anno XX - Numero 85 - 27 novembre 2014 L’intervista Parla il regista, scenografo e costumista Denis Kriev A Pag. 2 Nell’area slava tra ‘800 e ‘900 L’opera boema guarda alle favole, quella russa protesa all’Occidente A Pag. 6e7 La Storia dell’Opera Una fiaba incantata rifiutata da molti compositori A Pag. 8 L’Analisi Musicale Sull’impossibilità di amare Dvořák guarda a Wagner A Pag. 9 Nel repertorio tedesco e boemo L’evoluzione dei miti e delle leggende acquatiche A Pag. 10 Rusalka di Antonín Dvořák 2 Rusalka Il stagione d’Opera 2014- 2015 del Teatro dell’Opera di Roma Parla il regista, scenografo e costumista Denis Kriev «Una visione simbolista per il racconto della fine di un’adolescenza» D opo l’abbandono di Muti, che per questa apertura di stagione avrebbe dovuto dirigere Aida, per il Teatro dell’Opera, ormai praticamente allo sbando con tutto il caos dello sbandierato licenziamento di coro e orchestra, l’unico modo per salvare la faccia era mettere in scena un’opera lontana dal repertorio italiano e di non difficile progettualità e che potesse pure sfruttare come registro vocale almeno parte del cast. Dal cappello è così uscita fuori Rusalka, un titolo già andato in scena al Costanzi a Febbraio 2008, apogeo musicale del compositore boemo Antonin Dvorák, autore della splendida Sinfonia Dal nuovo Mondo. A mettere insieme il nuovo allestimento è stato chiamato per regia, scene e costumi, Denis Kriev che all’Opera di Roma aveva portato in scena nel Marzo 2001 la bella musicalmente nuova opera Prova d’Orchestra del contemporaneo Battistelli, spettacolo però fortemente contestato alla “Prima”, con il Corriere della Sera che parlava di “violenta reazione con urla di disapprovazione e bordate di fischi al termine della serata. Agli applausi agli interpreti si sono frammisti i booh più fragorosi quando sono apparsi il direttore Koenigs ed il regista Denis Kriev”. Certo, dunque, in un momento già così teso, non è stato scelto un regista con un passato proprio “sereno” al Costanzi. Ma forse in tempi brevi e con dichiarazioni di alcuni agenti che sconsigliavano agli artisti di lavorare a Roma, di meglio – ripetiamo “forse” – non si poteva fare. «A Roma siamo arrivati in una situazione di emergenza e di salvataggio» dice il regista Kriev, lasciando intendere che era il massimo realizzabile con un budget di 50 mila euro. «Abbiamo fatto una specie di cocktail, prendendo costumi dai magazzini: alcuni li abbiamo riciclati, altri sono nuovi come quelli della protagonista Rusalka, la quale all’inizio, dormendo sul bordo del lago, indossa una camicia da notte bianca come senso di candore puberale, ma quando diventa donna indossa la gonna, poi l’abito da sposa e quindi alla fine, quando le morrà il proprio amato tra le braccia, indosserà la stessa camicia da notte, ma nera. Qui il nero non è strettamente lutto, ma ha più il senso di neutralità. Rusalka in questo momento è il ricordo per il suo uomo, che l’aveva vista prima del dolce suicidio. Il Principe qui si riappropria della memoria». La protagonista, in quest’opera di Dvorák tratta dalla mitologia slava, ma anche dalla leggenda di Melusine popolare in Germania, da La Sirenetta di Hans Christian Andresen e dalla novella Undine di Friedrich de la Motte Foqué, si sente stretta nel suo mondo di ninfa e guarda a quello degli umani. «Rusalka è l’opera che racconta un rito di passaggio alla fine dell’adolescenza», continua il regista. «C’è la scoperta della sessualità, il desiderio dei sensi di una ragazza che non vuole più essere bambina e per questo accetta pure di essere muta». Minimale la scena che gioca su uno spazio unico. «Il palco è come una scatola serrata, per ridare la dimensione cameristica della storia e lavorare più sulla recitazione. E’ un luogo chiuso, come un incubo o un sogno da cui non si può scappare. Dentro l’incubo appaiono frammenti di realtà che si fondono tra loro, così come fanno spesso i sogni con la realtà che ricomponiamo inconsciamente. L’allestimento Il G iornale dei G randi Eventi guarda molto al libretto: c’è scritto che una ninfa dorme Direttore responsabile sotto un salice e noi vediamo Andrea Marini un albero ripreso da un quadro di Mondrian, con un intreccio Direzione Redazione ed Amministrazione di rami che crea desolazione. Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma Siamo in pieno Simbolismo e-mail: [email protected] mittleuropeo, nel cuore di Editore A. M. quell’area slava che allora – siamo nel 1901 – faceva parte Stampa Tipografia Poligrafica Laziale Piazza Stazione - 00044 Frascati (Roma) del grande Impero Austro-Ungarico. Così poi le sole e semRegistrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 plici colonne vanno a rappre© Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore sentare il palazzo del principe ed il lago è una lastra di metalVisitate il nostro sito internet lo, freddo come sono freddi e www.ilgiornalegrandieventi.it taglienti i laghi del Nord». dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale and. Mar. Giornale dei Grandi Eventi 18 - 29 gennaio WERTHER di Jules Massenet Jesús López-Cobos Willy Decker Direttore Regia 4 - 8 febbraio RIGOlETTO di Giuseppe Verdi Gaetano d'Espinosa Leo Muscato Direttore Regia 1 - 12 marzo TOsCa di Giacomo Puccini Donato Renzetti Alessandro Talevi Direttore Regia 31 marzo - 12 aprile luCIa DI laMMERMOOR di Gaetano Donizetti Roberto Abbado Luca Ronconi Direttore Regia 23 aprile - 3 maggio aIDa di Giuseppe Verdi Donato Renzetti Direttore 21 maggio - 3 giugno lE NOZZE DI FIGaRO di Wolfgang Amadeus Mozart Andrea De Rosa Regia 19 - 30 giugno la DaMa DI PICCHE di Pëtr Il'ič Čajkovskij James Conlon Peter Stein Direttore Regia 11 - 17 settembre I Was lOOkING aT THE CEIlING aND THEN I saW THE skY di John Adams Alexander Briger Giorgio Barberio Corsetti Direttore Regia 6 - 17 ottobre auFsTIEG uND Fall DER sTaDT MaHaGONNY di Kurt Weill John Axelrod Graham Vick Direttore Regia La Locandina ~ ~ Teatro dell’Opera di Roma 27 novembre - 14 dicembre 2014 Apertura della Stagione 2014 / 2015 ~~ RUSALKA Fiaba lirica in tre atti Libretto di A. Dvořák e J. Kvapil Dalla novella La sirenetta di Andersen e dalla leggenda popolare tedesca di Melusine Musica di Antonín Dvořák Prima rappresentazione: Praga Teatro Nazionale, 31 marzo 1901 Direttore Eivind Gullberg Jensen Regia, scene e costumi Denis Krief Coreografia Denis Ganio Personaggi / Interpreti Rusalka (S) Svetlana Vassileva; Anna Kasyan (12, 14) Principe (T) Maksim Aksenov; Peter Berg (12, 14) Vodník, lo spirito dell’acqua (B) Steven Humes Jezibaba (Ms) Larissa Diadkova Principessa straniera (S) Michelle Breedt Guardiacaccia (T) Ivan Gnidii Sguattero (S) Eva Liebau ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA Nuovo allestimento ~ ~ La Copertina ~ ~ Franz von stuck - La Primavera Il Rusalka Giornale dei Grandi Eventi T ra licenziamenti usati come discutibile arma di pressione e tattica fuga di Muti prima del grande caos, l’appuntamento con l’apertura della Stagione 2014/2015 è dunque giunto, con in scena la favola boema della ninfa Rusalka, “rimediata” al posto di quell’Aida prevista, troppo legata al forfait del direttore napoletano. Cast in parte riciclato e nuovo allestimento minimalista affidato probabilmente – così si dice, ma non è dato saperlo - all’unico regista (ma anche scenografo e costumista) resosi disponibile per affrontare