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1 – INTRODUZIONE
La diffusione delle tecnologie ICT ha accelerato il processo di
globalizzazione, ed ha favorito la nascita di un sistema in cui le
attività economiche sono sempre meno legate al territorio e sempre
più vincolate all’integrazione telematica dei vari attori; tuttavia,
miliardi di individui sono ancora lontani dal beneficiare della grande
trasformazione della comunicazione e dell’informazione. Tale
processo, infatti, è stato tanto rapido quanto diseguale tra le diverse
regioni del mondo, determinando così l’inasprirsi delle disparità
socio-economiche tra le diverse nazioni e tra i diversi gruppi sociali.
Col passare del tempo,
ci si è quindi liberati dalla visione romantica e salvifica della
tecnologia come automatica portatrice di benessere diffuso, e ci si è
trovati di fronte ad un problema di enorme portata: il digital divide.
Generalmente, con tale locuzione si indica il gap che separa la
minoranza dei privilegiati connessi a Internet dalla maggioranza della
popolazione che ancora non può accedere alle infrastrutture di
comunicazione basilari: si pensi che meno del 6% della popolazione
mondiale è connesso alla Rete, quasi esclusivamente dai Paesi
industrializzati dove si trova l’88% degli accessi. Considerazione assai
grave, se si pensa che nella new economy chi non può accedere a
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Internet si trova nella stessa posizione di chi non era in grado di
leggere e scrivere in quella tradizionale.
Tali disparità si snodano lungo i consueti assi di
potere, e vanno ad incrementare i privilegi di una élite transnazionale
connotata da precise caratteristiche culturali, sociali ed etniche, oltre
che sessuali. L’uso ed il controllo esercitato sulle ICT sono
determinanti per stabilire il grado di partecipazione alla cybercultura
ed il tipo e la quantità di benefici che questa partecipazione può
significare per individui e Paesi.
Il termine “digital divide”, quindi, evoca in primo luogo l’immensa
sproporzione tra Nord e Sud del mondo, tra aree in cui Internet è realtà
quotidiana ed aree in cui anche il telefono e l’energia elettrica sono
commodities sconosciute. Di fronte a questo squilibrio che, di fatto,
cancella la grande maggioranza degli uomini e delle donne dalla
faccia digitale della Terra, sembra poca cosa anche la distanza che
separa – all’interno del mondo sviluppato – Paesi come gli USA o la
Finlandia dall’Italia o dal Portogallo.
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Ma la particolarità del digital divide risiede nel fatto che esso opera a
diversi livelli, dal globale al locale. Perché è vero che, ad esempio, il
57% degli utenti Internet risiede nelle aree metropolitane degli USA e
del Canada mentre meno dell’1% da Africa e Medio Oriente; ma, se la
maggiore drammaticità del tema risiede soprattutto nelle aree dei
Paesi in via di Sviluppo, è anche vero che il gap tecnologico può
riguardare anche proprio quel mondo occidentale avanzato ove le
nuove tecnologie sono nate, si sono sviluppate, hanno generato
modelli culturali vincenti. Si tratta dunque di una problematica che
abbraccia aree via via più ridotte, dal globo, all’Italia, finanche alla
città di Roma, al centro della nostra analisi.
La prima frontiera del digital divide è
proprio quella interna ai Paesi sviluppati. Se non si coglie questo
punto fondamentale, sarà difficile avere una prospettiva corretta del
divario digitale, e qualsiasi altra istanza di bridging della
sperequazione comunicativa, anche a livello globale, rischia di venire
compromessa. La riflessione sul digital divide impone quindi in primo
luogo di guardare nell’ampio spazio del nostro cortile interno, laddove
si dà per scontato che tutto funzioni per il verso giusto e sia indirizzato
ad un armonico incedere del progresso, ma all’interno del quale sono
presenti spesso livelli di sperequazione e isolamento paragonabili a
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quelli che separano i Paesi in via di sviluppo dalle nazioni
industrializzate.
Concentrare l’attenzione sul divario digitale di un solo Paese, o di una
sola area, o addirittura di una sola città, come nel nostro caso, può
sembrare un esercizio pressoché sterile, un guardare al mondo con una
lente di ingrandimento tanto forte da far perdere il senso delle
proporzioni. Eppure in Italia, così come a Roma, sua capitale, vi sono
ben evidenti segnali di una divaricazione tra aree territoriali e fasce
della popolazione che stanno entrando a pieno titolo nell’era digitale
ed altre che invece o vi si avvicinano troppo lentamente o addirittura
si avviano ad una esclusione che potrebbe rivelarsi presto
irrimediabile.
2 - IL DIGITAL DIVIDE IN ITALIA
La sensazione diffusa è che oggi, in
Italia, fa molto più notizia la crisi del settore dell’auto, o la condizione
disastrosa delle infrastrutture di trasporto fisico su gomma e/o su
ruota, o la ricorrente emergenza del sistema di distribuzione
dell’acqua: tanto è vero che nelle priorità di intervento e di spesa del
Governo il rinnovo degli ecoincentivi, il ponte sullo Stretto e gli
interventi
per
l’Acquedotto
Pugliese
dell’innovazione tecnologica.
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vengono
assai
prima
E’ invece nostra convinzione che l’esistenza di un digital divide
interno sia una delle minacce più gravi alla possibilità di uno sviluppo
equo ed armonico del nostro Paese. Può sembrare una visione
apocalittica, specie di fronte alla modesta entità del digital divide
interno rispetto a quello globale. Ma è evidente che le persone e le
regioni capaci di utilizzare le tecnologie digitali godono oggi di un
vantaggio competitivo assai rilevante: ciò è vero per lo studente che
può fare le sue ricerche su Internet, per il disoccupato che può vantare
tra i suoi titoli una buona alfabetizzazione informatica, per l’istituto di
ricerca che ha accesso alle banche dati delle grandi istituzioni, per
l’area produttiva connessa in banda larga che attira imprese hi-tech
anziché mobilifici, per l’ospedale che può trasmettere i risultati di una
risonanza magnetica ad un grande centro diagnostico magari
oltreoceano e contare su una expertise in tempo reale. Ma che su
questa via il Paese proceda a velocità diverse non è soltanto una
questione di vantaggio competitivo: è una vera e propria questione di
democrazia sostanziale.
L’esclusione digitale è infatti destinata a
diventare una forma di esclusione complessiva da ambiti sempre più
importanti della vita associata e finanche da veri e propri diritti di
cittadinanza: basti pensare all’importanza che la Rete ha assunto nella
circolazione delle informazioni e allo sviluppo di servizi pubblici
erogati per via informatica e/o telematica. L’Italiano non digitale – o
l’Italiano che abita in un’area digitalmente arretrata – è destinato
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quindi ad essere di fatto un cittadino di serie B, raggiunto da meno
servizi, da meno informazioni, da meno opportunità occupazionali e
culturali, da meno possibilità di partecipazione.
