PROSA OPERETTA Rury Avianti, componente fin dalla più giovane età della troupe del Palazzo Reale di Surakarta - luogo dove è nata -, ha incontrato poi la danza contemporanea con la coreografa coreana Sen Hea Ha, formatasi alle danze sciamaniche, laureata alla Kyungsung University e impegnata nella Baegimsae Dance Company coreana; ha lavorato tra gli altri con Pina Bausch e Peter Sellars collaborando poi con vari coreografi indonesiani e partecipando a molti tour in Oriente e Occidente. Moglie di uno dei compositori moderni più apprezzati in Indonesia, Tony Prabowo, è molto attenta alle scelte musicali da cui la sua decisione di lavorare su Louis Andriessen. Cahwati, nata a Banyumas nel 1982, diplomata alla High School of Art and STSI di Surakarta nel 2005, virtuosa dello stile banyumasan, ha dimostrato tutto il suo talento anche in varie altre forma di danza e canto giavanesi. Tra i suoi lavori si segnalano Nak e Rodeo nel 2003 e Sang Nak del 2005. Cahwati è stata interprete per coreografi come Eko Supriyanto, Deddy Luthan e Rini Endah. Per Sen Hea Ha si è esibita in Infinita, Bebrayan e Prayer of Refuge a Giakarta e a Surakarta, in Indonesia, oltre a prender parte a produzioni presentate anche in Europa e a Singapore. Agung Gunawan, nato nel 1971 a Klaten, Java centrale, diplomato alla High School of Arts di Jogyakarta, ha proseguito gli studi di danza classica giavanese a Surya Kencana e al Kraton Royal Palace, dove si esibisce tuttora. Ha praticato anche altri stili (sumatranese, betawian e kalimantan) con Bagong Kusudiharjo e la danza contemporanea con Miroto, di cui è assistente nella compagnia che ne porta il nome, già nota anche in Europa. Con il Padepokan Seni Bagong Kusudiharjo si è esibito anche negli Stati Uniti; è stato professore residente a Bucarest in Romania, lavora con il compositore di musica contemporanea Vincent McDermott e ha preso parte anche al film Opera Jawa come assistente coreografo. Agus Margiyanto nato a Surakarta, viene dal teatro e durante i suoi studi all’Istituto delle Arti di Surakarta ha scoperto il suo amore per la danza e rivelato tutto il suo talento, coltivando specialmente la coreografia. Pure lui ha collaborato come assistente coreografo con la coreana Sen Hea Ha, attraverso cui è venuto in contatto con la musica di Ligeti. Insieme a Cahwati ha sviluppato quindi un suo percorso sulle Études per pianoforte di György Ligeti. Retno “Eno” Sulistyorini, nata e cresciuta nella città di Surakarta, in giovane età è stata subito notata da diversi coreografi e scelta come danzatrice principale nelle loro produzioni. Ha studiato all’Istituto delle Arti di Surakarta e si è specializzata in coreografia. Dal 2000 ha firmato proprie creazioni e nel 2007 Samparan-Moving Space presentato in diversi festival in Indonesia. LES JAVANAIS, IL PROGRAMMA Il programma proposto da Les Javanais a Udine è coerente con l’intento artistico di rendere omaggio alla danza giavanese soprattutto nell’incontro con la musica europea, senza rinunciare alla musica giavanese odierna. Ecco dunque En Suspens e Wayang Golek, (I burattini) di Agus Margiyanto e Cahwati, due lavori ideati sugli studi per pianoforte di György Ligeti, ungherese-austriaco nato in Transilvania; e sempre su brani pianistici di Ligeti, Cahwati danza Allegro con spirito usando elementi di danza classica e popolare giavanese, mentre Agus Margiyanto interpreta, utilizzando la frammentazione e la ricomposizione del corpo, Sostenuto-Misurato-Prestissimo che evidenzia nelle sonorità sorprendenti affinità con alcuni brani di musica tradizionale giavanese. Beyond Bedaya (Oltre Bedaya) di Rury Avianti è costruito invece su musica del compositore olandese Louis Andriessen, ma è ispirato a quel racconto del Mahabharata indiano dove si narra di Gandhari, moglie del Re cieco Dertarastra, che per empatia con il marito si fascia gli occhi con una benda nera. Retno “Eno” Sulistyorini, su musica di Rudy Sulistanto, noto per esperire forme nuove sulla base delle fonti antiche, esplora in Samparan-Moving Space le possibilità del corpo e del movimento facendo tesoro dei vincoli posti dal costume tradizionale, lungo tre