Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. DL353/2003 (conv. In L. 2702/2004 n. 46) art. 1 comm. 1 AUT. GIPA/C/PD/29/2011. In caso di mancato recapito rinviare a CMP Padova per la restituzione al mittente previo pagamento resi Organo ufficiale dell'Associazione BIMESTRALE N°2 - MAR/APR 2014 Direttore responsabile: Filippo Anastasi Direttore editoriale: Francesco La Palombara Caporedattore: Massimiliano Fiore 10-11 2-3 I tre verbi di Wojtyla Formazione e notizie sanitarie F. Baiocco Editore: U.N.I.T.A.L.S.I. (Unione Nazionale Italiana Trasporti Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) 18-19 Papa Francesco esorta ad aver cura della fragilità A.M. Cosentino 26 È nata Casa Maria Sophia M. Fiore 4-5 L’ulivo della speranza 12-13 La Vergine della Neve ai tropici 20-21 Nella Striscia senza pace G. Punzi 28 14-15 L’altro figlio del padre misericordioso Casa Angela e Casa Lia F. Anastasi S. Pagliuca 6-7 27 Ecco cosa cambia a Lourdes ZTL, posto auto per tutti i disabili 22-23 Loreto studia dei miracoli don D. Priori SE Mons. G. Tonucci 30-31 Già operativi i nuovi ragazzi G. Pepe 16-17 8-9 ‘Selfie’, una foto che comunica C. Giaccardi Dopo il dramma la ricostruzione F. Lorenzini E. Boero 32 24-25 Il martirio di Focherini I. Frizzoni Storie da Lourdes 33 Un pellegrino “En Velo” Redazione: Fraternità, organo ufficiale dell'Associazione è iscritta al Roc n. 2397 c/o Presidenza Nazionale UNITALSI in Via della Pigna 13/A 00186 Roma Tel. 06.6797236-int 222, fax 06.6781421, [email protected] c/c postale n° 10274009 intestato a UNITALSI via della Pigna 13/A - 00186 RM Hanno collaborato: Mons. Luigi Marrucci, Salvatore Pagliuca, Federico Baiocco, Emenuele Boero, Angela Maria Cosentino, Claudio Focolari, Italo Frizzoni, Chiara Giaccardi, Maristella Giuliano, Federico Lorenzini Marco Mincarelli, don Danilo Priori, Gaetano Pepe, Giovanni Punzi Con approvazione ecclesiastica, rivista bimestrale, reg. n. 21 trib. Roma in data 5 gennaio 1988 Foto: Sergio Pancaldi, ufficio stampa Cei, Marco De Gregori, archivio Unitalsi Progetto grafico: ELLE 71 S.r.l. Stampa: Mediagraf Spa viale della Navigazione Interna 89 35027 Noventa Padovana (PD) Finito di stampare: dicembre 2013 Questo periodico è associato all’Uspi 800 062 026 PRONTO UNITALSI [email protected] www.unitalsi.it Mons. Luigi Marrucci Assistente Ecclesiastico Nazionale Salvatore Pagliuca Presidente Nazionale In prima fila per la pace tutto l’anno Il mese di Aprile ci ha visti impegnati su tutto il territorio nazionale ad offrire alberelli di ulivo ed a presentare la nostra Associazione ai tanti che ancora non la conoscono. La Giornata Nazionale rappresenta innanzitutto un motivo di orgoglio per quanti scelgono di vivere, attraverso l'UNITALSI, un impegno ecclesiale concreto, convinto, fervido, capace di accendere con la fantasia della carità una luce nuova e testimoniare una esperienza di impegno e di bellezza che, da oltre 110 anni, riempie la storia quotidiana dell'Associazione. Allo stesso tempo, la Giornata Nazionale è una occasione per andare incontro a quanti non conoscono la nostra realtà, proponendo loro innanzitutto la possibilità di salire sui nostri treni o aerei per vivere l'esperienza del pellegrinaggio verso Lourdes o altri santuari, perchè è da lì, dal pellegrinaggio, che trae linfa il nostro carisma. L'impegno di attenzione e di premura verso chi è nel bisogno, però, non può essere circoscritto a pochi giorni. Per questa ragione, l'UNITALSI ha dato vita ad una serie di progetti che, nel tempo, hanno abbracciato le singole realtà territoriali, offrendo l'energia del cuore e l'esperienza dei propri volontari. Grazie anche alla disponibilità dei media, questo invito alla partecipazione - condensato simbolicamente in una piantina di ulivo - ci permette di irrobustire le radici del nostro impegno. Ce lo ha chiesto Papa Francesco che, nel corso della storica udienza del 9 novembre 2013 per i 110 anni di fondazione associativa, ha riconosciuto all'UNITALSI il valore dell'amorevole “ministero della consolazione” verso chi è nella malattia. In questa missione affidataci dal Santo Padre è custodito l'invito ad una religiosità impegnata, capace di animare una pastorale delle comunità, aperta al contributo generoso di tutti e soprattutto, capace di farsi prossima al prossimo con discrezione, offrendo un sussidio impregnato di vangelo. Il primo pellegrinaggio giunto a Lourdes è stato quello dei bambini della Campania, che hanno vissuto delle giornate di preghiera e di gioia, facendosi portatori di un messaggio di Pace. Il nostro messaggio di Pace è impresso nei volti sorridenti dei bambini, delle mamme e papà, dei volontari; la Pace che vogliamo costruire è la Pace del Risorto, la Pace dono di Dio per tutti.I bambini sono i migliori messaggeri; siamo sempre più convinti che siano davvero gli unici credibili ambasciatori di Pace, testimoni dell’Amore del Padre che tutto supera e tutto comprende. Ai bambini l’UNITALSI affida il più prezioso bene: avete mai pensato che le prime parole del Risorto ai Suoi discepoli sono state “Pace a voi”?, quanto sta a cuore il dono della Pace a Dio! È il Suo augurio più grande ed è anche il Suo dono più grande, che va custodito, alimentato, e “ri-donato”. Costruire la Pace oggi significa accettare, accogliere, condividere, dialogare e amare “l’Altro”, senza distinzioni di razza, di colore, di fede. I bambini sono gli “specialisti” dell’accoglienza e della condivisione, perché non hanno paura di scoprire la bellezza dell’Altro, e sanno affidarsi a Colui che fa belle tutte le cose. La pace donata dal Cristo risorto accompagni i nostri pellegrinaggi ed il nostro cammino associativo. Buon pellegrinaggio. 1 Massimiliano Fiore Canonizzazione Caporedattore di Fraternità I tre verbi di Wojtyla Pregare, Lavorare e sorridere. I ricordi di Navarro Valls Joaquín Navarro Valls è stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, per 22 anni direttore della Sala Stampa vaticana. L’ex portavoce ricorda l’uomo e il Papa che cambiò le sorti della storia politica e cattolica del pianeta. 1 “P regare, lavorare, sorridere”. Con questi tre verbi Joaquin Navarro Valls ha riassunto la biografia di Karol Wojtyla, intervenendo alla presentazione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II”. “Da come pregava avvertii quanto profondo fosse il suo legame con Dio”, scrive Benedetto XVI nel volume. “Vedere pregare Giovanni Paolo II - ha testimoniato il suo portavoce - era come afferrare un’infinitezza in cui lui si immergeva e permetteva di vedere dove andava il suo sguardo”. “Non parlava quasi mai della sua interiorità”, ha detto Navarro Valls, “ma un giorno a proposito della Santa Messa mi ha detto:‘ È il bisogno più profondo della mia anima’”. In Giovanni Paolo II, in altre parole, “la preghiera non appariva come un’attività a sé, ma come l’attività che teneva unita la sua vita, dava senso e direzione a tutta la sua esistenza. Perfino un agnostico come Michail Gorbaciov era arrivato a dire che la sua filosofia po- 2 litica era fortemente sostenuta dalla sua spiritualità”. Poi Navarro-Valls ha raccontato dell’abitudine di Giovanni Paolo II di sostare alcuni minuti di preghiera, inginocchiandosi nella sua cappella privata, prima e dopo il pranzo e la cena: “Un giorno lo stavo aspettando dopo una di queste soste, che però invece di due o tre minuti è durata dieci minuti. E il Papa a un certo punto mi ha detto: ‘Mi scusi, mi ero scordato che lei era qua”. “Lavorare”, il secondo verbo. “Il suo impegno era instancabile”, ha riferito l’ex direttore della Sala stampa della Santa Sede: “Non solo nei grandi viaggi ma giorno per giorno, dalla messa mattutina fino a tarda notte. Alla sera trascinava i piedi, e non solo negli ultimi anni. Non sapeva perdere un minuto e non aveva mai fretta”. Riguardo all’ultimo verbo essenziale per capire appieno la sua biografia, “sorridere”, Navarro-Valls ha citato una frase di Papa Benedetto XVI: “Nelle sue conversazioni c’era sempre spazio per il buonumore”. “Era un uomo allegro, e fu allegro sempre”, ha confermato Navarro Valls, affermando che una “teologia dell’allegria” dovrebbe sempre far parte del bagaglio di “una persona che crede sul serio”. A riprova del fatto che Giovanni Paolo II sapeva sorridere, il suo portavoce ha raccontato un episodio accaduto nell’incontro con una persona “molto importante”. Ricevuta in udienza, quest’ultima ha detto al Papa, che a quell’epoca aveva già il bastone: “Santità, la trovo molto bene”. E il prossimo Santo, di tutta risposta: “Ma lei pensa che non mi veda in tv come sono combinato?”. Uno dei filoni d’interpretazione del pontificato di Giovanni Paolo II riguarda le conseguenze politico strategiche della sua grande missione pastorale. Certo, eleggere Papa un Cardinale polacco voleva dire andare a cercare un rappresentante della Chiesa cattolica al di là della “cortina di ferro”. Aveva qualcosa di più importante: aveva un progetto umano. Il suo primo messaggio fu tutto rivolto a riportare, per così dire, al centro della scena Gesù Cristo, come fu il suo primo discorso in piazza San Pietro: “Spalancate le porte a Cristo!”. FOTO 1 PAPA WOJTYLA E NAVARRO VALLS SU UN VOLO PAPALE FOTO 2 GIOVANNI PALO II IN PREGHIERA DAVANTI ALLA GROTTA DI LOURDES 2 3 Giornata Nazionale L’ulivo della speranza In tutta Italia le testimonianze di apprezzamento verso l’Associazione NELLE FOTO BOLOGNA, ROMA, NAPOLI E REGGIO CALABRIA ALCUNE IMMAGINI SIMBOLICHE DELLA GIORNATA NAZIONALE NEL RIQUARDO ROSSO TRA I SOSTENITORI DELL’UNITALSI A ROMA, MARTINA STELLA E A NAPOLI IL SINDACO LUIGI DE MAGISTRIS L a giornata nazionale rappresenta innanzitutto un motivo di orgoglio per quanti scelgono di vivere, attraverso l'UNITALSI, un impegno ecclesiale concreto, convinto, fervido, capace di accendere con la fantasia della carità una luce nuova e testimoniare un’esperienza di impegno e di bellezza che, da oltre 110 anni, riempie la storia quotidiana dell'Associazione. Allo stesso tempo, la Giornata Nazionale è stata un’occasione per andare incontro a quanti non conoscono la nostra realtà, proponendo loro innanzitutto la possibilità di salire sui nostri treni o aerei per vivere l'esperienza del pellegrinaggio verso Lourdes o altri santuari, perché è da lì, dal pellegrinaggio, che trae linfa il nostro carisma. L'impegno di attenzione e di premura verso chi è nel bisogno, però, non può essere circoscritto a pochi giorni. Per questa ragione, l'UNITALSI ha dato vita ad una serie di progetti che, nel tempo, hanno abbracciato le singole realtà territoriali, offrendo l'energia del cuore e l'esperienza dei propri volontari. Grazie alla disponibilità dei media, questo invito alla partecipazione - condensato simbolicamente in una piantina di ulivo - ci permette di irrobustire le radici del nostro impegno. Ce lo ha chiesto Papa Francesco, che nel corso della storica udienza del 9 novembre 2013 per i 110 anni di fondazione associativa, ha riconosciuto all'UNITALSI il valore dell'amorevole “ministero della consolazione” verso chi è nella malattia. In questa missione affidataci dal Santo Padre è custodito l'invito ad una religiosità impegnata, capace di animare una pastorale delle comunità, aperta al contributo generoso di tutti e, soprattutto, capace di farsi prossima al prossimo con discrezione, offrendo un sussidio impregnato di vangelo". Salvatore Pagliuca Presidente Nazionale 4 4 3 5 don Danilo Priori vice Assistente Nazionale L’altro figlio del padre misericordioso L’abbraccio del padre misericordioso