Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0098 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,26 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Racconti e preghiere per ragazzi
● La parola del direttore (don Luigi Canal)
pag. 1
● Storie... missionarie (don Ezio Del Favero)
pag. 3
pag. 4
pag. 20
pag. 36
pag. 52
pag. 68
* Generosità – dono di sé
* Rispetto per la Creazione
* Sobrietà e stili di vita evangelici
* Speranza e ricompensa
* Fede e santità
● Preghiere e riflessioni
pag. 84
● Recensioni (Mario Bottegal)
pag. 97
Notizie
Centro Missionario di Belluno-Feltre
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO : Mario Bottegal, don
Luigi Canal, don Ezio Del Favero, Gianfranco Olivier, Josè
Soccal e Chiara Zavarise.
FOTO A CURA DI Josè Soccal
REDAZIONE C/O: Centro Missionario Belluno-Feltre
Piazza Piloni, 11 - 32100 Belluno – Tel. 0437 940594
centro.missionario diocesi.it
www.centromissionario.diocesi.it
Direttore di redazione don Luigi Canal
Responsabile ai sensi di legge don Lorenzo Dell’Andrea
Stampa Tipografia Piave Srl - Belluno
Iscrizione al Tribunale di Belluno n. 1/2009
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0001 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
LA PAROLA DEL DIRETTORE
“Cari bambini
e ragazzi,
dicembre 2010
pubblici quando vidi avvicinarsi
due donne, ciascuna conducendo
un cane a passeggio. Ma
una aveva un cane grande,
mentre l’altra uno piccolo.
Allora la prima si rivolse al
suo cane grande e disse: «Vieni,
amore, che ti mostro
un bel bambino!» e lo avvicinò
al cane piccolo accarezzandolo.
Io ho sentito dentro di me
uno sdegno violento,
da rabbrividire, pensando a
quanti cani qui da noi fanno
vita da “bambini”, con attenzioni,
cure, cibo, vestiti
ed abitazioni da nababbi, mentre
so quanti bambini nel Sud
del mondo fanno vita da cani,
abbandonati per le strade,
senza cibo, senza una carezza,
senza cure, disprezzati da tutti
e senza neanche una cuccia
per ripararsi di notte.
I bambini avranno sperimentato
qualcosa di immensamente bello
nel momento in cui
si incontrarono con Gesù che
li abbracciava e benediceva.
E quando Gesù chiese ad alcuni
curiosi: “chi cercate?”, questi
questo libretto parla di voi ed
è per voi! È come una lettera
che, attraverso immagini
e racconti, i bambini del Sud
del mondo, con i nostri missionari
lontani, vi mandano
per sentirsi più vicini a voi.
E quando si è vicini, si sentono
i battiti del cuore gli uni
degli altri, si percepiscono
i sospiri, di gioia e di dolore,
e si arriva a intuirne anche i sogni.
Guardate gli occhi di questi
bambini: sono loro
che vi parlano! Dite anche
ai vostri amici, ai vostri fratelli,
genitori, nonni... che si specchino
in questi occhi! Anche Gesù
lo ha fatto spesso e non esitò
a rimproverare chi si infastidiva
con la presenza dei bambini:
«Lasciate che i bambini vengano
a me e non glielo impedite...
perché di essi è il Regno
dei cieli!».
Succede anche oggi che
non tutti gli adulti amino
i bambini come Dio comanda.
Sentite questa.
Stavo passeggiando per i giardini
1
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0002 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
che il modo più bello per vivere
è far dono ad altri della vita
che Lui ci ha donato.
E allora ci impegneremo perché
nessun bambino sia più
condannato
ad una vita da cani e per arrivare
a questo bisogna
che qui da noi nessun cane
abbia più privilegi di un bambino.
Darsi da fare in questa direzione
significa diventare missionari.
Bambini e ragazzi missionari!
Qui trovate storie e preghiere
per arrivarci!
Vi salutano con tanta voglia
di conoscervi, i vostri amici
del Centro Missionario
Diocesano
si interessarono per sapere che
vita conduceva Lui ed
allora Gesù, fissandoli
negli nocchi, li invitò a seguirlo:
«Venite e vedrete».
Ed essi «andarono, videro
dove abitava Gesù
e rimasero con lui».
Questo libretto vi aiuterà
a fissare lo sguardo su Gesù,
attraverso tante storie
interessanti e soprattutto
attraverso la preghiera
che diventa così l’incrocio
di due sguardi, che fanno
palpitare due cuori e vi farà
gridare a tutti: «In questi
bambini, abbiamo incontrato
Gesù... Venite anche voi
e vedrete!».
Impareremo da Gesù
” e lo zio più anziano,
che è don Luis
2
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0003 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Storie... missionarie
– di don Ezio Del Favero –
Anche i bambini e i ragazzi sono chiamati alla testimonianza.
Come piccoli missionari, possono e devono vivere i valori proposti dal
Vangelo.
Le pagine seguenti propongono delle raccolte di favole, leggende, racconti, preghiere, riflessioni... che aiutino a riflettere specialmente i più
giovani, ma non solo, sulle responsabilità dei cristiani.
Siamo “missionari” inviati a testimoniare la generosità e il dono di sé,
la Fede e il rispetto per la Creazione, la sobrietà e gli stili di vita adeguati al
Vangelo, la speranza che racchiude la ricompensa, la vocazione alla
santità...
20 - Il diamante e la rugiada
21 - Il pescatore e il pesce parlante
22 - La betulla vanitosa
23 - La campanella d’argento
24 - La pigrizia e l’oro
Generosità - Dono di sé
1 - Il bambino e la vetta
2 - Il Magio Pellerossa
3 - La Befana e il bambino Gesù
4 - La stellina luminosa
5 - Lo specchio della fiera
6 - L’uccellino e il Tempo
7 - L’ultimo pezzo di pane
8 - Stella Lontana
Speranza e ricompensa
25 - I due fratelli e le uova
26 - Il Messaggio e la Ricompensa
27 - Il sarto e la fortuna
28 - La foglia e l’autunno
29 - La grotta e la cometa
30 - La pietra inutile
31 - L’acqua della fecondità
32 - L’albero spoglio
Rispetto per la Creazione
9 - Al chiaro di Luna
10 - I colori degli dèi
11 - I petali della ragazza
12 - I soffioni di maggio
13 - Il posto dei fiori
14 - Il rispetto delle creature
15 - L’isola Alberia
16 - Melikki e la balena
Fede e santità
33 - Il giardino di San Valentino
34 - Il mendicante e il principe
35 - Il pastore e il Rosario
36 - L’albero della Vita
37 - La leggenda di San Nicola
38 - Le Maghe e il nuovo Dio
39 - Santa Lucia e l’asinello
40 - Saratin e il Re crocifisso
Sobrietà e stili di vita evangelici
17 - I fannulloni del Buon Fiume
18 - I figli e la Verità
19 - I tre figli salvatori
3
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0004 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
1 – Il bambino e la vetta
U
Un tempo, c’era una valle, fertile e
verde, sulla quale incombeva l’ombra
perenne di un’enorme montagna. La
montagna era così alta e massiccia, da
non lasciar passare né luce né calore,
cosicché gli abitanti erano sempre infreddoliti, anche d’estate. Costoro si
erano abituati a vivere all’ombra e al
freddo, ma avrebbero voluto, almeno
di tanto in tanto, sentire il tepore dell’estate.
Guardando la vetta della montagna, alta come le nuvole, dove il sole
giocava con le rocce e i nevai,
qualcuno sognava di andare fin lassù,
ma poi non osava avvicinarsi alle aspre
balze della montagna, dove di notte,
fra le rocce, si sentivano strani rumori.
E così gli abitanti della valle attendevano pazientemente che il vento e il
tempo consumassero la montagna,
così da far passare il sole.
4
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0005 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Un bel giorno, in quel paese nacque scoraggiava qualche volta quando, da
un bambino. Non era né più forte, né lontano, osservava quelle pareti di
più grande e neanche più intelligente granito che salivano a picco, quasi verdegli altri. Non aveva insomma niente ticali, così lisce. Ma quando le
di speciale. Soltanto, crescendo, co- guardava da vicino, scopriva sempre
minciò a pensare che non aveva un appiglio cui attaccarsi e una screnessuna voglia di stare ad aspettare il polatura dove mettere i piedi. Una
bel tempo, un po’ di luce e di calore, mano dopo l’altra, un piede dopo
per tutta la vita: «Tenterò di salire l’altro, il ragazzo ricominciava e saliva.
Finalmente raggiunse la vetta. Lassù
lassù!».
Quando la gente seppe che il sentì il tepore dei raggi del sole. Trovò
bambino voleva salire sulla grande che era semplicemente formidabile.
montagna, tentò in tutti i modi di dis- Allora guardò in basso e, rivolgendosi
agli abitanti della valle
suaderlo: «È una parete
piccoli piccoli, cominciò
troppo ripida e liscia,
a gridare: «Venite,
cadrai dopo pochi metri
Capì che era quello
venite! Vedete bene che
e ti sfracellerai»...
il “ruggito” che fasi può salire!».
«Nelle caverne abitano
ceva tanta paura alla
Alcuni, che avevano
bestie mostruose, non
gente della valle.
seguito con il fiato sosenti come ruggispeso l’ascensione del
scono?»...
«Mai
bambino, lasciarono la
nessuno è salito lassù.
valle e cominciarono ad
Chi credi di essere?»...
Noncurante dei consigli, il ragazzo arrampicarsi. Altri si misero a prepreparò uno zainetto, impugnò un ro- parare i bagagli per partire. Ma,
siccome volevano portare con sé tutte
busto bastone e partì.
All’inizio procedeva lentamente, le cose più care, non riuscivano mai a
scegliendo con molta attenzione gli decidersi. Molti non avevano la
appigli. Si accorse che, vista dal basso, minima intenzione di muoversi, prela parete della montagna sembrava ferendo attendere che la vecchia
veramente liscia e scivolosa, e pareva montagna si consumasse per lasciar
davvero impossibile che qualcuno po- passare il bel tempo.
Da quel giorno, ogni volta che
tesse riuscire a scalarla. Ma più si avvicinava alla roccia, più scopriva fen- qualcuno arriva sulla vetta si mette a
diture, corridoi, nevai abbastanza gridare e l’eco della montagna ripete:
agevoli. Salendo, vide un baldanzoso «Venite, venite, venite!».
torrente che si infilava rombando fra le
***
rocce e capì che era quello il “ruggito”
Gesù ed altri “grandi” della storia,
che faceva tanta paura alla gente della
come il ragazzino della leggenda, invalle.
Ora, non aveva più alcuna paura. Si dicano la via, pur difficile, per trovare
arrampicava, lento, ma inesorabile. Si “luce e calore”.
“
”
5
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0006 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
2 – Il Magio Pellerossa
B
specie di pigna gialla. Poi partì per una
lunga strada, che presagiva difficile,
verso l’Oriente.
Con il cuore in festa, il piede leggero
e la testa piena di canti, l’indiano non
notò un puma che lo seguiva. Ma
quando fu lontano dal suo villaggio, il
puma balzò su di lui, gettandolo a
terra: «Non muoverti o ti uccido! Sei
magro, ma i miei bambini hanno fame
e la mia femmina non può nutrirli: non
Ben lontano da Betlemme, un Pellerossa aveva visto la nuova stella come
un segno, e si apprestava, come i Re
Magi, ad intraprendere il lungo viaggio
verso la stalla dove giaceva il Bambino.
Preparò il sacco, mettendovi delle
piume dai riflessi iridati dell’arcobaleno, due magnifici smeraldi, due
grosse pepite d’oro, una ciotola
d’acqua pura e rara, uno specchio
d’argento, uno strano ramo con una
6
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0007 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
te, ringraziò del meraviglioso regalo.
Continuando il cammino, l’indiano
incontrò un uomo esausto, quasi
morto di sete. Per soccorrerlo, gli fece
bere la scodella di acqua pura e rara
che voleva offrire al Bambino di Betlemme. E così gli salvò la vita... perdendo ancora del tempo prezioso.
Poi incontrò una bambina molto
povera, a cui fece dono delle due pepite d’oro, e una donna anziana che si
lamentava del suo vecchio viso, cui insegnò a vedere piuttosto la bellezza
dell’anima offrendole lo specchio
magico riservato al Bambino. La
donna vide il riflesso della propria
anima e ritrovò la gioia. Venendo a conoscenza della mèta del viandante, gli
disse: «Conosco il bambino di cui
parli! Ma è cresciuto e la sua famiglia è
partita da molto tempo... Ma non hai
fatto questo viaggio invano. Con i
regali meravigliosi che hai offerto, hai
reso tanti felici! Continua, buon
uomo! Vai a dare ciò che hai a chi ne ha
bisogno! E chi lo sa! Dando regali a tutti
i bambini del Mondo, forse ritroverai il
bambino che cerchi!».
Confortato dalle parole sagge della
donna, l’indiano ripartì per il suo
paese. Laggiù, incontrò persone affamate. Sospirando si disse: «Credo di
avere ciò che occorre!». Estrasse dal
sacco il solo presente destinato al
Bambino di Betlemme che gli restava:
la strana pigna gialla sul ramo. La
piantò in terra... e, d’allora, come per
magia, il mais cresce in tutto il paese,
nutrendone gli abitanti.
***
Ma l’indiano non si fermò lì! – continua la leggenda – Ogni anno, discretamente, offre regali a coloro che ne
hanno bisogno...
può più cacciare, perché non ci vede.
Dei cacciatori l’hanno ferita. Sei il solo
pasto che potrà salvare la mia famiglia!».
L’indiano propose: «Sono un Re
magio, e chi dice magio dice mago.
Conducimi dalla tua femmina, vedrò
ciò che posso fare!». Davanti alla tana,
ove i cuccioli stavano giocando, l’indiano osservò gli occhi della femmina
e le disse: «Credo di avere ciò che serve
per guarirti!... Ma durante il tempo che
utilizzerò per curarti, il bambino che
devo vedere sarà cresciuto!». Però
pensò: «Non posso lasciarla così!» ed
estrasse dal sacco i due smeraldi e sostituì i due occhi feriti con le pietre preziose. «Sono un mago, guardami!». La
femmina del puma lo guardò con pupille meravigliosamente verdi: ci
vedeva perfettamente! L’uomo le
aveva fatto il più bello dei regali!
Soddisfatto, l’indiano riprese il cammino e arrivò in una foresta vergine.
Non notò un pappagallo che lo seguiva. Giunta la notte, mentre l’uomo
accendeva il fuoco cantando una
canzone, il pappagallo venne ad appollaiarsi su di un ramo e cantò con lui.
«Canti bene – gli disse l’uomo – ma
perché hai l’aria così triste?». «Vedi:
sono così brutto e spiumato, che non
oso più mostrarmi a nessuno!». «Cosa
ti è successo?». «Una volta, fiero del
mio piumaggio, sono andato a cantare
al villaggio e i bambini mi hanno catturato per prendermi tutte le mie belle
piume!». «Credo di avere ciò che ti occorre», sospirò l’uomo, pur sapendo
che così perdeva del tempo prezioso.
Estrasse le piume dai riflessi iridati dell’arcobaleno che aveva previsto per il
bambino, e con esse ricoprì il pappagallo. Costui svolazzando allegramen-
7
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0008 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
3 – La Befana e
il Bambino Gesù
B
Befana è il nome di una contadina
molto vecchia che viveva tanti anni fa.
Aveva perso suo marito, non aveva
mai avuto figli e abitava in una casetta
sulla piazza di un paese. Siccome
stava tutta sola, si annoiava un po’ e
spesso guardava fuori.
Un bel giorno, sentì un rumore sco-
nosciuto che la spinse a correre in
piazza, con tutta la velocità delle sue
vecchie gambe. Prima, vide solo una
nuvola di polvere e poi arrivarono tre
uomini.
Il primo, con una barba bianca e
non molti capelli, era seduto su un
cammello; il secondo, con una bella
8
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0009 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
faccia tutta nera e denti che brillavano ma ieri sera sono passati di qua tre canel suo sorriso buono, si dondolava su valieri che cercavano il Bambino.
un elefante; il terzo, con occhi a man- Perciò siete sulla strada giusta».
«Dio vi benedica, figlioli, per questa
dorla e una lunga treccia, cavalcava un
buona informazione».
cavallo grigio.
E così Befana si rimise in viaggio,
Si fermarono alla fontana per dare
da bere agli animali, e la vecchia con tutta la velocità delle sue vecchie
chiese, molto incuriosita: «Signori gambe.
Un giorno, in un villaggio, vide un
belli, dove vanno?».
«Vecchia madre, andiamo al pre- gruppo di bambini intorno ad un sisepio, a salutare Gesù Bambino, e por- gnore vestito da vescovo, con un asinello vicino e lo riconobbe. «San
targli dei regali».
«Gesù Bambino! Anche a me piace- Nicola, amico dei piccoli e delle
povere vecchiette...
rebbe, ma non conosco
Avete visto il Bambin
la via; aspettatemi,
Gesù?».
prendo il mio bastone,
Ieri sera sono passati
«Vecchia madre, sto
qualche regalo per il
di qua tre cavalieri che
proprio andando da lui;
bambino e guidatemi
cercavano il Bambino.
se vuoi, puoi seguirmi».
laggiù».
Perciò siete sulla straMa Befana non riuscì
I Re Magi scossero il
da giusta».
a stargli al passo e così lo
capo, senza dire né sì,
perse di vista.
né no, e la buona
Così continuò il suo
Befana corse a casa, con
tutta la velocità delle sue vecchie cammino, finché, arrivata in una città
gambe per fare fagotto. Quando del nord dell’Italia, incontrò un frate,
tornò, non c’era più nessuno in che riconobbe come il Santo che tanti
piazza, i tre re erano spariti! E se veneravano. «Antonio Santo, vi prego,
Befana non avesse visto intorno alla avete visto il Bambin Gesù?».
«Vecchia madre, forse non lo sai,
fontana tracce di calpestio e palle di
sterco, avrebbe pensato di aver so- ma il Bambino che cerchi è qui!».
Allora Befana posò a terra il sacco
gnato...
Decisa a partire, si mise in viaggio, pieno di doni. Subito accorsero molti
curva sul suo bastone e con un grosso bambini e la vecchia diede loro i doni a
piene mani. Più donava e più si sentiva
sacco pieno di doni sulle spalle.
Attraversò grandi pianure, oltre- felice...
***
passò fiumi e foreste, finché si fermò
D’allora – conclude la leggenda racpresso un villaggio per chiedere:
«Ditemi, vi prego, avete visto il colta in Francia – i bambini italiani venerano e aspettano la povera, vecchia,
Bambin Gesù?».
«Vecchia Madre, è ancora lontano, generosa Befana.
“
”
9
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0010 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
4 – La stellina luminosa
C
C’era una volta una piccola stella,
ma molto luminosa, una delle più luminose della sua costellazione. Le
altre stelle la guardavano con invidia
perché ella emanava una forte luce e i
suoi lunghi raggi bianchi si scorgevano
da ogni pianeta.
Una notte la stellina si trovò a
parlare con una vecchia stella poco distante da lei che le disse: «Quanto sei
lucente e bella piccola stella! Anch’io
ero come te... bella, giovane, scintillante... ma purtroppo la mia vita è arrivata quasi al termine. Tra poco mi
spegnerò per sempre!».
Nel cuore della piccola stella lucente cominciò ad insediarsi tanta tristezza e tanti cattivi pensieri si accavallarono nella sua mente: «Non è
possibile, la mia gran lucentezza e bel-
10
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0011 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
lezza, gli unici motivi per i quali ho cullava il suo bambino teneramente...
Divenne lo stupore e l’innocenza di
sempre vissuto, un giorno mi verranno
tolti e mi spegnerò anch’io per una bambina che la indicò felice con
gli occhi spalancati, per la gioia di aver
sempre!».
Gli anni e i secoli passarono veloci, e scoperto un’altra cosa nuova nella sua
per la stellina arrivò il momento che vita...
Divenne la speranza
tanto aveva temuto e
di un uomo anziano che
sperato non arrivasse
non riusciva a smettere
mai.
Una notte la stellina
di piangere e di una siCominciò a precisi trovò a parlare con
gnora che non riusciva a
pitare... sentiva che la
una vecchia stella
smettere di sentirsi
sua forte luce si stava
poco distante da lei.
sola...
pian piano affievoPer la piccola stella
lendo... sentiva che si
quei pochi secondi di
stava consumando...
morte furono molto più
Cominciò a precipitare
sempre più velocemente, fino a che importanti di un’intera vita spesa a
accadde la cosa più bella della sua contemplare se stessa.
vita...
***
Divenne il rifugio dei sogni e dei dePer essere felici e per dare felicità bisideri di due innamorati che si abbracsogna avere il coraggio e la forza di
ciavano stretti sulla riva del mare...
Divenne la gioia di una madre che donare la propria vita per gli altri.
“
”
11
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0012 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
5 – Lo specchio
della fiera
I
In una città era arrivata la grande
fiera del giocattolo. Per l’occasione,
un ricco affarista decise: «Domani è il
compleanno del mio bambino. Voglio
regalargli cose belle ed interessanti...».
Contemporaneamente un giardiniere pensava: «È dura con il mio
magro stipendio, però spero di poter
comprare qualcosa per il compleanno
della mia bambina».
Il bambino dell’affarista era nella
sua cameretta. Nonostante l’armadio
colmo di pupazzi e giocattoli, egli era
triste. Pensava infatti al suo papà. Lo
vedeva così poco! Si consolava pensando che l’indomani sarebbe stato il
suo compleanno e che avrebbe ricevuto dei bei regali. Sperando che il
papà rimanesse a casa con lui tutto il
12
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0013 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
giorno, essendo giorno di festa.
La bambina del giardiniere non
aveva molti giocattoli, ma non si
sentiva mai sola. Pensava: «Domani è
il mio compleanno, chissà che bei
giochi faremo tutti insieme!».
Giunto alla fiera, l’affarista osservava i giocattoli... Voleva comperare qualcosa che tenesse occupato
e divertisse suo figlio.
Il giardiniere, giunto alla fiera, si
guardava in giro con calma, sperando
di trovare qualcosa per la sua
bambina. Non si lasciava sfuggire
niente, perché voleva raccontare e
descrivere alla sua bambina ogni cosa
vista.
I due s’incontrarono davanti ad un
padiglione con la scritta “Qui puoi
trovare il regalo più bello per tuo
figlio”. Videro uscire gente delusa e
scontenta. Entrarono. Era una stanza
vuota, senza giocattoli, con uno
specchio appeso al muro e davanti,
seduto, un vecchio signore.
Il vecchio disse: «Per tutta la vita ho
costruito giocattoli per i bambini. Ma
quest’anno ho portato qualcosa di
particolare e prezioso... questo
specchio antico».
Irritato l’affarista fece per andarsene, quando vide il giardiniere
stringere la mano al vecchio e con il
volto felice esclamare: «Ho capito!
Ora so cosa regalare alla mia bambina.
Grazie!». Guardò di nuovo lo specchio e pensò che cosa potesse fare un
bambino con uno specchio... «Boh!».
