L‟ esigenza di una copertura previdenziale per i consulenti, manager e professionisti senz‟ altro, ossia i lavoratori autonomi sprovvisti di un proprio fondo pensionistico, è emersa per la prima volta in occasione della legge finanziaria 1994 ( all’ ora governo Ciampi ), dove era previsto l‟ obbligo dei versamenti all‟ Inps di un contributo pari al 15% sul reddito conseguito. Il famigerato balzello a carico dei lavoratori “ indipendenti “, come venne allora definito, non trovò però una concreta applicazione, per mancanza di un decreto ministeriale di attuazione, mai emanato. I FORZATI DEL CONTRIBUTO Il contributo da versare all‟ Inps è dovuto da chiunque eserciti un‟ attività autonoma in maniera abituale, anche se non esclusiva. Devono quindi versarlo alche i lavoratori dipendenti e pensionati se svolgono determinate attività. Il reddito imponibile è quello derivante da: a ) attività di amministratore, sindaco o revisore di società; b ) collaborazione a giornali e riviste, enciclopedie e simili; c ) partecipazione a collaggi o commissioni; d ) altri rapporti di collaborazione, aventi per oggetto attività a contenuto artistico e professionale, svolte senza vincoli di subordinazione, nel quadro di un rapporto unitario e continuo; e ) lavori a progetto. Su un doppio binario L‟ obbligo del contributo previdenziale a carico dei soggetti che svolgono attività autonoma nasce dalla riforma pensionistica del ’95 ( la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, Legge 8 agosto 1995, n. 335, Governo: Dini ), che ha sostituito una specifica gestione separata presso l‟ Inps, il contributo, nella misura del 10% dei compensi percepiti, ha avuto decorrenza dal I° aprile 1996 per la generalità dei soggetti interessati e dal 30 giugno 1996 per chi era già iscritto ad altra forma dio previdenza obbligatoria, ovvero per i titolari di pensione. Per le attività di collaborazione il contributo è ripartito nella misura di 2/3 a carico del committente e di 1/3 di competenza del lavoratore. Per i professionisti titolari di partita Iva, invece, il contributo è totalmente a loro carico, con la possibilità da patte degli stessi di addebitare ai committenti una percentuale del 4% dei corrispettivi lordi. Nell‟ intento di rimpolpare la futura pensione delle nuove figure di lavoratori atipici o “ indipendenti “ la Finanziaria 1998 ( governo Prodi ) ha diversificato l‟ aliquota distinguendo tra i soggetti già assicurati o pensionati, dai soggetti provvidenzialmente “ scoperti “. In sostanza, dal I° gennaio 1998 l‟ aliquota è stata praticamente divisa in due, e cioè: f ) meno pesante per chi risulta già iscritto presso un fondo previdenziale obbligatorio ( vale a dire chi risulta contemporaneamente assicurato ad altro regime pensionistico ). Sono equiparati ai soggetti già assicurati i titolati di pensione; g ) decisamente onerosa, data la precarietà della posizione lavorativa per i cosiddetti “ scoperti “, per chi non risulta contemporaneamente iscritto ad altro fondo obbligatorio, né risulta titolare di pensione. Soggetti a carico dei quali è stata aggiunta una quota pari alo 0,72% destinata a finanziare un apposito fondo maternità e assegni familiari. Le aliquote in vigore Dopo le diverse modifiche apportate in materia soprattutto dalle Leggi Finanziarie dell‟ ultimo quinquennio, il quadro si presenta come segue: h )il lavoratore non iscritto ad altro fondo obbligatorio, né il titolare di pensione, paga un contributo del 26,72% ( 26 per il fondo pensioni, più 0,72 per il fondo maternità e assegni familiari ), di cui l‟ 8,90% a suo carico e 17,82% a carico del committente; i ) il lavoratore già iscritto ad altro fondo obbligatorio, oppure titolare di pensione, paga un contributo del 17% ( con la medesima ripartizione, 5,66% e 11,34% ). Contributi molto salati per chi lavora a progetto Sono certamente tra i più tartassati i famosi co.co.co. – i collaboratori coordinati e continuativi – la grande schiera di lavoratori cosiddetti parasubordinati, che da qualche tempo per essere inseriti in un progetto ( da qui la nuova denominazione di co.co.pro. ), altrimenti considerati dipendenti a tutti gli effetti. La vasta categoria – circa 2milioni, per la maggior parte giovani e donne – che opera nel settore più svantaggiato del mercato del lavoro, nel giro di un quinquennio ha visto salire l‟ aliquota contributiva passata dal 18% ( anno 2005 ) al 26,72% ( nel 2010 ). Questi lavoratori, la cui pensione verrà calcolata esclusivamente con il nuovo criterio contributivo, che tiene conto dell‟ ammontare degli accantonamenti effettuati durante l‟ intera carriera, grazie alla maggior contribuzione, potranno però contare su una rendita più elevata. Ma pur sempre insufficiente. Il massimale Per il contributo destinato a quella che comunemente viene definito la “ gestione separata “ Inps, è previsto un “ tetto “, lo stesso di quello stabilito per i versamento dei contributi previdenziali dei giovani, coloro che sono stati assunti dopo il 31 dicembre 1995 e che avranno la pensione calcolata con il sistema contributivo. Il massimale, contributivo, fissato in 132 milioni per l’ anno 1996 ( il primo anno ), viene elevato annualmente sulla base del tasso d‟ inflazione. Nel 2011 è salito a 93.622 euro. Sempre più difficile sfuggire all’ Inps Sono sempre di meno i percettori di reddito da lavoro autonomo che sfuggono all‟ inps. Dal 2004, infatti, altre due categorie devono pagare i contributi per la pensione. Si tratta degli associati in partecipazione e dei lavoratori occasionali. Associati sono