è il coronamento gettato al collo del figlio perduto, come àncora che suggella la salvezza, bacio che conferma una speranza mai sopita. Quel giovane, quello raccontato dall’evangelista Luca (Lc 15,11-32), riesce a catalizzare l’attenzione del lettore fedele e si guadagna assai presto un sorriso di benevolente approvazione; sarà forse perché il viaggio a ritroso del figlio perduto è come scia che cavalca le tempeste della nostra vita e convoglia - accomunandole - verso una luce domestica frettolosamente smorzata; o forse perché quel giovane senza nome è riflesso di un in- 6 nato desiderio genitoriale, immagine perfetta a cui imporre il nome delle nostre personali vicende. Per certi versi la sua figura è talmente malleabile da sopportare, di volta in volta, i contorni biblici che più ci aggradano. Eccolo allora come ennesimo Adamo che, allontanandosi sprezzante dalla dimora paterna, volge disincantato l’ultimo sguardo a quell’eden ripudiato e - tradendo anche se stesso e la morale dei patriarchi - si illude di poter dissodare i giorni dai cardi e gli spini (cf Gn 3,17-19); oppure con lo stesso spirito intraprendente di Abramo, celere a svincolarsi dai legacci familiari per addentrarsi nei meandri di un viaggio ancora oscuro, e poco sembra importare se stavolta - in verità - non c’è la voce di Dio a sospingere lontano dalla casa del padre verso le fenditure benedette (cf Gn 12,13). E come non pensarlo contrito e ravveduto, pronto a riformulare la preghiera di intercessione di Mosè (cf Es 32) e piegarla alla necessità di rientrare - seppur nel più infimo dei ranghi - nelle stanze della casa perduta? O come non immaginarlo quale moderno Gedeone (cf Gdc 6) che spazza gli idoli della presunzione e umilmente si prostra ai piedi del primo e unico padre? Ad attenderlo l’altro personaggio di questo racconto a noi tanto caro: il padre misericordioso; del resto, già le prime battute di questo passo - (Gesù) “Disse ancora” (Lc 15,11) - sembrano anticipare un’abbondanza divina che vince il limite testardo della creatura, parola di misericordia che - immeritatamente - restituisce all’uomo disobbediente i tesori respinti e li sorpassa e stupisce nell’aurora sempre nuova del dono. Doveva necessariamente andare a finire così questa parabola. Siamo onesti: non lo avremmo sopportato un finale diverso. Ma che ne è stato dell’altro figlio? Quello fedele, quello che non aveva mai sperperato un granello delle sostanze di famiglia, quello che viene sorpreso dalle grida di festa mentre porta ancora addosso l’odore forte del lavoro nei campi. È lui il personaggio negativo di questa vicenda, il cattivo di turno che non corre ad abbracciare il fratello convertito, l’uomo senza viscere di tenerezza che non partecipa alla gioia del padre; su di lui si abbattono adesso come scuri le sue stesse incaute affermazioni: per lui forse non ci saranno mai vitelli da immolare nei banchetti con gli amici e nemmeno le prostitute che arbitrariamente attribuisce al fratello prodigo (cf Lc 15,29-30). Ora appare solo nel pellegrinaggio della vita; lasciato solo nel mezzo di un banchetto a cui non ritiene di appartenere; lasciato solo nel mezzo di una scelta che non può essere rinviata. E fa tanta tenerezza nella sua solitudine perché incarna appieno la stessa cocente delusione che pervade ciascuno di noi ogni volta che veniamo spiazzati e confusi dalle logiche di Dio (cf Is 55,8-9). Anche lui - l’altro figlio - è protagonista a tutto tondo di questa vicenda; anch’egli interroga a fondo il lettore fedele: forse non gli strappa quell’immediato sorriso di benevolente approvazione, ma inesorabilmente smaschera le gesta di chi approva con le parole ma non aderisce col proprio cuore. “Alle volte usando le parole della nota scrittrice Susanna Tamaro penso che al momento della nostra morte non vedremo scorrere tutta la vita, come dicono, ma soltanto una piccola parte, i gesti d’amore mancati, la carezza non fatta, la comprensione non data, quel muso inutile tenuto troppo a lungo, quella caparbietà nutrita soltanto di se stessa... Solo invecchiando ci si rende conto della gravità di certe parole e tutto ciò che abbiamo mancato, per superficialità, per egoismo, per fretta, comincia a pesare sul nostro cuore, ma il tempo ormai è andato e non torna più indietro” (Per sempre, Giunti Editore, Firenze, 2011, 51). Ma la penna del Signore - si sa - è ben più sapiente di quella dei romanzieri e, dove gravano i macigni del senso di colpa e del perdono mancato, scrive a lettere maiuscole la gioia di una vita che chiede soltanto di essere riconosciuta e accolta. NELLA FOTO IN ALTO LA COPERTINA DEL LIBRETTO DEI PELLEGRINAGGI 2014 “LA GIOIA DELLA CONVERSIONE” 2 7 Media Chiara Giaccardi sociologa Docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore ‘Selfie’, una foto che comunica Fenomeno generazionale quando lo scatto non è più un contenuto, ma un medium, un connettore Vivere e condividere non sono due movimenti che si annullano a vicenda; al contrario. D’altra parte l’esperienza, ce lo ha insegnato tra gli altri Walter Benjamin, ha sempre la doppia componente di 'immersione' (Erlebnis) e di 'distanziazione', rielaborazione, del vissuto (Erfahrung ). La sospensione, la messa in pausa, la condivisione non solo non impediscono l’esperienza, ma ne sono la condizione, perché servono a elaborare, condividere, far sedimentare i significati di ciò che si vive. M olto è già stato scritto attorno a quella che l’Oxford English Dictionary ha eletto a parola dell’anno 2013: selfie. Le foto di sé, scattate coi dispositivi mobili per essere caricate sulle piattaforme social destano non poche preoccupazioni, forse per le connotazioni negative suggerite dai termini con la stessa radice ( selfish significa egoista, egocentrico) o per un attaccamento eccessivo al vecchio paradigma trasmissivo della comunicazione, che isola il contenuto dal mezzo (mentre la comunicazione, oggi più che mai, è prima di tutto riduzione di distanze, costruzione di relazioni). In un recente articolo, per esempio, lo psicanalista Massimo Recalcati ha parlato di «certificazione di un’esistenza che dubita di se stessa», e di «foraggiamento narcisistico di un soggetto vuoto», mentre in una riflessione sul New York Times la psicologa Sherry Turkle ha colto un’ossessione per la documentazione che «mette in pausa» l’esperienza: l’ansia di 'possedere' una traccia che certifichi la nostra esistenza ci impedirebbe viverla veramente. Documentare l’esperienza e fare esperienza sarebbero due movimenti che si annullano a vicenda: o l’uno, o l’altro. Sebbene queste posizioni colgano alcune derive, sempre possibili, del fenomeno, rischiano a loro volta di 8 scambiare i pericoli per l’essenza, sulla base di quello che mi pare un duplice errore di prospettiva. Da una parte si scambia l’origine per la destinazione: l’autoscatto non mira a costruire uno specchio in cui rimirarsi, ma, casomai, a condividere un momento con altri. Il fine non è autoreferenziale, ma sociale. Non mi fotografo per certificare la mia esistenza, ma per condividerla, per entrare in dialogo. Essere è condividere. E non necessariamente ciò che si condivide è l’autoscatto col personaggio famoso, o l’immagine dove si è «al meglio di sé». Anzi, fa discutere, per esempio, la recente tendenza, da parte di alcuni personaggi del mondo dello spettacolo ma non solo, a condividere selfies scattate durante o subito dopo una malattia. La seconda questione ha a che fare col tema della rappresentazione: se la fotografia è nata come medium per parlare della realtà, e la dimensione del contenuto è sempre stata cruciale, la finalità della selfie non è rappresentare, ma comunicare. Non si tratta di un oggetto estetico, ma di un movimento dialogico. Non è solo un parlare di sé, ma è soprattutto un parlare a qualcuno. Un diario per immagini, nella consapevolezza che l’identità è relazionale, e che il messaggio più che 'ti dico chi sono' è, casomai, 'aiutami a capire chi sono'. Nella selfie dunque la fotografia non è un contenuto, ma un medium, un connettore, un invito al dialogo a partire dalla propria quotidianità, un mettere in comune che aiuta a tessere la trama della vita di tutti i giorni, intrecciando un racconto polifonico per immagini. Per questo credo che tacciare questa forma comunicativa di narcisismo, feticismo, asocialità sia non capire il bisogno autentico che essa esprime. Che è un bisogno giusto: casomai da coltivare, accompagnare, rendere più consapevole, ma non certo stigmatizzare. Che la foto non risponda a un bisogno di possesso o di 'eterizzazione' del quotidiano nel vano tentativo di sottrarlo alla banalità è testimoniato anche da applicazioni come Snapchat, che consentono di inviare ai propri contatti foto che durano solo pochi secondi. Il quotidiano è effimero, nessuno vuole negarlo, ma nondimeno può essere, seppur per un istante, messo in comune. Non tutto merita di permanere, ma molto merita di essere condiviso. Attenzione, quindi, alle troppo facili svalutazioni di pratiche che rispondono a bisogni antropologici profondi. E attenzione a quell’etnocentrismo generazionale che porta a valutare con categorie inadeguate i nuovi fenomeni – a leggere il presente nello specchietto retrovisore, direbbe McLuhan – incorrendo in inevitabili errori interpretativi. Meglio cercare di vedere i fenomeni 'dal punto di vista dei nativi', come ci hanno insegnato gli antropologi. Non per adeguarsi, ma per costruire le condizioni di un dialogo intergenerazionale dal quale tutti abbiamo da imparare. NELLE FOTO IL PALCO ALLESTITO NELLA VILLA COMUNALE DI NAPOLI E LO STAND DELL'UNITALSI NELLE FOTO PAPA FRANCESCO DISPONIBILE AD UN SELFIE DURANTE LE UDIENZE GENERALI 9 Federico Baiocco Responsabile Nazionale Medici Formazione e notizie sanitarie Cresce negli ultimi anni l’importanza di acquisire una preparazione morale, tecnica e religiosa La scorsa settimana a Lourdes si è svolto il corso di formazione per i 130 dipendenti di UNITALSI Lourdes e per i giovani del Servizio Civile, da poco arrivati a Lourdes. La necessità di fare formazione, oltre ad essere determinata dalle norme di legge e dalle mode sociali che spesso spacciano per importanti momenti formativi che poco hanno realmente di formante, sono nel nostro caso determinate da vari fattori. Spesso ripetiamo che essendo la nostra un’Associazione di promozione sociale, per poter essere tale deve garantire ai propri associati la possibilità di crescere sia in senso morale, tecnico che religioso. Gli adulti imparano quando hanno realmente bisogno di conoscere e gli vengono motivate le nozioni che gli vengono proposte. Deve essere rispettato il concetto di sé e sono rispettate le loro esigenze (fisiologiche, di sicurezza, di autostima, di ruolo sociale); è riconosciuta l’esperienza precedente ed è incentivata la disponibilità ad apprendere. Da tutto questo non sono esclusi i nostri dipendenti che, proprio perché legati alla realtà associativa da un vincolo professionale, sono per certi versi coloro che sono chiamati a mantenere la continuità della stessa realtà. La formazione in ambito sanitario in questi anni ha acquisito sempre più importanza, di certo non per un tentativo di medicalizzazione dell’Associazione, ma per la necessità, come affermiamo ormai da anni, di accogliere al meglio gli amici malati che chiedono di partecipare alle nostre attività. Nel corso che si è svolto a Lourdes i dipendenti addetti al contatto con il pubblico, sia francesi che italiani, hanno seguito il corso di formazione BLSD