MARCO STRANO
STALKING: REATO
AD ALTO IMPATTO
PSICOLOGICO
MANUALE OPERATIVO
PER INVESTIGATORI
INDICE
Presentazione (di Valter Mazzetti)
Prefazione (di Massimo Giuseppe Zito)
Introduzione: il business delle donne maltrattate (di Marco Strano)
Il fenomeno stalking (di Marco Strano)
Lo stalking: un fenomeno antico (di Marco Strano)
Lo stalking e internet: il cyberstalking (di Marco Strano)
Lo stalking nella relazione di coppia (di Marianna Chessa
Ex-pazienti ed ex-clienti: lo stalking subito dalle figure professionali (di
Paola Popolla)
Guideline: lo stalking nelle professioni d’aiuto (di Marco Strano)
La prevenzione dello stalking attraverso la collaborazione tra legali e
psicologi (di Gaetano Lauro Grotto)
Lo stalking delle celebrità (di Marco Strano)
Aspetti normativi
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PRESENTAZIONE
Il settore ricerca scientifica e formazione dell’UGL Polizia di Stato è
diretto dal nostro Dirigente Nazionale Marco Strano, funzionario di
polizia ma anche stimatissimo scienziato, molto apprezzato dalla
comunità internazionale dei criminologi e degli scienziati forensi.
Obiettivo del settore è quello di offrire agli operatori di polizia dei
momenti di sviluppo della cultura professionale, specialmente su
tematiche innovative e multidisciplinari. Dalla fine del 2011 questo
settore estremamente attivo e prestigioso dell’UGL Polizia, grazie
all’impegno di Strano, ha organizzato numerosi eventi formativi e
progetti di ricerca a cui hanno partecipato migliaia di appartenenti alla
Polizia di Stato che hanno particolarmente apprezzato l’iniziativa.
Parallelamente ai corsi di formazione, il team diretto da Marco Strano
sta realizzando manualistica tecnica e guideline operative su diverse
tematiche investigative che vengono progettate e sviluppate anche
attraverso una capillare azione di ricerca che coinvolge “dal basso” gli
operatori di polizia e che individua nelle loro esigenze gli aspetti della
cultura tecnico-professionale che richiedono particolare preparazione e
aggiornamento e un supporto da parte della ricerca scientifica. Tra
queste tematiche sono oggetto di attenta analisi, quelle relative
all’intervento sulla scena del crimine, ai software di supporto alle
indagini, al criminal profiling, alle strumentazioni per l’intelligence, alle
tecniche di interrogatorio e di rilevazione della menzogna e ai reati ad
alto impatto psicologico come lo stalking e i crimini commessi da sette
pseudo religiose, dai maghi e dai medium. Per ognuna di queste aree
tematiche il settore diretto da Marco Strano ha progettato dei percorsi di
formazione professionale di altissima qualità e contemporaneamente sta
diffondendo della manualistica in formato elettronico e cartaceo – come
la presente pubblicazione – che sta trovando enorme interesse tra gli
operatori di polizia. Questo lavoro di ricerca e formazione promosso
dall’UGL Polizia di Stato si sta inoltre diffondendo anche tra altre
categorie professionali forensi, come i Magistrati e gli Avvocati,
nell’ottica di una partecipazione sociale e culturale, di tutti gli operatori
del Diritto all’incremento della cultura investigativa, fattore che si sta
proponendo da diversi anni come modello di sviluppo scientifico e
culturale nella maggior parte delle Nazioni più sviluppate.
Valter Mazzetti. Segretario Generale UGL Polizia di Stato
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PREFAZIONE
L’ICAA ha iniziato a studiare lo stalking a partire dal 2003, inizialmente
nelle sue manifestazioni digitali, somministrando questionari
sull’incidenza e sulle diverse manifestazioni del fenomeno e studiando i
dati dell’UACI della Polizia Postale. Le prime pubblicazioni
sull’argomento, come quella di Marco Strano, Cyberstalking pubblicata
su ICT Security, nel febbraio 2003, facevano infatti riferimento ai soli
comportamenti assillanti digitali. Poi l’ICAA ha attivato una equipe di
volontari a Roma che ha cominciato a incontrare le vittime e a trattare
anche casi di stalking off-line, fornendo una consulenza gratuita e
acquisendo così progressivamente esperienza operativa e dati di ricerca.
I casi trattati sono stati selezionati il più possibile diversi tra loro, in base
alle caratteristiche della vittima e ai comportamenti di stalking.
L’approccio interdisciplinare adottato ed elaborato da Marco Strano si
ispira alle esperienze dirette acquisite dall’ICAA negli ultimi 10 anni che
hanno fornito un importante contributo conoscitivo al fenomeno. Viene
adottato un protocollo standardizzato e le informazioni vengono
raccolte con una scheda strutturata ed elaborate a Roma. Poi in base alla
situazione riscontrata si progetta un intervento individualizzato e si
forniscono consigli alla vittima. Il tutto in modo assolutamente gratuito.
In questi 10 anni di attività hanno cominciato a giungere richieste
all’infoline e all’emali da tutta Italia e molte delle persone ascoltate
dall’equipe interdisciplinare dell’ICAA sono giunte da molto lontano.
Per questo motivo l’ICAA ha deciso di attivare equipe nelle sue sedi
periferiche di Parma, Palermo, Lecce, Bari, Cagliari, Napoli, e Genova.
Sono composte da uno Psicologo, da un Avvocato e da altre figure
professionali e adottano tutte lo stesso protocollo di intervento e i casi
vengono supervisionati dall’equipe centrale di Roma. I componenti
dell’equipe ricevono una formazione specifica sull’argomento.
Proponiamo quindi, una pubblicazione scientifica sull’argomento, che
contiene una guideline di intervento per i professionisti di area legale e
psicologica oltre che il protocollo adottato e le valutazioni sulla casistica
trattata. Recentemente, in collaborazione con l’UGL Polizia di Stato,
sono stati effettuati numerosi seminari di formazione agli operatori di
polizia al fine di incrementare la sensibilità sul fenomeno e per fornire
strumenti di intervento psicologici da affiancare a quelli di natura
giuridica. Questo manuale, dedicato agli operatori istituzionali e alle
associazioni di volontariato, raccoglie alcuni brevi interventi tecnici in
ottica interdisciplinare, in area legale, psicologica, investigativa e
tecnologica.
Massimo Giuseppe Zito
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INTRODUZIONE: IL BUSINESS DELLE DONNE MALTRATTATE
Sono Marco Strano (il curatore di questo manuale operativo),
responsabile della ricerca e formazione dell’UGL Polizia di Stato e
Direttore scientifico dell'ICAA, Associazione di volontariato e ricerca
scientifica una cui sezione specializzata (l'equipe antistalking ICAA) dal
2004 offre gratuitamente, a persone vittime di persecuzioni, dei consigli
legali e psico-comportamentali. Parallelamente, sempre in forma
gratuita, l’ICAA eroga corsi di formazione a professionisti e operatori
che intendono operare, in questo ambito, nel settore no-profit.
In questi anni ho avuto modo di assistere donne (e anche alcuni uomini)
che stavano subendo stalking e altre forme di violenza e alcune di loro ci
hanno raccontato di essere in precedenza già "incappate" prima di
rivolgersi a noi, in diverse associazioni in difesa della donna. Alcune
molto serie e piene di volenterosa solidarietà, altre (fortunatamente una
piccola percentuale) a mio avviso più interessate al prestigio e al lucro
che all'erogazione di una reale assistenza a persone in difficoltà.
Non so se si tratta di una casualità ma molto spesso le associazioni che
nei racconti delle donne vengono descritte come più accoglienti e utili
sono quelle con minori risorse economiche, senza finanziamenti pubblici
e privati e dove le volontarie offrono quello che hanno per aiutare la
gente.
Mi riferisco a molte altre organizzazioni antiviolenza con cui a volte
collaboro, dove i responsabili arrivano addirittura ad ospitare a casa loro
le donne che fuggono dalla violenza domestica, dove le volontarie non
prendono alcun rimborso e dove la sede dell'associazione viene pagata
di tasca propria dai suoi soci, oppure è addirittura a casa di uno dei soci.
Il ruolo fondamentale delle associazioni in difesa della donna
Sulla tematica stalking e violenze sulle donne occorre riconoscere una
certa inerzia istituzionale legata in parte alla scarse risorse destinate alle
forze di polizia che hanno attualmente serie difficoltà ad offrire un
servizio di ascolto del cittadino che vada al di la della mera ricezione
delle denunce.
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Va da se che in casi intricati e psicologicamente complessi, quali
appunto quelli che riguardano la violenza sulle donne, spesso gli uffici
di polizia a volte vanno un po in affanno. In quest'ottica l'azione delle
associazioni di volontariato (serie e preparate) appare utilissima, sia
nella fase dell'accoglienza che nella fase di assistenza nella preparazione
di eventuali interventi legali.
Sappiamo che molte donne hanno ad esempio un comportamento
altalenante, sono intimidite (e spesso hanno anche infondati sensi di
colpa), e sono combattute dalla scelta se continuare a prendere le botte o
se affrontare un periodo di difficoltà nell'auto-sostentamento loro e dei
loro figli. Insomma una situazione dove l'aiuto di persone disposte ad
accogliere e a supportare psicologicamente appare utilissima.
Che poi coloro che svolgono questa azione di assistenza nei confronti
delle donne debbano essere sempre e necessariamente altre donne
permettetemi di avanzare dei dubbi.
A mio avviso, gli uomini che riescono a prendere consapevolezza della
prepotenza del loro genere nei confronti delle donne avvertono un certo
imbarazzo di fondo e questo può essere una spinta verso un
atteggiamento di particolare accoglienza. Ricerche condotte in Olanda
già all’inizio degli anni 80’ supportano questa mia considerazione.
Volontariato non deve voler dire scarsa professionalità
Il volontariato in questo delicato settore, che viene offerto a "materiale
umano" (e oltretutto in situazione di difficoltà), anche se non prevede un
corrispettivo per gli operatori, deve essere svolto con la massima
professionalità per non incrementare i rischi di una "vittimizzazione
secondaria" che vuol dire in pratica fare ancora più danni.
Per evitare ciò, ad esempio, sarebbe opportuno che ogni associazione che
si occupa di violenza sulle donne e stalking, avesse in organico uno
psicologo con almeno 4-5 anni di esperienza che si occupasse di tutti i
primi colloqui (essendo presente) e che poi seguisse con la sua
supervisione l'attività di eventuali volontari non-psicologi. E il
curriculum in pdf del professionista, in formato europeo, (con indicato il
numero delle ore dei corsi frequentati e firmato) dovrebbe essere disponibile
e liberamente consultabile sul sito web dell'associazione.
Questa è una mia opinione personale che potrebbe essere supportata
anche dall'Università attraverso l'invio di giovani psicologi a svolgere il
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loro tirocinio presso associazioni meritorie. A tal proposito è importante
ricordare che per svolgere il tirocinio i giovani psicologi devono essere
seguiti da un tutor (Psicologo con almeno 5 anni di iscrizione all'Albo e
già operante in modo stabile nella struttura ospitante).
Volontariato non vuol dire uno spazio per reperire clienti a pagamento
Sempre dal racconto di alcune donne che si sono rivolte alla nostra
equipe di ascolto, è emersa l'abitudine di alcuni professionisti di operare
saltuariamente (raramente) in associazioni no-profit (anche molto
blasonate) per poi incontrare le vittime di violenza che si rivolgono alla
struttura di volontariato e offrire loro delle attività di consulenza
psicologica o legale (spesso una perizia nel processo) facendosi pagare
profumatamente migliaia di euro.
Secondo il mio modesto avviso, questo comportamento, che dovrebbe
essere in qualche modo vietato per legge (e duramente sanzionato dagli
Ordini professionali, è qualcosa di veramente disgustoso, una sorta di
sciacallaggio sulle donne in difficoltà che però sembra essere abbastanza
diffuso.
Volontariato sociale o azienda mascherata?
In questi anni ho avuto modo di conoscere associazioni che aiutano
veramente le donne e lo fanno con risorse economiche pressoché
inesistenti. Collaboro con alcune di loro offrendo consulenza psicologica
e criminologica per i casi che mi sottopongono. Associazioni che hanno
dei conti correnti in banca con poche centinaia di euro ma che grazie alla
buona volontà delle loro associate riescono ad offrire un contributo
fattivo alle donne che chiedono loro aiuto.
Lo fanno con il cuore. Non chiedono neanche di avere rimborsi spese per
la benzina. Ho visto le volontarie di queste associazioni ospitare nella
loro casa delle donne costrette a fuggire da uomini violenti.
Ma è sempre così? Qualche tempo fa espressi pubblicamente l'opinione
che le associazioni di volontariato dovrebbero rendere pubblico su
internet il loro bilancio anche per i non soci. Soprattutto se tali
associazioni ottengono finanziamenti pubblici o da parte di fondazioni e
aziende. L'associazione ICAA a cui appartengo, con circa 2000 euro in
banca e più di 6000 soci già lo fa da circa 10 anni. Ma con queste cifre in
ballo i conti sono assai facili.
