di Maurizio Casasco, presidente della FMSI
Con questo articolo del suo Presidente inizia la collaborazione
tra la nostra rivista e la Federazione Medico Sportiva Italiana. Si parte
ricordando il ruolo, sempre più importante e ampio, svolto dall’ente
e non solo nei riguardi degli atleti
“S
iamo incorsi fino ad oggi
in un grave errore lasciando che i
giovani si gettino con cieco entusiasmo nello sport, senza sapere
fin dove il loro organismo possa
sopportare il lavoro muscolare
imposto ricevendone il bene e
quando incominci a riceverne il
male. E’ necessario che all’istruttore, il medico dica come si può
giudicare il valore fisico di ogni
soggetto, quali sono i limiti entro
i quali i suoi singoli organi non
saprebbero adattarsi al lavoro
richiesto senza fare appello a
energie di riserva che spesso li
portano al confine tra la funzione
fisiologica e la patologica. Gli
errori commessi nel passato
remoto e vicino non devono ripetersi più”. Così scriveva sul
ruolo della Medicina dello Sport,
Ugo Cassinis, primo Presidente
dell’allora Federazione Italiana
Medici Sportivi. Era il 1929 anno
in cui per la prima volta venne
riconosciuta l’obbligatorietà di
una visita per gli atleti agonisti
da parte di medici specializzati
e fu inaugurato il primo Istituto
di Medicina dello Sport presso il
nuovo stadio di Bologna. Quella
della Federazione Medico
Sportiva Italiana è una storia
lunga 80 anni: benchè il legame
tra la medicina, l’educazione
fisica e lo sport risalga molto
FMSI
, per lo
sport e la vita
indietro nei tempi, solo agli inizi
del secolo scorso, infatti, cominciarono a costituirsi associazioni
nazionali e un’organizzazione
internazionale a riconoscimento
delle scienze mediche applicate
allo sport. Oggi la FMSI è una
delle 45 Federazioni del CONI,
oltre che Società Scientifica di
Medicina dello Sport, ed è rappresentata da oltre 4.700 medici tesserati presenti su tutto il
territorio nazionale. Essa è
membro della Federazione
Internazionale di Medicina dello
Sport
(FIMS)
e
della
Federazione
Europea
di
Medicina dello Sport (EFSMA)
e, facendo tesoro di un’esperienza unica, che si basa anche
sulla storia delle Scuole di
Specializzazione in Medicina
dello Sport, nate proprio in Italia
nel 1957, costituisce un punto di
riferimento della Medicina dello
Sport in Italia e nel mondo.
Ma chi è il Medico dello Sport e
che ruolo ricopre nel mondo
sportivo? Le parole del Prof.
Cassinis risuonano ottanta anni
dopo più attuali che mai. Lo
Specialista in Medicina dello
Sport nasce come Medico degli
sportivi e in tale veste può essere considerato oggi come il
primo “consulente” dell’atleta.
Egli, infatti, assiste gli atleti di
alto livello delle squadre nazionali, così come quelli di qualsiasi altra categoria appartenenti
alle Società sportive, per ogni
esigenza di carattere medico o
funzionale, supportando lo staff
tecnico nello stabilire come praticare l’attività sportiva senza
controindicazioni per la salute e
assumendosi la responsabilità
dei processi terapeutici e riabilitativi degli atleti ammalati o
infortunati. Di esclusiva competenza del Medico dello Sport
(D.M. 18/02/1982) è anche il
rilascio del certificato d'idoneità
alla pratica agonistica. Un obbligo di legge ma non solo: la certificazione d’idoneità rappresenta il più valido strumento di prevenzione per la tutela sanitaria
e la valorizzazione del patrimonio sportivo nazionale. Va, infatti, tenuto presente, fatto troppo
spesso sottovalutato e poco
21
considerato, che la visita d’idoneità non ha solo la funzione di
evidenziare eventuali incompatibilità con la pratica sportiva,
ma anche e soprattutto di rilevare piccole patologie che, se
tempestivamente diagnosticate,
comportano una migliore qualità
della vita oltre che un risparmio
sicuro per il Sistema Sanitario
Nazionale. Lo specialista in
Medicina dello Sport riveste,
dunque, un ruolo sociale d'indiscutibile rilevanza, in un contesto nel quale, non esistendo più
la visita medica di leva e il medico scolastico, la visita d'idoneità
alla pratica sportiva agonistica
rimane l’unico momento di
screening di massa esistente
nel nostro Paese.
E’ tra i compiti della FMSI anche
la lotta al doping. In quest'ambito la repressione rappresenta,
indubbiamente, un elemento
irrinunciabile e il nostro Paese,
graziealla FMSI, si avvale di
un’organizzazione che vanta
un’esperienza tra le più prestigiose al mondo al servizio sia
dell'Organizzazione Nazionale
Antidoping (NADO), che in Italia
è rappresentata dal CONI, sia
dello Stato: dalla fase pre-analitica (prelievo e trasporto in sicurezza del campione biologico)
svolta dai 550 Doping Control
Officers (DCO), tutti medici tesserati FMSI e certificati, alla
fase analitica che si svolge nel
laboratorio Antidoping di Roma
della FMSI, unico in Italia accreditato dalla World Anti-Doping
Agency (WADA) e secondo al
22
mondo dopo quello di Los
Angeles per numero di controlli
(circa 15.000 ogni anno), dotazione tecnologica ed efficienza
organizzativa.
Tuttavia, la lotta al doping non
può limitarsi alla sola repressione e, da sempre, uno dei punti
qualificanti l’azione dei medici
della FMSI e un obiettivo etico
che da sempre ispira la politica
federale è costituito dalla prevenzione e dall’educazione
attraverso il richiamo continuo a
valori etici che vadano a beneficio dell’atleta.
Lo specialista in Medicina dello
Sport, dunque, svolge un ruolo
fondamentale per la tutela della
salute degli atleti, così come
richiamato dai compiti istituzionali della FMSI, che, lo ricordiamo, è una delle Federazioni
Sportive del CONI.
Tuttavia, la funzione dello specialista in Medicina dello Sport
non si ferma qui, anzi da questa
specifica esperienza con gli
atleti trova spunto, forza e motivo per mettere la propria competenza, acquisita nel percorso
formativo universitario e sviluppata nello sport, al servizio di
una popolazione più vasta: tutti
coloro che fanno dell’esercizio
fisico uno strumento per conseguire o mantenere uno stato di
benessere psico-fisico.
Si tratta, dunque, di una quota
elevatissima della popolazione,
che va da chi, in buona salute,
cerca di mantenere tale stato, a
chi, portatore di un qualche fattore di rischio (obesità, ipercolesterolemia, ecc.) desidera prevenire l’insorgenza di una patologia, a chi, già portatore di una
malattia cronica non trasmissibile (diabete, ipertensione, cardiopatia, ecc) vuole ridurre o perfino eliminare gli effetti dello stato
di malattia.
Per tutta questa popolazione
(ed anche, si spera, per quel
40% ancora del tutto sedentario) lo specialista in Medicina
dello Sport rappresenta un
punto di riferimento unico.
Infatti, non molti sanno che
l’esercizio fisico, così come per
un farmaco, va prescritto e somministrato in maniera individualizzata. Diceva Ippocrate, circa
2600 anni orsono, che la giusta
via per la salute consisteva in
una buona alimentazione e in
una corretta pratica dell’esercizio fisico, che non fosse troppo
né troppo poco. Nulla è cambiato da allora. L’esercizio fisico
Il presidente Casasco mentre premia Rita Levi-Montalcini, membro
onorario della Fmsi
Maurizio Casasco parla durante il Congresso nazionale FMSI
può essere inutile o perfino dannoso se non viene prescritto e
somministrato nelle dovute dosi
e modalità (durata, frequenza,
intensità, ecc.). La prescrizione
dell’esercizio fisico, dunque,
deve tener conto di numerosi
parametri, che vanno dalle
caratteristiche anagrafiche e
antropometriche dell’individuo,
al suo stato di salute, al suo
livello di efficienza fisica (la sua
capacità funzionale). Ne consegue che per prescrivere attività
fisica è necessario possedere
conoscenze di clinica e di fisiologia dell’esercizio fisico e degli
sport e l’unico competente in
grado di consigliare e quindi
prescrivere al soggetto il tipo e il
modo di fare attività fisica è lo
Specialista in Medicina dello
Sport.
La FMSI sta dando grande
impulso a quest'aspetto della
professionalità e competenza
dei propri tesserati, sia pianificando e realizzando una vasta
attività di formazione e aggiornamento, sia avviando concrete
iniziative a favore della popolazione coinvolgendo a tal fine gli
Istituti e i Centri di Medicina
dello Sport diffusi sul territorio e
con essa convenzionati. Basti
citare, a titolo, di esempio la
convenzione stipulata con la
Società Italiana di Diabetologia
per la creazione di team misti
(medico dello sport-diabetologo) finalizzata a una più efficace
gestione, attraverso l’esercizio
fisico, delle persone con diabete
di tipo II.
Migliorare la qualità della vita
della popolazione attraverso un
corretto stile di vita, basato prioritariamente sull’esercizio fisico,
è una sfida impegnativa che
interessa prima di tutto lo Stato,
così come molte Istituzioni e differenti categorie professionali
del nostro Paese. La FMSI
intende svolgere un ruolo fondamentale in tale processo e
mette in capo, a disposizione di
tutte le altre realtà coinvolte, la
propria specifica competenza,
certa che l’integrazione di più
ruoli e la collaborazione fra tutte
le branche della classe medica
sia una formula vincente a favol
re della popolazione.
Un atleta si sottopone a un controllo cardiaco
23
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
Una normativa precisa e all’avanguardia prevede che in Italia chi fa
attività sportiva, sia agonistica, sia amatoriale, debba sottoporsi ad una
visita medica specifica. Una direttiva che ha forte valenza sociale, considerando che nel nostro paese oltre undici milioni di persone
svolgono una pratica fisica con continuità
Ok,
L
a sedentarietà associata a
un'errata alimentazione è uno
dei maggiori fattori di rischio per
numerose malattie croniche
che affliggono la popolazione,
come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’ipertensione, il
cancro dell’intestino e della
mammella, l’obesità e molte
altre ancora. Così, la diffusione
dei programmi di educazione
sportiva e di promozione della
stessa sono oramai presentati
in tutte le salse possibili.
Ma se l’attività sportiva ha effetto positivo sulla salute, ne esiste un altro, definito paradosso,
in cui aumenta il rischio d'incidente cardiovascolare, proprio
facendo attività fisica. Ci sarebbe quindi un numero enorme di
persone che potenzialmente si
espongo a un rischio aumentato. Il nostro Paese, ponendosi
all’avanguardia in campo mondiale, ha da tempo messo in
atto delle procedure miranti alla
salvaguardia della salute di chi
pratica attività sportiva. Nel
nostro Ordinamento giuridico,
infatti, la tutela sanitaria delle
IDONEI
a faticare…
attività sportive trova riconoscimento già in alcuni articoli della
Costituzione. L'art. 4 stabilisce
che "ogni cittadino ha il dovere
di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta,
un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale
o spirituale della società" e lo
sport è annoverabile tra queste
attività, soprattutto se svolto a
livello professionistico. Inoltre,
l'art. 32 nel 1° comma garantisce la tutela della salute come
"fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". A questi principi costituenti,
hanno fatto seguito, nel tempo,
delle norme attuative al fine di
rendere realmente operativa e
reale la tutela della salute degli
sportivi. Facciamo riferimento,
in particolare, ai due più importanti Decreti del Ministero della
Salute (D.M. 18/2/1982; D.M.
