IL PENSIERO MAGICO E LA SALUTE PUBBLICA Abbandonare il pensiero magico e rifarsi solamente a quanto scientificamente dimostrato: un principio che vale non soltanto per la medicina, ma anche per la prevenzione. Molte delle misure preventive previste dall’attuale normativa italiana sono ormai superate, perché rispetto a quando sono state introdotte le conoscenze si sono evolute e alcuni problemi che volevano combattere non ci sono più. Ma se la società e la salute cambiano, anche la legge deve adeguarsi. Da qui la nascita del movimento dell’evidence based prevention, per una prevenzione sempre più utile alla sanità e sempre meno schiava dell’abitudine. Punto di partenza (e non di arrivo, speriamo) il disegno di legge recentemente approvato dal governo italiano per la semplificazione di una serie di pratiche ritenute ormai obsolete alla luce delle evidenze scientifiche. Dossier Paolo D’Argenio T utti noi desideriamo cure e interventi preventivi che funzionino bene contro le malattie. Tuttavia, per quanto possa apparire bizzarro, la nozione di efficacia delle cure e degli interventi preventivi si è diffusa solo recentemente ed è difficile da concettualizzare e da comunicare. In altre parole, professionisti, decisori e l’intera popolazione fanno fatica ad astrarsi dall’esperienza personale e dal buon senso, per avvicinarsi all’idea che è necessario disporre di prove scientifiche che mostrino se i trattamenti funzionano. Molti hanno numero 69 osservato che nel nostro Paese c’è una carenza di cultura scientifica a tutti i livelli della società, il che rappresenta un grosso ostacolo per lo sviluppo di una moderna sanità pubblica. Per esempio, il pensiero magico tende a esagerare il valore del certificato medico che può essere preso in considerazione come una misura per affrontare problemi di salute. Ancora recentemente l’opinione pubblica ha mostrato preoccupazione perchè le modelle filiformi potrebbero rappresentare un pessimo esempio per le adolescenti e la salute delle stesse inceneritori 13 l’autore Paolo D’Argenio ministero della Salute, direzione della Prevenzione modelle potrebbe essere a rischio. Ebbene, uno dei rimedi individuati è stato: per fare la modella, ci vuole il certificato medico. È molto triste osservare la pervasività del pensiero magico. Per coloro che devono prendere decisioni, sotto la pressione di varie forze (i media, l’industria, la finanza, i sindacati), il fascino del pensiero magico può essere legato al fatto che, per alleggerire la pressione, bisogna decidere in fretta con misure comprensibili ai più. E quello che è facilmente comprensibile è quanto basato sul senso comune. Ma anche il nostro buon senso è spesso inquinato dal pensiero magico. Come situazione tipo immaginiamo un gruppo di studenti ecologisti che vi invita a illustrare i danni per la salute provocati dall’inquinamento atmosferico. Voi vi affannate a spiegare che il più grave inquinante indoor è il fumo di sigarette e gli studenti, che intanto hanno affumicato tutta la stanza fumando a più non posso, vi guardano come un millantatore: state davvero dicendo che il fumo di sigarette è più grave dello smog? State addirittura dicendo che non ci sono prove sui danni del cosiddetto smog elettromagnetico? Siete costretti a dire qualche parola di congedo, prima di guadagnare rapidamente la porta, sotto sguardi di commiserazione degli ecologisti che non riescono a credere alle loro orecchie. E in effetti non ci credono. Prendiamola da lontano A partire dagli anni Novanta, la comunità scientifica internazionale si è impegnata nel ridefinire le basi teoriche delle pratiche sanitarie ed è giunta all’elaborazione di linee guida e raccomandazioni per la buona pratica clinica: la cosiddetta evidence based medicine (Ebm). Anche la prevenzione non fa eccezione: l’efficacia delle misure di prevenzione, sia quelle che consistono in modifiche del sistema regolatorio, sia quelle rivolte alla comunità, sia infine quelle che si rivolgono ai singoli individui, deve essere valutata sulla base di prove empiriche. In Italia, all’interno dei servizi di prevenzione, nasce quindi un movimento di opinione, quello dell’evidence based prevention (Ebp), con l’obiettivo di migliorare la pratica della prevenzione e renderla sempre più utile per la salute pubblica. Propulsori dell’iniziativa sono l’Agenzia regionale sanitaria della Toscana, la Snop e alcuni dipartimenti, come quelli di Verona e Cesena. Oggi la legislazione italiana contiene numerose norme che impongono misure preventive che non sono più ritenute valide dalla comunità scientifica rispetto all’epoca in cui la misura è stata introdotta, oppure norme relative a problemi di salute pubblica che ormai non esistono più. Queste pratiche sono spesso percepite dai cittadini come un inutile aggravio burocratico, mentre per il servizio sanitario rappresentano uno spreco di risorse e portano a perdita di credibilità. Su queste misure, nel 2001 Giorgio Ferigo dà alle stampe il suo Il certificato come sevizia – L’igiene pubblica tra irrazionalità e irrilevanza, un libro radicale e irriverente che mette in discussione il buon senso come generatore di mostri. L’iniziativa Ebp non intende essere solo un movimento di opinione, ma agire anche come un gruppo di pressione per adeguare la normativa alle conoscenze scientifiche disponibili. L’attività è frizzante fin dall’inizio: si crea una mailing list per mettere in contatto gli operatori della prevenzione, si organizzano tre convegni nazionali, corsi di formazione, incontri, seminari e workshop periodici. Tra questi, di grande importanza i due convegni, organizzati in Veneto dal Dipartimento di Verona e da quello Lisa? Non fa per noi 14 Nell’ambito di un pacchetto di misure, definibile come “Programma di sanità pubblica”, sulla salubrità e sicurezza alimentare, viene previsto anche il rilascio o il rinnovo del Libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi (Lisa). L’obbligo del Lisa è stato recentemente messo in discussione da diverse norme regionali e in particolare dalla Legge regionale della Toscana 24 del 12 maggio 2003 “Norme in materia di igiene del personale addetto all’industria alimentare”. Questa norma è stata impugnata da parte del Governo nazionale di fronte alla Corte costituzionale, ma in suo favore, e quindi per l’abolizione del Lisa, è stato realizzato uno studio da parte della Asl 10 di Firenze. Il documento, dal titolo “Valutazione dell’efficacia dell’intervento libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi (Lisa) all’interno dei programmi di salute pubblica per la salubrità e la sicurezza degli alimenti”, è stato pubblicato da Alberto Baldasseroni, Sarah Bernhardt e Antonella Ciani Passeri, con il contributo di Emanuela Balocchini e Claudia Dellisanti. dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili di Conegliano, cui partecipa attivamente anche la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti). Si cominciano a fare studi collaborativi, pochi purtroppo, per valutare efficacia e costi degli interventi di prevenzione previsti dalla legge, mettendo a disposizione i risultati. Incidere sulle decisioni Con la riforma del Titolo V della Costituzione del 18 ottobre 2001, la tutela della salute è prevista come materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. L’iniziativa Ebp concentra i suoi sforzi principalmente sull’abolizione dell’obbligo del Libretto di idoneità sanitaria per gli alimentaristi (Lisa, vedi il box in questa pagina). Nel giugno del 2002, gli operatori della Snop inviano una lettera al ministero della Salute, sottolineando come il libretto sanitario non sia sostenuto da alcuna prova di efficacia e sia quindi una “pratica di vergognosa e dispendiosa inutilità”. Nel 2003 alcune Regioni approvano l’abrogazione del libretto. Il ministero ricorre allora alla Corte Costituzionale contro i provvedimenti regionali, aprendo un conflitto sulla competenza a legiferare nel campo. Con la pubblicazione, nel mese di novembre, dello studio “Valutazione dell’efficacia dell’intervento libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi all’interno dei programmi di salute pubblica per la salubrità e la sicurezza degli alimenti”, coordinato dalla Asl 10 di Firenze, vengono presentate le basi scientifiche a sostegno dell’abolizione del libretto di idoneità. All’inizio del 2004 anche altre Regioni si muovono nella direzione dell’abolizione del libretto, emanando decreti e promuovendo corsi di aggiornamento del personale addetto al settore alimentare. Una cassa di risonanza Nell’ottobre del 2004, quando il ministro della Salute è Girolamo Sirchia e il direttore generale della prevenzione Donato Greco, viene istituito, con il Decreto del ministro della Salute del 13 ottobre 2004, un gruppo di lavoro con i seguenti compiti: redigere un elenco delle autorizzazioni, idoneità e certificazioni sanitarie previste dalla normativa vigente nazionale e regionale valutare le prove di efficacia ai fini della salute della popolazione esistenti per queste procedure, classificandole in tre categorie: certamente utili, certamente inutili, di utilità incerta proporre modifiche dell’attuale quadro normativo di riferimento, in particolare riguardo alle eventuali pratiche inutili. Molte di queste pratiche hanno finalità di tutela e interessano anche altri settori, oltre a quello sanitario, per cui, al momento della nomina della commissione il ministero della Salute valuta l’opportunità di coinvolgere altri ministeri, come per esempio quelli del Lavoro e della Pubblica istruzione. Si opta invece per un gruppo di lavoro agile, interno al sistema sanitario, e quindi composto prevalentemente da “chi fa i certificati, le autorizzazioni, ecc” piuttosto che da funzionari dei diversi ministeri interessati. Una scelta dettata essenzialmente dai tempi stretti che il ministro intende dare al