treccia, nell’acquasantiera.
In corteo raggiungemmo la casa della
sposa. Già sulla soglia ci accolsero i
fumi caldi dei brodi e gli odori grassi
d’arrosti e bolliti. Seduta su seggiole, sgabelli panche o casse, in una
stanza affollata come un rifugio antiaereo durante un bombardamento,
un’umanità sudata e affamata, stava
aggrappata a piatti stracolmi di ravioli,
lasagne, bolliti, lacerti di coniglio,
brandelli di cappone. Trovammo un
posto sull’angolo di una panca. Io, in
braccio alla zia vedevo passare sopra la
mia testa minacciosi bottiglioni di vino
che attraverso rotte aeree tortuose
raggiungevano mete prossime o
remote. Il padre della sposa rimessi
i consueti zoccoli non mostrava più
alcun segno di zoppìa ed essendo tra
i più assidui intercettatori di fiaschi e
boccali aveva assunto un uniforme
colore paonazzo. Alzava ad intervalli
fastidiosamente ravvicinati, il bicchiere
verso gli sposi che lo fissavano stravolti
dal caldo e dal cibo, per brindisi e discorsi di cui non capivo una parola ma
che suscitavano robuste sghignazzate
fra gli uomini e risolini d’imbarazzo
tra le donne. La zia ad ogni alzata
di boccale arrossiva e si chinava su
di me per distrarmi con domande
sempre uguali: hai sete hai fame hai
sonno. Il che mi pareva più stupido
che fastidioso. Così incastrata in quel
puzzle umano, avevo perso di vista
i Palettoni. Li individuai ben presto
seguendo la traiettoria delle palline
di mollica pressata che mi vidi piovere
nel brodo dei ravioli: dovevano essere
alle mie spalle!
Mi alzai e li guardai con odio. Vidi
un lampo di maligna soddisfazione
nei loro occhi, poi si abbassarono
sparendo sotto un tavolo.
Quando gli sposi ebbero finalmente
tagliato la grossa torta ricoperta di
una crema che il caldo aveva già
fatto colare in rivoli appiccicosi sulla
tovaglia, vidi i ragazzini arraffare le loro
fette e sparire di nuovo nella calca. La
zia chiacchierava a bassa voce con i
vicini di panca, mio fratello era sparito,
i gemelli erano in agguato ed io mi annoiavo. Il caldo e le puzze creavano un
magma odorifero che lentamente ci
sommergeva. Gli uomini cantavano in
modo sempre più sguaiato, le donne
cominciavano a sparecchiare.
Davanti a me un vecchietto mangiava
la sua fetta di torta biascicando con
gusto. Ad un tratto ebbe uno strano
sussulto e cominciò a frugarsi in
bocca e dopo una serie d’irripetibili
imprecazioni guardò sconsolato sul
palmo della mano un confettino
argentato e, di lato, una specie di
sassolino giallastro che, a quanto mi
parve di capire era uno dei suoi ultimi
denti. Finalmente Carletto e la sposa
si alzarono e uscirono in strada seguiti
da tutti i commensali. “Viva gli sposi
viva, gli sposi!”. Tutti cominciarono a
gridare e a battere le mani.
Lo sposo mise in moto la sua Vespa, la
sposa si accomodò sul sellino di dietro
sollevando lo strascico che quasi toccava per terra e sparirono sollevando
una nuvola di polvere.
Sentii qualcosa piovermi in testa.
“Una cacca di piccione” pensai. Poi
un’altra ed un’altra ancora. Guardai
in alto perplessa: nessun uccello nel
raggio di un chilometro. Titubante
mi toccai i capelli. Ritirai la mano
schifata: sul palmo si era appiccicata
una serie di confettini sapientemente
succhiati e sparati con mira prodigiosa
dai nemici.
Disfatta ed affranta chiesi ed ottenni di
fare il viaggio di ritorno sul manubrio
della zia.
“Ti prego, non sposarti mai!”. Le
sussurrai all’orecchio, paventando
il reiterarsi dell’esperienza appena
vissuta.
Effettivamente la zia seguì il mio consiglio e rimase felicemente nubile.
Giovanna Fumareschi
(Casalpusterlengo - Lodi)
andavano ispezionate, aveva omesso
organi genitali e glutei!
Ma come, non stava forse riproducendo l’ipocrisia della vituperata religione
cattolica? Ma come, non era forse
nostro dovere fare una bella piazzata
e guadagnare la porta? Spiacente
Menticchia, ma questi furori fanno
parte del mio passato... Lasceremo
che le cose sgradevoli piovano su di
noi come sulle piume di un cigno e
andremo avanti a lavorare, perché
sono sicuro che prima o poi avremo
delle grosse sorprese.
Ma al sesto giorno di sorprese non si
vedeva neppure l’ombra... Il mio corpo
era completamente anchilosato e il
collo e le ginocchia urlavano di dolore.
“Lo vedi? - insinuava Menticchia - Non
ha senso star qui a farci massacrare.
E poi guarda il maestro, ti sembra un
Buddha? Questo è un crukko dell’Alto
Adige e non sa neppure che esistono
le emozioni. E vogliamo parlare del
sermone serale? di termini abominevoli come triplice gemma e ottuplice
sentiero? Dài retta a me: siamo capitati
in un covo di pazzi.”
Stavo quasi per dare ragione a Menticchia, ma... Il settimo giorno arrivò
l’esplosione: il corpo intero, dalla
punta dei capelli alla punta dei piedi
prese a vibrare di particelle “subatomiche” in movimento: milioni di piccole
scintille che nascevano e morivano
ininterrottamente. Era dunque questa
la famosa “impermanenza”? Nulla
si crea, nulla si distrugge, tutto si
trasforma? Qualcuno, se non sbaglio,
ci ha pure preso un Nobel, 2500 anni
dopo Buddha. Immaginai lo stesso
flusso elettrico animare il cuscino sul
quale ero seduto, il pavimento, le
pareti e via via l’intero universo. Tutto
in connessione, tutto in continuo
incessante cambiamento.
Menticchia mi suggerì un documentario per bambini dove l’omino fatto
di particelle rosse beveva un bicchier
d’acqua di particelle blu che si mescolavano alle rosse e poi pisciava
un getto di particelle gialle che si
univano alle particelle verdi di un prato
e così via...
A proseguire il compitino della vivisezione non ci pensava nemmeno:
ottenuto il risultato dell’impermanenza non potevamo tornarcene a
casa soddisfatti?
Ma il bello doveva ancora venire.
Il flusso elettrico divenne sempre più
sottile ed ora si trattava di esercitare
l’”equanimità”, passando di nuovo
in rassegna le sensazioni dalla testa
ai piedi e dai piedi alla testa: osservare
il dolore, osservare il prurito, il caldo,
il freddo, il disagio senza fare una
piega. In sostanza, prendere distanza
dalle avversità come dai desideri, per
eliminare dalla vita ogni sofferenza.
A dire il vero non è così facile, ma
Menticchia trovò una scappatoia e
incominciò a divertirsi come una pazza
ed io con lei. Il collo urlava? Menticchia
correva a concentrarsi sul malleolo e
il dolore spariva.
Si faceva sentire il ginocchio? Menticchia volava sul gomito. Una mosca
zampettava sul naso? Concentrazione sul braccio e niente solletico. Ma
certo: è così che i fachiri stanno seduti
sui chiodi o camminano sulle braci!
L’apoteosi arrivò con la disintegrazione del corpo.
Invitata dal maestro, Menticchia prese
a perforarne idealmente le parti,
finché l’ultimo giorno, scendendo
e perforando dalla testa ai piedi, si
accorse che lasciava alle sue spalle il
vuoto assoluto, un vuoto così vuoto di
sensazioni che ne ebbe paura. Se ne
era andata tutta la testa, e il tronco,
e le spalle... Atterrita, Menticchia si
concentrò con tutte le forze sull’alluce
del piede sinistro e restò attonita a
contemplare l’assenza. Finché non la
cacciai anche di lì e raggiunsi la mia
estasi, scientificamente conquistata.
Piano piano Menticchia fece di nuovo
capolino. Timida questa volta, quasi
commovente. Mi disse: “Dove vuoi
arrivare su questa strada? All’ascetismo? Al ritiro dal mondo? Pensa
ai tuoi amici...” E poi, subdola: “Voi
prendere distanza anche dal tortino
di patate e gorgonzola che ti piace
tanto?”.
“Cerca di darti una calmata - risposi - ho solo imparato una tecnica!
In quanto al tortino di patate... è
un’ottima idea per la prima cena
fuori di qui.
Ed ora sparisci e fai posto al cuore.
Federica mi ha mandato un sms:
kiamami ti devo parlare.
Verdiana Maggiorelli
(Vigevano)
✒ Menticchia e Vipassana
La chiamo affettuosamente Menticchia da quando ho fatto pace con
lei, dopo un periodo burrascoso in
cui la ritenevo responsabile di tutte
le mie sofferenze e la cacciavo in
modo brusco dalle mie meditazioni.
Prima era semplicemente Mente, la
mia mente.
Non so se qualcuno di voi è pratico
di meditazione... Io ho incominciato
a frequentarla su consiglio dell’amica
Giò, quando Federica mi ha mollato
per un rapper e davanti a me si è
aperto un baratro. Devo dire che è
meglio degli psicofarmaci e in più non
ti rovina lo stomaco e non ti gonfia
come un pallone. Ad occhi chiusi e
gambe incrociate ho scoperto l’imperversare della mente, il suo saltare
come una scimmia di ramo in ramo,
appendendosi al passato, balzando
nel futuro, emettendo giudizi, sospetti, paure e desideri. Ma credetemi,
se non le prestate più attenzione di
quanta ne riservate ad un talk show
di Bruno Vespa lei si stufa e se ne va,
lasciandovi a godere il vuoto in uno
stato di pura estasi.
Un giorno del mese scorso annunciai
a Menticchia che saremmo andati
insieme ad un corso di Vipassana, una
tecnica inventata da Buddha in persona. Accettò riluttante, perché sentiva
puzza di bruciato. Ma accettò.
Ed eccoci a Groppovisdomo di Sopra,
incastonati in un gruppo di 60 corpi
e menti investite, per prima cosa, di
regole, orari e disciplina. Rigorosa
separazione uomini-donne. Silenzio
assoluto e nessun contatto, nemmeno
con gli occhi. Sveglia alle 4 di notte,
niente pasto serale.
Durante il discorso di benvenuto,
Menticchia non stava zitta un secondo, criticava tutto e tutti e mi chiedeva
se ero proprio sicuro che quello fosse
il posto per noi, che fondamentalmente eravamo degli epicurei. 12
ore di meditazione al giorno, per
dieci giorni! Oh, questo forse poteva
sopportarlo, si era portata dietro un
baule intero di pensieri e immagini
da sparare a raffica nel silenzio della
meditation room... Quello che non
si aspettava erano i duri compiti a
cui la sottoposi dal primo momento.
Anapana, si chiamavano gli esercizi
preparatori...
Per tre lunghi giorni la tenni legata tra
il mio naso e il mio labbro superiore.
Scalpitava e urlava peggio di un
animale portato al macello e ogni
tanto riusciva a rompere la corda
per mandarmi qualche flash fuori
programma. Ma io ero seriamente
intenzionato ad addomesticarla e
fui inflessibile. Sì, ogni tanto la fatica
prendeva entrambi e mi concedevo
un po’ di estasi (rigorosamente vietata
dal maestro), permettendole di uscire
a prendere una boccata d’aria.
Quando iniziò la Vipassana vera e
propria Mentina era esausta, ma acuta
come un laser e abbastanza disposta
a proseguire il lavoro, scandito dalla
voce cavernosa di un monaco in CD,
che apriva e chiudeva le meditazioni
con canti in lingua Pali.
Bene, ora si trattava di vivisezionare
il corpo, registrando accuratamente
le sensazioni. Sommità della testa,
emisfero sinistro, emisfero destro,
nuca... “Dove sono queste cazzo di
sensazioni? Sento solo una specie di
papalina calata sulla zucca. Possiamo
definirla... leggera pressione a forma
di cappello?” mi chiedeva ironica.
“Non importa che tu la definisca
- le rispondevo - Vai avanti e sii seria,
per una volta”. Okay: orecchio sinistro, orecchio destro, fronte, occhi,
naso...
Arrivata alla bocca, Menticchia mi
proponeva regolarmente una sparata
di bocche in tecnicolor, che si alternavano a ritmo vertiginoso sullo schermo: sensuali, ghignanti, di uomini,
donne, gorilla, gatti, cavalli, cartoon...
Io lasciavo pazientemente che finisse
il suo show e poi la accompagnavo
decisamente sul mento e giù giù fino
alla punta dei piedi. Ogni tanto lei
si fermava per fare una telefonata:
“Pronto, Giò? Tu non hai idea... È
un ritiro per masochisti, un supplizio
di Tantalo. Al confronto, imparare
a memoria la guida telefonica è un
gioco da ragazzi!”.
Negli intervalli contava giorni, ore,
minuti che la separavano dal ritorno
a casa e la notte si sfogava in una
sarabanda di danze intellettuali che
mi impedivano di chiudere occhio.
Il quarto giorno mi fornì un buon
motivo per lasciare il lavoro: la voce
del maestro, sempre così puntigliosa
nel nominare le parti del corpo che
spazio
aperto
cultura
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 6
Come una Biblioteca
Per Mario Rigoni Stern
la guerra non c’entra; la
guerra è solo un accidente
Il 16 giugno è venuto a mancare Mario Rigoni Stern, ad
Asiago, dov’era nato, all’età
di 86 anni. I funerali, svoltisi
il 17 giugno, sono stati strettamente privati; era presente
solamente la famiglia dello
scrittore. Il suo mondo poetico non è la guerra ma il
bosco della sua infanzia; una
natura non goduta come
idillio, ma come un mondo a sé, in cui dominano
nettamente il bene il male,
l’amore e la morte, guidato
da leggi ed eventi, dai quali
l’uomo può ricavare norme
valide per la sua coscienza. In
un’intervista confesserà: mi
commuovo anche durante
una semplice passeggiata,
anzi soprattutto quando
passeggio. Sarà misticismo,
non lo so, però non ne possono fare a meno, non posso allontanarmi dal bosco.
Questo rapporto esclusivo e
carnale con il bosco, che è
poi la storia sociale ed economica, culturale ed etnica
della gente dell’Altipiano,
spiega il suo fastidio per la
letteratura colta; la sua natura di scrittore clandestino,
sempre alla ricerca di un’altra storia che completi la
sua identità; sempre dentro i
suoi libri, ma sempre fuori la
letteratura ufficiale...
Andiamo anche noi in un’alba d’estate per i sentieri del
bosco; sia discreto il nostro
abbigliamento e silenzioso
il passo, cercando di evitare
sassi mobili e rami secchi.
Fermiamoci ad ascoltare e
ci sarà molto da scoprire:
un fruscio, un battere di
ali, il sottile richiamo del
piccolo capriolo, un aereo
di linea che passa alto nel
cielo, il rumore di una motosega nell’altro versante,
il respiro affannoso di uno
che sale con la bicicletta da
montagna. Non si è mai
soli nei nostri boschi che
Ca’ del
hanno mille occhi e mille
orecchie e, quando meno te
l’aspetti, ti trovi davanti un
guardacaccia o un cercatore
di funghi.
...
A sera, ritornati alle vostre
case o nella vostra città dopo
aver camminato per ore lungo i sentieri o attraversato
pascoli o radure, riposato
all’ombra di alberi maestosi,
ammirato una pianticella
appena uscita dal seme, o
i tanti fiori colorati e profumati, ascoltato in silenzio le
voci della foresta, incontrato
una mandria di vacche al pascolo, o il gregge dei pastori
lassù dove il bosco finisce,
allora vi sarà caro il ricordo di
questa giornata e piacevole
all’animo il riposo.
Rigoni è uno dei pochi scrittori che in trent’anni non è
mai riuscito ad essere solo
scrittore; non è mai rientrato
nei ranghi della istituzione
letteraria. La sua cultura è rimasta contadina, materiale,
proletaria, come il suo mondo paesano. Una cultura
abbarbicata nell’anima che
gli ha evitato il clichè letterario del paese folclore, eden,
mito; e ha permesso alla sua
letteratura di restare una
letteratura di conoscenza e
di resistenza, timbrata da un
forte impegno umano.
Tratti da: “Rigoni Stern” di
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Celebrati i dieci anni di costituzione
della Fondazione Visconti di San Vito
Bassorilievo e Piramidina
del Duomo
Sabato 24 Maggio, nel Salone d’Onore del Castello
di Somma ha avuto luogo
l’inaugurazione annuale
dell’attività culturale della
Fondazione Visconti di San
Vito nel decimo anno di
sua costituzione.
Per sottolinearne la significativa data il presidente avvocato Gaetano
Galeone ha voluto offrire
alle autorità civili, tra cui
il nostro sindaco Arch.
Guido Colombo, militari e religiose presenti all’evento, unitamente ai
numerosissimi invitati, una
magistrale relazione sul tema: “I Visconti e il Duomo
di Milano” dettata dalla illustre partecipazione
della Veneranda Fabbrica
del Duomo di Milano ed
espressa con le introduzioni del Presidente Emerito
Dott. Marco Orombelli e
dell’Arch. Ernesto Brivio
già direttore del Museo
del Duomo.
A ricordo del decennale,
alcuni gesti che, come ha
evidenziato l’Avv. Galeone, hanno confermato che
la Fondazione è ricca di
“capitale umano”, ove
amicizia e generosità sono
azioni sempre in rialzo.
Infatti durante la manifestazione sono stati donati
da Roberto Mona e Erminio Praderio gli artistici
simulacri di S. Carlo e di
S. Ambrogio, collocati
nella Cappella del Castello, Natale Casagrande,
l’amico di sempre ha sovvenzionato il restauro di
una Grande tela sita in
Castello, raffigurante un
antenato della famiglia
Visconti, che fu Arciprete
del Duomo nel 1703.
Tra i momenti più solenni
della giornata il saluto nella Sala dedicata a Gregorio
XIV all’antica, artistica piramidina (una guglia) marmorea del Duomo, vecchia
di 600 anni, avvenuto alla
presenza di Mons. Luigi
Manganini Arciprete della
Cattedrale milanese.
Un anniversario ricco di gesti di alto valore e di grande
partecipazione, avvalorato
dalla disponibilità di alcuni
amici sommesi dall’estro
artistico.
Lorenzo Schievenin Boff
che ha realizzato un magnifico bassorilievo in terracotta riproducente una
storica immagine di Gian
Galeazzo Visconti che nel
1386 volle la costruzione
del Duomo. Opera donata
alla Veneranda Fabbrica
del Duomo che conserva nella sua sede infiniti
reperti della nostra Cattedrale.
Otello Patrizio che con il
suo lodatissimo dipinto,
libera interpretazione di
un quadro Visconteo del
1300, ha creato il logo
dell’evento.
Roberto Caccin, che ha
voluto dedicare al compianto don Gabrio un artistico candelabro in ferro
battuto da collocare nella
Cappella Visconti del nostro cimitero.
Una tappa raggiunta con
la soddisfazione di tutti, iniziata con la solenne
celebrazione della Messa
presieduta da S. E. Mons.
Oscar Rizzato, giunto dalla
Città del Vaticano, con
celebrazione dal prevosto don Franco, da Mons.
Donnini, Mons. Paganini
e dal concittadino don
Ezio Piazza. Assistente il
diacono Claudio Soave.
Anche Benedetto XVI ha
voluto assicurare la sua spirituale presenza inviandoci
la Benedizione Apostolica. Un evento vissuto per
festeggiare dieci anni di
attività e di lavoro compiuti
e a favore della cultura e
dei giovani studenti.
Impegno riconosciuto da
numerose Istituzioni ed
attestato con augurali
messaggi dal Cardinale
Dionigi Tettamanzi e dal
Prefetto di Varese dott.
Roberto Aragno.
Una pagina di storia proposta per narrare gli antichi legami tra i Visconti e
il nostro Duomo, nati con
Gian Galeazzo Signore di
Milano e continuati fino al
marchese Carlo Ermes di
San Vito che nel 1886 fu
Presidente della giuria per
il concorso internazionale
per la facciata del Duomo
e nel 1894 Vice Presidente
per il concorso delle formelle bronzee del portale
centrale della Cattedrale
di Milano.
Con il consenso del presidente Galeone, desidero
ringraziare personalmente
coloro che si sono prodigati per la splendida riuscita
del nostro decennale.
Un grazie speciale alla
dottoressa Giulia Benati
direttrice del museo del
Duomo, che in questi mesi
mi ha donato preziose e
premurose attenzioni.
Maurizio Maria
Rossi
Il Sindaco e l’Avv. Galeone
L’angolo di Rodari
La testa del chiodo
La palma della mano
i datteri non fa,
sulla pianta del piede
chi si arrampicherà?
Non porta scarpe il tavolo,
su quattro piedi sta:
il treno non scodinzola
ma la coda ce l’ha.
Anche il chiodo ha una testa,
però non ci ragiona:
la stessa cosa càpita
a più d’una persona.
CENTRO
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Direttore Sanitario
BIANCA DOTT.SSA
EMANUELA
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aperto
cultura
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 7
ANFFAS Ticino Onlus di Somma Lombardo - Associazione di Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali
“Pitturatori della memoria:
percorsi tra arte e inclusione sociale”
In collaborazione
con la Fondazione
Castello Visconti di
San Vito di Somma
Lombardo
L’evento, che avrà luogo
dal 20 settembre al 5 ottobre 2008, è inserito nel
programma celebrativo di
alcune date particolarmente significate: il decennio di
costituzione della Fondazione Visconti di San Vito,
il 50° anno di fondazione
dell’Anffas e i 15 anni di
vita dell’Atelier espressivo
dell’Anffas Ticino.
La Fondazione del Castello
Visconti di San Vito di Somma Lombardo - sempre
attenta alla nostra realtà
- ha offerto la gradita opportunità di allestire nelle
storiche sale del Castello,
una mostra delle opere
pittoriche eseguite da
persone con disabilità e
di ospitare una tavola rotonda che vedrà presenti
alcuni esperti tra cui le
responsabili delle Gallerie
d’Arte Moderna di Torino
e di Gallarate con le quali
da anni stiamo sviluppando delle esperienze legate
all’utilizzo del linguaggio
artistico nell’intervento
Il castello
Visconti
La chiesa
di S. Vito
I portoni
di Somma
Avito maniero
dalle cinquecento stanze,
gelide d’inverno,
dall’alta finestra della torre
scorgevo
le Alpi innevate
e il Rosa,
massiccio armonioso.
E poi giù a perdifiato,
al galoppo,
nella campagna aperta,
immensa,
del feudatario;
giù fino al Monte Sordo
dietro un immaginario
cervo.
Diana, dolce statua,
dea boschiva
della boschiva Somma,
ci guardava,
benedicente.
Chiesina di S. Vito,
misteriosa,
appartata,
circondata
da una boscosa collina,
cimitero di avi celti,
l’amore
dei tuoi fedeli
ti abbraccia
e ti regala preci
e musica
e parole di poesia.
Rabbrividiscono ancora
le ossa degli insubri antenati,
ormai sepolte
da torri di cemento
immense.
Antichi portoni
di legni schiodati,
sgangherati,
sotto l’armonia
di mattoni
pietra
cemento
dei vostri archi
nobilmente armoniosi,
un tempo difesa a profondi cortili,
raccontateci ancora
la vita com’era
allora
di uomini, donne
e bambini ruzzanti
sciamanti ovunque.
I fienili, i portici, le stalle
ospitavano
carri e miti animali.
Risuonavano le corti
del dolce longobardico dialetto
dalle u scure,
guerriere,
sonore.
Silvana Ferrario
Racconto
Poesie
Silvana Ferrario
Silvana Ferrario
educativo e riabilitativo
con le persone disabili e
sulla fruibilità dell’arte da
parte di queste persone.
L’iniziativa, oltre alla mostra e alla tavola rotonda,
prevede la realizzazione di
una brochure che raccoglierà immagini e testi sulle
opere esposte, la pubblicazione di un libretto di circa
100 pagine sull’esperienza maturata dall’Atelier
espressivo in questi anni
e la distribuzione di un
CD-Rom interattivo che
La chiesa
di S. Rocco
a Coarezza
Sorgi
solitaria
nella campagna,
circondata
dal canto di grilli e cicale,
avvolta
dall’alito profumato
delle tue robinie,
rustica chiesina
dal nobile
rinascimentale
disegno perfetto.
Hai custodito
per secoli
sacre ossa di antenati.
Conservi ancora
nel tuo cuore
il tesoro
di una gentile Madonna fanciulla
e del suo Bambino
e Santi
a noi
eternamente
cari.
Silvana Ferrario
presenta l’esperienza realizzata in collaborazione
con la GAM di Torino.
La disponibilità della Fondazione Visconti di San
Vito, già conosciuta nel
2004 in occasione di un’altra mostra che ha ricevuto
grandissimi apprezzamenti, si manifesterà sostenendo la realizzazione
dell’iniziativa attraverso la
concessione gratuita delle
sale storiche.
Il Presidente
Bruno Cinesi
Il viale
Lungo il viale ombreggiato di alberi
in fiore respiro profondamente il profumo
della avanzata primavera. Adagio mi
incamminai osservando attorno a me bimbi
sorridenti con le mamme gioiosi con il
gelato, bimbi in carrozzina che dormivano
col viso sorridente forse sognavano.
Poco più in là panchine con anziani che
si raccontavano storie della loro trascorsa
�
gioventù. Vidi da lontano una figura che
lentamente e con prudenza raccoglieva una
foglia mentre attorno a sé ce n’erano mille
e pezzi di carta gettati con noncuranza
da gente incivile che tristezza.
Avrei voluto gridare pulisci meglio questo
viale! Ma stetti zitta pensando alla mia
via che non è mai stata pulita.
