Nuove Indicazioni Nazionali Progetto di formazione e ricerca della ‘Bassa Veronese’ degli istituti: IC Bovolone, IC Cerea, IC Salizzole, IC Nogara, IC Cerea, IC Minerbe ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Percorso di ricerca azione sviluppato nell’IC di Minerbe: ‘Laboratorio dialogico applicato a storie e racconti’ Incontro del 9 aprile (II Incontro) Trascrizioni (PRT-Parlato/Registrato/Trascritto) del primo Laboratorio Dialogico sviluppato dai docenti nelle classi con interventi del prof. Spadotto in nota GRUPPO DOCENTI DEL SECONDO CORSO 1 - RACCONTO: IL MURO (ins.te A. M. Nalin) Alunno 1: mi piace tanto il racconto perché il gatto era sempre pieno di gioia e andava da una parte all’altra, ma i proprietari non se ne rendevano conto. Insegnante: secondo voi, perché i proprietari dei gatti non si rendevano conto che avevano in comune lo stesso gatto?1 Alunno 2: perché si odiavano e non si parlavano mai.2 1 Alunno 1: mi piace tanto il racconto perché il gatto era sempre pieno di gioia e andava da una parte all’altra, ma i proprietari non se ne rendevano conto. Insegnante: secondo voi, perché i proprietari dei gatti non si rendevano conto che avevano in comune lo stesso gatto? Spadotto: posso chiedere perché l’insegnante si è sentito in dovere di intervenire e di aprire l’interazione con la domanda ..perché i proprietari dei gatti non si rendevano conto che avevano in comune lo stesso gatto… quando invece l’alunno iniziale aveva parlato del gatto …sempre pieno di gioia che andava da una parte all’altra…Insegnante: perché si era fatto silenzio e nessuno interveniva. Spadotto: bene, ma l’insegnante ha bisogno di capire dove l’alunno vuole indirizzare la barca, non può aver già capito le sue intenzioni, deve quindi raccogliere le idee e valutare se si possa intervenire o meno. Le pause, anche se lunghe, non devono quindi intimorire l’insegnante perché sono tutte indispensabili. L’adulto infatti sa già cosa deve fare o dire, ma gli alunni hanno bisogno di cercare nel loro repertorio se ci sia qualche evento o qualche esperienza da mettere in gioco. Le pause sono pertanto necessarie e utili in tal senso. Eventualmente l’insegnante poteva riprendere il segmento della battuta del parlante precedente …il gatto era pieno di gioia ma i proprietari non si rendevano conto … secondo voi…. per dare uno spunto e così, molto probabilmente, qualcuno della classe, o lo stesso parlante, avrebbero proseguito negli interventi. Se io fossi stato l’alunno, sentendo la domanda dell’insegnante avrei pensato che non poteva non sapere che io avrei risposto se avessi potuto... In effetti gli alunni non hanno ancora imparato ‘il mestiere’; devono quindi avere il tempo di riflettere ‘sul pensato’ per capire cosa sia importante dentro quel pensato. Gli adulti fanno fatica a mettersi nei panni di chi ha bisogno di acquisire un po’ tutti ‘gli strumenti del mestiere’. Gli alunni invece hanno bisogno di capire quali siano le idee da tirare fuori in relazione a quello che viene chiesto; hanno bisogno inoltre di capire quale sia il codice da usare affinché vadano a buon fine; devono, di conseguenza, fare un lavoro doppio. Se invece l’insegnante riprende una parte delle loro battute gli alunni sono portati a pensare che forse dentro i loro interventi c’è dell’altro da aggiungere e questa strategia li può aiutare molto. 2 L’alunno 2 dice una cosa molto importante.. perché si odiavano e non si parlavano mai e l’insegnante chiede allora…perché si odiavano? In questo modo l’alunno è portato a pensare che se l’insegnante chiede questo, vuol dire che deve completare il suo pensiero. Andrà quindi a recuperare dentro la sua ‘enciclopedia’ cosa aggiungere per completare il discorso. L’insegnante deve quindi conoscere e capire quali siano le procedure e i modi più adeguati per attivare il pensiero degli alunni. In questo caso però era chiaro a tutti che i proprietari si odiavano, la domanda pertanto non è molto ben posta. Probabilmente gli alunni non hanno ben chiara l’idea di odio e, in tal caso, non avrebbero percezione del problema sul quale invece l’insegnante pone la domanda. Non sarebbero pertanto in grado di rispondere alcunché. L’alunno 3 infatti non risponde alla domanda, non solo, ma indipendentemente dalla domanda, avrebbe Insegnante: perché si odiavano, o meglio, si detestavano? Alunno 3: perché a uno piaceva la vita di notte e all’altro no. Insegnante: e quindi per risolvere il loro problema che cosa hanno fatto?3 Alunno 3: avevano costruito un muro.4 Insegnante: che cosa fa cambiare la situazione?5 Alunni: il gatto. Insegnante: è un evento positivo questo che fa cambiare la situazione? Alunno: No, il gatto è caduto dentro il muro. Insegnante: ma che cosa fa scatenare all’inizio la situazione? Alunno 2: Che nessuno dei due trovava più il gatto.6 Insegnante: allora che cosa fanno? Alunno 3: lo cercano e sentono un miagolio provenire dal muro; lo trovano e pensano che sia il suo, ma in realtà è lo stesso gatto. Insegnante: e allora che cosa fa cambiare il rapporto tra i due? Alunni: il gatto. Insegnante: certo, la perdita prima e il ritrovamento poi del gatto. Che cosa succede poi? Alunni: iniziano a parlarsi e scoprono che hanno qualcosa in comune. Insegnante: che hanno qualcosa in comune e iniziano ad apprezzare le qualità dell’altro. Alunno 4: scoprono che non sono noiosi. Insegnante: e così cominciano a parlarsi. Alunno 5: e imparano a conoscersi. Insegnante: certo e ad apprezzare le qualità di uno e le qualità dell’altro. Alunno 5: che prima non conoscevano. Insegnante: Secondo voi, tra le persone si possono costruire dei muri, non muri veri e propri, ma delle divisioni. Alunni: si, certo. Insegnante: secondo voi, quali sono i motivi che li fanno sorgere? Alunno 4: perché pensano di non avere niente in comune. 2 comunque risposto così. Occorre pertanto attendere che l’alunno arrivi spontaneamente alla questione. Si tratta infatti di un’esperienza completamente nuova e si capisce che il suo disagio è duplice: da una parte deve cercare di rispondere, dall’altra deve cercare anche di capire cosa poter rispondere, vale a dire come comportarsi di fronte a questa nuova procedura didattica. 3 L’insegnante quindi dice: per risolvere il loro problema cosa hanno fatto? Se ci mettiamo nei panni dell’alunno questi potrebbe pensare ..ma se ho appena detto che non si parlavano perché a uno piaceva la vita di notte e all’altro quella di giorno, cosa altro potrei dire? La risposta pertanto c’è già e ci si doveva accontentare di questo senza fare ulteriori domande in quanto è implicito che non potevano fisicamente incontrarsi né parlarsi. 4 Avevano costruito un muro - dice l’alunno 3, dimostrando così di aver capito benissimo quello che doveva rispondere; l’insegnante quindi chiede - che cosa fa cambiare la situazione? Sarebbe stato preferibile partire da quel avevano costruito un muro e riprendere da lì. Avrei quindi aspettato un po’ per vedere se l’alunno voleva intervenire e poi sarei andato avanti. 5 L’insegnante quindi chiede che cosa fa cambiare la situazione? È come se il docente riportasse la discussione al capolinea mentre si doveva partire dal fatto che il gatto è caduto dentro al muro e da lì proseguire. Se proprio proprio l’insegnante voleva ‘curiosare’ intorno alla vicenda, tuttalpiù, poteva far dire come era caduto e così via. L’insegnante in questo caso va invece a recuperare un concetto, non una situazione visibile e palpabile. Ma i concetti (cosa fa cambiare la situazione) sono una conquista, un arrivo, una fine e non un punto di partenza. Vi si arriva quando il percorso laboratoriale è stato ben ‘nutrito’ e non si dovrà ‘stuzzicare’ in quanto scaturirà da sé. 6 L’alunno 2 dice che nessuno dei due trovava più il gatto per cui l’insegnante chiede allora che cosa fanno? Non si può non rilevare che con questa domanda sembra che l’insegnante abbia fretta di concludere; sarebbe invece stato preferibile riprendere l’intervento dell’alunno 2. L’insegnante non deve avere fretta di portarli a concludere il racconto; sarebbe profondamente sbagliato in quanto occorre arrivarci automaticamente per gradi attraverso continue esperienze. Non è infatti ponendo domande che si possa anticipare quello che potrebbe essere il risultato finale. Né si deve credere che sia sufficiente porre domande per far maturare la consapevolezza interlocutoria degli alunni in modo che possano esternare il loro pensiero, anzi si corre il rischio di soffocare la discussione e il gusto di mettersi in gioco. Occorre invece rispettare i loro tempi, i loro silenzi e porsi quindi in altro modo. L’insegnante non deve quindi tener conto della sua ansia, ma in maniera delicata e precisa corrispondere alla ‘sete’ degli alunni riprendendo le loro battute e quindi consentendo al dialogo e alla discussione di camminare sul binario giusto. Viceversa si portano gli alunni su un binario morto nel senso che possono non essere pronti a dare risposte precise a domande così particolari. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Alunno 6: perché non si stanno simpatici. Alunno 7:… e magari si odiano. Insegnante: le persone possono arrivare ad odiarsi e magari non vanno in giro portando un muro ma, che cosa si può fare al posto di costruire un muro? Alunno 4: andare per la propria strada. Alunno 2: non ci parlo insieme. Alunno 3: non ci gioco insieme. Alunno 5: ma allora io non odierò mai nessuno perché parlo con tutti. Insegnante: e secondo te è una cosa negativa non odiare nessuno? Alunno 5: non lo so, perché parlo sempre. Insegnante: tu costruisci muri? Alunno: no. Insegnante: e quindi sei aperto ad ogni persona che ti trovi di fronte. Alunno 4: ignorare è come costruire un muro. Alunno 6: la simpatia. Insegnante: se una persona ti è simpatica tu costruisci un muro ? Alunno 6: no. alunno 7: la rabbia. Insegnante: la rabbia in una persona emerge perché? Alunno 7: perché non mi pace. Insegnante: semplicemente perché non ti piace? La rabbia è un sentimento forte. Alunno7: no, perché non piace e mi fa un dispetto. Insegnante: perché ti fa un dispetto, tu inizi ad essere arrabbiato, questa rabbia magari sale sempre di più e al posto di risolvere il dispetto tu cosa fai? Alunno 7: non lo guardo più. Alunno 8: non lo saluto più. Alunno 9: faccio finta di non conoscerlo. Insegnante: e poi magari arrivo non solo a fare finta di non conoscerlo ma... Alunno 9: a insultarlo o parlare male di lui. Insegnante: questo allora fa costruire dei muri anche tra di noi e parte tutto da una cosa piccola che se non viene risolta poi... Alunno 5: come la febbre. Insegnante: certo, che deve essere curata altrimenti sale sempre di più. Insegnante: allora quando succedono delle situazioni che fanno sorgere dei muri tra bambini, che cosa si dovrebbe fare? Alunno 10: chiamare un gatto. Alunno 11: amarci uno con l’altro. Insegnante: ma se ti ha fatto un dispetto come riesci? Alunno 11: provo a parlarci insieme e risolvere la situazione. Alunno 12: provo a perdonarlo. Insegnante: allora faccio il primo passo io per risolvere la situazione e magari provo a conoscere meglio l’altro e a capire perché si è comportato così. 3 2 - Racconto: L’ALBERO DELLA NEVE (Bambini di 5 anni; ins.ti G.Tassello e P. Almari) Viene fatta una premessa ai bambini per attirare la loro attenzione e curiosità su un piccolo libro arrivato un po’ per caso nelle mani delle insegnanti ma con dentro due storie molto belle. Viena letto il racconto L’albero della neve tratto da A. Morucci, A. Marchetto “Bravo Bimbù” i primi sassolini, Mondadori, 2013. Bimbù regala a Babà una pallina che “porta” la neve e riserverà ai due una bella sorpresa…. Dopo la lettura le insegnanti chiedono ai bambini cosa è piaciuto loro. Ecco uno stralcio della discussione: I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Nicolò: mi è piaciuto quando l’hanno trovato. Ins. G: quando hanno trovato che cosa?7 Nicolò: la pallina, la pallina che dormiva. Ins. G: .. stava dormendo la pallina Ins P: e dove dormiva? Nicolò: sul ramo. Insegn P: Sofia e tu? Sofia: mi ha colpito l’arcobaleno. Ins.P: davvero? Ti è piaciuto… e Matilde? (l’arcobaleno non è mai spuntato era un ipotesi) Matilde: quando quando la cercavano Ins P: quando la cercavano .. perché ti ha colpito questo momento?8 Matilde: ….. Ins. P: c’è un perché ti ha colpito questo momento? Matilde …. Fa no con la testa Nicole: a me ha colpito tutto. Ins P: Davvero? E se dovessi proprio scegliere una cosa sola? | Non c’è? Ins G: Giulia e tu? Giulia: a me tutto. Ins G: non c’è una cosa in particolare che ti ha colpito di più…. Dimmi Gloria Gloria: a me mi ha colpito quando quando c’era l’arcobaleno e quando l’hanno trovato. Ins G: e dove l’hanno trovato?9 Gloria: sull’albero. Ins G: e cosa faceva sull’albero? Gloria: Dormiva. Ins G: dormiva | dimmi Fabio… Fabio: a me ha colpito quando c’era la… quando era scappata. Ins G: quando gli è scappata dalla mano? Come ha fatto secondo te a scappare la pallina? Fabio: è scivolata di mano. Ins G: gli è scivolata di mano … dimmi Martina… Martina: mi ha colpito quando eri era nel cielo è arrivata un po’ la neve. Ins G: quando ha cominciato a nevicare.. tu Safia.. Safia: quando ha cominciato ahn, ha iniziato la neve Ins G: quando ha iniziato a nevicare, dimmi Hajar… Hajar: quando è venuto l’arcobaleno. 