Univerlang Grammatica INDICE Premessa 2 Genere 18 Alfabeto 3 Numero 20 Pronuncia 5 Sostantivi alterati 22 Accento 8 Sostantivi composti 23 Apostrofo 9 Omografia e omofonia 26 Maiuscola 10 Polisemia 27 Sigle 11 Metafora 29 Abbreviazioni (titoli referenziali) 12 Ambiguità sintattica 30 A capo 13 Sinonimi 30 Doppie 14 Nomi (di persona, di luogo, di opere dell’uomo) 31 Lessico 15 Opposti (contrari) 36 Sostantivo 17 Aggettivi geografici 37 Articolo 33 Comparativo 38 Aggettivo 34 Superlativo 40 Pronome 62 Comparativi e superlativi anomali 42 Verbo 78 Numerali 54 Avverbio 92 Pronomi allocutivi (“tu”o “lei”?) 65 Preposizione 94 Possessivi (pronomi e aggettivi) 66 Congiunzione 97 Dimostrativi (pronomi e aggettivi) 69 Esclamazione (interiezione) 98 Indefiniti (pronomi, aggett. e avverbi) 71 La proposizione e il periodo 99 Relativi (pronomi) 73 Il verbo generatore 100 Interrogativi (pronomi e aggettivi) 75 Esclamativi (pronomi e aggettivi) 77 Approfondimenti vai Attenzione! ogni voce del soprastante indice è un link; cliccandoci sopra si andrà in automatico al rispettivo capitolo. 2 Premessa Univerlang, la nuova lingua ausiliaria universale, ha certamente una missione “ambiziosa” e complessa.... pertanto dovrà, necessariamente, essere “umile” e semplice!!! Umile in quanto “lingua di servizio”….. secondaria e ausiliaria alle varie lingue nazionali. Univerlang è una lingua “pianificata”, frutto della ragione, e per questo basata sulla “universalità” dei concetti logici fondamentali: il concetto del genere, del numero, dell’opposto, etc.; univerlang è costruita con inedite "regole grammaticali” che, seppur funzionali ad una comunicazione semplice ed esente da ambiguità, penalizzano giocoforza lo stile e l'eleganza linguistica; in definitiva una “umile” (ma efficiente!) "lingua di servizio" che subentra alla propria lingua nazionale in ambito internazionale: per viaggiare, lavorare…… ma con un limite preciso: Univerlang non è una lingua letteraria! Poeti e scrittori continueranno a produrre nella loro “ricca” ed “elegante” lingua nazionale…. Circa la possibilità di traduzione dei capolavori della letteratura mondiale, univerlang non ha “assolutamente” tale ambizione... le grandi opere continueranno a vivere nelle traduzioni di ciascuna lingua “naturale” esistente. Lo ribadisco ancora una volta: univerlang è una lingua accessoria... semplice.... forse fin troppo semplice... tanto da far storcere probabilmente il naso ai linguisti più eminenti: univerlang di certo non esibisce un lessico ricercato e virtuosismi di stile... ma di sicuro adempie alla sua missione: far comunicare tra loro i cittadini del mondo!!! Univerlang è “semplice”: in quanto strumento di comunicazione a diffusione planetaria, tutti dovranno poter acquisire univerlang, il francese come l'argentino....l'olandese come il marocchino...l'astrofisico come il muratore...la casalinga come il manager... Nessuna preclusione e difficoltà di apprendimento per etnia linguistica o classe sociale: tutti, e ribadisco tutti, potranno imparare con facilità la nuova lingua che perciò sarà costruita su criteri di massima semplicità; la sua grammatica conta solo 19 regole, tutte ispirate alla logica e alla razionalità... le enuncerò man mano che svilupperò i vari argomenti; in questa premessa voglio però lanciare la prima regola univerlang, forse quella che più delle altre semplifica e agevola l'apprendimento di univerlang, la regola della regolarità, della logica e della semplicità (1): In univerlang non esistono irregolarità o eccezioni “illogiche”. L'eccezione può esistere, ma solo se razionale e funzionale alla semplificazione. Al bando quindi i verbi irregolari, i verbi difettivi, il plurale irregolare... e tutte le altre astrusità senza senso che, presenti nelle grammatiche di tutte le lingue naturali, rappresentano lo scoglio più arduo per gli studenti di tutto il mondo. Univerlang, in virtù della prima regola – e delle altre - risulta incredibilmente semplice: occorre davvero uno sforzo minimo per acquisirla ( 1 ora al giorno per 10 giorni); a tal fine vi invito a leggere ( non studiare!) le pagine successive riguardanti la grammatica per farvi un'idea sommaria di univerlang. Completata la lettura “veloce” della sezione “grammatica”, dovete passare allo studio della sezione “corso”, completata la quale sarete in grado di comunicare in univerlang con gli amici di tutto il mondo. Buon lavoro a tutti!!! 3 L' alfabeto Grafemi ( lettere ) Fonemi ( suoni ) Vocaboli con i suoni dell'alfabeto (le parole hanno un collegamento logico-sequenziale) a a a-mo b bi bi-cicletta c ci ci-na (sempre “dolce”) d di di-mensioni e e e-normi f fi fi-gli g ghi i i i-nsalata j gi gi-nocchio k chi chi-esa l li li-turgia m mi mi-stica n ni ni-cchia o o o-bitorio p pi pi-ramide r ri ri-poso s si si-lenzio t ti ti-mido u u u-mile v vi vi-rtuoso x xi xi-lografia z zi zi-ngaro ghi-otti (sempre “dura”) Univerlang è una lingua pianificata, frutto della ragione, costruita mettendo a frutto la “universalità” della “logica”, così da consentire una comunicazione internazionale senza ambiguità e soprattutto semplice; Chiarezza, semplicità e “logica”.... sono questi i pilastri portanti di univerlang! Il suo alfabeto – come del resto tutta la grammatica - è stato concepito con tali criteri; l'alfabeto d'origine è quello inglese, ridotto però nel numero delle lettere e soprattutto reso più chiaro e semplice nei suoni. 4 Le lettere dell'alfabeto univerlang sono 22 – come l’alfabeto dell’ebraico biblico……la Lingua di Adamo, l’idioma primordiale parlato dagli uomini prima della maledizione babelica e la conseguente “confusio linguarum”!!!; sono state eliminate, rispetto all'alfabeto inglese, le lettere w, h, y (in pratica aiutare la nostra memoria - le lettere della parola inglese why = perchè), e la lettera q. - per Il motivo della eliminazione di queste 4 lettere è presto detto: la lettera w (doppia v) è superflua in quanto esiste già la lettera v che pertanto la sostituisce; la lettera h perchè è “muta” – e quindi ininfluente – oppure è “aspirata”.....ma univerlang - la lingua della semplicità – bandisce i movimenti complessi dell'apparato fonatorio e designa il “talamo nuziale” come luogo esclusivo del suono aspirato......e sospirato! La lettera y perchè già esiste la lettera i che pertanto la sostituisce. La lettera q – sempre seguita, nei lemmi inglesi, dalla vocale “u” - perchè avente un suono “sovrapponibile” – o comunque assai vicino – alla lettera k; quest’ultima, pertanto, sostituisce la lettera “q” e la “u” che la segue; Ma oltre ad un numero ridotto di lettere, ciò che rende veramente “chiaro e semplice” l'alfabeto univerlang è la regola della biunivocità (2): Ad ogni lettera dell’alfabeto univerlang corrisponde un unico suono e viceversa Tale regola purtroppo non vale per le nostre lingue nazionali: tutte sono caratterizzate da una imperfetta corrispondenza suono/lettera; un caso paradigmatico, in inglese, e lo offre il suono [tu:] che può essere scritto in tre modi diversi, ognuno indicante una parola e un significato diversi: to= preposizione; two= numero 2; too= avverbio. Facile immaginare quali “equivoci” possano scaturire da una tale imperfezione grafo-fonetica e quale “sforzo” esiga l'apprendimento di suoni non sempre rispondenti alle lettere ma variabili da vocabolo a vocabolo – ad esempio: milk [milk]>latte; mind [maind]>mente. Univerlang supera questa difficoltà realizzando la perfetta corrispondenza: grafema (lettera) = fonema (suono); in questo modo si rende la comunicazione più chiara e libera da “ambiguità” e soprattutto si facilita “enormemente” l'apprendimento della nuova lingua, in quanto non ci si dovrà sforzare a memorizzare la pronuncia di migliaia di parole.....che fatica!!!! Basterà ricordare il suono delle 22 lettere univerlang (più quello delle combinazioni delle consonanti)...e il gioco è fatto!!!! In univerlang abbiamo ridotto “al minimo” il numero delle lettere e dei corrispondenti suoni in funzione della semplicità...non occorre perciò ricordare se la o è “chiusa” oppure “aperta”....o peggio se ha un suono intermedio tra la o e la e....in univerlang esiste un unico suono per la lettera o : quello di “o-ca” ( il suono, in univerlang, è sempre “aperto”); lo stesso discorso vale per tutte le altre lettere, siano esse vocali o consonanti: una lettera, un unico suono...e viceversa! Niente più, perciò, vocali allungate o accorciate (semivocali), consonanti dure o dolci..... Basta “arrovellarsi” il cervello per ricordare il suono di una lettera in un certo vocabolo…qualsiasi sia la parola, una determinata lettera ha sempre lo stesso suono! Con univerlang tutto è semplificato al massimo.....anche la pronuncia delle combinazioni delle consonanti - che enormi difficoltà crea in tutti gli studenti - in univerlang diventa un “gioco da ragazzi”!!! Nella prossima pagina, la tabella riassuntiva delle lettere dell' alfabeto univerlang (con relativa pronuncia) e, a seguire, la tabella delle possibili combinazioni delle consonanti (con relativa pronuncia). 5 La pronuncia - lettere dell'alfabeto 47H Grafemi ( lettere ) Fonemi ( suoni ) Vocaboli con i suoni dell'alfabeto a a a-mo b bi bi-cicletta c ci ci-na (sempre “dolce”) d di di-mensioni e e e-normi f fi fi-gli g ghi i i i-nsalata j gi gi-nocchio k chi chi-esa l li li-turgia m mi mi-stica n ni ni-cchia o o o-bitorio p pi pi-ramide r ri ri-poso s si si-lenzio t ti ti-mido u u u-mile v vi vi-rtuoso x xi xi-lografia z zi zi-ngaro (le parole sotto riportate hanno tra loro un “collegamento logico”; ciò potrebbe “facilitarne”, per chi lo volesse, la memorizzazione) ghi-otti (sempre “dura”) Come si può notare, per facilitare la memorizzazione, le consonanti dell'alfabeto univerlang si pronunciano tutte con la -i finale. Nella pagina successiva, la pronuncia delle varie combinazioni di lettere: 6 La pronuncia - gruppi di consonanti 48H Gruppi di lettere La pronuncia univerlang Gruppi di lettere La pronuncia bl bl-occare sf sf-ogliare br br-accio sfr sfr-atto dr dr-oga sg sg-onfiare fl fl-auto sgr sgr-adevole fr fr-atello sk sc-ala gl gl-oria sl sl-eale gn (ghi_ni): la prima i è “breve” sm sm-emorato gr gr-ande sn sn-ervante kl cl-onazione sp sp-alla kn (chi_ni):la prima i è “breve” spr spr-ofondare kr cr-iticare sr sr-adicare pl pl-urale st st-ella pr pr-ete str str-ada ps ps-icologia sv sv-egliare sb sb-attere tr tr-eno sc sc-eneggiato tv (ti_vi): la prima i è “breve” sd sd-ebitarsi vl (vi_li): la prima i è “breve” sdr sdr-ammatizzare vr (vi_ri): la prima i è “breve” Queste due tabelle (pag.3 e 4) sono un riferimento importante e tassativo per l'esatta pronuncia univerlang; per qualsiasi dubbio occorre consultarle: i suoni in esse riportati sono gli unici consentiti in univerlang....nessuna eccezione!!!! Voglio concludere questa sezione dedicata alla pronuncia con una considerazione che vuole essere una risposta ad una obiezione che molte persone mi hanno posto: “univerlang realizza la perfetta corrispondenza tra lettere e suoni (grafema/fonema)...nel senso che scrittura e pronuncia coincidono; ma in questo modo si favoriscono i parlanti l’italiano e si svantaggiano gli anglofoni....” Una tale obiezione – lanciata “maliziosamente” a sottintendere una presunta “parzialità” (essendo io siculo!-italofono-), non ha un minimo di fondamento....diciamo che è solo frutto di una analisi “affrettata”! In effetti univerlang ha un suo proprio alfabeto, assai differente da quello italiano: univerlang ha tre lettere in più ( j, k e x ), due in meno ( h, q ), la pronuncia di 7 tutte le consonanti con la i finale (bi, ci, di, fi, ghi, li, mi,....); in univerlang, ancora, la c ha un unico suono, quello dolce di “cina”...e mai quello duro di “cane”; inoltre in univerlang la c è sempre seguita da vocale (mai da una consonante – come vedremo in seguito, se nella parola d'origine inglese la c è seguita da consonante, nella parola derivata univerlang la c si trasforma in k -); la g invece, in univerlang, ha solo il suono duro di “gatto”...e mai quello dolce di “generoso”; e ancora, in univerlang gl ha un unico suono, quello duro di gl-oria (scompare il suono italiano dolce di e-gli), così come gn ha il suono [ghi-ni: la prima i breve] e mai il suono italiano di gn-omo. Non è quindi vero che per me – italiano - è tutto facile....se vorrò acquisire univerlang dovrò anch'io pur fare “un piccolo sforzo”....un piccolo sacrificio che è richiesto anche agli amici anglofoni che, per dirla tutta, in verità, sono quelli che dovranno fare lo “sforzo” minore : i vocaboli univerlang, infatti sono quelli inglesi (seppur sottoposti a sistematiche modificazioni in funzione di una grammatica logico-razionale); gli anglofoni, pertanto, saranno enormemente avvantaggiati circa l'acquisizione del lessico! Dovranno solo limitarsi ad attuare delle semplici modificazioni fonetiche ed ortografiche....non mi pare proprio sia uno sforzo “sconvolgente”… certamente uno sforzo minore rispetto a chi – i “non anglofoni” – dovranno memorizzare “ex novo” tutti i termini del dizionario univerlang; “non anglofobi”, comunque, anch’essi abbastanza facilitati dalla “familiarità” – se non altro, “sonora” - dei termini univerlang, in considerazione del fatto che derivano dal lessico di una lingua naturale – l’inglese, appunto – che attraverso i mass media ha raggiunto una diffusione planetaria che non ha precedenti nella storia! Per concludere, univerlang offre ai “cittadini del mondo” la possibilità di comunicare universalmente, con semplicità e chiarezza...non pensate che questo, che è stato il sogno da sempre dell'umanità, valga la pena di un “piccolo sacrificio”…………………. ……..da parte di tutti – anglofoni compresi -?!?!?! 8 L' accento 49H L'accento è un fenomeno fonetico che comporta l'intensificazione dell'emissione di voce su una data vocale della parola; nelle varie lingue naturali – con rare eccezioni esistono due specie di accenti: l'accento tonico (solo fonetico, senza il corrispettivo grafico) e l'accento grafico (quello con il corrispettivo grafico). Detto così sembra abbastanza semplice! Ma siamo sinceri...chi di noi non si è mai bloccato “dubbioso” dovendo pronunciare “edile” oppure “persuadere”???? IL dizionario italiano indica edìle e persuadère....ma non si può certo andare in giro col vocabolario!!! In inglese le cose vanno ancora peggio perchè mentre in italiano la maggior parte dei vocaboli hanno l'accento tonico sulla penultima sillaba (cavàllo, amàre), in inglese esiste una “imbarazzante” mobilità dell'accento tonico che obbliga lo studente a uno sforzo di memorizzazione non indifferente; per esempio: lòve>amore; elèction>elezione; generòsity>generosità......come si vede l'accento tonico può cadere sulla prima sillaba, sulla seconda, oppure sulla terza! Davvero complicato ricordarlo, anche perchè non esiste una regola precisa...occorre esclusivamente affidarsi alla memoria!!! Univerlang, la lingua amica delle persone con memoria “debole”, enormemente le cose con la regola dell'accento tonico “fisso” (3): ci facilita In univerlang l'accento tonico - quello cioè che non si segna graficamente - cade sempre sulla prima vocale Esistono “solo” due eccezioni (funzionali alla semplificazione): 1) i nomi e cognomi di persona – esempi: frànko leòne; jòrj bùsc; mònika bellùcci -; 2) le parole “straniere” importate – in pratica tutti quei termini originari di un dato paese che hanno una diffusione planetaria o che comunque sono “strettamente” legate al territorio; rientrano in questa categoria i nomi geografici, i nomi di monumenti ed opere d’arte, i termini eno-gastronomici, i nomi di società ed imprese; – esempi: tureiffèl; pìzza; pàsta; parì; niuiòrk; giòconda; ròma; màikrosoft; manàttan; milàno; l' accento, come si vede, può cadere in qualsiasi posizione – in conformità alla pronuncia del paese d'origine – ed inoltre l' accento sarà grafico, cioè è obbligatorio segnarlo graficamente. Circa la grafica dell'accento, univerlang semplifica ulteriormente eliminando la distinzione tra “accento grave” (indica vocale con suono aperto: è) e “accento acuto” (indica vocale con suono chiuso: è); in tal modo ci eviteremo l' imbarazzo di dover scegliere se orientare il trattino dell'accento a destra o a sinistra e soprattutto ci risparmieremo le acrobazie labio-palato-linguali necessarie per pronunciare una vocale aperta oppure chiusa; parliamo di raffinatezze linguistiche che univerlang, la lingua della essenzialità, non può e non vuole avere! Possiamo segnare l'accento grafico come più ci piace....orientato a destra o a sinistra: in ogni caso il suono della vocale sarà sempre “aperto”. 9 L' apostrofo 50H “Un uomo si scrive con l'apostrofo o senza???” “Buon anno, oppure buon' anno??? “Un po', oppure un po ???” Chi non ha mai avuto un tale dubbio “scagli la prima pietra!!! Questo in italiano... nelle altre lingue nazionali le cose non vanno meglio; in inglese, ad esempio, la contrazione di “do not”, sarà “don't” oppure “do'nt”??? Insomma, l' apostrofo, che in teoria dovrebbe servire a snellire la scrittura e la pronuncia, nella pratica finisce per complicare le cose rendendo più difficile l' apprendimento di una lingua....potessimo farne a meno!!!??? Univerlang accoglie l'invito e detta la regola dell'apostrofo “collante” (4): In univerlang le parole vanno sempre scritte e pronunciate nella loro interezza – sono aboliti il l’apostrofo univerlang svolge , come vedremo, solo una funzione di collante” in particolari “figure grammaticali” – sostantivi composti, aggettivi geografici, aggettivi numerali, parole derivate– troncamento, la elisione e la contrazione -; Alcuni esempi: vek’enden [vèk-ènden] (fine settimana); bed’romen [bèd-ròmen](stanza da letto); nat’itàlia manom [nàt-itàlia mànom] (uomo italiano); nat’itàlia manof [nàt-itàlia mànof] (donna italiana); dov’froi [dòv-fròi] (24); frov’fivi [fròv-fìvi] (45); Esistono “solo” 5 eccezioni alla suddetta regola (funzionali alla semplificazione): 1) i “contrari” (o opposti) – esempio: op’strongi (debole) - pag.37 -; 2) i “sostantivi composti” – esempio: oliv’treon (albero di olive) – pag.23 -; 3) gli “aggettivi geografici” – esempio: fro’itàlia (italiano) - pag.39 -; 4) gli “ordinali femminili” in cifre arabe – esempio: 2’ (seconda) – pag.60 -. 5) i “tempi” passato e futuro indicativo – esempio: i p’lovel (io amai) – pag.82 - 10 La maiuscola 51H Univerlang detta una regola molto “sbrigativa” e “democratica”, ma soprattutto di “reverenza” assoluta a Dio; è la regola della maiuscola religiosa (5): La maiuscola è dovuta solo a Dio, ai Fondatori delle Religioni, ai Profeti, ai Santi, e ancora ai Libri, ai Luoghi e alle Istituzioni Sacre Per tutto il resto si userà sempre la minuscola, perfino all'inizio di un periodo o dopo il punto. Risulta evidente il risvolto “pratico” della suddetta regola: niente più incertezze nello scrivere “presidente” o “ministro”.... Per non contare il fatto che riservando la maiuscola a Dio, ai suoi Messaggeri ai suoi Libri Sacri e scrivendo tutto il resto minuscolo – compresi i nomi di persona - acquisteremo velocità sulla tastiera del computer in quanto eviteremo la “battuta” del tasto “maiuscolo”. Tanto per cominciare a “farci l'occhio”, da questo punto in avanti scriverò applicando questa regola. in questo modo sarò di certo più rapido sulla tastiera!!!! curiosità! Dio in univerlang è tradotto Elu (Dio); ciò in onore dell’ebraico biblico, in considerazione del fatto che “El” (Dio) è stata la prima parola pronunciata da Adamo – in ebraico nel rivolgersi al Creatore; adottando la radice “El” della primordiale “lingua adamica” - tra l’altro per tradurre il più sacro dei lemmi (Dio, appunto) – univerlang, idealmente, si propone quale erede dell’ebraico antico ed aspira, in tal senso, a realizzare un antico sogno dell’uomo…la ricostituzione della primordiale “unità linguistica” perduta dall’umanità in ragione del castigo babelico! curiosità! l’alfabeto univerlang conta 22 lettere….. proprio come l’alfabeto ebraico! La desinenza “u”, nella parola “Elu”, è assolutamente “inedita” in univerlang; la incontriamo “esclusivamente” in questo sacro lemma!!! Come vedremo in seguito, nelle altre parole univerlang avremo altre desinenze (o suffissi): “o” per i sostantivi maschili, “of” per i sostantivi femminili, “on” per i sostantivi neutri, “i” per gli aggettivi, etc. La desinenza “u” posta come unica “eccezione” vuole essere la evidente sottolineatura della “unicità” di Dio; ma la “u” è anche la iniziale di “Ur” la città biblica patria del patriarca Abramo, ed è anche la inziale della parola tedesca “urheimat” che indica la regione protostorica patria originaria degli indoeuropei, popolazione che intorno al 3000 – 2000 a.C. da quella “originaria” regione migrò in tutta l’Eurasia; l’ idioma di quella popolazione, l’ indoeuropeo appunto, è considerato da molti illustri studiosi la “lingua primordiale”, l’ idioma originario da cui sono derivate le molteplici lingue naturali; ebbene “univerlang” con la sua “iniziale” vuole rendere onore a “Ur”, la città natale di Abramo, padre di “tutte le genti”, e a “Urheimat”, la patria della lingua indoeuropea, l’ idioma progenitore da cui discendono la maggior parte delle lingue esistenti…… fino ad univerlang che proponendosi quale lingua ausiliare universale “ricostituisce” la protostorica unità linguistica dell’umanità!!!! 11 le sigle 52H le sigle, dette anche “acronimi”, sono delle parole atipiche formate dalle iniziali di vocaboli che insieme formano il titolo (denominazione) di un ente, un'associazione o anche un breve messaggio (s.o.s. = “save our souls” = salvate le nostre anime). le sigle sono ampiamente usate in tutte le lingue nazionali in considerazione della loro intrinseca capacità di sintesi e praticità d'uso; purtroppo esiste l'altra faccia della medaglia....spesso una stessa sigla può variare da una lingua ad un'altra: cambia l'ordine delle lettere o addirittura differiscono in una o più lettere. per non contare la difficoltà che possono porre le sigle “non troppo famose”, quelle cioè che, se non si è un “addetto ai lavori”, ti lasciano di stucco e ti mandano a dormire col dubbio (a.r.p.a. ......cosa sarà mai??? - solo un ambientalista, forse, saprà che è l'agenzia regionale per la prevenzione dell'ambiente); insomma, le sigle nascono per snellire la comunicazione ( scritta e orale), ma se mal impiegate (cioè senza tener conto dell'interlocutore) possono generare incomprensione e ambiguità. univerlang pone un argine a tale evenienza con la regola delle sigle universali (6): in univerlang è consentito “esclusivamente” l'uso di sigle “universalmente conosciute” e di rilevanza internazionale; è d'obbligo la lettera minuscola, il punto dopo ogni lettera e il doppio punto a fine periodo per fare qualche esempio: o.n.u.. n.a.t.o.. u.e.. ....... ma per tutte le altre sigle - quelle che non godono di “fama mondiale” – e che pertanto si deve usare la denominazione completa a costo di essere più “lunghi”....la chiarezza della comunicazione ha sempre la precedenza!!! potrebbero non essere decodificate dal nostro interlocutore – n.b.: naturalmente per le sigle che si riferiscono alla sfera della Religione varrà la “regola della maiuscola religiosa” (5); pertanto si avrà ad esempio: d.C. (dopo Cristo); a.C. (avanti Cristo). 12 le abbreviazioni 53H come si scrive l'abbreviazione di “pregiatissimo” oppure di “illustrissimo”??? chi di noi, nell'iniziare a scrivere una lettera ad una “personalità”, non si è soffermato, col naso in aria, colto dal dubbio???? mai univerlang, la lingua che cancella i dubbi, ci solleva da simili imbarazzi e introduce la regola dell'abolizione delle abbreviazioni (7): in univerlang sono abolite le abbreviazioni; le parole vanno, pertanto, tutte scritte per intero nelle varie lingue nazionali, la maggior parte delle abbreviazioni è riferita al titolo professionale-referenziale (dott., ing., ...). per la suddetta regola (7), in univerlang questi titoli andranno scritti nella loro “interezza” e comunque usati solo se “contestualizzati”, cioè se il contesto, la circostanza del discorso ne giustificano l'uso; esempio: se stiamo parlando dell'attività svolta in sala operatoria da un certo signor rossi, indicheremo quest'ultimo “dottor rossi” – stesso discorso vale per la sua targa professionale o la carta intestata; se però parliamo di una partecipazione della stessa persona ad una riunione di condominio, lo indicheremo come “signor rossi”. quanto sopra per soddisfare la 8’ regola univerlang, la regola democratica (8): in univerlang tutte la persone hanno pari dignità e vanno identificate col titolo di “signore/a”; gli eventuali titoli professionali-referenziali sono usati solo se “contestualizzati”. curiosità! la traduzione univerlang di “signore” è la seguente: mistom (signore); mistomes (signori); mistof (signora); mistofes (signore); curiosità! la traduzione univerlang di “dottore” – dotato di laurea (in generale) - è la seguente: doktom (dottore); doktof (dottoressa); doktomes (dottori); doktofes (dottoresse); attenzione! la traduzione univerlang di “dottore-medico” è la seguente: medom (dottore-medico); medof (dottoressa-medico); medomes (dottori-medico); medofes (dottoresse-medico); 13 a capo 54H come si spezza la parola “poeta” quando si è al margine del foglio e si vuole andare a capo??? quante volte ci siamo fermati, giunti al margine destro del nostro foglio, incerti sul da farsi???!!! per andare correttamente a capo occorre dividere in sillabe la parola....sembra semplice, ma non lo è affatto!!! esistono un'infinità di regole ed eccezioni...un vero “rompicapo”!!! come al solito ci soccorre univerlang, la lingua della semplificazione, che detta la regola del “tutto a capo” (9): in univerlang, nell'andare a capo, la parola non si spezza mai...la si riporta per intero a capo in pratica univerlang prende a prestito il metodo del programma di scrittura per computer “microsoft office word”: il software appena si rende conto che la parola non trova spazio alla fine del rigo, la riporta “per intero” al rigo successivo; ebbene, lo stesso faremo noi quando useremo penna o matita nello scrivere in univerlang. 14 le doppie 5H io sono molto inteliggente...sono anche molto sagio...e anche molto ignorante, direte giustamente voi!!!! scherzi a parte, sarete d'accordo con me sul fatto che le doppie sono un gran problema!!! l'incertezza ci assale spesso sulle parole d'uso non ordinario...a volte anche su quelle comuni!!! in inglese la situazione è ancora più “complessa” in quanto, riguardo alle doppie, l'ortografia non è mai coincidente con la fonetica così da trarci spesso in inganno (esempio: “office” si pronuncia senza la doppia f; lo stesso vale per “pudding”, etc.). anche nelle altre lingue naturali le doppie lettere creano spesso imbarazzo ed incertezza.... ma univerlang, la lingua della certezza, risolve alla radice il problema con la regola della unicità delle lettere (10): in univerlang non esistono le doppie esistono “solo” 3 eccezioni (come sempre funzionali alla semplificazione): 1. “nomi di persona” 2. “nomi geografici” 3. “opere dell’uomo” (nome proprio, cognome, soprannome, pseudonimo); (fiumi, monti, città, nazioni, etc.); (monumenti, opere d'arte, specialità gastronomiche, aziende, etc.). esempi: àlbert àinstain, sìlvio berluskòni, mònika bellùcci, jòrj bùsc, fransuà mitteràn, bìl klìnton, tòm krùis, spàidermen, sùpermen, frànko leòne, mèri pappalàrdo, ròma, milàno, parì, niuiòrk, itàlia, iù.es.ei. (u.s.a.), pàsta, pìzza, risòtto àlla milanèse, ambòger, kolossèo, tureiffèl, jokònda, pietà di mikelànjelo, daunjòn (palazzo della borsa u.s.a.), ferràri, màikrosoft (azienda informatica), uìndous (sistema operativo informatico), etc. importante! univerlang - sempre allo scopo di “snellire” ortografia e “fonetica” -, nella formazione delle sue parole dai corrispondenti termini inglesi – vedi paragrafo successivo -, abolisce la “sequenza” di due o tre “vocali”; univerlang mantiene infatti “solo” la prima vocale; esempi: air – sostantivo inglese meat – sostantivo inglese fruit – sostantivo inglese bread – sostantivo inglese - > > > > aren – in univerlang - (aria); meten – in univerlang - (carne); fruten – in univerlang - (frutto); breden – in univerlang - (pane); stesso ragionamento vale per il gruppo consonantico inglese “ght”….in univerlang è mantenuta “solo” l’ ultima consonante, cioè la t – il gruppo consonantico “gh” in univerlang è soppresso -; esempi: night – sostantivo inglese fight – sostantivo inglese - > > niten fiten (notte); – in univerlang - (lotta). – in univerlang - 15 il lessico 56H il lessico è il complesso dei vocaboli che costituiscono una lingua. le moderne lingue nazionali hanno attinto, per costruire il loro lessico, dalle lingue del passato (latino, greco, etc.) oppure da lingue attuali di altri paesi (“sport”, “bar” – parole inglesi usate anche in italiano -). l'apprendimento del lessico di una lingua straniera richiede uno sforzo di memoria non indifferente, sia perchè richiede la memorizzazione di parole del tutto nuove ed estranee, sia perchè le regole grammaticali di tutte le lingue naturali esistenti sono gravate da un'infinità di eccezioni “illogiche”. un esempio per tutti: “mano”, “occhio”, “naso”.....il loro plurale si costruisce con la “i” finale...”mani”, “occhi”, “orecchi”; purtroppo questa semplice regola (che renderebbe semplice – se applicata con sistematicità la vita di chi vuole imparare l'italiano) non vale per tutti i sostantivi.....si avrà ad esempio “uomo” > “uomini” – e non “uomi” -, con evidente difficoltà nell’ acquisizione della lingua. univerlang, nella costruzione del suo lessico, pone un'attenzione particolare alla semplificazione dell'apprendimento e, pertanto, si serve di regole razionali e logiche ma sopratutto ricorre alla eccezione “solo” se questa è funzionale alla semplificazione ( vedi “regola della regolarità” – pag.2 ). “univerlang” è un neologismo che nasce dalla “contrazione-fusione” di due parole inglesi: “universal” (universale) e “language” (lingua); tale scelta non è stata casuale...la lingua “naturale” da cui origina univerlang è, per l'appunto, l'inglese (un po' come italiano, francese, etc. sono derivate dal latino); un riconoscimento dovuto alla lingua nazionale oggi più diffusa nel mondo; ma anche una scelta “funzionale”: una lingua costruita artificialmente con una grammatica semplice e razionale e, tuttavia, realisticamente ancorata al modello dell'idioma esistente di maggior diffusione nel pianeta (l'inglese, appunto), farà si che il suo apprendimento sarà enormemente agevolato; oggigiorno parole e frasi come “beautifull”, “I love you”, “no comment”, “very good”, “week-end”, etc., grazie alla cinematografia internazionale, alla televisione, ad internet, sono conosciuti e divenuti “familiari” in tutti i paesi del mondo; ne consegue che univerlang, che costruisce il proprio lessico prendendo in “prestito” i vocaboli inglesi (sottoponendoli, però, a “deformazioni” sistematiche, “funzionali” alla semplificazione grammaticale), risulterà di facile ed immediato apprendimento...basterà ricordare il termine inglese (chi non lo conosce lo avrà, almeno una volta, di certo sentito come “suono”), apportare la modifica prevista dalla “grammatica univerlang”...e il gioco è fatto! univerlang, quindi, lingua ausiliaria pianificata, nella costruzione del suo lessico si avvale della seguente regola dell'origine inglese (11): la lingua d'origine di univerlang è l'inglese attenzione! una obiezione immediata, spontanea, che spesso mi è stata fatta è la seguente: “visto che la lingua d’origine è l’inglese, univerlang può essere appresa solo da chi conosce l’inglese”….ASSOLUTAMENTE NO! tutti possono imparare univerlang, anche chi non conosce una parola di inglese! ovviamente chi padroneggia la lingua inglese è “leggermente” favorito, nel senso che sarà agevolato nel processo di memorizzazione delle nuove parole univerlang, ma ciò non esclude 16 che chiunque può imparare univerlang; è come se un italiano decidesse di imparare il tedesco…. sono termini, quelli tedeschi, del tutto estranei e astrusi, eppure tantissimi italiani riescono ad imparare la lingua tedesca!; pertanto, caro studente, nessun timore…..anche se non conosci l’inglese, nessun problema! anche tu, in soli 10 giorni, riuscirai ad imparare univerlang! adesso vedremo come univerlang, ricorrendo ad inedite regole grammaticali, adotta un numero di “radici” - le unità di base del lessico - ridottissimo (per minimizzare lo sforzo mnemonico) e ottimizza la costruzione del lessico grazie all'uso razionale di “desinenze”, “prefissi”, “suffissi” e “parole composte”. prima di entrare nel merito però può risultare utile chiarire il significato dei termini sopramenzionati; la radice è la parte essenziale e invariabile di una parola (fior-e); le radici sono i “mattoni” con cui si costruiscono tutti i vocaboli (aggiungendo desinenze, suffissi, etc.). la parte mutabile (fior-e) si chiama desinenza, che nei nomi, aggettivi e pronomi della lingua italiana indica il “genere” (maschile o femminile: bell-o, bell-a) e il “numero” (singolare o plurale: fior-e, fior-i), nei verbi la “persona”', il “tempo” o il “modo” (io am-o, tu am-i, egli ama; io am-ai, tu am-asti, egli am-ò; am-are). le parole formate dalla radice e dalla desinenza si dicono parole primitive. il suffisso è l' elemento che messo dopo la radice (e prima della desinenza) modifica il significato della parola primitiva e crea pertanto un nuovo vocabolo - parola derivata -; ne costituisce un esempio la parola “fior-itur-a”, dove fior- è la radice, -itur- il suffisso, -a la desinenza. il prefisso è l'elemento che messo prima della radice modifica il significato della parola primitiva e crea pertanto un nuovo vocabolo - parola derivata -; ne costituisce un esempio la parola “pre-ved-ere”, dove pre- è il prefisso, -ved- la radice, -ere la desinenza. la parola composta è un vocabolo autonomo ( con un suo specifico significato) che nasce dalla unione ( spesso con “contrazione”) di due parole primitive. un esempio: “capostazione”, cioè il responsabile delle attività di una stazione ferroviaria, è un vocabolo formato da due parole distinte, ognuna con un suo significato, “capo” e “stazione”. univerlang, come già detto, ottimizzando al massimo l'uso degli elementi grammaticali sopramenzionati, grazie ad un numero ridottissimo di radici, costruisce un lessico agile, divertente, intuitivo e soprattutto facile da imparare e ricordare! adesso non rimane che passare alla descrizione della “struttura” delle parole univerlang; per fare ciò occorre ricordare che nel lessico di ogni lingua si distinguono 9 classi distinte di parole: sostantivi, verbi, aggettivi, pronomi, articoli, avverbi, preposizioni, congiunzioni, esclamazioni. ad ognuna di queste 9 classi sarà dedicato un apposito capitolo. concludo ribadendo che la “base” di tutte le parole univerlang (o quasi...esistono infatti numerosi neologismi univerlang) sono i corrispondenti termini inglesi, modificati nell'ortografia e nella fonetica secondo precisi criteri di logica e semplificazione; la natura e la ratio di tali “modifiche” saranno descritte nei prossimi capitoli. 