1 1 – INTRODUZIONE La diffusione delle tecnologie ICT ha accelerato il processo di globalizzazione, ed ha favorito la nascita di un sistema in cui le attività economiche sono sempre meno legate al territorio e sempre più vincolate all’integrazione telematica dei vari attori; tuttavia, miliardi di individui sono ancora lontani dal beneficiare della grande trasformazione della comunicazione e dell’informazione. Tale processo, infatti, è stato tanto rapido quanto diseguale tra le diverse regioni del mondo, determinando così l’inasprirsi delle disparità socio-economiche tra le diverse nazioni e tra i diversi gruppi sociali. Col passare del tempo, ci si è quindi liberati dalla visione romantica e salvifica della tecnologia come automatica portatrice di benessere diffuso, e ci si è trovati di fronte ad un problema di enorme portata: il digital divide. Generalmente, con tale locuzione si indica il gap che separa la minoranza dei privilegiati connessi a Internet dalla maggioranza della popolazione che ancora non può accedere alle infrastrutture di comunicazione basilari: si pensi che meno del 6% della popolazione mondiale è connesso alla Rete, quasi esclusivamente dai Paesi industrializzati dove si trova l’88% degli accessi. Considerazione assai grave, se si pensa che nella new economy chi non può accedere a 2 Internet si trova nella stessa posizione di chi non era in grado di leggere e scrivere in quella tradizionale. Tali disparità si snodano lungo i consueti assi di potere, e vanno ad incrementare i privilegi di una élite transnazionale connotata da precise caratteristiche culturali, sociali ed etniche, oltre che sessuali. L’uso ed il controllo esercitato sulle ICT sono determinanti per stabilire il grado di partecipazione alla cybercultura ed il tipo e la quantità di benefici che questa partecipazione può significare per individui e Paesi. Il termine “digital divide”, quindi, evoca in primo luogo l’immensa sproporzione tra Nord e Sud del mondo, tra aree in cui Internet è realtà quotidiana ed aree in cui anche il telefono e l’energia elettrica sono commodities sconosciute. Di fronte a questo squilibrio che, di fatto, cancella la grande maggioranza degli uomini e delle donne dalla faccia digitale della Terra, sembra poca cosa anche la distanza che separa – all’interno del mondo sviluppato – Paesi come gli USA o la Finlandia dall’Italia o dal Portogallo. 3 Ma la particolarità del digital divide risiede nel fatto che esso opera a diversi livelli, dal globale al locale. Perché è vero che, ad esempio, il 57% degli utenti Internet risiede nelle aree metropolitane degli USA e del Canada mentre meno dell’1% da Africa e Medio Oriente; ma, se la maggiore drammaticità del tema risiede soprattutto nelle aree dei Paesi in via di Sviluppo, è anche vero che il gap tecnologico può riguardare anche proprio quel mondo occidentale avanzato ove le nuove tecnologie sono nate, si sono sviluppate, hanno generato modelli culturali vincenti. Si tratta dunque di una problematica che abbraccia aree via via più ridotte, dal globo, all’Italia, finanche alla città di Roma, al centro della nostra analisi. La prima frontiera del digital divide è proprio quella interna ai Paesi sviluppati. Se non si coglie questo punto fondamentale, sarà difficile avere una prospettiva corretta del divario digitale, e qualsiasi altra istanza di bridging della sperequazione comunicativa, anche a livello globale, rischia di venire compromessa. La riflessione sul digital divide impone quindi in primo luogo di guardare nell’ampio spazio del nostro cortile interno, laddove si dà per scontato che tutto funzioni per il verso giusto e sia indirizzato ad un armonico incedere del progresso, ma all’interno del quale sono presenti spesso livelli di sperequazione e isolamento paragonabili a 4 quelli che separano i Paesi in via di sviluppo dalle nazioni industrializzate. Concentrare l’attenzione sul divario digitale di un solo Paese, o di una sola area, o addirittura di una sola città, come nel nostro caso, può sembrare un esercizio pressoché sterile, un guardare al mondo con una lente di ingrandimento tanto forte da far perdere il senso delle proporzioni. Eppure in Italia, così come a Roma, sua capitale, vi sono ben evidenti segnali di una divaricazione tra aree territoriali e fasce della popolazione che stanno entrando a pieno titolo nell’era digitale ed altre che invece o vi si avvicinano troppo lentamente o addirittura si avviano ad una esclusione che potrebbe rivelarsi presto irrimediabile. 2 - IL DIGITAL DIVIDE IN ITALIA La sensazione diffusa è che oggi, in Italia, fa molto più notizia la crisi del settore dell’auto, o la condizione disastrosa delle infrastrutture di trasporto fisico su gomma e/o su ruota, o la ricorrente emergenza del sistema di distribuzione dell’acqua: tanto è vero che nelle priorità di intervento e di spesa del Governo il rinnovo degli ecoincentivi, il ponte sullo Stretto e gli interventi per l’Acquedotto Pugliese dell’innovazione tecnologica. 5 vengono assai prima E’ invece nostra convinzione che l’esistenza di un digital divide interno sia una delle minacce più gravi alla possibilità di uno sviluppo equo ed armonico del nostro Paese. Può sembrare una visione apocalittica, specie di fronte alla modesta entità del digital divide interno rispetto a quello globale. Ma è evidente che le persone e le regioni capaci di utilizzare le tecnologie digitali godono oggi di un vantaggio competitivo assai rilevante: ciò è vero per lo studente che può fare le sue ricerche su Internet, per il disoccupato che può vantare tra i suoi titoli una buona alfabetizzazione informatica, per l’istituto di ricerca che ha accesso alle banche dati delle grandi istituzioni, per l’area produttiva connessa in banda larga che attira imprese hi-tech anziché mobilifici, per l’ospedale che può trasmettere i risultati di una risonanza magnetica ad un grande centro diagnostico magari oltreoceano e contare su una expertise in tempo reale. Ma che su questa via il Paese proceda a velocità diverse non è soltanto una questione di vantaggio competitivo: è una vera e propria questione di democrazia sostanziale. L’esclusione digitale è infatti destinata a diventare una forma di esclusione complessiva da ambiti sempre più importanti della vita associata e finanche da veri e propri diritti di cittadinanza: basti pensare all’importanza che la Rete ha assunto nella circolazione delle informazioni e allo sviluppo di servizi pubblici erogati per via informatica e/o telematica. L’Italiano non digitale – o l’Italiano che abita in un’area digitalmente arretrata – è destinato 6 quindi ad essere di fatto un cittadino di serie B, raggiunto da meno servizi, da meno informazioni, da meno opportunità occupazionali e culturali, da meno possibilità di partecipazione. La questione cruciale sotto questo