un tale appuntamento sotto la lente – negativa – dell’intero mondo operistico. Anche il direttore Eivind Gullberg Jensen è stato preso – utilizzando le parole di papa Francesco – «alla fine del mondo», ovvero in Norvegia. Per risparmiare sugli straordinari si sono pure anticipati gli spettacoli serali alle 19, un po’ prestino per chi lavora. Cast piuttosto giovane, tutto straniero. All’ultimo Svetla Vassile- va ha sostituito, per motivi di salute, l’annunciata Krassimira Stoyanova. E qui c’è da chiedersi se con i soldi pubblici non sarebbe stato più giusto far cantare - e valorizzare voci italiane? Tutto questo rattrista, come rattrista veder morire il teatro della Capitale. Di certo, dunque, questa apertura di stagione, pur con un titolo alla fine anche gradevole, non passerà operisticamente alla storia, ma lo farà di certo per una situazione generale, che difficilmente sarà possibile osservare peggiore. La ninfa Rusalka per sostituire la schiava Aida La Trama aTTO I – Sulle sponde di un lago nella foresta, tre ninfe del bosco giocano e danzano al chiaro di luna, attirando lo spirito dell’acqua, il vecchio Vodník, loro padre. La ninfa Rusalka, invece, innamorata di un giovane solito bagnarsi in quelle acque, chiede conforto al padre, il quale, allarmato dal suo voler assumere fattezze umane, cerca inutilmente di dissuaderla, ma poi le consiglia di chiedere aiuto alla strega Jezibaba, unica in grado di realizzare il suo desiderio. La strega accetta di trasformarla in umana, ma pone due condizioni: che quando diverrà un essere umano resterà completamente muta e poi che se non dovesse riuscire a conquistare l’amore del giovane e fosse costretta a far ritorno al lago, sarebbe maledetta e costretta a vivere sola, ripudiata anche dalle ninfe sorelle. Rusalka, decisa, beve il filtro e viene trasformata in una bellissima ragazza, ma muta. All’alba avviene il sospirato incontro con il giovane - in realtà un principe – il quale subito si innamora della ragazza e del suo mutismo, decidendo di portarla con se al castello per sposarla. aTTO II – Mentre al castello si preparano le nozze, nel giardino il Guardiacaccia ed uno Sguattero si interrogano sulla misteriosa fanciulla di cui il Principe si è invaghito, notando però che da qualche tempo il sentimento del giovane si è fatto meno intenso a causa dell’ostinato silenzio della ragazza. Al castello, intanto, giungono gli invitati e tra questi una bellissima principessa straniera subito notata dal giovane, sempre più severo e brusco con Rusalka, alla quale ordina di andarsi a vestire per il ballo. La ninfa, turbata dal repentino mutamento di sentimenti dell’amato, si rifugia in giardino sulle sponde di un laghetto dove incontra lo Spirito dell’Acqua, al quale confida le sue pene. In giardino, però, scendono pure i due nuovi innamorati, il Principe e la Principessa, per dichiararsi i loro sentimenti. Lo Spirito, sdegnato, maledice il principe e rivela alla principessa il segreto di Rusalka. La Principessa, furente, dice al Principe di seguire la sua amante fino all’inferno e si allontana sdegnata. aTTO III – Sulle sponde del lago Rusalka si dispera nella luce della sera. La strega Jezibaba, udendo i suoi lamenti, le si presenta offrendole la possibilità di tornare ninfa se ucciderà il Principe. Rusalka è inorridita e cerca invano l’aiuto delle sorelle, che però la respingono. Sulla riva del lago giungono il Guardiacaccia e la Sguattera per chiedere aiuto alla strega in favore del Principe, gravemente malato e quasi in punto di morte dopo la maledizione di Vodník e la scomparsa di Rusalka. Lo Spirito, notata la scena, esce dall’acqua e terrorizza i due, facendoli fuggire. Sul lago giunge, quindi, il Principe che chiedere a Rusalka di tornare con lui. Ma la ninfa gli rivela che, a causa della maledizione, un solo suo bacio lo ucciderebbe. Il Principe vuole riparare e si dice disposto a morire. Rusalka allora lo bacia ed il giovane muore felice tra le sue braccia. Rassegnata ma serena, Rusalka si rimmerge per sempre nel regno delle onde. 3 Le Repliche Sabato 29 novembre, h. 18.00 Martedì 2 dicembre, h. 19.00 Giovedì 4 dicembre, h. 19.00 Domenica 7 dicembre, h. 16.30 Mercoledì 10 dicembre, h. 19.00 Venerdì 12 dicembre, h. 19.00 Domenica 14 dicembre, h. 16.30 L’editoriale I ricatti dell'Opera di Andrea Marini «Per risanare l’Opera è necessario un solo licenziamento: quello del sovrintendente Carlo Fuortes che ha fallito in tutta la linea gestionale». E’ diretto ed essenziale Federico Mollicone, già apprezzato presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma ed ora responsabile comunicazione di Fratelli d’Italia. In effetti Orchestra e Coro – come anche lui sottolinea – sono stati presi come “capro espiatorio” per poi scoprire, azzerando i licenziamenti sbandierati, che si poteva risparmiare lo stesso con piccoli accorgimenti. Insomma, si è operato un vero ricatto nei confronti di questi lavoratori – che sono la struttura portante del Teatro – per piegarne la dignità. Su questo concorda pure, dalle colonne de Il Messaggero, Oscar Giannino - al di la delle lauree più o meno vere, una delle poche voci “lucide” di questo Paese – che parla di «un escamotage, di un’arma per risedersi al tavolo». Ma eleganza a parte – che questo Soprintendente non pare avere, rifiutando come uno struzzo o forse per problemi caratteriali ogni confronto, non presentandosi alla maggior parte degli incontri sindacali, ma anche con lo scarso dialogo con i membri del Consiglio di amministrazione –, questa operazione spregiudicata, forse nessuno ha detto, è stata fonte di un risparmio stimato (ma è poi da vedere) di 3 milioni di euro, ma ha portato un danno pesantissimo segue a pag. 11 Il Rusalka Giornale dei Grandi Eventi Maksim Aksenov e Peter Berger Svetla Vassileva e Anna Kasyan Il principe, l’amato di Rusalka Rusalka, la ninfa innamorata 5 N A Maxim aksenov, nato a Norilsk (Russia), si è laureato presso la Norilsk Musical College e successivamente è entrato al Novosibirsk State Conservatoire, nel dipartimento vocale e di piano. Nel 2003 è diventato solista del Kazan Opera and Ballet Theatre e due anni dopo si è laureato al Kazan Conservatoire, venendo ingaggiato dal Teatro Mariinsky di San Pietroburgo. Le collabora- Maksim Aksenov zioni con il Teatro Marinsky e col Maestro Valery Gergiev lo hanno portato a prendere parte ad un tour negli Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e Svizzera, dove ha cantato Pique Dame. Alcuni ruoli del suo repertorio includono Don José in Carmen, Cavaradossi in Tosca, Alfredo in La Traviata, Luigi ne Il Tabarro, Ismaele nel Nabucco, Rinuccio in Gianni Schicchi, Canio per I Pagliacci, Riccardo in Un Ballo in Maschera e poi il Duca in Rigoletto, Nadir ne Les Pecheurs de Perle, Dimitri in Boris Godunov, e molto altro. Prossimi impegni lo vedranno a gennaio-febbraio 2015 in Lady Macbeth a Berlino e nel giugno 2015 in Aleko a Bruxelles. svetla Vassileva, Nata a Dobritch, (Bulgaria)si è laureata in canto e pianoforte all’Accademia di Musica di Sofia. Nel 2000 ha vinto il Concorso Traviata a Vienna e nella stessa stagione ha interpretato il ruolo di Liù in Turandot di Puccini all’Opera di Vienna. La Vassileva ha cantato in molti tra i più importanti palcosceniSvetla Vassileva ci di tutto il mondo, in un gran numero di ruoli che abbracciano il repertorio di