PPRENDIMENTO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO: RETI TERRITORIALI PER L’INNOVAZIONE Il Consorzio C.IM.& FORM. è ente accreditato per la formazione superiore e la formazione continua. Ha lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese consorziate ed esplica la sua attività nel settore della formazione professionale intesa come servizio per la diffusione di conoscenze teoriche e pratiche volte allo sviluppo di specifiche competenze professionali. A tale scopo il Consorzio: • promuove e gestisce iniziative di formazione professionale rivolte alla qualificazione, riqualificazione, specializzazione e perfezionamento di lavoratori e al primo inserimento dei giovani; • stipula convenzioni per l’organizzazione e la gestione dei corsi, con l’ente Regione Veneto, con imprese e con Enti, Istituti e Centri aventi per fine la formazione professionale; nelle convenzioni di cui sopra il Consorzio si assicura l’autonomia di decisione organizzativa, tecnica e didattica necessaria a garantire la piena rispondenza dei corsi alle esigenze delle imprese; • cura i rapporti con le singole imprese aderenti interessate, con le locali associazioni imprenditoriali e con gli Enti interessati alla Formazione Professionale. Il progetto “APPRENDIMENTO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO: RETI TERRITORIALI PER L’INNOVAZIONE” è stato realizzato dal Consorzio Cim&Form, che si è avvalso della collaborazione dei seguenti partner: ITIS “A. ROSSI” Indice INTRODUZIONE pag. 9 CAPITOLO PRIMO Scuola e Territorio: un Sistema Integrato per rilanciare l’Istruzione Tecnica pag. 11 1.1 Alle origini del progetto: quali aspettative per l’istruzione tecnica e scientifica? 1.2 Gli obiettivi e le fasi del progetto 1.3 I partner 1.4 Il Comitato Tecnico Scientifico 1.5 I metodi e gli strumenti pag. 13 pag. 17 pag. 20 pag. 23 pag. 24 CAPITOLO SECONDO Analisi dei Fabbisogni del Territorio pag. 31 2.1 Premessa metodologica 2.2 Il territorio: richieste e aspettative 2.3 Il punto di vista degli studenti 2.3.1 Gli studenti degli istituti professionali 2.4 Cosa pensano i neodiplomati 2.4.1 Gli ex studenti degli istituti professionali 2.5 Le analisi di alcuni testimoni privilegiati 2.5.1 Premessa metodologica 2.5.2 Le caratteristiche dell’istruzione tecnica e scientifica 2.5.3 La certificazione delle competenze 2.5.4 L’attività tecnico - laboratoriale 2.5.5 Il raccordo tra scuola, aziende e università 2.5.6 La formazione e l’istruzione in un polo formativo 2.5.7 La presenza femminile nell’istruzione formazione tecnica e professionale 2.5.8 La scelta dell’istruzione formazione tecnica e professionale CAPITOLO TERZO Analisi dei Fabbisogni Formativi 3.1 Premessa metodologica 3.2 L’istruzione tecnica: le analisi e le valutazioni degli studenti 3.2.1 Anagrafica 3.2.2 Le competenze pag. 33 pag. 37 pag. 45 pag. 51 pag. 53 pag. 57 pag. 58 pag. 58 pag. 59 pag. 65 pag. 66 pag. 68 pag. 68 pag. 71 pag. 71 pag. 75 pag. 77 pag. 80 pag. 80 pag. 81 7 3.2.3 3.2.4 3.2.5 3.2.6 8 La certificazione delle competenze L’attività tecnico - laboratoriale Le modalità di raccordo tra scuola e aziende La presenza femminile nell’istruzione formazione tecnica e professionale 3.2.7 La scelta dell’istruzione formazione tecnica e professionale 3.3 La formazione e l’istruzione professionale: le analisi e le valutazioni degli studenti 3.3.1 Anagrafica 3.3.2 Le competenze 3.3.3 La certificazione delle competenze 3.3.4 L’attività tecnico - laboratoriale 3.3.5 Le modalità di raccordo tra scuola e azienda 3.3.6 La presenza femminile nell’istruzione formazione tecnica e professionale 3.3.7 La scelta dell’istruzione formazione tecnica e professionale 3.4 Usciti da scuola: le analisi e le valutazioni degli ex studenti 3.4.1 Anagrafica 3.4.2 Le competenze 3.4.3 La certificazione delle competenze 3.4.4 L’attività tecnico-laboratoriale 3.4.5 Le modalità di raccordo tra scuola e aziende 3.4.6 La presenza femminile nell’istruzione formazione tecnica e professionale 3.4.7 La scelta dell’istruzione formazione tecnica e professionale pag. 83 pag. 84 pag. 86 pag. 101 CAPITOLO QUARTO L’Innovazione nella Scuola Tecnica pag. 103 pag. 87 pag. 88 pag. 91 pag. 91 pag. 91 pag. 93 pag. 94 pag. 94 pag. 96 pag. 96 pag. 98 pag. 98 pag. 99 pag. 100 pag. 101 pag. 101 pag. 101 4.1 Premessa metodologica 4.2 La costruzione di reti territoriali per la formazione 4.2.1 Caratteristiche chiave del campus 4.2.2 Indicazioni operative 4.3 Progetti di innovazione negli istituti tecnici industriali 4.4 Tra scuola e impresa: un nuovo percorso formativo per l’ITC 4.5 Esperienze sostenibili di alternanza scuola-lavoro pag. 105 pag. 106 pag. 107 pag. 109 pag. 110 CONCLUSIONE pag. 131 pag. 117 pag. 121 INTRODUZIONE Il progetto “Apprendimento Scientifico e Tecnologico: Reti Territoriali per L’innovazione”, finanziato dalla Regione Veneto, dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dal Fondo Sociale Europeo, intende offrire delle risposte alle esigenze di adeguamento del sistema di formazione professionale e dell’istruzione. Scopo dell’intervento, infatti, è “promuovere azioni mirate a sviluppare dinamiche evolutive dei sistemi regionali connessi alla formazione, all’istruzione ed al lavoro”. Il progetto, che si configura come azione di sistema ed attiva la misura C1 del P.O. Regione del Veneto, si è svolto nelle province di Verona, Vicenza e Belluno con l’obiettivo per un verso di incrementare l’attrattività dell’istruzione e della formazione tecnica e scientifica nei confronti dei giovani e delle famiglie, per un altro di rispondere alle esigenze di professionalità delle imprese. L’idea di fondo di tutti gli interventi messi in campo è sempre stata che solo la realizzazione di un sistema reticolare integrato fra tutte le componenti impegnate a vario titolo nella strutturazione dell’offerta dell’istruzione e della formazione tecnica può consentire di attivare un percorso di innovazione e di miglioramento continuo. Nella pubblicazione riportiamo i risultati raggiunti nelle varie fasi di attuazione del progetto. In particolare il primo capitolo illustra l’evoluzione del progetto, gli obiettivi, la metodologia e gli strumenti utilizzati, i partner coinvolti. Nel secondo sono esposti i risultati dell’analisi dei fabbisogni del territorio, svolta mediante una serie di indagini sia di tipo qualitativo che quantitativo. Mentre il terzo capitolo è un resoconto della ricerca compiuta con gli studenti degli ultimi anni delle scuole partner di progetto e di alcuni ex studenti che hanno già avuto modo di sperimentare il mondo del lavoro o che hanno proseguito il loro percorso di studi. Infine, nel quarto capitolo sono state riportati gli interventi formativi e didattici progettati dai gruppi di lavoro che, sulla base dei dati raccolti nell’azione di analisi, hanno formulato delle proposte innovative per il rilancio dell’istruzione della formazione scientifica e tecnologica. Alla pubblicazione è stato allegato un CD con tutti i dati raccolti ed elaborati nelle varie fasi del progetto, oltre agli strumenti che sono stati via via predisposti ed i risultati dei lavori di ricerca. Questo con lo scopo di favorire l’accesso a tutte le informazioni raccolte e per favorire l’utilizzo dei materiali elaborati dai gruppi di lavoro. 9 CAPITOLO PRIMO Scuola e Territorio: un Sistema Integrato per rilanciare l’Istruzione Tecnica 1.1 Alle origini del progetto: quali aspettative per l’istruzione tecnica e scientifica? 1.2 Gli obiettivi e le fasi del progetto 1.3 I partner 1.4 Il Comitato Tecnico Scientifico 1.5 I metodi e gli strumenti 1.1 Alle origini del progetto: quali aspettative per l’istruzione tecnica e scientifica? La stesura prima e l’attuazione poi del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” sono state realizzate in un contesto sociale ed economico consapevole della necessità di attivare dei cambiamenti nel sistema dell’istruzione e formazione scientifica e tecnologica. Ancora oggi, del resto, è richiamata da più parti la determinazione ad attivare interventi innovativi in questo settore e, spesso, non per una considerazione critica dell’esistente, quanto per la preoccupazione di garantire anche per il futuro alla formazione tecnica un ruolo da protagonista. D’altro canto non è una novità la richiesta rivolta alla scuola di saper interagire positivamente con il contesto in cui è inserita, questo non solo per evitare di essere messa al margine dei grandi processi di trasformazione tipici di ogni epoca e ancora più evidenti nel momento presente, ma anche per offrire un supporto spesso indispensabile ai processi di ricerca e di cambiamento. Un ulteriore impulso alla discussione sul presente e sul futuro della scuola italiana è stato fornito dall’approvazione in parlamento della legge 53/03 di riforma del sistema scolastico. Uno dei punti qualificanti della legge è la ridefinizione del percorso di istruzione superiore, introducendo la distinzione di due sistemi di istruzione e formazione: i licei da un parte e la formazione e istruzione professionale dall’altra. Il primo percorso formativo è strutturato per orientare all’accesso all’Università, il secondo invece è maggiormente orientato ad un inserimento nel mondo del lavoro. Di qui inevitabilmente è stato sollevato il problema di una nuova definizione dell’istruzione tecnologica, che storicamente in Italia si è sempre collocata invece nel punto di incrocio di questi due percorsi formativi. Un secondo elemento rilevante da tenere in considerazione è rappresentato dal fatto che le imprese produttive sentono fortemente la necessità di avere sempre più a disposizione personale qualificato, sia laureato che diplomato, per rispondere alle esigenze di qualità e di innovazione che il mercato oggi impone. Purtroppo queste risorse non sono sempre disponibili o non garantiscono di saper rispondere L’innovazione del sistema scolastico Le richieste delle imprese e del territorio 13 Dalle conoscenze alle competenze 14 anche in futuro alle richieste del mercato occupazionale. Di conseguenza, viene percepita con preoccupazione la continua riduzione delle nuove leve di giovani che dopo la terza media fanno una scelta orientata verso l’istruzione tecnica. A questo si aggiunga la scarsa attenzione storicamente dimostrata dall’universo femminile nei confronti dell’istruzione tecnica, nonostante nel frattempo siano state introdotte nuove modalità di produzione e le figure professionali richieste non siano più riconducibili alla sola componente maschile. Queste problematiche, brevemente accennate in queste poche righe, sono state in questi anni al centro della riflessione di Confindustria Veneto e sono state affrontate nel convegno che si è svolto a Vicenza il 20 aprile 2004 dal titolo “Capitale umano, qualità e competitività. Quando la formazione anticipa lo sviluppo”. Il convegno nazionale di Confindustria ha visto protagonista il Gruppo Scuola di Confindustria Veneto, al termine di un lavoro di ricerca che ha coinvolto dirigenti degli istituti tecnici industriali e commerciali delle sette province venete, docenti e personale appartenente al mondo dell’industria. In quella come in altre circostanze è stata ribadita la necessità di ripensare e ristrutturare i modi tradizionali con cui opera la scuola superiore, ponendo al centro degli obiettivi dei percorsi formativi non solo l’acquisizione da parte degli studenti di conoscenze sempre più qualificate, ma anche la necessità di tradurre queste ultime in competenze, valorizzando sia le esperienze di laboratorio che le attività formative svolte sui luoghi di lavoro. Una, infatti, delle prerogative proprie degli istituti tecnici è da sempre la possibilità di ‘imparare facendo’, coniugando in modo creativo il sapere con il saper fare. Perciò chiedere un rafforzamento dell’istruzione tecnologica significa anche voler ridare dignità e valore ad un percorso formativo diverso da quello dei licei generalisti, ma non per questo meno ricco e significativo. Un tema su cui molto si è dibattuto e che per molti versi è ancora in discussione riguarda poi la cosiddetta ‘liceizzazione’ degli istituti tecnici. Anche in questo caso non è solo una questione lessicale scegliere un titolo anziché un altro per indicare un preciso percorso di studi. Rinominare gli istituti tecnici come licei può essere un modo per riconoscerne la grande valenza formativa a delle scuole che non sempre sono apprezzate come meriterebbero. D’altro canto, però, vi è anche il pericolo di snaturare questo percorso di istruzione: la liceizzazione potrebbe anche essere interpretata come un modo per smarrire parte della specificità di questi indirizzi e la loro capacità professionalizzante, riducendone magari eccessivamente le attività laboratoriali a vantaggio di discipline che garantiscono una preparazione più basilare, ma che rischia di essere anche generica. La scommessa consiste nel permettere agli istituti tecnici di garantire un’offerta formativa ampia, articolata, ma non generica, così da rappresentare per le famiglie un’alternativa importante rispetto ai licei tradizionali. Il problema, perciò, non è di ridurre l’offerta formativa, ma caso mai di arricchirla, valorizzando le eccellenze già presenti sul territorio e formando studenti che al termine del percorso di istruzione abbiano sviluppato competenze spendibili sia nel mondo del lavoro che nell’eventuale proseguo del loro cammino di studi. Rilanciare l’istruzione/formazione tecnica e scientifica significa orientarla verso una eccellenza formativa, che può essere raggiunta sia mediante una rinnovata collaborazione con il mondo dell’università e dell’impresa, sia favorendo per le diverse scuole la possibilità di collegarsi in rete. L’idea portante, allora come oggi, è quella di istituire dei “Poli Tecnologici” intesi, come si legge negli atti del Convegno, “come realtà articolate sia da un punto di vista formativo ed organizzativo, che da un punto di vista territoriale, nell’ambito dei quali possono essere compresi, nei medesimi settori ed indirizzi, un percorso quinquennale di liceo tecnologico, i corrispondenti percorsi dell’istruzione e della formazione professionale (triennali e quadriennali) eventuali corsi serali e corsi EDA - Educazione degli Adulti - e un’offerta stabile di formazione superiore (in collaborazione con Università locali e imprese)”. L’ipotesi consiste nello strutturare una serie di “Cittadelle degli studi” per indirizzi omogenei, delle istituzioni integrate pienamente rispondenti alle esigenze espresse dal territorio, in cui si possa realizzare una vera sinergia tra i diversi soggetti istituzionali. Le scuole tecniche e professionali potrebbero essere collocate o meno in sedi comuni, l’importante però è soprattutto che siano integrate tra di loro, favorendo così il passaggio tra scuole o tra indirizzi diversi a quegli studenti che volessero correggere o ridefinire il proprio percorso formati- Rilanciare l’istruzione tecnica e scientifica La formazione in rete … 15 vo. L’integrazione fra diversi istituti, inoltre, consentirebbe anche di contrastare efficacemente l’abbandono scolastico e costituirebbe uno strumento efficace per personalizzare l’offerta formativa, offrendo risposte flessibili alle esigenze degli studenti che talvolta si modificano nel tempo o che sono espresse in modo difficilmente decifrabile, soprattutto all’inizio del percorso di studi superiore. La costituzione di un polo tecnologico, inoltre, consentirebbe un utilizzo più efficace ed efficiente delle risorse, siano queste le attrezzature dei laboratori o le disponibilità dei docenti, che potrebbero mettere a frutto le proprie competenze là dove sono più necessarie, senza essere eccessivamente condizionati da un organico di istituto. L’istituzione di un polo tecnologico, poi, favorirebbe la collaborazione con il mondo universitario e produttivo, che si troverebbe di fronte un unico interlocutore, seppure articolato al proprio interno, con cui programmare interventi collaborativi in diversi settori della formazione e dell’istruzione. Le stesse istituzioni scolastiche, invece di essere preoccupate di mantenere un numero annuale di iscrizioni indispensabile per avere un istituto attivo e pienamente operativo, potrebbero operare, in maggiore sinergia con gli altri istituti, una attività di orientamento nella fase dell’accoglienza di nuovi studenti, ma anche per l’intera durata dell’anno scolastico, indirizzando più facilmente gli studenti, fornendo delle risposte coordinate alle loro autentiche aspettative. Questi ultimi, d’altro canto, avrebbero il vantaggio di entrare in un contesto formativo che consente una più agile rimodulazione del piano di studi, qualora questa risultasse necessaria. Un contesto scolastico unico, ma con più proposte e aperto al territorio, si presenterebbe come una prospettiva più interessante anche per quelle studentesse che al termine della scuola media avessero un qualche interesse per l’istruzione tecnica e scientifica. In un simile contesto, potranno, infine, essere attivati degli strumenti e delle procedure di valutazione dei vari attori del processo formativo, inserendo, oltre agli insegnanti tradizionali, docenti con professionalità tecnologiche, docenti di laboratorio ed esperti esterni legati alle realtà produttive del territorio, con lo scopo di garantire continui aggiornamenti per il lavoro degli insegnanti, soprattutto rispetto 16 agli aspetti legati al mondo della scienza, delle nuove tecnologie e del lavoro. Certo il polo tecnologico, che nella legge 53 è stato definito campus ed in altri contesti è stato chiamato polo formativo o anche distretto formativo, pur con le diverse sottolineature che le denominazioni comportano, rappresenta sicuramente una delle aspettative più interessanti per la valorizzazione ed il rilancio dell’istruzione/formazione tecnica e scientifica. La realizzazione di un sistema integrato fra enti, istituzioni, associazioni e imprese che possono e devono dialogare nel tempo, mettendo in comune analisi, risorse, progetti, ma anche bisogni, ognuna nel rispetto delle proprie specificità, può davvero contribuire alla progettazione di un nuovo modello di scuola capace di rispondere alle esigenze degli studenti, delle loro famiglie, delle imprese e del tessuto sociale locale, anche in una prospettiva di programmazione di interventi di medio e lungo raggio. In questa ottica il progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” si propone come una tappa di un cammino impegnativo, ma sicuramente interessante, di rilancio dell’istruzione e della formazione tecnica e scientifica. …in un sistema integrato 1.2 Gli obiettivi e le fasi del progetto La Regione del Veneto nel 2004 ha aperto un bando del Fondo Sociale Europeo (ob.3, mis.C1 - Azioni di Sistema) che offriva la possibilità, attraverso opportune azioni, di studiare e creare un nuovo modello di istruzione superiore la cui validità si potesse estendere anche a livello regionale. La Misura C1, infatti, pone l’accento sulle riforme strutturali in atto sia nel sistema economico che in quello scolastico, sottolineando “la centralità di un’economia e di un sistema del lavoro fondati sulla conoscenza”. In risposta al bando il consorzio CIM&FORM si è attivato per realizzare il progetto “APPRENDIMENTO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO: RETI TERRITORIALI PER L’INNOVAZIONE”. Il progetto si è articolato in una serie di obiettivi. Innanzitutto si intendeva diffondere nelle scuole partner del progetto la cultura, i metodi e gli strumenti per monitorare con efficacia i fabbisogni formativi del territorio, introducendo Analisi dei fabbisogni del territorio 17 Creare una rete per l’innovazione 18 anche l’abitudine al confronto tra scuola, azienda ed università. Si trattava, in altri termini, di sviluppare una cultura orientata ad attività di benchmarking con altri attori regionali, per evitare il pericolo di cadere nella autoreferenzialità, che rischia di assolutizzare delle letture comunque parziali dei fenomeni. Si trattava poi di individuare nuovi modelli di istruzione e di formazione nell’ambito dell’indirizzo tecnico e scientifico, e di valorizzare le esperienze già in atto, favorendo il confronto fra realtà diverse già presenti sul territorio regionale. In questo contesto un altro compito è stato individuato nel definire le migliori modalità di intervento dei docenti e di quanti a vario titolo operano nella scuola, con l’intento di progettare un raccordo efficace tra imprese, istituzioni e sistema scolastico per favorire la realizzazione dell’alternanza scuola-lavoro, degli stage, delle visite, dell’accompagnamento al lavoro e dell’inserimento nel sistema universitario. Tutte le attività inoltre avevano lo scopo di sviluppare l’integrazione dell’intero sistema, sostenendo la collaborazione tra parti sociali, Associazioni di Categoria, Direzione Scolastica Regionale, reti di scuole del territorio, Università, Consorzi ed Enti di Formazione, per incrementare il numero degli iscritti ai corsi di istruzione e di formazione secondaria e universitaria dell’area tecnico-scientifica. Il progetto, inoltre, aveva l’ambizione di stimolare lo sviluppo di nuove modalità di approccio della scuola tecnica nei confronti della formazione femminile, come leva per la promozione delle politiche di genere e per lo sviluppo competitivo di un’area da sempre considerata prettamente maschile. Infine, si intendeva promuovere lo studio di nuovi modelli di intervento nella scuola tecnica a livello formativo e professionalizzante così da favorire politiche di inclusione sociale di quegli studenti sottoposti a drop out scolastico. Per la realizzazione del progetto sin dall’inizio si è incoraggiato lo sviluppo e la diffusione del confronto tra impresa, scuola ed università, per favorire l’efficacia organizzativa del sistema della formazione e dell’istruzione, nel rispetto dei fabbisogni formativi espressi dal territorio, con una ricaduta positiva sul sistema del lavoro e dell’occupazione. In questa prospettiva, infatti, è possibile ottenere un incre- mento della scelta, da parte degli studenti e delle loro famiglie, delle scuole ad indirizzo tecnico, facendo ricorso anche ad opportune strategie di comunicazione, per presentare correttamente le caratteristiche di questo indirizzo di studi. Il progetto è stato strutturato in tre fasi, ciascuna delle quali si articola a sua volta in azioni specifiche. La prima fase, quella di analisi di cui in seguito verranno illustrati i risultati raggiunti, ha lo scopo analizzare e comparare i fabbisogni formativi espressi dalle aziende nei vari ambiti territoriali, dai dirigenti del sistema scolastico e dagli studenti che hanno completato il ciclo di studi superiore. Per realizzare questa lettura della realtà si è fatto ricorso a diversi strumenti di indagine, quali i focus group, le interviste semi-strutturate ed i questionari, che complessivamente hanno permesso di vagliare le opinioni di più di mille testimoni. La seconda fase, quella della ricerca, invece si è posta l’obiettivo di ripensare la proposta formativa dei singoli istituti, valorizzando il contributo dei docenti di laboratorio e delineando un modello di relazioni in grado di garantire nel tempo le necessarie azioni formative tese all’aggiornamento e alla riqualificazione delle risorse didattiche della scuola. In questa fase si è lavorato soprattutto per piccoli gruppi, costituiti da docenti di diversi istituti scolastici della regione con la presenza di consulenti della formazione, che hanno prodotto dettagliati piani di intervento. È stato ritenuto infatti importante offrire degli strumenti per poter compiere una sintesi tra le tendenze che emergono dalla consulenza professionale, dal mondo del lavoro, dell’impresa e degli studi di progettazione, coniugandoli con i nuovi orizzonti prospettati dai saperi scientifici espressi dalle università e con le migliori esperienze didattiche già sperimentate, per poi trasferirli nell’organizzazione didattica ordinaria delle scuole superiori. I partner del progetto, inoltre, hanno operato per progettare lo sviluppo di competenze strategiche e linguaggi per l’orientamento e l’acquisizione di strumenti innovativi per la promozione della scuola tecnica, con un particolare riguardo all’universo femminile. La terza fase, quella della comunicazione, ha lo scopo di comunicare e diffondere i risultati tramite stampa, materiale informativo e multimediale, così da offrire ampia visibilità alla nuova proposta di istruzione/formazione tecnologica Orientamento verso l’istruzione tecnica Le fasi progettuali 19 e approfondire le tematiche aperte nel campo della formazione e della istruzione professionale. 1.3 I partner Il Consorzio CIM&FORM 20 C.IM.&FORM. - Consorzio di Imprese per la Formazione - di Verona è un ente accreditato nell’ambito della formazione superiore e della formazione continua ed ha lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese consorziate. Esplica la sua attività nel settore della formazione professionale intesa come servizio per la diffusione di conoscenze teoriche e pratiche volte allo sviluppo di specifiche competenze professionali. A tale scopo il Consorzio promuove e gestisce iniziative di formazione professionale rivolte alla qualificazione, riqualificazione, specializzazione e perfezionamento di lavoratori e al primo inserimento dei giovani; stipula convenzioni per l’organizzazione e la gestione dei corsi, con l’ente Regione Veneto, con imprese e con Enti, Istituti e Centri aventi per fine la formazione professionale; cura i rapporti con le singole imprese aderenti interessate, con le locali associazioni imprenditoriali e con gli Enti interessati alla Formazione Professionale. C.IM & FORM. con la stesura del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” ha voluto offrire una risposta all’esigenza che frequentemente emerge dal territorio di creare un sistema efficace di relazioni tra i soggetti che a vario titolo hanno a cuore il futuro della istruzione e della formazione tecnica in Italia e, in modo particolare, nel Veneto. Il primo sforzo è stato orientato al rinforzo dei legami già esistenti ed alla creazione di nuovi collegamenti tra il mondo delle imprese e quello della scuola. Molti analisti riconoscono in questo passaggio la vera leva per lo sviluppo dell’economia italiana e per l’innovazione del nostro sistema scolastico. Ma per dare una possibilità concreta affinché questo avvenga, è necessario affidarsi ad una metodologia valida e replicabile nel tempo, che sia autonoma rispetto ai diversi attori coinvolti. Per questo motivo al progetto hanno partecipato le associazioni industriali di tre province venete ed il sistema confindustriale regionale. Fra i partner specifici del progetto è presente Confindustria Verona, che rappresenta circa di 1.000 imprese appartenenti ai diversi settori industriali ed al terziario avanzato. Hanno poi collaborato l’Associazione degli industriali di Vicenza, con i suoi 2.400 associati che da anni svolge un ruolo di raccordo tra imprese e mondo della scuola e l’associazione degli industriali di Belluno, anch’essa impegnata alla promozione sul territorio dell’istruzione tecnologica e della formazione tecnica in generale come leva necessaria per lo sviluppo economico provinciale. Hanno partecipano poi attivamente le scuole, per le quali è indispensabile pensare nuovi percorsi e nuove strutturazioni, per fornire agli studenti sempre nuove possibilità per sviluppare tutte quelle competenze che servono per affrontare il loro futuro professionale, sia nel mondo del lavoro che nell’Università. All’interno del progetto un ruolo fondamentale è stato svolto dal Consorzio Verona Tecnologia, un ente che riunisce e coordina le principali scuole tecniche veronesi, un importante strumento che ha permesso negli ultimi anni un innalzamento complessivo della qualità del sistema formativo veronese. Il Consorzio comprende i più importanti istituti tecnici e professionali di Verona e provincia con oltre 6.500 studenti e 600 docenti, è promotore e partecipa a progetti internazionali, stage, IFTS, aree di progetto, Ambiente-EnergiaICT…, stimolando e coordinando iniziative e collaborazioni con le con le istituzioni amministrative quali il Comune di Verona e l’Amministrazione Provinciale di Verona, le associazioni imprenditoriali e di categoria, e con i Centri di Formazione Professionale non statali. Le scuole consorziate sono: E. Fermi, G. Ferraris, G. Giorgi, G. Marconi, G. Silva, C. Anti e M.O.L. Dal Cero. Altri istituti coinvolti a Verona sono stati l’Istituto industriale paritario “San Zeno” con i suoi corsi serali e diurni nelle specializzazioni meccanica, elettrotecnica, automazione e arti grafiche, il Centro Formazione Professionale Cnos/Fap “San Zeno” e l’Istituto Don Calabria, un centro polifunzionale che si articola nelle aree formativo/professionale, riabilitativa, sportiva e sociale. Per la provincia di Belluno, poi, ha collaborato l’ITIS Negrelli di Feltre, mentre per la provincia di Vicenza ha offerto il proprio contributo sia nella fase di analisi che di I partner operativi Le scuole 21 Gli enti formativi di Confindustria La Provincia di Verona I partner istituzionali 22 ricerca l’ITIS A.Rossi. Sono poi stati coinvolti a diverso titolo gli enti che sul territorio si occupano di formazione e di orientamento. Gli enti partner sono stati, oltre ovviamente a C.IM.&FORM. di Verona, capofila del progetto, la Fondazione CUOA di Vicenza che svolge da tempo attività di ricerca e monitoraggio sui grandi temi economici e sociali del management e dell’individuazione dei fabbisogni formativi del territorio e Reviviscar, che si occupa nella provincia di Belluno di progettazione, realizzazione e coordinamento degli interventi formativi rivolti sia a personale occupato che a persone in cerca di impiego. Entrambi gli aspetti citati, sia la formazione che l’orientamento sono cruciali. Il primo deve essere valorizzato per fornire nuove possibilità di apprendimento, valide, serie, efficaci e replicabili nel tempo. Il secondo, quello dell’orientamento, perché è necessario promuovere l’istruzione tecnica e scientifica nell’ottica di istaurare un rapporto costante e fruttuoso per le imprese e per le famiglie degli studenti che si apprestano a scegliere la scuola secondaria. In questa ottica è risultato fondamentale il contributo offerto dalla Provincia di Verona, altro partner specifico. La Provincia, infatti, quale organo pubblico che partecipa alla programmazione socio-economica ed alla pianificazione territoriale regionale, si inserisce a pieno titolo tra i partner di progetto, in quanto attraverso il centro per l’impiego, ha garantito l’apporto professionale dei suoi operatori dell’orientamento soprattutto nelle fasi di analisi del progetto. I partner istituzionali del progetto sono stati Confindustria Veneto, l’Associazione degli industriali di Rovigo, Unindustria Treviso e Forema, che da anni opera nel campo della formazione al servizio delle imprese. L’insieme delle composizione del partenariato istituzionale e i partner specifici di progetto, ha garantito tutti quegli elementi di conoscenza, competenza e organizzazione che sono risultati indispensabili per la buona riuscita del progetto e l’immediata applicabilità dei risultati conseguiti. Infine è opportuno precisare che il Consorzio C.IM&FORM. ha fatto la scelta di coinvolgere più direttamente le province di Verona, Vicenza e Belluno, con lo scopo dichiarato di sviluppare nuove conoscenze in modo il più possibile condiviso con realtà che sono caratteristiche e particolarmente significative nell’ambito regionale e che da anni lavorano attorno a queste tematiche. Lo scopo che ha sostenuto l’intero progetto è quello di creare una filiera della conoscenza e una modalità di relazione per garantire la continuità e l’aggiornamento dei saperi, per sostenere lo sviluppo economico e culturale del territorio e della società. Oggi, infatti, la nuova frontiera per generare innovazione consiste nella creazione di una rete di partner che condividano le tematiche economiche e sociali evidenziate dalla Regione e che vogliano sostenere con idee e risorse umane gli obiettivi e le azioni proposte, per la progettazione di un rinnovato modello di istruzione e di formazione tecnica, per facilitare la capacità di ascolto dei fabbisogni espressi dal tessuto economico veneto e per garantire accessi qualificati, attraverso il raccordo tra istruzione e formazione, sia al lavoro che all’Università. 