Eurostudium3w luglio-settembre 2011 Direttore: Francesco Gui (dir. resp.). Comitato scientifico: Antonello Biagini, Luigi Cajani, Francesco Dante, Anna Maria Giraldi, Francesco Gui, Giovanna Motta, Pèter Sarkozy. Comitato di redazione: Andrea Carteny, Stefano Lariccia, Chiara Lizzi, Enrico Mariutti, Daniel Pommier Vincelli, Vittoria Saulle, Luca Topi, Giulia Vassallo. Proprietà: “Sapienza” ‐ Università di Roma. Sede e luogo di trasmissione: Dipartimento di Storia moderna e contemporanea, P. le Aldo Moro, 5 ‐ 00185 Roma tel. 0649913407 – e ‐ mail: [email protected] Decreto di approvazione e numero di iscrizione: Tribunale di Roma 388/2006 del 17 ottobre 2006 Codice rivista: E195977 Codice ISSN 1973‐9443 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Indice della rivista aprile ‐ giugno 2011, n. 19 MONOGRAFIE E DOCUMENTI Il Manifesto di Ventotene: premesse per un’edizione critica. Prima parte: problematiche filologiche e circolazione del documento. di Giulia Vassallo p. 4 UN MANIFESTO PER VENTISETTE PAESI. LA TRADUZIONE DEL MESSAGGIO DI VENTOTENE NELLE p. 125 LINGUE UFFICIALI DELL'UNIONE EUROPEA Introduzioni dei docenti e traduzioni Bulgaria / България Presentazione a cura di / Представяне : Яния Йерков Traduzione di/ Превод на български език: Нели Раданова p. 126 p.129 p. 154 p. 157 Presentazione e supervisione a cura di / Praësentation og tilsyn: Anna Maria Segala Traduzione di / Dette bind er oversat af: Kirsten Marie Andersen p. 184 p. 187 p. 209 p. 211 Cipro / Κύπρος Presentazione e supervisione a cura di / Επίβλεψη: Paola Maria Minucci ‐ Δημήτρης Δεληολάνης Traduzione di / Μετάφραση του τόμου με επιμέλεια του: Χρήστου Μπιντούδη Danimarca / Danmark Estonia / Eesti Presentazione e supervisione a cura di / Toimetaja: Pietro U. Dini, Albert Lázaro‐Tinaut Traduzione di / Tõlge: Albert Lázaro‐Tinaut, Laura Talvet 2 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Finlandia / Suomi/ Finland Presentazione a cura di / Tarkistus / Granskad: Pertti Lepistö Traduzione di / Teoksen käännös / Översättning av volymen: Pertti Lepistö (Suomi) Stefano Fogelberg Rota och Hannes Nordholm (Svenska) p. 229 p. 232 p. 255 p. 281 Grecia / Ελλάδα Presentazione a cura di / Επίβλεψη: Paola Maria Minucci Traduzione di / Μετάφραση του τόμου με επιμέλεια του: Χρήστου Μπιντούδη 3 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Il Manifesto di Ventotene: premesse per un’edizione critica. Parte I. Problematiche filologiche e circolazione del documento. di Giulia Vassallo Introduzione Mi sono spesso chiesto cosa abbiamo apportato di originale nel Manifesto. Non dicevamo cose nuove, né quando parlavamo della crisi della civiltà europea, né quando presentavamo l’idea della federazione… Il Manifesto conteneva inoltre alcuni errori politici di non lieve portata… Ciononostante… è stato ed è ancora un testo vivo e significativo per molti suoi lettori… Altiero Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio 1 Nell’agosto arroventato del 1941, l’annus horribilis della seconda guerra mondiale, due celebri confinati antifascisti, l’ex militante del PCd’I Altiero Spinelli ‐ “diventato comunista come si diventa prete”2, poi espulso dal partito ed acquisito alla causa del federalismo europeo ‐ ed Ernesto Rossi ‐ il liberale allievo di Luigi Einaudi e Gaetano Salvemini, successivamente entrato nelle file di “Giustizia e Libertà” e approdato, in carcere, al socialismo anglosassone – completavano la stesura del loro “libretto”3. In esso confluivano sei mesi di 1 Altiero Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio, Il Mulino, Bologna, 1984, pp. 311‐312. 2 Ivi, p. 67. 3 Così lo avrebbe definito Eugenio Colorni in una lettera a Rossi e Spinelli del 10 maggio 1944: “Il libretto ha avuto un notevolissimo successo ed è stato ovunque giudicato come la cosa migliore uscita in questi ultimi tempi” in Piero S. Graglia, “Colorni, Spinelli e il federalismo G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 4 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 riflessione serrata sulla realtà politica di un intero continente, a conclusione di anni di studio solitario e collettivo consumati tra le celle del regime e le colonie confinarie. Accanto a loro, sia pure un poco discosto, si profilava anche Eugenio Colorni, il dirigente socialista appassionato di Leibniz, di matematica e di psicoanalisi, il quale, benché senza partecipazione diretta alla redazione, aveva contribuito alla genesi del testo con un prezioso apporto di idee e di spunti teorici4. Grazie all’intensa concertazione del trio, peraltro non impermeabile ai suggerimenti di altri confinati, quel “libretto” sarebbe divenuto in breve tempo il documento base del federalismo europeo in Italia, e non soltanto in Italia, avviandosi a rimanere “un testo vivo e significativo”5 anche per le future generazioni. Di fatto, Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto, meglio noto come Manifesto di Ventotene, di cui qui si presenta la prima parte di una proposta di edizione critica, è ad oggi largamente accreditato tra i lasciti più originali e lungimiranti dell’antifascismo italiano. Un antifascismo che potrebbe dirsi oltretutto della prima ora, in quanto impegnato nella Resistenza ben prima che quella ufficiale prendesse le mosse. Ad ideare e redigere il “plico” originario del Manifesto, che cominciò a circolare nel giugno del 19416 fra gli ospiti della colonia ventotenese, furono infatti alcuni fra “gli uomini considerati più pericolosi e irriducibili avversari del regime” e pertanto destinati alla “isola di confino per eccellenza”7. Si trattava di intellettuali, non certo di insidiosi estremisti, o di semplici dirigenti di partito, che avevano sacrificato all’ideale della libertà, sia pure scoperto e abbracciato attraverso percorsi dissimili, gli affetti più cari e gli anni migliori delle rispettive esistenze. Uomini di elevatissima caratura, che potrebbero considerarsi dei “visionari” politici, in quanto capaci di guardare oltre la realtà contingente e di proiettare, di contro, il loro progetto politico in uno scenario futuro del tutto inedito, ma, al tempo stesso, concretamente realizzabile. Giacché il terzetto ventotenese era sì composto da esponenti di quella generazione che assumeva la politica come europeo”, in Maurizio Degl’Innocenti (a cura di), Eugenio Colorni dall’antifascismo all’europeismo socialista e federalista, Lacaita, Manduria‐Bari‐Roma, 2010, pp. 209‐249, qui p. 245. 4 Oltre ai coniugi Colorni, Eugenio e la moglie Ursula Hirschmann, fin da subito “associati” da Spinelli e Rossi, parteciparono, sia pure occasionalmente, al dibattito sulla situazione europea e sulle possibili prospettive per il futuro del continente: Giorgio Braccialarghe, Arturo Buleghin, Enrico Giussani, lo sloveno Lokar Milos, Dino Roberto e l’albanese Stavro Skendi. Cfr. Antonella Braga in Un federalista giacobino. Ernesto Rossi pioniere degli Stati Uniti d’Europa, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 177‐178. 5 A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 312. 6 Sulle stesure del Manifesto realizzate a Ventotene si veda la nota 7. 7 Cfr. Filomena Gargiulo, Ventotene, isola di confino, L’ultima spiaggia, Genova, 2009, p. 81. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 5 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 impegno per così dire “totalizzante”8, i quali condividevano con gli altri oppositori del nazifascismo, italiani e non, la tensione al rinnovamento generale e l’aspirazione ad una lotta comune europea per il ripristino della libertà e per lo sradicamento del totalitarismo dal continente e dal mondo. Ma, d’altra parte, si distinguevano anche con forza dai molti, pur prestigiosi, intellettuali antifascisti resistenti che legarono la propria progettualità e la propria dedizione a una causa indissolubilmente connessa a una specifica temperie e che, pertanto, terminata quella stagione eccezionale, sarebbero, chi prima chi dopo, rientrati nelle famiglie politiche d’origine, a loro volta saldamente incastonate nelle consuete dinamiche della dialettica partitica nazionale. E l’entità di tale distanza si coglie proprio nel fatto che i federalisti europei di Ventotene non si limitarono a condividere con quanti erano impegnati nella lotta di liberazione europea la convinzione di trovarsi di fronte a un’occasione imperdibile. Un’opportunità offerta dalla storia, sia per chiudere i conti con un passato di oppressione, sia per riformulare l’ordine internazionale ispirandosi ai valori intramontabili della civiltà continentale, cioè quelli della libertà e dell’uguaglianza fra gli uomini (ai quali sono pur sempre significativamente dedicate le primissime righe del Manifesto). Al contrario, proprio in virtù della caratterizzazione “visionaria” della loro riflessione intellettuale, Colorni, Rossi e Spinelli elaborarono una proposta radicalmente nuova, la quale, per essere accolta e perseguita, implicava in via di principio l’abbandono dello stesso elemento fondante l’antico sistema, cioè la sovranità nazionale assoluta. E ancora, prospettando la costruzione di una vitale e solida struttura federale quale unica soluzione per “superare le contraddizioni ed evitare le sciagure del passato”9, additava in coloro che fossero ricaduti nelle “vecchie aporie” i nuovi antagonisti delle forze antireazionarie. A prefigurare per la prima volta la soluzione federale come risposta immediata per l’Europa postbellica furono pertanto militanti ai quali la riflessione sui mali della dittatura e la scelta dell’opposizione a qualunque regime liberticida avevano ispirato una nuova proposta politica. Una piattaforma, cioè, che non mirava soltanto al ritorno alla democrazia e alla correzione dei guasti prodotti da un apparentemente invincibile totalitarismo europeo10. E che altresì non celava, dietro pur apprezzabili vagheggiamenti 8 Si riprende qui un termine più volte utilizzato da Claudio Pavone per descrivere il carattere della militanza politica degli antifascisti divenuti poi resistenti. Cfr. C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella resistenza, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. 9 Cfr. G. Napolitano, “Il grande visionario che inventò l’Europa”, in La Repubblica, 25 agosto 2007, p. 52. 10 In proposito, si prendano in considerazione anche le dichiarazioni rilasciate da Claudio M. Radaelli, professore ordinario di scienza politica all’University of Exeter, nell’intervista rilasciata a Radio Radicale sui settant’anni del Manifesto. Testualmente: “la storia sembrava stesse G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 6 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 sulla costruzione di un futuro di pace e di progresso, una grigia ambizione alla conquista del potere nazionale da parte del movimento che da quel progetto sarebbe sorto. Né, infine, offriva soluzioni inquadrate in un ripristinato, ma pur sempre obsoleto, vecchio sistema europeo, radicato con forza sul postulato dello stato‐nazione e sulla divisione del continente in entità indipendenti. Viceversa, era saldamente impiantata su concetti nuovi, come la condivisione del potere, la creazione di un ordine continentale garantito da organismi sovranazionali, la coesistenza tra libertà economica e solidarietà sociale, nonché sulla previsione di una scena mondiale definitivamente affrancata dai conflitti interstatali, da sistemi economici volti a favorire il privilegio e ad opprimere i ceti più svantaggiati e, al contempo, profondamente ancorata ai bisogni dell’epoca storica entro la quale avrebbe preso forma. In estrema sintesi, parafrasando Norberto Bobbio nel saggio Il federalismo nel dibattito politico della resistenza, gli autori del Manifesto recidono piuttosto nettamente il legame con la tradizione ottocentesca, quella dei Mazzini e dei Cattaneo per intendersi, inaugurando, viceversa, una “concezione attiva ed estremamente prammatica”11 dell’europeismo federalista. E certo non c’era da aspettarsi che, per quanto “soli”, come ha acutamente osservato Chiara Maria Pulvirenti nel suo recente L’Europa e l’isola: genesi del Manifesto di Ventotene12, i tre ispiratori della carta federalista desistessero dai loro intenti e dalla disseminazione delle proprie idee all’indomani del 25 luglio, cui sarebbe seguita, a poca distanza di tempo, la liberazione degli oppositori dalle isole di confino, Ventotene compresa. A darne conferma sta l’edizione a stampa del Manifesto uscita nel gennaio 1944, a Roma, a cura di Eugenio Colorni, e che Spinelli ha successivamente riconosciuto come la versione ufficiale del testo13. parlando con voce forte ed eloquente. L’Europa stava per essere unificata, ma dalla spada di Satana, non da una federazione di democrazie”. Cfr. http://notizie.radicali.it/articolo/2011‐10‐ 24/editoriale/i‐settant‐anni‐del‐manifesto‐di‐ventotene‐ritorno‐al‐futuro. 11 Cfr. N. Bobbio, “Il federalismo nel dibattito politico della resistenza”, in A. Spinelli, E. Rossi, Il Manifesto di Ventotene, Guida, Napoli, 1982, p. XXVI. 12 Cfr. C.M. Pulvirenti, L’Europa e l’isola: genesi del Manifesto di Ventotene, Bonanno, Acireale, Roma, 2009. 13 Si fa qui riferimento all’edizione del Manifesto pubblicata clandestinamente a Roma nel gennaio 1944 insieme ai due saggi di Spinelli, Gli Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche e Politica marxista e politica federalista, rispettivamente stesi nel 1942 e tra lo stesso 1942 e il 1943. Come è noto, il volume a cura di Eugenio Colorni, che firmò anche una pregevole “Prefazione” del testo, riportava soltanto le iniziali degli autori A.S. e E.R. (con il nome di Spinelli significativamente anteposto a quello di Rossi, in quanto redattore non soltanto del Manifesto, ma anche dei due saggi di cui sopra) ed era intitolata Problemi della federazione europea. La stampa dell’edizione romana, affidata alla Società Anonima Poligrafica Italiana, sarebbe poi stata presentata dalle Edizioni del Movimento per la federazione europea. In tale forma, il G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 7 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 In questa nuova forma, e con l’approdo alla carta stampata, che rappresentò un momento alto, seppure all’epoca piuttosto disconosciuto, di un’intensa attività di editoria clandestina ‐ la quale, a sua volta, costituì una parte essenziale della lotta al dictator minor avviata all’indomani dell’8 settembre 1943 (cui i federalisti italiani, ivi compresi Colorni, Rossi e Spinelli, avrebbero peraltro offerto una cooperazione attiva, generosa ed efficace14) ‐ il Manifesto compiva il secondo passo della sua “corsa pel mondo”15. Proprio a partire da questa edizione romana, il documento federalista, che pure era stato ampiamente criticato a Ventotene, al punto da indurre Spinelli a parlare di “reazione di rigetto”16, sia, come previsto, da parte dei comunisti, sia, inaspettatamente, dal versante dei giellisti amici di Ernesto Rossi, iniziò ad ottenere riconoscimenti concreti ed apprezzabili. In un crescendo che, ai nostri giorni, lo ha portato ad essere celebrato al Parlamento europeo, accanto ad Manifesto è stato successivamente ripubblicato, la prima volta nel 1956 e la seconda nel 1957, nella Piccola antologia federalista. Di ulteriori ristampe si sono poi incaricati l’editore Guida, di Napoli, che nel 1982 ha presentato il già citato A. Spinelli e E. Rossi, Il Manifesto di Ventotene, e Il Mulino di Bologna, con A. Spinelli, Il Manifesto di Ventotene (1991). Sia l’edizione di Guida che quella de Il Mulino contengono un’introduzione di Mario Albertini e un saggio di Norberto Bobbio, Il federalismo nel dibattito politico della resistenza, con quest’ultimo che riproduce la relazione tenuta dall’intellettuale torinese in occasione del trentennale della fondazione del Mfe (21 ottobre 1973). Il volume edito da Guida, inoltre, presenta nella seconda “Appendice” il testo dell’intervista rilasciata per iscritto da Spinelli a Sonia Schmidt, “Intervista con Altiero Spinelli”, nel 1981, pp. 171‐174. Ancora, nel 2001, su iniziativa del Consiglio Regionale del Piemonte e della Consulta Regionale europea, Sergio Pistone ha curato un’edizione anastatica della versione colorniana del Manifesto, apparsa a Torino per i tipi di Celid. Nel 2006, infine, l’edizione romana è stata inserita nella collana degli Oscar Mondadori, stampata a Milano, a cura di Lucio Levi e con una presentazione di Tommaso Padoa Schioppa. Da segnalare, in questo contesto, anche l’iniziativa della Regione Lazio e della “Sapienza” Università di Roma, che ha portato alla pubblicazione del Manifesto curato da Colorni nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione europea, presentato dall’editore Pieraldo Vola, a Roma, nel 2009 e successivamente consegnato all’allora Presidente del Parlamento europeo, Hans‐Gert Pöttering, nel corso di una cerimonia ufficiale, tenutasi a Bruxelles il 5 marzo dello stesso anno. In questa sede si è fatto riferimento all’edizione anastatica a cura di Sergio Pistone. 14 Sull’impegno dei movimenti per l’unità europea nella battaglia resistenziale si veda S. Pistone, L’Unione dei federalisti europei, Guida, Napoli, 2008, p. 25 e ss. E anche A. Chiti‐Batelli, “Valori e limiti della Resistenza federalista”, in M. Albertini, A. Chiti‐Batelli, G. Petrilli, Storia del federalismo europeo, con introduzione di A. Spinelli e a cura di E. Paolini, ERI, Torino, 1973, pp. 125‐219. In argomento, vale anche la pena di citare quanto affermato da Norberto Bobbio nel saggio “Il federalismo europeo nel dibattito politico della resistenza”: “Il federalismo europeo nasce.. nel crogiuolo della lotta di liberazione, e pertanto è una componente essenziale, una parte viva della storia della Resistenza e ne ha seguito l’alterna fortuna”. Cfr. N. Bobbio, “Il federalismo europeo nel dibattito politico…, cit., p. XL. 15 L’espressione è mutuata da Riccardo Bauer, Quello che ho fatto. Trent’anni di lotte e di ricordi, Cariplo‐Laterza, Bari, 1987, p. 122. 16 Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., pp. 312‐315. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 8 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Altiero Spinelli, cui è dedicato un bâtiment dell’istituzione brussellese, e a costituire parte integrante della cultura europeista e federalista propugnata dallo “Spinelli Group”, recentemente costituitosi, su iniziativa di alcune stimate personalità del mondo politico e intellettuale, anche italiano, per rilanciare lo spirito europeo a fronte di una preoccupante tendenza al solipsismo nazionalista che paralizza lo sviluppo dell’integrazione. Né va trascurata la dignità letteraria acquisita progressivamente dall’opera ventotenese, inserita, lo scorso 12 febbraio, tra i “classici del pensiero” segnalati dal Corriere della Sera. E, rimanendo in argomento, anche Maria Serena Sapegno e Roberto Antonelli hanno accolto Altiero Spinelli, in virtù dei suoi scritti, tra cui il Manifesto, quale ospite illustre del volume L’Europa degli scrittori, dedicato agli autori contemporanei ed edito da La Nuova Italia17. In breve, dal momento in cui iniziò a circolare sistematicamente sul continente e fino ai nostri giorni, grazie alla “finezza” e alla “modernità” del suo “approccio federalista” 18, e anche per merito del suo rivoluzionario appello alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa come effetto dell’abbattimento dello stato nazionale, lo scritto pontino ha compiuto un percorso ben più lungo e articolato di quanto i suoi stessi autori avessero previsto e rimane un riferimento importante, se non imprescindibile, per un processo di costruzione dell’Europa politica ancora in fieri. Sul versante scientifico, riconosciuta la validità diacronica e la forza del suo messaggio, oltre alla lucidità delle argomentazioni che esso raccoglie, gli studiosi hanno cominciato ad interrogarsi su alcuni “problemi aperti” del documento federalista, in primo luogo su quale sia stata la versione originale, ma anche sugli apporti rispettivamente offerti dagli intellettuali coinvolti. Il che non prelude certo ad un’intenzione di attribuire la paternità dei vari passaggi del Manifesto alla penna dell’uno o dell’altro autore19, ma piuttosto segnala l’aspirazione a chiarire il retroterra ideologico di personalità ‐ Spinelli, Rossi e parzialmente Colorni ‐ che specie negli ultimi anni sono emerse, seppur 17 Cfr. F. Gui, Relazione conclusiva delle attività del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Altiero Spinelli (2006‐2009), in «Eurostudium3w», luglio‐settembre 2009, n. 11, pp. 37‐55. 18 Il virgolettato riporta il giudizio espresso da Giorgio Napolitano in Altiero Spinelli e l’Europa, cit., p. 77. 19 Sull’inutilità di tale operazione si è soffermata, tra gli altri, Antonella Braga, la quale precisa: “Questa operazione non avrebbe però alcun senso e risulterebbe inutile nonché assurda, se fosse mirata semplicemente a una separazione forzosa di ciò che nella realtà fu il frutto di una «simbiosi» intellettuale raggiunta dopo lunghe discussioni”. Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 180, nota 89. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 9 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 faticosamente, dalla nicchia della storiografia militante, per essere consegnate alla storia nella pienezza della loro statura politica e intellettuale. Di là da quello che potrebbe ritenersi il dovuto risanamento di un debito della politica e della cultura, non solo italiane, nei confronti di questi uomini d’azione, oltre che di pensiero, un’indagine ragionata sul sostrato teorico e sul bagaglio di letture che essi lasciarono confluire, anche inconsapevolmente, nella riflessione che anticipò la stesura del Manifesto, come pure la rispettiva formazione ideologica, che influì non poco nella fase seguita alla redazione del documento, quando cioè si trattò di tradurre il disegno politico in organizzazione di una struttura capace di realizzarlo, appare essenziale per comprendere gli sviluppi successivi e il superamento pressoché immediato di alcuni contenuti del testo compilato a Ventotene. Il riferimento va, naturalmente, alle “Tesi” federaliste, scritte da Spinelli il 3 agosto 1943, divenute poi la base per i lavori del convegno di fondazione del Movimento federalista europeo (Mfe), e anche al Manifesto dei federalisti europei, che Altiero stilò nel 1957, quasi a compimento di quanto già anticipato nell’archetipo pontino, ovverossia come espressione di un approccio più maturo ai temi del federalismo europeo e dell’azione da condurre per concretizzarne gli obiettivi. Crocevia di apporti intellettuali, condensato di filoni di pensiero europei e italiani, sintesi efficace di mediazioni filosofico‐culturali, scoperte, riletture, il Manifesto di Ventotene si impone a tutt’oggi come documento da sottoporre a un’analisi seria e rigorosa, volta sia a far luce sulle questioni aperte di carattere filologico, variamente presenti nel testo e da più studiosi evidenziate, sia a ricostruire con precisione la molteplicità e l’eterogeneità degli influssi intellettuali di cui rappresentò una sapiente rielaborazione. Benché eredità preziosa – e non più del tutto ignota al grande pubblico – di una tra le pagine più tormentate e discusse della storia italiana, le “zone d’ombra” ancora addensate attorno allo scritto ventotenese, già evidenti allo sguardo esperto degli specialisti del federalismo europeo – tra gli altri, Antonella Braga, Moris Frosio Roncalli, Piero S. Graglia, Lucio Levi, Edmondo Paolini, Sergio Pistone, Klaus Voigt20 – cominciano infatti a rivelarsi anche agli occhi di storici e ricercatori non propriamente militanti21. 20 Nonostante l’assenza di una monografia espressamente dedicata al Manifesto di Ventotene, le diverse biografie degli autori, la memorialistica, e i numerosi saggi sul federalismo europeo, pubblicati sia in Italia, sia all’estero, accennano più e meno diffusamente tanto ai problemi di carattere filologico, quanto ai “punti oscuri” sotto il profilo dei contenuti che affiorano alla lettura del documento. Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino..., cit., pp. 176‐212; M. Frosio Roncalli, L’origine dei un’idea: il nesso fra federalismo e unità europea nel manifesto di Ventotene, in «Storiadelmondo», n. 12, 14 luglio 2003, ‹http://www.storiadelmondo.com/12/frosio‐ roncalli.ventotene.pdf›; La “Introduzione” di P.S. Graglia in A. Spinelli, Machiavelli nel XX secolo, a cura di P.S. Graglia, Il Mulino, Bologna, 1993, pp. 25‐81; P.S. Graglia, Altiero Spinelli, Il G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 10 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 L’assenza di fonti di prima mano – il manoscritto originale del documento in primis – ma anche e soprattutto le numerose discordanze che emergono sia dalle testimonianze dei protagonisti dell’epoca, sia nella letteratura e nella Mulino, Bologna, 2008, pp. 147‐195; L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore del movimento per l’unità europea”, cit., pp. 165‐240; E. Paolini, Altiero Spinelli. Appunti per una biografia, Il Mulino, Bologna, 1988, pp. 18‐22; Id., Altiero Spinelli, Dalla lotta antifascista alla battaglia per la federazione europea, 1920‐1948: documenti e testimonianze, Il Mulino, Bologna, 1996; S. Pistone, L’Unione dei Federalisti…, cit., pp. 27‐34; Id. (a cura di), L’idea dell’unificazione europea dalla prima alla seconda guerra mondiale, Fondazione Einaudi, Torino, 1975; K. Voigt, “Ideas of the Italian Resistance on the Postwar Order in Europe”, in Walter Lipgens (ed.), Documents on the History of European Integration, volume I “Continental Plans for European Union 1939‐1945, de Gruyter, Berlin‐New York, 1984, pp. 456‐555. 21 La recente proliferazione di convegni e studi su Altiero Spinelli ‐ molti dei quali organizzati in occasione del centenario della sua nascita (2007) anche dal Comitato nazionale istituito ad hoc presso il Dipartimento di Storia moderna e contemporanea (ora Storia, Culture, Religioni) della Sapienza, attivo dal 2006 al 2009 – cui va attribuito il merito di aver coinvolto nel dibattito storiografico anche studiosi non italiani, ha prodotto, come principale risultato, una intensificazione delle pubblicazioni dedicate ad Ulisse, ma anche al federalismo europeo e al Manifesto di Ventotene, con quest’ultimo che di tale corrente di pensiero è stato riconosciuto ufficialmente come imprescindibile fondamento teorico. In tale contesto, assieme ai volumi elencati nella nota precedente, meritano di essere ricordati, in ordine discendente di pubblicazione: Francesco Gui (a cura di), Omaggio ad Altiero Spinelli: atti del Comitato nazionale per le celebrazioni del centesimo anniversario della nascita di Altiero Spinelli, Bulzoni, Roma, 2011; Daniela Preda (a cura di), Altiero Spinelli e i movimenti per l’Unità europea, CEDAM, Padova, 2010; Umberto Morelli (a cura di), Altiero Spinelli: il pensiero e l’azione per la federazione europea: atti del convegno “Aspetti fondamentali del pensiero e dell’azione federalista di Altiero Spinelli”, Torino, 6‐7 dicembre 2007, Giuffrè, Milano, 2010; Antonio Venece, L’Europa possibile: il pensiero e l’azione di Altiero Spinelli, Carocci, Roma, 2010; Rebecca Rosignoli, Claudia Silvaggi (a cura di), Altiero Spinelli: studi e ricerche, CSU, Roma, 2009; Silvio Fagiolo, Guido Ravasi (a cura di), Il futuro dell’Europa e l’attualità di Altiero Spinelli, Nagard, Milano, 2008; L’ultima battaglia federalista di Altiero Spinelli: Crocodile – lettera ai membri del Parlamento europeo, 1980‐1983: nota informativa sull’attività del Parlamento europeo, Celid, Torino, 2008; Andrew Glencross, Altiero Spinelli and the idea of the US constitution as a model for Europe : the promises and pitfalls of an analogy, EUI, Florence, 2008; Augustín José Menéndez, Altiero Spinelli: from Ventotene to the European Constitution, Arena, Oslo, 2007; Giorgio Napolitano, Altiero Spinelli e l’Europa, Il Mulino, Bologna, 2007; Pietro Nenni, Carteggio: 1961‐1971. Pietro Nenni, Altiero Spinelli, a cura di E. Paolini, Editori Riuniti, Roma, 2007. Per i contributi apportati alla presente edizione critica, inoltre, sono da segnalare i volumi usciti in occasione del centenario della nascita di Eugenio Colorni (2009), anch’essi per lo più seguiti alle iniziative culturali promosse dal Comitato Nazionale Eugenio Colorni, presieduto da Maurizio Degl’Innocenti: Geri Cerchiai, Giovanni Rota (a cura di), Eugenio Colorni e la cultura italiana fra le due guerre, Lacaita, Manduria‐Bari‐ Roma, 2011; Fabio Zucca (a cura di), Eugenio Colorni federalista, Lacaita, Manduria‐Bari‐Roma, 2011; M. Degl’Innocenti (a cura di), Eugenio Colorni dall’antifascismo all’europeismo…, cit.; E. Colorni, La malattia della metafisica: scritti filosofici e autobiografici, a cura di G. Cerchiai, Einaudi, Torino, 2009. Una particolare attenzione alle tematiche del federalismo europeo e ai contenuti del Manifesto di Ventotene è riscontrabile nel recente saggio di Eric Gobetti, 1943‐1945: la lunga liberazione, Franco Angeli, Milano, 2007. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 11 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 memorialistica, specie con riguardo alle dinamiche che caratterizzarono le varie fasi della redazione del Manifesto e della sua diffusione ʺsul continenteʺ22, e la stessa paternità della “Introduzione” a quella che si considera la prima edizione a stampa del documento (1943), su cui si tornerà diffusamente più avanti23, costituiscono in effetti degli ostacoli di non poco conto per unʹanalisi del testo che aspiri al pregio della validità scientifica. Lacune e contraddizioni di tale entità concorrono difatti a complicare qualsiasi tentativo di ricostruzione efficace sia del processo di elaborazione, stesura e circolazione clandestina del documento federalista (sviluppatosi all’incirca nell’arco del biennio 1941‐1943), sia del percorso intellettuale compiuto dagli autori ‐ iniziato già negli anni Trenta, come è stato recentemente dimostrato24 ‐ per comporre un insieme tanto ordinato di riflessioni e 22 Si riprende qui l’espressione di Altiero Spinelli, che poi era quella con cui i confinati di Ventotene erano soliti riferirsi all’Italia. Cfr. S. Schmidt, “Intervista con Altiero Spinelli”, cit., p. 172. 23 Il riferimento è alla “Introduzione” dell’edizione del Manifesto presentata in occasione del convegno di fondazione del Movimento federalista europeo (Mfe), a Milano, il 29 agosto 1943. Con riguardo a tale questione, che si affronterà più dettagliatamente nei paragrafi che seguono, basti qui ricordare che, per quanto la maggior parte degli storici ascriva il testo alla penna di Rossi, alcune voci fuori dal coro, quella di Paolini fra tutte, ne individuano i possibili autori in Mario Alberto Rollier o, con più probabilità, in Enrico Giussani. 24 È ad Antonella Braga e al suo più volte citato saggio su Ernesto Rossi, Un federalista giacobino…, uscito nel 2007, che si deve, come ha rilevato anche Luigi V. Majocchi nella “Prefazione” al volume, la scoperta che “l’Ernesto del Manifesto e della febbrile attività al servizio del Movimento federalista europeo si trova già in tutti quei fatti pregressi della sua vita… Dal che risulta poi facile mostrare come l’insegnamento di Salvemini e l’intrinsichezza con Einaudi avessero portato Rossi alla cultura del federalismo molto tempo prima di Spinelli” (Cfr. L.V. Majocchi, “Prefazione”, in A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 11‐17, qui p. 13). Rileggendo infatti una lettera di Rossi alla madre, Elide Verardi, datata 30 aprile 1937, pubblicata in E. Rossi, Nove anni sono molti. Lettere dal carcere 1930‐1939, a cura di Mimmo Franzinelli, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, pp. 571‐575, Braga ha posto l’accento sul fatto che “a quella data, Rossi aveva già tracciato il sommario di uno studio sugli Stati Uniti d’Europa”, cosa che, prosegue la storica, lascia trasparire come, già nel 1937, fosse “presente l’elemento decisivo che differenzia il Manifesto da altri progetti federalisti, precedenti o coevi, ossia quello di considerare l’unità europea non come più un astratto ideale, ma come l’obiettivo prioritario di una specifica azione politica”. Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 134‐147. L’importanza della scoperta di Antonella Braga è stata sottolineata anche da Lucio Levi in “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., pp. 174‐175. Lo studioso torinese, riferendosi allo studio di Braga (Un federalista giacobino: Ernesto Rossi negli anni di guerra fra Ventotene e l’esilio svizzero (1939‐1945), tesi di dottorato, Pavia 1995‐1996), non soltanto ha rilevato l’importanza della scoperta, che ha restituito l’immagine di un Ernesto Rossi solidamente federalista già alla fine degli anni Trenta, ma ha anche messo in risalto il proposito dell’economista toscano di approfondire le proprie riflessioni in uno scritto successivo, cosa che, nell’ottica di Levi, alluderebbe, di fatto, alla paternità rossiana dell’idea di redigere il Manifesto di Ventotene. Alla lettera: “Che Rossi sia giunto prima di Spinelli non solo alla conoscenza della letteratura G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 12 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 conclusioni programmatiche, pur nella evidente discrasia di esperienze e scelte politiche. Di fronte a un insieme così nutrito e interconnesso di nodi da sciogliere e problemi aperti (parzialmente elencati anche da chi scrive nell’intervento Per un’edizione critica del Manifesto di Ventotene25), alcuni studiosi hanno preso a sollecitare la pubblicazione di un’edizione critica del Manifesto federalista26, che affrontasse singolarmente e sistematicamente tutti i passaggi controversi del documento, allo scopo di portare alla luce, ove possibile, fonti inedite, come pure nuovi elementi di discussione storiografica. Quanto appena precisato spiega, seppur parzialmente, le ragioni al fondo di questo lavoro, il quale aspira essenzialmente a proporre una convincente piattaforma di riflessione e una base di partenza per ulteriori indagini e approfondimenti, soprattutto in relazione ai temi trattati nei paragrafi che seguono. I. Per un’edizione critica del Manifesto di Ventotene: considerazioni preliminari e piano di lavoro Prima di addentrarsi in medias res, e passare perciò all’analisi delle questioni filologiche e dei problemi relativi al trasferimento del testo dall’isola al continente, si rendono opportune alcune precisazioni. In primo luogo, occorre circoscrivere fin dapprincipio i limiti dell’indagine sul piano delle aspettative. Giacché, fatto salvo il caso di scoperte sensazionali, oggettivamente poco plausibili, appare evidente la difficoltà di far definitivamente luce su aspetti presumibilmente destinati a rimanere oscuri ‐ come ha rilevato del resto lo stesso Lucio Levi27 ‐ tra i quali, in primis, il già ricordato problema delle diverse stesure del documento. Pertanto, obiettivo federalista, ma anche ad intuirne l’attualità storica ha trovato conferma nella recente lettera alla madre del 30 aprile 1937, nella quale egli traccia un elenco di sei punti di argomenti da approfondire in un saggio sull’unità europea e sul federalismo”. Cfr. L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., p. 174. 25 Cfr. Giulia Vassallo, Per un’edizione critica del Manifesto di Ventotene: prime valutazioni sullo stato delle ricerche, in «Eurostudium3w», ottobre‐dicembre 2008, n. 9, pp. 61‐69. 26 Antonella Braga e Moris Frosio Roncalli, in particolare, hanno presentato al convegno “L’Italia e l’unità europea dal Risorgimento ad oggi. Idee e protagonisti”, che si è tenuto presso l’Archivio di Stato di Torino, il 18 e 19 maggio 2011, su iniziativa dell’AUSE, del Centro Studi sul Federalismo e della Domus Mazziniana, un intervento dal titolo: Genesi di un progetto politico: per un’edizione critica del Manifesto di Ventotene. I due storici sono stati tra i primi a sollecitare l’approfondimento della questione delle diverse redazioni ed edizioni del Manifesto, rispettivamente nei più volte citati saggi: A. Braga, Un federalista giacobino…, cit. e M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit. 27 Cfr. L. Levi, ʺAltiero Spinelli, fondatore..., cit., p. 178. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 13 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 principale di questo contributo è stato quello di riordinare in modo sistematico e ragionato il materiale fin qui prodotto, procedendo all’identificazione tanto delle ipotesi ormai accreditate dalla storiografia, sulla base di un accurato riscontro con il dettato delle fonti, quanto, e principalmente, delle divergenze che tuttora sussistono e rappresentano i temi caldi del dibattito storiografico intorno al documento ventotenese. In secondo luogo, si ritiene opportuna un’anticipazione delle tematiche trattate nella seconda e nella terza parte di questo lavoro, ad oggi in corso di pubblicazione, singolarmente e sinteticamente presentate nei paragrafi che seguono. I.I. Il retroterra ideologico‐culturale degli autori del Manifesto e ricadute sull’elaborazione del documento Una precisa ricostruzione delle rispettive matrici culturali e dei diversi referenti intellettuali che Rossi e Spinelli, ma anche Colorni, posero sul tavolo ventotenese dell’elaborazione teorica e del dibattito politico sui mali del continente e della civiltà europea, da cui prese le mosse la stesura del Manifesto, appare condizione essenziale per comprendere appieno sia il percorso intellettuale che veicolò i tre antifascisti verso l’approdo al federalismo europeo, sia l’insieme delle fonti di ispirazione di cui si nutre il documento del 1941. Lo scritto pontino si presenta infatti intessuto di numerose allusioni e rimandi più e meno espliciti al pensiero di intellettuali illustri (Georg W.F. Hegel e Benedetto Croce su tutti, che rivestirono un’importanza indiscussa soprattutto nella formazione intellettuale di Altiero Spinelli28, ma anche Luigi Einaudi, 28 Dalle carte conservate nell’Archivio Centrale dello Stato, d’ora in poi ACS, risulta che, a partire dal gennaio 1938, Hegel rappresentò un riferimento costante per Spinelli, il quale, tra lo stesso gennaio 1938 e quello successivo, ovverossia poco dopo l’espulsione dal partito comunista, decisa nell’estate del 1937, chiese ed ottenne il permesso di leggere: Phenomenologie, Logik, in due volumi; Encyclopedie der philosophischen wissenschaften (vierte auflage), Grundlinien der philosophie des rechts, Phaenomenologie, Die Orientalische grieschische Romische und Germanische welt, Wissenschaft der Logik, Die venunft in der Geschichte. Cfr. ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Ufficio Confino Politico, Fascicoli personali, b. 972. Allo studio della Fenomenologia, peraltro, Ulisse dedicò un’attenzione certosina, come si evince dalla lettera a Veniero, del 19 aprile 1932, pubblicata da Paolini, in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., pp. 137‐138: “Ho finito la Fenomenologia di Hegel, ma l’ho ricominciata daccapo a leggere, e ho spesso l’impressione di leggerla ora per la prima volta, e di capirla meglio.”. L’interesse per Croce, viceversa, maturò a partire dal 1933, almeno stando alle fonti dell’ACS. Il 18 febbraio 1933, infatti, l’allora detenuto politico nel carcere di Civitavecchia chiese di avere in lettura “le opere e la rivista di B. Croce”, motivando la domanda, a detta del direttore Doni, col fatto che “gli occorrono per i suoi studi”. Nel 1935, seguirono le richieste per altri due “libri di sua proprietà” del filosofo abruzzese: la Poesia di Dante e Filosofia della Pratica. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 14 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Friedrich Meinecke e Lionel Robbins, che ebbero un peso non trascurabile anche sulla riflessione di Ernesto Rossi29), come pure di singoli vocaboli L’11 ottobre dello stesso anno, la domanda venne inoltrata per la Storia del Regno di Napoli. Il 2 aprile 1939, infine, dal confino di Ponza, il ʺCapo della Poliziaʺ lo autorizzò a consultare la Storia della Storiografia italiana nel secolo decimo nono in due volumi. Cfr. ACS, Ministero di Grazia e Giustizia, Direzione Generale Istituti di Prevenzione e pena, Div. VI – Detenuti politici, Fascicoli Personali istituiti presso la DG, b. 16, f. 320, Spinelli Altiero. Croce ed Einaudi, già a partire dal 1933, compaiono anche tra gli autori di riferimento di Ernesto Rossi, come dimostra una nota del Ministero dell’Interno che presenta un elenco dei libri posseduti dal professore toscano mentre si trovava detenuto nel carcere di Regina Coeli. In particolare, del filosofo abruzzese Rossi lesse: Aspetti morali della vita politica, Teoria e storia della storiografia, Storia del Regno di Napoli e, significativamente, la Storia d’Europa nel secolo XIX. Quanto ad Einaudi, nella sopracitata nota del ministero dell’Interno compare Il sistema totalitario italiano. Cfr. ACS, CPC, b. 4441, f. 37615, Rossi Ernesto. I federalisti inglesi, viceversa, appaiono tra le letture rossiane a far data dal 4 novembre 1934, allorché l’allora detenuto politico del VI braccio del carcere romano “chiede di acquistare” The Great Depression di Lionel Robbins. Cfr. Ivi, Direzione carceri a Ministero dell’Interno, 4 novembre 1934. Da una lettera di Rossi al direttore del carcere di Regina Coeli, datata 13 novembre 1936, risulta inoltre che, nello stesso periodo in cui maturò lʹinteresse per Robbins, l’intellettuale toscano continuava a dedicarsi allo studio di Einaudi (La condotta economica della Guerra e i Principi di scienza delle finanze) e scopriva Wicksteed (i due volumi di The common sense of political economic). Cfr. Ivi, Ministero dell’Interno, Copia della lettera scritta da Ernesto Rossi al Direttore del carcere di Regina Coeli, 13 novembre 1936. Nello stesso 1936, inoltre, si palesa l’interesse per Umberto Ricci, riscontrabile nella richiesta di acquistare Dal protezionismo al sindacalismo, edito da Laterza. Cfr. Ivi, Ministero dell’Interno, Ernesto Rossi a Direttore del carcere di Regina Coeli, 10 novembre 1936. Per un esame più approfondito delle letture di Rossi nel periodo della detenzione si veda A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 104‐106. 