4 7 L’insegnante G dice: quando hanno trovato che cosa? per cui occorre precisare che di fronte a una domanda così diretta l’alunno potrebbe rimanere spiazzato in quanto lui pensa di averlo capito mentre invece si rende conto che l’insegnante non lo ha compreso allo stesso modo. Meglio pertanto evitarlo. Del resto occorre precisare che si tratta di prime esperienze di laboratorio di oralità per cui è facile cadere o inciampare, per tutti, sia per i docenti che per gli alunni. Se l’insegnante ha comunque il dubbio che gli alunni non abbiano capito può riprendere la loro battuta costringendoli a ritornare sui loro pensieri e a riprendere i discorsi attraverso la tecnica del rispecchiamento. Questa tecnica è fondamentale. Come afferma Lumbelli, è particolarmente utile per salvare, diciamo così, il clima collaborativo da parte degli alunni. Quando hanno trovato qualcosa di interessante il …dai continua… può essere non solo un segnale di attenzione ma anche di incoraggiamento. L’alunno può così sentirsi incoraggiato a sviluppare il suo pensiero e quelli che ascoltano possono mettere a fuoco ulteriori elementi e dare anche il loro contributo. 8 Seguono altri interventi e quindi la domanda dell’insegnante P…perché ti ha colpito questo momento? È una domanda legittima, che si può fare. Subito dopo però si riscontra l’intervento di Matilde che non dice niente. Pertanto, invece di chiedere perché sarebbe stato preferibile che l’insegnante avesse ripreso il filo da ..quando la cercavano…cioè continua… a raccontarmi di quando la cercavano.. e in questo modo il perché sarebbe venuto fuori da solo. Piuttosto che con una domanda brusca è preferibile questo modo soft in quanto si ‘costringe’ l’alunno a riprendere il percorso da dove è partito. Con una domanda diretta invece è come lo si portasse ‘di peso’ in avanti. Preferibile quindi una diversa ripresa…ti ha colpito tutto, davvero? Raccontami…In questo modo è l’alunno stesso che decide cosa dire senza costrizioni. Non deve cioè ricercare la cosa più importante dentro quello che ha sentito, né sforzarsi di capire quali cose voglia l’insegnante da lui e scegliere tra esse. Se l’insegnante riprende…con davvero? Continua…racconta… si dà veramente la possibilità all’alunno di dirci cosa l’abbia veramente colpito. 9 Seguono tutta una serie di domande che vanno molto bene; non ci sono sovrapposizioni che rischino di mettere in difficoltà gli alunni. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Ins G: Chiara Chiara: l’arcobaleno. Ins G: l’arcobaleno. Ins P: perché ti è piaciuto l’arcobaleno Chiara? Chiara: silenzio Ins P: Hajar perché ti è piaciuto l’arcobaleno? Hajar: perché mi piacciono i colori.10 Ins P: bello! perché ti piacciono i colori? Sofia: a me piacciono tutti i colori tranne il grigio e il nero. Ins P: a te piacciono tutti tranne il grigio e il nero. Voci sovrapposte: anche a me… Hajar: io mi piace il grigio il nero anche il marrone, l’arancione non mi piace. Ins. G: dimmi Micol11 Micol quando gli è scappato di mano. […] Ins P: bambini ma quando la pallina ha fatto tanti giri ed è scappata … Gloria: come ha fatto a, come ha fatto a .. a ad arrivare fin da lassù, là in aria? Safia: è vero! Voci sovrapposte: .. come?12 Voci sovrapposte… Ins G: uno alla volta, uno alla volta. Hajar: non ha ali per andare in quel posticino. Ins P: allora secondo voi come ha fatto? Elia: forse ha girato troppo la mano ed è volata. Ins P: forse è volata ma come ha fatto a volare se Hajar dice che non ha le ali. Elia: è vero forse perché… Hajar: forse è una magia. Elia: forse è una magia. Nicolò: forse perché c’è vento. Ins P: aspettate c’è anche Gloria, dimmi… Gloria: o forse quando | quel | o forse quando è volata via ed è caduta per terra è rotolata si è sbattuta sull’albero si è ed è volata in alto e si è impigliata. Ins P: ok gloria dice che volata, è rimbalzata su di un ramo e poi è volata ancora. Gloria: eh si, eh si e si è impigliata sull’albero. Ins P: bene e secondo Safia? Davide: eh no sul ramo. Safia: è stato il vento. Ins P: è stato il vento che l’ha fatta volare in alto.13 5 10 Ad un certo momento interviene Hajar che dice che le piacciono i colori e l’insegnante la gratifica: bello! È importante apprezzare gli interventi che gli alunni fanno; ne hanno bisogno in quanto consentono loro di capire di essere sulla giusta strada e di avere centrato l’obiettivo. Perché ti piacciono i colori? chiede l’insegnante – giusta anche questa domanda! 11 Dimmi Micol – dice l’insegnante. Posta così la richiesta risulta un po’ brusca. Se ha alzato la mano facciamola parlare senza fare un intervento, ma dandole semplicemente la parola, altrimenti nella ‘sbobinatura’ si ha l’impressione che sia un richiamo. 12 Va precisato che voci sovrapposte è un termine tecnico usato da tutti gli studiosi per dire che in contemporanea più alunni approvano o disapprovano quello che si sta ascoltando; qui invece l’insegnante dice - uno alla volta - Occorre precisare che se gli alunni volevano intervenire lo avrebbero fatto e invece avevano proprio bisogno di esprimersi con voci sovrapposte. Per cui non approda a niente dire, da parte dell’insegnante, uno alla volta; hanno detto tutti sì, sì, sono d’accordo (in sintonia) oppure no (sono in disaccordo), nel qual caso si dovrà utilizzare voci sovrapposte e confuse. È importante lasciare anche queste pause affinché le idee tornino in movimento. 13 Dice l’insegnante P.- è stato il vento che l’ha fatta volare – Meglio fermarsi a vento e dire…continua… in quanto probabilmente il parlante ha anche altro da dire. Gli alunni infatti sanno mettere assieme realtà, fantasia e immaginazione per cui gli insegnanti devono consentire loro di discoprire questo mondo variegato. Si deve quindi proporre uno stimolo aperto che consenta loro di far emergere tutto quello che altrimenti noi non riusciremo a svelare. Bene tutta la pagina successiva. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ bambino:…… e l’arcobaleno? Hajar: e l’arcobaleno | è caduta sulle sue nuvole ….. [non comprensibile] Ins P: Hajar dice che è volata nell’arcobaleno è rimasta nelle nuvole e poi è caduta giù nell’albero. Hajar: prima ha toccato un pezzetto di nuvole …. Poi è caduta nell’albero. Ins P: però interessante teoria Hajar || qualcun altro ha qualcosa da aggiungere. Voci sovrapposte … io no… […] Ins G: e dentro che cosa c’era a questa palla? Tutti i bambini: della neve. Ins. G: della neve mah… ? Dimmi Giulia. Giulia: un pupazzo di neve. Ins. G: con il pupazzo di neve e la neve vera / o finta? Tutti i bambini: Vera. Voci sovrapposte (L’insegnante esorta i bambini a rimanere seduti). Ins. P: E come hanno fatto a mettere la neve dentro la palla? Martina: Una magia. Ins. P: Una magia. Sofia: Una fata l’avrà messa dentro con la sua magia. Ins. P: Una fata l’ha messa dentro con la sua magia. Nicolò: Si un mago. Hajar: Vinks Ins. G: Le Vinks, le Winks Sofia: Si quelle fanno le magie. Hajar: Ma quelle finte Ins. P: Sono finte? Tutti i bambini insieme: Sii Voci sovrapposte Ins. P: E Martina che cosa ci dice? Martina: Forse una maga ha messo la neve. Ins. P: Una maga ha messo dentro la neve! Voci sovrapposte. Ins, G: Giulia. Giulia: Un mago. Ins. G: Un mago , poi ad un certo punto la neve ha cominciato a venire … Tutti i bambini: Fuori. Ins. G: Ma come ha fatto a uscire? Gloria: Una magia. Ins. G: Un’altra magia. Hajar: Altra magia. Sofia: Si forse si apre un buchetto e fa uscire la neve solo quando vuole lei. Ins. G: Poteva uscire da quel buchetto li la neve? Voci sovrapposte. Ins. P: Hai sentito Davide, Sofia dice che si apre un buchetto minuscolo che si apre e si chiude quando vuole lei /cosa ne pensi. Davide: || Ins. P: chi vuole aggiungere qualcosa ? Giulia? Giulia: forse un cane magico con le ali (voci sovrapposte). Ins. P: forse un, non ho capito chi è stato.14 6 14 In quella che segue forse non ho capito chi è stato - dice l’insegnante P. A questo punto però conveniva riprendere la battuta di Giulia che dà un buon sostegno…forse un cane magico con le ali…In questo modo gli alunni che non sono d’accordo possono dire che il cane non c’entra niente, coloro che invece sono d’accordo potrebbero continuare la storia in un altro senso. Va precisato infatti che qui si è ‘fuori della storia’ in quanto si sta costruendo un percorso che viaggia sull’onda dell’input che viene evidenziato in corsa. Insegnante: vorrei precisare che non avevo proprio capito bene e per questo chiedevo conferma. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Giulia: un cane magico. Ins. P: un cane magico. Hajar: forse un angelo ha lasciato la neve cadere. Ins. P: forse un angelo, ma allora è stato un aereo o un angelo Hajar? Gloria: un aereo che gli è andato addosso. Ins. P: tutti e due, tutti e due possono essere stati? Hajar: sì, perché ci sono tante cose cielo. Voci sovrapposte. Ins. P: Ci sono tante cose in cielo dice Hajar, può essere stato o un aereo o un angelo. Per Davide è stato un bimbo? Nicole: un bimbo? (ripete quello che ha detto Davide e si mette a ridere). Tutti i bambini scoppiano a ridere. Gloria: un pezzo di elicottero. Ins. P: un pezzo di elicottero! Voci sovrapposte. Fabio: un paracadute. Ins, P: che cosa fa un paracadute Fabio? Fabio: | un un ramo ha strappato un peccio. Ins.P: un ramo ha strappato un pezzo del paracadute ok. Sofia: guarda maestra. Voci sovrapposte, si sente il rumore di un aereo che sta passando. Ins. P: un aereo è passato mentre stavamo parlando di lui eh. Ins. G: forse è arrivato l’aereo che ci fa cadere la neve adesso. Matilde: magari. Nicolò: magari. Gloria: visto che questo inverno non è neanche caduta. Voci sovrapposte Ins. P: dimmi Giulia. Giulia: una farfalla magica. Ins. P: una farfalla magica … Voci sovrapposte. Nicolò: ha fatto cadere tutti i fiocchi. Ins. P: una farfalla magica ha fatto cadere tutti i fiocchi. I bambini si accorgono che sta passando un altro aereo. Ins. P: si un altro, sta passando un altro aereo. Hajar: una pallina di neve, ha lasciato una palla perché ha dormito un pochino perché ha fatto tanta paura. Ins. P: bene ho capito. Fabio: ci incontrano tutti i pecci, uno va dietro uno va un altro e quando ci incontrano.. Ins. P: e cosa succede quando si incontrano? Fabio: allora ci rompono. Ins. P: allora si rompe tutto. Dimmi Martina. Martina: un trampolino stavano giocando, ma la pallina è andata su sul ramo der rarbero. Ins. P: e quindi? Continua … Martina: || Voci sovrapposte. 7 Spadotto: può succedere, ma bisogna stare attenti anche a questo per non disorientare gli alunni. Io di solito lascio delle pause anche molto lunghe perché gli alunni hanno bisogno di vedere cosa hanno dentro il loro ‘serbatoio’ da esternare; se viceversa noi incalziamo con una serie di domande o precisazioni, sia pur legittime, non li troveremmo adeguatamente attrezzati se prima non hanno avuto il tempo di mettere a fuoco le questioni. Anche se non sono nuovi a queste esperienze laboratoriali il loro ‘deposito’ però non è direttamente usufruibile. Non sanno esattamente dove trovare le cose, hanno bisogno di tempo e di calma, di poter ‘entrare’ in sé stessi e guardare. Mentre gli adulti hanno quasi sempre risposte pronte, agli alunni si deve invece concedere il tempo necessario a riflettere. Devono infatti poter pensare se quello che stanno per dire sia sensato, prima di decidere se intervenire o meno. Agli utenti del laboratorio di oralità si devono pertanto regalare tempi distesi e rilassati, non si possono ‘pressare’ gli alunni con domande incalzanti, né ci si deve preoccupare dei tempi vuoti perché sono vuoti per gli adulti, ma non per loro che devono recuperare tutte le idee presenti nelle loro teste. Molto bene le altri parti. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Giulia: una bacchetta magica ha fatto nevicare con le ali. Ins. P: una bacchetta magica che ha fatto nevicare con le sue ali. Giulia: e si! Ins. P: una bacchetta con le ali? Giulia: due ali una qui e una qui (indica con la mano dietro alla schiena dove la sono le ali ). Ins. P: Wow due ali ha. Sofia: e si; una qui e una qui. Ins. P: ci sta, dimmi Chiara? Chiara: forse l’anno trovata in mezzo alla neve. Ins. P: che cosa hanno trovato in mezzo alla neve? Chiara: la palla. Ins. P: e quindi quando l’hanno presa che cosa è successo? Chiara: // Ins. P: Bello quello che hai detto vai avanti | dimmi Sofia. Sofia: L’hanno trovata sulla neve e forse un po’ di neve è andata dentro. Ins. P: ohh, cosa dici un po’ di neve è entrata nella palla. Nicolò: e poi, e poi Bimbù l’ha presa e l’ha data al suo papà, ecco perché quando la scuoteva si apriva e veniva fuori la neve. Ins.P: e si. Sofia: perché … Voci sovrapposte. Ins. G: E secondo voi dentro la palla c’era solo la neve? Voci sovrapposte. Elia: no c’era anche un arbero. Ins. G: anche un albero c’era, e come mai, come fa un albero a starci dentro la palla. Nicolò: boh!! Ins. G: e secondo voi che cosa ci fa un albero dentro la palla, come fa a starci un albero dentro una palla. Nicolò: Booh !! Non ci può stare un albero dentro una palla. Sofia: forse un albero di una neve piccolissimo che a volte gli dava un po’ di neve alla palla. Elia: ma era piccolo. Voci sovrapposte. Ins. G: dimmi Giulia. Giulia: un pupazzo e un angelo. Ins. G: un pupazzo e un angelo c’era secondo te. Giulia: può essere. Hajar: le palle erano dentro una pallina e dopo hanno guardato quella palla e hanno trovato una nuvola per metterla su un posto e poi quella nuvola ha lasciato cadere e ha entrato quella albero. Ins. P. e Ins. G: può darsi … può darsi.. Vai Micol. Micol: una sfera magica. Ins. P e Ins. G: una sfera magica , una sfera magica. Ins. P: Con dentro… Micol: || Sofia: mi viene da ridere. Ins. G: che cosa c’era dentro Micol? Voci sovrapposte e bambini che ridono. 8 3 - RACCONTO: GISELLA PIPISTRELLA (cl. I; ins. ti: A. De Fanti e G. Menegol) Osserva il titolo, leggilo e mentre leggi ascolta la musicalità delle parole, il loro suono: quali osservazioni puoi fare in merito?15 Diego: le ultime quattro lettere sono uguali. 15 L’insegnante per introdurre la storia dice agli alunni: Osserva il titolo, leggilo e mentre leggi ascolta la musicalità delle parole, il loro suono: quali osservazioni puoi fare in merito? Se appare subito che ‘in merito’ può essere un termine di per sé difficile, emerge anche la bellezza dell’input dato agli alunni …osserva il titolo… Il titolo infatti è molto importante perché può aiutare a decodificare il contenuto, a farsene un’idea…leggilo, però non guardarlo soltanto…mentre leggi prova a sentire se c’è una musica che risuona dentro di te…prova a vedere se le parole hanno musicalità... Io mi sarei fermato qui per lasciare aperto ogni discorso e avrei lasciato che gli alunni facessero tutto il resto. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ E allora cosa significa?16 Erika: che | che fanno rima. Quali altre parole fanno rima con Gisella Pipistrella?17 Isabella: padella, ma anche … Quale altra parola fa rima con “padella”? Non lo so … aaaaaaa Isabella! Robert: anche Hellas quella del Verona e poi … tabella. Kevin B: finestrella. Evangel: ape. Elia: bella. Serena: Fiorella. Osserviamo bene la copertina: quale colore predomina, si nota di più rispetto gli altri?18 Kevin B.: grigio. Evangel: rosa. Perché il rosa? Non lo so. Diego: nero. Secondo voi di che cosa si parlerà in questo libro? Chi sarà mai Gisella? Proviamo a pensare, aiutandoci con il disegno, con i colori. Erika: si parlerà || che c’è Gisella. Erika: un pipistrello. Robert: un insetto grande che vola che ha grandi ali e cià anche una caverna. Andrea: è un animale che vive in una caverna nel bosco. Stefania: è un animale notturno che vola sempre quando c’è buio. Serena: e si mette a testa in giù. Diego: a dormire. Isabella: è di colore grigio. Diana: va in cerca di sangue. Diego: ma no! Quello è il vampiro! Il vampiro è un umano (uomo pipistrello, mentre il pipistrello è un pipistrello normale. Isabella Andrea: il vampiro ha i denti lunghi, il pipistrello è un animale. Ma voi li vedete i vampiri? Kevin Z: sì! A casa mia. 9 16 E allora cosa significa? Questa domanda forse spiazza l’alunno. Ma nei panni di alunni di classe prima quello che dice Diego è potente…le ultime quattro lettere sono uguali…È una bella scoperta e sta a significare che potrebbe trovare ancora altre cose da aggiungere a questo filo logico, ma la domanda dell’insegnante non lo può certo aiutare…e allora cosa significa… Io avrei lasciato silenzio e non sarei intervenuto. Interviene infatti Erika che dice…fanno rima.. e questo evidenzia che l’insegnante poteva anche non intervenire; se proprio proprio la pausa fosse andata troppo per le lunghe si poteva riprendere la battuta di Diego…quattro lettere sono tutte uguali, continua, cosa volevi dire…vale a dire riprendendo la sua scoperta in modo che potesse completare se aveva altro da dire. Se non fosse intervenuto Diego, sarebbe stato un altro. Di fatto, la domanda …e allora cosa significa…è abbastanza pesante. Potrebbe infatti indurre gli alunni a tradurla, a prendere quasi quasi il vocabolario in mano per capirla… L’insegnante invece deve aiutare gli alunni, non tanto a ricalcare la competenza che hanno già acquisito chissà per quale altra strada (in questo caso le rime), ma a ricostruire una storia, rivivendola, riscoprendola o risentendone la musicalità. Solo se si parte dalla battuta di Diego pertanto si consente a lui, o agli altri alunni presenti, di completare il discorso, di rispondere alle attese, ma soprattutto di rispettare quello che loro sentono degno di essere esternato in quel momento. 17 L’insegnante dice: …quali altre parole fanno rima con Gisella Pipistrella? Spadotto: ho capito come avete lavorato e lo apprezzo, ma io qui farei una domanda aperta, lascerei libertà di movimento e non circoscriverei le risposte degli alunni in un unico alveo, quello che è stato individuato come prioritario (l’apprendimento del leggere attraverso le rime). Meglio provocare in maniera libera in modo che gli alunni si sentano liberi di prendere qualsiasi strada, non necessariamente questa, perché lo scopo non è quello che diventino competenti in una cosa, ma che diventino competenti nella comunicazione, nell’oralità, nel saper esternare il proprio punto di vista anche recuperando materiali altri, anche da contesti altri, dotandoli quindi di conoscenze che vadano oltre questo campo specifico. Segue una serie di battute molto importanti e tutte centrate. 18 Osserviamo bene la copertina, quale colora predomina?- dice l’insegnante. Occorre precisare che non si devono utilizzare parole difficili (predomina) perché in questo modo li si porta fuori dal campo in cui erano. L’insegnante invece deve saper entrare con loro in quel campo e non portarli in quello degli adulti. Io pertanto mi sarei fermato a ..colori… continua…L’alunno, infatti, se gli si chiede quale colore predomina, potrebbe pensare che lui non lo sa, ma se gli si chiede quale preferisce, allora sì, sarebbe in grado di tirare fuori qualche colore. Il resto va bene. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Kevin B: non esistono! Ora immaginatevi i pipistrelli, oppure ripensate a come sono (se qualche volta li avete visti). Come sono? Chi prova a descriverli?19 Nicolas: un topo con le ali. Mohit: un leone con le ali. Serena: un’aquila. Alice: il pipistrello quando dorme chiude le ali. Erika: assomiglia a un’aquila. Elia: sembra un uccello, un uccello che svolazza. Diego: è un || è un animale con le ali e piccoli denti. Diana: che || un pipistrello che | spaventa. Stefania: è come un merlo. Robert: una specie di supereroe. Isabella Andrea: una specie di grifone. Kevin Brahimi: è | è nero, piccolo con le ali nere. Evangel: con delle orecchie lunghe. Joel: è una specie di vampiro. Kevin Z: una specie di || una specie || di || di canguro. Federico: è come un’aquila. Vediamo ora cosa fa questa Gisella Pipistrella20 FEDERICO: Gisella Pipistrella è un bellissimo pipistrello che | che cerca dei capelli rossi e ricci. Perché? Perché i pipistrelli cercano i capelli. Diego: che Gisella Pipistrella che era un pipistrello piccolo che aveva paura del buio e quando doveva andare fuori Gisella Pipistrella si nascondeva e i suoi genitori si preoccupavano || perché non la trovavano. Erika: un piccolo pipistrello passò dalla sua casa e allora Gisella lo portò a casa perché lui aveva tanta paura. Alice: un bel giorno Gisella Pipistrella fa i bambini. Serena: e li fa in un bel giorno di primavera e guardando fuori dalla finestra vede tanti fiori così prende il cestino e va a raccogliere i fiori. Elia: Gisella Pipistrella è un bel animale che quando dorme si copre con le ali. Diana: e dopo incontra un bel pipistrello e chiede se voleva essere il suo amico. Isabella Andrea: Gisella sospirò e vorrebbe avere qualcuno che le facesse compagnia e allora decise di trovarsi qualcuno, qualche amico bello e ci riuscì/ ben sei se ne trovò. Robert: con i sei amici andò al parco e comprò un gelato e dopo il gelato sono andati a giocare un po’. Stefania: … a nascondino e poi ritornano a casa e a casa si riposano. Isabella: … e quando i svegliano è notte e/ e vanno dai loro amici. Desire: e vanno tutti a svolazzare. Kevin B: e svolazzando spaventano tutte le persone. Proprio tutte o una in particolare? … non mi ricordo più/ ma no le persone. Le persone sono buone.21 10 19 Quando si parla dei pipistrelli l’insegnante dice: Chi prova a descriverli? Descrivere non sarebbe un termine da utilizzare nell’interazione dialogica meglio raccontami.. Gli alunni infatti non solo non possiedono ancora la terminologia della descrizione, ma soprattutto devono raccontare come loro vedono i pipistrelli per cui quello utilizzato non si rivela un input adeguato. Meglio recuperare la battuta del parlante precedente, di Kevin… per te i pipistrelli non esistono, io a casa mia li ho visti… e così ci sarà qualcuno che interverrà e recupererà la storia di come ha visto i pipistrelli. L’intrusione dell’insegnante è invece fuorviante. Segue una serie di belle battute con tante ipotesi per cui risulta un buon lavoro nonostante l’insegnante cerchi qualche volta di trascinarli fuori campo o da un’altra parte. 20 Vediamo ora cosa fa questa Gisella Pipistrella. La proposta ci può stare nel senso che ora gli alunni si sono misurati con il materiale e l’insegnante vuole riportarli dentro il mondo del racconto. L’intervento è perfettamente riuscito e le risposte date dagli alunni sono tutte molto importanti. 21 Alla fine Kevin dice …i pipistrelli svolazzano e spaventano tutte le persone e l’insegnante chiede ..proprio tutte o una in particolare? Spadotto: Io non mi sarei preoccupato del testo: cosa dice o non dice, ma avrei cercato di recuperare quello che loro pensano succeda… in pratica li avrei aiutati a costruire la loro esperienza più che a recuperare quella del libro. Quella del libro eventualmente l’avrei recuperata in un momento successivo. Quando l’insegnate chiede...proprio tutte o una in particolare… sta domandando una cosa precisa che forse agli alunni in quel momento è sfuggita per cui non ricordandola potrebbero anche pensare di non aver capito molto della storia. L’alunno invece ha dato la sua I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Evangel: alle persone non fanno niente. Diego: spaventano solo, scherzando, i loro amici animali. 4 – RACCONTO: LA LEZIONE INTERROTTA (classe 1B - Sec. di Roverchiara; prof.ssa. A. Zatti) lunedì, 7 aprile 2014, ore 14.30-15 (è presente mezza classe perché l’altra metà sta seguendo il laboratorio di esperimenti scientifici con un’altra insegnante). a) Leggo uno spezzone di un brano di Hermann Hesse tratto dall’antologia, La lezione interrotta. b) Chiedo agli alunni di soffermarsi su ciò che li ha colpiti e/o che desiderano che venga approfondito. Ins. - Uno spunto di riflessione può essere quello della firma falsificata22 e l’altro il fatto che l’insegnante assegna ad un alunno un compito delicato … chi vuol provare a dire qualcosa , così tranquillamente, non è un interrogazione, si può prendere spunto da quanto abbiamo letto, ma anche da ciò che dice un vostro compagno. Rachele - Non mi pare giusto che lo mandi a casa di un compagno … Ins. - lo mandi chi?23 conclusione…no le persone sono buone…e quindi bisogna sapersi fermare un attimo prima e lasciare le cose intonse, non ‘domandate’ in modo che ci si possa tornare su in un altro momento. Se pensiamo invece di aver esaurito tutto vorrebbe dire che non ci sarebbe altro da pensare. Molto più utile invece lasciare cose in sospeso. Domanda alle Insegnanti del laboratorio: è un bel lavoro! Come lo avete sviluppato? Insegnanti: il libro lo abbiamo letto solo in una seconda fase del lavoro. Dapprima infatti abbiamo lavorato sulla copertina e in questo modo gli alunni hanno costruito una sorta di storia parallela. Quindi l’abbiamo letta. Nella terza parte del lavoro faremo il confronto tra la loro storia e quella del libro. Spadotto: è una bella strategia e molto utile perché se si viene provocati su una cosa quasi inesistente, che non c’è ancora, facendo ragionare su una copertina, un disegno, o altro,.. allora io alunno,, utilizzando il materiale che già possiedo costruisco una storia che potrebbe anche essere come quella che leggeremo… pensate che emozione, che soddisfazione: senza aver letto una storia sono riuscito a costruirne una simile! Non solo, ma per gli alunni il confronto tra questa storia e quella del libro sarà molto bello in quanto potranno rendersi conto che non c’è un solo mondo, ma tanti e diversi e quindi impareranno anche a cercare autonomamente occasioni per allargare i loro orizzonti. 