1.4 Il Comitato Tecnico Scientifico Tutti i lavori di realizzazione del progetto sono stati seguiti da un Comitato Tecnico-Scientifico, ossia una struttura costituita da tre “saggi”, esperti a vario titolo rispetto alle tematiche del progetto, le cui funzioni sono state quelle di supervisionare il progetto nella fase iniziale, intermedia e finale; di monitorare l’andamento dei lavori e, infine, di sviluppare le criticità e i punti di forza che potessero permettere una positiva riuscita del progetto. I componenti del Comitato, per rispondere agli obiettivi progettuali, sono stati scelti fra i testimoni più significativi delle tre realtà maggiormente coinvolte nei lavori: la scuola, l’impresa e l’Università. Il mondo dell’Università è stato rappresentato dal prof. Giorgio Savio, professore ordinario di Merceologia presso la facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Verona. Il suo coinvolgimento nel Comitato Tecnico-Scientifico è risultato importante non solo perché l’università rappresenta uno sbocco privilegiato per tanti studenti giunti al termine del secondo ciclo di studi, ma anche per valorizzare la componente scientifica nella formazione tecnica e professionale. La presenza di un rappresentante del mondo accademico è stata altresì importante per capire come l’Università possa offrire percorsi di istruzione superiore, in particolar modo L’Università 23 La Scuola L’Impresa rispetto al sapere scientifico e tecnologico, in linea con gli attuali bisogni occupazionali del territorio. L’universo della scuola è stato rappresentato dalla dott.ssa Maria Giuliana Bigardi, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale della Provincia di Verona. Il progetto, avendo come obiettivo quello di proporre degli interventi attuabili in buona parte del sistema scolastico superiore, richiedeva la presenza nel Comitato Tecnico Scientifico di una personalità che avesse una visione globale della scuola da un osservatorio privilegiato, quale è l’amministrazione scolastica provinciale. Inoltre, la dott.ssa Bigardi ha saputo fornire un importante contributo di analisi sui percorsi formativi in atto e di progettazione per le innovazioni future. Il terzo osservatorio è rappresentato dal mondo delle imprese, nella persona del sig. Giuseppe Manni, imprenditore e presidente di uno dei più grandi gruppi italiani che svolge attività industriali nel campo siderurgico e nei business degli elementi prelavorati di acciaio, delle componenti e dei sistemi strutturali per costruzioni e degli impianti di diversi settori. Va detto, inoltre, che il Gruppo Manni HP, azienda di spicco dell’industria manifatturiera veronese, ha sviluppato negli anni competenze e sensibilità relative alla formazione e collabora da tempo con l’Università di Verona per numerose attività di formazione sia con i neo assunti, sia nel campo della formazione continua in azienda ed ha inoltre avviato progetti innovativi di gestione delle risorse umane, arrivando ad ottenere il riconoscimento di “Azienda Formativa dell’anno” nel giugno 2004. La sua presenza ha costituito un richiamo prezioso per riportare ogni ipotesi di azione formativa nella prospettiva della produzione e del lavoro, sia per come si presenta oggi che in una prospettiva aperta al futuro. 1.5 I metodi e gli strumenti Le azioni del progetto 24 Il progetto si è articolato in tre azioni principali: l’analisi dei fabbisogni formativi e occupazionali del territorio; la ricerca di nuovi percorsi formativi realizzati in sintonia con il territorio in una logica di rete fra istituzioni scolastiche, agenzie formative e la realtà produttiva presente sul territorio; e, infine, la comunicazione e la pubblicizzazione dei risultati raggiunti. Nella prima azione, quella dell’analisi, l’obiettivo principale è stato lo svolgimento di una lettura dei reali fabbisogni formativi e occupazionali del territorio. La ricerca si è articolata in due percorsi: con il primo si è voluto individuare le richieste che emergono dal mondo della scuola, dell’università, dell’impresa e delle istituzioni pubbliche; con il secondo è stata rilevata quale percezione avessero gli studenti al termine del percorso di istruzione o di formazione negli istituti tecnici e professionali delle loro competenze acquisite. Gli scopi dei vari interventi sono stati quelli di sviluppare un metodo del confronto tra scuola, impresa ed università, per favorire l’efficacia organizzativa del sistema della formazione e dell’istruzione, nel rispetto dei fabbisogni formativi espressi dal territorio, operando al fine di ottenere una ricaduta positiva sul sistema del lavoro e dell’occupazione. Il progetto, infatti, si configura come un’azione di sistema in cui sono coinvolti i diversi partner e poiché le metodologie e le azioni sviluppate sono replicabili nel tempo, si configura anche come un processo di miglioramento continuo. Per svolgere la prima fase del lavoro di indagine sono stati utilizzati tre strumenti fondamentali: il focus group, i questionari e le interviste semistrutturate. La scelta delle modalità della ricerca è sempre stata operata con la chiara intenzione di sviluppare un’abitudine al confronto fra le diverse istituzioni che operano all’interno del sistema dell’istruzione e della formazione o che in qualche modo usufruiscono dei servizi di questo sistema. Perciò è stato considerato fondamentale sviluppare anche all’interno delle istituzione scolastiche l’abitudine al benchmarking, alla ricerca delle migliori pratiche già presenti sul territorio, per acquisirle, almeno in parte, adattandole alle diverse realtà locali e formative in vista di un processo di miglioramento continuo. Per il raggiungimento di questo obiettivo è stato considerato strategico il coinvolgimento degli insegnanti delle scuole partner di progetto. A loro è stata offerta la possibilità di partecipare ai focus group non solo in qualità di intervistati, ma anche affiancando il conduttore, contribuendo alla stesura delle domande e poi del report. In questo modo si è fornito loro l’opportunità di prendere dimestichezza con uno strumento che anche in seguito potrà essere utilizzato Gli strumenti Il confronto tra le istituzioni e… … il coinvolgimento dei docenti 25 Il focus group dalle diverse scuole per operare una lettura precisa di un determinato fenomeno o di una situazione nuova. Inoltre, grazie al coinvolgimento dei docenti, si è avuta la certezza che il percorso di ricerca sarebbe andato a sviscerare davvero gli aspetti più critici e problematici, evitando di soffermarsi su questioni secondarie o la cui conoscenza è oramai ampiamente acquisita. Lo stesso si dica per la preparazione e la somministrazione del questionario preparato per gli studenti dell’ultimo anno dell’istruzione/formazione tecnica e per gli ex-studenti che al momento dell’indagine avevano terminato gli studi da tre anni. Anche la preparazione e l’utilizzo di questi strumenti sono stati un’occasione offerta agli insegnanti per scoprire come è giudicata la scuola dagli utenti, per riflettere sull’identità dell’istituto, sui suoi punti di forza e sulle criticità su cui intervenire. La somministrazione di questionari di gradimento è una pratica oramai ampiamente diffusa anche nella realtà scolastica, in questo caso però il valore aggiunto è stato determinato da tre elementi: la possibilità di verificare i risultati dello stesso questionario somministrato a scuole diverse ma dello stesso ordine; la somministrazione del questionario anche agli ex-studenti; l’opportunità di collaborare nella sua stesura e somministrazione con agenzie formative esterne. Scendendo più nel dettaglio, è opportuno precisare che l’organizzazione dei focus group è stata realizzata attraverso i seguenti steps: - la costruzione della Interview Guide ad opera di gruppi di docenti operanti nelle tre province coordinati da un esperto; - la costruzione dello schema di campionamento e del reclutamento dei partecipanti, individuando alcuni testimoni privilegiati del territorio appartenenti a diverse realtà comunque in contatto con l’istruzione e la formazione tecnica e scientifica; - la conduzione di focus group e la registrazione delle informazioni; - l’analisi e l’interpretazione dei risultati; - la scrittura del rapporto finale. Per quanto riguarda invece i questionari, che sono stati ri- 26 volti agli studenti delle classi quinte degli istituti tecnici partner di progetto, agli studenti delle classi terze di alcuni istituti professionali di Verona e agli ex-studenti, si è proceduto operando i seguenti passaggi: I questionari - la definizione del campione (popolazione target, metodo di campionamento e grandezza del campione); - la definizione degli item del questionario sulla base delle aree individuate mediante la realizzazione di una serie di focus group nelle tre province coinvolte, intervistando studenti ed ex-studenti; - la costruzione dello strumento di misura, ossia il questionario; - la definizione delle modalità di somministrazione; - la comunicazione delle informazioni per una corretta somministrazione agli intervistatori, nel caso specifico i docenti delle scuole partner di progetto; - la somministrazione del questionario; - la codifica dei dati; - l’analisi e l’interpretazione dei risultati; - la produzione del report finale. Per avere un’ulteriore raffronto con i dati emersi, ma anche per approfondire le tematiche più ricorrenti ed individuare dei percorsi di innovazione, è stata operata la scelta di intervistare cinque testimoni privilegiati del territorio, diversamente impegnati e coinvolti nei processi di cambiamento in corso nella realtà scolastica italiana. Sono stati intervistati il Rettore dell’Università degli Studi di Verona, il Pro-Rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, il Dirigente del Ufficio Scolastico Regionale del Veneto, il Vice Presidente degli industriali veneti e il Presidente dei Giovani Industriali di Verona. Anche per la definizione delle interviste semi-strutturate si è proceduto con una serie di step: Le interviste semi strutturate - la definizione del campione, ossia degli intervistati; - la definizione delle aree da indagare con l’intervista; - la costruzione dello strumento di misura, in questo caso le domande da rivolgere all’intervistato; - lo svolgimento delle interviste; - la stesura, l’analisi e l’interpretazione dei risultati; - la produzione di un report finale. 27 L’azione di RICERCA I laboratori di ricerca Gli interventi di innovazione 28 La seconda azione del progetto è coincisa con la fase della ricerca vera e propria. Lo scopo dichiarato consisteva nell’individuare alcuni percorsi innovativi coerenti con i dati emersi dall’azione di analisi, da realizzare in tempi brevi con il coinvolgimento dei docenti delle diverse scuole partner, chiedendo loro di programmare i diversi progetti secondo una logica di rete e condividendo le buone pratiche già in atto nei diversi istituti. Si sono così costituiti quattro laboratori di ricerca: due a Verona presso l’associazione industriali e presso l’ITI Ferraris; uno a Legnago presso l’ITI Silva ed uno a Vicenza presso l’ITI Rossi. La metodologia seguita è stata quella della ricerca-azione, una delle tipologie di lavoro più apprezzate in questi ultimi anni anche nella scuola. In questa ottica è stato previsto il coinvolgimento attivo dei soggetti partecipanti, docenti coordinati dalla presenza di formatori, in un progetto di azione finalizzato alla soluzione di un problema oppure all’introduzione di processi innovativi. Si è proceduto così alla raccolta sistematica di dati, proveniente dall’interazione tra i diversi attori, ed all’individuazione di percorsi condivisi funzionali allo sviluppo del sistema. L’elemento caratterizzante la metodologia della ricercaazione in questo caso, infatti, si identifica nella cooperazione tra i ricercatori, provenienti da scuole diverse, che potevano mettere in comune esperienze e soluzioni oppure misurarsi con le comuni criticità. I singoli gruppi di lavoro, in questo modo, si sono costituiti come “ricercatori collettivi”ed hanno rinunciato alle tradizionali ripartizioni dei compiti tra i ruoli. I gruppi hanno così individuato delle attività che, una volta realizzate, valutate e prototipizzate, possono costituire le tappe di un processo di cambiamento pianificato dell’organizzazione. Questa modalità di lavoro infatti favorisce l’introduzione di cambiamenti organizzativi, proprio perché proposti dall’interno delle singole istituzioni da soggetti che si muovono in rete anche con le realtà esterne. Infatti, ogni cambiamento al sistema per avere successo deve coinvolgere gli attori interni, sia nell’organizzazione che nella gestione degli interventi. Nel caso specifico, poi, l’apertura all’innovazione era stimolata anche dalle relazioni con l’esterno. In sintesi, si può affermare che la metodologia della ricerca-azione ha permesso di attivare un processo virtuoso tale per cui, dalla indagine sul campo, operata nella prima azione del progetto, si è giunti all’attivazione di interventi di innovazione in un’ottica aperta al cambiamento e attraverso il contributo partecipato dei soggetti. Inoltre la possibilità di lavorare in gruppi ristretti fra insegnanti di scuole diverse o simile, anche di province diverse, ha consentito la costruzione condivisa di significati e di progetti che hanno istituito o, in altri casi, rafforzato una rete di comunicazioni e di relazioni non solo fra le scuole, ma anche fra queste ed il territorio. Solo dall’incontro e dal confronto può nascere un sistema di relazioni e di interconnessioni continuative nel tempo, capaci di rafforzare la coesione fra i diversi partner, che, nel caso specifico, sono riconosciuti a livello nazionale per gli standard di qualità che garantiscono. I diversi partner che sono stati coinvolti sia nella fase dell’analisi delle necessità proprie del territorio sia nella fase di ricerca vera e propria, hanno dimostrato la capacità di costruire una rete di relazioni attenta a quanto accade nella realtà circostante, recettiva dei messaggi che emergono dal contesto in cui è inserita e, in risposta a quanto percepito, capace di avviare un processo di miglioramento continuo. Un’ultima annotazione deve essere fatta riguardo al monitoraggio di sistema che è stato attivato per l’intera durata del progetto. Anche questo intervento è stato pensato nell’ottica della diffusione di una cultura della valutazione e del monitoraggio costante, per incrementare i processi in tempi rapidi, rispondendo in modo differenziato alle complesse sollecitazioni che provengono dalla economia e dalla società. Si è cercato così di introdurre un ulteriore stimolo per evitare il pericolo della autoreferenzialità, in cui possono cadere tutti i partner del progetto, se agiscono in modo isolato e senza un raffronto continuo con l’esterno. Il monitoraggio 29 CAPITOLO SECONDO Analisi dei Fabbisogni del Territorio 2.1 Premessa metodologica 2.2 Il territorio: richieste e aspettative 2.3 Il punto di vista degli studenti 2.3.1 Gli studenti degli istituti professionali 2.4 Cosa pensano i neodiplomati 2.4.1 Gli ex studenti degli istituti professionali 2.5 Le analisi di alcuni testimoni privilegiati 2.5.1 Premessa metodologica 2.5.2 Le caratteristiche dell’istruzione tecnica e scientifica 2.5.3 La certificazione delle competenze 2.5.4 L’attività tecnico - laboratoriale 2.5.5 Il raccordo tra scuola, aziende e università 2.5.6 La formazione e l’istruzione in un polo formativo 2.5.7 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale 2.5.8 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale 2.1 Premessa metodologica La prima fase del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” è stata effettuata mediante la realizzazione di una serie di interviste di gruppo a cui hanno partecipato alcuni rappresentanti del territorio di Verona, Vicenza e Belluno. Lo scopo specifico della ricerca consisteva nell’individuare come viene percepita e giudicata la qualità dell’istruzione tecnica e quali siano le aspettative e le richieste più ricorrenti. Lo strumento di indagine prescelto è stato il focus group, una sorta di intervista di gruppo, in cui i partecipanti vengono osservati mentre svolgono un dibattito tra di loro alla presenza di un moderatore, che stimola la discussione. Dato un argomento si intavola un dibattito alla scopo di fare emergere i pareri e i punti di vista spontanei dei soggetti presi in esame. Il moderatore, o intervistatore, è affiancato da uno o due osservatori che annotano le osservazioni che emergono dal dibattito. È stata scelta questa tecnica d’indagine perché permette di raccogliere del materiale particolarmente utile, in quanto consente di registrare le diverse opinioni espresse liberamente dai membri del gruppo, mentre interagiscono fra di loro. Il punto di partenza dell’intervista di gruppo è rappresentato dall’immagine della realtà che i ricercatori vogliono rafforzare o revisionare. Nel caso specifico i focus group sono stati utilizzati per far emergere con più spontaneità da alcuni testimoni del territorio in vario modo competenti le opinioni più condivise sull’istruzione tecnica e scientifica. In seconda battuta, i dati emersi da questa ricerca sono stati integrati con gli altri strumenti di indagine utilizzati: le interviste e i questionari, così da acquisire una nuova prospettiva, nata dal confronto diretto di opinioni differenti raccolte con strumenti diversi. I focus group, poi, sono stati utilizzati anche come ricerca pilota per elaborare e mettere a punto i questionari da somministrare a studenti ed ex studenti dell’istruzione tecnica e scientifica. Il moderatore di un focus group può assumere due tipi di atteggiamento: non direttivo o direttivo, a seconda che si limiti a registrare la discussione e a rilanciare il dibattito, oppure intervenga orientando la discussione. Nella nostra ricerca l’intervistatore ha partecipato attivamente, dirigen- Lo strumento d’indagine: il focus group Il ruolo del moderatore 33 Gli osservatori La preparazione del focus group 34 do l’intervista e avendo presente un elenco strutturato di temi da toccare. In questo modo è stato possibile affrontare più argomenti e verificare in realtà territoriali diverse la conformità o meno dei giudizi dei partecipanti. L’intervistatore deve sempre essere affiancato da uno o due osservatori, che hanno il ruolo di registrare gli interventi durante la discussione e di intervenire riportando il moderatore sulla giusta tematica, qualora si facesse sfuggire di mano la discussione. Nel caso della nostra ricerca è importante precisare che gli osservatori erano insegnanti degli istituti tecnici e professionali e, in un caso, operatori dei centri per l’impiego della provincia di Verona. È stata operata questa scelta per un duplice motivo: garantire che la discussione potesse avere un’utile ricaduta sulle scuole, privilegiando quegli aspetti che gli insegnanti ritengono più importanti o critici; ed inoltre consentire agli operatori della scuola e dell’orientamento di avere un confronto diretto con le opinioni espresse dai rappresentanti delle diverse realtà territoriali. Il lavoro preparatorio alla realizzazione dei focus group è stato svolto da quattro gruppi di ricerca dislocati su tre province. A Verona i partecipanti a questa azione sono stati 17, di cui 15 insegnanti in rappresentanza di 10 istituti, tra scuole e centri di formazione professionale, e 2 operatori dei Centri per l’impiego. Parallelamente al percorso seguito a Verona, è stata avviata un’attività simile a Feltre con la partecipazione di 6 insegnanti dell’Istituto tecnico Negrelli ed a Vicenza con il coinvolgimento di 6 insegnanti dell’Istituto Tecnico Rossi. Innanzitutto è stata operata la scelta dei partecipanti e la selezione è avvenuta tenendo presente gli scopi dell’indagine. Poi è stato determinato il numero di sessioni, prestando attenzione ad avere almeno due gruppi paralleli per ogni indagine, così da poter fare una comparazione dei risultati. Infine, è stata redatta una scaletta delle domande che doveva servire come riferimento al conduttore, lasciando comunque libertà di seguire anche altri filoni di discussione se ritenuti pertinenti, evitando di costringere gli intervistati ad un rispetto troppo rigido dei punti della scaletta. Ricordiamo, infatti, che i focus group sono stati realizzati in realtà territoriali differenti che era giusto valorizzare per le loro tipicità. Al termine dei lavori, infine, l’analisi dei risultati è stata rea- lizzata mediante la costruzione di una griglia riassuntiva e la comparazione fra i risultati emersi nei diversi gruppi. Le domande per la griglia di intervista dei focus group hanno sviluppato i temi chiave della ricerca che di seguito vengono riportati: I temi della ricerca 1. Competenze richieste dal mondo del lavoro, dall’Università e/o dall’istruzione superiore a chi ha frequentato un istituto tecnico-professionale; 2. Competenze percepite come acquisite dal territorio, da chi frequenta un istituto tecnico-professionale o da chi l’ha frequentata; 3. Certificazione delle competenze acquisite; 4. Importanza dell’attività tecnico - laboratoriale; 5. Le modalità di raccordo scuola/aziende, scuola/Centri per l’Impiego e scuola/università; 6. Il raccordo tra la formazione e l’istruzione tecnico-scientifica all’interno di un polo tecnologico/formativo; 7. La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale; 8. La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale. Gli obiettivi dei focus group possono essere sommariamente riassunti facendo riferimento a due realtà: il territorio e la scuola. Ai testimoni provenienti dalle diverse realtà produttive e formative presenti sul territorio si è chiesto di individuare le aree critiche rispetto ai fabbisogni occupazionali e di evidenziare cosa la scuola può fare per intercettare al meglio queste esigenze. Inoltre si è cercato di operare una lettura dei fabbisogni formativi e delle competenze richieste dal mondo del lavoro e dall’università, alla luce del fatto che l’istruzione tecnica superiore tradizionalmente ha sempre avuto due sbocchi: la prosecuzione degli studi e l’ingresso nel mondo del lavoro e delle professioni. Per quanto riguarda invece più strettamente la realtà scolastica, sono stati realizzati dei focus group rivolti agli studenti ed agli ex studenti, dove si è soprattutto puntato sull’individuazione di come venga percepita e valutata la preparazione raggiunta al termine del percorso di formazione o di istruzione tecnica. È stato chiesto infatti agli intervistati di esprimere un giudizio sulla scuola in qualità Gli obiettivi 35 I testimoni privilegiati 36 di soggetti coinvolti nell’attività didattica, e di raccontare quali sono state le difficoltà incontrate e, sulla base della loro esperienza, quali gli interventi formativi da sostenere e implementare. Questo secondo filone di ricerca aveva lo scopo anche di predisporre i questionari che in un secondo momento sono stati somministrati a più di mille studenti ed ex studenti. I focus group con i testimoni del territorio sono stati complessivamente quattro: due a Verona con la presenza di 14 intervistati, uno a Vicenza con 11 testimoni e uno a Belluno con 5 testimoni presenti. Complessivamente, quindi, sono stati intervistati trenta testimoni. Hanno partecipato imprenditori, rappresentanti di istituzioni pubbliche, di categorie professionali, docenti universitari, esperti di orientamento e dirigenti scolastici. I focus group rivolti agli studenti ed ex studenti sono stati nove: cinque a Verona a cui hanno preso parte 25 fra studenti ed ex studenti, due a Vicenza con 20 intervistati e due a Belluno con 16 testimoni. Vi hanno preso parte studenti del quinto anno frequentanti gli istituti tecnici delle scuole partner di diverso indirizzo ed ex studenti diplomati da almeno tre anni con un’esperienza di lavoro o di studio. A Verona sono stati intervistati anche gli studenti frequentanti il terzo anno dei centri di formazione professionale degli enti partner e gli ex studenti qualificati impegnati nel lavoro o nello studio da almeno tre anni. I 61 testimoni scelti sono stati selezionati prestando attenzione ad avere sempre una presenza femminile, con studenti che hanno frequentato indirizzi di studio differenti e che hanno raggiunto diversi risultati scolastici. Gli ex studenti sono stati selezionati in modo da avere la possibilità di confrontare esperienze di lavoro e di studio differenti. Tutti i focus group sono stati coordinati da conduttori esperti, affiancati dagli insegnanti delle scuole partner di progetto. A Verona sono stati coinvolti 16 insegnanti e due operatori dei Centri per l’impiego della Provincia, 6 insegnanti sono stati coinvolti a Vicenza e 6 a Belluno. Per tanto 30 insegnanti hanno partecipato ai focus group ed alla stesura dei report, garantendo una presenza importante della scuola ed acquisendo un’esperienza che potrà esser utilizzata anche negli anni a venire per favorire un rapporto di dialogo e di collaborazione tra le scuole ed il territorio. 2.2 Il territorio: richieste e aspettative Ai rappresentanti del territorio si è iniziato con il chiedere di operare una analisi delle competenze richieste dal mondo del lavoro, dall’Università o comunque dall’istruzione superiore, a chi ha frequentato un istituto tecnico o professionale. Agli imprenditori, ai rappresentanti di istituzioni pubbliche e di categorie professionali, ai docenti universitari, agli esperti di orientamento ed ai dirigenti scolastici presenti è stato chiesto di fare il punto della situazione su quali siano oggi le competenze considerate strategiche e fondamentali. Può essere opportuno, però, prima precisare quale definizione di competenza sia stata assunta dalla ricerca, visto che negli ultimi anni questo termine è stato usato con diversi significati. Nella fase preliminare della ricerca, fra le diverse accezioni del termine, si è scelto di definire la competenza come il patrimonio complessivo di risorse proprie di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale. Ogni competenza perciò è caratterizzata da un insieme di elementi, alcuni dei quali hanno a che fare con la natura del lavoro e si possono quindi individuare analizzando i compiti e le attività svolte; altri invece hanno a che fare con le caratteristiche del soggetto-lavoratore che sono messe in campo quando un individuo si attiva nei contesti operativi. Le competenze possono essere articolate in tre macro aree: ci sono le competenze di base, come ad esempio la conoscenza della lingua straniera, dell’informatica di base, dell’economia, degli elementi dell’organizzazione, eccetera… Poi ci sono le competenze tecnicoprofessionali, specifiche della professione, ed, infine, le competenze trasversali, quali l’abilità di diagnosi, di comunicazione, di decisione, di problem solving ed altre. Dalle riflessioni operate dai diversi gruppi emerge con chiarezza la centralità che devono assumere nella scuola le competenze di base e trasversali. In particolare, a Verona sono state richiamate le competenze operative, che caratterizzano questo ramo dell’istruzione, sottolineando che oltre al saper fare, è importante il sapere ed il saper essere. È fondamentale formare una mentalità aperta all’innovazione ed alla soluzione dei problemi. Serve sviluppare la La definizione di competenza L’importanza delle competenze trasversali 37 Le esigenze del mercato del lavoro Le figure professionali più richieste 38 capacità critica, per saper analizzare le situazioni nuove che si vengono via via presentando. Poi sono state richiamate le competenze trasversali che entrano in gioco all’interno di una organizzazione, come il saper lavorare in gruppo o il sapersi collocare correttamente all’interno di una scala gerarchica. Infine, è stata richiamata l’importanza delle competenze economiche e contabili, soprattutto per chi sia orientato verso la libera professione. Sul versante dell’occupazione si riscontra una notevole richiesta del mercato di personale qualificato presso i centri di formazione professionale e di tecnici diplomati presso gli istituti tecnici e professionali. La caratteristica ritenuta più importante è che abbiano una formazione non eccessivamente specialistica, ma a base larga, in quanto anche le aziende propongono un continuo aggiornamento della formazione dei dipendenti secondo una logica di lifelong learning. Un’ultima osservazione riguarda i cambiamenti in corso nelle aziende che non si preoccupano più solo della produzione, ma allargano i loro interventi su tutti i servizi, con una ricaduta importante sul tipo di occupazione richiesta che è diventata più variegata. Anche il gruppo di indagine di Vicenza ha individuato le figure professionali maggiormente richieste nell’ambito tecnico professionale. Le articolazioni strategiche oggi sotto il profilo occupazionale sono il settore della logistica, con particolare riferimento al passaggio di materiale all’interno di un’azienda, e degli acquisti, dove è richiesta una competenza tecnica di approccio verso il fornitore. Rimane poi centrale il ruolo dell’ufficio tecnico, in cui avviene anche l’approccio con il disegno di precisione e i software relativi. Se si guarda invece alle figure professionali più innovative, si può notare come negli ultimi anni sia aumentata la presenza di personale impegnato nel controllo Qualità e negli ambiti della sicurezza e dei problemi ambientali. Importante poi anche la figura del tecnico commerciale e, soprattutto, del “delocalizzatore”, che è impegnato nel trasferimento sui mercati esteri delle produzioni a basso valore aggiunto. Si tratta di un operatore che deve fare da interfaccia con la realtà estera, è una figura di collegamento che, ovviamente, deve avere un’ottima padronanza della lingua inglese. In generale, le figure più specializzate sono impiegate nei servizi e nella consulenza, nell’impiantistica e nel collaudo. Quando è stato chiesto al gruppo degli intervistati di individuare i personaggi value-generating, ossia coloro che svolgono una funzione fondamentale, determinante, strategica, è stata tratteggiata la figura del diplomato, in grado di leggere ed interpretare le normative europee in inglese tecnico. Una costante quindi è il riferimento ad una conoscenza consolidata della lingua inglese. In seconda battuta nel focus group è stato posto al centro dell’attenzione quali siano le aspettative nei confronti di un neo-diplomato presso un istituto tecnico industriale. A questo riguardo gli intervistati si sono concentrati soprattutto nel declinare le competenze trasversali. La prima richiesta è che ci si trovi di fronte un ragazzo flessibile, in grado di adattarsi al cambiamento, e su questo fronte la scuola dovrebbe impegnarsi maggiormente affinché non si formino tecnici troppo rigidi e schematici nello svolgimento delle loro mansioni. Importante è anche la capacità di dialogo e di comunicazione. Devono sapersi spiegare, farsi capire ed essere in grado di sviluppare la capacità di ascolto. Gli intervistati hanno anche evidenziato l’importanza della capacità di analisi: talvolta i neo assunti credono di dover inventare chissà quale soluzione, quando invece si tratta più semplicemente di leggere la situazione, recuperare i dati a disposizione ed attuare strategie già sperimentate con successo. Operare analisi corrette è indispensabile per garantire efficacia ed efficienza al sistema. Poi è richiesta la capacità di lavorare in gruppo, di affrontare problemi e di cercare in autonomia delle soluzioni. Vengono quindi apprezzati soprattutto quei tecnici che sono in grado di autoattivarsi, di prendere decisioni e di misurarsi con la ricerca e l’innovazione. Sotto il profilo delle competenze più strettamente tecniche, più volte è emerso nella discussione che il diplomato di un istituto tecnico deve possedere la conoscenza dell’inglese tecnico: deve essere in grado di leggere, comprendere ed interpretare testi tecnici in inglese. È ritenuta comunque importante anche la conoscenza di altre lingue straniere. Altro pilastro indispensabile nella preparazione di base di un tecnico è la conoscenza dei software di base. Ad ulteriore conferma di quanto emerso nel dibattito, è stato poi chiesto ai testimoni del territorio di indicare le aree Le aspettative nei confronti di un neo diplomato Le competenze di base 39 Le richieste alla scuola 40 di miglioramento su cui deve operare l’istruzione tecnica. Gli intervistati hanno raccomandato di potenziare alcune competenze trasversali ritenute strategiche. È necessario insistere sulle esercitazioni finalizzate a migliorare la comprensione dei testi e, più in generale, i processi comunicativi. Importante anche insistere sulla conoscenza dell’inglese tecnico, insegnare agli studenti a ragionare in termini sistemici e sviluppare la loro capacità di agire in autonomia. Dall’indagine svolta nel territorio bellunese sono emerse alcune specificità locali. Innanzitutto è stata riscontrata una carenza di laureati tecnici, soprattutto perché fra questi non tutti possiedono una buona conoscenza delle lingue straniere e manifestano la disponibilità al trasferimento all’estero. Poi anche fra i diplomati c’è una certa chiusura al cambiamento ed una scarsa disponibilità a continuare a studiare per aggiornare la propria formazione professionale. Su questi aspetti è auspicabile un intervento della scuola che dovrebbe insistere molto sulla flessibilità, il rinnovamento continuo e l’aggiornamento delle conoscenze; inoltre dovrebbe favorire l’acquisizione di un metodo di studio e di lavoro adeguati al contesto complesso in cui ci si trova oggi a dover operare. Questi interventi formativi sono tanto più importanti in una situazione in cui si prevede un aumento della richiesta di tecnici in possesso delle lauree triennali. Anche i rappresentanti del territorio bellunesi insistono sull’importanza delle competenze trasversali. Le principali richieste riguardano la capacità di scrivere report e relazioni, di interagire nel piccolo gruppo e di applicare tecniche di problem solving. Sono però considerate fondamentali anche le conoscenze teoriche, opportunamente sviluppate anche mediante le esercitazioni in laboratorio. Sono queste le premesse indispensabili per proseguire un percorso formativo una volta entrati nel mondo del lavoro. Alle scuole si chiede sempre più di formare tecnici in grado di imparare, quindi esercitati nell’applicazione di un metodo di studio, anche perché sono sempre di più le aziende che decidono di formare al proprio interno le figure professionali di cui necessitano. Infine, dal focus group svolto a Belluno è emersa la richiesta di potenziare le attività di orientamento e di conoscenza del mercato del lavoro. Troppo spesso, infatti, gli studenti riflettono su questi temi solo dopo gli esami di maturità. Uno strumento importante per sopperire a questo limite e che va sicuramente potenziato è l’alternanza scuola - lavoro. Veniamo ora ad un altro tema sviluppato nel corso dei focus group: la certificazione delle competenze. A Verona si è chiesto se, come nelle aziende si ricorre ad una procedura che assicura la qualità di ciò che viene realizzato, analogamente sia possibile che un diploma scolastico possa presentarsi come documento di certificazione o se vi siano altri elementi o certificazioni che un’azienda ritiene importanti