Puccini, Mozart, Donizetti, Leoncavallo, Hindemith, Verdi e Kurt Weil ed ha collaborato con i più importanti direttori d’orchestra. Tra i tanti titoli affrontati, Falstaff, Otello, La Traviata, Giovanna d’Arco, Don Carlo, Rusalka, Eugenio Onegin e La Dama di picche, La Bohème, Manon Lescaut, Tosca, Turandot, Madama Butterfly, Aleko e Francesca da Rimini. Inoltre, la sua intensa attività concertistica ha incluso la sinfonia N. 4 di Mahler, lo Stabat Mater di Rossini, il Requiem di Verdi e numerose arie da concerto. Tra i suoi prossimi impegni nel marzo 2015 Manon Lescaut a Tokio ed Adriana Lecouvreur a Parigi. ei panni del bel principe conteso saranno i tenori Maxim aksenov (27, 29/XI 2, 4, 7, 10/XII) e Peter Berger (12, 14/XII). Peter Berger nato in Slovacchia, ha studiato canto al Conservatorio di Musica di Košice con il maestro Juraj Somorjai. Ancora studente, è apparso come solista al Košice State theatre e ha partecipato a corsi vocali di Masterclass con insegnanti rinomati, tra cui Peter Dvorský, Eva Blahová, e Ryszard Karczykowski. Nel 2006 gli è stato assegnato il 1 ° premio al The Mikuláš Schneider-Trnavský a Trnava (SK), nel 2007 ha vinto il 1 ° premio al Concorso Anglo Cecoslovaco Trust di Londra, e nel 2008 è stato un semi-finalista al Concorso Internazionale Belvedere Hans Gabor a Vienna. Nella stagione 2007/08 Berger ha debuttato con Il Teatro Nazionale Slovacco di Bratislava nel ruolo di Pinkerton nella produzione di Peter Konwitschny di Madama Butterfly sotto la direzione di Oliver Dohnanyi. L’anno successivo ha fatto il suo debutto nel ruolo del Principe in Rusalka presso il Teatro Nazionale di Brno. Nella stagione 2010/11 ha cantato con grande successo al Festival di Wexford, come Lukas in Hubicka , di Smetana. Oltre al suo lavoro operistico Peter Berger si è esibito con l’Orchestra Filarmonica slovacca e con la Filarmonica di Praga e di Brno cantando poi in numerosi concerti nazionali ed esteri, oltre ad essere un ospite fisso del festival Viva il Canto in Czeszyn,(Polonia) e al Festival internazionale di Sopron ( Ungheria). Il suo repertorio concertistico include anche la Messa di Puccini, la piccola messa solenne di Rossini e la 9 sinfonia di Beethoven. cantare come l’innamorata Rusalka saranno i soprano svetla Vassileva (27,29 / XI 2,4,7,10/XII) e anna kasyan (12,14/XII). anna kasyan, nata in Georgia, ha cominciato molto presto la sua formazione musicale per piano e violino alla Scuola per bambini precoci di Tbilisi (Georgia), attirando fin da subito l’attenzione del pubblico; all’età di otto anni ha debuttato come solista con l’accompagnamento di un’orchestra. Successivamente ha proseguito i suoi studi di violino al Conservatorio di Stato di Tbilisi e poco dopo ha iniziato a studiare canto. Negli anni successivi ha ottenuto tre diplomi superiori: di “Arte Lirica” nel 2004, di “Esecuzione” nel 2006 e “Concertista” nel 2008. La Kasyan si è fatta conoscere attraverso un ampio repertorio d’opera, di musica sacra e di musica da camera, inoltre ha primeggiato nei più importanti Concorsi internazionali di canto ed il numero dei premi speciali che le sono stati attribuiti le hanno permesso di presentarsi come uno dei soprano più promettenti e talentuosi della sua generazione. Nel 2005 ha vinto il primo premio del 17° Concorso Internazionale di Marmande e del 20° Concorso Nazionale di Canto Lirico della città di Béziers. Nel 2006 è stata nominata Rivelazione Lirica dell’ADAMI; nel 2008 ha vinto il Grand Prix del 3° Concorso Internazionale d’Arte Lirica di Strasburgo ed ha partecipato con gran successo al Concorso Musicale Internazionale Regina Elisabetta in Belgio. E’ stata poi vincitrice del Concorso Internazionale di Musica ARD (Monaco di Baviera), dove ha ottenuto il 3° premio nella categoria “Opera”, e i premi speciali del “migliore artista lirico”, dell’Orchestra Sinfonica di Osnabrück e della “migliore interpretazione dal repertorio mozartiano”. Steven Humes Vodnik, spirito delle acque e padre di Rusalka A d interpretare lo Spirito delle Acque sarà il basso steven Humes. steven Humes giovane basso americano, ha ricevuto la sua formazione musicale presso il New England Conservatory ed alla Boston University. E’ stato, inoltre, membro stagionale per otto anni della Bayerische Staatsoper di Monaco. Humes è apparso regolarmente sulla scena internazionale ed in molti dei più importanti teatri del mondo. Tra i suoi prossimi impegni Fierrabras a Bruxelles e Don Giovanni a Boston. Pagina a cura di Mariachiara Onori Rusalka 6 Il Giornale dei Grandi Eventi Il melodramma nell’are L’opera boema che guarda alle favole, a fon E rano importanti e ben accolte le commedie fiabesche di ispirazione viennese, spesso dotate di una robusta e valida componente musicale, rappresentando una parte importante del teatro ceco degli anni ‘40 dell’Ottocento. Ma esse non lasciarono traccia nella produzione operistica del compositore boemo Bedřich Smetana (1824 – 1884) se non, forse, per l’aspetto della “ricerca” presente in alcune delle sue opere mature. Così il personaggio di Kalina in Tajemstvì di Smetana (Il segreto, 1878), che scava nella terra in cerca del suo “tesoro”, o i due innamorati Vendulka e Lukàš che, avendo litigato per tutto il primo atto di Hubička (Il bacio, 1876), riacquistano la ragione nella “foresta”, letterale e metaforica, del secondo atto, non sono molto lontani dalla coppia Tamino e Pamina alle prese con le rituali prove dell’acqua e del fuoco nel Zaubeflote. Ma qui la “ricerca” - a differenza dei tentativi compiuti dallo zarevič Guidon per risi- Bedřich Smetana stemare le cose nello Zar Saltan di Rimskij-Korsakov - è un itinerario spirituale, un’esplorazione personal, e non una storia dai colori smaglianti. Negli ultimi anni di vita, Dvořák scrisse un paio di opere ispirate al repertorio fiabesco ceco, Čert a Káča (Il diavolo e Caterina, del 1899, basata su una fiaba popolare ceca) e Rusalka (1901). Il titolo di Rusalka è uguale a quello dell’opera di Dargomyzskij (1856, opera-fiaba derivata anch’essa da un lavoro di Puškin, ma ambientata prevalentemente nella Russia rurale); comunque, nonostante i sentimenti panslavisti di Dvořák e il fatto che l’opera di Dargomyzskij fosse stata data a Praga nel 1889, l’opera di Dvořák risulta più vicina al mondo germanico che a quello russo. La principale fonte del libretto è la medesima che ha ispirato le varie “Ondine” dell’opera romantica europea, da Hoffmann (1816) a Lortzing (1845), o allo stesso Cajkovskij (composta nel1869, l’opera fu poi distrutta e in parte ricicla- Praga con il fiume Moldava ta), ovverosia la novella di Friedrich de la Motte Fouqué, in cui uno spirito delle acque (Ondina) acquista forma “umana”, ma l’amore per un mortale (la ragione appunto per cui ha voluto assumere sembianze umane) la condurrà a finire tragicamente. La Rusalka di Puskin e Dargomyzskij è invece la storia di una ragazza povera che, sedotta e abbandonata dal suo nobile amante (il Principe), si getta nel fiume, si trasforma in uno spirito delle acque e decide di vendicarsi. Il testo dell’opera di Dvořák differisce dalle varie “Ondine” dell’opera tedesca per il contorno magico d’ impronta tipicamente ceca che il librettista Jaroslav Kvapil attinge dalle ballate di stampo popolare di K. L. Erben, oltreché per la caratterizzazione della protagonista, più simile a una dolente figura di eroina slava