coloro che nell‟ ambito dell‟associazione in partecipazione ( prevista dal Codice civile ) conferiscono prestazioni lavorative, i cui compensi sono qualificati come redditi da lavoro autonomo, con esclusione degli iscritti agli albi professionali. Si tratta di lavoratori che per lungo tempo hanno evitato la contribuzione e che dal 2004 devono versare la stessa aliquota dei co.co.pro., ossia il 26,72% ( o 17% se si tratta di soggetto previdenzialmente tutelato o titolare di pensione ). La base imponibile, in questi casi, è costituita dal reddito dell‟ attività svolta ( gli “ utili “, e cioè il risultato della partecipazione ), determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell‟ Irpef. La ripartizione del carico contributivo è fissata però in misura differente da quella dei co. co. co: 55% a carico dell‟ associazione e 45% di competenza dell‟ associato. E‟ come dire un contributo del 14,896% pagato dal primo e del 12,024% dal secondo. Occasionali sono i percettori di redditi derivati da attività occasionali. Anche loro a partire dal I° gennaio 2004 devono pagare lo stesso contributo Inps previsto per i co. co. pro., solo però se il reddito prodotto risulta superiore a 5.000 euro. Stessa cosa per gli incaricati alle vendite a domicilio; i cosiddetti venditori porta a porta. Come si versa Sono previste due modalità di pagamento. Tutto dipende da come avviene da come viene inquadrata giuridicamente la prestazione. Lavoratori a progetto. In questo caso, il pagamento avviene direttamente a cura del committente, il quale deve calcolare il 26,72% ( o 17% a seconda dei casi ) sull‟ ammontare, assoggettabile all‟ Irpef, del compenso corrisposto ( due terzi a suo carico e un terzo trattenendolo al collaboratore ), ed effettuare la ritenuta da versare all‟ Inps entro il giorno 16 del mese successivo, come avviene per i contributi obbligatori dei lavoratori dipendenti. Professionisti. Quando il reddito imponibile è prodotto nell‟ ambito di una professione vera e propria, quando cioè si tratta di un soggetto in possesso di partita Iva, l‟ importo su cui calcolare il contributo è costituito dalla differenza tra i compensi ricevuti ed i costi sostenuti. In questo caso il professionista può caricare il 4% della fattura sul proprio cliente. Al versamento deve provvedere il diretto interessato, negli stessi termini stabiliti per il pagamento dell‟ Irpef, attraverso due acconti, uno a giugno e l‟ altro a novembre, nella misura del 40% per ciascuna delle scadenze, ed il saldo a giugno dell‟anno successivo. LA MAPPA Come è variato il contributo alla gestione separata a seconda della propria posizione. Il contributo è per due terzi a carico del committente e per un terzo del lavoratore. I professionisti lo pagano interamente ma possono recuperare il 4% in fattura. Anno 1996 - 1997 1998 – 1999 2000 – 2001 2002 2003 Collaboratori non iscritti ad altra forma di previdenza 10% 12% 13% 14% 14% 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Dal 2010 * 17,80% *** 18,00%*** 18.20%*** 23,50% 24,72% 25,72% 26,72% * Collaboratori pensionati o iscritti ad altra forma di previdenza 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 16% 17% 17% 17% ** L‟aliquota contributiva dei soggetti senza altra copertura previdenziali è maggiorata dello 0,72%, quota non destinata al fondo pensioni, ma al fondo maternità e assegni familiari. ** 12,50% per i titolari di pensione diretta ( non reversibilità ) *** L‟ aliquota sale al 20% per la quota di reddito imponibile eccedente il cosiddetto “ tetto “: 37.883,00 euro nell‟ anno 2004, sino al massimale contributivo; 38.641,00 euro nell‟ anno 2005 e 39.297,00 euro nell‟ anno 2008. LA RENDITA: QUANDO E COME Gli iscritti alla gestione separata inps hanno diritto ai trattamenti per l‟ invalidità, la vecchiaia e i superstiti, secondo le disposizioni previste per i commercianti. Essendo inquadrati nel regime contributivo, i requisiti per la quiescenza sono gli stessi di quelli previsti dalla norma Dini, ritoccati successivamente dalla riforma Maroni ( legge delega n. 243 del 2004 - comunemente detta riforma Maroni - e il decreto legislativo n. 252 del 2005 approvati dal governo Berlusconi sono l' ultimo atto di un processo di riforma iniziato nel 1992 ), per gli esercenti iscritti negli elenchi di categoria dal I° gennaio 1996 in poi, ossia: l ) 65 anni di età ( 60anni per le donne ) e almeno 5 anni di anzianità contributiva; m ) almeno 35 anni di anzianità contributiva e l‟età anagrafica prevista per il diritto alla pensione di anzianità, con il nuovo meccanismo delle quote ( si veda il capitolo 3 ). n ) almeno 40 anni di anzianità contributiva, a prescindere dall‟ età anagrafica. Ai fini del computo dei 40 anni di contribuzione all‟ inizio non si considerava l‟ anzianità derivante dal riscatto di periodi di studio e dalla prosecuzione volontaria. La riforma del 2008 ( legge n. 247/2008 ) ha però corretto il tiro, sia pure limitatamente al recupero del periodo di studi. Pertanto, orsa anche il riscatto di laurea può essere computato ai fini del raggiungimento del requisito dei 40 anni. Inoltre, sempre ai fini del computo dei 40 anni di contribuzione, gli anni di attività lavorativa svolti prima del computo del 18°, sono moltiplicati per 1,5 volte. L‟ accesso al pensionamento prima del 65° anno di età è soggetto alla condizione che l‟ importo della pensione risultante non sia inferiore a 1,2 volte l‟assegno sociale ( 500 euro nell’anno 2011 ). ATTENTI AI MINIMALI A proposito del recupero minimo dei 5 anni, è bene precisare che per aver