La questione cruciale sotto questo profilo è
certamente il tasso di penetrazione di Internet: altri indicatori del
livello di inclusione digitale sono pure significativi, ma non altrettanto
determinanti per la piena partecipazione degli individui ai benefici ed
alle opportunità offerti dalla società dell’informazione e della
conoscenza. Sotto questo profilo il ritardo è ancora considerevole: a
giugno 2002 gli utenti attivi di Internet in Italia erano, a seconda delle
stime, tra 10 e 13 milioni: ciò significa che ancora più di tre quarti
degli Italiani sono ai margini dell’aspetto essenziale della rivoluzione
digitale.
Una delle caratteristiche costanti del digital
divide è la sua difficile definizione. Se guardiamo da lontano, la
frontiera tra inclusi ed esclusi è chiara: ma appena proviamo a
precisare meglio dove sta il confine, ci rendiamo conto che esso
diventa sfuggente. Si pensa normalmente ad un ritardo del
Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, e ciò è in buona parte vero, ma
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ci sono aree della Toscana più arretrate di altre della Sicilia e nella
media i professionisti di Trapani sono assai più alfabetizzati degli
operai metalmeccanici di Torino. Ma anche considerazioni di questo
genere sono in realtà assai semplicistiche: più si approfondisce
l’analisi, più la linea che separa inclusi ed esclusi si fa complessa e
frastagliata, come una sorta di frattale. Non si è lontani dal vero se si
dice che in buona sostanza – almeno in Italia e probabilmente in tutti i
Paesi sviluppati – la demarcazione non può essere tracciata se non a
livello di individui, è una frontiera silenziosa che attraversa le stanze
di una stessa casa, che pone sui lati opposti i componenti di una stessa
famiglia.
La complessità del quadro è
determinata dalla molteplicità dei fattori economici, geografici,
sociali, culturali che contribuiscono a favorire o ad ostacolare
l’inclusione digitale degli Italiani: qualunque analisi, qualunque
proposta
di
soluzione
deve
perciò
fondarsi
sulla
corretta
individuazione dei parametri che meglio permettono di posizionare gli
individui rispetto all’inafferrabile frontiera del digital divide.
Urge pertanto un intervento, da parte delle istituzioni che, bisogna
riconoscerlo, stanno seppur lentamente avvicinandosi al problema,
abbracciando i benefici delle moderne ICT.
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3 - PA E CITTADINI IN RETE: LE STATISTICHE
Il processo di modernizzazione della pubblica amministrazione è
oramai avviato e gli italiani dimostrano di apprezzare i cambiamenti.
La tradizionale sfiducia nei
confronti del pubblico
si
sta
progressivamente sostituendo con un nuovo rapporto nei confronti
della pubblica amministrazione: il 36% degli intervistati ne ritiene
migliorato il funzionamento negli ultimi due anni, il 37% lo valuta
invariato e 25% peggiorato. I giudizi positivi arrivano al 47% se ad
esprimersi sono gli intervistati con un titolo di studio elevato, e cioè
coloro che dispongono di maggiori opportunità per accedere ai nuovi
servizi offerti dalla PA. La tecnologia, infatti, ed Internet in
particolare, è uno degli strumenti chiave per migliorare la qualità dei
servizi offerti secondo l’89% dei cittadini
intervistati.
D’altronde, gran
innovative,
sia
parte delle
sperimentali
iniziative
che
già
implementate, sono oramai conosciute da
gran parte dei cittadini: il 65% è a
conoscenza della carta di identità elettronica
mentre il 52% conosce le reti civiche o i
portali comunali.
La fiducia nei confronti di Internet quindi cresce, così come la
percentuale degli utenti: erano il 21,3% della popolazione nel 2000,
sono il 32,1% oggi. La dinamica positiva è rafforzata da segnali di
riduzione dei pericoli di esclusione. Si riduce, infatti, drasticamente la
quota di coloro che fino a qualche anno fa erano completamente
esclusi da Internet, perché non sapevano cosa fosse e che servizi
offrisse, passando dal 12% al 4% della popolazione. Così come la
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crescita è stato avvertita soprattutto al Sud dove gli utenti passano dal
14,9% al 29,1%, riequilibrando una situazione iniziale di ritardo
rispetto al resto di Italia. Gli utenti a Sud sono quindi presenti e in
aumento, lo stesso non si può dire per l’offerta di servizi, che è invece
nettamente inferiore rispetto a Nord e centro Italia.
Tuttavia circa il 68% degli italiani ancora non
accede ad Internet. Il tema dell’accesso è di grande importanza se
attraverso l’e-government le pubbliche amministrazioni si propongono
di erogare servizi online ai cittadini. Allo stesso modo, è importante
valutare quali siano i reali interessi e le predisposizioni del cittadino
verso l’erogazione dei servizi e valutare le necessità di specifici gruppi
di utenti: in primo luogo gli anziani, i disabili, gli stranieri.
Ma per capire i dati sull’accesso ai servizi online bisogna prendere in
considerazione i consumi di tecnologia più in generale e la
propensione ad utilizzare strumenti e soluzioni che si discostano dalle
abitudini consolidate. In merito al personal computer: il 36% degli
intervistati lo possiede in casa e lo usa abitualmente, il 15% né può
disporre in casa ma non lo usa personalmente, mentre il 49% non ne
può disporre tra le mura domestiche. Se il personal computer è la
porta fisica per accedere ai servizi online, il “denaro di plastica”, e
cioè le carte di debito e di credito, sono il presupposto per accedere ai
servizi avanzati a pagamento. Bene, in questo caso, gli italiani si
dimostrano ancora più tradizionalisti e prudenti: il 46% degli
intervistati non dispone di un bancomat mentre ben il 64% non
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dispone di una carta di credito. D’altronde il 59% degli intervistati
preferisce pagare le utenze domestiche utilizzando gli appositi
bollettini di conto corrente e, quindi, recandosi periodicamente agli
sportelli; il 40% ha scelto la più comoda soluzione della
domiciliazione bancaria, lo 0,3% si avventura ricorrendo ai nuovi
servizi telefonici o su computer.
Se si confrontano tali dati con quelli relativi alla ancora esigua
consistenza dei servizi online offerti dalla pubblica amministrazione,
appare evidente come la fruizione online dei servizi e delle
informazioni della pubblica amministrazione sia un traguardo ancora
da raggiungere per gran parte degli italiani. Il processo di
modernizzazione della pubblica amministrazione è avviato e visibile
ma presuppone anche il sostegno a politiche in grado di indurre un
cambiamento nella cultura e nelle abitudini sia interne agli enti sia tra
la popolazione. Un cambiamento che richiede tempi lunghi,
probabilmente più lunghi del previsto.
Gli strumenti informatici stanno entrando
nella vita delle persone (anche solo come “eco” mediatica), ma un
quinto degli intervistati se ne dicono del tutto disinteressati (tab.2). Si
tratta soprattutto di coloro i quali non entrano affatto, per motivi di
studio o di lavoro, in contatto diretto con la tecnologia (casalinghe e
pensionati). Chi ad ogni modo se ne interessa, lo fa a fini pratici. Nelle
categorie di utenti meno interessate è alta la percentuale di chi, pur
incuriosito dalle nuove tecnologie, vi si approccia con fatica: il 12,9%
delle casalinghe e il 9,4% dei pensionati dichiarano di percepire
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ostacoli in tal senso. Sono invece i giovani, gli studenti, a trovarsi
maggiormente a proprio agio con le nuove tecnologie e a farne un uso
abituale. Il 51,3% (tab.3) degli italiani possiede in casa un personal
computer, sebbene nel 14,8% dei casi non venga utilizzato
personalmente, ma dalla componente più giovane del nucleo familiare.