profilo è certamente il tasso di penetrazione di Internet: altri indicatori del livello di inclusione digitale sono pure significativi, ma non altrettanto determinanti per la piena partecipazione degli individui ai benefici ed alle opportunità offerti dalla società dell’informazione e della conoscenza. Sotto questo profilo il ritardo è ancora considerevole: a giugno 2002 gli utenti attivi di Internet in Italia erano, a seconda delle stime, tra 10 e 13 milioni: ciò significa che ancora più di tre quarti degli Italiani sono ai margini dell’aspetto essenziale della rivoluzione digitale. Una delle caratteristiche costanti del digital divide è la sua difficile definizione. Se guardiamo da lontano, la frontiera tra inclusi ed esclusi è chiara: ma appena proviamo a precisare meglio dove sta il confine, ci rendiamo conto che esso diventa sfuggente. Si pensa normalmente ad un ritardo del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, e ciò è in buona parte vero, ma 7 ci sono aree della Toscana più arretrate di altre della Sicilia e nella media i professionisti di Trapani sono assai più alfabetizzati degli operai metalmeccanici di Torino. Ma anche considerazioni di questo genere sono in realtà assai semplicistiche: più si approfondisce l’analisi, più la linea che separa inclusi ed esclusi si fa complessa e frastagliata, come una sorta di frattale. Non si è lontani dal vero se si dice che in buona sostanza – almeno in Italia e probabilmente in tutti i Paesi sviluppati – la demarcazione non può essere tracciata se non a livello di individui, è una frontiera silenziosa che attraversa le stanze di una stessa casa, che pone sui lati opposti i componenti di una stessa famiglia. La complessità del quadro è determinata dalla molteplicità dei fattori economici, geografici, sociali, culturali che contribuiscono a favorire o ad ostacolare l’inclusione digitale degli Italiani: qualunque analisi, qualunque proposta di soluzione deve perciò fondarsi sulla corretta individuazione dei parametri che meglio permettono di posizionare gli individui rispetto all’inafferrabile frontiera del digital divide. Urge pertanto un intervento, da parte delle istituzioni che, bisogna riconoscerlo, stanno seppur lentamente avvicinandosi al problema, abbracciando i benefici delle moderne ICT. 8 3 - PA E CITTADINI IN RETE: LE STATISTICHE Il processo di modernizzazione della pubblica amministrazione è oramai avviato e gli italiani dimostrano di apprezzare i cambiamenti. La tradizionale sfiducia nei confronti del pubblico si sta progressivamente sostituendo con un nuovo rapporto nei confronti della pubblica amministrazione: il 36% degli intervistati ne ritiene migliorato il funzionamento negli ultimi due anni, il 37% lo valuta invariato e 25% peggiorato. I giudizi positivi arrivano al 47% se ad esprimersi sono gli intervistati con un titolo di studio elevato, e cioè coloro che dispongono di maggiori opportunità per accedere ai nuovi servizi offerti dalla PA. La tecnologia, infatti, ed Internet in particolare, è uno degli strumenti chiave per migliorare la qualità dei servizi offerti secondo l’89% dei cittadini intervistati. D’altronde, gran innovative, sia parte delle sperimentali iniziative che già implementate, sono oramai conosciute da gran parte dei cittadini: il 65% è a conoscenza della carta di identità elettronica mentre il 52% conosce le reti civiche o i portali comunali. La fiducia nei confronti di Internet quindi cresce, così come la percentuale degli utenti: erano il 21,3% della popolazione nel 2000, sono il 32,1% oggi. La dinamica positiva è rafforzata da segnali di riduzione dei pericoli di esclusione. Si riduce, infatti, drasticamente la quota di coloro che fino a qualche anno fa erano completamente esclusi da Internet, perché non sapevano cosa fosse e che servizi offrisse, passando dal 12% al 4% della popolazione. Così come la 9 crescita è stato avvertita soprattutto al Sud dove gli utenti passano dal 14,9% al 29,1%, riequilibrando una situazione iniziale di ritardo rispetto al resto di Italia. Gli utenti a Sud sono quindi presenti e in aumento, lo stesso non si può dire per l’offerta di servizi, che è invece nettamente inferiore rispetto a Nord e centro Italia. Tuttavia circa il 68% degli italiani ancora non accede ad Internet. Il tema dell’accesso è di grande importanza se attraverso l’e-government le pubbliche amministrazioni si propongono di erogare servizi online ai cittadini. Allo stesso modo, è importante valutare quali siano i reali interessi e le predisposizioni del cittadino verso l’erogazione dei servizi e valutare le necessità di specifici gruppi di utenti: in primo luogo gli anziani, i disabili, gli stranieri. Ma per capire i dati sull’accesso ai servizi online bisogna prendere in considerazione i consumi di tecnologia più in generale e la propensione ad utilizzare strumenti e soluzioni che si discostano dalle abitudini consolidate. In merito al personal computer: il 36% degli intervistati lo possiede in casa e lo usa abitualmente, il 15% né può disporre in casa ma non lo usa personalmente, mentre il 49% non ne può disporre tra le mura domestiche. Se il personal computer è la porta fisica per accedere ai servizi online, il “denaro di plastica”, e cioè le carte di debito e di credito, sono il presupposto per accedere ai servizi avanzati a pagamento. Bene, in questo caso, gli italiani si dimostrano ancora più tradizionalisti e prudenti: il 46% degli intervistati non dispone di un bancomat mentre ben il 64% non 10 dispone di una carta di credito. D’altronde il 59% degli intervistati preferisce pagare le utenze domestiche utilizzando gli appositi bollettini di conto corrente e, quindi, recandosi periodicamente agli sportelli; il 40% ha scelto la più comoda soluzione della domiciliazione bancaria, lo 0,3% si avventura ricorrendo ai nuovi servizi telefonici o su computer. Se si confrontano tali dati con quelli relativi alla ancora esigua consistenza dei servizi online offerti dalla pubblica amministrazione, appare evidente come la fruizione online dei servizi e delle informazioni della pubblica amministrazione sia un traguardo ancora da raggiungere per gran parte degli italiani. Il processo di modernizzazione della pubblica amministrazione è avviato e visibile ma presuppone anche il sostegno a politiche in grado di indurre un cambiamento nella cultura e nelle abitudini sia interne agli enti sia tra la popolazione. Un cambiamento che richiede tempi lunghi, probabilmente più lunghi del previsto. Gli strumenti informatici stanno entrando nella vita delle persone (anche solo come “eco” mediatica), ma un quinto degli intervistati se ne dicono del tutto disinteressati (tab.2). Si tratta soprattutto di coloro i quali non entrano affatto, per motivi di studio o di lavoro, in contatto diretto con la tecnologia (casalinghe e