Il giorno dopo, la figlia del giardiniere aprì il regalo e tutta felice
ammirò con gioia le penne colorate e i
fogli bianchi che suo padre le aveva
comperato alla fiera del giocattolo:
«Grazie papà, così potremo disegnare
insieme le belle cose che hai visto alla
fiera». «Non solo, bambina mia...
Guarda fuori dalla finestra... sta nevicando! Più tardi usciremo con la
mamma e così potrai toccare la neve e
giocare. Faremo un pupazzo... Vedrai
che bello!».
Anche il figlio del banchiere era
contento quel mattino. Non finiva più
di tirare fuori dal pacco i vagoni del
trenino, le rotaie, le casette che figuravano da stazioni e da case di campagna, il verde per i prati, i monti,
alberi e siepi, e persino un fiumicello
con i suoi ponti. Era felice: sicuramente il papà lo avrebbe aiutato a costruirlo... Squillò il telefono. Dopodiché il papà disse: «Anche oggi il
lavoro mi chiama!». Il piccolo stava
per scappare piangendo, quando vide
un pacchetto. Il padre disse: «Non
credevo ci fossero altri regali...». Il
bimbo aprì il pacco e con sorpresa tirò
fuori una palla colorata...
Il padre prese la scatola e vi trovò un
bigliettino “Il vecchio dello specchio”.
E così si ricordò delle parole scritte all’ingresso del padiglione della fiera:
“Qui puoi trovare il regalo più bello
per tuo figlio”. Nello specchio aveva
visto la sua immagine! Come a dire
che il regalo più bello per suo figlio era
lui stesso! Questo il giardiniere l’aveva
capito subito!
Abbracciò il bambino. «Oggi non
parto. Usciremo in giardino... giocheremo insieme – tu, la mamma e io
– con la palla nuova in mezzo alla
neve».
***
Il dono più prezioso è il dono di sé,
incondizionato, spontaneo, sempre
pronto, gratuito...
13
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0014 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
6 – L’uccellino e il Tempo
N
Nel cuore della foresta viveva un
albero molto vecchio. I rami davano rifugio a migliaia di uccelli. Al mattino, il
primo raggio di sole, come la bacchetta di un direttore d’orchestra,
dava il “la” alla sinfonia dei cinguettii.
Nel tronco dell’albero c’era un foro,
nel quale, da decenni, si trovava un
piccolo uovo. Finalmente, una notte di
luna piena, l’uovo si schiuse e ne uscì
un uccellino strano. Pigolò per tutta la
notte, di stupita sorpresa. Le madri-uccello portarono nel foro semi e chicchi,
fin quando l’uccellino, bianco come la
neve, fu in grado di procurarsi il cibo da
solo e di costruirsi il nido. Ben presto
iniziò a volare in luoghi lontani, dove
precipitavano bianche cascate. A volte
non faceva ritorno per molti giorni. Poi
tornava a riposare nel suo nido, tranquillo e pensieroso.
Nell’antica foresta di Dai Lao
sorgeva una capanna, in cui viveva un
vecchio monaco. Spesso l’uccello
volava fin lì. Una notte udì la conversazione tra il monaco ed un amico...
Spiccò il volo, tornò al vecchio
albero. Da quando aveva ascoltato i discorsi tra i due monaci, la sua perplessità era aumentata. «Da dove
14
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0015 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
vengo? Dove andrò? Che cos’è il scappare un grido lacerante, colmo di
Tempo? Perché il Tempo ci ha con- dolore e d’amore, come l’impetuoso
dotti qui, e perché ci porterà via?». Era fragore di una cascata. Di colpo sentì la
stato profondamente colpito dalle totalità della sua esistenza. Solitudine
parole dei monaci: «Il Tempo è fisso e vuoto si dissolsero come un miraggio.
nell’Eternità, dove l’Amore e l’amato L’immagine di fiumi d’acqua che presono Uno. Ogni filo d’erba, ogni zolla cipitavano senza fine attraverso midi terra, ogni foglia, ogni torrente è gliaia di vite. Il fragore delle acque.
Senza paura, si lasciò cadere sulla
Uno con quell’Amore».
L’uccellino ricordava i giorni passati foresta in fiamme come una maestosa
ad ascoltare il fragore delle acque. Im- cascata. Il mattino spuntò silenzioso. I
maginava di cadere come una cascata, raggi splendevano come sempre, ma
giocava con la luce che scintillava sul- non accesero nessuna sinfonia. Intere
parti di foresta erano carl’acqua, accarezzava le
bonizzate e con esse
pietre e le rocce che
tante creature. Il vecchio
l’acqua bagnava. In quei
Nell’antica foresta
albero era in piedi, ma
momenti l’uccello si
di Dai Lao sorgeva
più di metà della sua
sentiva cascata...
una capanna, in cui
chioma era bruciata.
Un giorno, sorvoviveva un vecchio
Gli uccelli scampati
lando la foresta di Dai
monaco.
alle fiamme si chiaLao, non vide più la camavano con voci inpanna. La foresta era
credule. Si chiedevano
bruciata... Il monaco
non si vedeva più. Forse il fuoco per quale miracolo, il giorno prima, il
l’aveva divorato? L’uccellino era scon- cielo sereno avesse lasciato cadere un
certato. L’angoscia lo invase. Tornò ra- improvviso nubifragio che aveva
pidamente al vecchio albero. Grida di- estinto l’incendio. Ricordavano di
sperate di uccelli. Crepitii. Anche lì la aver visto l’uccellino bianco che
foresta bruciava. Volò veloce. Il fuoco spruzzava acqua dalle ali. Coprirono
in volo tutta la foresta alla ricerca del
lambiva il cielo.
L’incendio era scoppiato vicino al suo corpo, ma non lo trovarono...
***
vecchio albero. L’uccello sbatté le ali
Forse era volato via! – conclude la
con tutta la sua forza per poter spegnere l’incendio, ma le fiamme si le- leggenda orientale – Forse era stato
vavano sempre più alte. Si affrettò al bruciato dal fuoco. Gli uccelli cominruscello, bagnò le penne nell’acqua e ciarono a ricostruire i nidi nella chioma
corse a spruzzarla sulla foresta. Le ferita del grande albero.
Avrà nostalgia il grande albero delgocce sfrigolavano. Non bastava!
Neppure intridere tutto il suo corpo l’uccellino bianco che la sacra aria della
d’acqua sarebbe bastato per spegnere montagna e l’energia vitale avevano
il fuoco. Strida di centinaia di migliaia partorito? L’albero sapeva che il
di uccelli. Il fuoco aveva attaccato il Tempo aveva restituito l’uccellino alvecchio albero. Perché i monsoni non l’Amore da cui provengono tutte le
cadevano anche lì? L’uccello si lasciò cose.
“
”
15
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0016 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
7 – L’ultimo pezzo di pane
Q
Quando l’anziano dottore morì, arrivarono i suoi tre figli per sistemare
l’eredità: i pesanti vecchi mobili, i preziosi quadri e i molti libri. In una finissima vetrinetta il padre aveva conservato i pezzi della sua memoria:
bicchieri delicati, antiche porcellane,
pensieri di viaggio e tante altre cose
ancora. Nel ripiano più basso, in
fondo all’angolo, fu trovato un oggetto
strano: sembrava una zolletta dura e
grigia. Come venne portata alla luce, si
bloccarono tutti: era un antichissimo
pezzo di pane rinsecchito dal tempo.
Com’era finito in mezzo a tutte quelle
cose preziose?
La donna che si occupava della casa
raccontò: «Negli anni della fame, alla
fine della grande guerra, il dottore si
era ammalato gravemente e per lo sfi-
16
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0017 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
nimento le energie lo stavano la- pane, subito lo riconobbe e si comsciando. Un suo collega medico aveva mosse moltissimo. “Se questo pane
borbottato che sarebbe stato neces- c’è ancora, se gli uomini hanno saputo
sario procurare del cibo. Ma dove po- condividere tra di loro l’ultimo pezzo
terlo trovare in quel tempo? Un amico di pane, non mi devo preoccupare per
del dottore portò un pezzo di pane so- la sorte di tutti noi”, pensò. “Questo
stanzioso cucinato in casa, che lui pezzo di pane ha saziato molta gente,
aveva ricevuto in dono. Nel tenerlo tra senza che venisse mangiato. È un pane
le mani, al dottore ammalato vennero santo!”.
Chi lo sa quante volte l’anziano
le lacrime agli occhi. E quando l’amico
se ne fu andato, non volle mangiarlo, dottore avrà più tardi guardato quel
pezzo di pane, contembensì donarlo alla faplandolo e ricevendo da
miglia della casa vicina,
esso forza e speranza
la cui figlia era amNel ripiano più
specialmente nei giorni
malata. “La giovane vita
basso, in fondo alpiù duri e difficili!».
ha più bisogno di
l’angolo, fu trovato
guarire, di questo
un oggetto strano:
***
vecchio uomo”, si disse.
era
un
antichissimo
I
figli
del
dottore senLa mamma della rapezzo di pane.
tirono che in quel
gazza ammalata portò il
vecchio pezzo di pane il
pezzo di pane donatole
loro papà era come più
dal dottore alla donna
profuga di guerra che alloggiava in sof- vicino, più presente, che in tutti i cofitta e che era totalmente una straniera stosi mobili e i tesori ammucchiati in
nel paese. Questa donna straniera quella casa.
Tennero quel pezzo di pane, quella
portò il pezzo di pane a sua figlia, che
viveva nascosta con due bambini in vera preziosa eredità, tra le mani...
uno scantinato per la paura di essere come il mistero più pieno della forza
arrestata. La figlia si ricordò del della vita.
Lo condivisero come memoria del
dottore che aveva curato gratis i suoi
due figli e che adesso giaceva am- loro padre e dono di Colui che una
volta, per primo, lo aveva spezzato per
malato e sfinito.
Così il dottore, ricevendo il pezzo di Amore.
“
”
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0018 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
8 – Stella Lontana
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0019 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
S
Sole, Luna e Vento andarono a cena
Allora Stella Lontana si rivolse al
dagli zii Tuono e Saetta.
figlio Sole dicendo: «Tu hai pensato
La loro madre, Stella Lontana, solo al tuo piacere. Avido ed egoista,
rimase a casa.
sarai punito. I tuoi brucianti raggi faLa cena era sontuosa, con le be- ranno fuggire gli uomini, l’erba verde
vande più rare e le portate più deli- ingiallirà vedendoti e nell’ora in cui arziose.
riverai in mezzo al cielo, tutti i viventi,
Sole e Vento divoravano e si riem- uomini e bestie, andranno a nasconpivano lo stomaco senza pensare un dersi!». È per questo che i raggi del
istante alla loro madre. Dolce Luna, sole, in India, sono così inesorabilnon appena le veniva servito un mente caldi.
piatto, ne nascondeva una parte sotto
Poi Stella Lontana si rivolse al figlio
le unghie, belle e lunghe (così lunghe Vento: «Anche tu non hai pensato che
che toccavano la terra e per questo a divertirti! Non hai pensato un attimo
erano chiamate “raggi di luna”).
a tua madre. Per punirti, avrai un reQuando Sole, Luna e Vento rien- spiro ardente che rende difficile la retrarono a casa, Stella Lontana, la spirazione. E gli uomini ti sfuggiranno
madre, chiese loro: «Com’è stata la e ti malediranno!». È per questo che il
festa? Ditemi che cosa
vento caldo dell’India è
avete bevuto e mancosì doloroso e soffogiato... E cosa mi avete
cante.
Sole e Vento divoportato in dono?».
Infine Stella Lontana
ravano e si riem– «Ho
mangiato
si rivolse alla figlia Luna,
pivano lo stomaco
molto, molte cose buodicendole: «Tu che hai
senza pensare un
ne! – rispose Sole – Napensato di condividere il
istante alla loro
turalmente, non ricordo
tuo piacere, mia dolce e
madre.
quei piatti. Ero lì per gorara ragazza, avrai luce
dermeli e non per parrinfrescante e pacifica e
larne in seguito!».
gli uomini benediranno
– «Personalmente, mi sono ab- per sempre il tuo dolce chiarore!».
buffato! – disse Vento – C’erano molte (Leggenda indiana)
cose buone. Ma mi sento incapace di
***
descriverle. Ero lì per divertirmi, non
Ecco perché le notti di luna – conper fare una lista di ciò che veniva clude la leggenda – sono così fresche,
servito!».
dolci e belle... La storia del Sole, della
– «Madre, porta un piatto!», disse Luna e del Vento, fa capire il perché essi
Dolce Luna. Scosse sopra il piatto le siano quelli che sono... E aiuta a risue belle lunghissime unghie. E sul flettere sull’egoismo e sulla generosità,
piatto apparve del cibo, il più delizioso con le rispettive conseguenze: puniche si potesse immaginare.
zione o ricompensa.
“
”
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0020 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
9 – Al chiaro di luna
20
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0021 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,23 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
U
Un tempo, la notte era buia e nera. cadendo. Apparvero nel cielo buio e,
Appena tramontava il sole, le persone con i loro raggi, per la prima volta rie gli animali si rinchiudevano in casa o schiararono la notte nera. Grazie al
nelle tane e non uscivano più fino al- chiaro di luna, il bambino che si era
l’alba. Avevano paura e anche in perso riuscì a ritrovare la strada e in
estate non andavano fuori per poco tempo arrivò a casa dove i suoi,
prendere il fresco.
terrorizzati, lo stavano aspettando.
Una sera, un bambino rimase Tutte le persone e gli animali, vetroppo tempo a giocare nel bosco e, dendo la luce della luna, uscirono
quando decise di fare ritorno poco dalle case e dalle tane; poi iniziarono a
prima del tramonto, non riuscì più a ri- cantare e a ballare dalla gioia e così per
trovare la strada di casa a causa del tutta la notte.
buio. Il piccolo impaurito si accoLa luna e le stelle si divertirono così
vacciò ai piedi di un
tanto a vedere quella
albero,
iniziò
a
festa improvvisata che
piangere e a chiamare i
da allora decisero di
Una sera, un bambino
suoi cari. I grilli dai loro
tornare tutte le notti...
rimase troppo tempo
nascondigli si misero a
***
a giocare nel bosco e,
cantare per fargli comCome vivere senza il
quando decise di fare
pagnia... cantavano
cielo? Con il sole, la
ritorno poco prima
sempre più forte spepioggia, l’aria, la luna e le
del tramonto, non
rando che il bambino si
stelle che indicano il
riuscì più a ritrovare la
sentisse meno solo ed
cammino e fanno sostrada di casa.
avesse meno paura. A
gnare? Tra i Baulè della
quel tempo la luna e le
Costa d’Avorio la parola
stelle stavano nascoste
“Nyamien” serve a desidall’altra parte del cielo. Quando sen- gnare sia il cielo, sia Dio... Ma anche
tirono i grilli cantare, gli astri uscirono per i nostri “vecchi” il cielo era sicuriosi per vedere che cosa stesse ac- nonimo dell’Altissimo...
“
”
21
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0022 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
10 – I colori degli dèi
22
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0023 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
T
Tanto tempo fa, il pappagallo era
tutto grigio. Uno tra i tanti uccelli giunti
chissà come nel mondo.
Gli dèi litigavano sempre perché il
mondo era assai noioso con due soli
colori: uno era il nero che comandava
la notte, l’altro era il bianco che camminava di giorno; il terzo, il grigio, che
non era un colore, dipingeva sere e
mattine affinché non si scontrassero
troppo.
Quegli dèi erano litigiosi ma molto
sapienti.
Così si misero d’accordo per pensare di rendere più allegra la vita nel
mondo.
Uno di loro cominciò a camminare
per pensare meglio, e tanto pensava,
che sbatté contro una pietra ferendosi.
Guardò il proprio sangue e vide che
era di un colore diverso e andò dagli
altri dèi, mostrando loro il nuovo
colore che chiamarono “rosso”.
Il secondo stava cercando un colore
per dipingere la speranza. Lo trovò
dopo un bel pezzo e lo mostrò all’assemblea degli dèi che gli misero il
nome “verde”.
Il terzo cominciò a grattare forte a
terra, «per cercare il cuore della terra»,
diceva rivoltando il terreno da ogni
lato. Dopo un po’ trovò il cuore della
terra, lo mostrò agli altri dei che lo chiamarono “marrone”.
Il quarto disse: «Vado a guardare il
colore del mondo». E si mise a scalare
una montagna. Quando arrivò ben in
alto, guardò in giù e vide il colore del
mondo, ma non sapeva come fare a
portarlo. Allora rimase a guardare per
un bel po’, finché il colore non gli si attaccò agli occhi.
Discese come poté, a tentoni, e
andò all’assemblea degli dei. «Porto
nei miei occhi il colore del mondo».
Chiamarono quel colore “azzurro”.
Il quinto stava cercando i colori
quando sentì un bambino ridere; si avvicinò con cautela e gli prese il sorriso
splendente, che diventò il “giallo”.
A quel punto gli dèi, stanchi, andarono a riposare, lasciando i colori in
un cesto di vimini.
Lì i colori cominciarono a mescolarsi... Così nacquero altri colori.
Quando tornarono, gli dèi si accorsero che i colori erano molti di più.
Presero il cesto, salirono sulla cima
del monte, e da lì cominciarono a lanciare i colori...
Così l’azzurro finì in parte nell’acqua e in parte nel cielo; il verde si
sparse sugli alberi e sulle piante; il
marrone, che era il più pesante, cadde
sulla terra; il giallo, che era leggero
come la risata di bambino, volò fino a
tingere il sole; e il rosso giunse sul fuoco
e nel cuore degli uomini.
Gli dèi lanciavano i colori senza prestare attenzione a dove finivano; per
questo vi sono persone di colori diversi...
Infine, gli dèi, perché i colori non si
perdessero, cercarono un modo per
conservarli. Stavano pensando come
fare quando videro il pappagallo; lo
presero e lo tinsero coi vari colori...
***
Ancora oggi – conclude la leggenda –
il pappagallo se ne va in giro, per ricordare agli dèi e agli uomini che molti
sono i colori (e le opinioni), e che il
mondo potrebbe essere allegro, se tutti
i colori e tutte le opinioni avessero il
proprio spazio. La leggenda dei colori,
degli Indios dell’Amazzonia, trasmette
sentimenti di fratellanza ed insegna ad
accettare le diversità.
23
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0024 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
11 – I petali della ragazza
24
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0025 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
U
Una volta, le piante non fiorivano. a scioglierlo.
Così la ragazza, divenuta ghiaccio,
In quei tempi, nel territorio degli indiani Tehuelche, viveva una bel- si trasformò in acqua e scorse velocelissima ragazza dai morbidi capelli mente giù per la montagna divenneri e lisci e dai dolci occhi scuri. tando torrente e bagnando la valle.
In primavera, il cuore della ragazzaCome le altre donne della tribù, una
sera, durante un forte temporale, la ra- torrente sentì un immenso desiderio
gazza era intenta ai lavori domestici: di vedere la luce, di assaporare la calda
cucire, dipingere, verniciare i tessuti, carezza del vento e di contemplare il
tessere le coperte. Quando un lampo cielo stellato.
Così, risalì lentamente dalle radici,
di luce illuminò quell’angolo di
mondo, Temporale vide la giovane lungo il tronco delle piante, fino a
sporgere la sua bella tedonna seduta all’instolina dalle cime dei
gresso della capanna dei
rami, sotto forma di
suoi.
La giovane era così
piccoli petali colorati.
Era così bella, che,
bella, che, anche se
Fu così che nacquero i
anche se era rozzo, rude
era rozzo, rude e
fiori, i cui petali sono
e burbero, Temporale
burbero, Temporale
chiamati dagli indigeni
s’infatuò di lei. Tes’infatuò di lei.
della Patagonia “petali
mendo che la bella radella ragazza”, a ricordo
gazza lo rifiutasse, con
della bellezza e del sacriun gran boato la rapì e la
portò lontano, fuori della vista dei suoi ficio della loro eroica antenata. (Legcari, terrorizzati. Raggiunte le cime in- genda della Patagonia)
nevate, Temporale nascose la giovane
***
nelle profondità di un ghiacciaio.
Gli indiani Tehuelche, chiamati
Tanta fu la sofferenza per la ragazza,
che si lasciò andare, fino a gelare e di- anche Patagoni, sono una tribù di
Nativi Americani stanziata in Pataventare una lastra di ghiaccio.
Quando Temporale si accorse della gonia. In loro, come nei nativi amescomparsa dell’amata, s’infuriò, lan- ricani in genere, è molto percepito il
ciando tuoni e lampi. Presto si for- legame tra la natura e l’uomo, come
marono nuvole cariche di pioggia, che appare dalla leggenda della ragazza alcadde abbondante sul ghiacciaio, fino l’origine dei fiori.
“
”
25
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0026 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
12 – I soffioni di maggio
E
Era il mese di maggio. Comparivano
fiori dappertutto, anche sulla siepe.
Un piccolo melo, il cui tronco si assottigliava in un unico ramo ricoperto di
sottili gemme di color rosso pallido,
sapeva bene quanto fosse bello e per
questo non si meravigliò quando una
carrozza si fermò e una giovane contessa esclamò: «Questo ramo fiorito è
la cosa più graziosa del mondo; è la
primavera stessa nella sua più bella in-
carnazione!».
Il ramo fu spezzato e lei lo tenne tra
le mani delicate. Giunsero al castello,
dove magnifici fiori riempivano vasi
trasparenti. In uno di questi fu messo.
E così il ramo diventò superbo!
Fu posto vicino alla finestra, da cui
poteva vedere, sia nel giardino che nel
campo, molti fiori e piante su cui meditare. C’erano piante ricche e povere, altre addirittura miserevoli. «Pove-
26
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0027 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
re erbe ripudiate! – esclamava – Proprio vero che c’è differenza! Chissà
come devono sentirsi infelici!».
Guardava con certa compassione
soprattutto i fiori che si trovavano in
enorme quantità nei campi e lungo i
fossi, fiori comuni, che crescevano
come la gramigna, dal nome orribile:
“soffioni”. «Povera pianta disprezzata! – pensava – Non puoi farci nulla se
sei fatta così, se sei così comune, se hai
quest’orribile nome! Ma tra le piante,
come tra gli uomini, ci dev’essere una
differenza!». «Una differenza!» disse
un raggio di sole baciando il ramo di
melo in fiore, ma baciava anche i gialli
soffioni del campo. Poi aggiunse: «Tu
non vedi lontano, non vedi chiaramente. Qual è la pianta disprezzata
che più compiangi?».
«I soffioni gialli», rispose il ramo.
«Non sono colti, sono calpestati e,
quando diventano semi, si disperdono sulla strada come fili di lana.