metri, chiamato samparan. Il duetto di Martinus Miroto per sé e Agung Gunawan è tratto da Panji Penumbra su musica di Rahayu Supanggah, nato in una famiglia di marionettisti, formato all’Indonesian Conservatory for Gamelan Studies, perfezionatosi in Etnomusicologia all’Università Paris VII, maestro e organizzatore di festival, artista polivalente, collaboratore di grandi personalità del teatro tra cui Peter Brook, residente dal 2007 al Southbank Centre in London. Il duo si riferisce alla vicenda di un eroe epico giavanese, il principe Panji Asmarabangun, innamorato follemente di una fanciulla del villaggio, Angraeni, un amore impossibile che porta alla morte la ragazza e, attraverso varie peripezie, all’incontro del principe con una giovane che si rivela essere la principessa Sekartaja, nonché sosia di Angraeni destinata al matrimonio con lui. Entrambi gli interpreti sono uomini, secondo l’uso invalso nell’esecuzione delle danze classiche in passato, per gagah, personaggi maschili, più rozzi, e alus, personaggi femminili, più raffinati. Miroto propone anche Penumbra, solo in cui interpreta la disperazione dell’eroe Panji quando scopre che il suo grande amore proibito, la bella Angreani, si è tolta la vita. Un programma, dunque, in perfetto equilibrio tra passato e futuro, per scoprire i tesori di un’isola splendente di musica e danza, emozionanti per virtuosismo e fascino eterno. Testi di Elisa Guzzo Vaccarino MUSICA LIRICA DANZA CROSSOVER SIPARI FURLAN TEATRO BAMBINI TEATRO GIOVANI TEATRO & martedì 20 aprile - ore 20.45 SIPARI FURLAN (fuori abbonamento) Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe Teatro Nuovo Giovanni da Udine ODISSEE drammaturgia e regia di Claudio de Maglio traduzioni in friulano dal greco di Alessandro Carrozzo e Pierluigi Visintin traduzioni in friulano e collaborazione drammaturgica di Carlo Tolazzi con Massimo Somaglino, Maria Ariis, Fabiano Fantini, Elvio Scruzzi, Chiara Donada, Claudia Grimaz, Nicoletta Oscuro, Giuliano Bonanni, Federico Scridel, Stefania Ugomari di Blas, Francesco Godina, Valdi Tessaro, Monica Aguzzi, il piccolo Alessandro Bile e gli allievi del I° anno di corso dell’Accademia Nico Pepe canti composti da Giovanna Marini; musiche di Vittorio Vella direzione del coro e consulenza musicale Marco Toller scene di Giuseppe Rocco; video di Paolo Comuzzi; costumi di Emmanuela Cossar 23 aprile - 1 maggio TEATRO& C.E.C. Centro Espressioni Cinematografiche FAR EAST FILM FESTIVAL - 12a EDIZIONE sabato 8 maggio TEATRO& vicino/lontano-identità e differenze al tempo dei conflitti Cerimonia di premiazione del PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE TIZIANO TERZANI 10 - 14 maggio VIAGGIO DEL TESTO – VI edizione Laboratori di traduzione teatrale e lettura interpretativa, conversazioni e incontri di approfondimento LEGGERE RICREANDO Le oscure passioni di Charles Dickens sabato 15 maggio I NUOVI SUONI ore 16.00 CONVERSAZIONE con HELMUT LACHENMANN e DANIELE SPINI ore 20.45 Sentiti da Vicino: HELMUT LACHENMANN QUARTETTO ARDITTI Irvine Arditti violino Graeme Jennings violino Dov Scheindlin viola Rohan de Saram violoncello martedì 18 maggio - ore 20.45 DANZA St. Petersburg Ballet Theatre IL LAGO DEI CIGNI balletto fantastico in tre atti e quattro scene musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij libretto di Vladimir Begichev, Vasily Geltzer coreografia originale di Marius Petipa, Lev Ivanov versione coreografica rivisitata da Konstantin Sergeev scene di Simon Pastukh costumi di Galina Soloviev Prevendite: lunedì 3 maggio per gli spettacoli di maggio e giugno 2010. Solo il primo giorno di prevendita la biglietteria sarà aperta anche la mattina: ore 09.30-12.30; 16.00-19.00. Biglietteria on line: www.teatroudine.it www.vivaticket.it Studio Patrizia Novajra print: La Tipografica srl Il gruppo scelto di danzatori-coreografi che Miroto ha raccolto intorno a sé si colloca nella stessa sua filiera di performer che, provenendo dalle città di Yogyakarta e Surakarta, centri molto potenti nel periodo feudale, prima della colonizzazione olandese, come sedi di due importanti Sultanati con ricchi palazzi che custodivano splendide