22 Insegnante: chiedo agli alunni di soffermarsi su quello che li ha colpiti o che desiderano venga approfondito. Uno spunto di riflessione può essere quello della firma falsificata .. Spadotto: Bella l’introduzione dell’insegnante (chiedo agli alunni di soffermarsi su quello che li ha colpiti o che desiderano venga approfondito), ma l’intervento che segue subito dopo…uno spunto di riflessione può essere quello della firma falsificata… sarebbe da evitare per non fornire agli alunni una strada prestabilita su cui proseguire. Preferibile infatti aprire la discussione a ruota libera in modo che ciascuno possa intervenire come sente. Il racconto è stato letto in classe e tutti quindi hanno avuto la possibilità di focalizzarne i diversi aspetti. Non spetta pertanto al docente stabilire a priori quello che forse merita maggiore attenzione, ma occorre lasciare che gli alunni autonomamente si focalizzino su questo o su quello. Ciò è molto importante perché l’utenza, il gruppo, capisce che a ottiche diverse si possono vedere e sentire cose diverse. Pertanto se il mondo non è soltanto questo, ma anche questo e questo altro…allora sentendo i compagni, ogni alunno può partire da trampolini diversi e capire che la storia può essere letta anche in altro modo e non solo come ciascuno di loro l’ha letta o capita. Capiscono inoltre che potrebbe essere ulteriormente approfondita perché ci sono anche altri aspetti e segreti sottostanti. 23 Insegnante: lo mandi chi? Spadotto: io avrei evitato anche questo intervento; cosa può infatti rispondere Rachele o un altro? Avrei invece ripreso la battuta …non mi pare giusto … cosa è che non ti pare giusto …Deve essere infatti l’alunno stesso a capire cosa l’insegnante vuole o non vuole sapere in modo da chiarire il suo pensiero non ancora del tutto chiaro. Viceversa se l’insegnante precisa non lo aiuta a tirare fuori quello che ha dentro. Ha bisogno infatti di fare chiarezza da solo, di passare in rassegna quello di cui dispone in relazione alla provocazione dell’insegnante e solo dopo potrà intervenire. Se non interviene vuol dire che non è ancora pronto, che non sa cosa dire e allora sarà un altro a intervenire. Ma meglio evitare di forzare risposte perché, anche se si tratta di alunni di scuola media, se non hanno fatto esperienza di laboratorio di oralità, non hanno ancora una completa strumentalità in tal senso. Si deve pertanto fare in modo che possano muoversi nelle più svariate direzioni, senza condizionamenti, anche perché risulta difficile, se non impossibile, pensare di poter ‘centrare’ quello che l’alunno sta pensando o ha in mente di dire. Occorre inoltre precisare che questo clima di dialogo e di positiva interazione non si ottiene di punto in bianco ma ha bisogno di tempi adeguati. Il più delle volte infatti non è questione di classi turbolente o amorfe, ma più che altro di teste ‘disabitate’ che contengono cose che hanno poco a che vedere con la cultura, l’etica, la formazione della persona,…Per aiutarli dobbiamo partire proprio da loro, dal loro mondo e da quello che utilizzano per esternarlo; in questo senso la tecnica del rispecchiamento può tornare molto utile. Allora più che …lo mandi chi…sarebbe stato opportuno riprendere dalla battuta di Rachele …non mi pare giusto…e lavorarci sopra …cosa è che non ti pare giusto….continua…..Se non continuava Rachele avrebbe 11 I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Rachele- lo scrittore… Ins. - sei sicura? Rachele - … il professore lo mandi a casa di Otto per chiedere se la firma era la sua. Ins. - perché secondo te? Rachele - perché credeva che Otto avesse falsificato la firma. Ins. - ma perché tu non lo trovi giusto? Rachele - perché … bisognava che lo chiamasse lui di persona senza mandare a casa un alunno.24 Ins. - cioè chiamasse chi? Rachele - il papà di Otto.25 Ins. - benissimo, adesso è chiaro. Chi vuol proseguire? Cosmin - io dico che è più o meno giusto perché il bambino … più o meno il bambino, ha 11 anni…26 Ins. - il ragazzo... Cosmin - ha l’età di esplorare quindi gli fa anche bene ad uscire a divertirsi. Ins. - ma secondo te era un uscire a divertirsi, visto che l’ha mandato fuori?27 Cosmin - no …per vedere se la firma era autentica ma almeno prova anche… il ragazzino…un po’ di emozioni.28 Ins. - io direi che prova ad avere? … chi sa concludere con un sentimento adeguato … Federico - coraggio Ins. - perché hai detto CORAGGIO Federico? Federico - coraggio perché il ragazzo si stava … incamminando da solo per andare a casa di quell’altro per chieder se la firma era vera … Ins. - e quindi doveva avere coraggio Cosmin - coraggio non tanto perché non c’erano delle macchine a quel tempo lì e non c’era rischio … Ins. - Simone, cosa stai dicendo? Simone - …che ai quei tempi non c’erano le auto, si usavano le carrozze, i treni… Ins.- benissimo, giusta l’osservazione….qualcun altro? Si può riflettere su quello che hanno detto i vostri compagni, cioè che questo ragazzino viene mandato fuori dalla scuola, si può riflettere anche sull’ultima parte che abbiamo letto, cioè sul fatto di falsificare la firma dei genitori o sull’incarico impegnativo che il professore ha assegnato ad un alunno … Mirko - se gli ha dato un incarico impegnativo … è perché ha avuto fiducia … allora significa che ha molta fiducia in questo ragazzo. Rachele - … è un fatto grave falsificare la firma perché significa che ha avuto paura di far vedere la pagella ai sui genitori … quindi per non farla veder ha falsificato la firma e … Ins. - aveva paura di che cosa? 12 continuato un altro, ma di sicuro a questo stimolo sarebbe stata data una risposta; lo si può vedere infatti poco più avanti quando Rachele dice ….perché credeva che Otto avesse falsificato la firma…. 24 Più sotto Rachele dice…..perché …..bisognava che lo chiamasse lui di persona senza mandare a casa un alunno…. e l’insegnante chiede….cioè chiamasse chi?...Molto bello l’intervento dell’alunna, ma in questo caso l’insegnante bastava dicesse ….che lo chiamasse….continua…riprendendo quindi il frammento di battuta di Rachele. 25 A chiamasse chi Rachele quindi risponde….il papà di Otto…dimostrando di aver recuperato il filo del discorso e l’insegnante apprezza con il suo ….benissimo.. ma sarebbe stato meglio fermarsi qui senza aggiungere altro in quanto il benissimo è già di per sé sufficiente a dimostrare che l’insegnante ha capito e che quindi è ormai tutto chiaro e che nel caso qualcuno volesse proseguire sarebbe stato legittimato a farlo. 26 Più avanti Cosmin dice …ha undici anni…come a dire che ci si può fidare e l’insegnante precisa….il ragazzo… Si tratta di un intervento che forse potrebbe disorientare il gruppo ….ha undici anni… chissà cosa voleva dire Cosmin …forse che era abbastanza maturo…Io avrei lasciato una pausa senza precisare e se proprio il discorso non fosse ripreso sarei partito da quello che lui aveva detto alla fine della sua battuta ...ha undici anni… continua…fornendogli gli elementi a cui aggrappare il proseguo del discorso…Il suo intervento successivo infatti riprende proprio da questo ….ha l’età di esplorare e quindi gli fa anche bene uscire a divertirsi… 27 Insegnante: ..ma secondo te era un uscire a divertirsi visto che l’ha mandato fuori…bastava limitarsi a dire…uscire… lasciando cadere il divertirsi; il fatto che l’alunno lo abbia usato va bene, ma se l’insegnante lo riprende potrebbe spostarsi l’asse dell’interazione su un piano diverso quasi giocoso o di divertimento. 28 Cosmin dice:….ma almeno prova anche…il ragazzino… un po’ di emozioni…bellissimo questo intervento, io l’avrei ripreso, ma senza fare domande; molto bello anche il successivo intervento di Mirko…. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Mirko - che suo papà gli desse una punizione, cioè che non uscisse più fuori a giocare con i suoi amici … ma esisteva la TV? Alcuni compagni - noo! Ma se non c’erano neanche le auto. Cosmin - ha fatto anche male a falsificare la firma perché se lo scoprono anche i genitori … è ancora peggio perché … nascondere la pagella per un bel po’ e i genitori ti scoprono e si arrabbiano perché non devi nascondere niente ai tuoi genitori perché loro ti vogliono solo bene. Simone - i genitori ti vogliono bene e … che non facciamo guai come in classe e in casa degli altri. Ins. - certo, esatto … Elizeer, cosa pensi tu sul combinare guai? sulla firma falsa? hai mai sentito di nessuno che ha fatto una firma falsa? Elizeer - penso che se uno non faceva la firma vera allora il professore lo metteva sempre in punizione … per due giorni … senza far merenda Ins. - ma secondo te è grave falsificare la firma? Elizeer - … è grave… Ins. perché vuol dire? … chi sa rispondere? Federico - reato Rachele - un nostro compagno c’ha provato … si è fatto prestare dei libretti Isabella - io gli ho dato il mio libretto e ha fatto identica la firma di mia mamma Rachele - ha preso quattro, allora ha falsificato la firma. Mirko - mi ha chiesto: scrivi la tua firma qua, e lui è riuscito a copiarla, non perfettamente però … 5 - RACCONTO: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTÀ (classe II B, Sec. di Roverchiara; prof.ssa C. Molinari) «Ho camminato sulla lunga strada per la libertà. Ho cercato di non barcollare; ho fatto passi falsi lungo il cammino. Ma ho imparato che solo dopo aver scalato una grande collina, uno scopre che ci sono molte altre colline da scalare. Mi sono preso un momento per ammirare il panorama glorioso che mi circondava, per dare un’occhiata da dove ero venuto. Ma posso riposarmi solo un momento, perché con la libertà arrivano le responsabilità e non voglio indugiare, il mio lungo cammino non è finito». (Dall’autobiografia di Nelson Mandela Lungo cammino verso la libertà) Mattia: Il linguaggio è una metafora | [Insegnante: Che cosa vuol dire?] Cosa? [Ins: che è una metafora?29] Che lui parla con delle parole | cioè | fa somigliare la sua vita a/ ad un cammino || [Ins: e cosa dice?] Dice che per la libertà ha fatto un lungo cammino, lunga strada e/ si è accorto che dopo aver scalato una | una collina, cioè | dopo aver superato tipo un problema ce ne sono molti altri || e che con la libertà anche arrivano anche le responsabilità || Giacomo: Allora | anche quando ha un problema vede sempre il lato positivo cioè il panorama || [Ins: Ma secondo te il panorama è il lato positivo?] Mattia: Sondo me, prof., il panorama è / quello che ha fatto fino adesso / cioè si ferma / a riposarsi un attimo e a guardare quello che ha fatto fino ad adesso. Ins: Dove guarda? Mattia: Indietro | dietro da dove è venuto. Ins: Siete d’accordo? Daniele: Sì | sì sono d’accordo con quello che ha detto Mattia perché | lui quando è | cioè | paragona la libertà a quando è uscito di prigione e guarda cosa | cioè cosa aveva fatto prima. Giacomo: Secondo me | cioè quando | raggiunge un obiettivo tipo essere eletto non dimentica mai le sue | origini umili. Ins: Io però vedo scritto “scopre” che ci sono molte colline… Gaia: Io ho capito | cioè io da quel che ho capito che | dopo aver percorso una strada cioè si rende conto che poteva percorrere tante altre strade di cui può ancora inseguirne qualcuna [Ins: Applicato a lui?30] 13 29 Insegnante: Che cosa vuol dire? Mattia: Cosa? Insegnante: che è una metafora? Sarebbe stato preferibile partire così:…il linguaggio è una metafora….e questo vale anche per le due successive domande dell’insegnante. 30 Insegnante: Applicato a lui? Anche in questo caso la domanda, oltre ad essere un po’ forte, è anche espressa in un codice che potrebbe non favorire l’intervento dell’alunno; preferibile pertanto selezionare il segmento più utile per innescare un proseguo di dibattito, di confronto, o di discussione. L’insegnante pertanto deve ascoltare con molta attenzione i vari interventi degli allievi che parlano per capire e per captare quale sia la battuta o l’elemento di essa che possa essere speso nuovamente per vivacizzare la discussione. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Che dopo essere stato prigioniero/per 27 anni in | che era stato prigioniero ha la possibilità di diventare presidente dell’Africa quindi si apre una nuova strada per lui, una nuova possibilità [Ins: E dopo questa?] Rivoluziona l’Africa, diciamo, la trasforma | ha la possibilità di trasformare l’Africa | in un Paese che sta bene con gli altri, con i bianchi. Ins: E le colline, cosa sono? Cosa sono, ragazzi, le colline?31 Gaia: Dei problemi || dei problemi // Giacomo: Secondo me si rende conto che anche dopo aver risolto un problema ce ne sono ancora molti altri da risolvere [Ins: E quindi?32] E quindi che cioè il suo percorso per rivoluzionare l’Africa è molto lungo, non è mai/ non è mai finito. Daniele: Per me invece le colline rappresentano degli obiettivi e quando ne ha raggiunto uno ne | cioè | ne può raggiungere molti altri. Ins: Cos’è il ‘panorama glorioso’?33 Giacomo: E’ il | risultato della scalata quindi della risoluzione del | del problema. Ins: Perché “glorioso”? Mattia: Perché è riuscito magari | è riuscito a fare una cosa /cioè | difficile che qualcun altro non sarebbe riuscito a fare [Ins: E secondo te quando uno fa qualcosa di glorioso che cosa prova?] Orgoglio. Giacomo: Fierezza [Ins: che cosa intendi?] Esser fieri per quello che si è fatto. Mattia: Dopo quando dice anche “per dare un’occhiata da dove ero venuto” si ritiene anche | secondo me fortunato perché | è nato in un Paese | un po’ povero e quindi ha acquisito anche tanta umiltà/ che qualcuno anche nato | cioè/[Ins: Spiegati meglio34] Cioè conosce meglio | la gente con cui viveva e quindi | cioè sa cosa fare per migliorare la situazione. Giacomo: Secondo me è ancora più orgoglioso perché è partito cioè da qualcosa di molto molto brutto / brutto insomma | di molto drastico per poi arrivare a | a un risultato [Ins: da cosa lo capisci35? Da quale affermazione?] Per dare un’occhiata da dove ero venuto. [Ins: Da cosa lo capisci?] Ho camminato sulla lunga strada per la libertà, 7 ho cercato di non barcollare [Ins: che cosa vuol dire barcollare?] Di non fare || di non farsi tipo corrompere o || [Ins: Quindi barcollare cosa vorrebbe dire?] Fare come dice dopo anche dei passi falsi. Giacomo: Ha cercato di essere costante [Ins: Cioè?] Cioè di non indugiare mai dal suo sogno [Ins: Cosa vuol dire indugiare da?] Di essere coerente. 14 31 Insegnante: E le colline, cosa sono? Cosa sono, ragazzi, le colline? Direi che qui è leggibile un tentativo di portare fuori dal materiale-stimolo. Io sarei rimasto dentro al solco iniziale recuperando nella battuta di Gaia qualche spunto che consentisse la prosecuzione della conversazione in quel preciso ambito. 32 Insegnante: E quindi? Io preferirei riprendere dall’intervento dell’alunno …tu hai detto che ci sono molti altri problemi da risolvere, continua, continua pure,…La domanda non li aiuta infatti a intervenire; viceversa se l’insegnante sottolinea il valore positivo di quello che è già stato detto, l’alunno capisce di essere sulla giusta strada e probabilmente andrà a ripescare nel suo ‘armamentario enciclopedico’ qualche altro dettaglio che completi il suo intervento. 33 Insegnante: Cos’è il “panorama glorioso”? Daniele fa un buon intervento; dice che le colline rappresentano degli obiettivi e dopo averne raggiunto uno se ne possono raggiungere molti altri; l’insegnante invece non continua nel percorso e chiede cosa sia il mistero gaudioso. Al contrario se invece l’insegnante avesse chiesto quali altri traguardi si potevano raggiungere, probabilmente, l’alunno avrebbe dato risposte più precise alle sue domande. Lo avrebbe fatto in quanto il segmento era suo e di conseguenza si sarebbe ritrovato in esso e avrebbe recuperato dentro di sé cosa altro poter dire in aggiunta a quanto detto. Si deve quindi stare molto attenti e cercare di selezionare in corsa il segmento che aiuta poi a riproporre altri stimoli e a rivitalizzare il dibattito. 34 Insegnante: Spiegati meglio. Se prima di questa domanda l’alunno aveva qualcosa da dire, riprendendo un segmento del suo discorso si riesce meglio ad aiutarlo a completare il pensiero. Viceversa, con spiegati meglio potrebbe succedere di portarlo fuori campo. 35 Mattia: Allora Mandela ha iniziato a lottare per la libertà del suo popolo ed è stato messo in prigione dai potenti | Poi però quando è uscito di prigione | è riuscito a | farsi eleggere dal popolo del Sud | del Sudafrica e adesso sta cercando di rivoluzionare il Paese. Insegnante: Da cosa lo capisci? Mattia: Ho camminato sulla lunga strada per la libertà, ‘ho cercato di non barcollare’… Spadotto: bellissima battuta, magnifica, l’insegnante avrebbe dovuto riprenderla per capire tutta questa fatica… Insegnante: che cosa vuol dire barcollare? Spadotto: lo studente con questo intervento capisce che l’insegnante ha rubricato positivamente il suo intervento e così ora può ‘azzardare’ e fidarsi di dire quello che passa per la sua testa senza avere bisogno di approvazioni preventive in quanto l’apprezzamento dell’insegnante gli fa capire di essere sulla strada giusta. Seguono battute che ho molto apprezzato perché sono tutte notevoli, bravi ragazzi! I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Christian: Per me vuol dire quando ha detto ho cercato di non barcollare ho fatto passi falsi lungo il cammino vuol dire che ha sbagliato a fare qualcosa e adesso vuole rimediare [Ins: sì, può essere] Mattia: Magari anche qualche altra persona una volta arrivata al potere come ha fatto lui che è diventato Presidente si sarebbe goduta la vita e non avrebbe aiutato gli altri / invece lui è stato altruista e || [Ins: E qui dove lo vedi?] Quando dice che solo dopo aver scalato una grande collina uno scopre che ci sono molte altre colline da scalare. Ins: Perché dopo aver scalato una grande collina uno scopre che ci sono altre colline? Mattia: Dopo aver raggiunto l’obiettivo di essere diventato/ di essere eletto Presidente adesso sta cercando di fare | tante cose per migliorare lo Stato. Ins: Allora, mettetevi nei suoi panni: uno che lotta per ottenere un obiettivo, cosa dovrebbe pensare quando ha raggiunto questo obiettivo? Alessandro: Finalmente | finalmente ci sono arrivato [Ins: E quindi?] Prova felicità e piacere [Ins: E cosa pensa, sono arrivato e quindi?] Ce l’ho fatta. Daniele: E’ orgoglioso di sé [Ins: E’ orgoglioso e?] Mattia: Vuole fare altro. Daniele: Eh, come ha detto Mattia voglio fare dell’altro per la gente. Ins: O vorrebbe godersi i suoi frutti? Daniele: Cioè | ha la tentazione però sa come vive la gente perché lui è vissuto in mezzo a loro quindi vuole aiutarli [Ins: Dove lo dice questo? Da cos’è che tu lo capisci?] Ma posso riposarmi solo un momento perché dalla libertà arrivano le responsabilità. Ins: Okay, analizziamo queste due parole: libertà e responsabilità. Quando la libertà è una responsabilità? Oppure: la libertà è una responsabilità? Giacomo: Secondo me sì, perché da libero posso commettere dei reati che non in prigione. Ins: Che tipo di libertà mi porta a commettere dei reati? Giacomo: Il libero arbitrio | scelgo se essere una brava persona oppure || [Ins: ma allora perché ho la responsabilità?] È una responsabilità non diventare dei delinquenti [Ins: attento però: se noi consideriamo la libertà un diritto, è un diritto, in che senso è una responsabilità e in che senso è un diritto?] Gaia: E’ una responsabilità perché io devo mantenere il diritto mio ma anche degli altri [Ins: Bene. E perché è un diritto?] Perché se io la do agli altri ho il diritto di avercela anch’io. Ins: Come posso conciliare la libertà come diritto e la libertà come responsabilità? Gaia: Rispettando me stesso e gli altri [Ins: E nel caso di Mandela?] Gli altri non avevano rispettato Mandela perché l’hanno privato della sua libertà [Ins: Solo Mandela non avevano rispettato?] No, anche tutti gli altri neri dell’Africa | perché | cioè non avendo del | hanno creato degli edifici apposta per i neri quindi anche loro li hanno privati della libertà perché non potevano stare insieme agli altri. Mattia: Anche quando dice che con la libertà arrivano le responsabilità quando come Mandela cominci a diventare qualcuno come Mandela è diventato Presidente hai molte responsabilità su di te | perché diventi una persona importante | magari se fai/ se Mandela si fosse fermato e si fosse goduto quello che aveva fatto ci sarebbe stata anche una delusione da parte del suo popolo. Ins: A questo proposito, che cosa si aspettava il suo popolo? Intanto che cosa intendi per suo popolo?36 Mattia: Il suo popolo cioè i neri | cioè i neri | i neri si aspettavano che lui si vendicasse dei bianchi invece lui voleva || [Ins: e i bianchi?] I bianchi avevano un po’ di paura || [Ins: Paura e quindi che atteggiamento avevano?] Erano un po’ prudenti | cioè prima insultavano un po’ di più i neri invece adesso vedendo che c’era anche un Presidente nero avevano timore. Ins: Ma secondo voi erano solo prudenti? Daniele: Cioè avevano timore che i neri diventassero più aggressivi più | cioè che non girassero più tanto intorno alle cose e andassero più sul | cioè non tanto più sul superficiale ma sul concreto. Ins: E questo cosa avrebbe comportato? 15 36 Insegnante: A questo proposito, che cosa si aspettava il suo popolo? Intanto che cosa intendi per suo popolo? Spadotto: accetto la prima parte della domanda, non la seconda. L’insegnante deve fare un gioco semplice se vuole che gli alunni acquistino fiducia in quello che stanno esternando e anche nel modo in cui lo fanno, altrimenti si sovrappongono due piste operative che non sono ancora in grado di gestire in contemporanea. E allora è già tanto che gli allievi rispondano alla prima domanda, vale a dire che cosa si attendeva il popolo di Mandela, anche perché non è del tutto chiaro se sappiano o meno che cosa voglia dire popolo. Quindi la seconda parte della domanda, oltre che appesantire la prima parte, non è neppure necessaria. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Gaia: Che magari i bianchi avevano paura che le stesse cose che loro avevano fatto ai neri i neri le volevano rifare e quindi siccome avevano imprigionato il loro Presidente per 28 anni magari imprigionavano il loro ex presidente. Ins: Ma, secondo voi pensavano all’ex-presidente o pensavano a se stessi? Gaia: A se stessi. Ins: E quando uno ha paura, che atteggiamento assume? Gaia: Di difesa. Ins: E quindi rischia di essere lui stesso… Gaia: Ad attaccare. Ins: Torniamo a quello che ha detto Mattia: era presidente del suo popolo. Ho chiesto: quale popolo? I neri. Gaia: Anche dei bianchi era Presidente | perché lui nella sua amministrazione ha incorporato anche i bianchi, non solo i neri37. Ins: Ecco perché Mandela è stato l’uomo che è stato Christian: Cioè Mandela non si è vendicato li ha fatti convivere tutti insieme.38 Ins: E’ più facile o più difficile questo? Daniele: E’ più difficile farli convivere perché c’è il rischio che scoppi anche una guerra civile | non essendo abituati a convivere assieme magari uno ha un atteggiamento verso l’altro e possono anche diventare più aggressivi, più cattivi. Ins: Oltre al fatto di non essere abituati a convivere qual è l’altro problema? Mattia: Come i bianchi avevano trattato una volta i neri | e quindi è difficile per loro accettare il fatto che il loro Presidente non voglia vendicarsi. Ins: Chi è che non accetta che non voglia vendicarsi? Mattia: I neri. Ins: E i bianchi? Che problema hanno? Giacomo: Sono un po’ sorpresi che | Mandela non voglia vendicarsi. Ins: Cosa hanno fatto i bianchi fino a quel momento? Alessandro: Hanno assunto la posizione di capi | hanno preso il potere [Ins: e adesso?] Si sentono inferiori perché il loro leader bianco non è più in carica [Ins: Ma è solo una questione di leader?] No di principio || [Ins: che cosa vuol dire?] Perché loro pensano di essere superiori | [Ins: pensano di essere superiori per tradizione, cultura però…]… Daniele: Si trovano spiazzati quando Mandela sale al potere [Ins: Perché?] Perché erano abituati, come ha detto lui, ad essere i capi e adesso si trovano che comanda un Presidente nero e ||… Ins: E’ questo: tu pensi di essere il non plus ultra dal punto di vista del valore e adesso ti vedi comandare da quello che era un tuo sottoposto. E’ uno stravolgimento mentale, non solo sociale, perché ci sono persone ancora oggi convinte di questo. Cosa possiamo imparare dall’esperienza di Mandela? Alessandro: A non arrendersi, andare sempre verso gli obiettivi. Ins: Tipo? Esempio Gaia: Esempio concreto per noi? 16 37 Gaia: Anche dei bianchi era Presidente | perché lui nella sua amministrazione ha incorporato anche i bianchi, non solo i neri. Insegnante: Ecco perché Mandela è stato l’uomo che è stato. Chiaramente a questo risultato, se qualcuno vi deve arrivare, solo gli alunni lo possono fare, e in modo completamente autonomo, mentre noi adulti, noi insegnanti, dobbiamo saper aspettare che vi arrivino. 38 Christian: Cioè Mandela non si è vendicato li ha fatti convivere tutti insieme. Insegnante: E’ più facile o più difficile questo? Magnifico, non si è vendicato, ma l’insegnante chiede se è stato più facile o più difficile. Chiaramente se l’alunno ha detto che Mandela li ha fatti convivere insieme, risolvendo un problema così macroscopico, la domanda si poteva anche evitare. In conclusione si può dire che Mattia, che apre il dibattito con il suo intervento, dà prova di avere individuato almeno due cose: il focus del frammento biografico e il fatto che l’autore utilizzi un linguaggio metaforico. Nel corso di tale battuta, costituita da cinque righe, l’insegnante interviene tre volte: troppe incursioni! Sono da evitare perché così si rischia di disturbare gli allievi impegnati nel ricercare con cura e attenzione quanto non è lì alla loro portata. Di conseguenza l’insegnante deve lasciar loro il tempo necessario per queste operazioni evitando di interferire con il lavorio, non semplice, del parlante finalizzato a reperire, nella propria enciclopedia, il materiale da assemblare e organizzare in una battuta, in un’idea significativa. E per fare questa duplice operazione: capire cosa e capire come dire cosa, ha bisogno di tutto il tempo necessario. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Ins: Sì Alessandro: Vuoi fare una cosa e | ti impunti | Tipo quando sei piccolo vuoi imparare ad andare in bici e ci provi fin che non ce la fai Daniele: Tolleranza anche | perché non solo cioè | avvantaggiare i bianchi o i neri ma metterli allo stesso livello. Mattia: Anche | un esempio per noi è inseguire magari un sogno | quello che vogliamo fare da grandi Ins: E allora come ti vedi sulla collina? Mattia: Io? Eh ad avere un lavoro, ad avere un po’ di dignità almeno [Ins: Cosa intendi tu per avere dignità? Che cosa rappresenta la dignità?] Dignità è essere/ cioè non essere ridotti | non essere disoccupato | non || cioè vivere insomma..[Ins: A me sembra che qui intenda come vivere, non vivere…] Beh ma vivere nel senso come vivere | cioè [Ins: E come vorresti vivere per avere dignità? Come, secondo te si deve vivere per sentirsi dignitoso? Come ti vedi, Mattia, persona che ha una dignità?] Persona che è un po’ importante [Ins: e come vedi una persona che non ha dignità?] Cioè tutti hanno una dignità però qualcuno pensa di non avercela perché non è messo in condizioni buone [Ins: Quindi quello che tu intendi per dignità come si chiama?] Vivere bene. Giacomo: Aver studiato quindi avere una certa cultura che nel futuro ti permette di avere un buon lavoro e guadagnare tanti | soldi. Ins: Ma scusate, la dignità corrisponde alla cultura? Mattia: No | essere una persona. Giada: Prima di fare qualcosa bisogna pensarci e ragionarci sopra. Mattia: Non seguire l’istinto qIns: Mi interessa il concetto di dignità che avete. Giacomo: Per quello che ho imparato io cercar sempre la pace e mai vendetta. Dignità || non saprei. Mattia: Dignità vuol dire anche avere un po’ di autostima di se stessi. Daniele: Per me dignità vuol dire avere rispetto di sé | cioè non || sottovalutarsi. Ins: Corrisponde con la cultura e con la posizione economica la dignità? Daniele: No Ins: No. Perché? Daniele: Cioè la dignità è la cosa di ogni persona | cioè l’economia è una cosa più | cioè rispetto | più mondiale, più generale. Ins: Forse si parlava dell’economia personale, uno che ha soldi… Giacomo: La dignità ogni persona ce l’ha però, magari, qualcuno se ne dimentica e tratta in modo non dignitoso un’altra persona. Ins: Che è diverso da quello che dicevate prima sullo studio e sul lavoro… La mia domanda è: uno che perde il lavoro perde la dignità? Giacomo, Mattia, Daniele, Gaia; Alessandro: No. Alessandro: Però, a mio parere, se uno perde il lavoro un po’ di autostima gli va giù || Ins: D’accordissimo. Ma la dignità è l’autostima? Cos’è per te la dignità? Alessandro: No. Per me ognuno ha la sua propria dignità | non so spiegarlo | [Ins: provaci] Denise: Cioè avere rispetto di se stessi senza giudicarsi male | Non avere dei/ per esempio offendere se stessi perché abbiamo sbagliato qualcosa. Ins: E allora, ritornando al testo, in che punto metteresti del testo la dignità? Dov’è che Mandela parla della dignità anche se non la nomina? Denise: Ho cercato di non barcollare | ho fatto passi falsi lungo il cammino. Ins: Perché proprio lì? Denise: Perché lui, in quel momento lì | non si voleva arrendere | Voleva continuare il suo cammino verso quello che voleva fare. Giacomo: Secondo me la dignità è un concetto secondo il quale ogni persona dovrebbe essere trattata in un certo modo insomma | [Ins: Cioè?] Non essere maltrattata, offesa, essere giudicata per quello che è senza pregiudizio ||… Ins: Quindi la dignità è un fatto esterno, dipende dagli altri se ce l’hai o no? Giacomo: No perché ce l’hai dal momento che sei | una persona umana. Ins: Quando Mandela ha rischiato di perdere la sua dignità, se è successo? Giacomo: Quando è andato in prigione | [Ins: Perché?] Perché lì è stato trattato come un delinquente, un carcerato. 17 I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Daniele: Perché in prigione avrebbe potuto fare di tutto per uscire. Avrebbe potuto anche | tradire i suoi amici | cioè magari programmavano un’evasione e lui dirglielo | in cambio di libertà. Mattia: Anche se fosse evaso la libertà non se la sarebbe guadagnata | cioè | se fosse evaso e l’avessero ripreso ci stava di più in prigione. Invece scontando i suoi anni di pena avrebbe anche | dato l’esempio agli altri. Ins: Quindi se fosse evaso avrebbe perso la sua dignità… Mattia: Beh, l’avrebbe persa da parte dei neri. Ins: Da se stesso… Altro modo in cui avrebbe perso la dignità… Mattia: Che una volta essere arrivato / essere eletto Presidente non avrebbe fatto niente per l’Africa. Giacomo: Se una volta diventato Presidente si fosse vendicato dei bianchi. Ins: Oppure? Daniele: Se, sempre dopo essere stato eletto Presidente si fosse fatto corrompere dai bianchi o dai neri. Mattia: Che lui alla fine è stato una persona onesta e altruista || Anche prof. la frase che ha ci ha detto l’altra volta che ha detto che il motivo per il quale lui non si è vendicato che lui ha vissuto con i bianchi, ha studiato i loro libri, ha vissuto con loro e allora ha imparato a | a capirli, che sono tutti fratelli, uguali, che non ci sono differenze. 6 – RACCONTO: LA LEGGENDA DELLA SCOPERTA DEL FUOCO (ins.te I. Persona) Prima dell'homo erectus gli uomini consideravano il fuoco un terribile nemico: i grandi incendi lo terrorizzavano e lo facevano fuggire. Accadde però che nell'età paleolitica un giovane homo erectus di nome Riù, giunto all'età giusta per diventare cacciatore, andò nella foresta a cercare selvaggina: voleva dimostrare agli uomini del suo clan di essere diventato grande e forte riportando al campo una magnifica preda. Giunto nella foresta vide uno stupendo cerbiatto. Riù trattenne il fiato, impugnò la lancia e prese bene la mira per ucciderlo. Proprio alloro il cerbiatto lo fissò negli occhi e Riù si sentì pieno di pietà per quell'animale. Abbassò la lancia e lo lasciò fuggire. In quel momento scoppiò un uragano. Riù era spaventato: l’uragano era nemico degli uomini e l'avrebbe spazzato via. Il giovane cerbiatto, però, rimasto lì a pochi passi, mosse il capo come a volergli dire di seguirlo e si diresse dentro il bosco. Riù lo seguì. Dopo pochi metri si trovò insieme all'animale dentro una piccola grotta riparata: erano ambedue in salvo. All'improvviso però un lampo accecante solcò il cielo, un fulmine cadde vicino ad un albero che cresceva di fronte alla grotta, incendiandolo. Riù rimase a contemplare impaurito lo spettacolo delle fiamme che, in mille lingue rosse, consumavano tutti i rami. 18 Dopo qualche tempo, quando il fuoco più violento si attenuò, rimasero a terra solo pochi tizzoni ancora fiammeggianti. Riù non aveva mai visto un fuoco così docile, così piccolo da non incutere più alcuna paura. Si avvicinò ad un ramo ardente e lo raccolse… ne poteva sentire il calore. A passo svelto si incamminò verso il campo del suo clan. Dentro di sé sentiva che il valore di quel ramo ancora acceso era molto più grande di qualunque preda: egli aveva imparato a catturare il fuoco. Quante cose meravigliose avrebbe potuto farci! Prima di andare via, si girò un ultima volta verso la grotta a ringraziare con lo sguardo il cerbiatto che gli aveva fatto compiere quella meravigliosa scoperta. E da allora ogni homo erectus imparò a catturare il fuoco LE DOMANDE Cosa era andato a fare Riù nella foresta? Chi lo aiuta a salvarsi dall’uragano? Quali sensazioni prova Riù nel vedere il fuoco? Quali sentimenti hanno provato i due protagonisti? LE RISPOSTE Insegnante: cosa era andato a fare Riù nella foresta? I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Pietro: è andato a cacciare || è andato a cacciare perché voleva dimostrare || al sovrano di essere un bravo cacciatore e voler portare a casa sua una preda grande | dopo ha visto un cervo e allora ha preso una lancia ha cercato di colpire la preda (007-026) Mattia: quando è venuto un uragano ha preso una mira || (032-035). Douglas: aveva visto la preda || ha avuto pietà della preda che soffriva dopo scoppiò un uragano (039-045). Lisa: il cerbiatto con un segno fatto con la testa I I lo convinse a seguirlo in una grotta riparata 1) poi scoppiò un lampo (059-071) Insegnante: Scoppiò?39 Mattia: vide un lampo che provocò un incendio nel bosco però || rimase col cerbiatto a guardarlo (082-099). Insegnante: che sensazioni ha provato?40 Mattia: un po' di paura || (101-103). Insegnante: perché secondo voi aveva così paura? Pietro: perché all'inizio tu hai detto || che l'uomo eretto vedeva il fuoco come un || nemico e aveva paura ma con il passare del tempo ha capito (110-120). Lisa: quando era finito l'uragano ha preso un ramo ancora bruciato dal fuoco e l'ha portato dal suo clan || ha pensato cosa poteva farci con il fuoco (122 - 130). Insegnante: che emozioni ha provato?41 Pietro: emozioni belle perché intanto aveva scoperto || che il suo clan non aveva mai scoperto come | catturare il fuoco (132-140). Insegnante: secondo te come hanno reagito42 gli altri membri del clan vedendo arrivare Riù a casa con il ramo incendiato?. Pietro: erano contenti perché il fuoco era una scoperta importante perché || fino ad allora nessuno era riuscito catturare il fuoco (145- 152) Filippo: hanno preso dell’altra legna e l'hanno messa sul fuoco con il fuoco || continuavano a fare luce cucinarono la carne iniziarono a scaldarsi | come posso dire || erano seduti vicino per riscaldarsi (155 - 170). Insegnante: secondo te che emozioni forti forti forti possono aver provato? 39 Spadotto: Lisa dice: poi scoppiò un lampo e l’insegnante prosegue: scoppiò? L’insegnante voleva forse che l’alunna utilizzasse un altro termine più appropriato, ma si capisce benissimo che era scoppiato un lampo e questo conta per l’intervento. Se si vuole infatti che l’alunna non solo racconti, ma anche utilizzi i termini adeguati si fa un’altra cosa che di certo si può fare, ma chiaramente in un altro tempo. Un tempo successivo perché questo è un altro obiettivo che si potrà raggiungere solo dopo un certo cammino in questo percorso di oralità, quando cioè avranno maggiormente familiarizzato con le idee e i pensieri e avranno incamerato modalità strumentali per veicolare meglio i loro costrutti. 40 Dice Mattia: vide un lampo che provocò un incendio.. e l’insegnante chiede: che sensazioni ha provato? Con questa domanda l’insegnante ritiene che l’alunno possa esprimere le sensazioni che ha provato, ma occorre ricordare che prima l’allievo ha bisogno di ricostruire il fatto; pare più funzionale pertanto riprendere il suo intervento rimase a guardarlo…continua ….in modo che sia lui stesso a dire cosa…In questo modo non è che si faccia tanto di diverso, ma la provocazione, lo stimolo dell’insegnante può meglio suscitare nell’allievo una certa voglia di mettersi in gioco e di ripescare qualche cosa d’altro per completare il pensiero. Alla richiesta invece di quale sensazione abbia provato, l’alunno potrebbe non avere nulla da rispondere e, forse, anche il termine sensazione potrebbe risultargli difficile. Allora, meglio utilizzare il linguaggio degli allievi e riprendere il filo con le loro stesse parole. 41 Poco dopo Lisa dice: quando era finito l'uragano ha preso un ramo ancora bruciato dal fuoco e l'ha portato dal suo clan, ha pensato cosa poteva farci con il fuoco e l’insegnante continua dicendo: che emozioni ha provato? Spadotto: io avrei ripreso questa ultima parte dell’intervento di Lisa… ha pensato cosa poteva farci con il fuoco..per lasciare, per così dire, agli alunni stessi la palla in mano. Se invece l’insegnante dice che emozioni hai provato non li porta a pensare alle cose che gli uomini primitivi avrebbero potuto fare. Viceversa utilizzando …cosa potevano farci…, avrebbero avuto la possibilità di cominciare a ragionare e a costruire un loro testo in continuum con quello che era avvenuto nel clan…gli uomini primitivi avevano visto che il fuoco poteva costituire una buona opportunità, ma come fare per sfruttarla, mantenerla ecc…chissà quali storie sarebbero potute emergere e contribuire a formare un testo molto bello, ricco e ampio,… L’obiettivo è la scoperta del fuoco ed è utile fare in modo che essa possa essere ‘con-vissuta’ dagli allievi in questo modo. Noi siamo adulti e pensiamo in altro modo ma agli alunni è utile questo immedesimarsi in quanto consente loro di dominare meglio situazioni e conoscenze. 42 Spadotto: in seguito quando l’insegnante, riferendosi a Riù che torna al suo clan con il ramo incendiato, chiede …secondo te come hanno reagito… occorre sottolineare che si tratta di un intervento che va benissimo in quanto consente al parlante di capire di essere sulla strada giusta e che può continuare a ‘giocare d’azzardo’. Sono segnali che occorre inviare spesso ai parlanti unitamente a messaggi di apprezzamento. Loro se li aspettano e l’insegnante deve essere in grado di darli in corsa, vale a dire a ridosso di una battuta o di un contributo importante. 