gruppo di lavoro, per cui si preferisce l’omogeneità piuttosto che la rappresentazione di interessi e punti di vista differenti. Fin dall’inizio emerge con chiarezza la profonda differenza di approccio tra chi opera a livello centrale e chi lavora nelle realtà locali: chi applica direttamente le misure all’interno di una Asl si interroga su significato e utilità del proprio lavoro e la quantità di risorse, umane ed economiche, impegnate. Chi invece, a livello nazionale, lavora sui principi, non ha una piena percezione di come le norme siano effettivamente applicate nella realtà. L’approccio adottato dalla com- segue a pag. 17 Il documento è il risultato di un lavoro volto a sostenere su basi scientifiche l’emanazione dell’abolizione sostenuta dalle prove di efficacia, e riguarda esclusivamente la componente relativa al Lisa, e non l’intero Programma di sanità pubblica sulla salubrità e sicurezza degli alimenti. Per affrontare la valutazione di un’azione di sanità pubblica, gli autori hanno affrontato il problema con la metodologia classica della Ebp: analisi logica dei fattori determinanti del programma, ricerche sistematiche di numero 69 letteratura scientifica, con la raccolta di elementi di documentazione originale da survey svolte anche in campo europeo, raccolte di dati a livello di Aziende sanitarie italiane, analisi dei soggetti interessati. La conclusione a cui sono arrivati gli autori è l’inconsistenza fra intervento attuato e outcome di salute: di conseguenza ritengono sostenibile da un punto di vista scientifico ed epidemiologico l’abolizione del Lisa. Resta ovviamente da valutare l’efficacia delle altre fasi in cui è possibile articolare il Programma di sanità pubblica. In 15 Tabella - Elenco completo delle procedure di cui è stata proposta la semplificazione nella relazione tecnica prodotta dal gruppo di lavoro nominato dal ministro della Salute 1. Certificato di sana e robusta costituzione 2. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione nel pubblico impiego 3. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione di insegnanti e altro personale di servizio nelle scuole 4. Certificato di idoneità fisica al servizio civile volontario 5. Certificato per vendita dei generi di monopolio 6. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione di apprendisti non a rischio 7. Certificato per abilitazione alla conduzione di generatori di vapore (caldaie) 8. Certificato sanitario per l’impiego dei gas tossici 9. Certificato per l’esonero dalle lezioni di educazione fisica 10. Scheda sanitaria per colonie e centri estivi 11. Certificato di vaccinazione per l’ammissione alle scuole pubbliche 12. Certificato di idoneità psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di formazione professionale 13. Libretto di idoneità sanitaria per i parrucchieri 14. Certificato di idoneità all’esercizio dell’attività di autoriparazione 15. Certificato di idoneità a svolgere la mansione di fochino 16. Certificato di idoneità alla conduzione di impianti di risalita 17. Certificato per maestro di sci 18. Certificato di idoneità fisica a fare il giudice onorario e il giudice di pace 19. Certificato di idoneità per i lavoratori extra-comunitari dello spettacolo 20. Certificato per ottenere sovvenzioni contro cessione del quinto della retribuzione 21. Medicina scolastica: obbligo della presenza del medico scolastico 22. Medicina scolastica: obbligo della tenuta di registri di medicina scolastica 23. Medicina scolastica: obbligo della presentazione di certificato medico oltre i cinque giorni di assenza 24. Medicina scolastica: obbligo di periodiche disinfezioni e disinfestazioni degli ambienti scolastici 25. Partecipazione delle Asl alla Commissione Comunale “Parrucchieri, barbieri ed estetisti” 26. Abolizione dell’obbligo dell’Rx torace per silicosi e asbestosi 27. Ambito veterinario: isolamento di animali per il controllo dell’infezione rabbica 28. Ambito veterinario: sospensione, in via temporanea e sperimentale, della visita veterinaria prima del carico, con relativa attestazione sanitaria, dei suini domestici, da allevamento e da macello, da trasportare fuori comune 29. Accertamenti medici per i lavoratori a rischio di silicosi e asbestosi 30. Polizia mortuaria: trattamenti antiputrefattivi 31. Polizia mortuaria: certificazione dello stato delle condizioni igieniche dei carri funebri e dell’autorimessa per i carri funebri 32. Polizia mortuaria: certificato di trasporto da Comune a Comune 33. Polizia mortuaria: assistenza alle operazioni di esumazione ed estumulazione 34. Polizia mortuaria: rilascio dei pareri per la costruzione di edicole funerarie e di sepolcri privati 35. Polizia mortuaria: disposizioni in materia di cremazione. Obbligo di verifica della firma del sanitario certificatore 36. Polizia mortuaria: delega ai medici di medicina generale della visita e certificato necroscopico 16 37. Polizia mortuaria: certificato di conformità del feretro dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili missione è molto semplice. Si individuano tre principi fondamentali, per decidere della possibile inutilità delle diverse misure: mancata attualità: l’analisi preliminare dei determinanti storici, epidemiologici, sociali che hanno portato all’emanazione della procedura mostra che il problema di salute non esiste più presenza di duplicazioni: altre norme successive mirano a raggiungere più, o altrettanto, efficacemente gli stessi obiettivi assenza di coerenza logica: assenza di congruità tra obiettivi perseguiti dalla procedura e metodi adottati per raggiungerli. La commissione preferisce impiegare il concetto di coerenza logica, piuttosto di quello di efficacia, per la difficoltà a reperire studi scientifici sull’efficacia di certificazioni, idoneità sanitarie e autorizzazioni, ma anche per la difficoltà di comunicare la nozione di efficacia. Una proposta non semplice In sei mesi la commissione presenta al ministro un documento, che propone l’eliminazione di trentasette procedure, per ognuna delle quali viene presentata una scheda tecnica (vedi tabella). Oltre ai criteri citati, questa proposta mira a coprire l’intero arco di attività dei servizi compresi nei dipartimenti di Prevenzione (igiene pubblica, igiene degli alimenti, tutela della salute nei luoghi di lavoro, medicina veterinaria) e a permettere all’Italia di adeguarsi alle direttive europee. Ma anche a consentire la liberazione di risorse da riutilizzare in interventi preventivi di provata efficacia. Dal documento sono espunti due provvedimenti, proposti inizialmente per l’eliminazione, riguardanti la vaccinazione antirabbica per le vittime di morsi di cane, con obbligo di osservazione dell’animale, e l’obbligo di presenza di un veterinario in caso di macellazione dei suini effettuata a domicilio. Il caso della vaccinazione antirabbica è esemplare. L’infezione non è attualmente presente in Italia e sembrerebbe razionale rafforzare il sistema di sorveglianza nei confronti di quegli animali, come le volpi o i cani inselvatichiti, che potrebbero riportare l’infezione in Italia, piuttosto che per la prevenzione dell’infezione il cui rischio è attualmente uguale a zero. D’altro canto, i morsi di cane sono un problema molto serio in Italia, del tutto sottaciuto, e su cui la sanità pubblica non fa quasi nulla. Così, utilizziamo risorse per scongiurare un rischio che non esiste, ma non facciamo nulla per evitare aggressioni frequenti con conseguenze spesso non banali. Queste osservazioni stridono contro il fatto che la rabbia è una malattia grave e prevenibile col vaccino: un solo caso di rabbia provocherebbe in Italia forte allarme sociale, mentre le migliaia di vittime di morsi di cani non rabidi sono più difficili da prevenire e creano meno allarme sociale. In questo caso, la divergenza è sulle priorità e sulla destinazione delle nostre risorse. Nell’aprile del 2006 il documento approda alla scrivania del ministro della Salute, Francesco Storace, ma rimane nel cassetto. I membri regionali del gruppo di lavoro, portano la relazione all’attenzione del coordinamento degli assessori alla Sanità che ne condivide i contenuti. Le Regioni predispongono una bozza di testo di legge regionale Problemi di contenuto e tecnica giuridica Nel luglio del 2006 il documento arriva all’attenzione del nuovo ministro Livia Turco, in un clima più favorevole, anche grazie alle iniziative del ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Si può così ripartire, e il testo può essere sottoposto al vaglio degli altri ministeri interessati: Lavoro, Trasporti, Pubblica istruzione, dipartimento della Funzione pubblica. da pag. 15 base a revisioni sistematiche di letteratura sull’argomento, sono a disposizione altri strumenti giudicati efficaci e appropriati per perseguire lo scopo di tutela della salute pubblica attraverso la prevenzione delle tossinfezioni alimentari. In particolare, alcune modalità su come effettuare la vigilanza ispettiva di ristorazione e gli interventi di formazione nei confronti di addetti e preposti sembrano avere le maggiori probabilità di raggiungere lo scopo. Questo conferma la razionalità della scelta fatta dalla Toscana, che nella sua legge di abrogazione dell’obnumero 69 bligo del Lisa introduce però l’obbligo di specifiche attività formative per questi operatori. Il documento dell’Asl 10 di Firenze è disponibile all’indirizzo www.epicentro.iss.it/ebp/Dossier%20LISA%2024 %20nov%202003_ZADIG1.pdf. 17 DDL E RISORSE IN RETE Decreto del ministro della Salute che istituisce il gruppo di lavoro per la semplificazione, www.epicentro.iss.it/discussioni/obsolete/pdf/GRUPPO%20 LAVORO.pdf Relazione conclusiva del gruppo di lavoro sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla salute, www.epicentro.iss.it/discussioni/obsolete/pdf/Documento%20EBP% 20finale.pdf Presentazione sul sito del ministero della Salute, www.ministerosalute.