di Maurizio Casasco, presidente della FMSI Con questo articolo del suo Presidente inizia la collaborazione tra la nostra rivista e la Federazione Medico Sportiva Italiana. Si parte ricordando il ruolo, sempre più importante e ampio, svolto dall’ente e non solo nei riguardi degli atleti “S iamo incorsi fino ad oggi in un grave errore lasciando che i giovani si gettino con cieco entusiasmo nello sport, senza sapere fin dove il loro organismo possa sopportare il lavoro muscolare imposto ricevendone il bene e quando incominci a riceverne il male. E’ necessario che all’istruttore, il medico dica come si può giudicare il valore fisico di ogni soggetto, quali sono i limiti entro i quali i suoi singoli organi non saprebbero adattarsi al lavoro richiesto senza fare appello a energie di riserva che spesso li portano al confine tra la funzione fisiologica e la patologica. Gli errori commessi nel passato remoto e vicino non devono ripetersi più”. Così scriveva sul ruolo della Medicina dello Sport, Ugo Cassinis, primo Presidente dell’allora Federazione Italiana Medici Sportivi. Era il 1929 anno in cui per la prima volta venne riconosciuta l’obbligatorietà di una visita per gli atleti agonisti da parte di medici specializzati e fu inaugurato il primo Istituto di Medicina dello Sport presso il nuovo stadio di Bologna. Quella della Federazione Medico Sportiva Italiana è una storia lunga 80 anni: benchè il legame tra la medicina, l’educazione fisica e lo sport risalga molto FMSI , per lo sport e la vita indietro nei tempi, solo agli inizi del secolo scorso, infatti, cominciarono a costituirsi associazioni nazionali e un’organizzazione internazionale a riconoscimento delle scienze mediche applicate allo sport. Oggi la FMSI è una delle 45 Federazioni del CONI, oltre che Società Scientifica di Medicina dello Sport, ed è rappresentata da oltre 4.700 medici tesserati presenti su tutto il territorio nazionale. Essa è membro della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport (FIMS) e della Federazione Europea di Medicina dello Sport (EFSMA) e, facendo tesoro di un’esperienza unica, che si basa anche sulla storia delle Scuole di Specializzazione in Medicina dello Sport, nate proprio in Italia nel 1957, costituisce un punto di riferimento della Medicina dello Sport in Italia e nel mondo. Ma chi è il Medico dello Sport e che ruolo ricopre nel mondo sportivo? Le parole del Prof. Cassinis risuonano ottanta anni dopo più attuali che mai. Lo Specialista in Medicina dello Sport nasce come Medico degli sportivi e in tale veste può essere considerato oggi come il primo “consulente” dell’atleta. Egli, infatti, assiste gli atleti di alto livello delle squadre nazionali, così come quelli di qualsiasi altra categoria appartenenti alle Società sportive, per ogni esigenza di carattere medico o funzionale, supportando lo staff tecnico nello stabilire come praticare l’attività sportiva senza controindicazioni per la salute e assumendosi la responsabilità dei processi terapeutici e riabilitativi degli atleti ammalati o infortunati. Di esclusiva competenza del Medico dello Sport (D.M. 18/02/1982) è anche il rilascio del certificato d'idoneità alla pratica agonistica. Un obbligo di legge ma non solo: la certificazione d’idoneità rappresenta il più valido strumento di prevenzione per la tutela sanitaria e la valorizzazione del patrimonio sportivo nazionale. Va, infatti, tenuto presente, fatto troppo spesso sottovalutato e poco 21 considerato, che la visita d’idoneità non ha solo la funzione di evidenziare eventuali incompatibilità con la pratica sportiva, ma anche e soprattutto di rilevare piccole patologie che, se tempestivamente diagnosticate, comportano una migliore qualità della vita oltre che un risparmio sicuro per il Sistema Sanitario Nazionale. Lo specialista in Medicina dello Sport riveste, dunque, un ruolo sociale d'indiscutibile rilevanza, in un contesto nel quale, non esistendo più la visita medica di leva e il medico scolastico, la visita d'idoneità alla pratica sportiva agonistica rimane l’unico momento di screening di massa esistente nel nostro Paese. E’ tra i compiti della FMSI anche la lotta al doping. In quest'ambito la repressione rappresenta, indubbiamente, un elemento irrinunciabile e il nostro Paese, graziealla FMSI, si avvale di un’organizzazione che vanta un’esperienza tra le più prestigiose al mondo al servizio sia dell'Organizzazione Nazionale Antidoping (NADO), che in Italia è rappresentata dal CONI, sia dello Stato: dalla fase pre-analitica (prelievo e trasporto in sicurezza del campione biologico) svolta dai 550 Doping Control Officers (DCO), tutti medici tesserati FMSI e certificati, alla fase analitica che si svolge nel laboratorio Antidoping di Roma della FMSI, unico in Italia accreditato dalla World Anti-Doping Agency (WADA) e secondo al 22 mondo dopo quello di Los Angeles per numero di controlli (circa 15.000 ogni anno), dotazione tecnologica ed efficienza organizzativa. Tuttavia, la lotta al doping non può limitarsi alla sola repressione e, da sempre, uno dei punti qualificanti l’azione dei medici della FMSI e un obiettivo etico che da sempre ispira la politica federale è costituito dalla prevenzione e dall’educazione attraverso il richiamo continuo a valori etici che vadano a beneficio dell’atleta. Lo specialista in Medicina dello Sport, dunque, svolge un ruolo fondamentale per la tutela della salute degli atleti, così come richiamato dai compiti istituzionali della FMSI, che, lo ricordiamo, è una delle Federazioni Sportive del CONI. Tuttavia, la funzione dello specialista in Medicina dello Sport non si ferma qui, anzi da questa specifica esperienza con gli atleti trova spunto, forza e motivo per mettere la propria competenza, acquisita nel percorso formativo universitario e sviluppata nello sport, al servizio di una popolazione più vasta: tutti coloro che fanno dell’esercizio fisico uno strumento per conseguire o mantenere uno stato di benessere psico-fisico. Si tratta, dunque, di una quota elevatissima della popolazione, che va da chi, in buona salute, cerca di mantenere tale stato, a chi, portatore di un qualche fattore di rischio (obesità, ipercolesterolemia, ecc.) desidera prevenire l’insorgenza di una patologia, a chi, già portatore di una malattia cronica non trasmissibile (diabete, ipertensione, cardiopatia, ecc) vuole ridurre o perfino eliminare gli effetti dello stato di malattia. Per tutta questa popolazione (ed anche, si spera, per quel 40% ancora del tutto sedentario) lo specialista in Medicina dello Sport rappresenta un punto di riferimento unico. Infatti, non molti sanno che l’esercizio fisico, così come per un farmaco, va prescritto e somministrato in maniera individualizzata. Diceva Ippocrate, circa 2600 anni orsono, che la giusta via per la salute consisteva in una buona alimentazione e in una corretta pratica dell’esercizio fisico, che non fosse troppo né troppo poco. Nulla è cambiato da allora. L’esercizio fisico Il presidente Casasco mentre premia Rita Levi-Montalcini, membro onorario della Fmsi Maurizio Casasco parla durante il Congresso nazionale FMSI può essere inutile o perfino dannoso se non viene prescritto e somministrato nelle dovute dosi e modalità (durata, frequenza, intensità, ecc.). La prescrizione dell’esercizio fisico, dunque, deve tener conto di numerosi parametri, che vanno dalle caratteristiche anagrafiche e antropometriche dell’individuo, al suo stato di salute, al suo livello di efficienza fisica (la sua capacità funzionale). Ne consegue che per prescrivere attività fisica è necessario possedere conoscenze di clinica e di fisiologia dell’esercizio fisico e degli sport e l’unico competente in grado di consigliare e quindi prescrivere al soggetto il tipo e il modo di fare attività fisica è lo Specialista in Medicina dello Sport. La FMSI sta dando grande impulso a quest'aspetto della professionalità e competenza dei propri tesserati, sia pianificando e realizzando una vasta attività di formazione e aggiornamento, sia avviando concrete iniziative a favore della popolazione coinvolgendo a tal fine gli Istituti e i Centri di Medicina dello Sport diffusi sul territorio e con essa convenzionati. Basti citare, a titolo, di esempio la convenzione stipulata con la Società Italiana di Diabetologia per la creazione di team misti (medico dello sport-diabetologo) finalizzata a una più efficace gestione, attraverso l’esercizio fisico, delle persone con diabete di tipo II. Migliorare la qualità della vita della popolazione attraverso un corretto stile di vita, basato prioritariamente sull’esercizio fisico, è una sfida impegnativa che interessa prima di tutto lo Stato, così come molte Istituzioni e differenti categorie professionali del nostro Paese. La FMSI intende svolgere un ruolo fondamentale in tale processo e mette in capo, a disposizione di tutte le altre realtà coinvolte, la propria specifica competenza, certa che l’integrazione di più ruoli e la collaborazione fra tutte le branche della classe medica sia una formula vincente a favol re della popolazione. Un atleta si sottopone a un controllo cardiaco 23 A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana Una normativa precisa e all’avanguardia prevede che in Italia chi fa attività sportiva, sia agonistica, sia amatoriale, debba sottoporsi ad una visita medica specifica. Una direttiva che ha forte valenza sociale, considerando che nel nostro paese oltre undici milioni di persone svolgono una pratica fisica con continuità Ok, L a sedentarietà associata a un'errata alimentazione è uno dei maggiori fattori di rischio per numerose malattie croniche che affliggono la popolazione, come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’ipertensione, il cancro dell’intestino e della mammella, l’obesità e molte altre ancora. Così, la diffusione dei programmi di educazione sportiva e di promozione della stessa sono oramai presentati in tutte le salse possibili. Ma se l’attività sportiva ha effetto positivo sulla salute, ne esiste un altro, definito paradosso, in cui aumenta il rischio d'incidente cardiovascolare, proprio facendo attività fisica. Ci sarebbe quindi un numero enorme di persone che potenzialmente si espongo a un rischio aumentato. Il nostro Paese, ponendosi all’avanguardia in campo mondiale, ha da tempo messo in atto delle procedure miranti alla salvaguardia della salute di chi pratica attività sportiva. Nel nostro Ordinamento giuridico, infatti, la tutela sanitaria delle IDONEI a faticare… attività sportive trova riconoscimento già in alcuni articoli della Costituzione. L'art. 4 stabilisce che "ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" e lo sport è annoverabile tra queste attività, soprattutto se svolto a livello professionistico. Inoltre, l'art. 32 nel 1° comma garantisce la tutela della salute come "fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". A questi principi costituenti, hanno fatto seguito, nel tempo, delle norme attuative al fine di rendere realmente operativa e reale la tutela della salute degli sportivi. Facciamo riferimento, in particolare, ai due più