Il computer in casa è però uno strumento piuttosto “condiviso” (è il
14,8% degli intervistati che dichiara di possederlo ma non utilizzarlo
personalmente). Lo è meno, ad esempio, la consolle che è presente nel
29% delle case ma che viene utilizzata da singoli componente del
nucleo familiare. Il telefono cellulare è la tecnologia più presente: il
79,6% delle persone lo possiede in casa e ne fa un uso personale.
La percentuale è minore tra le
persone con più di 65 anni, che utilizzano comunque il cellulare nel
53,6% dei casi. Le tradizionali tecnologie legate alla televisione
(videoregistratore e televideo) sono comunque molto presenti nelle
case degli italiani e si stanno a poco a poco introducendo i nuovi usi
legati a lettore DVD e TV satellitare.
Per quel che riguarda gli usi di altri strumenti al di fuori del contesto
familiare (tab.4), il titolo di studio risulta discriminante nell’uso del
PC presso il proprio luogo di lavoro o studio e, anche se in minor
misura, per tecnologie legate a forme di pagamento elettronico. E’
comunque importante considerare che il 64,4% degli italiani non
possiede la carta di credito, strumento principe dei servizi che
prevedono pagamenti e acquisti online.
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L’Italia non è ancora un “popolo di navigatori” del web, anche se c’è
da aspettarsi che la crescita dell’utenza continui in modo rapido. Gli
utenti sono attualmente il 32,1%, mentre tre anni fa erano il 23,1%. I
nuovi utenti sono soprattutto del Sud, in maggioranza laureati (sono
cresciuti dal 40,8% al 77,5%), o studenti (che arrivano all’84,6%).
Internet si sta affermando come “infodomestico”, entrando nelle case
degli italiani e diventando parte della dieta mediatica familiare. E’
infatti a casa in maggior misura che gli italiani accedono ad Internet,
piuttosto che da lavoro o in luoghi pubblici. Solo il 4,6% si collega
esclusivamente dal luogo di lavoro o studio e il 9,4% lo fa sia da casa
che dal luogo di lavoro contro il 17,3% che si collega sempre e solo da
casa. Il processo di alfabetizzazione informatica sta quindi seguendo
un percorso “privato” e non pubblico. E’ l’introduzione delle
tecnologie nelle case e l’uso a scopi ludici o di interesse personale a
guidare gli italiani su Internet.
Gli utenti sono rappresentati ancora dalla consueta fascia di élite, con
più mezzi a disposizione e più istruita, del paese: sono più uomini che
donne, al di sotto dei 45 anni, con un più elevato titolo di studio e una
occupazione professionale. Da rilevare però il notevole aumento del
numero degli utenti disoccupati, a conferma di un approccio non
strettamente legato al luogo di lavoro. Un discorso a parte meritano le
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donne: sono certamente più interessate agli aspetti pratici e meno agli
aspetti tecnologici. Ne è conferma la loro ampia conoscenza di uno
strumento quale il CUP (Centro Unificato di Prenotazione), con il
quale si può entrare in contatto per effettivo bisogno, rispetto a
tecnologie quali la firma elettronica che sono conosciute non solo da
chi le usa effettivamente, ma anche dai “tecnofili”. L’uso di Internet è
abituale per le attività di ricerca delle informazioni e per l’invio di
posta elettronica: il 90,3% degli utenti di Internet naviga tra i siti alla
ricerca di informazioni e il 60,8% dichiara di aver inviato o ricevuto
una e-mail nell’ultima settimana (tab.9). Meno frequenti sono le
attività di prenotazione, acquisto e transazione online e di
pubblicazione su web. In queste due ultime attività è riscontrabile un
particolare impegno di categorie in maggioranza lontane dall’uso di
Internet: ciò significa che chi, con basso titolo di studio, età elevata fa
uso di Internet è molto motivato e qualificato.
Gli utenti potenziali: sono il 63,8% degli intervistati coloro che non
sono ancora collegati ad Internet, ma lo conoscono e potenzialmente
potrebbero fare parte della categoria degli utenti. Se non si sono
ancora avvicinati è non tanto per un deficit di interesse, quanto di
competenze. Infatti rispetto a 2 anni fa è diminuita la quota di coloro
che si dicevano poco interessati (Internet in questi due anni ha avuto
una forte risonanza, sui mass media, in generale positiva). Il problema
che rimane è proprio quello della competenza e non tanto dei costi (le
nuove tariffe e i collegamenti gratuiti, uniti ad un generale ribasso dei
prezzi dei PC riducono la preoccupazione per gli aspetti puramente
economici). Le casalinghe e i pensionati lamentano soprattutto un
carenza di interesse, i disoccupati o non occupati sono bloccati dalla
mancanza di competenze.
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Gli esclusi: sono coloro che non si avvicinano ad Internet perché non
lo conoscono e non sanno quali servizi offra: casalinghe, pensionati. Il
loro avvicinamento al mezzo non è avvenuto neanche attraverso
conoscenza indiretta: sono persone con bassa scolarizzazione e con
minore partecipazione a reti sociali. Questa categoria è diminuita
rispetto al 2000, passando dall’11,7% al 4,1% degli intervistati, grazie
alla diffusione di informazioni sui mezzi di comunicazione, ma c’è da
pensare che rappresenteranno uno “zoccolo duro” con particolare
difficoltà ad approcciarsi concretamente con il mezzo.
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Internet è considerato uno strumento che può incidere con efficacia
nel processo di innovazione della pubblica amministrazione. Il 36,4%
degli intervistati ritiene che la PA sia migliorata negli ultimi due anni
(tab.10). Tale opinione può essere, almeno in parte, legata alla fiducia
nell’adozione degli strumenti innovativi, dal momento che le categorie
più convinte del miglioramento della PA sono quelle maggiormente
interessate e attive nell’uso delle nuove tecnologie.
Il 52,6% (tab.11) degli italiani è convinto che Internet possa
migliorare molto la qualità dei servizi della pubblica amministrazione.
Confrontando con i dati del 2000, la diminuzione della quota degli
incerti, segno di una maggiore conoscenza del fenomeno Internet, ha
inciso in senso positivo e non negativo: solo il 7,7% degli intervistati è
dell’opinione che Internet possa avere poca capacità di migliorare la
situazione esistente.