29 Si veda, in proposito, quanto affermato da Spinelli nell’intervista a Sonia Schmidt: “la lettura degli articoli che Einaudi aveva pubblicato sul Corriere della Sera alla fine del 1918, contro la Società delle Nazioni per una federazione europea, la lettura di alcuni saggi di autori federalisti inglesi, la lettura del libro Nationalstaat und Staatsraison di Meinecke con la sua analisi della problematica creata dal contrasto fra le esigenze dello stato prussiano (esistente) e dello stato tedesco (desiderato, ma ancora inesistente), nonché la meditazione sulla evidente marcia dell’Europa verso una nuova guerra mondiale, mi hanno fatto balenare nella testa che probabilmente l’avvenire dell’Europa, dopo caduti fascismo e nazismo, avrebbe dovuto essere cercato non nella semplice restaurazione delle democrazie nazionali, ma nella instaurazione di una federazione europea”. Cfr. S. Schmidt, “Intervista con Altiero Spinelli”, cit., p. 173. A conferma di ciò, si consulti l’elenco dei libri letti a Ventotene (compilato dallo stesso Spinelli e pubblicata da Piero Graglia in A. Spinelli, Machiavelli nel secolo XX…, cit., pp. 522‐533), in cui figurano: “Junius [Einaudi Luigi], Lettere politiche, Bari, Laterza, 1920, pp. 214 (giugno 1940)”, “Robbins, L., Di chi la colpa della grande crisi? E la via d’uscita, versione di S. Fenoaltea, Torino, Einaudi, 1935, pp. 223, «Tit. orig.: The Great Depression, London, Macmillan, 1934», (giugno 1940)”; Robbins, L., An Essay on the Nature and Significance of Economic Science, London, Macmillan, 1932, pp. XII‐141, (giugno 1940)”; “Robbins, L., Economic Planning and International Order, London, Macmillan, 1937, pp. XV‐330 (ottobre 1940)”; “Meinecke, Friedrich, Cosmopolitismo e stato nazionale, I – Nazione stato e cosmopolitismo nello svolgimento dell’idea di stato nazionale, Firenze, La Nuova Italia, 1930, pp. X‐310, «La prima edizione tedesca è del 1907» G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 15 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ascrivibili all’influenza, più o meno consapevole, di autori forse non contemplati nella discussione che anticipò la genesi del Manifesto, ma senz’altro ben presenti nella mente degli animatori di quella discussione, sulla base di studi e letture precedenti. Tali concezioni, si potrebbe pertanto credere, si erano evidentemente introdotte nello spettro ideale del terzetto capofila del federalismo europeo militante attraverso un processo per così dire osmotico, per poi confluire tra le pagine dello scritto ventotenese producendo risvolti inaspettatamente fecondi. Si prenda il caso, a tale proposito, dell’espressione “autonomo centro di vita”, che compare nel primo capitolo del documento e che risulta verosimilmente riconducibile, almeno sul piano lessicale, alla Metafisica di Leibniz, e, in parte, anche all’Etica di Spinoza30 ‐ ma la verifica di tali (febbraio 1941)”; “Meinecke, F., Cosmopolitismo e stato nazionale, vol. II – Stato nazionale prussiano e stato nazionale germanico, Firenze, La Nuova Italia, II, pp. 221 (aprile 1941)”; “Robbins, Lionel, The Economic Causes of the War, New York, Macmillan, 1940, pp. 124 (gennaio 1942)”. Tali volumi, come precisa Graglia, “possono essere considerati non lettura esclusiva di Spinelli, ma anche di Rossi; essi costituiscono quindi la base dalla quale prese le mosse lo studio dei federalisti di Ventotene, nonché il campo dei loro approfondimenti”. Ivi, p. 522. A proposito dell’influenza di Meinecke sulla riflessione di Spinelli, sostiene Piero Graglia: “Meinecke invece costituì per Spinelli uno dei più importanti autori nel periodo di Ventotene”. Cfr. P.S. Graglia, “Introduzione”, in A. Spinelli, Machiavelli nel secolo XX…, cit., p. 62. E ancora, con riguardo alla conoscenza della produzione letteraria dello storico tedesco da parte di Ulisse: “Spinelli lesse una delle opere fondamentali di Friedrich Meinecke: Cosmopolitismo e stato nazionale, Firenze, La Nuova Italia, 1930, edizione in due volumi (I. «Nazione, stato e cosmopolitismo nello svolgimento dell’idea di stato nazionale», pp. X‐310; II. «Stato nazionale prussiano e stato nazionale germanico», pp. 221). Non risulta invece che durante il confino abbia letto, sempre dello stesso autore, l’opera che spesso è citata come una fonte di ispirazione per Spinelli, e cioè L’idea della ragion di stato nella storia moderna”, ivi, p. 61, nota 64. Per quanto, più specificamente, attiene a Rossi, Antonella Braga riferisce che, soprattutto negli anni del carcere (1930‐1939) l’economista fiorentino “si dedicò allo studio con metodicità e con un serio impegno di «autoeducazione». Il tempo di prigionia si trasformò così in un’occasione per completare la propria formazione attraverso «uno sforzo di sistematica e progressiva costruzione della propria cultura e di organizzazione delle proprie sintesi superiori»”. Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 95. In effetti, stando alla studiosa, Rossi non soltanto “rilesse molti autori che già conosceva e che avevano avuto grande influenza sulla sua formazione, come Einaudi, Ferrara, Marshall, De Viti De Marco e Pantaleoni”. (Ivi, p. 104), ma si avvicinò anche ad altri grandi del pensiero politico ed economico, soprattutto nell’intento di “sostenere il dibattito con i comunisti incontrati in carcere” (Ibidem). Trovano così spazio, nella biblioteca dell’intellettuale allievo di Salvemini, le opere di Adam Smith, John Stuart Mill, David Ricardo e anche “Philip H. Wicksteed, il federalista Lionel Robbins e Arthur Pigou”. (Ivi, pp. 104‐105). L’incontro con Meinecke, viceversa, risalirebbe, secondo Braga, al tempo del confino a Ventotene. (Ivi, p. 185). 30 Basti considerare che, nella Metafisica, il filosofo tedesco definiva le monadi come “centri autonomi di forza”, o “centri di vita”. La corrispondenza tra l’espressione utilizzata dagli autori del Manifesto e la filosofia leibniziana troverebbe peraltro ulteriore conferma tenendo conto che Colorni si era distinto, già come studente universitario alla Facoltà di Filosofia di Milano, per la G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 16 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 supposizioni è ancora in corso d’opera ‐ e che, con tutta probabilità, si traspose nella penna del duo Rossi‐Spinelli (e qui, presumibilmente, più del secondo che del primo, dato il maggiore interesse mostrato da Ulisse verso la speculazione filosofica31) per effetto dei dialoghi filosofici tra Commodo‐Colorni, Ritroso‐ Rossi e Severo‐Spinelli, ora parzialmente editi a cura di Leo Solari32. In sintesi, il Manifesto non fu esclusivamente una pur lucida ed originale sintesi e rilettura, attraverso la lente dei profondi cambiamenti storici allora in atto, di un’unica corrente politico‐intellettuale, quella federalista, più e meno utopistica, sviluppatasi soprattutto a partire dall’Ottocento. O meglio, lo fu soltanto in parte. Gli autori del “libretto”, infatti, come risulta dalle loro stesse testimonianze, oltre che dai ricordi degli altri confinati, misero a parte delle reciproche riflessioni e dei rispettivi bagagli ideologico‐culturali tutti gli altri critica originale al pensiero di Leibniz, laureandosi con una tesi dal titolo “Sviluppo e significato dell’individualismo leibniziano”. Per ulteriori approfondimenti, si veda S. Gerbi, Tempi di malafede. Una storia italiana tra fascismo e dopoguerra. Guido Piovene ed Eugenio Colorni, Einaudi, Torino, 1999, p. 14. 31 La passione spinelliana per la filosofia è ampiamente dimostrata dagli “Scritti filosofici di Altiero Spinelli”, pubblicati sul sito www.eurostudium.eu a cura di Raffaella Cambise, come pure dal saggio di F. Gui, “Da Ventotene alla Costituzione europea. Speculazione filosofica e azione politica in Altiero Spinelli”, apparso all’interno del volume La Cultura europea, la Costituzione dell’Unione e la sussidiarietà dopo la riforma del titolo V della Costituzione italiana, IISS, Roma, 2004, pp. 161‐172, poi riprodotto, in versione digitale, nel sito www.eurostudium.eu 32 Cfr. Leo Solari, Eugenio Colorni. Ieri e sempre, Marsilio, Venezia, 1980. Traccia dei “dialoghi filosofici”, ai quali risultano ammessi a partecipare anche Giuliana Pozzi‐Genoveffa, Ursula Hirschmann‐Ulpia e Manlio Rossi‐Doria‐Modesto, si ritrova anche in alcuni scritti di Colorni, per i quali si rimanda a E. Colorni, Scritti, con un’introduzione di Norberto Bobbio, La Nuova Italia, Firenze, 1975, pp. 247‐328. Occorre infine aggiungere che lʹespressione “autonomo centro di vita” potrebbe altresì rimandare alla corrente filosofica facente capo a Emmanuel Mounier, nota come personalismo e sviluppatasi in Francia negli anni Trenta. Benché non del tutto estraneo all’orizzonte concettuale del federalismo resistenziale – il capofila del federalismo olandese, Hendrik Brugmans, costituendo l’esempio più illustre in tal senso, ma anche Denis de Rougemont – non esiste riscontro diretto nelle fonti sulla possibile conoscenza o influenza del personalismo sugli autori del Manifesto, tanto più se si tiene conto che tale corrente di pensiero aveva addentellati profondi nel cristianesimo, che certo mal si conciliavano con l’impostazione laica e anticlericale del duo Rossi‐Spinelli. E nemmeno emergono tracce evidenti di interesse per il personalismo in coloro, come Giorgio Braccialarghe, Arturo Buleghin, Enrico Giussani, Dino Roberto, lo sloveno Milos Lokar, e i due albanesi Lazar Fundo e Stavro Skendi, oltre ai più volte citati Colorni e Hirschmann, che presero parte alle discussioni precedenti e simultanee alla fase di stesura del testo. Per quanto riguarda lʹinfluenza del personalismo sui federalisti europei, si vedano H. Brugmans, Á travers le siècle, Presses interuniversitaires européennes, Bruxelles, 1933; E. Mounier, Qu’est‐ce que le personnalisme?, Seuil, Paris, 1946; D. de Rougemont, Politique de la personne: problèmes, doctrines et tactique de la révolution personnaliste, Je Sers, Paris, 1934. Sulla partecipazione dei confinati più sopra elencati al dibattito federalista cfr. i volumi di A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 177‐178 e P. Graglia, Altiero Spinelli, cit., p. 155. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 17 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 autorevoli convenuti al tavolo della concertazione sul futuro dell’Europa postbellica, costituitosi a Ventotene a partire dall’estate del 1939. Ed è proprio quello scambio prezioso e sapiente di apporti intellettuali ed esperienze vissute, in un panorama denso di sollecitazioni di diversa provenienza culturale, che viene riprodotto nelle pagine del Manifesto, ben riconoscibile nella scelta terminologica e negli innesti culturali più e meno espliciti. I.II. Altiero Spinelli e l’approdo al federalismo europeo: una pagina ancora da scrivere Ponendosi sulla scia del filone di ricerca aperto recentemente da Antonella Braga, si è tentato di rintracciare i possibili segnali di una pregressa sensibilità degli autori del Manifesto per le tematiche dell’unità continentale. Un’attenzione, cioè, forse non del tutto consapevole, che li condusse progressivamente a percepire la federazione europea come unica risposta a un’anarchia internazionale manifestamente generatrice dei totalitarismi. L’analisi della storica di Novara ha infatti confermato che Ernesto Rossi iniziò il proprio percorso di avvicinamento al federalismo europeo molto prima di giungere sull’isola pontina, cosa che, di fatto, ha consentito di rivalutare il contributo dell’economista toscano all’elaborazione del Manifesto di Ventotene33. Per quanto riguarda invece il passaggio di Spinelli dal comunismo militante alla scelta federalista, la ricostruzione del processo resta ancora affidata alle pagine, senz’altro suggestive, della sua autobiografia. Così Ulisse: La guerra, che stava tornando sulle terre d’Europa, indusse Ernesto Rossi e me a meditare più da vicino sui rapporti fra stati ed in particolare sul significato della povera Società delle Nazioni... Scovammo così in un volume di scritti di Luigi Einaudi… alcuni suoi articoli pubblicati sul «Corriere della Sera» agli inizi del 1919 sotto lo pseudonimo di Junius… Ho spesso pensato negli anni successivi che veramente habent sua fata libelli… Ed ecco, quelle pagine non erano state scritte invano, poiché cominciarono a fruttificare nelle nostre menti… Sollecitato da Rossi… Einaudi gli mandò due o tre libretti della letteratura federalista inglese… Poiché andavo cercando chiarezza e precisione di pensiero, la mia attenzione non fu attratta dal fumoso e contorto federalismo proudhoniano o mazziniano, ma dal pensiero pulito e preciso di questi federalisti inglesi, nei cui scritti trovai un metodo assai buono per analizzare la situazione nella quale l’Europa stava precipitando, e per elaborare prospettive alternative. Cominciammo a guardare le cose da questo punto di vista e a discuterne associando a noi due Eugenio Colorni e Ursula Hirschman [sic! Ndr.]… Per me, poi, questo insieme di considerazioni faceva sì che l’idea della federazione europea assumesse un significato assai personale, poiché era la risposta che il mio 33 Cfr. supra, nota 14. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 18 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 spirito desideroso di azione politica andava cercando, e che non ero più riuscito a trovare da quando avevo scrollato via da me l’impegno comunista.34 Ad onor del vero, anche nella “Intervista con Altiero Spinelli” realizzata da Sonia Schmidt35, l’appassionato “fondatore del movimento per l’unità europea”, come lo ha definito Lucio Levi36, non accenna ad alcuna precoce pulsione europeista, ovvero a nessun segnale che potesse in qualche misura preludere alla fervidissima stagione ventotenese. Eppure, la lettura delle carte d’archivio raccolte nel fascicolo di Veniero Spinelli, secondogenito di Carlo e Maria Ricci, e conservate nell’ACS, fondo Casellario Politico Centrale (CPC), busta 491637, nonché un’analisi più accurata dell’ormai noto “Ordine del giorno Spinelli”, rintracciato da Andreina Borgh presso l’Archivio della Fondazione Gramsci di Roma e ora pubblicato nel numero 73 di «Critica liberale», col titolo Criticare la dittatura dell’Urss. L’ordine del giorno Spinelli38, sembrerebbero disvelare, già a partire dai primi anni Trenta, qualche “cedimento” del comunista Spinelli a una visione della realtà politica coeva dal profilo più “europeo” che “terzinternazionalista”. In altre parole – pur senza voler tentare una forzatura europeista in una prospettiva spinelliana che, viceversa, risultava ancora fortemente improntata alla lezione del marxismo-leninismo – a partire dal periodo della detenzione nel carcere di Viterbo (19 gennaio 1931-14 luglio 1932), sembrerebbero coincidere, in Altiero, seppur in forma del tutto embrionale, la prima avvisaglia di un lento ma progressivo distacco dal Pcd’I – soprattutto a causa della sua subordinazione alla rigida e autoritaria direttiva staliniana - e, d’altra parte, la propensione ad assumere, se non posizioni apertamente ispirate ai fondamenti della scuola federalista, un atteggiamento intellettuale indipendente e apertamente critico, come pure un’ottica più proiettata all’orizzonte europeo che a quello nazionale o sovietico. Tralasciando in questa sede l’analisi dell’ “o.d.g. Spinelli” - per la quale si rimanda al sopra citato numero di «Critica liberale» e alla presentazione del documento, a cura di Francesco Gui, ivi pubblicata - a sostegno delle ipotesi fin qui avanzate, si tenga conto della lettera di Veniero a Maria Ricci, datata 3 ottobre 1934, la quale risulta ancora inedita. Nell’ambito di un ragionamento più ampio, relativo alla delusione provata per l’evidente “tramonto dei valori in cui avevo creduto” e, ancor più, per essere “perseguitato da coloro con i quali avevo combattuto”, il vivace secondogenito maschio della famiglia Spinelli riferisce alla madre: Ti spedirò in settimana “Fontamara” di Ignazio Silone, il romanzo d’attualità, tradotto in tutte le lingue, persino in cinese. Sotto questo pseudonimo si nasconde il nostro compagno Secondino Tranquilli, espulso dal partito comunista nel 1930 come “eretico”, anzi, meglio, rinnegato. Il Tranquilli è figlio di contadini abruzzesi, e, nel suo libro rappresenta precisamente le reazioni provate nel suo villaggio dall’apparizione del fascismo. Non ho avuto il tempo di leggerlo, ma mi è stato detto che l’autore giunge a 34 A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., pp. 307‐309. 35 Cfr. supra, n. 18. 36 Cfr. L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., p. 184. 37 Cfr. ACS, Casellario Politico Centrale (CPC), b. 4916, Spinelli Veniero. 38 Cfr. Criticare la dittatura dell’Urss. L’ordine del giorno Spinelli, in «Critica liberale», a. VIII, n. 7, settembre 2001, p. 113. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 19 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 conclusioni che si avvicinano molto alla corrente filosofica creata da Altiero e che noi andiamo ponendo nella cerchia politica (I). Leggilo e comunicami il tuo giudizio. (I) Specialmente nel suo recente libro intitolato Der Faschismus.39 Dalle parole di Veniero emergerebbero pertanto due nuovi profili della riflessione politica di Altiero Spinelli non certo di piccolo calibro. Da un lato, infatti, si evince che, già nel 1934, “Primo”, probabilmente afflitto dalla stessa delusione lamentata dal fratello per la stretta dogmatica e autoritaria del regime staliniano, avesse maturato convincimenti simili a quelli di Ignazio Silone, stesse cioè prendendo posizioni talmente distanti dal dettato moscovita da rendersi tacciabile di espulsione dal partito. E, dall’altro lato, risulterebbe addirittura che Ulisse fosse a capo di una vera e propria corrente filosofica “eterodossa”, i cui principi, sempre a detta del fratello emigrato in Francia, sarebbero stati chiaramente espressi in uno scritto a firma dello stesso Altiero40, Der Faschismus. Quanto a quest’ultimo, infine, la scelta di Spinelli di redigerlo in tedesco si presta ad una duplice lettura. Da un lato, infatti, essa va concepita come espediente, già largamente in uso tra i prigionieri politici, per introdurre nei penitenziari fascisti testi che la censura del regime avrebbe sicuramente respinto41, dall’altro potrebbe rispecchiare una volontà ben precisa dell’autore di diffondere le idee in esso contenute anche al di fuori dei confini italiani. Se le future ricerche consentiranno di accedere a tale volume, che ad oggi non risulta incluso né tra il materiale d’archivio relativo a Spinelli, né nei cataloghi di biblioteche più e meno specializzate, è possibile che l’immagine del passato comunista dell’autore del Manifesto si arricchisca di nuove sfumature, o che il suo nome venga accostato a quello dei proto-federalisti europei a far data da un periodo anteriore a quello, generalmente accreditato, del suo arrivo a Ventotene. Ovvero, più semplicemente, che al profilo politico-intellettuale di Ulisse venga restituito un riflesso dai contorni ulteriormente precisati. Resta infine da tener conto, seppur con le necessarie cautele, di quanto riferito da Giuseppe Aventi (pseudonimo di Giuseppe Paganelli) nel suo Diario di Ventotene, a proposito di un connubio tra Colorni e Spinelli, sorto sull’isola pontina già dalla fine dell’agosto 1939, intorno al proposito di costruire una federazione europea. Alla lettera: 39 ACS, CPC, b. 4916, Spinelli Veniero, Copia di lettera da Parigi in data 3 ottobre 1934 alla Signora Maria Ricci. 40 Così i fratelli Spinelli, Veniero e il più giovane Cerilo, erano soliti alludere ad Altiero nelle lettere che si scambiavano e che sapevano essere soggette al controllo della polizia. Cfr. ACS, CPC, b. 4916, Spinelli Veniero. 41 Come è noto, all’epoca Altiero Spinelli era detenuto presso il carcere di Civitavecchia, ove venne destinato il 15 luglio 1932, per rimanervi fino al 24 febbraio 1937. Quanto ai metodi di circolazione dei libri e di scritti di vario genere all’interno del penitenziario in cui, stando a Leo Valiani, “era concentrata l’élite del movimento comunista”, si legga quanto riportato dallo stesso Valiani in Sessant’anni di avvenire e battaglie, in un brano che è riprodotto anche da Paolini in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 139: “… erano riusciti, soprattutto i comunisti, a comunicare con l’esterno mediante lettere simpatizzate che poi le famiglie trasmettevano all’estero, al partito comunista, e ricevevano – i detenuti stessi – dei libri con copertine camuffate, naturalmente non in italiano ma in altre lingue, tedesco, francese, inglese. Questi libri erano testi marxisti che la censura carceraria non avrebbe mai fatto passare –“. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 20 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 21 agosto – Vedo parlare animatamente tra loro, seduti su una panchina della piazza, Colorni e Spinelli. Mi domando se fra quei due uomini intelligenti esista tuttavia una vera possibilità di discussione e di intesa. Entrambi sono, politicamente, degli irregolari, e la sottigliezza dialettica che è in Colorni, e che egli porta talora ai limiti del sofisma, riuscendo a inserire una sua spontanea, irriflessa simpatia per il comunismo anche quando sia dottrinario e per l’Unione Sovietica anche quando sia sconcertante, nelle strutture del suo pensiero, critico all’estremo, e nei moti della sua indole, ombrosa e altera all’estremo, potrebbe sembrar simile a una certa scaltrezza o cautela che a me pare di scorgere in Altiero Spinelli, reduce, non so se per disillusione o per antipatia o per altri complicati motivi, dal comunismo ideologico e militante e dalla reverenza per l’U.R.S.S., a un’evidente attesa di qualcosa d’altro. Mah! Quasi certamente parlano della possibile guerra, del possibile atteggiamento della Russia, del possibile futuro… Ho l’idea che a entrambi piaccia raffigurarsi senz’altro il futuro nelle forme di un determinato rinnovamento politico e sociale dell’Europa (ho udito da entrambi accenni in questo senso): e allora, ciò che li spinge a incontrarsi e a discutere sarebbe una comune tendenza a far salire il gioco delle appassionanti, conturbanti, ipotesi e incognite in cui siamo involti, fino all’astrazione. Fino all’utopia! ‐, mi correggerebbe il barbiere anarchico Failla col suo disprezzo per tutto quanto riguardi l’Europa. L’utopia non potendo, per definizione, trovarsi in nessun luogo, appare sottintesa, in speciose forme di logica: in Failla, quando condanna l’Europa e tutta la Storia, con la sottintesa logica dell’anarchismo: in Colorni, quando innesta il materialismo marxista sul relativismo einsteiniano, con la sottintesa logica dell’astrazione matematica: in Spinelli, quando adatta il suo recente passato di comunista a trampolino per salti verso assetti politici infinitamente futuri, con la sottintesa logica di un illuminismo a molti usi: nel commendatore, quando si dichiara certo che non ci sarà “’a guerra”, con la sottintesa logica dell’ultimo fascismo, il quale fiuta nella guerra la propria morte… Utopie che appaiono “qui e là”, come Proteo.42 E ancora, in un passaggio successivo del Diario: … dovrò chiedere a Colorni e a Spinelli, affaccendati, penso, attorno a un loro progetto di federazione europea, se essi vedono, nell’Europa che potrà resuscitare da questa guerra (ma non ci credono ancora del tutto, Colorni e Spinelli, alla inevitabilità e alla prossimità, di questa guerra – ed è strano!), una “comune madre delle patrie”, con residui giacobini o illuministici (utopie, secondo l’anarchico Failla), oppure un’antica e nuova “cosa ecumenica”, con anima cristiana…43 Stando alle dichiarazioni di Aventi‐Paganelli, pertanto, sia Colorni che Spinelli erano giunti a Ventotene (il primo nel gennaio 1939 e il secondo nel luglio dello stesso anno) avendo già maturato una sensibilità consapevole per l’idea del rinnovamento profondo dell’Europa e, almeno in parte, anche per lo schema che i federalisti suggerivano di attuare in tale prospettiva44. E, 42 G. Aventi (Giuseppe Paganelli), Diario di Ventotene, Galata, Genova, 1975, pp. 42‐45. 43 Ivi, p. 58. 44 Per quanto attiene a Colorni e alla sua elaborazione delle tematiche federaliste, si prendano in considerazione le lucide osservazioni di Santi Fedele: “Colorni per l’appunto, del cui pensiero sarebbe indebita forzatura ricercare nella militanza socialista degli anni Trenta racchiusi in nuce tutti i temi basilari della successiva elaborazione europeista e federalista, ma della quale alcuni G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 21 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 incontrandosi, avevano preso a condividere e confrontare le rispettive riflessioni, pur senza arrivare a tradurle – almeno in un primo momento – nel proposito di dar loro carattere sistematico e farne la base di partenza per un nuovo programma politico. Se le dichiarazioni del vivace autore del Diario si rivelassero attendibili, anche la portata dell’intervento di Rossi (che soltanto nel novembre del 1939 avrebbe raggiunto l’isola) nel “condurlo [Spinelli] all’approdo finale”, cioè all’interno della “cittadella democratica”, da cui, poi, l’incontro col federalismo anglosassone e la stesura del Manifesto, verrebbe in parte ridimensionata rispetto a quanto sostenuto, pur velatamente, da Antonella Braga45. Non solo. Ma addirittura, sulla base della testimonianza sopra citata, sembrerebbe che, di fatto, sia stato il professore toscano ad inserirsi, certo in virtù della sua acquisita familiarità con le tematiche del federalismo europeo, in un discorso sulla federazione continentale in buona parte già avviato dai due intellettuali “irregolari”, Colorni e Spinelli. I.III. Spinelli‐Rossi vs Marx‐Engels? Quanto ai contenuti del documento ventotenese, restano da approfondire, come accennato, i punti di contatto tra quest’ultimo e il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, l’evidenza dei quali, più che occasionale per la verità, è stata recentemente segnalata sia da Sergio Pistone ne L’Unione dei federalisti europei, uscito nel 2008 per i tipi dell’editore Guida46, sia da Francesco Gui, nella precorri menti possono pure essere intravisti. Perché se indubbiamente sarebbe eccessivo… attribuire a Colorni «una vocazione “socialista liberale” collegando le sue simpatie per la piccola e media borghesia espresse nel ’35 e la sopravvalutazione del ruolo di queste nella crisi italiana, con la collaborazione prestata alle tesi del manifesto federalista di Ventotene del ‘43», ci sentiamo invece di convenire con Leo Solari quando… fa rilevare che si può riscontrare un embrione di una delle argomentazioni chiave del manifesto di Ventotene nella tesi del giovane dirigente socialista secondo cui «la nostra opposizione non può basarsi altro che su una negazione assoluta non solo del sistema fascistico in Italia, ma di tutto il sistema capitalistico‐ borghese con la sua annessa concezione dello stato e della nazione»”. Cfr. S. Fedele, “Colorni e i socialisti nell’esilio: tra Italia ed Europa”, in M. Degl’Innocenti (a cura di), Eugenio Colorni…, cit., pp. 169‐179, qui pp. 177‐178. 45 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 163‐166. 46 S. Pistone, L’Unione dei federalisti…, cit., pp. 33‐34, nota 24. Sostiene l’autore: “Il nesso fra teoria e strategia proposto da Spinelli è anche un prodotto degli insegnamenti appresi nella sua militanza politica comunista che ha preceduto il passaggio al federalismo. Va segnalato in particolare l’approccio dialettico presente nel Manifesto di Ventotene, che si ispira chiaramente al modello del Manifesto del Partito Comunista anche se l’orientamento ideologico è ovviamente diverso. Degli Stati nazionali si vede la funzione progressiva svolta in una fase della storia (come il capitalismo per Marx), la crisi storica dovuta al loro essere superati dall’evoluzione del modo di produzione, le contraddizioni che emergono nella crisi (l’imperialismo egemonico e l’inconciliabilità fra sovranità nazionale assoluta e progresso in G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 22 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 presentazione al testo in italiano delle traduzioni del Manifesto di Ventotene, Un Manifesto per i federalisti europei, poi riprodotta nel n. 19, gennaio‐marzo 2011, della presente rivista telematica, come pure nel saggio “Rivisitando il Manifesto dei federalisti europei”, pubblicato nel volume a cura di Umberto Morelli, Altiero Spinelli: il pensiero e l’azione per la Federazione europea, edito da Giuffrè, nel 201047, sia in parte da Lucio Levi, nel già citato ʺAltiero Spinelli, fondatore del movimento per lʹunità europeaʺ48. Ad avvalorare quanto sostenuto da suddetti studiosi concorrerebbe peraltro la stessa autobiografia di Spinelli, nella quale l’accento dell’autore cade espressamente sul parallelismo, pur non premeditato, tra i due manifesti. Più precisamente, Ulisse rileva l’aspirazione di entrambi i documenti ad apportare un’innovazione profonda entro una realtà apparentemente ingessata in un sistema generatore di ingiustizie sociali e caratterizzato da stridenti contraddizioni intrinseche. Come pure, d’altra parte, la pecca condivisa dello “ottimismo di tutti coloro che lanciando una nuova idea credono sempre che essa sia di imminente realizzazione”. Questo “errore” di prospettiva, prosegue Spinelli, “si ritrovava dal Vangelo che credeva di essere impostato tutto sull’idea dell’imminente fine del mondo, al Manifesto del partito comunista che credeva di essere fondato anch’esso tutto sull’imminente rivoluzione socialista”. In altre parole, è lo stesso autore dello scritto ventotenese a suggerire che l’atteggiamento mentale con cui egli si predispose, insieme a Rossi, a compilare il proprio documento programmatico per la nascita di una nuova realtà europea era del tutto equiparabile, almeno sul piano delle aspettative e seppur inconsapevolmente, allo spirito radicale e visionario degli estensori del Manifesto comunista49. Che poi, in effetti, soffermandosi ancora sulle analogie nell’impostazione concettuale e d’intenti al fondo dei due scritti, la possibile assimilazione tra uno Spinelli-Marx e un Rossi-Engels si ripropone anche osservando le ricadute di lungo periodo che l’azione condotta dalle illustri “coppie”, all’indomani della stesura dei rispettivi manifesti, ebbe sulla trasformazione in senso politico-pragmatico di correnti di senso liberale, democratico e sociale), la possibilità da parte di un soggetto politico rivoluzionario di sfruttare queste contraddizioni per realizzare il federalismo sopranazionale”. 47 Cfr. F. Gui, Un Manifesto per i federalisti europei, in «Eurostudium3w», gennaio‐marzo 2011, n. 19, pp. 153‐156; Id. “Rivisitando il Manifesto dei federalisti europei”, in U. Morelli (a cura di), Altiero Spinelli: il pensiero e l’azione…, cit., pp. 11‐22. Rileva Gui a p. 11 di quest’ultimo saggio : “… un aspetto che non mi pare sia stato sufficientemente sottolineato è che il Manifesto di Ventotene – notoriamente scritto a due mani con un economista liberale acquisito al socialismo di concezione inglese, quale fu Ernesto Rossi – ha avuto l’indubbia, seppur tacita ambizione di confrontarsi con il Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, pubblicato per la prima volta a Londra nel febbraio del 1848”. 48 Cfr. L. Levi, ʺAltiero Spinelli, fondatore..., cit., pp. 204‐205. 49 Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 311. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 23 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 pensiero fino ad allora ritenute “utopistiche”. Considerazione che resta valida anche guardando alla battaglia che i primi nella seconda metà dell’Ottocento e il duo ventotenese nel secondo dopoguerra condussero contro i sostenitori delle vecchie scuole. L’analogia, d’altra parte, è stata evidenziata anche da Lucio Levi, il primo a ricordare la netta separazione tra il federalismo “utopistico”, ritenuto “una delle ricorrenti illusioni del riformismo nazionale”, e l’accezione programmatica che tale idea assume con il Manifesto di Ventotene, allorché la creazione dell’Europa federale, piuttosto che partire da un processo di trasformazione interna dello stato nazionale, viene ricondotta all’abbattimento sistematico delle sovranità statuali50. Partendo da tale constatazione, lo storico torinese ha quindi paragonato, con le cautele del caso, la lotta che Spinelli intraprese contro quei federalisti che, in un’attesa quasi messianica, affidavano ai poteri costituiti la responsabilità della costruzione della federazione europea a quella combattuta da Marx ed Engels contro il “socialismo utopistico”51. Un ultimo accenno richiedono inoltre le considerazioni di Daniela Falcone, autrice del saggio Altiero Spinelli e il Manifesto dei Federalisti Europei del 195752. La studiosa, infatti, nel rimarcare le differenze tra il Manifesto redatto sull’isola confinaria e il testo del 1957, il quale ne rappresentò una riformulazione più matura e consapevole, sottolinea proprio come dalla “carta” che inaugurò l’esperienza del Congresso del Popolo europeo scompaia qualsiasi tentazione a ricalcare quella dialettica marxista che, viceversa, ben si rintraccia nell’apertura del Manifesto del ‘41: È bene ricordare che il Manifesto di Ventotene si apriva… con una descrizione elogiativa del processo di formazione degli stati nazionali e della stessa “ideologia dell’indipendenza nazionale”, in quanto “potente lievito di progresso” (momento positivo). Al contrario, la dialettica marxista non riecheggia più nelle pagine della nuova “carta” federalista, mentre nuove fonti d’ispirazione accompagnano l’esposizione.53 In conclusione, soltanto una collazione tra i due testi potrebbe consentire di confermare scientificamente la veridicità, o meno, delle intuizioni espresse dagli storici. Tuttavia appare innegabile, stando a quanto finora esposto, che il Manifesto del 1848 era ben presente nella mente dei confinati federalisti – se non di Rossi, senz’altro di Spinelli ‐ impegnati nella stesura del programma per il futuro post‐bellico continentale. Non certo come modello cui ispirarsi, ma piuttosto come autorevole archetipo, da superare con la forza di argomentazioni dedotte da una profonda conoscenza e da una matura comprensione della realtà contingente. Dietro le quinte: Eugenio Colorni, Umberto Ricci e Cerilo Spinelli. 50 Cfr. L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., p. 202. 51 Ivi, p. 204. 52 Cfr. D. Falcone, Altiero Spinelli e il Manifesto dei Federalisti Europei del 1957, in «Eurostudium3w», aprile‐giugno 2007, n. 3, pp. 1‐23. 53 Ivi, p. 3. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 24 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 La terza parte della presente proposta di edizione critica intende da ultimo approfondire il ruolo di tre personalità – il più volte ricordato Eugenio Colorni, filosofo e dirigente del Centro interno socialista; l’economista Umberto Ricci, zio di Altiero Spinelli e liberale antifascista costretto dal regime all’esilio volontario prima al Cairo e poi a Istanbul; e Cerilo Spinelli, terzogenito maschio della nutrita progenie di Carlo e Maria Ricci, accertato tramite delle idee federaliste presso i circoli dell’antifascismo capitolino, oltre che co‐redattore de «L’Unità europea», a partire dal primo numero del foglio clandestino federalista, uscito del maggio del 194354 ‐ il cui contributo, in pensiero ed azione, alla definizione dei contenuti del Manifesto, come pure alla diffusione del suo messaggio, risulta, a tutt’oggi, approfondito in misura insufficiente. Per la precisione, almeno per quanto attiene a Colorni, gli studi più recenti, già ricordati in apertura, hanno mostrato una propensione storiografica, pur apprezzabile, ma senz’altro non esauriente, alla riscoperta dell’apporto colorniano alla riflessione federalista in atto a Ventotene, sia precedente, sia contestuale alla stesura del Manifesto. Tale rilettura, in particolare, ha consentito di accreditare al “guaritore d’anime” Eugenio Colorni, uomo di lunga esperienza di partito e di rilevante caratura politica, non certo una partecipazione più diretta alla redazione del documento, ma senz’altro un ruolo più concreto nel conferire al Manifesto la sua caratterizzazione fortemente programmatica e puntualmente incardinata nella realtà storica. Aspetti, questi ultimi, risultati decisivi nel far sì che la “carta” pontina si distinguesse per originalità e lungimiranza delle proposte dai numerosi scritti federalisti, precedenti o coevi55. 54 Precisa, tra gli altri, Cinzia Rognoni Vercelli: “Da Guglielmo Usellini sappiamo però che il primo numero de ‘L’Unità Europea’ fu elaborato a Roma da lui e Cerilo Spinelli e solo in seguito fu portato a Milano dove venne stampato a spese dello stesso Usellini”. Cfr. C. Rognoni Vercelli, Mario Alberto Rollier, un valdese federalista, Edizioni Universitarie Jaca, Milano, 1991, p. 86. Aggiunge, in proposito, Klaus Voigt: “The first number of L’Unità Europea was produced in Rome in May 1943 by Ursula Colorni‐Hirschmann, Ada Rossi, Cerilo Spinelli and Guglielmo Usellini (Undated letter (June –July 1944) from Usellini to Rossi, in the Rossi archives, referring to Rossi’s obituary notice of Colorni (Empiricus, ‘Eugenio Colorni’, p.1) and stating: ‘The first number of L’Unità Europea came out in February‐March 1943; Eugenio was still interned and knew nothing about it. Cerilo and I started it, although Mario [Rollier] was opposed and Ursula doubtful…”).” Cfr. K. Voigt, “Ideas of the Italian Resistance…, cit., p. 506. Nell’economia del presente lavoro, il fatto risulta di sicuro interesse giacché proprio sul primo numero de “L’Unità Europea” venne pubblicato un estratto del Manifesto, tratto dal terzo capitolo. Cosa che consentirebbe di investigare con più attenzione sul ruolo di Cerilo Spinelli in quanto tramite prezioso tra la riflessione del fratello Altiero e i federalisti europei attivi sulla penisola. 55 Così Spinelli allude a Colorni nella sua autobiografia. Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 299. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 25 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Valga da conferma, a tale proposito, il commento di Piero S. Graglia, il quale, nel porre l’accento sulla differenza di posizioni tra il duo Spinelli‐Rossi e il professore triestino, riferisce che: Colorni… sarà sì un entusiasta aderente all’idea federalista, ma manterrà sempre un atteggiamento più critico e più attento a confrontare le ipotesi federaliste con le concrete possibilità di realizzazione di una società di tipo socialista in Italia e in Europa. 56 Nella stessa direzione si orientano le considerazioni di Fabio Zucca, il quale, prendendo spunto dalla “Prefazione” scritta da Colorni per l’edizione romana del Manifesto, rileva quanto segue: L’obiettivo di una «federazione europea, preludio di una federazione mondiale» è così indicata come una «meta raggiungibile» e concreta che doveva diventare patrimonio di tutti i partiti «progressivi»: per questo occorreva agire e su questo terreno Colorni impegnò la propria vita sino all’estremo sacrificio. 57 Nonostante gli approfondimenti più recenti, resta tuttavia ancora da scrivere una pagina originale sull’effettivo apporto di Eugenio Colorni alla genesi e alla diffusione del Manifesto, e anche con riguardo all’opera di proselitismo che il professore di filosofia condusse a Melfi, di cui vi è una traccia evidente sia nelle carte dell’ACS58, sia nel diario di Manlio Rossi‐Doria59. 56 Cfr. P.S. Graglia, “Colorni, Spinelli e il federalismo europeo”, in M. Degl’Innocenti (a cura di), Eugenio Colorni…, cit., pp. 209‐249, qui p. 209. 57 Cfr. F. Zucca, “Eugenio Colorni, Guglielmo Usellini e l’unità europea”, in ivi, pp. 251‐273, qui p. 258. 58 Così recita una comunicazione del Prefetto Vicari al ministero dell’Interno: “Il Comando Tenenza CC.RR. di Melfi informa che il confinato politico COLORNI Eugenio ha contratto a Melfi molte amicizie. Egli, nella sua qualità di professore di filosofia, impartisce lezioni private a giovani del luogo ai quali naturalmente tenta di inculcare sentimenti ostili al Regime. Si dice anche che eludendo la vigilanza degli organi di Polizia riunisce saltuariamente nella sua abitazione confinati ed internati di carattere sovversivo.”. Cfr. ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, Confinati Politici, b. 271, fascicolo Eugenio Colorni, R. Prefettura di Potenza, Divisione P.S. Prot. N. I23/C al Ministero dell’Interno, Potenza, 13 aprile 1943. 59 Il diario e, più in generale, le testimonianze di Manlio Rossi‐Doria rappresentano una fonte ricca di stimoli interessanti per gli studiosi intenzionati ad approfondire sia gli aspetti relativi alla discussione che seguì la stesura e la prima circolazione del Manifesto di Ventotene, ivi compresi gli intellettuali e i gruppi coinvolti nel dibattito, sia l’apporto di Colorni a tale discussione, nella sua qualità di co‐redattore del documento. Le righe che seguono, in particolare, mostrano un Colorni impegnato a chiarire ai lettori – con ciò intendendo non soltanto il gruppetto federalista che si era formato a Melfi, ma anche molte tra le sue antiche conoscenze del mondo politico, tra cui Ugo La Malfa e Lelio Basso ‐ il reale contenuto e il potenziale del Manifesto. Alla lettera: “La grande discussione sul federalismo europeo, che portò al “Manifesto” di Ernesto e di Altiero (che è anche opera di Eugenio Colorni), si svolse così tra il 1940 e il 1943, attraverso intensi scambi epistolari. Anch’io, ricordo, partecipai a quella G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 26 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Così come non del tutto disvelato resta il ruolo dell’illustre dirigente socialista nella fase di formazione del Mfe, con particolare riferimento all’influenza che egli esercitò, con tutta probabilità, nell’orientare i primi aderenti al federalismo europeo a prediligere l’organizzazione movimentista a quella partitica (per di più di chiaro stampo marxista‐leninista) prefigurata nel Manifesto, nell’intento ‐ come risulta dal verbale della riunione rintracciato da Cinzia Rognoni Vercelli in casa Rollier e riprodotto da Edmondo Paolini in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista… ‐ di ottenere che l’idea dell’Europa federale fosse “sostenuta fortemente anche all’interno dei partiti”60. A voler riassumere, risulta chiaro che, seppur sfocato in alcuni tratti, il profilo umano, politico e intellettuale di Eugenio Colorni appare ad oggi meglio delineato nelle sue molteplici articolazioni e pertanto più affascinante. Cosa che, di contro, non si può affermare con riguardo all’influenza rispettivamente esercitata nella fase di elaborazione e di disseminazione dei contenuti del Manifesto dal pensiero di Umberto Ricci e dal contributo di Cerilo Spinelli, ai quali cui continua ad essere negata la dignità dell’approfondimento sistematico. Eppure, un primo esame delle fonti ‐ al momento limitato alle carte dell’ACS e dell’Archivio Basso – oltre al volume a cura di Piero Graglia, Machiavelli nel secolo XX…61, sembrano sollecitare gli studiosi a un impegno più che occasionale in tal senso. Giacché, con riferimento all’economista teatino, sembra del tutto plausibile, come del resto ha recentemente osservato Fabio Masini, non discussione con una lunga lettera, che ho ritrovato mutilata ed è ora in chissà quale pacco delle carte che ho tenuto e un giorno ritroverò.”