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Alcuni centri anti violenza e associazioni con moltissime volontarie che
conosco personalmente hanno situazioni anche peggiori, con la sede
sociale presso l'abitazione del Presidente e serie difficoltà quotidiane per
andare avanti. E immagino non avrebbero difficoltà a rendere pubblico il
loro bilancio. Occuperebbe a mala pena un paio di righe di testo sul loro
sito. Ma non è così per tutte.
Le donne che si rivolgono a un'associazione di tutela devono subito
denunciare colui che agisce violenza nei loro confronti?
Che le donne maltrattate abbiano riluttanza a sporgere denuncia è una
cosa oramai ampiamente dimostrata. Il numero oscuro (il sommerso) in
questo genere di reato è elevatissimo e una delle funzioni primarie delle
associazioni di difesa delle donne è proprio quella di convincere le
vittime a pubblicizzare la violenza subita attraverso una denuncia, unica
strada civile per uscire dal loop della violenza. Indurre una donna a
sporgere denuncia è però a mio avviso una cosa che necessita di grande
responsabilità e competenza giuridica.
Una denuncia infatti comporta poi un processo dove i giudici valutano
le prove e non la solidarietà e la buona volontà. Se le prove non ci sono
la vittima subisce un ulteriore danno e solitamente si prende una controdenuncia per calunnia (e se ritorna a casa anche ulteriori violenze).
Ritengo pertanto che uno dei ruoli importanti delle associazioni di tutela
della donna sia viceversa quello di convincere la vittima a ritardare (un
pochino) la presentazione della denuncia e nel frattempo insegnarle ad
acquisire più prove possibili che reggano poi al dibattimento in aula.
Questa cosa che può apparire per certi versi cinica e per altri scontata, in
realtà non lo è.
Molte volontarie di associazioni in difesa della donna sembrano
interpretare il giusto motto "se subisci una violenza, denuncia" con una
maledetta fretta. Recentemente mi sono occupato di un caso di stupro ai
danni di una minorenne dove fortunatamente la vittima ha avuto la
prontezza di spirito di fotografarsi con il telefonino alcuni lividi ed
escoriazioni scaturite dalla violenza.
Questa prova, probabilmente, sarà l'unica cosa che consentirà a questa
giovane vittima di ottenere giustizia. Voglio dire che un racconto di
violenze subite rimane un racconto (fatto di parole) e se il racconto non è
supportato da prove rimarrà probabilmente solo un racconto.
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Stessa cosa per lo stalking. Conservare mail ed sms (che spesso la vittima
cancella per rabbia dal proprio telefono) è un elemento fondamentale
per poter dimostrare la persecuzione subita.
Riuscire a video registrare (con strumenti elettronici che oramai si
trovano a poche decine di euro) la violenza psicologica subita o la
presenza del molestatore sotto casa sono degli elementi fondamentali
per convincere il Pubblico Ministero ad attivare un ipotetico processo.
E queste sono le strategie che insegno nei corsi gratuiti per volontari e
che a mio avviso non sono una competenza esclusivamente "sbirresca"
come qualcuno mi ha contestato ma rientrano a tutti gli effetti nelle
famose 'indagini difensive" introdotte in Italia da anni (ma pochissimo
praticate) nel nuovo processo penale.
Quando la tutela della donna diviene una battaglia tra i sessi
Una ultima considerazione sul problema della tutela della donna
riguarda l'elevato numero di false denunce utilizzate come strategia
nelle cause di separazione conflittuali.
Le donne che segnalano situazioni di stalking o di violenza domestica
inesistenti, come strategia per ottenere l'affidamento dei figli o come
"vantaggio" da mettere sul piatto della bilancia nella richiesta di
alimenti, gettano un'ombra sulla credibilità di tutte coloro (la
maggioranza) che invece la violenza l'hanno subita davvero e
contribuiscono a generare nei giudici quella diffidenza responsabile a
mio avviso della maggior parte delle archiviazioni dei procedimenti per
violenza domestica e stalking.
Come possa una donna sfruttare una simile piaga sociale per vantaggi
personali è una cosa che si fa difficoltà a comprendere. Resta il fatto che
anche le associazioni che tutelano le donne (quelle serie) sono costrette
ad attivare una sorta di “filtro” quando ricevono una nuova
segnalazione, per capire se la presunta vittima in realtà sta cercando di
strumentalizzarle.
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GUIDELINE INVESTIGATIVA
A. Prima di presentare una querela per stalking è necessario reperire il
maggior numero di prove che possano poi reggere in dibattimento.
B. Tali elementi probatori dovrebbero essere in grado di dimostrare che
le azioni poste in essere dallo/a stalker sono finalizzate alla
persecuzione e non hanno carattere di casualità.
C. L’elemento fondamentale è quindi legato alla “reiterazione” del
comportamento e sulla sua capacità (il più possibile oggettiva) di
provocare un disagio.
Questi gli elementi che andrebbero acquisiti e conservati (e allegati alla
denuncia):
• messaggi SMS, messaggi face book, schermate di chat, twitter,
email e ogni altro messaggio elettronico;
• tabulati telefonici;
• filmati e fotografie della presenza dello stalker in prossimità
dell’abitazione;
• registrazioni audio di telefonate (specificando all’interlocutore
che si sta registrando la conversazione);
• documentazione fotografica di danneggiamenti, scritte sui muri e
altri segni della presenza dello stalker;
• testimoniane scritte di azioni denigratorie dello stalker fornite da
parenti e conoscenti;
• referti medici e psicologici di eventuali violenze subite.
Sarebbe anche auspicabile che il Legale che assiste la vittima (qualora le
risorse economiche fossero sufficienti) desse un regolare mandato a un
Investigatore Privato (in possesso di regolare licenza per le indagini
penali) che possa effettuare una relazione tecnica corredata di
documentazione fotografica.
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IL FENOMENO STALKING
Di Marco Strano
Il numero oscuro rappresenta il numero di reati consumati ma non
denunciati. La letteratura scientifica riferisce che nello stalking è molto
elevato. Solo una parte delle molestie assillanti viene infatti
pubblicizzata da chi le subisce. Moltissime delle persone che ci
circondano hanno avuto probabilmente nella loro vita qualcuno che non
ha “digerito” la separazione e che ha tentato di riavvicinarsi, a volte
anche in maniera insistente, molesta e sgradita.
Ovviamente solo in un numero ridotto di casi questi comportamenti
sono stati percepiti come stalking. Su tale fenomeno permane comunque
una notevole confusione. In primo luogo sul genere degli stalker e delle
vittime.
Nella maggior parte degli articoli divulgativi sul fenomeno stalking e
purtroppo anche su diversi articoli scientifici si tende ad esempio a
connotare lo stalker come maschio e la vittima come femmina. In realtà,
coloro che possiedono anche solo un’infarinatura di cultura
criminologica e in genere sulle Scienze Sociali dovrebbero affermare che
lo stalker si manifesta statisticamente maggiormente come uomo e la
vittima si manifesta statisticamente maggiormente come donna. La cosa è
ben diversa.
La riluttanza a pubblicizzare il fatto da parte dei soggetti maschi
attraverso una denuncia, o la diversa interpretazione/significazione di
un comportamento (più o meno molesto) è ovviamente soggettiva e
legata alla cultura di “genere”. E’ notorio che i maschi vengono educati
con principi culturali diversi rispetto alle femmine e spesso se si trovano
una ex fidanzata sotto casa non fanno denuncia ma spesso si vantano del
fatto con gli amici al bar. Certamente, se l’azione di stalking si manifesta
in presenza della nuova compagna magari si vantano un po meno e
magari attivano una delle poche azioni legali che si registrano promosse
da vittime di sesso maschile.
I sociologi chiamano tutto questo “errore sistematico” che a un famoso
non eletto Presidente degli Stati Uniti costò molto caro avendo fatto un
sondaggio elettorale sugli elenchi telefonici e lasciando quindi fuori
dalla sua valutazione tutti i poveri, senza telefono, che poi hanno votato
per l’altro candidato.
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Diversi modelli culturali influiscono quindi sul livello di emersione di
un fenomeno all’interno di generi diversi. E’ la ben conosciuta teoria di
Sutherland del numero oscuro in Criminologia ma altre Scienze sociali
hanno costruito teorizzazioni simili.
Da Psicologo e da ricercatore sociale ritengo che se lo stalking è legato
alla difficoltà di rielaborazione del lutto e alla bassa autostima e se tale
difficoltà è equidistribuita tra maschi e femmine, evidentemente le
vittime e gli autori di stalking potrebbero essere in percentuale del 50%
tra maschi e femmine.
Ma certamente le statistiche giudiziarie che riportano solo i reati scoperti
(denunciati) e oggetto di procedimento penale non potranno mai darci
una risposta.
Un questionario anonimo distribuito a un campione randomizzato di
popolazione forse potrebbe darci interessanti sorprese in merito. E in
definitiva bisognerebbe chiedersi: perché gli uomini dovrebbero essere
più inclini delle donne alle molestie assillanti e a non digerire
l’abbandono? E’ un problema culturale?, biologico, personologico,
affettivo?, emotivo? Le donne sono forse più fredde e anaffettive e
tollerano maggiormente l’abbandono? Oppure reagiscono in maniera
diversa?
Probabilmente a rendere maggiormente persecutori i maschi è la
presenza di una sciagurata cultura che inculca loro, fin da piccoli, che la
donna è una sorta di proprietà privata (e non una compagna di vita) e
l’abbandono può rappresentare in quest’ottica una ferita narcisistica di
più difficile guarigione. Ma da qui a dire che le istanze persecutorie
siano solo ed esclusivamente maschili a mio avviso si rischia di
commettere un grave errore.
Come già ho sottolineato, un altro elemento di confusione è generato a
mio avviso dal mettere sempre in correlazione le violenze domestiche e
lo stalking: il rischio di una confusione semantica, epistemologica,
investigativa e clinica è assai frequente. Aiutare le donne a trovare il
coraggio di denunciare le violenze subite è una cosa utile e meritoria.
Questo è quello che fanno (o che dovrebbero fare) le Associazioni di
volontariato che operano in questo ambito, rappresentando
un’interfaccia tra le vittime e le forze di polizia.
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Associare in modo lineare però la violenza (fisica e psicologica) sulle
donne al fenomeno stalking è a mio avviso pericolosissimo. La
categorizzazione semantica, epistemologica, clinica e recentemente
giuridica, dello stalking serve proprio a definire una categoria
interpretativa nuova che quella della violenza (già normata da molto
tempo) non riusciva a considerare efficacemente.
Se associamo lo stalking alla violenza fisica rischiamo di ingenerare in
coloro che dovrebbero rilevare i casi (i poliziotti) l’aspettativa di trovarsi
sempre di fronte dei segni “tangibili” dello stalking sui corpi delle
vittime. E questo non è assolutamente corretto.
Lo stalking “vero” (tipico) è il tentativo di rientrare nella vita di una
persona in modo sistematico ma senza azioni eclatanti di violenza fisica.
E’ il tentativo di costringere la vittima a osservarlo/a attraverso
presenze più o meno palesi, è il tentativo di fare in modo di entrare nei
pensieri della vittima, di far in modo che la vittima pensi a lui o a lei.
I comportamenti distruttivi, quelli finalizzati a far soffrire la vittima
rappresentano tutto sommato forme di stalking “atipiche” e se pur a
volte presenti non costituiscono il focus psicologico di tutti i
comportamenti di stalking.
Una persona gretta e violenta per colpire un ex partner può agire
comportamenti aggressivi, una persona intelligente e pianificatrice può
agire comportamenti non violenti e più sottili. Insomma, un uomo
violento è sicuramente uno stalker? Uno stalker è sicuramente un uomo
violento? Lo stalker è sicuramente un uomo?
Ritengo che la risposta a queste domande debba essere supportata da
una seria e articolata ricerca scientifica. Resta il fatto che chi si occupa di
violenze normalmente ha a che fare con vittime donne perché gli uomini
sono fisicamente più robusti e tendono a sfruttare questo vantaggio. Le
donne evitano di tentare di picchiare gli uomini perché altrimenti spesso
soccomberebbero. Insomma le donne “prendono più botte” in famiglia o
dal partner rispetto agli uomini.
Le donne però attuano maggiormente comportamenti violenti di tipo
verbale, compatibili con le loro risorse. Gli uomini che vengono picchiati
dalle donne infine, normalmente si vergognano ad ammetterlo e non lo
raccontano.
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Queste “banalità” e semplificazioni di questioni assai complesse
rappresentano però delle verità difficilmente negabili e su cui
probabilmente è necessaria un’attenta riflessione. E da queste riflessioni
pongo un altro interrogativo. Le organizzazioni di volontariato e le
strategie da loro attuate per prevenire e per reprimere le forme di
violenza tradizionale sulle vittime sono forse inadatte per prevenire e
combattere lo stalking?
In altre parole, coloro che da anni operano nel settore della prevenzione
e della repressione delle violenze fisiche forse sono impreparati per
affrontare il problema stalking, molto più subdolo e permeato di
dimensioni psicologiche?