Franca Naldi
La fabbrica dei calendari
L’unica cosa sicura è un futuro
incerto, quindi meglio prepararsi, con la testa soprattutto,
perché anche affrontare attese
decrescenti è una bella sfida. Era
quello il pensiero che, da quando
aveva ricevuto la lettera di licenziamento, spesso ripeteva a se
stesso; una forma di autodifesa,
utile per non farsi fagocitare dalle
preoccupazioni, dall’ansia, da
quel malessere della mente che
impedisce di guardare oltre.
Certo l’età (cinquant’anni compiuti) non aiutava e il mondo del
lavoro nell’ultimo decennio aveva
cambiato pelle e anima.
Duecentoottantanove: quello
era il numero di dipendenti che
la fabbrica in cui aveva lavorato
per due terzi della sua vita raggiunse nel momento di massima
espansione.
Alla fine, dopo prolungati periodi
di crisi, ristrutturazioni e cessazione di alcune produzioni, erano
rimasti in venti, e da lì a poco
la manifattura avrebbe chiuso
definitivamente.
Le lettere di licenziamento erano
già arrivate e nel giro di alcune
settimane si sarebbero ritrovati
tutti disoccupati.
“A causa delle crescenti difficoltà,
siamo costretti, nostro malgrado,
a cessare l’attività; pertanto...“
iniziava così il comunicato che
l’azienda aveva esposto in bacheca per annunciare la fine; era
la stessa bacheca che, negli anni
di uno sviluppo che sembrava un
treno in corsa, aveva ospitato i
volantini che comunicavano ai
lavoratori i risultati conseguiti
con le lotte sindacali.
Nell’ultimo decennio quel pezzo
di legno era diventato un incubo:
periodicamente vi compariva
una lettera che comunicava la
chiusura di un reparto e l’apertura
della procedura di riduzione del
personale. Chi restava, chi non
veniva espulso si considerava un
sopravvissuto, almeno per quella
volta. Guido quella mattina di
gennaio entrò in fabbrica più
presto del solito, attraversò il corridoio dove c’era la macchinetta
per timbrare il cartellino e arrivato nel cortile interno, anziché
entrare in ufficio si diresse verso
il reparto di produzione.
Quando aprì la porta, un brivido
lo sorprese, e non solo perché
Il riscaldamento era spento da
diverse settimane; una debole
luce entrava dai vetri sporchi e, a
chiazze, illuminava le grigie pareti
e il pavimento unto di grasso
impastato con la polvere.
Lì, a distanza regolare, restavano
i segni dei pesanti telai in ghisa
recentemente rimossi.
Ricordava bene ciò che accadeva nel momento in cui quelle
macchine entravano in funzione
tutte insieme: il cemento vibrava
e nel giro di pochi secondi un
rumore fatto di schianti cadenzati, riempiva l’aria ed entrava
nel cervello.
Chi ci lavorava con il tempo s’era
abituato al ritmo infernale che
regnava nel reparto, ma non
era in ogni caso un bel vivere.
Eppure quel mestiere, ripetitivo,
maledetto, ai limiti della sopportazione, aveva permesso a buona
parte degli operai di costruirsi
una vita, a volte piatta, ma comunque dignitosa. Un posto
di lavoro fisso, un salario che
con qualche ora di straordinario,
magari in nero, perdeva un po’
della sua miseria, non erano cose
da sputarci addosso; e poi con
qualche battaglia sindacale si
riusciva sempre a portare a casa
dei miglioramenti.
Tra quei telai la precarietà quasi
non esisteva, anzi quella sicura fatica quotidiana spesso era
l’unica certezza, e poteva aiutare
a superare le altre precarietà
della vita.
Lavoro, lotte e sacrifici erano la
porta d’ingresso verso un benessere che, dicevano, presto
avrebbe arricchito tutti.
Ecco che fine hanno fatto quelle
aspettative crescenti! disse tra sé
mentre guardava l’unico telaio
rimasto.
Presto, una squadra d’operai
l’avrebbe sezionato e caricato
in un container in partenza per
l’oriente.
È lì che erano già andati tutti
gli altri.
Il proprietario aveva fretta di
vendere, perché anche quei paesi
stavano diventando esigenti,
e presto i suoi telai, vecchi e
obsoleti, sarebbero diventati invendibili.
Aveva inoltre fretta di cessare
l’attività perché il terreno su cui
sorgevano i capannoni, grazie ad
un’amministrazione comunale
disponibile e all’interessamento
interessato di alcuni professionisti
prestati alla politica (o meglio: che
avevano preso in prestito la politica) presto sarebbe diventato area
residenziale e commerciale; e non
c’era tempo da perdere perché
anche il settore edile cominciava
a scricchiolare, e vendere quello
che si costruiva diventava ogni
giorno più difficile.
In paese le fabbriche più importanti avevano chiuso da tempo e
le opportunità di lavoro si erano
spostate nei servizi e soprattutto
in quel grosso aeroporto intercontinentale che ogni giorno
inventava qualche nuova località
verso cui far partire o da dove
fare arrivare migliaia e migliaia
di persone.
L’aeroporto assorbiva manodopera d’ogni tipo: da quella altamente qualificata che in genere
veniva da fuori, a quella senza
professionalità, quasi tutta del
circondario.
Lì però non era come in fabbrica;
i lavori erano quasi tutti a termine,
stagionali e inoltre richiedevano
tempi e disponibilità assoluta: un
vero scombussolamento della
vita, senza certezze, sicurezze,
prospettive per il domani.
Tanti lavoratori, dopo la moria di
manifatture che aveva colpito il
paese, erano riusciti a farsi assumere con la qualifica di precari a
tempo indeterminato in quella
stazione del cielo; e ora saltavano
da un contratto all’altro come
stambecchi. Probabilmente, a
marzo, quando la sua fabbrica
avrebbe chiuso definitivamente i
cancelli anche lui si sarebbe ritrovato nella stessa situazione.
Uscì dal reparto di produzione ed
entrò in ufficio; non c’era ancora
nessuno. Accese il computer e
scaricò la posta: tutte stronzate.
Spostò l’intero contenuto nel
cestino; adesso la cartella di posta
in arrivo era vuota: come il reparto
di produzione.
Quella non era proprio giornata.
Mancavano ancora pochi minuti
alle otto e c’era il tempo per un
caffè; di regola non si dovevano
consumare bevande prima delle
nove, ma che cosa gli poteva succedere? Ormai aveva già in mano
la lettera di licenziamento.
Tornò nel vuoto reparto di produzione e si diresse verso il distributore: l’unica cosa calda rimasta;
inserì alcune monetine e intanto
spostò lo sguardo sulla colonna
che stava alla sua sinistra.
Si ritrovò a ridere: neanche il
calendario con le donne nude
era rimasto.
In un momento di rabbia, gli
operai addetti allo smontaggio
dei macchinari dopo aver raccolto
tutti i calendari (genere come
mamma ti ha fatto) li chiusero
in una busta che poi buttarono
nel container; prima però su
quella busta vergarono alcune
frasi del tipo:
“Tutto ci avete preso! Allora
pigliatevi anche queste quattro
zoccole!”
In quel frangente si ricordò di
quello che successe diversi anni
prima, quando una scolaresca
visitò la fabbrica.
Alla fine del tour, il padrone, o
meglio il datore di lavoro (come
lo chiamano oggi) offrì a tutti
quei ragazzi, storditi dal rumore e per niente entusiasti, una
bevanda calda; poi quando si
spostarono nel cortile, con un
tono che trasudava orgoglio da
tutti i pori della pelle, chiese loro
qual era stata la cosa che più li
aveva colpiti.
Nel silenzio generale si sentì la
voce di un ragazzo che, deciso,
rispose:
“Il calendario appeso di fianco
alla macchina del caffè”.
Tutta la scolaresca scoppiò a
ridere.
“Chi è quello?“ chiese alquanto
arrabbiato il padrone rivolgendosi alla persona che aveva di
fianco.
“Non ci faccia caso“, rispose il
professore d’italiano, cercando
per quanto possibile di mantenersi serio, “so’ ragazzi!“.
Ermanno Bresciani
Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.
spazio
aperto
opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 8
Wonderschool Musical: una p
Il 23 Maggio la classe II B della Scuola secondaria di primo
grado della nostra città ha presentato presso la Sala Giovanni
Paolo II il suo spettacolo di fine anno, “WonderSchool Musical”, inserito nel progetto “Il paesaggio come teatro”.
La giornata era grigia, la pioggia incombente, tanto che si
era dovuto rinunciare al luogo scelto prioritariamente per la
rappresentazione, cioè il cortile del Municipio; d’altra parte
l’inclemenza del tempo ha costretto molte altre manifestazioni (ben più prestigiose) ad utilizzare la bella sala inserita
nell’edificio della Biblioteca Comunale.
Lo spettacolo ha avuto luogo alle 21 circa, ma per i ragazzi la
giornata è stata veramente lunga e pesante: lezioni fino alle
16, subito dopo le prove conclusive, poi una cena frugale,
infine (dalle ore 20) gli ultimi ritocchi.
Palpabile era la tensione dei giovani attori, che temevano
di dimenticare le parti, di non eseguire correttamente i
movimenti di scena, in una parola di non essere all’altezza
del compito e di deludere chi aveva creduto in loro. Mentre
gli spettatori affluivano numerosi, i ragazzi trovavano la
concentrazione e la carica necessarie grazie alla brava e
simpatica Francesca Nicoli, l’operatrice della Cooperativa
LaFucina che li ha guidati con competenza e sollecitudine
in tutte le fasi dell’attività.
Quando le luci in sala si sono spente, sul palcoscenico, sotto i
riflettori, hanno fatto il loro ingresso dei ragazzi pienamente
calati nel ruolo, i quali hanno messo in scena con parole,
musica e balli le emozioni, i sentimenti, anche gli scontri insiti
nelle relazioni tra preadolescenti, rappresentando prima di
tutto se stessi. L’iniziale frattura tra maschi e femmine (che
è stata anche parte della loro reale esperienza scolastica) si
componeva nella scena finale, quando, superando le barriere
dell’incomprensione e della diffidenza reciproca, giocavano
tutti insieme con palloni colorati.
I calorosi applausi degli spettatori hanno evidenziato l’apprezzamento non solo per la bravura dei ragazzi, ma anche per
il messaggio che essi hanno voluto portare: potessero tutti
i dissidi trovare una simile conclusione rasserenatrice!
C’erano però ancora in serbo sorprese ed emozioni, sono stati
infatti presentati al pubblico gli spunti teatrali che, abbozzati
durante il percorso laboratoriale, non erano stati poi inseriti in
modo organico nella pièce. Sorrisi, risate, applausi, ma anche
riflessioni e commozione quando sul palco, a fine serata, una
AVIS
Associazione Volontari Italiani del Sangue
di Barbara Pezzoli, II B
SOMMA LOMBARDO.
“L’uomo non è solo, ma vive insieme ad altre persone
di cui ha bisogno e alle quali
può essere d’aiuto”. Alessandro Perfetti, presidente
dell’AVIS di Somma, ha
iniziato così il suo discorso
ai ragazzi di II B e II E della
scuola media “Leonardo
da Vinci”.
Era il 3 marzo, quando i
ragazzi sono scesi nell’aula
video. Per iniziare hanno
visto un breve filmato, che
mostrava dei “bulli” in
azione; dopo aver fatto
dei dispetti ai passanti, andavano a giocare a basket.
Ad un certo punto arrivavano due ragazzi “normali”:
uno si è messo a giocare a
basket con i coetanei, l’altro
è andato a sedersi sotto un
albero vicino.
I bulli lo prendevano in giro
dicendo che era un “mollaccione” e usando altre
espressioni simili.
Allora il ragazzo si è alzato
ed ha confessato, aiutato
dall’amico, che non poteva
giocare perché, se si fosse
fatto male, avrebbe dovuto
fare trasfusioni di sangue; i
ragazzi sono rimasti colpiti
da questa rivelazione, sono
andati da lui e gli hanno
chiesto tante cose che non
sapevano.
Finito il filmato, il sig. Per-
fetti ha continuato il suo intervento. “Il volontariato è
molto importante, ma non
è un obbligo, è appunto
una cosa volontaria, che è
bello fare, se ce la sentiamo,
per aiutare persone che
hanno davvero bisogno
di noi”.
Una forma di volontariato
è la donazione del sangue, ma non è l’unica. Il
volontariato può anche essere un dono di tempo, non
solo di organi o di sangue.
Se ho in programma di
giocare a calcio o comunque di divertirmi e non lo
faccio, ma vado a trovare
un mio amico, conoscente, parente, che sta male
ed è in ospedale, compio
un’azione di volontariato,
gli regalo il mio tempo e la
mia attenzione.
In seguito ha ricordato con
molta emozione una sua
esperienza: un giorno, un
25 dicembre, Natale, ha fatto una donazione di sangue
ad una persona che stava
per morire. Era stata la
donazione più bella che avesse mai
fatto.
L’AVIS è nata
a Milano nel
1927, grazie ad
un medico (un
ematologo), Vittorio Formentano, nato
a Firenze. Una paziente
in gravi condizioni, aveva
bisogno urgentemente di
sangue, ma non era possibile farglielo avere, quindi è
morta. Da quel momento si
è formato il primo gruppo
di donatori di sangue (erano solo 17); così si decise
di formare questa associazione, che si sparse in tutta
Italia, ed oggi conta oltre un
milione di iscritti.
Altre associazioni di
volontariato sono: ADMO
(Associazione Donatori Midollo Osseo), AIDO (Associazione Italiana Donatori
Organi), AIL (Associazione
Italiana contro le Leucemie), ANT (Associazione
Nazionale Tumori), ENPA
(Ente Nazionale Protezione
Animali), LILA (Lega Italiana
per la Lotta contro l’AIDS),
LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) e tante altre.
Se si vuole aiutare il prossimo come volontari non
c’è che l’imbarazzo della
scelta; a patto che si sia
maggiorenni.
(Per informazioni www.
avis.it oppure 800
26 15 80).
alunna di colore bianco pallidissimo ed un compagno nero
come la pece, mano nella mano, guardandosi teneramente
e incoraggiandosi a vicenda, hanno cantato “Ti scatterò una
foto”, la nota canzone di Tiziano Ferro, l’idolo delle teen agers.
Il pensiero di tutti i presenti è stato certamente questo: un
mondo di pace, accettazione e comprensione forse non è
un’utopia. Benché non tutto sia filato liscio durante i mesi di
lavoro e si sia verificato anzi qualche momento burrascoso,
il risultato è stato pregevole, anche al di là delle aspettative,
ed ha lasciato tutti soddisfatti: certamente in primo luogo
i protagonisti della serata, ma anche il pubblico: genitori,
insegnanti, dirigente scolastico. Quest’ultimo, il Professor
Dionisio Morinelli, con poche ma sentite parole ha voluto
ringraziare dal palco i ragazzi per il loro lavoro e per le emozioni che sono stati in grado di suscitare.
Alla fine di questa esperienza un pensiero riconoscente va
rivolto a coloro che hanno reso possibile tale risultato: la Fondazione Cariplo, l’Amministrazione Comunale, la Cooperativa
LaFucina e, naturalmente, gli alunni della classe II B.
Valeria Casolo
docente Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci”
Un punto di riferimento per le donne
Inaugurazione dello sportello donna
presso la sede A.C.L.I.
di Carmen Consoli, II B
Sabato 8 Marzo, festa della
donna, è stata celebrata
a Somma Lombardo con
l’inaugurazione presso la
sede dell’A.C.L.I. dello sportello donna. Erano circa le
10:30 quando in via Mameli n° 66 sono arrivate l’una
dopo l’altra molte persone,
soprattutto donne.
Erano presenti il presidente
dell’associazione, Angelo
Maggi, le due responsabili
dello sportello donna, cioè
Barbara Leanza e Stefania
Bruccoliero, la segretaria
Rosanna D’avello e il vice presidente della Lega
Consumatori, Giovanni
Bruccoliero.
Giuseppe, marito di Barbara, ha preparato degli
aperitivi che gli ospiti hanno
trovato davvero eccezionali, e Barbara ha recitato
poesie molto belle.
L’altra responsabile, cioè
Stefania, ha letto un discorso e tutti l’hanno applaudita
calorosamente. Sono stati
poi offerti dolci di vario
tipo.
Più tardi il sindaco Colombo
ha tenuto un breve discorso
ed ha voluto conoscere i
componenti dell’A.C.L.I;
nel frattempo è arrivato
anche don Franco, che non
ha voluto mancare all’inaugurazione ed ha brindato
assieme a tutti i presenti,
cittadini e autorità.
Lo sportello donna è stato
creato per dare la possibilità
a tutte le donne di esporre
i loro problemi e le loro
difficoltà, al fine di trovare
delle soluzioni.
Al termine dell’inaugurazione tutte le donne hanno
ricevuto in omaggio un
ramo di mimosa.
In “moto” verso la solidarietà
L’A.N.F.F.A.S. in sidecar
di Matteo Pastore, II B
Nella giornata di domenica
30 Marzo si è svolto un
motoraduno di solidarietà
per i ragazzi e gli adulti che
risiedono all’A.N.F.F.A.S. di
Maddalena.
Organizzato dal proprietario della Concessionaria
Moto Guzzi di Somma
Lombardo, il raduno aveva per obiettivo quello di
far trascorrere una bella
giornata ai residenti della
comunità e ai motocicli-
sti che hanno partecipato
all’iniziativa. A metà mattina, alle ore 10 circa, molti
centauri con grosse moto
e sidecar, provenienti dalla
Lombardia e dal Piemonte,
si sono dati appuntamento
nel piazzale del Cimitero di
Somma Lombardo; da qui
si sono diretti a Maddalena, dove li attendevano i
residenti dell’A.N. F. F.A.S.,
ansiosi di prendere posto
sui vari veicoli.
Il programma prevedeva
per i partecipanti qualche
giro nel centro cittadino,
scortati dalla Polizia e dalla
Croce Rossa.
Concluso il percorso le moto e i sidecar sono ritornati,
lungo i canali, all’A. N. F.
F. A. S., dove si è svolto
un pranzo in compagnia.
I motociclisti e le persone
“meno fortunate” hanno trascorso una giornata
memorabile; qualche rallentamento, nel complesso
sopportabile, per gli automobilisti che si sono trovati
lungo il percorso.
vendita e assistenza
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spazio
aperto
opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 9
piacevole serata
Più spazio per noi!
di Ilaria Piccione, II B
Uscite giovanili... limitate.
La città di Somma Lombardo si ingrandisce sempre di più: sono stati
costruiti nuovi centri
commerciali ed è stato ingrandito il “Gigante”, ma... gli spazi
dove i ragazzi possano
incontrarsi dove sono? I
luoghi di ritrovo dei ragazzi
sommesi sono la Biblioteca Comunale, l’Oratorio e
proprio il “Gigante”, pochi
rispetto ai loro desideri. I giovani hanno bisogno di spazio,
di posti nuovi dove possano
rilassarsi e incontrarsi. Tutti i
giovedì mattina a Somma c’è
il mercato, ma i ragazzi sono
a scuola; la sera, di solito il
sabato, molti di loro vanno
a divertirsi al bowling, ma i
genitori di altri non li lasciano
andare lì. I motivi di questo
di-
vieto
sono vari: il
posto ritenuto
inadatto ai ragazzi
molto giovani, la gente che
lo frequenta, la distanza dal
centro... Non c’è quindi alternativa alla serata in casa.
Forse finalmente l’Amministrazione Comunale sta
cercando di organizzare attività e spazi per i giovani, il
problema è: dove? Sarebbe auspicabile uno spazio
chiuso, dove poter ascoltar musica, chiacchierare,
scambiarsi esperienze
in piena sicurezza: in
questo modo anche
i genitori sarebbero contenti. Oggi
i ragazzi sommesi
vanno in altre città
vicine, come Casorate
Sempione, Sesto Calende o addirittura Gallarate,
pur di trovare un po’ di divertimento; Somma è diventata
una città noiosa per i giovani,
le uniche cose che possono
fare sono andare al cinema
e mangiare un gelato! Pochi
centri commerciali e più posti
per i giovani!
“Alafaci” su tutti
di Carmelo Foti, II B
Il giorno 16 Marzo grande
festa a Somma Lombardo,
“10° trofeo Città di Somma”, corsa ciclistica riservata
alla categoria Juniores. Una
delle classiche del panorama
ciclistico varesino, prova di
apertura della categoria. Da
tutto il Nord Italia i migliori
team si sono presentati agguerriti e con ambizioni di
vittoria Il percorso, molto
selettivo, si sviluppava intorno alla città del Castello Visconteo e comprendeva due
salite molto impegnative.
Nella prima parte del percorso, da ripetere tre volte,
doveva essere affrontata la
salita dei Mulini, a Casale
Litta, strappo di circa un kilometro con curve molto strette e tornanti. Altra difficoltà
del circuito, pochi kilometri
prima del passaggio sulla
linea d’arrivo, era la salita di
Golasecca, lunga circa due
kilometri e con pendenze
vicine al 10%. Il tutto con
una distanza da percorrere
di 110 kilometri per i 185
concorrenti presenti alla partenza della corsa.
La gara è stata combattuta
fin dalla partenza, molti i
tentativi di fuga da parte
degli atleti di casa. Su tutti
grande agonismo di Franco
Felline, che nel corso dei
primi passaggi provava più
volte ad anticipare il gruppo. Con lui nel corso del
secondo passaggio sulla
salita di Golasecca si andavano avvantaggiando altri
quattro atleti: Ertassi, Albè,
Brunato e Usan. Procedendo
di comune accordo i quat-
tro fuggitivi passavano alla
campanella dell’ultimo giro
con 30 secondi di vantaggio sul gruppo degli inseguitori, condotto in blocco
dagli uomini del team della
Castellettese. Questo team
nel corso dell’ultimo giro
riusciva a ricucire lo strappo
sugli uomini al comando, si
prospettava così un arrivo a
ranghi compatti.
Il gruppo, forte di 80 unità,
transitava sotto le mura del
Castello per l’ultimo kilometro, ancora condotto dagli
uomini della Castellettese,
lanciati a pilotare allo sprint il
loro uomo veloce, ALAFACI.
Quest’ultimo, prendendo il
centro della strada a 200 m
dall’arrivo, non aveva rivali
e tra due ali di folla vinceva
agevolmente su Bragion e
Novo, giunti nell’ordine.
ABBIGLIAMENTO
FEMMINILE
Lettera aperta di un Mezzanese
al Consiglio Comunale
Assisto, ai margini, alla polemica in atto circa la futura piazza di
Mezzana e, come Mezzanese,
mi permetto di elencare delle
considerazioni che, naturalmente, sono opinabili nonché
delle visioni a lunga scadenza.
Comprendo le difficoltà che
ogni amministrazione si trova
nel dover decidere interventi
urbanistici perché accontentare
tutte le richieste è problema
insuperabile. Comprendo però
che tante volte le decisioni in
atto sono stabilite per fare in
modo che chi ne dovrebbe
avere utilità, i quartieri, non si
sentano trascurati. Ma il decidere questi atti per fare in modo
che si ritenga di evidenziare la
considerazione verso un certo ambito non sempre è un
atto utile e tante volte i soldi
vengono spesi male e troppo
frazionati così che il risultato
è precario.
Io ritengo che la prima considerazione da fare è quella di
riuscire, un giorno, a collegare
pedestramente la piazza di
Santo Stefano con il Santuario
della Ghianda ed in tale modo
di creare un centro utile sia ai
pellegrini che a coloro che operano economicamente. Infatti
non esiste solo il problema della
Parrocchia, del Santuario ma
anche quello della Donazione
Fiorello e le Vie De Amicis e
Garzonio. Queste entità creano un movimento tale che
solo uno studio generale ed un
programma a lunga scadenza
eviterebbe di spendere soldi
inutilmente.
La prima cosa che il Consiglio
Comunale dovrebbe votare
all’unanimità è la previsione
di un intervento generale che
parte dalla Piazza S. Stefano e
che sia racchiuso tra la Via De
Amicis e la Via Garzonio.
Diventa quindi necessario affidare l’incarico a chi sa il fatto suo
in materia perché disegni una
soluzione nella quale dovranno,
per forza, essere inseriti i circa
ventimila metri che partono
dalle vie precitate e raggiungono il viale ed il posteriore
del Santuario con sbocco al
cimitero come surrogante.
Naturalmente la spesa non è indifferente e proprio per questo
quelli della mia età sarebbero
contenti che non spendiate soldi attualmente per la Piazza di
Mezzana ma rimandiate il tutto
al programma generale.
La Piazza di Mezzana può continuare ad esistere nelle condizioni attuali per alcuni anni
ancora e noi saremmo lieti che
coloro i quali verranno dopo
di noi avessero una soluzione
definitiva e godibile.
Qualcuno dirà: “Ma voi volete
una piazza!” Noi diciamo che
una soluzione che si può chiamare anche piazza non si ferma
a questa espressione ma dia
utilità ad un sacco di soluzioni;
ritrovi multipli di qualsiasi genere, sfilate di club, sistemazioni
di gazebo per referendum o
per raccolta di sottoscrizioni
varie, parcheggi momentanei
per pellegrini, movimentazioni
future per il lascito Fiorello...
insomma chi più ne ha più ne
metta.
Naturalmente questa idea deve
essere attuata all’unanimità in
modo che i subentranti alle
successive amministrazioni politiche proseguano con fermezza
su quanto stabilito in questo
consesso comunale.
Il tutto deve essere realizzato
in non meno di tre legislature
perché l’impegno è rilevante
ma non impossibile.
Quindi i passi da compiere, se
la mia esposizione è ritenuta
valida, sarebbero i seguenti.
Prima legislatura:
- Votazione all’unanimità del
programma totale.
- Assegnazione a chi di competenza per lo studio del progetto
con relativo plastico e previsione
di costi con l’elenco dei materiali
impiegati.
- Contatto con i proprietari
terreni e con la Curia perché il
progetto abbia il relativo gradimento investendo diverse
logiche problematiche.
- Nomina di un coordinatore
il quale deve operare gratuitamente il cui compito è quello
di assemblare tutti i passi e
sottoporli periodicamente ai
capigruppo consiliari.
