Direzione e coordinamento generale
Beatrice Basile
Coordinamento tecnico e amministrativo
Angelo Giunta
Progetto scientifico e cura della mostra
Maria Katja Guida
Progetto espositivo e direzione dei lavori
Angelo Giunta
Percorso espositivo
Maria Katja Guida
Realizzazione dei lavori di allestimento
Associazione Domus Artis, Piazza Armerina
Interventi di manutenzione opere d’arte
Mario Arancio, Enna
C.S.R. Restauro Beni Culturali di Riccardo Mancinelli, Roma
Geraci Restauri s.r.l., Messina
Giordano s.r.l., Palermo
Enza Gulino, Gangi
Gigantografie
Magika s.r.l. di Alessandro Mancuso, Messina
Pannelli didattici
Maria Katja Guida
Coordinamento tecnico della sicurezza e dei trasporti
Angelo Giunta
La Madonna delle Vittorie a Piazza Armerina
dal Gran Conte Ruggero al Settecento
Accoglienza opere e condition report
Angelo Giunta
Paolo Russo
Trasporti
Montenovi s.r.l., Roma
Assicurazioni
Axa Art
Segreteria organizzativa
Elisa Bonanno, Maurizio Bruno, Salvatore Lopinzino, Rosa Anna
Marino, Cinzia Nicoletti, Paolo Russo, Salvatore Scalisi
Catalogo a cura di
Maria Katja Guida
Campagna fotografica
Magika s.r.l. di Alessandro Mancuso, Messina
Ufficio stampa
Paola Nicita
Comunicazione visiva e diffusione
Editopera di Antonio Cristaldi, Enna
Testo brochure
Maria Katja Guida
Contabilità
Francesco Palillo
Prestatori
Agira, chiesa di S. Filippo, chiesa del SS. Salvatore; Bari, Pinacoteca
Provinciale “Corrado Giaquinto”; Caltanissetta, chiesa dell’abbazia di
S. Spirito; Enna, Biblioteca Comunale, chiesa di Maria SS. della Visitazione; Gela, chiesa di Maria SS. Assunta; Messina, Museo Regionale;
Piazza Armerina, Archivio Storico Diocesano, Cattedrale di Maria SS.
delle Vittorie, chiesa di S. Andrea, chiesa di S. Pietro, Museo Diocesano; Roma, Museo di Palazzo Venezia; Troina, chiesa di Maria SS.
Assunta; Velletri, Museo Diocesano; Viterbo, Museo Civico.
DA CIPRO A PIAZZA
ARMERINA
Secondo la tradizione fra l’XI e il XII secolo l’imperatore
Alessio I Comneno donò al monastero di Kikko a Cipro
una delle tre icone della Madonna dipinte da San Luca.
L’immagine della Madonna, che prende perciò il nome di
Kikkotissa, è raffigurata mentre regge il Bambino sgambettante che con una mano afferra il velo della Madre; essa è
ora negata alla vista dei fedeli perché ricoperta da una riza
metallica e da paramenti ricamati ed ex voto che si sono
sovrapposti sull’icona a partire dal XVI secolo; ma è ricostruibile sulla base delle repliche pervenuteci. La replica
più antica finora conosciuta è la Madonna delle Vittorie di
Piazza Armerina, la quale conserva l’iconografia della Kikkotissa ma assume l’epiteto delle Vittorie perché il suo arrivo
in Sicilia è da collegare alle vittorie riportate dal Gran
Conte Ruggero I d’Altavilla contro i Saraceni. La tradizione, tramandata da alcune fonti seicentesche, identifica
l’immagine con quella dipinta su un vessillo di seta verde
che il Papa aveva donato al Gran Conte il quale lo aveva
poi donato a Piazza Armerina al termine delle battaglie
contro i Saraceni, vinte grazie all’intercessione della
Madonna. In seguito il vessillo con la Madonna sarà nascosto per difenderlo dalle insidie di Guglielmo il Malo e sarà
miracolosamente ritrovato nella chiesa di S. Maria di Piazza Vecchia in occasione della peste del 1348.
La Madonna sarà portata in città dove il 22 ottobre 1742 Le
sarà consacrata la Cattedrale in cui viene conservata.
Alessio I Comneno, da una miniatura
conservata in Vaticano.
1
LA MADONNA DELLE
VITTORIE
L
’iconografia dell’icona riprende quella della famosa icona della Kikkotissa di Cipro, anche se alcuni
particolari la diversificano dall’originale, come la
presenza di larghe bretelle legate alla cintura e l’assenza
del velo rosso posto di traverso sul capo della Vergine.