È gramigna! Sono contento di non
essere uno di loro!». Nel campo
giunse un gruppo di bambini. Il più
piccolo fu messo a sedere sull’erba tra i
fiori gialli, si rotolò un po’, colse i fiori e
li baciò con dolce innocenza. I bambini un po’ più grandi staccarono
invece il fiore dallo stelo cavo e piegarono lo stelo unendo le due estremità per ottenere anelli e poi una
catena: una per il collo, una per le
spalle e per la vita, poi per il petto e per
la testa; era una magnificenza di
catene e ghirlande verdi. I bambini
ancora più grandi presero con attenzione le piante fiorite, lo stelo che
reggeva quella meravigliosa corona di
soffici semi (quel lieve e soffice fiore di
lana che è un vero minuscolo capolavoro d’arte e sembra fatto di fi-
nissime piume e penne) lo portarono
alla bocca e cercarono con un bel
soffio di spargerlo al vento. Chi ci fosse
riuscito, avrebbe ricevuto nuovi vestiti
entro l’anno, così diceva la nonna.
«Vedi!» disse il raggio di sole. «Vedi
la sua bellezza, il suo potere?».
«Sì, ma solo per i bambini!» replicò
il ramo. Giunse al campo una vecchietta e si mise a scavare col coltello
proprio intorno alle radici del fiore.
Avrebbe guadagnato qualche soldo
portandole al farmacista. «La bellezza
però è qualcosa di più alto! – disse il
ramo – Solo gli eletti entrano nel regno
della bellezza! C’è differenza tra le
piante, proprio come c’è differenza
tra gli uomini». Il raggio parlò dell’amore infinito di Dio per tutte le cose
create e per tutto ciò che ha vita.
«Questo è ciò che pensa lei!», gli rispose il ramo di melo. La contessa entrò nella stanza con un fiore nascosto
fra grandi foglie che lo avvolgevano
per evitare che fosse danneggiato.
Piano piano le foglie vennero allontanate e apparve la corona di soffici
semi del soffione giallo, splendida e intatta. La contessa, ammirandone la
bellezza destinata a perdersi nel
vento, esclamò: «Voglio dipingerlo insieme al ramo di melo; entrambi
hanno ricevuto tanto dal Signore,
sebbene in modi diversi. Entrambi
sono figli del regno della bellezza!».
***
Il racconto, liberamente tratto da
una fiaba di Hans Christian Andersen,
così si conclude:
«E il raggio di sole baciò il povero
fiore e baciò il ramo di melo fiorito, le
cui foglie sembrarono arrossire un
po’».
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0028 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
13 – Il posto dei fiori
D
Dopo che il Dio della creazione
(Baiame) lasciò la Terra per ritirarsi
sulla sua montagna sacra (Oobie
Oobie), successe qualcosa d’inaspettato. I fiori che Dio aveva creato appassirono e morirono. La terra rimase
arida e desolata, e i fiori divennero una
leggenda che i vecchi narravano ai più
giovani. Con la scomparsa dei fiori
anche le api se ne andarono. Le uniche
api che ancora vivevano nel paese, si
trovavano in tre alberi sacri che Dio
aveva rivendicato come sua proprietà
e presso i quali la gente non osava avvicinarsi. I bambini piangevano reclamando il miele. E le madri erano arrabbiate perché non erano in grado di
procurarsene, in quanto i saggi anziani
della tribù avevano loro proibito di
toccare gli alberi sacri di Baiame.
Lo spirito che vede tutto, riferì al
Creatore che la gente sospirava di procurarsi il miele, ma che era rimasta
sempre fedele e non aveva il coraggio
di toccare gli alberi sacri. Il ché fece
piacere a Baiame, che decise di dare
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0029 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
loro un cibo dolce come il miele. Così
apparvero delle macchie bianche e
zuccherate sulle foglie di eucalipto e un
dolce succo cominciò a scorrere attraverso i tronchi degli alberi, indurendosi
in piccoli grumi che i bambini potevano raccogliere e mangiare. La
gente fu felice e il loro desiderio di cibi
dolci fu soddisfatto, ma i saggi anziani
non erano ancora contenti. Erano ansiosi di vedere i fiori crescere di nuovo.
Ed erano così determinati a riottenerli
che si misero in cammino con l’intenzione di trovare Baiame per chiedergli
di restituire loro i fiori.
Viaggiarono per molti giorni, finché
giunsero ai piedi della montagna
Oobie Oobie e scoprirono che le sue
cime si perdevano tra le nuvole. In un
primo momento le pareti della montagna sembravano troppo ripide da
scalare. Alla fine, trovarono un appoggio e poi altri ancora che li portarono ad alcune scalette scavate sul
fianco nascosto della montagna. Proseguirono la scalata per tre giorni...
finché, il quarto giorno, raggiunsero la
vetta, completamente esausti. Guardandosi intorno, scorsero una sorgente
d’acqua. Vi bevvero avidamente e
subito la stanchezza svanì. All’improvviso udirono una voce tonante che
chiese loro il motivo per cui erano lì. Gli
anziani risposero che la terra era triste
dopo la partenza di Baiame e che tutti i
fiori erano morti. E se anche avevano
avuto il dolce succo dell’albero al posto
del miele, desideravano recuperare i
fiori per abbellire la terra di nuovo.
Lo spirito ordinò ai suoi assistenti di
accompagnare gli anziani e mostrare
loro i campi nel cielo, dove i fiori non
perdono il loro colore e non muoiono.
Avrebbero potuto raccogliere i fiori
che riuscivano a contenere tra le
braccia e poi gli assistenti li avrebbero
riportati sulla cima della montagna
sacra in modo da poter tornare sulla
Terra. Come lo spirito aveva ordinato,
gli anziani furono condotti attraverso
un’apertura nel cielo, fino a raggiungere un luogo di squisita bellezza,
pieno di fiori riuniti in colori vivaci,
come se centinaia di arcobaleni
fossero stati collocati sull’erba. Gli anziani erano così emozionati che
piansero di gioia. Raccolsero tutti i fiori
che le loro braccia potevano contenere. Poi furono riaccompagnati
sulla cima della montagna. Una volta lì,
udirono la voce dello spirito: «Dite alla
vostra gente che la Terra non sarà mai
più senza fiori. Venti differenti li trasporteranno in ogni stagione e il vento
di levante li poserà in abbondanza su
ogni albero ed arbusto».
Così gli anziani, portando con sé i
fiori raccolti, scesero le scale di pietra,
viaggiarono attraverso le pianure e
sulle creste di pietra fino a raggiungere
l’accampamento del loro popolo.
Tutti accorsero intorno a loro, colpiti
dal gran numero di fiori che riempivano l’aria di soavi profumi.
Gli anziani raccontarono la promessa di Baiame e poi sparsero i fiori
ovunque, sulle cime degli alberi, sulle
pianure e nei burroni, e su tutti i luoghi
che riuscirono a raggiungere.
***
D’allora – conclude la leggenda originaria dell’Australia – la Terra è ricoperta
di erba e di fiori freschi con i loro
profumi, come quando Baiame, il Dio
della creazione, viveva su di essa.
Il luogo dove i fiori furono sparsi per
primi, è noto come “Il posto dei fiori”.
29
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0030 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
14 – Il rispetto delle creature
30
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0031 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
U
Una volta un uomo vide uno scara- giorno, vedendo lo scarafaggio:
faggio e si disse: «Perché mai il Signore «Perché mai il Signore l’avrà creato?
l’avrà creato? Forse per la sua forma, Forse per la sua forma, piacevole, o
piacevole, o forse per il suo odore, non forse per il suo odore, non proprio piaproprio piacevole?».
cevole?». Allora chiese ai presenti di
Così, il Signore, per punizione, gli soddisfare la richiesta del guaritore,
mandò una piaga, che i medici non aggiungendo: «Mi sa che conosce
furono in grado di guarire.
bene il suo lavoro!».
L’uomo cadde nella disperazione,
Poco dopo, qualcuno tornò con lo
chiedendosi se sarebbe mai riuscito a scarafaggio. Il sedicente medico lo
guarire da quella tremenda ferita.
bruciò, prese le ceneri e le spalmò
Ma un giorno udì la
sulla piaga. La ferita, in
voce di un guaritore itipoco tempo, guarì...
nerante, che proponeva
«Col permesso dell’AlIl guaritore, come vide
i suoi servigi ad alta voce
tissimo», si disse il pala piaga, domandò ai
per strada.
ziente.
presenti di cercare
E l’uomo malato si
Il quale, dopo essere
uno scarafaggio e di
mise ad urlare: «Porstato
guarito, non cessò
portarglielo.
tatelo da me, che mi
di dire a chiunque: «Rivisiti e prenda in esame
cordati che l’Altissimo
il mio caso disperato!».
ha voluto insegnarmi
Ma i vicini gli replicarono: «Cosa ti che la più vile delle sue creature può
aspetti da un vagabondo sedicente diventare il più potente dei rimedi!».
medico, quando i medici più esperti (racconto arabo)
non sono riusciti a fare niente per te?».
***
Ma l’uomo insistette: «Desidero assolutamente incontrarlo!».
Il racconto insegna a rispettare le
Gli condussero il guaritore. Costui, creature, anche quelle apparentecome vide la piaga, domandò ai pre- mente vili ed inutili. San Francesco
senti di cercare uno scarafaggio e di cantava: «Laudato sie, mi’ Signore,
portarglielo. I presenti scoppiarono a cum tucte le tue creature...», espriridere.
mendo come nel creato, in tutto il
Il paziente, in quel momento, ri- creato, sia riflessa l’immagine del
cordò quello che aveva detto un Creatore.
“
”
31
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0032 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
15 – L’isola Alberia
U
Una volta esisteva un’isola di nome
“Alberia”, coperta da enormi alberi.
Questi, maestosi, possenti, alti da
toccare il cielo, dividevano la vita con
gli uomini. Gli alberi formavano delle
congregazioni tra di loro, che furono
chiamate “boss’sheiu” (Bush, Bosco):
la foresta dei Platani, il bosco delle Betulle, la contea dei Castagni... Gli
uomini, nelle loro povere case di fango,
del ricco patrimonio verde d’Alberia se
ne servivano minimamente: si riparavano sotto le fronde dai raggi cocenti
del sole d’estate, usavano il fogliame
per farsi dei freschi giacigli per la notte.
In inverno, gli uomini se stavano
lontani dai boschi, anche se abbondava la legna per i focolari. Furono
gli alberi stessi, mossi a compassione
nel vedere tremare i bambini dal
freddo, che decisero di regalare il legname da combustione alle povere popolazioni gelate. Gli uomini, non dovevano nemmeno faticare per
spaccare e segare i ciocchi per adattarli
ai loro piccoli camini... La legna cadeva
dagli alberi, bella e pronta per essere attizzata. Gli alberi stessi provvedevano
che ogni famiglia avesse la sua catasta e
gliela facevano trovare ai piedi dei loro
32
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0033 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
tronchi con tanto di nome scolpito su
ogni pezzo di legno. Sotto il grande Castagno la legna era del clan di Ien, il
primo Frassino del bosco era destinato
al clan di Vochos, dalla Quercia le pire
erano donate al clan di Seimocanos. La
regola era stabilita dagli alberi stessi,
senza fare torto a nessuno.
Questi magnanimi Signori verdi dei
boschi, soggiogavano ad una magia
d’Odino. Là, in quell’isola, gli alberi
non davano frutti, nemmeno una
ghianda per gli scoiattoli, non avevano
fiori in primavera, nemmeno un
piccolo bruco che si nutrisse delle loro
foglie. Gli uccelli non si posavano sui
rami a cinguettare e, per il nido, preferivano migrare a Sud. Quando avevano
raggiunto il limite d’età, gli alberi si dissolvevano nel Nulla, così come dal
Nulla nascevano. Il vento non portava
nemmeno un piccolo seme, in quelle
terre.
Accade che gli uomini d’Alberia si
stancarono di quella Natura, tanto più
che gli alberi li prendevano a mazzate
quando, spinti dalla cupidigia, entravano nella foresta incantata per
rubare la legna prima che sorgesse la
Luna Nuova.
Gli uomini iniziarono ad odiare gli
alberi, a tirare loro delle pietre, a
mozzare le loro grandi braccia, fino ad
abbatterne i tronchi più grossi. Un
giorno appiccarono il fuoco e sulla
grande isola cadde una coltre di fumo,
così densa che la luce sparì. Gli alberi
che sfuggirono alle fiamme perdettero
il loro verde e non diedero più ossigeno. La gente si ammalò ai polmoni,
la loro pelle divenne secca e piena di
rughe, i bambini invecchiarono aridi
come la cenere, con i capelli grigi, gli
stracci acremente intrisi di fumo.
Quello che non distruggeva il fuoco,
svaniva nel nulla; le montagne divennero calve. Sull’isola il tempo tornò
indietro di milioni d’anni.
Odino, vedendo come soffrisse la
Natura in quell’ambiente degenerato
dalla stupidità degli umani, spazzò via
la coltre di fuliggine. Thor, suo figlio,
rassodò il terreno con i fulmini. Freya
sparse dei semi e trasse dal suo seno
ghirlande di fiori d’ogni forma e colore,
inondando i campi di mille colori. Lentamente la vita riprese sull’isola. Odino
trasse dalla sacca tanti esseri verdi dalla
barba bianca, così piccoli che stavano
sotto i funghi, e li incaricò della gestione e manutenzione dei boschi e
delle foreste. Gli gnomi cominciarono
a curare ogni albero e ogni foglia, a
portare l’acqua alle radici, a preparare
in primavera pentoloni enormi di
colore per ravvivare i fiori appassiti durante l’inverno, a fornire ad ogni albero
il suo fungo adatto per essere nutrito
dalle radici e per scomporre i tronchi
vecchi. Posero tanti nidi per gli uccelli,
adagiarono le foglie cadute dagli alberi
sul terreno per formare un tappeto
soffice e silenzioso, sparsero ceste di
bacche per i cinghiali. Tutto, sull’isola
tornò alla normalità e gli uomini capirono il torto fatto agli alberi...
***
Fu così – conclude la leggenda nordica – che gli uomini appresero dai Folletti a fare le fascine, a smettere di accendere alcune grosse foglie dall’odore
acre aspirandone il fumo, a respirare a
pieni polmoni l’ossigeno prodotto dagli
alberi, a lavarsi ogni mattina con la rugiada. I bambini crebbero forti e
rubicondi... e Alberia fu ricordata come
l’isola felice.
33
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0034 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
16 – Melikki e la balena
L
La famiglia era composta dai genitori, da tre figli di nome Matias, Niko
e Albrekt, e dalla figlia Melikki, di dieci
anni. Abitavano in una casa di legno
che si affacciava su un piccolo fiordo:
gli uomini praticavano la pesca
(aringhe, sgombri, foche, balene...), le
donne avevano cura della casa. Melikki era molto dolce e, ogni giorno, si
recava sulla riva del fiordo per
aspettare il ritorno del padre e dei fratelli. Sullo scoglio cantava le vecchie
canzoni della sua gente, tristi per una
bambina, ma armoniose e belle.
34
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0035 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
«Canto insieme alle balene – diceva
ai suo – esse conoscono tante
canzoni!».
I fratelli scherzavano sulle sue fantasie.
Un giorno, mentre gli uomini erano
fuori a caccia di balene, si scatenò in
mare una tempesta. Poi, man mano
che la tempesta andava calmandosi,
scese una fitta nebbia che, in poco
tempo, avvolse ogni cosa e rese difficile ai pescatori trovare la giusta rotta.
La madre, vista la situazione, pensò
bene di andare incontro agli uomini.
Spinse in acqua la vecchia barca, vi salì
con Melikki e cominciarono insieme
ad urlare nella nebbia: «Matias, Niko,
Albrekt, Ukko...». Si spostavano
piano, sempre urlando... Fino a che
sentirono rispondere non molto
lontano: «Siamo qui!».
Le loro voci, incrociandosi, rassicuravano l’un l’altro, però la nebbia li nascondeva. Ad un tratto la madre vide il
marito ed i figli aggrappati ad uno
scoglio, mentre la barca affondava lentamente vicino a loro.
La donna, aiutata da Melikki, remò
più svelta per raggiungere lo scoglio. La
gioia dell’incontro però fu breve
perché si resero conto che la vecchia
barca non avrebbe sopportato il peso
di tutti, non potevano raggiungere la
riva a nuoto perché era troppo
lontana, né potevano sperare, con
quel tempo, nel passaggio di una
barca.
Melikki si mise a cantare dolcemente e accadde un fatto straordinario: un altro canto si unì al suo...
quello di una balena emersa a pochi
metri dello scoglio.
«In barca, presto! – gridò il padre –
Altrimenti qui moriamo tutti!».
«La balena ci attaccherà!», disse
spaventato Niko.
Scesero tutti nell’imbarcazione e
tentarono di allontanarsi dallo scoglio,
ma la barca, per il peso, cominciò ad
affondare. Improvvisamente il muso
della balena sfiorò l’imbarcazione.
Tutti gridarono atterriti! Soltanto Melikki restò tranquilla e, indicando il cetaceo, disse: «Non abbiate paura!».
La balena scomparve sott’acqua e,
sostenendo con il suo ampio dorso la
vecchia imbarcazione, la condusse
lentamente verso il fiordo. Ad un certo
punto il cetaceo s’inabissò e la barca,
priva di sostegno e sovraccarica, cominciò ad affondare! Ma ormai la riva
era vicina e tutti la raggiunsero a nuoto.
Quando toccarono terra, si volsero
a guardare il mare: una gran massa
nera si tuffava ed emergeva, si rituffava
e riemergeva... come per salutarli.
Melikki gridò: «Grazie per aver
salvato me e la mia famiglia, non lo dimenticherò mai! Torna a trovarmi. Ti
aspetterò al nostro solito posto!».
Genitori e fratelli rimasero in silenzio a guardare, stupiti di quanto era
accaduto. In quel preciso momento gli
uomini promisero in cuor loro che non
avrebbero più dato la caccia alle
balene e non avrebbero più riso delle
fantasie di Melikki.
***
La leggenda arriva dalla Norvegia,
uno dei primi paesi marinari del
mondo, dove numerosi sono i pescatori che vivono lungo i fiordi, golfi
stretti e profondi che caratterizzano le
coste. In quei luoghi solitari fioriscono
molte storie popolari, che insegnano
tra l’altro il rispetto delle creature e la
generosità.
35
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0036 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
17 – I fannulloni
del Buon Fiume
M
Molto tempo fa, un popolo di grandi
fannulloni viveva vicino al Buon
Fiume. Il terreno era fertile e ben irrigato dall’acqua del fiume, in modo
che i pascoli erano rigogliosi e il bestiame vi pascolava da solo. Le donne
facevano il minimo di ciò che c’era da
fare, gli uomini facevano i fannulloni e i
beoni. Un giorno, uno sconosciuto
arrivò e si stabilì nella terra del Buon
Fiume. Non si preoccupava di
nessuno, non cercava amici, ma non
dava fastidio ad alcuno. Si costruì una
bella casa, molto spaziosa, e iniziò a lavorare senza sosta dalla mattina alla
sera. Questo fece infastidire alcuni.
Non perché lo straniero avesse preso la
terra senza chiederne il permesso (ve
n’era a sufficienza per tutti), né perché
andasse a caccia e a pesca (vi era abbondanza di selvaggina nella steppa e
di pesci nel fiume).
Era il suo impegno al lavoro che li
preoccupava. Così, si guadagnò il soprannome di “Lavoratore”, per loro dispregiativo. Lo straniero divenne lo
zimbello degli uomini che, a forza di
prenderlo in giro, finirono per detestarlo. Dicevano: «Curioso personaggio. Non parla con nessuno e non
smette di lavorare. Non ci si può
aspettare niente di buono da un simile
36
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0037 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
stretta. I fannulloni risero di cuore:
individuo».
Un giorno, organizzarono un gran «Lavoratore è impazzito. Il lavoro gli ha
raduno, al quale invitarono anche lo tolto la ragione!»... Ma non risero a
straniero Lavoratore. In quell’occa- lungo. Arrivò infatti la stagione delle
sione, lo stregone disse in pubblico: piogge e il fiume straripò. Ad ogni sta«Di recente, uno straniero strano è ar- gione delle piogge l’acqua del fiume
rivato nel nostro paese. Non saluta saliva, inondando la zona. Successivanessuno e non parla con nessuno. Si è mente, il fiume rientrava nel suo letto,
costruito una casa e ha preso la nostra lasciandosi dietro un limo fertile. Ma
terra. Caccia nella nostra steppa e questa volta, l’acqua non si abbassava.
pesca nel fiume e, soprattutto, lavo- Al contrario, l’inondazione progrera... instancabilmente! Ora, il lavoro diva, distruggendo le case, uccidendo
non è l’attività degli uomini, ma delle uomini e bestiame sul suo cammino.
Allora la gente pensò
donne. Questo estraneo
che Lavoratore si fosse
introduce nuovi covendicato con la costrustumi in casa nostra, ofDi recente, uno strazione di una diga sul
fendendo il Buon Fiume
niero strano è arrivato
fiume, che aveva trache ci nutre. Che cosa
nel nostro paese. Non
sformato la valle in un
dobbiamo fare di lui?».
saluta nessuno e non
enorme lago. Disperata,
Tutti cominciarono a
parla con nessuno.
la popolazione sfuggì algridare: «Che se ne
l’inondazione
rifuvada! Noi non lo vogiandosi nella foresta.
gliamo qui!».
Allora Lavoratore parlò: «Prima di Una volta passata la stagione delle
arrivare in mezzo a voi, il grande spirito piogge, tornò a valle per costruirvi un
Mguri-mgori mi è apparso in sogno nuovo villaggio, arare nuovi campi e
chiedendomi di venire da voi per inse- allevare nuovi greggi sulle rive del lago.
gnarvi a lavorare. Voi siete fannulloni e Gli uomini più saggi capirono che per
la vostra pigrizia alla fine vi costerà la Lavoratore non si trattava di una vendetta. In realtà, egli li aveva salvati, sodvita. Sono qui per impedirlo».
Esasperati, gli uomini urlarono più disfacendo la richiesta dello spirito
forte. Allora lo straniero concluse: Mguri-mgori d’insegnare loro a la«Vedo che vi siete auto condannati!» vorare. Così, gli uomini che vivevano
ed abbandonò il paese del Buon in riva al lago formatosi sul Buon
Fiume. Per lungo tempo non si sentì Fiume, da fannulloni che erano divennero bravi lavoratori.
più parlare di lui.
Un giorno, però, delle persone che
***
scendevano il fiume tornarono con
Da quel momento – conclude la legdelle novità riguardanti Lavoratore.
Dopo essersi spostato più a valle, genda africana – il popolo di quel paese
aveva acquistato una ventina di venera Lavoratore, facendogli delle ofschiave con cui aveva trascinato delle ferte e chiamandolo in soccorso,
pesanti pietre e dei tronchi d’albero quando necessario, come se fosse un
per gettarli nel fiume, nella gola più dio.
“
”
37
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0038 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
18 – I figli e la Verità
38
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0039 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
I
In un paese lontano, regnava un poInfine fu la volta del beniamino:
tente sovrano. Non solo era potente, «Padre, è vero che siamo stati attaccati
ma anche deteneva uno scettro dagli invasori e dai leoni. Ma io non li
magico, che permetteva di dirigere i ho combattuti da solo o con la forza
fulmini, oltre al regno.
delle sole mani.