che alla scintillante protagonista delle citate opere tedesche. Quest’opera fu scritta all’apice della carriera di Dvořák, quando il musicista aveva già alle spalle una serie notevole di composizioni sinfoniche e otto opere, di valore alquanto ineguale, che andavano da quelle comiche d’ambiente contadino al grand-opéra della splendida Dimitrij del 1882. Mentre il linguaggio musicale sontuosamente wagneriano del Diavolo e Caterina appare poco congeniale alla levità e alle intenzioni umoristiche dell’intreccio, la tragica Rusalka di Kvapil fornì a Dvořák, una volta tanto, un libretto che sembra scritto su misura per le sue qualità liriche e descrittive; ne risultò la più popolare e la più riuscita delle sue opere. Le ragioni di tanto fascino non risiedono soltanto nella musica. La Rusalka di Dvorak e Kvapil, a differenza della sua equivalente germanica Undine, per conquistarsi un’ anima deve sacrificare in cambio qualcosa: rinuncia infatti alla voce e, per l’intera durata del secondo atto, ambientato nel palazzo del principe (il quale ben presto perde ogni interesse per lei), rimane muta. Nello stesso modo in cui la contadina protagonista di Halka (ripresa a Praga per la seconda volta ne11898, poco prima che Dvořák iniziasse a comporre Rusalka) poteva essere considerata un simbolo dell’oppressa nazione polacca, così anche Ru- salka poteva simboleggiare il popolo ceco, che sotto la dominazione tedesca aveva pressoché perduto la sua identità linguistica. l’opera occidentaleggiante Il fatto che la Boemia avesse un’ubicazione geografica più spostata a occidente, che le permetteva di mantenersi in contatto con i principali filoni degli sviluppi musicali della vicina Vienna e del teatro d’opera tedesco di Praga (che sotto la guida di valentissimi direttori continuò a prosperare sino alla fine della seconda guerra mondiale) fecero sì che l’opera ceca finisse con l’assumere connotati più occidentaleggianti di quella russa. Appassionato sostenitore di Liszt, Smetana riteneva che il suo dovere consistesse non tanto nel promuovere lo sviluppo dell’opera ceca emancipandola dalle sue stesse radici (o dai motivi del folklore ceco), quanto piuttosto nell’industriarsi a seguire gli sviluppi delle più avanzate tendenze che si andavano delineando nei principali filoni dell’opera lirica, limitando l’ apporto dell’elemento ceco al li- Il Giornale dei Grandi Eventi ea slava tra ‘800 e ‘900 Rusalka 7 nte a quella russa protesa verso Occidente bretto e alla cornice idiomatica fornita dall’uso stesso della lingua ceca. Tale tendenza è visibile con estrema chiarezza nelle metamorfosi tematiche di impronta lisztiana che percorrono l’ intera partitura di Dalibor (1868), opera sostanzialmente monotematica. Zdenek Fibich Da questo punto di vista, Zdenek Fibich (18501900), il compositore più assiduamente indicato come il successore di Smetana, assunse posizioni ancora più estremiste, per esempio nel denso intrecciarsi dei motivi conduttori su cui è costruita la sua stupenda, ancorché poco amata, opera Nevesta Messinskà (La sposa di Messina, 1884). A parte i cori e i concertati basati su corali, è un’opera che tende a evitare il canto simultaneo, mentre Dalibor era quantomeno ricca di splendidi duetti d’amore. Inoltre, mentre tutte le opere di Smetana sono ambientate in Boemia e derivano in gran parte da fonti ceche, le opere di Fibich traggono essenzialmente alimento da fonti europee (Shakespeare, Byron, Schiller). Quando, nel periodo di crisi evolutiva che segnò la parte centrale della sua vita e della sua parabola creativa, il compositore sembrò accantonare i modelli wagneriani ai quali aveva guardato nel comporre La sposa di Messina, il criterio fondamentale seguito da Fibich nello scegliere i suoi libretti fu quello di puntare su storie suscettibili di offrire notevoli opportunità drammatiche e risvolti passionali, terminanti con la morte di quasi tutti i protagonisti, e non con la loro edificazione o maturazione come avveniva nelle ultime opere di Smetana. Fibich, grande talento operistico e creatore profondamente interessato al dramma e alla vita psicologica dei suoi personaggi, fu, fra i contemporanei cechi, il compositore dalla formazione musicale più rigorosa e dal bagaglio culturale più vasto. Ebbe, nondimeno, a soffrire per la Rusalka - Die Nixe - La nymphe, F. Holoubek sua posizione filoeuropeista e, a parte l’opera di impronta più spiccatamente nazionalista, Šarka (1897), una delle due basate sul folklore ceco, le sue opere sono uscite dal repertorio. l’opera russa Abbastanza simile fu il destino del filone più occidentalista dell’ opera russa. Attualmente le opere di Aleksandr Nikolaevič Serov (1820‘71) popolano i libri di storia, ma non i teatri d’ opera, anche se due delle tre opere da lui completate, Judif’ (1863) e Rogneda (1865) godettero ai loro tempi di una discreta fortuna. Ammiratore di Liszt e fervente sostenitore di Wagner, nel 1868 aiutò a organizzare la prima rappresentazione russa di un’ opera wagneriana, il Lohengrin, ma i modelli stranieri che traspaiono dai suoi lavori erano soprattutto francesi, in particolare Meyerbeer. Musorgskij, la cui incompiuta Salammbò (1863-66, tratta da Flaubert) è più meyerbeeriana di quanto non ci si aspetterebbe da un musicista che negli anni successivi avrebbe abbracciato la causa del realismo, lo apprezzava moltissimo, così come lo ammirava il più celebre degli operisti russi filooccidentali, Petr llic Cajkovskij (1840-93). Ma mentre gli agganci di Serov con lo stile nazionale erano limitati, Cajkovskij utilizzò largamente e consapevolmente il patrimonio del folklore musicale russo, riuscendo in qualche caso a produrre imitazioni indistinguibili da quelle di Rimskij-Korsakov. È possibile che Cajkovskij si sia creato la fama di “occidentalista” da un Pëtr Il'ič Čajkovskij lato per gli stretti rapporti intrattenuti con i fratelli Rubinstejn (primo, fra i compositori russi, ad aver ricevuto una solida formazione professionale, studiò composizione con Anton a San Pietroburgo e fu titolare al Conservatorio di Mosca di una cattedra assegnatagli da Nikolaj), dall’altro per l’amore apertamente professato per la musica occidentale. Adorava Mozart e la sua opera preferita del repertorio straniero era Carmen: due predilezioni messe chiaramente in luce dalla sue penultima opera Pikovaja dama (La dama di picche, 1890). Al pari di Serov (si veda, per esempio, la sua opera biblica Judif), non aveva prevenzioni a mettere in musica libretti basati su soggetti non russi, che peraltro non figurano fra i suoi lavori migliori: dopo una Undina (andata distrutta), musicò Orleanskaja deva (La pulzella d’Orleans, 1881, tratta da Schiller) e la sua ultima opera Jolanta (1892, da un lavoro teatrale danese). Nonostante le forti influenze meyerbeeriane riscontrabili nella prima opera che di lui ci rimane, Opričnik (1874), o gli amabili pastiches rococò della Dama di picche, Cajkovskij ebbe anche contatti con la cerchia ufficiale dei compositori russi, la cosiddetta Kučka (o Gruppo dei Cinque) e in particolare col loro massimo esponente, Milij Balakirev (uno dei pochi compositori russi dell’epoca a non essersi cimentato nell’opera lirica). Pur lasciando una nutrita produzione in campo sinfonico, cameristico e concertistico - tutti segni molto sospetti di inclinazioni europeistiche - il repertorio teatrale di Cajkovskij è altrettanto vasto, e numericamente inferiore soltanto a quello del prolifico Rimskij-Korsakov. Vi sono incantevoli scene di genere russo e ucraino nella giovanile opera Kuznec Vakula (Vakula il fabbro, 1876, tratta da un racconto di Gogol che in seguito avrebbe ispirato anche La notte di Natale di Rimskij-Korsakov), in Čarodejka (La maliarda, 1887) e nel grande capolavoro Evgenij Onegin (1879). 