28/2/1983) che sanciscono l’obbligatorietà della visita d'idoneità alla pratica dell’attività sportiva, distinguendo tra quella prevista per l'attività agonistica e
quella per l'attività non agonisti-
ca. Tale obbligo riguarda tutti
coloro che richiedono una tessera come atleta a una
Federazione
Sportiva
Nazionale del CONI o ad un
Ente di Promozione Sportiva,
riconosciuto dal CONI stesso.
Per ciò che concerne la differenziazione tra atleta agonista
e non agonista, va detto che
essa compete alle Federazioni
Sportive Nazionali e agli Enti di
Promozione Sportiva, di cui
sopra, in base agli ordinamenti
e ai propri regolamenti.
Dalle indagini epidemiologiche
risulta che il totale di cittadini
che praticano sport o svolgono
in ogni caso qualche forma di
attività fisica sono circa
33.300.000, di cui 11.420.000 lo
fanno con continuità e costanza. Concentrando l’attenzione
su questi, emerge che la pratica
di tipo più specificatamente
agonistica coincide con circa
sei milioni di tesserati alle
società affiliate alle Federazioni
e alle Discipline Associate.
L’importanza e l’efficacia della
visita medica per l’idoneità alla
25
pratica sportiva sono dimostrate da numerose pubblicazioni
scientifiche e dal riconoscimento che gran parte dei Paesi
dell'Unione Europea ha nell’esperienza del modello italiano. Basti pensare a un famoso
atleta di colore, valutato a
Londra (non esiste nei Paesi
Anglosassoni l’obbligatorietà
della certificazione ma la sola
valutazione) e morto su un
campo di gara in Francia pochi
anni or sono, mentre in Italia,
con la stessa patologia, veniva
dichiarato
non
idoneo
dall’Istituto di Medicina e
Scienza dello Sport del CONI di
Roma un grande atleta, oro a
Sidney, prima delle Olimpiadi di
Atene. Altri casi eclatanti sono
quelli di Kanu (poi operato al
cuore) e Fatigà, giocatori
dell’AJAX e nazionali olandesi,
venuti all’Inter e dichiarati non
idonei a Milano dall’Istituto di
Medicina dello Sport della
FMSI. Una ricerca effettuata in
Veneto sull’incidenza, negli ultimi venticinque anni, delle morti
improvvise tra chi aveva effettuato le visite d'idoneità agonistica (di selezione e controllo) e
chi no, ha evidenziato una
minore incidenza di tale evento
tra i primi con un rapporto di 1 a
10 (Corrado et al, Jama, 2006).
La causa principale di morte
improvvisa
negli Stati
Uniti è la
miocardiopatia ipertrofica,
mentre in
Italia tale
patologia,
normalmente diagnosticata
in corso di Domenico Fioravanti, il nuotatore due volte campione olimpico a
v i s i t a Sydney, è stato fermato per problemi cardiaci prima di Atene 2004
d'idoneità,
sulla Rivista di Medicina dello
ha un’incidenza estremamente
Sport da Di Luigi e altri, su
più limitata. Questi esempi
32652 atleti, si evidenziava,
sono solo parziale spiegazione
oltre alla percentuale di soggetdel perché il mondo scientifico
ti non idonei allo sport, la preinternazionale guarda con
senza in numero elevato di sogattenzione al modello italiano,
getti portatori di fattori di rischio
come un’organizzazione da
per la salute quali il tabagismo,
avvicinare se non da copiare.
il consumo di alcool, e sopratLa visita per il rilascio del certitutto un elevato numero di patoficato, sia agonistico sia non,
logie, ancorché non controindirappresenta, dunque, a oggi un
canti la pratica sportiva, diagnoelemento di prevenzione d'imsticate per la prima volta a cariportanza fondamentale, anche
co di pressoché tutti gli organi e
in considerazione della scomapparati.
parsa della visita di leva per i
La visita per l'idoneità alla pratimaschi e la scomparsa della
ca di uno sport agonistico, che
figura del medico scolastico. La
dovrebbe essere antecedente
valenza della visita d'idoneità
al tesseramento, viene effettuamedico sportiva non è, tuttavia,
ta solo da medici chirurghi,
limitata solo alla determinazioSpecialisti in Medicina dello
ne dei casi di non idoneità, per
Sport e deve essere richiesta
fortuna non molto elevati, quansu apposito modulo nominativo
to piuttosto perché essa perdalla Società Sportiva di apparmette
di
tenenza o da qualunque struttuacquisire
ra (ente di promozione, accadeinformaziomia di danza, piscina, palestra
ni epideecc.) richieda una certificazione
miologiche,
d'idoneità alla pratica sportiva.
di svolgere
La visita deve essere effettuata
un'opera di
presso
l’ambulatorio
di
educ az io Medicina
dello
Sport
della
strutne sanitatura pubblica o presso uno sturia, di prodio o ambulatorio di Medicina
muovere
dello Sport privato; in tal caso la
migliori stili
visita deve essere effettuata
di vita nella
esclusivamente negli studi o
popolazioambulatori di Medicina dello
ne,
con
Sport autorizzati dalla Regione
particolare
di appartenenza ed elencati
riguardo
nello stesso Albo Regionale.
all'attività
Si sottolinea che la visita medifisica.
In
co sportiva non può essere
una bella
espletata al di fuori delle strutturicerca
re autorizzate, quindi non è
Il controllo del cuore è alla base per ottenere l’idoneità sportiva pubblicata
ammissibile uno studio di
nel 2004
26
Non si può fare attività in una palestra di fitness senza un certificato d’idoneità
Medicina dello Sport all'interno
di una struttura sportiva, a
meno che non rispetti tutte le
norme prescritte dal DPR del
22/7/1996.
Durante la visita, il medico specialista
effettuerà,
oltre
all'anamnesi e alla visita clinica,
gli accertamenti di base
(Tabelle A e B del D.M.
18.2.1982) che consistono in
un elettrocardiogramma (ECG)
a riposo, un ECG dopo esecuzione dello “Step test” della
durata di tre minuti su gradino
di altezza variabile (cm 30, 40,
50), una spirometria per il calcolo dei volumi e flussi polmonari e la valutazione della risposta di un esame delle urine; a
questi va aggiunta la valutazione di esami aggiuntivi specifici
per alcuni sport (ad esempio,
per le attività subacquee: visita
otorinolaringoiatrica). Il medico
ha la possibilità di richiedere
eventualmente anche altri
accertamenti, qualora lo ritenga
necessario ai fini di accertarsi
dell'idoneità del soggetto visitato. In molte regioni il medico
specialista che esegue la visita
deve inoltre inviare ogni sei
mesi l'elenco delle visite effettuate alla A.S.L. di appartenenza dello studio presso cui opera
e solo le visite in elenco sono
valide per il tesseramento sportivo, mentre in altre esiste
anche un “libretto Sanitario
Sportivo” dell’atleta che deve
essere consegnato al medico
prima della visita e sul quale
vengono riportati i dati della
certificazione. Solo da pochissimo tempo, nella regione delle
Marche
è
stato
istituito
“Registro informatico delle idoneità sportive”, ovvero un libretto sanitario sportivo informatizzato in cui, tutte le strutture che
rilasciano l’idoneità alla pratica
agonistica, dovranno registrarle
su un nuovo Registro web. Si
potrà così monitorare lo stato di
salute degli sportivi e vigilare
sulle idoneità e l'elenco sarà
consultabile da medici autorizzati e da enti preposti.
Nel caso venga emesso un giudizio di "non idoneità" l’atleta
può presentare gratuitamente
ricorso
alla
Commissione
Medica Regionale entro trenta
giorni dalla comunicazione
scritta del giudizio negativo
(come riportato sul certificato di
non idoneità).
La Commissione, presieduta da
uno specialista in Medicina
dello Sport, è composta da specialisti di chiara fama e di diverse specializzazioni e si riunisce,
generalmente, una volta al
mese, prende visione di tutti gli
accertamenti effettuati ed emette un giudizio che può essere
d'idoneità, di conferma di non
idoneità o può richiedere ulteriori accertamenti ai fini di una
chiara diagnosi.
Per
quanto
riguarda l’attività sportiva
non agonistica, è sufficiente, invece, il
certificato
d'idoneità
sportiva non
agonistica
(spesso confuso e identificato con quello di buona
salute), che
può
essere
rilasciato,
oltre che dallo
specialista in
Medicina dello Sport, anche dal
proprio medico di base o dal
pediatra di base, generalmente
dopo una visita accurata, senza
l'obbligo di ulteriori accertamenti, salvo che il medico stesso
non ritenga opportuno prescriverli.
Da quanto sopra esposto si
evince con chiarezza che la
considerazione sul significato e
sulla valenza della visita d'idoneità medico sportiva sia (e stia
ancora) mutata nel corso degli
anni: da atto medico finalizzato
a escludere la presenza di
patologie in grado di elevare il
rischio per la salute dell’atleta a
momento fondamentale di valutazione dello stato di salute e di
efficienza fisica di gran parte
della popolazione italiana e di
consulenza e programmazione
per offrire, a tutti quelli che la
effettuano, i giusti suggerimenti
per svolgere l’attività nella
misura corretta. Si tratta, dunque, di un atto e di un sistema
di straordinaria valenza sociale.
A conclusione di questo lavoro,
si vuol riportare un suggestivo
utilizzo dell’idoneità all'attività
sportiva agonistica: l’avvocato
della famiglia Cucchi dichiara la
“sanità” del giovane implicato in
una vicenda giudiziaria proprio
evidenziando la certificazione
suddetta [L’Espresso del 9
novembre 2009 - Intervista di L.
G
Tironi].
27
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
L’esercizio fisico è la medicina più importante per prevenire
le malattie cardiovascolari, prima causa di mortalità in Europa.
Ma l’attività come fonte di prevenzione o di terapia deve essere dosata
secondo le peculiarità di ogni individuo. Per questo è fondamentale
il consiglio di uno specialista in Medicina dello sport
Un
S
FARMACO
miracoloso
econdo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) le malattie cardiovascolari (MCV) in Europa sono
responsabili del 22% circa della
morbilità totale, contro l’11,5%
delle neoplasie. In Italia le MCV
rappresentano la principale
causa di morte rendendo conto
del 44% della mortalità totale,
con il 28% dovuto alla cardiopatia ischemica e il 13% agli accidenti cerebrovascolari. In questo contesto, come già più volte
ricordato su queste pagine,
l’esercizio fisico si propone
come mezzo preventivo e terapeutico ideale, in quanto fisiologico, efficace, sicuro e a basso
costo. Numerosi studi in letteratura hanno dimostrato come
l’eliminazione di un fattore di
rischio indipendente come la
sedentarietà può portare a una
20
riduzione d'incidenza di MCV di
una percentuale che va dal 15
al 39% e una riduzione di accidenti cerebrovascolari del 33%.
La sedentarietà quindi si è
imposta, insieme ai più noti fattori di rischio quali abitudine al
fumo, sovrappeso/obesità, ipercolesterolemia etc, come uno
dei principali fattori di rischio
non solo nei paesi occidentali,
ma anche in quelli in via di sviluppo. La ridotta performance
fisica conseguente alla sedentarietà rappresenta uno dei più
importanti fattori predittivi di
mortalità nella popolazione
generale apparentemente sana.
Infatti, la scarsa tolleranza allo
sforzo si associa, sia nella
popolazione maschile sia in
quella femminile, a una riduzione della sopravvivenza per un
aumento significativo della mortalità cardiovascolare.