E poi ci sono le guerre “di genere”, maschi contro femmine e femmine
contro maschi, che si sperava fossero sopite alla fine degli anni 70’ e che
stanno invece ritrovando nuova linfa, alimentate da gruppi e
associazioni varie e forse anche criticizzate da norme che consentono un
ampio spazio di interpretazione.
Personalmente credo che la guerra tra maschi e femmine debba
definitivamente finire perché in questo pianeta abbiamo problemi molto
gravi da affrontare (fame, pandemie, guerre etniche) che entro pochi
decenni ci potrebbero portare in una condizione difficile per tutti e che
l’azione culturale e politica dovrebbe tendere a riunire e non a dividere.
Stalking come malattia mentale?
Stiamo assistendo a mio avvviso a una clinicizzazione esasperata del
problema stalking. Non c’è tesi di laurea in area psicologica che non
contenga una parte predominante nell’elaborato dedicata alla
psicopatologia dello stalker. Non c’è letteratura scientifica recente in cui
lo stalking non è correlato a disturbi di personalità gravi.
Mi aspetto una specifica categorizzazione su uno dei prossimi DSM
(Manuali Diagnostici dei Disturbi Mentali) della “sindrome dell’ex
partner molestatore assillante”. Questa clinicizzazione è forse eccessiva.
Se riteniamo che un substrato caratteriale (e non personologico) possa
favorire in alcuni soggetti comportamenti di stalking come una sorta di
esacerbazione del sintomo in condizioni in cui un fattore stressor (la
separazione non gradita) si manifesta, potrei anche essere d’accordo.
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Certamente due partner che entrambi non vedevano l’ora di togliersi dai
piedi l’altra parte della diade, scomoda e sgradita non attueranno
comportamenti tendenti a un recupero forzato. Ma se per stalking
consideriamo una fase temporalmente ridotta (qualche mese) in cui uno
dei due ex partner, che è ancora affettivamente legato, tenta di
convincere l’altro a ricominciare la storia, anche attraverso
comportamenti goffi e intrusivi, sinceramente sono un po perplesso
riguardo alla reale influenza dei piani caratteriali. Ma quindi il problema
è: dove finisce il comportamento passionale o le cosiddette “pene
d’amore” e dove inizia lo stalking?
Quante volte un/una fidanzato/a lasciato/a deve farsi trovare sotto il
balcone del/della ex per essere definito uno/a stalker e quanti sms deve
inviargli? due? cinque? quaranta? E se attua questi comportamenti, è
sicuramente un/una malato/a di mente?
Alcune recenti sentenze in effetti hanno generato notevoli perplessità,
sia rispetto a un eccessivo rigore su comportamenti poco gravi che
rispetto a una insufficiente tutela della vittima da comportamenti
obiettivamente persecutori.
In questa fase storica stiamo assistendo inoltre a una forte normazione
del fenomeno stalking. Cresce l’area dei comportamenti “definiti
assillanti” che viene vietata con una norma. Ma l’area interpretativa è
stata mantenuta ovviamente assai estesa. Non si tratta di violenze
fisiche, di percosse o di altre cose che lasciano segni tangibili. Si tratta di
comportamenti “percepiti” come assillanti.
Ma allora mi viene un altro dubbio. Se siamo tutti d’accordo che lo
stalker è un malato di mente allora bisognerebbe ricordare che la
malattia mentale non si tratta efficacemente con una norma penale. Se
abbiamo a che fare con comportamenti di squilibrati la soluzione è il
trattamento psicologico, preventivo e clinico, non il carcere o un
“ammonimento”.
Oppure la patata bollente viene passata ai giudici che devono
discriminare in base alla capacità di intendere e di volere del soggetto?
Ma se agli/alle stalker, a parte qualche caso di soggetto psicotico con
deliri, viene normalmente attribuito al massimo un disturbo in asse II (di
personalità) che (in giurisprudenza consolidata) non incide sulla
capacità di intendere e di volere, allora siamo coscienti che anche se
abbiamo a che fare con dei soggetti disturbati il loro quadro clinico non
può ingerire sulla valutazione del Giudice?
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E infine, che efficacia può avere “l’ammonimento del Questore” su un
soggetto simile a quello che “stolkizzava” Jodie Foster e che in pieno
delirio psicotico ha sparato al Presidente degli Stati Uniti (Regan) per
attirare su di lui l’attenzione della distratta Jodie?
Insomma, al di la delle ipocrisie mediatiche nei talk show forse sarebbe il
caso di interrogarci se sul fenomeno stalking stiamo prendendo la strada
giusta e se stiamo costruendo gli strumenti giuridici realmente efficaci
per risolvere il problema.
La conclusione di questo contributo, fatto più di interrogativi che di
soluzioni, è legata alle strategie possibili per incidere sul problema in
maniera etica ed efficace. In tal senso la soluzione deve venire
necessariamente dalla Legge e dalla Psicologia, difficilmente da una
delle due sfere di intervento disgiunta dall’altra.
E forse questa sinergia tra saperi diversi, giuridici e psicologici,
dovrebbe animare anche le possibili modifiche normative che
probabilmente, dopo questa prima fase esperenziale di applicazione
della legge sullo stalking, dovranno necessariamente giungere.
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LO STALKING: UN FENOMENO ANTICO
Di Marco Strano
I Criminologi conoscono oramai da tempo il fenomeno del “molestatore
assillante”. Già nei primi del ‘900 infatti, lo Psichiatra de Clérambault
aveva descritto una tipologia di soggetti con disturbi mentali che
assediavano le loro prede con finalità sessuali, incuranti del loro diniego,
in un quadro di vero e proprio delirio di passione erotica e di gelosia.
Più di recente, nel mondo anglosassone a seguito di fatti di sangue
eclatanti eseguiti da squilibrati soprattutto ai danni di attrici e divi dello
spettacolo il fenomeno ha trovato nuove attenzioni anche al di fuori
della cerchia degli addetti ai lavori ed è stato ridefinito con il termine
stalking, preso in prestito dal mondo dei cacciatori (letteralmente to
stalk: fare la posta).
Galeazzi e Curci (2001) del Dipartimento di Patologia
Neuropsicosensoriale dell’Università di Modena hanno coniato il
termine di “molestatore assillante” e propongono la seguente
definizione: “..un insieme di comportamenti ripetuti ed intrusivi di
sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di
una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e
comportamenti non graditi..”.
In Italia non esiste ancora una normativa specifica per lo stalking che
rientra quindi nella fattispecie penale della molestia e del disturbo alla
quiete del privato (art. 660 CP).
Il comportamento di stalking presenta comunque numerose
sfaccettature e solo in alcuni casi è ascrivibile ad un conclamato disturbo
psichiatrico con manifestazioni deliranti o con anomalie patologiche
della personalità. Nella prevalenza dei casi si rilevano infatti
motivazioni razionali attinenti ad un desiderio di vendetta o
all’incapacità di digerire ed elaborare cognitivamente l’abbandono di un
partner o di un’altra figura significativa a cui lo stalker è legato (es. uno
psicoterapeuta).
Gli strumenti tradizionali degli stalker sono primariamente il telefono e
la presenza fisica incombente nei luoghi frequentati dalla vittima. Sono
17
stati descritte però anche tecniche diverse come i danneggiamenti a cose
di proprietà della vittima o l’uccisione dei suoi animali domestici.
Alla luce delle ricerche più recenti, sviluppate in prevalenza nel mondo
scientifico statunitense, è possibile sintetizzare una tipologia
semplificata di persecutori:
A. soggetti che non riescono ad accettare l’abbandono del partner o di
altre figure significative e attuano una vera e propria persecuzione nel
tentativo maldestro di ristabilire il rapporto o semplicemente vendicarsi
dei torti subiti nel corso del distacco (la maggior parte dei casi). Sono i
molestatori statisticamente più pericolosi per quanto riguarda la
possibilità che lo stalking degeneri in atti di violenza fisica nei confronti
della vittima;
B. soggetti che sfogano attraverso lo stalking un rancore dovuto a cause
molteplici nei confronti di una persona con cui sono entrati in conflitto,
al di fuori di un rapporto affettivo. Tipico il caso dell’ex collega di lavoro
“che si è comportato male con lui” o del professionista (es. un medico)
che gli ha provocato un danno giudicato grave. Normalmente questi
stalker presentano in livello di pericolosità contenuta per ipotesi di
violenza fisica, rappresentata e annunciata attraverso le molestie e gli
insulti ma difficilmente agita;
C. molestatori sessuali abituali o conquistatori maldestri, che
individuano l’oggetto del loro desiderio nella vittima (anche
sconosciuta) ed effettuano una serie di tentativi di approccio incapaci o
incuranti dei segnali di fastidio da parte della vittima. I soggetti
appartenenti a questa categoria talvolta presentano modalità compulsive
o possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Per ciò che attiene
agli indici di pericolosità i molestatori sessuali abituali possono divenire
potenziali stupratori mentre la categoria dei cosiddetti conquistatori
maldestri normalmente è pressoché innocua.
Talvolta si rilevano soggetti che possono essere inseriti parzialmente in
più di una delle tre categorie.
Statisticamente, nella maggior parte dei casi di stalking, la vittima è di
sesso femminile ed esiste una relazione pregressa tra vittima e
molestatore. Sulla dimensione statistica del fenomeno è importante però
sottolineare la riluttanza dei maschi a evidenziare il problema,
probabilmente per vergogna.
18
Le molestie assumono solitamente il carattere di “ondate” o “campagne
di stalking”, di durata variabile da pochi giorni a diversi anni.
Normalmente le ondate durano diversi mesi se non vengono interrotte
da un elemento esterno alla relazione (es. la denuncia da parte della
vittima). La consapevolezza del fenomeno ad “ondate” è importante per
non abbassare la guardia anche quando dopo numerosi mesi di
“silenzio” lo stalker sembra sparito.
In realtà l’azione persecutoria può riattivarsi anche a distanza di molto
tempo. Questa considerazione ha rilevanza sia in ottica investigativa che
in ottica clinica.
Talvolta
poi
il
comportamento
della
vittima
“rinforza”
involontariamente l’azione dello stalker che può ad esempio equivocare
un tentativo di convincimento a interrompere le molestie fatto con tono
civile e cortese come una implicita accettazione della persecuzione.
Altre volte, specie negli stalker animati da rancore, sono viceversa i
segni di disagio e di paura che rinforzano la sua motivazione.
19
20
La mancata rielaborazione del lutto alla base dello stalking
Ogni perdita di qualcuno (o di qualcosa) affettivamente significativo per
noi necessita di una fase di ricompensazione e di adattamento alla nuova
situazione.
Gli Psicologi la chiamano perdita dell’oggetto di investimento libidico. In
questa fase il soggetto che ha subito la perdita normalmente entra in una
fase depressiva (di tipo reattivo) caratterizzata da angoscia e tristezza.
Questa fase può durare più di un anno.
Se questo tempo si dilata eccessivamente il soggetto viene considerato
“malato” o comunque in condizione di disagio psicologico (lutto
psicologico). Il tentativo di riavvicinamento può rappresentare quindi il
tentativo di lenire l’angoscia che scaturisce da un lutto non
adeguatamente elaborato.
Base personologica dello stalker
Esistono dei profili di personalità che probabilmente più di altri
favoriscono il comportamento di stalking. Un soggetto con tratti
dipendenti può temere particolarmente che si interrompa una relazione
che ritiene soddisfacente.
L’abbandono da parte di qualcuno può inoltre rappresentare una ferita
narcisistica rilevante in soggetti che hanno problemi di autostima.
L’essere abbandonati può evocare in questi soggetti dei sentimenti di
inadeguatezza e una conseguente frustrazione. Il tentativo ossessivo di
riavvicinamento a colui che li ha abbandonati costituisce quindi l’unica
soluzione per riparare la ferita e ridurre la frustrazione.
21
LO STALKING E INTERNET: IL CYBERSTALKING
Di Marco Strano
Da quando internet è divenuto uno strumento di comunicazione
personale di milioni di persone in tutto il mondo hanno cominciato a
manifestarsi con sempre maggiore frequenza casi di di minacce, di
intimidazione, di molestie e di persecuzione attuati attraverso i servizi
classici della rete: e-mail (80% dei casi) e chat.
L’analisi investigativa del cyberstalking, secondo uno studio della
“Computer Investigation Technology Unit” del Dipartimento di Polizia di
New York condotta su un campione di casi investigati dal 1996 al 2000
ha evidenziato una tipologia abbastanza ricorrente di molestatore
(maschio, 25 anni) e di vittima (donna, 35 anni) e l’utilizzo primario
dell’email come strumento di stalking.
Talvolta il molestatore ha realizzato però anche delle pagine web,
inserendovi messaggi intimidatori indirizzati alla vittima o informazioni
private e riservate su di essa. In alcuni casi lo stalker ha pubblicizzato sul
web dei falsi servizi erotici della vittima che è stata subissata di
messaggi imbarazzanti. In altre circostanze il molestatore ha messo online delle foto della vittima, reperite durante una pregressa relazione
sentimentale o scattate di nascosto durante un appostamento.
Negli Stati Uniti molti Stati e il Governo Federale stanno inserendo nella
loro legislazione anche le tipologie di stalking attuate con mezzi di
comunicazione elettronica.
