Il presente volume è stato prodotto nell’ambito del progetto PPTIE, promosso dal Ministero degli Affari Esteri presso la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie (DGIEPM), co-finanziato dal Fondo Sociale Europeo e realizzato dal Centro Internazionale di Formazione dell’ILO, con il coordinamento scientifico del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza (Dicembre 2006). Indice Capitolo primo - Gli italiani residenti all’estero e le migrazioni qualificate 3 1.1 Le tante diaspore italiane 1.2 Gli italiani all’estero oggi e le migrazioni qualificate 1.2.1 Le migrazioni qualificate 1.2.2 Le migrazioni qualificate italiane 3 12 16 20 Capitolo secondo - Reti sociali e sviluppo territoriale: la rete degli esperti italiani all’estero 33 2.1 Verso una società delle reti 33 2.2 Social Network Analysis e reti di competenze a supporto dei partenariati internazionali 36 2.3 La prospettiva metodologica della Social Network Analysis 39 2.4 La rete di competenze degli esperti italiani all’estero 42 2.4.1 Il percorso metodologico seguito 42 2.4.1.1 L’oggetto di ricerca: una tipologia di “esperto italiano all’estero” 42 2.4.1.2 Articolazione geografico-territoriale e organizzativa del contesto di ricerca 44 2.4.1.3 La popolazione degli “esperti italiani all’estero” 47 2.4.1.4 Tecnica e strumento di rilevazione 49 2.4.2 I risultati della ricerca 52 2.4.2.1 Il modello di analisi 52 2.4.2.2 I rispondenti: alcune riflessioni generali 58 2.4.2.3 La provenienza geografica e la mobilità territoriale degli esperti 60 2.4.2.4 Il reticolo geografico 67 2.4.2.5 La condizione professionale degli esperti 70 2.4.2.6 Il reticolo professionale e organizzativo 75 2.4.2.7 Ruolo professionale e relazioni lavorative esterne 77 2.4.2.8 Le aree di competenza degli esperti: network e connessioni 82 2.4.2.9 La partecipazione ad eventi e/o progetti in materia di partenariati internazionali 91 1 2.4.2.10 Conoscenza e legami con “altri” esperti italiani all’estero 2.4.2.11 I nodi centrali della rete degli esperti 2.4.2.12 La mappa delle competenze della rete 2.5 Osservazioni conclusive 92 96 98 106 Capitolo terzo - Il ruolo delle nuove tecnologie nella creazione delle reti di persone 109 3.1 Premessa 3.2 Lo scenario dei nuovi metodi di lavoro 3.3 Produrre conoscenza, non oggetti 3.4 Le caratteristiche del lavoro cooperativo in rete 3.5 Il sistema di lavoro cooperativo per i progetti con gli italiani residenti all’estero 3.6 Osservazioni conclusive Capitolo quarto - Gli italiani famosi all’estero 4.1 Premessa 4.2 Robert Viscusi 4.3 Regina Barreca 4.4 Connie Fierravanti Wells 4.5 Nancy Pelosi 4.6 Gaetano Gagliano 4.7 Gesualdo Ma struzzo 4.8 Charly Chiarelli 4.9 Antonio D’Alfonso 4.10 William Donato Phillips 4.11 Charles Gargano 4.12 Rudolph Giuliani 4.13 Angelo Mozilo 4.14 Dennis Tito 4.15 Antonio Caruso 4.16 Pietro Scalia Bibliografia Allegato 1 Allegato 2 109 109 113 117 119 122 125 125 127 129 131 133 135 137 139 140 142 145 147 150 152 154 156 158 168 173 2 Capitolo primo - Gli italiani residenti all’estero e le migrazioni qualificate 1.1 Le tante diaspore italiane L’emigrazione e il processo di integrazione delle comunità italiane all’estero sono da tempo oggetto di studio delle scienze umane, per via della grande rilevanza che questo fenomeno ha avuto per lo sviluppo della cultura e della storia del nostro Paese. Molti altri territori hanno conosciuto e conoscono fenomeni migratori di grande portata, ma il caso italiano si presenta alla storia come unico perché caratterizzato da una lunga continuità temporale, da una variegata provenienza territoriale e sociale, da una diffusione e diversificazione dei luoghi di destinazione e, soprattutto, da un’intensità numerica senza precedenti. L’emigrazione ha infatti portato all’estero quasi 27 milioni di italiani a partire dal 1876 (anno della prima rilevazione ufficiale degli espatriati) fino al 1988; tuttavia, il fenomeno ha raggiunto questa enorme portata perché trae la sua origine sin dall’epoca medievale. Giovanni Pizzorusso26, uno dei maggiori studiosi dell’argomento, spiega che nel corso dei secoli alcune macro-aree geografiche hanno generato migrazioni regolari e ripetute ogni anno: la discesa a valle dall’arco alpino e la mobilità agricola nell’Italia centro-meridionale, per esempio. Ma è solo a partire dalla riunificazione italiana che si può parlare di vero e proprio “esodo” migratorio. La grande emigrazione ottocentesca è così il culmine di un processo iniziato da tempo e soprattutto ne conserva alcune caratteristiche, fra cui quella del ritorno, magari per poi partire e tornare ancora27. L’emigrazione novecentesca può essere suddivisa in varie fasi causate dai due conflitti mondiali. I grandi flussi del primo quindicennio del secolo scorso, diretti soprattutto verso le Americhe, 26 Pizzorusso G., “Le radici d’ancien régime delle migrazioni contemporanee: un quadro regionale”, in Giornale di storia contemporanea, IV, 1, 2001. 27 Ivi. 3 sono interrotti dalla Grande Guerra. Appena terminato il conflitto gli espatri riprendono, ma la chiusura degli sbocchi migratori nelle Americhe e poi la grande crisi del 1929 rallentano di nuovo il fenomeno o piuttosto lo incanalano verso nuove direzioni. Il ventennio fascista, se si prescinde dai falliti tentativi di emigrazione coloniale e dal fuoriuscitismo politico, è quindi caratterizzato dalla tendenza a trasferirsi in Francia (per chi parte dal Nord Italia) o nelle Regioni centro-settentrionali per chi parte dal Sud. Quanto avviene tra il 1922 e il 1940 è la premessa alla ripresa dell’emigrazione verso l’estero dopo il 1945 e al grande spostamento dal Sud al Nord dei decenni successivi. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono infatti caratterizzati dalla grande migrazione interna dal Meridione verso le fabbriche settentrionali e da esodi massicci verso le Americhe ma, soprattutto, verso l’Australia. A partire dagli anni Settanta, una decade critica per tutto l’Occidente, decrescono infine tutte le migrazioni, interne ed estere: persino il movimento frontaliero si contrae progressivamente e negli anni Ottanta è ormai dimezzato. In questi ultimi trentacinque anni, il mondo dell’emigrazione ha conosciuto infatti notevoli cambiamenti. Le comunità italiane all’estero si sono integrate nei paesi di destinazione e nei paesi di più antica tradizione migratoria siamo già alla quarta generazione, mentre altri paesi sono tutt’oggi meta di emigrazione. Tuttavia la globalizzazione, l’avvento delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione e dei trasporti veloci hanno reso le comunità più mobili e i paesi di origine e di arrivo più coesi. Le reti di relazioni tra migranti e terre di origine si sono infatti rafforzate e ampliate attraverso la creazione di relazioni sociali composite e multiple tra paesi. Prende oggi forma la figura del trasmigrante che intrattiene contemporaneamente varie relazioni (familiari, politiche, professionali) tra luoghi differenti e crea dei veri e propri “campi sociali” che attraversano le frontiere nazionali dando vita a interessanti legami tra i vari paesi28. 28 Vertovec S., “Conceiving and researching transnationalism”, in Ethnical and racial studies, a.22, n.2, pp. 447-462, 1999 e Vertovec S., Trends and impacts of migrant transnationalism, Working Paper COMPAS N.3, University of Oxford, 2004. 4 Allo stesso modo, il passare del tempo e i cambiamenti avvenuti nella società mondiale hanno influito notevolmente sugli atteggiamenti degli italiani all’estero nei confronti della madrepatria e sull’orientamento dell’Italia verso i suoi emigrati. Per comprendere tali relazioni e analizzare i rapporti tra cittadini all’estero e l’Italia è pertanto necessario capire chi sono oggi i protagonisti della diaspora. Nel mondo, si stima che le persone di origine italiana siano circa sessanta milioni ma non è possibile avere una stima certa del totale degli emigrati all’estero e dei loro discendenti. Secondo l’Ufficio Nazionale Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana (oggi Fondazione Migrantes) e le rilevazioni del Ministero dell’Interno, pubblicate dall’ISTAT, il numero degli italiani all’estero dopo l’ultimo censimento del 2001 è di 3 milioni e 870 mila29, mentre dall’ultima stima AIRE il numero dei residenti all’estero si sarebbe ridotto di oltre 650 mila unità: gli italiani all’estero registrati presso l’Anagrafe del Ministero dell’Interno a maggio 2006 sono infatti 3.106.25130. Una variabile fondamentale per comprendere le differenze tra gli italiani all’estero è l’analisi per generazioni. La struttura per età dei nostri emigrati rispecchia, con alcune differenze, quella dei connazionali che ancora vivono nel Paese. Dal confronto risulta minore la popolazione con meno di 17 anni ma superiore sia quella che si trova nella fascia d’età che va dai 18 ai 24 anni sia coloro che si trovano nella fascia successiva. Si evidenzia pertanto che la popolazione italiana residente all’estero è leggermente più giovane di quella residente in patria. Gli anziani con più di 75 anni sono inferiori, all’estero, di poco più di un punto percentuale. 29 I dati qui citati sono stati estratti dal sito dell’Ufficio Nazionale Migrantes, oggi Fondazione Migrantes, elaborati da Pugliese, 2002, in www.chiesacattolica.it/cci_new/cei/. 30 La ripulitura degli archivi in occasione delle elezioni politiche del 9 aprile 2006 ha portato alla cancellazione di molti cittadini dalle liste. 5 Tabella 1.1 - Fasce d’età, popolazione residente all’estero e in Italia al 31 gennaio 2006 Fasce d’età % all’estero % in Italia 0-17 15,73 17,07 18-24 8,22 7,35 25-34 14,75 14,32 35-44 16,38 16,19 45-54 13,85 13,31 55-64 12,53 11,99 65-74 10,33 10,49 75 anni e più 8,20 9,28 Totale 100,00 100,00 Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE e ISTAT. Le persone sopra i 65 anni (il 18,53% del totale della popolazione) sono coloro che sono emigrati nel Dopoguerra oppure sono figli di persone emigrate prima della Seconda Guerra Mondiale che hanno mantenuto la cittadinanza italiana. Molti dei figli degli emigrati non mantengono però la cittadinanza del proprio paese di origine per riuscire a integrarsi meglio nel luogo dove sono nati. Per molti questo passaggio è stato fortemente voluto, per altri obbligato, e questo ha fatto sì che il legame con l’Italia non si sia spezzato definitivamente. Le persone più anziane hanno contribuito allo sviluppo italiano tramite l’invio di rimesse e hanno mantenuto i legami culturali e tradizionali con i loro luoghi d’origine. Parlando invece delle fasce d’età più giovani è utile la distinzione proposta da Cristiano Caltabiano e Giovanna Gianturco31 tra discendenti ed epigoni in una recente ricerca sui giovani italiani all’estero. I primi sono gli italiani di seconda e terza generazione, che hanno ereditato l’esperienza migratoria dei genitori o dei nonni. Essi si trovano all’estero non per loro scelta relazionandosi, pertanto, con la diaspora attraverso la ricostruzione della storia del loro paese e delle dinamiche migratorie del proprio nucleo familiare. Gli epigoni sono invece i nuovi emigranti, che ripercorrono a volte le orme dei primi emigrati, benché mossi da aspirazioni personali nuove e progetti di vita differenti. Il processo di globalizzazione ha 31 Caltabiano C., Gianturco G., Giovani oltre confine, Carocci, Roma, 2005. 6 profondamente mutato il senso di appartenenza nazionale e le identità, “alimentando forme di identificazione sociale frammentarie, dove gli assi del locale, del nazionale e del globale si intersecano”32. Il fenomeno della glocalizzazione ha infatti mondializzato gli orientamenti culturali e gli spazi sociali modificando le identità personali e la vita quotidiana attraverso una nuova relazione tra globale e locale33. Nuovi tipi di migrazione e di mobilità si stanno rapidamente diffondendo modificando il classico concetto di emigrazione e la figura del migrante visto come un uomo “povero, sradicato, marginale, disperato”34. Le motivazioni dei migranti di oggi e i risultati delle loro azioni sono profondamente diversi, così come lo sono le origini geografiche, le destinazioni, le rotte e i modi di viaggiare35. Infine, la fascia di mezzo è rappresentata dal 57,51% del totale dei cittadini italiani all’estero e comprende tutte le persone tra i 25 e i 64 anni. Fanno parte di questo gruppo tutti i cittadini inseriti nella realtà lavorativa. Sono loro i veri protagonisti dei rapporti con l’Italia36. Essi infatti intrattengono relazioni con le autorità locali e con quelle italiane; si relazionano con la rete diplomatica e consolare; fanno parte dei Com.IT.ES.37 e del C.G.I.E.38; si occupano del mondo associativo e delle relazioni culturali con i propri territori di provenienza; informano il resto del mondo sulla realtà degli italiani all’estero attraverso numerosi organi di stampa e, infine, sono stati eletti in Parlamento in occasione delle ultime elezioni. Questa è una possibile suddivisione dei cittadini italiani all’estero ma, secondo alcuni, la diffusione della cultura italiana nel mondo attraverso l’emigrazione e il processo di globalizzazione, ha permesso 32 Ivi, pp. 17-18. Robertson R., Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale, Asterios, Trieste, 1999. 34 King R. , “Verso una nuova tipologia delle migrazioni europee”, in La Critica Sociologica, n. 143-144, Autunno 2002, Inverno 2002-2003, pp. 9-34. 35 Ivi. 36 Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2006, IDOS, 2006. 37 Comitati degli Italiani all’Estero. 38 Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. 33 7 la creazione di una comunità transnazionale a carattere globale che può essere definita come la comunità italica39. Gli italici, come li definisce Piero Bassetti40, sono una comunità ancora differente rispetto ai discendenti e agli epigoni della diaspora italiana. Essi infatti comprendono tutti gli italiani, i ticinesi, i dalmati, gli istriani, i maltesi, i sammarinesi e i rispettivi oriundi (quali gli italo-statunitensi, i dalmati d’Australia, i ticinesi d’Argentina), legati da una lingua e da forti vincoli culturali e valoriali comuni. Essi comprendono anche tutti coloro che apprezzano i valori, la cultura e i prodotti di stampo italico, che imparano volentieri la lingua italiana, che visitano con piacere e spesso le terre a partire dalle quali l’italianità si è espansa in tutto il mondo. Gli italici, dunque, non rispondono a realtà nazionali precise ma formano una comunità di tipo globale, tenuta unita da un insieme di valori, da una storia comune, un modo condiviso di affrontare l’esistenza piuttosto che un destino politico-statale uniforme delimitato da frontiere nazionali. Essi, infatti, non si pongono obiettivi di tipo prettamente nazionale, come l’affermazione del proprio paese nel mondo e la propria affermazione all’interno di questo sistemapaese, ma interagiscono efficacemente in un ambito ben più vasto, quello italico appunto, pur sempre attraverso le specificità locali dei paesi in cui risiedono. Questa categoria si inserisce in modo singolare e paradigmatico nella nuova globalizzazione, aggregando forze e risorse con l’obiettivo di diffondere l’Italian style e i valori del “mondo in italiano” del quale si sentono e intendono fare parte41. Secondo altri autori è invece riduttivo parlare di una sola diaspora italiana e, conseguentemente, di una comunità italiana all’estero. Gli italiani all’estero sono infatti distribuiti in tutti i continenti e vivono pertanto contesti socio-economici profondamente diversi; sono emigrati in periodi differenti per vari motivi e pertanto non hanno “creato una diaspora italiana nazionale o unita, ma hanno invece creato molte diaspore temporanee e mutevoli, diaspore di persone con 39 Roic S., (a cura di) ,Globali e locali. Timori e speranze della seconda modernità, incontro con Piero Bassetti, Giampiero Casagrande Editore, Lugano, 2001. 40 Ivi. 41 Janni P., Mclean G., “The essence of Italian culture and the challenge of a global age”, in Cultural Heritage and Contemporary Change, series IV - West Europe, volume 5, 2003. 8 un’identità e un senso della fedeltà difficilmente quantificabili come “italiane”42. Secondo Donna Gabaccia43 soltanto negli ultimi decenni è possibile cominciare a parlare di emigrati italiani all’estero, uniti da un senso di identità nazionale, alla ricerca di continuità nel legame con l’Italia, con le sue istituzioni e nella speranza di costruire un’identità condivisa in tutto il mondo44. In questa prospettiva, spesso si preferisce parlare di reti migratorie italiane, piuttosto che di una vera e propria diaspora come quella ebraica o africana45; l’utilizzo del termine “diaspora” costringe pertanto ad accettare una definizione più ridotta del termine, staccandola dalla sua associazione con il senso di appartenenza a una nazione. Un altro elemento caratteristico delle migrazioni italiane è il transnazionalismo un fenomeno soltanto apparentemente recente ma che, nella pratica, caratterizza da tempo la realtà migratoria italiana. Possiamo definire il transnazionalismo come un modo di vivere che lega insieme famiglia, lavoro e consapevolezza di avere più di un territorio nazionale46. Contemporaneamente all’inserimento e all’assimilazione nei paesi di destinazione, i migranti italiani infatti mantengono legami costanti e solidi con la madrepatria. Ad oggi il transnazionalismo è reso più immediato ed evidente dalle moderne tecnologie e dalla facilità di spostamento. In questa ottica le collettività di migranti sono intese come comunità mobili di individui che soggiornano all’estero senza un preciso termine temporale circolando tra due o più territori, appartenenti a Stati 42 Gabaccia D., Emigrati, Le diaspore degli Italiani dal Medioevo ad oggi, Torino, Einaudi, 2003, p. XIX. 43 Ivi. 44 Ivi. 45 Secondo la Gabaccia le diaspore sono spesso formate da esuli e vittime di guerre o persecuzioni; i protagonisti delle diaspore vivono pertanto una condizione di oppressione che influisce fortemente sulla formazione di un’identità di diaspora il cui fulcro è rappresentato dal senso della perdita nei confronti del paese da cui sono stati cacciati associata al forte desiderio di ritornare in patria. Di queste caratteristiche dell’identità di diaspora gli italiani possiedono solo il desiderio di ritornare nella terra di origine. Ivi. 46 Glick Shiller N., Bash L., Blanc-Szanton C., (ed.), Towards a Transnational Perspective on Migration. Race, Class, Ethnicity, and Nationalism Reconsidered, Academic Press, New York, 1992. 9 diversi, e alimentando circuiti attraverso cui transitano informazioni, oggetti, idee, capitali e immagini oltre che persone47. Ad ogni modo la diaspora, o meglio le diaspore italiane, a distanza di più di un secolo dall’inizio dei flussi migratori, hanno ormai una loro identità, nonché una connotazione come comunità a sé. In una società globale, collegata tramite le reti tecnologiche e sociali, l’italianità, intesa come sentimento di appartenenza – né rigida né uniforme – a una comunità, è sempre più il frutto di un’opzione che di un’ascrizione, un fattore coesivo e identificativo importante, nel quale la componente “etnica” si richiama a un sistema di valori e saperi, di storia, cultura, tradizioni, di umanesimo, di capacità creative e di intraprendenza. È un elemento che assume un forte significato di aggregazione e di riconoscimento, rafforzato dalle vicende tipiche della diaspora, in seno alle differenti generazioni degli italiani emigrati e dei loro discendenti48. Varie sono ad oggi le iniziative sviluppate da parte delle Istituzioni nazionali per valorizzare in modo differente rispetto al passato le comunità italiane all’estero. Tra queste il Ministero degli Affari Esteri cerca da tempo di fornire assistenza, informazione e di attivare circuiti di relazioni culturali, linguistiche, economiche e commerciali tentando di aggregare le diaspore in un’unica comunità di italiani nel mondo49. L’elemento di aggregazione, il valore “caldo” dell’appartenenza, è più simile a un moto di empatia, a una comunanza di atteggiamenti e comportamenti del modo di fare associazione, di essere localmente integrati e nello stesso tempo legati alle comunità di origine. Quindi, un modo di essere fruibile da chiunque lo condivida nel suo rapporto con il mondo, nella vita quotidiana e professionale. Nelle comunità italiane all’estero sono presenti élite locali con una forte apertura globale in grado – proprio per la loro specifica storia – di interpretare i valori del radicamento e, nello stesso tempo, quelli della globalizzazione. 47 Mezzetti P., Stocchiero A., Transnazionalismo e catene migratorie tra contesti locali, Working Paper CeSPI, marzo 2005, in http://www.cespi.it/WP/wp16transnazionalismo.pdf. 48 Ministero degli Affari Esteri, “Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo”, in Documento del Laboratorio “La rete delle comunità d’affari italiane nel mondo: una risorsa strategica per il paese”, Milano, 2000. 49 Siciliano M., “Marketing di stato e comunicazione per gli italiani all’estero”, in Rivista italiana di Comunicazione Pubblica, Anno VIII n. 28/2006, pp. 79-85. 10 In particolare, a livello economico, in molti sostengono l’esistenza di una comunità d’affari estesa su base mondiale, centrata sullo scambio di beni e servizi, come una struttura articolata secondo un modello “a rete”, privo di un centro egemone, in cui ciascun elemento nodale, senza dipendere dalla contiguità spaziale, è in relazione con l’altro in posizione di autonomia. Nel caso dell’emigrazione italiana, come descritto in precedenza, questo modello a rete si è contraddistinto poi per l’elevata capacità di adattamento alle realtà locali e per la capacità di diffusione dei valori e dei saperi propri della cultura italiana, dell’italian way of life, ovvero il modo di vivere italiano. In questo modo, le varie comunità italiane nel mondo si sono sviluppate lungo dimensioni non solo commerciali, tipiche delle business communities, ma hanno recepito e sfruttato la ricchezza immateriale del patrimonio di alleanze formali e informali, di relazioni fiduciarie stabilite tra “utenti “ e “fornitori” per dare forma a un universo definito come “mondo in italiano”50. L’immagine dell’Italia all’estero è stata costruita innanzi tutto grazie alle comunità emigrate che si sono integrate nei paesi di destinazione portando con sé le caratteristiche tipiche della nostra cultura lavorativa. Gli emigrati italiani, infatti, e i loro discendenti si sono stabilmente inseriti e integrati nei vari paesi, divenendo attori di un’ascesa sociale, collettiva e personale, che li ha visti assumere responsabilità e posizioni di prestigio in ambito accademico, scientifico, politico, amministrativo, imprenditoriale, della cultura e dell’arte, nelle sue varie forme51. Un inserimento aperto che coinvolge le comunità italiane nelle dinamiche tipiche delle società moderne e che le caratterizza in un duplice modo: da un lato mediante processi di innovazione e cambiamento e dall’altro nella continuità e nella tradizione. In un ottica transnazionale, oggi l’italiano all’estero è visto pertanto dal mondo istituzionale come motore di sviluppo per il territorio di origine. Da sempre, infatti, i movimenti migratori hanno contribuito 50 CSER, “Sviluppo, internazionalizzazione e la risorsa emigrazione”, Progetto ITENETs, 2001. 51 Senato dalla Repubblica-Camera dei Deputati, Conferenza dei Parlamentari di origine Italiana, Atti, Roma, 20-21 novembre 2000. 11 allo sviluppo dei territori di partenza: economicamente attraverso le rimesse e culturalmente attraverso i legami che hanno creato tra i paesi. I nostri emigrati non hanno mai formato una “nazione slegata” o uno “stato nazione deterritorializzato” ma hanno mantenuto salde le identità nazionali e l’amore per il proprio paese. Allo stato attuale, dunque, gli emigrati costituiscono una risorsa preziosa per lo sviluppo di quelle aree italiane, come il Mezzogiorno, che faticano ad aprirsi verso l’estero e a trovare una loro dimensione internazionale. Il Meridione italiano vive infatti una condizione di marginalità geografica, economica e politica; questa condizione può essere però un’opportunità per lo sviluppo territoriale, sociale ed economico passando proprio dalle relazioni internazionali. In sintesi, gli italiani all’estero possono contribuire fortemente al processo di sviluppo in considerazione del legame profondo che li lega alla terra di origine; del fatto che emigrati di generazioni precedenti sono spesso soggetti con una consolidata posizione sociale ed economica nei paesi che li hanno accolti; del rilevante potenziale nella gestione di relazioni cross cultural e, non ultimo, per via delle numerose migrazioni qualificate e del notevole brain drain italiano, un fenomeno in crescita negli ultimi anni che sta assumendo dimensioni sempre più consistenti. 1.2 Gli italiani all’estero oggi e le migrazioni qualificate Distinguere gli individui italiani all’estero in base alla cittadinanza, all’italicità o alle generazioni a cui appartengono è solo uno dei tanti modi in cui si possono studiare le diaspore italiane. Un altro modo, forse il più utilizzato, è quello di approfondire realtà territoriali nei paesi di destinazione. Numerose sono infatti le ricerche sull’immigrazione italiana negli Stati Uniti piuttosto che nei Paesi del Nord Europa come la Germania, il Belgio e la Svizzera. 12 Secondo i dati AIRE52, all’inizio del 2006, il totale dei cittadini italiani all’estero era di 3.520.80953. Presso le Anagrafi Consolari54 risultano invece iscritti, al 31 gennaio 2006, 3.498.809 italiani. Secondo i dati consolari più della metà degli italiani all’estero, 2.026.599, pari al 58% del totale, risiede in Europa (nel 2005 risultavano il 55%). Le percentuali di tutti gli altri continenti risultano notevolmente diminuite rispetto al 2005. Il 36,6% degli italiani vive in America (1.280.621 persone), il 3,47% in Oceania, di cui 119.568 in Australia e soltanto 1.937 in Nuova Zelanda. L’Asia è il continente in cui risiedono meno connazionali, 23.988 (0,69%), mentre in Africa risiede l’1,32% degli italiani residenti all’estero (46.096 in valore assoluto) (Graf. 1.1). 52 Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, istituita presso il Ministero dell’Interno. 53 Questa stima si è notevolmente ridotta nel corso dell’anno per la ripulitura degli archivi in vista delle elezioni: al 9 maggio 2006 le iscrizioni risultavano 3.106.251. 54 L’Anagrafe Consolare ha lo scopo di tenere aggiornato il registro anagrafico di tutti i cittadini italiani residenti all’estero, agevolando i contatti tra le pubbliche amministrazioni ed i connazionali con una continua revisione dei dati. L’Anagrafe Consolare non va confusa con l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E). La Legge prevede che ogni cittadino che trasferisce la propria residenza all’estero debba presentarsi personalmente, entro 90 giorni dall’avvenuto espatrio, con un documento di riconoscimento ed un permesso di soggiorno al Consolato competente al fine di sottoscrivere la prescritta dichiarazione. Il modulo d’iscrizione all’A.I.R.E. (CONS/01) verrà tempestivamente inviato in Italia dal Consolato. Detto formulario deve essere compilato pertanto anche da coloro che sono già iscritti all'A.I.R.E. ma trasferiscono la propria residenza nella circoscrizione di un altro Consolato. 13 Grafico 1.1 - Italiani iscritti alle Anagrafi Consolari: distribuzione per area geografica al 31 gennaio 2006 3,47% 1,32% 36,60% 57,92% 0,69% A FRICA EUROPA ASIA A MERICA OCEA NIA Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero degli Affari Esteri. Dei 3 milioni e 520 mila italiani iscritti all’AIRE al 31 gennaio 2006, 2.033.027 vivono in Europa (il 57,74% dell’emigrazione totale), 46.293 in Africa (1,31%), 1.291.465 nelle Americhe (36,68%), 26.892 in Asia e 123.132 in Oceania (3,50%) (Graf. 1.2). 14 Grafico 1.2 - Italiani iscritti all’AIRE: distribuzione per area geografica al 31 gennaio 2006 3,50% 1,31% 36,68% 57,74% 0,76% A FRICA EUROPA A SIA A MERICA OCEA NIA Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE. Fra i paesi che contano il maggior numero di iscrizioni alle Anagrafi Consolari in testa troviamo la Germania con 574.242 iscritti (16,41% del totale degli emigrati), seguita dalla Svizzera con 491.752 e dall’Argentina con 451.015. La ripulitura degli elenchi ha fatto slittare, rispetto allo scorso anno, tutti i Paesi del Sud America di una posizione. L’Argentina risulta oggi al terzo posto, il Brasile al sesto, mentre l’Uruguay è passato dal dodicesimo posto del 2005 alla tredicesima posizione. Le prime 15 comunità, in ordine di grandezza, risultano comunque invariate. Sono tutte dislocate in Europa o nelle Americhe con due uniche eccezioni: la comunità italiana in Australia, la decima in ordine di grandezza con 119.568 iscritti e la comunità residente nell’unico Stato africano, il Sud Africa, tra le prime quindici con 27.528 persone. Sensibilmente diversa è la situazione secondo i dati AIRE anche perché, rispetto allo scorso anno, il totale degli iscritti non ha subito notevoli variazioni come per gli schedari delle Anagrafi Consolari che hanno perso 500 mila iscritti55. In generale in tutti gli Stati si nota un 55 Per il registro AIRE queste cancellazioni sono verificabili nei dati di maggio 2006. 15 aumento degli iscritti rispetto al 2004 eccetto per Stati Uniti, Canada, Francia e Australia. La comunità italiana all’estero con il maggior numero di iscritti si trova sempre in Germania (575.505). Anche per l’AIRE al secondo posto c’è la Svizzera (491.226), seguita dall’Argentina con 451.755 cittadini italiani iscritti. Rispetto allo scorso anno l’unico slittamento avvenuto è quello degli Stati Uniti, dal quinto al sesto posto, superato dal Belgio con 239.374 iscritti, e del Canada (151.114) scavalcato dalla Gran Bretagna con 164.961 iscritti. Un altro elemento fondamentale nell’analisi dell’emigrazione è la provenienza regionale. Questa viene fornita dai registri AIRE. Dall’analisi dei valori percentuali di ogni regione si evince che il 52,49% del totale degli iscritti proviene dalle sette Regioni del Meridione (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia). Il Mezzogiorno è infatti l’area che ha subito maggiormente il fenomeno migratorio. I registri AIRE forniscono, infine, una stima dei settori di inserimento, delle qualifiche professionali e del titolo di studio dei cittadini italiani all’estero. Sebbene siano solo dati aggregati su un universo non rappresentativo del totale della realtà italiana all’estero, queste informazioni costituiscono la base per lo studio delle migrazioni qualificate italiane all’estero. 1.2.1 Le migrazioni qualificate All’interno dei flussi migratori c’è sempre stata una percentuale, sebbene esigua rispetto alla massa, di persone portatrici di un notevole patrimonio di conoscenze e di capacità di vario tipo. Questa minoranza non è stata all’inizio oggetto di particolare attenzione da parte degli studiosi, ma costituisce oggi uno degli aspetti più importanti dell’analisi dei fenomeni migratori, in una società come quella odierna nella quale lo sviluppo economico si basa 16 essenzialmente sulla disponibilità adeguata di conoscenza scientifica e tecnica56. Nel corso degli ultimi cinquanta anni, argomenti come le migrazioni qualificate, la fuga dei cervelli (brain drain) e la circolazione delle conoscenze sono divenuti sempre più importanti nel dibattito mondiale sulle migrazioni internazionali per via dei profondi cambiamenti socio-economici avvenuti nella società globale. I primi studi sistematici risalgono agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo ad opera, quasi esclusiva, di ricercatori anglosassoni: il termine, divenuto in seguito di uso comune, di brain drain indicava originariamente, in un rapporto della Royal Society di Londra57, l’esodo di scienziati britannici verso gli U.S.A. Questo fatto non sorprende, dato che le condizioni immediatamente seguenti alla Seconda Guerra Mondiale rendevano numericamente ed economicamente significativo solo il flusso di ricercatori dalla Germania e dall’Inghilterra verso gli Stati Uniti58. Negli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso l’attenzione si volse in particolare alle migrazioni di studiosi e di professionisti dai paesi in via di sviluppo. In quegli anni, infatti, il termine brain drain venne impiegato anche per determinare il crescente fenomeno degli studenti che dai paesi poveri si recavano nei paesi più sviluppati per compiere i loro studi e che spesso vi rimanevano. In quel periodo, assunse notevole importanza il fatto che la partenza dei cittadini più qualificati sottraesse ai paesi in via di sviluppo i soggetti che avevano le competenze e la mentalità adatte a far decollare l’economia nazionale. Il fatto poi che queste competenze venissero utilizzate dai paesi più ricchi era ritenuto un “ingiusto aiuto tecnologico” dei paesi in via di sviluppo a quelli sviluppati59. Lo studio della mobilità delle competenze è passato attraverso varie fasi. Negli anni Settanta si è sviluppato il concetto di “trasferimento inverso di tecnologie” dai paesi in via di sviluppo verso i paesi di 56 Avveduto S., Brandi M.C., Todisco E., (a cura di), “Le migrazioni qualificate tra mobilità e brain drain”, in Studi Emigrazione, n. 156, CSER, Roma, 2004. 57 Royal Society, “Emigration of Scientists from the United Kingdom”, Report of a Committee appointed by the Council of the Royal Society, London, 1963. 58 CSER, op.cit.. 59 Boussaid L., “L’exode des cerveaux et les pays en développement”, in Migration société, N. 56 Vol. 10 Mars – April 1998, pp. 65-71. 17 destinazione delle migrazioni60. Si è avuto poi un lungo periodo, intorno agli anni Ottanta-Novanta, in cui la fuga dei cervelli non ha più destato preoccupazioni. Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno indotto gli osservatori del fenomeno a pensare che si sarebbero formati networks internazionali di studiosi nel mondo e che i migranti qualificati avrebbero potuto lavorare a distanza con il proprio paese di origine. Per alcuni versi la mobilità internazionale delle persone con alte qualifiche è oggi un dato di fatto; in molti infatti ritengono che il mondo economico sia ormai costituito da un unico grande mercato, nel quale materie prime, capitali, informazioni e forza di lavoro circoleranno più liberamente, pur persistendo vincoli restrizionisti. Secondo questi teorici, anche la manodopera tenderà sempre di più a equilibrarsi, con un travaso dalle zone ove vi è abbondanza verso le zone dove vi è carenza, in funzione delle nuove necessità. Si dovrà forse parlare più di spostamenti transnazionali che di migrazioni61, in quanto la localizzazione del lavoro sarà una conseguenza del processo di globalizzazione62. In realtà il problema appare più complesso e il fenomeno del brain drain non è stato risolto grazie a Internet e alla globalizzazione dei mercati. Vari studi hanno evidenziato l’esistenza di network e contatti tra emigrati e paesi di origine63 ma vi sono serie ragioni che portano altri studiosi a ritenere che il fenomeno sia addirittura in via d’espansione64. Evidentemente è molto vantaggioso che un ricercatore o un professionista possa specializzarsi all’estero in settori non adeguatamente sviluppati nel proprio paese e successivamente 60 Risoluzione 39-III/197 delle Nazioni Unite. Todisco E., “Mobilità dei cervelli e mobilità delle conoscenze”, Atti del Convegno Internazionale Migrazioni. Scenari per il XXI secolo, Firenze, 27-30 settembre 2000. 62 È questa l’ottica transnazionalista precedentemente illustrata. 63 Come ad esempio il caso colombiano della Rete CALDAS formata da ricercatori e studenti nel mondo [Gaillard A.M., Gaillard J., Les enjeux des migrations scientifiques internationales. De la quete du savoir à la circulation des competences, L’Harmattan, Paris, 1999]; oppure il caso della nostrana Bancadati DAVINCI, creata dal Ministero degli Affari Esteri, in http://www.esteri.it/davinci/. 64 Iredale R., “The need to import skilled personnel: factors favouring and hindering its international mobility”, in International Migration, vol. 37, n.1, 1999, pp. 89123. 61 18 ritornare in patria per mettere a frutto la propria esperienza; così come è certamente positivo che i sistemi di ricerca e sviluppo tecnologico di paesi che non dispongono di elevatissime risorse vengano introdotti, dai connazionali che lavorano all’estero, in circuiti scientifici di alto livello godendo così di un flusso di informazione e di innovazione che altrimenti non avrebbero potuto ottenere65. Tuttavia, ciò che spesso accade è che i ricercatori formati all’estero trovino anche condizioni migliori di lavoro, decidendo pertanto di non ritornare più in patria e svolgere la propria professione a beneficio dei paesi di destinazione. Ma chi sono effettivamente i migranti qualificati? Nonostante la notevole importanza economica di questo segmento di emigrazione, nel quale di fatto i Governi vedono una risorsa, la via più pratica e immediata per risolvere carenze interne e opportunità di qualificazione in nuovi settori del lavoro locale, le migrazioni qualificate restano un oggetto di osservazione e di studio circoscritto e settoriale. I dati sono pochi, spesso non confrontabili e non differenziati per sesso, per età e per qualifica. Sono generalmente considerati lavoratori a alta qualifica, oltre ai ricercatori, coloro che possiedono titoli di studio universitari o un’alta specializzazione in campi particolari. Quest’ultima categoria è però mal definita e, per di più, la definizione varia da un paese all’altro. Vi sono inclusi, in genere, specialisti altamente qualificati, personale esecutivo indipendente, manager esperti, tecnici e agenti commerciali specializzati, personale medico, investitori, uomini d’affari e piccoli industriali. I soggetti appartenenti a queste categorie hanno maggiori opportunità di spostarsi da una nazione all’altra, per trovare migliori condizioni dove utilizzare e incrementare la propria esperienza e capacità, o anche solo per massimizzare i ritorni economici della propria istruzione e professione. Altri ancora, fornitori di servizi transnazionali, si spostano dove tali prestazioni sono richieste, senza cercare di avere né la residenza né un lavoro stabile nel paese che li ospita: rappresentano 65 Bettahar Y., « Les Migrations Scientifiques Algeriennes vers la France », in La Dette à l’Envers, n. 1221, Septembre-Octobre, 1999, pp. 32-40 e De Tinguy A., « Le depart des cervaux de la CEI en Occident: fuite ou mobilité?Innovation », in The European Journal of Social Sciences, vol/, 1994, n.2. 19 quindi una categoria specializzati”66. diversa dai tradizionali “lavoratori Grafico 1.3 - Mappa delle migrazioni qualificate nel mondo Paesi di destinazione Paesi di Origine Paesi non colpiti dal fenomeno Fonte: Robinson Projection. 1.2.2 Le migrazioni qualificate italiane Lo studio delle migrazioni qualificate si rivela pertanto difficile, per la difficoltà di definizione dei “cervelli” ma soprattutto perché risulta molto arduo reperire dati su questo gruppo di migranti. Gli unici dati sui cui è possibile lavorare, per rilevare la consistenza della fuga dei cervelli italiana, sono i dati AIRE, relativi al titolo di studio, alla professione e al settore lavorativo di inserimento dei concittadini all’estero. Un altro dato importante per comprendere i flussi verso l’estero sono le cancellazioni anagrafiche rilevate dall’ISTAT. È infatti estremamente facile reperire informazioni sulla mobilità a breve termine di studenti, professori e ricercatori, quando 66 Iredale R., op. cit., pp. 89-123. 20 questa avviene nell’ambito di programmi specifici nazionali o comunitari (come il Programma Socrates/Erasmus67 e il Programma Leonardo68 promossi dalla Commissione Europea, il Fellowship Programme 69o il Junior Professional Officer Programme70 curati dalle Nazioni Unite) ma è davvero difficile ottenere informazioni sulla mobilità a lungo termine, la migrazione vera e propria, perché non è quasi mai inquadrata in programmi ufficiali ma deriva spesso da decisioni individuali e non viene sempre comunicata alle autorità nazionali preposte oppure viene comunicata quando l’emigrazione diviene ormai definitiva71. A maggio 2006, solo l’1,9% del totale dei cittadini italiani all’estero possiede una laurea; il 69,6% non possiede alcun titolo di studio, l’8,9% ha soltanto la licenza elementare, l’8,5% la licenza media e il 4,3% il diploma di scuola media superiore. Rispetto alla situazione italiana, rilevata nel Censimento del 2001, la distribuzione è molto diversa. Tabella 1.2 – Titolo di studio della popolazione residente all’estero al 31 maggio 2006 e in Italia in base al Censimento 2001 Titolo di studio % all’estero - 2006 % in Italia - 2001 nessun titolo 69,60 15,80 licenza elementare 8,90 25,40 licenza media 8,50 30,00 licenza superiore 4,30 21,30 laurea 1,90 7,50 non disponibile 6,80 0,00 Totale 100,00 100,00 Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE e ISTAT. Le persone senza titolo di studio all’estero appartengono alle prime generazioni di emigrati, fuoriuscite dall’Italia prima dell’inserimento nella scuola dell’obbligo. Sebbene sembri esiguo il numero dei 67 http://ec.europa.eu/education/programmes/socrates/erasmus/erasmus_it.html. http://www.programmaleonardo.net/. 69 http://www.esteri.it/ITA/5_34_166_257.asp. 70 http://www.undesa.it/desc-jpo_ita.html. 71 Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2006, IDOS, 2006. 68 21 laureati italiani all’estero è però in forte aumento negli ultimi anni. Rispetto ai dati del 2001 (AIRE), in soli 5 anni si è registrato un incremento del 53,2%72. Se nel 2001 i laureati all’estero erano soltanto 39.01373 ad oggi si contano 59.756 iscritti all’AIRE in possesso di diploma universitario. Dai dati AIRE risulta che gli emigrati italiani laureati risiedano prevalentemente in America Latina (28.450 persone), in Europa (21.158) e in America del Nord (5.926)74. Da questi dati sembra che l’emigrazione italiana qualificata segua gli schemi migratori di quella totale nazionale ma, guardando i paesi di destinazione, è facile vedere che i laureati si concentrano non tanto in Europa ma nei pesi dell’America Latina come l’Argentina, il Brasile, e in America del Nord, in particolare negli Stati Uniti. Il primo Paese europeo della classifica è la Svizzera, che si colloca al quarto posto: il 54% dei laureati italiani all’estero si trova in questi quattro paesi. Tra i paesi di nuova emigrazione va segnalata come meta significativa la Spagna75. Osservando i settori lavorativi, la maggior parte dei laureati lavora nel settore terziario (22,9%) mentre solo l’1,1% si occupa di agricoltura, il 4,8% lavora nell’industria e il 2,2% nel commercio. 72 Fondazione Migrantes, op. cit. Avveduto S., Brandi M.C., “Le migrazioni qualificate in Italia”, in Avveduto S., Brandi M.C., Todisco E. (a cura di), “Le migrazioni qualificate tra mobilità e brain drain”, in Studi Emigrazione, n. 156, CSER, Roma, 2004, pp. 797-830. 74 Fondazione Migrantes, op. cit. 75 Ivi. 73 22 23 93.322 38.709 3.205 Media sup. Laurea Non disp. 36.030 509 680 4.391 3.281 5.762 21.407 Agr.ra 77.249 1.487 2.887 7.282 28.365 28.922 8.306 Ind. 26.631 433 1.301 6.041 10.370 5.309 3.177 78.794 895 13.654 16.176 20.714 16.272 11.083 Comm. Altre att.tà Fonte: Fondazione Migrantes, Rapporto sugli italiani nel mondo, 2006. 2.523.361 182.930 Media inf. Totale 187.915 2.017.280 Nessuno Elementare Non prof.le Titolo di studio 274.186 206.176 2.345 5.867 19.027 30.813 9.958 Non disp. 3.016.251 212.705 59.576 133.079 264.687 274.993 2.071.211 Totale Tabella 1.3 - Cittadini italiani residenti all’estero per titolo di studio e settore di attività (maggio 2006) Il registro AIRE permette anche un’analisi della qualifica professionale dei laureati all’estero. Il Ministero dell’Interno utilizza però una classificazione piuttosto aggregata, che contempla solo sei tipologie di professione: non professionale/disoccupato, imprenditore/professionista, lavoratore in proprio, dirigente/impiegato, coadiuvante familiare e lavoratore dipendente. I migranti ad alta qualificazione possono essere considerati tutti coloro che si sono classificati nelle prime due qualifiche professionali. Nel 2006 appartengono al primo gruppo 20.834 iscritti, mentre al secondo 56.876; il numero totale è considerevolmente più elevato dei laureati iscritti. Tra gli imprenditori e i professionisti il 48,7% possiede comunque una laurea e il 21% un diploma di scuola media superiore. Tra i dirigenti e gli impiegati la situazione è simile: il 22,3% è laureato, il 37,9% diplomato. Molto interessante è il fatto che ci siano vari laureati che svolgono però professioni con basse qualifiche come i coadiuvanti familiari (laureati 2,8% e diplomati 9,3%) o i lavoratori dipendenti generici con il 2,2% di laureati e il 10,4% di diplomati. 24 25 140 11.402 49.705 14.397 3.026 2.939 137.963 Media inf. media sup. Laurea Non disp. 1.065 2.992 3.316 25.718 623 1.662 4.544 7.683 7.669 3.537 56.876 511 12.690 21.537 12.621 2.845 6.672 Lav. in Dirigente/ proprio Impiegato 20.834 177 10.153 4.375 2.683 1.202 2.244 2.577.525 1.581 30.227 82.481 170.911 178.398 2.113.927 59.576 212.705 3.106.251 206.734 275.933 133.079 264.687 274.993 2.161.211 Totale 1.502 4.680 18.092 32.987 11.938 Imprend./ Non prof./ Non disp. Prof.sta Occupato Fonte: Fondazione Migrantes, Rapporto sugli italiani nel mondo, 2006. Totale 316 48.576 Elementare 3.573 19.320 Nessuno Coad. famil. Lav. dipend. Titolo di studio Tabella 1.4 – Cittadini italiani residenti all’estero per titolo di studio e qualifica professionale (maggio 2006) Da quali regioni provengono i “cervelli in fuga” italiani? Abbiamo visto in precedenza che più della metà degli emigrati proviene dal Mezzogiorno. Per le migrazioni qualificate la situazione risulta capovolta. Il 61,9% dei laureati proviene infatti dalle Regioni del Nord, in particolare dal Nord Ovest (40,9%); soltanto il 16,8% dei laureati proviene dalle Regioni meridionali. Le regioni in testa per numero di laureati all’estero sono infatti la Lombardia (con 10.319 laureati all’estero), il Piemonte (9.699), il Veneto (6.549) e la Liguria (4.280) seguita, infine, dal Lazio (3.303). Il 3,8% degli emigrati dal Nord Italia possiede una laurea mentre soltanto lo 0,8% degli iscritti che provengono dal Sud ha il medesimo titolo di studio. 26 27 76.397 38.119 38.278 120.100 29.573 48.923 274.993 7,9 8,3 7,5 10,2 9,3 7,7 8,9 648.997 271.660 377.337 811.374 218.415 482.425 2.161.211 66,8 59 73,9 68,9 68,6 75,7 69,6 Nord Ovest Nord Est Sud Centro Isole Totale Nord Est Sud Centro Isole Totale Fonte: AIRE 2006. Nord Ovest Nord Elementare Nessuno Ripartizione t l Nord 8,5 6,9 6,7 8,8 7,6 12,4 9,9 264.687 43.935 21.421 103.279 38.706 57.346 96.052 Media inf. 4,3 1,6 6,3 2,9 4,5 10 7,1 133.079 9.976 20.118 34.113 22.818 46.054 68.872 Media sup. 1,9 0,5 3,1 0,8 2,5 5,3 3,8 59.576 2.904 9.779 9.988 12.522 24.383 36.905 Laurea 6,8 7,9 6 8,4 4,1 5 4,5 212.705 50.291 19.187 99.376 20.689 23.162 43.851 Non disp. 100 100 100 100 100 100 100 3.106.251 638.454 318.493 1.178.230 510.350 460.724 971.074 Totale Tabella 1.5 - Cittadini italiani residenti all’estero per area geografica di origine e per titolo di studio (Maggio 2006) 28 Nessuno 149.636 71.693 175.084 47.986 82.796 66.990 53.589 60.618 238.669 195.947 Regioni Lombardia Piemonte Veneto Liguria Lazio Emilia R. Marche Toscana Campania Calabria 29.097 30.234 7.253 8.830 8.152 11.840 4.789 15.523 15.061 17.911 Elementare 22.409 29.148 6.767 5.021 9.554 8.403 7.826 15.549 21.447 27.723 Media inf. 7.850 8.772 7.876 5.966 6.589 5.821 7.589 10.096 18.555 19.732 Media sup. 2.536 2.989 3.011 3.168 3.247 3.303 4.280 6.549 9.699 10.319 Laurea 21.303 31.232 5.578 2.757 6.825 10.353 2.838 11.082 6.859 13.237 Non disp. (segue) 279.142 341.044 91.103 79.331 101.357 122.516 75.308 233.883 143.314 238.558 Totale Tabella 1.6 – Cittadini italiani residenti all’estero per regioni di origine e per titolo di studio (Maggio 2006) 29 81.431 98.146 37.117 Abruzzo Friuli V.G. Trentino A.A. 48.881 21.412 2.345 Molise Umbria Valle D'Aosta Fonte: AIRE 2006. 2.161.211 53.628 Sardegna Totale 60.077 Basilicata 186.369 428.797 Sicilia Puglia Nessuno Regioni Tabella 1.6 – (continua) 274.993 358 1.650 6.863 7.886 6.514 25.923 4.109 10.494 21.469 41.037 Elementare 264.687 350 1.230 3.314 8.613 5.909 29.467 4.731 8.872 13.032 35.322 Media inf. 133.079 178 455 1.244 2.597 2.934 8.376 2.361 3.772 4.937 7.379 Media sup. 59.576 85 297 482 788 1.134 1.198 1.260 1.466 1.649 2.116 Laurea 212.705 228 499 5.348 10.451 7.051 25.843 2.049 733 8.599 39.840 Non disp. 3.106.251 3.544 25.543 66.132 83.963 83.619 277.176 51.627 123.483 131.117 554.491 Totale Per concludere questa breve descrizione dei dati sulle migrazioni qualificate italiane è interessante osservare i dati di un’analisi delle cancellazioni dalle Anagrafi italiane per trasferimento all’estero. L’ISTAT ogni anno svolge una rilevazione sul Movimento Migratorio della popolazione residente. Dall’analisi dei flussi dal 1996 al 2002, risulta che l’Italia ha avuto una perdita netta totale di quasi 1.600 laureati. Considerando le sole cancellazioni dalle Anagrafi, la quota assoluta dei laureati è andata man mano crescendo raggiungendo il numero massimo di 4.000 unità nel 1999. In media dunque ogni anno lasciano il Paese 3.300 laureati. Nello specifico, il numero totale dei laureati che hanno lasciato l’Italia definitivamente tra il 1996 e il 2002 è di 23.16577. L’analisi dei dati al momento disponibili, ossia quelli dell’AIRE e dell’ISTAT, ha pertanto consentito di rilevare la presenza di una mobilità che coinvolge una quota specifica di migranti italiani, che si può inserire nella categoria delle migrazioni qualificate. Tuttavia, allo stato attuale, non è possibile trarre indicazioni certe sull’entità del fenomeno italiano né sulla sua natura, cioè se esso si configuri come un aspetto della mobilità internazionale delle alte qualifiche o come “fuga di cervelli”. Le fonti statistiche ufficiali, integrate da studi parziali e di settore, permettono però di individuare alcuni caratteri e tendenze significative. In primo luogo, è indiscutibile che il numero di cittadini italiani altamente qualificati che risiedono permanentemente o per periodi lunghi all’estero (tanto da rendere opportuna la propria iscrizione all’AIRE) va aumentando regolarmente e assomma ormai a diverse centinaia di migliaia. In secondo luogo, il numero di laureati che lasciano l’Italia ogni anno per periodi abbastanza lunghi da richiedere la cancellazione dall’Anagrafe del Comune di residenza è in costante aumento e superiore a quello dei laureati che ritornano dall’estero. In terzo luogo, in mancanza di fonti interne, è possibile recuperare informazioni statistiche, spesso dettagliate, dalle rilevazioni effettuate dai paesi di arrivo. Nel caso statunitense, ad esempio, i dati dell’INS (Istituto Nazionale di Statistica) evidenziano che i professionisti 77 Ivi. 30 italiani sono sostanzialmente esperti delle nuove tecnologie più importanti dal punto di vista economico78. Secondo un recente studio, condotto nell’ambito del Progetto Europeo Brain Drain – Migration Flows of Qualified Scientists79, tra il 2001 e il 2003 i Paesi europei che avrebbero subito maggiormente il fenomeno del brain drain sarebbero l’Italia, la Spagna, l’Austria, la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Finlandia, la Danimarca e l’Olanda. Questi paesi avrebbero pertanto un saldo passivo mentre gli Stati in attivo sarebbero: Germania, Regno Unito, Svezia, Belgio, Francia e Lussemburgo che, oltre a inviare i propri studenti e ricercatori all’estero, registrano notevoli flussi in entrata. L’Europa risulta comunque la più grande “fabbrica di cervelli” del mondo80 con 2,14 milioni di laureati, secondo i dati del 2000, rispetto ai 2,07 degli U.S.A. e agli 1,1 del Giappone. Il problema principale del Vecchio Continente è la scarsa capacità di trattenere i propri laureati: l’Europa è infatti la fonte primaria di origine dei flussi migratori qualificati verso Canada e U.S.A. L’Italia è ai primi posti per numero di migranti qualificati che si spostano verso questi paesi. Un altro problema particolarmente grave nel nostro Paese è la scarsa capacità di attrazione di skilled migrants stranieri da parte delle strutture formative e del mercato del lavoro nazionale. La percentuale di laureati italiani emigrati è di dieci volte maggiore di quella dei laureati stranieri presenti in Italia. La carenza di un sistema di rilevazione globale e omogeneo di questo fenomeno, la cui importanza e consistenza è sempre più evidente, non solo pone dei limiti sotto il profilo della conoscenza, ma è di ostacolo soprattutto all’urgente necessità di programmazione e di governo dello sviluppo nazionale in una dimensione globale, oltre che dell’assistenza e della tutela dei connazionali all’estero. Risulta quindi evidente, da questa breve e sommaria analisi, che il brain drain non è affatto sparito con la globalizzazione e la diffusione di Internet e delle altre ICT; né tanto meno sembra che il fenomeno appartenga unicamente ai paesi in via di sviluppo. Le migrazioni 78 Brandi M.C., La storia del Brain Drain, in Avveduto S., Brandi, M.C., Todisco E., 2004, pp. 775-796. 79 Il progetto è stato realizzato in partenariato dal MERIT dell’Università di Maastrich, dall’IRPS-CNR italiano e dall’IKU dell’Università di Budapest. 80 CCE, DG Research, Eurostat, Third European Report on S&T Indicators, Brussels, 2003. 31 qualificate italiane sono cresciute notevolmente nel corso degli anni costituendo una perdita significativa per l’economia della conoscenza italiana, soprattutto perché a essa non corrisponde un altrettanto consistente flusso di migranti qualificati in ingresso. L’Italia ha pertanto la necessità di incrementare la propria capacità attrattiva verso l’estero, cercando di offrire opportunità di ricerca e di lavoro qualificato più stabili, rendendo più efficace il rapporto tra innovazione, ricerca, industria e incentivando lo sviluppo di ambienti di lavoro e formativi multiculturali. Dall’altro lato è quanto mai necessario riallacciare i rapporti con i ricercatori e i professionisti italiani all’estero creando network consolidati e opportunità di contatto con il nostro Paese per incentivarne lo sviluppo. 32 Capitolo secondo - Reti sociali e sviluppo territoriale: la rete degli esperti italiani all’estero 2.1 Verso una società delle reti “Rete” e “Conoscenza” sono due concetti che da diversi anni hanno assunto un ruolo chiave nel contesto sociale ed economico contemporaneo. Il primo evidenzia l’importanza dei legami, delle relazioni, delle interdipendenze, in altri termini del “capitale sociale” quale strumento di miglioramento collettivo81; il secondo fa risaltare la centralità del “capitale intellettuale” al quale sempre più spesso sono legati processi di innovazione, cambiamento, sviluppo82. Ne consegue un assetto sociale ed economico in cui le organizzazioni perdono la loro consistenza fisica e accrescono il loro valore in termini di relazioni incrociate con altre organizzazioni, imprese, istituzioni, associazioni e territori. Il capitale sociale diviene il mezzo per il raggiungimento di un livello di “cultura locale” elevato sul quale si fondano nuovi modelli flessibili e vincenti di sviluppo sociale ed economico83. Allo stesso tempo a garantire la stabilità e l’efficacia dei legami sociali è proprio la condivisione di conoscenze e di competenze distintive, dalla quale si generano nuove “reti” di eccellenza non più di natura fisica e geografica bensì culturali, professionali, organizzative. E se le reti di conoscenza si trasformano in luoghi privilegiati di produzione, di consumo, di comunicazione, di innovazione, allo stesso modo la società contemporanea assume sempre più spesso l’immagine di un reticolo dinamico e flessibile, soggetto a continue tensioni tra la dimensione locale e quella globale, in cui i rapporti tra e all’interno dei nodi del sistema sociale (individui, gruppi, organizzazioni, 81 Coleman J., “Social Capital in the Creation of Human Capital”, American Journal of Sociology, vol.94, 1988, pp.95-120. 82 Stewart T. A., Il capitale intellettuale, Ponte alle Grazie, Milano, 1999. 83 Saxenian A.L., Il vantaggio competitivo dei sistemi locali nell’era della globalizzazione, Franco Angeli, Milano, 2002. 33 istituzioni) avvengono in maniera distribuita oltre i tradizionali confini spazio-temporali della precedente società industriale. La competitività, l’innovazione e la crescita socio-economica si gioca pertanto lungo processi di interazione reciproca e di cooperazione tra attori locali e soggetti distribuiti in contesti geograficamente distanti, in cui la dimensione locale si inserisce in una prospettiva più ampia, internazionale, globale, scoprendo opportunità, mai sperimentate in precedenza, di apprendimento collettivo, di flessibilità reciproca, di capacità di reazione ai rapidi cambiamenti del contesto sociale e dei mercati. In questa cornice di riferimento, negli ultimi anni numerose politiche e programmi sono stati promossi – sia a livello nazionale sia continentale – con l’intento di valorizzare e di sostenere processi di sviluppo territoriale attraverso la prospettiva dell’internazionalizzazione. Anche il Progetto PPTIE – Programma di Partenariato Territoriale con gli Italiani all’Estero è nato per rispondere a questa esigenza, dedicando una delle sue componenti centrali proprio alla creazione di una rete di expertises con gli italiani all’estero che funzioni da strumento a supporto delle Regioni Ob.1 nel processo di sviluppo economico tramite partenariati internazionali. In particolare l’iniziativa “creazione di una rete di partenariato con gli italiani all’estero”, descritta nelle pagine seguenti, ha avuto lo scopo di dare vita a una comunità internazionale di esperti italiani all'estero, in grado di supportare lo sviluppo di partenariati territoriali internazionali84. Scopo centrale del progetto è stata la costruzione, attraverso tecniche di Social Networking, di una comunità a rete di esperti italiani all’estero in grado di fornire punti di riferimento stabili e accreditati a supporto dello sviluppo locale delle regioni italiane. In altre parole, la rete in oggetto, composta da persone altamente qualificate a livello sovra-regionale e internazionale, è stata progettata per essere in grado di sostenere, in maniera competente e puntuale, le 84 Essa si è inserita nell’ambito della Linea 2 “Azioni dimostrative e pilota” prevista dal programma 2004-2006 del Progetto PPTIE II Fase che, insieme alla Linea 1 “Accompagnamento alle Regioni”, fa parte della strategia di attuazione di PPTIE II Fase, volta ad accrescere la capacity building delle Regioni Ob.1 e degli attori dei rispettivi contesti socio-economici, in materia di partenariato territoriale e internazionale con le comunità degli Italiani all’Estero (IRE). 34 iniziative di sviluppo locale dei territori regionali, attraverso la leva dell’internazionalizzazione rappresentata dalle comunità di italiani residenti all’estero e dal loro patrimonio professionale, organizzativo e culturale. Il valore di un progetto di questo tipo, basato sulla costruzione di una rete di esperti quale strumento strategico di innovazione e sviluppo sociale ed economico, risiede nella consapevolezza dell’importanza delle conoscenze e delle competenze degli individui, e delle possibilità di sviluppare occasioni e strumenti dedicati per permettere alle stesse persone di dialogare, collaborare, mettere in comune il proprio background professionale e cognitivo in una prospettiva di crescita collettiva. Da ciò è derivata la necessita di ancorare la scelta delle persone appartenenti alle rete non sul mero criterio della provenienza geografica, bensì sul concetto chiave di “esperto”, ovvero sul possesso di un profilo professionale, culturale ed intellettuale di eccellenza sviluppato a seguito di esperienze internazionali siano esse di tipo economico, istituzionale, culturale o associativo. L’attenzione è stata pertanto focalizzata sul patrimonio di conoscenze e di competenze in materia di internazionalizzazione, processi partenariali, sviluppo locale, comunità di italiani residenti all’estero, cooperazione internazionale, processi migratori, etc. In questa prospettiva, elemento distintivo della rete di esperti è divenuta la sua expertise in termini di competenze e di capitale sociale che, tagliando trasversalmente gli specifici contesti territoriali, si fonda su legami e connessioni basate su affinità professionali e cognitive capaci di amplificare il valore internazionale e sovraterritoriale della stessa comunità. Soltanto in questo modo è stato possibile favorire la logica dell’interazione infra-organizzazionale, ovvero la negoziazione tra attori inseriti all’interno di diversi contesti organizzativi ma portatori di conoscenze condivise e affini, capaci di divenire strumento privilegiato per il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici: - sostenere lo scambio di esperienze territoriali; - facilitare la cooperazione tra Istituzioni centrali, Regioni, Enti internazionali e comunità degli IRE; - supportare le Regioni nella progettazione e la stipula di accordi di partenariato tra diverse realtà territoriali; 35 - sistematizzare modelli e strategie di intervento in tema di partenariato territoriale e sviluppo locale; accreditare all’estero le iniziative che muovono dalle Regioni; diffondere buone prassi e metodologie per lo sviluppo territoriale facendo leva sulla dimensione internazionale e sulla risorsa degli italiani all’estero. 2.2 Social Network Analysis e reti di competenze a supporto dei partenariati internazionali Il raggiungimento del più ampio obiettivo di progetto è passato attraverso l’articolazione di un percorso scientifico-metodologico di analisi e progettazione di una comunità di esperti che ha permesso di ottenere un’importante finalità specifica: sperimentare e mettere a punto una metodologia fondata su tecniche di Social Networking per l’individuazione, la progettazione e la creazione di reti di competenze a supporto dei partenariati internazionali. Lo scopo raggiunto ha permesso di lasciare come eredità del progetto un patrimonio metodologico replicabile nel tempo, funzionale non soltanto ad integrare la comunità di esperti italiani all’estero sviluppata ma anche di procedere alla costruzione di altre reti di competenze. L’impianto metodologico sperimentato si è avvalso di una molteplicità di approcci teorici, tecniche e strumenti della ricerca sociale, integrandoli fra loro e rendendoli funzionali al conseguimento dell’obiettivo prefissato: dare vita a reti di competenze in grado di supportare programmi di partenariato internazionale. La principale tecnica alla quale si è ricorsi è la Social Network Analysis, un approccio metodologico definito strutturale generalmente applicato allo studio del “capitale sociale”, sebbene la letteratura scientifica affermi anche che “l’approccio di rete rivela una molteplicità di impostazioni differenti fra loro che si distinguono sotto 36 diversi aspetti: per schemi di riferimento teorico-concettuali, prospettive e oggetto di analisi, metodi e tecniche impiegate”85. Nell’ambito del Progetto PPTIE si è deciso di sperimentare la strada dell’analisi strutturale per indagare e riorganizzare, in una prospettiva reticolare, tre aspetti essenziali del “sistema sociale” preso in considerazione, ovvero “gli esperti italiani all’estero”: - le risorse, ossia le conoscenze e le competenze, in materia e a supporto del partenariato internazionale per lo sviluppo locale, di cui sono portatori gli attori che ricadono nella definizione di esperto italiano all’estero. Il focus sulle risorse ha permesso un’analisi del livello di quantità e di varietà delle caratteristiche degli attori appartenenti a una data categoria sociale; - l’uso, ovvero il modo in cui gli individui utilizzano le risorse possedute e attraverso “azioni finalizzate” entrano in relazione con le risorse di altri individui e/o di altre organizzazioni. In questo caso l’attenzione è spostata sui legami e sulla natura degli stessi (es. intensità, continuità, strumentalità, linearità, etc.); - l’accessibilità, ovvero la possibilità di accedere e utilizzare tali risorse entrando in contatto con gli individui che le posseggono. Questa dimensione, infine, analizza il livello di apertura/chiusura delle persone a estendere le dimensioni della propria rete sociale e a generare occasioni per integrare i legami esistenti con nuove relazioni. L’analisi di rete ha permesso, dunque, non soltanto uno studio del patrimonio di competenze e di relazioni tra gli individui, appartenenti ad un gruppo sociale omogeneo, ma anche le condizioni affinché nuove occasioni di confronto e di scambio tra risorse e attori possano avvenire. Il volume del capitale sociale è infatti una funzione della grandezza del reticolo e del volume (economico, culturale e simbolico) posseduto dagli individui del reticolo stesso86. Per ottenere questo risultato è stato fondamentale avvalersi di entrambe le prospettive di analisi utilizzate in contesti di Social 85 Piselli F., (a cura di), Reti. L’analisi di network nelle scienze sociali, Donzelli Editore, Roma, 2001, p. IX (Introduzione). 86 Bourdieu P., “Le capital social. Notes provisoires”, in Actes de la Recherche en Sciences Sociales, 31, 1980. 37 Network Analysis: la prospettiva egocentrica e la prospettiva sociocentrica. La prima permette di studiare i profili relazionali delle singole unità di riferimento e quindi il modo in cui un attore si rapporta ad altri attori o unità di analisi (es. organizzazioni, eventi, progetti, etc.) sulla base delle sue stesse dichiarazioni. Partendo dai dati “micro” si indaga “sulle risorse alle quali un individuo ha accesso e che può mobilitare grazie alle proprie reti”87. La seconda prospettiva analizza le relazioni di un gruppo, una comunità, una rete in una dimensione globale fornendone la struttura relazionale complessiva. In questo caso “il capitale sociale è allora legato alle risorse che un individuo può mobilitare per via della propria appartenenza a una comunità”88. È proprio su questa seconda dimensione che bisogna fare alcune precisazioni in merito all’impiego che si è fatto della Social Network Analysis nel Progetto PPTIE. In questa sede, infatti, tale approccio di analisi non è stato utilizzato per verificare la struttura delle relazioni esistenti all’interno di un gruppo costituito di persone, tra le quali esisteva una conoscenza diretta, ma, al contrario, si è partiti dall’analisi di rete per verificare la possibilità di costruire una comunità di individui che ancora non si conoscevano tra loro sulla base del principio secondo il quale “l’esistenza di un’affinità può generare una relazione”. Pertanto le relazioni tra unità sono state analizzate e strutturate cercando possibili “punti di contatto” quali competenze e conoscenze simili, appartenenza allo stesso contesto organizzativo, partecipazione a eventi dello stesso tipo e così via. Le relazioni emerse hanno permesso di strutturare la configurazione della rete di esperti italiani all’estero, nella quale i nodi sono stati posti in relazione con altri nodi in base alla “vicinanza” del loro profilo professionale e “agire sociale”, oltre al fatto di rispecchiarsi in una categoria sociale, quella degli italiani esperti all’estero, per la quale si sono resi disponibili a partecipare al progetto. 87 Forse M., Tronca L., (a cura di), “Capitale sociale e analisi dei reticoli”, Sociologia e Politiche Sociali, vol. 8 - 1 , Franco Angeli, Milano, 2001, p. 102. 88 Ivi, p. 103. 38 Infine, l’approccio metodologico seguito ha permesso di soddisfare sia la dimensione “espressiva” che quella “strumentale” del progetto. La dimensione espressiva riguarda gli esperti direttamente coinvolti nell’iniziativa, i quali attraverso di essa hanno avuto la possibilità di entrare a fare parte di una rete in cui identificarsi e sperimentare nella pratica il senso della seguente affermazione: “il capitale sociale di cui un individuo beneficia personalmente può essere goduto anche dai membri di una comunità di appartenenza, soprattutto quando insieme cercano di produrre un bene collettivo”89. La dimensione strumentale compete invece agli utenti finali della rete, ovvero le Regioni Ob.1. Essa si concretizza nella possibilità di accesso a risorse e legami con attori capaci di sostenere e facilitare lo scambio di buone prassi, di esperienze e di know how in materia di partenariato internazionale. La comunità degli esperti italiani all’estero rappresenta dunque per gli attori regionali e socio-economici locali una guida utile a localizzare competenze di rilievo nel campo del partenariato internazionale, altrimenti disperse e difficili da reperire. 