17 il sostantivo 57H i sostantivi sono parole che indicano persone, animali, esseri del mondo vegetale, e cose – concrete e astratte -. sono sostantivi vocaboli come cane, pittore, infermiere, paura, amore, nazione, etc. univerlang - come meglio specificato nel successivo capitolo sul “genere” dei sostantivi -, si riappropria del “genere biologico” (sessuale), reintroducendo – accanto al maschile e al femminile – il genere neutro e, come vedremo, introducendo una “invenzione grammaticale” (genere paritario); in tal senso, univerlang privilegia la “logica”, e riprende la tradizione del latino e delle altre lingue antiche; il genere neutro, infatti, è scomparso via via in quasi tutte le lingue moderne; in tali lingue tra l’altro le parole hanno assunto “disordinatamente” e senza alcun regola – con ricadute negative sull’apprendimento – la desinenza maschile o femminile, acquisendo così un “genere grammaticale”, disgiunto da quello “biologico”, e per tale motivo assai difficile da ricordare; univerlang, però, reintroducendo il “neutro”, ha inteso rimediare a tale “buco”, sempre in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione; univerlang fa derivare i suoi sostantivi dai corrispettivi termini inglesi “opportunamente” e “funzionalmente” modificati secondo semplici ed intuitive regole; esempi: attenzione! sulla “sinistra” è indicata la parola inglese, in “grassetto” il vocabolo univerlang, entro le “parentesi quadre” la pronuncia univerlang, e tra le “parentesi tonde” la traduzione italiana. milk > milken [mìlken] (latte) – si “aggiunge” la desinenza – en al termine inglese che termina per consonante -;; apple – la doppia “p” è soppressa - > aple > aplen termine inglese, quando questo termina appunto per vocale -; [àplen] (mela) - si “sostituisce” la desinenza – en all’ ultima vocale del day > daen [dàen] (giorno); attenzione! la metodica appena descritta (formazione dei lemmi univerlang dai corrispondenti lemmi inglesi) è stata qui riportata al solo scopo di soddisfare la eventuale “curiosità” del lettore…. la suddetta metodica “non” ha nessuna valenza didattica! pertanto, lo studente, per apprendere univerlang, non deve applicarla!! lo studente deve imparare “direttamente” i vocaboli univerlang… chi conosce l’inglese, non deve assolutamente ricorrere alla suddetta metodica (risalire, cioè, dal lemma inglese al termine univerlang), perché ciò comporterebbe un eccessivo rallentamento dei processi di apprendimento e, soprattutto, originerebbe “grossolani” errori, dal momento che la metodica in oggetto prevede numerose eccezioni funzionali alla semplificazione morfologica e fonologica. 18 genere 58H genere paritario – genere maschile – genere femminile – genere neutro nelle moderne lingue nazionali il genere dei sostantivi è quanto mai “irrazionale”, e spesso non legato al “genere fisiologico” – sesso biologico (maschio e femmina) -; basti pensare che la parola “mare” in italiano è maschile, in francese è femminile, in tedesco è neutro – l'inglese, invece, non possiede il “genere” -; ma a parte la irrazionalità, il genere dei sostantivi è gravato da regole complicate ed un'infinità di eccezioni; in italiano, ad esempio: “figli-o” > “figli-a”, cioè il femminile si ottiene con la desinenza -a; lo stesso dicasi per “ragazz-o” > “ragazz-a”; ma purtroppo non è sempre così: “marit-o” al femminile non fa “marit-a”, bensì “moglie”, cioè un sostantivo “indipendente” con una radice del tutto diversa; sempre in italiano esistono, inoltre, sostantivi “comuni”, cioè con una forma comune per il maschile e il femminile: “parente”, “artista”, “volpe”, etc. piuttosto complicato, non vi pare???!!! in inglese, essendo stato abolito il “genere” - non esistono pertanto le “desinenze” di genere -, le cose vanno un po' meglio....ma esiste comunque un certo grado di difficoltà: “dog” (cane) ha il suo corrispettivo femminile in “bitch” (cagna), cioè un sostantivo indipendente; lo stesso dicasi per “actor” (attore) > “actress” (attrice); risulta evidente lo “sforzo” – per chi vuole acquisire la lingua - nel dover memorizzare due termini diversi!!! inoltre, sempre per quanto riguarda l’inglese, avremo che “cat” (gatto/gatta) è un sostantivo “comune”, cioè non esiste un sostantivo per il genere femminile; lo stesso vale per “doctor” (dottore/dottoressa); e si potrebbe continuare con numerosi altri esempi ed ulteriori eccezioni....che fatica per gli studenti!!!! nelle attuali lingue nazionali, inoltre, ricorre un palese “maschilismo” linguistico che è spia di discriminazioni sociali nei confronti delle donne….discriminazioni nella famiglia, nel lavoro, nella politica; e ciò avviene in tutto il mondo……. anche nelle, cosiddette, più moderne “democrazie occidentali”!!!!! in lingua italiana (ma vale anche per le altre lingue etniche), si scrive ad esempio: “i diritti dell'uomo”, “l'ingegno dell'uomo”, “il corpo dell'uomo”, etc.... sono queste palesi frasi “sessiste” e discriminatorie, come se la donna appartenesse ad un'altra specie...magari deprivata di “ingegno e diritti” !!!??? certo, le donne subiscono ben più gravi discriminazioni (in famiglia, nel lavoro, etc.), ma l'aspetto linguistico non va sottovalutato perchè frasi “maschiliste” come quelle citate instillano subdolamente l'idea di una presunta superiorità dell'uomo; pertanto sono convinto che la “pari dignità linguistica” sia un passo fondamentale sulla via della uguaglianza uomodonna, condizione sociale, questa, indispensabile per una umanità armoniosa e giusta, capace di raggiungere un grado di civiltà e progresso ad oggi inimmaginabile!!! 19 univerlang, alla luce delle suddette argomentazioni,mette al bando ogni forma di “maschilismo linguistico” e detta la regola della parità linguistico-sociale dei sessi (12): La pari dignità sociale uomo-donna comincia dalla pari dignità linguistica In ottemperanza al suddetto principio (12), univerlang opera una inedita ed originale “invenzione grammaticale” affiancando ai tradizionali tre generi (maschile, femminile e neutro) un quarto, inedito, genere grammaticale: il genere paritario (genere della pari dignità dei sessi) – provvisto di una specifica desinenza, distinta dalle altre tre ( e che vedremo a breve) -; tale genere è usato allorché vogliamo riferirci a una persona (o animale) in quanto “specie”, senza specificarne il sesso biologico perché ininfluente nel contesto; alcuni esempi d’uso del genere paritario: “gli uomini sono animali dotati di intelletto”; “i gatti sono animali dotati di agilità”; “il cane è il più fedele amico dell’ uomo”; ma entriamo adesso nel vivo della “grammatica del genere” univerlang: per prima cosa univerlang distingue due grandi classi di sostantivi: 1) sostantivi indicanti entità provviste di sesso biologico, maschile o femminile (persone e animali); 2) sostantivi indicanti entità non provviste di sesso biologico, cioè “neutre” (esseri vegetali –piante o frutti - e cose –concrete o astratte -); operata tale divisione, univerlang fissa la rigida corrispondenza tra “sesso biologico” – maschio e femmina - e “genere grammaticale” – desinenza maschile e desinenza femminile -; in pratica, gli “esseri” dotati di “apparato sessuale maschile” saranno espressi da un sostantivo di genere grammaticale maschile > desinenza maschile; gli “esseri” dotati di “apparato sessuale femminile” saranno espressi da un sostantivo di genere grammaticale femminile > desinenza femminile; le “entità” prive di “apparato sessuale” – vegetali (piante o frutti) e cose (concrete o astratte) - saranno espresse da un sostantivo di genere grammaticale neutro > desinenza neutra; si capisce bene come con un tale “ordine logico” sia molto più semplice apprendere i vocaboli univerlang….in pratica, non si potrà mai sbagliare, in univerlang, una desinenza di “genere”: è sufficiente stabilire il sesso della persona (o animale) cui si riferisce il sostantivo e, in conseguenza, assegnarli la corrispondente “desinenza di genere” – che vedremo, nello specifico, tra poco -; ma univerlang, come già accennato, non semplifica soltanto….va ben oltre! si spinge a sancire un principio di alto profilo etico e sociale: la pari dignità dei sessi – a cominciare dalla linguistica! -; dopo questa ampia - ma necessaria – premessa, vediamo nello specifico quali sono i “generi” univerlang 20 enunciando la regola dei 4 generi grammaticali (13): le “entità sessuate” in quanto “specie” (o comunque di cui non si vuole specificare il sesso) hanno il genere paritario > desinenza -o; le “entità sessuate” di sesso femminile hanno il genere femminile > desinenza -of; le “entità sessuate” di sesso maschile hanno il genere maschile > desinenza -om; le “entità non sessuate” (mondo degli esseri vegetali e cose), non avendo “sesso”, hanno il genere neutro > desinenza -en; Attenzione! come criterio mnemo-tecnico (metodo di memorizzazione), si potrà procedere nel seguente modo: la desinenza del genere paritario (-o), può essere “collegata”, vista la forma della vocale “o”, ad un anello; considerando poi che l’anello è il simbolo del matrimonio, istituzione in cui uomo e donna si uniscono in amore, rispetto e, soprattutto nella parità dei diritti e doveri, il gioco è fatto! la desinenza del genere femminile (-of), può facilmente essere ricordata…..basta “attaccare” la f (iniziale di femminile; in inglese feminine) alla o del precedente genere ( *genere paritario)”; la desinenza del genere maschile (-om), può facilmente essere ricordata…..basta “attaccare” la m (iniziale di maschile; in inglese masculine) alla o del *genere paritario)”; circa la desinenza del genere neutro (-en), la vocale e può essere “collegata” alla iniziale della parola elettronica (in inglese electronics)…questa caratterizza la nostra epoca riempiendo la nostra vita di oggetti “neutri” (che non hanno cioè sesso!); per quanto riguarda la n, questa è facile da ricordare in quanto iniziale della parola neutro (in inglese neuter). per quanto riguarda la formazione dei sostantivi univerlang, in base alla regola 11 (regola dell’origine inglese), si procederà secondo le seguenti modalità: le 4 desinenze di genere (-o, -of , -om, qualora questo termini per consonante; -en ) sono aggiunte al corrispondente vocabolo inglese le 4 desinenze di genere (-o, -of , -om, -en ) sono sostituite all’ultima vocale del corrispondente vocabolo inglese qualora questo termini appunto per vocale. esempi: dog > dog-o [dògom ] (cane, in quanto specie, o comunque senza specificazione del sesso) – si aggiunge la desinenza – om alla parola inglese che termina per consonante -; dog > dog-om [dògom] (cane maschio) – si aggiunge la desinenza – om alla parola inglese che termina per consonante -; boy > bo-om (si sopprime la doppia “o”) > b-om [bòm] (ragazzo, sesso maschile) – si sostituisce la desinenza –om all’ultima vocale del termine inglese che termina appunto per vocale; man > man-o [màno] (uomo, in quanto specie) – si aggiunge la desinenza – o alla parola inglese che termina per consonante -; man > man-of [mànof] (donna) – si aggiunge la desinenza – of alla parola inglese che termina per consonante -; car > car-en [ciàren] (automobile) – si aggiunge la desinenza – en al termine inglese che termina per consonante -; apple > aple > apl-en [àplen] (mela) - si sostituisce la desinenza –en all’ultima vocale del termine inglese che termina appunto per vocale; attenzione! la metodica appena descritta (formazione dei lemmi univerlang dai corrispondenti lemmi inglesi) è stata qui riportata al solo scopo di soddisfare la eventuale “curiosità” del lettore….la suddetta metodica “non” ha nessuna valenza didattica! pertanto, lo studente, per apprendere univerlang, non deve applicarla!! deve imparare “direttamente” i vocaboli univerlang… chi conosce l’inglese, non deve assolutamente ricorrere alla suddetta metodica (risalire, cioè, dal lemma inglese al termine univerlang), perché ciò comporterebbe un eccessivo rallentamento dei processi di apprendimento e, soprattutto, originerebbe “grossolani” errori, dal momento che la metodica in oggetto prevede numerose eccezioni funzionali alla semplificazione morfologica e fonologica. 21 alcuni esempi di sostantivi univerlang: dogo (cane, come specie) > dogof (cagna) > dogom (cane, bo (ragazzo, come specie) > bof (ragazza) > bom (ragazzo, sesso maschile); sesso maschile); mano (uomo, come specie) > manof (donna) > manom (uomo, caren – neutro – [ciàren] (automobile); aplen – neutro – (mela); fruten – neutro – sesso maschile); (frutto); tren – neutro – (albero); concludo il capitolo con un breve riferimento al termine “signorina”; univerlang, naturalmente, coerentemente alla già citata regola della parità dei sessi (12), abolisce tale vocabolo perchè palesemente “maschilista”....con “signorina”, infatti, la donna è indicata in relazione al rapporto con l'uomo, in un evidente stato di “subordinazione sociale”; al posto di “signorina” si userà “signora” > mistof, sia essa sposata o meno.... in ambito lavorativo, poi, la donna sarà identificata col titolo professionale “al femminile” (sempre presente in univerlang, non sempre in inglese o in italiano); esempi: doktom [dòktom] (dottore, laureato) – doktof [dòktof] (dottoressa)- eccezione alla regola….(n.b.: 1) medom [mèdom] (dottore, medico) – medof [mèdof] (dottoressa)- eccezione ….….(n.b.: 1). lavom [làvom] (avvocato) – lavof [làvof] (avvocatessa) –eccezione... ….(n.b.: 1) aktom [àktom] (attore) – aktof [àktof] (attrice) –eccezione... ….(n.b.: 1) (n.b.: 1) nei sopramenzionati termini univerlang – come in tanti altri - ricorre una “eccezione” alla regola di formazione delle parole dai corrispondenti lemmi inglesi – si rammenta che in univerlang le eccezioni sono comunque “sempre” funzionali alla semplificazione “morfologica o fonologica” -; in effetti, secondo la regola generale, avrebbe dovuto essere: doctor (la “c” che precede una consonante diventa “k”)> doktor > doktor-om; ma, al fine di rendere più agevole l’apprendimento della lingua, univerlang “accorcia” le “parole primitive” – le “parole primitive” sono quelle da cui derivano altri vocaboli (parole derivate) grazie al ricorso di prefissi e suffissi - facendo in modo che abbiano un numero “ridotto” di sillabe; è, infatti, evidente che una parola mono-sillaba (o bi-sillaba), oltre ad avere una fonetica più “snella” e immediata, richiederà uno sforzo mnemonico infinitamente minore rispetto a un vocabolo di tre o quattro sillabe…. Pertanto, in univerlang, i “vocaboli primitivi” conteranno al massimo 2 sillabe!!!! attenzione! quanto detto sopra non è “tassativo”…. per svariati motivi, seppur “raramente”, possiamo avere parole primitive univerlang di tre o quattro sillabe (ad esempio “univerlang”) 22 numero (singolare e plurale) 59H nelle varie lingue nazionali per la formazione del plurale esistono regole grammaticali più o meno complicate... in italiano, ad esempio, occorre memorizzare un’infinità di regole!!! e anche quando, come in inglese, pare esistere una sola, semplice regola, numerose e irrazionali sono le eccezioni...che fatica per gli studenti!!!! univerlang, la lingua nemica delle eccezioni e delle irregolarità “illogiche”, stabilisce la regola del plurale senza eccezioni (14): il plurale univerlang si ottiene aggiungendo la desinenza - s al sostantivo singolare che finisce per vocale, e la desinenza - es al sostantivo singolare che finisce per consonante. nessuna eccezione è prevista a tale semplice regola! alcuni esempi: dogo [dògo] (cane, riferito alla specie) > dogos [dògos] (cani, riferito alla specie); dogom [dògom] (cane, sesso maschile) > dogomes [dògomes] (cani, sesso maschile); dogof [dògof] (cagna) > dogofes [dògofes] (cagne); sempre in un'ottica di semplificazione, in univerlang sono aboliti i “sostantivi difettivi” - quelli cioè che “difettano”, mancano del singolare oppure del plurale -; in italiano, ad esempio, i sostantivi “sete”, “sangue”, “pazienza”, etc., mancano della forma plurale; viceversa, i sostantivi “occhiali”, “pantaloni”, “ferie”, “forbici”, “stoviglie”, etc., non posseggono il singolare. in inglese la situazione è ancora più complicata in quanto esistono sostantivi difettivi che hanno solo il singolare - reggono ma si traducono al plurale: pertanto il verbo alla terza persona singolare -, hair (capelli); information (informazioni); news – anche se termina per -s è un sostantivo singolare – (notizie); che impresa districarsi in un tale labirinto....ma ancora una volta univerlang ci viene in aiuto e con un colpo di spugna cancella tutti i sostantivi difettivi...si avrà pertanto: axen [àxen] (capello) > axenes [àxenes] (capelli); infen [ìnfen] (informazione) > infenes [ìnfenes] (informazioni); neven [nèven] (notizia) > nevenes [nèvenes] (notizie); 23 sostantivi alterati (diminutivi –vezzeggiativi-, accrescitivi, dispregiativi) 60H sono questi dei nomi che derivano da un “sostantivo primitivo” mantenendone il significato seppur modificato qualitativamente. esempio: libro > libretto (o libricino), librone, libraccio; bambino (o fanciullo) > bambinetto (o fanciullino), bambinone, bambinaccio; come si può notare, in italiano esiste una certa “irregolarità” dei suffissi (il diminutivo prevede due suffissi, “ino” e “etto”); univerlang fissa la regola dei sostantivi alterati “mono-suffissali” (15): per ciascun sostantivo alterato è previsto un unico suffisso: -in- per il diminutivo (vezzeggiativo); -ig- per l’accrescitivo; -iz- per il dispregiativo; tali suffissi vanno inseriti tra la “radice” e la “desinenza di genere” del corrispondente vocabolo primitivo, singolare; alcuni esempi di sostantivi alterati univerlang: sostantivo primitivo: boken (libro), bok- =radice, -en = desinenza di genere neutro, singolare; bok-in-en (libretto, libricino); bok-ig-en (librone); bok-iz-en (libraccio); cildom (bambino, fanciullo), cild- =radice, cild-in-om (bambinetto, fanciulletto, fanciullino); cild-ig-om (bambinone); cild-iz-om (bambinaccio); sostantivo primitivo: kupen [kùpen](tazza), kup-in-en (tazzina); kup-ig-en (tazzone); sostantivo primitivo: kup- = radice, -om =desinenza maschile, singolare; -en =desinenza neutro, singolare; sostantivi composti 61H i sostantivi composti sono parole “d’uso comune” - che esprimono cioè un concetto entrato nella “comunicazione ordinaria”, nel “parlare” di tutti i giorni (“vocabolario attivo”); sono formati dall'unione di 2 (o più) parole - che “concentrano” in una sola parola il significato delle 2 parole d'origine; i sostantivi composti sono presenti in italiano (“capostazione”, etc.), in inglese (“weekend”, “bedroom”, etc.) e in molte altre lingue nazionali; anche univerlang possiede i sostantivi composti; al riguardo anzi detta la regola dei sostantivi composti “potenziati” (16): univerlang, oltre a mutuare i “sostantivi composti inglesi”, ne conia di nuovi – neologismi univerlang – si è scelto di “privilegiare” l'uso del “sostantivo composto” perchè questo è uno strumento grammaticale assai efficiente per “velocizzare” e semplificare il discorso: con una sola parola, 24 infatti, si riesce ad esprimere un “concetto ordinario”, entrato nel “dire comune”, altrimenti reso da più parole; in inglese ad esempio: “weekend” (fine settimana), è formato da “week” (settimana) e “end” (fine); “bedroom” (camera da letto), è formato da “bed” (letto) e “room” (stanza); in univerlang, nella costruzione del “sostantivo composto”, relativamente ai due casi sopramenzionati, si procede nel seguente modo: si parte dai due sostantivi inglesi “modificati” secondo le regole univerlang: “week” > veken (settimana), e “end” > enden (fine); “bed” > beden (letto), e “room” > romen (stanza); quindi si uniscono le due parole tramite il segno di apostrofo ( ‘ ), il quale segno indica la “eliminazione” della desinenza (-en) della “prima parola” – che coincide, in genere, col complemento di specificazione -: vek’enden [vèk-ènden] (fine settimana); bed’romen [bèd-ròmen](stanza da letto); attenzione! circa la pronuncia del “sostantivo composto”, avremo 2 accenti tonici, uno per ognuna delle due parole che unendosi hanno formato il nuovo vocabolo. univerlang, come preannunciato, introduce nuovi ed inediti “neologismi composti”; tali parole composte sono “tutte” d’uso comune e praticamente entrate nel linguaggio ordinario – vocabolario attivo -; vediamone alcune: fas’veken [fàs-vèken] (settimana della moda) >>> fasen (moda) - veken (settimana); fas’magen > [fàs-màgen] (rivista di moda) fasen (moda) - magen (rivista); >>> bus’staten [bùs-stàten] (stazione degli autobus) >>> busen (bus) - staten (stazione); apl’tren [àpl-trèn] (albero di mele, melo) >>> aplen (mela) - tren (albero); frut’tren [frùt-trèn] (albero da frutto) >>> fruten (frutto) - tren (albero); em’exen [èm-èxen] (uscita di emergenza) >>> fam’daen [fàm-daèn] (giornata della famiglia) >>> famen (famiglia) fam’manom [fàm-mànom] (uomo di famiglia) >>> emen (emergenza) - exen (uscita); - daen (giornata); famen (famiglia) - manom (uomo); vin’glasen [vìn-glàsen] (bicchiere di vino–complemento di specificazione-) >>> vinen (vino) - glasen (bicchiere); attenzione! “glasen fir vinen” [glàsen fìr vìnen] (un bicchiere da vino – complemento di finalità -); vat’glasen [vàt-glàsen] (bicchiere di acqua) >>> vaten (acqua) - glasen (bicchiere); odi vin’glasen [òdi vìn-glàsen] (mezzo bicchiere di vino); kest’timen [kèst-tìmen] (ora delle interrogazioni parlamentari, interrogazioni a risposta immediata – in parlamento -) >>> kesten (domanda, interrogazione) - timen (ora, tempo cronologico); ma vediamo adesso, nel dettaglio, come sono stati ottenuti i suddetti “sostantivi composti”: “settimana della moda” > “fashion week”, in inglese quindi non c'è il nome composto, ma siccome trattasi di un concetto “ordinario” entrato nel linguaggio dei media, ecco 25 che in univerlang: fashion > fasen [fàsen] (moda)- eccezione alla regola della formazione delle parole -, week > veken [vèken] (settimana) e, unendo i due termini, tramite il segno (‘) e la soppressione della desinenza “-en” della prima parola - cioè del complemento di specificazione -, avremo la nuova parola composta: fas’veken [fàs-vèken] (settimana della moda); un altro esempio di “neologismo composto” univerlang: “rivista di moda” > “fashion magazine”, in inglese; in univerlang: fashion > fasen [fàsen] (moda) - eccezione alla regola della formazione delle parole -, magazine > magen [màgen] (rivista)- eccezione alla regola della formazione delle parole -, e dalla loro unione otterremo: fas’magen > [fàs-màgen] (rivista di moda); un altro esempio: “stazione degli autobus” > “bus station”, in inglese; in univerlang: bus > busen [bùsen] (autobus); station > staten [stàten] (stazione) - eccezione alla regola della formazione delle parole -, e dalla loro unione otterremo: bus’staten [bùs-stàten] (stazione degli autobus); e ancora: apple > aplen [àplen] (mela); tree > tren [trèn] (albero), e dalla loro unione otterremo: apl’tren [àpl-trèn] (albero di mele, melo); e ancora: fruit > fruten [frùten] (frutto, frutta); tree > tren [trèn] (albero), e dalla loro unione otterremo: frut’tren [frùt-trèn] (albero da frutto); 26 un altro esempio: “uscita di emergenza” > “emergency exit”, in inglese; come per i casi sopra esaminati non c'è, in inglese, il sostantivo composto; in univerlang invece, come già detto, per “cose” o “concetti” entrati nel linguaggio di tutti i giorni, si ricorre al sostantivo composto: emergency > emen > [èmen] (emergenza) exit > exen > [èxen] (uscita) - eccezione alla regola della formazione delle parole –; - eccezione alla regola della formazione delle parole –, e dalla loro unione otterremo: em’exen [èm-èxen] (uscita di emergenza); un altro esempio: “giorno della famiglia” > “family day”, in inglese quindi non c'è il sostantivo composto; in univerlang invece: family > famen > [fàmen] (famiglia) - eccezione alla regola della formazione delle parole –; day > daen > [dàen] (giorno, giornata), e dalla loro unione otterremo: fam’daen [fàm-dàen] (giornata della famiglia); un altro esempio: “uomo di famiglia” > “family man”, in inglese, quindi non c'è il sostantivo composto; in univerlang invece: family > famen > [fàmen] (famiglia) - eccezione alla regola della formazione delle parole –; man > manom > [mànom] (uomo), e dalla loro unione otterremo: fam’manom [fàm-mànom] (uomo di famiglia); un altro esempio: “bicchiere di vino” > “glass of wine”, in inglese, quindi non c'è il sostantivo composto; in univerlang invece: wine > vinen > [vìnen] (vino); glass > glasen > [glàsen] (bicchiere), e dalla loro unione otterremo: vin’glasen [vìn-glàsen] (bicchiere di vino); attenzione a non confondere quest’ultimo caso con “bicchiere da vino” che costituisce tutt’altra fattispecie; infatti in “bicchiere di vino” la preposizione “di” introduce il “complemento di specificazione”, mentre in “bicchiere da vino” la preposizione “da” introduce il “complemento di finalità”; pertanto avremo: glasen fir vinen [glàsen fir vìnen](un bicchiere da vino - compl. di finalità -), e 27 vin’glasen [vìn-glàsen] (un bicchiere di vino – compl. di specificazione -); ancora un esempio di “sostantivo composto” univerlang: “bicchiere di acqua” > “glass of water”, in inglese, quindi non c'è il sostantivo composto; in univerlang invece: water > vaten > [vàten] (acqua) - eccezione alla regola della formazione delle parole –; ; glass > glasen > [glàsen] (bicchiere), e dalla loro unione otterremo: vat’glasen [vàt-glàsen] (un bicchiere di acqua); un ultimo esempio rimanda al dizionario -: – ma ovviamente esistono tanti altri casi di sostantivi composti univerlang per i quali si “interrogazioni a risposta immediata” - nei parlamenti delle time”, in inglese, quindi non c'è il sostantivo composto; moderne democrazie - > “question in univerlang invece: question > kesten > [kèsten] (interrogazione) - eccezione alla regola della formazione delle parole –; time > timen > [tìmen] (momento, ora), e dalla loro unione otterremo: kest’timen [kèst-tìmen] (ora delle interrogazioni parlamentari, interrogazioni a risposta immediata – in parlamento -). omografia e omofonia (ambiguità lessicale) 62H si definisce “omografia” la corrispondenza grafica (e “quasi sempre” anche fonetica) tra due parole distinte per significato; in pratica due vocaboli sono scritti allo stesso modo, ma sono due parole diverse perché hanno un significato completamente diverso. esempi: in italiano, salutare (l'atto del rivolgere un saluto) e salutare (salubre, che fa bene alla salute); botte (recipiente del vino) e botte (percosse, maltrattamenti). il significato dell'una o dell'altra parola sarà dedotto, di volta in volta, dal contesto della frase e dalla situazione; è chiaro che una tale ambiguità lessicale può essere occasione di “incomprensioni” e “malintesi”. anche in inglese esiste questo curioso ed “imbarazzante” fenomeno linguistico: glass (vetro) e glass (bicchiere); mean (avaro) e mean (significare); ring (anello) e ring (squillo); e si potrebbe continuare con decine e decine di esempi. in inglese oltretutto esiste un'ulteriore “complicazione”: la “omofonia”, cioè due parole 28 diverse per grafica e significato, ma con la stessa pronuncia....della serie: “come complicare la vita ad uno studente!!!”