Criminologia del cyberstalking
L’email, la chat e l’SMS rappresentano un nuovo strumento di molestia
che in alcuni casi si associa ad altri mezzi della “campagna di stalking”
mentre a volte costituisce l’unica tecnica persecutoria attuata dal
soggetto. In questa ultima modalità il contatto tra lo stalker e la sua
vittima diviene esclusivamente “tecnomediato” dal web e, alla luce delle
moderne teorie cybercriminologiche, è ipotizzabile in taluni casi la
sussistenza di alterazioni della percezione del crimine da parte del
molestatore.
22
L’assenza di un contatto visivo con la vittima e l’asincronia delle
eventuali risposte (es. via email) potrebbero generare in alcuni tipi di
stalker (es. il corteggiatore maldestro) un quadro di sottostima dei danni
psicologici provocati e della sofferenza inflitta. Tali valutazioni appaiono
meno verosimili con i soggetti animati da rancore o da angoscia
dell’abbandono.
Difendersi dal cyberstalking
Il contrasto al cyberstalking non appare facile anche per le numerose
opportunità di anonimità offerte dalla rete. Fondamentale in tal senso è
una stretta colaborazione tra fornitori di servizi e organi investigativi.
Sul versante dei comportamenti attuabili dalle vittime per difendersi
dalla molestia è di fondamentale importanza chiarire subito che il
comportamento dello stalker non è gradito con una comunicazione con
tono educato ma fermo e inequivocabile.
Se la molestia continua è importante evitare di rispondere aspettando
che il soggetto si stanchi e la smetta. Se questo non avviene entro breve
tempo o se i comportamenti persecutori sono altamente lesivi (es. la
pubblicazione sul web di informazioni riservate o offensive) è di
fondamentale importanza sporgere rapidamente denuncia presso un
qualsiasi ufficio della Polizia delle Comunicazioni, avendo cura di
conservare tutte le email ricevute e la copia di eventuali pagine web
offensive o minacciose (con relativa URL).
23
LO STALKING NELLA RELAZIONE DI COPPIA
Contributo di Marianna Chessa (Psicologa e criminologa, Responsabile ICAA Sardegna)
Lo stalking non è un fenomeno solo attuale, ma è un fenomeno antico
che solo negli ultimi decenni è stato studiato e classificato con questo
nome. È stato a lungo sottovalutato mentre ai giorni nostri cresce in
modo esponenziale l’attenzione dei mass media e della sensibilità
collettiva generando un’attenzione che spesso sconfina nell’allarmismo.
Nel 1921 uno psichiatra francese pubblicò un trattato sull’erotomania e
sulla sindrome di De Clerambault. In particolare tale sindrome consiste
in un disturbo delirante in cui il paziente ha la convinzione infondata e
ossessiva che un’altra persona famosa provi sentimenti amorosi nei suoi
confronti.
Lo studioso Erald Ege nel 2005 tenta di razionalizzare la classificazione e
propone tre tipologie di stalking:
1. stalking emotivo, associato alla rottura di una relazione tra due
persone quando un componente della coppia non riesce a
rassegnarsi della perdita dell’altro;
2. stalking delle celebrità, perseguitare personaggi famosi;
3. stalking occupazionale, persecuzione che inizia nel luogo di lavoro
per poi finire nella propria sfera privata.
Lo stalking è comunque un fenomeno dove è difficile identificare una
tipologia di stalker. Le tipologie che si trovano in letteratura sono spesso
molto incentrate sulla psicopatologia che in realtà rappresenta un
numero ridotto di casi. Marco Strano propone nel 2002 una sua
tipologia, molto cauta, basata su tre aree:
• Difficoltà ad accettare l’abbandono in soggetti senza
criticità psicologiche (la maggior parte dei casi);
• Difficoltà ad accettare l’abbandono in soggetti con quadri
psicologici critici (una percentuale minore);
• Soggetti con quadri psicopatologici significativi in asse I e
in asse II DSM (una minima parte).
Appare evidente che viene ampiamente considerata una percentuale di
persone che attuano comportamenti molesti senza necessariamente
essere interessati da psicopatologie.
24
Ovviamente ci sono casi in cui la dimensione psicopatologica è presente,
a volte in forma anche grave e legata a disturbi deliranti. Nei casi di
“stalking delle celebrità” nella tipologia di Erald Ege queste componenti
nettamente psicopatologiche sono frequenti, Già a partire dagli anni ’80
si sono verificati alcuni casi in cui la molestia assillante è stata
indirizzata ad alcuni personaggi di spicco dello Star System, personalità
dello spettacolo e dello sport.
Ricordiamo le tenniste Martina Hingis e Serena Williams inseguite in
tutti i tornei internazionali dai propri persecutori; le attrici Theresa
Saldana pugnalata dal suo stalker a Los Angeles nel 1982 e Rebbecca
Shaffer assassinata nella sua metropoli dal suo persecutore nel 1989.
Questi episodi hanno ispirato la prima legge anti-stalking in California
in vigore dal 1992.
Altre vittime sono state Sharon Stone, Jodie Foster, Nicole Kidman,
Steven Spielberg ed alcuni casi anche in Italia. In molti di questi casi la
mente dello stalker ha “rimosso” tutti i segnali, a volte molto espliciti, di
rifiuto da parte della vittima, costruendosi un vero e proprio mondo
parallelo in cui entrava in possesso del malcapitato personaggio famoso.
Come suggerisce Marco Strano, spesso alla base dello stalking c’è la
difficoltà nella rielaborazione del lutto rispetto alla perdita dell’oggetto
di investimento libidico. Nelle situazioni di separazione o in cui si
verifica la fine di un rapporto sentimentale l’essere umano prova
frustrazione e sofferenza trovandosi ad affrontare un vero e proprio
“lutto emotivo”. In quanto tale, i tempi della sua elaborazione non si
differenziano molto da quelli per l’elaborazione della morte fisica di una
persona cara.
I tempi fisiologici vanno dai sei mesi a un anno e si possono dilatare fino
a un periodo indefinito. Normalmente in certe periodi l’angoscia tende a
sopirsi ma poi in assenza di una rielaborazione riaffiora ciclicamente con
delle fasi che coincidono con i comportamenti o campagne di stalking.
Ci sono diversi comportamenti correlati allo stalking che per esigenze
tassonomiche possono esser raggruppati in base alla motivazione
sottostante:
1. Tendenti al recupero affettivo (o seduttivi), per esempio regali
come biglietti per il cinema, fiori, sms romantici, iniziative di
corteggiamento.
2. Tendenti a mostrare alla vittima la propria sofferenza (provocanti
il senso di colpa), discorsi sull’inutilità della propria vita senza
25
l’altro e dell’incapacità di affrontare qualsiasi cosa per la
sofferenza causata dall’interruzione della relazione.
3. Tendenti a impedire temporaneamente alla vittima nuove
relazioni, controllo delle reti sociali amicali dell’ex partner,
appostamenti e pedinamenti per far si che l’altro non si senta
libero di intraprendere altre relazioni.
4. Tendenti a punire la vittima per avergli provocato sofferenze con
messaggi minatori “un giorno soffrirai anche tu per quello che hai
fatto a me”.
5. Tendenti a distruggere e cancellare la vittima.
Alcuni di questi comportamenti, soprattutto quelli che rientrano nella
categoria “seduttiva”, se occasionali e non protratti nel tempo, possono
essere normali tentativi di corteggiamento e di riavvicinamento messi in
atto, in maniera goffa, da moltissime persone che affrontano una
separazione non voluta. Altri volte però tali comportamenti sono così
pervasivi, durevoli ed aggressivi da costringere chi li subisce a radicali
modifiche dello stile di vita. Valutare la situazione di stalking in base
alla tipologia di comportamenti attuati dallo stalker quindi non è sempre
così facile.
L’intervento nei casi di stalking, secondo il protocollo progettato da
Marco Strano, prevede comunque proprio una valutazione iniziale del
caso di stalking, della pericolosità dello (o della) stalker e dei danni reali
subiti dalla vittima, attraverso una quantificazione dei comportamenti
molesti e attraverso una valutazione del disagio effettivo percepito dalla
vittima.
Poi l’intervento adottato, individualizzato, prevede sempre delle azioni
iniziali nei confronti dello stalker e della vittima per tentare di risolvere
la vicenda bonariamente in via extragiudiziaria. Il primo passo è infatti
aumentare la consapevolezza da parte dello stalker del danno arrecato
(sia alla vittima che a se stesso per le conseguenze legali) con una
progressione di comunicazioni, da quella più informale fino a giungere
alla diffida e poi alla denuncia. Ovviamente se già sono registrate azioni
violente o minacce gravi la via della denuncia è l’unica possibile.
La vittima e lo/la stalker devono essere supportati psicologicamente, se
possibile e necessario, anche attraverso incontri protetti che consentano
una comunicazione più efficace e meno ansiogena dell’intento di
chiudere una relazione.
26
La vittima deve essere seguita e addestrata a gestire la situazione di
molestia assillante: comunicare in maniera inequivocabile l’intento di
interrompere la relazione; imparare a comunicare riducendo le ferite
narcisistiche e le ferite all’autostima del soggetto rifiutato, imparare a
controllare la propria situazione psicologica per ridurre il danno
dell’azione di stalking.
L’ambivalenza affettiva della vittima è spesso una componente
importante del fenomeno stalking. In molti casi infatti è proprio la
comunicazione ambigua da entrambe le parti, in particolare un rifiuto
non chiaro e assertivo della vittima, a protrarre queste situazioni nel
tempo.
Le difficoltà nell’applicazione del protocollo aumentano in caso di basso
livello culturale della vittima e in caso di grave disagio psicologico dello
stalker che può essere refrattario a prendere coscienza dei danni che
arreca alla vittima.
Le equipe dell’ICAA che si occupano di stalking sono infine
specificatamente addestrate a lavorare in team interdisciplinare (legale,
psicologico e medico), nell’accoglienza della vittima e nella gestione dei
contatti con lo/la stalker.
27
UN PROTOCOLLO DI INTERVENTO NEI CASI DI STALKING
A cura di Marco Strano (presentato nel novembre 2010)
Il protocollo di intervento dell’ICAA nei casi di stalking prevede
l’intervento valutativo di una equipe multidisciplinare che agisce con
approccio progressivo ed equilibrato a fianco del Legale composta dalle
seguenti professionalità:
1. Legale
2. Psicologica (uno o più Psicologi abilitati)
3. Medica (uno o più Medici Legali)
4. Tecnologica (telefonia e computers)
Nei casi in cui non si manifesta un rischio per l’ncolumità fisica della
vittima si tenta un percorso di risoluzione della situazione attraverso un
supporto psicologico della vittima e mediante un progressivo intervento
nei confronti dello/a stalker.
I coordinatori delle equipe che si occupano di stalking dovrebbero essere
sempre Psicologi iscritti all’Albo professionale con provata esperienza
professionale.
L’approccio ICAA al fenomeno stalking prevede i seguenti 6 steps:
1. Ricezione e valutazione della richiesta di aiuto
2. Appuntamento al richiedente (entro 7 giorni dalla richiesta)
3. Primo colloquio: Presa in carico, compilazione della scheda e
analisi del caso
4. Secondo colloquio: erogazione dei primi consigli legali e psicocomportamentali
5. Intervento strategico (in base al protocollo) attraverso l’invio a
Professionisti di area Legale e Psicologica convenzionati con
l’equipe.
6. Monitoraggio del caso ed erogazione di ulteriori consigli
I sei steps vengono indicati su una scheda diagnostica e trattamentale
(SDTS) che contiene parti strutturate e parti di libera compilazione. La
scheda rappresenta una sorta di cartella clinica sul caso trattato e
contiene quindi sia le valutazioni diagnostiche iniziali che i risultati
dell’intervento.
28
Il protocollo di intervento dell’ICAA, che nasce in seno alle equipe di
volontari che operano sul territorio, può essere adottato anche dagli
Studi Legali privati che dovranno però stringere collaborazioni stabili
con Psicologi abilitati e specificatamente formati sulla tematica.
In tale ottica l’ICAA sta svolgendo attività di formazione e
sensibilizzazione diffusa degli Avvocati in tutta Italia. L’obiettivo è
quello di fornire strumenti di gestione psicologica di casi
particolarmente complessi e coinvolgenti quali sono abitualmente quelli
di stalking.
L’approccio alla vittima
Il primo colloquio viene preso su appuntamento (telefonico), è gratuito e
finalizzato a:
A. Classificazione della vittima (ambivalenza, distorsioni cognitive ecc.)
in base a un’apposita griglia (griglia A)
B. Classificazione dello stalker in base a un’apposita griglia (griglia B)
1. Psicopatologia (fino al delirio di possesso)
2. Criminale (la tipologia criminale può comunque avere un
substrato psicologico del comportamento di stalking legato allo
sfruttamento, al desiderio di possesso, alla preservazione
dell’autostima)
3. Incapacità di elaborazione del distacco/abbandono
C. Valutazione del rischio della vittima (e dell’urgenza) in base a
un’apposita griglia (griglia C). La griglia è rappresentata da una
speciale intervista strutturata (fornita gratuitamente dall’ICAA su
richiesta).
