CONSIGLIO
REGIONALE
DEL VENETO
dossier
LAVORO E CRISI ECONOMICA
(2008-2012)
Parte Seconda
Documentazione
UNITA’ COMPLESSA STUDI DOCUMENTAZIONE E BIBLIOTECA
Venezia, 24/07/2012
Segreteria regionale per gli affari generali, giuridici e legislativi - Dirigente Stefano Amadi
Unità complessa studi documentazione e biblioteca - Dirigente Claudio Giulio Rizzato
Sito: http://www.consiglioveneto.it/
@ [email protected]
 0412701612
 0412701622
Il Dossier LAVORO E CRISI ECONOMICA (2008-2012), è stato curato da Daniela Marzinotto
e Giuliano Battistel.
Riproduzione a cura del Centro stampa del Consiglio Regionale.
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DOSSIER “LAVORO E CRISI ECONOMICA 2008-2012”
PARTE SECONDA
DOCUMENTAZIONE
Europa
 Raccomandazione del Consiglio sul Programma nazionale di riforma 2012
dell’Italia
 Comunicazione della Commissione “Verso una ripresa fonte di
occupazione”
Italia
 Legge 28 giugno 2012, n.92. Disposizioni in materia di riforma del
mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
Veneto
 Legge regionale 13 marzo 2009, n.3. Disposizioni in materia di
occupazione e mercato del lavoro
 Legge regionale 26 maggio 2011, n.11. Interventi per combattere la
povertà ed il disagio sociale attraverso la redistribuzione delle eccedenze
alimentari
 Deliberazione della Giunta regionale n.676 del 17 aprile 2012. Nuovo
piano straordinario anticrisi per gli esercizi 2012-2013.
 Deliberazione della Giunta regionale n.687 del 2 maggio 2012.
Approvazione del “Patto per il Veneto”
 Deliberazione della Giunta regionale n.1114 del 12 giugno 2012.
Iniziativa regionale per la realizzazione di progetti di pubblica utilità e/o
utilità sociale attraverso l’utilizzo di lavoratori sprovvisti di
ammortizzatori sociali. L.R. 13-3-2009, n.3, artt.31 e 37.
Chi fosse interessato a ricevere copia della seconda parte del dossier è pregato
di farne richiesta alla
-segreteria dell’UCSDB tel 041 2701612 mail [email protected] o a
-Daniela Marzinotto tel. 041 2701605 mail [email protected]
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Dossier LAVORO E CRISI ECONOMICA (2008-2012
Documentazione
INDICE
Europa
 Raccomandazione del Consiglio sul Programma
nazionale di riforma 2012 dell’Italia
 Comunicazione della Commissione “Verso una ripresa
fonte di occupazione
Italia
 Legge 28 giugno 2012, n.92. Disposizioni in materia di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di
crescita
pag. 5
pag. 6
Veneto
 Legge regionale 13 marzo 2009, n.3. Disposizioni in
materia di occupazione e mercato del lavoro
 Legge regionale 26 maggio 2011, n.11. Interventi per
combattere la povertà ed il disagio sociale attraverso
la redistribuzione delle eccedenze alimentari
 Deliberazione della Giunta regionale n.676 del 17 aprile
2012. Nuovo piano straordinario anticrisi per gli esercizi
2012-2013.
 Deliberazione della Giunta regionale n.687 del 2
maggio 2012. Approvazione del “Patto per il Veneto”
 Deliberazione della Giunta regionale n.1114 del 12
giugno 2012. Iniziativa regionale per la realizzazione di
progetti di pubblica utilità e/o utilità sociale attraverso
l’utilizzo di lavoratori sprovvisti di ammortizzatori sociali.
L.R. 13-3-2009, n.3, artt.31 e 37.
pag. 131
pag. 132
pag. 14
pag. 45
pag. 46
pag. 164
pag. 166
pag. 170
pag. 202
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EUROPA
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COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 30.5.2012
COM(2012) 318 final provisoire
Raccomandazione di
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
sul programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia
e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2015
{SWD(2012) 318}
IT
IT
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Raccomandazione di
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
sul programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia
e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2015
IL CONSIGLIO DELL4UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 121,
paragrafo 2, e l’articolo 148, paragrafo 4,
visto il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento
della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento
delle politiche economiche1, in particolare l’articolo 5, paragrafo 2,
visto il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici2, in
particolare l’articolo 6, paragrafo 1,
vista la raccomandazione della Commissione europea3,
viste le risoluzioni del Parlamento europeo4,
viste le conclusioni del Consiglio europeo,
visto il parere del comitato per l’occupazione,
sentito il comitato economico e finanziario,
considerando quanto segue:
(1)
Il 26 marzo 2010 il Consiglio europeo ha approvato la proposta della Commissione
europea di avviare “Europa 2020”, una nuova strategia per l’occupazione e la crescita
basata su un maggiore coordinamento delle politiche economiche e incentrata sui
settori chiave in cui occorre intervenire per rafforzare il potenziale di crescita
sostenibile e di competitività dell’Europa.
(2)
Il Consiglio ha adottato, il 13 luglio 2010, una raccomandazione sugli orientamenti di
massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione (2010-2014) e
il 21 ottobre 2010 una decisione sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri
1
GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1.
GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25.
COM(2012) 318 final.
P7_TA(2012)0048 e P7_TA(2012)0047.
2
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a favore dell’occupazione5, che insieme formano gli “orientamenti integrati”. Gli Stati
membri sono stati invitati a tener conto degli orientamenti integrati nelle politiche
nazionali in materia economica e di occupazione.
(3)
Il 12 luglio 2011 il Consiglio ha adottato una raccomandazione sul programma
nazionale di riforma 2011 dell’Italia e ha formulato il suo parere sul programma di
stabilità aggiornato dell'Italia, 2011-2014.
(4)
Il 23 novembre 2011 la Commissione ha adottato la seconda Analisi annuale della
crescita, segnando l’inizio del secondo semestre europeo di coordinamento integrato
ed ex-ante delle politiche, che è parte integrante della strategia Europa 2020. Sulla
base del regolamento (UE) n. 1176/2011, la Commissione ha adottato, il
14 febbraio 2012, la relazione sul meccanismo di allerta6, in cui annovera l’Italia tra
gli Stati membri che avrebbero fatto oggetto di un'ulteriore analisi approfondita.
(5)
Il 2 marzo 2012 il Consiglio europeo ha approvato le priorità per garantire la stabilità
finanziaria, il risanamento di bilancio e le azioni a favore della crescita. Esso ha
sottolineato la necessità di portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e
favorevole alla crescita, ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia,
promuovere la crescita e la competitività, lottare contro la disoccupazione e le
conseguenze sociali della crisi e modernizzare la pubblica amministrazione.
(6)
Il 2 marzo 2012 il Consiglio europeo ha inoltre invitato gli Stati membri che
partecipano al patto Euro Plus a presentare i loro impegni in tempo utile perché
possano essere inseriti nei rispettivi programmi di stabilità o di convergenza e nei
programmi nazionali di riforma.
(7)
Il 30 aprile 2012 l’Italia ha presentato il suo programma di stabilità, relativo al periodo
2012-2015, e il suo programma nazionale di riforma 2012. I due programmi sono stati
valutati contemporaneamente onde tener conto dei reciproci collegamenti interni. A
norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 1176/2011 la Commissione ha anche
svolto un esame approfondito per verificare se l’Italia presentasse squilibri
macroeconomici. Nel suo esame approfondito7 la Commissione ha concluso che
l’Italia presenta squilibri, che non sono tuttavia di natura eccessiva. In particolare,
anche se il livello del debito pubblico è già sotto stretto controllo nell'ambito del patto
di stabilità e crescita, gli sviluppi macroeconomici in materia di andamento delle
esportazioni meritano un'attenzione particolare, al fine di ridurre il rischio di effetti
negativi per l'economia.
(8)
In base alla valutazione del programma di stabilità a norma dell’articolo 5,
paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1466/97, il Consiglio ritiene che lo scenario
macroeconomico alla base del programma sia plausibile, nell'ipotesi che le condizioni
dei mercati finanziari non peggiorino ulteriormente. In linea con le previsioni di
primavera 2012 della Commissione, si prevede che il PIL reale registri una brusca
contrazione quest'anno, per poi recuperare gradualmente nel 2013. Nel rispetto della
procedura per i disavanzi eccessivi, l'obiettivo della strategia di bilancio delineata nel
5
Decisione del Consiglio 2012/238/UE, del 26 aprile 2012.
COM(2012) 68 final.
SWD(2012) 156 final.
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programma è portare il disavanzo pubblico al di sotto del valore di riferimento del 3%
del PIL entro il 2012, sulla base di un ulteriore contenimento della spesa e di entrate
aggiuntive. Successivamente alla correzione del disavanzo eccessivo, il programma
conferma l'obiettivo di medio termine relativo a una posizione di sostanziale equilibrio
in termini strutturali, il che riflette in modo adeguato quanto richiesto dal patto di
stabilità e crescita, e prevede di raggiungerlo nel 2013, ossia con un anno di anticipo
su quanto previsto nel precedente programma di stabilità. Sulla base del disavanzo
strutturale (ricalcolato)8, lo sforzo medio annuo previsto a livello di bilancio nel
periodo 2010-2012 è nettamente al di sopra dello 0,5% del PIL raccomandato dal
Consiglio nell'ambito della procedura per i disavanzi eccessivi. Il ritmo previsto
dell'aggiustamento in termini strutturali nel 2013 consente di raggiungere l'obiettivo di
medio termine nel corso di tale anno e il previsto tasso di crescita della spesa pubblica,
tenendo conto delle misure discrezionali sul lato delle entrate, sarebbe in regola con il
parametro di riferimento per la spesa previsto nel patto di stabilità e crescita. Il
programma prevede che il rapporto debito pubblico/PIL raggiunga l'apice nel 2012 per
poi iniziare a scendere ad un ritmo crescente parallelamente all’aumento dell’avanzo
primario. Nel 2013-14 l’Italia attraverserà un periodo di transizione e i suoi piani in
materia di bilancio dovrebbero assicurare progressi sufficienti a garantire il rispetto del
parametro di riduzione del debito, come confermato anche nelle previsioni di
primavera 2012 della Commissione. Secondo i piani il valore di riferimento della
riduzione del debito sarà raggiunto alla fine del periodo di transizione (2015). Il
raggiungimento di tali risultati in termini di disavanzo e di debito richiederà a livello
di bilancio un'attuazione piena e rigorosa delle misure correttive adottate nel 2010-11.
Infine, per quanto concerne la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,
l’Italia sembra essere esposta ad un rischio medio.
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(9)
Per quanto riguarda il quadro di bilancio, il Parlamento italiano ha approvato un
disegno di legge che introduce il principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale italiana. Saranno necessarie disposizioni attuative per definire le
caratteristiche fondamentali della norma, ossia le modalità di applicazione e gli
opportuni meccanismi di correzione e clausole di salvaguardia, nonché il necessario
coordinamento tra i diversi livelli amministrativi. Il governo si è impegnato a
perseguire un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa
pubblica mediante approfondite revisioni della spesa (spending review) a tutti i livelli
amministrativi. Tali revisioni dovrebbero anche consentire di determinare l'ordine di
priorità delle voci di spesa in modo favorevole alla crescita. Allo stesso scopo, è in
corso un riorientamento dell'uso dei fondi strutturali mediante misure adottate nel
marzo 2011 e con il Piano di Azione Coesione del novembre 2011, che mira anch'esso
ad accelerare l'assorbimento dei fondi strutturali. Tale assorbimento e, di conseguenza,
l'attuazione del Piano, tuttavia, continuano a essere ostacolati dalle considerevoli
carenze in termini di capacità amministrativa, soprattutto nelle regioni dell'obiettivo
“Convergenza”.
(10)
La struttura del sistema fiscale così come il livello elevato di evasione fiscale e lavoro
non dichiarato hanno inciso negativamente sui risultati economici del paese. Il rispetto
8
Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle misure temporanee e una tantum, ricalcolato dai
servizi della Commissione sulla base delle informazioni contenute nel programma, secondo la
metodologia concordata.
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delle norme fiscali e la governance fiscale sono inoltre ostacolati da una molteplicità di
spese fiscali e da complesse e laboriose procedure amministrative. Il parziale
spostamento del carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi e ai patrimoni già
messo in atto è un primo passo importante verso un assetto tributario più propizio alla
crescita; è tuttavia necessario un ulteriore spostamento, tenendo conto degli effetti
distributivi.
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(11)
L’accordo del giugno 2011 tra le parti sociali sulla riforma del quadro di
contrattazione salariale, che è stato inserito formalmente nella legislazione, dovrebbe
consentire un uso più esteso della contrattazione a livello delle imprese, che tenga
conto in modo più puntuale delle esigenze delle specifiche attività produttive.
Tuttavia, per affrontare pienamente la questione di costi unitari del lavoro su base
nominale più dinamici rispetto ai propri partner commerciali - che costituisce un
elemento determinante della perdita di competitività dell’Italia - il sistema di
contrattazione salariale dovrebbe essere ulteriormente riformato consentendo accordi
più flessibili anche a livello settoriale nazionale. Nell’aprile 2012 il governo ha
proposto un'ambiziosa riforma del mercato del lavoro che affronta sfide presenti da
lungo tempo sul mercato del lavoro italiano, compresa la sua segmentazione. Tale
riforma deve essere adottata con urgenza, garantendo che i suoi obiettivi e il livello di
ambizione rimangano commisurati alle sfide del mercato del lavoro italiano. La
portata e l'efficacia della liberalizzazione dei servizi per l'impiego dovrebbe essere
seguita con attenzione.
(12)
Nonostante gli sforzi per aumentare l’occupabilità delle lavoratrici, consistenti per lo
più in incentivi fiscali mirati, il tasso di occupazione delle donne italiane è nettamente
inferiore (46,5% nel 2011) rispetto alla media dell’UE a 27 (58,5% nel 2011). Sono
necessarie ulteriori azioni in materia di strutture per l'infanzia e per l'assistenza agli
anziani. La sfida è particolarmente importante per le lavoratrici più anziane nel settore
privato, in quanto l'età pensionabile per le donne dovrebbe aumentare di cinque anni
tra il 2012 e il 2018.
(13)
La disoccupazione giovanile ha raggiunto in Italia una media del 29,1% nel 2011 ed è
ulteriormente aumentata nei primi mesi del 2012. In particolare, è elevato il tasso di
disoccupazione tra i diplomati dell’istruzione terziaria e non vi è corrispondenza tra le
competenze acquisite e quelle necessarie per il mercato del lavoro. La promozione
dell'apprendistato come principale porta d'ingresso nel mercato del lavoro è positiva
ma richiede ancora l'applicazione degli strumenti appropriati, quali un nuovo sistema
di standard professionali e di formazione e di sistemi di certificazione delle
competenze. La Commissione ha istituito un Gruppo d’azione per riprogrammare i
fondi di coesione verso misure atte a sostenere l’occupazione dei giovani e lo sviluppo
delle PMI.
(14)
Il tasso di dispersione scolastica (18,8% a livello nazionale, con forti variazioni
regionali) ha effetti negativi sulla disoccupazione giovanile. Dovrebbero essere
intraprese azioni più mirate e coordinate per affrontare la sfida dell'abbandono
scolastico precoce combinando prevenzione, interventi e misure compensative. Gli
insoddisfacenti risultati del sistema d’istruzione terziaria dovrebbero essere affrontati
anche attraverso la piena attuazione della riforma universitaria del 2010 e mediante un
legame più stretto tra i risultati delle università e l'assegnazione dei finanziamenti
pubblici.
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(15)
L'Italia ha adottato importanti misure per liberalizzare i servizi, in particolare quelli
professionali, e per migliorare la concorrenza nelle industrie di rete. Tuttavia,
rimangono da affrontare sfide molteplici nei settori dell’energia e dei trasporti, in
particolare le ferrovie e i porti, in cui restano significative le strozzature dovute alle
infrastrutture e al funzionamento del mercato.
(16)
Anche se alcune misure sono già state adottate per promuovere la semplificazione
amministrativa, in Italia il contesto in cui operano le imprese resta complesso. In
particolare, il sistema giudiziario è afflitto da varie inefficienze che concernono
l’utilizzo delle risorse, le procedure e l’organizzazione istituzionale, carenze che si
riflettono nel basso rendimento della giustizia civile italiana, con particolare
riferimento alla durata eccessiva dei procedimenti e al volume dell'arretrato.
(17)
L’accesso al finanziamento per le PMI è difficile e l’intensità del venture capital è
bassa. Nel dicembre 2011 è stato introdotto un regime fiscale agevolato che consente
alle società di dedurre dal reddito imponibile il rendimento figurativo del nuovo
capitale immesso nell’impresa. Questo dovrebbe facilitare l'aumento delle dimensioni
delle PMI e gli investimenti nell'innovazione. Benché siano state adottate alcune
misure per promuovere la R&S, segnatamente il rifinanziamento del credito d’imposta
per gli investimenti delle imprese nella ricerca, l’intensità rimane bassa e l’attuazione
di progetti innovativi è modesta.
(18)
L’Italia ha assunto una serie di impegni nel quadro del patto Euro Plus. Tali impegni, e
l’attuazione degli impegni presentati l'anno scorso, sono connessi alla promozione
dell'occupazione, al miglioramento della competitività, all'aumento della sostenibilità
delle finanze pubbliche e al rafforzamento della stabilità finanziaria. La Commissione
ha valutato l'attuazione degli impegni assunti nel quadro del patto Euro Plus. I risultati
di tale valutazione sono stati tenuti in debito conto nelle raccomandazioni.
(19)
Nel contesto del semestre europeo, la Commissione ha effettuato un'analisi globale
della politica economica dell’Italia, ha valutato il programma di stabilità e il
programma nazionale di riforma e ha presentato un esame approfondito. La
Commissione ha tenuto conto non soltanto della loro pertinenza ai fini della
sostenibilità della politica di bilancio e della politica socioeconomica dell’Italia, ma
anche della loro conformità alle norme e agli orientamenti UE, alla luce dell'esigenza
di rafforzare la governance economica dell'Unione europea nel suo insieme, offrendo
un contributo a livello UE per le future decisioni nazionali. Le raccomandazioni che
propone nell’ambito del semestre europeo sono riportate nei successivi punti da 1 a 7.
(20)
Alla luce della valutazione di cui sopra, il Consiglio ha esaminato il programma di
stabilità dell'Italia e il suo parere9 trova riscontro, in particolare, nella
raccomandazione di cui al seguente punto 1.
(21)
Alla luce dei risultati dell’esame approfondito della Commissione e della citata
valutazione, il Consiglio ha esaminato il programma nazionale di riforma dell’Italia
per il 2012 e il programma di stabilità dell’Italia. Le sue raccomandazioni a norma
9
A norma dell'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio.
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dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 1176/2011 sono
raccomandazioni di cui ai seguenti punti da 1 a 7,
riportate nelle
RACCOMANDA che l’Italia adotti provvedimenti nel periodo 2012-2013 al fine di:
IT
1.
attuare la strategia di bilancio come previsto e garantire che la situazione di
disavanzo eccessivo sia corretta nel 2012; garantire il programmato obiettivo di
avanzi primari strutturali per riportare il rapporto debito/PIL su una traiettoria in
discesa entro il 2013; garantire progressi adeguati verso l'obiettivo di bilancio di
medio termine, nel rispetto del parametro di riferimento per la spesa, e realizzare
sufficienti progressi verso il rispetto del parametro della riduzione del debito;
2.
garantire che il chiarimento delle caratteristiche chiave della norma costituzionale sul
pareggio di bilancio, ivi compreso un adeguato coordinamento tra i diversi livelli
amministrativi, sia coerente con il quadro dell'UE; perseguire un miglioramento
duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica mediante la prevista
spending review e l’attuazione del Piano di Azione Coesione del 2011 per migliorare
l'assorbimento e la gestione dei fondi UE, in particolare nell'Italia meridionale;
3.
adottare ulteriori misure per combattere la disoccupazione giovanile, migliorando
anche la pertinenza del percorso formativo rispetto al mercato del lavoro facilitando
il passaggio al mondo del lavoro, anche attraverso incentivi per l'avvio di nuove
imprese e per le assunzioni di dipendenti; attuare il riconoscimento delle competenze
e delle qualifiche a livello nazionale per promuovere la mobilità del lavoro; adottare
misure per ridurre i tassi di abbandono dell’università e combattere l'abbandono
scolastico;
4.
adottare in via prioritaria la riforma del mercato del lavoro per affrontare la
segmentazione del mercato del lavoro e istituire un sistema integrato per le indennità
di disoccupazione; adottare ulteriori provvedimenti per incentivare la partecipazione
delle donne al mercato del lavoro, in particolare fornendo servizi per l'infanzia e
l'assistenza agli anziani; per rafforzare la competitività in termini di costi, rafforzare
il legame esistente fra salari fissati a livello settoriale e produttività attraverso
ulteriori miglioramenti del quadro regolamentare per la determinazione dei salari, in
consultazione con le parti sociali e in linea con le prassi nazionali;
5.
proseguire la lotta contro l'evasione fiscale; perseguire l’economia sommersa e il
lavoro non dichiarato, ad esempio intensificando verifiche e controlli; adottare
misure per ridurre la portata delle esenzioni fiscali, le indennità e le aliquote IVA
ridotte e semplificare il codice tributario; intraprendere ulteriori azioni per spostare il
carico fiscale dal lavoro e dal capitale verso i consumi e i patrimoni nonché
l'ambiente;
6.
attuare le misure già adottate di liberalizzazione e semplificazione nel settore dei
servizi; proseguire gli sforzi al fine di migliorare l’accesso al mercato nelle industrie
di rete, nonché la capacità e le interconnessioni infrastrutturali;
7.
semplificare ulteriormente il quadro normativo per le imprese e rafforzare la capacità
amministrativa; migliorare l'accesso agli strumenti finanziari, in particolare al
capitale, per finanziare le imprese in crescita e l'innovazione; attuare la prevista
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riorganizzazione del sistema della giustizia civile e promuovere il ricorso a
meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie.
Fatto a Bruxelles, il
Per il Consiglio
Il presidente
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COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 18.4.2012
COM(2012) 173 final
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO,
AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E
AL COMITATO DELLE REGIONI
Verso una ripresa fonte di occupazione
{SWD(2012) 90 final}
{SWD(2012) 92 final}
{SWD(2012) 93 final}
{SWD(2012) 95 final}
{SWD(2012) 96 final}
{SWD(2012) 97 final}
{SWD(2012) 98 final}
{SWD(2012) 99 final}
{SWD(2012) 100 final}
IT
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COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO,
AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E
AL COMITATO DELLE REGIONI
Verso una ripresa fonte di occupazione
INTRODUZIONE
Uno degli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile
e inclusiva è quello di conseguire entro il 2020 un tasso di occupazione del 75% per le
persone di età compresa tra 20 e 64 anni1. Per realizzare questo obiettivo il livello attuale di
occupazione nell'UE dovrà aumentare di 17,6 milioni di posti di lavoro. Durante la crisi il
tasso di occupazione è tuttavia sceso al 68,9% (terzo trimestre 2011)2: dall'inizio del 2010 il
livello di disoccupazione nell'UE si è mantenuto costantemente al di sopra del 9,5%,
raggiungendo il 10,2% nel febbraio 2012. Benché alla metà del 2011 si contassero 1,5 milioni
di posti di lavoro in più, ciò non è stato sufficiente a compensare i 6 milioni di posti di lavoro
persi nell'Unione a partire dal 2008. Il rallentamento della crescita a partire dalla metà del
2011, cui si sono aggiunte prospettive meno favorevoli per il 20123 e l'allargarsi del divario
tra i vari Stati membri e le regioni, non ha fatto altro che accentuare la complessità della
problematica in termini di occupazione, inclusione sociale e lotta contro la povertà4.
Mentre in alcuni paesi è prevista una recessione e la crisi del debito sovrano continua a
protrarsi, le attività economiche in Europa vengono ridefinite da cambiamenti strutturali a più
lungo termine che incidono sulla competitività relativa dell'Europa all'interno dell'economia
mondiale, quali il necessario passaggio ad un'economia verde, a basse emissioni di carbonio
ed efficiente nell'uso delle risorse, l'invecchiamento demografico e i complessi flussi
migratori che lo accompagnano, i rapidi mutamenti tecnologici cui si aggiunge l'ascesa delle
grandi economie emergenti. Tali cambiamenti strutturali influenzano e continueranno a
influenzare in vari modi i mercati del lavoro, soprattutto per quanto riguarda la creazione e il
mantenimento di posti di lavoro. Affinché tali sviluppi consentano alla competitività
dell'economia europea di crescere, invece di diminuire, sono necessari mercati del lavoro
dinamici e inclusivi, in cui le persone siano in possesso delle competenze adeguate.
La piena occupazione e la coesione sociale sono obiettivi dell'UE sanciti dall'articolo 3 del
trattato. Tali obiettivi restano al centro delle preoccupazioni dei cittadini dell'UE e
costituiscono il punto focale della strategia Europa 2020. Le prospettive di crescita
dell'occupazione dipendono in larga misura dalla capacità dell'UE di produrre crescita
1
2
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4
IT
Comunicazione della Commissione "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente,
sostenibile e inclusiva", COM(2010) 2020 del 3 marzo 2010 e conclusioni del Consiglio europeo del 17
giugno 2010.
EU Employment and Social Situation Quarterly Review (esame trimestrale sull'occupazione e la
situazione sociale nell'UE), marzo 2012.
Secondo le previsioni intermedie dei servizi della Commissione del febbraio 2012, l'UE è destinata a un
periodo di stagnazione del PIL nel 2012 e la zona euro conoscerà una lieve recessione.
Accompanying Staff Working Document Labour market trends and challenges (Documento di lavoro
dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione - Tendenze e sfide del
mercato del lavoro).
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economica mediante politiche macroeconomiche, industriali e di innovazione appropriate.
Allo stesso tempo è chiaro che, per favorire una crescita foriera di occupazione, sono
necessarie politiche occupazionali che instaurino condizioni favorevoli alla creazione di posti
di lavoro, facilitino le transizioni positive, aumentino l'offerta di manodopera e concilino
meglio le competenze e i bisogni del mercato del lavoro, anche dal punto di vista geografico.
Oltre a contribuire a una ripresa nel breve termine, le politiche per l'occupazione sono parte di
quegli investimenti sociali indispensabili per impedire il prodursi, a lungo termine, di costi
sociali e di bilancio più elevati5. L'analisi annuale della crescita dell'UE per il 2012 sollecita
l'adozione di interventi energici per stimolare la creazione di posti di lavoro e garantire una
ripresa generatrice di occupazione, un messaggio che è stato fermamente ribadito dai capi di
Stato e di governo al Consiglio europeo di primavera del 20126.
La presente comunicazione intende integrare le priorità in materia di occupazione enunciate
nell'analisi annuale della crescita fornendo orientamenti strategici a medio termine in funzione
degli obiettivi occupazionali di Europa 2020. Fondata sugli orientamenti a favore
dell'occupazione7, definisce le azioni che, nel contesto attuale, richiedono una particolare
attenzione e mira a costruire fra tutte le parti interessate il clima di fiducia che occorre per
avviare le necessarie riforme in materia di impiego. In questo modo essa raccoglie anche
l'invito del Consiglio europeo8 a sostenere la nuova governance economica con un più attento
monitoraggio delle politiche occupazionali e sociali, in particolare di quelle che possono avere
un impatto sulla stabilità macroeconomica e sulla crescita9.
La comunicazione è accompagnata da una serie di documenti di lavoro dei servizi della
Commissione, che riflettono su come le politiche dell'occupazione siano legate ad una serie di
altri settori strategici a sostegno di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel
complesso, il presente pacchetto sull'occupazione non solo porta avanti l'iniziativa faro di
Europa 2020 su "Nuove competenze e nuovi posti di lavoro", ma, grazie a migliori sinergie,
contribuisce anche alla realizzazione di altre iniziative faro quali "Un'agenda europea del
digitale", "L'Unione dell'innovazione", "Youth on the Move", "Un'Europa efficiente sotto il
profilo delle risorse", "Una politica industriale per l'era della globalizzazione" e "La
piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione". Il pacchetto sull'occupazione illustra
inoltre come sia possibile utilizzare risorse del bilancio dell'UE, e segnatamente il Fondo
sociale europeo, per sostenere la riforma del mercato del lavoro e contribuire a realizzare gli
investimenti necessari in un contesto di recessione economica.
Benché le dinamiche del mercato del lavoro debbano essere avviate principalmente a livello
nazionale, la presente comunicazione mobilita gli strumenti dell'UE a favore di una ripresa
fonte di occupazione: essa considera sia il lato della domanda sia quello dell'offerta di
manodopera e pone ulteriori basi verso la creazione di un effettivo mercato del lavoro
dell'UE.
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Come dichiarato dai membri del Consiglio europeo del 30 gennaio 2012 "Crescita e occupazione
riprenderanno solo se seguiamo un approccio coerente e ampio, combinando un risanamento di bilancio
intelligente che preservi l'investimento nella crescita futura, politiche macroeconomiche sane e una
strategia attiva per l'occupazione che preservi la coesione sociale".
Conclusioni del Consiglio europeo dell'1 e 2 marzo 2012.
Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli
Stati membri a favore dell'occupazione.
Conclusioni del Consiglio europeo del 9 dicembre 2011.
Conclusioni del Consiglio europeo del 9 dicembre 2011.
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1.
SOSTENERE LA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO
Il sostegno alla creazione di posti di lavoro e alla (ri)distribuzione della manodopera dovrebbe
mirare a favorire una crescita sostenibile delle attività, dei settori e delle imprese, in
particolare tra le PMI10. Le politiche devono ulteriormente puntare a migliorare sia la
produttività che l'occupazione, contribuendo ad una ripartizione delle risorse umane che
soddisfi le esigenze economiche e sociali indicate nella strategia Europa 2020 e consenta un
giusto equilibrio tra i settori dei beni scambiabili (tradable) e dei beni non scambiabili (nontradable). Dovrebbero inoltre migliorare la situazione del mercato del lavoro per quanto
riguarda le categorie più vulnerabili, come i giovani, le donne, i lavoratori meno qualificati o
più anziani nonché quanti appartengono a una minoranza. Tenendo conto delle principali sfide
economiche strutturali cui deve far fronte l'Europa, occorre integrare le misure trasversali con
interventi specifici nei settori che presentano un potenziale particolarmente elevato per
stimolare una crescita foriera di occupazione.
1.1.
Intensificare la creazione di posti di lavoro in tutti i settori dell'economia
incoraggiando la domanda di manodopera
Le politiche occupazionali contribuiscono a instaurare condizioni favorevoli alla creazione di
posti di lavoro e, a tal fine, possono far intervenire risorse del bilancio dell'UE (più in
particolare il Fondo sociale europeo)11. Oltre a misure a livello dell'offerta, come investimenti
a favore delle competenze e dell'attivazione e servizi per l'incontro tra domande e offerte di
lavoro, esistono anche vari strumenti in grado di incidere positivamente sulla domanda di
manodopera:
–
Orientare i sussidi all'assunzione verso nuove assunzioni. Gli Stati membri fanno
un ampio utilizzo dei sussidi all'assunzione per attenuare gli effetti della crisi
economica sulla disoccupazione: tali sussidi sono in genere destinati ai gruppi
svantaggiati. Grazie alle tipologie adeguate di incentivi e di sussidi all'assunzione i
datori di lavoro dovrebbero essere motivati a intraprendere nuove assunzioni nette,
creando così posti di lavoro che, in assenza di tali aiuti, non sarebbero stati creati. Il
fatto di concentrarsi soprattutto sulle categorie vulnerabili, come i giovani o i
disoccupati di lungo periodo, può avere effetti tanto più positivi se ai sussidi
all'assunzione sono associate ulteriori misure di sostegno ai gruppi destinatari.
–
Ridurre il cuneo fiscale che grava sul lavoro senza incidere sul bilancio
orientandosi verso imposte ambientali12, fondiarie o sui consumi e realizzando un
adeguato monitoraggio degli effetti ridistributivi. In molti Stati membri i contributi
sociali versati dal datore di lavoro, che rappresentano la parte principale del cuneo
fiscale, potrebbero essere ridotti. La riduzione del cuneo fiscale a favore dei gruppi
più vulnerabili (soprattutto dei lavoratori a basso reddito) dovrebbe anche avere un
10
Nel periodo 2002-2010 le PMI hanno prodotto l'85% di crescita netta dell'occupazione.
Occorre garantire il rispetto delle norme UE in materia di aiuti di Stato, senza trascurare le possibilità
previste da tali norme per gli aiuti a favore dell'occupazione, cfr. in particolare gli articoli 15, 16, 40-42
del regolamento generale di esenzione per categoria (Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 214 del 9
agosto 2008).
La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e
sociale europeo e al Comitato delle regioni "Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a
basse emissioni di carbonio nel 2050" [COM (2011)112] mostra che l'utilizzo dei proventi delle aste
delle quote di emissione ETS e della tassazione del carbonio per ridurre il costo del lavoro avrebbe
ripercussioni positive sull'occupazione.
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impatto positivo in termini di occupazione a lungo termine di queste categorie e
sarebbe quindi lo strumento più adeguato per accrescere la domanda di manodopera.
Una misura del genere va tuttavia elaborata ed attuata con grande attenzione in modo
da evitare che abbia ripercussioni negative sulle prospettive di occupazione di quei
gruppi che, per poco, non sono ammessi a beneficiarne. Una riduzione del cuneo
fiscale non adeguatamente mirata potrebbe inoltre comportare costi improduttivi.
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–
Promuovere e sostenere il lavoro autonomo, le imprese sociali e la creazione di
nuove imprese. Le persone in cerca di lavoro che desiderano creare e gestire
un'impresa possono incontrare ostacoli di rilievo, tra cui la mancanza di competenze
aziendali o professionali, la ricerca di possibilità di mentoring e difficoltà
nell'accesso ai finanziamenti. La promozione dello spirito imprenditoriale, la
maggiore disponibilità di servizi di microfinanziamento e di sostegno all'avviamento
di imprese, come pure l'esistenza di regimi che convertano le indennità di
disoccupazione in contributi per nuove imprese, possono essere assai utili per
promuovere il lavoro autonomo e la creazione di nuovi posti di lavoro. Il sostegno
dovrebbe riguardare in modo mirato i gruppi che presentano le maggiori potenzialità
(disoccupati in possesso di competenze professionali, donne o giovani) e basarsi su
una stretta collaborazione tra servizi dell'occupazione, servizi di sostegno alle
imprese e fornitori di finanziamenti. Gli operatori dell'economia sociale e le imprese
sociali costituiscono importanti stimoli a favore di una creazione inclusiva di posti di
lavoro e dell'innovazione sociale e richiedono forme specifiche di sostegno, anche
grazie ad appalti pubblici e all'accesso ai finanziamenti.
–
Trasformare il lavoro informale o non dichiarato in occupazione regolare. Il
lavoro non dichiarato, oltre ad essere illegale, ha gravi conseguenze di bilancio in
quanto comporta una riduzione del gettito fiscale e una perdita di contributi
previdenziali. È dannoso per la produttività e le condizioni di lavoro, per lo sviluppo
delle competenze e per l'apprendimento permanente. Diluisce inoltre la base per
l'acquisizione dei diritti alla pensione e per l'accesso all'assistenza sanitaria.
Prevenire e contrastare il lavoro non dichiarato, mediante la piena attuazione della
direttiva 2009/52/CE sulle sanzioni e sui lavoratori irregolari, e aiutare i lavoratori
del sommerso ad inserirsi nel mercato regolare del lavoro contribuiscono al processo
di risanamento di bilancio, creando maggiore parità di condizioni per le imprese e
migliorando la qualità dell'occupazione. A tal fine occorre una collaborazione
rafforzata tra Stati membri.
–
Incrementare la retribuzione netta. Numerosi Stati membri utilizzano le
prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa come strumento per
alleviare il fenomeno della povertà lavorativa o per incoraggiare le persone a entrare
nel mondo del lavoro. Caratteristiche comuni di questi regimi complementari sono il
fatto di essere destinati a singoli o famiglie a basso reddito e di essere
progressivamente eliminati con l'aumento del reddito da lavoro. La maggiore
retribuzione netta rappresenta un incentivo al lavoro per i lavoratori meno qualificati
e, a un determinato livello di salario, permette ai datori di lavoro di occupare più
facilmente i posti vacanti grazie ad una pressione salariale più leggera. I regimi di
prestazioni legate al lavoro vanno tuttavia concepiti in modo da evitare le trappole
dei bassi salari. Si ottengono effetti positivi per i lavoratori ai livelli più bassi di
reddito, dove esistono notevoli disparità retributive.
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–
Modernizzare i sistemi di fissazione dei salari per allineare i salari
all'andamento della produttività e stimolare la creazione di posti di lavoro.
Meccanismi di fissazione dei salari in grado di garantire che la crescita dei salari
reali rispecchi l'andamento della produttività e le condizioni del mercato del lavoro
locale sono una condizione preliminare per far sì che la crescita produttiva si traduca
adeguatamente in una domanda accresciuta di manodopera e, in ultima analisi, nella
creazione di posti di lavoro. Conformemente alle pratiche nazionali della
contrattazione collettiva, l'evoluzione dei salari dovrebbe tener conto della posizione
concorrenziale degli Stati membri. Benché in alcuni settori o Stati membri possa
essere necessario ricorrere alla moderazione o all'adeguamento salariale, dovrebbe
essere possibile introdurre aumenti mirati, utili a sostenere la domanda globale, nei
casi in cui i salari siano in notevole ritardo rispetto all'evoluzione della produttività.
1.2.
Sfruttare il potenziale di creazione di posti di lavoro dei settori chiave
L'Europa si trova attualmente di fronte a profonde trasformazioni strutturali, come indica la
strategia Europa 2020, in particolare la transizione verso un'economia verde, a basse
emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse, l'invecchiamento demografico
della società e i rapidi progressi tecnologici. Per affrontare queste sfide e trasformarle in
opportunità, la nostra economia dovrà subire nel prossimo decennio un mutamento radicale.
La trasformazione dell'economia in questa direzione aumenterà la competitività e offrirà fonti
importanti di crescita e occupazione, oltre ad affrontare le esigenze economiche e sociali.
L'analisi annuale della crescita 2012 individua tre ambiti principali, ciascuno dei quali offre
un considerevole potenziale di creazione di posti di lavoro.
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–
I posti di lavoro nell'economia verde hanno continuato ad aumentare durante
tutta la recessione e, secondo le previsioni, tale incremento dovrebbe rimanere
solido. I settori dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili potrebbero da
soli creare 5 milioni di posti di lavoro entro il 202013. L'evoluzione dei mercati dei
prodotti e dei servizi, la politica in materia di ricerca e sviluppo e di innovazione, i
nuovi quadri normativi e gli strumenti basati sul mercato modificheranno le nostre
strutture economiche e industriali in direzione di una maggiore efficienza delle
risorse, portando ad una ridefinizione di molti posti di lavoro in quasi tutti i settori.
Mentre i settori a forti emissioni di carbonio dovranno affrontare la sfida della
transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente sotto il
profilo delle risorse, con la conseguente necessaria trasformazione di molti posti di
lavoro, nei settori verdi e a basse emissioni di carbonio verranno creati nuovi posti di
lavoro, che avranno un diverso impatto sulle regioni. Se a beneficiare di questa
transizione verso un'economia verde ed efficiente sotto il profilo delle risorse saranno
all'inizio soprattutto i lavoratori altamente qualificati, i settori manifatturieri e dei
servizi sostenibili e di maggiore qualità dovrebbero probabilmente essere in grado di
offrire, con il tempo, posti di lavoro per qualifiche medie, mentre i lavoratori anziani
e quelli poco qualificati dovranno adattarsi. Per sostenere e sviluppare un'economia
13
Sulla base di diversi modelli, l'attuazione, entro il 2020, di misure individuali di efficienza energetica
potrebbe portare alla creazione o al mantenimento di due milioni di posti di lavoro "verdi", mentre si
stima che il potenziale di occupazione derivante dallo sviluppo del settore delle energie rinnovabili sia
pari a tre milioni di posti di lavoro (Accompanying Staff Working Document Exploiting the
employment potential of green growth - Documento di lavoro dei servizi della Commissione che
accompagna la presente comunicazione – Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dall'economia
verde).
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verde ed efficiente sotto il profilo delle risorse occorrono mercati del lavoro
collaborativi e una visione delle competenze richieste, come illustra il documento di
lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione14.
Per gestire con successo una transizione di tale portata l'UE e gli Stati membri
devono agire di concerto.
–
L'occupazione nei settori dell'assistenza sociale e sanitaria dell'UE è in rapida
crescita a causa dell'invecchiamento della popolazione e di un ampliamento dei
servizi offerti per meglio rispondere alle esigenze di qualità e alla sempre maggiore
domanda di servizi sociali professionali e di assistenza personalizzata. Le dimensioni
e la rapida crescita di questi settori (pari al doppio della crescita complessiva
dell'occupazione) fanno pensare che continueranno ad essere una fonte essenziale di
nuovi posti di lavoro nei prossimi anni. Per sfruttare tale potenziale di creazione di
occupazione, questi settori devono superare numerose sfide, tra cui le sempre
maggiori carenze di operatori sanitari, l'invecchiamento del personale sanitario e un
numero insufficiente di nuovi assunti per sostituire quanti vanno in pensione, la
comparsa di nuovi modelli di assistenza sanitaria per affrontare varie patologie
croniche, il crescente impiego di tecnologie che necessitano di nuovi mix di
competenze e gli squilibri nei livelli di competenze e nei ritmi di lavoro. Le difficili
condizioni di lavoro, cui si aggiungono salari bassi e in lenta progressione, rendono
inoltre difficili l'assunzione e la fidelizzazione del personale. Il mantenimento di
un'offerta adeguata di servizi sanitari di qualità malgrado i sempre maggiori vincoli
di bilancio costituisce una sfida dal punto di vista sia sociale che occupazionale,
come illustra il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna
la presente comunicazione15. Inoltre, a seguito dei mutamenti demografici e familiari
e della necessità di un migliore equilibrio fra lavoro e vita privata, stanno emergendo
nuovi servizi per un'ampia gamma di attività: tali servizi costituiscono una fonte di
posti di lavoro, come illustra anche in questo caso un documento di lavoro dei servizi
della Commissione allegato su cui è avviata una consultazione pubblica16.
–
La domanda di professionisti delle TIC è in continua crescita. L'occupazione fra
gli operatori delle TIC è cresciuta del 3% circa ogni anno e la domanda di personale
ha superato l'offerta. Lo sviluppo e l'utilizzo di applicazioni TIC assumeranno
un'importanza cruciale per accrescere la competitività internazionale delle imprese
europee e quindi per aumentare l'occupazione. Migliorare le conoscenze e le
competenze in materia di TIC delle imprese e dei lavoratori europei richiederà
notevoli sforzi in termini di istruzione, politiche di sviluppo delle competenze dei
lavoratori e infrastrutture, come illustra il documento di lavoro dei servizi della
Commissione che accompagna la presente comunicazione17.
14
Accompanying Staff Working Document Exploiting the employment potential of green growth
(Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione –
Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dall'economia verde).
Accompanying Staff Working Document An action plan for the EU health workforce (Documento di
lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione - Un piano d'azione
per il personale sanitario dell'UE).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dai servizi per la persona e la famiglia.
Accompanying Staff Working Document Exploiting the employment potential of ICTs (Documento di
lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione – Sfruttare il
potenziale di occupazione offerto dalle TIC).
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1.3.
Mobilitare fondi UE per la creazione di posti di lavoro
I fondi della politica di coesione (FSE, FESR e Fondo di coesione), come pure il FEASR e il
FEAMP, sono fonti importanti di investimenti per stimolare la crescita sostenibile e la
creazione di posti di lavoro. Essi contribuiscono a rafforzare la coesione economica, sociale e
territoriale nell'Unione. Per il periodo 2014-2020 la Commissione ha proposto di allineare
strettamente tali strumenti finanziari agli obiettivi della strategia Europa 202018. Le autorità
nazionali, regionali e locali devono utilizzare pienamente e con i massimi risultati le risorse
disponibili per consentire all'Europa di sviluppare e realizzare il proprio potenziale
economico, incrementando sia l'occupazione che la produttività.
Il Fondo sociale europeo (FSE) cofinanzia misure di attivazione del mercato del lavoro, tra
cui sussidi all'assunzione, corsi di formazione professionale e di gestione di impresa,
programmi di microfinanza, come pure elaborazione e attuazione di politiche occupazionali in
tutta l'UE. Per il periodo 2014-20 la Commissione ha proposto di assegnare quote minime del
FSE - per un totale di almeno 84 miliardi di euro - a priorità di investimento quali l'accesso
all'occupazione per le persone in cerca di lavoro e i disoccupati, l'integrazione sostenibile nel
mercato del lavoro, anche grazie a "garanzie per i giovani", dei giovani che hanno
abbandonato la scuola, che sono senza lavoro e che non seguono una formazione, il lavoro
autonomo, lo spirito imprenditoriale e la creazione di imprese, l'istruzione e l'inclusione
sociale come pure lo sviluppo di capacità nella pubblica amministrazione.
Il contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per la creazione di posti di
lavoro nel periodo 2014-2020 sarà rafforzato concentrando le risorse, come proposto, sulla
ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione, sul miglioramento della competitività delle
PMI e sul sostegno alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, anche
grazie alla promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Il FESR investirà
anche nel settore delle TIC e integrerà i finanziamenti del FSE a favore dell'occupazione e
della mobilità della manodopera, ad esempio finanziando infrastrutture di istruzione, di
formazione e di servizi per l'impiego e sostenendo il lavoro autonomo e la creazione di
imprese. Offrirà inoltre un sostegno agli investimenti in infrastrutture sanitarie e sociali.
Lo strumento europeo Progress di microfinanza fornisce un sostegno ai lavoratori
autonomi e alle microimprese mediante garanzie e investimenti finanziati offerti agli
intermediari di microfinanza in tutta l'UE. Ciò dovrebbe consentire di mobilitare fino a 500
milioni di euro di microcrediti a partire dai finanziamenti per il periodo 2007-2013 e la
Commissione ha proposto di prorogare lo strumento al periodo 2014-2020 al fine di
rispondere alle esigenze dei segmenti di mercato meno serviti e migliorare l'accesso delle
imprese sociali ai finanziamenti. Alla disponibilità di microfinanziamenti contribuiscono
anche vari strumenti rotativi (revolving) cofinanziati dal FESR o dal FSE.
Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), che la Commissione
propone a sua volta di mantenere attivo nel periodo 2014-2020, aiuta a gestire i processi di
ristrutturazione mediante il cofinanziamento di misure di riqualificazione e di ricerca di
lavoro destinate ai lavoratori vittime di licenziamenti di massa a seguito dei cambiamenti che
hanno interessato i flussi commerciali mondiali.
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Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e
sociale europeo e al Comitato delle regioni "Un bilancio per la strategia 2020", parte I, COM(2011)500
del 29 giugno 2011.
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Il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) sostiene la diversificazione dei
posti di lavoro in attività non agricole e lo sviluppo di piccole imprese rurali, anche mediante
investimenti nelle competenze, nel trasferimento di conoscenze e in aiuti ai giovani agricoltori
che intendono creare un'azienda.
Il Fondo europeo per la pesca, che nel periodo 2014-20 sarà incorporato in un unico Fondo
europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), favorisce la transizione verso una
pesca sostenibile, come pure la diversificazione delle economie locali, anche attraverso
attività di formazione e il sostegno alle piccole imprese.
CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO
La Commissione propone:
–
–
–
una serie di interventi chiave in materia di occupazione per l'economia verde;
un piano d'azione per l'occupazione nell'assistenza sanitaria;
una serie di interventi chiave a favore dell'occupazione nel settore delle TIC.
Questi tre aspetti sono illustrati in allegato alla presente comunicazione e oggetto di un
ulteriore approfondimento nei documenti di lavoro dei servizi della Commissione
corrispondenti.
La Commissione avvia:
–
–
una consultazione sulle possibilità di creazione di posti di lavoro di qualità nei servizi
per la persona e la famiglia;
una consultazione sulla creazione di una piattaforma a livello UE tra gli ispettorati
del lavoro e altri organismi preposti all'applicazione della normativa per combattere
il lavoro sommerso, volta a migliorare la cooperazione, condividere le migliori
pratiche e individuare principi comuni in materia di ispezione entro la fine del 2012.
La Commissione invita gli Stati membri e il Consiglio a:
–
portare avanti senza indugio la strategia Europa 2020 e adottare, sulla base degli
orientamenti strategici contenuti nella presente comunicazione, un approccio
ambizioso e politiche per la creazione di posti di lavoro nel quadro dei rispettivi piani
nazionali per l'occupazione (all'interno dei programmi nazionali di riforma).
2.
RISTABILIRE LA DINAMICA DEI MERCATI DEL LAVORO
I mercati del lavoro possono essere dinamici solo se le politiche occupazionali facilitano le
transizioni necessarie per accrescere la produttività e la qualità del lavoro, se i lavoratori sono
in possesso di competenze adeguate e se vi è sufficiente mobilità per rispondere alle tendenze
geografiche a livello di posti di lavoro vacanti. La strategia Europa 2020 attribuisce
particolare importanza alla riforma del mercato del lavoro, allo sviluppo del capitale umano e
alla mobilità geografica per preparare meglio la forza lavoro dell'UE ai cambiamenti e fornire
opportunità di lavoro.
2.1.
Riformare i mercati del lavoro
I principi comuni dell'UE in materia di flessicurezza restano un'importante pietra miliare
strategica per la creazione di mercati del lavoro dinamici, con i quali si intende avviare
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fermamente gli Stati membri verso un processo integrato di riforme strutturali del mercato del
lavoro. La flessicurezza combina una serie di politiche del mercato del lavoro (accordi
contrattuali, misure attive del mercato del lavoro, apprendimento permanente e sistemi di
protezione sociale) in modo integrato e coerente, allo scopo di stimolare allo stesso tempo la
flessibilità e la sicurezza e di conseguire mercati del lavoro maggiormente reattivi ai processi
di adeguamento economico.
Durante la crisi alcuni Stati membri hanno avviato importanti riforme strutturali del mercato
del lavoro e adottato misure provvisorie per salvaguardare l'occupazione. Appare evidente
tuttavia che i progressi verso una maggiore flessibilità e una maggiore sicurezza sono stati
modesti e diseguali. In un panorama caratterizzato da limitazioni di bilancio, il dibattito sulla
flessicurezza in corso nell'UE nel quadro dell'iniziativa faro "Un'agenda per nuove
competenze e per l'occupazione" ha consentito di identificare una serie di misure necessarie
per aiutare i mercati del lavoro ad adattarsi e a rispondere alla crisi e alle sfide strutturali nel
contesto della strategia Europa 2020. 19
Le prossime tappe delle riforme strutturali del mercato del lavoro dovrebbero riguardare in
particolare i seguenti aspetti.
2.1.1.
Garantire le transizioni sul mercato del lavoro e mercati del lavoro inclusivi
–
Utilizzare la flessibilità interna per ridurre l'insicurezza e i costi di bilancio. La
crisi ha dimostrato che, nei periodi di contrazione economica, la flessibilità interna
può essere uno strumento assai efficace per mantenere l'occupazione e ridurre i costi
di adeguamento. Il ricorso alla capitalizzazione delle ore di lavoro o a banche delle
ore, a regimi di disoccupazione parziale (short-time working arrangements o STWA)
e a clausole di deroga nei contratti collettivi per alcune condizioni di lavoro hanno
contribuito a salvare posti di lavoro e a preservare la competitività delle imprese,
evitando o posticipando i licenziamenti. Benché spesso abbiano leggermente ridotto
la produttività, i regimi di disoccupazione parziale hanno comunque contribuito a
preservare competenze, salvaguardare posti di lavoro e mantenere la fiducia e i loro
costi sono stati in genere inferiori a quelli delle indennità di disoccupazione.
Tuttavia, poiché il margine di bilancio destinato a finanziare tali regimi è attualmente
più ridotto di quanto non fosse due anni fa, il dialogo sociale nelle imprese e ai livelli
superiori diventa ora più importante per contribuire a trovare le soluzioni ottimali in
materia di flessibilità interna.
–
Garantire salari dignitosi e sostenibili evitando le trappole dei bassi salari.
Anche prima della crisi il fatto di avere un lavoro non sempre si è rivelato una
garanzia contro la povertà: nell'UE il tasso di povertà tra le persone che lavorano
supera ancora l'8%. Il rischio di povertà dei lavoratori è elevato, soprattutto nei paesi
caratterizzati da disuguaglianze nella distribuzione del reddito e da bassi salari
minimi, tra le persone con contratti a termine, i nuclei familiari a bassa intensità di
lavoro e le famiglie monoparentali20. Fissare salari minimi di livello adeguato può
19
Accompanying Staff Working Document Open, dynamic and inclusive labour markets (Documento di
lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione - Mercati del lavoro
aperti, dinamici e inclusivi).
Occupazione e sviluppi sociali in Europa 2011; Is working enough to avoid poverty? In-work poverty
mechanism and policies in the EU (È sufficiente lavorare per evitare la povertà? Meccanismi e politiche
in materia di povertà lavorativa nell'UE).
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contribuire ad evitare l'aumento della povertà lavorativa21 ed è un fattore importante
per garantire la qualità e la dignità dei posti di lavoro. Nella maggior parte degli Stati
membri esistono oggi salari minimi stabiliti per legge o giuridicamente vincolanti in
altro modo o comunque generalmente applicabili22. L'impatto del salario minimo
tanto sulla domanda quanto sull'offerta può variare notevolmente da uno Stato
membro all'altro, in funzione del livello stabilito, delle altre politiche del mercato del
lavoro e delle sue istituzioni. Deve essere possibile poter adeguare in misura
sufficiente i minimi salariali, con il coinvolgimento delle parti sociali, per
rispecchiare gli sviluppi economici globali. In tale contesto salari minimi
differenziati, già d'applicazione in diversi Stati membri, possono essere un mezzo
efficace per sostenere la domanda di manodopera.
–
Fare in modo che le transizioni risultino proficue. La flessibilità del mercato del
lavoro richiede sicurezza nei passaggi da un'occupazione a un'altra. Una vita
professionale caratterizzata da una serie di cambi di lavoro, talvolta verso posti
migliori, ma anche verso posti equivalenti o addirittura verso posti di grado inferiore,
è oggi una realtà per molti lavoratori, soprattutto per quelli giovani. La qualità delle
transizioni professionali determinerà la qualità della carriera di un lavoratore. La
sicurezza durante tutta la vita professionale, anche durante le transizioni tra vari tipi
di posizione lavorativa (ad esempio, dalla formazione all'occupazione, dal congedo
di maternità all'occupazione, transizioni verso il lavoro autonomo e
l'imprenditorialità, ecc.), è essenziale affinché le persone dispongano degli strumenti
necessari per mantenere la loro occupabilità e per far sì che le transizioni risultino
proficue. Alcuni aspetti meritano un'attenzione particolare: la transizione dei giovani
dallo studio al lavoro, da cui risulta chiaramente che apprendistati e tirocini di qualità
possono costituire un trampolino per entrare nel mondo del lavoro, ma al cui
proposito esistono anche esempi ricorrenti di tirocini mal utilizzati; l'integrazione
delle donne nel mercato del lavoro, stabilendo la parità di retribuzione, fornendo
servizi adeguati di custodia dei bambini, eliminando ogni forma di discriminazione23
e i disincentivi fiscali che scoraggiano la partecipazione femminile, e ottimizzando la
durata del congedo di maternità e del congedo parentale; e le transizioni dei
lavoratori più anziani nel contesto della modernizzazione dei sistemi pensionistici e
del prolungamento della vita lavorativa, per le quali occorrono misure complessive,
come incentivi fiscali, l'accesso all'apprendimento permanente attraverso
l'orientamento professionale e la formazione, orari di lavoro flessibili per quanti ne
hanno bisogno e luoghi di lavoro sicuri e sani.
–
Favorire le transizioni dalla disoccupazione al lavoro grazie alla condivisione
delle responsabilità. Tenuto conto degli attuali elevati livelli di disoccupazione, le
indennità di disoccupazione su cui si appoggiano le transizioni dalla disoccupazione
alla ripresa della vita lavorativa dovrebbero essere sufficientemente flessibili per
stimolare un ritorno rapido a un'occupazione sostenibile. Durante la crisi le indennità
di disoccupazione, in alcuni casi, sono state estese a categorie che in precedenza non
erano protette, in particolare ai lavoratori interinali, e in altre situazioni i diritti sono
21
OCSE, divided we stand: why inequality keeps rising (Le divisioni permangono: perché le
disuguaglianze continuano ad aumentare), 2011.
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Minimum_wage_statistics. I livelli dei
salari minimi sono compresi tra il 30% e il 50% delle retribuzioni lorde medie mensili.
Attraverso la piena applicazione della direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle
pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.
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stati ampliati. Pur tenendo conto della difficile situazione di bilancio in cui si trova la
maggior parte degli Stati membri, è fondamentale mantenere questi aiuti per il tempo
in cui la crisi si farà sentire. Se la domanda di manodopera è debole, ridurre le
prestazioni potrebbe accrescere il rischio di povertà senza aumentare il numero di
persone che riescono ad uscire dalla disoccupazione. I requisiti di attivazione devono
rientrare in un approccio fondato su responsabilità condivise che mantenga gli
incentivi al lavoro e nel contempo garantisca il reddito, fornisca assistenza
personalizzata per la ricerca di un lavoro e protegga dal rischio di povertà.
–
Garantire disposizioni contrattuali adeguate per contrastare la segmentazione
del mercato del lavoro. I diritti associati agli accordi contrattuali sono un altro
fattore che indebolisce la qualità delle transizioni. Dai dati risulta chiaramente che
molti dei nuovi posti di lavoro creati negli ultimi anni (anche prima della crisi) erano
basati su contratti a termine e altre forme di lavoro atipiche24. Questo ha comportato
una maggiore fluidità nel mercato del lavoro e ha permesso alle imprese di adattare
più facilmente la manodopera a nuove forme di produzione e di organizzazione del
lavoro. Due direttive25 hanno stabilito il lavoro a tempo parziale e il lavoro a tempo
determinato sulla base del principio della parità di trattamento, mentre una direttiva
più recente mira analogamente a disciplinare il lavoro tramite agenzia interinale26. Se
i datori di lavoro privilegiano marcatamente queste forme di rapporto contrattuale,
ciò è forse dovuto ai costi di licenziamento assai più elevati associati ai contratti a
tempo indeterminato/classici. In molti casi, inoltre, questi posti di lavoro non
costituiscono un punto di partenza verso forme di lavoro più stabili. Occorrono
dunque riforme misurate ed equilibrate della legislazione in materia di tutela del
lavoro allo scopo di correggere la segmentazione o di frenare l'eccessivo ricorso a
contratti atipici e l'abuso del falso lavoro autonomo. Più in generale, tutti i tipi di
accordi contrattuali dovrebbero garantire ai lavoratori un insieme di diritti di base
(compresi i diritti alla pensione) a decorrere dalla firma del contratto, fra cui
l'accesso all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, la protezione sociale e la
protezione economica in caso di risoluzione del rapporto di lavoro senza colpa da
parte del lavoratore.
–
Gestire in modo proattivo le ristrutturazioni economiche. Pur in presenza di
condizioni sfavorevoli del mercato, nel complesso molte imprese dell'UE e i loro
dipendenti si sono impegnati con creatività, spesso con il sostegno delle autorità
pubbliche e dell'UE, in processi di ristrutturazione che si sono dimostrati costruttivi,
efficaci e determinanti per limitare la perdita di posti di lavoro, grazie ad accordi
innovativi. In effetti negli ultimi due anni vi è stata una forte domanda di misure di
sostegno alla ridistribuzione delle risorse fra imprese e occupazioni. Tali misure
comprendono modifiche delle norme a tutela dell'occupazione e delle pratiche
gestionali in materia di ristrutturazione delle imprese, ma anche politiche appropriate
di formazione e attivazione che, associate a regimi di indennità di disoccupazione
adeguatamente concepiti, accompagnino i lavoratori che hanno perso il posto di
lavoro verso occupazioni e professioni diverse. La Commissione si baserà sulle
24
http://ec.europa.eu/eures/home.jsp "Labour market and social trends".
Direttiva 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale e direttiva 99/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999,
sul lavoro a tempo determinato.
Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al
lavoro tramite agenzia interinale.
25
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risposte al suo Libro verde sulla ristrutturazione27 per diffondere le migliori pratiche
e garantire un adeguato follow-up.
–
Sviluppare l'apprendimento permanente come chiave per garantire la sicurezza
dell'occupazione. L'accesso all'apprendimento permanente, tanto per i lavoratori
quanto per i disoccupati, è fondamentale per preservare l'occupabilità. A tale
riguardo, diventa essenziale l'impegno dei datori di lavoro a formare i loro
dipendenti, in particolare i lavoratori poco qualificati e i lavoratori anziani. Per
quanto riguarda i disoccupati, soprattutto quelli meno qualificati o appartenenti a
gruppi vulnerabili, occorrono servizi personalizzati di orientamento professionale e
formazioni sulle competenze richieste dal mercato. Le nuove tecnologie e la
globalizzazione hanno tuttavia notevolmente ridotto i posti destinati ai lavoratori in
possesso di qualifiche medie, per i quali sono quindi necessarie importanti politiche
di riqualificazione. La recessione ha accelerato la polarizzazione dell'occupazione
(sopprimendo posti di lavoro per le qualifiche medie), con il rischio di segregare
sempre più l'occupazione in blocchi di bassa e di alta qualità, limitando in tal modo
le possibilità di mobilità professionale, una situazione che deve essere affrontata.
–
Offrire opportunità ai giovani. I giovani europei sono fra quanti risentono
maggiormente della crisi economica e dei problemi strutturali del mercato del lavoro,
come illustra la recente iniziativa "Opportunità per i giovani"28. La Commissione
ribadisce il suo impegno a lottare contro i drammatici livelli di disoccupazione
giovanile, anche mettendo a disposizione finanziamenti dell'UE29. In linea con la
richiesta espressa dal Consiglio europeo30, occorre dare la priorità a misure di
sostegno al passaggio dagli studi alla vita lavorativa (mediante, ad esempio, garanzie
per i giovani, misure di attivazione destinate ai giovani, la qualità dei tirocini31) e alla
mobilità dei giovani.
2.1.2.
Mobilitare tutti i soggetti interessati ai fini di una migliore attuazione
–
Rafforzare il dialogo sociale. Il successo delle politiche occupazionali dipende in
misura fondamentale dall'esistenza di un consenso sulle riforme. In molti casi la
responsabilità della loro elaborazione ed attuazione non ricade solo sui governi, ma
anche sulle parti sociali. Un intenso dialogo sociale è una caratteristica comune in
quei paesi in cui i mercati del lavoro si sono dimostrati maggiormente in grado di
resistere alla crisi. Nella prima fase della crisi il contributo delle parti sociali
all'applicazione di soluzioni di flessicurezza interna è stato fondamentale per
attenuare l'impatto della recessione. Occorre stabilire un processo condiviso di
27
Comunicazione della Commissione "Ristrutturare e anticipare i mutamenti: quali insegnamenti trarre
dall'esperienza recente?" COM(2012)7 del 17 gennaio 2012.
Comunicazione della Commissione - Iniziativa "Opportunità per i giovani"(Youth Opportunities
Initiative), COM (2011) 933 del 20 dicembre 2011.
Il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione
Implementing the Youth Opportunities Initiative: first steps taken (Attuazione dell'iniziativa
"Opportunità per i giovani": primi passi compiuti) presenta una relazione intermedia sulle misure
adottate di recente dagli Stati membri per combattere la disoccupazione giovanile. Nel febbraio del
2012 "gruppi di intervento" (action teams) della Commissione hanno visitato gli otto Stati membri con
il più elevato tasso di disoccupazione giovanile. I risultati di queste missioni saranno integrati nei
programmi nazionali di riforma.
Dichiarazione dei membri del Consiglio europeo del 30 gennaio 2012.
Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Un quadro di qualità per i tirocini.
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riforme che determinino le condizioni necessarie affinché in futuro si possano creare
posti di lavoro sostenibili e di qualità e coinvolgere attivamente le parti sociali, a tutti
i livelli, nell'elaborazione e nella realizzazione di tali riforme. In un numero crescente
di imprese questo contributo ha assunto la forma di accordi aziendali transnazionali,
grazie ai quali vengono date risposte concordate a livello europeo alle sfide generate
dalla crisi e vengono messi a punto meccanismi per gestire i cambiamenti. Accordi
aziendali transnazionali interessano già più di 10 milioni di dipendenti e il loro ruolo
va ulteriormente riconosciuto e sostenuto.
–
Ridefinire i servizi primari ed essenziali dei servizi pubblici per l'impiego (SPI).
Gli SPI sono i responsabili principali delle politiche di attivazione che contribuiscono
a facilitare le transizioni sul mercato del lavoro. Per svolgere pienamente la loro
missione gli SPI devono diventare "agenzie per la gestione delle transizioni" e
svolgere una nuova combinazione di funzioni "attive" e "passive" a sostengo di
transizioni sostenibili durante tutta la vita professionale dei lavoratori. I principali
elementi portanti dovrebbero essere servizi moderni di informazioni sul mercato del
lavoro, provvedimenti attivi e preventivi riguardanti il mercato del lavoro, sostegno
tempestivo all'occupabilità, prestazione di servizi personalizzati, miglioramento del
ricorso ai servizi elettronici e sviluppo di solidi partenariati, in particolare con altri
servizi per l'impiego, anche in altri Stati membri.
–
Mettere in comune le risorse e concentrasi su partenariati efficaci. Nei periodi in
cui le risorse per gli investimenti sono limitate, è di vitale importanza mettere in
comune risorse finanziarie e materiali e riunire i soggetti interessati attorno ad un
obiettivo comune. Un esempio potrebbe essere la messa in comune di risorse da parte
di gruppi di datori di lavoro. Le PMI che si associano per rispondere ad esigenze
analoghe in materia di assunzione e formazione sono in grado di superare le
limitazioni individuali per attirare personale qualificato e stabilire politiche comuni
sulle risorse umane. La creazione di partenariati ad un livello territoriale appropriato
può contribuire al buon funzionamento delle transizioni, riunendo servizi per
l'impiego pubblici, privati e del settore terziario, organismi previdenziali, comuni e
amministrazioni regionali, centri di istruzione e formazione, servizi di orientamento
professionale, ONG, istituzioni sociali, ecc. La composizione dei partenariati dovrà
essere determinata sulla base delle complementarità dei servizi e di un'assegnazione
delle risorse efficace rispetto ai costi.
RIFORME DEL MERCATO DEL LAVORO
La Commissione invita gli Stati membri e il Consiglio a:
–
portare avanti senza indugio la strategia Europa 2020 e adottare, sulla base degli
orientamenti strategici contenuti nella presente comunicazione, un approccio
ambizioso e politiche di riforma del mercato del lavoro nel quadro dei rispettivi piani
nazionali per l'occupazione (programmi nazionali di riforma).
La Commissione intende:
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–
presentare una proposta di raccomandazione del Consiglio su un quadro di qualità
per i tirocini entro la fine del 2012, sulla base di una consultazione dei servizi della
Commissione32;
–
presentare una proposta di raccomandazione del Consiglio sulle garanzie per i
giovani entro la fine del 2012 e sostenere misure di attivazione a favore dei giovani
nel contesto di regimi di garanzia per i giovani;
–
intraprendere ulteriori azioni per diffondere le buone pratiche e promuovere il
dibattito sugli accordi aziendali transnazionali;
–
elaborare entro il 2012, in collaborazione con la rete europea dei servizi pubblici per
l'impiego, un piano d'azione europeo per la prestazione sul campo di servizi per
l'occupazione pertinenti ed efficaci e le modalità per la sua attuazione pratica in
termini di modelli di SPI, obiettivi e compiti alla luce degli obiettivi della strategia
Europa 2020;
–
censire le nuove forme di occupazione, come la messa in comune delle risorse da
parte dei datori di lavoro, e riferire sulle priorità strategiche comuni a sostegno di
interventi che consentano alle imprese di essere più flessibili e di rispondere meglio
ai cambiamenti, promuovendo nel contempo la fidelizzazione del personale e la
creazione di posti di lavoro.
2.2.
Investire nelle competenze
L'osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti sottolinea l'importanza che mantengono le
competenze elevate e segnala un numero crescente di posti vacanti per i quali non si trovano
le competenze necessarie33. Occorre prevedere quali saranno le esigenze di competenze sui
mercati del lavoro dell'UE e intervenire rapidamente per rimediare ai disequilibri. Per
contribuire alla creazione di occupazione è fondamentale dotare i lavoratori delle competenze
richieste dai posti di lavoro. L'Europa e i suoi Stati membri devono comprendere appieno
queste esigenze al fine di meglio prevedere i mutamenti economici e trovare soluzioni agli
squilibri tra domanda e offerta di competenze. Malgrado i livelli elevati di disoccupazione, in
particolari settori e/o regioni sono state rilevate carenze di qualifiche. La mancata
corrispondenza tra le competenze disponibili e le esigenze dei mercati del lavoro interessa
tutti gli Stati membri, ma in misura diversa. Per affrontare queste sfide, numerosi paesi hanno
deciso di mettere in atto strategie nazionali e di approntare strumenti per porre rimedio ai
disequilibri riscontrati. A livello europeo si è cominciato ad adottare le misure e ad applicare
gli strumenti annunciati nell'iniziativa faro della strategia Europa 2020 "Un'agenda per nuove
competenze e per l'occupazione". In tutta l'Unione europea il Fondo sociale europeo
costituisce una delle principali fonti di investimenti nelle competenze, con oltre 30 miliardi di
euro destinati all'acquisizione di competenze e all'apprendimento permanente per il periodo
2007-2013.
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Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione – Un
quadro di qualità per i tirocini.
Comunicazione della Commissione "Analisi annuale della crescita per il 2012", progetto di relazione
comune sull'occupazione, COM(2011)815, curva di Beveridge pag. 7.
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2.2.1.
Un monitoraggio migliore del fabbisogno di competenze
L'UE ha creato vari strumenti per prevedere ed anticipare le esigenze di competenze:
l'osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti fornisce informazioni sulle offerte di lavoro
e sulle tensioni a breve termine, mentre il Cedefop elabora periodicamente previsioni a lungo
termine e Eurofound, da parte sua, fornisce importanti informazioni tratte da indagini
realizzate presso i datori di lavoro e i lavoratori in merito alle condizioni di lavoro, uno degli
elementi che spiegano gli squilibri di competenze in questione. La Commissione ha di recente
contribuito all'istituzione di consigli sulle competenze settoriali a livello europeo per
comprendere meglio le esigenze dei vari settori.
L'Europa, tuttavia, non dispone ancora di una visione globale delle proprie esigenze in
materia di competenze. La panoramica europea delle competenze, che sarà avviata entro la
fine del 2012, è il primo passo verso la convergenza di tutti gli strumenti di anticipazione
esistenti. Tale panoramica offrirà una rassegna complessiva delle prospettive da breve a
medio termine, osservate su base europea, nazionale e settoriale, per quanto riguarda i posti di
lavoro e le esigenze di competenze e ne seguirà l'evoluzione fino al 2020. Contribuirà a
individuare le carenze emergenti di competenze relative a occupazioni specifiche a livello
settoriale o transettoriale e sarà una risorsa per gli osservatori delle competenze su scala
nazionale, regionale o settoriale, per i centri di orientamento professionale ed educativo,
nonché per i consulenti in materia di occupazione e servizi. Sarà inoltre rafforzata la
cooperazione tra gli organismi dell'UE che realizzano previsioni e indagini, come Eurofound
e Cedefop. Concentrando in modo più sistematico le loro analisi sui singoli paesi,
contribuiranno ad una migliore comprensione degli sviluppi su scala nazionale e offriranno
informazioni utili per il programma di riforme strutturali di Europa 2020. La convergenza di
mezzi e strumenti resterà la priorità principale per gestire in modo più efficace il fabbisogno
di competenze.
2.2.2.
Un migliore riconoscimento delle competenze e delle qualifiche
Strumenti dell'UE come il quadro europeo delle qualifiche (EQF) o il CV Europass sono stati
introdotti per aiutare le persone che si spostano tra istituti di istruzione, imprese, settori e
paesi in tutta Europa e per favorire la trasparenza delle competenze e delle qualifiche. Con la
progressiva evoluzione dell'EQF, in tutti i titoli individuali rilasciati in Europa dovrà figurare
un riferimento ai livelli europei delle qualifiche. I quadri nazionali delle qualifiche dovranno
inoltre aprirsi ai titoli rilasciati a livello di settore economico. Il CV Europass sarà completato
da un passaporto europeo delle competenze, in cui figurerà una sintesi delle competenze della
persona, indipendentemente dal modo in cui sono state acquisite.
2.2.3.
Una sinergia migliore tra il mondo dell'istruzione e quello del lavoro
Per affrontare il problema degli squilibri tra domanda e offerta di competenze occorre una
stretta collaborazione tra il mondo dell'istruzione e quello del lavoro, e questo a livello sia
politico che operativo. A livello politico, affinché si possa garantire l'elaborazione di politiche
efficaci, è necessario che gli organi competenti del Consiglio (EPSCO e EYC) cooperino per
mezzo dei comitati (EMCO, comitato dell'istruzione).
A livello operativo, occorrono sinergie per facilitare il passaggio dall'istruzione e dalla
formazione al mondo del lavoro. Una soluzione consiste nell'introduzione di programmi brevi
di studio a livello di istruzione terziaria, orientati in particolare all'acquisizione delle
competenze richieste nei settori in cui sono state individuate carenze di competenze.
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Le "alleanze della conoscenza" permettono già di costruire forme più strutturate di
cooperazione tra università e imprese in vista della creazione di nuovi programmi di studio
che promuovano l'imprenditorialità, il problem solving e il pensiero creativo. Le alleanze tra il
mondo dell'istruzione e le imprese a livello UE dovrebbero essere estese ai centri di istruzione
e formazione professionale per tradurre concretamente in programmi di studio e metodi di
formazione le analisi svolte dai consigli sulle competenze settoriali.
Collegando le capacità e le competenze alle professioni, anche la classificazione multilingue
europea delle capacità, delle competenze e delle professioni (European multilingual
classification of Skills, Competences and Occupations - ESCO), attualmente in fase di
elaborazione, dovrebbe contribuire a promuovere la cooperazione fra i mercati del lavoro e il
settore dell'istruzione e della formazione. Il collegamento tra i vari strumenti in materia di
competenze, come il CV europeo e i passaporti delle competenze, compreso il passaporto
europeo delle competenze, agevolerà inoltre le transizioni verso e sui mercati del lavoro.
A questi strumenti e misure dovrebbero accompagnarsi sforzi intesi a modernizzare i sistemi
di istruzione e formazione, che consentano di accrescere la quantità, la qualità e la pertinenza
dell'offerta di competenze. Nella seconda metà del 2012 la Commissione presenterà
un'iniziativa volta a sfruttare il potenziale dell'istruzione e della formazione al fine di
stimolare la crescita, l'occupazione e la competitività.
INVESTIRE NELLE COMPETENZE
Per trovare soluzioni agli squilibri tra domanda e offerta di competenze nell'UE e meglio
prevedere i fabbisogni di competenze la Commissione intende:
–
–
–
–
–
–
2.3.
adoperarsi, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, affinché il
Cedefop e Eurofound integrino la loro esperienza a livello settoriale e dell'UE con
maggiori conoscenze specifiche per paese e per far sì che la collaborazione tra le due
istituzioni sia rafforzata;
lanciare, entro la fine del 2012, una panoramica europea delle competenze, basata in
particolare sull'osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti;
avviare una nuova fase nel riconoscimento delle qualifiche e delle competenze,
grazie a orientamenti per indicare in modo sistematico i livelli del quadro europeo
delle qualifiche in tutti i nuovi titoli che saranno rilasciati nell'UE e grazie anche a
una maggiore complementarietà con il quadro delle qualifiche dell'istruzione
superiore;
garantire, a partire dal 2103, che almeno un quarto dei titoli rilasciati ogni anno
contenga un riferimento al livello di qualifica europeo corrispondente;
introdurre il passaporto europeo delle competenze entro la fine del 2012;
favorire la creazione di una rete di rappresentanti del mondo del lavoro e
dell'istruzione a sostegno della gestione delle competenze.
Verso un mercato europeo del lavoro
I mercati europei del lavoro sono per la maggior parte caratterizzati dal coesistere di tassi
elevati e persistenti di disoccupazione in molte zone e da posti di lavoro difficili da occupare
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in regioni o settori in piena crescita34. Le disparità strutturali tra offerta e domanda di
manodopera sono diffuse. Come sottolineato dall'analisi annuale della crescita per il 201235, la
mobilità dei lavoratori in Europa è troppo bassa36 rispetto alle dimensioni complessive dei
mercati del lavoro dell'UE e alla popolazione attiva, il che ostacola quegli adeguamenti nella
distribuzione delle risorse che potrebbero sostenere la crescita economica e occupazionale. Il
rafforzamento dell'integrazione dei mercati europei del lavoro e un'effettiva corrispondenza
tra domanda e offerta di manodopera sono fattori essenziali affinché tutte le opportunità di
lavoro possano essere sfruttate. A tale riguardo, la mobilità non significa soltanto spostarsi
dove c'è lavoro o avere accesso a posti di lavoro migliori, ma permette anche un
miglioramento delle competenze generali e professionali e un aumento dell'adattabilità e
dell'occupabilità.
2.3.1.
Eliminare gli ostacoli giuridici e pratici alla libera circolazione dei lavoratori
La mobilità dei lavoratori nell'UE continua ad incontrare notevoli ostacoli. Si tratta, in alcuni
casi, di ostacoli culturali, profondamente radicati nella società e di difficile soluzione in tempi
brevi, come ad esempio quelli legati alla lingua, all'alloggio o a forme di discriminazione. Gli
ostacoli di natura linguistica, d'altro canto, potrebbero essere superati finanziando programmi
di formazione nelle lingue straniere destinati in modo specifico ai lavoratori che hanno scelto
la mobilità. A tal fine sono necessari interventi per creare un atteggiamento di apertura verso
tutte le opportunità offerte dalla mobilità in Europa. I lavoratori che scelgono di spostarsi
devono tuttavia affrontare anche altre difficoltà37, legate all'esercizio dei diritti conferiti dalla
legislazione dell'UE e all'inadeguatezza dell'appoggio offerto alla mobilità geografica
all'interno dell'Unione. Benché vi sia un vasto "acquis" legislativo38, i cittadini europei che si
spostano al di là delle frontiere devono ancora affrontare ostacoli giuridici, amministrativi e
pratici.
–
Nove Stati membri mantengono ancora restrizioni alla libertà di accesso al
mercato del lavoro per i lavoratori di Bulgaria e Romania, malgrado l'impatto
globalmente positivo che la mobilità della manodopera proveniente da tali paesi ha
avuto sull'economia dei paesi di accoglienza39. Pur riconoscendo il diritto degli Stati
membri di applicare queste restrizioni nell'accesso al mercato del lavoro fino al 31
dicembre 2013 in conformità del trattato di adesione, la Commissione ribadisce
l'importanza di prepararsi gradualmente alla piena applicazione della normativa UE
sulla libera circolazione per i lavoratori bulgari e rumeni.
–
La riserva dell'accesso a determinati impieghi nella pubblica amministrazione ai
propri cittadini conformemente all'articolo 45, paragrafo 4, del TFUE può essere
mantenuta in circostanze eccezionali. Secondo la giurisprudenza costante della Corte
di giustizia europea questa eccezione deve essere interpretata restrittivamente e
34
Comunicazione della Commissione "Analisi annuale della crescita per il 2012", progetto di relazione
comune sull'occupazione, COM(2011)815 del 23 novembre 2011.
Comunicazione della Commissione "Analisi annuale della crescita per il 2012", COM(2011) 815 del 23
novembre 2011.
Nel 2010 solo il 2,8% della popolazione europea in età lavorativa (dai 15 ai 64 anni) viveva in uno
Stato membro diverso da quello d'origine (indagine sulla forza lavoro UE).
Indagine speciale Eurobarometro del giugno 2010 sulla mobilità geografica e del mercato del lavoro.
La libertà di cercare un lavoro in qualunque Stato membro dell'UE è riconosciuta anche dall'articolo 15
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Relazione sul funzionamento delle disposizioni transitorie in materia di libera circolazione dei
lavoratori provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania, COM(2001)729 dell'11 novembre 2011.
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riguarda soltanto i posti di lavoro che implicano la partecipazione, diretta o indiretta,
all'esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli
interessi generali dello Stato o degli enti pubblici40. La valutazione di questi criteri
deve essere realizzata caso per caso.
–
La mancanza di riconoscimento delle qualifiche professionali resta un ostacolo
reale al funzionamento corretto del mercato unico, in particolare per quanto riguarda
la libera circolazione e la mobilità dei lavoratori. Il 19 dicembre 2011 la
Commissione ha adottato una proposta per aggiornare la direttiva sulle qualifiche
professionali41 in modo da adeguarla all'evoluzione dei mercati del lavoro. La
proposta introduce una tessera professionale europea per i professionisti ad alta
mobilità e prevede un accesso migliore alle informazioni e ai servizi di egovernment.
–
Il timore di perdere diritti pensionistici e di sicurezza sociale rappresenta tuttora
una grave preoccupazione per i lavoratori e le persone in cerca di lavoro che hanno
intenzione di trasferirsi in un altro paese europeo. Un aspetto importante è
rappresentato dalla possibilità per le persone che cercano lavoro in un altro Stato
membro di conservare il diritto alle indennità di disoccupazione per più di tre mesi.
Sebbene la normativa dell'UE autorizzi gli Stati membri ad estendere tale diritto ad
un massimo di sei mesi, questo non è ancora garantito dalle rispettive pratiche
nazionali.