diritto all‟ accredito contributivo “ pieno “, per l‟intero anno cui la contribuzione si riferisce, occorre effettuare un versamento corrispondente al 26,72 ( o 17%, a seconda dei casi ) del minimale di reddito stabilito per i commercianti ( 14.552 euro per il 2001 ). Questo vuol dire che per coprire l‟ intero anno 2011 è necessario il versamento di una somma non inferiore a 3.888 euro ( 324 euro al mese ). In caso contrario, ossia in presenza di pagamenti d‟ importo inferiore, l‟ accredito contributivo viene proporzionalmente ridotto. Se, ad esempio, un lavoratore a progetto nel 2011 riceve un compenso complessivo assoggettabile versa l‟ aliquota del 26,72% su tale cifra, ai fini della pensione, avrà maturato solo 10 mesi anziché un anno intero. IL CALCOLO DELLA PENSIONE Il sistema di calcolo della pensione dei parasubordinati è quello “ contributivo “, previsto dalla riforma del ’95. Per loro, la cosiddetta aliquota di “ accantonamento “, da applicare alla contribuzione accumulata, è fissata in misura pari al 26%. Per i soggetti già provvidenzialmente tutelati la cosiddetta aliquota di accantonamento è pari al 17%. La contribuzione accantonata ( 26%, o 17% del reddito, a seconda dei casi ) si rivaluta su base composta al 31 dicembre di ciascun anno, con esclusione della quota relativa allo stesso periodo, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del Prodotto interno lordo ( Pil ) nominale. Il riferimento viene fatto al quinquennio precedente l‟ anno da rivalutare. Alla data del pensionamento al montante contributivo, ossia la somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce con l‟ aumentare dell‟età. Il coefficiente, ad esempio, è pari al 4,419%, per chi sceglie di chieder la rendita a 57 anni ( perché ha raggiunto i 40 anni di attività ), sale al 5,093% per chi resiste fino a 62 anni e al 5,620% se si decide di arrivare fino ai 65 anni. Vista l‟ esiguità del contributo, comunque, l‟importo che si otterrà anche dopo qualche decennio di versamenti non può che essere di importo limitato UN FUTURO INCERTO Quando potranno andare in pensione i lavoratori parasubordinati tenendo conto delle ultime riforme che agganciano i requisito alle speranze di vita. L‟ importo della pensione e il rapporto con l‟ ultimo stipendio. UOMINI, PARASUBORDINATI ( o INDIPENDENTI ) E PARTITE IVA Quando ETA’ 25 30 35 MIN Nov. 2049 Set. 2044 Mag. 2039 MAX Ott. 2051 Ott. 2046 Ott. 2041 Quanto ( euro x 13 ) MIN 1.098 1.102 1.044 MED 1.087 1.379 1.256 MAX 1.734 1.697 1.601 Quanto ( % annua ) * MIN MED MAX 40% 50% 63% 40% 50% 61% 40% 48% 58% DONNE, PARASUBORDINATI ( o INDIPENDENTI ) E PARTITE IVA Quando Età 25 30 35 MIN Nov. 2048 Set. 2043 Mag. 2038 * Rapporto pensione ultimo reddito MAX Ott. 2051 Set. 2046 Set. 2040 Quanto ( euro X 13 ) MIN 1.098 1.098 1.044 MED 1.386 1.335 1.256 MAX 1.704 1.618 1.506 Quanto ( % annua * ) MIN MED MAX 40% 50% 62% 40% 48% 58% 38% 45% 54% NIENTE RICONGIUNZIONE Gli iscritti alla nuova gestione, già titolari di posizione assicurativa presso un altro fondo obbligatorio, derivano da precedente attività lavorativa, possono chiedere la ricongiunzione della “ vecchia “ posizione. Questo però sarà possibile solo scegliendo il calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo, di norma più sfavorevole di quella calcolata con il criterio retributivo o misto. Questi requisito da far valere: o )almeno 15 anni di contributi; p ) di cui 5 anni, versati con il nuovo sistema contributivo, ossia dal I° gennaio 1996 in poi. Non è invece possibile considerare la posizione acquisita con il versamento del contributo in qualità di co.co.co., quale anzianità utile ai fini della pensione liquidata con il sistema retributivo. Un esempio per capire meglio. Prendiamo il caso di un dipendente con 15 anni di anzianità alle spalle che lascia il posto di lavoro e intraprende un‟attività di collaborazione per la quale è tenuto al versamento del contributo oggi pari al 26,72%. Ebbene, l‟ ex dipendente non può utilizzare gli anni di versamento del nuovo contributo per raggiungere i 20 anni utili per la pensione di vecchiaia a 65 anni. Potrà soltanto “ riversare ” nel nuovo sistema contributivo la vecchia posizione attraverso l‟ opzione. A CHI SPETTA LA SUPPLEMENTARE Il nuovo contributo colpisce tutti coloro che esercitano una attività autonoma, indipendentemente dal fatto che siano già pensionati. I soggetti già titolari di un trattamento di quiescenza ( Inps e altri fondi, comprese le casse dei liberi professionisti ) che non raggiungono i requisiti – 5 anni – per la liquidazione della rendita presso la nuova gestione previdenziale, hanno diritto per la contribuzione versata ad una pensione supplementare in aggiunta a quella già in atto. Per la pensione supplementare, a prescindere dalle annualità di contribuzione versata, è richiesto il requisito minimo di 65 anni di età ( 60 per le donne ). Un esempio. Un pensionato svolge una attività di consulenza e versa il 17% per un periodo di 3 anni. Una volta chiuso il rapporto di collaborazione, può chiedere all‟ Inps una pensione supplementare. La rendita viene calcolata sulla base della somma complessivamente accantonata, applicando il coefficiente di conversione corrispondente all‟ età. Ovviamente, la rendita supplementare non può essere di importo esiguo. LA TUTELA ASSISTENZIALE Per fornire una maggior tutela ai lavoratori parasubordinati, a partire dal 1998 è stato istituito, all‟ interno della gestione, un fondo per la corresponsione degli assegni familiari e dell‟ indennità di maternità, cui si è