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Avere un atteggiamento positivo verso l’innovazione non significa
ritenere che la pubblica amministrazione debba cambiare del tutto il
proprio modo di erogare i servizi al cittadino. Utilizzando un termine
tipico dell’e-commerce, si deve attuare una click & brick strategy:
accanto al nuovo interesse per il “click”, ovvero alle nuove modalità
di erogazione dei servizi a distanza su base digitale, rimane pur
sempre di fondamentale importanza il “brick”, il mattone, l’ufficio
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fisico, per il miglioramento del quale vanno ugualmente previste
azioni innovative. I servizi devono essere disponibili in entrambi le
modalità, fisica/virtuale, per venire incontro alle abitudini e alle
preferenze degli utenti. Il 50,6% (tab.12) degli intervistati ritiene che
si debba iniziare con il migliorare i servizi già esistenti (magari con
tecnologie di back office). Gli altri, maggiormente vicini agli
strumenti tecnologici, ritengono invece utili i servizi a distanza: sono i
più giovani e con titolo di studio più alto a prefigurare un “ufficio
virtuale”, raggiungibile da casa. Tuttavia non si riscontra nemmeno tra
queste categorie di utenza un aumento dell’interesse nei servizi a
distanza tramite Internet, che rimane medium secondario rispetto a
telefono e televisione. Entrambi gli atteggiamenti dimostrano però la
volontà di prescindere da orari fissi e accentramento degli uffici. La
nuova fruizione a cui ci si sta abituando, nel settore pubblico come nel
settore privato, va verso l’ampliamento dei servizi, che si desidera
siano disponibili in maniera più diffusa: apertura degli uffici in orari
inconsueti e sportelli aperti in più sedi nel territorio, call center
raggiungibili anche al di fuori dell’orario di lavoro, oppure servizi su
Internet o TV raggiungibili da casa e quando si vuole nell’arco delle
24 ore.
La fiducia verso Internet va di pari passo con la sicurezza e le
opportunità date da un più alto livello di studio (tab.12): il 30,6% dei
laureati ritiene importante un maggiore utilizzo di Internet nel favorire
l’accesso a informazioni e servizi della pubblica amministrazione. I
più giovani (tab. 13) ripongono maggiori speranze nei servizi a
distanza, mentre i più anziani chiedono un miglioramento dei servizi
già esistenti: in tutti e due i casi la tecnologia deve fungere da agente
di semplificazione per rendere le attività più veloci (rapide), agili
(pochi passaggi, poca fila) e vicine (sportello unico).
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Gli
utenti
di
Internet
hanno
fiducia
nelle
tecnologie,
nel
miglioramento della PA grazie alla tecnologia e iniziano ad usare
Internet e gli strumenti informatici. I servizi a distanza che sono
oggetto di questa domanda di innovazione (Graf.3) sono soprattutto i
servizi di base: è ritenuto molto utile fruire di informazioni generali
sulla città (54,7%) e disporre di strumenti per svolgere a distanza
pratiche amministrative (47,4%) o anche di semplici informazioni sul
“come fare” (46,1%). C’è ancora poca percezione di utilità nel
pagamento online, ma probabilmente qui influisce una generale
mancanza di fiducia per le transazioni economiche e il generale
problema
delle
competenze.
C’è
inoltre
minore
interesse
all’introduzione di spazi di partecipazione (che sarebbe invece il
proprium di Internet) o al massimo in una accezione ristretta legata
alla customer satisfaction (giudizi o suggerimenti sui servizi forniti).
Strumento più conosciuto è la carta di identità elettronica, a
dimostrazione del forte impatto della comunicazione mediatica nella
conoscenza (quindi non necessariamente diretta) delle tecnologie. Le
reti civiche, che dovrebbero rappresentare lo sportello virtuale della
PA sono conosciute dal 51,6% degli intervistati (tab.14).
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Poca offerta ma anche poca risposta per le prime sperimentazioni di
servizi transattivi online. I servizi a distanza delle pubbliche
amministrazioni su Internet si stanno sviluppando in modo particolare
nei siti istituzionali. Qui la quantità di servizi informativi è andata
crescendo, mentre tardano ad essere predisposti servizi online di tipo
transattivo (tab.15), che consentono cioè di concludere a distanza la
pratica amministrativa. Uno dei servizi che ha raggiunto già una
discreta diffusione sui siti delle pubbliche amministrazioni locali è
relativo al pagamento della Imposta Comunale sugli Immobili (ICI): è
possibile il pagamento online dell’ICI nel 17,6% dei Comuni
capoluogo italiani dotati di sito Internet istituzionale. La modalità
preferita per il pagamento delle utenze domestiche rimane il bollettino
di conto corrente (59,2%), ma anche la domiciliazione su conto
corrente bancario (40,5%). Le “altre motivazioni” sono forse da
ricercarsi in abitudini consolidate ad effettuare pagamenti in modo
consueto. Se si escludono i casi in cui il pagamento non è possibile o
non se ne conosce la possibilità, uno dei motivi di maggiore ostilità a
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tali applicazioni tecnologiche è la poca fiducia verso il pagamento
online, problema ritenuto principale dal 22% delle persone che non
hanno effettuato il pagamento online. C’è maggiore fiducia nei servizi
online nel loro complesso e i costi non rappresentano una
preoccupazione (tab.16).
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4 - LA BANDA LARGA
Molto importante è poi capire il tipo di connessione ad Internet usato
dalle
famiglie,
perché
l’ampiezza
della
banda
incide
significativamente sul comportamento online degli utenti.
L'
ampiezza di banda, tecnicamente, è la differenza, espressa in Hertz
(HZ) o in Bit per secondo, tra la frequenza più alta e quella più bassa
del canale di trasmissione. Il suo valore indica la quantità di dati che
possono transitare, nell'
unità di tempo, attraverso il canale di
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comunicazione e che normalmente è misurata in bit al secondo (bps).
Per esempio, l'
ampiezza di banda di un comune modem è di circa
15.000 bps, con cui si può trasferire una intera pagina dattiloscritta in
1 secondo. Per trasferire un filmato a pieno schermo e a pieno
movimento necessita invece una ampiezza di banda di circa
10.000.000 bps. Per eseguire una video conferenza occorre una
larghezza di banda che va da 128kbps a 1 Mbps, maggiore è il valore
tra i due estremi e migliore sarà la trasmissione di immagini e suoni.
L'
ampiezza di banda è quindi la capacità di trasmettere informazioni
lungo un canale di comunicazione in un determinato tempo. In pratica,
a differenza di una connessione con un comune modem, la
connessione a banda larga aumenta la capacità e la velocità di scambio
delle informazioni con la Rete, facilitando l’uso di protocolli tipici
della larga banda, quali audio-video e il trasferimento di files.
C’è poi una differenza sostanziale tra utenti modem e utenti dotati di
banda larga (es. fibra o ADSL); questi ultimi hanno infatti la
possibilità di pagare una tariffa flat. Prolungando così i tempi di
connessione.
Nella tabella che segue, sono incluse nella definizione di banda larga
la fibra (o cavo), il satellite, l’ADSL: connessioni always on (attive 24
ore su 24, con la possibilità di utilizzare una banda variabile da
qualche centinaio di Kb a diversi Mb. L’ISDN (Integrated Services
Digital Network) è un sistema di connessione telefonica digitale che
consente la trasmissione dati in modalità dial up e con velocità da 64 a
128 Kbps.
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L’utilizzo della banda larga, pari al 2,5% nel mese di Dicembre 2002,
ha subito tuttavia un vistoso calo nell’ultimo trimestre dell’anno
solare, come ci dimostra il grafico successivo.