importanti Decreti del Ministero della Salute (D.M. 18/2/1982; D.M. 28/2/1983) che sanciscono l’obbligatorietà della visita d'idoneità alla pratica dell’attività sportiva, distinguendo tra quella prevista per l'attività agonistica e quella per l'attività non agonisti- ca. Tale obbligo riguarda tutti coloro che richiedono una tessera come atleta a una Federazione Sportiva Nazionale del CONI o ad un Ente di Promozione Sportiva, riconosciuto dal CONI stesso. Per ciò che concerne la differenziazione tra atleta agonista e non agonista, va detto che essa compete alle Federazioni Sportive Nazionali e agli Enti di Promozione Sportiva, di cui sopra, in base agli ordinamenti e ai propri regolamenti. Dalle indagini epidemiologiche risulta che il totale di cittadini che praticano sport o svolgono in ogni caso qualche forma di attività fisica sono circa 33.300.000, di cui 11.420.000 lo fanno con continuità e costanza. Concentrando l’attenzione su questi, emerge che la pratica di tipo più specificatamente agonistica coincide con circa sei milioni di tesserati alle società affiliate alle Federazioni e alle Discipline Associate. L’importanza e l’efficacia della visita medica per l’idoneità alla 25 pratica sportiva sono dimostrate da numerose pubblicazioni scientifiche e dal riconoscimento che gran parte dei Paesi dell'Unione Europea ha nell’esperienza del modello italiano. Basti pensare a un famoso atleta di colore, valutato a Londra (non esiste nei Paesi Anglosassoni l’obbligatorietà della certificazione ma la sola valutazione) e morto su un campo di gara in Francia pochi anni or sono, mentre in Italia, con la stessa patologia, veniva dichiarato non idoneo dall’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI di Roma un grande atleta, oro a Sidney, prima delle Olimpiadi di Atene. Altri casi eclatanti sono quelli di Kanu (poi operato al cuore) e Fatigà, giocatori dell’AJAX e nazionali olandesi, venuti all’Inter e dichiarati non idonei a Milano dall’Istituto di Medicina dello Sport della FMSI. Una ricerca effettuata in Veneto sull’incidenza, negli ultimi venticinque anni, delle morti improvvise tra chi aveva effettuato le visite d'idoneità agonistica (di selezione e controllo) e chi no, ha evidenziato una minore incidenza di tale evento tra i primi con un rapporto di 1 a 10 (Corrado et al, Jama, 2006). La causa principale di morte improvvisa negli Stati Uniti è la miocardiopatia ipertrofica, mentre in Italia tale patologia, normalmente diagnosticata in corso di Domenico Fioravanti, il nuotatore due volte campione olimpico a v i s i t a Sydney, è stato fermato per problemi cardiaci prima di Atene 2004 d'idoneità, sulla Rivista di Medicina dello ha un’incidenza estremamente Sport da Di Luigi e altri, su più limitata. Questi esempi 32652 atleti, si evidenziava, sono solo parziale spiegazione oltre alla percentuale di soggetdel perché il mondo scientifico ti non idonei allo sport, la preinternazionale guarda con senza in numero elevato di sogattenzione al modello italiano, getti portatori di fattori di rischio come un’organizzazione da per la salute quali il tabagismo, avvicinare se non da copiare. il consumo di alcool, e sopratLa visita per il rilascio del certitutto un elevato numero di patoficato, sia agonistico sia non, logie, ancorché non controindirappresenta, dunque, a oggi un canti la pratica sportiva, diagnoelemento di prevenzione d'imsticate per la prima volta a cariportanza fondamentale, anche co di pressoché tutti gli organi e in considerazione della scomapparati. parsa della visita di leva per i La visita per l'idoneità alla pratimaschi e la scomparsa della ca di uno sport agonistico, che figura del medico scolastico. La dovrebbe essere antecedente valenza della visita d'idoneità al tesseramento, viene effettuamedico sportiva non è, tuttavia, ta solo da medici chirurghi, limitata solo alla determinazioSpecialisti in Medicina dello ne dei casi di non idoneità, per Sport e deve essere richiesta fortuna non molto elevati, quansu apposito modulo nominativo to piuttosto perché essa perdalla Società Sportiva di apparmette di tenenza o da qualunque struttuacquisire ra (ente di promozione, accadeinformaziomia di danza, piscina, palestra ni epideecc.) richieda una certificazione miologiche, d'idoneità alla pratica sportiva. di svolgere La visita deve essere effettuata un'opera di presso l’ambulatorio di educ az io Medicina dello Sport della strutne sanitatura pubblica o presso uno sturia, di prodio o ambulatorio di Medicina muovere dello Sport privato; in tal caso la migliori stili visita deve essere effettuata di vita nella esclusivamente negli studi o popolazioambulatori di Medicina dello ne, con Sport autorizzati dalla Regione particolare di appartenenza ed elencati riguardo nello stesso Albo Regionale. all'attività Si sottolinea che la visita medifisica. In co sportiva non può essere una bella espletata al di fuori delle strutturicerca re autorizzate, quindi non è Il controllo del cuore è alla base per ottenere l’idoneità sportiva pubblicata ammissibile uno studio di nel 2004 26 Non si può fare attività in una palestra di fitness senza un certificato d’idoneità Medicina dello Sport all'interno di una struttura sportiva, a meno che non rispetti tutte le norme prescritte dal DPR del 22/7/1996. Durante la visita, il medico specialista effettuerà, oltre all'anamnesi e alla visita clinica, gli accertamenti di base (Tabelle A e B del D.M. 18.2.1982) che consistono in un elettrocardiogramma (ECG) a riposo, un ECG dopo esecuzione dello “Step test” della durata di tre minuti su gradino di altezza variabile (cm 30, 40, 50), una spirometria per il calcolo dei volumi e flussi polmonari e la valutazione della risposta di un esame delle urine; a questi va aggiunta la valutazione di esami aggiuntivi specifici per alcuni sport (ad esempio, per le attività subacquee: visita otorinolaringoiatrica). Il medico ha la possibilità di richiedere eventualmente anche altri accertamenti, qualora lo ritenga necessario ai fini di accertarsi dell'idoneità del soggetto visitato. In molte regioni il medico specialista che esegue la visita deve inoltre inviare ogni sei mesi l'elenco delle visite effettuate alla A.S.L. di appartenenza dello studio presso cui opera e solo le visite in elenco sono valide per il tesseramento sportivo, mentre in altre esiste anche un “libretto Sanitario Sportivo” dell’atleta che deve essere consegnato al medico prima della visita e sul quale vengono riportati i dati della certificazione. Solo da pochissimo tempo, nella regione delle Marche è stato istituito “Registro informatico delle idoneità sportive”, ovvero un libretto sanitario sportivo informatizzato in cui, tutte le strutture che rilasciano l’idoneità alla pratica agonistica, dovranno registrarle su un nuovo Registro web. Si potrà così monitorare lo stato di salute degli sportivi e vigilare sulle idoneità e l'elenco sarà consultabile da medici autorizzati e da enti preposti. Nel caso venga emesso un giudizio di "non idoneità" l’atleta può presentare gratuitamente ricorso alla Commissione Medica Regionale entro trenta giorni dalla comunicazione scritta del giudizio negativo (come riportato sul certificato di non idoneità). La Commissione, presieduta da uno specialista in Medicina dello Sport, è composta da specialisti di chiara fama e di diverse specializzazioni e si riunisce, generalmente, una volta al mese, prende visione di tutti gli accertamenti effettuati ed emette un giudizio che può essere d'idoneità, di conferma di non idoneità o può richiedere ulteriori accertamenti ai fini di una chiara diagnosi. Per quanto riguarda l’attività sportiva non agonistica, è sufficiente, invece, il certificato d'idoneità sportiva non agonistica (spesso confuso e identificato con quello di buona salute), che può essere rilasciato, oltre che dallo specialista in Medicina dello Sport, anche dal proprio medico di base o dal pediatra di base, generalmente dopo una visita accurata, senza l'obbligo di ulteriori accertamenti, salvo che il medico stesso non ritenga opportuno prescriverli. Da quanto sopra esposto si evince con chiarezza che la considerazione sul significato e sulla valenza della visita d'idoneità medico sportiva sia (e stia ancora) mutata nel corso degli anni: da atto medico finalizzato a escludere la presenza di patologie in grado di elevare il rischio per la salute dell’atleta a momento fondamentale di valutazione dello stato di salute e di efficienza fisica di gran parte della popolazione italiana e di consulenza e programmazione per offrire, a tutti quelli che la effettuano, i giusti suggerimenti per svolgere l’attività nella misura corretta. Si tratta, dunque, di un atto e di un sistema di straordinaria valenza sociale. A conclusione di questo lavoro, si vuol riportare un suggestivo utilizzo dell’idoneità all'attività sportiva agonistica: l’avvocato della famiglia Cucchi dichiara la “sanità” del giovane implicato in una vicenda giudiziaria proprio evidenziando la certificazione suddetta [L’Espresso del 9 novembre 2009 - Intervista di L. G Tironi]. 27 A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana L’esercizio fisico è la medicina più importante per prevenire le malattie cardiovascolari, prima causa di mortalità in Europa. Ma l’attività come fonte di prevenzione o di terapia deve essere dosata secondo le peculiarità di ogni individuo. Per questo è fondamentale il consiglio di uno specialista in Medicina dello sport Un S FARMACO miracoloso econdo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le malattie cardiovascolari (MCV) in Europa sono responsabili del 22% circa della morbilità totale, contro l’11,5% delle neoplasie. In Italia le MCV rappresentano la principale causa di morte rendendo conto del 44% della mortalità totale, con il 28% dovuto alla cardiopatia ischemica e il 13% agli accidenti cerebrovascolari. In questo contesto, come già più volte ricordato su queste pagine, l’esercizio fisico si propone come mezzo preventivo e terapeutico ideale, in quanto fisiologico, efficace, sicuro e a basso costo. Numerosi studi in letteratura hanno dimostrato come l’eliminazione di un fattore di rischio indipendente come la sedentarietà può portare a una 20 riduzione d'incidenza di MCV di una percentuale che va dal 15 al 39% e una riduzione di accidenti cerebrovascolari del 33%. La sedentarietà quindi si è imposta, insieme ai più noti fattori di rischio quali abitudine al fumo, sovrappeso/obesità, ipercolesterolemia etc, come uno dei principali fattori di rischio non solo nei paesi occidentali, ma anche in quelli in via di sviluppo. La ridotta performance fisica conseguente alla sedentarietà rappresenta uno dei più importanti fattori predittivi di mortalità nella popolazione generale apparentemente sana. Infatti, la scarsa tolleranza allo sforzo si associa, sia nella popolazione maschile sia in quella femminile, a una riduzione della sopravvivenza per un aumento significativo della mortalità cardiovascolare. L’ESERCIZIO FISICO - Sono ampiamente noti e documentati i meccanismi implicati nel determinare l’effetto benefico