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Fase.
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PENNACCHI ROSSI
A RROS
pennaccJii ilossi
CON PREFA Z IONE
BENITO MUSSOLINI
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\lIL,\~O
Edizione del POPOLO D ' ITALI A
Tip . O. 'Rov/da - 'olia ~Maogl, 6-- Mil<wo
18 lG.
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PREFAZIONE
Carissimo Rossato.
le prefazioni - in genere - valgono poco. Come
'' viatico» a un libro o sono inutili o Io soffocano.
Eppure - perdonami l'atto di superbia - la mia costituisce un 'eccezione alla regola. Anzitutto non è una
prefazione, ma un atto di solidarietà e di amicizia; poi le
circostanze eccezionali, eccezionalissime nelle quali mi
trovo, possono conferire a queste righe, qualche pregio.
Scrivo, seduto alla turca, in una specie di riparo che
truffa il nome di trincea. Accanto a me si lavora furiosamente di piccone. Uno scenario meraviglioso di montagne colle cime già bianche di neve e coi boschi spogli
già di ogni verde. Una mattinata di una chiarità incomparabile : tepore di sole.
sol di settembre, tu nel cielo stai
«come l'uom che i migliori anni finì».
«
Carducci. Ma è ottobre inoltrato.
Senza il « ta-pum » dei Mauser austriaci ed il crepitio
delle mitragliatrici, non si avrebbe sensazione alcuna
di guerra .
Vita dura ~ magnifica. Un po' primitiva. Si « ignorano» molte cose e se ne imparano tantissime altre.
- • G-
Ammetti, caro Rossato, che pochi libri entrarono nella c1rcolazione, con una prefazione scritta in trincea,
nelle linee esterne del nostro fronte. Anno II della guerra mondiale.
Ma se anche queste parole
per una strana combinazione
non ti giungessero, le tue note troverebbero
egualmente aperta la via del grande pubblico.
Sono note « di getto » nelle quali scorre una linfa di
vita che non muore col passare effimero del foglio di
carta nel quale furono stampate.
Note impetuose, violente, ironiche, sentimentali : qualche volta, romantiche.
Già : il titol o stesso è un po' « passatista > • I e pennacchi >> non sono più del nostro tempo. Da quanto tempo è morto Cirano? Noi stessi abbiamo abolito i nostri
pennacchi, troppo facilie bersaglio per le carabine nemiche.
Il cc rosso » è però attuale. Tremendamente attuale e
futuro. Rosso di sangue. E' questo 1'olio sacro che lubrifica nei secÒli e nei millenl le ruote della civiltà umana.
E qui mi fermo. Non voglio scivolare da lla prefazione
alla ... critica.
Una fortissima stretta di mano dal
tuo Benito Mussolini.
18 oLloi)J'\' I !JI .;
Dopo l"rspnhiunr di \J11s,0Ji11i diii
l'nrtitn sncin l 1sl ;i l'. l 1 r111fi1 chinrn.1\ n i s1•g11;i"i d1 il l 11ssulmi c. pochi
f:vldnti di \ 'l'JJIUl'il ''·
POCHI SOLDATI DI VENTURA ...
, Campana a martello « pochi soldati di ventura! » . Da
questa nostra munita difesa, da questa torre che non
crolla, da questa nostra agile e tormentata vita spirituale che incalza sè stessa, giorno per giorno, disperatamente. rilanciamo il grido osceno buttatoci sul viso dai
cc grep piaioli dell'avvenire » e chiamiamo a raccolta tutti
i « soldati di ventura».
Pochi, ma buoni. Pochi, ma fieri. Pochi, ma tali da
valere la ballonzolante moltitudine che urla.
Saniamo campana a martello!
O buoni giovani compagni di fede, o cc soldati di ventura » che vi battete per un soldo di ideale e di libertà.
o voi che non avete ancora intorno al collo la rude corda
della :< libertà ufficiale » nè affondate nella greppia del['avvenire il muso ingordo, con un rumore di mandibole
JJoraci, o voi che siete ancora gi.ovani e non vi preoccupate di nessuna pensione. venite a noi, in quest'ora di
JJigliaccheria e di vituperio!
Crolla un vecchio monastero. I frati panciuti sbucano
dalle rovine col messale marxista in mano e la cassetta
delle elemosine sotto il braccio. I chierichetti strillano
aggrappati alle loro sottane. I Padri Priori già in cantina.
posano il grosso testone sulle mani grosse e fingendo di
meditare. russano dottamente.
Soldati di ventura, belli lanzichenecchi della libertà e
dell'eresia, garibaldini spavaldi dell'idea libertaria, saccheggiatori di ogni monastero, saccomanni d'ogni grassa
terra di pochi .... all'assalto .. .. alla demolizione .... alla
cc ventura ».
Non potevamo avere nome migliore, o <<compagnia
-- 8 -
di V<'nduii ». Non potevamo esser chiamate piiì esatta
niente da quella gente del monastero crollante che salva
la lettera del vangelo e la cassaforte dell'avvenire. Fanfulla si scrolla. Come la sassata spacca i l'elri della chiesa.
butta la stola e la cotta, e riacchiappa fa spada per dar
colpi da matto.
Soldato di ventura .
}a slrofa più sonante e più
. I ~enciosi garibaldini
lunf?tda del poema del nostro risorgimento si stringono
rn mutate di'Jlise per mutate vicende
intorno a noi.
Soldati di ventura.
Gli eresiarchi, gli apostati, i magnifici ribelli che
hanno dato la carne ai roghi e il pensiero all'eterni!&
~ uno con noi.
Soldati di ventura.
E <<ventura » sia. Combattiamo al « soldo » dell'onestà e della libertà del pensiero. E combatteremo spietatamente. A morsi. A pugni. A ferro freddo.
Campana a martello compaf1nie di ventura! n Il
monastero crolla.' ...
I(
_\ lle nrcusr rlell',\ vanti! il Popolo
sollecita 1nrn fr, mentrr
..;ulle acc·usr r inJ.lteglri l'.\ rn nli'
111 an lellf'\'a il p iù ():•ti11al1_1 s.j~e n z i o
1·he contin ua ancora.
11sponrlr,·n
SILENTIUM
Non vorremmo sembrare crudeli. Se è vero che in
ogni cuore umano si annida una belvetta, pronta al
morso ed al ringhio, noi dobbiamo dichiarare di av~r
addomesticata e posta alla catena la nostra. Tuttavia
siamo mortificati. Forse un po' meno. forse un po' più
dell'onorevole Treves saettante l'acuta freccia del Parto.
fuggendo verso Roma ospitale. Ma mortificatissimi.
A noi l'obbligo preciso di dire una parola precisa. A
noi la resa immediata. Quella dei nostri conti se non
altro. A noi il dovere di spalancare le porte di casa. di
rovesciare le tasche, di subire la visita doganale degli
agenti della moralità e della dignità del Partito. E poichè
rispondemmo alto e chiaro; p~ichè .o~amm~ mettere la
casa a loro disposi~fone o a disposmone di qualunque
altro galantuomo appartenente a qualunque partito, ci
han voluto prendere egualmente la tes!a con u_n discreto
anticipo sul nostro destino mortale. B1sogna riconoscere
che quei signori son molto previdenti.
Ma noi ora. domandiamo la parola per toccare ed
incrinare del nostro ultimo graffio il loro grave silenzio.
Enorme silenzio. Silenzio di uomini, di cose e di Partito
e specialmente di .... partito preso.
Abbiamo buttato in viso a qualcuno delle domande
insolenti. Abbiamo pestato sotto agli occhi di qualche
altro delle cifre e delle conclusioni imbarazzanti. A chi
1 oleva palparci nelle tasche e investigare i~ casa nrJstra
abbiamo indicato le tasche e la casa proprca.
Ma contro noi - che abbiamo risposto - urla an
cora tutto il branco dei mastini inferociti che difendono
la casa sacra .
1
'!.8 l\1>1C'tllbl'C l !ll'i.
•
-
10
Contro ·'loro» nessuno: silentium.
Non c'è più la febbre. Il termometro morale della
dignità non oscilla più. La casa sacra ed i mastini alla
catena. tacciono.
D,avanti. alla furia della prima folata, i " pensionati ,,
del! avvenire avevan cacciato fuori l'onesto capo, tirandosi sulle orecchie il berretto da notte. Tuonava. Il berretto ~a noti.e discese allora più giù : tappò occhi ed
o:ecchze. Poi fu sprangata ogni porta; furon chiuse le
finestre: suonarono serrature e catenacci.
Disperatamente.
Ma, . qualcuno, ancora, è laggiù.
implacabile
davanti al gran portone serrato. vaticanescamente.
E picchia.
Oè! Di casa! Oè! Di casa!
Ma la casa è un dormitorio. Non ode. Non risponde.
Il morale - forse - è troppo alto.
Silentium.
\ \"1 1 rirn:i, d11r:inf,. il prnno com·-
i11ti rnmtista ~i tentò di far
.l\lnssulinì co11 la canzonetta qui ripotiata. T.'.\ 1•unli la porta\·a 01·gL>gliosarneutc all'online d el
Zll•
t<1c1·rP
~i11rno .
CANZONATURA
Il caffè-concerto di via S. Damiano sta arricchendo
il proprio repertorio . Era giusto. Anche i conduttori
della <buvette» neutrale si sono arricchiti. dandola a
bere. Preferiamo, però, il repertorio. Oggi è una ridente canzonetta veronese che sfarfalla allegramente nel
piccolo palcoscenico pericolante. domani sarà un 'altra
canzonetta, dopo domani un'altra ancora. e la .... canzonatura diverrà ogni giorno più vivace e più graziosa. Non
ci soddisfa ancora, però, il timbro (sia detto senza allusione alcuna ad un intellettuale conduttore del caffè-concerto) il timbro della voce che ce ne gorgheggia il moti110 .. . ma ci abbiamo i nostri buoni motivi per non esserlo.
Prima che mi te sposa
te geri bianca e rosa.
Siamo franchi. E' una canzonetta eminentemente rivoluzionaria e terribile. Una specie di marsigliese. Noi
immaginiamo il popolo, tutto il popolo sovversivo d'Italla. armato di picche e di fucili. assaltare il Campidoglio o gremire le barricate plebee cantando eroicamente:
Prima che mi te sposa
te geri bianca e rosa.
G Dicemlll'e l!ll 1.
E ne rimaniamo stupefatti.
Ogni parola è uno squillo di guerra . Lampeggia di
punte. Vsrona. la bella e rossa Verona coronata di forti
e di vianeti, ha lanciato un formidabile inno di ribellione che i futuri eroi della rivoluzione ci gittano sul
-
12 -
volto magnanimamente. Rossa Verona' Salute! Sei la
patria di Giulietta e Romeo e di Maitilasso; ti solca il
verde Adige sonnolento. ma squilla ancora nelle tue vene petrose e larghe il buon cc JJin quadro » e il vermiglio
« vm tondo». E crei canzoni di guerra a tutto conforto
degli uomini della pace, dalle teste quadre e tonde. No.
Dichiariamolo francamente. Il popolo non è nè scemo
nè idiota. N?n lo abbiamo detto. Fra il popolo ci sono
soltanto degli scemi e degli idioti. ma questi non cc inventano » canzoni, e specialmente le canzoni che hanno il
preciso ~copo di ... ammazz~re un uomo. Meglio ancora: una Ldea . No. Il popolo e buono e ingenuo. Il popolo
gode e canta.
l .', \ P111//ì! si l:in1<'1d:l\";r d1f' n.ella
111ìla pr1•1'Prl1·11'1• f11ssPt11 s lal1 IP\;tli
i 1!111' \1•rsi "''"' cu!Ol'e
dìli1 pOIPllliC:1.
'
Son vecia e son in tach i
cassa ghe xe de mal ...
Dente per dente. Canzonatura per canzone ... E l'Avanti!, organo della neutralità e bollettino-programma
degli spettacoli, potrebbe suonare ben allegramente. accompagnandola. Suonerebbe ... sè stesso .
E' un pezzo che lo sta facendo.
p1•1· r·11J110-
"BIS" A RICHIESTA
Prima che mi te sposa
te geri bianca e rosa.
Ah.' se ogni scaligero rimescolasse un poco le sue
vecchie canzo ni.' Ne troverebbe una con alette dur~ e
ironie sottili che simboleggerebbe arautamente la neutralità quasi assoluta, ma che farebbe fortuna nella
« buvette » di via San Damiano :
li
...
L'Avanti! traccanna amaro e fa il bocchino dolce.
Bamboleggia come può col suo nuovo giocattolino veronese e ne sembra tanto felice da chiedersi se non abbia
ora il diritto di proclamarsi almeno figlio di un Can ...
della Scala.
No . Non sono arrivato tardi a commentare la canzonetta. N è mi sono dimenticato il ritornello atroce della
nuova « ça ira » socialista; il ritornello che sberle/fa così
pietosamente :
Ti ga cambià color,
ti ga cambià color .
Anzi! Eccomi qui a riascoltarlo con la gioia e l'acuto
piacere che prova un artista davanti ad un capolavoro.
Tanto più che il timbro (sia detto senza alludere al più
intellettuale condirettore dell'Avanti!) il timbro della voce che mi concede il « bis » sembra più rlastico e più
mobile.
Ti ga cambià color,
ti ga cambià color.
Sono due pugnalate sacrosante. Bisogna sentirsi profondamente rivoluzionari, bisogna avere una squisita anima barricardiera, bisogna essere poeti della più raffinata sensibilità, per saper gittare così trionfalmente al
popolo queste due belle lame squillanti e trascinarselo
dietro, armato d'esse, alla conquista dell'avvenire. Nei
due piccoli versi tempesta l'anima di Andrea Chenier
e scricchiola quella feroce di Tito Livio Cianchettini.
-14Ti ga cambià color,
ti ga cambià color.
Datemi un boccale di « vin quadro », o tavernieri della rossa Veronal Questa gente fa questione di vita o di
morte per il cc cambiato colore ». Guardate più profondo, o miopi: alla midolla. Non la troverete mutata. Uscite all'aperto, o pietosi prigionieri di voi stessi. Troverete, non noi, ma il mondo che ha mutato colore. Sacrestani della chiesa che si abbarbica ferocemente alle crollanti fondamenta, voi non volete mutare il suono del vespro e dell'ave; ma la terra sobbalza - perchè si trasforma - e le campane rombano da sole, al crollo, con
un mugolo diverso e profondo. Se squillano, laggiù, le
trombe dei barbari, qui, devono martellare le campane
di Pier Capponi.
Tutto è mutato. Aprite occhi ed orecchie : mettete il
muso pauroso ad uno spiraglio del tempio; udrete inni
diversi, vedrete fedeli diversi.
Ti ga cambià color,
ti ga cambià color.
Ma non muteranno i sapienti. Crolleranno pezzo per
pezzo. Rimarranno fuori dal mondo.
Buon taverniere di Verona, porgimi un boccale di
cc vin tondo». C'è funzione nella chiesa dei frati qui accosto . La frate ria inneggia a sè stessa.
Son vecia e son in tochi
cossa ghe xe de mal.
I. I Uil'cmbrc lnH.
La palla « dum-dum » fa ancora capo~ino nelle polemiche degli Stati belligeranti : e fa capolino - oh! un~
piccola cappocchia rossa soltanto - anche dalle ca~n1
lacerate dei combattenti. cc Dum-dum » . E' un nome gioioso. Il nome di un balocco infantile. Ma invece il balocco, scoppiato nelle carni, schizza sangue e morde coi
denti aspri, di piombo. .
.
. .
.
La Germania, in uno di quei suoi mille opuscoli vermiali che invia nei paesi neutrali, ci ha offerto la fotogrdfia del proiettile assassino. La Germania - naturalmente - aveva sequestrato tale corpo di reato, nel
corpo d'un suo soldatino ... sequestrato d.al proietti~e . .
Ma noi, oggi, vogliamo sequestrare altri due corpi di
reato : due socialisti tedeschi cc dum-dum », Cosper e
Dosters. Due onorevoli compagni. Cosper ha detto a
dei socialisti belgi che gli rimpovera1~ano ~a condotta d~l­
la Germania : cc L'onore di una nazione e una concezwne ideologica borghese con la quale i socialisti non hanno nulla da vedere ». Sante parole.
Ed ha soggiunto: cc I trattati internazionali perdono
ogni valore in tempo di guerra. » Sapevamo da un pezzo
Ed ha concluso, questo amabile ma franco tiratore a
palle « dum-dum » : « Il migliorame~t,o della clas~e ope~
raia è sempre legato all~ prosP_erita della nazione : t
socialisti perciò devono aiutare il loro governo contro
gli altri popoli » .
.
. . .
Arrestiamoci qui. N otiam~ ~olta!Lto ~h~ i socialisti tedeschi fanno uno spreco ternbrle di ~ociallsmo. cc ••• ,dumdcun » Notiamo che se l'onore di una nazione e una
conce;ione ideol~gica e borghese con la quale i sociali-
16 -
sti, non hanno nulla da vedere, i compagni italiani sono
magnificamente socialisti, allorchè s'imbottigliano nella
neutralità più imbecille e applaudono alla concezione
ideologica e tedesca del compagno Agostini. Applaudono
forte: e< dum-dum ».
Ma che squisito socialismo de1Jono sorseggiare, laggiù.
nella grassa e ferrata Berlino i compagni tedeschi, se poi
si battono così ferocemente per «l'onore della loro nazione » che dovrebbe essere anch'esso una ideologia deliziosamente borghese! ...
Fanno uso di troppe palle « dum-dum » questi omuncoli del Kaiser, per difendere il « loro » socialismo : e
quello così ingenuamente ma ostinatamente tedesco dell'Avanti ! Da oggi in poi noi pensiamo che la neutralità
italiana sia veramente sacra. Le masnade, con gli elmi a
chiodo e le palle « dum-dum » nella giberna, possono entrare in Milano .
Insorgeremo soltanto noi, « apostati, venduti e malfattori » .
Ma i cc compagni» no. Tutto ciò ch'è tedesco - per
loro
è ben fatto. Noi ringraziamo i deputati « dumdum» di averci sparato addosso così francamente.
15 Dicembre l!lH.
IL TERMOMETRO
L'Avanti ! definisce la sua sottoscrizione : « il termometro del proletariato». E' facile, infatti. osservare che
la sottoscrizione è piena di ... argento vivo (rame compreso) e di spirito. Ma non ostante ciò. anche con tale
termometro, l'Avanti! sta ... fresco.
Noi leggiamo sempre. con dolci lagrime agli occh~.
i diversi gradi dell'imbecillità ~".1-ana. eh~ ~algon~, discendono ed oscillano, instancabilt ed inquieti nel piccolo
strumento di precisione e di... pressione che il giornale del partito, tiene esposto a tutte le correnti, dalla
finestra di casa.
. .
.
,.
Ci sono dei gradi superiori, naturalmente, e dei graai
inferiori : ma, con nostra somma mortificazione, dobbiamo ammettere che il termometro è sempre in continua elevazione: d'argento e di spiccioli. Ieri leggevamo con un tremito di vera commozione : cc Le scolarette della sesta classe elementare, di Borgo San Paolo
gridando: Abbasso la guerra!» Ecco delle ragazzette ~he
pure studiando a San Paolo, non sembrano eccessivamente ... paolotte. Hanno dodici a~ni. s~ttant~cinque centesimi, dieci punti in condotta ... nvoluz.10.naria e posso~o
quindi gridare con tutto lo sdegno possibile alla loro eta :
Abbasso la guerra.
. .
.
se non è vile
oda il gndo che le gwnge
I 'Italia
da "s. Paolo. E rassicuri queste povere figliolette che i
maschietti di dodici anni non partiranno per la frontiera ma rimarranno a S. Paolo, in attesa che giunga
S. Pletro. Abbasso dunque la guerra!
E giunge, anche, da un'altra città d'Italia
~ella di
marmi e odorosa di uccelletti allo spiedo - un grido ter2
,
-
18-
ribile d'indignazione contro noi, preventivamente accusati di voler mettere allo spiedo,
senza polentina consolatrice - tutti i gallinacei d'Italia. Segna il buon termometro : « I compagni di Vicenza, dopo cena. discutendo e biasimando il contegno di Mussolini, mandano
ql giornale del partito ... » Le briciole. Saremo franchi,
in mezzo a tanti... centesimi: questo socialismo che
discute, dopo il caffè e dopo una buona scorpacciata di
uccelletti, ci sembra amaro e indigesto. In ogni modo
qnel « dopo cena» merita ... un pranzo. Aspettiamo da
un momento all'altro che qualche compagno sottoscriva:
« All'Avanti! dopo averlo letto e quindi dopo una buona
dormita, invocando il risveglio ... del partito ... ».
Ma l'ultimo «grado» segnato dal termometro socialista ci sembra più significativo. Olezzano, tra i fioretti
v~rmigli della sottoscrizione, anche i miti fiori di arancio. << I compagni di .. . nel fausto giorno delle nozze.
(puro rito civile) protestando sdegnosamente contro Mussolini ... ». Comprendiamo: per quei due buoni sposi,
n_oi siamo momentaneamente. dei divorziati ... dal partito . E fanno bene a protestare. Ma questo essere ricordati anche ... ((nell'ora dell'amore» ci strappa un grido
di ammirazione verso noi stessi.
Non è dunque vero , perdio, che noi rompiamo i c....
ordoni al partito e ai compagni. Perchè se ciò fosse, sia
pure anche in minima parte, quel buono sposo-compagno si sarebbe guardato ben bene di pensare a noi in un
m.?mento così critico, quando ... l'unità proletaria gli era
piu che necessaria.
Il <<termometro» de/l'Avanti!, come J'edete, segna
ogni ... elevazione.
Anche quella dei ... Perdoni .
17 Dicembre 19 l~.
IL GALLO CANTA...
La Rivoluzione sociale è in marcia. Dà gli ultimi tocchi alla sua toilette: un berretto scarlatto. un tamburo di
vecchia pelle popolare, una bella bandiera rossa e una
tessera simbolica: < Vedova alla baionetta», titolo genUmente concesso dai compilatori della rù•ista milanese :
« Tacchino alla baionetta 11.
Titolo, quasi di rendita. perchè le tessere ora si ... rendono per amore o per forza . Si è presa an::.i. l'abitudine
di tagliare i socia.listi dal partito. come si tagliano i coupons scaduti.
Non importa. La Rivoluzione è in marcia egualmeTJte. Ha compilato, intanto, la lista del Comitato di Salute Pubblica, che si può ammirare nella lista proposta
per il Comitato della Sezione Milanese (lista che inl'ece
della ... salute procura subito una malattia intellettuale) e
battendo vigorosamente il tamburo esclama : « Bisogna
guardare in faccia alla realtà. Il Partito socialista non si
è forse mai fropafo in un momento così difficile come
l'attuale . E' il momento di star J1igili e 1mmti ad ogni
a::ione ».
Vigili e pronti:;,.. . Barricate_) Valigie
ancora
per i coniugi Savoia_) Ma la Ri11olu::.ione continua: « Con
tutte le nostre forze. 11oi socialisti che sentiamo acuto il
tormento dell'ora che l'olge, prepariamoci in modo reciso a negare ogni solidarietà colla borghesia, a rifiutare il concorso delle braccia proletarie ap,li sfruttatori
del popolo d'Italia . Il proletariato compirà fino all'ultimo il proprio dovere» .
Il gallo canta . Apre finalmente gli occhi ((in faccia al
la realtà» che gli stava dinanzi da un bel pezzo. Chante-
- 20
-
cler entra finalmente in scena e con un solo chiricchichi,
dichiara di fare la luce. Non pensa che ha dormito ed ha
fallo dormire per venti lunghi anni. Non pensa che al
primo scrollo che darà, tutte le vecchie piume gli svolazzeranno al vento ed egli rimarrà solo, su l campo di battaglia a mostrare vergognosamente al nemico la povera
pelle accapponata.
Sappiamo. Non può essere diversamente. Il proletariato socialista (( riparto ufficiali » compirà « fino all'ultimo il proprio dovere » e cioè fino a quando il governo
non avrà ... mobilitato. Poi la . .. rivoluzione sarà rimandata a... discussione finita. E' così. Dopo la violent1J.
e barbara soppressione di un popolo intero. dopo lo
strangolamento di ogni libertà, dopo cinque mesi di guerra combattuta, dopo le violenze più selJJagge e più oscene, dopo il primo atto della più feroce tragedia che abbia
st:aziato l'umanità, questo galletto che esce dal.pollaio
dicendo: «guardiamo un po' la realtà » fa sorridere e
ridere. Tanto più che per guardarla le volge ... le spalle.
No, povero Chantecler. Non è l'alba. E' mezzogiorno. Ritorna con le gallinelle a covare le ova. Se ti muùvi ... fai una frittata.
23 Dice mbrr. 191 I.
PATRIA
Raccolti intorno al gran focolare rustico, le guancie
arrossate dal fuoco, noi - piccoli - sentivamo qualrhe volta, nominare la cc Patria ». Ne parlavano gli aspri
11ecchi che avevano visto e che avevano dato rabbia e
sangue all'Indipendenza.
La storia si mutava in favola!
Pisacane il solitario, lo vedevamo sbarcare a Sapri
con un pugno di uomini. e cadere ferocemente inforcato da un branco di schiavi: Mazzini dal volto austero che
giammai non rise. errava per le contrade della Patria
non libera, sacerdote della Libertà. promettendo la redenzione: Garibaldi, impeto e fiamma. diritto sul bel
cavallo bianco, cavalcava per le terre chiamando i vivi e i
morii; Bixio urlava furibondo, torta la spada, diritta l'an!·ma, mentre i poeti scagliavano inni e saette e il popolo umile e schiavo lavorava il buon ferro liberatore.
I nostri occhi di fanciullo vedevano così la cc patria 11
e l'ammiravano, così, - allora
facendo ghirlandetta puerile intorno al focolare rustico e agli aspri vecchi
ciarlanti.
Imbecilli loro. e noi . Oggi vediamo meglio. con più
pacata anima. Dicono infatti. i nuovi Rienzi del popolo :
(( L'indipendenza politica di un popolo, si accompagna
a una forma di maggiore sfruttamento economico. La
costituzione di un popolo in unità nazionale, può significare, <<anzi significa» quasi sempre una maggiore libertà concessa alla borghesia capitalistica di estendere
il proprio dominio economico, vale a dire di sfruttare
con maggiore ampiezza i la11oratori ». Parole d'oro.
profondamente filosofiche dell'Avanti! Adesso compren-
-22-
diamn. Pfç;acane era un 1•crufuto alla borghesia che « vofe11a » per i suoi ignobili scopi « la costituzione del popolo italiano in unità>: onde poterlo sfruttare ferocemente: Ma::.zini. era un commesso viaggiatore degli industriali f!.erzovesi. bisognosi di carne e di forza proletaria.
e Garibaldi era un a{!.uzzino qualunque. una spada venduta. Che mucchio di furfanti!
