con il dovuto rispetto... MILANO SETTE a pagina 2 I numeri sono bugiardi. Meglio amare uno per uno Ac, lettera dell’Arcivescovo DI a pagina 3 Fondo, un bambino scrive a Tettamanzi da pagina 5 Domenica 6 dicembre 2009 Pagine a cura dell'Arcidiocesi di Milano - Comunicazioni sociali Realizzazione: Itl - Via Antonio da Recanate 1 20124 Milano - telefono: 02.67131651 - fax 02.66983961 Per segnalare le iniziative: [email protected] Avvenire - Redazione pagine diocesane Piazza Carbonari 3 - 20125 Milano telefono: 02.6780554 - fax: 02.6780483 sito web: www.avvenire.it email: [email protected] Progetto Portaparola per Avvenire in parrocchia tel: 02.6780291; email: [email protected] Speciale guida per l’Avvento MARIO DELPINI Don Massimo non ha mai avuto simpatia per i numeri, fin dalle ore di matematica che ricorda come un incubo. Però adesso li trova proprio antipatici: i numeri, anche loro!, sono diventati bugiardi e non ti puoi proprio fidare. Se c’è una manifestazione puoi chiedere: «Quante gente c’era?»; uno ti dice: «Erano più di un milione!», l’altro: «Non credo che fossero più di centomila!». Una bella differenza, accipicchia! «Quanti sono i nostri fedeli?», continuano a domandarsi i preti. «Sono il 97 per cento» dice chi conta i battezzati; «Saranno sì e no il 15 per cento» dice chi registra le presenze alla Messa della domenica; «Più o meno sono l’84,5 per cento» dice quello che conta gli avvalentesi dell’ora di religione alle superiori. «Quanti sono i seminaristi?» chiedono spesso. «Sono 160» dice il prete aggiornato. «Così tanti? Non credevo!» dice uno. «Così pochi? Dove andremo a finire?», dice un altro. Alla fine don Massimo conclude: «Anche i numeri sono diventati bugiardi. Mi conviene amare le persone una per una, senza contarle». Si è convinto infatti che neppure Dio ami i numeri: piuttosto chiama ciascuno per nome e fa festa per chi si converte, uno per uno. per saperne di più Milano non si stanchi di vivere la solidarietà Il video dell’intervento su internet. Il testo integrale in un libretto «M ilano torni grande con la sobrietà e la solidarietà» è il titolo del discorso che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha pronunciato in occasione della celebrazione vigiliare di S. Ambrogio, patrono della città di Milano e compatrono (con San Carlo) della Diocesi. La versione integrale del «Discorso La copertina alla Città» è pubblicato nella collana Magistero dell’Arcivescovo del Centro Ambrosiano (pagine 48, euro 3) e sarà in vendita in tutte le librerie cattoliche. Inoltre, su www.chiesadimilano.it si può rivedere il video della celebrazione trasmessa in diretta venerdì scorso. Il Discorso di Sant’Ambrogio riletto da chi vive la Città Un momento della celebrazione di venerdì 4 dicembre 2009 in Sant’Ambrogio Quello che manca però è la possibilità di valorizzare ilano possiede la ulteriormente questa potenzialità voglia di fare e la coordinandola con il ruolo della solidarietà, ma politica e delle istituzioni. Poi c’è anche l’individualismo e l’aspetto delle difficoltà oggettive l’eccessiva rapacità. Perciò molto rilevanti tra i milanesi dei l’invito del cardinal Tettamanzi vari ceti sociali, che trovano poco a tornare a pensare Milano aiuto nel superarle. Queste grande attraverso la solidarietà e comprimono la realizzazione dei la sobrietà dovrebbe guidare propri obiettivi di vita riducendo tutti». Alessandro Rosina la possibilità di avere una società insegna Demografia nella più equa e più ricca». facoltà di Economia Quali sono le sofferenze? dell’Università cattolica di «Sono varie e chiamano in causa Milano. E risponde alle le grandi trasformazioni che sollecitazioni che venerdì sera in Milano sta vivendo. La prima è il