8 Rusalka Il Giornale dei Grandi Eventi La storia dell’opera Una fiaba incantata sotto la luna della Boemia iamo nel 1900. Dvořák ha cinquantanove anni. È appena rientrato in patria, a Praga, dopo un triennio trascorso a New York, dove ha ricoperto la carica di direttore del Conservatorio. Ha ormai al suo attivo decine di composizioni, pagine di musica da camera, sinfonie, concerti, opere: ha appena scritto il supremo concerto per violoncello e orchestra in si minore, ha creato quella Sinfonia Dal nuovo mondo che ancora oggi è salutata come uno dei frutti migliori del suo soggiorno americano. È tra i più importanti - se non il più importante - compositore boemo, lui, nato in campagna, di modestissime origini ma con gran talento e forza di volontà, ha creato un linguaggio musicale personalissimo, in cui la forma della grande tradizione compositiva classica e romantica accoglie elementi nuovi, legati alla sfera popolare: temi rielaborati, impulsi ritmici, passi di danza. Guizzi di spirito boemo incastonati come gemme in composti elaborati di pregevole fattura. una folgorazione per La sirenetta, la celeberrima fiaba di Hans Christian Andersen: la creatura acquatica che per amore decide di prendere sembianze umane, pagando poi con la morte le conseguenze di tale scelta. Un tema tipico e antico, estremamente af- È appena rientrato a casa, si diceva. In particolare, si è ritirato con moglie e figli a Vysokà, un villaggio dove si era costruito una villa, oggi conosciuta come Villa Rusalka, nel cui giardino non poteva mancare, naturalmente, il lago. Proprio li, nel mese di aprile del 1900, iniziò la composizione di Rusalka sua nona e penultima opera, portata poi a termine in circa sette mesi, tra la campagna e Praga. Tutto comincia con un nome: Jaroslav Kvapil. Poeta giovane ma già conosciuto e molto apprezzato a Praga, Kvapil va incontro al pieno successo con un lavoro teatrale, La principessa Boccadileone e allaccia nel frattempo anche alcune collaborazioni con musicisti. Vita lunga e attivissima, nel 1900 diventerà direttore artistico e primo regista del Teatro Nazionale di Praga per poi mettersi alla guida del Teatro Municipale di Vynohrady, affermandosi come figura centrale nell’universo teatrale ceco ed europeo. Kvapil, nell’estate del 1899 era andato in Danimarca e lì ebbe fascinante, della letteratura nordica che trovò campo anche nel romanticismo. Kvapil decise così di ricavarne un libretto. Molto raffinato e ricco di spunti letterari di diverse provenienze, il suo lavoro è incentrato sul contrasto tra immaginazione e realtà, sull’ incomunicabilità tra questi due mondi e sull’identificazione tra eros e morte, individuata come unica, dolorosa, soluzione. Incantesimi, natura, elementi ancestrali, simbologia fittissima: pane per i denti di un qualsiasi compositore ricettivo a tutto ciò che accolga in sé fiaba e spirito popolare. Ecco allora entrare in gioco Dvořák, che in realtà non è una prima scelta: Kvapil non cercava il mostro sacro, si rivolse piuttosto a compositori suoi coetanei, che potessero condividere i suoi orientamenti culturali e stilistici. Ma, per fortuna – possiamo ora dire - non li trovò, portando, infine, il suo libretto a František Šubert, direttore del Teatro Nazionale di Praga per cui Dvořák nutriva molta stima, e di lì a poco il terzetto si incontrò, per met- S tere a punto l’opera, nella stanza sotto il palcoscenico. la nascita di Rusalka Trascorrono pochi mesi, dalla primavera a novembre del 1900, in cui il compositore studiò con no agli anni Ottanta si assestò, mostrando limpidamente un’unica meta: appunto il fiabesco, il popolare, il nazionale. Nel 1870 c’era stata Alfred, un’opera che si colloca ancora nell’alveo della tradizione occidentale e che strizzava l’occhio a Wagner (il libretto era persino in tedesco). Erano arrivate poi Il re e il carbonaio, Teste dure, Vanda, Il contadino furbo e Dimitri, che trae il soggetto dalla storia del falso Demetrio, che è poi la stessa del Boris Godunov di Musorgskij, anche se ne illustra le fasi successive. La fortuna in campo teatrale comincia ad arridere al compositore con Il giacobino (1889 e 1898) e soprattutto con Il diavolo e Caterina, chiaro esempio di opera “nazionale” infarcita di elementi di fiaba, rappresentata con grande successo al Teatro Nazionale di Praga nel novembre del 1899. Il debutto a Praga Teatro Nazionale Ceco di Praga attenzione e assimilò il libretto, i suoi spunti, il suo colore peculiare a lui così congeniale. Del resto, il mondo della natura incantata lo aveva sempre ammaliato e già da qui attinse, ad esempio, per comporre il gruppo di poemi sinfonici tratti dalle ballate popolari di Erben (1896), tra i quali ce n’è uno intitolato appunto Vodník (Spirito delle acque). La stesura della musica fu rapida, continuamente sottoposta a revisioni, aggiustamenti, perfezionamenti. Ne venne fuori una partitura agile, vivace, che bene calzava il libretto sintetico e compatto di Kvapil, coloratissima, ricca di motivi conduttori e brani descrittivi: un’opera che, pur abbeverandosi alla fonte simbolista che in quegli anni scorreva generosa, rimase comunque figlia dell’Ottocento, del suo sinfonismo di matrice classica, dei grandi modelli del passato, del nazionalismo. Rusalka si colloca, anche idealmente, alla fine di un percorso stilistico e ideologico che conta diverse tappe e che se all’inizio si era rivelato un po’ faticoso, intor- Rusalka andò in scena nello stesso teatro poco più di un anno dopo, il 31 marzo 1901, sotto la direzione di Karel Kovarovic, musicista cui - ironia della sorte - Kvapil aveva sottoposto, tra i primi, il libretto. Era il giorno del sessantesimo compleanno di Dvořák: la “Prima” fu un trionfo e consacrò definitivamente il compositore quale interprete assoluto dell’anima nazionale ceca. Venne nominato senatore dal governo di Vienna e direttore del conservatorio di Praga. Ma il più era ormai fatto. Comporrà soltanto un’altra opera, Armida, rappresentata con scarso successo nel 1904. Il nuovo secolo non è il suo: e, di nuovo ironia della sorte, quel Novecento che lui non capiva e in cui non si buttava, decise di non accoglierlo tra i suoi protagonisti. Antonin Dvořák morirà prematuramente poche settimane dopo. Rusalka gode, invece, tutt’oggi di ottima salute. Mantenuto il suo primato in patria tra i classici del teatro musicale ceco, l’opera è qui da noi poco rappresentata, ma è universalmente riconosciuta come un capolavoro del suo genere, amata ed apprezzata per la sua freschezza, spontaneità e per l’intensità melodica di alcune sue pagine memorabili. Barbara Catellani Il Rusalka Giornale dei Grandi Eventi 9 Analisi musicale Guarda a Wagner la grande favola boema sull’impossibilità d’amare L e rivoluzioni del 1848 (“La primavera dei popoli”), com’è noto, ebbero in apparenza conseguenze alquanto limitate sul piano politico. Più o meno ovunque, in tempi brevi, si tornò agli equilibri precedenti. Misero però in moto un processo culturale