Costituendoci in unità nazionale ci han buttati nelle
branche degli speculatori borghesi. Ah I come si stava
bene sotto ai tedeschi, sotto ai barboni. sotto ai ducati
cd al Papa! E che ventre pieno si portava a spasso il
proletariato di allora! Che bella pallottola di ciccia e di
sal11tc ua mai! Ecco la '' patria 11; la patria di coloro
rhe credono ... nell'Internazionale. Ecco. in soldoni. l'ideale di quei quattro eroi ... che vorrebbero una sola
e< patria» .. . pe~ u~o solo sfruttamento borp,hesc o... persona(~. Sono ftgl1 ... del loro ventre. costoro e bisogna
ammirare. una volta tanfo, quella che rssi chiamano la
' loro logica» dirilla. Troppo diritta.
Tanfo che non ci spieghiamo f!.li urli di sde{!,no del partito socialista contro la guerra '"'tripolina: no'-'n comprendiamo il suo orrore contro gli inglesi che frantumarono
". z·u'!it~ na~iona.le >'. dei boeri: e non comprendiamo i
fischi rntelligenti di Morf!,ari allo Zar, perchè l? Zar
tiene ancora schiava la Polonia impedendo così a quei
proletari di « costituirsi in nazione » e di venire perciò sfr.uttat~ <.< con ~iù ampiezza » dai vili borghesi.
Logica dmtta . L Imperatore Guglielmo. che non vuolr. anche lui. le patrie degli altri,' dfrenta così un gran
socialista italiano.
Si cambia motto. sif!,nori :
Proletari di tutto il mondo ... non unitel'i. Cercate
multi padroni.
2vl Dicembre 1914.
1914
Un poeta dimenticato, in un suo canto lontano , immaginò gli anni morti, simili a guerrieri chiusi nell'armatura, la visiera calata. la spada in pugno. allinea(
come statue sepolcrali. nell'oscurità dt un 'immensa catacomba .
Così ad uno, ad uno.
secondo il poeta
tutti gli
anni che passarono sul mondo si allineano tragicamente
solenni : così. ognuno d'essi. che rise al nostro sole . che
si coronò di fiori e di pampini. che percorse ilare e raJJido il suo minuscolo viottolo. preceduto da uno stormo
prima11erile di rondini e seguito da un 'oscura bufera di
foglie morte, giunto alla soglia dell'eternità, vestì la
grave armatura di combattimento e scese nella catacomba ad irrigidirsi accanto al suo ultimo fratello,· già composto nella solennità statuar:a.
La vita - per ogni anno che muore
ha principio.
infatti. oltre quella soglia oscura,· ed occorrono salde
armi e vigor perfetto. per combattere dopo morti contro
la 11ita. e sopravviverle statuariamente. Ma diverso è
l'anno che oggi muore.
Esso non giunge preceduto dal gaio stormo delle rondini. nè cinge corone di fiori e di pampini: cupo. ansimante. ristà sulla soglia del tempio e si scrolla del sangue di cui gronda.
E'' l'anno rosso.
Ha le ciglia bruciate dal fuoco. gli occhi selvaggi e
chiari ed esala un acuto odore di selvatico come una
belva.
Batte con le pugna nude sulla porta di bronzo e chiama. Unico, fra i suoi mille e mille fratelli, egli non ve-
stirà le armi dPl combalfimf'nlo. perchè ha già combattuto, in vita. ben aspramenlC'.
L'anno. rosso. bel fauno che giunge da una fC'nibife
vendemrma, dopo aver fatto gran preda, scenderà inerme. nel ~ran temp~o, fra le statue solenni dei suoi fratelll, e si accuccera, beffardo, ai piedi dell'ultimo. L'ebro, potrà riposare.
. Ha già foggiato , colle sue salde mani, la propria vita
immortale; ha compiuto nel breve corso del suo cammino la sua rude opera: ha distrutto un passato e scav~t~ - profonde trincee
le fonda menta per la sacra
Clita dell'avvenire.
Il ~ittorioso: potrà dormire e sognare.
G_ll avvali?! che divorano il cuore J1iJ10 dei popoli li
Ila incatenati sulla rupe selvaggia.
Potrà riposare.
S~l suo capo, gocciante di sangue. la Libertà e la Pace gitterra~no palme di lauro e di olivo ed egli potrà così
attendere inerme nella catacomba degli armali: al!end~re l'altro che. verrà, nudo anch'esso. come un giovine
dw boschereccio, recando altri fiori ed altri pampini.
E nrico L eone, in u n arti t?ol o &ull'A 1•a11/i! 1-(1,-[C ll l' \ '<I r h {'> i l p r irn10
te dcscn era u na f a \·1 ,Ja dipl nm al ica
Ìll\'C'll i1L1 )1C'I' far dormi re i p 1Jp oli
0
t'Ul'll JI CÌ .
LE FIABE DEL LEONE
Enrico Leone è un pensa/ore prufondo r unu scrittore profondo. Troppo. I suoi articoli sono fiumi mae
stasi e poderosi che vanno. ·!)anno. Panno. tra scinando
soltanto qualche trepida e piccola foglia primai1erile. ca
duta1 i dentro. per un buffetto scherzoso del vento. Gra
zia di verde: odor d'i primaJ)era.
Oggi, Enrico Leone. ha però calmato il lento corso
delle sue acque, ed ha pescato la fogliolina sperduta.
traendola su. tutta gocciante e fre sca. E la dà da masticare ai timorosi fanciulli della neutralità. so!to forma di
fiaba.
Fiaba antica, dai colori tenui e dalla grazia un po'
stanca.' Dice Leone : Ragazzi, ascoltatemi. C'è della
cattiva gente al mondo che ... inventa i pericoli. Per sollazzo . Voi sapete che gli inventori. in generale. sono dei
poveri imbecilli che consumano la loro breve vita pel
desiderio insaziato di possedere un ... brevetto. Ma quelli che inventano i pericoli ... sono molto più pericolosi.
Sentite e sgranate gli occhi.
Prima di tutto questi terribili uomini, hanno inJJentato il « pericolo giallo >i . Voi ci credete? E' una fiaba.
Sarebbe come dire ad un gatto. che esiste il pericolo
«canino n . Poi, non contenti, questi uomini hanno inventato il cc pericolo americano n. Questo esiste dawero: ma basta girare alla larga dai cc bars » che lo preparano e lo danno da bere ... Poi. finalmente. ti hanno inventato anche il " pericolo tedesco
Fiaba. Mai esistito. La « paventata soppressione >i del Belgio.~ Chi ci
crede? Il J3elgio è lì in pied;. con tutte le sue snelle.
aeree vette di cattedrali, con tutti i suoi chiacchierin
1
11 .
3J Di cembr€ 1!ll1
1:
-
~
-
campanili diritti. come nmettf. cnn tutto il <\llO picrolo
popolo da fal'ola ben allegra, con le sue uzdustrie, i suoi
porti e la sua ricchezza intatti. Pericolo tedesco .-:i ••• Che
menzogna spudorata! Dopo cinque mesi di guerra non
1 i siete voi ancora convinti che la Germania scherza. e
somiglia ad uno di quei buoni omaccioni che se dispensano uno scappellotto e t'ammazzano un cristiano lo
fanno soltanto per burla.~
Tutti questi «pericoli» sono dunque speculazioni di
mercanti coronati. Lo dice anche l'Avanti! che se ne
intende! Sono dei giocattoli che si regalano al proletariato, perchè « questo enorme bamboccio » , vedendone
un altro più bello in mano ad un suo vicino, gli si av11enti addosso. rabbiosamente. con tutta la stizzetta. dci
bambini invidiosi.
J::,... a proposito appunto del proletar,'afo ! Sicuro.
(.211esti buffi inventori non hanno anche inventato il
(( pericolo capitalista » per aizzare il popolo contro i borghesi? Per far credere che esiste
fra lui e questi ultimi
un sentimento diverso, zm'an,,·rna diversa, una
affinità
scusate la parola - diversa, un interesse
profondamente ed inconciliabilmente diverso... Fiabe.
Ingegnosissime. Ben condotte. Ma fiabe «speculatrici».
Così dice Leone.
E il fiume della sua prosa va, va. va. immenso. lento.
solenne, trascinandosi sul dorso questa piccola foglia primaverile.
... che per l'Avanti! rappresenta la foglia di fico.
1
13 Genua io 1915.
LUCIFERO
Il belli~sim o angelo ribelle. tutto ali e fù~m.me, che
il padre eterno. sen::.a discutere come _un ~vc~al!sta qualunqu e, dannò all'inferno per apostasia. c1 pzacc. Ce lo
sentiamo l'olare a cerchi. sul capo. come un falchetto.
Siamo superbi di noi. Lo nominiamo nostro angelo custode.
Non abbrnmo. infatti, mai ai111ta tanta ragione da
quando, a seconda dei nostri buoni compagni d'un tempo. siamo stati dichiarali pazzi. I socialìsfi inglesi
anche i socialisti inglesi - sono con noi. ignobili cavalieri di l'entura che vogliamo portare s11entura all'Italia.
Venti nove iscritti al partftn socialista britannico, fra i
quali Hyndman. Thome e Tillet, ha~no diretto alle sezioni del partito uno spudorato manifesto che sembrerebbe uscito dalla nostra penna scomunicata ... la quale.
però, comunica benissimo il nostro pensiero luciferiano .
Scrfoono quei compagni : '' Insieme con la grand0
1naggioran:::a dei nostri concittadini domandiamo il i•ostro appoggio per la difesa e l'indipendenza del Belgio
e la libertà d'Europa. Agire altrimenti sarebbe meffere
per sempre in pericolo il nostro a1J11enire. la nostra irzfluen:::a e mancare al nostro compito. Anti-imperialisti,
avversari noti e convinti della domina::.ione inglese nelle
Indie e nell'Egitto, siamo però altretta.nto. avve.rsa.ri. dcl
dispotismo straniero e delle aggresswm capitallstiche
dovunque nel mondo. »
Gli angeli «buoni», quelli che fanno la ruota intorno
a qualche austero padre eterno del socialismo italiano.
sono pregati di leggere questa nuova manifestazione di
- 28-
Lucifero E gliela bisbiglino alle orecchie drl loro Signore. Forse capirà.
Capirà che l'apostasia nostra
sbalzata come una
fiarnm_a impetuosa dal fumo e dai cigolii schiumosi dcl
vecchio ceppo
è fede sincera, è fede superba è fede
incrollabile.
'
Sbarazzina, anche, perchè si sbarazza di tutto ciò eh' è
piccolo calcolo, ragioneria ragionata, furberia volpina
~ bottega. Perchè insomma , non è della redazione dell Avanti!
, Ecco per~hè, in questa vigilia d'armi. noi sentiamo
l orgoglio. di esse~e stati condannati
come Lucifero
alle fiamme rmnovellatrici, dai vecchi padri eterni
che vedono con un occhio solo. entro un triangolo. e
pensano al proprio interesse solo. colla testa quadrata.
La nostra fiamma è bella!
8 Fehbrnio 191J.
IL SERVO FEDELE
Non è il titolo d'una commedia: ma è il bilo/o onorifico che conferiamo, veramente ammirati, al deputato socialistù. tedesco Siidekum, attore squisito in diverse
commedie.
Ah! il magnifico partito socialista tedesco così eroicamente difeso dell'Avanti! fino ad ieri. e così soai•emente amato dal cuoricino trepidante della leggiadra. bellissima, paradisiaca Angelica Balabanoff, che aveva trovato
nel tedesco
l'unico ... partito e l'unico amore:
della sua vita!
Non solo, capite, Siidekum. il servo fedele dell'Imdopo la mite
peratore, viene in Italia, per sedurre
Angelica
anche il partito socialista italiano, già moralmente sedotto ma - ad un cenno del padrone si reca
in Romania per ottenere a favore della Germania una maggiore esportazione di petrolio. Perchè il partita
socialista tedesco. quando lo promette il Kaiser. è anche ... petroliere.
Ma al Sii.dekum
non ostante il petrolio
le cose
vanno sempre liscie e quete come l'olio. Questo magnifico campione del socialismo tedesco ha sentito anche
non appena gli è stato ordinato. - i~ ~avere. pietoso
di recarsi fra i prigionieri francesi, e cwe fra i «.com~
pagni » di ieri a portare loro la parola consolatrice dt
Marx e di Engels. Qualche copia, infatti, della. dic.h~a­
razione di Liebknekt, era stata diffusa fra quei pngwnieri e c'era il pericolo gravissimo. ~h~ gli stessi. potessero diventare, per lo meno, socwlislt. M~. per inca~
rico diretto dell'autorità militare, il servo Sudekum si
presenta alle turbe ... turbolente, e in nome di Marx,
30 -
comunica fieramente loro " di non abbandonarsi a false
perchè la classe operaia tedPsca era decisa a
battersi fin:J alla J1iltoria il.
Pare elle aggiungesse, anche, con un certo orgoglio.
che i socialisti italiani la pensavano come lui e il Par/1/0 wcialista tedesco, e che la classe operaia italiana, in
nome appunto di quei principi per i quali si battevano
i tedeschi, era decisa di rimanere neutrale, neutralissima ... obbediente agli ordini ricevuti.
In tanta ignominia, però, ecco sorgere un uomo onesto, il deputato socialista tedesco Ledebour ed acwsare Siidekum ... di aver accettati per lo meno certi incarichi, senza averne dato avviso alla direzione del partito. Ma ... uomo avvisato ... Siidekum salvalo. Il gruppn
parlamentare
più ser110 del servitore del Kaiser dopo al'ere studiato a fondo le accuse di Ledebour, le
dichiara ... infondate ed accetta, senz'altro, le dimissioni
dell'accusatore e del <traditore».
Il Kaiser e la Patria, prima di tutto.'
E' soltanto l'Avanti! che filosofeggia ancora stupidamente di due patrie; è il socialismo pusillanime dei
socialisti italiani che non osa
in nome dell'Jnternazio
nate .. . tedesca
di uscire ancora dalla trappola dell.1
sua neutralità ... non per invocare l'intervento. no ... ma
per imitare almeno il socialismo tedesco.
~peranze
Alla ,·igilin. d'una m::inifesf1ZiOn.3
n eutra.l-socialista.
LA RIVOLUZIONE
Il partito rosso, se il governo non farà incollare sui
muri i manifesti ... verdi, scenderà, dunque, in campo.
domenica, circondato dalla forza proletaria e più ancora
dalla forza ... pubblica: e non farà soltanto un 'adunata.
ma addirittura ·- giacchè è sulla ... piazza - anch~ la
rivoluzione. Avremo così, dopo il nostro ambrosiano
sabato grasso, un supplemento di carnovale. ,
Il fuoco socialista - chi non lo sa.~ - e un pezzo
che cova ... sotto le ceneri. Ed è appunto per questo che
il partito stesso è diventato una povera ... Cenere~tola._
condannata al focolare, costretta a soddisfare le iqea_lt
esigenze del ventre dei suoi innumerevoli padroni. rn
attesa che un principe o un imperatore ... tedesco qualsiasi venga a dichiararla degna di lui.
.
In ogni modo, domenica, sempre .che n?n comparano
i manifesti verdi, avremo la ... mantf~stazwne rossa. E
la minacciata Rivoluzione. Noi tremiamo.
Lo immaginate che cosa d?vrà accaqe!e di sp_av~ntoso
se. per un ... cattivo esempio, Scalarmi part~c1pa.~se al
movimento? Lo immaginate voi, senza sent1n 1 r:zzarc
i capelli sul capo, che movimento di ... corpo d'armata
proverebbe l'eroico puppazzettaio del.l'Ava.nti ! s~ do1 .es;
se ... trovarsi coinvolto in un tentatlJ!o rn 1oluz1onarw.
Non lo ... troverebbero più dopo due minuti.
.
Ma è a Roma che il partito ... dei prodi Anselmo, g10cherà ... la partita più terribile. P.erchè .a Roma ~e tu~­
be saranno capitanai~ da Lazzari che in fatto di. .. nvolu zioni, non ammette imbrogli di sorta.
.
Il Campidogti.o
domenica . è in p~ri~olo._ Chz potrà frenare Lazzari, se Lazzan trovera in se ancora
1
1
IO Febbraio Hll::i.
-
32-
tanta forza di animo ... da chiudersi in casa, appena si ...
aprirà il Comizio? Quali carabinieri potranno strapparlo dal focolare domestico, se La neutralità socialista
impone appunto la difesa del domestico focolare?
A Bologna, soltanto, la rivoluzione neutrale si compirà Legalmente. Laggiù parlerà l'on. Treves. Come
membro del comitato «Pro Humanitate » l'on . Treves,
dovrà evitare qualunque versamento ... di sangue. Il
cuore dell'onorevole per Bologna, infatti, si intenerisce, sempre, ad ogni ... versamento. Curvo, rossiccio,
egli, nel gran comizio, parafra~ando il_ cel~br~ moti? ga·
ribaldino : « Il voto e la carabina» gndera ai prodi Anselmo pronti ai snoi ordini: Un ordine del giorno e i...
carabinieri. Non si sa mai! Sono così. .. irragionevoli
<1/i inten1entisti.' ...
:::> Attendiamo, impa:::ienti, quindi. la nuova domenica rivoluzionaria : grigia, questa, non rossa. Il carnevaletto
riuscirà. certo, a dhiertirci. Sappiamo anzi che il comitato « Pro Humanitate », dietro consiglio dell'on. Treves. farà cantare un« Te Deum )) per la vittoria ... socialista. Lo sappiamo da fonte ... purissima.
Potete berla. Come sappiamo che L'imperatore Guglielmo telegraferà al Partito la sua completa ed entusiastica adesione I
SASSATE
L'Avanti! si rivolta ancora contro noi. rabbiosamente.
cercando di morderci attraverso la museruola di austriacante inferocito. E ci scrolla addosso gocce di bava ...
beccaris. Noi lo ributtiamo in là. con un calcio. ristampando, qui. perchè siano lette da tutti gli uomini onesti
le sue ... dichiarazioni di ieri. A noi
scrive spavaldamente. e con un certo ghigno teppistico. il giornale della
" scopo/a n neutralista
si attribuisce il sadico intento
di speculare sui cadaveri dei soldati morti di menengite
cerebro-spinale. come se noi fossimo da appaiare agli
interventisti che inscenarono dimostrazioni e parate intorno alle salme dei garibaldini caduti nelle Argonne ».
E' fatale che gli uomini dell'aJ1J1enire. e cioè quef?i
che speculano sulla pelle del proletariato per conqwstare .... l'a1111enire e sè stess; dimentichino non tanta
disinvoltura il passato.
.
Noi abbiamo «inscenate dimostrazioni f parate 11 m ·
torno alle salme dei garibaldini!
E sono questi maestri di scena e di speculazioni igno·
bili, che vorrebbero mettere in dubbio non solo il nostro
dolore civile e il fremito di orgoglio che ci commosse
davanti agli « aquilotti rossi fulminati dal piombo dci
«signori e padroni n del socialismo itaFco. ma vorrebbero qualificare come « speculazione e parata ancht'
tutto il dolore e la commozione d'Italia. davanti ai «pochi soldati di ventura » caduti per un sogno di libertà in
terra straniera.
E dimenticano, i sozzi speculatori dei brandelli di Jsolina Canuti dimenticano d'essersi accordati codardamente alla ;nagnifica e spontanea dimostrazione di af)>
)>
18 Febhra io 191.i.
3
-34 -
tetto doloroso che accompagnò attraverso l'Italia dei
vili e dei morti, il primo giovinetto garibaldino. caquto.
aridando: Viva l'Italia; e dimenticano, i commedianti
(v,nobili, di aver versato /agrimet~e « di falso ~olore dietro a quella bara sacra; e dimentu:ano, che un altra bara
ed un altro aquilotto garibaldino, abbandonav~ qllor~ la
Francia sanguinosa, per segu!re, oltre le Alpi, LI pnmo
fratello caduto. Alla ,, parata» di allora. dinanzi a tutto
il popolo di Roma, - vile ed ipocrita come un vero n~u­
tralisfa
partecipò cc dubitoso ~ pen~oso .» anche l Avanti! che descriveva il dolore di Garibaldi e quello. d~l
popolo romano con commosse parole; ed. a~lora, i qifensori del fucilatore di Bologna. ~li. u.on~rni c~e c~1~­
dono sempre il « morto » per fare i vivi. 1 trafficanti in
pelle proletaria e in ideali di giustizia tede~ca, allora_.
ripetiamo, non osarono scrivere, quanto scnJ1ono Of!.W·
sebbene invitati e incollati colle spalle al muro da noi.
Sputano. soltanto oggi, sui morti delle. Argonne. che
noi abbiamo onorato. senza false commedie. da ven uomini; oggi soltanto osano il gesto osceno ed il ghigno incosciente.
.
Fate 11ostre quelle parole, o intervent~sti: c~~ a11.ete 11
rompilo di confutare que.stf cc S,Pec1~laton dt 1 z1 1 r 1n':.ultatori di morti » nel comi:::w d oggi!
Fatele J1ostre e ributtategliele sul mu<>o.
Violentemente. Come sassate.
1
1
ESOPO ARGUTO SPIRITO...
L'altra sera mentre staJJamo addormentandoci sull'articolo di fondo dell'Avanti! sentimmo picchiar l'uscio di
casa e - sbalzati su
ci _-'regarnmo [!.li occhi. come è
nostra lodevole abitud<i.ne di fregarci per vgni cosa che ...
riguarda quel giornale.
Aperto l"uscio, con nostra meraI>iglia. ci tro11amnw
dai•anli a un moro. tarchiato, tozzo. dalla testa ricciuta.
le labbra grosse e due occhi spiritati clze riboccaJ1ano.
eJJidi:ntemente. di spirito. U per lì non 11edemmo troppo chiaro ... in quel nero. ma d'un tratto gittammo un
,!!,rido di gioia spalancando le braccia: Esopo: era il 110stro piccolo e argwo schiavo che uri giorno solla:::::ai·a
Noma con le sue sonanti faJ1olette. quando a Roma 11011
c'era ancora il Parlamento e nemmeno I'rancesco Ciccotti corrispondente dell'Avanti! e fal'nlf{!J!,iatorf della
Sci 11 tilla.
'!l
l~ellhrnio
tDl:i.
Ma entra caro. lHa siedi.
G raz:e. Capisci ancora il latino ?
Altro .'
rispondemmo.
Per dol'ere professionale. Sai? Anche al giorno d'oggi ... parlano molte bestie. E s~riJ1ono. E disegnano. E quando non disegnano ... scht::::::ano bavetta amara.
Lo so!
rispose gravemente Esopo. - Ma non
importa. Ora son qua io. Vengo a mettere il nero sul
bianco.
Come?
Son qui a rivoltare le mie favole. perchè queste
tue bestie mi .. rivoltano lo stomaco. E Poglio dar loro
una bella lezione. E ne son capace sai·)··· Appartengono
a una certa categoria di gente ...
36
Dalla ... mano nera.
Già: traduci intanto questa prima favola. " l topi "· Poi ne riparleremo .
,
.
1-'rendemmo il r otolo di pergamena l lze E sopa si tcasse dal seno , e traducemmo. molto liberamente. la pnma
}a11oletta moderna di quel favnfefJ!Jalore antico Eccovela qui. tale e quale :
11
-Jllll il i11 1r) lltn
1•
l't1llirn.i-
I IIJ!l ('. (: ; 111 t''J I li.
Dnll .111rJ11/1'
l' ULTIMATUM
I TOPI A COMTZJO
T11tLi i tu11i di giuùiz.io,
neutra I I' socialiRt \111 hel ll1, fecer comizio
c·1>11tru i gatti i 11 Lerve11tisf.
E Lleri.st'l'1> liel ]>Pilo.
d1e a 11gni gatto guen·;.ii1d
si n!tacr.as:;e il 1·ampa1wll11
del !11 ::o:cinpe1·u, sul col.
" I 1:1·taleli sa11guinari
1'1)sì m11ovel'si 1-·>i udra11
LP Vi1Jl et.f 1;
I Ul Il
cd i .topi proletari
- ùisser tutti
scapperan n
:\[a poi qua11do d'attaccare
si trattò quel rnmpanin
1·0111i111·ia1· tutti a Ll'e111are
c·1111H~ tanti scaLn·i11.
Fu t:usì che, nll1•1.tro l' s11ell11
''"ntr11 a.i !11pi :111clò 11~n1i g<lt
<' 111 :;ciuper-ca111pa11ello
111111 •..;·1111111' • 111<1 ru suonai.
MORALE.
E' l'. 1 Nt11li' alL1 ... l1e1·Ii11a
1·11rn c i J11esli to11uli11
e pe1· !JUe:-;to, ahiUll!, ca 111uii11 ;1
:;.em 11re pi[t \ rr,:;o ... B c>rlin.
Esopo - appena ebbe sott'occhio la nostra libera tra
duzione - ci guardò minacciosamente.
Non la trovi esatta.)
- Come le statistiche del cc vecchio Sylva 11. Arri11ederci.
- - Non prendi nie nte, scusa .)
Prendo ... la porta.
E se ne andò sbattacchiando la porta.
- pensammo . Farà
- Che «caratteraccio 11 !
carriera come ... ai suoi tempi!
2,5 Febbraio Hll:i
A Roma si vendono le violette. Incredibile, ma vero.
i n altri temp i
nelle loro cellette di erba novella, le timide monachelle cantate così deliziosamente dal Chiabrera. sl vendono
oggi
per le vie di Roma. a un soldo, senza un rispetto al mondr per la capitale del Papa e per quella
del socialismo ufficiale. Le spudorate.'
Oramai non sappiamo che cosa non si vend~ in Italia! ,1l/''11fuori delle copie dell' 1\'.'anti !, luttn.
In attesa, dunque. che l'onorevole Salandra si compri
un mazzo di viole e... violi. ossia. venda la neutralità
italiana per il Trenttno (il quale. preso così, non aJ1rebbe il valore di un ventino) accogliamo con giocondo cuore e pacato animo la terribile nnvella delle l'infeltr chr
si danno .. . a un soldo per le v:c cl ella Rnma dci preti e
elci sncialisti.
In tempi mcnn tristi. Chiabrcra (non i 1orrrmmo po,
sarc per eruditi citando i ver!l.i dello squisitn poeta. come fece già un buon neutralista citando per veri e pro
pri ... versi il pro l'erbio:
Paese che 11ai. imbecille che
trovi!), Chiabrera. dicevamo. cantù leggiadramente la
l'iolct'ta. simbolo di amore: le sue garrule rime, brilla
rono come sonaglictt1 infr1rno al capo innocente
allora
- della mnnachella: trepide sillabe d ' oro la circnndarorw: un ;iso puerile e cleli:ioso di poesia la illu
minò gentilescamente . E la violetta
simbolo di amorr
ci piacque così, anche perchè si lasciava facilmente ...
come la 11era e auten
violare
a palpare fra l'erba
in. tempi più alle
fica innocenza f emminile. Ma oggi
gri
è l'Avanti!, giurabacco, che mi ti canta la viola ...