2.3 La prospettiva metodologica della Social Network Analysis La Social Network Analysis o analisi strutturale “è un approccio paradigmatico, esaustivo per considerare la struttura sociale seriamente, studiando direttamente come i modelli di legami allocano risorse in un sistema sociale”90. Soltanto negli ultimi anni si sta sviluppando intorno alla Social Network Analysis un lavoro di studio e applicazione organizzato e strutturato. Fino a poco tempo fa non esisteva infatti uno statuto programmatico di base e tale approccio si articolava in tre filoni di studi principali mai intergrati tra loro91: la prospettiva antropologico89 Ibidem. Piselli F., op. cit., p. 28. 91 Ibidem. 90 39 anglossasone92, l’approccio quantitativo americano93, l’indirizzo psicologico-sociale di matrice tedesca94. L’approccio allo studio delle reti ha pertanto prodotto tanti e interessanti contributi di ricerca su diverse problematiche sociali come il rapporto tra comunità e società, i processi di mobilità sociale, l’evoluzione e il mutamento delle strutture familiari e di parentela, la struttura delle reti di organizzazioni a livello transnazionale e interorganizzativo, il ruolo delle reti di sostegno, gli effetti delle relazioni di potere, la formazione delle élite, etc. Tuttavia, al di là dei differenti obiettivi di analisi e campi di applicazione è possibile rintracciare cinque caratteristiche paradigmatiche, comuni ai diversi approcci di studio95: - il comportamento dell’attore è interpretabile in base ai vincoli strutturali all’azione, piuttosto che in termini di forze volontaristiche che guidano verso il raggiungimento degli scopi desiderati; - l’analisi si focalizza sulle relazioni tra unità piuttosto che sugli attributi delle stesse; - le relazioni tra gli attori di un network influenzano il loro stesso comportamento; 92 Questo filone di studi si è sviluppato negli Stati Uniti a partire dal 1920. Gli studi antropologici condotti dal Gruppo di Hawthorne furono i primi a utilizzare i sociogrammi per descrivere la struttura delle relazioni sociali. Accanto a questi studiosi, lo sviluppo di una prospettiva relazionale in ambito antropologico si deve anche ai ricercatori del Dipartimento di Antropologia Sociale dell’Università di Manchester, che ispirarono un filone di ricerca dei conflitti sociali sui luoghi di lavoro fondato su un approccio di stampo relazionale [Cfr. Barnes, Mitchell, Bott, Kapferer]. 93 L’applicazione della logica matematica allo studio delle relazioni sociali si deve sia ai ricercatori della Teoria dei Grafi [Cfr. Cartwright e Harary], sia al Gruppo di Harvard coordinato da Harrison White [Cfr. Wellman, Berkowitz]. L’enfasi sugli aspetti matematici ha permesso di superare una prospettiva di analisi descrittiva e di passare a un approccio maggiormente interpretativo. 94 A questa prospettiva di analisi appartengono gli studi realizzati nell’ambito della Teoria della “Gestalt” sviluppata da Kohler, Moreno, Lewin e Heider. Tali studi hanno sottolineato l’influenza delle relazioni di gruppo sull’individuo oltre a evidenziare l’efficacia dei sociogrammi per la rappresentazione delle configurazioni sociali. 95 Wellman B., “Analisi strutturale: un paradigma alternativo”, in Piselli F., (a cura di), Reti. L’analisi di network nelle scienze sociali, Donzelli, Roma, 2001. 40 - la struttura è considerata come una rete di network che può o meno essere articolata in gruppi sociali distinti; l’analisi relazionale può integrare e talvolta sostituire i metodi statistici che richiedono unità di analisi indipendenti. Ne consegue, in sintesi, che “le relazioni sociali strutturate sono un mezzo più potente di spiegazione sociologica di quanto non lo siano gli attributi personali dei membri del sistema”96. Infatti, molti studi sociali tendono a considerare la struttura e i processi sociali esclusivamente come la somma degli attributi personali delle unità di ricerca, sulla base dei quali categorizzare le stesse in classi omogenee, tralasciando invece la struttura delle relazioni alle quali essi di fatto partecipano. Tali analisi portano a concludere che il comportamento sociale altro non è che il risultato di specifici attributi degli individui, piuttosto che delle relazioni sociali in cui essi sono inseriti. Al contrario, partendo dal presupposto che le persone appartengono ai network così come alle categorie di attributi, gli analisti strutturali ritengono che l’appartenenza a categorie rifletta relazioni strutturali profonde97. Inoltre, l’analisi strutturale rifugge dal considerare esclusivamente i confini delle reti. Infatti, focalizzando l’attenzione sui network prima che sui gruppi, tale approccio permette di studiare sia i legami che non formano gruppi distinti, sia i legami sufficientemente delimitati e intrecciati capaci di generare forme di relazioni stabili come i gruppi. In questo modo, se si considera il mondo come una struttura di network è possibile scoprire complesse gerarchie di potere e non semplicemente strati distinti. L’analisi strutturale offre uno strumento capace di comprendere come le relazioni interne ed esterne si intersecano e si modificano reciprocamente. Dal punto di vista del metodo, la Social Network Analysis impone una ridefinizione dell’unità di analisi che diviene pertanto la “relazione sociale”. In una prospettiva strutturale, la relazione non ha età, sesso, religione, reddito, attitudini, sebbene essi possano essere considerati attributi degli individui fra i quali esiste la stessa 96 97 Ivi, p. 29. Ibidem. 41 relazione98. L’analisi delle relazioni richiede pertanto che siano sempre tenuti in debito conto i seguenti assunti99: - i legami tra due persone sono di solito asimmetrici sia nel tipo che nell’ammontare delle risorse che fluiscono dall’uno all’altro; - i legami sono di solito reciproci, rappresentando parti stabili di un sistema sociale; - i legami possono essere volontari (es. network amicale) o involontari (es. gruppo di lavoro); - i legami sono spesso transitivi e pertanto se c’è un legame diretto da A a B, e da B a C, esiste un’elevata probabilità che il legame indiretto tra A e C diventi con il tempo un legame diretto; - i legami sono limitati, nel senso che un individuo non può mantenere e gestire un numero illimitato di legami; - i nodi di un network non devono essere necessariamente delle persone; possono essere gruppi, nazioni, organizzazioni, etc. 2.4 La rete di competenze degli esperti italiani all’estero 2.4.1 Il percorso metodologico seguito 2.4.1.1 L’oggetto di ricerca: una tipologia di “esperto italiano all’estero” Il primo passo compiuto nell’intraprendere la ricerca volta alla costruzione della rete di esperti italiani all’estero è consistito nella definizione dell’oggetto di indagine, che in questo caso era rappresentato dalla rete di relazioni che intercorrono tra una serie di nodi (esperti italiani all’estero) e dalla mappa delle conoscenze/competenze condivise dai vari nodi e all’interno degli stessi micro-reticoli (gruppi di nodi). 98 99 Ibidem. Ibidem. 42 Nella pratica, tali nodi sono stati identificati nei cosiddetti “esperti italiani all’estero” ovvero: attori in possesso di un patrimonio conoscitivo ed esperenziale concreto e consistente su tematiche, settori, territori legati al Progetto PPTIE. Tale patrimonio può derivare da esperienze professionali e lavorative, di studio o di ricerca svolte in maniera sia “residenziale”, ossia all’interno di organizzazioni o realtà localizzate direttamente in uno specifico paese estero, sia “a distanza” cioè nell’ambito di strutture organizzative situate sul territorio nazionale che tuttavia intrattengono costanti rapporti con l’estero e/o svolgono prevalentemente attività legate al tema dello sviluppo locale, della cooperazione internazionale e dell’internazionalizzazione dei territori italiani. Partendo da tale definizione, essi sono stati distinti nelle seguenti tre categorie: 1. Italiani residenti all’estero. Essi sono i rappresentanti di istituzioni, organizzazioni, imprese, enti e comunità all’estero. In questo gruppo rientrano sia migranti storici sia persone che si sono trasferite per un periodo medio-lungo all’estero per motivi professionali o di studio, come nel caso di un incaricato di affari dell’Ambasciata o di un ricercatore universitario che partecipa a un programma di ricerca internazionale. 2. Italiani rientrati in Italia. Questa categoria comprende soggetti rientrati in Italia – a titolo provvisorio o definitivo – dopo aver trascorso un periodo considerevole all’estero. In questo caso si tratta di persone che portano con sé un background consistente sui territori e i contesti esteri di permanenza. 3. Italiani residenti in Italia. In questo caso si tratta di attori che, pur non essendo residenti all’estero o non avendovi trascorso un periodo consistente, svolgono un’attività professionale, lavorativa e/o di studio focalizzata in prevalenza su temi e problematiche inerenti la cooperazione internazionale, i partenariati territoriali, lo sviluppo locale, le comunità degli italiani all’estero, etc., o sui paesi target del Progetto PPTIE. 43 Tali definizioni sono risultate congeniali a mettere in pratica l’approccio “dell’equivalenza strutturale”100, tipica di contesti di ricerca relazionale. Lo scopo di tale tecnica è infatti quello di individuare un’uniformità di azione che accomuni le persone che occupano specifiche posizione sociali. Infatti, una volta individuate tali posizioni è possibile esplorarne le reti di relazioni esistenti. Allo stesso tempo, l’individuazione di categorie di attori strutturalmente equivalenti rappresenta la base per identificare ruoli emergenti e relazioni tra di essi101. 2.4.1.2 Articolazione geografico-territoriale e organizzativa del contesto di ricerca L’individuazione delle aree geografiche e dei relativi paesi che dovessero costituire il contesto territoriale di ricerca della presente iniziativa, si è fondata essenzialmente su un’attenta lettura dei materiali prodotti nel corso della prima fase del Progetto PPTIE102. In questo modo è stato possibile ottenere un risultato, ossia la scelta di un contesto geografico di riferimento, in linea e coerente con le esigenze dell’intero progetto e in grado di garantire la continuità da un lato logico-concettuale, dall’altro operativa delle diverse attività progettuali. Pertanto, dallo studio di tale documentazione è stato possibile estrarre un lista di paesi, ovvero un bacino geografico-territoriale entro il quale ricercare i possibili attori da coinvolgere nella creazione di una comunità di esperti italiani all’estero. Nello specifico, l’articolazione territoriale individuata ha previsto il coinvolgimento di 7 aree geografiche al cui interno hanno trovato spazio 27 paesi, come illustrato nel prospetto seguente: 100 Scott J., L’analisi delle reti sociali, NIS, Roma, 1997. Ibidem. 102 In particolare, sono stati oggetto di analisi sia gli accordi di partenariato presentati nel corso dei 6 workshop geografici (PPTIE Fase I), sia i contenuti dei progetti-pilota sviluppati dalle Regioni Ob.1 nel corso di PPTIE Fase II. 101 44 Schema 2.1 – Aree geografiche e Paesi considerati nel contesto di indagine America latina: America del Nord: Europa: Argentina Brasile Cile Uruguay Venezuela Canada U.S.A. Belgio Francia Germania Gran Bretagna ITALIA Polonia Portogallo Repubblica Ceca Svizzera Oceania: Australia Nuova Zelanda Area euromediterranea: Balcani: Africa: Egitto Israele Turchia Albania Bulgaria Romania Etiopia Senegal Sud Africa Una volta individuata la struttura geografica del contesto di indagine, si è proceduto alla scelta delle strutture organizzative e delle realtà professionali all’interno delle quali reperire i possibili esperti da coinvolgere nella ricerca. Le strutture selezionate presentano finalità, forme organizzative, contesti di azione anche assai differenziati, tuttavia sono tutte accomunate da un particolare orientamento verso i temi dell’internazionalizzazione, della cooperazione internazionale, dello sviluppo economico, della valorizzazione dei processi migratori, etc. Nello specifico, esse sono state classificate sulla base della seguente tipologia: - Contesto istituzionale. In questa categoria rientrano le strutture organizzative che presentano una forma e una finalità prevalentemente istituzionale, come nel caso delle Ambasciate. Sono stati inseriti in questo gruppo anche gli organismi internazionali afferenti alla rete delle Nazioni Unite. - Contesto economico-commerciale. Questa categoria raggruppa tutte quelle organizzazioni che svolgono in prevalenza funzioni o 45 - - - - erogano servizi a supporto di attività di natura economicocommerciale, ad esempio l’Istituto per il Commercio Estero (ICE). Contesto europeo. La presente categoria raccoglie le strutture che, pur rivestendo un ruolo istituzionale, operano specificatamente nel contesto della Comunità Europea come ad esempio l’Assemblea delle Regioni Europee. Contesto scientifico e della ricerca. In questa categoria rientrano enti, istituti, laboratori, università, osservatori, comunità scientifiche che svolgono principalmente attività di studio, di ricerca e di formazione in diversi contesti di applicazione. Per esemplificare basti pensare alla rete degli addetti scientifici in missione presso le Ambasciate. Contesto associativo. Questa categoria da un lato raccoglie le organizzazioni finalizzate alla valorizzazione delle risorse migratorie nonché alla loro assistenza. Rientrano pertanto in questo gruppo tutte le associazioni – ricreative, religiose, formative, assistenziali – che ancorano la loro attività intorno alle problematiche inerenti le comunità di italiani residenti all’estero come ad esempio la FILEF, l’ANFE o anche le sedi estere dei patronati sindacali italiani. Dall’altro lato, appartengono a questa categoria tutte le associazioni volte a diffondere e sostenere la cultura e le politiche della cooperazione internazionale come le Organizzazioni Non Governative. Contesto dei media e dell’informazione. All’interno di questa categoria sono compresi da un lato i gruppi professionali italiani che operano nel campo della comunicazione e dell’informazione in paesi stranieri, ad esempio la rete dei corrispondenti italiani all’estero; dall’altro le realtà editoriali estere che centrano la loro attività comunicativa e giornalistica sui temi dell’emigrazione italiana, ad esempio la rivista pubblicata negli Stati Uniti “America Oggi”. Sulla base di questa tipologia sono state selezionate ben 62 realtà organizzative e professionali all’interno delle quali è stato possibile reperire i potenziali attori da coinvolgere nel contesto di ricerca (Allegato 1). 46 2.4.1.3 La popolazione degli “esperti italiani all’estero” L’analisi di sfondo condotta sul contesto di indagine individuato ha permesso di rintracciare una porzione consistente della popolazione che ha composto il “sistema sociale” di analisi della presente ricerca. Questo tipo di analisi ha seguito i seguenti step operativi: - individuazione dei contesti organizzativi e professionali rispondenti alle esigenze di progetto, ove reperire soggetti interessanti da coinvolgere nel percorso di ricerca; - analisi della struttura organizzativa e individuazione delle possibili figure professionali portatrici di conoscenze e competenze utili alle finalità del Progetto PPTIE; - conteggio delle figure professionali individuate e ritenute valide; - campionamento delle unità rilevate. Attraverso tali operazioni è stato possibile quantificare la popolazione oggetto103 di studio in 11.375 unità di partenza, le quali sono poi state scremate, in base a specifici criteri sia quantitativi che qualitativi, al fine di pervenire all’individuazione del campione definitivo di ricerca. In particolare, in questa sede si è proceduto attraverso un campionamento a scelta ragionata, mediante il quale “le unità campionarie vengono scelte non in maniera probabilistica, ma sulla base di alcune loro caratteristiche”104. Tale strada era certamente percorribile di fronte ad una popolazione di persone come quella in esame, caratterizzata dalla compresenza di gruppi di attori estremamente popolosi e gruppi assai più ridotti, ognuno contraddistinto da proprie peculiarità che hanno richiesto di elaborare criteri di selezione “razionali”105, funzionali ai requisiti di ciascuna componente della popolazione. In questo modo ogni gruppo, 103 È bene precisare che, considerata l’estensione della definizione di “esperto italiano all’estero” da cui si è partiti e l’ampiezza del contesto geografico di riferimento, è possibile affermare che la popolazione individuata con l’analisi di sfondo non coincida con un universo di indagine “finito”, sebbene ne rappresenti certamente una porzione estesa e significativa, e che, pertanto, alcune realtà possono essere sfuggite alla ricognizione sviluppata. 104 Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 1999, pag. 349. 105 Ibidem. 47 presentando requisiti e peculiarità specifiche, è stato considerato come un micro-reticolo sociale indipendente. Attraverso tali operazioni è stato possibile pervenire alla configurazione definitiva del campione di indagine, composto da 1939 unità, corrispondenti al 10,5% circa dell’intera popolazione individuata. Nello specifico, come si può osservare dai grafici seguenti, il maggior numero di unità di rilevazione sono state individuate all’interno del contesto associativo, poi in quello istituzionale ed economico-commerciale, mentre l’area geografica maggiormente rappresentata è costituita dall’Europa. Grafico 2.1 – Distribuzione delle unità del campione nei diversi contesti organizzativi e professionali individuati (N) CONTESTO DEI MEDIA E DELL'INFORMAZIONE 239 CONTESTO ASSOCIATIVO CONTESTO EUROPEO CONTESTO ECONOMICO-COMMERCIALE CONTESTO ISTITUZIONALE 681 138 CONTESTO SCIENTIFICO E DI RICERCA 55 387 439 48 Grafico 2.2 – Distribuzione delle unità del campione nelle varie aree geografiche di riferimento (N) Balcani 30 119 Oceania 98 Africa Area euromediterranea 34 Europa 430 America del nord America latina 858 370 2.4.1.4 Tecnica e strumento di rilevazione Considerati gli obiettivi sperimentali del progetto e la volontà di mantenere lungo l’intero corso di ricerca e analisi un elevato livello di scientificità e correttezza metodologica, in questa sede si è deciso di procedere nella rilevazione in maniera simile all’inchiesta campionaria, che non a caso presenta diverse caratteristiche strutturali affini a quelle della presente indagine. In particolare ciò che in questa sede è stato ripreso dalla tecnica dell’inchiesta campionaria sono le seguenti finalità106: - rilevare una quantità consistente di informazioni; - coinvolgere un numero considerevole di unità di ricerca; - rivolgersi a unità di ricerca che presentano caratteristiche affini; - utilizzare una procedura standardizzata di interrogazione; 106 Ibidem. 49 - studiare le relazioni esistenti tra le variabili indagate e le unità di ricerca. In questo modo è stato possibile non soltanto studiare l’esistenza di un dato fenomeno ma scendere in profondità, individuandone le origini, i nessi con altri fenomeni, i meccanismi causali. Operativamente, la rilevazione dei dati è stata realizzata attraverso il questionario postale autosomministrato107, ovvero compilato dall’intervistato in autonomia senza la presenza dell’intervistatore. Tale strumento è stato scelto per i suoi evidenti vantaggi anche se non è possibile sottovalutare alcuni aspetti critici. Innanzitutto il questionario postale permette un’elevata flessibilità d’uso, garantendo la possibilità di raggiungere, contemporaneamente e a costi contenuti, intervistati dispersi sul territorio nazionale e internazionale. Altrettanto evidente è pero il limite principale di questa tecnica, ovvero la possibilità che l’intervistato compia errori di compilazione per inesperienza o incomprensioni. Un secondo limite è rappresentato dall’autoselezione dei rispondenti. In genere infatti aderiscono più facilmente a tale forma di indagine le persone più motivate. Se ciò non rappresenta un problema nell’ambito dei campioni casuali, nel caso di campioni rappresentativi si possono generare delle distorsioni significative. La selezione non orientata dal ricercatore dei rispondenti può infatti inficiare il grado di rappresentatività dei dati rilevati, impedendone la generalizzazione al resto della popolazione di indagine. Ne deriva dunque che il problema centrale dei questionari postali autocompilati è rappresentato dal tasso di mortalità delle risposte: non è affatto semplice riuscire a superare il 50% di questionari compilati108. Tuttavia Earl R. Babbie afferma che nell’indagine campionaria ciò che veramente conta è “la non distorsione del campione” piuttosto che la presenza di un campione assai numeroso109. 107 Il questionario è stato spedito in tre lingue (italiano, inglese e spagnolo). Al fine di rendere più articolata la possibilità di risposta al questionario, è stata sviluppata una versione elettronica dello stesso, accessibile online direttamente dal sito ufficiale del Progetto PPTIE: www.pptie.org 108 Corbetta P., op. cit.. 109 Babbie E.R., The Practice of Social Research, Wadsworth, Belmont, 1979. 50 In questa sede, pertanto, pur nella consapevolezza delle problematiche connesse a questo tipo di strumento di rilevazione, si è scelto di adottarlo perchè in grado di soddisfare le seguenti esigenze di indagine: - raggiungere destinatari altamente distribuiti a livello geografico e organizzativo; - riuscire a ottenere risposte soltanto da persone realmente motivate e interessate al progetto (l’obiettivo finale non era il numero di attori coinvolti bensì la loro qualità e pertinenza rispetto alle finalità di progetto); - raggiungere rispondenti appartenenti a un determinato “sistema sociale” (quello degli esperti italiani all’estero) che possano agire da un lato come rappresentati di una data categoria sociale, evidenziandone caratteristiche, relazioni e competenze, dall’altro come “ponti” per arrivare al resto della popolazione, prevedendo fasi successive di espansione del gruppo iniziale individuato attraverso l’impiego di una metodologia di ricerca consolidata. Il questionario costruito per la presente rilevazione è stato elaborato al fine di raccogliere la seguente tipologia di dati: - Dati relazionali (Relational Data). Concernono i contatti, i legami e le connessioni, che collegano un individuo o un’organizzazione ad un altro nodo e, pertanto, si riferiscono a più di una persona o a più di una struttura. - Dati qualitativi (Attribute Data). Riguardano conoscenze, competenze e opinioni di ciascun individuo intervistato. Risulta chiaro in questa sede che l’interesse maggiore era rivolto ai dati relazionali, che forniscono più dettagliatamente indicazioni in merito alla struttura di un possibile network. Lo strumento di rilevazione quindi intendeva raccogliere informazioni approfondite sui seguenti aspetti: - esistenza di relazioni tra i nodi del campione di analisi; - presenza di gruppi (tematici e geografici) e sotto-gruppi; - forma delle relazioni (simmetriche/asimmetriche, reciproche/unidirezionali, etc.); - articolazione delle conoscenze e delle competenze detenute dalle unità di ricerca. 51 Partendo da tali premesse, è stato costruito un questionario articolato in 4 sezioni110 tematiche che hanno previsto complessivamente 26 domande. Esse sono state suddivise in interrogativi a risposta chiusa, alle quali l’intervistato poteva rispondere scegliendo tra le diverse opzioni di risposta disponibili e domande a risposta aperta, alle quali veniva lasciato ai soggetti interpellati la possibilità di esprimere con parole proprie la loro opinione sul tema proposto. 2.4.2 I risultati della ricerca 2.4.2.1 Il modello di analisi Partendo da un campione di attori che non hanno conoscenza reciproca ma che sono stati scelti sulla base del ruolo professionale ricoperto e dell’attinenza delle loro aree di attività rispetto agli obiettivi del Progetto PPTIE, l’elaborazione dei dati ha avuto lo scopo 110 Di seguito sono descritte le 4 sezioni del questionario. SEZIONE 1 – DATI SOCIO ANAGRAFICI. Questa sezione del questionario era finalizzata a raccogliere alcuni dati utili a elaborare in maniera più mirata le informazioni raccolte nelle sezioni successive. In particolare, essa intendeva circoscrivere i territori di residenza e il livello di mobilità geografica degli intervistati, nonché le caratteristiche socioanagrafiche del campione di ricerca. SEZIONE 2 – ATTUALE CONDIZIONE PROFESSIONALE DELL’INTERVISTATO. Le domande di questa sezione erano volte a ricostruire l’attuale condizione professionale degli intervistati, nonché la trama delle relazioni professionali e lavorative all’interno delle quali egli si inserisce e opera. SEZIONE 3 – LE FONTI DI CONOSCENZA. Le domande di questa sezione erano dedicate a rilevare modalità, strumenti e fonti utilizzate dagli intervistati nella vita professionale a supporto del lavoro svolto. SEZIONE 4 – VERIFICA DELLA DISPONIBILITA’ DELL’INTERVISTATO A SUCCESSIVI CONTATTI. Infine, in questa parte si chiedeva all’intervistato/a di chiarire il proprio livello di disponibilità a seguire e a partecipare alle diverse iniziative previste dal Progetto PPTIE. Essa pertanto era finalizzata a verificare il livello di interesse e attenzione da parte dei soggetti nei confronti dell’iniziativa in corso. 52 di descrivere le caratteristiche strutturali del gruppo di rispondenti, i possibili legami che intercorrono tra gli attori, la rilevanza del loro know how rispetto alle finalità progettuali, la loro rete di relazioni professionali interna ed esterna alla propria organizzazione di appartenenza, al fine di generare una rete di soggetti possessori di determinate caratteristiche, accomunati da affinità di natura professionale, lavorativa e, per certi versi, territoriale. Figura 2.1 – Modello logico-concettuale per la costruzione della rete di esperti Affinità Legami Gruppi omogenei Reticolo degli esperti Operativamente il processo di elaborazione dei dati si è composto di due momenti principali: 1. costruzione del code-book e delle matrici-dati; 2. elaborazione dei dati mediante tecniche quantitative e di Social Network Analysis. Il Codebook e la matrice-dati per l’analisi dei dati La matrice per l’analisi dei dati consiste in uno schema rettangolare “casi per variabili” contenente tutte le informazioni raccolte attraverso il questionario. Essa rappresenta lo strumento di partenza per procedere all’analisi e quindi all’elaborazione dei dati attraverso l’utilizzo di specifici software per la ricerca sociale. In questa sede la matrice è stata costruita riportando in colonna le variabili di indagine e in riga i singoli casi, ovvero i rispondenti. In questo modo leggendo la singola colonna è possibile visionare tutte le risposte date dai vari intervistati a una specifica domanda, mentre ogni singola riga riporta tutte le risposte di uno stesso intervistato. 53 Nello specifico, l’operazione di inserimento del materiale empirico grezzo – i questionari – in una matrice di dati, si è articolata nelle seguenti fasi: - Definizione del tracciato record. Serve a stabilire la posizione di ogni variabile nella matrice dati (ad esempio la variabile “genere” si trova nella quarta colonna della matrice dei dati); - Processo di codifica. Tale procedura assegna ad ogni modalità di ogni variabile un valore numerico (ad esempio per la variabile “genere”, il valore “1” sta per “uomo” e il valore “2” sta per “donna”). Il risultato del processo di codifica è un documento denominato codebook; - Immissione dei dati (data entry). In questa fase, la matrice di dati numerica viene trasferita su supporto informatico⇒file dei dati; - Trasformazione della matrice rettangolare in una serie di matrici quadrate utili all’analisi relazionale. In questa fase la matrice dati originaria contenente tutte le informazioni raccolte tramite il questionario per ciascun rispondente, viene trattata e trasformata in matrici di incidenza e poi di adiacenza sulla quali poter applicare le tecniche di Social Network Analysis. Tecniche di elaborazione dei dati L’elaborazione dei dati raccolti con il questionario ha seguito un percorso di analisi piuttosto articolato e complesso, volto a portare alla luce una molteplicità di risultati e di contenuti funzionali a individuare l’articolazione completa della rete degli esperti italiani all’estero. Il primo passo compiuto è consistito nell’analisi descrittiva dei dati. Tale analisi, condotta con il Software SPSS 13111, ha permesso di sviluppare la matrice-dati (casi per variabili), di archiviare e di etichettare i dati, nonché di rilevare le tendenze aggregate del campione di rispondenti, evidenziando la natura delle variabili strutturali portanti. Questa fase ha gettato le basi per la successiva analisi relazionale dei dati. Infatti partendo dai risultati quantitativi del campione è stato possibile individuare in maniera più mirata gli attributi sui quali concentrare l’analisi relazionale, ovvero le variabili centrali in base alle quali studiare e pertanto strutturare le “affinità” tra le unità di ricerca. 111 SPSS - Statistical Package for the Social Sciences: http://www.spss.com/. 54 In particolare, in questa fase è stata sviluppata un’analisi monovariata delle variabili riguardanti le caratteristiche socioanagrafiche degli intervistati, la condizione professionale e le relazioni lavorative con il contesto organizzativo esterno, la mobilità geografica e territoriale, le aree di competenza e la partecipazione a eventi e progetti affini alle tematiche del Programma PPTIE. Successivamente all’analisi descrittiva si è entrati nel vivo dell’analisi relazionale dei dati. Essa è stata finalizzata a comprendere la presenza o meno di affinità sulla base delle quali costruire una rete di legami tra gli attori individuati. In questo caso, mediante l’utilizzo dei software dedicati alla Social Network Analysis UCINET 6112 e AGNA 2.1113, è stato possibile costruire una serie di grafi rappresentativi delle reti di affinità presenti nel campione indagato. L’invenzione di rappresentazioni grafiche di reticoli rilevati empiricamente si deve all’opera di Jacob L. Moreno, il quale ha portato all’attenzione degli studiosi delle reti la capacità descrittiva delle illustrazioni visive. Come afferma Urie Bronfenbrenner lo scopo del sociogramma o grafo è proprio quello di offrire all’osservatore la possibilità di determinare velocemente lo status di un qualunque nodo del reticolo, di ottenere indicazioni in merito alle combinazioni di individui, raggruppamenti e fratture in cui può essere suddivisa l’unità sociale114. Operativamente, partendo dalla matrice casi per variabili originaria, si è proceduto alla costruzione delle matrici di incidenza (casi per affiliazioni o n*m) utili a realizzare l’analisi relazionale dei dati. Le matrici di incidenza elaborate presentano una forma rettangolare e riportano in riga i casi (gli intervistati) e in colonna le affiliazioni prescelte per la Social Network Analysis. In questa sede, le variabili prese in considerazione come fonti di affiliazione sono state le seguenti: - nazioni di residenza attuale e precedenti; - organizzazione/i di appartenenza; - aree di competenza; - conoscenza e rapporti con altri “esperti italiani all’estero”. 112 UCINET: http://www.analytictech.com/ucinet.htm. AGNA: www.geocities.come/imbenta/agna 114 Chiesi A.M., L’analisi dei reticoli, Franco Angeli, Milano, 1999. 113 55 A tal proposito, lo schema seguente descrive i contenuti delle singole variabili, ossia gli aspetti peculiari che caratterizzano i fattori individuati, e il tipo di connessione, ovvero l’ambito di applicazione al quale si riferiscono le affiliazioni. Schema 2.2 – Le variabili di affinità tra gli esperti della rete Variabili Contenuti Tipo di affiliazione Condizione e profilo Professionale Aree di competenza professionale Organizzazione/i di appartenenza Legami con altri esperti Rapporti e relazioni Relazionale italiani all’estero esterne Territori Focalizzazione Contestuale geografica Utilizzando tali variabili, sono state pertanto costruite le seguenti matrici di incidenza: 1. matrice rispondenti per nazioni di residenza attuale e precedenti; 2. matrice rispondenti per organizzazione/i di appartenenza; 3. matrice rispondenti per competenze possedute. Tali matrici riportano in cella un valore che indica l’assenza (0) o la presenza (1) dello specifico elemento considerato per ciascun intervistato (caso) come descritto nello schema seguente. Schema 2.3 – Esempio di matrice di incidenza FRANCIA BRASILE ARGENTINA CASO 1 0 0 1 CASO 2 1 1 0 CASO 3 1 1 1 CASO 5 0 1 0 CASO 6 1 0 1 … … 56 A questo punto si è proceduto alla trasformazione delle matrici di incidenza nelle corrispondenti matrici di adiacenza (caso-per-caso n*n o affiliazione-per-affiliazione m*m) sulla cui base è stato possibile trarre le informazioni essenziali in merito ai legami tra gli intervistati. Nella prima matrice, sia in riga che in colonna vengono riportati i casi e le celle mostrano se le singole coppie di casi sono legate o meno da una affiliazione (es. 0 assenza – 1 presenza); la seconda invece riporta sia in riga che in colonna l’affiliazione e pertanto nella cella viene indicato se le coppie di affiliazione sono legate per mezzo di attori comuni (il numero nella cella può indicare il numero preciso di attori da 0 a n). In particolare sono state prodotte le seguenti matrici di adiacenza: 1. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per nazioni di residenza” è stata prodotta una matrice caso per caso che indica il numero di nazioni che hanno in comune le singole coppie di intervistati. Tale matrice presenta una forma simmetrica con dati numerici orientati reciprocamente. I valori diagonali sono stati considerati nulli. 2. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per organizzazioni di appartenenza” è stata sviluppata una matrice caso per caso che indica il numero di organizzazioni che le singole coppie di rispondenti hanno in comune. Tale matrice presenta una forma simmetrica con dati numerici orientati reciprocamente. I valori diagonali sono stati considerati nulli. 3. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per competenze detenute” sono state prodotte una matrice caso per caso che indica il numero di competenze in comune tra coppie di intervistati, e una matrice affiliazione per affiliazione che riporta il numero di intervistati presenti in ciascuna coppia di competenze. Entrambe le matrici di adiacenza presentano una forma simmetrica con dati numerici orientati reciprocamente. I valori diagonali sono stati considerati nulli. Per l’ottenimento delle matrici di adiacenza si è ricorso alle seguenti operazioni di algebra matriciale: - Le matrici caso per caso sono state ottenute moltiplicando la matrice di incidenza iniziale per la sua trasposta secondo la seguente equazione: Y=XX’. 