pensionati). Chi ad ogni modo se ne interessa, lo fa a fini pratici. Nelle categorie di utenti meno interessate è alta la percentuale di chi, pur incuriosito dalle nuove tecnologie, vi si approccia con fatica: il 12,9% delle casalinghe e il 9,4% dei pensionati dichiarano di percepire 11 ostacoli in tal senso. Sono invece i giovani, gli studenti, a trovarsi maggiormente a proprio agio con le nuove tecnologie e a farne un uso abituale. Il 51,3% (tab.3) degli italiani possiede in casa un personal computer, sebbene nel 14,8% dei casi non venga utilizzato personalmente, ma dalla componente più giovane del nucleo familiare. Il computer in casa è però uno strumento piuttosto “condiviso” (è il 14,8% degli intervistati che dichiara di possederlo ma non utilizzarlo personalmente). Lo è meno, ad esempio, la consolle che è presente nel 29% delle case ma che viene utilizzata da singoli componente del nucleo familiare. Il telefono cellulare è la tecnologia più presente: il 79,6% delle persone lo possiede in casa e ne fa un uso personale. La percentuale è minore tra le persone con più di 65 anni, che utilizzano comunque il cellulare nel 53,6% dei casi. Le tradizionali tecnologie legate alla televisione (videoregistratore e televideo) sono comunque molto presenti nelle case degli italiani e si stanno a poco a poco introducendo i nuovi usi legati a lettore DVD e TV satellitare. Per quel che riguarda gli usi di altri strumenti al di fuori del contesto familiare (tab.4), il titolo di studio risulta discriminante nell’uso del PC presso il proprio luogo di lavoro o studio e, anche se in minor misura, per tecnologie legate a forme di pagamento elettronico. E’ comunque importante considerare che il 64,4% degli italiani non possiede la carta di credito, strumento principe dei servizi che prevedono pagamenti e acquisti online. 12 13 L’Italia non è ancora un “popolo di navigatori” del web, anche se c’è da aspettarsi che la crescita dell’utenza continui in modo rapido. Gli utenti sono attualmente il 32,1%, mentre tre anni fa erano il 23,1%. I nuovi utenti sono soprattutto del Sud, in maggioranza laureati (sono cresciuti dal 40,8% al 77,5%), o studenti (che arrivano all’84,6%). Internet si sta affermando come “infodomestico”, entrando nelle case degli italiani e diventando parte della dieta mediatica familiare. E’ infatti a casa in maggior misura che gli italiani accedono ad Internet, piuttosto che da lavoro o in luoghi pubblici. Solo il 4,6% si collega esclusivamente dal luogo di lavoro o studio e il 9,4% lo fa sia da casa che dal luogo di lavoro contro il 17,3% che si collega sempre e solo da casa. Il processo di alfabetizzazione informatica sta quindi seguendo un percorso “privato” e non pubblico. E’ l’introduzione delle tecnologie nelle case e l’uso a scopi ludici o di interesse personale a guidare gli italiani su Internet. Gli utenti sono rappresentati ancora dalla consueta fascia di élite, con più mezzi a disposizione e più istruita, del paese: sono più uomini che donne, al di sotto dei 45 anni, con un più elevato titolo di studio e una occupazione professionale. Da rilevare però il notevole aumento del numero degli utenti disoccupati, a conferma di un approccio non strettamente legato al luogo di lavoro. Un discorso a parte meritano le 14 donne: sono certamente più interessate agli aspetti pratici e meno agli aspetti tecnologici. Ne è conferma la loro ampia conoscenza di uno strumento quale il CUP (Centro Unificato di Prenotazione), con il quale si può entrare in contatto per effettivo bisogno, rispetto a tecnologie quali la firma elettronica che sono conosciute non solo da chi le usa effettivamente, ma anche dai “tecnofili”. L’uso di Internet è abituale per le attività di ricerca delle informazioni e per l’invio di posta elettronica: il 90,3% degli utenti di Internet naviga tra i siti alla ricerca di informazioni e il 60,8% dichiara di aver inviato o ricevuto una e-mail nell’ultima settimana (tab.9). Meno frequenti sono le attività di prenotazione, acquisto e transazione online e di pubblicazione su web. In queste due ultime attività è riscontrabile un particolare impegno di categorie in maggioranza lontane dall’uso di Internet: ciò significa che chi, con basso titolo di studio, età elevata fa uso di Internet è molto motivato e qualificato. Gli utenti potenziali: sono il 63,8% degli intervistati coloro che non sono ancora collegati ad Internet, ma lo conoscono e potenzialmente potrebbero fare parte della categoria degli utenti. Se non si sono ancora avvicinati è non tanto per un deficit di interesse, quanto di competenze. Infatti rispetto a 2 anni fa è diminuita la quota di coloro che si dicevano poco interessati (Internet in questi due anni ha avuto una forte risonanza, sui mass media, in generale positiva). Il problema che rimane è proprio quello della competenza e non tanto dei costi (le nuove tariffe e i collegamenti gratuiti, uniti ad un generale ribasso dei prezzi dei PC riducono la preoccupazione per gli aspetti puramente economici). Le casalinghe e i pensionati lamentano soprattutto un carenza di interesse, i disoccupati o non occupati sono bloccati dalla mancanza di competenze. 15 Gli esclusi: sono coloro che non si avvicinano ad Internet perché non lo conoscono e non sanno quali servizi offra: casalinghe, pensionati. Il loro avvicinamento al mezzo non è avvenuto neanche attraverso conoscenza indiretta: sono persone con bassa scolarizzazione e con minore partecipazione a reti sociali. Questa categoria è diminuita rispetto al 2000, passando dall’11,7% al 4,1% degli intervistati, grazie alla diffusione di informazioni sui mezzi di comunicazione, ma c’è da pensare che rappresenteranno uno “zoccolo duro” con particolare difficoltà ad approcciarsi concretamente con il mezzo. 16 17 18 Internet è considerato uno strumento che può incidere con efficacia nel processo di innovazione della pubblica amministrazione. Il 36,4% degli intervistati ritiene che la PA sia migliorata negli ultimi due anni (tab.10). Tale opinione può essere, almeno in parte, legata alla fiducia nell’adozione degli strumenti innovativi, dal momento che le categorie più convinte del miglioramento della PA sono quelle maggiormente interessate e attive nell’uso delle nuove tecnologie. Il 52,6% (tab.11) degli italiani è convinto che Internet possa migliorare molto la qualità dei servizi della pubblica amministrazione. Confrontando con i dati del 2000, la diminuzione della quota degli incerti, segno di una maggiore conoscenza del fenomeno Internet, ha inciso in senso positivo e non negativo: solo il 7,7% degli intervistati è dell’opinione che Internet possa avere poca capacità di migliorare la situazione esistente. 