e sociale di fondamentale importanza che portò musicisti, letterati, storici, pittori a imboccare la strada del nazionalismo, ad approfondire le proprie tradizioni popolari ricercando un’alternativa originale e autonoma rispetto alla cultura dominante che, in campo musicale, si traduceva nell’influenza italiana, tedesca e francese. Il secondo Ottocento, dunque, fu animato da illuminazioni e scintille provenienti da Paesi fino ad allora culturalmente “colonizzati”: si pensi alla Russia, alle regioni scandinave, all’Ungheria, alla Boemia. La ricerca di una propria identità si concretò nella composizione di poemi sinfonici, di liriche da camera, di danze e di opere teatrali incentrate sulla storia o sulle leggende proprie di quel Paese. In Boemia il padre della scuola nazionale fu Smetana che si divise, appunto, fra le forme citate, avviando un fondamentale lavoro di ricerca in ambito etnomusicologico. Il suo principale erede divenne Antonin Dvořák, musicista fondamentalmente sinfonico piuttosto che drammatico. Certamente legato alla sua ter- ra (si pensi alle splendide Danze orchestrali), Dvořák concepì il “nazionalismo” non in termini fondamentalistici (il rifiuto totale nei confronti della cultura occidentale, come, ad esempio, si ritrova nel russo Musorgskij), ma come possibilità di arricchimento di un discorso musicale che sapesse attingere a più fonti per trovare un proprio equilibrio linguistico. Ecco, dunque, nella sua ricca produzione, lo splendido Concerto per violoncello o le pregevoli Sinfonie con la più celebre (Dal nuovo mondo) che guarda alla Boemia ma anche all’America (dove l’artista soggiornò per qualche tempo). Tale ricerca di “equilibrio” si ritrova pure nel suo teatro che annovera una decina di titoli fra opere comiche e drammatiche. Il “debito” nei confronti di Smetana si avverte nel Contadino scaltro ispirato alla Sposa venduta del suo più anziano collega, mentre in altri lavori Dvořák mostra di conoscere e tener presente le esperienze di Meyerbeer e soprattutto di Wagner, nome ineludibile nella drammaturgia del tempo. Il capolavoro Rusalka La “cifra” più personale è tuttavia rappresentata dall’eleganza lirica (qualità evidente in tutto il repertorio del nostro compositore) e nell’attenuazione di ogni slancio “tragico”. Tutto ciò si ritrova nell’opera sua più impor- tante, Rusalka, favola lirica in tre atti su libretto di Jaroslav Kvapil. E’ significativa la data di rappresentazione, il 1901, momento in cui il teatro boemo, sulla spinta di quanto accadeva anche in altri Paesi (si pensi all’Italia con Cavalleria rusticana) virava verso soggetti veristi, Dvořák scelse di rimanere nell’ambito del racconto fiabesco, da lui già frequentato, ad esempio, per il gruppo di poemi sinfonici tratti dalle ballate popolari di Erben. Le origini della storia sono nella leggenda francese Melusine, nella Sirenetta di Andersen, nell’Undine di Friedrich de la Motte Fouquè: quest’ultimo testo aveva già ispirato, negli anni precedenti, i lavori di Hoffmann e Lortzing. Il successo di Rusalka è dovuto al mestiere con cui Dvořák seppe partire da Wagner per creare una partitura di elegante leggerezza, attenuando il concetto di arte drammaturgica a favore di un fluire melodico piacevole e di soluzioni paesaggistiche e coloristiche di bell’impatto teatrale. Già il Preludio dell’Atto I, raffinato nella sua orchestrazione, suggerisce l’atmosfera poetica e crepuscolare dell’opera. Poco più avanti Dvořák rende con tenerezza il duetto in cui Rusalka confessa al padre di essersi innamorata e di voler diventare un essere umano. Giustamente celebre è, poi, l’invocazione successiva alla luna da parte della ninfa, uno dei momenti più toc- PER RICEVERE PREVENTIVAMENTE IL GIORNALE, ISCRIVETEVI ALLA NOSTRA MAILING SCRIVENDO A: [email protected] LO POTRETE COSÌ LEGGERE PRIMA DI VENIRE IN TEATRO Antonín Dvořák canti dell’opera per la vena cantabile e il gusto strumentale dell’accompagnamento. Dopo una piacevole “canzone” del cacciatore, avviene l’incontro determinante fra Rusalka e il Principe che, naturalmente, si innamora all’istante della ninfa e si scioglie in un canto appassionato, felice invenzione della vena melodica di Dvořák. Il secondo atto propone una grande scena di danze e, pur nell’approfondirsi degli elementi tragici della vicenda, anche uno splendido, fluente coro (“Fiori bianchi sbocciano lungo la via”). Anche il terzo atto, nel quale la storia vira decisamente verso il dramma con la morte del Principe fra le braccia di Rusalka, trova in Dvořák un cantore più attento ai colori e alle suggestioni liriche e paesaggistiche che al dolore tragico della morte, sia pure vista come soluzione di un amore impossibile. Rusalka è stata definita una sorta di “Tristano e Isotta per adolescenti”. E’ in effetti attraversata da un senso dell’impossibilità d’amare, ma nel canto di Rusalka, nelle ambientazioni agresti, nei cori festosi non si ritrova traccia alcuna delle pulsioni di morte che segnano l’opera wagneriana. E anche quando Dvořák fa riferimento all’accordo del “Tristano” facendolo lievemente echeggiare in orchestra, il suo richiamo non ha un significato drammaturgico ma il senso di una interessante citazione colta. Com’è nello stile di tutta la produzione di Dvořák, infine, va sottolineato in tutta la partitura un gusto “slavo” che si coglie nelle armonie, nelle timbriche, nelle volute melodiche di certi passi corali (il coro delle ninfe d’acqua «Odesla jsi do sveta»): lì è la vera natura del lavoro del compositore e il suo contributo maggiore e più personale al teatro boemo. Roberto Iovino 10 Rusalka Il Giornale dei Grandi Eventi Dal repertorio tedesco alle favole slave Rusalki, Ondine e Lore Lay: l’evoluzione di miti e leggende acquatiche L a fantasia irrequieta e poliedrica del poeta tedesco Clemens Brentano nei versi di Lore Lay delinea l’immagine di una fanciulla infelice, abbandonata dall’amato e involontariamente artefice della rovina di tutti coloro che la guardano. La sua figura si dissolve in puro suono. Chi la invoca sente il suo nome ripetuto dalle voci dei tre cavalieri che morirono sulla rupe inseguendo la strega maliarda, come un’eco spettrale che è anche la voce del poeta stesso. In un eccesso di cupa malinconia, Brentano sembra voler identificare il proprio destino con quello dell’ondina, la quale del resto è una sua originale creazione. Nella tradizione popolare, infatti, tali spiriti erano solitamente di sesso maschile. Viene poi la novella Undine di Friedrich H. Karl de la Motte-Fouqué, fonte d’ispirazione diretta per il librettista della Rusalka di Dvořák, Jaroslav Kvapil. Delicata alchimia fra le diverse narrazioni della Bella Melusina e della già citata Lore Lay, Undine è uno dei vertici del romanticismo tedesco. Fouqué riesce nell’arduo compito di tratteggiare un mondo fiabesco mai eccessivamente fantastico, colmo di accenti profondamente umani. Un racconto di candida lucentezza, che anticipa la ben più tragica vicenda della Sirenetta di Hans Christian Andersen, la quale si sacrifica in maniera prettamente romantica. Il suo desiderio di diventare umana la conduce alla morte ed alla dissoluzione, la tramuta in una brezza sottile, forma alla quale è concesso il pianto. Già l’alchimista e astrologo Paracelso aveva parlato del crudele destino delle ninfe acquatiche, le quali potevano guadagnarsi un’anima solamente