Malgrado tutte le difficoltà, morali e materiali, Molière godette di uno straordinario successo presso il pubblico, la corte e altri scrittori, grazie alla capacità di realizzare una sintesi di tutti i generi del teatro comico: la farsa, la Commedia dell’Arte e la commedia psicologica. La farsa aveva occupato un posto importante nel teatro comico nei secoli XV e XVI. Essa rappresentava, con pochi personaggi e un intrigo lineare, situazioni ispirate alla vita quotidiana (scene di vita coniugale, adulteri, furti, inganni) ed era fondata su una comicità d’azione (travestimenti, inseguimenti, bastonate) che sfociava in un ribaltamento finale della situazione. Della commedia italiana utilizzò soprattutto lo stile di recitazione: nella maggior parte delle sue interpretazioni appariva truccato, moltiplicando, grazie alla mimica, alle acrobazie e alle smorfie, gli effetti comici e grotteschi. Molière stesso diede al nuovo tipo di commedia da lui creato il nome di grande comédie, inaugurata con La scuola delle mogli. Le sue opere, circa una trentina, diverse per genere, sono quasi tutte fondate sulla comicità che nasce spesso dalla rappresentazione, caricaturale e deformata, della società dell’epoca. La satira e la critica colpiscono nei loro difetti soprattutto i notabili, coprendoli di ridicolo. Questi personaggi, nati dall’osservazione degli uomini e della società del tempo, assumono, grazie all’esagerazione e alla deformazione operate da Molière, un carattere universale e diventano tipi dai caratteri definiti, o meglio, archetipi. La varietà caratterizza anche lo stile di Molière, che attribuisce a ogni personaggio e a ogni situazione il proprio linguaggio, con una grande mescolanza di toni e di registri che vanno dalla parlata popolare a quella raffinata, ai gerghi dei medici o dei giuristi: toni che, uniti nell’intreccio, contribuiscono in modo decisivo all’esplosione della comicità. A TEATRO PER STARE BENE Stagione 2010/2011 7 marzo - ore 20.45 Musica 17 febbraio - dalle 9.00 alle 12.00 Teatro per la scuola OraDiTeatro Presentazione agli studenti dello spettacolo Il Misantropo ideazione e progettazione Annamaria Cecconi 23 - 25 febbraio - ore 20.45 Prosa 26 febbraio - 16.00 e 20.45 AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA commedia musicale di Garinei e Giovannini ripresa teatrale di Johnny Dorelli regia originale di Pietro Garinei e Sandro Giovannini con Gianluca Guidi e Enzo Garinei con la partecipazione straordinaria di Marisa Laurito musiche di Armando Trovajoli una produzione: Il Sistina CONCERTO SOSPESO Testi a cura di Gianmatteo Pellizzari I Nuovi Suoni Ensemble del Laboratorio di Musica Contemporanea del Conservatorio Tomadini di Udine Giuseppe Garbarino direttore musiche di Aulon, Poulenc, Castiglioni, Garbarino, Milhaud Il concerto del 27 febbraio è stato sospeso a data da destinarsi 5 marzo - ore 20.45 Crossover SPLENDORE DEL BAROCCO STRUMENTALE Suites e Concerti grossi Le Concert des Nations Jordi Savall direttore e viola da gamba musiche di Philidor L’Aisnée, Luigi Rossi, Guillarme Dumanoir, Arcangelo Corelli, Georg Philipp Telemann, George Friederich Händel 10 marzo - ore 20.45 Operetta LA BAIADERA © Studio Patrizia Novajra - stampa: Grafiche Filacorda L’UNIVERSALITÀ DI MOLIÈRE musica di Emmerich Kálmán libretto di Julius Brammer e Alfred Grünwald direttore d’orchestra Orlando Pulin regia di Serge Manguette una produzione: Compagnia Italiana di Operette 15 - 18 marzo - ore 20.45 Prosa RUSTEGHI i nemici della civiltà da I Rusteghi di Carlo Goldoni traduzione e adattamento di Gabriele Vacis e Antonia Spaliviero con (in ordine alfabetico) Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Natalino Balasso, Jurij Ferrini regia di Gabriele Vacis composizione scene, costumi, luci e scenofonia Roberto Tarasco una produzione: Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Teatro Regionale Alessandrino LET’S SWING Swing Dance Orchestra The Skylarks Andrej Hermlin direttore L’epoca d’oro dello swing: Glenn Miller, Benny Goodman, Artie Shaw... Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine Via Trento, 4 - 33100 Udine Tel. 0432 248411 [email protected] - www.teatroudine.it misantropo.indd 1-3 Biglietteria on line: [email protected] www.teatroudine.it www.vivaticket.it Prevendite per gli spettacoli di marzo dal 21 febbraio 14/02/11 15.05 da mercoledì 16 a sabato 19 febbraio - ore 20.45 domenica 20 febbraio - ore 16.00 IL MISANTROPO di Molière traduzione di Cesare Garboli regia di Massimo Castri Aleceste Filinto Oronte Célimène Basco Eliante Citandro Acaste Arsinoè Guardia, Du Bois Massimo Popolizio Graziano Piazza Sergio Leone Federica Castellini Davide Lorenzo Palla Ilaria Genatiempo Andrea Gambuzza Tommaso Cardarelli Laura Pasetti Miro Landoni scene e costumi Maurizio Balò luci Gigi Saccomandi musiche Arturo Annecchino suono Franco Visioli misantropo.indd 4-6 Raramente il riso ha manifestato tanta capacità di esercitarsi drammaticamente su una realtà umana, etica e sociale ad un tempo. Qual è la grandezza di Molière? Far diventare le storie comuni storie universali, valide per ogni tempo e per ogni luogo. Il misantropo è la storia di chi, contro il parere e i consigli degli amici, non scende mai a compromessi, pone sempre la sincerità al di sopra di tutto col rischio di perdere ogni possibile protezione. Ecco il retroterra