e raffinate danze rituali, di elegantissima codificazione - fino a che le loro porte si aprirono e i loro maestri dettero vita ad accademie e scuole di danza aperte a tutti, con l’indipendenza dell’Indonesia nel 1945 - sanno andare al di là della tradizione senza perdere però l’essenza unica della cultura giavanese, come dimostra il loro curriculum. via Trento, 4 - Udine Tel.: 0432 248411 [email protected] www.teatroudine.it domenica 18 aprile - ore 20.45 CROSSOVER Anmaro Asia Arts LES JAVANAIS The Best of Javanese Modern Dance Anmaro Asia Arts LES JAVANAIS The Best of Javanese Modern Dance danzatori e coreografi Rury Avianti, Cahwati, Agung Gunawan, Agus Margiyanto, Martinus Miroto, Retno Sulistyorini musiche di Louis Andriessen, György Ligeti, Rahayu Supanggah, Rudy Sulistanto direzione di Martinus Miroto luci di Iskandar Loedin organizzazione di Fafa Utami ideazione e produzione Anmaro Asia Arts EN SUSPENS coreografia e danza Agus Margiyanto e Cahwati musiche di György Ligeti da Études pour piano BEYOND BEDAYA (Oltre Bedaya) coreografia e danza Rury Avianti musiche di Louis Andriessen ALLEGRO CON SPIRITO coreografia e danza Cahwati musiche di György Ligeti da Musica Ricercata PANJI PENUMBRA coreografia Martinus Miroto danzatori Martinus Miroto, Agung Gunawan musica di Rahayu Supanggah SAMPARAN – Moving Space coreografia e danza Retno “Enno” Sulistyorini musica di Rudy Sulistanto WAYANG GOLEK (I burattini) coreografia e danza Agus Margiyanto & Cahwati musiche di György Ligeti da Études pour piano PENUMBRA coreografia e danza Martinus Miroto musiche di Gabriele Roth and the Mirrors SOSTENUTO-MISURATO-PRESTISSIMO coreografia e danza Agus Margiyanto musiche di György Ligeti da Musica Ricercata DANZE D’ORIENTE E D’OCCIDENTE, IERI E OGGI GIAVA E LA DANZA LES JAVANAIS, I PROTAGONISTI Non è di oggi la scoperta dei valori della danza orientale, ben più antichi del nostro balletto accademico. I grandi innovatori del teatro europeo come Bertolt Brecht, Jean Louis Barrault, Peter Brook, Eugenio Barba, Jerzy Grotowsky, e russo come Vsevolod Mejerchol’d e Aleksandr Tairov e Konstantin Stanislavskij, e americano, come Lee Strasberg e come Bob Wilson ai nostri giorni, hanno guardato alle forme del teatrodanza dell’Est per nutrirsi di nuova linfa, senza dire della teoria dell’attore-supermarionetta di Gordon Craig, contro il realismo teatrale ottocentesco, e della incisiva seduzione esercitata dal teatro balinese su Antonin Artaud e sul suo “teatro della crudeltà”. Persino Charlie Chaplin dedicò parole ammirative al teatro Kabuki giapponese. A loro volta, le pioniere della danza moderna americana nel primo Novecento ‘pescarono’ volentieri gesti e modi ‘esotici’ guardando verso Oriente. Un buon esempio viene da Rahda (1906) e Nautch (1908), brani insaporiti di India della pioniera americana Ruth Saint Denis (Ruthie Dennis). E ancora Maurice Béjart, gran viaggiatore tra testi, musiche, religioni, ha tratto spunto dall’India per Bhakti o dal Giappone per Kabuki, visite spurie all’altrove, ma oltremodo significative del desiderio di vivere in un mondo ‘uno’ e ‘diverso’ insieme. L’Oriente come mito e come categoria dello spirito permea un Occidente che è tale proprio perché si specchia nel suo lontano ‘contrario’. Un lontano che lontano non è più, adesso, nella società ‘liquida’ e globale in cui viviamo. Ieri fu dirompente l’apparizione di artisti orientali in Europa, specie a Parigi e specie al tempo della grandi esposizioni universali, ma anche a Mosca e nella Russia non ancora chiusa dietro la cortina di ferro: basti pensare al cinese Mei Lan-Fang, squisito interprete dei ruoli dan, cioè femminili, nell’Opera di Pechino, e ai giapponesi Michio Ito, attore-interprete della parola poetica di William Butler Yeats, e Sada Yacco, ex Geisha, e Hanako, attrici considerate sublimi, contro la tradizione nipponica di affidare i ruoli di donna agli uomini, gli onnagata, e alle danze cambogiane, che folgorarono Auguste Rodin a Marsiglia nel 1906, e a quelle siamesi, dipinte nel 1901 da Léon Bakst, autore anche dei figurini per l’indianeggiante Le Dieu bleu (1912), cioè Khrisna, danzatore