Intorno a Roma c’è un’area il cui sviluppo economico è molto meno
forte di quello del resto della fascia che circonda la capitale. Si snoda
verso nord lungo l’antico tracciato della via Flaminia, un’infrastruttura
asfittica che non ha consentito di attivare insediamenti industriali. E’ il
luogo ideale per mettere in piedi attività che si svolgano soprattutto
online (salvaguardando, fra l’altro, un ambiente naturale ancora
abbastanza vivibile). Ebbene, proprio a causa della scarsa rilevanza
economica delle attività che vi si svolgono, quest’area è l’unica
intorno a Roma in cui l’ADSL non c’è, e l’operatore telefonico
dominante nemmeno prevede di installarlo. Vengono quindi a
mancare le opportunità di sviluppo proprio dove sarebbero più
necessarie. Questo è il digital divide: una linea che non passa per i
tradizionali confini tra il nord e il sud, ma gli “have” e gli “have not”,
cioè tra i ricchi e i poveri del progresso delle tecnologie. Ricchi e
poveri non solo di infrastrutture, ma anche della cultura che serve a
sfruttarle. E’ qui che devono intervenire le istituzioni. E’ su progetti di
sviluppo “sostenibile” come quelli legati alle attività online che si
devono concentrare le poche risorse finanziarie disponibili. Se non
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riusciamo a risolvere il digital divide di casa nostra, che cosa andiamo
a raccontare a casa d’altri?
5 - ITALIANI.IT
Novecentomila siti registrati, una media consolidata di oltre 15mila
nuove richieste al mese, tassi di crescita talmente esplosivi da far
impallidire quelli che accompagnarono la nascita dei principali mezzi
di comunicazione di massa (radio, tv o telefono). Sono i numeri
dell’Internet made in Italy elaborati dalla Registration authority,
l’organismo dell’Iit - Cnr di Pisa, Istituto di informatica e telematica
del Consiglio nazionale delle ricerche, che nel nostro paese assegna
domini a targa .it. L’Iit - Cnr, in collaborazione con la Scuola
superiore sant’Anna di Pisa, ha realizzato la prima statistica sullo stato
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di salute del mercato dei domini .it, tracciando un inedito bilancio
sulla diffusione di Internet nel Belpaese. Si scopre così che l’Italia è
medaglia di bronzo in Europa per tasso di penetrazione della grande
rete, alle spalle dell’irraggiungibile coppia Germania - Inghilterra che
conta rispettivamente sette e quattro milioni e mezzo di nomi a
dominio. Italia in prima linea, dunque, nella nuova rivoluzione
mediatica, ma non senza forti squilibri tra aree ricche e povere. Non
solo: il digital divide, il divario tecnologico tra chi ha accesso alle
informazioni e chi ne è privo, sembra manifestarsi anche all’interno
delle macroaree più ricche. In Lombardia, per esempio, Milano,
capitale italiana delle registrazioni davanti a Bolzano, deve fare i conti
con le performance mediocri di Pavia, Sondrio, Cremona e Lodi. Altri
esempi sono il Lazio, dove solo Roma (quarta piazza assoluta) tiene
testa al Nord industrializzato, e la Toscana, quarta regione italiana per
diffusione di Internet alle spalle di Trentino Alto Adige, Lombardia e
Lazio. In Toscana, però, mentre Firenze, Prato e Siena contribuiscono
al buon risultato regionale collocandosi rispettivamente al terzo,
quinto e decimo posto tra le province italiane, Grosseto e Massa
Carrara (a ridosso del sessantesimo posto) affondano implacabilmente
una media altrimenti da primato. Se Internet trova terreno fertile là
dove si concentra il reddito, testimonianza di come la rete sia anche un
modello di business e crescita economica, non secondario appare il
ruolo di mezzo di comunicazione senza frontiere oggi assunto
dall’infrastruttura telematica: prova ne è la crescita nel numero delle
registrazioni promosse da privati cittadini e associazioni. Nella
speciale classifica dell’Internet fai da te, gestito dai singoli cittadini, è
il Lazio a trionfare prendendosi la rivincita su Lombardia e Toscana. E
per il futuro? Le novità, fanno sapere dalla Registration authority,
arrivano dal fronte delle registrazioni dei nomi a dominio .eu,
30
identificativo dei siti europei. L’Unione, come noto, ha assegnato la
gestione del registro comunitario al consorzio Eurid di cui l’Iit - Cnr è
autorevole componente. "Registrare un sito", anticipa Franco Denoth,
direttore dell’Iit - Cnr, "costerà circa 10 euro. Bisognerà però
attendere almeno il secondo semestre del 2004".
Tassi di penetrazione in generale (calcolati ogni 10mila abitanti)
Ranking regione
tp generale
1
trentino alto adige 109,49
2
lombardia
103,32
3
lazio
92,48
4
toscana
91,29
5
friuli venezia giulia 81,79
6
emilia romagna
81,65
7
veneto
79,70
8
marche
77,22
9
piemonte
77,06
10
val d’aosta
70,20
11
umbria
68,22
12
liguria
64,94
13
abruzzo
49,33
14
campania
41,90
15
sardegna
41,70
16
sicilia
37,20
17
puglia
35,69
18
calabria
27,73
19
molise
27,57
20
basilicata
26,64
31
Tassi di penetrazione per siti aziendali (calcolati ogni 100 imprese)
Ranking regione
tp imprese
1
lombardia
9,59
2
lazio
8,94
3
trentino alto adige 8,36
4
friuli venezia giulia 7,74
5
piemonte
7,25
6
toscana
7,17
7
veneto
6,97
8
emilia romagna
6,54
9
marche
6,24
10
liguria
6,00
11
umbria
6,00
12
campania
4,89
13
sicilia
4,62
14
val d’aosta
4,55
15
abruzzo
4,45
16
puglia
3,95
17
sardegna
3,73
18
calabria
2,87
19
molise
2,63
20
basilicata
2,61
Tassi di penetrazione per siti personali (calcolati ogni 10mila abitanti)
Ranking regione
tp persone
1
lazio
18,52
2
toscana
14,46
3
lombardia
13,41
4
trentino alto adige 13,20
5
val d’aosta
11,94
6
umbria
11,66
7
emilia romagna
11,46
8
marche
10,15
9
friuli venezia giulia 10,05
10
liguria
9,69
11
sardegna
9,65
12
veneto
9,61
13
piemonte
9,51
14
abruzzo
9,07
15
campania
8,15
16
sicilia
6,82
17
puglia
5,88
18
calabria
5,76
19
basilicata
4,90
20
molise
4,50
32
Tassi di penetrazione per associazioni (calcolati ogni 10mila abitanti)
Ranking regione
tp assoc.
1
trentino alto adige 5,96
2
lazio
5,61
3
friuli venezia giulia 4,00
4
toscana
3,99
5
lombardia
3,77
6
emilia romagna
3,38
7
umbria
3,01
8
liguria
2,98
9
veneto
2,97
10
piemonte
2,89
11
marche
2,88
12
val d’aosta
2,84
13
sardegna
2,36
14
abruzzo
2,25
15
molise
1,64
16
sicilia
1,61
17
campania
1,44
18
calabria
1,40
19
puglia
1,27
20
basilicata
1,07
Tassi di penetrazione provinciali (calcolati ogni 10mila abitanti)
Ranking provincia
tp generale
1
milano
144,99
2
bolzano
126,19
3
firenze
119,38
4
roma
108,82
5
prato
101,50
6
bologna
101,23
7
udine
94,91
8
trento
93,73
9
padova
92,37
10
siena
92,35
11
modena
91,38
12
torino
90,26
13
pisa
88,96
14
reggio emilia
88,25
15
vicenza
87,74
16
rimini
87,25
17
verona
86,43
18
brescia
85,34
19
ancona
84,85
20
asti
83,97
33
6 - PILLOLE DI E-GOVERNMENT: ENTI LOCALI IN RETE
Creati prevalentemente per favorire la comunicazione istituzionale, i
siti web pubblici stanno rafforzando i servizi online e i contenuti. Il
rapporto sulle Città digitali descrive tutti i cambiamenti in corso.