sposando un essere umano. Tanta fu la presa di questo soggetto che E.T.A. Hoffmann ne trasse un’opera, all’epoca accolta dal successo ma in seguito dimenticata. Per restare in ambito germanico, non possiamo tralasciare l’Undine di Lortzing, compositore solitamente noto per la sua vena comica e brillante. Anch’egli parte dal soggetto di la Motte-Fouqué, adattandolo alle proprie perso- nali esigenza. A ragione Lortzing considerò sempre Undine come uno dei suoi esiti più alti. Una singolare mescolanza di elementi Biedermeier e fiabeschi dal finale tragico, costruita con sapienza drammaturgica e facilità inventiva, purtroppo quasi mai rappresentata dalle nostre parti. Terminiamo il nostro excursus in ambito tedesco evocando il convitato di pietra per eccellenza, quel Richard Wagner la cui ombra risulta immensa e ineludibile. Non è del Ring che vogliamo parlare, dove pure le ondine compaiono in abbondanza quali custodi dell’oro che è alla base della saga. Chiamiamo invece in causa Lohengrin, simbolo poetico di un’ineffabile lontananza. Il compositore riconosce in questo mito: «un nobile poema dell’umano desiderio nostalgico e struggente». Il Dio desidera scendere dall’alto verso il mondo degli uomini, desidera l’amore incondizionato, aspira all’unione dello spirito con la sensualità. Come la ninfa delle acque, questi è prigioniero di una terribile dualità. La distanza che lo separa dal mondo degli uomini è incolmabile, e alla fine lo costringe a tornare nel proprio regno solitario. L’umano e l’inumano non possono ricongiungersi: in questo consiste il dramma di Lohengrin e delle tante creature acquatiche che popolano l’immaginario germanico. Ondine dell’Est Quando le ninfe acquatiche approdano ai lidi slavi prendono il nome di Rusalki. Sono creature affette da una oscura mestizia, come scrive Lermontov nei suoi versi dedicati a questa romantica figura. Il loro aspetto varia nelle differenti tradizioni: a volte sono fanciulle dai capelli lunghissimi, sovente rappresentate mentre si stanno pettinando le lunghe umide chiome, oppure esseri metà donne e metà pesci come le sirene seduttrici dei naviganti, o ancora apparizioni notturne e demoniache. Secondo alcune leggende la loro inquietudine deriva dall’aver subito una morte violenta nei pressi di un corso d’acqua. Il panteismo slavo, sempre prodigo di spiriti legati alla natura, spiega l’inclinazione, per così dire “ecologica”, dell’opera di Dvořák. In quest’ottica Rusalka si inserisce nella tradizione dei poemi sinfonici, che sempre si articolano su un collegamento di elementi naturali e fantastici, del compositore boemo Bedřich Smetana. La natura sembra addirittura sovrastare gli elementi magici della narrazione, così come l’umano prevale sul fiabesco nel catturare l’attenzione dell’ascoltatore. C’è una freschezza liquida e infantile nella Rusalka, un lirismo quasi cameristico che è tipico della cultura ceca, pregno di una tenerezza struggente. La sua ricerca dell’anima, il suo voler conquistare ad ogni costo una forma fatta di carne e di sangue, la conduce verso un destino inevitabilmente tragico. Il mutismo forzato è il prezzo che l’ondina deve pagare alla strega Ježibaba per assumere sembianze umane, una condizione che diviene simbolo del distacco fra i due mondi. L’impossibilità di risolvere il contrasto fra la realtà materica e quella acquatica è alla base del conflitto drammaturgico, incarnato dal personaggio della principessa straniera. Questa rappresenta la sensualità contrapposta all’isolamento della protagonista, al suo cadaverico pallore. Immersa nel sentimento puro della musica ceca, la figura dell’ondina si risolve nel topos operistico più antico, quello del lamento. Il conclusivo ritorno al mondo delle onde è ancora un qualcosa di tipicamente slavo, un atavico ricongiungersi al primigenio regno della natura. Riccardo Cenci Curiosità La figura dello Spirito delle acque I l Vodník, o spirito delle acque, era una ben nota figura della mitologia popolare slava, specie dopo la pubblicazione della macabra ballata di Karel Jaroslav Erben nella sua Ghirlanda di fiabe popolari (1853) e le trasposizioni in musica che ne seguirono per opera di Fibich (in veste di melologo, 1883) e di Dvořák (in veste di poema sinfonico, 1896). Figure quali quelle della strega Ježibaba e del vodník furono introdotte dal librettista di Rusalka, Jaroslav Kvapil, nella fiaba Undine di Friedrich de la Motte Fouqué allo scopo di arricchire l’opera con personaggi tipici del folklore ceco, differenziandola così dalle precedenti opere tedesche di Hoffinann e Lortzing imperniate anch’esse sulla vicenda di Undine. Questo disegno di Mikolás Aleš (1852-1913), uno dei molti da lui pubblicati, segue le numerose descrizioni che del vodnik si incontrano nelle fiabe, conferendogli un aspetto quasi umano che la giubba e il cappello piumato mettono in evidenza. In tale caso, il lato non umano dello gnomo è sottolineato dalla sorprendente presenza, agli arti inferiori, del piedi equini. Il Vodník di Rusalka è un po’ diverso in quanto non gli è permesso uscire dall’acqua e, a differenza di quello di Aleš, non è interessato a catturare anime umane da tener racchiuse nel suo vaso. Il Giornale dei Grandi Eventi Dal mondo della musica 11 La stagione 2014-2015 dell’Accademia Filarmonica Romana Memoria e Futuro: una musica a più dimensioni 1 94, ma non li dimostra… È iniziata lo scorso 23 ottobre al Teatro Olimpico il centonovantaquattresimo anno di attività dell’accademia Filarmonica Romana, fondata da un gruppo di nobili romani amanti della musica nel 1821 e oggi una delle realtà musicali più aperte e innovative del panorama della nostra città. Si è aperta con uto ughi, che ha dedicato l’esecuzione della Partita in re minore di Bach alla memoria di Adriana Panni, indimenticabile presidente dal 1973 al 1994, di cui ricorrono quest’anno i venti anni dalla scomparsa. Si chiuderà con Igor Stravinskij, il 7 maggio al Teatro Olimpico, e una serata speciale curata da Corrado Augias sul tema della Grande Manuela Kerer Guerra, per ricordare insieme il 24 maggio 1915, quando i nostri fanti attraversarono il Piave come primo atto dell’entrata in guerra dell’Italia. In mezzo, più di trenta appuntamenti che seguono i percorsi più diversi, con le orecchie tese ad ascoltare il nuovo e con il vizio, antico, di scommettere su ‘combinazioni’ imprevedibili, come quella al Teatro Argentina il continua da pag. 3 per l’immagine e la credibilità internazionale del Teatro dell’Opera di Roma. Quando si gestisce una struttura così rappresentativa della cultura di una Città e di un Paese, non si può lavorare col piccone, ma si deve usare il bisturi. Non siamo, con tutto il rispetto, tra i metalmeccanici di un’oscura fabbrica. E forse di questo danno d’immagine sarebbe il caso che la Corte dei Conti gliene chiedesse il risarcimento, perché l’Opera è un bene pubblico, ovvero anche di ogni singolo cittadino, di ogni romano il quale – dal neonato all’ultracentenario – contribuisce con più di 6 euro a testa all’anno, pur, magari, detestando la musica. Risparmi operati sulla pelle degli altri, pretesi a fronte di una sua doppia carica che mantiene: quella di Amministratore delegato di Musica per Roma, ovvero dell’Auditorium e questa di Sovrintendente. Ma dovendo pagare un Sovrintendente, ci si aspetterebbe di averlo a tempo pieno, soprattutto in una