L’ESERCIZIO FISICO - Sono
ampiamente noti e documentati
i meccanismi implicati nel determinare l’effetto benefico dell’esercizio fisico sulla salute. Più
in particolare, per quanto riguarda la prevenzione delle malattie
cardiovascolari, vi sono meccanismi diretti e indipendenti, che
si verificano sull’apparato cardiovascolare e muscolare, definiti anche come adattamenti
all’allenamento, e meccanismi
mediati o indiretti, che si verificano attraverso il miglioramento
dei fattori di rischio cardiovascolare.
Gli adattamenti all’allenamento
sono numerosi possono essere
ulteriormente suddivisi in adattamenti centrali e periferici. I
principali adattamenti centrali
dell’apparato cardiovascolare,
conseguenti alla pratica regolare di esercizio fisico, sono rappresentati dalla riduzione della
frequenza cardiaca, dalla riduzione della pressione arteriosa,
dalla diminuzione del lavoro del
cuore, da una riduzione dello
“stress” a livello cardiaco e, infine, da un aumento della quantità di ossigeno che dal polmone
passa al sangue per essere portato a tutti gli organi e tessuti. In
sintesi quindi gli adattamenti
centrali portano a un generale
miglioramento delle capacità del
cuore di pompare il sangue e a
una riduzione del lavoro che il
cuore deve effettuare per poter
svolgere la sua attività di
pompa.
Per
comprendere
meglio questi concetti è possibile paragonare il cuore al motore
di una macchina; gli adattamenti che si verificano a livello dell’apparato
cardiovascolare
fanno si che il motore (ossia il
cuore) funzioni in modo ottimale
a “bassi regimi”, preservandolo
così “dall’usura” che si verificherebbe a regimi più elevati.
Per quanto riguarda invece gli
adattamenti periferici questi
possono essere sintetizzati in
un aumento della possibilità dei
muscoli di sfruttare l’ossigeno
trasportato dal sangue per fare
lavoro muscolare. Infine l’esercizio fisico è in grado di determinare significativi effetti “benefici”
sui fattori di rischio cardiovascolare, essendo in grado, come
ampiamente documentato in letteratura, di determinare una
diminuzione dell’abitudine al
fumo, di migliorare il metabolismo delle lipoproteine, aumentando la quota di colesterolo
“buono” (HDL) e diminuendo la
quota di colesterolo “cattivo”
(LDL), di migliorare il metabolismo degli zuccheri riducendo la
probabilità di sviluppare il diabete, di ridurre la densità del sangue riducendo il rischio di trombosi e infine di migliorare il tono
dell’umore.
Alla luce di tutti questi effetti
positivi appare perlomeno ovvio
che il “farmaco” esercizio fisico,
dovrebbe essere prescritto a
tutti in quanto efficace, sicuro e
a basso costo e in grado di prevenire e non solo di curare
numerose patologie.
Purtroppo però quando il tema
dovrebbe addentrarsi nell’argomento specifico di “quale, come
e quanto” esercizio fisico praticare, le indicazioni rimangono
sempre vaghe e generiche
senza indicazioni precise per i
cittadini.
Ed è in questo contesto che il
medico Specialista in Medicina
dello Sport assume un ruolo
chiave perché unico specialista
competente nella prescrizione
dell’esercizio fisico, che alla
stessa stregua di un farmaco
deve essere prescritto secondo
precise indicazioni.
In dettaglio, dopo aver effettuato un'attenta valutazione obiettiva del soggetto cui prescrivere
l’esercizio fisico e dopo aver
interpretato i dati clinici e strumentali ottenuti, la metodologia
di prescrizione dell’esercizio fisico prevede dei passaggi obbli-
21
gatori che mirano a fornire quelle indicazioni circa il tipo di attività da praticare, la frequenza
delle sedute di “allenamento”, la
durata di ciascuna seduta, l’intensità espressa in termini di
frequenza cardiaca o potenza
meccanica alla quale praticare
esercizio, le eventuali precauzioni o controindicazioni alla
pratica di determinati esercizi e
infine uno schema di progressione da seguire nel tempo.
Il principale aspetto della valutazione medico-sportiva consiste
nello studio della Capacità
Funzionale della persona, cioè
nella misura, attraverso test
fisiologici, della capacità dell’individuo di compiere un lavoro
muscolare. E’ su questo parametro (e non solo sulla visita,
peraltro necessaria, per stabilire
lo stato di salute) che si basa la
corretta e personalizzata prescrizione dell’esercizio fisico.
Senza la conoscenza dello
stato di “funzionamento” dell’organismo di ciascuna delle persone interessate, ogni indicazione di attività fisica è generica e
rischia, nella migliore delle ipotesi, di essere molto meno efficace di quanto potrebbe.
E’ importante considerare che
ogni attività fisica può dare
risposte peculiari di per sé ed
anche in funzione delle modalità
con cui viene praticata. E’ per
questo motivo che è necessario
rivolgersi a chi ne conosce gli
effetti sull’organismo come lo
Specialista in Medicina dello
Sport.
L’ESERCIZIO FISICO IN PREVENZIONE
PRIMARIA
L’esercizio fisico può svolgere la
funzione di prevenzione primaria, ciò di prevenire l’insorgere
della malattia. Esistono dei livelli di attività che possono e devono essere consigliati e prescritti
a tutta la popolazione considerata sana come misura di prevenzione primaria e di miglioramento della qualità di vita. Le
attività da prescrivere sono attività d'intensità lieve-moderata
(corrispondente a un'intensità
22
vicina al 60-70% del massimo
consumo di ossigeno) e devono
essere di tipo dinamico e possibilmente con impegno cardiovascolare costante come ad
esempio il nuoto, la bicicletta, la
corsa etc. Queste attività dinamiche devono essere associate
a esercizi specifici per il mantenimento del tono\trofismo e
della flessibilità muscolare e per
migliorare la funzione articolare.
Vanno eseguiti tutti i giorni esercizi ginnici a corpo libero che
coinvolgano le principali articolazioni e i principali gruppi
muscolari degli arti e del tronco
ed esercizi di potenziamento
muscolare anche con modesti
sovraccarichi. Gli esercizi di
allungamento (stretching) praticati con regolarità mantengono
la flessibilità muscolare e preparano al movimento favorendo il
passaggio quotidiano dall’inattività al movimento senza eccessiva fatica.
L’ESERCIZIO FISICO IN PREVENZIONE SECONDARIA L’esercizio fisico ha anche una
straordinaria capacità di prevenzione secondaria, cioè di prevenire l’aggravarsi delle malattie e
le loro ricadute. Numerosi studi
hanno documentato l'efficacia
dei programmi di esercizio nella
cardiopatia ischemica cronica: è
stato dimostrato, infatti, che la
prognosi a lungo termine è
significativamente
migliore
quando viene ottenuta e mantenuta una capacità funzionale
più elevata anche se vi è il grande problema della costanza nel
tempo da parte dei praticanti.
(dall’analisi di trials e studi controllati, risulta che l’aderenza al
programma di prevenzione,
anche dopo la riabilitazione,
decade progressivamente a
circa il 50-60% a un anno e a
circa il 20-30% a tre anni).
Quando si parla di attività fisica
nel cardiopatico essa dovrebbe
essere intesa sempre e solo a
scopo ricreativo o terapeutico,
mai agonistico. Ciò che è richiesto al cardiopatico, è di svolgere
una certa quantità di lavoro fisi-
co al fine di perseguire e ottenere, con il minor rischio possibile,
un miglioramento della qualità
di vita. Il primo fondamentale
criterio al quale attenersi nelle
scelte è che la quantità dell'attività fisico-sportiva stessa deve
essere commisurata alle possibilità del paziente di eseguire
lavoro muscolare entro i limiti di
sicurezza individuati dall'analisi
clinica e strumentale preliminare. La qualità dell'attività stessa
invece deve rispettare determinate caratteristiche, costituite
soprattutto da:
- modularità, nel senso che il
carico lavorativo possa cambiare di livello in modo preordinato;
- misurabilità, nel senso che il
carico lavorativo possa essere
misurato, possibilmente in
modo semplice;
- scarsa componente tecnica,
nel senso che il gesto lavorativo
non comporti particolari difficoltà di esecuzione che potrebbero
determinare un dispendio energetico "extra" difficilmente prevedibile e quantificabile.
Da questo punto di vista, le attività fisico-sportive ideali sono
quelle dinamiche a impegno
cardiovascolare costante ad
intensità lieve o moderata come
la marcia, la corsa, il ciclismo, lo
sci di fondo etc in quanto possiedono caratteristiche che le
fanno largamente preferire a
quelle di potenza o forza esplosiva. Negli ultimi anni, tuttavia,
esperienze riabilitative consolidate hanno dimostrato la sicurezza e l'efficacia del training
con circuiti di pesi e macchinari
ed hanno consentito di introdurre nei programmi di allenamento esercizi di potenziamento
della forza (circuit weight training).
CONCLUSIONI - Le MCV sono
probabilmente quelle che più
possano beneficiare della pratica dell’esercizio fisico. Ci vuol
tanto poco, un po’ di buona
volontà e di saggia capacità di
guardare al futuro, per assicurarsi una vita di migliore qualità.
Perché rimanere sedentari? G
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
Un’attività fisica ad hoc rappresenta un validissimo baluardo contro
l’inevitabile decadimento legato all’avanzare dell’età. Purtroppo in Italia
il 90 % degli over 65 è praticamente sedentario, con conseguenze per
la salute e il benessere mentale. Resta comunque indispensabile che
ogni forma di esercizio, per chi è ormai nella terza età, debba essere
consigliato e guidato da medici dello sport e da personale qualificato
Alleniamo la
VECCHIAIA
I
grandi progressi tecnologici
che hanno caratterizzato l’ultimo secolo hanno portato un
grande numero di benefici alla
società moderna. In modo particolare è stato possibile un
accesso diffuso a un’alimentazione più corretta e al trattamento di numerose patologie (in
alcuni casi del tutto debellate)
che avevano falcidiato generazioni di nostri avi. Questo ha
consentito un progressivo incremento dell’età media e della
speranza di vita. Dagli ultimi
censimenti ISTAT si evidenzia,
così, che l’Italia è il paese più
vecchio d’Europa, con 142
anziani (65 anni o più) ogni 100
giovani (meno di 15 anni) e una
vita media di 83,9 anni per le
22
donne e 78,3 anni per gli uomini. Con il benessere vissuto in
questi decenni, tuttavia, si sono
assunti numerosi stili di vita non
salutari, primo tra tutti la scarsa
attitudine a praticare attività fisica. Il 41% degli italiani, infatti, è
del tutto sedentario (ISTAT) e
tale cifra cresce all’aumentare
dell’età, con circa il 90% degli
anziani (con 65 anni o più) che
non pratica alcuna attività fisica.
Ciò ha un notevole impatto sulla
salute pubblica e sulla salute
dei nostri anziani, essendo la
sedentarietà un importante fattore di rischio per differenti patologie croniche.
Fisiologia dell’invecchiamento
Con l’avanzare dell’età il nostro
organismo, superati i 25-30
anni, va incontro a un lieve, tuttavia costante e fisiologico
declino di numerose funzioni
biologiche. In assenza di fenomeni patologici, tale processo è
influenzato da diversi fattori: il
substrato genetico (di cui si sa
ancora poco), la progressiva
compromissione funzionale di
differenti organi e apparati, e la
progressiva riduzione del livello
di attività fisica che accompagna, in genere, l’avanzare dell’età. Analizzando l’apparato
cardiovascolare, il dato più facilmente riscontrabile con l’invecchiamento è una fisiologica
riduzione della frequenza cardiaca massima durante esercizio. Il cuore, al contrario, tenderà a mantenere invariati (o
appena ridotti) i suoi volumi
ventricolari e, in particolare, la
gettata sistolica (cioè la quantità
di sangue che il ventricolo sinistro manda in circolo a ogni
sistole). Da queste due modificazioni deriva una riduzione
della gettata cardiaca massima
(data dal prodotto della frequenza cardiaca massima per la gettata sistolica), indice del volume
di sangue che il cuore manda in
circolo in ogni minuto. Con l’invecchiamento, inoltre, il muscolo cardiaco tende a irrigidirsi e,
quindi, a rilasciarsi con maggiore difficoltà durante la diastole.