19 Avere un atteggiamento positivo verso l’innovazione non significa ritenere che la pubblica amministrazione debba cambiare del tutto il proprio modo di erogare i servizi al cittadino. Utilizzando un termine tipico dell’e-commerce, si deve attuare una click & brick strategy: accanto al nuovo interesse per il “click”, ovvero alle nuove modalità di erogazione dei servizi a distanza su base digitale, rimane pur sempre di fondamentale importanza il “brick”, il mattone, l’ufficio 20 fisico, per il miglioramento del quale vanno ugualmente previste azioni innovative. I servizi devono essere disponibili in entrambi le modalità, fisica/virtuale, per venire incontro alle abitudini e alle preferenze degli utenti. Il 50,6% (tab.12) degli intervistati ritiene che si debba iniziare con il migliorare i servizi già esistenti (magari con tecnologie di back office). Gli altri, maggiormente vicini agli strumenti tecnologici, ritengono invece utili i servizi a distanza: sono i più giovani e con titolo di studio più alto a prefigurare un “ufficio virtuale”, raggiungibile da casa. Tuttavia non si riscontra nemmeno tra queste categorie di utenza un aumento dell’interesse nei servizi a distanza tramite Internet, che rimane medium secondario rispetto a telefono e televisione. Entrambi gli atteggiamenti dimostrano però la volontà di prescindere da orari fissi e accentramento degli uffici. La nuova fruizione a cui ci si sta abituando, nel settore pubblico come nel settore privato, va verso l’ampliamento dei servizi, che si desidera siano disponibili in maniera più diffusa: apertura degli uffici in orari inconsueti e sportelli aperti in più sedi nel territorio, call center raggiungibili anche al di fuori dell’orario di lavoro, oppure servizi su Internet o TV raggiungibili da casa e quando si vuole nell’arco delle 24 ore. La fiducia verso Internet va di pari passo con la sicurezza e le opportunità date da un più alto livello di studio (tab.12): il 30,6% dei laureati ritiene importante un maggiore utilizzo di Internet nel favorire l’accesso a informazioni e servizi della pubblica amministrazione. I più giovani (tab. 13) ripongono maggiori speranze nei servizi a distanza, mentre i più anziani chiedono un miglioramento dei servizi già esistenti: in tutti e due i casi la tecnologia deve fungere da agente di semplificazione per rendere le attività più veloci (rapide), agili (pochi passaggi, poca fila) e vicine (sportello unico). 21 22 Gli utenti di Internet hanno fiducia nelle tecnologie, nel miglioramento della PA grazie alla tecnologia e iniziano ad usare Internet e gli strumenti informatici. I servizi a distanza che sono oggetto di questa domanda di innovazione (Graf.3) sono soprattutto i servizi di base: è ritenuto molto utile fruire di informazioni generali sulla città (54,7%) e disporre di strumenti per svolgere a distanza pratiche amministrative (47,4%) o anche di semplici informazioni sul “come fare” (46,1%). C’è ancora poca percezione di utilità nel pagamento online, ma probabilmente qui influisce una generale mancanza di fiducia per le transazioni economiche e il generale problema delle competenze. C’è inoltre minore interesse all’introduzione di spazi di partecipazione (che sarebbe invece il proprium di Internet) o al massimo in una accezione ristretta legata alla customer satisfaction (giudizi o suggerimenti sui servizi forniti). Strumento più conosciuto è la carta di identità elettronica, a dimostrazione del forte impatto della comunicazione mediatica nella conoscenza (quindi non necessariamente diretta) delle tecnologie. Le reti civiche, che dovrebbero rappresentare lo sportello virtuale della PA sono conosciute dal 51,6% degli intervistati (tab.14). 23 Poca offerta ma anche poca risposta per le prime sperimentazioni di servizi transattivi online. I servizi a distanza delle pubbliche amministrazioni su Internet si stanno sviluppando in modo particolare nei siti istituzionali. Qui la quantità di servizi informativi è andata crescendo, mentre tardano ad essere predisposti servizi online di tipo transattivo (tab.15), che consentono cioè di concludere a distanza la pratica amministrativa. Uno dei servizi che ha raggiunto già una discreta diffusione sui siti delle pubbliche amministrazioni locali è relativo al pagamento della Imposta Comunale sugli Immobili (ICI): è possibile il pagamento online dell’ICI nel 17,6% dei Comuni capoluogo italiani dotati di sito Internet istituzionale. La modalità preferita per il pagamento delle utenze domestiche rimane il bollettino di conto corrente (59,2%), ma anche la domiciliazione su conto corrente bancario (40,5%). Le “altre motivazioni” sono forse da ricercarsi in abitudini consolidate ad effettuare pagamenti in modo consueto. Se si escludono i casi in cui il pagamento non è possibile o non se ne conosce la possibilità, uno dei motivi di maggiore ostilità a 24 tali applicazioni tecnologiche è la poca fiducia verso il pagamento online, problema ritenuto principale dal 22% delle persone che non hanno effettuato il pagamento online. C’è maggiore fiducia nei servizi online nel loro complesso e i costi non rappresentano una preoccupazione (tab.16). 25 4 - LA BANDA LARGA Molto importante è poi capire il tipo di connessione ad Internet usato dalle famiglie, perché l’ampiezza della banda incide significativamente sul comportamento online degli utenti. L' ampiezza di banda, tecnicamente, è la differenza, espressa in Hertz (HZ) o in Bit per secondo, tra la frequenza più alta e quella più bassa del canale di trasmissione. Il suo valore indica la quantità di dati che possono transitare, nell' unità di tempo, attraverso il canale di 26 comunicazione e che normalmente è misurata in bit al secondo (bps). Per esempio, l' ampiezza di banda di un comune modem è di circa 15.000 bps, con cui si può trasferire una intera pagina dattiloscritta in 1 secondo. Per trasferire un filmato a pieno schermo e a pieno movimento necessita invece una ampiezza di banda di circa 10.000.000 bps. Per eseguire una video conferenza occorre una larghezza di banda che va da 128kbps a 1 Mbps, maggiore è il valore tra i due estremi e migliore sarà la trasmissione di immagini e suoni. L' ampiezza di banda è quindi la capacità di trasmettere informazioni lungo un canale di comunicazione in un determinato tempo. In pratica, a differenza di una connessione con un comune modem, la connessione a banda larga aumenta la capacità e la velocità di scambio delle informazioni con la Rete, facilitando l’uso di protocolli tipici della larga banda, quali audio-video e il trasferimento di files. C’è poi una differenza sostanziale tra utenti modem e utenti dotati di banda larga (es. fibra o ADSL); questi ultimi hanno infatti la possibilità di pagare una tariffa flat. Prolungando così i tempi di connessione. Nella tabella che segue, sono incluse nella definizione di banda larga la fibra (o cavo), il satellite, l’ADSL: connessioni always on (attive 24 ore su 24, con la possibilità di utilizzare