. esempio: meat (carne) si pronuncia [mìit], stessa identica pronuncia di meet (incontrare); to (preposizione di luogo – “a” -), two (aggettivo numerale diverse parole ma con un'identica pronuncia. che inutile confusione...e d'accordo???!!!! c'è sempre il – “due” -), rischio di too (avverbio un –“anche”-), malinteso...non tre siete ebbene, univerlang non ama la “confusione” e i “malintesi”; in tal senso abolisce il fenomeno dell'omografia e dell'omofonia e, applicando la regola della biunivocità (2), sancisce che: ad ogni vocabolo univerlang corrisponde un unico significato e viceversa; ad ogni vocabolo univerlang corrisponde un’ unica pronuncia e viceversa; un esempio: prendiamo il caso della parola inglese “glass”, la quale sappiamo può avere diversi significati (bicchiere, occhiali, vetro); ebbene in univerlang, in virtù della sopracitata regola della univocità, si avrà: glass > glasen (“bicchiere” – unico ed “esclusivo” significato -); n.b.: tra i vari significati (vetro, bicchiere e occhiali) è regola scegliere quello più “comune”, più “ordinario”, che in qualche modo rientra nel “dire o nello scrivere di tutti i giorni”, “bicchiere”, appunto -; per gli altri significati della parola inglese “glass” (“occhiali” e “vetro”), in univerlang ricorreremo a termini inventati (neologismi): glaspen (vetro); glen (occhiali – 1 pezzo; se 2 o più occhiali > “glenes” -); attenzione! il sopracitato neologismo contiene al suo interno “en”, termine univerlang che traduce “occhio”; ciò comporta ovviamente una sua più agevole memorizzazione!!!! polisemia (significato fondamentale e significato contestuale) 63H nelle varie lingue nazionali, la maggior parte dei vocaboli può assumere sfumature di significato diverso in relazione al contesto, alla situazione; questo fenomeno linguistico si chiama appunto “polisemia”. in effetti, solo alcune parole (per lo più di natura scientifica) hanno un unico significato, ben definito ed inequivocabile in qualsiasi contesto: in italiano, ad esempio, “idrogeno”, “aspirina”, “faringite”, etc. tutte le altre parole invece hanno la proprietà di variare il loro significato secondo il contesto; in sintesi si può dire che una parola possiede un “significato fondamentale” (quello di base, diciamo “principale”), e uno o più “significati contestuali”, o “secondari” (in relazione al contesto in cui la parola è inserita). facciamo un esempio: la parola “fresco” ha un significato fondamentale > “temperatura gradevole” (aria fresca, giornata fresca, etc.); ma possiede anche vari “significati contestuali”: “riposato” (mente fresca); “cotto da poco” (pane fresco); 29 “carcere” (finire al fresco); etc. un altro esempio: la parola “porta” ha un “significato fondamentale” > “il passaggio da un luogo ad un altro”, dal quale si entra e si esce ( la porta di casa); ma possiede anche un significato contestuale > “la porta di un campo di calcio” (tirare la palla in porta). risulta chiaro che un tale fenomeno linguistico crea non pochi problemi allo studente, il quale ad ogni parola dovrà associare non uno ma più significati.....capirete lo sforzo di memoria!!!!! non considerando poi le inevitabili “incomprensioni” nella traduzione...immaginatevi al ristorante.....ordinate del “pane fresco” ed ecco che il cameriere (che non conosce il significato contestuale –“appena cotto”-) vi porta un panino appena tirato fuori dal frigorifero...... univerlang non ammette incomprensioni ed ambiguità!!!! pertanto, applicando la regola della biunivocità (2), abolisce la polisemia e stabilisce che: ad ogni vocabolo univerlang corrisponde un unico, ben definito e inequivocabile significato, e viceversa il suddetto significato coincide col “significato fondamentale” del termine inglese d'origine; per quanto riguarda gli altri eventuali significati del vocabolo inglese (significati contestuali), in univerlang si ricorrerà ad altre parole inglesi o a neologismi; ad esempio, nel caso dei due termini sopra esaminati – fresco e porta -, in univerlang si avrà: 1) fresco: op’tepi (“fresco” – nel senso di temperatura gradevole -), unico ed “esclusivo” significato; per tradurre gli altri significati di “fresco” (cioè “riposato”, “appena cotto”, “carcere”, etc.) si adopereranno altri specifici vocaboli – derivati da termini inglesi o neologismi -: restip (riposato); jast cokip (appena cotto); prisen (prigione). 2) porta: doren (porta – da cui si entra e si esce -), unico ed “esclusivo” significato; per tradurre il secondo significato (quello “contestuale” di “porta del campo di calcio”) si ricorrerrà a: gol’siten (porta – nello sport -), neologismo composto da “goal” > golen (palla in rete) e “site” > siten (luogo, spazio fisico determinato). 30 metafora (significato concreto e significato figurato) 64H la metafora (dal greco:metaforà=trasferimento) è un elegante strumento linguistico, in uso nelle lingue nazionali, per mezzo del quale si trasferisce il significato di una parola o di una frase da quello originario (significato concreto) ad un altro (significato figurato). con la metafora, in pratica, il significato è espresso con figure, immagini, simboli e paragoni; ad esempio: nella frase, “luigi è una volpe”, il vocabolo “volpe” è una metafora di “furbizia”; nella frase, “il cuore della azienda”, il vocabolo “cuore” è una metafora di “settore più importante”; nella frase, “curva a gomito”, il vocabolo “gomito” è una metafora di “forma di U”; etc. pur riconoscendo alla metafora una indiscussa “forza espressiva” e una suggestiva dimensione “poetica”, occorre riconoscere che essa può creare incomprensioni e malintesi nella “comunicazione internazionale”, in quanto una metafora in uso in un certo paese (per esempio “volpe” come simbolo di “furbizia” in italia) potrebbe non esserlo in un altro (in giappone, ad esempio), cosicchè la traduzione “alla lettera” della frase risulterebbe incomprensibile e fonte di imbarazzanti “malintesi”. univerlang, pertanto, sempre in applicazione della regola della biunivocità (2), abolisce la metafora e stabilisce che: ad ogni frase corrisponde un unico e solo significato – quello “concreto” -, e viceversa essendo abolito in univerlang il significato “figurato” (metafora), ne discende la obbligatorietà di usare le corrispondenti parole e frasi di “significato concreto”; pertanto: “luigi è una volpe”, in univerlang > luigi è molto furbo; “il cuore dell'azienda”, in univerlang > il settore più importante dell'azienda; “curva a gomito”, in univerlang > curva a forma di U; etc. non si vuole certo negare che abolendo le metafore non si perda in espressività ed eleganza linguistica.....è ovvio, esiste una palese penalizzazione dello stile letterario….. - attenzione! univerlang non è una lingua letteraria, ma solo una lingua ausiliaria -, ma certamente, però, si eviteranno incomprensioni e malintesi nelle traduzioni e nella comunicazione internazionale; inoltre, grazie alla soppressione delle metafore, si semplificherà notevolmente l'apprendimento di univerlang, essendo questo “alleggerito” ed esente da locuzioni, perifrasi, modi di dire e proverbi che, ripeto, ben compresi nella propria lingua, se tradotti “letteralmente” in un'altra lingua, possono creare notevoli problemi di comprensione. attenzione! nella sezione “dizionario” (vedi www.univerlang.com) è inserito un capitolo, denominato “proverbi, modi di dire, perifrasi e locuzioni”, dove sono raccolte appunto le principali “metafore” della lingua italiana e la relativa “trasposizione” – traduzione - in significato “concreto”, l'unico esistente in univerlang. 31 ambiguità sintattica 65H capita di frequente nelle lingue naturali di trovarsi di fronte a frasi sufficientemente chiare se non addirittura “ambigue”; facciamo alcuni esempi: non “nonno luigi ha combattuto con i tedeschi”; “il libro di elena è interessante”; ebbene, nella prima frase è lecito domandarsi se nonno luigi era alleato con i tedeschi o, al contrario, li combatteva; nella seconda frase ci si domanda se elena è l'autrice del libro o soltanto ne possiede una copia. univerlang, la lingua della certezza, sempre in applicazione della regola della biunivocità (2), stabilisce che: ad ogni frase corrisponde un unico, chiaro ed inequivocabile significato, e viceversa per ottenere ciò in univerlang occorre usare con rigore le “preposizioni specifiche”, così da individuare “senza ambiguità” il “complemento”; nelle prima frase sopra esaminata, ad esempio, in univerlang si dovrà usare “specificatamente” la preposizione “con” (in reggenza del complemento di compagnia) nel caso in cui nonno luigi era “alleato” dei tedeschi; se invece il nonno era “nemico” dei tedeschi, è d'obbligo in univerlang l'uso della preposizione “contro” (in reggenza del complemento di contrapposizione); nella seconda frase, se elena possiede solo una copia del libro – non essendo lei l’autrice -, in univerlang è necessario usare la preposizione “di” (in reggenza del complemento di specificazione) ; nel caso in cui invece elena è l’autrice del libro, si dovrà usare una “specifica” preposizione (in reggenza del complemento di origine-creativa); la traduzione univerlang delle suddette preposizioni (e di tutte le altre) verranno riportate ed analizzate nell'apposito capitolo. sinonimi (assoluti e relativi) 6H i “sinonimi assoluti” sono vocaboli che esprimono lo stesso “identico” significato di altre parole (esempio: “casa” = “dimora”, “abitazione”); i “sinonimi relativi” sono vocaboli che esprimono un significato “affine” (ma non identico); esempi: “villa” è “sinonimo relativo” di “casa”, in quanto identifica una ben precisa “fattispecie” di casa, cioè una “abitazione di pregio” sita al mare, in campagna o in collina; “avaro” è “sinonimo relativo” di “risparmiatore”, in quanto possiede una sfumatura semantica “spregiativa”, all'opposto di “risparmiatore” che ha invece una accezione positiva. univerlang, coerentemente ai suoi principi di “essenzialità” e “semplificazione”, abolisce i “sinonimi assoluti” ritenendoli dei “doppioni” che appesantiscono il lessico e, di conseguenza, rendono l’apprendimento della lingua più difficoltoso; 32 nel caso sopra riportato di “sinonimo assoluto” (casa = dimora, abitazione), il primo vocabolo (casa) è quello “più d'uso comune”, e sarà questo quello a essere conservato e tradotto in univerlang – gli altri due termini non avranno una traduzione univerlang - : home > ome > omen (casa, abitazione, dimora); certamente una simile scelta comporta una penalizzazione dello “stile” e un ssostanziale impoverimento lessicale.....il tutto però a vantaggio della semplicità e del più agevole apprendimento della nuova lingua!!!!! un approccio completamente diverso vale per i “sinonimi relativi”, nel senso che in univerlang vanno conservati. ciò in virtù del fatto che essendo essi “affini” (e non identici) hanno una loro precisa “individualità” semantica che ne rende impossibile la soppressione; pertanto in univerlang si avrà la traduzione di “casa” e “villa”; di “avaro” e “risparmiatore”; di “bello” e “seducente”; etc. nomi 67H (di persona, di luogo – geografici - , di opere dell’ingegno umano) il primo nodo da sciogliere è: si scrive prima il nome o il cognome? è importante stabilirlo, in primo luogo per un principio di uniformità e ordine, in secondo luogo per una ragione di chiarezza....in effetti esistono casi in cui è impossibile distinguere il nome dal cognome (mattia leonardo, ad esempio): solo un'ordine prefissato può dirci qual'è il cognome e quale il nome. univerlang segue l'uso che vige nella maggior parte delle lingue nazionali esistenti: prima il nome, poi il cognome! e poi, come vanno scritti in univerlang???? e, soprattutto, come si pronunciano???? ebbene, univerlang risolve il problema optando per la pronuncia del paese d'origine, pronuncia che naturalmente condizionerà la grafia, seppur questa “modificata” e “adattata” all'alfabeto univerlang. in virtù dei suddetti adattamenti, i nomi e cognomi saranno scritti in univerlang senza la “h” (e senza il suono “aspirato” – unica differenza, questa, rispetto la pronuncia originale!), senza la “w” (sostituita, a seconda i casi, dalla “u”, o dalla “v”), senza la “y” (sostituita dalla “i”) e senza la “q” (sostituita dalla “k”); inoltre, per conservare (il più possibile!!!) la pronuncia del paese d'origine si adotteranno (solo per i nomi e i cognomi!!!) le doppie, e l' accento grafico (obbligatorio!); alcuni esempi di nomi di persona in univerlang: àlbert àinstain, sìlvio berluskòni, mònika bellùcci, jòrj bùsc, fransuà mitteràn, bìl klìnton, tòm krùis, spàidermen, sùpermen, frànko leòne, mèri pappalàrdo, etc. grazie alle suddette modalità, parlando univerlang non rischieremo di “storpiare” i nomi stranieri.… pratica questa assai frequente, fonte di ilarità e qualche imbarazzo !!! 33 attenzione! i nomi dei personaggi storici o comunque “importanti” (i cosiddetti “vip”), compariranno nel “dizionario-enciclopedico univerlang”, con a fianco la “versione ortografica” della lingua d'origine; un esempio : jòrj bùsc – George Bush (presidente degli stati uniti d'america). ciò consentirà di avere all'occorrenza il nome “originale” del personaggio, in modo da consentire eventuali ricerche ed approfondimenti su internet ed enciclopedie. lo stesso principio (e regole!) adottato per i nomi di persona vale anche per i nomi propri di luogo (nomi geografici), e per le opere dell'ingegno umano (monumenti, opere d'arte, edifici, navi, aziende, piatti tipici, vini e alimenti tipici, etc.); alcuni esempi: ròma, milàno, parì, niuiòrk, itàlia, iù.es.ei. (u.s.a.), pàsta, pìzza, risòtto àlla milanèse, ambòger, kolossèo, tureiffèl, jokònda, pietà di mikelànjelo, daunjòn (palazzo della borsa u.s.a.), ferràri, màikrosoft (azienda informatica), uìndous (sistema operativo informatico), etc. attenzione! in univerlang, pertanto, se una parola è scritta con l'accento grafico e/o possiede una doppia, quella parola corrisponde “obbligatoriamente” ad una delle 3 seguenti fattispecie: 1. “nomi di persona” (nome proprio, cognome, soprannome, pseudonimo); 4. “nomi geografici” 5. “opere dell’uomo” (fiumi, monti, città, nazioni, etc.); (monumenti, opere d'arte, specialità gastronomiche, aziende, etc.). una obiezione nasce spontanea......l'approccio sopradescritto può andar bene per le lingue naturali che hanno in uso l’alfabeto latino (l’italiano, lo spagnolo, l’inglese, il tedesco, etc.), ma cosa succederà con quelle lingue con alfabeto cirillico (il russo), o con alfabeto ebraico o addirittura con ideogrammi (il cinese) ????? ebbene, nessun problema!!!! già da qualche decennio, in considerazione del fatto che l'alfabeto latino è il più diffuso nel mondo (lingue neolatine e anglo-germaniche), in russia, come in cina (e altri paesi) è stata attuata la cosiddetta “romanizzazione” dei rispettivi alfabeti, in pratica la versione “latina” delle proprie lettere o ideogrammi; pertanto, di fronte ad un nome di persona - o un nome geografico, o un nome di un'opera dell'ingegno umano - di una lingua con alfabeto “non latino”, basta prendere la versione “romanizzata” di quel nome, e operare l’adattamento univerlang; nel caso in cui la versione “latina” del nome non fosse disponibile, allora si procederà con cautela cercando, con le lettere dell’alfabeto univerlang, di riprodurre il più fedelmente possibile il suono originale di quel nome. 34 l'articolo 68H l'articolo è una “breve” parola che anteposta ad un altro vocabolo lo identifica come “sostantivo” e ne indica inoltre il carattere di “determinazione”, di “indeterminazione” oppure di “partizione”. Si distinguono tre tipi di articolo: 1. articolo determinativo – indica persone, animali o cose in senso “determinato”, cioè ben distinti dagli altri, chiaramente “individuati” e “conosciuti” (il cane di mario). 2. articolo indeterminativo - indica persone, animali o cose in senso “indeterminato”, cioè “indefiniti” e “non conosciuti” (un cane abbaia). 3. articolo partitivo – indica una “parte dell'insieme”, indefinita numericamente e quantitativamente (vorrei del pane; ho visto delle rondini). in univerlang l'articolo determinativo è te, invariabile sia per il genere che per il numero; te, pertanto, traduce tutti gli articoli determinativi italiani: il, lo, la, i, gli, le. attenzione! in univerlang, al fine di snellire le frasi, l'articolo determinativo te non si scrive mai (lo si sottintende!!!); esistono “solo” 2 eccezioni: 1) quando il sostantivo che identifica possiede un tale carattere di determinazione, distinzione ed eccellenza da essere “unico” (nel suo genere); un esempio: se scriviamo l' avvocato, intendiamo riferirci a “giovanni agnelli”; e ancora, se diciamo la voce, vogliamo riferirci a “frank sinatra”; ebbene in questi casi (ma solo in essi!!!), univerlang prevede l’uso di te; al fine di evitare “incomprensioni”, però, è preferibile ricorrere “eccezionalmente” a tale costruzione, preferendo altresì esplicitare il nome della persona. 2) nella costruzione del “superlativo relativo” – come vedremo nella prossima lezione -. l'articolo indeterminativo, in univerlang, è oi – coincidente col “numerale cardinale” -, anch'esso invariabile – quando però ha valore di “pronome indefinito” è “declinabile”, come vedremo in una successiva lezione -; oi, pertanto, traduce tutti gli “articoli indeterminativi” italiani: un, uno, una. esempi: oi boken [òi bòken] (un libro); oi manom [òi mànom] (un uomo); oi manof [òi mànof] (una donna). l'articolo partitivo, in univerlang, è abolito; 35 nel caso in cui, però, sia necessario “contestualizzare” con più precisione la quantità, ecco che si ricorrerà - con maggiore appropriatezza e logica - ai seguenti 4 “aggettivi indefiniti”: seri (molto-a,i,e, parecchio-a,i,e, tanto-a,i,e, numeroso-a,i,e, diversi-e, vari-ie); op’seri (poco-a,i,e, un po’ di); lomi (una quantità giusta - intermedia tra “molto” e “poco”, alcuni, alcune, qualche); op’lomi (troppo-a,i,e); esempi: desidero milken (desidero del latte, desidero il latte, desidero latte – l’articolo partitivo è abolito quando appunto si rimane nel generico, quando cioè non se ne vuole specificare la “quantità”, seppur indefinita); desidero seri milken (desidero “del” latte “in gran quantità”, desidero molto latte, etc.); desidero op’seri milken (desidero “del” latte “in scarsa quantità”, desidero poco latte, desidero “un po’ di” latte, etc.); desidero lomi milken (desidero “del” latte in giusta quantità - né molto, né poco -); io vidi lomi bofes (vidi delle ragazze, alcune ragazze, “qualche” ragazza); tu mangi op’lomi breden (tu mangi troppo pane); l'aggettivo 69H l'aggettivo è quella parola che si aggiunge ad un sostantivo al fine di qualificarlo o determinarlo; in effetti si distinguono due specie di aggettivi: aggettivi qualificativi: indicano una qualità, una caratteristica (“buono”, “grasso”, “verde”); aggettivi determinativi: aggiungono al sostantivo una determinazione di spazio, di tempo, di possesso, di quantità - numerica o indefinita – (“quel” cane, “questo” mese, il “tuo” gatto, “sette” fratelli, “molte” donne); l'aggettivo univerlang non possiede genere (maschile, femminile e neutro), e numero (singolare e plurale) – cioè è invariabile -; quando però assume valore di sostantivo si comporta come tale e pertanto acquisterà genere e numero – cioè è declinabile -; esempi di aggettivi che fungono da sostantivo: “il verde è il colore della speranza”; “la rossa piace agli uomini” (riferito ad una donna coi capelli rossi); “gli azzurri hanno vinto la partita” (riferito ai giocatori con la maglia azzurra); quando invece l’aggettivo assume valore avverbiale (cioè quando si aggiunge ad un verbo determinandolo) si comporterà appunto come un avverbio e pertanto resta invariato; esempi di aggettivi che fungono da avverbi: 36 “io guido veloce” (nel senso di “velocemente”); “lui scrive chiaro” (nel senso di “chiaramente”); univerlang fa derivare i suoi aggettivi dai corrispettivi termini inglesi modificati secondo il seguente schema: gli aggettivi univerlang si ottengono aggiungendo la vocale i – finale - al corrispondente termine inglese - qualora questo termini per consonante - , oppure in sostituzione dell’ultima vocale nel caso in cui l’aggettivo inglese termini appunto per vocale; esempi: (a sinistra è indicato il termine inglese, in “grassetto” il vocabolo univerlang, entro le “parentesi quadre” la pronuncia univerlang, e tra le “parentesi tonde” la traduzione italiana): red > redi [rèdi] (rosso, rossa, rossi, rosse); green > greni [grèni] (verde, verdi); good > godi [gòdi] (buono, buona, buoni, buone); strong > strongi [strònghi] (forte, forti); happy > api [àpi] (felice, felici); beautiful > beti [bèti] (bello, bella, belli, belle); attenzione! la metodica appena descritta (formazione dei lemmi univerlang dai corrispondenti lemmi inglesi) è stata qui riportata al solo scopo di soddisfare la eventuale “curiosità” del lettore….la metodologia non ha nessuna valenza didattica! pertanto, lo studente, per apprendere univerlang, non deve applicarla!! deve imparare “direttamente” i vocaboli univerlang… chi conosce l’inglese, non deve assolutamente ricorrere alla suddetta metodica (risalire, cioè, dal lemma inglese al termine univerlang), perché ciò comporterebbe un eccessivo rallentamento dei processi di apprendimento e, soprattutto, originerebbe “grossolani” errori, dal momento che la metodica in oggetto prevede numerose eccezioni funzionali alla semplificazione morfologica e fonologica di univerlang. se, però, come già detto, l’aggettivo funge da sostantivo si comporta come tale e pertanto acquisterà genere (paritario-maschile-femminile-neutro) e numero (singolare-plurale) – cioè è declinabile -; quindi avremo: redio [rèdio] (“il rosso è vivace” – riferito ad una persona o animale, singolare, senza specificazione del sesso -); redios [rèdios] (“i rossi hanno vinto” – riferito a dei giocatori generici, senza determinazione di sesso, plurale -); rediom [rèdiom] (“il rosso è vivace” – riferito ad una persona o animale, singolare, maschile -); rediomes [rèdiomes] (“i rossi hanno vinto il campionato” – riferito a dei giocatori, maschile, plurale -); rediof [rèdiof] (“la rossa piace agli uomini” – riferito a una donna, singolare, femminile -); rediofes [rèdiofes] (“le rosse sono belle e intriganti” – riferito alle donne, femminile, plurale -); redien [rèdien] (“il rosso mi piace molto” – riferito al colore, singolare, neutro -); redienes [rèdienes] (“le rosse vanno fortissimo – riferito alle auto, neutro, plurale -); 37 per definizione, come già detto, l'aggettivo si accompagna ad un sostantivo per qualificarlo o determinarlo....quale sarà la posizione dell’aggettivo rispetto al sostantivo??? in univerlang l'aggettivo è posto “obbligatoriamente” immediatamente prima del sostantivo a cui si riferisce; attenzione! quando l’aggettivo ha funzione di “avverbio” non avrà nessuna particolare prescrizione riguardo la sua posizione nella frase – si comporterà cioè come un avverbio “originale” -; quando invece l’aggettivo ha valore di “sostantivo” si posizionerà – come un sostantivo “originale” coerentemente alla sua “funzione logica”: se “soggetto” si posiziona ad inizio frase, se “complemento oggetto” subito dopo il verbo transitivo, etc. opposti (contrari) 70H si dicono “contrari” due termini di significato “opposto”, “contrario” appunto; tale fenomeno linguistico interessa per lo più gli aggettivi (bello-brutto; buonocattivo; caldo-freddo), ma è presente anche in altre categorie della parola: sostantivi (amore-odio; onestà-disonestà); verbi (amare-odiare; parlare-tacere); avverbi (velocemente-lentamente); preposizioni (dentro-fuori); questo caratteristico fenomeno della linguistica è detto “antonimìa”. univerlang sfrutta utilmente la antonimìa per ridurre ulteriormente il numero di “radici” (elementi essenziali e inviariabili del lessico con cui si formano tutti i vocaboli); e sappiamo bene che avere un numero ridotto di radici facilita enormemente l'apprendimento di una lingua; univerlang ottiene ciò con la regola degli opposti (17): in univerlang i due termini di significato opposto hanno una “radice comune” - corrispondente al termine inglese *“positivo”, oppure “più comune” (vocabolario attivo) - ; tale “radice” è ovviamente modificata secondo le regole dell'ortografia univerlang; il vocabolo univerlang “positivo” (o “più comune”) coinciderà con la suddetta radice, mentre il vocabolo “negativo” (o “meno comune”) si ottiene, come vocabolo composto, anteponendo al termine “positivo” op’ – iniziali di “opposto” e “opposite” (in inglese) – * per termine “positivo” si intende un vocabolo che indica la “presenza” di una certa “entità”, concreta o astratta; per contro, per termine “negativo” si intende il vocabolo che indica la “assenza” di quella stessa “entità”; esempi: forte – termine “positivo”, in quanto indica la “presenza” di una entità astratta, una energia, la “forza” appunto; debole - termine “negativo”, in quanto indica la “assenza” di forza; luce - termine “positivo”, in quanto indica la “presenza” di una entità fisica , i fotoni luminosi; buio - termine “negativo”, in quanto indica la “assenza” di fotoni; caldo - termine “positivo”, in quanto indica la “presenza” di energia termica; freddo - termine “negativo”, in quanto indica la “assenza” di energia termica; 38 nel caso in cui il suddetto “criterio” – positivo, negativo – non sia “intuitivamente” applicabile, si ricorrerà al criterio del termine “più comune-meno comune”. si capisce bene come la suddetta “regola degli opposti” faciliti enormemente l'apprendimento della lingua: basta memorizzare il termine “positivo” e automaticamente (aggiungendo op') avremo acquisito anche il suo contrario; facciamo qualche esempio: amore-odio (in inglese, love-hate); forte-debole (in inglese, strong-weak); – è evidente che nell'apprendimento di una qualsiasi delle sopracitate lingue naturali italiano o inglese -, occorrerà fare uno sforzo “doppio” per memorizzare i “due” termini opposti, avendo questi “radici” diverse; in univerlang – la lingua del risparmio mnemonico -, invece: loven (amore) – vocabolo “positivo” > presenza di una “energia creativa”; op’loven (odio) – vocabolo “negativo” > assenza di una “energia creativa” – e perciò, distruttiva -”; strongi (forte) – vocabolo “positivo” > presenza di “forza”; op’strongi (debole) – vocabolo “negativo” > assenza di “forza”; insomma, come già per il “maschile-femminile”, anche in questo caso opposti” - univerlang prende..... due piccioni con una fava!!!! - con la “regola degli aggettivi geografici 71H i cittadini italiani; le donne statunitensi; i monumenti romani; i giovani parigini; etc. gli aggettivi in grassetto sono degli “aggettivi determinativi”, in quanto aggiungono al sostantivo una determinazione di luogo (geografico); tali “aggettivi geografici” frequentemente fungono da sostantivo: gli italiani amano il calcio; gli statunitensi amano il basket; le parigine amano la moda; in univerlang tali vocaboli si costruiscono come i “sostantivi composti”; sono infatti costituiti da una prima parte “invariabile” (e sempre uguale), nat’ – iniziali della parola “nativo”, “native” in inglese – e da una seconda parte “variabile”, rappresentata dal nome, in lingua “originale”, della nazione o città – con “accento grafico” ed eventuali “doppie” -); qualche esempio di “aggettivo geografico”: nat’itàlia manom [nàt-itàlia mànom] (uomo italiano); nat’itàlia manof [nàt-itàlia mànof] (donna italiana); nat’itàlia manofes [nàt-itàlia mànofes] (donne italiane); 39 nat’ iù.ès.èi. bom [nàt-iù.es.èi bom] (ragazzo statunitense); nat’ iù.ès.èi. bofes [nàt-iù.es.èi bòfes] (ragazze statunitensi); come si vede, trattandosi di “ aggettivi”, è prevista la “invariabilità” di genere e numero; nel caso però gli aggettivi geografici abbiano valore di sostantivi, ecco che variano in genere e numero; esempi: nat’itàliam [nàt-itàliam] (l'italiano); nat’itàliaf [nàt-itàliaf] (l'italiana); nat’itàliames [nàt-itàliames] (gli italiani); nat’itàliafes [nàt-itàliafes] (le italiane); nat’iù.ès.èi.m [nàt-iù-es-èim] (lo statunitense); nat’iù.ès.èi.f [nàt-iù-es-èif] (la statunitense); nat’iù.ès.èi.mes [nàt-iù-es-èimes] (gli statunitensi); nat’iù.ès.