che Massimo Castri affronta con questa nuova messinscena, accostandosi per la prima volta a un Molière e affidandosi alla consolidata bravura di un attore molto amato dal pubblico del “Giovanni da Udine”: Massimo Popolizio. IL COMICO E LA GEOMETRIA DELLE PASSIONI Molière non è un autore di tutto riposo per il pubblico d’oggi. Nel caso del Misantropo il dialogo brillante su cui poggia ogni commedia di conversazione irretisce lo spettatore nei tranelli delle allusioni retoriche, dei rimandi linguistici, delle specularità tra i personaggi sulla scena. Siamo spinti ad un esercizio di vigile attenzione, ad una palestra della ragione, ben lontani dalla appagante narratività delle trame romanzesche delle commedie shakespeariane. Per immergerci nella sfera linguistica della corte francese del diciassettesimo secolo con tutti i sottotesti propri di quel codice galante in cui l’ambiguità verità/finzione è massima. Monsieur Poquelin mette in campo l’esprit de géométrie per una commedia perfetta secondo le regole del classicismo francese: una storia d’amore contrastato, due coppie, una serie di personaggi spaiati che cercano una sistemazione. La convenzione dell’intreccio è rispettata: A ama B che invece ama C. Uno schema che vale solo per alcuni personaggi: Arsinoè vuole Alceste che ama Célimène, Filinto ama Eliante che vorrebbe Alceste. Ma - è l’invenzione molieriana del raddoppio d’intreccio - tutti, Alceste, Oronte, Clitandro, Acaste, tutti, amano Célimène che ama, a parole, l’atrabiliare Alceste; colui che, suo malgrado, ha «fede che l’amore le scrosterà dall’anima la sporcizia del secolo». Nei fatti, la giovane vedova «dà il suo cuore a turno», non ama che se stessa e non sfuggirà ad una resa dei conti. La drammaturgia è canonica: le unità di tempo, l’esposizione, la scena della lettera, il gioco delle accelerazioni e delle interruzioni negli incontri tra i due personaggi principali verso la grandiosa scena processuale finale. Il lieto fine? Non c’è. Una sola coppia si forma, l’altra si dissolve; i personaggi spaiati, aumentano. Il tempo comico stavolta non redime, non salva, ma condanna il protagonista maschile all’allontanamento (volontario) dalla amata e la protagonista femminile alla perdita del vero oggetto di desiderio, la sua immagine sociale. Un testo così richiede agli attori l’incorporazione del suo ordine geometrico nella fluidità dei movimenti e nella precisione nell’appropriarsi dello spazio scenico; ma poiché deve anche suscitare il riso, li sospinge a misurasi con le tecniche dei Commedianti dell’Arte da cui Molière attore è partito per arrivare alla critica di costume. Fa bene la regia di Castri a “citare” quella grande tradizione nell’agone tra le dame Arsinoè e Célimène, nel tremebondo servo Du Bois in abito d’Arlecchino del quarto atto. L’atrabiliare, la dama brillante, la zitella in età, il raisonneur, la saggia, i soldati fanfaroni, il giullare. Trasportando i ruoli dell’Arte in personaggi del suo tempo, Molière mostra il rovescio della realtà e ritrae con amaro disincanto i suoi contemporanei. La devota Arsinoè arde ancora per i desideri della carne, le vanterie dei marchesetti mostrano solo l’arrogante narcisismo di una appartenenza di classe, il poeta precipita dai cieli disinteressati del bello, alle meschinerie della vanità offesa. Lo spirito di Célimène si rivela smania irreprimibile di comparire praticando l’arte della maldicenza sistematica, la civetteria e l’ipocrisia. La saggia e il raisonneuer si salvano, ma senza consolarci. Resta nel finale senza idillio una ipoteca sgradevole: Eliante sarà felice accettando Filinto come sposo? Un ragionevole ripiego, fallita la prospettiva delle nozze con Alceste. E il metodo filosofico di Filinto, la tolleranza verso i difetti altrui, il pragmatismo di fronte alla corruzione dell’esistente, fino a quando potranno essere mantenuti? Il doppio gioco di Molière tra arte teatrale e critica sociale raggiunge il culmine in Alceste. Nota il filosofo Bergson: la sua stranezza ovvero estraneità alle regole del mondo che lo circonda, «rende risibile la sua onestà». Egli è afflitto da una monomania, voler dis-piacere a tutti con la fisima della verità, una rigidità ripetitiva sospetta alla società, che lo rende comico assimilandolo alla marionetta. All’opposto, Célimène è afflitta da una speculare monomania: voler piacere a tutti e perciò vivere sempre in pubblico, dentro le conversazioni e i giochi della seduzione. È questo narcisismo trionfante, secondo la mirabile lettura psicoanalitica di Francesco Orlando, ciò che Alceste invidia e pertanto ricerca nella donna, in un progressivo delirio di possesso a cui lei si sottrae continuamente, rifiutando di rendere manifesto a tutti il suo amore per lui. La geometria dell’età cartesiana nasconde sotto la lucida superficie il ribollire degli umori e delle passioni dell’anima. L’atrabiliare innamorato, un ruolo da farsa, è una contraddizione in termini, per chi si proclama ricercatore della verità, della ragione, della giustizia; assoluti laici che molière accosta insidiosamente con una patologia amorosa, dai tratti masochistici. «Vi trovo ridicolo con quegli occhi da padre e il tono del buffone che sbatte il vero in faccia» dice Célimène ad Alceste, un giudizio di assurdità sociale o un suggerimento per il grande attore? Annamaria Cecconi 14/02/11 15.05