Edizione del 30 novembre 2010 Reg. Tribunale Civile di Roma - sez. stampa n. 371|2009 Maxisanzione L'interpretazione estensiva del Ministero GEN e Consiglio Convocati per il 17 e il 18 dicembre 2010. All'interno l'odg Quesiti La rubrica delle risposte degli esperti del Centro Studi Collegato e libro unico: confermata l'interpretazione dell'Ancl - Sindacato Unitario REDAZIONE Bollettino ufficiale Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario Anno 2 - Numero 22 (25) Reg. Tribunale Civile di Roma sezione stampa n. 371 del 19.11.2009 Direttore responsabile Francesco Longobardi Capo redattore Diana Paola Onder Coordinatori di redazione Silvia Bradaschia Giuliana Della Bianca Redazione e impaginazione Solcom srl via Salvatore Matarrese, 2/G 70124 Bari Editore Ancl - Segreteria Nazionale via Cristoforo Colombo, 456 Scala B, II piano 00145 Roma Contatti www.anclsu.com [email protected] [email protected] chiuso alle ore 16:18 del 30 novembre 2010 SOMMARIO EDIZIONE DEL 30 novembre 2010 EDITORIALE Collegato e Libro Unico: confermata l'interpretazione dell'Ancl pag. 3 PRIMO PIANO Circolare maxisanzione: l'interpretazione estensiva del Ministero pag. 5 PRIMO PIANO Retribuzioni tacciabili: accolte le richieste dell'Ancl pag. 8 FOCUS Collegato lavoro, telelavoro, mediazione, conciliazione e arbitrato, licenziamenti e lavoratore autonomo pag. 9 quesiti Le risposte degli esperti pag. 18 News Approvate le indicazioni necessarie per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato pag. 23 CHI SIAMO in ultima PAG. 3 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 EDITORIALE Collegato e Libro Unico: confermata l’interpretazione dell’Ancl La nota del presidente Longobardi e le anticipazioni dell'Ancl sulla legge 183/2010 Dal forum dello scorso 17 novembre sul collegato lavoro, sono giunte ampie conferme alle prime interpretazioni del testo di legge che l’Ancl aveva fornito puntualmente sui propri mezzi di comunicazione. In particolare, va segnalato l’ampio anticipo con il quale si è data la corretta lettura alla perdita della funzione documentale del libro unico riguardo alla dimostrazione della regolarità del rapporto di lavoro. Sul valore probatorio del libro unico, ci si era peraltro pronunciati pubblicamente e ben prima delle vicende parlamentari relative al collegato lavoro. In occasione del convegno tenutosi in Napoli il lontano 20 gennaio 2009, nell’intervento introduttivo ebbi ad affermare: “(…) Ho ventilato l’abolizione del libro unico chiedendomi se l’elaborazione mensile del libro unico e poi anche dei prospetti paga (nei casi di elaborazione differenziata senza le presenze) sia effettiva semplificazione o raddoppio di adempimenti; chiedendomi che necessità avrà più di esistere il libro unico se la regolarità dei rapporti di lavoro è ormai data solo e soltanto dalle comunicazioni obbligatorie o dalle altre comunicazioni alla pubblica amministrazione; chiedendomi ancora quale funzione assolve ancora la vidimazione del libro unico. Orbene a fronte di queste eccezioni vere e concrete, mi sono sentito rispondere che è necessario il mantenimento del libro unico perché esso è una forma di lotta all’abusivismo professionale; perché, cioè, conoscendo nomi e cognomi di chi ha ricevuto l’autorizzazione inail , si potranno individuare i soggetti non abilitati: ma davvero si ritiene che l’Inail possa aver concesso l’autorizzazione a soggetti non abilitati ? ma davvero si vuol ritenere che l’Inail metta in piazza nomi e cognomi dei soggetti autorizzati? E con quale autorità la nostra categoria potrebbe svolgere verifiche sulle autorizzazioni concesse? Non sono questi ovviamente termini seri della questione.(…)" Ad oggi, sarei davvero curioso di sapere quanti personaggi abusivi sono stati scovati grazie al libro unico. Ma temo di non avere risposta. Venendo ai temi più attuali, si ritiene utile ripubblicare di seguito l’articolo con il quale veniva data anticipata e corretta interpretazione dello specifico argomento novellato dal collegato. PAG. 4 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 EDITORIALE Collegato lavoro: il libro unico perde la funzione documentale Non sarà più possibile attestare la volontà di non occultamento del rapporto di lavoro ( in assenza della comunicazione preventiva di assunzione) attraverso l’avvenuta scritturazione del lavoratore sul libro unico. E’ questa la prima interpretazione che può darsi alla nuova normativa in materia, riportata nell’art. 4 del “collegato lavoro”, nella rispettosa attesa delle indicazioni ministeriali che verranno a riguardo. L'introduzione del libro unico previsto dagli articoli 39 e 40 del D.L. 25 Giugno 2008 n.112, convertito nella legge 133/08, ha abrogato, con decorrenza 18.08.08, gli storici libri matricola e paga introducendo il libro unico del lavoro. Tutte le disposizioni amministrative intervenute a riguardo, hanno istruito alla individuazione del lavoro sommerso in rapporto alla mancanza delle comunicazione preventiva ai servizi per l’impiego “ e ” alla mancata annotazione sul libro unico. Su tutte fa specie il passaggio della circolare del Ministero del Lavoro nr. 20/2008: (…)Qualora i lavoratori risultino occupati in assenza di comunicazione preventiva e non vi sia alcuna scritturazione nel libro unico del lavoro (o negli altri libri obbligatori nella fase transitoria), ne' sia possibile rilevare da altri adempimenti obbligatori precedentemente assolti la volontà di non occultare i rapporti di lavoro, anche se differentemente qualificati rispetto agli esiti della attività di indagine espletata, si procederà alla contestazione della maxisanzione per il sommerso e, sussistendone le condizioni (art. 14, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112), alla sospensione della attività d'impresa. (….) Tralasciando la vicenda di quella “e” apposta sulla circolare ministeriale per la quale appariva che le condizioni di comunicazione preventiva e scritturazione su libro unico dovessero essere concause per l’applicazione della maxi sanzione e non cause separate, di fatto l ’avvenuta annotazione sul libro unico – considerata appunto scritturazione obbligatoria – diveniva fattore esimente dalla applicazione della maxi sanzione. Oggi – o meglio successivamente alla pubblicazione del collegato lavoro in Gazzetta Ufficiale – appare non essere più così. La nuova caratterizzazione della documentazione idonea a dimostrare la volontà di non occultamento del rapporto è dettata dall’art. 4 del Collegato: Art. 4. (Misure contro il lavoro sommerso). 1. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento»; b) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione»; (…) Ora, va osservato che - ferma restando la generale efficacia della esibizione della comunicazione preventiva di assunzione ai fini suddetti, la nuova disposizione esime dalla applicazione della maxi sanzione unicamente il caso in cui “dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto” (quindi denunce previdenziali, e-mens, ecc). Appare di tutta evidenza che l’iscrizione del lavoratore sul libro unico ( in mancanza della comunicazione preventiva e perlomeno sino al 16 del mese successivo nel quale acquista carattere di ufficialità nei confronti della pubblica amministrazione) non costituisce adempimento di carattere contributivo, e come tale non ha valore esimente dalla applicazione della sanzione di cui innanzi. Si valuterà nel breve la suesposta considerazione in rapporto alle istruzioni amministrative di prossima emanazione. Renzo La Costa - 4.11.2010 PAG. 5 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 primo piano Circolare maxisanzione: l’interpretazione estensiva del Ministero Può essere assoggettato a maxisanzione chi non è obbligato alla comunicazione preventiva? scrive Francesco Longobardi Presidente Nazionale Ancl - Sindacato Unitario La domanda è: può essere assoggettato a maxisanzione per omessa comunicazione preventiva chi non è obbligato alla comunicazione preventiva? Secondo diritto no, secondo il Ministero del Lavoro, sì. La questione - già sollevata dai nostri organi di informazione nel corso della discussione parlamentare del provvedimento sta in questi termini. L’Art. 4 della Legge 183/2010 prevede l’applicazione della maxisanzione “ in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro”. Ne consegue - stando al dettato legislativo - che chi non è soggetto all’obbligo di comunicazione preventiva non può essere soggetto a sanzione. Non sono soggetti alla comunicazione preventiva: 1) Le Agenzie di somministrazione, che sono tenute a comunicare l’assunzione dei lavoratori temporanei somministrati entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione (utilizzando la procedura informatica con il Modello Unificato Somm (Legge 296/2006 - Finanziaria 2007, art. 1, comma 1180, che modifica DL 510/1996, art. 9 bis, convertito con L. 608/1996); 2) Le istituzioni scolastiche, che provvedono agli obblighi di comunicazione entro il termine di dieci giorni successivi all'instaurazione del rapporto di lavoro (Decreto Legge 7 settembre 2007, n. 147, art. 2, comma 4, convertito con Legge 176/2007). Sul punto, secondo la circolare ministeriale 38/2010 invece così si esprime: “Anche se la norma fa esplicito riferimento alla comunicazione preventiva d'instaurazione del rapporto di lavoro non si può ritenere che le Agenzie per il lavoro autorizzate alla somministrazione di lavoro, le quali comunicano l'assunzione dei lavoratori in somministrazione entro il ventesimo giorno del mese successivo, siano sottratte alla applicazione della maxisanzione. (…) Così pure le istituzioni scolastiche private (le quali comunicano i rapporti di lavoro entro i dieci giorni successivi alla instaurazione, ex art. 2, comma 4, del D.L. n. 147/2007, convertito da L. n. 176/2007) rientrano nell'ambito di applicazione della maxisanzione se occupano irregolarmente personale, qualora non possano attestare la regolarità della occupazione con la documentazione posta in essere per inserire il lavoratore nella organizzazione didattica o funzionale" (…) Le indicazioni così fornite non potranno che ingenerare ulteriore contenzioso. Se è pur vero che il passaggio della circolare vincolerà uffici e ispettori alla