una banda variabile da qualche centinaio di Kb a diversi Mb. L’ISDN (Integrated Services Digital Network) è un sistema di connessione telefonica digitale che consente la trasmissione dati in modalità dial up e con velocità da 64 a 128 Kbps. 27 L’utilizzo della banda larga, pari al 2,5% nel mese di Dicembre 2002, ha subito tuttavia un vistoso calo nell’ultimo trimestre dell’anno solare, come ci dimostra il grafico successivo. Intorno a Roma c’è un’area il cui sviluppo economico è molto meno forte di quello del resto della fascia che circonda la capitale. Si snoda verso nord lungo l’antico tracciato della via Flaminia, un’infrastruttura asfittica che non ha consentito di attivare insediamenti industriali. E’ il luogo ideale per mettere in piedi attività che si svolgano soprattutto online (salvaguardando, fra l’altro, un ambiente naturale ancora abbastanza vivibile). Ebbene, proprio a causa della scarsa rilevanza economica delle attività che vi si svolgono, quest’area è l’unica intorno a Roma in cui l’ADSL non c’è, e l’operatore telefonico dominante nemmeno prevede di installarlo. Vengono quindi a mancare le opportunità di sviluppo proprio dove sarebbero più necessarie. Questo è il digital divide: una linea che non passa per i tradizionali confini tra il nord e il sud, ma gli “have” e gli “have not”, cioè tra i ricchi e i poveri del progresso delle tecnologie. Ricchi e poveri non solo di infrastrutture, ma anche della cultura che serve a sfruttarle. E’ qui che devono intervenire le istituzioni. E’ su progetti di sviluppo “sostenibile” come quelli legati alle attività online che si devono concentrare le poche risorse finanziarie disponibili. Se non 28 riusciamo a risolvere il digital divide di casa nostra, che cosa andiamo a raccontare a casa d’altri? 5 - ITALIANI.IT Novecentomila siti registrati, una media consolidata di oltre 15mila nuove richieste al mese, tassi di crescita talmente esplosivi da far impallidire quelli che accompagnarono la nascita dei principali mezzi di comunicazione di massa (radio, tv o telefono). Sono i numeri dell’Internet made in Italy elaborati dalla Registration authority, l’organismo dell’Iit - Cnr di Pisa, Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche, che nel nostro paese assegna domini a targa .it. L’Iit - Cnr, in collaborazione con la Scuola superiore sant’Anna di Pisa, ha realizzato la prima statistica sullo stato 29 di salute del mercato dei domini .it, tracciando un inedito bilancio sulla diffusione di Internet nel Belpaese. Si scopre così che l’Italia è medaglia di bronzo in Europa per tasso di penetrazione della grande rete, alle spalle dell’irraggiungibile coppia Germania - Inghilterra che conta rispettivamente sette e quattro milioni e mezzo di nomi a dominio. Italia in prima linea, dunque, nella nuova rivoluzione mediatica, ma non senza forti squilibri tra aree ricche e povere. Non solo: il digital divide, il divario tecnologico tra chi ha accesso alle informazioni e chi ne è privo, sembra manifestarsi anche all’interno delle macroaree più ricche. In Lombardia, per esempio, Milano, capitale italiana delle registrazioni davanti a Bolzano, deve fare i conti con le performance mediocri di Pavia, Sondrio, Cremona e Lodi. Altri esempi sono il Lazio, dove solo Roma (quarta piazza assoluta) tiene testa al Nord industrializzato, e la Toscana, quarta regione italiana per diffusione di Internet alle spalle di Trentino Alto Adige, Lombardia e Lazio. In Toscana, però, mentre Firenze, Prato e Siena contribuiscono al buon risultato regionale collocandosi rispettivamente al terzo, quinto e decimo posto tra le province italiane, Grosseto e Massa Carrara (a ridosso del sessantesimo posto) affondano implacabilmente una media altrimenti da primato. Se Internet trova terreno fertile là dove si concentra il reddito, testimonianza di come la rete sia anche un modello di business e crescita economica, non secondario appare il ruolo di mezzo di comunicazione senza frontiere oggi assunto dall’infrastruttura telematica: prova ne è la crescita nel numero delle registrazioni promosse da privati cittadini e associazioni. Nella speciale classifica dell’Internet fai da te, gestito dai singoli cittadini, è il Lazio a trionfare prendendosi la rivincita su Lombardia e Toscana. E per il futuro? Le novità, fanno sapere dalla Registration authority, arrivano dal fronte delle registrazioni dei nomi a dominio .eu, 30 identificativo dei siti europei. L’Unione, come noto, ha assegnato la gestione del registro comunitario al consorzio Eurid di cui l’Iit - Cnr è autorevole componente. "Registrare un sito", anticipa Franco Denoth, direttore dell’Iit - Cnr, "costerà circa 10 euro. Bisognerà però attendere almeno il secondo semestre del 2004". Tassi di penetrazione in generale (calcolati ogni 10mila abitanti) Ranking regione tp generale 1 trentino alto adige 109,49 2 lombardia 103,32 3 lazio 92,48 4 toscana 91,29 5 friuli venezia giulia 81,79 6 emilia romagna 81,65 7 veneto 79,70 8 marche 77,22 9 piemonte 77,06 10 val d’aosta 70,20 11 umbria 68,22 12 liguria 64,94 13 abruzzo 49,33 14 campania 41,90 15 sardegna 41,70 16 sicilia 37,20 17 puglia 35,69 18 calabria 27,73 19 molise 27,57 20 basilicata 26,64 31 Tassi di penetrazione per siti aziendali (calcolati ogni 100 imprese) Ranking regione tp imprese 1 lombardia 9,59 2 lazio 8,94 3 trentino alto adige 8,36 4 friuli venezia giulia 7,74 5 piemonte 7,25 6 toscana 7,17 7 veneto 6,97 8 emilia romagna 6,54 9 marche 6,24 10 liguria 6,00 11 umbria 6,00 12 campania 4,89 13 sicilia 4,62 14 val d’aosta 4,55 15 abruzzo 4,45 16 puglia 3,95 17 sardegna 3,73 18 calabria 2,87 19 molise 2,63 20 basilicata 2,61 Tassi di penetrazione per siti personali (calcolati ogni 10mila abitanti) Ranking regione tp persone 1 lazio 18,52 2 toscana 14,46 3 lombardia 13,41 4 trentino alto adige 13,20 5 val d’aosta 11,94 6 umbria 11,66 7 emilia romagna 11,46 8 marche 10,15 9 friuli venezia giulia 10,05 10 liguria 9,69 11 sardegna 9,65 12 veneto 9,61 13 piemonte 9,51 14 abruzzo 9,07 15 campania 8,15 16 sicilia 6,82 17 puglia 5,88 18 calabria 5,76 19 basilicata 4,90 20 molise 4,50 32 Tassi di penetrazione per associazioni (calcolati ogni 10mila abitanti) Ranking regione tp assoc. 