Importanti sono anche le modificazioni cui va incontro l’albero
arterioso, che tende anch’esso
a irrigidirsi e a divenire sede di
deposito di colesterolo in un
complesso processo che prende nome di aterosclerosi, alla
base di numerose e frequenti
patologie (cardiopatia ischemica, l’infarto miocardico e l’ictus).
Nell’anziano, infine, la pressione arteriosa a riposo e durante
sforzo tende a essere più elevata. Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, con l’avanzare
dell’età vi è una progressiva
riduzione dell’elasticità toracopolmonare con conseguente
lenta e progressiva riduzione
degli indici statici (volumi) e
dinamici (flussi) respiratori, e
una diffusione dei gas tra sangue e alveoli lievemente rallentata. L’invecchiamento ha effetti
anche sul sistema nervoso,
dove induce una progressiva
riduzione del numero di fibre
nervose e un lieve rallentamento della velocità di conduzione
degli impulsi, che si riduce del
15% passando dai 30 agli 80
anni. Con l’avanzare dell’età,
inoltre, si ha un lento declino
delle funzioni cognitive che può
portare alla demenza.
Analizzando l’apparato muscolo-scheletrico, tra i 20 e i 30 anni
la massa e la forza muscolare
raggiungono il proprio picco.
Successivamente tendono a
diminuire, prima più lentamente,
quindi in maniera più evidente.
In questo progressivo processo
di atrofizzazione muscolare
(sarcopenia) ha certamente
ruolo il graduale declino della
funzione nervosa che porta lo
stimolo alla placca neuromuscolare e all’unità motoria per la
contrazione. Parallelamente alla
riduzione della massa muscolare (più evidente a carico delle
fibre rapide), si ha anche un
rimaneggiamento funzionale
delle fibrocellule muscolari, con
una lieve riduzione dell’attività
degli enzimi mitocondriali ossidativi e una minore capillarizzazione muscolare.
I muscoli, i tendini, i legamenti e
le articolazioni, inoltre, tendono
a divenire più rigidi, sia per il
fisiologico invecchiamento, sia
per processi artrosici, sempre
più frequenti con l’avanzare del-
23
l’età (specie in presenza di un
eccesso ponderale). Ne conseguirà una ridotta flessibilità, più
evidente a livello della colonna,
del cingolo pelvico e scapoloomerale.
Le ossa, infine, vanno incontro
a un progressivo processo di
demineralizzazione e perdita di
matrice (osteoporosi), più evidente nelle donne, dove, oltre i
60 anni, si può avere una riduzione di massa ossea pari al 3050%, con conseguente aumentato rischio di fratture.
Anche la composizione corporea, infine, tende a modificarsi
con l’età, con un significativo
incremento della massa grassa
di circa il 10% dai 35 ai 60 anni,
in entrambi i sessi.
Integrando le modificazioni finora espresse, si rende evidente
che le capacità prestative dei
soggetti sedentari anziani sono
inferiori rispetto a quelle di soggetti sedentari giovani. In particolar modo, per la diminuita
capacità di trasportare sangue
ossigenato ai muscoli in attività
(dovuta a una minore gettata
cardiaca massima, a una minore estrazione di ossigeno a livello muscolare e, in minor misura,
a scambi respiratori meno efficienti) si apprezza una riduzione della massima potenza aerobica, espressa come massimo
consumo di ossigeno, che
tende a ridursi progressivamente di circa 0,4-0,5 ml/kg/min
l’anno (pari a circa l’1%). In
seguito alle modificazioni delle
fibre muscolari (lieve e progressiva atrofia) e nervose (riduzione della velocità di conduzione
24
dell’impulso),
inoltre,
la
massima
forza muscolare si riduce
del 40-50%
passando dai
25 agli 80
anni, con un
picco di tensione
raggiunta durante massima
contrazione
volontaria più
tardivo, indice della presenza di un maggior
numero di fibre motorie lente.
Attività fisica e invecchiamento
La ridotta funzionalità dei differenti organi e apparati appena
descritta, tipica dell’invecchiamento di soggetti altrimenti
sani, può essere in gran parte
ostacolata dalla pratica di una
regolare attività fisica.
La letteratura specialistica ha
ormai evidenziato che un allenamento regolare
(3 volte/settimana
per 10-12 settimane) di tipo aerobico
d'intensità moderata (almeno al 60%
del massimale) è in
grado di indurre
adattamenti cardiovascolari (riduzione
della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa a
riposo e, soprattutto, per sforzi sottomassimali; incremento della massima gettata sistolica
e cardiaca), respiratori
(incremento
della massima ventilazione da sforzo)
e muscolari (migliore
metabolismo
ossidativo)
che
determinano complessivamente un
incremento della
potenza aerobica
del nostro organismo, noto indice di
benessere e longevità. Questo tipo di
allenamento, inol-
tre, ha importanti effetti metabolici (miglior utilizzazione di zuccheri e grassi) con conseguente
protezione da malattie quali il
diabete e l’aterosclerosi.
Anche
l’allenamento
con
sovraccarichi (pesi) è in grado
di indurre modificazioni muscolari, con incremento di massa,
forza e potenza muscolare,
anch’essi indici di benessere e
ridotta disabilità. Entrambi i tipi
di allenamento, inoltre, migliorano la composizione corporea,
riducendo soprattutto la massa
grassa, e rinforzano le ossa, rallentando (o addirittura invertendo) il comune processo osteoporotico. L’esercizio nell’anziano, inoltre, favorisce la socializzazione e ha effetti benefici
sulla sfera psicologica, aumentando l’autostima e migliorando
le funzioni cognitive. Come conferma dell’utilità dell’esercizio
fisico nell’anziano, l’American
College of Sports Medicine ha
pubblicato recentemente alcune
linee guida che raccomandano la pratica di
esercizi di tipo aerobico per almeno 30-60
minuti al giorno a
intensità
moderata
(camminata veloce,
cyclette) o per 20-30
minuti al giorno a
intensità
elevata
(corsa) per cinque giorni a settimana, associando almeno due
allenamenti a settimana con sovraccarichi a
intensità moderata/elevata (8-10 esercizi a
seduta comprendenti i
maggiori
gruppi
muscolari con serie di 8-12 ripetizioni), aggiungendo, almeno
due volte a settimana, esercizi
per aumentare la flessibilità articolare (stretching). Negli anziani
con andatura instabile e quindi
a rischio di caduta, sono raccomandati, inoltre, esercizi di
potenziamento della muscolatu-
ra degli arti inferiori per migliorare l’equilibrio (salire e scendere
le scale, camminare su superfici
sconnesse).
Patologie e invecchiamento
Quanto finora esposto su esercizio fisico e invecchiamento è
valido per soggetti anziani sani.
Tuttavia, con l’avanzare dell’età
aumenta il rischio di contrarre
malattie croniche degenerative
su base cardiovascolare (ipertensione arteriosa, cardiopatia
ischemica, infarto miocardico,
ictus), dismetabolica (sindrome
metabolica, diabete mellito),
muscolo-scheletrica (osteoporosi, artrosi) e neoplastica
(diversi tipi di cancro). Evidente
è, inoltre, la relazione tra invecchiamento e comparsa di disturbi psicologici (ansia e depressione) e declino delle funzioni
cognitive (demenza).
L’invecchiamento, quindi, può
essere considerato un importante fattore di rischio per tutte
queste patologie che, quando
presenti, rendono l’anziano più
fragile. Per fortuna, c’è sempre
maggior evidenza che ci si può
opporre all’insorgenza di queste
malattie assumendo stili di vita
più salutari. In particolare, il
miglioramento della capacità
aerobica e della forza muscolare ottenibile mediante una regolare attività fisica è un importante fattore protettivo nei confronti
di queste patologie.
Ostacolandone la comparsa e
riducendone l’entità, la pratica
regolare di attività fisica, ritenu-
ta oggi un vero e proprio presidio terapeutico, incrementa la
speranza di vita della popolazione anziana e ne riduce il grado
di disabilità. Trattandosi tuttavia
di soggetti anziani “a rischio”,
dopo un’attenta valutazione diagnostica e clinica, in aggiunta
alla terapia farmacologica, è
opportuna una “prescrizione”
medica dell’attività fisica. In
questo iter diagnostico-terapeutico, il medico specialista in
Medicina dello Sport fornirà le
adeguate competenze per l’appropriata prescrizione dell’esercizio stesso.
La tipologia (allenamento aerobico, con sovraccarichi, stretching, ecc.), la quantità (ore di
allenamento a seduta e a settimana), l’intensità e la frequenza
dell’attività fisica sono, infatti,
variabili che devono essere
dosate con molta attenzione al
fine di evitare eventuali effetti
collaterali (incremento anomalo
dei valori di pressione arteriosa,
eccessivo lavoro cardiaco,
rischio di fratture per cadute
accidentali o sovraccarichi
eccessivi), più frequenti in una
popolazione di anziani “fragili”.
Per questa ragione l’esercizio,
adeguatamente prescritto dal
Medico dello Sport, dovrà essere “somministrato” in centri
attrezzati, da personale altamente qualificato, come i laureati in Scienze Motorie con
specializzazione in “Scienze e
tecniche in attività motorie, preG
ventive e adattate”.
25
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
Le cattive abitudini alimentari, che causano obesità, e la mancanza
di un’attività fisica stanno provocando nel mondo il dilagare di questa
malattia. Si può combattere e prevenire con uno stile di vita idoneo.
La FMSI è scesa in campo con diabetologi e tecnici sportivi.
E’ nato anche un sito web dedicato agli atleti
GUERRA
al diabete
L
a crescente diffusione di
erronee abitudini alimentari,
l’aumentato consumo di cibi
pre-confezionati, più ricchi di
grassi e calorie, associato alla
drastica diminuzione dei livelli di
attività fisica, sta alla base dell'attuale
pandemia
di
obesità/diabete. La nostra vita è
diventata molto più sedentaria
rispetto, non solo al secolo scorso, ma anche a 30-40 anni fa e
i crescenti livelli d'inattività,
associati alla dieta non corretta,
portano un numero sempre
maggiore di persone a sviluppare obesità, insulino-resistenza e
diabete mellito di tipo 2.
Si prevede che il numero delle
persone con diabete aumenterà
da 171 milioni attuali a 366
milioni per il 2030. L’incidenza e
la prevalenza di obesità e diabete sta crescendo anche tra i
bambini con conseguenze allarmanti. Negli USA si stima che,
se non cambia la situazione
ambientale, i nati nel 2000
hanno un rischio di sviluppare
da adulti il diabete pari al 30 %
se di razza caucasica e al 50%
se di razza ispanica. Ancora più
preoccupante è la situazione
24
nei Paesi in via di sviluppo che
stanno vivendo una fase d'industrializzazione e modernizzazione. Si stima che nel 2030 in
India si passerà da 31 a 79
milioni di persone con diabete e
in America latina da 13 a 33
milioni, con tassi di crescita di
molto elevati.
I benefici dell’attività fisica
per il controllo della glicemia.
L’attività fisica era indispensabile per la sopravvivenza dei
nostri progenitori e il patrimonio
genetico della specie umana si
è selezionato di conseguenza.