aggiunta, con la legge finanziaria 2000, una sorta di indennità di malattia. Il fondo si alimenta attraverso la maggiorazione dello 0,72% del contributo dovuto ai collaboratori “ scoperti “. GLI AIUTI ALLE MAMME In seguito alla parità di trattamento con le dipendenti, voluta dalla legge finanziaria del 2001, l‟ assegno di maternità delle lavoratrici atipiche è diventato un po‟ consistente, passando da un importo fisso, legato all‟ anzianità contributiva dell‟ultimo anno, all‟ 80% del reddito in base al quale vengono versati i contributi. Per ottenere l‟ indennità, le interessate devono inoltrare domanda all‟ Inps ( attraverso il modello: gestione separata ) a decorrere dal I° febbraio dell‟ anno successivo a quello per il quale viene richiesta. L’ASSEGNO FAMIGLIARE Anche la disciplina dei trattamenti di famiglia, come l‟ indennità di maternità, è stata equiparata a quella dei lavoratori dipendenti. Pertanto, i parasubordinati hanno diritto al medesimo assegno per il nucleo famigliare previsto per i dipendenti, legato cioè al reddito del nucleo ed al numero dei suoi componenti. Perché scatti il diritto al trattamento di famiglia, la somma dei redditi derivanti dalle attività di collaborazione deve essere almeno pari al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. La quota 70% può essere raggiunta anche con „aiuto dei compensi, derivanti da attività di lavoro dipendente, di altro componente della famiglia. La disposizione si riferisce evidentemente ai casi di nuclei familiari nei quali siano presenti due titolari di reddito al‟assegno, uno come dipendente e l‟ altro come parasubordinato, i quali benché titolari in proprio del diritto, non possono esercitarlo perché nessuno dei due autonomamente, in virtù dell‟attività esercitata, raggiunge il requisito del 70%. La domanda deve essere presentata a decorrere dal I° febbraio dell‟ anno successivo a quello per il quale viene richiesta la prestazione. L’INDENNITA’ DI MALATTIA La legge finanziaria 2000 ha esteso ai parasubordinati anche l‟assicurazione malattia, limitata però ai soli casi di degenza ospedaliera. Per il diritto all‟indennizzo sono previste due condizioni: q ) l‟ interessato, nei dodici mesi che precedono la data iniziale del ricovero, deve far valere almeno tre mesi di contribuzione accreditata, anche non continuativi; r ) il reddito assoggettato al contributo, riferito all‟ anno precedente l‟ evento ( il ricovero ospedaliero ), non deve superare il 70% del massimale contributivo valido per l‟ anno in cui si verifica la degenza. Questo vuol dire che per le degenze che si verificano nel 2011, occorre guardare il reddito dell‟ anno 2010 che non deve superare i 64.503,90 euro ( 70% di 92.147,00 euro, massimale, per l’ anno 2009 ). L‟ assegno, corrisposto per non più di 180 giorni, è calcolato in relazione al massimale contributivo vigente nell‟ anno di insorgenza dell‟evento, diviso per 365. L‟ indennizzo varia a seconda dell‟anzianità contributiva fatta valere nei 12 mesi precedenti l‟ evento. Le percentuali di commisurazione, da applicare al massimale imponibile ( 93.622 euro per il 2011 ), sono le seguenti: s ) 8% in presenza di contribuzione fino a 4 mensilità ( anche non continuative ); t ) 12% in presenza di contribuzione da 5 a 8 mensilità ( anche non continuative ); u ) 16% in presenza di contribuzione da 9 a 12 mensilità ( anche non continuative ). Tradotto in cifre, in caso di ricovero nel corso dell‟ anno 2011, il lavoratore subordinato che nell‟ anno 2010 poteva far valere l‟ intera copertura assicurative ( 12 mesi ), ha diritto ad un assegno giornaliero di 41 euro ( 93.622 diviso 365 per 16% ). Per ottenere l‟ indennizzo dell‟ Inps gli interessati devono inoltrare apposita domanda ( l’ ente ha predisposto il modulo: malattia-gestione separata ), entro il termine di decadenza di 180 giorni dalla data di dimissione ospedaliera, allegando il certificato di degenza. SE SI FINISCE ALL’OSPEDALE ANZIANITA‟ CONTRIBUTIVA Da tre a quattro mesi Da cinque a otto mesi Da nove a dodici mesi IMPORTO GIORNALIERO 21 euro 31 euro 41 euro MASSIMALE DI REDDITO 64,503 euro PIU’ TUTELA AI CO.CO.PRO ( Indipendenti ) AMMALATI Per i lavoratori parasubordinati sino al 2006, la copertura per la malattia scattava solo in caso di ricovero ospedaliero. La legge Finanziaria del 2007 anche per i co.co. pro. Ha introdotto l‟ indennità giornaliera in caso di assenza, simile a quella prevista per i dipendenti. La misura della prestazione è pari al 50% dell’ importo corrisposto a titolo di indennità ospedaliera. Pertanto, l‟ indennità di malattia va calcolata, applicando la percentuale del 4%, del 6% o dell‟ 8% a seconda della mensilità di contribuzione accreditata nei 12 mesi precedenti l‟ evento, assumendo a riferimento l‟ importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo. Per le malattie iniziate nell‟ anno 2011, anno del quale il massimale contributivo è pari a euro 93.622, l‟ indennità viene calcolata su 257 € ( 93.622 diviso per 365 ) e corrisponde, per ogni giornata indennizzabile a: 01 ) 10,25 € ( 4% ), se nei 12 mesi precedenti l‟ evento risultano accreditate da tre a quattro mensilità di contribuzione. 02 ) 15.40 € ( 6% ), se nei 12 mesi precedenti l‟ evento risultano accreditate da cinque a otto mensilità di contribuzione. 