per valutare le competenze acquisite di chi si presenta per un’assunzione. A questo riguardo c’è la consapevolezza diffusa che sono necessarie forme oggettive di certificazione delle competenze, valide anche a livello europeo. È possibile che questi strumenti siano il libretto formativo personale o il portfolio delle competenze. Sicuramente oggi sarebbe opportuno poter ricorrere ad un ente terzo e garante in grado di certificare le competenze acquisite. Nel corso del dibattito è stato anche proposto di certificare direttamente la scuola, così da aggiungere valore ai titoli di studio che vengono rilasciati da questa. A Belluno si è riflettuto soprattutto su come la scuola può aggiungere valore al diploma. Tutti hanno concordato sul fatto che è vantaggioso per la scuola fissare degli standard che lo studente deve raggiungere al termine del percorso formativo e garantire così maggiore oggettività alla valutazione. In questa direzione potrebbe andare anche l’utilizzo del portfolio delle competenze introdotto dalla legge 53/03. Un obiettivo possibile è la certificazione della valutazione, che può essere accompagnata da una descrizione delle effettive conoscenze ed esperienze acquisite dallo studente nel corso del proprio percorso di istruzione. Un tema molto dibattuto, soprattutto nei mesi che hanno accompagnato la stesura prima e l’approvazione poi della legge 53/03 sul riordino dei cicli scolastici, è stato il valore e l’utilità delle attività laboratoriali. Su questo tema i gruppi di Verona hanno raggiunto l’unanimità dei pareri: il laboratorio in una scuola tecnica è indispensabile; il problema non consiste certo nel valutarne l’utilità, ma al contrario si tratta di potenziarlo e di aggior- La certificazione delle competenze Le attività di laboratorio 41 Lo stage in azienda… 42 narne continuamente le attrezzature. A tale scopo è auspicabile l’importanza di stabilire degli accordi con le aziende per avere a disposizione delle scuole, in prestito d’uso gratuito, attrezzature aggiornate. Si tratta in ogni caso di rivalutare il significato del laboratorio, come luogo del ‘fare’ strettamente legato al ‘sapere’. Bisogna recuperare l’importanza dell’operatività e dell’attivazione degli studenti, in questo senso l’intera scuola dovrebbe essere laboratorio, superando una certa passività che gli studenti dimostrano nei confronti dell’apprendimento. L’utilizzo dei laboratori, inoltre, si colloca in una tematica più ampia che riguarda il rapporto tra la scuola, le aziende ed il territorio. Anche su questo si è dibattuto nei vari focus group, nella consapevolezza che proprio questi legami differenziano e caratterizzano, spesso in termini decisamente positivi, l’istruzione e la formazione tecnica rispetto agli altri percorsi scolastici. Come già riferito, a Verona è stata ipotizzata una collaborazione tra scuola ed azienda proprio nell’ottimizzazione dell’utilizzo delle attrezzature tecniche. Un’altra esperienza importante presente proprio nella provincia di Verona è rappresentata anche dalla “simulimpresa”, anche se lo strumento di collegamento fra istruzione e mondo della produzione più utilizzato ed apprezzato è sicuramente lo stage. Si tratta di un’attività oramai largamente diffusa, di cui è ampiamente dimostrata l’utilità, anche in termini occupazionali, dato che molti ex stagisti vengono poi assunti. Certo lo stage deve essere soprattutto caratterizzato come un’esperienza di apprendimento, in cui lo studente impara a relazionarsi con gli operatori di un settore in un contesto complesso. Il giudizio è sicuramente positivo, tanto che è stato proposto di coinvolgere sempre di più anche gli studenti universitari in queste attività di apprendimento in azienda che sono tanto efficaci. Anche dalla ricerca operata a Belluno è emerso quanto sia strategico riuscire a realizzare un proficuo raccordo tra scuola e aziende. In questo ambito è stato riconosciuto anche il ruolo importante che possono svolgere i Centri per l’impiego, che sono in grado di realizzare una vera e propria rete, favorendo la comunicazione e lo scambio di informazioni in entrambe le direzioni, sia tra la scuola e le aziende che viceversa. In particolare, è importante che alle scuole arrivino le richieste formative delle aziende, anche in termini di competenze trasversali da sviluppare, e ciò può essere favorito da una maggiore presenza a scuola dei responsabili aziendali. Comunque lo strumento fondamentale di collaborazione tra scuola e azienda rimane lo stage, un’esperienza formativa molto importante che dovrebbe essere ulteriormente valorizzata, magari anche chiedendo agli studenti di concluderla con la stesura di una tesi, che potrebbe avere lo scopo di certificare le competenze sviluppate nel contesto lavorativo. Ci sono tre condizioni per garantire che lo stage sia sempre un’esperienza altamente formativa: innanzitutto deve essere preceduto dalla stesura di un preciso progetto formativo; poi devono essere valorizzate le figure dei tutor esterni ed interni; infine l’azienda al termine del percorso formativo deve fornire un feedback allo studente. Visto che una delle funzioni fondamentali dello stage è orientativa, è importante che lo studente possa variare nel corso della sua esperienza più mansioni e forse anche più reparti. Infine, è stata proposta l’organizzazione di stage anche per gli insegnanti, per avvicinare sempre più la scuola al mondo della produzione. Anche a Vicenza gli strumenti considerati prioritari per rafforzare il raccordo tra scuola e imprese sono stati individuati negli stage, anche rivolti ai docenti, e nell’alternanza scuola-lavoro. Un ulteriore tema oggetto della ricerca, che rappresenta sicuramente una criticità, consiste nella scarsa presenza femminile nell’istruzione tecnica. Si paga qui un ritardo culturale che si aggiunge ad alcune difficoltà pratiche dovute al fatto che il mondo della produzione ha sempre guardato alla presenza maschile e spesso non ha investito per favorire l’inserimento delle donne nelle officine. A Belluno è stato rimarcato anche lo scarso sostegno sociale per la donna che lavora, soprattutto quando ricopre ruoli di responsabilità. Acquisita l’importanza dell’istruzione tecnica e scientifica i diversi focus group hanno cercato, infine, di individuare proposte e iniziative per rilanciare questo settore formativo sicuramente strategico anche per il futuro del mondo produttivo. Tutti gli intervistati hanno osservato come ci sia un pregiudizio ricorrente in Italia, secondo cui la vera ...un’esperienza da valorizzare La presenza femminile nell’istruzione tecnica Rilanciare l’istruzione tecnica… 43 …costituendo dei poli tecnologici… …e valorizzando la collaborazione con le aziende 44 cultura è solo quella umanistica, con una conseguente svalutazione della cultura tecnica e scientifica. È stato osservato poi che la scelta dell’iscrizione al liceo è considerata mediamente più prestigiosa e permette in qualche modo di rimandare la vera scelta su quale debba essere la professione del futuro. D’altro canto esiste un problema di immagine dell’istruzione tecnica che spesso viene rappresentata ancora come era anni fa e non sono opportunamente pubblicizzate le novità che nel frattempo hanno interessato gli istituti tecnici e la qualità della loro offerta formativa. Esiste poi un ulteriore elemento disincentivante: l’elevato numero di ripetenti nei corsi di istruzione tecnica, segno di una scuola impegnativa che però può spaventare gli studenti e le loro famiglie. In particolare a Vicenza e Belluno sono state fatte alcune considerazioni, finalizzate ad individuare alcune linee di sviluppo per l’istruzione tecnica. Per gli intervistati di Vicenza la nuova scuola tecnica dovrebbe mantenere le caratteristiche dell’istituto tecnico industriale, quindi con un ruolo importante riservato alle attività laboratoriali, ma al contempo dovrebbe acquisire una formazione di base più larga e vicina all’esperienza liceale. In questo modo gli istituti tecnici dovrebbero diventare la base per le iscrizioni alle lauree brevi o ai corsi post diploma per creare le figure del tecnico laureato e del cosiddetto “super tecnico”. In questa prospettiva si auspica la nascita di strutture “polo” dove si possano utilizzare al meglio le risorse economiche per creare una pluralità di percorsi formativi, fra cui gli studenti potrebbero scegliere e non solo al momento dell’iscrizione al primo anno, ma anche nel corso dei loro studi nel caso in cui ritenessero di dover cambiare indirizzo. Si pensa così di creare una struttura insieme flessibile, in cui sono possibili sia percorsi liceali che strettamente tecnici, finalizzati questi ultimi al raggiungimento di una specializzazione universitaria tecnica o agli IFTS. Sicuramente un punto di forza dell’istruzione tecnica è l’alternanza scuola-lavoro. Su questa bisogna puntare perché da un lato ha favorito le assunzioni degli studenti al termine del loro percorso formativo, dall’altro ha costretto scuola e azienda a rafforzare il dialogo e la collaborazione. A Belluno si è osservata la scarsa propensione in Italia per l’innovazione e la ricerca: in questa direzione può e deve muoversi l’istruzione tecnica, contribuendo a diffondere una cultura del miglioramento continuo. Per questo la scuola dovrebbe elaborare programmi più legati alle reali esigenze della realtà locale, dialogando con essa e cogliendo gli spunti di novità che vi si possono leggere 2.3 Il punto di vista degli studenti Prendiamo ora in esame i risultati dei focus group realizzati con alcuni studenti delle classi quinte delle scuole partner di progetto durante l’a.s. 2004/2005. In prima battuta verranno esposte le principali considerazioni emerse negli incontri avvenuti a Verona nella sede di confindustria e a Feltre, presso l’istituto tecnico Negrelli. Seguirà la relazione di un focus group tenuto presso l’istituto tecnico Rossi di Vicenza e di un incontro con alcuni studenti del terzo anno degli istituti professionali veronesi che hanno aderito alla ricerca. Tutta l’indagine è stata finalizzata ad acquisire una conoscenza più precisa di come gli studenti valutano il loro percorso formativo e la loro preparazione al termine degli studi superiori. Iniziamo con gli studenti veronesi, a cui è stato chiesto di indicare che cosa ritenessero più utile fra le varie attività che avevano svolto a scuola. La risposta è stata che la scuola offre soprattutto una preparazione teorica, e che i laboratori e gli stage possono rappresentare il passaggio decisivo per sviluppare le competenze più utili all’inserimento nel mondo del lavoro. Per questo hanno proposto più ore di attività pratica, perché ritenute più stimolanti e adatte a fornire una preparazione facilmente spendibile. Accanto a questa richiesta e coerentemente con essa, è stata sottolineata la necessità di potersi misurare con tecnologie all’avanguardia in laboratori più aggiornati. La preoccupazione dominante è quella di poter sperimentare una vicinanza con il mondo del lavoro, e per questo si è sottolineato anche il valore degli stage svolti in azienda dove può avvenire un utile confronto con personale dotato di esperienza lavorativa, tanto è vero che viene richiesto di trasformare un’esperienza che spesso è facoltativa e viene realizzata nei mesi estivi, in un’attività obbligatoria da svolgere nel corso dell’anno scolastico. Seguendo lo stesso Come gli studenti valutano la loro preparazione I laboratori e gli stage in azienda garantiscono una migliore preparazione 45 I docenti devono avvicinare la scuola al mondo del lavoro Le competenze trasversali Le richieste dal mondo del lavoro 46 ragionamento sono più apprezzati i docenti con un’esperienza di lavoro in azienda, perché hanno un approccio più immediato alle discipline. A questo riguardo è stata rilevata anche un’altra considerazione condivisa riguardo agli insegnanti: quando sono ben preparati e motivati all’insegnamento rappresentano un valore aggiunto per l’istituzione scolastica. Infine, fra le proposte della scuola sono apprezzati i corsi pomeridiani di orientamento al lavoro, dove si insegna anche ad affrontare un colloquio di lavoro. Le considerazioni fin qui esposte sono state raccolte a Verona. Interrogati sulle stesse questioni, gli studenti dell’istituto Negrelli di Feltre hanno dichiarato di considerare particolarmente importanti le nozioni di disegno tecnico e l’acquisizione dei programmi informatici di disegno, poi hanno sottolineato l’importanza delle conoscenze matematiche ed informatiche, oltre alla capacità di programmare macchine a controllo numerico. Quando è stato chiesto loro di indicare i settori di miglioramento della scuola, concordemente hanno indicato l’importanza di un utilizzo efficace dei laboratori e delle attrezzature. Alcuni studenti hanno chiesto di studiare più diritto, altri di affrontare le materie scientifiche, come chimica e biologia, con un approccio più pratico e meno teorico. A questo riguardo hanno anche evidenziato come l’istituto tecnico sia allo stesso tempo una scuola teorica e pratica, anche se l’integrazione di questi due differenti approcci allo studio non è sempre facile. Infine, è emersa la richiesta di introdurre attività finalizzate al potenziamento delle competenze trasversali e sono state citate: la capacità di comunicare, di lavorare in gruppo, di pensare e agire in modo flessibile e secondo una logica di problem solving. Il secondo argomento trattato riguardava le competenze richieste dal mondo del lavoro, dell’università o dell’istruzione post-diploma a quanti hanno raggiunto la maturità tecnica. La preoccupazione principale espressa dagli studenti veronesi riguarda la mancanza di esperienza, il timore che venga chiesto loro di saper fare cose per cui non hanno una preparazione specifica, è emersa anche la paura di non saper riconoscere le fasi di un determinato processo lavorativo. Gli studenti pensano di non avere fatto sufficiente pratica e per questo chiedono di utilizzare di più e meglio i laboratori e di fare più esperienze di stage. Temono di dover affrontare problemi nuovi rispetto a quanto approfondito a scuola. A Feltre è emersa la consapevolezza che ci sono competenze che la scuola non può e non deve fornire, e lo si capisce soprattutto quando si fanno gli stage e si vede che ci sono tipi di apprendimento che sono possibili solo in un ambiente di lavoro. Lo stage certo è un buon banco di prova perché diventa l’occasione per scoprire quali sono le conoscenze necessarie che mancano o che vanno integrate, così pure si scopre quanto è importane saper affrontare i problemi che via via vanno affrontati quando si lavora. In definitiva sia a Verona che a Feltre c’è forte la preoccupazione di essere in grado di affrontare il lavoro e di avere quelle competenze di base per essere apprezzati e riuscire ad inserirsi con successo nel nuovo contesto lavorativo. Una sezione dell’indagine è stata dedicata alla individuazione di quali esperienze di lavoro o di studio gli studenti vorrebbero avere certificate per poterle in seguito mostrare in azienda nel momento in cui si presenteranno per un colloquio di assunzione. Gli studenti intervistati a Verona ritengono utile poter esibire i corsi di approfondimento relativi alla lingua straniera e all’informatica. Poi sono state ricordate le esperienze formative all’estero, gli stage e le esperienze lavorative anche se non inerenti i corsi di studio. Gli studenti di Feltre hanno dichiarato di considerare importante poter certificare i viaggi di studio fatti all’estero, con l’auspicio che vengano proposti sistematicamente dalla scuola, poi hanno citato la partecipazione a progetti o ad esperienze che in qualche modo hanno consentito di mettere in pratica ciò che hanno studiato. Più in generale ritengono interessante poter esibire una certificazione di quelle competenze trasversali che nel corso del tempo hanno potuto sviluppare, come ad esempio, la capacità di comunicare o la flessibilità. Le attività pratiche di laboratorio rappresentano una delle attività tipiche dell’istruzione tecnica e si è chiesto agli studenti se sono utili e come vengono valutate da loro. In genere gli studenti veronesi hanno espresso un giudizio positivo sulle ore trascorse in laboratorio, soprattutto quando non sono fini a se stesse ma avvicinano alla realtà del mondo del lavoro oppure consentono di sperimentare e ren- L’apprendimento in azienda La certificazione delle competenze Le attività laboratoriali 47 Lo stage in azienda L’orientamento 48 dere concreti i concetti studiati sui libri. Ciò che è emerso però soprattutto è la centralità della figura dell’insegnante di laboratorio, che deve avere una grossa esperienza pratica e deve essere costantemente aggiornato. Gli studenti di Feltre sostengono che l’esperienza di laboratorio è indispensabile, soprattutto quando si diversifica fortemente dalle lezioni teoriche tenute in classe. L’ottimale avviene quando la lezione teorica in aula viene seguita da quella pratica in laboratorio. Un’altra attività sempre più frequentemente proposta agli studenti dell’istruzione tecnica è lo stage in azienda. Il giudizio di questa esperienza espresso dagli studenti veronesi è ampiamente positivo sia perché avvicina la scuola al mondo del lavoro, sia perché permette di mettere in pratica quello che si è imparato. Ci sono però delle condizioni che devono essere rispettate. Innanzitutto lo stage deve essere ben organizzato dalla scuola, poi ci deve essere un tutor aziendale esperto e, infine, la tipologia dell’azienda e le mansioni svolte devono essere sempre coerenti con il percorso di studi frequentato. Nel focus group realizzato a Feltre gli studenti hanno confermato il giudizio positivo sullo stage, sia perché permette di capire concretamente quanto si sta studiando, sia perché rappresenta a tutti gli effetti un’esperienza di lavoro e come tale utile. È emerso un unico rilievo: sarebbe importante alla fine dello stage avere un momento di confronto con l’azienda per fare una verifica dell’esperienza. Passiamo ora al tema dell’orientamento, un aspetto fondamentale nell’ottica del rilancio dell’istruzione tecnica. Agli studenti intervistati nei focus group è stato chiesto di spiegare perché si sono iscritti a questo tipo di scuola. A Verona le motivazioni sono state prevalentemente di due tipi: la predilezione per le materie tecniche e le attività di laboratorio e la convinzione di formarsi in un settore in sviluppo. È però comune la convinzione che scegliere una scuola superiore a 13 o 14 anni è molto difficile. Gli studenti di Feltre hanno affermato che la loro scelta della scuola superiore è stata condizionata dalla buona impressione che hanno ricevuto dalla presentazione dell’istituto tecnico e per la passione per le materie tecniche, in particolare l’informatica. È stato anche importante il consiglio dei genitori e vedere anche altri compagni compiere la stessa scelta. Alla domanda se rifarebbe la stessa scelta il gruppo si è diviso fra chi è contento della preparazione raggiunta e chi aveva aspettative diverse rispetto a quanto poi ha verificato nella realtà. Il moderatore nel passaggio successivo ha verificato quali motivazioni o esperienze hanno guidato gli studenti nella scelta su cosa fare dopo la maturità. A Verona fra tutte le attività proposte sono state privilegiate le esperienze di stage, perché hanno permesso agli studenti di verificare se si sentivano già pronti per il mondo del lavoro. In generale, a Feltre come a Verona, chi ha deciso di iscriversi all’università lo ha fatto perché non pensa di aver concluso il proprio percorso di studi e sente la necessità di approfondire la propria preparazione. Chi invece ha scelto il lavoro, lo ha fatto perché pensa di poter essere maggiormente protagonista nel mondo del lavoro o perché non ha più voglia di continuare gli studi. Un ultimo aspetto indagato che è in qualche modo attinente all’orientamento riguarda la presenza femminile nell’istruzione tecnica. Si è chiesto agli studenti ed alle studentesse intervistate di spiegare perché a loro avviso la presenza femminile nell’istruzione tecnica è inferiore a quella maschile. Le motivazioni sono diverse: innanzitutto c’è una tradizione che vuole l’istruzione tecnica più adatta ai maschi, anche se si tratta di uno stereotipo. C’è il dato di fatto di una scarsa presenza femminile, che disincentiva altre iscrizioni, anche se c’è da dire che la loro presenza in classe spesso è positiva. Un altro luogo comune ricorrente vuole che le donne siano meno portate per le professioni tecniche. Questo quanto emerso a Verona. A Feltre si condivide l’idea che vi siano dei luoghi comuni sfavorevoli. Di fatto la presenza femminile è considerata positiva e prevale l’idea che maschi e femmine siano trattati allo stesso modo, ed abbiano gli stessi problemi e le stesse opportunità. Le domande finali hanno riguardato la figura dell’insegnante e una valutazione generale sulla scuola. Agli studenti è stato chiesto quali sono le caratteristiche di un insegnante efficace. Sia gli studenti veronesi che quelli feltrini hanno richiamato l’importanza di una preparazione adeguata degli insegnanti. A loro si chiede di essere in grado di operare approfondimenti sulle tematiche affrontate. Devono essere aggiornati ed in collegamento costante con il mondo del lavoro. L’altro aspetto considerato importante è quello re- Cosa fare dopo la scuola superiore? La presenza femminile nell’istruzione tecnica La figura dell’insegnante 49 Dove intervenire per rilanciare gli istituti tecnici? La scelta della scuola dopo la scuola media Lo stage in azienda, un’esperienza importante 50 lazionale: un buon insegnante sa costruire rapporti positivi con gli studenti, è in grado di comunicare correttamente, sa dare fiducia ed al contempo gestire la classe. Naturalmente è considerata molto importante anche la capacità di valutazione. Passando poi ad analizzare la scuola in generale nei focus group a Verona si è chiesto agli studenti di indicare delle priorità di intervento o quelli che dovrebbero essere i punti di forza di un istituto tecnico. Le risposte hanno richiamato la centralità del ruolo del docente, ma anche quello dello studente: gli insegnanti devono essere preparati e appassionati, gli studenti motivati e interessati. Sarebbe opportuno potenziare stage e scambi con l’estero, ripensare la distribuzione settimanale dell’orario scolastico e degli insegnamenti, e, infine, analizzare con cura l’opportunità o meno delle bocciature. Riprendiamo ora i risultati del focus group realizzato a Vicenza, che, pur riprendendo le stesse tematiche, le ha sviluppate in una maniera leggermente diversa. Iniziamo con il tema della scelta scolastica. Dalle interviste risulta che alcuni hanno scelto questo istituto sulla base del parere di conoscenti e amici, anche se la maggior parte dichiara di essere stato attratto dalla garanzia offerta dal titolo di studio e dalla fama dell’Istituto Rossi. Si evidenzia la necessità di potenziare le attività di orientamento per evitare che la scelta venga compiuta sulla base di indicazioni di scarso valore. È condivisa perciò l’idea che l’orientamento è fondamentale e strategico, anche perché oggi come oggi cambiare indirizzo di studi in corso d’anno non è facile. Altrettanto importante è anche l’orientamento per la scelta universitaria. Chi non è molto soddisfatto della scelta fatta dopo la terza media, imputa proprio ad una scarsa consapevolezza di quella decisione, e quindi si è trovato poi a frequentare una scuola diversa da quella che pensava di aver scelto. Gli elementi più positivi dell’esperienza scolastica sono stati individuati nelle relazioni interpersonali instaurate a scuola e nelle esperienze di stage in azienda. Sui laboratori il giudizio è necessariamente sospeso perché per alcuni anni i laboratori dell’istituto Rossi sono stati sotto utilizzati perché hanno richiesto una serie di manutenzioni. Anche in questa indagine comunque è emersa come strategica la figura del docente di laboratorio che assieme alle attrezzature adeguate rappresenta il valore aggiunto di queste attività. Una riflessione a parte è stata operata a riguardo della valutazione, un aspetto che incontra sempre la sensibilità degli studenti. A questo riguardo si chiede che sia oggettiva e omogenea tra insegnamenti diversi. Inoltre deve essere uno strumento anche per valorizzare gli studenti. Per quanto riguarda il programma gli studenti raccomandano alcuni aggiornamenti, soprattutto per renderlo coerente con le aspettative del mondo produttivo. Viene poi evidenziato il valore della interdisciplinarietà che non può essere affidata solo allo sforzo del singolo insegnante, ma deve rappresentare un orizzonte di riferimento per le programmazioni di tutte le discipline. Infine è stata richiamata l’utilità di uno studio approfondito dell’inglese tecnico. Ai docenti si chiede di operare seguendo una programmazione rigorosa, rispettando i tempi stabiliti anche nella correzione dei compiti. Infine per quanto riguarda la scarsa presenza femminile nell’istruzione tecnica è stata citata la mentalità e la cultura che tradizionalmente tengono lontane le studentesse da questo tipo di scuola. Poi ci sono delle discipline che non sempre sono viste con interesse dalle studentesse. 2.3.1 Gli studenti degli istituti professionali Una sezione della ricerca è stata dedicata all’intervista di alcuni studenti degli istituti professionali partner di progetto della provincia di Verona. Anche in questo caso si è cercato di fare il punto sulla formazione tecnica, di comprendere come è valutata dagli studenti che frequentano questo corso di studi, in vista della costruzione di un questionario che in seguito è stato somministrato a tutti gli studenti del terzo anno. La prima valutazione emersa dai focus group riguarda il livello generale della preparazione acquisita: gli intervistati hanno evidenziato come sia necessaria comunque una buona cultura di base, anche se poi si sono divisi tra chi sostiene la centralità delle materie teoriche e chi privilegia le attività laboratoriali. Quasi tutti gli intervistati avrebbero preferito approfondire ulteriormente lo studio della lingua inglese. Riguardo invece alle competenze richieste dal mondo del lavoro, il momento di verifica più importante è stato lo sta- I programmi didattici La preparazione degli studenti Le competenze 51 richieste dal mondo del lavoro Le attività laboratoriali Lo stage in azienda 52 ge in azienda, oppure piccole esperienze di lavoro, dove gli studenti hanno avuto modo di riflettere seriamente sulla propria preparazione. Le competenze che stanno più a cuore agli studenti degli istituti professionali sono attinenti al “saper fare”, quindi potendo ottenere una certificazione sulla preparazione che hanno acquisito, chiedono di poter attestare in qualche modo le capacità lavorative che sanno esprimere. Le attività laboratoriali sono considerate molto utili, soprattutto dove c’è una buona cooperazione tra l’insegnante di teoria e di pratica. È possibile comunque migliorare l’efficacia e l’efficienza dei laboratori e, soprattutto, fare in modo che siano sempre più un momento di collegamento forte con il mondo del lavoro. Sicuramente positivo è anche il giudizio sull’esperienza di stage in azienda, anche se poi ci sono differenti opinioni sulla sua collocazione temporale e su quanto debba durare. Gli studenti concordano sul fatto che deve essere ben preparato, quindi non può essere collocato all’inizio del percorso formativo. Quando è stato chiesto agli studenti perché si siano iscritti a questo tipo di scuola, le risposte sono state varie, alcuni si sono fidati dei consigli di parenti e amici, la maggior parte ha deciso di seguire le proprie attitudini, altri hanno pensato ad una scuola che favorisse l’inserimento nel mondo del lavoro. La scarsa presenza femminile in questo filone di formazione è stata spiegata facendo riferimento all’esistenza di uno stereotipo, che si rafforza grazie ad un’informazione scorretta o incompleta. Agli studenti è stato chiesto poi di definire le caratteristiche che deve possedere un insegnante efficace. È stato riconosciuto come un vantaggio potersi confrontare con insegnanti esperti del mondo del lavoro, o perché hanno lavorato in aziende private o perché part-time sono liberi professionisti. Oltre ad una buona preparazione acquisita sul campo, un buon docente deve avere una passione per la propria materia ed essere in grado di trasmetterla. Infine deve essere dotato di buone competenze relazionali e sapersi mettere nei panni degli studenti e comprendere le loro difficoltà. Un’ultima indicazione fornita sulla formazione professionale in generale riguarda la cura degli ambienti e delle attrezzature: gli studenti sono consapevoli di dover essere maggiormente responsabilizzati sul rispetto delle strutture. Auspicano un maggiore dialogo con gli insegnanti e uno studio attento su come favorire i passaggi tra i diversi gradi e livelli di istruzione, consentendo dei passaggi sulla base di una attenta valutazione delle reali competenze acquisite. 2.4 Cosa pensano i neodiplomati Anche per gli ex studenti sono stati realizzati dei focus group nelle tre province coinvolte nel progetto. Si è scelto di allargare l’indagine anche a chi ha già terminato il percorso di studi perché può offrire un punto di vista differente, arricchito dalle esperienze di studio o di lavoro fatte dopo il conseguimento della maturità. Di seguito è riportata una breve esposizione dei principali risultati emersi dalle interviste di gruppo, iniziando dai risultati emersi a Verona e Belluno, per poi continuare con l’esposizione delle osservazioni raccolte a Vicenza. A Verona la discussione è iniziata con una analisi ed un giudizio della preparazione conseguita durante il quinquennio di studi. In linea di massima è emerso un giudizio positivo: la preparazione generale è buona, soprattutto sotto il profilo tecnico. È stata però rimarcata l’opportunità, per arricchire il curricolo scolastico, di insistere maggiormente sulle conoscenze linguistiche e sulla preparazione umanistica. Chi ha continuato gli studi all’università ha particolarmente apprezzato le acquisizioni relative alle competenze tecnologiche ed alla cultura scientifica. Chi ha iniziato a lavorare, ha apprezzato il fatto che la scuola abbia fornito, oltre ad una cultura teorica, anche la possibilità di fare esperienze pratiche importanti. Sarebbe comunque necessario valorizzare di più quelle competenze trasversali che poi sono richieste dal mondo del lavoro. Anche dall’indagine operata a Belluno emerge un giudizio positivo sulla preparazione conseguita, soprattutto per “l’infarinatura” generale ricevuta sia nell’ambito culturale sia in quello tecnico. Si sottolinea comunque l’opportunità di potenziare lo studio delle discipline umanistiche, anche a scapito di quelle tecniche. Scendendo più nel dettaglio, fra le discipline studiate quel- La preparazione degli studenti 53 La certificazione delle competenze Le attività laboratoriali Lo stage in azienda 54 le che sono risultate più utili sono: disegno, meccanica, tecnologia e matematica, anche se di quest’ultima si ritiene necessario potenziare la parte teorico-dimostrativa, soprattutto da parte di chi si è iscritto all’università. Il gruppo concorda anche sulla necessità di potenziare l’insegnamento della fisica. Riguardo invece alle competenze trasversali vanno potenziate: le capacità comunicative, l’abilità di scrivere relazioni sulle attività svolte, essere in grado di gestire un lavoro di gruppo o comunque di partecipare attivamente ad una riunione, saper studiare. Il tema della certificazione delle competenze è stato considerato interessante dagli intervistati a Verona, perché ci si può trovare nella circostanza di documentare attività extrascolastiche che sono state comunque positive. Sono molto utili anche le più tradizionali competenze informatiche e linguistiche. Minore considerazione ha ricevuto questo tema a Belluno per due motivi fondamentali. Le competenze di chi si inserisce nel mondo del lavoro sono verificate soprattutto attraverso il periodo di prova e normalmente non viene richiesta altra documentazione. Gli iscritti all’università, invece, sottolineano come il diploma costituisca un semplice documento per proseguire gli studi, ma che il mondo accademico non tiene in alcun conto i contenuti e le competenze acquisite. Hanno molto più valore i test d’ingresso o gli esami di ammissione. Un discorso a parte va fatto invece per la certificazione della conoscenza dell’inglese che spesso è utile poter esibire. Veniamo ora alle attività laboratoriali. Gli ex studenti veronesi hanno concordato sull’importanza delle attività di laboratorio. Nei laboratori si stimola la creatività e si verifica l’applicabilità dei concetti teorici. Nel focus group di Belluno si è osservato come i laboratori scolastici abbiano contribuito a sviluppare le competenze specifiche ed abbiano permesso di conoscere le attrezzature. Per una loro migliore valorizzazione dovrebbero essere sostenuti da un intervento pluridisciplinare, così da poter apprezzare tutti i diversi aspetti di un’operazione. Inoltre dovrebbero essere finalizzati alla produzione di un oggetto specifico, così da uscire dalla logica della semplice simulazione. Infine, devono consentire il collegamento tra la scuola e l’azienda. Per potenziare il raccordo tra scuola e azienda, lo stage è sicuramente considerato lo strumento migliore perché consente un dialogo tra le due realtà ed offre anche importanti sbocchi occupazionali. A Belluno si è insistito sulla necessità di potenziare questa attività, prolungandola nel tempo e coinvolgendo maggiormente le aziende sia nella preparazione che nella verifica finale dell’esperienza. Sono da aggiungere due altre considerazioni a sostegno dell’utilità degli stage: la possibilità di applicare le conoscenze e le competenze acquisite in aula, e l’opportunità di fare un’esperienza di orientamento in vista delle scelte future, siano esse di lavoro o di studio. Riguardo al tema dell’orientamento, però questa volta in entrata, i gruppi di ex studenti indicano la necessità di migliorare le attività di orientamento svolto presso le Scuole Medie; dove spesso i docenti orientano gli studenti migliori al liceo, senza tenere nella giusta considerazione l’istruzione tecnica. Sarebbe importante invece far notare come ITIS, IPSIA e CFP consentano una maggiore flessibilità: per chi vuole entrare presto nel mondo del lavoro forniscono le basi necessarie; ma allo stesso tempo consentono anche di proseguire con gli studi universitari. Sempre riguardo al tema dell’orientamento, ci si è poi soffermati sulla scarsa presenza femminile nell’istruzione tecnica. Innanzitutto gli intervistati hanno precisato che molto dipende anche dagli indirizzi: ad esempio nell’indirizzo grafico o chimico, la presenza femminile è significativa. Certo, mediamente le studentesse prediligono i licei, probabilmente anche perché non sanno bene quali sbocchi fornisca l’istruzione tecnica. A Belluno il problema è stato analizzato imputando una difficoltà delle donne di entrare nelle aziende, che sarebbero ancora oggi più propense ad assumere uomini. Più in generale ritengono comunque che si tratti di un problema culturale. Nell’ottica di un rilancio dell’istruzione tecnica, il gruppo di ex studenti di Belluno ha terminato i propri lavori insistendo molto sulla necessità che gli insegnanti abbiano una preparazione specifica adeguata e che siano costantemente aggiornati. Sarebbe interessante che anche gli insegnanti avessero modo di fare degli stage in azienda. Passiamo ora alla lettura dei dati raccolti nell’indagine svolta a Vicenza che ha visto coinvolti gli ex studenti dell’istituto Rossi ed iniziamo con il tema relativo alle moda- L’orientamento La presenza femminile nell’istruzione tecnica Come rilanciare l’istruzione tecnica? 