Un giorno, il sovrano sentì che la sua
Ho afferrato le armi migliori e
fine stava avvicinandosi.
chiamato l’esercito, cosicché siamo
Così convocò i suoi tre figli: «Figlioli, riusciti a sconfiggere i leoni e a scacascoltatemi bene! Sono ormai stanco ciare gli aggressori».
e bisogna che uno di voi prenda il mio
Il vecchio re, dopo aver ascoltato i
posto. Per scegliere il successore vi figli e dopo attenta riflessione, dechiedo di raccontarmi
dusse che il ragazzo più
un’azione coraggiosa
coraggioso era colui che
compiuta da ciascuno
aveva detto la verità,
Non solo era podi voi».
cioè il terzo figlio.
tente, ma anche deIl primo figlio disse:
Lo chiamò e gli disse:
teneva uno scettro
«Padre, vi ricordate
«Figliolo, dal momento
magico.
quando gli invasori atche hai detto la verità tu
taccarono il nostro resei il più coraggioso.
gno? Solo io li ho comPrendi lo scettro magico
battuti e messi in fuga con la sola forza che ti permetterà di dirigere il
delle mie mani, mentre loro erano nu- regno, quando giungerà la mia
merosi ed armati fino ai denti!».
fine».
Poi parlò il secondo figlio: «Padre, vi
***
ricordate quando i leoni della foresta
Gli altri due figli – conclude la legattaccarono il nostro popolo? Io solo genda africana – impararono a loro
ho osato combatterli, stendendoli con spese che dire la verità è il gesto più cola sola forza dei miei pugni!».
raggioso al mondo.
“
”
39
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0040 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
19 – I tre figli salvatori
40
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0041 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
U
Un povero contadino si accon- gazzi rivendicarono, ciascuno per sé, il
tentava del poco che possedeva.
merito di aver salvato il padre. Il primoAveva tre figli, che lo facevano genito diceva: «Se non avessi visto la
sentire fortunato, in quanto ognuno di sofferenza del vecchio, voi non avreste
loro aveva una dote particolare.
potuto sapere cosa stava succedendo
Il primo aveva il dono della chiaro- di anormale a casa nostra!». Il seconveggenza, il secondo il dono di volare dogenito sosteneva il proprio punto di
coprendo lunghe distanze, il terzo il vista affermando: «Se non vi avessi tradono della guarigione.
sportato immediatamente a casa,
Un giorno, mentre i tre ragazzi papà sarebbe deceduto prima del
erano al lavoro nei campi, il padre si nostro arrivo!». Il beniamino agammalò gravemente, col rischio di giungeva: «È grazie al dono della guarimorire se non si fosse intervenuto im- gione che possiedo che papà ha sconmediatamente.
fitto il male!»...
In quell’istante, il
***
figlio col dono della
Il primo aveva il dono
chiaroveggenza vide lo
«Secondo voi – condella chiaroveggenstato di salute del padre
clude
il racconto
za, il secondo il dono
ed urlò ai fratelli:
africano
–
chi dei tre ha
di volare coprendo
«Nostro padre è molto
salvato
suo
padre?».
lunghe distanze, il
sofferente, dobbiamo
Il racconto ha uno
terzo il dono della
rientrare subito a casa!».
scopo didattico: inseguarigione.
Il secondogenito, esgnare ai giovani l’imporsendo capace di volare,
tanza della collaborasi caricò i due fratelli
zione, nell’umiltà e nella
sulle spalle ed insieme raggiunsero in gratuità; specialmente in un ambiente,
un lampo la loro dimora. Il terzo figlio, come quello del villaggio, dove le doti
che possedeva il dono della guarigione di tutti messe al servizio della colletmiracolosa, utilizzò i suoi poteri per tività permettono agli abitanti di vivere
curare il genitore.
bene, meglio di come vivrebbero se
Entro breve il vecchio guarì. Tutti ognuno pensasse esclusivamente al
erano felici, fin quando tutti e tre i ra- proprio cortile.
“
”
41
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0042 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
20 – Il diamante
e la rugiada
42
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0043 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
U
Uno splendido diamante, che un questa falsa bellezza è anche ridicola,
tempo aveva brillato al dito di una se non è accompagnata dalla durata
principessa, giaceva in un prato, ac- nel tempo. Barca senza remi, carrozza
canto ai “denti di leone” e alle pra- senza cavalli, pozzo senz’acqua...
toline.
ecco che cos’è la bellezza senza vaAppena sopra di lui, una goccia di lidità reale. Non c’è alcun valore aurugiada risplendeva timidamente ag- tentico là dove non c’è né rango, né
grappata ad un filo d’erba. In alto, il ricchezza. Combina bellezza, rango e
sole del mattino luminoso irradiava i ricchezza, e il mondo sarà ai tuoi piedi.
suoi raggi su entrambi, facendoli Ora sai perché mi adorano!».
brillare.
E il diamante lanciò dei tali bagliori
L’umile goccia di rugiada osservava di luce che lo scarabeo dovette distoil diamante, ma senza
gliere lo sguardo, mentre
osare rivolgersi a lui,
la povera goccia di rudalla così nobile origigiada sentiva appena la
Che assurdità! Ma
ne. Uno scarabeo,
forza di sopravvivere,
cosa potersi aspetmentre attraversava i
tanto era umiliata.
tare da un grosso
campi, scorse il diaIn quell’istante un’alscarabeo? Andate
mante e riconobbe in
lodola
scese come una
via
lui un gran persofreccia e venne a colpire
naggio. «Signore – disse
col becco il diamante.
– facendogli un grande inchino, la«Ahi! – disse delusa – Ciò che ho
sciate che il vostro umile servitore vi scambiato per una goccia d’acqua non
offra i suoi omaggi».
è altro che un diamante miserabile. La
«Grazie!», rispose il diamante con mia gola è secca, sto morendo di
aria altezzosa. Poi, alzando gli occhi, sete!». Il diamante ridacchiò. Ma la
vide la goccia di rugiada e, indicandola goccia di rugiada aveva preso un’imcon una delle sue antenne, chiese al provvisa e nobile decisione. Rivoldiamante: «Un vostro parente, gendosi all’uccellino propose: «Posso
presumo?».
aiutarla, io?».
Il gioiello scoppiò a ridere con diL’allodola alzò lo sguardo. «Oh! Mia
sprezzo: «Che assurdità! Ma cosa po- preziosa amica; tu mi salverai la vita.
tersi aspettare da un grosso scarabeo? Vieni, allora!».
Andate via, signore. Mettermi sullo
Così la goccia di rugiada scivolò
stesso piano, nella stessa famiglia di un lungo il filo d’erba fino al becco dell’alessere volgare, inutile e senza valore... lodola assetata...
Che idiozia!».
***
«Ma, signore, mi sembrava... La sua
Lo scarabeo – conclude la favola racbellezza non è forse uguale alla
vostra?», balbettò timidamente lo sca- colta in Francia – riprese la sua passeggiata pensando: «È più preziosa l’anima
rabeo deluso.
«Bellezza, veramente? Imitazione, che la bellezza esteriore; è più utile e
vuoi dire! In effetti, l’imitazione è la più durevole un cuore buono che una
sincera forma di adulazione... Ma pietra “preziosa” solo di fuori».
“
”
43
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0044 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
21 – Il pescatore e
il pesce parlante
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0045 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
S
Sulla riva del mare viveva una coppia di anziani. Da 33 anni abitavano in
una vecchia capanna. Il vecchio pescava e la vecchia filava. Un giorno,
l’uomo gettò la lenza in mare, più
volte, senza pescare nulla. Finché
riuscì a pescare un pesce particolare,
gigante e tutto d’oro.
Il pesce si mise a supplicare il pescatore con voce umana: «Ti prego, rigettami in mare. In cambio ti darò tutto
quello che vorrai!». Il vecchio si stupì,
pieno di timore. Mai aveva udito un
pesce parlare.
Rigettò il pesce esclamando: «Va’
con Dio, ritorna nel tuo mare blu e
nuota libero nelle sue profondità. Io
non ho bisogno di nulla!».
L’uomo tornò a casa e raccontò alla
moglie la gran meraviglia: «Ho rischiato di portare a casa un grosso
pesce d’oro... Parlando con voce
umana mi ha chiesto di liberarlo in
cambio di qualsiasi ricompensa. L’ho
liberato, senza chiedergli nulla!».
La vecchia allora replicò: «Sciocco!
Non hai accettato alcuna ricompensa?
Avresti potuto chiedere almeno un
nuovo trogolo (vasca per raccogliere
l’acqua), visto che il nostro è pieno di
crepe!».
Il vecchio tornò sulla riva del mare e
chiamò il grosso pesce d’oro. Costui
venne a galla e si avvicinò al pescatore:
«In cosa posso servirti?». «Abbi pietà,
signor pesce! Mia moglie vorrebbe un
nuovo trogolo...». Il pesce disse: «Non
preoccuparti, buon uomo. Va’ e che
Dio ti assista!».
Al suo ritorno, l’uomo vide sua moglie sorridente, seduta davanti la loro
capanna con un trogolo tutto nuovo.
Dopo qualche giorno, la donna
chiese al marito di andare dal pesce
per ottenere una dimora, lussuosa
come una reggia.
«Abbi pietà, signor pesce. Mia
moglie vorrebbe una dimora lussuosa.
Da contadina vorrebbe diventare una
nobildonna».
Al ritorno vide con sorpresa che la
sua capanna si era trasformata in un
palazzo reale. Sua moglie era vestita
elegantemente, come la consorte
dello Zar, seduta a tavola, servita e riverita da un sacco di giovani camerieri,
che le versavano dei vini pregiati
d’oltre mare e le offrivano dei pani speziati mai assaporati. Intorno, un manipolo di guardie armate...
Dopo un po’ di tempo la vecchia si
lamentò... E il povero consorte dovette
tornare dal pesce. «Abbi pietà, signor
pesce! Cosa vuoi che faccia con quella
benedetta donna? Non gli basta vivere
come una Zarina. Adesso vuole diventare la Sovrana dei mari, perché tu la
serva e le soddisfi qualsiasi desiderio!».
Il pesce non disse nulla e s’immerse
nel profondo del mare. L’uomo
aspettò a lungo, ma il pesce non si fece
più rivedere.
Quando tornò a casa, al posto della
reggia ritrovò la sua capanna di un
tempo. E la moglie, vestita di stracci,
seduta sulla soglia, davanti al trogolo
scheggiato... (racconto russo).
***
Il racconto, tradotto e reso in prosa, è
un estratto di uno degli scritti più famosi dello scrittore poeta Aleksàndr
Puskin, le cui storie hanno fatto crescere generazioni di giovani russi. L’insegnamento morale del racconto è
semplice ed universale: è importante
sapersi accontentare; chi troppo
vuole...
45
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0046 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
22 – La betulla vanitosa
U
Un tempo, la foresta era abitata da
molti alberi... con il dono della parola.
L’acero lasciava scorrere la propria
dolce linfa per le creature assetate.
Così tanti uccellini riposavano fra i
suoi rami e i merli depositavano le loro
uova nei nidi fissati proprio lì. L’acero
li proteggeva dal vento e dalla pioggia.
Era un albero rispettato dai vicini.
Poco lontano, un olmo innalzava i
suoi rami verso il cielo. Amava il sole e
tutti i suoi rami si slanciavano verso i
suoi raggi. I pettirossi costruivano i loro
nidi tra i suoi rami, sentendosi al sicuro
tra quelle altezze.
Poco più in là la tuia offriva ospitalità, durante la stagione invernale, a
famiglie intere di volatili.
46
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0047 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Rinchiudendo le sue spesse fronde betulla... «Perché dovrei aggregarmi a
su di loro, le teneva al caldo. Al punto voi, così ordinari?».
Di fronte a tale risposta, l’acero
che, in primavera, gli uccelli esitavano
ad abbandonare il caldo rifugio tra i pensò alla reazione che avrebbe
potuto aver il grande pino, che aveva il
rami dell’ospitale tuia.
A pochi metri si trovava la betulla, compito di far rispettare l’armonia tra i
magra ed elegante, dalla scorza dolce vari alberi.
«Taci, betulla... Guai se ti sente il
e bianca che la distingueva dagli altri
alberi. I suoi rami elastici e graziosi si grande pino!».
Gli alberi erano solidali tra loro.
muovevano alla minima brezza. In
Solo la betulla rifiutava
primavera, le sue foglie
l’amicizia degli altri, con
erano così fini da lasciar
Non ti saluterò mai.
parole di disprezzo:
passare la luce del sole.
Perché sono io
«Non me ne importa del
Arrivati in quella fol’albero più bello
vostro re. Io sono l’alberesta, gli uomini si serro più bello della foresta.
virono della scorza della
della foresta; sono
Mai m’inchinerò di
betulla per fabbricare
più bello anche di te!
fronte al pino».
canoe, capanne, reci«Betulla, cosa hai
pienti per alimenti.
Un giorno però la betulla, sa- detto?», vociò il grande pino.
Tutti gli alberi si misero a tremare,
pendosi bella, si mise a disprezzare le
pensando alla reazione del loro re.
altre piante.
Ma la betulla replicò sprezzante:
Compreso il grande pino, il re della
foresta, di fronte al quale ogni albero «Non ti saluterò mai. Perché sono io
doveva chinarsi per il saluto di reve- l’albero più bello della foresta; sono
renza. Il pino era il più grande, il più più bello anche di te!».
Allora il pino si arrabbiò. E sgridò la
maestoso, il più diritto della foresta.
Oltre alla taglia, il vestito verde scuro betulla: «Sei diventata vanitosa! Ti
darò una lezione che non dimentigli assicurava l’autorità.
In quella stagione, la foresta ri- cherai mai!».
Così il re degli alberi, con la forza dei
splendeva di profumi e di colori di migliaia di fiori e un mirabile tappeto di suoi rami spinosi, scorticò la fragile
muschio ricopriva gli angoli ombreg- corteccia della betulla aggiungendo:
giati del suolo. Gli uccellini, numerosi, «Che tutti imparino, guardandoti, che
di ogni colore, cinguettavano. Gli l’orgoglio e la vanità sono malvagi»...
alberi si cullavano dolcemente e agi- (leggenda scandinava)
tavano le foglie come gioiosi mormorii
***
di contentezza.
Da quel giorno – conclude la legUn giorno, l’acero osservò che la
betulla non partecipava a tale giubilo genda – la scorza della betulla è marchiata da fini cicatrici scure, a ricordo
collettivo.
«Sei forse malato?» chiese gentile della collera del grande pino: il prezzo
che dovette pagare, a causa della sua
l’acero.
«Neanche per sogno!», rispose la esagerata vanità.
“
”
47
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0048 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
23 – La campanella d’argento
48
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0049 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
C
C’era un paesino di montagna
sperduto tra il verde. Era un piccolo
borgo, misero, povero, abitato da
poche centinaia di anime. Gli abitanti
del paesino erano persone brave, pacifiche, tranquille, laboriose, accoglienti. Le loro case – rustiche, massicce, costruite con sassi e legno di
abete – si ammucchiavano attorno al
minuscolo campanile della linda chiesetta. Stalle, orticelli, pascoli e boschi
di conifere facevano corona al villaggio.
La vita era dura, il lavoro pesante, i
guadagni molto scarsi, la dieta modesta: polenta, castagne, latte, formaggio, verdure dell’orto...
Però nessuno si lamentava! Tutti vivevano semplicemente, poveramente, ma contenti.
Avevano un solo oggetto prezioso
in comune: un’antica campanella
d’argento, che una duchessa tedesca
aveva inviato loro in dono, in segno di
riconoscenza, per la chiesetta che
aveva visitato durante un’escursione
di montagna e che le era servita di
riparo durante un breve temporale.
I vecchi avevano incastonato la
campanella in un ceppo robusto di
rovere e l’avevano innalzata sul
piccolo campanile. La suonavano
ogni giorno, all’ora dell’Ave Maria, da
quasi un secolo. In quel momento,
tutti gli abitanti del paesino (nelle case,
nelle stalle, sulla piazzetta, lungo le
stradine, presso la fontana) a quel
suono si segnavano devotamente pregando la Vergine Santa.
Quello scampanio d’argento possedeva un incantesimo misterioso: affratellava la gente, creava un clima di
bontà e un’atmosfera di pace. Quel
suono era diventato per tutti una voce
familiare, pressoché materna...
Un giorno, sulla cuspide del campanile, degli operai installarono
un’antenna, per “illuminare” la vallata
con trasmissioni televisive. Qualcuno
mise gli occhi sulla campanella... Durante una notte nera come la pece, la
campana fu asportata e portata via.
Gli abitanti ricercarono angosciosamente e accuratamente l’amata campanella, ma con risultati inutili. Così i
rintocchi della campana in quel villaggio non risuonarono più.
Gli abitanti, a poco a poco, venendo a mancare quel richiamo del
cielo, invece che pregare, cominciarono ad affollarsi davanti al televisore dell’osteria. I più giovani, a
caccia di soldi, scesero a valle. I
boschi, di anno in anno in preda all’abbandono, furono infestati di arbusti. I sentieri e le mulattiere andarono in sfacelo, semisepolti tra
intrichi di rovi e ortiche. Le baite
furono abbandonate e le malghe degli
alpeggi divennero dei ruderi.
D’inverno, ai margini del paese,
riapparvero volpi, cinghiali, lupi... via
via sempre più numerosi, voraci ed aggressivi.
Anche le persone – tra gelosie, invidie e liti – cominciarono a divenire
come un branco di bestie invelenite.
Oggi i vecchi ripetono, con sempre
maggior convinzione, che la voce di
quella campanella d’argento era una
voce della coscienza collettiva, una
voce del Cielo.
***
Quando una comunità perde la
voce della Coscienza, che si propaga
anche attraverso il suono delle
campane, ritorna la stagione dei lupi...
49
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0050 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
24 – La pigrizia e l’oro
U
Un contadino, pigro e avido di ricchezze, trascurava i suoi possedimenti: lasciava i campi incolti e le
greggi senza pastore. E così s’impoverì.
Un giorno, l’uomo si trovò da solo in
mezzo alla savana ed urlò: «Povero
me! Sono proprio sfortunato... Potessi
almeno trovare dell’oro!».
All’improvviso apparve uno
stregone e disse: «Ho sentito quanto
dicevi. Io posso accontentarti. Ho il
potere di riempirti d’oro... A condizione che i tuoi figli nascano con
dell’oro incastonato nella pelle. Però ti
avverto: accettando, sarai profondamente infelice!».
L’uomo si disse: «L’oro non può che
50
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0051 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
procurare felicità! Se anche i miei figli «Poveri bambini miei! Darei non so
nascessero con dell’oro appeso all’o- che, per togliervi quell’orribile farrecchio o tra i capelli, non solo sa- dello dalle membra!».
Apparve lo stregone: «Uomo! Mi fai
rebbero belli, ma desterebbero l’inpena! Ma in fin dei conti sei un bravo
vidia degli abitanti del villaggio...».
Così accettò la proposta dello padre. Torna a casa. Io mi riprenderò
stregone, dandogli la mano e spu- l’oro e, in cambio, ti darò una rictando a terra, secondo la consue- chezza ben più grande: la salute dei
tudine. E rientrò al villaggio soddi- tuoi cari».
Sulla via del ritorno al villaggio, il
sfatto.
Sulla porta di casa vide un sacco. Lo contadino vide dei ragazzi corrergli inaprì e, scoppiando di gioia, vi trovò contro. Erano i suoi bambini, robusti e
sani, liberati da ogni indell’oro.
fermità.
Nove mesi dopo, la
Con le infermità era
moglie del ricco conAll’improvviso apsparito
anche l’oro e,
tadino mise al mondo
parve uno stregone e
così,
andarono
tutti a laun bambino cieco, con
disse: «Ho il potere
vorare
nei
campi,
rimasti
due bulbi d’oro al posto
di riempirti d’oro...».
a lungo incolti.
degli occhi.
I ragazzi aiutarono il
L’anno successivo
padre, con un entunacque una bambina
sorda, con due pezzi d’oro incastonati siasmo e una forza tali che, al momento del raccolto, ottennero i minegli orecchi.
Un altro piccolo nacque gobbo, a gliori prodotti della regione.
Allora il contadino capì il significato
causa di un grosso peso d’oro sulla
delle parole dello stregone: «Accetschiena.
Una bambina nacque zoppa, tando l’oro, sarai profondamente inavendo incastonati dei pezzi d’oro felice... La salute è una ricchezza ben
più grande!». (Leggenda africana)
sotto il piede.
L’ultimo nato aveva due moncherini d’oro al posto delle mani...
***
A quel punto, il ricco contadino coLa leggenda, raccolta tra gli abitanti
minciò a disprezzare l’oro, che brutadella Costa d’Avorio, insegna il valore
lizzava i suoi bambini.
Allora si pentì di aver accettato la della salute, dei figli e del lavoro, pilastri della tradizione, ricchezze più
proposta dello stregone.
Ritornò in mezzo alla savana ed urlò preziose dell’oro.
“
”
51
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0052 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
25 – I due fratelli e le uova
D
Due fratelli, abitanti nella savana,
avevano l’abitudine di andare a caccia
insieme. Solitamente non tornavano a
mani vuote.
Un giorno, però, vennero a
mancare le prede. Per loro iniziò un
periodo di stenti.
Una sera, rientrando al villaggio
senza aver catturato nulla, trovarono
due uova vicino al fiume.
Le raccolsero, uno a testa.
Il primogenito ne mangiò uno,
mentre il più giovane mise il suo nella
bisaccia.
La scena del ritrovamento delle
uova si riprodusse per tutta la settimana: ogni sera il primogenito mangiava il suo, mentre l’altro raccoglieva
52
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0053 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Un giorno gli chiese: «Come fai a
il suo per poi custodirlo nella capanna,
accontentandosi di nutrirsi della frutta procurarti questo buon cibo, pur
che trovava, anche se rara, in mezzo avendo rinunciato alla caccia?».
Il fratello conservò il silenzio e poi
alla savana.
L’ottavo giorno, il fratellino ebbe la chiese a sua volta: «Qualche mese fa
piacevole sorpresa di veder schiudersi abbiamo trovato delle uova. Ricordi?
le uova e di ritrovarsi con sette pulcini. Cosa ne hai fatto delle tue?».
«Le ho mangiate!». «Io invece –
In breve, poté contare su sei galline ed
continuò il giovane – ho conservato le
un gallo.
A suo tempo le galline si misero a mie uova e, grazie ad esse, oggi possiedo un gran pollaio... Talvolta sono
deporre delle uova...
Così, nel giro di pochi mesi, il necessari dei piccoli sacrifici per preparare il proprio
giovane cacciatore dofuturo!».
vette rinunciare alla
«Hai ragione!3, comcaccia per occuparsi
Una sera, rientrando
mentò il cacciatore.
esclusivamente del polal villaggio senza
D’allora anch’egli ablaio, stracolmo di
aver catturato nulla,
bandonò la caccia per
galline.
trovarono due uova
aiutare il fratello nel
Questo, di nascosto
vicino al fiume.
pollaio e i due si arricdal fratello, che non
chirono con rapidità.
capiva il motivo per cui il
giovane non andasse
***
più a caccia.