realtà che di problemucci pare averne qualcuno. Ma qui la politica, forse, spalleggia un po’ troppo. Si scopre così da fonti sindacali, che mentre si tagliano straordinari e si costringe il pubblico ad uno spettacolo alle 19 – che quindi, visti gli spostamenti e blocchi, implica una uscita di casa magari in smoking nel cuore del pomeriggio (intorno alle 17 /17,30) – si sperperano soldi con un allestimento di Tosca (sottolineiamo Tosca, opera che al Costanzi, dove è nata, sarà andata in scena centinaia di volte) dal costo di quasi mezzo milione di euro, quando nei ricchissimi magazzini del Teatro ci saranno diversi suoi allestimenti. Non sarebbe stato, dunque, più sen- 20 aprile che vedrà lavorare gomito a gomito due teatranti (Federico Tiezzi e sandro lombardi) e due musicisti (Monica Bacelli e Pietro De Maria) intorno al Ritorno di Casanova di arthur schnitzler. Fedele alla sua vocazione, la Filarmonica gioca su più fronti, dalla musica da camera ai grandi solisti, dal repertorio barocco a quello contemporaneo, dalle contaminazioni teatrali all’amore invincibile per la danza. Non solo il Festival Internazionale della Danza, ideato, come negli scorsi anni, insieme al Teatro Olimpico, e quest’anno più ricco che mai, con cinque produzioni che toccano generi molto diversi tra loro, ma anche il ritorno dei Momix, in scena fino al 30 novembre, con il loro ultimo successo Alchemy, e un nuovo, colorito, spettacolo di Miguel angel Berna, affascinante ballerino che ci racconterà a modo suo il Mediterraneo (dal 2 al 7 dicembre). La stagione si dividerà tra le tre sedi abituali, il Teatro Olimpico, per il periodo autunnale e per gli spettacoli di danza, il Teatro Argentina, nei mesi invernali, dedicati alla musica da camera, e la Sala Casella, ‘cuore pul- sato con l’accortezza del “buon padre di famiglia” e con un decimo della spesa il restauro di un proprio patrimonio da portare in scena e poi da mettere a reddito, affittandolo ad altri teatri? Ma l’Opera di Roma vive anche di figli e figliastri. Così, ad esempio, un gruppo di giornalisti di diverse testate importanti, ha dovuto scrivere al Sindaco per segnalare favoritismi e soprattutto boicottaggi. Ad alcuni critici di diverse testate – ci riferiscono - non vengono concessi i biglietti per svolgere il proprio lavoro e neppure una semplice mail in tempi utili, non certo onerosa, con il materiale stampa (comprese le foto) che il Teatro dovrebbe fornire a tutti i giornalisti. Non si organizzano più le tradizionali conferenze stampa prima dello spettacolo, dove si colloquiava con direttori e registi. Ora, praticamente, tutta l’informazione sono solo comunicati – sempre lo stesso ripetuto per più giorni – che contengono soltanto il cast e forse, quando va bene, come questa volta – ma è l’apertura!” - quattro righe di commento del regista (leggermente insufficienti per spiegare un intero spettacolo) e cinque, magari copiate dal DEUM, con la fonte e la prima rappresentazione. Un po’ poco, almeno questo che si vede, per giustificare un ufficio – di una struttura pubblica – e sostenere l’immagine del Teatro. Tutto, insomma, gestito in maniera verrebbe da usare il termine – “massonica”. E forse per questo, sempre lo stesso Mollicone, aveva chiesto a Fuortes, «come prevede una delibera comunale vigente se sia massone o frequenti alti esponenti che hanno ruoli decisionali in questa vicenda, i quali eventualmente appartengano alla stessa organizzazione». La risposta, a quanto ne sante’, dove quest’anno sono in programma una serie di appuntamenti particolari, che vedranno protagonisti interpreti di grande rilievo, compositori e artisti, impegnati a stringere con il pubblico un rapporto più intimo e diretto: sarà il Cerchio della musica, in cui entreranno Manuela kerer, sandro Cappelletto, Georges aperghis, Rinaldo alessandrini, Claudio ambrosini, e altri ancora. In questa molteplicità di luoghi e di proposte, ognuno potrà ritagliarsi il proprio percorso, scegliendo tra le molte formule di abbonamento possibili, dalle più agili alle più ricche: ognuno potrà scegliere come vivere la propria Filarmonica. www.filarmonicaromana.org Cl. la. sappiamo, non è arrivata. Nulla abbiamo contro la Massoneria, che anzi ha apprezzato e lodato la serietà storica con la quale l’abbiamo affrontata nei numeri del Flauto magico di Mozart, ma se le norme lo prevedono, anche un Sovrintendente dovrebbe dichiararlo. Ma la logica non è parente dell’arroganza. Arroganza che pare essere divenuta, con questa gestione, l’unica certezza del Teatro, fino al punto di minacciare il nostro tipografo - dal quale stampiamo da oltre dieci anni e che cura anche pubblicazioni per il Teatro - di sospendergli ogni commessa se avesse continuato a realizzare la nostra pubblicazione. La strana coincidenza è che tale minaccia sia arrivata all’indomani del nostro Editoriale nel numero di Pagliacci con il quale criticavamo il metodo molto grossier dei licenziamenti di massa e riflettevamo che una “Fondazione lirica” è tale se ha coro ed orchestra per i quali percepisce finanziamenti pubblici. Noi per aiutare un amico, quale è ormai il tipografo, ci siamo organizzati in altro modo e continuiamo ad offrire ai lettori questo nostro ventennale, gratuito, servizio in nome della cultura. Auspichiamo quindi, se lo vorrete, anche una vostra voce. Certo, la dirigenza del Teatro usa metodi da dittatura bolscevica, in faccia alla libertà di stampa e alla libera concorrenza. Non sarebbe quindi ora, dopo tutto questo, un sano cambio di vertici con persone meno arroganti di un manager che tale, forse, appare solo a se stesso, visto il suo percorso professionale costellato di insuccessi importanti, dall’aver lasciato il Petruzzelli di Bari con un buco plurimilionario, fino all’attuale situazione dell’Opera. andrea Marini Festeggiate con noi Festeggiate con noi „Vienna in Rome“ “Vienna in Rome” L’Enteper peril il Turismo di Vienna Vi all‘evento invita all’evento L‘Ente Turismo di Vienna Vi invita „Vienna in“Vienna Rome“. in Rome”. LasciateVi dall’atmosfera natalizia per scoprire LasciateVi incantare incantare dall‘atmosfera natalizia e scoprite gli highlights di di Vienna del anni 2015 , Ringstrasse. gli hightlight Vienna del 2015, specialmente l‘anniversario dei 150 della specialmente l’anniversario dei 150 anni della Ringstrasse. Vi aspettiamo dal 2 al 7 dicembre nel cortile di Palazzo Braschi dove, dalle 11:00 Dalalleal20:00, sarà possibile respirare dallela straordinaria alleatmosfera del Natale viennese. 2 7 DICEMBRE 11.00 20.00 nel cortile di PalaZZO BRasCHI I visitatori degustare gratuitamente i tradizionali dolci „Lebkuchen“, saràpotranno possibile respirare la straordinaria atmosfera del accompagnandoli dalle 16:00 anche con il tipico punch. NaTalE VIENNEsE Ogni sera, alle 19:00, una magica nevicata saluterà, per la gioia dei I visitatori potranno degustare gratuitamente i tradizionali dolci più piccoli, il miracolo dell‘imminente Avvento. “Lebkuchen”, accompagnandoli dalle 16.00 anche con il tipico “punch”. Ogni sera,dialle 19.00, L‘Ente per il Turismo Vienna saràuna lietomagica di averVi nevicata come ospiti! Più informazioni: saluterà rome.vienna.info il miracolo dell’Avvento. l’Ente per il turismo di Vienna sarà lieto di averVi come ospiti! Informazioni: rome.vienna.info www.vienna.info Christkindlmarkt: Rathausplatz (c)WienTourismus/Peter Rigaud