03 ) 20,50 € ( 8% ), se nei 12 mesi precedenti l‟ evento risultano accreditate da nove a dodici mensilità di contribuzione. LA PENSIONE ALLE CASALINGHE Costa come minimo 25,82 euro al mese la pensione alle casalinghe e la si può avere solo a 65 anni. E‟ questo in estrema sintesi lo scenario in cui si muove il nuovo fondo di previdenza voluto dalla riforma del ’95, che però praticamente non è mai decollato. Ma vediamo quali sono le regole da conoscere. L’ISCRIZIONE E‟ del tutto volontaria. Avviene invece per passaggio diretto per coloro che risultano iscritti alla vecchia gestione della “ mutualità pensioni “ istituita da una legge del 1963 ( oramai pochissime persone, per la verità ), per i quali è previsto il trasferimento della contribuzione già versata, a titolo di premio unico d‟ ingresso. Il fondo è aperto a chiunque si dedichi alle faccende di casa ( anche gli uomini quindi ), a condizione che: 04 ) non presti attività lavorativa dipendente o autonoma; 05 ) non sia titolare di pensione diretta, di vecchiaia, invalidità, o anzianità ( la reversibilità non conta ). L‟ iscrizione è invece compatibile con un‟ attività lavorativa ridotta, anche se prestata con carattere di continuità. A tal fine, l‟ attività ridotta è quella che provoca una contrazione del corrispondente periodo assicurativo per il diritto alla pensione. Occorre la domanda. L‟ iscrizione al fondo avviene in seguito ad esplicita domanda degli interessati, formulata secondo un apposito schema che decorre dal primo giorno del mese di presentazione della richiesta. Le domande di iscrizione possono essere inviate anche via internet, accedendo al sito: www.inps.it e tramite il Call center, contattando il numero telefonico 16464. QUANTO COSTA Il fondo si alimenta attraverso i versamenti dei singoli iscritti. Il contributo minimo mensile è fissato in 25,82 euro, pari a 309,87 euro all’ anno. In proposito è bene ricordare che dal I° gennaio 2001 i contributi versati al fondo per se stessi e/o per i famigliari fiscalmente a carico, sono interamente deducibili dal reddito complessivo del dichiarante ( decreto legislativo numero: 47/2000 ). Le norme di disciplina del fondo non prevedono alcun termine per il versamento dei contributi, lasciando agli interessati la scelta del momento in cui effettuarlo. Tuttavia, essendo la contribuzione regolata dal principio di cassa, la stessa viene attribuita all‟anno del relativo versamento. LA PENSIONE La pensione cui avranno diritto le casalinghe sarà praticamente la stessa di quella prevista per i “ nuovi “ lavoratori, assunti dal primo gennaio ’96 in poi. Si tratta di una rendita calcolata con il nuovo sistema contributivo. Per ottenerla basteremmo soli cinque anni di versamenti per acquisirne il diritto sono i seguenti: 06 ) età non inferiore a 57 anni; 07 ) minimo contributivo almeno per cinque anni; 08 ) importo della rendita almeno pari all‟ ammontare annuo dell‟ assegno sociale maggiorato del 20% ( ossia non meno di 494 euro al mese di oggi ) Quest‟ ultima condizione ( minimo 500 euro ) non sarà invece pretesa da chi chiederà la rendita al concepimento dei 65 anni di età. Nell‟ ipotesi in cui l‟ iscrizione al fondo avvenga in età superiore ai 60 anni, è consentito incrementare l‟ anzianità contributiva, così da raggiungere il requisito minimo dei cinque anni all‟ età di 65 anni, mediante versamento della relativa matematica: una sorta di riscatto, simile a quello della laurea. Nel nuovo fondo è prevista anche una pensione di invalidità, che può essere corrisposta, indipendentemente dall‟ età, a chi viene riconosciuta una assoluta e permanente incapacità lavorativa. COSI’ IL RISCATTO L‟ importo della pensione sarà determinante secondo il nuovo criterio contributivo introdotto dalla riforma Dini. Funziona grosso modo come un libretto di risparmio. La casalinga provvede periodicamente ad accantonare la contribuzione formando cosi un capitale, che viene rivalutato ogni anno, sulla base della dinamica quinquennale del Pil ( Prodotto interno lordo ). Al momento del pensionamento si prenderà il montante contributivo, ossia la sommatoria dei versamenti effettuati ( capitalizzati ) e gli si applicherà un coefficiente di conversione, variabile in proporzione all‟ età ( da anni 57 a 65 anni ) del richiedente la rendita. A proposito di montante contributivo, occorre sottolineare che il provvedimento in cui sono indicati i coefficienti di trasformazione, utili per il calcolo della pensione, a titolo di compensazione dei costi amministrativi di gestione del fondo, una percentuale di “ caricamento “ pari al 2%. Questo significa che per un versamento di 51,64 euro la quota di accantonamento sarà pari 50,60 euro. Data la particolare forma assicurativa, i coefficienti di trasformazione del montante contributivo, riportato nella prossima tabella, sono diversi ( leggermente più favorevoli ) da quelli previsti dalla legge Dini ( * Legge 8 agosto 1995, numero: 335 ) per la generalità dei lavoratori, dipendenti e autonomi. COSI I CONTRIBUTI SI TRASFORMANO IN RENDITA I coefficienti utilizzati per il calcolo della pensione delle casalinghe. ETA’ DI PENSIONAMENTO 57 58 59 60 61 62 63 64 65 COEFFICIENTE E TRASFORMAZIONE DEL MONTANTE 4,903 5,049 5,204 5,368 5,542 5,727 5,925 6,136 6,361 ( * ) La riforma Dini del 1995 ha rivoluzionato il sistema pensionistico italiano, con l' obiettivo di renderlo in grado di reggersi anche nei decenni a venire, per garantire alle future generazioni la pensione post lavorativa anche in un paese come il nostro, in cui il tasso di natalità è fra i più bassi al mondo, mentre la popolazione invecchia sempre più. La riforma che porta il nome di Lamberto Dini segue quella del 92 di Treu e Ciampi, ed è il progetto di riforma del sistema pensionistico più ampio e sostanziale degli ultimi anni. Il cambiamento più importante