La leggenda, raccolta in Niger, inIl maggiore, quando la sera tornava
senza aver preso nulla, si lasciava in- segna anche a noi “benestanti” il
vitare dal fratellino a cena, sempre a valore del sacrificio e della rinuncia,
per un futuro più fecondo.
base di carne di pollo.
“
”
53
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0054 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
26 – Il Messaggio
e la Ricompensa
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0055 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
V
Vi erano 3 fratelli senza lavoro, che
Un giorno anche il fratello minore
vivevano in miseria nella casa degli an- bussò alla porta del palazzo. Anche a
ziani genitori. Un giorno, stanchi di lui il vecchio signore affidò l’incarico
quella vita, dissero loro: «Andremo a di portare il messaggio.
cercare servizio da qualche padrone».
Il ragazzo, in sella al cavallo bianco,
I genitori risposero solamente: partì al galoppo. Superò il monte e at«Quando avrete trovato qualcosa, traversò con il cuore in gola il mare
pensate anche a noi, vecchi!».
color del sangue. Giunse infine in un
Così i fratelli si allontanarono per luogo dove si stendeva un giardino
strade diverse.
pieno di fiori profumati e bellissimi.
Il maggiore, giunto ad un gran pa- Davanti ad una porta piena di luce, il
lazzo, bussò e gli venne
galoppo si arrestò. Il raad aprire un vecchio sigazzo bussò e venne ad
Devi recapitare un mesgnore; era gentile, ma
aprire una signora belsaggio e userai il cavallo
incuteva soggezione
lissima alla quale conbianco che vedi lì fuori. segnò il messaggio.
con l’aspetto solenne.
«Ho proprio bisogno di
Quindi ritornò.
un giovane come te! Devi recapitare
Quando il vecchio lo vide, gli venne
un messaggio e userai il cavallo bianco incontro e lo accolse con calore.
che vedi lì fuori. Lasciati condurre da «Entra e riposati dal lungo viaggio! Io
lui, che ti guiderà; ma se gli urlerai, sono il Signore; la signora, a cui hai
s’impennerà e farà ritorno». Il giovane consegnato il messaggio, è la Masi mise in viaggio. Giunse ai piedi di un donna e il giardino meraviglioso che
monte così erto che sembrava impos- hai visto è il Paradiso. I tuoi fratelli si
sibile valicarlo. Provò ad arrampicarsi, sono lasciati spaventare lungo la
ma ad un tratto, per la paura, urlò... e strada che porta Lassù: il primo si è imsubito il cavallo lo riportò al palazzo.
paurito vedendo il monte erto, che
«Ho capito – disse il vecchio – rappresenta quanto è duro vivere; il
prendi questi soldi e tornatene a secondo si è bloccato davanti al mare
casa!». Il giovane proseguì verso la di sangue, che simboleggia le insidie
città e lì spese tutto il guadagno.
del peccato; tu, invece, sei passato atPoco tempo dopo, allo stesso pa- traverso i vari ostacoli e hai superato la
lazzo, capitò anche il secondo fratello, prova. Prendi tutti questi denari!».
che si offrì volonteroso per qualsiasi
Il giovane, carico di ricchezze,
incombenza. Gli fu affidato lo stesso tornò subito a riabbracciare i suoi gecompito. Il giovane riuscì a salire il nitori e con loro visse in serenità.
monte e a superarlo ma, quando fu
***
dall’altra parte, gli si parò davanti una
La vita è costellata di prove. Se si sudistesa d’acqua color del sangue ed
egli non ebbe il coraggio di attraver- perano con coraggio e fiducia, lasarla. Ritornò quindi al palazzo, prese i sciandosi consigliare dal Bene, come
soldi e, invece di andare a soccorrere i suggerisce la leggenda, esse riservano
genitori, anch’egli proseguì verso la delle splendide sorprese. Al primo
posto il Paradiso.
città e si diede alla bella vita.
“
”
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0056 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
27 – Il sarto e la fortuna
U
Un tempo, viveva un sarto così
povero da non avere neanche un
riparo in cui lavorare.
Possedeva solamente un ago e un
po’ di filo e lavorava ai bordi delle
strade. I clienti erano rari e lo pagavano una miseria.
Un bel giorno, quel povero sarto
stava camminando in cerca di lavoro.
Passando accanto alla bottega di un
collega che aveva fatto fortuna lo sentì
urlare: «Ho perso l’ago, l’ultimo che
mi rimaneva! Qualcuno mi aiuti a cercarlo... Devo assolutamente finire
quest’abito prima di sera!».
Il pover uomo si avvicinò al collega e
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0057 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
gli disse: «Prendi il mio ago. Aspetterò serviva per le riunioni importanti e per
che finisca il lavoro!». In cambio del le sentenze pubbliche. Avvicinandosi
favore, il sarto volle dargli dei soldi, ma si accorse che erano tutti tristi e patiti e
lui rispose: «Mi basta qualcosa da ne chiese loro il motivo.
Il portavoce del capo rispose:
mangiare, perché ho fame!».
Fu così che l’umile sarto se ne andò «Siamo vittime di un’invasione di topi,
con una grossa gallina in mano. che hanno preso d’assalto i nostri
Accese un fuoco e l’arrostì. Ne mangiò granai, mangiandosi le nostre riserve
una parte e ne conservò il resto per il di arachidi e di mais!».
Lo straniero propose
giorno dopo.
di aiutarli.
Verso sera, incontrò
Fece uscire i gattini
una signora anziana,
Camminò a lungo,
dalla bisaccia e, in poco
magra, seduta davanti
nutrendosi di frutta
tempo, essi liberarono il
ad una povera capanna.
selvatica e pescando
villaggio dal flagello dei
La donna gli presentò il
topi, spingendoli verso il
palmo della mano: «Fidei pesciolini per
fiume e facendoli angliolo, abbi pietà di me!
nutrire i gattini.
negare.
Da alcuni giorni non
Alla fine, il portavoce
mangio. Inoltre non ho
nulla da dare a questi sette gattini, del capo si rivolse al viandante: «Qualdopo che la gatta che li ha messi al siasi cosa chiederai, noi te la
daremo!».
mondo è morta di fame».
Lo straniero propose: «Datemi una
Il sarto cercò nella bisaccia e diede
capanna e sette volenterosi giovani
alla donna la gallina rimasta.
Lei lo ringraziò, pregandolo di pren- come apprendisti».
Fu così che il povero viandante didersi i sette gattini: «Che ti portino
venne il sarto più importante della refortuna!».
L’uomo depose i gattini nella bi- gione. (Racconto africano)
saccia e si allontanò.
***
Camminò a lungo, nutrendosi di
L’uomo, da povero che era, divenne
frutta selvatica e pescando dei pefortunato, grazie alla sua intraprensciolini per nutrire i gattini.
Una settimana più tardi, il nostro denza e alla sua generosità, insegna la
povero sarto arrivò nei pressi di un saggezza africana attraverso il racconto.
grosso villaggio.
La grandezza d’animo, infatti,
Notò che gli uomini erano riuniti
sulla piazza, sotto il grande albero che produce sempre frutti di bene.
“
”
57
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0058 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
28 – La foglia e l’autunno
L
La foglia se ne stava lì, ferma, si lasciava coccolare dal vento e solleticare dai piccoli insetti che le si poggiavano sopra. Rideva felice ascoltando le parole di un uccellino che
accudiva i suoi piccoli.
Ma, all’alba di un freddo mattino di
ottobre, aprì gli occhi e vide che il suo
albero stava diventando vecchio e
tutte le sue compagne iniziavano a
cadere o a ingrigirsi.
– «Ma che sta succedendo?», disse.
– «È l’autunno mia cara fogliolina»,
rispose il vecchio albero.
– «Stai per morire?», chiese la foglia
con un tono spaventato.
– «No, certo che no! Non sono poi
così vecchio! – precisò divertito
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0059 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
l’albero – È solo la stagione che avanti... Cadeva e ondeggiava per atcambia, poi arriverà l’inverno, farà tutire la caduta... Vedeva il terreno avfreddo, ci sarà un vento gelido e vicinarsi sempre più. Ora poteva
magari nevicherà, ma poi tornerà scorgere quei particolari che non riusciva a vedere da lassù, e capì che in
tutto come prima».
– «Ma dove sono gli uccellini? E le ogni piccolo angolo si può trovare la
mie amiche foglie perché non ci sono magia del mondo. Cadeva ma non era
più e quelle che ci sono non sono più infelice, perché questo era il suo destino.
belle e rigogliose?».
Quand’era ancora a mezz’aria,
– «È la stagione fredda, mia cara! È
troppo gelido per gli uccellini e allora sentì una voce...
– «Mamma, guarda
si spostano verso le zone
che bella!». Era la vocina
più calde. Per quanto ridi una bambina sorriguarda voi foglie... –
Ma dove sono gli ucdente.
prese un sospiro come a
cellini? E le mie
– «Sì, hai ragione
darsi forza – non riesco
amiche foglie perché
tesoro, è proprio bella!
più a darvi da mangiare
non ci sono più e
La puoi tenere se vuoi».
e per questo perdete
quelle che ci sono
– «Posso? Grazie
colore. Alcune sfidenon sono più belle?
mamma!».
ranno l’inverno e ritorPer tutta la giornata la
neranno forti e belle ai
piccola restò a guardare
primi raggi di un sole di
la sua fogliolina e poi la tenne sempre
primavera, altre no...».
nel suo diario...
– «Chi no?... che succede?».
***
– «Quelle cadono, apparenteUna foglia che cade in un freddo
mente senza vita...».
In quel momento un colpo di vento mattino d’autunno ha paura di essere
mosse l’albero e una piccola goccia di trascinata via dal vento in mondi mai
rugiada cadde sulla foglia, che si vide visti e sconosciuti, di non poter più
riflessa nella goccia... stava ingri- tornare dal suo vecchio albero che per
anni la accudì, proteggendola dalle
gendo!
fredde notti e dalle afose giornate
– «Addio vecchio albero...».
Poi, a causa di un altro colpo di estive.
Ma non sa quali sorprese il destino le
vento, la foglia sentì uno strappo alla
base e poi la paura di cadere si fece riserva...
“
”
59
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0060 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
29 – La grotta e la cometa
C
C’era una grande montagna, così orgogliosa della propria durezza che
spesso cercava di scrollarsi di dosso le
parti di roccia meno dure e più friabili
che, a suo parere, le facevano fare
brutta figura.
La montagna non accettava quelle
parti di sé, perché l’avrebbero fatta apparire debole e perdente di fronte al
vento, al sole, alla pioggia e al freddo
che ingrossava le sacche d’acqua pe-
netrata nelle crepe, trasformandole in
ghiaccio e deturpando le sue maestose
pareti.
La gran montagna voleva apparire
forte, tutta d’un pezzo, insomma,
senza crepe.
Fra tutti i pezzi di roccia ve n’era uno,
però, che la montagna non riusciva a
staccare da sé, poiché era un pezzo
grosso.
La montagna litigava spesso con
60
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0061 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
quello spuntone di roccia, rimproverandolo aspramente:
«Qui non c’è posto per te perché sei
perdente! Le alte vette dei monti sono
per i duri e per i migliori. Il tuo posto è
giù, a valle!».
Così il pezzo di roccia, che non rispondeva, si sentiva umiliato e sempre
più inutile.
Quotidianamente, vedeva frantumarsi il suo sogno di sempre: diventare
la punta di un’altra montagna per poter
toccare almeno una di quelle attraenti
ed affascinanti luci che ogni sera, all’imbrunire, si accendevano nel cielo.
Un giorno, la montagna, provocando una scossa più forte del solito,
riuscì a scrollarsi di dosso lo spuntone di
roccia che, nel dispiacere più grande, si
ritrovò giù, a valle. Ormai le luci del
cielo erano ancora più piccole e più irraggiungibili di prima.
Fra tutte le stelle ve n’era una con cui
lo spuntone dialogava spesso.
Anch’essa non era benvoluta,
poiché era la più piccola e la meno luminosa del cielo, e perciò, a parere
delle altre stelle, era la meno osservata
ed apprezzata dagli uomini.
Il grande sogno di quella stellina era
di non restare sempre nello stesso
punto, ma di poter viaggiare nel cielo e
di accorciare le distanze con lo
spuntone amico.
Col passare del tempo, il vento, la
pioggia e le intemperie colpirono la
roccia franata, aprendole un varco
sulla facciata anteriore e corrodendo il
suo interno. La roccia si sentiva peggio
di prima perché ora provava un senso
di vuoto interiore: era diventata ormai
una grotta!
Un giorno, tutte le stelle del cielo
furono convocate perché una di loro
doveva partire per una missione assai
pericolosa, ma molto importante: illuminare il cielo consumandosi, per trasmettere un messaggio agli uomini.
Le stelle più belle, le più grandi e le
più coraggiose erano troppo orgogliose
per consumarsi nel cielo. Così, si fece
avanti una vocina: era la piccola stella
che si offriva volontaria.
La notte seguente, la stellina cominciò a muoversi, con sua grande meraviglia, lasciando dietro di sé una
lunga scia luminosa. Essa si sentiva consumare, ma era felicissima perché si
muoveva proprio in direzione dell’amico di roccia.
Pur essendo la più piccola delle
stelle, la stellina stava dando una lezione di vita e di gran coraggio a tutte le
altre: adesso era una cometa e gli occhi
di tutto il mondo erano su di lei.
Nel frattempo, la roccia divenuta
grotta accolse una famiglia in cerca di
rifugio e la sua gioia fu grandissima
quando la donna diede alla luce un
bambino.
Il pezzo di roccia inutile e svuotato,
perché friabile, era diventato una casa
accogliente per la vita di una famiglia
speciale.
Molti pastori e gente povera venne
ad inchinarsi di fronte a quel bambino,
il Figlio di Dio!
Il pezzo di roccia era diventato la
casa di Dio e la piccola stella la strada
per incontrarlo.
***
Solo chi mette da parte il proprio orgoglio e sa essere umile può accedere
alle sorprese del cielo: accogliere, come
la grotta, il “Dio che viene”... ed indicare, come la piccola stella, il “Dio
con noi”...
61
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0062 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
30 – La pietra “inutile”
62
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0063 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
N
Nel Medioevo, in mezzo ad una
strada sterrata c’era una pietra che non
serviva a niente: di forma tondeggiante,
grossa come la testa di un uomo, di un
bel grigio-azzurro. Ma nessuno la degnava di uno sguardo...
Al principio spuntava appena dalla
terra. Quasi tutti quelli che passavano
inciampavano. Qualcuno si accontentava di lanciare colorite imprecazioni,
altri la maledicevano.Gli zoccoli ferrati
dei cavalli la colpivano violentemente,
facendo sprizzare sciami di scintille.
La pietra, dal canto suo, era sempre
più triste: «Che razza di vita!».
Un giorno, una carrozza che procedeva veloce per la strada ebbe un impatto così violento con la povera pietra
da lasciarle un segno ben visibile, come
una ferita. Nell’urto ebbe la peggio la
ruota, che si spezzò. Il vetturino, furibondo, con un ferro cavò la pietra e la
scagliò lontano. Essa rotolò malinconicamente per un po’ e si arrestò fra altri
sassi nella scarpata.
«Ci mancavi solo tu, sgorbia!», le gridarono i sassi. «Quanto sei pesante, cicciona!», le dissero due pietre piatte e
sottili, cosparse di mica scintillante. Se
le pietre avessero lacrime, sarebbe
scoppiata in un pianto desolato. Sprofondò in un silenzio pieno di angoscia e
di tristezza, desiderando solo di sparire
per sempre sotto terra.
Ma un mattino due mani robuste la
sollevarono.
«Questa serve a me!», disse una voce.
«E gli altri sassi?», chiese una seconda
voce. «Possono servire anche loro. Raccoglieteli».
Mentre i sassi venivano gettati in un
carro, la pietra tondeggiante fece il viaggio nella bisaccia dell’uomo. Quando
ne uscì, si trovò in un cantiere brulicante
di operai. Tutti erano all’opera per innalzare una magnifica costruzione, che,
pure incompleta, già svettava nel cielo.
E i muri, le possenti arcate, le guglie che
svettavano nel cielo... tutto era formato
da pietre grigio-azzurre.
«Questo è il paradiso!» pensò la
pietra, che non aveva mai visto niente di
più bello, mentre le mani dell’uomo
passarono sulla sua superficie con una
carezza.
«Finirai lassù, anche tu... – disse la voce – Ho un progetto magnifico per te.
Dovrai soffrire un po’, ma ne varrà la
pena».
La pietra fu portata in un angolo dove
degli uomini stavano scolpendo figure
di santi. Una delle statue era senza testa.
L’uomo la indicò e disse: «Ho trovato la
testa per quello!». Sfiorò la pietra con
una carezza e continuò: «È perfetta!
Sembra fatta apposta... e anche questa
piccola fenditura mi fa venire
un’idea...».
Alla pietra pareva di sognare:
nessuno l’aveva mai definita “perfetta”.
Subito dopo però fu stretta in una morsa
e uno strumento acuminato cominciò a
ferirla senza pietà. L’uomo la scalpellava con vigore e perizia. Il dolore era
forte, ma non durò molto.
La pietra “inutile” si trasformò nella
magnifica testa di un santo che fu collocata sulla facciata della cattedrale.
Tutti l’avrebbero notata e additata per
una particolarità: mentre gli altri santi
erano severi, lui era l’unico santo sorridente... L’artista aveva trasformato la
ferita provocata dalla ruota del carro in
un magnifico sorriso...
***
... Il sorriso pieno di pace e di felicità di
chi trova il suo posto e si sente utile.
63
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0064 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
31 – L’acqua della fecondità
I
In una famiglia di contadini, il padre
e la madre erano divenuti anziani; i
figli decisero allora di lasciarli riposare,
impedendo loro di andare a lavorare
nei campi.
La madre prese l’abitudine di portar
loro, ogni giorno, un “canarì” (vaso di
terracotta) pieno d’acqua. Quell’acqua aveva delle virtù straordinarie:
quando il figlio maggiore beveva dal
vaso vi trovava del “dolò” (birra di
miglio artigianale), il secondogenito vi
trovava del latte e il beniamino dell’acqua pura.
Nessuno dei tre, però, conosceva il
contenuto della bevanda degli altri
fratelli, fino al giorno in cui il secondogenito disse: «Siamo proprio viziati!
Ogni giorno la mamma ci porta del
latte!».
Il primogenito, allora, rivelò il contenuto della sua bevanda e il figlio
minore, destinato a bere sempre e
solo acqua, cominciò a considerarsi
64
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0065 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,24 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
vittima di un destino ingiusto e decise Peul, con in mano una grossa ciotola di
latte. Si fermò accanto al vaso e vi
di ritirarsi in mezzo alla foresta...
La notte lo sorprese in una terra sel- versò un po’ di latte. Subito dopo
arrivò il secondogenito e bevette.
vaggia ed inospitale.
In seguito arrivò un’altra ragazza,
Improvvisamente gli si avvicinò una
povera e magra, con in mano una giara
specie di gnomo: «Cosa fai qui?».
Il giovane si mise a raccontare del- d’acqua da vendere al mercato per
l’ingiustizia di cui era vittima e del guadagnarsi qualche “caurì” (conchiglie usate come moneta). Si fermò
motivo della fuga.
Lo gnomo lo invitò a seguirlo: «Così accanto al vaso e vi versò un po’
potrai vedere l’altra faccia della verità d’acqua.
Lo gnomo disse.
e scoprirne il volto
«Ogni bevanda posreale».
siede un significato naIl giovane e lo gnomo
Il giovane si mise a
scosto. Il “dolò” rappres’incamminarono lungo
raccontare dell’insenta il comando: tuo
la strada che conduceva
giustizia di cui era
fratello maggiore divenai campi.
vittima e del motivo
terà capo. Il latte indica
Arrivarono nei pressi
della fuga.
la ricchezza, di cui il sedel campo dal quale il
condogenito sarà colbeniamino era fuggito e
mato. L’acqua, che ti è
si nascosero, secondo le
indicazioni dello gnomo, per os- toccata in sorte, raffigura la fecondità.
Non sarai né potente, né ricco, ma
servare.
Videro anzitutto la madre deporre il avrai dodici bambini... e i tuoi fratelli,
senza figli, verranno da te per cercare
“canarì” all’ombra di un baobab.
Dopo di lei apparve sul sentiero una sostegno ed ereditieri! Pensi ancora di
venditrice di “dolò”, diretta al essere vittima di un destino sformercato, che si fermò accanto al vaso tunato?».
***
lasciato poco prima dalla madre, rovesciandovi una borraccia di birra. Pochi
Fu così che il giovane riprese il
istanti dopo, arrivò il fratello mag- lavoro... – conclude il racconto
giore, bevette e ritornò al lavoro.
africano – ...grato della preziosa
Poi arrivò una ragazza di una tribù acqua riservatagli in sorte.
“
”
65
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0066 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
32 – L’albero spoglio
U
Una volta c’era un albero. Appena
spuntato dal terreno nel bel mezzo di
un frutteto, piccolo germoglio verde e
fragile, si confondeva con l’erba. Curioso, ben presto si mise ad osservare il
mondo che lo circondava, i fiori che si
schiudevano all’alba e si rinchiudevano
al tramonto, gli uccellini che cinguet-
tavano saltando di ramo in ramo, il contadino che il mattino presto arrivava per
cogliere i frutti degli alberi, l’erba che
ondulava sotto la carezza del vento...
Che bello quel mondo! Anche l’alberello-germoglio aveva voglia di essere
parte di quella bellezza, di trovare il suo
posto in quell’armonia.
66
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0067 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Trascorso un anno il germoglio era
diventato un ramoscello con qualche
stelo. Allora si rese conto che non era un
semplice filo d’erba, come aveva pensato, ma un alberello; così si mise ad osservare con attenzione i suoi simili maggiori. Li trovava così grandi, così belli
ricoperti con le loro foglie e i loro fiori.
Meravigliato nel vedere i fiori trasformarsi in frutti, fu commosso dalle attenzioni che rivolgeva loro il contadino...
Però, osservandosi, si rese conto che la
sua corteccia non sembrava a nessuna
di quelle che rivestivano gli altri alberi e
che i suoi rametti non avevano la stessa
forma degli altri rami. Allora ebbe paura
di non essere abbastanza grande, abbastanza bello, paura di non poter portare
abbastanza frutti, paura che gli altri
alberi da frutto, meli o peri o susini, non
accettassero la sua diversità; e così
decise di non produrre né foglie, né
fiori, né frutti.
Trascorsero gli anni. Ad ogni stagione
il suo tronco diventava più spesso, si allungava, spuntavano nuovi rami... ma
rimaneva senza foglie, senza fiori e
senza frutti.
Per non stare nudo di fronte agli altri,
col tempo si lasciò ricoprire dall’edera,
dai fiori del convolvolo e da ciuffi di vischio. Non sapendo come sarebbe diventato, si era ricoperto di una bellezza
non sua.