Nella situazione ambientale
attuale, caratterizzata da grande disponibilità di cibo e dal
fatto che non è più necessaria
L’attività fisica non solo previene ma cura anche il diabete
Per i bambini è allarme obesità e diabete
l’attività fisica per lavorare o
nutrirsi, si crea un bilancio energetico positivo che è responsabile della diffusione di obesità,
diabete e sindrome metabolica.
Un dato di fisiologia, spesso
sottovalutato, riguarda il ruolo
relativo del tessuto muscolare
nell’ambito dei tessuti sensibili
all’insulina. Il muscolo scheletrico rappresenta da solo circa il
90% di tutti i tessuti insulinosensibili. Pertanto, non è sorprendente che le ricerche che
riguardano l’insulino-sensibilità
dimostrino una stretta correlazione tra sedentarietà e insulino-resistenza o tra attività fisica
e insulino-sensibilità. Diversi
studi epidemiologici dimostrano
chiaramente la relazione inversa tra diabete mellito e stato di
forma fisica, in particolare la fitness cardio-respiratoria, misurata attraverso la determinazione della massima potenza aerobica (V’O2max). La V’O2max1
dipende anche da un’efficiente
funzione dei mitocondri, organuli deputati alla produzione di
energia attraverso il metabolismo aerobico, localizzati all’interno dei muscoli. Nell’obesità
associata al diabete vi sono
multiple alterazioni della funzione mitocondriale correggibili,
soprattutto nei soggetti sedentari e poco allenati, mediante l’attività fisica aerobica che migliora parallelamente la V’O2max e
la soglia anaerobica, che non è
altro che l’intensità (cioè la
potenza o velocità) cui si può
correre, pedalare o comunque
muovere il nostro corpo per un
tempo, teoricamente infinito,
senza doversi fermare per
eccesso di accumulo di acido
lattico nei muscoli (essa non
corrisponde alla V’O2max, ma a
una frazione di questa). Il
miglioramento della composizione corporea e della sensibilità insulinica si associa a un
assetto lipidico meno aterogeno
(HDL aumentato, trigliceridemia
e LDL piccole e dense ridotte)
con diminuzione di oltre il 50%
della mortalità per eventi cardiovascolari.
Le linee guida di varie Società
Scientifiche sono concordi nel
proporre l’intervento di miglioramento dello stile di vita come
primo strumento terapeutico nel
diabete tipo 2 e sottolineano
l’importanza di promuovere la
corretta nutrizione e l’attività fisica anche quando si rende
necessaria la terapia farmacologica. Queste raccomandazioni
sono basate su numerose evidenze sperimentali che dimostrano mediante studi d'intervento, randomizzati e controllati, molteplici benefici dell’attività
fisica sia per la prevenzione sia
per la cura del diabete mellito di
tipo 2.
Per la prevenzione nei soggetti
con intolleranza ai carboidrati
vari studi hanno dimostrato che
l’attività fisica aerobica di moderata intensità, ad esempio camminare a passo svelto, della
durata di almeno 30 minuti il
giorno o 150 minuti la settimana
riduce di circa il 60% l’insorgenza del diabete di tipo 2 e che
tale effetto persiste anche dopo
la sospensione dell’intervento
perché la maggior parte delle
persone mantiene anche a
distanza di anni dall’intervento il
miglioramento dello stile di vita.
L’attività fisica regolare serve
non solo a prevenire ma
anche a curare il diabete.
Gli studi clinici dimostrano che
programmi di attività fisica sia di
tipo aerobico sia per l’allenamento alla forza migliorano
significativamente la glicemia e
riducono l’uso dei farmaci antidiabetici. Tuttavia, anche in
questo caso, è fondamentale
che l’attività fisica sia prescritta
in modo corretto e, dunque, personalizzato, tenendo conto delle
caratteristiche specifiche di ciascun individuo. Per questo motivo è necessario che alla competenza del tutto precipua dello
25
specialista diabetologo si affianchi quella, altrettanto precipua,
dello specialista in medicina
dello sport, al fine di creare un
team, che lavorando in sinergia,
sia in grado di affrontare il problema diabete in tutti i suoi molteplici aspetti con completezza
e competenza.
Ai fini, poi, di un’appropriata
somministrazione dell’attività
fisica, non va dimenticato il
ruolo, altrettanto importante,
“dell’allenatore”. A esso, infatti,
è demandato il compito di
seguire sul campo, almeno
nelle fasi iniziali di addestramento, il soggetto, curando che
la pratica dell’attività fisica
avvenga
secondo
le indicaz i o n i
mediche e
con appropriatezza
tecnicometodologica.
In
questo
contesto il
riferimento
è rappresentato
dal laureato
in
scienze
motorie, in
particolare
quello in
possesso
di laurea
magistrale per attività adattate e
riabilitative. Quale ruolo per il
Medico dello Sport? E’ sulla
base di queste considerazioni
che la Federazione Medico
Sportiva Italiana e la Società
Italiana di Diabetologia hanno
siglato un accordo di cooperazione per promuovere l’uso ottimale dell’esercizio fisico nel diabete mellito di tipo 2. L’accordo
prevede diversi livelli di azione,
inclusi corsi di formazione misti
rivolti a diabetologi e specialisti
in medicina dello sport, il più
significativo dei quali consiste
nella costituzione in sei città italiane di altrettanti team misti
d'intervento, che avranno come
riferimenti i Centri di Medicina
dello Sport convenzionati con la
FMSI. Questo specifico progetto
pilota si propone di applicare e
verificare concretamente sul territorio la logica della collaborazione pianificata e strutturata tra
diabetologo, medico dello sport
e laureato in scienze motorie. Il
primo selezionerà i pazienti e li
inquadrerà da un punto di vista
clinico, il secondo lo valuterà da
un punto di vista medico-sportivo e prescriverà l’attività fisica
più appropriata, il terzo la somministrerà. Il progetto, della
durata di un anno, sarà avviato
nel prossimo mese di marzo e,
in caso di positivi riscontri, verrà
esteso agli altri centri di medicina dello sport convenzionati con
la FMSI e presenti sul territorio
nazionale. Inoltre, il CONI, la
Federazione Medico Sportiva e
il C.U.R.I.A.MO (Centro Universitario
Interdipartimentale
Attività Motoria che opera fornendo prestazioni interdisciplinari finalizzate al miglioramento
della condizione psico-fisica
mediante un programma strutturato di attività motoria, specifico
per le singole patologie croniche molto diffuse nella società
moderna quali diabete, obesità,
ipertensione arteriosa, broncopneumopatia cronica ostruttiva,
osteoporosi, etc.) hanno pubblicato il sito web conifmsicuriamoildiabete.it dedicato agli atleti, di ogni tipo, purché tesserati
per una federazione Sportiva
Italiana o per un Ente di
Promozione Sportiva che, portatori di diabete, possono usufruire di consigli specifici per la
gestione di sport e diabete e di
un servizio di consulenza telematica.
Tutto ciò a conferma dell’importanza dello sport e dell’attività
fisica, in genere, nel conseguimento di una migliore qualità
G
della vita.
1
La V’O2max è la misura della massima quantità di ossigeno che il nostro
corpo può utilizzare per produrre energia. Esso dipende dalla capacità del
cuore e dei vasi di trasportare ossigeno
ai muscoli e dalla capacità di questi ultimi di utilizzarlo.
26
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
Nel mondo occidentale la popolazione in forte sovrappeso si è triplicata
dagli anni 80, tanto da parlare ora di vera e propria epidemia.
Le cause principali sono un'alimentazione ipercalorica e una ridotta
spesa energetica. Elevatissimi sono i rischi per la salute in genere e non
solo per il cuore. Per cambiare tendenza è fondamentale il ruolo
che deve avere il medico sportivo
S.O.S. obesità
C
on il crescente livello di
benessere che si è avuto negli
ultimi decenni nel mondo occidentale, arricchitosi di mille
comodità ed ipertecnologizzato,
è oggi molto semplice per gli
esseri umani avere accesso al
cibo e svolgere le proprie attività (mansioni lavorative, spostamenti in città, etc.) con la minima spesa energetica. Se da un
lato questo livello elevato di
benessere è gradevole, dall’altro è alla base di una serie di
patologie tipiche della nostra
epoca, causate proprio dall’iperalimentazione (spesso squilibrata) e dalla spiccata sedentarietà. Proprio questo è alla base
dell’epidemia di obesità che si
registra nei paesi occidentali,
basti pensare che dagli anni ’80
ad oggi la sua prevalenza in
Europa si è circa triplicata, con
disagi individuali (soggettivi e
oggettivi) e per la società
(spesa sanitaria) in crescita vertiginosa. L’obesità, infatti, è un
ben noto fattore di rischio per
una lunga serie di patologie fortemente invalidanti.
centuale di grasso corporeo
Cos’è l’obesità? Da cosa è
(massa grassa) che viene di
causata?
solito
fatta
indirettamente
Diversi sono i modi utilizzati per
mediante plicometrica (misura
definire se una persona ha un
dello spessore delle pliche cutapeso corporeo normale, troppo
nee, sede dell’adipe sottocutabasso o eccessivo. Il sistema
neo), impedenziometria (per la
più semplice è misurare peso
differente resistenza che offre la
(kg) e statura (m) e calcolare da
massa grassa rispetto alla
essi l’indice di massa corporea
magra al passaggio di piccole
(body mass index o BMI), pari al
correnti elettriche) o altre metorapporto tra peso e statura al
diche meno utilizzate perché più
quadrato e far riferimento alla
tabella riportata
di
seguito.
Questo sistema,
tuttavia, pur se
semplice
e
applicabile su
campioni
di
grandi dimensioni non tiene
conto
della
composizione
corporea, nozione di grandissima importanza
quando si parla
di obesità. Un
approccio alterIl peso non è tutto. Fa misurata anche la percentuale di
nativo, quindi, è
massa grassa
misurare la per-
23
I bambini che ingrassano sono a rischio obesità da adulti
indaginose e costose (DEXA,
pesata
idrostatica,
etc.).
Mediante queste misure, quindi,
si è visto che in un adulto normopeso la percentuale di grasso è tra il 10 e il 20% del peso
corporeo (per le donne tra il 15
e il 25%). Se vengono superati
questi valori si ha un eccesso di
massa grassa e per valori >
30% nell’uomo e > 33% nella
donna si parla di obesità.
Anche la distribuzione del tessuto adiposo dà informazioni
importanti, poiché un’obesità
localizzata maggiormente in
regione addominale è metabolicamente più pericolosa di quella localizzata a livello di glutei e
fianchi (più tipica della donna).
Con una semplice fettuccia
metrica, quindi, si potrà misurare il rapporto tra la circonferenza vita e fianchi che se > 0.9
nell’uomo e > 0.8 nelle donne
indica un maggior rischio di
ammalarsi di malattie cardiovascolari (infarto).
Per quanto riguarda le cause
del sovrappeso e dell’obesità,
sebbene sia possibile un’origine
endocrina (ipotiroidismo, ipopituitarismo, eccesso di cortisolo,
ecc.), psichiatrica (bulimia,
depressione) e farmacologica
(corticosteroidi, diversi psicofarmaci), queste patologie sono
generalmente provocate da un
bilancio energetico positivo del
nostro organismo. In altre parole, si introduce più energia attraverso gli alimenti (dieta ipercalo-
24
rica) di quanta se ne consuma
mediante il metabolismo basale
e, soprattutto, l’attività fisica
quotidiana. Oggi è sempre più
evidente che tale processo inizia in età pediatrica, fase in cui
un eccesso ponderale fa incrementare non solo le dimensioni
(ipertrofia), ma anche il numero
(iperplasia) delle cellule deputate a immagazzinare grasso (adipociti), predisponendo ad un
rischio molto maggiore di obesità nell’adulto. Infatti, pur perdendo massa grassa mediante
una corretta alimentazione ed
una vita attiva,
l’adulto che era
obeso in età scolare/adolescenziale,
manterrà
intatto il numero di
adipociti (“svuotati”, però, del grasso) che tenderanno, nel tempo, a
riempirsi nuovamente. È quindi
fondamentale
intraprendere una
decisa battaglia
all’obesità già nei
primi anni di vita,
favorendo,
per
esempio, l’allattamento al seno
materno (il latte
artificiale è più
“energetico”),
un’alimentazione
corretta ed un’attività fisica regolare
in modo da mantenere il bilancio energetico in parità (entrate
uguali a uscite) ed un corretto
peso corporeo.