. Cfr. Archivio dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), Fondo Manlio Rossi‐Doria, Quaderni e diari, Unità archivistica n. 39, Ricordi e testimonianze sul PdA e interlocutori vari, docc. 1/cc. 283, Partito d’azione, Ricordi del P.d.A., Risposta alla lettera di Leo Valiani, febbraio 1968, p. 5. 60 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 319. Per quanto riguarda il “fortunoso” ritrovamento del verbale della riunione tra le carte di Mario Alberto Rollier, conservate nel suo appartamento di via Poerio, a Milano, così Cinzia Rognoni Vercelli: “Ero quasi giunta alla conclusione del mio lavoro quando Rita Isenburg si ricordò che erano rimaste in cantina alcune cassette contenenti delle carte di Mario. Tra queste trovammo una lettera manoscritta, datata 5 agosto 1943, in cui si anticipavano i temi sui quali si sarebbe poi incentrata la discussione assembleare al convegno del 27‐28 agosto. La firma era illeggibile, ma poiché il contenuto mi faceva supporre che poteva trattarsi di una lettera di Colorni la mostrai a Ursula, che confermò questa mia supposizione. Nella stessa cassetta Rita trovò alcune carte manoscritte che facevano pensare a un verbale di una qualche riunione di antifascisti. Me le mostrò e, con una certa emozione, riconobbi trattarsi proprio del verbale del convegno di fondazione del MFE e degli appunti di Mario presi nel corso del convegno…”, cfr. C. Rognoni Vercelli, Mario Alberto Rollier…, cit., pp. 99‐100. 61 Dal volume di Piero Graglia, risulta che, oltre a Spinelli, anche Rossi apprezzava il pensiero economico di Umberto Ricci, del quale anche a Ventotene, si impegnò a leggere Tre economisti italiani: Pantaleoni, Pareto, Loria, Bari, Laterza, 1939. Cfr. A. Spinelli, Machiavelli nel secolo XX…, cit., p. 510. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 27 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 soltanto che il suo pensiero “sulle relazioni economiche” abbia in qualche modo veicolato un primo allontanamento di Spinelli, allora detenuto nel carcere di Viterbo, dal sistema marxiano, ma anche che, parafrasando ancora Masini, la visione liberal‐socialista e i fondamenti dell’economia marginalista (che Altiero acquisì, con buona probabilità, dalla lettura delle dispense dello “zio Umberto” e dai libri di economia da quest’ultimo suggeritigli) costituirono senz’altro un punto forte di contatto con il pensiero economico di Ernesto Rossi, e altresì uno stimolo importantissimo per l’avvicinamento alla lezione della scuola federalista inglese62. Per non dire dei rapporti con Wilhelm Röpke e Luigi Einaudi, che Ulisse riuscì ad stringere e intensificare per il tramite, diretto e indiretto, dello “zio Umberto”63. Quanto a Cerilo Spinelli, il quale, seguendo l’esempio di Altiero, passò dalla militanza comunista al federalismo europeo, e che, come il fratello maggiore, pagò con il carcere e con le privazioni l’impegno antifascista, non pochi sono i documenti che mostrano, già a far data dall’autunno del 1941, una sua precoce adesione all’idea dell’Europa federale e una sua conseguente e diretta partecipazione alla “cospirazione” federalista che fu avviata all’indomani della stesura del Manifesto. Un percorso politico‐intellettuale testimoniato, in particolare, da una lettera indirizzata dal questore di Roma al suo omologo di Littoria, il 1 dicembre 1941, nella quale, motivando il parere contrario alla richiesta di autorizzazione a recarsi a Ventotene avanzata da Fiorella Spinelli, si precisava che: il di lei fratello Cerilo, recentemente denunziato al Tribunale Speciale per attività sovversiva, allorquando si recò a far visita allo stesso Altiero, nel luglio u.s., non si limitò ad avere con lui rapporti di indole famigliare, ma riportò notizie di carattere politico che poi comunicò a comunisti della Capitale.64 In altre parole, il timore della polizia fascista, come spiega più avanti la medesima comunicazione della questura capitolina, era che Fiorella potesse sostituire il fratello minore, arrestato il 15 novembre 1941, nel fungere da 62 Cfr. F. Masini, Umberto Ricci e la cultura economica di Altiero Spinelli, in «Eurostudium3w», luglio‐settembre 2008, n. 8, pp. 46‐77, qui pp. 52‐54. 63 A sostegno di tali affermazioni si vedano non soltanto il saggio di Masini (p. 57), ma anche alcune lettere autografe di Spinelli, riportate da Paolini in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit. Per quanto riguarda Einaudi, il giornalista biografo di Ulisse precisa (p. 415) che “Spinelli aveva scritto per la prima volta a Einaudi, che non conosceva di persona, da Bellinzona, il 27 gennaio del 1944, per fare da tramite tra questi e suo zio Umberto Ricci allora a Istanbul”. In questa stessa lettera, peraltro, si legge, con riferimento a Röpke: “Se ha occasione di vedere il prof. Röpke, Le sarei grato se mi ricordasse a lui”, ivi, p. 417. 64 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Ufficio Confino Politico, Fascicoli personali, b. 972, Altiero Spinelli, Regia Questura di Roma, 1 dicembre 1941 a. XX, al ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., Confino Politico, Roma, e p.c. alla R. Questura di Littoria e all’Ufficio P.S. Ventotene. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 28 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 tramite per la propaganda marxista tra i comunisti romani e i confinati di Ventotene, nonché tra questi ultimi e gli studenti albanesi residenti nella capitale. L’intera questione, di per sé interessante per comprendere appieno lo spessore politico del meno celebre e celebrato dei fratelli Spinelli, potrebbe tuttavia assumere un significato diverso se osservata alla luce di due elementi, entrambi già noti e comprovati, i quali, posti in correlazione tra loro e insieme inquadrati nella cornice disegnata dalla lettera di cui sopra, mostrano una realtà più articolata circa il tenore delle comunicazioni clandestine tra Roma e Ventotene. Uno spaccato diverso, cioè, da quello proposto dalle carte della Pubblica Sicurezza, ma non per questo meno plausibile. In primo luogo, infatti, occorre considerare che, già in una lettera alla stessa Fiorella, del marzo 1941, Altiero aveva scritto di nuove riflessioni che andava maturando e della sua intenzione di parlargliene, non appena si fossero visti. Cosa che, secondo Piero Graglia, rivelerebbe l’intenzione di Spinelli, all’epoca già maturo nella sua riflessione sul federalismo europeo, di istruire la sorella perché iniziasse un’opera di proselitismo sul continente, coinvolgendo implicitamente anche il fratello minore, certo più addentrato nei gruppi dell’antifascismo clandestino65. E, in secondo luogo, andrebbe ricordata la presenza, tra i confinati federalisti riuniti attorno a Spinelli e Rossi, dell’albanese Lazar Fundo, comunista “educato nell’atmosfera culturale libera dei paesi democratici e intellettualmente curioso”66, il quale, con buona probabilità, condivideva con gli autori del Manifesto la volontà di disseminare quanto prima, anche al di là dell’Adriatico, l’appello alla costruzione di una federazione europea. Poste tali premesse, appare verosimile che le comunicazioni tra Ventotene e Roma non avessero per oggetto, o almeno non esclusivamente, tematiche e riflessioni ad uso della propaganda comunista, bensì il nuovissimo messaggio del Manifesto; che Cerilo, in virtù dei suoi contatti con l’antifascismo romano, soprattutto all’interno della frangia giovanile, avrebbe potuto iniziare sistematicamente a diffondere e promuovere. Del resto, che fosse proprio il terzogenito maschio della famiglia Spinelli il veicolo più diretto e impegnato in tale sforzo propagandistico si può desumere anche da uno “stralcio” di rapporto della stessa questura di Roma, datato 26 novembre 1941, relativo alle motivazioni dell’arresto del sovversivo di cui sopra. A detta del questore del regime, infatti, dall’entrata in guerra dell’Italia, Cerilo si era inserito in un gruppo di giovani intellettuali: 65 Cfr. P.S. Graglia, Altiero Spinelli, cit., p. 148. 66 Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 265. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 29 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 la cui attività… consisteva in riunioni o discussioni filosofico‐politiche al fine di tracciare le linee di un programma per prepararsi ad affrontare il “domani” considerando che l’Italia soccombesse alla guerra intrapresa. All’uopo fu compilato un programma in cui erano esposti i concetti di una cosiddetta “libertà armata” e cioè, secondo gli intendimenti di taluno dei componenti di detto gruppo, per difendersi contro qualsiasi attacco di destra e di sinistra, di fascismi e di nazismi o comunismi e che avrebbe dovuto costruire il socialismo, capovolgendo la vecchia formula “dittatura del socialismo per l’avvento della libertà”, nella formula nuova “dittatura della libertà per la presente costruzione del socialismo”.67 Sebbene dallo “stralcio” non emergano gli esatti contenuti delle discussioni allora in corso tra i “dissenzienti” romani, il ricorrente accenno al tema della “libertà” e il riferimento a una cosiddetta “vecchia formula” di “dittatura del socialismo” cui contrapporre una nuova “dittatura della libertà” potrebbero lasciar intendere che, anche in virtù dell’intervento del comunista ormai acquisito al federalismo europeo, parte del dibattito giovanile antifascista si andasse involontariamente imbevendo delle teorie elaborate a Ventotene. Supposizione che, per altro verso, verrebbe parzialmente confermata anche dalle affermazioni di Cinzia Rognoni Vercelli, la quale sostiene che già dall’agosto 1941 “Il Manifesto e gli altri scritti federalisti” iniziarono a raccogliere “un primo significativo gruppo di adesione” negli ambienti dell’antifascismo italiano, con ciò non alludendo esclusivamente alle cerchie milanesi e lucane raggiunte dalla documentata propaganda di Ursula e Eugenio Colorni68. Che l’impegno di Cerilo Spinelli per la causa del federalismo europeo sia stato ben più cospicuo di quello, comunemente riconosciutogli, di semplice aderente al dettato del Manifesto, e forse non soltanto sotto il profilo della promozione di idee altrove elaborate, è comprovato poi dall’attività che egli svolse ‐ una volta scarcerato, nel marzo 1942 e fino al nuovo arresto, avvenuto il 27 agosto del 1943 ‐ nel processo di formazione e organizzazione del Movimento federalista europeo, già prima che questʹultimo venisse ufficialmente costituito. Un periodo in cui, soprattutto, in virtù dellʹaffinità di posizioni politiche, si cementò definitivamente il legame tra il più giovane dei fratelli Spinelli e Eugenio Colorni. Non mancano, del resto, gli elementi a riprova. In primo luogo, l’uscita del primo numero de «L’Unità Europea», a Roma, nel maggio del 1943, ove viene anche riportata una sintesi del capitolo del Manifesto dedicato all’economia europea, pre e postbellica69. Al riguardo, in una lettera a Rossi, che Klaus Voigt 67 Cfr. ACS, CPC, b. 4914, Spinelli Cerilo (1934‐1943), R. Questura di Roma al Ministero Interno DGPS, 29 novembre 1941. 68 Cfr. C. Rognoni Vercelli, Mario Alberto Rollier…, cit., p.85. 69 A tale proposito, Antonella Braga precisa che l’articolo Premesse sociali del federalismo, in cui venivano “riassunte le tesi centrali del Manifesto di Ventotene”, riproduceva uno scritto dal G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 30 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 fa risalire al giugno‐luglio 1944, Guglielmo Usellini sostiene che la pubblicazione sia stata interamente opera di lui stesso e di Cerilo Spinelli. Alla lettera: Eugenio was still interned and knew nothing about it. Cerilo and I started it, although Mario [Rollier] was opposed and Ursula doubtful…”70 Non è del tutto ignoto, in effetti, che il ʺterzoʺ Spinelli fosse un elemento di primo piano di quel “Comitato direttivo del Movimento italiano per la Federazione europea” già pienamente operante nella primavera del 194371. Ricorda lo stesso Cerilo, in un brano riportato nel volume di Cinzia Rognoni Vercelli: Questo Comitato non era stato eletto da nessuno perché eravamo in periodo clandestino e il Movimento federalista non aveva una base popolare, ma noi ci sentivamo interpreti del pensiero di Altiero e di Ernesto, sia perché avevamo contatti, tenendo conto della clandestinità, abbastanza frequenti – Altiero ricorderà le cassette di legno che viaggiavano tra Roma e Ventotene, nei cui doppi fondi si celavano gli scritti e le notizie che ci scambiavamo – sia per la presenza tra noi di Eugenio Colorni e di Ursula che, fino a quando erano stati a Ventotene, avevano vissuto e partecipato alla nascita e all’evoluzione del pensiero e delle posizioni federaliste. 72 Da tali dichiarazioni emerge chiaramente che il Comitato rappresentava l’organo inizialmente deputato alla diffusione dell’idea federalista, nonché l’embrione di quel Mfe ufficiale destinato a sorgere all’indomani della liberazione dal confino di Altiero Spinelli e di Eugenio Colorni. Ciò che, viceversa, resta da determinare è il contributo effettivo che tale Comitato, e Cerilo di conseguenza, apportò alla definizione della struttura finale del Movimento, sia prima che dopo la sua fondazione. Cinzia Rognoni Vercelli ricorda, al riguardo, che “la prima iniziativa politica di grande rilievo” da parte dei federalisti fu, il 28 luglio del 1943, il “lancio di un appello che incitava alla lotta armata contro il nazifascismo”. Ed era il primissimo appello apertamente avanzato in tal senso, puntualizza ancora la storica, giacché “gli altri partiti antifascisti si pronunciarono per la lotta armata” soltanto dopo l’armistizio dell’8 settembre73. Lo stesso episodio viene ricordato da Edmondo Paolini, il quale aggiunge che l’iniziativa del Comitato fu il prodotto di una “intuizione confino di Rossi, il quale “si soffermava sulle «riforme economiche e giuridiche», indispensabili per «realizzare una politica federale europea veramente vitale»”. Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 207. 70 Cfr. K. Voigt, “Ideas of the Italian Resistance…, cit., p. 506. 71 Ibidem. 72 Cfr. C. Rognoni Vercelli, Mario Alberto Rollier…, cit., p. 85. 73 Ibidem. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 31 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 politica di Cerilo Spinelli”, indicato dal biografo di Altiero come l’autore materiale del volantino diffuso a Roma con la firma del “Comitato direttivo”74. Pertanto, a voler tirare le somme, non soltanto il fratello minore di Ulisse rivestì un ruolo molto più che marginale nella distribuzione clandestina del Manifesto e nel rendere le teorie in esso contenute oggetto di discussione e di riflessione tra i gruppi dell’antifascismo romano e, forse, anche tra gli omologhi giovanili, in Albania. Ma soprattutto il suo apporto in idee e azioni, insieme a quello importantissimo di Eugenio Colorni, consentì al Mfe di assumere una fisionomia solida e coerente, di configurarsi cioè come movimento, anziché come partito, mesi prima della diffusione delle Tesi federaliste (che, come già accennato, Altiero terminò di scrivere il 3 agosto 1943 e che presentò come base delle discussioni del convegno di via Poerio, del 27‐28 agosto) e come organizzazione efficiente, con una sua dirigenza ben riconoscibile, almeno fin dalla primavera del 1943. In altre parole, l’attività svolta da Cerilo nell’ambito di un’ancora embrionale militanza federalista agevolò non poco i lavori del convegno milanese, al quale, tuttavia, egli, arrestato, non poté partecipare. In estrema sintesi, ricomponendo il quadro, se le tesi fin qui esposte fossero confermate dalle fonti, la figura di Cerilo Spinelli acquisirebbe uno spessore ben più consistente rispetto a quello a tutt’oggi riconosciutogli. E soprattutto si arricchirebbe di un nuovo tassello, forse addirittura centrale, il mosaico ancora farraginoso relativo agli attori e ai destinatari coinvolti, tra l’estate del 1941 e la primavera del 1943, nell’opera di disseminazione sul continente della lezione federalista del Manifesto. 74 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 292. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 32 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 II. Parte prima: nodi filologici e circolazione del documento II.I I nodi di carattere filologico La questione delle diverse stesure del testo ventotenese, nonché il riordino cronologico delle successive edizioni a stampa, che costituiscono l’oggetto principale di questa prima parte della proposta di edizione critica, hanno rappresentato lo scoglio forse più impegnativo e restano ancora al centro del dibattito storiografico sul Manifesto. L’assenza di dati precisi sia circa le versioni del documento redatte a Ventotene75, sia con riguardo al numero e all’ordine di pubblicazione delle copie dattiloscritte o ciclostilate, come pure le discordanze in merito ai curatori, i luoghi e gli anni di pubblicazione degli esemplari stampati, consentono di ricostruire solo parzialmente la genesi della prima “carta” federalista e della sua diffusione a mezzo stampa clandestina. Volendo sinteticamente indicare le diverse posizioni degli storici intorno a tali problematiche, va rilevato che, ad oggi, la maggior parte degli studiosi si attiene alla testimonianza di Ernesto Rossi, riportata nella “Introduzione” (anch’essa, come si vedrà nelle pagine che seguono, di dubbia paternità) al Manifesto programma di Ventotene, apparsa a Lugano, nel 194476. Nel dettaglio, l’economista toscano sostiene che sull’isola vennero stese due versioni del Manifesto federalista, la prima del giugno 1941 e la seconda dell’agosto successivo. La seconda stesura, prosegue l’autore, non presentava “variazioni di sostanza, ma solo una migliore disposizione della materia” e si sarebbe resa necessaria essenzialmente per riformulare alcune considerazioni sulla politica estera sovietica, sollecitate a loro volta dall’imprevista entrata in guerra dell’Urss contro le forze dell’Asse77. La stessa ricostruzione dei fatti viene offerta da Ada Rossi78, la quale allude a due versioni del Manifesto, letteralmente “il 1° e il bis”, precisando di averlo “troppe volte scritto e riscritto” (intorno a quest’ultima dichiarazione si tornerà a ragionare più avanti). Le dichiarazioni dei coniugi Rossi vengono accolte integralmente da Antonella Braga, da Lucio Levi e da Klaus Voigt. La studiosa di Rossi si attiene infatti fedelmente alla “Introduzione” del Manifesto‐programma, laddove, 75 Cfr. ivi, pp. 62‐63. 76 Cfr. Archivio Storico dell’Unione Europea (ASUE), Fondo Rossi, sez. II, parte XIII, b. 9, f. 261, Manifesto programma di Ventotene, in «Quaderni del Movimento per la federazione europea», n. 1, Lugano, 1944, p. 1. 77 La “Introduzione” al testo del 29 agosto 1943 è riportata integralmente da Edmondo Paolini, in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., pp. 330‐333, qui p. 330. 78 Si veda la testimonianza della moglie di Ernesto Rossi sul convegno di fondazione del Mfe, parzialmente pubblicata da Cinzia Rognoni Vercelli, in Mario Alberto Rollier…, cit., p. 88. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 33 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 illustrando le motivazioni alla base della revisione dell’agosto ‘41, sostiene che il testo richiedeva “una migliore disposizione della materia e quelle modifiche dettate dalla necessità di tener conto dell’ingresso dell’Urss in guerra”79. Nel saggio pubblicato sull’edizione Mondadori del Manifesto80, allo stesso modo, Levi puntualizza, in perfetto accordo con le dichiarazioni di Rossi, che il documento “fu scritto nel giugno 1941 e riformulato, ma senza variazioni sostanziali, nel successivo mese di agosto, per migliorare la disposizione della materia e adeguare il testo al fatto politico nuovo dell’ingresso in guerra dell’Unione sovietica”81. Lo storico torinese, tuttavia, non manca di esprimere alcune riserve, che nascono dall’assenza di “versioni dattiloscritte o ciclostilate del documento”82, circa la piena fedeltà ai fatti di quella che potrebbe essere definita una ricostruzione “convenzionale”: La stesura del Manifesto, le sue successive versioni e la sua diffusione sono avvolte nella leggenda e alcune sue zone restano in ombra e forse non potranno mai essere illuminate.83 Voigt, per parte sua, allude a una “first draft” completata nel giugno del 1941, alla quale, in agosto, vennero apportate “some alterations… in the light of the new situation created by Germany’s attack on the Soviet Union”84. Dall’uniformità di queste interpretazioni si distacca Edmondo Paolini, il quale, pur accreditando la tesi delle due stesure, sostiene che siano state le “osservazioni di alcuni compagni”, e non gli imprevedibili sviluppi del conflitto quindi, a indurre gli autori del Manifesto ad una revisione che attenuasse “il giudizio negativo sul ruolo che stava giocando in Europa l’Unione sovietica e sull’analisi del partito comunista”. Di fatto, spiega Paolini, Rossi e Spinelli avrebbero accolto positivamente quelle critiche, benché fortemente polemiche, e avrebbero di conseguenza deciso di mitigare il piglio polemico della prima stesura del Manifesto, in quanto consapevoli che quell’esasperata invettiva antisovietica che aveva scatenato le reazioni negative degli altri confinati, soprattutto comunisti, altro non era se non il riflesso dello smarrimento provocato dal patto Ribbentrop‐Molotov85. Accogliendo lʹinterpretazione di Paolini, Moris Frosio Roncalli individua nelle “critiche ricevute” la ragione alla base delle correzioni apportate al progetto originario di Rossi e Spinelli. Lo studioso, tuttavia, non si limita a tale, 79 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 187. 80 Cfr. supra, nota 1. 81 Cfr. L. Levi “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., p. 178. 82 Cfr. Ivi, p. 179. 83 Ivi, p. 178. 84 Cfr. K. Voigt, “Ideas of the Italian Resistance…, cit., p. 472. 85 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 217. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 34 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 lieve, disallineamento rispetto all’orientamento storiografico prevalente, ma si spinge oltre. Prendendo atto, infatti, dell’esistenza di “almeno due stesure”, l’ultima delle quali, quella di agosto, “resa necessaria dall’entrata in guerra della Russia”, Frosio Roncalli tiene anche conto della testimonianza di Riccardo Bauer86, il quale “accenna a tre redazioni della proposta di Rossi e Spinelli per il dopoguerra”87: “un grosso plico” intriso di riferimenti alla “dittatura di almeno un decennio”, tale da lasciarlo “allibito”88; una seconda redazione, chiamata “novissima”, che puntava l’accento sul ruolo chiave dell’Italia come testa di ponte per la realizzazione della “idea federativa”89, e un’ultima stesura, pronta a cominciare “la sua corsa pel mondo”90. Nessun riferimento alle due versioni è invece contenuto nella “Intervista con Altiero Spinelli”91, ove Ulisse si limita ad affermare che “la decisione finale di redigere il manifesto e tentare di diffonderlo nel continente è stata presa da Rossi e da me verso la metà del 1941”. Più articolata la ricostruzione che Altiero offre nella sua autobiografia, con un brano lucido e commovente: Scorgevo infine quale sarebbe stato il mio cammino. Nel tetro inverno ’40‐’41, quando quasi tutta l’Europa continentale era stata soggiogata da Hitler, l’Italia di Mussolini ansimava al suo seguito, l’URSS stava digerendo il bottino che era riuscita ad afferrare, gli Stati Uniti erano ancora neutrali e l’Inghilterra sola resisteva, trasfigurandosi agli occhi di tutti i democratici d’Europa in loro patria ideale, proposi ad Ernesto Rossi di scrivere insieme un “manifesto per un’Europa libera ed unita”, e di immetterlo nei canali della clandestinità antifascista sul continente. Sei mesi dopo, mentre gli eserciti hitleriani si riversavano sulle terre russe, passando ancora, come l’anno prima in Europa, di vittoria in vittoria, il Manifesto era pronto.92 Nel suo recente volume, Altiero Spinelli, anche Piero Graglia interviene nel dibattito, seppure indirettamente, indicando come termine della prima stesura il maggio 1941 (in contraddizione con quanto affermato da Spinelli nella intervista con Sonia Schmidt, in cui l’autore del Manifesto indica nella “metà del 1941” il momento preciso al quale ricondurre la “decisione finale” di “redigere il manifesto e tentare di diffonderlo nel continente”93) e collocando la fase di revisione nel giugno‐agosto dello stesso anno, “dopo l’invasione tedesca dell’Unione sovietica”94. Che la gestazione del testo sia stata piuttosto breve, 86 Cfr. R. Bauer, Quello che ho fatto…, cit. 87 Cfr. M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit. La ricostruzione di Riccardo Bauer è ricordata anche da Antonella Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 188‐189. 88 Ivi, pp. 120‐122. 89 Ivi, pp. 121‐122. 90 Ibidem. 91 S. Schmidt, “Intervista con Altiero Spinelli”, cit., p. 172. 92 Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 311. 93 Cfr. S. Schmidt, “Intervista con Altiero Spinelli”, cit., p. 172. 94 Cfr. P.S. Graglia, Altiero Spinelli, cit., p. 147. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 35 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 aggiunge lo storico federalista, è confermato del resto sia da una lettera di Rossi alla madre, del 12 gennaio 1941, sia dalla più sopra ricordata missiva di Altiero a Fiorella95. Anticipa i tempi anche lo storico Eric Gobetti, il quale interviene deciso: Lo scritto era opera di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che lo elaborarono nella primavera del 1941, rivedendolo parzialmente dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica nel giugno 1941, nell’isolotto di Ventotene dove entrambi erano confinati quali oppositori del regime fascista. 96 Ora, delineato sommariamente il quadro delle interpretazioni, occorre puntualizzare che le diverse posizioni dei commentatori, pur autorevoli, nell’insieme lasciano campo aperto all’ipotesi che il testo originario sia stato più volte ritoccato dagli autori, sia a seguito delle critiche ricevute (dai comunisti, dai socialisti e dagli esponenti di “Giustizia e Libertà”, come precisa Paolini97), sia in relazione alla fluidità della situazione internazionale (ancor più accentuata a Ventotene, ove i confinati non avevano accesso quotidiano alle informazioni, “i giornali e le notizie dall’Italia” giungendo sull’isola appena due volte a settimana98). Ferma restando però la tesi iniziale, sostenuta da Ernesto Rossi, secondo cui le modifiche più rilevanti, sul piano del contenuto, interessarono soltanto le due versioni del giugno e dell’agosto del 1941. Cosa che spiega il mancato riconoscimento delle altre riletture, peraltro non comprovate, come autentiche riedizioni del testo. Guardando ai contenuti, va precisato che le prime versioni del Manifesto apparse sul “continente” in forma manoscritta, dattiloscritta e ciclostilata contenevano integralmente, nella parte relativa alla “riforma della società”, comunemente attribuita a Rossi, l’attacco alla chiesa e, in particolare, la frase “… e dovrà riprendere la sua opera educatrice per sviluppare lo spirito critico in modo da liberare le coscienze da ogni residuo di trascendenza”. Viceversa, sia l’edizione pubblicata nell’agosto 1943 a Milano, sia il testo curato da Colorni e pubblicato a Roma nel 1944 risentono dell’intervento “purificatore” del valdese Mario Alberto Rollier, il quale suggerì di espungere dal Manifesto gli accenti troppo marcatamente anticlericali, di evidente ascendenza rossiana99. Il brano suindicato, più precisamente, viene parzialmente conservato, fino a “spirito critico”, nell’edizione milanese, mentre fu di Eugenio Colorni la decisione di eliminarlo interamente. 95 Cfr. Ivi, p. 48. 96 Cfr. E. Gobetti, 1943‐1945: la lunga liberazione, cit., p. 181. 97 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 239. 98 Cfr. F. Gargiulo, op. cit., p. 154. 99 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., pp. 186‐187. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 36 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Quanto detto sinora, eccezion fatta per l’ultima precisazione, relativa alle modifiche del brano sui rapporti tra stato e chiesa cattolica, ha certo valore del tutto empirico, tenendo conto dell’assenza del manoscritto originale. Al contrario, il dibattito storiografico in merito alla cronologia delle edizioni a stampa, pur segnato da profonde divergenze interpretative, ruota attorno a un documento esistente e consultabile, vale a dire la copia del Manifesto presentata in occasione del convegno di fondazione del Mfe, a Milano, nell’agosto 1943. Al riguardo, Edmondo Paolini sostiene, attenendosi in ciò alle dichiarazioni di Spinelli, che il Manifesto pubblicato sul «N. 1° dei Quaderni del Movimento Federalista Europeo», suddiviso in quattro capitoli, costituisca la prima edizione a stampa dello scritto pontino: Sul frontespizio, infatti, è annotato, di pugno di Ursula Hirschmann, che curava la raccolta dei documenti, «I edizione del Manifesto di Ventotene, scritto nell’agosto 1941 (Roma, 29 agosto 1943)» e, a margine destro, con la calligrafia di Spinelli, «agosto 1941». 100 In parte dissimile è la ricostruzione di Klaus Voigt101, il quale dichiara che la prima pubblicazione clandestina del Manifesto sia da identificare sì nell’edizione preparata in occasione del convegno di fondazione del Mfe, ma con ciò alludendo alla copia conservata nel Fondo Rossi dell’ASUE, “hectographed, s.l. n.d. (Milan, 1943)” e con il titolo “Il manifesto‐programma di Ventotene ( = Elementi di discussione) (Quaderni del Movimento Federalista Europeo, No. 1)”. Al contrario, sempre a detta dello studioso berlinese, il “Manifesto del Movimento Federalista Europeo” pubblicato sui “(Quaderni del Movimento Federalista Europeo, No. 1), printed s.l. n.d. (Milan, 1943)”, che costituisce il testo effettivamente esaminato da Paolini, anche se indicato con titolo differente, rappresenterebbe la seconda edizione a stampa del documento federalista. Il quadro si complica poi ulteriormente con l’intervento di Antonella Braga, la quale accenna a “due edizioni del Manifesto pubblicate entrambe nel 1944: 1) A.[ltiero] S.[pinelli], E.[rnesto] R.[ossi], I problemi della federazione europea, Roma, Edizioni del Movimento italiano per la federazione europea, 1944, curata da Eugenio Colorni”102, che si identifica senza problemi nella cosiddetta vulgata del documento, e la seconda “Il Manifesto – Programma di Ventotene. Elementi di discussione, in «Quaderni del Movimento per la Federazione europea», n. 1, s.l., s.d., [ma Lugano‐Ginevra, inverno‐primavera 100 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., pp. 218‐219. La copia di tale edizione è conservata in ASUE, AS 3. 101 Cfr. K. Voigt, ʺIdeas of the Italian Resistance..., cit., p. 471. 102 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p 185, nota 113. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 37 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 del 1944], con un’introduzione datata 29 agosto 1943103. Quanto alle discordanze con Voigt, la storica di Novara replica decisa: Voigt indica due diverse edizioni del testo nella serie dei «Quaderni del MFE», entrambe pubblicate a Milano nel 1943: una hectographed e presente nell’archivio Rossi; l’altra a stampa (printed) e priva del sottotitolo Elementi di discussione… Diversamente da quanto afferma Voigt, è però certo che il testo conservato nell’archivio Rossi non sia una copia dell’edizione milanese, ma di quella svizzera, curata dallo stesso Rossi tra l’inverno e la primavera del 1944. A una precedente edizione milanese si riferisce Eugenio Colorni in una lettera a Rossi e Spinelli del 13 febbraio 1944 (ora in ASUE, Fondo Spinelli, Dep. 1/3) affermando però di non essere riuscito a recuperarla.104 Alla lettera di Colorni fa riferimento anche Piero Graglia105, allorché, nel ricostruire la cornice entro cui fu realizzata l’edizione romana del Manifesto, allude ad una prima stampa milanese: Ho dovuto fare io la prefazione, perché non siamo riusciti ad avere una copia del Manifesto che avevate pubblicato a Milano. 106 Successivamente, lo studioso federalista aggiunge, parzialmente sia le interpretazioni di Paolini, sia quelle di Voigt: accogliendo Il Manifesto cui fa riferimento Colorni è invece l’edizione dell’agosto 1943 (Il Manifesto‐ programma di Ventotene [ = Elementi di discussione], Quaderni del Movimento Federalista Europeo, s.l, s.d. [ma Milano, 1943], uscita contemporaneamente alla riunione di fondazione del Mfe in casa Rollier, il 27‐29 agosto 1943).107 Probabilmente, le difformità di giudizio nascono dal fatto che il Fondo Rossi e il Fondo Spinelli contengono due diverse edizioni del Manifesto, entrambe pubblicate a Milano nel 1943, ma con la prima, cioè quella contenuta nel Fondo Rossi, riadattata da Storeno (pseudonimo con cui l’economista toscano era solito firmare i propri articoli durante l’esilio svizzero) per la pubblicazione a Lugano, di fatto realizzata nel 1944, e la seconda che invece costituirebbe l’originale del documento presentato in casa Rollier108. 103 Aggiunge Braga: “L’edizione svizzera, curata da Rossi, è conservata in ASUE, Fondo Rossi, Esilio in Svizzera”. Ibidem. 104 Ivi, p. 186, nota 113. 105 Cfr. A. Spinelli, Machiavelli nel secolo XX…, cit. pp. 34‐35, nota 20. 106 Ivi, p. 35, nota 20. 107 Ibidem. La citazione è riportata anche in P. Graglia, Altiero Spinelli, cit., p. 275, nota 60. 108 Occorre procedere, in tale contesto, a due precisazioni. La prima concernente il documento citato da Paolini e da Graglia, vale a dire l’edizione preparata per il convengo dellʹagosto 1943. Significativamente, come ha sottolineato Paolini, il frontespizio del testo in questione riporta, di pugno di Ursula Hirschmann, l’indicazione di “Roma”, come luogo di pubblicazione. Ciò indurrebbe a credere che Ursula, proprio nella sua qualità di curatrice “dei documenti”, avesse già preparato la stampa da presentare a Milano mentre si trovava a Roma, profittando anche G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 38 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 In tale contesto, tuttavia, già ampiamente nebuloso, alcuni recenti rinvenimenti hanno contribuito ad articolare ancor più la questione, introducendo nuovi tasselli da sistemare nel composito mosaico di edizioni dello scritto federalista, esistenti o presunte109. Il riferimento va, in particolare, a due ritrovamenti. Il primo consiste nell’edizione pubblicata su «Movimento “Popolo e libertà”: Bollettino» n. 1/2, del giugno‐luglio 1943, con il titolo Orientamenti e significativamente datata “ottobre 1941” (la quale viene riprodotta integralmente nelle pagine che seguono e collazionata sia con la prima versione a stampa del Manifesto, cioè quella presentata al convegno di fondazione del Mfe, sia con l’edizione della sua partecipazione alla redazione clandestina del primo numero de «L’Unità Europea», uscito, come si ricorderà, nel maggio del 1943. La seconda considerazione, viceversa, attiene alla copia del Manifesto conservata nell’archivio Lelio e Lisli Basso, di cui si parlerà diffusamente poco più avanti. Stando alla lettera di Colorni a Rossi e Spinelli, infatti, in cui il professore socialista dichiarava agli amici di Ventotene di non essere in possesso della versione del Manifesto presentata a casa Rollier, si evince che Colorni, per la compilazione dell’edizione romana, si sia basato su un’altra copia, che probabilmente aveva provveduto a procurarsi anche in previsione del suo trasferimento da Ventotene a Melfi, di fatto avvenuto il 29 ottobre del 1941. Ora, considerato che: 1) nelle carte dell’archivio Basso, il testo sopracitato si presenta suddiviso in due parti, la prima contenente i primi tre capitoli del Manifesto originario e intitolata Manifesto per l’Europa libera ed unita e la seconda, costituita dal solo capitolo IV, La situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correnti, senza alcun riferimento al fatto che costituiva una parte dell’altro documento; 2) che fu proprio Colorni, nell’edizione clandestina dello scritto ventotenese, a ripartire in tre capitoli il testo originario; e 3) che Colorni era un dirigente socialista, dapprima incaricato, insieme allo stesso Lelio Basso, della direzione del Centro interno e successivamente impegnato nella Resistenza capitolina e presumibilmente in stretto contatto con i socialisti allora impegnati nella fondazione del Movimento di Unità Proletaria (MUP), si potrebbe desumere che quella conservata nell’Archivio Basso costituisca, di fatto, la copia su cui lavorò Colorni nella preparazione del volume uscito clandestinamente nel gennaio 1944. 109 A tale proposito, meritano particolare attenzione le dichiarazioni di Arialdo Banfi, puntualmente riportate da Cinzia Rognoni Vercelli nel volume Mario Alberto Rollier…, cit., p. 72: “Durante uno dei miei soggiorni milanesi… Guido Rolllier – racconta – mi chiese se ero disposto a fare qualcosa ed io gli chiesi ‘cosa posso fare?’. E lui mi disse: ‘guarda, dal confino di Ventotene sono arrivati questi fogli. Devi copiarli a macchina e diffonderli’. Con le dita inesperte cominciai a copiare il Manifesto federalista e a diffonderlo tra gli amici che sapevo antifascisti”. Tali dichiarazioni lascerebbero pensare, di conseguenza, che sia esistita e abbia circolato anche una versione dattiloscritta da Banfi, la quale ricalcherebbe il testo originale di Ventotene, completato nell’agosto 1941. Prosegue, poi, la ricostruzione della studiosa di Rollier: “Nel 1942 il Manifesto venne portato in Svizzera e in Francia. Fu Silvio Trentin che la portò a conoscenza della Resistenza francese. Egli inserì la rivendicazione della federazione europea nella dichiarazione programmatica del primo numero di ‘Libérer et fédérer, Organe du Mouvement révolutionnaire pour la libération et la reconstruction de la France’, stampato a Tolosa il 14 luglio 1942. Nel ’43 il Manifesto venne fatto circolare, nella traduzione della Hirschmann, anche negli ambienti antinazisti tedeschi”. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 39 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 colorniana del 1944). Tale documento ‐ che pure presenta una struttura affatto dissimile, cioè con una suddivisione in 20 punti, sia da quella originaria, in quattro capitoli, sia dal testo rimaneggiato da Colorni, in tre capitoli ‐ è stato riconosciuto per la prima volta da Klaus Voigt come esemplare a stampa dello scritto federalista110. Successivamente, la copia conservata presso l’emeroteca dell’Istituto per la storia della Resistenza e del movimento operaio di Sesto San Giovanni è passata al vaglio di Antonella Braga e Moris Frosio Roncalli111. E proprio quest’ultimo ha affermato che tale versione possa costituire “l’edizione più vecchia [del Manifesto] finora conservata”112, ovverossia “la prima edizione a stampa del Manifesto giunta fino a noi”113. Cosa che, ad onor del vero, sembrerebbe più che plausibile. Non soltanto per le ragioni addotte dallo studioso dell’Università di Pavia, per il quale fa fede la constatazione che l’edizione del «Bollettino» presenti, nella sua interezza, l’attacco alla chiesa espunto da Mario Alberto Rollier e riprodotto, invece, “nelle due edizioni curate da Rossi (quella uscita all’indomani del convegno di fondazione e quella 110 Cfr. K. Voigt, ʺIdeas of the Italian Resistance..., cit., pp. 459‐460. Voigt sostiene che tale documento, che attribuisce ad autore anonimo (unknown authorship), il quale aveva “paraphrased whole sections of Manifesto”, fu redatto a Ventotene nell’ottobre del 1941 e successivamente pubblicato col titolo “ ‘Orientamento da Ventotene’ in Movimento “Popolo e Libertà”, Bollettino 1/2, June‐July 1943, pp. 8‐26”. 111 Il catalogo dell’emeroteca della Fondazione Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea (ISEC) di Sesto San Giovanni, in cui è conservato il fascicolo, precisa soltanto l’anno di pubblicazione, indicando con “s.n.” la copia del Bollettino. Moris Frosio Roncalli, viceversa, si riferisce all’articolo anonimo indicandone il titolo esatto, Orientamenti, mentre allude al fascicolo in cui quest’ultimo è ospitato come al “Bollettino” n. 1 del Movimento “Popolo e Libertà”, indicando il giugno 1943 come data della pubblicazione. Precisa inoltre lo studioso: “Il “Bollettino” era stampato nell’Italia meridionale da un gruppo di antifascisti reduci dalla campagna d’Albania, costituitosi nell’ottobre 1941, che “scrissero e diffusero il foglio «Agli italiani» con il quale si rivolgevano a tutti gli italiani perché sembrava loro che tutti dovessero essere disposti a fare quello sforzo da essi stessi compiuto per uscire dall’errore. Gesto non inutile, perché servì a mettere quei giovani in relazione con taluni ambenti rivoluzionari dove trovarono insegnamento e conforto”. (Dalla prefazione al numero 1 Origini del movimento, p. 2). Il Movimento era stato fondato da Guido Salvi, ufficiale di Stato Maggiore che aveva abbandonato l’esercito nel ’41 in dissenso col regime fascista. Nel gruppo c’era anche lo studente ferrarese Silvano Balboni (1922), che avrebbe avuto modo di conoscere Ernesto Rossi a Ginevra nel febbraio ’44 e di collaborare con lui”. Roncalli sostiene infine che quella contenuta in Orientamenti costituirebbe verosimilmente la “edizione più vecchia [del Manifesto] tuttora conservata”. Cfr. M. Frosio Roncalli, cit. e Antonella Braga nell’intervento al convegno “Il Manifesto di Ventotene. Radici filosofiche e fondamenti culturali”, tenutosi a Roma, il 4 dicembre 2007 e promosso dal Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Altiero Spinelli, ora disponibile sul sito http://www.radioradicale.it/scheda/241715/il‐manifesto‐ di‐ventotene‐radici‐filosofiche‐e‐fondamenti‐culturali. 112 Cfr. M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit., nota 29. 113 Ibidem. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 40 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 del ’44 apparsa in Svizzera)”. Ma anche per un ulteriore, triplice ordine di ragioni. Innanzitutto perché, per quanto i redattori del «Bollettino» possano aver apportato delle modifiche al testo, come ha osservato lo stesso Frosio Roncalli114, la radicalità degli attacchi alla chiesa cattolica115 e l’acredine della polemica nei confronti dell’Unione sovietica116, nonché le allusioni ad una sorta di dittatura del “Partito della Rivoluzione”117, peraltro attenuate rispetto alle previsioni del giugno ’41, che, come si ricorderà dalla nota n. 17, lasciarono il giellista Riccardo Bauer “allibito”118, inducono a ritenere, pur a livello congetturale, che i fogli che costituirono la base di lavoro per l’articolo del periodico clandestino, peraltro significativamente stampato “nell’Italia meridionale”119, contenessero una versione, per così dire, “meno ritoccata” rispetto a quelle successivamente riprodotte sui testi a stampa. In secondo luogo, il fatto che il «Bollettino» fosse stampato nel mezzogiorno d’Italia è un dato pure significativo, soprattutto tenendo conto della data apposta sia in testa che in calce allo scritto, “ottobre 1941”. Balza agli occhi, infatti, la coincidenza tra l’arrivo di Eugenio e di Ursula Colorni a Melfi, in quello stesso ottobre del 1941, dopo aver transitato per i comuni lucani di Pietragalla e Montemurro, e la data di stesura che il «Bollettino» attribuisce a Orientamenti. Inoltre, per rigore di esposizione, sono da ricordare le affermazioni di Paolini, il quale sostiene che il Manifesto fu portato clandestinamente sul continente “a partire dal luglio 1941, da Ursula Hirschmann Colorni e Ada Rossi, rispettivamente moglie di Eugenio ed Ernesto, e dalle sorelle di Altiero, Fiorella e Gigliola”120. Il documento manoscritto e ciclostilato, dunque, si sarebbe iniziato a diffondere presso i circoli antifascisti che agivano nella clandestinità fin dalla primissima versione, del giugno 1941. Ovverossia in quella forma priva delle correzioni apportate a seguito dell’entrata in guerra dell’Unione sovietica e contenente gli attacchi a Mosca, di cui Rossi stesso offre testimonianza e che in parte è conservata nel testo di Orientamenti. Quanto al secondo rinvenimento, frutto del presente lavoro di ricerca, si tratta di un’altra versione dattiloscritta del Manifesto, intitolata Manifesto per il movimento per l’Europa libera ed Unita e custodita presso l’archivio della Fondazione Lelio e Lisli Basso di Roma, tra le carte di Lelio Basso relative agli 114 “non sappiamo se i diffusori del “Bollettino” apportarono a loro volta modifiche al testo che capitò loro, chissà per quali canali, fra le mani”. Ibidem. 115 Cfr. infra, p. 55. 116 Cfr. infra, p. 44. 117 Cfr. infra, pp. 57‐58. 118 Cfr. supra, n. 17. 119 Cfr. M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit. 120 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Appunti…, cit., p. 20. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 41 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 anni della Resistenza121. Nell’ambito di tale fondo, la copia in oggetto si presenta suddivisa in due parti, catalogate come documenti a sé stanti. La prima parte, che corrisponde ai primi tre capitoli dell’edizione milanese del Manifesto, è indicata come Comunicato, [foglio] 6: “Manifesto per l’Europa libera ed unita”; mentre la seconda, denominata Appunti, [foglio] 5: ʺLa situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correntiʺ, s.d., contiene il quarto capitolo dello stesso documento122. Anche questa versione del Manifesto viene riprodotta integralmente in appresso e confrontata sia con la copia stampata in occasione del convegno di fondazione del Mfe, già pubblicata da Edmondo Paolini in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista alla battaglia per la Federazione europea…123, sia con la ristampa anastatica dell’edizione colorniana, a cura di Sergio Pistone124. Dalla collazione del documento è emerso, ad ogni modo, che non soltanto il testo riproduce essenzialmente l’edizione milanese del 1943, eccezion fatta per qualche lieve divergenza che trova invece riscontro nella versione colorniana, ma che esso contiene anche l’attacco alla chiesa cattolica presente nella versione originale del Manifesto, seppure già purgato da Rollier degli eccessi “giacobini” riconducibili alla penna di Rossi. Tale constatazione incoraggia a ritenere che questa copia costituisca, con buone probabilità, il testo sul quale lavorò Colorni nel preparare il suo Problemi della Federazione europea, giacché sappiamo per certo che quest’ultimo non riuscì a procurarsi la versione a stampa del 29 agosto 1943125. L’analisi di tale documento, inoltre, del quale non risulta esservi traccia in precedenti pubblicazioni dedicate al Manifesto, sollecita, anche prima di procedere ad un esame approfondito, ad una riflessione principale, vale a dire ad interrogarsi sull’identità del “dattilografo”, eventualmente introducendo nuovi attori nella cerchia di coloro che concorsero alla promozione e alla diffusione dello scritto ventotenese. Tra questi, il primo nome ad emergere è quello di Leone Ginzburg, il quale, come ricorda Piero Graglia – ed è l’unico a darne notizia ‐, lavorò insieme a Colorni, nella Roma occupata dall’esercito nazista, sia alla diffusione e alla promozione dell’idea federalista, sia alla redazione del volume Problemi della Federazione europea126. 121 Cfr. Archivio della Fondazione Lelio e Lisli Basso – ISSOCO, Fondo Lelio Basso, serie 7: Resistenza, sottoserie 1: Archivio della Resistenza, UA 5: “Miscellanea”, Sottofascicolo 2: “Appunti programmatici. Movimento di rinnovamento, Mup, Psl, Movimento per l’Europa libera e unita. Premesse per una intesa delle forze rivoluzionarie unite. 122 Per quanto riguarda il Comunicato, recitano le note dell’archivista: “Il testo del manifesto è quello pubblicato a Roma nel gennaio 1944”, mentre, con riferimento agli Appunti: “Gli appunti riportano passi sia della versione stampata il 29 agosto 1943 (quarta sezione), sia di quella pubblicata il 22 gennaio 1944 (seconda sezione)”. 123 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., pp. 221‐235. 124 Cfr. A. Spinelli, E. Rossi, Il Manifesto di Ventotene (rist. anast.), a cura di S. Pistone, Celid, Torino, 2001. 125 Cfr. supra, n. 20. 126 Cfr. F. Gui, “Spinelli, Colorni e il Manifesto di Ventotene”, in F. Zucca (a cura di), Eugenio Colorni federalista, cit., pp. 25‐37, qui p. 25. Gui precisa che la notizia circa la partecipazione di Ginzburg all’edizione romana del Manifesto “si trova nell’edizione a sua cura [cioè di Graglia] G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 42 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Prima di concludere e passare all’esame dettagliato dei documenti sopra descritti, resta da sciogliere il nodo della paternità della“Introduzione”, datata 29 agosto 1943, che precede il testo del Manifesto pubblicato sul primo numero dei «Quaderni del Movimento federalista europeo»127. Edmondo Paolini ritiene tale “Introduzione” “di difficile attribuzione”, spiegando che “potrebbe essere stata scritta da Mario Alberto Rollier o Enrico Giussani”128. Una convinzione sorta dopo aver constatato che, terminate le riunioni precedenti la chiusura del convegno di fondazione del Mfe, momento cui si fa risalire la stesura del testo ‐ giacché quest’ultimo, “riportando anche la notizia dello svolgimento dei lavori”, fu per certo stilato al termine della riunione”129 ‐ “molti degli stessi protagonisti… lasciarono Milano: Rossi va a Bergamo, Colorni ritorna a Roma, Spinelli… va a Torre Pellice e il 7 settembre raggiunge Ursula Hirschmann a Lanzo d’Intelvi”130. Nel capoluogo lombardo, “poiché è da presumere che solo chi viveva a Milano avrebbe potuto curare la stampa e l’Introduzione del documento in quei giorni”, sarebbero pertanto rimasti i soli Rollier e “il milanese Enrico Giussani”. Ed è quest’ultimo che, agli occhi di Paolini, si configura infine come l’autore più probabile dello scritto. A tale conclusione Paolini giunge tenendo conto che, appena due mesi dopo la chiusura dei lavori in via Poerio, Giussani pubblicò un articolo Il Movimento italiano per la Federazione europea, il quale, di fatto, consisteva in una cronaca dettagliata dei lavori del convegno costitutivo del Mfe, in uno stile e con una visione degli eventi molto simile a quella riscontrabile nella “Introduzione” al Manifesto milanese131. Quanto a Rossi ‐ che pure Paolini non esclude del tutto dal novero dei possibili autori, considerato “il riferimento… alle Leagues” presente nella “Introduzione” – le probabilità che il testo sia riconducibile alla del carteggio Rossi‐Spinelli negli anni successivi alla liberazione dal confino, che verrà presto pubblicato”. 127 Per ulteriori informazioni su tale versione si veda supra, nota 20. 128 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit., p. 329. Va rilevata, in proposito, la precisazione di Paolini circa il fatto che il riferimento è al “testo scritto a caratteri di stampa, con il titolo Manifesto del Movimento Federalista Europeo, Elementi di discussione” (p. 329), cioè al documento conservato nel Fondo Rossi e che Antonella Braga sostiene costituisca la versione del Manifesto curata dall’economista toscano e pubblicata a Lugano nel 1944. Cfr. supra, nota 20. L’ipotesi di Paolini viene accolta da Lucio Levi, il quale afferma: “La prima edizione a stampa del Manifesto risale al 1943 e rappresenta il primo dei «Quaderni del Movimento Federalista Europeo». Essa fu curata probabilmente da Mario Alberto Rollier o da Enrico Giussani, subito dopo la costituzione del Movimento federalista europeo, avvenuta il 27‐28 agosto 1943 a Milano a casa di Rollier”. Cfr. L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., p. 179. 129 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit. p. 329. 130 Ibidem. 131 Ibidem. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 43 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 sua firma si ridurrebbero al minimo se si considera che “è quasi certo che… partì per Bergamo con la moglie Ada al termine della riunione”132. Antonella Braga replica a tali osservazioni attribuendo a Rossi sia la curatela, sia la “Introduzione” del Manifesto‐programma, ribadendo133 che il testo originale dell’edizione in oggetto, conservato nel Fondo Rossi, non corrisponde all’edizione milanese, bensì a quella svizzera, del 1944, e sarebbe perciò stato stilato dall’economista toscano nel lungo periodo dell’esilio in terra elvetica134. Anche in questo caso, con tutta probabilità, lʹequivoco di fondo nasce dal fatto che le versioni conservate nel Fondo Rossi e nel Fondo Spinelli, pur essendo sostanzialmente identiche, costituiscono due copie differenti del documento a stampa, la prima riproducendo l’edizione svizzera e la seconda quella milanese. Ragion per cui la “Introduzione”, che chi scrive, in accordo con Paolini, ritiene stilata al termine del convegno di fondazione del Mfe, sarebbe stata sì anteposta da Rossi all’edizione svizzera del Manifesto, ma non necessariamente scritta di suo pugno. II.II. Dall’isola al continente: un “passaggio” controverso Illuminare il panorama, ancora sensibilmente opaco, entro cui lo scritto pontino attraversò il Tirreno e giunse sulle sponde della Penisola, ricostruire i tempi e individuare i luoghi nei quali si consumò tale passaggio significa essenzialmente ripercorrere, nei suoi molteplici aspetti, il tragitto compiuto dal Manifesto dal segreto delle discussioni confinarie sul futuro dell’Europa all’ufficialità prestigiosa di prima proposta politica per una nuovissima e durevole stagione di unità continentale. Più precisamente, tentare di riordinare le tappe che segnarono la difficoltosa circolazione del documento federalista dal nord al sud del territorio italiano significa far contestualmente luce su molteplici aspetti intrinsecamente connessi alla storia dello scritto, come pure alla sua evoluzione verso la forma definitiva, variamente segnata, come si è visto a proposito delle limature di Rollier sugli spigoli anticlericali, da contributi esterni alla mensa federalista di Ventotene. Cioè, in altre parole, tale indagine può aiutare a comprendere 1) in quale forma la prima carta federalista venne presentata ai gruppi antifascisti clandestini; 2) individuare l’identità e l’entità del contributo dei “traghettatori”, così come, per ciascuno di essi, disvelare la rete di relazioni entro la quale agiva e a cui presentò la nuova proposta di Europa federale; 3) l’importanza che ebbe la tempestività dell’informazione per aggregare attorno al nucleo federalista ventotenese, ancora lontano dalla liberazione, un numero cospicuo di adepti sui 132 Ivi, p. 330. 133 Cfr. supra, nota 20. 134 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 187, nota 116. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 44 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 quali far leva per avviare una campagna di proselitismo e militanza sistematici all’indomani della caduta di Mussolini. Passando ora all’analisi dei singoli punti, con particolare riferimento alla dinamica attraverso cui il manoscritto fu tradotto dalla colonia confinaria sul continente, occorre rilevare la sussistenza di profonde ambiguità nelle testimonianze, sia con riferimento all’identità e al numero dei “corrieri”, sia rispetto agli espedienti utilizzati per eludere i controlli delle autorità fasciste sui cittadini in arrivo o in partenza da Ventotene, che diventavano particolarmente rigorosi sui parenti, soprattutto donne, dei confinati135. Come ha rilevato Lucio Levi: La stesura del Manifesto, le sue successive versioni e la sua diffusione sono avvolte nella leggenda e alcune sue zone restano in ombra e forse non potranno mai essere illuminate… Così le testimonianze circa il modo in cui il Manifesto uscì clandestinamente da Ventotene non concordano. Secondo la più suggestiva, che ha come fonte orale lo stesso Spinelli e risale a circa cinquant’anni fa… ma che non trova riscontri nel libro di memorie di Spinelli, il testo, scritto da Ernesto Rossi su cartine di sigarette, fu nascosto nel ventre di un pollo arrosto e portato sul continente da Ursula Hirschmann. 136 Per quanto lo stesso studioso torinese sollevi qualche perplessità in merito alla sua fondatezza, affiora da queste righe la versione forse più accreditata circa le circostanze eccezionali in cui il Manifesto raggiunse le coste italiane. Anche Piero Graglia infatti, nel sottolineare l’entità dei “limiti della «libertà» di elaborazione teorica dei confinati”, precisa che “il Manifesto di Ventotene venne trasferito sul continente trascritto su cartine di sigarette nascoste dentro la carcassa di un pollo”137 e affida contestualmente a Ursula Hirschmann la funzione di corriere138. Le ragioni al fondo della credibilità accordata a questa testimonianza, in effetti, potrebbero essere diverse. In primo luogo, il fatto che la stessa Ada 135 A tale proposito, uno spaccato piuttosto eloquente della prassi dei controlli in vigore a Ventotene è offerto da Filomena Gargiulo: “I nuovi confinati, o i parenti, erano condotti in Direzione per essere sottoposti alla visita personale e al controllo dei bagagli”. Misure particolarmente rigorose venivano poi adottate nei riguardi delle donne: “Quando arrivavano o partivano dall’isola, le donne, negli appositi locali ubicati a Piazza Chiesa subivano un controllo anche corporale, da un’anziana donna di Ponza che aveva seguito il trasferimento della colonia. In alcuni casi i controlli si trasformavano in pura formalità. In quel periodo in cui la situazione alimentare era drammatica, si era disposti a chiudere un occhio anche per poco; davanti alla fame spietata anche gli ordini del direttore apparivano meno perentori e si diventava invece più sensibili a qualche lira che furtivamente si trovava in tasca”. Cfr. F. Gargiulo, op. cit., p. 154 e 144. 136 Cfr. L. Levi, “Altiero Spinelli, fondatore…, cit., pp. 178‐179. 137 Cfr. P.S. Graglia, Altiero Spinelli, cit., p. 175, nota 1. 138 Ivi, p. 163. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 45 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Rossi, protagonista degli eventi in questione, abbia dichiarato, in un’intervista rilasciata a Wilfried Loth, che la versione “agostana” del Manifesto sarebbe stata scritta su cartine di sigaretta, poi infilate in un pollo e quindi trasferite sul continente139. In secondo luogo, farebbe fede l’autobiografia di Spinelli, il quale, pur limitando la sua ricostruzione dei fatti alle seguenti dichiarazioni: … incaricammo Ursula di portare clandestinamente in uno dei suoi viaggi il Manifesto sul continente. La cosa era materialmente assai facile, perché lei doveva assoggettarsi ad una perquisizione sulla persona e delle sue valige, che consisteva nel fatto che la polizia la chiudeva in una stanza con una vecchia inserviente la quale invece di perquisirla intascava una lauta mancia, e un quarto d’ora dopo apriva la porta annunziando che tutto era in ordine. Altra messaggera segreta fra noi e la cospirazione sul continente era Ada, la moglie di Ernesto Rossi finché poté venire a fargli visita nell’isola, ma ad un certo momento fu anche lei arrestata e confinata a Melfi. 140 aveva precedentemente affermato, a proposito della sua attività di allevatore di polli: L’impresa divenne presto addirittura una fonte di guadagni modesti, ma reali, per noi proprietari. Ma soprattutto le canne sulle quali la notte i polli andavano a appollaiarsi erano un nascondiglio ideale per rotolini di carte clandestine che ci tenevo infilati, contando che mai nessun poliziotto incaricato di eventuali perquisizioni sarebbe entrato nel pollaio per frugare qua e là, coprendosi rapidamente di un brulichìo di pidocchi dei polli. 141 Tornando al confronto tra le diverse testimonianze, più recente, ma altrettanto suggestiva, è la versione riportata da Filomena Gargiulo, in Ventotene, isola di confino…, che individua in Ada Rossi, la quale avrebbe nascosto i “primi scritti del Manifesto” “nelle spalline del suo abito”142, il veicolo cardine per il trasporto del documento sul continente. Di là dalla veridicità della ricostruzione di Gargiulo, la quale, evidentemente, intende 139 Ada Rossi rese tali dichiarazioni nel corso di un’intervista rilasciata a Wilfred Loth, poi pubblicata in “Ideas of the Italian Resistance..., cit., p. 472. Il riferimento a tale intervista è presente anche nel più volte citato articolo di M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit. 140 Cfr. A. Spinelli, Come ho tentato…, cit., p. 316. 141 Ivi, p. 284. 142 Cfr. F. Gargiulo, op. cit., p. 144. La studiosa aggiunge, parlando, più in generale, delle difficoltà di trasferimento di scritti e documenti dall’isola pontina alla terraferma: “… alcuni scritti viaggiarono, ricopiati su carta finissima, nelle fodere e negli abiti o arrotolati negli elastici reggicalze”. Ibidem. Tali informazioni, ad ogni modo, non sono state riscontrate in alcuna delle fonti consultate nel corso della presente ricerca, né ha agevolato il riferimento addotto da Gargiulo, che alla nota 285, apposta a margine dell’affermazione sul coinvolgimento di Ada Rossi quale “postina” del Manifesto, indica genericamente “Il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni e Ernesto Rossi”. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 46 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 puntare l’accento sul ruolo “fondamentale” delle donne “per la circolazione di documenti e messaggi”, è comunque da riconoscere che, contrariamente a quanto tramandato dalla storiografia tradizionale, la “sovversiva” moglie di Ernesto Rossi abbia avuto una parte molto più che marginale in tale processo. Del resto, anche Luciano Bolis segnala la presenza attiva di Ada Rossi nell’opera di diffusione dello scritto pontino. In particolare, il noto federalista milanese ha riconosciuto principalmente alla coraggiosa sposa dell’economista allievo di Einaudi il merito di “far uscire da Ventotene il Manifesto”, individuando in Ursula, viceversa, l’incaricata “della sua distribuzione”143. Sia Ada Rossi che Ursula Hirschmann vengono poi indicate come “corrieri” da Antonella Braga144 e da Edmondo Paolini, con quest’ultimo che, tuttavia, affianca loro, in questo delicato compito, anche le sorelle di Altiero, Fiorella e Gigliola145. Di là dalle divergenze, l’insieme delle testimonianze raccolte consente di riscontrare alcuni dati certi: in primo luogo, il fatto che all’operazione parteciparono, alternandosi, le “donne” vicine agli autori, prescelte evidentemente in quanto agevolate nell’eludere le ispezioni della polizia fascista; e, in secondo luogo, che il trasferimento delle carte dall’isola al continente venne realizzato in più tappe, sia per la difficoltà del trasporto del materiale, sia per il moltiplicarsi del numero dei destinatari, nelle diverse regioni della penisola. Cosa che, del resto, è stata anche opportunamente ricordata da Edmondo Paolini e che risulta, rispettivamente, dalle memorie di Spinelli: A Roma e a Milano Ursula diffuse e difese fra i cospiratori giellisti e socialisti il Manifesto… Quando i Colorni furono trasferiti a Melfi, lei portò i nostri scritti a Manlio Rossi‐Doria, Franco Venturi ed altri che erano confinati con loro nello stesso paese; mantenne il contatto con noi a Ventotene tramite le mie sorelle… 146 e dalla testimonianza di Manlio Rossi‐Doria: La moglie di Eugenio Colorni, Ursula (oggi Spinelli), coi suoi frequenti viaggi a Milano, aveva infatti stabilito diretti contatti sia con Ugo La Malfa sia con Lelio Basso… Nello stesso tempo, attraverso Ada Rossi, che di quando in quando andava a Ventotene, la stessa Ursula manteneva con Ernesto Rossi e con Altiero Spinelli i rapporti che Eugenio aveva allacciato nel 193940, prima di venire a Melfi. La grande discussione sul federalismo europeo, che portò al “Manifesto” di Ernesto e di Altiero (che è anche opera di Eugenio Colorni, si svolse così tra il 143 Il riferimento alle dichiarazioni di Luciano Bolis, contenute nella lettera di quest’ultimo a Cinzia Rognoni Vercelli, del 28 gennaio 1933, è presente in M.F. Roncalli, L’origine di un’idea…, cit. 144 Cfr. A. Braga, Un federalista giacobino…, cit., p. 200. 145 Cfr. E. Paolini, Altiero Spinelli. Appunti per una biografia, cit., p. 20. 146 Cfr. Id., Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit. p. 240. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 47 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 1940 e il 1943, attraverso intensi scambi epistolari. Anch’io, ricordo, partecipai a quella discussione con una lunga lettera… i cui “fenicotteri” erano appunto Ada Rossi e Ursula. 147 Senza dimenticare, in tale contesto, quanto osservato circa il ruolo di Cerilo Spinelli, la cui pur documentata, attiva partecipazione alla diffusione delle idee e degli scritti federalisti tra i gruppi antifascisti, forse non soltanto italiani, non trova, però, lo spazio che meriterebbe nelle ricostruzioni fino ad oggi effettuate. I.III Documenti e collazioni Per concludere, precisati i punti controversi e individuati gli elementi sui quali si è concentrato il lavoro di ricerca, si rende opportuna una descrizione circostanziata sia dei documenti che vengono di seguito riprodotti, sia delle motivazioni che hanno indotto a proporli come primi termini di paragone da porre a confronto con le edizioni più note del Manifesto, sia infine dei criteri sottesi alla compilazione dell’apparato critico. Come accennato, la collazione è stata realizzata a partire dai due testi che costituiscono i ritrovamenti più recenti nellʹambito delle edizioni a stampa del Manifesto. Il primo, pubblicato nel giugno del 1943 sul «Bollettino del ‘Movimento Popolo e Libertà’», e il secondo che, come si è visto, potrebbe costituire la copia dattiloscritta sulla quale lavorò Eugenio Colorni nella preparazione all’edizione del Manifesto poi pubblicata a Roma nel gennaio del 1944. La scelta di confrontare il primo documento sia con l’edizione colorniana che con quella milanese, con qualche riferimento, ove necessario, al documento dell’Archivio Basso e alla traduzione pubblicata da Voigt, risponde all’intento di mostrare l’evoluzione tanto stilistica, quanto contenutistica, subita dallo scritto pontino dall’agosto del 1941 al gennaio del 1944. Per quanto riguarda invece il secondo documento, la decisione di procedere alla collazione sia con l’edizione del 1943, conservata nel Fondo Spinelli, sia con il testo curato da Colorni, senza trascurare, anche in questo caso, alcuni riferimenti alle altre versioni, è maturata sullʹesigenza di verificare se lo scritto conservato nell’Archivio Basso costituisca un passaggio intermedio tra l’edizione milanese e quella romana, oppure se si tratti di un documento a sé stante, vale a dire di una trascrizione avvenuta sulla base dei fogli pervenuti al 147 Cfr. Archivio dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), Fondo Manlio Rossi‐Doria, Quaderni e diari, UA: 39, Ricordi e testimonianze sul PdA e interlocutori vari, Ricordi del P.d.A., Lettera a Leo Valiani, febbraio 1968. Il brano è riportato anche da Paolini, in Altiero Spinelli. Dalla lotta antifascista…, cit. p. 240, nonché da Michele Strazza, Melfi terra di confino Il confino a Melfi durante il fascismo, Edizioni Tarsia, Melfi, 2002, p. 97. G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 48 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 dattilografo da uno dei corrieri di Ventotene. Alla luce dei fatti, tuttavia, non è stato possibile confermare nessuna delle ipotesi suddette, visto che il testo non presenta sostanziali differenze con l’edizione milanese, né particolari analogie, anche sotto forma di correzioni, con la versione ufficiale del Manifesto. Occorre inoltre evidenziare che in entrambe le collazioni l’apparato critico si presenta asciutto, in quanto privo di commenti da parte di chi scrive, eccezion fatta per la nota n. 1 al testo di Orientamenti. In esso sono trascritti esclusivamente i singoli brani e le relative varianti, indicate in rosso. Si precisa infine che, per ragioni di sintesi, l’edizione milanese è stata indicata con la lettera “A”, la copia dattiloscritta conservata nell’Archivio Basso con la lettera “B”, la versione colorniana con la lettera “C”, mentre la lettera ʺDʺ rimanda alla versione del «Bollettino». G. Vassallo, Il Manifesto di Ventotene 49 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Orientamenti (ottobre 1941) 1° ‐ La nostra storia è giunta ad un punto cruciale, in cui si sono concentrate ed esplodono tutte le contraddizioni che la civiltà moderna era venuta maturando nel suo seno. Le principali forme politiche, sociali, morali che gli uomini erano venuti elaborando per potervi liberamente sviluppare le proprie energie, sono crollate oppure si sono convertite in vincoli sempre più stretti e soffocanti. La guerra attuale, sconvolgendo tutti i rapporti giuridici e producendo enormi trasferimenti di ricchezza, è come un terremoto che faccia crollare buona parte di un vecchio edificio, sconquassando tutto il rimanente. Poiché il vecchio edificio non corrispondeva ormai ai nuovi bisogni, sarebbe assurdo pensare a ripararlo e a ricostruirlo quale era prima. Dobbiamo approfittare delle circostanze straordinarie per fare una cosa nuova in cui noi e i nostri figli potremo meglio vivere. 1 2° ‐ La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento la libertà e l’uguaglianza degli uomini cioè il principio secondo il quale ogni uomo è fine a se stesso, un essere libero, non un mero strumento altrui. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli ordinamenti che non lo hanno rispettato. 2 1 Questo primo paragrafo, che non trova riscontro in alcuna delle edizioni del Manifesto a firma di Spinelli e Rossi, potrebbe essere stato aggiunto dai redattori del «Bollettino» come introduzione al testo. Precisa Frosio Roncalli in proposito: “Il “Bollettino” era stampato nell’Italia meridionale da un gruppo di antifascisti reduci dalla campagna d’Albania, costituitosi nell’ottobre 1941, che “scrissero e diffusero il foglio «Agli italiani» con il quale si rivolgevano a tutti gli italiani perché sembrava loro che tutti dovessero essere disposti a fare quello sforzo da essi stessi compiuto per uscire dall’errore. Gesto non inutile tuttavia perché servì a mettere quei giovani in relazione con taluni ambenti rivoluzionari dove trovarono insegnamento e conforto”. (Dalla prefazione al numero 1 Origini del movimento, p. 2). Il Movimento era stato fondato da Guido Salvi, ufficiale di Stato Maggiore che aveva abbandonato l’esercito nel ’41 in dissenso col regime fascista. Nel gruppo c’era anche lo studente ferrarese Silvano Balboni (1922), che avrà modo di conoscere Ernesto Rossi a Ginevra nel febbraio ’44 e di collaborare con lui.”. Cfr. M. Frosio Roncalli, L’origine di un’idea…, cit., nota 33. 2 A: “La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli aspetti della vita sociale che non lo rispettassero:”, cap. I, p. 1. C: “La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita. Con questo codice alla mano si è venuto 50 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Questi principi si sono sviluppati nel secolo scorso, principalmente in tre direzioni: I – Come affermazione dell’uguale diritto di tutte le nazioni ad organizzarsi in stati autonomi: ogni popolo individuato dalle sue caratteristiche etniche geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale, creato per proprio conto, lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo. 3 II – Come affermazione dell’uguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello Stato: questa volontà doveva risultare la sintesi delle mutevoli esigenze economiche e ideologiche di tutte le categorie sociali liberamente espresse. 4 III – Come lotta effettiva contro le condizioni di miseria e di sfruttamento delle grandi masse lavoratrici: la disparità delle fortune, la miseria delle grandi masse diseredate, precludono loro ogni possibilità di sviluppare le loro facoltà, in modo armonico, completo; di godere i frutti della cultura, e rendono per esse quasi una beffa le forme giuridiche che avrebbero dovuto assicurare la libertà e l’uguaglianza. Il regime economico vigente, mentre col meccanismo del mercato fa sì che alla soddisfazione dei desideri, anche più futili, di coloro che sono in grado di pagare i più alti prezzi, siano indirizzati i beni e le forze di lavoro che dovrebbero servire a soddisfare i bisogni di maggiore importanza per lo sviluppo delle energie vitali umane, e concentra nelle mani di pochi, la ricchezza, che è frutto della collaborazione di tutta la collettività – col diritto di successione perpetua nello stesso ceto la potenza del danaro trasformandolo in un privilegio senza alcuna corrispondenza al valore sociale delle alternative, in imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli aspetti della vita sociale, che non lo rispettassero.” cap. I, p. 9. 3 A: “1) Si è affermato l’uguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti. Ogni popolo, individuato nelle sue caratteristiche etniche, geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale, creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione della vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo.”, cap. I, p. 1. C: “1) Si è affermato l’eguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti. Ogni popolo, individuato dalle sue caratteristiche etniche, geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione della vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore i suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo.”, cap. I, p. 9. 4 A: “2) Si è affermato l’uguale diritto per i cittadini alla formazione della volontà dello Stato. Questa doveva così risultare la sintesi delle mutevoli esigenze economiche e ideologiche di tutte le categorie sociali liberamente espresse.”, cap. I, p. 2. C: “2°) Si è affermato l’eguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello stato. Questa doveva risultare la sintesi delle mutevoli esigenze economiche e ideologiche di tutte le categorie sociali liberamente espresse”, cap. I, p. 11. 51 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 modo tale che, per vivere, sono costretti a lasciarsi sfruttare da chi offre loro una qualsiasi possibilità di impiego. 5 Il processo intentato a questo regime ha costituito uno dei temi più importanti della vita sociale nell’epoca recente, ed è andato di pari passo col movimento di ascesa nelle classi lavoratrici nell’ultimo secolo. 6 3° ‐ L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un’impotente lievito del progresso, facendo superare le meschine concezioni campanilistiche in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori, ha unificato i mercati togliendo molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci, ha fatto estendere alle popolazioni più arretrate le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili entro il territorio di ciascun nuovo stato. Essa portava però in sé i germi della malattia: l’imperialismo militarista, che la nostra generazione ha visto ingigantire fino alla formazione degli stati totalitari ed allo scoppio dell’ultima guerra. La nazione non è più considerata come storico prodotto della convivenza di uomini che, pervenuti per la comunanza del loro destino ad una maggiore unità di costumi e di aspirazioni, trovano nel loro stato la forza più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana. E’ divenuta invece un’entità eterna, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possono risentire; la sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, perché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri, e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti che gli permettono di muoversi 5 A: “Sono conservate le colossali fortune dei pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti della moderna cultura. È salvato, nelle sue linee sostanziali, un regime economico in cui le risorse materiali e le forze di lavoro, che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle energie vitali umane, vengono invece indirizzate alla soddisfazione dei desideri più futili di coloro che sono in grado di pagare i prezzi più alti, un regime economico in cui, col diritto di successione, la potenza del denaro si perpetua nello stesso ceto, trasformandosi in un privilegio senza alcuna corrispondenza al valore sociale dei servizi effettivamente prestati, e il campo delle alternative ai proletari resta così ridotto che per vivere sono spesso costretti a lasciarsi sfruttare da chi offre loro una qualsiasi possibilità di impiego. C: “Sono conservate le colossali fortune di pochi e la miseria delle grandi masse, escluse da ogni possibilità di godere i frutti della moderna cultura. È salvato, nelle sue linee sostanziali, un regime economico in cui le riserve materiali e le forze di lavoro, che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle energie vitali umane, vengono invece indirizzate alla soddisfazione dei edesideri più futili di coloro che sono in grado di pagare i prezzi più alti; un regime economico in cui, col diritto di successione, la potenza del denaro si perpetua nello stesso ceto, trasformandosi in un privilegio senza alcuna corrispondenza al valore sociale dei servizi effettivamente prestati, e il campo delle possibilità proletarie resta così ridotto, che per vivere i lavoratori sono spesso costretti a lasciarsi sfruttare da chi offra loro una qualsiasi possibilità di impiego”. cap. I, p. 12. 6 Di tale passaggio non si è trovata alcuna traccia in C. 52 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 più liberamente, di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza lo stato si è venuto trasformando da tutelatore delle libertà dei cittadini, in padrone di sudditi tenuti a servirlo con tutte le facoltà, per rendere massima l’efficienza bellica. Anche nei periodi di pace, ormai considerati come periodi di preparazione alle inevitabili guerre a ripetizione, i ceti militari hanno preso sempre più il predominio sui ceti civili e tutta la vita politica, amministrativa ed economica si è andata sempre più conformando alle esigenze della guerra. 7 Per la più coerente 7 A: “L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito del progresso; ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori; ha eliminato molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci; ha fatto estendere, dentro al territorio di ciascun nuovo Stato, alle popolazioni più arretrate, le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili. Essa portava però in sé i germi del nazionalismo imperialista, che la nostra generazione ha visto ingigantire, fino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali. La nazione non è ora più considerata come lo storico prodotto della convivenza degli uomini che, pervenuti, grazie ad un lungo processo, ad una maggiore uniformità di costumi e di aspirazioni, trovano nel loro stato la forma più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana. È invece divenuta un’entità divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possono risentirne. La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi, tenuti a servirlo con tutte le facoltà per rendere massima l’efficienza bellica. Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai, in molti paesi, su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi;”, cap. I, p. 2. C: “L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso; ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori; ha eliminato molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci; ha fatto estendere entro il territorio di ciascun nuovo Stato alle popolazioni più arretrate le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili. Essa portava però in sé i germi dell’imperialismo capitalista, che la nostra generazione ha visto ingigantire, sino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali. La nazione non è più ora considerata come lo storico prodotto della convivenza di uomini che pervenuti grazie ad un lungo processo ad una maggiore unità di costumi e di aspirazioni, trovano nel loro stato la forma più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana; è invece divenuta un’entità divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possano risentirne. La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti, che gli permettano di muoversi liberamente e di 53 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 unificazione di tutti gli sforzi, per la maggiore rapidità di resistenza, gli stati totalitari, col massimo di accentramento e di autarchia si sono dimostrati gli organismi più adatti all’ambiente internazionale che si è andato così formando come conseguenza logica della sovranità assoluta di ogni singolo stato. Basta che una nazione faccia un passo avanti verso un più accentrato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre nazioni, trascinate nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere. 8 4° ‐ La libertà di stampa e di associazione, e la progressiva estensione del suffragio rendevano sempre più difficile la difesa dei vecchi privilegi, mantenendo il regime rappresentativo. I nullatenenti impararono a poco a poco a servirsi dell’organizzazione e della scheda elettorale, per dare l’assalto ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, la esenzione dei redditi minimi e dei generi di prima necessità, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle. Come Pulcinella, che dava ai suoi ragazzi il tamburo e la trombetta a patto che non li suonassero, i ceti privilegiati consentivano all’uguaglianza dei diritti politici purché le classi diseredate non se ne valessero per cercare di realizzare quell’uguaglianza di fatto che poteva dare a tali diritti un contenuto concreto di effettiva libertà. Quando, dopo la fine dell’altra guerra, la minaccia divenne più grave, fu naturale che in molti paesi calorosamente essi applaudissero ed appoggiassero la restaurazione delle dittature che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari. assicurarsi i mezzi di esistenza, senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza di ciò, lo stato, da tutelatore delle libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi tenuti a servizio, con tutte le facoltà per rendere massima l’efficienza bellica. Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi”, cap. I, p. 10. 8 A: “Gli stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente la unificazione di tutte le forze, attuando il massimo di accentramento e di autarchia, e si sono perciò dimostrati gli organismi più adatti all’odierno ambiente internazionale. Basta che una nazione faccia un passo più avanti verso un più accentuato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre nazioni, trascinate nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere. “, cap. I, p. 2. C: “Gli stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente l’unificazione di tutte le forze, attuando il massimo di accentramento e di autarchia, e si sono perciò dimostrati gli organismi più adatti all’odierno ambiente internazionale. Basta che una nazione faccia un passo in avanti verso un più accentuato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre trascinate nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere.”, cap. I, p. 10. 54 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori (complessi sindacali che premevano sul governo con tutte le loro forze per ottenere la politica più corrispondente ai loro particolari interessi) minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta fra di loro. Le istituzioni democratiche liberali divenivano lo strumento in mano ai gruppi più potenti per meglio sfruttare la intera collettività. Lo stato totalitario è anche un tentativo di risoluzione dei problemi nascenti dal contrasto degli interessi di categoria che risultavano insolubili entro gli schemi degli ordinamenti politici preesistenti. 