dell’esercizio fisico sulla salute. Più in particolare, per quanto riguarda la prevenzione delle malattie cardiovascolari, vi sono meccanismi diretti e indipendenti, che si verificano sull’apparato cardiovascolare e muscolare, definiti anche come adattamenti all’allenamento, e meccanismi mediati o indiretti, che si verificano attraverso il miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolare. Gli adattamenti all’allenamento sono numerosi possono essere ulteriormente suddivisi in adattamenti centrali e periferici. I principali adattamenti centrali dell’apparato cardiovascolare, conseguenti alla pratica regolare di esercizio fisico, sono rappresentati dalla riduzione della frequenza cardiaca, dalla riduzione della pressione arteriosa, dalla diminuzione del lavoro del cuore, da una riduzione dello “stress” a livello cardiaco e, infine, da un aumento della quantità di ossigeno che dal polmone passa al sangue per essere portato a tutti gli organi e tessuti. In sintesi quindi gli adattamenti centrali portano a un generale miglioramento delle capacità del cuore di pompare il sangue e a una riduzione del lavoro che il cuore deve effettuare per poter svolgere la sua attività di pompa. Per comprendere meglio questi concetti è possibile paragonare il cuore al motore di una macchina; gli adattamenti che si verificano a livello dell’apparato cardiovascolare fanno si che il motore (ossia il cuore) funzioni in modo ottimale a “bassi regimi”, preservandolo così “dall’usura” che si verificherebbe a regimi più elevati. Per quanto riguarda invece gli adattamenti periferici questi possono essere sintetizzati in un aumento della possibilità dei muscoli di sfruttare l’ossigeno trasportato dal sangue per fare lavoro muscolare. Infine l’esercizio fisico è in grado di determinare significativi effetti “benefici” sui fattori di rischio cardiovascolare, essendo in grado, come ampiamente documentato in letteratura, di determinare una diminuzione dell’abitudine al fumo, di migliorare il metabolismo delle lipoproteine, aumentando la quota di colesterolo “buono” (HDL) e diminuendo la quota di colesterolo “cattivo” (LDL), di migliorare il metabolismo degli zuccheri riducendo la probabilità di sviluppare il diabete, di ridurre la densità del sangue riducendo il rischio di trombosi e infine di migliorare il tono dell’umore. Alla luce di tutti questi effetti positivi appare perlomeno ovvio che il “farmaco” esercizio fisico, dovrebbe essere prescritto a tutti in quanto efficace, sicuro e a basso costo e in grado di prevenire e non solo di curare numerose patologie. Purtroppo però quando il tema dovrebbe addentrarsi nell’argomento specifico di “quale, come e quanto” esercizio fisico praticare, le indicazioni rimangono sempre vaghe e generiche senza indicazioni precise per i cittadini. Ed è in questo contesto che il medico Specialista in Medicina dello Sport assume un ruolo chiave perché unico specialista competente nella prescrizione dell’esercizio fisico, che alla stessa stregua di un farmaco deve essere prescritto secondo precise indicazioni. In dettaglio, dopo aver effettuato un'attenta valutazione obiettiva del soggetto cui prescrivere l’esercizio fisico e dopo aver interpretato i dati clinici e strumentali ottenuti, la metodologia di prescrizione dell’esercizio fisico prevede dei passaggi obbli- 21 gatori che mirano a fornire quelle indicazioni circa il tipo di attività da praticare, la frequenza delle sedute di “allenamento”, la durata di ciascuna seduta, l’intensità espressa in termini di frequenza cardiaca o potenza meccanica alla quale praticare esercizio, le eventuali precauzioni o controindicazioni alla pratica di determinati esercizi e infine uno schema di progressione da seguire nel tempo. Il principale aspetto della valutazione medico-sportiva consiste nello studio della Capacità Funzionale della persona, cioè nella misura, attraverso test fisiologici, della capacità dell’individuo di compiere un lavoro muscolare. E’ su questo parametro (e non solo sulla visita, peraltro necessaria, per stabilire lo stato di salute) che si basa la corretta e personalizzata prescrizione dell’esercizio fisico. Senza la conoscenza dello stato di “funzionamento” dell’organismo di ciascuna delle persone interessate, ogni indicazione di attività fisica è generica e rischia, nella migliore delle ipotesi, di essere molto meno efficace di quanto potrebbe. E’ importante considerare che ogni attività fisica può dare risposte peculiari di per sé ed anche in funzione delle modalità con cui viene praticata. E’ per questo motivo che è necessario rivolgersi a chi ne conosce gli effetti sull’organismo come lo Specialista in Medicina dello Sport. L’ESERCIZIO FISICO IN PREVENZIONE PRIMARIA L’esercizio fisico può svolgere la funzione di prevenzione primaria, ciò di prevenire l’insorgere della malattia. Esistono dei livelli di attività che possono e devono essere consigliati e prescritti a tutta la popolazione considerata sana come misura di prevenzione primaria e di miglioramento della qualità di vita. Le attività da prescrivere sono attività d'intensità lieve-moderata (corrispondente a un'intensità 22 vicina al 60-70% del massimo consumo di ossigeno) e devono essere di tipo dinamico e possibilmente con impegno cardiovascolare costante come ad esempio il nuoto, la bicicletta, la corsa etc. Queste attività dinamiche devono essere associate a esercizi specifici per il mantenimento del tono\trofismo e della flessibilità muscolare e per migliorare la funzione articolare. Vanno eseguiti tutti i giorni esercizi ginnici a corpo libero che coinvolgano le principali articolazioni e i principali gruppi muscolari degli arti e del tronco ed esercizi di potenziamento muscolare anche con modesti sovraccarichi. Gli esercizi di allungamento (stretching) praticati con regolarità mantengono la flessibilità muscolare e preparano al movimento favorendo il passaggio quotidiano dall’inattività al movimento senza eccessiva fatica. L’ESERCIZIO FISICO IN PREVENZIONE SECONDARIA L’esercizio fisico ha anche una straordinaria capacità di prevenzione secondaria, cioè di prevenire l’aggravarsi delle malattie e le loro ricadute. Numerosi studi hanno documentato l'efficacia dei programmi di esercizio nella cardiopatia ischemica cronica: è stato dimostrato, infatti, che la prognosi a lungo termine è significativamente migliore quando viene ottenuta e mantenuta una capacità funzionale più elevata anche se vi è il grande problema della costanza nel tempo da parte dei praticanti. (dall’analisi di trials e studi controllati, risulta che l’aderenza al programma di prevenzione, anche dopo la riabilitazione, decade progressivamente a circa il 50-60% a un anno e a circa il 20-30% a tre anni). Quando si parla di attività fisica nel cardiopatico essa dovrebbe essere intesa sempre e solo a scopo ricreativo o terapeutico, mai agonistico. Ciò che è richiesto al cardiopatico, è di svolgere una certa quantità di lavoro fisi- co al fine di perseguire e ottenere, con il minor rischio possibile, un miglioramento della qualità di vita. Il primo fondamentale criterio al quale attenersi nelle scelte è che la quantità dell'attività fisico-sportiva stessa deve essere commisurata alle possibilità del paziente di eseguire lavoro muscolare entro i limiti di sicurezza individuati dall'analisi clinica e strumentale preliminare. La qualità dell'attività stessa invece deve rispettare determinate caratteristiche, costituite soprattutto da: - modularità, nel senso che il carico lavorativo possa cambiare di livello in modo preordinato; - misurabilità, nel senso che il carico lavorativo possa essere misurato, possibilmente in modo semplice; - scarsa componente tecnica, nel senso che il gesto lavorativo non comporti particolari difficoltà di esecuzione che potrebbero determinare un dispendio energetico "extra" difficilmente prevedibile e quantificabile. Da questo punto di vista, le attività fisico-sportive ideali sono quelle dinamiche a impegno cardiovascolare costante ad intensità lieve o moderata come la marcia, la corsa, il ciclismo, lo sci di fondo etc in quanto possiedono caratteristiche che le fanno largamente preferire a quelle di potenza o forza esplosiva. Negli ultimi anni, tuttavia, esperienze riabilitative consolidate hanno dimostrato la sicurezza e l'efficacia del training con circuiti di pesi e macchinari ed hanno consentito di introdurre nei programmi di allenamento esercizi di potenziamento della forza (circuit weight training). CONCLUSIONI - Le MCV sono probabilmente quelle che più possano beneficiare della pratica dell’esercizio fisico. Ci vuol tanto poco, un po’ di buona volontà e di saggia capacità di guardare al futuro, per assicurarsi una vita di migliore qualità. Perché rimanere sedentari? G A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana Un’attività fisica ad hoc rappresenta un validissimo baluardo contro l’inevitabile decadimento legato all’avanzare dell’età. Purtroppo in Italia il 90 % degli over 65 è praticamente sedentario, con conseguenze per la salute e il benessere mentale. Resta comunque indispensabile che ogni forma di esercizio, per chi è ormai nella terza età, debba essere consigliato e guidato da medici dello sport e da personale qualificato Alleniamo la VECCHIAIA I grandi progressi tecnologici che hanno caratterizzato l’ultimo secolo hanno portato un grande numero di benefici alla società moderna. In modo particolare è stato possibile un accesso diffuso a un’alimentazione più corretta e al trattamento di numerose patologie (in alcuni casi del tutto debellate) che avevano falcidiato generazioni di nostri avi. Questo ha consentito un progressivo incremento dell’età media e della speranza di vita. Dagli ultimi censimenti ISTAT si evidenzia, così, che l’Italia è il paese più vecchio d’Europa, con 142 anziani (65 anni o più) ogni 100 giovani (meno di 15 anni) e una vita media di 83,9 anni per le 22 donne e 78,3 anni per gli uomini. Con il benessere vissuto in questi decenni, tuttavia, si sono assunti numerosi stili di vita non salutari, primo tra tutti la scarsa attitudine a praticare attività fisica. Il 41% degli italiani, infatti, è del tutto sedentario (ISTAT) e tale cifra cresce all’aumentare dell’età, con circa il 90% degli anziani (con 65 anni o più) che non pratica alcuna attività fisica. Ciò ha un notevole impatto sulla salute pubblica e sulla salute dei nostri anziani, essendo la sedentarietà un importante fattore di rischio per differenti patologie croniche. Fisiologia dell’invecchiamento Con l’avanzare dell’età il nostro organismo, superati i 25-30 anni, va incontro a un lieve, tuttavia costante e fisiologico declino di numerose funzioni biologiche. In assenza di fenomeni patologici, tale processo è influenzato da diversi fattori: il substrato genetico (di cui si sa ancora poco), la progressiva compromissione funzionale di differenti organi e apparati, e la progressiva riduzione del livello di attività fisica che accompagna, in genere, l’avanzare dell’età. Analizzando l’apparato cardiovascolare, il dato più facilmente riscontrabile con l’invecchiamento è una fisiologica riduzione della frequenza cardiaca massima durante esercizio. Il cuore, al contrario, tenderà a mantenere invariati (o appena ridotti) i suoi volumi ventricolari e, in particolare, la gettata sistolica (cioè la quantità di sangue che il ventricolo sinistro manda in circolo a ogni sistole). Da queste due modificazioni deriva una riduzione della gettata cardiaca massima (data dal prodotto della frequenza cardiaca massima per la gettata sistolica), indice del volume di sangue che il cuore manda in circolo in ogni minuto. Con l’invecchiamento, inoltre, il muscolo cardiaco tende a irrigidirsi e, quindi, a rilasciarsi con maggiore difficoltà durante la diastole. Importanti sono anche le modificazioni cui va incontro l’albero arterioso, che tende anch’esso a irrigidirsi e a divenire sede di deposito di colesterolo in un complesso processo che prende nome di aterosclerosi, alla base di numerose e frequenti patologie (cardiopatia ischemica, l’infarto miocardico e l’ictus). Nell’anziano, infine, la pressione arteriosa a riposo e durante sforzo tende a essere più elevata. Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, con l’avanzare dell’età vi è una progressiva riduzione dell’elasticità toracopolmonare con conseguente lenta e progressiva riduzione degli indici statici (volumi) e dinamici (flussi) respiratori, e una diffusione dei gas tra sangue e alveoli lievemente rallentata. L’invecchiamento ha effetti anche sul sistema nervoso, dove induce una progressiva riduzione del numero di fibre nervose e un lieve rallentamento della velocità di conduzione degli impulsi, che si riduce del 15% passando dai 30 agli 80 anni. Con l’avanzare dell’età, inoltre, si ha un lento declino delle funzioni cognitive che può portare alla demenza. Analizzando l’apparato muscolo-scheletrico, tra i 20 e i 30 anni la massa e la forza muscolare raggiungono il proprio picco. Successivamente tendono a diminuire, prima più lentamente, quindi in maniera più evidente. In questo progressivo processo di atrofizzazione muscolare (sarcopenia) ha certamente ruolo il graduale declino della funzione nervosa che porta lo stimolo alla placca neuromuscolare e all’unità motoria per la contrazione. Parallelamente alla riduzione della massa muscolare (più evidente a carico delle fibre rapide), si ha anche un rimaneggiamento funzionale delle fibrocellule muscolari, con una lieve riduzione dell’attività degli enzimi mitocondriali ossidativi e una minore capillarizzazione muscolare. I muscoli, i tendini, i legamenti e le articolazioni, inoltre, tendono a divenire più rigidi, sia per il fisiologico invecchiamento, sia per processi artrosici, sempre più frequenti con l’avanzare del- 23 l’età (specie in presenza di un eccesso ponderale). Ne conseguirà una ridotta flessibilità, più evidente a livello della colonna, del cingolo pelvico e scapoloomerale. Le ossa, infine, vanno incontro a un progressivo processo di demineralizzazione e perdita di matrice (osteoporosi), più evidente nelle donne, dove, oltre i 60 anni, si può avere una riduzione di massa ossea pari al 3050%, con conseguente aumentato rischio di fratture. Anche la composizione corporea, infine, tende a modificarsi con l’età, con un significativo incremento della massa grassa di circa il 10% dai 35 ai 60 anni, in entrambi i sessi. Integrando le modificazioni finora espresse, si rende evidente che le capacità prestative dei soggetti sedentari anziani sono inferiori rispetto a quelle di soggetti sedentari giovani. In particolar modo, per la diminuita capacità di trasportare sangue ossigenato ai muscoli in attività (dovuta a una minore gettata cardiaca massima, a una minore estrazione di ossigeno a livello muscolare e, in minor misura, a scambi respiratori meno efficienti) si apprezza una riduzione della massima potenza aerobica, espressa come massimo consumo di ossigeno, che tende a ridursi progressivamente di circa 0,4-0,5 ml/kg/min l’anno (pari a circa l’1%). In seguito alle modificazioni delle fibre muscolari (lieve e progressiva atrofia) e nervose (riduzione della velocità di conduzione 24 dell’impulso), inoltre, la massima forza muscolare si riduce del 40-50% passando dai 25 agli 80 anni, con un picco di tensione raggiunta durante massima contrazione volontaria più tardivo, indice della presenza di un maggior numero di fibre motorie lente. Attività fisica e invecchiamento La ridotta funzionalità dei differenti organi e apparati appena descritta, tipica dell’invecchiamento di soggetti altrimenti sani, può essere in gran parte ostacolata dalla pratica di una regolare attività fisica. La letteratura specialistica ha ormai evidenziato che un allenamento regolare (3 volte/settimana per 10-12 settimane) di tipo aerobico d'intensità moderata (almeno al 60% del massimale) è in grado di indurre adattamenti cardiovascolari (riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa a riposo e, soprattutto, per sforzi sottomassimali; incremento della massima gettata sistolica e cardiaca), respiratori (incremento della massima ventilazione da sforzo) e muscolari (migliore metabolismo ossidativo) che determinano complessivamente un incremento della potenza aerobica del nostro organismo, noto indice di benessere e longevità. Questo tipo di allenamento, inol- tre, ha importanti effetti metabolici (miglior utilizzazione di zuccheri e grassi) con conseguente protezione da malattie quali il diabete e l’aterosclerosi. Anche l’allenamento con sovraccarichi (pesi) è in grado di indurre modificazioni muscolari, con incremento di massa, forza e potenza muscolare, anch’essi indici di benessere e ridotta disabilità. Entrambi i tipi di allenamento, inoltre, migliorano la composizione corporea, riducendo soprattutto la massa grassa, e rinforzano le ossa, rallentando (o addirittura invertendo) il comune processo osteoporotico. L’esercizio nell’anziano, inoltre, favorisce la socializzazione e ha effetti benefici sulla sfera psicologica, aumentando l’autostima e migliorando le funzioni cognitive. Come conferma dell’utilità dell’esercizio fisico nell’anziano, l’American College of Sports Medicine ha pubblicato recentemente alcune linee guida che raccomandano la pratica di esercizi di tipo aerobico per almeno 30-60 minuti al giorno a intensità moderata (camminata veloce, cyclette) o per 20-30 minuti al giorno a intensità elevata (corsa) per cinque giorni a settimana, associando almeno due allenamenti a settimana con sovraccarichi a intensità moderata/elevata (8-10 esercizi a seduta comprendenti i maggiori gruppi muscolari con serie di 8-12 ripetizioni), aggiungendo, almeno due volte a settimana, esercizi per aumentare la flessibilità articolare (stretching). Negli anziani con andatura instabile e quindi a rischio di caduta, sono raccomandati, inoltre, esercizi di potenziamento della muscolatu- ra degli arti inferiori per migliorare l’equilibrio (salire e scendere le scale, camminare su superfici sconnesse). Patologie e invecchiamento Quanto finora esposto su esercizio fisico e invecchiamento è valido per soggetti anziani sani. Tuttavia, con l’avanzare dell’età aumenta il rischio di contrarre malattie croniche degenerative su base cardiovascolare (ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, infarto miocardico, ictus), dismetabolica (sindrome metabolica, diabete mellito), muscolo-scheletrica (osteoporosi, artrosi) e neoplastica (diversi tipi di cancro). Evidente è, inoltre, la relazione tra invecchiamento e comparsa di disturbi psicologici (ansia e depressione) e declino delle funzioni cognitive (demenza). L’invecchiamento, quindi, può essere considerato un importante fattore di rischio per tutte queste patologie che, quando presenti, rendono l’anziano più fragile. Per fortuna, c’è sempre maggior evidenza che ci si può opporre all’insorgenza di queste malattie assumendo stili di vita più salutari. In particolare, il miglioramento della capacità aerobica e della forza muscolare ottenibile mediante una regolare attività fisica è un importante fattore protettivo nei confronti di queste patologie. Ostacolandone la comparsa e riducendone l’entità, la pratica regolare di attività fisica, ritenu- ta oggi un vero e proprio presidio terapeutico, incrementa la speranza di vita della popolazione anziana e ne riduce il grado di disabilità. Trattandosi tuttavia di soggetti anziani “a rischio”, dopo un’attenta valutazione diagnostica e clinica, in aggiunta alla terapia farmacologica, è opportuna una “prescrizione” medica dell’attività fisica. In questo iter diagnostico-terapeutico, il medico specialista in Medicina dello Sport fornirà le adeguate competenze per l’appropriata prescrizione dell’esercizio stesso. La tipologia (allenamento aerobico, con sovraccarichi, stretching, ecc.), la quantità (ore di allenamento a seduta e a settimana), l’intensità e la frequenza dell’attività fisica sono, infatti, variabili che devono essere dosate con molta attenzione al fine di evitare eventuali effetti collaterali (incremento anomalo dei valori di pressione arteriosa, eccessivo lavoro cardiaco, rischio di fratture per cadute accidentali o sovraccarichi eccessivi), più frequenti in una popolazione di anziani “fragili”. Per questa ragione l’esercizio, adeguatamente prescritto dal Medico dello Sport, dovrà essere “somministrato” in centri attrezzati, da personale altamente qualificato, come i laureati in Scienze Motorie con specializzazione in “Scienze e tecniche in attività motorie, preG ventive e adattate”. 