applicazione della sanzione , sarà difficile che si possa vincolare la decisione di un giudice , che invece si attiene alla legge. Il caso in questione, non lo si evidenzia certo per inneggiare alla non applicabilità della sanzione per alcune categorie di datori di lavoro, ma per invocare ancora una volta , la certezza delle norme emanate. Quanto sopra si evidenzia inoltre per sottolineare un ennesimo caso di non ascolto degli oculati contributi forniti per tempo al legislatore, che invece (non certo per colpa del Ministero) ha prodotto l’ennesimo provvedimento di contrastata interpretazione. Tentare di colmare una macroscopica carenza legislativa con disposizioni di natura amministrativa, non è un bell’esempio: e ciò, nonostante il collegato lavoro abbia impegnato due anni di discussione. Una prassi questa che non deve consolidarsi: PAG. 6 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 analogo rimedio venne usato per l’obbligo di iscrizione nel libro unico dei lavoratori somministrati, introdotto da una circolare ma mai previsto dalla legge. L’appello, l’ennesimo, è quello di aprire più primo piano spesso l’ingresso parlamentare a chi, probabilmente, può essere più utile. Il Ministero sulla maxisanzione dopo il collegato lavoro Prime istruzioni operative sulla legge n.183 del 2010 scrive David Trotti Il Ministero del lavoro con la circolare n.38/2010 interviene sul cosiddetto collegato lavoro (legge n.183 del 2010) dando le prime istruzioni operative. Individuazione "lavoro nero": la maxisanzione va a sommarsi a tutte le altre sanzioni previste nei casi di irregolare costituzione del rapporto di lavoro, poiché, e questa è la novità, il lavoro sommerso diviene frutto della mancata comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro che sarà l’indice rivelatore dell'impiego di lavoratori "in nero", nonché il presupposto applicativo. Questa si applicherà ai "lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro" e non ai rapporti di lavoro instaurati con lavoratori autonomi e parasubordinati per i quali non è stata effettuatala comunicazione preventiva al Centro per l'impiego. Resta in vigore la precedente normativa di sospensione dell'attività imprenditoriale per la quale si continua a ricomprendere la generalità dei rapporti di lavoro, anche non subordinati. Viene chiarito che la maxisanzione trova applicazione per le altre tipologie di rapporto per le quali non è prevista la comunicazione al Centro per l'impiego poiché il lavoro subordinato è dato per accertato qualora non siano stati effettuati gli adempimenti previsti a comprovare la regolarità del rapporto e cioè quando non sia stata effettuata la Denuncia Nominativa degli Assicurati relativa a coniuge, figli ….. del datore di lavoro che prestino attività alle sue dipendenze; per i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società che prestino per esse attività, ovvero se non si è effettuatala comunicazione all'INPS/INAIL prevista per i buoni lavoro. Per il lavoro autonomo occasionale si entrerà nel campo della maxisanzione in assenza della documentazione utile ad una verifica circa la pretesa autonomia del rapporto. Esclusioni: in caso di formale instaurazione di rapporti di lavoro autonomi o parasubordinati che rispettino i relativi obblighi e di successiva qualificazione come rapporto di lavoro subordinato non si applica la maxisanzione difettando l presupposto identificativo, ciò anche per il datore di lavoro che, antecedentemente al primo accesso in azienda degli ispettori regolarizzi integralmente il rapporto di lavoro. Maxisanzione e contributi: la maxisanzione non trova “applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti,si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione" ciò comporta che l'unica documentazione idonea ad escludere l'applicazione della maxisanzione è quella relativa all'assolvimento degli obblighi di natura contributiva (es.UNIEMENS), ed alla relativa documentazione (anche se diversa da quella del Fondo lavoratori dipendenti), e pertanto a nulla serve l'esibizione di altra documentazione (es. il libro unico del lavoro, il contratto PAG. 7 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 individuale….). La maxisanzione non si applica anche se il datore di lavoro si è affidato a professionisti e si trovi a non poter effettuare la comunicazione in via telematica per le ferie o la chiusura dei soggetti abilitati, ma ha provveduto ad inviare a mezzo fax il modello UniUrg (dimostrando l'affidamento degli adempimenti a un soggetto abilitato e la chiusura dello stesso). Alcuni casi particolari. a) domestici; l'esonero dalla maxisanzione riguarda i lavoratori addetti al funzionamento della vita familiare, e non opera nel caso in cui il datore di lavoro occupi il lavoratore assunto come domestico in altra attività(es. presso la sede della propria azienda); b) extracomunitari se privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, e occupati irregolarmente, il delitto di occupazione di manodopera clandestina si aggiunge alla maxisanzione; c) impiego di minori; si ritiene applicabile la maxisanzione anche nelle ipotesi di, bambini e adolescenti, che siano privi dei requisiti stabiliti per l'ammissione al lavoro in qualsiasi forma; d) somministrati; la regolare occupazione del lavoratore somministrato, in missione presso l'utilizzatore, va dimostrata con l'esibizione del contratto di lavoro sottoscritto dalle parti o della comunicazione di invio in somministrazione. e) istituzioni scolastiche private; si applica la maxisanzione se occupano irregolarmente personale, qualora non possano attestare la regolarità della occupazione con la documentazione posta in essere per inserire il lavoratore nella organizzazione didattica o funzionale. f) settore turistico; la maxisanzione potrà essere irrogata soltanto in caso di personale impiegato senza la preventiva comunicazione semplificata, dalla quale risultino "la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro". g) forza maggiore o eventi straordinari; la oggettiva impossibilità di conoscere anticipatamente numero e nominativi dei lavoratori da assumere deve essere valutata attentamente in base alle concrete circostanze annotando nel verbale di primo accesso le giustificazioni addotte circa la mancata comunicazione preventiva ed evidenziando se sussisteva "una oggettiva impossibilità di conoscere anticipatamente il numero e i nominativi dei lavoratori occupati”ai fini dell'esonero dalla maxisanzione. Sanzioni amministrative e previdenziali due distinte ipotesi sanzionatorie in luogo dell'unica precedentemente disciplinata: 1) lavoro nero esso comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da € 1.500 ad € 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di € 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. 2) sanzione attenuata, nel caso in cui il datore di lavoro abbia regolarizzato il rapporto solo successivamente rispetto all'effettiva instaurazione e soltanto in parte, ovvero quando il datare di lavoro abbia fatto svolgere al lavoratore un periodo parzialmente "in nero", pur a fronte di un successivo periodo di regolare occupazione, essa è stabilita da € 1.000 ad € 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di € 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare. In entrambe le ipotesi gli ispettori dovranno ammettere il trasgressore al pagamento della sanzione in misura ridotta ovvero rispettivamente, a €3.000 per lavoratore oltre a € 50 di maggiorazione giornaliera e a primo piano €2.000 per lavoratore oltre a € 10 di maggiorazione giornaliera. Per le sanzioni civili previdenziali connesse all'evasione di contributi riferiti a ciascun lavoratore irregolare l'importo delle stesse è aumentato del 50% ed è venuto meno il tetto minimo di € 3.000 e quindi il calcolo delle sanzioni civili va aumentato del 50%. Organi competenti. Soggetti legittimati ad irrogare la maxisanzione ora sono tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza (INPS, INAIL, ENPALS, GUARDIA DI FINANZA etc. ). Diffida. Qualora il personale ispettivo riscontri ipotesi di lavoro nero alle quali è applicabile la maxisanzione, lo stesso deve diffidare (nelle ipotesi sanabili) il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido a regolarizzare la posizione dei lavoratori, cosa che sarà possibile esclusivamente con contratti di natura subordinata a tempo pieno ed indeterminato ovvero a tempo parziale con regime orario non inferiore a 20 ore settimanali. In caso di ottemperanza alla diffida i trasgressori sono ammessi alle seguenti sanzioni: Per il lavoro totalmente nero, sarà comminata la somma di €1.500 quale sanzione in misura variabile per ciascun lavoratore irregolare a cui andrà aggiunta la somma di €37,50 quale maggiorazione per ciascuna giornata di lavoro irregolare. Per il lavoro parzialmente in nero sarà irrogata la somma di € 1.000 per la sanzione in misura variabile aumentata di € 7,50 quale maggiorazione per ciascuna giornata di lavoro irregolare. Pluralità di trasgressori: se diverse sono le persone fisiche che hanno rivestito il ruolo di trasgressori, la maxisanzione va applicata a tutti nella base sanzionatoria, mentre la maggiorazione giornaliera va calcolata separatamente, addebitando a ciascuno il lavoro irregolare svolto nel rispettivo periodo di responsabilità. PAG. 8 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 primo piano Retribuzioni tracciabili: accolte le richieste dell'Ancl Il Sindacato Unitario aveva evidenziato la forte criticità dell'obbligo di tracciabilità delle retribuzioni ai dipendenti scrive Francesco Longobardi Presidente Nazionale Ancl - Sindacato Unitario Lo scorso mese di settembre, unicamente l’Ancl aveva evidenziato la forte criticità dell’obbligo di tracciabilità delle retribuzioni corrisposte ai dipendenti delle imprese, attraverso l’utilizzo esclusivo del bonifico bancario di cui alla Legge 136/2010. Si riporta di seguito il primo comunicato adottato dalla Presidenza e tempestivamente pubblicato sul sito: Legge 136/2010: retribuzioni tracciabili - No ad ulteriori oneri e adempimenti a carico del datore di lavoro e Consulenti del Lavoro Siamo alle solite. Le necessità pur legittime - della Pubblica