La seconda legislatura: procedere alla realizzazione acquistando i terreni e facendo i
contratti per le opere iniziando,
se possibile, le movimentazioni
edilizie.
La terza legislatura: cercare di
concludere il tutto con la relativa
inaugurazione.
Il tutto deve avvenire senza con-
PELLICCERIA
trasti e senza cambiamenti in
modo che il progetto approvato
all’unanimità non venga travisato e soprattutto non venga
portato alle calende greche a
seguito di litigi o desideri di
mettersi in mostra. È un impegno morale che i partiti e le liste
civiche devono sottoscrivere
in loro sintonia e deve essere
anche un impegno da uomini
coerenti!
Nasce poi l’aspetto dei rapporti
con Arsago perché tutti sanno
che dopo il Santuario esiste
una stretta via che conduce
addirittura quasi alla Piazza del
Monumento di Arsago, in pieno centro. Quindi perché non
cercare di renderla utile?
L’altro problema che, però,
si potrebbe risolvere subito è
quello di Via Garzonio. Sapete quanto movimento passa
giornalmente e quanti problemi
causa quando si incrociano
mezzi di volume fuori dal normale ed anche solo due SUV!
Tutto si blocca ed occorrono
decine di minuti, quando va
bene, per liberare la strada.
Ora, essendo impossibile, avere
i capitali per comprare tutte le
case ed abbatterle, basterebbe
lo studio di un sistema semaforico a due andate per arginare
il problema e ciò anche se ci
sono due o tre strade che si
immettono nella via. Chi studia la viabilità semaforica è il
suo mestiere e credo che non
abbia difficoltà a risolvere il
problema!
Anche il signor Sindaco quando
raggiunge la sua casa è obbligato a passare per questa viabilità
perciò credo che lui possa essere
il portabandiera per questa
soluzione e ciò non tanto per
facilitare il suo passaggio ma
perché il problema è improcrastinabile e mi meraviglio che
non sia mai stato affrontato.
Adesso ci spero!!!
Ringrazio per l’attenzione di
coloro che vorranno leggere
questo scritto senza avere la
pretesa di saperla più lunga
di tutti ma con la convinzione
che, a volte, una lettera può
essere motivo di riflessione sia
per confermare le decisioni già
prese ma anche per riflettere.
Con ossequio al Consiglio Comunale.
Albino Vaglietti
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opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 10
Ma siamo ancora un paese civile?
Pensavamo che il massimo
degli orrori fosse concentrato
in un film su Frankestain o in
un film di Dario Argento, ma
oggi dobbiamo ammettere
che ci eravamo sbagliati.
Un orrore ben peggiore si
annidava in una clinica di
Milano per di più intitolata a
una santa, Santa Rita.
A testimonianza che i film
trasmessi dalla realtà sono
molto più macabri di quelli partoriti dalla fantasia di
qualche regista.
Dell’inquietante (a dir poco)
scenario siete, credo al corrente tutti: pazienti operati
senza necessità, pazienti
deceduti pare a forza di accanimento terapeutico ingiustificato, individui entrati
vedenti e usciti non vedenti,
donne private di un seno
laddove sarebbe stato sufficiente un piccolo intervento
per rimuovere problema.
Il quadro tracciato dalla Magistratura se fosse confermato dalle sentenze sarebbe
sconvolgente.
Ma già ora è sconvolgente.
Tutto nel più assoluto silenzio: dell’ASL, della Regione
impegnata soltanto a erogare indiscriminatamente rimborsi per prestazioni sanitarie
del tutto inutili e dannose,
anche da parte del personale
di quella clinica, quello stesso
personale che vedeva tutto e
di cui qualche esponente, oggi, rivendica il rispetto perché
lui non ha fatto niente.
Ma, dal nostro punto di vista, chi ha visto e non ha
Miscellanea
- ABBIAMO TOCCATO IL FONDO
(MA NON È DETTO). Che la commemorazione del 25 aprile sia per
molti indigesta, questo lo abbiamo
capito da tempo. A fascisti nuovi
e vecchi, destroidi, revisionisti,
qualunquisti e quaquaraquà vari
non piace ricordare che la libertà
di cui godono ( e abusano) è
costata il sacrificio di migliaia di
giovani vite, piene di altruismo, di
ideali e di speranze. Gretti come
sono, preferiscono guardare il pelo
nell’uovo, revisionare, (provino col
loro atrofizzato cervello, prima),
cavillare e criticheggiare. Il colmo,
qui a Somma, è stata l’annuale
celebrazione. Arrivato il corteo
in centro con 25’ di ritardo, la
delegazione era composta dal solo
presidente del Consiglio comunale. Sindaco assente, nessun assessore, nessun consigliere (anche
di opposizione, ahimè!), nessun
vigile, e il gonfalone cittadino portato da un cireneo preso a caso (a
cui va, comunque, il nostro grazie).
Tutti al mare: sarà l’esempio del
Berlusca e della Moratti (eccoli
qui, i cattivi maestri!). Il sangue dei
vinti, per dirla con lo stancamente
ripetitivo Pansa, paga. Il sangue
dei vincitori, no. Ebbene, ricada
questo sangue su coloro che lo
odiano, che lo disprezzano o che
lo hanno dimenticato. Persino Fini
ha rimarcato che 25 aprile e 1°
maggio sono patrimonio comune
degli italiani! Primo Levi diceva che
quel che si dimentica, può ritornare. Forse ci siamo: l’impudicizia e
gli svergognati abbondano. E gli
italiani, resi afasici dal consumismo
e sempre più amorfi, sono pronti
a ricadere nella trappola, in nome
di un concetto di sicurezza che
odora di razzismo e di xenofobia.
Intanto di sicurezza del lavoro, di
sicurezza sul lavoro, di sicurezza
di arrivare a fine mese con salari e
pensioni, nessuno parla più. Mala
tempora currunt!
P. S.- A chi di dovere: la prossima
volta la celebrazione ufficiale fatela
in riva al Ticino, il più lontano
possibile, magari sul luogo dove
vennero fucilati alcuni fascisti.
Così il cerchio si chiude. Vorrei
dire: Vergogna!, ma in tempi di
spudoratezza, a che serve?
- MA IN CHE PAESE VIVIAMO?
Roma, aprile. Un portiere si schianta al suolo da 30 metri, giace sul
marciapiedi, e viene scavalcato da
gente che, evidentemente, aveva
fretta. Non un moto di compassione. Sempre aprile. La neocandidata, poi eletta, presidente
della Confindustria, Emma Marcegaglia, detta le linee guida per
la sua presidenza. Meno tasse e
più aiuti dallo Stato, come sempre,
ridimensionamento della contrattazione collettiva (e conseguente
perdita di ruolo dei sindacati) e
meno vincoli e meno costi per
la sicurezza. Il giorno prima, sei
operai, dico sei, erano morti per
incidenti sul lavoro: tempismo e
finezza eccezionali! Sarà anche
vero che le donne hanno una
sensibilità diversa, ma quando
arrivano a certi livelli sono ne più
ne meno come gli uomini. Ancora
aprile. Sul Riformista, giornale
di cui, se sparisse dalle edicole,
pochi sentirebbero la mancanza,
tra le cause della sconfitta della
sinistra si cita l’avversione di questa ai SUV (mio vecchio pallino;
evidentemente riformista non
sono, ma non mi pento) oggetto
del desiderio della “middle class”
e, quindi, un suo diritto. Premesso
che desiderare un SUV non è reato, (mentre lo sono, al contrario, i
due esempi che faccio di seguito,
anche se anch’essi attengono
denunciato è egualmente
responsabile rispetto a chi
ha materialmente eseguito
quello sciacallaggio chirurgico.
E allora qualche piccola
considerazione si impone.
Possibile che la Regione, in
tutto questo tempo, si sia
limitata a erogare rimborsi
spese sostanziosi senza un
minimo di controlli? E chi era
preposto a effettuare questi
controlli? Indubbiamente sul
banco degli imputati debbono finire due persone:
il presidente della Regione
on. Roberto Formigoni e il
suo assessore alla sanità, il
primo in particolare reo di
avere fortemente voluto un
modello di sanità che troppo
spesso riduce il paziente a
un mero strumento per fare
cassa.
La prima cosa da fare, per i
familiari dei pazienti morti
o gravemente danneggiati sarebbe evidentemente
di citare il presidente della
Regione e il suo assessore
alle autorità competenti per
gravissime inadempienze e
omessi controlli alla struttura
oggi sotto inchiesta. Dopodiché se ha un minimo di
dignità, Formigoni dovrebbe
rassegnare le dimissioni per
inadeguatezza a ricoprire un
ruolo tanto delicato come
quello di presidente della
Regione Lombardia.
Non è questione di appartenenze politiche, è questione
di mancanza totale di rispetto
verso quei cittadini che si do-
vrebbero rappresentare.
Si dovrebbe inoltre, e senza
alcun tentennamento aprire
un procedimento disciplinare
nei confronti di coloro che
videro ma non dissero.
Per i medici è ovvio dovrebbe
scattare non soltanto la radiazione ma anche il controllo
perché non esercitino abusivamente la professione. E la
clinica? Non ci accodiamo a
coloro che affermano debba
essere chiusa; semplicemente si azzerino i vertici e li si
sostituisca con persone di
provata dignità e deontologia professionale (ci sono
ci sono)
A Formigoni possiamo solo
dire di vergognarci di avere
come presidente della regione uno che ha dato il via
libera a un sistema sanitario
fondato su un puro criterio
economicistico e non sul
rispetto della dignità del paziente.
E ci domandiamo tristemente: viviamo tutt’ora
in un paese civile?
Potremo rispondere affermativamente solo all’orquando
su questa vicenda sarà fatta
piena luce, e la giustizia, se gli
ne sarà data ancora facoltà
avrà fatto il suo corso.
Il buon Ippocrate, ovunque
egli si trova, qualche lacrima
la piangerà a vedere il testo del suo giuramento così
ignobilmente calpestato e
coperto di fanghiglia. “Chi
non punisce il male comanda
che si faccia” L.di V.
Angelo Ruggeri
alla sfera del desiderio, ancorché
deviato e patologico), ma è solo
una questione di buon gusto e di
buon senso, fatemi estremizzare
un pochino. L’oggetto del desiderio di un pedofilo sono i bambini:
dobbiamo per questo permettergli di violare fanciulli a destra e a
manca? Il massimo desiderio di
un alcolista, o di un ubriacone,
è bere a sazietà: dobbiamo per
questo permettergli di andare in
giro in auto (magari un SUV, come
capita spesso) a compiere stragi
di giovani, anziani e famigliole? A
questo proposito, che si aspetta a
classificare questi reati non come
colposi, ma dolosi? Negli USA i
SUV costituiscono il 40% del parco auto circolante consumando,
come già ebbi occasione di dire, il
60% in più di carburante e inquinando in proporzione. Pensate se
in Cina ( un miliardo e trecentomila
persone, quanti milioni di SUV
potenziali?) già malridotta dal
punto di vista ambientale e con
una economia che vola, facessero
lo stesso i borghesucci “in fieri”? E
in India ( un miliardo)? E in Brasile?
Dopo le elezioni, ho avuto anch’io
un grande desiderio, ma non lo
dico, tanto è irrealizzabile. Non è
un SUV, per coerenza.
- Una breve notazione, e non
per riattizzare la solita polemica.
L’articolo sulla commemorazione
di P. Cerri è da apprezzare per il suo
spirito conciliatore. Ma la storia ha
le sue leggi. Si è guardato attorno,
l’estensore dell’articolo? Se sì, avrà
visto le foto di decine e decine di
giovani nel fiore degli anni. Chi li
aveva mandati in Russia a morire
di stenti, di fame e di freddo?
Chi li aveva mandati ad aggredire
un popolo pacifico che non ci
aveva fatto nulla, in nome solo
dell’ideologia e per compiacere
l’alleato nazista? È quello stesso
Mussolini che aveva dato vita,
dopo il disastro della guerra, all’effimera, per fortuna, RSI.
- Ahiahiahiahiahiahi. Lo sape-
vo, maledizione, lo sapevo. Ci
avrei giurato. Assieme all’Unto
del Signore, è risuscitato anche
”l’untino” locale, quintessenza
della seriosità e della monotonia,
quello che si sveglia solo quando
vince e che, quando perde, si inabissa come un fiume carsico, e che
vede offese e insulti dappertutto
(mentre lui è l’eterna pecorella:
sembra di vedere l’Agnus Dei
di Zurbaran!). Ma sì, lo avete
capito, è l’aedo berlusconiano,
il citaredo locale del popolo della
libertà (condizionata). Visto l’uso
di strumenti musicali, rispettivamente lira e cetra, lo vorrei
chiamare l’ Apicella nostrano
ma, conoscendo il soggetto e la
sua suscettibilità, non vorrei che,
ancora una volta, si offendesse.
Brutta cosa la mancanza di “sense
of humor”. La vita è già così triste
e amara! Come dar torto ad
Oscar Wilde quando affermava
che la seriosità e la deriva senile
della serietà! Ora, scambiare critiche e considerazioni per offese
non depone certo a favore del
suddetto cantore, ma, si sa, ogni
botte dà il vino che ha, tanto le
sue sono sempre le solite accuse,
trite e ritrite, da agitprop dell’anticomunismo neanche troppo raffinato (solitamente questa è una
facciata che nasconde una natura
conservatrice), col solito elenco
di nefandezze e di orrori, come
piace al suo capo (sveglia! Non si
è accorto che è diventato buono;
lupo travestito da agnello?). Il
solito pistolotto, insomma. Guai
a denunciare i guasti del liberismo,
del capitalismo, dell’imperialismo,
del mercato, dei bilanci delle multinazionali superiori a quelli dei
paesi dove operano. Guai a parlare
di fame nel mondo e delle sue
cause, di rapporti di scambio ineguale, di corruzione, di criminalità
economico-finanziaria, di poteri
economici che eludono la stessa
autorità degli Stati, di umiliazione
dei poveri e dei lavoratori. L’epiteto
è sempre quello: “comunista”,
credendo con ciò di seppellire i
problemi. Per questa gente, per
le prefiche del neo-liberismo, chi
lotta contro queste storture, siano essi politici, preti, sindacalisti,
campesinos ecc, è solo l’erede
di Stalin, di Mao, di Poi Pot. Che
originalità! Personalmente non ho
mai fatto accenno a queste figure,
e comunque il comunismo non
comincia con loro e non finisce con
loro. Mentre invece gli sfruttatori
e gli affamatori del popolo (non
quello della libertà che, in genere,
i quattrini li ha) una lunga storia
ce l’hanno; si perde nei secoli
passati e dura tuttora. Allora, chi
fa dell’ideologia? Vengo accusato
di essere un erudito (io? Ci vuole
un bel fegato!), di fare citazioni
per supportare idee deboli. Detto
da uno con mentalità tecno-burocratica, mentalità a cui si devono
molti dei guasti che lamentiamo,
passa come acqua sulle pietre. La
citazione, buon uomo, per come
la vedo io, serve a rafforzare e
rendere più preciso un concetto,
e a stimolare chi legge, chissà,
ad approfondire ulteriormente
le opere dell’autore della stessa.
Un ultimo commento: vincere
non vuoI dire avere ragione. Di
solito, ahimè, sia in passato, sia in
questa società per la quale costui
sbava, vincono i furbi, i disonesti e
i prepotenti, subornando, in molti
casi, le menti deboli ( leggere, di
Karl Popper, “Cattiva maestra
TV”. Era un filosofo liberale. Bel
colpo, così dimostro, a quelli che
si fingono liberali, che noi non ci
nutriamo solo del verbo marxista,
mentre loro, temo, si nutrono solo
di Emilio Fede) . E questo mi fa paura. Finisco con una citazione non
colta, per non irritare” l’untino”
locale ( eppure dovrebbe essere
un uomo di cultura). Appariva su
una barricata di Chiaiano: “non ci
avrete mai come volete voi”.
P.S.- Incapace di tenersi alla larga
da affermazioni esilaranti (capita
a chi cita comici, come la Littizzetto, cabarettisti e barzellettieri,
e ignora Sofode, Shakespeare,
Euripide ecc.) il nostro, sempre più
incazzoso e patetico, riporta un
vecchio luogo comune. A parte
la citazione errata, che non parla
di comunisti, ma di rivoluzionari
(e non solo i comunisti lo sono),
è vero: non è un obbligo restare
comunisti, anche prima dei cinquant’anni, se è per questo. Molti
se ne vanno per “maturazione
ideologica”, la maggior parte per
interessi personali (leggi: carriera,
soldi e potere). Fatti loro e della
loro coscienza, e buon viaggio,
ma non è il caso di offendere chi
resta (ahi, non avrò preso anch’io
“l’offendite?”). Quel che è certo
è che chi è moderato a vent’anni,
a cinquanta, e fino al trapasso,
rischia di diventare reazionario. E
questa è la fine di molti piccoloborghesi. intrisi di filisteismo fino
al midollo, di questi “froufrou
del tabarin” che si crogiolano
nei loro piccoli privilegi (spesso
ottenuti con raccomandazioni e
a danno degli altri) come le bufale
campane nel fango.
N.B.- Il Comitato di redazione
di Spazio Aperto, di cui, forse
immeritatamente, faccio parte,
aveva deciso di rimandare di
una settimana la pubblicazione
del n° scorso per consentire, su
richiesta del PdL, alle forze politiche di esprimere valutazioni sulle
recenti elezioni. Tutte le altre forze
politiche si sono correttamente
adeguate, ma qualcuno di Forza
Italia, quello stesso qualcuno
che si atteggia a mammoletta
e strilla come una verginella se
solo lo sfiori con una critica, ne
ha approfittato per esprimere
considerazioni non pertinenti,
per innescare polemiche gratuite
e per togliersi qualche sassolino
dalla scarpa. Considero tutto
ciò poco elegante, poco corretto, poco onesto e molto, molto
meschino. Una vera furbata, in
linea col personaggio e col suo
principale, artefice sommo di
comportamenti, diciamo così,
disinvolti ( dico e ritratto, ma
intanto ho detto). Chiedo scusa
ai miei cinque lettori se ho dovuto,
obtorto collo, ancora una volta,
prendere la penna e replicare.
Non la si prenda come un fatto
personale, ma due cose non mi
vanno giù: passare per fesso, e
lasciare campo libero ai furbetti
e ai disonesti, che tradiscono la
buona fede altrui. Furbetti che
non stanno solo da una parte,
ma da “quella” parte abbondano. Quod erat demonstrandum.
Me ne ricorderò, per il futuro.
Coraggio, compagni ed amici.
Abbiamo superato, purtroppo
non indenni, i “favolosi” anni ‘80
del “craxismo-leninismo”, arraffone, clientelista e tangentaro,
che ha spacciato per modernizzazione il decisionismo autoritario e
l’arroganza del potere, divorando
l’Italia e corrompendo gli spiriti.
Sapremo far fronte a questi ex- socialisti, geneticamente modificati
dal berlusconismo? D’accordo,
il comunismo (meglio sarebbe
usare la dizione corretta, accettata
dagli storici, di socialismo reale o
burocratico) era il “male assoluto”, ma da vent’anni è crollato
(tranne in Cina e in Vietnam, dove
sopravvive grazie all’ircocervo capitalismo-comunismo). Qualcuno
mi sa dire perché, in questi venti
anni, il divario tra ricchi e poveri
è aumentato su scala planetaria?
Perché, anche nei paesi sviluppati,
questo divario si accentua? Perché
è aumentata l’instabilità e sono
cresciute a dismisura guerre e
aggressioni? Non è possibile allontanare da noi questo amaro
calice? Dovremo berlo fino alla
feccia? Bah, ormai solo feccia
ci viene servita. Ahimè, non ci
sono più i socialisti di una voltar
Sono restati solo gli opportunisti,
i furbetti, e gli eterni trasformisti,
antico vizio italico: sì, quelli del
”Franza o Spagna, purché se
magna”.
- Se n’è andato anche Mario
Rigoni Stern, l’autore, tra l’altro,
de “Il sergente nelle neve” e del
“Bosco degli urogalli”. Alpino,
aveva fatto le campagne d’Albania, di Grecia, di Russia e aveva
conosciuto il lager nazista. Aveva
fatto la guerra, non amando la di
certo, e da allora cercava rifugio
tra i suoi boschi dell’Altopiano di
Asiago, senza per questo rifuggire
dall’impegno culturale, politico
e civile.
Ho appreso molto da lui, dal suo
scrivere e parlare secco, asciutto,
senza fronzoli, da persona schietta. Il suo rispetto per l’uomo, che
vedeva anche dietro il ”nemico”.
Di lui ho un ricordo di un intervento, nel 2006 credo, al festival della
letteratura di Mantova ”I nemici
non li avevo davanti; li avevo alle
spalle, ed erano Mussolini, Vittorio Emanuele III e Badoglio”. Ha
voluto essere sepolto nella nuda
terra. Ti sia lieve, e risuoni anche
per te il canto degli urogalli.
Mauro Picchetti
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opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 11
L’orsa non ha partorito un orsetto,
ma una “ Jena Ridens”
Premessa
Nella mattinata del 25 aprile, ho partecipato alla bella
manifestazione di Maddalena in ricordo della “Liberazione”, e per la quale mi
permetto di ringraziare la
Vice Sindaco per le attente
e belle parole pronunciate,
ed i bambini delle scuole per
il loro intervento con poesie
appropriate.
Nel pomeriggio, essendo
una bella giornata di sole,
decido ripercorrere lo stesso
itinerario percorso il 4 marzo
2007, dopo il quale scrissi
un articolo dal titolo “L’orsa
ha partorito un orso o
forse un orsetto” pubblicato sul numero del marzo
2007 di questo giornale. Il
riferimento è lo stesso ma
con opposto risultato, perché
l’alzaia è stata riaperta? Ma
di chi è la competenza di
questa strada? La cronaca è
stata vissuta da molti come
un fatto marginale, da altri
come un fatto sostanziale,
per motivazioni diverse. Due
sono gli argomenti a cui mi
accingo a parlare: com’è la
situazione e alcuni riferimenti
sull’utilizzo e la manutenzione dell’alzaia.
La Via Orsa e
l’alzaia
Parto da casa mia, a piedi,
armato di macchina fotografica per immortalare quanto
avrei visto sul percorso.
Arrivando al bivio fra la Via
Orsa e l’alzaia, la prima cosa
che mi appare, o che non mi
appare, è la mancanza degli
orsi, citati nell’art. precedente, ossia i cartelli che vietavano il passaggio ai mezzi
motorizzati verso l’alzaia. E
certo, l’hanno riaperta!!
Mi avvio lungo la Via Orsa e
subito mi si evidenzia la prima
differenza, o per lo meno
l’accentuazione di quanto
si diceva un anno e più fa:
le buche si sono accentuate
e si sono moltiplicate (vedi
foto 1). Sembra quasi che un
virus abbia attaccato il fondo
stradale e lo abbia buggerato
formando numerosissime
buche di diverse dimensioni;
ne ho contate un centinaio
circa, profonde in alcuni casi
anche più di 8 cm al centro
della stessa, con superfici
anche di oltre mezzo metro
quadrato. Percorro a piedi
tutta la via fino a Coarezza,
borgo sempre molto attivo
con le attività ambientalistiche, e infatti trovo dei cartelli
che indicano la “Festa degli
alberi” presso la cascina Massara, in onore dei bambini.
Curiosando voglio andare a
vedere, e lì incontro gli amici
dell’organizzazione di tante
manifestazioni che hanno
preparato, sotto un piccolo
VENDITA ED ASSISTENZA
foto 1
tendone, articoli da merenda
per bambini e adulti. Bravi
ragazzi! Mi fermo un poco a
scambiare qualche saluto; mi
veniva in mente, guardando
da quel luogo il fiume Azzurro sottostante, la visione del
Borgo immerso nel verde,
fotografato qualche giorno
prima dalla vecchia stazione
di Porto Varallo Pombia, una
visione magnifica. Riprendendo il percorso, scendo a
fiume e ritorno percorrendo
l’alzaia verso la diga. Noto
quanto fatto dalla proprietà
di Villa Pio per sistemare ed
abbellire il parcheggio, con
piantumazione di piccoli alberi. Lungo la strada scatto
foto per raccontare in un
prossimo articolo, il progetto
previsto per la costruzione dei
due canali e la proposta già
accennata della navigazione
trasversale. Lungo la strada
alzaia, rilevo fotograficamente la presenza degli indicatori,
(vedi foto 2) dell’esistenza di
cavi sotto la strada, a circa
mezzo metro dal muro di
contenimento. Sono i cavi
della linea telefonica che collegano la Diga di Porto della
Torre con la Miorina. Linea
una volta aerea, che è stata
interrata alla fine degli anni
’80 per evitare le continue
interruzioni per caduta di alberi. Linea obbligatoriamente prevista nel disciplinare
della centrale. Nel percorso
dell’alzaia, noto però che,
rispetto l’anno prima la presenza di persone a passeggio
è molto diminuita e non si
vedono carrozzine. Sarà la
giornata, ma non era male,
sarà il periodo di vacanza con
la gente altrove, o sarà, come
io penso, che non è più chiusa
ma passano le macchine. Si
quelle ci sono e non sempre
sono tranquille. Chissà se lo
risolveremo.
Il problema
Ecco il problema, alzaia chiusa sì? chiusa no? Ma di chi
è sta benedetta alzaia? Nel
momento in cui sorge un
problema, nessuno rivendica o assume la sua responsabilità; si cerca sempre di
deresponsabilizzarsi, e così
poi, qualcuno più forte si
impone su altri. Risultato che
quello che avevo ipotizzato,
la nascita di un orsetto cieco,
è in realtà una Jena Ridens.
Un pastrocchio che fa sì che
qualcuno ride come una Jena
per aver ottenuto un risultato
a sua misura fregandosene
degli altri o dei più.