55 La scelta dell’istruzione tecnica Gli stage ed i laboratori punti di forza dell’istruzione tecnica La presenza femminile 56 lità di scelta della scuola superiore. Alcuni hanno scelto questo istituto sulla base della fama e delle strutture del Rossi. Si è evidenziata la necessità di potenziare le attività di orientamento per chi si trova ad affrontare questa scelta. Nel gruppo emergono pareri controversi sulla capacità di un ragazzo che esce dalle scuole medie di prendere una decisione in merito al suo futuro. Migliorare l’orientamento è fondamentale anche perché cambiare in corso non è facile, ma la mancata corresponsione delle aspettative determina forti frustrazioni e la riduzione dell’impegno nello studio. Alcuni ritengono la scelta di un istituto tecnico vincolante per le scelte future. Altri sostengono che la preparazione consente di fare poi ciò che si desidera. Sicuramente l’istituto tecnico è particolarmente utile per chi intende iscriversi a Ingegneria. Nel valutare nel complesso l’esperienza scolastica sono due le esperienze considerate più positive: gli stage. Che consentono di conoscere il mondo delle imprese; ed i laboratori, che comunque sono da valorizzare. Riguardo al programma didattico, gli intervistati hanno proposto di impostare il biennio in modo meno tecnico, così si potrebbe favorire la possibilità di passare poi ad una scuola diversa. All’interno del gruppo c’è stata una certa “conflittualità” nello stabilire le priorità delle materie e dell’attività scolastica rispetto a quella extrascolastica. Questa scuola offre delle buone basi sulle materie tecniche, anche se alcuni sottolineano che dà una preparazione settoriale e quindi vincolante. Emerge la capacità di questo tipo di percorso di sviluppare l’abilità di leggere la realtà e di esercitare il problem solving. Una influenza più complessiva può derivare dalle attività exracurricolari. Positivo per la crescita personale il rapporto coi compagni, mentre è più difficile il rapporto con i docenti. Gli insegnanti dovrebbero trasmettere la passione per la materia e l’importanza della correttezza nei comportamenti: non sempre è così. In generale si lamenta una mancata valutazione del sistema sull’operato degli insegnanti, sul loro impegno e sulle loro capacità. Anche la valutazione comporta delle criticità. Si rileva un pregiudizio dei docenti sulla possibilità che una ragazza possa avere rendimenti uguali ai ragazzi su materie tecniche. E’ una questione di mentalità diffusa e dipende dal tipo di materie proposte dall’Istituto. Occorrerebbe comunque riservare una maggiore attenzione al mondo femminile senza però enfatizzare il problema. 2.4.1 Gli ex studenti degli istituti professionali Terminiamo con l’analisi dei focus group realizzati a Verona con gli ex studenti degli istituti professionali. L’indagine è iniziata verificando le competenze acquisite durante il percorso formativo. Gli ex studenti hanno apprezzato il fatto che la scuola ha fornito loro le basi per affrontare il lavoro, certo non si può pensare però che la formazione sia completata con la fine del percorso scolastico. È importante perciò che le scuole superiori insegnino un metodo di studio. In generale sono apprezzate le abilità pratiche apprese nella formazione professionale. Riguardo alla certificazione delle competenze è emerso che vengono richieste per le lingue straniere e per l’informatica. Nelle ditte è bastata una dichiarazione e comunque ciò che viene più apprezzato è il diploma, poi seguono gli attestati. Gli ex studenti professionali hanno espresso un giudizio positivo sulle attività laboratoriali, soprattutto perché insegnano a lavorare in team, e la divisione in gruppi obbliga a collaborare, una competenza apprezzata nel mondo del lavoro. Altrettanto positivo è stato il giudizio espresso sulle esperienze di stage in azienda, perché permette di acquisire nuove conoscenze, fa diventare più sicuri e consapevoli delle proprie capacità, si impara ad adattarsi a tutte le situazioni. Si prende contatto con il fattore tempo che a scuola è secondario; così si velocizzano le operazioni. Gli ex studenti consigliano di prolungarne la durata. Riguardo alla scelta di iscriversi ad un istituto professionale c’è confusione. In genere, ad esempio, si ritiene che solo il liceo possa dare una preparazione adeguata all’università, e questa è opinione diffusa anche tra gli insegnanti della scuola media. A costoro bisogna dare informazioni più precise sulle caratteristiche degli istituti tecnici e professionali i quali invece preparano bene oltre che al lavoro anche ad alcuni percorsi di laurea specialistica. Tradizionalmente la scarsa presenza di studentesse nella formazione professionale è attribuita al fatto che prepari all’inserimento di ambienti lavorativi sporchi e polverosi. Le competenze La certificazione delle competenze I laboratori… ...e gli stage L’orientamento 57 Infine agli ex studenti è stato chiesto come hanno deciso che cosa fare una volta terminata la loro formazione professionale. Sicuramente significativa è stata l’esperienza raccontata loro dagli insegnanti e dagli ex alunni della scuola, poi è stata utile anche la visita a Job&Orienta organizzato alla Fiera di Verona. 2.5 Le analisi di alcuni testimoni privilegiati Lo strumento: l’intervista semi strutturata Gli intervistati 58 2.5.1 Premessa metodologica Per leggere i fabbisogni formativi del territorio si è fatto ricorso anche ad un altro strumento di indagine: l’intervista semistrutturata ad alcuni testimoni privilegiati del territorio. Sono così state realizzate cinque interviste, ossia delle conversazioni tra un intervistatore che ha proposto alcune domande sui temi della ricerca ed un intervistato competente nel settore specifico indagato, appartenente al mondo accademico, dell’istruzione, dell’impresa. Questo strumento di ricerca è stato scelto perché consente di ottenere ulteriori informazioni rispetto ai temi già indagati mediante la somministrazione dei questionari e la realizzazione di focus group, così da avere una comprensione più approfondita della situazione o della problematica analizzati. Nello specifico si è fatto ricorso ad interviste semistrutturate, che sono caratterizzate dal fatto che l’intervistatore dispone di una lista contenente temi fissati in precedenza sui quali deve raccogliere tutte le informazioni che ritiene utili. Oltre alla lista degli argomenti, che è stata realizzata con il contributo dei docenti delle scuole partner di progetto, il ricercatore aveva a disposizione una breve serie di domande che, data la loro rilevanza per la ricerca, dovevano obbligatoriamente essere poste all’intervistato. In ogni caso l’intervistatore ha realizzato questo suo compito con una certa autonomia, seguendo il tono della conversazione, così da strutturare l’intervista in modo flessibile e centrandola sul soggetto intervistato. Nell’ambito della ricerca sono stati intervistati il rettore dell’Università degli Studi di Verona, professor Alessandro Mazzucco, il Pro-Rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, professor Umberto Margiotta, il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto, dottoressa Carmela Palumbo, il Presi- dente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto con delega alla Scuola, ingegner Gaetano Marangoni, e Carlo De Paoli, Presidente dei Giovani Industriali di Confindustria Verona. Le interviste sono state effettuate nella primavera ed estate dell’anno 2005. 2.5.2 Le caratteristiche dell’istruzione tecnica e scientifica Al prof. Margiotta, Pro-Rettore dell’Università Ca’ Foscari ed esperto di chiara fama riguardo alle tematiche della formazione e dell’apprendimento, abbiamo chiesto di tracciare un quadro sintetico delle caratteristiche proprie dell’apprendimento tecnico scientifico. Il prof. Margotta ha precisato che l’apprendimento tecnico scientifico ha le caratteristiche dell’apprendimento adulto. Come tale non è costituito solo da conoscenze, ma prevede la formazione di mappe concettuali e di mappe procedurali. Per descrivere le caratteristiche dell’apprendimento si può ricorrere ad un modello. Ogni profilo formativo si struttura come un solido nello spazio che è attraversato da tre assi fondamentali. Il primo possiamo chiamarlo asse delle conoscenze e delle esperienze analitiche, poi abbiamo l’asse delle conoscenze procedurali e infine l’asse delle immagini mentali. Ogni apprendimento, che sia la vita di Cesare o la legge di Newton, è costituito da queste tre componenti; e si configura come uno spazio topologico, un solido nello spazio, che non è unico per tutti, ma che si allunga in una direzione anziché in un’altra in relazione al contesto (ossia l’ambito in cui si lavora) e in relazione agli input sistematici. La caratteristica specifica dell’apprendimento scientifico e tecnologico è evidentemente il problem solving, e l’asse pri-vilegiato è quello delle conoscenze procedurali. Però deve essere sviluppato anche l’asse delle conoscenze e delle esperienze analitiche, perché uno degli aspetti peculiari della struttura del sapere scientifico e tecnologico è quello di essere sequenziale, cumulativo e procedurale. È sbagliato ricondurre l’istruzione e la formazione tecnica all’addestramento, il quale rappresenta l’archeologia di questo modello. Certo anche l’addestramento prevede queste tre dimensioni, solo che l’addestramento scostomizza in maniera assoluta e assurda pezzi singoli sia dell’asse delle conoscenze analitiche sia dell’asse delle conoscenze Prof. MARGIOTTA L’apprendimento è come un solido nello spazio… La formazione tecnica non è addestramento 59 Le competenze dei quadri Dott.ssa PALUMBO La valutazione 60 procedurali. Di fatto l’addestramento si differenzia dall’apprendimento per un semplice motivo: investe pochissimo sul problem solving e quindi sulle conoscenze procedurali. Ma che cosa sono le conoscenze procedurali? Sono quelle conoscenze o esperienze mediante le quali è possibile scoprire delle regole con cui inventare nuove regole. La creatività del pensiero scientifico è tutta qui: conoscenze ed esperienze mediante le quali è possibile scoprire regole con cui inventare nuove regole; questo è il significato delle conoscenze procedurali. Invece, il significato delle conoscenze analitiche è imparare a codificare e a sistematizzare conoscenze certe. Infine, la caratteristica delle immagini mentali è quella di ricapitolare e anticipare. Il prof. Margiotta ha ricordato come questo modello di istruzione tecnica è stato intuito in Italia già tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Si capì allora che bisognava investire moltissimo sulla combinazione virtuosa dell’asse delle conoscenze analitiche e delle conoscenze procedurali per formare dei quadri, che sono la dorsale importante di qualunque filiera produttiva. I quadri, infatti, devono avere capacità di visione, non solo capacità analitica; devono avere la capacità di scoprire delle regole con cui inventare nuove regole applicative. Questo è il punto peculiare dell’apprendimento tecnologico. Un momento di riflessione e di intervento importante sull’istruzione e la formazione tecnica e scientifica è stato rappresentato dall’approvazione della legge 53 del 2003 sul riordino dei cicli. Per capire meglio le novità e gli obiettivi del legislatore ci siamo rivolti alla Direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto. La dottoressa Palumbo si è soffermata in particolare sulla necessità, indicata dalla legge 53, di intervenire a livello nazionale per stabilire degli standard di valutazione degli studenti. Accanto alle forme di valutazione del servizio, l’autovalutazione d’istituto, la valutazione dei dirigenti scolastici, con la legge 53, mediante articoli specifici, è prevista una forte attenzione sulla valutazione dei livelli degli apprendimenti. Proprio la Regione Veneto è leader in questo settore. L’Ufficio Scolastico Regionale si è posto in quest’ottica di potenziamento degli strumenti di valutazione esterna dei livelli di apprendimento e soprattutto della loro comparazione con i livelli di apprendimenti non solo del resto del Paese ma anche con il contesto europeo. Il focus è quello di guardare qual è il livello delle competenze che i nostri ragazzi acquisiscono, soprattutto nel segmento degli apprendimenti di base, rispetto ai coetanei degli altri paesi europei. Del resto anche il nostro contesto lavorativo deve avere la possibilità di contare su professionalità in ingresso che siano equiparabili a quelle dell’Europa. La dottoressa Palumbo ha sottolineato l’importanza degli apprendimento di base, in particolare le competenze linguistiche, la matematica e le scienze. Dai dati emersi in queste ricerche, è interessante notare che la scuola che ha avuto i migliori esiti dai propri quindicenni qui nel Veneto è stato un istituto tecnico. Anche se complessivamente i licei si posizionano su una media più alta, rimane il fatto che la scuola con una performance migliore è stato un istituto tecnico. Un secondo modo per rilanciare l’istruzione tecnica e professionale consiste nel lavorare sull’orientamento, che deve essere ripensato e non può essere ridotto all’informazione. Per la dottoressa Palumbo bisogna puntare a quelle forme di orientamento che nascono dall’apprendimento. Importante ad esempio l’investimento sull’alternanza scuola-lavoro. Poi c’è l’impresa formativa simulata. È importante l’estensione della filosofia che ne sta alla base, il ragazzo deve auto-orientarsi, che è poi l’orientamento forte, quello che funziona, che valorizza il capitale umano. Serve un orientamento attraverso l’apprendimento, che è un apprendimento anche del fare. Nel Veneto è poi attivo il “Progetto lauree scientifiche” per portare la scuola superiore e gli insegnanti, soprattutto di matematica, di fisica e di scienze, nei laboratori dell’università. Attraverso la formazione degli insegnanti e avvicinando gli studenti all’università si vuole recuperare un approccio nuovo nella didattica di queste materie. Perché l’insegnamento scientifico e tecnologico è una priorità. Riassumendo possiamo affermare che è necessario rivalutare l’istruzione tecnica e scientifica, innanzitutto recuperandone le caratteristiche salienti, poi valutando attentamente i livelli di apprendimento che vengono raggiunti dagli studenti, per capire se e dove intervenire per modificare l’offerta formativa di questi istituti; infine è necessario porre in essere tutta una serie di iniziative di orientamento che grazie ad una sperimentazione reale permetta agli Orientamento 61 Ing. MARANGONI La formazione dei tecnici Dott. DE PAOLI La formazione tra scuola e azienda 62 studenti di individuare qual è il percorso migliore per le loro attitudini, ma anche per la loro futura realizzazione nel mondo del lavoro. Ma per avere chiaro come gli istituti tecnici e professionali sono considerati e valutati dal mondo produttivo, ci siamo rivolti all’ingegnere Gaetano Marangoni, Presidente dei Giovani Industriali Veneti, ed al dottor Carlo De Paoli Presidente dei Giovani Industriali di Verona. L’ingegner Marangoni si è soffermato soprattutto su un aspetto della formazione dei tecnici appena usciti dalla scuola che a suo avviso deve essere potenziata. Spesso, infatti, a chi ha frequentato un istituto tecnico manca o è poco sviluppata la capacità di elevarsi dal singolo problema o dalla singola attività, in cui è stata applicata la risorsa in questione e la sua operatività. In altri termini manca la capacità di astrarre, di fare analisi, trovare soluzioni e apportare variazioni a partire da un livello standard. Occorre partire da un approccio più scientifico e tecnologico, cioè orientarsi al tecnico, ma sapere anche rielevarsi e riapprofondire le questioni, ripensarle in termini diversi e poi tornare sul piano tecnico e quindi operativo. La realtà produttiva oggi è cambiata, osserva l’ingegner Marangoni. Certo ci sono ancora delle competenze specifiche dell’ambito in cui una persona si muove, sia esso il meccanico, il meccatronico, l’elettronico, il tessile o altro, però ciascuno di questi settori è esposto ad una variabilità delle competenze richieste che si presenta nel corso del tempo. Servono allora figure in grado di calarsi velocemente nella realtà specifica in cui si esprime il loro impegno; se si verifica la necessità ci devono essere persone capaci di fermarsi, di cercare un nuovo approccio alla realtà, di elaborare soluzioni e poi di attuarle. Quando poi ci siamo rivolti al dottor De Paoli, impegnato nel settore del lavoro interinale e quindi costantemente a contatto con le richieste occupazionali del mondo produttivo, gli abbiamo chiesto di fornire delle indicazioni utili alla scuola. Il primo consiglio è stato quello di operare per costruire un filo diretto tra la scuola e le imprese, perché c’è una evoluzione continua delle professionalità, quindi c’è la necessità di uno scambio frequente di informazioni. Poi, rimanendo sempre nell’aspetto più generale, è molto importante la flessibilità sia per le scuole sia per i diplomati. Oggi, precisa il dottor De Paoli, viviamo in un mondo che cambia e la scuola dovrebbe cambiare un minuto prima per riuscire attraverso la ricerca ad accompagnare le dinamiche che si sviluppano nell’economia e nella società. Secondo il dottor De Paoli, i curricoli potrebbero anche essere organizzati in modo tale da garantire in una prima fase una preparazione più generale e in una seconda una preparazione più specialistica, tenendo conto che ci sono aziende che non vogliono figure professionali troppo specifiche, perché preferiscono specializzarle al loro interno con una preparazione adeguata. Anche nella ricerca delle figure professionali, quindi, bisogna partire dalla consapevolezza che è necessario avere sempre più profili che abbiano conoscenze tecniche di base su cui costruire professionalità specifiche, perché sempre più l’impiego dei tecnici non avviene solo in progettazione o in produzione, ma anche nelle filiere commerciali. Sempre più spesso si cercano operatori capaci di fare assistenza tecnica. Quando poi quel prodotto è distribuito in tutto il mondo, l’operatore deve necessariamente conoscere le lingue. Veniamo ora più nello specifico al lavoro interinale. Dai dati forniti dal dottor De Paoli risulta che nel lavoro temporaneo il 50% delle richieste riguarda i ‘picchi di lavoro’, ossia l’incremento di lavoro su personale generico in periodi determinati; l’altro 50% di richieste è rivolto a personale che poi verrà assunto. Per i picchi di lavoro normalmente si utilizza personale generico per operazioni che richiedono manualità e ripetitività, quindi per lavori semplici. Il rimanente 50% delle domande, di cui almeno i 2/3 viene poi assunto, riguarda i livelli di ingresso. Qui possiamo individuare tre grandi categorie: gli impiegati, gli operai ed i tecnici, a tutti i livelli. Poi potremmo aggiungere il personale di vendita estero o ‘itinerante’, come viene chiamato. Dalle richieste emerge chiaramente che sono molto ricercati tutti i periti. Un perito quindi non ha alcuna difficoltà a trovare lavoro. Il dottor De Paoli nota anche però che pochi fra i candidati vogliono lavorare in produzione, probabilmente perché c’è un’immagine della fabbrica poco attrattiva. Eppure non è più la fabbrica di una decina di anni fa. Anche in prospettiva, gli analisti dicono che ci sarà un calo degli addetti dell’industria, però si perderanno soprattutto quelli di basso profilo. Quindi figure professionali come I profili professionali 63 Le competenze di base Prof. MAZZUCCO 64 quella del perito continueranno ad essere ricercate. Abbiamo chiesto poi di indicare alcune competenze che a suo avviso sono più apprezzate. Il dottor De Paoli ci ha detto che in genere le aziende chiedono di avere un giovane neodiplomato, un perito, dotato però di curiosità, di voglia di imparare e di buone competenze di base. Non si può infatti pensare che la scuola possa preconfezionare tutte le competenze che poi si spendono in tutte le fabbriche. Ogni azienda va gelosa del proprio know how ed è naturale che l’ultimo percorso formativo avvenga sul luogo di lavoro. Certo sarebbe molto utile che anche in questa ultima fase di preparazione fosse coinvolta in qualche modo la scuola. Secondo il dottor De Paoli sarebbe auspicabile una scuola che nei primi uno o due anni di inserimento lavorativo mantenesse un qualche collegamento con questi studenti per realizzare una integrazione fra il sistema di apprendimento scolastico ed un ulteriore sistema di apprendimento che è quello aziendale. Perché ormai anche l’azienda è un sistema di apprendimento e continuerà ad esserlo anche in futuro. Tornando alle competenze richieste a chi ha conseguito un diploma tecnico, è necessario ribadire che le abilità necessarie sono: la conoscenza dell’inglese, l’utilizzo dei sistemi informatici, e la capacità di lavorare per obiettivi. E questo vale sia per i tecnici industriali che per i profili commerciali. Quando poi abbiamo chiesto al dottor De Paoli di farci una classifica delle professionalità più richieste, al primo posto ha collocato il perito elettromeccanico, il perito meccanico al secondo posto e l’elettronico al terzo. Così avviene almeno nell’ambito industriale. In conclusione, secondo il dottor De Paoli, servono prima di tutto le conoscenze di base, soprattutto informatiche e linguistiche. Poi servono anche competenze relazionali e flessibilità. Oggi, infatti, sono molto apprezzate le capacità relazionali, le doti di leadership, il cosiddetto team building. Ci siamo poi rivolti al rettore dell’Università degli Studi di Verona per sentire anche il suo parere sul livello di preparazione che deve avere uno studente che, al termine del percorso di istruzione tecnica o professionale, intenda iscriversi ad un corso universitario. La risposta per il professor Mazzucco non è facile, perché si è ancora in una fase di sperimentazione delle lauree trien- nali. L’impressione, comunque, è che le scuole con le caratteristiche dei licei possano ancora oggi aprire le porte ad ogni tipo di corso universitario. Per quanto riguarda le lauree ad indirizzo scientifico e tecnologico è possibile affermare che i diplomati degli istituti tecnici hanno la preparazione adeguata per poterle affrontare. 2.5.3 La certificazione delle competenze Per rilanciare il valore e la considerazione dell’istruzione/ formazione tecnica e scientifica abbiamo indagato per capire se sia opportuno incrementare la certificazione delle competenze acquisite. Per il professor Margiotta questo è un passaggio assolutamente necessario e ineludibile. Pur non condividendo la filosofia che c’è dietro la riforma Moratti, però l’insistenza sul portfolio informativo e professionale degli allievi e quindi la messa in piedi di un sistema di valutazione delle competenze rimane un dato sicuramente condivisibile. È necessario mettere in condizione i ragazzi di uscire dalla scuola con un portfolio delle competenze che sia stato certificato. Qui però si innesta il problema del come e del chi deve operare questa certificazione. La certificazione più che essere totalmente esterna, che sarebbe un radicalismo miope, deve essere una certificazione bilanciata o, per meglio dire, negoziata. La certificazione è in pratica un giudizio e un giudizio implica sempre una interpretazione, perché non ci può essere un giudizio oggettivo. Ogni interpretazione è di fondo una negoziazione tra significati diversi che vengono attribuiti a delle componenti di competenze. Allora è meglio pensare ad una attività bilanciata ovvero negoziata nella certificazione delle competenze, dove comunque ci sia qualcuno che alla fine decide, ed a quel punto l’esperto è meglio che non sia l’insegnante, bensì uno esterno. Però l’esperto esterno che decide non deve essere singolo, ma colui a cui un team bilanciato di docenti o esperti esterni o soggetti, diciamo gli Stakeholder esterni, dopo le analisi affida il compito di decidere. Il professor Margiotta ha auspicato che si diffondano dei sistemi locali e regionali di certificazione, secondo un modello Bottom-Up, perché è impossibile che ci sia qualcuno che dall’alto decida le competenze. Le competenze infatti sono in continua evoluzione, come i profili formativi e pro- Un sistema di valutazione delle competenze Ogni giudizio richiede una interpretazione ed una negoziazione 65 Un sistema glocale Portfolio delle competenze fessionali; per tanto è molto meglio che ci sia una rete di presìdi di certificazione bilanciata delle competenze. Può esserci una rete locale, un presidio regionale e poi un presidio nazionale il quale fa la tara, fa il balance di quanto via via emerge. Quello nazionale diventa allora responsabile degli standard. Un sistema così esiste in Inghilterra. Il vantaggio in una operazione del genere è soprattutto nelle regioni frontaliere o che hanno interessi economici transfrontalieri, come il Veneto. A quel punto la visione a livello locale non è più local ma glocal, perché si può tener conto di tutta una serie di cose che capitano in aree finitime, o per lo meno nelle aree in cui c’è un interesse economico prioritario. Per questo la dimensione propria della certificazione delle competenze è glocal. Interrogata sulla stessa questione della certificazione delle competenze, anche la dottoressa Palumbo ha ricordato il portfolio previsto nella legge 53/2003. Per la sua attuazione ci sono ora problemi normativi: bisogna capire come si collega con la valutazione ordinaria e come si collega con i problemi della privacy. Si tratta di uno strumento complesso da gestire. Sul fronte didattico bisogna evitare ripetizioni con gli strumenti di valutazione già esistenti, poi c’è un problema giuridico di compatibilità tra la sua funzione: certificare delle competenze e tutelare la privacy. È in una fase embrionale, ci sono delle sperimentazioni in corso. La dottoressa sostiene che il problema della certificazione delle competenze è un problema forte. Una cosa infatti è la valutazione del percorso scolastico che si conclude con l’Esame di Stato, altra cosa è invece dire che cosa sia compreso in quel voto finale dell’Esame di Stato. D’altro canto bisogna anche stare attenti alla proliferazione degli strumenti: il libretto del lavoratore, il libretto del cittadino, il portfolio delle competenze, il portfolio linguistico europeo,… Non si può pensare che il cittadino si debba portare dietro una marea di libretti. Poi questi strumenti rischierebbero di elidersi a vicenda e a quel punto nessuno diventerebbe veramente importante. 2.5.4 L’attività tecnico - laboratoriale Il rilancio dell’istruzione tecnica passa anche attraverso il rilancio delle attività di laboratorio. A questo riguardo il professor Margiotta ha sottolineato come il potenziamento della struttura laboratoriale all’interno del curricolo for- 66 mativo degli istituti tecnici e professionali è una delle leve principali per il rilancio del ruolo strategico dell’apprendimento scientifico e tecnologico nella società complessa. Secondo il professor Margiotta il laboratorio va inteso da un punto di vista logico prima che fisico. Il laboratorio è lo spazio attrezzato all’interno del quale vengono messe alla prova soprattutto le teorie, i programmi di ricerca. E i programmi di ricerca sono l’esempio evidente di forme di apprendimento procedurale tipico di questo ramo della formazione. Sul fronte imprenditoriale il dottor De Paoli ha confermato l’importanza dei laboratori nelle scuole professionali e nei CFP in particolare. Sicuramente va fatto un utilizzo corretto dei laboratori. Spesso il dottor De Paoli ha constatato la mancanza di esperienze pratiche. Il laboratorio potrebbe in qualche modo sopperire a questa mancanza e consentire di acquisire quella che si chiama praticità. Il professor Mazzucco dell’Università di Verona riguardo ai laboratori ha rilevato una necessità: serve uno stretto coordinamento sia nell’identificazione che nell’utilizzazione delle dotazioni laboratoristiche, perché costano sia per gli acquisti delle attrezzature, sia per il personale che le deve far funzionare. È evidente che queste strutture non possono essere moltiplicate sul territorio e quindi la condivisione delle attrezzature è sempre più auspicabile. Sul problema dei costi e dell’aggiornamento dei laboratori si è soffermato anche l’ingegner Marangoni, di Confindustria Veneto. Egli ha osservato che oggi ci si accontenta di laboratori normali, fatti spesso di macchine dismesse. Sono comunque strutture utili, perché diventano l’occasione per il ritorno sul pratico, per capire a che cosa può dare origine un certo intervento. Si realizza un contatto comunque fondamentale. I laboratori poi avvicinano la scuola al lavoro. E questo è un passaggio determinante. L’ingegner Marangoni ha osservato che spesso servono alcuni anni nel mondo del lavoro per ricongiungere le conoscenze acquisite a scuola con le operatività necessarie nel mondo del lavoro. Queste sono le determinanti di successo di un Paese. Perché se tutti impiegano cinque anni dopo aver finito di studiare per arrivare ad un minimo di produttività e di competenza, il Paese che permette con le sue strutture di realizzarlo Il laboratorio è luogo di ricerca La condivisione di attrezzature Il laboratorio ricongiunge le conoscenze con l’operatività 67 in un anno e mezzo, mediamente dispone di forza lavoro tre anni più preparata. I laboratori e lo stage hanno questo pregio: gli studenti studiano e vedono a che cosa può servire quella determinata nozione e comunque non perdono il contatto con la realtà produttiva. Inoltre l’ingegner Marangoni vede nei laboratori dei possibili catalizzatori per una rinnovata passione per la ricerca e per la sperimentazione. È fondamentale far innamorare lo studente al laboratorio, facendogli vedere quanto è bello provare e sperimentare. L’approccio scientifico e l’esperienza del laboratorio insieme sono la migliore ricetta. Come succede anche nello stage. Una formazione prolungata… … in collaborazione tra scuola e azienda 2.5.5 Il raccordo tra scuola, aziende e università I laboratori, gli stage e le esperienze di alternanza scuolalavoro rappresentano gli strumenti preferenziali per creare un raccordo tra mondo dell’istruzione e mondo della produzione. Il dottor De Paoli di questo è convinto e auspica la realizzazione di percorsi anche post diploma per chi entra nel lavoro: il neo assunto potrebbe essere seguito dalla scuola per altri sei mesi o un anno. Anche le aziende potrebbero mettere a disposizione i propri laboratori per migliorare la preparazione. Si creerebbe così un circolo virtuoso di collaborazioni che consentirebbe alle scuole di sviluppare un programma di aggiornamento continuo rispetto all’evoluzione dell’impresa. Le aziende, da parte loro, avrebbero la netta percezione che la scuola è vicina al mondo della produzione, una necessità molto sentita dalle aziende. Inoltre, se ci fosse una maggiore vicinanza tra l’azienda e la scuola, si potrebbero creare maggiori opportunità occupazionali per i neo diplomati, soprattutto verso gli ambiti di produzione. 2.5.6 La formazione e l’istruzione in un polo formativo Secondo il professor Margiotta dobbiamo prendere atto del fatto che in questi ultimi anni la formazione professionale da cenerentola, come era considerata un tempo, è ora diventata una realtà di grande vitalità. Ci sono ancora sacche di addestramento, ma ci sono soprattutto zone di apprendimento professionale, ed anche delle realtà di eccellenza. 