19 I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Pietro: per me hanno provato una sensazione molto bella perché non avevano mai saputo || che il fuoco era anche utile non solo | nemico e allora hanno cominciato riscaldarsi (175-182). Insegnante: erano soddisfatti di quello che avevano scoperto? Filippo: potevano sopravvivere (185- 188). Lisa: hanno provato || pena ad uccidere il cerbiatto || paura invece il cerbiatto poi hanno fatto amicizia (190200) Insegnante: perché cos’è successo? Lisa: perché poi il cerbiatto l'ha aiutato || hanno provato gli stessi sentimenti | si sono guardati negli occhi come noi che abbiamo il gatto il cane ci guardiamo negli occhi per capirci (205-220). Insegnante: bello! Filippo: ora è finito || sotto la macchina anche adesso guardiamo le galline e le prendiamo in braccio ci capiamo con uno || sguardo(222- 235). Insegnante: hanno capito di potersi fidare uno dell’altro si sono auto salvati. Lisa: quando vado a casa di una mia amica || ci capiamo al volo immediatamente (245—260). Kira: è successo un giorno che i miei due cani continuavano ad abbaiare e non so || perché sono andata in casa sono andata in terrazza e ho visto una macchina strana || con dentro delle persone credevo che fossero ladri e allora (263-280). Insegnante: i tuoi cani che cosa ti hanno dimostrato? Kira: amicizia (285—290). 7 – RACCONTO: LA CASA DEI LIBRI (cl. IV, ins.te L. Aquironi) Ins:- Cosa pensate di quello che ho letto?43 Enrico: - Penso che la storia sia normale, ma uno scriba che proviene da una famiglia di contadini mi sembra un po’ strano. Ins: - Ti sembra un po’ strano. Michele: - Che non sia molto giusto. Amal: - Perché potevano andarci solo i ricchi perché potevano pagare gli studi. Matteo O: - E anche non mi sembra tanto bello che uno paga di meno e uno paga di più per andare a fare gli studi. Ins: - Questo è un discorso interessante. Matteo dice che non è giusto che chi non può permettersi gli studi paghi di meno. Alice: - E’ sbagliato! Michele: - Mi sembra strano che un contadino possa entrare a fare lo scriba… perché lui era contadino. Lorenzo: - E alzarsi di livello. Ins: - Esatto. Jakub: - Che è impossibile!44 Se i tuoi genitori sono contadini anche tu sei contadino: - Giusto. 20 43 In apertura del dialogo, l’insegnante dice agli allievi Cosa pensate di quello che ho letto? Molto bene e gusto. Interviene Enrico che dice si tratta di una storia normale, ma uno scriba che proviene da una famiglia di contadini mi sembra un po’ strano e l’insegnante chiede: - Ti sembra un po’ strano. Bene anche questo passaggio in quanto l’insegnante lo ‘costringe’ a spiegare perché gli sembri strano. Poi Matteo dice: non mi sembra tanto bello che uno paga di meno e uno paga di più per andare a fare gli studi. In questi passaggi si evidenzia come gli alunni si stiano addentrando in questioni di evidente spessore sia sul piano etico che di giustizia sociale distributiva e l’insegnante dice: Questo è un discorso interessante, quindi l’alunno è indotto a pensare che lei approva quello che ha detto e lo induce ad ‘azzardare’ ancora di più. Il laboratorio infatti è come un ‘gioco d’azzardo’ nel senso che gli alunni si rendono via via conto che non possono giocare le carte che tutti possiedono, ma altre che neppure loro conoscono, che però intuiscono di avere nel momento stesso in cui le giocano; carte che gli altri possono anche non vedere come tali, ma che loro sapranno giustificare e motivare nel corso stesso del cammino di pensiero intrapreso. In questo senso allora la scuola non deve essere fatta delle cose che si sanno già, ma delle cose che non si conoscono, dell’imprevisto, dell’impensabile, di quello che viene scatenato da un qualche cosa che ad un certo momento consente di vedere anche altri aspetti prima non immaginati né pensati. 44 Poi c’è Jakub che dice …è impossibile! Se i tuoi genitori sono contadini anche tu sei contadino e si ferma. E l’insegnante…giusto!. L’allievo è così indotto a pensare di aver detto qualcosa di positivo e utile e ciò lo costringe ad andare a cercare altri elementi giustificativi di ammissione a una scuola fino a quel momento riservata a pochi e non a tutti. Ciò è molto positivo in quanto l’insegnante deve sempre fare in modo che sia l’alunno stesso a completare quell’impossibile che ha detto aggiungendo altri elementi utili a giustificare la sua affermazione. Il fatto poi che tali I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Giovanni: - Magari erano ricchi i suoi genitori. Yasmin: - E’ vero. Giovanni:- Forse erano ricchi di nascosto. Lorenzo:- Erano ricchi però volevano lavorare in fattoria (con tono di derisione). Enrico: - No. C’è scritto sul libro che erano la classe più numerosa ma… Amal: - E dovevano pagare le tasse. Ins:- Giusto… e quindi abbiamo uno scriba povero.. contadino. Matteo diceva che non è giusto che uno paghi e l’altro no. Michele e altri: - Ha ragione Matteo. Lorenzo: - Sì ha ragione Matteo….Magari pagava a rate.45 Ins: - Secondo voi avrà pagato questo contadino? Michele: - No! Giovanni: - Sarà entrato di.. Michele: - Perché era…Ho capito…perché lui era……era… tipo cugino del faraone. Steven: - Macché! Michele: - Aveva parentele con qualcuno.46 Ins: - Quindi era un raccomandato? Yasmin: - Sì. Alice: - Magari! Lorento: - Sarà difficile. Amal: - Se non ha pagato! Michele: - Avrà pagato qualcun altro. (parte non decifrabile) Michele: - Per me aveva parentele. Lorenzo: - Anche secondo me parentele…almeno con un guerriero o con un nobile. Altri commenti del genere. Poi la conversazione cade e allora l’insegnante rilegge la parte di testo evidenziata. Michele: - Perché era bravo.. e con la sua bravura poteva entrare. Giovanni: - Forse l’avevano capito che lo poteva sostenere l’esame e che forse era anche un bambino che poteva fare lo scriba. Ins: - Va bene. Lorenzo: - Per me conosceva qualcuno. 21 8 – RACCONTO: IL MAGO DI OZ (ins.te C. Frameglia) Maestra: Adesso vorrei sentire da ciascuno di voi che cosa vi è piaciuto di più di questo settimo capitolo, la fine della storia del mago di Oz. P ha già la mano alzata. P: Ehmmm … mi è piaciuto il leone47… elementi siano utili o meno ai fini giustificativi conta poco perché l’importante è che contino per lui, ci creda e li condivida. 45 Più avanti Lorenzo dice:- Sì ha ragione Matteo….Magari pagava a rate… E l’insegnante:- Secondo voi avrà pagato questo contadino? Spadotto: Forse l’alunno voleva dire un’altra cosa che non siamo in grado di sapere, ma l’insegnante con questa domanda circoscrive e quindi delimita il dialogo confinandolo in una sorta di binario morto. L’insegnante invece deve sempre fare in modo che la discussione abbia la possibilità di andare da tutte le parti; quello che conta è solo che proceda. In questa fase di apprendimento della ‘strumentalità’ per intervenire nel laboratorio di oralità gli allievi hanno bisogno infatti di poter dire tutto quello che si sentono di dire e nel modo che possono, aggrappandosi a ogni possibile aggancio e scoprendo gli appigli che consentano loro di procedere affinché il processo non sia arresti. 46 Dice Michele - Aveva parentele con qualcuno… si capisce che gli allievi hanno tante cose importanti da dire, ma per l’insegnante era meglio far finta di non aver sentito l’intervento per riportarli nuovamente sul terreno precedente senza aprire questo nuove fronte particolarmente denso. 47 L’alunno P dice … mi è piaciuto il leone…e l’insegnante… il leone che…Occorre precisare che se si sottolinea questo passaggio è come se, io allievo, capissi che l’insegnante non è paga di quello che ho detto e mi costringesse a trovare qualche altra cosa da aggiungere; io insegnante, invece, avrei ripreso la battuta ..mi è piaciuto il leone … e quindi non avrei chiesto il perché, ma avrei semplicemente recuperato quanto detto dall’alunno sottolineandone la battuta per cui egli capisse che c’era bisogno di altri elementi che completassero il quadro, e quindi indirettamente il motivo per cui egli preferisse il leone. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Maestra:… il leone che… P:… era un fifone. Ch: E’ stato bello quando Dorothy è andata dalla Strega del Sud. D: Quando il boscaiolo pianse… anch’io quasi piangevo! Maestra: Per quale motivo ti veniva da piangere? Per il dispiacere… per l’emozione48 … D: Sì, per l’emozione. Fr: A me è piaciuto quando l’Omino di latta ha tagliato gli alberi per oltrepassare la foresta. Ar: … niente. R: Per me quando Dorothy è tornata a casa. Ha battuto tre volte le scarpe, ha sentito il vento nelle orecchie ed è ritornata a casa. Ar: Anche a me è piaciuto quando Dorothy è tornata a casa. Giov: A me è piaciuto praticamente tutto. Maestra: Più più più di tutto, che cosa?49 Giov: …ehm… Maestra: Allora intanto ci pensi e poi ci dirai… H: Mi sono piaciuti quelli che avevano il martello [si riferisce alle Teste a Martello che potevano allungare la testa grazie ad una molla sul collo] Giu: Quando… quando … mi è piaciuto tutto! Ele: A me è piaciuto quando Dorothy è tornata a casa dagli zii ed ha visto una nuova fattoria. Mar: A me è piaciuto quando ha raggiunto la zia Emma e lo zio Enrico. L: A me è piaciuto quando Dorothy ha battuto le scarpe ed è tornata a casa. Mat: A me piaciuto tutto, niente di più niente di meno. (voci di bimbi che si sovrappongono nel dire che a tutti è piaciuto tutto) D: Io quasi piangevo sempre. Al: A me è piaciuto il Boscaiolo quando ha tagliato… No, mi è piaciuto tutto Giov: Ho pensato…mi è piaciuto tutto… non saprei cosa scegliere, anche se fosse stato un libro grosso così (indica un dizionario). Al: Anch’io ho pensato; mi è piaciuto di più quando gli zii vedono arrivare nel Kansas Dorothy e il cagnolino Toto. A.D.B.: Mi è piaciuto il leone … perché era un fifone… D: Piangevo per l’emozione perché quando una cosa mi piace50 mi agito sempre… perché … Maestra: Perché non sapevi che cosa sarebbe successo poi?51 D: No, mi agito perché è stato un lungo viaggio, con tante52… 22 48 Insegnante: Per quale motivo ti veniva da piangere? Per il dispiacere… per l’emozione …: Io non avrei formulato l’intervento dell’insegnante in questo modo; più semplicemente avrei detto….anch’io quasi piangevo… avrei quindi utilizzato una stringa, molto più forte emotivamente, per indurlo ad esplicitare il motivo per cui si era messo a piangere. Insegnante: vorrei far presente che si tratta dell’intervento di un alunno disabile e che sentivo l’esigenza di dargli l’opportunità di esprimersi. Spadotto: bene; allora è il caso che torniamo un attimo indietro. L’alunno dice …Quando il boscaiolo pianse… anch’io quasi piangevo!...Ottimo, si capisce che si è emozionato. Ma se l’insegnante vuole qualche cosa in più, allora meglio dire…anch’io quasi quasi piangevo... senza usare la parola ‘emozione’. È preferibile con-dividere (anch’io quasi quasi piangevo...) perché così si autorizza l’allievo a spiegare perché piangeva…e quindi per quale motivo gli venisse da piangere. Evitare invece di porre domande così dirette. 49 Gio: a me è piaciuto praticamente tutto. Insegnante: più più di tutto, che cosa? L’alunno potrebbe pensare: ‘ho detto che mi è piaciuto tutto, ma in questo momento non saprei proprio dire cosa mi sia piaciuto di più, forse pensandoci un po’ riuscirei a saperlo. Mi è piaciuto tutto, ma se tu mi chiedi questo mi costringi a ritornare sui miei passi e rivedere di cosa sia fatto questo tutto, devo avere quindi tempo adeguato per farlo’. Gli alunni non sono, infatti, come gli adulti che sanno dire subito cosa sia loro piaciuto; hanno bisogno di tempi adeguati affinché la loro mente possa mettere a fuoco le varie questioni e l’insegnante deve lasciar loro questo tempo in modo che possano pensare se ci sia altro da aggiungere. 50 D: Piangevo per l’emozione perché quando una cosa mi piace mi agito sempre… perché … Spadotto: Come si può vedere bastava avere un po’ di pazienza … le battute che si sono susseguite hanno fornito infatti una panoramica tale da consentire all’alunno D di confezionare quella battuta che l’insegnante si aspettava emergesse molto prima. 