25 A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana Le cattive abitudini alimentari, che causano obesità, e la mancanza di un’attività fisica stanno provocando nel mondo il dilagare di questa malattia. Si può combattere e prevenire con uno stile di vita idoneo. La FMSI è scesa in campo con diabetologi e tecnici sportivi. E’ nato anche un sito web dedicato agli atleti GUERRA al diabete L a crescente diffusione di erronee abitudini alimentari, l’aumentato consumo di cibi pre-confezionati, più ricchi di grassi e calorie, associato alla drastica diminuzione dei livelli di attività fisica, sta alla base dell'attuale pandemia di obesità/diabete. La nostra vita è diventata molto più sedentaria rispetto, non solo al secolo scorso, ma anche a 30-40 anni fa e i crescenti livelli d'inattività, associati alla dieta non corretta, portano un numero sempre maggiore di persone a sviluppare obesità, insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2. Si prevede che il numero delle persone con diabete aumenterà da 171 milioni attuali a 366 milioni per il 2030. L’incidenza e la prevalenza di obesità e diabete sta crescendo anche tra i bambini con conseguenze allarmanti. Negli USA si stima che, se non cambia la situazione ambientale, i nati nel 2000 hanno un rischio di sviluppare da adulti il diabete pari al 30 % se di razza caucasica e al 50% se di razza ispanica. Ancora più preoccupante è la situazione 24 nei Paesi in via di sviluppo che stanno vivendo una fase d'industrializzazione e modernizzazione. Si stima che nel 2030 in India si passerà da 31 a 79 milioni di persone con diabete e in America latina da 13 a 33 milioni, con tassi di crescita di molto elevati. I benefici dell’attività fisica per il controllo della glicemia. L’attività fisica era indispensabile per la sopravvivenza dei nostri progenitori e il patrimonio genetico della specie umana si è selezionato di conseguenza. Nella situazione ambientale attuale, caratterizzata da grande disponibilità di cibo e dal fatto che non è più necessaria L’attività fisica non solo previene ma cura anche il diabete Per i bambini è allarme obesità e diabete l’attività fisica per lavorare o nutrirsi, si crea un bilancio energetico positivo che è responsabile della diffusione di obesità, diabete e sindrome metabolica. Un dato di fisiologia, spesso sottovalutato, riguarda il ruolo relativo del tessuto muscolare nell’ambito dei tessuti sensibili all’insulina. Il muscolo scheletrico rappresenta da solo circa il 90% di tutti i tessuti insulinosensibili. Pertanto, non è sorprendente che le ricerche che riguardano l’insulino-sensibilità dimostrino una stretta correlazione tra sedentarietà e insulino-resistenza o tra attività fisica e insulino-sensibilità. Diversi studi epidemiologici dimostrano chiaramente la relazione inversa tra diabete mellito e stato di forma fisica, in particolare la fitness cardio-respiratoria, misurata attraverso la determinazione della massima potenza aerobica (V’O2max). La V’O2max1 dipende anche da un’efficiente funzione dei mitocondri, organuli deputati alla produzione di energia attraverso il metabolismo aerobico, localizzati all’interno dei muscoli. Nell’obesità associata al diabete vi sono multiple alterazioni della funzione mitocondriale correggibili, soprattutto nei soggetti sedentari e poco allenati, mediante l’attività fisica aerobica che migliora parallelamente la V’O2max e la soglia anaerobica, che non è altro che l’intensità (cioè la potenza o velocità) cui si può correre, pedalare o comunque muovere il nostro corpo per un tempo, teoricamente infinito, senza doversi fermare per eccesso di accumulo di acido lattico nei muscoli (essa non corrisponde alla V’O2max, ma a una frazione di questa). Il miglioramento della composizione corporea e della sensibilità insulinica si associa a un assetto lipidico meno aterogeno (HDL aumentato, trigliceridemia e LDL piccole e dense ridotte) con diminuzione di oltre il 50% della mortalità per eventi cardiovascolari. Le linee guida di varie Società Scientifiche sono concordi nel proporre l’intervento di miglioramento dello stile di vita come primo strumento terapeutico nel diabete tipo 2 e sottolineano l’importanza di promuovere la corretta nutrizione e l’attività fisica anche quando si rende necessaria la terapia farmacologica. Queste raccomandazioni sono basate su numerose evidenze sperimentali che dimostrano mediante studi d'intervento, randomizzati e controllati, molteplici benefici dell’attività fisica sia per la prevenzione sia per la cura del diabete mellito di tipo 2. Per la prevenzione nei soggetti con intolleranza ai carboidrati vari studi hanno dimostrato che l’attività fisica aerobica di moderata intensità, ad esempio camminare a passo svelto, della durata di almeno 30 minuti il giorno o 150 minuti la settimana riduce di circa il 60% l’insorgenza del diabete di tipo 2 e che tale effetto persiste anche dopo la sospensione dell’intervento perché la maggior parte delle persone mantiene anche a distanza di anni dall’intervento il miglioramento dello stile di vita. L’attività fisica regolare serve non solo a prevenire ma anche a curare il diabete. Gli studi clinici dimostrano che programmi di attività fisica sia di tipo aerobico sia per l’allenamento alla forza migliorano significativamente la glicemia e riducono l’uso dei farmaci antidiabetici. Tuttavia, anche in questo caso, è fondamentale che l’attività fisica sia prescritta in modo corretto e, dunque, personalizzato, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ciascun individuo. Per questo motivo è necessario che alla competenza del tutto precipua dello 25 specialista diabetologo si affianchi quella, altrettanto precipua, dello specialista in medicina dello sport, al fine di creare un team, che lavorando in sinergia, sia in grado di affrontare il problema diabete in tutti i suoi molteplici aspetti con completezza e competenza. Ai fini, poi, di un’appropriata somministrazione dell’attività fisica, non va dimenticato il ruolo, altrettanto importante, “dell’allenatore”. A esso, infatti, è demandato il compito di seguire sul campo, almeno nelle fasi iniziali di addestramento, il soggetto, curando che la pratica dell’attività fisica avvenga secondo le indicaz i o n i mediche e con appropriatezza tecnicometodologica. In questo contesto il riferimento è rappresentato dal laureato in scienze motorie, in particolare quello in possesso di laurea magistrale per attività adattate e riabilitative. Quale ruolo per il Medico dello Sport? E’ sulla base di queste considerazioni che la Federazione Medico Sportiva Italiana e la Società Italiana di Diabetologia hanno siglato un accordo di cooperazione per promuovere l’uso ottimale dell’esercizio fisico nel diabete mellito di tipo 2. L’accordo prevede diversi livelli di azione, inclusi corsi di formazione misti rivolti a diabetologi e specialisti in medicina dello sport, il più significativo dei quali consiste nella costituzione in sei città italiane di altrettanti team misti d'intervento, che avranno come riferimenti i Centri di Medicina dello Sport convenzionati con la FMSI. Questo specifico progetto pilota si propone di applicare e verificare concretamente sul territorio la logica della collaborazione pianificata e strutturata tra diabetologo, medico dello sport e laureato in scienze motorie. Il primo selezionerà i pazienti e li inquadrerà da un punto di vista clinico, il secondo lo valuterà da un punto di vista medico-sportivo e prescriverà l’attività fisica più appropriata, il terzo la somministrerà. Il progetto, della durata di un anno, sarà avviato nel prossimo mese di marzo e, in caso di positivi riscontri, verrà esteso agli altri centri di medicina dello sport convenzionati con la FMSI e presenti sul territorio nazionale. Inoltre, il CONI, la Federazione Medico Sportiva e il C.U.R.I.A.MO (Centro Universitario Interdipartimentale Attività Motoria che opera fornendo prestazioni interdisciplinari finalizzate al miglioramento della condizione psico-fisica mediante un programma strutturato di attività motoria, specifico per le singole patologie croniche molto diffuse nella società moderna quali diabete, obesità, ipertensione arteriosa, broncopneumopatia cronica ostruttiva, osteoporosi, etc.) hanno pubblicato il sito web conifmsicuriamoildiabete.it dedicato agli atleti, di ogni tipo, purché tesserati per una federazione Sportiva Italiana o per un Ente di Promozione Sportiva che, portatori di diabete, possono usufruire di consigli specifici per la gestione di sport e diabete e di un servizio di consulenza telematica. Tutto ciò a conferma dell’importanza dello sport e dell’attività fisica, in genere, nel conseguimento di una migliore qualità G della vita. 1 La V’O2max è la misura della massima quantità di ossigeno che il nostro corpo può utilizzare per produrre energia. Esso dipende dalla capacità del cuore e dei vasi di trasportare ossigeno ai muscoli e dalla capacità di questi ultimi di utilizzarlo. 26 A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana Nel mondo occidentale la popolazione in forte sovrappeso si è triplicata dagli anni 80, tanto da parlare ora di vera e propria epidemia. Le cause principali sono un'alimentazione ipercalorica e una ridotta spesa energetica. Elevatissimi sono i rischi per la salute in genere e non solo per il cuore. Per cambiare tendenza è fondamentale il ruolo che deve avere il medico sportivo S.O.S. obesità C on il crescente livello di benessere che si è avuto negli ultimi decenni nel mondo occidentale, arricchitosi di mille comodità ed ipertecnologizzato, è oggi molto semplice per gli esseri umani avere accesso al cibo e svolgere le proprie attività (mansioni lavorative, spostamenti in città, etc.) con la minima spesa energetica. Se da un lato questo livello elevato di benessere è gradevole, dall’altro è alla base di una serie di patologie tipiche della nostra epoca, causate proprio dall’iperalimentazione (spesso squilibrata) e dalla spiccata sedentarietà. Proprio questo è alla base dell’epidemia di obesità che si registra nei paesi occidentali, basti pensare che dagli anni ’80 ad oggi la sua prevalenza in Europa si è circa triplicata, con disagi individuali (soggettivi e oggettivi) e per la società (spesa sanitaria) in crescita vertiginosa. L’obesità, infatti, è un ben noto fattore di rischio per una lunga serie di patologie fortemente invalidanti. centuale di grasso corporeo Cos’è l’obesità? Da cosa è (massa grassa) che viene di causata? solito fatta indirettamente Diversi sono i modi utilizzati per mediante plicometrica (misura definire se una persona ha un dello spessore delle pliche cutapeso corporeo normale, troppo nee, sede dell’adipe sottocutabasso o eccessivo. Il sistema neo), impedenziometria (per la più semplice è misurare peso differente resistenza che offre la (kg) e statura (m) e calcolare da massa grassa rispetto alla essi l’indice di massa corporea magra al passaggio di piccole (body mass index o BMI), pari al correnti elettriche) o altre metorapporto tra peso e statura al diche meno utilizzate perché più quadrato e far riferimento alla tabella riportata di seguito. Questo sistema, tuttavia, pur se semplice e applicabile su campioni di grandi dimensioni non tiene conto della composizione corporea, nozione di grandissima importanza quando si parla di obesità. Un approccio alterIl peso non è tutto. Fa misurata anche la percentuale di nativo, quindi, è massa grassa misurare la per- 23 I bambini che ingrassano sono a rischio obesità da adulti indaginose e costose (DEXA, pesata idrostatica, etc.). Mediante queste misure, quindi, si è visto che in un adulto normopeso la percentuale di grasso è tra il 10 e il 20% del peso corporeo (per le donne tra il 15 e il 25%). Se vengono superati questi valori si ha un eccesso di massa grassa e per valori > 30% nell’uomo e > 33% nella donna si parla di obesità. Anche la distribuzione del tessuto adiposo dà informazioni importanti, poiché un’obesità localizzata maggiormente in regione addominale è metabolicamente più pericolosa di quella localizzata a livello di glutei e fianchi (più tipica della donna). Con una semplice fettuccia metrica, quindi, si potrà misurare il rapporto tra la circonferenza vita e fianchi che se > 0.9 nell’uomo e > 0.8 nelle donne indica un maggior rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari (infarto). Per quanto riguarda le cause del sovrappeso e dell’obesità, sebbene sia possibile un’origine endocrina (ipotiroidismo, ipopituitarismo, eccesso di cortisolo, ecc.), psichiatrica (bulimia, depressione) e farmacologica (corticosteroidi, diversi psicofarmaci), queste patologie sono generalmente provocate da un bilancio energetico positivo del nostro