57 - La matrici affiliazione per affiliazione sono state ottenute moltiplicando la matrice di incidenza trasposta per la matrice stessa secondo la seguente equazione: Y=X’X. Una volta costruite le matrici di adiacenza si è quindi proceduto alla elaborazione dei dati. È bene precisare che uno dei pregi della Social Network Analysis consiste proprio nella molteplicità degli output di analisi che possono essere generati. Infatti, se l’unità di analisi presa in considerazione riguarda un’affinità, da cui ne discende un collegamento tra due o più nodi, ciò significa che essa può essere analizzata da tre punti di vista distinti ma complementari115: - quello dei singoli nodi (gli esperti); - quello degli specifici gruppi omogenei; - quello della rete nel suo complesso. In questo modo è stato possibile analizzare i profili di interazione di ogni singolo attore, la struttura relazionale di specifici gruppi di persone, l’articolazione relazionale del reticolo nel suo complesso. Le indagini empiriche di tipo reticolare permettono infatti di studiare una quantità elevata di differenti legami sociali da rendere difficile la formulazione di una tipologia esaustiva116. La relazione sociale può essere, dunque, definita come: the collection of ties of a specific kind among members of a group […] a relation refers to the collection of ties of a given kind measured on pairs of actors from specified actor set117. 2.4.2.2 I rispondenti: alcune riflessioni generali Complessivamente hanno accettato di rispondere al questionario autosomministrato inviato 89 attori appartenenti al campione di esperti italiani all’estero individuato. Di questi, 8 si sono dichiarati “non interessati” ad aderire a ulteriori iniziative del progetto, mentre 81 115 Trobia A., La ricerca sociale quali-quantitativa, Franco Angeli, Milano, 2005. Forse M, Tronca L., op. cit. 117 Ivi, p. 153. 116 58 hanno espresso la loro disponibilità a prendere parte alle attività progettuali. Se ad una prima osservazione tale dato può risultare esiguo e, per certi versi, considerata la numerosità dell’universo e del campione iniziali, deludente nella pratica esso è tutt’altro che insignificante. Infatti, bisogna tenere presente da un lato le criticità connesse alla strategia di rilevazione prescelta (questionario postale autosomministrato), dall’altro gli obiettivi del progetto che non erano quelli di fornire una mera descrizione quantitativa della popolazione target, bensì di utilizzare gli strumenti della ricerca sociale per selezionare un gruppo di attori motivati e interessati al progetto, sulle cui caratteristiche relazionali progettare una rete di competenze che funzionasse come supporto alla capacity building delle Regioni Ob.1. In questa prospettiva, dunque, il risultato di 81 individui è assolutamente significativo in quanto rappresenta un gruppo iniziale, pilota, sul quale è stato possibile sperimentare una metodologia di progettazione e costruzione di reti di competenze sviluppata intorno a persone che presentano le seguenti caratteristiche: - possesso di un profilo professionale, organizzativo e territoriale in linea con l’orientamento complessivo del progetto; - elevato livello di interesse verso l’iniziativa proposta; - motivazione e disponibilità a far parte e interagire all’interno di una comunità di pratica costituita da persone caratterizzate da competenze, aree professionali e di interesse, appartenenze geografiche affini e correlate. A livello aggregato, infine, il gruppo di intervistati è composto in prevalenza da uomini (78,7%), le donne al contrario hanno una rappresentanza piuttosto esigua (21,3%). L’età media è di 48,5 anni (min. 30 anni, max 73 anni) e il livello di istruzione è alto. Infatti, il 31,4% del campione è laureato e ben il 47,7% ha conseguito un titolo di studio post lauream. 59 2.4.2.3 La provenienza geografica e la mobilità territoriale degli esperti Poiché lo scopo del Progetto PPTIE era quello di individuare un gruppo selezionato di esperti italiani all’estero, risulta chiaro il perché la grande maggioranza dei rispondenti sia nata in Italia e abbia pertanto nazionalità “italiana”. Tabella 2.1 – Nazione di nascita dei rispondenti N Italia 55 Argentina 11 Brasile 3 U.S.A. 3 Canada 2 Svizzera 2 Uruguay 2 Germania 1 Senegal 1 Tunisia 1 Totale 81 % 67,9 13,6 3,7 3,7 2,5 2,5 2,5 1,2 1,2 1,2 100,0 Come si può osservare dal grafico seguente la provenienza regionale degli esperti nati in Italia è assai articolata. È possibile affermare quindi che sebbene il focus del progetto sia rappresentato dalle Regioni Ob.1, ciò non ha costituito un vincolo al coinvolgimento di attori con origini regionali diverse . In particolare, le regioni maggiormente rappresentate sono la Sicilia e la Lombardia. 60 Grafico 2.3 – Regione di nascita degli esperti nati in Italia (N) 8 SICILIA 6 5 5 LAZIO 4 4 4 4 TOSCANA PUGLIA 2 2 2 VENETO EMILIA ROMAGNA PIEMONTE FRIULI VENEZIA GIULIA ABRUZZO 1 1 1 1 1 1 Analogamente si registra un elevato livello di eterogeneità anche nella distribuzione degli esperti nati all’estero per regione italiana di origine. Essi si spalmano su ben 15 regioni italiane. Andando avanti con l’analisi, i dati mostrano tuttavia che una quota consistente di intervistati, ben il 52% circa, attualmente risiede in una nazione diversa da quella di origine. Anche relativamente a questo dato, come si può osservare dalle tabelle successive, gli esperti intervistati presentano una distribuzione assai articolata a livello geografico. 61 Tabella 2.2 – Nazione di residenza dei rispondenti N Italia 19 Argentina 12 Canada 7 Brasile 6 U.S.A. 6 Germania 5 Regno Unito 4 Belgio 3 Svizzera 3 Uruguay 3 Australia 2 Etiopia 2 Francia 2 Egitto 1 Olanda 1 Perù 1 Polonia 1 Repubblica Ceca 1 Senegal 1 Tunisia 1 Totale 81 % 23,5 14,8 8,6 7,4 7,4 6,2 4,9 3,7 3,7 3,7 2,5 2,5 2,5 1,2 1,2 1,2 1,2 1,2 1,2 1,2 100,0 Grafico 2.4 – Area geografica di residenza (%) NORD AMERICA; 16,0 AFRICA; 3,7 AMERICA LATINA; 27,2 AREA EUROMEDITER RANEA; 2,5 EUROPA; 48,1 OCEANIA; 2,5 62 Per quanto riguarda la natura dell’attuale residenza degli esperti, è bene sottolineare che essa rappresenta una sede definitiva per la gran parte di essi (86,4%), mentre per il 13,6% degli intervistati si tratta di una permanenza temporanea. Per approfondire il livello di mobilità territoriale e la propensione agli spostamenti degli intervistati, è stato chiesto loro di indicare se avessero risieduto altrove in precedenza per un periodo superiore ai 6 mesi. Una quota significativa di attori (37,5%) ha risposto in maniera affermativa a tale domanda. Nello specifico le nazioni indicate sono riportate nella tabella che segue. 63 Tabella 2.3 – Nazioni di residenza precedenti a quelle attuali118 N % Italia 8 27,6 Regno Unito 5 17,2 U.S.A. 5 17,2 Francia 4 13,8 Spagna 3 10,3 Argentina 2 6,9 Belgio 2 6,9 Canada 2 6,9 Svizzera 2 6,9 Zimbabwe 2 6,9 Burundi 1 3,4 Danimarca 1 3,4 El Salvador 1 3,4 Iraq 1 3,4 Irlanda 1 3,4 Lussemburgo 1 3,4 Portogallo 1 3,4 Repubblica Popolare 1 3,4 Scozia 1 3,4 Singapore 1 3,4 Totale 45 155,2 Nella maggior parte dei casi, gli spostamenti precedenti sono stati di natura professionale (82,8%) necessari a far fronte a esigenze lavorative e organizzative. Una riflessione particolare va fatta sul gruppo di rispondenti residenti in Italia la cui presenza tra gli attori selezioni per la rete potrebbe, di primo acchito, risultare poco attinente rispetto al più ampio obiettivo del progetto, che era quello di sviluppare una comunità di esperti italiani “all’estero”. 118 I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce una percentuale maggiore al 100%. 64 Come è noto se si riprende la tipologia di esperto italiano all’estero costruita a monte, all’interno di tale classificazione rientrano anche coloro che pur operando in Italia hanno comunque una conoscenza approfondita delle nazioni estere e di tematiche internazionali. Pertanto se a sostegno della pertinenza di questi attori, a entrare a fare parte delle rete di partenariato all’estero, da un lato esiste una categoria teorico-concettuale elaborata ad hoc che giustifica il loro coinvolgimento, dall’altro gli stessi dati raccolti dimostrano la rilevanza della loro presenza all’interno del gruppo analizzato. Osservando la tabella seguente, si evidenzia infatti che tra coloro che attualmente operano in Italia è presente una percentuale più elevata (26,7% contro il valore medio del gruppo che è di 23,8%) di attori che in precedenza hanno risieduto altrove, dimostrando una spiccata propensione per la dimensione internazionale. Essi sono pertanto portatori di un patrimonio di conoscenze significativo in merito a territori e contesti esteri. I dati sulla provenienza geografica e la mobilità territoriale permettono, inoltre, di classificare gli intervistati in base alla tipologia di “esperto italiano all’estero” costruita come oggetto di studio della presente ricerca e che ha rappresentato il principale filtro di selezione per individuare la popolazione di indagine. Osservando il grafico seguente, emerge che il gruppo degli “italiani residenti all’estero” è il più consistente, mentre circa il 23% restante si divide tra gli “italiani residenti in Italia” e gli “italiani rientrati in Italia”. 65 Tabella 2.4 – Relazione tra la nazione di residenza attuale e gli spostamenti precedenti (%) Ha risieduto in precedenza altrove? Nazione di residenza Sì No Totale marginale di riga Argentina 13,3 16,0 15,0 Australia 0,0 4,0 2,5 Belgio 6,7 2,0 3,8 Brasile 10,0 6,0 7,5 Canada 3,3 12,0 8,8 Egitto 0,0 2,0 1,3 Etiopia 3,3 2,0 2,5 Francia 3,3 2,0 2,5 Germania 0,0 8,0 5,0 Italia 26,7 22,0 23,8 Olanda 0,0 2,0 1,3 Perù 0,0 2,0 1,3 Polonia 3,3 0,0 1,3 Regno Unito 10,0 2,0 5,0 Repubblica Ceca 0,0 2,0 1,3 Senegal 3,3 0,0 1,3 Svizzera 3,3 4,0 3,8 Tunisia 3,3 0,0 1,3 Uruguay 3,3 4,0 3,8 U.S.A. 6,7 8,0 7,5 Totale (N) 30 50 80 66 Grafico 2.5 – Distribuzione degli intervistati in base alla tipologia di “esperto italiano all’estero” (valori %) 76,5 13,6 9,9 Italiani residenti all'estero Italiani rientrati in Italiani residenti in Italia Italia 2.4.2.4 Il reticolo geografico Applicando l’analisi relazionale alla variabile geografica è stato possibile elaborare la configurazione della rete degli esperti a livello territoriale. Nello specifico per la costruzione del reticolo si è proceduto mettendo in relazione gli esperti in base all’affinità territoriale: ovvero la provenienza dalla stessa nazione di residenza. In questo modo è stato possibile distinguere gli esperti in gruppi territoriali. 0ltre a ciò si è tenuto conto anche delle residenze precedenti a quella attuale, le quali sono state utilizzate per verificare l’esistenza di connessioni tra esperti al momento non residenti nello stesso paese. L’ipotesi assunta è stata quella di considerare le esperienze precedenti come parte del patrimonio di competenze sul piano geografico 67 detenuto dagli intervistati, sulla base del quale poter individuare legami e possibilità di condivisione tra gi stessi esperti. In questa prospettiva, gli intervistati caratterizzati dalla conoscenza di diversi paesi stranieri sono stati considerati come dei possibili “ponti” tra gruppi di esperti territoriali, ovvero punti di congiunzione tra diverse realtà geografiche. Se si osserva il grafo seguente119, risultato di una matrice di adiacenza fondata su dati “orientati reciprocamente”, è possibile visualizzare i gruppi geografici nonché la presenza di svariate connessioni tra gli attori dipendenti, come osservato anche in precedenza, dall’alto grado di mobilità geografica che caratterizza questo campione di intervistati. 119 Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione di UCINETNetdraw: Graph-theoretic Layout/Spring embedding. La procedura matematica utilizzata è basata sulla tecnica del Multi Dimensional Scaling. Le linee del grafo presentano una forma bidirezionale. Per semplificare la visibilità del grafo si è preferito non indicare il livello di intensità dei legami, ovvero il numero di territori che ciascuna coppia di intervistati ha in comune. 68 69 Grafo 2.1 – Reticolo delle relazioni tra esperti su base territoriale Tabella 2.5 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.1120 Numero di nodi 81 Numero di connessioni 1226 Densità 0.18919753 Osservando le statistiche del grafo 2.1, emerge che non si tratta di un reticolo altamente integrato (la densità è pari a 0.19). Ciò è la conseguenza dell’elevato livello di distribuzione degli esperti tra una molteplicità di territori stranieri. I gruppi di esperti che risultano staccati dalla rete centrale possono essere definititi “componenti”, ovvero sottografi disconnessi dal grafo di cui fanno parte121. Essi sono composti da nodi (esperti) che risiedono e hanno risieduto in paesi diversi rispetto alle nazioni di residenza prevalenti nel resto del campione, sulla cui base è stato invece possibile costruire delle situazioni di affinità e condivisione. I nodi di una componente presentano pertanto relazioni soltanto internamente al gruppo cui appartengono. 2.4.2.5 La condizione professionale degli esperti Gli esperti individuati svolgono la loro professione attuale in media da circa 15 anni (min. 1 anno, max 46 anni). Scendendo ad un maggior livello di dettaglio è possibile distinguere gli intervistati in quattro categorie a seconda dell’anzianità professionale detenuta. Nello specifico la classificazione costruita è la seguente: - Bassa anzianità professionale (da 1 a 3 anni). - Medio-bassa anzianità professionale (da 4 a 10 anni). - Medio-alta anzianità professionale (da 11 a 20 anni). - Alta anzianità professionale (da 20 a 45 anni). 120 121 Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1. Chiesi A.M., op. cit. 70 Osservando il grafico sottostante, è possibile quindi evidenziare l’elevata esperienza professionale che caratterizza gli attori individuati, che testimonia la presenza di un gruppo di esperti dotato di un solido e significativo profilo lavorativo. Grafico 2.6 – L’anzianità professionale degli esperti (valori %) 25,3 26,6 29,1 19,0 Bassa Medio-bassa Medio-alta Alta Come già osservato in precedenza, analizzando il campione nel suo complesso, gli esperti selezionati, nella maggior parte dei casi, svolgono la loro professione come “lavoratori dipendenti” e pertanto operano principalmente all’interno di una specifica organizzazione. 71 Grafico 2.7 – Condizione professionale degli esperti (valori %) Lavoratore dipendente 26,3 Libero professionista/lav. autonomo Collaboratore contin. progetti temporanei Imprenditore 65,0 6,3 2,5 Nel dettaglio gli esperti ricoprono svariati ruoli professionali122. Come si può osservare si tratta in tutti i casi di posizioni lavorative di elevato livello ed estremamente interessanti rispetto agli obiettivi del progetto. 122 I ruoli professionali individuati sono stati definiti sulla base delle informazioni fornite dagli intervistati e tengono conto principalmente della prima organizzazione di appartenenza indicata dagli esperti. Infatti i rispondenti potevano segnalare fino ad un massimo di tre organizzazioni con le quali collaborano regolarmente. Per esigenze di sistematizzazione in questa sede sono state definite delle categorie professionali che permettessero un’analisi quantitativa dei dati ma è bene sottolineare che in diversi casi gli esperti svolgono una professione più articolata e operano all’interno di molteplici contesti organizzativi (Allegato 2). 72 Tabella 2.6 – Ruoli professionali svolti dagli esperti Professore/ricercatore universitario Funzionario pubblico (Ministero/Rete diplomatica) Dirigente sindacale Funzionario CCIA Addetto di Enti per l’internazionalizzazione e lo sviluppo economico/industriale Rappresentate Associazioni di italiani Giornalista/operatore del settore informazione e comunicazione Funzionario di Organizzazioni Dirigente azienda/Consulente aziendale Docente di Scuole italiane all'estero Funzionario pubblico (Regioni/Province/Comuni) Totale N % 19 23,5 9 11,1 8 9,9 8 9,9 8 9,9 7 6 8,6 7,4 6 7,4 4 4,9 4 4,9 2 2,5 81 100, Nella maggior parte dei casi (71,6%) gli esperti operano all’interno di una specifica organizzazione, anche se non può essere sottovalutato il 18,5% e il 9,9% di intervistati che lavorano rispettivamente per tre e due realtà organizzative contemporaneamente. Tabella 2.7 – Numero di organizzazioni cui afferiscono gli esperti regolarmente N % 1 Organizzazione 58 71,6 2 Organizzazioni 8 9,9 3 Organizzazioni 15 18,5 Totale 81 100,0 Le organizzazioni di appartenenza degli esperti sono molteplici e riguardano ambiti professionali eterogenei. 73 Tabella 2.8 – Le organizzazioni presso le quali operano gli esperti123 N % Organismo internazionale 3 3,8 Organizzazione europea 2 2,5 Istituto di cultura 3 3,8 Organizzazione della. rete 6 7,5 diplomatica/rappresentanze istituzionali Ministero/organismo statale 7 8,8 Ente regionale pubblico 2 2,5 Ente locale pubblico (Provincia, Comune, etc.) 3 3,8 ONG/organizzazione senza scopo lucro 8 10,0 Associazione di italiani all’estero 5 6,3 Associazione di imprenditori/di categoria 4 5,0 Sindacato/associazione di lavoratori 8 10,0 Camera di commercio 8 10,0 Università/istituto di ricerca 23 28,8 Centro/istituto formazione 3 3,8 Ente/agenzia per internazionalizzazione e sviluppo 6 7,5 economico Organizzazione dell’informazione e 10 12,5 Impresa 12 15,0 Altro 5 6,3 Totale 118 147,5 Per approfondire la conoscenza in merito al profilo professionale dei soggetti intervistati, è stato chiesto loro di specificare se fossero iscritti a uno o più Albi professionali. Dall’analisi è risultato che quasi più di un terzo degli esperti appartiene a un Albo professionale (36,5%). 123 I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce una percentuale maggiore al 100%. 74 2.4.2.6 Il reticolo professionale e organizzativo L’organizzazione di appartenenza ha costituito un’altra variabile chiave sulla quale è stata condotta un’analisi relazionale del campione degli esperti. Essi infatti sono stati messi in collegamento sulla base della provenienza organizzativa, nel tentativo di identificare gruppi professionali omogenei e relazioni tra gli stessi. Per svolgere questo tipo di analisi è stata costruita una matrice di adiacenza, in base alla quale la relazione tra gli esperti è stata definita dall’appartenenza allo stesso tipo di organizzazione lavorativa. Poiché molti intervistati operano nell’ambito di diversi contesti professionali, l’eventuale relazione tra due soggetti è stata impostata in modo da tenere conto del numero di organizzazioni comuni. Pertanto il grafo124 del reticolo professionale e organizzativo (Grafo 2.2) è basato su dati “orientati reciprocamente con valori numerici”. L’intensità del legame è determinato dunque dalla somma dei contesti organizzativi condivisi dai nodi collegati. 124 Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione di UCINETNetdraw: Graph-theoretic Layout/Spring embedding. La procedura matematica utilizzata è basata sulla tecnica del Multi Dimensional Scaling. Le linee del grafo hanno una forma bidirezionale. Per semplificare la visibilità del grafo si è preferito non indicare il livello di intensità dei legami, ovvero il numero di organizzazioni di appartenenza che ciascuna coppia di intervistati ha in comune. 75 76 Grafo 2.2 – Reticolo delle relazioni tra esperti in base all’appartenenza organizzativa Tabella2.9 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.2125 Numero di nodi 81 Numero di connessioni 902 Densità 0.13919753 Come per il reticolo geografico, anche la densità della rete basata sulla affinità professionale presenta un livello ridotto (0.14). In questo caso ciò è il risultato dell’elevata distribuzione degli intervistati in una molteplicità di contesti organizzativi presi in considerazione perché di interesse per le finalità del progetto. Tuttavia se si osserva il grafo 2.2 risulta comunque evidente la presenza di un reticolo con importanti elementi di integrazione. La capacità di molti esperti intervistati di operare contemporaneamente in contesti lavorativi e professionali differenziati, rende gli stessi ponti di comunicazione tra i diversi ambiti organizzativi. 2.4.2.7 Ruolo professionale e relazioni lavorative esterne Un aspetto centrale dell’intera ricerca è costituito dal reticolo di relazioni che gli attori coinvolti hanno con organizzazioni e soggetti terzi, operanti nel più ampio contesto lavorativo, professionale e territoriale al quale gli intervistati appartengono. Per analizzare tale contesto ai rispondenti è stato chiesto di specificare se nello svolgimento quotidiano della loro attività lavorativa avessero necessità di relazionarsi con strutture e attori esterni all’organizzazione di appartenenza, nonché di descrivere la natura e i termini delle relazioni esistenti. Più della metà degli intervistati (67,9%) dichiara di avere rapporti con organizzazioni terze. In particolare, i soggetti coinvolti potevano indicare fino a 3 organizzazioni di riferimento. Pertanto i dati 125 Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1. 77 successivi si riferiscono a 3 gruppi di organizzazioni, relativi alle 3 possibilità di risposta. A tal proposito è interessante osservare che più della metà di coloro che collaborano con organizzazioni esterne ne ha indicate ben tre. Tabella 2.10 – Numero di organizzazioni esterne indicate dagli intervistati N % 1 organizzazione 17 32,1 2 organizzazioni 7 13,2 3 organizzazioni 29 54,7 Totale 53 100,0 Il primo gruppo di organizzazioni con le quali gli esperti hanno rapporti è composto da una tipologia articolata di strutture organizzative. 78 Tabella 2.11 – Tipologia di organizzazioni terze - Primo gruppo N % Organizzazione europea 7 13,2 Università/istituto di ricerca 7 13,2 Associazione di italiani all’estero 5 9,4 Organizzazione della rete 4 7,5 Ente/agenzia per internazionalizzazione e lo 4 7,5 sviluppo economico Altro Sindacato/associazione di lavoratori Camera di commercio Centro/istituto formazione Organismo internazionale Istituto di cultura ONG/organizzazione senza scopo lucro Associazione di imprenditori/di categoria Impresa Ministero/organismo statale Ente regionale pubblico Ente locale pubblico (Provincia, Comune, etc.) Totale 4 3 3 3 2 2 2 2 2 1 1 1 53 7,5 5,7 5,7 5,7 3,8 3,8 3,8 3,8 3,8 1,9 1,9 1,9 100,0 Nella maggior parte dei casi, le relazioni hanno una frequenza elevata: settimanale o addirittura giornaliera. Grafico 2.8 – La frequenza delle relazioni con organizzazioni esterne – Primo gruppo (valori %) 41,2 21,6 15,7 9,8 Giornaliera Settimanale Mensile Trimestrale 11,8 Oltre 79 La finalità di tali relazioni professionali è volta principalmente allo scambio di dati e di informazioni, e allo sviluppo di processi e/o di progetti di diversa natura. Grafico 2.9 – I contenuti e la natura delle relazioni con organizzazioni esterne – Primo gruppo (valori %)126 Scambio dati e informazioni 74,5 Sviluppo processi/progetti 52,9 Comunicazione e promozione esterna 43,1 Assist. tecnica e accomp. prog. 39,2 Valutazione, verifiche, contr. proc. 25,5 Consulenza 25,5 23,5 Erogazione servizi formazione Erogazione fondi/finanziamenti 19,6 9,8 Altro Fornitura materiali/tecnologie Fornitura personale 7,8 2,0 Hanno segnalato di avere relazioni con un secondo gruppo di organizzazioni 36 intervistati. Nella maggior parte dei casi si tratta di rapporti con Ministeri o Organismi statali, ma anche con Università e Istituti di ricerca. 126 I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce una percentuale maggiore al 100%. 80 Tabella 2.12 – Tipologia di organizzazioni terze - Secondo gruppo N % Ministero/organismo statale 6 16,7 Università/istituto di ricerca 5 13,9 Organizzazione della rete 3 8,3 Ente regionale pubblico 3 8,3 Sindacato/associazione di lavoratori 3 8,3 Ente/agenzia per internazionalizzazione e sviluppo 3 8,3 economico Organismo internazionale 2 5,6 ONG/organizzazione senza scopo lucro 2 5,6 Associazione di italiani all’estero 2 5,6 Camera di commercio 2 5,6 Organizzazione europea 1 2,8 Istituto di cultura 1 2,8 Associazione di imprenditori/di categoria 1 2,8 Impresa 1 2,8 Altro 1 2,8 Totale 36 100,0 La frequenza dei rapporti è meno elevata rispetto al primo gruppo; in questo caso infatti prevalgono relazioni mensili (34,3%) o settimanali (25,7%). In merito alla natura delle interazioni anche in questo secondo caso prevale lo scambio di informazioni e di dati (71%) e lo sviluppo di progetti/processi (51,4%), ma risulta significativa anche l’attività di assistenza tecnica e di accompagnamento progettuale(48,6%), nonché la comunicazione e la promozione esterna (45.7%). Ben 29 persone, infine, hanno segnalato di avere rapporti con una terza tipologia di organizzazione esterna a quella di appartenenza, tra le quali prevalgono le Camere di Commercio e le Associazioni imprenditoriali e di categoria. 81 Tabella 2.13 – Tipologia di organizzazioni terze - Terzo gruppo N % Camera di commercio 5 17,2 Associazione di imprenditori/di categoria 4 13,8 Università/istituto di ricerca 4 13,8 Altro 4 13,8 Associazione di italiani all’estero 3 10,3 Sindacato/associazione di lavoratori 2 6,9 Ente/agenzia per internazionalizzazione e 2 6,9 sviluppo economico Organismo internazionale 1 3,4 Ministero/organismo statale 1 3,4 Ente regionale pubblico 1 3,4 ONG/organizzazione senza scopo lucro 1 3,4 Centro/istituto formazione 1 3,4 Totale 29 100,0 La frequenza delle relazioni è elevata: nella maggior parte dei casi infatti i rapporti avvengono giornalmente (37,9%). Lo scambio di dati e informazioni (72,4%) e lo sviluppo di processi/progetti (62,1%) rimangono anche in questo caso i motivi principali sui quali sono fondati i rapporti professionali con le organizzazioni esterne. 2.4.2.8 Le aree di competenza degli esperti: network e connessioni Per comprendere e sistematizzare in maniera funzionale agli obiettivi del progetto il patrimonio professionale e di conoscenze degli attori interpellati, il primo passo intrapreso è stato quello di chiedere agli stessi interessati di specificare rispetto a quale area di competenza ritenessero di possedere un solido bagaglio di conoscenze e di competenze. La lista di materie sottoposte all’attenzione degli intervistati è stata scelta in quanto di rilevante interesse per le finalità di progetto. 82 È bene precisare che ai rispondenti è stata data la possibilità di segnalare più di una opzione di risposta, in quanto si è partiti dal presupposto che gli esperti intorno ai quali costruire la rete di partenariato all’estero dovessero essere dotati di competenze articolate e differenziate. Il primo risultato di significativo interesse riguarda la distribuzione degli intervistati nelle varie aree tematiche proposte. Le aree maggiormente rappresentate sono da un lato quella degli “italiani residenti all’estero”, che costituisce il nucleo concettuale portante dell’intero Progetto PPTIE, dall’altro l’area dei “Progetti di cooperazione internazionale”. Grafico 2.10 – La aree di competenza degli esperti (valori %)127 50,6 IRE 46,8 Progetti cooperazione intern. 31,2 Strumenti e servizi internazionalizz. 29,9 Altro 29,9 Politiche, legisl, finanz. sviluppo loc. 27,3 Politiche/legisl. emigrazione/immigraz Politiche, legisl., finanz. sviluppo soc. Politiche/programmi finanz. UE 26,0 22,1 Nella categoria “altro” sono state raccolte le materie di competenza non indicate nel questionario ma apertamente esplicitate dagli stessi intervistati. 127 I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce una percentuale maggiore al 100%. 83 In particolare, alcuni intervistati hanno segnalato di possedere un solido bagaglio di competenze nelle seguenti aree: - Autoimprenditorialità e autoimpiego - Democrazia partecipativa - Diritto civile, contrattualistica, geografia politica ed economica - Etica, diritto e scienza - Frontalierato, regioni transfrontaliere - Geografia politica - Giornalismo e relazioni umane e sociali - International finance - Management e Business Administration - Marketing internazionale - Mercato internazionale della nautica - Metodologia della ricerca sociale - Politiche di promozione delle esportazioni - Politiche e progetti in ambito sanitario - Politiche per la riduzione delle ineguaglianze e per lo sviluppo sociale e culturale - Politiche sindacali - Progetti di ricerca nel campo farmaceutico e delle biotecnologie in multi-partenariato pubblico/privato a livello nazionale e internazionale - Progetti e ricerca in ambito culturale - Progetti governativi - Sistemi di Knowledge Management per strutture di sviluppo locale e internazionalizzazione PMI - Stampa italiana all'estero - Strumenti gestiti da Sviluppo Italia - Supporto ai Governi nazionali nella definizione di strategie di sviluppo per le PMI Sulla variabile “aree di competenza” è stata applicata la metodologia della Social Network Analysis per verificare il livello di interrelazione tra le aree tematiche e di competenza individuate. Ciò al fine di comprendere l’esistenza di legami tra materie e conoscenze e gettare le basi per la costruzione della mappa delle competenze della rete. L’analisi relazionale svolta ha tenuto conto soltanto delle caratteristiche del contesto indagato. Trattandosi di dati “orientati con 84 valori numerici128”, si è potuto calcolare sia la densità del reticolo, ovvero il suo livello di integrazione complessivo, sia il grado di connessione (degree) di ogni singola unità (area di competenza) rispetto alle altre. Nel grafo129 seguente sono pertanto rappresentate le connessioni rilevate tra aree di competenza. Ogni legame tra coppia di tematiche è il risultato del numero di intervistati che hanno risposto di avere esperienza e conoscenza su di esse. Di conseguenza lo spessore delle linee indica il numero di attori (livello di intensità del legame) competente su entrambe le aree tematiche che compongono una coppia. 128 Indicano la direzione e la forza della relazione. In questo caso si è partiti dal presupposto che esistesse una relazione di reciprocità tra le coppie di variabili prese in considerazione: direzione biunivoca. 129 Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione base di NetdrawUCINET. Si tratta infatti di un grafo semplice che colloca i nodi del reticolo in maniera random senza ricorrere a specifiche procedure matematiche che influiscono sul loro posizionamento. In questo grafo sono stati indicati i valori delle linee (bidirezionali) che congiungono i nodi, che corrispondono al numero di intervistati che condividono specifiche coppie di competenze. Si tratta pertanto di un grafo pesato. 85 Grafo 2.3 – Legami tra aree di competenza individuate 86 Tabella 2.14 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.3130 Numero di nodi 7 Numero di connessioni 42 Densità 1 Gradi di connessione dei N Valore relativo pesato singoli nodi (Degree) Prog. Cooper. Internaz. 6.0 13.142857142857142 Italiani residenti all’estero 6.0 12.428571428571429 Pol. Leg. Finanz. Sviluppo loc. 6.0 9.571428571428571 ed economico Strumenti/servizi 6.0 9.428571428571429 internazionalizzazione Pol. Leg. Finanz. Sviluppo 6.0 8.571428571428571 socio-cult. Pol. e leg. Emigra/immigr. 6.0 7.857142857142857 Pol. e programmi fondi UE 6.0 5.571428571428571 I risultati mostrano che esiste un’elevata interrelazione tra le materie segnalate, evidenziando quanto sia difficile trattare tali tematiche in maniera isolata e, di conseguenza, quanto sia importante considerarle parte integrante dello stesso know how. La densità del grafo 2.3 è infatti pari a 1 (valore massimo) poiché tutti i nodi della rete sono interconnessi tra di loro. Tuttavia se si “pesano” le relazioni di ogni nodo rispetto al resto del reticolo sulla base della frequenza della stessa relazione (numero di esperti che detengono la stessa coppia di competenze), è possibile individuare la presenza di materie più incidenti rispetto alle altre. Mentre il valore assoluto del grado di connessione (che indica il numero di archi che convergono su un nodo, in questo caso in maniera reciproca; ovvero la dimensione del vicinato di ciascun nodo) è per tutte le unità pari a 6 in quanto tutti i nodi sono collegati tra loro, il grado relativo pesato (calcolato sulla base dell’intensità della connessione) evidenzia i nodi che presentano un vicinato più ampio rispetto agli altri. 130 Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1. 87 Nello specifico i nodi che mostrano un maggior grado di connessione rispetto al proprio vicinato sono il tema della “Cooperazione internazionale” e quello degli “Italiani residenti all’estero”, sui quali converge un numero più alto di relazioni con le altre materie. Non è un caso infatti che il legami più forti siano proprio quelli tra coppie di tematiche in cui sono presenti tali argomenti. In particolare, le coppie di competenze più consistenti all’interno della rete, ovvero che presentano il maggior numero di attori coinvolti, risultano essere le seguenti: - Progetti di cooperazione internazionale – Strumenti e servizi a supporto dell’internazionalizzazione. - Progetti di cooperazione internazionale – Italiani residenti all’estero. - Progetti di cooperazione internazionale – Politiche, legislazione e finanziamenti per lo sviluppo locale ed economico. - Italiani residenti all’estero – Politiche e legislazione in materia di emigrazione/immigrazione. - Italiani residenti all’estero - Politiche, legislazione e finanziamenti per lo sviluppo locale ed economico. Ribaltando il punto di osservazione dalle aree di competenza agli intervistati, è possibile analizzare le connessioni che esistono tra di essi considerando l’area tematica come la variabile congiungente. Il grafo131 2.4 mostra la struttura dei legami esistenti tra gli esperti, costruiti in base al numero di aree di competenza condivise da ciascuna coppia di intervistati. Anche in questo caso si tratta di dati “orientati con valori numerici”, che indicano l’intensità di una relazione reciproca. È bene precisare che tale analisi è stata condotta sulla base delle risposte date alla specifica domanda del questionario che indagava l’area prevalente di competenza degli intervistati. I risultati pertanto mostrano una quota di soggetti, pari a 11, per i quali non è stato 131 Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione base di UCINETNetdraw. Si tratta infatti di un grafo semplice che colloca i nodi del reticolo in maniera random senza ricorrere a specifiche procedure matematiche che influiscono sul loro posizionamento. Le linee del grafo hanno una forma bidirezionale. Per semplificare la visibilità del grafo si è preferito non visualizzare il livello di intensità delle singole linee. 