51 Insegnante: Perché non sapevi che cosa sarebbe successo poi? Io avrei lasciato parlare l’alunno su questo terreno….mi agito perché ho paura… avrei ripreso questo suo segmento più che chiedere non sapevi cosa sarebbe successo poi… I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Maestra: Sorprese? D: Sì, con tante sorprese! Maestra: Mi puoi fare un esempio di una delle sorprese?53 D: Tutte sono state sorprese! Fr: Di tutto tutto tutto il libro a me è piaciuto quando Dorothy ha incontrato per la prima volta l’Omino di latta D: Anch’io perché è fantastico P: Maestra, ma… com’è… il mago di Oz? Maestra: In che senso? Ti puoi spiegare meglio? P: Intendevo… com’è fatto? Mar: Ce l’ha già letto la maestra! Dai , maestra, ce lo leggi ancora? Al: Intendi com’è la sua faccia? P: Sì, sì! Com’è la sua faccia! Voci sovrapposte Maestra: Vuoi rispondere tu, Chiara? (ha la mano alzata da un po’) Ch: Il mago di Oz era con tutte rughe e pelato Mat: Maestra: era pelato, rugoso e … tremante [ sono le parole con cui viene descritto il mago nel libro] Mat: Vorrei proprio sapere che fine ha fatto il mago di Oz! Mar: Infatti! R: Non c’è un mago di Oz numero 2? Mat: …. se… se è tornato a casa, se è andato al circo, se è andato in un altro mondo strano… Mar: Anch’io vorrei saperlo…. Maestra: Vi sarete fatti un’idea di quale fine abbia fatto il mago! (Voci confuse) Maestra: Giovanni, se, come dice R, ci fosse il libro Il mago di Oz n.2 e la storia partisse da dove abbiamo lasciato il mago … Giov: Io credo che lui , dopo che ha detto la bugia di avere un fratello mago, ne trovi uno vero che gli insegni a fare per davvero le magie…credo… R: secondo me il mago torna a casa e va al circo a fare… Giov: Il ventriloquo! R: Sì, il ventriloquo…e dopo altri lavori… Mat: Mi sa che torna al circo, sono tutti felici ed il giorno dopo fanno uno spettacolo bellissimo!!! Mar: …e dopo sono tutti contenti. Mat … quello che ho detto io! Fr: …e dopo zia Emma, zio Enrico e … Mar: Dorothy. Fr: Sì, Dorothy e… vanno insieme nel Paese di Smeraldo e trovano il mago di Oz ventriloquo che fa lo spettacolo. Ch: … e il mago racconta a tutti quello che era successo… H: Maestra, ma … dopo l’ultima parola del libro c’è il punto o il punto esclamativo? Maestra: Hamza, ha importanza secondo te che una storia termini con un punto semplice o un punto esclamativo? H:… [ non sa cosa rispondere] Maestra: Secondo te con quale dei punti si è conclusa la storia? H: Con un punto esclamativo! Maestra: Perché? H: …ehm… perché è la fine! R: ….e perché Dorothy era…era felicissima di rivedere zia Emma e zio Enrico. Mat: Perché era una bellissima sorpresa! 23 52 D: No, mi agito perché è stato un lungo viaggio, con tante…Insegnante: Sorprese? Meglio non suggerirgli la parola, ma lasciargli il tempo di focalizzare e le dirà una ad una. 53 D: Sì, con tante sorprese! Insegnante: Mi puoi fare un esempio di una delle sorprese? Chiaramente, se l’alunno l’avesse potuto fare, lo avrebbe fatto; meglio quindi aspettare o tuttalpiù riprendere …con tante…continua….in modo che sia lui a dare seguito a quello che intendeva dire. Spadotto: complessivamente un bel lavoro; sono molto contento. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ P:… ho pensato… [lunga pausa] che il mago di Oz è tornato a casa … ed ha fatto una festa… con tutti…. Giov: Oppure torna a casa, riprende a fare il ventriloquo e comincia un po’ a diventare bravo a fare le mongolfiere e dopo fa di nuovo il giro, e ritorna indietro e …tutti capiscono da dove arriva e … che ha detto tante bugie… Mar: Nooooooo! Matt: …e arrivano nuovi personaggi… Giov: …e nuovi amici… Fr: Io, se fossi stato il mago, sarei rimasto con i miei amici senza più andare da nessun’altra parte. Mat: Potrebbe non esserci più Dorothy ma un bambino, non più un cane ma un gatto… R: per me il mago potrebbe fare una mongolfiera e va … a fare un giro… poi torna nel mondo di Oz ma quando torna non è più un mago ma un gatto… Maestra: devi dire qualcosa Arianna? Ar: No. Maestra: Tu, Alessandro? Aless: No. Mar: Potrebbe essere che sì, diventa un gatto, ma solo perché ha sbagliato a fare la magia… Ele: Quando torna a casa il mago crede che non ci sia nessuno ad aspettarlo, invece tutti sono nascosti e saltano fuori per fargli una sorpresa… Mar: Chi tutti? Ele: Tutti! Mar: Maestra, lo scriviamo noi il numero 2? Fr: Dai, maestra, lo facciamo? R: Tutti insieme facciamo il numero 2! Maestra: Potrebbe essere un’idea! La classe seconda A scrive il libro “ il mago di Oz 2.” Tutti: Sì sì… Giov: Allora dopo lo mandiamo in edicola… (Voci e risate si sovrappongono) 9 –RACCONTO: IL PAESE DEI SILENZI (classe V, ins.te Santi) Presentazione classe La classe è formata da venti alunni, sette maschi e tredici femmine; gli stranieri sono sette: due provenienti dal Marocco, due dall’Algeria, uno dalla Romania, uno dalla Moldavia e uno dal Messico. Le relazioni interpersonali risultano abbastanza equilibrate. 24 Il percorso è partito dalla lettura del racconto "II paese dei silenzi". La scelta di questo racconto è motivata dal fatto che è un testo semplice, sulle diverse modalità di comunicare, è una storia di relazioni, di scambi, capace di rendere più coinvolgente il momento dell'ascolto e della comprensione, per creare curiosità, spunti e attivare il dialogo e la comunicazione "circolare". Il Paese dei silenzi Di prima mattina, Uccellino si perse nella nebbiolina leggera, non vide la collina in mezzo alla pianura e ...Tumph! Ci andò a sbattere contro. Mentre se ne stava privo di sensi sull’erba bagnata dalla rugiada, la nebbia si diradò e apparve un paesaggio verde, ricamato da stradine bianche che portavano tutte in cima alla collina. Qui, come candeline sulla torta, si innalzavano tante casette colorate, con i tetti rossi e aguzzi dove sventolavano vivaci bandierine. Osvaldo, l'abitante più vecchio del paese, trovò l’uccellino e lo mise in una gabbia che appese a un chiodo fuori dalla finestra. Di là si vedeva tutto il paese disteso sul pendio della collina. Uccellino aprì gli occhi e vide tante belle case colorate, ma, tra i rumori, notò un innaturale silenzio di voci. Osvaldo sapeva che gli abitanti del "Paese dei Silenzi" erano stati viandanti. Uno per uno, stanchi di camminare nella pianura, erano ritornati alle loro case e non se ne erano più andati. Tutti venivano da posti lontani, avevano usi e abitudini diversi, ma soprattutto non parlavano più la stessa lingua. Ciascuno cercava invano di parlare, di comunicare con parole e gesti, ma erano cose incomprensibili per gli altri. Così piano piano era sceso il silenzio e ognuno se ne stava in disparte intento alle proprie faccende. Tutti lavoravano duramente, ma si evitavano ed erano imbarazzati di non sapersi nemmeno salutare. I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Uccellino capì che il paese era un po' strano, ma quando il sole sfiorò la sua gabbietta, subito si mise a salutarlo con i suoi gorgheggi. Il canto scese sulla collina come una pioggia di primavera e il vento burlone lo spinse in ogni casa. A quel gioioso saluto gli abitanti si fermarono incantati! Osvaldo sorrise. Pieno di curiosità andò verso quel suono e...sorpresa! Trovò tutto il paese col naso all'aria e le orecchie spalancate sotto le finestre di casa sua ad ascoltare la melodia che usciva dalla gabbia di Uccellino. Ma, senza una lingua comune, non si può comunicare: allora decisero di riscoprirla lì per lì, cercando insieme una parola per volta. Quando erano soddisfatti, Osvaldo pronunciava la parola scelta. Così il sole fu chiamato sole, il cuore cuore. Dopo le parole si riscoprirono le frasi: erano frasi bizzarre, ma tutti erano pronti a capirle, divertendosi un mondo. Era passato un solo giorno e già il Paese dei Silenzi si era trasformato nel Paese... Utilizzo della Lim Il Paese dei silenzi Percorso Consegna ognuno è libero di esprimere Le domande Come supporto al confronto Copia cartacea del racconto ad ogni alunno Lettura del racconto Dibattito i propri pensieri le proprie impressioni i propri giudizi i propri sentimenti le proprie sensazioni le proprie emozioni È uno strano paese, perché? Il Paese dei silenzi si è trasformato nel Paese…. Le risposte È uno strano paese, perché?54 Trascrizione YASSINE: secondo me il paese è || strano perché tutti gli abitanti hanno una lingua diversa e non possono comunicare in armonia (001-008). AMIN: a mio parere non riescono a capirsi così non si possono aiutare a vicenda molti pensano di poter essere || derisi (010-021). SOFlA: hanno timidezza e non riescono a esprimersi a comprendersi come vogliono (23-31). Insegnante: Dove sono finite le parole? FlLIPPO: le parole ci sono ma || gli abitanti hanno diversi modi di esprimersi sono di diversa nazionalità hanno diversi abitudini sono isolati || chiusi, forse un po' || spaventati non si possono incontrare non lavorare in || simbiosi pensano di poter essere || canzonati per il loro strano modo di relazionare (039-087) Insegnante: ottima riflessione. DANIELE: vorrei proseguire il discorso di Filippo si sentono || a disagio sentendosi || scherniti cioè || presi in giro non dicono || me ne frego || non mi importa (091-123). YASMINE: è vero si sentono offesi perché spesso capiscono male i discorsi e || inpretano sbagliato le parole (125-140) Insegnante: vuoi dire interpretano. YASMINE: sì, è come || comprendono (145-154). Insegnante: bravissima, usi molto bene i sinonimi. YASSINE: si vergognano non sanno nemmeno dirsi || ciao non c'è più confidenza fra loro come dire non c’è || affiatamento (162-179). 25 54 È proprio un bel lavoro. Si può rilevare infatti come gli interventi degli alunni si susseguano con consequenzialità e coerenza. Daniele dice infatti… vorrei proseguire il discorso di Filippo… e Anna più avanti afferma…io la penso come Matteo… Molto bello anche l’intervento di Valentina che riesce ad ‘incastrare’, dentro un’esperienza, una sua esperienza personale, la sua storia. Anna poi riesce a sottolineare l’importanza dell’amicizia e Giulio introduce persino il concetto di mancanza di comunicazione. Si può così dire che tutti gli alunni riescono a ‘capitalizzare’ e far propri i concetti e le idee che emergono dall’interazione. Molto bella infine la battuta finale dell’insegnante: ‘Ragazzi, sono orgogliosa di voi!’ I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’ Insegnante: che cosa intendi per affiatamento? YASSINE: come quando noi in classe non || andiamo d’accordo perché abbiamo idee | diverse e per un po’ non siamo uniti (185-201). Insegnante: bene! AMBRA: è vero sono imbarazzati (207-209). VALENTINA: è come quando io ritorno in Messico e ci rimango per diverso tempo parlando spagnolo quando rientro in Italia dimentico tante parole e così mi è difficile comunicare perché voi || non mi capite più tanto e io || ci sto male è così anche per gli abitanti che non riescono a comunicare come vogliono || di conseguenza si || chiudono e non hanno più nessuno con cui parlare (211-254). Insegnante: Brava! bel paragone. MATTEO: potrebbero fondare || un'associazione per capirsi una || scuola che possa insegnare loro a || superare la timidezza così potrebbero ancora dirsi tante cose (263-287). Insegnante: secondo te come si supera la timidezza? MATTEO: dipende da tante cose (292-293). Insegnante: da cosa? MATTEO: dai compagni se hai || dei veri amici puoi parlare del tuo problema con loro e loro ti capiscono e ti aiutano (296-304). ANNA: io la penso come Matteo | è importante l'amicizia perché dà sicurezza! (306-309). DINA: invece gli abitanti non ne hanno più perché | | hanno perso la speranza non hanno più soldi mancano i progetti || non è come Daniel nel delfino che insegue il suo sogno di trovare | l’onda perfetta (311-322). MATTEO N.: hai proprio ragione Daniel fa fatica ma ha saputo | ascoltare | la voce del mare (325-328). Insegnante: ottimo esempio ragazzi! GIULIA: forse noi non || ascoltiamo abbastanza (331-334). SOFIA: quasi mai (335-336). Insegnante: beata sincerità! GIANNA Z.: immagino il paese come un || labirinto con tante vie che si intrecciano alla fine però hanno trovato l’uscita un || accordo(339-348). Insegnante: bellissima immagine! LARISA: si sono aiutati come amici (351-352). FEDERICA: hanno collaborato (353-354). GIULIA: parlano con una cadenza diversa sono timidi non riescono a || sentirsi liberi di dire | la propria opinione in tutta libertà (357-369). Insegnante: ti riferisci alla tua esperienza? GIULIA: un po’ ma || per poco perché | con l’amicizia si vince tutto e poi tutti possiamo parlare e non bisogna vergognarsi (373-385) LILIA: io quando non capivo pensavo che || parlassimo male di me (389—401). Insegnante: loro parlassero, non noi. SILVIA: hai ragione invece loro stanno zitti sono disorientati | tristi e anche un po’si sentono | abbandonati (407-419). ANNA: hanno una visione offuscata della comunicazione (421-4423). MADDALENA: se si rifiutano di comunicare non possono imparare(425-427). Insegnante: molto bene! MATTEO ranche secondo me il problema è la comunicazione sono | | limitati fermi per un ostacolo | sono bloccati è come avere il cervello tagliato a metà e come schiacciare un pulsante || non poter procedere in avanti così perdono le occasioni della vita(430-453). SILVIA: mai sprecarle dobbiamo imparare dalla saggezza di | Uccellino(454-461). MADDALENA: è vero il canto di Uccellino unisce tutti(463-469). Insegnante: pienamente d’accordo. ANNA: è || incantevole poter parlare con tutti(473-479). DANIELE: concludo | non riescono a | superarsi interpretano male ed ognuno sta per conto proprio hanno | inaffidabilità nei confronti degli altri forse | possono interpretare male le parole hanno un limite perché || e credono offese e così si chiudono | c'è tanta titubanza ma poi || si schiudono come | i fiori e piano piano dicono...(481-515). Insegnante: ragazzi, sono orgogliosa di voi! (001/515) 26 I. C. Minerbe marzo-maggio 2014 Nuove Indicazioni Nazionali-Percorso di formazione e ricerca ‘IL DIALOGO COME FORMA E STRUMENTO DI SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA’