05732 Fase. 2 44 000005732 PENNACCHI ROSSI A RROS pennaccJii ilossi CON PREFA Z IONE BENITO MUSSOLINI .· ~·i~•. I ' • • • I' \lIL,\~O Edizione del POPOLO D ' ITALI A Tip . O. 'Rov/da - 'olia ~Maogl, 6-- Mil<wo 18 lG. \ \. \. '\. "\. \ \. V\I\ '\/ \ \ \. "\."\. '\ \ \IV\;\.i\.'' \l\lV\l\l \ l \l\IV\ '\'\IV\..'\.\"-'\.\.\.\.'\. V\.'\.\.'\.\. \.'V\.'\. \.'\!'\A,. V\.'\.\'\.. V'VV\1\1\1\"' PREFAZIONE Carissimo Rossato. le prefazioni - in genere - valgono poco. Come '' viatico» a un libro o sono inutili o Io soffocano. Eppure - perdonami l'atto di superbia - la mia costituisce un 'eccezione alla regola. Anzitutto non è una prefazione, ma un atto di solidarietà e di amicizia; poi le circostanze eccezionali, eccezionalissime nelle quali mi trovo, possono conferire a queste righe, qualche pregio. Scrivo, seduto alla turca, in una specie di riparo che truffa il nome di trincea. Accanto a me si lavora furiosamente di piccone. Uno scenario meraviglioso di montagne colle cime già bianche di neve e coi boschi spogli già di ogni verde. Una mattinata di una chiarità incomparabile : tepore di sole. sol di settembre, tu nel cielo stai «come l'uom che i migliori anni finì». « Carducci. Ma è ottobre inoltrato. Senza il « ta-pum » dei Mauser austriaci ed il crepitio delle mitragliatrici, non si avrebbe sensazione alcuna di guerra . Vita dura ~ magnifica. Un po' primitiva. Si « ignorano» molte cose e se ne imparano tantissime altre. - • G- Ammetti, caro Rossato, che pochi libri entrarono nella c1rcolazione, con una prefazione scritta in trincea, nelle linee esterne del nostro fronte. Anno II della guerra mondiale. Ma se anche queste parole per una strana combinazione non ti giungessero, le tue note troverebbero egualmente aperta la via del grande pubblico. Sono note « di getto » nelle quali scorre una linfa di vita che non muore col passare effimero del foglio di carta nel quale furono stampate. Note impetuose, violente, ironiche, sentimentali : qualche volta, romantiche. Già : il titol o stesso è un po' « passatista > • I e pennacchi >> non sono più del nostro tempo. Da quanto tempo è morto Cirano? Noi stessi abbiamo abolito i nostri pennacchi, troppo facilie bersaglio per le carabine nemiche. Il cc rosso » è però attuale. Tremendamente attuale e futuro. Rosso di sangue. E' questo 1'olio sacro che lubrifica nei secÒli e nei millenl le ruote della civiltà umana. E qui mi fermo. Non voglio scivolare da lla prefazione alla ... critica. Una fortissima stretta di mano dal tuo Benito Mussolini. 18 oLloi)J'\' I !JI .; Dopo l"rspnhiunr di \J11s,0Ji11i diii l'nrtitn sncin l 1sl ;i l'. l 1 r111fi1 chinrn.1\ n i s1•g11;i"i d1 il l 11ssulmi c. pochi f:vldnti di \ 'l'JJIUl'il ''· POCHI SOLDATI DI VENTURA ... , Campana a martello « pochi soldati di ventura! » . Da questa nostra munita difesa, da questa torre che non crolla, da questa nostra agile e tormentata vita spirituale che incalza sè stessa, giorno per giorno, disperatamente. rilanciamo il grido osceno buttatoci sul viso dai cc grep piaioli dell'avvenire » e chiamiamo a raccolta tutti i « soldati di ventura». Pochi, ma buoni. Pochi, ma fieri. Pochi, ma tali da valere la ballonzolante moltitudine che urla. Saniamo campana a martello! O buoni giovani compagni di fede, o cc soldati di ventura » che vi battete per un soldo di ideale e di libertà. o voi che non avete ancora intorno al collo la rude corda della :< libertà ufficiale » nè affondate nella greppia del['avvenire il muso ingordo, con un rumore di mandibole JJoraci, o voi che siete ancora gi.ovani e non vi preoccupate di nessuna pensione. venite a noi, in quest'ora di JJigliaccheria e di vituperio! Crolla un vecchio monastero. I frati panciuti sbucano dalle rovine col messale marxista in mano e la cassetta delle elemosine sotto il braccio. I chierichetti strillano aggrappati alle loro sottane. I Padri Priori già in cantina. posano il grosso testone sulle mani grosse e fingendo di meditare. russano dottamente. Soldati di ventura, belli lanzichenecchi della libertà e dell'eresia, garibaldini spavaldi dell'idea libertaria, saccheggiatori di ogni monastero, saccomanni d'ogni grassa terra di pochi .... all'assalto .. .. alla demolizione .... alla cc ventura ». Non potevamo avere nome migliore, o <<compagnia -- 8 - di V<'nduii ». Non potevamo esser chiamate piiì esatta niente da quella gente del monastero crollante che salva la lettera del vangelo e la cassaforte dell'avvenire. Fanfulla si scrolla. Come la sassata spacca i l'elri della chiesa. butta la stola e la cotta, e riacchiappa fa spada per dar colpi da matto. Soldato di ventura . }a slrofa più sonante e più . I ~enciosi garibaldini lunf?tda del poema del nostro risorgimento si stringono rn mutate di'Jlise per mutate vicende intorno a noi. Soldati di ventura. Gli eresiarchi, gli apostati, i magnifici ribelli che hanno dato la carne ai roghi e il pensiero all'eterni!& ~ uno con noi. Soldati di ventura. E <<ventura » sia. Combattiamo al « soldo » dell'onestà e della libertà del pensiero. E combatteremo spietatamente. A morsi. A pugni. A ferro freddo. Campana a martello compaf1nie di ventura! n Il monastero crolla.' ... I( _\ lle nrcusr rlell',\ vanti! il Popolo sollecita 1nrn fr, mentrr ..;ulle acc·usr r inJ.lteglri l'.\ rn nli' 111 an lellf'\'a il p iù ():•ti11al1_1 s.j~e n z i o 1·he contin ua ancora. 11sponrlr,·n SILENTIUM Non vorremmo sembrare crudeli. Se è vero che in ogni cuore umano si annida una belvetta, pronta al morso ed al ringhio, noi dobbiamo dichiarare di av~r addomesticata e posta alla catena la nostra. Tuttavia siamo mortificati. Forse un po' meno. forse un po' più dell'onorevole Treves saettante l'acuta freccia del Parto. fuggendo verso Roma ospitale. Ma mortificatissimi. A noi l'obbligo preciso di dire una parola precisa. A noi la resa immediata. Quella dei nostri conti se non altro. A noi il dovere di spalancare le porte di casa. di rovesciare le tasche, di subire la visita doganale degli agenti della moralità e della dignità del Partito. E poichè rispondemmo alto e chiaro; p~ichè .o~amm~ mettere la casa a loro disposi~fone o a disposmone di qualunque altro galantuomo appartenente a qualunque partito, ci han voluto prendere egualmente la tes!a con u_n discreto anticipo sul nostro destino mortale. B1sogna riconoscere che quei signori son molto previdenti. Ma noi ora. domandiamo la parola per toccare ed incrinare del nostro ultimo graffio il loro grave silenzio. Enorme silenzio. Silenzio di uomini, di cose e di Partito e specialmente di .... partito preso. Abbiamo buttato in viso a qualcuno delle domande insolenti. Abbiamo pestato sotto agli occhi di qualche altro delle cifre e delle conclusioni imbarazzanti. A chi 1 oleva palparci nelle tasche e investigare i~ casa nrJstra abbiamo indicato le tasche e la casa proprca. Ma contro noi - che abbiamo risposto - urla an cora tutto il branco dei mastini inferociti che difendono la casa sacra . 1 '!.8 l\1>1C'tllbl'C l !ll'i. • - 10 Contro ·'loro» nessuno: silentium. Non c'è più la febbre. Il termometro morale della dignità non oscilla più. La casa sacra ed i mastini alla catena. tacciono. D,avanti. alla furia della prima folata, i " pensionati ,, del! avvenire avevan cacciato fuori l'onesto capo, tirandosi sulle orecchie il berretto da notte. Tuonava. Il berretto ~a noti.e discese allora più giù : tappò occhi ed o:ecchze. Poi fu sprangata ogni porta; furon chiuse le finestre: suonarono serrature e catenacci. Disperatamente. Ma, . qualcuno, ancora, è laggiù. implacabile davanti al gran portone serrato. vaticanescamente. E picchia. Oè! Di casa! Oè! Di casa! Ma la casa è un dormitorio. Non ode. Non risponde. Il morale - forse - è troppo alto. Silentium. \ \"1 1 rirn:i, d11r:inf,. il prnno com·- i11ti rnmtista ~i tentò di far .l\lnssulinì co11 la canzonetta qui ripotiata. T.'.\ 1•unli la porta\·a 01·gL>gliosarneutc all'online d el Zll• t<1c1·rP ~i11rno . CANZONATURA Il caffè-concerto di via S. Damiano sta arricchendo il proprio repertorio . Era giusto. Anche i conduttori della <buvette» neutrale si sono arricchiti. dandola a bere. Preferiamo, però, il repertorio. Oggi è una ridente canzonetta veronese che sfarfalla allegramente nel piccolo palcoscenico pericolante. domani sarà un 'altra canzonetta, dopo domani un'altra ancora. e la .... canzonatura diverrà ogni giorno più vivace e più graziosa. Non ci soddisfa ancora, però, il timbro (sia detto senza allusione alcuna ad un intellettuale conduttore del caffè-concerto) il timbro della voce che ce ne gorgheggia il moti110 .. . ma ci abbiamo i nostri buoni motivi per non esserlo. Prima che mi te sposa te geri bianca e rosa. Siamo franchi. E' una canzonetta eminentemente rivoluzionaria e terribile. Una specie di marsigliese. Noi immaginiamo il popolo, tutto il popolo sovversivo d'Italla. armato di picche e di fucili. assaltare il Campidoglio o gremire le barricate plebee cantando eroicamente: Prima che mi te sposa te geri bianca e rosa. G Dicemlll'e l!ll 1. E ne rimaniamo stupefatti. Ogni parola è uno squillo di guerra . Lampeggia di punte. Vsrona. la bella e rossa Verona coronata di forti e di vianeti, ha lanciato un formidabile inno di ribellione che i futuri eroi della rivoluzione ci gittano sul - 12 - volto magnanimamente. Rossa Verona' Salute! Sei la patria di Giulietta e Romeo e di Maitilasso; ti solca il verde Adige sonnolento. ma squilla ancora nelle tue vene petrose e larghe il buon cc JJin quadro » e il vermiglio « vm tondo». E crei canzoni di guerra a tutto conforto degli uomini della pace, dalle teste quadre e tonde. No. Dichiariamolo francamente. Il popolo non è nè scemo nè idiota. N?n lo abbiamo detto. Fra il popolo ci sono soltanto degli scemi e degli idioti. ma questi non cc inventano » canzoni, e specialmente le canzoni che hanno il preciso ~copo di ... ammazz~re un uomo. Meglio ancora: una Ldea . No. Il popolo e buono e ingenuo. Il popolo gode e canta. l .', \ P111//ì! si l:in1<'1d:l\";r d1f' n.ella 111ìla pr1•1'Prl1·11'1• f11ssPt11 s lal1 IP\;tli i 1!111' \1•rsi "''"' cu!Ol'e dìli1 pOIPllliC:1. ' Son vecia e son in tach i cassa ghe xe de mal ... Dente per dente. Canzonatura per canzone ... E l'Avanti!, organo della neutralità e bollettino-programma degli spettacoli, potrebbe suonare ben allegramente. accompagnandola. Suonerebbe ... sè stesso . E' un pezzo che lo sta facendo. p1•1· r·11J110- "BIS" A RICHIESTA Prima che mi te sposa te geri bianca e rosa. Ah.' se ogni scaligero rimescolasse un poco le sue vecchie canzo ni.' Ne troverebbe una con alette dur~ e ironie sottili che simboleggerebbe arautamente la neutralità quasi assoluta, ma che farebbe fortuna nella « buvette » di via San Damiano : li ... L'Avanti! traccanna amaro e fa il bocchino dolce. Bamboleggia come può col suo nuovo giocattolino veronese e ne sembra tanto felice da chiedersi se non abbia ora il diritto di proclamarsi almeno figlio di un Can ... della Scala. No . Non sono arrivato tardi a commentare la canzonetta. N è mi sono dimenticato il ritornello atroce della nuova « ça ira » socialista; il ritornello che sberle/fa così pietosamente : Ti ga cambià color, ti ga cambià color . Anzi! Eccomi qui a riascoltarlo con la gioia e l'acuto piacere che prova un artista davanti ad un capolavoro. Tanto più che il timbro (sia detto senza alludere al più intellettuale condirettore dell'Avanti!) il timbro della voce che mi concede il « bis » sembra più rlastico e più mobile. Ti ga cambià color, ti ga cambià color. Sono due pugnalate sacrosante. Bisogna sentirsi profondamente rivoluzionari, bisogna avere una squisita anima barricardiera, bisogna essere poeti della più raffinata sensibilità, per saper gittare così trionfalmente al popolo queste due belle lame squillanti e trascinarselo dietro, armato d'esse, alla conquista dell'avvenire. Nei due piccoli versi tempesta l'anima di Andrea Chenier e scricchiola quella feroce di Tito Livio Cianchettini. -14Ti ga cambià color, ti ga cambià color. Datemi un boccale di « vin quadro », o tavernieri della rossa Veronal Questa gente fa questione di vita o di morte per il cc cambiato colore ». Guardate più profondo, o miopi: alla midolla. Non la troverete mutata. Uscite all'aperto, o pietosi prigionieri di voi stessi. Troverete, non noi, ma il mondo che ha mutato colore. Sacrestani della chiesa che si abbarbica ferocemente alle crollanti fondamenta, voi non volete mutare il suono del vespro e dell'ave; ma la terra sobbalza - perchè si trasforma - e le campane rombano da sole, al crollo, con un mugolo diverso e profondo. Se squillano, laggiù, le trombe dei barbari, qui, devono martellare le campane di Pier Capponi. Tutto è mutato. Aprite occhi ed orecchie : mettete il muso pauroso ad uno spiraglio del tempio; udrete inni diversi, vedrete fedeli diversi. Ti ga cambià color, ti ga cambià color. Ma non muteranno i sapienti. Crolleranno pezzo per pezzo. Rimarranno fuori dal mondo. Buon taverniere di Verona, porgimi un boccale di cc vin tondo». C'è funzione nella chiesa dei frati qui accosto . La frate ria inneggia a sè stessa. Son vecia e son in tochi cossa ghe xe de mal. I. I Uil'cmbrc lnH. La palla « dum-dum » fa ancora capo~ino nelle polemiche degli Stati belligeranti : e fa capolino - oh! un~ piccola cappocchia rossa soltanto - anche dalle ca~n1 lacerate dei combattenti. cc Dum-dum » . E' un nome gioioso. Il nome di un balocco infantile. Ma invece il balocco, scoppiato nelle carni, schizza sangue e morde coi denti aspri, di piombo. . . . . . La Germania, in uno di quei suoi mille opuscoli vermiali che invia nei paesi neutrali, ci ha offerto la fotogrdfia del proiettile assassino. La Germania - naturalmente - aveva sequestrato tale corpo di reato, nel corpo d'un suo soldatino ... sequestrato d.al proietti~e . . Ma noi, oggi, vogliamo sequestrare altri due corpi di reato : due socialisti tedeschi cc dum-dum », Cosper e Dosters. Due onorevoli compagni. Cosper ha detto a dei socialisti belgi che gli rimpovera1~ano ~a condotta d~l la Germania : cc L'onore di una nazione e una concezwne ideologica borghese con la quale i socialisti non hanno nulla da vedere ». Sante parole. Ed ha soggiunto: cc I trattati internazionali perdono ogni valore in tempo di guerra. » Sapevamo da un pezzo Ed ha concluso, questo amabile ma franco tiratore a palle « dum-dum » : « Il migliorame~t,o della clas~e ope~ raia è sempre legato all~ prosP_erita della nazione : t socialisti perciò devono aiutare il loro governo contro gli altri popoli » . . . . . Arrestiamoci qui. N otiam~ ~olta!Lto ~h~ i socialisti tedeschi fanno uno spreco ternbrle di ~ociallsmo. cc ••• ,dumdcun » Notiamo che se l'onore di una nazione e una conce;ione ideol~gica e borghese con la quale i sociali- 16 - sti, non hanno nulla da vedere, i compagni italiani sono magnificamente socialisti, allorchè s'imbottigliano nella neutralità più imbecille e applaudono alla concezione ideologica e tedesca del compagno Agostini. Applaudono forte: e< dum-dum ». Ma che squisito socialismo de1Jono sorseggiare, laggiù. nella grassa e ferrata Berlino i compagni tedeschi, se poi si battono così ferocemente per «l'onore della loro nazione » che dovrebbe essere anch'esso una ideologia deliziosamente borghese! ... Fanno uso di troppe palle « dum-dum » questi omuncoli del Kaiser, per difendere il « loro » socialismo : e quello così ingenuamente ma ostinatamente tedesco dell'Avanti ! Da oggi in poi noi pensiamo che la neutralità italiana sia veramente sacra. Le masnade, con gli elmi a chiodo e le palle « dum-dum » nella giberna, possono entrare in Milano . Insorgeremo soltanto noi, « apostati, venduti e malfattori » . Ma i cc compagni» no. Tutto ciò ch'è tedesco - per loro è ben fatto. Noi ringraziamo i deputati « dumdum» di averci sparato addosso così francamente. 15 Dicembre l!lH. IL TERMOMETRO L'Avanti ! definisce la sua sottoscrizione : « il termometro del proletariato». E' facile, infatti. osservare che la sottoscrizione è piena di ... argento vivo (rame compreso) e di spirito. Ma non ostante ciò. anche con tale termometro, l'Avanti! sta ... fresco. Noi leggiamo sempre. con dolci lagrime agli occh~. i diversi gradi dell'imbecillità ~".1-ana. eh~ ~algon~, discendono ed oscillano, instancabilt ed inquieti nel piccolo strumento di precisione e di... pressione che il giornale del partito, tiene esposto a tutte le correnti, dalla finestra di casa. . . . ,. Ci sono dei gradi superiori, naturalmente, e dei graai inferiori : ma, con nostra somma mortificazione, dobbiamo ammettere che il termometro è sempre in continua elevazione: d'argento e di spiccioli. Ieri leggevamo con un tremito di vera commozione : cc Le scolarette della sesta classe elementare, di Borgo San Paolo gridando: Abbasso la guerra!» Ecco delle ragazzette ~he pure studiando a San Paolo, non sembrano eccessivamente ... paolotte. Hanno dodici a~ni. s~ttant~cinque centesimi, dieci punti in condotta ... nvoluz.10.naria e posso~o quindi gridare con tutto lo sdegno possibile alla loro eta : Abbasso la guerra. . . . se non è vile oda il gndo che le gwnge I 'Italia da "s. Paolo. E rassicuri queste povere figliolette che i maschietti di dodici anni non partiranno per la frontiera ma rimarranno a S. Paolo, in attesa che giunga S. Pletro. Abbasso dunque la guerra! E giunge, anche, da un'altra città d'Italia ~ella di marmi e odorosa di uccelletti allo spiedo - un grido ter2 , - 18- ribile d'indignazione contro noi, preventivamente accusati di voler mettere allo spiedo, senza polentina consolatrice - tutti i gallinacei d'Italia. Segna il buon termometro : « I compagni di Vicenza, dopo cena. discutendo e biasimando il contegno di Mussolini, mandano ql giornale del partito ... » Le briciole. Saremo franchi, in mezzo a tanti... centesimi: questo socialismo che discute, dopo il caffè e dopo una buona scorpacciata di uccelletti, ci sembra amaro e indigesto. In ogni modo qnel « dopo cena» merita ... un pranzo. Aspettiamo da un momento all'altro che qualche compagno sottoscriva: « All'Avanti! dopo averlo letto e quindi dopo una buona dormita, invocando il risveglio ... del partito ... ». Ma l'ultimo «grado» segnato dal termometro socialista ci sembra più significativo. Olezzano, tra i fioretti v~rmigli della sottoscrizione, anche i miti fiori di arancio. << I compagni di .. . nel fausto giorno delle nozze. (puro rito civile) protestando sdegnosamente contro Mussolini ... ». Comprendiamo: per quei due buoni sposi, n_oi siamo momentaneamente. dei divorziati ... dal partito . E fanno bene a protestare. Ma questo essere ricordati anche ... ((nell'ora dell'amore» ci strappa un grido di ammirazione verso noi stessi. Non è dunque vero , perdio, che noi rompiamo i c.... ordoni al partito e ai compagni. Perchè se ciò fosse, sia pure anche in minima parte, quel buono sposo-compagno si sarebbe guardato ben bene di pensare a noi in un m.?mento così critico, quando ... l'unità proletaria gli era piu che necessaria. Il <<termometro» de/l'Avanti!, come J'edete, segna ogni ... elevazione. Anche quella dei ... Perdoni . 17 Dicembre 19 l~. IL GALLO CANTA... La Rivoluzione sociale è in marcia. Dà gli ultimi tocchi alla sua toilette: un berretto scarlatto. un tamburo di vecchia pelle popolare, una bella bandiera rossa e una tessera simbolica: < Vedova alla baionetta», titolo genUmente concesso dai compilatori della rù•ista milanese : « Tacchino alla baionetta 11. Titolo, quasi di rendita. perchè le tessere ora si ... rendono per amore o per forza . Si è presa an::.i. l'abitudine di tagliare i socia.listi dal partito. come si tagliano i coupons scaduti. Non importa. La Rivoluzione è in marcia egualmeTJte. Ha compilato, intanto, la lista del Comitato di Salute Pubblica, che si può ammirare nella lista proposta per il Comitato della Sezione Milanese (lista che inl'ece della ... salute procura subito una malattia intellettuale) e battendo vigorosamente il tamburo esclama : « Bisogna guardare in faccia alla realtà. Il Partito socialista non si è forse mai fropafo in un momento così difficile come l'attuale . E' il momento di star J1igili e 1mmti ad ogni a::ione ». Vigili e pronti:;,.. . Barricate_) Valigie ancora per i coniugi Savoia_) Ma la Ri11olu::.ione continua: « Con tutte le nostre forze. 11oi socialisti che sentiamo acuto il tormento dell'ora che l'olge, prepariamoci in modo reciso a negare ogni solidarietà colla borghesia, a rifiutare il concorso delle braccia proletarie ap,li sfruttatori del popolo d'Italia . Il proletariato compirà fino all'ultimo il proprio dovere» . Il gallo canta . Apre finalmente gli occhi ((in faccia al la realtà» che gli stava dinanzi da un bel pezzo. Chante- - 20 - cler entra finalmente in scena e con un solo chiricchichi, dichiara di fare la luce. Non pensa che ha dormito ed ha fallo dormire per venti lunghi anni. Non pensa che al primo scrollo che darà, tutte le vecchie piume gli svolazzeranno al vento ed egli rimarrà solo, su l campo di battaglia a mostrare vergognosamente al nemico la povera pelle accapponata. Sappiamo. Non può essere diversamente. Il proletariato socialista (( riparto ufficiali » compirà « fino all'ultimo il proprio dovere » e cioè fino a quando il governo non avrà ... mobilitato. Poi la . .. rivoluzione sarà rimandata a... discussione finita. E' così. Dopo la violent1J. e barbara soppressione di un popolo intero. dopo lo strangolamento di ogni libertà, dopo cinque mesi di guerra combattuta, dopo le violenze più selJJagge e più oscene, dopo il primo atto della più feroce tragedia che abbia st:aziato l'umanità, questo galletto che esce dal.pollaio dicendo: «guardiamo un po' la realtà » fa sorridere e ridere. Tanto più che per guardarla le volge ... le spalle. No, povero Chantecler. Non è l'alba. E' mezzogiorno. Ritorna con le gallinelle a covare le ova. Se ti muùvi ... fai una frittata. 23 Dice mbrr. 191 I. PATRIA Raccolti intorno al gran focolare rustico, le guancie arrossate dal fuoco, noi - piccoli - sentivamo qualrhe volta, nominare la cc Patria ». Ne parlavano gli aspri 11ecchi che avevano visto e che avevano dato rabbia e sangue all'Indipendenza. La storia si mutava in favola! Pisacane il solitario, lo vedevamo sbarcare a Sapri con un pugno di uomini. e cadere ferocemente inforcato da un branco di schiavi: Mazzini dal volto austero che giammai non rise. errava per le contrade della Patria non libera, sacerdote della Libertà. promettendo la redenzione: Garibaldi, impeto e fiamma. diritto sul bel cavallo bianco, cavalcava per le terre chiamando i vivi e i morii; Bixio urlava furibondo, torta la spada, diritta l'an!