68 Gli istituti tecnici hanno mantenuto standard alti di formazione, mentre gli istituti professionali hanno avuto una evoluzione anche se molto diversificata. Ora, se si vuole compiere un ulteriore salto di qualità, è diventato indispensabile rendere permeabile al cento per cento l’interazione scuola-lavoro. Per ottenere questo risultato bisogna integrare più strettamente l’istruzione professionale con l’istruzione tecnica, integrare i programmi, integrare i curricoli. È necessario, per il professor Margiotta, creare dei veri e propri poli tecnologici, come ad esempio già accade con il polo della grafica a Verona, per portare l’istruzione tecnica a livelli di eccellenza. Ma per fare un’operazione del genere bisogna demolire le mura che separano dal punto di vista formativo e istituzionale il sistema della formazione tecnica e professionale rispetto all’istruzione liceale. E’ necessario abbattere le mura e creare un ambiente integrato. Per poter permeare i percorsi scuola-lavoro bisogna permeare le istituzioni e le logiche istituzionali. Questo è il punto. Questa sarebbe la vera rivoluzione. Cosa che hanno fatto, ad esempio, in Germania. La legge 53 ha introdotto la proposta di realizzare dei campus. Secondo la dottoressa Palumbo anche se questa proposta è nata soprattutto come esigenza per depotenziare la questione della divisione dell’istruzione tecnica, che rimane statale, e la formazione tecnica, che passa sotto il controllo delle regioni; si tratta di creare dei grossi contenitori dove gli indirizzi liceali e della formazione professionale possono convivere sotto la stessa gestione. Il campus però è anche un’opportunità formativa, e ci sono già degli istituti che si collocano in questa prospettiva, dove convivono licei, istituti tecnici e corsi professionali. La dottoressa Palumbo ritiene che il campus può essere sfruttato utilizzando un corpo docenti unico e differenti risorse umane. Ad esempio certi corsi attivati nei licei scientifici potrebbero essere trasferiti poi anche in altri tipi di scuole. A suo tempo anche la nascita degli istituti comprensivi nell’istruzione primaria è stata un po’ difficoltosa, ma in realtà poi il percorso si è sviluppato in modo armonico. Poi anche gli enti locali preferiscono avere un unico referente nella scuola, quindi si facilita le gestione dei rapporti tra scuola e territorio e poi è diventata anche una opportunità didattica perché si possono gestire in continuità i per- Rendere permeabile l’interazione scuola-lavoro… …e abbattere le mura che separano la formazione tecnica e professionale dall’istruzione liceale Il campus è un’opportunità formativa C’è il precedente degli istituti comprensivi 69 Il ruolo dell’Università nei poli tecnologici Occorre saper coniugare le diverse offerte degli IFTS e delle lauree brevi Creare delle cittadelle degli studi 70 corsi scolastici. Nei poli tecnologici o campus un ruolo di rilievo è previsto anche per l’università. Il professor Mazzucco è convinto che l’università debba avere un colloquio con le altre istituzioni e partecipare ai flussi innovativi in cui è coinvolta la formazione tecnologica, anche se come sistema universitario in questo settore Verona è carente, avendo una forte connotazione umanistica. Infatti, anche se ci sono due facoltà scientifiche apprezzate a livello nazionale, manca però dell’elemento tecnologico: manca la facoltà di ingegneria. D’altro canto il professor Mazzucco sostiene che la formazione tecnica superiore vive un momento di scarsa chiarezza. Con i poli tecnologici si vogliono realizzare delle integrazioni post-scuola secondaria nell’ambito tecnologico; però si stanno affermando anche le lauree brevi e ci si muove verso un punto di intersezione che è ancora molto nebuloso. Questo problema però non lo può risolvere l’università. L’università di per sé consiste in un insegnamento superiore caratterizzato da un forte contenuto di ricerca scientifica, che è stato messo in discussione con la laurea triennale, dove la ricerca scientifica è diminuita. Ora la preoccupazione del professor Mazzucco è che, con l’istituzione degli IFTS e delle lauree brevi, si finisca con il fare due operazioni in parte sovrapposte, perché questo sarebbe un modo di agire sbagliato. Secondo il Rettore dell’università di Verona dovrebbe esserci il personale tecnico preparato dalla scuola superiore che è prezioso ed è sempre stato ricercato, ed anche del personale tecnico con una preparazione post-diploma, però con contenuti esclusivamente di ordine professionale. Queste figure vanno separate in maniera netta dalla figura universitaria, la quale deve concentrarsi soprattutto sul fare innovazione e ricerca. Altrimenti si rischia di avere dei duplicati. Tornando in modo più specifico ai campus o poli tecnologici così come prospettati almeno in parte dalla legge 53, un giudizio sicuramente positivo è formulato dall’ingegner Marangoni. A suo avviso, infatti, bisognerebbe creare delle cittadelle di un determinato macro ambito in cui interagiscono scuole professionali, istituti tecnici, IFTS e Università. Il gruppo scuola regionale di Confindustria si è dato come obiettivo di arrivare ad identificare almeno un luogo per provincia dove ci sia il germe di un polo tecnologico. Attorno a questo germe poi bisognerà lavorare, per coinvolgere il più possibile anche le aziende e le banche. 2.5.7 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale Abbiamo chiesto al dottor De Paoli se ci sono dei pregiudizi o degli stereotipi che ostacolano l’inserimento di manodopera femminile nel mondo del lavoro tecnico. In realtà l’inserimento della donna in fabbrica incontra qualche problema, anche se c’è da dire che esiste anche la linea commerciale, esistono gli uffici tecnici, la ricerca, lo sviluppo, il marketing. Rimane comunque il fatto che la donna è ancora vista come una presenza strana in fabbrica, è una evoluzione che deve ancora avvenire ed in cui è importante investire. Secondo il dottor De Paoli poche imprese fanno questa politica, ma chi l’ha fatta ha ottenuto ottimi risultati. Certo serve un contesto che sappia valorizzare questa risorsa. Soprattutto vanno fatti degli investimenti di miglioramento ergonomico delle fabbriche. Poi ci sono tanti lavori di tipo interinale privilegiati dalle donne. Ci sono lavori che si sposano meglio con le richieste di tante lavoratrici, soprattutto quando la donna non rappresenta il reddito primario, si pensi al part time o al lavoro stagionale. Il professor Mazzucco riconosce che il tema della presenza femminile nell’istruzione tecnica è un argomento estremamente complesso e articolato. Secondo il professor Mazzucco la discriminante è più a livello di impiego che non a livello di corso di studi. Comunque le cose stanno cambiando e sempre più spesso si incontrano professionisti affermati di sesso femminile. 2.5.8 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale Per rilanciare l’istruzione e la formazione tecnica e scientifica è necessario puntare sulla sua capacità di innovazione e di ricerca. Abbiamo chiesto però al professor Margiotta se sia possibile fare ricerca anche nella scuola superiore. Di questo il professore è convinto, anzi egli ritiene che la scuola superiore sia tenuta a fare ricerca in virtù dell’autonomia che le è stata riconosciuta. Il problema è che sarebbe folle intendere la ricerca come ricerca pura, bisogna invece pensare a ricerca e sviluppo. In altri termini, la scuola deve La presenza delle donne nelle fabbriche La presenza nell’istruzione è condizionata dalle richieste del mondo del lavoro Nell’istruzione e nella formazione tecnica si deve fare ricerca applicata 71 Gli studenti hanno bisogno di fare ricerca Serve un orientamento degli studenti verso le facoltà scientifiche e tecnologiche 72 fare ricerca applicata. In un circuito virtuoso di rilancio dei laboratori di apprendimento scientifico e tecnologico, le scuole possono inserirsi entro contesti di ricerca applicata, tentando di utilizzare insegnanti, laboratori, allievi non per simulare la ricerca, ma per coinvolgerli in appositi moduli di processi inventivi, o in processi di aggiustamento o in processi di verifica o di falsificazione, o in processi di misura. Per molti anni gli istituti tecnici del Piemonte e della Lombardia hanno sviluppato attività conto terzi grazie ai loro laboratori di misura. Istituti agrari hanno lavorato con i servizi veterinari e con i consorzi per fare attività di misura o attività di verifica o altro. Questa è ricerca. Gli istituti devono inserirsi in prospettive di ricerca e sviluppo. Fra l’altro, osserva il professor Margiotta, quando si comincia ad utilizzare la ricerca applicata come materiale su cui impiantare, verificare e portare a compimento il raggiungimento di standard elevati di apprendimento scientifico e tecnologico nei ragazzi, si ottiene un doppio effetto: li si esalta e si forma la loro professionalità. Il professor Mazzucco ha constatato che l’istruzione tecnica in Italia ha dovuto fare i conti con l’influenza di una storia e di una tradizione che vede il peso predominante della cultura umanistica, del resto con buoni motivi. Rimane il fatto che c’è necessità di tecnici preparati. Si pensi che anche dove si fa ricerca e ci sono grandi attrezzature c’è bisogno di tecnici di laboratorio. Ma per capire l’importanza del ruolo della tecnologia ci vorrà del tempo, perché queste sono idee mutuate dal mondo anglosassone. C’è da sperare che ci sia una sensibilità collettiva che aiuti gli studenti e le famiglie a capire che la scelta personale ha comunque una ricaduta generale non da poco. Bisogna essere in grado di vincere certe tradizioni e considerare le esigenze del mondo del lavoro che rischia di essere in difficoltà. Secondo il professor Mazzucco occorre che l’università collabori in un’opera che deve essere di riequilibrio verso le facoltà scientifiche e tecnologiche. Abbiamo, infine, posto la questione della necessità di rafforzare gli interventi a sostegno dell’innovazione e della ricerca all’ingegner Marangoni, il quale ha precisato che quando si parla di innovazione e di ricerca è giusto in primo luogo fare riferimento alla laurea universitaria. Serve un investimento di uomini con lauree in scienze pure che devono mettersi a capo di una nuova stagione di ricerca. Però attorno si deve attuare anche un cambiamento culturale che dovrebbe dare origine a dei luoghi dove ci sia una diffusione di cultura scientifica e di ricerca, servono dei laboratori importanti che possono essere usati anche da figure che non devono essere necessariamente persone laureate. Un altro campo su cui investire, secondo l’ingegner Marangoni, è la formazione tecnica superiore, gli IFTS, che sono un’area ancora inesplorata e che potrebbero svolgere un ruolo strategico di raccordo tra istituti superiori e università. Secondo l’ingegner Marangoni ci deve essere la possibilità di uno scambio fecondo, serve un luogo fisico o per lo meno virtuale, che è il campus o polo che dir si voglia, in cui tutti quelli che si interessano di un macro ambito possano mettere insieme conoscenze, strumenti, risorse. Così si aumenterebbe anche l’efficacia degli interventi e si potrebbero utilizzare al meglio i laboratori. Grazie all’informatica si potrebbe già creare un polo virtuale, in cui condividere le anagrafiche dei docenti e degli studenti, i crediti formativi riconosciuti per favorire i passaggi da un percorso formativo e l’altro. Se poi fisicamente ci fosse tutto concentrato sarebbe ancora meglio. Il campus sarebbe importante anche per far percepire allo studente che si può muovere e può correggere una scelta che magari poi si è rivelata non essere la migliore. Uno studente del resto non può essere sicuro di aver capito tutto prima ancora di iniziare una scuola. Troppo spesso oggi uno studente dopo un po’ che frequenta una scuola capisce che l’indirizzo è sbagliato, però a quel punto deve continuare lo stesso perché altrimenti rischierebbe di perdere il riconoscimento degli studi già fatti. Anche per rispondere a queste lecite aspettative vale la pena di investire sulla creazione di poli tecnologici. Ci deve essere uno scambio fecondo fra chi opera all’interno di uno stesso macro ambito Nel campus è possibile per uno studente correggere le scelte errate 73 CAPITOLO TERZO Analisi dei Fabbisogni Formativi 3.1 Premessa metodologica 3.2 L’istruzione tecnica: le analisi e le valutazioni degli studenti 3.2.1 Anagrafica 3.2.2 Le competenze 3.2.3 La certificazione delle competenze 3.2.4 L’attività tecnico - laboratoriale 3.2.5 Le modalità di raccordo tra scuola e aziende 3.2.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.2.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.3 La formazione e l’istruzione professionale: le analisi e le valutazioni degli studenti 3.3.1 Anagrafica 3.3.2 Le competenze 3.3.3 La certificazione delle competenze 3.3.4 L’attività tecnico - laboratoriale 3.3.5 Le modalità di raccordo tra scuola e azienda 3.3.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.3.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.4 Usciti da scuola: le analisi e le valutazioni degli ex studenti 3.4.1 Anagrafica 3.4.2 Le competenze 3.4.3 La certificazione delle competenze 3.4.4 L’attività tecnico-laboratoriale 3.4.5 Le modalità di raccordo tra scuola e aziende 3.4.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.4.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale 3.1 Premessa metodologica Nell’ambito del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” si è voluto dare uno spazio importante alle voci che provengono dal mondo della scuola. Innanzitutto coinvolgendo il personale docente degli istituti sia nella fase dell’analisi sia, come vedremo in seguito, nella fase della ricerca. Ma si è voluto anche ascoltare la voce degli studenti per capire innanzitutto che percezione hanno della propria preparazione al termine del percorso scolastico, come la valutano, che cosa hanno apprezzato maggiormente della offerta formativa che hanno ricevuto e, più in generale, quali sono a loro avviso i punti di forza e le eventuali criticità dell’istituto che li ha accompagnati in una fase determinante della loro crescita culturale. Il questionario è stato somministrato gli ultimi giorni di scuola dell’anno scolastico 2004/2005 agli studenti frequentanti l’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali delle scuole partner di progetto. In particolare il questionario è stato compilato a livello regionale dagli studenti del quinto anno di otto istituti tecnici e professionali: “I.T.I. Rossi” di Vicenza; “I.T.I. Negrelli” di Feltre; “I.T.I. Ferraris”, “I.T.I. Marconi”, “I.P. Giorgi”, “I.P. Fermi”, “I.T.I. San Zeno” di Verona e “I.P. Silva” di Legnago. Complessivamente hanno partecipato a questa fase di ricerca 877 studenti. Un questionario simile è stato somministrato anche agli studenti iscritti al terzo anno degli istituti e delle scuole professionali partner di progetto della provincia di Verona. Sono stati così coinvolti altri 388 studenti degli istituti “Giorgi”, “Fermi”, “San Zeno” e “Don Calabria”. Per avere un elemento in più di valutazione si è scelto poi di coinvolgere nella fase di rilevazione anche gli ex studenti che hanno terminato la scuola da almeno tre anni. Sembrava interessante, infatti, a distanza di qualche tempo, verificare se mutava e in che misura il giudizio sulla propria preparazione e sull’offerta formativa della scuola da parte di chi ha avuto modo di misurarsi con il mondo del lavoro oppure con l’università o con altri percorsi di formazione superiore. Ed in effetti è interessante vedere come ci sia uno scostamento significativo, seppur limitato, nel giudizio di chi ha già potuto vagliare il livello delle proprie com- Ascoltare la voce degli studenti… ...e degli ex studenti 77 La costruzione del questionario 78 petenze, ma allo stesso tempo ha ancora un ricordo vivo dell’esperienza scolastica conclusa da poco tempo. Per questa rilevazione sono stati spediti presso le loro abitazioni 586 questionari ad ex studenti della regione Veneto che hanno frequentato gli istituti tecnici partner del progetto e 165 questionari ad ex studenti che hanno frequentato gli istituti professionali veronesi. A questi bisogna aggiungere 18 questionari compilati da ex studenti che frequentavano corsi di formazione presso il Collegio dei Periti di Verona. Gli ex studenti potevano far pervenire i questionari compilati per posta oppure collegandosi via internet al sito di C.IM&Form. Sono stati compilati complessivamente 50 questionari che, se da un punto di vista statistico non sono un campione correttamente rappresentativo, comunque consentono di leggere l’opinione significativa di ex studenti che hanno voluto fornire alle proprie scuole un contributo di riflessione, dimostrando un legame con gli istituti in cui hanno trascorso una fase importante della loro vita. La costruzione del questionario è avvenuta coinvolgendo un ampio numero di testimoni, infatti è stato compiuto un lavoro preliminare di ricerca mediante la realizzazione di 9 focus group nelle tre province di Verona, Vicenza e Belluno. Complessivamente sono stati intervistati 61 fra studenti ed ex studenti rappresentativi delle diverse realtà scolastiche e provinciali. Vi hanno preso parte: studenti del quinto anno di istituti tecnici e professionali, studenti del terzo anno di istituti professionali ed ex studenti dei due ordini di scuola. Il campione è stato scelto garantendo sempre almeno una presenza femminile, per consentire anche una lettura di genere dei dati emersi dalle interviste. Inoltre gli studenti selezionati provenivano da percorsi scolastici differenti, con alle spalle risultati scolastici diversificati. Si è avuto cura, poi, di coinvolgere rappresentanti di tutti gli indirizzi di specializzazione presenti nelle scuole partner di progetto. Infine, riguardo agli ex studenti, sono stati selezionati sia testimoni impegnati nel mondo del lavoro, sia studenti universitari o comunque che avessero proseguito gli studi dopo la maturità. Questo per avere un campione il più possibile rappresentativo, capace di descrivere la realtà scolastica in termini diversificati. Nella stesura dei questionari c’è sempre stato anche una at- tiva collaborazione con gli insegnanti delle scuole partner. Per questo motivo i focus group sono stati guidati da conduttori esperti, sempre affiancati da insegnanti che hanno assistito alle interviste e collaborato attivamente alla stesura dei report, sulla base dei quali sono poi stati realizzati gli item dei questionari. In seconda battuta la realizzazione vera e propria dei questionari ha previsto un confronto con alcuni docenti e dirigenti scolastici. La somministrazione dei questionari è avvenuta durante l’orario di lezione ed è stata effettuata dagli stessi insegnanti opportunamente istruiti. I questionari sono stati strutturati per analizzare i diversi temi della ricerca: I temi della ricerca 1. anagrafica e verifica del successo scolastico; 2. indagine sulle competenze richieste dal mondo del lavoro, dall’Università e/o dall’istruzione superiore a chi ha frequentato un istituto tecnico-professionale, e competenze percepite come acquisite; 3. la certificazione delle competenze acquisite; 4. l’attività tecnico - laboratoriale; 5. le modalità di raccordo tra scuola e aziende; 6. la presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale; 7. la scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale. La presentazione dei dati raccolti seguirà la stessa organizzazione. Le domande proposte sono tutte a risposta chiusa ed i risultati sono stati calcolati in percentuale. Dove ciò non era possibile, per rilevare quanto il campione esprimesse un giudizio più o meno favorevole nei confronti delle singole affermazioni, si è ritenuto opportuno calcolare la media ponderata. Ogni intervistato valutava su una scala da 1 a 4 (1 = Per niente d’accordo, 2 = Poco d’accordo, 3 = Abbastanza d’accordo e 4 = Molto d’accordo) le affermazioni proposte dal questionario. Terminiamo con una precisazione: di seguito sono riportati i dati complessivi delle tre indagini rispettivamente rivolte agli studenti del quinto anno, agli studenti del terzo anno degli istituti professionali e agli ex studenti. I dati scorporati invece relativi alle singole scuole sono stati già 79 comunicati alle dirigenze ed ai collegi docenti, riuniti per commissioni o in seduta plenaria, delle singole scuole, così da fornire materiale di analisi ancora più dettagliato e descrittivo della singola realtà. 3.2 L’istruzione tecnica: le analisi e le valutazioni degli studenti L’andamento scolastico degli intervistati Una lettura di genere 80 3.2.1 Anagrafica Gli intervistati di questa sezione sono complessivamente 877 e rappresentano gli studenti di quasi tutte le scuole tecniche di Verona, oltre a due istituti di Vicenza e di Belluno. La quasi totalità del nostro campione di riferimento è costituito da maschi, mentre le studentesse rappresentano il 10% del campione, ma è importante precisare che non sono distribuite in modo omogeneo in tutti gli istituti. La presenza femminile, infatti, in alcune scuole è estremamente limitata, mentre in altre è più significativa. Un primo elemento verificato riguarda l’andamento scolastico degli studenti. Nel descrivere le difficoltà incontrate nel percorso scolastico meno del 40% afferma di non averne incontrate, il 35% è stato ammesso con debiti, il 18% ha dovuto affrontare una ripetenza ed un 5% è stato respinto più di una volta. Questi dati confermano l’impegno richiesto da questo tipo di scuola, dato ancora più rilevante se si considera che il questionario è rivolto a studenti che hanno raggiunto il quinto anno di studi. Una ricerca sull’abbandono scolastico potrebbe rendere ancora più significativi i risultati emersi. Rispetto a questi dati è interessante poi fare una lettura di genere ed operare un confronto fra i risultati raggiunti dalle studentesse rispetto ai maschi loro compagni di studio. Dai dati risulta che più del 54% delle studentesse afferma di non essere stata respinta né ammessa con debiti, a fronte del 38% dei maschi. Rispetto ad un complessivo 24% di studenti respinto una o più volte, troviamo solo il 15% delle femmine. Questi dati disaggregati evidenziano come le studentesse siano pienamente in grado di raggiungere buoni risultati anche negli istituti tecnici o, quanto meno, non risultano particolarmente penalizzate in questo percorso di istruzione. 3.2.2 Le competenze Un aspetto importante della ricerca è rappresentato dall’indagine operata riguardo alle competenze. In questo caso si è voluto indagare su due aspetti: in primo luogo quali competenze uno studente dell’ultimo anno di istituto tecnico ritiene di avere sviluppato e, in secondo luogo, quali ritiene saranno le abilità e le conoscenze che in seguito gli saranno richieste dal mondo del lavoro o nel proseguo degli studi. Per ottenere questo risultato abbiamo allora chiesto agli studenti quali proposte del loro istituto fossero state maggiormente apprezzate e, in seconda battuta, abbiamo chiesto quali fra queste attività ritenevano sarebbero risultate più utili in seguito. Gli studenti hanno dimostrato in modo chiaro di apprezzare soprattutto le attività di laboratorio e lo stage, che sono stati segnalati rispettivamente dal 24,81% e dal 24,50% degli intervistati, coerentemente con una visione dell’istruzione tecnica che privilegia il learning by doing. Questo dato viene ulteriormente rafforzato da una lettura disaggregata istituto per istituto, in quanto non in tutte le scuole l’attività di stage è praticata da tutti gli studenti, ed in un paio di istituti nell’anno dell’indagine erano emerse alcune difficoltà gestionali nell’utilizzo dei laboratori che hanno condizionato il giudizio degli studenti. Anche in questo caso può risultare interessante fare una lettura di genere, infatti fra le studentesse il gradimento delle attività laboratoriali è espresso da più del 35%, mentre per i maschi supera di poco il 23%. È questo un dato che probabilmente deve far ripensare a certi luoghi comuni riguardo alle aule di laboratorio e a come le studentesse affrontino queste attività. Significativo, ma distanziato, anche il gradimento espresso riguardo la partecipazione a concorsi e per le attività relative alle aree di progetto, entrambe indicate dall’8,44% degli studenti, e per le attività di recupero delle lezioni (7,51%). Anche in questo caso è opportuna una precisazione. I dati disaggregati per istituto danno risultati ampiamente differenziati riguardo sia alle attività dell’area di progetto sia delle lezioni integrative: a seconda di quanto l’istituto investe in queste proposte si hanno risultati differenti, che comunque rimangono distanti dai giudizi di gradimento espressi per le attività laboratoriali e di stage. In generale L’importanza delle attività laboratoriali … … e degli stage Le altre offerte della scuola 81 sono maggiormente apprezzate le proposte più coinvolgenti e innovative. Hanno ricevuto scarse segnalazioni invece le proposte degli scambi di studio con l’estero (circa il 3%), dato che sembra andare in controtendenza con quanto dichiarato in altri sezioni del questionario, dove si guarda con grande interesse allo studio delle lingue straniere. L’esiguità delle preferenza va probabilmente interpretato alla luce del fatto che non tutti gli istituti offrono una simile opportunità di studio e formazione. Grafico 1 - domanda 3. Quali offerte della scuola hai più apprezzato in questi anni? Quali insegnamenti sono più utili? 82 Quando in un successivo quesito agli studenti è stato chiesto che cosa ritengono sarà maggiormente utile per proseguire gli studi o per entrare nel mondo del lavoro, tornano ad essere posti in rilievo le attività di stage e l’utilizzo di tecnologie innovative. Si ritiene però molto importante anche l’acquisizione di una buona conoscenza della lingua straniera e la capacità di lavorare in gruppo. In questo caso alla domanda: “Nella tua esperienza scolastica, che cosa ritieni ti sarà utile per proseguire gli studi o per entrare nel mondo del lavoro?” gli studenti erano invitati a fornire un giudizio sulla base di alcune alternative fornite dal questionario. Ogni intervistato valutava su una scala da 1 a 4, dove 1 significava “per niente d’accordo”, 2 “poco d’accordo”, 3 “abbastanza d’accordo” e 4 “molto d’accordo”. La media delle risposte relative allo studio delle lingue straniere ha ottenuto un punteggio medio pari a 3,03; la capacità di lavorare in gruppo 2,88; l’utilizzo di tecnologie innovative e l’esperienza di stage hanno ottenuto un punteggio di 2,85; e le attività pratiche di laboratorio 2,81. Queste ultime però sono indicate al primo posto dalle studentesse con un punteggio di 3,39. D’altro canto però emerge anche una scarsa considerazione sull’utilità delle discipline umanistiche (2,27), un dato che si differenzia rispetto a quanto evidenziato invece dai questionari somministrati agli ex studenti. Probabilmente l’ingresso nel mondo del lavoro e l’esperienza degli studi universitari fanno riscoprire quanto sia importante avere un buon bagaglio culturale di base, anche di tipo umanistico e linguistico. In un ulteriore quesito è stato chiesto agli studenti quali approfondimenti avrebbero voluto affrontare durante il loro percorso di studi. È questa una domanda proposta per avere delle conferme sul tipo di preparazione ricevuta, ma anche per meglio comprendere le aspettative degli studenti. Fra le competenze che più si ritiene dovrebbero essere sviluppate in un organico percorso di studi emerge la capacità di affrontare situazioni complesse e di proporre soluzioni innovative (3,10). Ritorna con insistenza la consapevolezza da parte degli studenti dell’opportunità di approfondire la conoscenza delle lingue straniere (3,06). Emerge altresì una richiesta di svolgere attività finalizzate allo sviluppo della capacità di risolvere problemi e proporre soluzione innovative (2,93). Lo stesso punteggio è raggiunto dalla richiesta di approfondire la conoscenza degli strumenti per presentarsi nel mondo del lavoro, una prospettiva evidentemente considerata con attenzione. Ancora una volta viene confermata la scarsa considerazione riservata alle materie umanistiche (2,14). Un altro elemento che è stato indagato nella stessa domanda riguardava la proposta di introdurre nel percorso di studi tematiche economiche e relative alla cultura d’impresa. Anche questa proposta non ha incontrato un particolare interesse da parte degli intervistati (2,28). 3.2.3 La certificazione delle competenze Nell’ambito del questionario è stato riservato uno spazio per verificare come e quanto è percepito dagli studenti il le lingue,.. …le competenze trasversali,… ...e il problem solving Cosa certificare? 83 le esperienze di lavoro, … …e le esperienze di studio Il valore aggiunto delle attività laboratoriali Sostenute da docenti preparati … 84 tema della certificazione delle competenze. Il quesito è stato formulato nei seguenti termini: “Quando ti presenterai presso un’azienda, oltre al diploma e al curriculum, quali certificazioni o crediti formativi ritieni utile poter mostrare?”. L’indagine è stata compiuta anche per capire se le scuole possono attivarsi per certificare le competenze che in vari modi gli studenti possono aver acquisito o sviluppato. Gli studenti interpellati in maggioranza (30%) chiedono di poter certificare opportunamente le competenze acquisite nel corso delle attività lavorative e di stage svolti anche in settori non inerenti al titolo di studio. Evidentemente gli studenti hanno modo durante o parallelamente al percorso di studi di svolgere a vario titolo esperienze lavorative di cui vorrebbero poter attestare il significato e il valore. Segue poi il desiderio di attestare le esperienze di studio approfondito delle lingue straniere (18,91%) ribadendo ancora una volta la grande considerazione in cui viene tenuta la conoscenza di una lingua straniera. Mediamente, però, non emergono richieste particolarmente sentite e condivise, il che può essere attribuito anche ad una scarsa consapevolezza dell’importanza di poter esibire un’attestazione riconosciuta delle varie attività formative e professionali svolte all’esterno dell’istituto scolastico. 3.2.4 L’attività tecnico - laboratoriale La ricerca si è poi soffermata ad analizzare come gli studenti valutano le attività tecniche e laboratoriali del proprio istituto. L’importanza del tema è rilevante, proprio perché questo tipo di attività caratterizzano l’istituto tecnico, ne definiscono in modo rilevante la natura e lo contraddistinguono rispetto ad altri percorsi formativi. Era perciò importante capire come queste attività, che negli anni hanno avuto una evoluzione straordinaria, vengono percepite e se poi sono anche apprezzate. I risultati sono chiari: emerge con evidenza l’apprezzamento già espresso in altri passaggi per le attività laboratoriali, ma, soprattutto, viene evidenziato il significato e la valenza di queste proposte formative. Innanzitutto le attività di laboratorio non sono considerate semplici esercitazioni meccaniche, tanto è vero che richiedono la presenza di docenti attivi e propositivi (2,94). Gli studenti ritengono che tali esperienze formative siano in grado di stimolare la creatività e di sviluppare le capacità individuali (2,93). Inoltre, in laboratorio le conoscenze teoriche possono essere applicate e approfondite (2,89). L’affermazione che ottiene meno consensi è quella in cui si sostiene che le attività di laboratorio si realizzano con attrezzature adeguate (2,59). Il punteggio comunque può essere interpretato come un discreto apprezzamento per come i laboratori sono allestiti e dotati. Complessivamente le attività tecnico-laboratoriali sono quindi considerate come un momento importante nella crescita culturale, non il luogo della ripetizione e della mera applicazione, ma come un luogo di ricerca, di creatività, proiettato verso l’innovazione. Infatti altre due affermazioni ottengono un punteggio significativo: “sono sempre collegate con le materie teoriche” (2,77) e “sono importanti perché aiutano a risolvere i problemi e a trovare soluzioni adeguate” (2,72). …sviluppano la creatività… …e stimolano l’innovazione Grafico 2 - domanda 9 Rispetto alla tua esperienza scolastica, come valuti le attività di laboratorio? A conferma di quanto già detto poco sopra riguardo al rapporto tra le studentesse e i laboratori, è opportuno riferire come queste abbiano valutato le attività laboratoriali. Va detto che le medie dei giudizi sono tutti punteggi superiori a quelli espressi dagli studenti maschi. Al primo posto troviamo l’affermazione “Sono importanti perché aiutano a risolvere i problemi e a trovare soluzioni adeguate” (3,21). Poi le studentesse esprimono un giudizio migliore rispetto ai colleghi maschi riguardo alle attrezzature in uso (3,14). Quindi sostengono che le attività laboratoriali siano utili per applicare e approfondire i concet85 Le attese degli studenti: più attività, … … e più collegamento con il mondo del lavoro Lo stage in azienda: 86 ti letti sui libri (3,11). Da evidenziare, infine, l’item meno condiviso ottiene comunque un punteggio pari a 2,85 e si riferisce all’affermazione “Sono sempre collegate con le materie teoriche”. Anche in questo caso, però, il giudizio è comunque positivo. Tornando ad una lettura complessiva dei dati, possiamo rintracciare un’ulteriore prova del giudizio sicuramente positivo espresso dagli studenti riguardo alle attività di laboratorio, andando a leggere le risposte fornite alla domanda n. 12 del questionario. Infatti quando è stato proposto il quesito: “Che cosa chiederesti alle attività di laboratorio?” l’affermazione maggiormente condivisa (3,07) è risultata la richiesta di un incremento delle ore dedicate alle esperienze formative in laboratorio, che dovrebbero essere distribuite durante l’intero anno scolastico. In seconda battuta viene richiesto anche un miglior collegamento con il mondo del lavoro, quasi a voler superare l’identificazione fra laboratorio ed esercitazione per preferire un’idea di laboratorio sempre più collegata con il lavoro e le aziende. Si vedrà, in seguito, leggendo i dati del questionario somministrato agli ex studenti come anche in quello emerga con chiarezza la richiesta di dedicare più ore allo svolgimenti delle attività laboratoriali, con la raccomandazione di attivare un migliore collegamento con il mondo produttivo. 