1 trentino alto adige 5,96 2 lazio 5,61 3 friuli venezia giulia 4,00 4 toscana 3,99 5 lombardia 3,77 6 emilia romagna 3,38 7 umbria 3,01 8 liguria 2,98 9 veneto 2,97 10 piemonte 2,89 11 marche 2,88 12 val d’aosta 2,84 13 sardegna 2,36 14 abruzzo 2,25 15 molise 1,64 16 sicilia 1,61 17 campania 1,44 18 calabria 1,40 19 puglia 1,27 20 basilicata 1,07 Tassi di penetrazione provinciali (calcolati ogni 10mila abitanti) Ranking provincia tp generale 1 milano 144,99 2 bolzano 126,19 3 firenze 119,38 4 roma 108,82 5 prato 101,50 6 bologna 101,23 7 udine 94,91 8 trento 93,73 9 padova 92,37 10 siena 92,35 11 modena 91,38 12 torino 90,26 13 pisa 88,96 14 reggio emilia 88,25 15 vicenza 87,74 16 rimini 87,25 17 verona 86,43 18 brescia 85,34 19 ancona 84,85 20 asti 83,97 33 6 - PILLOLE DI E-GOVERNMENT: ENTI LOCALI IN RETE Creati prevalentemente per favorire la comunicazione istituzionale, i siti web pubblici stanno rafforzando i servizi online e i contenuti. Il rapporto sulle Città digitali descrive tutti i cambiamenti in corso. Alla base del 7° Rapporto sulle Città digitali in Italia, presentato il 24 febbraio 2003 a Roma da RUR, Censis, Formez e Dipartimento della Funzione Pubblica, c’è una rigorosa metodologia d’analisi, messa a punto nel corso degli anni e basata su criteri oggettivi. Ciascun sito viene analizzato da una squadra di rilevatori, la quale misura circa 100 indicatori, sia di tipo strettamente tecnico che qualitativo. I valori degli indicatori vengono “normalizzati”, cioè resi omogenei, e “pesati”, dopo essere stati raggruppati in 6 famiglie, riconducibili ad altrettanti temi, che possono essere visti come le 6 dimensioni tramite le quali è possibile leggere il fenomeno. In tal modo, è possibile ricavare un unico valore per ciascuno delle 6 “dimensioni”. Dalla media dei 6 valori si ricava l’indice ARPA (Analisi delle Reti della Pubblica Amministrazione), che esprime infine con un unico valore la qualità del sito analizzato. Grazie all’indice ARPA, vengono stilate ogni anno le classifiche degli Enti locali online, ma la stessa analisi complessiva di ciascuno dei 6 temi fornisce indicazioni preziose per l’interpretazione del fenomeno dell’e-government locale. E’ interessante notare, dunque, cosa ha fatto emergere l’indagine svolta nel corso del 2002, per ciascuna delle 6 aree tematiche; indagine che, anche se priva di forte attualità, mette in evidenza alcuni movimenti interessanti. 34 - Contenuti istituzionali e trasparenza amministrativa: Le PA sembrano aver compreso che il web non è semplicemente un nuovo canale per replicare le forme canoniche della comunicazione istituzionale: la visibilità dell’amministrazione attraverso Internet comporta la riorganizzazione ed il ripensamento della propria offerta informativa e di servizi, per adattarla al mezzo. Rispetto all’anno precedente, in particolare, è cresciuto l’impegno a descrivere in maniera esauriente le strutture dell’amministrazione, con una più consapevole e ragionata logica di presentazione, che evidenzia con chiarezza obiettivi e compiti dei vari uffici. Tra i servizi finalizzati alla trasparenza, c’è da segnalare un incremento notevole della pubblicazione delle delibere di Giunta. Gli stessi URP raffinano i propri strumenti, adottando tra le altre cose nomi originali e facilmente memorizzabili per i servizi online. Ma se è cresciuta negli anni la capacità comunicativa degli Enti pubblici su Internet, è stata prestata minore attenzione alla capacità degli strumenti interattivi di stimolare la partecipazione attiva del cittadino all’azione amministrativa, perdendo – almeno per il momento – la possibilità di far partecipare i cittadini alla discussione su temi di interesse collettivo. - Qualità e interattività dei servizi: Il panorama dei servizi online disponibili ha mostrato nel 2003 una crescita contenuta. Ma si tratterebbe di un anno di attesa, poiché molte amministrazioni hanno lavorato in fase di progettazione in occasione del bando di egovernment. Degli 80 servizi per cittadini e imprese definiti “prioritari” dal Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, ne è 35 stato selezionato per l’analisi un nucleo di 12, che attualmente si assestano tutti ad un livello essenzialmente informativo. Il livello massimo di interazione (transazione completa) si raggiunge solo per l’ICI, che è possibile pagare online nel 17,6% dei casi analizzati. Il ritardo nell’implementazione di procedure di pagamento telematico, secondo il Rapporto, non è da ricondursi a fattori riguardanti la disponibilità di soluzioni tecnologiche, bensì ad una cultura “digitale” ancora poco radicata, sia da parte delle amministrazioni che degli utenti. La crescita dei servizi avverrà molto probabilmente sui nuovi Portali di servizi che stanno nascendo dalla collaborazione tra le istituzioni locali, le public utilities, i soggetti privati, le altre amministrazioni. - Usabilità e accessibilità: Nonostante una maggiore sensibilità diffusa e le diverse “linee guida” pubblicate sul tema, usare e accedere ai siti Internet delle istituzioni locali non si rivela a tutt’oggi un’esperienza priva di barriere. Ricordiamo che per usabilità si intende la facilità con cui un sito ci permette di raggiungere i nostri scopi e per accessibilità la possibilità di poter usufruire dei diversi servizi anche da parte di persone con disabilità di vario tipo. Nel campo dell’usabilità e accessibilità, si presenta con forza il tema della formazione degli operatori: di chi sviluppa il sito, di chi lo gestisce, di chi immette i contenuti. Rendere i siti web semplici ed 36 intuitivi dovrebbe infatti essere considerato un principio cardine, in fase di progettazione, ma tale attenzione richiede un livello di professionalità che attualmente è riscontrabile solo in una parte delle amministrazioni locali che si sono dotate di un sito Internet. Sul fronde della usabilità, da segnalare l’affermazione della metafora degli “eventi della vita” come paradigma di riferimento per presentare all’utente i diversi servizi. Questi non verranno più presentati in base alla suddivisione dell’Ente in uffici, ma sulla scorta di una semplice tassonomia fondata sui principali eventi della vita: studiare, avere una casa, fare un figlio, lavorare, andare in pensione, eccetera. - Cooperazioni, relazionalità e communities: Il sito Internet dell' amministrazione pubblica, già solo per sue caratteristiche strutturali, è uno strumento di creazione di reti: reti redazionali, reti di soggetti istituzionali, reti di soggetti non istituzionali attivi sul territorio, reti di cittadini. Di fronte alla molteplicità degli apporti e delle collaborazioni, sempre più estese, i siti Internet hanno subito dei cambiamenti di natura morfologica. Vantaggi e svantaggi delle scelte relative ai legami relazionali tra le varie aree del sito sono legate, soprattutto, agli aspetti di orientamento, riconoscibilità istituzionale, raggiungibilità e memorizzazione dei siti e delle loro sezioni. Tuttavia, all’interno dei siti istituzionali, si stenta a fare ricorso a strumenti in grado di favorire la creazione di “communities” tra gli utenti del sito stesso. Si perde in tal modo un’occasione di “fidelizzare” l’utente al sito istituzionale, di fare di questo un luogo di incontro e di scambio. Nella realtà dei siti istituzionali delle PA locali, laddove questa possibilità sembra essere stata compresa, non si riconosce un progetto strutturato, una strategia che punti alla costruzione di una vasta community con moderatori, programmi e obiettivi ben definiti. 