9 9 A: “Ma la libertà di stampa e di associazione e la progressiva estensione del suffragio rendevano sempre più difficile la difesa dei vecchi privilegi mantenendo il sistema rappresentativo. I nullatenenti a poco a poco imparavano a servirsi di questi istrumenti per dare l’assalto ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, le esenzioni dei redditi minimi e dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle. Anche i ceti privilegiati che avevano consentito all’uguaglianza dei diritti politici non potevano ammettere che le classi diseredate se ne valessero per cercare di realizzare quell’uguaglianza di fatto che avrebbe dato a tali diritti un contenuto concreto di effettiva libertà. Quando, dopo la fine della prima guerra mondiale, la minaccia divenne troppo forte, fu naturale che tali ceti applaudissero calorosamente ed appoggiassero le instaurazioni delle dittature che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari. D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati, riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori, sindacati e complessi sindacali che premevano sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta tra loro. Gli ordinamenti democratico‐liberali, divenendo lo strumento di cui questi gruppi si valevano per meglio sfruttare l’intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio, e così si diffondeva la convinzione che lo stato totalitario, abolendo la libertà popolare, potesse in qualche modo risolvere i conflitti di interessi che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere.”, cap. I, p. 3. C: “Ma la libertà di stampa e di associazione, e la progressiva estensione del suffragio, rendevano sempre più difficile la difesa dei vecchi privilegi, mantenendo il sistema rappresentativo. I nullatenenti a poco a poco imparavano a servirsi di questi strumenti per dare l’assalto ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte sociali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, la esenzione dei redditi minimi e dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle. Anche i ceti privilegiati che avevano consentito all’eguaglianza dei diritti politici, non potevano ammettere che le classi diseredate se ne valessero per cercare di realizzare quell’uguaglianza di fatto che avrebbe dato a tali diritti un contenuto concreto di effettiva libertà. Quando, dopo la fine della prima guerra mondiale, la minaccia divenne troppo grave, fu naturale che tali ceti applaudissero calorosamente ed appoggiassero l’instaurazione delle dittature, che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari D’altra parte, la formazione di giganteschi complessi 55 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 5° ‐ I regimi totalitari hanno indirizzato tutte le risorse disponibili al massimo potenziamento dell’efficienza militare consolidando nel complesso, la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, e precludendo, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini, e la violenta eliminazione dei dissidenti, ogni possibilità legale di ulteriore correzione dello stato di cose esistenti. Resta assicurata l’esistenza del ceto assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti, e dei redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo col tagliar le cedole dei loro titoli; dei trust monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori; dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio vantaggio sotto l’apparenza del perseguimento di superiori interessi nazionali. La massa dei lavoratori – operai e contadini – resta definitivamente esclusa dal benessere e dalla cultura, anche se alcuni strati di operai conservino qualche garanzia e dei singoli contadini abbiano conquistata la proprietà di un pezzo di terra. 10 industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori, sindacati e complessi che premevano sul governo per ottenere la politica più corrispondente ai loro particolari interessi, minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta fra loro. Gli ordinamenti democratico liberali, divenendo lo strumento di cui questi gruppi si servivano per meglio sfruttare la intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio, e così si diffondeva la convinzione che solamente lo stato totalitario, abolendo le libertà popolari, potesse in qualche modo risolvere i conflitti di interessi che le istituzioni politiche non riuscivano più a contenere.”, cap. I, pp. 11‐12. 10 A: “Di fatto poi i regimi totalitari hanno consolidato in nel complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione dei dissidenti, ogni possibilità legale di correzione dello stato di cose vigente. Si è così assicurata l’esistenza del ceto assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti, e dei redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo col tagliare le cedole dei loro titoli, dei ceti monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori, dei plutocrati, che, nascosti dietro alle quinte, tirano i fili degli uomini politici, per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali. Sono conservate le colossali fortune dei pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti della moderna cultura.”, cap. I, p. 3. C: “Di fatto, poi, i regimi totalitari hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione di tutti i dissenzienti, ogni possibilità legale di ulteriore correzione dello stato di cose vigenti. Si è così assicurata l’esistenza del ceto assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti e dei redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo nel tagliare le cedole dei loro titoli; dei ceti monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori; dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per 56 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Per tenere immobilizzate e sottomesse le classi lavoratrici, i sindacati sono stati trasformati, da liberi organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli associati, in organismi di controllo poliziesco, sotto la direzione d’impiegati scelti dalle classi governanti e ad esse solo responsabili. Attraverso di loro è paternalisticamente realizzata solo quella politica sociale che serve alla classe governante per avere buona carne da cannone ed animali da lavoro in condizioni di poter lavorare. 11 Alla costituzione del nuovo tipo di organizzazione politica ha fatto riscontro lo scalzamento della stessa epoca di libertà e di eguaglianza. Gli uomini non sono più cittadini liberi che si valgono dello stato per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello Stato, che stabilisce quali devono essere i loro fini e viene senz’altro assunta come volontà dello stato la volontà di coloro che ne detengono il potere. Gli uomini non sono più eguali soggetti di diritto, ma, gerarchicamente disposti, debbono ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori, che culminano in un capo, debitamente divinizzato. Il regime delle caste rinasce prepotente dalle sue stesse ceneri. 12 6° ‐ Affermatosi nel campo politico, il dogmatismo se è andato sempre più estendendo in tutti i campi spirituali. La civiltà moderna, liberatasi dai vincoli della superstizione, ha posto come suo fondamento lo spirito critico che non si arresta dinanzi ad alcuna affermazione autoritaria: tutto quello che viene dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento di superiori interessi nazionali.”, cap. I, p. 12. 11 A: “Per tenere immobilizzate e sottomesse le classi operaie, i sindacati sono stati trasformati, da liberi organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli associati, in organi di sorveglianza poliziesca, sotto la direzione di impiegati scelti dal gruppo governante e ad esso solo responsabili.”, cap. I, p. 4. C: “Per tenere immobilizzate e sottomesse le classi operaie, i sindacati sono stati trasformati, da liberi organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli associati, in organi di sorveglianza poliziesca, sotto la direzione di impiegati scelti dal gruppo governante e verso esso solo responsabili.”, cap. I, p. 13. 12 A: “La stessa etica sociale della libertà e dell’uguaglianza è scalzata. Gli uomini non sono più considerati cittadini liberi, che si valgono dello stato per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello stato che stabilisce quali debbono essere i loro fini, e come volontà dello stato viene senz’altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere. Gli uomini non sono più soggetti di diritto, ma, gerarchicamente disposti, son tenuti ad ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori che culminano in un capo, debitamente divinizzato. Il regime delle caste rinasce prepotente dalle sue stesse ceneri.”, cap. I, pp. 4‐5. C: “La stessa etica sociale della libertà e dell’eguaglianza è scalzata. Gli uomini non sono più considerati cittadini liberi, che si valgono dello stato per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello stato, che stabilisce quali debbano essere i loro fini, e come volontà dello stato viene senz’altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere. Gli uomini non sono più soggetti di diritto, ma, gerarchicamente disposti, sono tenuti a ubbidire senza discutere alle autorità superiori, che culminano in un capo debitamente divinizzato. Il regime delle caste rinasce prepotente dalle sue stesse ceneri.”, cap. I, pp. 13‐14. 57 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 affermato deve dare ragione di sé, superare l’esame della critica, o scomparire. Alla modicità di questo spregiudicato atteggiamento sono dovute le maggiori conquiste della nostra società in ogni campo. Questa libertà, questo diritto a non sottomettersi a nessuna autorità, solo perché tale, non ha resistito alla crisi che ha fatto sorgere gli stati totalitari. Nuovi dogmi da accettare per fede e da ossequiare ipocritamente, si stanno accampando da padroni in tutte le scienze. Quantunque nessuno sappia che cosa sia la razza, e le più elementari nozioni storiche ne facciano risaltare l’assurdità, si esige dagli anatomo‐fisiologhi [sic], di credere, di dimostrare di convincere che si appartiene ad una razza eletta, solo perché l’imperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nella massa l’odio e l’orgoglio. I più evidenti concetti della scienza economica sono ripudiati, per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli altri ferri vecchi dell’arsenale mercantilistico, come straordinarie scoperte dei tempi nuovi. Spazio vitale per un popolo moderno è tutto il resto del mondo, perché la divisione del lavoro umano è così progredita che tutte le parti della terra sono interdipendenti. Ma se occorre la pseudo coscienza della geopolitica che vuole dimostrare la consistenza della teoria dello spazio vitale per dare veste teorica alla volontà di sopraffazione dell’imperialismo, la storia viene falsificata nei suoi dati essenziali per l’interesse delle classi governanti. Le biblioteche e le librerie vengono purgate da tutte le opere considerate non ortodosse. Le tenebre dell’oscurantismo di nuovo minacciano di soffocare lo spirito umano. 13 13 A:”3) Contro il dogmatismo autoriatario si è affermato il valore permanente dello spirito critico. Tutto quello che veniva asserito doveva dare ragione di sé o scomparire. Alla metodicità di questo spregiudicato atteggiamento sono dovute le maggiori conquiste della nostra società in ogni campo. Ma questa libertà spirituale non ha resistito alla crisi che ha fatto sorgere gli stati totalitari. Nuovi dogmi da accettare per fede o da osservare ipocritamente, si stanno accampando in tutte le scienze. Quantunque nessuno sappia che cosa sia una razza e le più elementari nozioni storiche ne facciano risultare l’assurdità, si esige dai fisiologi di credere, di mostrare e convincere che si appartiene ad una razza eletta, sol perché l’imperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nelle masse l’odio e l’orgoglio. I più evidenti concetti della scienza economica debbono essere considerati anatemi per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli altri ferrivecchi del mercantilismo, come straordinarie scoperte dei nuovi tempi. A causa della interdipendenza economica di tutte le parti del mondo, spazio vitale per ogni popolo che voglia conservare il livello di vita corrispondente alla civiltà moderna è tutto il globo; ma si è creata la pseudo scienza della geopolitica, che vuol dimostrare la consistenza della teoria degli spazi vitali, per dar veste teorica alla volontà di sopraffazione dell’imperialismo. La storia viene falsificata nei suoi dati essenziali nell’interesse della classe governante. Le biblioteche e le librerie vengono purgate da tutte le opere non considerate ortodosse. Le tenebre dell’oscurantismo di nuovo minacciano soffocare lo spirito umano.”, cap. I, p. 4. C: “Contro il dogmatismo autoritario, si è affermato il valore permanente dello spirito critico. Tutto quello che veniva asserito, doveva dare ragione di sé o scomparire. Alla metodicità di questo spregiudicato atteggiamento, sono dovute le maggiori conquiste della nostra società 58 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 7° ‐ Le sorti dell’umanità non sono ancora decise. Mentre enormi masse di uomini si lasciano modellare dal nuovo regime, vi si adeguano, e contribuiscono così a consolidarlo, altri ancora vi si oppongono con tutta la loro energia. Il fronte antitotalitario è costituito dalle forze più disparate, che hanno solo una vaga coscienza di costituire un unico fronte. Vi si trovano i paesi che difendono accanitamente la loro indipendenza; le parti più illuminate delle classi lavoratrici che non si sono lasciate piegare dal terrore e dalle lusinghe, e comprendono che il consolidamento dei regimi totalitari significherebbe la fine delle loro aspirazioni a condizioni di vita più umane; gli elementi più consapevoli dei ceti intellettuali, offesi dalla degradazione in cui è sottoposta l’intelligenza. Su di una linea più arretrata, vi sono innumerevoli forze più sparse, pronte ad approfittare delle eventuali occasioni per manifestare la loro posizione; imprenditori che, sentendosi capaci di nuove vitali iniziative vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche che impacciano ogni movimento e impediscono la soggezione al grande proprietario; paesi che hanno soggiaciuto alla violenza e sono smarriti per il colpo ricevuto; tutti coloro, infine, che, per un senso umano di dignità non sanno piegare la spina dorsale all’umiliazione della servitù. 14 in ogni campo. Ma questa libertà spirituale non ha resistito alla crisi che ha fatto sorgere gli stati totalitari. Nuovi dogmi da accettare per fede, o da accettare ipocritamente, si stanno accampando da padroni in tutte le scienze. Quantunque nessuno sappia che cosa sia una razza, e le più elementari nozioni storiche ne facciano risultare lʹassurdità, si esige dai fisiologi di credere, dimostrare e convincere che si appartiene ad una razza eletta, solo perché lʹimperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nelle masse lʹodio e lʹorgoglio. I più evidenti concetti della scienza economica debbono essere considerati anatemi per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli altri ferri vecchi del mercantilismo, come straordinarie scoperte dei nostri tempi. A causa della interdipendenza economica di tutte le parti del mondo, spazio vitale per ogni popolo che voglia conservare il livello di vita corrispondente alla civiltà moderna è tutto il globo; ma si è creata la pseudo scienza della geopolitica, che vuol dimostrare la consistenza della teoria degli spazi vitali, per dar veste teorica alla volontà di sopraffazione dellʹimperialismo. La storia viene falsificata nei suoi dati essenziali, nellʹinteresse della classe governante. Le biblioteche e le librerie vengono purificate di tutte le opere non considerate ortodosse. Le tenebre dellʹoscurantismo di nuovo minacciano di soffocare lo spirito umano.”, cap. I, p. 13. 14 A: “Il lento processo, grazie al quale enormi masse di uomini si lasciavano modellare passivamente dal nuovo regime, vi si adeguavano e contribuivano così a consolidarlo, è arrestato, e si è invece iniziato il processo contrario. In questa immensa ondata, che lentamente si solleva, si ritrovano tutte le forze progressiste: le parti più illuminate delle classi lavoratrici che si erano lasciate distogliere, dal terrore e dalle lusinghe, nella loro aspirazione ad una superiore forma di vita; gli elementi più consapevoli dei ceti intellettuali, offesi dalla degradazione cui è sottoposta l’intelligenza; imprenditori, che sentendosi capaci di nuove 59 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Il fronte antitotalitario vuole oggi per prima cosa la vittoria degli alleati. La resistenza anglo‐russa è l’ultimo baluardo contro l’urto nazista. Se tale resistenza cedesse, l’Europa verrebbe unificata in un solo impero costituito da una Germania armata, che imporrebbe la sua volontà a tanti stati vassalli, disarmati ed organizzati per la migliore soddisfazione delle sue esigenze. 8° ‐ I tedeschi vittoriosi potrebbero permettersi anche il lusso di mostrarsi straordinariamente generosi verso gli altri popoli europei rispettando in apparenza il loro territorio e le loro istituzioni politiche, per governare più facilmente, soddisfacendo lo stupido sentimento pseudo‐patriottico che guarda ai colori dei pali di confine ed alla nazionalità dei dirigenti più in vista, invece che al rapporto delle forze ed al contenuto effettivo degli organi dello stato. Comunque camuffata, la realtà sarebbe però sempre la stessa: la divisione fra spartani ed iloti. 15 Nelle concrete circostanze storiche e geografiche odierne la Germania potrebbe assolvere abbastanza facilmente per una intera epoca, al compito egemonico che si è prefissa sull’Europa unificata. Con le sue forze nazionali, aeree e navali potrebbe tener testa al nemico d’oltre oceano. Il resto del continente lavorerebbe tutto al suo servizio. Questa soluzione costituirebbe il iniziative, vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche, e dalle autarchie nazionali, che impacciano ogni movimento; tutti coloro, infine, che, per un senso innato di dignità, non sanno piegare la spina dorsale all’umiliazione della servitù.”, cap. I, p. 6. C: “Il lento processo, grazie al quale enormi masse di uomini si lasciavano modellare passivamente dal nuovo regime, vi si adeguavano e contribuivano così a consolidarlo, è arrestato; si è invece iniziato il processo contrario. In questa immensa ondata che lentamente si solleva si ritrovano tutte le forze progressive, le parti più illuminate delle classi lavoratrici che non si sono lasciate distogliere dal terrore e dalle lusinghe nella loro aspirazione ad una superiore forma di vita; gli elementi più consapevoli dei ceti intellettuali, offesi dalla degradazione cui è sottoposta la intelligenza; imprenditori che, sentendosi capaci di nuove iniziative, vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali, che impacciano ogni loro movimento; tutti coloro infine che, per un senso innato di dignità, non sanno piegar la spina dorsale all’umiliazione della servitù.”, cap. I, p. 16. 15 A: “I tedeschi, vittoriosi, potrebbero anche permettersi una lustra di generosità verso gli altri popoli europei, rispettare formalmente i loro territori e le loro istituzioni politiche, per governare così soddisfacendo lo stupido sentimento patriottico che guarda ai colori dei pali da confine ed alla nazionalità degli uomini politici che si presentano alla ribalta, invece che al rapporto delle forze ed al contenuto effettivo degli organi dello stato. Comunque camuffata, la realtà sarebbe sempre la stessa: una rinnovata divisione dell’umanità in Spartiati ed Iloti.”, cap. I, p. 5. C: “I tedeschi, vittoriosi, potrebbero anche permettersi una lustra di generosità verso gli altri popoli europei, rispettare formalmente i loro territori e le loro istituzioni politiche, per governare così soddisfacendo lo stupido sentimento patriottico che guarda ai colori dei pali di confine ed alla nazionalità degli uomini politici che si presentano alla ribalta, invece che al rapporto delle forze ed al contenuto effettivo degli organismi dello stato. Comunque camuffata, la realtà sarebbe però sempre la stessa: la divisione dell’umanità in Spartiati ed Iloti.”, cap. I, p. 14 60 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 definitivo consolidamento della reazionaria civiltà totalitaria. Tutte le caratteristiche cui abbiamo accennato sarebbero esasperate al massimo. La tradizione, le arroganze e le intransigenze dei ceti militari tedeschi può già darci una idea di quello che sarebbe il carattere del loro dominio dopo una guerra in cui hanno dato prova di così straordinaria capacità guerriera. Le forze del progresso, per lungo tempo sarebbero condannate ad una semplice opposizione negativa. Sorte simile, le forze progressive avrebbero pure nel caso di una soluzione di compromesso fra le due parti ora in lotta, poiché anche tale soluzione necessariamente significherebbe un ulteriore passo innanzi del totalitarismo. Una pace di compromesso sarebbe solo un rinvio della guerra, e l’esperienza presente – in cui gli stati democratici in confronto a quelli totalitari, hanno fatto la figura di vasi di coccio fra vasi di ferro – costringerebbe tutti i paesi, che fossero sfuggiti alla stretta della Germania, ad adottare le sue stesse forme di organizzazione politica. 16 E’ quindi necessario operare, ovunque sia possibile, per l’unica soluzione atta ad arrestare lo sviluppo della reazione militaristica. La premessa indispensabile di ogni ulteriore progresso, è oggi la sconfitta dell’Asse. In Italia 16 A: “Questa reazionaria civiltà totalitaria, dopo aver trionfato in una serie di paesi, ha infine trovato nella Germaniza nazista la potenza che si è ritenuta capace di trarne le ultime conseguenze. Dopo una meticolosa preparazione, approfittando con audacia e senza scrupoli delle rivalità, degli egoismi, delle stupidità altrui, trascinando al suo seguito altri stati vassalli europei – primo tra i quali l’Italia – alleandosi col Giappone che persegue fini identici in Asia, essa si è lanciata nell’opera di sopraffazione. La sua vittoria significherebbe il definitivo consolidamento del totalitarismo nel mondo. Tutte le sue caratteristiche sarebbero esasperate al massimo e le forze progressiste sarebbero condannate per lungo tempo ad una semplice opposizione negativa. La tradizionale arroganza e intransigenza dei ceti militari tedeschi può già darci un’idea di quel che sarebbe il carattere del loro dominio dopo una guerra vittoriosa. […] Anche una soluzione di compromesso tra le parti ora in lotta significherebbe un ulteriore passo innanzi del totalitarismo, poiché tutti i paesi che fossero sfuggiti alla stretta della Germania sarebbero costretti ad accettare le sue stesse forme di organizzazione politica, per prepararsi adeguatamente alla ripresa della guerra.”,”, cap. I, p. 5. C: “Questa reazionaria civiltà totalitaria, dopo aver trionfato in una serie di paesi, ha infine trovato nella Germania nazista la potenza che si è ritenuta capace di trarne le ultime conseguenze. Dopo una meticolosa preparazione, approfittando con audacia e senza scrupoli delle rivalità, degli egoismi, della stupidità altrui, trascinando al suo seguito statai vassalli europei – primo fra i quali l’Italia – alleandosi col Giappone, che persegue fini identici in Asia, essa si è lanciata nell’opera di sopraffazione. La sua vittoria significherebbe il definitivo consolidamento del totalitarismo nel mondo. Tutte le sue caratteristiche sarebbero esasperate al massimo, e le forze progressive sarebbero condannate per lungo tempo ad una semplice opposizione negativa […] Anche una soluzione di compromesso fra le parti in lotta, significherebbe un ulteriore passo innanzi del totalitarismo, poiché tutti i paesi che fossero sfuggiti alla stretta della Germania, sarebbero costretti ad adottare le sue stesse forme di organizzazione politica, per prepararsi adeguatamente alla ripresa della guerra.”, cap. I, pp. 14‐15. 61 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 occorre, a questo scopo, illuminare l’opinione pubblica, ricordando a tutti che collaborazione alla vittoria dell’asse significa un aiuto al ribadimento delle nostre catene, e spiegando particolarmente a coloro che hanno ancora preoccupazioni patriottiche, che la vittoria dell’Asse porterebbe alla perdita effettiva dell’indipendenza nazionale anche per il nostro paese. Un pacifico accordo per la spartizione delle reciproche zone d’influenza fra due stati totalitari militaristi è una contraddizione di termini. Data l’enorme sproporzione delle forze, qualunque sia la natura degli accordi fra Mussolini ed Hitler la conclusione vittoriosa dell’Asse metterebbe il primo nella stessa posizione dell’imperatore manciuriano rispetto a quella del Giappone. 9° ‐ Neppure la sconfitta della Germania potrebbe però automaticamente portare al riordinamento dell’Europa secondo il nostro ideale di civiltà. Anche nell’ipotesi a noi più favorevole, è prevedibile, alla fine della guerra, un momento critico pericolosissimo, se nei diversi paesi non ci saranno uomini che sappiano dire la parola necessaria, che riescano a farsi ascoltare e siano capaci di compiere gli atti fondamentali per la costruzione dell’ordine nuovo. Nel breve intenso periodo di crisi generale in cui gli stati giaceranno fracassati al suolo, in cui le masse, materia incandescente, suscettibile di essere colata in forme nuove, attenderanno ansiosamente le parole nuove e le nuove direttive d’uomini seriamente internazionalisti, ceti e classi che più erano privilegiati nei vecchi sistemi nazionali, cercheranno subdolamente o con la violenza, di lasciare che l’ondata di sentimenti internazionalisti si logori e passi, e si daranno ostinatamente a ricostruire i vecchi organismi statali nazionali. Ed è probabile che i dirigenti inglesi, magari d’accordo con quelli americani, tentino di spingere le cose in questo senso, mirando sostanzialmente all’interesse dei loro imperi. Poiché, per le masse popolari l’unica effettiva esperienza acquisita è la lotta entro l’ambito nazionale, se si attenderà la soluzione dalle loro spontanee energie, queste si svolgeranno sul terreno della ricostruzione delle nazioni, sia pure a regime democratico, cioè su di un terreno di per se generatore di reazione militarista. 17 17 A: “La sconfitta della Germania non porterebbe automaticamente al riordinamento dell’Europa secondo il nostro ideale di civiltà. Nel breve intenso periodo di crisi generale, in cui gli stati nazionali giaceranno fracassati al suolo, in cui le masse popolari attenderanno ansiose la parola nuova e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capace di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti, i ceti che più erano privilegiati nei vecchi sistemi nazionali cercheranno subdolamente o con la violenza di smorzare l’ondata dei sentimenti e delle passioni internazionaliste, e si daranno ostinatamente a ricostruire i vecchi organismi statali. Ed è probabile che i dirigenti inglesi, magari d’accordo con quelli americani, tentino di spingere le cose in questo senso, per riprendere la politica dell’equilibrio delle potenze nell’apparente immediato interesse dei loro imperi.“, cap. II, p. 6. C: “La sconfitta della Germania non potrebbe però automaticamente portare al riordinamento 62 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 La linea di divisione fra partiti rivoluzionari e reazionari, cade non lungo le linee della maggiore e minore democrazia formale da istituire, ma lungo la linea nuovissima che separerà coloro che concepiranno compito centrale delle lotte quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale e faranno così solidificare di nuovo la lava incandescente nel vecchio stampo, lasciando risorgere le vecchie assurdità; e coloro che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, ed a questo scopo cercheranno di indirizzare le forze popolari, liberate dai vecchi vincoli, prima che questi le abbiano riafferrate e nuovamente immobilizzate. Al momento critico, prevedibile per l’immediato dopo guerra, occorre sin d’ora pensare, con la propaganda e con l’azione, cercando già di stabilire in tutti i modi, legami ed accordi fra i simili movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando. Occorre gettare le fondamenta di un movimento che sappia utilizzare sentimenti schietti e rancori, vecchi e nuovi bisogni, tendenze leali e decise, forze nuove e vecchi residui, non esitando di fronte a nulla per dare il massimo di energia e di consistenza al nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costruire un saldo stato federale europeo e mondiale che disponga di una forza armata propria al posto degli eserciti nazionali che spezzi decisamente le autarchie nazionali, spina dorsale del regime totalitario, che abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federati le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stessi stati un’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei diversi popoli. Se ci sarà nei principali paesi d’Europa e del mondo un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani perché la situazione e la materia umana saranno favorevolissime alla loro opera, e di fronte a loro avranno solo partiti e tendenze stanchi, logori e squalificati dalla disastrosa esperienza del periodo 1918‐1939. Mentre alla fine della guerra passata tutte queste tendenze si presentavano con una apparenza di verginità ed esercitavano un grande fascino, ora nessuna di esse può sottrarsi dell’Europa secondo il nostro ideale di civiltà. Nel breve intenso periodo di crisi generale (in cui gli stati giaceranno fracassati al suolo, in cui le masse popolari attenderanno ansiose le parole nuove e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capaci di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti), i ceti che più erano privilegiati nei vecchi sistemi nazionali, cercheranno subdolamente o con la violenza di smorzare l’ondata dei sentimenti e delle passioni internazionaliste, e si daranno ostentatamente a ricostruire i vecchi organismi statali. Ed è probabile che i dirigenti inglesi, magari d’accordo con quelli americani, tentino di spingere le cose in questo senso, per riprendere la politica dell’equilibrio dei poteri, nell’apparente immediato interesse dei loro imperi.”, cap. II, p. 16. 63 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 alla critica più demolitrice. Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà l’ora di uomini nuovi del movimento per l’umanità libera ed unita. 18 18 A: “La linea di divisione tra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o maggiore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea per realizzare l’unità internazionale. Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami tra i movimenti simili che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costruire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantener un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. Se ci sarà nei principali paesi europei un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, perché la situazione e gli animi saranno favorevoli alla loro opera e di fronte avranno partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa esperienza dell’ultimo ventennio. Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi, del movimento per l’Europa libera e unita!”, cap. II, p. 9. C: “La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la linea sostanziale nuovissima linea che separerà quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale ‐ e faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità ‐ e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima libea come strumento per realizzare l’unità internazionale. Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami fra i singoli movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre sin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far nascere il nuovo organismo che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costruire un saldo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali; spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari; abbia i mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. Se ci sarà nei principali paesi europei un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, poiché la situazione e gli animi saranno favorevoli alla loro opera. Essi avranno di fronte partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa esperienza dell’ultimo ventennio. Poiché sarà 64 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 10° ‐ Le forze contrarie al nazi‐fascismo sono state fin’ora influenzate da due tendenze politiche principali: la democratica e la comunista. Ora avversarie, ora alleate, secondo le varie contingenze, esse sono profondamente diverse. Non ci interessa di farne una critica storica, ma solo precisare quale sia il loro atteggiamento di fronte ai problema dell’ora. La tendenza democratica ha innumerevoli sfumature, che vanno da un liberalismo molto conservatore fino al socialismo ed all’anarchia. Quel che le accomuna tutte è la loro metodologia politica. Esse credono nella «generazione spontanea» degli avvenimenti e delle istituzioni, nella bontà assoluta degli impulsi che vengono dal basso. Socialisti e liberali pensano in ogni caso che socialismo e liberalismo debbano essere frutto «naturale» della coscienza del «popolo». Non vogliono forzare la mano alla «storia», al «proletariato», al «popolo» o come altro chiamano il loro dio. Si sentono offesi dallo sviluppo delle dittature e ne auspicano la fine, ma la fine è immaginata come la restituzione al popolo della sua libertà di fare quello che è capace di fare. Il coronamento dei loro sogni è una brava assemblea costituente eletta col più esteso suffragio e col più scrupoloso rispetto dei diritti dell’elettore, la quale decide che costituzione il popolo debba darsi. Se il popolo è immaturo, si darà una cattiva costituzione, ma questa potrà essere sorretta mediante la costante opera di educazione. I democratici non rifuggono per principio dalla violenza ma la vogliono adoperare quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sugli i. Sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono essere ritoccate solamente, per renderle meglio corrispondenti a condizioni che sono nuove solo per dettagli relativamente insignificanti. Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non devono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nella rivoluzione russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni il popolo è agitato dalla crisi generale, dal crollo delle vecchie istituzioni ed ha alcuni fabbisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano ai suoi orecchi, con i suoi miglioni [sic] di teste, non riesce a racapezzarsi [sic], e si dirige in una quantità di tendenze in lotta fra di loro. Nel momento in cui occorre la massima decisione e la massima audacia, i democratici si sentono intimoriti e smarriti, non avendo dietro di sé il favore della coscienza popolare; l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi: del MOVIMENTO PER L’EUROPA LIBERA ED UNITA.”, cap. II, pp. 22‐23. 65 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 pensando che loro dovere sia quello di aiutarla a formarsi, si riducono alla funzione di predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino, sapendo dove si deve arrivare; perdono le occasioni favorevoli per consolidare un nuovo regime, cercando di far subito funzionare organismi che presuppongono una lunga preparazione e sono adatti a periodi di relativa tranquillità; danno ai loro avversari le armi di cui quelli si valgono per rovesciarli. La metodologia politica democratica è un peso morto che si fa sentire nella crisi rivoluzionaria, poiché la caduta dei regimi totalitari scatenerà immense forze popolari piene di energie ma anche di incertezza, e aprirà contemporaneamente le cateratte dell’eloquenza e del giornalismo democratico. In questo caso i democratici rappresenteranno nelle loro mille sfumature non già la volontà di rinnovamento, ma la velleità, e la confusione regnante in tutte le menti. Se gli avvenimenti saranno prevalentemente ispirati dalla mentalità elettoralistica democratica la soluzione sarà la cristallizzazione dell’impotenza generale in una assemblea costituente che non riuscirà a concludere nulla, perché tutte le divergenti tendenze vi saranno rappresentate e si paralizzeranno a vicenda nelle questioni essenziali; così prepareranno il terreno propizio allo sviluppo della reazione. 19 19 A: “Sarà il trionfo delle tendenze democratiche. Esse hanno innumerevoli sfumature che vanno da un liberalismo molto conservatore, fino al socialismo e all’anarchia. Credono nella «generazione spontanea» degli avvenimenti e delle istituzioni, nella bontà assoluta degli impulsi che vengono dal basso. Non vogliono forzare la mano alla «storia» al «popolo» al «proletariato» o come altro chiamano il loro dio. Auspicano la fine delle dittature immaginandola come la restituzione al popolo degli imprescrittibili diritti di autodeterminazione. Il coronamento dei loro sogni è un’assemblea costituente eletta col più esteso suffragio e col più scrupoloso rispetto dei diritti degli elettori, la quale decida che costituzione il popolo debba darsi. Se il popolo è immaturo se ne darà una cattiva, ma correggerla si potrà solo mediante una costante opera di convinzione. I democratici non rifuggono per principio dalla violenza, ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sugli i. Sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono essere solo ritoccate in aspetti relativamente secondari. Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nelle rivoluzioni russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, con le sue leggi e la sua amministrazione, pullulano immediatamente, con sembianza di vecchia legalità o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari Il popolo ha sì alcuni fabbisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta tra loro. Nel momento in cui occorre la massima decisione ed audacia, i democratici si sentono 66 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 11° ‐ Atteggiamento completamente differente hanno i comunisti. Essi partono da un dato di fatto generale nella epoca democratica dell’ultimo secolo, cioè dalla differenziazione politica delle diverse classi, dalla loro lotta reciproca smarriti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni; pensano che loro dovere sia quello di formare quel consenso,ve si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino, sapendo dove si deve arrivare; perdono le occasioni favorevoli al consolidamento del nuovo regime, cercando di far funzionare subito organismi che presuppongono una lunga preparazione e sono adatti ai periodi di relative tranquillità; danno ai loro avversari armi di cui quelli si servono poi per rovesciarli; rappresentano insomma, nelle loro mille tendenze, non già la volontà di rinnovamento, ma le confuse volontà regnanti in tutte le menti, che, paralizzandosi a vicenda, preparano il terreno propizio allo sviluppo della reazione. La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria.”, cap. IV, pp. 13‐14. C: “Sarà il trionfo delle tendenze democratiche. Esse hanno innumerevoli sfumature, che vanno da un liberalismo molto conservatore fino al socialismo e all’anarchia. Credono nella «generazione spontanea» degli avvenimenti e delle istituzioni, nella bontà assoluta degli impulsi che vengono dal basso. Non vogliono forzare la mano alla «storia», al «popolo», al «proletariato» e come altro chiamano il loro Dio. Auspicano la fine delle dittature, immaginandola come al restituzione al popolo degli imprescrittibili diritti di autodeterminazione. Il coronamento dei loro sogni è un’assemblea costituente eletta col più esteso suffragio e col più scrupoloso rispetto del diritto degli elettori, la quale decida che costituzione debba darsi. Se il popolo è immaturo, se ne darà una cattiva; ma correggerla si potrà solo mediante una costante opera di convinzione. I democratici non rifuggono per principio dalla violenza; ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sull’ «i», sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono essere ritoccate in aspettti relativamente secondari. Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nella rivoluzione russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, colle sue leggi e la sua amministrazione, pullulano immediatamente, con sembianze di vecchia legalità o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze socialli progressiste. Il popolo ha sì alcuni fondamentali bisogni da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie. Con i suoi milioni di teste non riesce ad orientarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra loro. Nel momento in cui occorre la massima decisione e la massima audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. Pensano che loro dovere sia di formare quel consenso, e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino, sapendo dove si deve arrivare. Perdono le occasioni favorevoli al consolidamento del nuovo regime, cercando di far funzionare subito organi che presuppongono una lunga preparazione, e sono adatti ai periodi di relativa tranquillità; dànno ai loro avversari armi di cui quelli poi si valgono per rovesciarli; rappresentano insomma, nelle loro mille tendenze, non già la volontà di rinnovamento, ma le confuse velleità regnanti in tutte le menti, che, paralizzandosi a vicenda preparano il terreno propizio allo sviluppo della reazione. La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria.”, cap. II, pp. 17‐ 18. 