che in un fantastico miscuglio di lingue, italo-franco-spagnolo, si sono impegnati con forza e desiderio di apprendere proprio perché motivati dal senso di appartenenza che in questo momento associativo sta acquistando sempre più importanza. La voglia di acqui- 10 sire competenza deve trarre origine dalla convinzione di voler tendere verso una società che voglia conservare il suo aspetto di umanità e che quindi possa basarsi su individui che riescano a sentire verso gli altri le stesse responsabilità che sentono verso se stessi. Questo aspetto di compromissione e di competenza l’abbiamo riscontrato anche nei giovani del Servizio Civile che, provenendo da diverse realtà culturali, hanno ben chiaro l’elemento fondante del volontariato e del servizio civile stesso, che è quello dello spirito di solidarietà. La solidarietà non è qui intesa come sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane, ma la decisione di farsi carico, secondo le proprie competenze, tanto dei problemi locali quanto di quelli globali, impegnandosi a promuovere il bene delle persone e il bene comune, portando un contributo al cambiamento sociale. Ma verso chi deve essere rivolto questo atteggiamento di farsi carico, di esprimere un vero e pieno spirito di solidarietà? Nei confronti del prossimo indistinto, bello ma utopistico, o in un ambito maggiormente ristretto, che possa essere identificato e per quanto possibile maggiormente conosciuto? Sia nel corso svolto a Roma per i dipendenti italiani che in quello a Lourdes che per i giovani della Protezione Civile sono stati presentati alcuni risultati del lavoro epidemiologico o meglio inerente le notizie sanitarie, che ormai da 4 anni viene svolto grazie al lavoro delle gran parte dei Responsabili Regionali dei Medici e del Ced. Se negli anni abbiamo visto una diminuzione delle persone che chiedono di partecipare ai nostri pellegrinaggi, proporzionalmente il numero dei malati non è diminuito come il numero assoluto, cioè la richiesta di partecipazione dei malati è più alta rispetto a quella del personale volontario e dei pellegrini. Se nel 2011 su 62000 partecipanti avevamo 14000 malati, nel 2013 su 48800 par- 1 tecipanti abbiamo avuto 12000 malati circa. E dato ancora più interessante è il numero di patologie lamentate dai nostri amici malati: 19200 nel 2011, 22900 nel 2013. Segno della maggiore complessità delle problematiche sanitarie di chi si rivolge a noi per poter giungere a Lourdes. Questo dato ci fa riflettere di nuovo sulla nostra capacità di accoglienza, che implica un’organizzazione che rispetti quelle competenze di organizzazione nell’accogliere di risposta alle emergenze anche sanitarie a cui si può andare incontro. Ricordiamo, a tal proposito, che tutte le persone che viaggiano con l’UNITALSI godono di un’assicurazione completa. Altro dato su cui si è a lungo discusso e che nei prossimi anni chi chiederà maggiore attenzione è il numero di anziani che parteciperanno alle nostre attività. In Italia l’indice di vecchiaia sta aumentando notevolmente: attualmente corrisponde a 148 (cioè 100 giovani per 148 anziani) L’indice di vecchiaia rappresenta il rapporto percentuale tra la popolazione in età anziana (65 anni e più) e la popolazione in età giovanile (meno di 15 anni). Si tratta di uno dei possibili indicatori demografici (es. indice di dipendenza anziani, età media, indice di ricambio), ed è adatto a misurare il livello di invecchiamento di una popolazione. La popolazione unitalsiana non è esente da queste caratteristiche e ciò a maggior ragione nel futuro ci chiederà di essere ancora più presenti nel tessuto sociale. Ultima riflessione sulla formazione alla luce dei dati sulle notizie sanitarie è quello inerente la percentuale delle patologie maggiormente presenti nei malati che seguiamo. Nel 2010, anno di inizio del nostro studio, la percentuale delle problematiche cardiovascolari era di gran lungo maggiore rispetto a tutte le altre; nel 2013 le malattie neurologiche e psichiatriche messe insieme sono poco al di sotto di quelle cardiovascolari, e probabilmente nel prossimo futuro saranno destinate a diventare le patologie maggiormente rappresentate. Il tutto 2 solo ai fini statistici? Di certo no! Tutto questo è segno che ci verrà richiesto nel tempo, peraltro neanche tanto lontano, di farci carico e di accogliere problematiche più complesse anche nel disagio sociale, dove la formazione, generale e specifica dovrà essere chiara, standardizzata e ripetibile. Come Associazione dovremo cercare sempre di più di essere capaci di adoperarci per delle condizioni di vita dignitose, ricche non in senso economico, ma di amicizie, di assistenza, di competenza, nel tentativo di dare vita agli anni e non di dare anni alla vita. 3 FOTO 1-3 BAIOCCO DURANTE IL CORSO A LOURDES RIVOLTO AI DIPENDENTI E AI VOLONTARI DEL SERVIZIO CIVILE FOTO 2 LA SLIDE DEL CONFRONTO TRA LE PATOLOGIE PIÙ DIFFUSE 2013-2014 11 Filippo Anastasi Direttore responsabile di Fraternità La Vergine della Neve ai tropici NELLE FOTO IL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLA NEVE, NELL’ISOLA DI LA PALMA NELL’ARCIPELAGO DELLE CANARIE Affogata nell’Oceano Atlantico, con lontano il calore dell'Africa e di poco a nord del tropico del cancro, l'isola di La Palma e difficilmente raggiungibile. È una delle isole dell'arcipelago delle Canarie, una tra le meno collegate, una delle meno abitate e dunque una delle più affascinanti. Un eden ricco di colori dal verde dei tamarindi e delle palme, al rosso dei flamboyant, al viola delle jacaranda. La capitale, Santa Cruz de la Palma è un piccolo scrigno di architettura barocca con il tipico tono azuleno delle Canarie. A dominare la città un colle facilmente raggiungibile con il Santuario di Nostra Signora della Neve. Qui la neve non è mai scesa a memoria d'uomo , ma la devozione per la Madonna è talmente forte da volere avvicinare, al- 12 meno nel nome, un Santuario sperduto al più grande Santuario dedicato a Maria che è quello romano di Santa Maria Maggiore. Una piccola digressione romana per spiegare che il miracolo della neve a Roma la notte del 4 agosto dell’anno 367 fu generato dalla invocazione di un segno alla Madonna dei patrizi romani Giovanni e Berta che non riuscivano ad avere figli. Maria - racconta la tradizione - fece imbiancare la casa dei due nobili cristiani e chiese loro di edificare una tempio in Suo onore. Ma torniamo a La Palma e al Santuario de Nuestra Señora del las Nieves. Il luogo è di grande suggestione, sdraiato com'è tra dolci calanchi in un vero giardino tropicale. Una piccola porta in legno intarsiato, tipica di una modesta pieve di campagna, apre invece allo spazio di una navata degna di una Cattedrale : un trionfo di legno intarsiato e soffitti a cassettoni decorati. Sul fondo uno scenografico altare con la Madonnina ammantata di vesti policrome. Intorno Angeli di legno intarsiati nel più tipico barocco canario. Ovunque ex voto di marinai e pescatori che dimostrano l'antica devozione dei locali per questa Vergine. Il Santuario è considerato talmente miracoloso che ha la qualifica di reale, e spesso i reali di Spagna sono volati fin lì per pregare la Vergine della Neve. La canonizzazione nel secolo scorso ebbe l’onore di una bolla del cardinale Eugenio Pacelli, che sarebbe poi diventato Papa Pio XII. Luci, arazzi, candelabri e stucchi dorati ovunque all'interno. Fuori la pace di un chiostro francescano ombreggiato da una secolare jacaranda e a stupire i devoti una gigantesco tronco scavato. Dentro una statua della Madonna di Lourdes e una riproduzione in miniatura della Grotta. Buon viaggio! 13 Novità dalla redazione Ecco cosa cambia a Lourdes Il Vescovo ha annunciato importanti modifiche per il futuro del Santuario I l Santuario di Lourdes ha aperto le porte ai giornalisti delle testate locali per parlare dei cambiamenti che stanno avendo luogo lì dove vi è la casa degli unitalsiani. E, proprio in quest’ottica, abbiamo partecipato anche noi. Monsignor Brouwet, Vescovo della diocesi di Tarbes Lourdes, è entrato immediatamente nel merito dei suoi 5 orientamenti per adempiere alla missione che la Vergine Maria ha affidato a Bernadette e, di conseguenza, a ognuno di noi: “Venire qui in processione”. Il Vescovo ha sottolineato che il compito di coloro che operano su Lourdes è quello di accogliere ed accompagnare i pellegrini, predicando il Vangelo e celebrando i Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Ha, dunque, ribadito alcuni concetti che aveva già ricordato ai direttori di pellegrinaggio che si sono riuniti qui due settimane fa, in occasione delle “journées de février”. Bisogna cioè: Annunciare il Vangelo; Internazionalizzare il Santuario e, modernizzarsi, attraverso “la pianificazione dello spazio della Grotta”; la realizzazione di un “posto della Chiesa” e l’organizzazione dei “servizi del Santuario”. In quest’ottica, entro la stagione del 2016, ci saranno dei cambiamenti che ai più nostalgici fanno già storcere il naso. Tuttavia, il messaggio del Vescovo è chiaro ed incisivo. Si dice aperto a qualsiasi tipo di proposta, ma non cambierà la sua intenzione principale di rendere il Santuario, ed in particolar modo la Grotta un luogo di raccoglimento. “Siamo a Lourdes e non a Manhattan”, ha ribadito scherzando su quanti gli hanno fatto proposte I-tech. Un passaggio molto interessante del suo intervento è stato anche quello relativo all’equilibrio di bilancio fissato entro il 2015. A tal fine, Mons. Brouwet, ha parlato dell’installazione di un nuovo “Ufficio Sviluppo” che dovrà aprire le porte del Santuario e farlo conoscere a quanti ancora non lo hanno varcato . Thierry Castillo, economo della diocesi, ha poi illustrato le cifre del piano di ricostruzione e protezione delle zone colpite dall’inondazione del 18 e 19 giugno 2013. “Rin- 14 NELLE FOTO IL VESCOVO BROUWET, TERRIER, RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE E CASTILLO ECONOMO DEL SANTUARIO DURANTE LA CONFERENZA STAMPA graziamo tutti coloro che ci hanno dimostrato la loro solidarietà e vicinanza” ha detto Castillo “in particolar modo quanti hanno inviato il loro contributo, pur non avendo la possibilità economica di venire qui in pellegrinaggio”. Infine, Francis Dias, coordinatore dei pellegrinaggi, si è detto “fiducioso e ottimista” nonostante il calo di pellegrini previsto per quest’anno del 10% rispetto al 2012 anno pari precedente - ed ha annunciato per il 2015 il 1° pellegrinaggio dei vigili del fuoco. A fine conferenza, è toccato ai giornalisti porre delle domande. La principale riguardava una eventuale visita di Papa Francesco. Monsignor Brouwet ha risposto così: “Non so come e quando verrà, ma spero lo faccia. Dal nostro canto, l’abbiamo invitato due volte. Tuttavia, la sua visita non dovrà essere utilizzata per il riassetto delle economie del Santuario. Dovrà poter venire come semplice pellegrino”. 