Griglia di analisi C
La griglia C propone una analisi del rischio con tre categorie:
• HR (high risk) Elevato: incolumità fisica della vittima
• MR (meaddle risk) Medio: incolumità psicologica della vittima,
modifiche radicali dello stile di vita della vittima
• LR (low risk) Basso: fastidio e parziale limitazione dei
comportamenti abitudinari della vittima.
L’urgenza dell’intervento è definita in base alla classificazione e
quantificazione del rischio subito da parte della vittima:
• HR (high risk) elevato: azione legale immediata (cautelare)
29
•
•
MR (meaddle risk) medio: azione legale entro 30 gg
LR (low risk) basso: azione legale entro 6 mesi
Nei casi che rientrano nel rischio medio e nel rischio basso l’obiettivo è
quindi quello di tentare risoluzioni extragiudiziarie attraverso il
supporto psicologico e la coscientizzazione dello/a stalker mediante
comunicazioni progressive prima informali e poi formali.
L’intervento prevede le seguenti tipologie di azione:
• Supporto psicologico alla vittima
• Contatti mirati di coscientizzazione con lo/la stalker
• Supporto legale alla vittima
• training alla vittima sui comportamenti funzionali da tenere con
lo/la stalker;
• training per aiutare la vittima nell’acquisizione delle prove (per
una eventuale denuncia);
• incontri protetti (approcci: terapia di coppia, terapia sistemicorelazionale, terapia neorogersiana)
Intervento strategico (step 5) avviene anche in base alla classificazione
dello stalker:
A. in caso di psicopatologia: tentativi di colloqui clinici con lo
stalker (in accordo con la vittima);
B. in caso di scenario criminal (presenza di reati documentabili)e:
predisposizione della denuncia (in accordo con la vittima);
C. in caso di incapacità dello stalker di elaborazione del
distacco/abbandono: colloqui con lo/a stalker e se opportuno
tentativi di incontri protetti (al cospetto dell’equipe) tra
vittima e stalker (in accordo con la vittima);
Il protocollo antistalking dell’ICAA è uno strumento dinamico in
continua evoluzione in base alle esperienze e ai casi reali trattati.
Periodicamente vengono analizzati i casi trattati per integrarle. Ogni
caso preso in carico dalle equipe periferiche viene trasmesso in forma
anonima alla sede ICAA di Roma attraverso la compilazione di una
scheda.
Le valutazioni di rischio e la classificazione di vittima e stalker, vengono
necessariamente fatte da coloro che svolgono i colloqui e che possono
quindi sfruttare anche il canale intuitivo. Nello stile dell’ICAA però il
Gruppo centrale coordinato dal Direttore Scientifico si riserva la facoltà
30
di fornire indicazioni sull’opportunità di presa in carico e sulle strategie
da adottare.
La raccolta centralizzata delle schede è utile anche per eventuali
pubblicazioni scientifiche e per documentare l’attività delle equipe.
31
EX-PAZIENTI ED EX-CLIENTI: LO STALKING SUBITO DALLE
FIGURE PROFESSIONALI
Contributo di Paola Popolla (Psicologa, ICAA Roma)
Il fenomeno dello stalking esaminato nel presente capitolo è quello che
trae origine da rapporti di tipo professionale: attività lavorative come
quella dello Psicologo, dell'Avvocato, del Giudice, del Docente, o del
Medico, possono favorire l'instaurarsi di comportamenti di stalking da
parte del cliente, sia per la natura intensa della relazione che si è creata
con il professionista, sia per l'eventuale delusione relativa all'esito di
un'azione intrapresa. Anche nello stalking professionale le minacce e le
persecuzioni possono arrivare fino all'omicidio della vittima.
Elemento degno di rilevanza criminologica e criminogenetica è quello
secondo cui la categoria vittimologica ad alto tasso di rischio di stalking
risulta essere quella denominata "help profession", ovvero tutte le
professioni in cui gli operatori si adoperano per aiutare gli altri, fra cui:
medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali. In taluni casi anche i
poliziotti che svolgono servizio al pubblico possono rientrare in questa
categoria vittimologica.
I pazienti che molestano i loro terapeuti sono portati ad esempio a
scambiare come personale un interesse esclusivamente professionale,
pertanto, sperimentando la frustrazione che deriva da questa
aspettativa, iniziano ad attuare comportamenti intrusivi per stabilire un
contatto; in queste situazioni, i limiti imposti dalla relazione
professionale, come ad esempio gli orari degli incontri prestabiliti e le
telefonate solo per emergenza, vengono superati.
Il paziente inizia a telefonare insistentemente, invia lettere, si presenta a
studio senza appuntamento, ritenendo di non sentirsi compreso o di
sentirsi trattato male. Un aspetto rilevante è quello secondo il quale i
professionisti di area psicologica sono molto riluttanti ad ammettere di
aver bisogno di un aiuto per poter gestire la situazione, spesso per
timore di essere ritenuti poco capaci dai colleghi, e perdere quindi di
credibilità, oppure negano il problema e giustificano il paziente,
attribuendo la molestia alla "malattia" del paziente.
L'incidenza di stalking nei confronti delle “help profession” si può
attribuire ad una serie di motivi, tra cui:
32
A. il professionista può diventare, nella mente del cliente, una
persona "buona" o "cattiva", e sulla base di tali fantasie egli
può dare origine a dei comportamenti "assillanti e molesti"
nei confronti dello stesso, allo scopo di attirare l'attenzione e
non separarsi mai da lui; gli incontri con il professionista
sono attesi ed auspicati dal cliente come un momento
positivi ed ansiogeno;
B. questi professionisti entrano in contatto con i bisogni più
profondi del cliente, pertanto, possono divenire più
facilmente oggetto di proiezioni, affetti e fantasie a diverso
contenuto da parte dello stesso, tanto che, la riconoscenza si
può trasformare progressivamente nel desiderio di un
legame affettivo/amicale del quale non si può fare a meno.
E' proprio dal concetto di bisogni da soddisfare che partiamo per meglio
comprendere cosa spinge un soggetto a perseguitare, fino all'aggressione
fisica, un'altra persona: lo psicologo statunitense A.Maslow, tra il 1943 e
il 1954 teorizzò la cosiddetta "Piramide dei bisogni", che caratterizzano il
comportamento umano, da quelli più elementari, o fisiologici, che
riguardano la sopravvivenza, a quelli più complessi che sono di
carattere sociale.
Nello stalking possiamo individuare alcuni di questi bisogni che sono
quello di comunicare, di instaurare delle relazioni, di essere ascoltato.
Nelle professioni d’aiuto il cliente normalmente viene ascoltato con
attenzione dal professionista che di fatto soddisfa con efficacia il bisogno
di comunicare del cliente.
In soggetti con quadri critici di personalità, tali bisogni possono essere
molto pressanti perché il soggetto non riesce a soddisfarli in una
maniera adeguata al di fuori della relazione terapeutica, poichè presenta
dei disturbi relazionali e, pertanto, la frustrazione che deriverebbe da un
rifiuto “dall’unica persona al mondo che lo ascolta” sarebbe intollerabile.
Progressivamente il soggetto non riesce a fare a meno di quella persona
e lo spazio dell'altro diventa allora il suo terreno di conquista.
Esistono in letteratura numerosi casi di stalking ai danni di
professionisti, ma ciò che li accomuna è la presenza di una anomalia
relazionale, che trae la sua origine in equivoci ed incomprensioni nei
rapporti e nella non accettazione della risoluzione del rapporto da parte
del cliente.
33
Lo stalking presenta numerose sfaccettature e non sempre è ascrivibile a
conclamati disturbi psichiatrici; tuttavia esistono dei quadri
personologici critici che possono rappresentare un fattore di maggior
rischio riguardo l'instaurarsi di una relazione professionista/cliente
caratterizzata dalla possessività e dal timore del distacco; tali quadri
sono rappresentati da soggetti dipendenti, dai paranoici, dai depressivi,
e da soggetti con bassa autostima.
Si può comunque affermare che quasi sempre l’instaurarsi di una
relazine patologica tra professionista e cliente (stalker), fonda le sue basi
su di una incapacità/possibilità di stabilire e mantenere una relazione
interpersonale basata sulla mera fruizione di un servizio ed accettarne
poi la necessaria interruzione.
Non si può però attribuire importanza alle sole caratteristiche di
personalità, psicologiche o psicopatologiche dell'autore, ma occorre
evidenziare anche alcune condizioni socio-ambientali e di vita, che
possono rappresentare delle concause significative nella manifestazione
del comportamento di stalking: facciamo riferimento a condizioni di
solitudine, all'uso/abuso di alcol e droghe, alla presenza di ambienti
familiari altamente conflittuali.
La strategia di prevenzione proposta dall'ICAA prevede la capacità del
professionista (incrementata attraverso percorsi di formazione mirata) di
cogliere segnali anticipatori del degenerare del rapporto professionale,
l'adozione di un codice di condotta che si pone come obiettivo la
riduzione dei rischi connessi allo stesso, strategie e tecniche da adottare
quando il rapporto professionale è già degenerato e si è manifestato lo
stalking.
Il professionista può incrementare la sua capacità di prevenire e gestire
casi di stalking ai suoi danni con un’apposita formazione. L'ICAA ha
progettato una specifica una guideline e propone corsi di formazione
rivolti a diversi professionisti, coinvolgendo anche i diversi Ordini
professionali.
34
GUIDELINE: LO STALKING NELLE PROFESSIONI D’AIUTO
Di Marco Strano
Lo stalking delle professioni d’aiuto è un fenomeno ancora oscuro ma di
interesse oggettivo per il professionista. Le categorie maggiormente a
rischio sembrano essere quelle che “risolvono problemi”, che riducono il
dolre fisico e psichico, che offrono un supporto e un aiuto. Psicolgi,
Medici, Fisioterapisti, Investigatori ma anche Avvocati e altri
professionisti che raggiungono un rapporto stretto con il
paziente/cliente/cittadino.
Gli studi sul fenomeno dello stalking nelle professioni d’aiuto sono
comunque abbastanza rari e poco sistematici. Il professionista avrà
vantaggi a conoscere il problema e a imparare a ridurre le conseguenze
negative.
Si ha motivo di ritenere che molti professionisti subiscono tentativi di
intrusione (molesti) nella loro sfera privata e che alcuni loro utenti
tendano a far “virare” la relazione professionale in relazione amicale
creando loro un disagio. Spesso ciò rimane nell’ambito del numero
oscuro. Alcuni di questi casi sono però molto fastidiosi per il
professionista e possono provocargli danni notevoli di immagine,
relazionali, economici e fisici.
Dimensioni psicologiche delle professioni d’aiuto
L’utente nel rapporto con un professionista ottiene:
A. Soddisfazione del bisogno di comunicare (Maslow), di essere
ascoltato;
B. Acquisizione (e tentativo di mantenimento) del ruolo
ritenuto soddisfacente nella interazione/relazione. L’utente
indica uno scenario e il professionista “esegue”.
Lo stalker può compiere diverse azioni per tentare di entrare nella vita
privata del professionista:
• Azioni per entrare nella vita personale (nella sfera privata)
del professionista al fine di ottenere un canale privilegiato
e poter disporre di lui al di fuori del contesto/orario di
prestazione professionale normale;
35
•
Azioni per entrare nella vita personale (nella sfera privata)
del professionista per mantenere un contatto/relazione
anche dopo la fine dell’interazione professionale.
Dall’esperienza operativa sono emerse due fasi ricorrenti nel corso delle
quali lo stalker tenta prima un avvicinamento e, se non ci riesce, tenta di
sminuire o addirittura “distruggere” la sua vittima. E’ importante
saperle individuare:
A. Fase di avvicinamento/seduzione
B. Fase di sminuizione/distruzione
Guideline diagnostica
La capacità di individuare il livello di intrusività dello stalker è
importante per progettare degli interventi di prevenzione e
contenimento. Per esigenze tassonomiche (ma anche operative)
proponiamo diversi possibili livelli di intrusività:
• LEVEL 1: l’utente non rispetta le prescrizioni formali dettate dal
rapporto (non rispetto degli orari, presentarsi senza
appuntamento, dare del tu, manipolazione oggetti personali del
professionista, entrare nello spazio intimo, contatto fisico,
richiesta amicizia face book e following twitter, telefonate fuori
orario ecc.);
• LEVEL 2: l’utente entra nel merito di questioni private del
professionista con domande e verifiche;
• LEVEL 3: l’utente si avvicina (tenta un contatto) il professionista
in luoghi e contesti esterni allo studio/ufficio;
• LEVEL 4: l’utente tenta di creare difficoltà nel rapporto di coppia
e/o con i colleghi d’ufficio per avere “campo libero” e subentrare
come partner/amico;
• LEVEL 5: l’utente opera azioni distruttive nei confronti del
professionista (invio di esposti anonimi, false denunce,
simulazione di reati, danneggiamenti di beni, minacce, omicidio).
Strumenti di avvicinamento da parte dell’utente
Lo stalker può inizialmente utilizzare diversi metodi per avvicinarsi alla
vittima e raggiungere un livello di confidenza utile ad attivare un
legame:
• Affetto-simpatia-complimenti
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• Interesse per le problematiche personali del professionista
• Inviti ad attività esterne (bar, cene ecc.)