Più di una volta il contadino progettò
di tagliare quel tronco, per farne legna
da ardere, ma avendo molto lavoro ogni volta si riprometteva di farlo più
tardi.
Però un mattino arrivò con un’ascia e
cominciò a tagliare, dapprima l’edera.
Ce n’era così tanta che dovette rimandare il taglio del tronco al giorno successivo. Quella notte un parassita fece
morire il convolvolo, così che gli uccellini scorsero il vischio e si misero a beccarlo. Tutto ciò che rimase dell’albero
in mezzo al frutteto fu un tronco spoglio
con dei rami. Notando la propria improvvisa nudità e non sapendo come
coprirla, alla fine l’albero si decise di lasciar crescere, per tutta la lunghezza dei
suoi rami, delle foglioline di un tenero
verde e di lasciar sbocciare, in cima ad
ogni ramo, dei fiorellini bianchi, che
contrastavano piacevolmente con il
marrone dei rami e il verde delle foglie.
Nel frattempo il contadino tornò con
la sua ascia e scoprì un magnifico ciliegio al posto del tronco inutile. Quindi
non c’era più motivo per tagliarlo, visto
il miracolo.
Da quel giorno, l’albero vive felice in
mezzo al frutteto, non più bello né più
grande degli altri, ma non meno utile.
Ha capito che né il tessuto della corteccia, né la disposizione dei rami, o la
forma delle foglie, o il colore dei fiori
sono importanti; solo importano i frutti
che uno porta, unici, che nessun altro
può portare.
Così ogni anno, all’apparire della
bella stagione, i bambini del contadino
arrivano nel frutteto con una scala e,
sparpagliandosi tra i rami del ciliegio,
divorano i suoi frutti e lo riempiono di
gioia con le loro risate...
***
Morale: non abbiamo paura dei frutti
che potremmo portare, perché nessun
altro potrebbe farlo al posto nostro!
Non abbiamo paura dei frutti che potremmo portare, perché ogni volta che
ci rifiutassimo di farlo, mancherebbe
qualcosa in questo mondo. Ogni frutto,
infatti, permette di far aumentare la Vita
e l’Amore di Dio per gli uomini.
67
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0068 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
33 – Il giardino
di San Valentino
68
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0069 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
I
Il sacerdote Valentino possedeva carezzò. Poi legò, al collo di uno, un
un gran giardino, che nelle ore libere sacchetto fatto a cuoricino con dentro
coltivava con le proprie mani. Tutti i un biglietto, e al collo dell’altro legò
giorni permetteva ai bambini di una chiavetta. Quando i piccioni
giocare in quel giardino, raccoman- fecero ritorno, furono accolti con
dando che non facessero danni, grande gioia.
perché poi la sera avrebbe regalato a
Le persone si accorsero di quello
ciascuno un fiore da portare a casa. In che portavano e riconobbero subito la
questo modo otteneva la certezza che chiavetta: era quella del giardino di
sarebbero tornati a casa presto e che Valentino. Qualcuno poi lesse il conavrebbero alimentato il rispetto e tenuto del bigliettino. C’era scritto: «A
l’amore nei confronti dei genitori.
tutti i bambini che amo. Dal vostro VaUn giorno, però,
lentino».
vennero dei soldati e
***
imprigionarono VaVennero dei soldati e
lentino perché il re lo
Un giorno – racconta
imprigionarono Vaaveva condannato al
un’altra leggenda – Valentino perché il re lo
carcere a vita. I bambini
lentino sentì passare, al
aveva condannato al
piansero tanto. Vadi là del suo giardino,
carcere.
lentino, in carcere,
due giovani fidanzati che
pensava a loro, al fatto
stavano litigando.
che non avrebbero più
Decise di andare loro
avuto un luogo sicuro dove giocare. Ci incontro con in mano una magnifica
pensò il Signore.
rosa. Regalò la rosa ai due giovani e li
Fece fuggire dalla gabbia due dei pregò di riconciliarsi stringendo inpiccioni viaggiatori che Valentino sieme il gambo della rosa, facendo atteneva in giardino. Guidati da un mi- tenzione a non pungersi e pregando afsterioso istinto, i piccioni trovarono il finché il Signore mantenesse vivo in
carcere dove stava chiuso il loro pa- eterno il loro amore.
drone. Si posarono sulle sbarre della fiQualche tempo dopo la giovane
nestra e presero a tubare fortemente. coppia tornò da lui per invocare la beValentino li riconobbe, li prese e li ac- nedizione del loro matrimonio.
“
”
69
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0070 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
34 – Il mendicante
e il principe
C
C’era una volta un uomo che
abitava in una bella casetta in campagna. Un giorno, un vecchietto
bussò alla sua porta. Egli aprì e guardò
con meraviglia lo sconosciuto, dal
volto rugoso e scarno e dalle vesti
lacere e sbiadite. I suoi occhi ema-
navano una luce intensa che lo turbò.
«Ti chiedo ospitalità per qualche
giorno», disse il vecchio. L’uomo si
aspettava che il mendicante chiedesse solamente un po’ di denaro e un
pezzo di pane... Essendo molto vanitoso, ci teneva all’amicizia con i
70
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0071 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
ricchi e con i nobili e non sopportava supremo riuscì a raggiungere la porta
alleanze plebee. Così diede al vecchio d’ingresso e ad aprirla. Il vecchietto
una pagnotta, poi gli chiuse la porta in era sempre lì, seduto sul terriccio della
strada. L’uomo gli si avvicinò: «Ho
faccia.
Due giorni dopo, un bel giovane, visto il diavolo», disse. «Dio è il padal nobile portamento, vestito con drone, il diavolo è il servo. Il padrone
estrema eleganza, bussò alla porta può sempre scacciare il servo!», ridella casetta. Quando l’uomo gli aprì, spose il vecchio... poi entrò in casa.
vide, seduto sul terriccio della strada, il Stando sulla strada paralizzato dalla
vecchietto che non aveva voluto paura, l’uomo udì un urlo rauco, poi
vide il falso principe
ospitare...
uscire dalla porta cor«Che vuoi?», chiese
rendo come rincorso da
con gentilezza al bel caSono un apostolo di
un branco di lupi favaliere. «Stavo dirigenCristo. Da lui mi
melici. Poi, pacatadomi al mio castello su
viene l’autorità e la
mente, uscì il vegliardo.
quell’alta montagna... Il
forza per vincere gli
«Chi sei, che puoi far
cavallo che doveva porspiriti malvagi!
fuggire Satana?», chiese
tarmi lassù è caduto nel
“
fiume e non si è più rialzato. Domani acquisterò un altro puledro al mercato del villaggio. Puoi ospitarmi per questa
notte?».
L’uomo non domandava nulla di
meglio alla sorte. Un principe, un autentico principe in casa sua! L’aveva
sognato molte volte. Si sprofondò pertanto in riverenze, si dichiarò felice di
mettere la sua umile dimora a disposizione di un illustre personaggio. Fece
entrare l’ospite e gli preparò una cenetta succulenta, ripetendosi: «Che
contentezza, che onore!».
Però, quando si sedette a tavola con
l’ospite di fronte, provò un senso di
freddo... Poi si accorse che il principe
aveva gli occhi vermigli... Fu assalito
dal terrore. Disse all’ospite che sarebbe uscito per un momento...
Quando fu sulla soglia della stanza,
udì un frastuono diabolico. La tovaglia, i piatti, le vivande si misero a roteare per la stanza come foglie in balia
di un vento ciclonico. Con uno sforzo
il padrone di casa.
«Sono un apostolo di
Cristo. Da lui mi viene l’autorità e la
forza per vincere gli spiriti malvagi!».
L’uomo si gettò in ginocchio: «Perdonami, sublime amico di Gesù. Sono
stato cattivo con te, per vanità, per stupidità. Perdonami, ti ospiterò con
gioia!».
Disse il santo: «Nella tua anima, ora,
arde il fuoco sacro. Sono felice di saperti salvo. Io devo andarmene in
cerca di altri uomini che, dimenticando l’altare di Dio, s’inginocchiano
dinanzi ai potenti della terra...».
”
***
La leggenda, riferita dalla tradizione
popolare all’opera di San Giovanni
Apostolo, ribadisce il potere divino sul
Maligno e la responsabilità del Buon
discepolo. Concluderà il santo: «Io
devo andarmene in cerca di altri
uomini che non conoscono la legge
d’amore... e ripetere le parole di Cristo
a chi le ha dimenticate».
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0072 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
35 – Il pastore e il Rosario
U
Un giovane pastore, buono, viveva
solo, in compagnia delle pecore e del
cane, con cui trascorreva tutto il suo
tempo. Non sapeva né leggere né
scrivere. Gradiva molto la compagnia
di qualche passante e, se poteva, s’intratteneva volentieri con lui.
Una mattina vide avvicinarsi due
persone che viaggiavano a piedi;
erano due frati cappuccini. Uno portava una bisaccia a tracolla e l’altro un
fagotto sotto il braccio. Quello con la
bisaccia era più vecchio, zoppicava e
faceva fatica a star dietro al suo compagno.
«Quanto dista il paese da qui?»,
chiese il giovane frate. «Sono tre chilometri, in salita», rispose il pastore. «Sarà meglio che tu mi aspetti qui... con
quel piede... cercherò di far presto».
E così il frate con la bisaccia rimase
col pastore. Costui, abituato com’era
a star sempre solo, avere per alcune
ore la compagnia di una persona e per
di più non una persona qualsiasi, ma
un frate, fu un evento eccezionale.
72
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0073 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Frate Bisaccia gli parlò a lungo del Tentò di raggruppare le pecore per
suo convento e della vita di que- gruppi di dieci, v’intercalò un montostuante. Poi, rendendosi conto che l’i- ne: «Orsù, mie care amiche, facciamo
struzione religiosa del pastore era la- riverenza alla Madre di Dio!». Così,
cunosa, gli fece un ripasso dei principi come San Francesco quando parlava
fondamentali della fede cristiana. Gli agli animali, invitava una ad una le
parlò di Dio, della Passione di Cristo, pecore, sgranando contemporaneadella Madonna, dei santi, in parti- mente il rosario, ad onorare la Vergicolare di San Francesco. Parlò della ne, con frasi che sgorgavano dal suo
necessità di praticare la fede e di cuore, pur privo d’istruzione, ma un
pregare sempre. La vita del pastore – po’ poeta. Alla fine, baciava il croceinsistette il frate – si prestava bene alla fisso.
Nei giorni successivi, in modo grapreghiera continua e al colloquio con
duale, perfezionò il suo
Dio e con la Madonna, i
quali si rivelano ai cuori
San Francesco quando “girotondo rosario”. Ed
semplici, nella bellezza
parlava agli animali, era felice, perché, come
aveva detto il frate, gli
del creato.
invitava una ad una le
sembrava di avere la
Poi trasse dalla bipecore, sgranando Madonna accanto.
saccia uno strano ogcontemporaneamenUna mattina vide i
getto, mai visto dal pate il rosario
due frati che stavano avstore: «Questa è una
vicinandosi dall’altra
corona del Rosario. È la
preghiera più bella, che si possa fare sponda del fiume. Il pastore corse loro
alla Madonna. È un “girotondo” di incontro urlando: «Frate Bisaccia, fipreghiere. Te la dono e tu non nalmente! Insegnami il Rosario!».
Correva e correva, senza badare al
smettere mai di pregare. La Madonna
fiume in piena.
ti aiuterà sempre e ti starà vicino!».
Vi camminò sopra, come Gesù che
Quando il confratello tornò, il frate
raccolse la bisaccia, salutò il pastore e i camminava sulle acque, sempre urdue s’incamminarono per tornare al lando: «Ti prego: insegnami il Rosario.
convento. Mentre frate Bisaccia si al- Io so solo fare il “girotondo” con le
lontanava, il pastore ebbe appena la pecore!».
I due frati immobili, ammutoliti,
forza di dire: «Ma il Rosario... io non lo
esterrefatti, s’inginocchiarono e, con
so dire!».
Rispose il frate: «Intanto prega con le mani giunte, balbettarono: «No,
le preghiere che sai. Quando ritorno non noi a te... Tu, tu insegna a noi il tuo
Girotondo!».
te lo insegnerò».
Il resto del giorno, il giovane rimase
***
col Rosario in mano. Ne contò e riÈ proprio vero che il buon Dio e la
contò i grani, guardò il piccolo crocefisso nella parte terminale pensando: Madonna si rivelano ai cuori semplici,
«Ma il Rosario come si dice? Cosa si- nella bellezza del creato. E che, attragnifica girotondo di preghiere? Io il gi- verso quei cuori umili, l’Onnipotente
rotondo posso farlo con le pecore». fa grandi cose.
“
”
73
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0074 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
36 – L’albero della Vita
D
Dopo la cacciata dal Paradiso terrestre – racconta una leggenda popolare – Adamo, molto vecchio,
chiamò a sé il figlio Set: «Vai dove
l’Angelo custodisce il sacro albero
della radice della vita... Sarà una
strada lunga e difficile! Dovrai percorrere a ritroso i passi compiuti da me
e tua madre... Tanto fu il dolore nel
percorrere quel cammino che mai più
erba vi crebbe! Dirai all’angelo che
tuo padre non si è mai sottratto ai
compiti affidatigli ma che adesso è
troppo stanco per continuare a vivere.
Gli ricorderai la promessa della miseri-
cordia e lui capirà...».
Set partì, arrivò alla porta del Paradiso... E l’angelo gli consegnò un
granello... «ritorna da tuo padre e digli
che tra tre giorni riceverà la consolazione della morte. Tu pianterai questo
seme sulla sua tomba». Al ritorno del
figlio, Adamo pianse di sollievo,
perché Dio gli rinnovava la promessa
della misericordia! Tre giorni dopo le
parole dell’angelo si avverarono. Sulla
sua tomba nacque una panticella...
Passarono gli anni... Un giorno Dio
chiese a Mosè di condurre in salvo il
suo popolo. Lo condusse verso
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0075 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
l’albero cresciuto ai piedi del Monte. de, gli ebrei stavano celebrando la
Mosè tagliò un ramo che gli servisse da Pasqua e la città viveva un clima di eubastone. Per strada s’imbatté in un foria: sarebbero stati crocifissi due lapovero pastore afflitto perché la sua droni e un sovversivo di nome Gesù il
pecora stava morendo per il morso di Nazareno. Tanti si chiedevano cosa
un serpente... Mosè sfiorò la pecora avesse combinato costui per essere
col bastone ed essa guarì... Con quel così odiato dalle autorità e dai religiosi
bastone aprì le acque durante la fuga del tempio... Molti lo amavano e dicedel suo popolo dall’Egitto. Con esso vano che era un profeta, mandato da
fece scaturire l’acqua dalla roccia del Dio!
Malgrado ciò e i mideserto...
racoli che si attribuivano
Molto tempo dopo, il
Lo condusse verso
a Gesù, la folla urlò «sia
re Davide fu guidato ai
l’albero cresciuto ai
crocifisso!».
piedi di quel monte
piedi del Monte. Mosè
Però non si trovava la
dalla volontà divina. Alterza croce. «Prendete il
tagliò un ramo che gli
l’ombra di quel granlegno del ripostiglio!»,
dioso albero si fermò a
servisse da bastone.
urlò qualcuno... I più
riposare. Uno scudiero
forti lo sollevarono e lo
tormentato da febbre
alta si sedette accanto all’albero e portarono da un falegname che ne taguarì. Davide fece tagliare l’albero e lo gliasse una parte e la fissasse orizzonfece portare sulla torre vicino alla sua talmente. Il falegname percepì
reggia di Gerusalemme... Sognava di qualcosa d’insolito: una vibrazione,
un profumo... Così si rifiutò. Docostruire un grande tempio...
Salomone, figlio di Davide, con- vettero cercare un falegname nei bastinuò nell’impresa di costruire il tem- sifondi, bisognoso di soldi e senza
pio. Ma non riuscì, come nei sogni del scrupoli.
Così l’albero del Paradiso iniziò il
padre, ad utilizzare il legno della torre
all’interno dell’edificio. Così lo utiliz- suo ultimo viaggio sulle spalle di quel
zò come colonna della porta prin- “sovversivo”. Ad esso
Gesù fu appeso con le braccia spacipale.
Più tardi, i nemici del Nord bru- lancate, come in segno di accoglienza.
Allora il vecchio legno tornò ad
ciarono il tempio. Solo quella colonna
non volle bruciare. I soldati, per essere un albero con appeso un frutto:
rabbia, la scagliarono nella piscina di il vero frutto della Vita.
Siloe... Da quel momento, grazie al***
l’intervento di un angelo inviato da
Il racconto, denominato anche
Dio, l’acqua divenne pura e, ogni
volta che l’angelo giungeva, chi si stava “Leggenda della terza croce”, conlavando le piaghe guariva. Nessuno clude: «Anche l’albero, come il Figlio di
pensò al ruolo del tronco che giaceva Dio, aveva compiuto la sua missione:
sul fondo... anzi! Un giorno lo ripe- quella di dare vita».
La croce, per i cristiani sarà per
scarono e lo posero in un ripostiglio.
Un giorno, durante il regno di Ero- sempre l’Albero della Vita.
“
”
75
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0076 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
37 – La leggenda
di San Nicola
E
Era un triste giorno d’inverno nella
città di Myra. Tre sorelle stavano rientrando a casa con i pochi spiccioli elemosinati quel giorno. «Oh! – disse la
più giovane – Sta arrivando un corteo
nuziale. Vorrei tanto vedere il vestito
della sposa!». «È un abito delizioso! –
sospirò la seconda. Eppure io sarei
felice di sposarmi con indosso questi
vecchi stracci!». «Ma non succederà
mai! – aggiunse la maggiore asciugandosi una lacrima – Perché papà ci
ha detto che non ha soldi per farci la
dote».
In mezzo alla folla c’era il vescovo di
Myra, che sorrise alle ragazze quando
queste gli passarono accanto. «Pensate di sposarvi presto?», domandò
gentilmente. Le ragazze scossero la
testa. «Papà non ha soldi per pagare la
dote!». Il vescovo si rabbuiò e poi
rimase a guardare tristemente le ragazze che si allontanavano dalla
strada affollata dove gli invitati al matrimonio sgomitavano allegramente e
imboccavano un vicolo che conduceva alla parte più della povera
della città.
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0077 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Le tre sorelle abitavano in una la casupola dove vivevano le tre sopovera casupola ad un piano. D’in- relle. Il posto era completamente al
verno dovevano tenere chiuse le im- buio e la porta serrata. Una scala
poste per ripararsi dagli spifferi gelidi. esterna della casa accanto era così
Dal camino saliva a spirale un filo di vicina che si poteva agevolmente
fumo dal fuoco di torba che avevano passare da quella al tetto della calasciato bruciare pian piano durante il supola.
Si arrampicò su per le tegole pengiorno. «Ho i piedi fradici», rabbrividì
la più giovane, mentre si toglieva le sando: «Da lì posso raggiungere il coscarpe davanti al focolare. «E i miei mignolo. Ne esce così poco fumo che
sono gelati», disse la seconda. «Ma sicuramente le monete non saranno
possiamo lasciare le scarpe vicino al danneggiate dal poco fuoco rimasto».
Nicola versò il sacchetto
fuoco e appendere le
di monete giù per il
calze ai ganci del camicamino e si allontanò.
no», sospirò la maggiore.
Nicola versò il sacLa mattina dopo, la
Così si misero un po’ a
chetto di monete giù
figlia
più giovane si alzò
proprio agio nella tenue
per il camino e si ale
andò
a prendere le
luce del fuoco, aspetlontanò.
calze. «Oh! – esclamò –
tando il ritorno del paUna moneta d’oro è apdre. Questi era avvilito
parsa dal nulla nella mia
dopo un’altra giornata
passata a cercare inutilmente un calza». La seconda: «C’è una moneta
lavoro. Insieme consumarono la cena anche nelle mie». La maggiore aga base di pane e minestra, cercando di giunse: «Guardate, altre monete sono
non pensare all’indomani. Quando il rotolate nelle nostre scarpe! E ci sono
monete pure tra la cenere». Il padre si
fuoco diminuì, andarono a letto.
Nel frattempo il vescovo era andato unì alla loro allegria e insieme conalla festa di nozze, ma continuava a tarono le monete. Poi sorridendo
pensare alla triste condizione delle tre disse: «Beh! Sono sicuro che non avrò
sorelle: «Le ragazze povere che non problemi a proporre a qualcuno dei
possono permettersi di sposarsi fini- miei vecchi amici adorabili moscono spesso a fare i lavori peggiori... gliettine per i loro figli», sorrise. «Un
Non è giusto che certi abbiano così dono è sceso dal cielo e ci porterà
tanto e altri così poco». Il padre della tante benedizioni!»...
***
sposa si sentiva generoso quella sera.
... In un’altra parte della città, – con«Ah, Nicola! – disse scorgendo il vescovo – Ti ringrazio per aver celebrato clude la leggenda – il vescovo Nicola
il matrimonio oggi. Volevo darti un guardava sorgere il sole, pensando alla
piccolo pegno della mia gratitudine gioia che ci sarebbe stata nella casa
dove vivevano le tre sorelle. Si disse:
per la tua cortesia».
Così dicendo gli mise in mano un «Mi auguro che quella famiglia sia più
felice, ora, perché quel dono l’ho dato
sacchetto di monete.
Verso mezzanotte, il vescovo lasciò con amore e spero che l’amore si diffurtivamente la festa e si affrettò verso fonda ovunque».
“
”
77
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0078 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
38 – Le Maghe e il nuovo Dio
A
Alma era la regina delle Maghe; ma
non era felice, anzi il suo cuore era
pieno di tristezza, perché s’era innamorata di un giovane e bel cavaliere,
che vedeva spesso passare nelle valli
sottostanti alla montagna dove ella
aveva il suo palazzo. La Maga aveva
ogni sorta di premure affettuose per
lui, sebbene lui non le avesse nessuna
riconoscenza e la trattasse anzi con disprezzo.
«Ahimè! – diceva la regina alle sue
Maghe – Il bel cavaliere ha dimenticato i vecchi Dèi dei suoi padri per un
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0079 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
nuovo Dio che chiama Cristo, e passa
davanti alle querce sacre, senza alcun
segno di riverenza. Che cosa volete
che gl’importi pertanto l’affetto di una
Maga?».
E la povera Alma piangeva. Ma un
giorno che il cavaliere, stanco della
lunga cavalcata, s’era buttato sul prato
per riposare, Alma gli si era avvicinata
senza che lui se ne accorgesse e, con la
falce d’oro, gli aveva toccato le palpebre: il bel giovane s’era subito addormentato di un sonno profondo. La
regina aveva chiamato a raccolta le
Maghe: «Aiutatemi voi! Il bel giovane
dorme di un sonno profondo. Prendetelo e trasportatelo nel mio palazzo
di cristallo, su in alto, sulla montagna,
dove lo costringerò a sposarmi».