15 Qui Lourdes Federico Lorenzini ed Emanuele Boero Dopo il dramma, la ricostruzione Prima Casa Italia e poi il Tara. Ritornano a risplendere le nostre strutture 1 I l 18 giugno scorso la città di Lourdes ha vissuto momenti difficili per l’alluvione provocata dal fiume Gave che, per una concomitanza di cause, ha innalzato il suo livello abituale di 4 metri. Le insistenti piogge dei giorni precedenti e l’aumento significativo della temperatura hanno provocato un veloce scioglimento delle nevi sui Pirenei che sono state la causa dell’esondazione del fiume in più punti della cittadina. L'evento straordinario ha gravemente lesionato il santuario e molte strutture alberghiere che sono state sommerse dalle acque fangose. Anche l’UNITALSI ha subito gravi danni in alcune sue strutture, in particolare: - L’Esondazione del Gave sul Quai Boissarie ha provocato l’allagamento del piano sotterraneo del Salus Infirmorum danneggiando in modo significativo gli ascensori e mettendo fuori uso il gruppo elettrogeno indispensabile alla sicurezza della casa; - l’Hotel Tara è stato gravemente lesionato; fango e acqua hanno invaso la hall e inesorabilmente allagato i piani sottostanti; - La pizzeria Casa Italia, situata sul lungo Gave, ha subito gravi danni: acqua e fango hanno distrutto ogni cosa. Non mi vergogno nel condividere con voi il mio pianto di quei momenti di fronte a quelle immagini di distruzione . Tutto sembrava perduto, inutili risultavano gli sforzi fatti fino a quel giorno per accogliere in “casa nostra” i soci UNITALSI in pellegrinaggio. Il malessere di tutto il settore alberghiero toccato dall’alluvione sembrava rendere impossibile la ripresa e la speranza. Mi ricordo il mio vagare fra una struttura e l’altra per toccare con mano il disastro e la distruzione. Anche dall'Italia il sostegno dell'Associazione non è mai mancato, non solo con la preghiera ma anche tramite un supporto tecnico - amministrativo. La grande coesione associativa ha prodotto la forza motrice per la ricostruzione. Le prime settimane sono passate velocemente ritmate dalle constatazioni, dalle 16 2 1 denunce assicurative, dai censimenti dei danni, dalle infinite liste di materiali e prodotti persi. Ecco arrivare il Presidente della Repubblica francese, i vari Ministri, gli esperti della Protezione Civile, i volontari, i pompieri, i curiosi, gli assicuratori, i funzionari, gl’ispettori, gli assessori, i banchieri… ecco tornare i pellegrini che fra pozzanghere 1 e fanghiglia cercavano di ridare un senso alla Grotta, alla scelta di Maria di quel posto per dialogare con Bernadette. Piano piano alcuni settori sono tornati alla normalità, sono ripresi i pellegrinaggi, i turisti delle catastrofi fotografavano, tutto si muoveva. Anche il Salus riprendeva dopo soli quattro giorni la sua normale attività grazie anche al lavoro incessante del nostro personale. Ma Casa Italia e l’Hotel Tara erano fuori gioco: fermi e immobili spettatori assenti di una vita nuova che non era la loro. I danni erano troppo rilevanti e la devastazione impediva ogni previsione di ripresa. Si iniziò allora a cifrare le centinaia di migliaia di euro necessari alla ripartenza. Ecco gl’ingegneri, gli architetti, gli assicuratori che compilavano le loro liste della spesa. Ecco i primi progetti, le prime demolizioni, la necessità di far respirare i muri e le fondamenta. Ecco che la speranza riprendeva forma. Per “fortuna” grazie al buon consiglio degli assicuratori e 3 all’onestà nel dichiarare sempre la verità, senza nulla nascondere le polizze di copertura assicurativa per calamità naturali si dimostravano efficaci e rispondevano bene al pallottoliere che assommava spesa su spesa. In ottobre i cantieri sono partiti a pieno ritmo e da allora stiamo vivendo giorno dopo giorno la gioia della ricostruzione. Casa Italia e il Tara stanno riprendendo forma: ma che forma! Le due strutture sono state completamente risanate e l’intervento estetico/funzionale e la conseguente messa in sicurezza ha trasformato la nostra Pizzeria nella sua totalità e ha ridato il volto della giovinezza ai quattro livelli del Tara compromessi dall’alluvione: dal sotterraneo 4 alla sala da pranzo passando per la hall, la zona bar e la saletta TV. Un attento utilizzo dei fondi e la competenza dei professionisti impegnati ci hanno permesso di dare un nuovo volto a queste due importanti strutture d’accoglienza inaugurate il 31 marzo per Casa Italia e il 22 aprile per l’Hotel Tara. Benvenuti amici dell’UNITALSI, noi saremo tutti pronti ad accogliervi, a voi la voglia di riscoprirci. FOTO 1-2 LA NUOVA CASA ITALIA FOTO 3-4 SALVATORE PAGLIUCA A LOURDES INAUGURA CASA ITALIA E DON DANILO PRIORI BENEDICE LA NUOVA STRUTTURA 17 Angela Maria Cosentino Professoressa e Bioeticista Papa Francesco esorta ad aver cura della fragilità Papa Francesco, con l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium1 sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, presenta le linee guida del Suo pontificato per il cammino della Chiesa nei prossimi anni. Il denso documento “programmatico” è il più lungo nella storia delle encicliche e delle esortazioni apostoliche pontificie, in quanto è costituito da 288 paragrafi, dei quali qui sono riportate alcune frasi significative. Il testo, dal linguaggio innovativo, si presta a diverse chiavi di lettura (culturale, sociale, economica, pastorale e dottrinale). In particolare, i capitoli secondo e quarto, si caratterizzano per una lettura sociale, molto sentita da Papa Francesco. Il documento si articola in un’Introduzione e cinque capitoli. L’Introduzione (paragrafi 1-18) evidenzia come la missione fondamentale della Chiesa risieda nell’evangelizzazione. Poiché tutti hanno il diritto di ricevere la gioia del Vangelo (la parola gioia compare 82 volte), i cristiani hanno il dovere di annunciarlo con “nuove strade” e “metodi creativi” (11). Il primo capitolo (19-49), dal titolo La trasformazione missionaria della Chiesa, rivelando che il cristianesimo o è missionario o non è, esorta “ad uscire” per “raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (20). Il Papa, preoccupato della “selezione interessata dei 18 contenuti operata dai media” (34), che rischia di mutilare il messaggio cristiano, invita a recuperare la centralità ed essenzialità dell’annuncio di Cristo, da cui, di conseguenza, deriva tutto il resto, secondo una specifica pedagogia pastorale. Il documento, richiamandosi con S. Tommaso ad «una “gerarchia” delle verità nella dottrina cattolica» (36), indica come più importante di tutti gli annunci quello della bellezza dell’amore salvifico di Dio, manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. Perciò, continua Papa Francesco, “la misericordia è la più grande di tutte le virtù” (37). La Chiesa, assumendo il dinamismo missionario deve privilegiare i poveri e gli infermi, coloro che sono spesso dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (48). Nel secondo capitolo (50-109), intitolato Nella crisi dell’impegno comunitario, il Papa si sofferma, con uno sguardo pastorale, su alcuni aspetti della realtà; individua alcuni ostacoli che oggi, dall’esterno e dall’interno della Chiesa, intralciano la missione evangelizzatrice e indica segni di speranza. In particolare, l’Esortazione, segnala alcuni paradossi che caratterizzano l’attuale società, come quello per cui non fa notizia la morte di un anziano ridotto a vivere per strada mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa, oppure quello di gettare il cibo, quando molte persone soffrono la fame, sono emarginate, senza lavoro e senza prospettive. Perciò, il Papa denuncia la “cultura dello scarto” (53), la “globalizzazione dell’indifferenza” (54), la crisi antropologica che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni, il consumo (55), come pure la speculazione finanziaria, la brama del potere e dell’avere (56). Da qui, l’esortazione a considerare non l’economia, ma l’uomo come valore prioritario. Il Papa, quindi, denunciando vecchie e nuove colpe, indica chiaramente il peccato (termine che compare solo 12 volte). Tra le sfide culturali da affrontare, riportate dal documento, si segnalano gli attacchi alla libertà religiosa e “un accelerato deterioramento delle radici culturali con l’invasione di tendenze appartenenti ad altre culture, economicamente sviluppate ma eticamente indebolite” (62), che spesso minacciano i valori tradizionali. La profonda crisi culturale investe anche la famiglia e i legami sociali, indebolendoli. “Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri, e dove i genitori trasmettono la fede ai figli” (66)2. In riferimento alle tentazioni degli operatori pastorali, il Papa mette in guardia da un relativismo pratico, più pericoloso di quello dottrinale (80) - perché può portare ad agire come se Dio e gli altri non esistessero -, da un “pessimismo sterile”, cioè da un “senso di sconfitta” (85) che poggia sulla convinzione che alcune battaglie siano già perse. La fede, invece, “è sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata” (84) e ad accogliere l’invito del Figlio di Dio a realizzare la “rivoluzione della tenerezza”(88). Il Papa, successivamente, invita ad “allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, come pure ad ascoltare i giovani perché risvegliano la speranza e gli anziani perché apportano memoria e saggezza dell’esperienza, necessaria per non ripetere gli errori del passato (108). Il terzo capitolo (110-175), L’annuncio del Vangelo, indica le modalità della nuova evangelizzazione che vede coinvolti tutti i battezzati: esorta ad utilizzare un linguaggio positivo che evidenzi ciò che può essere fatto meglio più che ciò che non si deve fare ed incoraggia ad aprirsi alla speranza (159). Il quarto capitolo (176-258), La dimensione sociale dell’evangelizzazione, esamina le conseguenze sul piano della dottrina sociale. In particolare, l’azione sociale si riconosce, tra l’altro, dalla ricerca ad “avere a cuore il bene degli altri” (178). Poiché c’è un rapporto diretto tra annuncio di Cristo e impegno sociale, tutti i cristiani sono chiamati alla “costruzione di un mondo migliore” (183). A tal fine, per essere preparati, il Papa raccomanda lo studio del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (184). L’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, pur non essendo un documento sociale, nel quarto capitolo, analizza due questioni che il Papa ritiene fondamentali in questo momento storico: l’inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale. A tal fine, il Papa esorta a “prestare at- tenzione alle nuove forme di povertà e di fragilità” (210), in cui riconoscere Cristo sofferente, tra le quali i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati e gli anziani. “Tra i deboli e gli ultimi, di cui la Chiesa vuole prendersi cura, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti” (213) e ai quali oggi si vorrebbe negare la dignità umana. Su questo tema la Chiesa non cambia posizione, dal momento che ” non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana” (214). Segnalando altri esseri fragili e indifesi della creazione, come le specie a rischio di estinzione, l’Esortazione richiama l’uomo al suo ruolo di custode di tutto il creato (215). Appare consequenziale, quindi, l’appello del Papa a prendersi “cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo” (216). Infine, il quinto capitolo (259-288), Evangelizzatori con spirito offre alcune riflessioni sullo spirito dell’evangelizzazione che Papa Francesco auspica più fervorosa, gioiosa, generosa e audace. L’Esortazione, nel solco di uno stile mariano, si conclude con una preghiera a Maria, “Madre dell’Evangelizzazione”, nella consapevolezza che Ella possa accompagnare una nuova e creativa tappa evangelizzatrice, marcata sempre più dalla “gioia del Vangelo”. 1 Evangelii Gaudium (Gioia del Vangelo), http://www.vatican.va/holy_father/francesco/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium_it.html, 2 Il Card Angelo Bagnasco, nella prolusione del 27 gennaio 2014 al Consiglio episcopale permanente della CEI, è tornato su questo importante passaggio dell’Esortazione con il seguente richiamo:“Per questa sua intima natura la famiglia deve essere sostenuta da politiche più incisive ed efficaci anche in ordine alla natalità, difesa da tentativi di indebolimento e promossa sul piano culturale e mediatico senza discriminazioni ideologiche”. 