• Regali (oggetti)
• Seduttività su base sessuale
E’ importante, in ottica preventiva e contentiva, saper individuare
prontamente tali comportamenti.
Comportamento del professionista e attivazione dello stalking
Uno degli elementi fondamentali nella prevenzione/contenimento dei
contesti di stalking nelle professioni d’aiuto è la possibilità di
individuare delle variabili significative nel comportamento della vittima.
Esiste un comportamento volontario/conscio del professionista che
possa in qualche modo attivare l’azione di stalking? O la questione è
tutta racchiusa nel profilo psicologico/psicopatologico dell’utente?
Dipende dalla quantità e tipologia di investimento affettivo e
coinvolgimento emotivo dell’utente? Può incidere la natura del
problema dell’utente? Influisce solo l’efficacia della soluzione fornita dal
professionista o anche la modalità di relazione umana che si costruisce
tra i due?
La prima cosa che viene spesso imputata al professionista vittima di
stalking è di avere troppa confidenza con l’utente, favorendo così il suo
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attaccamento patologico. Ma questo non è sempre vero. La presenza di
azioni/atteggiamenti in area rossa (amicalità/confidenzialità),
sembrerebbe non sia sempre significativa per l’instaurarsi di un
attaccamento anomalo da parte dell’utente.
Nelle ricerche svolte dall’ICAA sono stati individuati scenari di
attaccamento anomalo anche in casi in cui il professionista si è limitato
ad erogare un servizio (professionalmente soddisfacente) in maniera
assolutamente asettica e rimanendo rigidamente all’interno dei confini
dell’intervento tecnico-professionale.
In altri termini se qualcuno vi solleva da un problema/dolore/angoscia,
normalmente siamo riconoscenti e la riconoscenza è una dimensione
affettiva. La riconoscenza non dipende quindi dall’atteggiamento del
nostro “salvatore” ma dalle sue azioni che oggettivamente ci hanno
provocato beneficio.
Strategie di prevenzione
Le azioni possibili sul piano preventivo da parte del professionista,
riguardano quindi solo in parte l’auto monitoraggio nel corso della
relazione professionale che dovrebbe essere sufficientemente distaccata
per evitare di ingenerare equivoci. Quello che invece sembra essere
fondamentale è il monitoraggio dell’utente per cogliere indicatori di
rischio.
Ma allora, quando un professionista che ha modi gentili percepisce che
l’utente sta sviluppando delle modalità di attaccamento patologico è
sufficiente
modificare
l’atteggiamento
rendendolo
più
ruvido/scostante/antipatico?
I comportamentisti dicono di no. Soprattutto se inizialmente
l’atteggiamento era amichevole, un cambio repentino e altalenante può
sortire l’effetto opposto. (Il rinforzo intermittente).
Autotutela del professionista
Quando il professionista si rende conto che l’utente sta generando delle
modalità di attaccamento patologiche è necessario come prima cosa
attivare un’azione di autotutela, cercando di documentare il più
possibile l’atteggiamento disfunzionale dell’utente.
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In primo luogo informando colleghi e superiori ma anche attraverso atti
formali nelle situazioni più a rischio (relazione di servizio, registrazione
dei colloqui, presenza di testimoni agli incontri ecc.).
Contemporaneamente è necessario attivare un disinnesco della
situazione attraverso la facilitazione nell’elaborazione del lutto,
favorendo un distacco progressivo, coinvolgendo se necessario altri
professionisti nella relazione con l’utente (relazione che diviene meno
esclusiva e quindi meno invischiante).
Indicatori della psicopatologia dello stalker
Non c'è una diagnosi psichiatrica in letteratura, non ci sono segnali
inequivocabili (sintomi apprezzabili dall’osservazione) che consentano
di capire con certezza che una persona è uno stalker all’inizio della
relazione.
Occorre quindi concentrarsi su indicatori comportamentali oggettivi (dei
tentativi di intrusione nella vita privata del professionista) che possono
manifestarsi durante la relazione professionale. Tali tentativi vanno
ostacolati con garbo gestendo la situazione con consapevolezza.
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LA PREVENZIONE DELLO STALKING ATTRAVERSO
COLLABORAZIONE TRA LEGALI E PSICOLOGI
LA
Contributo di Gaetano Lauro Grotto (Avvocato, AGIFOR)
Il reato definito “atti persecutori” o comunemente “stalking” è stato
recentemente introdotto all’art. 612 bis c.p. con la legge n.38/2009, che
ha convertito il decreto-legge n.11/2009 (già nel 1990 tale reato era
punito negli Stati Uniti, in Australia, in Canada, ed in Inghilterra ed in
altri paesi europei). La finalità di questa norma nasce dalla volontà di
dare una risposta forte a tutti gli “avvenimenti” riportati dalla cronaca
giornalistica e, soprattutto, dall’esigenza di tutelare l’incolumità psicofisica e relazionale delle vittime, dei loro familiari e dei loro stretti amici,
“presi di mira”, in modo ossessivo e continuo da altre persone, con le
quali le vittime dello stalking avevano interrotto relazioni sentimentali o
rifiutato di far nascere tali relazioni.
Prima dell’introduzione di tale normativa le condotte che oggi si
identificano nello stalking venivano perseguite - ricorrendone i
presupposti - come reati di violenza privata, percosse, lesione personale,
molestie, ingiuria, diffamazione, minaccia, violenza sessuale, lesioni
gravissime, omicidio preterintenzionale, doloso, delitti cd.”sessuali”,
violazione degli obblighi di assistenza familiare, maltrattamenti in
famiglia.
Dopo qualche anno dall’entrata in vigore di questa normativa occorre oggi - cercare di analizzarne “le criticità” nel modo più obiettivo
possibile e giudicare se la stessa risponde appieno alle esigenze per le
quali è stata emanata.
Questa normativa ha indicato due previsioni degne di lode:
1) l’applicazione in via estensiva della prescrizione contenuta nell’art.5
della legge n.154/2001, relativa ai rapporti tra familiari dell’abusante e
familiari della vittima, cioè la possibilità di inibire allo stalker di
comunicare con la vittima o con le persone vicine ad essa; (trattasi di un
ammonimento formale al quale deve seguire il connesso
comportamento, pena la procedibilità di ufficio del reato) - (Si potrà
“invitare formalmente” lo/a stalker a non avvicinarsi o a tenersi ad una
certa distanza dai luoghi frequentati dalla persona offesa e dalle persone
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con essa conviventi, ed anche a non comunicare con qualsiasi mezzo con
le stesse al fine di rafforzare la funzione preventiva ed estendere la
garanzia di tutela anche a familiari della vittima) .
2) la previsione di uno “speciale ausilio” a sostegno delle vittime dello
stalking e cioè i presidi sanitari, le istituzioni pubbliche le forze di
polizia dell’ordine che hanno l’obbligo di fornire assistenza ed
informazioni in merito ai centri di assistenza più vicini alla residenza
della vittima; è stato altresì introdotto un numero verde nazionale a
favore delle vittime di “stalking” sempre attivo ( numero 1522 gratuito/24 ore).
La previsione dell’ “ammonimento è lo strumento più o meno soft” con
il quale si cerca di porre termine ab initio a situazioni che configurano lo
stalking: lo/a stalker viene invitato/a dalla P.G. a non porre in essere
più atti molesti e persecutori. Trattasi di un provvedimento di natura
amministrativa, impugnabile in sede gerarchica e davanti al T.A.R.. Tale
provvediemento sta creando delle posizioni contrastanti: a) discussa è
infatti la possibilità di far formalizzare tale diffida-ammonimento ad
opera di un legale, che però non avrebbe, forse, la stessa “forza”, ma la
medesima finalità; b) è discusso, altresì, l’esito questo procedimento
amministrativo di ammonimento nel connesso processo penale.
La previsione dell’arresto nelle situazioni più gravi e pericolose è
sicuramente una “misura forte”, finalizzata da un lato a dimostrare che
la “persona debole in balia dello/a stalker” viene tutelata e dall’altro che
si vogliono prevenire situazioni che possono diventare molto più gravi e
serie. Il problema reale è che in alcune circostanze (soprattutto in
famiglia e nell’ambito dello stesso luogo di lavoro, o nello stesso
quartiere di residenza, un po’ per vergogna, un po’ nella speranza che la
situazione migliori, un po’ per superficialità, un po’ per paura) non si
denuncia subito lo “stalking”: tale comportamento determina, nella
maggior parte dei casi, che lo stalker “continua imperterrito nella sua
azione, che si rafforza e diventa quasi insopportabile”, e che la vittima
non si dimostra risoluta e decisa a reagire; questo comportamento
passivo, contribuisce a fornire linfa vitale allo/a stalker, favorendolo
indirettamente ed incoscientemente .
Purtroppo non è semplice reagire freddamente e legittimamente ad un
comportamento che configura “atti persecutori”, in quanto in queste
circostanze sono coinvolti anche i sentimenti: molte volte la vittima
stessa cerca di giustificare la sua passività con la paura e la speranza che
tutto finisca, oppure che il rapporto torni come prima, non rendendosi
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conto che aiuta solo ad aggravare la situazione. Occorrerebbe sempre
mantenere un comportamento deciso, freddo, oggettivo nel rendersi
conto che si sta subendo un’ingiustizia, un danno, perché si viene ad
esser limitati non solo nei propri diritti, ma incisi nel proprio ambito
psico-fisico.
Il Legale della “vittima di stalking” dovrebbe sempre intervenire in modo
incisivo ed il suo comportamento dovrebbe esser distinto da “sensibilità
umana e professionalità”. A volte capita che le “vittime” cerchino dal
legale uno strumento “non troppo forte” al fine di far cessare lo stalking
che stanno subendo e che, viceversa, lo/a stalker riferisca che non
ritenga così gravi i suoi comportamenti, cercando di giustificarli con
l’amore e la voglia di istaurare un rapporto sentimentale.
Necessità del reperimento delle prove
Un’ imputazione per “atti persecutori-stalking” si basa sulla contestazione
di tutti fatti subiti dalla vittima. Per esser tale è necessario che tali
accadimenti siano provati anche “per tabulas”, attraverso testimonianze
dirette ed indirette su episodi di violenza verbale e fisica, annotazione
precisa di vari episodi, con certificati medici e referti di Ospedali
attestanti lesioni, con relazioni medico-legali, con tabulati telefonici
riproducenti sms di minaccia, mms, registrazioni di telefonate, con mail
minatorie e fastidiose, con lettere minatorie, con fotografie, anche con
l’utilizzo di intercettazioni telefoniche attraverso la dimostrazione che
sono stati necessari interventi della P.S., magari l’intervento del
Questore, e l’eventuale arresto dello/a stalker (N.B. risulta
effettivamente essenziale la collaborazione con uno psicologo e con un
ingegnere-informatico).
Tale “raccolta di elementi probatori” si rende assai ardua allorquando il
rapporto stalker-vittima si sviluppa in famiglia, nel medesimo luogo di
lavoro, nello stesso palazzo o quartiere ove risiedono entrambi, oppure
nei medesimi luoghi ove si pratica sport o altre tipologie di attività
(magari con i medesimi amici e conoscenti).
Oltre alle “perplessità interiori delle vittima”, precedentemente indicate,
occorre focalizzare questa problematica: cosa può accadere in caso di
arresto del presunto/a stalker, quali conseguenza sul suo posto di
lavoro? Quali nell’ambito della sua famiglia? Ovvero nella cerchia delle
sue amicizie?
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Altra problematica di non poco conto, che emerge dall’analisi della
norma (art. 612 bis c.p.), è che si renderebbe necessaria la presenza di
uno psicologo nel procedimento e nel processo penale, che sia in grado
di valutare sempre non solo “lo stato di ansia e di paura” ma anche le
ragioni dirette, indirette, più o meno occulte, che hanno portato un
soggetto a perseguitare un altro soggetto: infatti, né la polizia
giudiziaria, né un avvocato né un giudice terzo saranno in grado di
valutare tecnicamente tale stato psicologico.
Il "punto critico e difficile " è comunque quello di tentare di far cessare
gli atti persecutori "ab initio": sarà onere dell'avvocato (magari assistito
da uno psicologo) consigliare alla vittima di tentare di assumere un
comportamento freddo e determinato, in modo da far comprendere
allo/a stalker che non c'è spazio per un rapporto di qualsivoglia genere;
oppure l'avvocato dovrà tentare con una diffida di far comprendere allo
stalker che il rischio concreto che corre nel perseverare nella sua
condotta persecutoria è quello di una denuncia penale.
In tale modo si può evitare sia allo/a stalker che alla vittima l'iter
giudiziario (dell'ammonimento, del procedimento penale e del processo
penale ) che è obiettivamente pesante! D'altra parte si presume - fino a
prova contraria - che sia la vittima che lo/a stalker siano "persone
sensate", che dinanzi ai predetti messaggi chiari ed univoci abbiamo la
capacità di comprendere al meglio quale comportamento per loro risulti
il più utile e proficuo.