37 - Marketing territoriale e sviluppo economico: Gli strumenti telematici si rivelano, per i progetti di sviluppo territoriale delle PA locali, un valido ausilio, per la loro carica di innovazione e per le possibilità di scambio ed estensione della conoscenza. Le iniziative più incisive sono quelle in grado di stabilire cooperazioni tra più enti istituzionali, con privati e terzo settore, per raggiungere il medesimo obiettivo della promozione del territorio. Ma è ancora piuttosto ridotto l' impegno degli Enti locali per attrarre investimenti sul territorio attraverso Internet. Anche la semplice informazione sulle attività economiche esistenti è carente: tali informazioni sono presenti, rispettivamente, nel 20% e nel 24% dei siti di province e comuni capoluogo. Non vengono, inoltre, informati adeguatamente gli investitori circa le opportunità e le agevolazioni finanziarie. Buone prospettive potrebbero derivare da una maggiore diffusione degli sportelli unici per le attività produttive (SUAP) e dalla creazione di “reti di SUAP” territoriali. Gli sportelli telematici sono attualmente abbastanza diffusi, sebbene ancora non in grado di fornire transazioni complete. E’ possibile, ad ogni modo, avviare la procedura di erogazione del servizio nel 13,7% dei siti dei comuni capoluogo. - Professionalizzazione dei dispositivi tecnologici: Banda larga e wireless sono le applicazioni su cui maggiormente si punta a livello governativo per realizzare una “economia basata sulla conoscenza”. L' innovazione, tuttavia, sembra per il momento destinata ad essere declinata nelle forme più canoniche della telematica basata su siti web e su semplici servizi multicanale. In questo contesto, le amministrazioni devono rendere i dispositivi tecnologici dei propri siti 38 Internet agili, per facilitare la navigazione attraverso linee ancora troppo lente e onerose connessioni tariffate a tempo. I tempi di caricamento delle pagine Internet, ad esempio, risultano ancora per la maggior parte eccessivamente lunghi: dall’indagine emerge inoltre che nelle pubbliche amministrazioni locali la presenza di sistemi Open Source è ancora marginale, ma comunque significativa, in termini di prospettive per i prossimi anni. Ricordiamo che l’Open Source è una forma di software basata su standard aperti, cioè che non appartengono a nessuno in particolare, essendo sviluppati da comunità libere di sviluppatori. E’ in sostanza una formula che mira a rendere le organizzazioni indipendenti dalle grandi multinazionali del software, la Microsoft in particolare, che finiscono per pesare fortemente sui bilanci delle organizzazioni con le proprie royalties. - La classifica del web istituzionale: Grazie al metodo ARPA è possibile stilare, da 7 anni a questa parte, delle speciali classifiche di qualità dei siti istituzionali nelle 4 categorie di: Regioni, Province, Capoluoghi di Provincia, Comuni con più di 5.000 abitanti. Tali classifiche, oltre a formare inevitabilmente delle graduatorie di merito tra i diversi Enti, consentono di ricavare delle utili chiavi di lettura rispetto allo sviluppo dell’e-government. Ad esempio, negli scorsi anni abbiamo assistito ad una prevalenza delle città di dimensioni medie (Bologna, Modena, Siena) e ad un dominio territoriale delle regioni dell’area centro-settentrionale “rossa” (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Ligura). Poi hanno cominciato ad emergere città 39 più grandi, come Roma, maggiormente dotate di risorse per far fronte alla complessità tecnologico-organizzativa dell’e-government. Tra le recenti “novità”, una è abbastanza clamorosa: il “sorpasso” dell’Emilia-Romagna, da parte delle Liguria, nella classifica delle regioni, dopo anni di dominio assoluto. Se si va a vedere come è composta questa nuova supremazia, ci si avvede del fatto che è generalizzata, poiché interessa tutti gli indici settoriali, ad eccezione della sola qualità tecnologica. Le Province sono decisamente più instabili, ma la parte alta della classifica è sempre dominata da una forte componente emiliano-romagnola. Non è cambiata molto invece la classifica dei Comuni capoluogo, dove c’è da notare soprattutto il ritorno in vetta di Modena e Pesaro, due centri all’avanguardia sin dai primi anni di sviluppo dei servizi comunali online. Tutta la classifica di quest’anno risulta più in linea con le tendenze storiche del settore, i cui scostamenti dello scorso anno erano evidentemente imputabili ad un certo impasse di fronte alla prospettiva di dovere andare necessariamente oltre la fase avanguardistica delle reti civiche. Il dato che comunque deve continuare a farci riflettere è lo squilibrio territoriale tra Nord e Sud. La telematica, tecnologia a basso costo, avrebbe potuto costituire occasione di riscatto per i territori più svantaggiati, ma così non è stato. 40 7 - E-GOV A ROMA: COSA BOLLE IN PENTOLA? Il digital divide ha suscitato la preoccupazione degli addetti ai lavori, e costituisce l’oggetto di iniziative e studi nell’ambito dei professionisti delle ICT e in particolare dell’e-government: ma la percezione generale è ancora vaga e distratta, come se si trattasse appunto di una questione che può interessare soltanto gli addetti ai lavori e i patiti di tecnologie. Affrontando questo tema, abbiamo scambiato delle impressioni con l’ing. Francesco Loriga, dell’Assessorato per le Pari Opportunità cui fa capo la d.ssa Mariella Gramaglia. Roma è attualmente impegnata, con altri 57 Comuni d’Italia, nel progetto People, finalizzato alla creazione di un portale federato di servizi per i cittadini. Tale partecipazione ha, in primis, la finalità di estendere, integrare ed arricchire quello che, ancor oggi, viene ritenuto un mezzo importante di comunicazione con i cittadini: il call center 060606 (che attualmente riceve tra le 70.000 e le 80.000 chiamate al mese). Si è convinti infatti che tale sistema relazionale, nonostante utilizzi una tecnologia “antica” come quella del telefono, sia in realtà molto moderno per una serie di motivi. Anzitutto, è convinzione diffusa (anche se non pienamente condivisibile) che il telefono consenta di superare il problema del digital divide: si tratta infatti di un mezzo che non divide, bensì unisce, perché ormai lo usano e lo sanno usare praticamente tutti. A 41 tale argomentazione si potrebbe tuttavia eccepire che, in tal modo, si cerca di elidere l’impellente necessità di una capillare alfabetizzazione informatica. L’idea forte è tuttavia quella di integrare il call center con gli altri strumenti già esistenti, come il Portale del Comune di Roma (www.comune.roma.it), ed altri piccoli canali che sono oggetto di sperimentazione, come le informazioni via sms su canali tematici. L’obiettivo è quello di creare un