Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0098 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,26 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Racconti e preghiere per ragazzi ● La parola del direttore (don Luigi Canal) pag. 1 ● Storie... missionarie (don Ezio Del Favero) pag. 3 pag. 4 pag. 20 pag. 36 pag. 52 pag. 68 * Generosità – dono di sé * Rispetto per la Creazione * Sobrietà e stili di vita evangelici * Speranza e ricompensa * Fede e santità ● Preghiere e riflessioni pag. 84 ● Recensioni (Mario Bottegal) pag. 97 Notizie Centro Missionario di Belluno-Feltre HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO : Mario Bottegal, don Luigi Canal, don Ezio Del Favero, Gianfranco Olivier, Josè Soccal e Chiara Zavarise. FOTO A CURA DI Josè Soccal REDAZIONE C/O: Centro Missionario Belluno-Feltre Piazza Piloni, 11 - 32100 Belluno – Tel. 0437 940594 centro.missionario diocesi.it www.centromissionario.diocesi.it Direttore di redazione don Luigi Canal Responsabile ai sensi di legge don Lorenzo Dell’Andrea Stampa Tipografia Piave Srl - Belluno Iscrizione al Tribunale di Belluno n. 1/2009 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0001 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK LA PAROLA DEL DIRETTORE “Cari bambini e ragazzi, dicembre 2010 pubblici quando vidi avvicinarsi due donne, ciascuna conducendo un cane a passeggio. Ma una aveva un cane grande, mentre l’altra uno piccolo. Allora la prima si rivolse al suo cane grande e disse: «Vieni, amore, che ti mostro un bel bambino!» e lo avvicinò al cane piccolo accarezzandolo. Io ho sentito dentro di me uno sdegno violento, da rabbrividire, pensando a quanti cani qui da noi fanno vita da “bambini”, con attenzioni, cure, cibo, vestiti ed abitazioni da nababbi, mentre so quanti bambini nel Sud del mondo fanno vita da cani, abbandonati per le strade, senza cibo, senza una carezza, senza cure, disprezzati da tutti e senza neanche una cuccia per ripararsi di notte. I bambini avranno sperimentato qualcosa di immensamente bello nel momento in cui si incontrarono con Gesù che li abbracciava e benediceva. E quando Gesù chiese ad alcuni curiosi: “chi cercate?”, questi questo libretto parla di voi ed è per voi! È come una lettera che, attraverso immagini e racconti, i bambini del Sud del mondo, con i nostri missionari lontani, vi mandano per sentirsi più vicini a voi. E quando si è vicini, si sentono i battiti del cuore gli uni degli altri, si percepiscono i sospiri, di gioia e di dolore, e si arriva a intuirne anche i sogni. Guardate gli occhi di questi bambini: sono loro che vi parlano! Dite anche ai vostri amici, ai vostri fratelli, genitori, nonni... che si specchino in questi occhi! Anche Gesù lo ha fatto spesso e non esitò a rimproverare chi si infastidiva con la presenza dei bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite... perché di essi è il Regno dei cieli!». Succede anche oggi che non tutti gli adulti amino i bambini come Dio comanda. Sentite questa. Stavo passeggiando per i giardini 1 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0002 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK che il modo più bello per vivere è far dono ad altri della vita che Lui ci ha donato. E allora ci impegneremo perché nessun bambino sia più condannato ad una vita da cani e per arrivare a questo bisogna che qui da noi nessun cane abbia più privilegi di un bambino. Darsi da fare in questa direzione significa diventare missionari. Bambini e ragazzi missionari! Qui trovate storie e preghiere per arrivarci! Vi salutano con tanta voglia di conoscervi, i vostri amici del Centro Missionario Diocesano si interessarono per sapere che vita conduceva Lui ed allora Gesù, fissandoli negli nocchi, li invitò a seguirlo: «Venite e vedrete». Ed essi «andarono, videro dove abitava Gesù e rimasero con lui». Questo libretto vi aiuterà a fissare lo sguardo su Gesù, attraverso tante storie interessanti e soprattutto attraverso la preghiera che diventa così l’incrocio di due sguardi, che fanno palpitare due cuori e vi farà gridare a tutti: «In questi bambini, abbiamo incontrato Gesù... Venite anche voi e vedrete!». Impareremo da Gesù ” e lo zio più anziano, che è don Luis 2 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0003 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Storie... missionarie – di don Ezio Del Favero – Anche i bambini e i ragazzi sono chiamati alla testimonianza. Come piccoli missionari, possono e devono vivere i valori proposti dal Vangelo. Le pagine seguenti propongono delle raccolte di favole, leggende, racconti, preghiere, riflessioni... che aiutino a riflettere specialmente i più giovani, ma non solo, sulle responsabilità dei cristiani. Siamo “missionari” inviati a testimoniare la generosità e il dono di sé, la Fede e il rispetto per la Creazione, la sobrietà e gli stili di vita adeguati al Vangelo, la speranza che racchiude la ricompensa, la vocazione alla santità... 20 - Il diamante e la rugiada 21 - Il pescatore e il pesce parlante 22 - La betulla vanitosa 23 - La campanella d’argento 24 - La pigrizia e l’oro Generosità - Dono di sé 1 - Il bambino e la vetta 2 - Il Magio Pellerossa 3 - La Befana e il bambino Gesù 4 - La stellina luminosa 5 - Lo specchio della fiera 6 - L’uccellino e il Tempo 7 - L’ultimo pezzo di pane 8 - Stella Lontana Speranza e ricompensa 25 - I due fratelli e le uova 26 - Il Messaggio e la Ricompensa 27 - Il sarto e la fortuna 28 - La foglia e l’autunno 29 - La grotta e la cometa 30 - La pietra inutile 31 - L’acqua della fecondità 32 - L’albero spoglio Rispetto per la Creazione 9 - Al chiaro di Luna 10 - I colori degli dèi 11 - I petali della ragazza 12 - I soffioni di maggio 13 - Il posto dei fiori 14 - Il rispetto delle creature 15 - L’isola Alberia 16 - Melikki e la balena Fede e santità 33 - Il giardino di San Valentino 34 - Il mendicante e il principe 35 - Il pastore e il Rosario 36 - L’albero della Vita 37 - La leggenda di San Nicola 38 - Le Maghe e il nuovo Dio 39 - Santa Lucia e l’asinello 40 - Saratin e il Re crocifisso Sobrietà e stili di vita evangelici 17 - I fannulloni del Buon Fiume 18 - I figli e la Verità 19 - I tre figli salvatori 3 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0004 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 1 – Il bambino e la vetta U Un tempo, c’era una valle, fertile e verde, sulla quale incombeva l’ombra perenne di un’enorme montagna. La montagna era così alta e massiccia, da non lasciar passare né luce né calore, cosicché gli abitanti erano sempre infreddoliti, anche d’estate. Costoro si erano abituati a vivere all’ombra e al freddo, ma avrebbero voluto, almeno di tanto in tanto, sentire il tepore dell’estate. Guardando la vetta della montagna, alta come le nuvole, dove il sole giocava con le rocce e i nevai, qualcuno sognava di andare fin lassù, ma poi non osava avvicinarsi alle aspre balze della montagna, dove di notte, fra le rocce, si sentivano strani rumori. E così gli abitanti della valle attendevano pazientemente che il vento e il tempo consumassero la montagna, così da far passare il sole. 4 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0005 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Un bel giorno, in quel paese nacque scoraggiava qualche volta quando, da un bambino. Non era né più forte, né lontano, osservava quelle pareti di più grande e neanche più intelligente granito che salivano a picco, quasi verdegli altri. Non aveva insomma niente ticali, così lisce. Ma quando le di speciale. Soltanto, crescendo, co- guardava da vicino, scopriva sempre minciò a pensare che non aveva un appiglio cui attaccarsi e una screnessuna voglia di stare ad aspettare il polatura dove mettere i piedi. Una bel tempo, un po’ di luce e di calore, mano dopo l’altra, un piede dopo per tutta la vita: «Tenterò di salire l’altro, il ragazzo ricominciava e saliva. Finalmente raggiunse la vetta. Lassù lassù!». Quando la gente seppe che il sentì il tepore dei raggi del sole. Trovò bambino voleva salire sulla grande che era semplicemente formidabile. montagna, tentò in tutti i modi di dis- Allora guardò in basso e, rivolgendosi agli abitanti della valle suaderlo: «È una parete piccoli piccoli, cominciò troppo ripida e liscia, a gridare: «Venite, cadrai dopo pochi metri Capì che era quello venite! Vedete bene che e ti sfracellerai»... il “ruggito” che fasi può salire!». «Nelle caverne abitano ceva tanta paura alla Alcuni, che avevano bestie mostruose, non gente della valle. seguito con il fiato sosenti come ruggispeso l’ascensione del scono?»... «Mai bambino, lasciarono la nessuno è salito lassù. valle e cominciarono ad Chi credi di essere?»... Noncurante dei consigli, il ragazzo arrampicarsi. Altri si misero a prepreparò uno zainetto, impugnò un ro- parare i bagagli per partire. Ma, siccome volevano portare con sé tutte busto bastone e partì. All’inizio procedeva lentamente, le cose più care, non riuscivano mai a scegliendo con molta attenzione gli decidersi. Molti non avevano la appigli. Si accorse che, vista dal basso, minima intenzione di muoversi, prela parete della montagna sembrava ferendo attendere che la vecchia veramente liscia e scivolosa, e pareva montagna si consumasse per lasciar davvero impossibile che qualcuno po- passare il bel tempo. Da quel giorno, ogni volta che tesse riuscire a scalarla. Ma più si avvicinava alla roccia, più scopriva fen- qualcuno arriva sulla vetta si mette a diture, corridoi, nevai abbastanza gridare e l’eco della montagna ripete: agevoli. Salendo, vide un baldanzoso «Venite, venite, venite!». torrente che si infilava rombando fra le *** rocce e capì che era quello il “ruggito” Gesù ed altri “grandi” della storia, che faceva tanta paura alla gente della come il ragazzino della leggenda, invalle. Ora, non aveva più alcuna paura. Si dicano la via, pur difficile, per trovare arrampicava, lento, ma inesorabile. Si “luce e calore”. “ ” 5 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0006 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 2 – Il Magio Pellerossa B specie di pigna gialla. Poi partì per una lunga strada, che presagiva difficile, verso l’Oriente. Con il cuore in festa, il piede leggero e la testa piena di canti, l’indiano non notò un puma che lo seguiva. Ma quando fu lontano dal suo villaggio, il puma balzò su di lui, gettandolo a terra: «Non muoverti o ti uccido! Sei magro, ma i miei bambini hanno fame e la mia femmina non può nutrirli: non Ben lontano da Betlemme, un Pellerossa aveva visto la nuova stella come un segno, e si apprestava, come i Re Magi, ad intraprendere il lungo viaggio verso la stalla dove giaceva il Bambino. Preparò il sacco, mettendovi delle piume dai riflessi iridati dell’arcobaleno, due magnifici smeraldi, due grosse pepite d’oro, una ciotola d’acqua pura e rara, uno specchio d’argento, uno strano ramo con una 6 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0007 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK te, ringraziò del meraviglioso regalo. Continuando il cammino, l’indiano incontrò un uomo esausto, quasi morto di sete. Per soccorrerlo, gli fece bere la scodella di acqua pura e rara che voleva offrire al Bambino di Betlemme. E così gli salvò la vita... perdendo ancora del tempo prezioso. Poi incontrò una bambina molto povera, a cui fece dono delle due pepite d’oro, e una donna anziana che si lamentava del suo vecchio viso, cui insegnò a vedere piuttosto la bellezza dell’anima offrendole lo specchio magico riservato al Bambino. La donna vide il riflesso della propria anima e ritrovò la gioia. Venendo a conoscenza della mèta del viandante, gli disse: «Conosco il bambino di cui parli! Ma è cresciuto e la sua famiglia è partita da molto tempo... Ma non hai fatto questo viaggio invano. Con i regali meravigliosi che hai offerto, hai reso tanti felici! Continua, buon uomo! Vai a dare ciò che hai a chi ne ha bisogno! E chi lo sa! Dando regali a tutti i bambini del Mondo, forse ritroverai il bambino che cerchi!». Confortato dalle parole sagge della donna, l’indiano ripartì per il suo paese. Laggiù, incontrò persone affamate. Sospirando si disse: «Credo di avere ciò che occorre!». Estrasse dal sacco il solo presente destinato al Bambino di Betlemme che gli restava: la strana pigna gialla sul ramo. La piantò in terra... e, d’allora, come per magia, il mais cresce in tutto il paese, nutrendone gli abitanti. *** Ma l’indiano non si fermò lì! – continua la leggenda – Ogni anno, discretamente, offre regali a coloro che ne hanno bisogno... può più cacciare, perché non ci vede. Dei cacciatori l’hanno ferita. Sei il solo pasto che potrà salvare la mia famiglia!». L’indiano propose: «Sono un Re magio, e chi dice magio dice mago. Conducimi dalla tua femmina, vedrò ciò che posso fare!». Davanti alla tana, ove i cuccioli stavano giocando, l’indiano osservò gli occhi della femmina e le disse: «Credo di avere ciò che serve per guarirti!... Ma durante il tempo che utilizzerò per curarti, il bambino che devo vedere sarà cresciuto!». Però pensò: «Non posso lasciarla così!» ed estrasse dal sacco i due smeraldi e sostituì i due occhi feriti con le pietre preziose. «Sono un mago, guardami!». La femmina del puma lo guardò con pupille meravigliosamente verdi: ci vedeva perfettamente! L’uomo le aveva fatto il più bello dei regali! Soddisfatto, l’indiano riprese il cammino e arrivò in una foresta vergine. Non notò un pappagallo che lo seguiva. Giunta la notte, mentre l’uomo accendeva il fuoco cantando una canzone, il pappagallo venne ad appollaiarsi su di un ramo e cantò con lui. «Canti bene – gli disse l’uomo – ma perché hai l’aria così triste?». «Vedi: sono così brutto e spiumato, che non oso più mostrarmi a nessuno!». «Cosa ti è successo?». «Una volta, fiero del mio piumaggio, sono andato a cantare al villaggio e i bambini mi hanno catturato per prendermi tutte le mie belle piume!». «Credo di avere ciò che ti occorre», sospirò l’uomo, pur sapendo che così perdeva del tempo prezioso. Estrasse le piume dai riflessi iridati dell’arcobaleno che aveva previsto per il bambino, e con esse ricoprì il pappagallo. Costui svolazzando allegramen- 7 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0008 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 3 – La Befana e il Bambino Gesù B Befana è il nome di una contadina molto vecchia che viveva tanti anni fa. Aveva perso suo marito, non aveva mai avuto figli e abitava in una casetta sulla piazza di un paese. Siccome stava tutta sola, si annoiava un po’ e spesso guardava fuori. Un bel giorno, sentì un rumore sco- nosciuto che la spinse a correre in piazza, con tutta la velocità delle sue vecchie gambe. Prima, vide solo una nuvola di polvere e poi arrivarono tre uomini. Il primo, con una barba bianca e non molti capelli, era seduto su un cammello; il secondo, con una bella 8 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0009 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK faccia tutta nera e denti che brillavano ma ieri sera sono passati di qua tre canel suo sorriso buono, si dondolava su valieri che cercavano il Bambino. un elefante; il terzo, con occhi a man- Perciò siete sulla strada giusta». «Dio vi benedica, figlioli, per questa dorla e una lunga treccia, cavalcava un buona informazione». cavallo grigio. E così Befana si rimise in viaggio, Si fermarono alla fontana per dare da bere agli animali, e la vecchia con tutta la velocità delle sue vecchie chiese, molto incuriosita: «Signori gambe. Un giorno, in un villaggio, vide un belli, dove vanno?». «Vecchia madre, andiamo al pre- gruppo di bambini intorno ad un sisepio, a salutare Gesù Bambino, e por- gnore vestito da vescovo, con un asinello vicino e lo riconobbe. «San targli dei regali». «Gesù Bambino! Anche a me piace- Nicola, amico dei piccoli e delle povere vecchiette... rebbe, ma non conosco Avete visto il Bambin la via; aspettatemi, Gesù?». prendo il mio bastone, Ieri sera sono passati «Vecchia madre, sto qualche regalo per il di qua tre cavalieri che proprio andando da lui; bambino e guidatemi cercavano il Bambino. se vuoi, puoi seguirmi». laggiù». Perciò siete sulla straMa Befana non riuscì I Re Magi scossero il da giusta». a stargli al passo e così lo capo, senza dire né sì, perse di vista. né no, e la buona Così continuò il suo Befana corse a casa, con tutta la velocità delle sue vecchie cammino, finché, arrivata in una città gambe per fare fagotto. Quando del nord dell’Italia, incontrò un frate, tornò, non c’era più nessuno in che riconobbe come il Santo che tanti piazza, i tre re erano spariti! E se veneravano. «Antonio Santo, vi prego, Befana non avesse visto intorno alla avete visto il Bambin Gesù?». «Vecchia madre, forse non lo sai, fontana tracce di calpestio e palle di sterco, avrebbe pensato di aver so- ma il Bambino che cerchi è qui!». Allora Befana posò a terra il sacco gnato... Decisa a partire, si mise in viaggio, pieno di doni. Subito accorsero molti curva sul suo bastone e con un grosso bambini e la vecchia diede loro i doni a piene mani. Più donava e più si sentiva sacco pieno di doni sulle spalle. Attraversò grandi pianure, oltre- felice... *** passò fiumi e foreste, finché si fermò D’allora – conclude la leggenda racpresso un villaggio per chiedere: «Ditemi, vi prego, avete visto il colta in Francia – i bambini italiani venerano e aspettano la povera, vecchia, Bambin Gesù?». «Vecchia Madre, è ancora lontano, generosa Befana. “ ” 9 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0010 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 4 – La stellina luminosa C C’era una volta una piccola stella, ma molto luminosa, una delle più luminose della sua costellazione. Le altre stelle la guardavano con invidia perché ella emanava una forte luce e i suoi lunghi raggi bianchi si scorgevano da ogni pianeta. Una notte la stellina si trovò a parlare con una vecchia stella poco distante da lei che le disse: «Quanto sei lucente e bella piccola stella! Anch’io ero come te... bella, giovane, scintillante... ma purtroppo la mia vita è arrivata quasi al termine. Tra poco mi spegnerò per sempre!». Nel cuore della piccola stella lucente cominciò ad insediarsi tanta tristezza e tanti cattivi pensieri si accavallarono nella sua mente: «Non è possibile, la mia gran lucentezza e bel- 10 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0011 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK lezza, gli unici motivi per i quali ho cullava il suo bambino teneramente... Divenne lo stupore e l’innocenza di sempre vissuto, un giorno mi verranno tolti e mi spegnerò anch’io per una bambina che la indicò felice con gli occhi spalancati, per la gioia di aver sempre!». Gli anni e i secoli passarono veloci, e scoperto un’altra cosa nuova nella sua per la stellina arrivò il momento che vita... Divenne la speranza tanto aveva temuto e di un uomo anziano che sperato non arrivasse non riusciva a smettere mai. Una notte la stellina di piangere e di una siCominciò a precisi trovò a parlare con gnora che non riusciva a pitare... sentiva che la una vecchia stella smettere di sentirsi sua forte luce si stava poco distante da lei. sola... pian piano affievoPer la piccola stella lendo... sentiva che si quei pochi secondi di stava consumando... morte furono molto più Cominciò a precipitare sempre più velocemente, fino a che importanti di un’intera vita spesa a accadde la cosa più bella della sua contemplare se stessa. vita... *** Divenne il rifugio dei sogni e dei dePer essere felici e per dare felicità bisideri di due innamorati che si abbracsogna avere il coraggio e la forza di ciavano stretti sulla riva del mare... Divenne la gioia di una madre che donare la propria vita per gli altri. “ ” 11 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0012 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 5 – Lo specchio della fiera I In una città era arrivata la grande fiera del giocattolo. Per l’occasione, un ricco affarista decise: «Domani è il compleanno del mio bambino. Voglio regalargli cose belle ed interessanti...». Contemporaneamente un giardiniere pensava: «È dura con il mio magro stipendio, però spero di poter comprare qualcosa per il compleanno della mia bambina». Il bambino dell’affarista era nella sua cameretta. Nonostante l’armadio colmo di pupazzi e giocattoli, egli era triste. Pensava infatti al suo papà. Lo vedeva così poco! Si consolava pensando che l’indomani sarebbe stato il suo compleanno e che avrebbe ricevuto dei bei regali. Sperando che il papà rimanesse a casa con lui tutto il 12 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0013 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK giorno, essendo giorno di festa. La bambina del giardiniere non aveva molti giocattoli, ma non si sentiva mai sola. Pensava: «Domani è il mio compleanno, chissà che bei giochi faremo tutti insieme!». Giunto alla fiera, l’affarista osservava i giocattoli... Voleva comperare qualcosa che tenesse occupato e divertisse suo figlio. Il giardiniere, giunto alla fiera, si guardava in giro con calma, sperando di trovare qualcosa per la sua bambina. Non si lasciava sfuggire niente, perché voleva raccontare e descrivere alla sua bambina ogni cosa vista. I due s’incontrarono davanti ad un padiglione con la scritta “Qui puoi trovare il regalo più bello per tuo figlio”. Videro uscire gente delusa e scontenta. Entrarono. Era una stanza vuota, senza giocattoli, con uno specchio appeso al muro e davanti, seduto, un vecchio signore. Il vecchio disse: «Per tutta la vita ho costruito giocattoli per i bambini. Ma quest’anno ho portato qualcosa di particolare e prezioso... questo specchio antico». Irritato l’affarista fece per andarsene, quando vide il giardiniere stringere la mano al vecchio e con il volto felice esclamare: «Ho capito! Ora so cosa regalare alla mia bambina. Grazie!». Guardò di nuovo lo specchio e pensò che cosa potesse fare un bambino con uno specchio... «Boh!». Il giorno dopo, la figlia del giardiniere aprì il regalo e tutta felice ammirò con gioia le penne colorate e i fogli bianchi che suo padre le aveva comperato alla fiera del giocattolo: «Grazie papà, così potremo disegnare insieme le belle cose che hai visto alla fiera». «Non solo, bambina mia... Guarda fuori dalla finestra... sta nevicando! Più tardi usciremo con la mamma e così potrai toccare la neve e giocare. Faremo un pupazzo... Vedrai che bello!». Anche il figlio del banchiere era contento quel mattino. Non finiva più di tirare fuori dal pacco i vagoni del trenino, le rotaie, le casette che figuravano da stazioni e da case di campagna, il verde per i prati, i monti, alberi e siepi, e persino un fiumicello con i suoi ponti. Era felice: sicuramente il papà lo avrebbe aiutato a costruirlo... Squillò il telefono. Dopodiché il papà disse: «Anche oggi il lavoro mi chiama!». Il piccolo stava per scappare piangendo, quando vide un pacchetto. Il padre disse: «Non credevo ci fossero altri regali...». Il bimbo aprì il pacco e con sorpresa tirò fuori una palla colorata... Il padre prese la scatola e vi trovò un bigliettino “Il vecchio dello specchio”. E così si ricordò delle parole scritte all’ingresso del padiglione della fiera: “Qui puoi trovare il regalo più bello per tuo figlio”. Nello specchio aveva visto la sua immagine! Come a dire che il regalo più bello per suo figlio era lui stesso! Questo il giardiniere l’aveva capito subito! Abbracciò il bambino. «Oggi non parto. Usciremo in giardino... giocheremo insieme – tu, la mamma e io – con la palla nuova in mezzo alla neve». *** Il dono più prezioso è il dono di sé, incondizionato, spontaneo, sempre pronto, gratuito... 