67 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 e si propongono di organizzare le forze della classe operaia, di spezzare e neutralizzare le forze delle altre classi, di dare, seducentemente, il potere al proletariato per creare un ordinamento collettivista in cui siano garantiti i diritti ad una vita umana per le classi lavoratrici, ma effettivamente, per prendere il potere loro ed organizzare la società secondo le loro vedute. Questo atteggiamento per cui essi non intendono farsi dettare leggi dalle masse, ma dettarla, guidandole, li rende molto più efficienti dei democratici, poiché le masse nei periodi di crisi hanno bisogno non di essere convinte coi ragionamenti ma organizzate, disciplinate, condotte. Il fine che i comunisti si propongono di raggiungere è la statizzazione generale, o quasi, di tutta l’economia del paese, ed in Russia lo hanno già tentato. Questa idea che fu la prima forma utopistica in cui le classi operaie si rappresentarono la loro liberazione dal giogo capitalista e che ha un nucleo profondo di giustizia, in quanto esige che le forze economiche non siano lasciate operare in modo da danneggiare gli uomini, ma siano dirette, controllate e modificate in modo da contribuire al benessere generale porta, se realizzata così com’è stata grossolanamente formulata, non a questo scopo, ma al predominio della ristretta classe dei burocrati, gestori dell’economia. L’influenza dei comunisti è fondata sul mito russo. La Russia ha compito alla fine dell’altra guerra, una rivoluzione che, spezzando senz’altro i ceti privilegiati ha suscitato nelle classi operaie di tutti i paesi, immense speranze. Ed in verità, quando si considerano le condizioni in cui era l’impero dello Zar in confronto agli altri stati europei, bisogna riconoscere che la rivoluzione ha fatto compiere al popolo russo giganteschi passi in avanti. Ma la rivoluzione socialista, sviluppandosi in conseguenza delle tradizioni locali, della scarsa preparazione politica delle masse operaie, della necessità di difesa militare, e specialmente in conseguenza del dottrinarismo utopistico dei suoi dirigenti, come statizzazione di tutta l’economia) è giunta progressivamente alla negazione di sé stessa. Ora, però, la dittatura bolscevica, di fronte al terribile attacco vibratole dal nazismo, mentre da un lato è riuscita con genialità e prontezza, a ricostruire un gagliardo fronte di resistenza nazionale slavo contro l’invasore, dall’altro si appresta con meditati piani, ad entrare lealmente nei quadri di una nuova Europa, abbandonando ogni velleità di dominio politico mondiale. Può darsi – e lo auguriamo – che la guerra affretti la evoluzione degli istituti sovietici verso forme armonizzanti la libertà con la giustizia sociale determinando così conformi atteggiamenti dei vari partiti comunisti europei. Comunque la formazione di una situazione in cui i comunisti potessero contare come soverchiante forza politica non sarebbe uno sviluppo in senso rivoluzionario, ma già il segno del fallimento del rinnovamento e l’inizio di una situazione reazionaria. Le enormi forze rivoluzionarie della classe operaia non 68 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 dovranno essere isolate e contrapposte sterilmente al resto della società, ma guidate a cooperare validamente con le altre forze popolari nella instaurazione del nuovo ordine mondiale, ed a risolvere in questo quadro i loro particolari problemi. 20 12° ‐ Tendenze pseudo democratiche e tendenze rigidamente comuniste‐ totalitarie sono entrambe formazioni politiche del passato: non sanno impostare la loro azione altrimenti che secondo i vecchi schemi della vita parlamentare e della lotta di classe; da tutti gli sviluppi storici recenti nulla hanno appreso, nulla costituiscono un ostacolo e debbono radicalmente modificarsi o sparire. Un vero movimento rivoluzionario deve formarsi in questa crisi stessa dagli elementi che hanno saputo criticare le impostazioni pseudo democratiche e comunisto‐totalitarie. Esso dovrà sapere collaborare spregiudicatamente colle forze democratiche e con quelle comuniste, in quanto le une e le altre operano nel senso della disgregazione del regime attuale, ma non deve lasciarsi irretire dalla prassi politica di nessuna delle due. Anzi deve chiaramente rendersi conto che una via di uscita potrà esserci solo, se si conquisteranno le forze sociali fondamentali, le quali, se non scorgeranno nessuna prospettiva di metodi e di obiettivi nuovi, resteranno influenzate e influenzabili dai vecchi sterili metodi e dalle mentalità democratiche e comuniste. A queste forze occorrerà dimostrare che le vecchie tendenze non sono più capaci di soddisfare i loro veri bisogni, ma le incanalerebbero per una strada che non può portare altro che delusioni e sconfitte. La necessità che nel momento decisivo questo movimento non sia dilettantisticamente [sic] improvvisato, ma sia costituito almeno nel suo atteggiamento centrale e politico e nei suoi quadri generali (e già capace perciò di agire) impone che ci si prepari sin da ora. Esso non deve essere una coalizzazione eterogenea di uomini, riuniti solo transitoriamente per un’opera del tutto contingente (abattimento [sic] del regime totalitario) che si dissolvono ciascuno per la sua strada non appena raggiunto questo punto preliminare, ma deve invece essere costituita da uomini che siano veramente d’accordo sui maggiori problemi da affrontare dopo quel primo evento e sul modo come 20 A: “… seguaci della politica classista e dell’ideale collettivista, i comunisti hanno riconosciuto la difficoltà di ottenere un seguito di forze sufficienti per vincere, e perciò si sono – a differenza degli altri partiti popolari – trasformati in movimento rigidamente disciplinato, che sfrutta quel che residua dal mito russo per organizzare gli operai, ma non prende leggi da essi, e li utilizza nelle più disparate manovre. Questo atteggiamento rende i comunisti, nelle crisi rivoluzionarie, più efficienti dei democratici;”, cap. IV, p. 14. C: “… seguaci della politica classista e dellʹideale collettivista, i comunisti hanno riconosciuta la difficoltà di ottenere un seguito di forze sufficienti per vincere, e per ciò si sono ‐ a differenza degli altri partiti popolari ‐ trasformati in un movimento rigidamente disciplinato, che sfrutta il mito russo per organizzare gli operai, ma non prende legge da essi e li utilizza nelle più disparate manovre. Questo atteggiamento rende i comunisti, nelle crisi rivoluzionarie, più efficienti dei democratici; “, cap. II, p. 18. 69 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 realizzarli. Deve essere un nucleo centrale della futura classe dirigente ed essere perciò tanto coerente da prospettarsi un lavoro in comune per un tratto di tempo abbastanza lungo. 21 13° ‐ Il problema che in un primo luogo va risolto, fallendo il quale, qualsiasi altro progresso non è che una apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani. 22 Quali forze restano disponibili per le opere di civiltà, se la pace non è più che un periodo di preparazione alla guerra? Quali prospettive si presentano ad una società in cui le madri vengano considerate come fattrici di soldati e l’educazione, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo, sono diretti al massimo potenziamento bellico del paese, ed ogni popolo pensa di ridurre gli scambi con gli altri popoli alle bombe, ai siluri ed ai gas asfissianti? Come si può concepire un ordinamento politico libero quando il ceto dei generali prevalga su tutti gli altri ceti sociali? che contenuto possono avere le libertà individuali se tutti gli uomini sono chiamati continuamente sotto le armi, e le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi, ed a sacrificare la vita stessa per obiettivi di cui nessuno veramente capisce il valore? Qualsiasi più profonda conformazione sociale è ormai sterile e 21 A: “Tali tendenze sono però formazioni politiche del passato; da tutti gli sviluppi storici recenti nulla hanno appreso, nulla dimenticato; incanalano le forze progressiste lungo strade che non possono serbare che delusioni e sconfitte; di fronte alle esigenze più progonfe del domani costituiscono un ostacolo e debbono o radicalmente modificarsi o sparire. Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere da coloro che hanno saputo criticare le vecchie impostazioni politiche; dovrà sapere collaborare con le forze democratiche, con quelle comuniste ed in genere con quanti cooperano alla disgregazione del totalitarismo, ma senza lasciarsi irretire dalla loro prassi politica. Il partito rivoluzionario non può essere dilettantescamente improvvisato nel momento decisivo, ma deve sin da ora cominciare a formarsi almeno nel suo atteggiamento politico centrale, nei suoi quadri generali e nelle prima direttive d’azione. Esso non deve rappresentare una coalizione eterogenea di tendenze, riunite solo transitoriamente e negativamente, cioè per il loro passato antifascista e nella semplice attesa del disgregamento del totalitarismo, pronte a disperdersi ciascuna per la sua strada una volta raggiunta quella caduta. Il partito rivoluzionario deve sapere invece che solo allora comincerà veramente la sua opera e deve perciò essere costituito di uomini che si trovino d’accordo sui principali problemi del futuro.”, cap. IV, pp. 16‐17. C: “Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere da coloro che han saputo criticare le impostazioni politiche; dovrà saper collaborare con le forze democratiche, con quelle comuniste, e in genere con quanti cooperino alla disgregazione del totalitarismo; ma senza lasciarsi irretire dalla prassi politica di nessuna di esse.“, cap. II, p. 20. 22 A: “Il problema che in un primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani.”, cap. II, p. 7. C: “Il problema che in un primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani.”, cap. II, p. 21. 70 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 si converte in una maledizione e in un asservimento di tutti ai fini di potenza dello stato, finché sia operata nel quadro degli stati sovrani e lasci sussistere questi, armati gli uni contro gli altri, gelosi ciascuno dei propri particolari interessi e della propria particolare potenza. 23 Il crollo di tutti gli stati del continente sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte di tutti i popoli europei, che, o tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti entreranno con la caduta di questo in una crisi rivoluzionaria. In tale eventualità gli spiriti saranno molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere. E’ ormai dimostrata a luce solare, l’impossibilità di mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti con la convivenza della Germania militarista e l’impossibilità di mantenere il piede sul collo della Germania stessa, una volta che sia vinta. E’ ormai dimostrato che nessun stato in Europa può rimanere alla finestra a guardare, mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. E’ ormai dimostrata l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle Nazioni, che pretendeva di garantire il diritto internazionale senza la forza militare capace di imporre le sue decisioni, e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. E’ ormai dimostrato l’assurdo del principio del non intervento secondo il quale ogni paese dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei. Ed è ormai dimostrato l’insolubilità di molteplici problemi che avvelenano la vita 23 A: “Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive […] le madri vengono considerate come fattrici di soldati […] la scuola, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; […] la volontà dei ceti militari predomina ormai, in molti paesi, su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi; […] le libertà individuali si riducono a nulla dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestar servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi ed a sacrificare la vita stessa per obiettivi di cui nessuno veramente capisce il valore,”, cap. I, p. 2. C: “Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive […] le madri vengono considerate come fattrici di soldati […] la scuola, la scienza, la produzione, lʹorganismo amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; […] la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi; […] le libertà individuali si riducono a nulla, dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestare servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, lʹimpiego, gli averi, ed a sacrificare la vita stessa per obbiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore;“, cap. I, p. 11. 71 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 internazionale dell’Europa: tracciato dei confini delle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare di paesi situati nell’interno del continente, questione balcanica, questione irlandese, ecc., che troverebbero nella federazione europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte della più vasta unità nazionale, quando hanno perso la loro acredine trasformandosi in problemi di rapporti fra le diverse provincie. D’altra parte, la fine del senso di sicurezza dell’inattaccabilità della Gran Bretagna che consiglia la «splendid isolation» agli inglesi, la dissoluzione dell’esercito e della stessa repubblica francese, al primo serio urto delle forze tedesche, risultato che è da sperare abbia di molto smorzato la presunzione sciovinistica dell’assoluta superiorità gallica, e specialmente il riconoscimento della gravità del pericolo corso di generale asservimento, e la evoluzione della rivoluzione russa che nel 1919 distrasse le classi operaie dall’interessarsi attivamente alla riorganizzazione dell’Europa, sono tutte circostanze che possono facilitare, quando la Germania sia sconfitta, la costituzione di un regime federale che ponga fine all’attuale anarchia. Il fatto che l’Inghilterra abbia ormai accettato il principio dell’indipendenza indiana, e la Francia abbia potenzialmente perduto – col riconoscimento della sconfitta – tutto il suo impero rendono più agevole trovare una base di accordo per una sistemazione europea dei possedimenti coloniali. Né va dimenticato, per completare questa pratica rassegna delle condizioni favorevoli, la scomparsa di alcune principali dinastie (Romanoff – Hohenzollern – Asburgo – Borboni) che considerando i diversi paesi come proprio tradizionale appannaggio, rappresentavano, con i poderosi interessi di cui erano l’appoggio, un serio ostacolo ad un’organizzazione nell’interesse della comunità europea. Delle due importanti dinastie che ancora rimangono, quella inglese è oggi rappresentata da un deficiente, ed è così svuotata di contenuto che Churchill ha potuto seriamente proporre al governo francese, prima dell’armistizio, l’unione costituzionale delle due nazioni alleate; e quella italiana è così legata al fascismo che sarà inevitabilmente travolta nella sua caduta. Le costituzioni repubblicane in tutti i paesi sono le fondamenta su cui domani potrà sorgere l’edificio degli stati uniti d’Europa e del mondo. 24 24 A: “Il crollo della maggior parte degli stati del continente sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte dei popoli europei, che tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali. Gli spiriti sono già ora molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. La dura esperienza ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere ed ha fatto maturare molte circostanze 72 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 favorevoli al nostro ideale. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti con la convivenza della Germania militarista a parità di condizioni con gli altri paesi, né si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova è apparso evidente che nessun paese d’Europa può starsene da parte mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. È oramai dimostrata la inutilità, anzi la dannosità di organismi, tipo la Società delle Nazioni, che pretendano di garantire il diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. Assurdo è risultato il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei. Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente: tracciati dei confini a popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc:, che troverebbero nella Federazione Europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte delle più vaste unità nazionali, quando hanno perso la loro acredine, trasformandosi in problemi di rapporti tra le diverse provincie. D’altra parte, la fine del senso di sicurezza dell’inattaccabilità della Gran Bretagna, che consigliava agli inglesi la «splendid isolation»,, la dissoluzione dell’esercito e della stessa repubblica francese, al primo serio urto delle forze tedesche ‐ risultato che è da sperare abbia di molto smorzata la presunzione sciovinista della superiorità gallica ‐ e specialmente la coscienza della gravità del pericolo corso di generale asservimento, sono tutte circostanze che favoriranno la costituzione di un regime federale che ponga fine all’attuale anarchia. Ed il fatto che l’Inghilterra abbia accettato il principio dell’indipendenza indiana, e la Francia abbia potenzialmente perduto, col riconoscimento della sconfitta, tutto il suo impero, rendono più agevole trovare anche una base di accordo per una sistemazione europea dei problemi coloniali. A tutto ciò va infine aggiunta la scomparsa di alcune delle principali dinastie e la fragilità delle basi di quelle che sostengono le dinastie superstiti. Va tenuto conto, infatti, che le dinastie, considerando i diversi paesi come tradizionale appannaggio proprio, rappresentavano, con i poderosi interessi di cui erano l’appoggio, un serio ostacolo alla organizzazione razionale degli Stati Uniti d’Europa, i quali non possono poggiare che sulle costituzioni repubblicane di tutti i paesi federati. E quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbracci in una visione d’insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la federazione europea è l’unica garanzia concepibile che i rapporti con i popoli asiatici ed americani possono svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.”, cap. II, pp. 7‐9. C: “Il crollo della maggior parte degli stati del continente sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte dei popoli europei, che, o tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo, in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali. Gli spiriti sono già ora molto meglio disposti in passato ad una riorganizzazione federale dellʹEuropa. La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere, ed ha fatto maturare molte circostanze favorevoli al nostro ideale. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti, con la convivenza della Germania militarista a parità di condizioni degli altri paesi, né si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova, è apparso evidente che nessun paese in Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a niente 73 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 14° ‐ Un’Europa libera e unita è premessa necessaria per il potenziament [sic] della civiltà moderna di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro le disuguaglianze ed i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l’attuazione saranno crollanti o crollate, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e dedizione. La rivoluzione europea non potrà non essere socialista, cioè non potrà non proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita. Il carattere socialista delle misure da prendere non si può però compendiare nella semplice forma della statizzazione di tutta l’economia, poiché si è già visto quali malefici effetti ne derivino e come non soddisfi affatto la esigenza fondamentale di emancipare i lavoratori. La bussola di orientamento non può essere il principio puramente dottrinario, secondo il valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. È ormai dimostrata l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle Nazioni, che pretendeva di garantire un diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni, e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. Assurdo è risultato il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei. Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente ‐ tracciato dei confini nelle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare di paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc. ‐ che troverebbe nella Federazione Europea la più semplice soluzione ‐ come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte della più vasta unità nazionale avendo perso la loro acredine, col trasformarsi in problemi di rapporti fra le diverse provincie. D’altra parte, la fine del senso di sicurezza dato dall’inattaccabilità della Gran Bretagna, che consigliava agli inglesi la «splendid isolation», la dissoluzione dell’esercito e della stessa repubblica francese al primo serio urto delle forze tedesche (risultato che è da sperare abbia di molto smorzato la convinzione sciovinista dell’assoluta superiorità gallica) e specialmente la coscienza della gravità del pericolo corso di generale asservimento, sono tutte circostanze che favoriranno la costituzione di un regime federale, che ponga fine all’attuale anarchia. E il fatto che l’Inghilterra abbia ormai accettato il principio dell’indipendenza indiana, e la Francia abbia potenzialmente perduto col riconoscimento della sconfitta tutto il suo impero, rendono più agevole trovare una base di accordo per una sistemazione europea nei possedimenti coloniali. A tutto ciò va aggiunta infine la scomparsa di alcune delle principali dinastie, e la fragilità delle basi che sostengono quelle superstiti. Va tenuto conto infatti che le dinastie, considerando i diversi paesi come proprio tradizionale appannaggio, rappresentavano, con i poderosi interessi di cui eran l’appoggio, un serio ostacolo alla organizzazione razionale degli Stati Uniti d’Europa., i quali non possono poggiare che sulla costituzione repubblicana di tutti i paesi federati. E quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbraccino in una visione d’insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la Federazione Europea è l’unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.”, cap. II, pp. 21‐22. 74 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 quale la proprietà privata dei mezzi di produzione deve essere in linea di principio abolita, e tollerata solo in via provvisoria, quando non se ne possa fare a meno. 25 Il principio veramente fondamentale del socialismo – e di cui quello della statizzazione generale dell’economia non è stato che un’affrettata deduzione – è quello secondo cui le forze economiche non devono dominare gli uomini, ma come si fa per le forze naturali, essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime. Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dalle iniziative individuali, non vanno spinte nella morta gora della pratica «routinière» per poi trovarsi di fronte l’insolubile problema di risuscitare quello spirito d’iniziativa con le differenziazioni nei salari e con gli altri provvedimenti del genere dello stacanovismo dell’Urss, col solo risultato di uno sgobbamento più diligente. Quelle forze vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore opportunità di sviluppo e d’impiego e contemporaneamente vanno perfezionati e consolidati gli argini che le convogliano verso gli obbiettivi di maggior vantaggio per la collettività. 26 25 A: “Un’Europa libera e unita è premessa necessaria per il potenziamento della civiltà moderna, di cui l’éra totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro le disuguaglianze e i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici, che ne impedivano l’attuazione, saranno crollanti o crollate, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi la emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento, per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può più essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi di produzione deve essere in linea di principio abolita, e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno”, cap. III, pp. 9‐10. C: “Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l’attuazione saranno crollate o crollanti, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno.“, cap. III, pp. 23‐24. 26 A: “Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che un’affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma ‐ come avviene per le forze naturali ‐ essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime. Le gigantesche forze di progresso, che scaturiscono dall’interesse individuale, non vanno spente nella morta gora della pratica «routinière», per 75 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 La collettivizzazione di tutti gli strumenti di produzione, cioè il loro esclusivo monopolio da parte dello stato, significa tutti i cittadini impiegati dello stato e due graffia carte controllori per ogni effettivo produttore; significa regolamentazione di tutta l’attività economica secondo piani che, disponendo ogni cosa dove, come e in che misura va prodotta, il posto e la rimunerazione di ciascuno, riducono il campo delle libere scelte in modo talmente oppressivo che i cittadini, dipendendo per ogni risoluzione importante dal centro, non hanno più l’indipendenza necessaria per esercitare un efficace controllo sulla classe governante. La classe operaia dei paesi capitalistici ha perfettamente ragione nel non voler essere vittima predestinata della proprietà privata di mezzi di produzione. Altrettanta ragione ha nel paese comunista nel non voler essere la vittima necessaria della burocrazia collettiva. La soluzione razionale, che deve prendere il posto, anche nella coscienza degli operai, della soluzione irrazionale e dottrinaria della generale burocratizzazione, è quella della disciplina e del controllo delle forze economiche nell’interesse collettivo. Operare in senso socialista significa operare in questo senso.27 15° ‐ Volendo indicare in modo più particolareggiato il contenuto di questa direttiva ed avvertendo che la convenienza e la modalità di ogni punto programmatico dovranno essere sempre giudicati in rapporto al fine dell’unità europea, presupposto ormai indispensabile di ogni ulteriore progresso economico e politico, mettiamo in rilievo i seguenti punti:28 trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di risuscitare lo spirito d’iniziativa con la differenziazione dei salari, e con gli altri provvedimenti del genere dello stachenovismo dell’U.R.S.S., col solo risultato di uno sgobbamento più diligente. Quelle forze vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore possibilità di sviluppo e di impiego, e contemporaneamente vanno perfezionati e consolidati gli argini che le convogliano verso gli obiettivi di maggiore utilità per tutta la collettività.”, cap. III, p. 10. C: “Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma ‐ come avviene per forze naturali ‐ essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne sieno vittime. Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dall’interesse individuale, non vanno spente nella morta gora della pratica routinière per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di resuscitare lo spirito d’iniziativa con le differenziazioni nei salari, e con gli altri provvedimenti del genere; quelle forze vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore opportunità di sviluppo e di impiego, e contemporaneamente vanno consolidati e perfezionati gli argini che le convogliano verso gli obbiettivi di maggiore vantaggio per tutta la collettività.”, cap. III, p. 24. 27 A: “La soluzione razionale deve prendere il posto di quella irrazionale anche nella coscienza dei lavoratori.”, cap. III, p. 10. C: “La soluzione razionale deve prendere il posto di quella irrazionale anche nella coscienza dei lavoratori.”, cap. III, p. 25. 28 A: “Volendo indicare in modo più particolareggiato il contenuto di questa direttiva, ed avvertendo che la convenienza e la modalità di ogni punto programmatico dovranno sempre 76 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 a) Non si possono più lasciare ai privati le imprese che svolgendo un’attività necessariamente monopolistica sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (esempio: industria elettrica); le imprese che si vogliono mantenere in piedi per ragioni d’intereses [sic] collettivo, ma che per reggersi hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore ecc. (in passato, esempio di questo tipo d’industria erano quelle siderurgiche e automobilistiche); e le imprese che per la grandezza dei capitali investiti ed il numero degli operai occupati, e per la importanza del settore economico che dominano possono ricattare gli organismi dello stato imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es.: imprese minerarie, grandi istituti bancari, industria degli armamenti). Questo è il campo in cui si dovrà procedere senz’altro a nazionalizzazioni su vastissima scala senz’alcun riguardo per i diritti acquisiti.29 b) Le caratteristiche che hanno avuto in passato il diritto di proprietà e di successione hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà ridistribuire durante una crisi rivoluzionaria in senso egualitario per essere giudicate in rapporto al presupposto ormai indispensabile dell’unità europea, mettiamo in rilievo i seguenti punti:”, cap. III, p. 10. C: “Volendo indicare in modo più particolareggiato il contenuto di questa direttiva, ed avvertendo che la convenienza e le modalità di ogni punto programmatico dovranno essere sempre giudicate in rapporto al presupposo ormai indispensabile dell’unità europea, mettiamo in rilievo i seguenti punti:”, cap. III, p. 25. 29 A: “a) non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (ad esempio le industrie elettriche); le imprese che si vogliono mantenere in vita per ragione d’interesse collettivo, ma che per reggersi hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore, ecc. (l’esempio più notevole di questo tipo di industrie sono in Italia ora le industrie siderurgiche); le imprese che per la grandezza dei capitali investiti ed il numero degli operai occupati, o per l’importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es.: industrie minerarie, grandi istituti bancari, industrie degli armamenti). È questo il campo in cui si dovrà procedere senz’altro a nazionalizzazioni su scala vastissima, senz’alcun riguardo per i diritti acquisiti;”, cap. III, pp. 10‐11. C: “a) non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo unʹattività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori; ad esempio le industrie elettriche, le imprese che si vogliono mantenere in vita per ragioni di interesse collettivo ma che, per reggersi, hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore ecc. (lʹesempio più notevole di questo tipo dʹindustria sono finora in Italia le siderurgiche); e le imprese che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati, o per lʹimportanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato, imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es.: industrie minerarie, grandi istituti bancari, grandi armamenti). È questo il campo in cui si dovrà procedere senzʹaltro a nazionalizzazioni su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti.”, cap. III, p. 25. Nell’articolo pubblicato su «L’unità europea» il brano è riportato come segue: “Non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare i consumatori, le imprese che si vogliono mantenere in piedi per ragioni di interesse collettivo ma che, per reggersi, hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore ecc., le imprese che, per grandezza di capitali, numero d’operai, importanza del settore, possano ricattare lo Stato.”. Cfr. Premesse sociali del federalismo, in «L’unità europea», maggio 1943, n. 1, pp. 2‐3. 77 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 eliminare i ceti parassitari e per dare ai lavoratori gli strumenti di produzione di cui abbisognano per migliorare le loro condizioni di vita. Pensiamo cioè ad una riforma agraria che passi la terra in proprietà a chi la coltiva e ad una riforma industriale che estenderà la proprietà dei lavoratori nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l’azionariato operaio ecc…30 c) I giovani vanno assistiti con tutte le previdenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva di proseguire gli studi fino ai gradi superiori, ai più idonei, invece che ai più ricchi e dovrà preparare in ogni branca di studi per l’avviamento ai diversi mestieri e alle diverse attività liberali o scientifiche, un numero d’individui corrispondenti alla domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino poi press’a poco uguali per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le differenze tra le rimunerazioni nell’interno di ciascuna categoria, a seconda delle diverse capacità individuali.31 30 A: ʺb) le caratteristiche che hanno avuto in passato il diritto di proprietà e il diritto di successione hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire, durante una crisi rivoluzionaria, in senso egualitario per eliminare i ceti parassitari e per dare ai lavoratori glʹistrumenti di produzione di cui abbisognano, onde migliorarne le condizioni economiche e far loro raggiungere una maggiore indipendenza di vita. Pensiamo cioè ad una riforma agraria che, passando la terra a chi la coltiva, aumenti enormemente il numero dei proprietari, e ad una riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori, nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l’azionariato operaio ecc.;ʺ, cap. III, p. 11. C: ʺb) Le caratteristiche che hanno avuto in passato il diritto di proprietà e il diritto di successione, hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire durante una crisi rivoluzionaria in senso egualitario, per eliminare i ceti parassitari e per dare ai lavoratori gli strumenti di produzione di cui abbisognano, onde migliorare le condizioni economiche e far loro raggiungere una maggiore indipendenza di vita. Pensiamo cioè ad una riforma agraria che, passando la terra a chi la coltiva, aumenti enormemente il numero dei proprietari, e ad una riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l’azionariato operaio ecc.ʺ, cap. III,. p. 25. D: “Non si possono più conservare, al diritto di proprietà e al diritto di successione, le caratteristiche avute in passato; le ricchezze non potranno più accumularsi nelle mani di pochi privilegiati e si dovrà addivenire ad una ridistribuzione con conseguente eliminazione dei ceti parassitari. Mediante l’abolizione del possesso monopolistico degli strumenti di produzione i lavoratori avranno la garanzia di migliorare le loro condizioni economiche e il loro tenore di vita. Parallelamente una riforma agraria, passando la terra a chi la coltiva, sia con la piccola proprietà coltivatrice, sia con la conduzione collettiva (gestione cooperativa e azionariato operaio) affronterà il problema del latifondo e della grande proprietà terriera di speculazione.ʺ 31 A: ʺc) i giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva di proseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; e dovrà preparare, in ogni branca di studi per l’avviamento ai diversi mestieri e alle diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino pressapoco eguali, per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze tra le rimunerazioni nell’interno delle categorie, a seconda delle diverse capacità individuali;ʺ, cap. III, p. 11. C: ʺc) I giovani vanno 78 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 d) La potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità colla tecnica moderna permette ormai di assicurare a tutti con un costo sociale relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio, il vestiario col minimo di conforto necessario per assicurare il senso di dignità umana. La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative sempre avvilienti [sic] ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente senza ridurre lo stimolo al lavoro ed al risparmio. 32 e) I sindacati, dopo essere stati organi di difesa e di elevazione dell’intera classe operaia hanno dimostrato una forte tendenza a ricostituire il sistema corporativo medioevale, creando corpi chiusi monopolistici che riservano ai soci un particolare settore del mercato del lavoro, senza tener conto del danno causato in tal modo ai lavoratori esclusi ed alla massa non qualificata di consumatori: sono così diventati un ostacolo conservatore alle stesse aspirazioni più profonde del proletariato; [sic] La liberazione delle classi lavoratrici non può aver luogo inquadrandole tutte in sindacati monopolistici, perché in tal modo si trasporterebbero semplicemente sul campo operaio i metodi sopraffattori caratteristici oggi soprattutto del grande capitale, ma realizzando le condizioni accennate nei punti precedenti, con lo spazzare via i ceti parassitari, con il ridurre al minimo i privilegi derivanti dalla nascita e col garantire a tutti un livello di vita tale che nessuno sia più costretto dalla necessità ad accettare contratti di lavoro iugulatori. In queste condizioni i lavoratori debbono tornare ad essere liberi di scegliere assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare le possibilità effettive di proseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; e dovrà preparare in ogni branca di studi, per l’avviamento ai diversi mestieri e alle diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino poi press’a poco eguali per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze fra le rimunerazioni nell’interno di ciascuna categoria, a seconda delle diverse capacità individuali.ʺ, cap. III, p. 26. 32 A: ʺd) la potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio e il vestiario col minimo di conforto necessario per conservare la dignità umana. La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative, sempre avvilenti, e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori;ʺ, cap. III, p. 11. C: ʺ d) La potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità, con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio e il vestiario, col minimo di conforto necessario per conservare il senso della dignità umana. La solidarietà umana verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica, non dovrà, per ciò, manifestarsi con le forme caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori.ʺ, cap. III, p. 26. 79 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 i fiduciari per trattare collettivamente le condizioni cui intendono prestare la loro opera, e lo stato dovrà dare mezzi giuridici per garantire l’osservanza dei patti conclusi, ma tutte le dannose tendenze monopolistiche potranno essere efficacemente combattute. Queste sono le trasformazioni necessarie per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi le libertà politiche potranno avere un contenuto concreto – non solo formale – per tutti, in quanto la massa dei cittadini avrà un’indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esercitare un continuo ed efficace controllo sulla classe governante. 33 16° ‐ Sugli istituti costituzionali sarebbe superfluo soffermarci, perché non potendo ora prevedere le condizioni in cui dovranno sorgere ed operare, non faremmo che ripetere quello che già tutti sanno sulla necessità di organi rappresentativi per la formazioni [sic] delle leggi; dell’indipendenza della magistratura che prenderà il posto dell’attuale per l’applicazione imparziale di quelle leggi; della libertà di stampa e di associazione per illuminare l’opinione pubblica e per dare a tutti i cittadini la possibilità di partecipare effettivamente alla vita dello stato. In due sole questioni riteniamo necessario precisare meglio 33 A: ʺe) la liberazione delle classi lavoratrici può aver luogo solo realizzando le condizioni acennate nei punti precedenti: non lasciandole ricadere nella politica economica dei sindacati monopolistici, che trasportano semplicemente sul campo operaio i metodi sopraffattori caratteristici specialmente del grande capitale. I lavoratori debbono tornare ad essere liberi di scegliere i fiduciari per trattare collettivamente le condizioni a cui intendono prestare la loro opera, e lo stato dovrà dare mezzi giuridici per garantire l’osservanza dei patti conclusi; ma tutte le tendenze monopolistiche potranno essere efficacemente combattute, una volta che saranno realizzate quelle trasformazioni social. Questi sono i cambiamenti necessari per creare, intorno al nuovo ordine, un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi le libertà politiche potranno veramente avere un contenuto concreto e non solo formale per tutti, in quanto la massa dei cittadini avrà una indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esercitare un efficace e continuo controllo sulla classe governante.ʺ, cap. III, pp. 11‐12. C: “e) La liberazione delle classi lavoratrici può aver luogo solo realizzando le condizioni accennate nei punti precedenti: non lasciandole ricadere in balia della politica economica dei sindacati monopolistici, che trasportano semplicemente sul campo operaio i metodi sopraffattori caratteristici oggi soprattutto del grande capitale. I lavoratori debbono tornare ad essere liberi di scegliere i fiduciari per trattare collettivamente le condizioni cui intendono prestare la loro opera, e lo stato dovrà dare mezzi giuridici per garantire l’osservanza dei patti conclusivi; ma tutte le dannose tendenze monopolistiche potranno essere efficacemente combattute, una volta che sieno realizzate quelle trasformazioni sociali. Questi sono i cambiamenti necessari per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi, le libertà politiche potranno veramente avere un contenuto concreto, e non solo formale, per tutti, in quanto la massa dei cittadini avrà una indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esercitare un continuo ed efficace controllo sulla classe governante.”, cap. III, pp. 25‐27. 80 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 le idee per la loro particolare importanza nel nostro paese: sui rapporti dello stato con la chiesa e sul carattere della rappresentanza politica. 34 17° ‐ La chiesa cattolica è pur sempre quella stessa che ha condannato come erronea nel «Sillabus» l’affermazione che il Papa potesse ed avesse da conciliarsi e transigere col progresso, il liberalismo e la civiltà moderna. Anche se la nequizia dei tempi la costringe a tollerare le libertà moderne, la chiesa cattolica continua a considerarsi l’unica società perfetta a cui lo stato dovrebbe sottomettersi, fornendole le armi temporali per imporre il rispetto dell’ortodossia secondo i suoi dogmi, e si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari, di cui cerca di profittare per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostituire il suo patrimonio, per estendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia. In Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo con un concordato. Questo concordato andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose dovranno essere ugualmente rispettate ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti e dovrà riprendere la sua opera educatrice per lo sviluppo dello spirito critico e per liberare le coscienze da ogni residuo di trascendenza. 