cosmico, distruttore e rigeneratore, coreografato da Mikhail Fokineper Tamara Karsavina e Vaslav Nijinsky, i super divi dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. Oggi, con altrettanta forza espressiva e comunicativa, gli artisti asiatici e africani che arrivano ai nostri palcoscenici colpiscono e innovano il panorama dello spettacolo teatrale colto, portando con sé non solo l’antico sapere corporeo, raffinatissimo, della propria cultura, ma anche la conoscenza diretta dell’approccio occidentale alla danza contemporanea, cercando una terza via, nuova e fresca per intrecciare in modo autentico più patrimoni tecnici, gestuali e coreografici. Pochi esempi bastano a chiarire il punto: Saburo Teshigawara, giapponese attivo a Berlino, e Shen Wei, cinese trasferito a New York, ma anche Akram Khan, anglo-indiano, o Georges Momboye, afro-francese, sono capofila di questa fusione inedita, che non rinuncia alle sue specificità, ma coglie e assume la ricchezza di più mondi. Un fenomeno planetario, che in Francia è stato definito métissage e che pare destinato a dare sempre più frutti di eccellente e nuovo sapore. Da Giava, in questa filiera di ricerca, giunge ora un gruppo di stimatissimi danzatori che propone un felice incontro tra danza orientale di origine tradizionale, quanto alla meravigliosa precisione e allo stupefacente controllo del corpo di sapienza millenaria, e modi attuali di creazione scenica, innervando la coreografia di musica contemporanea dell’est e dell’ovest armonicamente integrata con elementi di creatività attuale, personale, o meglio individuale, al modo che conosciamo in Europa e in Nord America. Giava, come Bali che ne ha subito l’influsso, attribuisce alla danza un’origine soprannaturale. Un Dio, Icvara, portò personalmente agli uomini gli strumenti musicali mostrando come dovevano essere raggruppati per formare un’orchestra, il gamelan, adatta ai diversi tipi di teatro e di danza con ritmi e melodie propri a ciascuno/a. Furono le Widadari, le Ninfe celesti, a eseguire in origine per il piacere degli uomini le danze bedoyo, che pare derivino da antichi riti sacrificali animisti, e serimpi, da eseguire in perfetto sincronismo, danze di Corte ispirate all’epica del Mahābhārata e del Rāmāyana, i grandi poemi che sono alla base di più forme preziose di teatro irradiate in tanti paesi a partire dall’India, dove sono nati. Una di loro, innamorata di un mortale, scese sulla terra a Giava e le insegnò agli umani. Fatto sta che a Giava non c’è alcuna cerimonia o anniversario religiosi o familiari senza danza, tuttora legata alla tradizione culturale buddista-induista, specie al teatrodanza kathakali indiano, anche dopo l’islamizzazione del paese. Va detto che questo genere di danze di colori favolosi fece scalpore all’Expo Universale di Parigi nel 1889, guadagnando un immenso successo, anche popolare, e richiamando l’attenzione pure di pittori come Paul Gauguin e il già citato Rodin e di musicisti come Camille Saint-Saëns e Claude Debussy, che ne furono influenzati scoprendone le strutture tonali in questa occasione. Tornando a Giava, il più tipico degli spettacoli locali, il wayang kulit (o wayang purva) è un teatro d’ombre musicale di cui esistono testimonianze scritte fin dalla metà dell’XI secolo d.C., realizzato con figure sagomate in cuoio che rappresentano i personaggi dell’epica indiana e le loro avventure edificanti di lotta tra bene e male. Derivazione del wayang kulit, e più popolare, è il wayang golek, teatro di pupazzi. Dal wayang topeng, o teatro delle maschere, derivano il topeng barongan, o teatro delle maschere vive, e il topeng wong, o teatro dell’attore parlante, all’origine del recente wayang orang, in cui gli attori, senza più maschera, propongono anche adattamenti di classici del teatro occidentale. Le danze giavanesi, riservate come si è detto agli svaghi delle Corti di Solo (Surakarta) e di Yogyakarta, erano eseguite in genere dalle concubine dei Sovrani. Solo dal 1918, per iniziativa del figlio del sultano di Yogyakarta, vennero insegnate anche a chi non faceva parte dell’entourage aristocratico, mentre dal 1963 la tradizione è alimentata