Le Maghe videro il cavaliere addormentato sotto un cespuglio di biancospino. Presero per le cocche il mantello sul quale era adagiato e si
sollevarono agili in volo. Tuttavia,
dopo un po’, le scosse svegliarono il
dormiente, che, aprendo gli occhi, riconobbe Alma.
«Che vuoi tu da me, regina delle
Maghe?», domandò.
«Voglio portarti nel mio palazzo di
cristallo per sposarti».
«Questo non potrà avvenire mai! –
rispose il giovane – Perché tu sei una
divinità pagana e io sono invece cristiano. Lasciami tornare nella dimora
dove mio padre e mia madre mi
aspettano».
«Ma io ti farò felice, ti darò metà del
mio regno e metà della mia sovranità
sugli spiriti dell’aria!».
«Preferisco la corona di stelle che
Dio dà ai suoi eletti in Paradiso», ribadì
il giovane cavaliere.
«Ti darò cibo che neanche i re della
terra hanno mai assaggiato e berrai
vini deliziosi in coppe d’oro».
«Preferisco il pane nero e l’acqua
dei nostri anacorèti».
«Ti vestirò di velluti e di pietre preziose», aggiunse la Maga.
«Preferisco l’umile e rozzo saio dei
frati. Bada che ho qui con me, sul
petto, un medaglione che racchiude
una reliquia: essa basta per vincere
tutti i vostri talismani, tutte le vostre
stregonerie; e, se vi tocco con essa,
sarete costrette a lasciarmi».
Allora Alma ordinò alle Maghe di alzarsi ancora più in alto nel cielo.
«Così– disse rivolta al giovane – se ti
servirai della reliquia e ci obbligherai a
lasciarti, cadrai nell’abisso e morirai».
«Beati coloro che muoiono per la
loro fede! – rispose l’uomo – Perché
Dio li riceverà nella sua gloria!».
Così dicendo, toccò le Maghe con la
sacra reliquia. Esse, con grandi strida,
fuggirono via spaventate, in modo che
il mantello, non più sostenuto, cadde
giù nello spazio.
Tuttavia, per miracolo, il mantello
restò tutto quanto aperto, sì che scese
lentamente come un fiocco di neve e
depose dolcemente il giovane sul
prato.
In tal modo il bel cavaliere si sottrasse al potere infernale delle Maghe.
Ed esse, da quel giorno, abbandonarono per sempre il paese.
***
La leggenda, austriaca, è tratta dalla
letteratura popolare, che spesso ha per
tema il dominio del Bene sul male. In
questo racconto, il Dio di Gesù Cristo
(il Bene, la Verità, la Vita) è più forte
delle stregonerie delle Maghe (la felicità effimera, la menzogna, la morte).
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0080 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
39 – Santa Lucia e l’asinello
Q
Quando Santa Lucia salì in cielo,
tutti si meravigliarono nel veder arrivare una persona così giovane. Ben
presto, con i suoi modi dolci ed i suoi
occhi pieni di luce, Lucia conquistò
tutti e, persino lo scontroso San Pietro
si prese cura di lei come fanno i nonni
con i nipoti. Così trascorrevano i giorni
allietati di serenità e pace e Lucia si
godeva questa sublime situazione.
Pietro, però, si accorse che un sottile
velo di tristezza si era posato sugli
occhi celestiali di Lucia e, così, decise
di parlarle. Lucia gli disse che avrebbe
tanto desiderato anche per un solo
minuto poter rivedere il suo paese in
Sicilia e i suoi poveri.
Pietro decise di parlarne col Padre
Eterno. Il buon Dio prese una piccola
chiave d’oro e disse: «Questa è la
chiave che apre una finestrella che dà
sul mondo. Portala a Lucia». Pietro
corse come un ragazzino a cercare la
sua Santa bambina, felice di poter
80
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0081 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
esaudire il suo desiderio.
Gli occhi della santa s’illuminarono
e i due si diressero verso la magica finestrella. Lucia, con la mano tremante,
infilò la chiave e, come d’incanto, le
apparve laggiù il mondo. La giovane fu
soddisfatta di quella visione e, per
lungo tempo, non desiderò più aprire
gli occhi sulle cose terrene. Una notte
però, il suo sonno fu turbato da lontani
lamenti e pianti. Preoccupata, decise
di prendere la chiave per vedere cosa
stesse accadendo. Fu in quel momento che vide tutte le cose ingiuste,
la vita dissoluta, il male, ma soprattutto vide bambini che soffrivano e
piangevano. Rammaricata, richiuse la
finestrella e una profonda tristezza
calò sui suoi dolcissimi occhi celesti.
Lucia sperava di vedere presto migliorare le cose sulla Terra; la sofferenza dei bambini l’angosciava tantissimo, non sopportando che proprio
loro, così immacolati ed indifesi, potessero subire angherie fisiche o
morali da parte degli adulti. Allora
Pietro, vista la rinnovata tristezza di
Lucia, tornò dal buon Dio. «Caro
Pietro, io so quello che turba Lucia.
Ella soffre per i patimenti dei bambini
e le privazioni alle quali sono sottoposti... Ho deciso, daremo l’incarico
proprio a Lei di portare una volta all’anno un po’ di allegria sulla Terra.
L’autorizzeremo a scendere il giorno
del suo martirio, il 13 dicembre, per
portare doni a tutti i bambini della
Terra. Ora vai, corri, voglio che torni la
luce in quei santi occhi».
Pietro abbracciò il Signore e poi si
affrettò a cercare Lucia per darle la
bella notizia. La ragazza rimase incredula, ma poi il suo cuore si riempì
di letizia. Ormai mancavano pochi
giorni al 13 dicembre e Lucia capì che
non disponeva di nulla: in Paradiso
non esistevano né pasticcerie, né
negozi di giocattoli. Pietro allora invitò
Lucia a prendere la chiave d’oro dicendole: «Apri la finestrella e guarda
bene! Cosa vedi nello spazio?». Lì
c’era un cavallino, una bambola, un
trenino; là una trombetta, una
trottola...
Pietro precisò: «Quelli sono i giochi
superflui, inutili, abbandonati e dimenticati dai bambini viziati e mai
contenti. I giochi sono come le
persone, cercano compagnia e, se
nessuno li vuole più, preferiscono
andare nello spazio, sperando d’incontrare qualche bimbo disposto a
giocare con loro... Dai, forza!
Prendine quanti ne vuoi e portali a chi
ne ha bisogno!».
«Oh! Grazie, grazie di cuore», disse
Lucia e cominciò ad afferrare quei giocattoli abbandonati. Lavorò fino alla
sera del 12 dicembre e mise tutti i giocattoli in grandi sacchi che appoggiò
sulle spalle. Pietro esclamò: «Così non
arriverai mai con tutto quel carico,
pesa troppo! Se vuoi, c’è il mio dolce
asinello...». «Bravo asinello, tu sarai il
mio fedele accompagnatore. Quando
ci vedranno i bambini che gioia sarà
per loro!», disse Lucia accarezzando la
generosa bestiola...
***
«Ecco come nacque il viaggio di
Lucia e del suo asinello. D’allora non
hanno mai mancato all’appuntamento ogni 13 dicembre con i bambini
buoni e bravi». Così conclude la leggenda che gli adulti usano raccontare
ai loro piccoli là dove esiste la tradizione dei doni di santa Lucia.
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0082 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
40 – Saratin e il Re crocifisso
I
I magi che andarono a Betlemme ad
adorare Gesù Bambino, in realtà
erano quattro. Guardando il cielo,
videro la stella cometa. Gaspare, Baldassarre e Melchiorre subito si misero
in cammino con i loro doni. Il quarto,
Saratin, non poté partire perché febbricitante. «Andate voi. Appena mi rimetterò in forze verrò anch’io. Devo
portare al piccolo Re 100 libbre di olio
profumato che ho spremuto con le
mie stesse mani dalle foglie e dalla corteccia di 100 piante di aloè“.
I tre partirono. Dopo sette giorni
partì anche Saratin in groppa al suo
dromedario. Un secondo dromedario
trasportava le cento libbre (circa trenta
chili), di essenza di aloè. Saratin, nel
lungo cammino, non incontrò i Magi
di ritorno da Betlemme, in quanto, per
ordine dell’angelo, stavano percorrendo un’altra carovaniera per
tornare in oriente. Saratin era solo.
Una notte, mentre dormiva al riparo di
una roccia in mezzo al deserto, arrivò
una banda di predoni. Il capo fiutò
l’aria: «Sento profumo di aloè.
Eppure, in questo luogo arido non
possono vivere le piante che producono l’olio balsamico. Ci de-
82
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0083 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
v’essere in giro qualcuno che trasporta
il prezioso unguento. Andiamo a dare
un’occhiata». Nel frattempo Saratin si
svegliò, si accorse dei predoni, prese
l’otre pieno di olio profumato e lo nascose in un anfratto della roccia, coprendolo poi di sabbia in modo che
non emanasse alcun profumo.
Il capo dei predoni scovò Saratin e
gli chiese: «Chi sei? Dov’è l’olio che
trasporti?».
«Non porto nessun olio con me». Il
predone frugò nelle selle dei dromedari. Trovò solo acqua e qualche
provvista di cibo. Niente denaro,
niente oggetti preziosi, niente armi.
Disse: «Non hai niente di prezioso con
te. Tuttavia mi sembri un uomo ricco.
Ti prendo in ostaggio. Qualcuno
dovrà pagare una bella somma per riscattarti. Da oggi sarai mio schiavo. O
ti fai liberare pagando tanto oro
quanto pesi, oppure finirai i tuoi giorni
al mio servizio».
Disse Saratin: «Io non ho nessuno
che possa pagare un riscatto simile. Ti
servirò come schiavo».
Così, per loltre 30 anni, Saratin
seguì la banda dei predoni nel deserto. Poi diventò vecchio e non ebbe
più la forza per lavorare. I predoni lo
abbandonarono fra le dune. Saratin,
trascinandosi sulla sabbia, ebbe la
fortuna di trovarsi presso la roccia
dove aveva nascosto l’otre di aloè.
L’otre c’era ancora. Quando passò per
quella pista una carovana diretta a Gerusalemme, l’uomo chiese un passaggio e dopo 3 mesi arrivò nella città
santa. Saratin, con la barba bianchissima, le vesti stracciate e con l’otre
di olio, girò per le strade di Gerusalemme chiedendo: «ov’è la reggia del
Re nato 33 anni fa, quando nel cielo
era apparsa una cometa?».
«Vecchio, qui a Gerusalemme comandano i romani. Re Erode Antipa è
in questi giorni in città, ma lui comanda in Galilea. Qui siamo in
Giudea».
«Allora non esiste un Re dei
Giudei?». «A dire il vero, un certo Gesù
di Nazaret andava dicendo di essere il
Re dei Giudei, ma è stato arrestato e
condannato a morte. Proprio stamattina lo porteranno sul Calvario e lo
inchioderanno ad una croce».
Saratin sentì vociare la folla. Arrivò
in una piazza. Lì c’era un uomo con il
volto insanguinato che portava una
croce e appesa al collo una scritta
“Gesù Nazareno Re dei Giudei”.
Cercò di avvicinarsi a Gesù, ma i
soldati lo respinsero. Sul Calvario
Gesù venne crocifisso tra due malfattori e, alle 3 del pomeriggio, spirò.
La sera stessa alcuni uomini lo staccarono dalla croce per deporlo nel sepolcro. Saratin si avvicinò e consegnò
ad un certo Nicodemo l’otre di olio di
aloè dicendo: «Ti prego, ungi il cadavere di Gesù con quest’olio profumato. Dovevo donarlo a lui quando
è nato. Allora non sono arrivato in
tempo. Ora posso anche morire,
perché i miei occhi hanno visto la salvezza!».
***
La leggenda, non unica sulla figura di
un presunto quarto magio, associa il
Natale alla Passione. Il Bambino di Betlemme, l’Emanuele, sarà crocifisso e
risorgerà, per la nostra salvezza. Noi
cristiani, piccoli e grandi, dobbiamo
testimoniare la nostra fede nel Cristo,
morto e risorto per salvare l’intera
umanità.
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0084 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
Preghiere e riflessioni
LA FAME
di Michel Quoist
Ho mangiato,
ho mangiato troppo.
Ho mangiato per fare come gli altri,
perché ero invitato,
perché ero nel mondo ed il mondo non
m’avrebbe compreso;
e stentavo a mandar giù ogni portata,
ogni boccone.
Ho mangiato troppo, Signore,
(...) mentre dieci, cento, mille infelici,
nello stesso istante, nel
mondo, si contorcevano dal dolore, morivano di fame
davanti ai parenti disperati.
Signore, è tremendo, perché so,
gli uomini ora sanno.
Sanno che non solo alcuni infelici
hanno fame,
ma centinaia sulla porta di casa loro.
Sanno che non solo alcune centinaia di
infelici,
ma migliaia hanno fame alle frontiere
del loro paese.
Sanno che non solo migliaia,
ma milioni hanno fame nel mondo.
(...) «...Ebbi fame...»
Signore, Tu sei terribile!
Tu fai coda alla cucina popolare,
Tu mangi gli avanzi delle immondizie,
Tu agonizzi torturato dalla fame,
Tu muori solo in un angolo,
mentre nell’altro angolo della grande
sala del mondo
– con alcuni membri della nostra famiglia
– mangio senz’appetito quello che occorrerebbe per
salvarTi.
«...Ebbi fame...»
(...) Signore, non è facile dar da mangiare al mondo.
Preferisco fare la mia preghiera, regolare, pulita,
preferisco fare astinenza il venerdì,
preferisco visitare il mio povero,
preferisco dare ai banchi di beneficenza
ed agli istituti;
ma dunque non basta,
dunque non è nulla, se un giorno Tu mi
potrai dire:
«Ebbi fame!»
Signore, non ho più fame,
Signore, non voglio più aver fame.
Signore, non voglio più mangiare
che il necessario per vivere,
per servirTi e lottare per i miei fratelli.
Perché Tu hai fame, Signore,
Perché Tu muori di fame, mentre io
sono sazio.
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0085 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
PREGHIERA PER I BAMBINI
di Ina J. Hughes
Preghiamo per i bambini
che lasciano ditate di cioccolata ovunque,
che adorano il solletico,
che saltano nelle pozzanghere e
rovinano i pantaloni nuovi,
che rubano il leccalecca prima di cena,
che fanno i buchi quando cancellano sul quaderno,
che non trovano mai le scarpe la mattina.
E preghiamo per quelli
che fissano lo sguardo sul mondo
da dietro il filo spinato,
che non saltellano per la strada
con le scarpe da ginnastica nuove,
che non hanno imparato a contare i fagioli,
che sono nati in luoghi
dove noi non andremmo neppure da morti,
che non vanno mai al circo,
che vivono in un mondo di ultima classe.
Preghiamo per i bambini
che ci regalano baci appiccicosi e
manciate di liquirizie,
che dormono con il cane
e seppelliscono il pesce rosso,
che ci abbracciano di corsa
e si dimenticano i soldi per la merenda,
che sono sempre coperti di cerotti
e cantano stonati,
che spremono il dentifricio per tutto il lavandino,
che succhiano rumorosamente
dal cucchiaio la minestra.
E preghiamo per quelli
che non mangiano mai il dolce,
che non hanno una coperta
da trascinarsi in giro,
che guardano i loro genitori
mentre loro li guardano morire,
che non trovano pane da rubare,
che non hanno una stanza
da mettere in ordine,
le cui foto non stanno
nel salotto di nessuno,
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i cui mostri sono veri mostri.
Preghiamo per i bambini che il martedì
hanno già speso tutta la paghetta,
che fanno i capricci al supermercato,
che mangiano solo quello che vogliono,
che adorano le storie di fantasmi,
che buttano i vestiti sotto al letto,
che non sciacquano mai la vasca,
che aspettano la formichina
quando gli cade un dente,
che non vogliono essere baciati
davanti ai compagni di scuola,
che a messa non stanno mai fermi e
che urlano al telefono,
le cui lacrime ci fanno a volte sorridere
e il cui sorriso ci può far piangere.
E preghiamo per quelli
che hanno incubi anche di giorno,
che mangerebbero qualsiasi cosa,
che non hanno mai visto un dentista,
che nessuno vizia,
che vanno a letto affamati
e si addormentano col pianto,
che vivono e si muovono
ma non hanno una vita.
Preghiamo per i bambini
che vogliono essere portati in braccio
e per quelli che devono
essere portati in braccio per forza,
per quelli con cui
non ci arrenderemmo mai,
e per quelli cui nessuno
dà una seconda possibilità,
per quelli che soffochiamo di attenzioni
e per quelli che afferreranno qualsiasi mano
abbastanza gentile
da tenderla verso di loro!
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0086 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
PARLANO I BAMBINI IL BAMBINO NEGRO
di Gerardo Bessa Victor
DEL MONDO
(voci dei bambini
del mondo su
questioni razziali)
Jacqueline, USA:
«Io sono una bambina negra, ma per quanto ci pensi credo
proprio di non essere per niente diversa
da una bambina di pelle bianca. Il mio
grande ideale, Martin Luther King ha
detto: “Io ho un sogno”.
Anch’io ho un sogno: vorrei diventare infermiera e già adesso vado due
volte alla settimana in ospedale per aiutare. Qualche volta mi pare già di vedermi in uniforme.
Voglio curare tutti, negri e bianchi e
anch’io, come Martin Luther King,
credo che il problema della razza si possa
risolvere con la buona volontà, con
l’amore e la comprensione. Non con la
violenza!».
Alvadeer, USA:
«Il mio amico. Nero è l’inchiostro,
bianca la carta, ci vogliono tutte due.
Per questo scriviamo con l’inchiostro
sulla carta. Tom è bianco, io sono nero.
Lui abita nella mia strada, vicino a casa
mia. Andiamo a scuola insieme, leggiamo e scriviamo insieme. Cantiamo e
giochiamo insieme, Tom è il mio
amico!».
Nadjezda, Russia:
«A me non importa niente del colore
della pelle di una persona. Secondo me il
colore della pelle non ha nessuna importanza. Se una persona è buona, per me
può anche essere “verde”!».
Il bambino negro non entrò nel girotondo
Dei fanciulli bianchi - i fanciulli bianchi
Giocavano tutti in un vivo girotondo
Di canzoni festive, e allegre risate...
Il bambino negro
non entrò nel girotondo.
E arrivò il vento accanto ai bambini
– e ballò con loro e con loro cantò
le canzoni e le danze delle dolci brezze,
le canzoni e le danze dell’aspre tempeste.
E il bambino negro
non entrò nel girotondo.
Uccelli, in stormo, volarono cantando
Sulle testine dei bimbi
E si posarono tutti intorno. Alla fine,
volarono i loro voli, cantando i loro
inni...
E il bambino negro
non entrò nel girotondo.
– Vieni qua, negretto, vieni a giocare –
disse uno dei bimbi con la sua aria felice.
La mamma premurosa, corse ai ripari;
il bambino bianco non volle più, non
volle più...
E il bambino
negro
non entrò
nel girotondo.
Il bambino negro non entrò nel
girotondo
Dei fanciulli bianchi.
Desolato, assorto,
restò solo, fermo con sguardo di cieco,
restò solo, zitto con voce di morto.
86
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0087 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
DISCORSO
di Robert E. Hayden
(da Poesia Americana)
Uditemi, fratelli bianchi,
fratelli negri, uditemi:
ho veduto la mano
accostare la torcia
al corpo negro, contorto dall’angoscia;
ho veduto la mano
dare il segno supremo
di far fuoco sui picchetti di bianchi;
ed era la medesima mano.
Fratelli, ascoltatemi,
era la medesima mano.
Uditemi, fratelli neri,
fratelli bianchi uditemi:
ho udito le parole
rizzate come ferro spinato
per dividervi.
Ho udito le parole:
«Sporco negro, marmaglia bianca»,
e le diceva la medesima voce;
fratelli, ascoltatemi bene
le diceva la medesima voce.
QUADRO
PREGHIERA
PER I GENITORI
di Countee Cullen
(dall’Antologia dei poeti negri
d’America)
A braccetto attraversano la via,
il ragazzo negro e il bianco,
il dorato splendore del giorno,
l’orgoglio oscuro della notte.
Dalle imposte socchiuse la gente negra
osserva,
e qui la gente bianca parla
indignata per questi due che osano
camminare insieme.
Dimentichi di sguardi e di parole,
essi passano, e non sanno
che il lampo folgorante come una spada
può far scoppiare il tuono.
Gesù ascolta
la mia umile
preghiera.
Tu sai quanto
amo i miei cari genitori.
Fa, Gesù, che siano conservati a me il
più a lungo.
Fa che essi siano la mia guida
e sempre possa camminare sul retto sentiero.
Fa, Gesù, che essi si vogliano sempre
bene
e che la loro vita sia seminata
di opere buone affinché un giorno
possano venire in Cielo
a raccogliere il tuo premio. Amen.
87
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0088 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
LA PREGHIERA DI ALCE NERO
(capo indiano d’America)
Ave, Grande Spirito,
ancora una volta
guardami sulla terra,
e chinati per udire
la mia debole voce.
Tu sei vissuto per primo,
e sei più antico di ogni bisogno,
più antico di ogni preghiera.
Tutte le cose ti appartengono:
i bipedi,
le ali dell’aria
e tutte le cose verdi che vivono.
Un giorno dopo l’altro. Eternamente,
Tu sei la vita delle cose.
Oggi Ti mando una voce per un popolo
Preso dalla disperazione.
Nel mio dolore
Vi mando una debole voce,
O Sei Poteri del Mondo!
Ascoltatemi nel mio dolore,
perché può darsi che non vi richiami
mai più.
Oh, fate che il mio popolo viva!
I BAMBINI IMPARANO CIÒ CHE VIVONO
di Dorothy Law Nolte
Se il bambino viene criticato, impara a condannare.
Se vive nell’ostilità, impara ad aggredire.
Se vive deriso, impara la timidezza
Se vive vergognandosi, impara a sentirsi colpevole.
Se vive trattato con tolleranza, impara ad essere paziente.
Se vive nell’incoraggiamento, impara la fiducia.
Se vive nell’approvazione, impara ad apprezzare.
Se vive nella lealtà, impara la giustizia.
Se vive con sicurezza, impara ad aver fede.
Se vive volendosi bene, impara a trovare amore e amicizia nel mondo.
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0089 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
GUARDANDO ME,
CONOSCERANNO TE
L’ASINO
HA SEMPRE RAGIONE
Un re, volendo inviare un
suo rappresentante in una
terra appena
conquistata,
radunò i suoi più
fedeli e disse che
avrebbe scelto
fra loro quello
che fosse riuscito a rappresentarlo nel modo più efficace in mezzo a quel nuovo popolo.
Sciolta l’assemblea, subito tutti i candidati si misero all’opera.
Il giorno fissato, uno dopo l’altro, sfilarono davanti al re.
Il primo espose un magnifico ritratto
del re; il secondo mostrò una riproduzione perfetta della corona e dello
scettro; il terzo portò le vesti stesse di sua
maestà; il quarto trasse da uno scrigno
alcuni esemplari preziosi del tesoro
reale; il quinto spiegò una cartina geografica con tutte le conquiste del regno;
il sesto presentò il rotolo delle leggi
emanate da sua maestà.