Amministrazione vengono scaricate su datori di lavoro e Consulenti del Lavoro nella loro qualità di intermediari. Con la solita beffa per la quale gli oneri in termini di energie, organizzazione e costi sono addebitati a questi ultimi. Un ennesimo esempio di come una determinata disposizione di legge - condivisibile nell’intento e negli obiettivi - viene calata dall’alto senza il necessario e preventivo coinvolgimento della Categoria interessata. Il 7 settembre 2009 è entrata in vigore la Legge n. 136/10 che pur abbracciando più ampie e condivisibili dinamiche e procedure mirate alla repressione antimafia, prevede anche talune misure inerenti la tracciabilità delle retribuzioni corrisposte ai dipendenti di cantieri edili. Secondo autorevoli interpretazioni, le predette retribuzioni, dovranno essere d’ora in poi disposte attraverso l’uso esclusivo del bonifico bancario. Si può immediatamente immaginare a quale nuova organizzazione debba ricorrere il datore di lavoro, il Consulente del Lavoro, e a quali difficoltà notevoli e reali debba approcciarsi il lavoratore edile, dovendosi obbligatoriamente dotarsi di un c/c bancario del quale spesso è sprovvisto e dal quale spesso rifugge per i costi connessi. Ma il legislatore, di tali problematiche appare all’oscuro. Nel preannunciare ampio contrasto a tale interpretazione nelle sedi competenti, si segnala l’allegato articolo pubblicato sulla rivista PIANETA LAVORO & TRIBUTI edito da Teleconsul Editore , quale al momento unico valente contributo alla diversa interpretazione della norma. Si riservano azioni e notizie a riguardo Roma, 28 settembre 2010 A seguito di tale legittima presa di posizione, non sono cessati gli interventi del Sindacato volti a modificare la predetta normativa, pur dovendosi compenetrarsi nelle necessità indicate dal legislatore ma bilanciando le stesse con la semplificazione ed il non appesantimento delle imprese con ulteriori oneri. Il lavoro sindacale ha dato i suoi frutti: il decreto legge 12 novembre 2010, nr. 187, pubblicato in G.U. 265 ha apportato l’auspicata modifica alla norma in questione: l’art. 7 del decreto, infatti, cosi’ provvede : 2. I pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonché quelli destinati alla provvista di immobilizzazioni tecniche sono eseguiti tramite conto corrente dedicato di cui al comma 1, anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale purché idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni per l'intero importo dovuto, anche se questo non è riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1.»; E’ di certo un grande successo dell’Ancl ed un buon esempio di dialogo con il potere legislativo che si auspica possa sempre più incentivarsi. PAG. 9 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 FOCUS scrive Maria Teresa Conti Un Collegato “amico”delle donne? Il 9 novembre scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il “Collegato lavoro”, provvedimento alquanto composito che nei mesi scorsi ha fatto molto parlare di sé per le discussioni animate dalle disposizioni relative all’arbitrato e alla conciliazione nelle controversie di lavoro. In questa sede però mi preme sottolineare la particolare attenzione alle donne che tale legge riserva e pur nella difficoltà di riportare a sistema un tale coacervo di disposizioni cercherò di dare una lettura “di genere” della stessa nella maniera più fruibile possibile. Accanto agli articoli 4 (Misure contro il lavoro sommerso) e 7 (Modifiche alla disciplina sull’orario di lavoro) che interessano la totalità dei lavoratori, ma in primis le donne quale soggetto debole del mercato del lavoro, ve ne sono altri che riguardano la Pubblica Amministrazione, notoriamente serbatoio di occupazione femminile, che denotano la volontà di valorizzare nuove prassi organizzative che garantiscano flessibilità del lavoro in ottica di conciliazione famiglia-lavoro come ad esempio l’art.16 (Disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale). Tale volontà è espressa anche dall’art 21 (Misure atte a garantire pari opportunità,benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche) con la creazione del Comitato unico di garanzia nella Pubblica amministrazione per la tutela delle pari opportunità, la valorizzazione del lavoro femminile, la lotta alle discriminazioni. Questo comitato sostituisce tutti gli organismi precedentemente costituiti al fine di operare un’azione più incisiva su queste tematiche ed un miglior coordinamento degli attori istituzionali e non coinvolti. L’articolo che poi ai nostri fini riscuote il maggiore interesse è l’art.46 (Differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali,di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile) che pone le basi per un riordino della normativa esistente in materia di sostegno all’occupazione femminile con riferimento agl’incentivi ed agli sgravi contributivi a sostegno degli orari flessibili in un’ottica di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro; alla revisione della normativa sui congedi parentali; all’orientamento dell’utilizzo dei Fondi comunitari a partire dal Fondo sociale europeo in via prioritaria per l’occupazione femminile; a lsostegno all’imprenditoria femminile ed al potenziamento delle garanzie per l’effettiva parità di trattamento tra donne e Collegato lavoro uomini in materia di occupazione e di lavoro etc. La natura di tali interventi è programmatica e al di là delle intenzioni e della volontà politica bisognerà aspettare le proposte che il Governo avanzerà nei prossimi mesi, proposte che dovranno perfezionarsi nel confronto con le parti sociali e perché no anche con noi Consulenti del Lavoro che lo scorso 16 giugno abbiamo sottoscritto insieme al Ministero del Lavoro e la Consigliera nazionale di parità un protocollo d’intesa per la concreta attuazione dell’uguaglianza sostanziale tra uomo e donna nel mondo del lavoro.Come professionisti di tale settore e con una competenza specifica che ci deriva dalla conoscenza approfondita della piccola e media impresa italiana che costituisce la nostra clientela di riferimento saremo sicuramente degli interlocutori indispensabili al fine di porre in essere politiche realmente efficaci:infatti ogni nuova normativa che riguarda il mondo del lavoro trova nei nostri studi il più importante banco di prova. PAG. 10 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 FOCUS scrive Celeste Vivenzi Il contratto flessibile del “Telelavoro” Il Telelavoro è un modo “atipico” per la nostra cultura lavorativa di prestare la propria opera attraverso l'uso di strumenti informatici e telematici al di fuori della struttura aziendale. Si possono distinguere diverse forme di Telelavoro a seconda del modo e del luogo di svolgimento: -Telelavoro a domicilio: il Telelavoratore svolge la propria prestazione lavorativa presso la sua abitazione ed è la forma più diffusa; -Telelavoro mobile: forma sviluppata in certe categorie di lavoratori come ad esempio agenti di vendita o addetti all'assistenza che per la caratteristica della loro prestazione sono sempre in viaggio e possono pertanto lavorare dall'albergo, da casa o addirittura dalla sede del cliente; - Telecentro: in sostanza è un ufficio attrezzato con apparecchiature telematiche per essere utilizzato dai telelavoratori come luogo di svolgimento dell'attività lavorativa al posto della loro abitazione; - Office to office: viene utilizzato da imprese tra loro indipendenti che collaborano insieme, al fine di raggiungere uno scopo comune, attraverso l'uso dei sistemi informatici e telematici per comunicare e interagire tra loro. Il Telelavoro, dal punto di vista del Legislatore, è stato più regolato nel settore pubblico (accordo ARAN del 2000) rispetto al settore privato. Nel “Privato” infatti solo la contrattazione collettiva di alcuni settori specifici ha provveduto a regolarne le modalità di svolgimento. Come “fonte legislativa” nel settore privato possiamo trovare un accordo interconfederale del 2004 che ha provveduto a delinearne le caratteristiche fondamentali che si possono così descrivere: volontarietà del contratto e presenza di un accordo tra le parti; Il datore di lavoro deve farsi carico dei costi e della manutenzione e riparazione delle attrezzature e strutture informatiche telematiche; Il datore di lavoro deve prevenire l'isolamento del telelavoratore, la sua salute e la sua riservatezza; Il telelavoratore invece deve aver cura della strumentazione di lavoro, è libero di regolare i tempi di svolgimento dell'attività lavorativa nel rispetto della normativa applicabile agli altri dipendenti dell'azienda; Il telelavoratore gode degli stessi diritti (sindacali e dello Statuto dei lavoratori) di tutti gli altri dipendenti. Tra gli esempi più recenti di accordi aziendali di Telelavoro è d'obbligo ricordare quello dell'ENPACL (Ente assistenza e previdenza consulenti del lavoro) oppure quello della ZANUSSI per la lavoratrici madri al fine di aiutarle a coniugare il lavoro e la famiglia senza ricorrere alle assenze facoltative di maternità e alle assenze per la malattia del bambino. Anche la Comunità Europea ha contribuito alla regolazione di Telelavoro questo strumento che, al pari del contratto a tempo determinato e al contratto parziale , si può collocare all'interno dei contratti di lavoro flessibili. Visto dalla parte del Telelavoratore questo contratto presenta essenzialmente i seguenti vantaggi e svantaggi: VANTAGGI: - riduzione del tempo per recarsi al lavoro; - lavorare secondo le proprie disponibilità di tempo; - aumento del tempo libero; - vicinanza alla famiglia. SVANTAGGI : - possibilità di carriera ridotta; - isolamento e mancanza di relazione con i colleghi di lavoro - minor aiuto nello svolgimento del lavoro. Esaminando invece lo strumento dalla parte dell'azienda si possono individuare i seguenti vantaggi e svantaggi: VANTAGGI: - diminuzione dei costi: aumento flessibilità organizzativa; - nuovo rapporto con il lavoratore; - maggior motivazione del lavoratore; - minor spese (affitto immobili). SVANTAGGI: - Minor possibilità di controllo PAG. 11 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 del lavoratore; - eventuale necessità di riorganizzazione aziendale; - aumento