Le cerule. monachelle che si celavano -
- 38
proprio su quel fagollu già preparato /Jcr la ... fuga. ai
primi accenni di guerra. E fa un rt\o "grazioso,, veramente chiabrercsco. "Deh ! - osserl'a pulendosi la bolca lorda di bava col rovescio della manu
delz .' la violetta la va. la va (non J1ogliamo pa,sar per eruditi citando anche questi ... versi) e la guerra non viene~ L 'ul 1imatum cilestrino non fa di11entar ros!'i di JJergogna gl'intcrventisti? ,
Ma no! I a primavera
la bella e fiorita prima1 era
italica
è vicina. E noi apriamo l'anima al suo bel solr, come i socialisti aprono le braccia ai tedeschi. Ed
attendiamo. Sbocciano i fiori: tu!f'. Tanto i papal'eri
rossi dei socialisti ufficiali. dormicnli in me::c al grano.
so.!!,11andu polenta e fichi. quanto i fiori
lassù
delle
Alpi Giulie. /\'on importa che si l'endano le i 1iolefte a
Roma e che si riproducann a Vienna gli articoli dell'Avanti!. come faceva
anche ieri
la Zeir. che li
commentava riel suo artico/e di fondo: non importa che
cl partito socialista commerci. nell'inverno. in ... caldo
entus,.asrno per lo sciopero ... rivolu::imariamente tedesco. sperando di commerciare. nella stagion dci fifJri. in
fior ... d'irnbecilli. L'ultimarum c'è .
E' nel sule di questa vicina primaJ1era. E' nell'aria
che s'intepidisce . E' nella ri11noJ1ata furia e nel magnifico
ardure di quella terribile marra di ·uomini che attende
armata. laggiù, la dea dei fiori: quella elle sirnbolegp,ia
più diiJinamente la libertà.
. Staremo a vedere se l'Italia
il paese dei fiorì
s~ venderà a Roma, tutta in fascio. per un soldo di Trentrn.o. carne le violette . Allora ... spunteranno altri fasc1. .. E qualrnno ch'è in Campidoglio. penserà alfa
rupe Tarpea.
1
IL NOSTRO COMPITO
Il giornale socialista Arbeicer Zeitung. che riporta con
ei•idente soddisfazione tutt ; gli articoli de! magnanimo
Avanti'., si permette di darci una lezioncina, su' modo
di mostrarci educati ed intelligenti davanti alla maestà
tedesca .
L'Arbeiter Zeitung, da magnifico tedesco. com'è, fila
de.' delicati ragionamenti .. . italiani, ammesso che il partito socialista ufficiale, o meglio ancora. la direzione de/I' Avanti!. abbiano un cenifflo che funzioni italianamente.
·
Prima di tutto, il buon maestro austriaco. trova che
il compito più meraviglioso che possa essere assegnato
ad uno Stato sia quello di promuovere la pace fra le
Potenze in guerra «guadagnandosi in ciò una gloria immortale ed aumentando nello stesso tempo il proprio
prestigio nel consorzio dei popoli " .
Scolarefli ingenui. noi guardiamfJ di sotlfJ in su il
grave precettore. tenendo le mani in tasca e la giacCl
àbbottonata. E ci commo1 1iamo . S'è visto mai alcuno additare con tanto disinteresse la via « della gloria immortale. ad un suo simile.~ E • quell'aumento del proprio
prestigio 11 non vi sembra un tocco m.aestro ... p~r mettere in delirio orgoglioso la nostra mmuscol~ anima latina.~ E
più che altro
non l'i sembra dc leggere un
articolo dell'Arnnti ! o di assistere ad una serata di equilibrio oratorio dell'onorevole TreJJes. pieno anche lui
di questa gloria immortale e di questo aumento di prestigio.~
« Questa parte di promotrice .della pace
continua
volpinamente il precettore austriaco
corrispondereb-
-
40 -
be invero al genio italiano, assai più d'una partecipazione alla guerra che sarebbe una rottura di quelle tradizioni che formavano la parte migliore della storia del
popolo italiano e che sono profondamente radicate anche nel modo di sentire della razza tedesca ».
Insolenti scolaretti, noi romp~amo tosto in una risata,
in una di quelle risate che formano la parte migliore
della nostra storia, e mettiamo sulla punta del naso il
dito pollice, agitando allegramente la mano. No, amico
«socialista» . Che il popolo italiano non «sappia battersi o non lo voglia » lascialo dire a quei tristi arnesi tuoi
fratelli che compilano l'Arbeiter Zeitung d'Italia: che
la guerra « sia una rottura delle tradizioni migliori del
nostro popolo » lascialo dire ancora a quelle creature
ignobili che parlano e disegnano, e agitano sconciamente al vento
ancora - le memorie insanguinale
di Lissa e di Adua . Tradizione italiana era il silenzia
vile alle spavalde pro vocazioni austriache; tradizione italiana era d'ignorare i nostri confini e i nostri martiri:
tradizione italiana era di essere servi accomodanti di due
imperatori, pronti, ad un cenno. di darsi
col modo
di sentire della razza tedesca
sull'urna di Scipio.
Ma, ora
appunto
vogliamo rompere la trista
tradizionr ... così profondamente radicata, nel modo di
sentire dr>lla razza tedesca, e questa gran razza ci faccia
pure il santo piacere di sentire diversamente. Non ci
imporla se cambierà modo. Anche i socialisti italiani
quelli dell'Avanti ! - la pensano come quella razza. Ma
non ci importa nemmeno di quello: e nemmeno se cambieranno pensiero . Il nostro compilo lo conosciatn{). E
l 'aJJessimo ignorato fino ad oggi, tanta commovente
f ralernilà fra i socialisti nostri e voi, austriaci. ci richiamerebbe al dovere.
Sulle balze del Trentino, in Dalmazia. a Trieste. in
rrancia, in Polonia non c'importa; il nostro compito è
oggi - d'esser contro di voi. E ci saremo fra non
molto.
NO
I
t
Ci riconciliamo con Francesco Giuseppe se Francesco Giuseppe ha veramente schiaffeggiato il muso dei
Schylok italiani pronunciando il e· no n iroso. feroce e
irremovibile che la Stampa gli attribuisce.
L'impiccatore merita la nostra riconoscenza. Un allrn
« no » conosciamo. veramente grande : quello pronunciato un giorno da Carlo Cattaneo dal'Gnti ai commissari tedeschi che gli chiedevano la resa di M;tann. quando tutta Milano cantava maschiamente sulle barricale .
e resisteva con magnifico ardore. f!.itfando alla hl'lla
terra lombarda il corpo dei suoi fif!,linli. e al cielo lombardo i bei canti della libertà. La campana del Comune. battuta. furiosamente. spezzava qflel {!,iorno lrz sua
bocca di bronzo. come si rompeva la borea di Rollandn
quando empieva d'imoeto cJ.isverato l'olifante. a Rr nrisvalle. E mentre tutta la città era un tumulto ri11oluzi J
nario, mentre il popolo arrossava del suo sanf111e le barricate. e i nobiletii lombardi
il conte Casati afl11 testrr
imploravano la resa in unfone ai ll'deschi. diritto
bronzeo. ma,f!,nif;co si erse Carln Caflcnen e rispose: nn.'
E fu vitforia di popoln.
u·n
Alla viccola iena def!.li Aslmr,f!,o. si presrnfm1a
forsr. forse un mese fa
flWT s.narufa e livida rommfc:.
sirme di mercanfi italiani. A1•e11ano carta. venn'l e ra1a.
maio. Il metro. Lo spolJJern. Dissero:
Quaranta mi
lioni di italiani tremano. lag]!.iù oltre le Alpi. Tre milioni di uomini validi, si nascondono con l'arma al piede.
Una valanf!.a di baionette si sfascia
cf'111 ' neve
sotto
al sole della primavera. Buon vecchio: quo un calamaio
e un bicchiere di vino. Ci accontentiamo di un pezzetto
1
- ·12-
cli tara. Misuriamo. Mettiamo rl ncrf"J sul bianco. Poi
l11 ftrm!. Nui firmiamo e il contrailo lo mand/Qmo all'ufficio del registro. /\, oi
mercanti
mettiamo all"ignominia una nazione. Tu
mercante
metti nelle
nostre mani ignominiosamente un branco di nuovi sudditi Firma, vecchio: altrimenti
guardaci bene in viso per vedere che faccia terribile facciamo
altrimenti ... chiamiamo in aiuto la Germania .
Ma la piccola iena, si rizza, alta. spettrale e feroce:
sanguigna, perchè morsa rabbiosamente. ATJsa. perchè
moribonda. Batte i denti perchè, forse, ha paura. ma
risponde. No!
1 rancescu Giuseppe. Imperatore Cattolico, Apostolico. Romano. sei grande. E noi ti rinf!,raziarno dal più
profondo dcl cuore. comrnos~i ed um1liati.
11 Marzo 101:;.
Il rl[",llll.ilu socic1l "'" f.'L'l1kned1t
L:t'11ln iu p;ir .i111cnl0 ;1 Iuli" i l«1J•pre.;;1·1rlt11tl1 dtll 1 C;•.'l'JJI<llliu. 1Jn11.Ju1 i.
BARBARI!!
Mentre i deputati socialisti italiani si battel'ano come
leoni per l'elc::irme di Corgon:r1la. che cadeJ1a su loro
carne ... il formaggio sui maccheroni. mentre l'un. Turati. 1L pendolo continuamente osc1/lan1e dell'orologiu
poFtico socialista italiano, giustificava la mancata adesirme al banchetto Destrée. col timore di una.. in1igestione interventista. al parlamento prussiano, un uomG.
solo e sperduto. ma grande. gittava la sua bellissima
ingiuria in faccia a tutta la Germania· Barbari!
Liebknecht.
Il grido d ·indigna:ione l'alica le frontiere e giunP,e
a noi. guerraioli incoscienti e venduti. giunge a noi chP
da sede mesi. da quando è scoppiata la terribile guerra.
ci battiamo - come il nostro compagno tedesco
contro i sel11aggi, che coprono del loro corpo la sacra persona del Kaiser e coprono di morti il tcrrerzo calcato dai
loro piedi di scimia.
Le orde della nafte, le orde spietate clze Blanqui Jlagellù del suo sarcasmo feroce. le masnade che sommersero il Belgio sotto una fiumana corrusca di punte
agu::e, che gioirono degli incendi terribili. che risero.
tutti denti caini e tutti caldi di un sell'alico odore di
bell'l'. l'irrompente ed ora esitante caJJalcata dei barbari del'e sentire - laggiù. nelle trincee 1•ampantt ancora
di petrolio
la parola sdegnosa ed eroica del campa-.
gno di ieri.
Barbari!
E' il nostro bel grido laltno! E' il nostro grido di
battaglia.' E' la protesta 11i11a. ~incera e J1iolenta. gittata
sul muso a un branco di scimie urlanti da un uomo.
-44 ertn dal suo banco di deputato, come da un piedestallo
di bronzo.
Contro la Germania dei barbari come noi. Contro glc
incendiari e gli sgozzatori! Contro l'imperialismo, da
teschio umano sull'elmo aguzzo, ' sovra al quale sobbalza, tutto ali e rostro » la feroce aquila dell'Imperatore.
E questo uomo -- che combatte da solo la più superba battaglia che salvi, in quest'ora, l'onore della Germada solo nel
nia - questo uomo bronzeo che tiene
pugno aspro, la bandiera
alta - del socialismo, quest'uomo di fede e di orgoglio vien ributtato da tutto il
Gruppo socialista tedesco dichiaratosi in que -;fi giQrn;
guardia d 'onore del Kaiser.
b l'Avanti!
teschio di morto che ghigna ancorri_
appiccicalo all'elmo imperiale
... tace fieramente l'episodio parlamentare, e lo castra sdegnosamente .. . ributtandolo dalle sue colonne.
I socialisti italiani devono ignorare che un socialista
come noi - urla nel parlamento tedesco contro i
prussiani distruttori ...
Tre volle gesuita - il giornale dei neutralisti - pensa che il silenzio è ... un marco d'oro.
r: \r11ulii d111a11lf• lilla rli11111::-:lrnzi11111• 1td1•l'\flilisl.t :1cld.l:1V;1 1111 \• f'd, 1) g 11 ih [1 110 C'he :::>UO!li'l \;i l'urg;1111•1'1). 1.·or
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• •·1111hl11
d1 .\Ir111l1'e-
I') ii n.
IL GARIBALDINO "AUTENTICO,.
(.
Lo abbiamo veduto anche noi, coi nostri occhi guerraioli. il vecchio garibaldino che suonava l'organetto ai
piedi del monumento delle C•nque Giornate. E non abbiamo sentito nessu na pietà.
La rude mano che aJ1eva spianalo il fuLile. forse laggiù a Calatafi mi, nella più garibaldina delle battaglie:
fu rude mano che resse I[ buon ferro nudo. forse lassù.
a )an Fermo. assaltando Tu vetta coronata di fumo e di
i•ampe; la i•ecchia mano abbronza_ta che. f~rse s.ul Tirolo guadagnalo, spa::.zò dagli occh! u1~a lagnma l'lle, .al-_
/' ,, Obbedisco i1 del bel filibustiere. si tendeva.
1er1
nuda, alla folla gaia. chiedendo, con l'antico gesto,
11 n ::.o/do ancora di libertà.
Fgli
il buon veCl hio
è a11cora gar~ba.ldz:no . Am~
11 i•enlo folle di marzo, il r:dere vasto dei cieli azzurr1.
e questo sgemmare giocondo di prima_vera; ed offre alla folla bruta un mazzetto di e anzuncm~ appassite: P_e~
un soldo di sole. per un soldo
oh! pzccolo. di c1el1
azzurri, e per ben respirare ancora il v~~to libero e tepido del « natio suolo lombardo ' . Canucw rossa ed organetto. E' l'epoca. Un giorno egli chiese questa sua
piccola gioia accovacciato in mezzo a_l gra_no, colla ~uan­
cia calda appoggiata al fucile; la Liberia, dura virago,
gli i>eniJJa incontro
allora!
nel sol~ e nel fumo. fra
il crepitio della fucilata e il .cor:ruscarc libero delle lame.
J>iombo allora· un soldo dt piombo per a1•erla. goderla.
moderle' la bell~ bocca selPaggia. Libertà. L'ebbe
il
vecchio d'oggi - e non chiese più. Tenne co_n sè la sua
miseria. la sua camicia rossa e
forse. chi lo sa? anche un segreto rammarico di non essere morto, lag-
liG -
giù. in mezzo al grano cl 'oro cnn una baionetta borbonica od austriaca nel ventre.
Camicia rossa ed organetto.
E' l'epoca. Il J1ecchio «autentico » garihaldino e~ ancora quel!~ di .ieri. N?n il casone gn/!,io, {!,li atrii ampi.
un mucc/110 di vecchietti dalle medaglie penzolanti su/
petto, e chiaccheranti al sole: non il letto bianco. la mint!slra calda e la gran porta chiusa del ricrn1ero triste:
no: 1!,arrbaldino «autentico» egli 1•uole ancora la libertà
la gagliarda libertà. col suo sole, colla sua miseria. coi
suc,i scherni pietosi, col bel rider(' antico.
Dal ferro l'~bb~ ~n giorno. Era l'epoca. Dall'organelfo 111/e, oggi. E l epoca. Non chiede altro a JJoi st11pidi pri,{!,io~ieri della vostra pelle, del 11osfro pane bian
co. della sigaretta e dell'americano prima di cena: un
soldo di libertà chiede, sen::a paura. come un g ornn:
sen::a r~ssore. co'!1e un giorno. ieri chiamato « brigan
te» o{!.g! compasswnato come « mendico ,._
Vecchio garibaldino, non abbiamo sentito nessuna picliÌ di te. noi.
Camicia rossa ed organetto. Ti baW colf 'anni che
p1.roi avere per la tua ultima 11ila. Sei garibaldino . J\Ia
rfrcorzo di te i cinici filosofi del ventre: Guarda là, se
1•ale la pena di battersi per la ratria. Che cosa si f!.UGt!a.r!.na .)
·
L' _l.ibordi
che sos~iene la IC'oria delle due patrif
dice con loro: Vecchio. sei un granrfr idiota. lo mi
son /la/fu/o so//anto a... Montecchio. f: ci ho qui
sul
pcllo
una medaglia d'oro. e qui
in tasca
seimila
ltre.
0
I:
\'r•1
I 1·11111ì.1 pr1 11',1:-;cli1'l';ff1' ln ]•Oli1 d1'll1' dnno:-; 11'nzinni, :1ff1'1·11in, n
chn gli UP<'l'llÌ pntt:'\"flll() --t:i 1· l'u11ri
di cn--n "' 1tnn 111 d:tll0 1111\'1' :1L11' un <1 j I' Ì.
DALLE NOVE ALLE UNDICI
Il Grande Stato Maggiore Socialista comunica dal
Quartiere Generale di Pia San Damiano < clze [!.li operai
socialisti del'ono le11arsi di buon mattino per la1 ora e e
non possono, quindi. runanere in permanen::a sulle pia::e e sulle Pie,. specialmente quando si l't'rifica :'/caso che
ne siano cacciati a 1•iJ1a for::a.
/)a/le nol'e alle undici ...
1
.-\h ! non per questo dal fatai cli Quarto
scoglio il naviglio dei mille salpò,
e non per questo, nelle osteriucce prl'CisamC'nlc sul ...
napiglio, più di qualchC' prode dell'a//ra saa si aller11ì
alla ril'oluzione, tracar/T/andu dei ... quinti più fata/I del-
lo scoglio di Quarto, e rimanendo imperterrito dinan:i
al suo fiasco. anche fino dopo la mezzano/le!
Ma i gregari non conoscevano ancoro la tenerezza. di
cuore del loro Stato Maggwrn. il quale si preoccupa
el'identemente -- della loro salute più che non si creda:
e alle undici di sera, in piazza del Duomo. da11anti flll'irrornpere della fiumana interJ1enlisfa. l'aria non è troppo salubre. C'è dell'aria - dicono i medici
che bastona le ossa: e. francamente. quando si è decisi a tutto, vale la pena. in quelle certe condizioni atmosferiche.
di pensare allo stabilim1·nto e di andare a dormire. Che
amore sviscerato per il tiranno sfruttatore di ogni giorno!
Il comunicato del Grande Stato Maggiore (il quale ~i
deve veramente trovare in uno stato disastroso), si può
-
48 -
bere tranquillamente perchè è la prova, diremo così, cristallina del fiasco subito nella dimostrazione dell'altra
'era . Si può, perciò, anche prendere nota che le future
barricate contro la borghesia e contro ai lampioni che
}anno troppa luce si farà dalle nove alle undici: perchè
sarebbe una vera crudeltà privare del sonno quei poveri
ri11oluzionari che furono già privati di tulio dagli interl' Plllisti. Anche dei bastoni.
r 11i;.:i
L UI.Zilli , lllf'till ~ pili \"Ìu] èll l•'
1·•rv0.\':i no le tolte f1n. 1 nl'nt rn lisli
ed i11lPn'1't 1lisli, rtV\•'rli v n Ii 111c1n <l0
<:: h l" a\•.'\ a scop1'l'ln 111 1 fio 1Pl !o di
S:1 n F t"1 1t<'•'srn.
FRATE GIGIONE
Avanti, o popo lo,
alla riscossa,
ma con l'orologio alla mano.
Ciò impedirà che l'orologio passi nelle mani dell'improv_visato compa~no. più vicino. in grazia di qualche
1110111mento strate{!,1co che do1 1eva essere famigliare ai rivoluzionari della sassata.
Banditi·)··· No . Eroi.
Perchè soltanto degli eroi
ad orario fisso - possono preparare l'imboscata teppistica svoltasi in via
nante ed aggredire a sassate la folla inerme che scend_
ePa cantando,_ ignara ed impreparata al nuovo << paciJtco contatto di orale persuasione». Perchè soltanto degli eroi
facce smunte e livide
pole11ano assaltare
così brillantemente i trams, le carrozze, e i lampioni che
ai 1evano il torlo di portare ... il chiaro, suscitando quindi delle evidenti gelosie di mestiere, nel cuore degli improvvisati Balilla.
Eroi ... sì.
c1 Prevediamo
- continua il comunicato dello Stato
lo sforzo che si farà per gonMaggiore neutralista
fi are la dimostrazione » .
Nessuno sforzo.
Dopo le undici, l'ora della vittoriosa ritirata crediamo che più di qualche cosa si sarà gonfiata da 'sè senza
il minimo sfor zo.
C~rti successi, infatti, ingrossano da soli. Non già
soffiando, come si dice, sull'entusiasmo, ma buttandovi
sopra soltanto dell'acqua.
Vegeto minerale, naturalmente.
2 Aprile 1915.
Luigi Luzzatti, grasso come una pagnottella infarinata, il pappafico ciondolante dal mento come il codino di
una scimmietta, la pancia tonda e tepida come quella
d'un paiolo rovesciato, si presenta diritto al pubblico
italian@ in quest'ora di terrore e di armi. tenendo d elicatamente fra le dita un minuscolo fioretto francescano ...
Oh! Viviana Maj del Penuèle,
gelida virgo preraffeallita,
come sgocciolano di latte e di panna i petali della proserella, tutta odorante - anch'ella
di primaverile languorosità. (( Deh ! - implora quella tonda pallottola di
ciccia e di salute di Luigi Luzzatti
perchè non si potrebbe essere più buoni, più ingenui. più misericordiosi
e godere un po' di paradiso in terra ? .. . »
Oggi, mentre i montanti fantasimi di guerra cavalcano il cielo latino , oggi. mentre il diritto e la giustizia
sono affidati alla ragion del ferro, oggi, mentre tutti gli
animi e la volontà si tendono disperatamente, per essere saetta acuta o difesa gagliarda, questo pupattolonc
dai bei capelli bianchi e le gote impiastricciate di rossetto, osa cantarci la ninna-nanna francescana. e spru::::zarci di goccioline rugiadose. facendo del fioretto francescano un delicato aspersorio! ...
Sotto alla larga ciccia - in quest'ora tragica - il cuore di Luigi Luzzatti balla l'innocente danza dei giovinetti efebi raccolti intorno all'ara del sacrificio, (( e legsorride
mi pagendo la piccola prosa francescana
reva di attingere alla sorgente viva dell'ideale religioso.
di se ntire affluire nel mio cuore una dolcezza nuova, di
4
-
50 -
cogliere un palpito della bontà meravigliosa, degna del
vero servo di Dio».
Frate Gigione, tergi le lagrime.
Noi - giovani
non sentiamo nulla di tutto ciò; e
quando leggiamo la tua prosa non abbiamo altro che una
paura: quella di «cogliere» un accidente.
Siamo maschi, noi. Magnificamente maschi. Ed usiamo - oggi - di questa nostra bella forza e di questa
nostra gioia, spensieratamente: non ci adattiamo a nessun rovescio di medaglia. Siamo diritti. Precisi. Aggressivi. Perchè anche l'aggressione è una maschia forma
di vita. E se questa vita - oggi
è combattimento, è
forza, è bellezza, noi vogliamo goderla con aspra ingordigia: prodigarci - vogliamo - per noi e per gli altri.
con tutto il nostro ardore; desideriamo partecipare, per
nostra virtù, alla gozzoviglia dei lupi, e strappare ai loro
denti quanto vale per la nostra bellissima fame.
Il latte di Luzzati lo poppino, quindi. i vecchietti, come lui: se avranno ancora tanta forza da poter mordere
un capezzolo. E santo Francesco ci lasci alle nostre bisogna.
Ma questo vecchio rammollito che viene saltellando
dai praticelli, tenendo fra le dita il fioretto rugiadoso.
questo quintale di zucchero filato che si liquefa pietosamente ad un solo sberleffo di sole, questo ex-ministro
rimbambito che trova ancora ospitalità nei giornali trop
po amici, toglietelo dalla circolazione, o meglio ancora,
appendetecelo per il pappafico ad un lampione.
Ma presto!
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f 1 t•q11r11 l il n11
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iJ, Il•'
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f"SSf"I('
! • 1\·0 111•~ .
LA TAVERNA
Noi
per quei signori dallo slo!naco ~elicato e. diremo quasi, stomachevole, - beviar:io m~ordamenle ~
Sul nostro tai,olo, invece d un calamaw. teniamo un ~e
boccale panciuto che si riga, piacevol:nente. di goccw ·
loni rosei e freschi . La penna la tuffwmo _nel bo_ccale:
e mentre uno spruzzo di vino ci salta sul vzso. e ci macchia la carta, nof scriviamo le nostre pagine rosse
sonanti di parole ebre, tempestose di canzoni e tumul
Luanti di voci come una bella taverna antica. Non solo.
Ma sopra le nostre teste che ciondolano .. : in perfet o e~
quilibrio. ondeggia una nuvola allegra dt fumo:. n?n il
fumo acre e bilioso delle sigarette J1elenose. ma li fumo
del vino ingollato a garganella con fresca boccq e gaufiarda inaordigia. Dentro la nuvola enorme, intanto ,
~gambetta~o. tondi e grassocci, i nostri pensieri ar~ubi
nati come le /orme dei putti clze la pazza Jantasta di
Tiepolo sparpagliava negli affreschi delle case patn._ie.
Beviamo e ci prepariamo.
Un ferro per uccidere i tiranni
Il vino per cantarne il funeral.
Quei signori là, invece che ci contempl~no allegri.
panciuti e sbottonati sul ventre. s_ono as~emz.
.
.
Smilzi. lividi, sottili, tutti orecchie e paltore. tutti scapigliati e sussultanti, si mordono la b~cca asciu~ta. e sc~e­
polata; ficcano la penna nel calam~10. n_egro d~ fiele; infilzano rabbiosamente i loro pens1ermz magri: ne fanno una schidionata e la rotolano sulla vampclta acre della loro stizza impotente. Poi bevono acqua : acqua biancastra, acqua tepida, acqua ... benedetta. Per questo, pur
-- '.j\? -
essendo astemi, hanno l'acqua alla gola, per questo.
quando devono risponderci, hanno sempre l'acqua in
bocca. Per questo, non vedono che fiaschi; fiaschi nostri, s'intende... Venite qua, ragazzi; alla nostra bella
taverna. Vino giocondo, qui, e salute: canti maschi ed
allegria.
In vino veritas. Brindiamo, amici, al vostro funerale
di bile ed al vostro cuoricino affogato in un bicchiere
d'acqua; ai vostri nervi rinsecchiti ed alle vostre vene
aride, gocciolanti di tanto in tanto una gocciolina vitrea,
come le cannelle di una fontana seccata.
Brindiamo, in questa nostra ora di gozzoviglia intellettuale, alla vostra fame ed alla vostra sete: voi, chioschi municipali antialcoolici che non vedete che file, file.
e file di fiaschi interventisti (ai quali fiaschi assurdi date
con elegante sarcasmo la vostra assurda animetta di ...
paglia) e noi la taverna gaia, rumorosa, impetuosa, che
apre le porte ad ogni moschettiere, dal pugno saldo e lo
stomaco forte.
Venite qua, ragazzi.
Abbiamo una buona brigata a tavola.
Ma ... anche se voi riusciste a... mangiarci ... vzvr, ;•i
resteremmo egualmente sullo somaco per un bel pezzo.