13 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0014 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 6 – L’uccellino e il Tempo N Nel cuore della foresta viveva un albero molto vecchio. I rami davano rifugio a migliaia di uccelli. Al mattino, il primo raggio di sole, come la bacchetta di un direttore d’orchestra, dava il “la” alla sinfonia dei cinguettii. Nel tronco dell’albero c’era un foro, nel quale, da decenni, si trovava un piccolo uovo. Finalmente, una notte di luna piena, l’uovo si schiuse e ne uscì un uccellino strano. Pigolò per tutta la notte, di stupita sorpresa. Le madri-uccello portarono nel foro semi e chicchi, fin quando l’uccellino, bianco come la neve, fu in grado di procurarsi il cibo da solo e di costruirsi il nido. Ben presto iniziò a volare in luoghi lontani, dove precipitavano bianche cascate. A volte non faceva ritorno per molti giorni. Poi tornava a riposare nel suo nido, tranquillo e pensieroso. Nell’antica foresta di Dai Lao sorgeva una capanna, in cui viveva un vecchio monaco. Spesso l’uccello volava fin lì. Una notte udì la conversazione tra il monaco ed un amico... Spiccò il volo, tornò al vecchio albero. Da quando aveva ascoltato i discorsi tra i due monaci, la sua perplessità era aumentata. «Da dove 14 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0015 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK vengo? Dove andrò? Che cos’è il scappare un grido lacerante, colmo di Tempo? Perché il Tempo ci ha con- dolore e d’amore, come l’impetuoso dotti qui, e perché ci porterà via?». Era fragore di una cascata. Di colpo sentì la stato profondamente colpito dalle totalità della sua esistenza. Solitudine parole dei monaci: «Il Tempo è fisso e vuoto si dissolsero come un miraggio. nell’Eternità, dove l’Amore e l’amato L’immagine di fiumi d’acqua che presono Uno. Ogni filo d’erba, ogni zolla cipitavano senza fine attraverso midi terra, ogni foglia, ogni torrente è gliaia di vite. Il fragore delle acque. Senza paura, si lasciò cadere sulla Uno con quell’Amore». L’uccellino ricordava i giorni passati foresta in fiamme come una maestosa ad ascoltare il fragore delle acque. Im- cascata. Il mattino spuntò silenzioso. I maginava di cadere come una cascata, raggi splendevano come sempre, ma giocava con la luce che scintillava sul- non accesero nessuna sinfonia. Intere parti di foresta erano carl’acqua, accarezzava le bonizzate e con esse pietre e le rocce che tante creature. Il vecchio l’acqua bagnava. In quei Nell’antica foresta albero era in piedi, ma momenti l’uccello si di Dai Lao sorgeva più di metà della sua sentiva cascata... una capanna, in cui chioma era bruciata. Un giorno, sorvoviveva un vecchio Gli uccelli scampati lando la foresta di Dai monaco. alle fiamme si chiaLao, non vide più la camavano con voci inpanna. La foresta era credule. Si chiedevano bruciata... Il monaco non si vedeva più. Forse il fuoco per quale miracolo, il giorno prima, il l’aveva divorato? L’uccellino era scon- cielo sereno avesse lasciato cadere un certato. L’angoscia lo invase. Tornò ra- improvviso nubifragio che aveva pidamente al vecchio albero. Grida di- estinto l’incendio. Ricordavano di sperate di uccelli. Crepitii. Anche lì la aver visto l’uccellino bianco che foresta bruciava. Volò veloce. Il fuoco spruzzava acqua dalle ali. Coprirono in volo tutta la foresta alla ricerca del lambiva il cielo. L’incendio era scoppiato vicino al suo corpo, ma non lo trovarono... *** vecchio albero. L’uccello sbatté le ali Forse era volato via! – conclude la con tutta la sua forza per poter spegnere l’incendio, ma le fiamme si le- leggenda orientale – Forse era stato vavano sempre più alte. Si affrettò al bruciato dal fuoco. Gli uccelli cominruscello, bagnò le penne nell’acqua e ciarono a ricostruire i nidi nella chioma corse a spruzzarla sulla foresta. Le ferita del grande albero. Avrà nostalgia il grande albero delgocce sfrigolavano. Non bastava! Neppure intridere tutto il suo corpo l’uccellino bianco che la sacra aria della d’acqua sarebbe bastato per spegnere montagna e l’energia vitale avevano il fuoco. Strida di centinaia di migliaia partorito? L’albero sapeva che il di uccelli. Il fuoco aveva attaccato il Tempo aveva restituito l’uccellino alvecchio albero. Perché i monsoni non l’Amore da cui provengono tutte le cadevano anche lì? L’uccello si lasciò cose. “ ” 15 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0016 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 7 – L’ultimo pezzo di pane Q Quando l’anziano dottore morì, arrivarono i suoi tre figli per sistemare l’eredità: i pesanti vecchi mobili, i preziosi quadri e i molti libri. In una finissima vetrinetta il padre aveva conservato i pezzi della sua memoria: bicchieri delicati, antiche porcellane, pensieri di viaggio e tante altre cose ancora. Nel ripiano più basso, in fondo all’angolo, fu trovato un oggetto strano: sembrava una zolletta dura e grigia. Come venne portata alla luce, si bloccarono tutti: era un antichissimo pezzo di pane rinsecchito dal tempo. Com’era finito in mezzo a tutte quelle cose preziose? La donna che si occupava della casa raccontò: «Negli anni della fame, alla fine della grande guerra, il dottore si era ammalato gravemente e per lo sfi- 16 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0017 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK nimento le energie lo stavano la- pane, subito lo riconobbe e si comsciando. Un suo collega medico aveva mosse moltissimo. “Se questo pane borbottato che sarebbe stato neces- c’è ancora, se gli uomini hanno saputo sario procurare del cibo. Ma dove po- condividere tra di loro l’ultimo pezzo terlo trovare in quel tempo? Un amico di pane, non mi devo preoccupare per del dottore portò un pezzo di pane so- la sorte di tutti noi”, pensò. “Questo stanzioso cucinato in casa, che lui pezzo di pane ha saziato molta gente, aveva ricevuto in dono. Nel tenerlo tra senza che venisse mangiato. È un pane le mani, al dottore ammalato vennero santo!”. Chi lo sa quante volte l’anziano le lacrime agli occhi. E quando l’amico se ne fu andato, non volle mangiarlo, dottore avrà più tardi guardato quel pezzo di pane, contembensì donarlo alla faplandolo e ricevendo da miglia della casa vicina, esso forza e speranza la cui figlia era amNel ripiano più specialmente nei giorni malata. “La giovane vita basso, in fondo alpiù duri e difficili!». ha più bisogno di l’angolo, fu trovato guarire, di questo un oggetto strano: *** vecchio uomo”, si disse. era un antichissimo I figli del dottore senLa mamma della rapezzo di pane. tirono che in quel gazza ammalata portò il vecchio pezzo di pane il pezzo di pane donatole loro papà era come più dal dottore alla donna profuga di guerra che alloggiava in sof- vicino, più presente, che in tutti i cofitta e che era totalmente una straniera stosi mobili e i tesori ammucchiati in nel paese. Questa donna straniera quella casa. Tennero quel pezzo di pane, quella portò il pezzo di pane a sua figlia, che viveva nascosta con due bambini in vera preziosa eredità, tra le mani... uno scantinato per la paura di essere come il mistero più pieno della forza arrestata. La figlia si ricordò del della vita. Lo condivisero come memoria del dottore che aveva curato gratis i suoi due figli e che adesso giaceva am- loro padre e dono di Colui che una volta, per primo, lo aveva spezzato per malato e sfinito. Così il dottore, ricevendo il pezzo di Amore. “ ” 17 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0018 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 8 – Stella Lontana 18 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0019 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK S Sole, Luna e Vento andarono a cena Allora Stella Lontana si rivolse al dagli zii Tuono e Saetta. figlio Sole dicendo: «Tu hai pensato La loro madre, Stella Lontana, solo al tuo piacere. Avido ed egoista, rimase a casa. sarai punito. I tuoi brucianti raggi faLa cena era sontuosa, con le be- ranno fuggire gli uomini, l’erba verde vande più rare e le portate più deli- ingiallirà vedendoti e nell’ora in cui arziose. riverai in mezzo al cielo, tutti i viventi, Sole e Vento divoravano e si riem- uomini e bestie, andranno a nasconpivano lo stomaco senza pensare un dersi!». È per questo che i raggi del istante alla loro madre. Dolce Luna, sole, in India, sono così inesorabilnon appena le veniva servito un mente caldi. piatto, ne nascondeva una parte sotto Poi Stella Lontana si rivolse al figlio le unghie, belle e lunghe (così lunghe Vento: «Anche tu non hai pensato che che toccavano la terra e per questo a divertirti! Non hai pensato un attimo erano chiamate “raggi di luna”). a tua madre. Per punirti, avrai un reQuando Sole, Luna e Vento rien- spiro ardente che rende difficile la retrarono a casa, Stella Lontana, la spirazione. E gli uomini ti sfuggiranno madre, chiese loro: «Com’è stata la e ti malediranno!». È per questo che il festa? Ditemi che cosa vento caldo dell’India è avete bevuto e mancosì doloroso e soffogiato... E cosa mi avete cante. Sole e Vento divoportato in dono?». Infine Stella Lontana ravano e si riem– «Ho mangiato si rivolse alla figlia Luna, pivano lo stomaco molto, molte cose buodicendole: «Tu che hai senza pensare un ne! – rispose Sole – Napensato di condividere il istante alla loro turalmente, non ricordo tuo piacere, mia dolce e madre. quei piatti. Ero lì per gorara ragazza, avrai luce dermeli e non per parrinfrescante e pacifica e larne in seguito!». gli uomini benediranno – «Personalmente, mi sono ab- per sempre il tuo dolce chiarore!». buffato! – disse Vento – C’erano molte (Leggenda indiana) cose buone. Ma mi sento incapace di *** descriverle. Ero lì per divertirmi, non Ecco perché le notti di luna – conper fare una lista di ciò che veniva clude la leggenda – sono così fresche, servito!». dolci e belle... La storia del Sole, della – «Madre, porta un piatto!», disse Luna e del Vento, fa capire il perché essi Dolce Luna. Scosse sopra il piatto le siano quelli che sono... E aiuta a risue belle lunghissime unghie. E sul flettere sull’egoismo e sulla generosità, piatto apparve del cibo, il più delizioso con le rispettive conseguenze: puniche si potesse immaginare. zione o ricompensa. “ ” 19 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0020 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 9 – Al chiaro di luna 20 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0021 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK U Un tempo, la notte era buia e nera. cadendo. Apparvero nel cielo buio e, Appena tramontava il sole, le persone con i loro raggi, per la prima volta rie gli animali si rinchiudevano in casa o schiararono la notte nera. Grazie al nelle tane e non uscivano più fino al- chiaro di luna, il bambino che si era l’alba. Avevano paura e anche in perso riuscì a ritrovare la strada e in estate non andavano fuori per poco tempo arrivò a casa dove i suoi, prendere il fresco. terrorizzati, lo stavano aspettando. Una sera, un bambino rimase Tutte le persone e gli animali, vetroppo tempo a giocare nel bosco e, dendo la luce della luna, uscirono quando decise di fare ritorno poco dalle case e dalle tane; poi iniziarono a prima del tramonto, non riuscì più a ri- cantare e a ballare dalla gioia e così per trovare la strada di casa a causa del tutta la notte. buio. Il piccolo impaurito si accoLa luna e le stelle si divertirono così vacciò ai piedi di un tanto a vedere quella albero, iniziò a festa improvvisata che piangere e a chiamare i da allora decisero di Una sera, un bambino suoi cari. I grilli dai loro tornare tutte le notti... rimase troppo tempo nascondigli si misero a *** a giocare nel bosco e, cantare per fargli comCome vivere senza il quando decise di fare pagnia... cantavano cielo? Con il sole, la ritorno poco prima sempre più forte spepioggia, l’aria, la luna e le del tramonto, non rando che il bambino si stelle che indicano il riuscì più a ritrovare la sentisse meno solo ed cammino e fanno sostrada di casa. avesse meno paura. A gnare? Tra i Baulè della quel tempo la luna e le Costa d’Avorio la parola stelle stavano nascoste “Nyamien” serve a desidall’altra parte del cielo. Quando sen- gnare sia il cielo, sia Dio... Ma anche tirono i grilli cantare, gli astri uscirono per i nostri “vecchi” il cielo era sicuriosi per vedere che cosa stesse ac- nonimo dell’Altissimo... “ ” 21 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0022 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 10 – I colori degli dèi 22 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0023 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK T Tanto tempo fa, il pappagallo era tutto grigio. Uno tra i tanti uccelli giunti chissà come nel mondo. Gli dèi litigavano sempre perché il mondo era assai noioso con due soli colori: uno era il nero che comandava la notte, l’altro era il bianco che camminava di giorno; il terzo, il grigio, che non era un colore, dipingeva sere e mattine affinché non si scontrassero troppo. Quegli dèi erano litigiosi ma molto sapienti. Così si misero d’accordo per pensare di rendere più allegra la vita nel mondo. Uno di loro cominciò a camminare per pensare meglio, e tanto pensava, che sbatté contro una pietra ferendosi. Guardò il proprio sangue e vide che era di un colore diverso e andò dagli altri dèi, mostrando loro il nuovo colore che chiamarono “rosso”. Il secondo stava cercando un colore per dipingere la speranza. Lo trovò dopo un bel pezzo e lo mostrò all’assemblea degli dèi che gli misero il nome “verde”. Il terzo cominciò a grattare forte a terra, «per cercare il cuore della terra», diceva rivoltando il terreno da ogni lato. Dopo un po’ trovò il cuore della terra, lo mostrò agli altri dei che lo chiamarono “marrone”. Il quarto disse: «Vado a guardare il colore del mondo». E si mise a scalare una montagna. Quando arrivò ben in alto, guardò in giù e vide il colore del mondo, ma non sapeva come fare a portarlo. Allora rimase a guardare per un bel po’, finché il colore non gli si attaccò agli occhi. Discese come poté, a tentoni, e andò all’assemblea degli dei. «Porto nei miei occhi il colore del mondo». Chiamarono quel colore “azzurro”. Il quinto stava cercando i colori quando sentì un bambino ridere; si avvicinò con cautela e gli prese il sorriso splendente, che diventò il “giallo”. A quel punto gli dèi, stanchi, andarono a riposare, lasciando i colori in un cesto di vimini. Lì i colori cominciarono a mescolarsi... Così nacquero altri colori. Quando tornarono, gli dèi si accorsero che i colori erano molti di più. Presero il cesto, salirono sulla cima del monte, e da lì cominciarono a lanciare i colori... Così l’azzurro finì in parte nell’acqua e in parte nel cielo; il verde si sparse sugli alberi e sulle piante; il marrone, che era il più pesante, cadde sulla terra; il giallo, che era leggero come la risata di bambino, volò fino a tingere il sole; e il rosso giunse sul fuoco e nel cuore degli uomini. Gli dèi lanciavano i colori senza prestare attenzione a dove finivano; per questo vi sono persone di colori diversi... Infine, gli dèi, perché i colori non si perdessero, cercarono un modo per conservarli. Stavano pensando come fare quando videro il pappagallo; lo presero e lo tinsero coi vari colori... *** Ancora oggi – conclude la leggenda – il pappagallo se ne va in giro, per ricordare agli dèi e agli uomini che molti sono i colori (e le opinioni), e che il mondo potrebbe essere allegro, se tutti i colori e tutte le opinioni avessero il proprio spazio. La leggenda dei colori, degli Indios dell’Amazzonia, trasmette sentimenti di fratellanza ed insegna ad accettare le diversità. 23 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0024 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 11 – I petali della ragazza 24 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0025 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK U Una volta, le piante non fiorivano. a scioglierlo. Così la ragazza, divenuta ghiaccio, In quei tempi, nel territorio degli indiani Tehuelche, viveva una bel- si trasformò in acqua e scorse velocelissima ragazza dai morbidi capelli mente giù per la montagna divenneri e lisci e dai dolci occhi scuri. tando torrente e bagnando la valle. In primavera, il cuore della ragazzaCome le altre donne della tribù, una sera, durante un forte temporale, la ra- torrente sentì un immenso desiderio gazza era intenta ai lavori domestici: di vedere la luce, di assaporare la calda cucire, dipingere, verniciare i tessuti, carezza del vento e di contemplare il tessere le coperte. Quando un lampo cielo stellato. Così, risalì lentamente dalle radici, di luce illuminò quell’angolo di mondo, Temporale vide la giovane lungo il tronco delle piante, fino a sporgere la sua bella tedonna seduta all’instolina dalle cime dei gresso della capanna dei rami, sotto forma di suoi. La giovane era così piccoli petali colorati. Era così bella, che, bella, che, anche se Fu così che nacquero i anche se era rozzo, rude era rozzo, rude e fiori, i cui petali sono e burbero, Temporale burbero, Temporale chiamati dagli indigeni s’infatuò di lei. Tes’infatuò di lei. della Patagonia “petali mendo che la bella radella ragazza”, a ricordo gazza lo rifiutasse, con della bellezza e del sacriun gran boato la rapì e la portò lontano, fuori della vista dei suoi ficio della loro eroica antenata. (Legcari, terrorizzati. Raggiunte le cime in- genda della Patagonia) nevate, Temporale nascose la giovane *** nelle profondità di un ghiacciaio. Gli indiani Tehuelche, chiamati Tanta fu la sofferenza per la ragazza, che si lasciò andare, fino a gelare e di- anche Patagoni, sono una tribù di Nativi Americani stanziata in Pataventare una lastra di ghiaccio. Quando Temporale si accorse della gonia. In loro, come nei nativi amescomparsa dell’amata, s’infuriò, lan- ricani in genere, è molto percepito il ciando tuoni e lampi. Presto si for- legame tra la natura e l’uomo, come marono nuvole cariche di pioggia, che appare dalla leggenda della ragazza alcadde abbondante sul ghiacciaio, fino l’origine dei fiori. “ ” 25 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0026 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 12 – I soffioni di maggio E Era il mese di maggio. Comparivano fiori dappertutto, anche sulla siepe. Un piccolo melo, il cui tronco si assottigliava in un unico ramo ricoperto di sottili gemme di color rosso pallido, sapeva bene quanto fosse bello e per questo non si meravigliò quando una carrozza si fermò e una giovane contessa esclamò: «Questo ramo fiorito è la cosa più graziosa del mondo; è la primavera stessa nella sua più bella in- carnazione!». Il ramo fu spezzato e lei lo tenne tra le mani delicate. Giunsero al castello, dove magnifici fiori riempivano vasi trasparenti. In uno di questi fu messo. E così il ramo diventò superbo! Fu posto vicino alla finestra, da cui poteva vedere, sia nel giardino che nel campo, molti fiori e piante su cui meditare. C’erano piante ricche e povere, altre addirittura miserevoli. «Pove- 26 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0027 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK re erbe ripudiate! – esclamava – Proprio vero che c’è differenza! Chissà come devono sentirsi infelici!». Guardava con certa compassione soprattutto i fiori che si trovavano in enorme quantità nei campi e lungo i fossi, fiori comuni, che crescevano come la gramigna, dal nome orribile: “soffioni”. «Povera pianta disprezzata! – pensava – Non puoi farci nulla se sei fatta così, se sei così comune, se hai quest’orribile nome! Ma tra le piante, come tra gli uomini, ci dev’essere una differenza!». «Una differenza!» disse un raggio di sole baciando il ramo di melo in fiore, ma baciava anche i gialli soffioni del campo. Poi aggiunse: «Tu non vedi lontano, non vedi chiaramente. Qual è la pianta disprezzata che più compiangi?». «I soffioni gialli», rispose il ramo. «Non sono colti, sono calpestati e, quando diventano semi, si disperdono sulla strada come fili di lana. È gramigna! Sono contento di non essere uno di loro!». Nel campo giunse un gruppo di bambini. Il più piccolo fu messo a sedere sull’erba tra i fiori gialli, si rotolò un po’, colse i fiori e li baciò con dolce innocenza. I bambini un po’ più grandi staccarono invece il fiore dallo stelo cavo e piegarono lo stelo unendo le due estremità per ottenere anelli e poi una catena: una per il collo, una per le spalle e per la vita, poi per il petto e per la testa; era una magnificenza di catene e ghirlande verdi. I bambini ancora più grandi presero con attenzione le piante fiorite, lo stelo che reggeva quella meravigliosa corona di soffici semi (quel lieve e soffice fiore di lana che è un vero minuscolo capolavoro d’arte e sembra fatto di fi- nissime piume e penne) lo portarono alla bocca e cercarono con un bel soffio di spargerlo al vento. Chi ci fosse riuscito, avrebbe ricevuto nuovi vestiti entro l’anno, così diceva la nonna. «Vedi!» disse il raggio di sole. «Vedi la sua bellezza, il suo potere?». «Sì, ma solo per i bambini!» replicò il ramo. Giunse al campo una vecchietta e si mise a scavare col coltello proprio intorno alle radici del fiore. Avrebbe guadagnato qualche soldo portandole al farmacista. «La bellezza però è qualcosa di più alto! – disse il ramo – Solo gli eletti entrano nel regno della bellezza! C’è differenza tra le piante, proprio come c’è differenza tra gli uomini». Il raggio parlò dell’amore infinito di Dio per tutte le cose create e per tutto ciò che ha vita. «Questo è ciò che pensa lei!», gli rispose il ramo di melo. La contessa entrò nella stanza con un fiore nascosto fra grandi foglie che lo avvolgevano per evitare che fosse danneggiato. Piano piano le foglie vennero allontanate e apparve la corona di soffici semi del soffione giallo, splendida e intatta. La contessa, ammirandone la bellezza destinata a perdersi nel vento, esclamò: «Voglio dipingerlo insieme al ramo di melo; entrambi hanno ricevuto tanto dal Signore, sebbene in modi diversi. Entrambi sono figli del regno della bellezza!». *** Il racconto, liberamente tratto da una fiaba di Hans Christian Andersen, così si conclude: «E il raggio di sole baciò il povero fiore e baciò il ramo di melo fiorito, le cui foglie sembrarono arrossire un po’». 