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=351&area= ministero&colore=2 Testo del disegno di legge, www.ministerosalute.it/resources/static/primopiano/351/Schema.pdf Relazione di accompagnamento, www.ministerosalute.it/resources/static/primopiano/351/relazione_ illustrativa.pdf Il 19 ottobre 2006 il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge, presentato dal ministro della Salute Livia Turco, che riguarda una serie di “misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla tutela della salute e altri interventi in materia sanitaria”, www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/semplificazione_sanita/ index.html Il 16 novembre 2006 la Conferenza Unificata Stato Regioni Comuni approva il disegno di legge, www.governo.it/backoffice/allegati/29821-3304.pdf Il 1 dicembre 2006 il Consiglio dei Ministri approva nuovamente il disegno di legge, dopo l’approvazione della Conferenza Unificata, www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=29941 Il Presidente del Consiglio dei Ministri presenta al Parlamento il disegno di legge affinché svolga l’iter parlamentare. È un confronto non semplice: la proposta richiede un grosso impegno ai giuristi, a cui tocca la ricerca, la verifica ed eventualmente la formulazione, della nuova versione di ben trentasette norme, ciascuna delle quali può aver subito nel tempo modifiche. Un lavoro certosino: mentre si cerca la formulazione giuridica appropriata, risorge sempre il dubbio: perché eliminare questa misura? Si tratta comunque di una tutela e, alla fine, male non farà! Come comunicare l’efficacia ai giuristi, in poco tempo? Non si può, bisogna usare concetti più semplici con argomentazioni forti e accettabili in base al senso comune: un provvedimento “doppione” va abolito, ma si può abolire un provvedimento perché privo di basi razionali? Il risultato di questo lavoro è il disegno di legge (Ddl) “Misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla tutela della salute e altri interventi in materia sanitaria”, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 ottobre 2006. Un buon compromesso, che rappresenta certamente un passo avanti. L’iniziativa Ebp, con l’accordo delle società scientifiche della sanità pubblica, dovrà seguire l’iter legislativo del disegno di legge e cogliere questo passaggio come un’opportunità per avviare con i decisori una riflessione sul peso, ancora troppo scarso, delle evidenze scientifiche nel processo decisionale. 18 dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili sto r il te tera gue o am a let Berlin i h c l ni bli del Pub grale Giovan voro ale a e l t a l oci in tta d o de za s scri inistr viden enti e al m lla pr preced e e de giorni tazion gge. n nei prese o di le n a l g l a dise del Caro Cesare… Roma, 19 ottobre 2006 Caro Cesare, seguo sempre con molta simpatia e adesione il tuo impegnativo e fruttuoso lavoro. Come (ex) medico del lavoro, cioè nell’abito in cui mi hai incontrato a Milano, vorrei segnalarti una proposta proveniente dal (nuovo) ministero della Salute, che mi è stata avanzata da un gruppo di colleghi, igienisti e dirigenti dei servizi di prevenzione. Ti accludo tale proposta, che è basata sull’idea di semplificare molte pratiche dei dipartimenti di prevenzione in base alle reale efficacia. Trascrivo a questo fine le considerazioni essenziali svolte dal gruppo, di cui fa parte Alberto Baldasseroni che è stato un mio allievo e che è direttore della rivista Snop (Società nazionale operatori della prevenzione). Scopo del gruppo era quello di stilare un elenco di pratiche obsolete, prive di giustificazione logica o epidemiologica, ovvero superate dal subentrare di altra legislazione più moderna. Si auspicava così di svecchiare le attività svolte dagli operatori della prevenzione dei dipartimenti delle Ausl italiane, gravate finora di pesanti carichi burocratici a danno di nuove iniziative, per esempio nel campo della promozione della salute e degli stili di vita più salubri. La commissione, della quale facevo parte, ha in effetti prodotto un tale elenco di circa cinquanta pratiche, prevalentemente certificatorie, da abolire. Il lavoro della commissione si è concluso nel giro di sei mesi. Il ministro dell’epoca, Francesco Storace, non ha ritenuto di prendere in considerazione le conclusioni della commissione. Non così la Conferenza delle Regioni, che ha invece fatto proprio il documento all’inizio del 2006. Con il cambio di governo l’iniziativa ha ripreso slancio, almeno presso il ministero della Salute, ed è stato preparato un testo coerente con i suggerimenti della commissione, rivisto dagli esperti di cose legali del ministero. A questo punto (luglio scorso) è iniziato il confronto con gli altri ministeri interessati, primo tra i quali quello del lavoro, dato che un buon numero delle certificazioni da abolire avevano come oggetto i certificati per “il lavoro” (sana e robusta costituzione richiesta al personale degli enti pubblici, certificato per lo svolgimento dell’attività di fochino, per il rilascio del patentino per l’uso di gas tossici, per la conduzione di caldaie, per l’esercizio di impianti di risalita a fune, ecc). In particolare era prevista anche l’abolizione delle visite preventive per i minori e gli apprendisti avviati a lavori privi di rischi professionali, tuttora svolte dai medici dei servizi di prevenzione delle Ausl (quelle per i minori avviati a lavori rischiosi vengono svolte dal medico scelto dal padrone). Su questo tema abbiamo a suo tempo (2001) costruito un “dossier” di prove di efficacia, chiamato in acronimo Salem, nel quale un panel di esperti (medici del lavoro, igienisti, ecc) ha formulato la raccomandazione di abbandonare questa pratica, poiché priva di qualsiasi prova di efficacia nella salvaguardia della salute di questi giovani lavoratori. Il 18 luglio e poi il 21 settembre, l’Ufficio legislativo del ministero del Lavoro (nella persona di Paolo Onelli) ha manifestato al ministero della Salute motivate riserve, per il timore che si allentassero le visite e le certificazioni e potessero crescere i rischi. Mi sembra tuttavia che ci siano molte forme di tutela superflue o superate da altri interventi più efficaci, basati ovviamente sulle regole della 626, che ben comprende la sorveglianza e la valutazione dei rischi. Ti ringrazio per la tua attenzione e ti invio i miei più vivi auguri per il tuo lavoro. Cordialmente, Giovanni Berlinguer 19 numero 69 EBP: SULLA FRONTIERA DELLA NUOVA SANITÀ Dossier L 20 avorare insieme per cambiare la pratica della prevenzione e renderla sempre più efficace nel tutelare la salute della popolazione: è questa l’anima dell’evidence based prevention (Ebp), movimento di operatori sanitari che cooperano per costruire un patrimonio comune per chi lavora nel campo della prevenzione. Da una parte raccogliendo tutti gli interventi di cui sia stata dimostrata l’utilità e l’efficacia da studi basati su metodologie scientifiche, dall’altra eliminando progressivamente tutte quelle pratiche di prevenzione dimostratesi inutili o inefficaci. Dal momento che alcune di queste pratiche sono stabilite per legge, dallo Stato o dalle Regioni, il movimento dell’Ebp intende proporre delle modifiche all’attuale normativa nel campo della prevenzione. In Italia, la promozione di azioni utili per adeguare le proprie attività ai principi dell’Ebp da parte degli operatori della sanità pubblica, e quindi lo sviluppo di una prevenzione basata su prove di efficacia, è strettamente legata all’attività delle Regioni. È in ambito regionale, infatti, che si coglie maggiormente l’azione degli operatori dei servizi, conseguente a un orientamento al cam- Luigi Salizzato Le Regioni sono state protagoniste assolute del movimento Ebp nel percorso di raccolta delle prove scientifiche a favore dell’efficacia di alcune pratiche preventive e a sfavore di altre, dimostratesi inutili. Il quadro nazionale, però, è ancora molto disomogeneo: attualmente i cittadini sono infatti soggetti a tutele e obblighi diversi in materia di prevenzione e sanità pubblica semplicemente a seconda della Regione in cui vivono. Il disegno di legge recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri è un tentativo concreto di colmare questa disparità. biamento oppure condizionata dalla resistenza all’innovazione. Operatori in fermento In questi anni, i provvedimenti adottati dalle Regioni per abolire le pratiche inutili e sostituirle con altre più efficaci sono stati definiti sulla base di iniziative sviluppate in ambito professionale. Lo stesso gruppo promotore nazionale dell’Ebp si è caratterizzato per una presenza significativa di operatori di sanità pubblica attivi in diverse Regioni, prevalentemente del Centro e del Nord. La spinta al cambiamento è venuta inizialmente dall’elaborazione originale di alcuni operatori e ricercatori, ma i risultati più significativi sono stati conseguiti nelle situazioni in cui sono diventati protagonisti settori significativi degli operatori dei servizi. Perché questo modo di lavorare, ancora minoritario se si considera l’insieme degli ambiti di intervento della sanità pubblica, si affermi in modo solido, occorre necessariamente che la base di consenso attivo nei servizi si allarghi a macchia d’olio. Le linee guida sulle attività di prevenzione, adottate nel luglio 2002 dalla Conferenza Stato Regioni, hanno recepito quanto si stava definendo in settori autorevoli, anche se minoritari, dell’ambito professionale dei servizi di prevenzione e sanità pubblica. dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili Nel documento, l’Ebp viene descritta come uno degli elementi culturali che caratterizzano la sanità pubblica, accanto all’epidemiologia, l’integrazione professionale e sociale, la comunicazione e il miglioramento di qualità: questi elementi culturali sono necessari