3.2.5 Le modalità di raccordo tra scuola e aziende Per individuare come vengano percepite le attività realizzate in collaborazione tra gli istituti scolastici e le aziende, si è andati a verificare le attività di stage, sempre più presenti e diffuse anche negli istituti tecnici. Infatti, il 79% degli studenti delle classi quinte intervistati hanno svolto attività di stage. Il giudizio espresso riguardo agli stage è decisamente positivo: per il 49,3% di quanti hanno sperimentato questa attività l’esperienza è stata significativa e coerente con il percorso di studi, mentre un altro 29,9% la giudica abbastanza significativa e coerente. Quindi complessivamente quasi l’80% si esprime in termini positivi. Si è cercato poi di cogliere un po’ più in profondità che tipo di valutazione viene fatta dagli studenti. Perciò si è chiesto loro se, in seguito allo stage, ritenevano che le loro capacità tecniche fossero migliorate, fossero sensibilmente migliorate oppure fossero rimaste le stesse. Solo il 29% ha ritenuto ininfluente l’esperienza di stage, mentre il 43% ha notato un miglioramento ed un 28% ha ritenuto che vi sia stato un sensibile miglioramento. Quando poi si è chiesto agli studenti se dopo lo stage ritenevano che le loro capacità di muoversi in autonomia in ambienti complessi fosse migliorata o meno, le risposte sono state ancora più positive. Per il 47% le loro capacità erano migliorate, per il 27% erano sensibilmente migliorate e solo per il 26% non vi erano stati cambiamenti significativi. Dobbiamo precisare poi che in questo caso la lettura di genere non presenta differenze significative, non altrettanto invece è accaduto operando una lettura disaggregata dei dati per istituto. In alcuni casi, in cui lo stage è un’esperienza oramai istituzionalizzata i giudizi sono stati ancora più positivi, confermando il desiderio degli studenti di misurarsi con il mondo della produzione. 3.2.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale Una preoccupazione condivisa in vari settori della società riguarda la lentezza con cui in Italia si va modificando l’immagine della donna inserita nei settori tecnici del mondo del lavoro. Spesso, infatti, la presenza femminile nelle industrie è ancora eccessivamente limitata. A questo proposito si è voluto saggiare anche le opinioni degli studenti offrendo loro la possibilità di riflettere su affermazioni che possono essere considerate anche come degli stereotipi. Si è chiesto agli studenti perché, a loro avviso, la presenza femminile negli istituti tecnici sia così limitata. L’affermazione più scelta riguarda l’idea che l’istruzione tecnica sia per lo più considerata un percorso di studi per maschi, anche se con un punteggio non altissimo (2,74), seguita da quella che sostiene la presenza di preconcetti verso le ragazze impiegate nel lavoro tecnico. Al terzo posto troviamo poi la considerazione che gli insegnanti della scuola media non presentano correttamente alle ragazze l’istruzione tecnica (2,24). Ancora meno condivisa l’idea che i lavori tecnici non offrano opportunità per le donne. Significativo poi che l’affermazione secondo cui la presenza femminile sia limitata negli istituti tecnici perché que- migliora le capacità tecniche e … …l’autonomia Una lettura di genere I perché di una presenza limitata: gli stereotipi … 87 …e le preoccupazioni Chi ti ha consigliato l’iscrizione a questa scuola? 88 sti non sarebbero un ambiente adatto ed accogliente per questa componente abbia raggiunto un punteggio medio di 1,83. Riassumendo si può affermare che nelle risposte sono ancora presenti alcuni stereotipi relativi alla presenza femminile nell’istruzione tecnica e nel lavoro. Complessivamente però i valori non sono molto alti, il che fa pesare ad una evoluzione positiva nel modo di giudicare la presenza femminile in questi settori. In genere gli studenti sembrano non attribuire eccessiva importanza a questi luoghi comuni e soprattutto non credono che gli istituti tecnici siano inadatti alle studentesse. Se poi andiamo a disaggregare i dati per genere, osserviamo che le studentesse attribuiscono punteggi leggermente inferiori, quindi anche in questo caso prevalgono le dichiarazioni di disaccordo rispetto alle affermazioni proposte. Emerge però in questo caso una maggiore preoccupazione per il momento di inserimento nel mondo del lavoro (2,53) rispetto all’affermazione che l’istruzione tecnica è considerata poco adatta alle femmine (2,39). Quando poi si passa all’affermazione relativa alla scarsa capacità di accoglienza degli istituti tecnici il punteggio scende addirittura a 1,71. Insomma, il problema non sono certo gli istituti, forse davvero non sempre vengono presentati correttamente, ma soprattutto ciò che preoccupa le studentesse è l’inserimento nel mondo del lavoro. 3.2.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale L’ultima sezione dell’intervista è stata destinata a verificare come è stata compiuta la scelta di iscriversi ad un istituto tecnico, con chi si sono confrontati gli studenti e da chi è stata condizionata la loro scelta. Inoltre si è voluto capire con quali aspettative gli studenti hanno iniziato questo tipo di percorso di studi e, infine, se siano soddisfatti o meno della loro scelta ora che hanno compiuto tutto il percorso. Riguardo alle modalità della scelta della scuola superiore emerge un dato molto significativo; infatti alla domanda “chi ti ha consigliato l’iscrizione a questa scuola?”, il 53% degli intervistati dichiara di aver scelto da solo l’istruzione tecnica, mentre il 30% si è affidato al consiglio di amici o parenti. Poco efficace, quindi, risulta essere il contributo fornito dagli insegnanti delle scuole medie, ritenuto im- portante dal 12%, e degli esperti dell’orientamento, infatti solo il 3% degli intervistati dichiara di aver seguito le indicazioni di questi ultimi. Di fronte a questi dati è opportuna una precisazione: è vero che sempre più gli insegnanti delle medie e gli esperti di orientamento propongono agli studenti un percorso che porti loro stessi ad una scelta consapevole e autonoma, rimane però l’impressione che i loro interventi non siano stati percepiti comunque come decisivi. Un’altra questione viene posta da questi dati: il 53% degli intervistati che ha scelto “da solo” di iscriversi ad un istituto tecnico lo ha fatto in modo consapevole? Aveva un idea corretta di questo percorso di studi? Sapeva veramente che cosa lo attendeva? Pensiamo che questi siano quesiti che è opportuno tenere presenti comunque in ogni attività di orientamento. Se scegliere da solo significa impegnarsi in prima persona in una scelta coerente con le proprie attitudini, i propri interessi e le proprie attese, ben venga. Se scegliere da soli significa un salto nell’incognito, la preoccupazione è d’obbligo. Per questo probabilmente sarebbe auspicabile una maggiore presenza di adulti che sappiano accompagnare la scelta, indicando con precisione e coerenza i diversi percorsi possibili. È soprattutto una scelta personale Grafico 3 - domanda 4 “Chi ti ha consigliato l’iscrizione a questa scuola?” Questi elementi di preoccupazione ritornano quando si leggono i dati relativi alla domanda successiva. Agli studenti è stato chiesto in modo diretto: “Se tornassi indietro, Se tornassi indietro, rifaresti la stessa scuola? 89 Che cosa non ha funzionato? 90 rifaresti la stessa scuola?”. Più del 40% dichiara che non rifarebbe la stessa scelta. Per correttezza è necessario ricordare che il questionario è stato somministrato i primi giorni di giugno, al termine di un anno scolastico che si suppone faticoso e a pochi giorni dall’inizio degli esami di maturità. È pensabile che se la domanda fosse stata posta in un altro momento, le percentuali delle risposte potrebbero anche essere un po’ diverse. A margine poi sia anche detto che questo dato conferma indirettamente anche la sincerità delle risposte fornite su altri temi e altri aspetti della formazione tecnica e scientifica. Ma torniamo alla domanda, il 36% è soddisfatto della propria scelta, mentre il rimanente 22% si trincera dietro ad un prudente “non so”. In fase di stesura del questionario si era già preventivata la possibilità di un giudizio di insoddisfazione e per questo è stata proposto un ulteriore quesito per gli insoddisfatti, ai quali veniva richiesto di dare ragione della propria risposta negativa. Dovendo indicare i motivi della propria insoddisfazione, il 39% degli insoddisfatti ha dichiarato di non aver ricevuto la preparazione che si aspettava, mentre il 37% dichiara di non aver scelto l’indirizzo più coerente con le proprie aspettative e attitudini. Solo il 7% afferma di non essersi inserito nel contesto scolastico e il 3% è pentito della scelta perché pensa che il percorso intrapreso non lo aiuterà a trovare lavoro. In linea di massima sembra di poter sostenere due linee interpretative: la prima riconduce alle modalità della scelta di iscriversi alla scuola superiore. Se tanti degli insoddisfatti dichiarano di non aver ricevuto la preparazione che si aspettavano, possiamo essere sicuri che le loro aspettative all’inizio del quinquennio fossero coerenti con la scuola che hanno scelto? Seconda considerazione per chi dichiara di aver sbagliato indirizzo: quante possibilità vengono offerte oggi ad uno studente una volta scelto un percorso di studi di correggere la propria scelta, di cambiare indirizzo? C’è la possibilità per uno studente di maturare scelte differenti nel corso della propria crescita umana e culturale, o invece si trova incanalato in un percorso che per inerzia deve portare a termine essendo le alternative difficilmente praticabili? Veniamo, infine, alle aspettative di chi si iscrive ad un istituto tecnico. La domanda posta agli studenti chiedeva qua- li fossero i loro progetti al momento dell’iscrizione e, nello specifico, se allora pensassero a continuare gli studi una volta raggiunta la maturità o se avessero scelto di iscriversi ad un istituto tecnico per poter poi accedere al mondo del lavoro una volta terminato il quinquennio di studi. Le risposte raccolte confermano l’ipotesi che buona parte degli studenti che si iscrive ad un corso di istruzione tecnica è orientato ad inserirsi nel mondo del lavoro immediatamente dopo l’acquisizione dl diploma i maturità (44%). Però il 42 % degli intervistati dichiara che al momento dell’iscrizione era comunque intenzionato a proseguire il proprio percorso formativo, buona parte era intenzionata ad iscrivendosi all’università (37,44%), mentre una piccola percentuale pensava ad un corso post-diploma (4,91%). Se poi si fa una lettura per genere, si vede come l’orientamento al lavoro fosse più diffuso tra i maschi (47,80%) che tra le femmine (40,91%). Queste ultime erano sicuramente più orientate a continuare il loro percorso di studi probabilmente iscrivendosi all’università (43,94%), sicuramente iscrivendosi all’università (6%) o iscrivendosi ad un corso post-diploma (4,55%). 3.3 La formazione e l’istruzione professionale: le analisi e le valutazioni degli studenti 3.3.1 Anagrafica Esponiamo di seguito i risultati del questionario somministrato agli studenti del terzo anno degli istituti professionali e dei centri di formazione professionale partner di progetto della provincia di Verona. Complessivamente i questionari raccolti sono stati 388. Nella popolazione di riferimento considerata nella nostra indagine, gli studenti maschi rappresentano l’80%, mentre le femmine sono il 20%. Il 43% degli intervistati dichiara di non aver incontrato difficoltà nel percorso scolastico, il 17% ha affrontato almeno una ripetenza ed il 40% è stato ammesso alla classe successiva con dei debiti formativi da recuperare. 3.3.2 Le competenze Si è passati quindi a verificare quali fossero le attività proposte dalla scuola considerate più significative e che han91 Centralità delle attività laboratoriali… …e degli stage in azienda 92 no ottenuto il maggiore apprezzamento da parte degli studenti. Gli intervistati, nel valutare la proposta formativa della scuola, dichiarano in modo chiaro la loro preferenza per le attività laboratoriali (43,88%) seguite poi da un giudizio positivo involto alle esperienze di stage (20,18%). E’ però apprezzata anche la partecipazione a gare e concorsi (9,63%). Da una lettura di genere risulta che le studentesse prediligono i laboratori (49,59%), le attività di stage (15,70%) e la partecipazione ad attività extra-scolastiche (14,05%), mentre gli studenti confermano la preferenza per i laboratori, anche se con un punteggio inferiore (42,67%), quindi hanno espresso una più marcata preferenza per gli stage (21,14%) e per la partecipazione a gare o concorsi (10,67%), confermando la disponibilità ad aderire a proposte extrascolastiche. Quando poi è stato chiesto di indicare quali attività siano a loro avviso più utili per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, gli studenti indicano ancora una volta la loro preferenza per le attività laboratoriali (3,44) e gli stage (3,39) considerate prioritarie per la loro formazione. Viene però ritenuta importante anche la possibilità di utilizzare tecnologie innovative (3,17) al fine di arricchire il proprio bagaglio di competenze. Poco apprezzate sono le discipline umanistiche che ottengono un punteggio inferiore (2,44) come pure lo studio delle lingue straniere (2,70). Ricordiamo che anche in questo caso, come in alcune domande del questionario rivolto agli studenti degli istituti tecnici, agli studenti era proposto di dichiarare con un punteggio se erano molto d’accordo con l’affermazione loro proposta, e in questo caso il punteggio corrispondente è 4; se erano abbastanza d’accordo il punteggio assegnato era 3; se poco d’accordo il punteggio era 2 e se, infine, gli studenti dichiaravano di non essere per niente d’accordo, alla loro risposta veniva attribuito 1 punto. I dati proposti, quindi, sono la media ponderata dei giudizi espressi. Tornando alla lettura dei risultati, è possibile affermare che, in linea di massima, dalle indicazioni fornite rispetto alle attività più apprezzate, emerge chiaramente la vocazione tecnica e operativa della formazione professionale. Nella domanda successiva del questionario è stato chiesto agli studenti quali aspetti della loro formazione scolastica avrebbero voluto ulteriormente approfondire. Dalle risposte emerge la richiesta di approfondire la conoscenza degli strumenti di presentazione per inserirsi nel mondo del lavoro (2,87) e di poter implementare la capacità di risolvere i problemi e di proporre soluzioni nuove (2,86). Si conferma così l’orientamento verso il lavoro di questi studenti, ma anche la loro preoccupazione di essere in grado di offrire contributi innovativi. Questa aspirazione è confermata dalla terza scelta operata dagli studenti, i quali tra gli aspetti considerati decisivi nel percorso formativo sottolineano l’importanza di saper sviluppare progetti nuovi, con particolare attenzione all’aspetto dei processi di ricerca e sviluppo (2,74). È da segnalare, poi, come gli studenti chiedano alla scuola occasioni e strumenti per poter sviluppare la capacità di lavorare in gruppo (2,55). Una considerazione inferiore, invece, è riservata allo studio delle discipline linguistiche (2,60) e umanistiche (2,20), a vantaggio delle attività pratiche, che nel complesso sono sempre privilegiate. Minore successo ancora ha avuto la proposta di inserire nel curricolo scolastico lo studio di economia, diritto e cultura di impresa (1,90), mentre è stata apprezzata l’idea di approfondire lo spirito imprenditoriale. Dalle risposte a questa domanda esce sicuramente un quadro di insieme di studenti orientati al mondo del lavoro, attivi e operativi in contesti pratici, rivolti verso la ricerca e l’innovazione tecnologica e animati dal desiderio di impegnarsi in un lavoro di squadra. 3.3.3 La certificazione delle competenze La domanda n.11 chiedeva: “Quando ti presenterai presso un’azienda, oltre al diploma e al curriculum, quali certificazioni o crediti formativi ritieni utile poter mostrare?”. Fra le competenze di cui è richiesta la certificazione e, quindi, una migliore visibilità, risultano privilegiate le esperienze lavorative e gli stage, anche se non attinenti al titolo di studio (27,82%). Poi sono ritenute utili anche altre certificazioni che attestino le competenze di cui gli studenti sono in possesso dopo un esperienza di lavoro o di studio esterne alla scuola (19%). Infine è richiesta la possibilità di attestare le conoscenze linguistiche acquisite sia in contesto scolastico che con esperienze di studio o di lavoro all’estero (18,87). Le aspettative degli studenti Le esperienze di lavoro extra scolastiche 93 Stimolano la creatività e le capacità individuali 3.3.4 L’attività tecnico - laboratoriale Le attività laboratoriali nelle scuole professionali sono particolarmente apprezzate, soprattutto perché stimolano la creatività e le capacità individuali (3,05), ma anche perché consentono di applicare e approfondire i concetti teorici (3,04). Il giudizio positivo è confermato anche dalla lettura dei questionari compilati dalle studentesse, dove anzi emergono giudizi di valore ancora più positivi. In particolare le studentesse apprezzano i laboratori perché stimolano la creatività e le capacità individuali (3,38) e ritengono che siano utili per applicare e approfondire i concetti letti sui libri (3,32). Grafico 4 - domanda 9 Rispetto alla tua esperienza scolastica, come valuti le attività di laboratorio? Il laboratorio come ponte tra scuola e azienda Quando poi si è chiesto agli studenti degli istituti professionali di formulare richieste riguardo alle attività di laboratorio, si è avuta un’ulteriore conferma dell’importanza attribuita a questa modalità di intervento didattico osservando i punteggi medi alti raggiunti dalle richieste e delle aspettative. Gli intervistati, infatti, auspicano che i laboratori siano sempre più in grado di avvicinare la scuola al mondo produttivo (3,37), chiedono di svolgere le attività di laboratorio durante tutto il percorso scolastico (3,16) e che vengano realizzate delle simulazioni di esperienze di lavoro (3,16). 3.3.5 Le modalità di raccordo tra scuola e azienda Prima di analizzare come gli studenti valutano le attività di stage è corretto anteporre una nota metodologica. Le 94 domande relative a quest’area di indagine sono state poste solo agli studenti frequentanti gli Istituti Giorgi, Don Calabria e San Zeno e non agli studenti dell’Istituto Fermi in quanto tra le sue attività scolastiche non prevista l’organizzazione di stage. La popolazione di riferimento è quindi data dal totale degli studenti di queste tre scuole e i questionari compilati sono stati 300, anziché 388. Per tanto gli studenti intervistati che hanno sperimentato questa attività rappresentano il 96% del campione. Il giudizio fornito di queste esperienze è formulato in termini decisamente positivi. Gli stage sono considerati a tutti gli effetti parte integrante dell’offerta formativa delle scuole professionali. Il 70% degli intervistati li considerano significativi e coerenti con il percorso di studi intrapreso e il 21% abbastanza significativi e coerenti. Nel complesso abbiamo il 91% del campione che valuta lo stage come una buona esperienza. Infatti il gradimento espresso rispetto a queste attività da parte degli studenti delle scuole professionali è anche superiore a quanto espresso dagli studenti degli istituti tecnici. Gli studenti, inoltre, dichiarano anche che le loro capacità tecniche e relazionali sono migliorate grazie all’esperienza degli stage (69%) se non addirittura sensibilmente migliorate (24%). Solo il 7% afferma di non aver colto l’utilità dell’esperienza. Gli stage sono parte integrante dell’offerta formativa Grafico 5 - domanda 15 In seguito allo stage, le tue capacità tecniche ti sembrano? Anche quando è stata valutata se nello stage è migliorata la capacità degli studenti di muoversi con autonomia in 95 ambienti complessi le conferme non sono mancate. Il 68% afferma che la capacità è migliorata e il 9% dichiara che è sensibilmente migliorata. Tra pregiudizio e preoccupazione Una scelta personale… 96 3.3.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale Dall’indagine relativa a come viene giudicata la presenza femminile all’interno degli istituti professionali e, più in generale, riguardo al tema dell’occupabilità femminile nei settori produttivi tecnici risulta che gli studenti esprimono una bassa adesione rispetto alle motivazioni proposte dal questionario e, conseguentemente, le donne non sono considerate estranee alla realtà tecnica. L’affermazione che ottiene il maggior consenso è quella che sostiene che l’istruzione tecnica è prevalentemente considerata adatta ai maschi (2,53). Le studentesse degli istituti professionali, come del resto le colleghe degli istituti tecnici, esprimono una visione più positiva sulla presenza femminile nel mondo dell’istruzione tecnica e della produzione. E fra la scuola ed il lavoro sembrano essere più preoccupate del momento in cui avverrà l’inserimento nel mondo del lavoro (2,15). Infatti l’affermazione che imputa la scarsa presenza femminile negli istituti professionali al fatto che questi ultimi non sarebbero adatti ed accoglienti per le studentesse ottiene un punteggio decisamente basso (1,39). Anche dai risultati dei questionari somministrati negli istituti professionali emerge, quindi, tutte le potenzialità di accoglienza che questi possono esprimere a vantaggio dell’universo femminile. La strada è avviata, è in atto un cambiamento culturale che può essere incoraggiato anche mostrando i risultati raggiunti dalle scuole professionali e dalle realtà produttive che hanno saputo aprirsi alla presenza femminile. 3.3.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale Quando è stato chiesto agli studenti in che modo è maturata a suo tempo la scelta di frequentare un percorso di studi professionali, le risposte hanno confermato come la decisione sia stata soprattutto personale, così infatti rispondono il 37% degli intervistati. A differenza però di quanto avvenuto nella ricerca operata presso gli istituti tecnici: in questo caso il 45% degli studenti ha dichiarato di essersi confrontato con i genitori, i parenti e gli amici; fra gli studenti degli istituti tecnici la percentuale è del 30%. Gli studenti delle scuole professionali che hanno considerato rilevante il consiglio orientativo espresso dai docenti della scuola media non raggiunge l’11% e il 4,40% ha dichiarato di essere stato aiutato nella scelta da un esperto dell’orientamento. Quando è stato chiesto agli studenti quali fossero le loro aspettative al momento dell’iscrizione rispetto a che cosa avrebbero fatto una volta terminata la scuola, i dati evidenziano che il 41% degli intervistati era orientato ad inserirsi nel mondo del lavoro una volta ottenuto il diploma di qualifica. È molto significativo però considerare che il 43% degli intervistati non escludeva l’ipotesi di protrarre il proprio percorso di studi. Nel dettaglio: il 6,63% pensava di iscriversi poi ad un corso post-qualifica, il 21,43% era orientato a conseguire un diploma di maturità ed il 16,84% metteva in contro la possibilità di proseguire il percorso di studi sino ad un’iscrizione universitaria. Se si leggono poi le risposte delle studentesse si può verificare come l’intenzione di proseguire gli studi sia ancora più diffusa. In linea di massima è possibile concludere che buona parte di chi intraprende un percorso formativo professionale non delimita le proprie aspirazioni al raggiungimento di un diploma di qualifica, ma pensa ad un percorso di studi più articolato e flessibile. Sono richieste che vanno sicuramente vagliate e ripensate all’interno di un percorso scolastico capace di offrire risposte diverse alle richieste di un’utenza che negli anni è diventata probabilmente anche più esigente. La difficoltà consiste nel mantenere un alto profilo di scuola professionalizzante, capace però di fornire un bagaglio culturale adeguato alle esigenze degli studenti come pure della società. La domanda più stringente rivolta agli studenti riguarda il giudizio complessivo che loro attribuiscono alla loro scuola. Alla domanda: “Rifaresti la stessa scuola?”, uno studente su due risponde positivamente (48%). Gli incerti sono il 23%, mentre il 28% si dichiara insoddisfatto. A questi ultimi è stato chiesto di motivare il loro giudizio negativo. Il 37% dichiara di aver sbagliato indirizzo di studi. Il 23% non è soddisfatto del livello di preparazione che …ma non solo Dopo la qualifica? Studio e lavoro Il grado di soddisfazione al termine della scuola 97 ha raggiunto, mentre quasi il 15% lamenta di non essersi ben inserito nel contesto scolastico. Questi dati, oltre a confermare un buon giudizio complessivo espresso dagli studenti per la formazione professionale, sembrano confermare ulteriormente l’importanza di operare un orientamento in itinere per verificare la scelta dell’indirizzo di studi e, nel caso emergessero delle difficoltà, favorire un percorso di studi coerente con le aspettative personali degli studenti. 3.4 Usciti da scuola: le analisi e le valutazioni degli ex studenti Modalità di somministrazione Chi ha risposto al questionario? 98 In questa sezione procediamo alla lettura dei risultati dei questionari somministrati agli ex studenti degli istituti tecnici e professionali. Grazie alla collaborazione degli istituti tecnici e professionali partner di progetto sono stati individuati 751 ex-studenti a cui è stata spedita una lettera con la richiesta di compilare il questionario allegato, oppure di collegarsi via internet al sito predisposto da C.IM.&Form, in cui era possibile compilare il questionario on line. Al termine dell’indagine sono stati compilati 50 questionari, 43 da ex studenti degli istituti tecnici e 7 da ex studenti degli istituti professionali. 3.4.1 Anagrafica Gli ex studenti che hanno risposto al questionario sono prevalentemente maschi (93%). Il 43% del campione non ha incontrato difficoltà durante il percorso scolastico. Il 29% ha dovuto recuperare dei debiti formativi, il 15% è stato respinto una volta, il 13% più di una volta. Pur se il campione non è statisticamente rappresentativo della popolazione complessiva degli ex studenti degli istituti tecnici e delle scuole professionali; è da notare che da un punto di vista del rendimento scolastico il campione è ben distribuito. Per il resto è da rimarcare che si tratta di leggere le indicazioni proposte da un osservatorio interessante, perché chi ha partecipato alla ricerca ha scelto di compilare il questionario, dimostrando interesse per l’argomento e un legame con l’istituzione scolastico in cui hanno vissuto la loro formazione. La maggioranza degli intervistati lavora (82%). A questi bisogna aggiungere un ulteriore 6,74% che dichiara di essere uno studente lavoratore, mentre il 7,87% si definisce studente. Solo il 3% è disoccupato in cerca della prima occupazione. A chi lavora è stato chiesto se la sua occupazione sia coerente con gli studi effettuati. Il 14% dichiara di avere un’occupazione non coerente con il proprio percorso di studi, per il 51% degli intervistati invece è coerente e per il 35% è abbastanza coerente. Quando poi si è chiesto quanto il titolo di studio fosse stato positivo per l’inserimento nel mondo del lavoro, il 58% ha dichiarato di essere stato avvantaggiato dall’aver conseguito il diploma e il 27% dichiara di essere stato molto avvantaggiato, raggiungendo percentuali davvero significative. Il 6% lo considera poco utile e solo il 9% lo giudica per nulla utile. Gli intervistati invece che hanno scelto di continuare il proprio percorso di studi, si sono orientati prevalentemente verso lauree di tipo scientifico, soprattutto ingegneria (29%) e scienze matematiche e fisiche (14%). 3.4.2 Le competenze Anche per gli ex studenti l’offerta formativa più apprezzata è sicuramente l’attività laboratoriale (46%), seguita a distanza dall’esperienza di stage (15,83%), anche se è opportuno precisare che solo il 31% degli intervistati ha avuto modo di sperimentare questa modalità di formazione. Il 6% e il 7% degli intervistati hanno poi dichiarato di aver apprezzato le attività di recupero, le lezioni integrative e i corsi di lingua straniera e di informatica. Particolarmente interessante è la lettura dei dati forniti dagli intervistai quando è stato chiesto loro di indicare che cosa è risultato più utile fra le attività proposte dalla scuola, quando si sono affacciati al mondo del lavoro o si sono iscritti all’università. Questi dati segnano una differenza rispetto a quanto indicato dagli studenti delle quinte. Infatti gli ex studenti dichiarano di apprezzare soprattutto le conoscenze teoriche acquisite durante la loro formazione scolastica (3,13). Inoltre riconoscono anche l’importanza delle discipline umanistiche (2,77), precedute solo dall’importanza attribuita allo studio delle lingue straniere (2,85) ed alle esperienze di lavoro in gruppo (2,82). In sintesi è possibile affermare che al termine della scuola superiore si apprezza maggiormente il valore delle cono- Un titolo che ha valore Le attività laboratoriali… …e gli stage Le conoscenze teoriche e le discipline umanistiche 99 scenze teoriche e linguistiche. Nonostante poi il numero degli ex studenti delle scuole professionali sia poco significativo, emerge comunque che le attività di laboratorio e gli stage sono attività apprezzate (rispettivamente 2,70 e 2,26). Grafico 6 - domanda 14 Nella tua esperienza scolastica, che cosa ti è stato più utile per proseguire gli studi o per entrare nel mondo del lavoro? Nelle risposte alla domanda n.17 gli intervistati dovevano indicare quali aspetti della loro formazione avrebbero voluto approfondire. I dati esprimono con chiarezza l’esigenza di sviluppare tutta una serie di competenze che potremmo definire trasversali o interdisciplinari. Innanzitutto è stata indicata l’importanza della disposizione all’autoaggiornamento e la capacità di adeguarsi ai cambiamenti (3,31), seguite dalla richiesta di un approfondimento dello studio di una lingua straniera (3,30). Ottengono poi un alto gradimento: la capacità di risolvere problemi e di proporre soluzioni innovative (3,10), lo sviluppo di progetti relativi all’innovazione e alla ricerca (3,03) e la capacità di leggere la realtà (3,00) e di lavorare in gruppo (2,85). 3.4.3 La certificazione delle competenze Alla domanda “Quando ti sei presentato in un’azienda, oltre al diploma e al curriculum, quali certificazioni o crediti formativi è stato utile poter mostrare?”, gli ex studenti affermano che sarebbe opportuno poter certificare le esperienze lavorative svolte, anche se non coerenti con il titolo di studio (42,86%) e l’approfondimento della conoscenza di una lingua straniera (15,38%). 100 3.4.4 L’attività tecnico-laboratoriale Anche in questa ricerca il gradimento delle attività di laboratorio è alto. Gli ex studenti, in particolare, sostengono che l’esperienza del laboratorio è importante perché stimola la creatività e le capacità individuali (3,16). Poi i laboratori vengono considerati utili per applicare e approfondire i concetti letti sui libri (3,15). Certo, richiedono la presenza propositiva dei docenti (3,09). Il punteggio più basso è riservato all’adeguatezza delle attrezzature (2,59). L’attività laboratoriale consentono un apprendimento migliore 3.4.5 Le modalità di raccordo tra scuola e aziende Fra gli ex studenti dell’istruzione tecnica, solo il 33% ha svolto un’attività di stage. I giudizi sono comunque positivi sia rispetto allo sviluppo delle capacità tecniche sia di quelle relazionali. 