27 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0028 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 13 – Il posto dei fiori D Dopo che il Dio della creazione (Baiame) lasciò la Terra per ritirarsi sulla sua montagna sacra (Oobie Oobie), successe qualcosa d’inaspettato. I fiori che Dio aveva creato appassirono e morirono. La terra rimase arida e desolata, e i fiori divennero una leggenda che i vecchi narravano ai più giovani. Con la scomparsa dei fiori anche le api se ne andarono. Le uniche api che ancora vivevano nel paese, si trovavano in tre alberi sacri che Dio aveva rivendicato come sua proprietà e presso i quali la gente non osava avvicinarsi. I bambini piangevano reclamando il miele. E le madri erano arrabbiate perché non erano in grado di procurarsene, in quanto i saggi anziani della tribù avevano loro proibito di toccare gli alberi sacri di Baiame. Lo spirito che vede tutto, riferì al Creatore che la gente sospirava di procurarsi il miele, ma che era rimasta sempre fedele e non aveva il coraggio di toccare gli alberi sacri. Il ché fece piacere a Baiame, che decise di dare 28 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0029 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK loro un cibo dolce come il miele. Così apparvero delle macchie bianche e zuccherate sulle foglie di eucalipto e un dolce succo cominciò a scorrere attraverso i tronchi degli alberi, indurendosi in piccoli grumi che i bambini potevano raccogliere e mangiare. La gente fu felice e il loro desiderio di cibi dolci fu soddisfatto, ma i saggi anziani non erano ancora contenti. Erano ansiosi di vedere i fiori crescere di nuovo. Ed erano così determinati a riottenerli che si misero in cammino con l’intenzione di trovare Baiame per chiedergli di restituire loro i fiori. Viaggiarono per molti giorni, finché giunsero ai piedi della montagna Oobie Oobie e scoprirono che le sue cime si perdevano tra le nuvole. In un primo momento le pareti della montagna sembravano troppo ripide da scalare. Alla fine, trovarono un appoggio e poi altri ancora che li portarono ad alcune scalette scavate sul fianco nascosto della montagna. Proseguirono la scalata per tre giorni... finché, il quarto giorno, raggiunsero la vetta, completamente esausti. Guardandosi intorno, scorsero una sorgente d’acqua. Vi bevvero avidamente e subito la stanchezza svanì. All’improvviso udirono una voce tonante che chiese loro il motivo per cui erano lì. Gli anziani risposero che la terra era triste dopo la partenza di Baiame e che tutti i fiori erano morti. E se anche avevano avuto il dolce succo dell’albero al posto del miele, desideravano recuperare i fiori per abbellire la terra di nuovo. Lo spirito ordinò ai suoi assistenti di accompagnare gli anziani e mostrare loro i campi nel cielo, dove i fiori non perdono il loro colore e non muoiono. Avrebbero potuto raccogliere i fiori che riuscivano a contenere tra le braccia e poi gli assistenti li avrebbero riportati sulla cima della montagna sacra in modo da poter tornare sulla Terra. Come lo spirito aveva ordinato, gli anziani furono condotti attraverso un’apertura nel cielo, fino a raggiungere un luogo di squisita bellezza, pieno di fiori riuniti in colori vivaci, come se centinaia di arcobaleni fossero stati collocati sull’erba. Gli anziani erano così emozionati che piansero di gioia. Raccolsero tutti i fiori che le loro braccia potevano contenere. Poi furono riaccompagnati sulla cima della montagna. Una volta lì, udirono la voce dello spirito: «Dite alla vostra gente che la Terra non sarà mai più senza fiori. Venti differenti li trasporteranno in ogni stagione e il vento di levante li poserà in abbondanza su ogni albero ed arbusto». Così gli anziani, portando con sé i fiori raccolti, scesero le scale di pietra, viaggiarono attraverso le pianure e sulle creste di pietra fino a raggiungere l’accampamento del loro popolo. Tutti accorsero intorno a loro, colpiti dal gran numero di fiori che riempivano l’aria di soavi profumi. Gli anziani raccontarono la promessa di Baiame e poi sparsero i fiori ovunque, sulle cime degli alberi, sulle pianure e nei burroni, e su tutti i luoghi che riuscirono a raggiungere. *** D’allora – conclude la leggenda originaria dell’Australia – la Terra è ricoperta di erba e di fiori freschi con i loro profumi, come quando Baiame, il Dio della creazione, viveva su di essa. Il luogo dove i fiori furono sparsi per primi, è noto come “Il posto dei fiori”. 29 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0030 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 14 – Il rispetto delle creature 30 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0031 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK U Una volta un uomo vide uno scara- giorno, vedendo lo scarafaggio: faggio e si disse: «Perché mai il Signore «Perché mai il Signore l’avrà creato? l’avrà creato? Forse per la sua forma, Forse per la sua forma, piacevole, o piacevole, o forse per il suo odore, non forse per il suo odore, non proprio piaproprio piacevole?». cevole?». Allora chiese ai presenti di Così, il Signore, per punizione, gli soddisfare la richiesta del guaritore, mandò una piaga, che i medici non aggiungendo: «Mi sa che conosce furono in grado di guarire. bene il suo lavoro!». L’uomo cadde nella disperazione, Poco dopo, qualcuno tornò con lo chiedendosi se sarebbe mai riuscito a scarafaggio. Il sedicente medico lo guarire da quella tremenda ferita. bruciò, prese le ceneri e le spalmò Ma un giorno udì la sulla piaga. La ferita, in voce di un guaritore itipoco tempo, guarì... nerante, che proponeva «Col permesso dell’AlIl guaritore, come vide i suoi servigi ad alta voce tissimo», si disse il pala piaga, domandò ai per strada. ziente. presenti di cercare E l’uomo malato si Il quale, dopo essere uno scarafaggio e di mise ad urlare: «Porstato guarito, non cessò portarglielo. tatelo da me, che mi di dire a chiunque: «Rivisiti e prenda in esame cordati che l’Altissimo il mio caso disperato!». ha voluto insegnarmi Ma i vicini gli replicarono: «Cosa ti che la più vile delle sue creature può aspetti da un vagabondo sedicente diventare il più potente dei rimedi!». medico, quando i medici più esperti (racconto arabo) non sono riusciti a fare niente per te?». *** Ma l’uomo insistette: «Desidero assolutamente incontrarlo!». Il racconto insegna a rispettare le Gli condussero il guaritore. Costui, creature, anche quelle apparentecome vide la piaga, domandò ai pre- mente vili ed inutili. San Francesco senti di cercare uno scarafaggio e di cantava: «Laudato sie, mi’ Signore, portarglielo. I presenti scoppiarono a cum tucte le tue creature...», espriridere. mendo come nel creato, in tutto il Il paziente, in quel momento, ri- creato, sia riflessa l’immagine del cordò quello che aveva detto un Creatore. “ ” 31 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0032 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 15 – L’isola Alberia U Una volta esisteva un’isola di nome “Alberia”, coperta da enormi alberi. Questi, maestosi, possenti, alti da toccare il cielo, dividevano la vita con gli uomini. Gli alberi formavano delle congregazioni tra di loro, che furono chiamate “boss’sheiu” (Bush, Bosco): la foresta dei Platani, il bosco delle Betulle, la contea dei Castagni... Gli uomini, nelle loro povere case di fango, del ricco patrimonio verde d’Alberia se ne servivano minimamente: si riparavano sotto le fronde dai raggi cocenti del sole d’estate, usavano il fogliame per farsi dei freschi giacigli per la notte. In inverno, gli uomini se stavano lontani dai boschi, anche se abbondava la legna per i focolari. Furono gli alberi stessi, mossi a compassione nel vedere tremare i bambini dal freddo, che decisero di regalare il legname da combustione alle povere popolazioni gelate. Gli uomini, non dovevano nemmeno faticare per spaccare e segare i ciocchi per adattarli ai loro piccoli camini... La legna cadeva dagli alberi, bella e pronta per essere attizzata. Gli alberi stessi provvedevano che ogni famiglia avesse la sua catasta e gliela facevano trovare ai piedi dei loro 32 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0033 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK tronchi con tanto di nome scolpito su ogni pezzo di legno. Sotto il grande Castagno la legna era del clan di Ien, il primo Frassino del bosco era destinato al clan di Vochos, dalla Quercia le pire erano donate al clan di Seimocanos. La regola era stabilita dagli alberi stessi, senza fare torto a nessuno. Questi magnanimi Signori verdi dei boschi, soggiogavano ad una magia d’Odino. Là, in quell’isola, gli alberi non davano frutti, nemmeno una ghianda per gli scoiattoli, non avevano fiori in primavera, nemmeno un piccolo bruco che si nutrisse delle loro foglie. Gli uccelli non si posavano sui rami a cinguettare e, per il nido, preferivano migrare a Sud. Quando avevano raggiunto il limite d’età, gli alberi si dissolvevano nel Nulla, così come dal Nulla nascevano. Il vento non portava nemmeno un piccolo seme, in quelle terre. Accade che gli uomini d’Alberia si stancarono di quella Natura, tanto più che gli alberi li prendevano a mazzate quando, spinti dalla cupidigia, entravano nella foresta incantata per rubare la legna prima che sorgesse la Luna Nuova. Gli uomini iniziarono ad odiare gli alberi, a tirare loro delle pietre, a mozzare le loro grandi braccia, fino ad abbatterne i tronchi più grossi. Un giorno appiccarono il fuoco e sulla grande isola cadde una coltre di fumo, così densa che la luce sparì. Gli alberi che sfuggirono alle fiamme perdettero il loro verde e non diedero più ossigeno. La gente si ammalò ai polmoni, la loro pelle divenne secca e piena di rughe, i bambini invecchiarono aridi come la cenere, con i capelli grigi, gli stracci acremente intrisi di fumo. Quello che non distruggeva il fuoco, svaniva nel nulla; le montagne divennero calve. Sull’isola il tempo tornò indietro di milioni d’anni. Odino, vedendo come soffrisse la Natura in quell’ambiente degenerato dalla stupidità degli umani, spazzò via la coltre di fuliggine. Thor, suo figlio, rassodò il terreno con i fulmini. Freya sparse dei semi e trasse dal suo seno ghirlande di fiori d’ogni forma e colore, inondando i campi di mille colori. Lentamente la vita riprese sull’isola. Odino trasse dalla sacca tanti esseri verdi dalla barba bianca, così piccoli che stavano sotto i funghi, e li incaricò della gestione e manutenzione dei boschi e delle foreste. Gli gnomi cominciarono a curare ogni albero e ogni foglia, a portare l’acqua alle radici, a preparare in primavera pentoloni enormi di colore per ravvivare i fiori appassiti durante l’inverno, a fornire ad ogni albero il suo fungo adatto per essere nutrito dalle radici e per scomporre i tronchi vecchi. Posero tanti nidi per gli uccelli, adagiarono le foglie cadute dagli alberi sul terreno per formare un tappeto soffice e silenzioso, sparsero ceste di bacche per i cinghiali. Tutto, sull’isola tornò alla normalità e gli uomini capirono il torto fatto agli alberi... *** Fu così – conclude la leggenda nordica – che gli uomini appresero dai Folletti a fare le fascine, a smettere di accendere alcune grosse foglie dall’odore acre aspirandone il fumo, a respirare a pieni polmoni l’ossigeno prodotto dagli alberi, a lavarsi ogni mattina con la rugiada. I bambini crebbero forti e rubicondi... e Alberia fu ricordata come l’isola felice. 33 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0034 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 16 – Melikki e la balena L La famiglia era composta dai genitori, da tre figli di nome Matias, Niko e Albrekt, e dalla figlia Melikki, di dieci anni. Abitavano in una casa di legno che si affacciava su un piccolo fiordo: gli uomini praticavano la pesca (aringhe, sgombri, foche, balene...), le donne avevano cura della casa. Melikki era molto dolce e, ogni giorno, si recava sulla riva del fiordo per aspettare il ritorno del padre e dei fratelli. Sullo scoglio cantava le vecchie canzoni della sua gente, tristi per una bambina, ma armoniose e belle. 34 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0035 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK «Canto insieme alle balene – diceva ai suo – esse conoscono tante canzoni!». I fratelli scherzavano sulle sue fantasie. Un giorno, mentre gli uomini erano fuori a caccia di balene, si scatenò in mare una tempesta. Poi, man mano che la tempesta andava calmandosi, scese una fitta nebbia che, in poco tempo, avvolse ogni cosa e rese difficile ai pescatori trovare la giusta rotta. La madre, vista la situazione, pensò bene di andare incontro agli uomini. Spinse in acqua la vecchia barca, vi salì con Melikki e cominciarono insieme ad urlare nella nebbia: «Matias, Niko, Albrekt, Ukko...». Si spostavano piano, sempre urlando... Fino a che sentirono rispondere non molto lontano: «Siamo qui!». Le loro voci, incrociandosi, rassicuravano l’un l’altro, però la nebbia li nascondeva. Ad un tratto la madre vide il marito ed i figli aggrappati ad uno scoglio, mentre la barca affondava lentamente vicino a loro. La donna, aiutata da Melikki, remò più svelta per raggiungere lo scoglio. La gioia dell’incontro però fu breve perché si resero conto che la vecchia barca non avrebbe sopportato il peso di tutti, non potevano raggiungere la riva a nuoto perché era troppo lontana, né potevano sperare, con quel tempo, nel passaggio di una barca. Melikki si mise a cantare dolcemente e accadde un fatto straordinario: un altro canto si unì al suo... quello di una balena emersa a pochi metri dello scoglio. «In barca, presto! – gridò il padre – Altrimenti qui moriamo tutti!». «La balena ci attaccherà!», disse spaventato Niko. Scesero tutti nell’imbarcazione e tentarono di allontanarsi dallo scoglio, ma la barca, per il peso, cominciò ad affondare. Improvvisamente il muso della balena sfiorò l’imbarcazione. Tutti gridarono atterriti! Soltanto Melikki restò tranquilla e, indicando il cetaceo, disse: «Non abbiate paura!». La balena scomparve sott’acqua e, sostenendo con il suo ampio dorso la vecchia imbarcazione, la condusse lentamente verso il fiordo. Ad un certo punto il cetaceo s’inabissò e la barca, priva di sostegno e sovraccarica, cominciò ad affondare! Ma ormai la riva era vicina e tutti la raggiunsero a nuoto. Quando toccarono terra, si volsero a guardare il mare: una gran massa nera si tuffava ed emergeva, si rituffava e riemergeva... come per salutarli. Melikki gridò: «Grazie per aver salvato me e la mia famiglia, non lo dimenticherò mai! Torna a trovarmi. Ti aspetterò al nostro solito posto!». Genitori e fratelli rimasero in silenzio a guardare, stupiti di quanto era accaduto. In quel preciso momento gli uomini promisero in cuor loro che non avrebbero più dato la caccia alle balene e non avrebbero più riso delle fantasie di Melikki. *** La leggenda arriva dalla Norvegia, uno dei primi paesi marinari del mondo, dove numerosi sono i pescatori che vivono lungo i fiordi, golfi stretti e profondi che caratterizzano le coste. In quei luoghi solitari fioriscono molte storie popolari, che insegnano tra l’altro il rispetto delle creature e la generosità. 35 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0036 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 17 – I fannulloni del Buon Fiume M Molto tempo fa, un popolo di grandi fannulloni viveva vicino al Buon Fiume. Il terreno era fertile e ben irrigato dall’acqua del fiume, in modo che i pascoli erano rigogliosi e il bestiame vi pascolava da solo. Le donne facevano il minimo di ciò che c’era da fare, gli uomini facevano i fannulloni e i beoni. Un giorno, uno sconosciuto arrivò e si stabilì nella terra del Buon Fiume. Non si preoccupava di nessuno, non cercava amici, ma non dava fastidio ad alcuno. Si costruì una bella casa, molto spaziosa, e iniziò a lavorare senza sosta dalla mattina alla sera. Questo fece infastidire alcuni. Non perché lo straniero avesse preso la terra senza chiederne il permesso (ve n’era a sufficienza per tutti), né perché andasse a caccia e a pesca (vi era abbondanza di selvaggina nella steppa e di pesci nel fiume). Era il suo impegno al lavoro che li preoccupava. Così, si guadagnò il soprannome di “Lavoratore”, per loro dispregiativo. Lo straniero divenne lo zimbello degli uomini che, a forza di prenderlo in giro, finirono per detestarlo. Dicevano: «Curioso personaggio. Non parla con nessuno e non smette di lavorare. Non ci si può aspettare niente di buono da un simile 36 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0037 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK stretta. I fannulloni risero di cuore: individuo». Un giorno, organizzarono un gran «Lavoratore è impazzito. Il lavoro gli ha raduno, al quale invitarono anche lo tolto la ragione!»