19 Giovanni Punzi Gaza Consigliere Nazionale Nella Striscia senza pace Giovanni Punzi reduce dalla missione in Medio Oriente, racconta la difficile realtà in cui vivono rifugiati, bambini e le comunità religiose P iù volte mi era stato rivolto l’invito di andare nella Striscia di Gaza, puntualmente lo avevo declinato. Le difficoltà di ottenere il visto, le notizie sui controlli alla frontiera, la guerra sempre in atto, le difficoltà oggettive avevano sempre preso il sopravvento sul desiderio di andare. Poi…“Quando eri giovane andavi dove volevi, quando sarai vecchio un altro ti porterà dove tu non vuoi…” (Gv 21) Mi tornano in mente queste parole del Vangelo mentre in macchina con don Mario Cornioli e il mio amico Germano a fine gennaio ci dirigiamo al valico di Erez per entrare nella Striscia di Gaza ed incontrare alcuni testimoni dell’annuncio del Vangelo: Abuna Mario Da Silva, brasiliano di 34 anni, vice parroco dell’unica Parrocchia di Gaza dedicata alla “Sacra Famiglia di Nazareth”, suor Maria Nazareth e suor Santa Face della Congregazione del Verbo Incarnato presente qui dal 2010. Superati i controlli israeliani al valico di Erez, entriamo nel tunnel gabbia fatto di reti metalliche e lamiere: un percorso obbligato lungo 1250 metri da fare rigorosamente a piedi. Nonostante le reti lascino passare l’aria, avverto forte la mancanza dell’aria vera della libertà ed accellero il passo per completarlo quanto prima e così, al termine del tunnel, mi ritrovo nella Striscia di Gaza. “Grazie per essere venuti!”. Queste poche parole pronunciate da Abuna Mario, che ci aspetta all’uscita dal tunnel, ed accompagnate da un forte abbraccio fanno sparire il dubbio che mi ha accompagnato fino a quel momento. Ma non possiamo ancora dirigerci a Gaza City, se non dopo aver superato il controllo, abbastanza semplice, degli uomini di Al Fatah e poi quello più complesso degli uomini di Hamas. Mentre ci dirigiamo verso la Parrocchia, percorrendo strade molto spesso sterrate e percorse da vecchie macchine e carretti trainati da asinelli, vedo baracche di lamiere in cui vivono i tanti rifugiati, resti di edifici distrutti da bombardamenti, cumuli di spazzatura… Respiro la polvere, ma soprattutto il clima di paura e tensione. Giunti in Parrocchia, veniamo subito in contatto con due problemi con i quali convivono gli abitanti di questa terra: 20 la mancanza di energia elettrica e la scarsità di acqua. Improvvisamente ci ritroviamo al buio e Abuna Mario, facendosi luce con il suo telefonino raggiunge una batteria ed attiva un sistema che riporta la corrente. Veniamo così a sapere che l’energia elettrica è erogata a fasce orarie e quando non c’è bisogna attrezzarsi con quel sistema costituito da batteria ed inverter, che non tutti però possono comprarsi, restando di conseguenza al buio. L’acqua, invece, è attinta da una sola falda acquifera, poco alimentata vista la scarsità delle piogge, ma anche sovrasfruttata ed inquinata dall’acqua del mare e da quella delle fognature, con il rischio reale che tra qualche anno le riserve idriche dell’intera regione saranno esaurite. Abuna Mario ci aggiorna un po’ della situazione. “La Parrocchia è dedicata alla Sacra Famiglia di Nazareth, perchè secondo la tradizione cristiana Maria, Giuseppe e Gesù bambino probabilmente passarono di qui durante la fuga in Egitto. Per questo Gaza è parte integrante della Terra Santa. Qui i cristiani sono stati sempre presenti, ma oggi sono ridotti ad una piccola minoranza. Infatti su una popolazione di 1.500.000 abitanti, sono circa 1500, di cui 170 sono cattolici e il resto sono greco-ortodossi. La Parrocchia è molto viva, e la domenica dopo la celebrazione eucaristica proseguiamo il nostro incontro in fraternità sul sagrato; viene offerto un caffè a tutti presenti mentre il parroco saluta tutti i fedeli. Inoltre, per il secondo anno, nel mese di luglio abbiamo realizzato un campo estivo con diversi laboratori e tra questo quello di gesso che ha permesso ai bambini di realizzare e portare a casa statuette della Madonna o di Gesù”. Usciamo per strada e ci rechiamo al souk (mercato). Man mano che il sole cala, avverto il rumore dei gruppi elettrogeni che contraddistingue le serate della Festa Patronale del mio paese tra le bancarelle, ma qui quel rumore non è un richiamo ad un momento di festa, quanto invece alla dura realtà. Intanto il sole è tramontato e nel buio che avvolge la città, illuminata solo dai fari delle auto, andiamo a trovare alcune famiglie cattoliche. Arriviamo a casa di Um George (letteralmente madre di George – primo figlio), un’anziana vedova, che vive da sola in una stanza di pochi metri. Bussiamo più volte, poi finalmente una voce dall’interno, passano alcuni minuti e si apre la porta. Capisco che la signora, nonostante fosse ancora presto, era già a letto e che ha faticato non poco per raggiungere la porta dalla sua camera. Entriamo, ci dice che “siamo i benvenuti” e, scambiando due chiacchiere, scopriamo che da tempo non mangia qualcosa di cucinato e che “ama tanto Gesù” al punto da conservare un vecchio calendario per custodire una Sua Immagine. Poi ci offre una caramella dispiaciuta per non poterci dare altro, recitiamo insieme la preghiera del Padre Nostro e la salutiamo. Ci ringrazia per noi che potremmo stare altrove restiamo qui, mentre loro che farebbero di tutto per scappare da qui sono invece costretti a restarci”. “I giovani - aggiunge Abuna Mario - chiedono il nostro aiuto per andare via di qui, perché qui non hanno lavoro. Noi li aiutiamo con quel poco che possiamo!” Mentre conversiamo al buio seduti su un muretto nel cortile davanti alla Parrocchia, sentiamo il rumore di alcuni droni e subito dopo distinguiamo nettamente nel cielo stellato alcuni aerei militari che ruotano proprio sopra di noi. “Non li vediamo così bassi - dice suor Nazareth - dal tempo degli ultimi bombardamenti di fine 2012”. PresaFOTO 1 GIOVANNI PUNZI INSIEME AD ALCUNI BAMBINI LOCALI FOTO 2 PADRE ABUMA MARIO DA SILVA VICE PARROCO DELL’UNICA PARROCCHIA DI GAZA DEDICATA ALLA "SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH INSIEME AL CONSIGLIERE NAZIONALE 1 la visita e mentre usciamo la sentiamo ripetere ad alta voce “Ti ringrazio Signore, ti ringrazio Signore…” . Dopo aver fatto visita alle Suore della Carità di Madre Teresa che accolgono bambini disabili ed anziani soli ed abbandonati, incontriamo suor Nazareth e suor Santa Face, che collaborano con i sacerdoti e sono impegnate nell’oratorio infantile e giovanile, nelle visite domiciliari ai poveri ed ai malati, con i ministranti, con i gruppi matrimoniali e nelle lezioni di catechismo. “Abbiamo un sogno - racconta suor Nazareth - realizzare un “oratorio familiare” per offrire a tutti i giovani cristiani, non solo ai latini, di incontrarsi e di stare un po’ insieme. La Chiesa è infatti l’unico ambiente in cui i cristiani vivono come in famiglia. Qui a Gaza questo è essenziale per permettere ai cristiani di sostenersi vicendevolmente. Nell’immediato avremmo bisogno di qualche gioco da tavola, di una rete e di un pallone di pallavolo…piccole cose che qui a Gaza sono grandissime”. Nel silenzio del nostro cuore facciamo nostre queste richieste ed il giorno dopo ci adoperiamo per l’acquisto di giochi, mentre, per la sistemazione di alcuni locali da adibire ad Oratorio, con don Mario Cornioli nei giorni successivi avviamo alcuni contatti per valutare la possibilità di utilizzare fondi della Cooperazione Internazionale. Suor Nazareth, che dopo tre anni si accinge a lasciare Gaza per una missione ancora più delicata in Siria ad Aleppo, ci confida in poche parole il significato della presenza delle suore in questa terra. “La nostra è una testimonianza forte. I cristiani, infatti, si chiedono come mai 2 gio dei bombardamenti avvenuti nei due giorni seguenti. Al mattino la messa e la visita agli istituti cattolici presenti nella Striscia, vere “oasi di pace” rispetto al resto dell’ambiente circostante: le due scuole del Patriarcato Latino, dirette dal Parroco Abuna George Hernandez, e la scuola delle Suore del Santo Rosario che accolgono complessivamente 1500 ragazzi di cui solo il 10 per cento cristiani. Dal colloquio con alcuni insegnanti apprendiamo che queste scuole oggi rischiano la chiusura. Il governo di Hamas sta varando una legge per impedire la presenza 4 all’interno della Striscia di Gaza di scuole che non si adegueranno a canoni prestabiliti, come ad esempio la rigida separazione fra i sessi e la formazione militare. Peraltro, proprio la scuola delle Suore del Rosario è già stata oggetto in passato di gravissimi atti vandalici con distruzione della Cappella ed incendio di alcuni locali. L’incontro con questa realtà e con questi testimoni del Vangelo mi provoca forti riflessioni sul mio vivere da cristiano, sul mio impegno, sulla mia testimonianza e nel momento di ripartire da Gaza mi sento come chi abbandona un amico in difficoltà! Lascio Gaza con una nuova grande responsabilità, condivisa subito con i miei compagni di esperienza, “Aiutare i cristiani di Gaza” sicuramente con la preghiera, ma anche con un primo impegno concreto: donare la batteria per la corrente elettrica a qualche famiglia bisognosa. Chissà… speriamo che per Pasqua, festa della Luce, riusciamo ad illuminare, sia pure parzialmente, le tenebre di Gaza!!! 21 Osservatorio Medico SE Mons. Giovanni Tonucci Arcivescovo Delegato Pontificio per il Santuario della Santa Casa Loreto studia i miracoli L’Arcivescovo offre una riflessione sull’Istituto scientifico intitolato a Ottavio Paleani L eggiamo nel Vangelo di Matteo che, per adempiere quanto scritto dal profeta Isaia, Gesù “ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17). Non abbiamo ragione di pensare che questa affermazione dell’evangelista si riferisca a qualche malattia di cui Gesù abbia sofferto, per essere così partecipe del dolore di tanti fratelli infermi. Se così fosse, si sarebbe trattato di una esperienza passeggera e limitata. Il dolore fisico, nella Sua manifestazione più tremenda, ha toccato il Signore quando, con un supremo atto di volontà, Egli ha permesso che giungesse la Sua “ora”, quella della passione e morte. Di fatto, Matteo cita il profeta proprio quando Gesù opera guarigioni: Egli assume su di sé il dolore di tanti, liberandoli dalle conseguenze del peccato, attraverso la Sua capacità divina di vincere la malattia e la morte. Nel fare questo, frequentemente gli evangelisti ricordano che, nel momento stesso di operare il miracolo, Gesù sospira profondamente, geme o addirittura, come alla risurrezione di Lazzaro, piange. Si direbbe che, in quei momenti, il Signore senta intensamente in sé il peso del dolore di tutti i tempi, e faccia propria la sofferenza di tutti i malati e gli infermi, i paralitici, gli zoppi, i ciechi, i sordomuti, i lebbrosi … che nel corso della nostra storia millenaria avrebbero abitato questo nostro mondo. Il gesto taumaturgico di Gesù non ha risolto il problema del male nel mondo, perché la malattia e la morte sono ancora con noi. Egli ha però dato l’annuncio di un tempo nuovo che stava iniziando: il tempo messianico, del quale i profeti avevano parlato come del sorgere di un’epoca felice, segnata dalla presenza dell’amore misericordioso di