èi.fes [nàt-iù-es-èifes] (le statunitensi); nat’ròmam [nàt-ròmam] (il romano); nat’ròmaf [nàt-ròmaf] (la romana); nat’ròmames [nàt-ròmames] (i romani); nat’ròmafes [nàt-ròmafes] (le romane); nat’parìm [nàt-parìm] (il parigino); nat’parìf [nàt-parìf] (la parigina); nat’parìmes [nàt-parìmes] (i parigini); nat’parìfes [nàt-parìfes] (le parigine); comparativo (di maggioranza, di minoranza e di uguaglianza) 72H il comparativo è una figura grammaticale che esprime una comparazione riguardo una data qualità (aggettivo), un dato modo di essere (participio presente, participio passato, sostantivo), o una data condizione (avverbio); il confronto avviene tra due esseri (o cose) denominati, rispettivamente, primo e secondo termine di paragone; esempi: “maria è più bella di Francesca”; l' aggettivo comparativo è “più bella”; il primo termine di paragone è “maria”; il secondo “francesca”; 40 “tu sei più divertente di mario” (participio presente comparativo); “tu sei più amato di luca” (participio passato comparativo); “luigi è più uomo di te” (sostantivo comparativo); “marco guida più velocemente di luigi” (avverbio comparativo); nei casi in esempio il comparativo è di maggioranza (introdotto da “più”), ma esiste anche il comparativo di “minoranza” (introdotto da “meno”) e il comparativo di “uguaglianza” (introdotto da “come”, oppure da “tanto....quanto”, “così come”); attenzione! il confronto, oltre che tra due esseri o cose, può anche avvenire tra due aggettivi: esempio: “luigi è più furbo che intelligente”; in questo caso il secondo termine di paragone è “intelligente”; e ancora, il secondo termine di paragone può anche essere costituito da una intera frase: esempio: “marco è più forte di quanto io pensassi” (“io pensassi” è il secondo termine di paragone); in univerlang il comparativo si costruisce secondo il seguente rigido schema: comparativo di maggioranza: si antepone la particella avverbiale “maggiorativa” mar [mar] (più) all’aggettivo – sostituito a volte dal participio presente, dal participio passato, dal sostantivo, dall’avverbio -, e la “preposizione di relazione” tun [tun] (di, che) al secondo termine di paragone - persona, animale, cosa, o aggettivo, oppure una intera frase -; esempi: “maria è mar bella tun Francesca” (maria è più bella di francesca); “luigi è mar furbo tun intelligente” (luigi è più furbo che intelligente); “marco è mar forte tun io pensassi” (marco è più forte di quanto io pensassi); comparativo di minoranza: si antepone la particella avverbiale “minorativa” op’mar [op-mar] (meno) all’aggettivo – sostituito a volte e la “preposizione di relazione” tun [tun] (di, che) al secondo termine di paragone -persona, animale, cosa, o aggettivo, oppure una intera frase-; dal participio presente, dal participio passato, dal sostantivo, dall’avverbio -, esempi: “maria è op’mar bella tun Francesca” (maria è meno bella di francesca); “luigi è op’mar furbo tun intelligente (luigi è meno furbo che intelligente); “marco è op’mar forte tun io pensassi (marco è meno forte di quanto io pensassi); 41 comparativo di uguaglianza: si antepone la particella avverbiale di “equivalenza” us [us] (come, ugualmente, tale e quale, quanto, tanto quanto) all’aggettivo – sostituito a volte dal participio presente, dal participio passato, dal sostantivo, dall’avverbio -, e la “preposizione di relazione” tun [tun] (di, che) al secondo termine di paragone -persona, animale, cosa, o aggettivo, oppure una intera frase-; esempi: “maria è us bella tun francesca” (maria è bella come francesca); “luigi è us furbo tun intelligente” (luigi è tanto furbo quanto intelligente); “marco è us forte tun io pensassi” (marco è forte tanto quanto io pensavo); superlativo ( relativo e assoluto) 73H il superlativo è una figura grammaticale che “estremizza” una data qualità (aggettivo), un certo modo di essere (participio presente, participio passato, sostantivo), o una data condizione (avverbio); esempi di superlativo in italiano: il più bello; bellissimo; molto bello; divertentissimo; molto divertente; il più amato; felicissimamente; molto felicemente; etc. il superlativo può essere di 2 tipi: 1) superlativo relativo – quando la “estremizzazione” - in positivo = superlativo relativo di maggioranza; in negativo = superlativo relativo di minoranza - è relativa ad “un insieme”, circoscritta ad “un gruppo”, limitata ad “un ambito” ben definito, denominato “termine di riferimento”; esempi: “maria è la più bella di roma” (aggettivo: superlativo relativo - di maggioranza -; il termine di riferimento è “roma” ); “tu sei il meno divertente della classe” (participio presente: superlativo relativo - di minoranza -); “tu sei il più amato della famiglia” (participio passato: superlativo relativo - di maggioranza -); “luigi è il più uomo di tutti” (sostantivo: superlativo relativo - di maggioranza -); “marco guida il più velocemente di tutti” (avverbio: superlativo relativo - di maggioranza -); 42 2)superlativo assoluto – quando la “estremizzazione” è assoluta, indipendente e non riferibile ad un gruppo o ad un insieme; esempi: “maria è bellissima” (aggettivo: superlativo assoluto); “maria è molto -tanto, assai- bella” (avverbio + aggettivo: superlativo assoluto); “tu sei divertentissimo” (participio presente: superlativo assoluto); “tu sei amatissimo “ (participio passato: superlativo assoluto); “luigi è molto -tanto, assai- uomo” (avverbio + sostantivo: superlativo assoluto); “marco guida velocissimamente” (avverbio: superlativo assoluto); “marco guida molto – tanto, assai - velocemente” (avverbio + avverbio: superlativo assoluto); in univerlang, il “superlativo” si costruisce secondo il seguente schema: 1) superlativo relativo - di maggioranza - : si antepone l'articolo determinativo te alla particella avverbiale “maggiorativa” mar (più), questa subito seguita dal “superlativo” (aggettivo, participio, sostantivo, avverbio); il “termine di riferimento” è preceduto dalla “preposizione di relazione” tun; esempi: “maria è te mar bella tun roma” (maria è la più bella di roma); “tu sei te mar amato tun famiglia” (tu sei il più amato della famiglia); “luigi è te mar uomo tun tutti” (luigi è il più uomo di tutti); “marco guida te mar velocemente tun tutti” (marco guida il più velocemente di tutti); attenzione! il “termine di riferimento” (roma, famiglia, etc.) può anche essere sottinteso e pertanto essere omesso; esempi: “maria è te mar bella” (maria è la più bella); “tu sei te mar amato” (tu sei il più amato). 1) superlativo relativo - di minoranza - : tutto analogo al precedente caso, soltanto muta la particella avverbiale che in questo caso è “minorativa”: op’mar [òp-mar] (meno); esempio: “maria è te op’mar bella tun roma” (maria è la meno bella di roma); 43 2)superlativo assoluto: si costruisce anteponendo la particella avverbiale vir [vir] (molto, tanto, assai) participio, al sostantivo, all’avverbio; all’aggettivo, al esempi: “maria è vir bella” (maria è “tu sei vir divertente” (tu sei “tu sei vir amato” (tu sei bellissima, molto bella); divertentissimo, molto divertente); amatissimo, molto amato); “luigi è vir uomo” (luigi è molto uomo); “marco guida vir velocemente” (marco guida velocissimamente, molto velocemente); risulta evidente la estrema semplificazione univerlang rispetto alla lingua italiana; in quest'ultima infatti il “superlativo assoluto” si costruisce in molteplici modi: aggiungendo il suffisso “-issimo”, o anteponendo vari prefissi (arci-, extra-, iper-, super-, stra-, etc.), o ancora con l'ausilio di avverbi quali “molto”, “assai”, “tanto”; in univerlang invece esiste solo sostantivo, avverbio); una modalità: vir + (aggettivo, participio, comparativi e superlativi “anomali” 74H in italiano, come anche in inglese, esistono dei comparativi e dei superlativi che non seguono la regola generale, “normale”, nel senso che non derivano dalla parola di “grado positivo”; un esempio di “derivazione classica” – “normale” - : “buono” (grado positivo); “più buono di” (grado comparativo); “il più buono di” (grado superlativo relativo); “buonissimo” (grado superlativo assoluto); i comparativi e superlativi che non seguono, nella loro costruzione, l’ esempio sopra riportato, sono detti anomali; essi, non derivando dal termine di grado positivo e, soprattutto, non seguendo la procedura “normale” di costruzione, rappresentano un serio scoglio per qualsiasi studente; ottimo, migliore, meglio, maggiore, esteriore, immenso, pessimo, etc., sono alcuni esempi del citato, “anomalo”, fenomeno linguistico - comparativi e superlativi “anomali” -; chi avvicinandosi allo studio della lingua italiana non avrebbe difficoltà con tali parole......”più meglio”, oppure “pessimissimo” costituiscono gravi errori in italiano, ma sfido qualunque studente alle prime armi a non caderci dentro!!!! univerlang, nel suo sforzo di semplificazione, evita la suddetta difficoltà e, con opportuni ed inediti accorgimenti, “normalizza” la anomalia in oggetto; ma entriamo nello specifico e vediamo “uno per uno” i vari casi: buono - aggettivo qualificativo, “grado positivo”; la grammatica italiana prevede due forme per il “comparativo di maggioranza” (“più buono” e “migliore”), due per il “superlativo relativo di maggioranza” (“il più buono” e “il migliore”), e due per il “superlativo assoluto” (“buonissimo” e “ottimo”); a parte la “duplice forma”, si noti come la “seconda forma” non deriva dal “grado positivo” (con la “normale” aggiunta di “più” o del suffisso “issimo”), bensì ha una radice del tutto diversa; tutto questo 44 naturalmente rappresenta una difficoltà per lo studente; univerlang riesce a semplificare il tutto, cominciando “in primis” a restringere il campo semantico di “buono” e, in applicazione della regola della univocità (2), ne abolisce la polisemia (pag.28); ne consegue che l'aggettivo di “grado positivo”: godi [gòdi] (buono d'animo, benevolo) ha un “unico” e solo significato, quello appunto qualificante un'attitudine dello spirito, dell'anima o del carattere; per quanto riguarda gli altri significati del vocabolo italiano (“significati contestuali”, ad esempio:”buon piatto”, nell'accezione di “gustoso”), in univerlang si ricorrerà ad altre “specifiche” parole o brevi perifrasi; stabilita la forma del “grado positivo” dell'aggettivo (godi), è semplice (ed univoca) la forma del “comparativo” e del “superlativo” (pag.41-43): mor godi tan (più buono d'animo di, più benevolo di) – “comparativo” te mor godi tan (il più buono d'animo di) – “superlativo relativo” (di maggioranza); (di maggioranza); ver godi (buonissimo d'animo) – “superlativo assoluto”; migliore – in italiano l’aggettivo “migliore” rappresenta il “comparativo di maggioranza” (anomalo) dell'aggettivo “buono”; (“il migliore”, invece, è il “superlativo relativo”- di maggioranza -); sopra si è visto però che in univerlang “buono” ha un significato “unico”, coincidente col “significato fondamentale” ( buono d'animo, benevolo); per contro, “migliore”, in italiano, racchiude in sé tutte le numerose sfumature semantiche della “positività” (buono, forte, generoso, coraggioso, volenteroso, intelligente, etc.); pertanto definire l’aggettivo “migliore” come il comparativo di maggioranza di “buono” è alquanto restrittivo e incompleto.....”migliore” è molto più di “più buono”, è la sommatoria delle numerose qualità della sfera della positività, in definitiva, “migliore” rappresenta la “somma” di varie qualità, l’insieme di molteplici aggettivi, e per questo lo possiamo definire aggettivo cumulativo; in effetti, quando in italiano si dice: “marco è migliore di luigi”, si vuole intendere “più intelligente”, “più generoso”, “più leale”, etc., in pratica un “cumulo” di qualità; può comunque avere, in italiano – non in univerlang -, anche un significato “ristretto” ad una sola “qualità” nel caso di una evidente contestualizzazione; esempio: “luigi è studioso ma marco è migliore”, in univerlang si tradurrà “più studioso”; in univerlang tale “somma – generica - di qualità” è resa da un “unico” aggettivo di “grado positivo” (assente in italiano!!! – “migliore”, infatti, in italiano costituisce il “grado comparativo”), besti [bèsti] (“dotato di qualità”, “avente caratteristiche positive”, “positivo”, “buono” – nel senso di ”positivo”, “più che decente”, “più che accettabile”, “superiore alla media”, e d'animo” che in univerlang, si è visto, si traduce “godi” –; non “buono esempio: ”io vorrei un buon lavoro”; in questa frase, “buono” è aggettivo di “grado positivo”; evidente il suo significato: “avente caratteristiche positive”, “positivo”, “più che decente”, “superiore alla media”, e non “buono d’animo”; pertanto la sua traduzione univerlang sarà besti – e non “godi”!!! -; il suo “comparativo” - di maggioranza - sarà mor besti tan (“migliore di”, nel senso di “più dotato di qualità di”); 45 il suo “superlativo relativo” - di maggioranza - sarà te mor besti tan (“il migliore di”, nel senso di “il più dotato di qualità di”); il suo “superlativo assoluto” sarà ver besti (“molto dotato di qualità”, “molto positivo”, “molto più che accettabile”, “molto superiore alla media”, “ottimo”, “grande”, “grandissimo” – nel senso di “eccezionale”, “superlativo”, e non delle dimensioni!!! -; esempio: “luigi è un grande uomo”, nel senso di molto generoso, molto altruista, molto intelligente, etc.); abbiamo visto come l'aggettivo “migliore”, in italiano possiede “solo” il “grado comparativo di maggioranza” (migliore di) e il “superlativo relativo di maggioranza” (il migliore di); in univerlang, per semplificare, si avrà anche il “grado positivo” besti; questo vocabolo univerlang è un “aggettivo cumulativo” – è così denominato in quanto esprime la sommatoria di vari aggettivi -; non esistendo un vocabolo italiano esattamente corrispondente sarà tradotto con una breve perifrasi (“dotato di qualità”), oppure con “buono” - nel senso di ”positivo”, “più che decente”, “più che accettabile”, “superiore alla media”, e non di “buono d'animo” che in univerlang si è visto si traduce “godi” –; in univerlang abbiamo anche il “grado superlativo assoluto” ver besti, tradotto anch'esso con una perifrasi (“molto dotato in qualità”), oppure con “molto positivo”, “molto più che accettabile”, “molto superiore alla media”, “ottimo”, “eccezionale”, “eccellente”, “grande”, “grandissimo” – nel senso di “eccezionale”, “superlativo”, e non delle dimensioni!!! -; riepilogo: besti (“dotato di qualità”, mor besti tan (“migliore di”, nel senso di “più dotato di qualità di”) - comparativo -; te mor besti tan ver besti “positivo”, “buono”) – aggettivo “cumulativo” di grado positivo -; (“il migliore di”, nel senso di “il più dotato di qualità di”) - superlativo relativo -; (“molto dotato di qualità”, “ottimo”, “eccezionale”) - superlativo assoluto -. meglio - in italiano l’avverbio “meglio” rappresenta il comparativo di maggioranza (anomalo) dell'avverbio - di grado positivo - bene (esempio: io guido “meglio” di luigi); può anche costituire il “superlativo relativo” di maggioranza di “bene” (esempio: marco è “il meglio” vestito della festa); in univerlang, l'avverbio di “grado positivo” bene è tradotto vet (bene, a posto, in modo positivo, etc); attenzione! “vet” costituisce una eccezione alla regola della formazione dei termini univerlang: avrebbe dovuto essere “vel” ma per motivi di eufonia si sceglie “vet”. meglio (“comparativo” di maggioranza anomalo di “bene”), in univerlang non ha un vocabolo anomalo corrispondente; esiste in univerlang solo la “forma normale” del “comparativo di maggioranza” di “bene”, quella ottenuta premettendo mor (più) all'avverbio; avremo pertanto: mor vet tan (“più bene di” – forma “scorretta” in italiano -, esempio: “luigi guida mor vet tan marco” “meglio di”); (luigi guida meglio di marco – “più bene di” è la traduzione letterale, ma è scorretta in italiano); il “comparativo di minoranza”: op’mor vet tan (meno bene di); esempio: “luigi guida op’mor vet tan marco” (luigi guida meno bene di marco); il “superlativo relativo di maggioranza”: te mor vet tan (“il più bene di” in italiano -, “il meglio di”); – forma scorretta esempio: “luigi è il ragazzo te mor vet vestito tan festa (luigi è il ragazzo meglio vestito della festa – “il più bene vestito della festa” è la traduzione letterale, ma è scorretta in italiano); 46 il “superlativo relativo di minoranza”: te op’mor vet tan (il meno bene di); esempio: “luigi è il ragazzo te op’mor vet vestito tan festa (luigi è il ragazzo meno bene vestito della festa); il “superlativo assoluto”: ver vet (benissimo, molto bene); esempio: “luigi guida ver vet” (luigi guida benissimo, molto bene); abbiamo visto come l'avverbio di grado positivo “bene” è tradotto in univerlang vet; in italiano “bene” non possiede un grado “comparativo di maggioranza” normale (“più bene di” – forma scorretta -), bensì la forma anomala “meglio di”, che in univerlang è tradotto mor vet tan; non esiste, in italiano, anche il grado “superlativo relativo di maggioranza” normale (“il più bene di” – forma scorretta -), bensì è presente la forma anomala “il meglio di”, che in univerlang è tradotto te mor vet tan; il grado “superlativo assoluto” normale di “bene”, invece, in italiano esiste (“benissimo”, “molto bene”), ed è tradotto in univerlang ver vet. riepilogo: vet (“bene”, “a posto”, “in modo positivo”, etc.”) – avverbio di “grado positivo” -; mor vet tan (“più bene di – scorretto in italiano-“, “meglio di”) – comparativo di maggioranza -; op’mor vet tan (“meno bene di “) – comparativo di minoranza -; te mor vet tan (“il più bene di – scorretto in italiano-“, “il meglio te op’mor vet tan (“il meno bene di) - superlativo relat. di min.-; ver vet di”) - superlativo relativo di magg.-; (“benissimo, molto bene”) - superlativo assoluto -. cattivo - n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “ buono” – “cattivo” è aggettivo qualificativo, grado positivo; la grammatica italiana prevede due forme per il “comparativo di maggioranza” (“più cattivo” e “peggiore”), due per il “superlativo relativo” (“il più cattivo” e “il peggiore”), e due per il “superlativo assoluto” (“cattivissimo” e “pessimo”); tra l'altro risulta evidente come la seconda forma non deriva dal “grado positivo” ( cioè “cattivo”, con l'aggiunta di “più” o del suffisso “issimo”), ma ha una radice del tutto diversa (peggiore e pessimo); tutto questo naturalmente rappresenta una difficoltà per lo studente; univerlang riesce a semplificare il tutto, cominciando in primis a restringere il campo semantico di “cattivo” e, in applicazione della regola della univocità (2), ne abolisce la polisemia (pag.28); ne consegue che l'aggettivo di grado positivo: op’godi [òp-gòdi] (cattivo d'animo, malvagio) ha un “unico” e solo significato, quello appunto qualificante un'attitudine dello spirito, dell'anima o del carattere; per quanto riguarda gli altri significati del vocabolo italiano (“significati contestuali”, ad esempio:”cattivo piatto”, nel senso di “disgustoso”), univerlang ricorrerà ad altre “specifiche” parole; stabilita la forma del “grado positivo” dell'aggettivo (op’godi), sarà semplice (ed univoca) la forma del “comparativo e del superlativo” (pag.41-43): mor op’godi tan (“più cattivo d'animo di”, “più malvagio di”) te mor op’godi tan ver op’godi – comparativo - ; (“il più cattivo d'animo di”, “il più malvagio di”) (“cattivissimo d’animo”, “molto malvagio”) – superlativo relativo -; – superlativo assoluto -. 47 peggiore – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “ migliore” – in italiano “peggiore” rappresenta il comparativo di maggioranza (anomalo) dell'aggettivo “cattivo”; (“il peggiore”, invece, è il superlativo relativo di maggioranza); sopra si è visto però che in univerlang “cattivo” ha un significato unico, coincidente col “significato fondamentale” ( cattivo d'animo, malvagio); per contro, “peggiore”, in italiano, racchiude in sé tutte le numerose sfumature semantiche della negatività (cattivo, debole, egoista, vigliacco, pigro, stupido, etc.); definire “peggiore” il comparativo di maggioranza di “cattivo” è alquanto restrittivo e incompleto.....”peggiore” è molto più di “più cattivo”, è la sommatoria delle numerose qualità della sfera della negatività, in definitiva, “peggiore” rappresenta la somma di varie qualità negative, l’insieme di molteplici aggettivi, e per questo lo possiamo definire aggettivo cumulativo; in effetti, quando in italiano si dice: “marco è peggiore di luigi”, si vuole intendere “più egoista”, “più debole”, “più disonesto”, etc., in pratica una somma di qualità negative; può comunque avere, in italiano – non in univerlang - un significato “ristretto” ad una sola “qualità” nel caso di una evidente contestualizzazione; esempio: “luigi è svogliato ma marco è peggiore”; in univerlang, però, si tradurrà: “ma marco è più svogliato”; in univerlang tale “cumulo” di qualità negative (generiche) è reso da un unico vocabolo, l'aggettivo di grado positivo (assente in italiano!!!) op’besti (“dotato di infime qualità”, “avente caratteristiche negative”, “negativo”, “cattivo” – nel senso di ”negativo”, “più che indecente”, “più che inaccettabile”, “inferiore alla media”, e non “cattivo d'animo” che in univerlang, si è visto, si traduce “op’godi” –; il “comparativo di maggioranza” sarà mor op’besti tan (“peggiore di”, nel senso di “più dotato di infime qualità”); il superlativo relativo di maggioranza sarà te mor op’besti tan (“il peggiore di”, nel senso di “il più dotato di infime qualità di); il superlativo assoluto sarà ver op’besti (“molto dotato di infime qualità”, “molto negativo”, “molto più che inaccettabile”, “molto inferiore alla media”, pessimo); abbiamo visto come l'aggettivo “peggiore”, in italiano, possiede “solo” il “grado comparativo di maggioranza” (peggiore di) e il “superlativo relativo di maggioranza” (il peggiore di); in univerlang, per semplificare, si avrà anche il “grado positivo” op’besti; questo vocabolo univerlang è un “aggettivo cumulativo” – è così denominato in quanto esprime la sommatoria di vari aggettivi -; non esistendo un vocabolo italiano esattamente corrispondente, sarà tradotto con una breve perifrasi (“dotato di infime qualità”), oppure con “cattivo” - nel senso di ”negativo”, “più che indecente”, “più che inaccettabile”, “inferiore alla media”, e non “cattivo d'animo” che in univerlang si è visto si traduce “op’godi” –; in univerlang abbiamo anche il “grado superlativo assoluto” ver op’besti, tradotto anch'esso con una perifrasi (“molto dotato di infime qualità”), oppure con “molto negativo”, “molto più che inaccettabile”, “molto inferiore alla media”, “pessimo”, “piccolo”, “piccolissimo”. riepilogo: op’besti (“dotato di infime qualità”) – aggettivo “cumulativo” di grado positivo -; mor op’besti tan (“peggiore di”, nel senso di “più dotato di infime qualità di”) - comparativo -; te mor op’besti tan (“il peggiore di”, nel senso di “il più dotato di infime qualità di”) - superlativo relativo -; ver op’besti (“molto dotato di infime qualità”, “pessimo”) - superlativo assoluto -. 48 peggio – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’avverbio “ meglio” – in italiano l’avverbio “peggio” rappresenta il comparativo di maggioranza (anomalo) dell'avverbio di grado positivo “male” (esempio: io guido “peggio” di luigi); può anche costituire il superlativo relativo di maggioranza di “male” (esempio: marco è 'il peggio' vestito della festa); in univerlang, l'avverbio di grado positivo “male” è tradotto op’vet (male, in modo negativo, etc.); peggio (“comparativo” di maggioranza anomalo di “male”), in univerlang non ha un vocabolo anomalo corrispondente; esiste in univerlang solo la “forma normale” del “comparativo di maggioranza” di “male”, quella ottenuta premettendo mor (più) all'avverbio; avremo pertanto: mor op’vet tan (“più male di” – forma “scorretta” in italiano -, esempio: “luigi guida mor op’vet tan marco” “peggio di”); (luigi guida peggio di marco – “più male di” è la traduzione letterale, ma è scorretta in italiano); il “comparativo di minoranza”: op’mor op’vet tan (meno male di); esempio: “luigi guida op’mor op’vet tan marco” (luigi guida meno male di marco); il “superlativo relativo di maggioranza”: te mor op’vet tan (“il più male di” “scorretta” in italiano -, “il peggio di”); – forma esempio: “luigi è il ragazzo te mor op’vet vestito tan festa (luigi è il ragazzo peggio vestito della festa – “il più male vestito della festa” è la traduzione letterale, ma è scorretta in italiano); il “superlativo relativo di minoranza”: te op’mor op’vet tan (il meno male di); esempio: “luigi è il ragazzo te op’mor op’vet vestito tan festa (luigi è il ragazzo meno male vestito della festa); il “superlativo assoluto”: ver op’vet (malissimo, molto male); esempio: “luigi guida ver op’vet” (luigi guida malissimo, molto male); abbiamo visto come l'avverbio di grado positivo “male” è tradotto in univerlang op’vet; in italiano “male” non possiede un grado “comparativo di maggioranza” normale (“più male di” – forma scorretta -), bensì la forma anomala “peggio di”, che in univerlang è tradotto mor op’vet tan; non esiste, in italiano, anche il grado “superlativo relativo di maggioranza” normale (“il più male di” – forma scorretta -), bensì è presente la forma anomala “il peggio di”, che in univerlang è tradotto te mor op’vet tan; il grado “superlativo assoluto” normale di “male”, invece, in italiano esiste (“malissimo”, “moltomale”), ed è tradotto in univerlang ver op’vet. riepilogo: op’vet (“male”, “non a posto”, “in modo negativo”, etc.”) – avverbio di “grado positivo” -; mor op’vet tan (“più male di” – scorretto in italiano -, “peggio di”) - comparativo di maggioranza -; 49 op’mor op’vel tan te mor op’vet tan (“meno male di “) – comparativo di minoranza -; (“il più male di – scorretto in italiano-“, “il peggio di”) - superlativo relativo di magg. -; te op’mor op’vet tan ver op’vet (“il meno male di”) - superlativo relativo di min. -; (“malissimo, molto male”) - superlativo assoluto -. grande – in italiano questo aggettivo qualificativo ha numerosi significati (polisemia); nel suo “significato fondamentale” qualifica – in una virtuale “scala graduata” - le “misure” (altezza, larghezza, profondità, peso, prezzo, etc.) di esseri e cose – concrete o astratte -; esempi: “un grande parco”, “un grande albero”, “un grande amore”, “una grande gioia”, “una grande miseria”. ma possiede anche un “significato contestuale” che qualifica la molteplicità delle qualità positive – intelligenza, forza, coraggio, altruismo, genialità, etc. - di esseri e cose; esempi: “un grande uomo”, “una grande invenzione”, “un grande condottiero”, “un grande libro”, etc. univerlang restringe il campo semantico di “grande” e, in applicazione della regola della univocità (2): bigi [bìghi] (nelle misure) ha un “unico” e solo significato, quello appunto qualificante le “misure” di esseri e cose – concrete ed astratte - ; esempi: “un grande albero”; “una grande gioia”; per quanto riguarda gli altri significati del vocabolo italiano “grande” (significati contestuali), in univerlang si ricorrerà ad altre “specifiche” parole; ad esempio, nella frase: “un grande uomo”, poiché il significato contestuale di “grande” è la sommatoria di numerose qualità della sfera della positività (generoso, intelligente, coraggioso, altruista, etc.), in univerlang si ricorrerà a “ver besti” - superlativo assoluto dell’aggettivo cumulativo di grado positivo “besti” (dotato di qualità), pag. 44 -; stabilita la forma del grado positivo dell'aggettivo bigi (di enormi misure), è semplice (ed univoca) la forma del comparativo e del superlativo (pag.40-43): mor bigi tan (più grande - nelle misure - te mor bigi tan (il più grande di) – comparativo di maggioranza; - nelle misure - di) – superlativo relativo di maggioranza; ver bigi (grandissimo - nelle misure -) – superlativo assoluto; maggiore – in italiano rappresenta il comparativo di maggioranza (anomalo) dell'aggettivo “grande”; (“il maggiore”, invece, il superlativo relativo di maggioranza); sopra si è visto però che in univerlang “grande” ha un significato unico, coincidente col “significato fondamentale” (relativo alle misure); per contro, “maggiore”, in italiano, può avere numerosi significati contestuali: “più grande nelle misure”, “grado militare”, “più grande di età', “il più grande di età”, “il più importante” – in questi due 'ultimi 50 casi rappresenta il “superlativo relativo di maggioranza” -; in univerlang, sempre in virtù della regola dell'univocità (2), per ognuno dei suddetti significati esisterà uno specifico vocabolo; vediamoli uno per uno: mor bigi tan (più grande - nelle misure - di); esempio: “il mio peso è mor bigi tan tuo” (il mio peso è più grande – maggiore - del tuo); mor agi tan [mòr àghi tàn] (più grande di età, più “datato” – maggiore di età” - di); esempio: “luigi è mor agi tan suo fratello” (luigi è più grande di età – maggiore di età - di suo fratello); te mor agi tan (il più grande di età – il maggiore di età” - di); esempio: “luigi è te mor agi tan della famiglia” (luigi è il più grande di età – il maggiore di età – della famiglia); te mor impi (il più importante, il maggiore); esempio: “la divina commedia è te mor impi opera di dante” (la divina commedia è la più importante – la maggiore - opera di dante); maji [magi] (maggiore – grado militare -); esempio: “elena è la moglie del maji rossi” (elena è la moglie del maggiore rossi). n.b.: abbiamo visto sopra come si traduce “maggiore di età” (mor agi); per completezza vediamo adesso la traduzione di “più vecchio” (nell'accezione di terza età), la traduzione di “più anziano” (nell'accezione di maggior esperienza ed autorità), la traduzione di “più antico” (nell’accezione di antiquato) e per finire di “vecchio” (nell'accezione della locuzione avverbiale “da lungo tempo”): mor oldi (più vecchio, più anziano – riferito esclusivamente alla “terza età” -); mor eldi (più anziano, più alto in grado – riferito esclusivamente a militari, ordini religiosi, scuole, etc. - ); mor ildi (più antico, più antiquato – riferito esclusivamente ad oggetti di antiquariato e ad usi e costumi di altre epoche -); longtim (“vecchio” nel senso di “da lungo tempo” – esempio: “un vecchio amico” -). massimo – in italiano rappresenta il “superlativo relativo di maggioranza” (anomalo) dell'aggettivo “grande”; ad essere più precisi, però, “massimo” costituisce il superlativo relativo di maggioranza di “elevato”, “estremo”, “apicale”, “alto”, etc. – in pratica tutti quegli aggettivi qualificanti esseri o cose che, in una virtuale “scala graduata” occupano la posizione di vertice, la più alta -; “massimo”, oltre che aggettivo, può avere valore di “sostantivo” o essere parte di una “locuzione avverbiale”; esempi: “desidero ottenere il massimo” (sostantivo); “io lavoro al massimo” (locuzione avverbiale); “il massimo della stupidità è bere alcool prima di guidare” (sostantivo); “arriverà al massimo alle 18:00” (locuzione avverbiale); in univerlang “massimo” si traduce maxi; alcuni esempi: “maxi prezzo della benzina nell’anno in corso (il massimo prezzo della benzina nell’anno in corso); 51 “maxi tempo concesso è di 2 ore” (il tempo massimo concesso è di 2 ore); “maxi velocità consentita è di 50 km/h” (la velocità massima consentita è di 50 km/h); “maxi autorità della città erano presenti” (le massime autorità della città erano presenti); “maxi della stupidità è bere alcool prima di guidare” (il massimo della stupidità è bere alcool prima di guidare); ”maxi che io possa fare è questo” (il massimo che io possa fare è questo); “maxi della pena” (il massimo della pena); “io lavoro max” (io lavoro al massimo – avverbio -); “arriverà max alle 18:00” (arriverà al massimo alle 18:00): piccolo – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “grande” – in italiano “piccolo” ha numerosi significati (polisemia); nel suo “significato fondamentale” qualifica – in una virtuale “scala graduata” - le “misure” (altezza, larghezza, profondità, peso, prezzo, etc.) di esseri e cose – concrete o astratte -; esempi: “un piccolo parco”, “un piccolo albero”, “un piccolo amore”, “una piccola gioia”, “una piccola miseria”. ma possiede anche un “significato contestuale” che qualifica la molteplicità delle qualità negative – stupidità, debolezza, viltà, egoismo, etc. - di esseri e cose; esempi: “un piccolo uomo”, “una piccola invenzione”, “un piccolo condottiero”, “un piccolo libro”, etc. univerlang restringe il campo semantico di “piccolo” e, in applicazione della regola della univocità (2), ne consegue che l'aggettivo di grado positivo: op’bigi [op-bìghi] (di ridotte misure) ha un “unico” e solo significato, quello appunto qualificante le “misure” di esseri e cose – concrete ed astratte - ; esempi: “un