... Ma non risero a straniero Lavoratore. In quell’occa- lungo. Arrivò infatti la stagione delle sione, lo stregone disse in pubblico: piogge e il fiume straripò. Ad ogni sta«Di recente, uno straniero strano è ar- gione delle piogge l’acqua del fiume rivato nel nostro paese. Non saluta saliva, inondando la zona. Successivanessuno e non parla con nessuno. Si è mente, il fiume rientrava nel suo letto, costruito una casa e ha preso la nostra lasciandosi dietro un limo fertile. Ma terra. Caccia nella nostra steppa e questa volta, l’acqua non si abbassava. pesca nel fiume e, soprattutto, lavo- Al contrario, l’inondazione progrera... instancabilmente! Ora, il lavoro diva, distruggendo le case, uccidendo non è l’attività degli uomini, ma delle uomini e bestiame sul suo cammino. Allora la gente pensò donne. Questo estraneo che Lavoratore si fosse introduce nuovi covendicato con la costrustumi in casa nostra, ofDi recente, uno strazione di una diga sul fendendo il Buon Fiume niero strano è arrivato fiume, che aveva trache ci nutre. Che cosa nel nostro paese. Non sformato la valle in un dobbiamo fare di lui?». saluta nessuno e non enorme lago. Disperata, Tutti cominciarono a parla con nessuno. la popolazione sfuggì algridare: «Che se ne l’inondazione rifuvada! Noi non lo vogiandosi nella foresta. gliamo qui!». Allora Lavoratore parlò: «Prima di Una volta passata la stagione delle arrivare in mezzo a voi, il grande spirito piogge, tornò a valle per costruirvi un Mguri-mgori mi è apparso in sogno nuovo villaggio, arare nuovi campi e chiedendomi di venire da voi per inse- allevare nuovi greggi sulle rive del lago. gnarvi a lavorare. Voi siete fannulloni e Gli uomini più saggi capirono che per la vostra pigrizia alla fine vi costerà la Lavoratore non si trattava di una vendetta. In realtà, egli li aveva salvati, sodvita. Sono qui per impedirlo». Esasperati, gli uomini urlarono più disfacendo la richiesta dello spirito forte. Allora lo straniero concluse: Mguri-mgori d’insegnare loro a la«Vedo che vi siete auto condannati!» vorare. Così, gli uomini che vivevano ed abbandonò il paese del Buon in riva al lago formatosi sul Buon Fiume. Per lungo tempo non si sentì Fiume, da fannulloni che erano divennero bravi lavoratori. più parlare di lui. Un giorno, però, delle persone che *** scendevano il fiume tornarono con Da quel momento – conclude la legdelle novità riguardanti Lavoratore. Dopo essersi spostato più a valle, genda africana – il popolo di quel paese aveva acquistato una ventina di venera Lavoratore, facendogli delle ofschiave con cui aveva trascinato delle ferte e chiamandolo in soccorso, pesanti pietre e dei tronchi d’albero quando necessario, come se fosse un per gettarli nel fiume, nella gola più dio. “ ” 37 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0038 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 18 – I figli e la Verità 38 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0039 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK I In un paese lontano, regnava un poInfine fu la volta del beniamino: tente sovrano. Non solo era potente, «Padre, è vero che siamo stati attaccati ma anche deteneva uno scettro dagli invasori e dai leoni. Ma io non li magico, che permetteva di dirigere i ho combattuti da solo o con la forza fulmini, oltre al regno. delle sole mani. Un giorno, il sovrano sentì che la sua Ho afferrato le armi migliori e fine stava avvicinandosi. chiamato l’esercito, cosicché siamo Così convocò i suoi tre figli: «Figlioli, riusciti a sconfiggere i leoni e a scacascoltatemi bene! Sono ormai stanco ciare gli aggressori». e bisogna che uno di voi prenda il mio Il vecchio re, dopo aver ascoltato i posto. Per scegliere il successore vi figli e dopo attenta riflessione, dechiedo di raccontarmi dusse che il ragazzo più un’azione coraggiosa coraggioso era colui che compiuta da ciascuno aveva detto la verità, Non solo era podi voi». cioè il terzo figlio. tente, ma anche deIl primo figlio disse: Lo chiamò e gli disse: teneva uno scettro «Padre, vi ricordate «Figliolo, dal momento magico. quando gli invasori atche hai detto la verità tu taccarono il nostro resei il più coraggioso. gno? Solo io li ho comPrendi lo scettro magico battuti e messi in fuga con la sola forza che ti permetterà di dirigere il delle mie mani, mentre loro erano nu- regno, quando giungerà la mia merosi ed armati fino ai denti!». fine». Poi parlò il secondo figlio: «Padre, vi *** ricordate quando i leoni della foresta Gli altri due figli – conclude la legattaccarono il nostro popolo? Io solo genda africana – impararono a loro ho osato combatterli, stendendoli con spese che dire la verità è il gesto più cola sola forza dei miei pugni!». raggioso al mondo. “ ” 39 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0040 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 19 – I tre figli salvatori 40 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0041 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK U Un povero contadino si accon- gazzi rivendicarono, ciascuno per sé, il tentava del poco che possedeva. merito di aver salvato il padre. Il primoAveva tre figli, che lo facevano genito diceva: «Se non avessi visto la sentire fortunato, in quanto ognuno di sofferenza del vecchio, voi non avreste loro aveva una dote particolare. potuto sapere cosa stava succedendo Il primo aveva il dono della chiaro- di anormale a casa nostra!». Il seconveggenza, il secondo il dono di volare dogenito sosteneva il proprio punto di coprendo lunghe distanze, il terzo il vista affermando: «Se non vi avessi tradono della guarigione. sportato immediatamente a casa, Un giorno, mentre i tre ragazzi papà sarebbe deceduto prima del erano al lavoro nei campi, il padre si nostro arrivo!». Il beniamino agammalò gravemente, col rischio di giungeva: «È grazie al dono della guarimorire se non si fosse intervenuto im- gione che possiedo che papà ha sconmediatamente. fitto il male!»... In quell’istante, il *** figlio col dono della Il primo aveva il dono chiaroveggenza vide lo «Secondo voi – condella chiaroveggenstato di salute del padre clude il racconto za, il secondo il dono ed urlò ai fratelli: africano – chi dei tre ha di volare coprendo «Nostro padre è molto salvato suo padre?». lunghe distanze, il sofferente, dobbiamo Il racconto ha uno terzo il dono della rientrare subito a casa!». scopo didattico: inseguarigione. Il secondogenito, esgnare ai giovani l’imporsendo capace di volare, tanza della collaborasi caricò i due fratelli zione, nell’umiltà e nella sulle spalle ed insieme raggiunsero in gratuità; specialmente in un ambiente, un lampo la loro dimora. Il terzo figlio, come quello del villaggio, dove le doti che possedeva il dono della guarigione di tutti messe al servizio della colletmiracolosa, utilizzò i suoi poteri per tività permettono agli abitanti di vivere curare il genitore. bene, meglio di come vivrebbero se Entro breve il vecchio guarì. Tutti ognuno pensasse esclusivamente al erano felici, fin quando tutti e tre i ra- proprio cortile. “ ” 41 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0042 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 20 – Il diamante e la rugiada 42 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0043 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK U Uno splendido diamante, che un questa falsa bellezza è anche ridicola, tempo aveva brillato al dito di una se non è accompagnata dalla durata principessa, giaceva in un prato, ac- nel tempo. Barca senza remi, carrozza canto ai “denti di leone” e alle pra- senza cavalli, pozzo senz’acqua... toline. ecco che cos’è la bellezza senza vaAppena sopra di lui, una goccia di lidità reale. Non c’è alcun valore aurugiada risplendeva timidamente ag- tentico là dove non c’è né rango, né grappata ad un filo d’erba. In alto, il ricchezza. Combina bellezza, rango e sole del mattino luminoso irradiava i ricchezza, e il mondo sarà ai tuoi piedi. suoi raggi su entrambi, facendoli Ora sai perché mi adorano!». brillare. E il diamante lanciò dei tali bagliori L’umile goccia di rugiada osservava di luce che lo scarabeo dovette distoil diamante, ma senza gliere lo sguardo, mentre osare rivolgersi a lui, la povera goccia di rudalla così nobile origigiada sentiva appena la Che assurdità! Ma ne. Uno scarabeo, forza di sopravvivere, cosa potersi aspetmentre attraversava i tanto era umiliata. tare da un grosso campi, scorse il diaIn quell’istante un’alscarabeo? Andate mante e riconobbe in lodola scese come una via lui un gran persofreccia e venne a colpire naggio. «Signore – disse col becco il diamante. – facendogli un grande inchino, la«Ahi! – disse delusa – Ciò che ho sciate che il vostro umile servitore vi scambiato per una goccia d’acqua non offra i suoi omaggi». è altro che un diamante miserabile. La «Grazie!», rispose il diamante con mia gola è secca, sto morendo di aria altezzosa. Poi, alzando gli occhi, sete!». Il diamante ridacchiò. Ma la vide la goccia di rugiada e, indicandola goccia di rugiada aveva preso un’imcon una delle sue antenne, chiese al provvisa e nobile decisione. Rivoldiamante: «Un vostro parente, gendosi all’uccellino propose: «Posso presumo?». aiutarla, io?». Il gioiello scoppiò a ridere con diL’allodola alzò lo sguardo. «Oh! Mia sprezzo: «Che assurdità! Ma cosa po- preziosa amica; tu mi salverai la vita. tersi aspettare da un grosso scarabeo? Vieni, allora!». Andate via, signore. Mettermi sullo Così la goccia di rugiada scivolò stesso piano, nella stessa famiglia di un lungo il filo d’erba fino al becco dell’alessere volgare, inutile e senza valore... lodola assetata... Che idiozia!». *** «Ma, signore, mi sembrava... La sua Lo scarabeo – conclude la favola racbellezza non è forse uguale alla vostra?», balbettò timidamente lo sca- colta in Francia – riprese la sua passeggiata pensando: «È più preziosa l’anima rabeo deluso. «Bellezza, veramente? Imitazione, che la bellezza esteriore; è più utile e vuoi dire! In effetti, l’imitazione è la più durevole un cuore buono che una sincera forma di adulazione... Ma pietra “preziosa” solo di fuori». “ ” 43 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0044 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 21 – Il pescatore e il pesce parlante 44 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0045 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK S Sulla riva del mare viveva una coppia di anziani. Da 33 anni abitavano in una vecchia capanna. Il vecchio pescava e la vecchia filava. Un giorno, l’uomo gettò la lenza in mare, più volte, senza pescare nulla. Finché riuscì a pescare un pesce particolare, gigante e tutto d’oro. Il pesce si mise a supplicare il pescatore con voce umana: «Ti prego, rigettami in mare. In cambio ti darò tutto quello che vorrai!». Il vecchio si stupì, pieno di timore. Mai aveva udito un pesce parlare. Rigettò il pesce esclamando: «Va’ con Dio, ritorna nel tuo mare blu e nuota libero nelle sue profondità. Io non ho bisogno di nulla!». L’uomo tornò a casa e raccontò alla moglie la gran meraviglia: «Ho rischiato di portare a casa un grosso pesce d’oro... Parlando con voce umana mi ha chiesto di liberarlo in cambio di qualsiasi ricompensa. L’ho liberato, senza chiedergli nulla!». La vecchia allora replicò: «Sciocco! Non hai accettato alcuna ricompensa? Avresti potuto chiedere almeno un nuovo trogolo (vasca per raccogliere l’acqua), visto che il nostro è pieno di crepe!». Il vecchio tornò sulla riva del mare e chiamò il grosso pesce d’oro. Costui venne a galla e si avvicinò al pescatore: «In cosa posso servirti?». «Abbi pietà, signor pesce! Mia moglie vorrebbe un nuovo trogolo...». Il pesce disse: «Non preoccuparti, buon uomo. Va’ e che Dio ti assista!». Al suo ritorno, l’uomo vide sua moglie sorridente, seduta davanti la loro capanna con un trogolo tutto nuovo. Dopo qualche giorno, la donna chiese al marito di andare dal pesce per ottenere una dimora, lussuosa come una reggia. «Abbi pietà, signor pesce. Mia moglie vorrebbe una dimora lussuosa. Da contadina vorrebbe diventare una nobildonna». Al ritorno vide con sorpresa che la sua capanna si era trasformata in un palazzo reale. Sua moglie era vestita elegantemente, come la consorte dello Zar, seduta a tavola, servita e riverita da un sacco di giovani camerieri, che le versavano dei vini pregiati d’oltre mare e le offrivano dei pani speziati mai assaporati. Intorno, un manipolo di guardie armate... Dopo un po’ di tempo la vecchia si lamentò... E il povero consorte dovette tornare dal pesce. «Abbi pietà, signor pesce! Cosa vuoi che faccia con quella benedetta donna? Non gli basta vivere come una Zarina. Adesso vuole diventare la Sovrana dei mari, perché tu la serva e le soddisfi qualsiasi desiderio!». Il pesce non disse nulla e s’immerse nel profondo del mare. L’uomo aspettò a lungo, ma il pesce non si fece più rivedere. Quando tornò a casa, al posto della reggia ritrovò la sua capanna di un tempo. E la moglie, vestita di stracci, seduta sulla soglia, davanti al trogolo scheggiato... (racconto russo). *** Il racconto, tradotto e reso in prosa, è un estratto di uno degli scritti più famosi dello scrittore poeta Aleksàndr Puskin, le cui storie hanno fatto crescere generazioni di giovani russi. L’insegnamento morale del racconto è semplice ed universale: è importante sapersi accontentare; chi troppo vuole... 45 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0046 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 22 – La betulla vanitosa U Un tempo, la foresta era abitata da molti alberi... con il dono della parola. L’acero lasciava scorrere la propria dolce linfa per le creature assetate. Così tanti uccellini riposavano fra i suoi rami e i merli depositavano le loro uova nei nidi fissati proprio lì. L’acero li proteggeva dal vento e dalla pioggia. Era un albero rispettato dai vicini. Poco lontano, un olmo innalzava i suoi rami verso il cielo. Amava il sole e tutti i suoi rami si slanciavano verso i suoi raggi. I pettirossi costruivano i loro nidi tra i suoi rami, sentendosi al sicuro tra quelle altezze. Poco più in là la tuia offriva ospitalità, durante la stagione invernale, a famiglie intere di volatili. 46 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0047 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Rinchiudendo le sue spesse fronde betulla... «Perché dovrei aggregarmi a su di loro, le teneva al caldo. Al punto voi, così ordinari?». Di fronte a tale risposta, l’acero che, in primavera, gli uccelli esitavano ad abbandonare il caldo rifugio tra i pensò alla reazione che avrebbe potuto aver il grande pino, che aveva il rami dell’ospitale tuia. A pochi metri si trovava la betulla, compito di far rispettare l’armonia tra i magra ed elegante, dalla scorza dolce vari alberi. «Taci, betulla... Guai se ti sente il e bianca che la distingueva dagli altri alberi. I suoi rami elastici e graziosi si grande pino!». Gli alberi erano solidali tra loro. muovevano alla minima brezza. In Solo la betulla rifiutava primavera, le sue foglie l’amicizia degli altri, con erano così fini da lasciar Non ti saluterò mai. parole di disprezzo: passare la luce del sole. Perché sono io «Non me ne importa del Arrivati in quella fol’albero più bello vostro re. Io sono l’alberesta, gli uomini si serro più bello della foresta. virono della scorza della della foresta; sono Mai m’inchinerò di betulla per fabbricare più bello anche di te! fronte al pino». canoe, capanne, reci«Betulla, cosa hai pienti per alimenti. Un giorno però la betulla, sa- detto?», vociò il grande pino. Tutti gli alberi si misero a tremare, pendosi bella, si mise a disprezzare le pensando alla reazione del loro re. altre piante. Ma la betulla replicò sprezzante: Compreso il grande pino, il re della foresta, di fronte al quale ogni albero «Non ti saluterò mai. Perché sono io doveva chinarsi per il saluto di reve- l’albero più bello della foresta; sono renza. Il pino era il più grande, il più più bello anche di te!». Allora il pino si arrabbiò. E sgridò la maestoso, il più diritto della foresta. Oltre alla taglia, il vestito verde scuro betulla: «Sei diventata vanitosa! Ti darò una lezione che non dimentigli assicurava l’autorità. In quella stagione, la foresta ri- cherai mai!». Così il re degli alberi, con la forza dei splendeva di profumi e di colori di migliaia di fiori e un mirabile tappeto di suoi rami spinosi, scorticò la fragile muschio ricopriva gli angoli ombreg- corteccia della betulla aggiungendo: giati del suolo. Gli uccellini, numerosi, «Che tutti imparino, guardandoti, che di ogni colore, cinguettavano. Gli l’orgoglio e la vanità sono malvagi»... alberi si cullavano dolcemente e agi- (leggenda scandinava) tavano le foglie come gioiosi mormorii *** di contentezza. Da quel giorno – conclude la legUn giorno, l’acero osservò che la betulla non partecipava a tale giubilo genda – la scorza della betulla è marchiata da fini cicatrici scure, a ricordo collettivo. «Sei forse malato?» chiese gentile della collera del grande pino: il prezzo che dovette pagare, a causa della sua l’acero. «Neanche per sogno!», rispose la esagerata vanità. “ ” 47 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0048 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 23 – La campanella d’argento 48 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0049 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK C C’era un paesino di montagna sperduto tra il verde. Era un piccolo borgo, misero, povero, abitato da poche centinaia di anime. Gli abitanti del paesino erano persone brave, pacifiche, tranquille, laboriose, accoglienti. Le loro case – rustiche, massicce, costruite con sassi e legno di abete – si ammucchiavano attorno al minuscolo campanile della linda chiesetta. Stalle, orticelli, pascoli e boschi di conifere facevano corona al villaggio. La vita era dura, il lavoro pesante, i guadagni molto scarsi, la dieta modesta: polenta, castagne, latte, formaggio, verdure dell’orto... Però nessuno si lamentava! Tutti vivevano semplicemente, poveramente, ma contenti. Avevano un solo oggetto prezioso in comune: un’antica campanella d’argento, che una duchessa tedesca aveva inviato loro in dono, in segno di riconoscenza, per la chiesetta che aveva visitato durante un’escursione di montagna e che le era servita di riparo durante un breve temporale. I vecchi avevano incastonato la campanella in un ceppo robusto di rovere e l’avevano innalzata sul piccolo campanile. La suonavano ogni giorno, all’ora dell’Ave Maria, da quasi un secolo. In quel momento, tutti gli abitanti del paesino (nelle case, nelle stalle, sulla piazzetta, lungo le stradine, presso la fontana) a quel suono si segnavano devotamente pregando la Vergine Santa. Quello scampanio d’argento possedeva un incantesimo misterioso: affratellava la gente, creava un clima di bontà e un’atmosfera di pace. Quel suono era diventato per tutti una voce familiare, pressoché materna... Un giorno, sulla cuspide del campanile, degli operai installarono un’antenna, per “illuminare” la vallata con trasmissioni televisive. Qualcuno mise gli occhi sulla campanella... Durante una notte nera come la pece, la campana fu asportata e portata via. Gli abitanti ricercarono angosciosamente e accuratamente l’amata campanella, ma con risultati inutili. Così i rintocchi della campana in quel villaggio non risuonarono più. Gli abitanti, a poco a poco, venendo a mancare quel richiamo del cielo, invece che pregare, cominciarono ad affollarsi davanti al televisore dell’osteria. I più giovani, a caccia di soldi, scesero a valle. I boschi, di anno in anno in preda all’abbandono, furono infestati di arbusti. I sentieri e le mulattiere andarono in sfacelo, semisepolti tra intrichi di rovi e ortiche. Le baite furono abbandonate e le malghe degli alpeggi divennero dei ruderi. D’inverno, ai margini del paese, riapparvero volpi, cinghiali, lupi... via via sempre più numerosi, voraci ed aggressivi. Anche le persone – tra gelosie, invidie e liti – cominciarono a divenire come un branco di bestie invelenite. Oggi i vecchi ripetono, con sempre maggior convinzione, che la voce di quella campanella d’argento era una voce della coscienza collettiva, una voce del Cielo. *** Quando una comunità perde la voce della Coscienza, che si propaga anche attraverso il suono delle campane, ritorna la stagione dei lupi... 49 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0050 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 24 – La pigrizia e l’oro U Un contadino, pigro e avido di ricchezze, trascurava i suoi possedimenti: lasciava i campi incolti e le greggi senza pastore. E così s’impoverì. Un giorno, l’uomo si trovò da solo in mezzo alla savana ed urlò: «Povero me! Sono proprio sfortunato... Potessi almeno trovare dell’oro!». All’improvviso apparve uno stregone e disse: «Ho sentito quanto dicevi. Io posso accontentarti. Ho il potere di riempirti d’oro... A condizione che i tuoi figli nascano con dell’oro incastonato nella pelle. Però ti avverto: accettando, sarai profondamente infelice!». L’uomo si disse: «L’oro non può che 50 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0051 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK procurare felicità! Se anche i miei figli «Poveri bambini miei! Darei non so nascessero con dell’oro appeso all’o- che, per togliervi quell’orribile farrecchio o tra i capelli, non solo sa- dello dalle membra!». Apparve lo stregone: «Uomo! Mi fai rebbero belli, ma desterebbero l’inpena! Ma in fin dei conti sei un bravo vidia degli abitanti del villaggio...». Così accettò la proposta dello padre. Torna a casa. Io mi riprenderò stregone, dandogli la mano e spu- l’oro e, in cambio, ti darò una rictando a terra, secondo la consue- chezza ben più grande: la salute dei tudine. E rientrò al villaggio soddi- tuoi cari». Sulla via del ritorno al villaggio, il sfatto. Sulla porta di casa vide un sacco. Lo contadino vide dei ragazzi corrergli inaprì e, scoppiando di gioia, vi trovò contro. Erano i suoi bambini, robusti e sani, liberati da ogni indell’oro. fermità. Nove mesi dopo, la Con le infermità era moglie del ricco conAll’improvviso apsparito anche l’oro e, tadino mise al mondo parve uno stregone e così, andarono tutti a laun bambino cieco, con disse: «Ho il potere vorare nei campi, rimasti due bulbi d’oro al posto di riempirti d’oro...». a lungo incolti. degli occhi. I ragazzi aiutarono il L’anno successivo padre, con un entunacque una bambina sorda, con due pezzi d’oro incastonati siasmo e una forza tali che, al momento del raccolto, ottennero i minegli orecchi. Un altro piccolo nacque gobbo, a gliori prodotti della regione. Allora il contadino capì il significato causa di un grosso peso d’oro sulla delle parole dello stregone: «Accetschiena. Una bambina nacque zoppa, tando l’oro, sarai profondamente inavendo incastonati dei pezzi d’oro felice... La salute è una ricchezza ben più grande!». (Leggenda africana) sotto il piede. L’ultimo nato aveva due moncherini d’oro al posto delle mani... *** A quel punto, il ricco contadino coLa leggenda, raccolta tra gli abitanti minciò a disprezzare l’oro, che brutadella Costa d’Avorio, insegna il valore lizzava i suoi bambini. Allora si pentì di aver accettato la della salute, dei figli e del lavoro, pilastri della tradizione, ricchezze più proposta dello stregone. Ritornò in mezzo alla savana ed urlò preziose dell’oro. “ ” 51 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0052 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 25 – I due fratelli e le uova D Due fratelli, abitanti nella savana, avevano l’abitudine di andare a caccia insieme. Solitamente non tornavano a mani vuote. Un giorno, però, vennero a mancare le prede. Per loro iniziò un periodo di stenti. Una sera, rientrando al villaggio senza aver catturato nulla, trovarono due uova vicino al fiume. Le raccolsero, uno a testa. Il primogenito ne mangiò uno, mentre il più giovane mise il suo nella bisaccia. La scena del ritrovamento delle uova si riprodusse per tutta la settimana: ogni sera il primogenito mangiava il suo, mentre l’altro raccoglieva 52 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0053 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Un giorno gli chiese: «Come fai a il suo per poi custodirlo nella capanna, accontentandosi di nutrirsi della frutta procurarti questo buon cibo, pur che trovava, anche se rara, in mezzo avendo rinunciato alla caccia?». Il fratello conservò il silenzio e poi alla savana. L’ottavo giorno, il fratellino ebbe la chiese a sua volta: «Qualche mese fa piacevole sorpresa di veder schiudersi abbiamo trovato delle uova. Ricordi? le uova e di ritrovarsi