Alla base del 7° Rapporto sulle Città digitali in Italia, presentato il 24
febbraio 2003 a Roma da RUR, Censis, Formez
e Dipartimento della Funzione Pubblica, c’è
una rigorosa metodologia d’analisi, messa a
punto nel corso degli anni e basata su criteri
oggettivi. Ciascun sito viene analizzato da una
squadra di rilevatori, la quale misura circa 100
indicatori, sia di tipo strettamente tecnico che qualitativo. I valori
degli indicatori vengono “normalizzati”, cioè resi omogenei, e
“pesati”, dopo essere stati raggruppati in 6 famiglie, riconducibili ad
altrettanti temi, che possono essere visti come le 6 dimensioni tramite
le quali è possibile leggere il fenomeno. In tal modo, è possibile
ricavare un unico valore per ciascuno delle 6 “dimensioni”.
Dalla media dei 6 valori si ricava l’indice ARPA (Analisi delle Reti
della Pubblica Amministrazione), che esprime infine con un unico
valore la qualità del sito analizzato. Grazie all’indice ARPA, vengono
stilate ogni anno le classifiche degli Enti locali online, ma la stessa
analisi complessiva di ciascuno dei 6 temi fornisce indicazioni
preziose per l’interpretazione del fenomeno dell’e-government locale.
E’ interessante notare, dunque, cosa ha fatto emergere l’indagine
svolta nel corso del 2002, per ciascuna delle 6 aree tematiche;
indagine che, anche se priva di forte attualità, mette in evidenza alcuni
movimenti interessanti.
34
- Contenuti istituzionali e trasparenza amministrativa: Le PA
sembrano aver compreso che il web non è semplicemente un nuovo
canale per replicare le forme canoniche della comunicazione
istituzionale: la visibilità dell’amministrazione attraverso Internet
comporta la riorganizzazione ed il ripensamento della propria offerta
informativa e di servizi, per adattarla al mezzo. Rispetto all’anno
precedente, in particolare, è cresciuto l’impegno a descrivere in
maniera esauriente le strutture dell’amministrazione, con una più
consapevole e ragionata logica di presentazione, che evidenzia con
chiarezza obiettivi e compiti dei vari uffici. Tra i servizi finalizzati alla
trasparenza, c’è da segnalare un incremento notevole della
pubblicazione delle delibere di Giunta. Gli stessi URP raffinano i
propri strumenti, adottando tra le altre cose nomi originali e
facilmente memorizzabili per i servizi online.
Ma se è cresciuta negli anni la capacità comunicativa degli Enti
pubblici su Internet, è stata prestata minore attenzione alla capacità
degli strumenti interattivi di stimolare la partecipazione attiva del
cittadino all’azione amministrativa, perdendo – almeno per il
momento – la possibilità di far partecipare i cittadini alla discussione
su temi di interesse collettivo.
- Qualità e interattività dei servizi: Il panorama dei servizi online
disponibili ha mostrato nel 2003 una crescita contenuta. Ma si
tratterebbe di un anno di attesa, poiché molte amministrazioni hanno
lavorato in fase di progettazione in occasione del bando di egovernment.
Degli 80 servizi per cittadini e imprese definiti
“prioritari” dal Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, ne è
35
stato selezionato per l’analisi un nucleo di 12, che attualmente si
assestano tutti ad un livello essenzialmente informativo. Il livello
massimo di interazione (transazione completa) si raggiunge solo per
l’ICI, che è possibile pagare online nel 17,6% dei casi analizzati. Il
ritardo nell’implementazione di procedure di pagamento telematico,
secondo il Rapporto, non è da ricondursi a fattori riguardanti la
disponibilità di soluzioni tecnologiche, bensì ad una cultura “digitale”
ancora poco radicata, sia da parte delle amministrazioni che degli
utenti.
La
crescita
dei
servizi
avverrà
molto
probabilmente sui nuovi Portali di servizi che stanno nascendo dalla
collaborazione tra le istituzioni locali, le public utilities, i soggetti
privati, le altre amministrazioni.
- Usabilità e accessibilità: Nonostante una maggiore sensibilità
diffusa e le diverse “linee guida” pubblicate sul tema, usare e accedere
ai siti Internet delle istituzioni locali non si rivela a tutt’oggi
un’esperienza priva di barriere. Ricordiamo che per usabilità si
intende la facilità con cui un sito ci permette di raggiungere i nostri
scopi e per accessibilità la possibilità di poter usufruire dei diversi
servizi anche da parte di persone con disabilità di vario tipo.
Nel campo dell’usabilità e accessibilità, si presenta con forza il tema
della formazione degli operatori: di chi sviluppa il sito, di chi lo
gestisce, di chi immette i contenuti. Rendere i siti web semplici ed
36
intuitivi dovrebbe infatti essere considerato un principio cardine, in
fase di progettazione, ma tale attenzione richiede un livello di
professionalità che attualmente è riscontrabile solo in una parte delle
amministrazioni locali che si sono dotate di un sito Internet.
Sul fronde della usabilità, da segnalare l’affermazione della metafora
degli “eventi della vita” come paradigma di riferimento per presentare
all’utente i diversi servizi. Questi non verranno più presentati in base
alla suddivisione dell’Ente in uffici, ma sulla scorta di una semplice
tassonomia fondata sui principali eventi della vita: studiare, avere una
casa, fare un figlio, lavorare, andare in pensione, eccetera.
- Cooperazioni, relazionalità e communities: Il sito Internet
dell'
amministrazione pubblica, già solo per sue caratteristiche
strutturali, è uno strumento di creazione di reti: reti redazionali, reti di
soggetti istituzionali, reti di soggetti non istituzionali attivi sul
territorio, reti di cittadini. Di fronte alla molteplicità degli apporti e
delle collaborazioni, sempre più estese, i siti Internet hanno subito dei
cambiamenti di natura morfologica. Vantaggi e svantaggi delle scelte
relative ai legami relazionali tra le varie aree del sito sono legate,
soprattutto, agli aspetti di orientamento, riconoscibilità istituzionale,
raggiungibilità e memorizzazione dei siti e delle loro sezioni. Tuttavia,
all’interno dei siti istituzionali, si stenta a fare ricorso a strumenti in
grado di favorire la creazione di “communities” tra gli utenti del sito
stesso. Si perde in tal modo un’occasione di “fidelizzare” l’utente al
sito istituzionale, di fare di questo un luogo di incontro e di scambio.