Come detto, non mi addentro nel dibattito e la cronaca del periodo precedente
la riapertura. Anche se si
potrebbe dire, come avevo
ipotizzato al momento della
proposta con la precedente
Giunta, che la necessità più
generale è quella di creare
un percorso ciclopedonabile,
fra nord e sud dal Lago a
Pavia e oltre. Questa via è
un progetto europeo che,
associato alla via navigabile
Locarno-Venezia, eleva turisticamente tutte le località
toccate dal Fiume azzurro
ed in particolare il nostro
territorio. Forse la chiusu-
foto 2
MACCHINARI PER GIARDINAGGIO
ra è stata affrettata, senza
informazione appropriata,
come già ho avuto modo di
scrivere; ma la riapertura è
senz’altro un frutto di forti
pressioni, vedi pescatori. Il
dubbio però e sapere di chi
è quella strada alzaia? Io vi
racconterò quello che so e
quello che risulta in alcuni
documenti ufficiali. L’alzaia,
dal vocabolario Zingarelli:
“Fune che serve a condurre i battelli per fiumi
o canali, contr’acqua”. Poi
si chiamò alzaia la strada
che permetteva di effettuare
questo traino. Anche quella
fra Sesto e Porto della Torre
è sorta per quello scopo. Ma
quando è stata realizzata e
da chi? La risposta è molto
semplice. Nella documentazione di concessione della
Diga e della centrale risultano alcune clausole precise
che vedremo. Nel fiume la
navigazione funzionava da
sempre; si è particolarmente
intensificata con la costruzione del Duomo di Milano
nel XIV secolo. Le barche
venivano trainate con buoi
o cavalli, prima sul Naviglio
Grande e poi sul Ticino Utilizzando appunto “L’Alzaia
- la fune” legata alla barca e
agli animali che percorrevano
le sponde del fiume, sui camminamenti appositamente
predisposti per poter ridurre
le difficoltà di movimento
degli animali. Ora con la costruzione della diga e con il
conseguente invaso, questo
sentiero veniva a essere posto
sott’acqua, perciò fu imposto
che si doveva sostituire il
vecchio camminamento con
una strada che permettesse
la continuità del traino fino
al Lago Maggiore. E così è
stato fatto. Ora di chi era la
proprietà della strada messa
sott’acqua? Del demanio
pubblico, dello stato o un
suo ente. Lo stesso deve
valere per quella costruita in
sostituzione. Negli immediati
anni dopo la costruzione si
vedeva scritto sotto i cartello
di divieto di transito: “Escluso
mezzi della Vizzola e Genio
Civile”, fino al 1963, poi
con l’Enel la scritta diven-
tava “Escluso mezzi Enel e
Genio Civile”. Quindi solo
il personale di questi due
enti poteva transitare sulla
strada per servizio. Tale è
stato fino al 1977 quando
una necessità, ha fatto sì
che il Sindaco di Somma
emettesse un’ordinanza per
permettere il transito alla
gente di Coarezza, per poter
raggiungere il Capoluogo.
Ora nella discussione per
la viabilità si discute su di
chi sia la competenza della
strada; anzi pare che dopo
50 anni la strada non risulta
neanche censita. Mah! Per
cui nessuno ne reclama la
competenza.
Non è proprio così. Primo
perché la strada esiste da
più di 50 anni in sostituzione di un’altra, e non è un
fantasma. Secondo, perché
il gestore dell’impianto ha
degli obblighi su di essa,
previsti nel disciplinare di
concessione. Terzo che dal
1977 il Comune, con la delibera accennata sopra, ne ha
richiesto l’utilizzo pubblico
e quindi esisteva e ne potrebbe essere il proprietario
per usocapione. Prendendo
il Disciplinare vediamo cosa contiene in proposito.
Anzitutto il Disciplinare è
un documento pubblico di
concessione, nel proposito
sul documento di repertorio
N° 16978 del 22 settembre
1951 sta scritto in titolo:
”MINISTERO DEI LAVORI
PUBBLICI - PROVVEDITORATO REGIONALE ALLE
OPERE PUBBLICHE PER
LA LOMBARDIA - Ufficio
del Genio Civile di Milano.
Quindi, chi concede è un Ente
di Stato “Il Genio Civile” ora
Ente con altro nome. Riguardo all’alzaia troviamo all’art. 8
comma 7 secondo capoverso
questo: “La Società stessa
(allora Vizzola ora Enel) dovrà
inoltre provvedere alla sistemazione dell’alzaia a monte
della traversa che si rendesse
necessaria a giudizio della
Amministrazione concedente in seguito al rigurgito provocato dall’impianto di Porto
Torre”. Quindi sta scritto che
la strada c’è e dice di chi è
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la manutenzione. Alla fine
degli anni ’80, come detto si
è interrato la linea telefonica.
Questa è prevista al comma 6
primo capoverso sempre dell’art. 8 che recita: ”Nell’interesse del regime idraulico, la
Società concessionaria dovrà
collegarsi telefonicamente
con la diga di regolazione
della Miorina e le opere di
presa del Pamperduto ed
eseguire tutte le manovre
necessarie sia per il buon regime delle piene del fiume che
per quelle delle derivazioni a
valle”. Ora siccome questa è
interrata, deve esistere, ed
esiste, un diritto di servitù; se
questo non c’è, è perché chi
è proprietario, o gestore, non
ne ha necessità. Preciso che
la concessione ha una durata
di 60 anni dal 3 novembre
1951, in pratica fino al 3
novembre 2011.
Conclusioni
Con queste informazioni
ci si rende conto che la discussione sulla proprietà o
la responsabilità dell’alzaia
è un problema posto male o
come si dice di lana caprina
in altre parole falso.
La realtà è che il porsi male
nell’informazione per la chiusura, e il cedere a pressioni di
ogni tipo, per la riapertura, ha
fatto sì che si è perso un’opportunità per una miglior
fruibilità e vivibilità del territorio da parte della popolazione
tutta. La capacità di scelta degli Enti interessati, Comune,
Provincia, Parco Ticino, deve
essere rispondente ad una
sintesi di interessi generali
senza cadere nelle tentazione di farsi sopraffare da chi
più grida, come è avvenuto.
L’alzaia c’era, c’è e ci sarà ancora; aspettiamo che gli Enti
citati si decidano a utilizzarla
al meglio per il bene di tutti,
tenendo in considerazione
che assieme alla via stradale
è prevista quella sull’acqua,
con la navigazione Locarno-Venezia. Chissà se mio
nipote, che già ama questo
fiume, potrà gioire di questo.
La responsabilità è dell’adulto, aspetta a lui non far ridere
le Jene.
PS. Non avevo mai notato
la scritta sul cartello all’inizio
dell’alzaia alla Melissa (vedi
foto 3 del 2 giugno) e al
confine con il territorio di
Somma, installati dal comune di Golasecca, sta scritto “
STRADA ALZAIA DEL TICINO
- ATTENZIONE STRADA DI
PERTINENZA DEMANIALE
PRIVA DI SEGNALETICA E
BARRIERE DI SICUREZZA
NON SI RISPONDE DI EVENTUALI DANNII,. Ma allora
quello che dico è vero? E
perché Somma non ha messo i cartelli?
Aurelio Gorlini
In tutte le case tutti lo leggono
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spazio
aperto
Due giornate
in Memoria
dei Caduti
e i ricordi
dell’Alpino
Giovanni Brun
opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 12
Il Gruppo Alpini di Somma “A. De March” e
10 febbraio: è la data della
nostra giornata sociale, che
celebriamo con la S. Messa e
la deposizione di una corona
su uno dei monumenti ai Caduti della nostra città, ogni
anno uno diverso per onorare il ricordo in ogni frazione
della nostra comunità.
Quest’anno abbiamo scelto
la frazione di Maddalena.
Ma abbiamo notato con
amarezza lo stato di incuria
e di degrado in cui versava il
monumento ai Caduti.
Soprattutto il cannone, un
47/32 come quelli che i nostri
padri e i nostri nonni usarono
in Africa e in Russia, era in
preda alla ruggine.
Così, abbiamo deciso di riportare a uno stato degno
e decoroso il complesso del
monumento, stele, giardinetto, pezzo, proiettili.
Una settimana prima della
celebrazione, una decina di
volenterosi, Alpini ed Amici,
per due giorni si sono impegnati nei lavori di ripristino,
consistiti nel rifacimento del
cordolo in cemento distrutto
da tempo da un autocarro,
nella pulitura e pittura del
cannone e dei proiettili di
artiglieria, nella pulitura del
selciato e della stele, nella
sistemazione delle fioriere, nella .... “pulitura” del
prato. Manca l’aquila che
un tempo era posta in cima
alla stele, ma i ladri hanno
colpito anche qui ed è ormai
inutile pensare di sostituirla,
sparirebbe entro qualche
giorno.
Il lavoro di pochi volenterosi
ha ridato dignità a un luogo
simbolo di Coloro che hanno
dato la vita per la Patria e la
libertà. Ora preghiamo gli
amici di Maddalena di aver
cura e rispetto per il loro
monumento e ci auguriamo
che il nostro piccolo gesto
indichi al Comune la via da
seguire anche per gli altri
monumenti ai Caduti.
Un ringraziamento al coro di
Mezzana che ha sottolineato
i momenti più suggestivi
della Messa e ha chiuso con
il dolce Signore delle Cime, a
ricordo ci coloro che, in pace
e in guerra, alpini e alpinisti,
sono “andati avanti “.
20 aprile: a legame ideale nella pietà per i Morti,
abbiamo accettato l’invito
del presidente del Comitato
Onoranze dei Caduti della
RSI e abbiamo partecipato
alla Messa in S. Bernardino
e agli onori resi alla lapide in
ricordo dei Caduti della RSI.
Ci ha fatto piacere che gli
oratori non abbiano avuto
una sola parola di odio, ma
abbiano solo parlato di pietà
e rispetto per i morti, dell’una
e dell’altra parte, cercando
anche di far comprendere le
motivazioni della scelta fatta
dagli aderenti alla RSI.
Pensiamo che proprio questo
sia importante, comprendere e rispettare le motivazioni
delle scelte, non importa
quali siano state, purché non
per odio, ma per amore di
Patria, scelte sempre difficili
e pericolose, fatte a rischio
della vita.
Per questo abbiamo partecipato, per onorare chi - e solo
loro, non i fanatici - scelse
la parte perdente non per
odio, ma per amore verso
l’Italia e per questo cadde in
battaglia o fu assassinato, lui
sì, per odio, insieme ad altri,
uomini e donne, che non fecero alcuna scelta ma furono
ugualmente assassinati.
Mentre pensavamo e pregavamo abbiamo nel cuore
accomunato tutte le vittime
di quella guerra, civili e militari, sperando che le loro
anime abbiano trovato la
pace che spesso non ebbero
i loro corpi. Ricordiamo e
condividiamo le parole di
don Michele che nell’omelia
ha chiesto pace per i caduti
senza tomba e di don Franco,
che ha ricordato il grande
esempio di civiltà della Spagna, che ha accolto tutti i
Caduti della guerra civile
nell’abbraccio del Croce della Valle de los Caidos.
Il Presidente
del Gruppo A. De March
Massimo Portatadino
1943 - 1945: la mia esperienza “dall’altra parte” come Alpino della Di
I ricordi
del nostro
decano Alpino
Giovanni Brun
Giovanni Brun è il nostro alpino più anziano, classe 1925,
arzillo e fresco di memoria,
giustamente amante della
buona tavola e del buon
vino: ha messo per scritto
i suoi ricordi del periodo
trascorso sotto le armi come
alpino .... di una divisione di
granatieri, mandato su, in
Val Veny, di cui mantiene
una memoria quasi fotografica. La testimonianza di una
storia minima è importante,
perché è una delle ultime voci
che ci riportano impressioni,
sentimenti, pensieri del singolo combattente.
Nota storica: il governo della
neonata Repubblica Sociale italiana aveva, tra i tanti
problemi, anche quello di
dimostrare che l’RSI era un
vero Stato, anche se con
sovranità limitata, problema
uguale a quello che aveva il
Regno del Sud.
Una delle priorità dell’RSI
fu la ricostituzione di Forze
Armate che riprendessero a
combattere sia come riscatto
morale, sia per difendere
i confini premuti dai Titini
e dai degaullisti e le città
minacciate dai bombardamenti aerei.
L’Esercito Nazionale Repubblicano sarebbe stato costituito da: la 1a Divisione
Bersaglieri Italia, la 2a Divisione Granatieri Littorio, la 3a
Divisione Fanteria di Marina
San Marco, e la 4a Divisione
Alpina Monterosa.
Le divisioni dopo la loro costituzione furono variamente
impiegate, combattendo
fino alla dissoluzione della
RSI.
Ai confini francesi, i Francesi,
venuti a conoscenza della
ritirata tedesca e sapendo di
essere in vantaggio rispetto
agli americani che arrivavano da Bologna, puntarono
all’occupazione del territorio
così da poter avanzare diritti
sul tavolo dei negoziati. Ma
i loro propositi furono mandati in fumo dalla resistenza
degli alpini italiani, come il
4° Reggimento Alpini della
Divisione Littorio e il Gruppo Mantova della Divisione
Monterosa, che finirono di
arrendersi agli americani solo
il 7 Maggio.
Ai confini montani ci furono
violenti scontri con i Francesi, specie nella zona del
Monginevro, mentre in Valle
d’Aosta gli scontri furono più
limitati. Il colle della Seigne,
2600 m, ove fu mandato il
Nostro, era difesa da una
serie di piccoli bunker, che
ancora oggi sono visibili in
zona. Durante l’inverno il
percorso da Courmayeur era
lungo, difficile, insidiato dalle
valanghe. Ancora più duro
e pericoloso era arrivare al
rifugio Torino, 3.300 m, che
serviva da ricovero al presidio
del Colle del Gigante.
Nel giugno del 1943, appena
compiuti 18 anni, fui chiamato per la visita di leva e
dopo quattro mesi mi arrivò
la cartolina di presentarmi al
distretto di Varese. Ma era
sopravvenuto l’armistizio,
con lo sbandamento e il
marasma che ne seguirono, l’occupazione tedesca,
i rischi e la totale incertezza
per i giovani. Come molti,
mi nascosi inattesa che la
situazione si chiarisse.
Ma ero soggetto alla leva e i
carabinieri mi vennero a cercare più volte a casa, senza
trovarmi, finchè minacciarono di portare via mio padre
al mio posto, se non mi fossi
presentato all’arruolamento. Con otto figli a carico,
mio padre non poteva certo
partire, così a novembre mi
presentai al Distretto.
A Somma, dopo la dissoluzione di Savoia Cavalleria che
era di stanza in città, era stata
costituita una nuova unità, il
I° Deposito della Cavalleria
o Cavalieri di Lombardia, a
cui ottenni di essere destinato. Eravamo acquartierati in
circa 200 nell’ex dormitorio
della ditta Bellora, ed ero...
a casa.
Ma a gennaio fummo trasferiti a Novellara, vicino a Reggio Emilia, con l’apparente
scopo di ritirare dei cavalli, vi
rimanemmo solo una quindicina di giorni, infatti fummo mandati a Novara per
lo stesso apparente motivo,
dove restammo tre giorni in
una sporca caserma, sorvegliati da Tedeschi e Camicie
Nere.
Finalmente apprendemmo
la nostra vera destinazione:
la Germania, per un periodo
di addestramento, terminato
Pattuglia del 4° Alpini al Col della Seigne - inverno ’44
- ’45; i fucili non sono i ’91 ma i Maser ‘98, forse mod.
Karabine
il quale saremmo stati inquadrati nelle costituende nuove
Grandi Unità che avrebbero
l’esercito regolare della RSI
(divisione alpina Monte Rosa, divisione di fanteria di
marina San Marco, divisione
bersaglieri Italia, divisione
granatieri Littorio) e rimandati in Italia.
Inquadrati da Tedeschi e Camicie Nere ci recammo in
stazione e di lì partimmo per
la Germania in “carri bestiame”, quaranta per vagone
(ma non chiusi dentro come
i civili rastrellati- n.d.r.)
Lo stato d’animo prevalente,
pochi fra noi erano volontari,
era sia di rassegnazione, sia
di attesa fiduciosa: eravamo
troppo giovani per essere
pessimisti sulla nostra sorte
e, in fondo, vedevamo ancora i tedeschi come nostri
alleati.
Ultima tappa prima del confine, e ahimè ultimo rifornimento di vino, fu Tarvisio,
poi attraversammo l’Austria,
entrammo in Germania e
alla fine nel campo di addestramento di Senne, in
Turingia.
Durante il viaggio ci eravamo riempiti di pidocchi, così
all’arrivo passarono i nostri
vestiti in un forno e noi al
disinfestante (i crucchi avevano i panzer ma non il nostro
mitico Mum - n.d.r.)
Eravamo in migliaia in un
grande campo formato da
grandi baracche in legno.
Tutto intorno c’era una
recinzione, ma guardie e fili
spinato erano dalla parte del
campo occupato da prigionieri russi e polacchi.
La nostra sistemazione era
dignitosa: c’erano brande a
castello con materasso, lenzuola e coperte. Quello che
mancava era il mangiare: a
colazione un po’ di caffè, per
il rancio, una brodaglia dolce
fatta con miele e margarina
(che i tedeschi ricavavano
dal carbone, ci veniva dato
anche del pane di segale
lungo circa 25 cm, che doveva bastare anche per la
sera diviso fra tre persone; a
volte ci davano patate bollite.
Spesso cercavamo qualcosa
da mangiare dalle cucine
tedesche o barattavamo con
i civili sigarette contro pezzi
di pane. Quando tornai in
Italia pesavo 47 kg! (il peso
medio dei soldati tedeschi
nel ’45 e dei soldati austriaci
nel ’18 era inferiore ai 50 kg,
come potessero combattere
.....- ndr).
Rari e cauti i rapporti con
la popolazione civile: i tedeschi ci disprezzavano e non
perdevano occasione per
dimostrarcelo; se qualcuno
si azzardava a lanciare un
apprezzamento a qualche
giovane donna durante le
marce di trasferimento dal
campo al luogo di addestramento, erano nella maggior parte di casi insulti e
sputi. Durante il giornaliero
percorso verso il campo di
addestramento, i due tedeschi che ci comandavano, ci
obbligavano a cantare Lily
Marlene o altre simili. Ma
noi preferivamo cantare
con ritmo ben scandito
“sul pajon de la caserma
requiem eternam e va a
ramengo ti tuo pare tua
mare e tua sia e la naja in
compagnia“ (titolo della
canzone: “Sul pajon de la
caserma“ ... su cui stava o
il Susa o l’Aosta a seconda
se a cantarla era il 3° o il
4° - ndr) o “il battaglione
Bergamo ha fatto un’avanzata, ha ucciso i topi della
camerata“.
Se ci rifiutavamo di cantare,
sul campo di addestramento
dovevamo buttarci a terra e
strisciare; il percorso di addestramento era attrezzato
(solito percorso di guerra)
e sparavamo a salve alle
sagome. All’inizio della addestramento con le armi, ci
fu data in dotazione anche la
maschera antigas; quasi tutti
i pomeriggi “collaudavamo”
l’efficienza della maschera
- che periodicamente era
sostituita apposta - in camere
in cui veniva introdotto del
gas.
A Senne rimasi tre mesi (e
il 17 giugno 1944 compii
19 anni ...). Poi la Divisione
Littorio fu radunata al completo della forza, con ufficiali
e sottufficiali già del Regio
Esercito, che, dopo essere
stati internati, avevano scelto di aderire alla RSI con la
prospettiva di tornare in Italia
(dove molti poi disertarono
- ndr)
Trovai anche un sommese
mio coetaneo, Piero Bossi,
che era caporale.
Il 16 luglio, a Muzingen,
Mussolini passò in rassegna
la Monterosa e consegnò le
Bandiere di Guerra ai Reggimenti che stavano per
rientrare in Italia, ma non
venne da noi.
Pochi giorni dopo ci fu un
attentato, che ci dissero a
Mussolini, ma in realtà fu
a Hitler (il “complotto dei
generali”) e noi fummo disarmati e mandati a scaricare
sacchi di cemento. Dopo un
mese andammo a Munzingen e lì ci riconsegnarono le
armi, con cui riprendemmo
l’addestramento, e potemmo mangiare qualcosa in più
perché i contadini ci portavano delle patate.
A fine ottobre ci radunarono
e ci dettero divisa e cappello
da alpino, mentre fino ad
allora avevamo la bustina:
capimmo che saremmo tornati in Italia, verso cui fummo
avviati ai primi di novembre,
nuovamente disarmati, su
un treno vigilato dai tedeschi
pronti a sparare su chi fosse
scappato.
Passato il Brennero il treno
fu attaccato, senza danni,
da aerei alleati. Ci fermammo a Ora, ma non ne approfittammo per scappare
perché la popolazione di
lingua tedesca ci avrebbe
denunciati.
Di lì proseguimmo verso la
Valle d’Aosta e passando per
Novara provai nostalgia per
la mia casa così vicina.
Ad Ivrea ebbi la possibilità
di scrivere a casa e dopo
qualche giorno fui raggiunto
dalla mia sorella maggiore
e dalla sorella di Piero Bossi,
che ci portarono indumenti
adatti all’imminente inverno
in montagna.
Ad Ivrea fummo divisi e la mia
compagnia, la 52°, fu destinata a Courmayeur, mentre
altre furono inviate a Cuneo
o al Gran S. Bernardo.
Da Courmayeur, fummo
inviati in Val Veny, al Col
della Seigne (2600 m), che
segnava il confine con la
Francia.
Partimmo in due gruppi e in
due giorni successivi. Quelli
spazio
aperto
opinioni e cittadini
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 13
e la Memoria dei Caduti
Divisione Littorio della RSI
del gruppo prima del mio si
erano fermati alla chiesetta di
Notre Dame de la Guerison,
per prendere delle candele
per illuminare la casermetta
del Colle, ma due furono
travolti da una slavina dopo
duecento metri e i loro corpi
ritrovati solo dopo molto
tempo. Ai piedi della chiesetta è stata murata una
croce in loro ricordo (destino
della chiesetta: un tempo
in inverno, in attesa dello
sgelo del terreno, vi venivano
conservati i corpi dei morti
e in epoca più recente vi
ricordavamo gli amici caduti
sul Monte - ndr).
Una volta arrivati a destinazione, trovammo una
casermetta per dormire e
una postazione per vigilare
sul confine, dall’altra parte
c’erano i francesi pronti ad
attaccare (degaullisti che
premevano per impossessarsi delle valli alpine italiane
- ndr).
D’inverno e a quella quota
faceva un freddo tremendo
e le brande avevano solo
materassi vecchi e coperte,
i turni di guardia duravano
due ore (con quattro - sei di
riposo) perché di più non si
poteva resistere, per fortuna
i tedeschi ci avevano fornito
un’attrezzatura adeguata,
altrimenti saremmo morti
assiderati.
Il 14 febbraio del ’45 ci fu ordinato di rifornire il presidio
tedesco del rifugio Torino,
dove salimmo parte in teleferica e parte a piedi (da
2600 m a 1400 e di lì fino a
3200 m, in inverno - ndr).
C’era il pericolo che i francesi, che ci osservavano anche
con piccoli aerei - e a volte
ci mitragliavano - tagliassero il cavo della teleferica,
non successe, ma il giorno
successivo - avevamo dormito in rifugio - una loro
pattuglia aveva bloccato il
sentiero di discesa (si trattava
di un nucleo di Chasseurs
des Alpes, che per alcuni
mesi compì incursioni nella
zona del Colle del Gigante
- ndr). Ci calammo con delle
corde e tornammo a Courmayeur, dove ci godemmo
alcuni giorni di riposo e di
.... “spidocchiamento”; per
liberare i vestiti dai loro ospiti,
li mettemmo a bollire.
Un giorno, tornati alla postazione, si verificò un dramma
umano: uno dei tedeschi,
un tipo aperto e simpatico,
ricevuta posta da casa si
sparò in testa: nella lettera
la sua fidanzata gli aveva
comunicato che, stanca di
aspettarlo, aveva sposato un
altro. Vennero a prenderlo
con una barca presa dal sottostante lago Combal, che
nella neve scivolava come
una slitta, ma il poveretto
morì durante la discesa.
Rimanemmo in zona fino
alla fine di aprile, poi vedemmo scappare i tedeschi
e un paio di giorni dopo
venimmo a sapere che la
guerra era finita.
Così scendemmo ad Aosta
e di lì ci incamminammo
verso casa.
Eravamo stati isolati per mesi
ed ignoravamo cosa era
successo a valle; eravamo
disarmati, ma in divisa e con
il cappello da alpino.
I partigiani ci fermarono
più volte ma ci lasciavano
andare dopo un breve interrogatorio senza farci del
male.Solo uno pretese i miei
scarponi da montagna, che
gli lasciai volentieri perché
pesanti e un po’ stretti, in
cambio dei suoi, malridotti
ma comodi.
Sempre a piedi, tranne
qualche breve passaggio
in camion, arrivammo ad
Oleggio, dove un amico ci
imprestò delle biciclette con
cui tornammo a casa.
Il servizio militare non
mi fu riconosciuto, nemmeno in seguito per la
pensione, così nel 1947
dovetti presentarmi a
Verona per un nuovo
periodo di servizio militare, 18 mesi a Dobbiaco
e Brunico.
Il provvedimento fu giustificato come necessità di una
“rieducazione”, che ancora
oggi mi suona come una
punizione tanto più amara in
quanto inflitta senza motivo
e senza appello.
Giovanni Brun,
classe 1925.
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I Caduti delle Forze Armate della RSI
Domenica 20 Aprile 2008 una giornata in ricordo
ai Caduti delle Forze Armate della Repubblica Sociale
Italiana all’insegna della pacificazione nazionale
Domenica 20 Aprile 2008 a
Somma Lombardo, nel 36°
anniversario della sua fondazione e nel segno della pacificazione nazionale, l’apartitico
Comitato Nazionale Ricerche
ed Onoranze ai Caduti della
Repubblica Sociale Italiana
Medaglia d’Oro - Cieco di
Guerra - Carlo Borsani ha
voluto ricordare con una Cerimonia le migliaia di giovani
e meno giovani, che dopo 1’8
Settembre 1943, certi di fare
il proprio dovere per la Patria,
si sono schierati e sono caduti
sotto il tricolore delle Forze
Armate della R.S.I.