–
A ciò si aggiunge il fatto che molti lavoratori mobili non conoscono ancora i
propri diritti e i propri obblighi. La Commissione ribadisce la necessità di
garantire un'applicazione corretta dei regolamenti42 relativi al coordinamento dei
sistemi di sicurezza sociale, che mettono in particolare evidenza l'obbligo degli Stati
membri di aiutare in maniera attiva i cittadini a far valere i loro diritti43. Nel
complesso, la mancata applicazione della normativa UE vigente significa che la
Commissione dovrà trovare meccanismi supplementari per far rispettare le norme e
garantire un'effettiva libera circolazione dei lavoratori. Anche la scarsa conoscenza
dei diritti UE e le difficoltà nell'ottenere assistenza in caso di mancato rispetto di tali
diritti restano problemi importanti. La Commissione e gli Stati membri stanno
collaborando, nel quadro del mercato unico, per facilitare l'accesso alle informazioni
e a servizi di assistenza gratuita quali "La tua Europa – Consulenza" e SOLVIT
tramite il portale "La tua Europa".
–
Gli ostacoli fiscali incontrati dai cittadini dell'UE che si trasferiscono in un altro
Stato membro per lavorarvi temporaneamente o in via permanente o che attraversano
ogni giorno una frontiera per recarsi al lavoro costituiscono una grave barriera alla
mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE. Può trattarsi di difficoltà nell'ottenere
esenzioni, sgravi fiscali e deduzioni nel paese di lavoro, di aliquote fiscali
40
In particolare nella causa C-290/94.
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, COM (2011) 883 del 19 dicembre 2011.
Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e
regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009.
Il diritto di ogni individuo che risieda o si sposti liberamente all'interno dell'UE alle prestazioni di
sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni nazionali è
anche specificatamente riconosciuto dall'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali.
41
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progressive più elevate applicate ai non residenti o di problemi di doppia
imposizione.
2.3.2.
Migliorare l'abbinamento fra offerta e domanda di lavoro al di là delle frontiere
Con soli 25 000 datori di lavoro registrati e circa 150 000 collocamenti/assunzioni all'anno, la
rete dei servizi europei dell'occupazione (EURES) non è ancora stata in grado di sfruttare
appieno il suo potenziale di occupazione diretta. La Commissione intende pertanto orientare
EURES sulla messa in corrispondenza tra domanda e offerta, come pure sul collocamento e
sull'assunzione, dotando la rete della più vasta portata e copertura possibile, grazie
all'avviamento di servizi innovativi in modalità "self-service" in tutte le lingue europee e alla
piena interoperabilità semantica nello scambio di offerte nazionali di lavoro e di dati dei CV44.
EURES sarà così in grado di fornire un accesso più agevole, in tempo reale, ai posti vacanti
disponibili nell'UE e di mettere a disposizione dei datori di lavoro una riserva attiva di
candidati in cui possano trovare le competenze necessarie per far crescere le loro imprese.
Si procederà inoltre ad ampliare la rete EURES grazie a programmi mirati di mobilità dei
lavoratori che favoriranno le occupazioni per le quali risulta problematico trovare personale,
gruppi specifici di lavoratori con un'elevata propensione alla mobilità, nonché i mercati
nazionali del lavoro che accolgono o accoglieranno lavoratori europei. A tal fine EURES farà
pieno uso dell'analisi dei posti di lavoro vacanti e delle assunzioni realizzata dalla
Commissione con strumenti quali l'osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti45 e il
bollettino europeo per la mobilità professionale46. Consultazioni sistematiche con i soggetti
interessati, come le parti sociali e i servizi dell'occupazione, aiuteranno ulteriormente EURES
a colmare quei posti di lavoro per i quali sono state riscontrate difficoltà di reperimento di
personale.
L'obiettivo è che EURES diventi un punto di ingresso e la prima scelta spontanea per tutti i
cittadini, i lavoratori legalmente residenti o le persone alla ricerca di lavoro che stanno
prendendo in considerazione la possibilità di lavorare in un altro paese europeo come pure per
i datori di lavoro che intendono assumere personale di un altro paese europeo, migliorando
l'efficienza del mercato del lavoro europeo47.
2.3.3.
Considerare gli effetti dell'immigrazione nell'Unione e dell'emigrazione dall'Unione
Se si considera che, da qui al 2020, le esigenze di manodopera sono destinate ad aumentare in
modo significativo nei settori economici più dinamici, mentre subiranno un ulteriore calo per
le attività che richiedono qualifiche poco elevate, vi è un forte rischio di deficit di competenze
specifiche per i posti di lavoro qualificati. A breve termine, la mobilità nell'UE potrebbe
contribuire a ridurre carenze specifiche di manodopera e/o disequilibri tra domanda e offerta
nell'UE-27. A lungo termine, tenuto conto soprattutto dell'andamento demografico nell'UE,
l'immigrazione economica a partire dai paesi terzi costituirà un elemento chiave per il mercato
del lavoro dell'UE. I livelli costantemente elevati di disoccupazione che si registrano in molti
Stati membri hanno tuttavia influito sull'accettazione dell'immigrazione per motivi di lavoro
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http://ec.europa.eu/eures/home.jsp
http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=955&langId=en.
http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=955&langId=en
Accompanying Staff Working Document Reforming EURES to meet the goals of Europe 2020
(Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la presente comunicazione –
Riformare EURES per realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020).
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da parte dell'opinione pubblica, mentre alcuni Stati membri devono affrontare il fenomeno
dell'emigrazione dall'UE di cittadini altamente qualificati provocato dalla crisi economica.
VERSO UN MERCATO EUROPEO DEL LAVORO
Libera circolazione dei lavoratori
La Commissione intende:
–
–
–
–
presentare una proposta legislativa entro la fine del 2012 al fine di sostenere i
lavoratori mobili (informazioni e consulenza) nell'esercizio dei diritti derivanti dal
trattato e dal regolamento n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori
all'interno dell'Unione48;
dare un nuovo impulso, nel 2012, ai lavori relativi alla direttiva sulla trasferibilità dei
diritti a pensione, che stabilisce norme minime per l'acquisizione e la salvaguardia
dei diritti a pensione complementare;
continuare a migliorare il portale "La tua Europa" per offrire uno sportello unico di
informazione sui diritti nell'UE e un facile accesso a servizi di assistenza
personalizzata quali "La tua Europa – Consulenza" e SOLVIT;
esaminare possibili misure fiscali per i lavoratori transfrontalieri al fine di proporre
provvedimenti volti a eliminare gli ostacoli fiscali incontrati dai lavoratori
dipendenti, ma anche dai lavoratori autonomi e dai pensionati.
La Commissione invita gli Stati membri a:
–
–
–
–
–
–
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adottare la proposta della Commissione intesa a modernizzare la direttiva sulle
qualifiche professionali in modo da agevolare ulteriormente il riconoscimento,
quanto mai necessario, delle qualifiche professionali;
far conoscere meglio i diritti conferiti dalla normativa UE in materia di lotta alla
discriminazione, parità di genere e libera circolazione dei lavoratori e a permettere ai
cittadini dell'UE di accedere più facilmente ai posti di lavoro nel settore pubblico
conformemente alla legislazione dell'Unione, come interpretata dalla Corte di
giustizia;
riesaminare la necessità di mantenere le attuali restrizioni alla libertà di accesso al
mercato del lavoro per i lavoratori bulgari e romeni fino alla fine del periodo
transitorio;
prevedere l'esportazione delle indennità di disoccupazione per un periodo massimo di
sei mesi per i disoccupati che hanno diritto a tali prestazioni e che si recano in un
altro Stato membro per cercarvi un'occupazione, a norma dell'articolo 64 del
regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza
sociale;
creare canali di comunicazione più efficaci con i lavoratori mobili affinché possano
avere pieno accesso alle informazioni sui diritti e sugli obblighi dei lavoratori che si
spostano in Europa;
agevolare gli adempimenti fiscali transfrontalieri tramite un maggiore allineamento
dei moduli di dichiarazione e di richiesta rimborso, la traduzione delle informazioni
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 141 del 27.5.2011, pag. 1.
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in tutte le lingue ufficiali dell'UE e un maggiore uso della tecnologia
dell'informazione.
Servizi europei dell'occupazione (EURES)
La Commissione propone:
di trasformare i servizi europei dell'occupazione (EURES) in un vasto strumento europeo per
l'occupazione in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020. A tal fine intende:
–
–
fare di EURES uno strumento europeo di collocamento e assunzione basato sulla
domanda, che risponda ai bisogni economici ma soddisfi anche l'obbligo giuridico di
garantire la trasparenza delle offerte di lavoro mediante strumenti innovativi on line
di adeguamento tra domanda e offerta di lavoro, fra cui applicazioni di Internet
mobile per garantire la massima diffusione e disponibilità;
introdurre a partire dal 2013 "Match and Map", una funzione innovativa on line in
modalità "self-service", per fornire in tempo reale agli utenti una chiara mappa
geografica delle offerte di lavoro a livello europeo corrispondenti ai loro profili; il
servizio offrirà al tempo stesso agli utenti un feedback individuale sulle ragioni della
mancata corrispondenza fra posto di lavoro e competenze, nonché informazioni sulle
possibilità di apprendimento per acquisire le competenze mancanti.
La Commissione invita gli Stati membri a utilizzare meglio EURES:
–
–
–
–
garantendo che tutte le offerte di lavoro pertinenti di tutti i servizi dell'occupazione
siano sistematicamente accessibili a livello nazionale e, tramite la rete EURES, a
livello europeo;
monitorando e migliorando la qualità dei dati sui posti di lavoro vacanti che vengono
scambiati all'interno del sistema EURES;
adoperandosi per conseguire una migliore interoperabilità su scala europea delle
offerte di lavoro e dei CV, contribuendo così all'elaborazione di ESCO;
integrando EURES nell'offerta di servizi di tutti gli attori del mercato del lavoro.
Migrazione
La Commissione propone:
–
di avviare una consultazione, entro la fine del 2012, per stimolare ad un ampio
dibattito con gli Stati membri, le parti sociali e le parti interessate sul ruolo che
dovrebbero svolgere le politiche dell'UE per quanto riguarda le opportunità offerte
dalla migrazione economica.
3.
MIGLIORARE LA GOVERNANCE DELL'UNIONE
Il semestre europeo è stato la prima tappa di un nuovo approccio adottato dall'Unione, con il
quale gli Stati membri e le istituzioni dell'UE cercano di rafforzare il coordinamento
economico e di bilancio e di elaborare una politica economica coerente. Il semestre costituisce
anche un metodo efficace di governance mediante il quale controllare e orientare l'attuazione
degli interventi a sostegno degli obiettivi di Europa 2020. Il coordinamento delle politiche
economiche e di bilancio è stato inoltre rafforzato di recente dal pacchetto sulla governance
economica (il cosiddetto "six-pack"), dal secondo pacchetto proposto sulla governance
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economica (il cosiddetto "two-pack") e dal trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla
governance nell'unione economica e monetaria. Il miglioramento della governance e del
coordinamento dell'occupazione nell'UE è diventato fondamentale per almeno due motivi. In
primo luogo, la partecipazione al mercato del lavoro, la disoccupazione e il costo del lavoro
sono fattori che influiscono sulla stabilità macroeconomica: tali fattori sono presi in
considerazione nel nuovo regolamento sulla prevenzione e sulla correzione degli squilibri
macroeconomici. In secondo luogo, la crisi ha ulteriormente evidenziato l'interdipendenza
delle economie e dei mercati del lavoro dell'UE, sottolineando la necessità di associare alla
nuova governance economica un coordinamento rafforzato delle politiche sociali ed
occupazionali, in linea con la strategia europea per l'occupazione prevista dal trattato.
3.1.
Completare il rafforzamento dei sistemi nazionali di informazione e
coordinamento con una migliore sorveglianza multilaterale
Nel dicembre del 2011 il Consiglio europeo ha riconosciuto l'importanza di integrare il
rafforzamento del coordinamento economico con il miglioramento del monitoraggio delle
politiche occupazionali e sociali49. Questo impegno politico è stato ribadito dal Consiglio
europeo di primavera del 2012, che ha chiesto agli Stati membri di elaborare piani nazionali
per l'occupazione in cui vengano definite iniziative globali in materia di occupazione.
Il piano nazionale per l'occupazione, che è parte integrante del programma nazionale di
riforma di uno Stato membro, deve fornire risultati chiave, a partire dagli orientamenti a
favore dell'occupazione espressi dal Consiglio europeo, per affrontare le debolezze strutturali
del mercato del lavoro e incidere, a breve e medio termine, sull'occupazione. I piani dovranno
comprendere un calendario preciso che indichi come il programma di riforma pluriennale sarà
messo in atto nel corso dei 12 mesi successivi.
Oltre a rafforzare la priorità data dai programmi nazionali di riforma al miglioramento dei
risultati in materia di occupazione, i piani nazionali per l'occupazione dovrebbero anche
contribuire a potenziare il coordinamento delle politiche occupazionali a livello dell'UE. Una
maggiore pressione reciproca a livello UE può agevolare l'attuazione e aiutare a mantenere
l'orientamento verso gli obiettivi. Il principale strumento di pressione reciproca resta la
possibilità per il Consiglio di adottare raccomandazioni specifiche per paese come previsto
dal trattato. Per rafforzare il coordinamento delle politiche, quest'anno il comitato per
l'occupazione ha adottato nuovi metodi di lavoro: essi prevedono una serie di verifiche inter
pares che consentiranno al comitato di giungere a una posizione multilaterale in merito
all'attuazione delle riforme, contribuendo così alla valutazione da parte della Commissione e
del Consiglio. La sorveglianza multilaterale può essere ulteriormente rafforzata anche grazie a
un sistema di monitoraggio del mercato del lavoro basato su dati oggettivi e a un programma
di controllo individuale per i paesi che non rispettano le raccomandazioni specifiche ad essi
destinate. Ciò dovrebbe consentire una sorveglianza continua, trasparente e completa dei
risultati degli Stati membri in materia di occupazione e dei progressi realizzati verso i
principali obiettivi della strategia Europa 2020.
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Conclusioni del Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 e conclusioni del Consiglio EPSCO del 1°
dicembre 2011.
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3.2.
Rafforzare il coinvolgimento delle parti sociali
Le parti sociali svolgono un ruolo importante sul piano nazionale nella definizione delle
norme del mercato del lavoro o nella fissazione dei salari e influenzano considerevolmente
altre politiche strutturali nel corso di consultazioni tripartite, come ad esempio nel settore
della sicurezza sociale. Il loro apporto è inoltre fondamentale per quanto riguarda l'attuazione
di misure quali quelle in materia di apprendistati o di apprendimento permanente efficace. A
livello dell'UE le parti sociali partecipano attualmente, oltre che alle consultazioni sulle
proposte legislative pertinenti, a un dialogo macroeconomico biennale e contribuiscono, due
volte all'anno, a scambi di opinioni al più alto livello politico in seno al vertice sociale
trilaterale50. Sia il dialogo macroeconomico che i vertici sociali trilaterali sono importanti
occasioni di coinvolgimento delle parti sociali, anche nel quadro del semestre europeo. Vi è
ancora tuttavia la possibilità di migliorare ulteriormente i meccanismi di partecipazione delle
parti sociali al coordinamento delle politiche economiche e occupazionali su scala UE,
soprattutto in vista del semestre europeo51.
Se l'autonomia del dialogo sociale è indiscutibile e le prassi nazionali vengono rispettate
(conformemente all'articolo 152 e all'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE), affinché la
governance economica europea sia efficace ed inclusiva occorre però che il coinvolgimento
delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche economiche ed
occupazionali sia proporzionato all'evoluzione dei meccanismi di sorveglianza e
coordinamento. È il caso, ad esempio, dei meccanismi di fissazione dei salari: varie questioni
di ordine salariale sono state infatti sollevate nelle raccomandazioni specifiche per paese52 del
2011 e l'andamento dei costi unitari nazionali del lavoro è oggetto di un monitoraggio nel
quadro della prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici53.
3.3.
Rafforzare il legame tra politica e finanziamenti
In assenza di investimenti significativi nel capitale umano risulterà impossibile costruire
mercati del lavoro dinamici e inclusivi, ridurre gli squilibri, migliorare le competenze e
accrescere la mobilità geografica. La Commissione ha quindi proposto, nel quadro finanziario
pluriennale per il periodo 2014-2020, di destinare a ogni tipo di regione stanziamenti minimi
del Fondo sociale europeo, per un totale di almeno 84 miliardi di euro. Oltre a rendere
necessario l'esame (o il riesame) delle priorità nazionali di bilancio nel contesto del
risanamento di bilancio "intelligente", coordinato attraverso il semestre europeo, lo
scrupoloso allineamento del bilancio dell'UE alla strategia Europa 2020 nel prossimo periodo
di programmazione deve essere visto come un'opportunità per accrescere e migliorare
l'impiego dei finanziamenti UE a sostegno degli sforzi di riforma intrapresi dagli Stati
membri54.
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Nel 2012 la Commissione intende proporre un aggiornamento della decisione 2003/174 del Consiglio
che istituisce un vertice sociale trilaterale, in linea con le disposizioni del TFUE.
Conclusioni del Consiglio (EPSCO) del 1° dicembre 2011, punto 9.5.
Raccomandazioni del Consiglio del 12 luglio 2011 sui programmi nazionali di riforma.
Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011.
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo
europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel
quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo
sociale europeo e sul Fondo di coesione, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006,
COM(2011) 615.
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A tal fine è necessario che vi sia una stretta corrispondenza fra le priorità dei contratti di
partenariato e dei programmi operativi successivi al 2013, che beneficeranno del sostegno del
FSE, e gli orientamenti forniti nel quadro della governance economica dell'UE, in particolare
della governance migliorata delle politiche in materia di occupazione. Parallelamente la
Commissione si sta adoperando per migliorare il coordinamento e l'integrazione dei fondi di
cui beneficeranno i contratti di partenariato, in particolare il FSE e il FESR come pure il
FEASR e il FEAMP. Questo approccio mira a massimizzare le sinergie, soprattutto dal punto
di vista dell'occupazione.
Alla valutazione inter pares rafforzata dell'attuazione delle riforme e allo scambio delle
migliori pratiche, che rientreranno nelle nuove funzioni del comitato per l'occupazione, dovrà
aggiungersi anche una valutazione dell'efficacia dei relativi investimenti al fine di migliorarli
ulteriormente, se del caso.
La Commissione propone:
di potenziare il coordinamento e la sorveglianza multilaterale nel settore delle politiche
per l'occupazione. A tal fine intende:
–
–
pubblicare, insieme al progetto di relazione comune sull'occupazione e su base
annuale, un sistema di analisi comparativa fondato su indicatori selezionati di
occupazione. Il sistema sarà elaborato in cooperazione con gli Stati membri e si
baserà sul quadro di valutazione comune e sul monitoraggio dei risultati in materia di
occupazione, uno strumento messo a punto con gli Stati membri per identificare le
principali sfide nel campo dell'occupazione;
elaborare, entro il 2012 e in collaborazione con gli Stati membri e con tutti i soggetti
interessati, un "quadro di valutazione" per monitorare i progressi compiuti dagli Stati
membri nell'attuazione dei piani nazionali per l'occupazione, nell'ambito dei
programmi nazionali di riforma; il primo quadro dovrebbe essere realizzato
nell'ambito dell'analisi annuale della crescita per il 2013 (relazione comune
sull'occupazione);
di rafforzare il coinvolgimento delle parti sociali europee nel semestre europeo. A tal fine
intende:
–
–
prevedere un coinvolgimento effettivo delle parti sociali dell'UE nelle principali
priorità strategiche relative alle politiche per l'occupazione i) nel quadro del semestre
europeo per procedere a uno scambio di opinioni sulle priorità in materia di crescita e
occupazione e ii) prima delle riunioni del Consiglio ECOFIN e EPSCO di primavera
(a cui parteciperà la presidenza del Consiglio);
avviare, nel pieno rispetto dell'autonomia delle parti sociali sancita dall'articolo 152
del trattato, un dialogo tripartito a livello UE per controllare e discutere
dell'evoluzione dei salari in relazione alla produttività, all'inflazione e alla domanda
interna, alla disoccupazione e alle disparità di reddito;
di rafforzare il legame tra le politiche per l'occupazione e gli strumenti finanziari
pertinenti. A tal fine intende:
–
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tenere pienamente conto delle priorità dei programmi nazionali di riforma, in
particolare dei piani nazionali per l'occupazione, nell'elaborazione dei contratti di
partenariato e dei programmi operativi per il periodo 2014-2020, compreso il relativo
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–
–
quadro di riferimento dei risultati, sulla base delle pertinenti raccomandazioni
specifiche per paese e delle osservazioni del comitato per l'occupazione;
rivedere i contratti di partenariato e i programmi operativi, se del caso, alla luce delle
pertinenti raccomandazioni specifiche per paese, come previsto dall'articolo 21 della
proposta di regolamento recante disposizioni comuni per i Fondi del quadro
strategico comune;
tenere conto della valutazione derivante dal quadro di riferimento dei risultati dei
fondi nell'elaborazione dei programmi nazionali di riforma nel periodo 2014-2020.
La Commissione invita gli Stati membri e il Consiglio a:
–
–
–
mettere a punto, mediante il comitato per l'occupazione, i meccanismi necessari per
rafforzare la sorveglianza multilaterale in materia di occupazione;
discutere e adottare questi nuovi meccanismi nel quadro del comitato per
l'occupazione affinché possano essere rapidamente approvati dal Consiglio e
integralmente applicati nel corso del semestre europeo 2013;
utilizzare pienamente i finanziamenti che saranno forniti, in gestione concorrente, a
partire dal 2014 nel quadro del Fondo sociale europeo per sostenere gli investimenti
destinati a rispondere alle principali sfide in materia di occupazione.
Conclusione
Scopo della presente comunicazione è illustrare le misure più efficaci da adottare, nel contesto
economico attuale, per realizzare l'obiettivo della strategia Europa 2020 in materia di
occupazione e rafforzare la dimensione occupazionale della strategia stessa. La
comunicazione intende procedere in modo concreto, fornendo orientamenti sostanziali utili
agli Stati membri nel quadro dei rispettivi piani nazionali per l'occupazione e proponendo
soluzioni per orientare maggiormente la governance dell'UE verso l'occupazione:
- la Commissione propone orientamenti strategici per sostenere la creazione di posti di lavoro
e le riforme del mercato del lavoro - sottolineando l'importanza degli investimenti - e invita il
Consiglio ad adottare a tal fine un approccio ambizioso;
- la Commissione illustra le azioni da intraprendere per affrontare il problema degli squilibri
fra domanda e offerta di competenze e per migliorare la mobilità della manodopera,
eliminando così gli ostacoli alla realizzazione di un effettivo mercato europeo del lavoro;
- la Commissione propone misure intese a rafforzare la sorveglianza multilaterale, migliorare
il coinvolgimento delle parti sociali nella governance dell'occupazione e allineare
ulteriormente politiche e finanziamenti allo scopo di ottimizzare i risultati in materia di
occupazione ottenuti grazie agli strumenti del bilancio UE.
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ALLEGATO
I tre piani d'azione illustrati nel presente allegato (serie di interventi chiave in materia di
occupazione per l'economia verde, un piano d'azione per il personale sanitario dell'UE e
serie di interventi chiave a favore dell'occupazione nel settore delle TIC) sono proposti in
linea con la sezione 1.2 "Sfruttare il potenziale di creazione di posti di lavoro dei settori
chiave" della presente comunicazione. Ciascuno di essi è inoltre oggetto di un documento di
lavoro dei servizi della Commissione.
Serie di interventi chiave in materia di occupazione per l'economia verde
In risposta alle conclusioni del Consiglio EPSCO del dicembre 2010 su "politiche
dell'occupazione per un'economia competitiva, a bassa emissione di CO2, efficiente sotto il
profilo delle risorse e verde", la Commissione presenta una serie di interventi chiave in
materia di occupazione intesi a garantire il successo del passaggio all'economia verde.
La Commissione intende:
1. promuovere l'integrazione dell'occupazione "verde" nei piani nazionali per
l'occupazione
- collaborando con il comitato per l'occupazione (EMCO) per sviluppare i suoi indicatori sui
posti di lavoro verdi e assicurare un monitoraggio sistematico delle misure di riforma;
- incoraggiando gli Stati membri a rispondere alle esigenze di riconversione e
riqualificazione della manodopera mediante politiche attive del mercato del lavoro e
l'apprendimento permanente, anche grazie all'integrazione di misure di questo tipo nelle
strategie di sviluppo regionale, urbano o locale, a seconda dei casi;
- ponendo in evidenza, nel corso del semestre europeo 2013, l'importanza dell'efficienza
delle risorse ai fini dell'occupazione e la realizzazione delle necessarie riforme. Gli Stati
membri saranno in particolare incoraggiati a fare un maggiore uso delle imposte ambientali
e degli introiti derivanti dal sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) per
ridurre la pressione fiscale sul lavoro;
2. potenziare le informazioni sulle competenze "verdi"
- adoperandosi affinché gli strumenti di anticipazione delle competenze a livello UE
(panoramica europea delle competenze, ESCO, indagini del Cedefop e di Eurofound ecc.)
siano in grado di soddisfare le esigenze emergenti di competenze verdi;
- organizzando nel 2013 una serie di azioni di apprendimento reciproco con i soggetti
pertinenti del mercato del lavoro, riguardanti in particolare l'integrazione degli aspetti
relativi alle competenze e alla formazione nelle più ampie strategie nazionali di crescita verde
(programma di apprendimento reciproco della DG EMPL) nonché le modalità e gli strumenti
per collaborare con le imprese allo scopo di orientare le persone in cerca di lavoro e i
lavoratori a rischio di esubero verso le professioni verdi emergenti (dialogo tra servizi
pubblici per l'impiego);
- promuovendo una maggiore diffusione di sistemi normalizzati di certificazione delle
competenze grazie al programma "Energia intelligente – Europa" nel 2013/2014;
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3. promuovere un maggiore utilizzo degli strumenti finanziari dell'UE a favore di
investimenti "verdi" intelligenti
- adoperandosi, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, per rafforzare
ulteriormente la capacità di prestito a favore di iniziative imprenditoriali pubbliche e
private nel campo dell'efficienza delle risorse e delle energie rinnovabili;
- incoraggiando gli Stati membri a rispondere, grazie ai programmi operativi finanziati dal
FSE per il periodo 2014-2020, alle esigenze di formazione nelle competenze verdi, a
rafforzare le capacità dei servizi pubblici per l'impiego di prestare assistenza nelle transizioni
verso i posti di lavoro verdi e a orientare le risorse del FESR verso investimenti a favore
dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, in linea con la proposta della
Commissione;
- avviando nel 2013, nel quadro dello strumento Progress di microfinanza, un forum delle
parti interessate della microfinanza e dell'imprenditorialità sociale al fine di spingere gli
intermediari finanziari locali a promuovere attività imprenditoriali nell'economia verde;
- favorendo iniziative innovative che uniscano gli aspetti dell'efficienza delle risorse e
dell'occupazione inclusiva, nel quadro della sezione "sperimentazione sociale" dello
strumento PROGRESS;
4. creare partenariati tra i soggetti del mercato del lavoro
- sostenendo progetti di cooperazione riguardanti posti di lavoro verdi e le transizioni verso
un'economia verde nell'ambito dell'invito a presentare proposte PARES 2013 per progetti
innovativi tra servizi dell'occupazione;
- collaborando con le parti sociali europee al fine di trovare le modalità per agevolare il
passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio grazie a iniziative specifiche nel
quadro del loro programma di lavoro per il periodo 2012-2014;
- facendo conoscere le migliori attività e iniziative bipartite e tripartite a favore dei posti di
lavoro verdi con la pubblicazione, nel 2013, di un manuale di buone pratiche.
Un piano d’azione per il personale sanitario dell'UE
Per aiutare gli Stati membri ad affrontare le sfide relative al settore sanitario e in linea con
l'impegno da essi assunto a collaborare in questo ambito, impegno sancito nelle conclusioni
del Consiglio del dicembre 2010, la Commissione propone un piano d'azione basato sugli
interventi illustrati di seguito.
La Commissione intende:
1. migliorare la programmazione e la previsione del personale sanitario nell'UE
- creando, entro la fine del 2012, una piattaforma europea degli Stati membri e delle
organizzazioni professionali grazie all'avvio di un'azione comune triennale dell'UE sulla
previsione e sulla programmazione nel quadro del programma in materia di salute al
fine di scambiare buone pratiche, elaborare metodi di previsione sulle esigenze in materia di
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personale sanitario e di programmazione efficace della forza lavoro e migliorare i dati sul
personale sanitario a livello dell'UE;
- elaborando, entro il 2014, orientamenti sullo scambio di capacità di istruzione e
formazione nelle professioni sanitarie al fine di utilizzare meglio le capacità esistenti in
base ai risultati di uno studio che verrà avviato nel 2013 e che censirà le capacità degli Stati
membri in materia di istruzione e formazione nel settore sanitario, in particolare a livello di
università di medicina e di scuole per infermieri;
2. anticipare meglio il fabbisogno di competenze nel settore sanitario
- sostenendo la creazione, nel 2013, di un consiglio europeo sulle competenze per il settore
infermieristico e di assistenza allo scopo di meglio analizzare e anticipare il fabbisogno di
competenze per le professioni di questo settore, tenendo adeguatamente conto della proposta
di modernizzare la direttiva sulle qualifiche professionali;
- incoraggiando i partenariati tra i centri di istruzione e formazione professionale e i datori di
lavoro del settore sanitario grazie ai lavori di un'alleanza pilota sulle competenze settoriali,
che sarà istituita nel 2013;
- promuovendo lo scambio di buone pratiche sullo sviluppo professionale continuo per
aggiornare le abilità e le competenze e contribuire a mantenere il personale sanitario nel posto
di lavoro grazie all'apprendimento permanente, attraverso un riesame e un censimento dei
sistemi e delle pratiche nazionali, da realizzare nel 2013;
- elaborando, entro il 2014, raccomandazioni sui requisiti in materia di formazione degli
assistenti sanitari, compreso il sostegno educativo ai prestatori di cure informali, sulla
base di un'analisi della portata delle abilità e delle competenze richieste agli assistenti
sanitari, tramite la creazione di una rete pilota di esperti e di una basi dati sull'assistenza
sanitaria;
3. stimolare gli scambi in materia di assunzione e fidelizzazione del personale sanitario
- lanciando, entro il 2013, un censimento delle strategie innovative ed efficaci per
l'assunzione e la fidelizzazione del personale nel settore sanitario allo scopo di favorire lo
scambio di buone pratiche fra Stati membri, grazie a una gara d'appalto e allo studio di una
possibile azione comune con gli Stati membri;
4. sostenere l'assunzione di operatori sanitari sulla base di principi etici
- aiutando gli Stati membri ad applicare il codice globale di condotta per il reclutamento
internazionale di personale sanitario dell'OMS (WHO Global Code of Practice for the
International recruitment of Health Personnel) grazie allo sviluppo di un approccio
comune.
Serie di interventi chiave a favore dell'occupazione nel settore delle TIC
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Sono stati fatti notevoli passi avanti nell'attuazione della comunicazione della Commissione
"Competenze informatiche (eSkills) per il XXI secolo"55. Esiste ormai un ampio consenso
sulla necessità di una strategia a lungo termine dell'UE in materia di competenze
informatiche, basata su una cooperazione attiva tra la Commissione, gli Stati membri, le
regioni e le parti sociali, per sfruttare il potenziale di occupazione offerto dalle TIC.
La Commissione intende:
1. istituire partenariati tra più soggetti allo scopo di
- meglio identificare gli squilibri presenti sul mercato del lavoro tra domanda e offerta di
profili professionali nel campo delle TIC;
- coinvolgere le organizzazioni e le reti che propongono l'elaborazione, la fornitura e la
certificazione di iniziative di formazione sulle competenze TIC, ponendo l'accento
sull'occupabilità e sulla certificazione delle competenze informali;
- sostenere campagne di sensibilizzazione [settimana europea delle competenze informatiche
(European e-Skills Week)56, settimana della navigazione in rete (Get Online Week)] e
promuovere le carriere nelle TIC al fine di attirare e coinvolgere i giovani e le categorie
non sufficientemente rappresentate, come le donne, i lavoratori a metà carriera e i gruppi
vulnerabili;
2. rafforzare il quadro europeo delle competenze informatiche
- creando, entro il 2013, una sezione specifica dedicata alle carriere nel settore delle TIC sul
sito web della panoramica europea delle competenze;
- proseguendo, nel 2012, l'elaborazione del quadro europeo delle competenze
informatiche sviluppato dal CEN57 allo scopo di fornire, entro il 2013, descrittori delle
competenze digitali e uno strumento di autovalutazione per tutti i discenti, da integrare nel
futuro passaporto europeo delle competenze;
- elaborando, nel 2013, orientamenti europei per l'e-learning sulla base delle esigenze delle
imprese e delle migliori pratiche, come pure delle iniziative dell'industria;
- promuovendo programmi brevi di qualifica, nell'istruzione superiore e nell'istruzione e
formazione professionale, per rendere possibile l'acquisizione di competenze informatiche
specifiche ed applicate;
3. contribuire all'aumento di una manodopera altamente qualificata nelle TIC
- mettendo a punto, nel corso del 2012, marchi di qualità per le formazioni e le
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Evaluation of the implementation of the Commission's Communication on e-Skills for the 21st Century
(Valutazione dell'attuazione della comunicazione della Commissione su competenze informatiche
(eSkills) per il XXI secolo) ottobre 2010
http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/ict/files/reports/eskills21_final_report_en.pdf.
Cfr. http://eskills-week.ec.europa.eu.
Comitato europeo di normalizzazione (CEN)
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certificazioni dell'industria delle TIC, compatibili con il quadro europeo di riferimento per
la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale (EQAVET) e
sviluppando, nel 2013, un progetto pilota che consenta di fornire una panoramica interattiva
delle certificazioni rilasciate dal settore delle TIC e una prova di autovalutazione on line
per gli operatori delle TIC;
- incoraggiando sinergie tra le azioni in materia di competenze TIC, imprenditorialità e cloud
computing nel contesto del futuro piano d'azione dell'UE sul cloud computing;
- proseguendo l'iniziativa dell'UE sulla e-leadership avviata nel 2012 per rispondere alle
esigenze degli imprenditori, dei dirigenti, degli operatori delle TIC e degli utenti avanzati, con
una particolare attenzione per le nuove imprese e le PMI;
4. promuovere un maggiore utilizzo degli strumenti finanziari dell'UE a favore di
investimenti nelle competenze TIC
- incoraggiando gli Stati membri a rafforzare la formazione informatica nei loro sistemi di
istruzione e formazione e a promuovere l'inclusione digitale grazie a programmi operativi
finanziati dal FSE nel periodo 2014-2020.
IT
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ITALIA
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Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale„ n. 153 del 3 luglio 2012 - Serie generale
Spediz. abb. post. 45%
2, comma
20/b
- art.- 1,art.comma
1
23-12-1996,n. n.
- Filiale
Legge 27-02-2004,
46 -662
Filiale
di Romadi Roma
GAZZETTA
UFFICIALE
DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PA R T E P R I M A
Roma - Martedì, 3 luglio 2012
SI PUBBLICA TUTTI I
GIORNI NON FESTIVI
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AVVISO AL PUBBLICO
Si comunica che il punto vendita Gazzetta Ufficiale sito in via Principe Umberto, 4 è stato trasferito
nella nuova sede di Piazza G. Verdi, 1 - 00198 Roma
N. 136/L
LEGGE 28 giugno 2012, n. 92.
Disposizioni in materia di riforma del mercato
del lavoro in una prospettiva di crescita.
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Serie generale - n. 153
SOMMARIO
LEGGE 28 giugno 2012, n. 92.
Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di
crescita. (12G0115) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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LEGGI ED ALTRI ATTI NORMATIVI
LEGGE 28 giugno 2012, n. 92.
Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro
in una prospettiva di crescita.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica
hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1.
Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina
in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore
1. La presente legge dispone misure e interventi intesi
a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico,
in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in
quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e
alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione, in
particolare:
a) favorendo l’instaurazione di rapporti di lavoro più
stabili e ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato, cosiddetto «contratto dominante», quale forma comune di rapporto di lavoro;
b) valorizzando l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
c) ridistribuendo in modo più equo le tutele dell’impiego, da un lato contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente
introdotti nell’ordinamento con riguardo alle tipologie
contrattuali; dall’altro adeguando contestualmente alle
esigenze del mutato contesto di riferimento la disciplina
del licenziamento, con previsione altresì di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione
delle relative controversie;
d) rendendo più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in
una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento
dell’occupabilità delle persone;
e) contrastando usi elusivi di obblighi contributivi e
fiscali degli istituti contrattuali esistenti;
f) promuovendo una maggiore inclusione delle donne nella vita economica;
g) favorendo nuove opportunità di impiego ovvero
di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in
caso di perdita del posto di lavoro;
h) promuovendo modalità partecipative di relazioni
industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea, al fine di migliorare il processo competitivo delle
imprese.
2. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge e di valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro,
sull’occupabilità dei cittadini, sulle modalità di entrata e
di uscita nell’impiego, è istituito presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con le
altre istituzioni competenti, un sistema permanente di
monitoraggio e valutazione basato su dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da altri soggetti del
Sistema statistico nazionale (Sistan). Al sistema concorrono altresì le parti sociali attraverso la partecipazione
delle organizzazioni maggiormente rappresentative sul
piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori.
3. Il sistema di cui al comma 2 assicura, con cadenza
almeno annuale, rapporti sullo stato di attuazione delle
singole misure, sulle conseguenze in termini microeconomici e macroeconomici, nonché sul grado di effettivo
conseguimento delle finalità di cui al comma 1. Il sistema assicura altresì elementi conoscitivi sull’andamento
dell’occupazione femminile, rilevando, in particolare, la
corrispondenza dei livelli retributivi al principio di parità
di trattamento. Dagli esiti del monitoraggio e della valutazione di cui ai commi da 2 a 6 sono desunti elementi per
l’implementazione ovvero per eventuali correzioni delle
misure e degli interventi introdotti dalla presente legge,
anche alla luce dell’evoluzione del quadro macroeconomico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del
mercato del lavoro e, più in generale, di quelle sociali.
4. Allo scopo di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendenti della riforma, l’Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) e l’ISTAT organizzano delle
banche dati informatizzate anonime, rendendole disponibili, a scopo di ricerca scientifica, a gruppi di ricerca collegati a università, enti di ricerca o enti che hanno anche
finalità di ricerca italiani ed esteri. I risultati delle ricerche
condotte mediante l’utilizzo delle banche dati sono resi
pubblici e comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
5. Le banche dati di cui al comma 4 contengono i dati
individuali anonimi, relativi ad età, genere, area di residenza, periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali
con relativa durata ed importi corrisposti, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione,
politiche attive e di attivazione ricevute ed eventuali altre informazioni utili ai fini dell’analisi di impatto e del
monitoraggio.
6. L’attuazione delle disposizioni dei commi da 1 a 5
non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ed è effettuata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.
7. Le disposizioni della presente legge, per quanto da
esse non espressamente previsto, costituiscono princìpi e
criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3
del medesimo decreto legislativo.
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8. Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per
la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative,
gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della
disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni
pubbliche.
9. Al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 01 è sostituito dal
seguente:
«01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di
lavoro»;
b) all’articolo 1, dopo il comma 1 è inserito il
seguente:
«1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto
nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di
durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore
di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento
di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4
dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono
prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, che in
luogo dell’ipotesi di cui al precedente periodo il requisito
di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito
del contratto di somministrazione a tempo determinato
avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori
occupati nell’ambito dell’unità produttiva»;
c) all’articolo 1, comma 2, le parole: «le ragioni di
cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «le ragioni
di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 1-bis relativamente alla non operatività del requisito
della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo»;
d) all’articolo 4, dopo il comma 2 è aggiunto il
seguente:
«2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga»;
e) all’articolo 5, comma 2, le parole: «oltre il ventesimo giorno» sono sostituite dalle seguenti: «oltre il
trentesimo giorno» e le parole: «oltre il trentesimo giorno» sono sostituite dalle seguenti: «oltre il cinquantesimo
giorno»;
f) all’articolo 5, dopo il comma 2 è inserito il
seguente:
«2-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al Centro per l’impiego
territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà oltre
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tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione. Le modalità di comunicazione sono fissate con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali da adottare entro un mese dalla data
di entrata in vigore della presente disposizione»;
g) all’articolo 5, comma 3, le parole: «dieci giorni»
sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni» e le parole: «venti giorni» sono sostituite dalle seguenti: «novanta
giorni»;
h) all’articolo 5, comma 3, sono aggiunti, in fine, i
seguenti periodi: «I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1-bis, possono prevedere, stabilendone le
condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui
l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato: dall’avvio di una nuova
attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento
tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo
progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga
di una commessa consistente. In mancanza di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente
periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sentite le organizzazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo
precedente, operano le riduzioni ivi previste»;
i) all’articolo 5, comma 4-bis, al primo periodo sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì
conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del
comma 1-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del
comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente
alla somministrazione di lavoro a tempo determinato».
10. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13, comma 1, lettera a), sono soppresse le parole da: «in deroga» fino a: «ma»;
b) al comma 4 dell’articolo 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «È fatta salva la previsione di
cui al comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368»;
c) all’articolo 23, il comma 2 è abrogato.
11. All’articolo 32, comma 3, della legge 4 novembre
2010, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto
al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del
decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive
modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità
del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo
comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in centoventi gior-
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ni, mentre il termine di cui al primo periodo del secondo
comma del medesimo articolo 6 è fissato in centottanta
giorni»;
b) la lettera d) è abrogata.
12. Le disposizioni di cui al comma 3, lettera a), dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, come sostituita dal comma 11 del presente articolo, si applicano in
relazione alle cessazioni di contratti a tempo determinato
verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.
13. La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 32
della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel
senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze
retributive e contributive relative al periodo compreso fra
la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento
con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del
rapporto di lavoro.
14. Gli articoli 54, 55, 56, 57, 58 e 59 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono abrogati.
15. Nei confronti delle assunzioni effettuate fino al
31 dicembre 2012 continuano ad applicarsi le disposizioni abrogate ai sensi del comma 14, nella formulazione
vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della
presente legge.
16. All’articolo 2 del testo unico dell’apprendistato, di
cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera a) è inserita la
seguente:
«a-bis) previsione di una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 4, comma 5»;
b) al comma 1, lettera m), primo periodo, le parole:
«2118 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti:
«2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di
apprendistato»;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore
di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per
il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai
sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni, non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di
lavoro; tale rapporto non può superare il 100 per cento per
i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori
inferiore a dieci unità. È in ogni caso esclusa la possibilità
di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie
dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere
apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni
di cui al presente comma non si applicano alle imprese
artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni
di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443»;
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d) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
«3-bis. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine
del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli
apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal
computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti
cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non
sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti
assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma
sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto,
sin dalla data di costituzione del rapporto.
3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis non si applicano nei confronti dei datori di lavoro che occupano
alle loro dipendenze un numero di lavoratori inferiore a
dieci unità».
17. All’articolo 4, comma 2, del testo unico dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, le parole: «per le figure professionali
dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento» sono sostituite dalle seguenti: «per i
profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano
individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento».
18. La disposizione di cui all’articolo 2, comma 3, del
testo unico dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo
14 settembre 2011, n. 167, come sostituito dal comma 16,
lettera c), del presente articolo, si applica esclusivamente con riferimento alle assunzioni con decorrenza dal
1° gennaio 2013. Alle assunzioni con decorrenza anteriore alla predetta data continua ad applicarsi l’articolo 2,
comma 3, del predetto testo unico di cui al decreto legislativo n. 167 del 2011, nel testo vigente prima della data
di entrata in vigore della presente legge.
19. Per un periodo di trentasei mesi decorrente dalla
data di entrata in vigore della presente legge, la percentuale di cui al primo periodo del comma 3-bis dell’articolo 2 del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, introdotto dal comma 16, lettera d), del
presente articolo, è fissata nella misura del 30 per cento.
20. All’articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 61, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 7, dopo il numero 3) è aggiunto il
seguente:
«3-bis) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai
sensi del presente comma»;
b) al comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ferme restando le ulteriori condizioni individuate
dai contratti collettivi ai sensi del comma 7, al lavoratore
che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 12-bis del
presente decreto ovvero in quelle di cui all’articolo 10,
primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso».
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21. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 34:
1) al comma 1, le parole: «ai sensi dell’articolo 37» sono soppresse;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso
essere concluso con soggetti con più di cinquantacinque
anni di età e con soggetti con meno di ventiquattro anni di
età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno
di età»;
b) all’articolo 35 è aggiunto, in fine, il seguente
comma:
«3-bis. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o
di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore
a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne
la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms,
fax o posta elettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al precedente
periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in
funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica
la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in
relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la
comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di
cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004,
n. 124»;
c) l’articolo 37 è abrogato.
22. I contratti di lavoro intermittente già sottoscritti
alla data di entrata in vigore della presente legge, che non
siano compatibili con le disposizioni di cui al comma 21,
cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge.
23. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 dell’articolo 61 è sostituito dal
seguente:
«1. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa prevalentemente personale e
senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409,
numero 3), del codice di procedura civile, devono essere
riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal
committente e gestiti autonomamente dal collaboratore.
Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un
determinato risultato finale e non può consistere in una
mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione
del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto
non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati
dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale»;
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b) al comma 1 dell’articolo 62, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) descrizione del progetto, con individuazione
del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che
si intende conseguire»;
c) l’articolo 63 è sostituito dal seguente:
«Art. 63 (Corrispettivo) – 1. Il compenso corrisposto
ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla
quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a
ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del
contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi
stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività,
eventualmente articolati per i relativi profili professionali
tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale a livello interconfederale o di categoria
ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.
2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il
compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle
retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle
figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto»;
d) al comma 1 dell’articolo 67, le parole: «o del programma o della fase di esso» sono soppresse;
e) il comma 2 dell’articolo 67 è sostituito dal
seguente:
«2. Le parti possono recedere prima della scadenza
del termine per giusta causa. Il committente può altresì
recedere prima della scadenza del termine qualora siano
emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del
collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in
cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di
lavoro»;
f) all’articolo 68, comma 1, e all’articolo 69, commi
1 e 3, le parole: «, programma di lavoro o fase di esso»
sono soppresse;
g) al comma 2 dell’articolo 69 è aggiunto, in fine,
il seguente periodo: «Salvo prova contraria a carico del
committente, i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti
di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del
rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia
svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le
prestazioni di elevata professionalità che possono essere
individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale».
24. L’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che
l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazio-
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ne coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato.
25. Le disposizioni di cui ai commi 23 e 24 si applicano ai contratti di collaborazione stipulati successivamente
alla data di entrata in vigore della presente legge.
26. Al capo I del titolo VII del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, dopo l’articolo 69 è aggiunto
il seguente:
«Art. 69-bis (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo). – 1. Le prestazioni lavorative
rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia
fornita prova contraria da parte del committente, rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
a) che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare;
b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più
dell’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare;
c) che il collaboratore disponga di una postazione
fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
2. La presunzione di cui al comma 1 non opera qualora
la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti:
a) sia connotata da competenze teoriche di grado
elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di
attività;
b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo
da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello
minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi
previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge
2 agosto 1990, n. 233.
3. La presunzione di cui al comma 1 non opera altresì con riferimento alle prestazioni lavorative svolte
nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale,
ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni.
Alla ricognizione delle predette attività si provvede con
decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
da emanare, in fase di prima applicazione, entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,
sentite le parti sociali.
4. La presunzione di cui al comma 1, che determina
l’integrale applicazione della disciplina di cui al presente
capo, ivi compresa la disposizione dell’articolo 69, comma 1, si applica ai rapporti instaurati successivamente alla
data di entrata in vigore della presente disposizione. Per
i rapporti in corso a tale data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si applicano
decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.
5. Quando la prestazione lavorativa di cui al comma 1
si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscri-
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zione alla gestione separata dell’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono
a carico per due terzi del committente e per un terzo del
collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, ha il
relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente».
27. La disposizione concernente le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in
albi professionali, di cui al primo periodo del comma 3
dell’articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, si interpreta nel senso che l’esclusione dal campo
di applicazione del capo I del titolo VII del medesimo
decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali
è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. In
caso contrario, l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione del suddetto
capo I del titolo VII.
28. All’articolo 2549 del codice civile è aggiunto, in
fine, il seguente comma:
«Qualora l’apporto dell’associato consista anche in
una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore
a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con
l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati
all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il
terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto
con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una
prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a
tempo indeterminato».
29. Sono fatti salvi, fino alla loro cessazione, i contratti
in essere che, alla data di entrata in vigore della presente
legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
30. I rapporti di associazione in partecipazione con
apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia
stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del
rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile,
si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato. La predetta presunzione si applica, altresì, qualora l’apporto di lavoro non
presenti i requisiti di cui all’articolo 69-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
introdotto dal comma 26 del presente articolo.
31. All’articolo 86 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, il comma 2 è abrogato.
32. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 70 è sostituito dal seguente:
«Art. 70 (Definizione e campo di applicazione). – 1.
Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività
lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti,
a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno
solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione
dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie
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degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro
nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti
imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a
favore di ciascun singolo committente per compensi non
superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del
presente comma.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in
agricoltura:
a) alle attività lavorative di natura occasionale rese
nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale
effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di
studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e
grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti
a un ciclo di studi presso l’università;
b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di
cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
3. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto
dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di
contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal
patto di stabilità interno.
4. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 72 sono computati ai fini della
determinazione del reddito necessario per il rilascio o il
rinnovo del permesso di soggiorno»;
b) all’articolo 72, comma 1, dopo le parole: «carnet di buoni» sono inserite le seguenti: «orari, numerati
progressivamente e datati,» e dopo le parole: «periodicamente aggiornato» sono aggiunte le seguenti: «, tenuto
conto delle risultanze istruttorie del confronto con le parti
sociali»;
c) all’articolo 72, comma 4, dopo il primo periodo
è aggiunto il seguente: «La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in
funzione degli incrementi delle aliquote contributive per
gli iscritti alla gestione separata dell’INPS».
33. Resta fermo l’utilizzo, secondo la previgente disciplina, dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio, di
cui all’articolo 72 del decreto legislativo n. 276 del 2003,
già richiesti alla data di entrata in vigore della presente
legge e comunque non oltre il 31 maggio 2013.
34. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo e le regioni concludono in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento,
sulla base dei seguenti criteri:
a) revisione della disciplina dei tirocini formativi,
anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
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b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire
e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso
la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
d) riconoscimento di una congrua indennità, anche
in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta.
35. In ogni caso, la mancata corresponsione dell’indennità di cui alla lettera d) del comma 34 comporta a
carico del trasgressore l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità
dell’illecito commesso, in misura variabile da un minimo
di 1.000 a un massimo di 6.000 euro, conformemente alle
previsioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
36. Dall’applicazione dei commi 34 e 35 non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
37. Il comma 2 dell’articolo 2 della legge 15 luglio
1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
«2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato».
38. Al secondo comma dell’articolo 6 della legge
15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, la
parola: «duecentosettanta» è sostituita dalla seguente:
«centottanta».
39. Il termine di cui all’articolo 6, secondo comma, primo periodo, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 38 del presente articolo, si applica in
relazione ai licenziamenti intimati dopo la data di entrata
in vigore della presente legge.
40. L’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è
sostituito dal seguente:
«Art. 7. – 1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300,
il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui
all’articolo 3, seconda parte, della presente legge, qualora
disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo comma, della legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, deve
essere preceduto da una comunicazione effettuata dal
datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del
luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa
per conoscenza al lavoratore.
2. Nella comunicazione di cui al comma 1, il datore
di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del
licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di
assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine
perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta:
l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale
di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.
4. La comunicazione contenente l’invito si considera
validamente effettuata quando è recapitata al domicilio
del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro
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domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che ne
sottoscrive copia per ricevuta.
5. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono
mandato oppure da un componente della rappresentanza
sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.
6. La procedura di cui al presente articolo, durante la
quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche
soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti
giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del
lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non
ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento
al lavoratore.
7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per
l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di cui all’articolo 4, comma 1, lettere
a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione
provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la
determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni, e per l’applicazione
degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.
9. In caso di legittimo e documentato impedimento del
lavoratore a presenziare all’incontro di cui al comma 3, la
procedura può essere sospesa per un massimo di quindici
giorni».
41. Il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio
1970, n. 300, oppure all’esito del procedimento di cui
all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento
medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva;
è fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto
dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela della maternità e della paternità, di cui
al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante
da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera
come preavviso lavorato.
42. All’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Tutela del
lavoratore in caso di licenziamento illegittimo»;
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b) i commi dal primo al sesto sono sostituiti dai
seguenti:
«Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la
nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi
dell’articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero
intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell’articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o
in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità
e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché
riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o
determinato da un motivo illecito determinante ai sensi
dell’articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal
motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei
dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro
trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso
in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del
presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si
applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno
subìto dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata
accertata la nullità, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata
dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva
reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di
estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà
essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per
il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno
come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la
facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a
quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di
lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata
entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere
servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della
giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra
le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla
base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei
codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e
condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto
di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un’in-
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dennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione
globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello
dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore
ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe
potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di
una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici
mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di
lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento
fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo
pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro
risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata
al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre
attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono
imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività
lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito
dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine
di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto
quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in
cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o
della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di
un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra
un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione
all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti,
con onere di specifica motivazione a tale riguardo.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di
cui all’articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966,
n. 604, e successive modificazioni, della procedura di
cui all’articolo 7 della presente legge, o della procedura
di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604,
e successive modificazioni, si applica il regime di cui al
quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale
commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e
un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale
riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda
del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo
di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai
commi quarto, quinto o settimo.
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell’ipotesi in cui accerti
il difetto di giustificazione del licenziamento intimato,
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anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3,
della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo
consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi
in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto
a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli
estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica
la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso
il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra
il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal
lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del
comportamento delle parti nell’ambito della procedura
di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604,
e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il
licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele
previste dal presente articolo.
Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio
o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo,
nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di
quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti,
anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore
di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa
più di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui
all’ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con
contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di
orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento
all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in
linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di
cui all’ottavo comma non incide su norme o istituti che
prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza
soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca,
e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti
dal presente articolo»;
c) all’ultimo comma, le parole: «al quarto comma»
sono sostituite dalle seguenti: «all’undicesimo comma».
43. All’articolo 30, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«L’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente
periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle
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valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto».
44. All’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991,
n. 223, al secondo periodo, la parola: «Contestualmente»
è sostituita dalle seguenti: «Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi».
45. All’articolo 4, comma 12, della legge 23 luglio
1991, n. 223, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli
eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del
presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di
legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel
corso della procedura di licenziamento collettivo».
46. All’articolo 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, il
comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 18, primo comma, della legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. In
caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo
del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di
violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si
applica il regime di cui al quarto comma del medesimo
articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del licenziamento
si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni».
47. Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano
alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative
alla qualificazione del rapporto di lavoro.
48. La domanda avente ad oggetto l’impugnativa del
licenziamento di cui al comma 47 si propone con ricorso
al tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il ricorso
deve avere i requisiti di cui all’articolo 125 del codice di
procedura civile. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del
presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici
fatti costitutivi. A seguito della presentazione del ricorso
il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti. L’udienza deve essere fissata non oltre quaranta
giorni dal deposito del ricorso. Il giudice assegna un termine per la notifica del ricorso e del decreto non inferiore
a venticinque giorni prima dell’udienza, nonché un termine, non inferiore a cinque giorni prima della stessa udienza, per la costituzione del resistente. La notificazione è
a cura del ricorrente, anche a mezzo di posta elettronica
certificata. Qualora dalle parti siano prodotti documenti,
essi devono essere depositati presso la cancelleria in duplice copia.
49. Il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità
non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che
ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili
richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede, con
ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o
al rigetto della domanda.
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50. L’efficacia esecutiva del provvedimento di cui al
comma 49 non può essere sospesa o revocata fino alla
pronuncia della sentenza con cui il giudice definisce il
giudizio instaurato ai sensi dei commi da 51 a 57.
51. Contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto di
cui al comma 49 può essere proposta opposizione con
ricorso contenente i requisiti di cui all’articolo 414 del
codice di procedura civile, da depositare innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, a pena
di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione dello
stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso
non possono essere proposte domande diverse da quelle
di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano
fondate sugli identici fatti costitutivi o siano svolte nei
confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti. Il giudice fissa
con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi
sessanta giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a dieci giorni prima dell’udienza.
52. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione
dell’udienza, deve essere notificato, anche a mezzo di
posta elettronica certificata, dall’opponente all’opposto
almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua
costituzione.
53. L’opposto deve costituirsi mediante deposito in
cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 del codice di procedura civile. Se l’opposto intende chiamare un terzo in causa deve,
a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria
difensiva.
54. Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli
102, secondo comma, 106 e 107 del codice di procedura
civile, il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo,
ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso
introduttivo e l’atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini di cui al comma 52.
55. Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci
giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria
memoria a norma del comma 53.
56. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli
posti a base della domanda principale il giudice ne dispone la separazione.
57. All’udienza, il giudice, sentite le parti, omessa ogni
formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel
modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti nonché disposti
d’ufficio, ai sensi dall’articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede con sentenza all’accoglimento o
al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci
giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza,
completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione. La
sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo
per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
58. Contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla corte d’appello. Il reclamo si
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza,
entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore.
59. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa
ad essa non imputabile.
60. La corte d’appello fissa con decreto l’udienza di
discussione nei successivi sessanta giorni e si applicano i termini previsti dai commi 51, 52 e 53. Alla prima
udienza, la corte può sospendere l’efficacia della sentenza
reclamata se ricorrono gravi motivi. La corte d’appello,
sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando,
ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note
difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere
depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di
discussione.
61. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.
62. Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve
essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione
se anteriore. La sospensione dell’efficacia della sentenza
deve essere chiesta alla corte d’appello, che provvede a
norma del comma 60.
63. La Corte fissa l’udienza di discussione non oltre sei
mesi dalla proposizione del ricorso.
64. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.
65. Alla trattazione delle controversie regolate dai
commi da 47 a 64 devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze.
66. I capi degli uffici giudiziari vigilano sull’osservanza della disposizione di cui al comma 65.
67. I commi da 47 a 66 si applicano alle controversie
instaurate successivamente alla data di entrata in vigore
della presente legge.
68. I capi degli uffici giudiziari vigilano sull’osservanza della disposizione di cui al comma 67.
69. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi
da 47 a 68 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica, ovvero minori entrate.
Art. 2.
Ammortizzatori sociali
1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 e in relazione ai
nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere
dalla predetta data è istituita, presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’Assicurazione
Serie generale - n. 153
sociale per l’impiego (ASpI), con la funzione di fornire ai
lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione.
2. Sono compresi nell’ambito di applicazione dell’ASpI
tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi gli apprendisti e
i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con
la propria adesione o successivamente all’instaurazione
del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma
subordinata, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni, con
esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali trovano applicazione
le norme di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge
21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla
legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive
modificazioni.
4. L’indennità di cui al comma 1 è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria
occupazione e che presentino i seguenti requisiti:
a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
b) possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.
5. Sono esclusi dalla fruizione dell’indennità di cui al
comma 1 i lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto, fatti salvi i casi in cui quest’ultima sia intervenuta
nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 40
dell’articolo 1 della presente legge.
6. L’indennità di cui al comma 1 è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi
due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non
continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il
numero 4,33.
7. L’indennità mensile è rapportata alla retribuzione
mensile ed è pari al 75 per cento nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 all’importo
di 1.180 euro mensili, annualmente rivalutato sulla base
della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa
nell’anno precedente; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l’indennità è pari
al 75 per cento del predetto importo incrementata di una
somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L’indennità mensile
non può in ogni caso superare l’importo mensile massimo
di cui all’articolo unico, secondo comma, lettera b), della
legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni.
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8. All’indennità di cui al comma 1 non si applica il prelievo contributivo di cui all’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
9. All’indennità di cui al comma 1 si applica una riduzione del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione. L’indennità medesima, ove dovuta, è ulteriormente
decurtata del 15 per cento dopo il dodicesimo mese di
fruizione.
10. Per i periodi di fruizione dell’indennità sono riconosciuti i contributi figurativi nella misura settimanale
pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali di cui al comma 6 degli ultimi due anni. I contributi figurativi sono utili ai fini del diritto e della misura
dei trattamenti pensionistici; essi non sono utili ai fini del
conseguimento del diritto nei casi in cui la normativa richieda il computo della sola contribuzione effettivamente
versata.
11. A decorrere dal 1° gennaio 2016 e in relazione ai
nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere
dalla predetta data:
a) per i lavoratori di età inferiore a cinquantacinque
anni, l’indennità di cui al comma 1 viene corrisposta per
un periodo massimo di dodici mesi, detratti i periodi di
indennità eventualmente fruiti nel medesimo periodo, anche in relazione ai trattamenti brevi di cui al comma 20
(mini-ASpI);
b) per i lavoratori di età pari o superiore ai cinquantacinque anni, l’indennità è corrisposta per un periodo
massimo di diciotto mesi, nei limiti delle settimane di
contribuzione negli ultimi due anni, detratti i periodi di
indennità eventualmente fruiti nel medesimo periodo ai
sensi del comma 4 ovvero del comma 20 del presente
articolo.
12. L’indennità di cui al comma 1 spetta dall’ottavo
giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro ovvero dal giorno successivo a quello in
cui sia stata presentata la domanda.
13. Per fruire dell’indennità i lavoratori aventi diritto
devono, a pena di decadenza, presentare apposita domanda, esclusivamente in via telematica, all’INPS, entro il termine di due mesi dalla data di spettanza del trattamento.
14. La fruizione dell’indennità è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 181, e successive modificazioni.
15. In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità di cui
al comma 1 è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2,
del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e
successive modificazioni, fino ad un massimo di sei mesi;
al termine di un periodo di sospensione di durata inferiore
a sei mesi l’indennità riprende a decorrere dal momento
in cui era rimasta sospesa.
16. Nei casi di sospensione, i periodi di contribuzione
legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento nell’ambito dell’ASpI
o della mini-ASpI di cui al comma 20.
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17. In caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al
limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, il soggetto beneficiario deve informare l’INPS
entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività. Il predetto
Istituto provvede, qualora il reddito da lavoro autonomo
sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, a ridurre il pagamento dell’indennità di un importo pari all’80 per cento dei proventi
preventivati, rapportati al tempo intercorrente tra la data
di inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o,
se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al
periodo precedente è conguagliata d’ufficio al momento
della presentazione della dichiarazione dei redditi; nei
casi di esenzione dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, è richiesta al beneficiario un’apposita autodichiarazione concernente i proventi ricavati
dall’attività autonoma.
18. Nei casi di cui al comma 17, la contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità,
la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attività
di lavoro autonomo non dà luogo ad accrediti contributivi ed è riversata alla Gestione prestazioni temporanee
ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della legge
9 marzo 1989, n. 88.
19. In via sperimentale per ciascuno degli anni 2013,
2014 e 2015 il lavoratore avente diritto alla corresponsione dell’indennità di cui al comma 1 può richiedere la
liquidazione degli importi del relativo trattamento pari
al numero di mensilità non ancora percepite, al fine di
intraprendere un’attività di lavoro autonomo, ovvero per
avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro
impresa, o per associarsi in cooperativa. Tale possibilità è
riconosciuta nel limite massimo di 20 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere
si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono determinati limiti, condizioni e modalità per
l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.
20. A decorrere dal 1° gennaio 2013, ai soggetti di cui
al comma 2 che possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi
dodici mesi, per la quale siano stati versati o siano dovuti
i contributi per l’assicurazione obbligatoria, è liquidata
un’indennità di importo pari a quanto definito nei commi
da 6 a 10, denominata mini-ASpI.
21. L’indennità di cui al comma 20 è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle
settimane di contribuzione nell’ultimo anno, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel periodo.
22. All’indennità di cui al comma 20 si applicano le
disposizioni di cui ai commi 3, 4, lettera a), 5, 6, 7, 8, 9,
10, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19.
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23. In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità è
sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge
1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, fino ad un massimo di cinque giorni; al termine
del periodo di sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
24. Le prestazioni di cui all’articolo 7, comma 3, del
decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, si considerano assorbite, con riferimento ai periodi lavorativi
dell’anno 2012, nelle prestazioni della mini-ASpI liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2013.
25. Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità di cui ai commi da 1 a 24 concorrono i contributi
di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma,
della legge 3 giugno 1975, n. 160.
26. Continuano a trovare applicazione, in relazione ai
contributi di cui al comma 25, le eventuali riduzioni di cui
all’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e
all’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266, nonché le misure compensative di cui all’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005,
n. 248, e successive modificazioni.
27. Per i lavoratori per i quali i contributi di cui al
comma 25 non trovavano applicazione, e in particolare
per i soci lavoratori delle cooperative di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602,
il contributo è decurtato della quota di riduzione di cui
all’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e
all’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266, che non sia stata ancora applicata a causa della
mancata capienza delle aliquote vigenti alla data di entrata in vigore delle citate leggi n. 388 del 2000 e n. 266 del
2005. Qualora per i lavoratori di cui al periodo precedente
le suddette quote di riduzione risultino già applicate, si
potrà procedere, subordinatamente all’adozione annuale
del decreto di cui all’ultimo periodo del presente comma
in assenza del quale le disposizioni transitorie di cui al
presente e al successivo periodo non trovano applicazione, ad un allineamento graduale alla nuova aliquota ASpI,
come definita dai commi 1 e seguenti, con incrementi annui pari allo 0,26 per cento per gli anni 2013, 2014, 2015,
2016 e pari allo 0,27 per cento per l’anno 2017. Contestualmente, con incrementi pari allo 0,06 per cento annuo
si procederà all’allineamento graduale all’aliquota del
contributo destinato al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua ai sensi dell’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. A decorrere
dall’anno 2013 e fino al pieno allineamento alla nuova
aliquota ASpI, le prestazioni di cui ai commi da 6 a 10 e
da 20 a 24 vengono annualmente rideterminate, in funzione dell’aliquota effettiva di contribuzione, con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre di ogni anno precedente l’anno
di riferimento, tenendo presente, in via previsionale, l’an-
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damento congiunturale del relativo settore con riferimento al ricorso agli istituti di cui ai citati commi da 6 a 10 e
da 20 a 24 e garantendo in ogni caso una riduzione della
commisurazione delle prestazioni alla retribuzione proporzionalmente non inferiore alla riduzione dell’aliquota
contributiva per l’anno di riferimento rispetto al livello a
regime.
28. Con effetto sui periodi contributivi di cui al comma 25, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico
del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
29. Il contributo addizionale di cui al comma 28 non
si applica:
a) ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di
lavoratori assenti;
b) ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento
delle attività stagionali di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, nonché, per i
periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, di quelle definite dagli avvisi comuni e dai
contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative. Alle
minori entrate derivanti dall’attuazione della presente
disposizione, valutate in 7 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui
all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 dicembre 2011, n. 214;
c) agli apprendisti;
d) ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
30. Nei limiti delle ultime sei mensilità il contributo
addizionale di cui al comma 28 è restituito, successivamente al decorso del periodo di prova, al datore di lavoro
in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato. La restituzione avviene anche qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo
indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione
del precedente contratto a termine. In tale ultimo caso,
la restituzione avviene detraendo dalle mensilità spettanti
un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a
termine.
31. In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro
a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta,
a carico del datore di lavoro, una somma pari al 50 per
cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni
dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di
continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione
di cui al comma 30.
32. Il contributo di cui al comma 31 è dovuto anche
per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse
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dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il
recesso del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera m), del testo unico dell’apprendistato, di cui
al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167.
33. Il contributo di cui al comma 31 non è dovuto, fino
al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo di cui all’articolo 5, comma 4, della legge 23 luglio
1991, n. 223.
34. Per il periodo 2013-2015, il contributo di cui al
comma 31 non è dovuto nei seguenti casi: a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai
quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la
continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi
nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale; b) interruzione
di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore
delle costruzioni edili, per completamento delle attività
e chiusura del cantiere. Alle minori entrate derivanti dal
presente comma, valutate in 12 milioni di euro per l’anno
2013 e in 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014
e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione
dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,
n. 214.
35. A decorrere dal 1° gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza
del personale di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non abbia formato oggetto di
accordo sindacale, il contributo di cui al comma 31 del
presente articolo è moltiplicato per tre volte.
36. A decorrere dal 1° gennaio 2013 all’articolo 2,
comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo
14 settembre 2011, n. 167, è aggiunta, in fine, la seguente
lettera:
«e-bis) assicurazione sociale per l’impiego in relazione alla quale, in via aggiuntiva a quanto previsto in
relazione al regime contributivo per le assicurazioni di
cui alle precedenti lettere ai sensi della disciplina di cui
all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro
per gli apprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Resta fermo che con riferimento
a tale contribuzione non operano le disposizioni di cui
all’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011,
n. 183».
37. L’aliquota contributiva di cui al comma 36, di finanziamento dell’ASpI, non ha effetto nei confronti delle
disposizioni agevolative che rimandano, per l’identificazione dell’aliquota applicabile, alla contribuzione nella
misura prevista per gli apprendisti.
38. All’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, dopo le
parole: «provvidenze della gestione case per lavoratori»
sono aggiunte le seguenti: «; Assicurazione sociale per
l’impiego».
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39. A decorrere dal 1° gennaio 2013 l’aliquota contributiva di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è ridotta al 2,6 per cento.
40. Si decade dalla fruizione delle indennità di cui al
presente articolo nei seguenti casi:
a) perdita dello stato di disoccupazione;
b) inizio di un’attività in forma autonoma senza che
il lavoratore effettui la comunicazione di cui al comma 17;
c) raggiungimento dei requisiti per il pensionamento
di vecchiaia o anticipato;
d) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di
invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’ASpI.
41. La decadenza si realizza dal momento in cui si
verifica l’evento che la determina, con obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a
percepire.
42. All’articolo 46, comma 1, della legge 9 marzo
1989, n. 88, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
«d-bis) le prestazioni dell’Assicurazione sociale per
l’impiego».
43. Ai contributi di cui ai commi da 25 a 39 si applica
la disposizione di cui all’articolo 26, comma 1, lettera e),
della legge 9 marzo 1989, n. 88.
44. In relazione ai casi di cessazione dalla precedente
occupazione intervenuti fino al 31 dicembre 2012, si applicano le disposizioni in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui all’articolo 19 del
regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e
successive modificazioni.
45. La durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal
1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, è disciplinata
nei seguenti termini:
a) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi
nell’anno 2013: otto mesi per i soggetti con età anagrafica
inferiore a cinquanta anni e dodici mesi per i soggetti con
età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni;
b) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi
nell’anno 2014: otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni, dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e
inferiore a cinquantacinque anni, quattordici mesi per i
soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione
negli ultimi due anni;
c) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi
nell’anno 2015: dieci mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni, dodici mesi per i soggetti
con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni, sedici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque
anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.
46. Per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere
dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2016 ai sensi
dell’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, il periodo massimo di diritto della
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relativa indennità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è ridefinito nei seguenti
termini:
a) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal
1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno
compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che
hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno
compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori
che hanno compiuto i cinquanta anni;
b) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal
1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno
compiuto i quaranta anni e a trenta per i lavoratori che
hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: diciotto mesi, elevato a trenta per i lavoratori che hanno
compiuto i quaranta anni e a quarantadue per i lavoratori
che hanno compiuto i cinquanta anni;
c) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal
1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici
mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a ventiquattro per i lavoratori che
hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno
compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che
hanno compiuto i cinquanta anni;
d) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal
1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici
mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici
mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a ventiquattro per i lavoratori che
hanno compiuto i cinquanta anni.
47. A decorrere dal 1° gennaio 2016 le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale di cui
all’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge
31 marzo 2005, n. 43, come modificato dal comma 48 del
presente articolo, sono riversate alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali
dell’INPS, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989,
n. 88, e successive modificazioni.
48. All’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: «è destinato» sono
inserite le seguenti: «fino al 31 dicembre 2015»;
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b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
«3-bis. La riscossione dell’incremento dell’addizionale
comunale di cui al comma 2 avviene a cura dei gestori
di servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte
delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine
del mese in cui sorge l’obbligo.
3-ter. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all’INPS da parte dei gestori di servizi aeroportuali con
le modalità stabilite dall’Istituto e riversate allo stesso
Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli articoli 17 e
seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Alle
somme di cui al predetto comma 2 si applicano le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre
2000, n. 388, per i contributi previdenziali obbligatori.
3-quater. La comunicazione di cui al comma 3-ter costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di
mancato versamento, ad attivare la riscossione coattiva,
secondo le modalità previste dall’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive
modificazioni».
49. I soggetti tenuti alla riscossione di cui all’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005,
come modificato dal comma 48 del presente articolo, trattengono, a titolo di ristoro per le spese di riscossione e comunicazione, una somma pari allo 0,25 per cento del gettito totale. In caso di inadempienza rispetto agli obblighi
di comunicazione si applica una sanzione amministrativa
da euro 2.000 ad euro 12.000. L’INPS provvede all’accertamento delle inadempienze e all’irrogazione delle conseguenti sanzioni. Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
50. All’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo
9 luglio 1997, n. 241, è aggiunta, in fine, la seguente
lettera:
«h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla
riscossione dell’incremento all’addizionale comunale
debbono riversare all’INPS, ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e
successive modificazioni».
51. A decorrere dall’anno 2013, nei limiti delle risorse di cui al comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge
29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, è riconosciuta un’indennità ai collaboratori
coordinati e continuativi di cui all’articolo 61, comma 1,
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti
in via esclusiva alla Gestione separata presso l’INPS di
cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995,
n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i
quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) abbiano operato, nel corso dell’anno precedente,
in regime di monocommittenza;
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b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito
lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro, annualmente rivalutato
sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al
consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta
nell’anno precedente;
c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero
di mensilità non inferiore a uno;
d) abbiano avuto un periodo di disoccupazione ai
sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni,
ininterrotto di almeno due mesi nell’anno precedente;
e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno
quattro mensilità presso la predetta Gestione separata di
cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
52. L’indennità è pari a un importo del 5 per cento del
minimale annuo di reddito di cui all’articolo 1, comma 3,
della legge 2 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente
e quelle non coperte da contribuzione.
53. L’importo di cui al comma 52 è liquidato in un’unica soluzione se pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero in
importi mensili pari o inferiori a 1.000 euro se superiore.
54. Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del
trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2012 per
coloro che hanno maturato il diritto entro tale data ai sensi
dell’articolo 19, comma 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni.
55. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le lettere a), b) e
c) del comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono abrogate.
56. In via transitoria per gli anni 2013, 2014 e 2015:
a) il requisito di cui alla lettera e) del comma 51, relativo
alle mensilità accreditate, è ridotto da quattro a tre mesi;
b) l’importo dell’indennità di cui al comma 52 è elevato
dal 5 per cento al 7 per cento del minimale annuo; c) le
risorse di cui al comma 51 sono integrate nella misura
di 60 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni e al
relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24,
comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214. Nel corso del periodo transitorio, in sede di
monitoraggio effettuato ai sensi dell’articolo 1, comma 2,
della presente legge, con particolare riferimento alle misure recate dai commi 23 e seguenti del medesimo articolo 1, si provvede a verificare la rispondenza dell’indennità di cui al comma 51 alle finalità di tutela, considerate
le caratteristiche della tipologia contrattuale, allo scopo
di verificare se la portata effettiva dell’onere corrisponde alle previsioni iniziali e anche al fine di valutare, ai
sensi dell’articolo 1, comma 3, eventuali correzioni della
misura stessa, quali la sua sostituzione con tipologie di
intervento previste dal comma 20 del presente articolo.
57. All’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre
2007, n. 247, al primo periodo, le parole: «e in misura
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pari al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «, in misura pari al 26 per cento per
gli anni 2010 e 2011, in misura pari al 27 per cento per
l’anno 2012, al 28 per cento per l’anno 2013, al 29 per
cento per l’anno 2014, al 30 per cento per l’anno 2015, al
31 per cento per l’anno 2016, al 32 per cento per l’anno
2017 e al 33 per cento a decorrere dall’anno 2018» e, al
secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «per gli anni 2008-2011, al 18 per cento per l’anno
2012, al 19 per cento per l’anno 2013, al 20 per cento per
l’anno 2014, al 21 per cento per l’anno 2015, al 22 per
cento per l’anno 2016, al 23 per cento per l’anno 2017 e
al 24 per cento a decorrere dall’anno 2018».
58. Con la sentenza di condanna per i reati di cui agli
articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del
codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis
ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni
previste dallo stesso articolo, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni,
comunque denominate in base alla legislazione vigente,
di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e
pensione per gli invalidi civili. Con la medesima sentenza
il giudice dispone anche la revoca dei trattamenti previdenziali a carico degli enti gestori di forme obbligatorie
di previdenza e assistenza, ovvero di forme sostitutive,
esclusive ed esonerative delle stesse, erogati al condannato, nel caso in cui accerti, o sia stato già accertato con
sentenza in altro procedimento giurisdizionale, che questi
abbiano origine, in tutto o in parte, da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse a taluno
dei reati di cui al primo periodo.
59. I condannati ai quali sia stata applicata la sanzione
accessoria di cui al comma 58, primo periodo, possono
beneficiare, una volta che la pena sia stata completamente
eseguita e previa presentazione di apposita domanda, delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia,
nel caso in cui ne ricorrano i presupposti.
60. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 58 sono
comunicati, entro quindici giorni dalla data di adozione
dei medesimi, all’ente titolare dei rapporti previdenziali
e assistenziali facenti capo al soggetto condannato, ai fini
della loro immediata esecuzione.
61. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministro della giustizia, d’intesa con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmette agli
enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già
condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di
cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni di cui al medesimo comma 58,
primo periodo.
62. Quando esercita l’azione penale, il pubblico ministero, qualora nel corso delle indagini abbia acquisito
elementi utili per ritenere irregolarmente percepita una
prestazione di natura assistenziale o previdenziale, informa l’amministrazione competente per i conseguenti accertamenti e provvedimenti.
63. Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca di
cui ai commi da 58 a 62 sono versate annualmente dagli
enti interessati all’entrata del bilancio dello Stato per es-
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sere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di
tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura, di cui
all’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 febbraio 2011, n. 10, e agli interventi in favore
delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206.
64. Al fine di garantire la graduale transizione verso il
regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali di cui alla presente legge, assicurando la gestione
delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 20132016 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
può disporre, sulla base di specifici accordi governativi
e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla
normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione
di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di
mobilità, anche con riferimento a settori produttivi e ad
aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine
destinate nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e
formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come
rifinanziato dal comma 65 del presente articolo.
65. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236,
confluita nel Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decretolegge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementata
di euro 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014,
di euro 700 milioni per l’anno 2015 e di euro 400 milioni
per l’anno 2016.
66. Nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla
concessione, in deroga alla normativa vigente, anche
senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 33, comma 21, della legge 12 novembre
2011, n. 183, nonché ai sensi del comma 64 del presente
articolo possono essere prorogati, sulla base di specifici
accordi governativi e per periodi non superiori a dodici
mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze. La misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40
per cento nel caso di proroghe successive. I trattamenti
di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive
alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel
caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego,
anche miranti alla riqualificazione professionale. Bimestralmente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
invia al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sull’andamento degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga.
67. Al fine di garantire criteri omogenei di accesso a
tutte le forme di integrazione del reddito, si applicano
anche ai lavoratori destinatari dei trattamenti di integra-
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zione salariale in deroga e di mobilità in deroga, rispettivamente, le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3,
del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e di
cui all’articolo 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991,
n. 223.
68. Con effetto dal 1° gennaio 2013 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo di
cui alle tabelle B e C dell’allegato 1 del decreto-legge
6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applicano ai lavoratori iscritti alla gestione autonoma coltivatori diretti,
mezzadri e coloni dell’INPS che non fossero già interessati dalla predetta disposizione incrementale. Le aliquote
di finanziamento sono comprensive del contributo addizionale del 2 per cento previsto dall’articolo 12, comma 4, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
69. A decorrere dal 1° gennaio 2013, sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a) articolo 19, commi 1-bis, 1-ter, 2 e 2-bis, del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
b) articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge
20 maggio 1988, n. 160;
c) articolo 40 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935,
n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155.
70. A decorrere dal 1° gennaio 2016, l’articolo 3 della
legge 23 luglio 1991, n. 223, è abrogato.
71. A decorrere dal 1° gennaio 2017, sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a) articolo 5, commi 4, 5 e 6, della legge 23 luglio
1991, n. 223;
b) articoli da 6 a 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
c) articolo 10, comma 2, della legge 23 luglio 1991,
n. 223;
d) articolo 16, commi da 1 a 3, della legge 23 luglio
1991, n. 223;
e) articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991,
n. 223;
f) articolo 3, commi 3 e 4, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451;
g) articoli da 9 a 19 della legge 6 agosto 1975, n. 427.
72. All’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «le procedure di mobilità»
sono sostituite dalle seguenti: «la procedura di licenziamento collettivo»;
b) al comma 3, le parole: «la dichiarazione di mobilità» sono sostituite dalle seguenti: «il licenziamento
collettivo» e le parole: «programma di mobilità» sono
sostituite dalle seguenti: «programma di riduzione del
personale»;
c) al comma 8, le parole: «dalla procedura di mobilità» sono sostituite dalle seguenti: «dalle procedure di
licenziamento collettivo»;
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d) al comma 9, le parole: «collocare in mobilità»
sono sostituite dalla seguente: «licenziare» e le parole:
«collocati in mobilità» sono sostituite dalla seguente:
«licenziati»;
e) al comma 10, le parole: «collocare in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziare» e le parole: «posti in mobilità» sono sostituite dalla seguente:
«licenziati».