riguarda le modalità di calcolo della pensione. Nella fase antecedente al 1995 la somma a cui ammontava le pensione mensile veniva calcolata in base alla media dello stipendio percepito negli ultimi 10 anni. L'importo finale si aggirava all' incirca attorno al 70% di questa media. Con Dini, invece, il calcolo della pensione si effettua in base alla quantità dei contributi versati. La conseguenza diretta di questa riforma è un taglio delle precedenti pensioni di quasi il 50%. Per coloro che alla data di avvio della riforma, nel 1995, avevano già accumulato almeno 18 anni di contributi vale un sistema " misto " che prevede che il calcolo dell' effettiva pensione percepita dipenda per il 50% dai contributi versati e per il rimanente 50% dal proprio reddito. Per quanto riguarda l' accesso all' età pensionabile, la riforma prevede, con 35 anni di contributi, una fascia di età tra i 57 e i 65 anni. Al contribuente è lasciata la possibilità di scegliere, con incentivi crescenti per prolungare l' età lavorativa: a 65 anni si ottiene la pensione piena ( quella che il contribuente avrebbe percepito con il vecchio sistema ) e a 67 anni la pensione piena più un premio. Inoltre, essendo la pensione calcolata non più in base all'ultimo stipendio ma all' ammontare ( rivalutato ) dei contributi, più si rimane sul posto di lavoro, più alta sarà la pensione. Allo stesso tempo la riforma Dini prevede dei bonus per i lavori cosiddetti usuranti, per permettere a chi li svolge un accesso più precoce alla pensione. L' impostazione della riforma Prevede anche l' abolizione graduale, delle pensioni di anzianità. Ultimo aspetto importante della riforma del 1995 è la cosiddetta gestione separata: essa prevede un apposito comparto dell' Inps dedicato ai lavoratori indipendenti e autonomi privi della normale gestione previdenziale. VIETATO FARSI ILLUSIONI La pensione alle casalinghe è una di quelle cose che sollecitano immediatamente la fantasia collettiva, nella convinzione che anche le madri di famiglia possano avere una pensione in virtù della loro attività domestica. Non è così, naturalmente. La pensione bisogna pagarsela, e a caro prezzo. Se qualcuno crede davvero di poter ottenere la rendita dopo soli cinque anni di pagamenti contributivi, prima dei 65 anni di età, è bene che se lo dimentichi subito. Si tratta infatti di una possibilità solo teorica: il capitale accumulato, infatti, deve dare come risaltato un mensile di 500 euro. Per avere una simile pensione a 57 anni bisogna mettere da parte, nel giro di soli cinque anni, un capitale di oltre 112 mila euro che corrisponde, grosso modo, ad un versamento di 22.500 euro l’anno: più di 1.860 euro al mese. PENSIONI DIMEZZATE CON IL CONTRIBUTIVO Il sistema contributivo di calcolo della pensione è il perno su cui ruota la riforma Dini del 1995 ( vedi capitolo: così i contributi si trasformano in rendita ). In questo regime la pensione su cui si ha diritto è strettamente collegata alla contribuzione versata nell‟ arco dell‟ intera vita lavorativa e non agli stipendi dell‟ ultimo periodo come avviene con il sistema retributiva. Dato che gli ultimi stipendi sono, in genere, i più elevati è facile intuire come il criterio contributivo risulta assai meno conveniente. Lo scopo del nuovo meccanismo di calcolo è stato introdotto proprio per riequilibrare, una volta entrato a pieno regime, la spesa previdenziale, che nell‟ultimo ventennio ha raggiunto livelli insostenibili. COME FUNZIONA Il sistema il sistema contributivo funziona grosso modo come un libretto di risparmio. Il lavoratore provvede, con il concorso dell‟azienda, ad accantonare annualmente il 33 % del proprio stipendio ( i lavoratori autonomi il 20% del reddito ). Il capitale versato produce una sorta di interesse composto, a un tasso legato alla dinamicità quinquennale del Pil ( Il Prodotto interno lordo ) e all‟ inflazione. Si può dire, quindi, che più cresce l‟ Azienda Italia, maggiore saranno le rendite su cui si potrà contare. Alla data del pensionamento al montante contributivo., ossia la somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce con l‟ aumentare dell‟ età. Il coefficiente, ad esempio, è pari al 4,419%, per chi sceglie di chiedere la rendita a 57 anni ( perché ha raggiunto i 40 anni di attività ), sale al 5,093% per chi resiste fino a 62 anni e al 5,620% se si decide di arrivare fino a 65 anni. Prendiamo un giovane appena entrato nel mondo del lavoro, a 24 anni d‟ età, con uno stipendio di 15 mila euro. Il primo anno accantona 4,950 euro ( il 33% di 15 mila euro ), il secondo anno ne accantonerà 5.115 ( il 33% dello stipendio di 15.000 euro ) e cosi via. Dopo 35 anni ( a 62 anni di età ) supponiamo che abbia accumulato 700 mila euro ( valore già capitalizzato ), montante che gli consentirà di ottenere una pensione annua di 35.651 euro ( 2.742 euro al mese ). Attenzione: Per le pensioni liquidate sulla base del nuovo criterio contributivo, riferite cioè ai nuovi assunti dal primo gennaio 1996 e a coloro che optano in tal senso, le disposizioni sull‟integrazione al minimo non trovano più applicazione. In pratica s‟ incasserà la pensione spettante, senza alcun aiuto da parte dello Stato. QUANTO RENDE LA PENSIONE CONTRIBUTIVA I coefficienti di trasformazione da applicare al montante accumulato nell‟ arco della vita lavorativa. Tra parentesi le differenze in percentuale tra i nuovi e i vecchi coefficienti. ETA’ FINO AL 2009 DAL 2010 57 4,720 4,419 ( - 6,38 ) 58 4,860 4,538 ( - 6,63 ) 59 5,006 4,664 ( - 6,83 ) 60 5,163 4,798 ( - 7,07 ) 61 5,334 4,940 ( - 7,39 ) 62 5,514 5,093 ( - 7,64 ) 63 5,706 5,257 ( - 7,87 ) 64 5,911 5,432 ( - 8,10 ) 65 6,136 5,620 ( - 8,41 ) Per le pensioni liquidate a soggetti di età inferiore a 57 anni ( in presenza di 40 anni di contribuzione, pensione di inabilità e pensione ai superstiti ) si applica il coefficiente di trasformazione previsto per coloro che hanno compiuto i 57 anni. I COEFFICENTI ? AGGIORNATI OGNI TRE ANNI Chi va in pensione a partire dal 2010, con il metodo contributivo, deve accontentarsi di un segno più leggero rispetto a chi ci è andato entro il 2009. Dal primo gennaio, infatti, per effetto della cosiddetta riforma del Welfare ( legge n. 247/2007 ), sono scattati i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo, i moltiplicatori che servono per calcolare l‟ importo della rendita determinata con il metodo contributivo o anche “ misto “, e cioè sia contributivo che retributivo. Interessati alle novità sono infatti tutti i lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995 potevano contare su un‟anzianità inferiore ai 18 anni. <<<>>> La revisione dei coefficienti, legati all‟età alla quale si va in pensione ( sono più bassi se si esce dal lavoro prima e più alti se si esce dopo ), è stata prevista a fronte dell‟ allungamento della vita media. Rispetto ai valori indicati nel 1995, in vigore fino al 31 dicembre 2009, i coefficienti fanno registrare una riduzione che a seconda dell‟ età di accesso alla pensione varia da un minimo del 6,38% ad un massimo del 8,41%. La riduzione non si trasferisce interamente sull‟ importo dei trattamenti, che quindi, subiscono riduzioni inferiori a questa forchetta. Ricordiamo che non esiste nessuna clausola di garanzia: nel senso che verranno applicati i coefficienti in vigore all‟ epoca del pensionamento. Vale inoltre la pena sottolineare che per il futuro la revisione scatterà automaticamente ogni tre anni, anziché ogni 10 come prevedeva la riforma Dini del 1995. Il prossimo aggiornamento entrerà in vigore dal 2013, quando scatterò un‟altra riduzione della pensione. La revisione dei coefficienti non interessa i lavoratori con almeno 18 anni di contribuzione entra il 31 dicembre 1995 ai quali continua ad applicarsi il metodo contributivo. C’E’ ANCHE IL MASSIMALE Il sistema contributivo si differenzia da quello retributivo anche su un altro punto fondamentale: l‟ esistenza di un tetto contributivo - pensionabile. In pratica, un limite oltre il quale non sono dovuti i contributi. Allo stesso tempo la quota di retribuzione che eccede il tetto viene annualmente rivalutato sulla base dell‟ indice ISTAT dei prezzi al consumo. Il valore utile per l‟ anno 2011 è pari al 93,622 euro. Questo significa, ad esempio, che la quota pensionistica di accantonamento annuo Nel 2011 non può superare 30,895 euro per i dipendenti e i 18.725 euro per gli artigiani e commercianti, rispettivamente il 33% ed il 20% del tetto. LA STORIA DEL TETTO Il massimale retributivo e pensionabile per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi ANNO 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 IMPORTO 132.000.000 lire 137.148.000 lire 139.480.000 lire 141.991.000 lire 144.263.000 lire 148.014.000 lire 78.507,00 euro 80.391,00 euro ANNO 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 IMPORTO 82.401,00 euro 84.049,00 euro 85.478,00 euro 87.188,00 euro 88.670,00 euro 91.507,00 euro 92.147,00 euro 93.622,00 euro L’ OPZIONE Il nuovo sistema di calcolo contributivo non riguarda solo i giovani, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare dal primo gennaio 1996 in poi. A determinate condizioni, infatti, può interessare a tutti. Anche a chi era in attività alla data del 31 dicembre. 1995, può aderirvi su base volontaria, rinunciando completamente al criterio retributivo. E‟ previsto, infatti, che si possa optare per la liquidazione della pensione contributiva, utilizzando anche le contribuzioni versate entro il 31 dicembre 1995, a condizioni che: a ) l‟ anzianità maturata al 31vdicembre 1995 sia inferiore a 18 ani; b ) si possa far valere complessivamente un minimo di 15 anni di contributi; c ) almeno 5 dei 15 anni di contributi risultino versati con il sistema contributivo a partire dal primo gennaio 1996 in poi. L‟opzione, prevista dalla riforma Dini che prevedeva una certa flessibilità nell‟età di uscita del regime contributivo, sopratutto con la possibilità di percepire la pensione già a 57 anni, indipendentemente dalla contribuzione versata, ha perso quasi completamente di significato. Dal 2008 i requisiti sono i seguenti: d ) 60 anni di età per le donne e 65 anni per gli uomini, con almeno 5 anni di anzianità contributiva, oppure e ) con 35 anni di contributi accompagnati dal compimento del 60 anno di età ( 61 per gli autonomi ), oppure f ) a qualsiasi età con almeno 40 anni di anzianità contributiva. La scelta del contributivo dunque non offre alcun vantaggio rispetto al regime retributivo. L’OPZIONE? PIACE SOLO ALLLE DONNE La stessa legge di riforma del 2004 consente alle sole donne, sino al 2015, do ottenere la pensione di anzianità con i vecchi requisiti, combinando cioè 57 anni con 35 di contributi ( 58 anni se lavoratrici autonome ), invece di dover sottostare al meccanismo delle quote, a condizione però che optino per il calcolo contributivo. Tale criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell‟ arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del sistema retributivo, riferito agli stipendi degli ultimi 10 anni, con una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa 20-25%. Un