All’invito del COMITATO oltre alle numerose personalità
politiche e istituzionali, hanno
aderito con le loro bandiere
le più importanti Associazioni Combattentistiche e
d’Arma, come: l’Ass. Naz.
Combattenti e Reduci - l’Ass.
Naz. Alpini d’Italia di Somma
Lombardo e Vergiate - l’Ass.
Naz. Bersaglieri d’Italia, Sez.
di Somma Lombardo - l’Ass.
Nazionale Carabinieri, Sez. di
Somma Lombardo - con la
loro presenza hanno voluto dimostrare, che la guerra-civile
tra italiani è finita 63 anni fa, e
oggi non è più tempo di odi e
rancori, ma come veri uomini
nel rispetto delle proprie idee
politiche, è giunta l’ora di
stringersi la mano.
Un gesto significativo in questa direzione si è anche verificato Domenica 24 Febbraio
2008 a Vergiate, quando durante la S. Messa officiata dal
Vescovo di Varese Monsignor
Luigi Stucchi, in ricordo di
Padre Oreste Cerri*, all’offertorio i portabandiera, dell’A.
N.P.I. (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia) e del Comitato Nazionale Ricerche ed
Onoranze ai Caduti della R.S.I.
sono saliti assieme sull’altare.
Un gesto molto apprezzato
dai numerosi presenti.
Proseguendo nella descrizione della cerimonia ai Caduti della R.S.I., alla S. Messa
celebrata nella chiesa di S.
Bernardino è seguita la visita
al Monumento dedicato ai
Caduti dell’Onore nel cimitero
maggiore cittadino. Dopo la
deposizione di una corona
d’alloro sul cippo marmoreo
che ricorda il loro sacrificio, il
Presidente nazionale del COMITATO Giampiero Ingignoli
aprendo gli interventi commemorativi, parlando della
pacificazione nazionale ha
affermato: “Questa volontà di
pacificazione non è solo mia,
che sono figlio di un sottoufficiale caduto della R.S.I. e
pertanto doppiamente credibile, ma di tutto il COMITATO
che ho l’onore di presiedere.
Una pacificazione che va comunque ottenuta senza inginocchiamenti vari, richieste di
pubbliche scuse, o di perdono
da parte di nessuno. Come i
“veri partigiani” sono morti
per la Patria, anche i Soldati
delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana sono
morti per il Tricolore. Hanno
creduto negli ideali di Patria,
hanno duramente lottato,
hanno perduto, hanno pagato, ma non hanno tradito.
Da parte di tutti ricordarli è un
Chiesa di S. Bernardino: le Associazioni
Combattentistiche e d’arma sull’altare
dovere”. Il Presidente ha poi
ringraziato i numerosi presenti
alla “Giornata del Ricordo”.
Un ringraziamento particolare
lo ha riservato a Don Carlo
Colombo, coadiutore per 13
anni a Somma Lombardo ed
attualmente parroco di Bodio
Lomnago. A Suo riguardo
il Presidente a conclusione
del suo intervento ha detto:
“Don Carlo è stato il primo sacerdote che nel dopoguerra,
(1973) su mia richiesta, non
ha minimamente esitato a
celebrare una Santa Messa
per i Caduti della R.S.I., e lo ha
fatto doppiamente convinto
quando ha anche accertato
che quei morti ammazzati
erano dei galantuomini. La S.
Messa e stata celebrata nella
Prepositurale di S. Agnese
(ora basilica) con la presenza
sull’altare della bandiera del
COMITATO, del direttivo e dell‘indimenticato Comandante
Vincenzo Costa, fondatore
della nostra Associazione.
Don Carlo non è mai stato
e non è un prete di parte,
è stato ed è certamente un
prete in cui il coraggio non
ha mai fatto difetto“.
- Il Sindaco di Somma Lombardo Guido Colombo, che
ha preso la parola subito dopo
il Presidente ha citato i tanti
giovani Caduti della R.S.I.,
non mancando di commuoversi al ricordo di suo nonno
Guido (di cui porta il nome)
fucilato il 10 Maggio 1945 dai
partigiani sul greto del Ticino,
con il Brigadiere della Guardia
Nazionale Repubblicana Celeste Ingignoli e il Capitano
dei Pionieri del Genio Dino
Borsani.
- La parola è poi passata all’oratore ufficiale della cerimonia, l’On. Avvocato Benito
Bollati.
Bollati ha fatto una cronistoria
dei combattenti della R.S.I.,
affermando tra l’altro che in
loro non c’era alcun desiderio
di futura gloria, la guerra era
ormai perduta, esisteva solo
la volontà di combattere per
l’Onore della Patria. Sono poi
seguiti altri due validi interventi prima della benedizione ai
Caduti impartita dal Prevosto Don Franco Gallivanone,
quella del Senatore Luigi Peruzzotti e dell’Onorevole Nino
Pellegatta.
- Il Sen. Peruzzotti ha voluto
ricordare un giovanissimo
volontario sedicenne della
R.S.I.: Gino Parrini, assassinato dai partigiani solo perché
portava la divisa dell’esercito
repubblicano. Va precisato
che Gino Parrini sarà poi
chiamato “Gino soldatino
d’Italia”, termine con cui lo
apostrofò, un allora fraticello
che ne accertò la morte, e che
poi salirà sugli altari: San Pio
da Petrelcina. Oggi venerato
in tutto il mondo.
- L’On. Pellegatta, infine, nel
suo intervento ha fatto un
pubblico elogio ai cappellani
militari della R.S.I., servi di Dio
e della Patria.
- Il Pranzo sociale al ristorante
“Il Vecchio Porto” con un
simpatico intervento di Don
Carlo Colombo ha concluso
una significativa giornata in
ricordo ai Caduti della R.S.I.
- Una giornata tranquilla, priva
di odi e rancori, come è giusto
che sia stata.
Ps.: Un ringraziamento per
la loro partecipazione ai
presidenti delle Associazioni
Combattentistiche e d’Arma
- all’On. Avv. Benito Bollati
- al Senatore Luigi Peruzzotti
- all’Onorevole Nino Pellegatta
- ai Sindaci Guido Colombo
e Alessandro Maffioli - al V.
Sindaco Franco De Tomasial
consigliere provo Massimiliano Carioni - all’assessore
Marta Birigozzi - ai consiglieri
comunali Paolo Bassetti e
Mauro Tappellini - ai dirigenti
dei partiti politici, agli iscritti al
COMITATO ai simpatizzanti e
a tutti coloro che hanno presenziato alla cerimonia.
* Padre Oreste Cerri, è stato
Cappellano Militare dell‘A.
R.MIR. in Russia nella 2ª guerra
mondiale. Scampato, tornato
in Italia, a Vergiate, con tanto
amore si occupa di dare un
pezzo di pane e un alloggio
ai tanti orfanelli che anche la
guerra aveva prodotto. Nei
primi anni della “sua missione” incontra notevoli difficoltà
organizzative e finanziarie, anche perché l’opera intrapresa
da questo “figlio di Dio” non
è da tutti compresa, ma Don
Oreste Cerri (molto conosciuto anche a Somma Lombardo)
con volontà fèrrea supera gli
ostacoli. Poi col passare degli
anni, grazie anche al/ ‘apporto
finanziario ricevuto da più
parti, crea un centro sempre
più funzionale “Il Villaggio del
Fanciullo “.
Puntualmente ogni anno questo grande sacerdote viene ricordato a Vergiate, proprio nel
Centro da Lui creato, con una
grande cerimonia, che vede la
partecipazione di centinaia di
Persone, decine e decine di associazioni, autorità politiche,
militari e religiose.
Silvia Ferrario
Per il Comitato Naz.
Ricerche e Onoranze Caduti
R.S.I. Somma Lombardo
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opinioni e forze politiche
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 14
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opinioni e forze politiche
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 15
Impegno dell’Amministrazione Comunale
nel campo della sicurezza
Nel maggio 2008 in Consiglio Comunale si è svolta la
discussione sul tema della
sicurezza con la partecipazione della cittadinanza e
di rappresentanti delle forze dell’ordine. Ogni componente dell’assemblea
del consiglio aperto ha
avuto modo di affermare
il proprio punto di vista,
esprimere le proprie preoccupazioni, dare suggerimenti, chiedere interventi,
dissentire o concordare.
Il problema della sicurezza
è un tema serio che tiene
banco ormai da diverso
tempo in tutti i luoghi deputati al governo della
pubblica amministrazione in cui si dibattono le
proposte di intervento e
si confrontano posizioni e
soluzioni, con uno spirito
che non è ne di destra
ne di sinistra ma spesso,
purtroppo, con una gara
a scavalcare e strumentalizzare.
Nel contesto nazionale si
assiste ad una levata di scudi delle Amministrazioni
Comunali con proposte di
ronde vigilanti, videosorveglianza, tolleranza zero nei
riguardi di immigrazione
clandestina e non, in cui
si distinguono amministrazioni di sinistra oltre alle
amministrazioni del nordest da tempo predisposte a
politiche di contenimento
e opposizione a fenomeni
di insediamento illegale.
Scrive il Corriere della Sera
nell’edizione del 7 maggio:
“Dopo la sconfitta elettorale, molti sindaci di centro
sinistra hanno annunciato
e messo a punto ordinanze
sul fronte della sicurezza:
dalle ronde ai divieti di
sosta ai rom”.
Ora noi riteniamo che
l’emotività più o meno calcolata, l’affanno a dimostrarsi i primi della classe,
la fretta di scavalcare le posizioni di chi storicamente,
come la Lega, ha cavalcato
il risentimento popolare,
siano strategie di corto
respiro. Riteniamo invece
sia utile promuovere una
politica di rinnovamento
e richiamo della responsabilità collettiva e individuale al fine di costruire
una società tollerante ma
inflessibile nel rispetto dei
valori fondanti di una comunità civile.
Tornando all’evento del
Consiglio Comunale aperto sul tema della sicurezza
a Somma Lombardo e zone
circonvicine, considerando
valida la relazione del Sindaco quale approfondita
rassegna dei dati nazionali
e internazionali relativi ai
diversi aspetti della sicurezza, riteniamo opportuno
individuare quali siano i
possibili interventi sul territorio intesi a realizzare
un sistema duraturo di
salvaguardie.
Riteniamo anzitutto che sia
necessario attendere i risultati dell’azione del governo
nazionale per operare in
sintonia con le normative
aggiornate, con le disposizioni trasmesse alle forze
dell’ordine e, per quanto ci
riguarda, con le iniziative
che intenderanno avviare
gli organi governativi di
Regione e Provincia.
La realtà locale presenta
alcune differenze rispetto
a quella dei grandi centri
urbani: se da un lato evidenziano una diffusa conoscenza interpersonale, un
ambito più limitato in cui
è più difficile mimetizzarsi,
una più pronta ed estesa
solidarietà, d’altro canto
rivelano più accentuati disagi da importazione di stili
di vita difformi, maggiore diluizione residenziale,
maggiore confidenza con
abitudini di vita aperte e
fiduciose. La tutela della
sicurezza dei cittadini a
carico dell’Amministrazione Comunale si incardina
quindi su tre elementi fondamentali: prevenzione,
controllo e segnalazione;
alla repressione penseranno le forze dell’ordine e
l’autorità giudiziaria.
Vogliamo premettere che
l’opera di dissuasione
dall’illegalità non è indirizzata solo all’immigrazione, comprendendo invece anche la delinquenza
nostrana che per i suoi
traffici illegali si avvale di
manodopera estera più
disponibile.
Riteniamo che la preven-
non serve a nulla se non
è seguita dal controllo.
Quest’ultimo deve essere
condotto capillarmente,
controllando le condizioni abitative, chiamando a
risponderne i proprietari
degli immobili, stimolando
e, se del caso, imponendo
rimedi al degrado, controllando gli esercizi in cui vengano tollerate situazioni e
frequentazioni pericolose
o al limite dell’illegalità,
attuando una pressione
costante delle forze dell’ordine negli ambienti
preoccupanti, sviluppando la video sorveglianza.
Per il controllo l’Amministrazione Comunale ha
i mezzi adatti: possono
essere incrociati i dati in
possesso dei diversi Uffici
preposti e la Polizia Locale
può intervenire con una
azione costante di controllo e verifica in stretta collaborazione con Carabinieri
e Guardia di Finanza.
La segnalazione riguarda il corpo intero della
cittadinanza. Non si tratta
di sviluppare istinti non
richiesti di delazione, ma
al contrario di richiamare
lo spirito di società civile
che consideri i beni della
collettività e dei singoli
un patrimonio comune
da preservare. In un rapporto biunivoco tra Amministrazione e cittadinanza
la tempestiva conoscenza
di situazioni degradate e
compromettenti la sicurezza contribuisce in modo determinante a porvi
rimedio. La comunicazione
recentemente assurta al
rango di mezzo essenziale
per i rapporti tra istituzioni
e popolazione può assolvere il compito con buoni
risultati.
A conclusione delle ipotesi
operative, si evidenzia la
necessità di istituire un
tavolo permanente di
concertazione tra le forze
dell’ordine, Carabinieri,
Guardia di Finanza e Polizia
Locale, il Sindaco e gli organismi eventualmente delegati alla sicurezza, ognuno operante nel proprio
ambito di competenza,
ma comunemente intesi a
garantire la tutela richiesta
dalla cittadinanza.
Renato Trucco
Direttivo di Forza Italia
La politica è confronto sui fatti
Nella riunione consiliare
del 21/12/07 è stata formalizzata la nascita del
nuovo Partito Democratico cittadino.
Aldilà dei convenevoli e
dovuti saluti ed auguri da
parte di tutte le forze politiche consiliari, la presenza
sui banchi dell’opposizione di una forza politica di
così forte peso in consiglio
comunale (quattro consilieri), impone l’apertura
di un dialogo diretto sia
ideologico che pratico con
questo movimento, nelle
scelte della città.
Francamente sino ad oggi,
l’opposizione consiliare
nella sua eterogeneità,
ha svolto un lavoro più
di critica diffusa che di
promozione e sviluppo
dei problemi mantenendosi nei limiti dei compiti
strettamente attinenti
alla minoranza politica
anche se per principio,
nel consesso assembleare politico, tutti hanno
il compito di partecipare
attivamente alle scelte
della amministrazione
(rectius: maggioranza),
il che per quanto riguarda l’opposizione si attua
proponendo il perfezionamento di singoli atti nel
quadro delle decisioni di
volta in volta sottoposte
per l’approvazione.
Questo non è quasi mai
avvenuto rassegnandosi
i consiglieri di minoranza
alla legge dei numeri: alla
fine la maggioranza ce li
ha, la minoranza no!
Il mutato quadro, sia pure
sotto il solo profilo politico
quindi, produrrà, si spera,
un incentivo comune ed
un supporto qualitativo
alla analisi e concretizzazione dei problemi.
Certamente, da liberale convinto (e non stò a
ricordare quale sia stata
Ospedale Bellini
Luigi Peruzzotti, noto esponente della Lega Nord, nel
Consiglio Comunale di venerdì 20 giugno 2008, ha
dichiarato l’intenzione di
guidare la rivolta contro le
promesse disattese sulla sorte dell’Ospedale Bellini.
Peruzzotti ha minacciato di
portare in piazza migliaia di
persone, contrarie alla chiu-
zione sia determinante per
ridurre i pericoli di diffusione di azioni illegali, che i
criteri di lassismo e relativismo vadano combattuti
ed eliminati per ripristinare
la dignità degli individui,
anche, e forse soprattutto
di quegli immigrati che
operano onestamente e
che sarebbero i primi a
soffrire di una intolleranza
diffusa. La prevenzione si
attua verificando gli arrivi, i
loro obiettivi, i rapporti con
i già residenti, valutando
l’opportunità della concessione di licenze e permessi,
verificando la consistenza
dei mezzi di sostentamento
almeno per quanto riguarda le prospettive di lavoro
sul territorio, illuminando
adeguatamente zone urbanizzate, impedendo che
si formino ampie zone a
parcheggio di carovane più
o meno nomadi (attenzione al fenomeno attuale di
allontanamento di rom dal
territorio metropolitano
milanese che potrà scaricare questi gruppi nelle
zone finora non toccate
da insediamenti semipermanenti). La prevenzione
sura dell’Ospedale, e la Lega
ha già dimostrato più volte di
essere in grado di mobilitare
le masse, perché la Lega
combatte le battaglie ispirate
dalla volontà della gente,
perché è proprio su questo
principio che si fondano tutte
le iniziative della Lega.
Nell’ambito dello stesso Consiglio Comunale, non solo i
consiglieri appartenenti allo
stesso schieramento politico
della Lega, hanno condiviso
il punto di vista di Peruzzotti,
ma anche alcuni consiglieri
appartenenti a schieramenti politici contrapposti alla
Lega, hanno pienamente
condiviso la linea proposta
da Peruzzotti, ed è così che a
questo punto la Lega si accinge ad intraprendere tutte le
iniziative possibili finalizzate
a salvaguardare al meglio il
nostro Ospedale. Il Sindaco
Guido Colombo ha espresso
piena solidarietà verso coloro
che intendono mantenere
e valorizzare il Bellini e nel
contempo si è dichiarato
fiducioso. Per l’Ospedale
Bellini, la Lega rimane vigile
e pronta a svolgere la propria
azione politica, con lealtà,
nell’interesse dei cittadini,
insieme ai cittadini.
Francesco Casella
Segretario Lega Nord
Somma Lombardo
l’influenza della cultura
cattolica sulla scelta) sono sicuro che il gruppo
politico di Forza Italia, al
quale appartengo, non
potrà che rimanere in attesa dell’atteggiamento di
questo gruppo consiliare
verso la città, soprattutto
in relazione alla decantata
e fatta propria, ispirazione
riformista del partito democratico, storicamente
posta alla base dell’ideologia statalista, a sua
volta fondamento della
cultura comunista: (sotto
tale aspetto sono proprio
curioso di vedere la posizione che assumeranno i
cattolici, ex democristiani
di sinistra). Comunque e
per non abbandonarci in
sterili parole, alla luce delle
aspettative sopra richiamate incalzo i consiglieri
del partito democratico
nel valutare se un percorso di dialogo si possa
instaurare almeno su alcuni punti fondamentali
e cominciare a discutere
senza preclusioni e/o preconcetti:
1) Nell’incentivare una
politica cittadina (già in
atto) tesa ad investire di
più sui giovani e la cultura
nella loro città.
2) Nel considerare lo sviluppo urbanistico della
città, viabilità compresa,
imprescindibile dall’aeroporto della Malpensa
anche in funzione del redigendo PGT.
3) Nel dare sviluppo al
centro storico della città
secondo criteri di modernità e funzionalità.
4) Nell’attribuire sicurezza
ai cittadini ed alla città,
non tramite la forza del
sindaco-sceriffo, ma con
la cultura della partecipazione, aggregazione,
interscambio relazionale
tra di noi per garantirci
l’un l’altro, tramite l’autorità preposta, la sicurezza
nostra e dei nostri figli.
5) Discutere e sviluppare la nascita di società
patrimoniale.
6) Nel prodigarsi di identificare nel consiglio comunale, il centro politico
preferenziale per la discussione costruttiva delle
scelte che riguardano la
città.
Quanto sopra, ed altro,
potrà essere discusso
nella seconda parte del
mandato amministrativo,
a dimostrazione che gli
“eletti”, sotto qualunque
cappello partitico, non
hanno pensato solo alla
“loro politica” ma alla
politica per la città.
Il dibattito, mi auguro, è
aperto.
Piero Cesare Iametti
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opinioni e forze politiche
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 16
Dalla viabilità alla sicurezza, la sceneggiata continua
In Consiglio comunale va in scena la commedia delle beffe
Una cosa è certa, i Somme si
non sanno quello che perdono non partecipando alle riunioni del Consiglio comunale.
È pur vero però che bisogna
mettere in conto qualche
disagio, perché, a quel che ci
risulta, siamo l’unico comune
in cui le sedute molto spesso
iniziano alle ore 18.30 e si protraggono ininterrottamente
ben oltre la mezzanotte. Comunque, una volta che ci si è
attrezzati per una colazione,
anzi, una cena al sacco, il
divertimento è assicurato.
Durante il Consiglio dello
scorso maggio, ad esempio,
abbiamo assistito, da parte
dell’attuale maggioranza,
ad una delle più stravaganti
esibizioni che la storia ricordi.
Gli attori, ovviamente, sono
gli stessi che, in tema di viabilità, stanno attuando una vera
e propria persecuzione nei
confronti degli automobilisti,
a cominciare dal famigerato
senso unico di via Giusti fino
al divieto di svolta a destra a
salire da via Roma. Proprio
su quest’ultima assurdità
viabilistica, il nostro gruppo
aveva presentato una mozione per chiedere il ripristino
della situazione precedente,
richiesta avanzata anche da
alcuni consiglieri di sinistra.
Ebbene, dopo un aspro contraddittorio, durato un paio
d’ore, il sindaco, resosi conto
che almeno una parte della
sua maggioranza avrebbe
appoggiato la nostra proposta, ingrana la retromarcia e
si dichiara favorevole a rimuovere il demenziale divieto.
A questo punto, come da
regolamento, (chi presenta
una mozione ha diritto che
il Consiglio si esprima. con
una votazione palese) abbiamo chiesto che si votasse
sull’impegno, anche perché
sull’argomento eravamo stati
più volte ingannati da false
promesse, tutte puntualmente disattese. Risultato della
votazione? Con un colpo
di scena teatrale, l’allegra
brigata che ci governa,
all’unanimità, compreso
il sindaco, vota NO. Evviva
il paradosso: la svolta a
destra viene comunque
ripristinata, ma ancora una
volta, in fatto di incoerenza e
mancanza di senso del ridicolo, i nostri amministratori
non finiscono di stupire.
Ma le sorprese non sono
mancate nemmeno nella
seconda parte della serata,
quando si è parlato di sicurezza, argomento che è stato
inserito all’ordine del giorno
in seguito alle proposte che
il nostro gruppo aveva presentato in sede di discussione
del Bilancio di previsione per
il 2008. Avevamo chiesto
incentivi per l’istituzione di un
servizio di vigilanza notturna
per contrastare l’emergenza
furti, la presenza del vigile
di quartiere, la repressione
dell’accattonaggio molesto
e dell’abusivismo nel commercio ambulante e maggiori
controlli serali e notturni, da
parte della Polizia locale, del
tasso alcolemico degli automobilisti. Ebbene, anche in
questo caso, a parte il fatto
che i Sommesi sono stati volutamente tenuti all’oscuro
che il pubblico avrebbe avuto
il diritto di parola, abbiamo
sentito di tutto e il contrario
di tutto. E questo a cominciare
dal sindaco che ha pubblicamente ringraziato quei
cittadini che si impegnano,
girando la sera per ore a titolo
gratuito, nel controllo della
città, mentre, subito dopo,
un esponente della sua maggioranza ha bocciato; con i
soliti cavilli giuridici, queste
lodevoli iniziative. Curioso,
anzi sbalorditivo, anche il
dato statistico relativo ai
furti, da cui risulterebbe,
secondo la relazione del sindaco, che nella nostra città
se ne verificano meno di
una ventina all’anno, una
realtà totalmente paradisiaca
da fare invidia al più virtuoso dei cantoni svizzeri. Ma,
sorvoliamo benevolmente
sull’ingenuità di chi ha fatto
un po’ di confusione nel presentare i dati. Per la cronaca,
qualche anno fa, secondo la
Prefettura, i soli reati contro
il patrimonio denunciati nel
nostro Comune erano stati 347. Va da se che i furti
che non vengono nemmeno denunciati sono ancora
più numerosi e non sembra
che la situazione attuale sia
sostanzialmente diversa. (Basta chiedere al segretario di
quartiere, sig. Marzolo). Non
intendiamo invece sorvolare
sulle critiche che il sindaco,
nella sua chilometrica relazione ha ritenuto di rivolgere
ad un nostro articolo apparso
sullo scorso numero di ”Spazio Aperto” dal titolo “Evviva,
siamo in 17.000 con tanti,
tanti extracomunitari”. Per
avere espresso il concetto
che concedere la residenza
ad un nucleo famigliare
composto da due persone
e che dispone di poco più
di 5.000 euro all’anno (per
la precisione euro 5.061,68),
equivalente a circa 200 euro
mensili pro-capite, non consente stili di vita particolarmente virtuosi, ma incentiva
la ricerca di “espedienti”
vari per sbarcare il lunario,
ci siamo dovuti sorbire, da
parte del sindaco, una lezione
di economia famigliare che riportiamo fedelmente, rimettendo ci al giudizio dei nostri
lettori: “Sui 200 euro mensili
pro-capite una riflessione. Un
nostro dipendente percepisce in busta paga 1.094,00
euro netti mensili. Ha una
famiglia, una moglie e due
figli ed il suo reddito è l’unico
del nucleo famigliare. Qual
è la disponibilità pro-capite?
Euro 273,50.... non aggiungo
altro!” Invece qualcos’altro
dovrebbe aggiungere per
farci meglio capire come vive
questo parsimonioso dipendente dallo stile di vita francescano, per esempio quanto
paga d’affitto e se d’inverno
si riscalda col fiato del bue
e dell’asinello. Ringraziamo
comunque il sindaco per la
prima puntata del suo manuale di sopravvivenza che
potremmo intitolare “Come
vivere in quattro felici e
contenti con 1.000 euro al
mese”, che giriamo volentieri
ai milioni di italiani che vivono
in piena emergenza carovita.