Quali rischi per la salute?
Numerosissime ricerche scientifiche hanno documentato l’importante impatto del sovrappeso
e dell’obesità sullo stato di salute, cosicché, in questo decennio, tale patologia è stata ritenuta responsabile del decesso di
circa un milione di cittadini europei ogni anno. L’obesità, inoltre,
è un noto fattore di rischio per
patologie molto diffuse nel
mondo occidentale, spesso gravate da grave e duratura disabilità. Chi è obeso, per esempio,
ha un rischio pari a una volta e
mezzo di andare incontro ad un
infarto del miocardio rispetto ad
un soggetto normopeso, di due
volte e mezzo di avere un ictus
a causa di elevati valori di pressione arteriosa, e di circa 4 volte
di ammalarsi di diabete. Inoltre,
nelle persone obese sono più
frequenti le malattie tumorali
(cancro del colon-retto, della
mammella e dell’utero nella
donna, della prostata nell’uomo), artosiche (colonna, anche
e ginocchia), polmonari (fino
Le donne tendono ad accumulare grasso su glutei e fianchi
all’insufficienza respiratoria) e
psichiatriche (depressione).
Obesità ed attività fisica
È sempre più evidente, oggi,
che il cardine del trattamento
dell’obesità risiede nella pratica
dell’esercizio fisico, in un programma d’intervento generalmente più articolato e che spesso richiede la collaborazione di
differenti figure professionali:
dal cardiologo al medico dello
sport, dallo psicoterapeuta al
dietista, al laureato in scienze
motorie, in particolare se in possesso di laurea magistrale per
attività adattate e riabilitative.
Tuttavia la realtà dei fatti è ben
diversa. Il 62% degli adulti europei svolgono un’attività fisica
ritenuta insufficiente secondo le
ultime
raccomandazioni
dell’Organizzazione Mondiale
della
Sanità
(OMS)
e
dell’American College of Sports
Medicine pari a circa 30-60
minuti al giorno di attività fisica
aerobica ad intensità moderata
e in Italia questa percentuale
arriva addirittura al 74%.
Sebbene col crescere dell’età,
inoltre, vi sia una progressiva
riduzione del tempo trascorso a
svolgere attività fisica, anche il
33% circa dei giovani studenti
europei non soddisfa le attuali
raccomandazioni dell’OMS per
la pratica dell’esercizio, con
l’Italia sempre agli ultimi posti. È
quindi necessario intervenire
con decisione nel somministrare
con dosi e tempi adeguati
l’esercizio fisico in chi è in
sovrappeso od obeso.
Questo consentirà una migliore
risposta anche a tutte le altre
misure d’intervento, tra cui una
migliore utilizzazione metabolica dei grassi e degli zuccheri,
un abbassamento dei valori di
pressione arteriosa, una migliore risposta al trattamento dietetico (ridotta sensazione di fame,
più alto metabolismo basale),
un incremento dell’autostima. È
certamente opportuno, infine,
che i pazienti affetti da obesità,
soprattutto nelle prime fasi di
pratica dell’esercizio, siano
seguiti con attenzione e che i
carichi siano somministrati con
una progressione molto graduale che tenga conto delle loro
patologie di base (cardiovascolari, ortopediche, metaboliche,
etc.). In questo conteso lo specialista in Medicina dello sport,
per la sua specifica competenza
sugli effetti dell’attività fisica,
rappresenta un elemento imprescindibile e punto di convergenza e coordinamento tra tutti gli
altri specialisti interessati.
Una corretta pratica dell’attività
fisica consentirà, oltre ad un
beneficio maggiore individuale,
ad evitare un allontanamento
precoce dei pazienti dalle palestre per infortuni o perché si
sentono inadeguati.
Il team di specialisti che si interesserà di curare queste persone, infatti, dovrà avere come
obiettivo una modificazione stabile e duratura dello stile di vita
di questi soggetti che, come
dimostra la letteratura specialistica, se lasciati a se stessi pur
in una raggiunta condizione di
normopeso, tenderanno a tornare ad essere obesi nel giro di
G
pochi anni.
Importante dedicare ad un'attività fisica moderata 30-60 minuti al giorno
25
di Daniel Giorgio Di Mattia
(Resp. Naz. Processi Antidoping FMSI)
Il doping resta il più grande problema dello sport mondiale.
In questo articolo il responsabile delle procedure antidoping della FMSI
spiega come funzionano i controlli. Il laboratorio italiano di Roma,
che si trova all'Acquacetosa, è il primo in Europa e secondo al mondo
per numero di campioni analizzati
Una barriera
I
l termine Antidoping sta
entrando sempre più nel nostro
vissuto quotidiano e conoscere
nel dettaglio qualche elemento
in merito ai Controlli Antidoping,
siano essi normativi o procedurali, può certamente aiutare a
dissipare quell’alone di mistero
che circonda questa importante
funzione svolta dai Medici
appartenenti
alla
FMSI
(Federazione Medico Sportiva
Italiana),
organo
Medico
Sportivo del CONI (Comitato
Olimpico Nazionale Italiano).
Lo Stato Italiano ha promulgato
il 14 dicembre 2000 la Legge
376: Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e
della lotta contro il doping.
Con questa Legge, insieme alle
normative introdotte dagli Enti
Internazionali quali il CIO
(Comité International Olympique) e soprattutto la WADA
(World Anti-Doping Agency), ed
i regolamenti antidoping del
CONI
e
delle
singole
Federazioni Sportive Nazionali,
vengono definite le regole
riguardanti gli organi preposti
alle iniziative di repressione del
doping e le sanzioni previste in
16
CONTRO
i truffatori
caso di accertata positività.
Particolare rilevanza è attribuita
al Codice Mondiale Antidoping
(emanato dalla WADA) ed al
Programma Mondiale Antido-
ping che lo supporta che ha
come finalità costitutive quella
di “Tutelare il diritto fondamentale degli Atleti alla pratica di
uno sport libero dal doping e
Solo medici FMSI, accreditatti CONI e WADA, possono effettuare i controlli
Materiale doping sequestrato dai Nas
quindi promuovere la salute, la
lealtà e l’uguaglianza di Tutti gli
Atleti del mondo e garantire
l’applicazione di programmi
antidoping armonizzati, coordinati ed efficaci sia a livello mondiale che nazionale, al fine di
individuare, scoraggiare e prevenire la pratica del doping”.
In base a queste normative e
disposizioni il ruolo del prelevatore in Italia è deputato solo a
Medici certificati ed accreditati
CONI-WADA, iscritti alla FMSI,
con la qualifica di DCO (Doping
Control Officer).
Le manifestazioni sportive
oggetto di controllo antidoping
possono essere decise dalle
Federazioni sportive nazionali
ed internazionali, dal CONI e
dal Ministero della Salute senza
preavviso, sia in occasione di
gare che in occasione di allenamenti.
Il Medico DCO della FMSI incaricato del controllo, da solo o, se
presente, in collaborazione con
l’Ispettore antidoping della
Federazione sportiva inviato
alla manifestazione sportiva,
provvedono a sorteggiare od ad
individuare secondo disposizioni predefinite gli Atleti da sottoporre al controllo antidoping.
Al termine della competizione il
Medico DCO e l’Ispettore
Federale si occupano della convocazione degli atleti sorteggiati mediante notifica diretta agli
stessi. Quindi gli Atleti convocati devono recarsi, muniti di un
documento di identità ed
accompagnati dal Medico socia-
le o da un
Dirigente
della società, preso il
locale dove
verranno
effettuati i
prelievi. In
questo locale, che resta
chiuso per
tutta la gara
e le cui chiavi sono in
possesso
solo del Medico DCO della
FMSI, devono essere disponibili un bagno, una doccia, una
sala di attesa e bevande analcoliche sigillate di almeno due
tipi.
I controlli possono essere di tre
tipologie: Urinari, Ematici e
Breath Test Alcolemico ed ognuno di questi ha una propria specificità. Quello qui di seguito
descritto è quello Urinario, di
gran lunga il più diffuso. L’Atleta,
dopo aver scelto una confezione contenente due flaconi A e B,
dotati di chiusura di sicurezza
che può essere aperta a rischio
di forzatura del sigillo, contrassegnati da uno stesso codice,
ed un contenitore sterile,
monouso, per la raccolta delle
urine, produce, sotto diretto
controllo visivo del Medico DCO
della FMSI un quantitativo minimo (90 ml) di urina e procede al
riempimento dei flaconi A e B
(60 ml nel flacone A e 30 ml nel
flacone B) e alla loro chiusura
ermetica. L’Atleta, inoltre,
dichiara i farmaci eventualmente assunti nei giorni precedenti
la gara. Quindi, il Medico controlla, in presenza dell’atleta, la
densità dell’urina.
Qualora la densità dell’urina
misurata con uno speciale
apparecchio detto refrattometro
risulti inferiore a 1005, o più
semplicemente misurata con le
strisce reattive, risulti inferiore a
1010, ossia urina molto diluita e
quindi poco idonea a ricercare
sostanze proibite in quantità
apprezzabile, l’atleta dovrà pro-
durre un secondo campione,
che sarà sigillato in maniera
analoga al primo. Tutti i dati
relativi al controllo ed i codici di
sicurezza vengono riportati su
di un apposito verbale di controllo antidoping sottoscritto dal
Medico,
dall’Ispettore,
dall’Atleta e dall’eventuale
Accompagnatore. Il tutto, cioè i
campioni di urina ed una copia
dei verbali, viene spedito al
laboratorio antidoping della
FMSI di Roma, in forma strettamente anonima. I verbali che
vengono inviati al laboratorio
non contengono le generalità
dell’Atleta né altri elementi utili
alla sua identificazione, solo la
segnalazione dei farmaci eventualmente assunti, la quantità di
urina inviata al laboratorio, la
densità del campione urinario,
la disciplina sportiva, la federazione di appartenenza ed il
sesso dell’Atleta.