AL LUMICINO
L'onorevole Elia Musatti ha parlato a Borgo San
Giorgio, in quel di Ferrara, difendendo davanti ai tranquilli borgh!giani e all'unico melanconico fanale della
piazzetta, i formidabili eserciti del Kaiser. Sotto al cielo
formicolante di stellucce ilari, nella queta piazzuola pro11inciale, odorosa ancora di sole, sotto all'occhio irridente di quel povero unico fanale, marciarono, passarono e
dileguarono - quella sera - le _fiumane imperiali, punteggiate di chiodi, irte di ba~diere,. belle com~ un sogno Napoleonico; mentre Elia - rztto sulla tribuna
funzionava da cinematografo e da fonografo.
Le anime semplici di quei buoni villici devono aver
provato
in quell'epica notte rievocatrice
un brivido di sgomento e di ammi:azio~e..
.
Ma l'onorevole Elia Musattz, umile in tanta gloria, vorrebbe smentire oggi, il discorso in incognito di Borgo
San Giorgio, facendo notare. ai buoni lettori dell' Avanti!, ch'egli ha parlato alle no1 e di sera. e
quello ch'è
peggio
su una piazza illu1!1inata da un sol? fan~le .. .
La modestia dell'onorevole e grande ma noi posszamo
dirgli. con semplice elogio, che i fanali, quella sera, eran
due, uno dei quali era Musatti. vestito in nero, la testa
capelluta come il coperchi? di u~ ·la.mpione. e piena di
idee luminose. La sment1ta. quzndi, non vale; se lo
stenografo non à potuto fissare le sollecite parole di
Norma. le orecchie dei presenti han potuto egualmente
raccogliere. e ciò mlagrado il buio ed il fanale.
Elia à dichiarato: E' 11ergognoso cercare col lumicina
gli atti di violenza dei tedeschi.
Vergognosissimo. E quale anima venduta, quale Dio1
13 .\pril€ 1915.
-.,.
~I
r1r1ie
inlerventista è maz andato alfa n·cerca dcl Be/aio,
'·er farne documento di violenza tedesca? E sono stati
J1eram nete i tedeschi a massaerare il ptccolo paese o non
sono stati, invece, i Belgi stessi ... interventisti dannati
che lo distrussero per risparmiare la fatica ai tedeschi.~
E disse ancora, argutamente. l'onore11ole Elia: A Triesle, nè proletari, nè capitalisti vogliono l'annessione all'Italia ... Perchè dunque trascinare il paese alla guerra~
L'onorevole Sudekum di Venezia conosce ben Trie:,te, ma più che altro, per abbandonarsi ad una propa?,anda così sottile e così terribile di paura. conosce l'imperatore. Ne fanno fede le vecchie cantate di Norma.
Abituato com 'era a parlar chiaro, anche oggi l'onore11ole Elia porta il lumicino al buio. Non più. però. per
bell!l veneziana. Ma per l'Imperatore.
E.
non ostante il fanale
questo è il segno più
lumrnoso che il piccolo Schylok di Venezia è ridotto ...
al lumicino.
1& Aprile 1913.
rno scritto i11titrilat0 "IniernnziJJHtle" e rl1Jvt1t11 alln pe111Ja di
'.\Iorgari. fi11h·a i11 que-1 giol'nr.1, ucl-
le appe11dil'i dcli' I rn11ti!
L'INTERNAZIONALE
Mentre il bel mostro satanico. che sbarra i suoi occhi
rossi nella notte e butta fumo e scintille dalla gola fuligginosa. porta Oddino Morgari attraverso paesi e città ;n
cerca di una qualunque internazionale: la vera lnterna::ionale, quella del!' Avanti! e dei proletari neutrali. è
_finita. Finita. ieri, nelle ... appendici del ginrnale. Final ·
mente .1
Si respira. Perchè si può essere scettici e sorridere
con indul.{!.ente compassione di o(!,ni sogno umano. m1
non si può certamente non sembrare almeno commossi.
quando questo qualunque sogno lo vediamo. in cocci
nella pattumiera della casa.
Sesta pagina. E in ... appendicifC' ! Ironia sottile def!.li
internazionalisti decisi a tuffo.
Nel J!.ran J!,iornale della vita. sonoro di nofizir. lucide
cd acute come quadrati di baionette. l'articolo di fondo
spalanca
Of!J!i
l'enormr> u.ola di hronzo e sobbalza. fumando. allo scoppio d'o!!,ni suo nuovo arf!omen
fo: le niù brevi parole ci viombano intorno. ansanti ancora di spasimo e di strazio. o narranU. ancora. di ardimenti e di paure: il "comunicoln 11, rif'Gf!.nolo ras.so. ci
flotta per Of!ni arteria, schizzando f!.occc calde. soffocando imnrovvisi fremiti. stagnando in lraf!.iche TJOZU' nere:
tutto il .f!.iornale umano
quclln chr si t>ive in quest'ora
1' un {!ran ooema di forza e di odio.
Fasci di nervi esili. ma tt'naci. vibrano intornn a lui.
incessante mente: squillano imperiosi i richiami: arrivano. volverosi. i messag[!.eri dalle cif!.lia bruciate di sole
e d'insonnia; tutta la vasta vita. tuffa la tragica vita. dà
a questo immane giornale, oggi,
wo cuore profondo,
n
-
56 -
sua .gola rauca, le sue mani livide e terribili. Tuftf) è
trasformato. Ed anche il telegrafo, il telefono, il treno,
il piroscafo non sono che messaggeri coronati di lauri:
non sono che aedi infaticabili e nuovissimi di questo
gran poema di guerra.
L'internazionale, invece, il melanconico romanzetto
schiumante di latte, fogazzariano e dolce, dolce, dolce
come le prosette di De Amicis; l'internazionale, invece,
questo bel racconto tutto occhiuto di lumicini vagabondi
che cammina a passetti queti verso il castello della fata
buona in cerca del tesoro ignorato; l'internazionale, invece, questa appendice dalla bocca ridente che trionfava
sulle volgari notiziole del pettegolo ieri. non esiste già
più, è stata sospesa, s'è mozzata quasi atterrita sull'ultimo suo rassegnato "continua».
Solo l'Avanti!, ostinatamente. prosegue nella pubblicazione. Ma in sesta pagina. Solo Morgari si ostina a
rincorrerla in treno. Ma in prima classe. Ed è un disastro ... ferroviario, ed un disastro ... editoriale.
Ne siamn amareggiati, noi. Veramente. Perché questa
Internazionale che per vedere la luce si accontenta di
trovare un posticino accanto alla pubblicità ( Verginita
lire tre; Procreazione, lire cinque) ci fa compassione.
E ci fa rimettere... in tasca anche le tre lire perche
non abbiamo troppa fiducia
noi
sulla sua verginità.
20
~ prile
191 ; ,
L'« Ombra» del Secolo era i11ter-
ventista nei! giornale ma socialista
iscritto ..il partito, ancora.
L'OMBRA
Noi seguiamo da tempo, con trepidazione fraterna, i
passi ... mortali ed elastici dell'Ombra secolina. f'! el suo
breve e chiaro schermo di luce ella appare, un giorno sì
ed un. giorno no, come una minuscola mascheretta beffarda che combatta ironicamente, scagliando manate di
fiorì alla folla scimunita ed attonita di questo carnevale
funebre ch'è la neutralità italiana. Di tanto in tanto, dal
bel domino di seta nera che fa fru. fru, e lascia scappare
delle frangette scarlatte e socialiste. la rnascheretta tra,,
un pugnaletto luoido. che tiene per il manico e fa 111cc1
care come per burla.
Ma il difetto è appunto in quel manico. E In schernri
è in quel gesto. Nostra buona sorella in ... civiltà lallna: ambretta sdegnosa e beffarda: mascherina ve
~lita in nero con pendule frangie rosse. noi ti v0
gliamo dare un consiglio, anche se tu. p~r gaia rappre
saglia, ci butterai sulla faccia una manata gwcond~ di confetti intervenfisfi. leva la " bauta » dal volto ridente, e
snuda. al sole, la tua piccola lama argata. ''Ombra>• ...
(> così bello il sole da cui pr01,ieni e per virtù del qualr
donluli sullo schermo. con tanta grazia! ... A te è per
messo ogni sorta di monellerie: quella d'invocare la distruzione completa della razza tedesca. quella di aiigu
rarr che la futura bandiera rossa della Germania insorta.
venga abbattuta dagli eserciti alleati: quella di essere assessore comunale socialista e di consi.f!.liare alle maestre
di non presentarsi tropJJo primaverilmente scollate .. a
scuola (neanche un po' di gola rosea. f!.elosa "'nbretta ir
rùftl.nte ..)) e quella
ancora più pericolosa - di incitare alle armi anche i paurosi; di cacciarli in caserma.
- 58-
di spingerli, come si dice, al macello. E son carne proletaria quei poveri figliuoli. Ombra crudele ... E il partilo
socialista non intende punto di lasciarla insaccare quella
carne in ciò che tu chiami «l'onorata divisa», e i neutralisti ferocf. del socialismo
a cui appartieni ancora,
piccola ribelle
han giurato di difendere ad ogni casto ...
il ventre magro, ma soddisfatto, del loro ideale un po·
più grasso, ma meno soddisfatto.
Domandiamo, quindi, la tua testa grigia, e la tua « baula ». La domandiamo al tuo coraggio ed al «loro» coragggio . Il paniere è pronto, sorella. Ci troverai altre
buone teste: le nostre. Perchè sarebbe veramente strano che gli Incorruttibili, così ... ombrosi contro noi . .
tollerassero un 'Ombra ... così chiaramente guerrafondaia e schernitrice come te.
Il carnovale deve finire.
«E' necessario che anche i conigli» si armino. Addio,
mia bella. addio ...
Ai banchetti di B1ilow erano sem-
pre im·itnti, a noma, clcpntati. se
natori e... generali.
IL GENERALE BANCHETTA
I
'J
'I
'I
A Gaeta. la bella città. azzurra di cielo e di mare. si
riuniva a banchetto. un giorno non lontano di questa nostra pettegola storia, quel melanconico Succi della politica italiana ch'è l'onorevole Salandra, e non sapremmf)
dire quanti altri piccoli ... succioni suoi amici. Fra quetondo, roseo. imbracato nell'uniforme verdognola
sti
anche il generale Morra di Lavriano. dal bel nome nobilesco e duro come lo spadone di un cavaliere errante
li magnanimo homo d'arme .. . magnò più che potè, sgombrò la tavola da ogni briciola. beVJJe, anche le parole generose che l'onorevole Salandra
Ebe impacciata e
brontolona, -- presentò nella coppa oratoria ai con11itafi
che dimostravano ancora d'aver sete ... di patriottismo.
e quindi si levò anche lui. ma più alto che potè, e pronunciò un discorso.
,, Se la patria ci chiamerà alla nrova del fuoco
di- •
rhiarò agitando il tovagliolo, la bandiera h:anca di o[!ni
impresa culinaria
noi saremo pronti: sarà come invitarri a un banchetto di nozze. Qualunque sacrificio lo ...
diaeriremo. Tnf!.ozzeremo sorridendo il van durn di guerra~ Daremo tutto quello che ri rimarrà per l'Ttalia ... se
ci rimarrà qualche cosa rfa darle'"
E sedette. trionfante. tuffando il buon naso rosso nel
bicchiere esiff. snumante di vino.
E il generale Banchetta mantenne il sacro. giuram.ento._
Marciò su Roma antica. con 11n fracasso dr sproni e dr
1asellame: si portò al fuoco domestico della curina onerosa di Biilo1v e il 19 aprile sedette a tavola un'altra volta.
non a fianco di Salandra. ma a fianco dell'astuto ar:iba- .
sciatore tedesco che deve conoscere molto bene t polli
1
?.:1 \prile Hl13.
-
60 -
italiane se li offre così generosamente. SacriJ/cin ternblle .'
Tanto vero che L' I tali e
l'esotica Cenerentola della cupubblicava i nomi dei distruttori delle
cina imperiale
vivande tedesche; e il generale Morra d; Lavriano vi faceva la sua ... bella figura col casato nobilesco, l'uniform~ verdognola e lo stomaco ... di struzzo. Buona digestione.
Ma laggiù, oltre il mare tragico che rotola nel suo stomaco profondo le ossa spolpate di Bruno di Faà e di
Cappellini ; ma laggiù oltre il selvaggio Adriat:Go che vide
Teghetoff speronare il « Re d'Italia »; in una città sorella, sulla cui torre antica alza le ali e protende il muso il
bel Leone di San Marco, una folla di bambini e di donne
soffre la fame e tende gli occhi disperati verso la trista
matrigna. E grida innocentemente: Vii•a l 'Italia!
Un momento, figliuoli. L'Italia è a banchetto. Un
giorno con Salandra ed un gforno con Biilow tanto 1-er
essere neutrale veramente. Sta apparecchiandosi. Vuol
essere grassa, tonda, enorme; la buona comare di
Windsor. Vuol dare, quanto più potrà di dccia ai fi
gliuoli digiuni. Voi conoscete la forca austriaca, è vero.
E soffrite. Ma l'Italia dei generali Banchetta conosce ...
la forchetta tedesca. E si trova bene. Attendete con
umiltà, j'igltuoli. Verrà l'ora anche per vo; ... come
per noi.
i5 Aprile 1915
RIMANERE
"
. L'Ombra, gaia motteggiatrice, gitta i suoi veli tenui
intorno al Podestà di Trieste, erto, come lt1. torre d;
San Giusto, sulla marea della folla disperata.
Come ai t~mpi ~pagnuoleschi, sventolanti di cappe e
scmttllanfl di fibbie, ancora oggi il popolo affamato
e ~ieqe la _testa del Vicario di Provvisione, scaglia ingrnne e ciottoli contro l'ostile palazzo di città ed invoca
la « giustizia » del pane.
Ma l'Ombra non fa il Renzo sempliciotto che difende
co.n le spalle quadre e . .. l'ombra del cappello. il pallido
Vicario di Provvisione: l'Ombra afferma con ironia sottile che il Podestà Valerio, rimanendo al suo posto, fa
opera più grande e più difficile che non farebbe se
piantasse popolo e municipio e se ne andasse per i fatti
suoi. Adelante Pedro. Rimanere al posto non è grandezza, non è fierezza, non è merito. I grandi gesti sono
grandi quando escono dal comune volgaretto, quando
I racassano le righe che vorrebbero chiuderli entro il minuscolo spazio loro concesso, come fanno le prime parole che scarabocchiano i bimbi, parole deliziosamente
goffe, ubbriache e ciondolanti fuor dalla misura del
balordo quaderno rigato secondo i regolamenti. Per questo ogni prima parola di bimbo è grande. Ma per questo diventa subito stupidamente bella quando rimane fra
una riga e l'altra, ben fatta, ben messa, ben tracciata
parola infantile d'un vecchio buoa posto. L 'Ombra
no
loda quindi il Podestà di Trieste che non scende
in piazza con il suo popfllo contro il nemico comune,
come loda sè che non esce dal suo chiaro e irridente
schermo di luce ... ch'è il partito socialista neutrale. Ah!
-
62 -
nde, ella, per beffa
c~m' è difficile riman~re, al
proprio posto ... quando non si ha nessuna volonla d uscirne!
L'Ombra
delizioso balocco di tutti
crede di dire
una profonda cosa. No ..S'inftan.na. E' p~ù fa~ile. rima.nere cheti, tranquilli e silenzwsi, e trascinarsi dietro il
gran domino ner~ ~he fa f'.u, fr.u' c;-ve!!ando con ta~ta
grazia coi penduli f wcchetti rossi. E. piu facile compi.ere lo sforzo per rimanere che compiere quello
agile
di balzar su, e di dire, al sole, quanto è la
e bello
vita intima e pura dell'anima.
E' mollo più semplice, è molto più ironico, è molto
più delizioso - o rivoluz.i onario al. .. secold
starsene nel piccolo chiostro con un altro nome ... ed essere
/'Ombra di te stesso.
L'« 0111Jn·n » . ric.ponrl Pvn. alle d 11P
mn ttegg intrici, di C.Putirs i ~ <J ­
<:ialis t a sopra tu tto r cli vuler pe1·ciò rinian e1· " ai piPrli della c1oc" .
del prolr•i n !'iato n .
not i~
UN FIORE ALLA CROCE
'I
•
27 Apl'il c l!H:J.
Ci leviamo dalle spalle il mantello, deponendolo a
terra con un largo gesto; vi buttiamo sopra il cappello
di feltro, ricco di piume e di strappi, e. come già fece
il sire di Bergerac, ci mettiamo in guardia cantando una
ballata. Colpi e rime: ai piedi della croce.
L'Ombra sei tu : Vittorio Gottardi. Ma Gottardi è
i scritto da molti anni al Partito socialista: è assessore
da pochi mesi del Comune socialista: fa brigata con colo~·o eh~ ~ichiarano di « voler marciare contro la patria >>; e il compagno di coloro che dicono ai tedeschi
« ben vengano »; gode la pace del piccolo chiostro. raccogliendo fioretti e farfalle, e - come suona la campanella
si reca devotamente al!' altare e al refettorio.
~'Om~ra invece no: figliuola del sole, ella sbuca dalle
tnferriate del convento e sbalza sulla via libera ed aspra
d~lla rivoluzione: e sberleffa coloro che J1oglion marcrnre contro la patria. e piroetta innan:::i a coloro che diccmo ai tedeschi: ben vengano, e gitta ilari lampi d'insolente perfidia -- oh! un sorriso soltanto
quando
rintocca la campanella della chiesa e del refet!orio.
L'Ombra non è iscritta al Partito.
Para, Vittorio Gottardi.
Se un tormentoso amore non ti permette di lasciar!?
la casa ricca del gran padre tuo, noi non ti permettia mo di fare il figliuol prodigo fra le domestiche pareti:
se tu non sai compiere il bel delitto dell'apostasia (e 1i
compiangiamo con cuore fraterno) noi non permettiamo le capriolette dell'apostata ombra che ti appartiene:
se tu non puoi uscire dal piccolo chiostro per nostro
-64-
comandamento. noi ti preghiamo di non dar consigli di
coraggio t1 ai conigli » che tremano uscendo di casa.
Para, ambretta sdegnosa.
Sarai San Paolo. Non c'importa. Noi preferiamo Lucifero. Il bel ribelle, tutto ali e fiamme, non mise mano
alla spada ponendo a terra il ginocchio; non si ribellò.
facendo umile atto di fedeltà ... tormentosa.
Tu, invece, sei un minuscolo Lucifero che mangia
il pan d'oro degli angeli buoni: sei Lutero ai piedi del
l'apa; sei l'assessore comunale socialista e l'Ombra
del Secolo.
Para, Gottardi. Noi ti diciamo: o dentro o fuori. Se
sei convinto della tua fede. Nessun comandamento nostro. E' la tua coscienza che deve comandare. Ascoltala.
profondamente. E sei « toccato ».
Sul largo petto onesto ti piantiamo questo bel fiaretto
rosso.
E' la nostra tessera di sincerità.
:w
\1n·ilc 191f>.
D()po .il 1° \f.1g-g io lDH.
DOPO
I lumini rossi agonizzarono tutta la giornata e si sprmsero stamane, quando l'alba cantava fresca nei cieli .
dalle tazzette rosse di vetro salirono allora su su do[[~
righe di fumo. Il vecchio Carlo Marx dalla' testa ~el1:aggia, sbadigliò, riempiendo d'un b;ontolio tedesco.
1/ gran torace.
A_ncora fu"':o - borbottò.
Fumo nauseabondo.
Da chzesa cattolica. Preferisco la soffitta.
!'on à tor~o l:onesto e duro Carlo Marx. La festa del
pnm~ Maggi~ e_ stata ~n solo_ sbadfglio monotono. pieno di barbaglz gLallastn: la noia e l afa dei comizi sen-a
vigor d'attesa o vigor d'entusiasmo; la noia del cori;:;
mutolo, sotto al sole calmo, dietro alle bandiere alte come _or:ibr~llini c~iusi: l~ noia del discorso senza nervi e
squrllt, grttato la alla folla, come si getta un morto ;,.
una .buca: la .nqia ~ella sera silenziosa, per le vie pitÌ
ampie d~lla citta, ngate da quelle rotaie lucide e vuote
senza pz~ stridori o sprazzi verdastri. Silenzio . Peso.
f!ppresswne. Ecco, il primo Maggio dei socialisti italiani. Soltanto, laggiù, oltre i confini, branchi di uomini
curvi .sull'arma, affossati vivi nelle trincee, protende'
vano zl capo selvaggio e la bocca nera del loro fucile
pronti a scagliare piombo e fiamme contro l'elmetto ~
chiodo dei socialisti tedeschi. Muti nell'attesa. Cauti
nell'agguato. E un buon odore di terra feconda, un
buon profumo di Maggio doveva prendere il cuore rude
di quei difensori della civiltà e dell'Internazionale decisi, a un segno, di balzar contro la morte. Viva Ù 110 _
stro Maggio, morituri sconosciuti I
Ma ieri, ieri, mentre i festaioli tornai1ano dalla cam-
-
GG -
pagna impolverati dalla pacifica marcia, con un garofano rosso all'occhiello, ieri, i nostri festaioli, dovevano
sentir nel cuore il peso della vostra forza, e la rampogna del vostro silenzio: e deJ1ono
anche
al'er
chiusi gli occhi, nascondendosi lutti dietro alle loro ciglia, per non vedere il corpo d'un fantaccino
uno
qualunque di voi - rovesciato sull'erba, con un buco
rosso sullo stomaco.
Il santo e meraviglioso {!,aro/ano di quel suo primo
maggio di morte.
E di vita futura.
'.'\ \l:iggin 1!ll:i.
J.'. I l'(fllf it f'i nrcusn \·n cli s pe r11Jn .
r P n 11dH' s1 ill.1 111 ~n1111 ·L1 di i .\fille.
SPECULAZIONI
Il piccolo giardino dei neutralisti, devastato con implacabile disperazione dai grassi frati dell'Avanti!. dà
ancora dei melanconici fioretti all'immagine dell'Internazionale fenduta al cuore dalle sette spade. E ' il mese
di maggio: il mese degli altarini rustici, inghirlandati
di fior ... d 'imbecilli e trepidi di ceri accesi; il mese di
Maria e di Mario ... il Proletariato; il mese delle commedie e della devozione. E delle speculazioni. Dopo
Oberdan - che ha dato della corda ... da torcere all'Austria - ecco - ora - la nostra speculazione sui
Mille ... che fa sputare amara saliva agli austriaci del
socialismo ufficiale. A un braccio teniamo appeso. naturalmente, l'impiccato di Trieste; coll'altro trasciniamo, dietro noi, la« rossa torma» che salpò da Quarto ...
per far passare un brutto ... quarto d'ora al neutralismo
aj!,onizzante dei grassi frati di qui. I.o spettacolo l~ quarz/o mai ripugnante. Spernliamo sulle memorie dei Rrandi ... non potendo speculare. al sei per cento, cnn le rnoperati tJe dei piccoli.
noi che riusciremo a
Ma noi vorremmo sapere
piantare nel cuore doglioso dell'Internazionale anche
la nostra spada liberatrice - ma noi vorremmo sapere
da questi frati, coltivatori di flori ... ideali, che cosa sia
il loro dolore, che cosa si chiami la loro indignazione.
come si qualifichi il loro sdegno pietoso. tJersato a piene mani sui morti nell'ultimo combattimento in Libia:
noi domandiamo se questa loro improvvisa e urlante
tenerezza non sia una miserabile speculazione, ben più
atroce e ben più volgare della nostra.
Noi, alle memorie dei morti, domandiamo rnor sai
-
G8 -
do, polso fermo e sacrificio austero; domandiamo che
esse ci riempiano di sè, come la colata del bronzo riemfie la forma cava, composta in una ferma bellezza. Voi.
invece, sui. mort~ ancora caldi mettete ingordamente lt'
1 _o~tre mani, e li palpate, e li rivoltate nella polvere. e
lt m~o~za!e del vostro pianto e chiedete a loro la paura,
la vllta, il tremore, il gnaulamento grottesco.
Speculazione. Arido mese ai maggio e magro giardino avete,,. se no:i potete appendere altre ghirlande intorno all immagme della vostra Internazionale se non
qiiesta d~i poveri morti che non ebbero paura.'
Grassi frati, noi ridiamo.
E. se frugare n_elle ceneri per far scoppiare più viva
la .Jia:rima ~he_ si credeva morta, è una speculazione.
noi si_amo fieri del nostro operare: perchè la fiamma
ardera come un rogo tanto i vostri cadaveri. quanto le
nostre memorie.
Perchè la fiamma è bella.
1
8
\[;ig~j()
Hl15.
L'ASSASSINIO
Il Lusitania è colato a picco, carico di disperata carn~
urlante: fischiando da tutte le sue sirene, fumando da
tutte le sue gole mostruose, s'è inabissato come un enorme mostro rantolante. Non uno di quei duemila uomini condannati alla morte prima ancora che il piroscafo partìsse, era un nemico armato dei corsari implacabili; non una di quelle creature ignare pensava di
morire; non una di quelle donne. no71 uno di quei bimb;
inghiottiti dall'oceano, dopo il colpo assassino. nuocevano all'impero dei barbari uscito colle sue orde, a rovina. pel mondo. Ma quel loro Imperatore vuol far buona guerra. Come un grottesco idolo. egli ha bisogno
di vittime incolpevoli: la fossa sacra intorno al suo altare deve essere riempita ogni giorno di carne e di sangue. di urla e di strazio. E sia. Of!,nuno combatte come
me{!.lio può, e come meglio sa. Coll'agguato. con l'arsenico, coi gas asfissianti. Ma questa ecatombe di duemila innocenti, inabissati a tradimento mentre navigavano tranquilli verso le loro case: questa strage terribile che non ha nè giustificazioni, nè riscontri; questo
odio che non distingue, non sente. non sa, e non vuol
neutri ansapere; questa brutalità mostruosa noi
cora imbelli - la ricorderemo per la prossima ora.
E domandiamo intanto a coloro che si guardano mrlanconicamente le « pancie nitide » e covano in nome
dell'internazionale la loro << inclita viltà», se questa ferocia scatenata sui deboli e sui disarmati. può ancora
far prodezza di sè; domandiamo ai vigUacchi che ci negano il diritto d'insorgere contre le orde imbestialite, sr
le vittime dcl Lusitania possono essere soltanto com-
-
70-
pia~ife: domandiamo at miserabtli ehe chrndono porte
e. f ~nestr~ per. non vedere e non sentire, se un popoln
civile puo asscstere colle mani nude a questi saturnali
funebri.
Su, vigliacchetti, mettete il muso fuor dell'uscw e dichiarate ancora una volta che la Kultur tedesca è preferibile alla civiltà latina; su, neutralisti, ancora un po'
di coraggio e ~i cinisrn_o ... Perchè, noi, davanti a questo nuovo delitto, sentiamo che sarebbe un'affermazione di civiltà appendere ai fanali
cominciando da
oggi - ogni tedesco che passeggia ancora per l'Italia.