con sette pulcini. Cosa ne hai fatto delle tue?». «Le ho mangiate!». «Io invece – In breve, poté contare su sei galline ed continuò il giovane – ho conservato le un gallo. A suo tempo le galline si misero a mie uova e, grazie ad esse, oggi possiedo un gran pollaio... Talvolta sono deporre delle uova... Così, nel giro di pochi mesi, il necessari dei piccoli sacrifici per preparare il proprio giovane cacciatore dofuturo!». vette rinunciare alla «Hai ragione!3, comcaccia per occuparsi Una sera, rientrando mentò il cacciatore. esclusivamente del polal villaggio senza D’allora anch’egli ablaio, stracolmo di aver catturato nulla, bandonò la caccia per galline. trovarono due uova aiutare il fratello nel Questo, di nascosto vicino al fiume. pollaio e i due si arricdal fratello, che non chirono con rapidità. capiva il motivo per cui il giovane non andasse *** più a caccia. La leggenda, raccolta in Niger, inIl maggiore, quando la sera tornava senza aver preso nulla, si lasciava in- segna anche a noi “benestanti” il vitare dal fratellino a cena, sempre a valore del sacrificio e della rinuncia, per un futuro più fecondo. base di carne di pollo. “ ” 53 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0054 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 26 – Il Messaggio e la Ricompensa 54 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0055 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK V Vi erano 3 fratelli senza lavoro, che Un giorno anche il fratello minore vivevano in miseria nella casa degli an- bussò alla porta del palazzo. Anche a ziani genitori. Un giorno, stanchi di lui il vecchio signore affidò l’incarico quella vita, dissero loro: «Andremo a di portare il messaggio. cercare servizio da qualche padrone». Il ragazzo, in sella al cavallo bianco, I genitori risposero solamente: partì al galoppo. Superò il monte e at«Quando avrete trovato qualcosa, traversò con il cuore in gola il mare pensate anche a noi, vecchi!». color del sangue. Giunse infine in un Così i fratelli si allontanarono per luogo dove si stendeva un giardino strade diverse. pieno di fiori profumati e bellissimi. Il maggiore, giunto ad un gran pa- Davanti ad una porta piena di luce, il lazzo, bussò e gli venne galoppo si arrestò. Il raad aprire un vecchio sigazzo bussò e venne ad Devi recapitare un mesgnore; era gentile, ma aprire una signora belsaggio e userai il cavallo incuteva soggezione lissima alla quale conbianco che vedi lì fuori. segnò il messaggio. con l’aspetto solenne. «Ho proprio bisogno di Quindi ritornò. un giovane come te! Devi recapitare Quando il vecchio lo vide, gli venne un messaggio e userai il cavallo bianco incontro e lo accolse con calore. che vedi lì fuori. Lasciati condurre da «Entra e riposati dal lungo viaggio! Io lui, che ti guiderà; ma se gli urlerai, sono il Signore; la signora, a cui hai s’impennerà e farà ritorno». Il giovane consegnato il messaggio, è la Masi mise in viaggio. Giunse ai piedi di un donna e il giardino meraviglioso che monte così erto che sembrava impos- hai visto è il Paradiso. I tuoi fratelli si sibile valicarlo. Provò ad arrampicarsi, sono lasciati spaventare lungo la ma ad un tratto, per la paura, urlò... e strada che porta Lassù: il primo si è imsubito il cavallo lo riportò al palazzo. paurito vedendo il monte erto, che «Ho capito – disse il vecchio – rappresenta quanto è duro vivere; il prendi questi soldi e tornatene a secondo si è bloccato davanti al mare casa!». Il giovane proseguì verso la di sangue, che simboleggia le insidie città e lì spese tutto il guadagno. del peccato; tu, invece, sei passato atPoco tempo dopo, allo stesso pa- traverso i vari ostacoli e hai superato la lazzo, capitò anche il secondo fratello, prova. Prendi tutti questi denari!». che si offrì volonteroso per qualsiasi Il giovane, carico di ricchezze, incombenza. Gli fu affidato lo stesso tornò subito a riabbracciare i suoi gecompito. Il giovane riuscì a salire il nitori e con loro visse in serenità. monte e a superarlo ma, quando fu *** dall’altra parte, gli si parò davanti una La vita è costellata di prove. Se si sudistesa d’acqua color del sangue ed egli non ebbe il coraggio di attraver- perano con coraggio e fiducia, lasarla. Ritornò quindi al palazzo, prese i sciandosi consigliare dal Bene, come soldi e, invece di andare a soccorrere i suggerisce la leggenda, esse riservano genitori, anch’egli proseguì verso la delle splendide sorprese. Al primo posto il Paradiso. città e si diede alla bella vita. “ ” 55 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0056 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 27 – Il sarto e la fortuna U Un tempo, viveva un sarto così povero da non avere neanche un riparo in cui lavorare. Possedeva solamente un ago e un po’ di filo e lavorava ai bordi delle strade. I clienti erano rari e lo pagavano una miseria. Un bel giorno, quel povero sarto stava camminando in cerca di lavoro. Passando accanto alla bottega di un collega che aveva fatto fortuna lo sentì urlare: «Ho perso l’ago, l’ultimo che mi rimaneva! Qualcuno mi aiuti a cercarlo... Devo assolutamente finire quest’abito prima di sera!». Il pover uomo si avvicinò al collega e 56 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0057 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK gli disse: «Prendi il mio ago. Aspetterò serviva per le riunioni importanti e per che finisca il lavoro!». In cambio del le sentenze pubbliche. Avvicinandosi favore, il sarto volle dargli dei soldi, ma si accorse che erano tutti tristi e patiti e lui rispose: «Mi basta qualcosa da ne chiese loro il motivo. Il portavoce del capo rispose: mangiare, perché ho fame!». Fu così che l’umile sarto se ne andò «Siamo vittime di un’invasione di topi, con una grossa gallina in mano. che hanno preso d’assalto i nostri Accese un fuoco e l’arrostì. Ne mangiò granai, mangiandosi le nostre riserve una parte e ne conservò il resto per il di arachidi e di mais!». Lo straniero propose giorno dopo. di aiutarli. Verso sera, incontrò Fece uscire i gattini una signora anziana, Camminò a lungo, dalla bisaccia e, in poco magra, seduta davanti nutrendosi di frutta tempo, essi liberarono il ad una povera capanna. selvatica e pescando villaggio dal flagello dei La donna gli presentò il topi, spingendoli verso il palmo della mano: «Fidei pesciolini per fiume e facendoli angliolo, abbi pietà di me! nutrire i gattini. negare. Da alcuni giorni non Alla fine, il portavoce mangio. Inoltre non ho nulla da dare a questi sette gattini, del capo si rivolse al viandante: «Qualdopo che la gatta che li ha messi al siasi cosa chiederai, noi te la daremo!». mondo è morta di fame». Lo straniero propose: «Datemi una Il sarto cercò nella bisaccia e diede capanna e sette volenterosi giovani alla donna la gallina rimasta. Lei lo ringraziò, pregandolo di pren- come apprendisti». Fu così che il povero viandante didersi i sette gattini: «Che ti portino venne il sarto più importante della refortuna!». L’uomo depose i gattini nella bi- gione. (Racconto africano) saccia e si allontanò. *** Camminò a lungo, nutrendosi di L’uomo, da povero che era, divenne frutta selvatica e pescando dei pefortunato, grazie alla sua intraprensciolini per nutrire i gattini. Una settimana più tardi, il nostro denza e alla sua generosità, insegna la povero sarto arrivò nei pressi di un saggezza africana attraverso il racconto. grosso villaggio. La grandezza d’animo, infatti, Notò che gli uomini erano riuniti sulla piazza, sotto il grande albero che produce sempre frutti di bene. “ ” 57 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0058 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 28 – La foglia e l’autunno L La foglia se ne stava lì, ferma, si lasciava coccolare dal vento e solleticare dai piccoli insetti che le si poggiavano sopra. Rideva felice ascoltando le parole di un uccellino che accudiva i suoi piccoli. Ma, all’alba di un freddo mattino di ottobre, aprì gli occhi e vide che il suo albero stava diventando vecchio e tutte le sue compagne iniziavano a cadere o a ingrigirsi. – «Ma che sta succedendo?», disse. – «È l’autunno mia cara fogliolina», rispose il vecchio albero. – «Stai per morire?», chiese la foglia con un tono spaventato. – «No, certo che no! Non sono poi così vecchio! – precisò divertito 58 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0059 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK l’albero – È solo la stagione che avanti... Cadeva e ondeggiava per atcambia, poi arriverà l’inverno, farà tutire la caduta... Vedeva il terreno avfreddo, ci sarà un vento gelido e vicinarsi sempre più. Ora poteva magari nevicherà, ma poi tornerà scorgere quei particolari che non riusciva a vedere da lassù, e capì che in tutto come prima». – «Ma dove sono gli uccellini? E le ogni piccolo angolo si può trovare la mie amiche foglie perché non ci sono magia del mondo. Cadeva ma non era più e quelle che ci sono non sono più infelice, perché questo era il suo destino. belle e rigogliose?». Quand’era ancora a mezz’aria, – «È la stagione fredda, mia cara! È troppo gelido per gli uccellini e allora sentì una voce... – «Mamma, guarda si spostano verso le zone che bella!». Era la vocina più calde. Per quanto ridi una bambina sorriguarda voi foglie... – Ma dove sono gli ucdente. prese un sospiro come a cellini? E le mie – «Sì, hai ragione darsi forza – non riesco amiche foglie perché tesoro, è proprio bella! più a darvi da mangiare non ci sono più e La puoi tenere se vuoi». e per questo perdete quelle che ci sono – «Posso? Grazie colore. Alcune sfidenon sono più belle? mamma!». ranno l’inverno e ritorPer tutta la giornata la neranno forti e belle ai piccola restò a guardare primi raggi di un sole di la sua fogliolina e poi la tenne sempre primavera, altre no...». nel suo diario... – «Chi no?... che succede?». *** – «Quelle cadono, apparenteUna foglia che cade in un freddo mente senza vita...». In quel momento un colpo di vento mattino d’autunno ha paura di essere mosse l’albero e una piccola goccia di trascinata via dal vento in mondi mai rugiada cadde sulla foglia, che si vide visti e sconosciuti, di non poter più riflessa nella goccia... stava ingri- tornare dal suo vecchio albero che per anni la accudì, proteggendola dalle gendo! fredde notti e dalle afose giornate – «Addio vecchio albero...». Poi, a causa di un altro colpo di estive. Ma non sa quali sorprese il destino le vento, la foglia sentì uno strappo alla base e poi la paura di cadere si fece riserva... “ ” 59 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0060 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 29 – La grotta e la cometa C C’era una grande montagna, così orgogliosa della propria durezza che spesso cercava di scrollarsi di dosso le parti di roccia meno dure e più friabili che, a suo parere, le facevano fare brutta figura. La montagna non accettava quelle parti di sé, perché l’avrebbero fatta apparire debole e perdente di fronte al vento, al sole, alla pioggia e al freddo che ingrossava le sacche d’acqua pe- netrata nelle crepe, trasformandole in ghiaccio e deturpando le sue maestose pareti. La gran montagna voleva apparire forte, tutta d’un pezzo, insomma, senza crepe. Fra tutti i pezzi di roccia ve n’era uno, però, che la montagna non riusciva a staccare da sé, poiché era un pezzo grosso. La montagna litigava spesso con 60 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0061 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK quello spuntone di roccia, rimproverandolo aspramente: «Qui non c’è posto per te perché sei perdente! Le alte vette dei monti sono per i duri e per i migliori. Il tuo posto è giù, a valle!». Così il pezzo di roccia, che non rispondeva, si sentiva umiliato e sempre più inutile. Quotidianamente, vedeva frantumarsi il suo sogno di sempre: diventare la punta di un’altra montagna per poter toccare almeno una di quelle attraenti ed affascinanti luci che ogni sera, all’imbrunire, si accendevano nel cielo. Un giorno, la montagna, provocando una scossa più forte del solito, riuscì a scrollarsi di dosso lo spuntone di roccia che, nel dispiacere più grande, si ritrovò giù, a valle. Ormai le luci del cielo erano ancora più piccole e più irraggiungibili di prima. Fra tutte le stelle ve n’era una con cui lo spuntone dialogava spesso. Anch’essa non era benvoluta, poiché era la più piccola e la meno luminosa del cielo, e perciò, a parere delle altre stelle, era la meno osservata ed apprezzata dagli uomini. Il grande sogno di quella stellina era di non restare sempre nello stesso punto, ma di poter viaggiare nel cielo e di accorciare le distanze con lo spuntone amico. Col passare del tempo, il vento, la pioggia e le intemperie colpirono la roccia franata, aprendole un varco sulla facciata anteriore e corrodendo il suo interno. La roccia si sentiva peggio di prima perché ora provava un senso di vuoto interiore: era diventata ormai una grotta! Un giorno, tutte le stelle del cielo furono convocate perché una di loro doveva partire per una missione assai pericolosa, ma molto importante: illuminare il cielo consumandosi, per trasmettere un messaggio agli uomini. Le stelle più belle, le più grandi e le più coraggiose erano troppo orgogliose per consumarsi nel cielo. Così, si fece avanti una vocina: era la piccola stella che si offriva volontaria. La notte seguente, la stellina cominciò a muoversi, con sua grande meraviglia, lasciando dietro di sé una lunga scia luminosa. Essa si sentiva consumare, ma era felicissima perché si muoveva proprio in direzione dell’amico di roccia. Pur essendo la più piccola delle stelle, la stellina stava dando una lezione di vita e di gran coraggio a tutte le altre: adesso era una cometa e gli occhi di tutto il mondo erano su di lei. Nel frattempo, la roccia divenuta grotta accolse una famiglia in cerca di rifugio e la sua gioia fu grandissima quando la donna diede alla luce un bambino. Il pezzo di roccia inutile e svuotato, perché friabile, era diventato una casa accogliente per la vita di una famiglia speciale. Molti pastori e gente povera venne ad inchinarsi di fronte a quel bambino, il Figlio di Dio! Il pezzo di roccia era diventato la casa di Dio e la piccola stella la strada per incontrarlo. *** Solo chi mette da parte il proprio orgoglio e sa essere umile può accedere alle sorprese del cielo: accogliere, come la grotta, il “Dio che viene”... ed indicare, come la piccola stella, il “Dio con noi”... 61 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0062 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 30 – La pietra “inutile” 62 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0063 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK N Nel Medioevo, in mezzo ad una strada sterrata c’era una pietra che non serviva a niente: di forma tondeggiante, grossa come la testa di un uomo, di un bel grigio-azzurro. Ma nessuno la degnava di uno sguardo... Al principio spuntava appena dalla terra. Quasi tutti quelli che passavano inciampavano. Qualcuno si accontentava di lanciare colorite imprecazioni, altri la maledicevano.Gli zoccoli ferrati dei cavalli la colpivano violentemente, facendo sprizzare sciami di scintille. La pietra, dal canto suo, era sempre più triste: «Che razza di vita!». Un giorno, una carrozza che procedeva veloce per la strada ebbe un impatto così violento con la povera pietra da lasciarle un segno ben visibile, come una ferita. Nell’urto ebbe la peggio la ruota, che si spezzò. Il vetturino, furibondo, con un ferro cavò la pietra e la scagliò lontano. Essa rotolò malinconicamente per un po’ e si arrestò fra altri sassi nella scarpata. «Ci mancavi solo tu, sgorbia!», le gridarono i sassi. «Quanto sei pesante, cicciona!», le dissero due pietre piatte e sottili, cosparse di mica scintillante. Se le pietre avessero lacrime, sarebbe scoppiata in un pianto desolato. Sprofondò in un silenzio pieno di angoscia e di tristezza, desiderando solo di sparire per sempre sotto terra. Ma un mattino due mani robuste la sollevarono. «Questa serve a me!», disse una voce. «E gli altri sassi?», chiese una seconda voce. «Possono servire anche loro. Raccoglieteli». Mentre i sassi venivano gettati in un carro, la pietra tondeggiante fece il viaggio nella bisaccia dell’uomo. Quando ne uscì, si trovò in un cantiere brulicante di operai. Tutti erano all’opera per innalzare una magnifica costruzione, che, pure incompleta, già svettava nel cielo. E i muri, le possenti arcate, le guglie che svettavano nel cielo... tutto era formato da pietre grigio-azzurre. «Questo è il paradiso!» pensò la pietra, che non aveva mai visto niente di più bello, mentre le mani dell’uomo passarono sulla sua superficie con una carezza. «Finirai lassù, anche tu... – disse la voce – Ho un progetto magnifico per te. Dovrai soffrire un po’, ma ne varrà la pena». La pietra fu portata in un angolo dove degli uomini stavano scolpendo figure di santi. Una delle statue era senza testa. L’uomo la indicò e disse: «Ho trovato la testa per quello!». Sfiorò la pietra con una carezza e continuò: «È perfetta! Sembra fatta apposta... e anche questa piccola fenditura mi fa venire un’idea...». Alla pietra pareva di sognare: nessuno l’aveva mai definita “perfetta”. Subito dopo però fu stretta in una morsa e uno strumento acuminato cominciò a ferirla senza pietà. L’uomo la scalpellava con vigore e perizia. Il dolore era forte, ma non durò molto. La pietra “inutile” si trasformò nella magnifica testa di un santo che fu collocata sulla facciata della cattedrale. Tutti l’avrebbero notata e additata per una particolarità: mentre gli altri santi erano severi, lui era l’unico santo sorridente... L’artista aveva trasformato la ferita provocata dalla ruota del carro in un magnifico sorriso... *** ... Il sorriso pieno di pace e di felicità di chi trova il suo posto e si sente utile. 63 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0064 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 31 – L’acqua della fecondità I In una famiglia di contadini, il padre e la madre erano divenuti anziani; i figli decisero allora di lasciarli riposare, impedendo loro di andare a lavorare nei campi. La madre prese l’abitudine di portar loro, ogni giorno, un “canarì” (vaso di terracotta) pieno d’acqua. Quell’acqua aveva delle virtù straordinarie: quando il figlio maggiore beveva dal vaso vi trovava del “dolò” (birra di miglio artigianale), il secondogenito vi trovava del latte e il beniamino dell’acqua pura. Nessuno dei tre, però, conosceva il contenuto della bevanda degli altri fratelli, fino al giorno in cui il secondogenito disse: «Siamo proprio viziati! Ogni giorno la mamma ci porta del latte!». Il primogenito, allora, rivelò il contenuto della sua bevanda e il figlio minore, destinato a bere sempre e solo acqua, cominciò a considerarsi 64 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0065 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK vittima di un destino ingiusto e decise Peul, con in mano una grossa ciotola di latte. Si fermò accanto al vaso e vi di ritirarsi in mezzo alla foresta... La notte lo sorprese in una terra sel- versò un po’ di latte. Subito dopo arrivò il secondogenito e bevette. vaggia ed inospitale. In seguito arrivò un’altra ragazza, Improvvisamente gli si avvicinò una povera e magra, con in mano una giara specie di gnomo: «Cosa fai qui?». Il giovane si mise a raccontare del- d’acqua da vendere al mercato per l’ingiustizia di cui era vittima e del guadagnarsi qualche “caurì” (conchiglie usate come moneta). Si fermò motivo della fuga. Lo gnomo lo invitò a seguirlo: «Così accanto al vaso e vi versò un po’ potrai vedere l’altra faccia della verità d’acqua. Lo gnomo disse. e scoprirne il volto «Ogni bevanda posreale». siede un significato naIl giovane e lo gnomo Il giovane si mise a scosto. Il “dolò” rappres’incamminarono lungo raccontare dell’insenta il comando: tuo la strada che conduceva giustizia di cui era fratello maggiore divenai campi. vittima e del motivo terà capo. Il latte indica Arrivarono nei pressi della fuga. la ricchezza, di cui il sedel campo dal quale il condogenito sarà colbeniamino era fuggito e mato. L’acqua, che ti è si nascosero, secondo le indicazioni dello gnomo, per os- toccata in sorte, raffigura la fecondità. Non sarai né potente, né ricco, ma servare. Videro anzitutto la madre deporre il avrai dodici bambini... e i tuoi fratelli, senza figli, verranno da te per cercare “canarì” all’ombra di un baobab. Dopo di lei apparve sul sentiero una sostegno ed ereditieri! Pensi ancora di venditrice di “dolò”, diretta al essere vittima di un destino sformercato, che si fermò accanto al vaso tunato?». *** lasciato poco prima dalla madre, rovesciandovi una borraccia di birra. Pochi Fu così che il giovane riprese il istanti dopo, arrivò il fratello mag- lavoro... – conclude il racconto giore, bevette e ritornò al lavoro. africano – ...grato della preziosa Poi arrivò una ragazza di una tribù acqua riservatagli in sorte. “ ” 65 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0066 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 32 – L’albero spoglio U Una volta c’era un albero. Appena spuntato dal terreno nel bel mezzo di un frutteto, piccolo germoglio verde e fragile, si confondeva con l’erba. Curioso, ben presto si mise ad osservare il mondo che lo circondava, i fiori che si schiudevano all’alba e si rinchiudevano al tramonto, gli uccellini che cinguet- tavano saltando di ramo in ramo, il contadino che il mattino presto arrivava per cogliere i frutti degli alberi, l’erba che ondulava sotto la carezza del vento... Che bello quel mondo! Anche l’alberello-germoglio aveva voglia di essere parte di quella bellezza, di trovare il suo posto in quell’armonia. 