Quanto ai dati formali, il pittore sembra ispirarsi a una
cultura di un vasto ambito mediterraneo che collegano
l’icona ad altre opere esistenti sia a Cipro, che nel Sinai,
che in Italia meridionale fra la Puglia e la Campania.
Secondo la tradizione che collega l’opera al Gran Conte
Ruggero, essa dovrebbe datarsi a quell’epoca, ma la critica ha più volte sostenuto una cronologia più avanzata.
In questa mostra viene proposto di riferire la produzione
dell’immagine all’età sveva quando sia Enrico VI che
Federico II ebbero rapporti con Cipro.
In particolare Federico II nel 1228 in viaggio per la VI
Crociata verso Gerusalemme fa scalo a Cipro e una
nuova fermata compie nel 1229 dopo la conclusione
diplomatica della Crociata prima di tornare in Puglia; non
meno interessanti sono altre notizie riguardanti l’Imperatore che nel 1229 confermò alcuni beni alla vicina città di
Aidone, sede di una chiesa dell’ordine militare dei Templari, nel 1234 promosse la costruzione a Piazza di una Casa
di Cavalieri Teutonici e nello stesso anno scelse la città
come sede della Corte Nazionale per la Sicilia.
2
LE REPLICHE PUGLIESI
E LA MADONNA DELL’ALEMANNA A GELA
1
2
L
’iconografia della Madonna delle Vittorie di Piazza
Armerina ebbe un seguito notevole in Puglia, dove
il pittore Giovanni da Taranto eseguì in vari
momenti tre repliche che ora si conservano a Velletri (1),
a Viterbo e a Bari, tutte esposte alla mostra.
La loro cultura denuncia un momento più evoluto rispetto
all’icona di Piazza perché vi si notano sia connotazioni
tipicamente pugliesi – come la forma allungata dell’ovale e
le sopracciglia lunghe e diritte – che connessioni con
l’ambito campano per quella insistenza plastica che
caratterizza varie icone campane del terzo quarto del
XIII secolo.
Anche in Sicilia alla fine dello stesso secolo o agli inizi
del successivo si annovera una replica, quale può considerarsi l’interessante icona della Madonna dell’Alemanna a
Gela (2); mentre a livello iconografico è anch’essa una chiara gemmazione dalla Kikkotissa di Piazza, a livello stilistico
denuncia nuovi collegamenti in direzione della Madonna
del Terremoto a Potenza e di alcuni passi della Madonna di
S. Guglielmo a Montevergine.
A questo complesso di dati iconografici e stilistici è però
da aggiungere che il manto della Madonna e del Bambino
e soprattutto le decorazioni dorate sovrapposte sembrano
denunciare un rifacimento più tardo in ambiente neobizantino.
3
PREMESSE CULTURALI.
IL PRIMO STRATO DEGLI AFFRESCHI
DELLA CHIESA DEL GRAN PRIORATO
DI SANT’ANDREA
F
in dal XII secolo la circolazione di cultura mediterranea legata alle Crociate dovette mettere radici ed
evolversi nella Sicilia centrale anche nel settore
degli affreschi: dai brani pertinenti a quella che è stata
ritenuta la più antica delle fasi individuabili nella chiesa
del Gran Priorato di Sant’Andrea a Piazza Armerina, a
quelli della Grotta dei Santi a Enna, ai pochi lacerti leggibili conservati nell’oratorio rupestre di Assoro.
Gli affreschi della fase più antica della decorazione della
chiesa del Gran Priorato di Sant’Andrea – Santa Barbara
con arcangelo (fig. in alto), una Santa non ben identificabile con un angelo, un S. Martino e il povero, a cui è da aggiungere un Santo benedicente non presente in mostra per le
notevoli dimensioni – costituiscono infatti un documento importante di questa circolazione di cultura “franca”
perché ricordano sia alcuni affreschi della chiesa della
Panaghia a Moutoullas (Cipro), che alcune icone del
Sinai, che i cicli pugliesi di Gravina, Mottola, Laterza,
Monte D’Elio, che gli affreschi della chiesa di S. Nicola a
Castiglione di Sicilia e quelli del castello di Paternò, tutti
variamente datati tra la fine del XII e il XIII secolo.