73. All’articolo 5, commi 1 e 2, della legge 23 luglio
1991, n. 223, le parole: «collocare in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziare».
Art. 3.
Tutele in costanza di rapporto di lavoro
1. All’articolo 12 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione
salariale e i relativi obblighi contributivi sono estesi alle
seguenti imprese:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di
cinquanta dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;
e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal
numero di dipendenti».
2. A decorrere dal 1° gennaio 2013 ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con
contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese
e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni,
e ai lavoratori dipendenti dalle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84
del 1994, è riconosciuta un’indennità di importo pari a
un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento
al lavoro, nonché per le giornate di mancato avviamento
al lavoro che coincidano, in base al programma, con le
giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia
risultato disponibile. L’indennità è riconosciuta per un
numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari
alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate
mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione dei trattamenti di cui al presente
comma da parte dell’INPS è subordinata all’acquisizione
degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al
lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale
dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite,
dalle autorità marittime.
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3. Alle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi
2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive
modificazioni, e alle società derivate dalla trasformazione
delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994,
nonché ai relativi lavoratori, è esteso l’obbligo contributivo di cui all’articolo 9 della legge 29 dicembre 1990,
n. 407.
4. Al fine di assicurare la definizione, entro l’anno
2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme
di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente
più rappresentative a livello nazionale stipulano, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà
bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai
lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei
casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per
cause previste dalla normativa in materia di integrazione
salariale ordinaria o straordinaria.
5. Entro i successivi tre mesi, con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede all’istituzione presso l’INPS dei fondi cui al comma 4.
6. Con le medesime modalità di cui ai commi 4 e 5
possono essere apportate modifiche agli atti istitutivi di
ciascun fondo. Le modifiche aventi ad oggetto la disciplina delle prestazioni o la misura delle aliquote sono
adottate con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro
e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze,
sulla base di una proposta del comitato amministratore di
cui al comma 35.
7. I decreti di cui al comma 5 determinano, sulla base
degli accordi, l’ambito di applicazione dei fondi di cui al
comma 4, con riferimento al settore di attività, alla natura
giuridica dei datori di lavoro ed alla classe di ampiezza
dei datori di lavoro. Il superamento dell’eventuale soglia
dimensionale fissata per la partecipazione al fondo si verifica mensilmente con riferimento alla media del semestre precedente.
8. I fondi di cui al comma 4 non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’INPS.
9. Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo di cui
al comma 4 sono determinati secondo i criteri definiti dal
regolamento di contabilità dell’INPS.
10. L’istituzione dei fondi di cui al comma 4 è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che
occupano mediamente più di quindici dipendenti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano
al personale dirigente se non espressamente previsto.
11. I fondi di cui al comma 4, oltre alla finalità di cui
al medesimo comma, possono avere le seguenti finalità:
a) assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego;
b) prevedere assegni straordinari per il sostegno al
reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevola-
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zione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti
previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei
successivi cinque anni;
c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o
dell’Unione europea.
12. Per le finalità di cui al comma 11, i fondi di cui al
comma 4 possono essere istituiti, con le medesime modalità di cui al comma 4, anche in relazione a settori e
classi di ampiezza già coperti dalla normativa in materia
di integrazioni salariali. Per le imprese nei confronti delle
quali trovano applicazione gli articoli 4 e seguenti della
legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni,
in materia di indennità di mobilità, gli accordi e contratti
collettivi con le modalità di cui al comma 4 possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, con un’aliquota contributiva nella
misura dello 0,30 per cento delle retribuzioni imponibili
ai fini previdenziali.
13. Gli accordi ed i contratti di cui al comma 4 possono
prevedere che nel fondo di cui al medesimo comma confluisca anche l’eventuale fondo interprofessionale istituito
dalle medesime parti firmatarie ai sensi dell’articolo 118
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. In tal caso, al fondo affluisce anche il gettito
del contributo integrativo stabilito dall’articolo 25, quarto
comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, con riferimento ai datori di lavoro cui si
applica il fondo e le prestazioni derivanti dall’attuazione
del primo periodo del presente comma sono riconosciute
nel limite di tale gettito.
14. In alternativa al modello previsto dai commi da 4 a
13 e dalle relative disposizioni attuative di cui ai commi
22 e seguenti, in riferimento ai settori di cui al comma 4
nei quali siano operanti, alla data di entrata in vigore della
presente legge, consolidati sistemi di bilateralità e in considerazione delle peculiari esigenze dei predetti settori,
quale quello dell’artigianato, le organizzazioni sindacali
e imprenditoriali di cui al citato comma 4 possono, nel
termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, adeguare le fonti istitutive dei rispettivi
fondi bilaterali alle finalità perseguite dai commi da 4 a
13, prevedendo misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro,
in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive
interessate.
15. Per le finalità di cui al comma 14, gli accordi e i
contratti collettivi definiscono:
a) un’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento non inferiore allo 0,20 per cento;
b) le tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo di solidarietà bilaterale;
c) l’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione ovvero la rideterminazione delle
prestazioni in relazione alle erogazioni, tra l’altro tenendo presente in via previsionale gli andamenti del relativo
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settore in relazione anche a quello più generale dell’economia e l’esigenza dell’equilibrio finanziario del fondo
medesimo;
d) la possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte del contributo previsto per l’eventuale
fondo interprofessionale di cui al comma 13;
e) criteri e requisiti per la gestione dei fondi.
16. In considerazione delle finalità perseguite dai fondi
di cui al comma 14, volti a realizzare ovvero integrare il
sistema, in chiave universalistica, di tutela del reddito in
costanza di rapporto di lavoro e in caso di sua cessazione, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le parti
sociali istitutive dei rispettivi fondi bilaterali, sono dettate
disposizioni per determinare: requisiti di professionalità
e onorabilità dei soggetti preposti alla gestione dei fondi
medesimi; criteri e requisiti per la contabilità dei fondi;
modalità volte a rafforzare la funzione di controllo sulla
loro corretta gestione e di monitoraggio sull’andamento
delle prestazioni, anche attraverso la determinazione di
standard e parametri omogenei.
17. In via sperimentale per ciascuno degli anni 2013,
2014 e 2015 l’indennità di cui all’articolo 2, comma 1,
della presente legge è riconosciuta ai lavoratori sospesi
per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso
dei requisiti previsti dall’articolo 2, comma 4, e subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla
misura del 20 per cento dell’indennità stessa a carico dei
fondi bilaterali di cui al comma 14, ovvero a carico dei
fondi di solidarietà di cui al comma 4 del presente articolo. La durata massima del trattamento non può superare
novanta giornate da computare in un biennio mobile. Il
trattamento è riconosciuto nel limite delle risorse non superiore a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013,
2014 e 2015; al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui
all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 dicembre 2011, n. 214. Il Ministro dell’economia e
delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
18. Le disposizioni di cui al comma 17 non trovano
applicazione nei confronti dei lavoratori dipendenti da
aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale.
19. Per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi
dimensionali comunque superiori ai quindici dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione
salariale, per i quali non siano stipulati, entro il 31 marzo
2013, accordi collettivi volti all’attivazione di un fondo di cui al comma 4, ovvero ai sensi del comma 14, è
istituito, con decreto non regolamentare del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un fondo di solidarietà
residuale, cui contribuiscono i datori di lavoro dei settori
identificati.
20. Il fondo di solidarietà residuale finanziato con i
contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori dei settori
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coperti, secondo quanto definito dai commi 22, 23, 24 e
25, garantisce la prestazione di cui al comma 31, per una
durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in
relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria.
21. Alla gestione del fondo di solidarietà residuale
provvede un comitato amministratore, avente i compiti di
cui al comma 35 e composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in
rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e
delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono
incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito
delle organizzazioni sindacali. La partecipazione al comitato è gratuita e non dà diritto ad alcun compenso né ad
alcun rimborso spese.
22. I decreti di cui ai commi 5, 6, 7 e 19 determinano le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente,
di due terzi e di un terzo, in maniera tale da garantire la
precostituzione di risorse continuative adeguate sia per
l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime, da verificare anche sulla base dei bilanci di previsione di cui al
comma 28.
23. Qualora sia prevista la prestazione di cui al comma 31, è previsto, a carico del datore di lavoro che ricorra
alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, un
contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura prevista dai decreti di cui ai
commi 5, 6, 7 e 19 e comunque non inferiore all’1,5 per
cento.
24. Per la prestazione straordinaria di cui al comma 32,
lettera b), è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni straordinari erogabili e
della contribuzione correlata.
25. Ai contributi di finanziamento di cui ai commi da
22 a 24 si applicano le disposizioni vigenti in materia di
contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di
quelle relative agli sgravi contributivi.
26. I fondi istituiti ai sensi dei commi 4, 14 e 19 hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare
prestazioni in carenza di disponibilità.
27. Gli interventi a carico dei fondi di cui ai commi
4, 14 e 19 sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già
acquisite.
28. I fondi istituiti ai sensi dei commi 4 e 19 hanno
obbligo di presentazione, sin dalla loro costituzione, di
bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di
economia e finanza e relativa Nota di aggiornamento.
29. Sulla base del bilancio di previsione di cui al comma 28, il comitato amministratore di cui al comma 35 ha
facoltà di proporre modifiche in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota di contribuzione.
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Le modifiche sono adottate, anche in corso d’anno, con
decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, verificate le
compatibilità finanziarie interne al fondo, sulla base della
proposta del comitato amministratore.
30. In caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o
da deliberare, ovvero di inadempienza del comitato amministratore in relazione all’attività di cui al comma 29,
l’aliquota contributiva può essere modificata con decreto
direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, anche in mancanza
di proposta del comitato amministratore. In ogni caso,
in assenza dell’adeguamento contributivo di cui al comma 29, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni in
eccedenza.
31. I fondi di cui al comma 4 assicurano almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo
delle ore complessivamente lavorabili da computare in
un biennio mobile, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria o
straordinaria.
32. I fondi di cui al comma 4 possono inoltre erogare le
seguenti tipologie di prestazioni:
a) prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto a quanto garantito dall’ASpI;
b) assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione
all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti
per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
c) contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche
in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione
europea.
33. Nei casi di cui al comma 31, i fondi di cui ai commi 4 e 19 provvedono inoltre a versare la contribuzione
correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del
lavoratore interessato. La contribuzione dovuta è computata in base a quanto previsto dall’articolo 40 della legge
4 novembre 2010, n. 183.
34. La contribuzione correlata di cui al comma 33 può
altresì essere prevista, dai decreti istitutivi, in relazione
alle prestazioni di cui al comma 32. In tal caso, il fondo
di cui al comma 4 provvede a versare la contribuzione
correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del
lavoratore interessato.
35. Alla gestione di ciascun fondo istituito ai sensi del
comma 4 provvede un comitato amministratore con i seguenti compiti:
a) predisporre, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, i bilanci annuali,
preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una
propria relazione, e deliberare sui bilanci tecnici relativi
alla gestione stessa;
b) deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto
per la gestione degli istituti previsti dal regolamento;
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c) fare proposte in materia di contributi, interventi e
trattamenti;
d) vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti,
nonché sull’andamento della gestione;
e) decidere in unica istanza sui ricorsi in ordine alle
materie di competenza;
f) assolvere ogni altro compito ad esso demandato da
leggi o regolamenti.
36. Il comitato amministratore è composto da esperti
designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in
rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e
delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono
incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito
delle organizzazioni sindacali. Ai componenti del comitato non spetta alcun emolumento, indennità o rimborso
spese.
37. Il comitato amministratore è nominato con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimane
in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista
dal decreto istitutivo.
38. Il presidente del comitato amministratore è eletto
dal comitato stesso tra i propri membri.
39. Le deliberazioni del comitato amministratore sono
assunte a maggioranza e, in caso di parità nelle votazioni,
prevale il voto del presidente.
40. Partecipa alle riunioni del comitato amministratore
del fondo il collegio sindacale dell’INPS, nonché il direttore generale del medesimo Istituto o un suo delegato,
con voto consultivo.
41. L’esecuzione delle decisioni adottate dal comitato amministratore può essere sospesa, ove si evidenzino profili di illegittimità, da parte del direttore generale
dell’INPS. Il provvedimento di sospensione deve essere
adottato nel termine di cinque giorni ed essere sottoposto, con l’indicazione della norma che si ritiene violata,
al presidente dell’INPS nell’ambito delle funzioni di cui
all’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno
1994, n. 479, e successive modificazioni; entro tre mesi,
il presidente stabilisce se dare ulteriore corso alla decisione o se annullarla. Trascorso tale termine la decisione
diviene esecutiva.
42. La disciplina dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi
dell’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, è adeguata alle norme dalla presente legge con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, da
stipulare tra le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 30 giugno 2013.
43. L’entrata in vigore dei decreti di cui al comma 42
determina l’abrogazione del decreto ministeriale recante
il regolamento del relativo fondo.
44. La disciplina del fondo di cui all’articolo 1-ter del
decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, è ade-
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guata alle norme previste dalla presente legge con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche
intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto aereo e del sistema
aeroportuale.
45. La disciplina del fondo di cui all’articolo 59, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è adeguata
alle norme previste dalla presente legge con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base
di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto ferroviario.
46. A decorrere dal 1° gennaio 2013, sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a) articolo 1-bis del decreto-legge 5 ottobre 2004,
n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291;
b) articolo 2, comma 37, della legge 22 dicembre
2008, n. 203.
47. A decorrere dal 1° gennaio 2014, sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a) articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre
1996, n. 662;
b) regolamento di cui al decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale 27 novembre 1997,
n. 477;
c) articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004,
n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291;
d) articolo 59, comma 6, quarto, quinto e sesto periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
48. All’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 475 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il Fondo opera nei limiti delle risorse disponibili
e fino ad esaurimento delle stesse»;
b) al comma 476 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La sospensione non comporta l’applicazione di
alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive»;
c) dopo il comma 476 è inserito il seguente:
«476-bis. La sospensione di cui al comma 476 si applica anche ai mutui:
a) oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite ovvero di cartolarizzazione ai sensi
della legge 30 aprile 1999, n. 130;
b) erogati per portabilità tramite surroga ai sensi
dell’articolo 120-quater del testo unico di cui al decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che costituiscono
mutui di nuova erogazione alla data di perfezionamento
dell’operazione di surroga;
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c) che hanno già fruito di altre misure di sospensione purché tali misure non determinino complessivamente
una sospensione dell’ammortamento superiore a diciotto
mesi»;
d) il comma 477 è sostituito dal seguente:
«477. La sospensione prevista dal comma 476 non può
essere richiesta per i mutui che abbiano almeno una delle
seguenti caratteristiche:
a) ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni
consecutivi al momento della presentazione della domanda da parte del mutuatario, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell’atto di
precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato;
b) fruizione di agevolazioni pubbliche;
c) per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a
copertura del rischio che si verifichino gli eventi di cui
al comma 479, purché tale assicurazione garantisca il
rimborso almeno degli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione
stesso»;
e) al comma 478, le parole: «dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per la
sospensione del pagamento delle rate del mutuo» sono
sostituite dalle seguenti: «degli oneri finanziari pari agli
interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di
sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro
di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui
e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione
sommata a tale parametro»;
f) il comma 479 è sostituito dal seguente:
«479. L’ammissione al beneficio di cui al comma 476
è subordinata esclusivamente all’accadimento di almeno
uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla
stipula del contratto di mutuo e verificatisi nei tre anni
antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio:
a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad
eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o
giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso
datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non
per giusta causa;
c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all’80 per
cento».
49. Le disposizioni di cui ai commi da 475 a 479
dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
come modificati dal comma 48 del presente articolo, si
applicano esclusivamente alle domande di accesso al
Fondo di solidarietà presentate dopo la data di entrata in
vigore della presente legge.
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Art. 4.
Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro
1. Nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori
di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che,
al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il
datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori
una prestazione di importo pari al trattamento di pensione
che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei
requisiti minimi per il pensionamento.
2. I lavoratori coinvolti nel programma di cui al comma 1 debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni
successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro.
3. Allo scopo di dare efficacia all’accordo di cui al
comma 1, il datore di lavoro interessato presenta apposita
domanda all’INPS, accompagnata dalla presentazione di
una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in
relazione agli obblighi.
4. L’accordo di cui al comma 1 diviene efficace a seguito della validazione da parte dell’INPS, che effettua
l’istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al
lavoratore ed al datore di lavoro.
5. A seguito dell’accettazione dell’accordo di cui al
comma 1 il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per
la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del
versamento mensile di cui al presente comma, l’INPS è
tenuto a non erogare le prestazioni.
6. In caso di mancato versamento l’INPS procede a
notificare un avviso di pagamento; decorsi centottanta
giorni dalla notifica senza l’avvenuto pagamento l’INPS
procede alla escussione della fideiussione.
7. Il pagamento della prestazione avviene da parte
dell’INPS con le modalità previste per il pagamento delle
pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.
8. In relazione alle assunzioni effettuate, a decorrere
dal 1° gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente,
a tempo determinato anche in somministrazione, in relazione a lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni,
disoccupati da oltre dodici mesi, spetta, per la durata di
dodici mesi, la riduzione del 50 per cento dei contributi a
carico del datore di lavoro.
9. Nei casi di cui al comma 8, se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si
prolunga fino al diciottesimo mese dalla data della assunzione con il contratto di cui al comma 8.
10. Nei casi di cui al comma 8, qualora l’assunzione sia
effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato,
la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.
11. Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 10 si applicano nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della
Commissione, del 6 agosto 2008, anche in relazione alle
assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego
regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in
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regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi
strutturali dell’Unione europea e nelle aree di cui all’articolo 2, punto 18), lettera e), del predetto regolamento,
annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, nonché in relazione alle
assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi,
ovunque residenti.
12. Al fine di garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti
dall’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990,
n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9,
della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i periodi di vigenza
come ridefiniti dalla presente legge, si definiscono i seguenti princìpi:
a) gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da
norme di legge o della contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente
diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto
di somministrazione;
b) gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il
diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto
collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da
un rapporto a termine; gli incentivi sono esclusi anche nel
caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia
preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato
o cessato da un rapporto a termine;
c) gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o
l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano
in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione,
la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate
all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate
presso una diversa unità produttiva;
d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei
lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente
coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in rapporto di collegamento
o controllo; in caso di somministrazione tale condizione
si applica anche all’utilizzatore.
13. Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non
si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate
dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori,
anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a)
e b), del decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che
tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.
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14. All’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre
1990, n. 407, le parole: «quando esse non siano effettuate
in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi» sono sostituite dalle seguenti: «quando esse non siano effettuate in
sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese
licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi».
15. L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche
obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un
rapporto di lavoro o di somministrazione producono la
perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo
compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la
data della tardiva comunicazione.
16. Il comma 4 dell’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:
«4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il
periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore
durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi
tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi
tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio
ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro».
17. Al di fuori dell’ipotesi di cui all’articolo 55, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151, come sostituito dal comma 16 del
presente articolo, l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del
rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida
effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il
Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero
presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali
stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative a livello nazionale.
18. In alternativa alla procedura di cui al comma 17,
l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta
in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione
di cessazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 21
della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possono essere
individuate ulteriori modalità semplificate per accertare
la veridicità della data e la autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore, in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del
rapporto, in funzione dello sviluppo dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie.
19. Nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non
proceda alla convalida di cui al comma 17 ovvero alla
sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto di lavoro si
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intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca,
entro sette giorni dalla ricezione, all’invito a presentarsi
presso le sedi di cui al comma 17 ovvero all’invito ad
apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore
di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero qualora
non effettui la revoca di cui al comma 21.
20. La comunicazione contenente l’invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione di cui al
comma 18, si considera validamente effettuata quando è
recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore
indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratore al
datore di lavoro, ovvero è consegnata alla lavoratrice o al
lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
21. Nei sette giorni di cui al comma 19, che possono
sovrapporsi con il periodo di preavviso, la lavoratrice o
il lavoratore ha facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale. La revoca può essere comunicata
in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno
successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il prestatore non
matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso
conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali
pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in
forza di esse.
22. Qualora, in mancanza della convalida di cui al comma 17 ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18, il
datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito
entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni
e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.
23. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, è punito
con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro
30.000. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione
sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui
alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
24. Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo
una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura
dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in via sperimentale per
gli anni 2013-2015:
a) il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi
dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro
per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il
padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore
periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.
In tale ultima ipotesi, per il periodo di due giorni goduto
in sostituzione della madre è riconosciuta un’indennità
giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della
retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all’ob-
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bligo di astensione della madre è riconosciuta un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione. Il padre lavoratore è tenuto a fornire preventiva comunicazione in
forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per
astenersi dal lavoro almeno quindici giorni prima dei medesimi. All’onere derivante dalla presente lettera, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013,
2014 e 2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui
all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 dicembre 2011, n. 214, e, quanto a 13 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2013-2015, ai sensi del comma 69
del presente articolo;
b) nei limiti delle risorse di cui al comma 26 e con le
modalità di cui al comma 25, è disciplinata la possibilità
di concedere alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi
e in alternativa al congedo parentale di cui al comma 1,
lettera a), dell’articolo 32 del citato testo unico di cui al
decreto legislativo n. 151 del 2001, la corresponsione di
voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero
per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per
l’infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al
datore di lavoro.
25. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con
il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare
entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti, nei limiti delle risorse di cui al
comma 26:
a) i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle
misure sperimentali di cui al comma 24;
b) il numero e l’importo dei voucher di cui al comma 24, lettera b), tenuto anche conto dell’indicatore della
situazione economica equivalente del nucleo familiare di
appartenenza.
26. Il decreto di cui al comma 25 provvede altresì a determinare, per la misura sperimentale di cui al comma 24,
lettera b), e per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015,
la quota di risorse del citato fondo di cui all’articolo 24,
comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214, nel limite delle quali è riconosciuto il beneficio previsto dalla predetta misura sperimentale.
27. Alla legge 12 marzo 1999, n. 68, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4, comma 1, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Agli effetti della determinazione del
numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con
contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non
sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i
dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento,
i lavoratori occupati con contratto di somministrazione
presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da
svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi
dell’articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000,
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n. 81, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono
al programma di emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive
modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore»;
b) all’articolo 5, comma 2, dopo il secondo periodo
è inserito il seguente: «Indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori è considerato personale di cantiere anche quello direttamente operante nei
montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere
di manutenzione svolte in cantiere»;
c) all’articolo 5, dopo il comma 8-quater è aggiunto
il seguente:
«8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso
all’istituto dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3
e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita
la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanare, ai sensi
dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite norme volte al potenziamento delle
attività di controllo»;
d) all’articolo 6, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I medesimi organismi sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, con cadenza almeno
mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 3,
nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti».
28. Al terzo periodo del comma 67 dell’articolo 1 della
legge 24 dicembre 2007, n. 247, sono soppresse le parole:
«In via sperimentale, con riferimento al triennio 20082010,» e, al comma 68, i periodi secondo, terzo e quarto
sono sostituiti dal seguente: «A decorrere dall’anno 2012
lo sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore
di lavoro è concesso secondo i criteri di cui al comma 67
e con la modalità di cui al primo periodo del presente
comma, a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro
annui, già presenti nello stato di previsione del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, relative al Fondo per
il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la
contrattazione di secondo livello». Conseguentemente è
abrogato il comma 14 dell’articolo 33 della legge 12 novembre 2011, n. 183.
29. Per l’anno 2011, per gli sgravi contributivi di cui
all’articolo 1, comma 47, quarto periodo, della legge
13 dicembre 2010, n. 220, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato ad utilizzare le risorse
iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione
del medesimo Ministero già impegnate per le medesime
finalità.
30. All’articolo 22, comma 11, secondo periodo, del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
le parole: «per un periodo non inferiore a sei mesi» sono
sostituite dalle seguenti: «per un periodo non inferiore ad
un anno ovvero per tutto il periodo di durata della pre-
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stazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore
straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al
secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)».
31. All’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al primo periodo sono premesse le seguenti parole: «Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi
nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro
e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del
settore che possono individuare metodi e procedure di
controllo e di verifica della regolarità complessiva degli
appalti,»;
b) i periodi dal secondo al quinto sono sostituiti dai
seguenti: «Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente
all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori.
Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva
escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e
degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma
l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del
committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo
l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e
degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei
confronti del coobbligato secondo le regole generali».
32. All’articolo 36, comma 1, lettera b-bis), del decreto
legislativo 8 luglio 2003, n. 188, dopo le parole: «definiti
dalla contrattazione collettiva» è inserita la seguente: «nazionale» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o,
in via delegata, dalla contrattazione a livelli decentrati».
33. Al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, dopo il comma 1 sono aggiunti i
seguenti:
«1-bis. Nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori
sociali per i quali lo stato di disoccupazione costituisca
requisito, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al
comma 1 devono prevedere almeno l’offerta delle seguenti azioni:
a) colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;
b) azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei
mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, con formazione sulle modalità più efficaci di ricerca di occupazione
adeguate al contesto produttivo territoriale;
c) formazione della durata complessiva non inferiore a due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio
dello stato di disoccupazione, adeguata alle competenze
professionali del disoccupato e alla domanda di lavoro
dell’area territoriale di residenza;
d) proposta di adesione ad iniziative di inserimento
lavorativo entro la scadenza del periodo di percezione del
trattamento di sostegno del reddito.
1-ter. Nei confronti dei beneficiari di trattamento di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di
rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’at-
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tività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi, gli
obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma 1 devono
prevedere almeno l’offerta di formazione professionale
della durata complessiva non inferiore a due settimane
adeguata alle competenze professionali del disoccupato»;
b) all’articolo 3, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego»;
c) all’articolo 4, comma 1:
1) la lettera a) è abrogata;
2) alla lettera c), le parole: «con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani,» sono soppresse;
3) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) sospensione dello stato di disoccupazione in
caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi».
34. Con accordo in sede di Conferenza unificata di cui
al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed in coerenza con i documenti di programmazione degli interventi cofinanziati con fondi strutturali europei è definito un
sistema di premialità, per la ripartizione delle risorse del
fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche
attive e servizi per l’impiego.
35. Entro il 30 giugno 2013 l’INPS predispone e mette a disposizione dei servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 181, e successive modificazioni, una banca dati
telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di
ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di residenza e domicilio, e dei dati essenziali relativi al
tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficiano.
36. Ai fini della verifica della erogazione dei servizi in
misura non inferiore ai livelli essenziali definiti ai sensi dell’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 181 del
2000, è fatto obbligo ai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del medesimo decreto legislativo, di inserire nella banca dati di cui al comma 35, con le
modalità definite dall’INPS, i dati essenziali concernenti
le azioni di politica attiva e di attivazione svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali.
37. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi
da 34 a 36 non devono derivare nuovi o maggiori oneri
a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie, umane e
strumentali disponibili a legislazione vigente.
38. Nei casi di presentazione di una domanda di indennità nell’ambito dell’ASpI, la dichiarazione di cui
all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 181, e successive modificazioni, può essere resa
dall’interessato all’INPS, che trasmette la dichiarazione
al servizio competente per territorio mediante il sistema
informativo di cui al comma 35 del presente articolo.
39. Al fine di semplificare gli adempimenti connessi al
riconoscimento degli incentivi all’assunzione, le regioni
e le province mettono a disposizione dell’INPS, secondo
modalità dallo stesso indicate, le informazioni di propria
competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, ivi comprese le informazioni relative
all’iscrizione nelle liste di mobilità, di cui all’articolo 6
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della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e le informazioni relative al possesso dello stato
di disoccupazione e alla sua durata, ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Le informazioni di
cui al primo periodo sono messe inoltre a disposizione
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la
pubblicazione nella borsa continua nazionale del lavoro
di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni.
40. Il lavoratore sospeso dall’attività lavorativa e beneficiario di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, ai sensi dell’articolo 3 della
presente legge, decade dal trattamento qualora rifiuti di
essere avviato ad un corso di formazione o di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza un giustificato motivo.
41. Il lavoratore destinatario di una indennità di mobilità o di indennità o di sussidi, la cui corresponsione è
collegata allo stato di disoccupazione o di inoccupazione,
decade dai trattamenti medesimi, quando:
a) rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad
una iniziativa di politica attiva o di attivazione proposta
dai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e
successive modificazioni, o non vi partecipi regolarmente;
b) non accetti una offerta di un lavoro inquadrato in
un livello retributivo superiore almeno del 20 per cento
rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto.
42. Le disposizioni di cui ai commi 40 e 41 si applicano
quando le attività lavorative o di formazione ovvero di riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di
50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque
che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi
di trasporto pubblici.
43. Nei casi di cui ai commi 40, 41 e 42, il lavoratore
destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde
il diritto alla prestazione, fatti salvi i diritti già maturati.
44. È fatto obbligo ai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, di comunicare tempestivamente gli eventi di cui ai commi da 40 a 43
all’INPS, che provvede ad emettere il provvedimento di
decadenza, recuperando le somme eventualmente erogate
per periodi di non spettanza del trattamento.
45. Avverso il provvedimento di cui al comma 44 è
ammesso ricorso al comitato provinciale di cui all’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639.
46. Al decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291,
l’articolo 1-quinquies è abrogato.
47. All’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre
2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 gennaio 2009, n. 2, il comma 10 è abrogato.
48. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247,
e successive modificazioni, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 30, alinea, le parole: «in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di
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Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione»
sono sostituite dalle seguenti: «mediante intesa in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281»;
b) al comma 30, la lettera a) è sostituita dalla
seguente:
«a) servizi per l’impiego e politiche attive»;
c) al comma 31, dopo la lettera e) sono aggiunte le
seguenti:
«e-bis) attivazione del soggetto che cerca lavoro,
in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di
una nuova occupazione;
e-ter) qualificazione professionale dei giovani che
entrano nel mercato del lavoro;
e-quater) formazione nel continuo dei lavoratori;
e-quinquies) riqualificazione di coloro che sono
espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento;
e-sexies) collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità».
49. I decreti di cui all’articolo 1, comma 30, alinea,
della legge n. 247 del 2007 sono adottati entro il termine
di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
50. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1,
comma 30, lettera a), della legge 24 dicembre 2007,
n. 247, come modificata dal comma 48, lettera b), del
presente articolo, deve essere assicurata l’armonizzazione degli emanandi decreti con le disposizioni di cui ai
commi da 33 a 49.
51. In linea con le indicazioni dell’Unione europea, per
apprendimento permanente si intende qualsiasi attività
intrapresa dalle persone in modo formale, non formale
e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una
prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale.
Le relative politiche sono determinate a livello nazionale
con intesa in sede di Conferenza unificata, su proposta del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il
Ministro dello sviluppo economico e sentite le parti sociali, a partire dalla individuazione e riconoscimento del
patrimonio culturale e professionale comunque accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e professionale, da documentare attraverso la piena
realizzazione di una dorsale informativa unica mediante
l’interoperabilità delle banche dati centrali e territoriali
esistenti.
52. Per apprendimento formale si intende quello che si
attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale
e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un
titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale,
conseguiti anche in apprendistato a norma del testo unico
di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, o
di una certificazione riconosciuta.
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53. Per apprendimento non formale si intende quello
caratterizzato da una scelta intenzionale della persona,
che si realizza al di fuori dei sistemi indicati al comma 52,
in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e
del privato sociale e nelle imprese.
54. Per apprendimento informale si intende quello che,
anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività
nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che
in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro,
familiare e del tempo libero.
55. Con la medesima intesa di cui al comma 51 del
presente articolo, in coerenza con il principio di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze di programmazione delle regioni, sono definiti, sentite le parti sociali,
indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità
per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti
territoriali che comprendono l’insieme dei servizi di istruzione, formazione e lavoro collegati organicamente alle
strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro dei
giovani, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo,
l’esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli
immigrati. In tali contesti, sono considerate prioritarie le
azioni riguardanti:
a) il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri percorsi di apprendimento formale, non
formale ed informale di cui ai commi da 51 a 54, ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere ed individuando
i fabbisogni di competenza delle persone in correlazione
con le necessità dei sistemi produttivi e dei territori di
riferimento, con particolare attenzione alle competenze
linguistiche e digitali;
b) il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti comunque acquisiti;
c) la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto
il corso della vita.
56. Alla realizzazione e allo sviluppo delle reti territoriali dei servizi concorrono anche:
a) le università, nella loro autonomia, attraverso
l’inclusione dell’apprendimento permanente nelle loro
strategie istituzionali, l’offerta formativa flessibile e di
qualità, che comprende anche la formazione a distanza,
per una popolazione studentesca diversificata, idonei servizi di orientamento e consulenza, partenariati nazionali,
europei e internazionali a sostegno della mobilità delle
persone e dello sviluppo sociale ed economico;
b) le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e
sindacali;
c) le camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura nell’erogazione dei servizi destinati a promuovere la crescita del sistema imprenditoriale e del territorio, che comprendono la formazione, l’apprendimento
e la valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dalle persone;
d) l’Osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 dicembre 2009,
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di cui al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 65 del 13 marzo 2010; le strutture territoriali degli enti
pubblici di ricerca.
mi di garanzia della qualità e valorizzazione del patrimonio culturale e professionale accumulato nel tempo dalla
persona;
57. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi
55 e 56 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
g) effettuazione di riscontri e prove di cui alla lettera
b) sulla base di quadri di riferimento e regole definiti a
livello nazionale, in relazione ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell’Unione europea e in modo da assicurare,
anche a garanzia dell’equità e del pari trattamento delle persone, la comparabilità delle competenze certificate
sull’intero territorio nazionale.
58. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di
concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentito il Ministro dello sviluppo
economico, d’intesa con la Conferenza unificata, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, delle università e degli istituti di alta formazione
artistica, musicale e coreutica, sentite le parti sociali, uno
o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni, riferiti agli
ambiti di rispettiva competenza dello Stato, delle regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano, per
l’individuazione e validazione degli apprendimenti non
formali e informali, con riferimento al sistema nazionale
di certificazione delle competenze di cui ai commi da 64 a
68, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) individuazione e validazione degli apprendimenti
non formali e informali di cui ai commi 53 e 54, acquisiti
dalla persona, quali servizi effettuati su richiesta dell’interessato, finalizzate a valorizzare il patrimonio culturale
e professionale delle persone e la consistenza e correlabilità dello stesso in relazione alle competenze certificabili
e ai crediti formativi riconoscibili ai sensi dei commi da
64 a 68;
b) individuazione e validazione dell’apprendimento
non formale e informale di cui alla lettera a) effettuate
attraverso un omogeneo processo di servizio alla persona
e sulla base di idonei riscontri e prove, nel rispetto delle
scelte e dei diritti individuali e in modo da assicurare a
tutti pari opportunità;
c) riconoscimento delle esperienze di lavoro quale
parte essenziale del percorso educativo, formativo e professionale della persona;
d) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni
per l’erogazione dei servizi di cui alla lettera a) da parte
dei soggetti istituzionalmente competenti in materia di
istruzione, formazione e lavoro, ivi incluse le imprese e
loro rappresentanze nonché le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
e) possibilità di riconoscimento degli apprendimenti
non formali e informali convalidati come crediti formativi in relazione ai titoli di istruzione e formazione e alle
qualificazioni compresi nel repertorio nazionale di cui al
comma 67;
f) previsione di procedure di convalida dell’apprendimento non formale e informale e di riconoscimento dei
crediti da parte dei soggetti di cui alla lettera d), ispirate
a principi di semplicità, trasparenza, rispondenza ai siste-
59. Nell’esercizio della delega di cui al comma 58, con
riferimento alle certificazioni di competenza, è considerato anche il ruolo svolto dagli organismi di certificazione
accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008.
60. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 58, il Governo
può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi
princìpi e criteri direttivi.
61. Dall’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 58 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la facoltà delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano
di stabilire la quota dei costi a carico della persona che
chiede la convalida dell’apprendimento non formale e informale e la relativa certificazione delle competenze.
62. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle
norme in materia di informazione e consultazione dei
lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli
utili e al capitale, il Governo è delegato ad adottare, entro
nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto
collettivo aziendale, nel rispetto dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a) individuazione degli obblighi di informazione,
consultazione o negoziazione a carico dell’impresa nei
confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori,
o di appositi organi individuati dal contratto medesimo,
nel rispetto dei livelli minimi fissati dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, di recepimento della direttiva 2002/14/CE sull’informazione e consultazione dei
lavoratori;
b) previsione di procedure di verifica dell’applicazione e degli esiti di piani o decisioni concordate, anche
attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o
comunque misti, dotati delle prerogative adeguate;
c) istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti, dotati di competenze di controllo e partecipazione nella gestione di materie quali la sicurezza dei
luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la promozione
e l’attuazione di una situazione effettiva di pari opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i
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servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie,
forme di welfare aziendale, ogni altra materia attinente
alla responsabilità sociale dell’impresa;
d) controllo sull’andamento o su determinate scelte
di gestione aziendali, mediante partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di sorveglianza;
e) previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori all’attuazione e al risultato di
piani industriali, con istituzione di forme di accesso dei
rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento
dei piani medesimi;
f) previsione che nelle imprese esercitate in forma
di società per azioni o di società europea, a norma del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che occupino complessivamente più di trecento
lavoratori e nelle quali lo statuto preveda che l’amministrazione e il controllo sono esercitati da un consiglio di
gestione e da un consiglio di sorveglianza, in conformità agli articoli da 2409-octies a 2409-quaterdecies del
codice civile, possa essere prevista la partecipazione di
rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza
come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi
diritti e gli stessi obblighi dei membri che rappresentano
gli azionisti, compreso il diritto di voto;
g) previsione dell’accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale
dell’impresa, o diritti di opzione sulle stesse, direttamente
o mediante la costituzione di fondazioni, di appositi enti
in forma di società di investimento a capitale variabile,
oppure di associazioni di lavoratori, i quali abbiano tra
i propri scopi un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l’esercizio della rappresentanza collettiva nel
governo dell’impresa.
63. Per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 62 si applicano le disposizioni di cui al comma 90
dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, in
quanto compatibili. Dai decreti legislativi di cui alle lettere a), b), c), d), f) e g) del comma 62 non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il
decreto legislativo di cui alla lettera e) del comma 62 può
essere adottato solo dopo che la legge di stabilità relativa
all’esercizio in corso al momento della sua adozione avrà
disposto le risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal decreto legislativo stesso.
64. Il sistema pubblico nazionale di certificazione delle
competenze si fonda su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale nel rispetto dei princìpi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività
e tracciabilità.
65. La certificazione delle competenze acquisite nei
contesti formali, non formali ed informali è un atto pubblico finalizzato a garantire la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con gli indirizzi
fissati dall’Unione europea. La certificazione conduce al
rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta formalmente l’accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato o
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autorizzato. Le procedure di certificazione sono ispirate a
criteri di semplificazione, tracciabilità e accessibilità della documentazione e dei servizi, soprattutto attraverso la
dorsale informativa unica di cui al comma 51, nel rispetto
delle norme di accesso agli atti amministrativi e di tutela
della privacy.
66. Per competenza certificabile ai sensi del comma 64, si intende un insieme strutturato di conoscenze
e di abilità, acquisite nei contesti di cui ai commi da 51
a 54 e riconoscibili anche come crediti formativi, previa
apposita procedura di validazione nel caso degli apprendimenti non formali e informali secondo quanto previsto
dai commi da 58 a 61.
67. Tutti gli standard delle qualificazioni e competenze
certificabili ai sensi del sistema pubblico di certificazione
sono raccolti in repertori codificati a livello nazionale o
regionale, pubblicamente riconosciuti e accessibili in un
repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e
delle qualificazioni professionali.
68. Con il medesimo decreto legislativo di cui al comma 58, sono definiti:
a) gli standard di certificazione delle competenze e
dei relativi servizi, rispondenti ai princìpi di cui al comma 64, che contengono gli elementi essenziali per la riconoscibilità e ampia spendibilità delle certificazioni in
ambito regionale, nazionale ed europeo;
b) i criteri per la definizione e l’aggiornamento, almeno ogni tre anni, del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali;
c) le modalità di registrazione delle competenze certificate, anche con riferimento al libretto formativo ed alle
anagrafi del cittadino.
69. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato complessivamente in 1.719 milioni di
euro per l’anno 2013, 2.921 milioni di euro per l’anno
2014, 2.501 milioni di euro per l’anno 2015, 2.482 milioni di euro per l’anno 2016, 2.038 milioni di euro per
l’anno 2017, 2.142 milioni di euro per l’anno 2018, 2.148
milioni di euro per l’anno 2019, 2.195 milioni di euro
per l’anno 2020 e 2.225 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2021, si provvede:
a) quanto a 1.138 milioni di euro per l’anno 2013,
2.014 milioni di euro per l’anno 2014 e 1.716 milioni di
euro annui a decorrere dall’anno 2015, mediante utilizzo
delle maggiori entrate e dei risparmi di spesa derivanti dai
commi da 72 a 79;
b) quanto a 581 milioni di euro per l’anno 2013, 907
milioni di euro per l’anno 2014, 785 milioni di euro per
l’anno 2015, 766 milioni di euro per l’anno 2016, 322
milioni di euro per l’anno 2017, 426 milioni di euro per
l’anno 2018, 432 milioni di euro per l’anno 2019, 479 milioni di euro per l’anno 2020 e 509 milioni di euro annui
a decorrere dall’anno 2021, mediante riduzione delle dotazioni finanziarie del programma di spesa «Regolazioni
contabili, restituzioni e rimborsi di imposta» nell’ambito
della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
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70. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge
31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell’economia e
delle finanze provvede al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dalla presente
legge. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto
di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni di cui
al comma 69, fatta salva l’adozione dei provvedimenti di
cui all’articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge
n. 196 del 2009, il Ministro dell’economia e delle finanze
provvede, a decorrere dall’anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione lineare, nella misura necessaria alla copertura finanziaria, delle dotazioni finanziarie disponibili
iscritte a legislazione vigente in termini di competenza
e di cassa, nell’ambito delle spese rimodulabili di parte
corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, di
cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Sono esclusi gli stanziamenti relativi all’istituto della destinazione del cinque per mille
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, gli stanziamenti relativi alle spese per la tutela dell’ordine e la
sicurezza pubblica, nonché per il soccorso pubblico. Il
Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini delle successive riduzioni, è autorizzato ad accantonare e rendere
indisponibili le predette somme. Le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative
a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel
rispetto dell’invarianza sui saldi di finanza.
71. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
72. All’articolo 164, comma 1, del testo unico delle
imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) alla lettera b), le parole: «nella misura del 40 per
cento» e le parole: «nella suddetta misura del 40 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 27,5
per cento»;
b) alla lettera b-bis), le parole: «nella misura del 90
per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura
del 70 per cento».
73. Le disposizioni di cui al comma 72 si applicano a
decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo
di imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui al comma 72.
74. All’articolo 37, comma 4-bis, primo periodo, del
testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le
parole: «15 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «5
per cento». La disposizione di cui al presente comma si
applica a decorrere dall’anno 2013.
75. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7,
convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005,
n. 43, come modificato dal comma 48 dell’articolo 2 della
presente legge, l’addizionale comunale sui diritti di im-
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barco di passeggeri sugli aeromobili di cui all’articolo 2,
comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente incrementata, a decorrere dal 1° luglio 2013,
di due euro a passeggero imbarcato. Le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale disposto
dal presente comma sono versate all’INPS con le stesse
modalità previste dalla disposizione di cui al comma 48,
lettera b), dell’articolo 2, e in riferimento alle stesse si
applicano le disposizioni di cui ai commi 49 e 50 del medesimo articolo 2.
76. Il contributo di cui all’articolo 334 del codice delle
assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, applicato sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per il
quale l’impresa di assicurazione ha esercitato il diritto di
rivalsa nei confronti del contraente, è deducibile, ai sensi
dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del testo unico delle
imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dal reddito complessivo del contraente medesimo per la parte che eccede
40 euro. La disposizione di cui al presente comma si applica a decorrere dall’anno 2012.
77. L’INPS e l’Istituto nazionale per l’assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nell’ambito della
propria autonomia, adottano misure di razionalizzazione organizzativa, aggiuntive rispetto a quelle previste
dall’articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011,
n. 183, e dall’articolo 21, commi da 1 a 9, del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, volte a ridurre le proprie spese di funzionamento, in misura pari a
90 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013. Le
riduzioni sono quantificate, rispettivamente, in 18 milioni di euro annui per l’INAIL e in 72 milioni di euro per
l’INPS, sulla base di quanto stabilito con il decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, emanato in
applicazione del citato articolo 4, comma 66, della legge
12 novembre 2011, n. 183. Le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate
entro il 30 giugno di ciascun anno ad apposito capitolo
dell’entrata del bilancio dello Stato.
78. L’Amministrazione autonoma dei Monopoli di
Stato, nell’ambito della propria autonomia, adotta misure di razionalizzazione organizzativa, aggiuntive rispetto
a quelle previste dall’articolo 4, comma 38, della legge
12 novembre 2011, n. 183, volte a ridurre le proprie spese
di funzionamento, in misura pari a euro 10 milioni a decorrere dall’esercizio 2013, che sono conseguentemente
versati entro il 30 giugno di ciascun anno ad apposito capitolo dello stato di previsione dell’entrata.
79. I Ministeri vigilanti verificano l’attuazione degli
adempimenti di cui ai commi 77 e 78, comprese le misure
correttive previste dalle disposizioni vigenti ivi indicate,
anche con riferimento alla effettiva riduzione delle spese
di funzionamento degli enti interessati.
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La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 28 giugno 2012
NAPOLITANO
MONTI, Presidente del Consiglio dei Ministri
FORNERO, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Visto, il Guardasigilli: SEVERINO
LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 3249):
Presentato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (FORNEil 5 aprile 2012.
Assegnato alla 11ª commissione (lavoro, previdenza sociale), in
sede referente, il 5 aprile 2012 con pareri delle commissioni 1ª, 2ª, 5ª,
6ª, 7ª, 8ª, 9ª, 10ª, 14ª e questioni regionali.
Esaminato dalla 11ª commissione, in sede referente l’11, 12, 16,
17, 18, 19, 26 e 27 aprile 2012; l’8, 9, 10, 15, 16, 17, 22 e 23 maggio
2012.
Esaminato in aula il 23, 24, 29 e 30 maggio 2012 e approvato il
31 maggio 2012.
RO)
Camera dei deputati (atto n. 5256):
Assegnato alla XI commissione (lavoro pubblico e privato), in sede
referente, il 4 giugno 2012 con pareri delle commissioni I, II, V, VI, VII,
VIII, IX, X, XII, XIII, XIV e questioni regionali.
Esaminato dalla XI commissione, in sede referente, il 7, 12, 14 e
21 giugno 2012.
Esaminato in aula il 25 e 26 giugno 2012 ed approvato il 27 giugno
2012.
NOTE
AVVERTENZA:
– Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente per materia, ai sensi dell’art.10, commi 2 e 3, del testo
unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni
ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre
1985, n.1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore
e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
– Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (GUCE).
Note all’art. 1:
Il testo dell’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e successive modificazioni è il
seguente:
“2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado
e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comuni-
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tà montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie,
gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e
gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui
al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica
della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.”.
Il testo dell’articolo 2, comma 2, del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001, è il seguente:
“2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato
nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente
decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali
disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline
dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata,
non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente
previsto dalla legge.”.
Il testo dell’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001,
è il seguente:
“Art. 3.Personale in regime di diritto pubblico.
(Art. 2, comma 4 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati
dall’art. 2, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati
dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le
Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della
carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro
attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo
del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi
4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e
10 ottobre 1990, n. 287.
1-bis. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego
del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362,
e il personale volontario di leva, è disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali.
1-ter. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è disciplinato dal rispettivo ordinamento.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa
della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai princìpi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della
Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989,
n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei princìpi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421.”.
Il testo del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro
a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.), è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre 2001, n. 235.
Il testo dell’articolo 1 del citato decreto legislativo n. 368 del 2001,
come modificato dalla presente legge, è il seguente
“Art.1. Apposizione del termine
01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro .
1.È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto
di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del
datore di lavoro;
1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del
primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici
mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore
per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del
contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un
lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
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più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai
livelli decentrati, che in luogo dell’ipotesi di cui al precedente periodo il
requisito di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione
a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un processo
organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3,
nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati
nell’ambito dell’unità produttiva.
2. L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate
le ragioni di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 1bis relativamente alla non operatività del requisito della sussistenza di
ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo. ”.
Il testo dell’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 368 del 2001,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art.4. Disciplina della proroga.
1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il
consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del
contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa
una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e
si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato
stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi
la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore
ai tre anni.
2. L’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni
che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del
datore di lavoro.
2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga .”.
Il testo dell’articolo 5 del citato decreto legislativo n. 368 del 2001,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 5.Scadenza del termine e sanzioni Successione dei contratti.
1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine
inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell’articolo 4,
il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto
pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per
cento per ciascun giorno ulteriore;
2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giornoin caso
di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo
complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla
scadenza dei predetti termini;
2-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente,
entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione. Le modalità di comunicazione sono fissate con decreto di natura
non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da
adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione.
3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1, entro un periodo disessanta giorni dalla data di scadenza di
un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero novanta giorni dalla data
di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo
contratto si considera a tempo indeterminato. I contratti collettivi di cui
all’articolo 1, comma 1-bis, possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti
giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga
nell’ambito di un processo organizzativo determinato: dall’avvio di una
nuova attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo;
dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla
fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo;
dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente. In mancanza
di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente
periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite
le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo precedente,
operano le riduzioni ivi previste.
Serie generale - n. 153
4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità,
il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di
stipulazione del primo contratto.
4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti
di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti
collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo
svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso
datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato
i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente
dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il
rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può
essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga
presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e
con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il
lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del
predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta
procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato;
ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì
conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti,
svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1
del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla
somministrazione di lavoro a tempo determinato.”.
Il testo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui
alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
9 ottobre 2003, n. 235, S.O.
Il testo dell’articolo 13, comma 1, del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 13. Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato
1. Al fine di garantire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati, attraverso politiche attive e di
workfare, alle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro è
consentito:
a)operare solo in presenza di un piano individuale di inserimento
o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei
e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie
autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore
a sei mesi;
b) determinare altresì, per un periodo massimo di dodici mesi e
solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso dovuto quanto
eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di indennità
di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale, o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo dai contributi dovuti per l’attività
lavorativa l’ammontare dei contributi figurativi nel caso di trattamenti
di mobilità e di indennità di disoccupazione ordinaria o speciale.”.
Il testo dell’articolo 20, comma 4 del citato decreto legislativo,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 20. Condizioni di liceità
(Omissis).
4. La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa
a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. E’ fatta
salva la previsione di cui al comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368.La individuazione, anche in misura
non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi in
conformità alla disciplina di cui all’articolo 10 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368.”.
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Il testo dell’articolo 23del citato decreto legislativo, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 23. Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere disciplinare e regime della solidarietà
In vigore dal 6 aprile 2012
1. Per tutta la durata della missione presso un utilizzatore, i lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a condizioni di base
di lavoro e d’occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei
dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte.
Restano in ogni caso salve le clausole dei contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 24 giugno
1997, n. 196.
2. (abrogato).
3. L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi
previdenziali.
4. I contratti collettivi applicati dall’utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per la determinazione e corresponsione delle erogazioni
economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all’andamento economico
dell’impresa. I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno altresì
diritto a fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i
dipendenti dell’utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi
quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni
o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità
di servizio.
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza
e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della
attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle
disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni ed integrazioni. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore;
in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore. Nel
caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano
una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. L’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei
propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di
sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.
6. Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o
comunque a mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto,
l’utilizzatore deve darne immediata comunicazione scritta al somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo. Ove non abbia
adempiuto all’obbligo di informazione, l’utilizzatore risponde in via
esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore occupato
in mansioni superiori e per l’eventuale risarcimento del danno derivante
dalla assegnazione a mansioni inferiori.
7. Ai fini dell’esercizio del potere disciplinare, che è riservato al
somministratore, l’utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell’articolo 7
della legge 20 maggio 1970, n. 300.
7-bis. I lavoratori dipendenti dal somministratore sono informati
dall’utilizzatore dei posti vacanti presso quest’ultimo, affinché possano
aspirare, al pari dei dipendenti del medesimo utilizzatore, a ricoprire
posti di lavoro a tempo indeterminato. Tali informazioni possono essere
fornite mediante un avviso generale opportunamente affisso all’interno
dei locali dell’utilizzatore presso il quale e sotto il cui controllo detti
lavoratori prestano la loro opera.
8. E’ nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente,
la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine della sua
missione.
9. La disposizione di cui al comma 8 non trova applicazione nel
caso in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità, secondo
quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore.
9-bis. Resta salva la facoltà per il somministratore e l’utilizzatore
di pattuire un compenso ragionevole per i servizi resi a quest’ultimo
in relazione alla missione, all’impiego e alla formazione del lavoratore per il caso in cui, al termine della missione, l’utilizzatore assuma il
lavoratore.”.
Il testo dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n.183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di
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enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di
servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di
occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), come
modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 32. Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato
In vigore dal 27 febbraio 2011
1.Il primo e il secondo comma dell’ articolo 6 della legge 15 luglio
1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:
«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta,
ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove
non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo
a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento
dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento
stesso. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella
cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione
o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti
formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al
relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena
di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».
1-bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’ articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta
giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.
2. Le disposizioni di cui all’ articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento.
3. Le disposizioni di cui all’ articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
inoltre:
a)ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni
relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità
del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e
4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al
contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che
decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissati in centoventi
giorni, mentre il termine di cui al primo periodo del secondo comma del
medesimo articolo 6 è fissato in centottanta giorni;
b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;
c) al trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile,
con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di
trasferimento;
d) (abrogata).
4. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1,
2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza
dalla scadenza del termine;
b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di
disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001,
n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge,
con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente
legge;
c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del
trasferimento;
d) in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’ articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda
la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un
soggetto diverso dal titolare del contratto.
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5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il
giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un
minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’ articolo 8 della
legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali,
territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano
l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati
con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite
massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per
tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore
della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e
6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della
domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi
dell’articolo 421 del codice di procedura civile. “.
Il testo dell’articolo 2 del citato decreto legislativo n. 368 del 2001,
è il seguente:
“Art. 2.Disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi
aeroportuali.
1. È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto
di lavoro subordinato quando l’assunzione sia effettuata da aziende di
trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo
di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi
per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al
quindici per cento dell’organico aziendale che, al 1° gennaio dell’anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito
ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale può
essere aumentata da parte delle aziende esercenti i servizi aeroportuali,
previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su istanza
documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di
assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l’assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei
settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi,
compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15
per cento dell’organico aziendale, riferito al 1° gennaio dell’anno cui
le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di
categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte
delle aziende di cui al presente comma.”.
Il testo dell’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2011,
n. 167 (Testo unico dell’apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247), come modificato dalla
presente legge, è il seguente:
“Art. 2. Disciplina generaleIn vigore dal 25 ottobre 2011
1. La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi
accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati
a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei
seguenti principi:
a) forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano
formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari
stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta
giorni dalla stipulazione del contratto;
a-bis)previsione di una durata minima del contratto non inferiore
a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 5 ;
b) divieto di retribuzione a cottimo;
c) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori
rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo
nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle
quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale
all’anzianità di servizio;
d) presenza di un tutore o referente aziendale;
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e) possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e all’articolo 12 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni
anche attraverso accordi con le Regioni;
f) possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti
all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa,
della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;
g) registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo
del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
h) possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di
malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti
collettivi;
i) possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al termine del percorso
formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato, fermo restando quanto previsto dal comma 3 del presente articolo;
l) divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di
formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.
In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le
sanzioni previste dalla normativa vigente;
m) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di
apprendistato.Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al
termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
2. Per gli apprendisti l’applicazione delle norme sulla previdenza e
assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme:
a) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali;
b) assicurazione contro le malattie;
c) assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia;
d) maternità;
e) assegno familiare.
3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro
può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie
di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, non può
superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e
qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro; tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano
un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. È in ogni caso esclusa
la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto
di somministrazione a tempo determinato di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il datore di
lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o
specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può
assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni
di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per
le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della
legge 8 agosto 1985, n. 443.
3-bis. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato,
nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per
cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal
computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per
recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento
per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è
consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già
confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei
limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati
a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto,
sin dalla data di costituzione del rapporto.
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3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis non si applicano nei
confronti dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di lavoratori inferiore a dieci unità .”.
Il testo dell’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 167 del 2011,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 4.Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
In vigore dal 25 ottobre 20111. Possono essere assunti in tutti i
settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni
e i ventinove anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226,
il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere può essere
stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in
ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale
da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per
l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche in
funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e
inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere
superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva
di riferimento.
3. La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta
sotto la responsabilità della azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o
esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base
e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore
per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti
sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e delle competenze
dell’apprendista.
4. Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro
possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il
riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.
5. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli
stagionali i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche
modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo
determinato.”.
Il testo dell’articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000,
n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro
sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla
CES), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 3. Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro
supplementare, lavoro straordinario clausole elastiche.
1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo
9 ottobre 2001, n. 368, il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo
svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate
con il lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto
previsto dai commi 2, 3 e 4.
2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell’articolo 1,
comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di
lavoro supplementare, nonché le conseguenze del superamento delle ore
di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi.
3. L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il
consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal
contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in
nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una
percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa
a quanto previsto in proposito dall’articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l’incidenza
della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la
singola ora di lavoro supplementare.
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5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche
a tempo determinato, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e
contrattuale vigente ed eventuali successive modifiche ed integrazioni
in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno.
6.
7. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto
previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole
flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale
o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla
variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell’articolo 1, comma 3,
stabiliscono:
1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro
può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro
può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa;
3-bis) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma.
8. L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la
collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di
lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura
ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all’articolo 1,
comma 3.
9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore
formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al
contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l’assistenza di
un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal
lavoratore medesimo. L’eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento. Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma 7,
al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 12-bis del
presente decreto ovvero in quelle di cui all’articolo 10, primo comma,
della legge 20 maggio 1970, n. 300, è riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso .
10. L’inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di clausole
flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 è possibile anche nelle ipotesi
di contratto di lavoro a termine.
11.
12.
13.
14. I centri per l’impiego e i soggetti autorizzati all’attività di mediazione fra domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli
articoli 4 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare, ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale,
puntuale informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9, 10,
11, 12 e 13, preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro.
Per i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione costituisce
comportamento valutabile ai fini dell’applicazione della norma di cui al
comma 12, lettera b), del medesimo articolo 10.
15. ”.
Il testo dell’articolo 34 del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato
del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30),come modificato
dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 34. Casi di ricorso al lavoro intermittente In vigore dal
25 giugno 2008
1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo
svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati
nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
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2.Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più di cinquantacinque anni di età e con soggetti
con meno di ventiquattro anni di età, fermo restando in tale caso che le
prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo
anno di età .
3. E’ vietato il ricorso al lavoro intermittente:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di
sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità
produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio
1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso
unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti
o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione
salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce
il contratto di lavoro intermittente;
c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione
dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni.”.
Il testo dell’articolo 35 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 35. Forma e comunicazioni
In vigore dal 25 giugno 2001. Il contratto di lavoro intermittente è
stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive,
previste dall’articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto;
b) luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita
dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in
ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
c) il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per
la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36;
d) indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è
legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché
delle modalità di rilevazione della prestazione;
e) i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della
indennità di disponibilità;
f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
2. Nell’indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono
recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste.
3. Fatte salve previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è altresì tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull’andamento del ricorso al
contratto di lavoro intermittente.”.
3-bis. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo
integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio,
mediante sms, fax o posta elettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto
con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione,
possono essere individuate modalità applicative della disposizione di
cui al precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione
in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli
obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa
da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è
stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida
di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 .”.
Il testo dell’articolo 61 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“ Art. 61.Definizione e campo di applicazione
In vigore dal 24 novembre 2010
1. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di
commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere
riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente
e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può con-
Serie generale - n. 153
sistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente,
avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente
e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività
lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti
meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale .
2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non
superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito
dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore,
con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente
percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual
caso trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo.
3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione
in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche
affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come
individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo
i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e
i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono
la pensione di vecchiaia.
4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano
l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto.”.
Il testo dell’articolo 62 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 62. Forma
In vigore dal 24 ottobre 2001. Il contratto di lavoro a progetto è
stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti
elementi:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b)descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto
caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i
tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa,
che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia
nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’articolo 66,
comma 4.”.
Il testo dell’articolo 67 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 67.Estinzione del contratto e preavviso
In vigore dal 24 ottobre 2003
1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della realizzazione del progetto che ne costituisce l’oggetto.
2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per
giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza
del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere
impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso
in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro.”.
Il testo dell’articolo 68 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, è il seguente:
“Art. 68. Rinunzie e transazioni In vigore dal 26 ottobre 2004
1. Nella riconduzione a un progetto dei contratti di cui all’articolo 61, comma 1, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere
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possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di
certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo VIII secondo lo
schema dell’articolo 2113 del codice civile.”.
Il testo dell’articolo 69 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 69.Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto
In vigore dal 24 ottobre 2003 1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico
progetto ai sensi dell’articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione
del rapporto.
2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai
sensi dell’articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti. Salvo
prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti
di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel
caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe
a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte
salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale è
limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento della esistenza del progetto e non può essere
esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano al committente.”.
Il testo dell’articolo 1, della legge 2 agosto 1990, n. 233 (Riforma
dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), è il seguente:
“Art. 1. Finanziamento delle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.
1. A decorrere dal 1° luglio 1990 l’ammontare del contributo annuo
dovuto per i soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali,
titolari, coadiuvanti e coadiutori, è pari al 12 per cento del reddito annuo
derivante dalla attività di impresa che dà titolo all’iscrizione alla gestione, dichiarato ai fini Irpef, relativo all’anno precedente.
2. Per i soggetti iscritti alle gestioni di cui al comma 1 in qualità di
coadiuvanti ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 luglio 1959, n. 463 , o di
coadiutori, ai sensi dell’articolo 2 della, legge 22 luglio 1966, n. 613 , di
età inferiore ai ventuno anni, l’aliquota contributiva di cui al comma 1
è ridotta al 9 per cento.
3. Il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi
previdenziali dovuti alle gestioni di cui al comma 1 da ciascun assicurato è fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1° gennaio
dell’anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai del settore artigianato e commercio dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981,
n. 402 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981,
n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In presenza di un reddito di impresa superiore al limite di retribuzione annua pensionabile cui si applica la percentuale massima di
commisurazione della pensione prevista per l’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori
dipendenti, la quota di reddito eccedente tale limite viene presa in considerazione, ai fini dei versamenti dei contributi previdenziali, fino a
concorrenza di un importo pari a due terzi del limite stesso.
5. Ai fini del versamento di cui ai precedenti commi il titolare deve
indicare la quota di reddito di pertinenza di ciascun coadiuvante o coadiutore. Il complesso delle quote dei collaboratori non può superare, in
ogni caso, il 49 per cento del reddito d’impresa di cui al comma 1. Tale
ripartizione ha effetto anche ai fini della commisurazione del reddito
per il diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali in favore dei
lavoratori autonomi artigiani ed esercenti attività commerciali.
6. I contributi di cui al presente articolo e quelli di cui all’articolo 1
del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1980, n. 538 , e
successive modificazioni ed integrazioni, si prescrivono con il decorso
di dieci anni dalla data in cui avrebbero dovuto essere versati; la disposizione di cui al presente comma si applica anche alle prescrizioni in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Per i prodotti di assicurazione inferiori all’anno solare i contributi sono rapportati a mese.
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8. Entro il 30 giugno 1991 i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali provvederanno al versamento dei contributi a conguaglio per il secondo
semestre 1990 in base alla differenza tra quanto risultante dalle disposizioni di cui al presente articolo e quanto versato in base alle previgenti
disposizioni.”.
Il testo dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335
(Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), è il
seguente:
“Art. 2. Armonizzazione.
(Omissis).
26. A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all’iscrizione
presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata
all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità,
la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ,
e successive modificazioni ed integrazioni, nonché i titolari di rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera
a), dell’articolo 49 del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita
a domicilio di cui all’articolo 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426 .
Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.”.
Il testo dell’articolo 2549 del codice civile, come modificato dalla
presente legge, è il seguente:
“ Art. 2549. Nozione.
Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di
uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro,
il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può
essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti,
con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente
comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche
in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo
indeterminato .”.
Il testo degli articoli 75 e seguenti, del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, è il seguente:
“Art. 75. Finalità
In vigore dal 24 novembre 1. Al fine di ridurre il contenzioso in
materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti
in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo.
Art. 76. Organi di certificazione
In vigore dal 24 novembre 2010 1. Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni di certificazione istituite
presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento
ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia
costituita nell’ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto
stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni
universitarie, registrate nell’albo di cui al comma 2, esclusivamente
nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell’articolo 66 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
c-bis) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione
generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei casi
in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due
province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con
unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati
dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito delle risorse umane e strumentali
già operanti presso la Direzione generale della tutela delle condizioni
di lavoro;
c-ter) i consigli provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla
legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro
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instaurati nell’ambito territoriale di riferimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e comunque unicamente nell’ambito di intese definite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l’attribuzione a
quest’ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti
organizzativi.
1-bis. Nel solo caso di cui al comma 1, lettera c-bis), le commissioni di certificazione istituite presso le direzioni provinciali del lavoro e le
province limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato dalla
commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
2. Per essere abilitate alla certificazione ai sensi del comma 1, le
università sono tenute a registrarsi presso un apposito albo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’istruzione, della università e della ricerca. Per ottenere la registrazione le università sono tenute a inviare, all’atto della registrazione e
ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie
di lavoro indicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. Le commissioni istituite ai sensi dei commi che precedono possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di
una commissione unitaria di certificazione.
Art. 77. Competenza
In vigore dal 24 ottobre 200
1.Nel caso in cui le parti intendano presentare l’istanza di avvio
della procedura di certificazione presso le commissioni di cui all’articolo 76, comma 1, lettera b), le parti stesse devono rivolgersi alla commissione nella cui circoscrizione si trova l’azienda o una sua dipendenza
alla quale sarà addetto il lavoratore. Nel caso in cui le parti intendano
presentare l’istanza di avvio della procedura di certificazione alle commissioni istituite a iniziativa degli enti bilaterali, esse devono rivolgersi
alle commissioni costituite dalle rispettive associazioni dei datori e dei
prestatori di lavoro.
Art. 78. Procedimento di certificazione e codici di buone pratiche
In vigore dal 24 ottobre 2003 1. La procedura di certificazione è
volontaria e consegue obbligatoriamente a una istanza scritta comune
delle parti del contratto di lavoro.
2. Le procedure di certificazione sono determinate all’atto di costituzione delle commissioni di certificazione e si svolgono nel rispetto dei
codici di buone pratiche di cui al comma 4, nonché dei seguenti principi:
a) l’inizio del procedimento deve essere comunicato alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione
alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l’atto di certificazione
è destinato a produrre effetti. Le autorità pubbliche possono presentare
osservazioni alle commissioni di certificazione;
b) il procedimento di certificazione deve concludersi entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della istanza;
c) l’atto di certificazione deve essere motivato e contenere il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere;
d) l’atto di certificazione deve contenere esplicita menzione degli
effetti, civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali
le parti richiedono la certificazione.
3. I contratti di lavoro certificati, e la relativa pratica di documentazione, devono essere conservati presso le sedi di certificazione, per
un periodo di almeno cinque anni a far data dalla loro scadenza. Copia
del contratto certificato può essere richiesta dal servizio competente di
cui all’articolo 4-bis, comma 5, del decreto legislativo 21 aprile 2000,
n. 181, oppure dalle altre autorità pubbliche nei confronti delle quali
l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti.
4. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali adotta con proprio
decreto codici di buone pratiche per l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico
riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi. Tali codici
recepiscono, ove esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali vengono altresì definiti appositi moduli e formulari per la certificazione del
contratto o del relativo programma negoziale, che tengano conto degli
orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione
del contratto di lavoro, come autonomo o subordinato, in relazione alle
diverse tipologie di lavoro.
Serie generale - n. 153
Art. 79. Efficacia giuridica della certificazione
In vigore dal 24 novembre 2010
1. Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al
momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi
giurisdizionali esperibili ai sensi dell’articolo 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari.
2. Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro, nel caso di contratti in corso di esecuzione,
si producono dal momento di inizio del contratto, ove la commissione
abbia appurato che l’attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo
precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato
in tale sede. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli
effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ultime
provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche
suggerite dalla commissione adita.
Art. 80. Rimedi esperibili nei confronti della certificazione
In vigore dal 24 ottobre 2003 1. Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a
produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria
di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale
certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima
autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare
l’atto di certificazione anche per vizi del consenso.
2. L’accertamento giurisdizionale dell’erroneità della qualificazione ha effetto fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale. L’accertamento giurisdizionale della difformità tra il programma
negoziale e quello effettivamente realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa.
3. Il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione di certificazione potrà essere valutato dal giudice del lavoro, ai sensi degli articoli 9, 92 e 96 del codice di procedura
civile.
4. Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei precedenti commi 1 e 3, deve previamente rivolgersi
obbligatoriamente alla commissione di certificazione che ha adottato
l’atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione ai sensi
dell’articolo 410 del codice di procedura civile.
5. Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede la commissione che ha certificato il contratto, può
essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per violazione del
procedimento o per eccesso di potere.
Art. 81. Attività di consulenza e assistenza alle parti
In vigore dal 24 ottobre 2003 1. Le sedi di certificazione di cui
all’articolo 75 svolgono anche funzioni di consulenza e assistenza effettiva alle parti contrattuali, sia in relazione alla stipulazione del contratto di lavoro e del relativo programma negoziale sia in relazione alle
modifiche del programma negoziale medesimo concordate in sede di
attuazione del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti e alla esatta qualificazione dei contratti di lavoro. “.
Il testo dell’ articolo 86 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 86. Norme transitorie e finali
In vigore dal 12 agosto 2006 1. Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente, che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia
fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di
entrata in vigore del presente provvedimento. Termini diversi, comunque non superiori al 24 ottobre 2005, di efficacia delle collaborazioni
coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere stabiliti nell’ambito di accordi sindacali di transizione al
nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in sede aziendale con
le istanze aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi
sul piano nazionale.
2. (abrogato).
3. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 11 della legge 24 giugno 1997, n. 196,
le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi
dell’articolo 1, comma 2, lettera a), della medesima legge e vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto, mantengono, in via transi-
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
toria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei
contratti collettivi nazionali di lavoro, con esclusivo riferimento alla determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo
che consentono la somministrazione di lavoro a termine. Le clausole dei
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196, vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto, mantengono la loro efficacia fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o recesso unilaterale.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 26-bis della legge 24 giugno
1997, n. 196, e di cui al n. 5-ter dell’articolo 2751-bis del codice civile
si intendono riferiti alla disciplina della somministrazione prevista dal
presente decreto.
5. Ferma restando la disciplina di cui all’articolo 17, comma 1,
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, come sostituito dall’articolo 3 della
legge 30 giugno 2000, n. 186, i riferimenti che lo stesso articolo 17 fa
alla legge 24 giugno 1997, n. 196, si intendono riferiti alla disciplina
della somministrazione di cui al presente decreto.
6. Per le società di somministrazione, intermediazione, ricerca e
selezione del personale, ricollocamento professionale già autorizzate ai
sensi della normativa previgente opera una disciplina transitoria e di
raccordo definita con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali entro trenta giorni dalla entrata in vigore del presente
decreto. In attesa della disciplina transitoria restano in vigore le norme
di legge e regolamento vigenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo.
7. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 4 dell’articolo 4bis del decreto legislativo n. 181 del 2000 si intende riferito a tutte le
imprese di somministrazione, sia a tempo indeterminato che a tempo
determinato.
8. Il Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in vigore del presente decreto legislativo entro sei
mesi anche ai fini della eventuale predisposizione di provvedimenti legislativi in materia.
9. La previsione della trasformazione del rapporto di lavoro di cui
all’articolo 27, comma 1, non trova applicazione nei confronti delle
pubbliche amministrazioni cui la disciplina della somministrazione trova applicazione solo per quanto attiene alla somministrazione di lavoro
a tempo determinato. La vigente disciplina in materia di contratti di formazione e lavoro, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 59, comma 3,
trova applicazione esclusivamente nei confronti della pubblica amministrazione. Le sanzioni amministrative di cui all’articolo 19 si applicano
anche nei confronti della pubblica amministrazione.
10. All’articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996,
n. 494, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell’organico
medio annuo, distinto per qualifica, nonché una dichiarazione relativa al
contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti;»;
b) dopo la lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti:
«b-bis) chiede un certificato di regolarità contributiva. Tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall’INPS e dall’INAIL, per quanto
di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una
apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva;
b-ter) trasmette all’amministrazione concedente prima dell’inizio
dei lavori, oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio di
attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla
documentazione di cui alle lettere b) e b-bis). In assenza della certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo.».
10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui
all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e
successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione
dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa.
10-ter. La violazione degli obblighi di cui al comma 10-bis è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 19,
comma 3.
11. L’abrogazione ad opera dell’articolo 8 del decreto legislativo
19 dicembre 2002, n. 297, della disciplina dei compiti della commissio-
Serie generale - n. 153
ne regionale per l’impiego di cui all’articolo 5 della legge 28 febbraio
1987, n. 56, non si intende riferita alle regioni a statuto speciale per
le quali non sia effettivamente avvenuto il trasferimento delle funzioni
in materia di lavoro ai sensi del decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469.
12. Le disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 34, comma 2, di cui al
Titolo III e di cui al Titolo VII, capo II, Titolo VIII hanno carattere sperimentale. Decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore, il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali procede, sulla base delle informazioni
raccolte ai sensi dell’articolo 17, a una verifica con le organizzazioni
sindacali, dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale degli effetti delle disposizioni in esso
contenute e ne riferisce al Parlamento entro tre mesi ai fini della valutazione della sua ulteriore vigenza.
13. Entro i cinque giorni successivi alla entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le
associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale al fine di verificare la
possibilità di affidare a uno o più accordi interconfederali la gestione
della messa a regime del presente decreto, anche con riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii contenuti alla contrattazione
collettiva.
14. L’INPS provvede al monitoraggio degli effetti derivanti dalle
misure del presente decreto, comunicando i risultati al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini della adozione dei provvedimenti correttivi di cui
all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi
dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater della medesima legge. Limitatamente al periodo strettamente necessario alla adozione dei predetti
provvedimenti correttivi, alle eventuali eccedenze di spesa rispetto alle
previsioni a legislazione vigente si provvede mediante corrispondente
rideterminazione, da effettuare con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, degli interventi posti a carico del Fondo di cui all’articolo 1,
comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazione, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.”.
Il testo dell’articolo 34, comma 6, del decreto del Presedente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), è il seguente:
“Art. 34. Regime speciale per i produttori agricoli
6. I produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume
d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da
cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento
dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la
dichiarazione annuale, fermo restando l’obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali a norma dell’ articolo 39. I cessionari e i committenti, se acquistano i beni o utilizzano i servizi nell’esercizio dell’impresa, devono emettere fattura, con le modalità e nei termini
di cui all’ articolo 21, indicandovi la relativa imposta, determinata applicando le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione,
consegnarne copia al produttore agricolo e registrarla separatamente a
norma dell’ articolo 25. Le disposizioni del presente comma cessano
comunque di avere applicazione a partire dall’anno solare successivo a
quello in cui è stato superato il limite di 7.000 euro a condizione che non
sia superato il limite di un terzo delle cessioni di altri beni. I produttori
agricoli hanno facoltà di non avvalersi delle disposizioni del presente
comma. In tale caso, l’opzione o la revoca si esercitano con le modalità
stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, e successive modificazioni.”.
Il testo dell’ articolo 72 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 72.Disciplina del lavoro accessorio
In vigore dal 22 agosto 2008
1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni orari,
numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio
il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, da adottarsi entro trenta giorni e periodicamente
aggiornato , tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto con
le parti sociali .
2. Tale valore nominale è stabilito tenendo conto della media delle
retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di cui all’articolo 70, comma 1, nonché del costo di gestione del servizio.
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3. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso
presso il concessionario, di cui al comma 5, all’atto della restituzione
dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non
incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro
accessorio.
4. Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta
i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all’INPS, alla
gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto
1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del
buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all’INAIL, in misura
pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l’importo
autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. La
percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in funzione
degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione
separata dell’INPS.
4-bis. Con riferimento all’impresa familiare di cui all’articolo 70,
comma 1, lettera g), trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato.
5. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali individua con proprio decreto il concessionario del servizio e regolamenta i
criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 4 e
delle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del decreto
ministeriale i concessionari del servizio sono individuati nell’I.N.P.S. e
nelle agenzie per il lavoro di cui agli articoli 4, comma 1, lettere a) e c)
e 6, commi 1, 2 e 3 del presente decreto.”.
Il testo dell’articolo 2, comma 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604
(Norme sui licenziamenti individuali), come modificato dalla presente
legge, è il seguente:
“Art. 2.1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,
deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
2.La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.
3. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni
di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all’articolo 9 si applicano anche ai dirigenti.”.
Il testo dell’articolo 6, comma 2 della citata legge n. 604 del 1966,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“ Art. 6.Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in
forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta,
dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il
licenziamento stesso.
L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo
termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria
del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione
alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi
dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo
espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
A conoscere delle controversie derivanti dall’applicazione della
presente legge è competente il pretore.”.
Il testo dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale
e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento),
è il seguente:
“Art. 7. Sanzioni disciplinari
In vigore dal 11 giugno 1970 Le norme disciplinari relative alle
sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono
essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo
accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da
accordi e contratti di lavoro ove esistano.
Serie generale - n. 153
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604,
non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportano mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere
disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base
e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero
verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque
giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro
e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al
quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei
venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale
sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di
conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna
delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto
di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione
disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del Collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria,
la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla loro applicazione.”.
Il testo degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile, è il
seguente:
“Art. 91. Condanna alle spese.
Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra
parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se
accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta
conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la
formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma
dell’articolo 92.
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in
margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo
esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con nota
in margine all’originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono
decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell’ufficio
a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario.
Nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore
della domanda.
Art. 92.Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle
spese.
Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla
soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non
ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’articolo 88, essa ha
causato all’altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può
compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate,
salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo
verbale di conciliazione.”.
Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n. 96, S.O.
Il testo dell’articolo 18 della citata legge n. 300 del 1970, come
modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 18. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell’articolo 3 della legge
11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell’articolo 35 del codice delle pari opportunità tra
uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in
violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, commi 1,
6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela
e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché
riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato
da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice
civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei
dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si
applica anche ai dirigenti. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il
rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del
presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche
al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì
il datore di lavoro al risarcimento del danno subìto dal lavoratore per
il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal
fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto
maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per
lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il
medesimo periodo, al versamento
dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto
al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro,
un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale
di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro,
e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta
dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a
riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi
del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore
di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base
delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla
reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione
globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva
reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo
di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché
quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca
di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione
globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento
dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento
fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi
nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo
esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto
di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata al
lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative.
In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione
previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente
all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei
relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine di reintegrazione,
il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo
il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione
nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
Serie generale - n. 153
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli
estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti
dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto
dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un
minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con
onere di specifica motivazione a tale riguardo.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per
violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2,
della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all’articolo 7 della presente legge, o della procedura di
cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione
al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici
mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica
motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione
del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal
presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo.
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma
del presente articolo nell’ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4,
e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo
consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il
licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo
comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina
nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a
base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato
motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale
ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra
il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al
quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di
una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito
della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604,
e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base
della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione
le relative tutele previste dal presente articolo.
Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede,
stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello
stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola
che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non
raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e
non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all’ottavo
comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo
conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore.
Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il
secondo grado in linea diretta e inlinea collaterale. Il computo dei limiti
occupazionali di cui all’ottavo comma non incide su norme o istituti che
prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro
il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro
dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla
retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano
applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo.
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22,
su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce
o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di
merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro.
L’ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con
reclamo immediato al giudice medesimo che l’ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell’articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto
comma del codice di procedura civile .
L’ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la
causa.
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22, il
datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all’ordinanza di cui all’undicesimo comma, non impugnata o confermata dal giudice che l’ha pronunciata, è tenuto anche, per
ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento
pensioni di una somma pari all’importo della retribuzione dovuta al
lavoratore.”.
Il testo dell’articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), è il seguente:
“Art. 3. Licenziamento discriminatorio.
1. Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e dell’articolo 15
della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 13
della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla
motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti
occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall’articolo 18
della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente
legge. Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti.”.
Il testo dell’articolo 35 del decreto legislativo 11 aprile 2006,
n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246 ), è il seguente:
“Art. 35. Divieto di licenziamento per causa di matrimonio (legge
9 gennaio 1963, n. 7, articoli 1, 2 e 6)
In vigore dal 15 giugno 2006 1. Le clausole di qualsiasi genere,
contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici
in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte.
2. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio.
3. Salvo quanto previsto dal comma 5, si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione,
a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di
matrimonio.
4. Sono nulle le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo
di cui al comma 3, salvo che siano dalla medesima confermate entro un
mese alla Direzione provinciale del lavoro.
5. Al datore di lavoro è data facoltà di provare che il licenziamento
della lavoratrice, avvenuto nel periodo di cui al comma 3, è stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle seguenti ipotesi:
a) colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa
per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
c) ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del
termine.
6. Con il provvedimento che dichiara la nullità dei licenziamenti
di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 è disposta la corresponsione, a favore della
lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino
al giorno della riammissione in servizio.
7. La lavoratrice che, invitata a riassumere servizio, dichiari di recedere dal contratto, ha diritto al trattamento previsto per le dimissioni
per giusta causa, ferma restando la corresponsione della retribuzione
fino alla data del recesso.
8. A tale scopo il recesso deve essere esercitato entro il termine di
dieci giorni dal ricevimento dell’invito.
9. Le disposizioni precedenti si applicano sia alle lavoratrici dipendenti da imprese private di qualsiasi genere, escluse quelle addette
ai servizi familiari e domestici, sia a quelle dipendenti da enti pubblici,
salve le clausole di miglior favore previste per le lavoratrici nei contratti collettivi ed individuali di lavoro e nelle disposizioni legislative e
regolamentari.”.
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Il testo dell’articolo 54 del citato decreto legislativo n. 151 del
2001 è il seguente:
“Art.54. Divieto di licenziamento.
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31,
comma 2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto
legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo
2000, n. 53, art. 18, comma 1)
1. Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro
previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del
bambino.
2. Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo
in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea
certificazione dalla quale risulti l’esistenza all’epoca del licenziamento,
delle condizioni che lo vietavano.
3. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa
per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del
termine;
d) di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.
4. Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la
lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché
il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può
altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo
ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni,
salva l’ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione
dell’attività dell’azienda di cui al comma 3, lettera b).
5. Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo.
6. È altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla
fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte
della lavoratrice o del lavoratore.
7. In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all’articolo 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per
la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno
di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo,
commi 3, 4 e 5.
8. L’inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo
è punita con la sanzione amministrativa da euro 1.032 a euro 2.582. Non
è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della
legge 24 novembre 1981, n. 689.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso
di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino
ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione
della proposta di incontro con il minore adottando, ai sensi dell’articolo 31, terzo comma, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi
all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.”.
Il testo dell’art. 1345 del codice civile è il seguente:
“Art.1345.Motivo illecito.
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe.”.
Il testo dell’articolo 2, comma 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604
(Norme sui licenziamenti individuali), è il seguente:
“Art. 2. Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni
dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in tal
caso il datore di lavoro deve, nei sette giorni dalla richiesta, comunicarli
per iscritto.”.
Il testo degli articoli 4, comma 4 e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n .6 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) è il seguente:
“Art. 4. Criteri di computo della quota di riserva.
(Omissis).
4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie
mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere
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computati nella quota di riserva di cui all’articolo 3 se hanno subìto una
riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del
datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l’infortunio
o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel
caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero,
in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni
inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i
predetti lavoratori non sia possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui
all’articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con
le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui
all’articolo 8. “
“Art.10. Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti.
(Omissis).
2. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere
che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il
proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può
chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per
verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere
utilizzato presso l’azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall’atto di indirizzo e
coordinamento di cui all’articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la
prosecuzione dell’attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell’organizzazione del lavoro, il
disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro
fino a che l’incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore
può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio
1992, n. 104 , integrata a norma dell’atto di indirizzo e coordinamento
di cui all’articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito
anche l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469 , come modificato dall’articolo 6 della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il
suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di
lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta
commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile
all’interno dell’azienda. “.
Il testo dell’articolo 30, comma 1, della legge 4 novembre 2010,
n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori
sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro
sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di
lavoro), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 30.Clausole generali e certificazione del contratto di lavoro
1. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di
cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e
recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità
ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto
di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di
lavoro o al committente.
L’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in
materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce
motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto.”.
Il testo dell’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in
materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro
ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), come modificato
dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 4. Procedura per la dichiarazione di mobilità
In vigore dal 27 giugno 1997 1. L’impresa che sia stata ammessa
al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso
di attuazione del programma di cui all’articolo 1 ritenga di non essere
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in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non
poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare le procedure di
mobilità ai sensi del presente articolo.
2. Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle
rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19
della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni
di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La
comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il
tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato.
3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei
motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non
poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione
ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale
eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di
attuazione del programma di mobilità; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione
del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni
patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e
dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia
della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sulla
somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento
massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei
lavoratori ritenuti eccedenti .
4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della ricevuta del
versamento di cui al comma 3 devono essere contestualmente inviate
all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.
5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali
e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le
parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa
di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione
del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la riduzione di
personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la
riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo ritengano opportuno, da esperti.
6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro
quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione
dell’impresa. Quest’ultima dà all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei
lavoratori.
7. Qualora non sia stato raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le
parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame
deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte
dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della
comunicazione dell’impresa prevista al comma 6.
8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalla procedura di
mobilità sia inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6 e 7 sono ridotti
alla metà.
9.Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di
cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli
impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette
giorni dalla comunicazione dei recessi, l’elenco dei lavoratori collocati
in mobilità, con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del
luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età,
del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità
con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’articolo 5,
comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del
lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2.
10. Nel caso in cui l’impresa rinunci a collocare in mobilità i
lavoratori o ne collochi un numero inferiore a quello risultante dalla
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comunicazione di cui al comma 2, la stessa procede al recupero delle
somme pagate in eccedenza rispetto a quella dovuta ai sensi dell’articolo 5, comma 4, mediante conguaglio con i contributi dovuti all’INPS, da
effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla data di determinazione del numero dei lavoratori posti in mobilità.
11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al
presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei
lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell’articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione
a mansioni diverse da quelle svolte .
12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia
ove siano state effettuate senza l’osservanza della forma scritta e delle
procedure previste dal presente articolo.
Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo .
13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale,
rientrano in azienda.
14. Il presente articolo non trova applicazione nel caso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a
tempo determinato.
15. Nei casi in cui l’eccedenza riguardi unità produttive ubicate in
diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la competenza a promuovere l’accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al
direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione
ovvero al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le comunicazioni previste dal comma 4.
15-bis Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all’apertura delle procedure di cui al presente articolo siano
assunte dal datore di lavoro o da un’impresa che lo controlli. Il datore
di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la
mancata trasmissione, da parte dell’impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l’apertura delle
predette procedure.
16. Sono abrogati gli articoli 24 e 25 della legge 12 agosto 1977,
n. 675, le disposizioni del decreto-legge 30 marzo 1978, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 1978, n. 215, ad eccezione
dell’articolo 4-bis, nonché il decreto-legge 13 dicembre 1978, n. 795,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36.”.
Il testo dell’articolo 5 della citata legge n. 223 del 1991, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 5.Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle
imprese
1. L’individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve
avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative
del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero, in
mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso
tra loro:
a) carichi di famiglia;
b) anzianità;
c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative .
2. Nell’operare la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità,
l’impresa è tenuta al rispetto dell’articolo 9, ultimo comma, del decretolegge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge
25 marzo 1983, n. 79. L’impresa non può altresì collocare in mobilità
una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di
manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in
considerazione.
3.Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della
forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 18,
primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4,
comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei criteri di scelta
previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del
medesimo articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del licenziamento si
applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, e successive modificazioni .
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4. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni
previdenziali, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in
trenta rate mensili, una somma (38) pari a sei volte il trattamento mensile
iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla
metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale .
5. L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l’impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b),
non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del
rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le
offerte procurate dalla impresa, abbiano prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’articolo 8, comma 4-bis .
6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del
dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di
cui all’articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo
a quello del completamento del programma di cui all’articolo 1, comma 2, nell’unità produttiva in cui il lavoratore era occupato, la somma
che l’impresa è tenuta a versare ai sensi del comma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta
giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma. Nel medesimo caso non trova applicazione
quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 della legge 8 agosto
1972, n. 464. “.
Il testo dell’articolo 6 della citata legge n. 604 del 1966, è il
seguente:
“Art.6. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in
forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta,
dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il
licenziamento stesso.
Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta,
ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove
non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo
a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento
dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento
stesso.
L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo
termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione
o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti
formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al
relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena
di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
A conoscere delle controversie derivanti dall’applicazione della
presente legge è competente il pretore .”.
Il testo degli articoli 125, 421, 414, 416, 102, 106, 107 e 327 del
codice di procedura civile, è il seguente:
“Art. 125.Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte.
Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la
comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o
l’istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente,
oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore
deve, altresì, indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax.
La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente non si applica quando la
legge richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di
mandato speciale.”
“Art. 421.Poteri istruttori del giudice.
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Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti
e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per
provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.
Può altresì disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di
ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad
eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni
e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate
dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell’articolo 420.
Dispone, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purché
necessario al fine dell’accertamento dei fatti e dispone altresì, se ne ravvisa l’utilità l’esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione,
per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone
che siano incapaci di testimoniare a norma dell’articolo 246 o a cui sia
vietato a norma dell’articolo 247.”
“Art. 414.Forma della domanda.
La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1. l’indicazione del giudice;
2. il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto dal
ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente
o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta
o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché
la sede del ricorrente o del convenuto;
3. la determinazione dell’oggetto della domanda;
4. l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda
la domanda con le relative conclusioni;
5. l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in
comunicazione.”
“Art. 416.Costituzione del convenuto.
Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha
sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte,
a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le
eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in
maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i
fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte
le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di
decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare
i documenti che deve contestualmente depositare .”
“Art. 102.Litisconsorzio necessario.
Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti,
queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il
giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.”
“Art. 106.Intervento su istanza di parte.
Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene
comune la causa o dal quale pretende essere garantita.”
“Art. 107.Intervento per ordine del giudice.
Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in
confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento.”
“Art. 327.Decadenza dall’impugnazione.
Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per
Cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5
dell’articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.
Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli
atti di cui all’art. 292.”.
Note all’art. 2:
Il testo dell’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n.88 (Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) è il seguente:
“Art. 24. Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.
Serie generale - n. 153
1. A decorrere dal 1° gennaio 1989, le gestioni per l’assicurazione
contro la disoccupazione involontaria, ivi compreso il Fondo di garanzia
per il trattamento di fine rapporto e per l’assicurazione contro la tubercolosi, la cassa per l’integrazione guadagni degli operai dell’industria,
la cassa per l’integrazione guadagni dei lavoratori dell’edilizia, la cassa
per l’integrazione salariale ai lavoratori agricoli, la cassa unica per gli
assegni familiari, la cassa per il trattamento di richiamo alle armi degli
impiegati ed operai privati, la gestione per i trattamenti economici di
malattia di cui all’articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , il
Fondo per il rimpatrio dei lavoratori extracomunitari istituito dall’articolo 13 della legge 30 dicembre 1986, n. 943 , ed ogni altra forma di
previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, sono fuse in
una unica gestione che assume la denominazione di «Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti».
2. La predetta gestione, alla quale affluiscono i contributi afferenti
ai preesistenti fondi, casse e gestioni, ne assume le attività e le passività
ed eroga le relative prestazioni.
3. Dalla data di entrata in vigore della presente legge è soppresso il Fondo per gli assuntori dei servizi delle ferrovie, tranvie, filovie
e linee di navigazione interna di cui agli accordi economici collettivi
dell’8 luglio 1941 e dell’11 dicembre 1942. La residua attività patrimoniale, come da bilancio consuntivo della gestione del predetto fondo, è
contabilizzata nella gestione dei trattamenti familiari di cui al comma 1.
4. Il bilancio della gestione è unico ed evidenzia per ciascuna forma di previdenza le prestazioni e il correlativo gettito contributivo” .
Il testo dell’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001 n. 142
(Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare
riferimento alla posizione del socio lavoratore) è il seguente:
“Art. 1. Soci lavoratori di cooperativa.
(Omissis).
3. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un
ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata
non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e
di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale
e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti
dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del
socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.”
Il testo dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988,
n. 86 (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di
mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) , convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n.160, è il seguente:
“Art. 7. 1. In attesa della riforma del trattamento di disoccupazione, delle integrazioni salariali, dell’eccedenza di personale, nonché dei
contratti di formazione e lavoro, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e per il solo 1988, l’importo dell’indennità
giornaliera di cui all’art. 13, D.L. 2 marzo 1974, n. 30 , convertito, con
modificazioni, dalla L. 16 aprile 1974, n. 114, è fissato nella misura del
7,5 per cento della retribuzione.”.
Il testo dell’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n.457 (Miglioramenti ai trattamenti previdenziali ed assistenziali nonché disposizioni per la integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli) è il
seguente:
“Art. 25. Ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che abbiano
effettuato nel corso dell’anno solare almeno 151 giornate di lavoro, è
dovuto, in luogo dell’indennità di disoccupazione loro spettante per lo
stesso periodo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1970, n. 1049 , un trattamento speciale pari al 60 per cento della
retribuzione di cui all’art. 3 della presente legge.
Il trattamento speciale è corrisposto per un periodo massimo di 90
giorni nell’anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.”.
Il testo dell’articolo 7 della legge16 febbraio 1977, n.37 (Ulteriori
miglioramenti delle prestazioni previdenziali nel settore agricolo) è il
seguente:
“Art. 7. Ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che risultino
iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non
inferiore a 101 e non superiore a 150 è dovuto a decorrere dal 1° gennaio 1977, in luogo dell’indennità di disoccupazione loro spettante ai sensi
del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049 , un trattamento speciale pari al 40
per cento della retribuzione di cui all’art. 3, L. 8 agosto 1972, n. 457 .
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I lavoratori iscritti negli elenchi di cui alla L. 5 marzo 1963, n. 322
, e successive modificazioni e integrazioni, sono ammessi a provare l’effettuazione delle giornate di lavoro loro attribuite nei suddetti elenchi
mediante una dichiarazione, convalidata dalla commissione locale per
la manodopera agricola prevista dall’art. 7 del D.L. 3 febbraio 1970,
n. 7 , convertito, con modificazioni, nella L. 11 marzo 1970, n. 83, da
produrre all’Istituto erogatore e da allegare alla domanda per l’indennità di disoccupazione, attestante i periodi di occupazione in agricoltura
nell’anno per cui è richiesta la prestazione e i datori di lavoro presso
i quali hanno svolto la loro opera. Le risultanze di tali dichiarazioni
sono utilizzate anche ai fini del controllo delle denunce periodiche di cui
all’art. 2 della L. 18 dicembre 1964, n. 1412 .
Le dichiarazioni daranno luogo all’iscrizione negli elenchi nominativi compilati secondo le modalità e le procedure di cui all’art. 7, n. 5,
del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7 , convertito con modificazioni, nella L.
11 marzo 1970, n. 83, facendo venir meno il diritto alla reiscrizione
negli elenchi a validità prorogata di cui alla L. 5 marzo 1963, n. 322 , e
successive modificazioni ed integrazioni.
Il trattamento speciale è corrisposto per il periodo massimo di 90
giorni nell’anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.
A decorrere dal 1° gennaio 1977 il contributo dovuto dai datori di
lavoro in agricoltura per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stabilito nella misura dell’1,25 per cento della
retribuzione imponibile fissata secondo le modalità di cui all’articolo 28
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488.”.
Il testo dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n.247 (Norme
di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e
competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale), è il seguente:
“Art.1.. La Tabella A allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243,
è sostituita dalle Tabelle A e B contenute nell’Allegato 1 alla presente
legge.
2. All’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono apportate
le seguenti modifiche:
a) il comma 6 è così modificato:
1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) il diritto per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità
per i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’assicurazione generale
obbligatoria e alle forme di essa sostitutive ed esclusive si consegue,
fermo restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica indicati,
per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2009, nella Tabella A
allegata alla presente legge e, per il periodo successivo, fermo restando
il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni,
dei requisiti indicati nella Tabella B allegata alla presente legge. Il diritto
al pensionamento si consegue, indipendentemente dall’età, in presenza
di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni»;
2) alla lettera b), il numero 2 è sostituito dal seguente:
«2) con un’anzianità contributiva pari ad almeno trentacinque anni,
al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica indicati, per il periodo
dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2009, nella Tabella A allegata alla
presente legge e, per il periodo successivo, fermo restando il requisito
di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, dei requisiti
indicati nella Tabella B allegata alla presente legge»;
3) l’ultimo periodo della lettera c) è sostituito dal seguente: «Per il
personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data
di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa
data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione dei requisiti entro il 31 dicembre dell’anno avendo come riferimento
per l’anno 2009 i requisiti previsti per il primo semestre dell’anno»;
b) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi
entro il 31 dicembre dell’anno 2012, può essere stabilito il differimento della decorrenza dell’incremento dei requisiti di somma di età anagrafica e anzianità contributiva e di età anagrafica minima indicato dal
2013 nella Tabella B allegata alla presente legge, qualora, sulla base di
specifica verifica da effettuarsi, entro il 30 settembre 2012, sugli effetti
finanziari derivanti dalle modifiche dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato, risultasse che gli stessi effetti finanziari conseguenti
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dall’applicazione della Tabella B siano tali da assicurare quelli programmati con riferimento ai requisiti di accesso al pensionamento indicati a
regime dal 2013 nella medesima Tabella B»;
c) al comma 8, le parole: «1° marzo 2004» sono sostituite dalle
seguenti: «20 luglio 2007»;
d) dopo il comma 18 è inserito il seguente:
«18-bis. Le disposizioni in materia di pensionamenti di anzianità
vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi, nei limiti del numero di 5.000 lavoratori beneficiari, ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della
legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di
accordi sindacali stipulati anteriormente al 15 luglio 2007, che maturano
i requisiti per il pensionamento di anzianità entro il periodo di fruizione
dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge
23 luglio 1991, n. 223»;
e) il comma 19 è così modificato:
1) le parole: «10.000 domande di pensione» sono sostituite dalle
seguenti: «15.000 domande di pensione»;
2) le parole: «di cui al comma 18» ove ricorrono sono sostituite
dalle seguenti: «di cui ai commi 18 e 18-bis».
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al
fine di concedere ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per
l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008 impegnati
in particolari lavori o attività la possibilità di conseguire, su domanda, il
diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) previsione di un requisito anagrafico minimo ridotto di tre anni
e, in ogni caso, non inferiore a 57 anni di età, fermi restando il requisito
minimo di anzianità contributiva di 35 anni e il regime di decorrenza
del pensionamento secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 6,
lettere c) e d), della legge 23 agosto 2004, n. 243;
b) i lavoratori siano impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del decreto 19 maggio 1999 del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la
funzione pubblica; ovvero siano lavoratori dipendenti notturni come definiti dal decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che, fermi restando i
criteri di cui alla successiva lettera c), possano far valere, nell’arco temporale ivi indicato, una permanenza minima nel periodo notturno; ovvero siano lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» che, all’interno
di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato
a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, svolgano attività caratterizzate dalla
ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un
prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze
brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con
esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione,
alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità;
ovvero siano conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di
trasporto di persone;
c) i lavoratori che al momento del pensionamento di anzianità si
trovano nelle condizioni di cui alla lettera b) devono avere svolto nelle
attività di cui alla lettera medesima:
1) nel periodo transitorio, un periodo minimo di sette anni negli
ultimi dieci anni di attività lavorativa;
2) a regime, un periodo pari almeno alla metà della vita lavorativa;
d) stabilire la documentazione e gli elementi di prova in data certa
attestanti l’esistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi, anche con riferimento alla dimensione e all’assetto organizzativo dell’azienda, richiesti
dal presente comma, e disciplinare il relativo procedimento accertativo,
anche attraverso verifica ispettiva;
e) prevedere sanzioni amministrative in misura non inferiore a 500
euro e non superiore a 2.000 euro e altre misure di carattere sanzionatorio nel caso di omissione da parte del datore di lavoro degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici
dell’Amministrazione dell’articolazione dell’attività produttiva ovvero dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche di
cui alla lettera b), relativamente, rispettivamente, alla cosiddetta «linea
catena» e al lavoro notturno; prevedere, altresì, fermo restando quanto
previsto dall’articolo 484 del codice penale e dalle altre ipotesi di reato
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previste dall’ordinamento, in caso di comunicazioni non veritiere, anche
relativamente ai presupposti del conseguimento dei benefìci, una sanzione pari fino al 200 per cento delle somme indebitamente corrisposte;
f) assicurare, nella specificazione dei criteri per la concessione dei
benefìci, la coerenza con il limite delle risorse finanziarie di un apposito
Fondo costituito, la cui dotazione finanziaria è di 83 milioni di euro per
il 2009, 200 milioni per il 2010, 312 milioni per il 2011, 350 milioni per
il 2012, 383 milioni a decorrere dal 2013;
g) prevedere che, qualora nell’ambito della funzione di accertamento del diritto di cui alle lettere c) e d) emerga, dal monitoraggio
delle domande presentate e accolte, il verificarsi di scostamenti rispetto alle risorse finanziarie di cui alla lettera f), il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale ne dia notizia tempestivamente al Ministro
dell’economia e delle finanze ai fini dell’adozione dei provvedimenti
di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni.
4. Il Governo si impegna, previa verifica del rispetto del principio
della compensazione finanziaria, a stabilire entro il 31 dicembre 2011,
per i soggetti che accedono al pensionamento anticipato con 40 anni di
contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con età pari o superiore a
65 anni per gli uomini e a 60 per le donne, la disciplina della decorrenza
dei trattamenti pensionistici a regime.
5. In attesa della definizione del regime delle decorrenze di cui al
comma 4, per i soggetti che accedono al pensionamento anticipato con
40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti
previsti dagli specifici ordinamenti, i quali, sulla base di quanto sotto
disciplinato, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2011, è stabilito quanto segue:
a) coloro ai quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme
di previdenza dei lavoratori dipendenti, qualora risultino in possesso
dei previsti requisiti per l’accesso al pensionamento anticipato con 40
anni di contribuzione, possono accedere al pensionamento sulla base del
regime delle decorrenze stabilito dall’articolo 1, comma 29, della legge
8 agosto 1995, n. 335;
b) coloro ai quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme
di previdenza dei lavoratori dipendenti, qualora risultino in possesso
dei previsti requisiti per l’accesso al pensionamento di vecchiaia entro
il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal
1° luglio dell’anno medesimo; qualora risultino in possesso dei previsti
requisiti entro il secondo trimestre, possono accedere al pensionamento dal 1° ottobre dell’anno medesimo; qualora risultino in possesso dei
previsti requisiti entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al
pensionamento dal 1° gennaio dell’anno successivo; qualora risultino in
possesso dei previsti requisiti entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° aprile dell’anno successivo;
c) coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico
delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti, qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il primo trimestre
dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° ottobre dell’anno
medesimo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il
secondo trimestre, possono accedere al pensionamento dal 1° gennaio
dell’anno successivo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti
entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento
dal 1° aprile dell’anno successivo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al
pensionamento dal 1° luglio dell’anno successivo;
d) per il personale del comparto scuola si applicano le disposizioni
di cui al comma 9 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
6. Il Governo, allo scopo di assicurare l’estensione dell’obiettivo
dell’elevazione dell’età media di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici armonizzati secondo quanto previsto dall’articolo 2,
commi 22 e 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonchè agli altri
regimi e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di
entrata in vigore della presente legge, requisiti diversi da quelli vigenti
nell’assicurazione generale obbligatoria, ivi compresi i lavoratori di cui
all’articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e il
personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, di cui
alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonchè dei rispettivi dirigenti,
è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o più decreti legislativi, tenendo conto delle
obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività e, in particolare,
per le Forze armate e per quelle di polizia ad ordinamento civile e militare, della specificità dei relativi comparti, della condizione militare e
della trasformazione ordinamentale in atto nelle Forze armate.
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7. I criteri previsti dalla normativa vigente per il riordino e la riorganizzazione, in via regolamentare, degli enti pubblici sono integrati,
limitatamente agli enti previdenziali pubblici, dalla possibilità di prevedere, a tal fine, modelli organizzativi volti a realizzare sinergie e conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in
comune di attività strumentali.
8. Ai fini di cui al comma 7, il Governo presenta, entro un mese
dalla data di entrata in vigore della presente legge, un piano industriale
volto a razionalizzare il sistema degli enti previdenziali e assicurativi e
a conseguire, nell’arco del decennio, risparmi finanziari per 3,5 miliardi
di euro.
9. Fino all’emanazione dei regolamenti di cui al comma 7, i provvedimenti di carattere organizzatorio e di preposizione ad uffici di livello dirigenziale degli enti previdenziali pubblici resisi vacanti sono
condizionati al parere positivo delle amministrazioni vigilanti e del Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, finalizzato alla verifica della coerenza dei provvedimenti
con gli obiettivi di cui al comma 7.
10.
11. In funzione delle economie rivenienti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 7 e 8, da accertarsi con il procedimento di
cui all’ultimo periodo del presente comma, con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, sono corrispondentemente rideterminati gli
incrementi delle aliquote contributive di cui al comma 10, a decorrere
dall’anno 2011. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono
definite le modalità per l’accertamento delle economie riscontrate in seguito all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 7 e 8, rispetto
alle previsioni della spesa a normativa vigente degli enti previdenziali
pubblici quali risultanti dai bilanci degli enti medesimi.
12. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è costituita
una Commissione composta da dieci esperti, di cui due indicati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, due indicati dal Ministero
dell’economia e delle finanze, sei indicati dalle organizzazioni dei lavoratori dipendenti e autonomi e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, con il compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti
di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto
1995, n. 335, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa
pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure europee,
che tengano conto:
a) delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che incidono sulla determinazione dei coefficienti
medesimi;
b) dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare
l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse
e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi
lavorativi, nonchè di proporre politiche attive che possano favorire il
raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non
inferiore al 60 per cento, con riferimento all’aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;
c) del rapporto intercorrente tra l’età media attesa di vita e quella
dei singoli settori di attività.
13. La Commissione di cui al comma 12 inoltre valuta nuove possibili forme di flessibilità in uscita collegate al sistema contributivo, nel
rispetto delle compatibilità di medio-lungo periodo del sistema pensionistico. Dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione non
devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ai componenti della Commissione non sono corrisposti indennità, emolumenti
o rimborsi spese.
14. In fase di prima rideterminazione dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in
applicazione dei criteri di cui all’articolo 1, comma 11, della medesima
legge, la Tabella A allegata alla citata legge n. 335 del 1995 è sostituita,
con effetto dal 1° gennaio 2010, dalla Tabella A contenuta nell’Allegato
2 alla presente legge.
15. All’articolo 1, comma 11, della legge 8 agosto 1995, n. 335,
le parole da: «il Ministro del lavoro» fino alla fine del comma sono
sostituite dalle seguenti: «con decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell’economia e delle
finanze, è rideterminato ogni tre anni il coefficiente di trasformazione
previsto al comma 6».
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16. Il Governo procede con cadenza decennale alla verifica della
sostenibilità ed equità del sistema pensionistico con le parti sociali.
17. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi,
recanti norme finalizzate all’introduzione di un contributo di solidarietà
a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza
per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, allo
scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo.
18. Nell’esercizio della delega di cui al comma 17, il Governo si
atterrà ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) previsione di un contributo limitato nell’ammontare e nella
durata;
b) ammontare della misura del contributo in rapporto al periodo di
iscrizione antecedente l’armonizzazione conseguente alla legge 8 agosto
1995, n. 335, e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più
favorevoli rispetto al regime dell’assicurazione generale obbligatoria.
19. Per l’anno 2008, ai trattamenti pensionistici superiori a otto
volte il trattamento minimo INPS, la rivalutazione automatica delle
pensioni, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1,
della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non è concessa. Per le pensioni
di importo superiore a otto volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica,
l’aumento di rivalutazione per l’anno 2008 è comunque attribuito fino a
concorrenza del predetto limite maggiorato.
20. Ai fini del conseguimento dei benefìci previdenziali di cui
all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai
lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il
15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione
all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e, comunque, non oltre
il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già
emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
21. Il diritto ai benefìci previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i periodi di esposizione
riconosciuti per effetto della disposizione di cui al comma 20, spetta
ai lavoratori non titolari di trattamento pensionistico avente decorrenza
anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge.
22. Le modalità di attuazione dei commi 20 e 21 sono stabilite con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
23. In attesa dell’introduzione di un meccanismo di rivalutazione
automatica degli importi indicati nella «tabella indennizzo danno biologico», di cui all’articolo 13, comma 2, lettera a), del decreto legislativo
23 febbraio 2000, n. 38, una quota delle risorse di cui all’articolo 1,
comma 780, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, accertate in sede di
bilancio 2007 dall’INAIL, fino ad un massimo di 50 milioni di euro, è
destinata all’aumento in via straordinaria delle indennità dovute dallo
stesso INAIL a titolo di recupero del valore dell’indennità risarcitoria
del danno biologico di cui al citato articolo 13 del decreto legislativo
n. 38 del 2000, tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo per
le famiglie di impiegati ed operai accertati dall’ISTAT, delle retribuzioni
di riferimento per la liquidazione delle rendite, intervenuta per gli anni
dal 2000 al 2007.
24. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità di attuazione del comma 23.
25. Per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2008 la durata dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali, di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decretolegge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni, è elevata a otto mesi
per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni e a dodici
mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni.
È riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste dal
presente comma. La percentuale di commisurazione alla retribuzione
della predetta indennità è elevata al 60 per cento per i primi sei mesi ed
è fissata al 50 per cento per i successivi due mesi e al 40 per cento per
gli ulteriori mesi. Gli incrementi di misura e di durata di cui al presente
comma non si applicano ai trattamenti di disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, nè all’indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui
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all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. L’indennità
di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello
stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
26. Per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento
dal 1° gennaio 2008 la percentuale di commisurazione alla retribuzione
dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è rideterminata al 35 per
cento per i primi 120 giorni e al 40 per cento per i successivi giorni fino
a un massimo di 180 giorni. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell’anno
stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente
goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate.
27. Con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 2008,
gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1
della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento
derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
28. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su
proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in conformità
all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative
norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori
sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle
differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori
immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia
degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del
reddito.
29. La delega di cui al comma 28 è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e
creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e
al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di
qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di
contratti di lavoro;
b) modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori e alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile;
c) previsione, per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione, della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata
sulla base della retribuzione;
d) progressiva estensione e armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione
diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in
caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale
che determinino la sospensione dell’attività lavorativa;
e) coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori;
f) valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine
dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle
assicurate dal sistema generale;
g) connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, nonchè l’inserimento lavorativo di soggetti
appartenenti alle fasce deboli del mercato, con particolare riferimento
ai lavoratori giovani e a quelli in età più matura al fine di potenziare le
politiche di invecchiamento attivo;
h) potenziare i servizi per l’impiego, in connessione con l’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), al fine di collegare e
coordinare l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi
di formazione e inserimento lavorativo, in coordinamento con gli enti
previdenziali preposti all’erogazione dei relativi sussidi e benefìci anche attraverso la previsione di forme di comunicazione informatica da
parte degli enti previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza
sociale dei dati relativi ai lavoratori percettori di trattamento di sostegno
al reddito.
30. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla
data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del
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Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori
sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle
differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori
immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di:
a) servizi per l’impiego;
b) incentivi all’occupazione;
c) apprendistato.
31. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), il
Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una
velocizzazione e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro;
b) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e agenzie private, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare
le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal
fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei
soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
c) programmazione e pianificazione delle misure relative alla promozione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le imprese, valorizzando il momento formativo;
d) promozione del patto di servizio come strumento di gestione
adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del
lavoro;
e) revisione e semplificazione delle procedure amministrative.
32. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera b), il
Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) incrementare i livelli di occupazione stabile;
b) migliorare, in particolare, il tasso di occupazione stabile delle
donne, dei giovani e delle persone ultracinquantenni, con riferimento,
nell’ambito della Strategia di Lisbona, ai benchmark europei in materia
di occupazione, formazione e istruzione, così come stabiliti nei documenti della Commissione europea e del Consiglio europeo;
c) ridefinire, ai fini di cui alle lettere a) e b), la disciplina del contratto di inserimento nel rispetto dei divieti comunitari di discriminazione diretta e indiretta, in particolare dei divieti di discriminazione per
ragione di sesso e di età, per espressa individuazione, nell’ambito dei
soggetti di cui alla lettera b), degli appartenenti a gruppi caratterizzati
da maggiore rischio di esclusione sociale;
d).;
e) prevedere, nell’ambito del complessivo riordino della materia,
incentivi per la stipula di contratti a tempo parziale con orario giornaliero elevato e agevolazioni per le trasformazioni, anche temporanee e
reversibili, di rapporti a tempo pieno in rapporti a tempo parziale avvenute su richiesta di lavoratrici o lavoratori e giustificate da comprovati
compiti di cura;
f) prevedere specifiche misure volte all’inserimento lavorativo dei
lavoratori socialmente utili.
33. In ordine alla delega di cui al comma 30, lettera c), da esercitare
previa intesa con le regioni e le parti sociali, il Governo si attiene ai
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia;
b) individuazione di standard nazionali di qualità della formazione
in materia di profili professionali e percorsi formativi, certificazione delle competenze, validazione dei progetti formativi individuali e riconoscimento delle capacità formative delle imprese, anche al fine di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione
di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale;
c) con riferimento all’apprendistato professionalizzante, individuazione di meccanismi in grado di garantire la determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni e l’attuazione uniforme e immediata su tutto
il territorio nazionale della relativa disciplina;
d) adozione di misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei
contratti di apprendistato.
34. Per il finanziamento delle attività di formazione professionale
di cui all’articolo 12 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, con-
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vertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, la spesa di 10 milioni di
euro. A tale onere si provvede a carico del Fondo per l’occupazione di
cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, che
viene incrementato mediante corrispondente riduzione, per ciascuno
degli anni 2008 e 2009, dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 1161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per i periodi
successivi si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
35. L’articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è sostituito
dal seguente:
«Art. 13. - (Assegno mensile). – 1. Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti
sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari
o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il
tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed
erogato dall’INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della
pensione di cui all’articolo 12.
2. Attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all’INPS
ai sensi dell’articolo 46 e seguenti del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il soggetto di cui
al comma 1 autocertifica di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale
condizione venga meno, lo stesso è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS».
36. Il comma 249 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, è abrogato.
37. La legge 12 marzo 1999, n. 68, è così modificata:
a) l’articolo 12 è sostituito dal seguente:
«Art. 12. - (Convenzioni di inserimento lavorativo temporaneo con
finalità formative). – 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli
9, 11 e 12-bis, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di
lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3, le cooperative
sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre
1991, n. 381, e successive modificazioni, le imprese sociali di cui al
decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, i disabili liberi professionisti,
anche se operanti con ditta individuale, nonchè con i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione previsto dalla presente legge,
di seguito denominati soggetti ospitanti, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie
di cui all’articolo 1 presso i soggetti ospitanti, ai quali i datori di lavoro
si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Tali convenzioni, non
ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa valutazione del comitato
tecnico di cui al comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di
lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei
lavoratori disabili da assumere ai sensi dell’articolo 3, se il datore di
lavoro occupa più di 50 dipendenti.
2. La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti
requisiti:
a) contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da
parte del datore di lavoro;
b) computabilità ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui
all’articolo 3 attraverso l’assunzione di cui alla lettera a);
c) impiego del disabile presso i soggetti ospitanti di cui al comma 1 con oneri retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può eccedere
i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici
competenti;
d) indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:
1) l’ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare ai soggetti ospitanti; tale ammontare non deve essere
inferiore a quello che consente ai soggetti ospitanti di applicare la parte
normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi
compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni
finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili;
2) i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del comma 1;
3) la descrizione del piano personalizzato di inserimento lavorativo.
3. Alle convenzioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 11, comma 7.
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4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro
privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3 e con le cooperative
sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre
1991, n. 381, e successive modificazioni, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili»;
b) dopo l’articolo 12 è inserito il seguente:
«Art. 12-bis. - (Convenzioni di inserimento lavorativo). – 1. Ferme
restando le disposizioni di cui agli articoli 9, 11 e 12 gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati tenuti all’obbligo
di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), di seguito denominati soggetti conferenti, e i soggetti di cui al comma 4 del presente
articolo, di seguito denominati soggetti destinatari, apposite convenzioni finalizzate all’assunzione da parte dei soggetti destinatari medesimi
di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà
di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, ai quali i soggetti conferenti si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Sono fatte salve le
convenzioni in essere ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276.
2. La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni caso, nei limiti del 10 per cento
della quota di riserva di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), con arrotondamento all’unità più vicina.
3. Requisiti per la stipula della convenzione sono:
a) individuazione delle persone disabili da inserire con tale tipologia di convenzione, previo loro consenso, effettuata dagli uffici competenti, sentito l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6
della presente legge, e definizione di un piano personalizzato di inserimento lavorativo;
b) durata non inferiore a tre anni;
c) determinazione del valore della commessa di lavoro non inferiore alla copertura, per ciascuna annualità e per ogni unità di personale
assunta, dei costi derivanti dall’applicazione della parte normativa e
retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonchè dei costi
previsti nel piano personalizzato di inserimento lavorativo. È consentito
il conferimento di più commesse di lavoro;
d) conferimento della commessa di lavoro e contestuale assunzione
delle persone disabili da parte del soggetto destinatario.
4. Possono stipulare le convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge
8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e loro consorzi; le
imprese sociali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), del decreto
legislativo 24 marzo 2006, n. 155; i datori di lavoro privati non soggetti
all’obbligo di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1. Tali soggetti
devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) non avere in corso procedure concorsuali;
b) essere in regola con gli adempimenti di cui al decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni;
c) essere dotati di locali idonei;
d) non avere proceduto nei dodici mesi precedenti l’avviamento lavorativo del disabile a risoluzioni del rapporto di lavoro, escluse quelle
per giusta causa e giustificato motivo soggettivo;
e) avere nell’organico almeno un lavoratore dipendente che possa
svolgere le funzioni di tutor.
5. Alla scadenza della convenzione, salvo il ricorso ad altri istituti
previsti dalla presente legge, il datore di lavoro committente, previa valutazione degli uffici competenti, può:
a) rinnovare la convenzione una sola volta per un periodo non inferiore a due anni;
b) assumere il lavoratore disabile dedotto in convenzione con contratto a tempo indeterminato mediante chiamata nominativa, anche in
deroga a quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera c); in tal caso
il datore di lavoro potrà accedere al Fondo nazionale per il diritto al
lavoro dei disabili, di cui all’articolo 13, comma 4, nei limiti delle disponibilità ivi previste, con diritto di prelazione nell’assegnazione delle
risorse.
6. La verifica degli adempimenti degli obblighi assunti in convenzione viene effettuata dai servizi incaricati delle attività di sorveglianza e controllo e irrogazione di sanzioni amministrative in caso di
inadempimento.
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7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sentita la Conferenza unificata, saranno definiti
modalità e criteri di attuazione di quanto previsto nel presente articolo»;
c) l’articolo 13 è sostituito dal seguente:
«Art. 13. - (Incentivi alle assunzioni). – 1. Nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del
5 dicembre 2002, e successive modifiche e integrazioni, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a
favore dell’occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 337 del 13 dicembre 2002, le regioni e le province autonome possono concedere un contributo all’assunzione, a valere
sulle risorse del Fondo di cui al comma 4 e nei limiti delle disponibilità
ivi indicate:
a) nella misura non superiore al 60 per cento del costo salariale,
per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui
all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una
riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse
al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915,
e successive modificazioni, ovvero con handicap intellettivo e psichico,
indipendentemente dalle percentuali di invalidità;
b) nella misura non superiore al 25 per cento del costo salariale,
per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui
all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una
riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 per cento e il 79
per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui
alle tabelle citate nella lettera a);
c) in ogni caso l’ammontare lordo del contributo all’assunzione
deve essere calcolato sul totale del costo salariale annuo da corrispondere al lavoratore;
d) per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità
operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore
al 50 per cento o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero
per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi
modo l’integrazione lavorativa del disabile.
2. Possono essere ammesse ai contributi di cui al comma 1 le assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni devono essere realizzate
nell’anno antecedente all’emanazione del provvedimento di riparto di
cui al comma 4. La concessione del contributo è subordinata alla verifica, da parte degli uffici competenti, della permanenza del rapporto di
lavoro o, qualora previsto, dell’esperimento del periodo di prova con
esito positivo.
3. Gli incentivi di cui al comma 1 sono estesi anche ai datori di
lavoro privati che, pur non essendo soggetti agli obblighi della presente
legge, hanno proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili con le modalità di cui al comma 2.
4. Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il diritto al
lavoro dei disabili, per il cui finanziamento è autorizzata la spesa di lire
40 miliardi per l’anno 1999 e seguenti, euro 37 milioni per l’anno 2007
ed euro 42 milioni a decorrere dall’anno 2008, annualmente ripartito
fra le regioni e le province autonome proporzionalmente alle richieste
presentate e ritenute ammissibili secondo le modalità e i criteri definiti
nel decreto di cui al comma 5.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sentita la Conferenza unificata, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4.
6. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante
corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 29-quater del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e successive
modifiche e integrazioni. Le somme non impegnate nell’esercizio di
competenza possono esserlo in quelli successivi.
7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
8. Le regioni e le province autonome disciplinano, nel rispetto delle
disposizioni introdotte con il decreto di cui al comma 5, i procedimenti
per la concessione dei contributi di cui al comma 1.
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9. Le regioni e le province autonome, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, comunicano annualmente, con relazione,
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale un resoconto delle
assunzioni finanziate con le risorse del Fondo di cui al comma 4 e sulla
durata della permanenza nel posto di lavoro.
10. Il Governo, ogni due anni, procede ad una verifica degli effetti
delle disposizioni del presente articolo e ad una valutazione dell’adeguatezza delle risorse finanziarie ivi previste».
38.
39. All’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
è premesso il seguente comma:
«01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato».
40. All’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 2, dopo le parole: «inferiore a sei mesi» sono inserite le seguenti: «nonchè decorso il periodo complessivo di cui al
comma 4-bis,»;
b) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti
di cui ai commi precedenti, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia
complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e
rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono
tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo
periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine
fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro
competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una
delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi
comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato
rispetto della descritta procedura, nonchè nel caso di superamento del
termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera
a tempo indeterminato.
4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche
e integrazioni, nonchè di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.
4-quater. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti
a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per
un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni
a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi
dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione
dei rapporti a termine.
4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di
attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni
a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività
stagionali.
4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in
tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei
mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue
entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro».
41. L’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
è così modificato:
a) le lettere c) e d) del comma 7 sono sostituite dalle seguenti:
«c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici
o televisivi;
d) con lavoratori di età superiore a 55 anni»;
b) sono abrogati i commi 8, 9 e 10;
c) al comma 4 sono premesse le seguenti parole: «In deroga a
quanto previsto dall’articolo 5, comma 4-bis,».
42. All’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, le parole: «all’articolo 5, commi 3 e 4» sono sostituite
dalle seguenti: «all’articolo 5, commi 3 e seguenti».
Serie generale - n. 153
43. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi
da 40 a 42:
a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in
deroga alle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 5 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal presente articolo;
b) il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore
della presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività
ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi quindici mesi dalla medesima data.
44. Al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, come da ultimo
modificato dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:
a) .
b) .
c) all’articolo 8, il comma 2-ter è abrogato;
d) l’articolo 12-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 12-bis. - 1. I lavoratori del settore pubblico e del settore
privato affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie
salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo
parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale
deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno
a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni più
favorevoli per il prestatore di lavoro.
2. In caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli
o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonchè nel caso in cui il
lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e
permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai
sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla
quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per
cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di
compiere gli atti quotidiani della vita, ai sensi di quanto previsto dalla tabella di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del
26 febbraio 1992, è riconosciuta la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
3. In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio
convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio
1992, n. 104, è riconosciuta la priorità alla trasformazione del contratto
di lavoro da tempo pieno a tempo parziale»;
e) dopo l’articolo 12-bis è inserito il seguente:
«Art. 12-ter. - (Diritto di precedenza). – 1. Il lavoratore che abbia
trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a
tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a
tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale».
45.
46.
47.
48.
49.
50.
51. Il comma 5 dell’articolo 29 del decreto-legge 23 giugno 1995,
n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341,
e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«5. Entro il 31 maggio di ciascun anno il Governo procede a verificare gli effetti determinati dalle disposizioni di cui al comma 1, al fine
di valutare la possibilità che, con decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell’economia e delle
finanze, da adottarsi entro il 31 luglio dello stesso anno, sia confermata
o rideterminata per l’anno di riferimento la riduzione contributiva di cui
al comma 2. Decorsi trenta giorni dalla predetta data del 31 luglio e sino
all’adozione del menzionato decreto, si applica la riduzione determinata
per l’anno precedente, salvo conguaglio da parte degli istituti previdenziali in relazione all’effettiva riduzione accordata ovvero nel caso di
mancata adozione del decreto stesso entro e non oltre il 15 dicembre
dell’anno di riferimento».
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52. In caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, il datore di lavoro nel settore edile comunica all’Istituto nazionale della previdenza
sociale l’orario di lavoro stabilito.
53. All’articolo 5, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68,
dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Non sono inoltre tenuti
all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3 i datori di lavoro del
settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al
trasporto del settore».
54. All’articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo il
comma 7 è inserito il seguente:
«7-bis. L’adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi
di cui all’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, relativi alle
violazioni constatate prima della data di entrata in vigore del presente
decreto, resta di competenza dell’Agenzia delle entrate ed è soggetta
alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e
successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 16».
55. Per gli operai agricoli a tempo determinato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di
cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e
successive modifiche e integrazioni, nonchè dei trattamenti speciali di
cui all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all’articolo 7
della legge 16 febbraio 1977, n. 37, è fissato con riferimento ai trattamenti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2008 nella misura del 40 per
cento della retribuzione indicata all’articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre
1989, n. 389, ed è corrisposto per il numero di giornate di iscrizione
negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro
annuo di riferimento.
56. Ai fini dell’indennità di cui al comma 55, sono valutati i periodi
di lavoro dipendente svolti nel settore agricolo ovvero in altri settori,
purchè in tal caso l’attività agricola sia prevalente nell’anno ovvero nel
biennio cui si riferisce la domanda.
57. Ai fini del raggiungimento del requisito annuo di 270 contributi
giornalieri, valido per il diritto e la misura delle prestazioni pensionistiche, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) detrae dall’importo dell’indennità di cui al comma 55 spettante al lavoratore, quale
contributo di solidarietà, una somma pari al 9 per cento della medesima
per ogni giornata indennizzata sino ad un massimo di 150 giornate. Ai
fini dell’accredito figurativo utile per la pensione di anzianità restano
confermate le norme vigenti.
58. In via sperimentale, per l’anno 2008, nel rispetto di quanto disposto dai regolamenti (CE) n. 1/2004 della Commissione, del 23 dicembre 2003, e n. 1857/2006 della Commissione, del 15 dicembre
2006, i datori di lavoro agricolo hanno diritto ad un credito d’imposta
complessivo per ciascuna giornata lavorativa ulteriore rispetto a quelle
dichiarate nell’anno precedente pari a 1 euro ovvero a 0,30 euro, rispettivamente nelle zone di cui all’obiettivo «convergenza» e nelle zone di
cui all’obiettivo «competitività regionale e occupazionale», come individuate dal regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio
2006.
59. Il Governo, all’esito della sperimentazione, sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie interessate, procede alla verifica delle disposizioni
di cui al comma 58, anche al fine di valutarne l’eventuale estensione,
compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica,
alla restante parte del territorio nazionale.
60. Al fine di promuovere la sicurezza e la salute nei luoghi di
lavoro, con effetto dal 1° gennaio 2008, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) applica, alle condizioni di seguito elencate, una riduzione in misura non superiore al 20
per cento dei contributi dovuti per l’assicurazione dei lavoratori agricoli
dipendenti dalle imprese con almeno due anni di attività e comunque nei
limiti di 20 milioni di euro annui, le quali:
a) siano in regola con tutti gli obblighi in tema di sicurezza e igiene
del lavoro previsti dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, e dalle specifiche normative di settore, nonchè con gli adempimenti contributivi e assicurativi;
b) abbiano adottato, nell’ambito di piani pluriennali di prevenzione, misure per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro;
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c) non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data
della richiesta di ammissione al beneficio o siano state destinatarie dei
provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 5 della legge 3 agosto
2007, n. 123.
61. Al primo comma dell’articolo 3 della legge 15 giugno 1984,
n. 240, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Limitatamente all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, le disposizioni del primo periodo si applicano anche ai dipendenti con contratto di lavoro a tempo
determinato».
62. A decorrere dal 1° gennaio 2008, l’aliquota contributiva per
l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, di
cui all’articolo 11, ultimo comma, del decreto-legge 29 luglio 1981,
n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981,
n. 537, è ridotta di 0,3 punti percentuali; l’importo derivante dalla riduzione di 0,3 punti percentuali della predetta aliquota contributiva è destinato al finanziamento delle iniziative di formazione continua dirette
ai lavoratori dipendenti del settore agricolo.
63. I datori di lavoro che aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, istituiti ai sensi del
comma 1 dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, effettuano l’intero versamento contributivo, pari
al 2,75 per cento delle retribuzioni, all’INPS che, dedotti i costi amministrativi e secondo le modalità operative di cui al comma 3 dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, provvede bimestralmente
al trasferimento dello 0,30 per cento al Fondo paritetico interprofessionale indicato dal datore di lavoro.
64. Resta fermo per i datori di lavoro che non aderiscono ai Fondi
paritetici interprofessionali per la formazione continua l’obbligo di versare all’INPS l’intero contributo di cui al comma 63. In tal caso, la quota
dello 0,30 per cento di cui al comma 62 segue la stessa destinazione
del contributo integrativo previsto dall’articolo 25, quarto comma, della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni.
65. Il comma 6 dell’articolo 21 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
è sostituito dal seguente:
«6. Ai lavoratori agricoli a tempo determinato che siano stati per
almeno cinque giornate, come risultanti dalle iscrizioni degli elenchi
anagrafici, alle dipendenze di imprese agricole di cui all’articolo 2135
del codice civile, ricadenti nelle zone delimitate ai sensi dell’articolo 1,
comma 1079, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e che abbiano beneficiato degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, è riconosciuto, ai fini previdenziali
e assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, un numero
di giornate necessarie al raggiungimento di quelle lavorative effettivamente svolte alle dipendenze dei medesimi datori di lavoro nell’anno
precedente a quello di fruizione dei benefìci di cui al citato articolo 1
del decreto legislativo n. 102 del 2004. Lo stesso beneficio si applica
ai piccoli coloni e compartecipanti familiari delle aziende che abbiano
beneficiato degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 102 del 2004».
66. Il secondo e il terzo periodo del comma 16 dell’articolo 01 del
decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, aggiunti dall’articolo 4-bis del decretolegge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 aprile 2007, n. 46, sono sostituiti dai seguenti: «A tale fine, in sede di
pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli
aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati
e le somme dovute a titolo di sanzione. A tale fine l’Istituto previdenziale comunica in via informatica i dati relativi ai contributi previdenziali
scaduti contestualmente all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a
tutti gli organismi pagatori e ai diretti interessati, anche tramite i Centri
autorizzati di assistenza agricola (CAA) istituiti ai sensi dell’articolo 3bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni. In caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva
compete all’Istituto previdenziale».
67. Con effetto dal 1° gennaio 2008 è abrogato l’articolo 2 del
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 maggio 1997, n. 135. È istituito, nello stato di previsione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo
livello con dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2008-2010. In via sperimentale, con riferimento al triennio
2008-2010, è concesso, a domanda da parte delle imprese, nel limite
delle risorse del predetto Fondo, uno sgravio contributivo relativo alla
quota di retribuzione imponibile di cui all’articolo 12, terzo comma,
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della legge 30 aprile 1969, n. 153, costituita dalle erogazioni previste
dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello,
delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di
incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi
risultati. Il predetto sgravio è concesso sulla base dei seguenti criteri:
a) l’importo annuo complessivo delle erogazioni di cui al presente
comma ammesse allo sgravio è stabilito entro il limite massimo del 5
per cento della retribuzione contrattuale percepita;
b) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo
sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro è fissato
nella misura di 25 punti percentuali;
c) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo
sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai lavoratori è pari ai contributi previdenziali a loro carico sulla stessa quota di erogazioni di cui
alla lettera a).
68. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di attuazione del comma 67, anche con riferimento
all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere
concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto
dei tetti di spesa. Ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza
dell’attuazione del comma 67 con gli obiettivi definiti nel «Protocollo su
previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili»
del 23 luglio 2007 e delle caratteristiche della contrattazione di secondo
livello aziendale e territoriale, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, un Osservatorio presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con la partecipazione delle parti sociali.
L’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi
al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, in ogni caso,
compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica.
A tale fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236,
per 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.
69. È abrogata la disposizione di cui all’articolo 27, comma 4, lettera e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 1955, n. 797.
70. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, sono emanate disposizioni finalizzate a realizzare, per l’anno 2008, la deducibilità
ai fini fiscali ovvero l’introduzione di opportune misure di detassazione
per ridurre l’imposizione fiscale sulle somme oggetto degli sgravi contributivi sulla retribuzione di secondo livello di cui al comma 67, entro il
limite complessivo di 150 milioni di euro per il medesimo anno.
71. A decorrere dal 1° gennaio 2008 il contributo di cui all’articolo 2, comma 19, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è soppresso.
72. Al fine di consentire ai soggetti di età inferiore a trentacinque
anni di sopperire alle esigenze derivanti dalla peculiare attività lavorativa svolta, ovvero sviluppare attività innovative e imprenditoriali, è
istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della gioventù, il Fondo di sostegno per l’occupazione e l’imprenditoria
giovanile.
73. La complessiva dotazione iniziale del Fondo di cui al comma 72 è pari a 150 milioni di euro per l’anno 2008.
74.
75. Allo scopo di provvedere all’integrazione degli emolumenti
spettanti ai titolari degli assegni e dei contratti di ricerca di cui all’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in servizio
presso le università statali e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca e iscritti alla gestione separata di cui
all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il fondo di
finanziamento ordinario delle predette università statali ed enti pubblici
di ricerca è incrementato di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni
2008, 2009 e 2010.
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76. In attesa di una complessiva riforma dell’istituto della totalizzazione dei contributi assicurativi che riassorba e superi la ricongiunzione dei medesimi, sono adottate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le
seguenti modifiche legislative:
a) all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2006,
n. 42, le parole: «di durata non inferiore a sei anni» sono sostituite dalle
seguenti: «di durata non inferiore a tre anni»;
b) all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997,
n. 184, sono soppresse le parole: «che non abbiano maturato in alcuna
delle predette forme il diritto al trattamento previdenziale».
77. All’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Gli oneri da riscatto per periodi in relazione ai quali trova
applicazione il sistema retributivo ovvero contributivo possono essere
versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi per la rateizzazione. Tale disposizione si applica esclusivamente alle domande presentate
a decorrere dal 1° gennaio 2008»;
b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
«5-bis. La facoltà di riscatto di cui al comma 5 è ammessa anche
per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che
non abbiano iniziato l’attività lavorativa. In tale caso, il contributo è
versato all’INPS in apposita evidenza contabile separata e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data
della domanda. Il montante maturato è trasferito, a domanda dell’interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato
iscritto. L’onere dei periodi di riscatto è costituito dal versamento di un
contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile
annuo di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233,
moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche
dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Il
contributo è fiscalmente deducibile dall’interessato; il contributo è altresì detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato risulti
fiscalmente a carico nella misura del 19 per cento dell’importo stesso.
5-ter. In deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 7, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, i periodi riscattati ai sensi dei commi da 5 a
5-bis sono utili ai fini del raggiungimento del diritto a pensione».
78. Agli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 76 e 77, pari
a 200 milioni di euro a decorrere dal 2008, si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge
2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto
2007, n. 127.
79. Con riferimento agli iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino
assicurati presso altre forme obbligatorie, l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 24 per cento per l’anno
2008, in misura pari al 25 per cento per l’anno 2009 e in misura pari
al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010. Con effetto dal 1° gennaio
2008 per i rimanenti iscritti alla predetta gestione l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle
prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 17 per cento.
80. Nel rispetto dei princìpi di autonomia previsti dall’articolo 2
del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, l’Istituto nazionale di
previdenza dei giornalisti italiani provvede all’approvazione di apposite
delibere intese a:
a) coordinare il regime della propria gestione separata previdenziale con quello della gestione separata di cui al comma 79, modificando
conformemente la struttura di contribuzione, il riparto della stessa tra
lavoratore e committente, nonchè l’entità della medesima, al fine di pervenire, secondo princìpi di gradualità, a decorrere dal 1° gennaio 2011,
ad aliquote non inferiori a quelle dei collaboratori iscritti alla gestione
separata di cui al comma 79;
b) prevedere forme di incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti alla propria gestione separata in analogia a quanto disposto
dall’articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, stabilendo le relative modalità.
81. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla
data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunità, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali,
uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in
materia di occupazione femminile, nel rispetto dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a) previsione, nell’ambito dell’esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi di cui al comma 30, lettera b), di incentivi e sgravi
contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire
l’aumento dell’occupazione femminile;
b) revisione della vigente normativa in materia di congedi parentali, con particolare riferimento all’estensione della durata di tali congedi
e all’incremento della relativa indennità al fine di incentivarne l’utilizzo;
c) rafforzamento degli istituti previsti dall’articolo 9 della legge
8 marzo 2000, n. 53, con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro;
d) rafforzamento dell’azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per
l’infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno
dell’esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del
lavoro;
e) orientamento dell’intervento legato alla programmazione dei
Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l’occupazione
femminile, a supporto non solo delle attività formative, ma anche di
quelle di accompagnamento e inserimento al lavoro, con destinazione di
risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della
relativa vita lavorativa;
f) rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della
parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di
lavoro;
g) realizzazione, anche ai fini di cui alla lettera e), di sistemi di
raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo;
h) potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile;
i) previsione di azioni e interventi che agevolino l’accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche attraverso formazione
professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove
strategie dell’Unione europea;
l) definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di
attenzione al genere.
82. All’articolo 8, comma 12, del decreto legislativo 5 dicembre
2005, n. 252, le parole: «Il finanziamento delle forme pensionistiche
complementari può essere altresì attuato delegando» sono sostituite dalle seguenti: «Per i soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, anche se non iscritti al fondo ivi previsto, sono consentite contribuzioni saltuarie e non fisse. I medesimi soggetti possono
altresì delegare».
83. All’articolo 1, comma 791, lettera b), della legge 27 dicembre
2006, n. 296, le parole: «17 e 22» sono sostituite dalle seguenti: «7, 17
e 22». Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono rideterminate le aliquote contributive di cui al citato articolo 1, comma 791,
lettera b), della legge n. 296 del 2006.
84. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, per l’anno 2008, le indennità ordinarie di disoccupazione di cui all’articolo 13,
commi 7 e 8, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono riconosciute,
nel limite di 20 milioni di euro e anche in deroga ai primi due periodi dell’articolo 13, comma 10, del citato decreto-legge n. 35 del 2005,
esclusivamente in base ad intese stipulate in sede istituzionale territoriale tra le parti sociali, recepite entro il 31 marzo 2008 con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, che individua, altresì, l’ambito
territoriale e settoriale cui appartengono le imprese che sospendono i
lavoratori e il numero dei beneficiari, anche al fine del rispetto del limite
di spesa di cui al presente comma.
85. Il comma 15 dell’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994,
n. 84, è sostituito dal seguente:
«15. Per l’anno 2008 ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato
nelle imprese e agenzie di cui ai commi 2 e 5 e per i lavoratori delle
società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi
Serie generale - n. 153
dell’articolo 21, comma 1, lettera b), è riconosciuta un’indennità pari a
un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonchè la relativa
contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare, per ogni
giornata di mancato avviamento al lavoro, nonchè per le giornate di
mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma,
con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato
disponibile. Detta indennità è riconosciuta per un numero di giornate di
mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate
di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione
dei trattamenti di cui al presente comma da parte dell’Istituto nazionale
della previdenza sociale è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate
di mancato avviamento al lavoro predisposti dal Ministero dei trasporti
in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime».
86. Le disposizioni di cui al comma 85 hanno efficacia successivamente all’entrata in vigore delle disposizioni relative alla proroga
degli strumenti per il reddito dei lavoratori – ammortizzatori sociali,
recate dalla legge finanziaria per l’anno 2008, a valere sulle risorse a tal
fine nella stessa stanziate, nel limite massimo di 12 milioni di euro per
l’anno 2008.
87. All’articolo 21 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, la parola: «trasformarsi» è sostituita dalla seguente:
«costituirsi»;
b) ai commi 4, 7 e 8, la parola: «trasformazione», ovunque ricorre,
è sostituita dalla seguente: «costituzione»;
c) dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
«8-bis. Per favorire i processi di riconversione produttiva e per
contenere gli oneri a carico dello Stato derivanti dall’attuazione del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236, nei porti, con l’esclusione di quelli indicati
all’articolo 4, comma 1, lettere b) e c), ove sussistano imprese costituite
ai sensi del comma 1, lettera b), e dell’articolo 17, il cui organico non
superi le quindici unità, le stesse possono svolgere, in deroga a quanto
previsto dall’articolo 17, altre tipologie di lavori in ambito portuale e
hanno titolo preferenziale ai fini del rilascio di eventuali concessioni
demaniali relative ad attività comunque connesse ad un utilizzo del demanio marittimo, definite con decreto del Ministro dei trasporti».
88. Il decreto di cui al comma 8-bis dell’articolo 21 della legge
28 gennaio 1994, n. 84, introdotto dal comma 87, è emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
89. Il comma 13 dell’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994,
n. 84, è sostituito dal seguente:
«13. Le autorità portuali, o, laddove non istituite, le autorità marittime, inseriscono negli atti di autorizzazione di cui al presente articolo,
nonchè in quelli previsti dall’articolo 16 e negli atti di concessione di
cui all’articolo 18, disposizioni volte a garantire un trattamento normativo ed economico minimo inderogabile ai lavoratori e ai soci lavoratori
di cooperative dei soggetti di cui al presente articolo e agli articoli 16,
18 e 21, comma 1, lettera b). Detto trattamento minimo non può essere
inferiore a quello risultante dal vigente contratto collettivo nazionale dei
lavoratori dei porti, e suoi successivi rinnovi, stipulato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, comparativamente più rappresentative a
livello nazionale, dalle associazioni nazionali di categoria più rappresentative delle imprese portuali di cui ai sopracitati articoli e dall’Associazione porti italiani (Assoporti)».
90. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente
legge, ciascuno dei quali deve essere corredato della relazione tecnica
di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni, sono deliberati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, sentiti le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, nonchè, relativamente agli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del
comma 6, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale
militare e delle forze di polizia a ordinamento civile. Su di essi è acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulle materie di
competenza. Tali schemi sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per
materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro
trenta giorni dalla data di assegnazione dei medesimi schemi. Le Com-
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missioni possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di
venti giorni per l’espressione del parere, qualora ciò si renda necessario
per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso periodo all’esame delle Commissioni. Qualora i termini
per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scadano
nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio
della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta
giorni. Il predetto termine è invece prorogato di venti giorni nel caso in
cui sia concessa la proroga del termine per l’espressione del parere. Decorso il termine di cui al terzo periodo, ovvero quello prorogato ai sensi
del quarto periodo, senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri
di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque
emanati. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente
formulate con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi,
corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri
definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta
giorni dalla data di trasmissione.
91. Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di
cui al comma 90 possono essere adottate entro diciotto mesi dalla data
di entrata in vigore dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e dei
criteri direttivi previsti dalla presente legge e con le stesse modalità di
cui al comma 90. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle
disposizioni correttive e integrative, il Governo è delegato ad adottare i
decreti legislativi recanti le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei decreti emanati ai sensi della presente legge con le altre
leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili.
92. Le disposizioni di cui alla presente legge, le quali determinano
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica pari a 1.264 milioni di
euro per l’anno 2008, a 1.520 milioni di euro per l’anno 2009, a 3.048
milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e a 1.898 milioni di
euro a decorrere dall’anno 2012, hanno efficacia solo successivamente
all’entrata in vigore delle disposizioni relative all’istituzione del Fondo
per il finanziamento del Protocollo del 23 luglio 2007 della presente
legge, recate dalla legge finanziaria per l’anno 2008. Agli oneri di cui
al precedente periodo si provvede a valere sulle risorse di cui al citato
Fondo entro i limiti delle medesime.
93. Dall’emanazione dei decreti legislativi attuativi delle deleghe
previste dai commi 28 e 29, da 30 a 33 e 81 non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
94. Fatto salvo quanto previsto ai commi 86 e 92, la presente legge
entra in vigore il 1° gennaio 2008.”.
Il testo dell’articolo 1, comma 2, lett.c), del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 181(Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’articolo 45, comma 1, lettera
a), della L. 17 maggio 1999, n. 144), è il seguente:
“Art.1. Finalità e definizioni.
2. Ad ogni effetto si intendono per:
a) «adolescenti», i minori di età compresa fra i quindici e diciotto
anni, che non siano più soggetti all’obbligo scolastico;
b) «giovani», i soggetti di età superiore a diciotto anni e fino a
venticinque anni compiuti o, se in possesso di un diploma universitario
di laurea, fino a ventinove anni compiuti, ovvero la diversa superiore età
definita in conformità agli indirizzi dell’Unione europea;
c) «stato di disoccupazione», la condizione del soggetto privo di
lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi
competenti;
d) «disoccupati di lunga durata», coloro che, dopo aver perso un
posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi o da più di sei
mesi se giovani;
e) «inoccupati di lunga durata», coloro che, senza aver precedentemente svolto un’attività lavorativa, siano alla ricerca di un’occupazione
da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani;
f) «donne in reinserimento lavorativo», quelle che, già precedentemente occupate, intendano rientrare nel mercato del lavoro dopo almeno
due anni di inattività;
g) «servizi competenti», i centri per l’impiego di cui all’articolo 4,
comma 1, lettera e) del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e
gli altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere le previste funzioni, in conformità delle norme regionali e delle province autonome di
Trento e di Bolzano.”.
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Il testo dell’articolo unico, secondo comma, lettera b), della legge
13 agosto 1980, n. 427 (Modifica della disciplina dell’integrazione salariale straordinaria relativa alle categorie operaie e impiegatizie), è il
seguente:
“Articolo unico. - Nei casi di intervento straordinario della Cassa
integrazione guadagni agli impiegati sospesi dal lavoro è corrisposta
una integrazione salariale pari all’80 per cento della retribuzione che
sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate.
L’importo di integrazione salariale sia per gli operai che per gli
impiegati, calcolato tenendo conto dell’orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga, non può superare: a) l’importo
mensile di lire 1.248.021; b) l’importo mensile di lire 1.500.000 quando la retribuzione di riferimento per il calcolo dell’integrazione medesima, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a lire
2.700.000 mensili. Detti importi massimi vanno comunque rapportati
alle ore di integrazione autorizzate. Con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 1995, gli importi di integrazione salariale di cui
alle lettere a) e b), nonché la retribuzione mensile di riferimento di cui
alla medesima lettera b), sono aumentati nella misura dell’80 per cento
dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei
prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.”.
Il testo dell’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
- legge finanziaria 1986) è il seguente:
“Art. 26. Per i periodi settimanali decorrenti da quello in corso al
1° gennaio 1986, le somme corrisposte ai lavoratori a titolo di integrazione salariale, nonché quelle corrisposte a titolo di prestazioni previdenziali ed assistenziali sostitutive della retribuzione, che danno luogo
a trattamenti da commisurare ad una percentuale della retribuzione non
inferiore all’80 per cento, sono ridotte in misura pari all’importo derivante dall’applicazione delle aliquote contributive previste a carico
degli apprendisti alle lettere a) e b) dell’articolo 21 della presente legge.
La riduzione medesima non si applica ai trattamenti di malattia e di
maternità, nonché all’indennità di richiamo alle armi.”.
Il testo dell’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre
1996, n. 510, (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale) convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, è il
seguente:
“Art. 9-bis.Disposizioni in materia di collocamento.
1.
2. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di
lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, i datori di lavoro privati, ivi compresi
quelli agricoli, e gli enti pubblici economici sono tenuti a darne comunicazione al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la
sede di lavoro entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei
relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione. La comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore,
la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a
tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale
e il trattamento economico e normativo applicato. Nei settori agricolo,
turistico e dei pubblici esercizi il datore di lavoro che non sia in possesso
di uno o più dati anagrafici inerenti al lavoratore può integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione
del rapporto di lavoro, purché dalla comunicazione preventiva risultino
in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l’identificazione
del prestatore di lavoro. La medesima procedura si applica ai tirocini di
formazione e di orientamento e ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. Le Agenzie di lavoro autorizzate dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale sono tenute a comunicare, entro il
ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la loro sede operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei
assunti nel mese precedente. Le pubbliche amministrazioni sono tenute
a comunicare, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data
di assunzione, di proroga, di trasformazione e di cessazione, al servizio
competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, l’assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di
lavoro relativi al mese precedente.”.
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Il testo dell’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici) convertito con modificazioni, dalla legge
22 dicembre 2011, n 214, è il seguente:
“Art. 24. Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici
(Omissis).
27. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito
un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento
in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle
donne. Il Fondo è finanziato per l’anno 2012 con 200 milioni di euro,
con 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e con
240 milioni di euro per l’anno 2015. Con decreti del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto
Fondo.”.
Iltesto dell’articolo 12, sesto comma, e 28, primo comma, della
legge 3 giugno 1975, n.160(Norme per il miglioramento dei trattamenti
pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale), è il seguente:
“Art.12.Finanziamento del fondo pensioni dei lavoratori
dipendenti.
(Omissis).
Con la stessa decorrenza di cui al secondo comma del presente
articolo l’aliquota del contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria di cui all’articolo 2 del
decreto-legge 2 febbraio 1960, n. 54, è stabilita nella misura dell’1,30
per cento della retribuzione.”
“Art. 28. L’obbligo del versamento dei contributi assicurativi base,
di cui alle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488 , e successive modificazioni e integrazioni,
è soddisfatto mediante la applicazione delle seguenti aliquote sulla retribuzione imponibile determinata a norma delle vigenti disposizioni:
0,11 per cento delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti;
0,01 per cento delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all’assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
0,01 per cento delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all’assicurazione contro la tubercolosi;
0,01 per cento delle retribuzioni dei dipendenti per i quali sia dovuto il contributo a favore dell’Ente nazionale assistenza orfani dei lavoratori italiani.”.
Il testo dell’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge finanziaria 2001), è il seguente:
“Art.120. Riduzione degli oneri sociali.
1. Nell’ ambito del processo di armonizzazione delle forme di contribuzione e della disciplina relative alle prestazioni temporanee a carico
della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, e
in attuazione del programma di riduzione del costo del lavoro stabilito
dal Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del dicembre 1998,
a decorrere dal 1° febbraio 2001 è riconosciuto ai datori di lavoro un
esonero dal versamento dei contributi sociali per assegni per il nucleo
familiare dovuti dai medesimi alla predetta gestione pari a 0,8 punti
percentuali.
2. In via aggiuntiva rispetto a quanto riconosciuto in applicazione
del comma 1, nei confronti dei datori di lavoro operanti nei settori per i
quali l’aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare è dovuta
in misura inferiore a 0,8 punti percentuali, è riconosciuto un ulteriore
esonero nella misura di 0,4 punti percentuali a valere sui versamenti di
altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla gestione
di cui al medesimo comma 1, prioritariamente considerando i contributi
per maternità e per disoccupazione. In ogni caso il complessivo esonero
non può superare la misura di 0,8 punti percentuali.
3. All’articolo 3, comma 9, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
le parole: «31 dicembre 2000» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2001».”.
Il testo dell’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005,
n.266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2006) è il seguente:
“ 361. Nell’ambito del processo di armonizzazione delle forme di
contribuzione e della disciplina relativa alle prestazioni temporanee a
carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989,
n. 88, nonché di riduzione del costo del lavoro, a decorrere dal 1° genna-
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io 2006 è riconosciuto ai datori di lavoro un esonero dal versamento dei
contributi sociali alla predetta gestione nel limite massimo complessivo
di un punto percentuale.”.
Il testo dell’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2005, n.203
(Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge
2 dicembre 2005, n.248, è il seguente:
“Art. 8.Compensazioni alle imprese che conferiscono il TFR a forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione del TFR.
1. In relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di
lavoro per il versamento di quote di trattamento di fine rapporto (TFR)
alle forme pensionistiche complementari ovvero al «Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine
rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile» istituito presso la
tesoreria dello Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2008, è riconosciuto, in
funzione compensativa, l’esonero dal versamento dei contributi sociali
da parte degli stessi datori di lavoro dovuti alla gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, per ciascun lavoratore, nella misura dei punti percentuali indicati nell’allegata tabella A, applicati nella
stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche
complementari e al predetto Fondo presso la tesoreria dello Stato. L’esonero contributivo di cui al presente comma si applica prioritariamente
considerando, nell’ordine, i contributi dovuti per assegni familiari, per
maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo
al Fondo di garanzia di cui all’articolo 2 della legge 29 maggio 1982,
n. 297, nonché il contributo di cui all’articolo 25, quarto comma, della
legge 21 dicembre 1978, n. 845. Qualora l’esonero di cui al presente
comma non trovi capienza, con riferimento ai contributi effettivamente
dovuti dal datore di lavoro, per il singolo lavoratore, alla gestione di cui
al citato articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’importo differenziale è trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro
sull’ammontare complessivo dei contributi dovuti all’INPS medesimo.
L’onere derivante dal presente comma è valutato in 414 milioni di euro
per l’anno 2008 e in 460 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.”.
Il testo del Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970,
n.602 (Riassetto previdenziale ed assistenziale di particolari categorie di
lavoratori soci di società e di enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi), è pubblicato
nella Gazzetta Uficiale 20 agosto 1970, n. 209.
Il testo dell’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 ( Legge-quadro in materia di formazione professionale) è il seguente:
“Art. 25.Istituzione di un Fondo di rotazione.
Per favorire l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati dagli organismi di cui all’articolo
precedente, è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, con l’amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai
sensi dell’articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041 , un Fondo
di rotazione.
Per la costituzione del Fondo di rotazione, la cui dotazione è fissata
in lire 100 miliardi, si provvede a carico del bilancio dello Stato con
l’istituzione di un apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l’anno 1979.
A decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1979, le
aliquote contributive di cui ai numeri da 1) a 5) dell’articolo 20 del
decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 , convertito, con modificazioni, nella
legge 16 aprile 1974, n. 114, e modificato dall’articolo 11 della legge
3 giugno 1975, n. 160 , sono ridotte:
1) dal 4,45 al 4,15 per cento;
2) dal 4,45 al 4,15 per cento;
3) dal 3,05 al 2,75 per cento;
4) dal 4,30 al 4 per cento;
5) dal 6,50 al 6,20 per cento.
Con la stessa decorrenza l’aliquota del contributo integrativo dovuto per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai sensi dell’articolo 12 della legge 3 giugno 1975, n. 160 , è
aumentata in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette
all’obbligo contributivo.
I due terzi delle maggiori entrate derivanti dall’aumento contributivo di cui al precedente comma affluiscono al Fondo di rotazione. Il
versamento delle somme dovute al Fondo è effettuato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale con periodicità trimestrale.
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La parte di disponibilità del Fondo di rotazione non utilizzata al
termine di ogni biennio, a partire da quello successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, rimane acquisita alla gestione per
l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.
Alla copertura dell’onere di lire 100 miliardi, derivante dall’applicazione della presente legge nell’esercizio finanziario 1979, si farà
fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per
l’anno finanziario anzidetto.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
Le somme di cui ai commi precedenti affluiscono in apposito conto corrente infruttifero aperto presso la tesoreria centrale e denominato
«Ministero del lavoro e della previdenza sociale - somme destinate a
promuovere l’accesso al Fondo sociale europeo dei progetti realizzati
dagli organismi di cui all’articolo 8 della decisione del consiglio delle
Comunità europee numero 71/66/CEE del 1° febbraio 1971, modificata
dalla decisione n. 77/801/CEE del 20 dicembre 1977».”.
Il testo del Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963,
n. 1525 (Elenco che determina le attività a carattere stagionale di cui
all’art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230,
sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato),è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1963, n. 307.
Per il testo dell’articolo 1, comma 2, del citato decreto legislativo
165 del 2001 si vedano le note all’articolo 1.
Il testo dell’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 (Testo unico dell’apprendistato, a norma
dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247), è il
seguente:
“Art. 2. Disciplina generale
In vigore dal 25 ottobre 2011
1. (Omissis).
m) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 del codice civile. Se nessuna delle parti
esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il
rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.”.
Per il testo dell’articolo 5 , comma 4, della legge 223 n.91, si vedano i riferimenti normativi all’articolo 1.
Per il testo dell’articolo 4, comma 9 della legge 223 n.91, si vedano
i riferimenti normativi all’articolo 1.
Il testo dell’articolo 2, comma 2, del citato decreto legislativo
n.167 del 2011, a decorrere dal 1° gennaio 2013, è il seguente
“Art. 2. Disciplina generale
(Omissis).
2. Per gli apprendisti l’applicazione delle norme sulla previdenza e
assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme:
a) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali;
b) assicurazione contro le malattie;
c) assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia;
d) maternità;
e) assegno familiare;
e-bis) assicurazione sociale per l’impiego in relazione alla quale,
in via aggiuntiva a quanto previsto in relazione al regime contributivo
per le assicurazioni di cui alle precedenti lettere ai sensi della disciplina
di cui all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1o gennaio
2013 è dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non
artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento della retribuzione
imponibile ai fini previdenziali. Resta
fermo che con riferimento a tale contribuzione non operano le
disposizioni di cui all’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre
2011, n. 183.”.
Il testo dell’articolo 1, comma 773, della legge 237 dicembre 2006,
n.296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007).), è il seguente:
“ 773. Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal
1° gennaio 2007 la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è complessivamente rideterminata nel
Serie generale - n. 153
10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro due mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali interessate.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche con riferimento agli obblighi contributivi previsti dalla legislazione vigente in
misura pari a quella degli apprendisti. Con riferimento ai periodi contributivi di cui al presente comma viene meno per le regioni l’obbligo del
pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli
apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della legge 21 dicembre 1978,
n. 845. Per i datori di lavoro che occupano alle dipendenze un numero
di addetti pari o inferiore a nove la predetta complessiva aliquota del
10 per cento a carico dei medesimi datori di lavoro è ridotta in ragione
dell’anno di vigenza del contratto e limitatamente ai soli contratti di
apprendistato di 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati
nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto, restando fermo il livello
di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni
di contratto successivi al secondo. A decorrere dal 1° gennaio 2007 ai
lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del capo I del
titolo VI del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, sono estese le disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori
subordinati e la relativa contribuzione è stabilita con il decreto di cui al
secondo periodo del presente comma.”.
Il testo dell’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011,
n,183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - Legge di stabilità 2012), è il seguente:
“Art. 22. Apprendistato, contratto di inserimento donne, part-time,
telelavoro, incentivi fiscali e contributivi
In vigore dal 1 gennaio 2012 Al fine di promuovere l’occupazione
giovanile, a decorrere dal 1° gennaio 2012, per i contratti di apprendistato stipulati successivamente alla medesima data ed entro il 31 dicembre
2016, è riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta ai
sensi dell’articolo 1, comma 773, quinto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni
di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10 per cento per i
periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo.
Con effetto dal 1° gennaio 2012 l’aliquota contributiva pensionistica
per gli iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, e la relativa aliquota contributiva per
il computo delle prestazioni pensionistiche sono aumentate di un punto
percentuale. All’articolo 7, comma 4, del testo unico di cui al decreto
legislativo 14 settembre 2011, n. 167, le parole: «lettera i)» sono sostituite dalle seguenti: «lettera m)».”.
Il testo dell’articolo 1, comma 1, del citato DPR n.602 del 1970 è
il seguente:
1. Ai lavoratori soci di società cooperative di lavoro, disciplinate
dagli articoli 2511 e seguenti del codice civile e dal decreto legislativo
del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 , le quali
svolgono le attività indicate nell’allegato elenco ed ai lavoratori soci di
organismi di fatto, esercenti le medesime attività, costituiti per il conseguimento degli scopi mutualistici propri delle società cooperative, le
seguenti forme di previdenza ed assistenza sociale si applicano secondo
le norme, entro i limiti e le modalità stabiliti dalle disposizioni legislative che regolano dette forme, nonché secondo quanto disposto nei
successivi articoli:
assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, assicurazione contro la tubercolosi, assegni familiari, gestiti dall’istituto nazionale della previdenza sociale;
assicurazione contro le malattie e per la tutela delle lavoratrici madri, gestita dall’istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie;
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall’istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro;
assistenza dell’ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani;
provvidenze della gestione case per lavoratori;
Assicurazione sociale per l’impiego.