piccolo albero”; “una piccola gioia”; per quanto riguarda gli altri significati del vocabolo italiano “piccolo” (significati contestuali), in univerlang si ricorrerà ad altre “specifiche” parole; ad esempio, nella frase: “un piccolo uomo”, poiché il significato contestuale di “piccolo” è la sommatoria di numerose qualità della sfera della negatività (egoista, stupido, vile, avido, etc.), in univerlang si ricorrerà a “ver op’besti” - superlativo assoluto dell’aggettivo cumulativo di grado positivo “op’besti” (infimo, dotato di infime qualità), pag. 47 -; stabilita la forma del grado positivo dell'aggettivo op’bigi (di ridotte misure), è semplice (ed univoca) la forma del comparativo e del superlativo (pag.40-43): mor op’bigi tan (più piccolo - nelle misure - te mor op’bigi tan (il più piccolo di) – comparativo di maggioranza; - nelle misure - di) – superlativo relativo di maggioranza; ver op’bigi (piccolissimo - nelle misure -) – superlativo assoluto; 52 minore – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “maggiore” – in italiano “minore” rappresenta il comparativo di maggioranza (anomalo) dell'aggettivo “piccolo”; (“il minore”, invece, il superlativo relativo di maggioranza); sopra si è visto però che in univerlang “piccolo” ha un significato unico, coincidente col “significato fondamentale” (relativo alle misure); per contro, “minore”, in italiano, può avere numerosi significati contestuali: “più piccolo nelle misure”, “più piccolo di età', “il più piccolo di età”, “il meno importante” – in questi due ultimi casi rappresenta il “superlativo relativo di maggioranza” -; in univerlang, sempre in virtù della regola dell'univocità (2), per ognuno dei suddetti significati esisterà uno specifico vocabolo; vediamoli uno per uno: mor op’bigi tan (più piccolo - nelle misure - di); esempio: “il mio peso è mor op’bigi tan tuo” (il mio peso è più piccolo – minore - del tuo); mor op’agi tan [mòr op-àghi tàn] (più piccolo di età – minore di età - di); esempio: “luigi è mor op’agi tan suo fratello” (luigi è più piccolo di età –minore di età - di suo fratello); te mor op’agi tan (il più piccolo di età – il minore di età” - di); esempio: “luigi è te mor op’agi tan della famiglia” (luigi è il più piccolo di età – il minore di età – della famiglia); te mor op’impi (il più insignificante, il minore); esempio: la farfalla rossa è te mor op’impi opera di mario” (la farfalla rossa è la più insignificante – la minore - opera di mario); minimo – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “massimo” – in italiano rappresenta il “superlativo relativo di maggioranza” (anomalo) dell'aggettivo “piccolo”; ad essere più precisi, però, “minimo” costituisce il superlativo relativo di maggioranza di “sottostante”, “estremo – verso il basso -”, “basso”, etc. – in pratica tutti quegli aggettivi qualificanti esseri o cose che, in una virtuale “scala graduata” occupano la posizione di base, la più bassa -; “minimo”, oltre che aggettivo, può avere valore di “sostantivo” o essere parte di una “locuzione avverbiale”; esempi: “desidero ottenere il minimo” (sostantivo); “io lavoro al minimo” (locuzione avverbiale); “il minimo che tu possa fare” (sostantivo); in univerlang “minimo” si traduce op’maxi; alcuni esempi: “op’maxi prezzo della benzina nell’anno in corso (il minimo prezzo della benzina nell’anno in corso); “op’maxi velocità consentita è di 50 km/h” (la velocità minima consentita è di 30 km/h); “io lavoro op’max” (io lavoro al minimo – avverbio -); 53 alto – in italiano questo aggettivo qualifica la posizione di un essere o una cosa (esempio: un uomo alto, un palazzo alto, un suono alto, una nota alta, un’alta carica istituzionale, in alto mare, ad alta voce, un prezzo alto, alta germania, alto medioevo, alta stagione, etc.); – in una virtuale “scala graduata” -, in univerlang, l’aggettivo “alto” è tradotto con: igi [ìghi] (alto – nell’ambito di una virtuale “scala” graduata -); esempio: “un igi ragazzo” (un ragazzo alto, di statura); “in igi mare ( in alto mare); “ad igi voce” ( ad alta voce); “una igi carica di governo” (un’alta carica di governo); “un igi prezzo” ( un prezzo alto); “una igi nota” ( una nota alta); “igi germania” (alta germania); “igi medioevo” (alto medioevo); “igi stagione” (alta stagione); superiore – in italiano l’aggettivo “superiore” rappresenta il “comparativo di maggioranza” (anomalo) di “alto”; può anche fungere da sostantivo (“il superiore”); ad essere più precisi, però, “superiore” costituisce il “comparativo di maggioranza” di “elevato”, “estremo”, “apicale”, “alto”, “grande”, etc. – in pratica tutti quegli aggettivi qualificanti esseri o cose che, in una virtuale “scala graduata” occupano la posizione di vertice, la più alta -; in univerlang “superiore” si traduce supi; alcuni esempi: “la tua intelligenza è supi tan mia” (la tua intelligenza è superiore alla mia); “la tua intelligenza è supi tan media (la tua intelligenza è superiore alla media); “marco è un uomo supi (marco è un uomo superiore – alla media -); “io vivo al supi piano (io vivo al piano superiore); “io frequento la supi scuola” (io frequento la scuola superiore); “il tuo peso è supi” (il tuo peso è superiore); “supi ordinò di lavorare fino alle 20:00” (il superiore ordinò di di lavorare fino alle 20:00); “supif ordinò di lavorare fino alle 20:00” (la superiora - riferito ad una donna che ricopre un incarico professionale o un ruolo in organizzazioni varie:forze armate, clero, associazioni, aziende, etc. - ordinò di di lavorare fino alle 20:00); sommo (o “supremo”) – in italiano rappresenta il superlativo assoluto (anomalo) dell'aggettivo “alto” , nell’accezione semantica relativa alle qualità e virtù – la forma “normale” di superlativo assoluto è “altissimo, molto alto” -; in realtà l’aggettivo “sommo” (o “supremo”) non può considerarsi sinonimo di “altissimo”; in effetti “sommo” è un gradino sopra rispetto a “altissimo” – tradotto in univerlang con “ver besti”; per usare un paradosso potremmo dire che “sommo” è il superlativo assoluto di “altissimo”; “sommo” infatti significa “altissimo” al massimo grado, senza uguali; 54 in univerlang “sommo” è tradotto con: eli (sommo, supremo, altissimo, elevatissimo, importantissimo senza uguali) – si può dire che eli sta un gradino sopra vir besti (molto dotato di qualità, molto positivo, ottimo); esempi: eli poeta (il sommo poeta); eli corte (la suprema corte); n.b : nel caso l’aggettivo “eli” abbia valore di sostantivo, questo è da intendersi “sempre” ed “esclusivamente” riferito a Dio (l’Altissimo) e, pertanto, è obbligatorio scriverlo maiuscolo e nella forma sostantivata: Elu. basso – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “alto” – in italiano l’aggettivo “basso” qualifica – in una virtuale “scala graduata” -, la posizione di un essere o una cosa (esempio: un uomo basso, un palazzo basso, un suono basso, una nota bassa, una bassa carica istituzionale, in mare basso, a bassa voce, un prezzo basso, bassa germania, basso medioevo, bassa stagione, etc.); in univerlang, l’aggettivo “basso” è tradotto con: op’igi [òp-ìghi] (basso – nell’ambito di una virtuale “scala” graduata -); esempio: “un op’igi ragazzo” (un ragazzo basso, di statura); “in op’igi mare ( in mare basso); “a op’igi voce” ( a bassa voce); “una op’igi carica di governo” (una bassa carica di governo); “un op’igi prezzo” ( un prezzo basso); “una op’igi nota” ( una nota bassa); “op’igi germania” (bassa germania); “op’igi medioevo” (basso medioevo); “op’igi stagione” (bassa stagione); inferiore – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “superiore” – in italiano l’aggettivo “inferiore” rappresenta il “comparativo di (anomalo) di “basso”; può anche fungere da sostantivo (“l’inferiore”); maggioranza” ad essere più precisi, però, “inferiore” costituisce il “comparativo di maggioranza” di “piccolo”, “basale”, “minuscolo”, “sottostante”, etc. – in pratica tutti quegli aggettivi qualificanti esseri o cose che, in una virtuale “scala graduata” occupano la posizione di base, la più bassa -; in univerlang “inferiore” si traduce op’supi; alcuni esempi: “la tua intelligenza è op’supi tan mia” (la tua intelligenza è inferiore alla mia); “la tua intelligenza è op’supi tan media” (la tua intelligenza è inferiore alla media); “marco è un uomo op’supi” (marco è un uomo inferiore – alla media -); 55 “io vivo al op’supi piano” (io vivo al piano inferiore); “io frequento la op’supi scuola” (io frequento la scuola inferiore); “il tuo peso è op’supi” (il tuo peso è inferiore); “op’supi smise di lavorare alle 20:00” (l’inferiore smise di di lavorare alle 20:00); “op’supif smise di lavorare alle 20:00” (la inferiora - riferito ad una donna che ricopre un incarico professionale o un ruolo in organizzazioni varie:forze armate, clero, associazioni, aziende, etc. - smisedi di lavorare alle 20:00); infimo – n.b.: le argomentazioni che seguono, come anche la traduzione univerlang del termine, sono “speculari” ed “opposte” a quelle dell’aggettivo “sommo” – in italiano l’aggettivo “infimo” rappresenta il superlativo assoluto (anomalo) dell'aggettivo “basso” nell’accezione semantica relativa a difetti e viltà d’animo – la forma “normale” di superlativo assoluto è “bassissimo, molto basso” -; in realtà l’aggettivo “infimo” non può considerarsi sinonimo di “bassissimo”- tradotto in univerlang con “ver op’besti”; in effetti “infimo” è un gradino “sotto” rispetto a “bassissimo”…per usare un paradosso potremmo dire che “infimo” è il superlativo assoluto di “bassissimo”; “infimo” infatti significa “bassissimo” al massimo grado, senza uguali; in univerlang “infimo” è tradotto con: op’eli (infimo, bassissimo senza uguali) – si può dire che op’eli sta un gradino sotto ver op’besti (molto dotato di basse qualità, molto negativo, pessimo); esempi: un op’eli uomo (un infimo uomo); un op’eli lavoro (un lavoro infimo); n.b : nel caso l’aggettivo “op’eli” abbia valore di sostantivo, questo è da intendersi “sempre” ed “esclusivamente” riferito a satana (l’infimo per eccellenza, l’anti-Dio); lo si scriverà minuscolo ed in forma sostantivata : op’Elu. numerali 75H gli aggettivi – o aggettivi sostantivati - numerali si dividono in varie sottocategorie: cardinali, indicano una quantità numerica (due = 2, venti = 20, etc.); ordinali, indicano l'ordine in una sequenza (quarto = 4°, nono = 9°, etc.); frazionari, indicano una parte dell'insieme – frazione - ( tre quarti = 3/4); moltiplicativi, indicano quante volte è moltiplicata una certa entità (doppio, quadruplo, etc.); collettivi, indicano un certo numero di esseri o cose considerati come un unico insieme (ambedue, paio, dozzina, quartetto, tripletta, etc.); distributivi, indicano come sono distribuiti più esseri o cose (a uno a uno, due per volta, etc.); vediamoli uno per uno: 56 cardinali sono così denominati perchè costituiscono il “cardine” della numerazione, cioè i numeri fondamentali da cui derivano tutti gli altri (ordinali, frazionari, moltiplicativi, etc.); i cardinali sono invariabili per genere e numero; in univerlang i numeri cardinali sono espressi “unicamente” dalle cifre arabe (1, 2, 3, etc.); sono pertanto aboliti i numeri romani (I, II, III, IV, etc.); naturalmente i numeri univerlang possono essere scritti anche in lettere (oltre che in cifre); vediamoli: 0=zei; 1=oi; 2=doi; 3=troi; 4=froi; 5=fivi; 6=sivi; 7=civi; 8=pivi; 9=nivi; 10=tivi; 11=otivi; 12=dotivi; 13=trotivi; 14=frotivi; 15=fitivi; 16=sitivi; 17=citivi; 18=pitivi; 19=nitivi; 20=dovi; 21=dov’oi; 22=dov’doi; 23=dov’troi; 24=dov’froi; 25=dov’fivi; 26=dov’sivi; 27=dov’civi; 28=dov’pivi; 29=dov’nivi; 30=trovi; 31=trov’oi; 32=trov’doi; 33=trov’troi; 34=trovfroi; 35=trov’fivi; 36=trov’sivi; 37=trov’civi; 38=trov’pivi; 39=trov’nivi; 40=frovi; 41=frov’oi; 42=frov’doi; 43=frov’troi; 44=frov’roi; 45’=frov’fivi; 46=frov’sivi; 47=frov’civi; 48=frov’pivi; 49=frov’nivi; 50=fuvi; 51=fuv’oi; 52=fuv’doi; 53=fuv’troi; 54=fuv’froi; 55=fuv’fivi; 56=fuv’sivi; 57=fuv’civi; 58=fuv’pivi; 59=fuv’nivi; 60=suvi; 61=suv’oi; 62=suv’doi; 63=suv’troi; 64=suv’froi; 65=suv’fivi; 66=suv’sivi; 67=suv’civi; 68=suv’pivi; 69=suv’nivi; 70=cuvi; 71=cuv’oi; 72=cuv’doi; 73=cuv’troi; 74=cuv’froi; 75=cuv’fivi; 76=cuv’sivi; 77=cuv’civi; 78=cuv’pivi; 79=cuv’nivi; 80=puvi; 81=puv’oi; 90=nuvi; 91=nuv’oi; 82=puv’doi; 83=puv’troi; 84=puv’froi; 85=puv’fivi; 86=puv’sivi; 87=puv’civi; 88=puv’pivi; 89=puv’nivi; 92=nuv’doi; 93=nuv’troi; 94=nuv’froi; 95=nuv’fivi; 96=nuv’sivi; 97=nuv’civi; 98=nuv’pivi; 99=nuv’nivi; 100=centi; 101=cent’oi; 102=cent’doi; 103=cent’troi; 104=cent’froi; 105=cent’fivi; 106=cent’sivi; 107=cent’civi; 108=cent’pivi; 109=cent’nivi; 110=cent’tivi; 111=cent’otivi; 112=cent’dotivi; 113=cent’trotivi; 114=cent’frotivi; 115=cent’fitivi; 116=cent’sitivi; 117=cent’citivi; 118=cent’pitivi; 119=cent’nitivi; 120=cent’dovi; 121=cent’dov’oi; 122=cent’dov’doi; 123=cent’dov’troi; 124=cent’dov’froi; 125=cent’dov’fivi; 126=cen’dov’sivi; 127=cen’tdov’civi; 128=cent’dov’pivi; 129=cent’dov’nivi; 130=cent’trovi; 131=cent’trov’oi; 132=cent’trov’doi; 133=cent’trov’troi; 134=cent’trov’froi; 135=cent’trov’fivi; 136=cent’trov’sivi; 137=cent’trov’civi; 138=cent’trov’pivi; 139=cent’trov’nivi; 140=cent’frovi; 141=cent’frov’oi; 142=cent’frov’doi; 150=cent’fuvi; 151=cent’fuv’oi; 152=cent’fuv’doi; 160=cent’suvi; 161=cent’suv’oi; 162=cent’suv’doi; 170=cent’cuvi; 171=cent’cuv’oi; 172=cent’cuv’doi; 180=cent’puvi; 181=cent’puv’oi; 182=cent’puv’doi; 190=cent’nuvi; 191=cent’nuv’oi; 192=cent’nuv’doi; 200=do’centi; 201=do’cent’oi; 202=do’cent’doi; 210=do’cent’tivi; 211=do’cent’otivi; 212=do’cent’dotivi; 220=do’cent’dovi; 221=do’cent’dov’oi; 222=do’cent’dov’doi; 230=do’cent’trovi; 231=do’cent’trov’oi; 240=do’cent’frovi; 241=do’cent’frov’oi; 242=do’cent’frov’doi; 250=do’cent’fuvi; 251=do’cent’fuv’oi; 260=do’cent’suvi; 261=do’cent’suv’oi; 262=do’cent’suv’doi; 270=do’cent’cuvi; 271=do’cent’cuv’oi; 280=do’cent’puvi; 281=do’cent’puv’oi; 282=do’cent’puv’doi; 290=do’cent’nuvi; 291=do’cent’nuv’oi; 57 300=tro’centi; 301=tro’cent’oi;302=tro’cent’doi;310=tro’cent’tivi; 311=tro’cent’otivi; 312=tro’cent’dotivi; 320=tro’cent’dovi; 321=tro’cent’dov’oi; 322=tro’cent’dov’doi; 330=tro’cent’trovi; 331=tro’cent’trov’oi; 340=tro’cent’frovi; 341=tro’cent’frov’oi; 342=tro’cent’frov’doi; 350=tro’cent’fuvi; 351=tro’cent’fuv’oi; 360=tro’cent’suvi; 361=tro’cent’suv’oi; 362=tro’cent’suv’doi; 370=tro’cent’cuvi; 371=tro’cen’tcuv’oi; 380=tro’cent’puvi; 381=tro’cent’puv’oi; 382=tro’cent’puv’doi; 390=tro’cent’nuvi; 391=tro’cent’nuv’oi; 400=fro’centi; 401=fro’cent’oi; 402=fro’cent’doi;410=fro’cent’tivi; 411=fro’cent’otivi; 412=fro’cent’dotivi; 420=fro’cent’dovi; 421=fro’cent’dov’oi; 422=fro’cent’dov’doi; 430=fro’cent’trovi; 431=fro’cent’trov’oi; 440=fro’cent’frovi; 441=fro’cent’frov’oi; 442=fro’cent’frov’doi; 450=fro’cent’fuvi; 451=fro’cent’fuv’oi; 460=fro’cent’suvi; 461=fro’cent’suv’oi; 462=fro’cent’suv’doi; 470=fro’cent’cuvi; 471=fro’cent’cuv’oi; 480=fro’cent’puvi; 481=fro’cent’puv’oi; 482=fro’cent’puv’doi; 490=fro’cent’nuvi; 491=fro’cent’nuv’oi; 500=fi’centi; 501=fi’cent’oi; 502=fi’cent’doi; 510=fi’cent’tivi; 511=fi’cent’otivi; 512=fi’cent’dotivi; 520=fi’cent’dovi; 521=fi’cent’dov’oi; 522=fi’cent’dov’doi; 530=fi’cent’trovi; 531=fi’cent’trov’oi; 540=fi’cent’frovi; 541=fi’cent’frov’oi; 542=fi’cent’frov’doi; 550=fi’cent’fuvi; 551=fi’cent’fuv’oi; 560=fi’cent’suvi; 561=fi’cent’suv’oi; 562=fi’cent’suv’doi; 570=fi’cent’cuvi; 571=fi’cent’cuv’oi; 580=fi’cent’puvi; 581=fi’cent’puv’oi; 582=fi’cent’puv’doi; 590=fi’cent’nuvi; 591=fi’cent’nuv’oi; 600=si’centi; 601=si’cent’oi; 602=si’cent’doi; 610=si’cent’tivi; 611=si’cent’otivi; 612=si’cent’dotivi; 620=si’cent’dovi; 621=si’cent’dov’oi; 622=si’cent’dov’doi; 630=si’cent’trovi; 631=si’cent’trov’oi; 640=si’cent’frovi; 641=si’cent’frov’oi; 642=si’cent’frov’doi; 650=si’cent’fuvi; 651=si’cent’fuv’oi; 660=si’cent’suvi; 661=si’cent’suv’oi; 662=si’cent’suv’doi; 670=si’cent’cuvi; 671=s’icent’cuv’oi; 680=si’cent’puvi; 681=si’cent’puv’oi; 682=si’cent’puv’doi; 690=si’cent’nuvi; 691=si’cent’nuv’oi; 700=ci’centi; 701=ci’cent’oi; 702=ci’cent’doi; 710=ci’cent’tivi; 711=ci’cent’otivi; 712=ci’cent’dotivi; 720=ci’cent’dovi; 721=ci’cent’dov’oi; 722=ci’cent’dov’doi; 730=ci’cent’trovi; 731=ci’cent’trov’oi; 740=ci’cent’frovi; 741=ci’cent’frov’oi; 742=ci’cent’frov’doi; 750=ci’cent’fuvi; 751=ci’cent’fuv’oi; 760=ci’cent’suvi; 761=ci’cent’suv’oi; 762=ci’cent’suv’doi; 770=ci’cent’cuvi; 771=ci’cent’cuv’oi; 780=ci’cent’puvi; 781=ci’cent’puv’oi; 782=ci’cent’puv’doi; 790=ci’cent’nuvi; 791=ci’cent’nuv’oi; 800=pi’centi; 801=pi’cent’oi; 802=pi’cent’doi; 810=pi’cent’tivi; 811=pi’cent’otivi; 812=pi’cent’dotivi; 820=pi’cent’dovi; 821=pi’cent’dov’oi; 822=pi’cent’dov’doi; 830=pi’cent’trovi; 831=pi’cent’trov’oi; 840=pi’cent’frovi; 841=pi’cent’frov’oi; 842=pi’cent’frov’doi; 850=pi’cent’fuvi; 851=pi’cent’fuv’oi; 860=pi’cent’suvi; 861=pi’cent’suv’oi; 862=pi’cent’suv’doi; 870=pi’cent’cuvi; 871=pi’cent’cuv’oi; 58 880=pi’cent’puvi; 881=pi’cent’puv’oi; 882=pi’cent’puv’doi; 890=pi’cent’nuvi; 891=pi’cent’nuv’oi; 900=ni’centi; 901=ni’cent’oi; 902=ni’cent’doi; 910=ni’cent’tivi; 911=ni’cent’otivi; 912=ni’cent’dotivi; 920=ni’cent’dovi; 921=ni’cent’dov’oi; 922=ni’cent’dov’doi; 930=ni’cent’trovi; 931=ni’cent’trov’oi; 940=ni’cent’frovi; 941=ni’cent’frov’oi; 942=ni’cent’frov’doi; 950=ni’cent’fuvi; 951=ni’cent’fuv’oi; 960=ni’cent’suvi; 961=ni’cent’suv’oi; 962=ni’cent’suv’doi; 970=ni’cent’cuvi; 971=ni’cent’cuv’oi; 980=ni’cent’puvi; 981=n’icent’puv’oi; 982=ni’cent’puv’doi; 990=ni’cent’nuvi; 991=ni’cent’nuv’oi; 1000=keli; 1001=kel’oi; 1002=kel’doi; 1010=kel’tivi; 1011=kel’otivi; 1012=kel’dotivi; 1020=kel’dovi; 1021=kel’dov’oi; 1022=kel’dov’doi; 1099=kel’nuv’nivi; 1100=kel’centi; 1101=kel’cent’oi; 1110=kel’cent’tivi; 1111=kel’cent’otivi; 1112=kel’cent’dotivi; 1200=kel’do’centi; 1201=kel’do’cent’oi; 1202=kel’do’cent’doi; 1203=kel’do’cent’troi; 1204=kel’do’cent’froi; 1300=kel’tro’centi;1400=kel’fro’centi; 1500=kel’fi’centi; 1600=kel’si’centi; 1700=kel’ci’centi;1800=kel’pi’centi; 1900=kel’ni’centi; 2000=do’keli; 2001=do’kel’oi; 2002=do’kel’doi; 2010=do’kel’tivi; 2011=do’kel’otivi; 2012=do’kel’dotivi; 2020=do’kel’dovi; 2021=do’kel’dov’oi; 2022=do’kel’dov’doi; 2099=do’kel’nuv’nivi; 2100=do’kel’centi; 2101=do’kel’cent’oi; 2102=do’kel’cent’doi; 2110=do’kel’cent’tivi; 2111=do’kel’cent’otivi; 2200=do’kel’do’centi; 2201=do’kel’do’cent’oi; 2202=do’kel’do’cent’doi; 2203=do’kel’do’cent’troi; 2204=do’kel’do’cent’froi; 2300=do’kel’tro’centi; 2400=do’kel’fro’centi; 2500=do’kel’fi’centi; 2600=do’kel’si’centi; 2700=do’kel’ci’centi; 2800=do’kel’pi’centi; 2900=do’kel’ni’centi; 3000=tro’keli; 3101=tro’kel’cent’oi; 4000=fro’keli; 5000=fi’keli; 6000=si’keli; 7000=ci’keli; 8000=pi’keli; 9000=ni’keli; 10000=ti’keli; 10801=ti’kel’pi’cent’oi; 11000=otiv’keli; 12000=dotiv’keli; 19000=nitiv’keli; 20000=dov’keli; 30000=trov’keli; 40000=frov’keli; 50000=fuv’keli; 60000=suv’keli; 70000=cuv’keli; 80000=puv’keli; 90000=nuv’keli; 90346=nuv’kel’tro’cent’frov’sivi; 100000=cent’keli; 100802=cent’kel’pi’cent’doi; 200000=do’cent’keli; 300000=tro’cent’keli; 400000=fro’cent’keli;500000=fi’cent’keli;600000=si’cent’keli; 700000=ci’cent’keli;800000=pi’cent’keli;900000=ni’cent’keli; 1 000 000=megi; 1 000 802=meg’pi’cent’doi; 2 000 000=do’megi; 3 000 000=tro’megi; 4 000 000=fro’megi; 5 000 000=fi’megi; 6 000 000=si’megi;7 000 000=ci’megi;8 000 000=pi’megi; 9 000 000=ni’megi; 10 000 000=ti’megi; 10 000 802=ti’meg’pi’cent’doi; 11 000 000=otiv’megi; 20 000 000=dov’megi; 30 000 000=trov’megi; 40 000 000=frov’megi; 50 000 000=fuv’megi; 60 000 000=suv’megi; 70 000 000=cuv’megi;80 000 000=puv’megi; 90 000 000=nuv’megi; 100 000 000=cent’megi; =tro’cent’megi; 000=ci’cent’megi; 100 000 802=cent’meg’pi’cent’doi; 200 000 000=do’cent’megi; 300 000 000 400 000 000=fro’cent’megi; 500 000 000=fi’cent’megi; 600 000 000=si’cent’megi; 700 000 800 000 000=pi’cent’megi; 900 000 000=ni’cent’megi; 1 000 000 000=gedi; =tro’gedi; 000=ci’gedi; 1 000 000 802=ged’pi’cent’doi; 4 000 000 000=fro’gedi; 5 000 000 000=fi’gedi; 8 000 000 000=pi’gedi; 2 000 000 000=do’gedi; 3 000 000 000 6 000 000 000=si’gedi; 7 000 000 9 000 000 000=ni’gedi; 10 000 000 000=ti’gedi; 10 000 000 802=ti’ged’pi’cent’doi; 11 000 000 000=otiv’gedi; 59 20 000 000 000=dov’gedi; 30 000 000 000=trov’gedi; 40 000 000 000=frov’gedi; 50 000 000 000=fuv’gedi; 60 000 000 000=suv’gedi; 80 000 000 000=puv’gedi; 70 000 000 000=cuv’gedi; 90 000 000 000=nuv’gedi; 100 000 000 000=cent’gedi; 100 000 802 000=cent’ged’pi’cent’do’keli; 200 000 000 000=do’cent’gedi; 300 000 000 000 =tro’cent’gedi; 400 000 000 000=fro’cent’gedi; 500 000 000 000=fi’cent’gedi; 600 000 000 000=si’cent’gedi; 700 000 000 000=ci’cent’gedi; 800 000 000 000=pi’cent’gedi; 900 000 000 000=ni’cent’gedi; 1000 000 000 000=teri (mille miliardi). ordinali gli “aggettivi numerali ordinali” indicano la posizione, l'ordine in una serie (primo, secondo, terzo, trentacinquesimo, etc.); a differenza dei cardinali (sempre invariabili), gli ordinali, allorché fungono da sostantivi (aggettivi sostantivati), variano nel genere (maschile-femminile-*generico-neutro) e nel numero (singolare-plurale); in univerlang gli “aggettivi numerali ordinali” sono espressi unicamente dalle “cifre arabe” (1, 2, 3, etc.), obbligatoriamente accompagnate dall’esponente (°); esempi: 1° (primo,a,i,e); 2° (secondo,a,i,e); 3° (terzo,a,i,e); etc. attenzione! sono aboliti i numeri romani (I, II, III, IV, etc.); importante! quando l’ordinale funge da sostantivo gli “esponenti” accanto la cifra araba variano a seconda del “genere grammaticale”: maschile (1‘); femminile (1“); generico (1*); neutro ( 1^); allo scopo di agevolare la memorizzazione si consiglia il metodo “ricorda collegando” (strumento mnemo-tecnico): si tratta, in pratica, di collegare l’oggetto da memorizzare ad un concetto o una immagine “familiare” o che comunque si fissi bene nella nostra mente; quando ci occorrerà ricordare l’oggetto in questione, basterà allora “richiamare” quella “immagine” collegata (essendo questa ben impressa nella nostra mente), e il gioco è fatto! nel caso dei sopramenzionati esponenti , ad esempio, si potrebbe procedere nel seguente modo: per quanto riguarda l’esponente dell’aggettivo ordinale ( 1° ), tale piccola “o” è facilmente collegabile alla “-o” del suffisso proprio degli aggettivi numerali ordinali scritti a lettere ( vedi sotto); nel caso invece dell’esponente dell’ordinale sostantivo maschile ( 1‘ ), si può collegare questo “unico” piccolo segno all’unico cromosoma sessuale ( x ) presente negli uomini; nel caso invece dell’esponente dell’ordinale sostantivo femminile ( 1“ ), si può collegare questo “doppio” piccolo segno al doppio cromosoma sessuale ( xx ) presente nelle donne; nel caso dell’esponente dell’ordinale sostantivo generico ( 1* ), il richiamo mnemonico è immediato, in quanto simbolo del *genere generico (vedi pag. 13); nel caso invece dell’esponente dell’ordinale sostantivo neutro ( 1^ ), si può collegare questo piccolo segno al “tetto” di una casa, il cui genere è per l’appunto “neutro”; naturalmente questo è solo un esempio del metodo “ricorda collegando”….ognuno è libero di creare i “collegamenti” con immagini e concetti i più disparati, sempre che siano a lui “familiari”. 60 gli “aggettivi numerali ordinali” univerlang possono essere scritti anche a “lettere” (oltre che in cifre arabe): si costruiscono dai corrispettivi numeri cardinali - numeri di base - esempi: 1° = oio (primo); 2° = doio (secondo); etc. con l'aggiunta del suffisso -o; 3° = troio (terzo); 10° = tivio (decimo); quando l’ordinale funge da sostantivo di genere maschile: 1’ = oiom (primo); 2’= doiom (secondo); 3’= troiom (terzo); 10' = tiviom (decimo); quando l’ordinale funge da sostantivo di genere femminile: 1” = oiof (prima); 2”= doiof (seconda); 3”= troiof (terza); 10” = tiviof(decima); quando l’ordinale funge da sostantivo di genere *generico: 1* = oiog (primo); 2*= doiog (secondo); 3*= troiog (terzo); 10* = tiviog (decimo); quando l’ordinale funge da sostantivo di genere neutro: 1^ = oion (primo); 2^= doion (secondo); 3^= troion (terzo); 10^= tivion (decimo); il plurale dei suddetti “ordinali sostantivati” è espresso aggiungendo la “s” alla cifra araba e “es” ai sostantivi scritti a lettere: sostantivo di genere maschile, plurale: 1’s = oiomes (primi); 2’s= doiomes (secondi); 3’s= troiomes (terzi); 10's = tiviomes (decimi); sostantivo di genere femminile, plurale: 1”s = oiofes (prime); 2”s= doiofes (seconde); 3”s= troiofes (terze); 10”s = tiviofes(decime); sostantivo di genere *generico, plurale: 1*s = oioges (primi); 2*s= doioges (secondi); 3*s= troioges (terzi); 10*s = tivioges (decimi); sostantivo di genere neutro, plurale: 1^s = oiones (primi); 2^s= doiones (secondi); 3^s= troiones (terzi); 10^s= tiviones (decimi); frazionari indicano la frazione (cioè “la parte dell'intero”): 3/5, 1/2, etc. naturalmente i frazionari possono essere scritti anche in lettere (oltre che in cifre arabe): in univerlang si costruiscono mettendo il “cardinale a numeratore” “l'ordinale (sempre maschile, singolare) a denominatore”; esempi: 3/5=troi fivio (tre quinti); 1/10=oi tivio (un decimo); e 1/2=oi doio (un mezzo); i frazionari, in italiano, sono “sempre” dei sostantivi (aggettivi sostantivati); esempio: “3/5 dei siciliani” (“3/5” è sostantivo-soggetto, “dei siciliani” è complemento di specificazione – partitivo -); esiste un'unica eccezione, dove appunto il “frazionario” non è solo “sostantivo”: ½(“un mezzo”- sostantivo -, oppure “metà”, “mezzo”- aggettivi -); in univerlang, il sostantivo ½ - per lo più in matematica - si legge oni doio; l'aggettivo “metà”, “mezzo” si traduce ondi; 61 esiste un'unica eccezione, dove appunto il “frazionario” non è solo “sostantivo”: ½(“un mezzo”- sostantivo -, oppure “metà”, “mezzo”- aggettivi -); in univerlang, il sostantivo ½ - per lo più in matematica - si legge oi doio; l'aggettivo “metà”, “mezzo” si traduce odi; esempi: 1/2 of bilancio aziendale (un mezzo del bilancio aziendale); odi monen (metà luna, mezza luna); oi glasen et odi (un bicchiere e mezzo – bicchiere, è sottinteso -); in univerlang, i frazionari sono sempre – senza eccezioni – indeclinabili (nel genere e nel numero), e sono seguiti dal complemento di specificazione (partitivo) – che può però essere sottinteso – che è retto dalla preposizione di specificazione of; esempi: 1/10 of manos - oni tivio of manos (un decimo degli uomini); 3/5 of starones - troi fivio of starones (tre quinti delle stelle); moltiplicativi i numerali moltiplicativi indicano il numero di volte per cui è moltiplicata una certa entità: doppio-2volte, triplo-3volte tanto, decuplo-10 volte..……..centuplo, etc. possono essere aggettivi o sostantivi (aggettivi sostantivati); in univerlang, i moltiplicativi sono indeclinabili (nel genere e nel numero) e si ottengono aggiungendo il suffisso -mo (moltiplicativo) al “cardinale” privato della vocale i finale; esempi: doi (2, cardinale) > domo (doppio, doppia, doppi, due volte, due volte tanto, duplice); attenzione!!! la parola “doppione” ha significato diverso rispetto a “doppio”; “doppione” infatti significa “copia”, e pertanto in univerlang si tradurrà copon [ciòpon] (copia, doppione); troi (3, cardinale) > tromo (triplo, tripla, tre volte, tre volte tanto, triplice); tivi (10, cardinale) > tivmo (decuplo, dieci volte, dieci volte tanto); centi (10, cardinale) > centmo (centuplo, cento volte, cento volte tanto); spesso i moltiplicativi sottintendono una comparazione; esempio: “il mio stipendio è il doppio del tuo”; 62 in questo caso il secondo termine di paragone (tuo) è introdotto, in univerlang, dalla preposizione tun [tùn] (del, rispetto al, in confronto al, paragonato al, in rapporto al); quindi avremo: “il mio stipendio è domo tun tuo”; attenzione!!! nelle frasi: “la mia auto è cento volte più veloce della tua”; “luisa è dieci volte meno bella di mary”; “cento volte” e “dieci volte” sono delle locuzioni avverbiali – abolite in univerlang! – riconducibili all'avverbio “molto”> vir; pertanto, in univerlang, si tradurrà: “la mia auto è vir mar spedi tun tua; luisa è vir op’mar beti tun mèri; collettivi i numerali collettivi indicano un certo numero di esseri o cose considerati come un unico insieme (singola entità); esempi: coppia, duo, duetto, doppietta, ambo, triumviro, terzetto, quaterna, decina, dozzina, semestre, centinaio, semestre, biennio, millennio, etc. i collettivi sono sempre dei sostantivi; in univerlang, i collettivi sono declinabili (però solo nel numero: singolare/plurale), e si ottengono aggiungendo il suffisso -ko (collettivo – eccezione alla regola: la “c” è, in questo caso, “dura” e, pertanto, in univerlang diventa “k” -) al “cardinale” privato della vocale i finale; esempi: doko [dòko] (paio, coppia troko (trio, terzetto froko (quartetto – generico -); – generico -); – generico -); etc. i numerali collettivi di cui sopra - essendo generici - abbisognano di un complemento di specificazione – che può però essere sottinteso – che è retto dalla preposizione of; esempi: doko of manos (paio/coppia di uomini); doko of maripes (paio/coppia di coniugi, di persone sposate); doko of vedipes (paio/coppia di sposi/sposini); tivi dokos of manos (10 paia/coppie di uomini); troko of manos (trio/terzetto di uomini); dotivko of manofes (dozzina di donne); fuvko of manos (cinquantina di uomini); an centko of manos (un centinaio di uomini); centkos of manos (centinaia di uomini); an kilko of manos (un migliaio di uomini); kilkos of manos (migliaia di uomini); 63 esistono però dei “collettivi specifici”, sostantivi cioè con significato specifico e che pertanto non abbisognano del complemento di specificazione; esempi: dosovo (duo, duetto – nello sport e nello spettacolo>sovon, come anche in senso “ironico”: che bel duo!!!); dosporto (doppietta - due goal, due canestri, etc., nello sport>sporton); dobingo (ambo - due punti nella tombola e nel bingo>bingon); tromano (triumviro - tre uomini con importanti incarichi istituzionali – uomo>mano); Troelo (Trinità - il dogma cristiano – Dio>Elu); trosovo (trio, terzetto terzetto!!!); – nello sport e nello spettacolo>sovon, come anche in senso “ironico”: che bel trospo (tripletta - tre goal, tre canestri, etc., nello sport>spon); trobingo (terna – tre punti nella tombola e nel bingo>bingon); frosovo (quartetto – nello sport e nello spettacolo>sovon, come anche in senso “ironico”: che bel quartetto!!!); frobingo (quaterna – quattro punti nella tombola e nel bingo>bingon); fivsovo (quintetto – nello sport e nello spettacolo>sovon, come anche in senso “ironico”: che bel quintetto!!!); fivbingo (cinquina – cinque punti nella tombola e nel bingo>bingon); sivsovo (sestetto– nello sport e nello spettacolo> sovon, come anche in senso “ironico”:che bel sestetto!!!); domonto (bimestre - mese>monton); tromonto (trimestre); fromonto (quadrimestre); sivmonto (semestre); doiro (biennio - anno>iron); attenzione!!!:capello>aron); troiro (triennio); fiviro (quinquennio); tiviro (decennio); doviro (ventennio); centiro (centennio, secolo); kiliro (millennio); centago (centenario – età>agon); kilago (millenario). 