organismo. In altre parole, si introduce più energia attraverso gli alimenti (dieta ipercalo- 24 rica) di quanta se ne consuma mediante il metabolismo basale e, soprattutto, l’attività fisica quotidiana. Oggi è sempre più evidente che tale processo inizia in età pediatrica, fase in cui un eccesso ponderale fa incrementare non solo le dimensioni (ipertrofia), ma anche il numero (iperplasia) delle cellule deputate a immagazzinare grasso (adipociti), predisponendo ad un rischio molto maggiore di obesità nell’adulto. Infatti, pur perdendo massa grassa mediante una corretta alimentazione ed una vita attiva, l’adulto che era obeso in età scolare/adolescenziale, manterrà intatto il numero di adipociti (“svuotati”, però, del grasso) che tenderanno, nel tempo, a riempirsi nuovamente. È quindi fondamentale intraprendere una decisa battaglia all’obesità già nei primi anni di vita, favorendo, per esempio, l’allattamento al seno materno (il latte artificiale è più “energetico”), un’alimentazione corretta ed un’attività fisica regolare in modo da mantenere il bilancio energetico in parità (entrate uguali a uscite) ed un corretto peso corporeo. Quali rischi per la salute? Numerosissime ricerche scientifiche hanno documentato l’importante impatto del sovrappeso e dell’obesità sullo stato di salute, cosicché, in questo decennio, tale patologia è stata ritenuta responsabile del decesso di circa un milione di cittadini europei ogni anno. L’obesità, inoltre, è un noto fattore di rischio per patologie molto diffuse nel mondo occidentale, spesso gravate da grave e duratura disabilità. Chi è obeso, per esempio, ha un rischio pari a una volta e mezzo di andare incontro ad un infarto del miocardio rispetto ad un soggetto normopeso, di due volte e mezzo di avere un ictus a causa di elevati valori di pressione arteriosa, e di circa 4 volte di ammalarsi di diabete. Inoltre, nelle persone obese sono più frequenti le malattie tumorali (cancro del colon-retto, della mammella e dell’utero nella donna, della prostata nell’uomo), artosiche (colonna, anche e ginocchia), polmonari (fino Le donne tendono ad accumulare grasso su glutei e fianchi all’insufficienza respiratoria) e psichiatriche (depressione). Obesità ed attività fisica È sempre più evidente, oggi, che il cardine del trattamento dell’obesità risiede nella pratica dell’esercizio fisico, in un programma d’intervento generalmente più articolato e che spesso richiede la collaborazione di differenti figure professionali: dal cardiologo al medico dello sport, dallo psicoterapeuta al dietista, al laureato in scienze motorie, in particolare se in possesso di laurea magistrale per attività adattate e riabilitative. Tuttavia la realtà dei fatti è ben diversa. Il 62% degli adulti europei svolgono un’attività fisica ritenuta insufficiente secondo le ultime raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’American College of Sports Medicine pari a circa 30-60 minuti al giorno di attività fisica aerobica ad intensità moderata e in Italia questa percentuale arriva addirittura al 74%. Sebbene col crescere dell’età, inoltre, vi sia una progressiva riduzione del tempo trascorso a svolgere attività fisica, anche il 33% circa dei giovani studenti europei non soddisfa le attuali raccomandazioni dell’OMS per la pratica dell’esercizio, con l’Italia sempre agli ultimi posti. È quindi necessario intervenire con decisione nel somministrare con dosi e tempi adeguati l’esercizio fisico in chi è in sovrappeso od obeso. Questo consentirà una migliore risposta anche a tutte le altre misure d’intervento, tra cui una migliore utilizzazione metabolica dei grassi e degli zuccheri, un abbassamento dei valori di pressione arteriosa, una migliore risposta al trattamento dietetico (ridotta sensazione di fame, più alto metabolismo basale), un incremento dell’autostima. È certamente opportuno, infine, che i pazienti affetti da obesità, soprattutto nelle prime fasi di pratica dell’esercizio, siano seguiti con attenzione e che i carichi siano somministrati con una progressione molto graduale che tenga conto delle loro patologie di base (cardiovascolari, ortopediche, metaboliche, etc.). In questo conteso lo specialista in Medicina dello sport, per la sua specifica competenza sugli effetti dell’attività fisica, rappresenta un elemento imprescindibile e punto di convergenza e coordinamento tra tutti gli altri specialisti interessati. Una corretta pratica dell’attività fisica consentirà, oltre ad un beneficio maggiore individuale, ad evitare un allontanamento precoce dei pazienti dalle palestre per infortuni o perché si sentono inadeguati. Il team di specialisti che si interesserà di curare queste persone, infatti, dovrà avere come obiettivo una modificazione stabile e duratura dello stile di vita di questi soggetti che, come dimostra la letteratura specialistica, se lasciati a se stessi pur in una raggiunta condizione di normopeso, tenderanno a tornare ad essere obesi nel giro di G pochi anni. Importante dedicare ad un'attività fisica moderata 30-60 minuti al giorno 25 di Daniel Giorgio Di Mattia (Resp. Naz. Processi Antidoping FMSI) Il doping resta il più grande problema dello sport mondiale. In questo articolo il responsabile delle procedure antidoping della FMSI spiega come funzionano i controlli. Il laboratorio italiano di Roma, che si trova all'Acquacetosa, è il primo in Europa e secondo al mondo per numero di campioni analizzati Una barriera I l termine Antidoping sta entrando sempre più nel nostro vissuto quotidiano e conoscere nel dettaglio qualche elemento in merito ai Controlli Antidoping, siano essi normativi o procedurali, può certamente aiutare a dissipare quell’alone di mistero che circonda questa importante funzione svolta dai Medici appartenenti alla FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana), organo Medico Sportivo del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Lo Stato Italiano ha promulgato il 14 dicembre 2000 la Legge 376: Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping. Con questa Legge, insieme alle normative introdotte dagli Enti Internazionali quali il CIO (Comité International Olympique) e soprattutto la WADA (World Anti-Doping Agency), ed i regolamenti antidoping del CONI e delle singole Federazioni Sportive Nazionali, vengono definite le regole riguardanti gli organi preposti alle iniziative di repressione del doping e le sanzioni previste in 16 CONTRO i truffatori caso di accertata positività. Particolare rilevanza è attribuita al Codice Mondiale Antidoping (emanato dalla WADA) ed al Programma Mondiale Antido- ping che lo supporta che ha come finalità costitutive quella di “Tutelare il diritto fondamentale degli Atleti alla pratica di uno sport libero dal doping e Solo medici FMSI, accreditatti CONI e WADA, possono effettuare i controlli Materiale doping sequestrato dai Nas quindi promuovere la salute, la lealtà e l’uguaglianza di Tutti gli Atleti del mondo e garantire l’applicazione di programmi antidoping armonizzati, coordinati ed efficaci sia a livello mondiale che nazionale, al fine di individuare, scoraggiare e prevenire la pratica del doping”. In base a queste normative e disposizioni il ruolo del prelevatore in Italia è deputato solo a Medici certificati ed accreditati CONI-WADA, iscritti alla FMSI, con la qualifica di DCO (Doping Control Officer). Le manifestazioni sportive oggetto di controllo antidoping possono essere decise dalle Federazioni sportive nazionali ed internazionali, dal CONI e dal Ministero della Salute senza preavviso, sia in occasione di gare che in occasione di allenamenti. Il Medico DCO della FMSI incaricato del controllo, da solo o, se presente, in collaborazione con l’Ispettore antidoping della Federazione sportiva inviato alla manifestazione sportiva, provvedono a sorteggiare od ad individuare secondo disposizioni predefinite gli Atleti da sottoporre al controllo antidoping. Al termine della competizione il Medico DCO e l’Ispettore Federale si occupano della convocazione degli atleti sorteggiati mediante notifica diretta agli stessi. Quindi gli Atleti convocati devono recarsi, muniti di un documento di identità ed accompagnati dal Medico socia- le o da un Dirigente della società, preso il locale dove verranno effettuati i prelievi. In questo locale, che resta chiuso per tutta la gara e le cui chiavi sono in possesso solo del Medico DCO della FMSI, devono essere disponibili un bagno, una doccia, una sala di attesa e bevande analcoliche sigillate di almeno due tipi. I controlli possono essere di tre tipologie: Urinari, Ematici e Breath Test Alcolemico ed ognuno di questi ha una propria specificità. Quello qui di seguito descritto è quello Urinario, di gran lunga il più diffuso. L’Atleta, dopo aver scelto una confezione contenente due flaconi A e B, dotati di chiusura di sicurezza che può essere aperta a rischio di forzatura del sigillo, contrassegnati da uno stesso codice, ed un contenitore sterile, monouso, per la raccolta delle urine, produce, sotto diretto controllo visivo del Medico DCO della FMSI un quantitativo minimo (90 ml) di urina e procede al riempimento dei flaconi A e B (60 ml nel flacone A e 30 ml nel flacone B) e alla loro chiusura ermetica. L’Atleta, inoltre, dichiara i farmaci eventualmente assunti nei giorni precedenti la gara. Quindi, il Medico controlla, in presenza dell’atleta, la densità dell’urina. Qualora la densità dell’urina misurata con uno speciale apparecchio detto refrattometro risulti inferiore a 1005, o più semplicemente misurata con le strisce reattive, risulti inferiore a 1010, ossia urina molto diluita e quindi poco idonea a ricercare sostanze proibite in quantità apprezzabile, l’atleta dovrà pro- durre un secondo campione, che sarà sigillato in maniera analoga al primo. Tutti i dati relativi al controllo ed i codici di sicurezza vengono riportati su di un apposito verbale di controllo antidoping sottoscritto dal Medico, dall’Ispettore, dall’Atleta e dall’eventuale Accompagnatore. Il tutto, cioè i campioni di urina ed una copia dei verbali, viene spedito al laboratorio antidoping della FMSI di Roma, in forma strettamente anonima. I verbali che vengono inviati al laboratorio non contengono le generalità dell’Atleta né altri elementi utili alla sua identificazione, solo la segnalazione dei farmaci eventualmente assunti, la quantità di urina inviata al laboratorio, la densità del campione urinario, la disciplina sportiva, la federazione di appartenenza ed il sesso dell’Atleta. Al contrario, due copie contenenti le generalità dell’Atleta, poste in buste chiuse e controfirmate dal Medico DCO della FMSI e dall’Ispettore Federale, vengono spedite alla Commissione Antidoping della Federazione Nazionale e al Coordinamento Centrale Antidoping del CONI. Una terza copia, anche questa in busta chiusa, è consegnata all’Atleta che la conserverà insieme alla notifica di convocazione al controllo. Il laboratorio antidoping FMSI (ne esistono solo 35 accreditati WADA nel Mondo e quello Italiano, situato a Roma presso l’Acquacetosa, è il primo Europeo per quantità di Campioni analizzati