Nella realtà dei siti istituzionali delle PA locali, laddove questa
possibilità sembra essere stata compresa, non si riconosce un progetto
strutturato, una strategia che punti alla costruzione di una vasta
community con moderatori, programmi e obiettivi ben definiti.
37
- Marketing territoriale e sviluppo economico: Gli strumenti
telematici si rivelano, per i progetti di sviluppo territoriale delle PA
locali, un valido ausilio, per la loro carica di innovazione e per le
possibilità di scambio ed estensione della conoscenza. Le iniziative
più incisive sono quelle in grado di stabilire cooperazioni tra più enti
istituzionali, con privati e terzo settore, per raggiungere il medesimo
obiettivo della promozione del territorio. Ma è ancora piuttosto ridotto
l'
impegno degli Enti locali per attrarre investimenti sul territorio
attraverso Internet. Anche la semplice informazione sulle attività
economiche esistenti è carente: tali informazioni sono presenti,
rispettivamente, nel 20% e nel 24% dei siti di province e comuni
capoluogo. Non vengono, inoltre, informati adeguatamente gli
investitori circa le opportunità e le agevolazioni finanziarie.
Buone prospettive potrebbero derivare da una
maggiore diffusione degli sportelli unici per le attività produttive
(SUAP) e dalla creazione di “reti di SUAP” territoriali. Gli sportelli
telematici sono attualmente abbastanza diffusi, sebbene ancora non in
grado di fornire transazioni complete. E’ possibile, ad ogni modo,
avviare la procedura di erogazione del servizio nel 13,7% dei siti dei
comuni capoluogo.
- Professionalizzazione dei dispositivi tecnologici: Banda larga e
wireless sono le applicazioni su cui maggiormente si punta a livello
governativo per realizzare una “economia basata sulla conoscenza”.
L'
innovazione, tuttavia, sembra per il momento destinata ad essere
declinata nelle forme più canoniche della telematica basata su siti web
e
su
semplici
servizi
multicanale.
In
questo
contesto,
le
amministrazioni devono rendere i dispositivi tecnologici dei propri siti
38
Internet agili, per facilitare la navigazione attraverso linee ancora
troppo lente e onerose connessioni tariffate a tempo.
I tempi di caricamento delle pagine Internet, ad
esempio, risultano ancora per la maggior parte eccessivamente lunghi:
dall’indagine emerge inoltre che nelle pubbliche amministrazioni
locali la presenza di sistemi Open Source è ancora marginale, ma
comunque significativa, in termini di prospettive per i prossimi anni.
Ricordiamo che l’Open Source è una forma di software basata su
standard aperti, cioè che non appartengono a nessuno in particolare,
essendo sviluppati da comunità libere di sviluppatori. E’ in sostanza
una formula che mira a rendere le organizzazioni indipendenti dalle
grandi multinazionali del software, la Microsoft in particolare, che
finiscono per pesare fortemente sui bilanci delle organizzazioni con le
proprie royalties.
- La classifica del web istituzionale: Grazie al metodo ARPA è
possibile stilare, da 7 anni a questa parte, delle speciali classifiche di
qualità dei siti istituzionali nelle 4 categorie di: Regioni, Province,
Capoluoghi di Provincia, Comuni con più di 5.000 abitanti. Tali
classifiche, oltre a formare inevitabilmente delle graduatorie di merito
tra i diversi Enti, consentono di ricavare delle utili chiavi di lettura
rispetto allo sviluppo dell’e-government. Ad esempio, negli scorsi
anni abbiamo assistito ad una prevalenza delle città di dimensioni
medie (Bologna, Modena, Siena) e ad un dominio territoriale delle
regioni dell’area centro-settentrionale “rossa” (Emilia-Romagna,
Toscana, Marche e Ligura). Poi hanno cominciato ad emergere città
39
più grandi, come Roma, maggiormente dotate di risorse per far fronte
alla complessità tecnologico-organizzativa dell’e-government.
Tra le recenti “novità”, una è abbastanza
clamorosa: il “sorpasso” dell’Emilia-Romagna, da parte delle Liguria,
nella classifica delle regioni, dopo anni di dominio assoluto. Se si va a
vedere come è composta questa nuova supremazia, ci si avvede del
fatto che è generalizzata, poiché interessa tutti gli indici settoriali, ad
eccezione della sola qualità tecnologica. Le Province sono
decisamente più instabili, ma la parte alta della classifica è sempre
dominata da una forte componente emiliano-romagnola. Non è
cambiata molto invece la classifica dei Comuni capoluogo, dove c’è
da notare soprattutto il ritorno in vetta di Modena e Pesaro, due centri
all’avanguardia sin dai primi anni di sviluppo dei servizi comunali
online. Tutta la classifica di quest’anno risulta più in linea con le
tendenze storiche del settore, i cui scostamenti dello scorso anno erano
evidentemente imputabili ad un certo impasse di fronte alla
prospettiva di dovere
andare
necessariamente oltre la
fase
avanguardistica delle reti civiche.
Il dato che comunque deve continuare a farci riflettere è lo squilibrio
territoriale tra Nord e Sud. La telematica, tecnologia a basso costo,
avrebbe potuto costituire occasione di riscatto per i territori più
svantaggiati, ma così non è stato.
40
7 - E-GOV A ROMA: COSA BOLLE IN PENTOLA?
Il digital divide ha suscitato la preoccupazione degli
addetti ai lavori, e costituisce l’oggetto di iniziative e studi nell’ambito
dei professionisti delle ICT e in particolare dell’e-government: ma la
percezione generale è ancora vaga e distratta, come se si trattasse
appunto di una questione che può interessare soltanto gli addetti ai
lavori e i patiti di tecnologie.
Affrontando questo tema, abbiamo scambiato delle impressioni con
l’ing. Francesco Loriga, dell’Assessorato per le Pari Opportunità cui
fa capo la d.ssa Mariella Gramaglia. Roma è attualmente impegnata,
con altri 57 Comuni d’Italia, nel progetto People, finalizzato alla
creazione di un portale federato di servizi per i cittadini.
Tale partecipazione ha, in
primis, la finalità di estendere, integrare ed arricchire quello che, ancor
oggi, viene ritenuto un mezzo importante di comunicazione con i
cittadini: il call center 060606 (che attualmente riceve tra le 70.000 e
le 80.000 chiamate al mese). Si è convinti infatti che tale sistema
relazionale, nonostante utilizzi una tecnologia “antica” come quella
del telefono, sia in realtà molto moderno per una serie di motivi.
Anzitutto, è convinzione diffusa (anche se non pienamente
condivisibile) che il telefono consenta di superare il problema del
digital divide: si tratta infatti di un mezzo che non divide, bensì
unisce, perché ormai lo usano e lo sanno usare praticamente tutti. A
41
tale argomentazione si potrebbe tuttavia eccepire che, in tal modo, si
cerca di elidere l’impellente necessità di una capillare alfabetizzazione
informatica. L’idea forte è tuttavia quella di integrare il call center con
gli altri strumenti già esistenti, come il Portale del Comune di Roma
(www.comune.roma.it), ed altri piccoli canali che sono oggetto di
sperimentazione, come le informazioni via sms su canali tematici.