·ma, mentre i poeti scagliavano inni e saette e il popolo umile e schiavo lavorava il buon ferro liberatore. I nostri occhi di fanciullo vedevano così la cc patria 11 e l'ammiravano, così, - allora facendo ghirlandetta puerile intorno al focolare rustico e agli aspri vecchi ciarlanti. Imbecilli loro. e noi . Oggi vediamo meglio. con più pacata anima. Dicono infatti. i nuovi Rienzi del popolo : (( L'indipendenza politica di un popolo, si accompagna a una forma di maggiore sfruttamento economico. La costituzione di un popolo in unità nazionale, può significare, <<anzi significa» quasi sempre una maggiore libertà concessa alla borghesia capitalistica di estendere il proprio dominio economico, vale a dire di sfruttare con maggiore ampiezza i la11oratori ». Parole d'oro. profondamente filosofiche dell'Avanti! Adesso compren- -22- diamn. Pfç;acane era un 1•crufuto alla borghesia che « vofe11a » per i suoi ignobili scopi « la costituzione del popolo italiano in unità>: onde poterlo sfruttare ferocemente: Ma::.zini. era un commesso viaggiatore degli industriali f!.erzovesi. bisognosi di carne e di forza proletaria. e Garibaldi era un a{!.uzzino qualunque. una spada venduta. Che mucchio di furfanti! Costituendoci in unità nazionale ci han buttati nelle branche degli speculatori borghesi. Ah I come si stava bene sotto ai tedeschi, sotto ai barboni. sotto ai ducati cd al Papa! E che ventre pieno si portava a spasso il proletariato di allora! Che bella pallottola di ciccia e di sal11tc ua mai! Ecco la '' patria 11; la patria di coloro rhe credono ... nell'Internazionale. Ecco. in soldoni. l'ideale di quei quattro eroi ... che vorrebbero una sola e< patria» .. . pe~ u~o solo sfruttamento borp,hesc o... persona(~. Sono ftgl1 ... del loro ventre. costoro e bisogna ammirare. una volta tanfo, quella che rssi chiamano la ' loro logica» dirilla. Troppo diritta. Tanfo che non ci spieghiamo f!.li urli di sde{!,no del partito socialista contro la guerra '"'tripolina: no'-'n comprendiamo il suo orrore contro gli inglesi che frantumarono ". z·u'!it~ na~iona.le >'. dei boeri: e non comprendiamo i fischi rntelligenti di Morf!,ari allo Zar, perchè l? Zar tiene ancora schiava la Polonia impedendo così a quei proletari di « costituirsi in nazione » e di venire perciò sfr.uttat~ <.< con ~iù ampiezza » dai vili borghesi. Logica dmtta . L Imperatore Guglielmo. che non vuolr. anche lui. le patrie degli altri,' dfrenta così un gran socialista italiano. Si cambia motto. sif!,nori : Proletari di tutto il mondo ... non unitel'i. Cercate multi padroni. 2vl Dicembre 1914. 1914 Un poeta dimenticato, in un suo canto lontano , immaginò gli anni morti, simili a guerrieri chiusi nell'armatura, la visiera calata. la spada in pugno. allinea( come statue sepolcrali. nell'oscurità dt un 'immensa catacomba . Così ad uno, ad uno. secondo il poeta tutti gli anni che passarono sul mondo si allineano tragicamente solenni : così. ognuno d'essi. che rise al nostro sole . che si coronò di fiori e di pampini. che percorse ilare e raJJido il suo minuscolo viottolo. preceduto da uno stormo prima11erile di rondini e seguito da un 'oscura bufera di foglie morte, giunto alla soglia dell'eternità, vestì la grave armatura di combattimento e scese nella catacomba ad irrigidirsi accanto al suo ultimo fratello,· già composto nella solennità statuar:a. La vita - per ogni anno che muore ha principio. infatti. oltre quella soglia oscura,· ed occorrono salde armi e vigor perfetto. per combattere dopo morti contro la 11ita. e sopravviverle statuariamente. Ma diverso è l'anno che oggi muore. Esso non giunge preceduto dal gaio stormo delle rondini. nè cinge corone di fiori e di pampini: cupo. ansimante. ristà sulla soglia del tempio e si scrolla del sangue di cui gronda. E'' l'anno rosso. Ha le ciglia bruciate dal fuoco. gli occhi selvaggi e chiari ed esala un acuto odore di selvatico come una belva. Batte con le pugna nude sulla porta di bronzo e chiama. Unico, fra i suoi mille e mille fratelli, egli non ve- stirà le armi dPl combalfimf'nlo. perchè ha già combattuto, in vita. ben aspramenlC'. L'anno. rosso. bel fauno che giunge da una fC'nibife vendemrma, dopo aver fatto gran preda, scenderà inerme. nel ~ran temp~o, fra le statue solenni dei suoi fratelll, e si accuccera, beffardo, ai piedi dell'ultimo. L'ebro, potrà riposare. . Ha già foggiato , colle sue salde mani, la propria vita immortale; ha compiuto nel breve corso del suo cammino la sua rude opera: ha distrutto un passato e scav~t~ - profonde trincee le fonda menta per la sacra Clita dell'avvenire. Il ~ittorioso: potrà dormire e sognare. G_ll avvali?! che divorano il cuore J1iJ10 dei popoli li Ila incatenati sulla rupe selvaggia. Potrà riposare. S~l suo capo, gocciante di sangue. la Libertà e la Pace gitterra~no palme di lauro e di olivo ed egli potrà così attendere inerme nella catacomba degli armali: al!end~re l'altro che. verrà, nudo anch'esso. come un giovine dw boschereccio, recando altri fiori ed altri pampini. E nrico L eone, in u n arti t?ol o &ull'A 1•a11/i! 1-(1,-[C ll l' \ '<I r h {'> i l p r irn10 te dcscn era u na f a \·1 ,Ja dipl nm al ica Ìll\'C'll i1L1 )1C'I' far dormi re i p 1Jp oli 0 t'Ul'll JI CÌ . LE FIABE DEL LEONE Enrico Leone è un pensa/ore prufondo r unu scrittore profondo. Troppo. I suoi articoli sono fiumi mae stasi e poderosi che vanno. ·!)anno. Panno. tra scinando soltanto qualche trepida e piccola foglia primai1erile. ca duta1 i dentro. per un buffetto scherzoso del vento. Gra zia di verde: odor d'i primaJ)era. Oggi, Enrico Leone. ha però calmato il lento corso delle sue acque, ed ha pescato la fogliolina sperduta. traendola su. tutta gocciante e fre sca. E la dà da masticare ai timorosi fanciulli della neutralità. so!to forma di fiaba. Fiaba antica, dai colori tenui e dalla grazia un po' stanca.' Dice Leone : Ragazzi, ascoltatemi. C'è della cattiva gente al mondo che ... inventa i pericoli. Per sollazzo . Voi sapete che gli inventori. in generale. sono dei poveri imbecilli che consumano la loro breve vita pel desiderio insaziato di possedere un ... brevetto. Ma quelli che inventano i pericoli ... sono molto più pericolosi. Sentite e sgranate gli occhi. Prima di tutto questi terribili uomini, hanno inJJentato il « pericolo giallo >i . Voi ci credete? E' una fiaba. Sarebbe come dire ad un gatto. che esiste il pericolo «canino n . Poi, non contenti, questi uomini hanno inventato il cc pericolo americano n. Questo esiste dawero: ma basta girare alla larga dai cc bars » che lo preparano e lo danno da bere ... Poi. finalmente. ti hanno inventato anche il " pericolo tedesco Fiaba. Mai esistito. La « paventata soppressione >i del Belgio.~ Chi ci crede? Il J3elgio è lì in pied;. con tutte le sue snelle. aeree vette di cattedrali, con tutti i suoi chiacchierin 1 11 . 3J Di cembr€ 1!ll1 1: - ~ - campanili diritti. come nmettf. cnn tutto il <\llO picrolo popolo da fal'ola ben allegra, con le sue uzdustrie, i suoi porti e la sua ricchezza intatti. Pericolo tedesco .-:i ••• Che menzogna spudorata! Dopo cinque mesi di guerra non 1 i siete voi ancora convinti che la Germania scherza. e somiglia ad uno di quei buoni omaccioni che se dispensano uno scappellotto e t'ammazzano un cristiano lo fanno soltanto per burla.~ Tutti questi «pericoli» sono dunque speculazioni di mercanti coronati. Lo dice anche l'Avanti! che se ne intende! Sono dei giocattoli che si regalano al proletariato, perchè « questo enorme bamboccio » , vedendone un altro più bello in mano ad un suo vicino, gli si av11enti addosso. rabbiosamente. con tutta la stizzetta. dci bambini invidiosi. J::,... a proposito appunto del proletar,'afo ! Sicuro. (.211esti buffi inventori non hanno anche inventato il (( pericolo capitalista » per aizzare il popolo contro i borghesi? Per far credere che esiste fra lui e questi ultimi un sentimento diverso, zm'an,,·rna diversa, una affinità scusate la parola - diversa, un interesse profondamente ed inconciliabilmente diverso... Fiabe. Ingegnosissime. Ben condotte. Ma fiabe «speculatrici». Così dice Leone. E il fiume della sua prosa va, va. va. immenso. lento. solenne, trascinandosi sul dorso questa piccola foglia primaverile. ... che per l'Avanti! rappresenta la foglia di fico. 1 13 Genua io 1915. LUCIFERO Il belli~sim o angelo ribelle. tutto ali e fù~m.me, che il padre eterno. sen::.a discutere come _un ~vc~al!sta qualunqu e, dannò all'inferno per apostasia. c1 pzacc. Ce lo sentiamo l'olare a cerchi. sul capo. come un falchetto. Siamo superbi di noi. Lo nominiamo nostro angelo custode. Non abbrnmo. infatti, mai ai111ta tanta ragione da quando, a seconda dei nostri buoni compagni d'un tempo. siamo stati dichiarali pazzi. I socialìsfi inglesi anche i socialisti inglesi - sono con noi. ignobili cavalieri di l'entura che vogliamo portare s11entura all'Italia. Venti nove iscritti al partftn socialista britannico, fra i quali Hyndman. Thome e Tillet, ha~no diretto alle sezioni del partito uno spudorato manifesto che sembrerebbe uscito dalla nostra penna scomunicata ... la quale. però, comunica benissimo il nostro pensiero luciferiano . Scrfoono quei compagni : '' Insieme con la grand0 1naggioran:::a dei nostri concittadini domandiamo il i•ostro appoggio per la difesa e l'indipendenza del Belgio e la libertà d'Europa. Agire altrimenti sarebbe meffere per sempre in pericolo il nostro a1J11enire. la nostra irzfluen:::a e mancare al nostro compito. Anti-imperialisti, avversari noti e convinti della domina::.ione inglese nelle Indie e nell'Egitto, siamo però altretta.nto. avve.rsa.ri. dcl dispotismo straniero e delle aggresswm capitallstiche dovunque nel mondo. » Gli angeli «buoni», quelli che fanno la ruota intorno a qualche austero padre eterno del socialismo italiano. sono pregati di leggere questa nuova manifestazione di - 28- Lucifero E gliela bisbiglino alle orecchie drl loro Signore. Forse capirà. Capirà che l'apostasia nostra sbalzata come una fiarnm_a impetuosa dal fumo e dai cigolii schiumosi dcl vecchio ceppo è fede sincera, è fede superba è fede incrollabile. ' Sbarazzina, anche, perchè si sbarazza di tutto ciò eh' è piccolo calcolo, ragioneria ragionata, furberia volpina ~ bottega. Perchè insomma , non è della redazione dell Avanti! , Ecco per~hè, in questa vigilia d'armi. noi sentiamo l orgoglio. di esse~e stati condannati come Lucifero alle fiamme rmnovellatrici, dai vecchi padri eterni che vedono con un occhio solo. entro un triangolo. e pensano al proprio interesse solo. colla testa quadrata. La nostra fiamma è bella! 8 Fehbrnio 191J. IL SERVO FEDELE Non è il titolo d'una commedia: ma è il bilo/o onorifico che conferiamo, veramente ammirati, al deputato socialistù. tedesco Siidekum, attore squisito in diverse commedie. Ah! il magnifico partito socialista tedesco così eroicamente difeso dell'Avanti! fino ad ieri. e così soai•emente amato dal cuoricino trepidante della leggiadra. bellissima, paradisiaca Angelica Balabanoff, che aveva trovato nel tedesco l'unico ... partito e l'unico amore: della sua vita! Non solo, capite, Siidekum. il servo fedele dell'Imdopo la mite peratore, viene in Italia, per sedurre Angelica anche il partito socialista italiano, già moralmente sedotto ma - ad un cenno del padrone si reca in Romania per ottenere a favore della Germania una maggiore esportazione di petrolio. Perchè il partita socialista tedesco. quando lo promette il Kaiser. è anche ... petroliere. Ma al Sii.dekum non ostante il petrolio le cose vanno sempre liscie e quete come l'olio. Questo magnifico campione del socialismo tedesco ha sentito anche non appena gli è stato ordinato. - i~ ~avere. pietoso di recarsi fra i prigionieri francesi, e cwe fra i «.com~ pagni » di ieri a portare loro la parola consolatrice dt Marx e di Engels. Qualche copia, infatti, della. dic.h~a razione di Liebknekt, era stata diffusa fra quei pngwnieri e c'era il pericolo gravissimo. ~h~ gli stessi. potessero diventare, per lo meno, socwlislt. M~. per inca~ rico diretto dell'autorità militare, il servo Sudekum si presenta alle turbe ... turbolente, e in nome di Marx, 30 - comunica fieramente loro " di non abbandonarsi a false perchè la classe operaia tedPsca era decisa a battersi fin:J alla J1iltoria il. Pare elle aggiungesse, anche, con un certo orgoglio. che i socialisti italiani la pensavano come lui e il Par/1/0 wcialista tedesco, e che la classe operaia italiana, in nome appunto di quei principi per i quali si battevano i tedeschi, era decisa di rimanere neutrale, neutralissima ... obbediente agli ordini ricevuti. In tanta ignominia, però, ecco sorgere un uomo onesto, il deputato socialista tedesco Ledebour ed acwsare Siidekum ... di aver accettati per lo meno certi incarichi, senza averne dato avviso alla direzione del partito. Ma ... uomo avvisato ... Siidekum salvalo. Il gruppn parlamentare più ser110 del servitore del Kaiser dopo al'ere studiato a fondo le accuse di Ledebour, le dichiara ... infondate ed accetta, senz'altro, le dimissioni dell'accusatore e del <traditore». Il Kaiser e la Patria, prima di tutto.' E' soltanto l'Avanti! che filosofeggia ancora stupidamente di due patrie; è il socialismo pusillanime dei socialisti italiani che non osa in nome dell'Jnternazio nate .. . tedesca di uscire ancora dalla trappola dell.1 sua neutralità ... non per invocare l'intervento. no ... ma per imitare almeno il socialismo tedesco. ~peranze Alla ,·igilin. d'una m::inifesf1ZiOn.3 n eutra.l-socialista. LA RIVOLUZIONE Il partito rosso, se il governo non farà incollare sui muri i manifesti ... verdi, scenderà, dunque, in campo. domenica, circondato dalla forza proletaria e più ancora dalla forza ... pubblica: e non farà soltanto un 'adunata. ma addirittura ·- giacchè è sulla ... piazza - anch~ la rivoluzione. Avremo così, dopo il nostro ambrosiano sabato grasso, un supplemento di carnovale. , Il fuoco socialista - chi non lo sa.~ - e un pezzo che cova ... sotto le ceneri. Ed è appunto per questo che il partito stesso è diventato una povera ... Cenere~tola._ condannata al focolare, costretta a soddisfare le iqea_lt esigenze del ventre dei suoi innumerevoli padroni. rn attesa che un principe o un imperatore ... tedesco qualsiasi venga a dichiararla degna di lui. . In ogni modo, domenica, sempre .che n?n comparano i manifesti verdi, avremo la ... mantf~stazwne rossa. E la minacciata Rivoluzione. Noi tremiamo. Lo immaginate che cosa d?vrà accaqe!e di sp_av~ntoso se. per un ... cattivo esempio, Scalarmi part~c1pa.~se al movimento? Lo immaginate voi, senza sent1n 1 r:zzarc i capelli sul capo, che movimento di ... corpo d'armata proverebbe l'eroico puppazzettaio del.l'Ava.nti ! s~ do1 .es; se ... trovarsi coinvolto in un tentatlJ!o rn 1oluz1onarw. Non lo ... troverebbero più dopo due minuti. . Ma è a Roma che il partito ... dei prodi Anselmo, g10cherà ... la partita più terribile. P.erchè .a Roma ~e tu~ be saranno capitanai~ da Lazzari che in fatto di. .. nvolu zioni, non ammette imbrogli di sorta. . Il Campidogti.o domenica . è in p~ri~olo._ Chz potrà frenare Lazzari, se Lazzan trovera in se ancora 1 1 IO Febbraio Hll::i. - 32- tanta forza di animo ... da chiudersi in casa, appena si ... aprirà il Comizio? Quali carabinieri potranno strapparlo dal focolare domestico, se La neutralità socialista impone appunto la difesa del domestico focolare? A Bologna, soltanto, la rivoluzione neutrale si compirà Legalmente. Laggiù parlerà l'on. Treves. Come membro del comitato «Pro Humanitate » l'on . Treves, dovrà evitare qualunque versamento ... di sangue. Il cuore dell'onorevole per Bologna, infatti, si intenerisce, sempre, ad ogni ... versamento. Curvo, rossiccio, egli, nel gran comizio, parafra~ando il_ cel~br~ moti? ga· ribaldino : « Il voto e la carabina» gndera ai prodi Anselmo pronti ai snoi ordini: Un ordine del giorno e i... carabinieri. Non si sa mai! Sono così. .. irragionevoli <1/i inten1entisti.' ... :::> Attendiamo, impa:::ienti, quindi. la nuova domenica rivoluzionaria : grigia, questa, non rossa. Il carnevaletto riuscirà. certo, a dhiertirci. Sappiamo anzi che il comitato « Pro Humanitate », dietro consiglio dell'on. Treves. farà cantare un« Te Deum )) per la vittoria ... socialista. Lo sappiamo da fonte ... purissima. Potete berla. Come sappiamo che L'imperatore Guglielmo telegraferà al Partito la sua completa ed entusiastica adesione I SASSATE L'Avanti! si rivolta ancora contro noi. rabbiosamente. cercando di morderci attraverso la museruola di austriacante inferocito. E ci scrolla addosso gocce di bava ... beccaris. Noi lo ributtiamo in là. con un calcio. ristampando, qui. perchè siano lette da tutti gli uomini onesti le sue ... dichiarazioni di ieri. A noi scrive spavaldamente. e con un certo ghigno teppistico. il giornale della " scopo/a n neutralista si attribuisce il sadico intento di speculare sui cadaveri dei soldati morti di menengite cerebro-spinale. come se noi fossimo da appaiare agli interventisti che inscenarono dimostrazioni e parate intorno alle salme dei garibaldini caduti nelle Argonne ». E' fatale che gli uomini dell'aJ1J1enire. e cioè quef?i che speculano sulla pelle del proletariato per conqwstare .... l'a1111enire e sè stess; dimentichino non tanta disinvoltura il passato. . Noi abbiamo «inscenate dimostrazioni f parate 11 m · torno alle salme dei garibaldini! E sono questi maestri di scena e di speculazioni igno· bili, che vorrebbero mettere in dubbio non solo il nostro dolore civile e il fremito di orgoglio che ci commosse davanti agli « aquilotti rossi fulminati dal piombo dci «signori e padroni n del socialismo itaFco. ma vorrebbero qualificare come « speculazione e parata ancht' tutto il dolore e la commozione d'Italia. davanti ai «pochi soldati di ventura » caduti per un sogno di libertà in terra straniera. E dimenticano, i sozzi speculatori dei brandelli di Jsolina Canuti dimenticano d'essersi accordati codardamente alla ;nagnifica e spontanea dimostrazione di af)> )> 18 Febhra io 191.i. 3 -34 - tetto doloroso che accompagnò attraverso l'Italia dei vili e dei morti, il primo giovinetto garibaldino. caquto. aridando: Viva l'Italia; e dimenticano, i commedianti (v,nobili, di aver versato /agrimet~e « di falso ~olore dietro a quella bara sacra; e dimentu:ano, che un altra bara ed un altro aquilotto garibaldino, abbandonav~ qllor~ la Francia sanguinosa, per segu!re, oltre le Alpi, LI pnmo fratello caduto. Alla ,, parata» di allora. dinanzi a tutto il popolo di Roma, - vile ed ipocrita come un vero n~u tralisfa partecipò cc dubitoso ~ pen~oso .» anche l Avanti! che descriveva il dolore di Garibaldi e quello. d~l popolo romano con commosse parole; ed. a~lora, i qifensori del fucilatore di Bologna. ~li. u.on~rni c~e c~1~ dono sempre il « morto » per fare i vivi. 1 trafficanti in pelle proletaria e in ideali di giustizia tede~ca, allora_. ripetiamo, non osarono scrivere, quanto scnJ1ono Of!.W· sebbene invitati e incollati colle spalle al muro da noi. Sputano. soltanto oggi, sui morti delle. Argonne. che noi abbiamo onorato. senza false commedie. da ven uomini; oggi soltanto osano il gesto osceno ed il ghigno incosciente. . Fate 11ostre quelle parole, o intervent~sti: c~~ a11.ete 11 rompilo di confutare que.stf cc S,Pec1~laton dt 1 z1 1 r 1n':.ultatori di morti » nel comi:::w d oggi! Fatele J1ostre e ributtategliele sul mu<>o. Violentemente. Come sassate. 1 1 ESOPO ARGUTO SPIRITO... L'altra sera mentre staJJamo addormentandoci sull'articolo di fondo dell'Avanti! sentimmo picchiar l'uscio di casa e - sbalzati su ci _-'regarnmo [!.li occhi. come è nostra lodevole abitud<i.ne di fregarci per vgni cosa che ... riguarda quel giornale. Aperto l"uscio, con nostra meraI>iglia. ci tro11amnw dai•anli a un moro. tarchiato, tozzo. dalla testa ricciuta. le labbra grosse e due occhi spiritati clze riboccaJ1ano. eJJidi:ntemente. di spirito. U per lì non 11edemmo troppo chiaro ... in quel nero. ma d'un tratto gittammo un ,!!,rido di gioia spalancando le braccia: Esopo: era il 110stro piccolo e argwo schiavo che uri giorno solla:::::ai·a Noma con le sue sonanti faJ1olette. quando a Roma 11011 c'era ancora il Parlamento e nemmeno I'rancesco Ciccotti corrispondente dell'Avanti! e fal'nlf{!J!,iatorf della Sci 11 tilla. '!l l~ellhrnio tDl:i. Ma entra caro. lHa siedi. G raz:e. Capisci ancora il latino ? Altro .' rispondemmo. Per dol'ere professionale. Sai? Anche al giorno d'oggi ... parlano molte bestie. E s~riJ1ono. E disegnano. E quando non disegnano ... scht::::::ano bavetta amara. Lo so! rispose gravemente Esopo. - Ma non importa. Ora son qua io. Vengo a mettere il nero sul bianco. Come? Son qui a rivoltare le mie favole. perchè queste tue bestie mi .. rivoltano lo stomaco. E Poglio dar loro una bella lezione. E ne son capace sai·)··· Appartengono a una certa categoria di gente ... 36 Dalla ... mano nera. Già: traduci intanto questa prima favola. " l topi "· Poi ne riparleremo . , . 1-'rendemmo il r otolo di pergamena l lze E sopa si tcasse dal seno , e traducemmo. molto liberamente. la pnma }a11oletta moderna di quel favnfefJ!Jalore antico Eccovela qui. tale e quale : 11 -Jllll il i11 1r) lltn 1• l't1llirn.i- I IIJ!l ('. (: ; 111 t''J I li. Dnll .111rJ11/1' l' ULTIMATUM I TOPI A COMTZJO T11tLi i tu11i di giuùiz.io, neutra I I' socialiRt \111 hel ll1, fecer comizio c·1>11tru i gatti i 11 Lerve11tisf. E Lleri.st'l'1> liel ]>Pilo. d1e a 11gni gatto guen·;.ii1d si n!tacr.as:;e il 1·ampa1wll11 del !11 ::o:cinpe1·u, sul col. " I 1:1·taleli sa11guinari 1'1)sì m11ovel'si 1-·>i udra11 LP Vi1Jl et.f 1; I Ul Il cd i .topi proletari - ùisser tutti scapperan n :\[a poi qua11do d'attaccare si trattò quel rnmpanin 1·0111i111·ia1· tutti a Ll'e111are c·1111H~ tanti scaLn·i11. Fu t:usì che, nll1•1.tro l' s11ell11 ''"ntr11 a.i !11pi :111clò 11~n1i g<lt <' 111 :;ciuper-ca111pa11ello 111111 •..;·1111111' • 111<1 ru suonai. MORALE. E' l'. 1 Nt11li' alL1 ... l1e1·Ii11a 1·11rn c i J11esli to11uli11 e pe1· !JUe:-;to, ahiUll!, ca 111uii11 ;1 :;.em 11re pi[t \ rr,:;o ... B c>rlin. Esopo - appena ebbe sott'occhio la nostra libera tra duzione - ci guardò minacciosamente. Non la trovi esatta.) - Come le statistiche del cc vecchio Sylva 11. Arri11ederci. - - Non prendi nie nte, scusa .) Prendo ... la porta. E se ne andò sbattacchiando la porta. - pensammo . Farà - Che «caratteraccio 11 ! carriera come ... ai suoi tempi! 2,5 Febbraio Hll:i A Roma si vendono le violette. Incredibile, ma vero. i n altri temp i nelle loro cellette di erba novella, le timide monachelle cantate così deliziosamente dal Chiabrera. sl vendono oggi per le vie di Roma. a un soldo, senza un rispetto al mondr per la capitale del Papa e per quella del socialismo ufficiale. Le spudorate.' Oramai non sappiamo che cosa non si vend~ in Italia! ,1l/''11fuori delle copie dell' 1\'.'anti !, luttn. In attesa, dunque. che l'onorevole Salandra si compri un mazzo di viole e... violi. ossia. venda la neutralità italiana per il Trenttno (il quale. preso così, non aJ1rebbe il valore di un ventino) accogliamo con giocondo cuore e pacato animo la terribile nnvella delle l'infeltr chr si danno .. . a un soldo per le v:c cl ella Rnma dci preti e elci sncialisti. In tempi mcnn tristi. Chiabrcra (non i 1orrrmmo po, sarc per eruditi citando i ver!l.i dello squisitn poeta. come fece già un buon neutralista citando per veri e pro pri ... versi il pro l'erbio: Paese che 11ai. imbecille che trovi!), Chiabrera. dicevamo. cantù leggiadramente la l'iolct'ta. simbolo di amore: le sue garrule rime, brilla rono come sonaglictt1 infr1rno al capo innocente allora - della mnnachella: trepide sillabe d ' oro la circnndarorw: un ;iso puerile e cleli:ioso di poesia la illu minò gentilescamente . E la violetta simbolo di amorr ci piacque così, anche perchè si lasciava facilmente ... come la 11era e auten violare a palpare fra l'erba in. tempi più alle fica innocenza f emminile. Ma oggi gri è l'Avanti!, giurabacco, che mi ti canta la viola ... Le cerule. monachelle che si celavano - - 38 proprio su quel fagollu già preparato /Jcr la ... fuga. ai primi accenni di guerra. E fa un rt\o "grazioso,, veramente chiabrercsco. "Deh ! - osserl'a pulendosi la bolca lorda di bava col rovescio della manu delz .' la violetta la va. la va (non J1ogliamo pa,sar per eruditi citando anche questi ... versi) e la guerra non viene~ L 'ul 1imatum cilestrino non fa di11entar ros!'i di JJergogna gl'intcrventisti? , Ma no! I a primavera la bella e fiorita prima1 era italica è vicina. E noi apriamo l'anima al suo bel solr, come i socialisti aprono le braccia ai tedeschi. Ed attendiamo. Sbocciano i fiori: tu!f'. Tanto i papal'eri rossi dei socialisti ufficiali. dormicnli in me::c al grano. so.!!,11andu polenta e fichi. quanto i fiori lassù delle Alpi Giulie. /\'on importa che si l'endano le i 1iolefte a Roma e che si riproducann a Vienna gli articoli dell'Avanti!. come faceva anche ieri la Zeir. che li commentava riel suo artico/e di fondo: non importa che cl partito socialista commerci. nell'inverno. in ... caldo entus,.asrno per lo sciopero ... rivolu::imariamente tedesco. sperando di commerciare. nella stagion dci fifJri. in fior ... d'irnbecilli. L'ultimarum c'è . E' nel sule di questa vicina primaJ1era. E' nell'aria che s'intepidisce . E' nella ri11noJ1ata furia e nel magnifico ardure di quella terribile marra di ·uomini che attende armata. laggiù, la dea dei fiori: quella elle sirnbolegp,ia più diiJinamente la libertà. . Staremo a vedere se l'Italia il paese dei fiorì s~ venderà a Roma, tutta in fascio. per un soldo di Trentrn.o. carne le violette . Allora ... spunteranno altri fasc1. .. E qualrnno ch'è in Campidoglio. penserà alfa rupe Tarpea. 1 IL NOSTRO COMPITO Il giornale socialista Arbeicer Zeitung. che riporta con ei•idente soddisfazione tutt ; gli articoli de! magnanimo Avanti'., si permette di darci una lezioncina, su' modo di mostrarci educati ed intelligenti davanti alla maestà tedesca . L'Arbeiter Zeitung, da magnifico tedesco. com'è, fila de.' delicati ragionamenti .. . italiani, ammesso che il partito socialista ufficiale, o meglio ancora. la direzione de/I' Avanti!. abbiano un cenifflo che funzioni italianamente. · Prima di tutto, il buon maestro austriaco. trova che il compito più meraviglioso che possa essere assegnato ad uno Stato sia quello di promuovere la pace fra le Potenze in guerra «guadagnandosi in ciò una gloria immortale ed aumentando nello stesso tempo il proprio prestigio nel consorzio dei popoli " . Scolarefli ingenui. noi guardiamfJ di sotlfJ in su il grave precettore. tenendo le mani in tasca e la giacCl àbbottonata. E ci commo1 1iamo . S'è visto mai alcuno additare con tanto disinteresse la via « della gloria immortale. ad un suo simile.~ E • quell'aumento del proprio prestigio 11 non vi sembra un tocco m.aestro ... p~r mettere in delirio orgoglioso la nostra mmuscol~ anima latina.~ E più che altro non l'i sembra dc leggere un articolo dell'Arnnti ! o di assistere ad una serata di equilibrio oratorio dell'onorevole TreJJes. pieno anche lui di questa gloria immortale e di questo aumento di prestigio.~ « Questa parte di promotrice .della pace continua volpinamente il precettore austriaco corrispondereb- - 40 - be invero al genio italiano, assai più d'una partecipazione alla guerra che sarebbe una rottura di quelle tradizioni che formavano la parte migliore della storia del popolo italiano e che sono profondamente radicate anche nel modo di sentire della razza tedesca ». Insolenti scolaretti, noi romp~amo tosto in una risata, in una di quelle risate che formano la parte migliore della nostra storia, e mettiamo sulla punta del naso il dito pollice, agitando allegramente la mano. No, amico «socialista» . Che il popolo italiano non «sappia battersi o non lo voglia » lascialo dire a quei tristi arnesi tuoi fratelli che compilano l'Arbeiter Zeitung d'Italia: che la guerra « sia una rottura delle tradizioni migliori del nostro popolo » lascialo dire ancora a quelle creature ignobili che parlano e disegnano, e agitano sconciamente al vento ancora - le memorie insanguinale di Lissa e di Adua . Tradizione italiana era il silenzia vile alle spavalde pro vocazioni austriache; tradizione italiana era d'ignorare i nostri confini e i nostri martiri: tradizione italiana era di essere servi accomodanti di due imperatori, pronti, ad un cenno. di darsi col modo di sentire della razza tedesca sull'urna di Scipio. Ma, ora appunto vogliamo rompere la trista tradizionr ... così profondamente radicata, nel modo di sentire dr>lla razza tedesca, e questa gran razza ci faccia pure il santo piacere di sentire diversamente. Non ci imporla se cambierà modo. Anche i socialisti italiani quelli dell'Avanti ! - la pensano come quella razza. Ma non ci importa nemmeno di quello: e nemmeno se cambieranno pensiero . Il nostro compilo lo conosciatn{). E l 'aJJessimo ignorato fino ad oggi, tanta commovente f ralernilà fra i socialisti nostri e voi, austriaci. ci richiamerebbe al dovere. Sulle balze del Trentino, in Dalmazia. a Trieste. in rrancia, in Polonia non c'importa; il nostro compito è oggi - d'esser contro di voi. E ci saremo fra non molto. NO I t Ci riconciliamo con Francesco Giuseppe se Francesco Giuseppe ha veramente schiaffeggiato il muso dei Schylok italiani pronunciando il e· no n iroso. feroce e irremovibile che la Stampa gli attribuisce. L'impiccatore merita la nostra riconoscenza. Un allrn « no » conosciamo. veramente grande : quello pronunciato un giorno da Carlo Cattaneo dal'Gnti ai commissari tedeschi che gli chiedevano la resa di M;tann. quando tutta Milano cantava maschiamente sulle barricale . e resisteva con magnifico ardore. f!.itfando alla hl'lla terra lombarda il corpo dei suoi fif!,linli. e al cielo lombardo i bei canti della libertà. La campana del Comune. battuta. furiosamente. spezzava qflel {!,iorno lrz sua bocca di bronzo. come si rompeva la borea di Rollandn quando empieva d'imoeto cJ.isverato l'olifante. a Rr nrisvalle. E mentre tutta la città era un tumulto ri11oluzi J nario, mentre il popolo arrossava del suo sanf111e le barricate. e i nobiletii lombardi il conte Casati afl11 testrr imploravano la resa in unfone ai ll'deschi. diritto bronzeo. ma,f!,nif;co si erse Carln Caflcnen e rispose: nn.' E fu vitforia di popoln. u·n Alla viccola iena def!.li Aslmr,f!,o. si presrnfm1a forsr. forse un mese fa flWT s.narufa e livida rommfc:. sirme di mercanfi italiani. A1•e11ano carta. venn'l e ra1a. maio. Il metro. Lo spolJJern. Dissero: Quaranta mi lioni di italiani tremano. lag]!.iù oltre le Alpi. Tre milioni di uomini validi, si nascondono con l'arma al piede. Una valanf!.a di baionette si sfascia cf'111 ' neve sotto al sole della primavera. Buon vecchio: quo un calamaio e un bicchiere di vino. Ci accontentiamo di un pezzetto 1 - ·12- cli tara. Misuriamo. Mettiamo rl ncrf"J sul bianco. Poi l11 ftrm!. Nui firmiamo e il contrailo lo mand/Qmo all'ufficio del registro. /\, oi mercanti mettiamo all"ignominia una nazione. Tu mercante metti nelle nostre mani ignominiosamente un branco di nuovi sudditi Firma, vecchio: altrimenti guardaci bene in viso per vedere che faccia terribile facciamo altrimenti ... chiamiamo in aiuto la Germania . Ma la piccola iena, si rizza, alta. spettrale e feroce: sanguigna, perchè morsa rabbiosamente. ATJsa. perchè moribonda. Batte i denti perchè, forse, ha paura. ma risponde. No! 1 rancescu Giuseppe. Imperatore Cattolico, Apostolico. Romano. sei grande. E noi ti rinf!,raziarno dal più profondo dcl cuore. comrnos~i ed um1liati. 11 Marzo 101:;. Il rl[",llll.ilu socic1l "'" f.'L'l1kned1t L:t'11ln iu p;ir .i111cnl0 ;1 Iuli" i l«1J•pre.;;1·1rlt11tl1 dtll 1 C;•.'l'JJI<llliu. 1Jn11.Ju1 i. BARBARI!! Mentre i deputati socialisti italiani si battel'ano come leoni per l'elc::irme di Corgon:r1la. che cadeJ1a su loro carne ... il formaggio sui maccheroni. mentre l'un. Turati. 1L pendolo continuamente osc1/lan1e dell'orologiu poFtico socialista italiano, giustificava la mancata adesirme al banchetto Destrée. col timore di una.. in1igestione interventista. al parlamento prussiano, un uomG. solo e sperduto. ma grande. gittava la sua bellissima ingiuria in faccia a tutta la Germania· Barbari! Liebknecht. Il grido d ·indigna:ione l'alica le frontiere e giunP,e a noi. guerraioli incoscienti e venduti. giunge a noi chP da sede mesi. da quando è scoppiata la terribile guerra. ci battiamo - come il nostro compagno tedesco contro i sel11aggi, che coprono del loro corpo la sacra persona del Kaiser e coprono di morti il tcrrerzo calcato dai loro piedi di scimia. Le orde della nafte, le orde spietate clze Blanqui Jlagellù del suo sarcasmo feroce. le masnade che sommersero il Belgio sotto una fiumana corrusca di punte agu::e, che gioirono degli incendi terribili. che risero. tutti denti caini e tutti caldi di un sell'alico odore di bell'l'. l'irrompente ed ora esitante caJJalcata dei barbari del'e sentire - laggiù. nelle trincee 1•ampantt ancora di petrolio la parola sdegnosa ed eroica del campa-. gno di ieri. Barbari! E' il nostro bel grido laltno! E' il nostro grido di battaglia.' E' la protesta 11i11a. ~incera e J1iolenta. gittata sul muso a un branco di scimie urlanti da un uomo. -44 ertn dal suo banco di deputato, come da un piedestallo di bronzo. Contro la Germania dei barbari come noi. Contro glc incendiari e gli sgozzatori! Contro l'imperialismo, da teschio umano sull'elmo aguzzo, ' sovra al quale sobbalza, tutto ali e rostro » la feroce aquila dell'Imperatore. E questo uomo -- che combatte da solo la più superba battaglia che salvi, in quest'ora, l'onore della Germada solo nel nia - questo uomo bronzeo che tiene pugno aspro, la bandiera alta - del socialismo, quest'uomo di fede e di orgoglio vien ributtato da tutto il Gruppo socialista tedesco dichiaratosi in que -;fi giQrn; guardia d 'onore del Kaiser. b l'Avanti! teschio di morto che ghigna ancorri_ appiccicalo all'elmo imperiale ... tace fieramente l'episodio parlamentare, e lo castra sdegnosamente .. . ributtandolo dalle sue colonne. I socialisti italiani devono ignorare che un socialista come noi - urla nel parlamento tedesco contro i prussiani distruttori ... Tre volle gesuita - il giornale dei neutralisti - pensa che il silenzio è ... un marco d'oro. r: \r11ulii d111a11lf• lilla rli11111::-:lrnzi11111• 1td1•l'\flilisl.t :1cld.l:1V;1 1111 \• f'd, 1) g 11 ih [1 110 C'he :::>UO!li'l \;i l'urg;1111•1'1). 1.·or .7, l111rili 1·1:i ::-:l:il11 1·!1•1!11 111 1p1 I (P11q1 • •·1111hl11 d1 .\Ir111l1'e- I') ii n. IL GARIBALDINO "AUTENTICO,. (. Lo abbiamo veduto anche noi, coi nostri occhi guerraioli. il vecchio garibaldino che suonava l'organetto ai piedi del monumento delle C•nque Giornate. E non abbiamo sentito nessu na pietà. La rude mano che aJ1eva spianalo il fuLile. forse laggiù a Calatafi mi, nella più garibaldina delle battaglie: fu rude mano che resse I[ buon ferro nudo. forse lassù. a )an Fermo. assaltando Tu vetta coronata di fumo e di i•ampe; la i•ecchia mano abbronza_ta che. f~rse s.ul Tirolo guadagnalo, spa::.zò dagli occh! u1~a lagnma l'lle, .al-_ /' ,, Obbedisco i1 del bel filibustiere. si tendeva. 1er1 nuda, alla folla gaia. chiedendo, con l'antico gesto, 11 n ::.o/do ancora di libertà. Fgli il buon veCl hio è a11cora gar~ba.ldz:no . Am~ 11 i•enlo folle di marzo, il r:dere vasto dei cieli azzurr1. e questo sgemmare giocondo di prima_vera; ed offre alla folla bruta un mazzetto di e anzuncm~ appassite: P_e~ un soldo di sole. per un soldo oh! pzccolo. di c1el1 azzurri, e per ben respirare ancora il v~~to libero e tepido del « natio suolo lombardo ' . Canucw rossa ed organetto. E' l'epoca. Un giorno egli chiese questa sua piccola gioia accovacciato in mezzo a_l gra_no, colla ~uan cia calda appoggiata al fucile; la Liberia, dura virago, gli i>eniJJa incontro allora! nel sol~ e nel fumo. fra il crepitio della fucilata e il .cor:ruscarc libero delle lame. J>iombo allora· un soldo dt piombo per a1•erla. goderla. moderle' la bell~ bocca selPaggia. Libertà. L'ebbe il vecchio d'oggi - e non chiese più. Tenne co_n sè la sua miseria. la sua camicia rossa e forse. chi lo sa? anche un segreto rammarico di non essere morto, lag- liG - giù. in mezzo al grano cl 'oro cnn una baionetta borbonica od austriaca nel ventre. Camicia rossa ed organetto. E' l'epoca. Il J1ecchio «autentico » garihaldino e~ ancora quel!~ di .ieri. N?n il casone gn/!,io, {!,li atrii ampi. un mucc/110 di vecchietti dalle medaglie penzolanti su/ petto, e chiaccheranti al sole: non il letto bianco. la mint!slra calda e la gran porta chiusa del ricrn1ero triste: no: 1!,arrbaldino «autentico» egli 1•uole ancora la libertà la gagliarda libertà. col suo sole, colla sua miseria. coi suc,i scherni pietosi, col bel rider(' antico. Dal ferro l'~bb~ ~n giorno. Era l'epoca. Dall'organelfo 111/e, oggi. E l epoca. Non chiede altro a JJoi st11pidi pri,{!,io~ieri della vostra pelle, del 11osfro pane bian co. della sigaretta e dell'americano prima di cena: un soldo di libertà chiede, sen::a paura. come un g ornn: sen::a r~ssore. co'!1e un giorno. ieri chiamato « brigan te» o{!.g! compasswnato come « mendico ,._ Vecchio garibaldino, non abbiamo sentito nessuna picliÌ di te. noi. Camicia rossa ed organetto. Ti baW colf 'anni che p1.roi avere per la tua ultima 11ila. Sei garibaldino . J\Ia rfrcorzo di te i cinici filosofi del ventre: Guarda là, se 1•ale la pena di battersi per la ratria. Che cosa si f!.UGt!a.r!.na .) · L' _l.ibordi che sos~iene la IC'oria delle due patrif dice con loro: Vecchio. sei un granrfr idiota. lo mi son /la/fu/o so//anto a... Montecchio. f: ci ho qui sul pcllo una medaglia d'oro. e qui in tasca seimila ltre. 0 I: \'r•1 I 1·11111ì.1 pr1 11',1:-;cli1'l';ff1' ln ]•Oli1 d1'll1' dnno:-; 11'nzinni, :1ff1'1·11in, n chn gli UP<'l'llÌ pntt:'\"flll() --t:i 1· l'u11ri di cn--n "' 1tnn 111 d:tll0 1111\'1' :1L11' un <1 j I' Ì. DALLE NOVE ALLE UNDICI Il Grande Stato Maggiore Socialista comunica dal Quartiere Generale di Pia San Damiano < clze [!.li operai socialisti del'ono le11arsi di buon mattino per la1 ora e e non possono, quindi. runanere in permanen::a sulle pia::e e sulle Pie,. specialmente quando si l't'rifica :'/caso che ne siano cacciati a 1•iJ1a for::a. /)a/le nol'e alle undici ... 1 .-\h ! non per questo dal fatai cli Quarto scoglio il naviglio dei mille salpò, e non per questo, nelle osteriucce prl'CisamC'nlc sul ... napiglio, più di qualchC' prode dell'a//ra saa si aller11ì alla ril'oluzione, tracar/T/andu dei ... quinti più fata/I del- lo scoglio di Quarto, e rimanendo imperterrito dinan:i al suo fiasco. anche fino dopo la mezzano/le! Ma i gregari non conoscevano ancoro la tenerezza. di cuore del loro Stato Maggwrn. il quale si preoccupa el'identemente -- della loro salute più che non si creda: e alle undici di sera, in piazza del Duomo. da11anti flll'irrornpere della fiumana interJ1enlisfa. l'aria non è troppo salubre. C'è dell'aria - dicono i medici che bastona le ossa: e. francamente. quando si è decisi a tutto, vale la pena. in quelle certe condizioni atmosferiche. di pensare allo stabilim1·nto e di andare a dormire. Che amore sviscerato per il tiranno sfruttatore di ogni giorno! Il comunicato del Grande Stato Maggiore (il quale ~i deve veramente trovare in uno stato disastroso), si può - 48 - bere tranquillamente perchè è la prova, diremo così, cristallina del fiasco subito nella dimostrazione dell'altra 'era . Si può, perciò, anche prendere nota che le future barricate contro la borghesia e contro ai lampioni che }anno troppa luce si farà dalle nove alle undici: perchè sarebbe una vera crudeltà privare del sonno quei poveri ri11oluzionari che furono già privati di tulio dagli interl' Plllisti. Anche dei bastoni. r 11i;.:i L UI.Zilli , lllf'till ~ pili \"Ìu] èll l•' 1·•rv0.\':i no le tolte f1n. 1 nl'nt rn lisli ed i11lPn'1't 1lisli, rtV\•'rli v n Ii 111c1n <l0 <:: h l" a\•.'\ a scop1'l'ln 111 1 fio 1Pl !o di S:1 n F t"1 1t<'•'srn. FRATE GIGIONE Avanti, o popo lo, alla riscossa, ma con l'orologio alla mano. Ciò impedirà che l'orologio passi nelle mani dell'improv_visato compa~no. più vicino. in grazia di qualche 1110111mento strate{!,1co che do1 1eva essere famigliare ai rivoluzionari della sassata. Banditi·)··· No . Eroi. Perchè soltanto degli eroi ad orario fisso - possono preparare l'imboscata teppistica svoltasi in via nante ed aggredire a sassate la folla inerme che scend_ ePa cantando,_ ignara ed impreparata al nuovo << paciJtco contatto di orale persuasione». Perchè soltanto degli eroi facce smunte e livide pole11ano assaltare così brillantemente i trams, le carrozze, e i lampioni che ai 1evano il torlo di portare ... il chiaro, suscitando quindi delle evidenti gelosie di mestiere, nel cuore degli improvvisati Balilla. Eroi ... sì. c1 Prevediamo - continua il comunicato dello Stato lo sforzo che si farà per gonMaggiore neutralista fi are la dimostrazione » . Nessuno sforzo. Dopo le undici, l'ora della vittoriosa ritirata crediamo che più di qualche cosa si sarà gonfiata da 'sè senza il minimo sfor zo. C~rti successi, infatti, ingrossano da soli. Non già soffiando, come si dice, sull'entusiasmo, ma buttandovi sopra soltanto dell'acqua. Vegeto minerale, naturalmente. 2 Aprile 1915. Luigi Luzzatti, grasso come una pagnottella infarinata, il pappafico ciondolante dal mento come il codino di una scimmietta, la pancia tonda e tepida come quella d'un paiolo rovesciato, si presenta diritto al pubblico italian@ in quest'ora di terrore e di armi. tenendo d elicatamente fra le dita un minuscolo fioretto francescano ... Oh! Viviana Maj del Penuèle, gelida virgo preraffeallita, come sgocciolano di latte e di panna i petali della proserella, tutta odorante - anch'ella di primaverile languorosità. (( Deh ! - implora quella tonda pallottola di ciccia e di salute di Luigi Luzzatti perchè non si potrebbe essere più buoni, più ingenui. più misericordiosi e godere un po' di paradiso in terra ? .. . » Oggi, mentre i montanti fantasimi di guerra cavalcano il cielo latino , oggi. mentre il diritto e la giustizia sono affidati alla ragion del ferro, oggi, mentre tutti gli animi e la volontà si tendono disperatamente, per essere saetta acuta o difesa gagliarda, questo pupattolonc dai bei capelli bianchi e le gote impiastricciate di rossetto, osa cantarci la ninna-nanna francescana. e spru::::zarci di goccioline rugiadose. facendo del fioretto francescano un delicato aspersorio! ... Sotto alla larga ciccia - in quest'ora tragica - il cuore di Luigi Luzzatti balla l'innocente danza dei giovinetti efebi raccolti intorno all'ara del sacrificio, (( e legsorride mi pagendo la piccola prosa francescana reva di attingere alla sorgente viva dell'ideale religioso. di se ntire affluire nel mio cuore una dolcezza nuova, di 4 - 50 - cogliere un palpito della bontà meravigliosa, degna del vero servo di Dio». Frate Gigione, tergi le lagrime. Noi - giovani non sentiamo nulla di tutto ciò; e quando leggiamo la tua prosa non abbiamo altro che una paura: quella di «cogliere» un accidente. Siamo maschi, noi. Magnificamente maschi. Ed usiamo - oggi - di questa nostra bella forza e di questa nostra gioia, spensieratamente: non ci adattiamo a nessun rovescio di medaglia. Siamo diritti. Precisi. Aggressivi. Perchè anche l'aggressione è una maschia forma di vita. E se questa vita - oggi è combattimento, è forza, è bellezza, noi vogliamo goderla con aspra ingordigia: prodigarci - vogliamo - per noi e per gli altri. con tutto il nostro ardore; desideriamo partecipare, per nostra virtù, alla gozzoviglia dei lupi, e strappare ai loro denti quanto vale per la nostra bellissima fame. Il latte di Luzzati lo poppino, quindi. i vecchietti, come lui: se avranno ancora tanta forza da poter mordere un capezzolo. E santo Francesco ci lasci alle nostre bisogna. Ma questo vecchio rammollito che viene saltellando dai praticelli, tenendo fra le dita il fioretto rugiadoso. questo quintale di zucchero filato che si liquefa pietosamente ad un solo sberleffo di sole, questo ex-ministro rimbambito che trova ancora ospitalità nei giornali trop po amici, toglietelo dalla circolazione, o meglio ancora, appendetecelo per il pappafico ad un lampione. Ma presto! 1:.1 r r111/1I f 1 t•q11r11 l il n11 ('j , i ( ( lJ '; ft\ [I iJ, Il•' cli f"SSf"I(' ! • 1\·0 111•~ . LA TAVERNA Noi per quei signori dallo slo!naco ~elicato e. diremo quasi, stomachevole, - beviar:io m~ordamenle ~ Sul nostro tai,olo, invece d un calamaw. teniamo un ~e boccale panciuto che si riga, piacevol:nente. di goccw · loni rosei e freschi . La penna la tuffwmo _nel bo_ccale: e mentre uno spruzzo di vino ci salta sul vzso. e ci macchia la carta, nof scriviamo le nostre pagine rosse sonanti di parole ebre, tempestose di canzoni e tumul Luanti di voci come una bella taverna antica. Non solo. Ma sopra le nostre teste che ciondolano .. : in perfet o e~ quilibrio. ondeggia una nuvola allegra dt fumo:. n?n il fumo acre e bilioso delle sigarette J1elenose. ma li fumo del vino ingollato a garganella con fresca boccq e gaufiarda inaordigia. Dentro la nuvola enorme, intanto , ~gambetta~o. tondi e grassocci, i nostri pensieri ar~ubi nati come le /orme dei putti clze la pazza Jantasta di Tiepolo sparpagliava negli affreschi delle case patn._ie. Beviamo e ci prepariamo. Un ferro per uccidere i tiranni Il vino per cantarne il funeral. Quei signori là, invece che ci contempl~no allegri. panciuti e sbottonati sul ventre. s_ono as~emz. . . Smilzi. lividi, sottili, tutti orecchie e paltore. tutti scapigliati e sussultanti, si mordono la b~cca asciu~ta. e sc~e polata; ficcano la penna nel calam~10. n_egro d~ fiele; infilzano rabbiosamente i loro pens1ermz magri: ne fanno una schidionata e la rotolano sulla vampclta acre della loro stizza impotente. Poi bevono acqua : acqua biancastra, acqua tepida, acqua ... benedetta. Per questo, pur -- '.j\? - essendo astemi, hanno l'acqua alla gola, per questo. quando devono risponderci, hanno sempre l'acqua in bocca. Per questo, non vedono che fiaschi; fiaschi nostri, s'intende... Venite qua, ragazzi; alla nostra bella taverna. Vino giocondo, qui, e salute: canti maschi ed allegria. In vino veritas. Brindiamo, amici, al vostro funerale di bile ed al vostro cuoricino affogato in un bicchiere d'acqua; ai vostri nervi rinsecchiti ed alle vostre vene aride, gocciolanti di tanto in tanto una gocciolina vitrea, come le cannelle di una fontana seccata. Brindiamo, in questa nostra ora di gozzoviglia intellettuale, alla vostra fame ed alla vostra sete: voi, chioschi municipali antialcoolici che non vedete che file, file. e file di fiaschi interventisti (ai quali fiaschi assurdi date con elegante sarcasmo la vostra assurda animetta di ... paglia) e noi la taverna gaia, rumorosa, impetuosa, che apre le porte ad ogni moschettiere, dal pugno saldo e lo stomaco forte. Venite qua, ragazzi. Abbiamo una buona brigata a tavola. Ma ... anche se voi riusciste a... mangiarci ... vzvr, ;•i resteremmo egualmente sullo somaco per un bel pezzo. AL LUMICINO L'onorevole Elia Musatti ha parlato a Borgo San Giorgio, in quel di Ferrara, difendendo davanti ai tranquilli borgh!giani e all'unico melanconico fanale della piazzetta, i formidabili eserciti del Kaiser. Sotto al cielo formicolante di stellucce ilari, nella queta piazzuola pro11inciale, odorosa ancora di sole, sotto all'occhio irridente di quel povero unico fanale, marciarono, passarono e dileguarono - quella sera - le _fiumane imperiali, punteggiate di chiodi, irte di ba~diere,. belle com~ un sogno Napoleonico; mentre Elia - rztto sulla tribuna funzionava da cinematografo e da fonografo. Le anime semplici di quei buoni villici devono aver provato in quell'epica notte rievocatrice un brivido di sgomento e di ammi:azio~e.. . Ma l'onorevole Elia Musattz, umile in tanta gloria, vorrebbe smentire oggi, il discorso in incognito di Borgo San Giorgio, facendo notare. ai buoni lettori dell' Avanti!, ch'egli ha parlato alle no1 e di sera. e quello ch'è peggio su una piazza illu1!1inata da un sol? fan~le .. . La modestia dell'onorevole e grande ma noi posszamo dirgli. con semplice elogio, che i fanali, quella sera, eran due, uno dei quali era Musatti. vestito in nero, la testa capelluta come il coperchi? di u~ ·la.mpione. e piena di idee luminose. La sment1ta. quzndi, non vale; se lo stenografo non à potuto fissare le sollecite parole di Norma. le orecchie dei presenti han potuto egualmente raccogliere. e ciò mlagrado il buio ed il fanale. Elia à dichiarato: E' 11ergognoso cercare col lumicina gli atti di violenza dei tedeschi. Vergognosissimo. E quale anima venduta, quale Dio1 13 .