Al contrario, due copie contenenti le generalità dell’Atleta,
poste in buste chiuse e controfirmate dal Medico DCO della
FMSI e dall’Ispettore Federale,
vengono
spedite
alla
Commissione Antidoping della
Federazione Nazionale e al
Coordinamento
Centrale
Antidoping del CONI. Una terza
copia, anche questa in busta
chiusa, è consegnata all’Atleta
che la conserverà insieme alla
notifica di convocazione al controllo. Il laboratorio antidoping
FMSI (ne esistono solo 35
accreditati WADA nel Mondo e
quello Italiano, situato a Roma
presso l’Acquacetosa, è il primo
Europeo per quantità di
Campioni analizzati nel 2009,
più di 15.000, e secondo a livello Mondiale solo a quello degli
Stati Uniti d’America di Los
Angeles), provvede all’analisi
delle urine contenute nel campione A. Se l’analisi risulta
negativa, il campione B non
viene analizzato mentre, nel
caso di “non negatività” del
campione A per una determinata sostanza, la FMSI comunica
il codice del campione all’ufficio
17
che
ne
testimoni
l’inserim e n t o
degli stessi
nella
lista delle
sostanze
dopanti,
non sempre questo è presente e
Un kit antidoping per il controllo delle urine e del sangue
non sempre i farCoordinamento Antidoping del
maci vengono acquistati in Italia
CONI che, a sua volta, accerta
(all’Estero il marchio non è
l’identità dell’Atleta e ne informa
obbligatorio). In aggiunta vi
la società di appartenenza e
sono sostanze che entrano od
l’ufficio delle Procura sportiva. A
escono dalla lista delle sostanquesto punto viene fissata la
ze proibite indicate dalla WADA
data in cui l’analisi verrà ripetued alcuni Farmaci Esteri con
ta sul campione B che sarà
nomi commerciali uguali a quelaperto e verificato in presenza
li Italiani contengono principi
dell’Atleta e delle competenti
attivi differenti e quindi, a volte,
Autorità: i risultati delle analisi di
proibiti e dopanti.
revisione sono, a questo punto,
Ferma questa necessaria predefinitivi ed inappellabili’applicamessa, sono sempre proibite le
zione delle relative sanzioni è di
seguenti classi di sostanze:
esclusiva competenza degli
Agenti Anabolizzanti, Ormoni
organi di giustizia sportiva della
Peptidici e Fattori di Crescita,
Federazione sportiva nazionale,
Beta-2-Agonisti, Antagonisti e
in collaborazione con l’ufficio
Modulatori Ormonali, Diuretici e
della Procura antidoping del
Agenti Mascheranti. Sono semCONI e, qualora nel corso delle
pre proibite le seguenti pratiche:
indagini si ravvisino gli estremi
A) Doping ematico: processi
di comportamenti penalmente
che aumentano artificialmente
rilevanti (ai sensi della Legge
la massa eritrocitaria, trasporta376 del 14 dicembre 2000) l’uffitori di ossigeno (Carrier), modificio della Procura antidoping tracatori allosterici dell’emoglobismette gli atti relativi all’autorità
na, sostanze che modificano
giudiziaria competente per terriartificialmente il pH, l’effetto
torio. Poiché tutti gli Atleti tessetampone e/o il volume totale del
rati per una Federazione
sangue, manipolazioni del camNazionale, indipendentemente
pione per alterarne la sua inteda sport praticato, età, sesso e
grità, utilizzo di sostanze che
soprattutto categoria, possono
alterano la composizione e la
essere controllati è utile ricordaconcentrazione del campione.
re una serie di informazioni per
B) Infine il Doping genetico: la
evitare di incorrere in sanzioni a
genetica sta dando un grande
causa dell’assunzione di farmacontributo
alla
medicina.
ci o sostanze proibite non semAttraverso gli studi di genetica,
pre per dolo, ma a volte solo per
infatti, si stanno predisponendo
superficialità o disinformazione.
metodiche di intervento che perIn particolare, nonostante le
metteranno di curare molte
disposizioni del Ministero della
malattie (o fin’anco di prevenirSalute, che hanno reso obbligale) correggendo e sostituendo i
torio l’apposizione sulle confegeni sbagliati del nostro organizioni dei farmaci prodotti e vensmo che hanno causato le
duti in Italia di un marchio rosso
malattie stesse. Con lo stesso
18
principio, ma in un’ottica del
tutto degenerata, qualcuno
potrebbe pensare di “correggere” i propri geni o di inserire nell’organismo dei geni artificiali
che siano capaci di produrre in
quantitativo superiore, ma
“apparentemente” fisiologico,
una specifica proteina oppure
un ormone utili a migliorare la
prestazione (Doping genetico).
E’ proibita, inoltre, in competizione l’assunzione di Stimolanti
(ad esempio Cocaina), Narcotici
(ad
esempio
Morfina),
Cannabinoidi (ad esempio
Hashish)
e
di
Glucocorticosteroidi. In alcuni
particolari sport Alcol e BetaBloccanti.
In alcuni casi ben codificati,
quando l’assunzione di solo
alcune sostanze proibite è indispensabile per prevenire e/o
curare patologie dell’Atleta, è
possibile
presentare
una
Dichiarazione d’Uso (DUT Dichiarazione Uso Terapeutico)
o un’Esenzione a fini Terapeutici
(TUE - Therapeutic Use
Exception) che ne permetta
l’assunzione, in quantità ben
definite,
temporaneamente
(soprattutto il DUT) o cronicamente (in maggior misura il
G
TUE).
G Siti WEB. WADA:
http://www.wada-ama.org/en/;
CONI: http://www.coni.it/; FMSI:
http://www.fmsi.it/
A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana
E’ ormai dimostrato il ruolo benefico dello sport per le donne, ma un’attività
intensa espone a tre rischi: disturbi alimentari, disturbi legati al ciclo
e all’osteoporosi. Restano dunque fondamentali i consigli del medico sportivo
ATLETE
,
occhio alla “triade”!
N
umerose evidenze scientifiche
hanno chiaramente dimostrato
negli ultimi anni il ruolo benefico
dell’attività fisica e sportiva per la
salute della donna. Così come nel
sesso maschile, infatti, l’esercizio
fisico praticato con regolarità è un
ottimo strumento di prevenzione di
malattie ampiamente diffuse nella
nostra società, prime fra tutte quelle cardiovascolari (cardiopatia
ischemica, ipertensione arteriosa,
ictus) e metaboliche (diabete, obesità, sindrome metabolica). Nella
donna in menopausa, inoltre, una
regolare attività fisica, integrata con
buone abitudini alimentari protegge
dall’osteoporosi
(una
perdita
eccessiva di calcio dalle ossa che
diventano più fragili e sono, così, a
maggior rischio di frattura), sebbene una maggiore efficacia in termini di prevenzione possa essere
raggiunta se l’attività motoria è
regolarmente praticata già in età
infantile e adolescenziale. In questi
anni, infatti, la pratica di attività
antigravitarie (quelle, cioè, in cui
viene sostenuto il peso del proprio
corpo come correre, saltare, danzare, ecc.) favorisce un corretto
sviluppo scheletrico ed un’adeguata
mineralizzazione
ossea.
L’esercizio fisico, infine, riduce il
rischio di tumori al colon e alla
34
mammella, senza dimenticare il
suo effetto protettivo nei confronti
di ansia e depressione (che colpisce le donne due volte più degli
uomini), favorendo invece l’autostima e la socializzazione.
Considerazioni fisiologiche - Le
principali differenze tra uomo e
donna alla base delle differenti performance sportive nei due sessi
risiedono in buona parte nelle
diverse caratteristiche antropometriche, dipendenti a loro volta, dal
diverso quadro ormonale (caratterizzato dagli estrogeni nel sesso
femminile e dal testosterone in
quello maschile). La donna, infatti,
è in media di taglia corporea inferiore e ha una composizione corporea più ricca di massa grassa e,
conseguentemente, più povera di
massa magra. La minor massa
muscolare (principale costituente
della massa magra) è alla base dei
minori livelli di forza e potenza che
la donna riesce a generare rispetto
all’uomo, fondamentali in discipline
sportive di breve o brevissima
durata (salti, lanci, 100 metri, etc.).
Tuttavia, se forza e potenza
muscolare vengono rapportate al
peso corporeo o, ancora di più, al
peso della massa magra, queste
differenze tendono ad affievolirsi.
La donna, inoltre, a causa dei cicli
mestruali e, non raramente, di
un’alimentazione non adeguata, ha
livelli di ferro e di emoglobina inferiori rispetto all’uomo. Ciò riduce la
capacità di trasporto di ossigeno ai
muscoli durante esercizio e spiega,
almeno in parte, la minore potenza
aerobica (anche quando indicizzata per il peso corporeo) delle atlete
rispetto agli uomini, penalizzandole
nelle prestazioni di discipline sportive aerobiche (come la maratona).
Numerosi studi sono stati condotti
nel tentativo di comprendere se la
prestazione sportiva nella donna
potesse essere influenzata dalle
diverse fasi del ciclo mestruale, ma
il risultato è stato sempre negativo,
ad eccezione di una capacità di
resintesi di glicogeno muscolare
lievemente aumentata nelle ultime
due settimane del ciclo mestruale
(fase luteinica), che sarebbe alla
base di un tempo di esaurimento
lievemente incrementato durante
esercizi aerobici ad alta intensità
(90% del massimale). Nonostante
una notevole variabilità individuale,
inoltre, anche la fase mestruale
sembra non influenzare l’esito della
prestazione sportiva.
La gravidanza, infine, non rappresenta
una
controindicazione
all’esercizio fisico. Al contrario,
l’American College of Obstetrics
and Gynecology concorda che, in
assenza di problematiche connesse alla gestazione, l’attività sportiva
svolge un ruolo benefico sulla gravidanza stessa (minore durata del
travaglio, minori complicanze connesse al parto). In linea di massima
si consiglia di evitare sport traumatici mentre si raccomandano esercizi aerobici di intensità lievemoderata, non eccedendo livelli di
frequenza cardiaca di 140-150 bpm
per periodi superiori ai 15 minuti.
Tale indicazione, peraltro non condivisa da tutti, è motivata dalla preoccupazione che una parte del
sangue necessario agli scambi
gassosi sia deviata dalla placenta
verso i muscoli, con possibile minore ossigenazione del feto.
La triade dell’atleta - Se i benefici
dell’allenamento per la salute della
donna sono fuori discussione,
un’attività atletica intensa, soprattutto se competitiva, predispone le
atlete a quella che l’American
College of Sports Medicine ha definito nel 1992 “triade dell’atleta”. Si
tratta di una condizione clinica più
frequente negli sport in cui il ridotto
peso corporeo è fondamentale per
l’esito della prestazione (danza,
ginnastica, corsa di fondo, equitazione, sport in cui esistono categorie di peso, ecc.), caratterizzata da
tre disturbi tra loro correlati: a)
disturbi minori del comportamento
alimentare, ma che possono condurre a quadri più severi (fino
all’anoressia nervosa, patologia
psichiatrica molto grave che colpisce tipicamente giovani donne); b)
disturbi del ciclo mestruale con
ritardo della comparsa della prima
mestruazione (menarca) o assenza
del menarca dopo i 16 anni (amenorrea primaria) nelle adolescenti,
irregolarità del normale ritmo
mestruale fino alla scomparsa del
ciclo per più di 6 mesi (amenorrea
secondaria) in donne con cicli in
precedenza regolari; c) osteoporosi, cioè riduzione del contenuto di
calcio delle ossa che diventano più
fragili e, quindi, a maggior rischio di
frattura. La contemporanea presenza di questi tre disturbi non è
molto frequente in atlete che si allenano intensamente, ma molto più
spesso sono presenti i disturbi del
comportamento alimentare e quelli del
ciclo
mestruale,
essendo l’osteoporosi una condizione
clinica più lenta ad
intervenire, ma che
indica un quadro più
severo. Oggi si ritiene che la triade dell’atleta sia un processo unico, continuo, il cui cardine è
un bilancio energetico negativo. Le atlete, infatti, a causa di
una distorta visione
della propria immagine
corporea,
assumono comporLa tennista russa Maria Sharapova: ha 23 anni ma si
tamenti alimentari
allena con intensità da quando ne aveva sette
scorretti che vanno
preso, il ridotto livello di estrogeni
da una restrizione calorica eccessiper tempi protratti promuove la
va a vere e proprie patologie, quali
demineralizzazione delle ossa, con
l’anoressia nervosa (caratterizzata
progressiva perdita del calcio schedal rifiuto di mantenere un normale
letrico, passando da una condiziopeso corporeo, paura di ingrassane più lieve di osteopenia a quella
re) e la bulimia (in cui vi sono
più seria di osteoporosi, attraverso
eccessi alimentari alternati con
un processo che ricorda ciò che
assunzione di quantità normali di
fisiologicamente avviene nelle
cibo o con digiuno). In definitiva, le
donne in menopausa.