4
FRA ORIENTE
E OCCIDENTE
A
nche gli affreschi
della Grotta dei
Santi a Enna si
legano sia all’ambito
mediorientale che a quello
pugliese, al punto che
certe fisionomie sono
intercambiabili; in particolare la Santa coronata
denuncia di essere stata
dipinta in un’area che si
collega ai prodotti ciprioti,
sinaitici e pugliesi con un
aggiornamento sulla cultura dell’Occidente in particolare
nella corona gigliata. Legami sia con la koinè siciliana dell’avanzato XII secolo che con una cultura occidentale più
progredita denunciano invece alcuni frammenti di affreschi
venuti alla luce alcuni decenni fa nella chiesa di S. Maria di
Piazza Vecchia in seguito all’abbattimento sulla parete
destra di un muro perpendicolare ad essa; essi si presentano perciò con una forma rettangolare alta e stretta. Si tratta
di tre piccole storie sovrapposte, frammentarie e poco leggibili. A iniziare dal basso è visibile un panneggio che per la
decorazione a rotae attesta legami con l’ambito siciliano, ma
in una versione così libera e mossa da richiamare connotazioni gotiche. Leggibile è anche la scena superiore, che per la
presenza dell’arca e di alcuni operai sembra raffigurare
appunto la costruzione dell’Arca di Noè (fig. in alto), in cui
si colgono legami con antecedenti monrealesi ed anche con
opere più evolute, in particolare con alcune immagini del
Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli. Tale cultura nella
Sicilia centrale avrà una prosecuzione nella sconosciuta
tavola con la Madonna col Bambino in trono di Troina, la
quale partendo dai fatti monrealesi si evolve in direzione
delle esperienze messinesi rappresentate dal gruppo di
Madonne in trono di Messina e soprattutto della tavola con
l’Odigitria in piedi di Lentini, a cui l’opera rimanda per vari
particolari stilistici come la forma del capo e delle mani e le
sottili ageminature d’oro sulla veste. Allo stesso ambito
messinese sono stati collegati dalla storiografia anche alcuni oggetti preziosi come il reliquiario di Piazza Armerina e
il pastorale e la mitra di Agira, forse provenienti da una
delle sedi degli ordini gerosolimitani della città.
5
LA REPLICA
DI LUCA DI GALIZIA
E L’INCIDENZA DELLE
F
RIFORME
ra gli avvenimenti collegati all’icona delle Vittorie
dalla tradizione ha particolare rilievo quello tramandato
dalle fonti secondo le quali all’epoca di Guglielmo I l’immagine
fu nascosta. Al momento del
“nascondimento”, ne furono realizzate due repliche secondo una
operazione tipica nella “vita”
delle icone: una nella chiesa francescana di S. Pietro e una presso
la chiesa di S. Maria di Piazza
Vecchia. Della replica di Piazza
Vecchia non si ha traccia nelle immagini pervenuteci; il racconto sembra poggiarsi ad una certa base di verità per ciò
che riguarda la replica ad affresco nella chiesa di S. Pietro (fig. in alto). A riferire ed esaltare i prodigi dell’icona
di San Pietro è soprattutto il padre francescano Pietro
Tognoletto che nel Paradiso serafico del fertilissimo Regno di
Sicilia del 1667 ce ne tramanda il racconto più ampio e
circostanziato: sull’edicola primitiva in cui era dipinta
l’immagine, sul trasferimento nella nuova chiesa costruita dai Francescani Osservanti, sui miracoli da essa compiuti. Il dipinto è stato recentemente riferito al pittore
Luca di Galizia che appone la sua firma sotto la Madonna dalla faccia grande nella chiesa di Sant’Andrea e che è
forse autore anche del S. Agostino di Caltanissetta. Egli
appare come una nuova personalità nell’ambito della
pittura del Quattrocento in rapporto con pittori dell’ambito aragonese fra i quali l’autore – che potrebbe essere lo
stesso Luca – della Madonna della Misericordia nel palazzo vescovile di Teruel e della Coronación de la Virgen del
Museo Lázaro Galdeano a Madrid. La ripresa del culto della
Madonna delle Vittorie nel XV secolo viene indicato come
effetto delle varie riforme monastiche, fra le quali si sottolinea l’interesse dell’Osservanza Francescana ad assumere
l’immagine della Kikkotissa come proprio palladio nell’ambito di una ripresa del culto delle icone medievali basata sulla
dimostrazione della loro antichità e autenticità, anticipando
così un programma che sarà enfatizzato dagli scrittori e
dagli artisti dell’età della Controriforma.
6
LA DIFFUSIONE DEL CULTO
E DELLA TRADIZIONE
IL GRAN CONTE RUGGERO
L
e fonti seicentesche che narrano la storia del vessillo rientrano in una programmazione di diffusione
del culto della Madonna delle Vittorie basata su un
mix di tradizioni, di miracoli e di topoi che ne comprovano l’antichità e l’autenticità secondo le finalità di riabilitazione delle icone medievali volute dalla Controriforma Cattolica in seguito al decreto tridentino De invocatione, veneratione reliquiis Sanctorum et sacris imaginibus del 3
dicembre 1563. Il topos fondamentale intorno a cui si
articolano tutte le storie sulla Madonna delle Vittorie è
l’impresa del Gran Conte Ruggero contro i Saraceni per
liberare la Sicilia e la sua devozione verso la Vergine - che
più di una volta interviene in suo soccorso nelle battaglie
- tanto da raffigurarla sulle monete che egli fa battere in
varie zecche fra la Sicilia e la Calabria.