66 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0067 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Trascorso un anno il germoglio era diventato un ramoscello con qualche stelo. Allora si rese conto che non era un semplice filo d’erba, come aveva pensato, ma un alberello; così si mise ad osservare con attenzione i suoi simili maggiori. Li trovava così grandi, così belli ricoperti con le loro foglie e i loro fiori. Meravigliato nel vedere i fiori trasformarsi in frutti, fu commosso dalle attenzioni che rivolgeva loro il contadino... Però, osservandosi, si rese conto che la sua corteccia non sembrava a nessuna di quelle che rivestivano gli altri alberi e che i suoi rametti non avevano la stessa forma degli altri rami. Allora ebbe paura di non essere abbastanza grande, abbastanza bello, paura di non poter portare abbastanza frutti, paura che gli altri alberi da frutto, meli o peri o susini, non accettassero la sua diversità; e così decise di non produrre né foglie, né fiori, né frutti. Trascorsero gli anni. Ad ogni stagione il suo tronco diventava più spesso, si allungava, spuntavano nuovi rami... ma rimaneva senza foglie, senza fiori e senza frutti. Per non stare nudo di fronte agli altri, col tempo si lasciò ricoprire dall’edera, dai fiori del convolvolo e da ciuffi di vischio. Non sapendo come sarebbe diventato, si era ricoperto di una bellezza non sua. Più di una volta il contadino progettò di tagliare quel tronco, per farne legna da ardere, ma avendo molto lavoro ogni volta si riprometteva di farlo più tardi. Però un mattino arrivò con un’ascia e cominciò a tagliare, dapprima l’edera. Ce n’era così tanta che dovette rimandare il taglio del tronco al giorno successivo. Quella notte un parassita fece morire il convolvolo, così che gli uccellini scorsero il vischio e si misero a beccarlo. Tutto ciò che rimase dell’albero in mezzo al frutteto fu un tronco spoglio con dei rami. Notando la propria improvvisa nudità e non sapendo come coprirla, alla fine l’albero si decise di lasciar crescere, per tutta la lunghezza dei suoi rami, delle foglioline di un tenero verde e di lasciar sbocciare, in cima ad ogni ramo, dei fiorellini bianchi, che contrastavano piacevolmente con il marrone dei rami e il verde delle foglie. Nel frattempo il contadino tornò con la sua ascia e scoprì un magnifico ciliegio al posto del tronco inutile. Quindi non c’era più motivo per tagliarlo, visto il miracolo. Da quel giorno, l’albero vive felice in mezzo al frutteto, non più bello né più grande degli altri, ma non meno utile. Ha capito che né il tessuto della corteccia, né la disposizione dei rami, o la forma delle foglie, o il colore dei fiori sono importanti; solo importano i frutti che uno porta, unici, che nessun altro può portare. Così ogni anno, all’apparire della bella stagione, i bambini del contadino arrivano nel frutteto con una scala e, sparpagliandosi tra i rami del ciliegio, divorano i suoi frutti e lo riempiono di gioia con le loro risate... *** Morale: non abbiamo paura dei frutti che potremmo portare, perché nessun altro potrebbe farlo al posto nostro! Non abbiamo paura dei frutti che potremmo portare, perché ogni volta che ci rifiutassimo di farlo, mancherebbe qualcosa in questo mondo. Ogni frutto, infatti, permette di far aumentare la Vita e l’Amore di Dio per gli uomini. 67 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0068 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 33 – Il giardino di San Valentino 68 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0069 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK I Il sacerdote Valentino possedeva carezzò. Poi legò, al collo di uno, un un gran giardino, che nelle ore libere sacchetto fatto a cuoricino con dentro coltivava con le proprie mani. Tutti i un biglietto, e al collo dell’altro legò giorni permetteva ai bambini di una chiavetta. Quando i piccioni giocare in quel giardino, raccoman- fecero ritorno, furono accolti con dando che non facessero danni, grande gioia. perché poi la sera avrebbe regalato a Le persone si accorsero di quello ciascuno un fiore da portare a casa. In che portavano e riconobbero subito la questo modo otteneva la certezza che chiavetta: era quella del giardino di sarebbero tornati a casa presto e che Valentino. Qualcuno poi lesse il conavrebbero alimentato il rispetto e tenuto del bigliettino. C’era scritto: «A l’amore nei confronti dei genitori. tutti i bambini che amo. Dal vostro VaUn giorno, però, lentino». vennero dei soldati e *** imprigionarono VaVennero dei soldati e lentino perché il re lo Un giorno – racconta imprigionarono Vaaveva condannato al un’altra leggenda – Valentino perché il re lo carcere a vita. I bambini lentino sentì passare, al aveva condannato al piansero tanto. Vadi là del suo giardino, carcere. lentino, in carcere, due giovani fidanzati che pensava a loro, al fatto stavano litigando. che non avrebbero più Decise di andare loro avuto un luogo sicuro dove giocare. Ci incontro con in mano una magnifica pensò il Signore. rosa. Regalò la rosa ai due giovani e li Fece fuggire dalla gabbia due dei pregò di riconciliarsi stringendo inpiccioni viaggiatori che Valentino sieme il gambo della rosa, facendo atteneva in giardino. Guidati da un mi- tenzione a non pungersi e pregando afsterioso istinto, i piccioni trovarono il finché il Signore mantenesse vivo in carcere dove stava chiuso il loro pa- eterno il loro amore. drone. Si posarono sulle sbarre della fiQualche tempo dopo la giovane nestra e presero a tubare fortemente. coppia tornò da lui per invocare la beValentino li riconobbe, li prese e li ac- nedizione del loro matrimonio. “ ” 69 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0070 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 34 – Il mendicante e il principe C C’era una volta un uomo che abitava in una bella casetta in campagna. Un giorno, un vecchietto bussò alla sua porta. Egli aprì e guardò con meraviglia lo sconosciuto, dal volto rugoso e scarno e dalle vesti lacere e sbiadite. I suoi occhi ema- navano una luce intensa che lo turbò. «Ti chiedo ospitalità per qualche giorno», disse il vecchio. L’uomo si aspettava che il mendicante chiedesse solamente un po’ di denaro e un pezzo di pane... Essendo molto vanitoso, ci teneva all’amicizia con i 70 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0071 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK ricchi e con i nobili e non sopportava supremo riuscì a raggiungere la porta alleanze plebee. Così diede al vecchio d’ingresso e ad aprirla. Il vecchietto una pagnotta, poi gli chiuse la porta in era sempre lì, seduto sul terriccio della strada. L’uomo gli si avvicinò: «Ho faccia. Due giorni dopo, un bel giovane, visto il diavolo», disse. «Dio è il padal nobile portamento, vestito con drone, il diavolo è il servo. Il padrone estrema eleganza, bussò alla porta può sempre scacciare il servo!», ridella casetta. Quando l’uomo gli aprì, spose il vecchio... poi entrò in casa. vide, seduto sul terriccio della strada, il Stando sulla strada paralizzato dalla vecchietto che non aveva voluto paura, l’uomo udì un urlo rauco, poi vide il falso principe ospitare... uscire dalla porta cor«Che vuoi?», chiese rendo come rincorso da con gentilezza al bel caSono un apostolo di un branco di lupi favaliere. «Stavo dirigenCristo. Da lui mi melici. Poi, pacatadomi al mio castello su viene l’autorità e la mente, uscì il vegliardo. quell’alta montagna... Il forza per vincere gli «Chi sei, che puoi far cavallo che doveva porspiriti malvagi! fuggire Satana?», chiese tarmi lassù è caduto nel “ fiume e non si è più rialzato. Domani acquisterò un altro puledro al mercato del villaggio. Puoi ospitarmi per questa notte?». L’uomo non domandava nulla di meglio alla sorte. Un principe, un autentico principe in casa sua! L’aveva sognato molte volte. Si sprofondò pertanto in riverenze, si dichiarò felice di mettere la sua umile dimora a disposizione di un illustre personaggio. Fece entrare l’ospite e gli preparò una cenetta succulenta, ripetendosi: «Che contentezza, che onore!». Però, quando si sedette a tavola con l’ospite di fronte, provò un senso di freddo... Poi si accorse che il principe aveva gli occhi vermigli... Fu assalito dal terrore. Disse all’ospite che sarebbe uscito per un momento... Quando fu sulla soglia della stanza, udì un frastuono diabolico. La tovaglia, i piatti, le vivande si misero a roteare per la stanza come foglie in balia di un vento ciclonico. Con uno sforzo il padrone di casa. «Sono un apostolo di Cristo. Da lui mi viene l’autorità e la forza per vincere gli spiriti malvagi!». L’uomo si gettò in ginocchio: «Perdonami, sublime amico di Gesù. Sono stato cattivo con te, per vanità, per stupidità. Perdonami, ti ospiterò con gioia!». Disse il santo: «Nella tua anima, ora, arde il fuoco sacro. Sono felice di saperti salvo. Io devo andarmene in cerca di altri uomini che, dimenticando l’altare di Dio, s’inginocchiano dinanzi ai potenti della terra...». ” *** La leggenda, riferita dalla tradizione popolare all’opera di San Giovanni Apostolo, ribadisce il potere divino sul Maligno e la responsabilità del Buon discepolo. Concluderà il santo: «Io devo andarmene in cerca di altri uomini che non conoscono la legge d’amore... e ripetere le parole di Cristo a chi le ha dimenticate». 71 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0072 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 35 – Il pastore e il Rosario U Un giovane pastore, buono, viveva solo, in compagnia delle pecore e del cane, con cui trascorreva tutto il suo tempo. Non sapeva né leggere né scrivere. Gradiva molto la compagnia di qualche passante e, se poteva, s’intratteneva volentieri con lui. Una mattina vide avvicinarsi due persone che viaggiavano a piedi; erano due frati cappuccini. Uno portava una bisaccia a tracolla e l’altro un fagotto sotto il braccio. Quello con la bisaccia era più vecchio, zoppicava e faceva fatica a star dietro al suo compagno. «Quanto dista il paese da qui?», chiese il giovane frate. «Sono tre chilometri, in salita», rispose il pastore. «Sarà meglio che tu mi aspetti qui... con quel piede... cercherò di far presto». E così il frate con la bisaccia rimase col pastore. Costui, abituato com’era a star sempre solo, avere per alcune ore la compagnia di una persona e per di più non una persona qualsiasi, ma un frate, fu un evento eccezionale. 72 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0073 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Frate Bisaccia gli parlò a lungo del Tentò di raggruppare le pecore per suo convento e della vita di que- gruppi di dieci, v’intercalò un montostuante. Poi, rendendosi conto che l’i- ne: «Orsù, mie care amiche, facciamo struzione religiosa del pastore era la- riverenza alla Madre di Dio!». Così, cunosa, gli fece un ripasso dei principi come San Francesco quando parlava fondamentali della fede cristiana. Gli agli animali, invitava una ad una le parlò di Dio, della Passione di Cristo, pecore, sgranando contemporaneadella Madonna, dei santi, in parti- mente il rosario, ad onorare la Vergicolare di San Francesco. Parlò della ne, con frasi che sgorgavano dal suo necessità di praticare la fede e di cuore, pur privo d’istruzione, ma un pregare sempre. La vita del pastore – po’ poeta. Alla fine, baciava il croceinsistette il frate – si prestava bene alla fisso. Nei giorni successivi, in modo grapreghiera continua e al colloquio con duale, perfezionò il suo Dio e con la Madonna, i quali si rivelano ai cuori San Francesco quando “girotondo rosario”. Ed semplici, nella bellezza parlava agli animali, era felice, perché, come aveva detto il frate, gli del creato. invitava una ad una le sembrava di avere la Poi trasse dalla bipecore, sgranando Madonna accanto. saccia uno strano ogcontemporaneamenUna mattina vide i getto, mai visto dal pate il rosario due frati che stavano avstore: «Questa è una vicinandosi dall’altra corona del Rosario. È la preghiera più bella, che si possa fare sponda del fiume. Il pastore corse loro alla Madonna. È un “girotondo” di incontro urlando: «Frate Bisaccia, fipreghiere. Te la dono e tu non nalmente! Insegnami il Rosario!». Correva e correva, senza badare al smettere mai di pregare. La Madonna fiume in piena. ti aiuterà sempre e ti starà vicino!». Vi camminò sopra, come Gesù che Quando il confratello tornò, il frate raccolse la bisaccia, salutò il pastore e i camminava sulle acque, sempre urdue s’incamminarono per tornare al lando: «Ti prego: insegnami il Rosario. convento. Mentre frate Bisaccia si al- Io so solo fare il “girotondo” con le lontanava, il pastore ebbe appena la pecore!». I due frati immobili, ammutoliti, forza di dire: «Ma il Rosario... io non lo esterrefatti, s’inginocchiarono e, con so dire!». Rispose il frate: «Intanto prega con le mani giunte, balbettarono: «No, le preghiere che sai. Quando ritorno non noi a te... Tu, tu insegna a noi il tuo Girotondo!». te lo insegnerò». Il resto del giorno, il giovane rimase *** col Rosario in mano. Ne contò e riÈ proprio vero che il buon Dio e la contò i grani, guardò il piccolo crocefisso nella parte terminale pensando: Madonna si rivelano ai cuori semplici, «Ma il Rosario come si dice? Cosa si- nella bellezza del creato. E che, attragnifica girotondo di preghiere? Io il gi- verso quei cuori umili, l’Onnipotente rotondo posso farlo con le pecore». fa grandi cose. “ ” 73 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0074 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 36 – L’albero della Vita D Dopo la cacciata dal Paradiso terrestre – racconta una leggenda popolare – Adamo, molto vecchio, chiamò a sé il figlio Set: «Vai dove l’Angelo custodisce il sacro albero della radice della vita... Sarà una strada lunga e difficile! Dovrai percorrere a ritroso i passi compiuti da me e tua madre... Tanto fu il dolore nel percorrere quel cammino che mai più erba vi crebbe! Dirai all’angelo che tuo padre non si è mai sottratto ai compiti affidatigli ma che adesso è troppo stanco per continuare a vivere. Gli ricorderai la promessa della miseri- cordia e lui capirà...». Set partì, arrivò alla porta del Paradiso... E l’angelo gli consegnò un granello... «ritorna da tuo padre e digli che tra tre giorni riceverà la consolazione della morte. Tu pianterai questo seme sulla sua tomba». Al ritorno del figlio, Adamo pianse di sollievo, perché Dio gli rinnovava la promessa della misericordia! Tre giorni dopo le parole dell’angelo si avverarono. Sulla sua tomba nacque una panticella... Passarono gli anni... Un giorno Dio chiese a Mosè di condurre in salvo il suo popolo. Lo condusse verso 74 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0075 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK l’albero cresciuto ai piedi del Monte. de, gli ebrei stavano celebrando la Mosè tagliò un ramo che gli servisse da Pasqua e la città viveva un clima di eubastone. Per strada s’imbatté in un foria: sarebbero stati crocifissi due lapovero pastore afflitto perché la sua droni e un sovversivo di nome Gesù il pecora stava morendo per il morso di Nazareno. Tanti si chiedevano cosa un serpente... Mosè sfiorò la pecora avesse combinato costui per essere col bastone ed essa guarì... Con quel così odiato dalle autorità e dai religiosi bastone aprì le acque durante la fuga del tempio... Molti lo amavano e dicedel suo popolo dall’Egitto. Con esso vano che era un profeta, mandato da fece scaturire l’acqua dalla roccia del Dio! Malgrado ciò e i mideserto... racoli che si attribuivano Molto tempo dopo, il Lo condusse verso a Gesù, la folla urlò «sia re Davide fu guidato ai l’albero cresciuto ai crocifisso!». piedi di quel monte piedi del Monte. Mosè Però non si trovava la dalla volontà divina. Alterza croce. «Prendete il tagliò un ramo che gli l’ombra di quel granlegno del ripostiglio!», dioso albero si fermò a servisse da bastone. urlò qualcuno... I più riposare. Uno scudiero forti lo sollevarono e lo tormentato da febbre alta si sedette accanto all’albero e portarono da un falegname che ne taguarì. Davide fece tagliare l’albero e lo gliasse una parte e la fissasse orizzonfece portare sulla torre vicino alla sua talmente. Il falegname percepì reggia di Gerusalemme... Sognava di qualcosa d’insolito: una vibrazione, un profumo... Così si rifiutò. Docostruire un grande tempio... Salomone, figlio di Davide, con- vettero cercare un falegname nei bastinuò nell’impresa di costruire il tem- sifondi, bisognoso di soldi e senza pio. Ma non riuscì, come nei sogni del scrupoli. Così l’albero del Paradiso iniziò il padre, ad utilizzare il legno della torre all’interno dell’edificio. Così lo utiliz- suo ultimo viaggio sulle spalle di quel zò come colonna della porta prin- “sovversivo”. Ad esso Gesù fu appeso con le braccia spacipale. Più tardi, i nemici del Nord bru- lancate, come in segno di accoglienza. Allora il vecchio legno tornò ad ciarono il tempio. Solo quella colonna non volle bruciare. I soldati, per essere un albero con appeso un frutto: rabbia, la scagliarono nella piscina di il vero frutto della Vita. Siloe... Da quel momento, grazie al*** l’intervento di un angelo inviato da Il racconto, denominato anche Dio, l’acqua divenne pura e, ogni volta che l’angelo giungeva, chi si stava “Leggenda della terza croce”, conlavando le piaghe guariva. Nessuno clude: «Anche l’albero, come il Figlio di pensò al ruolo del tronco che giaceva Dio, aveva compiuto la sua missione: sul fondo... anzi! Un giorno lo ripe- quella di dare vita». La croce, per i cristiani sarà per scarono e lo posero in un ripostiglio. Un giorno, durante il regno di Ero- sempre l’Albero della Vita. “ ” 75 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0076 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 37 – La leggenda di San Nicola E Era un triste giorno d’inverno nella città di Myra. Tre sorelle stavano rientrando a casa con i pochi spiccioli elemosinati quel giorno. «Oh! – disse la più giovane – Sta arrivando un corteo nuziale. Vorrei tanto vedere il vestito della sposa!». «È un abito delizioso! – sospirò la seconda. Eppure io sarei felice di sposarmi con indosso questi vecchi stracci!». «Ma non succederà mai! – aggiunse la maggiore asciugandosi una lacrima – Perché papà ci ha detto che non ha soldi per farci la dote». In mezzo alla folla c’era il vescovo di Myra, che sorrise alle ragazze quando queste gli passarono accanto. «Pensate di sposarvi presto?», domandò gentilmente. Le ragazze scossero la testa. «Papà non ha soldi per pagare la dote!». Il vescovo si rabbuiò e poi rimase a guardare tristemente le ragazze che si allontanavano dalla strada affollata dove gli invitati al matrimonio sgomitavano allegramente e imboccavano un vicolo che conduceva alla parte più della povera della città. 76 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0077 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Le tre sorelle abitavano in una la casupola dove vivevano le tre sopovera casupola ad un piano. D’in- relle. Il posto era completamente al verno dovevano tenere chiuse le im- buio e la porta serrata. Una scala poste per ripararsi dagli spifferi gelidi. esterna della casa accanto era così Dal camino saliva a spirale un filo di vicina che si poteva agevolmente fumo dal fuoco di torba che avevano passare da quella al tetto della calasciato bruciare pian piano durante il supola. Si arrampicò su per le tegole pengiorno. «Ho i piedi fradici», rabbrividì la più giovane, mentre si toglieva le sando: «Da lì posso raggiungere il coscarpe davanti al focolare. «E i miei mignolo. Ne esce così poco fumo che sono gelati», disse la seconda. «Ma sicuramente le monete non saranno possiamo lasciare le scarpe vicino al danneggiate dal poco fuoco rimasto». Nicola versò il sacchetto fuoco e appendere le di monete giù per il calze ai ganci del camicamino e si allontanò. no», sospirò la maggiore. Nicola versò il sacLa mattina dopo, la Così si misero un po’ a chetto di monete giù figlia più giovane si alzò proprio agio nella tenue per il camino e si ale andò a prendere le luce del fuoco, aspetlontanò. calze. «Oh! – esclamò – tando il ritorno del paUna moneta d’oro è apdre. Questi era avvilito parsa dal nulla nella mia dopo un’altra giornata passata a cercare inutilmente un calza». La seconda: «C’è una moneta lavoro. Insieme consumarono la cena anche nelle mie». La maggiore aga base di pane e minestra, cercando di giunse: «Guardate, altre monete sono non pensare all’indomani. Quando il rotolate nelle nostre scarpe! E ci sono monete pure tra la cenere». Il padre si fuoco diminuì, andarono a letto. Nel frattempo il vescovo era andato unì alla loro allegria e insieme conalla festa di nozze, ma continuava a tarono le monete. Poi sorridendo pensare alla triste condizione delle tre disse: «Beh! Sono sicuro che non avrò sorelle: «Le ragazze povere che non problemi a proporre a qualcuno dei possono permettersi di sposarsi fini- miei vecchi amici adorabili moscono spesso a fare i lavori peggiori... gliettine per i loro figli», sorrise. «Un Non è giusto che certi abbiano così dono è sceso dal cielo e ci porterà tanto e altri così poco». Il padre della tante benedizioni!»