conflittualità tra i dipendenti. Sono state commissionate indagini e ricerche a livello Europeo per misurare il fenomeno del Telelavoro e secondo i sondaggi più recenti l'esercito dei Telelavoratori Europei è stimato in circa 10 milioni mentre in Italia i Telelavoratori sono circa 800.000. La pecca però più grave è che ad oggi il telelavoro viene praticato da lavoratori molto qualificati. Professionalmente e non riguarda invece uomini e donne con qualifiche comuni. In Italia inoltre il Telelavoro è utilizzato in maniera meno diffusa rispetto agli altri paesi europei (Olanda, Danimarca, Svezia e Inghilterra). Certo è comunque che, rispetto ad un tempo, oggi sia più probabile ricorrere allo strumento del Telelavoro grazie alla continua crescita tecnologica (si pensi ad es. e-mail - cellulari - internet ecc.). Uno dei motivi, anzi il più determinante, che ritarda il decollo di questo strumento è senz'altro la paura, da parte dell'azienda, di perdere il controllo (visivo e non) sui lavoratori. Nella Pubblica Amministrazione vi sono stati interessamenti verso il telelavoro da parte di Poste, Inps, Telecom e banche e senza dubbio uno dei più recenti ricorsi al Telelavoro è stato fatto dall'Agenzia delle Entrate nel 2010 ed ha interessato un centinaio di impiegati. Il Progetto riguarda lavoratori con elevate competenze professionali (i candidati sono tutti volontari) e il lavoro non deve prevedere contatti con il pubblico, trasporto di eventuale documentazione cartacea dalla sede dell'Agenzia presso il domicilio del lavoratore per ragioni di sicurezza ed inoltre l'attività lavorativa deve potersi valutare attraverso l'applicazione di appositi standard di controllo. E' stata prevista la stesura di un contratto di lavoro individuale con validità di un anno nel quale sono stati regolati i punti fondamentali ovvero: Regole di svolgimento del lavoro; orario di lavoro e reperibilità del dipendente; modalità di cessazione del rapporto di telelavoro; divieto di effettuare straordinari; divieto di riduzione dell'orario di lavoro stabilito: pari opportunità di carriera rispetto agli altri dipendenti; rientro in sede del Telelavoratore in certi giorni stabiliti. L'oggetto della prestazione lavorativa, tenuto conto della impossibilità al contatto con il pubblico e dell'elevata competenza professionale dei lavoratori coinvolti, vede il Telelavoro usato nello svolgimento delle seguenti prestazioni lavorative: - risposta ad interpelli; - consulenza e redazione di circolari o pareri; - controllo di atti o documenti in via telematica ( avvisi telematici ecc.). Il Telelavoratore è soggetto agli obblighi di sicurezza previsti dal decreto 81-88 (es. videoterminali) e, previo consenso, deve consentire ad un incaricato di accedere ai propri locali lavorativi (previo preavviso) ai fini di controllare l'idoneità degli impianti, delle utenze e delle strutture utilizzate. Il Telelavoratore deve avere cura delle attrezzature consegnate, non deve sostituirle con altre o modificare i collegamenti telematici per ragioni di privacy e sicurezza ed inoltre non può consentirne l'uso ad altri soggetti. Al telelavoratore deve essere assicurata assistenza tecnica FOCUS (solo telematica o telefonica) in caso di problemi tecnici e invece in caso di guasti alle attrezzature deve provvedere a consegnarle in ufficio. In ultimo sono state previste le cause che, in caso di impossibilità strutturale allo svolgimento dell'attività lavorativa, impongono al telelavoratore il rientro in sede. CONCLUSIONI Il Telelavoro indubbiamente consente significativi benefici anche per la società civile: - riduzione del traffico; - riduzione inquinamento; - meno necessità di asili nidi, assistenza domiciliare per gli anziani e per i portatori di handicap; Certamente il "boom" del telelavoro prospettato dagli esperti negli anni passati è molto in ritardo e molte aziende faticano ad accettare questa nuova "cultura lavorativa". Non bisogna comunque perdere questa opportunità che vede le donne sicuramente tra i soggetti più interessati a questo contratto quando hanno figli piccoli. Bisognerebbe quindi puntare su questa possibilità interessante per trovare una forma di compromesso tra il ruolo di lavoratrice e il ruolo di madre. Da non sottovalutare inoltre le possibilità per chi lascia momentaneamente il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Molte donne, infatti, abbandonano il lavoro per cinque, dieci, quindici anni. In questo caso è probabile che il telelavoro permetterà loro, dopo un periodo di aggiornamento, un ritorno progressivo all'attività lavorativa. Infine, in un periodo di crisi come quello in cui ci troviamo, bisogna poter contare anche su questo contratto ibrido di lavoro flessibile che, unitamente agli altri contratti, possa contribuire al mantenimento dell'occupazione e allo sviluppo del mercato del lavoro. PAG. 12 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 FOCUS scrive C. V. Decreto ingiuntivo e mediazione Il decreto Legislativo n.282010 regola la normativa relativa alla Mediazione delle liti prevedendo, tra l'altro, a far data da marzo 2011 l'obbligatorietà della procedura come causa di procedibilità della lite in sede giudiziaria in numerose materie e stabilendo inoltre per l'avvocato, pena la nullità del contratto, l'obbligo di informare il cliente sulla possibilità di risolvere la lite con la mediazione. Il decreto legislativo n.282010 ha escluso che l'avvocato debba informare il proprio cliente della possibilità di ricorrere alla procedura conciliativa (sia obbligatoria e sia su impulso del giudice) nei procedimenti per ingiunzione ,compresa l'opposizione, fino al momento della pronuncia del giudice sulle istanze di concessione e sospensione provvisoria dell'esecuzione. A questo proposito, sembra interessante segnalare, come il Tribunale di Varese, con un provvedimento interpretativo del 30 giugno 2010, ha sancito il vincolo della conciliazione obbligatoria anche per i decreti ingiuntivi. Il Tribunale, ha ritenuto giusto il comportamento dell'avvocato che, anche nel caso di un decreto ingiuntivo, ha informato la parte cliente della possibilità di risolvere la causa attraverso la mediazione (sia facoltativa, obbligatoria o su impulso del giudice). IL TRIBUNALE si è così espresso: «l'obbligo informativo di cui all'articolo 4 comma 3 del decreto legislativo n. 28 del 2010 deve ritenersi sussistente se la lite insorta tra le arti rientri tra quelle controversie per cui è possibile (in concreto, perché prevista) l'attività (facoltativa, obbligatoria o su impulso giudiziale) dei mediatori». La mediazione facoltativa può essere infatti utilizzata anche in questa fase del procedimento ingiuntivo e di questa possibilità la parte deve essere messa a conoscenza. Quindi: secondo la pronuncia in esame il cliente deve essere avvisato comunque della rilevanza che potrà avere il decreto n. 28 del 2010 nel proseguimento del giudizio, dal momento che il congelamento delle disposizioni sulla conciliazione termina nel momento in cui il giudice pronuncia il suo "verdetto" sull'esecuzione provvisoria . Pur non volendo entrare nel merito e nella valutazione giurisprudenziale della decisione del Tribunale di Varese , si vuole cogliere l'occasione per mettere in risalto una problematica che da anni interessa e preoccupa moltissime imprese e che ad oggi, in epoca di crisi, ha assunto dimensioni ancora più rilevanti ovvero il recupero dei crediti. E' utile pertanto, a questo proposito, prendere in considerazione alcuni punti fondamentali del problema: - Il ricorso al decreto ingiuntivo Mediazione (adesso anche telematico) è senza dubbio il mezzo più usato dal punto di vista pratico per il recupero dei crediti delle aziende; lo strumento, a volte, grazie ai meccanismi giuridici di opposizione e alle aste che non servono a niente, costringe le parti ad adire al procedimento giudiziario ordinario e continuare la lite per parecchi anni; - Il decreto ingiuntivo è una procedura che espone le aziende al sostenimento di costi abbastanza elevati (spese legali, diritti ecc.); - Inoltre anche quando la giustizia ha fatto il suo corso (magari dopo anni) capita spesso che la parte debitrice non abbia i mezzi per pagare e in questo caso, per il creditore, oltre al danno si aggiunge la beffa in quanto deve farsi carico delle relative spese giudiziarie . Alla luce di quanto sopra sembrerebbe addirittura superfluo ribadire la necessità di trovare dei modi alternativi che potrebbero rivelarsi utili per risolvere la problematica del recupero crediti (tra i quali anche la Mediazione visto gli esigui costi da sostenere). PAG. 13 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 Si potrebbe infatti provare a risolvere la causa e soddisfare i propri bisogni ed interessi anche, ma non solo, attraverso altre forme di compensazione che non necessariamente devono essere di natura solo monetaria (secondo un detto popolare "piuttosto che niente meglio piuttosto"). In effetti è utile sottolineare che, se una parte non vuole o non può pagare, nessun decreto ingiuntivo o atto di pignoramento potrà costringerla ad estinguere il suo debito e questo purtroppo capita in tanti casi. Per ultimo poi, bisogna sempre ricordare che, se il tentativo di mediazione non dovesse portare a nessun risultato positivo, le parti, come garantito dalla Costituzione, saranno sempre libere di adire al sistema giudiziario ordinario. Non bisogna quindi tralasciare nessuna possibile FOCUS soluzione che possa servire a risolvere il problema del recupero dei crediti aziendali (e di riflesso contribuire alla crescita delle aziende) stimolando il Legislatore affinché fornisca delle soluzioni alternative per una soluzione appropriata del problema intervenendo, se necessario, con una modifica dello stesso decreto L.gs. 282010 come lo stesso Tribunale di Varese ha sentenziato. scrive C. V. Conciliazione e arbitrato del lavoro La riforma del processo e delle controversie di lavoro, dopo un iter legislativo durato due anni, è oramai diventata legge. Da più parti questa riforma viene vista come un attacco all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e un indebolimento dei diritti dei lavoratori nelle controversie di lavoro. Anche il Sindacato