L’ultimo, il più giovane, si presentò a
mani vuote.
Il re gli chiese: «E tu, come mi rappresenti in mezzo a quel popolo?».
Il giovane sorrise e rispose: «Le mie
mani, o re, sono vuote, ma il mio cuore è
pieno di te. Fin da piccolo ti sono stato
accanto e ho imparato tutto da te...
Guardando me, conosceranno te«.
Il re riconobbe nel giovane paggio un
altro se stesso e lo scelse per inviarlo in
quella terra lontana al di là del mare.
Una volta gli animali fecero una riunione.
La volpe chiese allo scoiattolo: «Che
cos’è per te il Natale?».
Lo scoiattolo rispose: «Per me è un
bell’albero con tante luci e tanti dolci da
sgranocchiare appesi ai rami».
La volpe continuò: «Per me naturalmente è un fragrante arrosto d’oca. Se
non c’è un bell’arrosto d’oca non c’è
Natale».
L’orso l’interruppe: «Panettone! Per
me Natale è un enorme profumato panettone».
La gazza intervenne. «Io direi gioielli
sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale
è una cosa brillante».
Anche il bue volle dire la sua: «È lo
spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie».
L’asino prese la parola con foga:
«Bue, sei impazzito? È il Bambino Gesù
la cosa più importante del Natale. Te lo
sei dimenticato?».
Vergognandosi, il bue abbassò la
grossa testa e disse: «Ma questo gli
uomini lo sanno?».
89
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0090 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
LO SPAVENTAPASSERI SUPERBO
C’era una volta, in mezzo ad un
campo di grano, uno spaventapasseri.
Faceva molto bene quello che il suo
nome significava, anche perché fra le
braccia gli era stato messo un bastone
che sembrava un fucile.
Era molto superbo e pensava di non
aver bisogno di niente e di nessuno.
Guardava dall’alto in basso le spighe
che gli dondolavano attorno, mosse dolcemente dalla brezza della sera.
«Vedete, diceva loro, come faccio
bene il mio mestiere, allontanando da
voi i passeri che vorrebbero rubarvi il
tesoro dei vostri chicchi di grano? È vero
che non esiste uno spaventapasseri più
bello e più bravo di me?».
Ma le spighe si voltavano ridendo
sotto i baffi senza rispondere.
Un giorno una colomba incuriosita
andò a posarsi sul braccio del fucile.
Il nostro eroe le chiese: «È vero che
non hai mai visto uno spaventapasseri
più bello e più bravo di me?».
La colomba gli rispose: «È vero, come
spaventapasseri, sei veramente bello.
Chi ti ha costruito ha fatto un vero capolavoro!».
Furibondo lo spaventapasseri le
gridò: «Io non debbo niente a nessuno!
Se sono il migliore e il più bello è perché
sono diventato così senza l’aiuto di
nessuno!».
La colomba, per nulla intimorita,
mentre spiccava il volo, gli sussurrò all’orecchio: «Dovresti invece essere riconoscente al tuo costruttore e cantare
senza fine le sue lodi».
Un giorno il padrone stava lavorando
nel campo sotto un sole cocente e
avendo dimenticato a casa il cappello,
prese quello che aveva messo allo spa-
ventapasseri.
La moglie del padrone, che era rimasta senza zucche per la cena, si ricordò che per fare lo spaventapasseri,
aveva usato una zucca come testa, e
andò a prenderla per cucinarla. Venne
anche il figlio maggiore e si riprese la
vecchia divisa da militare, perché quella
sera doveva fare una recita.
Così il nostro eroe che credeva di non
dover niente a nessuno, si rese conto
che tutto quello che era lo doveva a chi
l’aveva costruito.
HO
FATTO
TE
Per la strada vidi una bambina che
tremava dal freddo dentro il suo vestitino leggero e con scarse prospettive
di poter consumare un pranzo decente.
Mi arrabbiai e dissi a Dio: «Perché permetti queste cose? Perché non fai niente
per risolverle?».
Per un certo tempo, Dio mantenne il
silenzio.
Ma quella notte, improvvisamente,
mi rispose: «Certo che ho fatto
qualcosa. Ho fatto te!».
90
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0091 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
LE MANI
LE CAPRE OSTINATE
Dicono che Dio, quando creò l’uomo
e la donna, dimenticò un particolare: le
mani.
Appena se ne accorse, vi pose rimedio da eccellente artista qual è: modellò mani bellissime, tenere e delicate
per la donna, forti e grandi per l’uomo.
Cominciarono ad usarle.
A volte le usavano bene altre volte
male.
Allora Dio decise di incarnarsi, per
avere lui stesso le mani e insegnare loro
come dovevano usarle.
Mostrò loro come benedire, accarezzare, curare, regalare, donarsi.
Permise che inchiodassero le sue
mani per dimostrare che era possibile tenerle sempre aperte, pronte ad accogliere...
Dimostrò così che due chiodi non
avrebbero mai potuto inchiodare la libertà!
C’erano una volta... due capre di
montagna che scendevano da due opposti pendii a valle: sul fondo scorreva
impetuoso un grosso torrente. Per poterlo attraversare, alcuni valligiani
avevano gettato attraverso le rive scoscese del corso d’acqua un grosso tronco
abbattuto da un fulmine. Le due capre si
trovavano una di fronte all’altra a metà
strada del ponte provvisorio che volevano attraversare contemporaneamente. Il tronco era troppo stretto per
permettere ad entrambe le capre di
passare insieme ma, d’altra parte,
nessuna delle due voleva lasciare il
passo all’altra. Ostinate, cominciarono
a litigare, ma nessuna delle due voleva
cedere. Dalle parole passarono ai fatti e
si presero a cornate finché non precipitarono, tutt’e due com’era logico, nel
torrente sottostante. Come sarebbe
stato più facile per una solo di loro dimostrarsi gentile e cedere il passo!
91
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0092 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
IL LEONE E IL TOPOLINO
(Esopo)
C’era una volta un topolino che incauto svegliò un leone che dormiva
tranquillo. Il leone lo afferrò e se lo portò
vicino alla bocca.
Il topolino terrorizzato squittì: «Vi
prego, Maestà, non mangiatemi, se mi
lasciate andare vi ricambierò il favore
appena avrete bisogno di me!».
«Senti, senti» ruggì divertito il leone:
«Vuoi forse aiutarmi nella caccia, o preferisci ruggire al mio posto?».
Il topolino confuso rispose: «Ma, veramente io...».
Il leone tagliò corto: «Sei coraggioso,
ti lascerò andare».
Qualche giorno dopo il leone cadde
in una trappola e si ritrovò prigioniero di
una fitta e robusta rete. Tentò con tutte
le sue forze di liberarsi ma ogni suo tentativo era vano, finché immobilizzato si
rassegnò al crudele destino.
«Maestà vedo che hai bisogno di me,
rosicchierò con i miei dentini tutte le
corde finché riuscirò a liberarti!».
Il topolino lavorò veloce e di lì a poco
il leone fu di nuovo libero: «Grazie
amico, mai un animale così grosso e
forte come me si è trovato a dovere tanta
riconoscenza ad un animale piccolo
come te!».
LA RANA E IL BUE
(Esopo)
C’era una volta una rana presuntuosa
che non perdeva mai occasione per far
vedere alle sue compagne quanto fosse
migliore di loro.
Un giorno capitò nel loro stagno un
grosso bue: «Ci vorrebbero cento rane
come noi per fare una rana grossa come
il bue!» osservarono in coro.
La rana presuntuosa replicò: «Sì, è
grosso ma non mi sembra poi così
tanto!». Gonfiando il petto continuò:
«Anch’io posso diventare grossa come il
bue!». Le rane scoppiarono a ridere:
«Sei piccola troppo piccola!». La rana
gonfiò ancora più il petto: «E ora?» «Sei
ancora piccola!». Allora inspirò quanta
più aria poteva, si gonfiò e si gonfiò
finché.... BUUMMMMM!, fece la pelle
tesa scoppiando.
«Chi troppo vuole...» commentarono le rane allontanandosi.
92
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0093 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
DARSI ALL’ALTRO
Dall era un famoso gigante. Tutti lo
conoscevano.
Vestiva con dei pantaloni al ginocchio, a strisce bianche e blu.
Portava anche una giacchetta rossa.
Quando lo vedevano i popolani lo
chiamavano subito. Lui, con un semplice gesto, poteva mettere a posto i
binari del treno. Con un soffio faceva
muovere i mulini.
Dall operava spesso per il prossimo,
ma solo per ricevere lodi o per avere in
cambio denaro.
In pochi minuti costruiva stalle per
i contadini o case per gli abitanti del
paese. «Bravo!», «Bravo!», diceva la
gente. A lui piaceva essere osannato.
Qualcuno gli offriva dei soldi e lui li
prendeva contento. Se ne andava in
giro cercando di ricevere ringraziamenti e compensi.
Un giorno, mentre stava camminando nel bosco, si accorse che il
fiume, dopo le piogge, era in piena. Gli
argini non riuscivano più a contenere
le acque.
Tutti gli animali della foresta erano
in angoscia: «Aiuto!», gridava la
talpa.
«Dobbiamo trovare una soluzione!», diceva il saggio gufo.
Gli argini del corso d’acqua
stavano crollando sotto la forza del
rio.
Si udiva il rumore delle onde,
mosse dal vento. La minaccia
metteva in pericolo tutta la fauna silvestre. Scappavano gli scoiattoli, correvano lontane le lepri.
Intanto soffiava forte il vento. Gli
abeti e i larici si muovevano di qua e di
là, vacillavano sotto le sferzate della
corrente.
«Aiutaci!», chiedevano gli animali
a Dall, ma lui non voleva prestar loro
soccorso.
«Io aiuto solo chi può offrirmi del
denaro o le creature che poi mi
lodano!».
Gli animali però insistettero.
Il gigante disse: «Va bene! Cominciamo i lavori!».
Il riccio prese una cesta e cominciò
a caricare sabbia. L’orso preparava i
terrapieni per la diga, mentre i castori
portavano il legno.
Il gigante dirigeva l’opera, intanto
spostava ciò che vi era di più pesante,
come i massi da porre a mo’ di sbarramento o i tronchi più grossi.
«Prendi vanga e zappa e smuovi la
terra intorno all’argine!», diceva Dall
alla puzzola. Intanto le rane svuotavano il bacino dalle alghe che lo
avevano riempito, per fare in modo
che ci fosse spazio per lavorare.
Il gigante entrò in acqua.
Rafforzarono i ciglioni con una
gran quantità di foglie secche, portate
dalle ghiandaie che volavano da tutte
le parti per offrire il proprio contributo all’attività.
Arrivarono anche gli gnomi, con i
loro cappelli rossi: si vedevano camminare spediti per mettere sacchi di
sabbia a fare da zavorra alla legna che
chiudeva la diga.
Il muro della barriera costruita era
sempre più alto.
Gli animali lavoravano tutti in-
93
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0094 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
sieme, guidati da Dall.
Lavorò la volpe, lavorò il lupo,
lavorò il procione e pure il topolino.
Persino la coccinella e il maggiolino offrirono la loro collaborazione.
«Il fiume è arginato!», disse alla
fine il gigante.
L’opera era conclusa.
Il bosco non era più in pericolo, sarebbe potuto piovere per giorni e
giorni, ma non c’era rischio di inondazione.
Questa volta non ci furono persone
a lodare Dall, né gli animali avevano
soldi da dargli.
L’unica soddisfazione era quella di
poter vedere gli abitanti del bosco
felici per essere stati salvati. Dall si accorse di essere più contento del solito.
Ecco la vera gioia dell’aiutare il
prossimo: la si prova nel cuore, non
corrisponde a lodi e denaro. È una
cosa che si sente dentro. Chi lavora
solo per essere lusingato o ripagato
con beni materiali è solo un ipocrita.
Chi si dà al prossimo per il piacere di
farlo è un puro di cuore e ha compreso
il senso della vita.
Era bello vedere gli uccelli volare
contenti, la marmotta serena, la
lontra nuotare felice, i conigli scorazzare lieti...
LE MEDICINE DAL CIELO
Gli abitanti del villaggio avevano
deciso di riunirsi in assemblea, e
chiedere consiglio agli antenati.
La sapienza custodita dagli antichi
saperi si stava per rivelare dal cielo.
C’erano tanti problemi: guerre e
male. Si combatteva e ci si scontrava.
Era conflitto ovunque.
In alto c’erano nuvole grigie.
«Vi mandiamo segnali dal cielo!»,
comunicarono gli antenati.
Gli uomini litigavano sempre tra
loro e c’era bisogno di una soluzione.
Il capo era il solo a poter comprendere
la voce degli antenati e disse:
«Guardate le nubi!».
Si vedevano cirri nerissimi. Tirava
un vento gelido e faceva freddo.
La gente cominciò a cantare e a
pregare.
Stavano tutti in cerchio, a invocare
la saggezza degli avi.
I tamburi ritmavano le danze. I
flauti accompagnavano la celebrazione.
C’era tanta amarezza. Tutti pensavano alle contese e ai disaccordi.
Il cielo seguiva quel rito. Le nubi
nere cominciarono a essere sostituite
da nuvole bianche. Venne un vento
di scirocco caldo. Il dio della Terra
iniziò a parlare. La gente s’inginocchiò.
«Ecco la medicina!», disse il dio della
terra. Si videro quattro nuvole disporsi sopra l’accampamento.
Erano nubi grandi, bianche e chiarissime. Il sole filtrava dietro di esse e
un alone magico ne faceva risaltare i
contorni.
In mezzo al campo fiori ed erbe si
volsero verso le nuvole, vivificati
dalla loro presenza.
Il castoro, il coyote e le marmotte
94
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0095 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
correvano al centro dell’accampamento. Anche loro iniziarono a
cantare “osanna” alle nuvole.
Tutti si rendevano conto che stava
accadendo qualcosa di straordinario.
Si udì il ruscello rombare forte sotto
il campo. Anche le acque erano in tumulto.
Il grande capo chiedeva: «Come faranno queste nuvole a risolvere i
nostri problemi?».
Il dio della Terra disse: «Occorre rigenerare la vita! Queste nuvole sono
la vostra medicina!».
Le nuvole avevano infatti quattro
nomi.
La prima si chiamava Concordia: era
la più grossa e la più bella. Iniziò a
piovere. L’acqua cadeva sulle tende e
sulle genti. Il popolo cominciò ad abbracciarsi.
«Non basta ancora!», disse il dio
della terra.
La seconda nuvola si chiamava Armonia. Piovve anch’essa. Erano stille
d’acqua dorate e limpide. Si trattava
di una pioggia calda e magica. La
gente, bagnata dalla pioggia, camminava tenendosi per mano. Ognuno
teneva stretto il palmo dell’altro, godendo della concordia e dell’intesa.
«Viva l’amicizia!», cantavano i
presenti.
Anche la terza nuvola disse:
«Adesso continuerò a curare i vostri
mali!»; venne giù un breve temporale. Le gocce sprizzavano a destra e
a sinistra. Bagnarono le case e le
persone.
Quella nuvola si chiamava Pace.
Arrivò la riconciliazione tra i litiganti.
La tregua fu duratura.
Si cominciò a portare il pane al
centro del villaggio. Tutti si dividevano il vitto con generosità e grandezza d’animo, umanità e gentilezza.
C’era tanta gioia.
«Ecco l’ultima medicina!», vociò il
dio della terra indicando la quarta
nube. Questa si chiamava Amore.
Era una nuvole sincera e cristallina. A
vedere il sole filtrare in essa si
scorgeva una miriade di colori: azzurro, giallo, turchino e verde formavano dei prismi iridati.
Piovve tanto amore sulle genti. La
vita del villaggio cambiò. Da quel
giorno ogni volta che pioveva gli
uomini si lasciavano bagnare dalle
nuvole guaritrici. Non ci furono più
né guerre né litigi; quelle erano le medicine per la vita: concordia, armonia, pace e amore.
Non accumulate tesori sulla terra,
ma pensate al cielo, dove ci sono le
nuvole che ci purificano dal male e ci
danno la felicità e la beatitudine.
L’UNIONE
FA LA FORZA
Nevicava forte. Il vento faceva turbinare i fiocchi candidi. La vista era
ottenebrata dal quel pulviscolo
bianco. Gli strati di neve già caduta si
erano ormai trasformati in ghiaccio.
Il forcone entrò nel granaio dicendo: «C’è un freddo che taglia le
orecchie!».
«Hai ragione!», rispose la zappa.
Nel deposito di grano faceva anche
lì un gran freddo. C’erano le presse di
paglia gialla che si stringevano tra
95
Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0096 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,25 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
loro. Il fieno emanava un dolce
profumo d’erba, ma anche lui gridava:
«Che ghiaccio!».
Era un silo molto ampio. Una finestrella ovale faceva entrare un po’ di
luce. Da quel pertugio si poteva
vedere fuori. Il cielo era tutto bianco.
Bianchi erano i campi, e nivee come il
latte anche le strade. Sulla via si vedevano solo le orme del pastore, il
proprietario del granaio che se ne era
andato a casa al caldo del camino.
Intanto nel capanno anche il
trattore tremava gelato.
«Chissà a quanti gradi sotto zero è
scesa la temperatura!», diceva.
La biada era parimenti infreddolita
e così la crusca e le piantine interrate
nel semenzaio. Più freddo di tutti,
però, aveva il piccolo capretto.
Era un piccolo capretto bianco e
nero. Giovane giovane. Non aveva
ancora le piccole corna. Zampettava
di qua e di là intirizzito.
«Dobbiamo fare qualcosa per il capretto!», disse il forcone.
La luce che entrava dalla finestrella illuminava i denti della forca,
facendoli scintillare e dando risalto a
quelle importanti parole.
Nel granaio tutti si volevano molto
bene. La zappa disse: «È vero! Dobbiamo aiutare il capretto!».
Si fece avanti il trattore. «Chiamiamo il pastore!», disse.
Il forcone provò a chiamare:
«Aiuto pastore, il capretto ha
freddo!».
Il pastore era nel suo soggiorno, davanti al focolare domestico. Si
scaldava le mani e i piedi vicino al
fuoco e non sentiva certo il forcone.
Provò a chiamare la zappa: «Aiuto!
Soccorso! Il capretto ha freddo!», ma
anche questa volta il pastore non udì
alcunché.
La temperatura continuava ad abbassarsi. Il povero capretto era scosso
da brividi di gelo. Guardava con occhi
supplichevoli i compagni. C’era nel
capanno un enorme mucchio di
grano.
Erano tanti semini di frumento, gli
uni accatastati sugli altri.
Un chicco di grano si lasciò cadere,
cercando di dire «aiuto!»: non si sentì
nulla.
Un altro chicco lo imitò. Il risultato
fu ancora nullo.
Tentò un terzo granello: l’effetto fu
ancora una volta il solito.
Un solo granello, da solo, non provocava alcun rumore.
I chicchi si misero a confabulare.
Erano tutti intenti a parlare tra loro.
Gli altri attendevano la fine del colloquio. Finalmente la conversazione
tra i granelli ebbe termine. Il mucchio
di grano aveva deciso: «Ci butteremo
tutti insieme a terra, così da poterci
fare sentire!».
Tutti insieme i chicchi di grano si
lasciarono rotolare chiedendo soccorso a vantaggio del capretto.
Un solo chicco di grano cadendo
non produce alcun suono, mentre un
moggio intero provoca un gran fracasso: «Aiuto pastore! Soccorri il capretto!», si sentì dalla casa quell’invocazione.
L’unione dei granelli aveva ottenuto l’effetto sperato.
Il pastore si recò nel fienile. Prese il
capretto e lo portò in casa, dove l’animaletto poté scaldarsi vicino alla
fiamma... L’unione fa la forza!
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Tipografia Piave: AP nl: MISSIO15-0099 nome: NOTIZIE N.15 data: 22-12-10 Ora: 22 alt: 45 , 06 Compos.:22,26 del 22-12-10 base: B2 col: CMYK
RECENSIONI SUL TEMA
(REPERIBILI PRESSO GLI UFFICI DEL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO)
di MARIO BOTTEGAL
Vorrei raccomandare alcuni DVD gnato in un progetto di salvaguardia di
realizzati per un pubblico di ragazzi ma questa specie in via di estinzione.
che si faranno sicuramente apprezzare Riviste per i giovani:
anche dagli adulti.
IL PONTE D’ORO - edito dall’AssociaPer i più giovani segnalo due titoli:
zione Amici della Propaganda MissioUN MONDO DI FIABE 1
naria - Roma
UN MONDO DI FIABE 2
P.M. (Il Piccolo Missionario) del ColQuesti due films vi faranno incontrare legio Missioni Africane - Verona
popoli lontani e viaggiare per il mondo
Trattasi di due pubblicazioni mensili
alla scoperta della saggezza antica, fa- molto ben curate che, da anni, si ricendovi intravedere un mondo nuovo. volgono alla fascia d’età compresa nelQueste favole vi porteranno in Asia l’adolescenza. Devo però dire che
(Giappone e Isola di Sumatra); in Africa possono essere apprezzate in pieno
(Kenia e Zaire); e infine in America anche dagli adulti.
Latina (Argentina, Perù e Cordigliera
In entrambe vengono trattati argodelle Ande).
menti vari che, in chiave cristiana e misUn altro che posso raccomandare è un sionaria, spaziano tra tutti gli argomenti
documentario sulla condizione dei neri d’attualità, umani, politici, didattici ecc..
Non mancano le lettere scritte dai
in Alagoas (Brasile)
giovani al giornale e le testimonianze di
TERRA DI ZUMBI - TERRA DI LIBERTÀ
quelli che hanno vissuto recentemente
Ripropongo inoltre il famoso
esperienze nelle varie parti del mondo.
VOLI PER ALI DI LIBELLULA realizzato
Queste due riviste che si possono dealcuni anni fa in Costa d’Avorio dal
finire speculari, non trattano, covalido regista Roberto Bristot, nostro
munque, contemporaneamente, gli
conterraneo. Trattasi di una «trilogia mestessi argomenti ma si differenziano, di
taforica dell’adolescenza. È un piccolo
volta in volta, anche nella sostanza e nelviaggio fantastico nella cultura dell’IMl’esposizione dei fatti. Pertanto, una non
MAGINARIO INFANTILE AFRICANO.
esclude l’altra, anzi, sono spesso comTre storie che il vecchio saggio del vilplementari e da ognuna di esse si
laggio evoca davanti al fuoco a un
possono trarre spunti per riflessioni.
gruppo di bimbi avidi di fantasia»,
come dice testualmente la prefazione. I racconti sono stati tratti dal
libro omonimo di Ezio Del Favero.
Cito un film a soggetto molto
bello, avventuroso e coinvolgente:
IL PICCOLO PANDA nel quale viene
narrata la storia di un ragazzo, Ryan
e di un panda, appunto. Si svolge
tra i monti della Cina, in un ambiente straordinario dove questo
ragazzo americano sta vivendo as99
sieme a suo padre, zoologo, impe-
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