nel 2009, più di 15.000, e secondo a livello Mondiale solo a quello degli Stati Uniti d’America di Los Angeles), provvede all’analisi delle urine contenute nel campione A. Se l’analisi risulta negativa, il campione B non viene analizzato mentre, nel caso di “non negatività” del campione A per una determinata sostanza, la FMSI comunica il codice del campione all’ufficio 17 che ne testimoni l’inserim e n t o degli stessi nella lista delle sostanze dopanti, non sempre questo è presente e Un kit antidoping per il controllo delle urine e del sangue non sempre i farCoordinamento Antidoping del maci vengono acquistati in Italia CONI che, a sua volta, accerta (all’Estero il marchio non è l’identità dell’Atleta e ne informa obbligatorio). In aggiunta vi la società di appartenenza e sono sostanze che entrano od l’ufficio delle Procura sportiva. A escono dalla lista delle sostanquesto punto viene fissata la ze proibite indicate dalla WADA data in cui l’analisi verrà ripetued alcuni Farmaci Esteri con ta sul campione B che sarà nomi commerciali uguali a quelaperto e verificato in presenza li Italiani contengono principi dell’Atleta e delle competenti attivi differenti e quindi, a volte, Autorità: i risultati delle analisi di proibiti e dopanti. revisione sono, a questo punto, Ferma questa necessaria predefinitivi ed inappellabili’applicamessa, sono sempre proibite le zione delle relative sanzioni è di seguenti classi di sostanze: esclusiva competenza degli Agenti Anabolizzanti, Ormoni organi di giustizia sportiva della Peptidici e Fattori di Crescita, Federazione sportiva nazionale, Beta-2-Agonisti, Antagonisti e in collaborazione con l’ufficio Modulatori Ormonali, Diuretici e della Procura antidoping del Agenti Mascheranti. Sono semCONI e, qualora nel corso delle pre proibite le seguenti pratiche: indagini si ravvisino gli estremi A) Doping ematico: processi di comportamenti penalmente che aumentano artificialmente rilevanti (ai sensi della Legge la massa eritrocitaria, trasporta376 del 14 dicembre 2000) l’uffitori di ossigeno (Carrier), modificio della Procura antidoping tracatori allosterici dell’emoglobismette gli atti relativi all’autorità na, sostanze che modificano giudiziaria competente per terriartificialmente il pH, l’effetto torio. Poiché tutti gli Atleti tessetampone e/o il volume totale del rati per una Federazione sangue, manipolazioni del camNazionale, indipendentemente pione per alterarne la sua inteda sport praticato, età, sesso e grità, utilizzo di sostanze che soprattutto categoria, possono alterano la composizione e la essere controllati è utile ricordaconcentrazione del campione. re una serie di informazioni per B) Infine il Doping genetico: la evitare di incorrere in sanzioni a genetica sta dando un grande causa dell’assunzione di farmacontributo alla medicina. ci o sostanze proibite non semAttraverso gli studi di genetica, pre per dolo, ma a volte solo per infatti, si stanno predisponendo superficialità o disinformazione. metodiche di intervento che perIn particolare, nonostante le metteranno di curare molte disposizioni del Ministero della malattie (o fin’anco di prevenirSalute, che hanno reso obbligale) correggendo e sostituendo i torio l’apposizione sulle confegeni sbagliati del nostro organizioni dei farmaci prodotti e vensmo che hanno causato le duti in Italia di un marchio rosso malattie stesse. Con lo stesso 18 principio, ma in un’ottica del tutto degenerata, qualcuno potrebbe pensare di “correggere” i propri geni o di inserire nell’organismo dei geni artificiali che siano capaci di produrre in quantitativo superiore, ma “apparentemente” fisiologico, una specifica proteina oppure un ormone utili a migliorare la prestazione (Doping genetico). E’ proibita, inoltre, in competizione l’assunzione di Stimolanti (ad esempio Cocaina), Narcotici (ad esempio Morfina), Cannabinoidi (ad esempio Hashish) e di Glucocorticosteroidi. In alcuni particolari sport Alcol e BetaBloccanti. In alcuni casi ben codificati, quando l’assunzione di solo alcune sostanze proibite è indispensabile per prevenire e/o curare patologie dell’Atleta, è possibile presentare una Dichiarazione d’Uso (DUT Dichiarazione Uso Terapeutico) o un’Esenzione a fini Terapeutici (TUE - Therapeutic Use Exception) che ne permetta l’assunzione, in quantità ben definite, temporaneamente (soprattutto il DUT) o cronicamente (in maggior misura il G TUE). G Siti WEB. WADA: http://www.wada-ama.org/en/; CONI: http://www.coni.it/; FMSI: http://www.fmsi.it/ A cura della Federazione Medico Sportiva Italiana E’ ormai dimostrato il ruolo benefico dello sport per le donne, ma un’attività intensa espone a tre rischi: disturbi alimentari, disturbi legati al ciclo e all’osteoporosi. Restano dunque fondamentali i consigli del medico sportivo ATLETE , occhio alla “triade”! N umerose evidenze scientifiche hanno chiaramente dimostrato negli ultimi anni il ruolo benefico dell’attività fisica e sportiva per la salute della donna. Così come nel sesso maschile, infatti, l’esercizio fisico praticato con regolarità è un ottimo strumento di prevenzione di malattie ampiamente diffuse nella nostra società, prime fra tutte quelle cardiovascolari (cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, ictus) e metaboliche (diabete, obesità, sindrome metabolica). Nella donna in menopausa, inoltre, una regolare attività fisica, integrata con buone abitudini alimentari protegge dall’osteoporosi (una perdita eccessiva di calcio dalle ossa che diventano più fragili e sono, così, a maggior rischio di frattura), sebbene una maggiore efficacia in termini di prevenzione possa essere raggiunta se l’attività motoria è regolarmente praticata già in età infantile e adolescenziale. In questi anni, infatti, la pratica di attività antigravitarie (quelle, cioè, in cui viene sostenuto il peso del proprio corpo come correre, saltare, danzare, ecc.) favorisce un corretto sviluppo scheletrico ed un’adeguata mineralizzazione ossea. L’esercizio fisico, infine, riduce il rischio di tumori al colon e alla 34 mammella, senza dimenticare il suo effetto protettivo nei confronti di ansia e depressione (che colpisce le donne due volte più degli uomini), favorendo invece l’autostima e la socializzazione. Considerazioni fisiologiche - Le principali differenze tra uomo e donna alla base delle differenti performance sportive nei due sessi risiedono in buona parte nelle diverse caratteristiche antropometriche, dipendenti a loro volta, dal diverso quadro ormonale (caratterizzato dagli estrogeni nel sesso femminile e dal testosterone in quello maschile). La donna, infatti, è in media di taglia corporea inferiore e ha una composizione corporea più ricca di massa grassa e, conseguentemente, più povera di massa magra. La minor massa muscolare (principale costituente della massa magra) è alla base dei minori livelli di forza e potenza che la donna riesce a generare rispetto all’uomo, fondamentali in discipline sportive di breve o brevissima durata (salti, lanci, 100 metri, etc.). Tuttavia, se forza e potenza muscolare vengono rapportate al peso corporeo o, ancora di più, al peso della massa magra, queste differenze tendono ad affievolirsi. La donna, inoltre, a causa dei cicli mestruali e, non raramente, di un’alimentazione non adeguata, ha livelli di ferro e di emoglobina inferiori rispetto all’uomo. Ciò riduce la capacità di trasporto di ossigeno ai muscoli durante esercizio e spiega, almeno in parte, la minore potenza aerobica (anche quando indicizzata per il peso corporeo) delle atlete rispetto agli uomini, penalizzandole nelle prestazioni di discipline sportive aerobiche (come la maratona). Numerosi studi sono stati condotti nel tentativo di comprendere se la prestazione sportiva nella donna potesse essere influenzata dalle diverse fasi del ciclo mestruale, ma il risultato è stato sempre negativo, ad eccezione di una capacità di resintesi di glicogeno muscolare lievemente aumentata nelle ultime due settimane del ciclo mestruale (fase luteinica), che sarebbe alla base di un tempo di esaurimento lievemente incrementato durante esercizi aerobici ad alta intensità (90% del massimale). Nonostante una notevole variabilità individuale, inoltre, anche la fase mestruale sembra non influenzare l’esito della prestazione sportiva. La gravidanza, infine, non rappresenta una controindicazione all’esercizio fisico. Al contrario, l’American College of Obstetrics and Gynecology concorda che, in assenza di problematiche connesse alla gestazione, l’attività sportiva svolge un ruolo benefico sulla gravidanza stessa (minore durata del travaglio, minori complicanze connesse al parto). In linea di massima si consiglia di evitare sport traumatici mentre si raccomandano esercizi aerobici di intensità lievemoderata, non eccedendo livelli di frequenza cardiaca di 140-150 bpm per periodi superiori ai 15 minuti. Tale indicazione, peraltro non condivisa da tutti, è motivata dalla preoccupazione che una parte del sangue necessario agli scambi gassosi sia deviata dalla placenta verso i muscoli, con possibile minore ossigenazione del feto. La triade dell’atleta - Se i benefici dell’allenamento per la salute della donna sono fuori discussione, un’attività atletica intensa, soprattutto se competitiva, predispone le atlete a quella che l’American College of Sports Medicine ha definito nel 1992 “triade dell’atleta”. Si tratta di una condizione clinica più frequente negli sport in cui il ridotto peso corporeo è fondamentale per l’esito della prestazione (danza, ginnastica, corsa di fondo, equitazione, sport in cui esistono categorie di peso, ecc.), caratterizzata da tre disturbi tra loro correlati: a) disturbi minori del comportamento alimentare, ma che possono condurre a quadri più severi (fino all’anoressia nervosa, patologia psichiatrica molto grave che colpisce tipicamente giovani donne); b) disturbi del ciclo mestruale con ritardo della comparsa della prima mestruazione (menarca) o assenza del menarca dopo i 16 anni (amenorrea primaria) nelle adolescenti, irregolarità del normale ritmo mestruale fino alla scomparsa del ciclo per più di 6 mesi (amenorrea secondaria) in donne con cicli in precedenza regolari; c) osteoporosi, cioè riduzione del contenuto di calcio delle ossa che diventano più fragili e, quindi, a maggior rischio di frattura. La contemporanea presenza di questi tre disturbi non è molto frequente in atlete che si allenano intensamente, ma molto più spesso sono presenti i disturbi del comportamento alimentare e quelli del ciclo mestruale, essendo l’osteoporosi una condizione clinica più lenta ad intervenire, ma che indica un quadro più severo. Oggi si ritiene che la triade dell’atleta sia un processo unico, continuo, il cui cardine è un bilancio energetico negativo. Le atlete, infatti, a causa di una distorta visione della propria immagine corporea, assumono comporLa tennista russa Maria Sharapova: ha 23 anni ma si tamenti alimentari allena con intensità da quando ne aveva sette scorretti che vanno preso, il ridotto livello di estrogeni da una restrizione calorica eccessiper tempi protratti promuove la