ha avuto a riguardo un atteggiamento molto diverso e al parere favorevole, per esempio , della CISL, si deve constatare , al contrario , una vera e propria condanna della riforma da parte della CGIL. La differenza sta nel modo di concepire i diritti dei lavoratori come “inderogabili “ e preferendo pertanto il giudizio di un giudice ordinario a quello di un conciliatore o arbitro che può giudicare anche secondo equità e non secondo diritto. Le parti favorevoli alla riforma del processo del di lavoro vedono nella conciliazione e nell'arbitrato un percorso moderno e alternativo,ma non sostitutivo , al processo ordinario,caratterizzato dalla volontarietà in capo al lavoratore. PUNTI FONDAMENTALI DELLA NORMA In sintesi l'approvazione dell'articolo 31 contenuto nel collegato lavoro riformula la disciplina della conciliazione e dell'arbitrato in materia di controversie individuali di lavoro rendendo il “ tentativo di conciliazione (prima obbligatorio come condizione di procedibilità giudiziale) una delle fasi eventuali della controversia e introducendo altri strumenti alternativi Conciliazione e arbitrato di composizione delle liti (Conciliazione che può essere proposta anche dal sindacato a cui è stato dato mandato e diverse procedure arbitrali). Rimane ancora obbligatorio il tentativo di Conciliazione per i contratti di lavoro certificati ai sensi dell'art. 80 del D.Lgs. 276-2003. Per quanto riguarda l'arbitrato si possono rinvenire diverse procedure: - arbitrato che può instaurarsi durante la conciliazione; - arbitrato previsto dai PAG. 14 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali più rappresentative; - arbitrato presso la camera arbitrale della commissione di certificazione; - arbitrato che si svolge ad iniziativa delle parti per risolvere una specifica controversia. Attraverso la sottoscrizione di una apposita clausola compromissoria il lavoratore e il datore di lavoro possono accordarsi al fine di devolvere la risoluzione della liti future ad arbitri al posto del giudice. La possibilità di stipulare la clausola compromissoria deve essere prevista nel contratto collettivo di riferimento e deve essere certificata da apposite commissioni certificatrici. Non può essere stipulata prima della conclusione del periodo di prova o in mancanza prima di 30 gg. dalla data di stipula del contratto di lavoro. Le condizioni di cui sopra servono per garantire che non si possa approfittare della debolezza del lavoratore al fine di salvaguardare i suoi diritti. Le controversie relative al licenziamento (oppure che riguardano aspetti che esulano dal rapporto di lavoro come ad esempio aspetti previdenziali) sono escluse dalla possibilità di ricorrere alla procedura arbitrale. L'arbitrato può riguardare ogni tipologia di rapporto che rientra nei casi disciplinati dall'art. 409 del codice di procedura civile (anche ad esempio il lavoro a progetto). Ai fini del giudizio l'arbitro (se richiesto dalle parti) decide secondo equità non solo tenendo in considerazione i principi generali del nostro ordinamento in materia di lavoro ma anche tenendo presente la normativa comunitaria per garantire una tutela maggiore ai diritti dei lavoratori. Il lodo che scaturisce dal giudizio arbitrale ha natura contrattuale e può essere impugnato come previsto dall'art. 808 ter codice procedura civile (ad esempio: arbitri nominati in modo irregolare, convenzione arbitrale invalida, mancata osservanza del principio del contraddittorio,se gli arbitri hanno deciso su questioni che esulano dalla loro competenza ecc.). Non è applicabile alla decisione dell' arbitro la tutela prevista dall'art. 2113 c.c. in quanto di fatto l'arbitrato contrattuale (per le garanzie che fornisce) è simile alla conciliazione amministrativa o sindacale e quindi adatto a garantire il lavoratore e le sue eventuali rinunzie e transazioni. Per verificare se l'istituto dell'arbitrato nel campo delle controversie del lavoro avrà o meno successo occorre comunque un cambio di cultura che coinvolga tutte le parti sociali in gioco (sindacati,datori di lavoro, lavoratori e operatori). Non è pertanto da sottovalutare , a questo scopo ,l'abitudine della nostra società a identificare il conflitto solo ed esclusivamente con il Giudice del Tribunale e la mancanza di predisposizione alla sperimentazione di soluzioni alternative extragiudiziali (di tipo ADR come nei paesi Anglosassoni). Quindi sarà compito di tutti (Politica, Sindacati, Professionisti ecc.) dare una spinta all'utilizzo alternativo di questi nuovi strumenti di giustizia come avviene anche in altri Paesi Europei. Deve fare pensare tutte le parti sociali che oggi vi sono molti processi ordinari del lavoro che durano anni e anni e che pertanto non sono in grado FOCUS di offrire alle parti una giustizia immediata. Il 60 per cento delle controversie (secondo gli esperti) riguarda questioni retributive e di inquadramento professionale e sicuramente, attraverso gli strumenti conciliativi e arbitrali , queste liti potrebbero essere affrontate in un modo risolutivo. Bisognerà inoltre puntare alla formazione degli operatori al fine di fornire loro adeguate competenze culturali e tecniche con il fine di incrementare il ruolo degli arbitrati e delle conciliazioni alla risoluzione delle liti e al funzionamento, in modo molto serio, del nuovo processo del lavoro. Un ruolo fondamentale deve essere messo in gioco da un moderno sistema di relazioni industriali che, attraverso la contrattazione collettiva, sappia contribuire alla creazioni di strumenti alternativi di risoluzione delle liti efficaci che siano in grado di offrire , sempre e comunque , delle forti tutele alla parte più debole del rapporto di lavoro ovvero a tutti i lavoratori. Solo con l'impegno di tutti forse sarà possibile non considerare questa riforma come la morte del "diritto del Lavoro" o come una legge che colpisce i lavoratori ma come uno strumento di risoluzione alternativa delle liti che possa dare al nostro Paese una giustizia del lavoro rapida ed efficace sull'esempio del sistema anglosassone ADR (Alternative dispute resolution) con lo scopo di risolvere i conflitti tenendo in considerazione i veri bisogni e interessi delle parti in gioco affinché, non vi sia una parte vittoriosa e una perdente come nel giudizio ordinario, ma si ottenga una consapevole soddisfazione e gratificazione di entrambe . PAG. 15 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 FOCUS scrive Claudio Milocco Le novità della legge collegata in tema di licenziamenti individuali In tema di licenziamenti individuali gli artt. 30 e 32 della legge collegata alla Finanziaria 2010, definitivamente approvata dal Parlamento il 19.10.2010, hanno introdotto delle importanti novità. La legge 4 novembre 2010 n. 182 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale supplemento ordinario n. 262 del 9 novembre 2010 ed è entrata in vigore il 24. Andrà subito detto che il 2° comma dell’art. 32 prevede che le disposizioni di cui all’art. 6 della legge 15 luglio si applicano a tutti i casi d’invalidità di licenziamento. L’art. 6 citato stabilisce che “il licenziamento deve essere impugnato con qualsiasi atto scritto a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione anche in forma scritta dei motivi”. La novità di rilievo riguarda tutti i casi d’invalidità. Andrà ricordato che l’invalidità prevede i casi di annullamento e di nullità (che si distinguono in base all’intensità del contrasto con l’ordinamento giuridico). Detto questo andrà rilevato che la nuova disciplina interessa quindi anche le ipotesi di licenziamento considerate nulle (vedi ad esempio licenziamento di lavoratrici madri). La seconda novità riguarda la valutazione che deve essere effettuata dal Giudice del lavoro in caso di controversie riguardante la motivazione del licenziamento per giusta causa (art. 2119 c.c.) o giustificato motivo (art. 3 Legge n. 604/66) adottate dal datore di lavoro. E’ noto poi che in ogni caso di licenziamento, l’onere della prova è sempre a carico del datore di lavoro. Il Giudice, nella stesura della sentenza, deve tener conto delle ipotesi di giusta causa o giustificato motivo indicate nel c.c.n.l. della categoria. La terza novità riguarda i nuovi termini d’impugnazione a carico del lavoratore. Infatti “ il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione dei motivi comunicati dal datore. L’impugnazione è inefficace se non seguita entro il termine di 270 giorni dal deposito del ricorso alla Cancelleria del Tribunale del Licenziamenti individuali Giudice del lavoro competente o dalla comunicazione della controparte della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato”. La precedente normativa concedeva invece il termine di 5 anni dopo il tentativo obbligatorio di conciliazione per promuovere la causa. La disciplina dei licenziamenti è applicabile anche al recesso da contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nei contratti a progetto, al trasferimento individuale ai sensi dell’articolo 2013 c.c., ai contratti di lavoro a termine, alla cessione del contratto (a seguito di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c.), alle ipotesi di domanda di costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto. PAG. 16 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 FOCUS scrive Alessandro Romeo Il tassista autonomo romano equiparato al lavoratore dipendente? L’articolo 117 della Costituzione, nel sancire la potestà legislativa dello stato e delle regioni in maniera esclusiva e concorrente, statuisce che in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle regioni spetta la disciplina di dettaglio della materia all’”ombra” di un cappello normativo dettato dallo stato. La definizione delle funzioni dei comuni, è invece deputato al D.lgs. 267/2000, testo unico enti locali, che ne regolamenta il funzionamento e le attività di cui ha ricevuto delega dallo stato o dalle regioni. Il Comune di Roma con delibera n. 55 del 17/06/2010 - verbale n. 43, non tenendo conto di quanto sopra o per erronea interpretazione della normativa nazionale (D.lgs. 81/2008 unico testo in materia di salute e sicurezza sul lavoro), decreta l’estensione dell’applicazione, in toto, del D.lgs. 81/2008 agli