portale multicanale: un portale cioè dove Amministrazione e cittadino, pur avendo a disposizione diversi canali, possano comunicare indifferentemente su un canale e sull’altro, in andata e in ritorno. Tale portale deve presentare, a monte, una struttura organizzativa di gestione del back office, inizialmente per il call center ma che verrà poi estesa a tutto il sistema (che tra l’altro sarà rinnovato a breve, visto che si sta chiudendo la gara d’appalto). Ciò sarà possibile grazie ad alcuni strumenti di CRM (Customer Relationship Management), alcuni dei quali sono peraltro già in uso: essi permettono di catalogare le richieste dei cittadini attraverso un ID, di assegnarle ad un operatore “generalista” di primo livello e, nel caso in cui questi non sia in grado di fornire una risposta adeguata, di passarle ad un secondo livello in cui operano dipendenti specializzati del Comune (il caso viene quindi “tracciato” attraverso i meccanismi di CRM). Obiettivo è quello di fornire al cittadino una front-line unica, chiara, accessibile e multicanale, rivolta anche a chi non usa internet o non ha 42 un cellulare; che consenta cioè di lasciare all’utente la decisione in merito a quale canale utilizzare. Il Comune di Roma cercherà di vincere questa scommessa, da un lato aprendo nuovi canali, e dall’altro creando nuovi servizi on-line che affianchino quelli già esistenti. Allo stato attuale, sul sito Internet del Comune di Roma sono raccolte in aree tematiche le informazioni utili della città. Nella sezione dei servizi è possibile visualizzare in modo dettagliato le ultime decisioni della Giunta Comunale in ordine cronologico. Nella pagina “Consultazione delibere” un motore di ricerca consente di cercare nell’archivio che raccoglie le delibere di Giunta e Consiglio dal 1999 al 2002. Per conoscere invece gli orari dei dipartimenti del Comune è sufficiente selezionare l’ufficio apposito. La “Guida ai servizi” introduce poi a molte pagine utili: autocertificazione, commercio, elezioni, famiglia, scuola, sociale, stranieri, tributi. Nella sezione “Bandi Concorsi” si possono scaricare in formato doc, rtf, txt, pdf i testi relativi. Nella pagina “Elezioni” si possono consultare i dati a partire dal 1996 fino al 2001. Tra le rubriche tematiche “Ambiente” dove è possibile cercare le autofficine autorizzate per l’assegnazione del bollo blu e accedere allo sportello unico per il rilascio autorizzazioni per le attività estrattive, per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti. Nella sezione “Anagrafe” le notizie per ottenere tutti i certificati, il codice fiscale, il libretto di lavoro, la carta d’identità. Nella rubrica “Animali” si trovano invece i contatti per 43 denunciare i maltrattamenti, gli animali morsicatori e abbandonati, gli indirizzi del pronto Soccorso e degli ambulatori. Più avanti nella pagina “Casa” sono disponibili le informazioni sulla graduatoria alloggi, i buoni casa, i progetti del Campidoglio. Il sito di “Roma Economia” propone invece un’analisi sulle attività e sull’andamento economico del contesto romani, mentre il sito di “Roma Lavoro” guida il visitatore a tutti i contatti utili per le problematiche occupazionali della città. Nella pagina “mobilità” sono riepilogate le disposizioni per le soste, i permessi, i contrassegni, e sono riportati i dati sull’inquinamento atmosferico. nella pagina dei “Tributi” è possibile scaricare la modulistica Ici, Tarsu, conoscere orari e telefoni degli uffici tributari. Nella rubrica “Scuola” si può consultare l’elenco degli asili nido, delle varie scuole, delle mense, le informazioni per i buoni libro e per le borse di studio. Proprio in questa sezione si registra una recente novità, che segna un primo passo verso l’interattività, in un panorama che, come abbiamo avuto modo di vedere, è prettamente informativo. Si tratta della possibilità per i cittadini di pagare in via telematica le quote contributive degli asili nido (per bambini da 1 a 3 anni), della refezione e del trasporto scolastico (per bambini da 4 a 10 anni). Verrà spedito ai genitori (il servizio coinvolgerà circa 140.000 bambini) un bollettino prestampato, che consentirà loro di pagare la quota o presso un ufficio postale o direttamente via Internet, attraverso un codice pin; la novità 44 importante da un punto di vista organizzativo, oltre al fatto che si tratta di un pagamento telematico, è l’assegnazione di un codice ad ogni singola transazione; ciò darà la possibilità a tutti gli utenti registrati di verificare la propria posizione contributiva in qualsiasi momento. Occorrerà a tal fine procedere ad un rinnovamento di alcune strutture informatiche dell’Amministrazione, ma si tratta di una scommessa su cui si punta molto, in quanto: • dovrebbe semplificare notevolmente il lavoro degli uffici amministrativi, che non si troveranno più al cospetto di bollettini compilati manualmente, spesso incompleti o di difficile comprensione (attualmente 40-50 dipendenti al mese sono occupati solo per fare la spunta dei singoli bollettini), in quanto basterà scaricare un file di rendicontazione contenente i codici; • dovrebbe consentire ai cittadini romani di iniziare ad usufruire di una suite di servizi on-line (pagamenti, dichiarazioni, richiesta certificati, visure anagrafiche), attraverso un sistema di registrazione degli utenti che sta per essere messo a punto con l’appalto del nuovo Portale (un po’ sulla scia di ciò che ha fatto il Comune di Torino con il Progetto “Torino Facile”). Il punto che desta, a nostro avviso, maggiori perplessità, risiede nel fatto che il Comune di Roma sta seguendo un percorso di innovazioni molto “leggere”, che richiedono un minore “sforzo” tecnologico sia dal lato “offerta” che dal lato utente. Pur riconoscendo, quindi, la validità di strumenti innovativi come la CIE o il WI-FI, si denota una sorta di “timore reverenziale” dinanzi a sì tanti “mostri” tecnologici. 45 In definitiva, i due filoni che il Comune di Roma sta seguendo attualmente vanno nella direzione di integrare Portale e Call Center (attraverso le gare d’appalto di entrambi, e attraverso il progetto People, molto importante per scambiare esperienze con altre realtà) e di creare nuovi servizi fruibili on-line, per dar vita a delle best practices, piuttosto che avviare rischiosi processi di ristrutturazione generale. 8 – CONCLUSIONI DI PAOLO ZOCCHI, PRESIDENTE UNARETE 46 INDICE 1 – Introduzione…………………………………………………... 2 2 – Il digital divide in Italia……………………………………… 5 3 – PA e cittadini in Rete: le statistiche…………………………... 9 4 – La banda larga………………………………………………… 26 5 – Italiani.it………………………………………………………. 29 6 – Pillole di e-government: Enti Locali in Rete………………….. 34 7 – E-gov a Roma: cosa bolle in pentola?………………………… 41 8 – Conclusioni di Paolo Zocchi, presidente Unarete…………….. 46 INDICE…………………………………………………………… 47 47