A questo punto, però, emerge questa ulteriore situazione connessa:
è possibile configurare uno/una “stalker seriale”? Cioè un prototipo di
soggetto che agisce sempre in un determinato modo, in precise
circostanze ed in diversificati ambienti? È possibile avere un “prototipo
di vittima dello/a stalker”? Sul punto è assai arduo rispondere ma
occorrerà raccogliere molti altri dati per analizzare “un data base di
avvenimenti” dai quali vedere se si può estrarre questo prototipo.
Soprattutto per ciò che attiene allo stalking verso le professioni d’aiuto
(trattato dalla D.ssa Popolla) una profilo dello/a stalker potrebbe essere
utile in chiave preventiva, per mettere sul chi vive il professionista. Oggi
infatti è possibile affermare che tutte le professioni, che in un certo modo
“tentano di risolvere un problema” possono esser individuate come
possibili “vittime di stalking” cioè avvocati, medici, psicologi,
commercialisti, personale della polizia.
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Poter individuare in anticipo i soggetti pericolosi è sicuramente uno
strumento utile per tali professioni.
Sicuramente il lavoro del Legale, per esser ancor più incisivo, dovrà
esser affiancato da quello dello psicologo, già dalla fase di presa in carico
del caso: un binomio necessario e sufficiente per aiutare la vittima dello
stalking ed anche lo stalker ad uscire da una strada pericolosa foriera
solo di pericoli e danni prima dell’attivazione di un procedimento
penale.
Anche per questa ragione l’AGIFOR e l’ICAA, coscienti dell’importanza
di queste nuove problematiche, e sempre in prima fila
nell’aggiornamento professionale, si sono organizzate a curare “la
formazione psicologica e forense” di tutti coloro che sono o saranno
chiamati ad assistere le vittime dello stalking ma anche, lo/la stalker e
per garantire la più accurata assistenza e professionalità a chi la cerca. Il
binomio studio legale e studio di psicologia dovrà esser l’arma vincente
per trattare lo stalking in tutti i suoi complessi aspetti.
L’unico rammarico che si può avere oggi è che - purtroppo - non
abbiamo ancora una giurisprudenza di merito consolidata, ma solo
pronunce in tema di misure cautelari, relative ad arresti operati dalla
P.G. o ad ammonimenti dei Questori delle varie città italiane, che però,
come detto, non hanno valenza penale ma di provvedimento
sanzionatorio amministrativo.
Oltre al predetto “rammarico” deve esistere lo stimolo a che tutti gli
“operatori del sistema giustizia” contribuiscano a risolvere i problemi
seri e delicati, connessi allo “stalking” e non contribuiscano a crearne
altri altrettanto importanti e drammatici!
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LO STALKING DELLE CELEBRITA’
Di Marco Strano
Tra gli stalker rientrano anche molestatori di celebrità che in alcuni casi
sono state seguite per anni Si tratta di molestatori sessuali abituali o
conquistatori maldestri, che individuano l’oggetto del loro desiderio
nella vittima (anche sconosciuta) ed effettuano una serie di tentativi di
entrare in contatto con lei. A nulla valgono i dinieghi e le palesi
dichiarazioni della vittima. Alcuni casi esemplificativi, ai danni di
personaggi famosi, ci possono essere utili per comprendere questa
tipologia di stalking.
Siamo nell’estate del 2005 a Los Angeles, per oltre un mese la famosa
attrice di origine canadese Pamela Anderson, protagonista di diverse
serie televisive di successo, i suoi figli di 7 e 9 anni e alcuni membri della
sua famiglia, vengono avvicinati da un uomo di 29 anni, William
Stansfield di New Castle – Inghilterra - mentre si trovano in vacanza a
Malibu.
Stanfield tenta di convicere la Anderson a licenziare il suo attuale
manager per assumere lui per badare ai suoi interessi di attrice. Stanfield
si spinge davvero oltre ogni limite ragionevole. Contatta infatti
direttamente il figlio minore della Anderson mentre si trova a scuola.
Quando riesce ad avvicinarsi a Pamela le chiede con insistenza di
lasciare la serie Tv per cui sta lavorando per impersonare il ruolo della
protagonista di un film che lui ha scritto appositamente per lei.
Poi Stansfield diventa sempre più insistente, invadente, ossessivo. Un
giorno segue la madre della Anderson e i due figli dell’attrice mentre
sono in fila all’ufficio postale di Malibu.
L’anziana donna si spaventa molto perché l’uomo la obbliga a prendere
con sé dei documenti da portare a Pamela. Ma la madre dell’attrice non è
stata l’unica parente della Anderson ad essere stata avvicinata dallo
stalker. Anche la cognata dell’attrice e la sua babysitter sono state in più
occasioni importunate dall’uomo. Questo è decisamente troppo e la
Anderson decide di denunciare l’uomo per ottenere un ordine restrittivo
nei suoi confronti.
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I soggetti appartenenti a questa categoria talvolta presentano modalità
compulsive o possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Si
tratta in questo caso di soggetti gravemente disturbati che nei loro deliri
immaginano che una persona possa desiderarli ardentemente. John
Warnock Hinckley è nato ad Ardmore, in Oklahoma, il 29 maggio 1955
da una famiglia apparentemente normale.
Il padre di Hinckley era infatti il presidente di un’importante
organizzazione locale mentre sua madre stava a casa ad occuparsi dei
bambini. Quando John aveva 4 anni la sua famiglia si trasferì a Dallas,
Texas. Durante gli anni della scuola superiore John comincia a mettere in
mostra una certa tendenza progressiva verso l’isolamento sociale.
Passava infatti ore e ore da solo a casa a suonare la sua chitarra e ad
ascoltare musica.
Nel 1973, dopo essersi diplomato, John e la sua famiglia si sono spostati
a Evergreen, in Colorado per seguire la carriera del padre. Nel 1976 però
John lascia il college e decide di andare in California per realizzare il suo
sogno di diventare autore di canzoni di successo.
Mentre è nel suo appartamento a Hollywood, John vede per la prima
volta il film “Taxi Driver”, con una giovanissima Jodie Foster come
protagonista. Quell’estate John vedrà quel film ossessivamente almeno
una quindicina di volte e parallelamente comincerà a scrivere ai genitori
raccontando di una fantomatica ragazza di nome Lynn Collins, come la
protagonista del film.
Il disagio mentale di John comincia ad essere preoccupante e nel 1976
viene richiamato all’ordine dalla famiglia e torna quindi ad Evergreen,
dove lavora per un po’ come cameriere in un lussuoso ristorante della
cittadina per qualche mese. Nella primavera successiva però torna in
California e poi nuovamente in Texas dove si iscrive al college. La sua
spiccata propensione alla solitudine non passa inosservata nemmeno
qui. Parallelamente comincia a collezionare armi da fuoco. Le sue
condizioni mentali continuano a peggiorare e nel 1980 gli vengono
prescritti degli antidepressivi e dei tranquillanti. La sua ossessione per
Jodie Foster, nata molti anni prima, non accenna a diminuire nemmeno
con l’aiuto dei farmaci.
Nel 1980 scopre dai giornali che Jodie Foster avrebbe frequentato la Yale
University quell’anno e decide di iscriversi per stare il più vicino
possibile alla ragazza che tanto l’aveva impressionato anni prima. Una
volta a Yale John tenta più volte di mettersi in contatto con Jodie
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lasciando lettere e poesie nella sua buca per le lettere. Riesce persino a
parlare per due volte al telefono con lei cercando di rassicurarla sul fatto
che lei non aveva niente da temere da lui. La sua ossessione per Jodie era
pari solo alla sua crescente ossessione nei confronti dell’omicidio.
Ad un certo punto Hinckley comincia a pensare che solo l’assassinio del
presidente degli Stati uniti gli avrebbe garantito una notorietà sufficiente
in grado di guadagnarsi finalmente l’amore e il rispetto della sua tanto
amata Jodie. Ed è per questo che nel 1980 decide di cominciare a
perseguitare il Presidente Carter durante le sue uscite pubbliche. In più
occasioni viene fermato dai servizi di sicurezza in possesso di armi da
fuoco e segnalato per questo a più riprese.
A questo punto la famiglia obbliga Hinckley a farsi vedere da uno
psichiatra che suggerisce di lasciare che John cominci a vedersela da solo
perché solo così poteva davvero crescere e guarire.
Nel marzo del 1981 John, che all’epoca si era recato a Washington D.C,
scrive una lettera a Jodie Foster in cui descrive nel dettaglio il suo piano
per assassinare il Presidente Reagan per tentare di impressionarla. Una
volta inviata a lettera John si reca in taxi al Washington Hilton Hotel in
cui Reagan stava per tenere un discorso durante una convention.
Alle 13.30 del 29 marzo del 1981 John Hinckley Jr sbuca fuori da una
folla di sostenitori di Reagan e spara sei colpi dal suo revolver che
colpiscono il Presidente Reagan in pieno petto e anche altri membri del
suo staff. Hinckley viene immediatamente arrestato. In seguito, nel 1982
venne internato in un ospedale psichiatrico perché ritenuto incapace di
intendere e di volere.
Ma non solo le donne famose divengono vittime dei stalking. Anche
alcuni uomini famosi sono stati molestati. Vediamo il caso di Brad Pitt
Athena Marie Rolando, 20 anni, nel febbraio del 1999 viene arrestata per
aver violato i termini della libertà sulla parola per un altro crimine e per
aver violato un ordine di restrizione che le impediva di avvicinarsi a
Brad Pitt ed alla sua abitazione. Alla ragazza dopo una serie di tentativi
di avvicinarsi alla star, viene ordinato di stare ad almeno 100 meri di
distanza dall’attore che l’aveva più volte denunciata già a partire dal
1996.
Il 7 gennaio dello stesso anno infatti una delle domestiche di Pitt aveva
trovato la Rolando che dormiva in una delle camere del piano superiore
della villa dell’attore con indosso alcuni abiti di Pitt. Si era introdotta
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nell’abitazione attraverso una finestra aperta sul retro. La Rolando era
rimasta all’interno dell’abitazione per almeno 10 ore prima di venire
scoperta e aveva avuto modo di frugare indisturbata tra gli oggetti
personali dell’attore ed indossarne svariati abiti ed indumenti. Pitt non
era però a casa in quel momento perché era in Grecia in visita ai parenti
della fidanzata dell’epoca.
Questa non era certo la prima volta che la Rolando aveva tentato di
avvicinare l’attore. Nel periodo precedente infatti aveva lasciato tutta
una serie di lettere e messaggi dal contenuto bizzarro e minaccioso sul
cancello dell’abitazione di Brad Pitt già a partire dal settembre del 1996.
La rock star Madonna è una delle persone che ha dovuto più di una
volta “lottare” con molestatori assillanti…..Robert Dewey Hoskins, nato
in Oregon nel 1957, trsportatore, nel 1995 viene arrestato e condannato
per aver perseguitato, minacciato e tentato di uccidere la pop star
americana Madonna.
Hoskins tenta di avvicinare Madonna per la prima volta nel 1995
quando scavalca le mura di recinzione dell’abitazione della cantante a
Los Angeles. Una volta nel giardino della pop star viene fermato da una
delle bodyguard ma Hoskins riesce a fuggire.
Il giorno dopo avvicina l’assistente personale di Madonna, Caresse
Henry, per riferirle tutta una serie di minacce rivolte contro la cantante.
Lo stesso giorno lascia un biglietto attaccato sul cancello principale
dell’abitazione di Madonna in cui professa tutto il suo amore per la
cantante ed in cui le chiede di diventare sua moglie.
Qualche tempo dopo Hoskins tenta nuovamente di introdursi all’interno
dell’abitazione della star ma viene nuovamente intercettato dalla
bodyguard. In quell’occasione Hoskins dice alla bodyguard che lui è lì
per tagliare la gola a Madonna “da un’orecchio all’altro” se la cantante
non avesse accettato di sposarlo quel giorno stesso. Ciò accade proprio
mentre Madonna sta tornando a casa sulla sua bicicletta ma Hoskins non
la riconosce e si allontana.
A quel punto viene contattata la polizia ma dell’aggressore nessuna
traccia. 7 settimane più tardi, il 29 maggio del 1995, Hoskins si introduce
nuovamente all’interno della proprietà di Madonna mentre lei però è a
New York. Anche questa volta però si imbatte nella guardia del corpo di
Madonna che gli spara e lo ferisce. Subito dopo Hoskins viene arrestato.
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Il processo si apre nel gennaio del 1996. Madonna testimonia al processo
il 2 gennaio e lamenta tutta una serie di problemi fisici e psicologici
causatole dalla persecuzione subita da Hoskins. Il 9 gennaio, a dispetto
dei tentativi della difesa di dipingere Hoskins come un soggetto
bisognoso di cure psichiatriche, viene emesso un verdetto di condanna
verso lo stalker di ben 10 anni.
Ma le disavventure di Madonna con gli stalker non sono finite. Nel 2002,
mentre Madonna è a Londra, un altro fan ossessivo della star, con un
passato di disturbi mentali, riesce a farsi assumere come gelataio
all’interno del teatro di posa in cui l’attrice sta lavorando ad un suo
nuovo video.