\pril€ 1915. -.,. ~I r1r1ie inlerventista è maz andato alfa n·cerca dcl Be/aio, '·er farne documento di violenza tedesca? E sono stati J1eram nete i tedeschi a massaerare il ptccolo paese o non sono stati, invece, i Belgi stessi ... interventisti dannati che lo distrussero per risparmiare la fatica ai tedeschi.~ E disse ancora, argutamente. l'onore11ole Elia: A Triesle, nè proletari, nè capitalisti vogliono l'annessione all'Italia ... Perchè dunque trascinare il paese alla guerra~ L'onorevole Sudekum di Venezia conosce ben Trie:,te, ma più che altro, per abbandonarsi ad una propa?,anda così sottile e così terribile di paura. conosce l'imperatore. Ne fanno fede le vecchie cantate di Norma. Abituato com 'era a parlar chiaro, anche oggi l'onore11ole Elia porta il lumicino al buio. Non più. però. per bell!l veneziana. Ma per l'Imperatore. E. non ostante il fanale questo è il segno più lumrnoso che il piccolo Schylok di Venezia è ridotto ... al lumicino. 1& Aprile 1913. rno scritto i11titrilat0 "IniernnziJJHtle" e rl1Jvt1t11 alln pe111Ja di '.\Iorgari. fi11h·a i11 que-1 giol'nr.1, ucl- le appe11dil'i dcli' I rn11ti! L'INTERNAZIONALE Mentre il bel mostro satanico. che sbarra i suoi occhi rossi nella notte e butta fumo e scintille dalla gola fuligginosa. porta Oddino Morgari attraverso paesi e città ;n cerca di una qualunque internazionale: la vera lnterna::ionale, quella del!' Avanti! e dei proletari neutrali. è _finita. Finita. ieri, nelle ... appendici del ginrnale. Final · mente .1 Si respira. Perchè si può essere scettici e sorridere con indul.{!.ente compassione di o(!,ni sogno umano. m1 non si può certamente non sembrare almeno commossi. quando questo qualunque sogno lo vediamo. in cocci nella pattumiera della casa. Sesta pagina. E in ... appendicifC' ! Ironia sottile def!.li internazionalisti decisi a tuffo. Nel J!.ran J!,iornale della vita. sonoro di nofizir. lucide cd acute come quadrati di baionette. l'articolo di fondo spalanca Of!J!i l'enormr> u.ola di hronzo e sobbalza. fumando. allo scoppio d'o!!,ni suo nuovo arf!omen fo: le niù brevi parole ci viombano intorno. ansanti ancora di spasimo e di strazio. o narranU. ancora. di ardimenti e di paure: il "comunicoln 11, rif'Gf!.nolo ras.so. ci flotta per Of!ni arteria, schizzando f!.occc calde. soffocando imnrovvisi fremiti. stagnando in lraf!.iche TJOZU' nere: tutto il .f!.iornale umano quclln chr si t>ive in quest'ora 1' un {!ran ooema di forza e di odio. Fasci di nervi esili. ma tt'naci. vibrano intornn a lui. incessante mente: squillano imperiosi i richiami: arrivano. volverosi. i messag[!.eri dalle cif!.lia bruciate di sole e d'insonnia; tutta la vasta vita. tuffa la tragica vita. dà a questo immane giornale, oggi, wo cuore profondo, n - 56 - sua .gola rauca, le sue mani livide e terribili. Tuftf) è trasformato. Ed anche il telegrafo, il telefono, il treno, il piroscafo non sono che messaggeri coronati di lauri: non sono che aedi infaticabili e nuovissimi di questo gran poema di guerra. L'internazionale, invece, il melanconico romanzetto schiumante di latte, fogazzariano e dolce, dolce, dolce come le prosette di De Amicis; l'internazionale, invece, questo bel racconto tutto occhiuto di lumicini vagabondi che cammina a passetti queti verso il castello della fata buona in cerca del tesoro ignorato; l'internazionale, invece, questa appendice dalla bocca ridente che trionfava sulle volgari notiziole del pettegolo ieri. non esiste già più, è stata sospesa, s'è mozzata quasi atterrita sull'ultimo suo rassegnato "continua». Solo l'Avanti!, ostinatamente. prosegue nella pubblicazione. Ma in sesta pagina. Solo Morgari si ostina a rincorrerla in treno. Ma in prima classe. Ed è un disastro ... ferroviario, ed un disastro ... editoriale. Ne siamn amareggiati, noi. Veramente. Perché questa Internazionale che per vedere la luce si accontenta di trovare un posticino accanto alla pubblicità ( Verginita lire tre; Procreazione, lire cinque) ci fa compassione. E ci fa rimettere... in tasca anche le tre lire perche non abbiamo troppa fiducia noi sulla sua verginità. 20 ~ prile 191 ; , L'« Ombra» del Secolo era i11ter- ventista nei! giornale ma socialista iscritto ..il partito, ancora. L'OMBRA Noi seguiamo da tempo, con trepidazione fraterna, i passi ... mortali ed elastici dell'Ombra secolina. f'! el suo breve e chiaro schermo di luce ella appare, un giorno sì ed un. giorno no, come una minuscola mascheretta beffarda che combatta ironicamente, scagliando manate di fiorì alla folla scimunita ed attonita di questo carnevale funebre ch'è la neutralità italiana. Di tanto in tanto, dal bel domino di seta nera che fa fru. fru, e lascia scappare delle frangette scarlatte e socialiste. la rnascheretta tra,, un pugnaletto luoido. che tiene per il manico e fa 111cc1 care come per burla. Ma il difetto è appunto in quel manico. E In schernri è in quel gesto. Nostra buona sorella in ... civiltà lallna: ambretta sdegnosa e beffarda: mascherina ve ~lita in nero con pendule frangie rosse. noi ti v0 gliamo dare un consiglio, anche se tu. p~r gaia rappre saglia, ci butterai sulla faccia una manata gwcond~ di confetti intervenfisfi. leva la " bauta » dal volto ridente, e snuda. al sole, la tua piccola lama argata. ''Ombra>• ... (> così bello il sole da cui pr01,ieni e per virtù del qualr donluli sullo schermo. con tanta grazia! ... A te è per messo ogni sorta di monellerie: quella d'invocare la distruzione completa della razza tedesca. quella di aiigu rarr che la futura bandiera rossa della Germania insorta. venga abbattuta dagli eserciti alleati: quella di essere assessore comunale socialista e di consi.f!.liare alle maestre di non presentarsi tropJJo primaverilmente scollate .. a scuola (neanche un po' di gola rosea. f!.elosa "'nbretta ir rùftl.nte ..)) e quella ancora più pericolosa - di incitare alle armi anche i paurosi; di cacciarli in caserma. - 58- di spingerli, come si dice, al macello. E son carne proletaria quei poveri figliuoli. Ombra crudele ... E il partilo socialista non intende punto di lasciarla insaccare quella carne in ciò che tu chiami «l'onorata divisa», e i neutralisti ferocf. del socialismo a cui appartieni ancora, piccola ribelle han giurato di difendere ad ogni casto ... il ventre magro, ma soddisfatto, del loro ideale un po· più grasso, ma meno soddisfatto. Domandiamo, quindi, la tua testa grigia, e la tua « baula ». La domandiamo al tuo coraggio ed al «loro» coragggio . Il paniere è pronto, sorella. Ci troverai altre buone teste: le nostre. Perchè sarebbe veramente strano che gli Incorruttibili, così ... ombrosi contro noi . . tollerassero un 'Ombra ... così chiaramente guerrafondaia e schernitrice come te. Il carnovale deve finire. «E' necessario che anche i conigli» si armino. Addio, mia bella. addio ... Ai banchetti di B1ilow erano sem- pre im·itnti, a noma, clcpntati. se natori e... generali. IL GENERALE BANCHETTA I 'J 'I 'I A Gaeta. la bella città. azzurra di cielo e di mare. si riuniva a banchetto. un giorno non lontano di questa nostra pettegola storia, quel melanconico Succi della politica italiana ch'è l'onorevole Salandra, e non sapremmf) dire quanti altri piccoli ... succioni suoi amici. Fra quetondo, roseo. imbracato nell'uniforme verdognola sti anche il generale Morra di Lavriano. dal bel nome nobilesco e duro come lo spadone di un cavaliere errante li magnanimo homo d'arme .. . magnò più che potè, sgombrò la tavola da ogni briciola. beVJJe, anche le parole generose che l'onorevole Salandra Ebe impacciata e brontolona, -- presentò nella coppa oratoria ai con11itafi che dimostravano ancora d'aver sete ... di patriottismo. e quindi si levò anche lui. ma più alto che potè, e pronunciò un discorso. ,, Se la patria ci chiamerà alla nrova del fuoco di- • rhiarò agitando il tovagliolo, la bandiera h:anca di o[!ni impresa culinaria noi saremo pronti: sarà come invitarri a un banchetto di nozze. Qualunque sacrificio lo ... diaeriremo. Tnf!.ozzeremo sorridendo il van durn di guerra~ Daremo tutto quello che ri rimarrà per l'Ttalia ... se ci rimarrà qualche cosa rfa darle'" E sedette. trionfante. tuffando il buon naso rosso nel bicchiere esiff. snumante di vino. E il generale Banchetta mantenne il sacro. giuram.ento._ Marciò su Roma antica. con 11n fracasso dr sproni e dr 1asellame: si portò al fuoco domestico della curina onerosa di Biilo1v e il 19 aprile sedette a tavola un'altra volta. non a fianco di Salandra. ma a fianco dell'astuto ar:iba- . sciatore tedesco che deve conoscere molto bene t polli 1 ?.:1 \prile Hl13. - 60 - italiane se li offre così generosamente. SacriJ/cin ternblle .' Tanto vero che L' I tali e l'esotica Cenerentola della cupubblicava i nomi dei distruttori delle cina imperiale vivande tedesche; e il generale Morra d; Lavriano vi faceva la sua ... bella figura col casato nobilesco, l'uniform~ verdognola e lo stomaco ... di struzzo. Buona digestione. Ma laggiù, oltre il mare tragico che rotola nel suo stomaco profondo le ossa spolpate di Bruno di Faà e di Cappellini ; ma laggiù oltre il selvaggio Adriat:Go che vide Teghetoff speronare il « Re d'Italia »; in una città sorella, sulla cui torre antica alza le ali e protende il muso il bel Leone di San Marco, una folla di bambini e di donne soffre la fame e tende gli occhi disperati verso la trista matrigna. E grida innocentemente: Vii•a l 'Italia! Un momento, figliuoli. L'Italia è a banchetto. Un giorno con Salandra ed un gforno con Biilow tanto 1-er essere neutrale veramente. Sta apparecchiandosi. Vuol essere grassa, tonda, enorme; la buona comare di Windsor. Vuol dare, quanto più potrà di dccia ai fi gliuoli digiuni. Voi conoscete la forca austriaca, è vero. E soffrite. Ma l'Italia dei generali Banchetta conosce ... la forchetta tedesca. E si trova bene. Attendete con umiltà, j'igltuoli. Verrà l'ora anche per vo; ... come per noi. i5 Aprile 1915 RIMANERE " . L'Ombra, gaia motteggiatrice, gitta i suoi veli tenui intorno al Podestà di Trieste, erto, come lt1. torre d; San Giusto, sulla marea della folla disperata. Come ai t~mpi ~pagnuoleschi, sventolanti di cappe e scmttllanfl di fibbie, ancora oggi il popolo affamato e ~ieqe la _testa del Vicario di Provvisione, scaglia ingrnne e ciottoli contro l'ostile palazzo di città ed invoca la « giustizia » del pane. Ma l'Ombra non fa il Renzo sempliciotto che difende co.n le spalle quadre e . .. l'ombra del cappello. il pallido Vicario di Provvisione: l'Ombra afferma con ironia sottile che il Podestà Valerio, rimanendo al suo posto, fa opera più grande e più difficile che non farebbe se piantasse popolo e municipio e se ne andasse per i fatti suoi. Adelante Pedro. Rimanere al posto non è grandezza, non è fierezza, non è merito. I grandi gesti sono grandi quando escono dal comune volgaretto, quando I racassano le righe che vorrebbero chiuderli entro il minuscolo spazio loro concesso, come fanno le prime parole che scarabocchiano i bimbi, parole deliziosamente goffe, ubbriache e ciondolanti fuor dalla misura del balordo quaderno rigato secondo i regolamenti. Per questo ogni prima parola di bimbo è grande. Ma per questo diventa subito stupidamente bella quando rimane fra una riga e l'altra, ben fatta, ben messa, ben tracciata parola infantile d'un vecchio buoa posto. L 'Ombra no loda quindi il Podestà di Trieste che non scende in piazza con il suo popfllo contro il nemico comune, come loda sè che non esce dal suo chiaro e irridente schermo di luce ... ch'è il partito socialista neutrale. Ah! - 62 - nde, ella, per beffa c~m' è difficile riman~re, al proprio posto ... quando non si ha nessuna volonla d uscirne! L'Ombra delizioso balocco di tutti crede di dire una profonda cosa. No ..S'inftan.na. E' p~ù fa~ile. rima.nere cheti, tranquilli e silenzwsi, e trascinarsi dietro il gran domino ner~ ~he fa f'.u, fr.u' c;-ve!!ando con ta~ta grazia coi penduli f wcchetti rossi. E. piu facile compi.ere lo sforzo per rimanere che compiere quello agile di balzar su, e di dire, al sole, quanto è la e bello vita intima e pura dell'anima. E' mollo più semplice, è molto più ironico, è molto più delizioso - o rivoluz.i onario al. .. secold starsene nel piccolo chiostro con un altro nome ... ed essere /'Ombra di te stesso. L'« 0111Jn·n » . ric.ponrl Pvn. alle d 11P mn ttegg intrici, di C.Putirs i ~ <J <:ialis t a sopra tu tto r cli vuler pe1·ciò rinian e1· " ai piPrli della c1oc" . del prolr•i n !'iato n . not i~ UN FIORE ALLA CROCE 'I • 27 Apl'il c l!H:J. Ci leviamo dalle spalle il mantello, deponendolo a terra con un largo gesto; vi buttiamo sopra il cappello di feltro, ricco di piume e di strappi, e. come già fece il sire di Bergerac, ci mettiamo in guardia cantando una ballata. Colpi e rime: ai piedi della croce. L'Ombra sei tu : Vittorio Gottardi. Ma Gottardi è i scritto da molti anni al Partito socialista: è assessore da pochi mesi del Comune socialista: fa brigata con colo~·o eh~ ~ichiarano di « voler marciare contro la patria >>; e il compagno di coloro che dicono ai tedeschi « ben vengano »; gode la pace del piccolo chiostro. raccogliendo fioretti e farfalle, e - come suona la campanella si reca devotamente al!' altare e al refettorio. ~'Om~ra invece no: figliuola del sole, ella sbuca dalle tnferriate del convento e sbalza sulla via libera ed aspra d~lla rivoluzione: e sberleffa coloro che J1oglion marcrnre contro la patria. e piroetta innan:::i a coloro che diccmo ai tedeschi: ben vengano, e gitta ilari lampi d'insolente perfidia -- oh! un sorriso soltanto quando rintocca la campanella della chiesa e del refet!orio. L'Ombra non è iscritta al Partito. Para, Vittorio Gottardi. Se un tormentoso amore non ti permette di lasciar!? la casa ricca del gran padre tuo, noi non ti permettia mo di fare il figliuol prodigo fra le domestiche pareti: se tu non sai compiere il bel delitto dell'apostasia (e 1i compiangiamo con cuore fraterno) noi non permettiamo le capriolette dell'apostata ombra che ti appartiene: se tu non puoi uscire dal piccolo chiostro per nostro -64- comandamento. noi ti preghiamo di non dar consigli di coraggio t1 ai conigli » che tremano uscendo di casa. Para, ambretta sdegnosa. Sarai San Paolo. Non c'importa. Noi preferiamo Lucifero. Il bel ribelle, tutto ali e fiamme, non mise mano alla spada ponendo a terra il ginocchio; non si ribellò. facendo umile atto di fedeltà ... tormentosa. Tu, invece, sei un minuscolo Lucifero che mangia il pan d'oro degli angeli buoni: sei Lutero ai piedi del l'apa; sei l'assessore comunale socialista e l'Ombra del Secolo. Para, Gottardi. Noi ti diciamo: o dentro o fuori. Se sei convinto della tua fede. Nessun comandamento nostro. E' la tua coscienza che deve comandare. Ascoltala. profondamente. E sei « toccato ». Sul largo petto onesto ti piantiamo questo bel fiaretto rosso. E' la nostra tessera di sincerità. :w \1n·ilc 191f>. D()po .il 1° \f.1g-g io lDH. DOPO I lumini rossi agonizzarono tutta la giornata e si sprmsero stamane, quando l'alba cantava fresca nei cieli . dalle tazzette rosse di vetro salirono allora su su do[[~ righe di fumo. Il vecchio Carlo Marx dalla' testa ~el1:aggia, sbadigliò, riempiendo d'un b;ontolio tedesco. 1/ gran torace. A_ncora fu"':o - borbottò. Fumo nauseabondo. Da chzesa cattolica. Preferisco la soffitta. !'on à tor~o l:onesto e duro Carlo Marx. La festa del pnm~ Maggi~ e_ stata ~n solo_ sbadfglio monotono. pieno di barbaglz gLallastn: la noia e l afa dei comizi sen-a vigor d'attesa o vigor d'entusiasmo; la noia del cori;:; mutolo, sotto al sole calmo, dietro alle bandiere alte come _or:ibr~llini c~iusi: l~ noia del discorso senza nervi e squrllt, grttato la alla folla, come si getta un morto ;,. una .buca: la .nqia ~ella sera silenziosa, per le vie pitÌ ampie d~lla citta, ngate da quelle rotaie lucide e vuote senza pz~ stridori o sprazzi verdastri. Silenzio . Peso. f!ppresswne. Ecco, il primo Maggio dei socialisti italiani. Soltanto, laggiù, oltre i confini, branchi di uomini curvi .sull'arma, affossati vivi nelle trincee, protende' vano zl capo selvaggio e la bocca nera del loro fucile pronti a scagliare piombo e fiamme contro l'elmetto ~ chiodo dei socialisti tedeschi. Muti nell'attesa. Cauti nell'agguato. E un buon odore di terra feconda, un buon profumo di Maggio doveva prendere il cuore rude di quei difensori della civiltà e dell'Internazionale decisi, a un segno, di balzar contro la morte. Viva Ù 110 _ stro Maggio, morituri sconosciuti I Ma ieri, ieri, mentre i festaioli tornai1ano dalla cam- - GG - pagna impolverati dalla pacifica marcia, con un garofano rosso all'occhiello, ieri, i nostri festaioli, dovevano sentir nel cuore il peso della vostra forza, e la rampogna del vostro silenzio: e deJ1ono anche al'er chiusi gli occhi, nascondendosi lutti dietro alle loro ciglia, per non vedere il corpo d'un fantaccino uno qualunque di voi - rovesciato sull'erba, con un buco rosso sullo stomaco. Il santo e meraviglioso {!,aro/ano di quel suo primo maggio di morte. E di vita futura. '.'\ \l:iggin 1!ll:i. J.'. I l'(fllf it f'i nrcusn \·n cli s pe r11Jn . r P n 11dH' s1 ill.1 111 ~n1111 ·L1 di i .\fille. SPECULAZIONI Il piccolo giardino dei neutralisti, devastato con implacabile disperazione dai grassi frati dell'Avanti!. dà ancora dei melanconici fioretti all'immagine dell'Internazionale fenduta al cuore dalle sette spade. E ' il mese di maggio: il mese degli altarini rustici, inghirlandati di fior ... d 'imbecilli e trepidi di ceri accesi; il mese di Maria e di Mario ... il Proletariato; il mese delle commedie e della devozione. E delle speculazioni. Dopo Oberdan - che ha dato della corda ... da torcere all'Austria - ecco - ora - la nostra speculazione sui Mille ... che fa sputare amara saliva agli austriaci del socialismo ufficiale. A un braccio teniamo appeso. naturalmente, l'impiccato di Trieste; coll'altro trasciniamo, dietro noi, la« rossa torma» che salpò da Quarto ... per far passare un brutto ... quarto d'ora al neutralismo aj!,onizzante dei grassi frati di qui. I.o spettacolo l~ quarz/o mai ripugnante. Spernliamo sulle memorie dei Rrandi ... non potendo speculare. al sei per cento, cnn le rnoperati tJe dei piccoli. noi che riusciremo a Ma noi vorremmo sapere piantare nel cuore doglioso dell'Internazionale anche la nostra spada liberatrice - ma noi vorremmo sapere da questi frati, coltivatori di flori ... ideali, che cosa sia il loro dolore, che cosa si chiami la loro indignazione. come si qualifichi il loro sdegno pietoso. tJersato a piene mani sui morti nell'ultimo combattimento in Libia: noi domandiamo se questa loro improvvisa e urlante tenerezza non sia una miserabile speculazione, ben più atroce e ben più volgare della nostra. Noi, alle memorie dei morti, domandiamo rnor sai - G8 - do, polso fermo e sacrificio austero; domandiamo che esse ci riempiano di sè, come la colata del bronzo riemfie la forma cava, composta in una ferma bellezza. Voi. invece, sui. mort~ ancora caldi mettete ingordamente lt' 1 _o~tre mani, e li palpate, e li rivoltate nella polvere. e lt m~o~za!e del vostro pianto e chiedete a loro la paura, la vllta, il tremore, il gnaulamento grottesco. Speculazione. Arido mese ai maggio e magro giardino avete,,. se no:i potete appendere altre ghirlande intorno all immagme della vostra Internazionale se non qiiesta d~i poveri morti che non ebbero paura.' Grassi frati, noi ridiamo. E. se frugare n_elle ceneri per far scoppiare più viva la .Jia:rima ~he_ si credeva morta, è una speculazione. noi si_amo fieri del nostro operare: perchè la fiamma ardera come un rogo tanto i vostri cadaveri. quanto le nostre memorie. Perchè la fiamma è bella. 1 8 \[;ig~j() Hl15. L'ASSASSINIO Il Lusitania è colato a picco, carico di disperata carn~ urlante: fischiando da tutte le sue sirene, fumando da tutte le sue gole mostruose, s'è inabissato come un enorme mostro rantolante. Non uno di quei duemila uomini condannati alla morte prima ancora che il piroscafo partìsse, era un nemico armato dei corsari implacabili; non una di quelle creature ignare pensava di morire; non una di quelle donne. no71 uno di quei bimb; inghiottiti dall'oceano, dopo il colpo assassino. nuocevano all'impero dei barbari uscito colle sue orde, a rovina. pel mondo. Ma quel loro Imperatore vuol far buona guerra. Come un grottesco idolo. egli ha bisogno di vittime incolpevoli: la fossa sacra intorno al suo altare deve essere riempita ogni giorno di carne e di sangue. di urla e di strazio. E sia. Of!,nuno combatte come me{!.lio può, e come meglio sa. Coll'agguato. con l'arsenico, coi gas asfissianti. Ma questa ecatombe di duemila innocenti, inabissati a tradimento mentre navigavano tranquilli verso le loro case: questa strage terribile che non ha nè giustificazioni, nè riscontri; questo odio che non distingue, non sente. non sa, e non vuol neutri ansapere; questa brutalità mostruosa noi cora imbelli - la ricorderemo per la prossima ora. E domandiamo intanto a coloro che si guardano mrlanconicamente le « pancie nitide » e covano in nome dell'internazionale la loro << inclita viltà», se questa ferocia scatenata sui deboli e sui disarmati. può ancora far prodezza di sè; domandiamo ai vigUacchi che ci negano il diritto d'insorgere contre le orde imbestialite, sr le vittime dcl Lusitania possono essere soltanto com- - 70- pia~ife: domandiamo at miserabtli ehe chrndono porte e. f ~nestr~ per. non vedere e non sentire, se un popoln civile puo asscstere colle mani nude a questi saturnali funebri. Su, vigliacchetti, mettete il muso fuor dell'uscw e dichiarate ancora una volta che la Kultur tedesca è preferibile alla civiltà latina; su, neutralisti, ancora un po' di coraggio e ~i cinisrn_o ... Perchè, noi, davanti a questo nuovo delitto, sentiamo che sarebbe un'affermazione di civiltà appendere ai fanali cominciando da oggi - ogni tedesco che passeggia ancora per l'Italia. ECCE HOMO Il Belgio, questo minuscolo paese pieno di campanili arguti, di cattedrali venerande e di acque operose: il Belgio, questo bel fancicillo biondo crocefisso dalla masnada germanica, abbeverato di fiele e rotto al costato dalla lancia della l'alkiria cerulea; il Belgio ci vien portato oggi - cadavere fra le braccia. Ecce Homo. • Mille e duecento testimoni raccontano la tragica passione del biondo messia della Libertà. « Fin dal principio della guerra erano stati fatti dei preparafii i complicati per incendiare sistematicamente. Cli incendi e le distruzioni ebbero luogo frequentemente senza che fosse possibile far valere la necessità militare. Lo sgozzamento delle donne, dei fanciun; e delle giovinette era spesso accompagnato da circostanze ripugnanti in cui le baionette ebbero gran parte. Sono riferii i numerosi casi di mutilazioni : specialmente la estirpazione delle mammelle alle donne. Un hambino di 'r" anni fu trovato crocefisso ad Hecot. contro la pnrf 1 d'una fattoria. Un bambino di due anni fu trovato arf Appeghen trafitto ed inchiodato a terra da una lancia tedesca. Il massacro dei non combaffenfi 1' tale rhe nessuna guerra fra le nazioni sedicenti civili à mai registrato. Incendi, massacri. fucirazioni. 1 1 Ecce Homo. Il paese martire è qui, nella sua sanguinante nuditll. in questa aspra prosa ufficiale che continua monoionn, sa nguinosa, dolorosa, come la orazione funebre d'una fo lla, ginocchioni sopra una buca. Rossor d'incendi: nuvole di fumo come se ardesse un rogo, baleni di ferro. - 72- strazio so/ferto in silenzio; bimbi incluodati alle porte colla testina penzolante in giù, come a guardare la pozza ùi sangue rosseggiante ai loru piedi; donne dal petto straziato, tutte una piaga viva nel lividore delle carni: ecco il paese. Esso consuma, laggiù, senza pace e senza speranza. Consuma in silenzio. Ma in questa bella Italia, squillante di latinità generosa, un mucchio di vigliacchi che fingono di credere ancora nell'Internazionale e che « deplorano)) tedescamente l'orrenda rovina; un branco di miserabili che si rimbucano al primo squillo di tromba avvolgendosi nella loro grassa ciccia oratoria; un pugno di canaglie. senza nome e senza anima, assiste ghignando alla tre~enda barbara e cantano l'Inno dei Lavoratori, urlando con bocca di frode: Abbasso la guerra! No. Dal Pretorio tedesco il cadavere del Belgio viene offerto alla folla fosca dei barabba. Ecce Homo. E la folla agita le mani e grida : Buttatelo in una buca. Viva il proletariato! ... No, barabba. Viva la guerra! ... 17 .\Jaggio 191:\. Al SUOI POPOLI Il buon imperatore Francesco Giuseppe, in un momento di malinconia profonda, si è rivolto ai Popoh buoni : a quelli che ancora gli rimangono buoni, per forza. Quando la grifagna aquiletta del castello di Schiinnebriim gitta il suo trillo doglioso e arranca con la doppia testa e le due ali dure, chiamando a giornata tutti i suoi popoli, segno è che ... qualcuno di quei popoli già manca e sta acconciandosi a un miglior nido. Il grido della vecchia rapinatrice si perde quindi nella vasta solitudine dei deli e nell'aspre giogaie dell' Alpi armate, ed è grido di addio. E di minaccia. cc Nei nostri eserciti aleggia vivo lo soirito di Radesky e di Teghetoff - e il tradimento dell'Italia sarà punito. Novara, Montanara. Custoza, Lissa .. . » . Bei nidi insanguinati veramente! Bei nidi, quei nomi. dove la feroce aquila covò il suo riposo e la sua dip,eslione. pulendo il becco sanguinoso nelle grandi ali ancora calde di vento e di tempesta; dove sì addormi sazia di rapina e di volo : dove so[!.nò altre rapine ed altri voli e da dove rotolò improvvisamente un giornn per trovar pace in qualche altro covo roccioso, sempre più lontano dalla bella ferra lombarda, sempre pitì lontano dalla ridente terra veneta. Bei nidi .sanguinosi. Lissa e Custoza. Ma anche noi non li abbiamo dimenticati. Il memore popolo italiano li à coperti di fiori e di spine, in tanti anni di preparato silenzio, in tanfi anni di profondo travaglio: dove l'aquila sostò vittoriosa, calda di gioia fero ce, il popolo rinnovato nutd e diede ali al suo desiderio; gli diede ali ed ugne per il bel giorno del combattimento. Anche _, -- Il - in noi. anche iTI: not, e unu spmlo nuovo ed audace: quello che balenò di ferro e di impelo a Bezzecca, quello che sobbalzò d'ira e di grandezza nelle acque di Li sa; quello che affondò con quel vecchio Re d'Italia. entro una nube di fumo, in un rombo di artiglierie, ma con tutte le bandiere inchiodate sugli alberi. Vecchia aquila d' Absburgo : ali contro ali, artiglio contro artiglio, audacia contro audacia! Ecco il nostro combattimento. Quale lo preparammo. Quale lo vinceceremo. LA CAMERA DEL SUPPLIZIO '· a Ì\ fuggi11 191;:;. L'imperatore d'Austria - ci annunciano le cronache d'oggi, che somigliano a un gaietto sciame di viJJandiere accodate agli eserciti rudi possiede un palazzo d'estate: un ampio e solido palazzo. dai portici freschi e sonori, dalle sale lucide e gaie. e dalla tranquillità nperosa e grave dei JJecchi rustici palazzotti di mon·· tagna. Tutto è chiaro. tutto è viJJo, tutto è allegro di sole nel bel palazzo dell'imperatore. che è la solida fattoria dell'impero. riboccante di tutta la messe delle vaste terre sog[!.efte: dai grani tirolesi agli aspri vini ungheresi. In quel gran palazzo. in quel bel t!.ranaio. la Storia - falciatrice e mietitrice eterna -- ha sempre recato. a E-raccia ed a carra, quanto di meglio 1wteva offrire al magro colono incoronato. Frumenti e teste venete! Grappoli ed anime lombarde .1 Ma. in tutto quel chiarore. una stanza buia. spalanca ancora la sua gola in un angolo della fattoria impfriale: la stanza del supplizio . In quel tragico covn. l'Estate portò un {!,iornn a un p,iovinetto diciottenne. la bella corona dell'impero: spighe mature. odoranti di snle: foglie e rame acerhe di quercia. E salì un altro giorno ancora. la forte falciatrice. eh 'era un autunno rosso di sangue e di pamrini. e portò all'imperatore in attesa in quella stanza la tunica insaguinata d; Massimiliano. folgorato al Messico dai soldati della rivoluzione. Ed ancora. A piedi scalzi, la implacabile. scivnlò una notte nella tana buia. e r.ecò al tragicn colono il corpo del biondo Rodolfo, caduto. come un lioncello, in un fnscn agguato d'amore. E sem··na ancora e falcia ancora, la ribalda estate degli Asburgo .1 - 7G - E nella stessa tana, mentre lutto il bianco pa'azzu dormiva nel suo tesoro agreste, entro un giorno la me saggera, per dare al colono inselvatichito un altro ama ro frutto : quello della morte dell'imperatrice El1:;a betta. Ed ancora - susurrano le vivandiere fre sche che seguono, oggi, gli eserciti alleati ed ancora là, ella si presentò allo sfigurato vecchio, per prese ntargli l'ultimo bel.frutto della sua lunga seminatura; l ' ultimo frutto gagliardo mat~rato dop~ gran travaglio dalle magre terre della Carnia e del Tirolo; l'annuncio che l'Italia - armi e bandiere - varcava i confini. Ora è gran lavoro nei campi; balenamenti di falci, seminagione di sangue e di vite . Un altro bel frutto matura; l'ultimo. E la bella estate lo porterà in grembo, al vecchio co lono; e nella stanza del supplizio glielo porrà ai piedi. La nostra vittoria, imperatore. :W \ l a.;gi o 1915. LA TAGLIA Un allegro barone austriaco, Leopoldo Clumecky, mette una taglia di diecimila corone sulla prima bandiera italiana che sarà conquistata dall'esercito color piombo. Il sacco d'oro, allarga la bocca lucida, sprizza un suo livido riso di gioia e mette un prudor cauto ed avido nelle mani. degli eroi cilestrini che muoveranno alla pugna. Diecimila coro ne ... valgono la corona imperiale. E' un ideale d'oro. E' una sacra voce d'ammonimento e d'incitamento. Le armate color piombo che caleranno. però, dai rudi valichi alpini in cerca di sbocchi o di vallate, i soldatini dalle gambe lunghe e magre, che s'affacceranno dalle rocce del Tirolo o dagli alti pascoli di Asiago stupiranno nel vedersi venire incontro tanta ricchezza di bandiere italiane: esulteranno nel i•edere quante diecimila corone. butteranno al vento gli squilli insolenti dci loro tre colori. E pense ranno i soldatini color fumo che l'eser cito italiano sciala senza misura per mettere sul lastrico i grotteschi baroni austriaci ed rngrassare spensieratamente le balde pance croate. Diecimila corone di taglia. Sia. Ognuno, in questa tragica disfida, dà quello che può. Barone Leopoldo Clumecky, accettiamo la posta. Ma contro al vostro sacco d'oro, arraffato con unghie lorde nei vicoli oscuri del ghetto viennese, noi mettiamo un pugno del nostro ferro duro : un pugno delle nostre baionette. Ferro che conosce il corso ... forso zo, il nostro, come, forse. il 110stro buon oro, barone Clumecky ! ... Il ferro nudo che balenò dietro le calcagne croate sul colle di San Fermo; il buon ferro che sprazzò lampi e suonò v !.o lento nella tempestosa giornata di San Martino; le punte du - - 78 re, che guizzano ilari e vivide fra il .f!,rano e il sole di Palestro; la tragica selva di lame che balenò e si spianò in quadrato a Villafran~a: le baionette garibaldine che pare1 1ano scoppiare come saette dalla loro nuvnla rossa {' bucare i gropponi dei tirolesi fuggenti, ecco, onesto barone Clumecky, la posta che noi offriamn per quella nostra bandiera. Ferro contro oro. La sfida è accettata. Ma come Fanfulla da Lodi, noi picchieremo colpi pazzi, e ansando un poco nel travaglio faremo anche beffa, e chiederemo le corone. Non già diecimila. Una. Quella che traballa sul capo del vostro imperatore. Quella che traballa cos1 paurosa e così impaziente, udendo al'anzare la nostra l'aftzer-nation. 31 \fa ggio l!ll:i IL MARCHIO Il deputato socialista tedesco, H erbert, à parlalo aT Reichstag, dimostrandosi profondamente disgustato del nostro contegno insolente. Anche la Germania. - verRinella pudica e vergognosa sembra disgustata dcl nostro maschio intervento. Che onore .1 « Date le concessioni proposte affermò il cc compagno » H erbert santamente incollerito - l'Italia volle friJ1olrnente la guerra. Non chiedeva solo i territor: nazionali, ma ampliamenti che coinvolge11ano territori di altra lingua. Non è una guerra di difesa quella dell'Italia ma di attacco. Ci troviamo così d'accordo, certo. con i nostri valorosi compagni italiani che fecero di tzztto, anche in parlamento, per evitare la guerra». Noi ci sentiamo veramente commossi davanti a questo desolante spettacolo di fraternità e di sincerità . Il compagno H erbert e la Germania ci perdonino anche questa nostra frivolezza. E li pregl1iamo a mani giunte. di permetterci di dichiarare che le cc concessioni proposteci » dovevano essere giudicate soddisfacenti da noi. umili figliuoli d'un cantuccio di terra, chiamata ancora chissà perchè - col nome d'Italia che non significa ancora: Germania. Perchè la Germania dismemora innocentemente. Non è la nostra nutrice. Fu - con un bell'impeto di schietta fraternità la nostra bonne involontaria e volontaria . E ci girellò inforno per con quella sua cuffietta bianca sul capo più tanti anni biondo della birra; ci educò i nostri figliuoli: concesse furtivamente i fianchi sodi ai nostri primi certami impazienti, riempì a poco. a poco la nostra casa patrizia del biancore della cuffia, dell'odor di tela delle sue sol- - 80- tane, del tonfo duro del suo passo. della sua presenza vigile ed umile; della sua grave impudenza, di tutta la sua ciccia, di tutta la sua operosità astuta e rumorosa. Ma l'anima non ce la prese mai, questa bonne implacabile, ed i suoi consigli sono quindi ora inutili. Puà ritornare ai suoi marmocchi rimpinzati di salsiccia grassa. come questo H erbert, e lasciar giudici noi dei nostri sentimenti. Ma questo buon «compagno» Herbert. noi lo ringraziamo. Nel nome del suo buon vecchio d.fo tedesco, che lo ispira, certamente, e nel nome della nostra diabolica e spudorata franchezza. Voi, compagno rfi Berlino cc siete d'accordo», dunque, coi cc valorosi compagni italiani che anche in Parlamento fecero di tutto per evitare la guerra». Che il vecchio dio, vi pianti in testa un elmo a chiodo e vi appicchi ... sullo stomaco una croce di ferro, perchè tanto marchio rosso. mai, noi. non stampammo sulle guancie smorte dei «valorosi vostri compagni» Marchio ferocissimo che rimarrà, compagno Herbert. Che noi, e il proletariato, ricorderemo nell'ora terribile del prossimo giudizio : quando le trombe della pace squilleranno, i morti risusciteranno, e i colpevoli e i giusti saranno ben giudicati. '..? fìiugnn 1915. IL SEGNO A Dresda, la città più salda della coltura germaniai, un garrulo fuoco di scherno ha morso con la bocca rossa i libri di D'Annunzio, facendone un bel melagrano di fiamme e di gioia. Giustizia è fatta. Dopo Dante. la più ferma e bronzea vittoria della latinità nel trecento di fresco canto e di furore d'armi. oggi la Kultur tedesca ci condanna al rogo la bella latinità di D'Annunzio, tutta 1Jibrante di nervi e di ali e di magnifico impeto. L 'Ttalia antica e l'Italia del rinascimento viene premuta. dalle aspre mani del barbaro che ha il compito sacro di lasciar dietro sè soltanto il fumo degli incendi e il sangue delle stragi compiute per la strage. Ma il rogo è bello. La grazia della prosa di D'Annunzio viva di latinità - - si rinnovella in quel fuoco di bivacco che l'orda accende in cerchio intorno a sè, e batte le ali vincitrici ben più alte del fuoco, ben più alte del fumo. co11 un grido di orgoglio e d'ardimento fierissimi . Accanto alla cattedrale di Reims. smozzicata ed anneriia dall.· granate incendiarie della 11asta Kultur germanica; accanto a Lovanio misteriosa. ammassata pietra su pietra dalla forza bruta dei figli d'Attila; accanto ai fuoch.J delle trincee francesi, accanto alle città distrutte, questo piccolo rogo nostro è bello. E· una prima bandiera rossa italiana, piantata a trionfo sulla immane barricata che la cil1iftà ha saldamente eretto contro !'orde bestiali. E noi latini saliamo - ora - sulla barricata. sotto a questa prima nostra bella baf1:diera. Il segno ~ compiuto. Entriamo armati nel cerchw del fuoco. E C! resteremo, incrollabili, fino all'uftirno. Offriamo le nostre cattedrali, le nostre cupole bizantine; i fiori mar· 6 -- 8::' - mo rei di Firenze: i ruderi aspri di Roma: offriamo tutto quanto t' nostro. tutto quanto e sacro, tutto quanto i• grande per la barricata orrenda . E fino all'ultimo faremo offesa e difesa. I barbari e gli incendiari lo sappiano. Fino all'ultimo. IL NOSTRO SOLDATO 'o L~iugno 19l:J. Non siamo - noi - un popolo di guerrieri/ - dicono gli amari filosofi dell'ora che passa. travolgendo coll'aspro vento delle sue ali fulminee non s:amo un popolo da reggere una guerra, chè noi non gettammo il giavellotto, non calzammo le doppie alette a·: piedi. nè masticammo il pane senza sale. nè bevemmo la calda acqua dei fossi. Vero . Non siamo un popolo d'armi. Amiamo i nostri cieli calmi che si riflettono negli occhi ceruli dei fanciulli; amiamo questo buon odore e sapor di terra feconda che ci trasmuta - pure noi in buon pane di pace e in fecondo nutrimento: amiamo i nostri fiori che sbocciano a miracolo anche sull'aspre rocce dell 'Appennino; amiamo la vita operosa che conosce il solco diritto e la mietitura al gran sole: siamo un popolo che giudica se stesso da ogni sua più sottile neri•atura come ogni albero forse conosce e giudica il vigore e la freschezza d'ogni sua più profonda radice. Il ferro della strage. il ferro dell'oppressura noi lo facemmo mondo e sottile per troncar rami di pino e dt abete e inghirlandare le nostre bandiere di uri 11erdore gagliardo tutto pieno ancora di odor boschereccio e di !'ento continuo . Ma se una tromba squilla a comandamento o a dolore, se un grido di oppressi ci fa trasaltare con subito impeto. se la nostra bandiera si snoda al vento come una fiamma di tre colori e di tre baleni. ecco questo popolo, che conosce il solco diritto e la mietitura al gran sole e la pace agreste della feconda l'ifa. balzare in piedi e foggiare armi da ogni ferro e mutare l'anima sua, come muta il color del cielo sollo all'uragano imminente . E il soldato italiano è pronto. Anima - S{ - garibaldina e tenacia sarda. Impeto meridionale. fallo di fuoco e di 11ento e fuso colla serenità del settentrione tutto aspro di rocce e chiaro di neiii. Un pane. una canzone e un fucile. Così armati e mu niti i nostri soldat alpini formano un contrafforte mirabile, lassù, nelle Alpi. più inespugnabile ancora dei costoni dei monti: così armati e muniti i nostri bersap,lieri balzano all'attacco 11eemente con una sola corsa. una sola lama, una sola folata di piume: così armate e munite le nostre cal'allerie. trasformate in un groppo di criniere e di lance, fulminano per i campi combattuti. Un pane pel suo nutrimento, un fucile pel suo nemico, una canzone per la sua donna o la sua bandiera: ecco il nostro soldato di quest'ora. Noi lo salutiamo, sereni, perchè esso sarà il Popolo di domani. IL GIAPPONESINO La delizia di tutti i caffè e di tutte le birrerie milanesi, adesso. è il giapponesino . Ve lo bozzettiamo in due tratti. Una zucca pelata e giallognola come una nespola matura due occhietti che sembrano due ammaccature. una bo~ca che par fatta da un temperino, due piedi da pupattola, ed eccovi tutto il gi~ppon~sino. Si. acco~ta ai tavoli dei caffè, ed offre un fiore di carta mppomzzato che vi mette sotto gli occhi i tre colori galeotti; bianco. rosso e verde. Come la rivista di Giannino Antona Traversi : ma più graziosi della rivista. Però questa vostra nespola infagottata di cenci ed alta così, non si accor:tenta di rubarvi un po' di patriottismo, ma tenendo m una mano la bandiera, picchia, con l'altra, che sembra di porcellana antica, sul tavolo e vi dice in giapponese : C inq ghei. Sì. Quanto.) ... - G f.iugno 191!>. Cinq ghei. Qua, burattino qel Sol le.vante: prendi .i ~uoi ~inq ghei e dacci i nostn tre colon : e se te ne vai ci farai un piacere : banzai! La nespola ammaccata intasca la moneta con un gesto di scimia. e se ne va coi suoi fiori italiani: la sua frase meneghina, e il suo musetto sporco di 11ero giapponese. Noi lo guardiamo ma non sorridiamo come tutti gli altri. Pensiamo che le nespole anche quelle alte così maturano. Pensiamo che noi italiani non prendiamo a calci questi randagi di una grande nazione, come fanno tanti altri quando si trovano fra i piedi il venditore di statuette di gesso o il suonatore di organetto. E pensiamo - anche che non c'è nessun socialistq gi~ppu~iesc clze nel ~uo paese insulti la patria e .la ~hrnmz «pitocca e bruta n perchè alcuni suoi figlmolz JJanno a cercare pane in paese straniero. Il giapponesmo cammina. Piano. perchè è piccolo. Sicuro.perchè se~te dietro a sè una grande nazione. Ora offre L tre colon . Ma quando sarà grande, la nespola maturata. sventolerà la sua bandiera. Banzai! ... N~i vor~en_imo che si esportasse in Giappone tutto il partito socLal1sta italiano. 7 giugno HJl.). BIRRA Hans Barth, giornalista tedesco, elogiò un giorno in un suo libro rubicondo, le taverne romane: le belle bettole polverose e calde, dalle panche di legno duro. le finestre aperte sulla luminosa campagna verde e le scodelle tonde, rosse di vino come una ingorda bocca di femmina . E il suo libro apparve coronato di non so quali frasche di verità e sembrò divorato da un 'arsura indicibile: l'arsura del vino traditore e giocondo . Oh! bel paese l'Italia! Oh! bel paese Roma con tutte quelle sue dannate taverne che al cader della notte splendevano di lumi rossicci e invitavano il vagabondo tedesco all'ebbrezza, squisitamente latina, e ad un tuffo nella romanticheria cavalleresca di un'Italia, covo di bettoUeri e di briganti. Hans Barth gongolava e trincava. Boccale su boccale, scodella su scodella, il malvagio vino (( delli castelli n gli tonfava nella epa ampia, spruzza ndogli di rubiconde gocci~ le tonde guance ingrassate. E nessun paese. allora. era più bello, più cortese, più magico del nostro. Attrave-rso la rosea nuvola bacchica. Hans Barth. cantava: il suo cranio duro. dai pensieri sodi allineati in file tedesche come i tasti d'un pianoforte, ribolliva di canzoni e di stornelli come se una grossa mano premesse a furia quella sua sonante tastiera. Italia, paese delle bettole sincere. delle donne deliziosamente bugiarde e dei giornalisti generosamente ingenui, sei quanto di più bello abbia creato Dio col permesso dell'imperatore Guglielmo: ed Hans Barth, col permesso del suo grande imperatore trinca, scrive e ti loda . Ma, ecco. Garnbrino sbucare ad un tratto in armi, come un satiro - 88 - - obhquu, dalle sue g11Jtle giallastre, e glugnm e ao emente contro le bettole romane, schiumando di « collera santa >> Hans Barth rovescia le padelle rubiconde. S'ingozza d birra. La sua faccia dimagra e scopre il duro gioco delle mascelle e trasudando di birra, diventa una ossuta maschera terrea. Gambrino impera. Ed anche Hans Barth che ritorna tedesco. Ed allora l'Italia per l'adoratore delle tai erne, diventa un paese traditore. più traditore ancora del vino <' delli castelli » . La prosa del giorna·· lista cavalca irta di punte giallognole sui giornali del suo paese. « Ignominia ali' Italia! » Sia , buon tedesco' Bevi !a fua hirra acre. A noi rimane ancora il buon vùw latino e schern~tore. E se tornerai a Roma - un gior110 berrai del fiele amaro. L'oleoso beveraggio spremuto dal jegato di Gambrino. 1 1 7 Giugno 191;"> MACHIAVELLI Il buon segretario fwrentmo, dal naso a becco e gh occhi volpini. quel tristo Niccolò che indegnamente sopportava una grande malignità di fortuna e si vendicava di lJSsa col più crudele e tristissimo dei modi. rivelando di che lacrime grondi e di che sangue una corona principesca, è diventato il nostro tutore paterno. L Balia è una sua figliuola, magra e perversa. Noi invece d'un cuore abbiamo nel petto il duro ingombro delle pergamene terribili ed invece di sangue ci fluisce nelle vene il negro inchiostro del magnifico sere. Oh! finalmente quei buoni figliuoli di Berlino ci fanno l'onore immeritato di considerarci degli uomini... pericolosi. Ieri, eravamo dei briganti, armati di trombone. vestiti di fustagno montanaro, pronti ad assaltare le polverose diligenze che mandavano innanzi la fanfara bersaglie resca dei loro sonagli e il picdoletto e desiderato tremo re degli ospiti stranieri che la occupavano . Barbuti e terribili noi non chiedevamo che arsura di strade e borse tedesche. Oggi no : oggi siamo machzavelleschi. Vestiti di panno rosso, il cappelluccio sui riccioli biondi, il naso a becco, gli occh! grifagni e conoscitori, ridiamo cinicamente di noi stessi e degli altri, palpando con mani diaccie e delicate il corpaccio ansimante e vigoroso della vittima nostra. Per cercarne il cuore con perversa J!,ioia e premerlo a poco a poco, fino a soffocarlo cnmt· l'inconscio fanciullo preme il piccolu cuure spaurito dell'uccello predato. Siamo - noi italiani di quest'ora -di un cinismo così perfido da ... esserci perfino invidiato. Ma il nostro buon Niccolò è tedesco. Noi vogliamo infliggergli questo grande dolore. Il suo libro santa- 90 mente malvagio r sfato ingozzalo. cume pane di gue1 ra. dai nostri buoni fratelli che ci oltraggiano e ci buttano sul viso la fiatata acre della loro indigestione ... fiorentina. Niccolò à così perl'ersamentc ammonito : << Dovete adunque sapere come sono due generazioni di combaflere: l'una con le leggi l'altra con la forza; quel primo modo è dell'uomo, quel secondo delle bestie. Non può pertanto un signore prudente. nè debbe osservare la fede quando tale osserva.nza gli torni contro. Nè mai ad un principe mancheranno ca[!Joni legittime di colorare la inosservanza. Ed àssi ad intendere questo che un principe non può osservare la fede. ma operare cull tra la fede, con la carità, contro alle umanità. contro la religione». La Germania ne sa qualche cosa. I nervi sottil' di Machiavelli sono la sua forza e il suo nutrimento: i conSif!.li del segretario fiorentino la sua unica virtù ... Per ciò noi ci gloriamo ancora d'esser chiamati i buoni briganti barbuti, che chiedevano arsure di strade e visi SP_aur!ii .col bu~n tr~"!bo~e .a la m~no. Con~ro f!.li zotici nipoti di Machiavelli e miglior gloria esser i figli dell'onesto Passatore. :3 Giu g 11 0 1915. .\ Berlin o, l'i11 ~alata all'italian.1 fn chia nwta "i n.:;ala ta dcl tra di·11 1e11lo » . L'INSALATA Quei burloni di tedeschi sono impagabili. Col tovaJ!,liolo infilato tra la ciccia della gola e il collettone duro. la grossa bocca spalancata. il ventre tondo. gonfi,o di birra, nei ristoranti di Berlino adesso masticano « l'insalata dei traditori >> : denominazione furbesca e sottile che sostituisce quella rancida ed acetosa di (( insalata italiana n . Gran furbi. quei mortai di ciccia e di lardo! Ma noi - se lo permettono vorremmo dar loro una modesta lezioncina in fatto d'insalata. quantunque ammettiamo. con frettolosa preoccupazione. che in culinaria, e nell'arte della tavola ... rotonda i tedeschi non ànno più nulla d'apprendere. E da prendere. L'insalata << dei traditori» è prima di tutto un ottimo abaggio che noi consumiamo gustosamente, dopo averlo irrorato di buon olio e spruzzato di gocciole rosse di aceto. Le vecchie donnette campagnole. dicono anche che un piatto d'insalata « rinfresca». Stanno quindi freschi quei buoni figliuoli di lag[!.lù, se credono di sgominare il nostro sano appetito, soltanto col chiamare << insalata dei traditori n un umile pu[!.no di roba verde condita. Ma c'è di peggio. Se dentro al loro cranio cigolante di ordegni ferrei che noi nelle nostre cucine - chiamiamo « girarrosto » ma che i divoratori d'insalata berline·'c onoreranno certamente col nome di «cervello )) : se dentro al loro boccale di birra capovolto, quei bravi ragazzi, avessero una foglietta così di buon senso, cacce rebbero un urlo di sgomento, avvicinando gli occhi e le mascelle ad un piatto d'insalata italiana. Vedrebbero qualche cosa di più che non una manata d'erba. Con- - !I·> - - cesso che 1 tedeschi abbwno /'abiludrne d1 ser11irsi di piatti p~liti, essi..sco~gere~bero, nel {!hiotto erbaggio apparecchiato. un ironico s•mbolo d'talianita onestamente ~raditricc: il bianco del tondo, il J1erde dell'insalata, ed 1! rosso dell'aceto. Puah! .. . Bandiera rfaliana! ... Certarne~te. per essere spiritosi, quei grassi inguzzator! di salsic~ia, recerebbero imperialmente. Ma ancora questo non e tu_tto. Nella, dolce e schernitrice parlata veneta la parola cct~sal~~a,, a uno sberleffo traditore. << Fare un'insalqta » significa pestar botte da orbi e ridurre l'avversano ad ~n i~trug~i? rimescolato, di lividure e di ossa. Se_ quei car~ arnie~ volessero assaggiare un buon piatto dt questa _msalatma, squisitamente e sottilmen'e italiana .. . non anno che da parlare ... lO C.1ugn0 H.fl5. "MENU" BERLINESE Il cc menu» allo ... spirito dei tedeschi varia ancora, argutamente. Oggi segna anche «i maccheroni del tradimento». Respiriamo. ingordamente. questo buon odore di cucina tedesca che ci ingrassa di risate calde e ci avvolge di grosse nuvole di fumo untuoso, facendoci ricordare le carni abbrustolite sulle bragie dagli eroi chiomati che diroccavano Ilio con un ardimento ed un appetito insuperabili. Ma questa larga e fumosa cucina tedesca dà più nuvole che arrosto. Dà, più che altro. la rivelazione dell'affamata anima germanica, uscita a caccia e a imbandigione. dopo un digiuno terribile. I popoli si giudicano dal loro nutrimento. Una casseruola ed una pentola sono le più sicure basi per la grandezza d'una nazione. Se la nazione intende di crescere. Noi italiani ci nutriamo di azzurro e di verde : di olive amare e d'insalata tenera, e perciò siamo un popolo inquieto di cicale e di danzatori che sospende il canto per una nuvola che passa, e... fa dei passi falsi per un valtzer di moda. Mt, i tedeschi son forti: brutalmente forti. sodi e pesanti perchè s'ingozzano di carne ... canina. A Konidscreich. a Lipsia, a Dresda, a Chemnitz, a Colonia, a Monaco. e1 in tante altre larghe città tedesche re la dotta, la forte e la potente Germania » à costruito degli ammazzatoi municipali di cani, con relativi spacci pubblici: e sulle pulite tavole di marmo l'ingordo tedesco può ammirare i gialli brandelli di uno suo qualunque Fritz. o d'un 'altra qualunque cc vergine cuccia delle grazie alunna ». E che soddisfazione, sedere a tavola davanti ad una porzione canina, e masticarla con beata ingordigia, pen- -91 - sando che più amici di così non si potrebbe essere con «l'amico dell'uomo». A Berlino si ammazzano e ~i mangiano migliaia e migliaia di cani all'anno. Perciò il popolo tedesco è forte. Ispido. Perciò ha un mu~o torvo e minaccioso di buldog. Perciò, i soldati del Kaiser, quando JJedono un bimbo, lo mordono ferocemente alle mani. L'anima canina mugola nel vasto torace dei fantaccini chiodati, come un mastino vivo, incatenato nel suo canile di costole. Ma se questo popolo cagnesco dovesse essere giudicato dal suo nutrimento e. dalla ~uer~a che conduce, si dovrebbe supporre che si sia nutrito fmo ad ora non di buoni cani fedeli ma di cani idrofobi. ' Sarebbe quindi opportuno consigliare ai ristoranti di Berlino un'altra variazione di «menu». Accanto ai « maccheroni del tradimento >> mettere : cc Cotoletta di cane alla .... museruola ». 11 Giugno 1!l1:i. r JÌuinal1 .tnnnncia\ ano che il premio "\!ohe,] si do\-e\ n dare nl Pn11n. IL PREMIO Quei bravi signori che si trovano fra le mani. per non dire fra i piedi, l'intatto gruzzoletto d'oro destinato da Nobel agli apostoli della pace, sono in un grave imbarazzo. Lo crediamo . I tempi sono difficili. e sotto al grande arco di Tito non si trastullano più le farfalle candide. Il vecchio mondo, obeso di dotta poltroneria ma col gran torace scintillante di decorazioni accademiche. è sbalzato in piedi - oggi vestito d~lla casacca mil!tare, ed è, ora, un solo impeto di nervi. pieni del suo fragor terribile. Le medagliette e l'obesità veneranda sono ai suoi piedi come un mucchio di cenci. Non c'è molla religione in Europa e, specialmente, nelle ... colonie. Appunto per questo, forse, quei bravi ed 'imbarazzati signori del gruzzoletto d'oro avrebbero pensato di offrire al Papa il peso e lo splendore evangelico del premio della pace. Una volta tanto non siamo d'accordo con quei candidi buon fanciullo - ce ne angioletti di natale. Il Papa sarà riconoscente. Quel « di ~è stesso antico. prigioniero» che alia per le J1aste e gelide sale del Vaticano. mettendo nelle 0arandi ombre dei re{!,ali giardini il biancore melanco nico delle sue vesti: quella Rracile farfalla che gironza a cerchio intorno alla fiaccola sinistra .della guerra . sbattendovi su lo sbuffo molle delle sue alt fragili: quel buon vecchio inem~e. e lranquill~ che. non porta fuori dalla sua magnifica torre d avono la bella persona, che non esce dalle sue stan;;e e no.? va sui campi dove la guerra urla con la bocca lorda e furibonda e non accarezza i feriti e non si china sui morti, ma se ne sta lì, inchiodato alla caparbia tradizione, -Dfi-· attendendo che il turbine terribile si allontani; questo buon omello, odoroso d'incenso e di mirra. non può toccare il pesante oro che quei bravi signon gli vorrebbero offrire. Datelo se ci è permesso un umile suggeriment0 - a quei laceri soldati del Belgio che spararono le ultime cartuccie mirando coll'occhio av!,.do e col cuore disperato; datelo se vi è possibile a quelle povere donne francesi, a quei poveri fanciulli dispersi, a quella povera carne livida e insanguinata che si ammucchia, senza più angoscia e senza più speranza, in tutti gli angoli ancora tranquilli del mondo. E se ciò non volete e non potete fare - prendete il vostro coraggio a due mani, o bravi signori, e compite lo sforzn penoso. E date il premio a Guglielmo secondo. '· . 1~ Gill'gno l!lEi. T r,i11q111' figli rli Cnribalili ,.;;i ~t' rnolano L'11111c ~ernplid sol<l nti. GARIBALDI La camicia rossa è nascosta dal cappotto grigio. Quei rossi aquilotti dell'Argon ne che fecero stormo folto sotto al fuoco prussiano e seminarono di ali mozze e di artigli giovani la tormentata terra di Francia; i quattro giovanetti garibaldini che ritornarono vivi dal bosco maligno i cui rami troncati dovrebbero dar voce e sangue come quelli dell' arida landa dantesca; i capitani dellr.z giovane avanguardia che portarono, prima, allo sbaraglio le fortune e l'orgoglio d 'ItaUa, oggi nascondono sotto al rozzo panno grigioverde la camicia garibaldina e si danno - nelle prime e più umili file - alla gloria ed al piombo nemico. Schietto gesto garibaldino, questo. Il più vivo. Il più profondo. Con se mplicità antica quel vecchio padre che regge sulle stampelle. il g.ra~ corpo e il cuore ancora saldo, ha presentato i suoi figliuoli al comandante del reggimento dicendo: Ecco quattro soldati. Io - il quinto -- se mi volete. E quel vecchio non ricordava più le due spoglie insanguinate dei suoi belli figliuoli, caduti laggiù, sotto al piombo tedesco; e non ricordava che non aveva potuto dare un solo bacio agli uccisi, non chiudere gli occhi ai giovanetti morti per un'altra bandiera. nascondendo, so~to al cappotto francese, la camicia garibaldina, come si na~cond~ il più caro ed amaro ricordo all'ingordigia degli occhi altrui. Non ricordava. Altri quattro figli, altri quattro soldati . Ancora 11~ cappotto sopra la lacerata camicia: ancora, la vermtglia fiammata, chiusa in un cerchio grigio._ come sot,to un cumulo di cenere. Ma il rozzo cappotto e quello d /7 -08- lalia, garibaldini, e mai come ora voi siete degni di Lui, mai come in questo giorno. Guerra garibaldina non è. Guerra regia non è. Questa che balena sui monti e avanza con furioso impeto verso il vecchio nemico è guerra di popolo. Tutto il popolo è oggi garibaldino. Soldato semplice. Per la sua libertà. Per la sua vita. Per la sua morte. Così. E quando laggiù, sull'ammutolito Volturno il grande donator di regni sedeva sulla botte fenduta e rompeva il pan duro condito di formaggio stantio, non sapeva che i suoi belli nipoti avrebbero donato oggi - il loro orgoglio più santo per rompere coi denti la pagnotta, ed ingollare, in una trincea, il rancio del soldato. Grandezza umile; fiore di grande amore. I nepoti - oggi - son degni del triste cuore ammutolito sul Volturno. IL VECCHIO CAVALLO Noi lodiamo, senza ironia, la bella azione di quel vecchio cavallo che veniva condotto al macello e che . all'ultima bastonata - ha risposto con il lampo ed ll colpo mortale dei suoi zoccoli consunti. Filosoficamente quella buona bestia non vale11a molto: e quando la sua carne ci comparirà sul desco famigliare sotto le mentite spoglie d'una mortadella di Bologna ce ne con11inceremo ancora più facilmente . .Ma come bestia rnlel'a molto di più. Tanto di più che se noi fossimo costretti a scegliere fra un filosofo e questo animale, sceglieremo l'animale: sicuri con questo di fare un elog10 anche al filosofo. Perchè ben difficilmente un discepolo di Platone rinuncerebbe al pervertimento sereno d1 e< ragionare n e di convincersi d'aver torto, in un momento così critico e forse poco salutar(' come de11e essere quello quando si è condotti al macello. La nostra bestia, invece, non ha ragionalo: /za fuso i11 un solo atto il suo primo pensiero e forse 1.z sua ultima azione. Accompagnato, verso la sua rzon ultuna dimora. il vecchio quadrupede dovePa con7..,ssare a sè stesso che. in tutta la sua vita non aveva fatto altro che compierl' onestamente il suo do1 ere di animale. A 11eva tirato il carretto polveroso, trainata, forse, anclze la vettura pubblica, logorato parecchi :occoli sui selciali cittadini. morsicato il freno inutile, sopportato la camicia di for::.a delle sue innumer~voli cinghie. schernito in silen::.io l'oltraggioso sonaglio appiccatogli al collo. m1sticato pn co fieno, e numerato tranquillamente tutte le abbondan ti frustate. Era il suo mestiere. Ma ieri, ::;occolando verso la mor1 13 (;i11g110 191:1. - 1011 - te. la bestia deve aver meditato per la prima 11olta clw tutta la sua rassegnazione e tutto il suo lavoro erano stati inutili. Però, se lo lasciavano in pace forse si sarebbe rassegnato anche a morire da cristiano. Ma l'ultima bastonata a tradimento, lo irritò. Impetuosamente rinnegò il suo passato. rinnegò la sua balorda filosofia f' con l'ultimo ferro che li rimaneva. e con l'ultima rabbia dei suoi nervi ancora vivi, abbattè d'un calcio il suo percotitore . Noi non lo ammazzeremmo quel vecchio cavallo. S'è accorto tardi. ma in tempo di aver dcl ferro e dei nervi. Non lo sacrificheremmo. Non è carne, quella da poter pestare impunemente e da servire sotto forma di salsiccia! :~o L.i11gnn l()IG. CAMMINA ... CAMMINA... La favola, dai piedini scalzi e dagli occhi azzurri~ cammina lieve e tacita sull'orme rosse della guerra. Cosi piano cammina e così tacita passa che il. profu"!-o acerbo dei fiori. che la inghirlandano. e Ll suo znfant..!e cuore che dolora non lasciano nè solco nè battito d 'in torno. E cammina, e cammina ... Rinaldi Giuseppina, à quattordici anni. E' figlia di contadini piemontesi. Nella povera casa semplice viveva ignara, accanto al focolare antico. accanto al fratello forte; come vivevano le bimbe delle favole nelle capanne, e nel folfo dei boschi verdi. Ma il fratello parte per la guerra: il re d'un gran paese ch'è suo, ma c.h'ella non conosce, lo à chiamato. E va. Nella casa, rimane la pace ma vi entra ospite muto . il dolore .. E come nelle favole. tutte piene di stelle e d1 melanconia, la sorellina pensa al fratello, pensa alla guerra e sente nel piccolo cuore un dolore grande. un peso grande. u.na tristezza più amara della corteccia degli albe~i. E~ 1!-n giorno, la piccola. abbandona la casa. e va coi suoi piedini e col suo cuore in cerca del fratello: lo vuol vedere; chissà, forse eh 'egli non abbia bisog~o delle s~e /~esche mani infantili; chissà. forse, ch'egli non abbia bisogno di rivedere i suoi occhi azzurri. che gli portano un poco del suo cielo e un poco del verde del suo bosco! Non dice nulla, e va - per la gran via polverosa e affocata - verso alla guerra . E cammina, e cammina ... La strada è lunga e i piedi le si gonfiano. Non importa. La notte, con tutta la sua ombra e le sue steUe, 102 scende sulla campagria. muta le l'Oci, muta le cose. tendr' paure ed agguati coi suoi murmuri misteriosi. Non importa. La bùnha dnrrne su un prato: l' i grilh cantano e ll' stelle la guardano. E cammiru. ancora, cammina aTZcora. La via ,., lunga. l'H~1. n~I croc~cchi c'i• qualche tabrrrzacofo. C la pie cola s 111grnoccf11a. e la piccola wega per il frate Ilo 111 guerra e depone ai piedi dcl rozzo simulacro il suo cuore che pesa. . E così giunge a Milano. Una sosia. Il capitw biondo si c11n 1a sulla carta: la manr stanca scrive una lettera a casa.: cc ù i piedi tanto gonfi. ò f!.lr occhi tanto stanchi. ma o _tanta speranza di arriJ1are la ssù , ... é riparte. .. Qcu la cercaf!-O invano, ora L noi penswrno a quesl11 Cl eat~ra .che si allontana per le 1 1e larghe e af_focate. JJ~ns~ar_no a questa bimbetta di fai•ola che mette 1 suoi p~edmt gonfi sull'orme rosse della guerra, e non possiamo n?n augurarle di arrivare (( lassù >1. . Snrellinq_ bu.ona, dagli occhi freschi come il cielo e rl cuore p1u triste della notte. cammina ... cammina ... 1 20 GiUg'llO 1!!1~·· "RAGAZZA, TORNA A CASA" La Germania. questa bella ragazza piena di ciccia suda e di capelli color della birra chiara. non vuol ritornare a casa dopo il fallo peccaminoso: non vuol riprendere il suo telaio occulto e i suoi canti freschi. Inebbriata d'am9re "elJJaggio. gli occhi ceruli cèrchiati: tòrti intorno ai ricci biondi i fuscelli e le pagliuzze dei suoi innumerevoli f!,iacigli. la bella ragazza , vuol godere fino all'ultimo del suo godimento perverso. vuole vegliare le sue nnfti accanto al fuoco zingaresco. vuol tenersi fra le unghie lo carne e la bncca disperata del suo terribile amante: il dominio. Non importa che i suoi nervi siano esausti. che le sue braccia, più terribili di un laccio, non si serrino più gagliardamente intorno al collo del suo bellissimo nemico: non importa che le vesti a brandelli le scoprano le ginocchia graffate dalle spine e dai sassi: la ragazza ansa ancora nella sua incontenibile caldura e nor ritornerà. La vasta casa rimanga pure deserta e sul tavolo, copr'rlo del tappeto chiaro fiorito. fumi l'onesta patata. dentro al piatto largo. Ormai tutto è perduto. E primu di tutto anche l'onore. Sulle cantonate berlines; l'onesto padre dalle mani dure ma dal cuore sereno, fa invano appiccicare gli avvisi pudicamente sanzionati dal buon costume tedesco: « Tutto è perdonato: torna a casa». La ragazza non legge, non ode. e fa bene. Stia là, sui campi e nei fossi accocolata entro il cerchio dei fuochi di bivacco a godere il suo furore bestiale, il suo amore terribile, il frastuono zingaresco della sua nuova av11entura. Non deve tornare. De1)e rimanere nel suo giaciglio, 11 - 101 - con le vene vuole e l'ossa senza nudolla. Non qeve ri ~or/lare, ~ella grande casa tranquilla, la caldura insodts atta. l odor della terra premuta, e nelle vene nelle '.nani, n~l ventre ~l desideno marmocchio mostruo· dt ncomcnctare LUI 'altra volta. so E quando non avrà più nulla da dare o da odere ~1,~~~o sulla ~u.a carne battuta i brandellL del!~ vcsl~ · . l eran.7o lividure, quando " dovrà tornare nel suo ~1cco o :si o, ella dovr_à trovare non il buon padre te esc~ c e le perdonera e la nutrirà per novell' amori rna i ce11one duro. di un altro custode. , Quello de~ v~cchw parente latino capitatogli in casa per un.consiglio di famiglia. ' ... Godi, bella ragazza: il giorno della castità forzata non è lontano. f 11 22 Giugno 1915. L'AMULETO BIANCO Il fragile vecchio che segue. dalle calme logge vatica nesche, il galoppo furibondo dei cavalli imperiali: l'amule'o bianco che ogni buon cristiano si porta a spasso tra la pelle e la camicia per farsi aprire, domani, le porte azzurre del paradiso. à parlato zen sacre e cristiane parole che noi ria c;surniamo in mazzetto fragrante per metterlo, quando si potrà. ai piedi della Catt"drale di Reims. Dio è per la pace. Ma la GPrmanfr:t non è contro la pace e contro Dio. ' Quel buon vecchio, prima che ai martoriati cristiani à pensato e<anche agli interessi della Santa Sede ll . E auesti interessi sono gravi. I preti bel.f!.i e francesi sono stati fucilati. ferocemente. contro il muro delle lorn chiese. ma il Pava non può dire una parola di pietà o di rammarico perchè ... anche i russi àn fucilafn dei vreti. Le donne del Belf1io sono state bestialmente sottopo~.fe alla l-•rufalità della soldatesca: i bambini sono staff rriartoriati. le case incendiate f!.li uomini massacrati. ma il Paoa non può osare un lieve .f!esto terribile nerchi'> " le suore rfi sette con{f,ref!.a:inni dichiararono che non potevano cilare un snln coc;o di violenza nella loro con.l!ref!.azione protetta dalla Verf!.ine o da aualche santo n . Ah! ... lP povere madri che raccolsero da una pozza di sanf!ue le loro creature mo:zate delle mani. auelle non erano protette dalla Verf!ine n da a11alche santo. e non ànno nuindi nessun diritfn alla iiietà del Pontefire. La Cattedrale di Reims, cade nietra su pietrrz. statua su statua. altare su altare: le bombe tedec;chc vi balzano dentro urlando e lacerando. più che l'anima d'acciaio di Lutero non abbia lacerato la cattedrale aerea della - lOG - C.hiesa di Roma. Su quel fumo, su quell urlo, su quelle /~tetr; _ ~h e ardono. ancora come le ossa d'un morto gi .~ant~"co, il vecchio del gwdt~a re: 11 Il Vaticano Valicano risponde che non puo non e un tribunale e non pronunzia sentenze No: il Vaticano è soltant dest . d.i giu dice conciliatore. Non solo.o flunLusimo,. o 1111·icw ~ani~ affonda: donne e bambini non combattenti sono wgo1ati dal "!-are. Non un grido erompe dal cuore di questo vecchio ~h~ ·e pensa agli interessi della Santa Sede », no: egli ritorce la domanda con un'altra doi~an_da : " Ma. c~edete v~i C.he il blocco che affama milwm ~t esseri mnocenti sia ispirato a sentimenft piu umani .:i » . , Una c:oce di merito anche per costui. IJlondo sire dt G_ermanta, C(~me al comandante del sottomarino a<:sas s,z.no. La m~~lla. Ma la Germania non creda troppo. atla 1 ~rtu magmfic~ dell'amuleto bianco che. ora, le si apptcci~a al ~ojlo di~peratamente. Uscita a rovina, la Cennania aJ1ra a rovm~. Lo voglia o non lo VOf!,lia Dio. La dize~da 0 non la _difenda 11 suo rappresentante. L'amuleto ;magalo. '1ltn metteranno lr' mani alla strozza di questa g~:;:-;~~aa~itce~r~~l papa. E la costringeranno a dar delle Sputerà sangue' la e ermania, · esile conciliatore del Vaticano. H . f ~3 Giugno 1915. IL LIBRO DEL SOLDATO Alcune signore di Vicenza (oh! 1 ec;lite di bianco, f..'.ua ntate le manine sottili. profumale di soavità e d'incenso) offrono ai rozzi soldati, che mettono il testone fuori dal treno. un librettino grande così. verde come un'oliva, e amaro e oleoso come il fru tto monacale. il libro è il companatico d('f soldato. Quando, mordendo la pagnotta saporosa un nostro buon ragazzone godra l'aria fresca dei monti. l'azzurm dei cieli, e la tranquillità del dovere compiuto e metterà insieme al J;ane il companatico delle sue fantasie vittoriose. trabalzera ricordando che nella profondità delle sue tasche tiene ancora in serbo un ghiotto boccone. E lo andrà cercan do con tutta delicatezza. Bel libretto. La polpa verde promette buon succo. E l'umile fantaccino aprirà le pagine delicate pensando . Pensando alle pagine musicali e luminose di Mazzini, che sollevano l'anima con le loro ali d'oro ; pensando alle cantiche di Carducci . balenanti di saette acute, come le feritoie d'una rocca massiccia; e pensando anche ai tumulti magnifici del nostro Risorgimento. sobbalzanti di criniere. so nanti di zoccoli, ed irti di punte di ferro freddo . Pensando al pane necessario per la sua anima in questo momento - e per i suoi nervi. Ma a pagina ventisei del suo minuscolo libretto. l'amile fantaccino leggerà tranquillamente : cc Andando alla battaglia bisogna fidare in Dio. raccomandarsi alla Madonna, pensare spesso che la maf!,gior tranquillità dello spirito, anche nelle ore più terribili della vita. viene dal sapere che Dio ci Ritarda e ci bened;ce. Se non gli sarà possibile - al soldato - di confessarsi, desideri arden1 - 108 - temente un sacerdote ed intanto faccia a Dio un atto di do.lore perfe.tto ~ectlando questa breve preghiera : Gestì r~w, mi~ Dw. w vi amo e mi pento con tutto il cuore di avervi offeso Un atto cosl semplice, ottil'ne il perdono di tutti 1 peccati 11 . E tutto ~ a posto. R.icevuto così l'olio ... santo dt que st~ sua ~lwa am_~ra. il soldato deJJe sentirsi più forte ptu gagliardo, pw m_aschio: grande. No, bu?n fantaccm~: questo companatico puzza d1 v~leno . .Dt v.eleno sottile e squisito. Buttalo via fantacci1o: ai tan~. E pensa, al momento della battaglia che ~o o:o c e ti. star~nno ~i /~onte sono coloro che ~n di impiccarono i tuoi P.adn, ringraziando Dio: che basto n~ro~o . Le do'!ne, ringraziando Dio ; che mutilarono i btmbz, mcendrar~no le case, distrussero le città, soffo carono c~l petrolio e col gas asf;ssiante t tuoi compagni sempre invocando l'aiuto di Dio. . ujJ;o~al,fcolle mani forte, tu pianta sulla canna del tur f i erro pagano e vendicato e b f · E marcia all'assali r d r . uo.n antaccmo. la libertà! o, gag iar amente, gridando : Viva I: Jni pt'I at••I'<' !tiomali. LA BALLATA I Giugno l!JJ:J giunt o in 1'ru11pu I I ~4 C~ uglif'lm n d i hatf.ug-li :1. s'inginor<"1 1iu fr:t i 11 11J11i f' d is~P: u :\on i 11 11 11 Il Senzabraccio sarà cantalo dalla leggenda. Non sappiamo, ancora quali strofe scoppieranno sotto alle cappe dei camini, con la ilarità d'un chicco di grano, se sboccia a monachella. nel fuoco; non sappiamo, ancora. come zoppicheranno le rime, con i piedi di legno e con le mani rosse, ma certo il Senzabraccio veglierà tra i vecchi e i fanciulli nelle lunghe serate d'inverno. E di pace. Ma una leggenda buia, sappiamo, una ballata triste che dirà: L'imperatore, un giorno, giunse sul campo di battaglia. quando la battaglia era finita. Ardevano lontano i roghi. Per tutto il campo ingombro giacevano i morti; i poveri figliuoli morti, ammonticchiati uno sull'altro, come un mucchio di radici. buttate a rovina, dopo /'atterramento dell'albero. L'imperatore giunse sul campo di battaglia. quando la battaglia era finita. Vide i morti, il Senzabraccio, e cominciò a numerarli. Erano suoi figliuoli tutti, erano. Forse a curvarsi su loro si sarebbe ancora respirato fra i capelli un odor di fieno e di terra. Lavoravano nei loro campi. lavoravano nelle loro officine: ma un giorno l'imperatore li chiamò, a nome. ad uno ad uno, e tutti partirono sotto il cappotto grigio. Lieti partirono. tristi morirono. L'imperatore giunse sul campo di battaglia. quando la battaglia era finita. Cominciò allora a numerare i morti: tanti erano come tante le lagrime versate in quell'anno dalle madri: tanti erano che non finiva mai di numerarli. Volti bianchi, mani mozze. occhi rovesciati. bocche tOrte. Bravi figliuoli, siete morti per l'imperatore. Siete morti per- - lHl - che vi ha chiamato, perchè a11eJ1a bisnf!,nn di tanta carne, di tanti cappotti grigi, di tante lagrime di madri. L'imperatore giunse sul campo di battagha. quando la battaglia era finita. Allora l'uomo s'inginocchiò a poco a poco come premuto sulle spalle dalle mani di un Dio: chinò sulla mano viva la fronte pallida, e lasciò penzolare lungo il corpo il. braccio rinsecchito, come penzola una spada dall'arcione vuoto, quando il cavaliere è scavalcato. Allora l'uomo p:egò fra i morti, per tutti quei morti. Ma poi. alzando il volto, esclamò forte perchè quei morti l'udissero: «Non io l'ò voluto». . L'Imperatore partì dal campo di battaglia, per andare in un altro campo e appiccarne un'altra. .. . dirà allora. un marmocchio, forse alto così. quando l~ ballata ~arà lerminata: « Perchè dunque. quei morti non uccisero subito l'imperatore? » . 30 Giug no 191:J L'INNO Il sommovimento popolare, questo violento sbalzar di zolle per una furia di nuova vita. dà talvolta un magnifico fiore: l'inno . Fiore musicale, fiore di baldanza e d'esultanza: papavero dallo stelo sottile e lungo e dai petali ampi come bandiere rivoluzionarie, in mezzo all'onda del grano che sparpaglia il suo gran oro sotto al sole! La nostra rivoluzione ha menato la falce da disperata nel bel grano ed ha colto parecchi bei fiori: e il gra11e inno di Mameli, così religioso e lento come se fosse uscito da una cattedrale dopo un giuramento sul vangelo, muove ancora i suoi passi luminosi fra il popolo: e l'inno di Garibaldi scaglia ancora le sue note fulminee come baionette . e monta all'assalto dei tempi col suo gran rosso ed il suo gran. impeto: e 1 la ~arcia pi.emontese strilla ancora grifagna come un aquiletta sp1~ catasi a volo ed a preda. ma più gioiosa della sua ltbertà che di sè stessa. Fiori vivi. Ali bellissime della nostra storia. Impeto. fatto bellezza e fiamma. d'un' epoca d'ardimento: strofe e musica legate dai nervi di un P?Polo in tum~il_to. Ma tutto ciò non aarba - oggz - alla squzsita estetica musicale austria~a. Colla stessa imperturbabile serenità colla quale respinge quotidianan:ente i '!os_tri al~ pini, e massacra i reggimenti dei nostri bersaglierz: oggi. l'Austria calca la mano inesorabile anche su questi saldi giovani combattenti del risorgimento e sentenzia « che l'inno di Mameli è funebre: che l'inno di Garibaldi è da circo equestre, e la marcia reale è la marcia per far ballare l'orso». E conclude: <<L'Italia non ha un inno - 112 - 11azionale! » Vorremmo rispondere che ce ne vantiamo. I ntanlo abbiamo una nazione. Al nuovo inno ci penseremo. Ma siamo cost squisitamente musici - noi che se il nuovo inno fosse un capolavoro, come quello austriaco, che fa venire i brividi ed impicca l'anima colle sue note a nodo scorsoio, lo rifiuteremmo. A noi basta che i nostri inni, brutti e a brandelli, come dei buoni soldati dopo un attacco alla baionetta, abbiano fatto ballare l'orso grottesco di Radescky più d'una volta; che l'inno da «circo equestre n abbia veduto - sempre i Lazzi e le smorfie degli austriaci in fuga, e che l'inno di Mameli abbia sorretto il buon ferro e il gran cuore dei volontari di allora. Sappiamo bene che all'Austria tali musiche non sono piaciute. _Hanno a~Tj.to, sempre. il torto oltraggioso di segnar~ il passo di corsa (spalle all'inno) alle sue armate cilestrme . Perciò son belli e sacri per noi. Ed ancor oggi, questi vecchi inni. li piantiamo. là, sulle Alpi, a dar fiato alle loro lunghe trombe d'oro ... Va fuori d'Italia, va fuori stranier ! :i Lnglio 191!'1. L'APPELLO Noi abbiamo rinnegato fieramente la patria, quando la patria era un cadavere santo, rinchiuso in un'arca. vegliato da pochi frati, e illuminato da lampadette a tre colori, sotto le volte sonore d'un tempio meraviglioso. Figli del popolo, noi amavamo ed amiamo - la rude patria che viveva al sole. che dava la sua for::a violenta ad ogni ribellione e ad ogni civile combat.imcnto; i figliuoli delle piaz:e che si mobilizza11arw in nom e della giustizia e della libertà e si batte11ano per un toz::o di pane ed un cencio di bandiera rossa. Atea terribile, questa nostra patria viva. non entr_av~ mai nel tempio; neanche quando i buoni frati sor.mon! appendevano festose luminarie alle porte e chiamavano la gente alla cc sagra cornmemorativa )l . Non un fiore noi - - non zin lume abbiam dato a quel cadavere. Ma quando il tempio si spalancò alla gran luce e al rumore della piazza. quando una folata impet1wsa di vita spense i fumetti accadem~ci. e la patria balzò viva e annata dal suo sepolcro. 1/ popolo la nostra patria JliPa balzò iu piedi: e diede i s_uoi figliuoli. la sua anima. i suoi cenci e la sua bandiera rossa. Tutto. E partì per le frontiere. E parte ancora. . E darà ancora. Viva la patria. Ma intorno al sepolcro puoto, borbottano e f~utano meravigliati oggi i frati di ieri. Guar~ano il sole che mette lame d'oro nell'ombra sacra, irrompendo dalle porte aperte. Guardando i fiori secchi. I lumi spenti che fumano. . . . , Ed esitano. Noi li guardiamo. Con u~ sorriso. d1 p1ela_ incoraggiante . Li guardiamo nelle man1. Se noi atei 8 .. (lii - abbiamo dato la forza, la vita. l'anima credente in un altro sogno, e in un 'altra forma di patria: se noi al avprimo appello abbiamo chiesto un fucile; se noi venturieri dell'ideale abbiamo vestito una divisa e abbandonate le nostre belle armi. le armi fuggiate da noi. wlla nostra fede, con la nostra rabbia. cnlle nostre oggi, 1 mani dure: se noi marciamo per la patria buoni frati devono dare pure qualche cosa per la patria. L'oro de11ono dare . Il miliardo devono dare. Le loro ricchezze. Il loro con vento. Devono dare. L'Italia fa un nuovo appello . Mobilizza le ricchezze. Chi non risponde è un disertore . Un traditore. E in nome di tutti i nostri morti . noi ricorderemo quel tradimen'n f qufsfa diserzionP. domani 8 L11glio l!ll.-, IL COMPITO Prender sul serio la vria è un paziente segno di gagliofferia e d'ingenuità. Non e'è niente di serio al mondo. Nemmeno la gente che Porrebbe esserlo e che mendica. pitocca, stende lamentosamente la mano a un to::n o ad una briciola così di buon senso. C'è il buon senso soprafutto .) Questo pro1Jinciale dagli occhi attonai. l gesto mc erto. gli scarponi chiodati e poli•erosi che s" tocca qualche cosa la palpa, che se vede qualche cosa /, scruta. che se entra in un salotto soppesa il ninnolo e almanacca balordamente del suo valore: questo provinciale balordo, prima di tutto è un bell'ineducato. La vita è buffa e bisogna esser buffi. A i•oler fare i seri ci si rimette la serietà in primo luogo. Noi, per esempio, abbiamo sempre guardato. non diremo con eccessiva gravità, ma con una certa riflessione pensosa. i giocattoli, le coccarde, le bandierine e le memorie che facevano i•enerando e venerato. ai nostri oc chi di fanciulli, il salotto poll'eroso di nostra nonna sto· ria. Mazzini, Garibaldi. Pisacane. Bixio ci sembral'arzo allora - un bel gruppo di cavalieri disperati, un fascio nervoso di lame nude. un bell'impeto di fede e di grandezza: razzoli, Pietro Calvi. i martiri di Belfiore. gli oscuri cadaveri dondolanti dalle forche milanesi dopo il crudo febbraio del 1848. ci pan1ero allora 1111 magnifico poema di morte e d:· sangue. Soppesammo i morti, giudicammo i vivi, e odiammo. adorando . Furbi per dio! Ieri. da una finestra del romantico castello di Schonbrunn, il vecchio imperatore d'Austria, tirando il fiato (come un giorno la corda). per la riconquista di Leopoli, affermava dinanzi alla folla - I 11; cun nobile serenità: < Ai miei popoli assirnro dureJ1ole garanzia per il loro benessere che è stato il più bel compito della mia vita. Così Dio voglia.» Quel buon uomu dell'imperatore à ragione come à ragione quel filosofo acuto che ammoniva di non prender sul serio la vita. Il provinciale, sbalordito rimane lì a bocca aperta. I martiri di Belfiore e del Castello Sforzesco, non erano che un esempio di u assicurazione » tanto vero che dondolavano ... assicurali ad una corda; i morti dello Spielberg non erano già dei santi, ma un pegno della cc durevole bontà » austriaca, tanto è vero che li si condannava al carcer.e << ~uro »; le pagine più atroci e più belle del nos~ro ns~rgiment~, non sono più un poema di gloria ~ di audacia ... ma il « bel compito » soltanto del vecchio imperatore. Col volere di Dio. Il provinciale, chiude la bocca e si caccia le mani in tasca: esce. dal salotto venerando, e sente un gran disprez70 salir su, a fiatate gelide, dall'anima. Disprezzo per se stesso: Cane di un imperatore. Come ci ài ciur l~to r:-el man:co ... La tua bontà 11eniva presa per ferocia; il tuo « bel compilo>> per un terribile e sa nguinoso scarabocchio! Com 'è stupida la gente seria! ... j I ''GROGNARDS" I grognards della ... futura rivoluzione italiana si stringon~ la cin~ura.delle brache, osservano se all'angolo della via occlneggrnno ancora i pennacchi dei carabinieri. e ci chiedono conto, sdegnosamente della nostra biasimel'Ole c?ndotta. J laceri avan::i _delle barricate del Maggio sono inesorabLl1. La guerra a scoperto il suo volto di bronzo. e accerchia lassù del suo fuoco e del suo fumo le alpi contese; la guerra voluta da noi, che porta1•amo il cappello del bersagliere, quando questi grognards implacabili se ne stavano col testone fasciato dal berretto da notte, sparpaglia al vento le sue bandiere. galoppa sul suo cavallo nudo, chiede sangue e giovinezza, e noi avanguardia da parata - ce ne stiamo ancora q~i ~ ~al?ccarci con le frasi eleganti: riccioloni ben incipriati di una parrucca leggiadra. Il nostro posto è là: in trincea. Il nostro preciso dovere è di ricevere una palla nello st~maco. A gra~ velocità. I1 nostro compito - se vo.!!.l•amo ancora vivere - è quello di farci seppellire subito CO'!- un chilo di piombo nel cervello : perchè è certo che noi non potremo mai vivere con un cervello come quello dei redattori dell'Avanti! Invece. no. Siamo vigliaccamente qui. Colla penna diritta fra le mani. Colla serenità onesta di chi adempie ancora il proprio dovere. Avete della gran fretta. ragazzi di San Damiano! Troppa fretta. Potremo intanto rispondervi che noi non abbiamo mai minacciato degli scioperi in caso di mobilitazione senza ayere mai avuto il coraggio di farli: vi potremo intanto rispondere che noi non abbiamo mai speculato sulla pelle deg~~ altri. ma abbiamo sempre esposta ai vostri li~ 111ursi. ai vostri bastoni. alle J1ostrc riPoltellc. lu nostra rellc ribalda; l'i potremo, iTJtanto. rispondere clzc non abbiamo mai gridato ai quattro Penti « considerando inesistente la circolare di Salandra terremo i comizi rivolu:ionari », quando. nel medesimo tempo, i !'Ostri deputati imploravano da Salandra e dal prefetto il permesso di tenere i comizi: i'i potremo infin e rispondere. o grognards della sesta ... barricata, che noi non abbiamo mai amma~~alo, per il gnsto imbecille e coccodrillesco di fare poi i funerali della vittima. Siamo qui. diritti, pronti, in attesa d'esser chiamati. Siamo qu;... perchè siete qui anche 1 oi. C'è posto per tutti, las~ì1. Anche per noi che siamo gli ultimi della bella masnada. Ma nrima di andarcene. prima di farvi gonf!,of 1Jre dalla gioia. prima di deporre la penna acuta, vogliamo ancora segnan1i la pelle di capponi. Vogliamo chieden•i la rivoluzione .. di iVTaggio. o feroci grognards. 1 LA "ROSSA" Verona « la rossa » cangia di colore come le groppe del suo Monte Baldo in un giorno di nuvole ; e il bel Can della Scala, piantato spavaldamente s.ul gran cavallo. ghigna diabolico, col mento agu;;zo fu ori dall.a ~arbuta. Certo egli ascolta le << 11ilote >> che saettano il cielo co n uno strido : e se potesse alzar la mano armata della ma~ nopola, una ne acchiapperebbe per l'ala:. una c.he noi non possiamo dimenticare in quest'ora di compiacenza festosa : Prima che mi te sposa ti geri bianca e rosa e adesso che ti ò tolta ti ga cambià color. 10 L uglio Hll :i. Ci "battacchiava le ali sul capo questa bella insoleniP. non sono molti mesi; ci raspava le poche chiom~ ~ al becco arguto . come se avesse voluto trovare un posticino caldo per nidifica re : voleva obbligarci. per beffa. ~ camminare ete rnam ente le vie del mondo. con quel nido sul cucuzzolo e il suo strillo d'intorno. Ed in vece, vola ancora a cerchio su Can della Scala . .Von lo diciamo noi. E' l'Avanti! che lo afferma. « '1 l'eruna scrive egli se ~ e veggo no di ,t.utli i .colon'. ~icc hè, dopo la burrasca. sa ra bene fare un i.ndagme. pet ~covare se per caso qui non si sia conosciuto mai un certo Signor Socialismo , in nome del quale e per speriale sua procura, si è conquistato il comune >1 • Noi diciamo che si farà benissimo. Ma l'indagine._ con. un colpetto arguto di ali, solchi però l'enorme spazio di 120 - dieci mesi. e cali, tutta gaia come una « viluta > su quella gran Verona rossa. che insultava noi. durante un tempestoso comizio. Allora la (( rossa » era superbamente c~ntro la guerra; allora a noi che dicevamo. con coraggio aperto,. ~i prepararci a compiere... quanto il Co1~une sociallsta 11eronese ora compie ma.l!,nificamente. si butta~ano sul volto manate di stra/ette ironiche; all~ra n~t - pe~ quei signori « Maitilasso sola ,, e quei signori della Giunta eravamo dei venduti, dei voltaJ!,ab.bana. d~ll~ gente senza pudore. D!. più. Dei traditori del soczal1srno. Ed ecco che ... fttlta Verona tradi ce. Tutta Verona m~ta di colore, come la gw11inetta sposa. e come una gwvane sposa ne fa<< di tutti i colori'" Tu~ta l'erona non riconosce pi1ì «il Si,!!,nor socialismn uf}LclQ[e » un povero d,.avolv rnez::o furfante <' mezzo acc~lfone bu?no soltanto per pJi aclaftoni ed i furfanti de! gw.m~!e d1 ~an. D_amiano. Can della Scala gh(ena Ma noi siamo prn. lieti di lui, oggi. E ci prendiamo l'allegra vendetta. rf· '.Lmandare a «quei SÌ,l!,nori n la vilota campestre, dal piccolo cuore pieno di canto : Prima che mi te spo<;a ti geri bianca e rosa e adesso che ti èJ 1011 ·1 ti ga cambià color. .· ~e1011a «ex-rossa ll, taverniera dci poeti e dci deputa.ti ~lta Todeschini, beJJiamo alla tua :,alule un boccal<' dL ym tondo. E spruzziamo di gocciole rosee il tuo vecchw San Zeno. I l j I MONATTI L7 Lugl to L!JL::i. I monatti del socialismo italiano cioncano vino a gar[:!anella, e cantano canzonacce, e sbattacchiano il loro campanaccio e attraversano le vie vuote delle città, chiedendo morti da seppellire, vivi da appestare e bettole da inaridire colle larghe bocche ghiotte. Non basta più alla loro ingordigia il gran morto che ingombra il carro di cenci e di mala carne; non basta più alla loro sete il vino e la birra tedesca che schiumano sulla loro bocca schiaffeggiandola ad ogni trabalzo. Chiedono di più. i monatti; chiedono altri cadaveri. altri boccali freschi, altra carne su cui sdraiarsi, su cui posare il testone duro, su cui allungare le gambe salde per mettere in bella mostra il rosso vivo delle brache rivoluzionarie che tengono serrate con un doppio giro alla cintura. La peste è una buona manna per questi signori. Ma noi ce ne infischiamo. E a quel bel monatto. tutto rubicondo che cianciavo ieri sul carro degli appestati voltolando in aria il s~o fiasco ancora gocciolante; a quel vinattiere di r:voluzroni da cooperativa che parla del nostro giornale ·~com~ rii una palestra per quanti hanno attitudini al mestiere dr spia n, a quel corpacciuto speculatore di morfi e. di 1•iv~. noi 11orremmo chiedere quante spie e quanti disonestt. quanti strozzini e quanti contrahbandil'ri egli può trol'a1e fra noi o può trovare invece fra i 11arii Pagrwcca " le cui attitudini al mestiere della spia n sono note in questo mondo .. . e nell'altro. E vorremmo chiedere al giornale dei monatti perchf> non si dice chiaro e tondo per quale << pacifica pr?pa.ganda di orale persuasione ,, furono comperati e d1stn- -- 122 - bwli migliaia dt bastoni: per quali ~nuli1 1! qualche cap.occia confida, a proposito del nwto di Tonno, che la D1~e _ione del Partito « ha tradito»; perchè fur?no organ.1z~ ::ate e delle schiere armate 11 ; in nome di chi e per efu si fa ancora propaganda di vigliaccheria sui t'.e~i che portano i richiamati. in nome di chi e per chi s! crmplott~ ancora per sabottare la na:.ione in guerr~; m nom~ .di chi e per chi si assoldano sicari e vendu/1, spara/ uc1l1 e rubatori. E' forse perciò che il monatto di ieri confes.sa che l~ borghesia «preferisce assoldare spie. sovven~wnare sicari, solleticare i disonesti, tutta roba che viene scell 1 nel seno del Partito combattente. >1 /,i conoscono bene i loro polli. i monatti.. . Ma noi, con buona pace di Pagnacca, l1 conosciarn<~ meglio e li inchiodiamo su questa solida croce_. perche si torcano a sollazzo nostro. E di tulli gli onesti. ~IJ \ gu~ln l !l l ~1 LAMBRUSCO Se Redi potesse ancora mordere i bei grappoli toscani, così d!lettos; entro il verdore delle foglie, non condurrebbe più Bacco a vendemmiare per le terre del C?rnune fiorentino. ma lo menerebbe a sollazzo a Reggw cmilla nella cantina dell'onorevole Lambrusco. Giovanni da Montecchio trinca e s'infiasca - laggiù - nella sua bettola famiglia re, im erm ·gliando le guancie e il naso e cantando l'inno dei lavoratori: trinca e s'infiasca, 'e beve come un'oca padovana, perchè nelle sue l'ene scorre ancora il lamentoso rivolo che cerchia Prato della Valle e la Cattedrale bizantina coronata di falchi. Ma Giovanni Zibordi ebro di sete e di Lambrusco altrui - vede ... veramente doppio quando crede di poterci amareggiare colle sue lettere ... spiritose. e qllando incita i suoi compagni di taverna a « metterci in corpo 1> una pallottola indigena. Lambrusco schiumi t'llrc: Lambrusco schizzi su. oltre il bicchiere di San Damiano, le sue bollicine aspre, ma si metta a giacere, diremo così. in pace. Gli ubbriachi non li prendiamo '-Ul serio. Ci nauseano solamente. Ma a questo beone sconcio che non ha il coraggio delle sue azioni ed incita all'assassinio cosciente i compagni più astemi. a questo topo di cantina _che s'_ingras:\a fra il cacio e la botte. a questo avPentuncro dt penna <' di bicchiere che laggiù. nell'Emiliano. chiamano il ~ire 1c Litro » noi chiediamo di non invocare dalle nostre mani il pietoso mantello di jaffet; perchè noi, al beone caduto sconciamente. daremo soltanto lo scherno acerba di Cam. Incitare qualcuno a piantarci una palla nella schiena non appena saremo richiamati, è già un buon 1 segno di coraggio; ma se l'nnore11u/e I ambrusco non sarà ebro quando ci leggerà, vorremmo che ci dicesse cc chi à scritto quel famoso volanUno » che incitava i neutralisti a rompere in massa la d!mostrazione Battisli. provocando così l'uccisione dei due operai di Reggin. On. Giovanni sbornia .. . in alto il cuore e... il gomitn. Noi rimarremo sereni egualmente. Beviamo saggiamente e gagliardamente operiamo. La nostra opera. come una vigna. s'è ingrandita e maturata al sole. I nostri bei frutti sono per la sete nuova vande sete di libertà del popolo. I nostri tralci, per la corona dei forti. Apertamente abbiamo incitato alla guerra. alla rivoluzione, alla occupazione delle piazze. Noi. r abbiamo diritto perciò di cadere onesfamentr. da uomini Se cadremo. Ma fin che avremo negli occhi "il dolce fu me». alle vipere ubbriache di vino e di 11l'lerzo schiacceremo la tesla, vituperosamente. L'APERITIVO I ) Il cc vecchio prete infame » che il più duro poeta d 'Italia, martellò con l'ira e col ferro nell'aspro macigno della sua ode, << quel dì» si fregò le mani pensando che avrebbe pur goduto uno spettacolo di morte, e avrebbe visto un po' di rosso nell'oro delle sue ruote. Noi, in quest'ora feroce. non ci freghiamo le mani. Ma con le mani più bianche e più gracili di quelle dei gio11ani cavalieri di J1entura, dal cuor fiorito. e dall'armatura magata, noi snudiamo la nostra anima viva e 1:1 ~balziamo al sole, nuda, esile, ed arguta. Bella e salda lama, ancora! Str:'lla alla luce. con tutta la sua nudità pieghevole, come presa dal desiderio di vedere un po' di rosso, e di sentir delle gocciole vive correrle come una furia di rubini. sul corpo intatto. nateci del rosso. teri. il buon Ciccolti110. il giocoliere più allegro d1 quella brigata dt .:ùzgari che è il partilo socialista ila ltano, meravigliava sè ed altrui con questo suo onesto commento : e< Noi possiamo d!'re. parafrasando una fra~e di Turati, che se la guerra è un male, la sconfitta sarebbe un male peggiore n. Ciccoittnu tenta di cambiar le palle ... da quell'autentico corrispondente di guerra che è. Ma Ciccottino burla. Ma Ciccotino. interventista e neutralista e tripficista diventa nientemeno. di punto 1n bianco. che un anti-triplicista. L'Avanti! però, aggrotta il cefjn e punta l'indice. a11 zi il pollice verso. sull'augurio di Cieco/ti. E dice: e< Pubblicando queste lettere dal fronte. ne lasciamo la piena responsabilità politica al nostro corrispondente L'Avanti! non può deflettere da quella linea di condotta che si è proposta dall'inizio de 1le ostilità. Noi nn11 in- fendiamo aderire in nessun modo all'azione spiegala dalle classi dirigenti italiane ». Dunque, è ben chiaro che questi ausmaci. imboscati in via San Damiano « la sconfitta delle armi 1talwne non sarebbe un male assai peggiore della guerra » Dunque è ben chiaro che non « deflettendo dalla lin1·a di condotta» propustas1 dalf'1111::w delle ustilità, ; lan°1 chenecchi appestati del socialismo italiano, invocano il ro1,rscio nazionale, e Lasciano al sempliciotto Ciccottino la " responsabilità » dei suoi auguri? ... lJateci un po' di rosso. Questa nostra bella lama nuda che strilla al sole, n'è sitibonda ... Vogliamo, come ''l'infame prete» goderr il nostro spettacolo mattutino, perchè noi ci sentiamo divorati d.1 tutte le anime dei tiranni eh 'erano. non lame come ic nostre, rna scuri. Ogni mattina svegliandoci. dobbiamo sapere che sono stati sclziacciati contro il muro. con una ra~io!ze dt piombo nrlla groppa una do:::::ina di '' quesli signori» chr " lal'orano >> prr la nostra scon fitta. In un bicchiere. un po' di rosso. /,'aperitil'n per il nostro apprfitn di pJusfi::ia r d'i· talianità. "!) \qosfo l!H.'i. L'ARTIGLIO Il cardinale Gibbons. spiccatosi a volo " dal desìo portato» per mozzare col becco un ramoscello d'olivo etJ offrirlo alla vecchia Europa dilaniata, à trovato un altro albero ed altre fronde 11erdi. Laggiù, nell'America, gli olivi imboscano ogni terra r rumoregg:ano ad ogni 11ento del mare. carzgiando di colore come le note di Wilson: laggiù, mentre le onde tranghiottono i vascelli. squarciali dal!? ~per?n~ te~e~cn. lr olil'e acerbe scrollano sul capo dai ltben C1tladm1 americani che se ne fanno un ghiotto cibo fratesco e laggiù la bianca e tarda colomba dell'inq!1ieto. Vatican~. al'eva un nido apparecchiato; tutto sofftce dt bambagia e tutto fresco di rame odorose. Ma su quel nido. con l'ali smozzicate distese e gli artigli goccianti di sangur ancora vivo. la colomba candida à tro1iato. ferma, rrn 'aquila. La Pecchia aquila europea. , I.a