S. Ambrogio l’Arcivescovo ha cambiamento demografico lanciato alla legato coscienza di tutti all’invecchiamento con il Discorso alla della popolazione e città. «Milano ha alla riduzione dei davanti due strade, giovani negli ultimi entrambe plausibili decenni. Questo apre sottolinea Rosina -: questioni che ha le potenzialità sia riguardano per crescere sia per il innanzitutto gli Alessandro Rosina declino. Se la anziani: i servizi per politica invece di loro, il rischio di continuare a inseguire i isolamento e di difficoltà, problemi, diventasse una regia soprattutto per i non attiva che guida il cambiamento autosufficienti, che non hanno con una visione che investe sul aiuti su cui possono contare in futuro, allora la crescita di maniera continuativa e solida». Milano potrà anche essere Come valorizzare la presenza di migliore rispetto al presente». tanti anziani? Milano è una città solidale? «C’è una risorsa enorme che «La risposta è difficile. Anche il deriva dall’aumento della Cardinale nel Discorso ha popolazione in età in cui riconosciuto che ci sono luci e possiede ancora livelli di ombre. C’è una grande presenza benessere e di salute molto di persone che spende il proprio elevati, come i 50-60enni. tempo in gruppi caritativi. Possono essere liberi da impegni DI PINO NARDI «M come servizi alla familiari, perché i famiglia in tutta figli sono già Europa. Quindi è grandi, e di lavoro, strategico costruire perché vanno in «E’ la pratica straordinaria della un sistema che pensione ma sono ancora in buona solidarietà che ha reso grande nei consenta alle famiglie di poter salute. Questa è secoli Milano. Ed è sempre sulla solidarietà che crescere e difendere una risorsa che la città ha e avrà dobbiamo misurare ancora oggi la consistenza il proprio benessere, sempre di più nei e l’autenticità della grandezza della nostra soprattutto quando prossimi anni e che la precarietà potrebbe essere Città. Non possiamo dunque stancarci di costringe alla scelta adeguatamente di avere o meno valorizzata perché parlare di solidarietà e ancor più di viverla: figli. Tuttavia possa avere un una solidarietà non a parole ma a fatti» questo è uno degli ruolo attivo nella Cardinale Dionigi Tettamanzi dal Discorso alla città 2009 elementi che fanno coesione sociale». capire come le I giovani: una sperisposte della ranza di futuro politica vanno più spesso delusa... a rilento rispetto ai «Sì, esiste la grandi questione dei cambiamenti della società. una proliferazione di contratti giovani. Ci si aspetterebbe una Anziché guidare i cambiamenti, la al minimo ribasso come li ha loro maggiore valorizzazione, politica si trova ad inseguirli e chiamati lo stesso Arcivescovo. compensando la diminuzione questo è uno degli elementi che Questa precarietà parte dai quantitativa con un penalizzano lo sviluppo della miglioramento qualitativo delle bambini, dalle opportunità di città e del Paese. Una politica che opportunità e della formazione. socializzazione e di non è all’altezza delle grandi sfide Invece troppo spesso i giovani si miglioramento della loro e che tenta di mettere toppe, formazione; anche una parte trovano con forti difficoltà di perché fa fatica ad avere una del disagio dei ragazzi, prima conquista dell’autonomia e di visione lungimirante». ancora dei giovani, sta mantenerla in un mercato del Un’altra trasformazione è la prenell’assottigliarsi delle lavoro sempre più flessibile che senza degli immigrati... prospettive che vedono in chi è rischia di essere precario». «In genere si pensa agli immigrati un po’ più grande di loro e si Su questo punto è tornato disolo per la sicurezza e l’ordine trova fortemente in difficoltà». verse volte il Cardinale... pubblico; non ci rendiamo conto C’è un filo rosso di problemi «Infatti, già l’anno scorso, in invece della ricchezza che può che parte dall’infanzia, con la tempi non sospetti, ancora avere in termini dinamici, se si mancanza di asili nido... prima che scoppiasse la crisi valorizza la loro voglia di fare, di «Esatto. Questa mancanza pesa economica che penalizza i essere cittadini attivi della società in tutto il percorso di vita. Gli giovani e la loro possibilità di in cui vivono e quindi di dare un asili nido sono uno degli dare un apporto attivo alla proprio contributo. Se invece li si elementi considerati cruciali società. Sono pagati poco e c’è mette ai margini, se i bambini figli di immigrati si trattano come non cittadini italiani, si dà loro meno opportunità, non si investe sulla loro qualità, diventeranno poi ventenni marginalizzati, costituendo un problema anziché essere una risorsa cruciale per un futuro migliore di Milano. Su questo la politica deve agire subito». Che vuol dire recuperare la tradizione milanese: accoglienza, integrazione e sviluppo... «Proprio così. Milano ha nel suo Dna questa possibilità e deve semplicemente riscoprirla. Ma per farlo non deve ripiegarsi in se stessa e chiudersi. Deve avere il coraggio, la determinazione e la voglia di aprirsi perché se si apre al nuovo e all’innovazione continuerà a crescere cogliendo al meglio le nuove sfide. Se invece si fa condizionare dalle proprie paure, si chiude in se stessa, marginalizza gli altri, cerca di difendere le acquisizioni del presente, non potrà crescere e si avvia verso un declino sicuro». Il Cardinale rilancia il concetto di solidarietà come valore politico. Che ne pensa? «Questo è importante perché vuol dire riacquistare un senso di fiducia in se stessi, perché la solidarietà dà fiducia in chi dà e in chi riceve. Fiducia vuol dire anche senso di responsabilità. Il Fondo famiglia-lavoro ha proprio questo obiettivo: non aiutare nel momento di crisi per tamponare, ma dare alle persone la possibilità di rimettersi in piedi per camminare con le proprie gambe. È questa l’dea che deve svilupparsi perché è vincente. L’alleanza fra istituzione pubblica e società civile deve riuscire a incentivare e sostenere quei comportamenti individuali virtuosi che consentono alla città di rinnovarsi e crescere». Expo: vede il rischio che si impantani in diatribe e interessi che snaturano il progetto? «L’Expo sembra una di quelle occasioni che consentono a Milano di ristrutturarsi in funzione di una visione del futuro, di pensare non solo al presente, ma essere costretti a mettere in campo le forze vive della società; di non farsi schiacciare dagli interessi di parte e dei poteri forti o per gli appetiti dei singoli, ma diventare un evento a servizio della città, consentendo quindi alle forze messe ai margini di diventare protagoniste. Un evento di questo tipo dovrebbe essere l’incentivo di un’alleanza virtuosa fra istituzioni pubbliche e forze vive della società. Ecco tutti speriamo che questo possa realizzarsi e ci sono tutte le premesse per poterlo fare. Il timore invece è che finora abbia prevalso invece il litigio, gli scontri su chi deve spartirsi di più la torta e i poteri più forti che possono conquistarsi pezzi di quel progetto e messo invece in secondo piano l’evento a servizio della città». Una metropoli a misura d’uomo? Rispondono i milanesi DI LUISA L’ BOVE Arcivescovo nel suo discorso alla città ha passato in rassegna diverse categorie di persone - bambini, ragazzi, giovani, anziani, immigrati - chiedendosi se nei loro confronti Milano è accogliente e ospitale. Le testimonianze non mancano. Per Elisabetta, mamma con due figli di 3 e 5 anni e un lavoro part-time «Milano non è una città a misura di