Questa volta si tratta di Marcus Sessions, 28 anni. I reporter del Sun
riescono a scoprire il suo passato di stalking nei confronti della star e
pubblicano la notizia in prima pagina. I giornali riportano anche che
session aveva allestito un vero e proprio “santuario” della star
all’interno della sua abitazione e che era persino solito vestire come lei in
privato.
Nel 2000 era tra i sospettati di un furto all’interno dell’abitazione della
star a Notting Hill ma nessuno venne arrestato per quella vicenda.
Naturalmente i gestori dello Wyndham Theatre di Londra, dove
Madonna stava registrando, non erano a conoscenza del suo passato.
Dal modo in cui il biglietto era stato scritto si denota una sorta di delirio
religioso ed infatti Hoskins, sempre nella nota, scrive anche che coloro
che si vestono in maniera inappropriata dovrebbero essere puniti e che i
“fornicatori” dovrebbero essere uccisi.
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APPENDICE NORMATIVA
Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 "Misure urgenti in materia di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema
di atti persecutori" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24
febbraio 2009
CAPO I
Disposizioni in materia di violenza sessuale,
esecuzione dell'espulsione e controllo del territorio
Art. 1. Modifiche al codice penale
1. All'articolo 576, primo comma, del codice penale, sono apportate le
seguenti modificazioni: a) il n. 5) e' sostituito dal seguente: «5) in
occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli
609-bis, 609-quater e 609-octies; »; b) dopo il numero 5) e' inserito il
seguente: «5.1) dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis; ».
Art. 2. Modifiche al codice di procedura penale
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni: a) all'articolo 275, comma 3, le parole: «all'articolo 416-bis
del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività
delle associazioni previste dallo stesso articolo» sono sostituite dalle
seguenti: «all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché in ordine ai
delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il
quarto comma, 600-quinquies, 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo
comma, 609-quater e 609-octies del codice penale,»; b) all'articolo 380,
comma 2, dopo la lettera d) e' inserita la seguente: «d-bis) delitto di
violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto
dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto
dall'articolo 609-octies del codice penale; ».
Art. 3. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354
1. Al comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono
apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo, dopo la parola:
«600,» sono inserite le seguenti: «600-bis, primo comma, 600-ter, primo e
secondo comma,» e dopo la parola: «602» sono inserite le seguenti: «,
609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-ter, 609-quater,
primo comma, 609-octies»; b) al quarto periodo, le parole: «600-bis,
primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600- quinquies, 609-bis,
609-ter, 609-quater, 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «600-bis,
50
secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies e 609quater, secondo comma».
Art. 4. Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 2002, n. 115 1.
All'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 4-bis
e' aggiunto il seguente: «4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli
articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere
ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal
presente decreto.».
Art. 5. Esecuzione dell'espulsione
1. Al comma 5 dell'articolo 14 del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono
aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Trascorso tale termine, in caso di
mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo
interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione
dai Paesi terzi, il questore può chiedere al giudice di pace la proroga del
trattenimento per un periodo ulteriore di sessanta giorni. Qualora
persistano le condizioni di cui al periodo precedente, il questore può
chiedere al giudice una ulteriore proroga di sessanta giorni. Il periodo
massimo complessivo di trattenimento non può essere superiore a
centottanta giorni. Il questore, in ogni caso, può eseguire l'espulsione ed
il respingimento anche prima della scadenza del termine prorogato,
dandone comunicazione senza ritardo al giudice di pace.». 2. Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea anche se già trattenuti nei centri di
identificazione e espulsione alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
Art. 6. Piano straordinario di controllo del territorio
1. Al fine di predisporre un piano straordinario di controllo del
territorio, al comma 22 dell'articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
che ha autorizzato le Forze di polizia ed il Corpo dei vigili del fuoco ad
effettuare, in deroga alla normativa vigente, assunzioni entro il limite di
spesa pari a 100 milioni di euro annui, le parole: «con decreto del
Presidente della Repubblica, da emanare entro il 30 aprile 2009»,
contenute nel terzo periodo dello stesso comma 22, sono sostituite dalle
seguenti: «con decreto del Presidente della Repubblica, da adottarsi su
51
proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione,
dell'interno e dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo 2009». 2. In
attesa dell'adozione del decreto di cui al quarto periodo del comma 23
dell'articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni, le risorse oggetto di confisca versate all'entrata del
bilancio dello Stato successivamente alla data di entrata in vigore del
predetto decreto-legge sono immediatamente riassegnate nel limite di
100 milioni di euro per l'anno 2009, a valere sulla quota di cui all'articolo
2, comma 7, lettera a), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, per
le urgenti necessità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso
pubblico, al Ministero dell'interno e nel limite di 3 milioni di euro per
l'anno 2009, per sostenere e diffondere sul territorio i progetti di
assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere, al Fondo
nazionale contro la violenza sessuale e di genere di cui all'articolo 1,
comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 3. I sindaci, previa
intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di
associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forze di
polizia dello Stato o locali, eventi che possano arrecare danno alla
sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. 4. Le associazioni
sono iscritte in apposito elenco tenuto a cura del prefetto, previa verifica
da parte dello stesso, sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica, dei requisiti necessari previsti dal decreto di cui al
comma 6. Il prefetto provvede, altresì, al loro periodico monitoraggio,
informando dei risultati il Comitato. 5. Tra le associazioni iscritte
nell'elenco di cui al comma 4 i sindaci si avvalgono, in via prioritaria, di
quelle costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle Forze dell'ordine,
alle Forze armate e agli altri Corpi dello Stato. Le associazioni diverse da
quelle di cui al presente comma sono iscritte negli elenchi solo se non
siano destinatarie, a nessun titolo, di risorse economiche a carico della
finanza pubblica. 6. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, sono determinati gli ambiti operativi
delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, i requisiti per l'iscrizione
nell'elenco e sono disciplinate le modalità di tenuta dei relativi elenchi. 7.
Per la tutela della sicurezza urbana, i comuni possono utilizzare sistemi
di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 8. La
conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte
mediante l'uso di sistemi di videosorveglianza e' limitata ai sette giorni
successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore
conservazione.
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CAPO II
Disposizioni in materia di atti persecutori
Art. 7. Modifiche al codice penale
1. Dopo l'articolo 612 del codice penale e' inserito il seguente: «Art. 612bis (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con
condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un
perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di
persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere
lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se
il fatto e' commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da
persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La
pena e' aumentata fino alla metà se il fatto e' commesso a danno di un
minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con
disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero
con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della
persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto e' commesso nei confronti di un
minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto e' connesso con altro delitto
per il quale si deve procedere d'ufficio.».
Art. 8. Ammonimento
1. Fino a quando non e' proposta querela per il reato di cui all'articolo
612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può
esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al
questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La
richiesta e' trasmessa senza ritardo al questore. 2. Il questore, assunte se
necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone
informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il
soggetto nei cui confronti e' stato richiesto il provvedimento, invitandolo
a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale.
Copia del processo verbale e' rilasciata al richiedente l'ammonimento e
al soggetto ammonito. Il questore valuta l'eventuale adozione di
provvedimenti in materia di armi e munizioni. 3. La pena per il delitto di
cui all'articolo 612-bis del codice penale e' aumentata se il fatto è
commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo. 4. Si
procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice
penale quando il fatto e' commesso da soggetto ammonito ai sensi del
presente articolo.
53
Art. 9. Modifiche al codice di procedura penale
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni: a) dopo l'articolo 282-bis sono inseriti i seguenti: «Art.
282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona
offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di
avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a
luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero
di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona
offesa. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può
prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati
abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da
persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva
ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali
persone. 3. Il giudice può, inoltre, vietare all'imputato di comunicare,
attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2. 4.
Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria
per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le
relative modalità e può imporre limitazioni. «Art. 282-quater (Obblighi
di comunicazione). - 1. I provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282ter sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini
dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e
munizioni. Essi sono altresì comunicati alla parte offesa e ai servizi
socio-assistenziali del territorio.»; b) all'articolo 392, il comma 1-bis e'
sostituito dal seguente: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli
articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609- quinquies, 609-octies, 612bis, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di
cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601 e 602 del codice penale il
pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona
sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente
probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne
ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi
previste dal comma 1.»; c) al comma 5-bis dell'articolo 398: 1) le parole:
«e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-octies e 612-bis»; 2) le
parole: «vi siano minori di anni sedici» sono sostituite dalle seguenti: «vi
siano minorenni»; 3) le parole: «quando le esigenze del minore» sono
sostituite dalle seguenti: «quando le esigenze di tutela delle persone»; 4)
le parole: «l'abitazione dello stesso minore» sono sostituite dalle
seguenti: «l'abitazione della persona interessata all'assunzione della
prova»; d) al comma 4-ter dell'articolo 498: 1) le parole: «e 609-octies»
sono sostituite dalle seguenti: «, 609-octies e 612-bis»; 2) dopo le parole:
«l'esame del minore vittima del reato» sono inserite le seguenti: «ovvero
del maggiorenne infermo di mente vittima del reato».
54
Art. 10. Modifica all'articolo 342-ter del codice civile
1. All'articolo 342-ter, terzo comma, del codice civile, le parole: «sei
mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un anno».
Art. 11. Misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori
1. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che
ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori, di cui
all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, hanno
l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai
centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di
residenza della vittima. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le
istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i
centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta.
Art. 12. Numero verde
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le
pari opportunità e' istituito un numero verde nazionale a favore delle
vittime degli atti persecutori, attivo ventiquattro ore su ventiquattro, con
la finalità di fornire, nei limiti di spesa di cui al comma 3 dell'articolo 13,
un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di
personale dotato delle adeguate competenze, nonché di comunicare
prontamente, nei casi di urgenza e su richiesta della persona offesa, alle
forze dell'ordine competenti gli atti persecutori segnalati.
CAPO III
Disposizioni finali
Art. 13. Copertura finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 5 valutati in euro 35.000.000 per
l'anno 2009, in euro 87.064.000 per l'anno 2010, in euro 51.467.950 per
l'anno 2011 e in euro 55.057.200 a decorrere dall'anno 2012, di cui euro
35.000.000 per l'anno 2009, euro 83.000.000 per l'anno 2010, euro
21.050.000 per l'anno 2011 destinati alla costruzione e ristrutturazione
dei Centri di identificazione e di espulsione, si provvede: a) quanto a
35.000.000 di euro per l'anno 2009, 64.796.000 euro per l'anno 2010 e
48.014.000 euro a decorrere dall'anno 2011, mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del
programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da
ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze, per l'anno 2009, allo scopo utilizzando gli accantonamenti di cui
55
alla allegata Tabella 1; b) quanto a 3.580.000 euro per l'anno 2010,
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del conto
capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del
programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da
ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze, per l'anno 2009, allo scopo utilizzando gli accantonamenti di cui
alla allegata Tabella 2; c) quanto a 18.688.000 euro per l'anno 2010,
3.453.950 euro per l'anno 2011, e 7.043.200 euro a decorrere dall'anno
2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo per
interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma
5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio
degli oneri di cui all'articolo 5, anche ai fini dell'adozione dei
provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti
adottati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata
legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei
provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente
trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
3. Per le finalità di cui all'articolo 12 e' autorizzata la spesa annua di
1.000.000 di euro a decorrere dall'anno 2009. Al relativo onere si
provvede mediante utilizzo dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come
rideterminata dalla Tabella C allegata alla legge 22 dicembre 2008, n.
203.
4. Dall'attuazione delle restanti disposizioni del presente decreto non
derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
5. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 14. Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e
sarà presentato alle Camere per la conversione in
legge.
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APPROFONDIMENTI E BIBLIOGRAFIA
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Marco Strano, 53 anni, Psicologo della Polizia di Stato ha maturato quasi 30 anni di esperienza
nel settore della criminologia, di cui 20 passati come investigatore “di strada” in ambiti
particolarmente complessi come gli omicidi della criminalità organizzata (negli anni 90 era nel
nucleo operativo speciale antimafia del Prefetto Sica all'epoca delle stragi di Palermo). Poi il suo
settore di azione si è spostato sulla pedofilia e sul cybercrime, di cui si è occupato quando dal
2001, dopo quasi 18 anni nei servizi di intelligence, si è rimesso la divisa e ha diretto per 5
anni l'Unità di Analisi della Polizia postale. Attualmente dipende dal settore Sanitario della
Polizia di Stato e svolge attività sindacale come Dirigente nazionale UGL Polizia di Stato come
responsabile nazionale della ricerca scientifica e della formazione. Parallelamente all'attività
investigativa Strano ha sviluppato alcune ricerche scientifiche pionieristiche che hanno fatto il
giro del mondo come l’applicazione dell’intelligenza artificiale al criminal profiling. E’
considerato uno dei maggiori esperti al mondo di Psicologia investigativa. Stimatissimo nella
comunità scientifica negli ultimi anni è conosciuto anche al grande pubblico per le sue
partecipazioni a trasmissioni televisive dove si è sempre distinto per la pacatezza dei giudizi e
la chiarezza espositiva.
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