3.4.6 La presenza femminile nell’istruzione/formazione tecnica e professionale I giudizi espressi dagli ex studenti non si discostano in maniera significativa da quanto espresso dagli studenti dell’ultimo anno. Le affermazioni più condivise sono quelle che spiegano la limitata presenza femminile negli istituti tecnici con il fatto che l’istruzione tecnica è considerata prevalentemente adatta ai maschi (2,68) oppure perché ci sono preconcetti sulla presenza delle ragazze nel lavoro tecnico (2,60). Non sono condivise invece altre spiegazioni che attribuiscono la scarsa presenza femminile alle poche opportunità offerte dal lavoro tecnico (1,94) o all’inadeguatezza degli istituti tecnici (1,94). Un problema culturale 3.4.7 La scelta dell’istruzione/formazione tecnica e professionale Gli ex studenti non valutano in modo positivo l’orientamento effettuato dagli istituti tecnici al termine del percorso formativo. Il 41% lo considera utile e il 5,1% molto utile, ma il 49% lo giudica poco utile mentre per il 5,1% non è per niente utile. Riguardo invece all’orientamento effettuato nella scuola media, risulta comunque preponderante la scelta personale effettuata dagli studenti operata direttamente dagli studenti (45%), nonostante si evidenzi una buona influen101 L’istruzione tecnica prepara al lavoro ma anche all’università 102 za dei genitori (24%) e degli insegnanti della scuola media abbiano (16%). Le aspettative degli ex studenti al momento dell’iscrizione al percorso di studi tecnico erano più orientate all’ingresso nel mondo del lavoro una volta conseguita la maturità (42,86%). Nonostante questo dato c’è però un 38% complessivo che non escludeva la possibilità di proseguire gli studi e di indirizzarsi anche verso percorsi universitari Quando poi si chiesto di valutare la scuola frequentata, chiedendo se rifarebbero la stessa scelta, dopo un’esperienza di tre anni di lavoro o di studio rispetto a quando è stato conseguito il diploma, fra gli ex studenti prevale un giudizio positivo del proprio percorso scolastico, infatti il 74% risponde affermativamente. Chi ha espresso una valutazione negativa, invece, imputa la propria insoddisfazione soprattutto alla scelta di un indirizzo sbagliato (41,67%), confermando così quanto già emerso dalla lettura degli altri due questionari CAPITOLO QUARTO L’innovazione nella Scuola Tecnica 4.1 Premessa metodologica 4.2 La costruzione di reti territoriali per la formazione 4.2.1 Caratteristiche chiave del campus 4.2.2 Indicazioni operative 4.3 Progetti di innovazione negli istituti tecnici industriali 4.4 Tra scuola e impresa: un nuovo percorso formativo per l’ITC 4.5 Esperienze sostenibili di alternanza scuola-lavoro 4.1 Premessa metodologica Una fase importante del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” è stata rivolta alla individuazione di nuovi progetti formativi e didattici da attuare nelle scuole partner. A tale scopo si sono costituiti dei gruppi di ricerca a Verona, a Legnago ed a Vicenza, che hanno lavorato secondo una logica di sistema per collegare in rete le scuole, le realtà imprenditoriali e istituzionali, per consentire un efficace scambio di proposte, idee ed esperienze. Alla luce dei risultati delle ricerche precedenti sui fabbisogni formativi e occupazionali del territorio, si sono prima individuati i punti di forza dell’istruzione e della formazione tecnica e scientifica, quindi si sono tracciati dei percorsi di innovazione coerenti con le aspettative emerse nelle interviste e nei questionari precedentemente somministrati. I diversi gruppi di lavoro hanno considerato come elemento centrale e strategico per il rilancio dell’istruzione tecnica il rafforzamento del rapporto con la realtà produttiva per creare sempre più un ponte fra la scuola e le aziende che faciliti il transito tra la scuola ed il lavoro. Questo avviene grazie agli stage, alle esperienze di alternanza scuola-lavoro e mediante l’utilizzo dei laboratori. Fra l’altro, nelle indagini precedenti è emerso che queste attività sono molto apprezzate dagli studenti, e quindi hanno la capacità di motivarli, di interessarli e di coinvolgerli maggiormente nei percorsi formativi e didattici. Senza dimenticare, poi, che misurarsi con la situazione reale del lavoro consente agli stessi insegnanti di ridefinire la propria programmazione curricolare, ma soprattutto di sperimentare nuovi interventi didattici, valorizzando a pieno la loro professionalità. L’altro elemento su cui si è ritenuto di intervenire costituendo un gruppo di lavoro è la creazione di un collegamento forte fra le diverse scuole, e fra queste con l’università ed il mondo produttivo. Di qui la necessità di riflettere e di individuare le caratteristiche salienti del campus o polo formativo, nel tentativo di mettere a fuoco i primi passaggi necessari alla sua realizzazione. Protagonisti di questa fase della ricerca sono stati gli insegnanti delle scuole partner di progetto, che hanno lavorato in collaborazione con rappresentanti di Confindustria L’innovazione si costruisce in rete Un ponte tra le scuole e le aziende Il campus o polo formativo 105 Progetti specifici e realizzabili e di enti di formazione, con il preciso scopo di produrre dei progetti specifici già realizzabili nell’anno scolastico 2006/2007, a partire dalle esperienze già fatte e nell’ottica del miglioramento continuo. Gli incontri si sono tenuti tra maggio e settembre del 2006 a Verona, presso l’ITI Ferraris, l’ITC Don Bosco e la sede di Confindustria, a Legnago presso l’ITI Silva ed a Vicenza presso l’ITI Rossi. 4.2 La costruzione di reti territoriali per la formazione Componenti del gruppo di lavoro Individuare i passaggi necessari alla costituzione di un polo formativo 106 Nell’ambito degli interventi di ricerca finalizzati al rilancio dell’istruzione della formazione tecnica e scientifica, a Verona si è costituito un gruppo di lavoro che ha affrontato il tema della costituzione del polo formativo tecnologico. Ai lavori del gruppo hanno preso parte gli insegnanti dell’Istituto Salesiano San Zeno, del CFP Don Calabria, dell’IPSIA Fermi e dell’ITIS Marconi di Verona; dell’ITIS Negrelli di Feltre e dell’ITIS Rossi di Vicenza, coordinati dalla dottoressa Laura Cristanini. I lavori, in presenza e a distanza, si sono svolti nei mesi di maggio, giugno e luglio 2006 con lo scopo di progettare iniziative innovative per rafforzare le relazioni tra i diversi attori presenti sul territorio ed in modo differente impegnati nel settore della formazione tecnica e professionale. Il punto di partenza dei lavori, emerso come priorità anche nelle fasi precedenti della ricerca, è stato individuato nella necessità condivisa da molti di costituire un sistema reticolare di relazioni fra i diversi soggetti istituzionali coinvolti nell’istruzione e nella formazione tecnica e professionale, che in varie riprese è stato definito polo tecnologico o formativo o campus. Si trattava di individuare i passaggi necessari per costituire un luogo, virtuale o reale, in cui possano convivere le scuole tecniche, le scuole professionali, gli IFTS, l’università; un soggetto autonomo in grado di interloquire in una logica di sistema con la realtà economica e produttiva locale. Il gruppo di lavoro ha iniziato a svolgere il compito che gli è stato assegnato con una analisi dell’esistente. Sono già presenti, infatti, sul territorio casi ed esperienze che, pur facendo riferimento ad un numero limitato di scuole e pur considerando solo alcuni aspetti, sono tuttavia sperimenta- zioni interessanti che si potrebbero configurare come “propedeutiche” allo sviluppo di una più ampia concezione del campus/polo formativo. La presenza nel gruppo di partecipanti non solo di Verona, ma anche di altre realtà locali, in particolare Vicenza, ha permesso di allargare il campo di indagine e di discussione anche ad altre realtà venete. Presa coscienza della realtà esistente, il gruppo si è impegnato nella individuazione delle “caratteristiche chiave” del campus, attuando una sorta di brainstorming che con il passare degli incontri ha permesso di giungere a risultati sempre meglio delineati e precisati. Al termine dei lavori è emersa un’idea di campus/polo formativo che considera questa struttura come uno strumento particolarmente adatto a favorire il percorso formativo di quegli studenti che si orientano verso studi tecnici o tecnologici. All’interno di un campus è possibile pensare già all’atto dell’iscrizione ad un percorso personalizzato grazie anche alla presenza di una un’équipe di esperti dei processi dell’orientamento e della formazione in grado di fornire indicazioni e sostegno agli studenti. Questa équipe deve diventare parte integrante del campus e non prerogativa delle singole scuole. Il gruppo di lavoro ha individuato due finalità prioritarie del campus: la prima consiste nel promuovere il successo scolastico attraverso un’offerta formativa basata su una pluralità di percorsi integrati in un’unica organizzazione, il campus appunto, che consenta la costruzione di un progetto personalizzato La seconda consiste nel favorire la comunicazione e l’interazione tra esperienze diverse, superando gli stereotipi, migliorando il rapporto relazionale tra le singole componenti dell’istruzione/formazione tecnica, studenti, docenti o dirigenti scolastici, e la qualità dell’azione educativa. Il polo formativo permette di proporre percorsi personalizzati… …in una organizzazione più efficace 4.2.1 Caratteristiche chiave del campus Il gruppo di lavoro ha poi cercato di definire alcuni punti fondamentali che devono caratterizzare l’esperienza del campus/polo formativo. Innanzitutto deve essere organizzato per Aree tematiche omogenee, che potrebbero essere: Tecnico-scientifica, Tecnico-artistica, Economico-commerciale, Sociale-pedagogi107 Una struttura flessibile e integrata… …dotata di una équipe psicopedagogica di supporto… ca e Turistico-alberghiera. Deve essere costituito, dove sia possibile, da Centri di formazione professionale, Istituti professionali, Istituti tecnici e Licei. Il livello di studio più avanzato deve essere affidato agli IFTS. Una delle sue caratteristiche preminenti deve essere l’organizzazione flessibile, così da poter offrire una pluralità di percorsi sia per gli alunni, sia per i docenti. La gestione deve essere affidata ad un dirigente scolastico, affiancato collegialmente dai dirigenti dei singoli istituti. Ogni campus deve avere un proprio Piano dell’Offerta Formativa che integra quello di ciascun istituto, e che deve essere in grado di attrarre gli studenti interessati ad una determinata area tematica, oltre a prospettare in modo interessante la possibilità di attivare una pluralità di approcci delle singole discipline. Inoltre, deve riconoscere concretamente allo studente la possibilità di personalizzare il proprio percorso formativo e consentire la definizione degli obiettivi individuali per i diversi studenti, così da contribuire fortemente al raggiungimento del successo formativo di ciascuno. In questa ottica diventa fondamentale la costituzione di una struttura trasversale di supporto psicopedagogico che collabora con l’équipe di orientamento in modo da garantire: - l’assistenza continua agli studenti ed, eventualmente, il riorientamento, tenendo conto dell’evoluzione delle caratteristiche/esigenze del singolo allievo; - la “presa in carico” di studenti con disabilità e/o in forte disagio (alunni stranieri o situazioni comunque non certificate). …e ben inserita nel territorio 108 Un altro punto di forza del campus deve essere il suo inserimento nel contesto socio-ecnomico. Infatti, se la struttura è ben integrata con il territorio potrà inserire efficacemente gli alunni in percorsi di alternanza scuola/lavoro o di apprendistato. Il polo formativo/campus potrà quindi essere strutturato in modo tale da valorizzare le eccellenze e, al contempo, risolvere le problematicità degli alunni; in più potrà rendere sinergiche le esperienze degli insegnanti dei diversi istituti. Riguardo ai docenti è opportuna una ulteriore riflessione. Il successo formativo di uno studente è speculare alla continuità del lavoro dei docenti e alla soddisfazione con cui essi svolgono la propria professione. Assicurare la stabilità degli insegnanti attraverso l’istituzione di un organico di campus tra le scuole partecipanti in modo da consentire una mobilità interna, con una ricaduta evidente sull’arricchimento della professionalità docente, di fatto diventerebbe un modo per migliorare anche il servizio offerto agli studenti. Sarebbe poi importante uscire da una logica organizzativa troppo legata alla costituzione del gruppo classe. Quindi per garantire la reale partecipazione alla pluralità dei percorsi proposti sarebbe importante poter eliminare il vincolo del numero fisso degli studenti che compongono una classe. Una stretta collaborazione con le aziende che operano sul territorio garantirebbe un valore aggiunto per tutta l’organizzazione, soprattutto in fase di progettazione di attività in alternanza scuola-lavoro o di apprendistato. All’interno dell’organizzazione così concepita sarebbe importante anche operare un lavoro di ricerca continua per individuare i nuclei delle conoscenze di base comuni che potrebbero essere poi integrati con altri più specifici del percorso di specializzazione scelto. In questo lavoro i docenti potrebbero lavorare in équipe, coordinati dalla struttura trasversale psico-pedagogica Il campus, infine, dovrebbe avere anche i requisiti per ottenere l’accreditamento come ente di formazione. 4.2.2 Indicazioni operative Al termine dei propri lavori il gruppo di ricerca ha voluto anche individuare alcuni interventi già ora possibili da sottoporre ai dirigenti degli istituti scolastici. Un primo intervento possibile sarebbe la costituzione di una commissione trasversale di supporto psico-pedagogico che metta in atto interventi di ri-orientamento per gli studenti già iscritti alle scuole tecniche. Un secondo passaggio importante consiste nel favorire l’attuazione di passaggi degli studenti da un tipo di scuola ad un altro adottando le procedure già definite a livello regionale (Linee Guida per i passaggi fra istruzione e formazione nel secondo ciclo - a cura dell’Ufficio scolastico Regionale del Veneto). Istituire un organico di campus Operare in collaborazione con le aziende Favorire i passaggi tra istruzione e formazione 109 Infine si potrebbe già ora iniziare a condividere e ottimizzare le risorse umane (docenti e tecnici di laboratorio) e tecniche (laboratori, tecnologie,…) attraverso la costituzione di un apposito gruppo di lavoro. 4.3 Progetti di innovazione negli istituti tecnici industriali I componenti dei gruppi di ricerca Le attività laboratoriali e in alternanza scuola-lavoro 110 Di seguito riportiamo il resoconto dei lavori svolti dai due gruppi di ricerca costituitisi a Verona e Legnago con il compito di definire dei progetti di innovazione da attivarsi nell’a.s. 2006/2007 negli istituti tecnici partner del progetto. A Verona si è costituita una commissione con la presenza di insegnanti dell’ITI G. Ferraris e dell’ITI Rossi di Vicenza, mentre a Legnago si sono riuniti gli insegnanti dell’ITI Silva; in entrambe i casi erano presenti anche esponenti di Confindustria Verona ed i consulenti del Consorzio C.IM.&Form. La finalità, condivisa dai partecipanti agli incontri, consisteva nel rilancio dell’istruzione tecnica e scientifica e, conseguentemente, la sua promozione sul territorio, mediante la realizzazione di azioni formative in grado di arricchire la preparazione degli studenti e di caratterizzare all’esterno le peculiarità della proposta formativa degli istituti coinvolti. In entrambe i casi si è individuato nell’utilizzo dei laboratori e nella vicinanza con il mondo economico e produttivo due punti forti e distintivi dell’offerta formativa propria degli istituti tecnici. Si trattava quindi di declinare la proposta in progetti definiti, realizzabili ed esportabili nella realtà veneta. A Legnago si è costituita all’interno della scuola una commissione di lavoro interdisciplinare che ha individuato due tematiche su cui realizzare un progetto in collaborazione con Confindustria Verona e specialmente con le imprese del territorio. I progetti sono stati pensati per le classi degli indirizzi di Termotecnica e di Meccanica. A Verona, invece, la commissione comprendeva insegnanti del Ferraris di Verona e del Rossi di Vicenza che si sono confrontati ed assieme hanno valutato le diverse esperienze realizzate recentemente, hanno analizzato i risultati raggiunti e, nella logica della condivisione di buone pratiche, hanno messo a fuoco le azioni considerate più innovative e formative per il contesto territoriale. La commissione ha quindi individuato due progetti più significativi, con lo scopo di esemplificare la specificità propria dell’istruzione tecnica e di implementare i percorsi volti all’innovazione. Le due commissioni hanno poi dettagliato i progetti sia riguardo alla realizzazione che alla valutazione. Più nel dettaglio sono stati definiti: contenuti, ore impiegate per materia, attrezzature e tecnologie da utilizzare, calendarizzazione delle attività. Poi sono state individuate le competenze da valutare in base agli obiettivi prefissati, gli strumenti di valutazione, i valutatori e i loro campi di intervento. I gruppi di lavoro hanno considerato importante anche che gli insegnanti coinvolti nei progetti potessero recarsi in azienda per una condivisione delle tematiche e delle tecnologie necessarie per raggiungere il focus del progetto. Le attività del progetto sono state pensate per una realizzazione già nell’anno scolastico 2006/2007 e valorizzano la collaborazione tra scuola e azienda. La scuola ha il compito di sviluppare i contenuti teorici e di utilizzare al meglio i laboratori di cui dispone. Mentre in azienda gli studenti verificano, utilizzando o, a seconda dei casi e dei progetti, osservando le tecnologie e le modalità di azione tipici dell’azienda, dopo però che hanno avuto una preparazione adeguata a scuola. I compiti sono divisi: scuola e azienda devono procedere in modo coordinato creando un vantaggio agli studenti che possono apprendere in situazioni reali. Un altro momento di confronto tra scuola e azienda avviene al momento della valutazione che viene sviluppata su molteplici piani. Sono naturalmente coinvolti gli insegnanti che valutano gli studenti rispetto agli obiettivi raggiunti e alle competenze sviluppate, ma anche i referenti aziendali che integrano la valutazione rispetto alle attività di loro competenze. Infine, gli studenti, gli insegnanti e i referenti aziendali valutano l’intera attività in merito ai seguenti aspetti: organizzazione, efficacia percepita, competenze percepite come acquisite, aspetti positivi e aree di miglioramento Gli strumenti sono predisposti prima dell’inizio dell’attività dalla commissione dei docenti, dai referenti aziendali e dai consulenti di Confindustria Verona. Al termine del progetto e dopo aver compiuto un’analisi La collaborazione tra scuola e azienda 111 Le schede di progetto La preparazione degli stage 112 delle valutazioni complessive, le commissioni miste si riuniranno per individuare i punti di forza e le aree di miglioramento del progetto, oltre ai possibili contesti in cui può essere trasferito. Di seguito riportiamo alcune parti delle schede di progettazione realizzate nei gruppi di lavoro, ricordando che nel CD allegato alla pubblicazione è possibile reperire tutto il materiale utilizzato e prodotto nei gruppi di lavoro. Iniziamo con i due realizzati per le classi dell’Istituto Tecnico Silva di Legnago. In questo caso si è privilegiato il più possibile l’incontro tra gli insegnanti dell’Istituto e la realtà produttiva locale. I passaggi salienti sono i seguenti: in prima battuta gli insegnanti visitano le aziende per progettare gli interventi degli studenti e individuare assieme ai referenti aziendali le competenze e le tematiche da sviluppare nel corso del progetto. Poi gli studenti vengono portati a visitare le aziende per suscitare aspettative sul programma da realizzare e per fissare gli obiettivi che sarà chiesto loro di raggiungere. Quindi, a scuola e soprattutto nei laboratori, gli insegnanti forniscono la preparazione teorica e, in parte, pratica necessaria per poi tornare in azienda e comprendere a pieno i processi produttivi, che in un primo momento gli studenti avevano solo osservato. A quel punto gli studenti saranno in grado di svolgere lo stage aziendale, sfruttandone a pieno tutte le potenzialità formative. MODELLO D’INTERVENTO N. 1 PROGETTO AREA MECCANICA ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA Itis Silva - Legnago TITOLO DEL PROGETTO REALIZZAZIONE DI CIRCUITO OLEODINAMICO DESTINATARI Quarta indirizzo meccanica INSEGNAMENTI E DOCENTI COINVOLTI Tecnologia meccanica Disegno Meccanica Automazione Lettere Lingue APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Saper impostare il progetto di un semplice circuito oleodinamico, con lo sviluppo di schemi, disegni, relazioni e calcoli e scelta dei componenti. MEDIAZIONE DIDATTICA Introduzione al tema, visita aziendale, lezione teoriche, esercitazione in laboratorio, stage aziendale. MONITORAGGIO Studenti, Insegnanti coinvolti, Aziende DEL PROGETTO VERIFICA E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE Verifica prima, in itinere e dopo Verifica in laboratorio Relazione/report Verifiche scritte e orali 113 MODELLO D’INTERVENTO N. 2 PROGETTO AREA TERMOTECNICA ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA Itis Silva - Legnago TITOLO DEL PROGETTO PROVE DI PRESTAZIONE DEI GENERATORI DI CALORE ACQUA CALDA DESTINATARI Quarta indirizzo termotecnica INSEGNAMENTI E DOCENTI COINVOLTI Macchine Impianti Elettrotecnica Sistemi Esercitazioni pratiche Lettere Lingua APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Saper fare il dimensionamento di massima dei generatori di calore/ collaudo/stesura libretto di uso e manutenzione in lingua italiana e inglese. MEDIAZIONE DIDATTICA Introduzione al tema, visita aziendale, lezione teoriche, esercitazione in laboratorio, stage aziendale. MONITORAGGIO Studenti, Insegnanti coinvolti, Aziende DEL PROGETTO VERIFICA E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE 114 Verifica prima, in itinere e dopo Verifica in laboratorio Relazione/report Verifiche scritte e orali MODELLO D’INTERVENTO N. 3 PERCORSI TECNOLOGICI Questo progetto è indirizzato agli studenti della scuola media per avvicinarli allo studio delle materie scientifiche e tecniche e per offrire loro l’opportunità di fare sperimentazioni in laboratori attrezzati. Si tratta di una iniziativa di orientamento per consentire agli alunni ed alle alunne di chiarire meglio la propria vocazione intellettuale e lavorativa. ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA ITI Ferraris - ITI Rossi TITOLO DEL PROGETTO PERCORSI TECNOLOGICI DESTINATARI Studenti classi seconde e terze della Scuola Media INSEGNAMENTI E DOCENTI COINVOLTI ITI: insegnanti di laboratorio Scuola Media: insegnanti di Tecnologia e Matematica APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE È un progetto di orientamento rivolto agli studenti della scuola media. Propone attività operative presso i Laboratori dell’Istituto Tecnico Industriale per favorire la diffusione della cultura scientifica e tecnologica e per promuovere tra gli studenti l’istruzione tecnica MEDIAZIONE DIDATTICA L’Istituto Tecnico: - Progetta con la scuola media (in particolare con gli insegnanti che si occupano di orientamento e con il coordinatore di classe) le modalità operative della realizzazione - Mette a disposizione un tecnico di laboratorio e un docente che possano accompagnare gli studenti nel percorso - Mette a disposizione uno o più laboratorio, a seconda del focus del progetto - Studia in collaborazione con la scuola media e confindustria gli strumenti di valutazione del progetto (da proporre a tutti i soggetti coinvolti) MONITORAGGIO DEL PROGETTO Somministrazione di questionari di valutazione delle fasi di sviluppo del progetto per: studenti, insegnanti e tecnici di laboratorio coinvolti. 115 MODELLO D’INTERVENTO N. 4 VISITA ALLA PROFESSIONI Questo secondo progetto è pensato per gli studenti del biennio degli istituti tecnici, per orientarli alle professioni del futuro e per motivarli allo studio delle discipline tecniche e scientifiche. ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA ITI Ferraris - ITI Rossi TITOLO DEL PROGETTO VISITA ALLE PROFESSIONI DESTINATARI Studenti del primo biennio INSEGNAMENTI E Insegnanti del biennio e del triennio DOCENTI COINVOLTI 116 APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Progettare e realizzare delle visite in azienda per definire le competenze più richieste ed apprezzate dal mondo del lavoro e per individuare le diverse professioni nell’ambito aziendale. Inoltre, avvicinare la scuola al mondo produttivo già nel primo biennio di studi, per favorire un ripensamento ed una attualizzazione delle proposte didattiche. MEDIAZIONE DIDATTICA Incontro con il testimone privilegiato; visita aziendale; socializzazione delle osservazioni; stesura del report. SOLUZIONI ORGANIZZATIVE Il progetto si articola nei seguenti passaggi: - Gli studenti incontrano un esperto aziendale che li introduce al mondo del lavoro e delle professioni; - Gli insegnanti, in collaborazione con i colleghi del triennio, preparano gli studenti alla visita aziendale (illustrazione degli obiettivi della visita, descrizione della griglia di osservazione e del suo utilizzo, breve introduzione all’organizzazione aziendale ed alle professioni); - Gli studenti visitano un’azienda e, compilando una griglia di osservazione, registrano le modalità di lavoro più diffuse e le diverse professioni presenti, allo scopo di rimotivare il proprio apprendimento; - Confrontano le attività svolte in azienda con le attività didattiche svolte in classe, - Sulla base delle osservazioni e della seguente discussione in classe, che può coinvolgere anche insegnanti del triennio, scrivono una relazione. MONITORAGGIO DEL PROGETTO Somministrazione di questionari di valutazione delle fasi di sviluppo del progetto per: studenti, insegnanti e referenti aziendali. VERIFICA E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE Valutazione delle relazioni eseguite dagli studenti. 4.4 Tra scuola e impresa: un nuovo percorso formativo per l’ITC Un altro filone dell’istruzione tecnica che sta attraversando una fase di ridefinizione di obiettivi e di strategie formative è quello commerciale. Gli Istituti Tecnici Commerciali, come gli Istituti Tecnici Industriali, hanno svolto in questi anni un ruolo fondamentale nella preparazione di tecnici di livello ed ora non hanno certo esaurito la loro missione, anche se sentono la necessità di confrontarsi con la realtà sociale ed economica per rispondere appieno alle nuove esigenze che emergono dal territorio. In questa prospettiva Confindustria di Verona con l’Istituto Tecnico Commerciale Don Bosco, l’Istituto Tecnico Industriale Ferraris di Verona e l’Istituto Tecnico Industriale Silva di Legnago hanno firmato un protocollo d’intesa, per incrementare l’attrattività verso la scuola tecnica ed economica, riformulare e riqualificare l’offerta formativa degli istituti anche programmando in maniera strutturata delle attività da svolgere con le imprese, studiare nuove metodologie didattiche per stimolare nei giovani curiosità e motivazione allo studio e, infine, informare i giovani e le famiglie delle nuove opportunità formative offerte dall’istruzione tecnica. L’ITC Don Bosco di Verona assieme a Confindustria Verona attuando gli indirizzi del protocollo ha costruito un progetto per rivedere in modo innovativo i percorsi didattici, le metodologie e per ripensare ai percorsi formativi. Sono Un protocollo d’intesa e le sue finalità 117 Un percorso formativo condiviso state create due commissioni miste di lavoro, in cui i docenti della scuola, i rappresentanti delle imprese e i consulenti esterni hanno rivisto e rielaborato alcune proposte di lavoro formulate dagli insegnanti delle diverse discipline. La novità dell’esperienza consiste soprattutto nella collaborazione attivata tra scuola e impresa per definire un percorso di istruzione che sia adeguato ai fabbisogni formativi e occupazionali espressi dalla realtà sociale ed economica. Si tratta di verificare quali siano oggi le nuove competenze più apprezzate in un ragioniere e come possano essere implementate mediante l’attuazione di interventi didattici e formativi efficaci. Al termine dei lavori la commissione ha sviluppato due progetti che vengono di seguito riportati. MODELLO D’INTERVENTO N. 1 LANCIO DEL NUOVO ITC E’ un progetto interdisciplinare, al cui termine gli studenti dovranno produrre un volantino pubblicitario dell’ITC Don Bosco da presentare ad un pubblico scelto ed ai genitori dei futuri allievi. Il progetto vuole sviluppare le abilità di base degli studenti, valorizzando il metodo della ricerca e della produzione personale e di gruppo. I professionisti esterni collaborano nei moduli relativi alla comunicazione e al marketing. Confindustria Verona è presente nella fase di progettazione, monitoraggio e valutazione finale del progetto. Di seguito riportiamo una parte della progettazione di dettaglio del modulo. Per una lettura della documentazione completa si rimanda alla lettura del CD allegato. 118 ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA ITC Don Bosco TITOLO DEL PROGETTO IL LANCIO DELL’ITC DON BOSCO DESTINATARI Classe Quarta INSEGNAMENTI E DOCENTI COINVOLTI Il progetto vedrà il coinvolgimento degli insegnanti di lettere, lingua, matematica, economia e diritto secondo una logica interdisciplinare. COMPITO UNITARIO DA PROMUOVERE Al termine del progetto gli studenti dovranno produrre un volantino pubblicitario (o video,…) dell’ITC da presentare ad un pubblico scelto e preparare la presentazione ai genitori dei futuri allievi APPRENDIMENTO UNITARIO DA PROMUOVERE Sviluppare le abilità di base degli studenti, valorizzando il metodo della ricerca e della produzione personale e di gruppo. SOLUZIONI ORGANIZZATIVE - Gli insegnanti forniscono i saperi fondamentali per la realizzazione del progetto; - La classe analizza come si fa il lancio di un prodotto (come funziona la comunicazione pubblicitaria,…); - I gruppi di studenti pianificano e realizzano il lancio del prodotto: ITC o altro; - Si tratta di gruppi diversi che si misurano con lo stesso compito e prospettano soluzioni differenti, utilizzando lingue straniere e strumenti grafici e/o multimediali. La descrizione dei singoli moduli è presente nel cd-rom. MONITORAGGIO DEL PROGETTO Somministrazione di questionari di valutazione delle fasi di sviluppo del progetto per: studenti, insegnanti e collaboratori esterni. VERIFICA E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE - Gli insegnanti somministrano verifiche scritte/orali sui contenuti affrontati nel progetto; - Gli insegnanti ed i consulenti valutano la presentazione dei report; - Gli insegnanti ed i consulenti valutano il prodotto realizzato; - Gli insegnanti e i consulenti valutano il lavoro del gruppo; - Gli studenti mediante un questionario di autovalutazione analizzano criticamente il percorso formativo compiuto. 119 MODELLO D’INTERVENTO N. 2 L’ANALISI DEL CASO Si tratta di un progetto interdisciplinare. Gli studenti dovranno misurarsi con un tipico problema aziendale e prospettare soluzioni credibili. I professionisti esterni (consulente e referente aziendale) collaborano con gli insegnanti alla descrizione del caso e nella fase di monitoraggio e valutazione finale del progetto. Segue parte della progettazione di dettaglio del modulo. Per una lettura della documentazione completa si rimanda alla lettura del CD allegato. 