... *** sposa si sentiva generoso quella sera. ... In un’altra parte della città, – con«Ah, Nicola! – disse scorgendo il vescovo – Ti ringrazio per aver celebrato clude la leggenda – il vescovo Nicola il matrimonio oggi. Volevo darti un guardava sorgere il sole, pensando alla piccolo pegno della mia gratitudine gioia che ci sarebbe stata nella casa dove vivevano le tre sorelle. Si disse: per la tua cortesia». Così dicendo gli mise in mano un «Mi auguro che quella famiglia sia più felice, ora, perché quel dono l’ho dato sacchetto di monete. Verso mezzanotte, il vescovo lasciò con amore e spero che l’amore si diffurtivamente la festa e si affrettò verso fonda ovunque». “ ” 77 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0078 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 38 – Le Maghe e il nuovo Dio A Alma era la regina delle Maghe; ma non era felice, anzi il suo cuore era pieno di tristezza, perché s’era innamorata di un giovane e bel cavaliere, che vedeva spesso passare nelle valli sottostanti alla montagna dove ella aveva il suo palazzo. La Maga aveva ogni sorta di premure affettuose per lui, sebbene lui non le avesse nessuna riconoscenza e la trattasse anzi con disprezzo. «Ahimè! – diceva la regina alle sue Maghe – Il bel cavaliere ha dimenticato i vecchi Dèi dei suoi padri per un 78 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0079 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK nuovo Dio che chiama Cristo, e passa davanti alle querce sacre, senza alcun segno di riverenza. Che cosa volete che gl’importi pertanto l’affetto di una Maga?». E la povera Alma piangeva. Ma un giorno che il cavaliere, stanco della lunga cavalcata, s’era buttato sul prato per riposare, Alma gli si era avvicinata senza che lui se ne accorgesse e, con la falce d’oro, gli aveva toccato le palpebre: il bel giovane s’era subito addormentato di un sonno profondo. La regina aveva chiamato a raccolta le Maghe: «Aiutatemi voi! Il bel giovane dorme di un sonno profondo. Prendetelo e trasportatelo nel mio palazzo di cristallo, su in alto, sulla montagna, dove lo costringerò a sposarmi». Le Maghe videro il cavaliere addormentato sotto un cespuglio di biancospino. Presero per le cocche il mantello sul quale era adagiato e si sollevarono agili in volo. Tuttavia, dopo un po’, le scosse svegliarono il dormiente, che, aprendo gli occhi, riconobbe Alma. «Che vuoi tu da me, regina delle Maghe?», domandò. «Voglio portarti nel mio palazzo di cristallo per sposarti». «Questo non potrà avvenire mai! – rispose il giovane – Perché tu sei una divinità pagana e io sono invece cristiano. Lasciami tornare nella dimora dove mio padre e mia madre mi aspettano». «Ma io ti farò felice, ti darò metà del mio regno e metà della mia sovranità sugli spiriti dell’aria!». «Preferisco la corona di stelle che Dio dà ai suoi eletti in Paradiso», ribadì il giovane cavaliere. «Ti darò cibo che neanche i re della terra hanno mai assaggiato e berrai vini deliziosi in coppe d’oro». «Preferisco il pane nero e l’acqua dei nostri anacorèti». «Ti vestirò di velluti e di pietre preziose», aggiunse la Maga. «Preferisco l’umile e rozzo saio dei frati. Bada che ho qui con me, sul petto, un medaglione che racchiude una reliquia: essa basta per vincere tutti i vostri talismani, tutte le vostre stregonerie; e, se vi tocco con essa, sarete costrette a lasciarmi». Allora Alma ordinò alle Maghe di alzarsi ancora più in alto nel cielo. «Così– disse rivolta al giovane – se ti servirai della reliquia e ci obbligherai a lasciarti, cadrai nell’abisso e morirai». «Beati coloro che muoiono per la loro fede! – rispose l’uomo – Perché Dio li riceverà nella sua gloria!». Così dicendo, toccò le Maghe con la sacra reliquia. Esse, con grandi strida, fuggirono via spaventate, in modo che il mantello, non più sostenuto, cadde giù nello spazio. Tuttavia, per miracolo, il mantello restò tutto quanto aperto, sì che scese lentamente come un fiocco di neve e depose dolcemente il giovane sul prato. In tal modo il bel cavaliere si sottrasse al potere infernale delle Maghe. Ed esse, da quel giorno, abbandonarono per sempre il paese. *** La leggenda, austriaca, è tratta dalla letteratura popolare, che spesso ha per tema il dominio del Bene sul male. In questo racconto, il Dio di Gesù Cristo (il Bene, la Verità, la Vita) è più forte delle stregonerie delle Maghe (la felicità effimera, la menzogna, la morte). 79 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0080 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 39 – Santa Lucia e l’asinello Q Quando Santa Lucia salì in cielo, tutti si meravigliarono nel veder arrivare una persona così giovane. Ben presto, con i suoi modi dolci ed i suoi occhi pieni di luce, Lucia conquistò tutti e, persino lo scontroso San Pietro si prese cura di lei come fanno i nonni con i nipoti. Così trascorrevano i giorni allietati di serenità e pace e Lucia si godeva questa sublime situazione. Pietro, però, si accorse che un sottile velo di tristezza si era posato sugli occhi celestiali di Lucia e, così, decise di parlarle. Lucia gli disse che avrebbe tanto desiderato anche per un solo minuto poter rivedere il suo paese in Sicilia e i suoi poveri. Pietro decise di parlarne col Padre Eterno. Il buon Dio prese una piccola chiave d’oro e disse: «Questa è la chiave che apre una finestrella che dà sul mondo. Portala a Lucia». Pietro corse come un ragazzino a cercare la sua Santa bambina, felice di poter 80 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0081 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK esaudire il suo desiderio. Gli occhi della santa s’illuminarono e i due si diressero verso la magica finestrella. Lucia, con la mano tremante, infilò la chiave e, come d’incanto, le apparve laggiù il mondo. La giovane fu soddisfatta di quella visione e, per lungo tempo, non desiderò più aprire gli occhi sulle cose terrene. Una notte però, il suo sonno fu turbato da lontani lamenti e pianti. Preoccupata, decise di prendere la chiave per vedere cosa stesse accadendo. Fu in quel momento che vide tutte le cose ingiuste, la vita dissoluta, il male, ma soprattutto vide bambini che soffrivano e piangevano. Rammaricata, richiuse la finestrella e una profonda tristezza calò sui suoi dolcissimi occhi celesti. Lucia sperava di vedere presto migliorare le cose sulla Terra; la sofferenza dei bambini l’angosciava tantissimo, non sopportando che proprio loro, così immacolati ed indifesi, potessero subire angherie fisiche o morali da parte degli adulti. Allora Pietro, vista la rinnovata tristezza di Lucia, tornò dal buon Dio. «Caro Pietro, io so quello che turba Lucia. Ella soffre per i patimenti dei bambini e le privazioni alle quali sono sottoposti... Ho deciso, daremo l’incarico proprio a Lei di portare una volta all’anno un po’ di allegria sulla Terra. L’autorizzeremo a scendere il giorno del suo martirio, il 13 dicembre, per portare doni a tutti i bambini della Terra. Ora vai, corri, voglio che torni la luce in quei santi occhi». Pietro abbracciò il Signore e poi si affrettò a cercare Lucia per darle la bella notizia. La ragazza rimase incredula, ma poi il suo cuore si riempì di letizia. Ormai mancavano pochi giorni al 13 dicembre e Lucia capì che non disponeva di nulla: in Paradiso non esistevano né pasticcerie, né negozi di giocattoli. Pietro allora invitò Lucia a prendere la chiave d’oro dicendole: «Apri la finestrella e guarda bene! Cosa vedi nello spazio?». Lì c’era un cavallino, una bambola, un trenino; là una trombetta, una trottola... Pietro precisò: «Quelli sono i giochi superflui, inutili, abbandonati e dimenticati dai bambini viziati e mai contenti. I giochi sono come le persone, cercano compagnia e, se nessuno li vuole più, preferiscono andare nello spazio, sperando d’incontrare qualche bimbo disposto a giocare con loro... Dai, forza! Prendine quanti ne vuoi e portali a chi ne ha bisogno!». «Oh! Grazie, grazie di cuore», disse Lucia e cominciò ad afferrare quei giocattoli abbandonati. Lavorò fino alla sera del 12 dicembre e mise tutti i giocattoli in grandi sacchi che appoggiò sulle spalle. Pietro esclamò: «Così non arriverai mai con tutto quel carico, pesa troppo! Se vuoi, c’è il mio dolce asinello...». «Bravo asinello, tu sarai il mio fedele accompagnatore. Quando ci vedranno i bambini che gioia sarà per loro!», disse Lucia accarezzando la generosa bestiola... *** «Ecco come nacque il viaggio di Lucia e del suo asinello. D’allora non hanno mai mancato all’appuntamento ogni 13 dicembre con i bambini buoni e bravi». Così conclude la leggenda che gli adulti usano raccontare ai loro piccoli là dove esiste la tradizione dei doni di santa Lucia. 81 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0082 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK 40 – Saratin e il Re crocifisso I I magi che andarono a Betlemme ad adorare Gesù Bambino, in realtà erano quattro. Guardando il cielo, videro la stella cometa. Gaspare, Baldassarre e Melchiorre subito si misero in cammino con i loro doni. Il quarto, Saratin, non poté partire perché febbricitante. «Andate voi. Appena mi rimetterò in forze verrò anch’io. Devo portare al piccolo Re 100 libbre di olio profumato che ho spremuto con le mie stesse mani dalle foglie e dalla corteccia di 100 piante di aloè“. I tre partirono. Dopo sette giorni partì anche Saratin in groppa al suo dromedario. Un secondo dromedario trasportava le cento libbre (circa trenta chili), di essenza di aloè. Saratin, nel lungo cammino, non incontrò i Magi di ritorno da Betlemme, in quanto, per ordine dell’angelo, stavano percorrendo un’altra carovaniera per tornare in oriente. Saratin era solo. Una notte, mentre dormiva al riparo di una roccia in mezzo al deserto, arrivò una banda di predoni. Il capo fiutò l’aria: «Sento profumo di aloè. Eppure, in questo luogo arido non possono vivere le piante che producono l’olio balsamico. Ci de- 82 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0083 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK v’essere in giro qualcuno che trasporta il prezioso unguento. Andiamo a dare un’occhiata». Nel frattempo Saratin si svegliò, si accorse dei predoni, prese l’otre pieno di olio profumato e lo nascose in un anfratto della roccia, coprendolo poi di sabbia in modo che non emanasse alcun profumo. Il capo dei predoni scovò Saratin e gli chiese: «Chi sei? Dov’è l’olio che trasporti?». «Non porto nessun olio con me». Il predone frugò nelle selle dei dromedari. Trovò solo acqua e qualche provvista di cibo. Niente denaro, niente oggetti preziosi, niente armi. Disse: «Non hai niente di prezioso con te. Tuttavia mi sembri un uomo ricco. Ti prendo in ostaggio. Qualcuno dovrà pagare una bella somma per riscattarti. Da oggi sarai mio schiavo. O ti fai liberare pagando tanto oro quanto pesi, oppure finirai i tuoi giorni al mio servizio». Disse Saratin: «Io non ho nessuno che possa pagare un riscatto simile. Ti servirò come schiavo». Così, per loltre 30 anni, Saratin seguì la banda dei predoni nel deserto. Poi diventò vecchio e non ebbe più la forza per lavorare. I predoni lo abbandonarono fra le dune. Saratin, trascinandosi sulla sabbia, ebbe la fortuna di trovarsi presso la roccia dove aveva nascosto l’otre di aloè. L’otre c’era ancora. Quando passò per quella pista una carovana diretta a Gerusalemme, l’uomo chiese un passaggio e dopo 3 mesi arrivò nella città santa. Saratin, con la barba bianchissima, le vesti stracciate e con l’otre di olio, girò per le strade di Gerusalemme chiedendo: «ov’è la reggia del Re nato 33 anni fa, quando nel cielo era apparsa una cometa?». «Vecchio, qui a Gerusalemme comandano i romani. Re Erode Antipa è in questi giorni in città, ma lui comanda in Galilea. Qui siamo in Giudea». «Allora non esiste un Re dei Giudei?». «A dire il vero, un certo Gesù di Nazaret andava dicendo di essere il Re dei Giudei, ma è stato arrestato e condannato a morte. Proprio stamattina lo porteranno sul Calvario e lo inchioderanno ad una croce». Saratin sentì vociare la folla. Arrivò in una piazza. Lì c’era un uomo con il volto insanguinato che portava una croce e appesa al collo una scritta “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Cercò di avvicinarsi a Gesù, ma i soldati lo respinsero. Sul Calvario Gesù venne crocifisso tra due malfattori e, alle 3 del pomeriggio, spirò. La sera stessa alcuni uomini lo staccarono dalla croce per deporlo nel sepolcro. Saratin si avvicinò e consegnò ad un certo Nicodemo l’otre di olio di aloè dicendo: «Ti prego, ungi il cadavere di Gesù con quest’olio profumato. Dovevo donarlo a lui quando è nato. Allora non sono arrivato in tempo. Ora posso anche morire, perché i miei occhi hanno visto la salvezza!». *** La leggenda, non unica sulla figura di un presunto quarto magio, associa il Natale alla Passione. Il Bambino di Betlemme, l’Emanuele, sarà crocifisso e risorgerà, per la nostra salvezza. Noi cristiani, piccoli e grandi, dobbiamo testimoniare la nostra fede nel Cristo, morto e risorto per salvare l’intera umanità. 83 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0084 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK Preghiere e riflessioni LA FAME di Michel Quoist Ho mangiato, ho mangiato troppo. Ho mangiato per fare come gli altri, perché ero invitato, perché ero nel mondo ed il mondo non m’avrebbe compreso; e stentavo a mandar giù ogni portata, ogni boccone. Ho mangiato troppo, Signore, (...) mentre dieci, cento, mille infelici, nello stesso istante, nel mondo, si contorcevano dal dolore, morivano di fame davanti ai parenti disperati. Signore, è tremendo, perché so, gli uomini ora sanno. Sanno che non solo alcuni infelici hanno fame, ma centinaia sulla porta di casa loro. Sanno che non solo alcune centinaia di infelici, ma migliaia hanno fame alle frontiere del loro paese. Sanno che non solo migliaia, ma milioni hanno fame nel mondo. (...) «...Ebbi fame...» Signore, Tu sei terribile! Tu fai coda alla cucina popolare, Tu mangi gli avanzi delle immondizie, Tu agonizzi torturato dalla fame, Tu muori solo in un angolo, mentre nell’altro angolo della grande sala del mondo – con alcuni membri della nostra famiglia – mangio senz’appetito quello che occorrerebbe per salvarTi. «...Ebbi fame...» (...) Signore, non è facile dar da mangiare al mondo. Preferisco fare la mia preghiera, regolare, pulita, preferisco fare astinenza il venerdì, preferisco visitare il mio povero, preferisco dare ai banchi di beneficenza ed agli istituti; ma dunque non basta, dunque non è nulla, se un giorno Tu mi potrai dire: «Ebbi fame!» Signore, non ho più fame, Signore, non voglio più aver fame. Signore, non voglio più mangiare che il necessario per vivere, per servirTi e lottare per i miei fratelli. Perché Tu hai fame, Signore, Perché Tu muori di fame, mentre io sono sazio. 84 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0085 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK PREGHIERA PER I BAMBINI di Ina J. Hughes Preghiamo per i bambini che lasciano ditate di cioccolata ovunque, che adorano il solletico, che saltano nelle pozzanghere e rovinano i pantaloni nuovi, che rubano il leccalecca prima di cena, che fanno i buchi quando cancellano sul quaderno, che non trovano mai le scarpe la mattina. E preghiamo per quelli che fissano lo sguardo sul mondo da dietro il filo spinato, che non saltellano per la strada con le scarpe da ginnastica nuove, che non hanno imparato a contare i fagioli, che sono nati in luoghi dove noi non andremmo neppure da morti, che non vanno mai al circo, che vivono in un mondo di ultima classe. Preghiamo per i bambini che ci regalano baci appiccicosi e manciate di liquirizie, che dormono con il cane e seppelliscono il pesce rosso, che ci abbracciano di corsa e si dimenticano i soldi per la merenda, che sono sempre coperti di cerotti e cantano stonati, che spremono il dentifricio per tutto il lavandino, che succhiano rumorosamente dal cucchiaio la minestra. E preghiamo per quelli che non mangiano mai il dolce, che non hanno una coperta da trascinarsi in giro, che guardano i loro genitori mentre loro li guardano morire, che non trovano pane da rubare, che non hanno una stanza da mettere in ordine, le cui foto non stanno nel salotto di nessuno, 85 i cui mostri sono veri mostri. Preghiamo per i bambini che il martedì hanno già speso tutta la paghetta, che fanno i capricci al supermercato, che mangiano solo quello che vogliono, che adorano le storie di fantasmi, che buttano i vestiti sotto al letto, che non sciacquano mai la vasca, che aspettano la formichina quando gli cade un dente, che non vogliono essere baciati davanti ai compagni di scuola, che a messa non stanno mai fermi e che urlano al telefono, le cui lacrime ci fanno a volte sorridere e il cui sorriso ci può far piangere. E preghiamo per quelli che hanno incubi anche di giorno, che mangerebbero qualsiasi cosa, che non hanno mai visto un dentista, che nessuno vizia, che vanno a letto affamati e si addormentano col pianto, che vivono e si muovono ma non hanno una vita. Preghiamo per i bambini che vogliono essere portati in braccio e per quelli che devono essere portati in braccio per forza, per quelli con cui non ci arrenderemmo mai, e per quelli cui nessuno dà una seconda possibilità, per quelli che soffochiamo di attenzioni e per quelli che afferreranno qualsiasi mano abbastanza gentile da tenderla verso di loro! Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0086 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK PARLANO I BAMBINI IL BAMBINO NEGRO di Gerardo Bessa Victor DEL MONDO (voci dei bambini del mondo su questioni razziali) Jacqueline, USA: «Io sono una bambina negra, ma per quanto ci pensi credo proprio di non essere per niente diversa da una bambina di pelle bianca. Il mio grande ideale, Martin Luther King ha detto: “Io ho un sogno”. Anch’io ho un sogno: vorrei diventare infermiera e già adesso vado due volte alla settimana in ospedale per aiutare. Qualche volta mi pare già di vedermi in uniforme. Voglio curare tutti, negri e bianchi e anch’io, come Martin Luther King, credo che il problema della razza si possa risolvere con la buona volontà, con l’amore e la comprensione. Non con la violenza!». Alvadeer, USA: «Il mio amico. Nero è l’inchiostro, bianca la carta, ci vogliono tutte due. Per questo scriviamo con l’inchiostro sulla carta. Tom è bianco, io sono nero. Lui abita nella mia strada, vicino a casa mia. Andiamo a scuola insieme, leggiamo e scriviamo insieme. Cantiamo e giochiamo insieme, Tom è il mio amico!». Nadjezda, Russia: «A me non importa niente del colore della pelle di una persona. Secondo me il colore della pelle non ha nessuna importanza. Se una persona è buona, per me può anche essere “verde”!». Il bambino negro non entrò nel girotondo Dei fanciulli bianchi - i fanciulli bianchi Giocavano tutti in un vivo girotondo Di canzoni festive, e allegre risate... Il bambino negro non entrò nel girotondo. E arrivò il vento accanto ai bambini – e ballò con loro e con loro cantò le canzoni e le danze delle dolci brezze, le canzoni e le danze dell’aspre tempeste. E il bambino negro non entrò nel girotondo. Uccelli, in stormo, volarono cantando Sulle testine dei bimbi E si posarono tutti intorno. Alla fine, volarono i loro voli, cantando i loro inni... E il bambino negro non entrò nel girotondo. – Vieni qua, negretto, vieni a giocare – disse uno dei bimbi con la sua aria felice. La mamma premurosa, corse ai ripari; il bambino bianco non volle più, non volle più... E il bambino negro non entrò nel girotondo. Il bambino negro non entrò nel girotondo Dei fanciulli bianchi. Desolato, assorto, restò solo, fermo con sguardo di cieco, restò solo, zitto con voce di morto. 86 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0087 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK DISCORSO di Robert E. Hayden (da Poesia Americana) Uditemi, fratelli bianchi, fratelli negri, uditemi: ho veduto la mano accostare la torcia al corpo negro, contorto dall’angoscia; ho veduto la mano dare il segno supremo di far fuoco sui picchetti di bianchi; ed era la medesima mano. Fratelli, ascoltatemi, era la medesima mano. Uditemi, fratelli neri, fratelli bianchi uditemi: ho udito le parole rizzate come ferro spinato per dividervi. Ho udito le parole: «Sporco negro, marmaglia bianca», e le diceva la medesima voce; fratelli, ascoltatemi bene le diceva la medesima voce. QUADRO PREGHIERA PER I GENITORI di Countee Cullen (dall’Antologia dei poeti negri d’America) A braccetto attraversano la via, il ragazzo negro e il bianco, il dorato splendore del giorno, l’orgoglio oscuro della notte. Dalle imposte socchiuse la gente negra osserva, e qui la gente bianca parla indignata per questi due che osano camminare insieme. Dimentichi di sguardi e di parole, essi passano, e non sanno che il lampo folgorante come una spada può far scoppiare il tuono. Gesù ascolta la mia umile preghiera. Tu sai quanto amo i miei cari genitori. Fa, Gesù, che siano conservati a me il più a lungo. Fa che essi siano la mia guida e sempre possa camminare sul retto sentiero. Fa, Gesù, che essi si vogliano sempre bene e che la loro vita sia seminata di opere buone affinché un giorno possano venire in Cielo a raccogliere il tuo premio. Amen. 87 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0088 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK LA PREGHIERA DI ALCE NERO (capo indiano d’America) Ave, Grande Spirito, ancora una volta guardami sulla terra, e chinati per udire la mia debole voce. Tu sei vissuto per primo, e sei più antico di ogni bisogno, più antico di ogni preghiera. Tutte le cose ti appartengono: i bipedi, le ali dell’aria e tutte le cose verdi che vivono. Un giorno dopo l’altro. Eternamente, Tu sei la vita delle cose. Oggi Ti mando una voce per un popolo Preso dalla disperazione. Nel mio dolore Vi mando una debole voce, O Sei Poteri del Mondo! Ascoltatemi nel mio dolore, perché può darsi che non vi richiami mai più. Oh, fate che il mio popolo viva! I BAMBINI IMPARANO CIÒ CHE VIVONO di Dorothy Law Nolte Se il bambino viene criticato, impara a condannare. Se vive nell’ostilità, impara ad aggredire. Se vive deriso, impara la timidezza Se vive vergognandosi, impara a sentirsi colpevole. Se vive trattato con tolleranza, impara ad essere paziente. Se vive nell’incoraggiamento, impara la fiducia. Se vive nell’approvazione, impara ad apprezzare. Se vive nella lealtà, impara la giustizia. Se vive con sicurezza, impara ad aver fede. Se vive volendosi bene, impara a trovare amore e amicizia nel mondo. 