35 34 A: ʺ Sugli istituti costituzionali sarebbe superfluo soffermarci, poiché, non potendosi prevedere le condizioni in cui dovranno sorgere ed operare, non faremmo che ripetere quello che tutti già sanno sulla necessità di organi rappresentativi per la formazione delle leggi; dell’indipendenza della magistratura ‐ che prenderà il posto dell’attuale ‐ per l’applicazione imparziale delle leggi emanate, della libertà di stampa e di associazione, per illuminare l’opinione pubblica e dare a tutti i cittadini la possibilità di partecipare effettivamente alla vita dello stato. Su due sole questioni è necessario precisare meglio le idee, per la loro particolare importanza in questo momento nel nostro paese, cioè sui rapporti dello stato con la chiesa, e sul carattere della rappresentanza politica:ʺ, cap. III, p. 12. C: “Sugli istituti costituzionali sarebbe superfluo soffermarsi, perché, non potendosi ora prevedere le condizioni in cui dovranno sorgere ed operare, non faremmo che ripetere quello che già tutti sanno sulla necessità di organi rappresentativi, sulla formazione delle leggi, sull’indipendenza della magistratura che prenderà il posto dell’attuale per l’applicazione imparziale delle leggi emanate, sulla libertà di stampa e di associazione per illuminare l’opinione pubblica e dare a tutti i cittadini la possibilità di partecipare effettivamente alla vita dello stato. Su due sole questioni riteniamo necessario precisare meglio le idee, per la loro particolare importanza in questo momento nel nostro paese: sui rapporti dello stato con la chiesa e sul carattere della rappresentanza politica: “, cap. III, p. 27. 35 A: ʺa) la chiesa cattolica continua inflessibilmente a considerarsi unica società perfetta, a cui lo stato dovrebbe sottomettersi, fornendole le armi temporali per imporre il rispetto della sua ortodossia. Si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari, di cui cerca di approfittare per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostituire il suo patrimonio, per stendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia. Il concordato con cui in 81 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 18° ‐ La baracca di cartapesta che il fascismo ha costruito con l’ordinamento corporativo cadrà in frantumi insieme alle altre parti dello stato totalitario. C’è chi ritiene che da questi rottami sarà possibile trarre domani il materiale per ricostruire il nuovo ordine costituzionale. Noi non lo crediamo. Nello stato totalitario le camere corporative sono una beffa, il coronamento del controllo politico sui lavoratori. Ma se anche le camere corporative fossero la sincera espressione delle diverse categorie dei produttori, gli organi di rappresentanza di categorie professionali non potrebbero mai essere qualificati per trattare questioni di politica generale, e nelle questioni più propriamente economiche diverrebbero organi di sopraffazione delle categorie sindacalmente più potenti. Ai sindacati spetteranno funzioni in collaborazione con gli organi statali incaricati di risolvere i problemi che più direttamente li riguardano; è senz’altro da escludere che ad essi vada affidata alcuna funzione legislativa, perché ne risulterebbe o l’anarchia feudale della vita economica o il dispotismo del potere politico. Molti che si sono lasciati prendere ingenuamente dal mito del corporativismo potranno e dovranno essere conquistati dall’opera di rinnovamento, ma occorrerà che si rendano conto di quanto sia assurda la soluzione da loro confusamente segnata. 36 Italia il Vaticano ha concluso lʹalleanza col fascismo andrà senz’altro abolito, per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose dovranno essere ugualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti, e dovrà riprendere la sua opera educatrice per lo sviluppo dello spirito critico;ʺ, cap. III, p. 12. C: “a) Il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose dovranno essere egualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti.“, cap. III, p. 27. 36 A: ʺLa baracca di cartapesta che il fascismo ha costruito con l’ordinamento corporativo cadrà in frantumi, insieme alle altre parti dello stato totalitario. C’è chi ritiene che da questi rottami si potrà domani trarre il materiale per il nuovo ordine costituzionale. Noi non lo crediamo. Nello stato totalitario le Camere corporative sono una beffa, che corona il controllo poliziesco dei lavoratori. Se anche però le Camere corporative fossero la sincera espressione delle diverse categorie dei produttori, gli organi di rappresentanza delle diverse categorie professionali non potrebbero mai essere qualificati per trattare questioni di politica generale, e nelle questioni più propriamente economiche diverrebbero organi di sopraffazione delle categorie sindacalmente più potenti. Ai sindacati spetteranno ampie funzioni in collaborazione con gli organi statali, incaricati di risolvere i problemi che più direttamente li riguardano, ma è senz’altro da escludere che ad essi vada affidata alcuna funzione legislativa, poiché ne risulterebbe un’anarchia feudale nella vita economica, concludentesi in un rinnovato dispotismo politico. Molti che si sono lasciati prendere ingenuamente dal mito del corporativismo potranno e dovranno essere attratti allʹopera di rinnovamento, ma occorrerà che si rendano conto di quanto assurda sia la soluzione da loro confusamente sognata. Il corporativismo non può avere vita 82 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 19° ‐ Un programma politico e sociale qual è quello qui delineato può essere realizzato solo per via rivoluzionaria, abbattendo con violenza l’impalcatura degli stati sovrani attuali e le istituzioni tutelatrici dei diritti acquisiti dalle classi più ricche. Una rivoluzione, anche se diretta al benessere generale, non si compie per opera di convinzione di tutti, ma facendo presa sui gruppi sociali politicamente più attivi, che trascinano con loro, volente o nolente, tutto il resto della popolazione. Tra i gruppi sociali politicamente più sensibili nella situazione odierna sono la classe operaia, ch’è stata violentemente arrestata nella sua ascesa sociale e che sarà la più pronta a riordinare le sue file e a riprendere la lotta, e i ceti intellettuali, particolarmente i più giovani che si sentono soffocare nella regnante autocrazia. Il movimento politico rivoluzionario deve anzitutto conquistare e far collaborare questi due strati fondamentali della popolazione. Man mano altri ceti saranno allora inevitabilmente attratti nel movimento generale. 37 concreta che nella forma assunta negli stati totalitari, per irregimentare i lavoratori sotto funzionari che ne controllano ogni mossa nellʹinteresse della classe governante.ʺ, cap. III, pp. 12‐ 13. C: “La baracca di cartapesta che il fascismo ha costruito con l’ordinamento corporativo cadrà in frantumi insieme alle altre parti dello stato totalitario. C’è chi ritiene che da questi rottami si potrà domani trarre il materiale per ricostruire il nuovo ordine costituzionale. Noi non lo crediamo. Negli stati totalitari, le camere corporative sono la beffa che corona il controllo politico sui lavoratori. Se anche però le camere corporative fossero la sincera espressione delle diverse categorie dei produttori, gli organi di rappresentanza delle diverse categorie professionali non potrebbero mai essere qualificati per trattare questioni di politica generale, e nelle questioni più propriamente economiche diverrebbero organi di sopraffazione delle categorie sindacalmente più potenti. Ai sindacati spetteranno funzioni di collaborazione con gli organi statali incaricati di risolvere i problemi che più direttamente li riguardano, ma è senz’altro da escludere che ad essi vada affidata alcuna funzione legislativa, poiché risulterebbe un’anarchia feudale nella vita economica, concludentesi in un rinnovato dispotismo politico. Molti che si sono lasciati prendere ingenuamente dal mito del corporativismo, potranno e dovranno essere attratti all’opera di rinnovamento; ma occorrerà che si rendano conto di quanto assurda sia la soluzione da loro confusamente sognata. Il corporativismo non può avere vita concreta che nella forma assunta negli stati totalitari, per irregimentare i lavoratori sotto funzionari che ne controllino ogni mossa nellʹinteresse della classe governante.”, cap. III, p. 28. 37 A: ʺ... anzitutto verso i due gruppi sociali più sensibili nella situazione odierna, e decisivi in quella di domani, vale a dire la classe operaia e i ceti intellettuali. La prima è quella che meno si è sottomessa alla ferula totalitaria, che sarà la più pronta a riorganizzare le proprie file. Gli intellettuali, particolarmente i più giovani, sono quelli che si sentono spiritualmente soffocare e disgustare dal regnante dispotismo. Man mano altri ceti saranno inevitabilmente attratti nel movimento generale.ʺ, cap. IV, p. 16. C: ʺ... anzitutto verso i due gruppi sociali più sensibili nella situazione odierna, e decisivi in quella di domani; vale a dire la classe operaia e i ceti intellettuali. La prima è quella che meno si è sottomessa alla ferula totalitaria, e che sarà la più pronta a riorganizzare le proprie file. Gli intellettuali, particolarmente i più giovani, sono quelli che si sentono spiritualmente soffocare e disgustare dal regnante dispotismo. Man mano altri ceti saranno inevitabilmente attratti nel movimento generale.ʺ, cap. III, p. 29. 83 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Qualsiasi movimento che si limiti solo ad una di queste classi è condannato alla sterilità poiché se è un movimento di soli intellettuali sarà privo di quelle forze di massa necessarie per travolgere la resistenza reazionaria, sarà anzi diffidente e diffidato rispetto alla classe operaria; e proclive perciò a scivolare di fronte alle difficoltà, sul terreno della mobilitazione di tutte le altri [sic] classi contro quella operaia e cioè verso una restaurazione fascista; se poggiato solo sul proletariato rimarrà prigioniero delle vecchie impostazioni classiste, vedrà nemici in tutti gli altri ceti e scivolerà sulla dottrinaria soluzione di tipo marxista. 38 Il Partito della Rivoluzione, organizzando e dirigendo queste forze alla lotta, mediante gli organismi rivoluzionari che inevitabilmente si formeranno, organismi cioè, non atti alla determinazione spontanea di labili maggioranze, ma atti alla guida da parte di una direzione rivoluzionaria di masse in fermento, potrà gettare le basi di una nuova società europea. Esso deve attingere la visione e la sicurezza di quello che va fatto, non in preventiva consacrazione da parte della volontà popolare, espressa mediante metodi elettorali, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della civiltà moderna. 39 38 A: ʺ Qualsiasi movimento che fallisca nel compito di alleanza di queste forze è condannato alla sterilità, poiché, se è un movimento di soli intellettuali, sarà privo di quella forza di massa necessaria per travolgere le resistenze reazionarie, sarà anzi diffidente e diffidato rispetto alla classe operaria; ed anche se animato da sentimenti democratici, sarà proclive a scivolare, di fronte alle difficoltà, sul terreno della mobilitazione di tutte le altre classi contro gli operai, cioè verso una restaurazione fascista. Se poggerà solo sulla classe operaia sarà privo di quella chiarezza di pensiero che non pul che venire dagli intellettuali, e che è necessaria per ben distinguere i nuovi compiti e le nuove vie: rimarrà prigioniero del vecchio classismo, vedrà nemici dappertutto e sdrucciolerà sulla dottrinaria soluzione comunista.ʺ, cap. IV, pp. 16‐17. C: ʺ Qualsiasi movimento che fallisca nel compito di alleanza di queste forze, è condannato alla sterilità; poiché, se è un movimento di soli intellettuali, sarà privo della forza di massa necessaria per travolgere le resistenze reazionarie, sarà diffidente e diffidato rispetto alla classe operaia; ed anche se animato da sentimenti democratici, proclive a scivolare, di fronte alle difficoltà, sul terreno della mobilitazione di tutte le altre classi contro gli operai, cioè verso una restaurazione fascista. Se poggerà solo sul proletariato, sarà privo di quella chiarezza di pensiero che non può venire che dagli intellettuali, e che è necessaria per ben distinguere i nuovi compiti e le nuove vie: rimarrà prigioniero del vecchio classismo, vedrà nemici da per tutto, e sdrucciolerà sulla dottrinaria soluzione comunista.ʺ, cap. III, p. 29. 39 A: ʺDurante la crisi rivoluzionaria spetta a questo partito organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente come crogiuoli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate. Esso attinge la visione e la sicurezza di quello che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato ed attorno ad esso la nuova 84 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Non è da temere che un regime rivoluzionario di tal genere debba necessariamente sboccare in un rinnovato dispotismo. Vi sbocca soltanto se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se mirerà, come vogliamo che miri a creare con polso fermo le condizioni per una vita libera non potrà essere costituito da masse amorfe capaci soltanto di ubbidire: sarà formato da uomini che partecipando attivamente, e coscientemente, alla determinazione della linea politica da seguire, costituiranno il nucleo intorno al quale andranno man mano sviluppandosi e consolidandosi le nuove libertà. Lavorando per creare un tipo di società in cui tutti i cittadini partecipino veramente alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà nel senso di una comprensiva accettazione, da parte di tutti, del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere. 40 20° ‐ I grandi movimenti che incidono più profondamente nella storia dell’umanità non sorgono nelle epoche di quiete e di sicurezza, ma nelle ore oscure in cui tutto sembra crollare. Chiunque ora si ostina nel lavoro di Sisifo della ricerca delle vecchie strade, dei vecchi metodi di lotta, chiunque ripete una qualsiasi delle vecchie parole senza sentire l’odore delle cose morte, appartiene egli stesso ad un mondo passato. Ora bisogna sapere gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da quello che si era democrazia.ʺ, cap. IV, p. 17. C: “Durante la crisi rivoluzionaria, spetta a questo movimento organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente, come crogioli ardenti in cui vanno a mischiarsi le masse rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate. Esso attinge la visione e la sicurezza di quello che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso, la nuova vera democrazia.”, cap. III, pp. 28‐30. 40 A: ʺNon è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sbocciare in un nuovo dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere.ʺ, cap. IV, p. 17. C: ʺ Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sboccare in un rinnovato dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo, fin dai primissimi passi, le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento, di istituzioni politiche libere.ʺ, cap. III, p. 30. 85 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 immaginato, bisogna mostrare di essere rivoluzionari non onorari ma effettivi, sapere cioè dare le risposte ai più angosciosi problemi del momento e sapere guidare gli uomini verso la loro soluzione. Non è la quotidiana vita politica a selezionare i veri innovatori, poiché in essa possono operare benissimo gli uomini della ordinaria amministrazione. La vera, profonda, radicale selezione che opera infallibilmente in mezzo ai vecchi rivoluzionari, scartando gli inetti, ed in mezzo alle giovani generazioni; suscitandovi energie fresche, è quella che consiste nello scoprire quale sia la cosa più importante da fare, e di passare all’opera con intelligenza, senza esitazioni. L’ora delle umiliazioni, della disperazione, dello sbandamento, è anche l’ora in cui il vaglio opera più severamente, in cui si ricercano tra loro e cominciano a tessere la trama del futuro coloro che hanno scorto i motivi più profondi dell’attuale crisi della civiltà europea ed hanno compreso che a loro spetta l’eredità di tutti i vecchi movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere e dei metodi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura ma deve essere percorsa. E lo sarà. 41 Da Ventotene, ottobre 1941. 41 A: ʺOggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti tra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere e dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.ʺ, cap. IV, p. 17. C: “Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!ʺ, cap. III, p. 30. 86 Orientamenti Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Manifesto per il movimento per l’Europa libera ed Unita1 I° La crisi della civiltà moderna La xiviltà [sic] moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui ma un’autonomo [sic] centro di vita2. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli aspetto [sic]3 della vita sociale che non lo rispettassero: I°4 Si è affermato l’uguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti. Ogni popolo inviduato [sic] nelle sue caratteristiche etniche, geografiche, linguistiche e storichedovevatrovare [sic] nell’organismo statale creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione della sua vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni indipendentemente da ogni intervento estraneo5. L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso: ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà 1 Su quella che Spinelli afferma essere la “prima edizione a stampa” del documento ventotenese, pubblicata in occasione del convegno fondativo del Movimento federalista europeo (Mfe), il 29 agosto 1943, è annotato, “di pugno di Ursula Hirschmann” – ha accuratamente precisato Edmondo Paolini –“I edizione del Manifesto di Ventotene, scritto nell’agosto 1941 (Roma, 29 agosto 1943)”. Per ragioni di sintesi, d’ora in poi tale edizione, che viene confrontata con la presente, verrà indicata con “A”. 2 A: “La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita.”, cap. I, p. 1. C: “La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita.”, cap. I, p. 9. 3 A: “aspetti”. C: “aspetti”. 4 A: “1)”, C: “1°)” 5 A: “Ogni popolo, individuato nelle sue caratteristiche etniche, geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale, creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione della vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni indipendentemente da ogni intervento estraneo.”, cap. I, p. 1. C: “Ogni popolo, individuato nelle sue caratteristiche etniche, geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione della vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore i suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo.”, cap. I, p. 9. 87 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 contro l’oppressione dagli stranieri dominatori: 6 ha eliminati7 molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci; ha fatto estendere entro il territorio di ciascun nuovo stato alla [sic] popolazioni più arretrate le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili. 8 Essa portava però in se [sic] i germi dell’imperialismo imperialista che la nostra generazione ha visti ingigantire fino alla formazione degli stati totalitari e allo scatenarsi delle guerre mondiali9. La Nazione non è ora più considerata come lo storico prodotto della convivenza degli [sic] di uomini, che pervenuti, grazie ad un lungo processo, ad una maggiore unità di costumi e di aspirazioni trovano nelà [sic] loro stato la forma più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana10. E’ invece divenuta un [sic] entità divina, un’organismo [sic] che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possono risentirne11. La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sentì minacciato dalla potenza degli altri, e considera “suo spazio vitale” territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza 6 A (cap. I, p. 1) e C (cap. I, p. 9) : “L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso; ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori;”. 7 A (cap. I, p. 1) e C (cap. I, p. 9): “eliminato”. 8 A: “ha fatto estendere, dentro al territorio di ciascun nuovo Stato, alle popolazioni più arretrate, le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili”, cap. I, p. 1. C: “ha fatto estendere entro il territorio di ciascun nuovo Stato alle popolazioni più arretrate le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili”, cap. I, p. 9. 9 A: “Essa portava però in sé i germi del nazionalismo imperialista, che la nostra generazione ha visto ingigantire, fino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali.”, cap. I, pp. 1‐2. C: “Essa portava però in sé i germi dell’imperialismo capitalista, che la nostra generazione ha visto ingigantire, sino alla fomazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali”, cap. I, pp. 9‐10. 10 A: “La nazione non è ora più considerata come lo storico prodotto della convivenza degli uomini che, pervenuti, grazie ad un lungo processo, ad una maggiore uniformità di costumi e di aspirazioni, trovano nel loro stato la forma più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana.”, cap. I, p. 2. C: “La nazione non è ora più considerata come lo storico prodotto della convivenza di uomini che pervenuti grazie ad un lungo processo ad una maggiore unità di costumi e di aspirazioni, trovano nel loro stato la forma più efficace per organizzare la vita collettiva entro il quadro di tutta la società umana;”, cap. I, p. 10. 11 A: “È invece divenuta un’entità divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possono risentirne.”, cap. I, p. 2. C: “è invece divenuta un’entità divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possano risentirne.”, cap. I, p. 10. 88 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 dipendere da alcuno12. Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza lo Stato, da tutelatore della libertà dei cittadini si è trasformato in padrone di sudditi tenuti a servirlo con tutte le facoltà per renderne massima l’efficienza bellica13. Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre civili, la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi; le scule [sic], la scienza, la produzione, l’oganismo [sic] amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; le madri vengono considerate come fattrici di soldati ed in conseguenza premiate con gli stessi criteri coi quali alle mostre si premiano le bestie prolifiche; i bambini vengono educati fin dalla più tenera età al mestiere delle armi e all’odio verso gli stranieri; le libertà individuali si riducono a nulla dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestare servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi ed a sacrificare la vita stessa per obbiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore ed in poche giornate distruggono i risultati di decenni di sforzi compiuti per aumentare il benessere collettivo14. 12 A: “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno”. C: “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri, e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti, che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno.”, cap. I, p. 10. B: “la sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, perché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri, e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti che gli permettono di muoversi più liberamente, di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno”. 13 A: “Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi, tenuti a servirlo con tutte le facoltà per rendere massima l’efficienza bellica.”, cap. I, p. 2. C: “Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza di ciò, lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi tenuti a servizio, con tutte le facoltà per renderne massima l’efficienza bellica.”, cap. I, p. 10. 14 A: “Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai, in molti paesi, su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi; la scuola, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; le madri vengono considerate come fattrici di soldati, ed in conseguenza premiate con gli stessi criteri con i quali alle mostre si premiano le bestie prolifiche; i bambini vengono educati fin dalla più tenera età al mestiere delle armi ed all’odio per gli stranieri; le 89 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Gli Stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente l’unificazione di tutte le forze attuando il massimo di accentramento e di autarogia [sic] e si sono perciò dimostrati gli organismi più adatti all’odierno ambiente internazionale. Basta che una Nazione faccia un passo in avanti verso un più accentuato totalitarismo perché sia seguita dalle altre nazioni trascinate nello stesso solco della volontà di sopravvire [sic]15. II° Si è affermato l’uguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello Stato16. Questa doveva così risultare la sintesi delle mutevoli esigenze economiche ed17 ideologiche di tutte le categorie sociali liberamente espresse. Tale organizzazione politica ha permesso di correggere od almeno di attenuare molte delle più stridenti ingiustizie ereditate dai regimi passati18. Ma libertà individuali si riducono a nulla dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestar servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi ed a sacrificare la vita stessa per obiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore, ed in poche giornate distruggono i risultati di decenni di sforzi compiuti per aumentare il benessere collettivo.”, cap. I, p. 2. C: “Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi: la scuola, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; le madri vengono considerate come fattrici di soldati, ed in conseguenza premiate con gli stessi criteri con le quali alle mostre si premiano le bestie prolifiche; i bambini vengono educati fin dalla più tenera età al mestiere delle armi e all’odio verso gli stranieri, le libertà individuali si riducono a nulla, dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestare servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi ed a sacrificare la vita stessa per obbiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore; in poche giornate vengono distrutti i risultati di decenni di sforzi compiuti per aumentare il benessere collettivo.”, cap. I, p. 10. 15 A: “Gli stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente la unificazione di tutte le forze, attuando il massimo di accentramento e di autarchia, e si sono perciò dimostrati gli organismi più adatti all’odierno ambiente internazionale. Basta che una nazione faccia un passo più avanti verso un più accentuato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre nazioni, trascinate nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere.”, cap. I, p. 2. C: “Gli stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente l’unificazione di tutte le forze, attuando il massimo di accentramento e di autarchia, e si sono perciò dimostrati gli organismi più adatti all’odierno ambiente internazionale. Basta che una nazione faccia un passo in avanti verso un più accentuato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre trascinate nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere.”, cap. I, p. 11. 16 A: “2) Si è affermato l’uguale diritto per i cittadini alla formazione della volontà dello Stato.”, cap. I, p. 2. C: “2°) Si è affermato l’eguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello Stato.”, cap. I, p. 11. D: “II – Come affermazione dell’uguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello Stato uguale diritto di tutti i cittadini”, p. 10. 17 A: “e”, cap. I, p. 2. C: “e”, cap. I, p. 11. 18 A: “Tale organizzazione ha permesso di correggere, o almeno di attenuare, molte delle più stridenti ingiustizie ereditate dai regimi passati.”, cap. I, p. 2. 90 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 la libertà di stampa e di associazione e la progressiva estensione del suffragio rendevano sempre più difficili19 la difesa dei vecchi privilegi mantenendo il sistema rappresentativo20. I nullatenenti a poco a poco imparavano a servirsi di questi istrumenti per dare l’assalto ai dirirrti [sic] acquisiti dalle classi abbienti: le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, la esenzione dei redditi minimi e dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, la riforma agraria, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle21. Anche i ceti privilegiati che avevano acconsentito22 all’uguaglianza dei diritti politici non potevano ammettere che le classi diseredate se ne valessero per cercare di realizzare quell’uguaglianza di fatti23 che avrebbe dato a tali diritti un contenuto concreto di effettiva libertà. Quando, dopo la fine della prima guerra mondiale la minaccia divenne troppo grave, fu naturale che tali ceti applaudissero calorosamente ed appoggiassero l’istaurazione delle dittature che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari24. D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un’unica 19 A: “difficile”, cap. I, p. 3. C: “difficile”, cap. I, p. 11. 20 C: “Ma la libertà di stampa e di associazione, e la progressiva estensione del suffragio, rendevano sempre più difficile la difesa dei vecchi privilegi, mantenendo il sistema rappresentativo.”, cap. I, p. 11. 21 A: “I nullatenenti a poco a poco imparavano a servirsi di questi istrumenti per dare l’assalto ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, le esenzioni dei redditi minimi e dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle.”, cap. I, p. 3. C: “I nullatenenti a poco a poco imparavano a servirsi di questi strumenti per dare l’assalto ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le aliquote progressive sulle maggiori fortune, la esenzione dei redditi minimi e dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l’aumento delle spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più fortificate cittadelle.”, cap. I, p. 11. 22 A: “consentito”, cap. I, p. 3.. C: “consentito”, cap. I, p. 11. 23 A: “fatto”, cap. I, p. 3. C: “fatto”, cap. I, p. 11. 24 A: “Quando, dopo la fine della prima guerra mondiale, la minaccia divenne troppo forte, fu naturale che tali ceti applaudissero calorosamente ed appoggiassero le instaurazioni delle dittature che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari.”, cap. I, p. 3. C: “Quando, dopo la fine della prima guerra mondiale, la minaccia divenne troppo grave, fu naturale che tali ceti applaudissero calorosamente ed appoggiassero l’instaurazione delle dittature, che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari.”, cap. I, p. 11. D: “Quando, dopo la fine dell’altra guerra, la minaccia divenne più grave, fu naturale che in molti paesi calorosamente essi applaudissero ed appoggiassero la restaurazione delle dittature che toglievano le armi legali di mano ai loro avversari.”, p. 10. 91 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 direzione interi eserciti di operai, sindacati e complessi che premevano sul Governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi, minacciava di dissolvere lo Stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta fra loro25. Gli ordinamenti democratico‐liberali divenendo lo strumento di cui questi gruppi si servivano per meglio sfruttare la intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio e così si diffondeva la convinzione che solamente lo Stato totalitario, abolendo, le libertà popolaripotesse [sic] in qualche modo risolvere i conflitti di interessi che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere. Di fatto poi i regimi totalitari hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti ed hanno precluso col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini con la violenta eliminazione dei dissidenti ogni possibilità legale di ulteriore correzione dello stato di cose vigente26. 25 A: “D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati, riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori, sindacati e complessi che premevano sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta tra loro.”, cap. I, p. 3. C: “D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori, sindacati e complessi che premevano sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi, minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta fra loro.”, cap. I, pp. 11‐12. D: “D’altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un’unica direzione interi eserciti di lavoratori (complessi sindacali che premevano sul governo con tutte le loro forze per ottenere la politica più corrispondente ai loro particolari interessi) minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta fra di loro.”, p. 10. 26 A: “Gli ordinamenti democratico‐liberali, divenendo lo strumento di cui questi gruppi si valevano per meglio sfruttare l’intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio, e così si diffondeva la convinzione che solamente lo stato totalitario, abolendo la libertà popolare, potesse in qualche modo risolvere i conflitti di interessi che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere. Di fatto poi i regimi totalitari hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione dei dissenzienti, ogni possibilità legale di correzione dello stato di cose vigente.”, cap. I, p. 3. C: ”Gli ordinamenti democratico‐liberali, divenendo lo strumento di cui questi gruppi si servivano per meglio sfruttare l’intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio, e così si diffondeva la convinzione che solamente lo stato totalitario, abolendo la libertà popolare, potesse in qualche modo risolvere i confliti di interessi che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere. Di fatto, poi, i regimi totalitari hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione di tutti i dissenzienti, ogni possibilità legale di ulteriore correzione dello stato di cose vigenti.”, cap. I, p. 12. D: “e precludendo, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini, e la violenta eliminazione dei dissidenti, ogni possibilità legale di ulteriore correzione dello stato di cose esistenti.”, pp. 10‐11. 92 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Si è così assicurata la esistenza del ceto assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti27 e dei redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo col tagliare le cedole dei loro titoli, dei ceti monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari diei [sic] piccolo [sic] risparmiatori28; dei plutocrati che nascosti dietro le quinte tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali29. Sono conservate le colossali fortune dei pochi e la miseria delle grandi masse escluse da ogni possibilità di godere i frutti della moderna cultura30. E’ salvato, nelle sue linee essenziali un regime economico in cui le risorse materiali e le forse [sic] di lavoro che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle energie vitali umane31, vengono invece indirizzate alla soddisfazione dei desideri più futili di coloro che sono in grado di pagare i prezzi più alti; un regime economico in cui col diritto di successione32 la potenza del denaro si perpetua nello stesso ceto, trasformandosi in un privilegio senza alcuna corrispondenza al valor sociale dei servizi effettivamente prestati e il campo delle alternative ai proletari resta così ridotto che per vivere sono spesso 27 A: “assenteisti,”, cap. I, p. 3. 28 A: “… i denari dei piccoli risparmiatori,”, cap. I, p. 3. C: “… i denari dei piccoli risparmiatori;”, cap. I, p. 12. 29 A: “dei plutocrati, che, nascosti dietro alle quinte, tirano i fili degli uomini politici, per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali.”, cap. I, p. 3. C: “dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali.”, cap. I, p. 12. 30 A: “Sono conservate le colossali fortune dei pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti della moderna cultura.”, cap. I, p. 3. C: “Sono conservae le colossali fortune dei pochi e la miseria delle grandi masse, escluse da ogni possibilità di godere i frutti della moderna cultura.”, cap. I, p. 12. D: “… precludono loro ogni possibilità di sviluppare le loro facoltà, in modo armonico, completo; di godere i frutti della cultura.”, p. 8. 31 A: “È salvato, nelle sue linee sostanziali, un regime economico in cui le risorse materiali e le forze del lavoro, che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle energie vitali umane,”, cap. I, pp. 3‐4. C: “E’ salvato, nelle sue linee sostanziali, un regime economico in cui le riserve materiali e le forze di lavoro, che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle energie vitali umane,”, cap. I, p. 12. 32 A: “… in cui, col diritto di successione,”, cap. I, p. 4. C: “… in cui, col diritto di successione,”, cap. I, p. 12. 93 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 costretti a lasciarsi sfruttare da chi offre loro una qualsiasi possibilità d’impiego33. Per tenere immobilizzate e sottomesse le classi operaie, i sindacati sono stati trasformati34 da liberi organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli associati, in organi di sorveglianza poliziesca35 sotto la direzione di impiegati scelti del36 gruppo governante e ad esso solo responsabili. Se qualche correzione viene fatta ad un tale regime economico è sempre solo dettata dalle esigenze del militarismo37 che hanno confluito con le reazionarie aspirazioni dei ceti privilegiati nel far sorgere e consolidare gli stati totalitari. 3°38 Contro il dogmatismo autoritario si è affermato il valore permanente dello spirito critico. Tutto quello che veniva asserito doveva dare ragione di se39 [sic] o scomparire. Alla metodicità di questo atteggiamento spregiudicato40 sono dovute le maggiori conquiste della nostra società in ogni campo. Ma questa libertà spirituale non ha resistito alla crisi che ha fatto sorgere gli Stati41 totalitari. Nuovi dogmi da accettare per fede e da osservare ipocritamente si stanno accampando da padroni in tutte le scienze42. Quantunque nessuno sappia cosa43 sia una razza e le più elementari nozioni storiche ne facciano 33 A: “… valore sociale dei servizi effettivamente prestati, e il campo delle alternative ai proletari resta così ridotto che per vivere sono spesso costretti a lasciarsi sfruttare da chi offra loro una qualsiasi possibilità d’impiego.”, cap. I, p. 4. C: “… valore sociale dei servizi effettivamente prestati, e il campo delle possibilità proletarie resta così ridotto, che per vivere i lavoratori sono spesso costretti a lasciarsi sfruttare da chi offra loro una qualsiasi possibilità di impiego”. D: “… valore sociale delle alternative, in modo tale che, per vivere, sono costretti a lasciarsi sfruttare da chi offre loro una qualsiasi possibilità di impiego.”, p. 9. 34 A: “… trasformati,”, cap. I, p. 4. C: “… trasformati,”, cap. I, p. 13. 35 A: “…poliziesca,”, cap. I, p. 4. C: “… poliziesca,”, cap. I. p. 13. 36 A: “dal”, cap. I, p. 4. C: “dal”, cap. I, p. 13. 37 A: “… a un tale regime economico, è sempre solo dettata dalle esigenze del militarismo,”, cap. I, p. 4. C: “… a un tale regime economico, è sempre solo dettata dalle esigenze del militarismo,”, cap. I, p. 13. 38 A: “3)”, cap. I, p. 4. C: “3°)”, cap. I, p. 13. 39 A: “sé”, cap. I, p. 4. C: “Tuto quello che veniva asserito, doveva dare ragione di sé”, cap. I, p. 13. 40 A: “spregiudicato atteggiamento”, cap. I, p. 4. C: “spregiudicato atteggiamento,”, cap. I, p. 13. D: “Alla modicità di questo spregiudicato atteggiamento sono dovute le maggiori conquiste della nostra società in ogni campo”, p. 11. 41 A: “stati”, cap. I, p. 4. C: “stati”, cap. I, p. 13. 42 A: “Nuovi dogmi da accettare per fede o da osservare ipocritamente, si stanno accampando in tutte le scienze.”, cap. I, p. 4. C: “Nuovi dogmi da accettare per fede, o da accettare ipocritamente, si stanno accampando da padroni in tutte le scienze.”, cap. I, p. 13. D: “Nuovi dogmi da accettare per fede e da ossequiare ipocritamente, si stanno accampando da padroni in tutte le scienze.”, pp. 11‐12. 43 A: “che cosa”, cap. I, p. 4. C: “che cosa”, cap. I, p. 13. 94 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 risultare l’assurdità, si esige dai fisiologi di credere, dimostrare44 e convincere che si appartiene ad una razza eletta, solo45 perché l’imperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nelle masse l’odio e l’orgoglio. I più evidenti concetti della scienza economica debbono essere considerati anatema46 per presentare la politica autarchica, gli scambi compensati e gli altri ferravecchi del mercantilismo come straordinarie scoperte dei nuovi tempi47. A causa della interdipendenza economica di tutte le parti del mondo, spazio vitale per ogni popolo che voglia conservare il livello di vita corrispondente alla civiltà moderna, è tutto il globo:48 ma si è creata la pseudoscienza della geopolitica49 che vuol dimostrare la consistenza della teoria degli spazi vitali per dare veste teorica alla volontà di soprafazzione [sic] dell’imperialismo50. La storia viene falsificata nei suoi dati essenziali nell’interesse51 della classe governante. Le biblioteche e le librerie vengono purgate di52 tutte le opere non considerate ortodosse. Le tenebre dell’oscurantismo di nuovo minacciano di sffocarelo [sic]53 spirito umano. La stessa etica sociale della libertà e dell’uguaglianza54 è scalzata. Gli uomini non sono più considerati cittadini liberi che si valgono dello Stato55 per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello Stato56 che stabilisce quali devono essere i loro fini e, come volontà dello Stato viene 44 A: “di mostrare”, cap. I, p. 4. C: “… sia una razza, e le più elementari nozioni storiche ne facciano risultare l’assurdità, si esige dai fisiologi di credere, dimostrare e convincere…”, cap. I, p. 13. 45 A: “sol”, cap. I, p. 4. 46 A: “anatemi”, cap. I, p. 4. C: “anatemi”, cap. I, p. 13. 47 A: “… per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli altri ferrivecchi del mercantilismo, come straordinarie scoperte dei nuovi tempi.”, cap. I, p. 4. C: “… per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli alri ferri vecchi del mercantilismo, come straordinarie scoperte dei nostri tempi.”, cap. I, p. 13. D: “… per presentare la politica autarchica, gli scambi bilanciati e gli altri ferri vecchi dell’arsenale mercantilistico, come straordinarie scoperte dei tempi nuovi.”, p. 12. 48 A: “… civiltà moderna è tutto il globo;”, cap. I, p. 4. 49 A: “pseudo scienza della geopolitica,”, ibidem. C: “pseudo scienza della geopolitica,”, cap. I, p. 13. D: “pseudo coscienza”, p. 12. 50 A: “… la consistenza della teoria degli spazi vitali, per dar veste teorica alla volontà di sopraffazione dell’imperialismo.”, cap. I, p. 4. C: “… la consistenza della teoriz degli spazi vitali, per dar veste teorica alla volontà di sopraffazione dell’imperialismo.”, cap. I, p. 13. 51 C: “… dati essenziali, nell’interesse…”, cap. I, p. 13. 52 A: “da”, cap. I, p. 4. 53 A: “soffocare lo”, ibidem. C: “soffocare lo”, cap. I, p. 13. 54 C: “eguaglianza”, cap. I, p. 14. 55 A: “… cittadini liberi, che si valgono dello stato…”, cap. I, p. 4. C: “… cittadini liberi, che si valgono dello stato…”, cap. I, p. 14. 56 A: “stato”, cap. I, p. 4. C: “stato,”, cap. I, p. 14. 