bambino». Il posto all’asilo nido si trova, ma «le rette pesano troppo sul bilancio familiare e così si preferisce pagare la baby-sitter che “copre” tutto l’anno». Se da una parte «il traffico rende faticosi gli spostamenti», dall’altra Milano non offre spazi: «Non ci sono parchi e luoghi per giocare, quando piove non si sa dove portare i bambini e se sono molto piccoli è pesante per una mamma o una nonna tenerli a casa». Chi resta a casa a curare i figli rischia la solitudine e in quartiere «non esistono più i negozietti dove fermarsi col passeggino a fare due chiacchiere, ma solo rivendite di piastrelle, phone center o centri mas- vrebbero incontrare «figure signifisaggi». La città reagisce cative» e «soprattutto i ragazzi delle Per i giovani le cose non vanno memedie hanno bisogno di luoghi agglio, spesso etichettati come «quelli agli interrogativi gregativi perché per loro è importante che tirano i sassi o sporcano i muri», sollevati il gruppo». Per questo l’oratorio «dedice Mario Lenelli, responsabile del ve riscoprire la sua vocazione» e torcentro sociale Barrio’s in zona Barona. dall’Arcivescovo nare a essere «luogo di incontro, di Invece «dobbiamo ascoltarli e saper relazioni, di educazione, anche su tematiche fordare risposte». In questi anni «ci accorgiamo che ti, per tutti quelli che abitano nel quartiere». l’offerta aggregativa non basta più». Per questo «acLiliana è una delle tante persone anziane che vicanto alle attività aggregative, di spettacolo e provono a Milano. Ha lasciato Roma e si è trasferita mozione culturale stiamo cercando di avviare progetti che coinvolgono i giovani in corsi di formain città 70 anni fa con il marito, ora ne ha 87, è zione-lavoro. Abbiamo diverse risorse e il teatro e vedova e vive da sola. «Ho la donna tre ore al gioril bar possono essere sfruttate anche per insegnano perché non posso permettermela di più», ma re un mestiere: barman, fonico, tecnico luci, aunon pensa al ricovero «perché si muore, non si vidio, fotografia...». ve» e poi la pensione non basterebbe. Nei fine I ragazzi invece «hanno bisogno di tempo per cresettimana figli e nipoti sono spesso via e lei resta scere, mentre la nostra società li spinge a diventasola, però la domenica a mezzogiorno il suo tere grandi troppo in fretta», dice Ottavio Pirovano, lefono squilla: un operatore del Comune di Miper 12 anni educatore nelle parrocchie di Cernulano la chiama per fare due chiacchiere e rassicusco sul Naviglio e Melzo e ora coordinatore della rarsi che non abbia bisogno di nulla. «Non ho alcooperativa diocesana «Aquila e Priscilla». Dotri aiuti», ammette Liliana, «una persona che ven- ga a tenermi compagnia o portarmi fuori». Vorrebbe che il Comune stesse «più vicino agli anziani», anche se si rende conto che «siamo tanti». Berner, 28 anni, è straniero e viene da più lontano. Nato a Cusco (Perù) e arrivato in Italia nel 1992, poi è stato in Spagna, Germania, Portogallo... «ma nel 2007 sono tornato a vivere stabilmente a Milano» anche se «non è ospitale» come altre città europee. Studia Ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico e si arrangia con qualche lavoretto. Riconosce che i milanesi hanno paura degli immigrati: «Ricordo che due anni fa stavo chiedendo informazioni a una ragazza era spaventata». Rispetto ai sempre più frequenti episodi di razzismo Berner dice che è «soprattutto un problema di ignoranza e non odio verso gli stranieri». Se oggi c’è poca integrazione non è solo colpa degli italiani, ma anche degli immigrati, che «si chiudono facilmente e si incontrano tra di loro». Eppure «a Berlino è diverso: c’è una spinta del governo all’integrazione e i diritti sono rispettati. Qui invece siamo l’ultima ruota del carro».