64 distributivi i numerali distributivi indicano come sono distribuiti, ordinati o assegnati, due o più esseri o cose; possono essere aggettivi o locuzioni aggettivali – abolite in univerlang -; esempi: entrambi, ambedue, ambo, tuttedue, l'uno e l'altro/a, sia l'uno che l'altro/a, a uno a uno, uno per uno, uno alla volta, uno dopo l'altro, due per volta, a due a due, uno per ciascuno, uno per ognuno, uno ciascuno, uno a ciascuno, uno ad ognuno, due per ciascuno, due ciascuno, due ad ognuno, due euro ciascuno, dieci euro per ognuno, etc. in univerlang, i suddetti distributivi sono tradotti come di seguito: oi et oti oi oti (entrambi, ambedue, ambo, tuttedue, l'uno e l'altro, sia l'uno che l'altro); (l’un l’altro); oiof et otiof (entrambe, l'una e l'altra, sia l'una che l'altra); oiom et otiof oios et otios (l'uno e l'altra, sia l'uno che l'altra); (gli uni e gli altri, sia gli uni che gli altri); oiofes et otiofes oi fir turnen ( uno per volta, a uno a uno, uno per uno, uno alla volta, uno dopo l'altro); doi fir turnen oni fir eco (due per volta, a due a due, due alla volta); (uno per ciascuno, uno per ognuno, uno ciascuno, uno a ciascuno, uno ad ognuno); oni fir ecof doi fir eco (le une e le altre, sia le une che le altre); (uno per ciascuna, uno per ognuna, uno ciascuna, uno a ciascuna, uno ad ognuna); (due per ciascuno, due ciascuno, due ad ognuno); doi euro fir eco (due euro per ciascuno, due euro ciascuno, due euro ad ognuno); etc. oi fir alis, alios fir oio (uno per tutti, tutti per uno); il pronome 76H il pronome è una parola che sta al posto (pro-) del sostantivo (nome); sarebbe in realtà più corretto chiamarlo “sostituente”, perchè sostituisce non solo i sostantivi, ma anche gli aggettivi, i verbi e anche intere frasi; i pronomi si dividono in varie classi: − − − − − − − personali (io, tu, egli, mi, te, lo, sé, si, etc.); possessivi (mio, tuo, suo, etc.); dimostrativi (questo, quello, etc.); indefiniti (qualcuno, nessuno, etc.); relativi (che, il quale, etc.); interrogativi (chi?, quale?, quanto?, etc.) esclamativi (che!, quanto!, etc.) 65 pronomi personali – soggetto, complemento e riflessivi i pronomi personali sono parole “brevi” che sostituiscono i sostantivi per snellire il discorso; essi, a seconda della funzione che svolgono nella frase, si distinguono in tre sottoclassi: pronomi personali “soggetto”: hanno funzione di soggetto ed in univerlang vanno sempre indicati (mai sottintesi!); ecco lo specchio completo: univerlang italiano note sempre minuscolo, anche ad inizio frase i -1^sing. - io ia -2^sing. - tu io -3^sing. paritaria - egli, lui, ella, lei, esso, essa per persona e animale in quanto “specie” iof -3^sing. f. – ella, lei per persona e animale di sesso femminile iom -3^sing.m. - egli, lui per persona e animale di sesso maschile ien -3^sing. n. – is esso, essa per cosa e vegetale (neutro) noi -1^plur.-2^plur. - voi ios -3^plur. paritaria - essi, esse, loro per persone e animali in quanto “specie” iofes -3^plur. f. – esse, loro per persone e animali di sesso femminile iomes -3^plur.m. - essi, loro per persone e animali di sesso maschile ienes -3^plur. n. – essi, esse per cose e vegetali (neutro) ias esempi: i amo mia moglie (io amo mia moglie, amo mia moglie); ias leggete un libro (voi leggete un libro); attenzione! allo scopo di agevolare la memorizzazione si consiglia il metodo “ricorda collegando” (strumento mnemo-tecnico): si tratta, in pratica, di collegare la parola da memorizzare ad un concetto o una immagine “familiare” o che comunque si fissi bene nella nostra mente; quando ci occorrerà ricordare la parola in questione, basterà allora “richiamare” quella “immagine” collegata (essendo questa ben impressa nella nostra mente), e il gioco è fatto! nel caso dei pronomi personali soggetto, ad esempio, si potrebbe procedere nel seguente modo: ci si sforzerà di memorizzare solo la 1° pers. sing. i (io), quindi si immagina di “attaccare” a questa la prima vocale della parola “attaccare” (in inglese “attach”) e si ottiene la 2° pers. sing. i-a (tu); a questo punto immaginiamo che quest’ultima vocale (la a) perda la asticella così da ottenere i-o, cioè la 3^sing. paritaria; a questo punto basta sostituire la o con le altre rimanenti 3 desinenze di genere (-of, -om, -en ) e avremo ottenuto la 3° persona singolare; ricordando poi che “noi” è il plurale di “io”, “voi” il plurale di “tu” e “essi” il plurale di “egli”, basta solo “aggiungere” la desinenza del plurale per ottenere la 1°, la 2° e la 3° persona plurale; naturalmente questo è solo un esempio del metodo “ricorda collegando”….ognuno è libero di creare i “collegamenti” con immagini e concetti i più disparati, sempre che siano a lui “familiari”. 66 pronomi personali complemento: hanno funzione di complemento – diretto o indiretto - ; il complemento “diretto” (complemento oggetto) segue “direttamente” il verbo; quello “indiretto” è preceduto da una preposizione; esempi: io leggo un libro (libro = complemento diretto – complemento oggetto -); luigi passeggia con maria (maria = compl. “indiretto”, preceduto dalla preposizione di compagnia “con”); in Italiano ogni “pronome personale complemento” ha diverse forme (me-mi, te-ti, lo-gli, etc.); in univerlang esiste “una sola forma” per ogni pronome complemento, che deve sempre “seguire” il verbo; ecco lo specchio completo: univerlang italiano me –1^sing.- me, mi mea –2^sing.- te, ti meo –3^sing. paritaria.meof -3^sing. f. – meom -3^sing.m. men -3^sing. n. – lui, lei, lo, la, gli, ne per persona e animale in quanto “specie” lei, la, le, ne per persona e animale di sesso femminile lui, lo, gli, ne esso, la, lo, gli, ne mes–1^plur.- noi, ci meas–2^plur.- voi, vi meos -3^plur. paritaria- meofes -3^plur. f. – meomes -3^plur.m. menes -3^plur. n. – note per persona e animale di sesso femminile per cosa e vegetale (neutro) loro, li, ne per persone e animali in quanto “specie” loro, le, ne per persone e animali di sesso femminile loro, li, ne per persone e animali di sesso maschile essi,esse, ne per cose e vegetali (neutro) esempi: io amo mea (io ti amo; io amo te); mario parla con mes (mario parla con noi; mario ci parla); attenzione! allo scopo di agevolare la memorizzazione si consiglia il metodo “ricorda collegando”: memorizza solo la 1’ pers. sing. me (me, mi), quindi procedi “esattamente” come per i “pronomi personali soggetto”…vedi dietro (pag.19). 67 pronomi personali riflessivi: sono particelle pronominali complemento che si riferiscono alla stessa persona che compie l’azione (soggetto); esempi: tu ti lavi; mario si pettina; lui scrive di sé stesso; loro si lavano; in pratica l’azione compiuta dal soggetto “ricade” – direttamente o indirettamente - sul soggetto stesso, che perciò nella frase ha anche funzione di complemento – diretto (compl. oggetto) o indiretto (compl. di termine, di specificazione, etc.) -; in univerlang esiste una sola forma per ogni pronome riflessivo, che deve sempre “seguire” il verbo - regola dell’ordine sintattico “diretto” (17) -; ecco lo specchio completo: univerlang italiano note ve –1^sing.- me stesso, mi vea –2^sing.- te stesso, ti veo –3^sing. paritaria.- sè stesso, si per persona e animale in quanto “specie” veof -3^sing. f. – sè stessa, si per persona e animale di sesso femminile veom -3^sing.m. - sè stesso, si per persona e animale *generici ven -3^sing. n. sè stesso, se stessa, si ves–1^plur.- noi stessi, ci veas–2^plur.- voi stessi, vi per cosa e vegetale (neutro) veos -3^plur. paritaria- sè stessi, loro stessi, si per persone e animali in quanto “specie” veofes -3^plur. f. – sè stesse, loro stesse, si per persone e animali di sesso femminile veomes -3^plur.m. - sè stessi, loro stessi, si per persone e animali di sesso maschile venes -3^plur. n. sè stessi, sè stesse, si per cose e vegetali (neutro) esempi: io pettino ve (io pettino me stesso; io mi pettino;); luigi lava veom (luigi lava sé stesso; luigi si lava); maria lava veof (maria lava sé stesso; luigi si lava); tu lavi le mani ib vea (tu lavi le mani a te stesso, tu ti lavi le mani – compl. di termine introdotto dalla mario parla od veom preposizione “ib”); (mario parla di sé stesso – compl. di specificazione-argomento introdotto dall preposizione “od”); attenzione! allo scopo di agevolare la memorizzazione si consiglia il metodo “ricorda collegando”: memorizza solo la 1°pers. sing. ve (me stesso, mi), quindi procedi “esattamente” come per i pronomi personali complemento…vedi pag. 34. 68 pronomi allocutivi 7H i pronomi allocutivi sono quei pronomi personali che si usano quando ci si rivolge “direttamente” a qualcuno (dal latino “alloquor” = rivolgere la parola); in italiano si distinguono il “tu” confidenziale, il “lei” di cortesia, di rado il “loro” e il “voi”; in univerlang, per semplicità - ma anche per annullare le distanze di classe (e le relative incomprensioni) -, si usa esclusivamente la “seconda persona singolare”: ia (tu) – pronome personale soggetto -; mea (te, ti) – pronome personale complemento-; vea (te stesso, ti) – pronome personale riflessivo -; pertanto, ci si rivolga all’amico oppure al proprio datore di lavoro, nel discorso diretto univerlang, si userà “sempre” il “tu”; nel caso, però, si voglia esprimere “considerazione” e “rispetto” nei confronti del proprio interlocutore, ecco che si farà ricorso al titolo “signore/signora” oppure al “titol professionalereferenziale” – dottor, ingegnere, etc. -, posto ad “inizio” frase; esempi: “mistom, ia vivi in città?” (signore, tu vivi in città?); “mistof, ia vivi in città?” (signora, tu vivi in città?); “mistofes et mistomes, ias siete i benvenuti” (signore e signori, voi siete i benvenuti); “doktof, ia puoi guarire la mia malattia?” (dottoressa, tu puoi guarire la mia malattia?); attenzione! in univerlang, oltre che il “Lei” , il “Voi” e il “Loro”, è abolito anche il “Noi” (plurale di maestà). 69 possessivi (pronomi e aggettivi) 78H i possessivi sono pronomi (e aggettivi) che indicano il possessore; naturalmente il significato di “possessore” è generico e “allargato” in quanto spesso non definisce un rapporto di effettivo possesso bensì una generica relazione di affiliazione, di consuetudine, di confidenza, etc.; esempi: “la mia scuola”, “il nostro buon mario”, “il tuo paese”; gli “aggettivi” possessivi accompagnano sempre un sostantivo (di cui indicano il possessore); esempio: “il tuo libro”; i “pronomi” possessivi indicano ugualmente il possessore ma non accompagnano il sostantivo (che è sottinteso essendo, il sostantivo, citato in precedenza); esempio: “di chi è il libro? è suo” (è sottinteso “il libro”, precedentemente citato). in italiano, come anche in inglese, la grammatica dei possessivi è alquanto complessa e gravata da molteplici regole ed eccezioni; univerlang semplifica la materia abolendo regole asfissianti ed eccezioni e stabilisce quanto segue: i “pronomi” e gli “aggettivi” possessivi coincidono (a differenza dell’inglese dove hanno forme diverse); i “pronomi e gli aggettivi” possessivi si riferiscono sempre al possessore e pertanto ad esso si “accordano” nel genere –maschile, femminile, generico, neutro- e nel numero –singolare o plurale-; i “pronomi e gli aggettivi” possessivi possono essere (o meno) preceduti dagli articoli determinativo o indeterminativo (sono pertanto eliminate tutte quelle complicate limitazioni tipiche della lingua italiana e dell’inglese); gli “aggettivi” possessivi (come del resto tutti gli aggettivi univerlang) precedono il sostantivo; i “pronomi” possessivi stanno al posto di sostantivi precedentemente citati e mai di sostantivi sottintesi di cui hanno assunto il significato; pertanto in univerlang non si potrà dire: “vado a casa dei miei”; “dite la vostra”; etc. sii dirà invece più correttamente: “vado a casa dei miei genitori”; “dite la vostra opinione”; 70 ecco lo specchio completo dei possessivi (pronomi e aggettivi) univerlang: univerlang italiano mi –1^sing.- mio, mia, miei, mie mia –2^sing.- tuo, tua, tuoi, tue suo, sua, suoi, sue mio –3^sing. paritaria.- note per persona e animale in quanto “specie” (“di lui”) miof -3^sing. f. – suo,sua, suoi,sue (“di lei”) miom -3^sing.m. - suo,sua, suoi,sue (“di lui”) mien -3^sing. n. – suo, sua, suoi, sue (“di esso-a”) mis–1^plur.- nostro, nostra, nostri, nostre mias–2^plur.- vostro, vostra, vostri, vostre mios -3^plur. paritariamiofes -3^plur. f. – miomes -3^plur.m. mienes -3^plur. n. – loro per persona e animale di sesso femminile per persona e animale di sesso maschile per cosa e vegetale (neutro) per persone e animali in quanto “specie” loro per persone e animali di sesso femminile loro per persone e animali di sesso maschile di essi-e per cose e vegetali (neutro) esempi: mi boken (il mio libro); mi bokenes; (i miei libri); oi mi boken (un mio libro); miom tren (il suo albero – riferito a un possessore, persona o animale, di sesso maschile-); miof tren (il suo albero – riferito a un possessore, persona o animale, di sesso femminile-); mio branen (il suo cervello – riferito a un possessore, persona o animale, senza specificazione del sesso -); mian frutenes (i suoi frutti – riferito a un possessore, albero, neutro-); mien “fanalino dello stop”(il suo fanalino – riferito a un possessore, autovettura, neutro-); l’albero è miof (l’albero è suo – riferito a un possessore, persona o animale, di sesso femminile-); l’albero è miomes (l’albero è loro – riferito a dei possessori, persone o animali, di sesso maschile-); l’albero è miofes (l’albero è loro – riferito a dei possessori, persone o animali, di sesso femminile-); concludiamo il capitolo con due possessivi “atipici”: proprio e altrui; 71 proprio – possessivo atipico - in italiano, come anche in inglese, riguardo il possessivo “proprio” esistono regole ed eccezioni assai “complicate” per lo studente; in italiano, ad esempio, “proprio” è obbligatorio nelle frasi impersonali (“si vive bene nella propria città”), o ancora, si accompagna sempre come “rafforzativo” – mai “da solo” - ad un possessivo “tipico” (mio, tuo, etc.) quando riferito alla 1’, 2’ persona singolare/plurale (“l’ho visto con i miei propri occhi”), mentre può stare “da solo” – senza il possessivo tipico - se riferito alla 3’ persona (“egli lo ha visto con i propri occhi). univerlang semplifica enormemente la materia stabilendo quanto segue: la traduzione univerlang di “proprio” è ovni – indeclinabile - ; “ovni” può essere – o meno - usato come “rafforzativo” in tutte le persone, singolari o plurali, senza alcuna limitazione; si posizione dopo il possessivo tipico (mi, mio, mia, etc.); esempi: “la vidi con mi ovni occhi” (la vidi con i miei propri occhi); “guarda con mio ovni occhi” (guarda con i tuoi propri occhi); esiste, però, una piccola difficoltà riguardo all’uso di “ovni”; leggete le frasi che seguono: “marco disse a luigi di essere preoccupato per ovni salute” (“marco disse a luigi di essere preoccupato per la propria salute” – in questo caso l’aggettivo possessivo “propria” è riferito al soggetto della frase, “marco”, e pertanto si usa obbligatoriamente ovni –propria-); “marco disse a luigi di essere preoccupato per mia salute” (“marco disse a luigi di essere preoccupato per la sua salute” – in questo caso l’aggettivo possessivo “sua” è riferito al complemento di termine della frase, “a luigi”, e pertanto si userà obbligatoriamente mia –sua, di lui-); “le donne dissero agli uomini di voler lottare per ovni idee” (“le donne dissero agli uomini di voler lottare per le proprie idee” – l’aggettivo possessivo “proprie” è riferito al soggetto della frase, “le donne”, e pertanto si usa obbligatoriamente ovni –proprie-); “le donne dissero agli uomini di voler lottare per mias idee” (“le donne dissero agli uomini di voler lottare per le loro idee” – l’aggettivo possessivo “loro” è riferito al compl. di termine della frase, “agli uomini”, e pertanto si usa obbligatoriamente mias –loro-); n.b.: dagli esempi si evince che, nel caso nella frase - in ordine al riferimento del “possessivo” -, si debba distinguere tra soggetto e complemento, si userà ovni – indeclinabile - quando il possessivo è riferito al “soggetto”, si userà invece mia – declinabile - quando riferito al “complemento”. attenzione!!! nelle “frasi indeclinabile - ; esempi: impersonali” il possessivo “proprio” è tradotto sempre ovni “si vive bene nella ovni città” (“si vive bene nella propria città”); “si vive male senza ovni comodità” (“si vive male senza le proprie comodità”); “occorre spendere ovni soldi” (“occorre spendere i propri soldi”); n.b.:in questo caso “ovni” è riferito al soggetto impersonale. altrui – possessivo atipico – in italiano “altrui” è un aggettivo – indeclinabile - con significato “appartenente ad altra persona”, in contrapposizione a “proprio”; – 72 in univerlang “altrui” è tradotto: op’ovni [òp-òvni] (appartenente ad altra persona); esempi: op’ovni idee vanno rispettate (le altrui – “dell’altro” - idee vanno rispettate ); è scorretto spendere op’ovni denaro (è scorretto spendere l’altrui denaro). dimostrativi (pronomi e aggettivi) 79H i dimostrativi sono pronomi (o aggettivi) che servono ad indicare esseri o cose in maniera precisa, individuandone anche, in modo chiaro ed inequivocabile, la “posizione” rispetto a chi parla ; gli aggettivi, naturalmente, accompagnano un sostantivo (prendi “questo” libro); i pronomi invece lo sostituiscono facendone appunto le veci (prendi “questo”); in italiano, come del resto in tutte le lingue nazionali, la materia dei “dimostrativi” è alquanto complessa; univerlang razionalizza e semplifica nel seguente modo: ti = aggettivo dimostrativo – indeclinabile - (questo, questa, questi, queste) > vicino a chi parla; tati = aggettivo dimostrativo – indeclinabile - (quello, quella, quelli, quelle,) > lontano da chi parla; esempi: ti manom (questo uomo); ti manof (questa donna); ti catog (questo gatto - *generico -); ti boken (questo libro); ti manofes (queste donne); tati manom (quell’ uomo); tati manof (quella donna); (quegli uomini); tati boken (quel libro); tati catoges (quei gatti - *generici -); tati manomes come si vede, l'aggettivo dimostrativo univerlang (ti, tati) non possiede “genere” (maschile, femminile, *generico e neutro), e “numero” (singolare e plurale) – indeclinabile -; quando però funge da pronome dimostrativo – sostituto del sostantivo - acquisterà genere e numero – declinabile -; avremo pertanto: 73 tio = pronome dimostrativo paritario, singolare - riferito a persona o animale senza specificazione del sesso – (questo, questa, questi, costui, costei) > vicino a chi parla; tiom = pronome dimostrativo maschile, singolare - riferito a persona o animale - (questo, questi, costui) > vicino a chi parla; tiof = pronome dimostrativo femminile, singolare - riferito a persona o animale - (questa, costei) > vicino a chi parla; tien = pronome dimostrativo neutro, singolare - riferito a cosa o vegetale - (questo, ciò, questa cosa) > vicino a chi parla; tios = pronome dimostrativo paritario, plurale - riferito a persone o animali senza specificazione del sesso- (questi, costoro) > vicino a chi parla; tiomes = pronome dimostrativo maschile, plurale - riferito a persone o animali - (questi, costoro) tiofes = pronome dimostrativo femminile, plurale - riferito a persone o animali - (queste, costoro) > vicino a chi parla; tienes = pronome dimostrativo neutro, plurale - riferito a cose o vegetali - (questi) > vicino a chi parla; > vicino a chi parla; tatio = pronome dimostrativo paritario, singolare - riferito a persona o animale senza specificazione del sesso (quello, quella) > lontano da chi parla; tatiom = pronome dimostrativo maschile, singolare - riferito a persona o animale - (quello) > lontano da chi parla; tatiof = pronome dimostrativo femminile, singolare - riferito a persona o animale - (quella) > lontano da chi parla; tatien = pronome dimostrativo neutro, singolare - riferito a cosa o vegetale - (quello, quella cosa) > lontano da chi parla; tatios = pronome dimostrativo paritario, plurale - riferito a persone o animali senza specificazione del sesso- (quelli) > lontano da chi parla; tatiomes = pronome dimostrativo maschile, plurale - riferito a persone o animali - (quelli) > lontano da chi parla; tatiofes = pronome dimostrativo femminile, plurale - riferito a persone o animali - (quelle) > lontano da chi parla; tatienes = pronome dimostrativo neutro, plurale - riferito a cose o vegetali - (quelli) > lontano da chi parla; esempi: tiom è mio padre (questo, questi, costui è mio padre); tiom è il mio cane – genere maschile - (questo è il mio cane, di sesso maschile); tio è il mio cane – genere paritario - (questo è il mio cane, senza che si specifichi il sesso); tien è utile per lavorare – riferito a uno strumento, genere neutro - (ciò,questa cosa, questo è utile per lavorare); tien è una banana – riferito a un vegetale, genere neutro - (ciò, questa è una banana); tios sono i miei zii – genere paritario - (questi, costoro sono i miei zii, senza che si specifichi il sesso); tienes servono per lavorare – riferito a degli strumenti, genere neutro- (queste cose, questi servono per lavorare); tienes sono grani di pepe – riferito a vegetali, genere neutro- (questi sono grani di pepe); 74 tiof è mia madre (questa,costei è mia madre); tiof è la mia gatta (questa è la mia gatta); tiofes sono le mie sorelle (queste,costoro sono le mie sorelle); tatiom è mio padre (quello, il tale è mio padre); tatio è il mio cane (quello è il mio cane, senza che si specifichi il sesso); tatien è utile per lavorare – riferito a uno strumento, genere neutro - (quello, quella cosa è utile per lavorare); tatien è una banana – riferito a un vegetale, genere neutro - (quella è una banana); tatios sono i miei zii (quelli sono i miei zii, senza che si specifichi il sesso); tatienes servono per lavorare – riferito a degli strumenti, genere neutro- (quelli, quelle cose servono per lavorare); tatienes sono grani di pepe – riferito a vegetali, genere neutro- (quelli sono grani di pepe); tatiof è mia madre (quella è mia madre); tatiofes sono le mie sorelle (quelle sono le mie sorelle); vedo che stai meglio, e tien (e ciò, questa cosa = soggetto, neutro, sing.) mi rende felice; indefiniti (pronomi, aggettivi e avverbi) 80H sono denominati “indefiniti” quelle parti del discorso – parole - che indicano esseri, cose, azioni - o modi in modo vago, indeterminato, “indefinito” appunto; di essere - in italiano sono numerosissimi, come numerose sono le regole e le irregolarità; in inglese le cose vanno un po’ meglio, ma rimane un capitolo – quello degli “indefiniti” – comunque ostico per qualsiasi studente!!! Chiarezza e semplicità, invece, troviamo in univerlang; per prima cosa, è stato ridotto “ai minimi termini” il numero degli indefiniti (in italiano, ad esempio, esistono diverse forme “equivalenti” (sinonimi assoluti) – esempio: qualsiasi, qualunque, qualsivoglia -, mentre in univerlang avremo “solo” una parola che traduce quella molteplicità di termini; in univerlang, inoltre, a differenza soprattutto dell’italiano, esiste “totale versatilità”, nel senso che ogni singolo “indefinito” può fungere sia da “pronome” (quando fa le veci di un nome) – declinabile che da “aggettivo” (quando accompagna un nome) – indeclinabile -, come anche da “avverbio” (quando accompagna un verbo o un aggettivo) – indeclinabile -; ecco lo specchio completo degli indefiniti univerlang – pronomi, aggettivi e avverbi -: 75 vir (molto, parecchio, alquanto, tanto) > avverbio riferito al verbo ed aggettivo; esempio: “io mangio molto”; “tu sei molto bella”; op’vir (poco) > avverbio riferito al verbo ed aggettivo; esempio: “io mangio poco”; “tu sei poco intelligente”; seri (molto-a,i,e, parecchio-a,i,e, tanto-a,i,e, numeroso-a,i,e, diversi-e, vari-ie) > aggettivo riferito al sostantivo; esempio: “io mangio molto pane”; “tu conosci molte persone”; op’seri (poco-a,i,e) > aggettivo riferito al sostantivo; esempio: “io mangio poco pane”; “tu conosci poche persone”; sim (una quantità giusta, il giusto, quanto basta – entità intermedia tra “molto” e “poco”-) > avverbio riferito al verbo ed aggettivo; esempio: “io mangio quanto basta”; “tu sei quanto basta generoso”; op’sim (troppo, assai) > avverbio riferito al verbo ed aggettivo; esempio: “io mangio troppo”; “tu sei troppo generoso”; lomi (una quantità giusta, quanto basta , alcuni-e, qualche) > aggettivo riferito al sostantivo; esempio: “io mangio alcuni frutti”; “tu conosci qualche dottore”; op’lomi (troppo-a,i,e) > aggettivo riferito al sostantivo; esempio: “io mangio troppi frutti”; “tu conosci troppi dottori”; oiom, oiof, oiomes, oiofes (uno-un tale-, una-una tale, gli uni-dei tali, taluni, certi, certuni, le une-delle tali, talune, certe, certune); somun, somunef, somunen (qualcuno-qualcheduno-, qualcuna-qualcheduna-, qualcosa-qualche cosa- ); vo, vof, von (chi = colui che, colui il quale, quello che, colei che, colei la quale, quella che, quale, che cosa, cosa); n.b.: i sopraindicati “indefiniti” (vo, vof, von) possono anche fungere da “interrogativi” – pag. 77 - vun, vunef, vunen (chiunque-chicchessia, uno qualunque, qualunque, qualsiasi, qualsivoglia-, una qualunque, qualunque cosa -qualsiasi cosa, checchè-); nun, nunef, nunen (nessuno, nessuna, nessuna cosa-niente, nulla, alcunchè, alcuna cosa-); ecun, ecunef, ecunen (ciascuno-ogni, ognuno-, ciascuna-ognuna-, ciascuna cosa-ogni cosa-); oti, otif, otin, otis, otifes, otines (altro-a,i,e); ali, alif, alin, alis, alifes, alines (tutto-a,i,e- tutte le cose); 76 esempi: io posseggo “seri” libri ( io posseggo diversi, vari, numerosi, “molti” libri); io posseggo “vari” libri ( io posseggo libri “vari”, diversi, differenti –attenzione al significato “diverso” di vari e seri -); seris ridono di me (molti ridono di me); seri donne ridono di me (molte donne ridono di me); serifes ridono di me (molte ridono di me); op’serifes ridono di me (poche ridono di me); lomifes ridono di me (alcune ridono di me); op’lomifes ridono di me (troppe ridono di me); tu vuoi op’sim (tu vuoi troppo); op’lomi donne soffrono (troppe donne soffrono); un desidera parlarti (uno, un tale desidera parlarti); unes et otis (gli uni e gli altri); un oti (l’un l’altro); un otif (l’un l’altra); unti (l’altro); untif (l’altra); unes versus otis (gli uni contro gli altri, gli uni opposti agli altri, gli uni con gli altri -in lite-); lomifes ridevano, otifes piangevano (alcune ridevano, altre piangevano); vo parla univerlang, egli può parlare col mondo (chi – quello che - parla univerlang, egli può parlare col mondo); vof parla univerlang, essa può parlare col mondo (colei la quale – quella che - parla univerlang, essa può parlare col mondo); vos parlano univerlang, loro possono parlare col mondo (coloro i quali parlano univerlang, essi possono parlare col mondo); nun uomo (nessun uomo); nun donna (nessuna donna); nun gatto (nessun gatto); nun dubbio (nessun dubbio, niente dubbi); nun può farcela (nessuno può farcela); nunef può amarmi (nessuna può amarmi); nunen può fermarmi (nulla può fermarmi, niente può fermarmi); concludiamo il capitolo degli “indefiniti” con un cenno a delle tipiche locuzioni indefinite: “un non so che ”, “un certo non so che ”; ebbene, queste locuzioni sostantivali – che hanno cioè funzione di sostantivo -, che esprimono un alto livello di “indeterminatezza”, sono tutte tradotte in univerlang con un unico termine: anindon esempi: la donna bionda possiede unindon (la donna bionda possiede un non so che, un certo non so che); marco possiede unindon di affascinante (marco possiede un non so che di affascinante); marco possiede unindon che affascina (marco possiede un non so che che affascina); 77 altre tipiche locuzioni indefinite, questa volta però con “valore accrescitivo”- maggiorativo -, sono: “un certo”, “un certo qual”; “un tale”, “un così grande”; le suddette locuzioni aggettivali – che hanno cioè funzione di aggettivo -, qualificano il sostantivo in senso accrescitivo e, in univerlang, sono tradotte con un unico termine: unbig esempi: io ho unbig appetito (io ho un certo appetito); io provai unbig disagio (io provai un certo qual disagio); lui provò unbig terrore da morirne (lui provò un tale terrore da morirne); tu provasti unbig gioia (tu provasti una così grande gioia). pronomi relativi 81H il pronome “relativo” è una breve parola - che introduce una proposizione secondaria - posizionata “subito dopo” un sostantivo, a cui si “relaziona” e che sostituisce – per evitarne la ripetizione!!! -; un esempio: “prenderò l’aereo che parte alle 8:00”; in questa frase, “che” è pronome relativo; esso infatti, posizionato “immediatamente” dopo il sostantivo “aereo” introduce la proposizione secondaria “parte alle 8:00” e al contempo sostituisce il sostantivo “aereo” – che altrimenti andrebbe ripetuto -; il capitolo dei pronomi relativi, in italiano come in inglese, è assai complesso e ostico: sono previste varie forme a seconda se il pronome è riferito a persona o cosa, o ancora se funge da soggetto oppure da complemento; insomma, per lo studente un vero “rompicapo”. univerlang, invece, semplifica “ai minimi termini” e fissa un’unica forma – indeclinabile -, un “solo” pronome relativo adatto per ogni possibile fattispecie – soggetto, complemento oggetto, compl. di compagnia, etc. -: vo (che, il quale, la quale, i quali, le quali, cui, durante il quale, quando, dove); alcuni esempi: prenderò l’aereo, vo (che, il quale = soggetto, neutro, sing.) parte alle 8:00; prendi la mela, vo (che = soggetto, neutro, sing.) è sul tavolo; la mela, vo i (che = compl. oggetto, neutro, sing.; io = soggetto, 1’ pers. sing. – obbligatorio -) ho mangiato, ian (essa era buona; = soggetto, 3’ pers. sing. neutro – obbligatorio -) il giorno, vo i (che, quando, in cui = compl. di tempo, neutro, sing.; io = soggetto – obbligatorio -) lo vidi arrivare, i piansi di gioia; sono tre giorni, vo i (che, durante i quali = compl. di tempo, neutro, plur.; io = soggetto – obblig. -) ti aspetto; il bambino, vo (che, il quale = soggetto, maschile, sing.) gioca con la palla, ia è il mio fratellino; la bambina, vo (che, la quale = soggetto, femminile, sing.) gioca con la palla, iaf è la mia sorellina; 78 mi è piaciuto molto il libro, vo io (che = compl. oggetto, neutro, sing.; tu = soggetto – obblig. -) mi hai prestato; mi sono piaciuti molto i libri, vo io (che = compl. oggetto, neutro, sing.; tu = soggetto – obblig. -) mi hai prestato; il bambino, vit vo (con cui, con il quale è mio fratello; = compl. di compagnia, maschile, sing.) tu giochi, ia (egli = soggetto, 3’ pers. sing. maschile – obbligatorio -) l’uomo, vo io (che = compl. oggetto, maschile, sing.; tu = sogg. – obblig. -) hai visto ieri, ia (egli = sogg. 3’ pers. sing. maschile – obbligatorio -.) è il mio capo; Il film parlava di una bambina, af vo (di cui, della quale, il cui padre era una spia. = compl. di specificazione, femminile, sing. ) il il libro, vo (che, il quale = sogg., neutro, sing.) è sul tavolo, ian (esso = sogg. – obbligatorio -) è mio; la scala, ont vo ia (su cui, sulla quale = compl. di luogo, neutro, sing.; egli = sogg. – obblig.) era salito, ian (essa = cominciò a scivolare; sogg. 3’ pers. sing. neutro – obbligatorio -.) il film af vo i (di cui, del quale = compl. di specificazione, neutro, sing.; io (esso = sogg. 3’ pers. sing. neutro – obbligatorio -) è in lingua inglese; = sogg. – obblig. -) ti ho parlato, ian le donne ut vo io (a cui, alle quali = compl. di termine, femminile, plur.; tu iafes (loro = sogg. 3’ pers. plur. femm. – obbligatorio -.) sono francesi; = sogg. – obblig. -) hai donato i fiori, attenzione!!! si è detto che vo è “indeclinabile”; questo perché, essendo il pronome relativo posto immediatamente dopo il sostantivo, il genere e il numero sono dedotti dal sostantivo stesso; esiste però un’eccezione: i pronomi complessi “chi”, “colui che”, “colui il quale”, “quello che”, etc.; questi pronomi sono detti “complessi” perché costituiscono la sommatoria di un “pronome indefinito” (colui, quello, coloro, etc.) e del “pronome relativo” (che, il quale, i quali, etc.); ebbene, tali pronomi complessi in univerlang sono tradotti con vo, il quale però sarà declinato nel genere e nel numero dal momento che non è preceduto dal sostantivo; esempi: io ammiro vo (chi = colui che, colui il quale, quello che soggetto - pronome relativo-) studia; = compl. oggetto - pronome indefinito, maschile, sing. - + io ammiro vof (colei che, colei la quale, quella che = compl. oggetto - pronome indefinito, femm., sing. - + soggetto pronome relativo-) studia; io ammiro vos (coloro che, coloro i quali, quelli che = compl. oggetto + soggetto, maschile, plur.) studiano; vo (chi = colui che, colui il quale, quello che = soggetto, maschile, sing.) studia, ia (egli = sogg. 3’ pers. sing. maschile – obbligatorio -) avrà buone possibilità nel mondo del lavoro; vos (coloro che, coloro i quali, quelli che = soggetto, maschile, plur.) studiano, ias (loro maschile – obbligatorio -) avranno = sogg. 3’ pers. plur. buone possibilità nel mondo del lavoro; raccontalo ut vo (a chi, a colui che, a colui il quale, a quello che = compl. di termine + soggetto, maschile, sing.) crede alle favole; raccontalo ut vos (a coloro che, a coloro i quali, a quelli che = compl. di termine credono alle favole; raccontalo ut vof (a colei la quale, a quella che = compl. di termine + soggetto, maschile, plur.) + soggetto, femm., sing.) crede alle favole; raccontalo ut vofes (a coloro le quali, a quelle che = compl. di termine + soggetto, femm., plur.) credono alle favole; 79 vo (chi, colui che, colui il quale, quello che maschile – obbligatorio -) acconsente; vofes = soggetto, maschile, sing.) (coloro le quali, quelle che = soggetto, femmi., plur.) tacciono, obbligatorio -) tace, ia (egli = sogg. 3’ pers. sing. iafes (esse = sogg. 3’ pers. plur. femm. – acconsentono. interrogativi (pronomi e aggettivi) 82H prima di parlare degli “interrogativi” è doveroso accennare alla forma interrogativa di una frase; in univerlang si ottiene ricorrendo semplicemente all’ “inversione” soggetto-verbo; esempi: lovel ia fisen? (tu ami il pesce? – nel senso di pietanza -); bel mèri api? (Mary è felice?); dopo questa indispensabile premessa, passiamo ora alla trattazione dei pronomi e aggettivi interrogativi univerlang; come per i pronomi relativi, la materia degli interrogativi è assai complicata in italiano (come anche in inglese); esistono numerose forme: “chi”, “che”, “quale”, “cosa”, “che cosa”, “quanto” ; come avrete notato, molti dei sopramenzionati pronomi e aggettivi “interrogativi” possono essere pure “pronomi relativi”; in virtù di tale coincidenza “ortografica” – ma non sintattica!!! -, in univerlang gli aggettivi e i pronomi interrogativi sono tradotti con: vi (“chi”, “cosa” – riferito a persona e animale -); vo (“che”, “quale”, “quali”); ven (“che”, “cosa”, “che cosa” – riferito a vegetale e cosa -); ov (“quanto”, “quanti”, “quante”); oc (“come” – avverbio di modo -); i sopramenzionati “interrogativi” univerlang sono indeclinabili, sia che fungano da aggettivo, sia che fungano da pronome. esempi: 80 vo boken vantel ia? (che libro, quale – aggettivo - libro vuoi?); vo bokenes vantel ia? (che libri, quali – aggettivo - libri vuoi?); vo? (quale, quali? – pronome –); attenzione!!! “vo”, anche se pronome, non si declina: il genere e il numero si deducono dal discorso); vo manof lovel ia? (quale – aggettivo – donna ami?); ov bokenes vantel ia? (quanti – aggettivo - libri vuoi?); ov? (quanto, quanta, quanti, quante? – pronome -); attenzione! “ov”, anche se pronome, non si declina: il genere e il numero si deducono dal discorso); ov costel ien? (quanto – pronome - costa? – cosa o vegetale -); ov costel ienes? (quanto – pronome - costano? – cose o vegetali -); ov costel ti boken? (quanto – pronome – costa questo libro?); vi bel i? (chi – pronome, “predicato nominale” – sono – copula - io – soggetto -?); attenzione!!! “vi”, anche in questo caso – e nei successivi -, anche se pronome, non si declina perché “predicato nominale” – il genere e il numero sono dettati e dedotti dal soggetto –); vi bel ia? (chi sei tu?); vi bel im? (chi è? > riferito all’interlocutore telefonico o al citofono, oppure a persona “non visibile” – impersonale! - e perciò non identificabile nel genere e nel numero); vi bel iom? (chi è lui?- riferito a persona di sesso maschile -; cosa è lui?- riferito a animale di sesso maschile -); vi bel iof? (chi è lei?- riferito a persona di sesso femminile -; cosa è lei?- riferito a animale di sesso femminile -); vi bel io? (chi è lui, lei?- riferito a persona senza specificazione del sesso -; cosa è lui, lei?- riferito a animale senza specif. sesso -); vi bel iomes? (chi sono loro? - riferito a persone di sesso maschile -; cosa sono loro?- riferito a animali di sesso maschile –); vi bel iofes? (chi sono esse? - riferito a persone di sesso femminile -; cosa sono esse?- riferito a animali di sesso femminile–); vi bel ios? (chi sono essi? - riferito a persone senza specificaz. del sesso -; cosa sono loro?- riferito a animali senza specif. sesso-); ven bel ien? (cosa è esso? - riferito a vegetale o cosa -); ven vantel ia? (che, che cosa – vegetale o cosa – vuoi tu – soggetto -?); ven? (che, che cosa?); vo vantel ia? (quale, quali – compl. oggetto –vuoi tu – soggetto -?); attenzione!!! “vo”, anche se pronome, non si declina: il numero e il genere si deducono dal discorso); 81 vi vantel ia? (chi – persona o animale – vuoi tu – soggetto -?); vi nokek? (chi – soggetto – bussa, sta bussando? > riferito a terzi); vi spekek? (chi – soggetto – parla, sta parlando? > riferito a terzi); vi bel betiof? (chi – soggetto – è – copula – bella? – persona o animale, predicato nominale -); vi bel betiomes? (chi – soggetto –sono – copula – belli? – persona o animale di sesso maschile -); ven bel betien? (cosa – soggetto –è – copula – bello? – vegetale o cosa, predicato nominale -); ven bel betienes? (cosa – soggetto –sono – copula – belli? – vegetali o cose -); oc bel ia? (come – avverbio di modo – sei – predicato verbale – tu – soggetto - ?, come stai?); 83H esclamativi (pronomi e aggettivi) passiamo ora alla trattazione dei pronomi e aggettivi esclamativi, cioè quelle parti del discorso atte ad introdurre una esclamazione; alla stregua degli interrogativi, gli esclamativi hanno numerose e complicate forme: “che”, “quale”, “quanto”, “quanti”, “quante”; come avrete notato, molti dei sopramenzionati pronomi e aggettivi “esclamativi” possono essere pure “interrogativi”; in virtù di tale coincidenza “morfologica” – ma non sintattica!!! -, in univerlang gli aggettivi e i pronomi esclamativi sono tradotti con: vo (“che”, “quale”); ov (“quanto”, “quanti”, “quante”); i sopramenzionati “esclamativi” univerlang sono indeclinabili, sia che fungano da aggettivo, sia che fungano da pronome. esempi: vo loven! (che amore!; quale amore!); vo betim! (che bello! – riferito a persona o animale di sesso maschile -); vo betif! (che bella! – riferito a persona o animale di sesso femminile -); vo betig! (che bello! – riferito a persona o animale *generico -); vo betimes! (che belli! – riferito a persone o animali di sesso maschile -); vo manom! (che uomo!;); vo manomes! (che uomini!); vo manof! (che donna!); ov iam bel beti! (quanto – lui - è bello!); ov iaf bel manof! (quanto – lei - è donna!); 82 il verbo 84H il verbo è quella parola del discorso che indica “un’azione” – verbi dinamici: saltare, scrivere, etc. – oppure uno “stato”, un “modo di essere” di esseri o cose – verbi statici: essere, avere, invecchiare, etc. - . il verbo è una parola “pilastro” del discorso, nel senso che “descrive la vita” di esseri e cose; addirittura il “solo” verbo – coadiuvato da opportuna gestualità – può rappresentare situazioni e dinamiche di vita ordinaria tanto da consentire una seppur “essenziale” comunicazione tra due individui; non a caso “verbo” deriva dalla parola latina “verbum” che significa “parola, parola per eccellenza”; questa “centralità” del verbo rispetto alle altre parti del discorso ( aggettivi, preposizioni, etc.) ha un importante riflesso nel lessico univerlang; infatti, come vedremo in seguito – regola del “verbo generatore”, pag. 100 – con la radice del verbo si formano – grazie a specifici suffissi – quasi tutte le altre parole del discorso – sostantivi, aggettivi, avverbi -; è facilmente intuibile quanto “semplificato” risulti essere un lessico così costruito….e quanto più agevole il suo apprendimento!!! i modi i modi del verbo servono a dare una “determinazione”, una specifica connotazione supposizione, di comando, etc. – alla azione o allo stato che il verbo esprime; – di oggettività, di in italiano, i modi dei verbi sono 7: infinito – esprime una azione (o uno stato) “impersonalmente” e senza tempo ( lavorare è indispensabile ); indicativo – presenta una azione o uno stato reale, oggettivo (io lavorerò); congiuntivo – esprime una “condizione” - supposizione, dubbio, desiderio - (se tu lavorassi meno lei approverebbe); condizionale – descrive un’azione subordinata ad una “condizione” (se tu lavorassi meno lei approverebbe); imperativo – esprime un comando o un’esortazione ( lavora!); gerundio – serve a dare una connotazione “strumentale”, “modale”, “causale”, o “temporale” al verbo ( “lavorando l’uomo impara quanto dura è la vita”; “si allontanò zoppicando”; etc. ); participio – serve a dare una connotazione “aggettivale” al verbo (l’uomo amante del lavoro; l’amata moglie). i suddetti “modi” possono avere, ciascuno, diversi “tempi” (presente, imperfetto, passato remoto, passato prossimo, trapassato remoto, trapassato prossimo, passato, trapassato, futuro, futuro anteriore); una vera “odissea” per lo studente!!! in univerlang, come vedremo, si semplifica al massimo: alcuni “modi” infatti sono stati soppressi – congiuntivo e gerundio, sostituiti da indicativo, infinito presente e “antecedente”, pag.89 –; in virtù del principio della “logica” – pilastro fondamentale di univerlang – sono stati aggiunti poi 3 inediti “modi verbali” – il “modo corrente ”, “modo subentrante” e il “modo antecedente”– che analizzeremo in seguito; riguardo i “tempi” relativi ai succitati “modi”, sono stati mantenuti i “soli” tempi fondamentali presente, passato e futuro, pag. 81 –. – 83 importante! il modo “infinito” (infinitive, in inglese) è la forma “base” di un verbo; la parola “infinito” – che in grammatica indica il modo verbale “non definito” nella persona e nel tempo - deriva dal latino “infinitus” che significa “infinito”, “indefinito”, “immenso”……….aggettivi, questi, che ben si adattano alla natura di Dio – Elu, in univerlang! Tutto questo preambolo serve ad introdurre – e a rendere più semplice da ricordare! - la “regola della formazione” dei verbi univerlang: l’infinito univerlang – la forma verbale “base” da cui derivano tutti gli altri modi e tempi, nonché sostantivi, aggettivi, etc. (regola del “verbo generatore”, pag.?) – si costruisce nel seguente modo: si prende il corrispondente infinito inglese, si elimina “to”, quindi: si aggiunge la “desinenza modale” dell’infinito -el ( Dio, in ebraico biblico…entità Infinita!); esempi: to drink (inglese) > drinke-el > no le “doppie” in univerlang > drinkel (bere); to love (inglese) > love-el lovel (amare); to go (inglese) > no le “doppie” in univerlang > goel (andare). > le persone nella lingua italiana il verbo è caratterizzato da una “desinenza” indicante la persona: – io am-o (1°pers. sing.), tu ami-i ( 2° pers. sing.), etc. - ; avremo pertanto 6 desinenze “corrispondenti” ai “6 pronomi personali soggetto” fondamentali: io am-o, tu am-i, egli am-a, noi am-iamo, voi am-ate, essi am-ano; immaginate lo sforzo di uno studente che oltre ad imparare i pronomi personali dovrà mandare a memoria le sei desinenze!!??!! n.b.: in inglese, anche se non esistono le desinenze di persona, il capitolo dei verbi non è poi tanto più facile da digerire…..”simple present”, “present continuous”, “present perfect”, “ing form”, “futur in the past”….per non parlare poi degli innumerevoli “verbi irregolari”…. univerlang, la lingua che si impara in soli 10 giorni, elimina le “desinenze di persona”, essendo quest’ultima indicata dal soggetto – obbligatorio! - ; esempio: i lovel (io amo); ia lovel (tu ami); io, iof, iom, ien lovel ( egli, ella, esso ama); is lovel (noi amiamo); ias lovel (voi amate); ios, iofes, iomes, ienes lovel (loro, esse, essi amano); 84 i tempi il tempo di un verbo individua il “momento” di una azione (o di uno stato, modo di essere); tale “momento” può riguardare l’attualità, cioè il periodo che si vive – presente - ; può riguardare un periodo già conclusosi – passato -; oppure riferirsi ad un periodo che deve ancora avvenire – futuro - ; questi sopramenzionati costituiscono i “tempi fondamentali” di un verbo; come già detto, in italiano (e inglese) esistono molti “altri” tempi e ciascun “modo” (indicativo, condizionale, etc.) può contemplarne diversi (il modo “indicativo” italiano, ad esempio, prevede ben 8 tempi! – presente, imperfetto, passato remoto, futuro, passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore -); il che rappresenta un gran rompicapo per lo studente!!! – anche l’inglese non scherza: ”simple present”, “present continuous”, “present perfect”, “ing form”, “futur in the past”, etc. costituiscono, in effetti, materia non facile da digerire! univerlang, invece, per i vari modi verbali, possiede i “soli” i tempi fondamentali ; – presente, passato e futuro – analizziamo adesso nello specifico i modi e i tempi univerlang: modo infinito l’infinito presente univerlang – forma “base” dei verbi - esprime una azione (o uno stato, un modo di essere) senza nessuna determinazione di persona e di tempo (“lavorare è indispensabile” ); importante! l’infinito è la forma “base” dei verbi univerlang e, come vedremo dopo, anche dell’intero impianto lessicale; la parola “infinito” – che in grammatica indica il modo verbale “non definito” nella persona e nel tempo - deriva dal latino “infinitus” che significa “infinito”, “indefinito”, “immenso”……….aggettivi, questi, che ben si adattano alla natura di Dio – Elu, in univerlang! tutto questo preambolo per sottolineare la “centralità” e la potenzialità “creativa” del modo “infinito”; infatti, da esso derivano tutti gli altri modi e tempi del verbo, nonché sostantivi, aggettivi, etc. (regola del “verbo generatore” – vedi dopo -); l’infinito univerlang si costruisce nel seguente modo: si prende il corrispondente “infinito inglese” e si elimina “to”, quindi: si aggiunge la “desinenza modale” dell’infinito attenzione! -el ( Dio, in ebraico biblico…entità Infinita!); la metodica appena descritta (formazione dei lemmi univerlang dai corrispondenti lemmi inglesi) è stata qui riportata al solo scopo di soddisfare la eventuale “curiosità” del lettore….la suddetta metodica “non” ha nessuna valenza didattica! pertanto, lo studente, per apprendere univerlang, non deve applicarla!! deve imparare “direttamente” i vocaboli univerlang… chi conosce l’inglese, non deve assolutamente ricorrere alla suddetta metodica (risalire, cioè, dal lemma inglese al termine 85 univerlang), perché ciò comporterebbe un eccessivo rallentamento dei processi di apprendimento e, soprattutto, originerebbe “grossolani” errori, dal momento che la metodica in oggetto prevede numerose eccezioni funzionali alla semplificazione morfologica e fonologica di univerlang. esempi: to drink (inglese) > drinke-el > no le “doppie” in univerlang > drinkel (bere); to love (inglese) > love-el > no le “doppie” in univerlang > lovel (amare); to go (inglese) goel (andare). > come in italiano, in univerlang l’infinito presente può anche fungere da “imperativo impersonale”, cioè un imperativo rivolto non ad una determinata persona, ma indirizzato impersonalmente a più persone – tipico esempio, i segnali stradali -; in questo caso si ricorrerà, appunto, all’infinito presente e al punto esclamativo a fine frase; esempio: no drinkel alcen! (non bere alcool!); drivel op’speda! (guidare piano!). attenzione! l’infinito “passato” in univerlang non esiste; esso infatti è sostituito dall’infinito presente e dal “modo antecedente” – pag.89; esempi: aver amato luisa è stato bellissimo > in univerlang: “amare luisa è stato bellissimo”; desidero aver mangiato prima di andare a letto > in univerlang: “desidero mangiare prima di andare di andare a letto; credo di aver detto tutto > in univerlang: “credo che ho detto (modo antecedente, tempo presente) tutto”; credevo di aver detto tutto > in univerlang: “credevo che avevo detto (modo antecedente, tempo passato) tutto”; partirò dopo aver salutato gli zii > in univerlang: “partirò dopo che avrò salutato (modo antecedente, tempo futuro) gli zii”. modo indicativo, tempo presente l’indicativo presente univerlang esprime il momento “attuale” reale, il tempo “oggettivo” che viviamo; circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende l’infinito univerlang e gli si antepongono i pronomi personali soggetto: lovel > modo “infinito” univerlang (amare); i, ia, io……. > pronomi pers. sogg. univerlang; quindi avremo: i lovel (io amo); ia lovel (tu ami); io, iof, iom, ien lovel ( egli, ella, egli, esso ama); is lovel (noi amiamo); ias lovel (voi amate); ios, iofes, iomes, ienes lovel (loro, esse, essi amano); 86 modo indicativo, tempo passato l’indicativo passato univerlang esprime un momento reale “già trascorso”, un tempo “oggettivo” ormai conclusosi, appunto passato (past, in inglese); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende l’indicativo presente univerlang e si antepone p’ - iniziale appunto di “passato”, “past, in inglese” -; quindi avremo: i p’lovel [i pi-lòvel] (io amavo, io amai, io ebbi amato); ia p’lovel (tu amasti…); io, iof, iom, ien p’lovel is p’lovel (egli, lei, egli, esso amò…); (noi amammo…); ias p’lovel (voi amaste…); ios, iofes, iomes, ienes p’lovel (loro, esse, loro, essi amarono…); attenzione! in univerlang esiste un solo tempo passato per il modo indicativo – contro i 5 dell’italiano -; per tradurre il passato univerlang in italiano, ci verrà in aiuto il contesto. modo indicativo, tempo futuro il futuro univerlang esprime un momento “oggettivo” che ha “da venire”, un periodo non ancora vissuto, quindi futuro (future, in inglese); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende l’indicativo presente univerlang e si antepone f’ - iniziale appunto di “futuro”, “future, in inglese” -; quindi avremo: i f’lovel [i fi-lòvel] (io amerò); ia f’lovel (tu amerai); io, iof, iom, ien f’lovel (egli, lei, egli, esso amerà); is f’lovel (noi ameremo); ias f’lovel (voi amerete); ios, iofes, iomes, ienes f’lovel (loro, esse, loro, essi ameranno); attenzione! in univerlang esiste un solo tempo futuro per il modo indicativo – contro i 2 dell’italiano -. 87 modo congiuntivo – abolito in univerlang - il modo congiuntivo, in italiano, può esprimere esortazione-comando (che lui lavori!); in questa fattispecie, in univerlang, si usa l’imperativo presente – pag. 84; ma il congiuntivo italiano può esprimere anche desiderio (magari lavorassi!); e ancora, può esprimere dubbio (dubito molto che lui venga); e ancora, può esprimere possibilità (è possibile che lui venga); e ancora, può esprimere concessione (ammettiamo che lei ti ami); e ancora, può esprimere ipotesi (se tu lavorassi meno lei approverebbe); ebbene, tutte le suddette forme di congiuntivo italiano (congiuntivo ipotetico, concessivo, potenziale, dubitativo, desiderativo), in univerlang sono tradotte col modo condizionale. esempi: se tu lavoreresti (in italiano: “lavorassi”) meno lei approverebbe; se tu avresti lavorato (in italiano: “avessi lavorato”) meno lei avrebbe approvato; credo che tu avresti (in italiano: “abbia”) ragione; penso che tu ce la potresti (in italiano: “possa”) fare; se sarei (in italiano: “fossi”) più forte, sfiderei il loro campione. modo condizionale, tempo presente il modo condizionale è anche detto il modo “cortese” in quanto usato – in italiano, e anche in univerlang – nelle frasi di cortesia e nei convenevoli (“vorrei un bicchiere d’acqua”); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende il modo infinito univerlang, si sostituisce la -l finale con la c - iniziale appunto di “condizionale”, “conditional, in inglese” –, quindi si antepongono i pronomi personali soggetto; quindi avremo: i lovec [i lòvec – la “c” ha il suono “dolce” di “cina” -] (io amerei); ia lovec io, iof, iom, ien lovec (tu ameresti); (egli, lei, egli, esso amerebbe); is lovec (noi ameremmo); ias lovec (voi amereste); ios, iofes, iomes, ienes lovec (loro, esse, loro, essi amerebbero); 88 modo condizionale, tempo passato il modo condizionale, tempo passato descrive un’azione – o uno stato, un modo di essere - “già trascorsa” subordinata ad una “condizione” - supposizione, dubbio, desiderio - (se tu avessi lavorato meno lei avrebbe approvato); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende il condizionale presente univerlang e gli si antepone p’ - iniziale appunto di “passato”, “past, in inglese” -; quindi avremo: i p’lovec [i pi-lòvec] (io avrei amato); io p’lovec (tu avresti amato); ia, iaf, ian p’lovec (egli, lei,esso avrebbe amato); is p’lovec (noi avremmo amato); ios p’lovec (voi avreste amato); ias, iafes, ianes p’lovec (loro, esse, essi avrebbero amato); modo imperativo, tempo presente il modo imperativo, tempo presente esprime un comando per una azione – o uno stato, un modo di essere - da compiersi nel momento “attuale”, il periodo che si vive, il presente appunto; il modo imperativo è anche detto il modo “esortativo” in quanto usato – in italiano, e anche in univerlang – per esprimere “esortazione”, incoraggiamento, incitamento (“vado!”; in questa frase, più che un comando, il soggetto dà a sé stesso un incitamento ad andare); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende il modo infinito univerlang, si sostituisce -el con im - iniziali appunto di “imperativo”, “imperative, in inglese” -, quindi si antepongono i pronomi personali soggetto; avremo pertanto: i lovim (amo!); lovim (ama!); io, iof, iom, ien lovim is lovim lovimis ios, iofes, iomes, ienes lovim (egli, lei, egli, esso ami!); (amiamo!); (amate!); (loro, esse, loro, essi amino); attenzione! nell’imperativo presente, la 2° persona singolare e la 2^ plurale sono quelle più usate; per tale ragione, al fine di snellire la frase, si ricorre alla eccezione “funzionale” sopra introdotta, cioè si sopprime il pronome personale soggetto per la 2° pers. (sing. e plur.) e si aggiunge la desinenza (is) per la 2’ pers. plur. 89 attenzione! come già accennato precedentemente, esiste anche un “imperativo impersonale”, cioè un imperativo rivolto non ad una determinata persona, ma indirizzato impersonalmente a più persone – tipico esempio, i segnali stradali -; in questo caso si ricorrerà all’infinito presente e al punto esclamativo; esempi: “ no drinkel alcen!” (“non bere alcool!”); “ drivel op’speda!” modo (“guidare piano!”). imperativo, tempo futuro attenzione! l’imperativo futuro non esiste in italiano; per il comando rivolto al futuro si usa infatti l’indicativo futuro; il modo imperativo, tempo futuro esprime un comando per una azione compiersi in un momento ancora da venire, il futuro appunto; – o uno stato, un modo di essere - da circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende l’imperativo presente univerlang e gli si antepone f’ - iniziale appunto di “futuro”, “future, in inglese” -; quindi avremo: !i f’lovim [i fi-lòvim!] (amerò!); !io f’lovim (amerai!); !ia, iaf, ian f’lovim (amerà!); !is f’lovim (ameremo!); !ios f’lovim (amerete!); !ias, iafes, ianes f’lovim (ameranno!); modo gerundio – abolito in univerlang - il modo gerundio serve a dare una connotazione “strumentale”, “modale”, “causale”, o “temporale” al verbo; esempi: “lavorando l’uomo impara quanto dura è la vita” – corrisponde al complemento di mezzo (con che cosa?); “si allontanò zoppicando” – corrisponde al complemento di modo (in che modo?); “tornando a casa incontrai lo zio” “avendo rotto il piatto lo devi ripagare” – corrisponde al complemento di tempo (quando?); – corrisponde al complemento di causa (per quale causa?); in univerlang il modo gerundio è “abolito”; il “gerundio presente” è sostituito dalla “preposizione” (di mezzo, di modo, etc.) e “dall’infinito presente”; il “gerundio passato ” è sostituito dalla “preposizione causale” e dal “modo antecedente” – pag.89; esempi: “lavorando l’uomo impara quanto dura è la vita” > in univerlang: “col lavorare (infinito presente) l’uomo impara quanto dura è la vita”. 90 “si allontanò zoppicando” > in univerlang: “si allontanò con lo zoppicare (infinito presente)”; “tornando a casa incontrai lo zio” > in univerlang: “durante il ritornare (infinito presente) a casa incontrai lo zio”; “avendo rotto il piatto lo devi ripagare” > “poiché hai rotto (antecedente presente) il vetro lo dovrai ripagare”. modo participio, forma attiva – corrisponde al “participio presente” italiano – il modo participio, forma attiva (participio attivo) serve a dare una connotazione “aggettivale” – attiva, in quanto compie l’azione - al verbo (l’uomo amante del lavoro); circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende il modo infinito univerlang e si sostituisce -el con iat – la i (suffisso dell’aggettivo) ad indicare la connotazione “aggettivale” del participio; la at in quanto iniziali di “attivo”, “active” in inglese -; quindi avremo: lovel (amare – infinito -) modo > loviat (amante, che ama – participio attivo -). participio, forma passiva – corrisponde al “participio passato” italiano – il modo participio, forma passiva (participio passivo) serve a dare una connotazione “aggettivale” – al verbo (la donna amata è sempre felice); passiva, in quanto subisce l’azione - circa la sua costruzione univerlang, la regola è semplicissima: si prende il modo infinito univerlang e si sostituisce -el (desinenza dell’infinito) con ip – la i (suffisso dell’aggettivo) ad indicare la connotazione “aggettivale” del participio; la p in quanto iniziale di “passivo”, “passive” in inglese -; quindi avremo: lovel (amare – infinito -) modo > lovip (amato, amata – participio passivo -). corrente, tempo presente il modo corrente è una figura verbale “inedita”, nel senso che non ha un esatto “corrispondente” in italiano (o in inglese) – esistono, nelle suddette lingue nazionali, dei “modi verbali” o “tempi” similari (forma progressiva, present continuous, etc.), ma non un vero e proprio “modo corrente”- ; il “modo corrente”, tempo presente, serve a descrivere una azione “corrente”, “in corso di svolgimento” nel momento in cui si parla o scrive, cioè nel presente attuale; esempio: “io sto bevendo” – l’azione “corre”, si svolge nel momento in cui si parla - ; 91 il modo corrente, tempo presente, si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende il modo infinito univerlang, si sostituisce -el (desinenza dell’infinito) con ek – “k”,iniziale appunto di “corrente”, “current, in inglese” –; attenzione! ricorre in questo caso una “eccezione” alla regola della pronuncia univerlang: la “c” (di “corrente”) in questo caso, per ragioni di eufonia, diventa dura e si trasforma in “k”; quindi si antepongono i “pronomi personali soggetto”; avremo allora: i drinkek io drinkek [i drìnkek] ia, iaf, iag, ian drinkek is drinkek ios drinkek (io sto bevendo); (tu stai bevendo); (egli, lei, lui, esso sta bevendo); (noi stiamo bevendo); (voi state bevendo); ias, iafes, iages, ianes drinkek modo (loro, esse, loro, essi stanno bevendo); corrente, tempo passato il modo corrente, tempo passato serve a descrivere una azione che era “corrente”, “in corso di svolgimento” in un momento definito del passato; esempio: “io stavo bevendo, quando squillò il telefono” – l’azione “corre”, è in corso di svolgimento nel momento (passato) dello squillo - ; il modo corrente, tempo passato si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende il corrente presente univerlang e gli si antepone p’ - iniziale appunto di “passato”, “past, in inglese” -; quindi avremo: i p’drinkek [i pi-drìnkek] (io stavo bevendo); io p’drinkek (tu stavi bevendo); ia, iaf, ian p’drinkek (egli, lei,esso stava bevendo); is p’drinkek (noi stavamo bevendo); ios p’drinkek (voi stavate bevendo); ias, iafes, ianes p’drinkek (loro, esse, essi stavano bevendo); modo corrente, tempo futuro il modo corrente, tempo futuro serve a descrivere una azione che sarà “corrente”, “in corso di svolgimento” in un momento definito del futuro; esempio: “io starò dormendo, quando arriverà lo zio” – l’azione “correrà”, sarà in corso di svolgimento nel momento (futuro) dell’arrivo - ; 92 il modo corrente, tempo futuro si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende il corrente presente univerlang e gli si antepone f’ - iniziale appunto di “futuro”, “future, in inglese” -; quindi avremo: i f’drinkek [i fi-drìnkek] (io starò bevendo); io f’drinkek (tu starai bevendo); ia, iaf, ian f’drinkek (egli, lei,esso starà bevendo); is f’drinkek (noi staremo bevendo); ios f’drinkek (voi starete bevendo); ias, iafes, ianes f’drinkek (loro, esse, essi staranno bevendo); modo subentrante, tempo presente il modo subentrante è anch’esso una forma “verbale inedita”, nel senso che non ha un esatto “corrispondente” in italiano (o in inglese) – esistono, nelle suddette lingue naturali, delle