calorie giornalmente introdotte con
Per ridurre i rischi per la salute
gli alimenti sono minori rispetto a
delle atlete, è quindi fondamentale
quelle spese (per allenarsi e per il
incrementare la sensibilità per quemetabolismo basale), con consesta condizione clinica che non deve
guente riduzione del peso corporeo
essere assolutamente sottovalutae della massa grassa. Nel nostro
ta, anche nelle fasi iniziali. È fondaorganismo il grasso ha numerose
mentale, quindi, un intervento intefunzioni e, in particolare nella
grato e precoce del medico dello
donna, svolge un importante ruolo
sport, del ginecologo, del nutrizioninel sistema di controllo degli ormosta e dello psicologo per una corni sessuali (estrogeni). Così, per
retta diagnosi ed un trattamento
valori di massa grassa eccessivaadeguato. Generalmente la positimente bassi (inferiori al 12-14% del
vizzazione del bilancio calorico
peso corporeo) l’asse ipotalamo(cioè una dieta più ricca), con un
ipofisi-ovaie non funziona più corlieve incremento del peso corporeo
rettamente e compaiono i disturbi
(e della massa grassa) consente la
del ciclo mestruale. Quest’ultimi, se
normale ripresa del ciclo mestruaeccessivamente protratti nel tempo
le. È opportuna, inoltre, un’adegua(per ragioni di praticità alcune atleta assunzione di calcio con la dieta
te ritengono utile non avere il ciclo
(almeno 1 g al giorno, ma nelle
mestruale!) possono ridurre la fertidonne osteoporotiche fino a 1,5 g),
lità della donna, con maggior diffiminerale presente nel latte e dericoltà ad intraprendere e portare
vati, ortaggi a foglie scure (spinaci,
avanti una gravidanza normale.
cicoria, ecc.), legumi, alcuni pesci
Infine, con un meccanismo che
(sgombro, polpo, sardine), ecc. l
ancora non è stato del tutto com-
35
di Carlotta Spera per la Federazione medico sportiva italiana
“Scegli il benessere” è la ricerca che la Fmsi ha realizzato in collaborazione
con la Barilla: analizzate le abitudini nutrizionali e gli stili di vita di 32.000
persone che praticano attività fisica. Per stare in forma spesso lo sport non basta:
è soprattutto necessario rispettare il giusto ritmo alimentare
Quando l’atleta salta...
il
A
PASTO
bambini: circa il 20% di loro è in
bitudini alimentari scorrette,
nazionale per la ricerca degli aliforte sovrappeso. Mentre il 9%
meno tempo dedicato allo sport
menti e della nutrizione).
della popolazione adulta è affetto
con l’avanzare dell’età, poca dispoSecondo una ricerca dell’Istat negli
da obesità. L’inattività fisica, avvernibilità al cambiamento. Sono queultimi anni in Italia il numero delle
te l’Oms (Organizzazione mondiale
sti alcuni dei risultati emersi dalla
persone in sovrappeso e obese è
della sanità), è responsabile di
ricerca “Scegli il Benessere” conin aumento, i sedentari sono circa
quasi due milioni di decessi ogni
dotta dalla Federazione Medico
23 milioni e la percentuale degli
anno. A tale realtà si aggiunge
Sportiva Italiana che, in collaborasportivi è in diminuzione. Un fenoanche il problema, non trascurabizione con Barilla, ha analizzato abimeno ancor più allarmante se si
le, rappresentato dalla variazione
tudini nutrizionali e stile di vita di
considera che i più colpiti sono i
circa trentaduemila
persone che praticano attività fisica.
Scopo di questo
studio epidemiologico,
verificare
all’interno
della
popolazione attiva
italiana la coerenza tra esercizio fisico, tipologia dello
stesso e la corretta
alimentazione con
l’obiettivo di evidenziarne le criticità e fornire successivamente una corretta informazione
in accordo con
quanto prescritto
dalle linee guida
per una sana alimentazione
Mike Phelps in un McDonald’s durante i Giochi di Pechino. Le calorie introdotte dalla star del
dell’Inran (Istituto
nuoto sono diventate fonte di dibattito
18
delle abitudini alimentari con l’acquisizione di comportamenti di
scelta errati dovuti sia alla scarsa
varietà, sia all’abbondante quantità
di cibo consumato quotidianamente. Gli attuali ritmi di vita, infatti,
nonché l’influenza della globalizzazione dei costumi stanno progressivamente modificando il comportamento alimentare basato sul classico modello mediterraneo. Un atteggiamento ancor più dannoso in
caso di soggetti che praticano
regolarmente un’attività fisica e che
hanno quindi bisogno di aumentare
il proprio fabbisogno energetico
giornaliero attraverso un’alimentazione su misura.
Ma quali sono i maggiori risultati
emersi dalla ricerca “Scegli il
Benessere” e quali gli errori più
comuni riscontrati all’interno della
popolazione sportiva esaminata?
La Ricerca ha suddiviso il campione studiato per fasce d’età e ne ha
analizzato, attraverso uno specifico
questionario, i dati antropometrici,
l’attività fisica e le abitudini alimentari. Ne è scaturita un’importante
fotografia della nostra popolazione.
Il campione esaminato presenta,
innanzitutto, una percentuale di
soggetti in sovrappeso inferiore alla
media nazionale. Si assiste, infatti,
ad un’inflessione dei parametri per
la valutazione dell’obesità nelle
persone che praticano attività
motoria in maniera regolare e ade-
guata. Risultato
che conferma,
quindi, l’efficacia e la rilevanza dell’attività
fisica nel controllo del peso.
Attenzione
però: per restare in forma, lo
sport da solo
non
basta.
Perché sia adeguato e salutare va associato
anche ad un
corretto stile di
vita e ad un’alimentazione
sana. E non
solo. Se si
vuole davvero
“scegliere
il
benessere” è
necessario che
Alex Schwazer, olimpionico della marcia: alto anche il suo
i due elementi
fabbisogno di calorie, tanto da diventare uomo-spot
siano
vissuti
come un sistema integrato. Una corretta alimendegli sportivi di oggi (fatta ecceziotazione, infatti, deve tenere conto
ne per i soggetti in età scolare che
delle attività quotidiane di ognuno
ancora riescono a mantenere uno
di noi e la distribuzione dei pasti
stile di vita più sano e regolare) non
deve essere calibrata sul tipo di
segue regole precise e la corretta
sport praticato, la frequenza, gli
distribuzione su cinque pasti giororari, l’età e lo sforzo prodotto.
nalieri, come suggerito dalle linee
Purtroppo, però, secondo quanto
guida dell’Inran, difficilmente viene
ancora evidenziato ed emerso
rispettata. L’adozione di diete o
dalla Ricerca, il ritmo alimentare
schemi ulteriori, infatti, vengono
letti come un impegno piuttosto che
come un’opportunità per migliorare
la propria salute e, soprattutto,
quasi nessuno è disposto a cambiare le proprie abitudini sia per
quanto riguarda l’attività fisica che
per l’alimentazione. Con l’aumentare dell’età e con l’ingresso nel
mondo del lavoro, poi, il numero
dei pasti giornalieri si riduce ulteriormente a tre momenti e il tempo
dedicato allo sport viene ritagliato
all’interno degli altri impegni quotidiani. Di conseguenza sempre
meno persone riescono a pianificare l’attività fisica in accordo con i
pasti continuando a mantenere
comportamenti errati. I giovani tra i
Giovani atleti dello CSAIn a tavola a Riccione durante il Festival dello sport
6 e i 18 anni, ad esempio, assumo-
19
EQUILIBRIO
no poca frutta e spesso mangiano
cibi troppo proteici. Crescendo la
dieta diventa sempre più monotona, veloce e poco variata. Anche gli
orari in cui si fa sport cambiano e si
modificano in base all’età. I più giovani sono per lo più soliti svolgere
attività sportiva tra le 16,00 e le
20,00, i ragazzi fino ai 34 anni
vanno in palestra tra le 18,00 e le
23,00, per gli adulti tra i 35 e i 65
anni l’attività fisica è distribuita
soprattutto tra le 8,00 e le 10,00 o
tra le 12,00 e le 14,00. Gli over 65
si dedicano al proprio corpo per lo
più la mattina. Da qui la necessità
primaria di non imporre Linee guida
fisse di comportamento, che con
molta difficoltà potranno essere
mantenute, ma di “costruire” e
adattare la propria giornata alimentare sul ritmo di quella sportiva. Per
chi ama fare sport appena sveglio,
ad esempio, è consigliato fare uno
spuntino a base di zuccheri subito
prima dell’attività e poi far seguire
una colazione molto ricca con
cereali, latte zuccheri, proteine,
frutta, caffè o tè. Chi invece è abituato ad andare in palestra verso
mezzogiorno avrà come pasto principale il pranzo che servirà a reintegrare le riserve energetiche attraverso carboidrati, verdure e poche
proteine. Da non trascurare, invece, la merenda pomeridiana nel
caso si preferisca fare ginnastica la
sera: carboidrati semplici con pochi
grassi e proteine e verdure preferibilmente crude. Mentre la cena
sarà leggera e digeribile per meglio
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prepararsi al riposo notturno.
IL DECALOGO
DELL’EQUILIBRIO
(A CURA DEL COMITATO SCIENTIFICO DI
“SCEGLI IL BENESSERE”)
1. Impara a mangiare bene e fai attività fisica:
sono i pilastri più importanti di un corretto stile di
vita e sono componenti integrate di un sistema
finalizzato alla salute.
2. Organizza bene il tuo tempo: pratica attività fisica almeno per 30 minuti tutti i giorni.
3. Alimentati in modo regolare e commisurato al
tuo fabbisogno. Ricordati inoltre di mangiare
molta frutta e verdura.
4. Fai fare attività fisica ai tuoi bambini: non esiste
‘una’ attività fisica che sia completa.
Fino all‘adolescenza fai praticare più attività in
modo da favorire un sano sviluppo armonico di
tutte le capacità fisiche.
5. Non esistono diete speciali, salvo rari casi:
mangia sempre in giusta proporzione e distribuisci i pasti nella giornata, ricordandoti di fare una
buona prima colazione.
6. Fai sempre una visita preventiva dal Medico
Specialista in Medicina dello Sport prima di fare
attività fisica: così previeni i rischi e impari a misurare come funziona il tuo corpo.
7. Adegua l’assunzione di cibo all’esercizio fisico.
Prima di uno sforzo fisico fai uno spuntino digeribile ed energetico: non fare mai sforzi a stomaco
pieno (almeno 3 ore dai pasti), ma nemmeno se
sei vuoto di energia.
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Attività fisica e giusta alimentazione, la formula vincente
8. Ricordati di mantenere sempre una corretta
idratazione: prima, durante e dopo l’attività fisica,
in particolar modo nel periodo caldo.
9. Non fare da te! Rischi di ottenere meno di quello che potresti. Chiedi consiglio al Medico
Specialista in Medicina dello Sport per programmare un’attività giusta per la tua età e per le tue
condizioni fisiche insieme a una corretta alimentazione.
10. Evita gli eccessi, soprattutto in periodi di
stress. Fumo e alcool sono dannosi alla salute.
Ricordati che il recupero, attraverso il riposo e
un’adeguata alimentazione, è tanto importante
quanto l’esercizio fisico.
Comunque ricordati: è importante che tu scelga
un’attività fisica divertente, da bambino, da adulto
G
e da anziano.
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FMSI, per lo sport e la vita