88 possibile analizzare la loro relazione con gli altri attori relativamente alla variabile considerata. In questa analisi infatti non si è tenuto conto delle risposte fornite all’opzione “altro” poiché, risultando assai differenziate, non è stato possibile procedere alla loro categorizzazione e, quindi, inserirle nell’elaborazione dei dati. Pertanto, in questo caso, la loro posizione di “outsiders” deve essere considerata esclusivamente come il risultato di una mancata risposta alla specifica domanda del questionario o di una risposta non integrabile con le altre. Essi pertanto devono essere considerati ugualmente attori interessanti ai fini della creazione della rete di partenariato. 89 90 Grafo 2.4 – Legami tra intervistati basati sulla condivisione di aree di competenza Tabella 2.15 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.4132 Numero di nodi 81 Numero di connessioni 3186 Numero di outsiders 11 Densità 0.49166667 Analizzando il grafo 2.4 e le statistiche calcolate è possibile evidenziare la presenza di un gruppo di intervistati estremamente coeso e affine dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze detenute. Il grafo presenta un buon livello di integrazione; infatti la densità risulta media (0.5). 2.4.2.9 La partecipazione ad eventi e/o progetti in materia di partenariati internazionali Per approfondire la conoscenza del livello di competenza degli esperti contattati in materia di partenariati internazionali è stato chiesto loro di specificare se negli ultimi due anni avessero preso parte, come relatori, a manifestazioni pubbliche (convegni, conferenze, workshop, etc.) sul tema in questione. Degli 81 esperti selezionati, ben 42 intervistati (51,9%) hanno risposto di avere partecipato a iniziative pubbliche focalizzate su tematiche di interesse per il Progetto PPTIE. Gli eventi risultano essere assai differenziati e hanno avuto luogo in differenti nazioni. Al contrario, soltanto 26 degli 81 esperti selezionati (32,1%) hanno invece dichiarato di avere preso parte a progetti sia nazionali che internazionali inerenti i temi e le problematiche di interesse del Progetto PPTIE. Si tratta di progetti eterogenei, realizzati nella maggior parte dei casi in partnership con altre organizzazioni che si interessano di italiani all’estero, di sviluppo sociale ed economico, di emigrazione e immigrazione e via dicendo. 132 Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1. 91 Infine, una variabile importante per comprendere il livello di conoscenza degli esperti interpellati in materia di italiani all’estero ha riguardato l’esistenza di uno specifico legame diretto con Associazioni di italiani all’estero. È bene sottolineare che più della metà dei rispondenti (55,6%) ha dichiarato di avere rapporti con Associazioni che si occupano espressamente di comunità di emigrati italiani. 2.4.2.10 Conoscenza e legami con “altri” esperti italiani all’estero Nel questionario era presente una domanda che chiedeva agli intervistati di indicare fino a 5 nominativi di persone che a loro giudizio ricadessero nella definizione di “esperto italiano all’estero” proposta. Questa domanda da un lato era funzionale ad individuare possibili attori da contattare nel corso di successive fasi di ricerca, dall’altro a definire nell’ambito del campione di riferimento la presenza di microreticoli di esperti individuati dagli stessi attori coinvolti nell’indagine. Poco meno della metà degli intervistati (35 individui) ha risposto a tale domanda, la quale è stata elaborata attraverso una prospettiva analitica, centrando l’attenzione sulle singole unità di analisi. L’obiettivo infatti è stato quello di rilevare ed evidenziare la struttura dei legami esistenti tra gli esperti interpellati e altri attori che a loro parere ricadessero nella stessa definizione di “esperto italiano all’estero”. In questo modo è stato possibile articolare ed arricchire ulteriormente la conoscenza in merito alla sfera delle relazioni professionali intessute dagli esperti, analizzando sia il livello di omogeneità/eterogeneità che l’ampiezza del contesto nel quale operano e si relazionano. Pertanto attraverso l’analisi relazionale sono stati indagati i microreticoli sociali indicati dagli stessi esperti. Per impostare le relazioni del reticolo si è proceduto in un duplice modo. Quando l’intervistato ha segnalato un esperto operante in un’organizzazione diversa dalla sua, è stata impostata una relazione orientata (dall’intervistato all’esperto); viceversa se l’esperto indicato operava nel medesimo ambito organizzativo la relazione è stata 92 strutturata come reciproca, presupponendo l’esistenza di un rapporto professionale consolidato. Allo stesso modo sono state strutturate le relazioni tra i diversi esperti segnalati dallo stesso intervistato. Se gli esperti provenivano dallo stesso contesto lavorativo, è stata indicata la presenza di un legame reciproco; se al contrario le organizzazioni di riferimento risultavano diverse non è stata impostata alcun tipo di relazione. La tabella seguente sintetizza le informazioni di base dei reticoli costruiti133. In particolare, riporta il numero di nodi di ciascun reticolo, il numero delle relazioni presenti e il valore della densità della rete. In questa sede la densità è stata utilizzata come misura del grado di omogeneità/eterogeneità professionale della rete sociale indicata dagli esperti. In altre parole, più è alto il valore della densità più elevato è il grado di omogeneità professionale del reticolo e viceversa. Un livello alto di densità è pertanto tipico di un reticolo sociale che coinvolge attori appartenenti allo stesso contesto lavorativo e organizzativo, mentre un basso grado di densità si riferisce a reti sociali caratterizzate dalla presenza di persone provenienti da ambiti professionali e di lavoro eterogenei. 133 Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1. 93 Tabella 2.16 – Statistiche sui micro-reticoli indicati dagli esperti Network N. nodi N. connessioni Densità Esperto 2 6 8 0.26666668 Esperto 3 4 5 0.41666666 Esperto 4 6 5 0.16666667 Esperto 5 6 7 0.23333333 Esperto 15 4 9 0.75 Esperto 19 3 2 0.33333334 Esperto 20 6 5 0.16666667 Esperto 23 5 5 0.25 Esperto 24 6 7 0.23333333 Esperto 28 2 1 0.5 Esperto 32 3 6 1 Esperto 33 6 9 0.3 Esperto 34 4 12 1 Esperto 38 6 5 0.16666667 Esperto 41 3 4 0.6666667 Esperto 42 6 11 0.36666667 Esperto 43 6 5 0.16666667 Esperto 44 6 14 0.46666667 Esperto 45 6 30 1 Esperto 46 6 6 0.2 Esperto 47 4 4 0.33333334 Esperto 48 6 5 0.16666667 Esperto 49 6 5 0.16666667 Esperto 50 2 1 0.5 Esperto 51 3 6 1 Esperto 55 4 3 0.25 Esperto 56 6 7 0.23333333 Esperto 61 6 7 0.23333333 Esperto 63 4 3 0.25 Esperto 67 5 4 0.2 Esperto 69 4 12 1.0 Esperto 70 4 12 1 Esperto 73 6 7 0.23333333 Esperto 78 5 4 0.2 Esperto 80 2 3 0.33333334 94 Di seguito si riportano a titolo esemplificativo i grafi che descrivono la composizione del reticolo di relazioni personali cui appartengono due esperti della rete. Grafo 2.5 – Micro-reticolo sociale indicato dall’Esperto 41 95 Grafo 2.6 – Micro-reticolo sociale indicato dall’Esperto 48 2.4.2.11 I nodi centrali della rete degli esperti I risultati dell’analisi relazionale condotta hanno inoltre messo in evidenza la presenza di alcuni nodi della rete che presentano una posizione di maggiore centralità rispetto agli altri e che, pertanto, possono giocare un ruolo di intermediazione tra tutti gli attori del reticolo. In particolare, la centralità dei nodi è stata considerata relativamente a tre dimensioni principali, quali: - la dimensione geografica; - la dimensione organizzativa; - la dimensione delle competenze/conoscenze. Per ciascuna dimensione è stato dunque possibile identificare alcuni attori che trovandosi al centro della rete possono svolgere una 96 funzione di connessione tra gruppi di esperti che, pur non essendo collegati direttamente tra di loro, hanno in comune uno specifico elemento (sia esso una competenza, un’organizzazione di appartenenza, una nazione di residenza, etc.), sulla base del quale strutturare un legame indiretto. La scelta di considerare la centralità dei nodi rispetto a tre dimensioni distinte, dipende dalla consapevolezza che all’interno della presente rete è assai improbabile riuscire a rinvenire uno o più nodi che risultino centrali in assoluto. Questa situazione dipende, infatti, dalla presenza di un alto livello di distribuzione sia geografica che organizzativa degli attori, che rende l’intera rete particolarmente variegata e articolata. È bene ricordare, inoltre, che in questa sede si fa riferimento al concetto di centralità globale. Infatti mentre la centralità locale esprime quanto un punto è localmente centrale rispetto agli altri punti circostanti (vicinato), la centralità globale indica se un nodo detiene una posizione d’importanza strategica nella struttura complessiva della rete134. A tal fine, dunque, nella tabella seguente sono riportati i valori della centralità (Betweenness) dei nodi della rete per ciascuna dimensione presa in considerazione. Come si può osservare sono stati considerati i 12 esperti che presentano il maggior livello di centralità, pari al 15% circa dei nodi dell’intera rete. E’ interessante segnalare, inoltre, la presenza di alcuni esperti, ben 5, che ricoprono contemporaneamente una posizione centrale in due, o addirittura in tre, come nel caso dell’esperto 55, dimensioni reticolari, venendo ad assumere un ruolo strategico nel facilitare il processo di integrazione dell’intera rete. In questi casi la misura della centralità rispecchia il possesso di un know how complesso e articolato su molteplici aree di competenza, organizzative e territoriali. 134 Scott J., op. cit. 97 Tabella 2.17 – Misure di centralità degli esperti per le tre dimensioni indagate Reticolo geo.co Esperto 47 Esperto 1 Esperto 7 Esperto 4 Esperto 59 Esperto 20 Esperto 29 Esperto 48 Esperto 65 Esperto 74 Esperto 52 Esperto 55 Between. 283.744 205.333 205.333 205.333 191.664 175.237 158.823 156.924 155.679 134.000 103.249 80.546 Reticolo org.vo Esperto 43 Esperto 7 Esperto 61 Esperto 22 Esperto 15 Esperto 53 Esperto 3 Esperto 72 Esperto 55 Esperto 74 Esperto 28 Esperto 8 Between. 1.616.196 1.546.439 1.054.000 910.000 721.000 655.804 452.483 421.572 280.000 261.993 253.384 210.151 Reticolo comp.ze Esperto 28 Esperto 44 Esperto 46 Esperto 19 Esperto 23 Esperto 27 Esperto 22 Esperto 76 Esperto 55 Esperto 37 Esperto 77 Esperto 29 Between. 88.257 86.546 84.780 81.545 74.025 68.664 64.603 59.574 54.036 53.448 52.719 51.229 2.4.2.12 La mappa delle competenze della rete La rappresentazione della rete degli esperti, attraverso la mappa delle competenze, rappresenta uno dei principali output della ricerca realizzata. Essa ha avuto lo scopo di sistematizzare e localizzare anche da un punto di vista grafico le risorse professionali e conoscitive presenti all’interno della stessa rete. Il vantaggio di questo strumento consiste infatti nel mostrare visivamente come sono articolate le competenze della rete, i legami che intercorrono tra di esse, i luoghi presso i quali poterle reperire. Così come le mappe cognitive possono essere definite “una rappresentazione interna all’individuo di concetti e di relazioni tra concetti che egli usa per comprendere e creare il proprio ambiente di riferimento”135, la mappa delle competenze può essere descritta come uno specifico schema che permette una relazione dinamica tra 135 Moretti A., “Le mappe cognitive”, in Costa G. e Nacamulli R. C.D. (a cura di), Manuale di organizzazione aziendale, Vol. 2 “La progettazione organizzativa”, UTET, Torino, 1997, p. 293. 98 competenze e di conseguenza tra individui, organizzazioni e unità di diverso genere legate dalla condivisione di tali competenze. Riprendendo la classificazione proposta da Anne Sigismund Huff136 le relazioni tra competenze possono essere strutturate in base ai seguenti criteri: - Prossimità (A è vicino a B). - Similarità (A è simile a B). - Causa-effetto (A causa B). - Categoria (A è una sottocategoria di B). - Contiguità (A segue B). Operativamente per sviluppare la mappa delle competenze della rete si è proceduto attraverso tre fasi: 1. individuazione delle competenze; 2. sistematizzazione delle competenze; 3. rappresentazione delle competenze. 1. La fase di individuazione delle competenze è stata svolta a monte dell’indagine realizzata nel corso del presente progetto, quando è stata approntata una lista di competenze che si intendeva rilevare all’interno del campione di esperti indagato137. 2. La fase di sistematizzazione delle competenze è consistita nell’organizzazione delle competenze all’interno di gruppi tematici omogenei e l’individuazione delle relazioni esistenti tra le varie categorie individuate. Per raggiungere questo scopo, ai dati rilevati è stata applicata le tecnica dell’analisi dei gruppi o Cluster Analysis. Tale metodologia ha l’obiettivo “di assegnare i singoli casi a un numero ristretto di classi o gruppi minimizzando il più possibile 136 Huff A.S. (a cura di), Mapping Strategic Thought, John Wiley & Sons, Chichester, 1990. 137 Le aree di competenza prescelte sono le seguenti: - Italiani residenti all’estero. - Progetti di cooperazione internazionale. - Politiche, legislazione e finanziamenti a sostegno dello sviluppo locale ed economico. - Politiche, legislazione e finanziamenti a sostegno dello sviluppo socio-culturale. - Strumenti e servizi a favore dell’internazionalizzazione. - Politiche e legislazione sull’emigrazione/immigrazione. - Politiche e programmi di finanziamento dell’UE. 99 l’eterogeneità dei casi all’interno dei gruppi e massimizzando l’eterogeneità tra i diversi gruppi definiti”138. L’analisi dei gruppi è un metodo tipicamente esplorativo139 che consente di attuare una riduzione controllata e sintetica delle informazioni disponibili con il fine di migliorare la rappresentazione dei fenomeni analizzati. Infatti, attraverso la Cluster Analysis si opera una sorta di riduzione delle unità osservate inizialmente pervenendo alla creazione di gruppi omogenei con il vantaggio di ridurre il “rumore del dato” e di raggiungere una notevole parsimonia nella descrizione e nell’interpretazione. Una Cluster Analysis comincia, quindi, con la scelta delle variabili con le quali discriminare i casi e, successivamente, con la costruzione di una matrice quadrata simmetrica dove si riportano i coefficienti di distanza (o di similarità/dissimilarità) tra tutti i casi. La differenza tra matrice delle distanze e degli indici di similarità/dissimilirità dipende dalla tipologia di variabili quantitative (matrice delle distanze) o di fenomeni qualitativi (matrice degli indici di similarità/dissimilirità)140. Una volta determinata la distanza o l’indice di similarità, esistono diverse tecniche per arrivare a una classificazione dei casi. L’obiettivo finale è quello di classificare tali unità in gruppi con le caratteristiche di coesione interna (le unità assegnate a un unico gruppo devono essere tra loro simili) e di separazione esterna (i gruppi devono essere il più possibile distinti)141. Le tecniche di Cluster Analysis possono essere suddivise in due categorie: - tecniche di classificazione non gerarchica; - tecniche di classificazione gerarchica. Le tecniche di classificazione non gerarchica (o a partizioni ripetute) conducono direttamente alla partizione di un numero di casi in un numero prefissato di gruppi. Le tecniche di partizione gerarchica, invece, consentono di ottenere una famiglia di partizioni partendo dalla situazione banale in cui si 138 Di Franco G., Tecniche e modelli di analisi multivariata dei dati, Roma, SEAM, 1997. 139 Zani S., Analisi dei dati statistici II. Osservazioni Multidimensionali, Milano, Giuffrè, 2000. 140 Ivi. 141 Ivi. 100 hanno tanti gruppi composti da un singolo item fino all’estremo opposto in cui i singoli items costituiscono un unico gruppo. I metodi gerarchici sono classificabili in due grandi categorie: scissori e aggregativi. In particolare, le tecniche di classificazione gerarchica aggregativa procedono lungo un percorso metodologico formato da 4 fasi: 1. produzione della matrice delle distanze o delle similarità tra variabili; 2. considerazione delle singole variabili come gruppi distinti; 3. aggregazione successiva in gruppi di variabili che risultano essere più vicini; 4. iterazione del processo di aggregazione fino a giungere alla formazione di un unico gruppo. Per l’aggregazione successiva di gruppi di elementi si possono utilizzare diversi criteri (algoritmi) per calcolare le distanze. La Cluster Analysis, infatti, non è uno strumento per determinare con esattezza quali items devono essere raggruppati, ma è un insieme di procedure (algoritmi) che si prefiggono di classificare o raggruppare elementi. Attraverso questa metodologia si estrae il “grado di vicinanza” tra gli elementi, permettendo di prendere in considerazione le relative relazioni nella creazione di una categorizzazione. Esistono diversi criteri utilizzati per calcolare la distanza tra due gruppi di unità. Di seguito si elencano i tre metodi principali: - Metodo del legame singolo (single linkage) o del vicino più prossimo (nearest neighbour). La distanza tra i due gruppi è definita come la minima distanza tra ciascuna delle unità del gruppo e ciascuna delle unità degli altri gruppi. Si evidenziano in maniera netta tutte le similitudini e somiglianze tra gli elementi e il ricorso a questo algoritmo privilegia la differenza tra i gruppi piuttosto che l’omogeneità degli elementi di ogni gruppo. - Metodo del legame completo (complete linkage) o del vicino più lontano (furthest neighbour). Al contrario del precedente prende in considerazione le distanze (o le similarità) tra i casi più lontani (o più dissimili) all’interno dei gruppi che si aggregano. L’adozione di questo algoritmo per la composizione dei gruppi evidenzia in maniera netta le differenze tra elementi, privilegiando l’omogeneità tra gli elementi del gruppo a scapito della differenziazione netta tra gruppi. 101 - Metodo del legame medio (average linkage). Per calcolare la distanza tra i gruppi si calcola la media non ponderata delle distanze tra tutte le coppie di casi che appartengono ai gruppi. L’adozione di questo algoritmo semplifica notevolmente la composizione dei gruppi ottenuta con l’algoritmo completo, mentre rispetto a quelli costruiti sull'algoritmo singolo rappresenta una movimentazione e differenziazione. Esso si basa sulla media delle distanze e i risultati possono essere considerati attendibili e i gruppi risultano più omogenei e ben differenziati tra di loro. Lo strumento grafico che consente di sintetizzare il processo di fusione è il dendogramma. Il diagramma ad albero o albero di somiglianza o, ancora, “albero n-dimensionale”142, rappresenta graficamente la famiglia di partizioni ottenuta con un metodo gerarchico, evidenziando i gruppi che si ottengono a ogni stadio di classificazione (iterazione). Con la rappresentazione grafica fornita dal dendogramma si ottiene un quadro completo della struttura dell’insieme degli elementi organizzati per gruppi in termini di distanze. In questo modo il ricercatore ha la possibilità di scegliere tra i molteplici livelli di distanza con gradi diversi di eterogeneità. In questa sede, l’analisi dei gruppi è stata realizzata utilizzando le stesse matrici-dati e lo stesso software, UCINET 6, impiegato per la Social Network Analysis. In particolare, la base dati di partenza è rappresentata dalla matrice quadrata “competenze per competenze” che mette in relazione le coppie di competenze sulla base del numero di esperti che le detengono contemporaneamente. Risulta chiaro, dunque, che l’oggetto della Cluster Analysis sono state le competenze e non gli esperti e che il suo scopo è stato quello di comprendere gli specifici raggruppamenti tematici esistenti all’interno di un patrimonio di competenze più ampio. Osservando il dendogramma143 costruito (Fig. 2.2), si evidenzia come procedendo da destra verso sinistra si possano individuare gruppi di competenze via via sempre più specifici e circoscritti, composti da coppie di variabili tematiche. 142 Ivi. La Cluster Analysis è stata realizzata impostando un criterio di classificazione gerarchica e l’algoritmo del legame medio. 143 102 3. La fase di rappresentazione delle competenze, infine, ha permesso di descrivere graficamente, partendo dai dati della Cluster Analysis, l’articolazione e la struttura delle competenze della rete sotto forma di una mappa verticale. Tale mappa organizza le diverse competenze in base a un ordine gerarchico, sottolineando la dipendenza di alcune conoscenze rispetto ad altre e la loro diretta relazione. Osservando la figura 2.3, emerge con chiarezza la centralità delle competenze in materia di “Progetti di cooperazione internazionale” dalle quali discendono le conoscenze centrate sulla tematica degli “Italiani residenti all’estero”, che a loro volta si collegano a competenze più specifiche sui temi delle politiche, della legislazione e dei finanziamenti focalizzati su diversi ambiti di intervento: dall’internazionalizzazione, allo sviluppo locale ed economico, fino ad arrivare allo sviluppo socio-culturale. Accanto all’impalcatura di tipo verticale, costruita intorno alla lista di competenze preimpostata, sottoposta agli intervistati e calcolata per mezzo dell’analisi dei gruppi, è stata sviluppata una struttura parallela che collega le “altre conoscenze” indicate dagli stessi rispondenti alle competenze chiave. Nello specifico, le competenze chiave sono riportate nei riquadri azzurri e collegate mediante legami di colore “blu”, le “altre conoscenze” invece trovano spazio all’interno dei riquadri verdi e le loro connessioni hanno una colorazione “rosa”. Il riquadro verde posto in basso a destra della mappa non presenta alcun legame con il resto delle aree di competenza in quanto si tratta di conoscenze indicate da un gruppo di esperti che hanno dichiarato di non possedere altri tipi di competenze tra quelle presenti all’interno della rete. Infine, dalla mappa è possibile evincere anche il numero di esperti che detengono una specifica competenza, al fine di cogliere immediatamente il livello di diffusione e rilevanza di una data conoscenza all’interno della rete di esperti complessiva. 103 Figura 2.2 – Dendogramma della Cluster Analysis sulle competenze 104 Figura 2.3 – Mappa delle competenze della rete degli esperti 105 2.5 Osservazioni conclusive L’analisi illustrata nelle pagine precedenti ha permesso di osservare attraverso una lente di ingrandimento le caratteristiche di insieme e analitiche di un gruppo sociale estremamente interessante rispetto agli scopi del più ampio Progetto PPTIE. Gli “esperti italiani all’estero”, nella definizione articolata proposta in questa sede, rappresentano infatti una realtà sociale e professionale di elevato prestigio intorno alla quale il Progetto PPTIE ha voluto sperimentare la progettazione e la costruzione di una rete di competenze, dedicata a supportare lo sviluppo di iniziative di partenarario territoriale attraverso la risorsa dell’internazionalizzazione. Tale scopo è stato raggiunto attraverso l’impiego di tecniche di Social Networking finalizzate prima di ogni altra cosa a scoprire e a portare alla luce il patrimonio relazionale, in altri termini il capitale sociale, di un sistema di persone caratterizzato da un determinato profilo lavorativo, professionale, culturale e sociale. Individuare tale trama di relazioni ha significato trasformare la stessa in una risorsa, ha permesso in altre parole di rintracciare importanti punti di contatto a livello internazionale con un mondo professionale e organizzativo competente in materia di partenariato territoriale, sviluppo locale, sviluppo socio-economico, comunità di italiani residenti all’estero e via dicendo. In particolare dall’analisi realizzata è emerso che nella pratica tale categoria di attori presenta diverse caratteristiche che li rendono un gruppo coeso, integrato e quindi potenzialmente in grado di dialogare e condividere esperienze, buone prassi, procedure, risorse in una prospettiva di apprendimento collettivo e sviluppo condiviso. Non stupisce infatti che l’elemento sul quale più di ogni altro si basa la forza dei loro legami è rappresentato proprio dal patrimonio di conoscenze e di competenze acquisite nel corso del tempo, sviluppate e continuamente aggiornate a seguito di numerose esperienze professionali ma anche umane. La vicinanza geografica, l’appartenenza a contesti lavorativi e professionali simili sono variabili certamente rilevanti per individuare affinità e occasioni di confronto tra gli attori ma, dal momento che il 106 loro livello di mobilità sia territoriale che organizzativa è assai elevato, i legami basati su questi elementi tendono a decadere nel tempo se non supportati da una profonda integrazione che soltanto la condivisione dello stesso profilo di competenze può garantire. In conclusione, il percorso di ricerca e di analisi intrapreso ha permesso di ottenere due risultati fondamentali: - Il primo ha riguardato la possibilità di sperimentare l’applicazione di una specifica tecnica di ricerca sociale, fondata sull’analisi relazionale, per l’individuazione e la selezione di attori in possesso di un determinato profilo professionale e di competenze rispondenti a specifiche esigenze di progetto, intorno ai quali progettare una rete in grado di funzionare come strumento di supporto allo sviluppo di partenariati internazionali. L’efficacia dell’iter seguito rende lo stesso replicabile nel tempo. - Il secondo è strettamente collegato alle caratteristiche della popolazione individuata e indagata. L’analisi ha infatti permesso di entrare in contatto con soggetti caratterizzati da un profilo di eccellenza e portatori di un know how rilevante in tema di partenariati internazionali, cooperazione internazionale, italiani residenti all’estero, etc. In particolare, lo studio sviluppato ha individuato la presenza di una rete di persone caratterizzata dai seguenti requisiti: a. Un elevato livello di mobilità geografica che rende gli attori individuati conoscitori privilegiati di diverse aree territoriali e delle loro caratteristiche politiche, sociali, culturali, economiche. b. La presenza di nodi detentori di un’esperienza consolidata nell’ambito di progetti internazionali. c. La presenza di nodi dotati di un background culturale e formativo di eccellenza. d. La presenza di nodi in possesso di una significativa esperienza professionale maturata nel corso del tempo, grazie anche alla capacità di operare in diversi contesti organizzativi e di lavoro. e. Un fitta rete di relazioni verso l’esterno grazie alle quali i nodi riescono a collaborare e a interagire con organizzazioni, enti, associazioni che trattano specificatamente la materia degli italiani residenti all’estero. 107 f. La presenza di nodi portatori di un patrimonio di contatti e legami con altri soggetti detentori di competenze e conoscenze tali da poter essere a loro volta definiti “esperti italiani all’estero”. g. La presenza di nodi che per le loro competenze molteplici e differenziate ricoprono una posizione di intermediazione, operando come punti di collegamento tra gli altri nodi della rete e tra diversi gruppi professionali. In altre parole il percorso sviluppato ha permesso di portare alla luce una rete di competenze che può funzionare a tutti gli effetti come una comunità di pratica ovvero un’aggregazione di persone che, riprendendo la teoria di Etienne Wenger, presenta tre importanti requisiti, quali144: - il dominio, fa riferimento al fatto che la comunità di pratica definisce la propria identità in base ad un campo di interessi condivisi ed è proprio attorno a questo campo che i membri della comunità, per un verso, si impegnano, sviluppano e valorizzano le proprie competenze e, per l’altro, imparano l’uno dall’altro; - la comunità, implica una costruzione di relazioni e interazioni che supportano la presenza di uno sforzo e un aiuto reciproco volto al perseguimento degli interessi condivisi, per cui i membri si impegnano tutti insieme in attività e discussioni; - la pratica, attiene al concetto di practice, inteso come “fare situato” all’interno di un contesto sociale e relazionale. È nel fare, infatti, che l’individuo si riconosce come membro della comunità e definisce, perciò, la sua identità. 144 Wenger E., Mcdermott R., Snyder W., Cultivating Communities of Practice, Harvard Business School Press, Boston, 2002. 108 Capitolo terzo - Il ruolo delle nuove tecnologie nella creazione delle reti di persone 3.1 Premessa La presente parte è dedicata all’analisi delle tecnologie che sono a disposizione delle reti di persone al fine di cooperare in maniera sempre più efficace ed efficiente. A tal scopo si metterà l’accento sul fenomeno della scomparsa della “distanza” come limitazione storicamente data nello sviluppo di comunità di pratica coese. Pur essendo la trattazione di ordine generale, essa non potrà prescindere dalle piattaforme di groupware che sono state via via utilizzate nell’ambito dei vari progetti destinati agli italiani all’estero. La tecnologia del Groupware, in sintesi, fornisce agli utenti del sistema uno strumento di lavoro aggiuntivo in grado di sostenere i processi di collaborazione e comunicazione tra persone dislocate in luoghi geografici e lavorativi differenti ma coinvolte in progetti comuni, facilitando lo scambio di conoscenze, il passaggio di informazioni, la condivisione di esperienze al di là della distanza fisica. 3.2 Lo scenario dei nuovi metodi di lavoro Il continuo progresso che caratterizza le ICT (Information and Communication Technologies) incide profondamente sul mondo delle organizzazioni e del lavoro, ridisegnando strutture consolidate, profili professionali, modalità di svolgimento delle mansioni lavorative. In particolare, le tecnologie informatiche e telematiche influenzano l’economia contemporanea in due modi principali: da un lato determinando la nascita di un nuovo settore economico vero e proprio, 109 quello definito della Net Economy145, che porta con sé nuovi modelli aziendali, prodotti, business e figure professionali; dall’altro inducendo trasformazioni nei settori economici tradizionali, come la ridefinizione dei processi organizzativi, delle modalità operative e produttive, delle strategie di azione, degli stili di conduzione aziendale e comunicazione interna ed esterna. In entrambi i casi si assiste a un’evoluzione verso un modello di business diverso rispetto al passato, che per competere su un mercato sempre più dinamico e mutevole necessita di una struttura organizzativa più flessibile. La tendenza prevalente è verso la costruzione di organizzazioni di tipo matriciale – simili quindi alla rete su cui si opera fisicamente – in cui l’elemento chiave del modello diviene il raggiungimento degli obiettivi in maniera dinamica e non più grazie al mantenimento di uno status quo stabile nel tempo146. La struttura a matrice permette alle organizzazioni di adeguarsi in modo dinamico a richieste eterogenee e a continue trasformazioni economiche e tecnologiche favorendo la capacità di focalizzarsi sul processo di business in corso. E’ evidente che un siffatto modello tralascia le unità funzionali di stampo tradizionale che tendono a mantenere modalità organizzative burocratiche e centralizzate, mentre si tende a concentrarsi su unità operative orientate al progetto, la cui organizzazione è mirata all’azione flessibile, adattiva e innovativa. Tali divisioni debbono prendere decisioni in modo rapido, senza infrastrutture pesanti e livelli decisionali sovrapposti, e diviene di fondamentale importanza che i manager godano di ampi spazi di autonomia nella gestione delle attività e pratichino un controllo orientato all’obiettivo, in cui ogni componente dell’unità interviene, in base alla sua specifica competenza, con un ampio raggio di azione sui processi decisionali. In un tale contesto i processi comunicativi assumono un ruolo fondamentale, in quanto hanno il compito di agevolare la condivisione e lo scambio tra le diverse componenti del sistema, diventando il 145 Net Economy: l’insieme delle imprese fornitrici di tecnologie ed infrastrutture di Informatica e di Telecomunicazioni; delle aziende utenti di tecnologia, per la quota parte di rilevanza; delle società fornitrici di contenuti e di servizi di Comunicazione; di tutte quelle imprese che hanno Internet come business predominante (che effettuano commercio elettronico, che forniscono servizi di connettività, che offrono servizi di trading on-line, etc.). 146 Malone T. W., Laubacher R. J., Scott Morton M. S., (ed.) Inventing the Organizations of the 21st Century, MIT Press, Cambridge, MA, 2003. 110 fulcro su cui poggia il funzionamento dell’intero network che costituisce l’organizzazione. Il passaggio a forme organizzative di questo tipo è il risultato dell’evoluzione che negli ultimi anni ha caratterizzato il lavoro sottoposto all’impatto delle moderne tecnologie. I sistemi telematici attuali (in particolare Internet, Intranet, Extranet147) permettono di esaltare le possibilità di collegamento tra gli attori, di aumentare le potenzialità informative e il confronto diretto. Se fino a qualche anno fa l’introduzione dell’informatica nelle organizzazioni veniva indicata con il termine generico di automazione d’ufficio, attualmente ha preso sempre più corpo una prospettiva diversa, sempre fondata sull’automazione delle procedure ma a vantaggio dei sistemi che privilegiano la comunicazione in rete e il lavoro cooperativo, denominati appunto sistemi di groupware. La tecnologia usata da questi nuovi paradigmi sistemici si prefigge l’obiettivo di salvare e riproporre le dinamiche dei gruppi, di solito precostituiti, ma anche dell’organizzazione nel suo complesso, attraverso l’introduzione di nuove modalità di comunicazione. Le reti telematiche, interne ed esterne all’organizzazione, diventano dunque l’infrastruttura comunicativa per la costruzione di comunità di soggetti, che non hanno più il vincolo della vicinanza fisica, né quello dei confini nazionali. In questo modo la rete consente il massimo grado di potenza territoriale dell’intervento delle organizzazioni, proprio perché “transcontestualizza” la relazione tra i membri di un network. Diventa così possibile il massimo della interconnessione globale combinata alla possibilità di mantenere l’immensa ricchezza prodotta dalla specificità di ogni partecipante. E se all’interno dell’organizzazione ciò significa che un’impresa può aumentare il grado di integrazione tra le diverse funzioni, sedi, nodi del sistema, all’esterno ciò può rendere possibile una vera rivoluzione nel modo di condurre qualsiasi tipo di business su base progettuale. 