pace i· desiderata. Certo. l.r crraturr che anno lasciato a me::zo il solco. che non àn mietuto il [!.rano maturo. che non àn preparato il pane. che wm cìnno chiuso la porta del casolare: tuttr queste anime. chr non attendono oggi forse più. non sperano forsr più e non credono - certo più, balzerebbero con un grido di giofa incontro alla colomba che tenesse nel becco il ramoscello d'ulivo. . Ma il mondo che tutto ù dato a questa sua terribile passione, non può voler più questo. Sul nido innocente della colomba, cova l'aquila disperata . Non rol becco. m.a coll'artiglio si mozzerà la fronda di ~ac,e. Un solco fondo dovrà rimanere sul ramo che sara l eletto. E le foglie verdi di quel ramo non doi•ranno più es- - f ?){ - ser tenere ed amare, ma salde, dovranno essere. come il bronzo appena fuso. che appar tutto v~rdastru .pur con qualche baleno d 'oru. La colomba Vaticana puu ritornare dunque all'arca; gli 11U111 dell'Americ~ possono maturare rami e uli1•e per le }es/e campestn e per le parche cene di W1!.so11: l'aqullu 1•1m:pe~ s~prà l'ora del volo, e l'ora del c:ulpu. J)e/ colpo d art1glw. Ma quel dì. sopra la Jiumana r(Jssa che sum:rze.rge ora il mondo disperalo, sopra ai solcfu nun compmt1, sopra al grano mietuto, sopra le creature che attendono ancora, sulla porta dei casolari. qu elli che non torneranno più, godremo il fumo e le vampe di un rogo sacr? eh~ dovrà illuminare tutta la terra. e farà tuffa rossa 1aquila, ferma sull'ali, nel cielo profondo. Il rogo chr cnr1s11nt1'nÌ l'uflimn tuu barbaro. Gerfll !U?ia. I p1l ·ta Resmini clic an:\ <1 prirtato ~I u::::::1)lini a volo, cadeva. due giorni rlopo cnll'arcopla110, uccidenclo,-i. L'ULTIMO VOLO Ricord!amo ancora il pilota Gustavo Resmini. nella bella brughiera lombarda, men/re armava e palpava la sua bestia piena di nerv! e di ali. per portarci nel profondo e luminoso cielo della sera . Sotto al casco di cuoio duro il suo viso sottile di buon l'eneto ed i suoi occhi di fanciullo ridevano d'una gioia serena: e guardando e parlando, batteva pianamente le ciglia sottili, come se il fresco vento gli rombasse intorno nell'impeto d'un volo. Pareva stupefatto della nostra curiosa inquietudine . Rideva fanciullescamente delle nostre domande. E parlava della sua bestia alata con una tenerezza semplice . Cosi: << Cadere? Chi pensa a cadere? Più si va in alto più si respirano la sicurezza e la grandezza. Più la terra . questa roba dura. piena di ciottoli che son paesi. di macigni che son città. di fossi e di po:zanghere cilestri che son laghi e fiumi. più la terra. digo, si allontana. e più ci si sente sicuri. liberi e tranquilli. Proverete. La mia macchina è un nervo solo. Fili. tela. legno sottile e cavo. Ma è salda perchè à un ,gran cuore. Guardatelo. sentite. sentite_;:, tutta l'ossatura della belva gracile, sobbalza, si tende. strepita, stride. Con un pugno io sfonderei un'ala . Con una martellata spaccherei tutti questi fili che strillano. Ma il suo cuore no. Non si rompe. Sentite? ... Adesso urla . Vuol balzare e invadere . Noi piloti siamo un po' come la nostra macchina . Piccoli - vedete - e gracili. Ma bisogna avere cuore. Poi si va . Alti. Altissimi. E non si va mai a ramengo. Credetelo » . Noi lo ascoltavamo sorridendo, guardandolo negli l'!ll occhi di fanciullv. e nel volto un pnco bianco come se al'esse sopra tutto il rombo del 1•cr1tv. Bisogna avere un gran cuore ~ Forse. . Ma quando pensiamo clze ieri. qu<'Sfo bel combalttture dell'aria. sentì. dietro se. scoppiare il tonnidabile cuore della sua macchina. scagliando inforno fiamme e ru[<ghii: quando pensiamo che pivmbo y,iù. a picco. entr~ il suo rogo alato. scavando il cielo con un solco nero d1 fumo. e poi quando pensiamo al suo volto di fanciullo, terreo e immobile surlo ai frantumi dt.>lle ali. sentiamo che questi umili e saldi eroi. del'Ono possedere i•eramente un grandl cuor di ferro. Cuort italiano. Cadono. muoiono. scompaiono colla loro macchina. ~~tto al peso delle due ali tra.!!,iche. e nessuno p~nsa -~LU a loro, nessuno li piange più. nessuno li ammira piu_. A Gustal'o Resmin1. il buon pilota caduto. offriamo queste minuscole ah di poesia e di mem(lre affetto. dopo il suo ultimo tragico J10[0 i•erso la terra. ~ ~ettcmbre t<)fa FIORI SELVATICI Sulla tomba di un nostro ufficiale certo. una croce fatta di due rami d'abete ancora verdi e odorosi - la pietà di un umile soldato à posto una corona di fiori selvatici con queste semplìci ed ingenue parole: « Questi fiori ci ò portato per beneficio della salma che nposa in questo sito. E' morto per la patria ed è mort.J consolato. Sia benedetto e riposato. Vùra la guerra>. Parole semplici e profondt>: più 11ive e più fresche. forse, di quella corona di fiori selvatici. strappati alla poca terra dei macigni. Come il macigno, anche il cuore più rozzo, i! cuore che tace. à il suo fiore. e la sua parola viva. E sembra anche la parola selvatica, per quel suo timore fanciullesco. per quel suo repugnare istinti1•0 quasi pudico, e perchè anche sa di chiudere in sè tutto un poema silenzioso. tutta la vita rude e selvaggia d'un'anima sconosciuta. Il fiore della roccia e La parola di affetto d'un taciturno. possiedono la stess1 l'irtù : quella del miracolo. Il rozzo soldato che depose quella man1ta di fiori sull1 croce del suo compagno d 'arme. teneva - inconsapevolmente - nel rozzo cavo delle mam'. non soltanto la freschezza più viva della montagna. o la più semplice poesia delle boscaglie aspre. ma tenei:a. anche. tutta la sua profonda anima: tutta l anima nuova. che à del macigno e del monte. del soldato italiano. Grave. pacata. ingenua. « Sia be ne detto e riposato ». C'è una gran tenerezza in queste parole rozze, che sbalzano in figure e in voci dall'anima. come quelle rozze scolture che sbalzano dalle arche antiche. Bene- - - 13:? - detto perchè è caduto quel morto ignoto sacri/1cando se alla vita altrui: benedetto pcrchè il suo sangue risparmierà domani altro sangue d'innocenti : e riposato sia. perchè onestamente e da forte è caduto. Ma, su q.uesta grave calma di pensien e di figure. ecco un gnd.o fierissimo di vita, sbalzare da questa morte: un gndo nudo come una lama sguainata e balenante, uno strido di ferro che prepara il solco per un colpo impetuoso: Viva la guerra .1 Così. buon soldato sconosciuto. Mentre qui, i furfanti che non si battono o che battono soltanto le calcagna, scavano la terra coll'unghie lorde, per speculare osce~amente ~ul .rn:orto, per portarlo a spalle per le ~st~rie _ e per i trivi, per deporlo. con pietà feroce. sui ll[n!ian delle c~s~ pater~e. invocando la pace vergognosa; mentre qui i becchini dei vivi. tentano il seppellimento notturno di tutto auanto ch'è nobile e sacro ancora in n?i, e ver:-dono al nemico le lagrlme de!le nostre madri, e la disperata passione dei nostri orfani per segnare un patto di prigionia pacifica col nemico: tu, buon soldato ·d'Italia . accanto alla tomba del tuo m?rto, offrendo una corona di fiori selvatici. gridi: Viva la guerra! ... Il nostro saluto a te. fantaccino magnifico. 10 Settembre 1915. ROSSO E BLEU Un poeta pavese, ci porla una bracciata di bei fiori; tutti freschi di rugiada e tutti odorosi di sole. com~ se li avesse tolti dai giardini della primavera. Apriamo la nostra negra tana. sonante di martelli e di f~rro, P_er ricevere nelle braccia e tuffare il volto fuligginoso m questo dolce miracolo di grazia e di luce. Fiori rossi e bleu. Fiori paesani: petali e steli che sanno il buon odore del grano, sotto le cui ombre crebbero, rubandogli un poco di oro e un poco di sapore. A.nche n~i, ai pi~d~ d_el ceppo aspro che regge l 'tncudme, abbiamo dei fion r ossi e bleu: ma duri. di ferro appena trat.to dal fuoco colle mani più salde delle tenag~i~; battuti per punta e per taglio, foggiati per il colpo dintt~, o p_er il morso ironico, e gittati poi. ad opera compiuta, intorno al ceppo, finchè il colore blù, vincesse e inguainasse la sottile punta rossa . . 'f?' il no_stro .ferrame gagliardo. per la battaglia quot1~iana . Ci a'!ner~ le .mani. ci riarde la bocca. ci copre .d1 u~o SCOJ?PW di faville, ad ogni colpo . ma misura anche il b,atti~o delle nost~e vene rtiovani. e ci regge il cuor e. l artiere nostro ribaldo, che martella ogni notte e ogni dì. Ma se anche le mani sono annerite anche se il volto è fuligginoso, anche se la bocca è a~ara, noi prendiamo egualmente fra le braccia, questo fascio di prima11.era selvatica che ci viene da un poeta ignoto. e cantiamo con lui i colori rosso e blù. cc Versi blù dice il poeta Angelo Ferrari - blù c~me un_ austriaco in battaglia. come il tabarro del re dz Prussia. come il questurino della democrazia. come - 13i - lt! jurie della Vandea: e versi rossi come il sole quando :-:.punta. come ì gamberi appena cotti. come il punch inglese. come il ciarlatano 1n pw:.::.a e come la camicia di Garibaldi. Tutto il mondo è rosso e blù. » Questo poeta popolare. magro e duro come se fosse state scavato da una scultura in legno da un paston d'Abru:.:o : questo poeta che à nel cuore il modo e il lamento del Jlauto dei serpari: quesio povero vagabondo clze non sa dove andrà, nè sa che farà, vede bene e bene sente quando invoca a gran furia che il color rosso sojfochi il blù: il livido blù della rassegnazione e della vigliaccheria. Un cuor popolare di poeta. non poteva che sentire la poesia f!.Gf!.liarda del popolo. B/ù : color di serpicciatol1 velenosi. che non fischiano ma mordono. che si allungano nodo a nndo. che cangian pelle a mutar di stagione. che balzeranno frenetici domani - al primo segno per avvelenare e strangolare . Socialisti ufficiali. Rosse: una lunetta. una bella s ~ ilre. un b" ffoncinn bianco che serra in sè zl serpe fllPfal!ico d'unrz molla. Me.tele un po' d; N1ì nelh lunetta. Al'remo i! rosso magn!'fico. E' la stagione. poeta. ça.ira' 1;~ Setlem))1·e I~JI i . BOMBE SUI MORTI l icen:a à ricevuto ieri il suo buon saluto di morte dai suoi antichi ne ml Cl. • Ali tricolori. in cielo. sopra la torre da/l'elmetto verdognolo che guarda la melanconica pia:.:.a piena della nostalgia del lontano mare; ali incolori sopra la Basilica scura. chiusa nella salda corona dei suoi portici. come un barbaro prigioniero: e stridore di ali trkolori anche sul campanile mo::.:.o del Santuario che veglia la chiesa rossa e la cupola gcffa della cattedrale. Ma le bombe austriache non sono cadute sui palazzi: non ànno gettato 1! loro fiore rosso sulla statua della Libertà che. a Monte, gesticola furiosamente contro le rondini: non ànno coperto a.: fumo e di ferro l'ossario austriaco, chiuso nella sua sagoma grifagna di pietra grigia. sotto alla quale dormono da scs::;ant'anni i biondi morii dell'imperatore. La bomba è caduta nel cimitero. l morti de11ono essere sbal:.ati su. al saluto. Come sbal::iamo noi. 11ivi. Queste bcmbe che tempestano le ciflà aperte. portate dalle ali mascherate: che riempiono del loro urlo di morte le vie del silen:.io: che stra:iano creature innocenti. abbattono uom.ni inermi e f1·ugano le tnmbe. stritolando le povere ossa. dei morti: questa carneficina sc/i•aggia compiuta a ~rad1rr:-ento. per la sola 11oluttà della strage. ridesta pure in nol. nella sua tomba coperta di tena arida e di garofani scolorati, 1112 gran morto che odiammo e che oggi sentiamo di sordamente amare: l'am 1rc per la nostra libertà di italiani. l'amore per qiu sta che clz :am;amo ancora. patria nostra. Sentiamo. oggi, ch'è necessario dover ritornare all'a- - 1:~c more profondo ed all'odio profondo: sen 'i, mo ch'è necessario oggi di batterci con tut/1 1 nosm 11iJ1i e tutti i nostri morti; sentiamo. che bisogna riattaccarci alle radici della razza e di t!ssere. in esse, forza 1•.11a e l'folenta. Ancora altre bombe sui nostri cimiteri. amici austriaci. ancora altro sangue d'1Tlnocent1 ed altro /erro per i mrr i. Ci brandiremo, così. tutti in noi. gagliardamente. Daremo tutto per tutto. Butteremo dietro alle spalle le sonore armature che ci mette11ano intorno 1en tanti lampi splendidi, e tanto orgoglio gioioso, e daremo giù a due mani, col volto nudo e il petto scoperto. Riprenderemo, dopo, il nostro cammino. Ma oggi, mentre altri tristi ai J1oltoi. dalle ali tricolori, volano intorno alle cittù bombardate. cercando di spargere il terrore negli animi: oggi . mentre i piccoli traditori armeggiano per la pace tedesca: oggi mentre k;li speculatori dei morti e gli " imboscati del tradimento, buttano sul mercato le lagrime delle madri e vendono la pelle dei nostri figliuoli: oggi noi invochiamo ancora, dagli aeroplani austriau'. altre bombe sui cimiteri. Si scoprono le tombe. Si levano 1 morfi. Vicen:::a deve essere nr[!.ogliosa di questo suo primo canto garibaldino. 1 lG ~··ttemhre 19i:i. l' IMPETO La zappa, umile ordegno di pace, è più feroce del fucile. Il suo baleno è dovunque, in questq terra tormentata. Scava, urta, morde, cauta ed ostinata. come se intorno non vi fosse che la profonda pace,. come se il cielo in mezzo alle nuvole grigie lagrimanti. facesse balena;e un lembo umido di azzurro primaverile, sotto a cui, come da una tunica, spuntassero i piedi rosei della Primavera; batte. affonda e scava, la zappa, come se intorno l'autunno ridesse del suo ultimo sole melanconico e i bovi, sotto al giogo, mugghiassero all'odor del fieno novello . Lavora, ostinata zappa. Nuovo è il solco e più profondo: nuova la terra e arida. Non si semina più il grano col gesto pio c.he se.mbra benedire la futura messe; non il frumento si se~ma per coprir d'oro la terra sì eh 'essa rida - domani -:-: dentro la sua selvaggia capellatura che od~r~; non P.w si scava il solco per le tristi e amare radici della '!'zto di domani ma si scava con freddo odio. con vigor sordo, e ~on disperata anima. per seminare la mar e ·+ e I.a V!.a. . . Gli uomini s'infosseranno qui. come semi ~i, carn~ e di strazio: le anime latine. le più vive e le pm forti. si ammucchieranno dentro questa terra forte, e la zappa rincalzerà - loro - le radici. coprirà. di terra i tronchi, batterà implacabile. giorno per giorno,. ora pec ora , con assidua opera, finchè il ferro non nspondera ali' utimo colpo del ferro. . Poi sosterà. . La terra, così, sarà arata e seminata: vi11a e piena !'li\ di semi da nboccarne: spasimante di radici umane. con le bocche aride e terree come se mordessero la :.olla per sbal::ar d'impeto al sole: 5arà così piena. la terra. di messe nol'ella da tral'O/f!.cre iutto nel ç,uo impeto, domani. come una piena che sbocca. riempiendo del suo fragnre e dei suoi colon e del suo urlo tutto il S!len:::io profondo. Così. la :.appa feroce. scaIJa ed apparecchia. Cosi l'ordegno di pace odia. Cosi. egli ammutolisce il bron:.o dei cannoni e delle bombe. F poi attende. E poi la primavera 11iene. Ma non sono le rondini che la annunciano per i cirh che ndono. /,a regale prirr.avera latina. s'erge dalle fosse znnumerevoli della Fran~·ia, scatenando la rabbia dei cannoni che urlano, fumano e protendono le j!,ole nere contro i barbari. come mast!·n; terribili inchiod1ti alla catena: il ferro picchia: sib1/ e stridi e nuvole nell'aria: l'ento gagliardo di Marzo: e 'U dalla terra. da tutta la terra. d'impeto. balenante di ferro e di luna trabocca fa rinnovata anima latina. E' un tumulto solo. un d;Lagar solo. un furore solo: bai(lnette ed a~ime, volontà~ tede. vampe e lagrime. odio e tenere:::a, pwmbo e nervi· uno scroscfo sordo, un tumulto primav~rile .. un riso terribile e su tutto. alta e maf!,nijica. la Vittoria che agita i brandelli rossi delle sue ali. Viva la Francia! ... Poi la zappa riprenda il suo lavoro feroce. Sia lento pure. ~ia osti~a 1 o. Scavi i nuovi solchi. per la primaJJera piena e vittoriosa. Ella verrà. E ~cavi . questa zappa implacabile anche le fosse per i tradztori. Le avranno meritate. GUIZZO O' INFERNO Questa nota -- oggi_ J una ~uca infe~nale. Mugol~ sorda'11.ente, ingorda di fuoco e di sarme'!ti. e quan~o vi gitt:·amo dentro il nostre fascio ve'.de di nervi e d! parole. ansima e sbocca su, ondate di fumo caldo e on_date di ilari gui::.:.i. Qualche v~U~. p_ieni il yalto e l~ mam del tremore dei bioccoli tepzdt. ct palj1iamo delt~atamente fra i capelli per sentire se rzc n ci siano spur1:tati due cornetti auri e torti mancandoct scltanto quell~, co'!1-e bene dice l'Llnità Cattolica, per essere un ~gile. diavoletto sghignazzante. La coda ce l'a_bbiamo._E ci.capita ques!o drnmo. scher::iamo. moteggiamo. dzmenwmo la te::,ta. le aambe e la coda (protestiamo : questo non lo faccia::io mai!) e giriamo e rigiriam_o attorno al!e cose sa~te ed alle persone sacre, bestemmrnndo >> ma m fondo sza1110 dei bravi ragazzi che non si_ comnl:uovono n~mmen~ dinanzi alle angeliche furie dei pr~tz_. ~·. c~lmi c~lmi. mettiamo lo smoccolatoio ai loro ceri insidiosi. sojf~ando poi per gioco sul codino di fumo che si rizza e s~· disperde tremolando dal lucignolo spento. Ah.' ne abbiamo devastato uno ieri. E' ancora caldo. Perchè doveie sapere che noi conosciamo una pzcuna di sette anni ~he non va in chiesa perchè è molto giudiziosa. che _no~ e nemmeno battez:ata perchè i raffreddori non le pzacçw~o. ma che va a scuola, in una di quelle scuole atee ~l ~zla~o. dnve non si insegna punto la religi?n~. ma ~1 nemp1~ le taschine dez grembiuli scolareschz di pregh 1ere so~v~ e c~lo~ rite. come un mucchio di caramelle. Questa piccina .. zen sera, giungendo le '!1-ani~~ nen•ose .. e sollevando g~z occhi ·Jrofondi J1erso il soffztto dove c erano delle musche moribonde. interessantissime. ci disse: « La maestra mi 1 lO - lza insegna~o l_a preg~iera della pace. Quella che il Papa ha ~etto qi ~ire ogni ser~ fznchè dura l'ottobre. Senti. V_uoi se:itire . .. N?t sentiamo tutto. E quel Luci/eretto pien? di .cap~llt neri e dt dentini bianchi cominciò la sua ~ra:t~ncma invocando dal Signore fa pace « perchè tutti 1 papa possano_ tornare a casa. Signore; perchè tutte /e m_ar:irr:e no~_Pwngano più. Signore; perchè tulti l bambini siano piu contenti. Signore 11. Ci pareva_ c~e .dalla bocca della piccina uscissero dei fr~~:{u b~ccw_li ~i ~~sa. Ma noi pieni di cornetti diab? te. e _dt ~uizzi di inferno suggerimmo alla piccina. f!,znocchwm, ~ncora, ~ul. letto: Aggiungi questo, piccola:_ < E che. i t~descht siano sconfitti. Signore: che inf!.?tno '.-~fto il P_tant.o del~e m_adri. Signore; che dolorino ~1. tutti L dol_ori dei papa. Signore: che rotolino tutti ali mfer_no. Si.gnore. Anche se sono gli amici dell'Unità Cattolica. Stgnore. Amen , . · La cen~ura ci stroncò due giorni le note perchè avevano una « Jorma ,, die non poteva « passare,,_ LA FORMA 1 l 28 ;;cllemb . e Hll3 . Anche ieri la Censura c'imbiancò onestamente per la seconda volta la noterella, rumoreggiante di sonagli allegri e di risate fresche. Osavamo gittar sul muso ai « lavoratori dello straniero ,, di via San Damiano che ci accusavano di trastulli provincialeschi e di obbediente silenzio, una manata di sassi: e i sassi strillavano, squillavano, sbalzavano e tempestavano, buttando su qualche scintilla e diffondendo intorno un poco di polverio sottile. Lo spolvero del nostro scrittoio piazziaiolo . Ma quei buoni ... colleghi della Censura che pesano sul bilancino queto della loro responsabilità apparente, le parole altrui, come l'usuraio ebreo pesava un giorno lo zecchino, fecero occhi terribili alla nostra grandinata. soppesarono ogni ciottolino rumoroso. e trovarono che la nostra « forma » non poteva passare. E buttarono via tutto - per due volte - con un calcio. Repetita iuvant. Forma. Misurate e componete. dunque, la forma d'una vampata che scoppia su improvvisa da un mucchio di rami verdi e secchi, mugolando contro le pareti del focolare, riempiendo di stellucce ilari la gola del camino, buttando ombre e barbagli, rugghi e profumi, cigolii e schiuma dove può e come può, tumultuosamente. Forma. Misurate e ricomponete, dunque le incrinature che saettan via con guizzi sottili da un vetro colpito da una sassata, così che ogni guizzo sembra il crepito vivo di una risata che si sparpaglia tutta aguzza di punte. Forma. Ma accomodate le pieghe d'una cascata d'acqua che piomba sopra una roccia e butta al vento i suoi boa implacabili di spume. schizza intorno i suoi goccioloni I i:! e strepita Jresca per i costoni dcl munte mettendo qua e là L tenui colori dell 'arcobaleno. I orma. Ma noi siamo noi. Con tutte le nostre ossa in piedi, co n tutti l nostri nervi l'ivi. con tutto questo impeto gicvanile che s[ rinnova ad ogni ostacolo. flfo le nostre parole. i nostri periodi, t nostri pennacchi. le nostre risa. sonu quanto di più vivo abbiamo e quanto di più vivo diam agli altri. Più in fondo guardate, o miopi. Aprite colla pu nta delle vostre forbici fredd e la corteccia acerba della nostra <e forma » e cercate il midollo : il pan e bianco che ci nutre ed è fatto di noi. E non sarà il vostro galateo leggiadro, di11entato legge e ghigliottina per riempire il paniere di belle idee rivolu::.ionarie ; non saranno L 1•ostri piccoh fer ri chirurgici che si cacciano fra i nostri nervi scoperti per metter sopra loro un po' di ciccia calda; e non sarann 'J i l'DStri uomini. venuti alla Censura dal giornalismo. quando il giornalismo non aveva ancora la Censura e le idee si pote11ano esporre (naturalm ente se c'eran o) · non saranno i vostri untorelli che spianteranno L nJstr· pensieri. e potranno insegnare a noi la forma » di cui li vestiamo. Per esser giudicati. vogliamo giudici competenti : giornalisti senza valore. vogliamo sopra noi giornalisti di valore: e leggere le loro prose. vogliamo. per poter imparare le malìe che ci mancano per metterci all'occhiell1' dei fiori letterari, per naufragare nel fium e sonante e composto della loro opera. Se scriviamo male la colpa non è nostra. Veniamo dai cenci. Ma - per intanto ogni nostra riga rimane così. tesa e sottile come i fili del telegrafo sopra una gran p,.anura primaverile. Sui fili guiz:ano e infuriano le tempeste e i venti. Ma cantano anche col becco in su e la coda distesa, tutte le rondini e tutti i passeri. IN O ICE I ' ;, \'l'Jl[lll''l IJ 1.~ ·1 rirli1t•:--i.1 I 111111.1/11111 7 !• il J:1 t;, La c.11111'1':1 rii'! supp!zzio ì.) La taglii1 7ì n1an lt10 L st>~W•• fl JIO~(J l i ,-ulddtl, li .:: 'lj),l1 !11"'1110 BitT'I ,\ J.iclti:t\·v!li J.'ins:i lata 'ì!l !I l>er !):3 I: 11 t.· n 11or11etrn li g tllo C"111ta lì P a 11·1.i -~1 !!lift . l.P fi:1lir drl leonL' I. 1c 1rr·r11 11 se1To feùrl< :rl :!:i ·!ì .\ !1•1111 ~'l J r \PCC !1io (ava1l1J La r ivol11zio11e l1 C: :1111m i11n 1 arnm ir.. i cc Hagazzn. torn a (L c~t ..:.a» J.'nrnuleto hinlll·o li liliro d1 I suiù·1tr, J.; 1 bull:tl 1 L'inno ~assntn E sop o a rg11 t.o :;pil'ito 1:111t1mat11m TI llOSll'O C'Olll [) llO \ o Ba1·1ln 1·1 ! 11 gnnl>alr!ino aut,.ntico Dal le 11n\·r nlle undici Fr:i te t d gionr l 1 taver1n .- \ 1 lumicino f ll1ÌC'r1taziona]P I. 0 11 11J 1 a 1! ;.!enerale B anch etta n 1maner._> t tu l'io11' nlln Cl'Oei> D 11po I~ :~ :l .. J .17 ::!1 41 .-u 4:i 47 4!) :i1 !'i:1 !i:i ., ~>!1 fil m 111 "e I 111·1•1ni11 I c;ar h:!ld1 L':q1pello 11 l'OlllJlil O J a (do1111art/..; I .a russ:1 ~· 1 n:--, f); ~'~) I 01 lll:l 111:1 ] fii 1O!) 11 1 lU 1 1 ~. • 117 ]19 l.am1>1·u.:;ro J:?l 1:?:1 I. \I))\' I' i ti \'l> 1:artìgl io 127 I mo natti J.'•rll1mo volo F io ri seJn1tici H osso I' hlell 1:>~. l:?'l BI 13:3 u.-. ~ pecul 11. un i l .assas,,;nio G:1 Bombe s1u mu r ti 67 L'impeto Ec·rr G\l (; 111zzo d ' i nferno 137 139 71 I a Hl t w1110 \ i S.llOi 11 )pO!ì 4 o t,t.obr<' 191:5. pag. pag. P! l' f:11.i01H l' oellì ,-ultlati d1 :-;1 lrnti1m1 e 1117.0 JJalnra 7:3 fllrma I n "Ven.clit a in. tu.tti i migliori Negozi d'Italia F 2 o