va a vere e proprie patologie, quali demineralizzazione delle ossa, con l’anoressia nervosa (caratterizzata progressiva perdita del calcio schedal rifiuto di mantenere un normale letrico, passando da una condiziopeso corporeo, paura di ingrassane più lieve di osteopenia a quella re) e la bulimia (in cui vi sono più seria di osteoporosi, attraverso eccessi alimentari alternati con un processo che ricorda ciò che assunzione di quantità normali di fisiologicamente avviene nelle cibo o con digiuno). In definitiva, le donne in menopausa. calorie giornalmente introdotte con Per ridurre i rischi per la salute gli alimenti sono minori rispetto a delle atlete, è quindi fondamentale quelle spese (per allenarsi e per il incrementare la sensibilità per quemetabolismo basale), con consesta condizione clinica che non deve guente riduzione del peso corporeo essere assolutamente sottovalutae della massa grassa. Nel nostro ta, anche nelle fasi iniziali. È fondaorganismo il grasso ha numerose mentale, quindi, un intervento intefunzioni e, in particolare nella grato e precoce del medico dello donna, svolge un importante ruolo sport, del ginecologo, del nutrizioninel sistema di controllo degli ormosta e dello psicologo per una corni sessuali (estrogeni). Così, per retta diagnosi ed un trattamento valori di massa grassa eccessivaadeguato. Generalmente la positimente bassi (inferiori al 12-14% del vizzazione del bilancio calorico peso corporeo) l’asse ipotalamo(cioè una dieta più ricca), con un ipofisi-ovaie non funziona più corlieve incremento del peso corporeo rettamente e compaiono i disturbi (e della massa grassa) consente la del ciclo mestruale. Quest’ultimi, se normale ripresa del ciclo mestruaeccessivamente protratti nel tempo le. È opportuna, inoltre, un’adegua(per ragioni di praticità alcune atleta assunzione di calcio con la dieta te ritengono utile non avere il ciclo (almeno 1 g al giorno, ma nelle mestruale!) possono ridurre la fertidonne osteoporotiche fino a 1,5 g), lità della donna, con maggior diffiminerale presente nel latte e dericoltà ad intraprendere e portare vati, ortaggi a foglie scure (spinaci, avanti una gravidanza normale. cicoria, ecc.), legumi, alcuni pesci Infine, con un meccanismo che (sgombro, polpo, sardine), ecc. l ancora non è stato del tutto com- 35 di Carlotta Spera per la Federazione medico sportiva italiana “Scegli il benessere” è la ricerca che la Fmsi ha realizzato in collaborazione con la Barilla: analizzate le abitudini nutrizionali e gli stili di vita di 32.000 persone che praticano attività fisica. Per stare in forma spesso lo sport non basta: è soprattutto necessario rispettare il giusto ritmo alimentare Quando l’atleta salta... il A PASTO bambini: circa il 20% di loro è in bitudini alimentari scorrette, nazionale per la ricerca degli aliforte sovrappeso. Mentre il 9% meno tempo dedicato allo sport menti e della nutrizione). della popolazione adulta è affetto con l’avanzare dell’età, poca dispoSecondo una ricerca dell’Istat negli da obesità. L’inattività fisica, avvernibilità al cambiamento. Sono queultimi anni in Italia il numero delle te l’Oms (Organizzazione mondiale sti alcuni dei risultati emersi dalla persone in sovrappeso e obese è della sanità), è responsabile di ricerca “Scegli il Benessere” conin aumento, i sedentari sono circa quasi due milioni di decessi ogni dotta dalla Federazione Medico 23 milioni e la percentuale degli anno. A tale realtà si aggiunge Sportiva Italiana che, in collaborasportivi è in diminuzione. Un fenoanche il problema, non trascurabizione con Barilla, ha analizzato abimeno ancor più allarmante se si le, rappresentato dalla variazione tudini nutrizionali e stile di vita di considera che i più colpiti sono i circa trentaduemila persone che praticano attività fisica. Scopo di questo studio epidemiologico, verificare all’interno della popolazione attiva italiana la coerenza tra esercizio fisico, tipologia dello stesso e la corretta alimentazione con l’obiettivo di evidenziarne le criticità e fornire successivamente una corretta informazione in accordo con quanto prescritto dalle linee guida per una sana alimentazione Mike Phelps in un McDonald’s durante i Giochi di Pechino. Le calorie introdotte dalla star del dell’Inran (Istituto nuoto sono diventate fonte di dibattito 18 delle abitudini alimentari con l’acquisizione di comportamenti di scelta errati dovuti sia alla scarsa varietà, sia all’abbondante quantità di cibo consumato quotidianamente. Gli attuali ritmi di vita, infatti, nonché l’influenza della globalizzazione dei costumi stanno progressivamente modificando il comportamento alimentare basato sul classico modello mediterraneo. Un atteggiamento ancor più dannoso in caso di soggetti che praticano regolarmente un’attività fisica e che hanno quindi bisogno di aumentare il proprio fabbisogno energetico giornaliero attraverso un’alimentazione su misura. Ma quali sono i maggiori risultati emersi dalla ricerca “Scegli il Benessere” e quali gli errori più comuni riscontrati all’interno della popolazione sportiva esaminata? La Ricerca ha suddiviso il campione studiato per fasce d’età e ne ha analizzato, attraverso uno specifico questionario, i dati antropometrici, l’attività fisica e le abitudini alimentari. Ne è scaturita un’importante fotografia della nostra popolazione. Il campione esaminato presenta, innanzitutto, una percentuale di soggetti in sovrappeso inferiore alla media nazionale. Si assiste, infatti, ad un’inflessione dei parametri per la valutazione dell’obesità nelle persone che praticano attività motoria in maniera regolare e ade- guata. Risultato che conferma, quindi, l’efficacia e la rilevanza dell’attività fisica nel controllo del peso. Attenzione però: per restare in forma, lo sport da solo non basta. Perché sia adeguato e salutare va associato anche ad un corretto stile di vita e ad un’alimentazione sana. E non solo. Se si vuole davvero “scegliere il benessere” è necessario che Alex Schwazer, olimpionico della marcia: alto anche il suo i due elementi fabbisogno di calorie, tanto da diventare uomo-spot siano vissuti come un sistema integrato. Una corretta alimendegli sportivi di oggi (fatta ecceziotazione, infatti, deve tenere conto ne per i soggetti in età scolare che delle attività quotidiane di ognuno ancora riescono a mantenere uno di noi e la distribuzione dei pasti stile di vita più sano e regolare) non deve essere calibrata sul tipo di segue regole precise e la corretta sport praticato, la frequenza, gli distribuzione su cinque pasti giororari, l’età e lo sforzo prodotto. nalieri, come suggerito dalle linee Purtroppo, però, secondo quanto guida dell’Inran, difficilmente viene ancora evidenziato ed emerso rispettata. L’adozione di diete o dalla Ricerca, il ritmo alimentare schemi ulteriori, infatti, vengono letti come un impegno piuttosto che come un’opportunità per migliorare la propria salute e, soprattutto, quasi nessuno è disposto a cambiare le proprie abitudini sia per quanto riguarda l’attività fisica che per l’alimentazione. Con l’aumentare dell’età e con l’ingresso nel mondo del lavoro, poi, il numero dei pasti giornalieri si riduce ulteriormente a tre momenti e il tempo dedicato allo sport viene ritagliato all’interno degli altri impegni quotidiani. Di conseguenza sempre meno persone riescono a pianificare l’attività fisica in accordo con i pasti continuando a mantenere comportamenti errati. I giovani tra i Giovani atleti dello CSAIn a tavola a Riccione durante il Festival dello sport 6 e i 18 anni, ad esempio, assumo- 19 EQUILIBRIO no poca frutta e spesso mangiano cibi troppo proteici. Crescendo la dieta diventa sempre più monotona, veloce e poco variata. Anche gli orari in cui si fa sport cambiano e si modificano in base all’età. I più giovani sono per lo più soliti svolgere attività sportiva tra le 16,00 e le 20,00, i ragazzi fino ai 34 anni vanno in palestra tra le 18,00 e le 23,00, per gli adulti tra i 35 e i 65 anni l’attività fisica è distribuita soprattutto tra le 8,00 e le 10,00 o tra le 12,00 e le 14,00. Gli over 65 si dedicano al proprio corpo per lo più la mattina. Da qui la necessità primaria di non imporre Linee guida fisse di comportamento, che con molta difficoltà potranno essere mantenute, ma di “costruire” e adattare la propria giornata alimentare sul ritmo di quella sportiva. Per chi ama fare sport appena sveglio, ad esempio, è consigliato fare uno spuntino a base di zuccheri subito prima dell’attività e poi far seguire una colazione molto ricca con cereali, latte zuccheri, proteine, frutta, caffè o tè. Chi invece è abituato ad andare in palestra verso mezzogiorno avrà come pasto principale il pranzo che servirà a reintegrare le riserve energetiche attraverso carboidrati, verdure e poche proteine. Da non trascurare, invece, la merenda pomeridiana nel caso si preferisca fare ginnastica la sera: carboidrati semplici con pochi grassi e proteine e verdure preferibilmente crude. Mentre la cena sarà leggera e digeribile per meglio G prepararsi al riposo notturno. IL DECALOGO DELL’EQUILIBRIO (A CURA DEL COMITATO SCIENTIFICO DI “SCEGLI IL BENESSERE”) 1. Impara a mangiare bene e fai attività fisica: sono i pilastri più importanti di un corretto stile di vita e sono componenti integrate di un sistema finalizzato alla salute. 2. Organizza bene il tuo tempo: pratica attività fisica almeno per 30 minuti tutti i giorni. 3. Alimentati in modo regolare e commisurato al tuo fabbisogno. Ricordati inoltre di mangiare molta frutta e verdura. 4. Fai fare attività fisica ai tuoi bambini: non esiste ‘una’ attività fisica che sia completa. Fino all‘adolescenza fai praticare più attività in modo da favorire un sano sviluppo armonico di tutte le capacità fisiche. 5. Non esistono diete speciali, salvo rari casi: mangia sempre in giusta proporzione e distribuisci i pasti nella giornata, ricordandoti di fare una buona prima colazione. 6. Fai sempre una visita preventiva dal Medico Specialista in Medicina dello Sport prima di fare attività fisica: così previeni i rischi e impari a misurare come funziona il tuo corpo. 7. Adegua l’assunzione di cibo all’esercizio fisico. Prima di uno sforzo fisico fai uno spuntino digeribile ed energetico: non fare mai sforzi a stomaco pieno (almeno 3 ore dai pasti), ma nemmeno se sei vuoto di energia. 20 Attività fisica e giusta alimentazione, la formula vincente 8. Ricordati di mantenere sempre una corretta idratazione: prima, durante e dopo l’attività fisica, in particolar modo nel periodo caldo. 9. Non fare da te! Rischi di ottenere meno di quello che potresti. Chiedi consiglio al Medico Specialista in Medicina dello Sport per programmare un’attività giusta per la tua età e per le tue condizioni fisiche insieme a una corretta alimentazione. 10. Evita gli eccessi, soprattutto in periodi di stress. Fumo e alcool sono dannosi alla salute. Ricordati che il recupero, attraverso il riposo e un’adeguata alimentazione, è tanto importante quanto l’esercizio fisico. Comunque ricordati: è importante che tu scelga un’attività fisica divertente, da bambino, da adulto G e da anziano.