esercenti il trasporto pubblico non di linea ovvero ai tassisti e al noleggio con conducente. L’articolo 7 della legge n. 21/1992 stabilisce la natura giuridica sotto la quale è possibile esercitare l’attività di trasporto pubblico non di linea ovvero: a) essere iscritti, nella qualità di titolari di impresa artigiana di trasporto, all’albo delle imprese artigiane previsto dall’art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443; b) associarsi in cooperative di produzione e lavoro, intendendo come tali quelle a proprietà collettiva, ovvero in cooperative di servizi operanti in conformità alle norme vigenti sulla cooperazione; c) associarsi in consorzio tra imprese artigiane ed in tutte le altre forme previste dalla legge; d) essere imprenditori privati che svolgono esclusivamente le attività di cui alla lettera b) del comma 2 dell’art. 1. La delibera del Comune di Roma, che si invita a leggere per un maggior dettaglio, stabilisce che al 31/12/2010 tutte le categorie di cui al citato art. 7 L. 21/1992 e tutti i soggetti di cui all’art. 2 e 3 del D.lgs. 81/2008; praticamente tutte le forme di lavoro contemplate dalla nostra legislazione dovranno adempiere agli obblighi (tutti) previsti dal D.lgs. 81/2008. Ovvero, anche in caso di impresa artigiana esercitata individualmente senza l’ausilio di collaboratori o lavoratori, redigere il documento di valutazione dei rischi oppure autocertificare l’avvenuta valutazione, frequentare i relativi corsi quali responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, addetto all’antincendio e al pronto soccorso, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ecc., sottoporsi alla sorveglianza sanitaria con specifico riguardo all’attestazione dell’assenza di alcool dipendenza e tossicodipendenza. Per il tra- Lavoratore autonomo sporto pubblico non di linea, svolto da società e società cooperative, dove i conducenti, soci, sono lavoratori subordinati della stessa, nessun problema all’applicazione della delibera. Anzi, il dettato comunale subordina la prosecuzione della validità della licenza a quelle sole società che dimostrino di rispettare le prescrizioni di legge tutelando le condizioni di lavoro dei propri conducenti dipendenti. Per l’attività esercitata, ai sensi delle lettere a) e d) art. 7 L. 21/1992 , salvo che quest’ultime non siano esercitate con l’ausilio di lavoratori subordinati ed assimilati, l’applicazione della delibera appare in evidente contrasto con la norma nazionale che al comma 4, art. 3 D.lgs. 81/2008 (richiamato anche dalla delibera comunale in oggetto) afferma "Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente PAG. 17 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 articolo", ed infatti il presente articolo ai successivi commi 11 e 12 rispettivamente affermano "Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26" ed ancora "Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani e dei piccoli commercianti e dei soci delle società semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui all'articoli 21". Prima di enunciare il contenuto dell’articolo 21 D.lgs. 81/2008 è possibile porre una linea di confine tra le diverse modalità di esercizio dell’attività in oggetto. Forme a cui si applica solo l’articolo 21 D.lgs. 81/2008 (A): - impresa artigiana senza lavoratori impresa artigiana con collaboratori familiari o associati in impresa familiare - consorzio fra imprese artigiane, nel quale i conducenti non siano lavoratori dipendenti del consorzio stesso Forme a cui si applica il D.lgs. 81/2008 in generale (B): - società cooperativa dove i conducenti sono lavoratori dipendenti della società stessa - impresa artigiana anche con collaboratori familiari o associati in impresa familiare che abbiano anche lavoratori dipendenti - consorzio fra imprese artigiane dove i conducenti siano dipendenti del consorzio stesso Appare evidente che il discrimine è dato dall’esercizio in forma autonoma o con l’ausilio di personale dipendente o ad esso equiparato e, gli artigiani e loro familiari o associati in impresa familiare sono e restano lavoratori autonomi. Per alcune categorie di lavoratori, seppur autonomi, equiparati ai lavoratori subordinati, quali collaboratori a progetto ed associati in partecipazione il comma 7 dell’art. 3 D.lgs. 81/2008 stabilisce che le norme si applicano (in toto) qualora la collaborazione è svolta nei luoghi di lavoro del committente. L’attività di conducente, sostituto del titolare della licenza, difficilmente è coniugabile con tali forme contrattuali ed in oltre dovrebbe essere verificata l’equiparabilità di un taxi ad un luogo di lavoro. E’ necessario ora approfondire il contenuto dell’articolo 21 e quindi verificare i reali obblighi imposti alla stragrande maggioranza dei tassisti romani. Art. 21 D.lgs. 81/2008 - Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi: "I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, […] gli artigiani e i piccoli commercianti devono: a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III; b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III; c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto. 2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di: a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali; b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia FOCUS di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali." Nell’articolo di cui sopra sono elencati gli adempimenti a cui un tassista ricadente nella lettera (A) della tabella esemplificativa è obbligato ad attenersi, ovvero quelli previsti al primo comma lettere a), b), c) e quelli a cui può adempiere, su base volontaria e non obbligatoria come vorrebbe la delibera comunale, comma 2 lettere a) e b). Un’ultima considerazione merita la parte della delibera comunale che tratta della sorveglianza sanitaria con particolare riguardo all’assenza di alcool dipendenza e tossicodipendenza. Tale tipo d’accertamento è disciplinato dal comma 4 e 4 bis art. 41 D.lgs. 81/2008 che demandano ulteriormente la regolamentazione ad accordi in sede di Conferenza stato, regioni, province autonome (già emanato). Come è facile notare l’articolo 41 ricade tra gli adempimenti facoltativi del lavoratore autonomo, che è invece obbligato ad adempiervi nei confronti dei suoi, eventuali, lavoratori dipendenti. Tralasciando disquisizioni sulla bontà della delibera comunale, da un punto di vista strettamente tecnico, il provvedimento appare in palese contrasto con quanto affermato dalla legge “cappello” nazionale. Avrebbe il legislatore usato la parola “facoltà” o posto un discrimine tra subordinati ed autonomi se avesse voluto un applicazione generalizzata della norma prevenzionistica? E’ evidente che l’atto del Comune di Roma, se non correttamente interpretato, con le opportune differenziazioni tra aziende che si avvalgono di lavoratori dipendenti ed autonomi, esporrà l’ente ad un forte contenzioso a seguito di eventuali sospensioni illegittime delle licenze. PAG. 18 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 QUESITI a cura di Paola Diana Onder Coordinatrice Centro Studi Nazionale Ancl Collocamento obbligatorio: datori di lavoro tra 15 e 35 unità non sono tenuti all’invio del prospetto informativo se non assumono QUESITO La sanzione prevista dall'art. 15 c. 1 L. 68/99 ai sensi dell'art. 8 c. 3 DPR 333/2000 non si applica ai datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti. Alla luce di ciò un datore di lavoro - al 31/12/2008 occupava 34 dipendenti - che non ha inviato il "primo" prospetto informativo telematico entro il 28/02/2009 (pur occupando un lavoratore disabile dall'agosto 2008 ed avendo presentato in tale data prospetto informativo cartaceo all'Amministrazione Provinciale) è comunque destinatario della sanzione ex art. 15 c.1 L. 68/99? RISPOSTA Esperto: Renzo La Costa Il ritardo nella presentazione del prospetto informativo relativo al personale in forza (entro il 31 gennaio di ogni anno, con la “fotografia” al 31 dicembre precedente, o in corso d’anno, allorquando per gli effetti degli incrementi occupazionali scatti l’obbligo) comporta il pagamento di una sanzione amministrativa a carico dei soggetti privati e degli Enti pubblici economici pari a 578,43 euro, maggiorata di 28,02 euro per ogni giorno di ulteriore ritardo. A tal proposito va, opportunamente, aggiunto che per effetto di quanto affermato all’art. 8 del DPR n. 333/2000, i piccoli datori di lavoro (con un organico dimensionato tra le 15 e le 35 unità) non sono tenuti all’invio del prospetto informativo se non effettuano nuove assunzioni. Considerato che il prospetto informativo è stato presentato dopo l’assunzione dell’agosto 2008 nei termini prescritti, il comportamento aziendale appare in linea con la normativa, non delineandosi i presupposti per l’applicazione della sanzione. PAG. 19 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 QUESITI Rimborso spese chilometrico, quali le regole da seguire per amministratore di società? QUESITO Richiediamo chiarimento in merito al rimborso spese chilometrico, con utilizzo tabelle ACI, da corrispondere ad amministratore di Società. Tale soggetto utilizza auto propria (diesel 20 cv fiscali) per la citata attività di amministratore . A titolo esemplificativo, ipotizzando una percorrenza annua totale (km per attività di amministratore+km per utilizzo personale del mezzo) pari a 12.000 di km, si deve applicare per tutti i km la tariffa della seconda fascia (fino a 20.000 km) o si applica la tariffa in base agli scaglioni, cioè da 0 a 10.000 km un importo, da 10.000 a 20.000 km un altro importo? Non sembrerebbe logica la prima opzione, in quanto più km percorre l´amministratore meno sarebbero il rimborso a questi spettante (e che la società potrebbe detrarsi); infatti, con l´esempio di 12.000 km annui e utilizzando la tariffa relativa alla autovettura dell´amministratore, con applicazione distinta di due scaglioni si otterrebbe un rimborso di ca. € 7.500, mentre applicando l´unico scaglione (fino a 20.000 km) si avrebbe un rimborso di ca. € 5.500. RISPOSTA Esperto: Paola Cogo Per poter esattamente quantificare il costo chilometrico di esercizio per un veicolo di proprietà di un dipendente, utilizzato dallo