147 Internet: è una rete pubblica che mette in contatto ogni singolo nodo con tutti gli altri e consente il dialogo e lo scambio delle informazioni tra gli utenti. Intranet: è una rete privata che utilizza gli standard comunicativi tipici di internet. Garantisce un maggior livello di sicurezza e riservatezza nella trasmissione delle informazioni e crea un collegamento diretto all’interno dell’organizzazione. Extranet: è una rete in grado di mettere in contatto un’organizzazione con enti, istituzioni, altre organizzazioni, consentendo e agevolando attività di ricerca, recupero, aggiornamento, archiviazione di dati e informazioni. 111 Grazie alle ICT dunque le persone e le organizzazioni possono lavorare assieme secondo la nuova filosofia del lavoro collaborativo che trasforma le relazioni tra i referenti del lavoro (dipendenti, collaboratori, fornitori, clienti, competitors, etc.) in vere e proprie reti più o meno stabili. I team di lavoro, che siano interni o esterni, possono operare assieme, indipendentemente dal luogo dove risiedono i diversi componenti. Riassumendo, Internet e la nascita di specifici strumenti a supporto del lavoro e della comunicazione in rete hanno radicalmente cambiato il modo di lavorare e di organizzare le aziende, intervenendo in particolare su: - i processi decisionali dell’organizzazione, ossia sulle modalità di produzione e consumo delle informazioni; - la realizzazione di strategie di mercato, ossia le politiche di fidelizzazione e gestione di relazioni personalizzate con la clientela; - l’innovazione dei processi produttivi, ossia le modalità di organizzazione delle attività, la polifunzionalità delle competenze, l’organizzazione in gruppi di lavoro. Naturalmente a simili cambiamenti sono connessi una serie di benefici non trascurabili ai fini dell’efficacia e dell’efficienza dei processi aziendali come la possibilità di sfruttare in modo più ampio e completo il know how presente internamente, estendendone il raggio di azione; il coinvolgimento diretto di tutti i settori e i nodi aziendali, con un’importante condivisione di culture e patrimoni diversi; la possibilità di coniugare l’autonomia operativa finalizzata all’ottimizzazione di esigenze periferiche e di settore con l’integrazione di risorse; e la convergenza di culture e contributi eterogenei. 112 3.3 Produrre conoscenza, non oggetti Ikujiro Nonaka, dell’Università di Hitotsubashi, e Hirotaka Takeuchi, Direttore dell’Istituto di Ricerca di Stanford a Kyoto, hanno analizzato il successo delle aziende giapponesi – in particolare la capacità di innovare i prodotti – sostenendo che la loro competitività nel mercato internazionale è una diretta conseguenza della capacità di creare conoscenza organizzativa148. Le dinamiche che portano alla creazione del sapere all’interno di una organizzazione sono state rappresentate dai due studiosi attraverso la metafora della spirale, che mostra in maniera chiara ed efficace come può avvenire la circolazione, lo scambio e l’evoluzione dei diversi flussi di conoscenza. In particolare, l’analisi di Nonaka e Takeuchi si sviluppa lungo due dimensioni principali: - la dimensione epistemologica, in cui sono analizzate le relazioni fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita; - la dimensione ontologica, in cui l’indagine verte sui soggetti che creano conoscenza nel contesto organizzativo. Nella dimensione epistemologica, i due autori indagano sulle forme di sapere presenti all’interno dell’organizzazione analizzandole a partire dalla distinzione fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita postulata da Michael Polanyi149. L’autore sostiene che gli individui acquisiscono conoscenza non solo utilizzando il linguaggio, ma anche attraverso l’esperienza. La riflessione di Polanyi sottolinea l’importanza della conoscenza individuale, ovvero la rilevanza del sapere che ognuno acquista attraverso l’esperienza. Il know how del singolo non è trasmissibile verbalmente perché è correlato strettamente alle tecniche di lavoro basate sull’esperienza diretta. Al contrario, la conoscenza esplicita, ovvero il sapere razionale e formalizzato condiviso dalla collettività, può essere codificata e trasmessa facilmente per mezzo del linguaggio. Attraverso la dimensione ontologica, Nonaka e Takeuchi affrontano invece un altro aspetto fondamentale per la trasmissione 148 Nonaka I., Takeuchi H., The knowledge-creating company. Creare le dinamiche dell’innovazione, Guerini e associati, 1997. 149 Polanyi M., La conoscenza inespressa, Armando Editore, Roma, 1979. 113 del sapere all’interno dell’organizzazione, basato sui soggetti coinvolti nei vari processi di creazione di conoscenza. Le dinamiche di trasferimento del sapere iniziano dall’individuo, che mette a disposizione dell’organizzazione il proprio sapere e la propria esperienza. Le relazioni che si instaurano fra i membri della stessa azienda portano al livello successivo: il gruppo, in cui inizia la fase di condivisione del sapere resa possibile dal confronto e dal dialogo fra gli individui coinvolti. Il terzo livello riguarda l’organizzazione all’interno della quale convergono i flussi di conoscenza che rendono possibile il processo di innovazione continua. Le relazioni che si instaurano fra l’azienda e i propri fornitori, infine, danno vita al livello interorganizzativo, in cui lo scambio costante di conoscenze fra l’organizzazione e il gruppo di stakeholders consente la condivisione delle idee innovative e porta a un processo di sviluppo contemporaneo. La metafora della spirale della conoscenza, dunque, esplicita le modalità di conversione del sapere, sia tacito che esplicito, correlandole ai soggetti individuati nell’analisi della dimensione ontologica. La conoscenza, sostengono i due autori, si crea e rinnova costantemente attraverso quattro fasi principali (figura 3.1). Nella prima fase, definita “socializzazione”, avviene il trasferimento di conoscenze tacite che è reso possibile unicamente dall’osservazione e dalla condivisione di esperienze tra individui diversi. Pertanto il modello d’apprendimento utilizzato per favorire questo tipo di circolazione del sapere è l’on-the-job training, ovvero quella formazione che avviene sul campo, cioè sul posto di lavoro. Nella seconda fase, definita “esteriorizzazione”, si attua il processo di conversione dal tacito all’esplicito, attraverso l’utilizzo di metafore e analogie, figure retoriche che rendono possibile esprimere una conoscenza non codificata. Il soggetto di riferimento è il gruppo, all’interno del quale iniziano a crearsi relazioni basate sulla condivisione del sapere. Nella terza fase, definita “combinazione”, si attua un processo di sistematizzazione delle conoscenze condivise e gli apporti dei singoli individui vanno a incrementare il capitale intellettuale dell’azienda. Nell’ultima fase, definita “interiorizzazione”, l’individuo assorbe il sapere aziendale e lo ricompone all’interno del proprio sistema mentale attraverso un processo di codificazione della conoscenza. 114 Figura 3.1 – La spirale della conoscenza Conoscenza tacita Conoscenza esplicita Conoscenza tacita Conoscenza esplicita SOCIALIZZAZIONE ESTERIORIZZAZIONE Condivisione tramite esperienza Esplicitazione tramite metafore, analogie, modelli Individuo Gruppo INTERIORIZZAZIONE COMBINAZIONE Apprendimento tramite azione Sistematizzazione tramite categorizzazione conoscenze Organizzazione Individuo Organizzazione Fonte: Nonaka I., Takeuchi H., op.cit., pp. 114-117 (nostro adattamento). La conversione del sapere si delinea, dunque, come un processo complesso che richiede un intervento attivo da parte dell’organizzazione, che è chiamata a creare le condizioni che rendono possibile la circolazione delle conoscenze e la loro trasformazione da tacite a esplicite e viceversa. Le interazioni continue tra conoscenza tacita ed esplicita che caratterizzano la spirale della conoscenza e le modalità di creazione del sapere rendono necessario un mutamento all’interno della struttura manageriale. Il modello top-down, classico esempio di gestione gerarchica, non permette il libero scambio di conoscenza poiché attua una rigida divisione fra il management che programma e prende le decisioni e il resto dell’organizzazione che si limita ad attuare le disposizioni. In questo contesto, la conoscenza trasmessa è unicamente esplicita e non è possibile innescare il processo di conversione del sapere tacito, detenuto dalla line operativa. Il modello bottom-up, d’altra parte, si basa sul principio 115 dell’autonomia e quindi non prevede processi di interazione che coinvolgono l’intera struttura organizzativa. In questo caso, la mancanza di relazioni costanti con il vertice e la formazione di gruppi di lavoro indipendenti non permette di esplicitare il know how detenuto dai singoli individui. Per superare queste problematiche all’interno della struttura gestionale Nonaka e Takeuchi propongono il modello middle-up-down, in cui evidenziano l’importanza dei quadri intermedi. Il vertice gerarchico e la base operativa possono interagire attraverso il management intermedio che diviene un elemento di trasmissione della conoscenza sia tacita che esplicita. Al nuovo modello manageriale deve corrispondere, quindi, un mutamento della struttura organizzativa in quanto sia la burocrazia che la task force non permettono uno scambio costante di conoscenza. La burocrazia, infatti, è una struttura nata per il controllo e la gestione dei processi aziendali in periodi di stabilità e non permette reazioni immediate al cambiamento e creazione di nuova conoscenza in quanto l’obiettivo principale è il mantenimento dello status quo. La task force, invece, è una struttura creata per rispondere a un evento improvviso, che risolta la crisi, si scioglie rendendo inattuabile il trasferimento della conoscenza. Il modello proposto da Nonaka e Takeuchi è l’organizzazione ipertestuale che è composta da tre strati fra loro interconnessi : - il sistema di business a cui corrisponde la gestione burocratica, una struttura in grado di mantenere lo status quo; - il gruppo di progetto che porta alla creazione di nuova conoscenza attraverso l’esperienza diretta di risoluzione; - il patrimonio di conoscenza che viene codificato e catalogato dall’organizzazione. Il modello ipertestuale si muove, dunque, da un lato verso l’efficienza centrale per mezzo del sistema burocratico e dall’altro verso la flessibilità locale, ovvero la possibilità di un intervento mirato. 116 3.4 Le caratteristiche del lavoro cooperativo in rete Gli strumenti tecnologici che hanno reso possibile la nascita dell’organizzazione ipertestuale sono diversi: essi vanno dalle applicazioni per l’amministrazione di database condivisi, a strumenti per la gestione delle priorità nei processi collaborativi, dagli strumenti di comunicazione sincrona e asincrona, fino ad agenti software intelligenti in grado di supportare dinamiche collaborative. Questo insieme tecnologico viene generalmente definito groupware. Anche se in modo in parte improprio questa espressione raggruppa un elevato numero di strumenti complessi, caratterizzati dalla capacità di favorire la cooperazione attraverso l’interazione disciplinata e l’uso innovativo delle tecnologie di rete. Esempi ne sono la posta elettronica, il newsgroup, la videoconferenza, la chat o la telefonia IP. Tradizionalmente questi strumenti sono categorizzati in base a due variabili di riferimento: la variabile temporale (comunicazione sincrona o asincrona) e la variabile spaziale (la cooperazione avviene entro uno spazio condiviso o in remoto). Si modifica quindi il raggio di azione entro cui questi strumenti sviluppano i loro effetti: le forme di comunicazione che il groupware supporta non sono soltanto interne ai confini proprietari delle organizzazioni, ma coincidono con la mappa più allargata dei rapporti che l’organizzazione istituisce con l’ambiente esterno. In questo modo, rispetto ai sistemi informativi aziendali, gli strumenti groupware spostano l’accento dal problema dell’efficienza dei processi decisionali al tema più generale dell’efficacia delle dinamiche di cooperazione. Gli strumenti di lavoro cooperativo supportato da computer infatti puntano a stimolare lo scambio di conoscenze e il ragionamento condiviso: una decisione presa di comune accordo, così come la condivisione di schemi interpretativi comuni, non è necessariamente il frutto di un processo più produttivo ma può essere il presupposto per decisioni più appropriate o per una maggiore motivazione del collettivo. Allo stesso modo un processo di sviluppo di nuovi prodotti riorganizzato attraverso soluzioni per la gestione del workflow non solo è più rapido, ma acquisisce caratteristiche di trasparenza organizzativa, robustezza e replicabilità fino a poco tempo fa inimmaginabili. 117 Quando si parla di lavoro cooperativo in rete risulta chiaro che si fa riferimento a una serie di attività legate alla gestione della conoscenza, che proprio per la sua natura immateriale permette di essere gestita, trasferita, trattata superando i tradizionali vincoli spazio temporali tipici dei processi produttivi finalizzati alla realizzazione di prodotti materiali. Pertanto le principali funzionalità su cui si fonda un sistema di lavoro cooperativo sono essenzialmente rivolte alla gestione di conoscenze, dati e informazioni. In particolare si tratta delle seguenti funzionalità: Collaborazione e condivisione di conoscenze: le capacità integrate di collaborazione permettono agli utenti di innovare insieme dall’interno di strumenti di produttività conosciuti. Sono importanti pertanto funzioni come il calendario e le attività condivise, le discussioni in linea, la possibilità di creare facilmente applicazioni e le homepage di cartella, che aiutano i gruppi a collaborare. Così come un software di videoconferenza o strumenti tipo white board, video, chat, e condivisione delle applicazioni, permettono agli utenti non soltanto di comunicare ma anche di collaborare intervenendo sul patrimonio di conoscenze del team. Gestione dei contenuti: grazie alle tecnologie di gestione dei contenuti gli individui possono catturare, codificare e organizzare esperienze ed idee in repository centrali che permettono di accedere in modo trasparente e intuitivo al know how dell’intera organizzazione. Si tratta in particolare di rendere possibili funzioni di categorizzazione, pubblicazione e gestione di documenti e contenuti, adoperando opportunamente i sistemi di Knowledge Management e Data Mining. Costruzione di banche-dati: le capacità di identificare e di analizzare facilmente grandi quantità di dati (come informazioni statistiche, dati quantitativi, etc.), permettono ai knowledge workers ad ogni livello dell’organizzazione di comprendere meglio il proprio operato, di avere un quadro trasparente dell’intera organizzazione. Organizzazione di team work e comunità: la possibilità di creare gruppi e comunità che uniscono organizzazioni disperse utilizzando portali realizzati sulla base di tecnologie di ricerca e consegna personalizzate e cross-enterprise è anch’esso un servizio strategico connaturato ai sistemi di groupware. 118 Tracking e Workflow: i servizi di tracking, infine, permettono di identificare le best practices misurandone i successi, mentre grazie agli strumenti di workflow è possibile creare applicazioni di processo che garantiscono l’osservanza e la misurazione delle pratiche stesse. 3.5 Il sistema di lavoro cooperativo per i progetti con gli italiani residenti all’estero Da un punto di vista operativo, affinché un sistema di groupware tipo funzioni in modo efficace ed efficiente, ovvero le sue potenzialità vengano sfruttate al meglio, gli utenti devono condividere e far propri tre concetti chiave fondamentali, alla base di un qualunque processo di lavoro cooperativo in rete. Si tratta in particolare di: 1. una nuova concezione della distanza; 2. nuove modalità di comunicazione e interazione; 3. una nuova visione della scrivania di lavoro. 1) L’impiego di un sistema di lavoro cooperativo in rete è in grado di reinventare completamente il concetto di distanza sia da una punto di vista temporale che spaziale. Se fino a qualche anno addietro le variabili spazio/tempo rappresentavano due dei principali vincoli ad una comunicazione intragruppo pervasiva ed estesa, perché ad esempio nel caso di una riunione di lavoro era comunque necessaria la compresenza di luogo e di tempo di tutti i partecipanti, attualmente grazie al progresso ottenuto dalle moderne tecnologie informatiche e telematiche, si ribaltano profondamente i principi cardine dei processi di interazione tradizionali, e i vincoli di un tempo si trasformano in vere e proprie opportunità: diviene possibile per persone di uno stesso gruppo di progetto, ufficio, organizzazione, comunicare e lavorare assieme in ogni momento e in ogni luogo esse si trovino. Infatti, uno spazio di lavoro virtuale per le sue caratteristiche strutturali, in primis quella di risiedere sulla rete, risulta accessibile da una qualunque workstation dotata di un collegamento internet, riuscendo a ospitare due o più persone fisicamente ma anche temporalmente distanti. 119 2) Certamente lavorare su un sistema di lavoro cooperativo in rete in cui vengono meno i vincoli spazio/temporali delle comunicazioni e delle relazioni interpersonali vis a vis, modifica radicalmente le modalità di interazione e coordinamento tra i soggetti, in quanto le dinamiche interattive tendono sempre meno a essere determinate dalla compresenza delle persone e sempre più dalla condivisione di obiettivi lavorativi e di strumenti di lavoro comuni (lo spazio virtuale). È evidente che tali modalità dovranno essere ben conosciute e acquisite dai soggetti coinvolti, se si intende dare vita a un ambiente di lavoro virtuale dinamico e funzionale alle esigenze professionali. L’efficacia e l’efficienza dei processi interpersonali dunque si baseranno sempre meno sulle sensazioni legate a momenti di vicinanza e di confronto faccia a faccia e sempre più sulla capacità di utilizzare in modo appropriato i nuovi canali di comunicazione nonché un lessico confacente all’uso delle tecnologie stesse. Un altro aspetto che caratterizza in modo inedito le relazioni tipiche di un ambiente di lavoro virtuale, riguarda l’impatto che l’uso degli strumenti disponibili sui sistemi di groupware può determinare a livello di riduzione dei tempi di lavoro. L’uso di sistemi telematici sul lavoro infatti è in grado di semplificare, velocizzare e snellire i tempi delle attività fra colleghi. Basti pensare alla riduzione temporale che si ottiene gestendo un documento elettronico trasmesso via email anziché cartaceo trasferito “di mano in mano” fisicamente. Queste funzionalità, con i software più recenti, diventano standard di lavoro: Eudora, un noto client di posta elettronica, mette a disposizione ormai da anni una funzione – detta ESP – per la creazione di gruppi di lavoro in rete che condividono cartelle sui computer degli altri membri del team, così che i documenti non richiedono neanche più di venire trasmessi, ma vengono modificati e letti dal Pc di origine. Microsoft Office, dal canto suo, è completamente pensato per supportare, oltre che l’attività del singolo utente, anche quella del gruppo di lavoro di cui esso fa parte. Infine, non possono essere tralasciate le implicazioni sui processi di interazione e collaborazione determinate dagli strumenti di comunicazione audio e video. L’utilizzo di strumenti come l’audio e la videoconferenza vengono infatti a modificare radicalmente, in modo in parte positivo e in parte negativo, le caratteristiche tipiche di una relazione interpersonale. In particolare, le attività comunicative 120 virtuali, ad esempio le riunioni a distanza, incidono sui seguenti aspetti: - Coesione fra persone. La videoconferenza limita la coesione sociale tra le persone: colleghi che interagiscono faccia a faccia sviluppano una coesione maggiore di quanto non avvenga fra quanti interagiscono esclusivamente via videoconferenza. - Emozioni. I meeting via audio o videoconferenza rendono meno visibile la componente emotiva e in genere la possibilità di gestione dei conflitti è inferiore, per cui più facilmente che nelle riunioni in presenza tendono a rimanere irrisolti. - Partecipazione. I meeting via video e audio generano una partecipazione più ordinata, ampia e distribuita e limitano i comportamenti di deferenza verso la gerarchia. Di contro, rendono difficile l’emergere di una leadership dominante. - Cooperazione e conflitti. La comunicazione mediata dal computer favorisce la cooperazione e limita i comportamenti conflittuali. - Soddisfazione dei partecipanti. In generale i meeting video e audio sono meno apprezzati psicologicamente dai partecipanti rispetto alle riunioni tradizionali. - Efficienza della riunione. Le riunioni in videoconferenza sono egualmente o addirittura più efficienti di quelle faccia a faccia. - Qualità delle decisioni. In questo caso bisogna fare un distinzione tra ciò che viene percepito a livello personale dai partecipanti e il risultato oggettivo raggiunto nel meeting virtuale. Le ricerche condotte in questo ambito mostrano che nella pratica le decisioni prese durante le riunioni a distanza non presentano una qualità inferiore rispetto a quelle raggiunte negli incontri tradizionali, tuttavia la percezione prevalente dei soggetti coinvolti è quella di una minore qualità del risultato. Tale divergenza tra il risultato oggettivo e la percezione dei singoli risiede soprattutto nella difficoltà, durante le riunioni mediate, di “divagare” con considerazioni personali. 3) Si modifica, infine, anche l’immagine della scrivania di lavoro. Sempre meno essa è rappresentata da un piano di diversa fattura e materiale, in cui trovano spazio molti documenti cartacei, un telefono e magari anche un fax, penne, accessori di cancelleria e qualche oggetto personale, e sempre più viene a coincidere con il desktop di un monitor di un qualunque Pc collegato in rete, dal quale è possibile 121 accedere a un ambiente di lavoro virtuale, dove è possibile lavorare individualmente ma anche in modo condiviso interagendo con colleghi, collaboratori, referenti vari. La scrivania virtuale ha un’immagine del tutto simile a un qualunque ambiente web, navigabile in modo facile e intuitivo. In essa trovano spazio una serie di funzionalità e servizi dedicati a varie attività: dalla redazione di documenti alle riunioni in videoconferenza, dall’invio/ricezione di messaggi di posta elettronica alla navigazione di siti web, magari in modo condiviso con un collega. 3.6 Osservazioni conclusive La possibilità di leggere in un’ottica di rete la diaspora italiana all’estero, in definitiva, dipende in larga misura dalle tecnologie, e in particolare dal sistema di lavoro cooperativo che supporta le stesse iniziative progettuali. Qualsiasi attività dovrà basarsi su due categorie principali di servizi e funzionalità: i servizi di comunicazione e quelli per la condivisione di risorse. Mentre i servizi di comunicazione sono funzionali allo scambio di informazioni, ai dibattiti, ai confronti di opinione ed esperienze tra i partecipanti; i servizi di condivisione di risorse permettono invece ai partecipanti di memorizzare, gestire e condividere documenti; avere informazioni su tutte le attività degli altri utenti all’interno dello spazio condiviso sia in modalità sincrona sia asincrona150. Va sottolineato che, poiché tale sistema generalmente funziona sul Web, i materiali dovranno essere disponibili e gestibili da tutti i partecipanti al di là dei software applicativi che possiedono presso la propria sede di lavoro; dovrà essere sufficiente un qualunque browser per collegarsi al sistema, navigabile come una qualunque pagina web. 150 Sincrona: tutti gli utenti possono accedere contemporaneamente allo stesso documento apportando modifiche che vengono immediatamente visualizzate sul computer di ciascuno. Asincrona: più utenti possono lavorare su un documento ma in tempi diversi. Ciascuno deve perciò scaricare il materiale dal server di rete che contiene le informazioni da condividere, apportare le modifiche e trasferirlo nuovamente sul server nell'area di lavoro comune. 122 Mentre sono indubbi, dal punto di vista dell’organizzazione e dei responsabili di progetto, i vantaggi di utilizzare le tecnologie di rete per supportare i network di persone, va detto che, come dimostrato in più di uno studio e in più casi sperimentali151, i network e le community “virtuali” debbono affrontare, nel corso della loro vita, due tipi di ostacoli principali: a) una difficoltà iniziale, ovvero di start up, consistente nel convincere i membri del network della convenienza di aderire ad esso, e fare un investimento per apprendere le caratteristiche d’uso delle opportune piattaforme tecnologiche impiegate; b) una difficoltà in progress, consistente nel mantenere alto il livello di interazioni che avvengono nel sistema di lavoro cooperativo. Alla prima difficoltà bisogna rispondere in maniera articolata, sia con un processo di promozione del sistema, del quale vanno evidenziati i vantaggi e le opportunità che offre, sia con un processo di formazione all’utilizzo dell’infrastruttura, che si configuri come un equilibrato mix di acquisizione di skills e di training on the job, su specifici casi e progetti reali. Più complesso, invece, il modo di superare la “naturale” decadenza delle comunità virtuali, documentata nella letteratura scientifica152. Le comunità virtuali, infatti, hanno fasi di “picco” in cui i partecipanti generano un elevato numero di messaggi e di interazioni progettuali, cui seguono spesso fasi di “valle” in cui le interazioni si riducono al minimo. Tale decadimento deriva, essenzialmente, dal venir meno dell’interesse dei singoli, che pertanto assumono, all’interno della community, un atteggiamento di “osservatori”, riducendo la partecipazione alla vita e alle attività del network. Nelle comunità professionali, basate sulla conduzione di progetti, ciò è spesso indice di una impasse del progetto stesso, che può risultare troppo difficile da portare a compimento senza apporti esterni, ovvero dall’atteggiamento da free raider assunto da un elevato numero di 151 Turkle S., “Virtuality and its Discontents: Searching for Community in Cyberspace”, in American Prospect, Winter 1996.v.24 Winter: 50 - 57; Herring S. (ed.), Computer-Mediated Communication: Linguistic, Social, and Cross-Cultural Perspectives, John Benjamins Publishing Co, Amsterdam, 1996; Rheingold H., The Virtual Community: Surfing the Internet, Minerva Publishing, London, 1994. 152 Fernback J., Thompson B., Virtual Communities: Abort, Retry, Failure?, in http://www.well.com/user/hlr/texts/VCcivil.html. 123 partecipanti, i quali, pur aderendo al gruppo, mantengono basso il loro livello di partecipazione nella convinzione che il loro apporto sia tutto sommato poco rilevante153. Valide contromisure al decadimento delle comunità virtuali sono: a) l’animazione continua della comunità, inizialmente realizzata tramite soggetti individuati ad hoc, ma che nel tempo lasci il posto ai “leader naturali” che emergono dalla comunità stessa; b) la suddivisione, nel tempo, della comunità iniziale in più subcomunità (ad esempio legate a specifici progetti); c) l’afflusso costante di nuove competenze (comunità aperta); d) la stimolazione di convention reali, in cui i membri delle comunità possano incontrarsi periodicamente faccia a faccia e rinforzando dal vivo i loro legami virtuali. In sintesi, sebbene i sistemi di lavoro cooperativo siano fondamentalmente strutture “da pari a pari”, risulta cruciale, nella fase iniziale, sviluppare una chiara visione della architettura generale del sistema che si intende costruire. L’architettura, infatti, costruisce una road map lungo cui misurare i risultati ottenuti, ma anche un valido sistema per il management della variabilità, che in questo contesto va intesa come la capacità della rete di riconfigurarsi in maniera dinamica sulla base delle esigenze del progetto. 153 Olson M., The Logic of Collective Action, Harvard University Press, Cambridge MA, 1965. 124 Capitolo quarto - Gli italiani famosi all’estero 4.1 Premessa Nella presente sezione sono raccolti alcuni profili biografici approntati nell’ambito delle attività di ricerca del PPTIE - Programma di Partenariato Territoriale con gli Italiani all’Estero che prendono spunto dalle schede pubblicate nell’archivio documentale presente nel sito del Progetto con il titolo di “Italiani all’estero famosi”154. Tali schede sono state dedicate a italiani all’estero originari delle Regioni Ob.1 – Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia – che si sono particolarmente contraddistinti non solo nel settore culturale, sociale ed imprenditoriale ma anche in quello della ricerca e dell’università. Dei 60 profili biografici disegnati nel corso del Progetto, per evidenti motivi di spazio, soltanto 15 sono stati inclusi nella pubblicazione, e si differenziano, per altro, dai primi per essere arricchiti con notizie che meglio delineano la personalità del personaggio ritratto. Per comprendere le ragioni che hanno portato a privilegiare la scelta di alcune figure e a escluderne altre, così come per facilitare la lettura dei dati contenuti nell’archivio, è necessario porre alcune precisazioni preliminari di carattere metodologico. Occorre, cioè, chiarire quali sono stati gli strumenti e quali gli obiettivi della ricerca. L’indagine è stata condotta principalmente esplorando i dati disponibili nel Web con un obiettivo dominante, quello di mettere in risalto quanti, emigrati o figli, nipoti di emigrati, o momentaneamente residenti all’estero, hanno contribuito a restituire un’immagine positiva dell’italianità nel mondo. La maggior parte delle informazioni è stata rintracciata nei siti web di Amministrazioni regionali italiane, Associazioni regionali di italiani residenti all’estero, Fondazioni internazionali, Università, Istituti di 154 http://www.pptie.org/site/it-IT/. 125 ricerca, stampa on-line e siti internet personali. In alcuni casi ci si è avvalsi di documentazione disponibile nelle librerie, in altri di notizie e materiale fotografico forniti dalle persone prese in esame e contattate mediante posta elettronica. La scelta dei soggetti, operazione tutt’altro che semplice data la mole di nomi a disposizione, è stata, invece, il frutto di una valutazione che ha dovuto tener conto sia della popolarità e del prestigio di un personaggio sia della sua provenienza geografica in quanto ognuno di loro, come già detto, doveva essere originario di una delle Regioni Ob.1. A questi criteri di selezione seguono altri, non meno importanti ed altrettanto vincolanti, che derivano, piuttosto, dalla necessità di normalizzare i dati contenuti nei profili biografici. Per ciascuna scheda, infatti, sono state fissate specifiche ben precise cui attenersi nel limite del possibile. Ad esempio, in ogni biografia si doveva descrivere con il massimo della precisione il settore in cui i personaggi si sono contraddistinti e cosa hanno fatto; preferibilmente, la storia della loro vita doveva includere la data, il luogo di nascita, le origini e l’eventuale anno di emigrazione; allo stesso tempo, era chiesto di fornire una evoluzione della carriera citandone l’eventuale produzione bibliografica. La scheda doveva, infine, essere completata con il materiale disponibile sull’individuo: fotografie e/o filmati digitali, brani di discorsi tenuti, articoli scritti da lui o su di lui, etc. Nel presente lavoro non è stato incluso, per ragioni di spazio, né il corredo bibliografico riferito ai docenti e ai letterati né la rassegna stampa e tutti gli altri dati in formato digitale riguardanti gli imprenditori e i politici che compaiono, invece, nell’archivio documentale del progetto155. 155 http://www.pptie.org/site/it-IT/. 126 4.2 Robert Viscusi Italiani ed emigrazione Tra gli esponenti più significativi della cultura italiana all’estero, un posto di rilievo spetta a Robert Viscusi, docente di Letteratura Inglese e Americana al Brooklyn College della City University di New York, nonché fondatore e presidente della IAWA, l’Italian American Writers Association. Nel tentativo di ricostruire la propria identità di italiano attraverso la conoscenza delle proprie radici, nel recente romanzo Astoria, Viscusi tratta il tema dell’emigrazione in maniera diversa rispetto ai clichè letterari delle storie di mafia o di cucina. Egli cerca, infatti, di dare una lettura del fenomeno in chiave filosofico-intellettuale arrivando persino a suggerire un parallelo tra le glorie napoleoniche e, soprattutto, il periodo del Terrore, e l’emigrazione italiana: «Dopo il periodo del Terrore venne la Rivoluzione francese, e questa fase della storia segnò un netto cambiamento anche nelle abitudini quotidiane: cambiarono i nomi dei mesi, dei giorni, e cambiò, in generale, il modo di guardare la storia e il proprio passato. Lo stesso ha fatto l’emigrazione: ha segnato un cambiamento quasi epocale per il Sud Italia, che vedeva tante sue famiglie andare via per cercare fortuna altrove. E, chi partiva, una volta arrivato a destinazione, si trovava di fronte una vita totalmente diversa, una cultura assolutamente diversa – pensiamo anche alla realtà protestante, lontana dal mondo cattolico europeo – ma soprattutto una lingua incomprensibile. Emigrazione e Terrore, ognuno a suo modo, sono stati cambiamenti epocali rispettivamente per l’Italia e la Francia».156 Il Prof. Robert Viscusi, insegna Letteratura inglese e americana al Brooklyn College della City University di New York. 156 “Astoria: quando la ricerca delle proprie origini diventa romanzo”, in Notiziario NIP , News ITALIA PRESS agenzia stampa, n. 168, Anno X, 29 agosto 2003. 