ECCE HOMO
Il Belgio, questo minuscolo paese pieno di campanili
arguti, di cattedrali venerande e di acque operose: il
Belgio, questo bel fancicillo biondo crocefisso dalla masnada germanica, abbeverato di fiele e rotto al costato
dalla lancia della l'alkiria cerulea; il Belgio ci vien portato
oggi - cadavere fra le braccia.
Ecce Homo.
•
Mille e duecento testimoni raccontano la tragica passione del biondo messia della Libertà.
« Fin dal principio della guerra erano stati fatti dei
preparafii i complicati per incendiare sistematicamente.
Cli incendi e le distruzioni ebbero luogo frequentemente
senza che fosse possibile far valere la necessità militare. Lo sgozzamento delle donne, dei fanciun; e delle
giovinette era spesso accompagnato da circostanze ripugnanti in cui le baionette ebbero gran parte. Sono riferii i numerosi casi di mutilazioni : specialmente la estirpazione delle mammelle alle donne. Un hambino di 'r"
anni fu trovato crocefisso ad Hecot. contro la pnrf 1
d'una fattoria. Un bambino di due anni fu trovato arf
Appeghen trafitto ed inchiodato a terra da una lancia
tedesca. Il massacro dei non combaffenfi 1' tale rhe nessuna guerra fra le nazioni sedicenti civili à mai registrato. Incendi, massacri. fucirazioni.
1
1
Ecce Homo.
Il paese martire è qui, nella sua sanguinante nuditll.
in questa aspra prosa ufficiale che continua monoionn,
sa nguinosa, dolorosa, come la orazione funebre d'una
fo lla, ginocchioni sopra una buca. Rossor d'incendi: nuvole di fumo come se ardesse un rogo, baleni di ferro.
- 72-
strazio so/ferto in silenzio; bimbi incluodati alle porte
colla testina penzolante in giù, come a guardare la pozza
ùi sangue rosseggiante ai loru piedi; donne dal petto
straziato, tutte una piaga viva nel lividore delle carni:
ecco il paese. Esso consuma, laggiù, senza pace e senza
speranza. Consuma in silenzio.
Ma in questa bella Italia, squillante di latinità generosa, un mucchio di vigliacchi che fingono di credere
ancora nell'Internazionale e che « deplorano)) tedescamente l'orrenda rovina; un branco di miserabili che
si rimbucano al primo squillo di tromba avvolgendosi
nella loro grassa ciccia oratoria; un pugno di canaglie.
senza nome e senza anima, assiste ghignando alla tre~enda barbara e cantano l'Inno dei Lavoratori, urlando
con bocca di frode: Abbasso la guerra!
No.
Dal Pretorio tedesco il cadavere del Belgio viene offerto alla folla fosca dei barabba.
Ecce Homo.
E la folla agita le mani e grida : Buttatelo in una buca. Viva il proletariato! ...
No, barabba.
Viva la guerra! ...
17 .\Jaggio 191:\.
Al SUOI POPOLI
Il buon imperatore Francesco Giuseppe, in un momento di malinconia profonda, si è rivolto ai Popoh
buoni : a quelli che ancora gli rimangono buoni, per
forza. Quando la grifagna aquiletta del castello di Schiinnebriim gitta il suo trillo doglioso e arranca con la
doppia testa e le due ali dure, chiamando a giornata
tutti i suoi popoli, segno è che ... qualcuno di quei popoli già manca e sta acconciandosi a un miglior nido. Il
grido della vecchia rapinatrice si perde quindi nella
vasta solitudine dei deli e nell'aspre giogaie dell' Alpi
armate, ed è grido di addio. E di minaccia.
cc Nei nostri eserciti aleggia vivo lo soirito di Radesky e di Teghetoff - e il tradimento dell'Italia sarà punito. Novara, Montanara. Custoza, Lissa .. . » .
Bei nidi insanguinati veramente! Bei nidi, quei nomi.
dove la feroce aquila covò il suo riposo e la sua dip,eslione. pulendo il becco sanguinoso nelle grandi ali
ancora calde di vento e di tempesta; dove sì addormi
sazia di rapina e di volo : dove so[!.nò altre rapine ed
altri voli e da dove rotolò improvvisamente un giornn
per trovar pace in qualche altro covo roccioso, sempre
più lontano dalla bella ferra lombarda, sempre pitì lontano dalla ridente terra veneta.
Bei nidi .sanguinosi. Lissa e Custoza. Ma anche noi
non li abbiamo dimenticati. Il memore popolo italiano li
à coperti di fiori e di spine, in tanti anni di preparato
silenzio, in tanfi anni di profondo travaglio: dove l'aquila sostò vittoriosa, calda di gioia fero ce, il popolo
rinnovato nutd e diede ali al suo desiderio; gli diede
ali ed ugne per il bel giorno del combattimento. Anche
_,
-- Il -
in noi. anche iTI: not, e unu spmlo nuovo ed audace:
quello che balenò di ferro e di impelo a Bezzecca, quello che sobbalzò d'ira e di grandezza nelle acque di Li sa; quello che affondò con quel vecchio Re d'Italia.
entro una nube di fumo, in un rombo di artiglierie, ma
con tutte le bandiere inchiodate sugli alberi.
Vecchia aquila d' Absburgo : ali contro ali, artiglio
contro artiglio, audacia contro audacia! Ecco il nostro
combattimento. Quale lo preparammo. Quale lo vinceceremo.
LA CAMERA DEL SUPPLIZIO
'·
a
Ì\ fuggi11 191;:;.
L'imperatore d'Austria - ci annunciano le cronache
d'oggi, che somigliano a un gaietto sciame di viJJandiere accodate agli eserciti rudi
possiede un palazzo
d'estate: un ampio e solido palazzo. dai portici freschi
e sonori, dalle sale lucide e gaie. e dalla tranquillità
nperosa e grave dei JJecchi rustici palazzotti di mon··
tagna.
Tutto è chiaro. tutto è viJJo, tutto è allegro di sole nel
bel palazzo dell'imperatore. che è la solida fattoria dell'impero. riboccante di tutta la messe delle vaste terre
sog[!.efte: dai grani tirolesi agli aspri vini ungheresi. In
quel gran palazzo. in quel bel t!.ranaio. la Storia - falciatrice e mietitrice eterna -- ha sempre recato. a E-raccia ed a carra, quanto di meglio 1wteva offrire al magro colono incoronato. Frumenti e teste venete! Grappoli ed anime lombarde .1 Ma. in tutto quel chiarore.
una stanza buia. spalanca ancora la sua gola in un angolo della fattoria impfriale: la stanza del supplizio .
In quel tragico covn. l'Estate portò un {!,iornn a un
p,iovinetto diciottenne. la bella corona dell'impero: spighe mature. odoranti di snle: foglie e rame acerhe di
quercia. E salì un altro giorno ancora. la forte falciatrice. eh 'era un autunno rosso di sangue e di pamrini.
e portò all'imperatore
in attesa in quella stanza
la tunica insaguinata d; Massimiliano. folgorato al Messico dai soldati della rivoluzione.
Ed ancora. A piedi scalzi, la implacabile. scivnlò una
notte nella tana buia. e r.ecò al tragicn colono il corpo
del biondo Rodolfo, caduto. come un lioncello, in un
fnscn agguato d'amore. E sem··na ancora e falcia ancora, la ribalda estate degli Asburgo .1
-
7G -
E nella stessa tana, mentre lutto il bianco pa'azzu
dormiva nel suo tesoro agreste, entro un giorno la me saggera, per dare al colono inselvatichito un altro ama
ro frutto : quello della morte dell'imperatrice El1:;a
betta.
Ed ancora - susurrano le vivandiere fre sche che seguono, oggi, gli eserciti alleati
ed ancora là, ella si
presentò allo sfigurato vecchio, per prese ntargli l'ultimo bel.frutto della sua lunga seminatura; l ' ultimo frutto gagliardo mat~rato dop~ gran travaglio dalle magre
terre della Carnia e del Tirolo; l'annuncio che l'Italia
- armi e bandiere - varcava i confini.
Ora è gran lavoro nei campi; balenamenti di falci,
seminagione di sangue e di vite .
Un altro bel frutto matura; l'ultimo. E la bella estate
lo porterà in grembo, al vecchio co lono; e nella stanza
del supplizio glielo porrà ai piedi.
La nostra vittoria, imperatore.
:W \ l a.;gi o 1915.
LA TAGLIA
Un allegro barone austriaco, Leopoldo Clumecky,
mette una taglia di diecimila corone sulla prima bandiera
italiana che sarà conquistata dall'esercito color piombo. Il sacco d'oro, allarga la bocca lucida, sprizza un
suo livido riso di gioia e mette un prudor cauto ed avido
nelle mani. degli eroi cilestrini che muoveranno alla pugna. Diecimila coro ne ... valgono la corona imperiale.
E' un ideale d'oro. E' una sacra voce d'ammonimento
e d'incitamento. Le armate color piombo che caleranno.
però, dai rudi valichi alpini in cerca di sbocchi o di
vallate, i soldatini dalle gambe lunghe e magre, che s'affacceranno dalle rocce del Tirolo o dagli alti pascoli di
Asiago stupiranno nel vedersi venire incontro tanta ricchezza di bandiere italiane: esulteranno nel i•edere
quante diecimila corone. butteranno al vento gli squilli
insolenti dci loro tre colori. E pense ranno
i soldatini
color fumo
che l'eser cito italiano sciala senza misura
per mettere sul lastrico i grotteschi baroni austriaci ed
rngrassare spensieratamente le balde pance croate.
Diecimila corone di taglia. Sia. Ognuno, in questa
tragica disfida, dà quello che può. Barone Leopoldo
Clumecky, accettiamo la posta. Ma contro al vostro sacco d'oro, arraffato con unghie lorde nei vicoli oscuri
del ghetto viennese, noi mettiamo un pugno del nostro
ferro duro : un pugno delle nostre baionette. Ferro che
conosce il corso ... forso zo, il nostro, come, forse. il 110stro buon oro, barone Clumecky ! ... Il ferro nudo che
balenò dietro le calcagne croate sul colle di San Fermo; il buon ferro che sprazzò lampi e suonò v !.o lento
nella tempestosa giornata di San Martino; le punte du -
-
78
re, che guizzano ilari e vivide fra il .f!,rano e il sole di
Palestro; la tragica selva di lame che balenò e si spianò
in quadrato a Villafran~a: le baionette garibaldine che
pare1 1ano scoppiare come saette dalla loro nuvnla rossa
{' bucare i gropponi dei tirolesi fuggenti, ecco, onesto
barone Clumecky, la posta che noi offriamn per quella
nostra bandiera. Ferro contro oro. La sfida è accettata.
Ma come Fanfulla da Lodi, noi picchieremo colpi pazzi,
e ansando un poco nel travaglio faremo anche beffa, e
chiederemo le corone. Non già diecimila. Una.
Quella che traballa sul capo del vostro imperatore.
Quella che traballa cos1 paurosa e così impaziente, udendo al'anzare la nostra l'aftzer-nation.
31 \fa ggio l!ll:i
IL MARCHIO
Il deputato socialista tedesco, H erbert, à parlalo aT
Reichstag, dimostrandosi profondamente disgustato del
nostro contegno insolente. Anche la Germania. - verRinella pudica e vergognosa
sembra disgustata dcl
nostro maschio intervento. Che onore .1
« Date le concessioni proposte
affermò il cc compagno » H erbert santamente incollerito - l'Italia volle
friJ1olrnente la guerra. Non chiedeva solo i territor: nazionali, ma ampliamenti che coinvolge11ano territori di
altra lingua. Non è una guerra di difesa quella dell'Italia ma di attacco. Ci troviamo così d'accordo, certo. con
i nostri valorosi compagni italiani che fecero di tzztto,
anche in parlamento, per evitare la guerra».
Noi ci sentiamo veramente commossi davanti a questo desolante spettacolo di fraternità e di sincerità . Il
compagno H erbert e la Germania ci perdonino anche
questa nostra frivolezza. E li pregl1iamo a mani giunte.
di permetterci di dichiarare che le cc concessioni proposteci » dovevano essere giudicate soddisfacenti da noi.
umili figliuoli d'un cantuccio di terra, chiamata ancora
chissà perchè - col nome d'Italia che non significa ancora: Germania. Perchè la Germania dismemora innocentemente. Non è la nostra nutrice. Fu - con
un bell'impeto di schietta fraternità
la nostra bonne
involontaria e volontaria . E ci girellò inforno
per
con quella sua cuffietta bianca sul capo più
tanti anni
biondo della birra; ci educò i nostri figliuoli: concesse
furtivamente i fianchi sodi ai nostri primi certami impazienti, riempì a poco. a poco la nostra casa patrizia
del biancore della cuffia, dell'odor di tela delle sue sol-
- 80-
tane, del tonfo duro del suo passo. della sua presenza
vigile ed umile; della sua grave impudenza, di tutta la
sua ciccia, di tutta la sua operosità astuta e rumorosa.
Ma l'anima non ce la prese mai, questa bonne implacabile, ed i suoi consigli sono quindi ora inutili. Puà
ritornare ai suoi marmocchi rimpinzati di salsiccia grassa. come questo H erbert, e lasciar giudici noi dei nostri
sentimenti. Ma questo buon «compagno» Herbert. noi
lo ringraziamo. Nel nome del suo buon vecchio d.fo tedesco, che lo ispira, certamente, e nel nome della nostra
diabolica e spudorata franchezza. Voi, compagno rfi
Berlino cc siete d'accordo», dunque, coi cc valorosi compagni italiani che anche in Parlamento fecero di tutto
per evitare la guerra». Che il vecchio dio, vi pianti in
testa un elmo a chiodo e vi appicchi ... sullo stomaco una
croce di ferro, perchè tanto marchio rosso. mai, noi.
non stampammo sulle guancie smorte dei «valorosi
vostri compagni» Marchio ferocissimo che rimarrà,
compagno Herbert. Che noi, e il proletariato, ricorderemo nell'ora terribile del prossimo giudizio : quando le
trombe della pace squilleranno, i morti risusciteranno,
e i colpevoli e i giusti saranno ben giudicati.
'..?
fìiugnn 1915.
IL SEGNO
A Dresda, la città più salda della coltura germaniai,
un garrulo fuoco di scherno ha morso con la bocca
rossa i libri di D'Annunzio, facendone un bel melagrano di fiamme e di gioia. Giustizia è fatta. Dopo Dante.
la più ferma e bronzea vittoria della latinità nel trecento
di fresco canto e di furore d'armi. oggi la Kultur tedesca ci condanna al rogo la bella latinità di D'Annunzio,
tutta 1Jibrante di nervi e di ali e di magnifico impeto.
L 'Ttalia antica e l'Italia del rinascimento viene premuta.
dalle aspre mani del barbaro che ha il compito sacro di
lasciar dietro sè soltanto il fumo degli incendi e il sangue delle stragi compiute per la strage. Ma il rogo è
bello. La grazia della prosa di D'Annunzio
viva di
latinità - - si rinnovella in quel fuoco di bivacco che
l'orda accende in cerchio intorno a sè, e batte le ali vincitrici ben più alte del fuoco, ben più alte del fumo. co11
un grido di orgoglio e d'ardimento fierissimi . Accanto
alla cattedrale di Reims. smozzicata ed anneriia dall.·
granate incendiarie della 11asta Kultur germanica; accanto a Lovanio misteriosa. ammassata pietra su pietra
dalla forza bruta dei figli d'Attila; accanto ai fuoch.J
delle trincee francesi, accanto alle città distrutte, questo
piccolo rogo nostro è bello. E· una prima bandiera rossa italiana, piantata a trionfo sulla immane barricata
che la cil1iftà ha saldamente eretto contro !'orde bestiali.
E noi
latini
saliamo - ora - sulla barricata.
sotto a questa prima nostra bella baf1:diera. Il segno ~
compiuto. Entriamo armati nel cerchw del fuoco. E C!
resteremo, incrollabili, fino all'uftirno. Offriamo le nostre cattedrali, le nostre cupole bizantine; i fiori mar·
6
-- 8::' -
mo rei di Firenze: i ruderi aspri di Roma: offriamo
tutto quanto t' nostro. tutto quanto e sacro, tutto quanto
i• grande per la barricata orrenda .
E fino all'ultimo faremo offesa e difesa. I barbari e
gli incendiari lo sappiano. Fino all'ultimo.
IL NOSTRO SOLDATO
'o L~iugno
19l:J.
Non siamo - noi - un popolo di guerrieri/ - dicono gli amari filosofi dell'ora che passa. travolgendo coll'aspro vento delle sue ali fulminee
non s:amo un
popolo da reggere una guerra, chè noi non gettammo il
giavellotto, non calzammo le doppie alette a·: piedi. nè
masticammo il pane senza sale. nè bevemmo la calda
acqua dei fossi. Vero . Non siamo un popolo d'armi.
Amiamo i nostri cieli calmi che si riflettono negli occhi
ceruli dei fanciulli; amiamo questo buon odore e sapor
di terra feconda che ci trasmuta - pure noi
in buon
pane di pace e in fecondo nutrimento: amiamo i nostri
fiori che sbocciano a miracolo anche sull'aspre rocce
dell 'Appennino; amiamo la vita operosa che conosce il
solco diritto e la mietitura al gran sole: siamo un popolo che giudica se stesso da ogni sua più sottile neri•atura come ogni albero
forse
conosce e giudica
il vigore e la freschezza d'ogni sua più profonda radice.
Il ferro della strage. il ferro dell'oppressura noi lo
facemmo mondo e sottile per troncar rami di pino e dt
abete e inghirlandare le nostre bandiere di uri 11erdore gagliardo tutto pieno ancora di odor boschereccio
e di !'ento continuo . Ma se una tromba squilla a comandamento o a dolore, se un grido di oppressi ci fa trasaltare con subito impeto. se la nostra bandiera si snoda
al vento come una fiamma di tre colori e di tre baleni.
ecco questo popolo, che conosce il solco diritto e la mietitura al gran sole e la pace agreste della feconda l'ifa.
balzare in piedi e foggiare armi da ogni ferro e mutare
l'anima sua, come muta il color del cielo sollo all'uragano imminente . E il soldato italiano è pronto. Anima
-
S{ -
garibaldina e tenacia sarda. Impeto meridionale. fallo
di fuoco e di 11ento e fuso colla serenità del settentrione
tutto aspro di rocce e chiaro di neiii.
Un pane. una canzone e un fucile. Così armati e mu
niti i nostri soldat alpini formano un contrafforte mirabile, lassù, nelle Alpi. più inespugnabile ancora dei
costoni dei monti: così armati e muniti i nostri bersap,lieri balzano all'attacco 11eemente con una sola corsa.
una sola lama, una sola folata di piume: così armate e
munite le nostre cal'allerie. trasformate in un groppo
di criniere e di lance, fulminano per i campi combattuti.
Un pane pel suo nutrimento, un fucile pel suo nemico, una canzone per la sua donna o la sua bandiera:
ecco il nostro soldato di quest'ora.
Noi lo salutiamo, sereni, perchè esso sarà il Popolo
di domani.
IL GIAPPONESINO
La delizia di tutti i caffè e di tutte le birrerie milanesi,
adesso. è il giapponesino . Ve lo bozzettiamo in due
tratti. Una zucca pelata e giallognola come una nespola
matura due occhietti che sembrano due ammaccature.
una bo~ca che par fatta da un temperino, due piedi da
pupattola, ed eccovi tutto il gi~ppon~sino. Si. acco~ta ai
tavoli dei caffè, ed offre un fiore di carta mppomzzato
che vi mette sotto gli occhi i tre colori galeotti; bianco.
rosso e verde. Come la rivista di Giannino Antona Traversi : ma più graziosi della rivista. Però questa vostra
nespola infagottata di cenci ed alta così, non si accor:tenta di rubarvi un po' di patriottismo, ma tenendo m
una mano la bandiera, picchia, con l'altra, che sembra
di porcellana antica, sul tavolo e vi dice in giapponese :
C inq ghei. Sì.
Quanto.) ...
-
G f.iugno 191!>.
Cinq ghei.
Qua, burattino qel Sol le.vante: prendi .i ~uoi ~inq
ghei e dacci i nostn tre colon : e se te ne vai ci farai un
piacere : banzai!
La nespola ammaccata intasca la moneta con un gesto di scimia. e se ne va coi suoi fiori italiani: la sua
frase meneghina, e il suo musetto sporco di 11ero giapponese. Noi lo guardiamo ma non sorridiamo come
tutti gli altri. Pensiamo che le nespole
anche quelle
alte così
maturano. Pensiamo che noi
italiani
non prendiamo a calci questi randagi di una grande
nazione, come fanno tanti altri quando si trovano fra i
piedi il venditore di statuette di gesso o il suonatore di
organetto. E pensiamo - anche
che non c'è nessun
socialistq gi~ppu~iesc clze nel ~uo paese insulti la patria
e .la ~hrnmz «pitocca e bruta n perchè alcuni suoi figlmolz JJanno a cercare pane in paese straniero.
Il giapponesmo cammina. Piano. perchè è piccolo.
Sicuro.perchè se~te dietro a sè una grande nazione. Ora
offre L tre colon . Ma quando sarà grande, la nespola
maturata. sventolerà la sua bandiera.
Banzai! ...
N~i vor~en_imo che si esportasse in Giappone tutto il
partito socLal1sta italiano.
7 giugno HJl.).
BIRRA
Hans Barth, giornalista tedesco, elogiò un giorno in
un suo libro rubicondo, le taverne romane: le belle
bettole polverose e calde, dalle panche di legno duro.
le finestre aperte sulla luminosa campagna verde e le
scodelle tonde, rosse di vino come una ingorda bocca di
femmina . E il suo libro apparve coronato di non so
quali frasche di verità e sembrò divorato da un 'arsura
indicibile: l'arsura del vino traditore e giocondo . Oh!
bel paese l'Italia! Oh! bel paese Roma con tutte quelle
sue dannate taverne che al cader della notte splendevano di lumi rossicci e invitavano il vagabondo tedesco
all'ebbrezza, squisitamente latina, e ad un tuffo nella
romanticheria cavalleresca di un'Italia, covo di bettoUeri e di briganti. Hans Barth gongolava e trincava.
Boccale su boccale, scodella su scodella, il malvagio
vino (( delli castelli n gli tonfava nella epa ampia, spruzza ndogli di rubiconde gocci~ le tonde guance ingrassate.
E nessun paese. allora. era più bello, più cortese, più
magico del nostro.
Attrave-rso la rosea nuvola bacchica. Hans Barth.
cantava: il suo cranio duro. dai pensieri sodi allineati
in file tedesche come i tasti d'un pianoforte, ribolliva di
canzoni e di stornelli come se una grossa mano premesse a furia quella sua sonante tastiera. Italia, paese
delle bettole sincere. delle donne deliziosamente bugiarde e dei giornalisti generosamente ingenui, sei quanto di più bello abbia creato Dio col permesso dell'imperatore Guglielmo: ed Hans Barth, col permesso del suo
grande imperatore trinca, scrive e ti loda . Ma, ecco.
Garnbrino sbucare ad un tratto in armi, come un satiro
-
88 - -
obhquu, dalle sue g11Jtle giallastre, e glugnm e ao emente
contro le bettole romane, schiumando di « collera santa >>
Hans Barth rovescia le padelle rubiconde. S'ingozza d
birra. La sua faccia dimagra e scopre il duro gioco delle
mascelle e trasudando di birra, diventa una ossuta maschera terrea. Gambrino impera. Ed anche Hans Barth
che ritorna tedesco. Ed allora l'Italia per l'adoratore
delle tai erne, diventa un paese traditore. più traditore
ancora del vino <' delli castelli » . La prosa del giorna··
lista cavalca irta di punte giallognole sui giornali del
suo paese. « Ignominia ali' Italia! » Sia , buon tedesco'
Bevi !a fua hirra acre. A noi rimane ancora il buon vùw
latino e schern~tore. E se tornerai a Roma - un gior110
berrai del fiele amaro. L'oleoso beveraggio spremuto dal jegato di Gambrino.
1
1
7 Giugno 191;">
MACHIAVELLI
Il buon segretario fwrentmo, dal naso a becco e gh
occhi volpini. quel tristo Niccolò che indegnamente sopportava una grande malignità di fortuna e si vendicava
di lJSsa col più crudele e tristissimo dei modi. rivelando
di che lacrime grondi e di che sangue una corona principesca, è diventato il nostro tutore paterno. L Balia è
una sua figliuola, magra e perversa. Noi
invece d'un
cuore
abbiamo nel petto il duro ingombro delle
pergamene terribili ed invece di sangue ci fluisce nelle
vene il negro inchiostro del magnifico sere. Oh! finalmente quei buoni figliuoli di Berlino ci fanno l'onore
immeritato di considerarci degli uomini... pericolosi.
Ieri, eravamo dei briganti, armati di trombone. vestiti
di fustagno montanaro, pronti ad assaltare le polverose
diligenze che mandavano innanzi la fanfara bersaglie
resca dei loro sonagli e il picdoletto e desiderato tremo
re degli ospiti stranieri che la occupavano . Barbuti e
terribili noi non chiedevamo che arsura di strade e borse tedesche. Oggi no : oggi siamo machzavelleschi. Vestiti di panno rosso, il cappelluccio sui riccioli biondi, il
naso a becco, gli occh! grifagni e conoscitori, ridiamo
cinicamente di noi stessi e degli altri, palpando con
mani diaccie e delicate il corpaccio ansimante e vigoroso
della vittima nostra. Per cercarne il cuore con perversa
J!,ioia e premerlo a poco a poco, fino a soffocarlo cnmt·
l'inconscio fanciullo preme il piccolu cuure spaurito dell'uccello predato. Siamo - noi italiani di quest'ora -di un cinismo così perfido da ... esserci perfino invidiato. Ma il nostro buon Niccolò è tedesco. Noi vogliamo
infliggergli questo grande dolore. Il suo libro santa-
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mente malvagio r sfato ingozzalo. cume pane di gue1 ra.
dai nostri buoni fratelli che ci oltraggiano e ci buttano
sul viso la fiatata acre della loro indigestione ... fiorentina. Niccolò à così perl'ersamentc ammonito : << Dovete adunque sapere come sono due generazioni di combaflere: l'una con le leggi l'altra con la forza; quel primo modo è dell'uomo, quel secondo delle bestie. Non
può pertanto un signore prudente. nè debbe osservare
la fede quando tale osserva.nza gli torni contro. Nè mai
ad un principe mancheranno ca[!Joni legittime di colorare la inosservanza. Ed àssi ad intendere questo che
un principe non può osservare la fede. ma operare cull
tra la fede, con la carità, contro alle umanità. contro la
religione».
La Germania ne sa qualche cosa. I nervi sottil' di
Machiavelli sono la sua forza e il suo nutrimento: i conSif!.li del segretario fiorentino la sua unica virtù ... Per
ciò noi ci gloriamo ancora d'esser chiamati i buoni briganti barbuti, che chiedevano arsure di strade e visi
SP_aur!ii .col bu~n tr~"!bo~e .a la m~no. Con~ro f!.li zotici
nipoti di Machiavelli e miglior gloria esser i figli dell'onesto Passatore.