120 ANNO SCOLASTICO 2006/2007 SCUOLA ITC Don Bosco TITOLO DEL PROGETTO ANALISI DEL CASO DESTINATARI Classe Terza INSEGNAMENTI E DOCENTI COINVOLTI Il progetto coinvolgerà gli insegnanti di diritto ed economia COMPITO UNITARIO DA PROMUOVERE Misurarsi con un tipico problema aziendale e prospettare delle soluzioni credibili. SOLUZIONI ORGANIZZATIVE - Il responsabile amministrativo e/o commerciale di un’azienda, un insegnante ed un rappresentante di Confindustria producono un caso aziendale, in cui sono descritti i compiti che gli studenti devono svolgere. - Gli studenti formano dei gruppi di ricerca per trovare le soluzioni migliori. - Gli studenti confrontano le proposte individuate dai gruppi per analizzare punti di forza e punti di debolezza di ciascuna e per poi scegliere quella da applicare alla soluzione del caso. - Al termine il processo di analisi del problema viene valutato da insegnanti e rappresentanti aziendali. COLLABORAZIONI ESTERNE - Consulente e responsabile aziendale per descrizione del caso. - Testimone d’impresa. - Consulente, responsabile aziendale e Confindustria Verona per valutazione finale. MONITORAGGIO DEL PROGETTO Somministrazione di questionari di valutazione delle fasi di sviluppo del progetto per: studenti, insegnanti e collaboratori esterni. VERIFICA E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE - Gli insegnanti somministrano verifiche scritte/orali sui contenuti affrontati nel progetto; - Gli insegnanti ed i consulenti valutano il prodotto realizzato ed il lavoro del gruppo. - Gli studenti mediante un questionario di autovalutazione analizzano criticamente il percorso formativo compiuto 4.5 Esperienze sostenibili di alternanza scuola-lavoro A Vicenza presso l’Istituto Rossi nel maggio del 2006 si è riunito un gruppo di lavoro con la presenza del dirigente scolastico, di tre suoi collaboratori, di un insegnante dell’Istituto Negrelli di Feltre, dei formatori della Fondazione Cuoa e del Consorzio C.IM&Form con l’obiettivo di individuare i punti di maggiore forza e più caratterizzanti dell’istruzione tecnica, su cui costruire il rilancio dell’offerta formativa degli istituti tecnici. Il gruppo ha individuato il tema del miglioramento dello stage e dell’Alternanza scuola - lavoro. La scelta delle tematiche è stata operata in considerazione delle prospettive di riforma tracciate dalla legge 53/03, ma anche raccogliendo le indicazioni emerse dai dati raccolti durante la ricerca realizzata nella prima fase del progetto. Il gruppo ha analizzato la diversità di obiettivi, metodologie e contenuti che connotano lo stage e l’Alternanza scuola - lavoro, quest’ultima peraltro sperimentata per la prima volta all’istituto Rossi e da qualche anno, invece, al Negrelli di Feltre. Dal confronto è emerso che le imprese apprezzano lo stage quando è ben strutturato, mentre l’esperienza dell’alternanza suscita una qualche preoccupazione perché più articolata e richiede l’impegno di maggiori risorse. A conclusione della discussione il gruppo ha deciso di attribuire alla successiva fase di ricerca del progetto il seguente titolo: “Rapporto scuola - impresa: dallo stage all’alternanza scuola - lavoro. Esperienze sostenibili”. Il gruppo ha deciso, quindi, di fare uno studio di sostenibilità delle modalità didattiche di raccordo tra scuola e azienda, considerandole sul piano delle risorse economiche, umane e di contesto territoriale, e tenendo ben presenti gli obiettivi generali degli interventi. In questa ottica si è evidenziata anche l’esigenza forte di Individuare i punti di forza dell’istruzione tecnica Esperienze sostenibili di alternanza scuola-lavoro 121 Stage in azienda per docenti Realizzare un Project work Leggere la realtà e interpretare le esperienze già realizzate 122 avvicinare i docenti all’impresa e di moltiplicare le esperienze che vanno in tale direzione, compresa la possibilità di operare stage in azienda per docenti. Il gruppo di ricerca ha poi deciso di operare una rilettura ed un confronto delle esperienze di formazione in azienda fra i due istituti, evidenziando i punti di forza e le criticità delle iniziative già intraprese. Da un lato ci si trova di fronte ad esperienze formative apprezzate sia dagli studenti che dalle aziende, dall’altro si è constatato come nella scuola permangano dei vincoli che rendono faticoso il lavoro in tale direzione: la poca flessibilità degli orari di lezione, l’organizzazione stessa dell’orario ed, in generale, una limitata pratica/simulazione di contesti lavorativi e del lavoro. È stata fatta anche la proposta di realizzare un’attività in cui gli studenti possano lavorare su vere e proprie commesse delle aziende. Tutti i membri del gruppo hanno concordato sul metodo: si trattava di realizzare un Project work sviluppato attorno ad attività relative a problematiche urgenti o complesse da affrontare nella propria organizzazione, in modo che, al termine del lavoro, il prodotto si possa configurare come una modalità di azione da attuare concretamente. Tale lavoro sarà oggetto di comunicazione nei seminari di diffusione conclusivi del progetto e nella relativa pubblicazione. Prima di entrare nel merito della tematica, si è ritenuto opportuno valutare più in profondità i punti di forza e di debolezza dei progetti finora realizzati sia al Rossi che al Negrelli. Per questo è stato operato uno scambio di documentazione e di ogni materiale utile all’analisi ed alla individuazione, in un’ottica di scambio di buone pratiche, degli aspetti organizzativi, contenutistici e valutativi su cui focalizzare le proposte di miglioramento. Dalla lettura dei dati del recente Monitoraggio effettuato dall’Ufficio Scolastico Regionale Veneto sulle 49 scuole che hanno sperimentato l’alternanza scuola lavoro, il gruppo di lavoro ha tratto alcune indicazioni interessanti per mettere a fuoco le linee d’azione dei lavori in corso e “rimodulare” percorsi di alternanza in una logica di sostenibilità. Innanzitutto c’è da osservare che nella maggior parte dei casi (56%) sono coinvolte nei percorsi classi intere, ma sono numerose, comunque, anche le scuole che hanno coinvolto uno o più gruppi (44%). Un altro dato significativo riguar- da le ore svolte in contesto lavorativo che sono mediamente pari all’8% del totale delle ore curricolari. Si ritiene che tale percentuale debba essere implementata nel futuro per rendere maggiormente significativa l’esperienza. Sempre nell’ottica della sostenibilità e in considerazione dell’impegno che deve essere destinato dagli studenti alla preparazione dell’esame di Stato il gruppo ha valutato l’ipotesi di organizzare un “Lavoro di Progetto” come risposta a una piccola “commessa” esterna. Il Lavoro di Progetto si configura come esperienza sostenibile dal punto di vista della scuola ed è spendibile con un leggero coinvolgimento delle aziende. Dalla riflessione del gruppo è emersa la convinzione che non si possa ridurre le esperienze formative in alternanza ad un unico modello e, allo stesso tempo, si è approfondito lo studio su alcune questioni importanti quali la scelta di quanti studenti coinvolgere, se tutto il gruppo classe e solo alcuni, come strutturare l’esperienza, possibilmente in due anni, e individuare degli interventi per migliorare la coprogettazione degli interventi formativi. Il gruppo ha condiviso anche alcune priorità fondamentali nella progettazione di esperienze formative che coinvolgano sia la scuola che l’azienda: innanzitutto occorre tener presente la prospettiva interdisciplinare e rafforzare i collegamenti tra le diverse discipline; poi bisogna considerare le esperienze in azienda come una forma di apprendimento esperienziale che deve essere valutato così come si valutano a scuola tutte le attività svolte, ci deve essere pari dignità nel riconoscimento delle competenze sviluppate in azienda; infine le competenze trasversali degli studenti, siano esse decisionali, di flessibilità, di osservazione, di comunicazione, di relazione, di adattamento a nuove esperienze, di soluzione di problemi. Bisogna altresì specificare che, in linea di massima, le finalità dell’alternanza più praticata ora sono riconducibili a due tipi fondamentali. Esiste una finalità orientativa, quando il percorso formativo ha lo scopo di aiutare lo studente a comprendere la realtà del mondo del lavoro, a scegliere un percorso universitario o post-diploma, a consolidare le competenze trasversali e comportamentali. Esiste poi una finalità formativa, quando il percorso formativo ha lo scopo prioritario di formare “competenze tecniche” più legate alla professionalizzazione e quando l’esperienza lavorati- La commessa esterna Migliorare la coprogettazione degli interventi formativi La finalità orientativa La finalità formativa 123 Tre modelli di alternanza sostenibile va in azienda diventa complementare all’istruzione scolastica. In questo secondo caso diventa ancora più strategico instaurare una collaborazione efficace con le aziende, per condividere gli obiettivi formativi ed i contenuti delle discipline affrontati a scuola. In una logica di organizzazione biennale dell’alternanza il gruppo ha stabilito di differenziare le finalità degli interventi di orientamento, puntando nelle classi quarte sulla conoscenza generale dell’azienda e del mondo del lavoro, e focalizzare maggiormente nelle classi quinte gli interventi finalizzati all’orientamento individuale, quando in effetti gli studenti sono particolarmente sensibili alle questioni relative al proprio futuro immediato, sia esso nel mondo del lavoro o nel proseguo degli studi. Il gruppo di lavoro ha deciso di lavorare su tre modelli di alternanza sostenibile secondo una logica di progressivo coinvolgimento delle classi e nell’ottica di offrire opportunità di alternanza che a vario titolo e in diversi modi possano coinvolgere, pur in tempi differenziati, tutte le classi del triennio. Infatti, il modello ministeriale oggi proposto è particolarmente articolato e richiede un forte impegno sia da parte della scuola che da parte delle aziende, quindi non è possibile attuarlo in tutte le classi del triennio. Quindi, considerato che le risorse economiche e le disponibilità delle aziende non potranno essere sufficienti per tutte le classi dell’istituto, per evitare un coinvolgimento parziale o del triennio o delle singole classi, è necessario sperimentare anche altri modi di operare che permettano comunque l’incontro tra scuola e cultura del lavoro in modo diffuso. Sono stati allora individuati i seguenti tre modelli: 1. “Visite aziendali”; 2. “L’azienda adotta la scuola”; 3. “Alternanza scuola - lavoro”. Uno strumento condiviso per la programmazione di dettaglio 124 Prima di procedere alla progettazione dei singoli interventi, il gruppo si è dato uno strumento per la programmazione che si articola nei seguenti punti: 1. Finalità generale 2. Contesto/Struttura di consultazione/analisi dei fabbisogni; 3. Partner/Ruolo Associazioni di categoria e persone coinvolte per condivisione: (docenti, genitori, studenti, territorio); 4. Organismo di co-progettazione; 5. Classi e n. studenti coinvolti; 6. Modalità di coinvolgimento; 7. Obiettivi specifici; 8. Disciplina/e e contenuti curricolari; 9. Competenze da sviluppare; 10. Risorse umane e coordinamento; 11. Tempi di realizzazione, durata e articolazione del percorso; 12. Strumenti di monitoraggio e valutazione; 13. Promozione - comunicazione - diffusione; 14. Fonti di finanziamento; 15. Considerazioni finali. MODELLO D’INTERVENTO N. 1 VISITE AZIENDALI Il gruppo di ricerca ha iniziato con l’affrontare la progettazione delle “visite aziendali”, un’importante esperienza sostenibile già praticata sia nell’istituto Rossi che nel Negrelli, ma che si è deciso di rafforzare negli obiettivi, nei contenuti e nelle modalità di collaborazione con le aziende. Questa prima proposta di “esperienza d’alternanza sostenibile” si caratterizza come una esperienza conoscitiva della realtà lavorativa e si intreccia con altre funzioni e obiettivi propri della scuola. Le visite in azienda intendono offrire opportunità agli studenti di: sperimentare dimensioni più operative o tecniche di contenuti curricolari, vedere trasformato il sapere teorico in un contesto reale, comprendere le diverse funzioni d’impresa, cogliere stimoli per orientare le proprie scelte future, praticare conoscenze, prendere consapevolezza delle competenze soprattutto trasversali richieste oggi dal mondo del lavoro. Di seguito riportiamo i punti fondamentali della scheda progettuale che è presente in versione integrale nel cd allegato. Finalità generale L’intervento ha una finalità prevalentemente orientativa. Lo scopo di questa proposta è quello di introdurre ai contesti organizzativi aziendali e alle dimensioni fondamentali del mondo del lavoro, di rinforzare una preparazione teorica d’aula e di diffondere la consapevolezza sulle competenze trasversali necessarie degli allievi. 125 Partner/Ruolo Associazioni di categoria e persone coinvolte per condivisione: (docenti, genitori, studenti, territorio) Sono coinvolti docenti interni ed esterni, tutor aziendali ed altri operatori d’azienda in attività didattiche d’aula preparatorie alle visite secondo obiettivi e contenuti programmati. Il coordinamento delle attività spetta alla Funzione Strumentale per gli stage e i rapporti con l’esterno. Classi e n. studenti coinvolti Si prevede il coinvolgimento delle classi del 3° e 4° anno con obiettivi differenziati in una logica complementare. Esperienza utile per le classi del 2° anno al fine di favorire la scelta dell’indirizzo del triennio. Modalità di coinvolgimento Gli studenti, prevalentemente in qualità di osservatori e in orario curricolare o extra curricolare, vengono inseriti in contesti lavorativi coerenti agli obiettivi prefissati (confronto, analisi, osservazione). Competenze da sviluppare Soprattutto quelle trasversali: diagnosticare, relazionarsi, comunicare, approfondire dimensioni più operative o tecniche di contenuti curricolari, interiorizzare stimoli per orientare le proprie scelte future, praticare conoscenze, conoscere le competenze soprattutto trasversali richieste oggi dal mondo del lavoro, cogliere i cambiamenti contemporanei del lavoro e delle organizzazioni. MODELLO D’INTERVENTO N. 2 L’AZIENDA ADOTTA LA CLASSE Con questo intervento si intende affrontare in modo più approfondito la proposta di Project work come modalità formativa sostenibile e sperimentabile nelle classi quinte. Le variabili da considerare attentamente nella definizione di questo secondo modello di esperienza d’alternanza sostenibile sono quelle di seguito descritte. La versione integrale del progetto è presente nel cd allegato al volume. Finalità generale L’intervento ha una finalità formativa: sperimentare le di126 mensioni operative degli apprendimenti teorici; consolidare metodologie di lavoro di gruppo, di confronto, di valorizzazione di dati e di conoscenze, di presa di decisione e responsabilità. Consolidare competenze di tipo tecnico attraverso l’integrazione di saperi teorici e pratici in grado di far apprendere funzioni e processi aziendali di settore. Partner/Ruolo Associazioni di categoria e persone coinvolte per condivisione: (docenti, genitori, studenti, territorio). Sono coinvolti docenti interni ed esterni, tutor aziendali ed altri operatori d’azienda in attività didattiche d’aula preparatorie all’avvio dei progetti secondo obiettivi e contenuti programmati. Classi e n. studenti coinvolti Si prevede il coinvolgimento di tutte le classi quarte e quinte. Tutto il gruppo classe può essere in vario modo e titolo coinvolto. Modalità di coinvolgimento Tutta la classe. Ogni classe avrà una o più commesse diverse. Gli studenti prevalentemente in orario curricolare lavorano allo sviluppo di un prodotto/progetto o alla risoluzione/ analisi di fattibilità di un problema aziendale da realizzare a livello individuale o di gruppo nell’ambito delle ore di una o più discipline coinvolte. Il lavoro per commessa/progetto può essere articolato in sottogruppi/sottoprogetti con un unico referente di gruppo. Possono essere utilizzate parecchie ore di laboratorio per il Lavoro di Progetto/Project work che può comprendere attività interdisciplinari già programmate, essere ben speso in sede d’esame finale, essere di riferimento per potenziare la lingua inglese e le abilità informatiche. Competenze da sviluppare Competenze trasversali: diagnosticare e risolvere problemi, pianificare le attività, lavorare per obiettivi, rispettare le scadenze, fare presentazioni verbali e scritte, relazionarsi con le persone, lavorare in team, prendere decisioni, connettere saperi e contenuti curricolari. Competenze tecniche: contenuti disciplinari correlati allo sviluppo del lavoro di progetto. 127 MODELLO D’INTERVENTO N. 3 ALTERNANZA SCUOLA - LAVORO 2006 Il terzo modello d’intervento “Alternanza scuola - lavoro 2006” si configura come modalità formativa sostenibile e sperimentabile nel corso del Quinto anno in prosecuzione dell’esperienza realizzata nella stessa classe nell’anno precedente. L’esperienza si pone dunque come la conclusione di un biennio di sperimentazione dell’alternanza scuola - lavoro in attuazione dell’art. 4 della Legge n.53/2003. Per una più dettagliata descrizione si rimanda al progetto presentato all’Ufficio Scolastico Regionale. Le variabili da considerare attentamente nella definizione del terzo modello di “esperienza d’alternanza sostenibile” sono quelle di seguito descritte. La versione integrale del progetto è presente nel cd allegato al volume: Finalità generale L’intervento ha una finalità formativa ed è volta a consolidare le conoscenze/competenze acquisite dagli studenti, ad affinare un percorso di avvicinamento al lavoro a completamento e arricchimento del percorso d’istruzione, favorendo l’approfondimento del rapporto con le aziende locali. Consolidare competenze di tipo tecnico attraverso l’integrazione di saperi teorici e pratici e l’apprendimento di funzioni e processi aziendali di settore. L’attività è proponibile nell’arco di un biennio Contesto/Struttura di consultazione/analisi dei fabbisogni Per le aziende locali è importante anticipare agli allievi la conoscenza della struttura organizzativa, dei propri prodotti, dei processi di internazionalizzazione e innovazione in corso, del modo di lavorare. L’iniziativa è realizzata su base volontaria del singolo Consiglio di Classe secondo fabbisogni identificati in fase di programmazione didattica all’inizio dell’anno scolastico, per una maggiore personalizzazione dei processi di apprendimento degli allievi e per un approccio più propositivo e integrato alle discipline curricolari. Partner/Aziende/Ruolo Associazioni di categoria e persone coinvolte per condivisione: (docenti, genitori, studenti, territorio) Sono coinvolti docenti interni ed esterni, tutor aziendali ed 128 altri operatori d’azienda per una co-progettazione delle attività didattiche d’aula e sul campo. Istituti superiori, centri di formazione professionale, studi associati, associazioni di categoria Competenze da sviluppare Competenze tecniche: conoscenze curricolari che portano a una maggior conoscenza dei processi progettuali e produttivi aziendali, conoscenza degli ambiti organizzativi dell’azienda, capacità di riconoscere strumenti e tecnologie proprie del mondo del lavoro e praticarne l’uso. Diagnosticare e risolvere problemi, pianificare le attività, lavorare per obiettivi, rispettare le scadenze, fare presentazioni verbali e scritte, relazionarsi con le persone, lavorare in team, prendere decisioni, connettere saperi e contenuti curricolari CONCLUSIONE Una delle caratteristiche distintive della conoscenza è la sua moltiplicabilità, nel senso che, una volta acquisita, può essere usata più volte senza che si consumi e dovendo affrontare dei costi molto bassi per la sua riproduzione. Diversamente i beni materiali non sono moltiplicabili, per la semplice ragione che si consumano con l’uso: “dopo ogni uso bisogna ricostituirli, sostenendo costi di riproduzione che non sono troppo lontani (salvo possibili economie di scala) dal costo di produzione della prima unità. Ogni volta che un bene materiale viene riprodotto bisogna ripetere tutte le fasi del processo produttivo originale, per cui la produzione dell’ennesima unità non differisce molto da quella della prima. Ogni nuova unità ottenuta da processi di produzione materiale, dunque, avrà un costo addizionale consistente e non riducibile.” (Rullani E. 2004) Per tanto la diffusione della conoscenza è un’operazione conveniente. “In questo processo moltiplicativo, la conoscenza diventa un bene condiviso tra i diversi partecipanti alla filiera cognitiva, ossia tra tutti gli operatori che contribuiscono in qualche modo a produrre e propagare la conoscenza, dalla produzione iniziale fino ai molti, e diversi, usi finali. Quando un operatore cede la sua conoscenza ad altri, nella filiera, non rimane privo del suo sapere e saper fare iniziale: semplicemente, la cessione della sua conoscenza ha messo altri in grado di usarla, senza escludere lui” (Rullani E. 2004). Queste considerazioni possono essere assunte a fondamento e a giustificazione anche del procedimento di ricerca che è stato attivato mediante la realizzazione del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione”. Infatti uno dei principali obiettivi dei vari interventi che sono stati attivati consisteva proprio nella realizzazione di una fitta rete di connessioni finalizzata alla condivisione di conoscenze. Lo scopo complessivo consisteva nel coinvolgere nel partenariato i soggetti portatori a vario titolo di competenze distintive, in vista della realizzazione di interventi innovativi e di rilancio per l’istruzione e la formazione sia tecnica che scientifica. Come si è visto il progetto si è articolato in tre azioni principali: l’analisi dei fabbisogni formativi e occupazionali del territorio, la ricerca e l’individuazione di nuovi percorsi didattici, la comunicazione dei risultati raggiunti. I primi interventi sono stati finalizzati a valorizzare il capitale sociale territoriale, operando una lettura dei bisogni espressi 133 dalla realtà socio-economica veneta. Lo scopo dell’analisi era capire come deve oggi riposizionarsi l’istruzione e la formazione tecnica e scientifica, quali sono le nuove sfide da affrontare e quali i punti di forza da cui partire. Mediante la somministrazione di questionari e la realizzazione di interviste individuali e di gruppo, sono stati coinvolti in varie forme più di mille testimoni della realtà veneta, sia all’interno delle scuole che all’esterno. Si è voluto così offrire la possibilità ad imprenditori, dirigenti scolastici, operatori della formazione e dell’orientamento, ma anche a studenti ed a chi ha concluso da poco il percorso di istruzione, di descrivere la realtà da punti di vista differenti, di esprimere giudizi e di formulare proposte per il rilancio di un settore formativo, qual è appunto l’istruzione tecnica e scientifica, considerato strategico per il presente e per il futuro. È importante ricordare che questa prima fase dell’indagine è stata preparata e seguita dagli insegnanti delle scuole partner di progetto, che hanno potuto così verificare direttamente come la realtà oggi si stia evolvendo e in che direzione. Gli stessi insegnanti, poi, nella seconda fase del progetto, si sono impegnati a ricercare e a realizzare nuovi percorsi formativi in sintonia con il territorio, operando secondo una logica di rete che ha collegato tra loro le istituzioni scolastiche, le agenzie formative e la realtà produttiva. Del resto, nella scuola, e soprattutto negli istituti tecnici e professionali, è impensabile che avvenga una separazione fra il momento dell’istruzione ed il contesto sociale ed economico in cui essa è inserita, perché in questo caso inevitabilmente si condannerebbe da sola all’insignificanza. I processi di apprendimento non possono esaurirsi all’interno della realtà scolastica. E questo è vero in due sensi, in primo luogo perché occorre instaurare un dialogo continuo e proficuo tra la scuola ed il territorio; in secondo luogo perché l’apprendimento continua anche dopo il diploma, o in percorsi post-scolastici o direttamente sul luogo di lavoro, secondo una logica di lifelong learning che non può essere svincolato dai luoghi in cui avviene la formazione di base. Sempre più chi esce dalla scuola deve essere pronto a tornare ad apprendere ogniqualvolta ciò si renda necessario: o per migliorare la propria professionalità, o per desiderio di conoscenza che certo non può essere limitato all’età della giovinezza. In questa prospettiva è fondamentale che vi sia uno scambio proficuo e duraturo fra le diverse agenzie formative, evitan134 do che alla scuola sia demandato ogni compito, ma allo stesso tempo aprendo la scuola a prospettive di formazione sempre più ampie ed in evoluzione. La scuola, inoltre, deve potersi costantemente confrontare e collegare anche fra istituti diversi ma ugualmente impegnati nello sforzo di calibrare al meglio i curricoli formativi. Per questo il progetto ha offerto la possibilità agli insegnanti delle scuole partner di realizzare una vera e propria opera di benchmarking, misurandosi con le buone pratiche già presenti negli altri istituti, cercando il modo di tradurle nella propria realtà, al fine di migliorare l’offerta formativa dell’istituto. Riuniti in gruppi, gli insegnanti, assieme ai consulenti delle agenzie formative partner di progetto, si sono impegnati a condividere esperienze e, sulla base dei risultati raccolti nella azione di analisi, hanno prospettato nuovi progetti che, una volta inseriti nel piano dell’offerta formativa della scuola, sono diventati strumenti di innovazione didattica, a vantaggio degli studenti e di stimolo per i docenti coinvolti. È stata così attivata una forma di ricerca-azione, basata su una forte cooperazione tra i ricercatori, che in questo caso provenivano da scuole diverse, e che potevano mettere in comune esperienze e soluzioni innovative. Si è così realizzata una sorta di co-generazione delle conoscenze, secondo una prospettiva costruttivista, la quale non descrive l’apprendimento come una ricerca solitaria, “quanto una comunicazione entro la rete per usare il sapere generante/generativo e disponibile presso altri operatori o comunità di pratica” (Costa M. 2004). Il punto di partenza dei lavori è sempre stata la lettura dei dati raccolti nell’azione di analisi, dove è emerso in modo chiaro il valore dell’istruzione e della formazione tecnica e scientifica. La scuola, l’università, il mondo delle imprese hanno richiamato più volte l’importanza di questo filone di studi che risulta strategico in un Paese che voglia difendere e rilanciare la propria tradizione industriale ed artigianale. Infatti è importante constatare che sul versante dell’occupazione si è riscontrata una notevole richiesta da parte del mercato di personale qualificato presso i centri di formazione professionale e di tecnici diplomati negli istituti tecnici e professionali. Questo dato, che è stato confermato anche dall’indagine operata con gli studenti diplomati da tre anni, rappresenta uno stimolo ulteriore a sostenere e pubblicizzare i percorsi di studi orientati alla formazione tecnica e tecnologica. 135 Assieme ad un apprezzamento per la preparazione dei tecnici che compiono fino in fondo il loro percorso formativo, sono anche emerse alcune indicazioni per consentire ai neo diplomati e a quanti hanno raggiunto la qualifica di inserirsi più facilmente nel mondo del lavoro. Alla scuola si raccomanda di favorire lo sviluppo delle competenze di base e delle competenze trasversali. Accanto all’apprezzamento per le competenze informatiche, per le conoscenze matematiche e linguistiche, è stata più volte espressa la richiesta di potenziare nella scuola tutte quelle attività in grado di potenziare la capacità di lavorare in gruppo, di affrontare problemi e di cercare in autonomia delle soluzioni. I tecnici più apprezzati sono quelli che sono in grado di autoattivarsi, di prendere decisioni sulla base di esperienze consolidate e di misurarsi con la ricerca e l’innovazione. Pertanto la scuola dovrebbe insistere su una formazione orientata alla flessibilità, al rinnovamento continuo ed all’aggiornamento delle conoscenze; inoltre dovrebbe favorire l’acquisizione di un metodo di studio e di lavoro adeguati al contesto complesso in cui ci si trova oggi a dover operare. Più in generale, dalle indagini operate mediante i focus group, le interviste ed i questionari è emerso in modo chiaro che i due punti di forza dell’istruzione e della formazione tecnica sono le attività laboratoriali e le attività di alternanza fra scuola e lavoro, in particolare gli stage. L’apprezzamento è unanime, come unanime è la convinzione che questi siano strumenti efficaci sia perché costruiscono un ponte fra la scuola ed il mondo della produzione sia perché hanno in sé una forte valenza formativa. Il valore aggiunto proprio dell’istruzione tecnica consiste nella sua apertura alla realtà economica e sociale in cui è inserita e con cui collabora; infatti storicamente ogni realtà produttiva è sempre stata supportata dalla presenza di un istituto tecnico. Inoltre è fuori discussione l’efficacia di quegli apprendimenti che sanno coniugare l’aspetto teorico e quello pratico, in un’ottica di learning by doing. Sia gli esperti consultati che gli studenti delle scuole tecniche e professionali hanno riconosciuto ai laboratori un ruolo strategico, in quanto rappresentano un momento importante nella crescita culturale, difficilmente sostituibile, perché non possono più essere considerati come il luogo della ripetizione e della mera applicazione, ma piuttosto come un luogo di ricerca, di creatività, a pieno titolo proiettato verso l’inno136 vazione. Per quanto riguarda le attività di stage, va detto che oramai sono ampiamente diffuse anche negli istituti tecnici, ed anche rispetto a queste il giudizio è ampiamente positivo. Gli stage sono considerati un’esperienza significativa e coerente con il piano di studi. Ed anche gli interventi proposti dai gruppi di ricerca sono orientati al potenziamento di queste attività, per meglio integrarle nel curricolo scolastico, per potenziarle utilizzando tempi più ampi e per valorizzarle mediante una valutazione che sia anche una certificazione di crediti e di competenze. Sempre nella logica di attivare un collegamento continuo con il mondo della produzione, come stimolo anche per la scuola ad aggiornare costantemente il proprio piano dell’offerta formativa, si colloca la proposta di una maggiore presenza dei docenti, e non solo dei docenti di laboratorio, nelle aziende, strutturando anche dei veri e propri stage per insegnanti. Nel corso dell’indagine ci si è poi soffermati sullo spazio riservato alla presenza femminile negli istituti tecnici e professionali. Ci si trova qui a dover far fronte ad una serie di stereotipi che talvolta scoraggiano l’iscrizione di studentesse in questo settore dell’istruzione. È pur vero, però, che la realtà è in evoluzione e le studentesse intervistate hanno espresso più preoccupazione per il loro futuro inserimento nel mondo del lavoro, che difficoltà per la frequenza della scuola tecnica. In un’ottica invece di inclusione sociale e di lotta all’abbandono scolastico, emerge sempre più la necessità di costruire percorsi formativi flessibili, offrendo la possibilità agli studenti di ripensare la propria scelta iniziale senza per questo rinunciare ad una attestazione dei crediti e del tempo scuola accumulato. Dopo l’analisi e sulla base dei dati e delle informazioni raccolte, la seconda azione importante del progetto “Apprendimento scientifico e tecnologico: reti territoriali per l’innovazione” è stata rivolta alla individuazione di nuovi progetti formativi e didattici da attuare nelle scuole partner. L’idea di fondo che ha sostenuto tutto il progetto, come più volte rimarcato, è stata che dal confronto con le realtà esterne alla scuola possono emergere spunti decisivi per orientare i percorsi formativi, per aggiornare la didattica e per riqualificare costantemente il ruolo e la funzione docente. Per questo si sono costituiti dei gruppi di ricerca a Verona, a Legnago ed a Vicenza, che hanno lavorato secondo una logica di rete, realizzando un collegamento ed una collaborazione con le altre 137 scuole e con le diverse realtà imprenditoriali e istituzionali, in vista di un miglioramento costante dell’offerta formativa dei singoli istituti. Nei gruppi di lavoro si sono prima individuati i punti di forza dell’istruzione e della formazione tecnica e scientifica, quindi si è provveduto a tracciare dei percorsi di innovazione didattica coerenti con le aspettative emerse nelle interviste e nei questionari precedentemente somministrati. Si sono così svolte delle sezioni di lavoro che hanno portato alla realizzazione di progetti formativi e didattici innovativi che poi sono stati inseriti nei curricoli scolastici degli istituti partner del progetto. La preoccupazione condivisa da quanti hanno operato in questa seconda fase del progetto è sempre stata quella di favorire l’efficacia degli interventi degli istituti per un rilancio dell’istruzione tecnica e scientifica e, conseguentemente, per la sua promozione sul territorio, mediante la realizzazione di azioni formative in grado di arricchire la preparazione degli studenti e di caratterizzare all’esterno le peculiarità della proposta formativa degli istituti coinvolti. Per lo più sono stati pensati interventi in alternanza scuola-lavoro, costruiti sulla base di un utilizzo efficace dei laboratori didattici, in coerenza con il fatto che proprio le attività laboratoriali e le esperienze in azienda sono state unanimemente riconosciute come le proposte più distintive dell’istruzione tecnica. Potenziare queste attività significa proseguire su una strada formativa efficace, apprezzata dagli studenti e dagli imprenditori, che permette ai docenti di aggiornare costantemente le proprie conoscenze e di trovare nuova motivazione alla ricerca per se stessi e per i loro studenti. Gli istituti tecnici Ferraris di Verona e Rossi di Vicenza hanno pensato anche di aiutare gli studenti delle scuole medie a prendere contatto con lo studio delle materie scientifiche e tecniche, per favorire una scelta consapevole della scuola superiore. Gli istituti hanno perciò deciso di offrire loro l’opportunità di fare sperimentazioni in laboratori attrezzati, per cogliere anche solo parzialmente il senso e le opportunità che offre l’istruzione tecnica e scientifica, che rappresenta un percorso formativo importante e di alto profilo. All’ITC Don Bosco di Verona, invece, si è pensato di arricchire la proposta formativa della scuola, mediante degli interventi didattici coerenti con i fabbisogni formativi e occupazionali espressi dalla realtà sociale ed economica. Per questo è stato 138 realizzato un progetto interdisciplinare, con lo scopo di sviluppare le abilità di base degli studenti, valorizzando il metodo della ricerca e della produzione personale e di gruppo, con il supporto di professionisti del marketing e della formazione. Le azioni realizzate nel corso del progetto scaturiscono da un dato di fatto. Esiste in Italia oggi un filone tecnologico, basato sugli Istituti Tecnici, ed un filone economico, formato dagli Istituti Commerciali, che producono risorse umane indispensabili per le imprese. Questi percorsi di istruzione sono fondamentali anche per il futuro e per un loro rilancio diventa strategico riuscire a realizzare una struttura di collegamento e di coordinamento fra tutti i partner coinvolti nei processi formativi: scuole, università, istituzioni e mondo produttivo. La costituzione di un polo formativo che al proprio interno comprenda la formazione professionale, l’istruzione tecnica, i licei e l’alta formazione garantisce la possibilità di creare un sistema plurale, con una varietà di offerte agli studenti che potranno anche ripensare il loro percorso formativo ed eventualmente porre rimedio a scelte sbagliate. È importante infatti riconoscere concretamente ad ogni studente la possibilità di personalizzare il proprio percorso di studi così da garantirgli maggiori probabilità di successo e senza aumentare i costi per l’organizzazione. I poli, inoltre, sarebbero interlocutori qualificati del mondo produttivo ed economico, e ciò favorirebbe una stretta collaborazione con le aziende che operano sul territorio e garantirebbe poi un valore aggiunto per tutta l’organizzazione, in quanto rappresenterebbe una facilitazione per la realizzazione delle attività formative, quali l’alternanza scuola lavoro o gli stage. Ogni polo, infine, potrebbe garantire la costruzione di una rete di competenze fra tutti i soggetti coinvolti e diventare così un laboratorio di innovazione didattica e formativa. È giunto il momento di sperimentare che il miglioramento delle interconnessioni fra gli attori di un territorio facilita la capacità di assolvere ai compiti che la complessità dei sistemi pongono, ed inoltre rappresenta a sua volta un impulso a replicare in altre realtà quei sistemi di collegamento che sono in grado di avviare veri e propri circoli produttivi virtuosi. 139 Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito del progetto “Apprendimento Scientifico e Tecnologico: Reti Territoriali per l’Innovazione” finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ob. 3, mis C1 FSE 2004 - OB. 3 - MISURA C1 - Dgr 4204 del 22/12/04 Redazione testi: Fabio Banali Coordinamento editoriale: Caterina Fenzi Hanno collaborato alla realizzazione del progetto: Consorzio CIM&FORM, Confindustria Verona, Consorzio Verona Tecnologia (Ist. Ferraris, Ist. Giorgi, Ist. Fermi, Ist. Marconi, Ist. Anti, Ist. Dal Cero, Ist. Silva), Istituto Tecnico Industriale San Zeno, Centro di Formazione Professionale San Zeno, Istituto Tecnico Industriale Rossi, Istituto Tecnico Industriale Negrelli, Provincia di Verona, Reviviscar, Forema, Cuoa Fondazione, Confindustria Rovigo, Confindustria Vicenza, Unione degli Industriali della Provincia di Treviso, Confindustria Veneto. Novembre 2006 Stampa: Grafiche Stella - Legnago