Nel corso della serata abbiamo pure appreso che i nuclei
famigliari singoli (parliamo
sempre di extracomunitari)
sono costituiti da assistenti
di volo, carpentieri, muratori, manovali, badanti,
camionisti, operatori delle
pulizie e che tutte queste
persone hanno un reddito che varia dai 950 ai
1.200 euro netti mensili
e che ci sono lavoratori
altamente specializzati come rumeni, indiani,
brasiliani, argentini che
hanno redditi netti anche
di 5.000 (cinquemila) euro
mensili”. Indubbiamente dei
gran lavoratori, con stipendi
da far invidia ai manager della
finanza, ma anche dei gran
furbacchioni, visto che, per
quanto riguarda l’erogazione
di sussidi ed aiuti economici
in genere, per l’area “minori
e famiglia” le richieste all’ufficio Servizi sociali da parte di
extracomunitari sono state
oltre il 50%. In ogni caso non
abbiamo mai affermato che
tutti questi immigrati sono
“brutti, sporchi e cattivi”,
ma il quadretto idilliaco che
il sindaco ci ha presentato
non ci convince affatto, anche perché, guarda caso, si
è dimenticato di spiegarci
come e dove vivono i tre o
quattrocento clandestini che
soggiornano abusivamente
nel nostro territorio (il dato è
ricavato da una stima provinciale secondo cui gli irregolari
sono almeno il 2% della popolazione). Per concludere
dove sarebbero le “molte
imprecisioni” che il sindaco
ci rinfaccia? Non ce ne voglia il nostro primo cittadino
se gliene rispediamo una di
carattere ortografico grammaticale che spicca a pag.
7 della sua dotta relazione:
“qualch’uno” con l’apostrofo
(!) e, questa volta, anche noi
non aggiungiamo altro.
Luigi Bollazzi
Insieme per
Difendere Somma
Sanità lombarda: più privato, più bello?
Le mostruosità che stanno
emergendo alla clinica privata
Santa Rita di Milano, sono
solo il frutto dell’ingordigia e
della predisposizione criminale di alcuni individui?
Non sono forse la conseguenza di avere trasformato le
persone in una merce?
Di avere messo si “la persona
al centro”, ma non del sistema sanitario regionale come
vuole farci credere Formigoni,
bensì al centro dei loschi e persino criminali affari di pochi.
Può essere che la Santa Rita
rappresenti, assieme agli altri
casi simili, scoperti negli anni
passati ed anche di recente
(ancora alla Santa Rita, al San
Raffaele, al San Giuseppe,
all’Humanitas) la punta di
un iceberg?
Riteniamo proprio di sì. E le
indagini della Magistratura e
della Guardia di Finanza con-
fermano la nostra convinzione. Ma come! Non ci è sempre stato detto che la Regione
Lombardia, il centrodestra e il
Presidente che la governano,
sono campioni dell’eccellenza
in ogni campo?
E come mai proprio in campo
sanitario hanno costruito un
sistema di controlli che non
controlla?
È dolo, è inefficienza, è incapacità o tutto assieme?
Ma come! Funziona solo il
controllo relativo alle dichiarazioni dei poveri cristi in merito
ai redditi posseduti per evitare
la gabella vessatoria del ticket
sanitario, grande vanto di
Formigoni?
Sarebbe a questo punto opportuno che la Magistratura
indagasse anche le regole
che stabiliscono il sistema
dell’accreditamento e del
convenzionamento (perché
ad esempio si convenzionano strutture private che
utilizzano personale medico
a prestazione?).
“Di fronte ai fatti della clinica Santa Rita, Formigoni e i
suoi amici si lavano le mani
come Ponzio Pilato. Cercano
di accreditare l’idea che si
tratti di un episodio di cronaca nera addossando tutte
le responsabilità a un gruppo
di criminali. “In realtà, non
abbiamo a che fare con una
semplice stortura, ma con le
logiche conseguenze dell’organizzazione mercantile della
sanità lombarda. È la punta
di un iceberg di malasanità di
cui Formigoni è politicamente
responsabile al cento per cento. “Criminogeno è il famoso
modello sanitario lombardo
basato sulla privatizzazione e
la concorrenza delle strutture
sanitarie per accaparrarsi il
denaro pubblico. Un meccanismo che ha fatto di ospedali
e cliniche altrettante aziende
in lotta per il mercato e la
profittabilità delle prestazioni, con riferimento sempre
minore ai bisogni veri della
salute legati al territorio. Il
tutto si traduce in una moltiplicazione delle prestazioni
inutili e persino nocive, con
sperpero del denaro pubblico
a vantaggio degli affaristi
della sanità privata.
“Fino a quando Formigoni e i
suoi uffici stampa riusciranno
a nascondere la realtà con la
solita propaganda elusiva e
trionfalistica?
“Inutile girarci intorno: prima
che sia troppo tardi, il sistema
sanitario lombardo va rivisto
alla radice rimettendo al centro il malato, fuori da ogni
logica di profitto. E questo è
possibile solo ristabilendo un
APPARTAMENTO TIPO B
APPARTAMENTO TIPO A
PIANO TERRA CON
GIARDINO PRIVATO
PIANO PRIMO
CON BALCONI
PIANO INTERRATO
CON BOX AUTO
VENDE
villette e appartamenti con giardino
modello che si affidi alla programmazione, alla gestione,
alla responsabilità pubblica in
materia di diritti indisponibili
come quelli alla vita e alla
salute di tutti”.
Sarebbe utile che questo Governo Regionale,
questo Presidente, prendessero atto non solo del
fallimento del loro operato, ma soprattutto delle
nefaste conseguenze per
i cittadini lombardi e levassero quanto prima il
disturbo.
È ora di dire basta soldi
pubblici ai privati! I cittadini Lombardi pagano e vogliono una sanità pubblica
sicura ed efficiente.
C. Foti
Partito della Rifondazione
Comunista
Circolo di
Somma Lombardo
PER INFORMAZIONI
PIANO
MANSARDA
0331/23.40.49
spazio
aperto
opinioni e forze politiche
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 17
Cava Frutteto: una vicenda che svantaggia Somma
Cronistoria
Nel 1999, il Consiglio Regionale, nel modificare il precedente Piano Cave del 1992,
inserisce l’Ambito Estrattivo
Territoriale (ATE) sito in località Frutteto in Comune
di Somma Lombardo (vedi
planimetria allegata).
La Cava in oggetto confina ad ovest con la Cascina
Mazzafame, a sud con la
Cascina Frutteti e la SS 336
di Malpensa, mentre gli altri
2 lati confinano con aree boscate. Tale area, essendo posta all’interno del perimetro
“D2” del Piano Territoriale
di Coordinamento (PTC) del
Parco del Ticino, è sottoposta
a vincolo archeologico. La
superficie complessiva dell’ambito è di 297.500 mq di
cui una parte (19.500 mq) è
boscata.
La riserva stimata di quantità
estraibile è di 2.600.000 mc
in 10 anni, la produzione
consentita alla scadenza del
Piano Cave è di 600.000 mc
e la profondità massima di
scavo è di 10 m. Nel dicembre 2001, Cave Riunite S.r.L.
proprietaria dell’area, chiede
di poter avviare l’attività di
escavazione ai sensi della
Legge Regionale n. 14 del
1998.
Nel febbraio 2002, il Consorzio del Parco del Ticino e
il Comune di Somma Lombardo (Sindaco Brovelli) si
oppongono alla richiesta.
Il Parco del Ticino evidenzia problematiche legate
all’apertura di un nuovo polo
estrattivo in quanto le 2 cave
di Lonate P. soddisfano abbondantemente le richieste
di materiale estrattivo a livello
provinciale; inoltre, evidenzia
la necessità di procedere
alla Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA) in quanto
la superficie della cava è di
oltre i 20 Ha e il materiale
estrattivo oltre i 500.000
mc/anno (parametri limite
imposti dal D.p.r. del 1204-1996).
A fronte di questi dinieghi,
dopo una serie di rimpalli con
la Regione, la Provincia di
Varese (con Atto Dirigenziale
n. 5715) provvede ad autorizzare l’avvio dell’attività
estrattiva. Il Sindaco Brovelli
non firma la Convenzione
con la Società Cave Riunite
S.r.L. in quanto restano sospese molte problematiche
circa l’apertura del polo
estrattivo (mancanza della
VIA, contrasto con il PTC del
Parco del Ticino, contrasto
con il Piano del Verde di
Malpensa 2000 che prevede
la Cava Frutteti come Area
di Rimboschimento).
Appena eletto (sic!), il Sindaco Colombo sottoscrive,
con delibera consiliare, la
Convenzione con la Società
Cave Riunite. L’1-08-2007,
con delibera n. 144, la Giunta Municipale di Somma
modifica la Convenzione,
ampliando l’area di escavazione di 24.200 mq (circa
230.000 mc in più).
Le ultime vicende
Nel giugno 2008, la Commissione Ambiente Regionale, con il solo voto del PDL
(la Lega si astiene mentre il
Centrosinistra e la Sinistra
Radicale escono dall’Aula
dopo grandi proteste), porta
a 4.000.000 di mc il volume estraibile della Cava in
oggetto. In precedenza, la
Giunta Regionale della Lombardia aveva già aumentato,
con un colpo di mano, il volume estraibile da 1.200.000
a 3.000.000 di mc. Il Sindaco
di Somma Lombardo si dice
“sorpreso” di questa decisione. Il Consigliere Regionale
Luca Ferrazzi del PDL risponde duramente al Sindaco
dicendo che il Comune di
Somma non ha mai inviato
in Regione osservazioni al
Piano Cave della Provincia di
Varese. Come si può vedere,
sono solo giochetti allo scaricabarile che si svolgono tutti
all’interno dell’area di potere
del Centrodestra!
Altri comuni della zona,
fra cui Travedona-Monate (sindaco PDL in testa), si
sono ribellati alla proposta
di ampliamento delle loro
cave, ed hanno ottenuto
modifiche significative atte
a difendere il loro territorio.
Dal Comune di Somma Lombardo niente!
C’è forse la remota speranza di avere qualche contropartita (piazza, piscina, o
altro) dal buon cavatore? In
un territorio già martoriato
dalla presenza significativa dell’Aeroporto e da una
vecchia discarica, c’è il reale
rischio di avere in loco un bel
“cratere”, magari profondo
anche 30 o 40 m, visto che
la profondità della falda va-
ria, in quella zona, dai 56
ai 62 m.
Non vorremmo che, una volta terminata l’escavazione,
questo “buco” non diventi
una nuova discarica.
Conclusione
La conseguenza sarà che i
cittadini di Somma vedranno
aumentare la devastazione
del territorio, sia dal punto
viabilistico attorno all’area
di cava (a proposito, ma che
fine ha fatto la Tangenziale
esterna tanto sbandierata in
campagna elettorale?) che
dell’inquinamento in generale (polveri), senza ottenere
alcuna controparte.
Appare facile dire che negli
anni passati avevamo ragione noi nell’opporci all’apertura di questa cava, ma la
realtà è che, purtroppo, dobbiamo nuovamente ribadirlo. È sotto gli occhi di tutti
i cittadini costatare come i
volumi escavabili aumentano a ritmi vertiginosi man
mano che gli atti riguardanti
questa vicenda passano e si
rimpallano da una Amministrazione all’altra (Regione,
Provincia e Comune), tutte
ben saldamente in mano al
Centrodestra.
Per il Circolo PD
Somma Lombardo
E. Bresciani,
G. Varalli, A. Bosio
Quando la Democrazia è solo sulla carta
Il progetto di riqualificazione della piazza di Mezzana
Come molti residenti a
Mezzana già sanno, la
Giunta Comunale di Somma Lombardo ha predisposto un progetto per
la riqualificazione della
piazza di Mezzana e delle
aree ad essa limitrofe. Il
progetto prevede un importante cambiamento, sia per
l’aspetto viabilistico sia per
quanto riguarda le innovazioni architettoniche nella
zona. La Giunta Colombo
ha deciso di convocare
un’assemblea pubblica
a Mezzana per illustrarlo
alla cittadinanza. Il Sindaco, coadiuvato dall’Assessore ai lavori pubblici
Consonni, ha preparato per
la serata parecchio materiale
informativo per i cittadini
intervenuti, con l’intenzione di voler far apprezzare
al meglio il progetto. La
convocazione di questa
assemblea è stata ancora
una volta, però, l’occasione per evidenziare alcuni
gravi errori di metodo
da parte della Giunta
che sentiamo il dovere
di ricordare. Come Partito
Democratico al momento
ci riserviamo dall’entrare
nel merito del progetto,
sul quale nutriamo qualche
riserva e ci associamo allo
sdegno e alla frustrazione
di una parte della comunità
mezzanese che ha notato
la mancanza di un aspetto
a loro caro, ossia la completa pedonalizzazione del
Viale della Madonna della
Ghianda; inoltre sono sorte
più voci di disappunto per
la decisione di cestinare le
proposte di alcuni mezzanesi. Il fattore che ha generato, in ogni caso, più
frustrazione e delusione
è stato il metodo utilizza-
0331 259854
to dall’Amministrazione
Comunale nel presentare
il progetto già approvato in seno alla Giunta
senza che i residenti a
Mezzana potessero comunicare suggerimenti,
miglioramenti o critiche
ad esso; in parole povere,
la comunità mezzanese è
stata riunita solo per essere informata delle decisioni sulla riqualificazione
della piazza già approvate. Questo grave errore
di comunicazione e di
mancata partecipazione
nello sviluppo del progetto
da parte dell’assemblea di
quartiere di Mezzana è ulteriormente aggravato
dal fatto stesso che lo
Statuto Comunale obbliga l’Amministrazione
Comunale a discutere e
a presentare il progetto
di opere pubbliche ai co-
mitati di quartiere prima
che questo venga approvato dalla stessa.
Questo è, comunque, l’ultimo episodio di scarso senso democratico dimostrato
dalla Giunta Municipale.
Altri esempi sono accaduti
durante i lavori per la costruzione della nuova ala
dell’asilo di Mezzana, per
la Piazza del Pozzo e per la
Piazza del Comune. Tutto
ciò sta a testimoniare la
mancanza di una volontà specifica della Giunta
di voler coinvolgere, nella
realizzazione di importanti
opere, le varie comunità
locali, che sono le più dirette
fruitrici degli interventi.
L’errore che, a nostro avviso,
la Giunta sta commettendo, è quello di ritenersi un
“Governo dei Migliori”, che
arroccato nella propria torre
d’avorio non ritiene né utile
né necessario confrontarsi
con la comunità locale. Tale
comportamento scaturisce
forse nel confidare troppo sulle proprie capacità e
competenze, ritenute appunto le migliori: su questo
punto preferiamo lasciare
ai cittadini sommesi il giudizio. Anche la legittima
consapevolezza di essere
stati democraticamente
delegati dalla cittadinanza
a prendere delle decisioni,
non giustifica l’assenza di
uno dei cardini dell’agire in
modo democratico, ossia
che le decisioni prese da una
maggioranza devono essere
attuate nel pieno rispetto
delle regole e della tutela delle minoranze: questi
aspetti, occorre rimarcarlo,
sono stati sicuramente deficitari in molti precedenti
interventi della Giunta Colombo.
In conclusione spingeremo con forza affinché
l’Amministrazione Comunale e in particolare
l’Assessore alla Partecipazione in futuro possano seguire con più fedeltà i dettami dello Statuto
Comunale nell’interesse
della comunità sommese e che si attivino per
coinvolgere opportunamente e maggiormente i cittadini sommesi,
ascoltando le loro richieste e
istanze; interpellando anche
degli ottimi strumenti di
democrazia diretta, quali
sono i comitati di quartiere
(alcuni dei quali scaduti da
parecchio tempo), le cui
esistenza e attività sono già
descritte e regolate nello
Statuto Comunale.
Per il Circolo del PD di
Somma Lombardo
Gianluca Sari
spazio
aperto
Quanti pensieri tristi, e
raramente lieti fa sorgere
alla mente questa semplice parola “Emigrazione”.
Se poi la trasformiamo in
“Immigrazione” sono dolori
poiché, ai pensieri, si accomunano parole e gesti che,
a ragionarci bene, poco si
addicono a persone sagge
ed intelligenti.
Infatti, proviamo ad unire
ad “Immigrazione” queste
poche parole: clandestinità,
delinquenza, paura di essere sopraffatti dal numero
degli immigrati e quindi la
perdita di identità nazionale
o regionale da parte di chi
accoglie gli immigrati, ed
ecco che la mente entra in un
girone dantesco di pensieri
negativi e di paura i quali,
per il momento, non sono
seguiti da atti di violenza
sulle persone.
È la parola “paura” che,
storia loocale
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 18
Emigrazione
Vorrei iniziare questo mio breve colloquio con Voi lettori
utilizzando le parole di un nostro concittadino giornalista
che, parecchi anni fa titolava una sua rubrica su di un
quotidiano serale milanese. Egli, titolando la sua rubrica
con le parole: “Pensaci Giacomino” intendeva sollecitare i
suoi lettori a riflettere su quello che la sua penna metteva
nero su bianco, quasi obbligandoli a pensare, intuendo
che, solamente pensando e ripensando su quanto si
legge o si vede, si può alla fine dire cose sensate o meglio
ancora piuttosto che dire cose a vanvera fare un “bel
tacere”. Pensare... pensare... ed in questo caso c’è una
parola che può far nascere una serie di ragionamenti
più o meno lieti, più o meno tristi, ma sempre validi, e
la parola è “Emigrazione”.
qualche anno fa entrò sporadicamente tra la gente
“nostrana”. Man mano che
l’immigrazione assumeva
un andamento sempre più
notevole, ed incontrollato,
più frequentemente tale parola entrò sia nel dialogare
giornaliero, sia in programmi
radiotelevisivi.
Così con il passare degli anni,
a motivo dell’enorme numero di immigrati, siano essi legalizzati oppure clandestini,
nella mente della maggior
parte degli italiani si venne a
formare un modo di pensare
che, cancellando ogni forma
di solidarietà per gli altrui
bisogni (come: ricerca di una
migliore condizione di vita)
oppure, peggio ancora, per
sottrarsi ad una guerra nel
loro paese d’origine, determinò la nascita di un pensiero
oltremodo egoistico sotto
forma di “salvezza della no-
combatterono delle guerre
con le popolazioni che le
abitavano.
Con queste motivazioni furono mandati migliaia e migliaia di concittadini a combattere in Africa, illudendoli
che, dopo tali guerre essi
avrebbero avuto in proprietà
campi da coltivare per le
loro famiglie come se fossero terre ove scorre latte e
miele, mentre invece furono
fonte di inutili sacrifici, fatiche, sudore e sangue. Inoltre
furono sempre malvisti dalle
popolazioni sottomesse, ed
alla fine furono rimandati da
dove erano venuti a furor di
popolo.
Ultimamente, dopo la Seconda Guerra Mondiale
molti italiani decisero che,
per la propria sopravvivenza,
era meglio emigrare, lasciare
il proprio paese, ed avviarsi verso altri più o meno
stra identità etnica”.
Purtroppo questo modo di
pensare che, qualcuno giudicò oltremodo egoistico,
fece dimenticare alla maggior parte di noi italiani il
nostro passato sia remoto
sia prossimo.
Infatti, se andiamo indietro
nel tempo e leggiamo i vari
registri comunali che trattano questo grave problema,
possiamo leggervi molti
nomi di nostri compaesani
che, per non morir di fame,
presero la via dell’emigrazione verso paesi lontani o
lontanissimi dai quali ben
pochi, in seguito, poterono
ritornare.
A volte l’emigrazione fu
mascherata dai nostri governanti come “Portatori di
Civiltà ” in terre sconosciute
ai più, oppure come diritto
ad avere un “Posto al Sole” e per questi motivi si
Par ricurda’a i emigrant
Per ricordare gli emigranti
Oh gent vignì a sintì ka cunti su
Da gent che cunt i rood o cunt barchèt
L’è nacia in gir pà ’l mund a catà-su
Cui sò sudour danè par i michèt
Oh gente venite a sentire quello che dico
Su gente che con le ruote o con barchette
È andata in giro per il mondo a raccogliere
Con sudore soldi per il pane.
Daj temp di Duca-vicc, ormaj luntan
La gent di nost paes s’è daj da fà;
L’è nacia in Franza, Prusia par ul pan,
In ‘Merica, Austraja...e.. pusè in là.
Dai tempi degli antichi Duchi, ormai lontani
La gente dei nostri paesi si è data da fare;
È andata in Francia, Prussia, per il pane,
In America, Australia... e... più in là.
La gent cunt su la neff suj sò cavèj
A la ricorda anmò mè fuss ... duman...
Quand gh’è finì la ghèra, par fa i ghèj
Quanti parent e amis in nacc luntan.
La gente con la neve sui loro capelli
Ricorda ancora come fosse... domani
Quando finita la guerra, per guadagnare soldi
Quanti parenti ed amici sono andati lontano.
Sì, ricurdemm ‘nsema, sangh dal nos sangh,
Finì luntan da chì in tera negra,
Par lasam fià e minga mett i stangh,
Par lasam chì a pacià ul pann da segra.
Si, ricordiamo assieme, sangue del nostro sangue
Finito lontano da qui in terra cattiva
Per lasciarci respirare e non metterci intralci
Per lasciarci qui a mangiare pane di segale.
I mamm quanti suspir hann mandà giò
Insema aj pà, par dì, par mees, par ann:
Fin quand j-hann vist (quaj v’un) turnà chì-mò
Fin quand ul Temp la quatà-giò i afann.
Le mamme quanti sospiri hanno inghiottito
Assieme ai papà, per giorni, mesi ed anni:
Fin quando li hanno rivisti (qualcuno) tornare
Fin quando la Morte ha coperto gli affanni.
Inscì l’è staj par tanci Sancarlitt,
Par Bergamasch cul goss e Ludigian,
L’è staj par Piamuntees e Mandaritt,
Parchè tutt l’è Paes, tucc sèmm ‘talian.
Così è stato per tanti Veneti,
Per Bergamaschi e Lodigiani,
È stato così per Piemontesi e Siciliani,
Purché tutto è Paese, tutti siamo Italiani.
Mò setà-giò sèmm chi par ricurdà
La gent che mò gh’è pù, ka gh’è partì:
Ma insema a nunn gh’è gent ka gh’è rivà...
Ma anca lour ricord ga n’hann... eeeh... sì.
Ora seduti siamo qui per ricordare
La gente che adesso non c’è più, che è partita:
Ma assieme a noi c’è gente che è arrivata...
Ma anche loro ne hanno di ricordi... eeh...sì.
PS. Seguono alcune illustrazioni d’epoca per meglio sottolineare quanto
scritto.
Sopra la copertina della Domenica del Corriere datata 30 Ottobre - 5 Novembre 1938
- XVII che mostra la partenza di “ventimila” nostri connazionali per la Libia “dove
moderne case e vasti poderi attendono i nuovi colonizzatori”.
Al centro: quella del 13-19 Novembre 1938 - XVII, per far conoscere “il festoso arrivo
di un gruppo di coltivatori italiani in uno dei nuovissimi paesi sorti in Libia;
una casa con tutte le comodità e un vasto campo attendono le laboriose famiglie”. Ora si pone una domanda: quanto durò la felicità dei nostri colonizzatori?
La risposta: dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale sia i colonizzatori della Libia sia
quelli che, in seguito, partirono per l’Africa Orientale in cerca di un posto al sole nelle
terre dell’Impero appena conquistate, si videro rimpatriare con la forza, poveri più di
prima, dagli “Alleati Liberatori” con un trattamento che, in modo molto eloquente,
è sottolineato dal settimanale satirico Don Basilio. (Vedi illustrazione).
lontani, lasciando agli altri
famigliari meno coraggiosi
quel poco che avevano.
Ma questi tragici anni noi
italiani non vogliamo più
ricordarli, vogliamo dimenticare che, fino a pochi anni
fa siamo stati noi ad essere
giudicati dei clandestini, dei
ladri di lavoro.
Oggigiorno accade spesso
di sentire accomunata alla
parola immigrato quella di
delinquente come se tutti
gli extracomunitari, siano
essi regolari sia clandestini,
fossero dediti allo spaccio
della droga, al furto oppure
alla rapina, ma non è così.
Come un tempo i nostri
emigranti NON TUTTI furono dei malfattori tipo: Al
Capone, Lucky Luciano ecc.,
così dobbiamo pensare che,
anche coloro che in questi
anni sono arrivati tra di noi
provenendo dai molti paesi
del globo, NON TUTTI sono
dei delinquenti ma persone
bisognose di trovare, e giustamente, un modo migliore
di sopravvivenza per se e per
i loro figli.
Questa poesia scritta parecchi anni fa in occasione di
una giornata dedicata agli
emigranti indetta dal Comune di Taino, un comune
della nostra provincia a pochi
chilometri da Somma, spera
di esprimere al meglio le
problematiche che stanno
all’interno della parola “Emigrazione”.
Nello stesso tempo cerca
di farne rivivere il loro ricordo alla maggior parte dei
sommesi i quali, oggigiorno,
invece di emigrare alla ricerca
di un “pezzo di pane” si
“accontentano” di andare in
paesi lontani per “rilassarsi”
dalle tensioni che, la vita
moderna, li affatica.
spazio
aperto
storia locale
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 19
Tre copertine della Domenica del Corriere la prima datata
28.2.1932, la seconda 7.12.1947 e la terza 29.12.1946 che
mostrano, se ce ne fosse bisogno, quali tremende situazioni
dovettero affrontare i nostri connazionali nel tentativo di
emigrare verso un futuro più roseo per loro e per i loro figli. In
alcuni casi la morte li attendeva sulla via dolorosa dell’espatrio.
Ma per chi raggiungeva il luogo sospirato, come se fosse il
nuovo Paradiso, cosa l’attendeva? Una vita facile? Gente
comprensiva per la loro disastrata condizione? Se penso a
Mancinelle ed a tutti i minatori morti in Belgio ed in altri paesi
direi proprio di no. Orbene se invece dei nostri connazionali
vi fossero raffigurati i clandestini che, oggigiorno rischiando
la propria vita attraversano il Mediterraneo su barconi fatiscenti od in T.I.R. stivati come porci ci commuoveremmo
ugualmente? Riflettete gente, riflettete.