:3 Giu g 11 0 1915.
.\ Berlin o, l'i11 ~alata all'italian.1
fn chia nwta "i n.:;ala ta dcl tra di·11 1e11lo » .
L'INSALATA
Quei burloni di tedeschi sono impagabili. Col tovaJ!,liolo infilato tra la ciccia della gola e il collettone duro.
la grossa bocca spalancata. il ventre tondo. gonfi,o di
birra, nei ristoranti di Berlino adesso masticano « l'insalata dei traditori >> : denominazione furbesca e sottile
che sostituisce quella rancida ed acetosa di (( insalata
italiana n . Gran furbi. quei mortai di ciccia e di lardo!
Ma noi - se lo permettono
vorremmo dar loro una
modesta lezioncina in fatto d'insalata. quantunque ammettiamo. con frettolosa preoccupazione. che in culinaria, e nell'arte della tavola ... rotonda i tedeschi non
ànno più nulla d'apprendere. E da prendere.
L'insalata << dei traditori» è prima di tutto un ottimo
abaggio che noi consumiamo gustosamente, dopo averlo irrorato di buon olio e spruzzato di gocciole rosse
di aceto.
Le vecchie donnette campagnole. dicono anche che
un piatto d'insalata « rinfresca». Stanno quindi freschi
quei buoni figliuoli di lag[!.lù, se credono di sgominare
il nostro sano appetito, soltanto col chiamare << insalata
dei traditori n un umile pu[!.no di roba verde condita. Ma
c'è di peggio. Se dentro al loro cranio cigolante di ordegni ferrei che noi
nelle nostre cucine - chiamiamo « girarrosto » ma che i divoratori d'insalata berline·'c onoreranno certamente col nome di «cervello )) : se
dentro al loro boccale di birra capovolto, quei bravi ragazzi, avessero una foglietta così di buon senso, cacce
rebbero un urlo di sgomento, avvicinando gli occhi e le
mascelle ad un piatto d'insalata italiana. Vedrebbero
qualche cosa di più che non una manata d'erba. Con-
-
!I·> - -
cesso che 1 tedeschi abbwno /'abiludrne d1 ser11irsi di
piatti p~liti, essi..sco~gere~bero, nel {!hiotto erbaggio apparecchiato. un ironico s•mbolo d'talianita onestamente
~raditricc: il bianco del tondo, il J1erde dell'insalata, ed
1! rosso dell'aceto. Puah! .. . Bandiera rfaliana! ... Certarne~te. per essere spiritosi, quei grassi inguzzator! di
salsic~ia, recerebbero imperialmente. Ma ancora questo
non e tu_tto. Nella, dolce e schernitrice parlata veneta la
parola cct~sal~~a,, a uno sberleffo traditore. << Fare un'insalqta » significa pestar botte da orbi e ridurre l'avversano ad ~n i~trug~i? rimescolato, di lividure e di ossa.
Se_ quei car~ arnie~ volessero assaggiare un buon piatto dt questa _msalatma, squisitamente e sottilmen'e italiana .. . non anno che da parlare ...
lO C.1ugn0 H.fl5.
"MENU" BERLINESE
Il cc menu» allo ... spirito dei tedeschi varia ancora,
argutamente. Oggi segna anche «i maccheroni del tradimento».
Respiriamo. ingordamente. questo buon odore di cucina tedesca che ci ingrassa di risate calde e ci avvolge
di grosse nuvole di fumo untuoso, facendoci ricordare
le carni abbrustolite sulle bragie dagli eroi chiomati che
diroccavano Ilio con un ardimento ed un appetito insuperabili. Ma questa larga e fumosa cucina tedesca dà più
nuvole che arrosto. Dà, più che altro. la rivelazione
dell'affamata anima germanica, uscita a caccia e a imbandigione. dopo un digiuno terribile. I popoli si giudicano dal loro nutrimento. Una casseruola ed una pentola sono le più sicure basi per la grandezza d'una nazione. Se la nazione intende di crescere. Noi italiani ci
nutriamo di azzurro e di verde : di olive amare e d'insalata tenera, e perciò siamo un popolo inquieto di cicale
e di danzatori che sospende il canto per una nuvola che
passa, e... fa dei passi falsi per un valtzer di moda. Mt,
i tedeschi son forti: brutalmente forti. sodi e pesanti perchè s'ingozzano di carne ... canina. A Konidscreich. a
Lipsia, a Dresda, a Chemnitz, a Colonia, a Monaco. e1
in tante altre larghe città tedesche re la dotta, la forte e
la potente Germania » à costruito degli ammazzatoi municipali di cani, con relativi spacci pubblici: e sulle pulite tavole di marmo l'ingordo tedesco può ammirare
i gialli brandelli di uno suo qualunque Fritz. o d'un 'altra qualunque cc vergine cuccia delle grazie alunna ». E
che soddisfazione, sedere a tavola davanti ad una porzione canina, e masticarla con beata ingordigia, pen-
-91 -
sando che più amici di così non si potrebbe essere con
«l'amico dell'uomo». A Berlino si ammazzano e ~i
mangiano migliaia e migliaia di cani all'anno.
Perciò il popolo tedesco è forte. Ispido. Perciò ha un
mu~o torvo e minaccioso di buldog. Perciò, i soldati del
Kaiser, quando JJedono un bimbo, lo mordono ferocemente alle mani. L'anima canina mugola nel vasto torace dei fantaccini chiodati, come un mastino vivo, incatenato nel suo canile di costole. Ma se questo popolo
cagnesco dovesse essere giudicato dal suo nutrimento
e. dalla ~uer~a che conduce, si dovrebbe supporre che si
sia nutrito fmo ad ora non di buoni cani fedeli ma di
cani idrofobi.
'
Sarebbe quindi opportuno consigliare ai ristoranti di
Berlino un'altra variazione di «menu». Accanto ai
« maccheroni del tradimento >> mettere : cc Cotoletta di
cane alla .... museruola ».
11 Giugno 1!l1:i.
r JÌuinal1 .tnnnncia\ ano che il
premio "\!ohe,] si do\-e\ n dare nl
Pn11n.
IL PREMIO
Quei bravi signori che si trovano fra le mani. per
non dire fra i piedi, l'intatto gruzzoletto d'oro destinato da Nobel agli apostoli della pace, sono in un grave
imbarazzo. Lo crediamo . I tempi sono difficili. e sotto
al grande arco di Tito non si trastullano più le farfalle
candide. Il vecchio mondo, obeso di dotta poltroneria
ma col gran torace scintillante di decorazioni accademiche. è sbalzato in piedi - oggi
vestito d~lla casacca
mil!tare, ed è, ora, un solo impeto di nervi. pieni del
suo fragor terribile.
Le medagliette e l'obesità veneranda sono ai suoi piedi come un mucchio di cenci. Non c'è molla religione
in Europa e, specialmente, nelle ... colonie. Appunto per
questo, forse, quei bravi ed 'imbarazzati signori del
gruzzoletto d'oro avrebbero pensato di offrire al Papa
il peso e lo splendore evangelico del premio della pace.
Una volta tanto non siamo d'accordo con quei candidi
buon fanciullo - ce ne
angioletti di natale. Il Papa
sarà riconoscente. Quel « di ~è stesso antico. prigioniero» che alia per le J1aste e gelide sale del Vaticano. mettendo nelle 0arandi ombre dei re{!,ali giardini il biancore melanco nico delle sue vesti: quella Rracile farfalla
che gironza a cerchio intorno alla fiaccola sinistra .della
guerra . sbattendovi su lo sbuffo molle delle sue alt fragili: quel buon vecchio inem~e. e lranquill~ che. non
porta fuori dalla sua magnifica torre d avono la
bella persona, che non esce dalle sue stan;;e e no.?
va sui campi dove la guerra urla con la bocca lorda e
furibonda e non accarezza i feriti e non si china sui morti, ma se ne sta lì, inchiodato alla caparbia tradizione,
-Dfi-·
attendendo che il turbine terribile si allontani; questo
buon omello, odoroso d'incenso e di mirra. non può
toccare il pesante oro che quei bravi signon gli vorrebbero offrire.
Datelo
se ci è permesso un umile suggeriment0
- a quei laceri soldati del Belgio che spararono le ultime cartuccie mirando coll'occhio av!,.do e col cuore
disperato; datelo
se vi è possibile
a quelle povere
donne francesi, a quei poveri fanciulli dispersi, a quella
povera carne livida e insanguinata che si ammucchia,
senza più angoscia e senza più speranza, in tutti gli angoli ancora tranquilli del mondo. E
se ciò non volete
e non potete fare - prendete il vostro coraggio a due
mani, o bravi signori, e compite lo sforzn penoso. E
date il premio a Guglielmo secondo.
'· .
1~
Gill'gno l!lEi.
T r,i11q111' figli rli Cnribalili ,.;;i ~t'­
rnolano L'11111c ~ernplid sol<l nti.
GARIBALDI
La camicia rossa è nascosta dal cappotto grigio. Quei
rossi aquilotti dell'Argon ne che fecero stormo folto sotto
al fuoco prussiano e seminarono di ali mozze e di artigli giovani la tormentata terra di Francia; i quattro giovanetti garibaldini che ritornarono vivi dal bosco maligno i cui rami troncati dovrebbero dar voce e sangue
come quelli dell' arida landa dantesca; i capitani dellr.z
giovane avanguardia che portarono, prima, allo sbaraglio le fortune e l'orgoglio d 'ItaUa, oggi nascondono
sotto al rozzo panno grigioverde la camicia garibaldina
e si danno - nelle prime e più umili file - alla gloria
ed al piombo nemico. Schietto gesto garibaldino, questo. Il più vivo. Il più profondo. Con se mplicità antica
quel vecchio padre che regge sulle stampelle. il g.ra~
corpo e il cuore ancora saldo, ha presentato i suoi figliuoli al comandante del reggimento dicendo: Ecco
quattro soldati. Io - il quinto -- se mi volete. E quel
vecchio non ricordava più le due spoglie insanguinate
dei suoi belli figliuoli, caduti laggiù, sotto al piombo
tedesco; e non ricordava che non aveva potuto dare un
solo bacio agli uccisi, non chiudere gli occhi ai giovanetti
morti per un'altra bandiera. nascondendo, so~to al cappotto francese, la camicia garibaldina, come si na~cond~
il più caro ed amaro ricordo all'ingordigia degli occhi
altrui.
Non ricordava.
Altri quattro figli, altri quattro soldati . Ancora 11~
cappotto sopra la lacerata camicia: ancora, la vermtglia fiammata, chiusa in un cerchio grigio._ come sot,to
un cumulo di cenere. Ma il rozzo cappotto e quello d /7
-08-
lalia, garibaldini, e mai come ora voi siete degni di Lui,
mai come in questo giorno. Guerra garibaldina non è.
Guerra regia non è. Questa che balena sui monti e
avanza con furioso impeto verso il vecchio nemico è
guerra di popolo. Tutto il popolo è oggi garibaldino.
Soldato semplice. Per la sua libertà. Per la sua vita.
Per la sua morte. Così. E quando laggiù, sull'ammutolito Volturno il grande donator di regni sedeva sulla
botte fenduta e rompeva il pan duro condito di formaggio stantio, non sapeva che i suoi belli nipoti avrebbero
donato
oggi - il loro orgoglio più santo per rompere coi denti la pagnotta, ed ingollare, in una trincea,
il rancio del soldato.
Grandezza umile; fiore di grande amore.
I nepoti - oggi - son degni del triste cuore ammutolito sul Volturno.
IL VECCHIO CAVALLO
Noi lodiamo, senza ironia, la bella azione di quel
vecchio cavallo che veniva condotto al macello e che
. all'ultima bastonata - ha risposto con il lampo ed
ll colpo mortale dei suoi zoccoli consunti. Filosoficamente quella buona bestia non vale11a molto: e quando
la sua carne ci comparirà sul desco famigliare sotto le
mentite spoglie d'una mortadella di Bologna ce ne con11inceremo ancora più facilmente . .Ma come bestia rnlel'a molto di più. Tanto di più che se noi fossimo costretti a scegliere fra un filosofo e questo animale, sceglieremo l'animale: sicuri con questo di fare un elog10
anche al filosofo. Perchè ben difficilmente un discepolo
di Platone rinuncerebbe al pervertimento sereno d1
e< ragionare n e di convincersi d'aver torto, in un momento così critico e forse poco salutar(' come de11e essere quello quando si è condotti al macello. La nostra
bestia, invece, non ha ragionalo: /za fuso i11 un solo
atto il suo primo pensiero e forse 1.z sua ultima azione.
Accompagnato, verso la sua rzon ultuna dimora. il
vecchio quadrupede dovePa con7..,ssare a sè stesso che.
in tutta la sua vita non aveva fatto altro che compierl'
onestamente il suo do1 ere di animale. A 11eva tirato il
carretto polveroso, trainata, forse, anclze la vettura pubblica, logorato parecchi :occoli sui selciali cittadini. morsicato il freno inutile, sopportato la camicia di for::.a
delle sue innumer~voli cinghie. schernito in silen::.io
l'oltraggioso sonaglio appiccatogli al collo. m1sticato pn
co fieno, e numerato tranquillamente tutte le abbondan
ti frustate.
Era il suo mestiere. Ma ieri, ::;occolando verso la mor1
13 (;i11g110 191:1.
-
1011 -
te. la bestia deve aver meditato per la prima 11olta clw
tutta la sua rassegnazione e tutto il suo lavoro erano
stati inutili. Però, se lo lasciavano in pace forse si sarebbe rassegnato anche a morire da cristiano. Ma l'ultima bastonata a tradimento, lo irritò. Impetuosamente
rinnegò il suo passato. rinnegò la sua balorda filosofia
f' con l'ultimo ferro che li rimaneva. e con l'ultima
rabbia dei suoi nervi ancora vivi, abbattè d'un calcio il
suo percotitore .
Noi non lo ammazzeremmo quel vecchio cavallo. S'è
accorto tardi. ma in tempo di aver dcl ferro e dei nervi.
Non lo sacrificheremmo. Non è carne, quella da poter
pestare impunemente e da servire sotto forma di salsiccia!
:~o
L.i11gnn l()IG.
CAMMINA ... CAMMINA...
La favola, dai piedini scalzi e dagli occhi azzurri~
cammina lieve e tacita sull'orme rosse della guerra. Cosi
piano cammina e così tacita passa che il. profu"!-o acerbo dei fiori. che la inghirlandano. e Ll suo znfant..!e
cuore che dolora non lasciano nè solco nè battito d 'in
torno.
E cammina, e cammina ...
Rinaldi Giuseppina, à quattordici anni. E' figlia di
contadini piemontesi. Nella povera casa semplice viveva ignara, accanto al focolare antico. accanto al fratello
forte; come vivevano le bimbe delle favole nelle capanne, e nel folfo dei boschi verdi. Ma il fratello parte per
la guerra: il re d'un gran paese ch'è suo, ma c.h'ella
non conosce, lo à chiamato. E va. Nella casa, rimane
la pace ma vi entra
ospite muto . il dolore .. E come
nelle favole. tutte piene di stelle e d1 melanconia, la sorellina pensa al fratello, pensa alla guerra e sente nel
piccolo cuore un dolore grande. un peso grande. u.na
tristezza più amara della corteccia degli albe~i. E~ 1!-n
giorno, la piccola. abbandona la casa. e va coi suoi piedini e col suo cuore in cerca del fratello: lo vuol vedere;
chissà, forse eh 'egli non abbia bisog~o delle s~e /~esche
mani infantili; chissà. forse, ch'egli non abbia bisogno
di rivedere i suoi occhi azzurri. che gli portano un poco
del suo cielo e un poco del verde del suo bosco! Non
dice nulla, e va - per la gran via polverosa e affocata
- verso alla guerra .
E cammina, e cammina ...
La strada è lunga e i piedi le si gonfiano. Non importa. La notte, con tutta la sua ombra e le sue steUe,
102
scende sulla campagria. muta le l'Oci, muta le cose. tendr' paure ed agguati coi suoi murmuri misteriosi. Non
importa. La bùnha dnrrne su un prato: l' i grilh cantano
e ll' stelle la guardano.
E cammiru. ancora, cammina aTZcora. La via ,., lunga. l'H~1. n~I croc~cchi c'i• qualche tabrrrzacofo. C la pie
cola s 111grnoccf11a. e la piccola wega per il frate Ilo 111
guerra e depone ai piedi dcl rozzo simulacro il suo cuore che pesa.
. E così giunge a Milano. Una sosia. Il capitw biondo
si c11n 1a sulla carta: la manr stanca scrive una lettera a
casa.: cc ù i piedi tanto gonfi. ò f!.lr occhi tanto stanchi.
ma o _tanta speranza di arriJ1are la ssù , ... é riparte.
.. Qcu la cercaf!-O invano, ora L noi penswrno a quesl11
Cl eat~ra .che si allontana per le 1 1e larghe e af_focate.
JJ~ns~ar_no a questa bimbetta di fai•ola che mette 1 suoi
p~edmt gonfi sull'orme rosse della guerra, e non possiamo n?n augurarle di arrivare (( lassù >1.
. Snrellinq_ bu.ona, dagli occhi freschi come il cielo e
rl cuore p1u triste della notte. cammina ... cammina ...
1
20 GiUg'llO 1!!1~··
"RAGAZZA, TORNA A CASA"
La Germania. questa bella ragazza piena di ciccia
suda e di capelli color della birra chiara. non vuol ritornare a casa dopo il fallo peccaminoso: non vuol riprendere il suo telaio occulto e i suoi canti freschi.
Inebbriata d'am9re "elJJaggio. gli occhi ceruli cèrchiati: tòrti intorno ai ricci biondi i fuscelli e le pagliuzze
dei suoi innumerevoli f!,iacigli. la bella ragazza , vuol
godere fino all'ultimo del suo godimento perverso. vuole vegliare le sue nnfti accanto al fuoco zingaresco. vuol
tenersi fra le unghie lo carne e la bncca disperata del
suo terribile amante: il dominio. Non importa che i suoi
nervi siano esausti. che le sue braccia, più terribili di
un laccio, non si serrino più gagliardamente intorno al
collo del suo bellissimo nemico: non importa che le vesti a brandelli le scoprano le ginocchia graffate dalle
spine e dai sassi: la ragazza ansa ancora nella sua incontenibile caldura e nor ritornerà.
La vasta casa rimanga pure deserta e sul tavolo, copr'rlo del tappeto chiaro fiorito. fumi l'onesta patata.
dentro al piatto largo. Ormai tutto è perduto. E primu
di tutto anche l'onore. Sulle cantonate berlines; l'onesto
padre dalle mani dure ma dal cuore sereno, fa invano
appiccicare gli avvisi pudicamente sanzionati dal buon
costume tedesco: « Tutto è perdonato: torna a casa».
La ragazza non legge, non ode. e fa bene. Stia là, sui
campi e nei fossi accocolata entro il cerchio dei fuochi
di bivacco a godere il suo furore bestiale, il suo amore
terribile, il frastuono zingaresco della sua nuova av11entura.
Non deve tornare. De1)e rimanere nel suo giaciglio,
11
-
101 -
con le vene vuole e l'ossa senza nudolla. Non qeve ri
~or/lare, ~ella grande casa tranquilla, la caldura insodts atta. l odor della terra premuta, e nelle vene nelle
'.nani, n~l ventre ~l desideno
marmocchio mostruo·
dt ncomcnctare LUI 'altra volta.
so
E quando non avrà più nulla da dare o da odere
~1,~~~o sulla ~u.a carne battuta i brandellL del!~ vcsl~
· . l eran.7o lividure, quando " dovrà tornare nel suo
~1cco o :si o, ella dovr_à trovare non il buon padre te
esc~ c e le perdonera e la nutrirà per novell' amori
rna i ce11one duro. di un altro custode.
,
Quello de~ v~cchw parente latino capitatogli in casa
per un.consiglio di famiglia.
'
...
Godi, bella ragazza: il giorno della castità forzata
non è lontano.
f
11
22 Giugno 1915.
L'AMULETO BIANCO
Il fragile vecchio che segue. dalle calme logge vatica nesche, il galoppo furibondo dei cavalli imperiali: l'amule'o bianco che ogni buon cristiano si porta a spasso
tra la pelle e la camicia per farsi aprire, domani, le porte azzurre del paradiso. à parlato
zen sacre e cristiane parole che noi ria c;surniamo in mazzetto fragrante per metterlo, quando si potrà. ai piedi della Catt"drale di Reims. Dio è per la pace. Ma la GPrmanfr:t non
è contro la pace e contro Dio.
' Quel buon vecchio, prima che ai martoriati cristiani
à pensato e<anche agli interessi della Santa Sede ll . E
auesti interessi sono gravi. I preti bel.f!.i e francesi sono
stati fucilati. ferocemente. contro il muro delle lorn chiese. ma il Pava non può dire una parola di pietà o di rammarico perchè ... anche i russi àn fucilafn dei vreti.
Le donne del Belf1io sono state bestialmente sottopo~.fe alla l-•rufalità della soldatesca: i bambini sono staff
rriartoriati. le case incendiate f!.li uomini massacrati. ma
il Paoa non può osare un lieve .f!esto terribile nerchi'>
" le suore rfi sette con{f,ref!.a:inni dichiararono che non
potevano cilare un snln coc;o di violenza nella loro con.l!ref!.azione protetta dalla Verf!.ine o da aualche santo n .
Ah! ... lP povere madri che raccolsero da una pozza di
sanf!ue le loro creature mo:zate delle mani. auelle non
erano protette dalla Verf!ine n da a11alche santo. e non
ànno nuindi nessun diritfn alla iiietà del Pontefire. La
Cattedrale di Reims, cade nietra su pietrrz. statua su
statua. altare su altare: le bombe tedec;chc vi balzano
dentro urlando e lacerando. più che l'anima d'acciaio
di Lutero non abbia lacerato la cattedrale aerea della
- lOG -
C.hiesa di Roma. Su quel fumo, su quell urlo, su quelle
/~tetr; _ ~h e ardono. ancora come le ossa d'un morto gi
.~ant~"co, il vecchio del
gwdt~a re: 11 Il Vaticano
Valicano risponde che non puo
non e un tribunale e non pronunzia sentenze
No: il Vaticano è soltant
dest
. d.i giu dice conciliatore. Non solo.o flunLusimo,. o 1111·icw
~ani~ affonda: donne e bambini non combattenti sono
wgo1ati dal "!-are. Non un grido erompe dal cuore di
questo vecchio ~h~ ·e pensa agli interessi della Santa
Sede », no: egli ritorce la domanda con un'altra doi~an_da : " Ma. c~edete v~i C.he il blocco che affama milwm ~t esseri mnocenti sia ispirato a sentimenft piu
umani .:i » .
, Una c:oce di merito anche per costui. IJlondo sire dt
G_ermanta, C(~me al comandante del sottomarino a<:sas
s,z.no. La m~~lla. Ma la Germania non creda troppo. atla
1 ~rtu magmfic~ dell'amuleto bianco che. ora, le si apptcci~a al ~ojlo di~peratamente. Uscita a rovina, la Cennania aJ1ra a rovm~. Lo voglia o non lo VOf!,lia Dio. La dize~da 0 non la _difenda 11 suo rappresentante. L'amuleto
;magalo. '1ltn metteranno lr' mani alla strozza di questa
g~:;:-;~~aa~itce~r~~l papa. E la costringeranno a dar delle
Sputerà sangue' la e ermania,
· esile conciliatore del
Vaticano.
H .
f
~3
Giugno 1915.
IL LIBRO DEL SOLDATO
Alcune signore di Vicenza (oh! 1 ec;lite di bianco,
f..'.ua ntate le manine sottili. profumale di soavità e d'incenso) offrono ai rozzi soldati, che mettono il testone
fuori dal treno. un librettino grande così. verde come
un'oliva, e amaro e oleoso come il fru tto monacale. il
libro è il companatico d('f soldato. Quando, mordendo
la pagnotta saporosa un nostro buon ragazzone godra
l'aria fresca dei monti. l'azzurm dei cieli, e la tranquillità del dovere compiuto e metterà insieme al J;ane
il companatico delle sue fantasie vittoriose. trabalzera
ricordando che nella profondità delle sue tasche tiene
ancora in serbo un ghiotto boccone. E lo andrà cercan
do con tutta delicatezza. Bel libretto. La polpa verde
promette buon succo. E l'umile fantaccino aprirà le
pagine delicate pensando . Pensando alle pagine musicali e luminose di Mazzini, che sollevano l'anima con
le loro ali d'oro ; pensando alle cantiche di Carducci .
balenanti di saette acute, come le feritoie d'una rocca
massiccia; e pensando anche ai tumulti magnifici del
nostro Risorgimento. sobbalzanti di criniere. so nanti di
zoccoli, ed irti di punte di ferro freddo . Pensando al
pane necessario per la sua anima
in questo momento
- e per i suoi nervi.
Ma a pagina ventisei del suo minuscolo libretto. l'amile fantaccino leggerà tranquillamente : cc Andando alla
battaglia bisogna fidare in Dio. raccomandarsi alla Madonna, pensare spesso che la maf!,gior tranquillità dello
spirito, anche nelle ore più terribili della vita. viene dal
sapere che Dio ci Ritarda e ci bened;ce. Se non gli sarà
possibile - al soldato - di confessarsi, desideri arden1
-
108
-
temente un sacerdote ed intanto faccia a Dio un atto di
do.lore perfe.tto ~ectlando questa breve preghiera : Gestì
r~w, mi~ Dw. w vi amo e mi pento con tutto il cuore
di avervi offeso Un atto cosl semplice, ottil'ne il perdono di tutti 1 peccati 11 .
E tutto ~ a posto. R.icevuto così l'olio ... santo dt que
st~ sua ~lwa am_~ra. il soldato deJJe sentirsi più forte
ptu gagliardo, pw m_aschio: grande.
No, bu?n fantaccm~: questo companatico puzza d1
v~leno . .Dt v.eleno sottile e squisito. Buttalo via fantacci1o: ai tan~. E pensa, al momento della battaglia che
~o o:o c e ti. star~nno ~i /~onte sono coloro che ~n di
impiccarono i tuoi P.adn, ringraziando Dio: che basto
n~ro~o . Le do'!ne, ringraziando Dio ; che mutilarono i
btmbz, mcendrar~no le case, distrussero le città, soffo
carono c~l petrolio e col gas asf;ssiante t tuoi compagni
sempre invocando l'aiuto di Dio.
.
ujJ;o~al,fcolle mani forte, tu pianta sulla canna del tur
f
i erro pagano e vendicato e b
f
·
E marcia all'assali
r d
r . uo.n antaccmo.
la libertà!
o, gag iar amente, gridando : Viva
I: Jni pt'I at••I'<'
!tiomali.