specifiche “forme verbali” o “tempi”, ma non un vero e proprio “modo successivo”- ; il modo subentrante, tempo presente serve a descrivere una azione “subentrante”, che sta per accadere in un momento immediatamente “successivo” a quello in cui si parla o scrive, cioè il presente; esempio: “io sto per bere” – l’azione del bere è subentrante, sta per verificarsi in un momento immediatamente “successivo” a quello in cui si parla - ; il modo subentrante, tempo presente si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende il modo infinito univerlang, si sostituisce la -l finale con la s - iniziale appunto di “subentrante”, “successive, in inglese”–; quindi si antepongono i pronomi personali soggetto; quindi avremo: i drinkes [i drìnkes] (io sto per bere); io drinkes (tu stai per bere); ia, iaf, ian drinkes (egli, lei,esso sta per bere); is drinkes (noi stiamo per bere); ios drinkes (voi state per bere); ias, iafes, ianes drinkes (loro, esse, essi stanno per bere); modo subentrante, tempo passato il modo subentrante, tempo passato serve a descrivere una azione “subentrante” nel passato, che dovrà accadere un istante “successivo” ad un ben definito momento del passato; esempio: “io stavo per addormentarmi quando squillo il telefono ” – l’azione dell’addormentarsi stava per verificarsi in un momento immediatamente “successivo” a quello in cui squilla il telefono- ; il modo subentrante, tempo passato si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: 93 si prende il subentrante presente univerlang e gli si antepone p’ - iniziale appunto di “passato”, “past, in inglese” -; quindi avremo: i p’drinkes [i pi-drìnkes] (io stavo per bere); io p’drinkes (tu stavi per bere); ia, iaf, ian p’drinkes (egli, lei,esso stava per bere); is p’drinkes (noi stavamo per bere); ios p’drinkes (voi stavate per bere); ias, iafes, ianes p’drinkes (loro, esse, essi stavano per bere); modo subentrante, tempo futuro il modo subentrante, tempo futuro serve a descrivere una azione “subentrante” futura, che dovrà accadere un istante “successivo” ad un ben definito momento del futuro; esempio: “io starò per mangiare quando arriverà lo zio ” – l’azione del mangiare si verificherà in un momento immediatamente “successivo” a quello in cui arriva lo zio - ; il modo subentrante, tempo futuro si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende il subentrante presente univerlang e gli si antepone f’ - iniziale appunto di “futuro”, “future, in inglese” -; quindi avremo: i f’drinkes [i fi-drìnkes] (io starò per bere); io f’drinkes (tu starai per bere); ia, iaf, ian f’drinkes (egli, lei,esso starà per bere); is f’drinkes (noi staremo per bere); ios f’drinkes (voi starete per bere); ias, iafes, ianes f’drinkes (loro, esse, essi staranno per bere); modo antecedente, tempo presente – corrisponde al “passato prossimo” italiano – il modo antecedente è anch’esso una figura “verbale inedita”, nel senso che non ha un esatto “corrispondente” in italiano (o in inglese), ma solo forme “similari”; il “modo antecedente”, tempo presente, esprime una azione che si è svolta in un momento “di poco” antecedente rispetto al momento in cui si parla o scrive, cioè il presente attuale; esempio: “ho bevuto molto” – l’azione del bere è “di poco” antecedente all’azione “presente” del mio parlare -; per la sua costruzione, si prende il modo infinito univerlang, si sostituisce la -el (desinenza dell’infinito) con an - iniziali appunto di “antecedente”, “antecedent, in inglese”–; quindi si antepongono i “pronomi personali soggetto”; 94 avremo allora: i drinkan (io ho bevuto) ia drinkan (tu hai bevuto); io, iof, iom, ien drinkan (egli, lei, egli, esso ha bevuto); is drinkan (noi abbiamo bevuto); ias drinkan (voi avete bevuto); ios, iofes, iomes, ienes drinkan (loro, esse, loro, essi hanno bevuto); attenzione! nel caso l’azione fosse “molto” antecedente rispetto al presente, si ricorrerà all’indicativo passato remoto, in italiano – e all’indicativo passato, in univerlang -; esempio: “ l’anno scorso, a capodanno, bevvi molto” modo > “l’anno scorso, a capodanno, i p’drinkel molto”; antecedente, tempo passato il modo antecedente, tempo passato esprime una azione che si svolge nel passato in un momento però “antecedente” rispetto ad una altra azione che si svolge anch’essa nel passato; esempio: “io avevo già mangiato quando mi invitasti al ristorante” – l’azione del mangiare (modo indicativo, tempo trapassato prossimo, in italiano – tempo non esistente in univerlang! ) è “precedente” all’azione dell’invitare -; il modo antecedente, tempo passato si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende l’ antecedente presente univerlang e gli si antepone p’ - iniziale appunto di “passato”, “past, in inglese” -; quindi avremo: i p’drinkan (io avevo bevuto); io p’drinkan (tu avevi bevuto); ia, iaf, ian p’drinkan (egli, lei,esso aveva bevuto); is p’drinkan (noi avevamo bevuto); ios p’drinkan(voi avevate bevuto); ias, iafes, ianes p’drinkan (loro, esse, essi avevano bevuto); 95 modo antecedente, tempo futuro il modo antecedente, tempo futuro esprime una azione che si svolge nel futuro in un momento “precedente” rispetto ad una altra azione anch’essa futura; esempio: “io avrò già mangiato quando tu arriverai” – l’azione del mangiare (modo indicativo, tempo futuro anteriore, in italiano – tempo non esistente in univerlang! ) è “precedente” all’azione dell’arrivare -; il modo antecedente, tempo futuro si costruisce, in univerlang, in maniera assai semplice: si prende l’ antecedente presente univerlang e gli si antepone f’ - iniziale appunto di “futuro”, “future, in inglese” -; quindi avremo: i f’drinkan (io avrò bevuto); io f’drinkan(tu avrai bevuto); ia, iaf, ian f’drinkan (egli, lei,esso avrà bevuto); is f’drinkan (noi avremo bevuto); ios f’drinkan (voi avrete bevuto); ias, iafes, ianes f’drinkan(loro, esse, essi avranno bevuto); la forma passiva nella frase “ mario ama luisa”, il soggetto (mario) compie l’azione – forma attiva - ; nella frase “luisa è amata da mario”, il soggetto (luisa) “subisce” – passivamente - l’azione che viene compiuta da mario (complemento d’agente); questa seconda forma del verbo – “è amata da” - è detta passiva; in univerlang, in analogia all’italiano ed altre lingue, la forma passiva si costruisce nel seguente modo: verbo “essere” > bel + participio passivo > - ip + preposizione del compl. d’agente > frim esempi: i bel lovip frim mea (io sono amato da te); i p’bel lovip frim mea (io fui amato da te); i ban lovip frim mea (io sono stato amato da te); i f’bel lovip frim mea (io sarò amato da te); la forma riflessiva vedi pag.67 – pronomi personali riflessivi -. Esiste inoltre la fattispecie dei “riflessivi reciproci”, quelle forme verbali che indicano una azione reciproca, di scambio tra due o più esseri; 96 esempi: “maria e luisa si salutano”; “noi ci baciammo”; in tali frasi è sottintesa la reciprocità….”l’un l’altro”, “vicendevolmente”, “reciprocamente”, etc. i suddetti “verbi riflessivi reciproci” in univerlang sono tradotti “semplicemente” ed “unicamente” con la seguente formula – invariabile -: marìa et luìsa gretel oi oti (maria e luisa si salutano, l’un l’altra, vicendevolmente); is p’kisel oi oti (noi ci baciammo, l’un l’altro, vicendevolmente). la forma impersonale analizziamo queste frasi: “nel gioco si vince e si perde”; “quella sera si ascoltarono delle belle canzoni”; “all’improvviso si vide la luna”; “si dice che mario è un buon uomo”; “è necessario che tu studi”; “accadde che io ebbi un incidente”; “sembra che la cosa non ti importa”; “c’è bisogno di voi”; “piove a dirotto”; “in alta quota nevica”; “fa caldo”; “è presto”; “va bene”; “va a gonfie vele”; “va male”; etc. tutti i verbi e le locuzioni verbali in “grassetto” non hanno un soggetto “definito”, ben determinato; il soggetto – sottinteso! – è “indefinito” (il “si” equivale a “uno”, “qualcuno”, etc.), oppure – come nel caso degli agenti atmosferici – coincide con una entità impersonale, astratta (il tempo meteorologico); per tali motivi la suddetta forma è detta impersonale; in univerlang la forma impersonale si costruisce anteponendo al verbo il soggetto “impersonale” e invariabile: im – iniziali di “impersonale”, “impersonal”, in inglese -; esempio: im ranek (sta piovendo, piove); la forma interrogativa vedi pag. 79 la forma negativa la frase negativa univerlang si costruisce in modo assai semplice – e senza alcuna eccezione! -: si antepone no – avverbio di negazione - al verbo; 97 attenzione! se nella frase c’è un’altra parola di senso negativo, il “no” si omette; esempi: ia no lovel mia marom. (tu non ami tuo marito); no drinkel iof vinen? (lei non beve vino?); is p’etel nunen. (noi non mangiammo nulla); attenzione! in base alla “regola degli opposti” – e con un piccolo adattamento “eufonico” – l’avverbio di affermazione “sì ” in univerlang si traduce: op’ni [op-ni]. l’avverbio 85H l’avverbio è una parola “invariabile” che si accompagna ad un “verbo” – ma anche ad un sostantivo, ad un aggettivo o ad un altro avverbio – per darne una “determinazione” di vario genere – proprio come fa l’aggettivo nei confronti di un sostantivo -; così, ad esempio, nella frase: “lui guidava prudentemente”, prudentemente è un avverbio perchè aggiunge una “determinazione” ( una specifica attribuzione) al verbo “guidare”; a seconda della natura di tale “determinazione”, gli avverbi – e le locuzioni avverbiali - si classificano in: avverbi di modo-maniera (velocemente, male, bene, in fretta, di rado, a piedi, di corsa, etc.); avverbi di tempo (mai, sempre, quando, di giorno, di tanto in tanto, per sempre, etc.); avverbi di luogo (qui, là, di sotto, per di là, etc.); avverbi di quantità (poco, molto, meno, più, quanto, di più, press’a poco, etc.); avverbi di affermazione (sì, certo, davvero, per l’appunto, etc.); avverbi di negazione avverbi di dubbio (no, non, niente affatto, neppure per sogno, etc.); (probabilmente, forse, etc.); univerlang costruisce i suoi avverbi secondo il seguente schema: gli avverbi univerlang si costruiscono sostituendo la vocale i – finale - del corrispondente aggettivo univerlang – nel caso questo esista!- con la vocale a ; se invece l’aggettivo univerlang non esiste, si modifica “opportunamente” il corrispondente avverbio inglese – in base a strategiche scelte di semplificazione morfologica e fonologica -. esempi: api (felice, felici) = aggettivo univerlang > strongi (forte, forti) = aggettivo univerlang > apa stronga (felicemente) = (fortemente) = avverbio univerlang; avverbio univerlang; 98 very (molto) = avverbio inglese more (molto) = avverbio inglese > > vir (molto) mar (più) = avverbio univerlang; = avverbio univerlang; when (quando) = avverbio inglese > ken (quando) well (bene) = avverbio inglese > vet (bene) = avverbio univerlang; > vex (dove) = avverbio univerlang; where (dove) = avverbio inglese = avverbio univerlang; attenzione! gli avverbi univerlang vex (dove), vir (molto) e vet (bene) potrebbero creare qualche difficoltà nella memorizzazione…..per ridurre al minimo lo sforzo ti consiglio di ricorrere al metodo “ricorda collegando” – strumento mnemo-tecnico - (vedi pag. 33); procedi nel seguente modo: immagina di dover partire alla ricerca di un tesoro….sulla tua mappa sarà segnato con una x “dove” (vex) è nascosto il tesoro; questo si trova a roma (vir), città “molto” bella….”superlativa” (“molto”, come anche “vir” in univerlang, entra nella costruzione del superlativo assoluto); soggiornando a roma poi, non potrai non recarti alle terme (vet)….ti assicuro starai “bene” e in completo relax! naturalmente questo è solo un esempio del metodo “ricorda collegando”….ognuno è libero di creare i “collegamenti” con immagini e concetti i più disparati, sempre che siano a lui “familiari”. ti consiglio di ricorrere a questo metodo tutte le volte incontrerai una qualche difficoltà nei processi di memorizzazione! attenzione! gli avverbi univerlang non hanno vincoli o particolari prescrizioni circa la loro posizione nella frase; pertanto si potrà avere: “i loxel vir mi marof” (io amo molto mia moglie); o anche: “i loxel mi marof vir” (io amo mia moglie molto). la preposizione 86H la preposizione è una piccola parola che si antepone (pre-posizione) alle altre parole del discorso – sostantivi, al fine di stabilire tra le parole di una frase una “relazione logica” e quindi dare un significato compiuto alla frase stessa; pronomi e verbi all’infinito – esempio: “mario passeggia con luisa”; in questa frase la preposizione “con” stabilisce una relazione di “compagnia” tra mario e luisa, così da dare un senso compiuto alla frase….provate infatti a fare a meno di “con”…….. ”mario passeggia luisa”…..è ovvio che la frase non ha alcun senso! attenzione! in italiano, come in inglese e altre lingue nazionali, l’uso delle preposizioni – e delle locuzioni 99 prepositive - rappresenta una delle maggiori difficoltà; in italiano, ad esempio, esistono numerosissime preposizioni – e altrettante locuzioni prepositive – e impararle tutte costituisce un’impresa! Ma ciò che veramente rende la materia un vero “rompicapo” è l’uso “promiscuo” delle preposizioni stesse; mi spiego meglio: in italiano (e in altre lingue) succede che “uno stesso complemento” è retto da “diverse” preposizioni….quale di queste “diverse” preposizioni usare dipende di volta in volta dal contesto, dall’ordine delle parole nella frase, dalle convenzioni linguistiche, etc. in pratica non esistono regole precise (e logiche!) che possano venire in aiuto al povero studente… un esempio con il “compl. di moto a luogo”: “vado al mare”; “vado in Francia”; “vado dal medico”; “mi sono imbarcato per il Canada”; ebbene, ben “4 preposizioni” diverse per introdurre “uno stesso” complemento (compl. di moto a luogo) !!!! univerlang semplifica “enormemente” la materia: – ogni complemento è retto da un’ unica preposizione -; le preposizioni univerlang si costruiscono modificando “opportunamente” le corrispondenti preposizioni inglesi – in base a strategiche scelte di semplificazione morfologica e fonologica -. esempi: of (di) at (a) = preposizione inglese > od (di) = preposizione univerlang; = preposizione inglese > ib (a) = preposizione univerlang; through (attraverso) into (dentro) = preposizione inglese > = preposizione inglese > trag (attraverso) = preposizione univerlang; ins (dentro) = preposizione univerlang; vediamo adesso quali sono le “principali” preposizioni univerlang e, al contempo, “quali” complementi ciascuna preposizione ha in reggenza, ricordando che uno specifico complemento è retto da un’unica preposizione: ib (a, con, da, in) > regge il “compl. di termine” e il “compl. di moto a luogo”; in effetti i due complementi sono “abbastanza” assimilabili in quanto entrambi costituiscono la “destinazione finale”, il “termine”, il “traguardo” di una azione; esempi: “voglio dare un bacio a maria”; “io parlo a mario”; “consegno un regalo a maria” (a chi? a che cosa? > compl. di termine); noi andiamo da mario; (dove? > compl. di moto a luogo); in “noi andiamo al mare”; “noi andiamo in Canada” (in, a, da, di, nel, con) > regge il “compl. di stato in luogo” e il “compl. di tempo”; in effetti i due complementi sono “abbastanza” assimilabili in quanto sia l’uno che l’altro esprimono una “dimensione” “spaziale”, il primo; “temporale”, il secondo – all’interno della quale si compie l’azione espressa dai rispettivi verbi reggenti; esempi: 100 “io vivo in città”; “io mangerò al ristorante”; io sono dal medico (dove? –assenza di movimento- > compl. di stato in luogo); “io partirò in estate”; “io partirò a primavera”, “io partirò di notte”; “io partirò nella notte”; “io partirò col buio” (quando? > compl. di tempo); attenzione! in univerlang si dirà: “io partirò (in) lunedì”; “mario arriverà a-(in) Natale”; “ti vedrò il-(in) 3 marzo”; “mi rilasserò in vacanza”; frim (da, da parte di) >regge il “c. di agente”, il “c. di moto da luogo”, il “c. di separazione” e il “c. di origine”; in effetti i 4 complementi sono “abbastanza” assimilabili in quanto, seppur con le dovute specificità, esprimono tutti il “punto di partenza” della azione espressa dai rispettivi verbi reggenti; esempi: “io sono amato da mia moglie”; “mario viene dal negozio”; vit (da chi? da che cosa? > compl. di agente); “io sono uscito di casa alle 8:00”, “lui è caduto dal tetto” “mario si allontana dal negozio”; “lei viene dal Brasile”; “il documento fu approvato da parte di tutti” “io mi separo da te”, “io sono originario di qui”, (da dove? “lui dissente da te” > (da dove? > “lui discende da una nobile famiglia” (con, a, in) > regge il “compl. compagnia”, il “compl. di mezzo” e compl. di moto da luogo); compl. di separazione); (da dove? da chi? da che cosa? > compl. di origine); il “compl. di modo”; in effetti i tre complementi sono “abbastanza” assimilabili in quanto, seppur con le dovute specificità, indicano un essere o una cosa che riveste un ruolo “accessorio”, “ausiliario”, modale, rispetto all’azione espressa dai rispettivi verbi reggenti; esempi: “io esco con mia moglie”; “mario viene a piedi”; “mario lavora con il fratello” “io sono uscito in auto”; “mario lavora con l’auto” “mario lavora con calma”; “tu parli con saggezza”, fir (con chi? in compagnia di chi? > compl. di compagnia); “lui parla con rabbia” (per, di, a, da) > regge il “compl. di causa-motivo”, (per mezzo di chi, di che cosa? > (in che modo? come? > compl. di mezzo); compl. di modo); il “compl. di fine-vantaggio”; in effetti i due complementi sono “abbastanza” assimilabili in quanto, seppur con le dovute specificità, indicano un essere o una cosa con una funzione “catalizzatrice”, “d’innesco”, “di finalità”, rispetto all’azione espressa dai rispettivi verbi reggenti; esempi: “sono felice per la tua vittoria”; “io mi rallegro del tuo successso” (per quale causa? per quale motivo? a causa di chi? > compl. di causa-motivo); “vado a comprare il pane”; “lavoro molto per guadagnare molto”; “cucinerò per te”(per quale fine? a vantaggio di chi? > compl. di fine-vantaggio); trag (per, attraverso, da) > regge il “compl. di moto per luogo”; esempi: “vado per i campi”; “ viaggerò attraverso la campagna”; “entrerò dalla finestra” (per dove? attraverso cosa? > compl. di moto per luogo); 101 od (di, a, su) > regge il “c. di specificazione (di chi? di cosa?) – appartenenza, possesso, denominazione, qualità, misura, tempo, etc. –: esempi: “il gusto del vino” > appartenenza; “il libro di mario” > possesso; “il ricordo di te” > relazione; “la città di Roma ” > denominazione; “una donna di infinita bellezza” > qualità; “un pesce di 3 kg” > misura; “una vacanza di 4 settimane” > tempo; “un tavolo di marmo” > materia; “una condanna di (a) 2 anni” > pena; “essere privo di energie” > privazione; “pieno di soldi” > abbondanza; “discutere di (sulla) politica” > argomento; “molti di loro” > partitivo; ons (su, sopra, al di sopra) > regge il “compl. di luogo”; esempi: “il libro è sul tavolo”; “ viaggerò sopra le nuvole”; “il gatto cammina sui tetti” (dove? > compl. di luogo); 102 la congiunzione 87H la congiunzione è una piccola parola – invariabile - che “congiunge” due termini di una stessa proposizione (“desidero un panino e un’ aranciata”), oppure due proposizioni (“ti telefono quando arriverà il pacco postale”); in rapporto alla loro funzione le congiunzioni si dividono in: congiunzioni coordinative > quando uniscono tra loro due elementi di una stessa proposizione (“dammi una penna o una matita”), oppure due proposizioni indipendenti (“mario insegnerà a Milano e vivrà a Torino”); congiunzioni subordinative > quando uniscono tra loro due proposizioni, una delle quale è subordinata all’altra (“abiterò a Roma se riuscirò a comprare casa”); in italiano, come nelle altre lingue nazionali, esistono “numerose” congiunzioni e altrettante locuzioni congiuntive – “e”, “o”, “ma”, “però”, “perché”, “tuttavia”, “sebbene”, “anzi”, “invece”, “non appena che”, “ogni volta che”, etc. -; per la traduzione univerlang “completa” si rimanda al relativo dizionario; le “congiunzioni univerlang” si costruiscono modificando “opportunamente” le corrispondenti congiunzioni inglesi – in base a strategiche (e variabili) scelte di semplificazione morfologica e fonologica -. esempio: and (e, ed) = congiunzione inglese but (ma, però) = congiunzione inglese because (perchè) neither et (e, ed) = congiunzione univerlang; > bet (ma, però) = congiunzione univerlang; = congiunzione inglese > becas [bècias] (nè) = congiunzione inglese or (o, oppure) if (se) > = congiunzione inglese = congiunzione inglese > > > (perchè) = preposizione univerlang; net (nè) = congiunzione univerlang; oet (o, oppure) = congiunzione univerlang; ic (se) = congiunzione univerlang; la esclamazione (interiezione) 8H la esclamazione (interiezione) è una parola – invariabile - che serve ad esprimere sentimenti (sensazioni) “intensi” o “improvvisi” – “che gioia!”; “che noia!”; “che paura!”; “come è bello!”; etc. -; gli stessi sentimenti possono essere espressi, oltre che con parole di senso compiuto, con la 103 “riproduzione” di suoni onomatopeici (“interiezioni” propriamente dette) che “per convenzione” indicano appunto un particolare stato d’animo; alcuni esempi: brrr! > che freddo! ah! > che gioia! oh! > che sorpresa! ahimè! > povero me! ehi! > attenzione! - tu! univerlang, essendo una lingua “internazionale”, abolisce tutti i “suoni esclamativi” (interiezioni); ciò al fine di evitare che una “convenzione” - in uso in certi paesi, e non in altri – possa creare incomprensioni ed ambiguità; pertanto, al posto del suono si userà la singola “parola esclamativa” o la “locuzione esclamativa”; univerlang, essendo una lingua “internazionale” (che deve essere quindi compresa da “tutti”), abolisce tutti i “suoni onomatopeici” (interiezioni); ciò al fine di evitare che una “convenzione” - in uso in certi paesi, e non in altri – possa creare incomprensioni ed ambiguità; pertanto, al posto del suono si userà la singola “parola esclamativa” o la “locuzione esclamativa”; esempi: brr! > che freddo! > vo op’eti! ah! > che bello! > vo betien! ehi! > tu! > ia! ehi! > attenzione! stai attento! > bim cari! la proposizione e il periodo 89H in grammatica, un “insieme” di parole – sostantivi, aggettivi, avverbi, preposizioni, etc. – in relazione tra loro - secondo in modo tale da esprimere – in forma scritta o orale – il pensiero umano costituiscono il “discorso”; determinate regole - per “periodo” si intende una “parte” del discorso compresa tra due punti; la “proposizione” (frase) rappresenta a sua volta “parte” del periodo; il periodo, infatti, è costituito da “una” o “più” proposizioni; riassumendo: discorso > periodo > proposizione > parole la “proposizione” quindi rappresenta l’unità base del discorso in quanto è il più piccolo “insieme” di parole provvisto di senso compiuto; la “proposizione” necessita di due “elementi fondamentali”: soggetto > essere o cosa che compie, subisce l’azione o si trova nello stato espresso dal verbo; predicato > ciò che “si predica”, si dice del soggetto; 104 altri elementi - però “non fondamentali” - di una proposizione sono i complementi, così denominati in quanto elementi secondari ,“complementari”, appunto, che completano la frase aggiungendo particolari; n.b.: per una analisi completa degli elementi costituenti la proposizione – soggetto, predicato e complementi – si rimanda alla sezione “approfondimenti” – vedi indice -; il “periodo” può essere: semplice – se formato da “una sola” proposizione ( “mario legge”) -; composto – se formato da “due” o più proposizioni “indipendenti” tra loro ( “mario legge e io gioco”) -; complesso – se formato da “una” proposizione “reggente” e una o più proposizioni “subordinate” ( “io partirò quando il tempo lo consentirà”) -; n.b.: per una analisi completa del periodo – proposizioni soggettive, proposizioni oggettive, causali, temporali, etc. – si rimanda alla sezione “approfondimenti” – vedi indice -; il verbo generatore 90H il verbo, come già detto nel relativo capitolo, è una parola “pilastro” del discorso, nel senso che “descrive la vita” di esseri e cose; addirittura il “solo” verbo – coadiuvato da opportuna gestualità – può rappresentare situazioni e dinamiche di vita ordinaria, tanto da consentire una seppur “essenziale” comunicazione tra due individui; non a caso “verbo” deriva dalla parola latina “verbum” che significa “parola, parola per eccellenza”; questa “centralità” del verbo rispetto alle altre parole del discorso (aggettivi, preposizioni, etc.) ha, come vedremo, un importante riflesso nel lessico univerlang; univerlang, infatti, allo scopo di ridurre “al minimo” il numero delle radici del suo lessico – così da renderne più agevole l’apprendimento -, stabilisce la regola del verbo generatore (19): in univerlang il verbo è una parola-primitiva, capace di “generare” altre parole ( parole derivate); infatti, partendo dalla sua “forma base” - l’infinito -, grazie a specifici suffissi, si formano varie vocaboli: i sostantivi, l’aggettivo e l’avverbio. esempio: lov-el (amare) = infinito; se togliamo il suffisso del modo infinito –el (in ebraico biblico El = Dio – Infinito -), resta la radice: lovse a questa radice aggiungiamo il suffisso del sostantivo, maschile, sing. -om, otteniamo: 105 lov-om (amatore) = sostantivo di persona di sesso maschile > lovof (amatrice); se alla radice “lov-“ aggiungiamo invece il suffisso del sostantivo, neutro, sing. -en, otteniamo: lov-en (amore) = sostantivo neutro, astratto; se alla radice “lov-“ aggiungiamo il suffisso dell’aggettivo -i, otteniamo: lov-i (amorevole) = aggettivo qualificativo; se alla radice “lov-“ aggiungiamo il suffisso dell’avverbio -a, otteniamo: lov-a (amorevolmente) = avverbio di modo; quanto sopra descritto, è una “efficace” operazione volta alla ottimizzazione dei radicali lessicali e alla semplificazione del loro apprendimento “mnemonico”; curiosità! derivare le parole dalla “radice verbale” è tipico del sanscrito, antichissima lingua indoeuropea, tutt’oggi parlata in varie regioni orientali; in sanscrito sono stati scritti i Veda (i Sacri Testi dell’Induismo, che rappresentano i più antichi scritti sacri che siano pervenuti ai giorni nostri). la metodica prevede l’individuazione di uno schema di azione (o stato) – verbo generatore-, entro cui poi è possibile collocare – con derivazione “suffissale” - varie entità attinenti – sostantivi, aggettivo, avverbio, etc. -; in pratica ogni “radicale verbale” genera una sorta di “filiera” popolata da numerose parole appartenenti allo stesso gruppo semantico; attenzione! questa è la regola generale, ma è ovvio che là dove non esista il verbo inglese corrispondente, oppure questo verbo non sia di uso comune (vocabolario attivo), il ruolo di “termine generatore” è svolto da sostantivi o aggettivi; un esempio: bet-i ( bello) = aggettivo > termine generatore, che darà origine alle parole derivate, compreso il verbo: bet-en (bellezza) = sostantivo neutro, astratto; bet-el (abbellire) = infinito. ritengo a questo punto utile rappresentare “analiticamente” lo schema sopra descritto: verbo generatore > lov-el (infinito) = amare | 1° sostantivo (persona che compie l’azione) > lov-om (sost. maschile, sing.) = amatore | 2° sostantivo (cosa, attinente con l’azione) > lov-en (sost. neutro, sing.) = amore | aggettivo (aggettivo qualificativo) > lov-i = amorevole | avverbio (avverbio di modo) > lov-a = amorevolmente 106 tale tabella suffissale vale per tutti i “verbi generatori”; naturalmente è possibile “allungare” la sopradescritta filiera così da aggiungere altre parole derivate: basta prevedere “specifici affissi” – suffissi e prefissi –, per la cui completa e analitica trattazione rimando alla sezione “grammatica” (www.univerlang.com). attenzione! lo “schema” di cui sopra non è tassativo ………….. è, infatti, concepito come un sistema “aperto” e flessibile, con possibili deroghe ed eccezioni; questo al fine di non “irrigidire” troppo univerlang e poter soddisfare eventuali esigenze di “eufonetica” (gradevole sonorità linguistica), nonché consentire una dinamica “evoluzione” del lessico e della sintassi; tale “evoluzione” avverrà sotto il diretto controllo dell’ “accademia della lingua universale”; questo “organismo” si riunirà periodicamente per creare e “codificare” nuovi termini (della vita quotidiana e della scienza) e nuovi strumenti morfo-sintattici; le “determinazioni” della “accademia” sono vincolanti per gli organi istituzionali e le strutture scolastiche statali. il verbo complesso “sostantivato” il verbo “complesso sostantivato” è una “particolare” figura grammaticale assai diffusa in inglese (banking, shopping, mobbing, etc.) e che univerlang mutua perché funzionale e oltremodo efficace; il verbo complesso “sostantivato” nell’esprimere un’ “azione complessa”– somma di più azioni – conferisce alla stessa “concretezza sostantivale”: il verbo cioè funge da soggetto o complemento – cioè ha valore di sostantivo -; il termine inglese “shopping” più che una “singola” e semplice azione – comprare -, identifica “un complesso fenomeno socio-culturale”, “un particolare rituale dei cittadini delle metropoli” – che non è solo l’azione dell’acquistare degli oggetti, ma anche il “passeggiare”, il “curiosare”, il “trascorrere piacevolmente alcune ore”, etc. -; stesso discorso vale per “banking”: non soltanto la “singola azione” di prelevare denaro dallo sportello bancario, bensì un “complesso” di operazioni, quali acquisto di titoli di stato, azioni, contrattazione di un mutuo, etc; “mobbing”, similmente, non è solo “perseguitare un dipendente”…. è molto di più: dequalificare il dipendente, isolarlo, affidargli mansioni troppo onerose o, all’opposto, tenerlo inoccupato, far circolare malignità sul suo conto, etc……. solo l’insieme di tutte queste azioni configura il “mobbing”; ne segue che “comprare” ha un significato (e relativa, specifica “traduzione” univerlang), “shopping” un altro…… 107 “prelevare denaro” ha un significato (e relativa, specifica “traduzione” univerlang), “banking” un altro…… “perseguitare un dipendente” ha un significato (e relativa, specifica “traduzione” univerlang), “banking” un altro…… univerlang costruisce i suoi verbi complessi “sostantivati” dai corrispondenti termini inglesi tramite la sostituzione del suffisso –ing con il suffisso dell’infinito univerlang -el + il suffisso -in ; esempi: shopp-ing > sop-el-in (il fare acquisti girovagando per negozi); bank-ing > bank-el-in (l’insieme delle operazioni bancarie); mobb-ing > mob- el-in (la serie di azioni vessatorie messe in atto dal capo per indurre al licenziamento il dipendente); alcune frasi: sopelin bel beti bet bankelin bel dispendioso” noioso” (“il fare acquisti per negozi” – shopping – è bello ma dispendioso”); (“il fare operazioni bancarie ” – banking – è noioso”);