stesso per lavoro e quindi da rimborsare, si deve innanzitutto tener presente che tre sono i parametri da considerare. I primi due sono: i costi annui proporzionali alla percorrenza e i costi annui NON proporzionali alla percorrenza. Tra i primi si possono includere i carburanti, pneumatici, costi di riparazione e manutenzione e gli ammortamenti; tra i secondi le tasse automobilistiche, le assicurazioni e gli interessi sul capitale dell’acquisto dell’automezzo. Il terzo parametro da prendere in considerazione è la percorrenza media annuale in quanto il costo complessivo d’esercizio varia in funzione di essa. Per “percorrenza media annuale” si intende il numero di chilometri effettuati nel corso dell’anno dal veicolo, indipendentemente dall’uso, che può essere lavorativo o personale. L'insieme dei "costi proporzionali alla percorrenza" (costi dei carburanti, pneumatici e spese per la manutenzione e le riparazioni) costituisce il costo calcolato unitariamente e basato sul grado d'impiego del veicolo, che espresso in euro per Km risulta costante; viceversa al variare della percorrenza media annua l'entità dei "costi non proporzionali alla percorrenza" si riduce: in definitiva più strada si percorre in un anno, minore risulta l'ammontare del costo d'esercizio complessivo espresso in euro per Km, in quanto i costi fissi annui (quota interessi sul capitale d'acquisto, tassa di circolazione e assicurazione R.C.A.) si ripartiscono in un arco più ampio di Km. Per tale motivo per ciascun veicolo nelle tabelle ACI sono stati indicati differenti costi chilometrici in corrispondenza di una percorrenza media annua variabile di 5 mila in 5 mila Km per le autovetture a benzina, di 10 mila in 10 mila Km per quelle a gasolio e per gli autofurgoni, e di 2.500 in PAG. 20 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 2.500 Km per i ciclomotori e i motocicli. L'analisi dettagliata delle singole voci che concorrono alla formazione del costo d'esercizio, ed in particolare la loro suddivisione nelle due categorie principali di costi annui non proporzionali alla percorrenza e di costi proporzionali alla percorrenza, consente di ricavare, mediante un calcolo elementare, il costo chilometrico corrispondente a qualsiasi percorrenza media annua. QUESITI Tale costo si otterrà dividendo la somma dei costi non proporzionali per la percorrenza media annua che interessa e aggiungendo al valore ottenuto il costo proporzionale alla percorrenza già calcolato in €/Km. In base a queste indicazioni fornite dall’Aci, il metodo usato a “scaglioni” risulta correttamente applicato, diversamente da quello a fascia fissa rappresentato nel quesito. Legge 407/90, non può essere riassunto uno stesso lavoratore licenziato o sospeso QUESITO Ho letto le conclusioni in merito all'interpello n.37/2010, sulla legge 407/1990, e trattandosi dell'ultimo beneficio di cui possiamo godere al sud vorrei porre una domanda: una condizione è che le assunzioni non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi; Nel caso in cui le assunzioni vengono fatte per qualifica differente e quindi in teoria non trattasi di sostituzione in quanto cambia possibilmente il livello e la mansione? RISPOSTA Esperto: Renzo La Costa Nel prevedere che le assunzioni agevolate dalla legge 407/90 “le assunzioni non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi” la disposizione adotta una condizione che è completamente disgiunta dal livello e mansione precedenti e nuovi. In altre parole, la norma non consente la riassunzione dello stesso lavoratore che sia stato oggetto di licenziamento o sospensione, non essendo influente il nuovo inquadramento contrattuale in altra mansione o livello nel nuovo rapporto. Pur tuttavia si osserva che nel caso in cui il lavoratore si sia dimesso dal precedente impiego e abbia maturato successivamente i requisiti di anzianità di disponibilità dei 24 mesi, nulla osta alla riassunzione agevolata ai sensi della predetta legge, nelle vecchie o nuove mansioni. PAG. 21 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 news scrive David Trotti Evento importante nel segno delle proposte Ancl: siglata l'intesa per il rilancio dell'apprendistato Ancora una svolta l’Ancl si potrebbe dire precorre i tempi. E’ stata siglata il 27 ottobre un’intesa tra Governo, Regioni, Province autonome e parti sociali per il rilancio dell'apprendistato che contiene la presa d’atto di alcune criticità dell’istituto che il nostro sindacato aveva posto all’attenzione della dottrina e del Ministero già da qualche tempo. L’intesa infatti si basa sulla presa d’atto che l’apprendistato, nelle sue tre tipologie pur rappresentando oggi il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro secondo percorsi di qualità utili a valorizzare e accrescere le competenze delle persone e sostenere la produttività del lavoro vede la sua utilizzazione ridotta ed ancor più vede poco meno del 20 per cento degli apprendisti ricevere una qualche forma di formazione. Le motivazioni risiedono probabilmente nella riconosciuta complessità della normativa di riferimento e l'incerto riparto di competenze tra Stato, Regioni e parti sociali che determina la necessità di una concertazione tra tutti gli attori coinvolti al fine di garantire certezza per le imprese. Questa incertezza ha fatto sì che consulenti e imprese si arrendano di fronte alla tortuosità dei percorsi da seguire. Chi di noi può ragionare in termini di certezza sulla effettività (chi, dove e quando?) dei percorsi educativi e formativi per i giovani coinvolti nei percorsi di apprendistato? Da questo discende il risultato (a detta dell’intesa e sottolineiamo per la nostra esperienza) di un inadeguato sviluppo delle enormi potenzialità dell'apprendistato. Le difficoltà applicative poi comportano il tentativo di trovare surrogati spesso utilizzando altri strumenti al limite della loro struttura e natura e in qualche caso addirittura deformandone i principi e l’utilizzo (come i tirocini formativi e di orientamento e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto). Oltre a questo l’intesa si preoccupa di rimarcare il mancato utilizzo di alcune forme di apprendistato quali quelle legati al dovere di istruzione e formazione e di alta formazione rilanciate dagli articoli 48 e 50 del decreto legislativo n. 276 del 2003 che ha cercato di proporre il rilancio dell’intero istituto ed in specifico di queste forme, attraverso l'effettività e l'efficacia della formazione, cose che impongono una maggiore valorizzazione della componente della formazione aziendale e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali e della bilateralità. L’intesa si propone di rilanciare l’istituto basandosi sul cercare di dare un nuovo impulso alla occupazione giovanile in apprendistato conferendo, per lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di dodici mesi nella quale, in attesa della definizione di una revisione e di un definitivo chiarimento della normativa vigente e attraverso la conferma del quadro di operatività dell'apprendistato professionalizzante, come disposto dai commi 5 e 5 bis dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Tutto ciò facendo in particolare riferimento alla funzione surrogatoria dei contratti collettivi nazionali di lavoro e PAG. 22 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 news degli accordi interconfederali là dove la Regione non abbia regolamentato la materia d'intesa con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale ed anche e soprattutto nel confermare, per le ipotesi di cui al comma 5 ter dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in materia di formazione esclusivamente aziendale (anche alla luce della sentenza n. 176 del 2010 della Corte Costituzionale), le previsioni contenute nei contratti collettivi e negli accordi interconfederali che hanno disciplinato l'apprendistato professionalizzante e che rimangono valide per le Regioni che non hanno già provveduto a definire compiutamente la normativa ai sensi dell'articolo 49, commi 5 e 5 ter, del citato decreto legislativo n. 276 del 2003. Questa attività, precisa l’intesa, si baserà su una mappatura condivisa della normativa concretamente applicabile Regione per Regione, settore per settore con delle linee guida condivise per la riforma dell'apprendistato professionalizzante secondo la delega contenuta nella legge n. 247 del 2007 in corso di riattivazione nell'ambito del disegno di legge "c.d. collegato lavoro" valorizzando la formazione aziendale di tipo formale, la risorsa della bilateralità, il ruolo dei fondi interprofessionali e la tracciabilità sul libretto formativo del cittadino, nonché con la creazione di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e prevenire gli abusi e l'utilizzo distorto degli stessi e di altre tipologie contrattuali (in particolare le collaborazioni coordinate e continuative) in concorrenza con il contratto di apprendistato. Da ultimo l’intesa si occupa di porre l’accento su uno dei problemi più sentiti dalle aziende, e che risulta un anacronismo storico nell’era della globalizzazione, quello che vivono le imprese con sedi operative in più regioni. Si cercherà, a questo riguardo, di superare uno dei problemi più sentiti in questo ambito stabilendo che per l'attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l'impresa ha la propria sede legale. Convocati la GEN e il Consiglio Nazionale Sono stati convocati rispettivamente per il 17 e il 18 dicembre 2010 la Giunta Esecutiva Nazionale e il Consiglio Nazionale. In particolare, la GEN si riunirà il 17 dicembre alle ore 15,00 presso la sede Ancl di Roma per discutere il seguente ordine del giorno: lettura ed approvazione verbali precedenti, regolamento incasso quote - modello dati per MAV, scheda d'iscrizione, regolamento elezioni congressuali, regolamento disciplinare nazionale, statuto tipo provinciale, statuto tipo regionale, codice etico, rinnovo ente di previdenza, riforma della legge 12/79, centro informatico di categoria, convenzioni - giuda pratica, libere comunicazioni. Il Consiglio Nazionale è invece convocato in prima convocazione alle ore 22,00 del 17 dicembre e in seconda convocazione alle ore 9,00 del 18 dicembre 2010 presso l'Oly Hotel in via