Dio. Anche gli Apostoli, che continuarono l’azione di Cristo, guidando il cammino missionario della Chiesa primitiva, operarono miracoli, quasi a confermare la profezia di Gesù: “In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre” (Gv 14,12). Il segno dei miracoli accompagna la Chiesa, con lo stesso significato dei gesti compiuti da Gesù: non per 22 1 stupire, non per creare clamore attorno al taumaturgo, ma per indicare alcuni momenti straordinari della presenza di Dio nella storia umana. Alcuni santi sono conosciuti per la forza della loro intercessione, e quindi per la grande fiducia che i fedeli ripongono in essi. Alcuni luoghi, specialmente benedetti da una particolare presenza di Maria Santissima, sembrano favorire uno spontaneo abbandono nelle mani della Provvidenza divina, quasi spinta ad agire con maggiore generosità, grazie all’intercessione materna della Vergine. La Santa Casa di Loreto, per l’atmosfera spirituale che si respira in essa, è stata da sempre un luogo privilegiato per sentire la presenza materna di Maria e per chiederne la potente intercessione. Non stupisce quindi se, nel corso dei secoli, affidandosi alla protezione della Madonna, tanti hanno ottenuto grazie straordinarie, sia nel piano spirituale, con la guarigione dello spirito e soprattutto con il dono della conversione, sia anche nel piano fisico, con guarigioni che spesso sono state viste come miracolose. La Chiesa osserva questi fenomeni con molto rispetto ma insieme con molta prudenza: è sempre possibile che l’entusiasmo dei fedeli veda come miracoloso un episodio che appartiene invece al normale ordine della natura. Per questo, prima di pronunciare la parola “miracolo”, si richiede un’analisi attenta dei fatti, per verificare che l’episodio abbia in sé quelle caratteristiche che, senza ombra di dubbio, obbligano a riconoscere che, da un punto di vista naturale e scientifico, non ci sono spiegazioni a quanto è avvenuto. Nel desiderio di dare una risposta a questa esigenza, a Loreto sono stati istituiti due organismi: l’Osservatorio Medico, che ha il fine di constatare, raccogliere i fatti ed effettuare la valu11 2 tazione di primo livello, di ciascun caso di guarigione apparentemente inspiegabile avvenuti nel Santuario o in diretta relazione con il Santuario, per stabilire se per essi ci siano spiegazioni naturali o se essi debbano essere ricondotti ad interventi di natura diversa, nonché di monitorarne l’evoluzione per almeno un anno, attraverso un’attività professionale qualificata; e la Commissione Medica, che compirà la valutazione di secondo livello, sulla base della documentazione fornita dall’Osservatorio Medico, al fine di formulare il giudizio definitivo. La possibilità che una guarigione, che non ha una spiegazione scientificamente accettabile, sia definita come fatto miracoloso richiede un terzo passaggio, di natura teologica. Si tratterebbe infatti di una attenta analisi delle circostanze che hanno condotto alla guarigione, per capire se si sia trattato di un episodio che manifesti fede da parte della persona beneficata o da parte di altri che hanno impetrato una grazia per la stessa. Questo giudizio, anch’esso risultato di uno studio attento e approfondito, spetterà all’Arcivescovo Delegato Pontificio del Santuario di Loreto. L’Osservatorio Medico è stato intitolato al nome del Dottor Ottaviano Paleani, per riconoscere il valore dell’opera da lui svolta, in tanti anni di attenzione medica svolta nel santuario di Loreto. Egli ha poi raccolto testimonianze di guarigioni avvenute nel Santuario di Loreto o in riferimento alla devozione alla Santa Casa, e, con accuratezza scientifica, le ha esposte in un volume: “Le guarigioni di Loreto nella loro documentazione medico –scientifica”, pubblicato nel 1943. Il desi- derio di studiare con criteri strettamente scientifici i casi di guarigioni, ottenute grazie all’intercessione della Vergine, risponde ad una precisa volontà della Chiesa. Essa, senza porre limiti alla sovrana libertà divina di intervenire nelle vicende umane, vuole che le possibili manifestazioni taumaturgiche siano seriamente verificate, in modo che nessuno possa accusare coloro che credono di essere facilmente ingannati da fanatismi isterici e da grossolane contraffazioni. Sappiamo bene che di casi del genere ce ne sono tanti, ma più che al piano della fede, essi appartengono al mondo ambiguo delle manipolazioni pseudo religiose, spesso motivate da interessi economici. Queste istituzioni, che sono già all’opera ed hanno già prodotto risultati di grande interesse, sono per noi un aiuto che ci fa sentire la costante presenza della Provvidenza divina, che interviene nella storia della sofferenza umana, attraverso la materna intercessione della Vergine Maria. A Loreto, il Santuario dell’Incarnazione ci fa sentire vicina questa presenza, che, proprio tra le pareti della Santa Casa, ha iniziato il suo cammino terreno. Non siamo ancora nelle condizioni di poter pronunciare parole definitive, ma sarà consolante per noi riflettere su questi interventi, nei quali vediamo la presenza di una volontà di bene, che, anche se sommessamente, ci fa pensare: “Qui c’è il dito di Dio”. FOTO 1 MONS. TONUCCI FOTO 2 IL SANTUARIO DELLA SANTA CASA DI LORETO 23 Beato Italo Frizzoni Il martirio di Focherini lI socio dell’UNITALSI, Emiliano Romagnola venne ucciso in Germania nel 1907 in odio alla fede Q uando parliamo di martirio cristiano non pensiamo necessariamente ad una vita che deve concludersi cruentamente sulla croce, ma di un vissuto testimoniato, fedele e coerente con gli insegnamenti di Gesù e che il Vangelo vuole incarnato nel cristiano, per la difesa della vita, della famiglia, dei poveri, dei malati, dei perseguitati, in poche parole per la dignità umana. La memoria va velocemente “A Diogneto” il breve scritto in greco, che un autore cristiano ignoto della prima metà del II secolo d.c., rivolge ad un amico per spiegare e difendere la nuova fede cristiana. Nello scritto viene spiegato il posto assegnato ai cristiani nel mondo e che sono l’impegno imperativo del nostro vivere giornaliero se non vogliamo essere giudicati ridicoli e incoerenti. In poche parole la lettera ricorda a tutti i crocifissi della terra unicamente questo: “I cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel corpo. L’anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L’anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile. Dio ha assegnato loro un posto così importante, e a loro non è lecito abbandonarlo” (Diog. VI, 10). Il martirio cristiano, così attuale anche nel nostro tempo, è “esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e verso gli uomini, compresi i persecutori”: lo ha detto Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera dell’Angelus nella festa di santo Stefano, primo martire. Parlando a migliaia di pellegrini radunati in piazza san Pietro, il pontefice ha ricordato che “il legame profondo che unisce Cristo al suo primo martire Stefano è la Carità divina: lo stesso Amore che spinse il Figlio di Dio a 24 spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce (cfr. Fil 2,6-8), ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo”. Poche settimane fa, il 10 maggio, il Santo Padre ha autorizzato la “Congregazione delle Cause dei Santi”, a promulgare il decreto riguardante “il martirio del Servo di Dio Odoardo Focherini, Laico, nato a Carpi (Mo) il 6 giugno 1907 e ucciso, in odio alla Fede a Hersbruck (Germania) il 27 dicembre 1944”. La famiglia cattolica osservante ha origine trentina e proviene dalla Valle del Noce. Per un certo tempo Odoardo lavora nella ferramenta paterna; terminati gli studi presso l’Istituto tecnico commerciale, Jacopo Barozzi di Modena, giovanissimo iniziò a collaborare con il giornale cattolico l’Avvenire d’Italia di Bologna, di cui diverrà nel tempo una colonna portante. Nel 1924 fondò a Carpi, con Don Zeno Saltini, l’Aspirante, primo giornale cattolico per ragazzi. Culturalmente e religiosamente si forma nell’oratorio dell’Azione cattolica sotto la guida di sacerdoti come Armando Benfatti e Zeno Saltini; quest’ultimo gli inculcò l’interesse per la vita pubblica e sociale. Nel 1930 sposa Maria Marchesi e la loro unione coronata dall’amore e dalla visione cristiana della vita sarà allietata, fra il 19311943 dalla nascita di ben sette figli. Nel 1934, per necessità economiche, entra come agente nella Società Cattolica d’Assicurazioni di Verona. Di carattere generoso, intraprendente e scrupoloso partecipa attivamente alle iniziative caritative, fonda il Movimento Scout a Carpi, ricopre incarichi di responsabilità nell’Azione Cattolica e nella Giunta Diocesana. Nel maggio del 1935 il Vescovo Giuseppe Pranzini, nominando il primo Consiglio della sottosezione UNITALSI di Carpi, lo chiama come consulente assieme al Dr.Riccardo Bassi, al Dr.Venturino Venturini,incarico che mantenne fino al 1940. Nel 1939 assumerà la carica molto importante di “consigliere mandatario “presso l’Avvenire d’Italia, in pratica ne diventa l’amministratore fino al 1944, affrontando anche la delicata e difficilissima fase dei bombardamenti che nella notte del 29 gennaio 1943 ne distrussero la sede bolognese in Via Mentana 5. Nasce in questo periodo la profonda e fraterna amicizia che lo lega a Raimondo Manzini, allora direttore della testata cattolica e con il quale inizia l’impegno per salvare i primi perseguitati dalle leggi razziali emanate dal governo fascista. Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945) salva in varie circostanze un centinaio d’ebrei fuggiaschi e ricercati e avvalendosi della collaborazione del sacerdote Dante Sala, li fa espatriare in Svizzera. Per questa sua attività di giornalista cattolico e difensore degli ebrei, già sospettato e sorvegliato dalla polizia locale del regime, nel marzo del 1944, presso l’Ospedale di Carpi, Odoardo è arrestato mentre cerca di organizzare la fuga d’Enrico Donati, l’ultimo ebreo che riesce a salvare. Tradotto nel carcere di S. Giovanni in Monte vi rimane fino il mese di luglio. Focherini presagisce quanto gli accadrà a breve: l’internamento nella Germania nazista. A fine luglio è inviato nel campo di concentramento di Fossoli a due passi dalla sua Carpi. Qui nel mese di agosto, Odoardo conosce il tenente degli alpini Teresio Olivelli, sfuggito roccambolescamente alla fucilazione avvenuta al poligono di Cibeno. Olivelli è un’altra splendida figura di resistente cattolico, fondatore della testata clandestina “Il ribelle”. Assieme a Focherini è trasferito al campo di smistamento di Gries di Bolzano, e poi da Hersbruck nella Baviera orientale, il 27 dicembre muore nell’infermeria del campo per una setticemia contratta per una ferita al piede sinistro. È presente l’amico e compagno di sventura Teresio Olivelli che raccoglie le sue ultime parole dirette ai figli, alla diletta sposa, alla Chiesa e che costituiscono il suo testamento spirituale. Due sopravvissuti, all’inferno dei campi di sterminio, consegne- NELLE FOTO ODOARDO FOCHERINI ranno nel 1945 a guerra finita questa testimonianza al Vescovo di Carpi mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna e da questi ai parenti. Olivelli morirà nello stesso campo un mese dopo per le percosse ricevute da un Kapò per aver difeso un compagno di prigionia. Anche per lui è in corso il processo di beatificazione. Per inquadrare al meglio la figura d’Odoardo Focherini sono fondamentali e costituiscono un documento storico prezioso, le numerose lettere scritte ai famigliari dal carcere e dai campi di concentramento, raccolte dal sacerdote don Claudio Pontiroli della Diocesi di Carpi e la recente biografia del prof. Giorgio Vecchio ordinario di storia contemporanea presso l’Università di Parma dalla quale “Ne esce il ritratto di un uomo del tutto normale, almeno per quei tempi: un padre costretto a molteplici lavori per mantenere la numerosa famiglia, un dirigente locale dell’Azione Cattolica (a Carpi), un cristiano fedele alla sua fede e alla sua Chiesa. Nella vita di Focherini c’è tutto questo, ma nessun fatto eclatante: un uomo come tanti altri. Al momento giusto, però, quest’uomo <normale> seppe compiere gesti straordinari e mise in piedi un’efficiente rete di salvataggio per decine d’ebrei disperati. Di più: seppe infondere loro coraggio e seppe offrire spazi d’umanità e persino di buon umore. Tra i vari riconoscimenti ricevuti, la Medaglia d’oro delle Comunità Israelitiche (1955), il titolo di Giusto fra le Nazioni (18 febbraio 1969) e la Medaglia d’oro della Repubblica Italiana al Merito Civile (2007). 