esempio concreto. Una dipendente che nel 2011 raggiunse 57 anni e 35 di contribuzione, con una retribuzione pensionabile di 25.000 euro, se sceglie di percepire la pensione di anzianità, e di conseguenza opta per il criterio di calcolo contributivo, avrà un trattamento pari grosso modo a 1.100 euro mensili ( a lordo dell’ Irpf ). La sua pensione calcolata pari a 1.375 euro, il 21% in più. Si può tagliare il traguardo in anticipo, insomma, la pensione sarà più magra. CHI PUO’ SCEGLIERE I requisiti richiesti se si vuole optare per il regime contributivo ETA’ Anzianità contributiva al 31 - 12 - 1995 Anzianità contributiva totale Anzianità contributiva Maturata dall‟ 01 - 01 - 1996 FINO AL 2009 Meno di 18 anni Almeno 15 anni Almeno 5 anni DAL RETRIBUTIVO AL CONTRIBUTIVO Ma come si fa a trasformare il periodo già versato adeguandolo alle nuove regole del gioco? Come convertire cioè il vecchio stipendio in montante contributivo, valore cui va applicata l‟ aliquota di rendimento corrispondente all‟ età in cui si richiede il pensionamento ? Questo il percorso da seguire: a ) si prendono le dieci retribuzioni annue ( o il minor periodo se inferiore ) precedenti il 1995; b ) si applica l‟ aliquota contributiva ( pagata dalla ditta ), riferita all‟ epoca del versamento. Quella d ’95el, ad esempio, era pari al 27,12%; c ) si rivalutano le contribuzioni cosi ottenute, sulla base della media quinquennale del Pil il prodotto interno lordo ); d ) si ricava la media annusa di contribuzione ( capitalizzata ) dividendo il totale della somma complessivamente accantonata per 10 ( o meno, se gli anni sono inferiori ). e ) si moltiplica il risultato ottenuto per il numero complessivo degli anni di anzianità. A tale fine, gli anni accreditati nel periodo precedente quello di riferimento, ossia gli anni che precedono il periodo ( fino ad un massimo di 10 anni ) preso in considerazione per determinare la “ contribuzione media annua “, vanno valutati ponderandoli con il rapporto tra l‟ aliquota contributiva vigente in ciascun anno e la media delle aliquote contributive vigenti nei 10 anni precedenti quello in cui viene esercitata l‟ opzione. Cerchiamo di spiegare quest‟ ultimo passaggio. Un dipendente che esercita l‟ opzione nel 2011, per calcolare quanto riscuoterà, deve considerare come base di riferimento la media delle aliquote su cui sono stati versati i contributi negli ultimi 10 anni ( dal 2001 al 2010 ). Poi, deve prendere le singole aliquote contributive versate in ciascun dei 10 anni che precedono il 1995 e dividerle per quella media. Il complesso meccanismo mira praticamente ad abbattere l‟ ammontare contributivo accumulato di circa il 15-20%, con l‟ evidente intento di scoraggiare per quanto possibile il ricorso all‟ opzione e il conseguente pensionamento anticipato. Facciamo un esempio. Ipotizziamo un impiegato/a di 57 anni di età e 35 anni di contributi versati che non vuole aspettare i 60 anni per la pensione di vecchiaia e, quindi, a fine anno esercita l‟ opzione per il contributivo, avvalendosi della possibilità di anticipare l‟ anzianità con i vecchi requisiti ( riservata alle donne sino a tutto il 2015 ). Alle spalle ha dunque 35 anni di anzianità complessiva, di cui 20 anni sino al 1995 e altri 15 dal 1996 in poi. Con retribuzione media di 50 milioni di lire nel decennio che precede il 1996 ( dal 28.500 euro del 1995, sino ai 22.200 euro del 1986 ) realizza un montante medio annuo di 10.000 euro ( che corrispondono ai contributi versati sulla retribuzione del periodo ). Per ricavare la quota relativa al periodo ante 1996 occorre moltiplicare i 10.000 euro per il numero degli anni di anzianità che non risultano pari a 20. Ma vanno ridimensionati, ossia valutati ponderandoli con il rapporto tra l‟ aliquota contributiva vigente in ciascuno di loro e la media delle aliquote contributive vigenti nei 10 anni precedenti quello in cui viene esercitata l‟ opzione. Ebbene, l‟ aliquota contributiva media dei 10 anni che precedono il 2011, anno dell‟ opzione, risulta pari al 32,80%. L‟ aliquota contributiva del 1985 - 1984 e 1983 era pari al 24,51%, per cui i tre anni vanno valutati nella misura del 75% ( rapporto tra 24,51 e 32,79 ). Ne consegue che i tre anni ( 156 settimane ) diventino circa 2 anni e 3 mesi ( 117 settimane ) e gli altri 2 anni, il 1982 ( aliquota contributiva 24,01% ) e 1981 ( aliquota del 24,16% ), un anno e mezzo circa, e cosi via. In pratica, i 10 anni che precedono il 1986 ( 1985 - 1980 ) si riducono grosso modo a 7 anni e mezzo, che aggiunti ai 10 anni del periodo 1986 - 1995 assommano a 17 anni e mezzo ( e non più 20 anni ). Pertanto, la quota di montante precedente il 1995, in questo caso, è pari a 175.000 euro ( e cioè 10.000 per 17,5 anni ). Questo montante va ad aggiungersi agli accantonamenti effettuati dal primo gennaio 1996 in poi ( nella misura del 33% dello stipendio ). LA STANGATA ANNUALE Le aliquote contributive in vigore nei vari anni. Le aliquote vanno utilizzate per passare dal sistema retributivo a quello contributivo. ANNO ALIQUOTA 1975 20,73 % 1976 – 1979 23,31 % 1980 23,89 % 1981 24,01 % 1982 24,16 % 1983 – 1985 24,51 % 1986 – 1988 25,51 % 1989 – 1990 25,92 % 1991 26,09 % 1992 26,47 % 26,97 % 1993 – 1994 * 27,12 % 1995 * * L‟ aliquota deve essere maggiorata dell‟ 1% sulle quote di retribuzione annua compresa tra lire 53.475.000 e lire 115.678.000 per l‟ anno 1993, tra lire 55.363.000 e lire 120.536.000, per l‟ anno 1994 e tra lire 57.578.000 e lire 125.237.000, per l‟ anno 1995. Fonte: Lavoro & Previdenza a cura di M. FRACARO