Qui un paio di fotografie, sempre tratte dalla Domenica del
Corriere datata 22.6.1947, dedicate a coloro che stanno
per avviarsi verso terre lontane nella convinzione di trovare
luoghi ove “far fortuna” cioè uscire una buona volta dalla
misera condizione nella quale stanno. Era il dopoguerra.
L’Italia, uscita dalla II G. M. si trovava in miserande condizioni,
paesi devastati dai bombardamenti, fabbriche sinistrate e
quindi con pochissima offerta di lavoro per i reduci che tornavano dai vari campi di concentramento. In conseguenza
di questo molti cercarono nell’emigrazione una vita migliore
per loro e per la famiglia che intendevano costruirsi. Anche
se avevano la morte nel cuore nel lasciare i loro genitori e
i loro paesi natii, molti mostrano volti sorridenti, in quanto
fiduciosi su quello che li aspetta ma, e la domanda s’impone, come furono accolti dalle popolazioni straniere? Da
ruba lavoro oppure da “Vu Cumprà”? Avranno raggiunto
il benessere al quale aspiravano? Sorge un’altra domanda
molto importante: ammesso e non concesso che l’abbiano
raggiunto quel benessere, quanti sacrifici hanno dovuto
sostenere, e quanto pianto di nostalgia hanno fatto? Forse
è meglio non dare una risposta.
Alla fine di questa piccola
chiacchierata sull’emigrazione desidero parlare d’alcuni
compaesani che, tra la fine
dello XIX secolo e l’inizio
dello XX emigrarono in terre
lontane. Il primo è Monsignor Albino Gorla il quale
non si potrebbe chiamare
propriamente “emigrante”
in quanto scelse di andare in
Terrasanta come sacerdote
all’età di diciotto anni e colà
rimanendo fino alla morte
avvenuta alla non tenera
età di cento e un anno compiuti. Un secondo fu Carlo
Pedroni partito anch’esso
giovanissimo per gli Stati
Uniti e colà rimase fino alla
sua morte avvenuta all’età
di novantadue anni. Egli mi
raccontò che un suo parente
Pedroni Felice fu lo scopritore
dell’oro dell’Alaska e che tale
scoperta diede inizio alla
“corsa dell’oro” in quella
regione. Purtroppo questo
lo venne a sapere oramai
avanti negli anni e non potè
svolgere accurate indagini
sul fatto. Pochi anni fa ebbi
modo di andarlo trovare e,
ricercando nella biblioteca
di Cottage Grove, Oregon;
trovai questa foto nella sto-
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APERTI TUTTO AGOSTO
CON PROMOZIONI ESTIVE
ria dell’Alaska. Di Peruzzotti Carlo ho avuto notizia
qualche tempo fa da suo
pronipote Giuseppe il quale
mi ha raccontato che Carlo
era emigrato in giovanissima
età in Patagonia (cioè nella
lontanissima Terra del Fuoco)
e, purtroppo, non fece più
ritorno a Mezzana.
Da: AMARCORD
DI UN TEMPO CHE FU
di Carlo Ferrario
Carlo ed Annetta Pedroni
nella foto per
il passaporto nel 1970.
Sotto a sinistra: Monsignor
Albino Gorla nel giorno
del suo centesimo
compleanno.
Sotto a destra: foto
del monumento eretto
nella piazza principale
di Fairbanks, capitale
dell’Alaska, in onore allo
scopritore dell’oro in quella
remota regione. Come si
sa l’Alaska fu un territorio
della Russia degli zar e fu
acquistato dagli U.S.A. per
pochissimi dollari.
spazio
aperto
associazioni
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 20
Rock Inn Somma 2008
Anche quest’anno si rinnova
l’appuntamento con il Rock
Inn Somma: un appuntamento imperdibile per tutti
gli amanti della musica rock a
360 gradi e non solo. L’invito
è rivolto, infatti, anche a chi
vuole passare una serata
piacevole all’insegna della
buona musica, a chi vuole
placare la calura estiva e la
propria golosità sorseggiando della buona birra e provando i prodotti dell’ottimo
stand gastronomico. Senza
dimenticare che ci sarà lo
stand de “Il Cirroso” con
tutti i suoi spassosi giochi:
anche quest’anno l’evento
sarà l’occasione per delle
simpatiche sorprese.
La festa si svolgerà come è
solito in tre serate. Venerdì dalle 19,30 inizierà la
prima serata di concerti:
i Wildsnake (Whitesnake
tribute band, hard rock)
come headliner, supportati
dagli energici Exalt Cycle da
Milano (nu-metal) ed i Down
Cure da Somma Lombardo
(nu-metal). In serata si esibiranno anche i vercellesi
Alltheniko (trash metal) e
come apertura, i Marshall
Point da Cardano al Campo
che propongono alternative
metal.
Sabato la serata inizierà
alle 19 e ad aprire le danze
saranno i giovani gallaratesi
Rush Anger (trash metal),
seguiti dal rock dei sommesi
Etra (rock). A loro farà subito
seguito l’horror punk dei
milanesi Greedy Mistress
e Easygirls per concludere
con l’heavy metal di Storm
Bringer e Main Pain, rispettivamente targati Varese e
Novara.
Anche domenica i cancelli apriranno alle 18,30,
mentre i concerti inizieranno
alle 19. L’inizio serata avrà
un impronta decisamente
più folk/gothic metal e si
avvicenderanno sul palco
gli Eternal Silence (gothic
metal da Luino), i bravissimi
Furor Gallico (folk metal da
Monza), i Sidhe (gothic/folk
metal) e una band che riproporrà brani classici del
folklore irlandese in chiave
più rock Uncle Bard & The
Dirty Bastards! La serata si
chiuderà con le esibizioni dei
Bejelit (epic/power metal) da
Arona e dei novaro-varesini
Fury’N’Grace (proressive/
doom metal). Ci vediamo
dal 18 al 20 Luglio al campo
sportivo di Somma Lombardo in via Novara per il Rock
Inn Somma 2008!!!
Rock Inn Somma regala birra
a chi arriva mezz’ora prima
dell’inizio dei concerti.
Siate puntuali! Anzi... in anticipo!
Il Comitato organizzatore
Rock Inn Somma 2008
Gabriele Peloso
I Quartieri di San Bernardino
e San Rocco e la loro Festa di Primavera
Finalmente è stata festa
anche per i bambini e i ragazzi oltre che per i grandi!
Lasciatecelo dire: ci siamo
riusciti!
In un mese l’abbiamo pensata ed organizzata e tutti, tutti, sono rimasti soddisfatti.
Domenica 30 marzo nella
zona mercato, la gente è
stata tantissima, molta più
delle nostre più rosee previsioni. Quello però che ci ha
fatto più piacere è stata la
partecipazione di tantissimi
giovani e bambini che, a seconda dell’età hanno trovato
ad aspettarli giochi e gare
a premio, ma soprattutto
un clima di sana e festosa
allegria. Ed è stata subito
festa!!!
Ci siamo ricordati di quei
vecchi cari giochi tradizionali
che caratterizzavano le sagre
paesane, li abbiamo proposti
e il risultato ci ha ampiamente premiato.
Le gare più divertenti sono
state: per i grandi quella degli
spaghetti mangiati in una
terrina con le mani dietro
la schiena, per i più piccoli,
invece, quella del budino
posto in un vaso da notte
mangiato allo stesso modo,
ma con l’aiuto alla fine dei
genitori. Per le coppie mangiare una mela appesa ad un
filo è stato veramente arduo
ma altrettanto divertente. Di
seguito le gare di resistenza:
salto della corda, hula-hop,
campana, e cucchiaino in
bocca per reggere una pallina da ping-pong. I giochi
delle freccette, ma soprattutto quello dei barattoli, sono
stati i preferiti dai ragazzi.
Un successone è stato anche il mini-corso con relativo diploma di “Maestro
Gelataio” tenutosi presso la
“Gelateria Peccato di Gola”
che ha coinvolto moltissimi
bambini. Dotati per l’occasione di calzari usa e getta, di
magliette e cappellini, hanno
potuto vedere come viene
fatto il gelato artigianale e
alla fine, entusiasti, gustarlo.
Peccato che nessuno abbia
pensato di fotografarli! Sarebbe stata la cornice più
adatta a questo articolo.
Faremo meglio la prossima
volta.
I vincitori delle gare sono
stati premiati con patatine,
gelati e bottiglie offerte dai
vari espositori. In quanto
a noi per recuperare qualche soldino che coprisse in
parte le spese, siamo ricorsi
al gioco del “peso” di una
pancetta (kg. 4,034) offerta
dalla “Bottega della Carne”
e vinta da Fortunato (di nome
e di fatto) fiorista del Cimitero
oltre che di una torta gelato
offerta dalla Gelateria già
menzionata e vinta dalla
signora Piera.
Bellissima è stata l’esibizione
di break-dance dei ragazzi
di Antonio Pitrelli (sempre
disponibile) e che ha confermato ancora una volta l’alto
livello e la versatilità della
sua palestra. Lo ringraziamo
caramente.
Un altro grazie agli espositori
che, rappresentando le attività dei nostri due quartieri,
riqualificano Somma bassa.
Bravissimi gli hobbisti!!! Abbiamo degli artisti in casa e
non lo sapevamo.
Infine, grazie al Ristorante
San Rocco, alla Spuntinoteca
e alla Gelateria Peccato di
Gola, è stato assicurato un
ristoro superlativo!!!
Questa manifestazione
ideata con l’unico scopo di
portare un po’ di vita e diver-
timento anche in periferia,
è riuscita grazie al lavoro e
alla partecipazione di tante
brave persone che hanno
risposto al nostro appello
(come avevano già fatto per
il carnevale) felici di lavorare
tutti insieme per i loro quartieri e la loro città.
Siamo convinti che questo
“lavorare insieme” ci migliori
in ogni senso, come persone
e come cittadini. Il nostro augurio è quello di annoverare
presto tra di noi altri amici
che ci aiutino a rendere più
vivibile la nostra città.
Alla prossima dunque!!!
Questo articolo doveva comparire insieme ad altri due
presentati dai Quartieri sul
precedente numero di Spazio Aperto, ma ci è stato
rifiutato poiché lo spazio a
disposizione era limitato. Le
nostre proteste sono state
raccolte dalla Prealpina ed
il giorno 31 maggio 2008 è
uscito un articolo che titolava appunto. “Più spazio ai
quartieri!”. Il signor Locurcio
direttore della nostra rivista
civica, intervistato dalla giornalista, si è difeso dicendo
che non riesce a far stare in
pagina sempre tutto aggiun-
gendo che, per non tagliare
nulla dal pezzo del Sig. Mauro Picchetti aveva dovuto
ridurre l’altezza dei caratteri
tipografici. Ma grazie Signor
Locurcio, era proprio questo che volevamo dire! Due
pesi... due misure, poiché
l’insieme dei nostri tre articoli
non ne eguagliava neanche
metà. Infine, vorremmo puntualizzare che i Comitati di
Quartiere rappresentano
qualche migliaio di cittadini,
mentre il Sig. Picchetti (senza
rancore) rappresenta solo se
stesso.
Questa piccola diatriba con il
direttore del nostro giornale
ci è servita se non altro ad
ottenere dal Sindaco Colombo l’impegno a farci avere
(come prevede lo Statuto
Comunale per i Quartieri che
organizzano manifestazioni)
un contributo per rimborso
spese.
Noi vogliamo crederle Signor
Sindaco, diversamente significherebbe che la sua Giunta
non si attiene “nemmeno”
alle regole che si è data.
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spazio
aperto
associazioni
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 21
L’Ospedale Bellini tra promesse e speranze: quale futuro?
Si era espresso così l’assessore
regionale Raffaele Cattaneo in
una intervista sull’ospedale Bellini
di Somma Lombardo: “Oggi un
ospedale deve puntare sulle sue
specialità, perfezionarsi in aree di
intervento in grado di richiamare
utenti”. È in questo senso che
qualche anno prima tra Azienda
Sanitaria e Amministrazione Comunale è stata concordata e redatta
la riqualificazione moderna Medico-Chirurgico-Riabilitativo, inserita
nel Piano Strategico 1999/2001
che, ribadito e votato all’unanimità
nella seduta del 21/12/2007 -una
copia è stata fatta pervenire al
nuovo Direttore Generale dott.
Armando Gozzini - portava il Bellini
ad essere una struttura ancora per
acuti in una prospettiva più funzionante in grado di rispecchiare la vera
esigenza del territorio nelle direttive
programmatiche regionali. I punti
centrali del Piano erano: riattivare il
“primo intervento” in una apertura
di 12 ore, mantenere il primariato
di Medicina Interna, sviluppare la
Cardiologia e un centro per l’Ipertensione, attivare una Unità Organizzativa Polichirurgica Aziendale
con 12 p. l. di Day Surgery e 12 p.
l. di Five Surgery (chirurgia di 5 gg)
che avrebbe permesso di garantire
la presenza dell’Anestesista anche
in supporto al primo intervento,
ristrutturare le due sale operatorie al
secondo piano. Il 02/01/08, giorno
dell’insediamento ufficiale, il nuovo Direttore Generale esordì sulla
stampa dicendo: “...il principio della
territorialità sarà irrinunciabile... per
il Bellini non andremo certo indietro,
ma tenderemo al miglioramento... considerando l’importanza
del rapporto con Malpensa e la
qualità delle prestazioni”. Otto
giorni dopo lo stesso definì il Bellini
irrinunciabile risorsa, un ospedale
vivo da valorizzare secondo principi
di efficienza ed efficacia, nel dialogo
col territorio e nel confronto con la
realtà locale, senza precludere altri
potenziamenti: “Sto studiando
-continuava- una brochure che
mi ha fatto pervenire il Sindaco
di Somma: è ricca di spunti interessanti che meritano di essere
approfonditi”. Il 7/03/08 il dottor
Gozzini ribadì la necessità di far
funzionare al meglio l’esistente
per le sue tipicità, per il fatto che
serve una certa area di territorio ed
ha un’impronta Riabilitativa oltre a
valenze Chirurgiche e di Medicina
Interna da mantenere.
Il Comitato pro Ospedale “A.
Bellini”, fondato nel 1984, unico
comitato istituzionalmente riconosciuto, nello scorso mese di
febbraio, chiese al Sig Sindaco
che fungesse da tramite per un
incontro ufficiale con il nuovo Direttore Generale; poiché a maggio
l’incontro non c’è stato, si è cercata
una nuova strada con l’intervento
di un esponente di maggioranza,
sperando di avere più fortuna, ma
a tutt’oggi niente! Se il nuovo D.G.
ritiene l’incontro con il Comitato
solo una perdita di tempo, presumendo che siamo venditori di
aria fritta, dei rompiscatole che di
sanità e ospedale non capiscono
niente, mi dispiace, non è affatto
così! Io credo che, dopo trent’anni
di lavoro al Bellini qualcosa ho imparato. Faccio parte del Comitato
dal 1985 e credo di aver dato un
buon contributo nella salvaguardia
dell’ospedale: quando il dott. Rania
fece la sua prima visita ufficiale
in ospedale mi volle conoscere
(forse qualcuno gli aveva riferito
che facevo parte di quel Comitato
che aveva mandato a casa il suo
predecessore con manifestazioni
e articoli sui giornali), parlammo
e fu una chiacchierata costruttiva.
Vorrei venisse definitivamente sfatato quell’atteggiamento insipiente
che induce ad identificare il nostro
impegno con una anacronistica
iniziativa campanilistica, perché in
tutti questi anni abbiamo sempre
considerato l’ospedale un bene e
un patrimonio di tutti i cittadini nel
suo naturale bacino di utenza attribuitogli sulla carta, senza trascurare
che attualmente c’è affluenza anche dal bacino del S. Antonio Abate
e dal vicino Piemonte.
Nella delibera del 21/12/07, si chiedeva che, prima di ogni decisione
in merito al futuro dell’ospedale, si
potesse visionare il Pofa (Piano Stra-
HOU
L
I
ED S.R.L. SE
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Ric.
disagi Angera e Gallarate!
Nei locali ristrutturati degli ambulatori di Cardiologia del Bellini, terminati sei mesi fa e costati 300000
euro, mancano solo gli arredi: si
spera che vengano inaugurati a
breve, dato che a Gallarate è già
stato fatto.
Sempre nell’articolo del 15/06/08, si
parlava dello spostamento dell’auto
medica del 118 da Gallarate a
Somma per un consolidamento:
ben venga questa nuova strategia
logistica, a dimostrazione del fatto
che il Bellini si trova in un punto
molto strategico di un territorio
assai vasto. Considerato che l’obiettivo Aziendale è di far funzionare
al meglio l’intero dipartimento
di emergenza, così da ottenere
prestazioni tempestive ed efficaci,
evitando dispersioni di qualunque
tipo, si auspica che, per garantire
un miglior servizio del primo intervento nelle dodici ore di apertura,
venga assicurata in questo lasso di
tempo anche la presenza attiva in
ospedale sia del radiologo, sia del
medico di laboratorio, valutando
inoltre il prolungamento delle ore
di apertura.
Per quanto riguarda la presenza
del Rianimatore, che potrà essere
disponibile nelle ore di attesa, il dott.
Banfi sa benissimo che, se costui
sta aiutando e viene chiamato in
urgenza, deve smettere immediatamente e partire: si può dire
pertanto che sarà solo di supporto,
comunque molto gradito.
La Day Surgery nel 2007 ha avuto
un attivo di 600000 euro, quindi è
un’unità che va potenziata con gli
altri 6 p.l. di Five Surgery: questa è
la chirurgia del domani e darebbe
al Bellini un’impronta moderna,
veloce e redditizia nelle direttive
programmatiche regionali, senza
creare nessun doppione con gli
altri due ospedali. Con la recente
revisione dei Livelli Essenziali di
Assistenza (LEA) varata pochi giorni
prima del cambio di Governo,
sono stati aumentati gli interventi
in Day Surgery, dai 18 attuali se ne
aggiungono 25: a maggior ragione
è opportuno potenziare questo servizio a Somma. Per quanto riguarda
le sale operatorie, è indispensabile la
loro ristrutturazione, così si avrebbe
sullo stesso piano la degenza e il
comparto operatorio, ripristinando
la privacy degli operati: il dott.
Gozzini ha promesso che ciò sarà
realizzato con soldi dell’Azienda.
La Riabilitazione Funzionale subacuta va mantenuta con la specialistica, fiore all’occhiello dell’Azienda,
ma ci risulta che dovrà essere spostata altrove, per far posto alla più
redditizia Riabilitazione Estensiva.
Dopo questa sintetica cronistoria, si
può affermare che il Bellini non ha
paura di presentarsi e pretendere
più rispetto, perché ha sempre dato,
lavorato e prodotto utili, chiare cifre
statistiche lo dimostrano, grazie alla
professionalità di tutto il personale
medico, paramedico e tecnico,
nonostante l’accanimento e la
mortificazione di questi anni, con
la consapevolezza che si può dare
e fare di più per il bene dei cittadini
che pagano le tasse e pretendono
un buon servizio. Il Comitato pro
Ospedale è arcistufo di sopportare
questo ennesimo depauperamento nei confronti dell’ospedale: se
finora siamo stati solo tranquilli
spettatori, da questo momento
diventeremo combattivi come una
volta, convinti che porteremo in
piazza, e non solo lì, 5000 cittadini
e promuoveremo qualsiasi forma di
protesta: il sud d’Italia ce lo insegna!
Riteniamo si tratti di Malasanità Organizzativa: basterebbe applicare il
buon senso per dare una buona e
moderna assistenza sanitaria senza
destare incresciosi malcontenti nella
popolazione di tutto il territorio di
competenza dell’Azienda ospedaliera S. Antonio Abate. Il Bellini,
struttura ospedaliera per acuti nata
104 anni fa, ha sempre avuto buoni
utili e garantito un buon servizio a
che gli si è rivolto, è situato in una
zona ad alto rischio (Malpensa),
alta viabilità ed elevato incremento
demografico, eppure viene trattato
da TERZO MONDO, grazie ad alcuni
personaggi che, abusando del loro
potere, vogliono a tutti i costi riconvertirlo in CRONICARIO.
Per il Comitato pro Ospedale
Mauro Tapellini
n° 440
Tabaccheria
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Valori Bollati
Via Milano, 87 - 21019 Somma Lombardo (VA)
Telefono 0331.256.298 - Fax 0331.252.613
Articoli da Regalo
PER APPUNTAMENTI RIVOLGERSI:
Ufficio: Corso Europa, 6 - Somma Lombardo (VA)
cell. 349.3092604 - 333.4227109
tel/fax 0331.250122
Chiedi informazioni riguardanti
detrazioni fiscali e finanziamenti
BANDA & SANFELICE
S.N.C.
www.bandaesanfelice.com
TEL. 0331 220.081 - FAX 0331 720654
viene confermato dall’articolo di
stampa del 15/06/08: ci sarà un solo
Primario che dirigerà il dipartimento
d’emergenza dei tre Presidi Ospedalieri, una piccola rivoluzione,
destinata a ripetersi per altre unità
mediche dell’Azienda. Per questo
riteniamo fondamentale che, così
come avverrà per la Dermatologia
e la Gastroenterologia di Gallarate,
venga nominato il nuovo Primario
di Medicina Interna a Somma.
Riguardo alla fantomatica piccola
rivoluzione del Primario unico, ahimè, il Bellini ne è già vittima (siamo
convinti che questa pensata non
verrà attuata in futuro nei reparti
di degenza di Angera... si sa, lì ci
sono i Santi Protettori!) e sappiamo,
purtroppo, come funziona questo
tipo di gestione:
1) Radiologia: un solo medico fino
alle ore 16; da metà 2007 è stata
soppressa la reperibilità medica
dalle 16 alle 08, sabato e domenica
compresi, creando una situazione
scandalosa in quanto, se necessita un’ecografia urgente, si deve
attendere l’arrivo dell’ambulanza
da Gallarate, sperando in una disponibilità immediata, che preleva
il paziente dal reparto o dal primo
intervento, lo trasporta a Gallarate,
dove non sempre si riesce subito ad
eseguire l’esame, quindi lo riporta
all’ospedale di Somma.
2) Laboratorio: dalle 13.30 alle
08 manca il servizio in ospedale,
compreso il sabato e la domenica;
la procedura è analoga a quella
sopraccitata, il referto arriva tramite
fax, spesso non prima di un’ora.
3) Endoscopia: dal 15/4/08 è stato
sospeso il servizio, fino a quando
non si sa! Ciò ha portato ad una
forte lievitazione della lista d’attesa,
costringendo chi ne fa richiesta a
dover sopportare il disagio di recarsi
ad Angera (due mesi di attesa),
a Gallarate (tre mesi), o presso
strutture private. Un vero peccato, perché il servizio funzionava
benissimo.
Questa è la gestione razionalizzata
del Primario unico, ma chi se ne
frega se i cittadini che gravitano sul
Bellini sono trattati a pesci in faccia,
l’importante è che funzionino senza
SMOKE TENCONI
Coperture civili ed industriali
Rimozione amianto
Idraulica e lattoneria
Pavimentazione e isolamenti
Pensiline e pannelli di copertura
Ristrutturazione muraria
Manutenzione stabili
Preventivi e pratiche comunali
VIA VERDI 162 - SAMARATE (VA)
tegico) al fine di discuterlo democraticamente, come già era stato
fatto in precedenza con l’ex D.G.,
dott. Rania. Il nuovo D.G., riguardo
tale richiesta, così si espresse: “Su
questo possono stare tranquilli gli
Amministratori e i cittadini, sarà
mia cura coinvolgerli ogniqualvolta verranno prese decisioni che
riguardano l’ospedale”. A parer
nostro questo non è accaduto: a
fine mese la terza commissione
sanità visionerà tutti i Pofa delle
Aziende Ospedaliere; può quindi
scattare un certo sospetto sul futuro
dell’ospedale, perché ancora oggi
non capiamo l’odioso, inspiegabile
accanimento di alcuni personaggi
che, abusando del loro potere,
prima volevano a tutti i costi riconvertire il Bellini in una struttura per
Riabilitazione Geriatria di Mantenimento e adesso in Riabilitazione
Estensiva, ignorando la realtà e
chiudendo ottusamente gli occhi
davanti all’evidenza che denuncia le
molte assurdità burocratiche e l’ottusità politica quando si sottovaluta
che, se un buon 40% di cittadini di
questa Azienda si rivolge a strutture
sia pubbliche che private del vicino
territorio per farsi curare o operare,
ci sarà un motivo ben valido.
Da diversi mesi a Somma il malcontento serpeggia, a qualsiasi livello
si parla del modo in cui è stato
mandato in pensione (a parer nostro d’ufficio) il Primario di Medicina
di Somma, capo dipartimentale
aziendale di medicina, mentre altri
due suoi colleghi di Gallarate, nella
stessa situazione di età, qualifica,
e capi dipartimento di Urologia e
Cardiologia sono stati riconfermati,
come è previsto dalla legge.
Allibiti dal metodo adottato per
questa decisione, siamo portati
a pensare (alludendo alla volontà
di alcuni) che questa figura non
verrà più rimpiazzata, bensì soppressa e trasformata, insieme al
reparto di Medicina Interna, in
Riabilitazione Estensiva, pallino di
un certo Primario. Ci auguriamo
di sbagliarci, che la Medicina rimanga, ma crediamo che, in quel
caso, chi la gestirà sarà il Primario
di Gallarate; questo sospetto ci
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spazio
aperto
Prendendo il “la” dagli incontri con i ragazzi delle
scuole elementari vogliamo
cominciare una sorta di giro
turistico all’interno dell’organico del corpo musicale
presentando gli strumenti
musicali tipici della Banda.
L’organico bandistico è costituito da strumenti a fiato
e percussione, anche se
occasionalmente, specie
nei concerti, può essere
introdotto ad esempio il
pianoforte o la tastiera, che
possono ulteriormente essere classificati in tre grandi
famiglie:
• “legni” in cui troviamo
gli strumenti che, almeno
in origine, erano costruiti in
legno: il clarinetto, il flauto,
l’oboe, l’ottavino e la famiglia dei sassofoni.