127 La madre, originaria dell’Abruzzo, era emigrata negli U.S.A. quando era ancora molto piccola, dopo la prima guerra mondiale, insieme ai suoi genitori. Il padre, invece, è nato negli Stati Uniti da una famiglia di origini campane, della provincia di Benevento. Viscusi è anche direttore del Wolfe Institute for the Humanities della City University (Istituto Wolfe per gli studi umanistici). Nel 1991 ha fondato l’Associazione degli Scrittori Italo-Americani (IAWA), con sede a New York, che annovera circa mille iscritti ed è sempre attiva in campo culturale con una fitta serie di manifestazioni. Inoltre, è membro del National Endowment for the Humanities (Fondo nazionale per gli studi umanistici) e del John D. Calandra Italian American Institute (Istituto Italo-Americano John D. Calandra). Oltre alla produzione letteraria legata all’attività accademica, ha pubblicato opere di narrativa e poesia occupandosi della produzione di autori italo-americani e dei rapporti di carattere letterario tra il mondo italiano e quello anglo-americano. Con il romanzo Astoria ha vinto nel 1996 il prestigioso American Book Award. Il volume è stato tradotto in Italia e pubblicato dalla Avagliano nel 2003. Viscusi è anche autore di The Three Rules of IAWA, e di un poema teatrale intitolato An Oration upon the Most Recent Death of Christopher Columbus. Ha pubblicato inoltre numerosi saggi ed articoli sulla cultura e la letteratura italiana tra cui spicca «Breaking the Silence: Strategic Imperatives for Italian American Culture», apparso nel primo numero della rivista VIA: Voices in Italian Americana e che è diventato il manifesto dell’Associazione degli Scrittori Italo-Americani IAWA. 128 4.3 Regina Barreca Umorismo ed ironia della nuova femminista Regina Barreca è un’affermata scrittrice italo-americana, autrice prolifica di romanzi umoristici e, allo stesso tempo, saggista, giornalista di costume e docente universitaria. Acclamata dalla critica come narratrice “colta e comica”, ha conosciuto il primo successo con un romanzo dal titolo Mi chiamavano Biancaneve: il senso strategico dell’humour nelle donne che propone in stile comico le nuove teorie femministe157: «Bisogna smetterla con queste vecchie idee meschine della femminista come una dalla faccia dura e acida. Le femministe non sono una tribù solitaria di donne che vivono in un loro recinto isolate dal resto del mondo. Le femministe leggono i libri di cucina ed accumulano i buoni sconto dai supplementi dei giornali. Le femministe amano ballare, flirtare ed indossare scarpe coi tacchi a spillo, molto spesso facendo tutte e tre le cose allo stesso tempo».158 Una delle ultime fatiche dell’autrice, Don’t Tell Mama, è un omaggio alla letteratura italo-americana che testimonia la qualità e l’estensione del contributo italo-americano al mondo letterario. Raccolta di scritti che va dal romanzo alla poesia, ma anche ai saggi e agli articoli di giornali, dal 1800 ad oggi, l’opera si fa espressione dell’unità e, allo stesso tempo, della ricchezza dell’esperienza italiana in America raccontata con una sapiente dose di umorismo: 157 Titolo in inglese They Used to Call Me Snow White...But I Drifted - Women's Strategic Use of Humor. 158 Barreca R., They used to Call Me Snow White, Penguin Books Inc., New York, 1991, p.1. Letteralmente: «These old narrow ideas of the feminist as a dour, sourfaced woman have got to go. Feminists are not a lonely tribe of women fenced off from the rest of society. Feminists read cookbooks and clip coupons from Sunday supplements. Feminists like to dance, flirt, and wear high heels, often doing all three at the same time». 129 «Gli italoamericani durante la cena della domenica sera riescono a divertirsi più di quanto altri gruppi etnici in due o tre anni messi insieme».159 La scrittrice è nata a New York nel 1957 da padre siciliano originario della provincia di Palermo. Si è laureata presso il Dartmouth College nel 1979, quindi ha conseguito la prima specializzazione presso l’Università di Cambridge nel 1981, in Inghilterra, poi alla City University di New York nel 1987. Attualmente insegna Letteratura Inglese e Teoria del Femminismo all’Università del Connecticut presso Storrs. Come autrice di romanzi umoristici ha pubblicato diversi best-seller tra cui, They Used to Call Me Snow White, But I Drifted: Women's Strategic Sense of Humor, che tradotto sarebbe, Mi chiamavano Biancaneve ma ho cambiato: il senso strategico dell’’humour nelle donne (1991); Sweet Revenge: The Wicked Delight of Getting Even, in italiano, Dolce vendetta: il perfido piacere di saldare i conti (1995); Perfect Husbands - and Other Fairy Tales, ovvero, Mariti perfetti e altre frottole (1993), e il recente Babes in Boyland: A Personal History of Co-education in the Ivy League, in italiano, Bambini nella maschiolandia: storia personale della co-istruzione nelle migliori università americane (2005). Ha inoltre curato il celeberrimo Don’t Tell Mama, ovvero, Non dirlo a mamma (2002), che è una sapiente raccolta di saggi ed articoli, dal 1880 ad oggi, che celebra ed esplora i legami complessi tra etnicità e cultura. Le sue opere sono state tradotte in Cinese, Tedesco, Spagnolo, Italiano, Ceco e Coreano. Ha curato inoltre sette testi accademici. Considerata un’esperta di femminismo dalla rivista “MS.”, la scrittrice è sovente citata in prestigiose riviste quali “TIME”, 159 Letteralmente: «Let’s start with a cliché: Italian Americans have more fun during a Sunday dinner than many other ethnic groups have in two or three years. Protest all you want that I’m invoking a stereotyope, but please understand that you argument in no way undermines may claim. I’ve not only attended these dinners, I’ve cooked them», Barreca R., Don’Tell Mama, Penguin Books Inc., New York, 2002, p.1. 130 “Cosmopolitan” “Glamour”, “Self” e “Good Housekeeping” ed anche in “USA Today”. Nelle vesti di mass-mediologa è stata ospite assidua di trasmissioni televisive di successo quali “20/20” , “Today Show” e “Ofra”. Regina Barreca collabora inoltre con il “Chicago Tribune”, lo “Hartford Courant”, ed ha pubblicato articoli per il “New York Times”, il “Detroit Free Press” ed il “Baltimore Sun”. 4.4 Connie Fierravanti Wells Una lady di origini irpine al Senato australiano Il consistente patrimonio culturale italiano in Australia è il risultato di diverse ondate migratorie che si sono succedute a partire dall’Ottocento, la principale avvenuta nel dopoguerra. In questo periodo, dei diversi gruppi di emigrati, gli italiani sono stati certamente quello più numeroso, e al loro interno un ruolo importante, seppur sommesso e poco appariscente, è stato svolto dalle donne verso la modernizzazione della società australiana.160 A partire dagli anni Settanta, ad una diversa interpretazione della figura tradizionale femminile nell’ambito delle famiglie di origine italiana, si sono intrecciate anche le politiche che hanno incoraggiato il multiculturalismo introdotte a vari livelli, grazie alle quali 160 «Le donne italiane sono state la voce silenziosa nella costruzione e la modernizzazione di questa nazione…sia quelle di prima generazione che, con la loro manodopera, sostenevano il mercato nero dei "sweat shops" (aziende che sfruttano i lavoratori) – come sartorie, aziende di pulizie e ristoranti - quanto le donne di oggi che hanno studiato all’università e hanno fatto carriera. ». Intervento di Teresa Crea alla Commissione Anglofona del CGIE, Adelaide, 2 Novembre 2004, intitolata Società, Integrazione, Evoluzione ed Innovazione Realtà e Prospettive delle Donne: Mediatrici fra Culture e Generazioni. Commissione Anglofona del CGIE, in www.australiadonna.on.net. 131 «la seconda e anche la terza e quarta generazione stanno raccogliendo i frutti non solo della rivoluzione economica e dell’ascesa sociale, ma anche dell’“affermazione culturale”»161. In seguito a questi profondi cambiamenti, le donne italo-australiane di seconda generazione sono andate affermandosi nei diversi campi professionali tra cui il welfare e la politica 162. Tra le figure che si sono imposte in questo ambito spicca il nome di Concetta (Connie) Fierravanti-Wells, prima donna originaria dell’Italia ad essere stata eletta al Senato australiano. Nonostante sia nata e cresciuta in Australia, la senatrice tiene molto alla comunità italiana e al nostro Paese dove viene spesso sia in visita ufficiale sia per trascorrervi periodi di riposo. Figlia di emigranti del paesino irpino di Calistri, in provincia di Avellino, Connie, all’anagrafe Concetta, nasce nel 1960 a Wollongong (Nuovo Galles del Sud). Nelle scuole della città riceve la prima formazione scolastica, quindi si trasferisce a Canberra per iscriversi alla National University dove si laurea dapprima in Scienze Politiche e Lingue Europee (1980), poi in Giurisprudenza (1982). Dopo un anno di pratica presso uno studio legale, nel 1984, diventa procuratore dell’Australian Government Solicitor’s Office di Canberra, quindi si trasferisce a Sydney per occuparsi del settore legale ed amministrativo fino al 1990. Nello stesso anno ritorna a Canberra e, dopo aver diretto l’ufficio legale della Australian Quarantine and Inspection Service per 161 Ibidem. Ibidem: «Le donne furono protagoniste e mediatrici del passaggio dalla grande famiglia tradizionale al nucleo familiare moderno. Esse furono il fronte di abbattimento delle tradizioni.… Si trattava di una lotta combattuta all’interno del focolare domestico e riguardava i valori, il diritto a far carriera e alla libertà personale. C’erano inoltre le contraddizioni/scontri tra due culture diverse, la cultura tradizionale italiana nell’ambito familiare e la cultura anglosassone fuori casa. Spesso questo portò ad un rifiuto della propria cultura d’origine. Ben presto diventò una “lotta” tra le due culture e le donne furono forzate a scegliere.» 162 132 qualche mese, diventa consigliere ministeriale. Nel 1993 debutta nella politica e diventa un’esponente del Partito Liberale. Dopo aver rivestito numerose cariche a vari livelli viene eletta al Senato il 9 ottobre 2004 ed entra in carica in maggio dell’anno seguente. La senatrice è sempre stata attiva all’interno della comunità italoaustraliana: nel 1990 viene eletta delegato per l’Australia del C.G.I.E. mantenendo la carica fino al 1998; è inoltre Presidente del Com.It.Es. di Sydney dal 1998 al 2000. Proprio in riconoscimento al suo impegno, nel 1997 le viene conferito il titolo onorifico di Cavaliere all’Ordine di Merito della Repubblica Italiana. Durante i frequenti incontri istituzionali in Italia, non ha mai trascurato di sottolineare l’importante ruolo che la comunità italiana svolge nel suo Paese: «In Australia l’Italia ha un vero e proprio patrimonio di cultura, interessi commerciali, di umanità di cui forse non è ancora pienamente consapevole».163 4.5 Nancy Pelosi La prima donna a presiedere la Camera dei rappresentanti degli U.S.A. Nancy D’Alessandro Pelosi è la prima donna a guidare dal 2002 un partito rappresentato al Congresso degli U.S.A. e a presiedere la Camera dei Rappresentati U.S.A. dal Novembre 2006. Ciò che la accomuna ad altre due celebrità del panorama politico americano, Ella Grasso e Geraldine Ferraro, sono le sue origini italiane, di cui va molto fiera: «Gli italo-americani hanno dato un contributo alla vita sociale e culturale degli Stati Uniti – ha spiegato – questo obiettivo è stato 163 http://www.adnkronos.com/Speciali/P_Mi/It/30.html. 133 raggiunto senza mai perdere di vista la ricchezza unica della cultura italiana e l’importanza di preservare sempre l’amore per questa ricchezza nelle future generazioni».164 Nancy Patricia è nata a Baltimora, nel Maryland, il 26 marzo 1940, da Nancy Lombardi e da Thomas D’Alessandro Jr, figlio di emigrati campani. Nell’educazione della ragazza la politica occupa un ruolo molto importante, trasformandosi in una vera e propria passione che eredita non solo dal padre, deputato per cinque legislature alla Camera, quindi Sindaco della città di Baltimora per due mandati consecutivi, ma anche dalla madre, casalinga con un passato di giurista, la quale aveva scelto di dirigere le campagne elettorali del marito. La sua formazione scolastica ha inizio nella città di Baltimora e si completa presso la Notre Dame University ed il Trinity College di Washington. Qui incontra il futuro marito, il californiano Paul Pelosi, dal quale avrà 5 figli. Dopo il matrimonio, nel 1963, si trasferiscono prima a New York quindi a San Francisco. In realtà, nonostante l’amore per la politica, la carriera pubblica di Nancy prende l’avvio ufficiale relativamente tardi, dopo che l’ultimo dei suoi figli è diventato maggiorenne, quando si candida nelle liste democratiche della California del Nord. Dal 1987 è la rappresentante al Congresso dell’ottavo distretto californiano, comprendente la città di San Francisco. Da sempre conosciuta per le sue battaglie legate a problematiche sul degrado ambientale e alla salute pubblica, nel 2001 è stata scelta come numero due del Partito Democratico alle spalle di Dick Gephardt. Nancy Pelosi è diventata inoltre una bandiera dei liberal: in prima fila nella difesa delle nozze gay e contro i lobbisti di Washington, risoluta nel chiedere l’inizio del ritiro delle truppe dall’Iraq, senza argini nell’accusare l’amministrazione Bush di aver violato i diritti civili con il “Patriot Act”, e tenace sostenitrice del “Protocollo di 164 La Repubblica, n. 257, 8-11-2006, p. 24. 134 Kyoto”, è capace di rappresentare come pochi ciò che prova la base elettorale democratica165. 4.6 Gaetano Gagliano Dalla linotype al colosso tipografico Gaetano Gagliano è il fondatore e titolare di una delle più grandi società di stampa e di comunicazione del Canada. La sua è la storia dell’imprenditore fatto da sé, il sogno dell’emigrato in America che diviene realtà. Contadino siciliano di Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento, a causa delle difficoltà economiche determinate da continue carestie e prolungate siccità, nel 1954 sceglie di partire alla volta del Canada per tentare una sorte migliore. In gioventù Gaetano ha trascorso alcuni anni della sua vita nel Seminario dei Paolini ad Alba, in Piemonte, dove ha imparato a stampare libri e giornali, perfezionandosi nel settore tipografico. Quando arriva in Canada, è impiegato presso una tipografia dove, comunque, il misero salario che percepisce non basta a mantenere una famiglia già numerosa come la sua: una moglie e cinque figli che, nel corso degli anni, diventeranno dieci. Con molto spirito di intraprendenza ed un pizzico di buona sorte, Gaetano si licenzia dalla ditta deciso a intraprendere in proprio l’attività tipografica. Acquista a rate una macchina stampatrice e comincia a lavorare nel seminterrato della sua abitazione aiutato dalla moglie e da alcuni famigliari166. 165 La Stampa, n. 295, 31-10-2006, p. 2. «Gaetano Gagliano accarezza con affetto la piccola macchina da stampa. “Era sistemata nello scantinato di casa mia”, dice, “e praticamente veniva azionata da tutta la famiglia. I miei figli sono cresciuti a latte, pastasciutta e tipografia. Su questa macchina stampavo biglietti da visita e carta intestata: con una mano infilavo nel rullo il foglio bianco, il rullo stampava, e con l'altra mano tiravo fuori il foglio stampato. Bisognava avere i movimenti sincronizzati, se no la macchina ti tranciava le dita. Mi specializzai nella stampa delle partecipazioni di nozze e soprattutto di quei bigliettini con i nomi degli sposi e la data del matrimonio che si mettono nella 166 135 Il lavoro ferve grazie alla crescente richiesta di connazionali che accorrono sempre più numerosi alla prima e unica tipografia italiana della zona. Col tempo la ditta è costretta a trasferirsi in spazi più ampi e ad assumere operai. Da tipografia a gestione famigliare in pochi anni arriva ad essere un’azienda vera e propria con uno sviluppo tale da farla diventare uno dei colossi tipografici del Canada. Oggi la St. Joseph Printing Corporation è tra le più grandi società di comunicazione del Paese e gestisce quattro piattaforme di affari integrate con oltre 2 mila operai167. Nel primo settore, il St. Joseph Print Group, rientrano la St. Joseph Printing di Toronto, quella di Ottawa e di Thornhill. Il secondo settore riguarda la creatività e lo sviluppo dei contenuti e della grafica di vari prodotti quali, ad esempio, i depliant pubblicitari. Il terzo riguarda la distribuzione dei prodotti realizzata attraverso una settantina di centri di stampa collegati tra loro per via telematica, e sparsi in tutto il Canada. Infine, il settore più recente, acquistato nel 2002, è quello editoriale. Nei cinquant’anni di attività della sua azienda, Gagliano si è fatto promotore di iniziative sociali e culturali volte a finanziare università, ricerche, missioni di carità, che gli hanno procurato numerosi riconoscimenti, tra cui, nel novembre 2005, l’alta onorificenza dell’Ordine del Canada dal Governatore generale, e la Laurea in Legge Honoris Causa dalla Ryerson University di Toronto.168 bomboniera», da “Gaetano Gagliano: come si crea un impero dal nulla”, in Corriere Canadese, 12 Dicembre 2002, p. 2, in www.corriere.com/viewstory.php?storyid=13267 . 167 La St. Joseph Printing Corporation è così composta: St. Joseph Content, St. Joseph Print, St. Joseph Documents and Joseph Media. 168 «Quando il fondatore Gaetano Gagliano avviò la sua attività tipografica nel 1956 nella cantina di famiglia, aveva una famiglia numerosa da sostenere. Ma con i primi fortunati affari Gaetano Gagliano pensò non solo a costruire una vita migliore per la sua famiglia, ma anche per la comunità, devolvendo, sin dall'inizio, fondi per iniziative di carità. Gaetano Gagliano stabilì questi come valori e principi guida della St. Joseph Communications », da Cattolica Eraclea online: Cattolicesi nel Mondo, a cura di Calogero Giuffrida, in www.cattolicaeracleaonline.it/pg192.html. 136 4.7 Gesualdo Mastruzzo L’imprenditore che difende i marchi di qualità calabresi Dal 2002 la Federazione dei Calabresi dell’Ontario (FCO) organizza la manifestazione “Saperi e sapori” che riunisce in momenti conviviali le varie comunità calabresi presenti in Canada con lo scopo di promuovere la cultura calabrese nel mondo e mettere in contatto l’imprenditoria locale con quella calabrese. Le ultime edizioni dell’evento, tra gli altri obiettivi, si sono concentrate sul finanziamento del Centro Calabria, ovvero la realizzazione di uno spazio di aggregazione a disposizione dei calabro-canadesi non solo per farli incontrare ma anche per organizzare convegni, spettacoli, gala, ed incontri conviviali. «La missione della nostra comunità vuole andare oltre il lasciare un’impronta nella storia del Canada. Abbiamo il dovere morale di dare l’esempio ai nostri discendenti di come siamo stati onestamente protagonisti di quest’economia e, al contempo di come abbiamo tenuto ben presente l’origine del nostro paese e della nostra regione».169 A pronunciare queste parole è Gesualdo Mastruzzo, noto imprenditore calabrese di nascita ma residente in Canada oramai da molti anni, sovente impegnato nel sostenere e sponsorizzare iniziative culturali che animano la comunità italo-canadese e, nella fattispecie, vice-presidente della FCO. È nato a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, nel 1950. A vent’anni, come molti coetanei e corregionali, si trasferisce a Milano per tentare la fortuna. Lì incomincia a lavorare come perito elettrotecnico e, al contempo, frequenta la Facoltà di Scienze Politiche. 169 “La grande casa dei calabresi a Toronto”, in Calabria Produttiva, Aprile 2006, p. 51, in http://www.calabriaproduttiva.it, 137 Ma il giovane, dotato di una personalità forte e ambiziosa, non si accontenta di quel posto. Così, quando il suo direttore gli propone di trasferirsi in Canada, accoglie la richiesta di buon grado, certo di poter arricchire e ampliare la propria dimensione professionale. Il nuovo Paese lo affascina soprattutto per le opportunità che offre ad uno spirito intraprendente quale è il suo. Di lì a poco, Mastruzzo imboccherà la strada giusta che lo porterà al successo imprenditoriale. Dall’importazione su scala famigliare di pochi pacchi di caffè destinati agli amici, in breve passa all’attività di importatore ufficiale del caffè Mauro in Canada dove vivono quasi due milioni di nostri connazionali. Diventa così l’importatore di altri prodotti tipici italiani, quali, la Barilla, la Colussi, la Pernigotti, la Tre Marie, e la Fiorucci. Un’altra svolta nella sua carriera professionale avviene quando decide di applicare ai piccoli prodotti regionali un suo marchio, “Paese Mio”. In poco tempo il marchio conquista una fetta rilevante nel mercato canadese e si fa conoscere non solo attraverso gli spot quotidiani sulle televisioni nazionali ma anche grazie ad un occhio attento al mercato e ai gusti italiani. Attualmente Mastruzzo è il presidente di una delle più importanti società canadesi di import-export, la “Numage Trading”170. 170 Filippo Callipo, ex-presidente degli industriali calabresi e noto imprenditore nel settore ittico per la produzione dell’omonimo tonno, di ritorno dall’iniziativa Saperi e Sapori di Calabria, 19-23 Aprile 2006, organizzata dalla FCO, così commenta: «In Canada ho visto intelligenze vivide e spiriti calabresi combattivi, ma anche tanta, tanta voglia di fare impresa e, insieme, di avere rapporti con la Calabria… Un ringraziamento pertanto a tutti i calabresi che in Canada, ad incominciare dal presidente di Numage Trading, l’importante società di import/export, Gesualdo Mastruzzo, si prodigano per difendere i marchi di qualità di cui la Calabria è produttrice, nonché le nostre ricchezze ambientali e paesaggistiche. Senza la loro fattiva intrapresa e assistenza oggi la Calabria soffrirebbe nel mercato globale una solitudine tremenda», da Calabresi nel mondo opportunità sprecata, in http://www.associazioneilcampo.com/ADMIN/meridione/file/52.pdf 138 4.8 Charly Chiarelli Un cantastorie siciliano in Canada Charly Chiarelli, italo-canadese, è un personaggio curioso, che colpisce per le vite professionali parallele che riesce a condurre con successo. Oltre ad essere consulente del Ministero della Sanità per le Malattie Mentali e le Dipendenze, Chiarelli è infatti un acclamato scrittore, musicista, attore e narratore che si esibisce per le Tv, le radio e nei teatri canadesi . Calogero Chiarelli, ribattezzato Charly, è nato a Racalmuto e con la famiglia si è trasferito in Canada nel 1949. È cresciuto vicino ad Hamilton (Ontario), nell’area industriale a Nord-Est della città. Dopo aver frequentato le scuole superiori di Westdale, si è laureato in Psicologia e Linguistica alla McMaster University. Ma è la cultura siciliana a segnare la formazione del ragazzo che, proprio alla sua famiglia, si ispira quando racconta allegramente e con ironia le due storie Cu Fù? e Mangiacake diventate molto popolari in Canada. Cu Fu?, dal dialetto siciliano Chi è stato, e Mangiacake o Mangiadolci, termine burlesco che gli italiani in Canada utilizzano bonariamente per chiamare i non-italiani, sono esilaranti monologhi scritti e recitati dallo stesso Chiarelli che narrano la saga di una famiglia siciliana attraverso la vicende di un ragazzo e di come questi cresce e diventa canadese in un quartiere operaio della città di Hamilton. «Racconta com’è venir su in un quartiere siciliano nei pressi di Hamilton…qualcosa in contrario? Forse non sapete che in quel quartiere vivono più oriundi del paese natale di Charlie di quanti ne rimangono nel paese stesso; così tanti che il sindaco di 139 Racalmuto ogni anno invita il sindaco di Hamilton perché – rifletteteci su – questi governa molti più racalmutesi lui del sindaco di Racalmuto. E, guardate, ogni tanto il sindaco di Hamilton ci va».171 Chiarelli ha composto inoltre un libretto per una pièce sinfonica intitolato The Birds Beyond, che lui stesso ha eseguito con la Kingston Symphony. Ha scritto pure diverse storie per bambini tra cui, Ho Ho Hum e Once Upon A Pizzeria (C’era una volta una pizzeria), narrate in diversi programmi radiofonici. Come virtuoso dell’armonica a bocca, Charly ha dato il suo contributo in centinaia di registrazioni ma, soprattutto, nelle sue rappresentazioni teatrali. 4.9 Antonio D’Alfonso Quando la letteratura italiana si esprime in un’altra lingua Nel dibattito sempre aperto sul ruolo che hanno avuto e hanno tuttora gli italiani nello scenario culturale del Canada e sul valore dell’esperienza intellettuale italo-canadese e della letteratura che essa ha prodotto, lo scrittore ed editore Antonio D’Alfonso si schiera dalla parte di chi propugna il multiculturalismo e il plurilinguismo. I ventotto anni di direzione della Casa Editrice Guernica con all’attivo la pubblicazione di oltre 350 titoli di autori italiani e italo-canadesi, gli hanno consentito di farsi un’opinione molto chiara e precisa 171 Letteralmente: «It’s about growing up in a Sicilian neighbourhood in Hamilton…what, you got a problem with that? Maybe you don’t know there are more people in that neighbourhood who come from Charlie’s village in Italy than there are people left in that italian village; so many that the Italian mayor of Racalmuto invites the mayor of Hamilton for a visit every year because - think about this, now - the mayor of Hamilton rules over more Racalmutese than the mayor of Racalmuto; and hey sometimes the mayor of Hamilton goes.», da “Cu’ Fu is What’s Good for You”, in Toronto National Post, 2-12-1999. 140 sull’argomento. D’Alfonso, infatti, è convinto che si debba prendere atto dell’esistenza di una cultura italo-canadese che non parla solo l’italiano ma si esprime nella lingua del paese che ospita gli italiani che hanno lasciato l’Italia, quindi, in francese, in inglese e in spagnolo. «Esiste un’identità italocanadese, ma sta sotto la cenere. La cenere è rappresentata dai luoghi comuni con i quali veniamo identificati e ai quali noi stessi facciamo ricorso… Se sapremo scrollarci di dosso la cenere, ci accorgeremo che esistono una cultura italocanadese e quindi una produzione letteraria di grande dignità. Ma dobbiamo essere noi i primi a prendere consapevolezza di ciò. Per quello che riguarda l’Italia, deve accettare che la letteratura italiana all’estero possa anche non esprimersi in italiano perché il commonwealth culturale che abbiamo creato è grande quanto il mondo, e nel mondo non si parla solo l’italiano. La cultura italiana proprio per la sua specificità ha diritto di cittadinanza in ogni parte del mondo, se non altro perché ha dato ospitalità anche alle eresie.»172 Parole che trovano una conferma nel conferimento allo scrittore di uno dei più prestigiosi riconoscimenti letterari del Canada, il Trillium Book Award proprio nella categoria delle opere scritte in francese.173 Il romanzo premiato Un vendredi du mois d'août, è in lingua francese ed è la continuazione di Fabrizio's Passion edito dal 1997 al 2002 in francese, inglese e italiano174. Antonio D’Alfonso è scrittore, editore e critico cinematografico, canadese di nascita ma di chiare origini italiane. Egli, infatti, è nato a Montreal nel 1953 da genitori molisani nativi di Guglianesi (Campobasso). Dopo aver frequentato scuole inglesi e francesi, si è laureato al Loyola College con una tesi su Mouchette, un film di Robert Bresson. 172 Antonio Maglio, “Quella risorsa nascosta sotto la cenere”, in Corriere Canadese, 1-10-2001, in http://www.bibliosofia.net/files/Ant.htm. 173 Poliacheni M., «Antonio D’Alfonso vince il Trillium con “Un vendredi du mois d'août”», in Corriere Canadese, 29-4-2005, in http://www.bibliosofia.net/files/Ant.htm. 174 Lo scrittore ha ricevuto il Trillium Boook Award il 25-5-2005. 141 Nel 1978 ha fondato la Casa Editrice Guernica con la quale ha curato più di 350 titoli di autori di tutto il mondo. Ha lavorato, inoltre, come critico per numerose riviste canadesi, in lingua inglese, francese e italiana. Ha prodotto tre cortometraggi e ha collaborato sia come soggettista, sia come cameramen e regista di diversi film. Tiene costantemente conferenze su cinema e letteratura e sulle tematiche legate al multiculturalismo in Canada, U.S.A. ed Europa. Come scrittore, D’Alfonso ha pubblicato diversi libri in Francese e in Inglese. Nel 1987 ha pubblicato una raccolta di poemi in versetti intitolata L’autre rivage (L’altra sponda) che ha riscosso un notevole successo di critica . La versione inglese, The Other Shore, fotografa le mediazioni sulla dislocazione culturale e i conflitti del vivere in contesti culturali diversi. Tale conflitto è una realtà concreta per D’Alfonso come testimoniato dalla pubblicazione dei suoi libri in edizioni distinte in lingua Francese e Inglese come: L’Amour panique (1988) e Panick Love (1992), Avril ou l’anti-passion (1990), Fabrizio’s Passion (1995), infine, il premiato Un vendredi du mois d’août (2005). 4.10 William Donato Phillips Un Nobel di origini lucane Il dr. William Donato Phillips, scienziato, dottore in Fisica, ricercatore del National Institute of Standard and Technology (NIST) di Gaithersburg (U.S.A.), nel 1997 è stato insignito del Premio Nobel 1997 per la Fisica congiuntamente a Steven Chu, Claude CohenTannoudji per aver sviluppato metodi di raffreddamento e cattura dell’atomo con l’utilizzo della luce laser: 142 «Sono molto contento di poter condividere il premio con Steven Chu e Claude Cohen-Tannoudji. Il premio congiunto sottolinea che tale lavoro non è stato condotto in isolamento. I colleghi nel mio settore mi hanno influenzato profondamente regalandomi abbondanza di stimoli e di aiuto. Lo studio cui viene conferito questo premio è il risultato di un enorme sforzo condotto da molte altre persone. La vitalità dell’ambiente di ricerca al NIST e la qualità scientifica del mio gruppo sono stati indispensabili a quanto realizzato».175 Il dr. Donato Phillips è nato il 5 novembre 1948 a Wilkes-Barre in Pennsylvania, cittadina nei pressi di Kingston, da madre italiana, Mary Catherine Savino (divenuta poi Savine), nativa di Ripacandida, in provincia di Potenza, che emigrò con la famiglia ad Altoona in Pennsylvania, nel 1920. Come i genitori, frequenta il Juniata College, quindi si laurea nel 1976 in Fisica al Massachusetts Institute of Technology (MIT). La sua tesi è incentrata sulla misurazione del momento magnetico del protone in H2O. Nel 1978 entra a far parte dell’Istituto NBS (che diventa poi il National Institute of Standards and Technology - NIST) e lavora con Ed Williams and Tom Olsen sulle misurazioni di precisione del valore del protone giromagnetico e dell’Ampére assoluto. Nel 1997 riceve il Nobel per il notevole contributo offerto nel campo degli studi sull’atomo e nella realizzazione di strumenti elettronici che hanno consentito, con sperimentazioni, di ottenere le 175 Letteralmente: «I am thrilled to share this prize along with Steven Chu and Claude Cohen-Tannoudji. The joint award emphasizes that this work was not done in isolation. My colleagues in this field have influenced me profoundly and given me an enormous amount of help and stimulation. The research honored by this prize is the result of a huge effort by many other people. The vitality of the research environment at NIST and the scientific quality of my group have been essential to what we have accomplished.», dal discorso di ringraziamento del Dr. William D. Phillips alla consegna del Nobel, 1997, in http://physics.nist.gov/News/Nobel/phillips.html. 143 più basse temperature mai raggiunte e di collaudare un metodo per misurare la temperatura degli atomi raffreddati: il metodo ha dato la possibilità di fermare un fascio di atomi con 1’utilizzo della luce laser e di bloccarli in una trappola magnetica. Le proprietà della materia permettono a ciascun atomo di mantenere invariata la propria individualità: tale metodo consente anche di studiare le caratteristiche fondamentali della materia con la conseguente apertura di nuovi orizzonti scientifici in diversi campi della metrologia della navigazione spaziale: «Gli orologi atomici sono i più accurati cronometri mai fatti. E sono essenziali sia per il futuro della vita moderna sia per la sincronizzazione della comunicazione e delle operazioni ad alta velocità del sistema globale di posizionamento che guida gli aerei, automobili e navi. I limiti degli orologi atomici provengono dal movimento termale degli atomi: quelli caldi si muovono rapidamente e soffrono dei cambiamenti del tempo, come già predicato dalla teoria della relatività di Einstein. Noi possiamo raffreddare le cose riflettendo la luce laser su di esse. In questo modo, possiamo raffreddare i gas meno di un milionesimo di un grado al di sopra dello zero assoluto. Il lento movimento degli atomi in un tale gas ci permette di fare orologi ancora più accurati, talmente buoni che potrebbero guadagnare o perdere solo un secondo in trenta milioni di anni ».176 176 Lezione del dr. William D. Phillips al Convegno Almost Absolute Zero: the coldest staff in the Universe, tenutosi all’Università di Pisa il 28-03-2003, riportata in Gioiosa M., “Le radici lucane di un nobel”, in Mondo Basilicata, n. 9, 2002, p.35, in http://www.consiglio.basilicata.it/mondo_basilicata/mb02/mb02_09.pdf 144 4.11 Charles Gargano L’ingegnere italoamericano che ricostruirà Ground Zero «Ingegnere professionista, Ambasciatore, Funzionario Pubblico, Leader civico, Presidente ed Amministratore Delegato, Lei, Charles A. Gargano, è un uomo in grado di prendere delle idee e realizzarle. Noi La onoriamo per i successi conseguiti nel mondo dello sviluppo ed anche per il Suo apporto alla città ed allo Stato di New York, specie a noi ed ai nostri vicini di Lower Manhattan… Per i Suoi numerosi successi professionali e per la Sua dedizione al rinnovamento dello Stato e della città di New York, la Pace University ha l’onore di conferirLe la laurea honoris causa con tutti i diritti ed i privilegi che ne conseguono».177 Charles Gargano è un imprenditore che gode di una notevole fama negli U.S.A. grazie ai diversi incarichi prestigiosi che ricopre, tra cui quello di Ministro dello Sviluppo Economico dello Stato di New York (State Department of Economic Development). E, nonostante sia un americano a tutti gli effetti, si considera molto legato alle proprie origini italiane di cui va molto fiero178. 