L’allegato elenco di attività lavorative potrà essere modificato con
decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate. “.
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Il testo dell’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n.276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), è il seguente:
“Art. 12. Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito
In vigore dal 24 novembre 2010 I soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro sono tenuti a versare ai fondi di cui al comma 4 un
contributo pari al 4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori
assunti con contratto a tempo determinato per l’esercizio di attività di
somministrazione. Le risorse sono destinate a interventi di formazione
e riqualificazione professionale, nonché a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti con contratto
a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza
missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione. “.
Il testo dell’articolo 46, comma 1, della legge 8 marzo 89, n. 88
(Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), è il seguente:
“Art. 46.Contenzioso in materia di prestazioni.
1. Il comitato provinciale decide in via definitiva i ricorsi avverso i
provvedimenti dell’Istituto concernenti:
a) le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le prestazioni del
Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto;
b) le prestazioni delle gestioni dei lavoratori autonomi, ivi comprese quelle relative ai trattamenti familiari di loro competenza;
c) le prestazioni della gestione speciale di previdenza a favore dei
dipendenti da imprese esercenti miniere, cave e torbiere con lavorazione, ancorché parziale, in sotterraneo;
d) le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;
d-bis) le prestazioni dell’Assicurazione sociale per l’impiego;
e) la pensione sociale;
f) le prestazioni economiche di malattia, ivi comprese quelle
dell’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, e per la maternità;
g) i trattamenti familiari;
h) l’assegno per congedo matrimoniale;
i) il trattamento di richiamo alle armi degli impiegati ed operai
privati.”.
Il testo dell’articolo 26, comma 1, lettera e), della citata legge n.88
del 1989 è il seguente:
“Art. 26.Competenze del comitato amministratore della gestione
prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.
1. Il comitato amministratore di cui all’articolo 25 ha i seguenti
compiti:
a) predisporre, in conformità ai criteri stabiliti dal consiglio di
amministrazione dell’Istituto, i bilanci annuali preventivo e consuntivo
della gestione, corredati da una propria relazione e deliberare sui bilanci
tecnici relativi alla gestione stessa;
b) deliberare le modalità di erogazione delle prestazioni e di riscossione dei contributi;
c) fare proposte in materia di contributi e prestazioni al consiglio
di amministrazione, che le trasmette, con proprio motivato parere, al
Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
d) vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’erogazione delle prestazioni nonché sull’andamento della gestione, proponendo, con le modalità di cui alla lettera c), i provvedimenti necessari per assicurarne
l’equilibrio;
e) decidere in unica istanza sui ricorsi in materia di contributi dovuti alla gestione; si applicano le norme sui termini di cui all’articolo 47, commi 3 e 4;
f) assolvere ogni altro compito che sia ad esso demandato da leggi
o regolamenti o che gli sia affidato dal consiglio di amministrazione o
dal comitato esecutivo. “.
Il testo dell’articolo 19 del RDL 14 aprile 1939, n.636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità
e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e
sostituzione dell’assicurazione per la maternità con l’assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità), è il seguente.
Serie generale - n. 153
“Art. 19. In caso di disoccupazione involontaria per mancanza di
lavoro, l’assicurato, qualora possa far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente
l’inizio del periodo di disoccupazione, ha diritto a una indennità giornaliera fissata in relazione all’importo del contributo per l’assicurazione
disoccupazione versati nell’ultimo anno di contribuzione precedente la
domanda di prestazione.
L’indennità è stabilita nella misura seguente:
+------------------------------------+-------------------------+
|
Importo contributi versati
| Indennità giornaliera |
+------------------------------------+-------------------------+
|Impiegati:
|
|
| fino a L. 74 . . . . . . . . . . .|
L. 4,|
| oltre L. 74 fino a L. 98 . . . .|
»
7,|
| oltre L. 98 fino a L. 113 . . . .|
»
7,|
| oltre L. 113 . . . . . . . . . . .|
» 12,|
|
|
|
|Operai:
|
|
| fino a L. 47 . . . . . . . . . . .|
L. 2,50
|
| oltre L. 47 fino a L. 68 . . . . .|
»
4,|
| oltre L. 68 fino a L. 86 . . . . .|
»
5,50
|
| oltre L. 86 . . . . . . . . . . .|
»
7,|
.”.
Il testo dell’articolo 7 della citata legge n. 223 del 1991 è il
seguente:
“Art. 7. Indennità di mobilità
1. I lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell’articolo 4, che siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 16, comma 1, hanno diritto
ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei
per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. L’indennità spetta
nella misura percentuale, di seguito indicata, del trattamento straordinario di integrazione salariale che hanno percepito ovvero che sarebbe
loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del
rapporto di lavoro:
a) per i primi dodici mesi: cento per cento;
b) dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: ottanta per cento.
2. Nelle aree di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, la indennità di mobilità è
corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto
per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella
seguente misura:
a) per i primi dodici mesi: cento per cento;
b) dal tredicesimo al quarantottesimo mese: ottanta per cento .
3. L’indennità di mobilità è adeguata, con effetto dal 1° gennaio di
ciascun anno, in misura pari all’aumento della indennità di contingenza
dei lavoratori dipendenti. Essa non è comunque corrisposta successivamente alla data del compimento dell’età pensionabile ovvero, se a
questa data non è ancora maturato il diritto alla pensione di vecchiaia,
successivamente alla data in cui tale diritto viene a maturazione.
4. L’indennità di mobilità non può comunque essere corrisposta per
un periodo superiore all’anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell’impresa che abbia attivato la procedura di cui all’articolo 4.
5. I lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità
alle norme vigenti possono ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità nelle misure indicate nei commi 1 e 2, detraendone il numero di
mensilità già godute. Fino al 31 dicembre 1992 , per i lavoratori in mobilità delle aree di cui al comma 2 che abbiano compiuto i cinquanta anni
di età, questa somma è aumentata di un importo pari a quindici mensilità
dell’indennità iniziale di mobilità e comunque non superiore al numero
dei mesi mancanti al compimento dei sessanta anni di età. Per questi
ultimi lavoratori il requisito di anzianità aziendale di cui all’articolo 16,
comma 1, è elevato in misura pari al periodo trascorso tra la data di
entrata in vigore della presente legge e quella del loro collocamento in
mobilità. Le somme corrisposte a titolo di anticipazione dell’indennità
di mobilità sono cumulabili con il beneficio di cui all’articolo 17 della
legge 27 febbraio 1985, n. 49. Con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono
determinate le modalità e le condizioni per la corresponsione anticipata
dell’indennità di mobilità, le modalità per la restituzione nel caso in cui
il lavoratore, nei ventiquattro mesi successivi a quello della correspon-
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
sione, assuma una occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato
o in quello pubblico, nonché le modalità per la riscossione delle somme
di cui all’articolo 5, commi 4 e 6.
6. Nelle aree di cui al comma 2 nonché nell’ambito delle circoscrizioni o nel maggior ambito determinato dalla Commissione regionale
per l’impiego, in cui sussista un rapporto superiore alla media nazionale
tra iscritti alla prima classe della lista di collocamento e popolazione
residente in età da lavoro, ai lavoratori collocati in mobilità entro la data
del 31 dicembre 1992 che, al momento della cessazione del rapporto,
abbiano compiuto un’età inferiore di non più di cinque anni rispetto a
quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia, e possano
far valere, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia e i superstiti, un’anzianità contributiva non inferiore a quella
minima prevista per il predetto pensionamento, diminuita del numero
di settimane mancanti alla data di compimento dell’età pensionabile,
l’indennità di mobilità è prolungata fino a quest’ultima data. La misura
dell’indennità per i periodi successivi a quelli previsti nei commi 1 e 2
è dell’ottanta per cento .
7. Negli ambiti di cui al comma 6, ai lavoratori collocati in mobilità
entro la data del 31 dicembre 1992 che, al momento della cessazione
del rapporto, abbiano compiuto un’età inferiore di non più di dieci anni
rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia e
possano far valere, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, un’anzianità contributiva non inferiore a
ventotto anni, l’indennità di mobilità spetta fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento di anzianità. Per i lavoratori dipendenti
anteriormente alla data del 1° gennaio 1991 dalle società non operative della Società di Gestione e Partecipazioni Industriali S.p.A. (GEPI)
e della Iniziative Sardegna S.p.A. (INSAR) si prescinde dal requisito
dell’anzianità contributiva; l’indennità di mobilità non può comunque
essere corrisposta per un periodo superiore a dieci anni .
8. L’indennità di mobilità sostituisce ogni altra prestazione di disoccupazione nonché le indennità di malattia e di maternità eventualmente spettanti.
9. I periodi di godimento dell’indennità di mobilità, ad esclusione
di quelli per i quali si fa luogo alla corresponsione anticipata ai sensi
del comma 5, sono riconosciuti d’ufficio utili ai fini del conseguimento
del diritto alla pensione e ai fini della determinazione della misura della pensione stessa. Per detti periodi il contributo figurativo è calcolato
sulla base della retribuzione cui è riferito il trattamento straordinario di
integrazione salariale di cui al comma 1. Le somme occorrenti per la
copertura della contribuzione figurativa sono versate dalla gestione di
cui al comma 11 alle gestioni pensionistiche competenti .
10. Per i periodi di godimento dell’indennità di mobilità spetta
l’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge
13 maggio 1988, n. 153.
11. I datori di lavoro, ad eccezione di quelli edili, rientranti nel
campo di applicazione della normativa che disciplina l’intervento straordinario di integrazione salariale, versano alla gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, un contributo transitorio calcolato
con riferimento alle retribuzioni assoggettate al contributo integrativo
per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria,
in misura pari a 0,35 punti di aliquota percentuale a decorrere dal periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e
fino al periodo di paga in corso al 31 dicembre 1991 ed in misura pari a
0,43 punti di aliquota percentuale a decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso al 31 dicembre 1991 fino a tutto il periodo di
paga in corso al 31 dicembre 1992; i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo transitorio sono esonerati, per i periodi corrispondenti
e per i corrispondenti punti di aliquota percentuale, dal versamento del
contributo di cui all’articolo 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per la
parte a loro carico.
12. L’indennità prevista dal presente articolo è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di
cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.
13. Per i giornalisti l’indennità prevista dal presente articolo è a
carico dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Le
somme e i contributi di cui al comma 11 e all’articolo 4, comma 3, sono
dovuti al predetto Istituto. Ad esso vanno inviate le comunicazioni relative alle procedure previste dall’articolo 4, comma 10, nonché le comunicazioni di cui all’articolo 9, comma 3.
14. E’ abrogato l’articolo 12 della legge 5 novembre 1968, n. 1115,
e successive modificazioni.
Serie generale - n. 153
15. In caso di squilibrio finanziario delle gestioni nei primi tre anni
successivi a quello di entrata in vigore della presente legge, il Ministro
del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, adegua i contributi di cui al presente articolo nella misura necessaria a ripristinare l’equilibrio di tali gestioni.”.
Il testo dell’articolo 6 quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n.7 (Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i
beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli
adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché
altre misure urgenti), è il seguente:
“Art. 6-quater.Disposizioni in materia di diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili.
1. All’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
e successive modificazioni, che istituisce l’addizionale comunale sui
diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera a), le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle
seguenti: «40 per cento»;
b) alla lettera b), le parole: «80 per cento» sono sostituite dalle
seguenti: «60 per cento».
2. L’addizionale comunale sui diritti di imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero. L’incremento dell’addizionale di cui al
presente comma è destinato fino al 31 dicembre 2015ad alimentare il
Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione e della
riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto
aereo, costituito ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre
2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre
2004, n. 291.
3. Le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale,
disposto dal comma 2, sono versate dai soggetti tenuti alla riscossione
direttamente su una contabilità speciale aperta presso la Tesoreria centrale dello Stato, gestita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) e intestata al Fondo speciale di cui al comma 2. L’Ente nazionale
per l’aviazione civile (ENAC) provvede a comunicare semestralmente
al Fondo di cui al comma 2 il numero dei passeggeri registrati all’imbarco dagli scali nazionali nel semestre precedente, suddiviso tra utenti
di voli nazionali e internazionali per singolo aeroporto;
3-bis. La riscossione dell’incremento dell’addizionale comunale di
cui al comma 2 avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le
modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento
da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine del
mese in cui sorge l’obbligo.
3-ter.Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all’INPS
da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite
dall’Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli articoli
17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Alle somme
di cui al predetto comma 2 si applicano le disposizioni sanzionatorie e
di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i contributi previdenziali obbligatori.
3-quater. La comunicazione di cui al comma 3-ter costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di mancato versamento, ad
attivare la riscossione coattiva, secondo le modalità previste dall’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.”.
Il testo dell’articolo 37 della citata legge n.88 del 1989, è il
seguente:
“Art. 37.Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle
gestioni previdenziali.
1. È istituita presso l’INPS la «Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali».
2. Il finanziamento della gestione è assunto dallo Stato.
3. Sono a carico della gestione:
a) le pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile
1969, n. 153 , e successive modificazioni ed integrazioni, ivi comprese
quelle erogate ai sensi degli articoli 10 e 11 della legge 18 dicembre
1973, n. 854 , e successive modificazioni e integrazioni;
b) l’onere delle integrazioni di cui all’articolo 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222 ;
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
c) una quota parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dal
Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), per un
importo pari a quello previsto per l’anno 1988 dall’articolo 21, comma 3, della legge 11 marzo 1988, n. 67 . Tale somma è annualmente
adeguata, con la legge finanziaria, in base alle variazioni dell’indice
nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed
impiegati calcolato dall’Istituto centrale di statistica incrementato di un
punto percentuale;
d) gli oneri derivanti dalle agevolazioni contributive disposte per
legge in favore di particolari categorie, settori o territori ivi compresi i
contratti di formazione-lavoro, di solidarietà e l’apprendistato e gli oneri
relativi a trattamenti di famiglia per i quali è previsto per legge il concorso dello Stato o a trattamenti di integrazione salariale straordinaria
e a trattamenti speciali di disoccupazione di cui alle leggi 5 novembre
1968, n. 1115 , 6 agosto 1975, n. 427 , e successive modificazioni ed
integrazioni, o ad ogni altro trattamento similare posto per legge a carico
dello Stato;
e) gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati;
f) l’onere dei trattamenti pensionistici ai cittadini rimpatriati dalla
Libia di cui al decreto-legge 28 agosto 1970, n. 622 , convertito in legge,
con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 1970, n. 744, degli assegni
vitalizi di cui all’articolo 11 della legge 20 marzo 1980, n. 75 , delle
maggiorazioni di cui agli articoli 1, 2 e 6 della legge 15 aprile 1985,
n. 140 , nonché delle quote di pensione, afferenti ai periodi lavorativi
prestati presso le Forze armate alleate e presso l’UNRRA. Sono altresì
a carico della gestione tutti gli oneri relativi agli altri interventi a carico
dello Stato previsti da disposizioni di legge.
4. L’onere di cui al comma 3, lettera c), assorbe l’importo di cui
all’articolo 1 della legge 21 luglio 1965, n. 903 , i contributi di cui all’articolo 20 della legge 3 giugno 1975, n. 160 , all’articolo 27 della legge
21 dicembre 1978, n. 843 , e all’articolo 11 della legge 15 aprile 1985,
n. 140 .
5. L’importo dei trasferimenti da parte dello Stato ai fini della progressiva assunzione degli oneri di cui alle lettere d) ed e) del comma 3
è stabilito annualmente con la legge finanziaria. Per l’anno 1988, alla
copertura degli oneri di cui al presente articolo si provvede mediante proporzionale utilizzazione degli stanziamenti disposti dalla legge
11 marzo 1988, n. 67 .
6. L’onere delle pensioni liquidate nella gestione per i coltivatori
diretti, mezzadri e coloni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1989
e delle pensioni di riversibilità derivanti dalle medesime, nonché delle
relative spese di amministrazione è assunto progressivamente a carico dello Stato in misura annualmente stabilita con la legge finanziaria,
tenendo anche conto degli eventuali apporti di solidarietà delle altre
gestioni.
7. Il bilancio della gestione è unico e, per ciascuna forma di intervento, evidenzia l’apporto dello Stato, gli eventuali contributi dei datori
di lavoro, le prestazioni o le erogazioni nonché i costi di funzionamento.
8. Alla gestione sono attribuiti i contributi dei datori di lavoro
destinati al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e dei trattamenti speciali di disoccupazione di cui alle leggi
5 novembre 1968, n. 1115 , 6 agosto 1975, n. 427 , e successive modificazioni ed integrazioni, nonché quelli destinati al finanziamento dei
pensionamenti anticipati.”.
Il testo degli articoli 17,18, 19 20, 21, 22 e 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti
dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul
valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni) è il seguente:
“Art. 17. (Oggetto)
In vigore dal 2 marzo 2012 1. I contribuenti eseguono versamenti
unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme
a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei
medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data
di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del
credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul
valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere
effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di
presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.
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2. Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti
e i debiti relativi:
a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute
alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell’Art. 3 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; per
le ritenute di cui al secondo comma del citato Art. 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria
provinciale dello Stato; in tal caso non è ammessa la compensazione ;
b) all’imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e
33 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
e quella dovuta dai soggetti di cui all’Art. 74;
c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’imposta
sul valore aggiunto;
d) all’imposta prevista dall’Art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
d-bis.
e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese
le quote associative;
f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di
lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e
continuativa di cui all’Art. 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
g) ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi
dell’Art. 20;
h-bis) al saldo per il 1997 dell’imposta sul patrimonio netto delle
imprese, istituita con decreto-legge 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del
contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all’Art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall’Art. 4 del
decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.
h-ter) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro delle
finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con i Ministri competenti per settore;
h-quater) al credito d’imposta spettante agli esercenti sale
cinematografiche
h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione
dell’incrementoall’addizionale comunale debbono riversare all’INPS,
ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7,
convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni “
2-bis.”
“Art. 18. (Termini di versamento)
Testo in vigore dal 24 dicembre 1998
1. Le somme di cui all’Art. 17devono essere versate entro il giorno
sedici del mese di scadenza. Se il termine scade di sabato o di giorno
festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo.
2. I versamenti dovuti da soggetti titolari di posizione assicurativa
in una delle gestioni amministrate dall’INPS, per le quote contributive
comprese entro il minimale, sono effettuati nei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre.
3. Rimangono invariati i termini di scadenza delle somme dovute
a titolo di saldo e di acconto in base alle dichiarazioni annuali, nonché
il termine previsto dall’Art. 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990,
n. 405, per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta a titolo
di acconto del versamento relativo al mese di dicembre .
4. I versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti
previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni
amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini
previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione
dei redditi.”
“Art. 19. (Modalità di versamento mediante delega)
In vigore dal 12 agosto 1997 1. I versamenti delle imposte, dei contributi, dei premi previdenziali ed assistenziali e delle altre somme, al
netto della compensazione, sono eseguiti mediante delega irrevocabile
ad una banca convenzionata ai sensi del comma 5.
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2. La banca rilascia al contribuente un’attestazione conforme al
modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, recante l’indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento, la data, la causale e gli importi dell’ordine di pagamento, nonché
l’impegno ad effettuare il pagamento agli enti destinatari per conto del
delegante. L’attestazione deve recare altresì l’indicazione dei crediti per
i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di compensazione.
3. La delega deve essere conferita dal contribuente anche nell’ipotesi in cui le somme dovute risultano totalmente compensate ai sensi
dell’Art. 17. La parte di credito che non ha trovato capienza nella compensazione è utilizzata in occasione del primo versamento successivo.
4. Per l’omessa presentazione del modello di versamento contenente i dati relativi alla eseguita compensazione, si applica la sanzione
di lire 300.000, ridotta a lire 100.000 se il ritardo non è superiore a
cinque giorni lavorativi.
5. Con convenzione approvata con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro e della previdenza
sociale, sono stabiliti le modalità di conferimento della delega e di svolgimento del servizio, i dati delle operazioni da trasmettere e le relative
modalità di trasmissione e di conservazione, tenendo conto dei termini
di cui all’Art. 13 del regolamento concernente l’istituzione del conto fiscale, adottato con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1993,
n. 567, nonché le penalità per l’inadempimento degli obblighi nascenti
dalla convenzione stessa e la misura del compenso per il servizio svolto dalle banche. Quest’ultima è determinata tenendo conto del costo di
svolgimento del servizio, del numero dei moduli presentati dal contribuente e di quello delle operazioni in esso incluse, della tipologia degli
adempimenti da svolgere e dell’ammontare complessivo dei versamenti
gestito dal sistema. La convenzione ha durata triennale e può essere
tacitamente rinnovata.
6. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri
del tesoro e delle poste e delle telecomunicazioni, la delega di pagamento può essere conferita all’Ente poste italiane, secondo modalità e
termini in esso fissati. All’Ente poste italiane si applicano le disposizioni
del presente decreto.”
“Art. 20. (Pagamenti rateali)
In vigore dal 24 dicembre 1998 1. Le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari
di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall’INPS,
ad eccezione di quelle dovute nel mese di dicembre a titolo di acconto
del versamento dell’imposta sul valore aggiunto, possono essere versate, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione
periodica, in rate mensili di uguale importo, con la maggiorazione degli
interessi di cui al comma 2, decorrenti dal mese di scadenza; in ogni
caso, il pagamento deve essere completato entro il mese di novembre
dello stesso anno di presentazione della dichiarazione o della denuncia.
La disposizione non si applica per le somme dovute ai sensi del titolo llI
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
2. La misura dell’interesse è pari al tasso previsto dall’Art. 9 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, maggiorato di un punto percentuale.
3. La facoltà del comma 1 può essere esercitata anche dai soggetti
non ammessi alla compensazione di cui all’Art. 17, comma 1.
4. I versamenti rateali sono effettuati entro il giorno sedici di ciascun mese per i soggetti titolari di partita IVA ed entro la fine di ciascun
mese per gli altri contribuenti.
5. Le disposizioni del comma 2 si applicano per il calcolo degli
interessi di cui all’Art. 3, commi 8 e 9, del decreto del Presidente della
Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, riguardante gli adempimenti del
sostituto d’imposta per il controllo della dichiarazione e per la liquidazione delle imposte e del contributo al Servizio sanitario nazionale.”
“Art. 21 (Adempimenti delle banche)
In vigore dal 18 aprile 2002 1. Entro il quinto giorno lavorativo
successivo a quello di ricevimento della delega, la banca versa le somme riscosse alla tesoreria dello Stato o alla Cassa regionale siciliana di
Palermo, al netto del compenso ad essa spettante. Si considerano non
lavorativi i giorni di sabato e quelli festivi .
2. Entro il termine di cui al comma 1 la banca predispone ed invia
telematicamente alla struttura di gestione di cui all’Art. 22 i dati riepilogativi delle somme a debito e a credito complessivamente evidenziate
nelle deleghe di pagamento, distinte per ciascun ente destinatario.
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2-bis. Con convenzione, fermi restando i termini fissati dai commi
1 e 2, può essere stabilito che:
a) entro il secondo giorno lavorativo successivo a quello di ricevimento della delega, la banca comunica alla struttura di gestione l’importo presuntivo delle somme che verserà ai sensi del comma 1;
b) entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di ricevimento della delega, la banca versa almeno l’80% delle predette somme.
3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri
del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, sono stabilite le modalità applicative nonché i criteri per i controlli relativi all’esecuzione
del servizio da parte delle banche e le modalità di scambio dei dati fra
gli interessati.”
“Art. 22. (Suddivisione delle somme tra gli enti destinatari)
In vigore dal 12 agosto 1997 1. Entro il primo giorno lavorativo
successivo a quello di versamento delle somme da parte delle banche
e di ricevimento dei relativi dati riepilogativi, un’apposita struttura di
gestione attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi
spettanti, tenendo conto dell’eventuale compensazione eseguita dai
contribuenti.
2. Gli enti destinatari delle somme dispongono con cadenza trimestrale le regolazioni contabili sulle contabilità di pertinenza a copertura
delle somme compensate dai contribuenti.
3. La struttura di gestione di cui al comma 1 è individuata con
decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro
e del lavoro e della previdenza sociale. Con decreto del Ministero delle
finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, sono stabilite le modalità per l’attribuzione delle somme.
4. La compensazione di cui all’Art. 17 può operare soltanto dopo
l’emanazione dei decreti indicati nel comma 3.”
“Art. 23. (Pagamento con mezzi diversi dal contante)
In vigore dal 12 agosto 1997
1. I contribuenti possono mettere a disposizione delle banche convenzionate ai sensi del comma 2 le somme oggetto della delega anche
mediante carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero mediante altri sistemi di pagamento. Se gli assegni risultano
scoperti o comunque non pagabili, il conferimento della delega si considera non effettuato e il versamento omesso.
2. Le modalità di esecuzione dei pagamenti mediante i sistemi di
cui al comma 1 sono stabilite con convenzione approvata con decreto
del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro.”.
Il testo dell’articolo 116, comma 8, lett. a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato) è il seguente:
“Art. 116. Misure per favorire l’emersione del lavoro irregolare.
(Omissis).
8. I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta,
sono tenuti:
a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi,
il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso
ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non
può essere superiore al 40 per cento dell’importo dei contributi o premi
non corrisposti entro la scadenza di legge .”.
Il testo dell’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78
(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, e successive modificazioni, è il seguente:
“Art. 30. Potenziamento dei processi di riscossione dell’INPS
In vigore dal 2 marzo 2012 1. A decorrere dal 1° gennaio 2011,
l’attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque
titolo dovute all’INPS, anche a seguito di accertamenti degli uffici, è
effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di
titolo esecutivo.
2. L’avviso di addebito deve contenere a pena di nullità il codice
fiscale del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del
credito, la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota
capitale, sanzioni e interessi ove dovuti nonché l’indicazione dell’agente della riscossione competente in base al domicilio fiscale presente
nell’anagrafe tributaria alla data di formazione dell’avviso. L’avviso
dovrà altresì contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo di paga-
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mento degli importi nello stesso indicati entro il termine di sessanta
giorni dalla notifica nonché l’indicazione che, in mancanza del pagamento, l’agente della riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che
disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. L’avviso deve essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal responsabile dell’ufficio
che ha emesso l’atto. Ai fini dell’espropriazione forzata, l’esibizione
dell’estratto dell’avviso di cui al comma 1, come trasmesso all’agente
della riscossione secondo le modalità indicate al comma 5, tiene luogo, a tutti gli effetti, dell’esibizione dell’atto stesso in tutti i casi in cui
l’agente della riscossione ne attesti la provenienza.
3.
4. L’avviso di addebito è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata all’indirizzo risultante dagli elenchi previsti
dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e INPS,
dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica
può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso
di ricevimento.
5. L’avviso di cui al comma 2 viene consegnato, in deroga alle disposizione contenute nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, agli
agenti della riscossione con le modalità e i termini stabiliti dall’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale.
6. All’atto dell’affidamento e, successivamente, in presenza di
nuovi elementi, l’INPS fornisce, anche su richiesta dell’agente della
riscossione, tutti gli elementi, utili a migliorare l’efficacia dell’azione
di recupero.
7.
8.
9.
10. L’articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio
1999, n. 46, è abrogato.
11.
12.
13. In caso di mancato o ritardato pagamento delle somme richieste
con l’avviso di cui al comma 2 le sanzioni e le somme aggiuntive dovute
sono calcolate, secondo le disposizioni che le regolano, fino alla data del
pagamento. All’agente della riscossione spettano l’aggio, interamente
a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previste dall’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile
1999, n. 112.
14. Ai fini di cui al presente articolo, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all’INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso
Istituto, costituito dall’avviso di addebito contenente l’intimazione ad
adempiere l’obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per
il recupero agli agenti della riscossione.
15. I rapporti con gli agenti della riscossione continueranno ad essere regolati secondo le disposizioni vigenti.”.
Il testo della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 1981,
n. 329, S.O.
Il testo dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008,
n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione
e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico
nazionale) convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009,
n. 2, e successive modificazioni, è il seguente:
“Art. 19. Potenziamento ed estensione degli strumenti di tutela del
reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione, nonché
disciplina per la concessione degli ammortizzatori in deroga
1. Nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1,
comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, fermo restando quanto
previsto dal comma 8 del presente articolo, sono preordinate le somme
di 289 milioni di euro per l’anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall’anno
2012, nei limiti delle quali è riconosciuto l’accesso, secondo le modalità
e i criteri di priorità stabiliti con il decreto di cui al comma 3, ai seguenti
istituti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro, ivi inclu-
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dendo il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli assegni
al nucleo familiare, nonché all’istituto sperimentale di tutela del reddito
di cui al comma 2:
a) l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge
14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni per i lavoratori sospesi
per crisi aziendali o occupazionali e che siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 19, primo comma e subordinatamente ad
un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento
dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva compresi quelli di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni. La durata
massima del trattamento non può superare novanta giornate annue di
indennità. Quanto previsto dalla presente lettera non si applica ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione
salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato
con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di
lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità di disoccupazione non
spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e
offerta di lavoro;
b) l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988,
n. 160, per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che
siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 7, comma 3, e
subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura
del venti per cento dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva compresi quelli di cui all’articolo 12
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni. La durata massima del trattamento non può superare novanta
giornate annue di indennità. Quanto previsto dalla presente lettera non
si applica ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti
di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo
indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e
di contratti di lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di
disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra
domanda e offerta di lavoro;
c) in via sperimentale per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 nel
limite di spesa per il 2012 pari a euro 12 milioni e subordinatamente
a un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento
dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva un trattamento, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all’indennità
ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti
con la qualifica di apprendista alla data di entrata in vigore del presente
decreto e con almeno tre mesi di servizio presso l’azienda interessata
da trattamento, per la durata massima di novanta giornate nell’intero
periodo di vigenza del contratto di apprendista.
1-bis. Con riferimento ai lavoratori di cui alle lettere da a) a c)
del comma 1 il datore di lavoro è tenuto a comunicare, con apposita
dichiarazione da inviare ai servizi competenti di cui all’articolo 1 del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, come modificato e integrato
dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, e alla sede dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) territorialmente competente, la sospensione della attività lavorativa e le relative motivazioni,
nonché i nominativi dei lavoratori interessati, che, per beneficiare del
trattamento, devono rendere dichiarazione di immediata disponibilità al
lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale all’atto della
presentazione della domanda per l’indennità di disoccupazione, fermo
restando che, nelle ipotesi in cui manchi l’intervento integrativo degli
enti bilaterali, i predetti periodi di tutela si considerano esauriti e i lavoratori accedono direttamente ai trattamenti in deroga alla normativa
vigente. Con riferimento ai lavoratori di cui alle lettere da a) a c) del
comma 1, l’eventuale ricorso all’utilizzo di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria o di mobilità in deroga alla normativa
vigente è in ogni caso subordinato all’esaurimento dei periodi di tutela
di cui alle stesse lettere da a) e c) del comma 1 secondo quanto precisato
dal decreto di cui al comma 3 del presente articolo.
1-ter. In via transitoria, e per il solo quadriennio 2009-2012, le risorse di cui al comma 1 sono utilizzate anche per garantire ai lavoratori
beneficiari delle misure di cui al medesimo comma 1, lettere a), b) e c),
un trattamento equivalente a quello di cui al comma 8.
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2. In via sperimentale per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 nel
limite di spesa per il 2012 pari a euro 13 milioni, a valere sulle risorse di
cui al comma 1 e comunque nei limiti di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, e nei soli casi di fine lavoro, fermo restando
quanto previsto dai commi 8, secondo periodo, e 10, è riconosciuta una
somma liquidata in un’unica soluzione, pari al 30 per cento del reddito
percepito l’anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai
collaboratori coordinati e continuativi di cui all’ articolo 61, comma 1,
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva
alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’ articolo 2, comma 26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati
dall’ articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i
quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) operino in regime di monocommittenza;
b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro;
c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la
predetta Gestione separata di cui all’ articolo 2, comma 26, della legge
n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno;
d) risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi;
e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno tre mensilità
presso la predetta Gestione separata di cui all’ articolo 2, comma 26,
della legge n. 335 del 1995. Restano fermi i requisiti di accesso e la
misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2009 per coloro
che hanno maturato il diritto entro tale data.
2-bis. Per l’anno 2009 ai fini dell’attuazione dell’istituto sperimentale di tutela del reddito di cui al comma 2 nella misura del 20 per cento,
in via aggiuntiva alla somma destinata al finanziamento del medesimo
ai sensi del presente articolo, determinata in 100 milioni di euro, è destinata l’ulteriore somma di 100 milioni di euro a valere sulle risorse
preordinate allo scopo sul Fondo di cui all’ articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, come rideterminato dall’ articolo 9, comma 5, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, fermo restando per il medesimo anno
2009 il limite dell’ammontare complessivo dei pagamenti a carico del
predetto Fondo come stabilito dall’ articolo 2, comma 36, ultimo periodo, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
2-ter. In via sperimentale per l’anno 2010, per l’indennità ordinaria
di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’ articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, ai fini del
perfezionamento del requisito contributivo si computano anche i periodi
svolti nel biennio precedente in via esclusiva sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nella misura massima
di tredici settimane. Per quantificare i periodi di copertura assicurativa
svolti sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa si calcola
l’equivalente in giornate lavorative, dividendo il totale dell’imponibile
contributivo ai fini della Gestione separata nei due anni precedenti per il
minimale di retribuzione giornaliera.
3. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono definite le modalità di applicazione dei commi 1, 1-bis, 2,
4 e 10, nonché le procedure di comunicazione all’INPS anche ai fini del
tempestivo monitoraggio da parte del medesimo Istituto di cui al comma 4. Lo stesso decreto può altresì effettuare la ripartizione del limite di
spesa di cui al comma 1 del presente articolo in limiti di spesa specifici
per ciascuna tipologia di intervento di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 e del comma 2 del presente articolo.
4. L’INPS stipula con gli enti bilaterali di cui ai commi precedenti,
secondo le linee guida definite nel decreto di cui al comma 3, apposite
convenzioni per la gestione dei trattamenti e lo scambio di informazioni,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche tramite la costituzione di un’apposita banca dati nella quale confluiscono
tutti i dati disponibili relativi ai percettori di trattamenti di sostegno al
reddito e ogni altra informazione utile per la gestione dei relativi trattamenti e alla quale possono accedere anche i servizi competenti di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000,
n. 181, e successive modificazioni, le regioni, il Ministero del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, la società Italia lavoro Spa e l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori. L’INPS provvede altresì al monitoraggio dei provvedimenti autorizzativi dei
benefici di cui al presente articolo, consentendo l’erogazione dei medesimi nei limiti dei complessivi oneri indicati al comma 1, ovvero, se
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determinati, nei limiti di spesa specifici stabiliti con il decreto di cui al
comma 3, comunicandone le risultanze al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze.
4-bis. Al fine di favorire il reinserimento al lavoro, l’INPS comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la successiva
pubblicazione nella borsa continua nazionale del lavoro di cui all’ articolo 15 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, i dati relativi ai percettori di misure di sostegno al reddito
per i quali la normativa vigente prevede, a favore dei datori di lavoro, incentivi all’assunzione ovvero, in capo al prestatore di lavoro, l’obbligo
di accettare un’offerta formativa o un’offerta di lavoro congruo.
5. Con effetto dal 1° gennaio 2009 sono soppressi i commi da 7 a
12 dell’articolo 13 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito
con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
5-bis. Al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e dei collegamenti internazionali occorrenti allo sviluppo del sistema
produttivo e sociale delle aree interessate, il Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, di concerto con il Ministro degli affari esteri, entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, promuove la definizione di nuovi accordi bilaterali nel
settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine
di ampliare il numero dei vettori ammessi a operare sulle rotte nazionali,
internazionali e intercontinentali, nonché ad ampliare il numero delle
frequenze e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte,
dando priorità ai vettori che si impegnino a mantenere i predetti livelli
occupazionali. Nelle more del perfezionamento dei nuovi accordi bilaterali o della modifica di quelli vigenti, l’Ente nazionale per l’aviazione
civile, al fine di garantire al Paese la massima accessibilità internazionale e intercontinentale diretta, rilascia ai vettori che ne fanno richiesta
autorizzazioni temporanee, la cui validità non può essere inferiore a
diciotto mesi.
6. Per le finalità di cui al presente articolo si provvede per 35 milioni di euro per l’anno 2009 a carico delle disponibilità del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, il quale, per le medesime finalità, è altresì integrato di 254 milioni di euro per l’anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012. Al
relativo onere si provvede:
a) mediante versamento in entrata al bilancio dello Stato da parte
dell’INPS di una quota pari a 100 milioni di euro per l’anno 2009 e a
150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 delle entrate derivanti dall’aumento contributivo di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, con esclusione delle somme destinate al
finanziamento dei fondi paritetici interprofessionali per la formazione
di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a valere
in via prioritaria sulle somme residue non destinate alle finalità di cui
all’articolo 1, comma 72, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e con
conseguente adeguamento, per ciascuno degli anni considerati, delle
erogazioni relative agli interventi a valere sulla predetta quota;
b) mediante le economie derivanti dalla disposizione di cui al comma 5, pari a 54 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009; c) mediante
utilizzo per 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e
2011 delle maggiori entrate di cui al presente decreto.
7. Fermo restando che il riconoscimento del trattamento è subordinato all’intervento integrativo, il sistema degli enti bilaterali eroga la
quota di cui al comma 1 fino a concorrenza delle risorse disponibili.
I contratti e gli accordi interconfederali collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono le risorse
minime a valere sul territorio nazionale, nonché i criteri di gestione e
di rendicontazione, secondo le linee guida stabilite con il decreto di cui
al comma 3. I fondi interprofessionali per la formazione continua di
cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e i fondi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono destinare interventi, anche in deroga alle disposizioni vigenti, per misure temporanee ed eccezionali, anche di sostegno al reddito per gli anni 2009,
2010, 2011 e 2012, volte alla tutela dei lavoratori, anche con contratti di
apprendistato o a progetto, a rischio di perdita del posto di lavoro ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto
2008. Nel caso di proroga dei trattamenti di cassa integrazione guadagni
in deroga alla normativa vigente, i fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all’ articolo 118 della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, e successive modificazioni, possono concorrere, nei limiti delle
risorse disponibili, al trattamento spettante ai lavoratori dipendenti da
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datori di lavoro iscritti ai fondi medesimi. In caso di indennità di mobilità in deroga alla normativa vigente concessa ai dipendenti licenziati
da datori di lavoro iscritti ai fondi interprofessionali per la formazione
continua, il concorso finanziario dei fondi medesimi può essere previsto, nell’ambito delle risorse disponibili, nei casi di prima concessione
in deroga. I fondi interprofessionali per la formazione continua e i fondi
di cui all’ articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
e successive modificazioni, possono accedere alla banca dati di cui al
comma 4 del presente articolo, per la gestione dei relativi trattamenti e
lo scambio di informazioni.
7-bis. Nel caso di mobilità tra i fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, e successive modificazioni, da parte dei datori di lavoro aderenti,
la quota di adesione versata dal datore di lavoro interessato presso il
fondo di provenienza nel triennio precedente deve essere trasferita al
nuovo fondo di adesione nella misura del 70 per cento del totale, al
netto dell’ammontare eventualmente già utilizzato dal datore di lavoro interessato per finanziare propri piani formativi, a condizione che
l’importo da trasferire per tutte le posizioni contributive del datore di
lavoro interessato sia almeno pari a 3.000 euro e che tali posizioni non
siano riferite ad aziende o datori di lavoro le cui strutture, in ciascuno
dei tre anni precedenti, rispondano alla definizione comunitaria di micro
e piccole imprese di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE della
Commissione, del 6 maggio 2003. Sono comunque esclusi dalle quote
da trasferire i versamenti del datore di lavoro riversati dall’INPS al fondo di provenienza prima del 1° gennaio 2009. Il fondo di provenienza
esegue il trasferimento delle risorse al nuovo fondo entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte del datore di lavoro, senza
l’addebito di oneri o costi. Il fondo di provenienza è altresì tenuto a
versare al nuovo fondo, entro novanta giorni dal loro ricevimento, eventuali arretrati successivamente pervenuti dall’INPS per versamenti di
competenza del datore di lavoro interessato. Entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
l’INPS rende disponibile, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica, la procedura che consente ai datori di lavoro di effettuare il trasferimento della propria quota di adesione a un nuovo fondo e
che assicura la trasmissione al nuovo fondo, a decorrere dal terzo mese
successivo a quello in cui è avvenuto il trasferimento, dei versamenti
effettuati dal datore di lavoro interessato.
8. Le risorse finanziarie destinate agli ammortizzatori sociali in deroga alla vigente normativa, anche integrate ai sensi del procedimento
di cui all’articolo 18, nonché con le risorse di cui al comma 1 eventualmente residuate, possono essere utilizzate con riferimento a tutte le
tipologie di lavoro subordinato, compresi i contratti di apprendistato e
di somministrazione. Fermo restando il limite del tetto massimo nonché
l’uniformità dell’ammontare complessivo di ciascuna misura di tutela
del reddito di cui al comma 1, i decreti di concessione delle misure in
deroga possono modulare e differenziare le misure medesime anche in
funzione della compartecipazione finanziaria a livello regionale o locale
ovvero in ragione dell’armonizzazione delle misure medesime rispetto
ai regimi di tutela del reddito previsti dal comma 1.
9. Nell’ambito delle risorse finanziarie destinate per l’anno 2009
alla concessione in deroga alla vigente normativa, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di
mobilità e di disoccupazione speciale, i trattamenti concessi ai sensi
dell’ articolo 2, comma 521, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e
successive modificazioni, possono essere prorogati, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con
decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura dei
trattamenti di cui al presente comma è ridotta del 10 per cento nel caso
di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40
per cento nel caso di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del
reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere
erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di
reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale, organizzati
dalla regione.
9-bis. In sede di prima assegnazione delle risorse destinate per
l’anno 2009, di cui al comma 9 del presente articolo, nelle more della
definizione degli accordi con le regioni e al fine di assicurare la continuità di trattamenti e prestazioni, il Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali assegna quota parte dei fondi disponibili direttamente alle regioni ed eventualmente alle province.
10. Il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito, ai sensi della legislazione vigente in materia di ammortizzatori
sociali, è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al
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lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale, secondo quanto
precisato dal decreto di cui al comma 3. In caso di rifiuto di sottoscrivere
la dichiarazione di immediata disponibilità ovvero, una volta sottoscritta la dichiarazione, in caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione
professionale o di un lavoro congruo ai sensi dell’articolo 1-quinquies
del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni, il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto
a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a
carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati.
10-bis.
11. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2009, possono essere concessi trattamenti
di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti
delle imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici,
con più di cinquanta dipendenti, delle imprese di vigilanza con più di
quindici dipendenti, nel limite di spesa di 45 milioni di euro per l’anno
2009, a carico del Fondo per l’occupazione .
12. Nell’ambito delle risorse indicate al comma 9, sono destinati 12
milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1,
comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, alla concessione, per
l’anno 2009, ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo
occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e
agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994,
n. 84, e successive modificazioni, e ai lavoratori delle società derivate
dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21,
comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994, e successive
modificazioni, di un’indennità pari a un ventiseiesimo del trattamento
massimo mensile di integrazione salariale straordinaria previsto dalle
vigenti disposizioni, nonché della relativa contribuzione figurativa e
degli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, nonché per le giornate di mancato avviamento al
lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite
festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile. L’indennità è riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al
lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate
mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in
ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia,
infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione dei trattamenti di
cui al presente comma da parte dell’INPS è subordinata all’acquisizione
degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia,
delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli accertamenti effettuati
in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite,
dalle autorità marittime.
13. Per l’iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati
per giustificato motivo oggettivo da aziende che occupano fino a quindici dipendenti, all’articolo 1, comma 1, primo periodo, del decretolegge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge
20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009» e le parole: «e di 45 milioni di euro per il 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e
di 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009».
14. All’articolo 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge
20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge
20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009». Ai fini
dell’attuazione del presente comma, è autorizzata, per l’anno 2009, la
spesa di 35 milioni di euro, di cui 5 milioni di euro a valere sul Fondo
per l’occupazione e 30 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’ articolo 1, comma 1161,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Le somme di cui al precedente
periodo, non utilizzate al termine dell’esercizio finanziario 2009, sono
conservate nel conto residui per essere utilizzate nell’esercizio successivo. All’ articolo 5, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, dopo
le parole: «al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all’ articolo 24 della legge 23 luglio 1991,
n. 223,» sono inserite le seguenti: «o al fine di evitare licenziamenti
plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo,».
15. Per il rifinanziamento delle proroghe a ventiquattro mesi della
cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività, di
cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249,
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convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e
successive modificazioni, sono destinati 30 milioni di euro, per l’anno
2009, a carico del Fondo per l’occupazione.
16. Per l’anno 2009, il Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali assegna alla società Italia Lavoro Spa 13 milioni di
euro quale contributo agli oneri di funzionamento e ai costi generali di
struttura. A tale onere si provvede a carico del Fondo per l’occupazione.
17. All’articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, e successive modificazioni, le parole: «e di 80 milioni di euro
per l’anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e di 80 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2008 e 2009».
18. Nel limite di spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2009, ai
soggetti beneficiari delle provvidenze del Fondo di cui all’articolo 81,
comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è altresì riconosciuto
il rimborso delle spese occorrenti per l’acquisto di latte artificiale e pannolini per i neonati di età fino a tre mesi. Con decreto del Ministro del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono
stabilite le modalità di attuazione del presente comma.
18-bis. In considerazione del rilievo nazionale e internazionale
nella sperimentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura
delle patologie nel campo dell’oftalmologia, per l’anno 2009 è autorizzata la concessione di un contributo di 1 milione di euro in favore della
Fondazione “G. B. Bietti” per lo studio e la ricerca in oftalmologia, con
sede in Roma. All’onere derivante dal presente comma si provvede a
carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’articolo 1, comma 7, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
18-ter. Alla legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 37:
1) al comma 1, lettera b), le parole: «Ministero del lavoro e della previdenza sociale» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle risorse finanziarie
disponibili»;
2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. L’onere annuale sostenuto dall’INPGI per i trattamenti di
pensione anticipata, di cui al comma 1, lettera b), pari a 10 milioni di
euro annui a decorrere dall’anno 2009, è posto a carico del bilancio
dello Stato. L’INPGI presenta annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la documentazione necessaria al fine
di ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati. Al compimento dell’età
prevista per l’accesso al trattamento di pensione di vecchiaia ordinaria
da parte dei beneficiari dei trattamenti di cui al primo periodo, l’onere
conseguente è posto a carico del bilancio dell’INPGI, fatta eccezione
per la quota di pensione connessa agli scivoli contributivi, riconosciuti
fino ad un massimo di cinque annualità, che rimane a carico del bilancio
dello Stato»;
b) all’articolo 38, comma 2, la lettera b) è abrogata.
18-quater. Gli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, di cui all’articolo 37 della legge 5 agosto
1981, n. 416, come da ultimo modificato dal comma 18-ter del presente
articolo, pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009,
sono posti a carico delle disponibilità del fondo di cui all’articolo 18,
comma 1, lettera a), del presente decreto.”.
Il testo dell’articolo 61, comma 1, del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, è il seguente:
“Art. 61. Definizione e campo di applicazione
In vigore dal 24 novembre 2010
1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di
commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore
in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per
l’esecuzione della attività lavorativa.
2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non
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superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito
dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con
lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso
trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo. (139)
3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione
in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche
affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come
individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo
i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e
i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono
la pensione di vecchiaia.
4.Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano
l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto.”.
L’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma
del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) è il seguente:
“Art. 2. Armonizzazione
(Omissis).
26. A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all’iscrizione
presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata
all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità,
la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ,
e successive modificazioni ed integrazioni, nonché i titolari di rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera
a), dell’articolo 49 del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita
a domicilio di cui all’articolo 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426 .
Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.”.
Il testo dell’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) è il seguente:
“212. Ai fini dell’obbligo previsto dall’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 , i soggetti titolari di redditi di lavoro
autonomo di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917 , e successive modificazioni, hanno titolo ad
addebitare ai committenti, con effetto dal 26 settembre 1996, in via definitiva, una percentuale nella misura del 4 per cento dei compensi lordi.
Il versamento è effettuato alle seguenti scadenze:
a) entro il 31 maggio di ciascun anno, un acconto del contributo
dovuto, nella misura corrispondente al 40 per cento dell’importo dovuto
sui redditi di lavoro autonomo risultanti dalla dichiarazione dei redditi
relativa all’anno precedente;
b) entro il 30 novembre di ciascun anno, un acconto del contributo
dovuto nella misura corrispondente al 40 per cento dell’importo dovuto
sui redditi di lavoro autonomo risultante dalla dichiarazione dei redditi
relativa all’anno precedente;
c) entro il 31 maggio di ciascun anno, il saldo del contributo dovuto
per il periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre dell’anno
precedente.”.
Il testo dell’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233
(Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi) è il
seguente:
“Art. 1.Finanziamento delle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.
1. A decorrere dal 1° luglio 1990 l’ammontare del contributo annuo
dovuto per i soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali,
titolari, coadiuvanti e coadiutori, è pari al 12 per cento del reddito annuo
derivante dalla attività di impresa che dà titolo all’iscrizione alla gestione, dichiarato ai fini Irpef, relativo all’anno precedente.
2. Per i soggetti iscritti alle gestioni di cui al comma 1 in qualità di
coadiuvanti ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 luglio 1959, n. 463 , o di
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
coadiutori, ai sensi dell’articolo 2 della, legge 22 luglio 1966, n. 613 , di
età inferiore ai ventuno anni, l’aliquota contributiva di cui al comma 1
è ridotta al 9 per cento.
3. Il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi
previdenziali dovuti alle gestioni di cui al comma 1 da ciascun assicurato è fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1° gennaio
dell’anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai del settore artigianato e commercio dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981,
n. 402 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981,
n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni.
(Omissis).”
Il testo dell’articolo 19, commi 1 (lettere a), b) e c) abrogate dal
1° gennaio 2013) e 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa
e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.),
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, è il seguente:
“Art. 19. Potenziamento ed estensione degli strumenti di tutela del
reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione, nonché
disciplina per la concessione degli ammortizzatori in deroga
In vigore dal 1 gennaio 2012 1. Nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, fermo restando quanto previsto dal comma 8 del presente articolo, sono preordinate le somme di 289 milioni di euro per l’anno 2009, di
304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni
di euro a decorrere dall’anno 2012, nei limiti delle quali è riconosciuto
l’accesso, secondo le modalità e i criteri di priorità stabiliti con il decreto di cui al comma 3, ai seguenti istituti di tutela del reddito in caso di
sospensione dal lavoro, ivi includendo il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli assegni al nucleo familiare, nonché all’istituto
sperimentale di tutela del reddito di cui al comma 2:
a) l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge
14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni per i lavoratori sospesi
per crisi aziendali o occupazionali e che siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 19, primo comma e subordinatamente ad
un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento
dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva compresi quelli di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni. La durata
massima del trattamento non può superare novanta giornate annue di
indennità. Quanto previsto dalla presente lettera non si applica ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione
salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato
con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di
lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità di disoccupazione non
spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e
offerta di lavoro;
b) l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988,
n. 160, per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che
siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 7, comma 3, e
subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura
del venti per cento dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva compresi quelli di cui all’articolo 12
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni. La durata massima del trattamento non può superare novanta
giornate annue di indennità. Quanto previsto dalla presente lettera non
si applica ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti
di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo
indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e
di contratti di lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di
disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra
domanda e offerta di lavoro;
c) in via sperimentale per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 nel
limite di spesa per il 2012 pari a euro 12 milioni e subordinatamente
a un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento
dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva un trattamento, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all’indennità
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ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti
con la qualifica di apprendista alla data di entrata in vigore del presente
decreto e con almeno tre mesi di servizio presso l’azienda interessata
da trattamento, per la durata massima di novanta giornate nell’intero
periodo di vigenza del contratto di apprendista.
1-bis. Con riferimento ai lavoratori di cui alle lettere da a) a c)
del comma 1 il datore di lavoro è tenuto a comunicare, con apposita
dichiarazione da inviare ai servizi competenti di cui all’articolo 1 del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, come modificato e integrato
dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, e alla sede dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) territorialmente competente, la sospensione della attività lavorativa e le relative motivazioni,
nonché i nominativi dei lavoratori interessati, che, per beneficiare del
trattamento, devono rendere dichiarazione di immediata disponibilità al
lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale all’atto della
presentazione della domanda per l’indennità di disoccupazione, fermo
restando che, nelle ipotesi in cui manchi l’intervento integrativo degli
enti bilaterali, i predetti periodi di tutela si considerano esauriti e i lavoratori accedono direttamente ai trattamenti in deroga alla normativa
vigente. Con riferimento ai lavoratori di cui alle lettere da a) a c) del
comma 1, l’eventuale ricorso all’utilizzo di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria o di mobilità in deroga alla normativa
vigente è in ogni caso subordinato all’esaurimento dei periodi di tutela
di cui alle stesse lettere da a) e c) del comma 1 secondo quanto precisato
dal decreto di cui al comma 3 del presente articolo.
1-ter. In via transitoria, e per il solo quadriennio 2009-2012, le risorse di cui al comma 1 sono utilizzate anche per garantire ai lavoratori
beneficiari delle misure di cui al medesimo comma 1, lettere a), b) e c),
un trattamento equivalente a quello di cui al comma 8.
2. In via sperimentale per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 nel
limite di spesa per il 2012 pari a euro 13 milioni, a valere sulle risorse di
cui al comma 1 e comunque nei limiti di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, e nei soli casi di fine lavoro, fermo restando
quanto previsto dai commi 8, secondo periodo, e 10, è riconosciuta una
somma liquidata in un’unica soluzione, pari al 30 per cento del reddito
percepito l’anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai
collaboratori coordinati e continuativi di cui all’ articolo 61, comma 1,
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva
alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’ articolo 2, comma 26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’ articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i
quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) operino in regime di monocommittenza;
b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro;
c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la
predetta Gestione separata di cui all’ articolo 2, comma 26, della legge
n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno;
d) risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi;
e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno tre mensilità
presso la predetta Gestione separata di cui all’ articolo 2, comma 26,
della legge n. 335 del 1995. Restano fermi i requisiti di accesso e la
misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2009 per coloro
che hanno maturato il diritto entro tale data.
(Omissis).”.
Il testo dell’articolo 1, comma 79, della citata legge 24 dicembre
2007, n. 247, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“ 79. Con riferimento agli iscritti alla gestione separata di cui
all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non
risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle
prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 24 per cento per
l’anno 2008, in misura pari al 25 per cento per l’anno 2009 , in misura
pari al 26 per cento per gli anni 2010 e 2011, in misura pari al 27 per
cento per l’anno 2012, al 28 per cento per l’anno 2013, al 29 per cento
per l’anno 2014, al 30 per cento per l’anno 2015, al 31 per cento per
l’anno 2016, al 32 per cento per l’anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall’anno 2018. Con effetto dal 1° gennaio 2008 per i rimanenti
iscritti alla predetta gestione l’aliquota contributiva pensionistica e la
relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 17 per cento per gli anni 20082011, al 18 per cento per l’anno 2012, al 19 per cento per l’anno 2013,
al 20 per cento per l’anno 2014, al 21 per cento per l’anno 2015, al 22
per cento per l’anno 2016, al 23 per cento per l’anno 2017 e al 24 per
cento a decorrere dall’anno 2018.”.
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Il testo dell’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese
e alle famiglie.), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
2011, n. 10, è il seguente:
“Art. 2. Proroghe onerose di termini
(Omissis). In vigore dal 17 maggio 2012
6-sexies. A decorrere dal termine di proroga fissato dall’articolo 1,
comma 1, del presente decreto, il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura previsto dall’ articolo 4, comma 1, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 agosto 1999, n. 455, e il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime
dei reati di tipo mafioso di cui all’ articolo 1, comma 1, della legge
22 dicembre 1999, n. 512, sono unificati nel «Fondo di rotazione per la
solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive
e dell’usura», costituito presso il Ministero dell’interno, che è surrogato
nei diritti delle vittime negli stessi termini e alle stesse condizioni già
previsti per i predetti fondi unificati e subentra in tutti i rapporti giuridici
già instaurati alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto. Per l’alimentazione del Fondo di cui al presente
comma si applicano le disposizioni previste dall’ articolo 14, comma 11,
della legge 7 marzo 1996, n. 108, dall’ articolo 18, comma 1, della legge 23 febbraio 1999, n. 44, e dall’ articolo 1, comma 1, della legge
22 dicembre 1999, n. 512. È abrogato l’ articolo 1-bis della legge 22 dicembre 1999, n. 512. Entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con regolamento
adottato ai sensi dell’ articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, e successive modificazioni, il Governo provvede ad adeguare,
armonizzare e coordinare le disposizioni dei regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 agosto 1999, n. 455, e al decreto
del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 284. “.
Il testo della legge 3 agosto 2004, n. 206 (Nuove norme in favore
delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice) è pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale dell’ 11 agosto 2004, n. 187.
Il testo dell’articolo 33, comma 21, della citata legge n. 183 del
2011 è il seguente:
“Art. 33.Disposizioni diverse
(Omissis).In vigore dal 26 giugno 2012
21. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali ed in attuazione dell’intesa Stato regioni e province autonome sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano il 20 aprile 2011, per l’anno 2012
e nel limite delle risorse di cui al comma 26, il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, può disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per
periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la
concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa
integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche
con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali. Nell’ambito delle
risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa
vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 1, comma 30, della legge 13 dicembre
2010, n. 220, possono essere prorogati, sulla base di specifici accordi
governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze. La misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del
30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso
di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso
di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche
miranti alla riqualificazione professionale, organizzati dalla regione.
Bimestralmente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali invia al
Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sull’andamento
degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga.”.
Il testo dell’articolo 8, comma 3, del citato decreto-legge n. 86 del
1988, è il seguente:
“Art. 8.
(Omissis).
3. L’ammissione del lavoratore ai trattamenti di integrazione salariale straordinaria è subordinata al conseguimento di una anzianità lavorativa presso l’impresa di almeno novanta giorni alla data della richiesta
del trattamento.”.
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Il testo dell’articolo 18, comma 1, lett. a) del citato decretolegge n. 185 del 2008, è il seguente:
“Art. 18. Ferma la distribuzione territoriale, riassegnazione delle risorse per formazione ed occupazione e per interventi
infrastrutturali
In vigore dal 12 aprile 2009 1. In considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità
della riprogrammazione nell’utilizzo delle risorse disponibili, fermi
i criteri di ripartizione territoriale e le competenze regionali, nonché quanto previsto ai sensi degli articoli 6-quater e 6-quinquies del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il CIPE, presieduto in maniera
non delegabile dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, nonché con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene alla lettera b), in coerenza
con gli indirizzi assunti in sede europea, entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, assegna una quota delle risorse
nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate:
a) al Fondo sociale per occupazione e formazione, che è istituito
nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali nel quale affluiscono anche le risorse del Fondo
per l’occupazione, nonché le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa
vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione;
(Omissis).”.
Il testo dell’articolo 16, comma 1, della citata legge n. 223 del
1991, è il seguente:
“Art. 16. Indennità di mobilità per i lavoratori disoccupati in
conseguenza di licenziamento per riduzione di personale
In vigore dal 1 gennaio 2009 1. Nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale ai sensi dell’articolo 24 da parte delle imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel
campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario
di integrazione salariale, il lavoratore, operaio, impiegato o quadro,
qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno dodici
mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività
e infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, ha diritto alla indennità di mobilità ai sensi
dell’articolo 7.
2. Per le finalità del presente articolo i datori di lavoro di cui al
comma 1 sono tenuti:
a) al versamento di un contributo nella misura dello 0,30% delle
retribuzioni che costituiscono imponibile contributivo;
b) al versamento della somma di cui all’articolo 5, comma 4.
3. Alla corresponsione ai giornalisti dell’indennità di cui al
comma 1 provvede l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti
italiani, al quale sono dovuti il contributo e la somma di cui al comma 2, lettere a) e b).
4. Sono abrogati l’articolo 8e il secondo e terzo comma dell’articolo 9 della legge 5 novembre 1968, n. 1115. Tali disposizioni continuano ad applicarsi in via transitoria ai lavoratori il cui licenziamento sia stato intimato prima della data di entrata in vigore della
presente legge.
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Le tabelle B e C dell’allegato 1 del citato decreto-legge n. 201 del
2011, sono le seguenti:
Tabella B
Aliquote di finanziamento
Zona normale
anno
Maggiore di 21
anni
Zona svantaggiata
Minore di 21 anni Maggiore di 21 anni Minore di 21 anni
2012
21,6%
19,4%
18,7%
15,0%
2013
22,0%
20,2%
19,6%
16,5%
2014
22,4%
21,0%
20,5%
18,0%
2015
22,8%
21,8%
21,4%
19,5%
2016
23,2%
22,6%
22,3%
21,0%
2017
23,6%
23,4%
23,2%
22,5%
dal 2018
24,0%
24,0%
24,0%
24,0%
Aliquote di computo
Anni
Aliquota di computo
21,6%
2013
22,0%
2014
22,4%
2015
22,8%
2016
23,2%
2017
23,6%
dal 2018
24,0%
2. Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle
rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19
della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni
di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La
comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il
tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato.
3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi
tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in
tutto o in parte, il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del
programma di riduzione del personale; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione
del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni
patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e
dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia
della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sulla
somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento
massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei
lavoratori ritenuti eccedenti .
Tabella C
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4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della ricevuta del
versamento di cui al comma 3 devono essere contestualmente inviate
all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.
.”.
Il testo dell’articolo 12, comma 4, della citata legge n. 233 del
1990, è il seguente:
“Art. 12.Pensione indiretta o di reversibilità.
1. A decorrere dal 1° gennaio 1991 i superstiti indicati all’articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636 , convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito da ultimo
dall’art. 22, L. 21 luglio 1965, n. 903 , hanno diritto alla pensione indiretta o di reversibilità a carico della gestione speciale per i coltivatori
diretti, mezzadri e coloni, con le stesse norme stabilite per l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, qualora l’iscritto
alla gestione predetta sia deceduto anteriormente al 2 maggio 1969 e, se
titolare di pensione a carico della gestione, qualora la pensione stessa
abbia decorrenza anteriore al 1° gennaio 1970.
2. Sono abrogati i commi primo e secondo dell’articolo 18 della
legge 26 ottobre 1957, n. 1047 , ed i commi secondo, terzo e quarto
dell’articolo 25 della legge 30 aprile 1969, n. 153 .
3. Il diritto all’indennità prevista dall’articolo 13 della legge 4 aprile 1952, n. 218 , e successive modificazioni ed integrazioni, è esteso ai
superstiti dei soggetti assicurati ai sensi della legge 26 ottobre 1957,
n. 1047 , e successive modificazioni ed integrazioni.
4. Alle pensioni ai superstiti derivanti da pensione con decorrenza
anteriore al 1° gennaio 1970 si applicano le disposizioni di cui all’art. 37,
comma 6 della L. 9 marzo 1989, n. 88 . Ai fini dell’erogazione delle pensioni ai superstiti di iscritti alla gestione deceduti antecedentemente al
2 maggio 1969 è dovuto dagli iscritti alla gestione stessa un contributo
addizionale pari al 2 per cento del reddito di cui all’articolo 7. “.
Si riporta il testo degli articoli 4 e 5 della citata legge n. 223 del
1991, come modificati dalla presente legge:
“Art. 4. Procedura per la dichiarazione di mobilità
1. L’impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di
integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di
cui all’articolo 1ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego
a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative,
ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo ai sensi
del presente articolo.
5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali
e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le
parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa
di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione
del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la riduzione di
personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la
riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo ritengano opportuno, da esperti .
6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro
quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione
dell’impresa. Quest’ultima dà all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei
lavoratori.
7. Qualora non sia stato raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le
parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame
deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte
dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della
comunicazione dell’impresa prevista al comma 6.
8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalle procedure di
licenziamento collettivo sia inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6
e 7 sono ridotti alla metà.
9. Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di
cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli
operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il
recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Contestualmente, l’elenco
dei lavoratori licenziati, con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione
delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui
all’articolo 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla
Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di
cui al comma 2 .
10. Nel caso in cui l’impresa rinunci a collocare in mobilità i
lavoratori o ne collochi un numero inferiore a quello risultante dalla
comunicazione di cui al comma 2, la stessa procede al recupero delle
somme pagate in eccedenza rispetto a quella dovuta ai sensi dell’artico-
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lo 5, comma 4, mediante conguaglio con i contributi dovuti all’INPS, da
effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla data di determinazione del numero dei lavoratori posti in mobilità.
11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al
presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei
lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell’articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione
a mansioni diverse da quelle svolte .
12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia
ove siano state effettuate senza l’osservanza della forma scritta e delle
procedure previste dal presente articolo.
13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale,
rientrano in azienda.
14. Il presente articolo non trova applicazione nel caso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a
tempo determinato.
15. Nei casi in cui l’eccedenza riguardi unità produttive ubicate in
diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la competenza a promuovere l’accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al
direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione
ovvero al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le comunicazioni previste dal comma 4.
15-bis Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all’apertura delle procedure di cui al presente articolo siano
assunte dal datore di lavoro o da un’impresa che lo controlli. Il datore
di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la
mancata trasmissione, da parte dell’impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l’apertura delle
predette procedure .
16. Sono abrogati gli articoli 24e 25 della legge 12 agosto 1977,
n. 675, le disposizioni deldecreto-legge 30 marzo 1978, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 1978, n. 215, ad eccezione
dell’articolo 4-bis, nonché il decreto-legge 13 dicembre 1978, n. 795,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36.”
“Art. 5. Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle
imprese
1. L’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in
relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero, in mancanza
di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:
a) carichi di famiglia;
b) anzianità;
c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative .
2. Nell’operare la scelta dei lavoratori da licenziare, l’impresa
è tenuta al rispetto dell’articolo 9, ultimo comma, del decreto-legge
29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge
25 marzo 1983, n. 79. L’impresa non può altresì collocare in mobilità
una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di
manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in
considerazione.
3. Il recesso di cui all’articolo 4, comma 9, è inefficace qualora sia
intimato senza l’osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, ed è annullabile in caso di
violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1 del presente articolo.
Salvo il caso di mancata comunicazione per iscritto, il recesso può essere impugnato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione
con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la
volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento delle organizzazioni
sindacali. Al recesso di cui all’articolo 4, comma 9, del quale sia stata
dichiarata l’inefficacia o l’invalidità, si applica l’articolo 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
4. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni
previdenziali, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in
trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà
quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4,
comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale .
5. L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l’impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeter-
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minato aventi le caratteristiche di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b),
non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del
rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le
offerte procurate dalla impresa, abbiano prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’articolo 8, comma 4-bis .
6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del
dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di
cui all’articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo
a quello del completamento del programma di cui all’articolo 1, comma 2, nell’unità produttiva in cui il lavoratore era occupato, la somma
che l’impresa è tenuta a versare ai sensi del comma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta
giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma. Nel medesimo caso non trova applicazione
quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 della legge 8 agosto
1972, n. 464.”.
Note all’art. 3:
Il testo dell’articolo 12 della citata legge n. 223 del 1991, come
modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 12. Estensione del campo di applicazione della disciplina del
trattamento straordinario di integrazione salariale
In vigore dal 11 agosto 1991 1. A decorrere dal 1° aprile 1991, le
disposizioni in materia di integrazione salariale straordinaria si applicano anche ai dipendenti delle imprese artigiane aventi i requisiti occupazionali di cui all’articolo 1, comma 1, e che procedono alla sospensione
dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o contrazioni dell’attività
dell’impresa che esercita l’influsso gestionale prevalente come definito
dal comma 2 e che sia stata ammessa al trattamento straordinario in
ragione di tali sospensioni o contrazioni.
2. Si ha influsso gestionale prevalente, ai fini di cui al comma 1,
quando, in relazione ai contratti aventi ad oggetto l’esecuzione di opere
o la prestazione di servizi o la produzione di beni o semilavorati costituenti oggetto dell’attività produttiva o commerciale dell’impresa
committente, la somma dei corrispettivi risultanti dalle fatture emesse dall’impresa destinataria delle commesse nei confronti dell’impresa
committente, acquirente o somministrata abbia superato, nel biennio
precedente, secondo quanto emerge dall’elenco dei clienti e dei fornitori di cui all’articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 633, come da ultimo sostituito dall’articolo 11 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1980, n. 897, il
cinquanta per cento del complessivo fatturato dell’impresa destinataria
delle commesse.
3. Le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale sono estese alle imprese esercenti attività commerciali
che occupino più di duecento dipendenti.
3-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le disposizioni in materia di
trattamento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi
contributivi sono estesi alle seguenti imprese:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta
dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici,
con più di
cinquanta dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di
dipendenti;
e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di
dipendenti .”
Si riporta il testo degli artt. 17e 21 della legge 28 gennaio 1994,
n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale).
“Art. 17. Disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo.
1. Il presente articolo disciplina la fornitura di lavoro temporaneo,
anche in deroga all’articolo 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, alle
imprese di cui agli articoli 16 e 18 per l’esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali autorizzati ai sensi dell’articolo 16, comma 3.
2. Le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime,
autorizzano l’erogazione delle prestazioni di cui al comma 1 da parte
di una impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla
fornitura di lavoro temporaneo per l’esecuzione delle operazioni e dei
servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad
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imprese italiane e comunitarie. Detta impresa, che deve essere dotata di
adeguato personale e risorse proprie con specifica caratterizzazione di
professionalità nell’esecuzione delle operazioni portuali, non deve esercitare direttamente o indirettamente le attività di cui agli articoli 16 e 18
e le attività svolte dalle società di cui all’articolo 21, comma 1, lettera
a), né deve essere detenuta direttamente o indirettamente da una o più
imprese di cui agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera a), e neppure
deve detenere partecipazioni anche di minoranza in una o più imprese di
cui agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera a), impegnandosi, in caso
contrario, a dismettere dette attività e partecipazioni prima del rilascio
dell’autorizzazione.
3. L’autorizzazione di cui al comma 2 viene rilasciata dall’autorità
portuale o, laddove non istituita, dall’autorità marittima entro centoventi giorni dall’individuazione dell’impresa stessa e, comunque, subordinatamente all’avvenuta dismissione di ogni eventuale attività e partecipazione di cui al medesimo comma. L’impresa subentrante è tenuta
a corrispondere il valore di mercato di dette attività e partecipazioni
all’impresa che le dismette.
4. L’autorità portuale o, laddove non istituita, l’autorità marittima
individua le procedure per garantire la continuità del rapporto di lavoro
a favore dei soci e dei dipendenti dell’impresa di cui all’articolo 21,
comma 1, lettera b), nei confronti dell’impresa autorizzata.
5. Qualora non si realizzi quanto previsto dai commi 2 e 3, le prestazioni di cui al comma 1, vengono erogate da agenzie promosse dalle
autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime e soggette al controllo delle stesse e la cui gestione è affidata ad un organo
direttivo composto da rappresentanti delle imprese di cui agli articoli
16, 18 e 21, comma 1, lettera a). Ai fini delle prestazioni di cui al comma 1, l’agenzia assume i lavoratori impiegati presso le imprese di cui
all’articolo 21, comma 1, lettera b), che cessano la propria attività. Con
decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono adottate le norme
per l’istituzione ed il funzionamento dell’agenzia
6. L’impresa di cui al comma 2 e l’agenzia di cui al comma 5, qualora non abbiano personale sufficiente per far fronte alla fornitura di lavoro temporaneo prevista al comma 1, possono rivolgersi, quali imprese
utilizzatrici, ai soggetti abilitati alla fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo previsti all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196.
7. Nell’ambito delle trattative per la stipula del contratto collettivo
nazionale dei lavoratori portuali previste al comma 13 le parti sociali
individuano:
a) i casi in cui il contratto di fornitura di lavoro temporaneo può
essere concluso ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge
n. 196 del 1997;
b) le qualifiche professionali alle quali si applica il divieto previsto
dall’articolo 1, comma 4, lettera a), della legge n. 196 del 1997;
c) la percentuale massima dei prestatori di lavoro temporaneo in
rapporto ai lavoratori occupati nell’impresa utilizzatrice, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 8, della legge n. 196 del 1997;
d) i casi per i quali può essere prevista una proroga dei contratti
di lavoro a tempo determinato ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della
legge n. 196 del 1997;
e) le modalità di retribuzione dei trattamenti aziendali previsti
all’articolo 4, comma 2, della legge n. 196 del 1997.
8. Al fine di favorire la formazione professionale, l’impresa di cui
al comma 2 e l’agenzia di cui al comma 5 realizzano iniziative rivolte
al soddisfacimento delle esigenze di formazione dei prestatori di lavoro
temporaneo. Dette iniziative possono essere finanziate anche con i contributi previsti dall’articolo 5 della legge n. 196 del 1997.
9. L’impresa di cui al comma 2 e l’agenzia di cui al comma 5 non
costituiscono imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità
europea.
10. Le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime adottano specifici regolamenti volti a controllare le attività effettuate
dai soggetti di cui ai commi 2 e 5 anche al fine di verificare l’osservanza
dell’obbligo di parità di trattamento nei confronti delle imprese di cui
agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera a), e della capacità di prestare
le attività secondo livelli quantitativi e qualitativi adeguati. Detti regolamenti dovranno prevedere tra l’altro:
a) criteri per la determinazione e applicazione delle tariffe da
approvare dall’autorità portuale o, laddove non istituita, dall’autorità
marittima;
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b) disposizioni per la determinazione qualitativa e quantitativa degli organici dell’impresa di cui al comma 2 e dell’agenzia di cui al comma 5 in rapporto alle effettive esigenze delle attività svolte;
c) predisposizione di piani e programmi di formazione professionale sia ai fini dell’accesso alle attività portuali, sia ai fini dell’aggiornamento e della riqualificazione dei lavoratori;
d) procedure di verifica e di controllo da parte delle autorità portuali o, laddove non istituite, delle autorità marittime circa l’osservanza
delle regolamentazioni adottate;
e) criteri per la salvaguardia della sicurezza sul lavoro.
11. Ferme restando le competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, le autorità portuali o, laddove non istituite, le
autorità marittime, che hanno rilasciato le autorizzazioni di cui al comma 2, possono sospenderne l’efficacia o, nei casi più gravi, revocarle allorquando accertino la violazione degli obblighi nascenti dall’esercizio
dell’attività autorizzata. Nel caso in cui la violazione sia commessa da
agenzie di cui al comma 5, le autorità portuali o, laddove non istituite,
le autorità marittime possono disporre la sostituzione dell’organo di gestione dell’agenzia stessa.
12. La violazione delle disposizioni tariffarie, previste dai regolamenti di cui al comma 10, è punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire 10 milioni a lire 60 milioni.
13. Le autorità portuali, o, laddove non istituite, le autorità marittime, inseriscono negli atti di autorizzazione di cui al presente articolo,
nonchè in quelli previsti dall’articolo 16 e negli atti di concessione di
cui all’articolo 18, disposizioni volte a garantire un trattamento normativo ed economico minimo inderogabile ai lavoratori e ai soci lavoratori
di cooperative dei soggetti di cui al presente articolo e agli articoli 16,
18 e 21, comma 1, lettera b). Detto trattamento minimo non può essere
inferiore a quello risultante dal vigente contratto collettivo nazionale dei
lavoratori dei porti, e suoi successivi rinnovi, stipulato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, comparativamente più rappresentative a
livello nazionale, dalle associazioni nazionali di categoria più rappresentative delle imprese portuali di cui ai sopracitati articoli e dall’Associazione porti italiani (Assoporti).
14. Le autorità portuali esercitano le competenze di cui al presente
articolo previa deliberazione del comitato portuale, sentita la commissione consultiva. Le autorità marittime esercitano le competenze di cui
al presente articolo sentita la commissione consultiva.
15. Per l’anno 2008 ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato
nelle imprese e agenzie di cui ai commi 2 e 5 e per i lavoratori delle
società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi
dell’articolo 21, comma 1, lettera b), è riconosciuta un’indennità pari a
un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonchè la relativa
contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare, per ogni
giornata di mancato avviamento al lavoro, nonchè per le giornate di
mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma,
con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato
disponibile. Detta indennità è riconosciuta per un numero di giornate di
mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate
di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione
dei trattamenti di cui al presente comma da parte dell’Istituto nazionale
della previdenza sociale è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate
di mancato avviamento al lavoro predisposti dal Ministero dei trasporti
in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime .”.
“ Art. 21. Trasformazione in società delle compagnie e gruppi
portuali.
1. Le compagnie ed i gruppi portuali entro il 18 marzo 1995 debbono costituirsi in una o più società di seguito indicate;
a) in una società secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e
VI, del codice civile, per l’esercizio in condizioni di concorrenza delle
operazioni portuali;
b) in una società o una cooperativa secondo i tipi previsti nel libro
quinto, titoli V e VI, del codice civile, per la fornitura di servizi, nonché,
fino al 31 dicembre 1996, mere prestazioni di lavoro in deroga all’articolo 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 ;
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c) in una società secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e
VI, del codice civile, avente lo scopo della mera gestione, sulla base dei
beni già appartenenti alle compagnie e gruppi portuali disciolti. “.
- Il testo dell’articolo 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 4 (Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica
1991-1993), è il seguente:
“Art. 9. Aliquote contributive.
1. A decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1991, per
le finalità di cui all’articolo 2, L. 5 novembre 1968, n. 1115 , è stabilito
per le imprese appartenenti ai settori indicati al predetto articolo 2, ivi
incluse quelle alle quali l’intervento è stato esteso, in via permanente,
con successivo provvedimento legislativo, con esclusione di quelle indicate all’art. 2, L. 27 luglio 1979, n. 301 (24), un contributo pari a 0,6
punti percentuali e a 0,3 punti percentuali della retribuzione determinata
a norma dell’art. 12, L. 30 aprile 1969, n. 153 , rispettivamente a carico
dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati. “.
- Per il testo degli articoli 4 e 5 della citata legge n. 223 del 1991,
si le note all’articolo 1.
- Il testo dell’ articolo 6 della citata legge n. 223 del 1991, è il
seguente:
“Art. 6. Lista di mobilità e compiti della Commissione regionale
per l’impiego
1. L’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione,
sulla base delle direttive impartite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione centrale per l’impiego, dopo
un’analisi tecnica da parte dell’Agenzia per l’impiego, compila una lista
dei lavoratori in mobilità, sulla base di schede che contengano tutte le
informazioni utili per individuare la professionalità, la preferenza per
una mansione diversa da quella originaria, la disponibilità al trasferimento sul territorio; in questa lista vengono iscritti anche i lavoratori di
cui agli articoli 11, comma 2, e16, e vengono esclusi quelli che abbiano
fatto richiesta dell’anticipazione di cui all’articolo 7, comma 5.
2. La Commissione regionale per l’impiego approva le liste di cui
al comma 1 ed inoltre:
a) assume ogni iniziativa utile a favorire il reimpiego dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità, in collaborazione con l’Agenzia per
l’impiego;
b) propone l’organizzazione, da parte delle Regioni, di corsi di
qualificazione e di riqualificazione professionale che, tenuto conto del
livello di professionalità dei lavoratori in mobilità, siano finalizzati ad
agevolarne il reimpiego; i lavoratori interessati sono tenuti a parteciparvi quando le Commissioni regionali ne dispongano l’avviamento;
c) promuove le iniziative di cui al comma 4;
d) determina gli ambiti circoscrizionali ai fini dell’avviamento dei
lavoratori in mobilità;
d-bis) realizza, d’intesa con la Regione, a favore delle lavoratrici
iscritte nelle liste di mobilità, le azioni positive di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125
3. Le Regioni, nell’autorizzare i progetti per l’accesso al Fondo
sociale europeo e al Fondo di rotazione, ai sensi del secondo comma
dell’articolo 24 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, devono dare priorità ai progetti formativi che prevedono l’assunzione di lavoratori iscritti
nella lista di mobilità.
4. Su richiesta delle amministrazioni pubbliche la Commissione
regionale per l’impiego può disporre l’utilizzo temporaneo dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità in opere o servizi di pubblica utilità,
ai sensi dell’articolo 1-bis del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 244,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 1981, n. 390, modificato dall’articolo 8 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e dal decretolegge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge
20 maggio 1988, n. 160. Il secondo comma del citato articolo 1-bis non
si applica nei casi in cui l’amministrazione pubblica interessata utilizzi
i lavoratori per un numero di ore ridotto e proporzionato ad una somma
corrispondente al trattamento di mobilità spettante al lavoratore ridotta
del venti per cento.
5. I lavoratori in mobilità sono compresi tra i soggetti di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), della legge 27 febbraio 1985, n. 49.”
- Per l’art. 7 della citata legge n. 223 del 1991 si vedano le note
all’art. 2;
Si riporta il testo degli artt. 8 e 9 della citata legge n. 223 del 1991:
“Art. 8. Collocamento dei lavoratori in mobilità
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In vigore dal 21 maggio 1994 1. Per i lavoratori in mobilità, ai fini
del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di
cui al sesto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264, e
successive modificazioni ed integrazione.
2. I lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di
lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi. La quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni.
Nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il predetto contratto venga trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta
per ulteriori dodici mesi in aggiunta a quello previsto dal comma 4.
3. Per i lavoratori in mobilità si osservano, in materia di limiti di
età, ai fini degli avviamenti di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio
1987, n. 56, e successive modificazioni ed integrazioni, le disposizioni
dell’articolo 2 della legge 22 agosto 1985, n. 444. Ai fini dei predetti
avviamenti le Commissioni regionali per l’impiego stabiliscono, tenendo conto anche del numero degli iscritti nelle liste di collocamento, la
percentuale degli avviamenti da riservare ai lavoratori iscritti nella lista
di mobilità.
4. Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella
lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento
della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi
superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni,
per un numero superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei mesi
per le aree di cui all’articolo 7, comma 6. Il presente comma non trova
applicazione per i giornalisti .
4-bis. Il diritto ai benefici economici di cui ai commi precedenti è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati
in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o
diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta
assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa
che assume, ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento
o controllo. L’impresa che assume dichiara, sotto la propria responsabilità, all’atto della richiesta di avviamento, che non ricorrono le menzionate condizioni ostative
5. Nei confronti dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità trova applicazione quanto previsto dall’articolo 27 della legge 12 agosto
1977, n. 675.
6. Il lavoratore in mobilità ha facoltà di svolgere attività di lavoro
subordinato, a tempo parziale, ovvero a tempo determinato, mantenendo l’iscrizione nella lista.
7. Per le giornate di lavoro svolte ai sensi del comma 6, nonché
per quelle dei periodi di prova di cui all’articolo 9, comma 7, i trattamenti e le indennità di cui agli articoli 7, 11, comma 2, e 16 sono
sospesi. Tali giornate non sono computate ai fini della determinazione
del periodo di durata dei predetti trattamenti fino al raggiungimento di
un numero di giornate pari a quello dei giorni complessivi di spettanza
del trattamento.
8. I trattamenti e i benefici di cui al presente articolo rientrano nella
sfera di applicazione dell’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.”.
“Art. 9. Cancellazione del lavoratore dalla lista di mobilità
In vigore dal 3 ottobre 1996 1. Il lavoratore è cancellato dalla lista
di mobilità e decade dai trattamenti e dalle indennità di cui agli articoli
7, 11, comma 2, e 16, quando:
a) rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale
autorizzato dalla Regione o non lo frequenti regolarmente;
b) non accetti l’offerta di un lavoro che sia professionalmente equivalente ovvero, in mancanza di questo, che presenti omogeneità anche
intercategoriale e che, avendo riguardo ai contratti collettivi nazionali di
lavoro, sia inquadrato in un livello retributivo non inferiore del dieci per
cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza;
c) non accetti, in mancanza di un lavoro avente le caratteristiche
di cui alla lettera b), di essere impiegato in opere o servizi di pubblica
utilità ai sensi dell’articolo 6, comma 4;
d) non abbia provveduto a dare comunicazione entro cinque giorni
dall’assunzione alla competente sede dell’INPS del lavoro prestato ai
sensi dell’articolo 8, comma 6
d-bis) non risponda, senza motivo giustificato, alla convocazione
da parte degli Uffici circoscrizionali o della Agenzia per l’impiego ai
fini degli adempimenti di cui alle lettere che precedono, nonché di quelli
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previsti dal comma 5-ter dell’articolo 6 del decreto legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano quando le attività
lavorative o di formazione offerte al lavoratore iscritto nella lista di mobilità si svolgono in un luogo distante non più di cinquanta chilometri,
o comunque raggiungibile in sessanta minuti con mezzi pubblici, dalla
residenza del lavoratore
3. La cancellazione dalla lista di mobilità ai sensi del comma 1 è
dichiarata, entro quindici giorni, dal direttore dell’Ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione. Avverso il provvedimento è
ammesso ricorso, entro trenta giorni, all’Ufficio regionale del lavoro e
della massima occupazione, che decide con provvedimento definitivo
entro venti giorni
4. La Commissione regionale per l’impiego, tenuto conto delle caratteristiche del territorio e dei servizi pubblici esistenti in esso, può
modificare con delibera motivata i limiti previsti al comma 2 relativi alla
dislocazione geografica del posto di lavoro offerto.
5. Qualora il lavoro offerto ai sensi del comma 1, lettera b), sia
inquadrato in un livello retributivo inferiore a quello corrispondente alle
mansioni di provenienza, il lavoratore che accetti tale offerta ha diritto,
per un periodo massimo complessivo di dodici mesi, alla corresponsione di un assegno integrativo mensile di importo pari alla differenza tra i
corrispondenti livelli retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali
di lavoro.
6. Il lavoratore è cancellato dalla lista di mobilità, oltre che nei casi
di cui al comma 1, quando:
a) sia stato assunto con contratto a tempo pieno ed indeterminato;
b) si sia avvalso della facoltà di percepire in un’unica soluzione
l’indennità di mobilità;
c) sia scaduto il periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità di cui agli articoli 7, 11, comma 2, e 16.
7. Il lavoratore assunto a tempo pieno e indeterminato, che non
abbia superato il periodo di prova, viene reiscritto al massimo per due
volte nella lista di mobilità. La Commissione regionale per l’impiego,
con il voto favorevole dei tre quarti dei suoi componenti, può disporre
in casi eccezionali la reiscrizione del lavoratore nella lista di mobilità
per una terza volta.
8. Il lavoratore avviato e giudicato non idoneo alla specifica attività cui l’avviamento si riferisce, a seguito di eventuale visita medica
effettuata presso strutture sanitarie pubbliche, viene reiscritto nella lista
di mobilità.
9. I lavoratori di cui all’articolo 7, comma 6, nel caso in cui svolgano attività di lavoro subordinato od autonomo hanno facoltà di cumulare
l’indennità di mobilità nei limiti in cui sia utile a garantire la percezione
di un reddito pari alla retribuzione spettante al momento della messa in
mobilità, rivalutato in misura corrispondente alla variazione dell’indice
del costo della vita calcolato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT)
ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria.
Ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile, a tali lavoratori è data facoltà di far valere, in luogo della contribuzione relativa
a periodi, anche parziali, di lavoro prestato successivamente alla data
della messa in mobilità, la contribuzione figurativa che per gli stessi
periodi sarebbe stata accreditata.
10. Il trattamento previsto dal presente articolo rientra nella sfera di
applicazione dell’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.”.
- Il testo dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge finanziaria 2001), è il seguente:
“Art. 118. Interventi in materia di formazione professionale nonché
disposizioni di attività svolte in fondi comunitari e di Fondo sociale
europeo.
1. Al fine di promuovere, in coerenza con la programmazione
regionale e con le funzioni di indirizzo attribuite in materia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo sviluppo della formazione
professionale continua, in un’ottica di competitività delle imprese e di
garanzia di occupabilità dei lavoratori, possono essere istituiti, per ciascuno dei settori economici dell’industria, dell’agricoltura, del terziario
e dell’artigianato, nelle forme di cui al comma 6, fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, nel presente articolo
denominati «fondi». Gli accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale possono prevedere l’istituzione di fondi
Serie generale - n. 153
anche per settori diversi, nonché, all’interno degli stessi, la costituzione
di un’apposita sezione relativa ai dirigenti. I fondi relativi ai dirigenti
possono essere costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei dirigenti comparativamente più rappresentative, oppure come apposita sezione all’interno dei fondi interprofessionali nazionali. I fondi, previo accordo tra le parti, si possono
articolare regionalmente o territorialmente e possono altresì utilizzare
parte delle risorse a essi destinati per misure di formazione a favore di
apprendisti e collaboratori a progetto. I fondi possono finanziare in tutto
o in parte piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali
concordati tra le parti sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate
tra le parti. I piani aziendali, territoriali o settoriali sono stabiliti sentite
le regioni e le province autonome territorialmente interessate. I progetti
relativi ai piani individuali ed alle iniziative propedeutiche e connesse ai medesimi sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome
territorialmente interessate, affinchè ne possano tenere conto nell’ambito delle rispettive programmazioni. Ai fondi afferiscono, secondo le
disposizioni di cui al presente articolo, le risorse derivanti dal gettito
del contributo integrativo stabilito dall’articolo 25, quarto comma, della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, relative ai
datori di lavoro che aderiscono a ciascun fondo. Nel finanziare i piani
formativi di cui al presente comma, i fondi si attengono al criterio della
redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di
essi, ai sensi del comma 3.
2. L’attivazione dei fondi è subordinata al rilascio di autorizzazione
da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica
della conformità alle finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione,
degli organi e delle strutture di funzionamento dei fondi medesimi e
della professionalità dei gestori. Il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali esercita altresì la vigilanza ed il monitoraggio sulla gestione dei
fondi; in caso di irregolarità o di inadempimenti, il Ministero del lavoro
e delle politiche sociali può disporne la sospensione dell’operatività o
il commissariamento. Entro tre anni dall’entrata a regime dei fondi, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali effettuerà una valutazione
dei risultati conseguiti dagli stessi. Il presidente del collegio dei sindaci
è nominato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Presso lo
stesso Ministero è istituito, con decreto ministeriale, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, l’«Osservatorio per la formazione
continua» con il compito di elaborare proposte di indirizzo attraverso
la predisposizione di linee-guida e di esprimere pareri e valutazioni in
ordine alle attività svolte dai fondi, anche in relazione all’applicazione
delle suddette linee-guida. Tale Osservatorio è composto da due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal consigliere
di parità componente la Commissione centrale per l’impiego, da quattro
rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, nonché da un rappresentante di ciascuna delle confederazioni
delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e delle organizzazioni
sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Tale Osservatorio si avvale dell’assistenza tecnica dell’Istituto per
lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL). Ai
componenti dell’Osservatorio non compete alcun compenso né rimborso spese per l’attività espletata
3. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del
1978, e successive modificazioni, all’INPS, che provvede a trasferirlo,
per intero, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. L’adesione ai fondi è fissata entro il 31 ottobre di
ogni anno, con effetti dal 1° gennaio successivo; le successive adesioni
o disdette avranno effetto dal 1° gennaio di ogni anno. L’INPS, entro il
31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2005, comunica al Ministero
del lavoro e delle politiche sociali e ai fondi la previsione, sulla base
delle adesioni pervenute, del gettito del contributo integrativo, di cui
all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro aderenti ai fondi stessi nonché di quello
relativo agli altri datori di lavoro, obbligati al versamento di detto contributo, destinato al Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo (FSE), di cui all’articolo 9, comma 5, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi interprofessionali e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali nonché a fornire,
tempestivamente e con regolarità, ai fondi stessi, tutte le informazioni
relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati.
Al fine di assicurare continuità nel perseguimento delle finalità istituzionali del Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al FSE, di
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, rimane
fermo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’articolo 66 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
4. Nei confronti del contributo versato ai sensi del comma 3, trovano applicazione le disposizioni di cui al quarto comma dell’articolo 25
della citata legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni.
5. Resta fermo per i datori di lavoro che non aderiscono ai fondi
l’obbligo di versare all’INPS il contributo integrativo di cui al quarto
comma dell’articolo 25 della citata legge n. 845 del 1978, e successive
modificazioni, secondo le modalità vigenti prima della data di entrata in
vigore della presente legge.
6. Ciascun fondo è istituito, sulla base di accordi interconfederali
stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, alternativamente:
a) come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi dell’articolo 36 del codice civile;
b) come soggetto dotato di personalità giuridica ai sensi degli articoli 1 e 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, concessa con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali.
7. (abrogato)
8. In caso di omissione, anche parziale, del contributo integrativo
di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, il datore di lavoro è
tenuto a corrispondere il contributo omesso e le relative sanzioni, che
vengono versate dall’INPS al fondo prescelto
9. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
sono determinati, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, modalità, termini e condizioni per il concorso al
finanziamento di progetti di ristrutturazione elaborati dagli enti di formazione entro il limite massimo di lire 100 miliardi per l’anno 2001,
nell’ambito delle risorse preordinate allo scopo nel Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
Le disponibilità sono ripartite su base regionale in riferimento al numero degli enti e dei lavoratori interessati dai processi di ristrutturazione,
con priorità per i progetti di ristrutturazione finalizzati a conseguire i
requisiti previsti per l’accreditamento delle strutture formative ai sensi
dell’accordo sancito in sede di conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del
18 febbraio 2000, e sue eventuali modifiche
10. A decorrere dall’anno 2001 è stabilita al 20 per cento la quota
del gettito complessivo da destinare ai fondi a valere sul terzo delle
risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all’articolo 25 della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, destinato al Fondo di cui all’articolo
medesimo. Tale quota è stabilita al 30 per cento per il 2002 e al 50 per
cento per il 2003.
11. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
sono determinati le modalità ed i criteri di destinazione al finanziamento
degli interventi di cui all’articolo 80, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dell’importo aggiuntivo di lire 25 miliardi per l’anno
2001.
12. Gli importi previsti per gli anni 1999 e 2000 dall’articolo 66,
comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono:
a) per il 75 per cento assegnati al Fondo di cui al citato articolo 25
della legge n. 845 del 1978, per finanziare, in via prioritaria, i piani
formativi aziendali, territoriali o settoriali concordati tra le parti sociali;
b) per il restante 25 per cento accantonati per essere destinati ai
fondi, a seguito della loro istituzione. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, sono determinati i termini ed i criteri di attribuzione delle
risorse di cui al presente comma ed al comma 10
13. Per le annualità di cui al comma 12, l’INPS continua ad effettuare il versamento stabilito dall’articolo 1, comma 72, della legge
28 dicembre 1995, n. 549, al Fondo di rotazione per l’attuazione delle
politiche comunitarie di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987,
n. 183, ed il versamento stabilito dall’articolo 9, comma 5, del citato
decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993, al Fondo di cui al medesimo comma.
14. Nell’esecuzione di programmi o di attività, i cui oneri ricadono
su fondi comunitari, gli enti pubblici di ricerca sono autorizzati a procedere ad assunzioni o ad impiegare personale a tempo determinato per
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tutta la durata degli stessi. La presente disposizione si applica anche ai
programmi o alle attività di assistenza tecnica in corso di svolgimento
alla data di entrata in vigore della presente legge.
15. Gli avanzi finanziari derivanti dalla gestione delle risorse del
Fondo sociale europeo, amministrate negli esercizi antecedenti la programmazione comunitaria 1989-1993 dei Fondi strutturali dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale tramite la gestione fuori bilancio
del Fondo di rotazione istituito dall’articolo 25 della legge 21 dicembre
1978, n. 845, e successive modificazioni, possono essere destinati alla
copertura di oneri derivanti dalla responsabilità sussidiaria dello Stato
membro ai sensi della normativa comunitaria in materia.
16. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con proprio
decreto, destina nell’ambito delle risorse di cui all’articolo 68, comma 4, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144, una quota fino a lire
200 miliardi, per l’anno 2001, di 100 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007 e di 80 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2008 e 2009, nonché di 100 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2010 e 2011, di cui il 20 per cento destinato prioritariamente
all’attuazione degli articoli 48 e 50 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni, per le attività di formazione
nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del
diciottesimo anno di età, secondo le modalità di cui all’articolo 16 della
legge 24 giugno 1997, n. 196.”.
- Il testo dell’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845,
(Legge-quadro in materia di formazione professionale), è il seguente:
“Art. 25.Istituzione di un Fondo di rotazione.
Per favorire l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati dagli organismi di cui all’articolo
precedente, è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, con l’amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai
sensi dell’articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041 , un Fondo
di rotazione.
Per la costituzione del Fondo di rotazione, la cui dotazione è fissata
in lire 100 miliardi, si provvede a carico del bilancio dello Stato con
l’istituzione di un apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l’anno 1979.
A decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1979, le
aliquote contributive di cui ai numeri da 1) a 5) dell’articolo 20 del
decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 , convertito, con modificazioni, nella
legge 16 aprile 1974, n. 114, e modificato dall’articolo 11 della legge
3 giugno 1975, n. 160 , sono ridotte:
1) dal 4,45 al 4,15 per cento;
2) dal 4,45 al 4,15 per cento;
3) dal 3,05 al 2,75 per cento;
4) dal 4,30 al 4 per cento;
5) dal 6,50 al 6,20 per cento.
Con la stessa decorrenza l’aliquota del contributo integrativo dovuto per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai sensi dell’articolo 12 della legge 3 giugno 1975, n. 160 , è
aumentata in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette
all’obbligo contributivo.
I due terzi delle maggiori entrate derivanti dall’aumento contribuitivo di cui al precedente comma affluiscono al Fondo di rotazione. Il
versamento delle somme dovute al Fondo è effettuato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale con periodicità trimestrale.
La parte di disponibilità del Fondo di rotazione non utilizzata al
termine di ogni biennio, a partire da quello successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, rimane acquisita alla gestione per
l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.
Alla copertura dell’onere di lire 100 miliardi, derivante dall’applicazione della presente legge nell’esercizio finanziario 1979, si farà
fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per
l’anno finanziario anzidetto.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
Le somme di cui ai commi precedenti affluiscono in apposito conto corrente infruttifero aperto presso la tesoreria centrale e denominato
«Ministero del lavoro e della previdenza sociale - somme destinate a
promuovere l’accesso al Fondo sociale europeo dei progetti realizzati
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dagli organismi di cui all’articolo 8 della decisione del consiglio delle
Comunità europee numero 71/66/CEE del 1° febbraio 1971, modificata
dalla decisione n. 77/801/CEE del 20 dicembre 1977». “.
Il testo dell’articolo 24, comma 27, del decreto–legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), è il seguente:
“27. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento
in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle
donne. Il Fondo è finanziato per l’anno 2012 con 200 milioni di euro,
con 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e con
240 milioni di euro per l’anno 2015. Con decreti del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto
Fondo.”.
- Il testo dell’articolo 40 della citata legge n. 183 del 2010, è il
seguente:
“Art. 40. Contribuzione figurativa
In vigore dal 24 novembre 20101. Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, e per la liquidazione delle prestazioni a sostegno o integrazione del reddito, per i periodi successivi al 31 dicembre
2004, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi
riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizioni in
vigore e verificatisi nel corso del rapporto di lavoro, è pari all’importo
della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di
prestazione lavorativa, nel mese in cui si colloca l’evento. Il predetto
importo deve essere determinato dal datore di lavoro sulla base degli
elementi retributivi ricorrenti e continuativi.”.
Il testo dell’articolo 2, comma 28 della legge 23 dicembre 1996
n. 662 ( Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), abrogato a
decorrere dal 1° gennaio 2014, è il seguente:
“28. In attesa di un’organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, adottati
ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
, sentite le organizzazioni sindacali ed acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono definite, in via sperimentale,
misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e
dell’occupazione nell’ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e
per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati
erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di
impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali. Nell’esercizio
della potestà regolamentare il Governo si attiene ai seguenti princìpi e
criteri direttivi
a) costituzione da parte della contrattazione collettiva nazionale di
appositi fondi finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non
inferiore allo 0,50 per cento;
b) definizione da parte della contrattazione medesima di specifici
trattamenti e dei relativi criteri, entità, modalità concessivi, entro i limiti
delle risorse costituite, con determinazione dei trattamenti al lordo dei
correlati contributi figurativi;
c) eventuale partecipazione dei lavoratori al finanziamento con una
quota non superiore al 25 per cento del contributo;
d) in caso di ricorso ai trattamenti, previsione della obbligatorietà
della contribuzione con applicazione di una misura addizionale non superiore a tre volte quella della contribuzione stessa;
e) istituzione presso l’INPS dei fondi, gestiti con il concorso delle
parti sociali;
f) conseguimento, limitatamente all’anno 1997, di maggiori entrate
contributive nette complessivamente pari a lire 150 miliardi.”.
Il testo dell’articolo 2, commi 475, 476, e 478 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“475. È istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze
il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, con
una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Il Fondo opera nei limiti delle risorse disponibili e fino ad esaurimento
delle stesse.
476. Per i contratti di mutuo riferiti all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario, questi può chiedere
la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un
Serie generale - n. 153
periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso
dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata di un periodo
eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il
pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del
contratto medesimo. La sospensione non comporta l’applicazione di
alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di
garanzie aggiuntive.
476-bis. La sospensione di cui al comma 476 si applica anche ai
mutui:
a) oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite ovvero di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999,
n. 130;
b) erogati per portabilità tramite surroga ai sensi dell’articolo 120-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385, che costituiscono mutui di nuova erogazione alla data di
perfezionamento dell’operazione di surroga;
c) che hanno già fruito di altre misure di sospensione purché tali
misure non determinino complessivamente una sospensione dell’ammortamento superiore a diciotto mesi.
478. Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo istituito dal comma 475, su richiesta del mutuatario che
intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, presentata per
il tramite dell’intermediario medesimo, provvede al pagamento degli
oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante
il periodo di sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro
di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al
netto della componente di maggiorazione sommata a tale parametro.”
Note all’art. 4:
Il testo del Regolamento (CE) 6 agosto 2008, n. 800/2008 (Regolamento della Commissione che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del
trattato (regolamento generale di esenzione per categoria)), è pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea 9 agosto 2008, n. L 214.
Il testo dell’articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica
1991-1993), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 8. Norme in materia di contratti di formazione e lavoro.
1. Fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma dei contratti di formazione e lavoro, a favore dei datori di lavoro operanti nelle
aree non ricomprese nei territori del Mezzogiorno di cui al testo unico
approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 , per i lavoratori assunti con
tali contratti a decorrere dal 1° gennaio 1991, si applica, sulle correnti
aliquote dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti, una riduzione del 25 per cento.
2. Per le imprese artigiane nonché per quelle operanti nelle circoscrizioni che presentano un rapporto tra iscritti alla prima classe delle
liste di collocamento e popolazione residente in età da lavoro superiore
alla media nazionale, la quota dei contributi previdenziali ed assistenziali è dovuta in misura fissa corrispondente a quella prevista per gli
apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25 , e successive modificazioni. Le circoscrizioni di cui al presente comma sono individuate per
ciascun anno solare con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su proposta delle commissioni regionali per l’impiego.
3. Per le imprese del settore commerciale e turistico con meno di
quindici dipendenti operanti nelle aree non ricomprese nei territori del
Mezzogiorno di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 , si applica, sulle correnti aliquote dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti, una riduzione del
40 per cento.
4. Resta ferma la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure
previste per la generalità dei lavoratori.
5. Il contratto di formazione e lavoro non può essere stipulato per
l’acquisizione di professionalità elementari, connotate da compiti generici o ripetitivi, individuate, anche mediante riferimento ai livelli di inquadramento, dai contratti collettivi nazionali di categoria o da accordi
interconfederali.
6. La facoltà di assunzione mediante i contratti di formazione e
lavoro non è esercitabile dai datori di lavoro che, al momento della ri-
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chiesta di avviamento, risultino non avere mantenuto in servizio almeno
il 50 per cento dei lavoratori il cui contratto di formazione e lavoro sia già
venuto a scadere nei ventiquattro mesi precedenti. A tale fine non si computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per giusta causa e
quelli che, al termine del rapporto di lavoro, abbiano rifiutato la proposta
di rimanere in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La
limitazione di cui al presente comma non si applica quando nel biennio
precedente sia venuto a scadere un solo contratto di formazione e lavoro.
7. Il contratto di formazione e lavoro è stipulato in forma scritta. In
mancanza il lavoratore si intende assunto con contratto di lavoro a tempo
indeterminato. Copia del contratto di formazione e lavoro e del relativo
progetto vengono consegnate al lavoratore all’atto dell’assunzione.
8. In caso di inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi inerenti alla formazione del lavoratore, l’Ispettorato del lavoro, previa
diffida, dispone la revoca, fin dalla costituzione del rapporto di formazione e lavoro, del beneficio di cui al comma 1 per il lavoratore interessato.
9. A decorrere dal 1° gennaio 1991 nei confronti dei datori di lavoro di cui ai commi 1, 2 e 3 in caso di assunzioni con contratto a tempo
indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione
salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano
effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale
o sospesi, i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella
misura del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi. A tal fine sarà
costituita in ogni regione apposita lista dalla quale le assunzioni possono
essere effettuate con richiesta nominativa, secondo le modalità indicate
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Nelle ipotesi di
assunzioni di cui al presente comma effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno di cui al testo unico approvato con D.P.R. 6 marzo
1978, n. 218 , ovvero da imprese artigiane, non sono dovuti i contributi
previdenziali e assistenziali per un periodo di trentasei mesi.
10 (Omissis). “
Il testo dell’articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme
in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed
altre disposizioni in materia di mercato del lavoro) è il seguente:
Si riporta il testo degli artt. 4 e 5 della legge 12 marzo 1999, n. 68,
come modificati dalla presente legge:
“Art. 4.Criteri di computo della quota di riserva.
1. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili
da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori
assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono
computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i soci di
cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con
contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori
socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo
28 febbraio 2000, n. 81, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis,
della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni. Restano
salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale si applicano le
norme contenute nell’articolo 18, comma secondo, della legge 20 maggio
1970, n. 300 , come sostituito dall’articolo 1 della legge 11 maggio 1990,
n. 108 .
2. Nel computo le frazioni percentuali superiori allo 0,50 sono considerate unità.
3. I lavoratori disabili dipendenti occupati a domicilio o con modalità di tele-lavoro, ai quali l’imprenditore affida una quantità di lavoro
atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro in conformità alla disciplina di cui all’articolo 11,
secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 877 , e a quella stabilita
dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori dell’azienda che
occupa il disabile a domicilio o attraverso il tele-lavoro, sono computati
ai fini della copertura della quota di riserva.
4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie
mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere
computati nella quota di riserva di cui all’articolo 3 se hanno subìto una
riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque,
se sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di
lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l’infortunio o la malat-
Serie generale - n. 153
tia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui
essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza,
a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi
hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non
sia possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi
vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all’articolo 6, comma 1,
presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all’articolo 8.
5. Le disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738 , si applicano anche al personale
militare e della protezione civile.
6. Qualora si renda necessaria, ai fini dell’inserimento mirato, una
adeguata riqualificazione professionale, le regioni possono autorizzare,
con oneri a proprio carico, lo svolgimento delle relative attività presso la
stessa azienda che effettua l’assunzione oppure affidarne lo svolgimento,
mediante convenzioni, alle associazioni nazionali di promozione, tutela
e rappresentanza, di cui all’articolo 115 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , e successive modificazioni, che abbiano le adeguate competenze tecniche, risorse e disponibilità, agli istituti
di formazione che di tali associazioni siano emanazione, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845 , nonché
ai soggetti di cui all’articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 .
Ai fini del finanziamento delle attività di riqualificazione professionale e
della corrispondente assistenza economica ai mutilati ed invalidi del lavoro, l’addizionale di cui al primo comma dell’articolo 181 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965,
n. 1124 , detratte le spese per l’assegno di incollocabilità previsto dall’articolo 180 dello stesso testo unico, per l’assegno speciale di cui alla legge
5 maggio 1976, n. 248 , e per il fondo per l’addestramento professionale
dei lavoratori, di cui all’articolo 62 della legge 29 aprile 1949, n. 264 ,
è attribuita alle regioni, secondo parametri predisposti dal Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281 , di seguito denominata «Conferenza unificata».
“Art. 5.Esclusioni, esoneri parziali e contributi esonerativi.
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare
entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono
il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di
decreto, e la Conferenza unificata, sono individuate le mansioni che, in
relazione all’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti
pubblici non economici, non consentono l’occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta. Il predetto decreto determina altresì
la misura della eventuale riduzione.
2. I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del
trasporto aereo, marittimo e terrestre non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all’osservanza dell’obbligo di cui
all’articolo 3. Non sono inoltre tenuti all’osservanza dell’obbligo di cui
all’articolo 3 i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore. Indipendentemente
dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori è considerato personale
di cantiere anche quello direttamente operante nei montaggi industriali
o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere.
Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell’attività di
trasporto. Per consentire al comparto dell’autotrasporto nazionale di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un
maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi
del comma 1 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, i datori
di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell’autotrasporto non
sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante, all’osservanza
dell’obbligo di cui all’articolo 3. Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione
dei disabili, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni
che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o
superiore al 60 per cento, la procedura di esonero prevista dal presente articolo è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesta
l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo (7).
3. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per
le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l’intera
percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall’obbligo dell’assunzione, alla condizione che versino al Fondo
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
regionale per l’occupazione dei disabili di cui all’articolo 14 un contributo
esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di euro 30,64 (8)
per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da
emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1,
sentita la Conferenza unificata e sentite altresì le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il loro parere con le modalità
di cui al comma 1, sono disciplinati i procedimenti relativi agli esoneri
parziali dagli obblighi occupazionali, nonché i criteri e le modalità per la
loro concessione, che avviene solo in presenza di adeguata motivazione
(9)
.
5. In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi di cui al presente articolo, la somma dovuta può essere maggiorata, a
titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base
annua. La riscossione è disciplinata secondo i criteri previsti al comma 7.
6. Gli importi dei contributi e della maggiorazione di cui al presente
articolo sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata.
7. Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23,
comma 1, determinano i criteri e le modalità relativi al pagamento, alla
riscossione e al versamento, al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili di cui all’articolo 14, delle somme di cui al presente articolo.
8. Gli obblighi di cui agli articoli 3 e 18 devono essere rispettati a
livello nazionale. Ai fini del rispetto degli obblighi ivi previsti, i datori
di lavoro privati che occupano personale in diverse unità produttive e i
datori di lavoro privati di imprese che sono parte di un gruppo ai sensi
dell’articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 possono
assumere in una unità produttiva o, ferme restando le aliquote d’obbligo di ciascuna impresa, in una impresa del gruppo avente sede in Italia,
un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento mirato superiore a
quello prescritto, portando in via automatica le eccedenze a compenso del
minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive o nelle altre
imprese del gruppo aventi sede in Italia.
8-bis. I datori di lavoro privati che si avvalgono della facoltà di cui al
comma 8 trasmettono in via telematica a ciascuno dei servizi competenti
delle province in cui insistono le unità produttive della stessa azienda e
le sedi delle diverse imprese del gruppo di cui all’articolo 31 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il prospetto di cui all’articolo 9,
comma 6, dal quale risulta l’adempimento dell’obbligo a livello nazionale
sulla base dei dati riferiti a ciascuna unità produttiva ovvero a ciascuna
impresa appartenente al gruppo.
8-ter. I datori di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro
motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori
assunti in altre unità produttive della medesima regione.
8-quater. Sono o restano abrogate tutte le norme incompatibili con le
disposizioni di cui ai commi 8, 8-bis e 8-ter.
8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3 e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro due mesi dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi
agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite
norme volte al potenziamento delle attività di controllo.”
.
- Il testo dell’articolo 6, comma 1, della citata legge n. 68 del 1999,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 6. Servizi per l’inserimento lavorativo dei disabili e modifiche
al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 .
1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , di seguito denominati «uffici competenti», provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari,
educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro
attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento dei soggetti di cui alla presente legge
nonché all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle
autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula
delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato. I medesimi
organismi sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, con caden-
Serie generale - n. 153
za almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il
mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 3, nonché il ricorso agli
esoneri, ai fini dell’attivazione degli eventuali accertamenti.”.
Il testo dell’articolo 1, commi 67 e 68, della legge 24 dicembre 2007,
n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili,
nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale), come
modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 1.
(Omissis).
67. Con effetto dal 1° gennaio 2008 è abrogato l’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 maggio 1997, n. 135. È istituito, nello stato di previsione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo
livello con dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2008-2010. E’ concesso, a domanda da parte delle imprese, nel
limite delle risorse del predetto Fondo, uno sgravio contributivo relativo
alla quota di retribuzione imponibile di cui all’articolo 12, terzo comma,
della legge 30 aprile 1969, n. 153, costituita dalle erogazioni previste dai
contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, delle
quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia
correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come
indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati. Il
predetto sgravio è concesso sulla base dei seguenti criteri:
a) l’importo annuo complessivo delle erogazioni di cui al presente
comma ammesse allo sgravio è stabilito entro il limite massimo del 5 per
cento della retribuzione contrattuale percepita;
b) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo
sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro è fissato
nella misura di 25 punti percentuali;
c) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo
sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai lavoratori è pari ai contributi previdenziali a loro carico sulla stessa quota di erogazioni di cui alla
lettera a).
68. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite
le modalità di attuazione del comma 67, anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa,
nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa. A
decorrere dall’anno 2012 lo sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore
e dal datore di lavoro è concesso secondo i criteri di cui al comma 67
e con le modalità di cui al primo periodo del presente comma, a valere
sulle risorse, pari a 650 milioni di euro annui, già presenti nello stato di
previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relative al
Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.”.
Il testo dell’articolo 1, comma 47, della legge 13 dicembre 2010,
n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilità 2011)) è il seguente:
“47. In attuazione dell’articolo 53, comma 1, del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, all’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 29 novembre
2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009,
n. 2, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2010» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2011». Per il periodo dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2011 la disciplina richiamata nel primo periodo
del presente comma si applica ai titolari di reddito di lavoro dipendente
non superiore, nell’anno 2010, a 40.000 euro. Ai fini dell’applicazione
dei primi due periodi del presente comma, l’annualità indicata nei periodi secondo e terzo del comma 1 dell’articolo 5 del citato decreto-legge
n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009,
e successive modificazioni, si considera riferita all’anno 2010. Lo sgravio
dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro previsto dall’articolo 53, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è concesso per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2011, con i criteri e le modalità di cui
all’articolo 1, commi 67 e 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, nei
limiti delle risorse stanziate a tal fine per il medesimo anno 2011 ai sensi
del quarto periodo dell’articolo 1, comma 68, della citata legge n. 247
del 2007. All’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 29 novembre 2008,
n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,
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e successive modificazioni, le parole: «Nell’anno 2009 e nell’anno 2010»
sono sostituite dalle seguenti: «Negli anni 2009, 2010 e 2011». Ai fini
dell’applicazione del periodo precedente, il limite di reddito indicato nelle
disposizioni ivi richiamate è da riferire all’anno 2010..”.
Il testo dell’articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 22.Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.
11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi
familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del
permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento
per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque,
salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un
periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero,
qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano
applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b). Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione
ai centri per l’impiego, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori
extracomunitari.”.
Il testo dell’articolo 29, comma 2, del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“2. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi
e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli
appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con
ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla
cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi
previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le
sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il
committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per
il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire,
nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio
dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori, In tal caso il
giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio
dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori, Il committente che ha
eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del
coobbligato secondo le regole generali.”.
Il testo dell’articolo 36, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 (Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della
direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria),
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 36. Ulteriori obblighi delle imprese ferroviarie e delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie.
1. Le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese
ferroviarie che espletano sull’infrastruttura ferroviaria nazionale servizi
di trasporto di merci o di persone osservano, oltre ai requisiti stabiliti dal
presente decreto, anche la legislazione nazionale, regionale, la normativa
regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicate e
in modo non discriminatorio, con particolare riguardo agli standard definiti e alle prescrizioni in materia di:
(Omissis).
b-bis) regolazione dei trattamenti di lavoro del personale definiti
dalla contrattazione collettiva nazionale svolta dalle organizzazioni più
rappresentative a livello nazionale o, in via delegata, dalla contrattazione
a livelli decentrati;”.
Il testo dell’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181,
(Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in
attuazione dell’articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999,
n. 144), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 3.Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per
l’impiego.
Serie generale - n. 153
1. Le Regioni definiscono gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle
azioni che i servizi competenti, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g),
effettuano al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e
contrastare la disoccupazione di lunga durata, sottoponendo i soggetti di
cui all’articolo 1, comma 2, ad interviste periodiche e ad altre misure di
politica attiva secondo le modalità definite ed offrendo almeno i seguenti
interventi:
a) colloquio di orientamento entro tre mesi dall’inizio dello stato di
disoccupazione;
b) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di
formazione o di riqualificazione professionale od altra misura che favorisca l’integrazione professionale:
1) nei confronti degli adolescenti, dei giovani e delle donne in cerca
di reinserimento lavorativo, non oltre quattro mesi dall’inizio dello stato
di disoccupazione;
2) nei confronti degli altri soggetti a rischio di disoccupazione di
lunga durata, non oltre sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione.
1-bis. Nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i
quali lo stato di disoccupazione costituisca requisito, gli obiettivi e gli
indirizzi operativi di cui al comma 1 devono prevedere almeno l’offerta
delle seguenti azioni:
a) colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato
di disoccupazione;
b) azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei mesi dall’inizio
dello stato di disoccupazione, con formazione sulle modalità più efficaci
di ricerca di occupazione adeguate al contesto produttivo territoriale;
c) formazione della durata complessiva non inferiore a due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione
adeguata alle competenze professionali del disoccupato e alla domanda
di lavoro dell’area territoriale di residenza;
d) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro la scadenza del periodo di percezione del trattamento di sostegno del
reddito.
1-ter. Nei confronti dei beneficiari di trattamento di integrazione
salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo superiore
ai sei mesi, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma 1 devono
prevedere almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva non inferiore a due settimane adeguata alle competenze professionali del disoccupato.”.
Il testo dell’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 181 del 2000,
come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 4.Perdita dello stato di disoccupazione.
1. Le Regioni stabiliscono i criteri per l’adozione da parte dei servizi
competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato
di disoccupazione sulla base dei seguenti principi:
a) (abrogata)
b) perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente
nell’ambito delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3;
c) perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo ai sensi della legge 24 giugno
1997, n. 196, nell’ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di
trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;
d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi.”
Il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle
province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali)
è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1997, n. 202.
Il testo dell’articolo 1, comma 2, lettera g), del citato decreto legislativo n. 181 del 2000 è il seguente:
“2. Ad ogni effetto si intendono per:
(Omissis).
g) «servizi competenti», i centri per l’impiego di cui all’articolo 4,
comma 1, lettera e) del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e gli
altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere le previste funzioni, in
conformità delle norme regionali e delle province autonome di Trento e
di Bolzano.”.
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Il testo dell’articolo 2, comma 1, del citato decreto legislativo n. 181
del 2000 è il seguente:
“Art. 2.Stato di disoccupazione.
1. La condizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), dev’essere comprovata dalla presentazione dell’interessato presso il servizio
competente nel cui ambito territoriale si trovi il domicilio del medesimo,
accompagnata da una dichiarazione, ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti l’eventuale attività
lavorativa precedentemente svolta, nonché l’immediata disponibilità allo
svolgimento di attività lavorativa.”
Il testo dell’articolo 6 della citata legge n. 223 del 1991 è il seguente:
“Art. 6. Lista di mobilità e compiti della Commissione regionale per
l’impiego
1. L’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, sulla
base delle direttive impartite dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la Commissione centrale per l’impiego, dopo un’analisi
tecnica da parte dell’Agenzia per l’impiego, compila una lista dei lavoratori in mobilità, sulla base di schede che contengano tutte le informazioni
utili per individuare la professionalità, la preferenza per una mansione
diversa da quella originaria, la disponibilità al trasferimento sul territorio; in questa lista vengono iscritti anche i lavoratori di cui agli articoli
11, comma 2, e16, e vengono esclusi quelli che abbiano fatto richiesta
dell’anticipazione di cui all’articolo 7, comma 5.
2. La Commissione regionale per l’impiego approva le liste di cui al
comma 1 ed inoltre:
a) assume ogni iniziativa utile a favorire il reimpiego dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità, in collaborazione con l’Agenzia per
l’impiego;
b) propone l’organizzazione, da parte delle Regioni, di corsi di qualificazione e di riqualificazione professionale che, tenuto conto del livello
di professionalità dei lavoratori in mobilità, siano finalizzati ad agevolarne il reimpiego; i lavoratori interessati sono tenuti a parteciparvi quando
le Commissioni regionali ne dispongano l’avviamento;
c) promuove le iniziative di cui al comma 4;
d) determina gli ambiti circoscrizionali ai fini dell’avviamento dei
lavoratori in mobilità;
d-bis) realizza, d’intesa con la Regione, a favore delle lavoratrici
iscritte nelle liste di mobilità, le azioni positive di cui alla legge 10 aprile
1991, n. 125.
3. Le Regioni, nell’autorizzare i progetti per l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo di rotazione, ai sensi del secondo comma dell’articolo 24 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, devono dare priorità ai
progetti formativi che prevedono l’assunzione di lavoratori iscritti nella
lista di mobilità.
4. Su richiesta delle amministrazioni pubbliche la Commissione regionale per l’impiego può disporre l’utilizzo temporaneo dei lavoratori
iscritti nella lista di mobilità in opere o servizi di pubblica utilità, ai sensi
dell’articolo 1-bis del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 244, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 luglio 1981, n. 390, modificato dall’articolo 8 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e dal decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988,
n. 160. Il secondo comma del citato articolo 1-bis non si applica nei casi
in cui l’amministrazione pubblica interessata utilizzi i lavoratori per un
numero di ore ridotto e proporzionato ad una somma corrispondente al
trattamento di mobilità spettante al lavoratore ridotta del venti per cento.
5. I lavoratori in mobilità sono compresi tra i soggetti di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), della legge 27 febbraio 1985, n. 49.”.
Il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, (Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144) è pubblicato
in Gazzetta Ufficiale 4 luglio 2000, n. 154.
Il testo dell’articolo 15 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003
è il seguente:
“Art. 15. Principi e criteri generali
1A garanzia dell’effettivo godimento del diritto al lavoro di cui
all’articolo 4 della Costituzione, e nel pieno rispetto dell’articolo 120 della Costituzione stessa, viene costituita la borsa continua nazionale del lavoro, quale sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta
di lavoro basato su una rete di nodi regionali. Tale sistema è alimentato
da tutte le informazioni utili a tale scopo immesse liberamente nel sistema
stesso sia dagli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati, sia
direttamente dai lavoratori e dalle imprese.
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1-bis. Entro il termine di cinque giorni a decorrere dalla pubblicazione prevista dall’ articolo 4, comma 1, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, le amministrazioni
pubbliche di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, sono tenute a conferire le informazioni relative alle procedure comparative previste dall’ articolo 7,
comma 6-bis, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché
alle procedure selettive e di avviamento di cui agli articoli 35 e 36 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, ai
nodi regionali e interregionali della borsa continua nazionale del lavoro.
Il conferimento dei dati previsto dal presente comma è effettuato anche
nel rispetto dei princìpi di trasparenza di cui all’ articolo 11, comma 3, del
decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le informazioni da conferire nel rispetto dei princìpi di
accessibilità degli atti.
2. La borsa continua nazionale del lavoro è liberamente accessibile da parte dei lavoratori e delle imprese e deve essere consultabile da
un qualunque punto della rete. I lavoratori e le imprese hanno facoltà di
inserire nuove candidature o richieste di personale direttamente e senza
rivolgersi ad alcun intermediario da qualunque punto di rete attraverso
gli accessi appositamente dedicati da tutti i soggetti pubblici e privati,
autorizzati o accreditati.
3. Gli operatori pubblici e privati, accreditati o autorizzati, hanno
l’obbligo di conferire alla borsa continua nazionale del lavoro i dati acquisiti, in base alle indicazioni rese dai lavoratori ai sensi dell’articolo 8
e a quelle rese dalle imprese riguardo l’ambito temporale e territoriale
prescelto.
4. Gli ambiti in cui si articolano i servizi della borsa continua nazionale del lavoro sono:
a) un livello nazionale finalizzato:
1) alla definizione degli standard tecnici nazionali e dei flussi informativi di scambio;
2) alla interoperabilità dei sistemi regionali;
3) alla definizione, alla raccolta, alla comunicazione e alla diffusione
dei dati che permettono la massima efficienza e trasparenza del processo
di incontro tra domanda e offerta di lavoro, assicurando anche gli strumenti tecnologici necessari per la raccolta e la diffusione delle informazioni presenti nei siti internet ai fini dell’incontro tra domanda e offerta
di lavoro;
b) un livello regionale che, nel quadro delle competenze proprie delle
regioni di programmazione e gestione delle politiche regionali del lavoro:
1) realizza l’integrazione dei sistemi pubblici e privati presenti sul
territorio;
2) definisce e realizza il modello di servizi al lavoro;
3) coopera alla definizione degli standard nazionali di
intercomunicazione.
5. Il coordinamento tra il livello nazionale e il livello regionale deve
in ogni caso garantire, nel rispetto degli articoli 4 e 120 della Costituzione,
la piena operatività della borsa continua nazionale del lavoro in ambito
nazionale e comunitario. A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali rende disponibile l’offerta degli strumenti tecnici alle regioni e alle
province autonome che ne facciano richiesta nell’ambito dell’esercizio
delle loro competenze.”.
Il testo dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica
30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle deleghe conferite al Governo
con gli artt. 27 e 29 della L. 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione
degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale)
è il seguente:
“Art. 34.
Presso ogni sede provinciale dell’istituto è istituito un comitato composto da:
1) undici rappresentanti dei lavoratori dipendenti, dei quali uno in
rappresentanza dei dirigenti di azienda;
2) tre rappresentanti dei datori di lavoro;
3) tre rappresentanti dei lavoratori autonomi;
4) il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o il direttore dell’ispettorato provinciale del lavoro. Il titolare
può farsi rappresentare in singole sedute da un funzionario dell’ufficio
all’uopo delegato, di qualifica non inferiore a primo dirigente;
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5) il direttore della locale ragioneria provinciale dello Stato il quale
può farsi rappresentare in singole sedute da un funzionario dell’ufficio
all’uopo delegato, di qualifica non inferiore a primo dirigente;
6) il dirigente della sede provinciale dell’istituto.
Il comitato nella seduta di insediamento, che deve essere convocata
dal membro più anziano di età entro quindici giorni dalla pubblicazione del decreto di costituzione del comitato medesimo nel Foglio degli
annunzi legali della provincia, nomina nel proprio seno il presidente tra
i rappresentanti dei lavoratori dipendenti ed un vice presidente tra i rappresentanti dei datori di lavoro. Le nomine anzidette sono deliberate a
scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta dei voti dei componenti il
comitato. Se necessario, le votazioni sono ripetute fino a quando non sia
stata raggiunta la prescritta maggioranza di voti.
Il presidente può delegare al vice presidente particolari funzioni inerenti alla sua carica: in caso di assenza o impedimento, l’esercizio delle
funzioni del presidente e assunto dal vice presidente. In caso di assenza
o impedimento anche di quest’ultimo, l’esercizio delle funzioni vicarie è
assunto dal membro del comitato più anziano di età.
In caso di successiva vacanza delle cariche anzidette il comitato delibera la sostituzione con le modalità ed alle condizioni fissate al secondo
comma. Il comitato è convocato per la sostituzione del presidente entro un
mese dalla data in cui la vacanza della carica si è determinata.”.
Il testo dell’articolo 1, commi 30 e 31, della citata legge n. 247 del
2007, come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“30. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, mediante intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e garantendo l’uniformità della tutela dei
lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo
alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori
immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di:
a) servizi per l’impiego e politiche attive;
b) incentivi all’occupazione;
c) apprendistato.
31. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una
velocizzazione e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva
del mercato del lavoro;
b) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e agenzie private,
tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la
definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti
che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali
delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
c) programmazione e pianificazione delle misure relative alla promozione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le imprese, valorizzando il momento formativo;
d) promozione del patto di servizio come strumento di gestione adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro;
e) revisione e semplificazione delle procedure amministrative.
e-bis) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione;”.
e-ter) qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;
e-quater) formazione nel continuo dei lavoratori;
e-quinquies) riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro
efficace e tempestivo ricollocamento;
e-sexies) collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla
loro occupabilità.”
Il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 (Testo unico dell’apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre
2007, n. 247) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 ottobre 2011, n. 236.
Il regolamento comunitario n. 765/2008 del Parlamento Europeo e
del Consiglio del 9 luglio 2008 (Regolamento del Parlamento europeo e
del Consiglio che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza
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del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e
che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93) è pubblicato nella G.U.U.E.
13 agosto 2008, n. L 218.
Il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25 (Attuazione della direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all’informazione
e alla consultazione dei lavoratori) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 21 marzo 2007, n. 67.
Il regolamento comunitario n. 2157/2001 del Consiglio dell’8 ottobre 2001 (Regolamento del Consiglio relativo allo statuto della Società
europea (SE)) è pubblicato nella G.U.C.E. 10 novembre 2001, n. L 294.
Il testo degli articoli da 2409-octies a 2409-quaterdecies del codice
civile è il seguente:
“Art. 2409-octies.Sistema basato su un consiglio di gestione e un
consiglio di sorveglianza.
Lo statuto può prevedere che l’amministrazione ed il controllo siano
esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza in
conformità alle norme seguenti .
Art. 2409-nonies.Consiglio di gestione.
La gestione dell’impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Può delegare proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi
componenti; si applicano in tal caso il terzo, quarto e quinto comma
dell’articolo 2381.
È costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a due.
Fatta eccezione per i primi componenti, che sono nominati nell’atto costitutivo, e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450,
la nomina dei componenti il consiglio di gestione spetta al consiglio di
sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti
dallo statuto.
I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati
consiglieri di sorveglianza, e restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi, con scadenza alla data della riunione del consiglio di
sorveglianza convocato per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica.
I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo
il diritto al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa.
Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti
del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro sostituzione .
Art. 2409-decies. Azione sociale di responsabilità.
L’azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione è promossa
dalla società o dai soci, ai sensi degli articoli 2393 e 2393-bis.
L’azione sociale di responsabilità può anche essere proposta a seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è
assunta dalla maggioranza dei componenti del consiglio di sorveglianza e,
se è presa a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, importa la revoca dall’ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è proposta, alla cui
sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza.
L’azione può essere esercitata dal consiglio di sorveglianza entro
cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica.
Il consiglio di sorveglianza può rinunziare all’esercizio dell’azione
di responsabilità e può transigerla, purché la rinunzia e la transazione siano approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti del consiglio
di sorveglianza e purché non si opponga la percentuale di soci indicata
nell’ultimo comma dell’articolo 2393.
La rinuncia all’azione da parte della società o del consiglio di sorveglianza non impedisce l’esercizio delle azioni previste dagli articoli 2393bis, 2394 e 2394-bis .
Art. 2409-undecies.Norme applicabili.
Al consiglio di gestione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2380-bis, quinto comma, 2381, sesto comma, 2382,
2383, quarto e quinto comma, 2384, 2385, 2387, 2390, 2392, 2394, 2394bis, 2395.
Si applicano alle deliberazioni del consiglio di gestione gli articoli
2388 e 2391, e la legittimazione ad impugnare le deliberazioni spetta anche al consiglio di sorveglianza .
Art. 2409-duodecies.Consiglio di sorveglianza.
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Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il consiglio
di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche non soci,
non inferiore a tre.
Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell’atto
costitutivo, e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450, la
nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all’assemblea,
previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.
I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per
tre esercizi e scadono alla data della successiva assemblea prevista dal
secondo comma dell’articolo 2364-bis. La cessazione per scadenza del
termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato
ricostituito.
Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve
essere scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro.
I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo
diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall’assemblea in
qualunque tempo con deliberazione adottata con la maggioranza prevista
dal quinto comma dell’articolo 2393, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza
giusta causa.
Lo statuto, fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all’esercizio di particolari attività, può subordinare l’assunzione della
carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e
indipendenza.
Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti
del consiglio di sorveglianza, l’assemblea provvede senza indugio alla
loro sostituzione.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall’assemblea.
Lo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di
sorveglianza.
Non possono essere eletti alla carica di componente del consiglio di
sorveglianza e, se eletti, decadono dall’ufficio:
a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 2382;
b) i componenti del consiglio di gestione;
c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da
un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita
che ne compromettano l’indipendenza.
Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza,
nonché cause di incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi .
Art. 2409-terdecies.Competenza del consiglio di sorveglianza.
Il consiglio di sorveglianza:
a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; ne determina il compenso, salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo
statuto all’assemblea;
b) approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio
consolidato;
c) esercita le funzioni di cui all’articolo 2403, primo comma;
d) promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti
dei componenti del consiglio di gestione;
e) presenta la denunzia al tribunale di cui all’articolo 2409;
f) riferisce per iscritto almeno una volta all’anno all’assemblea
sull’attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili
rilevati;
f-bis) se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni
strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal
consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per
gli atti compiuti.
Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda almeno un terzo dei componenti del consiglio
di gestione o del consiglio di sorveglianza la competenza per l’approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all’assemblea.
I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro
doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o
le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero
vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
I componenti del consiglio di sorveglianza possono assistere alle
adunanze del consiglio di gestione e devono partecipare alle assemblee .
Art. 2409-quaterdecies. Norme applicabili.
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Al consiglio di sorveglianza ed ai suoi componenti si applicano, in
quanto compatibili, gli articoli 2388, 2400, terzo e quarto comma, 2402,
2403-bis, secondo e terzo comma, 2404, primo, terzo e quarto comma,
2406, 2408 e 2409-septies.
Alla deliberazione del consiglio di sorveglianza con cui viene approvato il bilancio di esercizio si applica l’articolo 2434-bis ed essa può
venire impugnata anche dai soci ai sensi dell’articolo 2377.”
Il testo dell’articolo 1, comma 90, della citata legge n. 247 del 2007
è il seguente:
“90. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, ciascuno dei quali deve essere corredato della relazione tecnica
di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni, sono deliberati in via preliminare dal Consiglio
dei Ministri, sentiti le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori
di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, nonché, relativamente agli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 6,
gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare e
delle forze di polizia a ordinamento civile. Su di essi è acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano sulle materie di competenza. Tali schemi sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei
pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia
e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro trenta
giorni dalla data di assegnazione dei medesimi schemi. Le Commissioni
possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni
per l’espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso
periodo all’esame delle Commissioni. Qualora i termini per l’espressione
del parere delle Commissioni parlamentari scadano nei trenta giorni che
precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni. Il predetto termine
è invece prorogato di venti giorni nel caso in cui sia concessa la proroga
del termine per l’espressione del parere. Decorso il termine di cui al terzo
periodo, ovvero quello prorogato ai sensi del quarto periodo, senza che le
Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti
legislativi possono essere comunque emanati. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi
alle condizioni ivi eventualmente formulate con riferimento all’esigenza
di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione,
ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi
di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che
sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.”.
Il testo dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge
di contabilità e finanza pubblica) è il seguente:
“Art. 17. Copertura finanziaria delle leggi
In attuazione dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri indica espressamente,
per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative
previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia, da
redigere secondo i criteri di cui al comma 12, per la compensazione degli
effetti che eccedano le previsioni medesime. In ogni caso la clausola di
salvaguardia deve garantire la corrispondenza, anche dal punto di vista
temporale, tra l’onere e la relativa copertura. La copertura finanziaria delle leggi che comportino nuovi o maggiori oneri, ovvero minori entrate, è
determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità:
a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali
previsti dall’articolo 18, restando precluso sia l’utilizzo di accantonamenti
del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l’utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e debitorie e per
provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali;
b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione dell’entrata delle risorse da utilizzare come
copertura;
c) mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuovi o maggiori
oneri di parte corrente attraverso l’utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto capitale.
1-bis. Le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di
previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente
non possono essere utilizzate per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate e sono finalizzate al miglioramento dei
saldi di finanza pubblica.
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2. Le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura
necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di
conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non
sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al
momento dell’adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi
dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le
occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è
allegata una relazione tecnica, predisposta ai sensi del comma 3, che dà
conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi
o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
3. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, i disegni di legge,
gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di
una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell’economia e delle finanze, sulla quantificazione
delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle
relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le
minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni
compresi nel bilancio pluriennale e dell’onere complessivo in relazione
agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica è allegato un prospetto
riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del
saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle
amministrazioni pubbliche e dell’indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Nella relazione sono indicati i dati
e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento
utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui ai
regolamenti parlamentari, nonché il raccordo con le previsioni tendenziali
del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico delle amministrazioni pubbliche, contenute nel DEF ed eventuali
successivi aggiornamenti.
4. Ai fini della definizione della copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi, la relazione tecnica di cui al comma 3 evidenzia anche
gli effetti di ciascuna disposizione sugli andamenti tendenziali del saldo
di cassa e dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per la
verifica del rispetto degli equilibri di finanza pubblica, indicando altresì i
criteri per la loro quantificazione e compensazione nell’ambito della stessa copertura finanziaria.
5. Le Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al
Governo la relazione di cui al comma 3 per tutte le proposte legislative e
gli emendamenti al loro esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione degli oneri da essi recati. La relazione tecnica deve essere trasmessa nel termine indicato dalle medesime Commissioni in relazione
all’oggetto e alla programmazione dei lavori parlamentari e, in ogni caso,
entro trenta giorni dalla richiesta. Qualora il Governo non sia in grado di
trasmettere la relazione tecnica entro il termine stabilito dalle Commissioni deve indicarne le ragioni. I dati devono essere trasmessi in formato
telematico. I regolamenti parlamentari disciplinano gli ulteriori casi in cui
il Governo è tenuto alla presentazione della relazione tecnica di cui al
comma 3.
6. I disegni di legge di iniziativa regionale e del Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro (CNEL) devono essere corredati, a cura dei
proponenti, di una relazione tecnica formulata secondo le modalità di cui
al comma 3.
7. Per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico
di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all’andamento delle
variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento. Per
le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego, la relazione
contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico
di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili. In particolare per
il comparto scuola sono indicati anche le ipotesi demografiche e di flussi
migratori assunte per l’elaborazione delle previsioni della popolazione
scolastica, nonché ogni altro elemento utile per la verifica delle quantificazioni. Per le disposizioni corredate di clausole di neutralità finanziaria,
la relazione tecnica riporta i dati e gli elementi idonei a suffragare l’ipotesi
di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, anche attraverso l’indicazione dell’entità delle risorse già esistenti e delle somme già
stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni
medesime. La relazione tecnica fornisce altresì i dati e gli elementi idonei
a consentire la verifica della congruità della clausola di salvaguardia di cui
al comma 1 sulla base dei requisiti indicati dal comma 12.
Serie generale - n. 153
8. La relazione tecnica di cui ai commi 3 e 5 e il prospetto riepilogativo di cui al comma 3 sono aggiornati all’atto del passaggio dell’esame
del provvedimento tra i due rami del Parlamento.
9. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette alle Camere una
relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi
approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione degli
oneri. Nella medesima relazione la Corte dei conti riferisce sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nei decreti legislativi emanati nel
periodo considerato e sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie di
tali decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di delega.
10. Le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero
dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale
dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l’avvenuto
raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data
di pubblicazione del decreto per l’anno in corso alla medesima data.
11. Per le amministrazioni dello Stato, il Ministero dell’economia
e delle finanze -. Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
anche attraverso gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali
dello Stato, vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui al
comma 10. Per gli enti ed organismi pubblici non territoriali gli organi di
revisione e di controllo provvedono agli analoghi adempimenti di vigilanza, dandone completa informazione al Ministero dell’economia e delle
finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
12. La clausola di salvaguardia di cui al comma 1 deve essere effettiva e automatica. Essa deve indicare le misure di riduzione delle spese
o di aumenti di entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, nel
caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto
alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal
caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell’economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella
clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione. La
relazione espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche
ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione
degli oneri autorizzati dalle predette leggi.
13. Il Ministro dell’economia e delle finanze, allorché riscontri che
l’attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 81, quarto comma,
della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze
definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori
oneri, fermo restando quanto disposto in materia di personale dall’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
14. Le disposizioni contenute nei provvedimenti legislativi di iniziativa governativa che prevedono l’incremento o la riduzione di stanziamenti di bilancio indicano anche le missioni di spesa e i relativi programmi interessati.”.
Il testo dell’articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge n. 196
del 2009 è il seguente:
“3. La legge di stabilità contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato dal bilancio
pluriennale. Essa non può contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, né interventi di natura localistica o
microsettoriale. In particolare, essa indica:
(Omissis).
l) norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi
di cui all’articolo 17, comma 13; ”.
Il testo dell’articolo 21, comma 5, della citata legge n. 196 del 2009
è il seguente:
“5. Nell’ambito di ciascun programma le spese si ripartiscono in:
a) spese non rimodulabili;
b) spese rimodulabili.”.
- Il testo dell’articolo 164, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle
imposte sui redditi), come modificato dalla presente legge, è il seguente:
“Art. 164. Limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti
negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni
1. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell’esercizio di
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imprese, arti e professioni, ai fini della determinazione dei relativi redditi
sono deducibili solo se rientranti in una delle fattispecie previste nelle
successive lettere a), b) e b-bis):
a) per l’intero ammontare relativamente:
1) agli aeromobili da turismo, alle navi e imbarcazioni da diporto,
alle autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a) e m) del comma 1
dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai ciclomotori e motocicli destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni
strumentali nell’attività propria dell’impresa;
2) ai veicoli adibiti ad uso pubblico;
b) nella misura del 27,5 per cento relativamente alle autovetture e
autocaravan, di cui alle citate lettere dell’ articolo 54 del citato decreto
legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1). Tale percentuale è elevata all’80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di
agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di arti e
professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella misura
del 27,5 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l’attività è svolta
da società semplici e da associazioni di cui all’articolo 5, la deducibilità
è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. Non si
tiene conto: della parte del costo di acquisizione che eccede lire 35 milioni
per le autovetture e gli autocaravan, lire 8 milioni per i motocicli, lire 4
milioni per i ciclomotori; dell’ammontare dei canoni proporzionalmente
corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni
medesimi sono utilizzati in locazione finanziaria; dell’ammontare dei costi di locazione e di noleggio che eccede lire 7 milioni per le autovetture
e gli autocaravan, lire 1,5 milioni per i motocicli, lire ottocentomila per i
ciclomotori. Nel caso di esercizio delle predette attività svolte da società
semplici e associazioni di cui al citato articolo 5, i suddetti limiti sono
riferiti a ciascun socio o associato. I limiti predetti, che con riferimento
al valore dei contratti di locazione anche finanziaria o di noleggio vanno
ragguagliati ad anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle
variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
di impiegati verificatesi nell’anno precedente, con decreto del Ministro
delle finanze, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato. Il predetto limite di 35 milioni di lire per le autovetture è
elevato a 50 milioni di lire per gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio;
b-bis) nella misura del 70 per cento per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta.”
Il testo dell’articolo 37 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, come modificato dalla presente legge, a decorrere
dall’anno 2013, è il seguente:
“Art. 37. Determinazione del reddito dei fabbricati
1. Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato
mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme
della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.
2. Le tariffe d’estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l’esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità
di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni 10 anni. La revisione è disposta con decreto del Ministro delle finanze previo parere della
Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone
censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i
comuni interessati.
3. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall’anno
di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe, ovvero, nel caso di stima diretta, dall’anno in cui è stato notificato
il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o
notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell’acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall’anno
successivo.
4. Il reddito delle unità immobiliari non ancora iscritte in catasto è
determinato comparativamente a quello delle unità similari già iscritte.
4-bis. Qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto
forfettariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario
di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del
canone di locazione al netto di tale riduzione. Per i fabbricati siti nella
città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento. Per gli immobili riconosciuti
di interesse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 10 del codice di cui
al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la riduzione è elevata al 35
per cento.“.
Serie generale - n. 153
Il testo dell’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005,
n. 43 (Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le
attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la
mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti)
è il seguente:
“ 2. L’addizionale comunale sui diritti di imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero. L’incremento dell’addizionale di cui al presente comma è destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno
del reddito e dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione del
personale del settore del trasporto aereo, costituito ai sensi dell’articolo 1ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291.”
Il testo dell’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2004)) è il seguente:
“11. È istituita l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili. L’addizionale è pari a 1,00 euro (14) per passeggero imbarcato ed è versata all’entrata del bilancio dello Stato, per
la successiva riassegnazione quanto a 30 milioni di euro, in un apposito
fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare ENAV Spa, secondo modalità regolate dal contratto di
servizio di cui all’articolo 9 della legge 21 dicembre 1996, n. 665, per i
costi sostenuti da ENAV Spa per garantire la sicurezza ai propri impianti
e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un
apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno e ripartito sulla
base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:
a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media delle seguenti percentuali: percentuale di superficie del territorio comunale inglobata nel recinto
aeroportuale sul totale del sedime; percentuale della superficie totale del
comune nel limite massimo di 100 chilometri quadrati;
b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell’incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento
di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali
stazioni ferroviarie.”.
Il testo dell’articolo 334 del decreto legislativo 7 settembre 2005,
n. 209 (Codice delle assicurazioni private) è il seguente:
“Art. 334. Contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei
natanti.
1. Sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applica
un contributo, sostitutivo delle azioni spettanti alle Regioni e agli altri
enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei
confronti dell’impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o
dell’impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.
2. Il contributo si applica, con aliquota del diecivirgolacinque per
cento, sui premi incassati e deve essere distintamente indicato in polizza e
nelle quietanze. L’impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l’importo del contributo.
3. Per l’individuazione e la denuncia dei premi soggetti al contributo,
per la riscossione e per le relative sanzioni si applica la legge 29 ottobre
1961, n. 1216, e successive modificazioni.”.
Il testo dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del citato decreto del
Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è il seguente:
“Art. 10. Oneri deducibili
1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella
determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti
oneri sostenuti dal contribuente:
(Omissis ).
e) i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza
a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi
quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi. Sono altresì deducibili
i contributi versati al fondo di cui all’articolo 1 del decreto legislativo
16 settembre 1996, n. 565. I contributi di cui all’articolo 30, comma 2,
della legge 8 marzo 1989, n. 101, sono deducibili alle condizioni e nei
limiti ivi stabiliti; ”.
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Supplemento ordinario n. 136/L alla GAZZETTA UFFICIALE
Il testo dell’articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011,
n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato. - Legge di stabilità 2012)) è il seguente:
“66. Al fine di concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica per gli anni 2012 e seguenti l’INPS, I’INPDAP
e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL), nell’ambito della propria autonomia, adottano misure di razionalizzazione organizzativa volte a ridurre le proprie spese di funzionamento in misura non inferiore all’importo complessivo, in termini di saldo
netto, di 60 milioni di euro per l’anno 2012, 10 milioni di euro per l’anno
2013 e 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, è stabilito il riparto dell’importo di cui al
primo periodo tra gli enti sopracitati nonché tra gli altri enti nazionali
di previdenza e assistenza sociale pubblici individuati con il medesimo
decreto. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente
comma sono versate annualmente entro la data stabilita con il predetto
decreto ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.”.
Il testo dell’articolo 21, commi da 1 a 9, del citato decreto-legge
n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011
è il seguente:
“Art. 21. Soppressione enti e organismi
1. In considerazione del processo di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l’applicazione del metodo contributivo, nonché al fine di migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione
amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale, l’INPDAP e
l’ENPALS sono soppressi dal 1° gennaio 2012 e le relative funzioni sono
attribuite all’INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti
soppressi. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al
31 dicembre 2011, l’INPDAP e l’ENPALS possono compiere solo atti di
ordinaria amministrazione.
2. Con decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanarsi entro 60 giorni dall’approvazione dei bilanci di chiusura delle relative gestioni degli Enti soppressi sulla base delle risultanze
dei bilanci medesimi, da deliberare entro il 31 marzo 2012, le risorse strumentali, umane e finanziarie degli Enti soppressi sono trasferite all’INPS.
Conseguentemente la dotazione organica dell’INPS è incrementata di un
numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio
presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Non sono trasferite le posizioni soprannumerarie, rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi, ivi incluse quelle di cui all’articolo 43, comma 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Le posizioni
soprannumerarie di cui al precedente periodo costituiscono eccedenze ai
sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Resta
fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148. I due posti di direttore generale degli Enti soppressi sono
trasformati in altrettanti posti di livello dirigenziale generale dell’INPS,
con conseguente aumento della dotazione organica dell’Istituto incorporante. I dipendenti trasferiti mantengono l’inquadramento previdenziale
di provenienza.
2-bis. In attesa dell’emanazione dei decreti di cui al comma 2, le
strutture centrali e periferiche degli Enti soppressi continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali degli stessi. A tale scopo,
l’INPS, nei giudizi incardinati relativi alle attività degli Enti soppressi, è
rappresentato e difeso in giudizio dai professionisti legali, già in servizio
presso l’INPDAP e l’ENPALS.
3. L’Inps subentra, altresì, nella titolarità dei rapporti di lavoro diversi da quelli di cui al comma 2 per la loro residua durata.
4. Gli organi di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo
30 giugno 1994, n. 479, e successive modificazioni, degli enti soppressi ai
sensi del comma 1 possono compiere solo gli adempimenti connessi alla
definizione dei bilanci di chiusura e cessano alla data di approvazione dei
medesimi, e comunque non oltre il 1° aprile 2012.
Serie generale - n. 153
5. I posti corrispondenti all’incarico di componente del Collegio dei
sindaci dell’INPDAP, di qualifica dirigenziale di livello generale, in posizione di fuori ruolo istituzionale, sono così attribuiti:
a) in considerazione dell’incremento dell’attività dell’INPS derivante dalla soppressione degli Enti di cui al comma 1, due posti, di cui uno in
rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed uno in
rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze, incrementano
il numero dei componenti del Collegio dei sindaci dell’INPS;
b) due posti in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e tre posti in rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze sono trasformati in posizioni dirigenziali di livello generale per
le esigenze di consulenza, studio e ricerca del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato; le dotazioni
organiche dei rispettivi Ministeri sono conseguentemente incrementate in
attesa della emanazione delle disposizioni regolamentari intese ad adeguare in misura corrispondente l’organizzazione dei medesimi Ministeri.
La disposizione di cui all’articolo 3, comma 7, del citato decreto legislativo n. 479 del 1994, si interpreta nel senso che i relativi posti concorrono
alla determinazione delle percentuali di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modifiche ed integrazioni,
relativamente alle dotazioni organiche dei Ministeri di appartenenza.
6. Per le medesime esigenze di cui al comma 5, lettera a), e per assicurare una adeguata rappresentanza degli interessi cui corrispondevano le
funzioni istituzionali di ciascuno degli enti soppressi di cui al comma 1, il
Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS è integrato di sei rappresentanti secondo criteri definiti con decreto, non regolamentare, del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali.
7. Entro sei mesi dall’emanazione dei decreti di cui al comma 2,
l’Inps provvede al riassetto organizzativo e funzionale conseguente alla
soppressione degli Enti di cui al comma 1 operando una razionalizzazione
dell’organizzazione e delle procedure.
8. Le disposizioni dei commi da 1 a 9 devono comportare una riduzione dei costi complessivi di funzionamento relativi all’INPS ed agli
Enti soppressi non inferiore a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di
euro per l’anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014. I relativi
risparmi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Resta fermo il conseguimento dei risparmi, e il correlato versamento all’entrata del bilancio statale,
derivante dall’attuazione delle misure di razionalizzazione organizzativa
degli enti di previdenza, previste dall’articolo 4, comma 66, della legge
12 novembre 2011, n. 183.
9. Per assicurare il conseguimento degli obiettivi di efficienza e di
efficacia di cui al comma 1, di razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa ai sensi del comma 7, nonché la riduzione dei costi di cui
al comma 8, il Presidente dell’INPS, la cui durata in carica, a tal fine, è
differita al 31 dicembre 2014, promuove le più adeguate iniziative, ne
verifica l’attuazione, predispone rapporti, con cadenza quadrimestrale, al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e al Ministero dell’economia
e delle finanze in ordine allo stato di avanzamento del processo di riordino
conseguente alle disposizioni di cui al comma 1 e redige alla fine del mandato una relazione conclusiva, che attesti i risultati conseguiti.”.
Il testo dell’articolo 4, comma 38, della citata legge n. 183 del 2011
è il seguente:
“38. L’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell’ambito della propria autonomia, adotta misure di razionalizzazione organizzativa volte a ridurre le proprie spese di funzionamento, con esclusione
delle spese di natura obbligatoria e del personale, in misura non inferiore
ad euro 50 milioni, a decorrere dall’esercizio 2012, che sono conseguentemente versate ogni anno ad apposito capitolo dello stato di previsione
dell’entrata.”.
12G0115
A LFONSO A NDRIANI , redattore
DELIA CHIARA, vice redattore
(WI-GU-2012-SOL-017) Roma, 2012 - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. - S.
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VENETO
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI OCCUPAZIONE E MERCATO DEL
LAVORO
TITOLO I - Disposizioni generali
CAPO I - Finalità e competenze
Art. 1 - Finalità e campo di applicazione.
1. La Regione del Veneto promuove la piena e buona occupazione, ponendo al
centro delle proprie politiche la persona e la qualità del lavoro; valorizza e favorisce la
crescita delle persone e delle imprese promuovendo la coesione sociale, l’accesso ai
saperi e alle competenze quali strumenti di sviluppo della comunità e del territorio.
2. La Regione esercita le proprie competenze legislative ed amministrative in
materia di occupazione, tutela e qualità del lavoro, nel rispetto della Costituzione, dei
principi della legislazione statale, dello statuto regionale e dell’ordinamento dell’Unione
europea.
3. La Regione rende effettivo il diritto al lavoro e attua gli interventi di cui alla
presente legge perseguendo il superamento degli squilibri territoriali del mercato del
lavoro, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, universalità e pari opportunità, riferite al
genere, alla cittadinanza e alle condizioni di svantaggio sociale, di concertazione e di
leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali.
4. La Regione riconosce la centralità della persona nell’accesso alle politiche per
il lavoro e valorizza il ruolo dei soggetti pubblici, degli operatori pubblici e privati
autorizzati e accreditati e persegue l’integrazione tra i servizi dell’istruzione, della
formazione e del lavoro, in coerenza con la Strategia europea per l’occupazione (SEO),
con riguardo, quanto ai destinatari, rispettivamente al mercato del lavoro a livello
regionale, nazionale, comunitario e internazionale.
5. La presente legge ha lo scopo di riordinare, coordinare e armonizzare le
disposizioni regionali vigenti in materia di occupazione, mercato del lavoro e
orientamento.
Art. 2 - Funzioni della Regione.
1. La Regione esercita le funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento,
controllo, monitoraggio e valutazione delle attività inerenti le politiche del lavoro.
2. La Giunta regionale, nel rispetto delle previsioni del programma triennale di
cui all’articolo 10:
a) individua e promuove gli strumenti idonei al raggiungimento delle finalità previste
dall’articolo 1, anche attraverso l’attuazione di politiche del lavoro e interventi di
sostegno rivolti alle persone ed alle imprese, nonché a favore dello sviluppo delle
strutture e del sistema dei servizi formativi dell'orientamento e del lavoro;
b) approva i piani attuativi annuali relativi agli interventi da realizzare e promuove
azioni e progetti di interesse regionale, interregionale, nazionale e transnazionale;
c) promuove e gestisce i processi di mobilità territoriale del lavoro a livello regionale,
nazionale, europeo ed extraeuropeo;
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
d) promuove e sostiene iniziative per l’adeguamento e l’innovazione organizzativa
delle strutture dell’orientamento e dei soggetti che erogano i servizi per il lavoro nonché
la riqualificazione degli operatori;
e) svolge le funzioni previste dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
“Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30” e successive modifiche ed integrazioni, salvo quelle
espressamente attribuite alle province dalla presente legge;
f) promuove e coordina l’organizzazione del mercato del lavoro regionale, con
particolare riferimento alla rete regionale di servizi per il lavoro e al raccordo tra
operatori pubblici e privati;
g) definisce i criteri per la collaborazione tra pubblico e privato;
h) svolge tutte le altre funzioni previste dalla presente legge e non attribuite
espressamente alle province.
Art. 3 - Funzioni delle province.
1. Le province, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla programmazione
regionale, esercitano funzioni di programmazione territoriale delle politiche attive del
lavoro e dei servizi per il lavoro nel quadro socioeconomico del loro territorio.
2. Le province esercitano le seguenti funzioni:
a) le funzioni relative ai servizi per l’impiego secondo il decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 181 “Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in
attuazione dell’articolo 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144” e
successive modifiche ed integrazioni;
b) le funzioni relative al collocamento mirato delle persone disabili previsto dalla
legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” e successive
modifiche ed integrazioni;
c) le funzioni relative all’attuazione delle politiche attive del lavoro e alle misure di
sostegno all’occupazione e di ricollocazione;
d) le funzioni relative alla gestione delle attività formative relative al contratto di
apprendistato;
e) le funzioni relative alla promozione dei tirocini formativi e di orientamento
finalizzati ad una occupazione continuativa;
f) le funzioni inerenti l’esame congiunto previsto nelle procedure relative agli
interventi di integrazione salariale straordinaria e alla dichiarazione di mobilità del
personale, che interessano unità produttive della stessa azienda ubicate in una sola
provincia, nonché l’espressione del relativo parere all’amministrazione statale
competente;
g) la funzione di promozione degli accordi e dei contratti collettivi finalizzati ai
contratti di solidarietà, limitatamente alle procedure che interessano unità produttive
della stessa azienda ubicate in una sola provincia;
h) le funzioni di cui all’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche” e successive modifiche ed integrazioni;
i) le funzioni di analisi e monitoraggio del mercato del lavoro provinciale;
j) tutte le altre funzioni previste dalla presente legge e attribuite espressamente alle
province.
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
3. Le province approvano a tal fine programmi triennali per le politiche del lavoro
e della formazione professionale coordinati con la programmazione regionale, sentite le
commissioni provinciali per il lavoro di cui all’articolo 9.
4. La Regione provvede ad assegnare alle province per lo svolgimento delle
funzioni loro attribuite le risorse trasferite dallo Stato in attuazione del decentramento
amministrativo di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 “Conferimento
alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a
norma dell’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e successive modifiche ed
integrazioni, nonché le ulteriori risorse destinate dalla Giunta regionale sulla base delle
disponibilità del bilancio regionale.
Art. 4 - Controllo sostitutivo.
1. La Regione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione,
esercita il potere sostitutivo nei confronti delle province in caso di accertata e
persistente inattività nell'esercizio obbligatorio di funzioni amministrative di cui
all’articolo 3, allo scopo di salvaguardare rilevanti interessi regionali che potrebbero
essere compromessi dall’inerzia o dall’inadempimento delle amministrazioni
provinciali.
2. Per esercitare il potere di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale,
previa comunicazione al comitato di coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7,
assegna all’ente inadempiente un termine per provvedere non inferiore a trenta giorni,
salvo deroga motivata da ragioni di urgenza.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, il Presidente della Giunta
regionale nomina un commissario ad acta che provvede in via sostitutiva, con la
conseguente attribuzione degli oneri finanziari agli enti inadempienti.
CAPO II - Organismi regionali e provinciali
Art. 5 - Conferenza regionale sulle dinamiche economiche e del lavoro.
1. La Regione, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 2, tiene conto degli
indirizzi espressi dalla conferenza regionale sulle dinamiche economiche e del lavoro
istituita dalla legge regionale 12 agosto 2005, n. 11 “Conferenza regionale sulle
dinamiche economiche e del lavoro”.
2. La conferenza regionale sulle dinamiche economiche e del lavoro comunica,
annualmente, i propri indirizzi alle commissioni consiliari competenti, alla commissione
regionale per la concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e al comitato di
coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7.
Art. 6 - Commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali. (1)
1. È istituita la commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali, di
seguito denominata commissione, con funzioni di proposta e valutazione sulle linee
programmatiche e sugli obiettivi delle politiche del lavoro, sul conferimento delle
risorse agli stessi finalizzate e sulle principali iniziative di competenza della Giunta
regionale e del Consiglio regionale comunque riconducibili al governo del mercato del
lavoro, delle politiche in materia di formazione professionale, di istruzione
professionale e di orientamento.
2. Il Presidente della Giunta regionale entro sessanta giorni dall’insediamento
della Giunta regionale costituisce, con proprio decreto, la commissione regionale per la
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
concertazione tra le parti sociali, nominando i componenti effettivi e quelli supplenti
sulla base delle designazioni formulate dai soggetti di cui al comma 3, lettere b), c) ed
e). In caso di dimissioni, morte o impedimento permanente i componenti sono sostituiti
entro sessanta giorni con decreto del Presidente della Giunta regionale. La commissione
resta in carica per la durata del Consiglio regionale.
3. La commissione è così composta:
a) assessore regionale con delega alle politiche del lavoro, con funzioni di presidente;
b) tre rappresentanti delle associazioni degli industriali, di cui almeno uno in
rappresentanza della piccola impresa, tre rappresentanti delle organizzazioni degli
artigiani, due rappresentanti delle organizzazioni delle centrali cooperative, due
rappresentanti delle associazioni del settore agricolo, tre rappresentanti del settore
commercio, di cui almeno uno del turismo e tredici rappresentanti delle organizzazioni
sindacali dei lavoratori dipendenti assicurando a tutte le parti sociali sindacali almeno
un rappresentante. I rappresentanti vengono designati dalle associazioni imprenditoriali
e sindacali più rappresentative a livello regionale che sottoscrivano accordi con la
Giunta regionale sulle problematiche del lavoro o che partecipino al tavolo di
concertazione generale o sulle politiche del lavoro e della formazione;
c) un rappresentante delle libere professioni designato dall’associazione
interprofessionale, parte sociale, più rappresentativa a livello regionale e un
rappresentante del settore del credito;
d) consigliere o consigliera regionale di parità effettivo e supplente di cui al decreto
legislativo 11 aprile 2006, n. 198 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a
norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246” e successive modifiche ed
integrazioni;
e) un rappresentante designato dalle associazioni maggiormente rappresentative dei
lavoratori di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e successive modifiche ed integrazioni.
4. La commissione si riunisce validamente con la presenza della metà dei
componenti e delibera a maggioranza dei presenti.
5. In caso di assenza del presidente presiede il vicepresidente, che con cadenza
semestrale viene scelto a rotazione dalle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali
presenti in commissione.
6. Ai lavori della commissione partecipano, senza diritto di voto, il segretario
regionale competente per materia o un suo delegato, il dirigente della struttura regionale
competente in materia di lavoro o un funzionario delegato, il direttore dell’ente
regionale Veneto Lavoro di cui all’articolo 15 o un funzionario delegato. In funzione
degli argomenti trattati il presidente può invitare a partecipare, senza diritto di voto,
amministratori, funzionari e rappresentanti di istituzioni pubbliche e private.