da un’Accademia Nazionale di Danza con sede in questa stessa città. Sei tra i più bravi danzatori contemporanei di Giava, e perfetti interpreti della loro cultura classica, presentano le loro coreografie attuali, entrando e uscendo dagli schemi appresi in una rigorosa formazione e sperimentando una gestualità che attinge al passato, ma nello stesso tempo si apre alla modernità. Se classico significa, a est come a ovest, impadronirsi di una maestria codificata e sedimentata per poi farla propria ed eventualmente portarvi un tocco di personalità individuale, contemporaneo a Ovest significa generalmente inventare una propria forma di espressione. In Oriente, dove non è avvenuta la rottura operata dalle Avanguardie Artistiche del Novecento rispetto al passato tradizionale, come è accaduto a Ovest, il contemporaneo invece, si muove nell’alveo e nel confronto con i modi e/o i temi dell’eredità ricevuta, innovandola dall’interno. Les Javanais è un programma particolarmente interessante perché mostra meravigliosamente questo itinerario di lavoro sul crinale tra ieri e oggi e tra diversi modi del corpo in scena, sotto la supervisione di Martinus Miroto, cresciuto nella città di Yogyakarta, cuore come si è detto della tradizione giavanese, figura di prua come danzatore, coreografo, direttore della Miroto Dance Company, artista molto apprezzato nel suo paese e non solo, avendo preso parte alla produzione di Viktor di Pina Bausch, la grande signora appena scomparsa del Teatrodanza tedesco, e di Biblical Pieces di Igor Stravinskij diretto da Peter Sellars, noto per le sue regie alternative delle opere di Mozart e per la sua attenzione alle culture globali e multietniche. Il World Music Theater Festival olandese ha inoltre commissionato a Miroto due produzioni: nel 2002 Dancing Shadows, una interpretazione moderna della danza classica giavanese con uso di maschere e di ombre, e nel 2004 Saidja e Adinda da una novella tratta dal capolavoro di Multatuli Max Havelaar. Martinus Miroto si è fatto conoscere internazionalmente - tra l’altro al festival del cinema di Venezia - anche come interprete del film Opera Jawa (2007) di Garin Nugroho, con Artika Sari Devi, Miss Indonesia 2004, ispirato alle vicende del rapimento di Sita nel Rāmāyana e commissionato dal New Crowned Hope Festival di Vienna per il 250° anniversario della nascita di Mozart, sotto l’ala ancora di Peter Sellars, ecumenico ‘folletto’ del teatro americano, che lo ha definito il “primo film del XXI secolo”. Nel 2005 intanto Miroto ha firmato Panji Penumbra, da cui sono tratti frammenti in programma stasera. Durante una residenza creativa a Taipei, nell’isola di Taiwan, Miroto ha rilasciato dichiarazioni illuminanti sulla sua concezione del rapporto classico-contemporaneo in danza: «La mia carriera di danzatore e coreografo è iniziata con la danza classica giavanese di Corte. Ma anche se la amo molto e ho ricevuto per questo il 10° trofeo Sultan Hamengku Buwana e sono stato scelto come miglior danzatore, la forma classica non offre libertà di movimento e di espressione. Ciò mi ha spinto a sviluppare nuove possibilità liberatorie in un corpo contemporaneo. Attraverso un lungo processo di semplificazione dei principi essenziali della danza giavanese, arricchendo la mia esperienza corporea con modern dance, tai chi e arti marziali, mi sono ritrovato a trasformare il mio corpo da classico a contemporaneo senza privarmi del confronto con la tecnica e la filosofia della mia tradizione. Per me la coreografia è un linguaggio di comunicazione creativa che viene dall’immaginazione e prende forma in una struttura drammaturgica costruita con l’arte del movimento, del suono, dello spazio, del tempo, del personaggio, dell’energia e del décor. Sono cosciente di questi elementi nel fare coreografia ma al tempo stesso so che il mio corpo è in relazione alla comunità e all’ambiente, ai valori spirituali e sociali che io tocco naturalmente sia nella narrazione sia nei lavori astratti. E mi interessa collaborare con altri artisti in installazioni visuali, e con compositori elettronici, disegnatori di luci e costumi, e con danzatori contemporanei».