LA BALLATA
I
Giugno l!JJ:J
giunt o in
1'ru11pu
I
I
~4
C~ uglif'lm n
d i hatf.ug-li :1. s'inginor<"1 1iu fr:t i 11 11J11i f' d is~P: u :\on i 11
11 11
Il Senzabraccio sarà cantalo dalla leggenda. Non sappiamo, ancora quali strofe scoppieranno sotto alle
cappe dei camini, con la ilarità d'un chicco di grano, se
sboccia a monachella. nel fuoco; non sappiamo, ancora.
come zoppicheranno le rime, con i piedi di legno e con
le mani rosse, ma certo il Senzabraccio veglierà tra i
vecchi e i fanciulli nelle lunghe serate d'inverno. E di
pace.
Ma una leggenda buia, sappiamo, una ballata triste
che dirà: L'imperatore, un giorno, giunse sul campo
di battaglia. quando la battaglia era finita. Ardevano
lontano i roghi. Per tutto il campo ingombro giacevano i
morti; i poveri figliuoli morti, ammonticchiati uno sull'altro, come un mucchio di radici. buttate a rovina, dopo
/'atterramento dell'albero.
L'imperatore giunse sul campo di battaglia. quando
la battaglia era finita.
Vide i morti, il Senzabraccio, e cominciò a numerarli. Erano suoi figliuoli tutti, erano. Forse a curvarsi su
loro si sarebbe ancora respirato fra i capelli un odor
di fieno e di terra. Lavoravano nei loro campi. lavoravano nelle loro officine: ma un giorno l'imperatore li
chiamò, a nome. ad uno ad uno, e tutti partirono sotto
il cappotto grigio. Lieti partirono. tristi morirono.
L'imperatore giunse sul campo di battaglia. quando
la battaglia era finita.
Cominciò allora a numerare i morti: tanti erano come tante le lagrime versate in quell'anno dalle madri:
tanti erano che non finiva mai di numerarli. Volti bianchi, mani mozze. occhi rovesciati. bocche tOrte. Bravi
figliuoli, siete morti per l'imperatore. Siete morti per-
-
lHl -
che vi ha chiamato, perchè a11eJ1a bisnf!,nn di tanta carne,
di tanti cappotti grigi, di tante lagrime di madri.
L'imperatore giunse sul campo di battagha. quando
la battaglia era finita.
Allora l'uomo s'inginocchiò a poco a poco come premuto sulle spalle dalle mani di un Dio: chinò sulla mano
viva la fronte pallida, e lasciò penzolare lungo il corpo
il. braccio rinsecchito, come penzola una spada dall'arcione vuoto, quando il cavaliere è scavalcato. Allora
l'uomo p:egò fra i morti, per tutti quei morti. Ma poi.
alzando il volto, esclamò forte perchè quei morti l'udissero: «Non io l'ò voluto».
. L'Imperatore partì dal campo di battaglia, per andare
in un altro campo e appiccarne un'altra.
.. . dirà allora. un marmocchio, forse alto così. quando l~ ballata ~arà lerminata: « Perchè dunque. quei
morti non uccisero subito l'imperatore? » .
30 Giug no 191:J
L'INNO
Il sommovimento popolare, questo violento sbalzar
di zolle per una furia di nuova vita. dà talvolta un magnifico fiore: l'inno .
Fiore musicale, fiore di baldanza e d'esultanza: papavero dallo stelo sottile e lungo e dai petali ampi come
bandiere rivoluzionarie, in mezzo all'onda del grano
che sparpaglia il suo gran oro sotto al sole!
La nostra rivoluzione ha menato la falce da disperata
nel bel grano ed ha colto parecchi bei fiori: e il gra11e
inno di Mameli, così religioso e lento come se fosse
uscito da una cattedrale dopo un giuramento sul vangelo, muove ancora i suoi passi luminosi fra il popolo:
e l'inno di Garibaldi scaglia ancora le sue note fulminee come baionette . e monta all'assalto dei tempi col
suo gran rosso ed il suo gran. impeto: e 1 la ~arcia pi.emontese strilla ancora grifagna come un aquiletta sp1~­
catasi a volo ed a preda. ma più gioiosa della sua ltbertà che di sè stessa.
Fiori vivi. Ali bellissime della nostra storia. Impeto.
fatto bellezza e fiamma. d'un' epoca d'ardimento: strofe
e musica legate dai nervi di un P?Polo in tum~il_to.
Ma tutto ciò non aarba - oggz - alla squzsita estetica musicale austria~a. Colla stessa imperturbabile serenità colla quale respinge quotidianan:ente i '!os_tri al~
pini, e massacra i reggimenti dei nostri bersaglierz: oggi.
l'Austria calca la mano inesorabile anche su questi saldi
giovani combattenti del risorgimento e sentenzia « che
l'inno di Mameli è funebre: che l'inno di Garibaldi è
da circo equestre, e la marcia reale è la marcia per far
ballare l'orso». E conclude: <<L'Italia non ha un inno
-
112 -
11azionale! » Vorremmo rispondere che ce ne vantiamo.
I ntanlo abbiamo una nazione. Al nuovo inno ci penseremo. Ma siamo cost squisitamente musici - noi che se il nuovo inno fosse un capolavoro, come quello
austriaco, che fa venire i brividi ed impicca l'anima colle
sue note a nodo scorsoio, lo rifiuteremmo. A noi basta
che i nostri inni, brutti e a brandelli, come dei buoni
soldati dopo un attacco alla baionetta, abbiano fatto ballare l'orso grottesco di Radescky più d'una volta; che
l'inno da «circo equestre n abbia veduto - sempre i Lazzi e le smorfie degli austriaci in fuga, e che l'inno
di Mameli abbia sorretto il buon ferro e il gran cuore
dei volontari di allora.
Sappiamo bene che all'Austria tali musiche non sono
piaciute. _Hanno a~Tj.to, sempre. il torto oltraggioso di
segnar~ il passo di corsa (spalle all'inno) alle sue armate cilestrme . Perciò son belli e sacri per noi.
Ed ancor oggi, questi vecchi inni. li piantiamo. là,
sulle Alpi, a dar fiato alle loro lunghe trombe d'oro ...
Va fuori d'Italia, va fuori stranier !
:i Lnglio 191!'1.
L'APPELLO
Noi abbiamo rinnegato fieramente la patria, quando
la patria era un cadavere santo, rinchiuso in un'arca.
vegliato da pochi frati, e illuminato da lampadette a tre
colori, sotto le volte sonore d'un tempio meraviglioso.
Figli del popolo, noi amavamo
ed amiamo - la
rude patria che viveva al sole. che dava la sua for::a
violenta ad ogni ribellione e ad ogni civile combat.imcnto; i figliuoli delle piaz:e che si mobilizza11arw in nom e
della giustizia e della libertà e si batte11ano per un toz::o
di pane ed un cencio di bandiera rossa.
Atea terribile, questa nostra patria viva. non entr_av~
mai nel tempio; neanche quando i buoni frati sor.mon!
appendevano festose luminarie alle porte e chiamavano la gente alla cc sagra cornmemorativa )l .
Non un fiore
noi - - non zin lume abbiam dato
a quel cadavere. Ma quando il tempio si spalancò alla
gran luce e al rumore della piazza. quando una folata
impet1wsa di vita spense i fumetti accadem~ci. e la patria balzò viva e annata dal suo sepolcro. 1/ popolo
la nostra patria JliPa
balzò iu piedi: e diede i s_uoi
figliuoli. la sua anima. i suoi cenci e la sua bandiera
rossa. Tutto. E partì per le frontiere. E parte ancora.
.
E darà ancora. Viva la patria.
Ma intorno al sepolcro puoto, borbottano e f~utano
meravigliati
oggi
i frati di ieri. Guar~ano il sole
che mette lame d'oro nell'ombra sacra, irrompendo
dalle porte aperte. Guardando i fiori secchi. I lumi spenti che fumano.
.
. . ,
Ed esitano. Noi li guardiamo. Con u~ sorriso. d1 p1ela_
incoraggiante . Li guardiamo nelle man1. Se noi
atei
8
..
(lii -
abbiamo dato la forza, la vita. l'anima credente in
un altro sogno, e in un 'altra forma di patria: se noi al
avprimo appello abbiamo chiesto un fucile; se noi
venturieri dell'ideale
abbiamo vestito una divisa e
abbandonate le nostre belle armi. le armi fuggiate da
noi. wlla nostra fede, con la nostra rabbia. cnlle nostre
oggi, 1
mani dure: se noi marciamo per la patria
buoni frati devono dare pure qualche cosa per la patria.
L'oro de11ono dare . Il miliardo devono dare. Le loro
ricchezze. Il loro con vento. Devono dare.
L'Italia fa un nuovo appello . Mobilizza le ricchezze.
Chi non risponde è un disertore . Un traditore.
E in nome di tutti i nostri morti . noi ricorderemo
quel tradimen'n f qufsfa diserzionP.
domani
8 L11glio l!ll.-,
IL COMPITO
Prender sul serio la vria è un paziente segno di gagliofferia e d'ingenuità. Non e'è niente di serio al mondo. Nemmeno la gente che Porrebbe esserlo e che mendica. pitocca, stende lamentosamente la mano a un to::n
o ad una briciola così di buon senso. C'è il buon senso
soprafutto .) Questo pro1Jinciale dagli occhi attonai. l
gesto mc erto. gli scarponi chiodati e poli•erosi che s"
tocca qualche cosa la palpa, che se vede qualche cosa /,
scruta. che se entra in un salotto soppesa il ninnolo e
almanacca balordamente del suo valore: questo provinciale balordo, prima di tutto è un bell'ineducato. La
vita è buffa e bisogna esser buffi. A i•oler fare i seri ci
si rimette la serietà in primo luogo.
Noi, per esempio, abbiamo sempre guardato. non diremo con eccessiva gravità, ma con una certa riflessione
pensosa. i giocattoli, le coccarde, le bandierine e le memorie che facevano i•enerando e venerato. ai nostri oc
chi di fanciulli, il salotto poll'eroso di nostra nonna sto·
ria. Mazzini, Garibaldi. Pisacane. Bixio ci sembral'arzo
allora - un bel gruppo di cavalieri disperati, un fascio nervoso di lame nude. un bell'impeto di fede e di
grandezza: razzoli, Pietro Calvi. i martiri di Belfiore.
gli oscuri cadaveri dondolanti dalle forche milanesi dopo
il crudo febbraio del 1848. ci pan1ero
allora
1111
magnifico poema di morte e d:· sangue.
Soppesammo i morti, giudicammo i vivi, e odiammo.
adorando . Furbi per dio! Ieri. da una finestra del romantico castello di Schonbrunn, il vecchio imperatore
d'Austria, tirando il fiato (come un giorno la corda). per
la riconquista di Leopoli, affermava dinanzi alla folla
-
I 11;
cun nobile serenità: < Ai miei popoli assirnro dureJ1ole
garanzia per il loro benessere che è stato il più bel compito della mia vita. Così Dio voglia.» Quel buon uomu
dell'imperatore à ragione come à ragione quel filosofo
acuto che ammoniva di non prender sul serio la vita. Il
provinciale, sbalordito rimane lì a bocca aperta. I martiri di Belfiore e del Castello Sforzesco, non erano che
un esempio di u assicurazione » tanto vero che dondolavano ... assicurali ad una corda; i morti dello Spielberg non erano già dei santi, ma un pegno della cc durevole bontà » austriaca, tanto è vero che li si condannava
al carcer.e << ~uro »; le pagine più atroci e più belle del
nos~ro ns~rgiment~, non sono più un poema di gloria
~ di audacia ... ma il « bel compito » soltanto del vecchio
imperatore. Col volere di Dio.
Il provinciale, chiude la bocca e si caccia le mani in
tasca: esce. dal salotto venerando, e sente un gran disprez70 salir su, a fiatate gelide, dall'anima. Disprezzo
per se stesso: Cane di un imperatore. Come ci ài ciur
l~to r:-el man:co ... La tua bontà 11eniva presa per ferocia; il tuo « bel compilo>> per un terribile e sa nguinoso
scarabocchio!
Com 'è stupida la gente seria! ...
j
I ''GROGNARDS"
I grognards della ... futura rivoluzione italiana si stringon~ la cin~ura.delle brache, osservano se all'angolo della via occlneggrnno ancora i pennacchi dei carabinieri. e
ci chiedono conto, sdegnosamente della nostra biasimel'Ole c?ndotta. J laceri avan::i _delle barricate del Maggio
sono inesorabLl1. La guerra a scoperto il suo volto di
bronzo. e accerchia
lassù
del suo fuoco e del suo
fumo le alpi contese; la guerra voluta da noi, che porta1•amo il cappello del bersagliere, quando questi grognards implacabili se ne stavano col testone fasciato dal
berretto da notte, sparpaglia al vento le sue bandiere.
galoppa sul suo cavallo nudo, chiede sangue e giovinezza,
e noi
avanguardia da parata - ce ne stiamo ancora
q~i ~ ~al?ccarci con le frasi eleganti: riccioloni ben incipriati di una parrucca leggiadra. Il nostro posto è là:
in trincea.
Il nostro preciso dovere è di ricevere una palla nello
st~maco. A gra~ velocità. I1 nostro compito - se vo.!!.l•amo ancora vivere - è quello di farci seppellire subito CO'!- un chilo di piombo nel cervello : perchè è certo
che noi non potremo mai vivere con un cervello come
quello dei redattori dell'Avanti! Invece. no. Siamo vigliaccamente qui. Colla penna diritta fra le mani. Colla
serenità onesta di chi adempie ancora il proprio dovere.
Avete della gran fretta. ragazzi di San Damiano! Troppa
fretta. Potremo intanto rispondervi che noi non abbiamo
mai minacciato degli scioperi in caso di mobilitazione
senza ayere mai avuto il coraggio di farli: vi potremo intanto rispondere che noi non abbiamo mai speculato sulla pelle deg~~ altri. ma abbiamo sempre esposta ai vostri
li~
111ursi. ai vostri bastoni. alle J1ostrc riPoltellc. lu nostra
rellc ribalda; l'i potremo, iTJtanto. rispondere clzc non
abbiamo mai gridato ai quattro Penti « considerando inesistente la circolare di Salandra terremo i comizi rivolu:ionari », quando. nel medesimo tempo, i !'Ostri deputati imploravano da Salandra e dal prefetto il permesso
di tenere i comizi: i'i potremo infin e rispondere. o grognards della sesta ... barricata, che noi non abbiamo mai
amma~~alo, per il gnsto imbecille e coccodrillesco di fare
poi i funerali della vittima. Siamo qui. diritti, pronti, in
attesa d'esser chiamati. Siamo qu;... perchè siete qui
anche 1 oi. C'è posto per tutti, las~ì1. Anche per noi
che siamo gli ultimi della bella masnada. Ma nrima di
andarcene. prima di farvi gonf!,of 1Jre dalla gioia. prima
di deporre la penna acuta, vogliamo ancora segnan1i la
pelle di capponi. Vogliamo chieden•i la rivoluzione ..
di iVTaggio. o feroci grognards.
1
LA "ROSSA"
Verona « la rossa » cangia di colore come le groppe
del suo Monte Baldo in un giorno di nuvole ; e il bel
Can della Scala, piantato spavaldamente s.ul gran cavallo.
ghigna diabolico, col mento agu;;zo fu ori dall.a ~arbuta.
Certo egli ascolta le << 11ilote >> che saettano il cielo co n
uno strido : e se potesse alzar la mano armata della ma~
nopola, una ne acchiapperebbe per l'ala:. una c.he noi
non possiamo dimenticare in quest'ora di compiacenza
festosa :
Prima che mi te sposa
ti geri bianca e rosa
e adesso che ti ò tolta
ti ga cambià color.
10 L uglio Hll :i.
Ci "battacchiava le ali sul capo questa bella insoleniP.
non sono molti mesi; ci raspava le poche chiom~ ~ al
becco arguto . come se avesse voluto trovare un posticino
caldo per nidifica re : voleva obbligarci. per beffa. ~ camminare ete rnam ente le vie del mondo. con quel nido sul
cucuzzolo e il suo strillo d'intorno.
Ed in vece, vola ancora a cerchio su Can della Scala .
.Von lo diciamo noi. E' l'Avanti! che lo afferma. « '1
l'eruna
scrive egli
se ~ e veggo no di ,t.utli i .colon'.
~icc hè, dopo la burrasca. sa ra bene fare un i.ndagme. pet
~covare se per caso qui non si sia conosciuto mai un
certo Signor Socialismo , in nome del quale e per speriale sua procura, si è conquistato il comune >1 •
Noi diciamo che si farà benissimo. Ma l'indagine._ con.
un colpetto arguto di ali, solchi però l'enorme spazio di
120
-
dieci mesi. e cali, tutta gaia come una « viluta > su quella
gran Verona rossa. che insultava noi. durante un tempestoso comizio. Allora la (( rossa » era superbamente
c~ntro la guerra; allora a noi che dicevamo. con coraggio aperto,. ~i prepararci a compiere... quanto il Co1~une sociallsta 11eronese ora compie ma.l!,nificamente.
si butta~ano sul volto manate di stra/ette ironiche; all~ra n~t - pe~ quei signori « Maitilasso sola ,, e quei
signori della Giunta
eravamo dei venduti, dei voltaJ!,ab.bana. d~ll~ gente senza pudore. D!. più. Dei traditori del soczal1srno. Ed ecco che ... fttlta Verona tradi ce.
Tutta Verona m~ta di colore, come la gw11inetta sposa.
e come una gwvane sposa
ne fa<< di tutti i colori'"
Tu~ta l'erona non riconosce pi1ì «il Si,!!,nor socialismn
uf}LclQ[e » un povero d,.avolv rnez::o furfante <' mezzo acc~lfone bu?no soltanto per pJi aclaftoni ed i furfanti de!
gw.m~!e d1 ~an. D_amiano. Can della Scala gh(ena Ma
noi siamo prn. lieti di lui, oggi. E ci prendiamo l'allegra
vendetta. rf· '.Lmandare a «quei SÌ,l!,nori n la vilota campestre, dal piccolo cuore pieno di canto :
Prima che mi te spo<;a
ti geri bianca e rosa
e adesso che ti èJ 1011 ·1
ti ga cambià color.
.·
~e1011a «ex-rossa ll, taverniera dci poeti e dci deputa.ti ~lta Todeschini, beJJiamo alla tua :,alule un boccal<'
dL ym tondo. E spruzziamo di gocciole rosee il tuo vecchw San Zeno.
I
l
j
I MONATTI
L7 Lugl to L!JL::i.
I monatti del socialismo italiano cioncano vino a gar[:!anella, e cantano canzonacce, e sbattacchiano il loro
campanaccio e attraversano le vie vuote delle città, chiedendo morti da seppellire, vivi da appestare e bettole da
inaridire colle larghe bocche ghiotte. Non basta più alla
loro ingordigia il gran morto che ingombra il carro
di cenci e di mala carne; non basta più alla loro sete il
vino e la birra tedesca che schiumano sulla loro bocca
schiaffeggiandola ad ogni trabalzo. Chiedono di più. i
monatti; chiedono altri cadaveri. altri boccali freschi,
altra carne su cui sdraiarsi, su cui posare il testone duro,
su cui allungare le gambe salde per mettere in bella mostra il rosso vivo delle brache rivoluzionarie che tengono serrate con un doppio giro alla cintura.
La peste è una buona manna per questi signori.
Ma noi ce ne infischiamo.
E a quel bel monatto. tutto rubicondo che cianciavo
ieri sul carro degli appestati voltolando in aria il s~o
fiasco ancora gocciolante; a quel vinattiere di r:voluzroni da cooperativa che parla del nostro giornale ·~com~
rii una palestra per quanti hanno attitudini al mestiere dr
spia n, a quel corpacciuto speculatore di morfi e. di 1•iv~.
noi 11orremmo chiedere quante spie e quanti disonestt.
quanti strozzini e quanti contrahbandil'ri egli può trol'a1e fra noi o può trovare invece fra i 11arii Pagrwcca " le
cui attitudini al mestiere della spia n sono note in questo
mondo .. . e nell'altro.
E vorremmo chiedere al giornale dei monatti perchf>
non si dice chiaro e tondo per quale << pacifica pr?pa.ganda di orale persuasione ,, furono comperati e d1stn-
-- 122 -
bwli migliaia dt bastoni: per quali ~nuli1 1! qualche cap.occia confida, a proposito del nwto di Tonno, che la D1~e­
_ione del Partito « ha tradito»; perchè fur?no organ.1z~
::ate e delle schiere armate 11 ; in nome di chi e per efu si
fa ancora propaganda di vigliaccheria sui t'.e~i che portano i richiamati. in nome di chi e per chi s! crmplott~
ancora per sabottare la na:.ione in guerr~; m nom~ .di
chi e per chi si assoldano sicari e vendu/1, spara/ uc1l1 e
rubatori.
E' forse perciò che il monatto di ieri confes.sa che l~
borghesia «preferisce assoldare spie. sovven~wnare sicari, solleticare i disonesti, tutta roba che viene scell 1
nel seno del Partito combattente. >1
/,i conoscono bene i loro polli. i monatti..
.
Ma noi, con buona pace di Pagnacca, l1 conosciarn<~
meglio e li inchiodiamo su questa solida croce_. perche
si torcano a sollazzo nostro. E di tulli gli onesti.
~IJ
\ gu~ln l !l l ~1
LAMBRUSCO
Se Redi potesse ancora mordere i bei grappoli toscani, così d!lettos; entro il verdore delle foglie, non condurrebbe più Bacco a vendemmiare per le terre del C?rnune fiorentino. ma lo menerebbe a sollazzo a Reggw
cmilla nella cantina dell'onorevole Lambrusco. Giovanni da Montecchio trinca e s'infiasca - laggiù - nella sua bettola famiglia re, im erm ·gliando le guancie e il
naso e cantando l'inno dei lavoratori: trinca e s'infiasca, 'e beve come un'oca padovana, perchè nelle sue
l'ene scorre ancora il lamentoso rivolo che cerchia Prato della Valle e la Cattedrale bizantina coronata di falchi. Ma Giovanni Zibordi
ebro di sete e di Lambrusco altrui - vede ... veramente doppio quando crede
di poterci amareggiare colle sue lettere ... spiritose. e
qllando incita i suoi compagni di taverna a « metterci in
corpo 1> una pallottola indigena. Lambrusco schiumi t'llrc: Lambrusco schizzi su. oltre il bicchiere di San Damiano, le sue bollicine aspre, ma si metta a giacere,
diremo così. in pace. Gli ubbriachi non li prendiamo
'-Ul serio. Ci nauseano solamente.
Ma a questo beone sconcio che non ha il coraggio
delle sue azioni ed incita all'assassinio cosciente i compagni più astemi. a questo topo di cantina _che s'_ingras:\a fra il cacio e la botte. a questo avPentuncro dt penna
<' di bicchiere che laggiù. nell'Emiliano. chiamano il
~ire 1c Litro » noi chiediamo di non invocare dalle nostre
mani il pietoso mantello di jaffet; perchè noi, al beone
caduto sconciamente. daremo soltanto lo scherno acerba
di Cam. Incitare qualcuno a piantarci una palla nella
schiena non appena saremo richiamati, è già un buon
1
segno di coraggio; ma se l'nnore11u/e I ambrusco non
sarà ebro quando ci leggerà, vorremmo che ci dicesse
cc chi à scritto quel famoso volanUno » che incitava i
neutralisti a rompere in massa la d!mostrazione Battisli.
provocando così l'uccisione dei due operai di Reggin.
On. Giovanni sbornia .. . in alto il cuore e... il gomitn.
Noi rimarremo sereni egualmente. Beviamo saggiamente e gagliardamente operiamo. La nostra opera. come una vigna. s'è ingrandita e maturata al sole. I nostri
bei frutti sono per la sete nuova
vande sete di libertà
del popolo. I nostri tralci, per la corona dei
forti. Apertamente abbiamo incitato alla guerra. alla rivoluzione, alla occupazione delle piazze. Noi. r abbiamo diritto perciò di cadere onesfamentr. da uomini Se
cadremo. Ma fin che avremo negli occhi "il dolce fu
me». alle vipere ubbriache di vino e di 11l'lerzo schiacceremo la tesla, vituperosamente.
L'APERITIVO
I
)
Il cc vecchio prete infame » che il più duro poeta d 'Italia, martellò con l'ira e col ferro nell'aspro macigno
della sua ode, << quel dì» si fregò le mani pensando che
avrebbe pur goduto uno spettacolo di morte, e avrebbe
visto un po' di rosso nell'oro delle sue ruote.
Noi, in quest'ora feroce. non ci freghiamo le mani.
Ma con le mani più bianche e più gracili di quelle dei
gio11ani cavalieri di J1entura, dal cuor fiorito. e dall'armatura magata, noi snudiamo la nostra anima viva e 1:1
~balziamo al sole, nuda, esile, ed arguta. Bella e salda
lama, ancora! Str:'lla alla luce. con tutta la sua nudità
pieghevole, come presa dal desiderio di vedere un po'
di rosso, e di sentir delle gocciole vive correrle come
una furia di rubini. sul corpo intatto. nateci del rosso.
teri. il buon Ciccolti110. il giocoliere più allegro d1
quella brigata dt .:ùzgari che è il partilo socialista ila
ltano, meravigliava sè ed altrui con questo suo onesto
commento : e< Noi possiamo d!'re. parafrasando una fra~e di Turati, che se la guerra è un male, la sconfitta sarebbe un male peggiore n. Ciccoittnu tenta di cambiar
le palle ... da quell'autentico corrispondente di guerra
che è. Ma Ciccottino burla. Ma Ciccotino. interventista
e neutralista e tripficista diventa nientemeno. di punto
1n bianco. che un anti-triplicista.
L'Avanti! però, aggrotta il cefjn e punta l'indice. a11
zi il pollice verso. sull'augurio di Cieco/ti. E dice:
e< Pubblicando queste lettere dal fronte. ne lasciamo la
piena responsabilità politica al nostro corrispondente
L'Avanti! non può deflettere da quella linea di condotta
che si è proposta dall'inizio de 1le ostilità. Noi nn11 in-
fendiamo aderire in nessun modo all'azione spiegala
dalle classi dirigenti italiane ».
Dunque, è ben chiaro che questi ausmaci. imboscati
in via San Damiano « la sconfitta delle armi 1talwne non
sarebbe un male assai peggiore della guerra »
Dunque è ben chiaro che non « deflettendo dalla lin1·a
di condotta» propustas1 dalf'1111::w delle ustilità, ; lan°1 chenecchi appestati del socialismo italiano, invocano il
ro1,rscio nazionale, e Lasciano al sempliciotto Ciccottino
la " responsabilità » dei suoi auguri? ...
lJateci un po' di rosso. Questa nostra bella lama nuda che strilla al sole, n'è sitibonda ...
Vogliamo, come ''l'infame prete» goderr il nostro
spettacolo mattutino, perchè noi ci sentiamo divorati d.1
tutte le anime dei tiranni eh 'erano. non lame come ic
nostre, rna scuri. Ogni mattina svegliandoci. dobbiamo
sapere che sono stati sclziacciati contro il muro. con
una ra~io!ze dt piombo nrlla groppa una do:::::ina di
'' quesli signori» chr " lal'orano >> prr la nostra scon fitta.