La figura di Ruggero e i fatti a lui collegati sono ricordati in varie opere figurative: dalla manta d’argento - di cui
è esposto il disegno - dell’orafo don Camillo Barbavara
autore anche del reliquiario del capello della Madonna; alla
monumentale “macchinetta”, su cui sono scolpite le storie del Conte e dell’icona (fig. in alto); alla statuina d’argento col Conte Ruggero a cavallo; al Ritratto di Ruggero col
vessillo proveniente dall’abbazia di S. Maria Latina ad
Agira; alle altre opere presenti nella Cattedrale come le
storie dell’immagine nel cosiddetto “coretto” e l’immagine del Conte col vessillo scolpita sulla cantoria.
7
IL RUOLO DEGLI ORDINI
RELIGIOSI E DELLA NOBILTÀ
All’affermazione e diffusione del culto della Madonna
delle Vittorie contribuirono gli scrittori degli Ordini religiosi, specie Gesuiti e Francescani quali Ottavio Gaetani,
Rocco Pirro, Giovan Paolo Chiarandà e Pietro Tognoletto; fra questi, G. P. Chiarandà ci tramanda anche la
descrizione della Madonna seguendo il De Vita B. Virginis
del monaco Epifanio del IX secolo
“… capillo flavo… supercilia inflexa… nasus est ei longior,
labia florida, facies non rotunda, nec acuta, sed aliquanto longior, manus simul, et digiti longiores …”
e pubblica alcune incisioni eseguite da Placido Donia raffiguranti Ruggero a cavallo col vessillo e la riproduzione
della tavola con la Madonna.
Sullo sfondo di questa intensa politica di ritorno alle
immagini medievali si verificano anche avvenimenti storici che fin dalla fine del XVI secolo e nei secoli successivi
facilitano la diffusione del culto e l’esaltazione delle immagini come l’intervento della nobiltà locale – in particolare
per Piazza le cospicue donazioni e rendite da parte del
barone Marco Trigona – che rendono possibili sia decorazioni volte alla glorificazione delle immagini, anche per
fini didascalici, che ristrutturazioni e ampliamenti architettonici. Alla mostra è presente il modello ligneo della cupola della Cattedrale realizzato nel 1767 dall’architetto catanese Francesco Battaglia e il disegno relativo alla cupola
attribuito al romano Nicola Giansimoni.
8
Su espressa volontà di Marco Trigona, che nel 1598 nomina erede universale la principale chiesa di Piazza Armerina, vengono eseguite opere finalizzate all’arredo e
all’arrichimento del patrimonio della chiesa per il “fastu
et decoru, musica, giogalli et altri cosi necessari”.
Vengono realizzate così su commissione dei fidecommissari dell’eredità Trigona fra il XVII e il XVIII secolo alcune
opere di notevole livello come il piviale eseguito nel 1608
dal ricamatore palermitano Cesare Vitali e le opere di
argento prima ricordate.
Anche altri Ordini esprimono la loro devozione alla
Madonna delle Vittorie con donazioni di dipinti nelle chiese dei loro ordini come Sant’Andrea Avellino che intercede
per Piazza Armerina presso la Madonna delle Vittorie della
chiesa di San Lorenzo dei Teatini.
La devozione all’icona continuerà anche nei secoli successivi insieme con la connessa produzione di immagini,
oggetti e scritti vari dei quali fra i più recenti è il libretto
del 1931 di F. Piazza Il Vessillo del Conte Ruggero e la
Madonna dei Fascisti, nel quale l’autore incita Benito Mussolini a portare, come il Gran Conte Ruggero, il vessillo
della Madonna delle Vittorie nelle sue battaglie.
9
Regione Siciliana
Assessorato Regionale Beni Culturali
ed Ambientali e Pubblica Istruzione
Dipartimento Regionale Beni Culturali
ed Ambientali, dell'Educazione Permanente
dell'Architettura e dell'Arte Contemporanea
Soprintendenza Beni Culturali
ed Ambientali - Enna
Diocesi di Piazza Armerina
MOSTRA
Piazza Armerina
• Museo Diocesano
• Cattedrale
• Chiesa Maria SS. di Piazza Vecchia
dal 21 Dicembre 2009
al 27 Febbraio 2010
Scarica

Allegato 3 - Comune di Piazza Armerina