Santuario Regina degli Apostoli n.36 a Roma. Questo l'ordine del giorno: lettura ed approvazione verbali precedenti, comunicazioni del presidente, regolamento elelzioni congressuali, regolamento disciplinare nazionale, statuto tipo provinciale, statuto tipo regionale, codice etico, rinnovo ente di previdenza, riforma della legge 12/79, centro informatico di categoria, convenzioni - giuda pratica, libere comunicazioni. PAG. 23 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 news scrive Luciana Bruno Approvate le indicazioni necessarie per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato La Commissione Consultiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha emesso un documento con le indicazioni in merito alla valutazione dello stress lavoro correlato. Riportiamo in seguito la comunicazione ministeriale. fonte: Ministero del Lavoro titolo documento: Indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato Nella riunione del 17 novembre 2010 la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha approvato le indicazioni necessarie per la valutazione del rischio da stress lavorocorrelato, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 6, comma 8, lettera m-quater, e 28, comma 1-bis, del D.lgs. n. 81/2008, e s.m.i. In tal modo viene fornito, in anticipo rispetto al termine di legge (31 dicembre 2010), ai datori di lavoro pubblici e privati, agli operatori e ai lavoratori un essenziale strumento di indirizzo ai fini della corretta attuazione delle previsioni di legge in materia di valutazione del rischio, con riferimento alla peculiare e innovativa tematica del rischio da stress correlato al lavoro. Ai fini della massima divulgazione dei contenuti delle indicazioni, il Ministero ha provveduto a trasmettere il testo in parola ai propri organi di vigilanza, alle strutture regionali competenti e alle parti sociali mediante propria lettera circolare. La circolare è consultabile nella sezione primo piano del portale www.anclsu.com, dove è possibile anche prendere visione di alcuni approfondimenti come le slides sullo stress lavoro correlato elaborate dalla dott.ssa Enrica Cresp, medico del lavoro SPSAL - ASL di Reggio Emilia, le linee guida ISPESL sulla valutazione stress lavoro correlato e la Guida Pratica sulla valutazione stress lavoro correlato redatta dal Coordinamento Tecnico Interregionale. PAG. 24 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 news Rinnovi delle Assemblee Regionali: i chiarimenti del Presidente Nazionale Riportiamo di seguito la lettera di chiarimento sui rinnovi delle Assemblee Regionali inviata dal Presidente Nazionale, Francesco Longobardi, e dal Tesoriere Nazionale, Giammaria Monticelli, ai presidenti dei Consigli Regionali e delle Unioni Provinciali. Ai Presidenti Consigli Regionali A.N.C.L. S.U. Ai Presidenti Unioni Provinciali A.N.C.L. S.U. Roma, 18 novembre 2010 Prot. n. 1693/Pres. – SCF/12 Sono pervenute richieste di chiarimento in ordine ai rinnovi delle Assemblee Regionali e al fine di uniformare i comportamenti per una corretta gestione delle operazioni elettorati si forniscono i seguenti chiarimenti: Collegio Sindaci Revisori: i componenti del Collegio dei Sindaci Revisori non possono essere contemporaneamente membri del Consiglio Regionale. È pertanto preclusa la possibilità di eleggere come Sindaco Revisore sia il Presidente Unione Provinciale sia i Rappresentanti Provinciali al Consiglio Regionale. Collegio Probiviri: la carica di componente del Collegio dei Probiviri Regionale è incompatibile con quella di Proboviro Nazionale e con qualsiasi altra carica associativa (art. 30 statuto). Vice Presidente Regionale: con il nuovo Statuto l’elezione del Vice Presidente Regionale avviene a cura dell’Assemblea Regionale. Nel passato il Vicepresidente era eletto nell’ambito del Consiglio Regionale e pertanto qualsiasi componente dello stesso (Presidente Provinciale o rappresentante provinciale a Consiglio Regionale) poteva rivestire detta carica. Con la modifica statutaria si pone un problema di opportunità se attingere anche tra i componenti il Consiglio o se, visto che trattassi di votazione autonoma, precludere l’eleggibilità ai componenti del Consiglio stesso. Il nuovo regolamento di attuazione al comma 9 dell’art. 22 prevede che: “le norme statutarie e regolamentari previste per l’elezione del Presidente Regionale vengono estese anche alle elezioni del Vice Presidente” Si ritiene pertanto che come il Presidente del Consiglio Regionale, non può essere consigliere, anche il Vice Presidente non possa essere un componente del Consiglio Regionale. Cordiali saluti. Il Presidente Nazionale Francesco Longobadi Il Tesoriere Nazionale Giammaria Monticelli CAF 2010, rinnovata la convenzione per il servizio di invio del 730 Rinnovata la convenzione con Teleconsul per quanto riguarda l’ambito 730. Dall'home page del portale www.anclsu.com è possibile l'accesso ai servizi Caf 2010. E’ sufficiente cliccare sul banner rosso a destra dello schermo per accedere al modello da compilare per l'adesione ai servizi. PAG. 25 - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 eventi mantova - 6 dicembre 2010 L’apprendistato professionalizzante Le novitá del collegato lavoro convegno organizzato da: Ancl - Up Mantova Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Mantova data: lunedì 6 dicembre 2010 dalle ore 14,00 alle ore 18,30 presso l'Auditorium MAMU - largo Pradella 1 - Mantova tema: L’apprendistato professionalizzante Le novità del collegato lavoro treviso - 10 dicembre 2010 Il processo tributario Il ricorso in appello giornata di studio organizzato da: Ancl - Up Treviso Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Treviso data: venerdì 10 dicembre 2010 dalle ore 15.00 presso l'Hotel Ca‘ Del Galletto - Sala congressi Via Santa Bona Vecchia, 30 - Treviso tema: Il processo tributario - Il ricorso in appello Imperia - 9 dicembre 2010 L’orario di lavoro dei lavoratori mobili Tempi di guida e riposo conducenti convegno organizzato da: Ancl - Up Imperia Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Imperia Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione Provinciale del Lavoro di Imperia data: giovedì 9 dicembre 2010 dalle ore 09,30 alle ore 13,00 presso il Tribunale di Imperia Sala Multifunzionale - via XXV Aprile, 67 tema: L’orario di lavoro dei lavoratori mobili I tempi di guida e riposo dei conducenti bologna- 13 dicembre 2010 Collegato lavoro convegno organizzato da: Ancl - Up Bologna data: lunedì 13 dicembre 2010 presso l'Hotel Carlton di Bologna - via Montebello n.8 tema: Collegato Lavoro Padova - 14 dicembre 2010 Il nuovo Testo Unico in materia di sicurezza ed il D. Lgs 231/2001 convegno organizzato da: Ancl - Up Padova Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Padova data: martedì 14 dicembre 2010 dalle ore 14,30 alle ore 18,30 presso l'Hotel Crowne Plaza di Padova - Uscita autostrada Padova Ovest tema: Il nuovo Testo Unico in materia di sicurezza ed il D. Lgs 231/2001. Il ruolo del consulente del lavoro e le possibili nuove opportunitá professionali pavia - 15 dicembre 2010 I conguagli di fine anno e le ultime novitá del Collegato Lavoro convegno organizzato da: Ancl - Up Pavia Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Pavia data: mercoledì 15 dicembre 2010 dalle 14.00 alle 18.00 presso l'Unione Industriali di Pavia via B. da Feltre, 6 tema: I conguagli di fine anno e le ultime novitá del Collegato Lavoro Utima - Edizione del 30 novembre - n. 25 - XXII del 2010 CHI SIAMO Dirigenti e sedi Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario GIUNTA ESECUTIVA NAZIONALE Da chi è composta la Giunta Presidente Francesco Longobardi - Vice Segretario Generale Nazionale Vicario Stefano Sassara - Vice Segretario Generale Nazionale Franco Dolli - Segretario Tesoriere Giammaria Monticelli - Segretario Amministrativo Guido Sciacca - Coordinatore Centro Studi Paola Diana Onder ALTRI COMPONENTI GIUNTA ESECUTIVA Tutti i componenti della Giunta Claudio Baldassari, Giovanni Besio, Adele Borelli, Marina Canavesio, Nestore D’Alessandro, Roberto Morini, Danilo Notarnicola, Leonardo Pascazio, Roberto Sartore, Rossano Zanella, Collegio Nazionale Sindaci Revisori Dario Montanaro (presidente), Renato Boscutti e Giovanni Gherzi (revisori) Collegio Nazionale Probiviri Patrizia Gagliardi (presidente), Luciano Ognissanti e Andrea Pozzatti (probiviri) CONSIGLIO NAZIONALE Da chi è composto il Consiglio Consiglieri di estrazione congressuale Agostini Walter, Alborno Mario, Arteritano Pasquale, Baldassari Claudio, Besio Giovanni, Biscarini Paolo, Borelli Adele, Bravi Bruno, Bruno Luciana, Canavesio Marina, Cocchi Maria Rosaria, Cocorullo Fernando, D’Alessandro Nestore, D’Angelo Franco, De Febe Giulia, Della Bianca Giuliana, Di Paolo Mauro, Dolli Franco, Eleonori Guglielmo R., Faggiotto Claudio, Fanfani Antonio, Formentin Giovanna, Furlan Debora, Giacomin Antonietta, Giarola Zeno, Granata Annamaria, Graziano Alessandro, Izzo Alfonso, Maffiotti Manuela, Mirtoni Annamaria, Monticelli Giammaria, Morini Roberto, Nicoli Loredana, Notarnicola Danilo, Onder Paola Diana, Paone Luca Andrea, Pascazio Leonardo, Pasquini Roberto, Piceci Roberto, Rama Valeria, Rota Porta Alessandro, Sanna Mauro, Sartore Roberto, Sassara Stefano, Schiavello Antonio, Sciacca Guido, Scoglio Stefania, Sighinolfi Roberta, Spalletti Antonella, Tonegutti Stefano, Umbaldo Massimiliano, Vannicola Enrico, Zanella Rossano, Zeppi Leonardo, Zimmile Calogero PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL I presidenti dei Consigli Regionali dell'Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (prov. aut. Bolzano), Pier Luigi Begliuomini (Valle d'Aosta), Alessandro Bonzio (Veneto), Filippo Carrozzo (Piemonte), Galileo Casimiro (Molise), Giuseppe Corrias (Sardegna), Giulio Dapelo (Liguria), Nicola De Laurentis (Abruzzo), Maria Rosaria Cocchi (Lombardia), Anna Maria Granata (Campania), Giovanna Manca (Basilicata), Carlo Marcucci (Marche), Pasquale Mazzuca (Calabria), Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Paolo Rossi (Lazio), Nunzio Scribano (Sicilia), Alessandro Signorini (Toscana), Marinella Tinonin (Friuli Venezia Giulia), Bruno Toniolatti (Umbria), Mauro Zanella (prov. aut. Trento).