In un bicchiere. un po' di rosso.
/,'aperitil'n per il nostro apprfitn di pJusfi::ia r d'i·
talianità.
"!)
\qosfo l!H.'i.
L'ARTIGLIO
Il cardinale Gibbons. spiccatosi a volo " dal desìo
portato» per mozzare col becco un ramoscello d'olivo etJ
offrirlo alla vecchia Europa dilaniata, à trovato un altro albero ed altre fronde 11erdi.
Laggiù, nell'America, gli olivi imboscano ogni terra
r rumoregg:ano ad ogni 11ento del mare. carzgiando di
colore come le note di Wilson: laggiù, mentre le onde
tranghiottono i vascelli. squarciali dal!? ~per?n~ te~e~cn.
lr olil'e acerbe scrollano sul capo dai ltben C1tladm1 americani che se ne fanno un ghiotto cibo fratesco e laggiù la bianca e tarda colomba dell'inq!1ieto. Vatican~.
al'eva un nido apparecchiato; tutto sofftce dt bambagia
e tutto fresco di rame odorose. Ma su quel nido. con
l'ali smozzicate distese e gli artigli goccianti di sangur
ancora vivo. la colomba candida à tro1iato. ferma, rrn 'aquila. La Pecchia aquila europea.
,
I.a pace i· desiderata. Certo. l.r crraturr che anno
lasciato a me::zo il solco. che non àn mietuto il [!.rano
maturo. che non àn preparato il pane. che wm cìnno
chiuso la porta del casolare: tuttr queste anime. chr
non attendono
oggi
forse più. non sperano forsr
più e non credono - certo
più, balzerebbero con
un grido di giofa incontro alla colomba che tenesse nel
becco il ramoscello d'ulivo.
.
Ma il mondo che tutto ù dato a questa sua terribile
passione, non può voler più questo. Sul nido innocente
della colomba, cova l'aquila disperata . Non rol becco.
m.a coll'artiglio si mozzerà la fronda di ~ac,e. Un solco
fondo dovrà rimanere sul ramo che sara l eletto.
E le foglie verdi di quel ramo non doi•ranno più es-
-
f ?){
-
ser tenere ed amare, ma salde, dovranno essere. come
il bronzo appena fuso. che appar tutto v~rdastru .pur
con qualche baleno d 'oru. La colomba Vaticana puu ritornare dunque all'arca; gli 11U111 dell'Americ~ possono
maturare rami e uli1•e per le }es/e campestn e per le
parche cene di W1!.so11: l'aqullu 1•1m:pe~ s~prà l'ora del
volo, e l'ora del c:ulpu. J)e/ colpo d art1glw.
Ma quel dì. sopra la Jiumana r(Jssa che sum:rze.rge ora
il mondo disperalo, sopra ai solcfu nun compmt1, sopra
al grano mietuto, sopra le creature che attendono ancora, sulla porta dei casolari. qu elli che non torneranno
più, godremo il fumo e le vampe di un rogo sacr? eh~
dovrà illuminare tutta la terra. e farà tuffa rossa 1aquila, ferma sull'ali, nel cielo profondo.
Il rogo chr cnr1s11nt1'nÌ l'uflimn tuu barbaro. Gerfll !U?ia.
I p1l ·ta Resmini clic an:\ <1 prirtato ~I u::::::1)lini a volo, cadeva. due
giorni rlopo cnll'arcopla110, uccidenclo,-i.
L'ULTIMO VOLO
Ricord!amo ancora il pilota Gustavo Resmini. nella
bella brughiera lombarda, men/re armava e palpava la
sua bestia piena di nerv! e di ali. per portarci nel profondo e luminoso cielo della sera . Sotto al casco di cuoio
duro il suo viso sottile di buon l'eneto ed i suoi occhi di
fanciullo ridevano d'una gioia serena: e guardando e
parlando, batteva pianamente le ciglia sottili, come se il
fresco vento gli rombasse intorno nell'impeto d'un volo.
Pareva stupefatto della nostra curiosa inquietudine . Rideva fanciullescamente delle nostre domande. E parlava della sua bestia alata con una tenerezza semplice .
Cosi:
<< Cadere? Chi pensa a cadere? Più si va in alto più
si respirano la sicurezza e la grandezza. Più la terra .
questa roba dura. piena di ciottoli che son paesi. di
macigni che son città. di fossi e di po:zanghere cilestri
che son laghi e fiumi. più la terra. digo, si allontana. e
più ci si sente sicuri. liberi e tranquilli. Proverete. La
mia macchina è un nervo solo. Fili. tela. legno sottile
e cavo. Ma è salda perchè à un ,gran cuore. Guardatelo.
sentite. sentite_;:,
tutta l'ossatura della belva gracile,
sobbalza, si tende. strepita, stride. Con un pugno io
sfonderei un'ala . Con una martellata spaccherei tutti
questi fili che strillano. Ma il suo cuore no. Non si rompe. Sentite? ... Adesso urla . Vuol balzare e invadere .
Noi piloti siamo un po' come la nostra macchina . Piccoli - vedete - e gracili. Ma bisogna avere cuore. Poi si
va . Alti. Altissimi. E non si va mai a ramengo. Credetelo » .
Noi lo ascoltavamo sorridendo, guardandolo negli
l'!ll
occhi di fanciullv. e nel volto un pnco bianco come se
al'esse sopra tutto il rombo del 1•cr1tv. Bisogna avere un
gran cuore ~ Forse.
.
Ma quando pensiamo clze ieri. qu<'Sfo bel combalttture dell'aria. sentì. dietro se. scoppiare il tonnidabile
cuore della sua macchina. scagliando inforno fiamme e
ru[<ghii: quando pensiamo che pivmbo y,iù. a picco. entr~
il suo rogo alato. scavando il cielo con un solco nero d1
fumo. e poi quando pensiamo al suo volto di fanciullo,
terreo e immobile surlo ai frantumi dt.>lle ali. sentiamo
che questi umili e saldi eroi. del'Ono possedere i•eramente un grandl cuor di ferro. Cuort italiano. Cadono. muoiono. scompaiono colla loro macchina. ~~tto
al peso delle due ali tra.!!,iche. e nessuno p~nsa -~LU a
loro, nessuno li piange più. nessuno li ammira piu_.
A Gustal'o Resmin1. il buon pilota caduto. offriamo
queste minuscole ah di poesia e di mem(lre affetto. dopo
il suo ultimo tragico J10[0 i•erso la terra.
~ ~ettcmbre t<)fa
FIORI SELVATICI
Sulla tomba di un nostro ufficiale
certo. una croce
fatta di due rami d'abete ancora verdi e odorosi - la
pietà di un umile soldato à posto una corona di fiori
selvatici con queste semplìci ed ingenue parole: « Questi fiori ci ò portato per beneficio della salma che nposa in questo sito. E' morto per la patria ed è mort.J
consolato. Sia benedetto e riposato. Vùra la guerra>.
Parole semplici e profondt>: più 11ive e più fresche.
forse, di quella corona di fiori selvatici. strappati alla
poca terra dei macigni. Come il macigno, anche il cuore
più rozzo, i! cuore che tace. à il suo fiore. e la sua parola viva. E sembra anche la parola selvatica, per quel
suo timore fanciullesco. per quel suo repugnare istinti1•0 quasi pudico, e perchè
anche
sa di chiudere
in sè tutto un poema silenzioso. tutta la vita rude e selvaggia d'un'anima sconosciuta. Il fiore della roccia e
La parola di affetto d'un taciturno. possiedono la stess1
l'irtù : quella del miracolo.
Il rozzo soldato che depose quella man1ta di fiori sull1
croce del suo compagno d 'arme. teneva - inconsapevolmente - nel rozzo cavo delle mam'. non soltanto la
freschezza più viva della montagna. o la più semplice
poesia delle boscaglie aspre. ma tenei:a. anche. tutta
la sua profonda anima: tutta l anima nuova. che à del
macigno e del monte. del soldato italiano.
Grave. pacata. ingenua.
« Sia be ne detto e riposato ».
C'è una gran tenerezza in queste parole rozze, che
sbalzano in figure e in voci dall'anima. come quelle
rozze scolture che sbalzano dalle arche antiche. Bene-
- - 13:? -
detto perchè è caduto
quel morto ignoto
sacri/1cando se alla vita altrui: benedetto pcrchè il suo
sangue risparmierà
domani
altro sangue d'innocenti : e riposato sia. perchè onestamente e da forte è
caduto.
Ma, su q.uesta grave calma di pensien e di figure.
ecco un gnd.o fierissimo di vita, sbalzare da questa
morte: un gndo nudo come una lama sguainata e balenante, uno strido di ferro che prepara il solco per un
colpo impetuoso: Viva la guerra .1
Così. buon soldato sconosciuto. Mentre qui, i furfanti che non si battono o che battono soltanto le calcagna, scavano la terra coll'unghie lorde, per speculare
osce~amente ~ul .rn:orto, per portarlo a spalle per le
~st~rie _ e per i trivi, per deporlo. con pietà feroce. sui
ll[n!ian delle c~s~ pater~e. invocando la pace vergognosa; mentre qui i becchini dei vivi. tentano il seppellimento notturno di tutto auanto ch'è nobile e sacro
ancora in n?i, e ver:-dono al nemico le lagrlme de!le
nostre madri, e la disperata passione dei nostri orfani
per segnare un patto di prigionia pacifica col nemico:
tu, buon soldato ·d'Italia . accanto alla tomba del tuo
m?rto, offrendo una corona di fiori selvatici. gridi:
Viva la guerra! ...
Il nostro saluto a te. fantaccino magnifico.
10 Settembre 1915.
ROSSO E BLEU
Un poeta pavese, ci porla una bracciata di bei
fiori; tutti freschi di rugiada e tutti odorosi di sole.
com~ se li avesse tolti dai giardini della primavera.
Apriamo la nostra negra tana. sonante di martelli e di
f~rro, P_er ricevere nelle braccia e tuffare il volto fuligginoso m questo dolce miracolo di grazia e di luce. Fiori
rossi e bleu. Fiori paesani: petali e steli che sanno il
buon odore del grano, sotto le cui ombre crebbero, rubandogli un poco di oro e un poco di sapore.
A.nche n~i, ai pi~d~ d_el ceppo aspro che regge l 'tncudme, abbiamo dei fion r ossi e bleu: ma duri. di ferro
appena trat.to dal fuoco colle mani più salde delle tenag~i~; battuti per punta e per taglio, foggiati per il colpo
dintt~, o p_er il morso ironico, e gittati poi. ad opera
compiuta, intorno al ceppo, finchè il colore blù, vincesse e inguainasse la sottile punta rossa .
. 'f?' il no_stro .ferrame gagliardo. per la battaglia quot1~iana . Ci a'!ner~ le .mani. ci riarde la bocca. ci copre
.d1 u~o SCOJ?PW di faville, ad ogni colpo . ma misura anche il b,atti~o delle nost~e vene rtiovani. e ci regge il
cuor e. l artiere nostro ribaldo, che martella ogni notte
e ogni dì.
Ma se anche le mani sono annerite anche se il volto
è fuligginoso, anche se la bocca è a~ara, noi prendiamo egualmente fra le braccia, questo fascio di prima11.era selvatica che ci viene da un poeta ignoto. e cantiamo con lui i colori rosso e blù.
cc Versi blù dice il poeta Angelo Ferrari - blù
c~me un_ austriaco in battaglia. come il tabarro del re
dz Prussia. come il questurino della democrazia. come
-
13i -
lt! jurie della Vandea: e versi rossi come il sole quando
:-:.punta. come ì gamberi appena cotti. come il punch
inglese. come il ciarlatano 1n pw:.::.a e come la camicia
di Garibaldi. Tutto il mondo è rosso e blù. »
Questo poeta popolare. magro e duro come se fosse
state scavato da una scultura in legno da un paston
d'Abru:.:o : questo poeta che à nel cuore il modo e il
lamento del Jlauto dei serpari: quesio povero vagabondo clze non sa dove andrà, nè sa che farà, vede bene e
bene sente quando invoca a gran furia che il color
rosso sojfochi il blù: il livido blù della rassegnazione
e della vigliaccheria. Un cuor popolare di poeta. non
poteva che sentire la poesia f!.Gf!.liarda del popolo.
B/ù : color di serpicciatol1 velenosi. che non fischiano
ma mordono. che si allungano nodo a nndo. che cangian pelle a mutar di stagione. che balzeranno frenetici
domani - al primo segno
per avvelenare e strangolare . Socialisti ufficiali.
Rosse: una lunetta. una bella s ~ ilre. un b" ffoncinn
bianco che serra in sè zl serpe fllPfal!ico d'unrz molla.
Me.tele un po' d; N1ì nelh lunetta. Al'remo i! rosso magn!'fico.
E' la stagione. poeta.
ça.ira'
1;~
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BOMBE SUI MORTI
l icen:a à ricevuto
ieri
il suo buon saluto di
morte dai suoi antichi ne ml Cl.
•
Ali tricolori. in cielo. sopra la torre da/l'elmetto verdognolo che guarda la melanconica pia:.:.a piena della
nostalgia del lontano mare; ali incolori sopra la Basilica
scura. chiusa nella salda corona dei suoi portici. come
un barbaro prigioniero: e stridore di ali trkolori anche
sul campanile mo::.:.o del Santuario che veglia la chiesa rossa e la cupola gcffa della cattedrale.
Ma le bombe austriache non sono cadute sui palazzi:
non ànno gettato 1! loro fiore rosso sulla statua della
Libertà che. a Monte, gesticola furiosamente contro le
rondini: non ànno coperto a.: fumo e di ferro l'ossario
austriaco, chiuso nella sua sagoma grifagna di pietra grigia. sotto alla quale dormono da scs::;ant'anni i biondi
morii dell'imperatore.
La bomba è caduta nel cimitero. l morti de11ono essere
sbal:.ati su. al saluto. Come sbal::iamo noi. 11ivi. Queste
bcmbe che tempestano le ciflà aperte. portate dalle ali
mascherate: che riempiono del loro urlo di morte le vie
del silen:.io: che stra:iano creature innocenti. abbattono
uom.ni inermi e f1·ugano le tnmbe. stritolando le povere
ossa. dei morti: questa carneficina sc/i•aggia compiuta a
~rad1rr:-ento. per la sola 11oluttà della strage. ridesta pure
in nol. nella sua tomba coperta di tena arida e di garofani scolorati, 1112 gran morto che odiammo e che oggi
sentiamo di sordamente amare: l'am 1rc per la nostra libertà di italiani. l'amore per qiu sta che clz :am;amo ancora. patria nostra.
Sentiamo. oggi, ch'è necessario dover ritornare all'a-
-
1:~c
more profondo ed all'odio profondo: sen 'i, mo ch'è necessario
oggi
di batterci con tut/1 1 nosm 11iJ1i e tutti
i nostri morti; sentiamo. che bisogna riattaccarci alle radici della razza e di t!ssere. in esse, forza 1•.11a e l'folenta.
Ancora altre bombe sui nostri cimiteri. amici austriaci.
ancora altro sangue d'1Tlnocent1 ed altro /erro per i mrr i.
Ci brandiremo, così. tutti in noi. gagliardamente. Daremo tutto per tutto. Butteremo dietro alle spalle le sonore
armature che ci mette11ano intorno
1en
tanti lampi
splendidi, e tanto orgoglio gioioso, e daremo giù a due
mani, col volto nudo e il petto scoperto. Riprenderemo,
dopo, il nostro cammino.
Ma oggi, mentre altri tristi ai J1oltoi. dalle ali tricolori,
volano intorno alle cittù bombardate. cercando di spargere il terrore negli animi: oggi . mentre i piccoli traditori armeggiano per la pace tedesca: oggi mentre k;li
speculatori dei morti e gli " imboscati del tradimento,
buttano sul mercato le lagrime delle madri e vendono la
pelle dei nostri figliuoli: oggi noi invochiamo ancora,
dagli aeroplani austriau'. altre bombe sui cimiteri.
Si scoprono le tombe. Si levano 1 morfi.
Vicen:::a deve essere nr[!.ogliosa di questo suo primo
canto garibaldino.
1
lG
~··ttemhre
19i:i.
l' IMPETO
La zappa, umile ordegno di pace, è più feroce del
fucile. Il suo baleno è dovunque, in questq terra tormentata. Scava, urta, morde, cauta ed ostinata. come
se intorno non vi fosse che la profonda pace,. come se
il cielo in mezzo alle nuvole grigie lagrimanti. facesse
balena;e un lembo umido di azzurro primaverile, sotto
a cui, come da una tunica, spuntassero i piedi rosei della
Primavera; batte. affonda e scava, la zappa, come se
intorno l'autunno ridesse del suo ultimo sole melanconico e i bovi, sotto al giogo, mugghiassero all'odor del
fieno novello .
Lavora, ostinata zappa.
Nuovo è il solco e più profondo: nuova la terra e
arida. Non si semina più il grano col gesto pio c.he se.mbra benedire la futura messe; non il frumento si se~ma
per coprir d'oro la terra sì eh 'essa rida - domani -:-:
dentro la sua selvaggia capellatura che od~r~; non P.w
si scava il solco per le tristi e amare radici della '!'zto
di domani ma si scava con freddo odio. con vigor
sordo, e ~on disperata anima. per seminare la mar e
·+
e I.a V!.a.
. .
Gli uomini s'infosseranno qui. come semi ~i, carn~
e di strazio: le anime latine. le più vive e le pm forti.
si ammucchieranno dentro questa terra forte, e la zappa rincalzerà - loro - le radici. coprirà. di terra i tronchi, batterà implacabile. giorno per giorno,. ora pec
ora , con assidua opera, finchè il ferro non nspondera
ali' utimo colpo del ferro.
.
Poi sosterà.
.
La terra, così, sarà arata e seminata: vi11a e piena
!'li\
di semi da nboccarne: spasimante di radici umane. con
le bocche aride e terree come se mordessero la :.olla per
sbal::ar d'impeto al sole: 5arà così piena. la terra. di
messe nol'ella da tral'O/f!.cre iutto nel ç,uo impeto, domani. come una piena che sbocca. riempiendo del suo fragnre e dei suoi colon e del suo urlo tutto il S!len:::io
profondo.
Così. la :.appa feroce. scaIJa ed apparecchia. Cosi
l'ordegno di pace odia. Cosi. egli ammutolisce il bron:.o
dei cannoni e delle bombe. F poi attende.
E poi la primavera 11iene. Ma non sono le rondini che
la annunciano per i cirh che ndono. /,a regale prirr.avera latina. s'erge dalle fosse znnumerevoli della Fran~·ia,
scatenando la rabbia dei cannoni che urlano, fumano e
protendono le j!,ole nere contro i barbari. come mast!·n;
terribili inchiod1ti alla catena: il ferro picchia: sib1/ e
stridi e nuvole nell'aria: l'ento gagliardo di Marzo: e 'U
dalla terra. da tutta la terra. d'impeto. balenante di ferro
e di luna trabocca fa rinnovata anima latina. E' un tumulto solo. un d;Lagar solo. un furore solo: bai(lnette ed
a~ime, volontà~ tede. vampe e lagrime. odio e tenere:::a,
pwmbo e nervi· uno scroscfo sordo, un tumulto primav~rile .. un riso terribile e su tutto. alta e maf!,nijica. la
Vittoria che agita i brandelli rossi delle sue ali.
Viva la Francia! ...
Poi la zappa riprenda il suo lavoro feroce. Sia lento
pure. ~ia osti~a 1 o. Scavi i nuovi solchi. per la primaJJera piena e vittoriosa.
Ella verrà.
E ~cavi . questa zappa implacabile
anche le fosse
per i tradztori.
Le avranno meritate.
GUIZZO O' INFERNO
Questa nota -- oggi_
J una ~uca infe~nale. Mugol~
sorda'11.ente, ingorda di fuoco e di sarme'!ti. e quan~o vi
gitt:·amo dentro il nostre fascio ve'.de di nervi e d! parole. ansima e sbocca su, ondate di fumo caldo e on_date
di ilari gui::.:.i. Qualche v~U~. p_ieni il yalto e l~ mam del
tremore dei bioccoli tepzdt. ct palj1iamo delt~atamente
fra i capelli per sentire se rzc n ci siano spur1:tati due cornetti auri e torti mancandoct scltanto quell~, co'!1-e bene
dice l'Llnità Cattolica, per essere un ~gile. diavoletto
sghignazzante. La coda ce l'a_bbiamo._E ci.capita ques!o
drnmo. scher::iamo. moteggiamo. dzmenwmo la te::,ta.
le aambe e la coda (protestiamo : questo non lo faccia::io mai!) e giriamo e rigiriam_o attorno al!e cose sa~te
ed alle persone sacre, bestemmrnndo >> ma m fondo sza1110 dei bravi ragazzi che non si_ comnl:uovono n~mmen~
dinanzi alle angeliche furie dei pr~tz_. ~·. c~lmi c~lmi.
mettiamo lo smoccolatoio ai loro ceri insidiosi. sojf~ando
poi per gioco sul codino di fumo che si rizza e s~· disperde tremolando dal lucignolo spento. Ah.' ne abbiamo devastato uno ieri. E' ancora caldo. Perchè doveie sapere
che noi conosciamo una pzcuna di sette anni ~he non va
in chiesa perchè è molto giudiziosa. che _no~ e nemmeno
battez:ata perchè i raffreddori non le pzacçw~o. ma che
va a scuola, in una di quelle scuole atee ~l ~zla~o. dnve
non si insegna punto la religi?n~. ma ~1 nemp1~ le taschine dez grembiuli scolareschz di pregh 1ere so~v~ e c~lo~
rite. come un mucchio di caramelle. Questa piccina .. zen
sera, giungendo le '!1-ani~~ nen•ose .. e sollevando g~z occhi ·Jrofondi J1erso il soffztto dove c erano delle musche
moribonde. interessantissime. ci disse: « La maestra mi
1 lO -
lza insegna~o l_a preg~iera della pace. Quella che il Papa
ha ~etto qi ~ire ogni ser~ fznchè dura l'ottobre. Senti.
V_uoi se:itire . .. N?t sentiamo tutto. E quel Luci/eretto
pien? di .cap~llt neri e dt dentini bianchi cominciò la sua
~ra:t~ncma invocando dal Signore fa pace « perchè tutti
1 papa possano_ tornare a casa. Signore; perchè tutte /e
m_ar:irr:e no~_Pwngano più. Signore; perchè tulti l bambini siano piu contenti. Signore 11.
Ci pareva_ c~e .dalla bocca della piccina uscissero dei
fr~~:{u b~ccw_li ~i ~~sa. Ma noi
pieni di cornetti diab? te. e _dt ~uizzi di inferno
suggerimmo alla piccina.
f!,znocchwm, ~ncora, ~ul. letto: Aggiungi questo, piccola:_ < E che. i t~descht siano sconfitti. Signore: che inf!.?tno '.-~fto il P_tant.o del~e m_adri. Signore; che dolorino
~1. tutti L dol_ori dei papa. Signore: che rotolino tutti ali mfer_no. Si.gnore. Anche se sono gli amici dell'Unità
Cattolica. Stgnore. Amen , .
·
La cen~ura ci stroncò due giorni
le note perchè avevano una « Jorma ,, die non poteva « passare,,_
LA FORMA
1
l
28 ;;cllemb . e Hll3 .
Anche ieri la Censura c'imbiancò onestamente per la
seconda volta la noterella, rumoreggiante di sonagli allegri e di risate fresche.
Osavamo gittar sul muso ai « lavoratori dello straniero ,, di via San Damiano che ci accusavano di trastulli
provincialeschi e di obbediente silenzio, una manata di
sassi: e i sassi strillavano, squillavano, sbalzavano e
tempestavano, buttando su qualche scintilla e diffondendo intorno un poco di polverio sottile. Lo spolvero del
nostro scrittoio piazziaiolo .
Ma quei buoni ... colleghi della Censura che pesano
sul bilancino queto della loro responsabilità apparente,
le parole altrui, come l'usuraio ebreo pesava un giorno
lo zecchino, fecero occhi terribili alla nostra grandinata.
soppesarono ogni ciottolino rumoroso. e trovarono che
la nostra « forma » non poteva passare. E buttarono via
tutto - per due volte - con un calcio. Repetita iuvant.
Forma. Misurate e componete. dunque, la forma
d'una vampata che scoppia su improvvisa da un mucchio di rami verdi e secchi, mugolando contro le pareti
del focolare, riempiendo di stellucce ilari la gola del camino, buttando ombre e barbagli, rugghi e profumi, cigolii e schiuma dove può e come può, tumultuosamente.
Forma. Misurate e ricomponete, dunque le incrinature
che saettan via con guizzi sottili da un vetro colpito da
una sassata, così che ogni guizzo sembra il crepito vivo
di una risata che si sparpaglia tutta aguzza di punte.
Forma. Ma accomodate le pieghe d'una cascata d'acqua
che piomba sopra una roccia e butta al vento i suoi boa
implacabili di spume. schizza intorno i suoi goccioloni
I i:!
e strepita Jresca per i costoni dcl munte mettendo qua
e là L tenui colori dell 'arcobaleno. I orma. Ma noi siamo
noi. Con tutte le nostre ossa in piedi, co n tutti l nostri
nervi l'ivi. con tutto questo impeto gicvanile che s[ rinnova ad ogni ostacolo. flfo le nostre parole. i nostri periodi, t nostri pennacchi. le nostre risa. sonu quanto di
più vivo abbiamo e quanto di più vivo diam agli altri.
Più in fondo guardate, o miopi. Aprite colla pu nta delle
vostre forbici fredd e la corteccia acerba della nostra
<e forma » e cercate il midollo : il pan e bianco che ci nutre ed è fatto di noi.
E non sarà il vostro galateo leggiadro, di11entato legge
e ghigliottina per riempire il paniere di belle idee rivolu::.ionarie ; non saranno L 1•ostri piccoh fer ri chirurgici
che si cacciano fra i nostri nervi scoperti per metter sopra loro un po' di ciccia calda; e non sarann 'J i l'DStri
uomini. venuti alla Censura dal giornalismo. quando il
giornalismo non aveva ancora la Censura e le idee si
pote11ano esporre (naturalm ente se c'eran o) · non saranno i vostri untorelli che spianteranno L nJstr· pensieri. e potranno insegnare a noi la forma » di cui li
vestiamo.
Per esser giudicati. vogliamo giudici competenti : giornalisti senza valore. vogliamo sopra noi giornalisti di
valore: e leggere le loro prose. vogliamo. per poter imparare le malìe che ci mancano per metterci all'occhiell1'
dei fiori letterari, per naufragare nel fium e sonante e
composto della loro opera. Se scriviamo male la colpa
non è nostra. Veniamo dai cenci.
Ma - per intanto ogni nostra riga rimane così. tesa
e sottile come i fili del telegrafo sopra una gran p,.anura
primaverile. Sui fili guiz:ano e infuriano le tempeste e
i venti.
Ma cantano
anche
col becco in su e la coda distesa, tutte le rondini e tutti i passeri.
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benito mussolini