88 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0089 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK GUARDANDO ME, CONOSCERANNO TE L’ASINO HA SEMPRE RAGIONE Un re, volendo inviare un suo rappresentante in una terra appena conquistata, radunò i suoi più fedeli e disse che avrebbe scelto fra loro quello che fosse riuscito a rappresentarlo nel modo più efficace in mezzo a quel nuovo popolo. Sciolta l’assemblea, subito tutti i candidati si misero all’opera. Il giorno fissato, uno dopo l’altro, sfilarono davanti al re. Il primo espose un magnifico ritratto del re; il secondo mostrò una riproduzione perfetta della corona e dello scettro; il terzo portò le vesti stesse di sua maestà; il quarto trasse da uno scrigno alcuni esemplari preziosi del tesoro reale; il quinto spiegò una cartina geografica con tutte le conquiste del regno; il sesto presentò il rotolo delle leggi emanate da sua maestà. L’ultimo, il più giovane, si presentò a mani vuote. Il re gli chiese: «E tu, come mi rappresenti in mezzo a quel popolo?». Il giovane sorrise e rispose: «Le mie mani, o re, sono vuote, ma il mio cuore è pieno di te. Fin da piccolo ti sono stato accanto e ho imparato tutto da te... Guardando me, conosceranno te«. Il re riconobbe nel giovane paggio un altro se stesso e lo scelse per inviarlo in quella terra lontana al di là del mare. Una volta gli animali fecero una riunione. La volpe chiese allo scoiattolo: «Che cos’è per te il Natale?». Lo scoiattolo rispose: «Per me è un bell’albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami». La volpe continuò: «Per me naturalmente è un fragrante arrosto d’oca. Se non c’è un bell’arrosto d’oca non c’è Natale». L’orso l’interruppe: «Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone». La gazza intervenne. «Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante». Anche il bue volle dire la sua: «È lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie». L’asino prese la parola con foga: «Bue, sei impazzito? È il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. Te lo sei dimenticato?». Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: «Ma questo gli uomini lo sanno?». 89 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0090 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK LO SPAVENTAPASSERI SUPERBO C’era una volta, in mezzo ad un campo di grano, uno spaventapasseri. Faceva molto bene quello che il suo nome significava, anche perché fra le braccia gli era stato messo un bastone che sembrava un fucile. Era molto superbo e pensava di non aver bisogno di niente e di nessuno. Guardava dall’alto in basso le spighe che gli dondolavano attorno, mosse dolcemente dalla brezza della sera. «Vedete, diceva loro, come faccio bene il mio mestiere, allontanando da voi i passeri che vorrebbero rubarvi il tesoro dei vostri chicchi di grano? È vero che non esiste uno spaventapasseri più bello e più bravo di me?». Ma le spighe si voltavano ridendo sotto i baffi senza rispondere. Un giorno una colomba incuriosita andò a posarsi sul braccio del fucile. Il nostro eroe le chiese: «È vero che non hai mai visto uno spaventapasseri più bello e più bravo di me?». La colomba gli rispose: «È vero, come spaventapasseri, sei veramente bello. Chi ti ha costruito ha fatto un vero capolavoro!». Furibondo lo spaventapasseri le gridò: «Io non debbo niente a nessuno! Se sono il migliore e il più bello è perché sono diventato così senza l’aiuto di nessuno!». La colomba, per nulla intimorita, mentre spiccava il volo, gli sussurrò all’orecchio: «Dovresti invece essere riconoscente al tuo costruttore e cantare senza fine le sue lodi». Un giorno il padrone stava lavorando nel campo sotto un sole cocente e avendo dimenticato a casa il cappello, prese quello che aveva messo allo spa- ventapasseri. La moglie del padrone, che era rimasta senza zucche per la cena, si ricordò che per fare lo spaventapasseri, aveva usato una zucca come testa, e andò a prenderla per cucinarla. Venne anche il figlio maggiore e si riprese la vecchia divisa da militare, perché quella sera doveva fare una recita. Così il nostro eroe che credeva di non dover niente a nessuno, si rese conto che tutto quello che era lo doveva a chi l’aveva costruito. HO FATTO TE Per la strada vidi una bambina che tremava dal freddo dentro il suo vestitino leggero e con scarse prospettive di poter consumare un pranzo decente. Mi arrabbiai e dissi a Dio: «Perché permetti queste cose? Perché non fai niente per risolverle?». Per un certo tempo, Dio mantenne il silenzio. Ma quella notte, improvvisamente, mi rispose: «Certo che ho fatto qualcosa. Ho fatto te!». 90 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0091 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK LE MANI LE CAPRE OSTINATE Dicono che Dio, quando creò l’uomo e la donna, dimenticò un particolare: le mani. Appena se ne accorse, vi pose rimedio da eccellente artista qual è: modellò mani bellissime, tenere e delicate per la donna, forti e grandi per l’uomo. Cominciarono ad usarle. A volte le usavano bene altre volte male. Allora Dio decise di incarnarsi, per avere lui stesso le mani e insegnare loro come dovevano usarle. Mostrò loro come benedire, accarezzare, curare, regalare, donarsi. Permise che inchiodassero le sue mani per dimostrare che era possibile tenerle sempre aperte, pronte ad accogliere... Dimostrò così che due chiodi non avrebbero mai potuto inchiodare la libertà! C’erano una volta... due capre di montagna che scendevano da due opposti pendii a valle: sul fondo scorreva impetuoso un grosso torrente. Per poterlo attraversare, alcuni valligiani avevano gettato attraverso le rive scoscese del corso d’acqua un grosso tronco abbattuto da un fulmine. Le due capre si trovavano una di fronte all’altra a metà strada del ponte provvisorio che volevano attraversare contemporaneamente. Il tronco era troppo stretto per permettere ad entrambe le capre di passare insieme ma, d’altra parte, nessuna delle due voleva lasciare il passo all’altra. Ostinate, cominciarono a litigare, ma nessuna delle due voleva cedere. Dalle parole passarono ai fatti e si presero a cornate finché non precipitarono, tutt’e due com’era logico, nel torrente sottostante. Come sarebbe stato più facile per una solo di loro dimostrarsi gentile e cedere il passo! 91 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0092 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK IL LEONE E IL TOPOLINO (Esopo) C’era una volta un topolino che incauto svegliò un leone che dormiva tranquillo. Il leone lo afferrò e se lo portò vicino alla bocca. Il topolino terrorizzato squittì: «Vi prego, Maestà, non mangiatemi, se mi lasciate andare vi ricambierò il favore appena avrete bisogno di me!». «Senti, senti» ruggì divertito il leone: «Vuoi forse aiutarmi nella caccia, o preferisci ruggire al mio posto?». Il topolino confuso rispose: «Ma, veramente io...». Il leone tagliò corto: «Sei coraggioso, ti lascerò andare». Qualche giorno dopo il leone cadde in una trappola e si ritrovò prigioniero di una fitta e robusta rete. Tentò con tutte le sue forze di liberarsi ma ogni suo tentativo era vano, finché immobilizzato si rassegnò al crudele destino. «Maestà vedo che hai bisogno di me, rosicchierò con i miei dentini tutte le corde finché riuscirò a liberarti!». Il topolino lavorò veloce e di lì a poco il leone fu di nuovo libero: «Grazie amico, mai un animale così grosso e forte come me si è trovato a dovere tanta riconoscenza ad un animale piccolo come te!». LA RANA E IL BUE (Esopo) C’era una volta una rana presuntuosa che non perdeva mai occasione per far vedere alle sue compagne quanto fosse migliore di loro. Un giorno capitò nel loro stagno un grosso bue: «Ci vorrebbero cento rane come noi per fare una rana grossa come il bue!» osservarono in coro. La rana presuntuosa replicò: «Sì, è grosso ma non mi sembra poi così tanto!». Gonfiando il petto continuò: «Anch’io posso diventare grossa come il bue!». Le rane scoppiarono a ridere: «Sei piccola troppo piccola!». La rana gonfiò ancora più il petto: «E ora?» «Sei ancora piccola!». Allora inspirò quanta più aria poteva, si gonfiò e si gonfiò finché.... BUUMMMMM!, fece la pelle tesa scoppiando. «Chi troppo vuole...» commentarono le rane allontanandosi. 92 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0093 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK DARSI ALL’ALTRO Dall era un famoso gigante. Tutti lo conoscevano. Vestiva con dei pantaloni al ginocchio, a strisce bianche e blu. Portava anche una giacchetta rossa. Quando lo vedevano i popolani lo chiamavano subito. Lui, con un semplice gesto, poteva mettere a posto i binari del treno. Con un soffio faceva muovere i mulini. Dall operava spesso per il prossimo, ma solo per ricevere lodi o per avere in cambio denaro. In pochi minuti costruiva stalle per i contadini o case per gli abitanti del paese. «Bravo!», «Bravo!», diceva la gente. A lui piaceva essere osannato. Qualcuno gli offriva dei soldi e lui li prendeva contento. Se ne andava in giro cercando di ricevere ringraziamenti e compensi. Un giorno, mentre stava camminando nel bosco, si accorse che il fiume, dopo le piogge, era in piena. Gli argini non riuscivano più a contenere le acque. Tutti gli animali della foresta erano in angoscia: «Aiuto!», gridava la talpa. «Dobbiamo trovare una soluzione!», diceva il saggio gufo. Gli argini del corso d’acqua stavano crollando sotto la forza del rio. Si udiva il rumore delle onde, mosse dal vento. La minaccia metteva in pericolo tutta la fauna silvestre. Scappavano gli scoiattoli, correvano lontane le lepri. Intanto soffiava forte il vento. Gli abeti e i larici si muovevano di qua e di là, vacillavano sotto le sferzate della corrente. «Aiutaci!», chiedevano gli animali a Dall, ma lui non voleva prestar loro soccorso. «Io aiuto solo chi può offrirmi del denaro o le creature che poi mi lodano!». Gli animali però insistettero. Il gigante disse: «Va bene! Cominciamo i lavori!». Il riccio prese una cesta e cominciò a caricare sabbia. L’orso preparava i terrapieni per la diga, mentre i castori portavano il legno. Il gigante dirigeva l’opera, intanto spostava ciò che vi era di più pesante, come i massi da porre a mo’ di sbarramento o i tronchi più grossi. «Prendi vanga e zappa e smuovi la terra intorno all’argine!», diceva Dall alla puzzola. Intanto le rane svuotavano il bacino dalle alghe che lo avevano riempito, per fare in modo che ci fosse spazio per lavorare. Il gigante entrò in acqua. Rafforzarono i ciglioni con una gran quantità di foglie secche, portate dalle ghiandaie che volavano da tutte le parti per offrire il proprio contributo all’attività. Arrivarono anche gli gnomi, con i loro cappelli rossi: si vedevano camminare spediti per mettere sacchi di sabbia a fare da zavorra alla legna che chiudeva la diga. Il muro della barriera costruita era sempre più alto. Gli animali lavoravano tutti in- 93 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0094 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK sieme, guidati da Dall. Lavorò la volpe, lavorò il lupo, lavorò il procione e pure il topolino. Persino la coccinella e il maggiolino offrirono la loro collaborazione. «Il fiume è arginato!», disse alla fine il gigante. L’opera era conclusa. Il bosco non era più in pericolo, sarebbe potuto piovere per giorni e giorni, ma non c’era rischio di inondazione. Questa volta non ci furono persone a lodare Dall, né gli animali avevano soldi da dargli. L’unica soddisfazione era quella di poter vedere gli abitanti del bosco felici per essere stati salvati. Dall si accorse di essere più contento del solito. Ecco la vera gioia dell’aiutare il prossimo: la si prova nel cuore, non corrisponde a lodi e denaro. È una cosa che si sente dentro. Chi lavora solo per essere lusingato o ripagato con beni materiali è solo un ipocrita. Chi si dà al prossimo per il piacere di farlo è un puro di cuore e ha compreso il senso della vita. Era bello vedere gli uccelli volare contenti, la marmotta serena, la lontra nuotare felice, i conigli scorazzare lieti... LE MEDICINE DAL CIELO Gli abitanti del villaggio avevano deciso di riunirsi in assemblea, e chiedere consiglio agli antenati. La sapienza custodita dagli antichi saperi si stava per rivelare dal cielo. C’erano tanti problemi: guerre e male. Si combatteva e ci si scontrava. Era conflitto ovunque. In alto c’erano nuvole grigie. «Vi mandiamo segnali dal cielo!», comunicarono gli antenati. Gli uomini litigavano sempre tra loro e c’era bisogno di una soluzione. Il capo era il solo a poter comprendere la voce degli antenati e disse: «Guardate le nubi!». Si vedevano cirri nerissimi. Tirava un vento gelido e faceva freddo. La gente cominciò a cantare e a pregare. Stavano tutti in cerchio, a invocare la saggezza degli avi. I tamburi ritmavano le danze. I flauti accompagnavano la celebrazione. C’era tanta amarezza. Tutti pensavano alle contese e ai disaccordi. Il cielo seguiva quel rito. Le nubi nere cominciarono a essere sostituite da nuvole bianche. Venne un vento di scirocco caldo. Il dio della Terra iniziò a parlare. La gente s’inginocchiò. «Ecco la medicina!», disse il dio della terra. Si videro quattro nuvole disporsi sopra l’accampamento. Erano nubi grandi, bianche e chiarissime. Il sole filtrava dietro di esse e un alone magico ne faceva risaltare i contorni. In mezzo al campo fiori ed erbe si volsero verso le nuvole, vivificati dalla loro presenza. Il castoro, il coyote e le marmotte 94 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0095 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK correvano al centro dell’accampamento. Anche loro iniziarono a cantare “osanna” alle nuvole. Tutti si rendevano conto che stava accadendo qualcosa di straordinario. Si udì il ruscello rombare forte sotto il campo. Anche le acque erano in tumulto. Il grande capo chiedeva: «Come faranno queste nuvole a risolvere i nostri problemi?». Il dio della Terra disse: «Occorre rigenerare la vita! Queste nuvole sono la vostra medicina!». Le nuvole avevano infatti quattro nomi. La prima si chiamava Concordia: era la più grossa e la più bella. Iniziò a piovere. L’acqua cadeva sulle tende e sulle genti. Il popolo cominciò ad abbracciarsi. «Non basta ancora!», disse il dio della terra. La seconda nuvola si chiamava Armonia. Piovve anch’essa. Erano stille d’acqua dorate e limpide. Si trattava di una pioggia calda e magica. La gente, bagnata dalla pioggia, camminava tenendosi per mano. Ognuno teneva stretto il palmo dell’altro, godendo della concordia e dell’intesa. «Viva l’amicizia!», cantavano i presenti. Anche la terza nuvola disse: «Adesso continuerò a curare i vostri mali!»; venne giù un breve temporale. Le gocce sprizzavano a destra e a sinistra. Bagnarono le case e le persone. Quella nuvola si chiamava Pace. Arrivò la riconciliazione tra i litiganti. La tregua fu duratura. Si cominciò a portare il pane al centro del villaggio. Tutti si dividevano il vitto con generosità e grandezza d’animo, umanità e gentilezza. C’era tanta gioia. «Ecco l’ultima medicina!», vociò il dio della terra indicando la quarta nube. Questa si chiamava Amore. Era una nuvole sincera e cristallina. A vedere il sole filtrare in essa si scorgeva una miriade di colori: azzurro, giallo, turchino e verde formavano dei prismi iridati. Piovve tanto amore sulle genti. La vita del villaggio cambiò. Da quel giorno ogni volta che pioveva gli uomini si lasciavano bagnare dalle nuvole guaritrici. Non ci furono più né guerre né litigi; quelle erano le medicine per la vita: concordia, armonia, pace e amore. Non accumulate tesori sulla terra, ma pensate al cielo, dove ci sono le nuvole che ci purificano dal male e ci danno la felicità e la beatitudine. L’UNIONE FA LA FORZA Nevicava forte. Il vento faceva turbinare i fiocchi candidi. La vista era ottenebrata dal quel pulviscolo bianco. Gli strati di neve già caduta si erano ormai trasformati in ghiaccio. Il forcone entrò nel granaio dicendo: «C’è un freddo che taglia le orecchie!». «Hai ragione!», rispose la zappa. Nel deposito di grano faceva anche lì un gran freddo. C’erano le presse di paglia gialla che si stringevano tra 95 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0096 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK loro. Il fieno emanava un dolce profumo d’erba, ma anche lui gridava: «Che ghiaccio!». Era un silo molto ampio. Una finestrella ovale faceva entrare un po’ di luce. Da quel pertugio si poteva vedere fuori. Il cielo era tutto bianco. Bianchi erano i campi, e nivee come il latte anche le strade. Sulla via si vedevano solo le orme del pastore, il proprietario del granaio che se ne era andato a casa al caldo del camino. Intanto nel capanno anche il trattore tremava gelato. «Chissà a quanti gradi sotto zero è scesa la temperatura!», diceva. La biada era parimenti infreddolita e così la crusca e le piantine interrate nel semenzaio. Più freddo di tutti, però, aveva il piccolo capretto. Era un piccolo capretto bianco e nero. Giovane giovane. Non aveva ancora le piccole corna. Zampettava di qua e di là intirizzito. «Dobbiamo fare qualcosa per il capretto!», disse il forcone. La luce che entrava dalla finestrella illuminava i denti della forca, facendoli scintillare e dando risalto a quelle importanti parole. Nel granaio tutti si volevano molto bene. La zappa disse: «È vero! Dobbiamo aiutare il capretto!». Si fece avanti il trattore. «Chiamiamo il pastore!», disse. Il forcone provò a chiamare: «Aiuto pastore, il capretto ha freddo!». Il pastore era nel suo soggiorno, davanti al focolare domestico. Si scaldava le mani e i piedi vicino al fuoco e non sentiva certo il forcone. Provò a chiamare la zappa: «Aiuto! Soccorso! Il capretto ha freddo!», ma anche questa volta il pastore non udì alcunché. La temperatura continuava ad abbassarsi. Il povero capretto era scosso da brividi di gelo. Guardava con occhi supplichevoli i compagni. C’era nel capanno un enorme mucchio di grano. Erano tanti semini di frumento, gli uni accatastati sugli altri. Un chicco di grano si lasciò cadere, cercando di dire «aiuto!»: non si sentì nulla. Un altro chicco lo imitò. Il risultato fu ancora nullo. Tentò un terzo granello: l’effetto fu ancora una volta il solito. Un solo granello, da solo, non provocava alcun rumore. I chicchi si misero a confabulare. Erano tutti intenti a parlare tra loro. Gli altri attendevano la fine del colloquio. Finalmente la conversazione tra i granelli ebbe termine. Il mucchio di grano aveva deciso: «Ci butteremo tutti insieme a terra, così da poterci fare sentire!». Tutti insieme i chicchi di grano si lasciarono rotolare chiedendo soccorso a vantaggio del capretto. Un solo chicco di grano cadendo non produce alcun suono, mentre un moggio intero provoca un gran fracasso: «Aiuto pastore! Soccorri il capretto!», si sentì dalla casa quell’invocazione. L’unione dei granelli aveva ottenuto l’effetto sperato. Il pastore si recò nel fienile. Prese il capretto e lo portò in casa, dove l’animaletto poté scaldarsi vicino alla fiamma... L’unione fa la forza! 96 Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0099 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,26 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK RECENSIONI SUL TEMA (REPERIBILI PRESSO GLI UFFICI DEL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO) di MARIO BOTTEGAL Vorrei raccomandare alcuni DVD gnato in un progetto di salvaguardia di realizzati per un pubblico di ragazzi ma questa specie in via di estinzione. che si faranno sicuramente apprezzare Riviste per i giovani: anche dagli adulti. IL PONTE D’ORO - edito dall’AssociaPer i più giovani segnalo due titoli: zione Amici della Propaganda MissioUN MONDO DI FIABE 1 naria - Roma UN MONDO DI FIABE 2 P.M. (Il Piccolo Missionario) del ColQuesti due films vi faranno incontrare legio Missioni Africane - Verona popoli lontani e viaggiare per il mondo Trattasi di due pubblicazioni mensili alla scoperta della saggezza antica, fa- molto ben curate che, da anni, si ricendovi intravedere un mondo nuovo. volgono alla fascia d’età compresa nelQueste favole vi porteranno in Asia l’adolescenza. Devo però dire che (Giappone e Isola di Sumatra); in Africa possono essere apprezzate in pieno (Kenia e Zaire); e infine in America anche dagli adulti. Latina (Argentina, Perù e Cordigliera In entrambe vengono trattati argodelle Ande). menti vari che, in chiave cristiana e misUn altro che posso raccomandare è un sionaria, spaziano tra tutti gli argomenti documentario sulla condizione dei neri d’attualità, umani, politici, didattici ecc.. Non mancano le lettere scritte dai in Alagoas (Brasile) giovani al giornale e le testimonianze di TERRA DI ZUMBI - TERRA DI LIBERTÀ quelli che hanno vissuto recentemente Ripropongo inoltre il famoso esperienze nelle varie parti del mondo. VOLI PER ALI DI LIBELLULA realizzato Queste due riviste che si possono dealcuni anni fa in Costa d’Avorio dal finire speculari, non trattano, covalido regista Roberto Bristot, nostro munque, contemporaneamente, gli conterraneo. Trattasi di una «trilogia mestessi argomenti ma si differenziano, di taforica dell’adolescenza. È un piccolo volta in volta, anche nella sostanza e nelviaggio fantastico nella cultura dell’IMl’esposizione dei fatti. Pertanto, una non MAGINARIO INFANTILE AFRICANO. esclude l’altra, anzi, sono spesso comTre storie che il vecchio saggio del vilplementari e da ognuna di esse si laggio evoca davanti al fuoco a un possono trarre spunti per riflessioni. gruppo di bimbi avidi di fantasia», come dice testualmente la prefazione. I racconti sono stati tratti dal libro omonimo di Ezio Del Favero. Cito un film a soggetto molto bello, avventuroso e coinvolgente: IL PICCOLO PANDA nel quale viene narrata la storia di un ragazzo, Ryan e di un panda, appunto. Si svolge tra i monti della Cina, in un ambiente straordinario dove questo ragazzo americano sta vivendo as99 sieme a suo padre, zoologo, impe-