7. Le funzioni di segreteria sono assicurate dalla struttura regionale competente in
materia di lavoro. La segreteria comunica al comitato di cui all’articolo 7 gli ordini del
giorno delle sedute della commissione nonché gli atti dalla stessa assunti.
8. La commissione, entro tre mesi dalla costituzione di cui al comma 2, approva,
su proposta della struttura regionale competente in materia di lavoro, il regolamento che
disciplina il suo funzionamento, con previsione di articolazione della stessa in
sottocommissioni con eventuali poteri deliberanti, e con garanzia di pari rappresentanza
delle parti sociali.
9. Ai componenti della commissione è corrisposta, ove spettante, un'indennità per
la partecipazione alle sedute dell'organo collegiale, nonché il rimborso delle spese
secondo le modalità di cui all'articolo 187 della legge regionale 10 giugno 1991, n. 12
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
“Organizzazione amministrativa e ordinamento del personale della Regione” e
successive modifiche ed integrazioni.
Art. 7 - Comitato di coordinamento istituzionale. (2)
1. Al fine di garantire un efficace coordinamento tra Regione, province ed enti
locali in tema di politiche del lavoro, formazione, orientamento e monitoraggio del
mercato del lavoro, è istituito un comitato di coordinamento istituzionale, di seguito
denominato comitato.
2. Il Presidente della Giunta regionale, con proprio decreto, entro sessanta giorni
dall’insediamento della Giunta regionale nomina i componenti effettivi e quelli
supplenti sulla base delle designazioni formulate dai soggetti di cui al comma 3. In caso
di dimissioni, morte o impedimento permanente i componenti sono sostituiti entro
sessanta giorni con decreto del Presidente della Giunta regionale. Il comitato resta in
carica per la durata del Consiglio regionale.
3. Il comitato è composto da:
a) l’assessore regionale con delega alle politiche del lavoro, con funzioni di
presidente;
b) i presidenti delle amministrazioni provinciali del Veneto o gli assessori delegati;
c) quattro rappresentanti designati dalla sezione regionale dell’ANCI con almeno due
sindaci di comune capoluogo di provincia o gli assessori delegati;
d) due rappresentanti designati dalla sezione regionale dell’UNCEM.
4. Il comitato si riunisce validamente con la metà dei suoi componenti e delibera
a maggioranza dei presenti.
5. Ai lavori del comitato partecipano, senza diritto di voto, il segretario regionale
competente per materia o un suo delegato, il dirigente della struttura regionale
competente in materia di lavoro o un funzionario delegato, il direttore dell’ente
regionale Veneto Lavoro di cui all’articolo 15 o un funzionario delegato. In funzione
degli argomenti trattati il presidente può invitare a partecipare, senza diritto di voto,
amministratori, funzionari e rappresentanti di istituzioni pubbliche e private.
6. Le funzioni di segreteria sono assicurate dalla struttura regionale competente in
materia di lavoro. La segreteria trasmette alla commissione di cui all’articolo 6 gli
ordini del giorno delle sedute del comitato e gli atti dallo stesso assunti.
7. Entro tre mesi dalla costituzione di cui al comma 2 il comitato approva, su
proposta della struttura regionale competente in materia di lavoro, il regolamento che ne
disciplina il funzionamento.
Art. 8 - Funzioni del comitato.
1. Il comitato svolge funzioni di proposta e valutazione ed esprime parere sugli
atti di iniziativa della Giunta regionale di programmazione e attribuzione di risorse
comunque connessi al governo del mercato del lavoro e della formazione professionale
e destinati a produrre effetti su tutto il territorio regionale.
2. Il comitato esercita altresì le seguenti funzioni:
a) formula proposte finalizzate alla più efficace integrazione dei servizi al lavoro;
b) stabilisce criteri relativi alla composizione delle commissioni provinciali di cui
all’articolo 9, assicurando la rappresentanza istituzionale e sociale prevista per la
commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6,
nonché quelli relativi alle modalità di funzionamento.
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
Art. 9 - Commissioni provinciali. (3)
1. Le province istituiscono le commissioni provinciali per il lavoro sulla base dei
criteri di cui all’articolo 8, comma 2, lettera b), per svolgere le funzioni di concertazione
e di consultazione delle parti sociali. In caso di mancata istituzione la Giunta regionale,
sentita la provincia inadempiente, assegna un congruo termine per adempiere, trascorso
il quale provvede in via sostitutiva.
2. Le province esprimono, all’interno della commissione provinciale, la
rappresentanza delle parti sociali comparativamente più rappresentative su base
provinciale, assicurando il concorso dei soggetti coinvolti nelle politiche del lavoro a
livello territoriale secondo criteri di pariteticità.
3. Le commissioni provinciali devono prevedere, oltre alle componenti indicate
dall’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e successive
modifiche ed integrazioni, un operatore dei servizi di inserimento lavorativo attivati
presso le aziende - ULSS della provincia, al fine di garantire una efficace politica di
inserimento lavorativo delle fasce più deboli del mercato del lavoro ed il necessario
coordinamento con i servizi territoriali.
4. Le commissioni esercitano in particolare i compiti già svolti dagli organi di cui
all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, salvo diversa,
espressa attribuzione da parte delle province.
CAPO III - Programmazione e monitoraggio
Art. 10 - Programma regionale per la formazione, l’istruzione, il lavoro e
l’orientamento. (4)
1. Il programma regionale per la formazione, l’istruzione, il lavoro e
l’orientamento è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta.
2. Il programma ha una durata triennale e resta in vigore sino all’approvazione del
programma successivo.
3. La proposta di programma di cui al comma 1 è adottata dalla Giunta regionale
entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, acquisiti i pareri della
commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6, del
comitato di coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7 e delle commissioni
consiliari competenti per la formazione, l’istruzione, il lavoro e l’orientamento.
4. La proposta è articolata sulla base delle linee guida della SEO e contiene in
particolare:
a) gli indirizzi, gli obiettivi e le priorità delle politiche in materia di formazione
professionale, istruzione professionale, lavoro e servizi per il lavoro, sostenendo quello
a tempo indeterminato, e orientamento in conformità al programma regionale di
sviluppo di cui alla legge regionale 29 novembre 2001, n. 35 “Nuove norme sulla
programmazione”;
b) la tipologia delle azioni e degli interventi da realizzare;
c) le indicazioni delle risorse finanziarie anche mediante forme di cofinanziamento;
d) i tempi di realizzazione degli interventi;
e) le modalità di verifica, monitoraggio e valutazione dell’impatto degli interventi;
f) le modalità di integrazione tra politiche formative, dell’istruzione e del lavoro;
g) i raccordi con la programmazione scolastica regionale, con gli interventi per il
diritto allo studio e per l’educazione permanente;
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
h) le procedure e le modalità per l'attivazione delle diverse iniziative comprese quelle
relative all’integrazione tra politiche formative, dell’istruzione, dell’orientamento e del
lavoro;
i) le ulteriori direttive relative ad interventi previsti in altri settori di competenza
regionale;
j) una relazione sui risultati conseguiti dal programma precedente.
5. Nella predisposizione del programma, la Giunta regionale tiene conto dei
fabbisogni professionali e formativi presentati dalle parti sociali e dalle province
nell’ambito della programmazione provinciale di cui all’articolo 3.
6. Gli indirizzi sulla base dei quali è stato predisposto il programma possono
essere aggiornati annualmente dalla Giunta regionale, sentiti le commissioni consiliari
competenti per la formazione, l’istruzione, il lavoro e l’orientamento, la commissione
regionale per la concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e il comitato di
coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7, tenuto conto dei riscontri derivanti
dalle attività di valutazione dei risultati conseguiti.
7. Sulla base degli indirizzi del programma triennale, la Giunta regionale approva
il piano attuativo annuale, sentite le commissioni consiliari competenti per la
formazione, l’istruzione, il lavoro e l’orientamento.
Art. 11 - Monitoraggio, valutazione delle politiche per il lavoro e masterplan dei
servizi per il lavoro.
1. La Regione svolge e promuove analisi qualitative e quantitative delle tendenze
e dei fenomeni relativi al mercato del lavoro, ai fini della valutazione e della
programmazione delle politiche per il lavoro e ne garantisce adeguata diffusione.
2. La Giunta regionale, acquisito il parere della commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6, definisce gli obiettivi e le aree
prioritarie del monitoraggio delle politiche del lavoro e svolge le azioni di monitoraggio
in coerenza con gli strumenti e i criteri definiti dalla legislazione nazionale e
comunitaria, nell’ambito della SEO.
3. I dati necessari per il monitoraggio del mercato del lavoro e delle relative
politiche sono forniti dai soggetti che erogano i servizi per il lavoro di cui all’articolo
21.
4. La Giunta regionale favorisce l’utilizzo di nuove tecnologie di informazione e
comunicazione, anche ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi e
del reperimento e miglioramento della qualità dei dati necessari per il monitoraggio.
5. La Giunta regionale collabora alla predisposizione dei documenti nazionali di
monitoraggio e, acquisiti i pareri della commissione regionale per la concertazione tra le
parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento istituzionale di cui
all’articolo 7, approva il masterplan dei servizi per il lavoro, indicando anche gli
standard di funzionamento con riferimento a fasi temporali predeterminate.
6. Le province effettuano la valutazione degli interventi di propria competenza e
li trasmettono, entro il 31 marzo di ogni anno, alla Regione.
Art. 12 - Osservatorio regionale sul mercato del lavoro.
1. L’osservatorio regionale sul mercato del lavoro, in raccordo con la segreteria
regionale competente in materia di lavoro, svolge un’attività finalizzata a fornire gli
elementi conoscitivi di supporto alla programmazione e alla valutazione delle politiche
del lavoro ed in particolare a:
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a) arricchire le informazioni disponibili sul mercato del lavoro regionale,
congiunturali e strutturali, sull’analisi e previsione dei profili professionali dei settori
merceologici anche al fine di fornire elementi utili alla definizione dei fabbisogni
formativi e delle politiche regionali di formazione;
b) monitorare l’impatto delle politiche del lavoro, comunitarie, nazionali e regionali;
c) collaborare alla produzione di materiali utili all’orientamento scolastico e
professionale;
d) collaborare con l’osservatorio nazionale del mercato del lavoro;
e) promuovere ed effettuare, anche in collaborazione con le parti sociali e gli enti
bilaterali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, indagini sui profili professionali e formativi;
f) promuovere ed effettuare indagini su tematiche specifiche, nell’ambito del piano
annuale di attività dell’ente regionale Veneto Lavoro di cui all’articolo 13, comma 3;
g) promuovere indagini sul fenomeno del lavoro parasubordinato, anche attraverso
pubblicazioni periodiche o monografiche e iniziative pubbliche rivolte alle categorie
interessate, e pubblicare uno specifico rapporto annuale.
2. L’ente regionale Veneto lavoro di cui all’articolo 13 svolge le funzioni di
osservatorio regionale sul mercato del lavoro in raccordo con la segreteria regionale
competente in materia di lavoro e le strutture regionali competenti in materia di lavoro e
di statistica.
3. Nell’osservatorio regionale sul mercato del lavoro confluiscono le basi
informative costituite nell’ambito del nodo regionale della borsa continua nazionale del
lavoro di cui all’articolo 28, le basi informative connesse alle procedure di
autorizzazione e accreditamento, nonché tutte le informazioni raccolte, secondo
parametri e indicatori omogenei stabiliti ai sensi dell’articolo 11.
4. La Regione favorisce la partecipazione all’osservatorio regionale sul mercato
del lavoro, in regime di convenzione, delle parti sociali e di tutte le strutture presenti sul
territorio che realizzano rilevazioni e ricerche socio-economiche e giuridiche sul
mercato del lavoro e le politiche occupazionali, con particolare riferimento alle
università, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli enti locali,
agli enti con funzioni di vigilanza sul lavoro, agli enti bilaterali e ad altri qualificati
organismi di analisi, osservazione e ricerca pubblici e privati.
5. L’osservatorio conduce su richiesta delle province e degli enti locali studi ed
analisi inerenti i loro rispettivi ambiti territoriali senza onere alcuno.
6. L’osservatorio può inoltre condurre, per conto di soggetti diversi da Regione ed
enti locali, ricerche ed elaborazioni statistiche a pagamento in ordine a specifiche
tematiche non contemplate dall’attività istituzionale, ferma restando la priorità delle
attività istituzionali.
7. L’attività dell’osservatorio regionale è supportata da un comitato tecnico
scientifico nominato dalla Giunta regionale e composto da sei membri, di cui un
docente universitario competente in materia di politiche del lavoro con funzioni di
presidente designato dalla Giunta stessa, quattro membri esperti in materia di politiche
del lavoro designati, secondo criteri di pariteticità, dalla commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e un rappresentante della Regione.
8. Ai componenti del comitato tecnico scientifico di cui al comma 7 è corrisposta,
ove spettante, un'indennità per la partecipazione alle sedute, nonché il rimborso delle
spese secondo le modalità di cui all'articolo 187 della legge regionale 10 giugno 1991,
n. 12 e successive modifiche ed integrazioni.
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9. Il comitato tecnico scientifico è nominato entro centottanta giorni dall’entrata
in vigore della presente legge e, in deroga alla legge regionale 22 luglio 1997, n. 27
“Procedure per la nomina e designazione a pubblici incarichi di competenza regionale e
disciplina della durata degli organi” e successive modifiche ed integrazioni, dura in
carica cinque anni.
CAPO IV - Ente regionale Veneto Lavoro (5)
Art. 13 - Funzioni dell’ente regionale Veneto Lavoro.
1. L’ente regionale Veneto Lavoro di cui all’articolo 8, comma 1, della legge
regionale 16 dicembre 1998, n. 31 “Norme in materia di politiche attive del lavoro,
formazione e servizi all’impiego in attuazione del decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469”, di seguito denominato ente, esercita le funzioni e svolge le attività,
coordinandosi con i soggetti che erogano i servizi per il lavoro di cui all’articolo 21, in
conformità alla programmazione regionale ed agli indirizzi della Giunta regionale.
2. L’ente esercita in particolare le seguenti funzioni:
a) provvede al monitoraggio e all’osservazione del mercato del lavoro e delle politiche
del lavoro rapportandosi alle strutture regionali competenti in materia di lavoro;
b) collabora con le strutture regionali competenti in materia di lavoro in tema di
programmazione, gestione e valutazione degli effetti delle politiche del lavoro;
c) fornisce supporto e assistenza tecnica alle province e agli organismi che esercitano
funzioni e svolgono attività relative alle politiche del lavoro ai sensi della presente
legge;
d) favorisce la qualificazione dei servizi per il lavoro, attraverso attività di ricerca,
studio e documentazione;
e) ha l’obbligo di dare la massima pubblicità sia alle elaborazioni statistiche condotte
sui dati contenuti nel sistema informativo lavoro del Veneto (SILV) di cui all’articolo
28, sia ai risultati di ricerca dell’osservatorio regionale sul mercato del lavoro di cui
all’articolo 12, garantendo l’accesso universale gratuito;
f) assicura le attività in materia di sistema informativo lavoro del Veneto (SILV).
3. L’ente formula un piano annuale delle attività, che viene approvato dalla
Giunta regionale, acquisiti i pareri della commissione consiliare competente, nonché
della commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali e del comitato di
coordinamento istituzionale di cui agli articoli 6 e 7. L’ente predispone una relazione
conclusiva sullo svolgimento delle attività, che viene sottoposta all’approvazione della
Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.
4. La Giunta regionale può attribuire all’ente ulteriori attività rispetto a quelle
svolte ai sensi della presente legge, relativamente all’attuazione delle politiche del
lavoro.
Art. 14 - Organi.
1. Sono organi dell’ente:
a) il direttore;
b) il collegio dei revisori.
Art. 15 - Direttore.
1. Il direttore è nominato, ai sensi della legge regionale 22 luglio 1997, n. 27 e
successive modifiche ed integrazioni, dalla Giunta regionale e viene scelto, previo
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specifico avviso da pubblicarsi nel bollettino ufficiale della Regione del Veneto, tra i
soggetti in possesso di elevata professionalità, documentata competenza nelle
problematiche del lavoro ed esperienza almeno quinquennale nella direzione di
organizzazioni complesse pubbliche o private.
2. L’incarico di direttore è regolato con contratto di diritto privato a tempo
determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile. Gli elementi del
contratto ed il trattamento economico sono stabiliti dalla Giunta regionale.
3. L’incarico di direttore non è compatibile con cariche elettive, né con lo
svolgimento di attività lavorativa dipendente o professionale. Per i dirigenti regionali il
conferimento dell’incarico di direttore è subordinato al collocamento in aspettativa
senza assegni per tutto il periodo dell’incarico.
4. Il contratto può essere risolto anticipatamente, con deliberazione della Giunta
regionale che revoca l’incarico di direttore, quando sussistano i seguenti motivi:
a) sopravvenute cause di incompatibilità;
b) gravi violazioni di norme di legge;
c) persistenti inadempienze inerenti gli indirizzi regionali;
d) gravi e persistenti irregolarità nella gestione, tali da compromettere la funzionalità
dell’ente;
e) mancata adozione dei provvedimenti di cui al comma 5, previa diffida della Giunta
regionale.
5. Il direttore ha la rappresentanza legale dell’ente; è responsabile della gestione
ed esercita tutti i poteri di amministrazione in conformità agli obiettivi programmati e
agli indirizzi della Giunta regionale. In particolare provvede a:
a) proporre, entro sessanta giorni dalla nomina, il regolamento che disciplina
l’organizzazione, la dotazione organica ed il funzionamento dell’ente;
b) proporre il regolamento che disciplina le attività di gestione amministrativa,
contabile e patrimoniale dell’ente;
c) stipulare le convenzioni per l’erogazione dei servizi;
d) predisporre il bilancio di previsione ed il rendiconto generale annuale;
e) predisporre il programma annuale di attività;
f) presentare alla Giunta regionale la relazione annuale sulle attività dell’ente, entro il
31 gennaio dell’anno successivo a quello di competenza;
g) assumere, in conformità agli indirizzi della Giunta regionale, ogni altro
provvedimento necessario per assicurare la funzionalità dell’ente e l’integrazione degli
altri soggetti che, ai sensi della presente legge, esercitano funzioni inerenti le politiche
attive del lavoro.
Art. 16 - Collegio dei revisori.
1. Il collegio dei revisori è costituito da tre membri effettivi e da due supplenti. Il
presidente ed i membri del collegio sono nominati dal Presidente della Giunta regionale,
su proposta della Giunta regionale, scegliendoli tra i revisori contabili iscritti nel
registro di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 “Attuazione
della direttiva 84/253 CEE, relativa all’abilitazione delle persone incaricate del
controllo di legge dei documenti contabili”. Il collegio, in deroga alla legge regionale 22
luglio 1997, n. 27 e successive modifiche ed integrazioni, dura in carica cinque anni e i
suoi membri possono essere riconfermati una sola volta.
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2. Al presidente ed ai componenti del collegio dei revisori compete un compenso
annuale pari rispettivamente al dieci per cento e al cinque per cento del compenso
spettante al direttore.
3. Il collegio dei revisori esercita il controllo sulla gestione economico-finanziaria
dell’ente; esprime parere sul bilancio di previsione e sul rendiconto generale annuale
predisposti dal direttore. Redige entro il 28 febbraio una relazione annuale sull’attività
complessiva svolta dall’ente e la trasmette alla Giunta regionale.
Art. 17 - Vigilanza.
1. La Giunta regionale esercita il controllo, ai sensi della legge regionale 18
dicembre 1993, n. 53 “Disciplina dell’attività di vigilanza e di controllo sugli enti
amministrativi regionali” e successive modifiche ed integrazioni, sui seguenti
provvedimenti:
a) il bilancio di previsione ed il programma annuale di attività;
b) il rendiconto generale annuale.
2. Nell’ambito dei controlli sul rendiconto generale annuale la Giunta regionale
verifica altresì la conformità delle azioni dell’ente rispetto agli indirizzi espressi.
3. Gli atti del direttore di cui al comma 1, sottoposti all’esame della Giunta
regionale, diventano esecutivi decorsi inutilmente sessanta giorni dal loro ricevimento.
Art. 18 - Risorse finanziarie e patrimoniali.
1. L’ente dispone dei seguenti mezzi finanziari:
a) finanziamento annuale della Regione nella misura determinata dal provvedimento
di approvazione del bilancio di previsione;
b) finanziamenti regionali, nazionali e comunitari per la realizzazione di specifiche
attività affidate dalla Regione;
c) entrate derivanti da cespiti patrimoniali.
2. L’ente dispone dei beni e delle attrezzature destinati all’esercizio delle funzioni
già assegnate dalla Giunta regionale, individuati in apposito inventario.
3. La Regione può trasferire altri beni mobili ed immobili in uso o in comodato in
relazione alle esigenze funzionali dell’ente.
Art. 19 - Personale.
1. Nel limite della dotazione organica proposta dal direttore e approvata dalla
Giunta regionale, l’ente si avvale di personale proprio assunto ai sensi del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche” e successive modifiche ed integrazioni,
con rapporto di lavoro disciplinato ai sensi del comma 2 dell’articolo 2 del medesimo
decreto legislativo.
2. Per esigenze di servizio e per esigenze connesse all’utilizzo di specifiche
professionalità, l’ente può richiedere personale regionale.
3. Per l’espletamento di particolari attività progettuali, di ricerca e di studio,
l’ente può stipulare specifici contratti di diritto privato a tempo determinato, rinnovabili,
con esperti ovvero procedere a convenzioni con società, enti qualificati e con università.
TITOLO II - I servizi per il lavoro
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CAPO I - Disposizioni generali
Art. 20 - Sistema dei servizi per il lavoro.
1. In funzione del miglioramento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro,
della prevenzione della disoccupazione di lunga durata, della promozione
dell'inserimento, del reinserimento, del mantenimento e dell’integrazione lavorativa
delle persone svantaggiate e disabili, del sostegno alla mobilità geografica del lavoro,
del sostegno al reinserimento lavorativo dei lavoratori a rischio di espulsione dal
mercato del lavoro, della promozione della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, e
al fine della costruzione di un mercato del lavoro aperto e trasparente, la Regione
promuove un sistema di servizi per il lavoro fondato sulla cooperazione tra operatori
pubblici e privati autorizzati o accreditati ai sensi del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276 e successive modifiche ed integrazioni, degli articoli 23, 24, 25 della
presente legge e dell’articolo 1, comma 31 della legge 24 dicembre 2007, n. 247
“Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e
competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in
materia di lavoro e previdenza sociale.”.
2. Il sistema dei servizi per il lavoro di cui al comma 1 è attivato nel rispetto della
normativa dell’Unione europea, di quanto previsto dalla legislazione nazionale vigente,
dei principi fondamentali di tutela e sicurezza del lavoro, delle competenze dello Stato
relative alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali e al coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati.
3. Il sistema regionale dei servizi per il lavoro, in relazione ai bisogni dei
lavoratori e dei datori di lavoro, provvede all’erogazione dei servizi di informazione,
orientamento e accompagnamento, anche personalizzato, al lavoro, all’incontro fra
domanda e offerta e all’attuazione degli interventi di politica del lavoro.
Art. 21 - I servizi per il lavoro.
1. Le province, nell’ambito delle proprie attribuzioni e funzioni, attraverso loro
strutture denominate centri per l’impiego, nonché gli operatori accreditati di cui
all’articolo 25, nei limiti dell’accreditamento, svolgono le seguenti funzioni:
a) attività di accoglienza e orientamento al lavoro;
b) attività di consulenza alle imprese per un efficace incontro tra domanda e offerta di
lavoro;
c) informazione sugli incentivi, sulle politiche attive di inserimento al lavoro e sulla
creazione di lavoro autonomo;
d) erogazione di servizi finalizzati all’inserimento lavorativo di lavoratori stranieri;
e) rilevazione dei fabbisogni formativi finalizzati all’attivazione di percorsi formativi
mirati;
f) intermediazione fra domanda e offerta di lavoro;
g) funzioni amministrative connesse al collocamento previste dalla normativa
nazionale e regionale;
h) l’assistenza alla compilazione e aggiornamento del libretto formativo.
2. Competono inoltre alle province:
a) l’accertamento dello stato di disoccupazione e la relativa certificazione;
b) il ricevimento e la gestione delle comunicazioni relative al rapporto di lavoro;
c) il collocamento mirato dei lavoratori disabili;
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
d) gli avviamenti a selezione di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56
“Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro” e successive modifiche ed
integrazioni.
3. Ogni provincia può modificare l’attuale articolazione territoriale dei centri per
l’impiego delle province, previo parere delle rispettive commissioni provinciali per il
lavoro di cui all’articolo 9, entro i limiti delle risorse finanziarie attribuite.
4. Gli operatori autorizzati ai sensi degli articoli 23 e 24 operano nell’ambito del
sistema regionale dei servizi per il lavoro nei limiti stabiliti dai rispettivi regimi di
autorizzazione.
Art. 22 - Orientamento al lavoro.
1. La Regione garantisce alla persona, nel corso della sua esperienza formativa e
lavorativa, l’accesso alla formazione permanente e il diritto all’orientamento, come
strumento di valorizzazione e di sviluppo delle competenze, delle potenzialità e delle
aspirazioni personali, attraverso il sostegno e l’aiuto nella ricerca occupazionale, al
reinserimento lavorativo, all’autoimprenditorialità come strumento di occupazione.
2. La Regione persegue l'integrazione dei servizi di orientamento erogati dai
soggetti pubblici e privati che operano nell'ambito dell'istruzione, della formazione e del
lavoro.
3. La Giunta regionale svolge un ruolo di programmazione, indirizzo,
monitoraggio e valutazione degli interventi a valenza orientativa e formativa, sia
rispetto alle province ed agli altri enti locali, sia rispetto alle istituzioni scolastiche e agli
organismi di formazione accreditati, ai sensi della legge regionale 9 agosto 2002, n. 19
“Istituzione dell’elenco regionale degli organismi di formazione accreditati” e
successive modifiche ed integrazioni, nell’ambito dell’orientamento. Definisce gli
standard minimi dei servizi di orientamento e le figure professionali di riferimento,
acquisiti i pareri della commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali di
cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7.
4. La Giunta regionale, tramite la struttura regionale competente in materia di
lavoro, e le province svolgono attività di informazione orientativa verso le persone,
promuovendo attività di orientamento sul territorio e favorendo la collaborazione, in un
sistema a rete, degli altri enti locali, delle istituzioni scolastiche, degli organismi di
formazione accreditati e delle parti sociali. La Regione incentiva l’integrazione dei
servizi e le azioni in rete tra province, istituzioni scolastiche, organismi di formazione
accreditati, enti locali e parti sociali di cui all’articolo 6, comma 3.
5. Le province, sulla base delle indicazioni fornite dalla Giunta regionale e in
raccordo con i sistemi formativi, realizzano le azioni di orientamento al lavoro anche
con riferimento alle informazioni loro pervenute e registrate nel libretto formativo del
cittadino di cui all’articolo 49, tenendo conto dei profili professionali più richiesti
rilevati dagli osservatori regionali e provinciali sul mercato del lavoro e delle offerte di
formazione continua.
6. Gli altri enti locali svolgono attività di informazione orientativa garantendo un
adeguato raccordo con l’attività delle province di cui al comma 5.
7. Al fine di rafforzare i servizi offerti sul territorio, la Giunta regionale
promuove azioni coordinate di formazione e supporto degli operatori coinvolti nelle
attività territoriali di orientamento, nonché azioni a carattere sperimentale.
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CAPO II - Autorizzazione e accreditamento
Art. 23 - Autorizzazione.
1. È istituito, presso la Giunta regionale, l’albo regionale degli operatori
autorizzati allo svolgimento di attività di intermediazione, attività di ricerca e selezione
del personale e attività di supporto alla ricollocazione professionale, che operano
esclusivamente nel territorio della Regione.
2. La Giunta regionale, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della
presente legge, acquisiti i pareri della commissione regionale per la concertazione tra le
parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento istituzionale di cui
all’articolo 7, disciplina l’articolazione e la tenuta dell’albo di cui al comma 1, le
modalità e le procedure per l’iscrizione, i requisiti per l’autorizzazione, con particolare
riferimento alle competenze professionali e ai requisiti dei locali ove viene svolta
l’attività, la sospensione e la revoca dell’autorizzazione.
3. Le procedure di autorizzazione sono disciplinate dalla Giunta regionale nel
rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni e dei principi fondamentali desumibili
dalla SEO di cui all’articolo 1, comma 4, della presente legge.
4. L’iscrizione degli operatori autorizzati di cui al comma 1 è subordinata alla
verifica della sussistenza dei requisiti giuridici e finanziari previsti dagli articoli 5, ad
eccezione della lettera b) del comma 4 del medesimo articolo, e 6 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche ed integrazioni.
5. La Regione e le province promuovono, attraverso specifiche intese, forme di
cooperazione con gli operatori autorizzati dalla Regione e forme di collaborazione con
gli operatori autorizzati a livello nazionale.
6. I soggetti di cui al comma 1 forniscono i propri servizi, garantendo adeguate
forme di raccordo con le province.
Art. 24 - Regimi particolari di autorizzazione.
1. La Giunta regionale, acquisiti i pareri della commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento
istituzionale di cui all’articolo 7, definisce, ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche ed integrazioni e
dell’articolo 1, comma 31, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, le modalità e i criteri
di autorizzazione per gli operatori di cui all’articolo 6, commi 2 e 3, del decreto
legislativo n. 276/2003 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Gli operatori di cui al comma 1 forniscono i propri servizi, garantendo
adeguate forme di raccordo con le province.
Art. 25 - Accreditamento.
1. Entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta
regionale, acquisiti i pareri della commissione regionale per la concertazione tra le parti
sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento istituzionale di cui
all’articolo 7, istituisce l’elenco regionale, eventualmente articolato in sezioni, degli
operatori pubblici e privati accreditati a svolgere servizi per il lavoro nel territorio
regionale, nel rispetto degli indirizzi definiti ai sensi dell’articolo 7 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche ed integrazioni e
dell’articolo 1, comma 31, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
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2. Il provvedimento istitutivo dell’elenco regionale di cui al comma 1 individua i
servizi per il lavoro, con particolare riferimento alle attività di orientamento al lavoro, di
incontro tra domanda e offerta di lavoro, di prevenzione della disoccupazione di lunga
durata, di promozione dell’inserimento lavorativo degli svantaggiati, di promozione
della conciliazione dei tempi di lavoro e cura, di sostegno alla mobilità geografica dei
lavoratori, di preselezione, di supporto alla ricollocazione professionale, di
monitoraggio dei flussi del mercato del lavoro.
3. Il provvedimento istitutivo dell’elenco regionale di cui al comma 1 disciplina
in particolare:
a) le modalità di tenuta dell’elenco individuando anche la struttura regionale
responsabile;
b) le procedure di accreditamento e segnatamente i criteri e i requisiti per la
concessione, la sospensione e la revoca del provvedimento di accreditamento;
c) i requisiti delle prestazioni, stabiliti anche con riferimento ad eventuali
sperimentazioni già realizzate, cui devono attenersi i soggetti accreditati per lo
svolgimento delle funzioni loro affidate;
d) le modalità di verifica periodica della efficacia e della efficienza delle prestazioni
rese in regime di accreditamento;
e) gli strumenti negoziali e le forme della cooperazione tra gli operatori accreditati e le
province, nell’ambito degli indirizzi regionali;
f) le forme della cooperazione tra i soggetti accreditati e gli operatori autorizzati a
livello nazionale o regionale;
g) le modalità di interconnessione al nodo regionale della borsa continua nazionale del
lavoro di cui all’articolo 28.
4. L’iscrizione nell’elenco degli operatori accreditati costituisce condizione
necessaria per poter svolgere i servizi per il lavoro.
CAPO III - Raccordo tra pubblico e privato e internazionalizzazione
Art. 26 - Forme di cooperazione e di raccordo tra pubblico e privato.
1. La Giunta regionale e le province possono affidare agli operatori accreditati ai
sensi dell’articolo 25 lo svolgimento di servizi per il lavoro, nel rispetto dei seguenti
indirizzi:
a) economicità del ricorso agli operatori accreditati, valutata oggettivamente sulla base
del rapporto tra i costi e i benefici del servizio fornito;
b) assenza di oneri in capo ai lavoratori per la fruizione dei servizi erogati;
c) obbligo per i soggetti affidatari di comunicare alla Regione ed alle province le
buone pratiche realizzate, nonché le informazioni e i dati relativi all’attività svolta e ai
risultati conseguiti.
2. La Giunta regionale realizza i progetti di interesse regionale di cui all’articolo
2, comma 2, lettera b), anche in collaborazione con gli operatori accreditati e autorizzati
ai sensi degli articoli 23, 24 e 25, favorendo il metodo e il lavoro in rete.
3. Al fine di favorire l’inserimento/reinserimento lavorativo dei lavoratori
svantaggiati, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera k), del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, le province possono costituire agenzie sociali, di cui all’articolo
13, comma 7, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, con la partecipazione
delle agenzie per il lavoro di somministrazione, previo il loro accreditamento ai sensi
dell’articolo 25 della presente legge.
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4. La Giunta regionale, acquisito il parere della commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento
istituzionale di cui all’articolo 7, determina i criteri, le condizioni e le modalità per la
costituzione di agenzie sociali, per la stipula delle convenzioni previste dall’articolo 13,
comma 7, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché per il monitoraggio
sulle attività svolte dalle agenzie sociali stesse.
Art. 27 - Internazionalizzazione del mercato del lavoro.
1. La Regione, nel rispetto dell’articolo 117, nono comma, della Costituzione,
favorisce lo sviluppo delle relazioni in materia di lavoro con le altre Regioni e gli Stati,
con l’obiettivo di promuovere la cooperazione, la mobilità dei lavoratori, lo scambio
delle esperienze, la reciproca collaborazione in materia di politiche del lavoro, la
costituzione di reti internazionali tra i servizi per il lavoro.
CAPO IV - Servizi telematici
Art 28 - Borsalavoroveneto e sistema informativo lavoro del Veneto (SILV).
1. La Regione, allo scopo di garantire una diffusa disponibilità e fruibilità dei
servizi per il lavoro e di favorire le più ampie opportunità occupazionali e la mobilità
territoriale del lavoro, realizza, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276 e successive modifiche ed integrazioni, il nodo regionale della
borsa continua nazionale del lavoro, denominato borsalavoroveneto.
2. Borsalavoroveneto è liberamente accessibile da parte dei lavoratori e dei datori
di lavoro, da qualunque punto della rete, anche senza rivolgersi ad alcun intermediario.
3. Borsalavoroveneto assicura:
a) la diffusione delle offerte e delle domande di lavoro;
b) la trasparenza e la circolazione delle informazioni per quanto riguarda i mercati del
lavoro territoriali, con riferimento anche alle condizioni di vita e alle opportunità di
qualificazione;
c) l’integrazione dei servizi pubblici e privati, autorizzati e accreditati, presenti nel
territorio;
d) la qualità dei dati raccolti attraverso adeguate azioni di verifica;
e) la definizione e la realizzazione di modelli condivisi di servizi per il lavoro;
f) il collegamento con la borsa continua nazionale del lavoro.
4. Il coordinamento delle attività di conduzione e sviluppo di borsalavoroveneto è
affidato ad una cabina di regia, istituita dalla Giunta regionale e presieduta dal
segretario regionale competente in materia di lavoro.
5. Le strutture regionali competenti in materia di lavoro, orientamento,
formazione, istruzione e sistema informatico e l’ente regionale Veneto Lavoro
concorrono, ciascuno per le rispettive competenze, alla gestione efficace di
borsalavoroveneto.
6. Per la promozione e la diffusione dell’utilizzo di borsalavoroveneto, la Giunta
regionale si avvale anche della collaborazione delle parti sociali e degli operatori
autorizzati e accreditati.
7. Le disposizioni relative al trattamento dei dati sono adottate dalla Giunta
regionale nell’ambito della normativa vigente.
8. Tutti gli operatori pubblici e privati, accreditati o autorizzati ai sensi degli
articoli 23, 24 e 25 adempiono all’obbligo di connessione alla borsa continua nazionale
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del lavoro attraverso il nodo borsalavoroveneto. In caso di mancato adempimento
all’obbligo è ritirata l’autorizzazione.
9. Il sistema informativo lavoro del Veneto (SILV), di seguito denominato SILV,
costituito nell’ambito del sistema informativo regionale veneto (SIRV), è basato su una
struttura a rete nell’ambito del nodo regionale borsalavoroveneto e supporta la Regione
nell’esercizio delle funzioni di programmazione e gestione delle politiche regionali del
lavoro.
10. Il SILV costituisce per le province lo strumento informativo per l’esercizio
delle funzioni loro attribuite dalla presente legge in materia di politica e di servizi per il
lavoro.
11. L’ente regionale Veneto Lavoro assicura la progettazione, la realizzazione, la
conduzione e la manutenzione del SILV per l’ambito regionale, in raccordo con le
strutture regionali competenti.
12. Il coordinamento delle attività di conduzione e sviluppo del SILV è affidato ad
un comitato strategico, istituito dalla Giunta regionale e presieduto dal segretario
regionale competente in materia di lavoro, cui partecipano rappresentanti dell’ente
regionale Veneto Lavoro e delle province.
13. La gestione del SILV è regolata da una convenzione quadro, approvata dalla
Giunta regionale, stipulata tra l’ente regionale Veneto Lavoro e le province.
14. La Giunta regionale può consentire l’accesso al SILV agli operatori autorizzati
e accreditati, previa stipula di apposite convenzioni, anche a titolo oneroso.
15. La commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali di cui
all’articolo 6 viene informata annualmente sulle attività di borsalavoroveneto e del
SILV.
Art. 29 - Servizi europei dell’occupazione (EURES).
1. La Regione, nell’ambito delle funzioni previste dall’articolo 2, coordina,
tramite la struttura regionale competente in materia di lavoro, la rete dei Servizi europei
dell’occupazione, di seguito denominata EURES, prevista dalla decisione n. 2003/8/CE
della Commissione, del 23 dicembre 2002, relativa all’attuazione del regolamento
(CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei
lavoratori all’interno della comunità, al fine di favorire la mobilità professionale dei
cittadini dei Paesi dello Spazio Economico Europeo (SEE), anche a supporto dei
fabbisogni occupazionali delle imprese per l’integrazione del mercato unico europeo.
2. I servizi EURES regionale e provinciali, nello svolgimento della propria
attività, utilizzano, oltre al portale EURES, anche borsalavoroveneto di cui all’articolo
28.
3. Il servizio EURES è integrato nelle attività dei centri per l’impiego delle
province.
TITOLO III - Politiche del lavoro
CAPO I - Disposizioni generali
Art. 30 - Finalità e tipologie di intervento.
1. La Regione promuove interventi di politica del lavoro finalizzati a:
a) incentivare la partecipazione al lavoro, in particolare delle donne, dei giovani e dei
soggetti svantaggiati a rischio di esclusione sociale;
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b) prevenire ed affrontare la disoccupazione, in particolare quella di lunga durata
nonché favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro individuando strumenti ed
incentivi atti a promuovere forme di continuità lavorativa;
c) sostenere il reddito di persone involontariamente prive di occupazione;
d) sostenere la formazione continua dei lavoratori e il reinserimento nella vita attiva;
e) promuovere la mobilità professionale;
f) favorire l’invecchiamento attivo;
g) sviluppare la qualità del lavoro;
h) favorire la conciliazione tra tempi di lavoro e di cura;
i) sostenere e incentivare i processi di trasformazione o riorganizzazione economica e
produttiva che sviluppino l’occupazione e/o migliorino le condizioni di lavoro.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati dalla Giunta regionale tenendo
conto dei seguenti principi e criteri generali di azione:
a) massima integrazione tra le misure di politica attiva e passiva per stimolare la
crescita e l’adattamento professionale dei lavoratori e incentivare comportamenti di
ricerca attiva d’impiego;
b) concentrazione su specifici gruppi di lavoratori o candidati lavoratori individuati in
relazione all'intensità e alla specificità dei bisogni nonché degli svantaggi che essi
devono colmare per conseguire effettive pari opportunità;
c) promozione di nuove attività imprenditoriali per giovani e lavoratori in difficoltà
occupazionale, con l'obiettivo di incentivare l'avvio e il mantenimento di attività
imprenditoriali e di lavoro autonomo;
d) promozione di iniziative relative al settore artigiano e delle piccole e medie
imprese, anche tramite l’assegnazione di fondi a enti bilaterali, funzionali alla creazione
di nuovi posti di lavoro e che prevedano forme di cofinanziamento delle stesse;
e) personalizzazione della gestione degli interventi, in un'ottica di accompagnamento,
mantenimento e di riconoscimento della eterogeneità delle situazioni;
f) centralità operativa del sistema dei servizi per il lavoro, così come definito
all’articolo 20, comma 1, in particolare per la definizione e il coordinamento dei
programmi d’intervento individuali;
g) promozione del ricorso anche ad attività di lavoro socialmente utile da parte degli
enti locali.
3. La realizzazione degli interventi di politica del lavoro può prevedere
l’attivazione di servizi aggiuntivi a quelli di base già disponibili, l’erogazione di
contributi al lavoratore a sostegno del reddito, l’incentivazione delle assunzioni anche
mediante l’erogazione di contributi ai datori di lavoro, l’assegnazione di buoni spesa per
l’acquisto di servizi.
Art. 31 - Fondo regionale per il sostegno al reddito e all’occupazione.
1. Al fine di rendere effettiva la partecipazione agli interventi di politica attiva del
lavoro di cui alla presente legge, è istituito il fondo regionale per il sostegno al reddito e
all’occupazione destinato a finanziare interventi a favore di disoccupati, di lavoratori
sospesi dal lavoro privi di ammortizzatori sociali e di lavoratori senza vincolo di
subordinazione di cui all’articolo 409, primo comma, numero 3, del codice di procedura
civile.
2. La Giunta regionale disciplina i criteri di utilizzo del fondo di cui al comma 1,
prevedendo anche l’erogazione di assegni di sostegno al reddito nonché l’erogazione di
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assegni di servizio per la partecipazione ad attività di orientamento, di formazione e di
formazione continua.
3. La Giunta regionale, nel disciplinare i criteri di cui al comma 2, si avvale delle
analisi e del piano fornito dall’Osservatorio sul reddito di cittadinanza e sul salario
minimo garantito, di cui all’articolo 33 della legge regionale 19 febbraio 2007, n. 2,
“Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2007”.
4. La Giunta regionale, acquisiti i pareri della commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6, del comitato di coordinamento
istituzionale di cui all’articolo 7 e della competente commissione consiliare, garantisce
una omogenea applicazione sul territorio regionale, attraverso l’adozione di atti di
indirizzo applicativo, delle norme relative alla decadenza dai trattamenti previdenziali di
cui all’articolo 1 quinquies del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 “Interventi urgenti
in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
dicembre 2004, n. 291.
Art. 32 - Ammortizzatori sociali.
1. La Regione ottimizza l’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili, mediante
una razionale combinazione dei trattamenti in deroga finanziati dallo Stato con il ricorso
aggiuntivo al fondo regionale di cui all’articolo 31 e, in situazioni eccezionali, a fondi
comunitari.
2. La Regione, in accordo con il Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, assume la responsabilità diretta della gestione delle procedure di
accesso ai trattamenti di cui al comma 1, effettuando il monitoraggio della spesa anche
mediante la stipula di convenzioni con gli enti previdenziali interessati.
3. La Giunta regionale, anche tramite il coinvolgimento del sistema del credito,
istituisce un fondo di rotazione per le anticipazioni ai lavoratori, prioritariamente di
piccole imprese, delle somme spettanti per i trattamenti di cassa integrazione, inclusa la
cassa integrazione in deroga ed esclusa la cassa integrazione ordinaria.
Art. 33 - Politiche per le pari opportunità e di conciliazione tra tempi di lavoro e di
cura.
1. La Regione favorisce le pari opportunità concorrendo, con iniziative proprie od
attuative della normativa statale in materia, al finanziamento di progetti finalizzati
all’affermazione dei principi di parità nelle più diverse articolazioni nel mondo del
lavoro in particolare finalizzati a favorire l’ingresso, la permanenza e il reinserimento
delle donne nel mercato del lavoro, nonché il superamento di ogni forma di
discriminazione. A tal fine la Regione promuove azioni positive per la parità di genere,
per il superamento di ogni disparità nell’accesso al lavoro, alla formazione e alla
progressione di carriera.
2. Nelle forme organizzative comunque disciplinate per il perseguimento degli
obiettivi di cui al comma 1, è garantita l’espressione del parere del consigliere regionale
di parità o della consigliera di parità di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 e
successive modifiche ed integrazioni.
3. Al fine di promuovere e incentivare forme di articolazione della prestazione
lavorativa volte a conciliare tempi di lavoro e di cura, coerentemente con le finalità di
cui alla legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della
paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle
città” e successive modifiche ed integrazioni, la Giunta regionale promuove e sostiene
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progetti, proposti da enti e organismi pubblici, imprese e gruppi di imprese, che
applicano o stipulano accordi contrattuali interconfederali, nazionali, territoriali e
aziendali che prevedono azioni positive per la flessibilità degli orari di lavoro.
4. La Regione favorisce la crescita di servizi territoriali di supporto per conciliare
tempi di lavoro e di cura, con particolare riferimento all’organizzazione dell’orario di
lavoro, all’utilizzo del lavoro a tempo parziale e del telelavoro.
5. La Giunta regionale, anche in collaborazione con province, comuni, parti
sociali e associazioni del terzo settore, favorisce e promuove la realizzazione di progetti
specifici finalizzati a prevenire e rimuovere le cause di discriminazione di genere.
6. La Giunta regionale, attraverso gli organismi preposti alla parità, promuove e
diffonde le linee guida antidiscriminatorie tra uomini e donne nell’accesso al lavoro,
nella formazione, nella valutazione del personale, nei percorsi di carriera, nel lavoro a
tempo parziale e nel salario per lavoro di uguale valore.
7. La Regione promuove, anche mediante l’impiego di incentivi ecomomici, lo
sviluppo di servizi domiciliari, di asili aziendali, di strumenti di assistenza alla persona e
alla famiglia, nonché ogni altra misura idonea a consentire, in particolare, alle donne la
conciliazione dei tempi di lavoro e di cura familiare.
8. In coerenza con i principi dell’Unione europea in ordine alla dimensione
trasversale della priorità di genere, la Regione programma, sentite le parti sociali ed in
collaborazione con le province, i comuni e le associazioni del terzo settore, azioni ed
interventi per perseguire le finalità di cui al presente articolo nei diversi ambiti delle
politiche attive del lavoro.
Art. 34 - Inserimento lavorativo delle persone disabili.
1. La Regione, in attuazione a quanto previsto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 e
successive modifiche ed integrazioni e dalla legge regionale 3 agosto 2001, n. 16
“Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili in attuazione della legge 12 marzo
1999, n. 68 e istituzione servizio integrazione lavorativa presso le aziende ulss” e
successive modifiche ed integrazioni, promuove la realizzazione del diritto al lavoro
delle persone disabili sostenendone l’inserimento al lavoro, la stabilizzazione
occupazionale nonché le attività di lavoro autonomo.
2. Le province esercitano le funzioni del collocamento mirato delle persone
disabili di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b).
Art. 35 - Cooperazione sociale e inserimento lavorativo.
1. La Regione, al fine di assicurare la piena integrazione sociale e l’effettività del
diritto al lavoro, riconosce il ruolo fondamentale della cooperazione sociale, sia come
erogatrice di servizi per il lavoro, sia come strumento per la creazione di opportunità
occupazionali, nella formazione, nell’inserimento e nel mantenimento lavorativo delle
persone svantaggiate e delle persone disabili.
2. La Regione promuove programmi di inserimento lavorativo nelle cooperative
sociali nel rispetto della legislazione nazionale e dei contratti collettivi nazionali e
territoriali, svolgendo in accordo con le province il monitoraggio sui risultati raggiunti e
la diffusione sul proprio territorio dei migliori modelli di intervento.
Art. 36 - Promozione dell’autoimprenditorialità.
1. La Giunta regionale sostiene, nel perseguimento delle azioni di orientamento al
lavoro di cui all’articolo 22 e in coerenza con la riforma del diritto-dovere di istruzione
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e formazione prevista con legge 28 marzo 2003, n. 53 “Delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
in materia di istruzione e formazione professionale” e successive modifiche ed
integrazioni, lo sviluppo e il mantenimento dell’autoimprenditorialità anche mediante la
concessione di contributi, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di
Stato, a soggetti in situazione di svantaggio occupazionale.
2. I contributi di cui al comma 1 sono finalizzati alla costituzione e acquisizione
di una partecipazione in nuove imprese anche cooperative costituite da lavoratori di
aziende o di settori in crisi aventi sede operativa sul territorio regionale, con particolare
riferimento alle spese di investimento, all’acquisizione di beni e servizi di consulenza e
alla partecipazione a corsi di formazione imprenditoriale.
Art. 37 - Gestione delle situazioni di crisi occupazionale.
1. La Giunta regionale, in coerenza con i principi di cui all’articolo 30 e sulla
base dei criteri da definire previa acquisizione dei pareri della commissione regionale
per la concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di
coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7, al fine di affrontare particolari
situazioni di tensione occupazionale a livello settoriale, distrettuale o locale, può
adottare interventi di politiche del lavoro e di riqualificazione professionale urgenti e di
breve durata, idonei a incentivare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, a
promuovere ed incrementare l’occupazione, a favorire il reimpiego dei lavoratori,
individuando le risorse necessarie nel fondo regionale di cui all’articolo 31 e
prevedendo eventuali forme di cofinanziamento da parte dei datori di lavoro interessati.
2. La Giunta regionale sostiene gli accordi intervenuti tra le organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro finalizzati alla riqualificazione e
ricollocamento dei lavoratori coinvolti nelle situazioni di crisi occupazionali, aziendali e
territoriali, individuando le risorse necessarie per il loro reimpiego. Favorisce altresì il
raccordo con i progetti per il rilascio o la riconversione del tessuto produttivo e
imprenditoriale dell’area o del settore interessato, eventualmente promossi da enti locali
o da imprese e loro consorzi.
3. La Giunta regionale, in attuazione di quanto previsto dal comma 1, può affidare
alle province la gestione di risorse per interventi in ambito provinciale.
Art. 38 - Cantieri scuola - lavoro.
1. La Regione, al fine di intervenire nelle situazioni di rischio occupazionale,
disciplina l’utilizzo temporaneo e straordinario in cantieri scuola-lavoro delle persone
prive di occupazione nonché dei lavoratori sospesi dal lavoro a causa di processi di crisi
o di ristrutturazione aziendale.
2. I criteri per l’apertura e la gestione dei cantieri sono stabiliti dalla Giunta
regionale.
Art. 39 - Disciplina del mercato del lavoro e modalità di trasmissione delle
comunicazioni obbligatorie.
1. La Giunta regionale, acquisiti i pareri della commissione regionale per la
concertazione tra le parti sociali di cui all’articolo 6 e del comitato di coordinamento
istituzionale di cui all’articolo 7, adotta indirizzi organizzativi e applicativi in materia di
servizi per il lavoro con particolare riferimento alla scheda anagrafica, alla scheda
professionale e al sistema di comunicazioni da parte delle imprese nonché allo stato di
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disoccupazione e relativa certificazione ed alla tenuta delle liste di mobilità e relativi
ricorsi.
Art. 40 - Avviamento a selezione nella pubblica amministrazione.
1. Per l’avviamento a selezione finalizzato alle assunzioni di lavoratori con
qualifica e profilo per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, le
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni, escluse le amministrazioni
statali e gli enti pubblici nazionali, procedono secondo modalità definite con apposito
provvedimento della Giunta regionale approvato acquisito il parere del comitato di
coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7.
2. Il provvedimento di cui al comma 1, in conformità ai principi fondamentali
stabiliti dalla legislazione statale, ed in particolare dall’articolo 35 del decreto
legislativo n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, è approvato nel rispetto
dei seguenti principi e criteri:
a) pubblicità della procedura;
b) generalità dell’accesso, a prescindere dal domicilio o dallo stato occupazionale del
candidato;
c) formazione della graduatoria dei candidati da avviare alla selezione esclusivamente
tra coloro che abbiano presentato, nelle forme rispondenti alle esigenze del contesto
socio-economico, la dichiarazione di disponibilità ad essere selezionati, con valutazione
prioritaria dello stato di bisogno determinato dal reddito personale oltre che dal carico
familiare.
TITOLO IV - Lavoro e formazione
CAPO I - Tirocini e apprendistato
Art. 41 - Tirocini formativi e di orientamento.
1. La Regione, al fine di favorire il raccordo tra scuola, formazione e lavoro e di
agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro,
favorisce e promuove i tirocini formativi e di orientamento.
2. Il tirocinio consiste in una esperienza temporanea in una realtà lavorativa,
svolta sia nell’ambito di un processo formativo sia al di fuori di un percorso formale di
istruzione e formazione, con finalità formative o di mero orientamento alle scelte
professionali. Il rapporto che si instaura tra il datore di lavoro ed il tirocinante non
costituisce rapporto di lavoro.
3. I tirocini formativi e di orientamento possono essere svolti presso datori di
lavoro pubblici e privati, ivi inclusi gli imprenditori o liberi professionisti senza
dipendenti.
4. La Giunta regionale, fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva,
acquisiti i pareri della commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali di
cui all’articolo 6, del comitato di coordinamento istituzionale di cui all’articolo 7 e della
commissione consiliare competente, adotta disposizioni relative ai tirocini formativi e di
orientamento
5. In particolare, tali disposizioni definiscono:
a) i limiti numerici dei tirocini;
b) le caratteristiche dei soggetti promotori e dei soggetti destinatari;
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c) la durata dei tirocini, che non può superare i nove mesi, estensibili a diciotto
esclusivamente nel caso di iniziative rivolte a persone con disabilità;
d) caratteristiche delle convenzioni e dei progetti formativi e di orientamento;
e) criteri di coerenza tra i percorsi di formazione formale e i tirocini organizzati in
relazione a tali percorsi;
f) modalità di rilascio delle certificazioni di svolgimento dei tirocini, finalizzate anche
al riconoscimento del credito formativo.
6. Nel caso di tirocini promossi all’estero, fermo restando il rispetto della
normativa applicabile al datore di lavoro ospitante, i soggetti garantiscono la presenza
del tutore e garanzie assicurative non inferiori a quelle previste dalla normativa vigente.
7. Nel caso di tirocini attivati a seguito di iniziative e programmi europei trovano
applicazione le specifiche disposizioni ivi previste.
Art. 42 - Contratto di apprendistato. (6)
1. La Regione promuove il contratto di apprendistato nelle tre tipologie previste
dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 “Testo unico
dell’apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n.
247”:
a) apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
b) apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
2. Al fine del comma 1, la Giunta regionale: (7)
a) definisce la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per la
qualifica e per il diploma professionale, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma
2, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
b) disciplina l’offerta formativa pubblica integrativa della formazione di tipo
professionalizzante e di mestiere, secondo quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, del
decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, programmandola annualmente nei limiti
delle risorse disponibili, sulla base di criteri selettivi che assicurino priorità ai percorsi
di primo inserimento lavorativo e di alternanza scuola lavoro;
c) definisce, d’intesa con le associazioni di categoria dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano regionale, le modalità di
riconoscimento della qualifica prevista dall’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo
14 settembre 2011, n. 167;
d) definisce la regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di
ricerca, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, per i profili
che attengono alla formazione, secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del
decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
e) disciplina le modalità di certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista
secondo quanto previsto all’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre
2011, n. 167.
3. La Regione promuove, anche attraverso accordi con i fondi interprofessionali
di cui all’articolo 47, adeguate iniziative per garantire la formazione professionalizzante
e di mestiere, svolta sotto la responsabilità dell’impresa, stimolando processi di
qualificazione della capacità formativa dell’impresa medesima.
4. La Regione, nei limiti delle risorse disponibili, adotta misure incentivanti per la
conferma in servizio degli apprendisti al termine del percorso formativo.”.
23
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Art. 43 - Formazione formale.
omissis (8)
Art. 44 - Contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto - dovere di
istruzione e formazione.
omissis (9)
Art. 45 - Contratto di apprendistato professionalizzante.
omissis (10)
Art. 46 - Contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per
percorsi di alta formazione.
omissis (11)
CAPO II – Formazione
Art. 47 - Formazione continua e fondi interprofessionali.
1. I fondi interprofessionali di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000,
n. 388 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2001)” e successive modifiche ed integrazioni si raccordano con le
azioni di formazione continua previste dalla programmazione regionale in materia e con
le intese raggiunte a livello nazionale tra Stato, Regioni e parti sociali.
2. La Giunta regionale si consulta periodicamente con le parti sociali, che hanno
costituito i fondi interprofessionali di cui al comma 1, al fine di una programmazione
sinergica delle rispettive attività.
Art. 48 - Certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti formativi.
1. La Giunta regionale promuove la definizione di un sistema condiviso a livello
nazionale di standard minimi per il riconoscimento, la certificazione delle competenze e
per la registrazione delle stesse sul libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 49,
tenuto conto di quanto previsto nella decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, relativa ad un quadro comunitario unico
per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass), pubblicata nella
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 390 del 31 dicembre 2004 e con riferimento a
quanto stabilito nelle sedi istituzionali di concertazione Stato-Regioni.
2. Ai fini della presente legge, il credito formativo è il valore attribuibile alle
competenze acquisite nei percorsi formativi riconosciuto dalla struttura educativa o
formativa cui accede l'interessato, con lo scopo di consentire il passaggio in un percorso
ulteriore di formazione, di istruzione o di lavoro.
3. Sulla base degli indirizzi e degli standard definiti a livello nazionale, la Giunta
regionale promuove il reciproco riconoscimento dei crediti formativi tra il sistema dei
licei e il sistema della istruzione e formazione professionale nonché all’interno di
ciascun sistema.
Art. 49 - Libretto formativo.
1. La Regione istituisce il libretto formativo del cittadino previsto dall’articolo 2,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nel rispetto delle
linee operative acquisite nelle sedi di concertazione istituzionale Stato-Regioni.
24
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2. La Giunta regionale, anche nell’ambito di sperimentazioni attivate per la
definizione dello strumento di cui al comma 1, stabilisce i requisiti per l’individuazione
di altri soggetti, oltre agli enti di formazione accreditati, ai quali può essere affidata
l’attività di assistenza nella compilazione ed aggiornamento del libretto formativo. La
Giunta regionale stabilisce idonee misure di controllo volte a garantire la effettiva
capacità e competenza a svolgere il servizio.
CAPO III – Vigilanza e ispezione (12)
Art. 50 - Istituzione Struttura per la valutazione e controllo strategico della
formazione professionale.
1. Al fine di supportare l’attività di programmazione e indirizzo politico
amministrativo, la Regione del Veneto esercita l’attività di valutazione e controllo
strategico sul sistema della formazione professionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 2,
lettera a) del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 e successive modifiche e
integrazioni.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è istituita, presso il Consiglio regionale la
struttura regionale per l'attività di valutazione e controllo strategico sul sistema della
formazione professionale, di seguito denominata Struttura, che opera direttamente in
collegamento funzionale con la commissione consiliare competente in materia di
formazione professionale.
3. Per lo svolgimento dei propri compiti la Struttura:
a) si avvale di personale proprio e può avvalersi della collaborazione delle strutture
della Giunta regionale competenti in materia di formazione professionale e lavoro,
nonché di enti universitari o di alta qualificazione;
b) accede direttamente ai dati del sistema informativo della formazione professionale;
c) può chiedere atti, documenti, dati e informazioni, oltre che alle strutture ed enti
regionali competenti, anche direttamente agli organismi di formazione accreditati. (13)
Art. 51 - Attività e compiti.
1. L’attività di valutazione e controllo strategico si esercita con riguardo al settore
della formazione professionale e mira a verificare l’efficacia e l’efficienza delle
politiche regionali in materia di formazione professionale.
2. L’attività di cui al comma 1 consiste nell’analisi, preventiva e successiva, della
congruenza e/o degli scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi
operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e
materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle
eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, dei possibili rimedi.
3. La Struttura relaziona sull’attività svolta alla Commissione consiliare, che
riferisce al Consiglio regionale con le eventuali proposte di reindirizzo delle politiche
regionali in materia di formazione professionale per la presa d’atto e l’eventuale invio
alla Giunta regionale per l’adozione dei conseguenti provvedimenti. (14)
Art. 52 - Adempimenti delle strutture e degli enti regionali.
omissis (15)
25
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Art. 53 - Disposizioni organizzative.
1. L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale individua le risorse umane e
finanziarie da destinare all’attività della Struttura, ai sensi dell’articolo 8 della legge
regionale 10 gennaio 1997, n. 1 “Ordinamento delle funzioni e delle strutture della
Regione” e successive modifiche ed integrazioni, e disciplina le modalità di
funzionamento della Struttura con provvedimento da adottare entro trenta giorni
dall’entrata in vigore della presente legge.
TITOLO V - Sicurezza, regolarità, qualità del lavoro e responsabilità sociale delle
imprese
CAPO I - Sicurezza, regolarità e qualità del lavoro
Art. 54 - Controlli.
1. La Regione, al fine di garantire sicurezza, regolarità e qualità del lavoro,
promuove apposite intese con gli enti pubblici competenti in materia di vigilanza sul
lavoro, ai fini della verifica e del controllo sulla corretta applicazione degli istituti
contrattuali in materia di lavoro, contribuendo al rafforzamento delle attività ispettive
anche attraverso l’ottimale circolazione dei dati e delle informazioni, particolarmente
nei settori a più alto rischio di irregolarità.
Art. 55 - Contrasto al lavoro sommerso e irregolare.
1. La Regione progetta, promuove e sostiene azioni di contrasto del lavoro
sommerso ed irregolare ed interventi per diffondere la cultura del lavoro regolare. A tal
fine la Giunta regionale, acquisito il parere del comitato di coordinamento istituzionale
dei cui all’articolo 7 e delle parti sociali, promuove azioni rivolte a:
a) concedere contributi, finanziamenti e incentivi esclusivamente ai soggetti che
dimostrino di essere in regola con gli obblighi di legge in materia di lavoro, sicurezza e
previdenza e che applicano i contratti collettivi nazionali, aziendali e/o territoriali;
b) promuovere il coinvolgimento delle parti sociali e la cooperazione tra i soggetti
istituzionali per favorire uno sviluppo locale funzionalmente e strutturalmente collegato
all’emersione del lavoro sommerso;
c) sostenere iniziative di carattere settoriale e territoriale idonee ad incidere sui
contesti sociali, produttivi, professionali, individuali che determinano la partecipazione
irregolare al lavoro e la marginalità;
d) facilitare l’accesso al credito dei soggetti impegnati in un percorso di emersione dal
lavoro irregolare;
e) diffondere la cultura della legalità attraverso interventi formativi e informativi nei
confronti dei soggetti pubblici e privati e nelle scuole aventi ad oggetto le conseguenze
del lavoro sommerso e dell’economia sommersa;
f) promuovere politiche di sostegno a favore di servizi e modalità di reperimento di
manodopera straniera e di incontro fra domanda ed offerta, che scoraggino il ricorso al
lavoro irregolare;
g) promuovere accordi fra le parti sociali che favoriscano sicurezza, regolarità e
qualità del lavoro.
2. Nel perseguimento delle finalità di cui al comma 1 la Giunta regionale
promuove la stipula di protocolli d’intesa con le commissioni di analisi del lavoro
irregolare istituite ai sensi dell’articolo 78, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n.
26
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448 “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo” e successive
modifiche ed integrazioni e con i comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso
(CLES) istituiti ai sensi dell’articolo 1 bis della legge 18 ottobre 2001, n. 383 “Primi
interventi per il rilancio dell’economia” e successive modifiche ed integrazioni. La
Giunta regionale favorisce l’attuazione delle disposizioni in materia di contrasto al
lavoro sommerso ed irregolare previste dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge
finanziaria 2007), in particolare per quanto riguarda il documento unico di regolarità
contributiva e l’applicazione degli indici di congruità negli appalti e subappalti. La
Giunta regionale promuove altresì, anche attraverso la collaborazione dell’osservatorio
regionale veneto sul lavoro irregolare previsto dall’articolo 18 della legge regionale 17
gennaio 2002, n. 2 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2002”, protocolli
d’intesa con le articolazioni regionali dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale
(INPS), con l’Istituto nazionale delle assicurazioni per gli infortuni sul lavoro (INAIL) e
con gli altri soggetti competenti in materia di vigilanza sul lavoro e di immigrazione.
3. La Giunta regionale, acquisito il parere delle parti sociali, definisce i criteri e le
modalità per la concessione degli incentivi per il contrasto del lavoro sommerso di cui
al comma 1, lettere a) e c).
Art. 56 - Sicurezza e qualità del lavoro.
1. La Regione, nell’esercizio delle sue competenze in materia, ai sensi
dell’articolo 117 della Costituzione, promuove e valorizza la sicurezza sul luogo di
lavoro, riconoscendo la stessa come diritto-dovere fondamentale del lavoratore.
Promuove inoltre, in coerenza con gli obiettivi della legislazione nazionale e regionale,
la realizzazione di un sistema integrato di sicurezza del lavoro e di miglioramento delle
qualità della vita lavorativa.
2. La Giunta regionale esercita poteri di indirizzo e di coordinamento nelle
attività di prevenzione, vigilanza e controllo, orientato prioritariamente al sostegno del
diritto - dovere alla sicurezza ed alla salute nei luoghi di lavoro anche attraverso:
a) la riduzione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori;
b) la promozione del benessere psico-fisico dei lavoratori, nella convinzione che esso
sia elemento fondamentale per la qualità del lavoro e dell’occupazione;
c) la diffusione della cultura della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
d) il supporto ai datori di lavoro per l’incentivazione di attività di prevenzione dei
rischi anche attraverso la promozione di buone pratiche sul territorio regionale.
3. Nel perseguimento delle finalità di cui al comma 1 e nell’esercizio dei poteri di
coordinamento di cui al comma 2 la Giunta regionale e le province, secondo le
rispettive competenze, d’intesa con le parti sociali:
a) adottano accordi, anche con gli organismi bilaterali, per l’attivazione di unità
formative appositamente dedicate alla tematica della salute, dell’igiene e della sicurezza
sul luogo di lavoro;
b) sostengono le azioni di coordinamento e di rafforzamento delle competenze rivolte
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali e territoriali di cui al decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.
123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, anche
attraverso la certificazione della formazione dei soggetti della prevenzione;
c) sostengono le azioni promosse dagli enti bilaterali e dagli organismi paritetici;
d) coordinano i diversi soggetti pubblici che operano nella materia della salute e della
sicurezza sul lavoro;
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e) attivano le campagne informative e l’organizzazione di interventi educativi rivolti
ai giovani per sensibilizzare alla cultura della salute e della sicurezza sul luogo di
lavoro.
4. La Giunta regionale sostiene la realizzazione di studi e ricerche volti a:
a) individuare e trasferire buone pratiche sul territorio regionale;
b) monitorare la situazione degli infortuni e delle malattie professionali sul territorio
regionale per l’elaborazione di un rapporto annuale.
5. La Giunta regionale definisce i criteri e le modalità per la concessione degli
incentivi per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
di cui ai commi 3 e 4.
Art. 57 - Incentivi alle famiglie dei lavoratori deceduti a causa di infortunio sul
lavoro.
1. La Regione promuove e sostiene l’inserimento al lavoro del coniuge o del
convivente, residenti in Veneto, dei lavoratori deceduti a causa di infortuni sul lavoro,
di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
2. La Giunta regionale definisce i criteri per l’accesso agli interventi di cui al
comma 1.
CAPO II - Responsabilità sociale delle imprese
Art. 58 - Obiettivi.
1. La Regione promuove la diffusione della cultura della responsabilità sociale di
impresa, intesa quale integrazione volontaria delle problematiche sociali ed ambientali
nelle attività produttive e commerciali e nei rapporti con le comunità ed il territorio ove
le imprese operano.
Art. 59 - Interventi.
1. La Giunta regionale promuove e sostiene interventi finalizzati al
perseguimento della responsabilizzazione sociale delle imprese, anche attraverso:
a) azioni di promozione, sensibilizzazione della cultura e dei principi e formazione
della responsabilità sociale delle imprese anche promuovendo il marchio etico e la
certificazione della qualità sociale delle aziende;
b) azioni di ricerca volte all’individuazione di buone prassi nelle esperienze realizzate;
c) sperimentazioni di nuove linee di lavoro per valorizzare le imprese nei rapporti con
la società civile;
d) definizione e valorizzazione di procedure, strumenti e metodologie, che permettano
la verifica e la certificazione delle iniziative e dei comportamenti socialmente
responsabili delle imprese anche con sedi all’estero e nei rapporti con i fornitori.
2. La Giunta regionale promuove azioni finalizzate a prevenire la diffusione di
fenomeni di sfruttamento del lavoro minorile, di mancato rispetto dei diritti dei
lavoratori e di inquinamento dell’ambiente.
3. La Giunta regionale stipula intese e attiva sperimentazioni con le province, i
comuni, gli enti bilaterali, le parti sociali, le camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura, le associazioni dei consumatori, le associazioni per la tutela dell’ambiente,
gli ordini ed i collegi professionali, gli organismi di ricerca e con ogni altro ente
pubblico e privato atto a realizzare le azioni di cui al comma 2.
28
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TITOLO VI - Disposizioni finali e transitorie
CAPO I - Disposizioni finali
Art. 60 - Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, quantificati in euro
12.536.366,27 per l’esercizio 2009 e in euro 13.800.788,00 per ciascuno degli esercizi
2010 e 2011, si fa fronte:
a) nell’esercizio 2009, quanto a euro 13.800,00 mediante utilizzo delle risorse allocate
nell’upb U0023 “Spese generali di funzionamento”, quanto a euro 7.522.566,27
mediante prelevamento delle risorse allocate nell’upb U0066 “Politiche attive del
lavoro” e quanto a euro 5.000.000,00 mediante prelevamento delle risorse allocate
nell’upb U0185 “Fondo speciale per le spese correnti” del bilancio di previsione 2009;
b) negli esercizi 2010-2011, quanto a euro 13.800,00 mediante utilizzo delle risorse
allocate nell’upb U0023 “Spese generali di funzionamento”, quanto a euro 8.786.988,00
mediante prelevamento delle risorse allocate nell’upb U0066 “Politiche attive del
lavoro” e quanto a euro 5.000.000,00 mediante prelevamento delle risorse allocate
nell’upb U0185 “Fondo speciale per le spese correnti” del bilancio pluriennale 20092011.
2. Contestualmente si provvede all’istituzione della nuova upb U0244 “Politiche
del lavoro”, allocata nella funzione obiettivo F0008 “Lavoro”, Area omogenea A0019
“Lavoro” del bilancio di previsione 2009 e pluriennale 2009-2011, con dotazione di
euro 12.522.566,27 nell’esercizio 2009 e di euro 13.786.988,00 in ciascuno degli
esercizi 2010 e 2011.
3. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, destina
annualmente adeguate risorse finanziarie ai soggetti di cui agli articoli 31 e 32, da
definirsi sulla base della dimensione del fenomeno relativo ai lavoratori di cui ai
suddetti articoli, registrato nell’anno precedente.
Art. 61 - Relazione.
1. Al fine di effettuare una valutazione sugli effetti derivanti dall’attuazione della
presente legge, la Giunta regionale con cadenza triennale, avvalendosi delle analisi e del
monitoraggio eseguito ai sensi dell’articolo 12, presenta alla commissione consiliare
competente per materia una relazione contenente informazioni sui risultati applicativi
della stessa.
Art. 62 - Uniformità della applicazione della presente legge e diritto di interpello.
1. La Giunta regionale garantisce le attività di assistenza giuridico-amministrativa
agli operatori autorizzati o accreditati ai sensi degli articoli 23, 24 e 25, al fine di
assicurare un’interpretazione uniforme su tutto il territorio regionale della presente
legge e dei relativi provvedimenti attuativi.
2. Le associazioni di categoria e gli ordini professionali, di propria iniziativa o su
segnalazione dei propri iscritti, e gli enti pubblici possono inoltrare alla struttura
regionale competente in materia di lavoro quesiti di ordine generale sull’applicazione
della presente legge e dei relativi provvedimenti attuativi.
3. L’inoltro dei quesiti e le comunicazioni di cui al presente articolo avvengono
esclusivamente per via telematica. Le risposte avvengono tramite le medesime modalità,
di norma, entro trenta giorni dal ricevimento.
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
4. La Giunta regionale stabilisce le modalità e la procedura per l’esercizio del
diritto di interpello di cui ai commi 1, 2 e 3.
CAPO II - Disposizioni abrogative e transitorie
Art. 63 - Disposizioni transitorie.
1. Gli organismi già istituiti ai sensi degli articoli 19, 21 e 23 della legge
regionale 16 dicembre 1998, n. 31 continuano a operare sino alla loro naturale scadenza
ed esercitano le funzioni e i compiti di cui agli articoli 6, 8 e 9 della presente legge.
2. Al fine di garantire la prosecuzione dei programmi e la continuità della
gestione dell’ente Veneto Lavoro, istituito e disciplinato dagli articoli da 8 a 16 della
legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 e successive modifiche ed integrazioni, si
applicano le seguenti disposizioni transitorie:
a) il direttore ed il collegio dei revisori, in carica alla data di entrata in vigore della
presente legge, conservano l’incarico fino alla naturale scadenza;
b) i regolamenti di organizzazione e di gestione amministrativa e contabile, approvati
dalla Giunta regionale ai sensi della previgente normativa, conservano efficacia fino alla
loro sostituzione;
c) i contratti di lavoro stipulati ai sensi della previgente normativa proseguono senza
soluzione di continuità e con la conservazione di tutti i diritti maturati dal momento
dell’assunzione; i contratti di prestazione ed i contratti di fornitura, adottati dall’ente ai
sensi della previgente normativa proseguono fino alla loro naturale scadenza.
3. Fino all’adozione dei provvedimenti attuativi delle disposizioni della presente
legge, conservano efficacia i provvedimenti della Giunta regionale e del dirigente della
struttura regionale competente in materia di lavoro già adottati alla data di entrata in
vigore della presente legge.
4. Fino all’approvazione del primo programma regionale per la formazione,
l’istruzione, il lavoro e l’orientamento previsto dall’articolo 10, conservano efficacia il
programma triennale di tutti gli interventi in materia di osservazione del mercato del
lavoro, informazione e orientamento al lavoro, formazione professionale e sostegno
all’occupazione approvato ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 30 gennaio 1990,
n. 10 “Ordinamento del sistema di formazione professionale e organizzazione delle
politiche regionali del lavoro” e successive modifiche ed integrazioni e il programma
regionale approvato ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 16 dicembre 1998, n.
31 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 64 - Abrogazioni e norme finali.
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti
disposizioni:
a) gli articoli 2, 3, 4, 14, 20, 21, 22, 23, 24, 27 della legge regionale 30 gennaio 1990,
n. 10 “Ordinamento del sistema di formazione professionale e organizzazione delle
politiche regionali del lavoro”;
b) l’articolo 10 della legge regionale 7 maggio 1991, n. 10 “Modifiche alla legge
regionale 30 gennaio 1990, n. 10 “Ordinamento del sistema di formazione professionale
e organizzazione delle politiche regionali del lavoro””;
c) l’articolo 11 della legge regionale 7 maggio 1991, n. 10 “Modifiche alla legge
regionale 30 gennaio 1990, n. 10 “Ordinamento del sistema di formazione professionale
e organizzazione delle politiche regionali del lavoro””;
30
161 di 204
Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
d) l’articolo 39 della legge regionale 1° febbraio 1995, n. 6 “Provvedimento generale
di rifinanziamento e di modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 1995)”;
e) la legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 “Norme in materia di politiche attive del
lavoro, formazione e servizi all’impiego in attuazione del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469”, fatto salvo l’articolo 8;
f) l’articolo 46 della legge regionale 28 gennaio 2000, n. 5 “Provvedimento generale
di rifinanziamento e di modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2000)”;
g) l’articolo 47 della legge regionale 9 febbraio 2001, n. 5 “Provvedimento generale di
rifinanziamento e di modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale della Regione (legge finanziaria 2001)”;
h) la legge regionale 29 novembre 2001, n. 36 “Modifiche ed integrazioni alla legge
regionale 16 dicembre 1998, n. 31 “Norme in materia di politiche attive del lavoro,
formazione e servizi all'impiego in attuazione del decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469””;
i) l’articolo 3 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7 “Disposizioni di riordino e
semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere,
acque minerali e termali, lavoro, artigianato e commercio e veneti nel mondo”.
2. Ogni richiamo alla commissione regionale per la concertazione tra le parti
sociali prevista dall’articolo 19 della legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31, contenuto
nella legislazione regionale vigente, deve intendersi riferito alla commissione regionale
per la concertazione tra le parti sociali prevista dall’articolo 6 della presente legge.
3. Ogni richiamo al comitato di coordinamento istituzionale previsto dall’articolo
21 della legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31, contenuto nella legislazione regionale
vigente, deve intendersi riferito al comitato di coordinamento istituzionale previsto
dall’articolo 7 della presente legge.
4. Ogni richiamo al programma previsto dall’articolo 2 della legge regionale 30
gennaio 1990, n. 10, contenuto nella legislazione regionale vigente, deve intendersi
riferito al programma previsto dall’articolo 10 della presente legge.
5. Ogni richiamo al programma previsto dall’articolo 4 della legge regionale 16
dicembre 1998, n. 31, contenuto nella legislazione regionale vigente, deve intendersi
riferito al programma previsto dall’articolo 10 della presente legge.
(1)
L’art. 64, comma 2 prevede che ogni richiamo nella normativa regionale alla
commissione di cui all’art. 19 della legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 si intende
fatto alla commissione prevista dal presente articolo.
(2)
L’articolo 64, comma 3 prevede che ogni richiamo nella normativa regionale al
comitato di cui all’articolo 21 della legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 si intende
fatto al comitato previsto dal presente articolo.
(3)
L’articolo 63, comma 1 prevede che “Gli organismi già istituiti ai sensi degli
articoli 19, 21 e 23 della legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 continuano a operare
sino alla loro naturale scadenza ed esercitano le funzioni e i compiti di cui agli articoli
6, 8 e 9 della presente legge.”.
(4)
L’art. 63, comma 4 prevede che sino all’approvazione del programma previsto
dal presente articolo conservano efficacia il programma triennale di cui all’art. 2 della
legge regionale 30 gennaio 1990, n. 10 e il programma regionale di cui all’art. 4 della
31
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Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 (BUR n. 23/2009)
legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 e i commi 4 e 5 del medesimo articolo 64
prevedono che i richiami nella normativa regionale ai piani sopracitati si intendono
riferiti al programma previsto dal presente articolo.
(5)
L’articolo 63, comma 2 prevede una disciplina transitoria per quanto riguarda gli
organi in carica, i regolamenti di organizzazione e gestione contabile e i contratti di
lavoro in essere.
(6)
Articolo sostituito da articolo 1 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21.
(7)
L’articolo 2 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21, dispone che entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima (14 settembre 2012)
la Giunta regionale adotta i provvedimenti previsti dall’articolo 42, comma 2, della
legge regionale 13 marzo 2009, n. 3, come modificato dalla legge regionale 8 giugno
2012, n. 21. Nelle more dell’approvazione dei suddetti provvedimenti, gli atti, già
adottati alla data di entrata in vigore (16 giugno 2012) della legge regionale 8 giugno
2012, n. 21, in attuazione delle disposizioni abrogate, continuano a trovare applicazione,
limitatamente alle parti compatibili con il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167.
(8)
Articolo abrogato da articolo 3 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21.
(9)
Articolo abrogato da articolo 3 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21.
(10) Articolo abrogato da articolo 3 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21.
(11) Articolo abrogato da articolo 3 della legge regionale 8 giugno 2012, n. 21.
(12) L’articolo 4 della legge regionale 30 settembre 2011, n. 20 dispone in materia di
efficacia degli atti adottati in attuazione delle norme - articoli 50-51-52 - oggetto delle
modifiche, prevedendo che gli atti adottati “sono privi di effetto” e che la Struttura per
la vigilanza sul sistema della formazione professionale è ridenominata “Struttura per la
valutazione e controllo strategico della formazione professionale”.
(13) Articolo così sostituito da comma 1, articolo 1, legge regionale 30 settembre
2011, n. 20.
(14) Articolo così sostituito da comma 1, articolo 2, legge regionale 30 settembre
2011, n. 20.
(15) Articolo abrogato da comma 1, articolo 3, legge regionale 30 settembre 2011, n.
20.
32
163 di 204
Legge regionale 26 maggio 2011, n. 11 (BUR n. 38/2011)
INTERVENTI PER COMBATTERE LA POVERTÀ ED IL DISAGIO SOCIALE
ATTRAVERSO LA REDISTRIBUZIONE DELLE ECCEDENZE ALIMENTARI
Art. 1 - Finalità.
1. La Regione del Veneto, nell’ambito delle politiche di solidarietà sociale,
riconosce, valorizza e promuove l’attività svolta per il recupero delle eccedenze
alimentari e per la loro redistribuzione a coloro che assistono persone in stato di grave
disagio sociale e di indigenza.
Art. 2 - Beneficiari.
1. La Regione assume le finalità di cui alla presente legge nei propri strumenti di
programmazione economica e sociale avvalendosi, per il perseguimento delle stesse, dei
soggetti del terzo settore, così come individuati dall’articolo 2 del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 30 marzo 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi
di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 novembre
2000, n. 328”, che esercitano in modo prevalente l’attività di cui all’articolo 1 e che
presentano i seguenti requisiti:
a) operare in Veneto;
b) operare con una progettualità di rete a livello territoriale.
Art. 3 - Interventi.
1. La Regione, in attuazione delle finalità di cui all’articolo 1, individua gli
obiettivi e le modalità di intervento e di sostegno operativo e finanziario mediante la
predisposizione di un programma di interventi a valenza triennale, approvato dalla
Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.
2. Il programma di cui al comma 1 in particolare prevede i seguenti obiettivi:
a) l’attenuazione delle condizioni di disagio delle persone e delle famiglie, attraverso
la raccolta e la distribuzione di generi alimentari ai soggetti che operano nel settore
assistenziale;
b) la promozione e il sostegno di specifici progetti formativi inerenti la diffusione di
una corretta cultura della nutrizione da attuarsi anche mediante apposite azioni di
informazione rivolte verso la collettività;
c) la costituzione di modelli di partnership consistenti nella definizione di accordi di
collaborazione tra le aziende del settore alimentare, della grande distribuzione
alimentare e della ristorazione collettiva ed i soggetti di cui all’articolo 2 favorendo la
cessione di generi alimentari ancora commestibili;
d) la predisposizione di progetti di informatizzazione e di formazione professionale a
sostegno delle attività di recupero e di redistribuzione delle eccedenze alimentari.
3. I rapporti tra la Regione ed i soggetti individuati dal programma di cui al
comma 2, sono regolati da convenzione approvata dalla Giunta regionale.
4. La convenzione di cui al comma 3 prevede le modalità ed i tempi di
realizzazione degli interventi e dei servizi prestati nonché le modalità per la verifica
dello svolgimento degli stessi e per l’erogazione di risorse economiche da parte della
Regione.
164 di 204
Art. 4 - Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 3, quantificati in euro
50.000,00 per l’esercizio 2011, si fa fronte con le risorse allocate nell’upb U0161
“Interventi di sostegno al terzo settore” del bilancio di previsione 2011, riducendo di
pari importo lo stanziamento di spesa finalizzato agli interventi previsti dalla legge
regionale 3 novembre 2006, n. 23 “Norme per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione sociale”.
2
165 di 204
P A
Presidente
Vicepresidente
Assessori
Luca
Marino
Renato
Roberto
Luca
Maurizio
Marialuisa
Elena
Marino
Massimo
Franco
Remo
Daniele
Zaia
Zorzato
Chisso
Ciambetti
Coletto
Conte
Coppola
Donazzan
Finozzi
Giorgetti
Manzato
Sernagiotto
Stival
Segretario
Mario
Caramel
9^ legislatura
Struttura amministrativa competente:
Direzione Industria e Artigianato
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 676 del 17 aprile 2012
OGGETTO:
Nuovo piano straordinario anticrisi per gli esercizi 2012 e 2013: finanziamenti agevolati per il
supporto della liquidità aziendale, a favore delle PMI dei settori artigianato, industria,
commercio e dei servizi e turismo, mediante l’utilizzo dei fondi di rotazione istituiti presso
Veneto Sviluppo S.p.A..
NOTE PER LA TRASPARENZA:
Intervento finalizzato al sostegno della liquidità delle PMI mediante l’individuazione di nuove modalità di
utilizzo dei fondi di rotazione dell’artigianato, industria, commercio e dei servizi e turismo, rispettivamente
previsti dall’art. 21, L.R. n. 2/2002, art. 23, L.R. n. 5/2001, art. 6, L.R. n. 1/1999 e artt. 101 e 103 della L.R.
n. 33/2002.
L’Assessore Marialuisa Coppola riferisce quanto segue.
Com’è noto, una delle conseguenze più evidenti della crisi economica generale che da tempo il Paese
sta attraversando è rappresentata dalla stretta creditizia a cui sono sottoposte le imprese, e dai crescenti costi
di utilizzo del credito. Questa situazione si riflette, in particolare, anche sulle imprese della nostra regione,
che, spesso, sono penalizzate anche dalla loro dimensione. In questo contesto, le difficoltà di accesso al
credito si manifestano non solo nel caso di rilevanti iniziative di investimento, ma anche per richieste di
liquidità a supporto dell’ordinaria gestione del capitale circolante. In risposta al progressivo manifestarsi di
queste criticità, la Giunta Regionale ha attuato una serie di interventi finalizzati ad agevolare l’accesso al
credito delle PMI, tra i più recenti, si ricordano la riattivazione del Fondo Regionale di garanzia, rifinanziato
per 35 milioni di euro (ex L.R. n. 19/2004 e DGR n. 1116/2011), e l’aggiornamento delle modalità di utilizzo
dei fondi di rotazione regionali per finanziamenti, relativamente alla determinazione dei tassi di interesse su
cui calcolare l’intervento agevolativo (DGR n. 117/2012).
La presente proposta prosegue nella direzione descritta, peraltro già parzialmente sperimentata con la
misura anticrisi ex DGR n. 3703/2009 e DGR n. 427/2011, individuando ulteriori nuove modalità di utilizzo
dei principali fondi di rotazione regionali, finalizzate a fornire alle PMI un supporto finanziario agevolato per
nuova liquidità. In particolare, si propone di intervenire a favore delle PMI per fabbisogni di liquidità nei
seguenti casi (anche cumulati tra loro):
1. a fronte di crediti insoluti, sorti nei diciotto mesi antecedenti alla data di presentazione della domanda di
agevolazione, la cui documentazione è rappresentata da ricevute bancarie, effetti cambiari, assegni, o altri
titoli di credito similari;
2. a fronte di crediti maturati verso le pubbliche amministrazioni, la cui documentazione è rappresentata
dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio (art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) e copia dei
documenti comprovanti i crediti;
Mod. B - copia
166 di 204
3. a fronte di rimborsi di finanziamenti a medio lungo termine accesi per investimenti aziendali, per un
importo non superiore all’ammontare delle rate pagate negli ultimi 24 mesi antecedenti la data della
domanda di agevolazione;
4. per anticipazioni a fronte di uno o più ordini accettati e/o contratti di fornitura di beni e/o servizi (esclusa
l’attività di consulenza), correlati all’attività dell’impresa richiedente, la cui documentazione è
rappresentata dal contratto sottoscritto dalle parti, la proposta di vendita e relativa accettazione con visto
del venditore o la proposta d’acquisto e relativa accettazione di vendita. L’ammontare minimo da
documentare, per singola operazione di fornitura, non può essere inferiore a euro 5.000,00 (cinquemila/00
IVA. esclusa).
I fondi di rotazione per i quali si propone l’adozione delle forme di utilizzo evidenziate, sono:
a) il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese artigiane (art. 21, L.R. n.
2/2002), per un importo di finanziamento minimo di euro 25.000,00 e massimo di euro 300.000,00 per
singola impresa;
b) il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per le PMI (art. 23, L.R. n. 5/2001), per
un importo di finanziamento minimo di euro 25.000,00 massimo di euro 500.000,00 (cinquecentomila)
per singola impresa;
c) il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per gli investimenti delle PMI dei
settori del commercio e dei servizi (art. 6, L.R. n. 1/1999), per la sola finalità di cui al punto 3, per un
importo di finanziamento minimo di euro 15.000,00 massimo di euro 500.000,00 (cinquecentomila) per
singola impresa;
d) il fondo di rotazione del settore del turismo (art. 101, L.R. 33/2002), per un importo di finanziamento
minimo di euro 25.000,00 massimo di euro 500.000,00 (cinquecentomila) per singola impresa.
I finanziamenti agevolati attivati per le finalità di cui trattasi hanno durata massima di rimborso pari
a 5 anni, di cui 12 mesi di preammortamento massimo, e la modalità di determinazione del tasso di interesse
su cui applicare l’agevolazione è quella individuata dalla Deliberazione della Giunta regionale n. 117 del 31
gennaio 2012, entro i termini di validità della stessa.
Gli importi massimi dei finanziamenti individuati per ciascun fondo di rotazione sono da intendersi quale
limite di importo anche di più operazioni agevolate, riferite alla medesima impresa e contemporaneamente in
ammortamento. La quota di intervento dei fondi regionali, sul totale di ciascun finanziamento, è pari al 50%.
Agli interventi di agevolazione sopra descritti si applica il regime “de minimis” (Reg. CE 1998/2006 e
s.m.i.).
Si ritiene, inoltre opportuno, per le finalità descritte, aggiornare l’attuale operatività di due dei fondi
sopra elencati, così come sotto indicato:
− fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per le PMI (art. 23, L.R. n. 5/2001), per
le finalità di ricapitalizzazione, riequilibrio finanziario aziendale, e di consolido di passività a breve (di
cui alla Sezione B del Fondo): si propone di incrementare l’importo massimo del finanziamento
concedibile dagli attuali euro 350.000,00 a euro 500.000,00, da intendersi quale limite di importo anche
di più operazioni agevolate riferite alla medesima impresa e contemporaneamente in ammortamento;
− fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese artigiane (art. 21, L.R. n.
2/2002), per le finalità di ricapitalizzazione, riequilibrio finanziario aziendale, e di consolido di passività a
breve: l’importo massimo del finanziamento concedibile, pari a euro 300.000,00, è da intendersi quale
limite di importo anche di più operazioni agevolate riferite alla medesima impresa e contemporaneamente
in ammortamento.
Le positive sinergie che si possono attivare tra le nuove modalità operative individuate e il Fondo
Regionale di Garanzia, che può intervenire anche in cogaranzia con i Confidi operanti nella regione fino ad
una copertura massima totale dell’80%, consentono di facilitare l’accesso al credito da parte delle PMI e di
ridurre i correlati oneri finanziari.
Mod. B - copia
pag. 2 Dgr n.
del
167 di 204
Infine, si propone di estendere per gli anni 2012 e 2013 (a valere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31
dicembre 2013) la validità della presente iniziativa, termine eventualmente prorogabile con altro
provvedimento della Giunta Regionale.
Il relatore conclude la propria relazione e sottopone all'approvazione della Giunta regionale il seguente
provvedimento.
LA GIUNTA REGIONALE
UDITO
il relatore, incaricato dell'istruzione dell'argomento in questione ai sensi dell'art. 33, secondo
comma, dello Statuto, il quale dà atto che la Struttura competente ha attestato l'avvenuta
regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione
statale e regionale;
VISTI
le Deliberazioni della Giunta Regionale n. 3985 del 16 dicembre 2008 riguardante il fondo di
rotazione per l’artigianato, n. 70 del 23 gennaio 2004 riguardante il fondo di rotazione per le
P.M.I., n. 1918 del 27 luglio 2010 riguardante il fondo di rotazione dedicato al settore
commercio e servizi, n. 898 del 21 giugno 2011 riguardante il fondo di rotazione dedicato al
settore turismo, n. 3703 del 30 novembre 2009 e n. 427 del 12 aprile 2011 riguardanti
precedenti misure anticrisi a favore delle PMI, n. 1116 del 26 luglio 2011 riguardante il
rifinanziamento del fondo regionale di garanzia, n. 117 del 31 gennaio 2012 riguardante
l’aggiornamento delle modalità di determinazione dei tassi di interesse su cui applicare
l’agevolazione dei fondi di rotazione;
la Legge Regionale 18 gennaio 1999, n. 1, art. 6;
la Legge Regionale 9 febbraio 2001, n. 5, art. 23;
la Legge Regionale 17 gennaio 2002, n. 2, art. 21;
la Legge Regionale 4 novembre 2002, n. 33, articoli 101 e 103;
RITENUTO
necessario, vista la gravità della crisi in atto, procedere, da subito, all’adozione del presente
nuovo piano straordinario anticrisi per gli esercizi 2012 e 2013 a supporto della liquidità
delle PMI attive nei settori dell’artigianato, industria , commercio e dei servizi e turismo;
DELIBERA
1. di ritenere le premesse parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;
2. di ampliare l’utilizzo di alcuni fondi di rotazione regionale per operazioni di supporto finanziario
agevolato destinato a fornire nuova liquidità alle PMI nei seguenti casi:
a) a fronte di crediti insoluti
b) a fronte di crediti verso la Pubblica Amministrazione
c) a fronte di rimborsi di finanziamenti a medio lungo termine accesi per investimenti aziendali
d) per anticipazioni di ordini e/o contratti di fornitura di beni e/o servizi
in conformità alle specifiche modalità operative dettagliatamente descritte in premessa;
3. di stabilire che i fondi di rotazione a cui applicare le nuove modalità operative sono:
- il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese artigiane (art. 21, L.R.
n. 2/2002);
- il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per le PMI (art. 23, LR. n. 5/2001);
- il fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per gli investimenti delle PMI dei
settori del commercio e dei servizi (art. 6, L.R. n. 1/1999), per la sola finalità di cui alla lettera c) del
precedente punto 2;
- il fondo di rotazione del settore del turismo (art. 101, L.R. n. 33/2002);
Mod. B - copia
pag. 3 Dgr n.
del
168 di 204
4.
di incrementare, con riferimento al fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per
le PMI (art. 23, L.R. 5/2001), per le finalità di ricapitalizzazione, riequilibrio finanziario aziendale, e di
consolido di passività a breve (di cui alla Sezione B del Fondo), l’importo massimo del finanziamento
concedibile dagli attuali euro 350.000,00 a euro 500.000,00, da intendersi quale limite di importo anche
di più operazioni agevolate riferite alla medesima impresa e contemporaneamente in ammortamento;
5.
di determinare, con riferimento al fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati alle
imprese artigiane (art. 21, L.R. n. 2/2002), per le finalità di ricapitalizzazione, riequilibrio finanziario
aziendale, e di consolido di passività a breve, in euro 300.000,00 l’importo massimo del finanziamento
concedibile, quale limite di importo anche di più operazioni agevolate riferite alla medesima impresa e
contemporaneamente in ammortamento;
6.
di estendere per gli anni 2012 e 2013 (a valere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2013) la
validità delle azioni individuate con il presente provvedimento, termine eventualmente prorogabile con
altro atto della Giunta Regionale; ai fini dell’ammissibilità delle domande formulate farà fede la data di
ricevimento delle stesse presso la finanziaria regionale Veneto Sviluppo S.p.A.;
7.
di dare atto che la società Veneto Sviluppo S.p.A., soggetto gestore dei fondi di rotazione individuati dal
presente atto, è tenuta a dare attuazione al presente piano straordinario di sostegno finanziario e
creditizio a favore delle PMI dei settori industria e artigianato, commercio e servizi e turismo, con il
coordinamento ed il controllo delle Direzioni regionali di riferimento in relazione al fondo utilizzato;
8.
di dare atto che la presente deliberazione non comporta spesa a carico del bilancio regionale;
9.
di attribuire al presente provvedimento straordinario e temporaneo l’urgenza e la priorità di attuazione
massime, disponendo conseguentemente l’acquisizione in via successiva del previsto parere della
Commissione Consiliare competente ai sensi dell’ art. 21 della Legge Regionale 17 gennaio 2002, n. 2;
art. 23 della Legge Regionale 9 febbraio 2001, n. 5 e dagli articoli 101 e 103 della Legge Regionale 4
novembre 2002, n. 33;
10. di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
Sottoposto a votazione, il provvedimento viene approvato con voti unanimi e palesi.
Il Segretario
F.to Avv. Mario Caramel
Mod. B - copia
Il Presidente
F.to Dott. Luca Zaia
pag. 4 Dgr n.
del
169 di 204
Bur n. 39 del 22/05/2012
Settore secondario
Deliberazioni della Giunta Regionale N. 687 del 02 maggio 2012
Approvazione del "Patto per il Veneto" a seguito dei lavori del "Tavolo regionale per lo sviluppo del Veneto" di cui alla deliberazione di Giunta
regionale n. 1949 del 27.7.2010.
Note per la trasparenza: Con il presente provvedimento si approva il testo del documento denominato "Patto per il Veneto", il documento che
indica i principali interventi che la Regione intende porre in essere nei prossimi 18 mesi per la ripresa socio − economica del territorio veneto.
Il Presidente Luca Zaia riferisce quanto segue.
In data 27 luglio 2010 con proprio provvedimento n. 1949 la Giunta regionale ha istituito il "Tavolo regionale per lo sviluppo del Veneto" che
prevede la partecipazione del Presidente della Regione del Veneto, dei componenti della Giunta regionale, degli Enti Locali e delle Parti Sociali,
con l'obiettivo di individuare e promuovere gli elementi di crescita dell'economia, per lo sviluppo della Regione.
A fronte di un contesto caratterizzato da una crisi economica generale e persistente che ha colpito l'intero mondo occidentale, oggi
concentratasi nell'area euro ed in particolare nel nostro Paese, l'Amministrazione regionale ha ritenuto di innovare i metodi tradizionali di
approccio alla programmazione, raccogliendo attorno ad un tavolo tutte le rappresentanze del territorio, per tracciare una strada condivisa di
obiettivi da raggiungere e di azioni concrete immediatamente attivabili, finalizzate appunto alla crescita socio economica del territorio.
Nel mettere insieme le forze istituzionali e di rappresentanza sociale l'intendimento dell'Amministrazione era quello di elaborare un'analisi della
situazione, fare sintesi ed avanzare proposte operative concrete per lo sviluppo, perseguendo gli obiettivi di seguito sintetizzati:
−
−
Individuare i settori sui quali concentrare prioritariamente l'attenzione delle parti istituzionali e sociali;
Individuare gli strumenti regionali che, intervenendo nei settori prioritari, possono favorire e accelerare la ripresa produttiva e
occupazionale;
−
Concertare gli impegni comuni per attivare tali strumenti.
In linea con il principio della concertazione che caratterizza l'attività programmatoria della Regione, e nello spirito rinnovato di una fattiva
collaborazione tra Soggetti Istituzionali e Parti Sociali il Tavolo, ha elaborato, nell'arco di poche settimane e con l'apporto di ciascuno, un piano
di azione concreto che tratta prevalentemente argomenti di carattere economico, nella convinzione che il superamento della crisi, il ritorno al
benessere diffuso, il miglioramento della qualità della vita, passino necessariamente attraverso la ripresa economica, e quindi attraverso il
rilancio della competitività delle imprese ed il recupero dei livelli occupazionali, in specie dei giovani, senza tralasciare peraltro il tema di una
riforma della Pubblica Amministrazione che coniughi in maniera efficace i concetti/obiettivi della responsabilità, della semplificazione e della
valutazione dei risultati.
I lavori del Tavolo hanno portato dunque alla stesura di un documento articolato che indica alcune azioni prioritarie nell'ambito di settori
strategici per lo sviluppo regionale, già intraprese o da intraprendere nell'immediato futuro, che intendono essere il primo passo di un processo
1
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di crescita e sviluppo del territorio, che vedrà congiuntamente impegnate anche in futuro l'Amministrazione regionale e le Parti Sociali; detto
documento si compone oltre che di una parte descrittiva anche di una tabella che indica le risorse finanziarie che, nel corso dei prossimi 18
mesi, verranno destinate alla realizzazione degli interventi previsti ad oggi quantificate in circa 1 miliardo di Euro.
E' di tutta evidenza che le azioni delineate nell'ambito di detto documento, denominato "Patto per il Veneto" saranno oggetto di successive fasi
di implementazione, attuazione e monitoraggio che vedranno il coinvolgimento del Tavolo regionale per lo Sviluppo, la cui composizione verrà
integrata, con successivo provvedimento, tenuto conto della necessità di coinvolgere nel processo di sviluppo che si sta avviando tutti i portatori
di interessi nello stesso coinvolti.
Il "Patto per Veneto", è stato illustrato nel corso di una riunione tenutasi in data 13 aprile 2012 alla presenza dei componenti il Tavolo per lo
Sviluppo; in quell'occasione alcuni componenti il Tavolo lo hanno sottoscritto, altri hanno successivamente manifestato la volontà di aderirvi.
Trattasi ora di approvare formalmente "Patto per il Veneto ", Allegato A al presente provvedimento del quale è parte integrante e sostanziale,
alla cui sottoscrizione ufficiale si provvederà in data 2 maggio 2012.
Il relatore conclude la propria relazione e sottopone all'approvazione della Giunta Regionale il seguente provvedimento.
LA GIUNTA REGIONALE
Udito il relatore, il quale dà atto che le strutture competenti hanno attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica anche in ordine alla
compatibilità con la vigente legislazione regionale e statale.
Vista la Deliberazione di Giunta Regionale n. 1949 del 27 luglio 2010.
delibera
1.
di considerare le premesse parti integranti del presente dispositivo;
2.
di approvare il testo del "Patto per il Veneto", allegato A al presente provvedimento del quale è parte integrante e sostanziale;
3.
di autorizzare il Presidente alla sottoscrizione del documento;
4.
di dare atto che la presente deliberazione non comporta spesa a carico del bilancio regionale;
5.
di incaricare la Segreteria Generale della Programmazione all'esecuzione al presente atto;
6.
di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
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giunta regionale – 9^ legislatura
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“PATTO PER IL VENETO”
Considerazioni e proposte per il Veneto Venti Venti
1. Le ragioni di questo Patto
La crisi ha scosso alcune certezze sulle prospettive del nostro modello di sviluppo economico – sociale.
Dobbiamo ripensare con pochissimo tempo a disposizione come affrontare il cambiamento in corso,
distinguendo i “fondamentali” da consolidare rispetto a ciò che è da innovare. E’ significativo lo scollamento
di una parte del mondo giovanile, che affronta con l’esodo o in termini di disaffezione questo periodo di
eccezionale cambiamento. In teoria i giovani sono i migliori anticipatori, interpreti e acceleratori nei
cambiamenti. Non possiamo dire che sia così.
Al fondo di questo documento vi è la consapevolezza che il Veneto del futuro non potrà più basare la sua
forza sull’adattamento a un mondo dato solo con proprie differenze originali di organizzazione sociale ed
economica: la famiglia, la piccola impresa, la coesione comunitaria, i distretti produttivi. Quell’epoca storica
poteva beneficiare di un contesto geopolitico che condannava all’arretratezza gran parte dell’Europa e
comportava delle asimmetrie commerciali a nostro favore.
Oggi il deficit di competitività e la crisi del debito pubblico che caratterizzano la situazione ci obbligano ad
effettuare una discontinuità con il passato. La sfida è resa più difficile e selettiva perché avviene comunque
in un quadro di impoverimento relativo del Paese in cui il Veneto è coinvolto.
Dobbiamo progettare leadership di eccellenza con l’originalità creativa delle nostre risorse. Dobbiamo
coltivare un’innovazione completa, non da imitazione e adattamento.
Nel passato l’unitarietà degli sforzi per modernizzarci e agganciare in modo stabile le aree dello sviluppo era
garantita da una forte e diffusa cultura comune. Oggi quell’orizzonte culturale è stato fortemente eroso dai
cambiamenti globali e pertanto l’unitarietà da dato di partenza è invece una condizione da realizzare, un
risultato da perseguire.
Territori e differenze sono valori da riconoscere e da integrare pienamente nelle strategie di costruzione delle
eccellenze.
Per questo il nostro sistema deve mettere sempre più a valore l’impresa e insieme le esternalità che generano
valore di cui l’impresa si avvale. Dobbiamo puntare a un modello manifatturiero evoluto, in cui il
subfornitore ad alta intensità di lavoro sia sostituito da servizi terziari a forte capacità di innovazione sul
prodotto. Le nostre città devono attrezzarsi con utility di produzione dei beni comuni e dei servizi a rete che
creano esternalità positive.
È tuttavia evidente che lo sviluppo delle economie alternative cui si accenna sopra, potrà avvenire solo sulle
fondamenta di un solido sistema produttivo tradizionale che abbia prima di tutto nel manifatturiero, ma
anche nel terziario del turismo, del commercio e del credito e nell’attività agricola produttiva, i propri
imprescindibili punti di riferimento.
Il lavoro delle persone è il primo valore da mettere al centro del nuovo modello di sviluppo, è il cardine della
responsabilità sociale dell’impresa. Pertanto occupazione e inclusione dei giovani sono le priorità sul breve
periodo su cui si concentrano alcune proposte di rapida attuabilità. Ciò rende necessario focalizzare alcune
azioni concrete con effetto immediato, per ricostruire un clima sociale di fiducia, di collaborazione e di
apertura. Questo passaggio può consistere in crescita a condizione che sia alimentato da economie che
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diversificano, come quella della cultura, della conoscenza, della sostenibilità e il turismo rivolto sia alle
bellezze architettoniche che a quelle ambientali. Le attività legate all’arte, alla cultura e al paesaggio – anche
grazie al richiamo di importanti investimenti locali, nazionali e stranieri – debbono evolversi verso l’impresa
dei giacimenti culturali e paesaggistici che valorizzi percorsi anche agroalimentari e enogastronomici,
attività economica di salvaguardia, ma anche di sviluppo, in termini di produzione di valore e di nuova
occupazione qualificata.
Inoltre il Veneto ha una posizione geografica straordinaria nel nuovo mondo, tra Europa e Mediterraneo, tra
Est e Ovest, un posizionamento di crocevia che deve essere adeguatamente infrastrutturato da un sistema per
la mobilità delle persone e la logistica delle merci intermodale, integrato e accessibile. Il Veneto può
divenire il cuore di una “macroregione”, che si elegge a grande “piattaforma logistica” dell’Europa che
guarda ad est. Nel contesto attuale questo posizionamento si caratterizza per una potenzialità di interscambi
con la crescita di molte aree del pianeta con l’opportunità di insediarsi in mercati emergenti molto
consistenti.
Infine un ultimo obiettivo, che acquista un valore altrettanto strategico per la sua permeabilità e per la
capacità di creare occupazione aggiuntiva e qualificata: dagli spin off universitari e dei Parchi Scientifici e
Tecnologici, all’evoluzione delle professioni e dei servizi professionali in “organizzazioni d’impresa”,
competitivi nel mercato locale e nel confronto internazionale.
Queste azioni prioritarie non hanno natura assistenziale legata all’emergenza, ma sono il primo step di
una strategia per avviare un nuovo periodo di crescita. Pertanto sia i fondi per incentivare l’auto imprenditorialità o quelli per la formazione finalizzata alla ricollocazione degli inattivi saranno azioni del
tutto coerenti con l’ obiettivo della crescita: per i settori di intervento (green economy, tecnologie dell’
informazione, economia della cultura, nano e biotecnologie, turismo sostenibile), per l’adozione di
metodologie di finanziamento al rischio di impresa, per la modernità e l’efficacia dei percorsi formativi e,
infine, per il funzionamento in sequenza di orientamento scolastico, tutoraggio postuniversitario e servizi per
l’ impiego.
L’altro aspetto di cui stiamo vivendo una fase difficile è la crisi fiscale dello stato sociale. La lunga stagione
del debito pubblico crescente ha sedimentato inefficienti e costosi strumenti amministrativi di gestione.
Questa espansione centralizzata del welfare ha snaturato molti organismi informali e diffusi di solidarietà e
di azione sociale rivolta all’inclusione. Ora che andiamo indietro, siccome quel tipo di welfare sa vivere solo
con risorse crescenti, si inceppa e rischia di ingessare tutto il sistema delle prestazioni.
Il Veneto del futuro ha bisogno di ridare piena libertà di azione al patrimonio di esperienze e di percorsi
informali, auto – organizzati, della solidarietà e del volontariato di mutuo aiuto, riconfigurando il welfare
pubblico come la copertura universalistica di tutto ciò che non viene tutelato dalle iniziative dal basso.
Gli sforzi della programmazione regionale, attuati attraverso strumenti basilari, come il PSSR, devono
trovare un equilibrio tra le strategie rivolte al conseguimento dell’eccellenza dei poli specialistici per acuti e
quelle destinate alle reti territoriali delle prestazioni e dell’inclusione. L’eccellenza in “alto” funziona bene
solo se si correla a quella “in basso”. La crescita quantitativa di anziani non autosufficienti si può governare
solo attraverso un “Patto” in cui sia centrale il ruolo della domiciliarità e dei lavori di cura famigliari e di
supporto alla famiglia.
2. Perché abbiamo bisogno di una nuova governance
In questo Patto tutti i soggetti debbono concorrere a fare un salto di qualità che si traduca in una forma di
governance all’altezza delle trasformazioni.
Le principali modalità di questo cambiamento consistono in tre elementi:
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(a) Dirigere con l’inclusione, programmare con la sussidiarietà
per costruire leadership e centri di eccellenza occorre una forte capacità di coordinamento collegiale tra
istituzioni, filiere strategiche di imprese, centri di produzione del sapere, autonomie funzionali delle reti; il
potere di direzione è capacità di gestire una governance di squadra; lo sforzo finale di questo “Patto” è
quello di superare un’astratta metodologia di concertazione per acquisire fino in fondo la sussidiarietà come
una nuova forma di programmazione. Il compito dell’istituzione consiste nel condividere con gli attori
economici e sociali quelle che sono valutate come le esperienze di maggior successo, nei rispettivi ambiti
prioritari qui considerati; tale valutazione è propedeutica al conferimento del ruolo di centro di competenza,
per potenziare e trasferire le funzioni svolte efficacemente con la formula operativa che appare più
congeniale per la costruzione di un sistema.
(b) Non imporre, ma federare con un metodo contrattuale tra le città, i territori, le organizzazioni
collettive
Il nostro percorso è quello di costruire leadership di eccellenza con il concorso di una pluralità di agenti e di
valorizzare, attraverso la condivisione, il patrimonio di differenze sociali, economiche, culturali e territoriali
di cui disponiamo; pertanto questo richiede una grande attitudine federativa di connettere non attraverso
obblighi dall’alto, ma accordi di tipo orizzontale. Le leadership saranno strutturate coniugando gerarchia,
intesa come poli di riferimento riconosciuti e specializzazione, che evita sovrapposizioni e ripetizioni,
economicamente non più sostenibili.
(c) Programmare è sperimentare e valutare
In entrambi i casi si tratta non di “dirigere” da un centro, ma di concorrere con pari dignità a progetti comuni.
Il compito più prezioso che le istituzioni sono chiamate a svolgere è quello di fornire alle sperimentazioni
strumenti di valutazione che siano poi patrimonio condiviso tra tutti coloro che sono chiamati a partecipare
alla strategia; il potere di programmazione è espresso da sperimentazioni e valutazioni che permettano di
“modificare in corsa” l’azione.
Nella recentissima assise degli Stati generali il Consiglio regionale del Veneto ha pienamente assunto la
responsabilità di orientare anche la rappresentanza politica e quella socio – economica presente nel CREL
verso l’assunzione di alcune priorità di intervento normativo relative all’impresa e al lavoro, al governo del
mercato del lavoro e al ruolo strategico della formazione delle risorse umane. Questo orientamento crea le
premesse per una dialettica proficua tra Consiglio, inteso nella sua pienezza istituzionale e Giunta, pur nei
distinti ruoli legislativo e di governo.
3. Gli obiettivi
Per quanto detto nello scenario le priorità sono quelle relative a:
3.1.
Impresa
Ricerca e innovazione
Dobbiamo pensare in modo nuovo ed efficace le politiche per l’innovazione e la ricerca, le operazioni
devono risultare da una valutazione approfondita delle ragioni che non hanno consentito prestazioni
soddisfacenti e da una programmazione partecipata delle modifiche da introdurre.
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Una correzione di rotta è rappresentata dalla radicale riconfigurazione dei centri di competenza pubblica per
la ricerca e il trasferimento tecnologico, oggi ne esistono 88, vanno portati a cinque/sei con le principali
specializzazioni dell’economia veneta.
Va costituito ex novo, in stretta interdipendenza con Univeneto, un centro sulle energie rinnovabili. Gli
statuti di queste strutture devono prevedere, anche in termini di costruzione dei bilanci di esercizio,
procedure business e customer oriented.
Il ruolo della Fondazione Univeneto si caratterizzerà per la gestione di programmi di ricerca interuniversitari
focalizzati sui sentieri innovativi che erano stati censiti dal documento per un “Politecnico nel Veneto” (26
febbraio 2007)
Va ripensata e rafforzata la rete degli incubatori, che presenta delle notevoli differenze di performances,
assumendo come riferimento le buone pratiche e sostenendo queste con le relazioni forti con il sistema di
incentivi di derivazione comunitaria, con i canali della ricerca propri delle Università venete e con le attività
di finanziamento di Veneto Sviluppo.
Per sbloccare in modo energico la distanza tra centri di competenza della ricerca e del trasferimento
tecnologico e le piccole imprese di tutti i settori va organizzata una procedura di distribuzione di voucher
per l’innovazione utilizzabili dalle aziende. La facilità di utilizzazione, la centralità dei fabbisogni delle
imprese e la sburocratizzazione del procedimento sono tutte condizioni che daranno sicuramente una scossa
a un contesto da sempre ingessato.
Si intende, inoltre, dare nuovo vigore ai fondi FESR-FSE- FEASR per rafforzare la competitività d’impresa e
promuovere progetti innovativi che si propongano di creare nuova occupazione e di supportare l’avvio di
nuove imprese, nonché il finanziamento delle attrezzature/macchinari collegati alle azioni di sviluppo e di
crescita.
Valorizzazione delle eccellenze
La diversificazione delle produzioni, la garanzia della qualità e il legame con il territorio, rappresentano
altrettanti fattori competitivi per le imprese venete. Occorre valorizzare le eccellenze espresse dal nostro
territorio individuando quelle imprese che rappresentano dei modelli positivi e vincenti non solo per quanto
riguarda la struttura organizzativa ma anche per livello qualitativo delle produzioni. A tale riconoscimento
deve essere connessa una premialità per tali realtà aziendali di livello facendole divenire simbolo della
manifattura artigianale anche in ambito internazionale. Molto spesso infatti il nostro territorio si caratterizza
per imprese capaci di stupire per il livello di innovazione piuttosto che per la capacità di soddisfare i più
disparati fabbisogni eseguendo delle lavorazioni di altissima specializzazione. Tali modelli non possono
essere ignorati accomunandoli al resto, ma devono emergere come elementi eccellenti del nostro Veneto.
L’internazionalizzazione
Incentivare il commercio estero a sostegno del sistema delle PMI attraverso programmi di promozione e
penetrazione economica che troveranno attuazione attraverso il nuovo strumento operativo Veneto
Promozione Scpa, verso la quale potranno affluire anche le risorse apportate dalle Camere di Commercio,
che potranno così incrementare la massa critica di intervento dedicata alle imprese. Ciò al fine di superare le
esistenti frammentazioni e fornire alle imprese stesse lo sbocco delle proprie produzioni sui mercati esteri a
fronte di consumi interni stagnanti o recessivi. Obiettivo è sia il consolidamento sui mercati esteri
tradizionali, sia la ricerca di nuove opportunità mirate sulle aree BRIC e con particolare riguardo all’Est
europeo e ai Balcani nonché con prospezioni nell’area dell’Africa non solo mediterranea.
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Credito e finanza
Veneto Sviluppo – strumento strategico della Regione, rivolto alle “politiche industriali e d’impresa” e al
sostegno dello sviluppo negli obiettivi strategici sopra richiamati - deve sviluppare poche e chiare missioni in
merito al capitale di partecipazione o di garanzia per la partecipazione; capitale di rischio, ma selezionando
settori (p. es. green economy) e tipologie imprenditoriali (p. es. focalizzandosi solo sulle start up).
Va riconosciuto un ruolo centrale al sistema dei Confidi Veneto che ha saputo reggere all’impatto di una
crisi senza precedenti, mantenendo inalterata la capacità di garantire i finanziamenti alle imprese. Va
certamente sostenuto il loro operato rimodulando gli strumenti normativi esistenti e riaffermando il loro
ruolo centrale nell’attività di rilascio delle garanzie. Guardando al futuro va promossa anche un’azione di
ulteriore qualificazione del sistema veneto delle garanzie, anche attraverso un rafforzamento del ruolo dei
Confidi, in chiave sempre più sistemica.
Reti e aggregazioni di impresa
L’aggregazione tra imprese diviene lo strumento vincente che consente di interagire in modo dinamico ma
produttivo tra diverse realtà imprenditoriali, mettendo a fattor comune esperienze e competenze per
accrescere la competitività e la capacità produttiva in una logica di ottimizzazione di tempi, costi e
produzioni. Tali forme di collaborazione devono trovare un adeguato sostegno normativo, ed in questo la
futura legge su distretti, reti innovative ed aggregazioni di imprese sarà valido strumento, ma anche un
necessario apporto economico che possa accompagnare le imprese in tali processi non certo semplici ma di
sicuro efficaci. Per mantenere alto il livello di competitività delle imprese venete, attraverso le nuove
opportunità offerte dalla nuova politica comunitaria, è necessario che la Regione attivi e incentivi forme di
aggregazione orizzontale, anche attraverso la cooperazione, e verticale delle imprese e dell’offerta e che
intervenga per favorire rapporti più equi lungo la filiera in grado di potenziare la posizione dell’impresa
agricola garantendo maggiori quote di valore aggiunto e di mantenere l’occupazione nelle aree rurali.
Rafforzare il primato turistico verso indirizzi sostenibili
Cambia la struttura demografica del turista, cambiano gli stili di vita, aumenta l’individualità nelle scelte,
anche sfruttando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
In questo quadro la Regione intende rafforzare la competitività del sistema turistico e favorire l’integrazione
fra tematismi, al fine di adeguare l’offerta all’evolversi della domanda.
I programmi di attività saranno orientati ad uno sviluppo del turismo sostenibile ed accessibile, anche
mediante l’innalzamento della qualità delle strutture ricettive, il miglioramento dell’informazione e la
qualificazione delle risorse umane.
L’esplorazione di nuovi mercati, la necessità di preservare le risorse turistiche, l’opportunità di innovare i
prodotti turistici impongono la ricerca di sinergie fra Regione e sistema delle imprese, il potenziamento e lo
sviluppo di nuove rotte aeree, anche low cost, e l’innovazione nelle tecniche di gestione aziendale fortemente
orientate all’utilizzo delle e-commerce al fine di intercettare le nuove tendenze nell’acquisito dei servizi
turistici integrati.
3.2.
Lavoro e Welfare
Lavoro
Le parti concordano che l’opzione per le politiche attive del lavoro debba orientare la riforma dei Servizi
pubblici per l’Impiego. Il passaggio dalle Province alla competenza regionale per la programmazione, con
Veneto Lavoro, e ai Comuni associati per la gestione dei servizi è l’occasione per rafforzare una funzione,
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finora sottodimensionata, di vigilanza, controllo e sanzione del lavoro nero, sommerso e irregolare in genere.
Ciò potrebbe anche prevedere la piena regionalizzazione funzionale dell’ispettorato del lavoro.
Le politiche attive sia per l’incontro tra domanda e offerta, la circolazione di informazioni, i rapporti con il
mondo scolastico e della formazione si potrà svolgere attraverso il rafforzamento del partenariato e la
valorizzazione delle migliori esperienze realizzate.
Occorre avviare la costruzione di un modello regionale per la flexicurity, progettando a normativa vigente,
ammortizzatori sociali complementari e percorsi formativi incentivanti al reimpiego, favorendo nella
contrattazione di secondo livello l’adozione di una tutela che superi il dualismo tra garantiti e non garantiti.
Nell’ambito di tale modello, resta fermo l’impegno regionale di garantire la gestione e l’accesso agli
ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori sospesi e per i lavoratori licenziati sprovvisti di altre tutele
o che le hanno esaurite, nel quadro degli accordi generali con lo Stato e le altre regioni, oltre a garantire
adeguate politiche attive agli stessi.
Nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali la Regione incentiva il potenziamento della bilateralità per
mantenere risorse nel sistema delle imprese e del lavoro finalizzate sia alla gestione dei nuovi ammortizzatori
sociali, sia al governo di una offerta formativa coerente con i fabbisogni della domanda.
Welfare
Va perseguito il disegno di specializzazione delle eccellenze della sanità pubblica veneta indicato nel PSSR.
Gli investimenti in qualità sono la condizione per mantenere alti gli standard di appropriatezza, attrattività e
l’indotto di sostegno alla ricerca scientifica, alla frontiera tecnologica e a specializzazioni pregiate.
La stretta interdipendenza delle prestazioni specialistiche del Sistema Sanitario Regionale con le reti
territoriali della medicina di base, le residenze extraospedaliere costituirà sempre più il caposaldo della
deospedalizzazione delle cronicità, in particolare per affrontare già oggi in termini di domiciliarità spinta la
crescita della non autosufficienza.
I percorsi formativi per gli operatori dei lavori di cura e assistenza vanno incentivati e andrebbe attuato un
riconoscimento normativo di chi svolge lavori di cura nell’ambito famigliare.
Le norme sull’integrazione sovracomunale dei Comuni focalizzano il dimensionamento di ambito dei servizi
sociali.
3.3.
Giovani
Un sistema efficiente per l’orientamento, il tutoraggio e l’alternanza
Migliorare l’efficacia della rete di servizi di orientamento scolastico e universitario e di tutoraggio
nell’inserimento lavorativo. E’ necessario partire da modelli più efficaci di orientamento scolastico che
possano indirizzare i giovani verso quei percorsi formativi ed universitari che trovino riscontro concreto nel
fabbisogno manifestato dalle imprese e dal territorio, instaurando un dialogo costante e produttivo tra due
realtà che devono essere considerate complementari. La programmazione dell’alternanza scuola – lavoro
va rafforzata sia in estensione che in qualità, valorizzando la sperimentazione dei “Laboratori della
Conoscenza” e dei “Poli tecnologici”, luoghi dell’integrazione fra sistema formativo ed impresa e
professioni.
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Sostegno all’imprenditoria giovanile e femminile
Necessità di sostenere la nascita di nuova imprenditoria, puntando sui giovani e sulle donne sostenendo la
loro capacità di innovare, di sperimentare e quindi di creare nuove forme di sviluppo e occupazione.
Veneto Sviluppo per le start up potrebbe istituire una linea di credito ad hoc per start up costituite da under
30, insieme ad una adeguata utilizzazione a favore del ricambio generazionale delle future risorse
comunitarie, orientate, in ogni settore produttivo, a sviluppare le capacità manageriali e una cultura
d’impresa che valorizzi adeguatamente le eccellenze produttive del Veneto.
Avviare il nuovo apprendistato
L’apprendistato, a seguito dell’entrata in vigore dello specifico Testo Unico può diventare il canale
privilegiato per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro veneto. Occorre provvedere ad una rapida
attuazione a livello regionale delle norme nazionali per assicurare la partenza del nuovo ordinamento in linea
con le previsioni di legge. Va assicurato altresì un congruo finanziamento, anche attraverso fondi europei,
delle attività formative collegate a questo strumento e vanno impostate scelte operative che permettano di
sburocratizzare e semplificare gli adempimenti delle imprese. Compatibilmente con il quadro finanziario
possono essere approntati strumenti che favoriscano la stabilizzazione dei rapporti di apprendistato.
Altre azioni per l’inserimento lavorativo dei giovani
Nel quadro delle politiche per l’inserimento al lavoro dei giovani, occorre favorire anche l’utilizzo
regolamentato del tirocinio, in modo da impedirne l’abuso e di qualificarlo quale strumento privilegiato da
parte dei giovani per avvicinarsi al mondo del lavoro attraverso esperienze concrete. A partire da limitate
esperienze già condotte, si darà inoltre attuazione al “contratto di Prima Occupazione”.
I giovani dovranno inoltre essere accompagnati da percorsi di alta formazione atti a favorire la
specializzazione delle competenze rispondenti ai fabbisogni professionali delle imprese.
Dottorato a finanziamento misto
Dopo averla verificata nell’efficacia, estensione dell’iniziativa relativa agli assegni di ricerca a giovani
neolaureati, premiando la logica di disintermediazione del rapporto diretto laureato – impresa.
Appare strategico – per accompagnare e facilitare le grandi trasformazioni del tessuto economico veneto –
concordare con gli Atenei e con le loro Scuole di Dottorato percorsi con terminalità rivolta all’impiego nelle
imprese e nelle professioni
3.4.
Territorio
Dall’espansione alla riqualificazione
Il consumo di un bene scarso come il territorio deve cessare, anche per favorire il riuso nelle aree urbane
avviato con il Piano Casa. A questo strumento va associata una normativa tipo “Piano edifici industriali”
rivolta a incentivare il riutilizzo delle aree produttive dismesse e la rottamazione dei capannoni.
Un programma per lo sviluppo delle energie rinnovabili
Il Veneto sta già dimostrando, spontaneamente, di dare un forte impulso al diversificato repertorio di energie
rinnovabili. Regione, Università, centri di ricerca riorganizzati e mondo della finanza si impegnano a
costruire un programma di sviluppo per l’energia rinnovabile che punti al conseguimento, nel 2020, degli
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obiettivi comunitari in materia 20 – 20 – 20 su fonti rinnovabili, risparmio energetico e abbattimento delle
emissioni.
Aggregazione multiutility
La riorganizzazione in atto, anche per le prescrizioni governative nel settore dei servizi pubblici che prelude
a nuove liberalizzazioni indurrà a una necessità di nuove aggregazioni nell’ambito delle multi utility, facendo
perno sui bacini di Verona e Vicenza da un lato e “Area metropolitana centro-veneta” dall’altro.
Infrastrutture, intermodalità e TPL
La nuova normativa prevede la necessità di gare nel TPL in forma aperta che permettano il superamento
dell’attuale frammentazione dei servizi e la vera e propria frattura con l’intermodalità ferroviaria.
Il Veneto deve integrarsi pienamente nei Corridoi europei e contribuire alla prospettiva di una proiezione
mediterranea dell’UE e tesa a favorire il ruolo di piattaforma logistica alla nostra Regione ed all’intero Paese.
Si tratta di porre in essere iniziative in grado di garantire un’attuazione coordinata dei progetti
infrastrutturali, al fine di fornire un contributo essenziale allo sviluppo del sistema di trasporto europeo, nel
rispetto dei vincoli dettati dalla situazione finanziaria contingente e con effetti quanto più possibile contenuti
in termini di impatto ambientale. La mobilità delle persone e delle merci deve puntare sulla diversificazione
delle modalità di trasporto e sui nodi intermodali quale porto di Venezia ed altri principali interporti della
regione, a servizio del sistema produttivo e distributivo veneto. Con il ricorso all’istituto della finanza di
progetto, vanno sostenute altre iniziativa intraprese ovvero gli interventi in concessione autostradale già
avviati.
Nel settore del trasporto pubblico locale la nuova normativa prevede il ricorso a gare di concessione per lo
svolgimento dei servizi: in quest’ambito lo sviluppo del Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale
riveste un ruolo fondamentale.
3.5.
Riforma della PA: responsabilità semplificazione valutazione
Un Patto di Stabilità regionale
Le principali Regioni italiane hanno ormai definito il proprio Patto di Stabilità regionalizzato. In questa
prospettiva lo strumento ha acquisito flessibilità e ha liberato ingenti risorse per gli Enti Locali. Il Veneto sta
arrivando ora a questa prospettiva, ma è indispensabile spostare fuori dal Patto la quota di cofinanziamento
nazionale dei fondi di provenienza comunitaria.
Uno Statuto delle imprese
Un fattore strategico per consentire di “liberare” le imprese Venete consentendo loro di poter contare su
certezza normativa è dato dalla semplificazione degli oneri amministrativi e burocratici che a diversi livelli
finiscono per gravare in termini di costi e tempo impiegato sull’attività quotidiana dell’azienda. Il
recepimento a livello Veneto dei dettami contenuti nello Statuto delle Imprese approvato a livello nazionale,
sancirebbe il rispetto del principio di proporzionalità nell’attuazione delle diverse norme assicurando di fatto
un trattamento adeguato alle dimensioni e alle capacità delle diverse tipologie di impresa. Di pari passo con
l’eliminazione di quei balzelli che tuttora ingessano le imprese, si completerebbe un’attività virtuosa e
praticamente a costo zero per il legislatore regionale, comportando un notevole beneficio per le imprese e
aumentando anche la capacità del nostro territorio di attrarre nuovi investimenti dall’estero, eliminando di
fatto uno degli elementi ritenuti tra i principali ostacoli all’avvio di nuove imprese.
179 di 204
giunta regionale – 9^ legislatura
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
n° Priorità Intervento
2
3
3.1 Impresa
1
Credito e
finanza
pag. 9/30
RISORSE
*l'emanazione dei
bandi dipende
dall'effettiva
disponibilità di cassa
sottoposta al vincolo
del Patto di stabilità
(rif. 3.5 Riforma della
PA)
Azione
Caratteristiche
principali
Destinatari
Fondo
Imprese
cooperative
Partecipazioni al
capitale sociale
delle cooperative
cooperative
LR 17/2005, art.
13
€
Imprese
turistiche e PMI
LR 33/2002, art.
101
€
Interventi di
Erogazione di
garanzia da parte
contributi/inc
di Veneto
entivi
Sviluppo
Garanzie su
portafoglio
PMI e Confidi
(tranched cover)
PMI e Confidi
LR 19/2004
Tempistiche
Direzione
competente
2.200.000,00
1° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
2.500.000,00
1° e 2°
semestre 2012
Direzione
Turismo
1° semestre
2012
Direzione
Sviluppo
Economico/Dir
ezione Industria
e Artigianato
€
7.000.000,00
(in corso di definizione)
180 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Contributi in
conto interesse
per prestiti di
conduzione
5
PMI,
industriali e
artigianali e
Confidi
Garanzie per
l'innovazione
concesse dai
Confidi art. 107
TUIB
PMI artigiane
Fondo di
rotazione
7
PMI e Confidi
Finanziamenti
agevolati per
investimenti
8
Erogazione di
contributi/inc
entivi
Contributi in
conto capitale
6
3.1 Impresa
4
Erogazione di
contributi/inc
entivi
Credito e
finanza
pag. 10/30
Legge regionale
16/2009
"Interventi
straordinari nel
settore agricolo per
contrastare la crisi
Imprese agricole
economica e
finanziaria e per la
semplificazione
degli adempimenti
amministrativi"
L.R. 13/2012
POR FESR 20072013 - azione
1.2.1. "Sistema
imprese e
Consorzi fidi
delle garanzie per
investimenti e per
l'imprenditorialità"
Direzione
competitività
sistemi
agroalimentari
€
1.500.000,00
1° semestre
2012
€
5.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
PMI artigiane
Legge finanziaria
regionale 2012,
articolo 25
L.R. 13/2012
Art. 25
2° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
PMI e Confidi
Fondo FRI
Regionale presso
Cassa depositi e
prestiti
da individuare entro un
plafond max di euro
197 mil
2° semestre
2012
Direzione
Sviluppo
Economico
Imprese agricole
FEASR - PSR
2007-2013 (m.
121)
€
2° semestre
2012
Direzione
competitività
sistemi
agroalimentari
40.000.000,00
181 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Erogazione di
contributi/inc
entivi
9
Contributi in
conto capitale
Cooperative e
PMI
agroindustria
pag. 11/30
FEASR - PSR
2007-2013 (m.
123)
€
18.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
competitività
sistemi
agroalimentari
1.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
competitività
sistemi
agroalimentari
1° semestre
2012
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
Credito e
finanza
3.1 Impresa
10
11
Contributi (conto
Accordo quadro
capitale e conto
Regione - ISMEA
Imprese agricole
interessi) e
in fase di
e agroalimentari
garanzie per
negoziazione,
investimenti
importi da definire
Fiere, workshop,
eventi, visite
Marketing
aziendali,
territoriale e
formazione
Imprese
L. R. 33/2004
internazionale
manageriale,
- Europa
Assistenza
Internaziona
commerciale
lizzazione
Erogazione di
contributi/inc
entivi
€
€
562.250,00
12
Marketing
Fiere, workshop,
territoriale e
eventi, missioni,
internazionale
ricerca partner
- America
Imprese
L. R. 33/2004
€
356.750,00
1° semestre
2012
13
Marketing
Internaziona Territoriale ed Fiere, workshop,
lizzazione Internazionale eventi, missioni
- Africa
Imprese
L. R. 33/2004
€
213.500,00
1° semestre
2012
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
182 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
3.1 Impresa
14
15
16
Fiere, workshop,
eventi, visite
aziendali,
formazione
manageriale,
investimenti
esteri in Veneto e
veneti all'estero ,
Marketing
accordi di
territoriale e
collaborazione
internazionale
commerciale e
- Asia
industriale e
trasferimento di
know how,
scouting
opportunità
Internaziona
collaborazione
lizzazione
economica,
ricerca partner
Marketing
Missioni, ricerca
territoriale e
partner, accordi
internazionale
di collaborazione
- Oceania
Supporto
iniziative di
promozione
economica MONDO
Workshop,
formazione
manageriale,
assistenza alle
PMI su temi di
commercio
internazionale
Imprese
Imprese
Imprese
pag. 12/30
L. R. 33/2004
L. R. 33/2004
L. R. 33/2004
€
€
€
1.042.090,00
20.000,00
255.000,00
1° semestre
2012
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
1° semestre
2012
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
1° semestre
2012
Direzione per la
Promozione
Economica e
l'Internazionali
zzazione
183 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
pag. 13/30
17
Prodotti
turistici
Manifestazioni
fieristiche di
promozione
all'estero
PMI e Enti
fieristici
LR 33/2002. art.
15, c.1
18
Prodotti
turistici
Sviluppo di
nuove rotte aeree
per nuovi mercati
turistici
Società
aereoportuali
LR 33/2002. art.
15, c.1
PMI,
Associazioni,
Enti e ICE
LR 16/1980, art.
12 e LR 33/2004
Enti vari e
consorzi
19
20
21
22
3.1 Impresa
Internaziona
lizzazione
Sviluppo di
attività di
Ricerca ed
promozione delle
innovazione
produzioni
agroalimentari
Sviluppo di
nuove attività
Tematismi
turistiche e
turistici
consolidamento
dei mercati
Analisi e ricerca
Iniziative di
in campo
analisi
Rafforzare il economica del turistico e dei
comportamenti
primato
settore
dei turisti
turistico
verso
Incentivi per
indirizzi
Erogazione di
l'ammodernamen
sostenibili contributi/inc
to delle strutture
entivi
ricettive
600.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
400.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
€
300.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
Legge 135/2001 e
LR 33/2002, art. 3
€
500.000,00
2° semestre
2012
Commissario
turismo
Osservaotorio
turistico
LR 33/2002. art.
15, c.1
€
110.000,00
1° e 2°
semestre 2012
Direzione
Turismo
Imprese
turistiche
LR 33/2001, art.
101
€
10.000.000,00
1° e 2°
semestre 2012
Direzione
Turismo
€
€
184 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
23
Rafforzare il
primato
turistico
PMI e
verso
Associazioni
indirizzi
sostenibili
24
Erogazione di
contributi/inc
entivi
Contributi in
conto capitale
Prodotti
turistici
Azioni di
collaborazione
fra settori
ricerca e
innovazione
Incentivare
progetti di
ricerca e
sviluppo a
favore delle
piccole e medie
imprese. Si
prevede una
maggiorazione di
contributo in
conto capitale nel
caso di
assunzione di un
dottore di ricerca
25
26
3.1 Impresa
Reti e
aggregazion
i di impresa
Ricerca e
innovazione
Iniziative di
comunicazione e
di orientamento
al consumo di
qualità
PMI,
Associazione e
Soggetti dche si
occupano di
promozione
pag. 14/30
LR 16/1980, art.
12 e LR 33/2004
Nuova legge
PMI, industriali e
regionale distretti e
artigianali aggregazioni e
imprese in forme
POR-FESR 2007aggregate
2013
Enti vari
Imprese
LR 33/2002. art.
15, c.1
€
200.000,00
2° semestre
2012
€
5.000.000,00
2° semestre
2012
€
1° e 2°
350.000,00
semestre 2012
Legge regionale
9/2007 "Norme per
la promozione ed
il coordinamento
premialità del 5% (a
della ricerca
valere sul contributo in
scientifica, dello
conto capitale) di cui
sviluppo
allo stanziamento
economico e
sopradescritto
dell'innovazione
nel sistema
produttivo
regionale".
1° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
Direzione
Industria e
Artigianato
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
Unità di
Progetto
Ricerca e
Innovazione
185 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
28
29
3.1 Impresa
27
Erogazione
voucher
individuali e
Master
aziendali per la
universtiari e
partecipazione ai
non, corsi di
percorsi inseriti
specializzaion
all'interno del
e
catalogo
interregionale di
alta formazione
Progetti
Finanziamento a
rispondenti ai
sportello di
fabbisogni
Ricerca e
progetti
specifici delle
innovazione
individuali/perso
imprese
nalizzati
venete
Seminari
informativi/form
ativi, formazione,
consulenzaCampagna
assistenza,
informativa
sportelli
sulla
informativi
sicurezza
finalizzati a
sensibilizzare le
imprese sui temi
della sicurezza
pag. 15/30
Lavoratori,
imprese
POR FSE 20072013 - Asse
Adattabilità
€
1.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
Lavoratori,
imprese
POR FSE 20072013 - Asse
Adattabilità
€
5.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
Lavoratori,
imprese
Risorse
ministeriali e
regionali
€
2.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
186 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
3.1 Impresa
30
31
32
ricerca e
innovazione
Incentivare
progetti di
ricerca e
sviluppo a
favore delle
piccole e medie
imprese. Si
prevede una
maggiorazione
(5%) del
contributo in
conto capitale nel
caso di aumento
del capitale
sociale
dell'azienda
imprese
sviluppo precompetitivo
Contributi in
conto capitale
imprese
Prodotti
turistici
Manutenzione
evolutiva del
portale
www.veneto.to
Ricerca e
innovazione
PMI e Regione
pag. 16/30
Legge regionale
9/2007 "Norme per
la promozione ed
11.503.630,09
il coordinamento
quota contributo in
della ricerca
conto capitale
scientifica, dello
sviluppo
da sommare a risorse di
economico e
Veneto Sviluppo per la
dell'innovazione
parte a finanziamento
nel sistema
produttivo
regionale".
FEASR - PSR
2007-2013 (m.
124)
LR 33/2002. art.
15, c.1
€
€
4.000.000,00
260.000,00
1° semestre
2012
Unità di
Progetto
Ricerca e
Innovazione
1° semestre
2012
Direzione
Agroambiente
1° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
187 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
3.1 Impresa
33
34
pag. 17/30
Legge regionale
9/2007 "Norme per
la promozione ed
Risorse di cui alla L.R.
Incentivare
il coordinamento
13/2012 - art. 26
progetti di
della ricerca
(contributo a fondo
ricerca e
ricerca e
scientifica, dello
imprese
perduto e
innovazione sviluppo a favore
sviluppo
finanziamento
delle piccole e
economico e
agevolato)
medie imprese.
dell'innovazione
nel sistema
produttivo
Ricerca e
regionale".
innovazione
POR-FESR
Azione 1.1.4.
"Diffusione di
servizi di
consulenza esterna
Erogazione di
Contributi in
PMI, industriali e
contributi/inc conto capitale a
a sostegno delle
€
3.000.000,00
artigianali
entivi
sportello
PMI finalizzati al
processo evolutivo
aziendale e alla
continuità
d'impresa"
1° semestre
2013
Unità di
Progetto
Ricerca e
Innovazione
1° semestre
2013
Direzione
Industria e
Artigianato
188 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
3.1 Impresa
35
36
Creazione di
nuova
occupazione
(incentivi
all'occupazione),
supporto
Politiche
all'avvio di
attive per il
nuove imprese
contrasto alla (finanziamento
crisi - linea 3
start up
IV fase
d'impresa),
finanziamento
attrezzature/macc
hinari collegati
alle azioni di
sviluppo e
crescita
Ricerca e
Incentivare la
innovazione
ricerca presso le
piccole imprese
affidando la
commessa di
ricerca ad un ente
esterno
qualificato. Si
ricerca e
prevede una
innovazione maggiorazione di
contributo nel
caso di
assunzione di
ricercatore/tecnic
o/esperto/giovan
e al termine della
commessa di
ricerca
pag. 18/30
Lavoratori,
imprese
POR FSE 20072013 - Asse
Adattabilità
imprese
POR FESR 20072013 - azione 1.1.3
"contributi per
l'utilizzo da parte
delle imprese di
strutture
qualificate per
l'attività di ricerca"
€
€
8.750.000,00
16.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
formazione
2° semestre
2012
Unità di
Progetto
Ricerca e
Innovazione
189 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
37
Ricerca e
innovazione
39
3.1 Impresa
38
Erogazione di
contributi/inc
entivi
Contributi in
conto capitale a
sportello
Lavoratori,
imprese
POR FESR 20072013 Azione 1.3.1.
"Aiuti agli
investimenti delle
nuove PMI a
prevalente
partecipazione
femminile"
Prodotti
turistici
Sviluppo dei
tematismi
turistici
Enti vari,
consorzi e PMI
LR 33/2002. art.
15, c.1
€
160.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Turismo
LR 16/1980, art.
12 e LR 33/2004
€
110.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Turismo
€
4.000.000,00
1° e 2°
semestre 2012
Direzione
Turismo
1° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
PMI e
Associazioni
40
Analisi delle
attività in
PMI;
connessione con
Associazioni,
i fondi
Enti e Università
comunitari per la
promozione
Settori
Turistici
Azioni di
informazione e
accoglienza del
turista
Province
LR 33/2002, art.
16
PMI e
Associazioni
Iniziative di
promozione
dell'agroalimenta
re di qualità
PMI;
Associazioni e
Enti fieristici
LR 16/1980, art.
12 e LR 33/2004
Valorizzazi
one delle
eccellenze
41
pag. 19/30
€
5.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
€
390.000,00
190 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
pag. 20/30
Prodotti
turistici
Comunicazione
istituzionale delle
eccellenze
turistiche
PMI e media
LR 33/2002. art.
15, c.1
Media mix
Iniziative di
promozione
turistica
Soggetti che si
occupano di
promozione
LR 33/2002. art.
15, c.1
Presentazione
veneto
turistico
Sostegno di
attività ed
iniziative di
promozione
locale
Enti locali e
associazioni
LR 33/2002. art.
15, c.1
45
Prodotti
turistici
Manifestazioni
fieristiche di
promozione in
Italia
PMI e Enti
fieristici
LR 33/2002. art.
15, c.1
46
Prodotti
turistici
Interventi sui
tematismi più
importanti del
Veneto
Veneto
Promozione,
consorzi e PMI
LR 33/2002. art.
15, c.1
47
Settori
Turistici
Sostegno di
iniziative di
promozione
locale
Pro Loco
LR 33/2002, art.
12
42
43
3.1 Impresa
44
Valorizzazi
one delle
eccellenze
300.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
450.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
100.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
540.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
€
730.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Promozione
Turistica
Integrata
€
250.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Turismo
€
€
€
€
191 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Interventi di
inclusione
sociale
3.2 Lavoro e welfare
48
49
Lavoro
Interventi di
politica attiva
per
l'inserimento
ed il
reinserimento
dei lavoratori
percettori di
ammortizzato
ri sociali in
deroga
Interventi per
l'inserimento
lavorativo di
giovani e
lavoratori a
rischio di
esplsione dal
mercato del
lavoro
appartenenti a
categorie deboli
(disabili, nuove
povertà, persone
affette da
tossicodipendenz
e, persone
sottoposte a
detenzione, ecc.)
Realizzazione di
doti lavoro per
favorire la
riqualificazione
dei lavoratori che
usufruiscono di
cassa
integrazione in
deroga e il
reinserimento
lavorativo dei
percettori di
mobilità in
deroga
pag. 21/30
Lavoratori,
imprese
POR FSE 20072013 - Asse
Inclusione Sociale
€
9.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
Lavoro
cassa integrati e
lavoratori in
mobilità in
deroga
POR FSE 20072013 - Asse
AdattabilitàOccupabilità
€
30.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
Lavoro
192 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
51
3.2 Lavoro e welfare
50
53
54
3.3 Giovani
52
Sperimentazione
del "Contratto di
Contratto di
Mobilità" per la
Mobilità
buona
occupazione
Sperimentazione
di azioni di
Lavoro
reinserimento
Interventi di
lavorativo ai
reinserimento
sensi della
lavorativo
previsione
normativa di cui
all'art. 13 del D
lgs n. 276/2003
Erogazione
voucher
individuali per la
Master
universtiari e partecipazione ai
non, corsi di percorsi inseriti
specializzaion all'interno del
e
catalogo
Altre azioni
interregionale di
per
alta formazione
l'inseriment
Progetti
o lavorativo
formativi
dei giovani
Restauro
professionalizzan
ti
Settori vari
pag. 22/30
Disoccupati
POR FSE 20072013 - Asse
AdattabilitàOccupabilità
Lavoratori in
mobilità
I beneficiari
godono della
disoccupazione
ordinaria che viene
utilizzata dalle
agenzie di
somministrazione
2° semestre
2012
Direzione
Lavoro
utilizzo degli sgravi
fiscali
2° semestre
2012
Direzione
Lavoro
Laureati
POR FSE 20072013 - Asse
Occupabilità
€
1.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
Disoccupati
POR FSE 20072013 - Asse
Occupabilità
€
3.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
POR FSE 20072013 - Asse
Occupabilità,
risorse regionali,
risorse ministeriali
€
90.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
Progetti
formativi
Giovani in diritto
professionalizzan
dovere
ti
€
1.000.000,00
193 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
55
56
57
3.3 Giovani
Altre azioni
per
l'inseriment
o lavorativo
dei giovani
Sperimentazione
di azioni di
inserimento
lavorativo con
Patto di Prima sperimentazione
Occupazione
di forme
integrate di
tirocinio e
contratto di
apprendistato
Politiche per
l'inserimento
lavorativo per
giovani con
caratterstiche
Tirocini
idonee avviati a
percorsi
formativo in
situazione
lavorativa
Altre azioni
per
Progetti
Sviluppo
l'inseriment
formativi
dell'autoo lavorativo
finalizzati
imprenditorialità,
dei
all'inseriment
inserimento
giovani/sost
o lavorativo e lavorativo, work
egno
per favorire
experience
all'imprendit
l'imprenditori tramite sportello
orialità
a giovanile
aperto
giovanile e
femminile
pag. 23/30
Giovani
disoccupati
POR FSE 20072013 - Asse
Adattabilità Stanziamenti
ministeriali
€
1.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Lavoro
Giovani
disoccupati
Welfare to work
€
3.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Lavoro
Disoccupati
POR FSE 20072013 - Asse
Occupabilità
€
11.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
formazione
194 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Apprendistato
per la
qualifica
professionale
3.3 Giovani
58
Avviare il
nuovo
apprendistat
o
Apprendistato
professionaliz
zante
60
3.3 Giovani
59
Dottorato a
finanziamen
to misto
Assegni di
ricerca
Interventi
formativi
progettati e
realizzati dalle
Scuole e Centri
di Formazione
Professionale, in Giovani in diritto
stretta
dovere
collaborazione
con le imprese
anche in
modalità full
immersion (es.:
learning week)
Politiche di
inserimento
lavorativo per
giovani
Giovani non in
apprendisti
diritto
attraverso la
dovere/laureati
realizzazione di
attività formative
a carattere
trasversale
Collaborazione
tra imprese e
centri di
Laureati
ricerca/di
innovazione
pag. 24/30
Risorse
ministeriali e
regionali
€
3.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
istruzione
POR FSE 20072013 - Asse
Adattabilità Stanziamenti
ministeriali
€
9.000.000,00
1° semestre
2012
Direzione
Lavoro
POR FSE 20072013 - Asse
Capitale umano
€
3.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
istruzione
195 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
62
63
64
3.3 Giovani
61
pag. 25/30
concessione di
contributo al fine
di incentivare
POR FESR 2007l'assunzione di
2013 - azione 1.1.3
Incentivi
ricercatori/esperti
"contributi per
Dottorato a all'assuznione
messi a
l'utilizzo da parte
di
finanziamen
disposizione da Laureati/ esperti
delle imprese di
to misto
ricercatori/esp
un ente
strutture
erti
qualificato di
qualificate per
ricerca o assunto
l'attività di ricerca"
direttamente
dall'impresa
beneficiaria
POR FESR 20072013 Azione 1.3.2.
Contributi in
Imprenditoria
Giovani
"Aiuti agli
conto capitale a
giovanile
imprenditori
investimenti delle
sportello
nuove PMI
Sostegno
giovanili
all’imprendi
FEASR - PSR
toria
2007-2013 (m.
giovanile e
Aiuto
112) in
femminile Insediamento
Giovani
all'insediamento
combinazione
giovani
imprenditori
e contributi per
intervento ISMEA
agricoltori
agricoli
investimento
per sostituzione
aziendale (in corso
di definizione)
Un sistema
Campagna
efficiente
informativa sulla
Campagna
per
sicurezza per gli
informativa
Scuole di ogni
Risorse
l'orientamen
studenti delle
ordine e grado
ministeriali
sulla
to, il
scuole
sicurezza
tutoraggio e
elementari,
l'alternanza
medie e superiori
4.000.000,00
2° semestre
2012
Unità di
Progetto
Ricerca e
Innovazione
5.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
€
3.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
competitività
sistemi
agroalimentari
€
940.000,00
1° semestre
2012
Direzione
istruzione
€
€
196 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Placement e
Integrazione
tra sistemi
educativi
3.3 Giovani
65
66
67
Un sistema
efficiente
per
l'orientamen
to, il
tutoraggio e
Approvazione
l'alternanza
Tekne 2012 azioni di
ricerca e
approfondime
nti
disciplinari
Alternanza
scuola-lavoro
Individuazione di
nuove strategie
di sviluppo
dell’occupazione
attraverso il
miglioramento
dell'efficiacia
delle reti di
orientamento e di
placement e
attraverso la
costruzione di un
modello
regionale per il
riconoscimento e
la certificazione
delle competenze
Progetti di
ricerca e di
approfondimento
dedicati ai
specifici settori
produttivi/temi di
interesse.
Dialogo con le
imprese e
valorizzazione
dei "Laboratori
della
conoscenza"
pag. 26/30
Cittadini Lavoratori Sistemi educativi
POR FSE 20072013 - Asse
Capitale Umano
€
4.500.000,00
1° semestre
2012
Direzione
Lavoro
Studenti della
scuola secondaria
di secondo grado
POR FSE 20072013 - Asse
Capitale umano
€
3.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
istruzione
Studenti della
scuola secondaria
di secondo grado
POR FSE 20072013 - Asse
Capitale umano
€
3.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
istruzione
197 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
69
Ammodernam
ento rete
infrastruttural
e
3.4 Territorio
68
Ammodernam
ento rete
infrastruttural
e
70
Infrastruttur
e,
intermodalit
à e TPL
Sistema
Ferroviario
Metropolitano
Regionale
Aggiudicazione
concessione per
realizzazione e
Cittadini gestione nuova
Imprese Autostrada A22 Famiglie
Nogara-Mare
Adriatico
Aggiudicazione
concessione per
realizzazione e
Aziende
gestione del
turistiche collegamento A4
Cittadini - Turisti
con il litorale di
Jesolo - Via del
Mare
Completamento
dei lavori di
adeguamento
delle stazioni
ferroviarie di San
Donà di Piave e
Studenti e
Portogruaro agli
lavoratori
standard SFMR
pendolari Turisti
(parcheggi,
viabilità di
accesso,
sottopassi di
stazione,
pensiline, etc.)
pag. 27/30
L.R. 2/2006 art. 21
e capitali privati da
finanza di progetto
€
L.R. 15/2002 e
capitali privati da
finanza di progetto
Fondi FAS, L. n.
244/2007 e L.R. n.
5/2000
50.000.000,00
€
€
-
14.538.000,00
1° semestre
2013
Direzione
Strade,
Autostrade e
Concessioni
1° semestre
2013
Direzione
Strade,
Autostrade e
Concessioni
1° semestre
2013
Direzione
Infrastrutture
198 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
3.4 Territorio
71
72
Procedure
finalizzate alla
individuazione di
quote di servizio
da vendere in
condizioni di
mercato
TPL (concorrenza nel
gomma/acqua
mercato).
Procedure di
Infrastruttur
assegnazione del
e,
servizio tramite
intermodalit
gara
à e TPL
(concorrenza per
il mercato)
Riorganizzazione
dell'offerta
commerciale
TPL ferroviaria con
impostazione di
Ferroviario
orario cadenzato.
Predisposizione
procedure di gara
pag. 28/30
Cittadini Pendolari Lavoratori Studenti
L.R. n. 25/98
Costo zero
2° semestre
2012
Direzione
Mobilità
Cittadini Pendolari Lavoratori Studenti
L.R. n. 25/98
Costo zero
1° semestre
2013
Direzione
Mobilità
199 di 204
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Imprese
73
commercio
3.5 Riforma della P.A.
74
75
Uno Statuto
delle
imprese
commercio
Semplificazione
amministrativa
modernizzazione
della rete di
offerta in
coerenza con gli
obiettivi di tutela
della sicurezza,
dell'ambiente, del
consumatore e di
semplificazione
amministrativa
modernizzazione
del sistema
dell'offerta
commerciale
costituita da
esercizi di
vicinato, medie e
grandi strutture
di vendita in
coerenza con gli
obiettivi di tutela
dell'ambiente e
del territorio, del
paesaggio, del
consumatore e di
semplificazione
ammin
pag. 29/30
imprese
Normativa
Sportello Unico
Attività Produttive
imprese
disciplina
settoriale senza
oneri a carico dei
bilanci pubblici
€
imprese
disciplina
settoriale
€
2° semestre
2012
Direzione
Industria e
Artigianato
-
2° semestre
2012
Direzione
commercio
-
2° semestre
2012
Direzione
commercio
Costo zero
200 di 204
76
3.5 Riforma della P.A.
ALLEGATOA alla Dgr n. 687 del 02 maggio 2012
Uno Statuto
delle
imprese
commercio
pag. 30/30
Sviluppo di
metodologie
programmatorie
amministrazioni
a livello locale
finanziamenti
condivise da
comunali e reti di
regionali ex LR n.
Amministrazioni imprese settore
15 del 2004
comunali e
commercio
Associazioni di
categoria del
commercio
€
2.000.000,00
2° semestre
2012
Direzione
commercio
201 di 204
P A
Presidente
Vicepresidente
Assessori
Luca
Marino
Renato
Roberto
Luca
Maurizio
Marialuisa
Elena
Marino
Massimo
Franco
Remo
Daniele
Zaia
Zorzato
Chisso
Ciambetti
Coletto
Conte
Coppola
Donazzan
Finozzi
Giorgetti
Manzato
Sernagiotto
Stival
Segretario
Mario
Caramel
9^ legislatura
Struttura amministrativa competente:
Direzione Lavoro
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 1114 del 12 giugno 2012
OGGETTO:
Iniziativa regionale per la realizzazione di progetti di pubblica utilità e/o utilità sociale
attraverso l’utilizzo di lavoratori sprovvisti di ammortizzatori sociali. L.R. 13/03/2009, n. 3 –
artt. 31 e 37.
NOTE PER LA TRASPARENZA:
Riproposizione dell’intervento regionale finalizzato a dare una risposta lavorativa alle persone senza
occupazione e senza la tutela degli ammortizzatori sociali, attraverso la realizzazione di progetti di pubblica
utilità e/o utilità sociale promossi dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti allo scopo
individuati.
L’Assessore Elena Donazzan riferisce quanto segue:
Nell’ambito delle misure di contrasto alla crisi occupazionale la Giunta regionale ha promosso, negli
ultimi tre anni, un’iniziativa finalizzata a dare una risposta lavorativa alle persone senza occupazione e senza
la tutela degli ammortizzatori sociali. Tali persone, che generalmente si rivolgono ai servizi sociali degli enti
pubblici locali per ricevere un sostentamento in quanto sprovviste di reddito da lavoro, possono essere
coinvolte in un progetto di lavoro, promosso dalle stesse Amministrazioni locali e da altri soggetti allo scopo
individuati. In questo modo i lavoratori invece di ricevere una risposta di tipo assistenziale ottengono una
risposta lavorativa.
L’iniziativa è stata approvata per la prima volta con D.G.R. n. 2472 del 4.08.2009 ed è stata
successivamente riproposta con D.G.R. n. 427 del 23.02.2010 e con D.G.R. n. 430 del 12.04.2011.
La Regione del Veneto ha messo a disposizione nel corso degli anni 3.350.000,00 euro (830.000,00
euro nel 2009, 1.520.000,00 euro nel 2010 e 1.000.000,00 euro nel 2011), consentendo la realizzazione di
288 progetti e il coinvolgimento di circa 900 lavoratori. Ulteriori progetti, che avrebbero fornito una risposta
temporanea ad altri lavoratori in difficoltà, non hanno potuto essere avviati per esaurimento del
finanziamento regionale.
Con la presente deliberazione si intende nuovamente proporre l’iniziativa, alla luce del fatto che i
motivi che hanno indotto l’adozione delle passate edizioni continuano a permanere: la crisi occupazionale
non è stata superata, molte persone che sono senza lavoro e senza il sostegno degli ammortizzatori sociali
continuano a rivolgersi agli uffici dei servizi sociali degli enti locali.
I progetti di lavoro, per i quali la Regione finanzia il 50 per cento del costo del lavoro, devono
contenere il carattere della straordinarietà e della temporaneità: non possono durare più di 6 mesi.
Per la realizzazione dei progetti, le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti proponenti
individuati nell’Allegato A al presente provvedimento devono servirsi di un soggetto terzo privato, il quale
oltre a ricevere l’incarico di esecuzione dei lavori, deve realizzarlo impiegando i lavoratori segnalati
dall’ente locale. Sulle modalità di scelta del soggetto privato, attuatore del progetto, sulla tipologia di
contratto di lavoro con cui impiegare i lavoratori coinvolti nei progetti viene lasciata ampia discrezionalità
Mod. B - copia
202 di 204
alla pubblica amministrazione proponente: dal lavoro occasionale di tipo accessorio, alle collaborazioni a
progetto, al tempo determinato.
I requisiti personali che devono possedere i lavoratori destinatari dell’iniziativa sono gli stessi previsti
dalla DGR n. 430 del 12.04.2011 e cioè essere persone prive di lavoro, sprovviste di ammortizzatori sociali
ordinari o in deroga, non aver maturato alcun diritto pensionistico e di età non inferiore ai 30 anni per
privilegiare i soggetti che hanno carichi familiari.
L’Allegato A alla presente deliberazione “Direttiva per la realizzazione di progetti di pubblica utilità
e/o utilità sociale finalizzati al sostegno al reddito dei lavoratori sprovvisti di ammortizzatori sociali”,
disciplina puntualmente quanto sopra riportato senza introdurre, rispetto alla passata edizione dell’iniziativa,
particolari novità, se non per la definizione del contributo massimo pari a € 100.000,00 erogabile a ciascun
soggetto proponente. Tale limite è dettato dalla necessità che le risorse vengano distribuite in modo da
garantire uguali opportunità tra i lavoratori di tutto il territorio regionale.
Per il finanziamento dei progetti la Regione del Veneto mette a disposizione un importo pari a €
1.000.000,00 che verrà impegnato con successivo atto del Dirigente Regionale della Direzione Lavoro sul
cap. 101315 del bilancio regionale.
La Giunta Regionale si riserva di integrare lo stanziamento con successivo provvedimento, nel caso si
presentasse la disponibilità di ulteriori risorse nel bilancio regionale, sul cap. 101279 o su altri capitoli allo
scopo individuati. Tali risorse potranno finanziare i progetti pervenuti in misura maggiore allo stanziamento
o che superano il limite di € 100.000,00 per ciascun soggetto proponente.
I progetti dovranno essere presentati attraverso il formulario per la “Domanda di finanziamento”
Allegato B al presente provvedimento, che si propone all’approvazione della Giunta Regionale.
Si propone, altresì, l’approvazione dell’Allegato C “Avviso pubblico” da pubblicare sul Bollettino
Ufficiale della Regione Veneto. I progetti potranno essere presentati agli uffici competenti a partire dal
giorno successivo alla data di pubblicazione del predetto avviso.
Il relatore conclude la propria relazione e propone all’approvazione della Giunta Regionale il seguente
provvedimento.
LA GIUNTA REGIONALE
-
-
Udito il relatore, incaricato dell’istruzione dell’argomento in questione ai sensi dell’art. 53, quarto
comma, dello Statuto, il quale dà atto che la Struttura competente ha attestato l’avvenuta regolare
istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione regionale e
statale;
Vista la legge regionale 13.03.2009 n. 3;
Richiamate le DGR n. 2472 del 4 agosto 2009, n. 427 del 23 febbraio 2010 e n. 430 del 12.04.2011.
DELIBERA
1. Di approvare, quale parte integrante e sostanziale del presente atto, quanto riportato in premessa.
2. Di approvare i seguenti allegati, parti integranti del presente provvedimento:
- Allegato A “Direttiva per la realizzazione di progetti di pubblica utilità e/o utilità sociale finalizzati
al sostegno al reddito dei lavoratori sprovvisti di ammortizzatori sociali”;
- Allegato B “domanda di presentazione di un progetto di utilità pubblica e/o utilità sociale attraverso
l’l’utilizzo di lavoratori sprovvisti di ammortizzatori sociali”;
- Allegato C “Avviso pubblico”.
3. Di determinare in euro 1.000.000,00 l’importo massimo delle obbligazioni di spesa alla cui assunzione
provvederà con propri atti il dirigente regionale della Direzione Lavoro disponendo la copertura
finanziaria a carico dei fondi stanziati sul capitolo n. 101315 del bilancio 2012 “Fondo regionale per il
sostegno al reddito e all’occupazione (artt. 31 e 37, L.R. 13/03/2009, n. 3).
4. Di integrare lo stanziamento con successivo provvedimento, nel caso si presentasse la disponibilità di
ulteriori risorse nel bilancio regionale, sul cap. 101279 o su altri capitoli allo scopo individuati. Tali
Mod. B - copia
pag. 2 Dgr n. 1114 del 12/06/2012
203 di 204
risorse potranno finanziare i progetti pervenuti in misura maggiore allo stanziamento o che superano il
limite di € 100.000,00 per ciascun soggetto proponente.
5. Di dare atto che la spesa di cui si prevede l’impegno con il presente provvedimento non è soggetta alle
limitazioni di cui alla L.R. 1/2011;
6. Di incaricare il Dirigente della Direzione Lavoro di adottare tutti gli atti esecutivi che si rendessero
necessari alla realizzazione dell’iniziativa;
7. Di pubblicare il presente provvedimento e l’Avviso pubblico contenuto nell’Allegato C, nel Bollettino
Ufficiale della Regione Veneto, nonché sul sito internet della Regione Veneto.
Sottoposto a votazione, il provvedimento è approvato con voti unanimi e palesi.
IL SEGRETARIO
F.to Avv. Mario Caramel
Mod. B - copia
IL PRESIDENTE
F.to Dott. Luca Zaia
pag. 3 Dgr n. 1114 del 12/06/2012
204 di 204
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