L’obiettivo è quello di creare un portale multicanale: un portale cioè
dove Amministrazione e cittadino, pur avendo a disposizione diversi
canali, possano comunicare indifferentemente su un canale e
sull’altro, in andata e in ritorno. Tale portale deve presentare, a monte,
una struttura organizzativa di gestione del back office, inizialmente per
il call center ma che verrà poi estesa a tutto il sistema (che tra l’altro
sarà rinnovato a breve, visto che si sta chiudendo la gara d’appalto).
Ciò sarà possibile grazie ad alcuni strumenti di CRM (Customer
Relationship Management), alcuni dei quali sono peraltro già in uso:
essi permettono di catalogare le richieste dei cittadini attraverso un ID,
di assegnarle ad un operatore “generalista” di primo livello e, nel caso
in cui questi non sia in grado di fornire una risposta adeguata, di
passarle ad un secondo livello in cui operano dipendenti specializzati
del Comune (il caso viene quindi “tracciato” attraverso i meccanismi
di CRM).
Obiettivo è quello di fornire al cittadino una front-line unica, chiara,
accessibile e multicanale, rivolta anche a chi non usa internet o non ha
42
un cellulare; che consenta cioè di lasciare all’utente la decisione in
merito a quale canale utilizzare.
Il Comune di Roma cercherà di
vincere questa scommessa, da un lato aprendo nuovi canali, e
dall’altro creando nuovi servizi on-line che affianchino quelli già
esistenti. Allo stato attuale, sul sito Internet del Comune di Roma sono
raccolte in aree tematiche le informazioni utili della città. Nella
sezione dei servizi è possibile visualizzare in modo dettagliato le
ultime decisioni della Giunta Comunale in ordine cronologico. Nella
pagina “Consultazione delibere” un motore di ricerca consente di
cercare nell’archivio che raccoglie le delibere di Giunta e Consiglio
dal 1999 al 2002. Per conoscere invece gli orari dei dipartimenti del
Comune è sufficiente selezionare l’ufficio apposito. La “Guida ai
servizi” introduce poi a molte pagine utili: autocertificazione,
commercio, elezioni, famiglia, scuola, sociale, stranieri, tributi. Nella
sezione “Bandi Concorsi” si possono scaricare in formato doc, rtf, txt,
pdf i testi relativi. Nella pagina “Elezioni” si possono consultare i dati
a partire dal 1996 fino al 2001. Tra le rubriche tematiche “Ambiente”
dove è possibile cercare le autofficine autorizzate per l’assegnazione
del bollo blu e accedere allo sportello unico per il rilascio
autorizzazioni per le attività estrattive, per gli impianti di smaltimento
e recupero dei rifiuti. Nella sezione “Anagrafe” le notizie per ottenere
tutti i certificati, il codice fiscale, il libretto di lavoro, la carta
d’identità. Nella rubrica “Animali” si trovano invece i contatti per
43
denunciare i maltrattamenti, gli animali morsicatori e abbandonati, gli
indirizzi del pronto Soccorso e degli ambulatori. Più avanti nella
pagina “Casa” sono disponibili le informazioni sulla graduatoria
alloggi, i buoni casa, i progetti del Campidoglio. Il sito di “Roma
Economia” propone invece un’analisi sulle attività e sull’andamento
economico del contesto romani, mentre il sito di “Roma Lavoro”
guida il visitatore a tutti i contatti utili per le problematiche
occupazionali della città. Nella pagina “mobilità” sono riepilogate le
disposizioni per le soste, i permessi, i contrassegni, e sono riportati i
dati sull’inquinamento atmosferico. nella pagina dei “Tributi” è
possibile scaricare la modulistica Ici, Tarsu, conoscere orari e telefoni
degli uffici tributari.
Nella rubrica “Scuola” si può consultare l’elenco
degli asili nido, delle varie scuole, delle mense, le informazioni per i
buoni libro e per le borse di studio. Proprio in questa sezione si
registra una recente novità, che segna un primo passo verso
l’interattività, in un panorama che, come abbiamo avuto modo di
vedere, è prettamente informativo. Si tratta della possibilità per i
cittadini di pagare in via telematica le quote contributive degli asili
nido (per bambini da 1 a 3 anni), della refezione e del trasporto
scolastico (per bambini da 4 a 10 anni). Verrà spedito ai genitori (il
servizio
coinvolgerà
circa
140.000
bambini)
un
bollettino
prestampato, che consentirà loro di pagare la quota o presso un ufficio
postale o direttamente via Internet, attraverso un codice pin; la novità
44
importante da un punto di vista organizzativo, oltre al fatto che si
tratta di un pagamento telematico, è l’assegnazione di un codice ad
ogni singola transazione; ciò darà la possibilità a tutti gli utenti
registrati di verificare la propria posizione contributiva in qualsiasi
momento.
Occorrerà a tal fine procedere ad un rinnovamento di alcune strutture
informatiche dell’Amministrazione, ma si tratta di una scommessa su
cui si punta molto, in quanto:
• dovrebbe semplificare notevolmente il lavoro degli uffici
amministrativi, che non si troveranno più al cospetto di bollettini
compilati
manualmente,
spesso
incompleti
o
di
difficile
comprensione (attualmente 40-50 dipendenti al mese sono occupati
solo per fare la spunta dei singoli bollettini), in quanto basterà
scaricare un file di rendicontazione contenente i codici;
• dovrebbe consentire ai cittadini romani di iniziare ad usufruire di
una suite di servizi on-line (pagamenti, dichiarazioni, richiesta
certificati,
visure
anagrafiche),
attraverso
un
sistema
di
registrazione degli utenti che sta per essere messo a punto con
l’appalto del nuovo Portale (un po’ sulla scia di ciò che ha fatto il
Comune di Torino con il Progetto “Torino Facile”).
Il punto che desta, a nostro avviso, maggiori
perplessità, risiede nel fatto che il Comune di Roma sta seguendo un
percorso di innovazioni molto “leggere”, che richiedono un minore
“sforzo” tecnologico sia dal lato “offerta” che dal lato utente. Pur
riconoscendo, quindi, la validità di strumenti innovativi come la CIE o
il WI-FI, si denota una sorta di “timore reverenziale” dinanzi a sì tanti
“mostri” tecnologici.
45
In definitiva, i due filoni che il Comune di Roma sta seguendo
attualmente vanno nella direzione di integrare Portale e Call Center
(attraverso le gare d’appalto di entrambi, e attraverso il progetto
People, molto importante per scambiare esperienze con altre realtà) e
di creare nuovi servizi fruibili on-line, per dar vita a delle best
practices, piuttosto che avviare rischiosi processi di ristrutturazione
generale.
8 – CONCLUSIONI DI PAOLO ZOCCHI, PRESIDENTE
UNARETE
46
INDICE
1 – Introduzione…………………………………………………...
2
2 – Il digital divide in Italia………………………………………
5
3 – PA e cittadini in Rete: le statistiche…………………………...
9
4 – La banda larga………………………………………………… 26
5 – Italiani.it………………………………………………………. 29
6 – Pillole di e-government: Enti Locali in Rete………………….. 34
7 – E-gov a Roma: cosa bolle in pentola?………………………… 41
8 – Conclusioni di Paolo Zocchi, presidente Unarete…………….. 46
INDICE…………………………………………………………… 47
47
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il digital divide