25 Roma dalla redazione Genova dalla redazione È nata Casa Maria Sophia Casa Angela e Casa Lia Mons. Leuzzi e l’Assessore Cutini inaugurano la struttura che accoglie le famiglie dei bambini ricoverati Dalla Liguria le testimonianze e i messaggi dei piccoli ospiti 3 1 I naugurata a Roma la casa di accoglienza “Maria Sophia” che ospita gratuitamente - per il Progetto Bambini - le famiglie dei bambini ricoverati presso il Policlinico “Agostino Gemelli”. Presenti al taglio del nastro Salvatore Pagliuca, Presidente Nazionale UNITALSI, Rita Cutini, Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà di Roma Capitale, Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo ausiliare di Roma e delegato per l’Assistenza Religiosa negli Ospedali di Roma. È intervenuto anche, tra gli altri, Emanuele Trancalini, delegato nazionale UNITALSI per il Progetto Bambini. La struttura fa parte del “Progetto Bambini” promosso dall’Associazione, grazie al quale in molte città italiane dal 2004 viene offerta ospitalità ai nuclei familiari che hanno i propri bambini ricoverati presso i reparti di pediatria degli ospedali di Roma (Ospedale A. Gemelli e Bambino Gesù), Genova (Ospedale Gaslini), Perugia (Ospedale S. Maria della Misericordia), Padova (Ospedale San Francesco Grande), San Giovanni Rotondo (Casa Sollievo della Sofferenza), Bari (Ospedale Giovanni XXIII). Fanno parte del Progetto Bambini anche le due case di accoglienza per minori a Barletta e Ascoli Piceno. Il nome della struttura d’accoglienza sarà Casa Maria Sophia, in ricordo di Maria Sophia, una bimba nata a L’Aquila nel giugno 2009 e deceduta il 31/08/2013 dopo essere 26 2 3 stata ospite con i suoi genitori di Casa Bernadette per 5 mesi. Casa Maria Sophia si trova in via della Pineta Sacchetti 229/L, a poche centinaia di metri dal Policlinico Agostino Gemelli, e metterà a disposizione delle famiglie 5 stanze da letto (per un totale di 14 posti), 2 bagni e 1 cucina. “Questa nuova struttura – dichiara Salvatore Pagliuca – è un dono che l’UNITALSI ha voluto fare alla città di Roma e soprattutto alle famiglie che devono affrontare la profonda esperienza di avere un figlio ricoverato in ospedale. Sono contento che questa inaugurazione capiti in occasione del decimo anniversario del Progetto Bambini che in tutta Italia assiste tanti nuclei famigliari con figli in ospedale.” “Ringrazio l’UNITALSI per il lavoro che svolge non solo qui a Roma, ma in tutta Italia“, ha dichiarato Rita Cutini. “Da questa nuova struttura - ha aggiunto - parte un forte segnale di speranza per chi troppo spesso si sente abbandonato. Un segnale di cura, attenzione, assistenza nei confronti, soprattutto, dei malati più piccoli. La nostra città ha bisogno di perle come ‘Casa Maria Sophia’ che rappresenta un segno tangibile e un aiuto concreto alla famiglia”. FOTO 1 CASA MARIA SOFIA FOTO 2 MONS. LEUZZI E SALVATORE PAGLIUCA FOTO 3 L’ASSESSORE RITA CUTINI INSIEME AD EMANUELE TRANCALINI RESPONSABILE PROGETTO BAMBINI 1 2 S ono le due strutture che ogni giorno accolgono tante famiglie che devono accompagnare i loro piccoli all' ospedale Gaslini ; Simona, Barbara, Maria, Titti, Maria Chiara, Alberto, Giovanni e don Danilo sono i loro angeli custodi. Sapete che in questi sette anni sono passate più di seicento famiglie!!! Con tutte le loro storie, i dolori, le speranze, le ansie, i sorrisi che hanno condiviso con l' affetto e la vicinanza di questa piccola famiglia dell'UNITALSI. Alcuni dei nostri ospiti hanno voluto lasciarci un loro ricordo che vogliamo condividere con tutti voi. "grazie a tutti x l'ospitalità; cordialità' ... siete fantastici ... a presto Isacco “un grazie a Simona per averci accolto in questa casa come fosse casa nostra”. Con amore Giorgio Locca “grazie mille per la vostra accoglienza. noi torniamo a casa”. Giampietro, Giuseppe Marianna e il piccolo Co- 4 FOTO 1 E 3 IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE LIGURE, MASSIMO BESANA NELLA CASA ACCOGLIENZA DI GENOVA FOTO 2 E 4 I BAMBINI ED I LORO MESSAGGI Nella busta troverai i moduli, che mi hai portato, compilati e un piccolo contributo alle spese. Un abbraccio da Gio- vanni, Marta, Silvana, Valentina Carissima Simona e gentili volontari tutti dell'UNITALSI, conoscervi è stato per noi un'enorme risorsa che custodiremo per sempre nel nostro cuore e che ha allargato la nostra vista su un nuovo mondo e su un modo diverso di spendere la propria vita. Questa casa, la vostra cortesia, il volto sempre sorridente di Simona ci hanno fatto sentire un po' meno lontani dai nostri cari. Proveremo a imitarvi e a rendere il nostro mondo un piccolo angolo di Paradiso... così , proprio come fate voi. Grazie di tutto!!! Antonella, Antonio, Samuele simo Pio Cara Simona, in questi giorni questa casa ha rappresentato un piccolo angolo di serenità per la mia famiglia pertanto un grazie all'UNITALSI che tu rappresenti. Ecco perché esiste Progetto Bambini, ecco perché, dall'incontro con Maria insieme all'UNITALSI ed in nome dell'UNITALSI, abbiamo trovato un "modo diverso di spendere la propria vita". 27 ACI Comitato di Redazione della Rivista Giuridica della Circolazione e dei Trasporti ACI ZTL, posto auto per tutti i disabili PRONTO UNITALSI Il TAR della Toscana autorizza il parcheggio anche per i meno gravi , E quanto ha stabilito recentemente il TAR della Toscana, con la sentenza n. 131/2014, precisando che il soggetto disabile, residente all’interno della ZTL, ha diritto ad ottenere l’assegnazione di un parcheggio personalizzato, anche se è affetto da una patologia che non limita gravemente né impedisce la deambulazione. Precedentemente il soggetto aveva presentato una domanda al Comune di appartenenza, per l’assegnazione di uno spazio personale per invalidi nei pressi della propria abitazione, rientrante nella ZTL. A seguito della presentazione della domanda è stato sottoposto a visita medico legale che ha valutato l’invalidità come non limitata gravemente, sulla base della considerazione che il ricorrente era in grado di deambulare autonomamente oltre i 50 metri. La valutazione medico legale ha introdotto, nel caso in questione, un nuovo parametro valutativo della disabilità, ossia la capacità di deambulare oltre i 50 metri. I giudici del TAR hanno precisato che non esiste nessuna norma che, in via astratta o generale, adotti tale parametro come riferimento ai fini della valutazione dell’autonomia di movimento. Infatti in base all’art 381 del regolamento attuativo del codice della strada, l’assegnazione di uno spazio di sosta personalizzato è concesso al titolare di un contrassegno invalidi, sussistendone particolari condizioni di invalidità accertate da certificazioni mediche. Nel caso di specie, il TAR Toscana ha inoltre precisato che l’Amministrazione locale, avrebbe dovuto verificare, sulla base della documentazione medica prodotta e della valutazione concreta delle condizioni fisiche, la sussistenza o meno del requisito dell’infermità e ponderare il bilanciamento tra l’interesse pubblico e l’interesse privato del ricorrente, essendo il primo connesso alla carenza di parcheggi e il secondo alla esigenza di tutela della mobilità del soggetto disabile. IL CALL/CONTACT CENTER PER LA DISABILITÀ 800 062 026 Un punto di ascolto e di informazione 2 per quanti vivono in condizioni di disagio fisico e morale Da oltre 110 anni prendiamo per mano chi ha bisogno 28 29 Servizio Civile Gaetano Pepe Unitalsi Lourdes Già operativi i nuovi ragazzi Accolti a Lourdes i sedici volontari del Servizio Civile selezionati per il progetto “Dal cuore dei Pirenei al cuore dell’uomo” A nche quest’anno, a coloro che partiranno alla volta di Lourdes capiterà di incrociare, durante il pellegrinaggio, dei ragazzi con delle magliette azzurre o con delle felpe blu personalizzate. Sono in sedici, sono i volontari del Servizio Civile che resteranno in Francia fino alla fine di febbraio 2015 per il progetto “Lourdes: dal cuore dei Pirenei al cuore dell'uomo”. Tra un incontro e l’altro, giochi formativi e confronti di gruppo, li abbiamo incontrati per conoscerli e farveli conoscere un po’ meglio. Alessandra, la più grande e la più settentrionale del gruppo (29 anni, Legnago), ci spiega di essere sbarcata a Lourdes, “certa di poter trovare delle risposte ai suoi dubbi e determinata nella ricerca di un cambiamento che possa farla crescere”, in un luogo che per lei rappresenta “una tappa naturale di un percorso spirituale, iniziato già da tempo”. L’altro settentrionale è Massimo, il più piccolo del gruppo (19 anni, Ravenna). Unitalsiano dal 2008, negli ultimi due anni da barelliere ha sentito crescere dentro di sé “la passione per il servizio. Dopo essermi diplomato, ho visto che l’Associazione offriva l’opportunità di svolgere il servizio civile qui a Lourdes e non potevo che cogliere al volo l’occasione di mettermi a disposizione degli ammalati”. Unitalsiana è anche Tamara (27 anni, Pescara), ma da meno tempo rispetto a Massimo, dal settembre 2013. “Mi sono innamorata dell’UNITALSI sul treno del pellegrinaggio per Lourdes, dove poi ho trovato al contempo gioia e dolore. Maria mi ha chiamato in un posto dove le nostre difficoltà del quotidiano diventano minuscole, quasi invisibili se confrontate con i problemi giganteschi in cui ci si imbatte qui”. Poi, c’è l’“unitalsiano da sempre”, Giacomo (22 anni, Bronte). “I miei genitori si sono conosciuti durante un pellegrinaggio dell’UNITALSI qui a Lourdes. Vengo qui da una vita. La prima volta non posso ricordarla poiché ero nel grembo di mia mamma. Poter vivere qui per un anno intero è sempre stato il mio sogno”. E, scherzando, ripete quanto aveva detto durante il colloquio selettivo: “ogni volta vengo a Lourdes per purificarmi. Chissà, l’anno pros- 30 simo potrei tornare a casa con la vocazione da prete”. Altresì Domenico (22 anni, Bari) parla della realizzazione “di un sogno. Sono qui per completare il mio percorso di fede. Vivrò intensamente ogni singola giornata per non pensare al passato e fortemente intenzionato a ritornare a casa con quella pazienza che, fino a qualche tempo fa, avevo e che ultimamente ho perso, a causa di alcune vicissitudini”. Eloisa Grazia (23 anni, Catania) desidera “vivere, più da vicino e per più tempo, un’esperienza che ho vissuto tre anni fa, durante un pellegrinaggio di un solo giorno. Sono affascinata da quanto è avvenuto qui: insomma, qui è apparsa Maria. E lo ha fatto in un posto miserabile”. Inoltre, ci dice Eloisa: “vengo a Lourdes per spingere al massimo e superare i miei limiti personali”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Maria (25 anni, Messina) che considera il servizio civile “la maniera ideale di vivere Lourdes a pieno. Non è un pellegrinaggio di una settimana, ma è un’esperienza più intensa in una realtà internazionale; un luogo con una spiritualità particolare, dove le persone non cercano la guarigione, quanto piuttosto la consolazione. Tutti dicono di tornare cambiati da qui. Vorrei cambiare anch’io”. Sempre siciliana è Sonia (26 anni, Bronte) che sfrutterà questa esperienza “per completare il mio essere cristiana e per crescere, attraverso la conoscenza di più persone. Vorrei allargare i miei orizzonti, andare oltre la limitatezza di quella routine che, ad un certo punto, si fa pesante. Inoltre, potrò farlo in un posto incantato che resta nel cuore delle persone. Cosa potrei chiedere di più?”