177 «Professional engineer, ambassador, public servant, civic leader, chairman and chief executive officer, you, Charles A. Gargano, are a man who can take ideas and find a way to make them real. We honor you for your achievements in the world of development as well as for your contributions to the city and state of New York, especially to us and our neighbors in lower Manhattan…For your many professional accomplishments and for your dedication to the renewal of New York State and City, Pace University is honored to confer upon you the degree of Doctor of Commercial Science, honoris causa, with all the rights and privileges pertaining thereunto», da Charles A. Gargano, Doctor of Commercial Science, Laurea honoris causa della Pace University, 25 Maggio 2005, in http://appserv.pace.edu/execute/page.cfm?doc_id=15477 178 «È vero, sono realmente orgoglioso della mia eredità italiana. Io sono nato in Italia e credo che questa identità italica abbia contribuito in modo significativo alla mia carriera ed al mio successo professionale. Ho avuto un forte supporto dalla mia famiglia, mi hanno dato la forza di cui un giovane ha bisogno per crescere ed affrontare le difficoltà della vita in maniera diretta e senza timori. È nell’indole italiana non temere le avversità ma farne impulso vitale per costruire la propria 145 Il paese in cui è nato nel 1934, infatti, si trova in Italia, ed è Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino. Dopo aver trascorso i primi quattro anni di vita in terra campana, Gargano si trasferisce con la famiglia a New York nel quartiere di Brooklyn. Qui frequenta l’Università di New York conseguendo dapprima una laurea a pieni voti in Legge, poi un MBA (Master in Business Administration) ed un altro in Ingegneria civile. Inizia la sua carriera come assistente ingegnere nel 1956 quando entra a far parte della Società Autostrade. Nel 1961 passa alla John Oeschlin Inc. dove lavora sempre come ingegnere. Nel 1963 passa alla J.D. Posillico Inc. come Vice Presidente, mentre nel 1984 entra nella Società Engineers, Designers & Developers di cui diventa Presidente e General Manager per lo sviluppo. Nel 1981 ottiene il prestigioso incarico di Amministratore Federale per il trasporto urbano del Ministero del Trasporto sotto la presidenza di Ronald Reagan. Nel 1988 è nominato Ambasciatore per la Repubblica di Trinidad e Tobago, carica che mantiene anche con il Presidente George Bush fino al 1991. Dal 1995 ad oggi siede nella poltrona di Presidente e Amministratore Delegato dell’Empire State Development Corporation, dal 2003 incaricata della ricostruzione di Ground Zero, a Manhattan. Gargano è sempre attento a promuovere la cooperazione bilaterale tra Stati Uniti e Italia, con particolare attenzione ai rapporti tra aziende italiane e statunitensi, ed è presidente della “Fondazione italoamericana Columbus”. Il suo impegno per migliorare le condizioni di vita degli italiani in America e all’estero gli ha valso diverse onorificenze. Oscar Luigi Scalfaro lo ha nominato Cavaliere dell’Ordine dei “Commendatori” della Repubblica d’Italia e Sandro Pertini Cavaliere dell’Ordine dei Meriti della Repubblica. personalità.», da “Charles A. Gargano, l’italico che ricostruirà il World Trade Center”, in Notiziario NIP, News ITALIA PRESS agenzia stampa , n. 97, Anno X, 21 maggio 2003. 146 4.12 Rudolph Giuliani Giuliani, The rock Il firmamento politico statunitense è costellato di tanti nomi di italo-americani; basta pensare soltanto ad alcuni di questi funzionari eletti per farsi venire in mente personaggi del calibro di Fiorello La Guardia, benamato Sindaco di New York dal 1931 al 1944; Ella Grasso, primo Governatore donna americano designata indipendentemente (cioè senza succedere al marito); Geraldine Ferraro, membro del Congresso e prima donna a concorrere alla carica di Vice Presidente nel 1984; Mario Cuomo, Governatore di New York per tre mandati dal 1982 al 1994; Nancy Pelosi, prima donna nominata Presidente del Congresso alle elezioni di medio termine del 2006; e, infine, Rudolph Giuliani Sindaco di New York dal 1993 al 2001, che occupa un posto speciale nell’elenco dei leader più benvoluti dai propri concittadini. La sua è l’avventura di un sindaco che ha sperimentato in prima persona la tragedia dell’11 Settembre e che si è trasformato da “Mussolini dell’Hudson” a “nuovo Churchill”179 per aver rimesso in sesto la città in breve tempo dopo il terribile attacco terroristico. “L’eroe dei newyorchesi”, come titolava il New York Times all’indomani della sciagura dell’11 Settembre 2001: «…è arrivato subito ed è entrato immediatamente nel secondo grattacielo, rischiando di trasformarsi in cenere insieme agli altri. S’è salvato per miracolo. Ha dimostrato un’eroica efficienza. E nel giro di quattro giorni ha rimesso in piedi New York. Una città che ha nove milioni e mezzo di abitanti, e quasi due nella sola Manhattan. Come ha fatto, non si sa. Era il generale che partecipava di persona alla battaglia, il soldato che si lanciava all’attacco gridando: “Forza, gente, forza, svelti!”. In 179 «…il sindaco che quando ha risanato la città è stato definito il “Mussolini sull’Hudson”, mentre ora che ha semplicemente fatto il suo dovere dicono sia diventato “il nuovo Churchill”.», da “Ancora Giuliani”, Il Foglio, 25 Settembre 2001, p. 1. 147 televisione per farci coraggio ha detto la famosa frase: “The first of the human rights is freedom from fear. Do not have fear”. Il primo dei diritti umani è la libertà dalla paura. Non abbiate paura…Dovremmo ringraziarlo anche noi italiani, Rudolph Giuliani. Ringraziarlo perché, avendo un cognome italiano ed essendo oriundo italiano, ci fa fare una bella figura all’estero e davanti al mondo intero. Sì, Rudolph Giuliani è stato un grandissimo sindaco ed è un grandissimo leader»180. Probabile candidato dei repubblicani nella corsa alle prossime elezioni, Rudolph Giuliani è nato a Brooklyn nel 1944 da genitori siciliani. Nel 1961 si diploma al Bishop Loughlin Memorial di Brooklyn. Nel 1965 ottiene una prima laurea (la bachelor degree) al Manhattan College, Università comunale del Bronx, e nel 1968 si laurea in Legge alla prestigiosa “Law School” presso la New York University. Nel 1970 Giuliani entra a far parte dell’Ufficio del Procuratore Distrettuale di Manhattan. Tre anni dopo, appena ventinovenne, diventa capo del settore narcotici. Nel 1975 è nominato assistente del Vice Ministro della Giustizia e si trasferisce a Washington. Nel 1977 torna a New York e lavora come avvocato presso uno studio legale di fama. Nel 1981 è nominato Assistente del Ministro della Giustizia, la terza carica del Dipartimento di Giustizia.. Due anni dopo il Presidente Ronald Reagan lo nomina Procuratore Federale del South District di New York. Qui si conquista il soprannome di “Procuratore di ferro”, per la tenacia con cui conduce la lotta alla droga e al crimine organizzato. Ma è attento anche agli speculatori di Wall Street e alla corruzione degli apparati burocratici. 180 Rossi J, “11 Settembre: salva per miracolo”, in Romagnoli nel Mondo, 11-092001, in http://www.emilianoromagnolinelmondo.it/wcm/emilianoromagnolinelmondo/rubric a/vostre_storie/11settembre_giusyrossi.htm 148 Lavora con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nelle indagini sulla mafia e il narcotraffico. Stabilisce un record di severità: 4.512 condanne e solo 25 assoluzioni. Nel 1989 abbandona la carica di procuratore e si candida per i repubblicani alla poltrona di sindaco di New York. Al primo tentativo viene sconfitto per pochi voti (meno di 16 mila) dal democratico David Dinkins. Ma nel 1993 si prende la rivincita e diviene sindaco della “Grande Mela”. Governa con pugno di ferro una metropoli in piena emergenza criminalità. Durante il suo mandato sono dimezzati gli omicidi, ridotti al 30 per cento i principali reati e New York scende al trentaduesimo posto nella classifica delle città più violente d’America. Tutto all’insegna della teoria della “tolleranza zero” e delle “finestre rotte”, vale a dire non accettare la benché minima infrazione, per evitare reati più gravi: «Perché – sostiene Giuliani – la criminalità nasce dalla tolleranza dei peccati veniali, che in breve si trasformano in mortali». A volte, la sua fermezza viene criticata e la polizia di New York è spesso accusata di uso eccessivo della forza. I cittadini di New York ne apprezzano comunque l’operato tanto da rieleggerlo nel 1997. Durante il suo mandato i newyorkesi votano il term-limits, una norma che stabilisce che una carica elettiva non può più essere rinnovata, a livello statale, per più di due mandati. Nel 2000 è pronto a sfidare Hillary Clinton per il seggio del Senato lasciato libero dal democratico Daniel Patrick Moynihan. Ma scopre di avere un tumore e decide di rinunciare per onestà nei confronti degli elettori. Il gesto gli vale attestati di stima anche da parte dei democratici. Al suo posto corre il giovane Rick Lazio, sconfitto dalla first lady uscente. Personaggio di grande carisma, dopo l’attentato dell’11 Settembre 2001, Giuliani trascorre le sue giornate presso quello che resta del World Trade Center. Segue gli scavi, cerca di dare conforto ai parenti delle vittime, si erge a simbolo della New York che stringe i denti. Lui, lo “sceriffo” della tolleranza zero, predica il rispetto nei confronti degli arabi, per “fermare l’odio”. Persino il New York Times, suo eterno bacchettatore, titola: “Giuliani è noi”. 149 4.13 Angelo Mozilo Il manager premiato per l’impegno umanitario Il nome di Angelo R. Mozilo, dirigente del settore bancarioimmobiliare tra i più quotati, va ad infoltire il lungo elenco di personaggi con radici italiane che si sono imposti sulla scena imprenditoriale per capacità e talento. Da uomo sensibile alle problematiche sociali proprio per aver sperimentato in prima persona gli ostacoli che impediscono ai meno fortunati di seguire un adeguato cammino formativo181, Mozilo patrocina associazioni come la Horatio Alger che mette a disposizione fondi per borse di studio in favore di studenti meritevoli, e partecipa ai consigli direttivi di varie Università e della National Italian American Foundation da cui ha ricevuto riconoscimenti per il suo “impegno umanitario”. E proprio per la NIAF, così come per altre istituzioni impegnate nella promozione della cultura italiana, il manager italo-americano sembra nutrire una stima senza confini perché consapevole del ruolo che queste giocano nel tener vive le origini e le radici italiche: «Penso che facciano un lavoro stupendo. Per me e per la mia generazione – figli di emigranti, coi nonni nati in Italia e sbarcati in America alla fine del 1800 – è un conforto sapere che vi sono queste istituzioni a mantenere in vita le nostre radici e le nostre origini182». 181 «La mia istruzione è stata la principale preoccupazione per la mia famiglia; ciò di cui si parlava a casa era quello che potevo fare se avessi studiato… La mia famiglia era relativamente povera e sono orgoglioso, grazie al loro sostegno, al loro supporto, orgoglioso di essere riuscito a costruire un’azienda leader in America». Tradotto da “Angelo R. Mozilo: A success with Italian roots”, in News Italia Press, 5 Febbraio 2004, in www.newsitaliapress.it. 182 “Angelo R. Mozilo: A success with Italian roots”, in News Italia Press, 5 Febbraio 2004, in www.newsitaliapress.it. Letteralmente: «I think they’re doing a fantastic job. For me and my generation – born of emigrants, our grandparents were born in Italy and arrived in America at the end of the 1800s – it’s comforting that these institutions exist to keep our roots and our origins alive». 150 Di origini siculo-campane, Mozilo è nato a New York nel 1930, si è laureato in Marketing e Phylosophy presso la Fordham Univerisity nel 1960 per poi specializzarsi in Real Estate Law presso l’Università di New York nel 1961. Nel 1969, con alcuni partner, fonda la Countrywide a Calabasas in California, di cui oggi è Amministratore Delegato e Presidente del Consiglio di Amministrazione. A quel tempo la Countrywide fu la prima azienda nazionale del settore. Oggi è una delle più importanti compagnie in campo finanziario immobiliare e nei servizi collegati. La Finanziaria è parte dell’S&P 500, Forbes 500 e Barron 500, vanta più di 520 uffici in U.S.A. e risorse umane che raggiungono le 30.000 unità. L’imprenditore è inoltre membro dei consigli della NIAF, National Italian American Foundation, della National Building Museum Society, della Los Angeles Philarmonic Association, nonché del Consiglio d’Amministrazione della Fordham University e della Gonzaga University. Tra i recenti riconoscimenti conferitigli, si ricordano il premio “Albert Schwenzer” per le attività svolte per i giovani d’America; lo “Special Achievement Award for Humanitarian Service” della National Italian American Foundation; il premio “Jane Wyman Humanitarian Service” della Arthritis Foundation; la “Medaglia d’Onore” della Hellis Island, e nel 1999 il premio “Executive of the Year” consegnato in occasione della MBA Western Secondary Market Conference. 151 4.14 Dennis Tito Il primo turista tra le stelle Dennis Tito, figlio di immigrati originari di un paesino della Campania e sbarcati a New York con le valigie di cartone, non è soltanto il titolare di un impero nel settore delle consulenze finanziarie (è fondatore e Presidente della terza più importante società del settore degli Stati Uniti), ma è anche il primo cosmonauta ad aver partecipato dietro pagamento alla missione spaziale nella stazione orbitante Alpha nell’Aprile 2001. «È stata un’esperienza entusiasmante che è andata al di là di tutte le mie aspettative e ha lasciato un segno profondo nella mia vita di essere umano. Vorrei che tante altre persone, soprattutto artisti, potessero andare nello spazio per poter lasciare una traccia nella nostra cultura, nella musica, nella poesia e nei romanzi…dormire in condizioni di assenza di gravità è incredibilmente rilassante e i panorami che si godono da 400 chilometri di altezza danno un’emozione che non è possibile descrivere a parole».183 Figlio di poveri emigranti campani emigrati negli U.S.A., il padre stampatore e la madre sarta, Dennis Tito nasce a New York l’8 Agosto1940. Nel 1963, a ventitrè anni, si laurea in ingegneria aeronautica presso l’Università della California. Il suo sogno, fin da bambino, è quello di fare l’astronauta. Desiderio che non potrà realizzare agli inizi degli anni ’60 quando si vede negare dalla NASA la possibilità di viaggiare nello spazio poiché privo dei requisiti fisici necessari per affrontare il duro allenamento previsto. Tuttavia proprio alla NASA trova il suo primo impiego e viene assunto nel laboratorio di Pasadena dove collabora alla realizzazione di tre missioni Mariner, le sonde che fotografarono Marte e Venere 183 Da “Intervista a Dennis Tito al suo ritorno negli Stati Uniti”, in CNN, 10 Maggio 2001, in http://www.spaceadventures.it/news13.htm 152 per la prima volta. Dennis Tito era uno degli ingegneri che calcolava le rotte delle navicelle americane, dalla Terra al Pianeta rosso. Nel 1972 lascia la NASA e fonda la sua attività finanziaria, la Wilshire associates Inc.. La società è una delle prime al mondo ad elaborare al calcolatore le traiettorie degli investimenti ed è oggi la terza più importante nel settore degli investimenti finanziari negli Stati Uniti. Agli inizi degli anni ’90, gli strepitosi successi della stazione spaziale sovietica Mir, a quel tempo rinomata per le sue qualità ma con enormi difficoltà economiche sopraggiunte con il crollo del regime sovietico, stuzzicano i desideri inappagati di Tito di diventare un’astronauta. L’imprenditore corre a Mosca per proporsi come il primo cosmonauta pagante. Dopo una serie di trattative con la Russia, Tito entra a far parte di una missione spaziale che gli consentirà, dietro versamento di 20 milioni di dollari, di trascorre qualche giorno nella nuova stazione orbitante Alpha che i russi condividono con i statunitensi. Dopo un training di settecento ore presso il “Centro Yuri Gagarin” nella Città delle Stelle, vicino a Mosca, il miliardario italo-americano conquista lo spazio il 28 aprile 2001 alle 11:37, ora di Mosca, a bordo della navicella “Soyuz Tm-32”. Torna sulla Terra il 6 maggio successivo, dove continua la sua vita da finanziere e i suoi studi di stereofotografia approfonditi grazie agli esperimenti realizzati durante il suo soggiorno turistico tra le stelle, il primo della storia. 153 4.15 Antonio Caruso Un artista calabrese in Canada Antonio Caruso è uno scultore e pittore nativo della Calabria che da qualche anno ha scelto di vivere in Canada, paese con cui ebbe un primo contatto verso gli inizi degli anni Ottanta. Artista totale, il maestro Caruso ha creato attorno a sé un alone di simpatia e di stima che è tanto più evidente nelle parole di apprezzamento della critica nei confronti della sua opera: «Toccato dalla grazia del saper dipingere come sa pensare, parlare e camminare, Caruso rinnova la grandezza dei più grandi maestri, stupendi narratori di storie figurate, riportate su tavola, su tela, o, con l’affresco, su parete. C’è nelle opere di questo artista un’infinità di doti, apparentemente contrastanti, che egli concilia con il pennello, la matita, la penna, il carboncino o la sanguigna…Lo sviluppo della sua arte è avvenuto come nei grandi maestri del passato, partendo dall’osservazione e tenendo, come guida, gli insegnamenti della tradizione, che egli ha rielaborato con accorta sapienza, in modo tale da offrire, ad ogni suo nuovo incontro con l’opinione pubblica, opere sempre nuove per contenuto e per forma».184 Caruso è originario di Serra San Bruno dove nasce nel 1951. Verso i quindici anni interrompe gli studi per trasferirsi a Bergamo dove incomincia a lavorare in una fabbrica di cartoni. Diplomatosi grazie ai corsi serali, completa la propria formazione scolastica iscrivendosi dapprima presso l’Accademia delle Belle Arti “Carrara” di Bergamo poi all’Accademia di Brera a Milano. Grazie alla collaborazione con la rivista “Valigia Diplomatica”, può far conoscere le sue opere e partecipare ad importanti mostre collettive e personali. Nel 1979, nel corso di una personale al Palazzo Lazzarini di Pesaro, propone una sua tecnica innovativa, la 184 De Grada R., Antonio Caruso - Partecipe alla Vicenda dell’Uomo, dal sito web di Antonio Caruso in http://www.antoniocaruso.com/. 154 frescografia (tempera e olio). Ottiene un grande successo e viene selezionato per una mostra da tenersi in Canada. Nel 1982 approda, dunque, a Thunder Bay dove allestisce una esposizione di affreschi e statue al Museum of Indian Arts. Qui importa l’affresco, procedimento pittorico risalente all’antichità che richiede da parte dell’artista una grande padronanza della tecnica oltre che una conoscenza approfondita dei materiali. L’evento riscuote un grande consenso di pubblico e di critica tale da procurargli un’alta onorificenza da parte delle autorità comunali e spianargli la strada ad altre esposizioni nel Nord America. Da quella data in avanti il maestro Caruso ha allestito mostre nelle diverse città del Nord America confermando di essere un artista completo in grado di esprimersi nelle varie tecniche dell’arte figurativa realizzando opere nei materiali più disparati, dal legno al marmo, al bronzo, alla pietra arenaria, affreschi, quadri ad olio e tempera, mosaici. Negli ultimi anni, si è dedicato con passione all’arte sacra con opere di scultura e di pittura. Accanto alla statua di Saint Jean de Brébeuf che è stata collocata in una grande piazza della cittadina canadese di Vaughan, l’artista ha scolpito diverse altre statue ed ha dipinto un grande affresco che è stato inaugurato nel Dicembre del 2002 nella chiesa dell’Immacolata Concezione di Woodbridge L’opera, che si sviluppa su otto metri di larghezza e quattro di altezza, è consacrata alla Madonna, e va ad aggiungersi ad altri due grandi affreschi realizzati in precedenza raffiguranti il battesimo e la resurrezione di Gesù. 155 4.16 Pietro Scalia L’italiano con due Oscar Moltissimi sono i personaggi di origine italiana tra attori, registi, e tecnici cinematografici che dimorano nel pantheon delle stelle hollywoodiane ed anche a loro si deve il merito di aver contribuito, in qualche modo, a restituire un’immagine positiva dell’italicità. Tra queste personalità una in particolare merita di essere menzionata non tanto per la notorietà conquistata, quanto per il valore e le capacità che gli hanno valso per ben due volte il premio cinematografico più prestigioso. Si tratta di Pietro Scalia, ai più conosciuto per i due Oscar ottenuti con “JFK” nel 1991, e “Black Hawk Down”, nel 2002, entrambi premiati per il miglior montaggio. «Questo è incredibile, è uno dei rari momenti in cui possiamo dividere la luce con registi e star. Viva l’Italia!”. Sul palcoscenico del Kodak Theatre Pietro Scalia conclude così il suo discorso di ringraziamento dopo aver ricevuto l’Oscar per il miglior montaggio di “Black Hawk Down”. L’unico italiano premiato sfoga poco dopo, in sala stampa, tutta la sua gioia. “Volevo dire che sono onorato di essere italiano e di far parte della storia del cinema italiano e qui a Hollywood. Volevo esprimere il mio orgoglio nazionale, sentendomi allo stesso tempo fortunato di star lavorando qui”»185. Scalia nasce a Catania il 17 marzo 1960 ma, ancora bambino, emigra con i genitori in Svizzera dove vivrà per alcuni anni. Appassionato di cinema, si trasferisce a Los Angeles per studiare regia e frequentare, così, l’UCLA Film School. Ottenuto il Master of Fine Arts della prestigiosa Università californiana, inizia a lavorare come assistente al montaggio nei film “I diffidenti” (1987), di Andrej 185 Bizio S., “Oscar 2002: La gioia di Pietro Scalia unico vincitore italiano”, in La Repubblica, 13 Dicembre 2002. 156 Konchalovskij, “Wall Street “(1987) e “Talk Radio” (1988), di Oliver Stone. Nel 1989, Pietro Scalia è associate editor di un altro film di Oliver Stone, “Nato il quattro di luglio”, che fa ottenere l’Oscar a David Brenner e Joe Hutshing. Dopo un’altra collaborazione, nel film “The Doors” (1991), Oliver Stone affida l’editing di “JFK - Un caso ancora aperto” (1991) a Joe Hutshing e Pietro Scalia, che vincono l’Oscar per il miglior montaggio. Poi, Pietro Scalia monta “Piccolo Buddha” (1993) di Bernardo Bertolucci, “Pronti a morire “(1995) di Sam Raimi e “Io ballo da sola” (1996). Nel 1997, l’editor italiano collabora con Gus Van Sant nel film sceneggiato da Matt Damon e Ben Affleck “Will Hunting Genio ribelle” (per il quale ottiene un’altra nomination all’Oscar) e inizia la sua collaborazione con Ridley Scott nel film “Soldato Jane”, interpretato da Demi Moore. Dopo il montaggio del film di Che-Kirk Wong “Il grande colpo” (1998) e di “Scherzi del cuore” (1998), di Willard Carroll, Scalia cura l’editing di altri due film di Ridley Scott che sono, “Il gladiatore” (candidato all’Oscar per il montaggio) ed “Hannibal” (2001). Infine, la notte del 23 Marzo 2002, a soli 42 anni, Scalia riceve per la seconda volta il prestigioso riconoscimento cinematografico per il miglior montaggio con il film “Black Hawk Down”, diretto da Ridley Scott. 157 Bibliografia “Ancora Giuliani”, in Il Foglio, 25 Settembre 2001. “Angelo R. 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Corrispondenti italiani Rappresentati delle Regioni Ob.1 Rappresentanti delle Regioni Ob1 Ricercatori Delegati della Commissione Europea Docenti Formatori Responsabili degli uffici Regioni Ob.1 Responsabili degli uffici locali Coordinatori delle sedi estere Coordinatori delle sedi italiane 169 PIATTAFORMA ITALIA FONDAZIONE RUI FORUM PER GLI ITALIANI NEL MONDO GEI – GRUPPO ESPONENTI ITALIANI GLOBUS – SPORTELLO PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE DELLE CAMERE DI COMMERCIO ITALIANE I.B.C.A. (ITALIAN BUSINESS COMMUNITY ASSOCIATION) IAI – ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI ICE – ISTITUTO PER IL COMMERCIO ESTERO INFORMEST – CENTRO DI SERVIZI E DOCUMENTAZIONE PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE IPALMO – ISTITUTO PER LE RELAZIONI TRA ITALIA E PAESI DELL’AFRICA, AMERICA LATINA E MEDIO ORIENTE IPI – ISTITUTO PER LA PROMOZIONE INDUSTRIALE ISPI – ISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE ISTITUTI DI CULTURA ITALBIZ USA MEDIA ITALICI ALL’ESTERO MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Presidente Coordinatore del Forum Rappresentanti dei Forum locali Presidente Membri Associati Direttori sportelli Regioni Ob.1 Presidente Imprenditori Presidente o Direttore Direttori generali Presidente Presidente Direttore scientifico Direttore generale Responsabili delle singole sedi regionali Presidente Direttore Scientifico Responsabile Programma Argentina Responsabile Osservatorio Europa Responsabili Osservatorio Politiche di Prossimità: Est Europa e Mediterraneo Direttori Chairman Presidente Direttore dell’area Sviluppo e Pianificazione Direttore dei Progetti operativi Direttori Direttori: Unità per le attività di rilievo internazionale delle regioni e degli altri enti territoriali italiani; 170 MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE – DIPARTIMENTO PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE MINISTERO PER GLI ITALIANI NEL MONDO – DIPARTIMENTO PER GLI ITALIANI NEL MONDO MONDIMPRESA OCSE – ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LO Direzione Generale per i Paesi dell'Europa; Direzione Generale per i Paesi delle Americhe; Direzione Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente; Direzione Generale per i Paesi dell'Africa Sub-Sahariana; Direzione Generale per i Paesi dell'Asia, dell'Oceania, del Pacifico e l'Antartide; Direzione Generale per l'Integrazione Europea; Direzione Generale per la Cooperazione Economica e Finanziaria Multilaterale; Direzione Generale per gli Italiani all'estero e le Politiche Migratorie; Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo Direttori: Politiche di internazionalizzazione; Politica commerciale; Promozione degli scambi. Capo Dirigenti: I Ufficio: Per la promozione culturale e per l’informazione delle comunità italiane all’estero; II Ufficio: Per la promozione e per la tutela dei diritti politici e civili degli Italiani residenti all’estero; III Ufficio: Per l’intervento coordinato dello Stato e delle Regioni a favore delle comunità italiane all’estero; IV Ufficio: Politiche generali concernenti le comunità italiane all’estero, con particolare riferimento alla valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani. Presidente o Direttore generale Responsabile dell’area Cooperazione internazionale Responsabile dell’Ufficio di Bruxelles Presidenti Vice-presidenti italiani 171 SVILUPPO ECONOMICO OICS – OSSERVATORIO INTERREGIONALE SULLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ONG- ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE OSSERVATORIO SUI BALCANI PARLAMENTARI DI ORIGINE ITALIANA ELETTI ALL’ESTERO PATRONATI REGIONI OB.1 / SPRINT – SPORTELLO REGIONALE PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA DELLE IMPRESE RETE DEGLI ADDETTI SCIENTIFICI PRESSO LE AMBASCIATE SACE – ISTITUTO PER I SERVIZI ASSICURATIVI DEL COMMERCIO ESTERO SCUOLE ITALIANE NEL MONDO SIMEST – SOCIETÀ ITALIANA PER LE IMPRESE ALL’ESTERO SISTEMA DELLE NAZIONI UNITE SVILUPPO ITALIA TEAM ITALIA – ASSOCIAZIONE DELLE AZIENDE E DEI DIRIGENTI ITALIANI IN CANADA Direttore generale Referenti delle Regioni Ob.1 Presidenti Referenti delle sedi regionali Referenti delle sedi estere Coordinatore Parlamentari di origine italiana Responsabili delle sedi estere Direttori degli sportelli Regioni Ob.1 Addetti scientifici Presidente o Direttore generale Responsabile dell’area Studi Economici e Relazioni Internazionali Direttori Referenti regionali Responsabili delle sedi Italiane Rappresentati italiani presso sedi estere Direttori delle Società Regionali Presidente Associati 172 Allegato 2 ESPERTO PROFESSIONE ATTUALE Esperto 1 Docente e Ricercatrice Funzionario Camera Commercio Italiana Responsabile Servizio Assistenza Imprenditoriale Giornalista ed Esperto in Pubbliche Relazioni Esperto 2 Esperto 3 Esperto 4 ANZIANITA’ di RUOLO (anni) 7 10 18 ORGANIZZAZIONE DI RIFERIMENTO Università Nazionale di Rosario Camera di Commercio Italiana Repubblica Argentina • • Free Lance Circolo Sardo del Nord Ovest Argentino • Estacion de Servicio Las Bases Camera di Commercio Italiana di Mendoza Organizzazione internazionale del lavoro (OIT) Direttivo Manageriale Consulente tecnico principale (CTP) 16 Esperto 6 Professore di scienze economiche 25 Università nazionale del Nordeste Esperto 7 Avvocato e professore universitario 12 • Esperto 8 Redattore/Giornali sta Docente e ricercatore universitario Giornalista Professoressa di lingua italiana 15 Esperto 5 Esperto 9 Esperto 10 Esperto 11 1 34 10 20 Facoltà di diritto Università nazionale di Rosario • Alleanza tricolore Agencia nacional de noticias Telam Università nazionale del Sur - Dipartimento di geografia e turismo Radio 10 e Canal 9 Istituto di cultura italica di La Plata 173 • • Esperto 12 Biochimico 32 Esperto 13 Imprenditore Agricolo, Direttore Patronato Enas, Consigliere Comunale Professore Universitario Tecnico metalmeccanico Senior Consultant 20 Ospedale di Santa Fe Ministero della Sanità di Santa Fe Patronato ENAS/UGL 34 Deakin University 5 Esperto 18 Ricercatore Universitario Insegnante 31 Esperto 19 Direttore 32 Esperto 20 Manager 6 Esperto 21 Segretario Generale CCIE 10 Esperto 22 Libero Professionista 21 Esperto 23 Giornalista, fotografa, redattore 20 Esperto 24 Vice Presidente Federazione di 6 Esperto 14 Esperto 15 Esperto 16 Esperto 17 32 3 • Regione Emilia Romagna • Clecat • Cross Communication Università Libera di Bruxelles Associazione Annibale Ferrarini - Centro Culturale Brasile Italia ENAIP Sardegna di Rio de Janeiro ENIT- Ente Nazionale per il Turismo Camera di Commercio Italo Brasiliana di Minas Gerais • Camera di Commercio Italo Brasileira do Parana • Consiglio Generale degli Italiani all'Estero – C.G.I.E. • Comitato degli Italiani all'Estero Com.IT.ES. • Com.IT.ES. • Consere - Concilio parlamentare di cultura straniera Federazione di Beneficenza Umanitaria 174 Esperto 25 Esperto 26 Esperto 27 Beneficenza Umanitaria. Responsabile Servizio alla Clientela Responsabile Ufficio del Patronato CGIL Commercial Officer European Union Studente MBA e Marketing La Zagara 12 Patronato CGIL 4 Camera di Commercio Italiana di Toronto 1 • • Esperto 28 Editore e Direttore 4 del Settimanale in Lingua Italiana "L'Ora di Ottawa" Esperto 29 Esperto 30 Imprenditore Psicologa e pedagoga 1 27 Esperto 31 Professoressa di Lettere, Annunciatrice, Conduttrice e Redattrice, Traduttrice Dirigente Scolastico Agronomo esperto in Progetti di Sviluppo sulla Sicurezza Alimentare Commerciale 12 Consulente e Insegnante Universitario 1 Esperto 32 Esperto 33 Esperto 34 Esperto 35 25 16 1 Università di Laval Associazione MBA del Quebec • Giornale L'Ora di Ottawa • Governo Federale e Provinciale del Canada • Federazione Unitaria della Stampa Italiana all'Est Prima Fila Inc • Montreal Children’s Hospital • McGill University • Scuola Internazionale Italiana Leonardo Da Vinci • Programma Italiano d'Oltremare di Radio Cairo Ministero degli Affari Esteri Commissione Europea Camera di commercio italiana a Nizza • Galderma • Institut National Agronomique • Università di Milano 175 Esperto 36 Esperto 38 Coordinatore Nazionale Patronato INAS Contabile e 9 Segretaria Diocesi Mainz Software engineer 12 Esperto 39 Giornalista Esperto 40 Esperto 41 Perito Ambientale 15 Magistrato Fuori 10 Ruolo presso Contenzioso Diplomatico del MAE Dirigente 34 Sindacale Esperto 37 Esperto 42 10 Bicocca Patronato INAS Diocesi di Mangoza European Southern Observatory Swr - Televisione Pubblica della Regione Renania-Palatinato Vossloh-Schwabe Ministero della Giustizia • • UIL UIM - Unione degli Italiani nel Mondo • Consiglio Generale degli Italiani all'Estero - C.G.I.E. • Consorzio Caserta Export • Istituto Italiano per l'Asia e i Paesi del Mediterraneo • Forum Russia Ucraina Provincia Regionale di Siracusa • UGL • Comitato Tricolore Italiani nel Mondo CGIL Esperto 43 Avvocato 11 Esperto 44 Dirigente Ente Pubblico Giornalista Pubblicista e Sindacalista Dirigente Sindacale Funzionario internazionale 2 3 Organizzazione mondiale della Sanità – WHO Dirigente 12 Innovazione Italia/Sviluppo Italia presso Ministero per Esperto 45 Esperto 46 Esperto 47 Esperto 48 22 27 176 Esperto 49 Esperto 50 Esperto 51 Esperto 52 Esperto 53 Esperto 54 Esperto 55 Esperto 56 Esperto 57 Esperto 58 Esperto 59 Esperto 60 Esperto in Creazione e Sviluppo di PMI Rappresentante per l'Albania presso ONG Docente 28 Funzionario Internazionale Progettista sviluppo e consulente internazionale Funzionario Direttivo Direttore generale 21 Project Manager Analista Marketing Territoriale Ingegnere e Responsabile Ufficio IPI Sardegna Consulente in relazioni internazionali 10 6 Ricercatore universitario 2 l'Innovazione e le Tecnologie Ministero delle Attività Produttive 2 Lvia 35 4 Comunità Promozione e Sviluppo OCSE 15 • 2 Vis - Volontariato internazionale per lo sviluppo • Università degli studi di Pavia • Sinergie SRL Camera di Commercio di Caltanisetta • Musveur - Agenzia Sviluppo Locale & Sportello Europa • Formez • Comune di Mugnano del Cardinale Sviluppo Italia Basilicata Sviluppo Italia Molise 26 IPI - Istituto per la Promozione Industriale 3 • • Geosail Georgetown University • SLAM De Montfort University 177 • Esperto 61 Architetto e costruttore 46 Esperto 62 Addetto reggente 5 Esperto 63 Paralegale e Insegnante di Cultura e Lingua Italiana Financial adviser 12 Gianni Origoni Grippo e Partners 4 • 2 Esperto 68 Ricercatore e Insegnante Docente Universitario Direttore di una Società di consulenza Sindacalista Esperto 69 Esperto 70 Esperto 64 Esperto 65 Esperto 66 Esperto 67 Esperto 71 Esperto 72 Esperto 74 Esperto 74 12 Società italiana di beneficenza e assistenza • Associazione educativa Antonio Raimondi • C.G.I.E. Istituto italiano di cultura di Cracovia Business Club ItaliaLondra • Paris and Partner Keele University 8 Said Business School University di Oxford E.B.S. Consulting SRO 13 Patronato INCA CGIL Impiegato CCIA 5 Presidente Associazione per gli italiani all’estero Direttore Biblioteca di Ricerca Professore Universitario 3 Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Associazione Campani di Basilea 11 20 Medico angiologo 38 e ricercatore Traduttore 45 Pubblico, Giornalista, Coordinatore CERN - European Organiztion for Nuclear Research • Ministero per l'Insegnamento Superiore • Corriere Tunisi • Casa Editrice Finzi Istituto antartico Searrill srl • MCL - Movimento Cristiano Lavoratori • Radio - Programma Buongiorno 178 Esperto 75 Provinciale Patronato Sias, Rappresentante Mcl Insegnante in fonoaudiologia Presidente giunta dipartimentale dell'Italia • Esperto 76 Sociologo 41 Esperto 77 Ingegnere 37 Esperto 78 Professore di italiano Ricercatrice universitaria 38 Esperto 79 Esperto 80 Esperto 81 3 Docente 3 universitario, addetto scientifico Professore 5 Universitario Giunta dipartimentale di San Jose • Ospedale di San Jose - Associazione medica • ONG pro Vida Rural Brooklyn College di New York New York Power Authority Westchester Community College Harvard University Kennedy School of Government Istituto italiano di cultura di San Francisco Johns Hopkins University 179 180