per sostenere un riorientamento della prevenzione dall’adempimento burocratico al lavoro programmato per conseguire obiettivi di salute. L’Agenzia sanitaria regionale (Ars) della Toscana, l’Istituto superiore di sanità (Iss) e, negli ultimi anni, anche il ministero della Salute hanno sostenuto la crescita del movimento, con diverse iniziative: il corso di formazione nazionale, i dossier sulle pratiche inutili, la sezione sull’Ebp di EpiCentro (sito web ufficiale del Centro nazionale di epidemiologia, promozione e sorveglianza della salute), il gruppo di lavoro ministeriale sulla semplificazione, per arrivare alla recente costituzione del sottocomitato sull’Ebp del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie. Anche la Snop ha fatto la sua parte, così come diverse società scientifiche e alcuni centri universitari, che stanno dimostrando un certo interesse all’argomento. C’è bisogno del lavoro di tutti, ma i protagonisti del cambiamento sono stati, e devono sempre più essere, gli operatori dei servizi. Non servono centri di eccellenza che lavorino per noi, ma ci sono utili centri specializzati nella ricerca che lavorano con noi. La strada da seguire è quella tracciata dai gruppi di lavoro che, in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, hanno analizzato sistematicamente le attività inutili, formulando proposte di semplificazione che sono state recepite dalle amministrazioni regionali con proprie leggi o delibere. In tempi di tagli significativi alla spesa nel Servizio sanitario nazionale, questi provvedimenti hanno consentito di riorientare le risorse professionali verso lo svolgimento di attività appropriate. I servizi di prevenzione, anche per effetto del Piano nazionale della prevenzione e dei rispettivi piani regionali, stanno infatti realizzando diverse azioni in nuovi ambiti di intervento, per rispondere a problemi di salute emergenti, come per esempio i progetti per la prevenzione degli incidenti stradali, per incrementare l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale o per inserire il criterio della sicurezza stradale nella progettazione urbanistica e dei nuovi insediamenti produttivi. Accanto a questo, però, si assiste anche al tentativo di rinnovare azioni relative a problematiche su cui i servizi intervengono da tempo e in cui si è reso necessario un riorientamen- to dall’adempimento burocratico all’obiettivo di salute. Basti pensare al problema della salubrità e sicurezza in ambito domestico, che richiede ai nostri servizi di non accontentarsi di rilasciare certificati di antigienicità, ma piuttosto di attivarsi per migliorare il più possibile lo stato degli alloggi dove vivono i cittadini più poveri e gli immigrati. È proprio questa la nuova frontiera dell’Ebp: promuovere un’azione costruttiva ed efficace, cogliendo le opportunità nate grazie alla demolizione delle pratiche inutili. Un quadro disomogeneo A questo punto può essere utile fare un bilancio sintetico dei provvedimenti adottati dalle diverse Regioni e raccolti nella “banca dati ebp regioni”, pubblicata su EpiCentro (www.epicentro.iss.it/ebpregioni/) e aggiornata a dicembre 2006. Si tratta di 96 tra leggi, delibere e documenti, alcuni di tipo programmatico-organizzativo, linee guida o simili, altri di tipo normativo, dedicati cioè specificamente al riordino di norme, per lo più per abolire o sospendere pratiche di non dimostrata efficacia, ma anche per introdurre pratiche efficaci, come per esempio l’attività di formazione o di sorveglianza epidemiologica mirata. Nella banca dati sono inoltre documentati gli studi Visitare gli apprendisti Ogni anno in Italia vengono effettuate più di 180 mila visite mediche a giovani apprendisti e minori avviati a lavorazioni non a rischio. Questo dato rappresenta la porzione di sorveglianza sanitaria rimasta in carico alle strutture del Servizio sanitario nazionale in seguito all’adozione della normativa europea con il Decreto legislativo 345 del 4 agosto 1999. Tuttavia, i costi stimati legati a visite mediche ed esami integrativi superano i 10 milioni di euro ogni anno. È in questo scenario che si inserisce lo studio numero 69 segue a pag. 22 «Sorveglianza apprendisti al lavoro e minori (progetto Salem): valutazione di efficacia del programma di sanità pubblica di sorveglianza di apprendisti e minori avviati al lavoro in settori non a rischio», realizzato da Alberto Baldasseroni, Sarah Bernhardt, Daniela Cervino, Aligi Gardini e Luigi Salizzato. Scopo del progetto è stato cercare di capire se ci sono (ed eventualmente quali sono) le prove di efficacia del programma, e soprattutto se ha senso continuare a investire risorse da parte del Ssn. Gli autori hanno analizzato i diversi aspetti del pro- 21 l’autore Luigi Salizzato Ausl di Cesena, dipartimento di Sanità pubblica locali su cui si sono basati i provvedimenti legislativi e le prime valutazioni di impatto delle nuove norme sui servizi di prevenzione (Veneto e Lombardia). Dal punto di vista geografico, non si sono rilevate notizie di provvedimenti adottati in questo campo solo per due Regioni, la Valle d’Aosta e la Sardegna. Per quanto riguarda invece i contenuti, i provvedimenti sono molto diversi da una Regione all’altra. Gli ambiti di intervento possono essere così sintetizzati: certificazioni di idoneità varie (igiene, medicina legale, medicina del lavoro), medicina scolastica, procedure veterinarie (profilassi di malattie infettive), polizia mortuaria. Il provvedimento maggiormente abolito o sospeso è il già citato Libretto di idoneità sanitaria per gli alimentaristi (Lisa, vedi pag. 14), con sette leggi regionali (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Sicilia), cinque delibere di giunta regionale e provinciale (Liguria, Piemonte, Umbria, Marche, Calabria, Trento), e due leggi regionali (Lazio e Puglia), limitatamente all’obbligo per i farmaci- sti. Altre Regioni o Province autonome (Campania e Bolzano) hanno adottato provvedimenti di regolamentazione sui Lisa, rispondenti solo in parte ai criteri dell’Ebp. L’articolazione delle pratiche oggetto di nuova regolamentazione varia notevolmente. Alcune Regioni, come il Friuli Venezia Giulia, hanno favorito la costituzione di gruppi di lavoro di professionisti, igienisti e veterinari, e, sulla base della documentazione da loro prodotta, hanno adottato delibere e leggi articolate nei diversi ambiti specialistici. Altre Regioni, invece, si sono limitate ad adottare un unico provvedimento riferito alla semplificazione di una sola pratica. In mezzo ai due estremi ci sono diversi gradi di impegno istituzionale, ma le Regioni più ricche di iniziative restano comunque quelle del Centro Nord, indipendentemente dallo schieramento politico al governo regionale. Allo stato attuale, ci sono quindi cittadini che, a seconda delle Regioni dove vivono, sono soggetti a obblighi e protetti da tutele diversi in materia di prevenzione e sanità pubblica. Il percorso normativo Il tentativo di porre rimedio a questa disparità è iniziato nell’ottobre del 2004, con la nomina da parte del ministro della Salute di un gruppo di lavoro, a cui hanno partecipato operatori delle Regioni e dello stesso ministero. Sulla base degli studi svolti e dei provvedimenti adottati in ambito regionale è stato possibile produrre in pochi mesi, nel maggio del 2005, il testo di un provvedimento di semplificazione contenente la proposta di abolizione di 53 pratiche inutili, in tutti i settori specialistici della prevenzione. A questo punto sono entrati in azione altri uffici ministeriali, contrari alla proposta, e il percorso di approvazione del documento si è arrestato. Non è la prima volta e non sarà l’ultima: è una questione di cultura, ma anche di interessi corporativi. Basti ricordare il ricorso avviato dal governo alla Corte Costituzionale contro le leggi regionali approvate da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio, risolto da una sentenza del maggio 2004 a favore delle Regioni. La proposta della commissione ministeriale è stata comunque approvata dalla Conferenza delle Regio-ni e delle Province Autonome nel febbraio del 2006, quindi senza accordo con lo Stato, iniziativa quest’ultima motivata dal contributo dato alla stesura del documento dai rappresentanti delle Regioni. Per poter rendere esecutivi i contenuti del provvedimento è stato dato mandato a un apposito gruppo di lavoro di elaborare un progetto di da pag. 21 22 gramma che, come ogni intervento di sanità pubblica, si presenta complesso e articolato, di certo non limitato al solo problema della visita medica di avviamento al lavoro. Lo studio è il prodotto di due gruppi di ricercatori che hanno lavorato separatamente, il primo raccogliendo le prove e il secondo valutandole ed esprimendo raccomandazioni sull’efficacia del programma di sanità pubblica. L’approccio utilizzato è stato multidisciplinare: sono state prese in considerazione diverse tecniche di indagine, come la rivisitazione storica, la ricerca e l’ana- lisi sistematica della letteratura pertinente, l’indagine sulla pratica attuata in altri Paesi europei, la classica raccolta di dati e l’analisi con la partecipazione dei soggetti socialmente interessati. Per valutare i costi, i ricercatori si sono basati sui dati del rilevamento trimestrale delle forze lavoro Istat 2001 per la classe d’età fra i 15 e i 19 anni, considerando come settori “non a rischio” quelli classificati dal censimento Istat 2001 come addetti al commercio, altri servizi e delle istituzioni, escludendo quindi gli addetti all’indossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili legge, che poi le singole Regioni adotteranno. Nel frattempo Friuli Venezia Giulia e Umbria hanno adottato nuove norme regionali che recepiscono gran parte della proposta di abrogazione di pratiche di non dimostrata efficacia elaborata dal gruppo di lavoro ministeriale. Negli ultimi mesi qualcosa si muove anche a livello del ministero della Salute, grazie all’impegno dei dirigenti che hanno da sempre sostenuto il progetto Ebp. Il ministro della Salute in carica, Livia Turco, ha proposto al Consiglio dei Ministri un Ddl per l’abolizione della maggior parte delle pratiche inutili evidenziate nella proposta del 2005, che lo ha approvato nell’ottobre del 2006. La maggior parte, ma non tutte, perché alcune sono state accantonate per non ostacolare l’iter di approvazione dell’intera proposta. Sulla loro semplificazione o abolizione si sono infatti espressi con parere contrario la direzione generale della Sanità veterinaria, relativamente a profilassi anti- rabbica e visita veterinaria per trasporto di suini fuori dai Comuni, e il ministero del Lavoro, relativamente alla visita di idoneità per minori avviati al lavoro in settori privi di rischi lavorativi. Entrambe le proposte erano sostenute da valutazioni di inefficacia, contenute nel caso della sanità veterinaria in documenti elaborati dai colleghi veterinari del Friuli Venezia Giulia, e nel dossier Salem (vedi pag. 21) per quanto riguarda i minori. Se il disegno di legge diventerà una legge dello Stato verrà comunque conseguito un importante risultato, sia per la rilevanza del provvedimento, sia perché sarà possibile liberare risorse professionali per realizzare programmi di lavoro per la promozione della salute o, come dalle ultime indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, sviluppare iniziative per guadagnare salute. Gli obiettivi potranno essere quelli individuati dal Piano nazionale della prevenzione e dai diversi piani regionali, ma anche altri rispondenti dustria. Il costo medio globale attribuito a ogni visita è stato calcolato in 56,36 euro. I ricercatori che hanno svolto la fase di valutazione sono concordi nell’affermare che benché le prove siano insufficienti per dimostrare una vera e propria inefficacia del programma, tuttavia la sua efficacia, così come viene condotto nei servizi delle Asl, è improbabile. In conclusione, poiché non esistono né elementi in grado di affermare l’utilità del programma in esame, né elementi logici che permettano una riprogettazione del programma di sanità pubblica così numero 69 ai bisogni individuati nelle diverse realtà locali. La concretezza dei risultati conseguiti dovrebbe convincere un numero sempre maggiore di operatori dei servizi pubblici di prevenzione e sanità pubblica a considerare l’Ebp come uno strumento indispensabile del proprio lavoro. BIBLIOGRAFIA Conferenza Stato Regioni, “Linee guida per la prevenzione sanitaria e per lo svolgimento delle attività del dipartimento di Prevenzione delle Asl”, 25 luglio 2002. http://palazzochigi.it/backoffice/allegati/16935-961.pdf Dipartimento di Prevenzione Ulss 20 Verona, sezione dedicata all’Ebp: http://prevenzione.ulss20. verona.it/evidence.html Dipartimento di Sanità pubblica Ausl Cesena, www.ausl-cesena. emr.it/Azienda/SanitàPubblica/Ev idenceBasedPrevention/tabid/309 /Default.asp come prescritto dalla legge, i ricercatori raccomandano, relativamente alle visite mediche, l’abbandono del programma ed eventualmente la sua sostituzione con altre procedure di provata efficacia. Rimane da valutare, perché non considerata nel dossier, l’efficacia delle attività di counselling per la sicurezza e l’igiene del lavoro che vengono effettuate in occasione del primo avviamento al lavoro. La versione completa del dossier è disponibile all’indirizzo www.epicentro.iss.it/ebp/SALeM%20 completo.PDF. 23 E IL CERTIFICATO, CACCIATO DALLA PORTA, RIENTRÒ DALLA FINESTRA Dossier I 24 l 18 agosto 2005, il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha licenziato la Legge numero 21 dal titolo: «Norme di semplificazione in materia di igiene, medicina del lavoro e sanità pubblica». In questa legge, all’articolo 2, punto 1, si abolivano una ventina di certificati medici tra i più scombinati, esilaranti, privi di fondamento scientifico e di comprovata, sfolgorante, sesquipedale inutilità. Ma dentro la mela c’era il bau. Il bau stava in una frasetta (articolo 2, punto 3) che recitava così: «È fatto salvo il rilascio [...] di certificazioni richieste da uffici periferici, ubicati nel territorio regionale, di enti o istituzioni aventi sede al di fuori del predetto territorio». E poiché tutti i certificati aboliti al punto 1 sono richiesti da «uffici periferici di istituzioni aventi sede» a Roma, là nei falansteri, tutti i certificati aboliti al punto 1 si devono rilasciare ugualmente in grazia del punto 3. Si trattava di una vera e propria trappola, tesa da qualche funzionario astuto e da qualche leguleio prono all’assessore. Tesa ai consiglieri regionali, ai medici proponenti, ai cittadini tutti del Friuli Venezia Giulia (la segnaliamo ai colleghi del Trentino, che ce Giorgio Ferigo Abolire un certificato, per quanto inutile alla luce dell’Ebp, è un percorso quantomai difficile, perché ci si va a scontrare con una concezione alquanto arcaica della sanità pubblica. L’esperienza del Friuli Venezia Giulia in proposito è esemplare: con una legge dell’estate del 2005, il Consiglio regionale ha abrogato una ventina di certificati inutili, rientrati prontamente dalla finestra grazie a un piccolo articolo all’interno della stessa legge. Dando il via così alla rumorosa “canea dei burocrati”, pronti a difendere strenuamente la propria coperta di Linus... l’hanno copiata pari pari). Caldaisti daltonici e fochini in difficoltà Questo comma ha subito scatenato la canea dei burocrati. Una specie di idolatria certificatoria aveva sorretto finora la loro esistenza. Ora i fondamenti della loro fede vacillavano, il dubbio si insinuava nelle loro «animule vagule e blandule». Come fantolini a cui sia stato tolto il pollice da succhiare o la coperta di Linus o come tabagisti senza più sigarette, avevano crisi di panico e di tremito. Quel comma sembrava loro la gomena nel pelago, lo spuntone sul baratro, l’appiglio salvifico al quale aggrapparsi. Così, a metà ottobre, una riunione ce ne mette davanti una rappresentativa delegazione. C’è la battagliera Ragioneria provinciale dello Stato, che ha già deciso che l’abrogazione del certificato di idoneità all’impiego non avrà corso. Così, ha già emanato un diktat e lo ha diffuso a pavidi «provveditori agli studi», o come si chiamano adesso, che lo hanno diffuso agli «autonomi» dirigenti scolastici. È un diktat molto pesante: minaccia di non dar corso ai contratti in mancanza del certificato. Così, gli insegnanti iniziano il loro piccolo calvario: si recano dal medico, che li informa dell’abolizione. Poi tornano alla scuola, che li informa della dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili minaccia; ritornano quindi dal medico, poi a scuola, e via così. Alla fine i medici cedono, perché non si deve far correre la gente per un pezzo di carta. C’è l’ingegnere della Commissione per le caldaie a vapore che sostiene l’indispensabilità della visita medica, altrimenti il caldaista daltonico potrebbe premere il bottone del colore sbagliato e far saltare in aria la città (dice proprio così!). Non fa nemmeno l’ipotesi che i colori s’imparino a riconoscere da piccoli, alla scuola materna, con l’aiuto di una maestra o della mamma, oppure che il loro nome sia una convenzione condivisa. E che chiedere a un tale il colore di un maglione, di una matita o di una cartellina non configuri esercizio abusivo di professione medica: lo può fare perfino un ingegnere, e perfino l’ingegnere che interroga il caldaista per dargli il patentino. Se costui poi non riconosce il verde, lo mandi dal medico: chissà, forse è daltonico. La Questura, invece, non pone problemi. Il suo rappresentante, ingrugnato, annuncia di aver già pronta la sevizia alternativa per i fochini: una sevizia alternativa si trova sempre, questa stava in una legge del 1956 (o del 1931, o del 1913, o del 1883). Questo complicherà vieppiù la vita ai fochini, e nel contempo renderà chiaro a tutti che i semplificatori sono dei complicatori, e che la trafila non si tocca. L’incontro con le burocrazie lamentose finisce con una circolare che, in buona sostanza, sospende non la legge regionale (non può farlo), bensì la sua efficacia (e questo può farlo benissimo, e il risultato è lo stesso). Farina del diavolo, tutta crusca. La legge «correttiva» Nel frattempo, il 17 ottobre 2005, il presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con «legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12», aveva ricorso contro la Regione Friuli Venezia Giulia «per la declaratoria di incostituzionalità e conseguente annullamento» della Legge 21.Tra parentesi, presidente del Consiglio dei ministri era quel Silvio Berlusconi che aveva promesso di «rivoltare la burocrazia come un calzino»; così «prouvant qu’il n’avait guère de la suite dans les idées». L’avvocato contestava in particolare l’abolizione del certificato di idoneità al servizio civile, «censurabile in quanto invade una materia [...] riservata alla legislazione esclusiva statale essendo riconducibile alla materia “difesa e sicurezza dello Stato”»; l’abrogazione del certificato di idoneità all’insegnamento che «incide illegittimamente nelle materie “ordi- namento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”»; l’eliminazione del certificato per l’assunzione dei minori e degli apprendisti minori, che lede (udite!) «i diritti civili e sociali in materia di salute e di tutela e sicurezza del lavoro»; e infine l’eliminazione dei certificati per fochini, conduttori di caldaie a vapore e manipolatori di gas tossici perché (udite udite!) così si viola l’articolo 16 del Decreto legislativo 626/94, secondo il quale gli accertamenti sanitari dei lavoratori «comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente». Obiezioni di forma, come si vede, relative alla competenza nel legiferare, se si eccettua lo svarione finale, sufficiente a confinare l’avvocato dietro la lavagna con le orecchie d’asino in capo e il cartello di «somaro» sulla schiena. Il presidente del Consiglio dei ministri successivo, Romano Prodi, ha ritirato il ricorso avverso alla Legge regionale 21. L’atto di rinuncia era «in corso di notificazione al 29.9.2006» e il ritiro era subordinato all’approvazione di alcuni aggiustamenti. Così, si arriva alla legge «correttiva», approvata dal Consiglio regionale (Legge regionale 19 del 26 ottobre 2006), che contiene, per quanto riguarda il nostro discorso, due soli articoli. Il primo abo- Salsicce fatte in casa Le norme sulla macellazione a domicilio per uso privato sono ancora stabilite dal Regio Decreto del 20 dicembre 1928, secondo cui è richiesta la presenza del veterinario per poter compiere un’ispezione completa delle carni. L’Area di sanità pubblica veterinaria Ass 2 del Friuli Venezia Giulia ha condotto uno studio per valutare se sia possibile consentire a un ausiliario specializzato di osservare durante la macellazione a domicilio lo stato igienico-sanitario ante e post mortem, per motivi di efficienza a parità di efficacia, limitando così l’intervento numero 69 segue a pag. 26 del veterinario a casi particolari. Secondo lo studio, la regolamentazione del 1928 è superata e va aggiornata sulla base dei mutamenti di carattere epidemiologico, organizzativo e gestionale della sanità pubblica. Anche in base al Regolamento CE del 29 aprile 2004, che esclude l’applicazione delle norme sanitarie «alla produzione primaria per uso domestico privato e alla preparazione, manipolazione o alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo privato domestico». In base ai dati, la situazione epidemiologica in Italia e 25 l’autore Giorgio Ferigo, Ass 3 “Alto Friuli” lisce l’abolizione del certificato di idoneità a svolgere il servizio civile, mentre il secondo recita: «Gli enti pubblici possono accertare il possesso dell’idoneità fisica o psicofisica all’impiego mediante una visita preassuntiva da parte di medici specialisti in medicina del lavoro o medicina legale dipendenti da enti pubblici e istituti specializzati di diritto pubblico convenzionati col datore di lavoro, che ne sopporta il costo». Possono, non devono: ma figuratevi se ne faranno a meno i feticisti del certificato, che nelle direzioni regionali, provinciali, comunali, consortili, frazionali sono legioni. E queste superstizioni le paghiamo noi. L’onere della prova Be’, è evidente: non si tagliano le unghie alla burocrazia col consenso, o addirittura con l’avallo, e men che meno col giubilo della burocrazia. Tuttavia, passi comunicativi, o anche soltanto lenitivi, dovrebbero essere compiuti nei loro confronti, nelle misure omeopatiche che sono in grado di sopportare. I sindacati dovrebbero convenire che il lavoro dei minori non si tutela in questo modo, così come i carabinieri dovrebbero conoscere la verace utilità del porto d’armi. Altro punto: il titolare della salute è il ministro della Salute e, nelle Regioni, l’assessore alla salute. Non gli stranamore della difesa, i geometri dell’edilizia, gli stradaroli dei trasporti, i cartomanti del pubblico impiego. Ministro della Salute e assessore alla Salute si devono riappropriare del loro potere, troppo spesso condiviso, spartito, devoluto a logiche non sanitarie. In particolare, è da ridefinire il rapporto col ministero dell’Interno, titolare antico della sanità pubblica della quale detiene ancora pezzi significativi. Terzo: nell’imporre un qualsiasi obbligo ai suoi concittadini, chiunque lo proponga è tenuto a verificarne la razionalità, la ragionevolezza, la dimostrabile efficacia, la buona efficienza, l’effettiva utilità. Nello specifico, è tenuto a verificare che i certificati rispondano a fini di salute e non ad astratti postulati di diritto amministrativo. L’onere della prova non spetta solo a coloro che si battono per l’abrogazione di queste scemenze, ma anche (e soprattutto) a coloro che si adoperano per mantenerle in vita. Noi di prove contro ne abbiamo portate a decine: siamo curiosissimi di conoscere le prove a favore addotte da quanti hanno da pag. 25 26 voluto ripristinare il certificato di preassunzione per il pubblico impiego. Siamo curiosissimi di sapere come si svolgerà la cosiddetta visita medica necessaria per rilasciarlo, quali parametri esaminerà e quanto appropriati e congrui, completi, predittivi., ecc. In Friuli c’è ancora molto da fare. E mentre affoghiamo nel mare delle superstizioni ottocentesche, il resto del mondo corre, e ci supera perfino il Botswana. segue a pag. 28 nei Paesi dell’Ue non desta particolare allarme, perché i servizi di sorveglianza sono in grado di prevenire, o comunque controllare, la trasmissione all’uomo. Tuttavia, nell’Ue si spendono ogni anno oltre 570 milioni di euro per la ricerca della Trichinella nelle carni di suini provenienti da allevamenti industriali, caratterizzati da una gestione, anche di tipo igienico-sanitario, capace di garantire un elevato livello di biosicurezza con un rischio quasi nullo nei confronti di questo parassita. Nonostante i costi, l’attuale sistema di sorveglianza non è sempre efficace, come documentato dalle epidemie di trichinellosi umana che si verificano ogni anno in alcuni Paesi dell’Ue per il consumo di carni di suini allevati allo stato brado o in piccole fattorie, di cinghiali oggetto di attività venatoria, e di cavalli importati da Paesi terzi. Secondo la Commissione internazionale sulla trichinellosi, poiché il rischio di trasmissione di Trichinella ai suini, o alle altre specie animali di allevamento recettive, è sostanzialmente limitato alla loro alimentazione, le dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 MEDICINA DEL LAVORO, UN ALTRO MONDO È POSSIBILE Dossier L a dimostrazione dell’efficacia delle attività preventive trova fondamentalmente la sua ragion d’essere in un presupposto etico. In un sistema a risorse finite non si può fare tutto quello che la conoscenza, l’esperienza e la tecnologia ci consentirebbero di fare. Bisogna quindi eliminare le pratiche non efficaci, o meno efficaci, a favore di quelle più efficaci in termini di guadagno di salute complessiva, o quantomeno di riduzione del rischio. Fino a poco tempo fa, in medicina del lavoro il problema della presunta inefficacia di alcune pratiche è stato poco sentito, tutt’al più limitato ad alcuni aspetti clinici della disciplina, come per esempio l’utilità di certi esami diagnostici nelle persone esposte ad agenti cancerogeni per l’apparato respiratorio. Le pratiche di tutela della salute nei luoghi di lavoro, inserite in programmi di sanità pubblica e svolte dai Servizi territoriali delle Ausl, sono considerate da molti efficaci di per sé, senza la necessità di dimostrazioni particolari, ma come risultato di una semplice analisi logica. Forse perché sono connotate da una forte valenza di prevenzione primaria (vedi i piani mirati di prevenzione). numero 69 Gianpiero Mancini In medicina del lavoro il problema della presunta inefficacia di alcune pratiche è stato poco sentito fino a tempi recenti. Le pratiche di tutela della salute nei luoghi di lavoro sono sempre state considerate efficaci di per sé. Tuttavia, l’efficacia dei programmi di prevenzione va rivalutata alla luce del nuovo contesto storico e sociale. In Italia, le singole esperienze di valutazione sono ancora il frutto di iniziative personali, mentre si dovrebbero trovare obiettivi comuni e intensificare le relazioni professionali tra gli operatori interessati ai temi dell’Ebp. Naturalmente, su questo giudizio pesano moltissimo anche i risultati positivi ottenuti negli ultimi trent’anni in termini di riduzione della morbilità e della mortalità da lavoro, sia nel campo degli infortuni sul lavoro, sia in quello delle malattie professionali. Spesso queste analisi non consentono di dimostrare con certezza un rapporto di causalità tra le azioni intraprese e i risultati conseguiti. Certamente si possono invocare altri fattori, come il miglioramento della tecnologia e dei processi di lavoro. Tuttavia, anche in questo caso, il fenomeno è così rilevante da far ritenere “probabilmente efficaci” le attività preventive messe in campo. I tempi cambiano per tutto Pur ammettendo che abbia solide basi logiche ed empiriche, questa convinzione va comunque rapportata, e quindi considerata valida, nel contesto storico e sociale in cui è maturata. Infatti non solo mutano la tecnologia, l’organizzazione e i rapporti di lavoro, i lavoratori stessi (per esempio, in termini di nazionalità), ma i trend di riduzione della morbilità e della mortalità da lavoro subiscono contestualmente un generale rallentamento, se non addirittura un arresto o un’inversione di tendenza. Bisogna quindi chiedersi se i programmi e le attività di prevenzione svolti finora sono ancora attuali e funzionano, oppure se 27 vanno sostituiti, modificati o almeno integrati con altri. Analizzando accuratamente il contesto, in particolare quello socioeconomico, possiamo individuare azioni che, specialmente se diverse dalle precedenti, possiamo valutare come efficaci da un punto di vista logico, e quindi tali da essere incluse in atti di indirizzo di politica nazionale e regionale. È questo il caso, per esempio, di programmi di definizione e diffusione di buone pratiche preventive, in collaborazione con associazioni di datori di lavoro e sindacali, come il miglioramento sul territorio della qualità della formazione dei lavoratori, del processo di valutazione del rischio chimico e cancerogeno, ecc. Pur essendo assolutamente condivisibili, queste indicazioni, enunciate in questo modo, rischiano però di essere poco più che semplici indirizzi per chi li promuove, o intendimenti per chi li deve attuare. Quello che veramente conta, invece, è arrivare a capire se una certa strategia, semplice o complessa che sia, possieda o meno un effetto preventivo misurabile e, non meno importante, in quale contesto produttivo. Se le attività prefissate o raccomandate sono diverse da quelle tradizionalmente messe in atto, o anche se queste ultime sono svolte in un contesto profondamente mutato rispetto al passato, bisogna valutarne l’efficacia preventi- va sui più importanti outcome di salute: infortuni e malattie professionali, a maggior ragione se appaiono meno sotto controllo rispetto a prima. Qualcosa si sta muovendo Negli ultimi anni, molti operatori della prevenzione si sono incontrati più volte (in congressi, seminari, riunioni più ristrette) per discutere di Ebp riguardo alla tutela della salute nei luoghi di lavoro. Non solo per le ragioni già esposte, ma anche a seguito di richieste particolari da parte di organismi superiori o per il semplice desiderio, che dovrebbe essere naturale per un professionista (quantomeno della salute), di conoscere i risultati del proprio agire senza accontentarsi di una giustificazione istituzionale del proprio ruolo o posizione. Dopo una prima fase di scambio di opinioni e di idee, questo gruppo, definibile come tale non sempre per la condivisione di relazioni, ma per sensibilità e valori, ha iniziato a produrre risultati nell’ambito della ricerca delle prove di efficacia in sanità pubblica: presentazione di interventi di prevenzione svolti a cui era stata associata un’esperienza di monitoraggio revisioni di letteratura (anche grigia, specialmente nel nostro Paese), su quanto era presente in termini di valutazioni di efficacia di interventi nei luoghi di lavoro progettazione, e in alcuni casi già compimento, di studi primari sull’efficacia di uno specifico programma di prevenzione. Quest’ultimo è il caso del lavoro di valutazione dell’efficacia di un intervento di prevenzione degli infortuni oculari in metalmeccanica nel territorio dell’Ausl di Imola, che ho condotto insieme ad alcuni colleghi, i cui risultati sono stati pubblicati nel dicembre 2005 sulla rivista Occupational and Environmental Medicine. Il lavoro dimostrava la piena e duratura efficacia di un intervento basato prevalentemente su di una robusta campagna informativa (con fasi, strumenti e destinatari specificati), accompagnata da sopralluoghi di rinforzo. Al di là del suo valore scientifico, questo studio potrebbe costituire un esempio di come ci si dovrebbe porre di fronte alle attività proprie di noi operatori della prevenzione: quando si può, valutarne l’efficacia già mentre le si svolge e diffonderne poi i risultati (anche quelli negativi, se attendibili). In questo modo altri colleghi e organizzazioni ne potranno trarre vantaggi immediatamente applicabili, o almeno alcuni spunti di valutazione. da pag. 26 28 moderne strutture di allevamento e l’applicazione di una gestione razionale riducono, o eliminano, il rischio di infestazione. Gli esami trichinoscopici eseguiti sui singoli capi allevati in queste condizioni potrebbero quindi essere eliminati, oppure potrebbero essere eseguiti su un campione casuale di suini macellati a domicilio, selezionato secondo un criterio di accuratezza che tenga conto sia del basso livello di rischio presente, sia del diverso peso della macellazione nelle aree territoriali interessate. Secondo gli autori, si potrebbe applicare un sistema di sorveglianza attiva su base campionaria che rilevi la prevalenza dell’infestazione in allevamento con una confidenza significativa e ritengono «auspicabile la sospensione dell’esecuzione sistematica dell’esame trichinoscopico sulle carni dei suini macellati a domicilio, qualora provenienti da strutture di allevamento le cui caratteristiche siano equiparabili a quanto indicato dalla Commissione internazionale sulla trichinellosi». Il testo dello studio è disponibile all’indirizzo www.epicentro. iss.it/temi/veterinaria/MacellazioneSuini_Friuli.pdf. dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili l’autore Gianpiero Mancini area Tutela della salute negli ambienti di lavoro e sicurezza, Ausl Ravenna Attivare nuove sinergie Pur essendo sicuramente utili, queste esperienze di valutazione rappresentano, insieme a poche altre, il frutto di iniziative pressoché personali. Si avverte chiaramente la necessità di coagulare maggiormente attorno a obiettivi comuni, ma anche a relazioni professionali più strette, gli operatori che nel recente passato hanno manifestato interesse per questi temi. È in questa direzione che si colloca il seminario di lavoro organizzato nel maggio scorso a Bertinoro dall’unità operativa di Medicina del lavoro dell’Università di Bologna e da quella di Epidemio- logia dell’Ausl 10 di Firenze. All’incontro, che è stata una preziosa occasione per confrontare le esperienze condotte, è stato inoltre invitato il collega Jos Verbeek, membro della Cochrane Collaboration, che ne ha illustrato i piani e le modalità di lavoro, oltre a chiarire il suo punto di vista sulla Evidence Based Prevention in Occupational Health (Ebpoh) e la propria esperienza sul campo. A conclusione dell’iniziativa, sono stati assunti alcuni impegni, in vista della costituzione di un gruppo italiano che supporti l’iniziativa della Cochrane Collaboration in questo campo. In particolare saranno curati gli strumenti di comunicazione (newsletter, sito internet dedicato, interventi su riviste scientifiche diffuse nell’ambiente professionale, ecc) e si avvierà un corso di formazione specifico dedicato alla Ebp in medicina del lavoro rivolto agli operatori. È prevista anche un’attiva collaborazione al progetto della Cochrane Collaboration. Alla luce di queste svariate inizia- tive occorre certamente rivedere la convinzione, invero piuttosto diffusa, che sia impossibile condurre studi di valutazione di efficacia in medicina del lavoro validi nel disegno epidemiologico, e quindi anche nelle conclusioni, a causa soprattutto di vincoli etici o rappresentati da certe rigidità dei protocolli o dei piani di lavoro. BIBLIOGRAFIA G. Mancini et al, “Prevention of work related eye injuries: long term assessment of the effectiveness of a multicomponent intervention among metal workers”. Occup Environ Med, 2005; 62: 830-835. A. Baldasseroni et al, “Sorveglianza Apprendisti al Lavoro e Minori (progetto SALeM): valutazione di efficacia del programma di sanità pubblica di sorveglianza di apprendisti e minori avviati al lavoro in settori non a rischio”, www.epicentro. iss.it/ebp/pro-salem.asp In corsa per l’Ebp In Italia sono più di un milione i minorenni che svolgono gare sportive ufficiali almeno una volta all’anno. Per questa fascia di atleti, gli accertamenti prima della partecipazione sono a carico del Ssn, con un costo annuale di circa 74 milioni di euro. Da qui la necessità di un bilancio in termini di efficacia e benefici attesi per la salute pubblica: è nato così il “Dossier Fidippide: valutazione di efficacia del programma di sanità pubblica per l’avviamento all’attività sportiva agonistica e il periodico controllo sanitario di giovani al di sotto dei 35 anni”, a numero 69 segue a pag. 31 cura dell’Agenzia regionale di sanità pubblica (Ars) della Toscana. Intitolato al leggendario padre della maratona, il dossier affronta, oltre alle prove di efficacia previste dal programma di sanità pubblica (visita medica, screening cardiologico, di funzionalità respiratoria e muscoloscheletrica), anche aspetti più qualitativi: i determinanti alla base della sua adozione, le attività intraprese negli altri Paesi europei, le opinioni dei soggetti interessati. Viene anche tracciato un bilancio dei costi e dei risultati dell’effettiva applicazione del pro- 29 RACCOGLIERE LE EVIDENZE: LA SINTESI REALISTA Dossier L a produzione e l’utilizzo delle prove di efficacia dei programmi di prevenzione in ambito sociosanitario sono oggetto di un acceso dibattito, che coinvolge operatori sociosanitari, policy makers e ricercatori. Le criticità riguardano sia la natura stessa delle “evidenze” e del processo di cumulazione, sia la diffusione e l’utilizzo delle conoscenze prodotte dalle revisioni sistematiche (vedi bibliografia). Nel corso del workshop “Valutare la prevenzione”, in occasione dell’VIII Congresso dell’Associazione italiana di valutazione (Aiv), ho avuto l’opportunità di illustrare le origini e le caratteristiche salienti di alcuni orientamenti che si muovono sotto il comune denominatore dell’evidence movement. L’intento era quello di rispondere ad alcune problematiche poste dall’Ebp grazie alla proposta metodologica della sintesi realista. In particolare, sono stati confrontati due metodi di revisione sistematica, evidenziando alcune pro- Liliana Leone All’interno del movimento Ebp, la modalità di produzione delle revisioni sistematiche è oggetto di un acceso dibattito, sia per quanto riguarda la raccolta delle conoscenze, sia sul grado di fruibilità e utilità delle evidenze. Accanto alla tradizionale meta-analisi, non priva di criticità, si sta affermando sempre più un metodo alternativo di revisione sistematica, quello della sintesi realista, che cerca di rispondere alle esigenze metodologiche, ma anche di tradurre i risultati in raccomandazioni utilizzabili dai decisori politici. blematiche di ordine metodologico connesse ai processi di cumulazione delle conoscenze e alcuni limiti legati al grado di fruibilità e utilità delle evidenze: da una parte la meta-analisi, adottata per esempio dalla Cochrane Library e dalla Campbell Collaboration, dall’altra la cosiddetta “sintesi realista”, un metodo di revisione sistematica recentemente sviluppato in Gran Bretagna da Ray Pawson, dell’Università di Leeds. La versione integrale di questo articolo è pubblicata, con il titolo “Evidenze di efficacia nei programmi di prevenzione delle dipendenze: review sistematiche e sintesi theory-driven”, sul sito dell’associazione, www.snop.it 30 Metodi a confronto Un esempio della debole capacità informativa delle meta-analisi condotte in alcuni settori della prevenzione dei programmi di salute pubblica e la frequenza con cui si denunciano scarsità di evidenze, carenze inerenti la scarsa qualità dei disegni sperimentali o limiti di ordine pratico connessi alla scarsa capacità delle metaanalisi di informare e quindi influenzare i processi decisionali. Ci sono poi alcuni limiti metodologici, evidenziati da alcuni esponenti del movimento denominato evidence based policy, sottesi al processo stesso di sviluppo e accumulo delle conoscenze nelle revisioni sistematiche. dossier ebp e pratiche inutili • numero 69 Dossier ebp e pratiche inutili Il processo di revisione della sintesi realista rappresenta un metodo alternativo per condurre revisioni sistematiche e cerca di rispondere ai due ordini di problemi precedentemente menzionati: metodologici e di traduzione dei risultati in raccomandazioni utilizzabili dai decisori politici. Questo procedimento prende in considerazione gli stessi processi di accumulo delle conoscenze scientifiche e trae origine da una concezione popperiana della scienza: pone cioè l’accento sulle ipotesi teoriche sottostanti le ricerche sperimentali, sul processo di confutazione e di verifica degli assunti teorici e utilizza prevalentemente il metodo deduttivo. I singoli studi le singole valutazioni non rappresentano quindi delle monadi, ma sono compresi all’interno delle ipotesi esplicative che li avevano generati e delle teorie (o quasi teorie) che intendevano confutare. Si tratta di un metodo molto recente applicato in diversi campi, dal welfare all’educazione, dall’ambiente e rigenerazione urbana alla giustizia, e che di recente inizia a trovare applicazioni anche nel settore sanitario. Anche questo approccio, come altri prima, critica il modello della black box sottostante alla logica delle revisioni sistematiche basate sulla meta-analisi. I programmi sociosanitari non sono altamente riproducibili e le variazioni contingenti che sorgono nell’implementazione sul campo non sono necessariamente casuali. Esistono infatti fattori che possono essere oscurati dalle comuni analisi, per esempio il modo con cui gli operatori interpretano il programma in determinate situazioni, oppure il modo con cui diversi sottogruppi dei beneficiari reagiscono alla proposta. La critica principale si concentra su due assunti sottostanti al procedimento della meta-analisi: i trattamenti devono essere concreti, circoscritti e riproducibili (e altamente standardizzati come nel caso di alcune cure mediche) e i soggetti beneficiari hanno un ruolo prevalentemente passivo, poiché i trattamenti funzionerebbero in modo indipendente dal loro giudizio (possibilità di controllare effetti placebo). Mettere in pratica Accogliendo alcune indicazioni sviluppate dalla sintesi realista e dal movimento della evidence based policy, in tre regioni del Nord Italia è stata realizzata una ricerca valutativa che proponeva un parallelismo tra la nozione di strategia applicata ai diversi approcci di prevenzione e quella di “famiglia di meccanismi” propria della sintesi realista. La sistematizzazione delle evidenze attraverso la nozione di strategia di intervento ne favorirebbe l’utilizzo, in quanto maggiormente in grado di influenzare le teorie implicite ed esplicite degli operatori e dei decisori. Il focus del lavoro, Per una prevenzione efficace, è posto su pratiche di estrazione, contestualizzazione, diffusione e utilizzo delle conoscenze e delle raccomandazioni prodotte dalle revisioni sistematiche e dalle linee guida sviluppate a livello internazionale nel settore della prevenzione delle dipendenze. Si espone un caso di ricerca-azione caratterizzato da approcci fortemente partecipativi, in cui sono state ricodificate e riaggregate le evidenze offerte dalle maggiori revisioni sistematiche e linee guida in materia di prevenzione delle dipendenze. Queste evidenze sono state in seguito incorporate all’interno di una valutazione che ha interessato undici Asl del Nord Italia, e utilizzate come parametro di riferimento per giudicare l’adeguatezza delle metodologie di intervento adottate in un campione di 122 progetti. A seguito di questo lavoro, il procedimento adottato e le indicazioni scaturite sono state utilizzate anche al di fuori del settore della prevenzione delle dipendenze. In alcune Asl (Bergamo, Milano 1) è stata avviata una programmazione congiunta dei dipartimenti e servizi che a diverso titolo si segue a pag. 32 da pag. 29 gramma in Italia. Sulla base di questi dati, un gruppo di esperti si è espresso sull’esistenza e l’affidabilità di prove di efficacia delle diverse componenti del programma, formulando anche delle raccomandazioni per i decisori riguardo allo screening preventivo per l’avviamento all’attività sportiva nei giovani al di sotto dei 35 anni. La visita medica può essere mantenuta, ma ne va accentuato il valore di consiglio e orientamento nella scelta della pratica sportiva più adatta, per aumentare la soddisfazione e quindi la probabilità di proseguire più a lungo numero 69 possibile nello svolgimento dell’attività fisica (che si è dimostrata efficace nel prevenire malattie cardiovascolari e altre patologie). Riguardo allo screening cardiovascolare, l’attività in corso da circa trent’anni può essere mantenuta, sostenendo gli sforzi in atto in alcune aree del Paese per una sua valutazione di efficacia su base osservazionale. Dove non sono in corso studi di efficacia retrospettiva, può essere offerta, a patto che sia garantito un adeguato controllo della qualità della prestazione. Ogni offerta di atti- 31 l’autore Liliana Leone Facoltà di Sociologia, Università di Roma “La Sapienza” occupano di programmi di prevenzione rivolti ai giovani (dipartimenti di Prevenzione, dipartimenti per le Dipendenze, Servizio famiglia, infanzia o età evolutiva). Quella della sintesi realista è una proposta particolarmente promettente, sia perché il ruolo dei contesti (aspetti socioeconomici, organizzativi, culturali, demografici) è irrinunciabile per spiegare il funzionamento e il successo dei programmi di salute pubblica, sia perché il richiamo alle varie teorie del cambiamento sociale è abbastanza esplicito nei diversi approcci di prevenzione. La letteratura sulla prevenzione delle dipendenze, per esempio, fa riferimento a diversi modelli di intervento (influenza sociale, comprensivi e combinati, cognitivi e di promozione della salute) in cui sono chiamate in causa diverse teorie: quella dell’apprendimento sociale di Bandura, della normative beliefs di Hansen, dello sviluppo sociale di Hawkins e Catalano, della dissonanza cognitiva di Festinger. Le revisioni sistematiche, per contro, vengono in genere realizzate in funzione di una classificazione di programmi che hanno in comune le sostanze o i comportamenti considerati dannosi (alcol, tabacco, droghe illecite, marijuana, utilizzo del casco), sebbene i decisori tendano a utilizzare strategie simili anche in politiche e ambiti di intervento differenti. Il suggerimento è quindi quello di tenere conto di questo gap e al contempo dare l’opportunità di sviluppare revisioni sistematiche di programmi di promozione della salute aventi in comune proprio le strategie di intervento, le teorie del cambiamento sociale e le famiglie di meccanismi alla base dei cambiamenti auspicati. BIBLIOGRAFIA S. Bernhardt, “Metodologia della valutazione di prove di efficacia in sanità pubblica”. Tesi di specializzazione, AA 2002-2003 Università di Firenze, www.epicentro.iss.it/ebp/metodologia.asp A. Boaz et al, “The practice of research reviewing I. An assessment of 28 review reports”. Esrc UK Centre for Evidence Based Policy and Practice, 2004. L. Leone, M. Ruffa, “Teoria e meccanismi nella valutazione d’efficacia dei programmi prevenzione”. Abstract presentato al workshop “Valutare la prevenzione” nel corso dell’VIII Congresso Aiv (Catania, 17-19 marzo 2005), www.valutazioneitaliana.it/workshop/mostrapaper.php?id_paper= 31 L. Leone, “Review sistematiche, sintesi theory-driven e utilizzazione delle evidenze. Il caso dei programmi di prevenzione”. Rivista Italiana di Valutazione, Franco Angeli, in via di pubblicazione. L. Leone, C. Celata, Per una prevenzione efficace. Il Sole24ore Sanità, 2006. R. Pawson, Evidence Based Policy. Sage, Londra, 2006. M. Petticrew, “Why certain systematic reviews reach uncertain conclusions”. Bmj, 2003; 326 (7392): 756-758. W. Solesbury, “Evidence Based Policy: Whence it Came and Where it’s Going”. Esrc UK Centre for Evidence Based Policy and Practice, 2001. L. Rychetnik, M. Frommer, A Schema for Evaluating Evidence on Public Health Interventions; Version 4. National Public Health Partnership, Melbourne, 2002. da pag. 31 32 vità al di fuori di queste condizioni non è giustificata. Lo screening respiratorio è inutile ai fini descritti nel dossier, per cui se ne raccomanda l’abolizione. Lo screening muscoloscheletrico andrebbe abolito, perché inutile ai fini descritti nel dossier, mentre può essere mantenuto in forma sperimentale per alcuni sport a impegno estremo per l’apparato muscoloscheletrico, garantendone la valutazione su base osservazionali (per valutarne l’utilità nella prevenzione di complicanze invalidanti legate a malformazioni congenite). Non è stato possibile invece esprimere valutazioni sulla necessità di una ripetizione periodica e sull’eventuale frequenza ottimale che gli screening (dei quali si suggerisce il mantenimento) debbono avere. Su questo punto dovrà intervenire un documento di consenso tra gli esperti che tenga conto del bilanciamento tra i costi e i possibili, ma non dimostrati, benefici. Il testo completo del dossier è disponibile al seguente indirizzo: www.epicentro.iss.it/ebp/pdf/Dossier_ Fidippide.pdf. dossier ebp e pratiche inutili • numero 69