• “ottoni” che comprendono gli strumenti costruiti,
almeno originariamente, in
ottone: il corno, la famiglia
dei flicorni (tra cui il baritono, meglio conosciuto
come bombardino), il sassofono, la tromba, la tuba
e il trombone.
• “percussioni” che sono
quelli in cui il suono viene
prodotto percuotendo con
vari mezzi membrane, tubi
metallici, legni. Possono dividersi in quelli a suono determinato (xilofono, timpani) e a suono indeterminato
(batteria, grancassa, piatti,
tamburello, triangolo).
Cominciamo il nostro “viaggio” dal flauto traverso,
lo strumento che sempre
troviamo in prima fila quando la banda sfila per le vie
della città.
In banda attualmente abbiamo tre flautisti: Stefania
associazioni
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 22
La Banda c’è
ed Elisa e Stefano. Stefania
ed Elisa insegnano anche
presso la nostra scuola di
musica.
Il Flauto traverso
Il flauto è uno dei più antichi
e diffusi: la prima testimonianza dell’esistenza del
flauto traverso la troviamo
in un libro di poesia dell’antica Cina: il She King
che risale al IX secolo A. C,
anche se in alcune caverne
europee (Slovenia, Svizzera, Spagna, Francia) sono
stati ritrovati frammenti di
ossa di animali (renne, orsi,
pecore) che presentano dei
fori prodotti artificialmente
dall’uomo e che risalirebbero addirittura a 50.000
anni fa!
La più antica rappresentazione indiscutibile del flauto
traverso è un bassorilievo
etrusco, di una necropoli nei
dintorni di Perugia, datato
dal II al I secolo avanti Cristo.
Probabile quindi che anche
gli antichi romani conoscessero ed usassero un tipo di
flauto traverso.
Fino al XIX secolo, la quasi
totalità dei flauti erano in
legno mentre oggi è quasi
sempre costruito in metallo:
alpacca argentata, argento,
oro, platino. Il suo nome
(anticamente: traversiere)
deriva dal fatto che viene
suonato in posizione trasversale asimmetrica, con
il corpo dello strumento
alla destra dell’esecutore,
appunto “di traverso”.
La forma moderna del flauto (cilindrico, a dodici o più
chiavi) è dovuta alle modifiche applicate ai flauti barocchi (a loro volta derivanti
da più antichi flauti a sei
fori) dal tedesco Theobald
Boehm (1794-1881) e ai
successivi perfezionamenti ideati dai fabbricanti di
scuola francese.
Il più usato dei flauti (flauto
traverso in Do) possiede
un’estensione di 3 ottave.
La brillantezza del suo timbro è stata utilizzata, in
particolare, per imitare nella
musica classica il canto degli
uccelli in molti brani di diversa provenienza: ad esempio
nel concerto “Il cardellino”
di Antonio Vivaldi, nella
“Sinfonia Pastorale” di
Beethoven e come non citare la parte dell’uccellino
Sasha in “Pierino e il lupo”
di Sergei Prokofiev.
Che dite... vi è venuta voglia
di conoscere un po’ più
da vicino questo bellissimo
strumento? Allora vi aspettiamo al corso allievi!
Il Corpo Musicale
“La Cittadina”
Simona Callegari
Il Corpo musicale “La Cittadina” non avrebbe resistito
fino ad oggi e non avrebbe
raggiunto il livello artistico
attuale senza l’apporto costante di forze nuove.
Dal 1979 è stato attivato
un corso di orientamento
musicale rivolto sia a ragazzi
che adulti con il desiderio di
apprendere o approfondire
lo studio di uno strumento
musicale scegliendo tra:
- Flauto;
- Clarinetto;
Madonna della Ghianda: il 25 maggio
la camminata non competitiva
svolgono interamente nel
Parco del Ticino, toccando
nel loro svolgersi alcuni luoghi caratteristici del nostro
territorio, come il Santuario
Madonna della Ghianda,
dove ha luogo alle ore 9,30
la partenza, e il Santuario
della Madonna del Lazzaretto, immerso nel silenzio
dei boschi. La suggestività
dei luoghi sacri, il passaggio
in particolari zone, tipo la
palude di Arsago, oasi del
WWF, e la massa di parte-
Avevamo nove e tredici
anni quando, per la prima
volta, abbiamo tenuto tra
le mani un flauto traverso.
C’erano altri ragazzi che
con noi frequentavano il
corso che aveva istituito la
banda: chi per imparare a
suonare il clarinetto, chi la
tromba, chi il saxofono e
mia sorella ed io il flauto.
Facendo il gradasso, qualcuno diceva: “Fra tre mesi
suonerò in banda”. Beh, le
cose non funzionano proprio così. Suonare uno strumento musicale è bellissimo
e come tutte le cose belle
richiede studio, impegno e
dedizione. Non si pensi però
che l’impegno sia gravoso
e lo studio noioso. Forse
è stato d’aiuto il fatto che
eravamo insieme, ma con
mia sorella mi sono divertita moltissimo; solfeggiare,
fare le scale in fondo era
un gioco e i primi duetti,
quando siamo diventate
sufficientemente padrone
dello strumento, una vera
festa. Abbiamo così fatta
nostra la magia che tutti i
musicisti conoscono e per
la quale vale la pena fare
sacrifici: quando la lettura
delle note è immediata e
le mani hanno imparato
a muoversi da sole sulle
chiavi, si diventa parte della
musica che si suona. Sembra retorica ma è proprio
così. Provare per credere.
Ricordo la prima prova con
la banda. Eravamo emozionate, certo, ma ci sentivamo
anche importanti: facevamo qualcosa da adulte
anche se eravamo ancora
delle bambine. Chi può dimenticare la tenerezza con
cui siamo state accolte dagli
anziani e la pazienza del
maestro protratta anche alle prove successive quando
non riuscivamo ad attaccare
al momento giusto e finiva
che stavamo in silenzio per
tutto il pezzo. E soprattutto
chi dimentica la fiducia che
il maestro ci ha dato, tanto
che nel primo concerto ci
ha affidato una parte da
soliste. Suonare in banda
ci ha aiutato ad affrontare
le difficoltà con coraggio e
a metterci alla prova. Ad
esempio, per carattere,
non ci metteremmo mai
in mostra, eppure, quando
è richiesto un assolo, lo
affrontiamo con determinazione. Così, dopo tanti
anni, siamo sempre qui,
divertendoci e sperando
di far divertire chi viene ad
ascoltare la banda.
Stefania e Elisa
• un livello avanzato per
i più esperti che possono
accedere a corsi di approfondimento.
Per chi intende affrontare un percorso professionale è possibile creare un
piano di studi finalizzato
alle ammissioni ai corsi di laurea di primo e
secondo livello previsti
dalle accademie di alta
formazione musicale dei
conservatori.
L’ottimo livello di prepara-
zione è testimoniato dai
brillanti risultati raggiunti
dagli allievi che hanno proseguito gli studi in conservatorio dove, in diversi casi,
sono stati subito ammessi al
secondo anno.
Per informazioni vi aspettiamo tutti i mercoledì dalle
21,00 alle 22,30 presso la
sede di via Fuser 5.
Il Corso Allievi
Gruppo Amici del Santuario
Domenica 25 maggio 2008
ha avuto luogo la 23ª edizione della camminata non
competitiva intitolata al nostro Santuario sito in Mezzana di Somma Lombardo.
Questa manifestazione
sportiva, lo scorso anno, ha
contato più di mille iscritti,
provenienti da varie province. Tra questi, diversi gruppi
sportivi che concorrono alla
speciale classifica del “piede
d’oro”. I due percorsi ecologici di 5,5 km e 11,5 km si
La testimonianza di due flautiste
cipanti, rendono la nostra
manifestazione interessante
sia per l’aspetto sportivo
che per quello culturale. La
nostra è una manifestazione
di beneficienza i cui proventi
sono interamente devoluti al
mantenimento e al restauro
del nostro Santuario mariano, splendido esempio di
architettura rinascimentale.
Per il Gruppo
organizzatore camminata
Don Ambrogio
Parrocchia di Mezzana
- Sassofono;
- Tromba;
- Trombone;
- Flicorno;
- Bombardino;
- Basso;
- Batteria.
Il percorso di studio, che
prevede lezioni individuali e
collettive “affidate a maestri
diplomati”, è costruito sulle
esigenze dei partecipanti e
prevede:
• un livello di base per principianti;
Il Corpo Musicale
“La Cittadina”
Simona Callegari
Giugno Mezzanese 2008
Anche quest’anno, come da
tradizione, la comunità parrocchiale di Mezzana ha vissuto
tre settimane di festa con il popolare “Giugno Mezzanese”.
Dal 30 maggio al 15 giugno
“l’Antico Portico” è stato un
brulicare di persone desiderose
di passare qualche ora in allegria
e spensieratezza gustando le
varie specialità culinarie (chi
non conosce i nostri gnocchetti???) tra musica, balli, giochi e
spettacoli pirotecnici. Non sono
mancati, nell’ambito della manifestazione, momenti sportivi
(quali le camminate) che hanno
attirato centinaia di persone e
una commovente celebrazione
religiosa per anziani e ammalati
presso il Santuario “Madonna
della Ghianda” presieduta da
Don Luigi Brambillasca che
proprio in questi giorni celebra
il suo 55° anniversario di ordinazione sacerdotale.
Nonostante l’inclemenza del
tempo i risultati ottenuti hanno
ampiamente ricompensato gli
sforzi di decine di volontari che
per settimane hanno lavorato
alacremente per organizzare al
meglio questo evento, avendo a
cuore non il proprio tornaconto
personale bensì il bene della
comunità (e non solo).
Non possiamo infatti dimenticare che i proventi di questa festa contribuiscono non
solo a sostenere le spese di
ristrutturazione del nostro oratorio ma anche a far fronte
(seppur in minor misura) ai
bisogni e alle necessità di istituzioni lontane quali l’ospedale
dei bambini di Betlemme (che
un gruppo di mezzanesi ha
avuto modo di visitare durante
il pellegrinaggio in Terra Santa
dell’aprile scorso) e l’oratorio
di Giakarta. Un grazie di cuore
a tutti quelli che hanno contribuito sia economicamente che
con il proprio lavoro alla buona
riuscita del Giugno Mezzanese
2008. Arrivederci alla prossima
edizione 2009!!!
Per il Comitato Organizzatore
Don Ambrogio
Parrocchia di Mezzana
GALLIDABINO DORINO snc
OFFICINA AUTORIZZATA FIAT CENTRO REVISIONI
Controlli gas di scarico benzina e diesel - Bollino blu 2008
Per vetture e autocarri fino a 35 q.li, ciclomotori, motocicli
REVISIONI ANNO 2008: Vetture, autocarri: 1ª immatricolazione 2004, già revisionati 2006
Motocicli e ciclomotori: 1ª immatricolazione fino al 2004 già revisionati 2006
ALTRI SERVIZI DELL’OFFICINA
Riparazioni meccaniche, controlli iniezioni diesel e benzina, ricarica, manutenzione e sanificazione impianti AC Sostituzione gomme, bilanciatura e convergenza, sostituzione ammortizzatori, garanzie FIAT Centro Savarent, Ald, Arval, Leasys, Locat Rent, Car Server, Drive Service, Alphabet, Rete Points
Per qualsiasi informazione telefonare dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 12 e dalle 13.30 alle 19, sabato dalle 8 alle 12
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spazio
aperto
sport
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 23
2° Corso di difesa femminile:
al Ken Kyu Kai si replica il successo
Anche questo 2° corso di
autodifesa femminile, voluto
dall’Amministrazione Comunale, ed in particolare dall’Assessore allo Sport Marta
Birigozzi, e organizzato dall’Associazione Sportiva Ken
Kyu Kai Sporting Libertas, si
è concluso con piena soddisfazione da parte di tutte le
partecipanti e degli organizzatori. Il successo è dovuto
innanzitutto alla sua formula:
si è voluto dare alle donne
l’opportunità di approcciarsi
alle più svariate tecniche di
difesa (Judo, Krav-maga, Jeetkune-do, Kung-fu shaolin).
In questo modo ogni ragazza ha avuto la possibilità di
sperimentare le singole discipline, potendo poi scegliere
quella più consona alla propria persona e approfondirla
meglio.
I vari insegnanti hanno puntato, in questi primi incontri,
più che sulle tecniche, sull’atteggiamento psicologico
da assumere nelle situazioni
di pericolo per conservare
lucidità mentale e calma interiore, condizioni essenziali
che permettono di mettere
a punto un’adeguata strategia di difesa. Questo aspetto
è stato colto in particolare
da Maristella, una delle allieve: “Ho apprezzato molto
l’idea di tirar fuori autostima
e fermezza nell’affrontare un
pericolo, pur essendo consa-
pevoli dei propri limiti fisici e
caratteriali”.
Al corso hanno partecipato
donne molto diverse tra loro,
anche per età: studentesse e
insegnanti di scuola hanno
insieme riso, scherzato, combattuto, sotto la supervisione
dei loro maestri, in un’atmosfera amichevole.
Il problema della mancanza di
sicurezza è condiviso da tutte,
ma in modo particolare dalle
studentesse, come osserva
Valentina: “Ho deciso di frequentare questo corso per
imparare a difendermi, visto
che studio a Milano e mi capita
spesso d’incontrare persone
che incutono timore. Questo
corso mi è piaciuto tantissimo:
mi ha aiutata anche a scaricare
le mie tensioni”. Jasmine, giovane studentessa, asserisce:
“Questo corso è stato molto
educativo e utile per la nostra
difesa personale. Apprezzerei molto poter continuare il
corso di Jeet kune do e Krav
maga perché si concentrano
specialmente sulla difesa da
strada. Con questo corso mi
sono resa conto di quanto sia
importante oramai imparare
a difendersi da sole”.
A conclusione di questo
articolo, vorrei riportare un
bel pensiero di Carla, allieva
del corso, che suona come
un’esortazione rivolta a tutte
le donne: “ Forza donne!
Sappiate difendervi dai soprusi e dalle bassezze della
vita con ostinata determinazione, ma conservate sempre
la vostra innata sensibilità e
dolcezza!”
Raffaella Re
Nel 1990 la società “biancoazzurra” ritorna con gli
juniores allestendo due formazioni, una affiliata in Lombardia e una in Piemonte, e
le vittorie tornano ad essere
numerose, tanto da riuscire
ad eguagliare nella categoria
i 19 successi ottenuti nel
1983. Risaltano, in particolare, la vittoria di Gabriele
Colombo nella classifica finale della corsa internazionale “Dusika Jugendtour”
(Austria) con la maglia della
nazionale italiana, successo
impreziosito dalla conquista
anche dell’ultima tappa del
giro stesso, e la vittoria di
Simone Zoppis a Tortona
(Al) con cui si aggiudica la
maglia di Campione Regionale Piemontese. Da nota01.04.
01.04.
08.04.
25.04.
01.05.
1990
1990
1990
1990
1990
re come fra gli atleti della
plurivittoriosa formazione
juniores spiccano tre corridori poi passati nella massima
categoria dei professionisti,
ovvero Gabriele Colombo
(che da “prof” è riuscito a
conquistare addirittura la
classica di inizio stagione
Milano-Sanremo), Dario
Andriotto (da “prof” Cam-
COLOMBO Gabriele
BIDOGLIO Alessandro
DELLA VEDOVA Marco
ANDRIOTTO Dario
COLOMBO Gabriele
01.05. 1990 COLOMBO Gabriele
A volte ritornano
Lo “Studio Delphi Fulgor Somma”
ritorna in eccellenza
Il calcio non appartiene solo
alle squadre che popolano i
quotidiani, i nostri televisori, gli
sponsor e i superstadi. Esistono
altre realtà, fatte di calciatori
che non guadagnano milioni
di euro l’anno, che non fanno
servizi fotografici con le veline
e non hanno sponsor milionari,
ma che la sera dopo il lavoro si
ritrovano per il puro piacere di
giocare insieme.
Somma Lombardo rappresenta
una di queste realtà. In città vi
sono infatti diverse squadre
ormai storiche che partecipano al campionato organizzato
dal C.S.I., che ogni Domenica
si affrontano con impegno
e talento. Sono squadre che
spesso si vedono costrette ad
autofinanziarsi per la scarsità di
sponsor, ma che con tenacia si
dedicano a questa loro passione
che le accompagna da anni.
Nonostante l’impegno di questi
Il Velo Club Sommese...
...e le sue vittorie continua...
ragazzi li porti a giocare partite di alto livello, il loro gioco
si svolge spesso nell’ombra,
in attesa di un pubblico che
capisca cosa significhi giocare
un buon calcio.
Ed è per questo che quando gli
sforzi vengono ripagati bisogna
fermarsi a guardare.
Lo “Studio Delphi Fulgor Somma” ha concluso un duro campionato che gli ha permesso
di tornare vittoriosamente in
eccellenza. La costanza e la
dedizione che da sempre hanno
caratterizzato questa squadra
l’hanno portata a raggiungere
un obiettivo tanto sospirato.
Una squadra unita, vincente le
cui trasformazioni che l’hanno
accompagnata nel corso di
un ventennio l’hanno resa più
solida, stabile e più aggressiva
che mai. E allora forza ragazzi,
che la tenacia sia sempre vostra
fedele compagna perché la
strada non finisce qui.
Formazione “Studio Delphi
Fulgor Somma”: Mister: Paolo Olivato - Assistant Coach:
Marco Isotta. PORTIERI: Andrea
Calò - Andrea Dall’ara. DIFENSORI: Andrea Fonsato, Gianluca
Vanolo, Andrea Michelin, Alan
Fioraldi, Lorenzo Carullo, Daniele Ghiraldini. CENTROCAMPISTI: Alberto Besana, Pasquale
Falcone, Andrè Terry John, Paolo Vanolo, Gabriele Palmitessa.
ATTACCANTI: Paolo Ballabio,
Simone Fornarelli, Riccardo
Guatta Cescone. Presidente:
Andrea Vaccariello.
Andrea Vaccariello
Juniores
Esordiente
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
06.05.
13.05.
13.05.
03.06.
17.06.
29.06.
08.07.
15.07.
22.07.
12.08.
15.08.
19.08.
19.08.
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
1990
BIDOGLIO Alessandro
ZOPPIS Simone
BIDOGLIO Alessandro
DELLA VEDOVA Marco
COLOMBO Gabriele
COLOMBO Gabriele
COLOMBO Gabriele
ANDRIOTTO Dario
DELLA VEDOVA Marco
ZOPPIS Simone
ZOPPIS Simone
ANDRIOTTO Dario
ZOPPIS Simone
Esordiente
Juniores
Esordiente
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
23.09.
30.09.
07.10.
31.03.
07.04.
01.05.
05.05.
26.05.
26.05.
16.06.
30.06.
07.07.
1990
1990
1990
1991
1991
1991
1991
1991
1991
1991
1991
1991
DELLA VEDOVA Marco
COLOMBO Gabriele
ANDRIOTTO Dario
PIANEZZA Paolo
ROVEDA Davide
BARONE Germano
MARANGONI Dino
AURIEMMA Cristian
BARONE Gilberto
GIACOMAZZI Mauro
BARONE Gilberto
ZANINI Massimo
Juniores
Juniores
Juniores
Juniores
Allievo
Allievo
Esordiente
Juniores
Esordiente
Allievo
Esordiente
Juniores
pione Italiano a cronometro)
e Marco Della Vedova. Nel
1990, poi, si segnalano le 3
vittorie nella categoria esordienti ottenute dal sommese
Alessandro Bidoglio.
Nell’anno 1991 le vittorie
complessive sono 9, di cui
3 ottenute dalla formazione
juniores, 3 dagli allievi e 3
dagli esordienti. (...siamo
così arrivati a 269 vittorie...
e la serie continua...)
Roberto Fontana
Barge (Cn)
Malnate
Cavaria
Busto Arsizio
ultima tappa -”DUSIKA” Austria
Classifica finale
“DUSIKA” - Austria
Villa Cortese (Mi)
Malnate - Ghirla
Cardano al Campo
Pettenasco (No)
Montonate
2ª semitappa “BASILICATA”
Borgomanero (No)
Caravate
Cheggio (Vb)
Villadossola (Vb)
Mezzana - Cossato (Vc)
Somma - Agra
Tortona (Al)
CAMPIONE REGIONALE
Castellanza
Marnate
Locarno - CH
Barge (Cn)
Cislago
Trezzano (Mi)
Oleggio (No)
S. Raffaele (To)
Lonate Pozzolo
Besnate
Biella (Vc)
Ternate
Via Ronchi, 16 - Tel. 0331.255.390 - Somma Lombardo
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spazio
aperto
sport
anno XII n. 3 luglio 2008 • pagina 24
Orgoglio del Ken Kyu Kai
Ylli Ujka, un campione
di judo e integrazione
La storia di Ylli Ujka unisce
lo sport all’integrazione.
Ed è una storia vincente:
il judoka albanese per la
quarta volta consecutiva è
il campione assoluto nazionale nella categoria 81
chilogrammi.Ylli è arrivato
in Italia undici anni fa.Fu
uno dei primi ad attraversare
l’Adriatico per scappare dalla
fame che stava dilagando nel
suo paese.”Erano periodi
difficili”, racconta oggi con
il sorriso. “C’era poca conoscenza, pochi soldi e non
avevo ancora un lavoro. Era
davvero difficile inserirsi”.
Nello sport ha trovato il suo
appiglio, il migliore a cui
potesse aggrapparsi. Prima
il karate in una palestra di
Gallarate, poi il judo al Ken
Kyu Kai di Somma. Dove
non solo ha trovato molti
amici, ma in poco tempo è
diventato anche cintura nera
e il numero uno albanese.
Ora vive a Cardano con la
sua famiglia, è titolare di una
impresa edile e si gode la vittoria conseguita la scorsa settimana. Tornato a casa con
la medaglia al collo, l’atleta
ventisettenne ringrazia il suo
maestro Antonio Pitrelli per
averlo accolto e per avergli
insegnato i segreti dell’antica
arte marziale giapponese. “Il
judo mi ha aiutato a livello
di testa: mi ha insegnato lo
spirito di sacrificio e ad avere
rispetto per l’avversario”. Ma
non solo. Siccome il livello
agonistico italiano è di gran
lunga superiore a quello al-
banese, gli ha permesso di
affermarsi in pochi anni e
di partecipare ai campionati
europei: in Finlandia prima,
a Belgrado lo scorso anno.
In entrambe le occasioni non
ne è uscito medagliato, ma si
è tolto le sue soddisfazioni e
ha avuto l’onore di difendere
la bandiera del suo paese.
Spesso malvisto da chi non
ha accettato di buon grado
l’arrivo in Italia di migliaia
di albanesi. “Purtroppo le
mele marce ci sono, ma sono
anche quelle che fanno più
notizia”, dice.
“Danneggiando i tanti altri
che invece lavorano e si integrano”.
Pubblicato sulla Prealpina il
1.6.2008.
Gabriele Ceresa
Un sommese a New York
Sfrecciano veloci i colori di
New York. I suoi grattacieli,
le sue avenues, i suoi ponti
e le sue Cadillac Eldorado
degli Anni Cinquanta come
ne trovi solo nella Grande
Mela. Sfrecciano veloci i
colori, mentre corri e ti passano davanti agli occhi le
stravaganze di una città e di
un popolo che ha molto di
italiano nel sangue, perché
dall’Italia arrivavano i nonni,
i bisnonni, i trisavoli.
Davanti agli occhi. Perché
nel cuore i colori sono i tuoi,
quelli della tua città. Tanto più
se sulla maglietta hai il suo
nome e il suo stemma.
Sono a New York. E sembra
ancora di essere al Natale del
2006, al pranzo sociale in cui
il Sindaco di Somma Lombardo aveva proposto di sponsorizzare “quel” viaggio a
New York, “questo” viaggio
a New York. Un sommese a
New York. Un sommese alla
maratona di New York.
Di più. Un operaio sommese
della società Mezzanese alla
maratona di New York.
“Non è la prima, Santino”.
Me lo sono ripetuto tante
volte, a New York. Non è la
prima maratona a cui partecipavo. Era solo la prima
volta a New York. Con altri
quarantamila. Tanti gli italiani, circa 4900, il gruppo
più numeroso, dopo quello
degli Stati Uniti, che correva
su quei 42 chilometri e 195
metri. E tanti gli italiani che
assistevano all’evento.
Eppure mi sentivo unico. Dirlo adesso, che sono tornato
a casa, suona quasi retorico.
Ma là, a seimila chilometri di
distanza, è diverso.
Ho corso la maratona di New
York. L’ho corsa e sono arrivato al traguardo con tremila
persone davanti a me.
Ci sono state gare che sono
andate meglio, che mi sono
andate meglio. Ma la maratona di New York l’ho corsa
con una maglia fatta da noi,
fatta per me, con cucito sopra il nome della nostra città:
Somma Lombardo.
Si è parlato, al mio ritorno, del
“sommese alla maratona di
New York”. Mi piace pensare
che qualcuno, a New York,
abbia potuto almeno leggere
e ripetere il nome “Somma
Lombardo”. Grazie al Sin-
daco e all’Amministrazione
Comunale di Somma Lombardo per averci creduto e
per averlo permesso. Con un
sogno. Quello di associare il
piacere di correre con l’impegno sociale. Quello di unire la
gioia della corsa a un simbolo
di pace. Quello di far scorrere
davanti agli occhi in corsa,
dopo i bizzarri colori di New
York, quelli più cupi di terre
di guerra, di terre di povertà,
di terre martoriate. Per portare un segno di attenzione
sociale. Esiste una maratona
che si corre tra Israele e la
Palestina e che ha lo scopo di
raccogliere fondi per acquistare materiale ospedaliero
per queste popolazioni: qui
vorrei correre con i colori e il
nome di Somma Lombardo
cuciti sul cuore.
Santino Giuffrida
Santino Giuffrida con il Sindaco e l’Assessore Birigozzi
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Incontro con la materia - Comune di Somma Lombardo