. Come Sonia, è stata ripescata Cinzia (20 anni, Canosa di Puglia) che confessa: “volevo fare il servizio civile nella mia città, ma mentre leggevo i progetti…sono stata catturata da questo a Lourdes, poiché sono sempre stata affascinata da questo luogo. Così come sono sempre stata attratta dall’opportunità di essere a contatto con una realtà diversa da quella in cui ho vissuto finora, per un anno intero. Sono stata a Malta, Bratislava, in Spagna ed in Albania. Ma qui sarà tutto diverso!”. 1 “Ho scelto l’UNITALSI per svolgere il servizio civile - dice Giuseppe R. (23 anni, Andria) - perché amo quello che fanno e come lo fanno. In questo senso, sono stato segnato dalla settimana azzurra che ho vissuto la scorsa estate in Puglia. Non potrò mai dimenticare né i volontari, né i disabili che ho conosciuto. Ho scelto il progetto su Lourdes perché sono sempre alla ricerca di esperienze forti, dalle quali lasciarmi formare”. Lazzaro Pio (23 anni, San Giovanni Rotondo), invece, ha conosciuto l’UNITALSI “mentre servivo ai tavoli di un ristorante dove, spesso, venivano i soci in pellegrinaggio a San Giovanni. Penso che quest’Associazione non sia sono abituata ad esperienze spirituali molto forti, riesco ad avvertirli da subito”. Claudio (26 anni, Palermo), dopo aver vissuto in Spagna ed Islanda, ha deciso di “fare un tipo di esperienza diverso. Punto ad una crescita professionale e spirituale, poiché a Lourdes posso imparare il francese, conoscere persone e, al tempo stesso, saperne di più sulla componente religiosa di un luogo che mi incuriosisce molto. Dal servizio civile mi aspetto di impiegare il mio tempo in modo utile. Odio la noia. Voglio raggiungere quel livello di soddisfazione personale in cui so di essere stato utile a qualcuno”. NELLE FOTO I RAGAZZI DEL SERVIZIO CIVILE A LOURDES bella, ma di più! Arrivo a Lourdes per dare il mio aiuto a tempo pieno e perché qui l’aspetto religioso è sicuramente più intenso cha altrove”. “Sono qui grazie a mia madre e mia sorella - racconta Annalisa (28 anni, Monopoli) - che, venute qui un paio di volte in pellegrinaggio con l’UNITALSI, mi hanno parlato di un bel posto. Mi aspetto di cambiare come persona, anche sotto l’aspetto della fede, perché dopo 20 anni mi sono allontanata dalla Chiesa e credo che qui riuscirò a trovare gli stimoli giusti per riavvicinarmici. Devo ammettere, però, di avere bisogno di qualche giorno ancora per focalizzare il fatto di essere qui”. Sa benissimo dove si trova Giuseppe P. (28 anni, Modica) che dice: “qui sono a casa mia”. Unitalsiano dal 2001, viene a Lourdes tutti gli anni “per ricaricare le batterie, allontanandomi dalle abitudini quotidiane, in un contesto diverso dove, inizialmente, pensi di dover dare qualcosa agli altri e, puntualmente, torni a casa con qualcosa che gli altri danno a te. Qui voglio confrontarmi con me stesso per capire cosa fare della mia vita, dopo questa esperienza”. Le attese sono tante anche per Miriam (27 anni, Caserta) che cerca “molto da questo servizio civile, soprattutto per il posto che, in sé, dà tanto. Sono certa che non vedrò tradite alcune delle mie aspettative, dal momento che mi conosco e so che quando decido di aprirmi, di donarmi agli altri, lo faccio incondizionatamente, senza remore né paure. Inoltre, mi aspetto un ritorno in termini di benefici interiori. E sono sicura che non mancheranno, perché io che Infine, Nicolò (28 anni, Mazzara del Vallo) a cui il papà, ex barelliere dell’UNITALSI, ha “sempre parlato dell’Associazione e della bellezza di un pellegrinaggio che risulta importante non solo per la meta da raggiungere, ma anche per il viaggio che si effettua. Sono qui per crescere come persona. So di avere i miei difetti e voglio migliorarmi. È la prima volta che vengo a Lourdes, ma so che mi troverò benissimo perché le sensazioni, che ho provato, da quando siamo arrivati sono state ottime”. L’incontro con la Vergine c’è stato domenica sera alle 22:30 circa e li ha già segnati in modo significativo. Nel silenzio del luogo, a quell’ora deserto, ognuno di loro ha provato un’emozione al tempo stesso unica e diversa che solo un posto magico come la Grotta di Massabielle può lasciare. Miriam ha avvertito il “benvenuto della Vergine”, Nicolò parla di “cinque minuti di silenzio mai provati prima” e Lazzaro Pio definisce questo incontro “spettacolare!”. Annalisa spiega che si è trattato di “un momento emozionante che mi ha lasciato una sensazione bellissima. C’era un’atmosfera magica”, Domenico si è sentito un “privilegiato per essere arrivato lì dove si è inginocchiato il Papa” e Alessandra dice di “essere arrivata a casa”. Giacomo si è precipitato a toccare la roccia in un rito che ripete da quando è approdato qui la prima volta “all’età di 6 anni, dopo un viaggio di 36 ore, in barellato al fianco di mio padre che svolgeva il suo servizio da barelliere”, mentre la prima cosa che ha fatto Maria è stata “pregare per tutti coloro che mi hanno affidato le loro intenzioni”. 31 dalla redazione Storie da Lourdes Lourdes Incontri di speranza Un pellegrino “en vélo” FRANCESCO DURANTE PAOLO MARASCA Storie e testimonianze di pellegrini, malati, volontari: una ricchezza di umanità e speranza senza esibizionismi, forzatura o pietismo. Dal fortunato programma di TV2000. Colpisce molto la straordinaria ric¬chezza di umanità dei pellegrini, dei malati e dei volontari che giungono al santuario mariano di Lourdes. Sono persone che davanti alla grotta di Massabielle si affidano a Maria, alla sua tenerezza materna e alla sua costante intercessione: chi offre la preghiera per la propria o altrui sofferenza; chi la gratitudine per la guarigione nel corpo o nello spirito; chi la fatica e la gioia dei traguardi conquistati ogni giorno con coraggio; chi l’impegno accanto ai malati nella dedizione e nella solidarietà. Alcune di queste storie, raccontate dal giornalista Francesco Durante fin dal maggio del 2012 nella trasmissione “Storie da Lourdes” (in onda su TV2000), vengono ora fissate nelle pagine del libro che riprende il titolo della trasmissione ed esce simbolicamente in occasione dell’11 febbraio, 22ma Giornata del malato, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes. Così come nel programma televisivo, nel libro non si troverà alcun esibizionismo, forzatura, pietismo. Ciò che accomuna le storie di questi bambini, ragazzi, giovani, adulti, coppie, famiglie è la fede in Dio e la fiducia nella Vergine; l’affidamento, la ricerca sincera, il desiderio di trovare forza interiore e un senso profondo alla sofferenza, al dolore, alla fatica di vivere. A Lourdes il grido della creatura si fa preghiera fiduciosa e incessante, si esprime in gratitudine, in coraggio di risollevarsi, di ritrovare la speranza, di cambiare vita. Scrive nella prefazione il cardinale Angelo Comastri: “In questo delicato e commovente libro di Fran¬cesco Durante le più diverse vicende umane 32 passa¬no sotto lo sguardo di Maria a Lourdes e improv¬visamente sono illuminate e trasformate dal battito del cuore di Maria, che si sintonizza col battito del cuore di chi la invoca. La lettura di queste pagine è un viaggio mera¬viglioso nell’abisso dell’amore materno di Maria che riesce a fare spuntare i fiori anche in una zol¬la di sabbia o nella durezza di un cuore indurito come il travertino. Leggi, e sentirai il profumo di Maria”. Ho letto con piacere e con interesse gli appunti di viaggio che con uno stile semplice e familiare. Paolo Marasca ha stilato a ricordo di un suo recente pellegrinaggio a Lourdes, in un momento molto delicato della sua vita. Non è frequente arrivare nella cittadina francese a bordo di una bicicletta; eppure questo mezzo, inusuale per i più, è stato per Paolo occasione favorevole per un profondo ripensamento interiore, si è rivelato quale tempo propizio da dedicare alla contemplazione e insieme una felice opportunità per sperimentare la bontà di tante persone, che lo hanno introdotto familiarmente nelle loro abitazioni, condividendo pane e amicizia. Dare pace all’anima in un viaggio dentro se stessi prima che con gli altri e con la natura: incontrare il Dio della vita, che rianima gli sfiduciati e soccorre gli oppressi, è tra i principali scopi di un pellegrinaggio. E insieme riscoprire le cose che contano veramente, per poi abbandonarsi con fiducia nelle mani della Madre, che a Lourdes, si presenta come consolatrice degli affitti e conforto dei poveri. E’ l’esperienza di tutti i pellegrini che a Lourdes si sentono attesi, qualunque sia la loro condizione fisica e spirituale. Queste pagine testimoniano come una persona che accoglie Maria nella propria vita si trovi poi interiormente rinnovata, pronta a riservare sugli altri la pace e la gioia ricevute. SE Mons. Oscar Cantoni, Vescovo di Crema L'esperienza del pellegrinaggio al santuario di Lourdes, negli alti Pirenei in Francia, programmata da tempo in tutti i particolari e vissuta da Paolo Marasca può ben essere definita una stupenda e meravigliosa avventura, da declinarsi con ricche qualifiche: avventura affettiva, nel ricordo sempre vivo e forte della sposa Alida, con la quale Paolo aveva pregato spesso sia nello stesso santuario come nel convento domestico della casa durante la malattia prolungata che ha purtroppo portato alla morte, vissuta come una grande grazia della Madonna che ha donato serenità interiore e pace all'interessata e conforto e consolazione al marito. Avventura umana, nella ricerca di accoglienza e ospitalità durante il lungo percorso, arduo per l'estate calda e a tratti soffocante, sempre aperta da tutte le porte cui Paolo ha bussato, trovando calore, comprensione, aiuto e sostegno nelle case, negli Istituti religiosi, in ostelli. Avventura paesaggistica, nella contemplazione faticosa di bellissimi paesaggi visti direttamente nel loro incanto naturale, dal mare al lago, dalle colline ai monti, alle pianure estese. Il ciclista ha così potuto ammirare la bellezza del creato che il Signore pone a servizio di tutta l'umanità anche se spesso l'uomo rovina e deturpa liberamente a scopo di lucro e di guadagno lo scenario splendido che dovrebbe aiutarci a vivere con maggiore serenità. Il testo, quasi diario giornaliero, comunica i sentimenti più forti e le esperienze più intense vissute che l'autore, grande esperto fotografico, ha voluto commentare con avvincenti foto ricordo di incantevole poeticità. Una parte del ricavato del libro permetterà a qualche persona bisognosa di recarsi in pellegrinaggio a Lourdes ed una parte sarà devoluta alla ricerca sul cancro. Per l’acquisto informiamo che il libro è disponibile a Lourdes presso la libreria dell'UNITALSI (La Source) 33