95 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 senz’altro assunta la volontà che ne tengono il potere.57 Gli uomini non sono più soggetti di diritto, ma58 gerarchicamente disposti, son59 tenuti ad ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori che culminano in un capo debitamente divinizzato. Il regime delle caste rinasce prepotente dalle sue stesse ceneri. Questa reazionaria civiltà totalitaria, dopo aver trionfato in una serie di stati60, ha in fine [sic] 61 trovato nella Germania nazista la potenza che si è ritenuta capace di ritrarne62 le ultime conseguenze. Dopo una meticolosa preparazione, approfittando con audacia e senza scrupoli delle rivalità, degliegoismi [sic]63, della64 stupidità altrui, trascinando al suo seguito altri Stati65 vassalli europei, primo fra questi l’Italia,66 alleandosi col Giappone che persegue identici fini in Asia, essa si è lanciata nell’opera di soprafazzione [sic]67. La sua vittoria significherebbe il definitivo consolidamento del totalitarismo nel mondo. Tutte le sue caratteristiche sarebbero esasperate al massimo e le forze progressive68 sarebbero condannate per lungo tempo ad una semplice opposizione negativa. La tradizionale arroganza ed69 intransigenza dei ceti militari tedeschi può già darci un’idea di quel che sarebbe il carattere del loro dominio dopo una guerra vittoriosa. I tedeschi vittoriosi70 potrebbero anche permettersi un lustro71 di generosità verso gli altri popoli europei:72 rispettare formalmente i loro territori e le loro istituzioni politiche, per governare, così73 soddisfacendo lo stupido sentimento patriottico che guarda ai colori dei pali di confine e alle nazionalità74 57 A: “… debbono essere i loro fini, e come volontà dello stato viene senz’altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere.”, cap. I, p. 4. C: “… debbano essere i loro fini, e come volontà dello stato viene senz’altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere.”, cap. I, p. 14. 58 A: “… ma,”, cap. I, p. 4. C: “… ma,”, cap. I, p. 14. 59 C: “sono”, cap. I, p. 14. 60 A: “paesi”, cap. I, p. 5. C: “paesi”, cap. I, p. 14. 61 A: “infine”, cap. I, p. 5. C: “infine”, cap. I, p. 14. 62 A: “trarne”, cap. I, p. 5. C: “trarne”, cap. I, p. 14. 63 A: “degli egoismi,”, cap. I, p. 5. C: “degli egoismi,”, cap. I, p. 14. 64 A: “delle”, cap. I, p. 5. 65 A: “stati”, ibidem. C: “stati”, cap. I, p. 14. 66 A: “‐ primo tra i quali l’Italia – “, cap. I, p. 5. C. “‐ primo fra i quali l’Italia –“, cap. I, p. 14. 67 A: “sopraffazione”, cap. I, p. 5. C: “sopraffazione”, cap. I, p. 14. 68 A: “… massimo, e le forze progressiste…”, cap. I, p. 5. C: “… massimo, e le forze progressive…”, cap. I, p. 14. D: “forze del progresso”, p. 13. 69 A: “e”, cap. I, p. 5. 70 A: “I tedeschi, vittoriosi,” cap. I, p. 5. C: “I tedeschi, vittoriosi,”, cap. I, p. 14. 71 A: “una lustra”, cap. I, p. 5. C: “una lustra”, cap. I, p. 14. D: “il lusso”, p. 13. 72 A: “… europei,”, cap. I, p. 5. C: “… europei,”, cap. I, p. 14. 73 A: “… per governare così soddisfacendo…”, cap. I, p. 5. C: “… per governare così soddisfacendo…”, cap. I, p. 14. 74 A: “… pali da confine ed alla nazionalità…”, cap. I, p. 5. C: “… pali di confine ed alla nazionalità…”, cap. I, p. 14. 96 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 degli uomini politici che si presentano alla ribalta, invece che al rapporto delle forze e al contnuto [sic] effettivo degli organismi dello Stato75. Comunque camuffata76 la realtà sarebbe però sempre la stessa: una rinnovata divisione dell’umanità in spartiati ed iloti77. Anche una soluzione di compromesso fra78 le parti ora in lotta sarebbe79 un’ulteriore [sic]80 passo innanzi del totalitarismo, poiché tutti i paesi che fossero sfuggiti alla stretta della Germania sarebbero costretti ad adottare le sue stesse forme di organizzazione politica81 per prepararsi adeguatamente alla ripresa della guerra. Ma la Germania Hitleriana82, se ha potuto abbattere ad uno ad uno gli Stati83 minori, colla84 sua azione ha costretto forze sempre più potenti a scendere in lizza. La coraggiosa combattività della GranBretagna [sic]85, anche nel momento più critico,86 in cui era rimasta sola a tenere testa al nemico, ha fatto sì che i tedeschi siano andati a cozzare contro la strenua87 dell’esercito sovietico, e88 ha dato tempo all’America di avviare la mobilitazione89 sue sterminate risorse90 produttive. E questa lotta contro l’imperialismo91 si è strettamente connessa con quella che il popolo cinese va conducendo contro l’imperialismo giapponese. Immense masse di uomini sono già schierate in tutto il mondo contro le potenze totalitarie92. Le 75 A: “… ed al contenuto effettivo degli organismi dello stato.”, cap. I, p. 5. C: “… ed al contenuto effettivo degli organismi dello stato.”, cap. I, p. 14. 76 A: “… camuffata,”, cap. I, p. 5. C: “… camuffata,”, cap. I, p. 14. 77 A: “Spartiati ed Iloti.”, cap. I, p. 5. C: “Spartiati ed Iloti.”, cap. I, p. 14. D: “spartani ed iloti”, p. 13. 78 A: “tra”, cap. I, p. 5. C: “tra”, cap. I, p. 14. 79 A: “significherebbe”, cap. I, p. 5. C: “significherebbe”, cap. I, p. 14. D: “significherebbe”, p. 13. 80 A: “un ulteriore”, cap. I, p. 5. C: “un ulteriore”, cap. I, p. 14. 81 A: “… accettare le sue stesse forme di organizzazione politica,”, cap. I, p. 5. C: “… adottare le sue stesse forme di organizzazione politica,”, cap. I, p. 15. D: “ad adottare le sue stesse forme di organizzazione politica.”, p. 13. 82 A: “hitleriana,”, cap. I, p. 5. C: “hitleriana,”, cap. I, p. 15. 83 A: “stati”, cap. I, p. 5. C: “stati”, cap. I, p. 15. 84 A: “con la”, cap. I, p. 5. C: “con la”, cap. I, p. 15. 85 A: “Gran Bretagna”, cap. I, p. 5. C: “Gran Bretagna”, cap. I, p. 15. 86 A: “… anche nel momento più critico in cui era rimasta…”, cap. I, p. 5. C: “… anche nel momento più critico in cui era rimasta…”, cap. I, p. 15. 87 A: “… ha fatto sì che i tedeschi siano andati a cozzare contro la strenua resistenza”, cap. I, p. 5. C: “… ha fatto sì che i tedeschi sieno andati a cozzare contro la strenua resistenza…”, cap. I, p. 15. 88 A: “ed”, cap. I, p. 5. 89 A: “mobilitazione delle”, cap. I, p. 5. C: “mobilitazione delle”, cap. I, p. 15. 90 A: “forze”, cap. I, p. 5. C: “risorse”, cap. I, p. 15. 91 A: “imperialismo tedesco”, cap. I, p. 5. C: “imperialismo tedesco”, cap. I, p. 15. 92 A: “Immense masse di uomini e ricchezze sono già schierate contro le potenze totalitarie.”, cap. I, p. 5. C: “Immense masse di uomini e di ricchezze sono già schierate contro le potenze totalitarie;”, cap. I, p. 15. 97 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 forze di queste potenze hanno raggiunto il loro culmine e non possono ormai che consumarsi progressivamente93. Quelle avverse hanno invece già superato il momento della massima depressione94 e sono in ascesa. La guerra degli Alleati95 risveglia ogni giorno di più la volontà di liberazione anche nei paesi che avevano soggiaciuto alla violenza96 ed erano come smarriti per il colpo ricevuto, e persino97 risveglia tale volontà negli stessi popoli delle potenze dell’Asse98 i quali si accorgono di essere trascinati in una situazione disperata solo per la brama99 di dominio dei loro padroni. Il lento processo grazie al quale enormi masse di uomini sa [sic] lasciavano100 modellare passivamente dal nuovo regime, vi si adeguavano e contribuivano così a consolidarlo, è arrestato e si è invece iniziato il processo contrario101. In questa immensa ondata102 che si lentamente si solleva, si ritrovano tutte le forze progressiviste [sic];103 le classi parti più illuminate delle classi lavoratrici, che non si sono lasciate che non si sono lasciate [sic] distogliere dal terrore e dalle lusinghe, dalle loro aspirazioni ad una superiore forma di vita; 104 gli elementi più consapevoli dei ceti intellettuali, offesi dalla degradazione cui è sottoposta l’intelligenza,105 imprenditori106 che sentendosi capaci di nuove iniziative, vorrebbero liberarsi 93 C: “le forze di quese potenze hanno già raggiunto il loro culmine, e non possono ormai che consumarsi progressivamente.”, cap. I, p. 15. 94 C: “… massima depressione,”, cap. I, p. 15. 95 A: “delle Nazioni Unite”, cap. I, p. 5. C: “degli alleati”, cap. I, p. 15. 96 A: “… violenza, ed erano come smarriti…”, cap. I, p. 5. C: “… violenza ed erano stati smarriti…”, cap. I, p. 15. 97 A: “… per il colpo ricevuto. E persino…”, cap. I, p. 5. C: “… per il colpo ricevuto: e persino…”, cap. I, p. 15. 98 A: “… nei popoli delle potenze dell’Asse,”, cap. I, p. 6. C: “… negli stessi popoli delle potenze dell’Asse,”, cap. I, p. 15. 99 A: “per soddisfare la brama”, cap. I, p. 6. C: “per soddisfare la brama”, cap. I, p. 15. 100 A: “Il lento processo, grazie al quale enormi masse di uomini si lasciavano…”, cap. I, p. 6. C: “Il lento processo, grazie al quale enormi masse di uomini si lasciavano…”, cap. I, p. 15. 101 A: “… arrestato, e si è invece iniziato il processo contrario.”, cap. I, p. 6. C: “… arrestato; si è invece iniziato il processo contrario.”, cap. I, p. 15. 102 A: “… ondata,” cap. I, p. 6. 103 A: “progressiste:”, cap. I, p. 6. C: “progressive,”, cap. I, p. 15. 104 A: “le parti più illuminate delle classi lavoratrici che si erano lasciate distogliere, dal terrore e dalle lusinghe, nella loro aspirazione ad una superiore forma di vita;”, cap. I, p. 6. C: “le parti più illuminate delle classi lavoratrici che non si sono lasciate distogliere dal terrore e dalle lusinghe nella loro aspirazione ad una superiore forma di vita;”. D: “le parti più illuminate delle classi lavoratrici che non si sono lasciate piegare dal terrore e dalle lusinghe, e comprendono che il consolidamento dei regimi totalitari significherebbe la fine delle loro aspirazioni a condizioni di vita più umane”, p. 13. 105 A: “… l’intelligenza;”, cap. I, p. 6. C: “… la intelligenza;”, cap. I, p. 15. 106 A: “imprenditori,”, cap. I, p. 6. C: “imprenditori che,”, cap. I, p. 15. 98 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 dalle bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali107 che impacciano ogni movimento; tutti coloro infine che per un senso di dignità non sanno piegare la spina dorsale nella umiliazione della servitù108. A tutte queste forze è oggi affidata la salvezza della nostra civiltà. = = = = = = = = = = = 2° I COMPITI DEL DOPOGUERRA – L’UNITA’ EUROPEA.109 La sconfitta della Germania non porterebbe però automaticamente al riordinamento dell’Europa secondo il nostro ideale di civiltà nel breve intenso periodo di crisi generale in cui gli Stati nazionali giaceranno fracassati al suolo, 110 in cui le masse popolari attenderanno ansiose e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capace di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti; 111 i ceti che più erano privilegiati nei vecchi sistemi nazionali cercheranno subdolamente o con la violenza di smorzare l’ondata dei sentimenti e delle passioni internazionaliste112 e si daranno ostentatamente a ricostruire113 i vecchi organismi statali. Ed è probabile che i dirigenti inglesi, magari d’accordo con quelli americani, tentino di spingere le cose in questo senso114 per riprendere la politica dell’equilibrio dei poteri115 nell’apparente immediato interesse del loro impero. Le forze 107 A: “… bardature burocratiche, e dalle autarchie nazionali, che impacciano ogni movimento;”, cap. I, p. 6. C: “… bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali, che impacciano ogni loro movimento;”, cap. I, pp. 15‐16. 108 A: “tutti coloro, infine, che, per un senso innato di dignità, non sanno piegare la spina dorsale nella umiliazione della servitù.”, cap. I, p. 6. C: “tutti coloro infine che, per un senso innato di dignità, non sanno piegar la spina dorsale nell’umiliazione della servitù.”, cap. I, p. 16. D: “tutti coloro, infine, che, per un senso umano di dignità non sanno piegare la spina dorsale all’umiliazione della servitù.”, p. 14. 109 A: “II – I compiti del dopoguerra – L’unità europea”, cap. II, p. 6. C: “II. – COMPITI DEL DOPOGUERRA – L’UNITÁ EUROPEA.”, cap. II, p. 16. 110 A: “… ideale di civiltà. Nel breve intenso periodo di crisi generale, in cui gli stati nazionali giaceranno fracassati al suolo,”, cap. II, p. 6. C: “… ideale di civiltà. Nel breve intenso periodo di crisi generale (in cui gli stati giaceranno fracassati al suolo,”, cap. II, p. 16. 111 A: “la parola nuova e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capace di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti,”, cap. II, p. 6. C: “attenderanno ansiose le parole nuove e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capaci di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti),”, cap. II, p. 16. D: “in cui le masse, materia incandescente, suscettibile di essere colata in forme nuove, attenderanno ansiosamente le parole nuove e le nuove direttive d’uomini seriamente internazionalisti”, p. 15. 112 A: “… internazionaliste,”, cap. II, p. 6. C: “… sistemi nazionali, cercheranno subdolamente o con la violenza di smorzare l’ondata dei sentimenti e delle passioni internazionaliste,”, cap. II, p. 16. 113 C: “ricostituire”, cap. II, p. 16. 114 A: “… senso,”, cap. II, p. 6. C: “… senso,”, cap. II, p. 16. 115 A: “delle potenze”, cap. II, p. 6. C: “dei poteri,”, cap. II, p. 16. 99 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 conservatrici, cioè i dirigenti delle istituzioni116 fondamentali degli stati nazionali quadri superiori117 delle forze armate, culminanti là dove ancora esistono nelle monarchie;118 quei gruppi del capitalismo monopolista che hanno legato le sorti dei loro profitti a quelle degli Stati;119 i grandi proprietari fondiari e le alte gerarchie ecclesiastiche,120 che solo da una stabile accietà [sic]121 conservatrice possono vedere assicurate le loro entrate parassitareie [sic];122 ed al loro seguito l’innumerevole stuolo che da essi dipendono o che anche sono abbagliati dalla loro tradizionale potenza, 123 tutte queste forze reazionarie già fin da oggi sentono che l’edificio scricchiola e cercano di salvarsi. 124 Il crollo le priverebbe di colpo di tutte le garanzie che hanno avuto finora125 e le esporrebbe all’assalto delle forze progressiste. Ma essi hanno uomini e quadri abili ed adusati al comando, che si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia. Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati, si proclameranno amanti della libertà, dela [sic] pace, del benessere generale delle classi più povere. 126 Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuati dietro i movimenti popolari e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario127. Senza dubbio saranno la forza più pericolosa con cui si dovranno128 116 A: “degli istituti”, cap. II, p. 6. C: “Le forze conservatrici, cioè: i dirigenti delle istituzioni…”, cap. II, p. 16.. 117 A: “… stati nazionali; i quadri superiori…”, cap. II, p. 6. C: “… stati nazionali; i quadri superiori…”, cap. II, p. 16. 118 A: “culminanti là, dove ancora esistono, nelle monarchie;”, cap. II, p. 6. C: “culminanti, là dove ora esistono, nelle monarchie;”, cap. II, p. 16.. 119 A: “quelli degli stati;”, cap. II, p. 6. C: “a quelle degli stati;”, cap. II, p. 16. 120 C: “… ecclesiastiche che…”, cap. II, p. 16. 121 A: “società”, cap. II, p. 6. C: “società”, cap. II, p. 16. 122 A: “parassitarie;”, cap. II, p. 6. C: “parassitarie;”, cap. II, p. 16. 123 A: “… stuolo di coloro che da essi dipendono o che son anche solo abbagliati dalla loro tradizionale potenza;“, cap. II, p. 6. C: “… stuolo di coloro che da essi dipendono o che anche sono solo abbagliati dalla loro tradizionale potenza;”, cap. II, p. 16. 124 A: “… reazionarie, già fin da oggi, sentono che l’edificio scricchiola e cercano di salvarsi.”, cap. II, p. 6. C: “… reazionarie già fin da oggi sentono che l’edificio scricchiola, e cercano di salvarsi.”, cap. II, p. 16. 125 A: “fin’ora”, cap. II, p. 7. C: “finora,”, cap. II, p. 16. 126 A: “ben camuffati. Si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere”. C: “Le forze reazionarie hanno uomini e quadri abili ed educati al comando, che si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia. Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati, si proclameranno amanti della libertà, della pace, del benessere generale, delle classi più povere.”, cap. II, p. 20. 127 A: “Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuati dentro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario.”, cap. II, p. 7. C: “Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuate dietro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso conrario.”, cap. II, p. 20. 128 A: “dovrà”, cap. II, p. 7. 100 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 fare i conti . Il punto sul quale essi cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello stato nazionale. Potranno così far presa sul sentimento popolare più diffuso, più offeso dai recenti avvenimenti129, più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento patriottico. In tal modo possono anche sperare di più facilmente confondere le idee degli avversari130 dato che per le masse popolari l’unica esperienza politica finora acquisita è quella svolgentesi entro l’ambito nazionale131 ed è perciò abbastanza facile convogliare132 sia esse che i loro capi più miopi, sul terreno133 della ricostruzione degli stati abbttuti [sic]134 dalla bufera. Se raggiungessero questo scopo avrebbero vinto, fossero pure questi stati in apparenza largamente democratici e socialisti, il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo.135 Risorgerebbero le gelosie nazionali e ciascuno stato di nuovo riporrebbe la soddisfazione delle proprie esigenze nella forza delle armi.136 Loro compito precipuo tornerebbe ad essere a più o meno scadenza, quello di convertire137 i loro popoli in eserciti. I generali tornerebbero a comandare, i monopolisti a profittare138 delle autarchie, i capi burocratici a gonfiarsi, i preti a tener docili le masse. Tutte le conquiste del primo momento si raggrinzerebbero in un nulla di fronte alla necessità di prepararsi nuovamente alla guerra.139 Il problema che in primo luogo va risolto140 e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è cge [sic]141 apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani. Il 129 C: “movimenti”, cap. II, p. 20. 130 A: “… avversari,”, cap. II, p. 7. C: “… avversari,”, cap. II, p. 20. 131 A: “… nazionale,”, cap. II, p. 7. C: “… nazionale,”, cap. II, p. 20. 132 A: “… convogliare,”, cap. II, p. 7. 133 C: “… più miopi sul terreno…”, cap. II, p. 20. 134 A: “abbattuti”, cap. II, p. 7. C: “abbattuti”, cap. II, p. 20. 135 A: “Se raggiungessero questo scopo avrebbero vinto. Fossero pure questi stati in apparenza largamente democratici o socialisti, il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo.”, cap. II, p. 7. C:”Se questo scopo venisse raggiunto, la reazione avrebbe vinto. Potrebbero pure questi stati essere in apparenza largamente democratici e socialisti; il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo.”, cap. II, p. 20. 136 A: “Risorgerebbero le gelosie nazionali e ciascun stato riporrebbe di nuovo la soddisfazione delle proprie esigenze solo nella forza delle armi.”, cap. II, p. 7. C: “Risorgerebbero le gelosie nazionali, e ciascuno stato di nuovo riporrebbe la soddisfazione delle proprie esigenze solo nella forza delle armi.”, cap. II, p. 20. 137 A: “… tornerebbe ad essere, a più o meno breve scadenza, quello di convertire…”, cap. II, p. 7. C: “… tornerebbe ad essere a più o meno breve scadenza quello di convertire…”, cap. II, p. 20. 138 A: “ad approfittare”, cap. II, p. 7. 139 A: “di preparare di nuovo la guerra.”, cap. II, p. 7. C: “… si raggrinzirebbero in un nulla, di fronte alla necessià di prepararsi nuovamente alla guerra.”, cap. II, p. 21. 140 A: “… risolto,”, cap. II, p. 7. 141 A: “che”, cap. II, p. 7. C: “che”, cap. II, p. 21. 101 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 crollo della maggior parte degli Stati del continete [sic]142 sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte dei popoli europei che o tutti insieme soggiaceranno al dominio Hitleriano, o tutti insieme entreranno con la caduta di questo in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi in solide e distinte strutture statali.143 Gli spiriti sono già ora molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere, ed ha fatto mutare molte circostanze favorevoli al nostro ideale.144 Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un’equilibrio [sic]145 di stati europei indipendenti146 con la convivenza della Germania militarista a parità con gli altri paesi, ne [sic]147 si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova è apparso evidente che nessun paese dell’Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, niente valendo le dichiarazioni di neutralità ed i patti di non aggressione. 148 E’ ormai dimostrato [sic] l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle Nazioni, che pretendeva di garantire il diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli Stati partecipanti.149 Assurdo è risultato il principio del non 142 A: “stati del continente”, cap. II, p. 7. C: “stati del continente”, cap. II, p. 21. 143 A: “… la sorte dei popoli europei, che tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali.”, cap. II, p. 7. C: “… la sorte dei popoli europei, che, o tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo, in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali.”, cap. II, p. 20. 144 A: “La dura esperienza ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere ed ha fatto maturare molte circostanze favorevoli al nostro ideale.”, cap. II, p. 7. C: “La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere ed ha fatto maturare molte circostanze favorevoli al nostro ideale.”, cap. II, p. 21. 145 A: “un equilibrio”, cap. II, p. 8. C: “un equilibrio”, cap. II, p. 21. 146 C: “… indipendenti,”, cap. II, p. 21. 147 A: “parità di condizioni con gli altri paesi, né…”, cap. II, p. 8. C: “parità di condizioni degli altri paesi, né…”, cap. II, p. 21. 148 A: “Alla prova è apparso evidente che nessun paese d’Europa può starsene da parte mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e i patti di non aggressione.”, cap. II, p. 8. C: “Alla prova, è apparso evidente che nessun paese in Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a niente valendo le dichiarazioni di neutralià e di patti di non aggressione.”, cap. II, p. 21. D: “E’ ormai dimostrato che nessun stato in Europa può rimanere alla finestra a guardare mnere gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione.”, p. 19. 149 A: “È oramai dimostrata la inutilità, anzi la dannosità di organismi, tipo la Società delle Nazioni, che pretendano di garantire il diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti.”, cap. II, p. 8. C: “E’ ormai dimostrata l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle 102 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei. Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita del continente: tracciato dai confini nelle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc. che troverebbero nella federazione europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte delle più vaste unità nazionali, quando hanno perso la loro acredine, trasformandosi in problemi di rapporti tra le diverse provincie: [sic]150 D’altra parte la fine del senso di sicurezza nella inattaccabilità della GranBretagna [sic], che consigliava gli Inglesi allo “Spendid Isolation” [sic], la dissoluzione dell’esercito della stessa Repubblica francese al primo serio urto delle forze tedesche, risultato che è da sperare abbia di molto smorzato la presunzione sciovinista dell’assoluta superiorità gallica, e specialmente la coscienza della gravità del pericolo corso di generale asservimento sono tutte circostanze che favoriranno la costituzione di un regime federale, che ponga fine alla attuale anarchia. 151 Ed il fatto che Nazioni, che pretendeva di garantire un diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni, e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti.”, cap. II, p. 21. 150 A: “… del continente: tracciati dei confini a popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc.; che troverebbero nella Federazione Europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte delle più vaste unità nazionali, quando hanno perso la loro acredine, trasformandosi in problemi di rapporti tra le diverse provincie.”, cap. II, p. 8. C: “… del continente – tracciato dei confini nelle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc. – che troverebbe nella Federazione Europea la più semplice soluzione – come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte della più vasta unità nazionale avendo perso la loro acredine, col trasformarsi in problemi di rapporti fra le diverse provincie.”, cap. II, pp. 21‐22. 151 A: “… che consigliava agli inglesi la «splendid isolation», la dissoluzione dell’esercito e della stessa repubblica francese, al primo serio urto delle forze tedesche – risultato che è da sperare abbia di molto smorzata la presunzione sciovinista della superiorità gallica – e specialmente la coscienza della gravità del pericolo corso di generale asservimento, sono tutte circostanze che favoriranno la costituzione di un regime federale che ponga fine all’attuale anarchia.”, cap. II, p. 8. C: “D’altra parte, la fine del senso di sicurezza dao dalla inattaccabilità della Gran Bretagna, che consigliava agli inglesi la «splendid isolation», la dissoluzione dell’esercito e della stessa repubblica francese al primo serio urto delle forze tedesche (risultato che è da sperare abbia di molto smorzata la convinzione sciovinista dell’assoluta superiorità gallica) e specialmente la coscienza della gravità del pericolo corso di generale asservimento, sono tutte circostanze che favoriranno la costituzione di un regime federale, che ponga fine all’attuale anarchia.”, cap. II, p. 22. 103 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 l’Inghilterra abbia ormai accettato il principio dell’indipendenza indiana e la Francia abbia potenzialmente perduto, col riconoscimento della sconfitta, tutto il suo impero, rendono più agevole trovare anche una base di accordo per una sistemazione Europa dei possedimenti coloniali152. A tutto ciò va aggiunto infine la scomparsa di alcune delle principali dinastie e la fragilità delle basi che sostengono quelle superstiti. Va tenuto conto, infatti, che153 le dinastie, considerando i diversi paesi come proprio tradizionale apannaggio [sic] rappresentavano con i poderosi interessi di cui erano l’appoggio, un serio ostacolo alla organizzazione razionale degli Stati Uniti d’Europa, i quali non possono poggiare che sulle contitizioni [sic] repubblicane di tutti i paesi federati154. E quando155 superando l’orizzonte del vecchio continente156 si abbracci in una visione d’insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità157 bisogna pur riconoscere che la Federazione Europee [sic]158 è l’unica garanzia concepibile159 che i rapporti con i popoli asiatici ed americani possano svolgersi su una base di pacifica collaborazione in attes [sic] di un più lontano avvenire in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.160 La linea di divisione 152 A: “Ed il fatto che l’Inghilterra abbia accettato il principio dell’indipendenza indiana, e la Francia abbia potenzialmente perduto, col riconoscimento della sconfitta, tutto il suo impero, rendono più agevole trovare anche una base di accordo per una sistemazione europea dei problemi coloniali.”, cap. II, p. 8. C: “E il fatto che l’Inghilterra abbia ormai accettato il principio dell’indipendenza indiana, e la Francia abbia potenzialmente perduto col riconoscimeno della sconfitta tutto il suo impero, rendono più agevole trovare anche una base di accordo per una sistemazione europea nei possedimenti coloniali.”, cap. II, p. 22. 153 A: “A tutto ciò va infine aggiunta la scomparsa di alcune delle principali dinastie e la fragilità delle basi di quelle che sostengono le dinastie superstiti. Va tenuto conto, infatti, che…”, cap. II, p. 8. C: “ A tutto ciò va aggiunta infine la scomparsa di alcune delle principali dinastie, e la fragilità delle basi che sostengono quelle superstiti. Va tenuto conto infatti che…”, cap. II, p. 22. 154 A: “… come tradizionale appannaggio proprio, rappresentavano, con i poderosi interessi di cui erano l’appoggio, un serio ostacolo alla organizzazione razionale degli Stati Uniti d’Europa, i quali non possono poggiare che sulle costituzioni repubblicane di tutti i paesi federati.”, cap. II, p. 8. C: “… come proprio tradizionale appannaggio, rappresentavano, con i poderosi interessi di cui eran l’appoggio, un serio ostacolo alla organizzazione razionale degli Stati Uniti d’Europa, i quali non possono poggiare che sulla costituzione repubblicana di tutti i paesi federati.”, cap. II, p. 22. 155 A: “… quando,”, cap. II, p. 8. C: “… quando,”, cap. II, p. 22. 156 A: “… continente,”, cap. II, p. 8. C: “… continente,”, cap. II, p. 22. 157 A: “… umanità,”, cap. II, p. 8. C: “si abbraccino in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità,”, cap. II, p. 22. 158 A: “federazione europea”, cap. II, p. 8. C: “Federazione Europea”, cap. II, p. 22. 159 C: “l’unica concepibile garanzia”, cap. II, p. 22. 160 A: “… possono svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.”, cap. II, p. 9. C: “… si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.”, cap. II, p. 22. 104 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 fra161 partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò oramai162 non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire163 ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro164 che concepiscono165 come campo centrale 166della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale e che faranno sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lama167 incandescente delle passioni popolari torni a silidificarsi [sic] nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità; e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido Stato internazionale,168 che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari, e anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale.169 Colla propaganda e coll’azione, crcando [sic] di stabilire in tutti i modo [sic] accordi e legami fra simili movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando,170 occorre fin d’ora171 gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far nascere172 il nuovo organismo173 che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa, per costituire un saldo Stato Federaleil 161 A: “tra”, cap. II, p. 9. 162 A: “… cade perciò ormai, non…”, ibidem. C: “… cade perciò ormai non…”, cap. II, p. 22. 163 A: “… istituire,”, cap. II, p. 9. C: “… istituire,”, cap. II, p. 22. 164 C: “quelli”, cap. II, p. 22. 165 A: “… concepiscono,”, cap. II, p. 9. 166 C: “fine essenziale”, cap. II, p. 22. 167 A: “lava”. 168 A: “… nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale,”, cap. II, p. 9. C: “… nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale,”, cap. II, pp. 22‐23. 169 A: “che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea per realizzare l’unità internazionale.”, cap. II, p. 9. C: “che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale.”, cap. II, p. 23. 170 A: “Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami tra i movimenti simili che nei vari paesi si vanno certamente formando,”. C: “Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami fra i singoli movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando,”, cap. II, p. 23. 171 C: sin d’ora”, cap. II, p. 23. 172 A: “sorgere”, cap. II, p. 9. 173 A: “… organismo,”, cap. II, p. 9. 105 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 [sic] quale174 disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali,175 spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale degli Stati176 totalitari, abbia gli organi ed i mezi [sic]177 sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un’ordine [sic]178 comune, pur lasciando agli stati stessi la autonomia che consente179 una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica180 secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. Se ci sarà nei principali paesi europei un numero sufficiente di uomini181 comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, poiché182 la situazione e gli anni183 saranno favorevoli alla loro opera: di fronte184 avranno partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa dell’ultimo ventennio185. Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi, del MOVIMENTO PER L’EUROPA LIBERA ED UNITA.186 3° I COMPITI DEL DOPOGUERRA – La riforma della società.187 Una Europa libera ed unita188 è premessa necessaria per il189 potenziamento della civiltà moderna di cui l’era totalitaria rappresenta un’arresto [sic].190 La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro le disuguaglianze ed i privilegi sociali. 191 174 A: “… in Europa; per costituire un largo stato federale, il quale…”, cap. II, p. 9. C: “… in Europa; per costituire un saldo stato federale, il quale…”, cap. II, p. 23. 175 C: “… nazionali;”, cap. II, p. 23. 176 A: “dei regimi”, cap. II, p. 9. C: “dei regimi totalitari;”, cap. II, p. 23. 177 A: “mezzi, cap. II, p. 9. C: “mezzi”, cap. II, p. 23. 178 A: “… deliberazioni, dirette a mantener un ordine…”, cap. II, p. 9. C: “… deliberazioni dirette a mantenere un ordine…”, cap. II, p. 23. 179 A: “l’autonomia che consenta”, cap. II, p. 9. C: “l’autonomia che consenta”, cap. II, p. 23. 180 C: “di una vita politica”, cap. II, p. 23. 181 A: “… uomini che…”, cap. II, p. 9. C: “… uomini che…”, cap. II, p. 23. 182 A: “perché”, cap. II, p. 9. 183 A: “animi”, cap. II, p. 9. C: “animi”, cap. II, p. 23. 184 A: “… alla loro opera e di fronte…”, cap. II, p. 9. C: “… alla loro opera. Essi avranno di fronte…”, cap. II, p. 23. 185 A: “… disastrosa esperienza dell’ultimo ventennio”, cap. II, p. 9. C: “… disasrosa esperienza dell’ultimo ventennio.”, cap. II, p. 23. 186 A: “movimento per l’Europa libera e unita!”, cap. II, p. 9. C: “… uomini nuovi: del MOVIMENTO PER L’EUROPA LIBERA ED UNITA.”, cap. II, p. 23. 187 A: “III I compiti del dopoguerra – La riforma della società”, cap. III, p. 9. C: “III. – COMPITI DEL DOPOGUERRA – LA RIFORMA DELLA SOCIETÁ.”, cap. III, p. 23. 188 A: “Un’Europa libera e unita…”, cap. III, p. 9. C: “Un’Europa libera e unita…”, cap. III, p. 23. 189 C: “del”, cap. III, p. 23. 190 A: “… della civiltà moderna, di cui l’èra totalitaria rappresenta un arresto.”, cap. III, p. 9. C: “… della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto.”, cap. III, p. 23. 191 A: “… e i privilegi sociali.”, cap. III, p. 9. C: “… la disuguaglianza ed i privilegi sociali.”, cap. III, p. 24. 106 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l’attuazione saranno crollate o crollanti,192 e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze193 dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione194 delle classi lavoratrici e la creazione, per esse, di condizioni più umane di vita195. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può più essere però il principio puramente dotrinario [sic]196 secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita197 e tollerata solo in via provvisoria198 quando non se ne possa proprio fare a meno. La statizzazione generale dell’economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie si sono rappresentate la loro liberazione dal giogo capitalista,199 ma una volta realizzata in pieno,200 non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia come è accaduto in Russia.201 Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione202 è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini203 ma – come avviene per le forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano204 vittime. Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dall’interesse individuale non vanno spente nella morta gora della pratica routinière per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di risuscitare 192 A: “Tutte le vecchie istituzioni conservatrici, che ne impedivano l’attuazione, saranno crollanti o crollate,”, cap. III, p. 9. C: “Tutte le vecchie istituzioni conservarici che ne impedivano l’attuazione saranno crollate o crollanti;”, cap. III, p. 24. 193 A: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze,”, cap. III, p. 9. C: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nosre esigenze,”, cap. III, p. 24. 194 A: “la emancipazione”, cap. III, p. 10.. 195 A. “…la creazione per esse di condizioni più umane di vita.”, ibidem. C: “…la creazione per esse di condizioni più umane di vita.”, cap. III, p. 24. 196 A: “La bussola di orientamento, per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può più essere però il principio puramente dottrinario…”, cap. III, p. 10. C: “dottrinario”, cap. III, p. 24. 197 A: “… abolita,”, cap. III, p. 10. 198 A: “linea provvisoria,”, cap. III, p. 10. C: “linea provvisoria,”, cap. III, p. 24. D: “via provvisoria,”, p. 21. 199 C: “… capitalista;”, cap. III, p. 24. 200 A: “… ma, una volta realizzata a pieno,”, cap. III, p. 10. C: ““… ma, una volta realizzata in pieno,”, cap. III, p. 24. 201 A: “… economia, come è avvenuto in Russia.”, cap. III, p. 10. C: “economia.”, cap. III, p. 24. 202 A: “… un’affrettata ed erronea deduzione,”, cap. III, p. 10. C: “… deduzione,”, cap. III, p. 24. 203 A: “… uomini,”, cap. III, p. 10. C: “… uomini,”, cap. III, p. 24. 204 C: “sieno”, cap. III, p. 24. 107 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 lo spirito d’iniziativa con le differenziazioni dei salari e con gli altri provvedimenti dello stachonovismo [sic] dell’U.R.S.S. invece col solo risultato di uno sgobbamento più diligente.205 Quelle forze206 vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore opportunità207 di sviluppo e di impiego, e contemporaneamente vanno perfezionati e consolidati gli argini che le convogliano verso gli obbiettivi208 di maggiore vantagglio [sic]209 per tutta la collettività. La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa210 caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio. Questa direttiva si inserisce naturalmente nel processo di formazione di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo e del burocratismo nazionali211. In essa possono trovare la loro liberazione tanto i lavoratori dei paesi capitalistici oppressi dal dominio dei ceti padronali212 quanto i lavoratori del paese comunista213 oppressi dalla tirannide burocratica. La soluzione razionale deve prendere il posto di quella irrazionale214 anche nella coscienza dei lavoratori. Volendo indicare in modo più particolareggiato il contenuto di questa direttiva, ed avvertendo che la convenienza e la modalità di ohai [sic]215 punto programmatico dovranno essere sempre giudicati216 in rapporto al presupposto 205 A: “Le gigantesche forze di progresso, che scaturiscono dall’interesse individuale, non vanno spente nella morta gora della pratica «routinière», per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di risuscitare lo spirito di iniziativa con la differenziazione dei salari, e con gli altri provvedimenti del genere dello stachenovismo dell’U.R.S.S., col solo risultato di uno sgobbamento più diligente.”, cap. III, p. 10. C: “Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dall’interesse individuale, non vanno spente nella morta gora della pratica routinière per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di resuscitare lo spirito d’iniziativa con le differenziazioni nei salari, e con gli altri provvedimenti del genere;”, cap. III, p. 24. 206 C: “quelle forze…”, cap. III, p. 24. 207 A: “possibilità”, cap. III, p. 10. 208 A: “obiettivi”, cap. III, p. 10. 209 A: “utilità”, ibidem. C: “vantaggio”, cap. III, p. 24. 210 A: “… estesa,”, cap. III, p. 10. 211 A: “… e del burocratismo nazionali.”, cap. III, p. 10. C: “… o del burocratismo nazionale.”, cap. III, p. 25. 212 A: “… padronali,”, cap. III, p. 10. 213 A: “dei paesi comunisti”, cap. III, p. 10. Il brano compreso tra “In essa…” e “burocratica” è stato espunto nell’edizione a cura di Eugenio Colorni. D: “La classe operaia dei paesi capitalistici ha perfettamente ragione nel non voler essere vittima predestinata della proprietà privata di mezzi di produzione. Altrettanta ragione ha nel paese comunista nel non voler essere la vittima necessaria della burocrazia collettivista.”, p. 21. 214 C: “… irrazionale,”, cap. III, p. 25. 215 A: “ogni”, cap. III, p. 10. C: “… le modalità di ogni punto programmatico…”, cap. III, p. 25. 216 A: “giudicate”, cap. III, p. 10. C: “giudicate”, cap. III, p. 25. 108 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ormai217 indispensabile dell’unità europea218 mettiamo in rilievo i seguenti punti: A) Non si possono più lasciare ai privati le imprese che svolgono una attività necessariamente monopolistica e sono prciò [sic] in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (es. es. [sic] le industrie elettriche),219 le imprese che si vogliono mantenere in vita per ragioni di interesse collettivo ma che per reggersi, hanno bisogno220 di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore221 ecc. (l’esempio più notevole di questo tipo d’industria sono, finora, in Italia, le industrie siderurgiche), e le imprese222 che per la grandezza dei capitali investiti ed il numero degli operai occupati e per l’importanza del settore che dominano223 possono ricattare gli organi dello Stato imponendo224 la politica per loro più vantaggiosa (es. industrie minerarie, grandi istituti bancari, industrie degli armamenti). E’ questo il campo in cui dovrà225 procedere senz’altro a nazionalizzazioni su scala vastissima senza alcun riguardo per i diritti acquisiti.226 B) Le caratteristiche227 che hanno avuto in passato il diritto di proprietà ed il diritto di successione228 hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati, ricchezze che converrà distribuire durante una crisi rivoluzionaria 217 A: “oramai”, cap. III, p. 10. 218 A: “… europea,”, ibidem. C: “… europea,”, cap. III, p. 25. 219 A: “a) non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (ad esempio le industrie elettriche);”, cap. III, p. 10.. C: “a) non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo unʹattività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori; ad esempio le industrie elettriche,”, cap. III, p. 25. D: “a) Non si possono più lasciare ai privati le imprese che svolgendo un’attività necessariamente monopolistica sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (esempio: industria elettrica);”,p. 22. 220 A: “… ragione d’interesse collettivo, ma che per reggersi hanno bisogno…”, cap. III, p. 10. C: “… ragioni di interesse collettivo ma che, per reggersi, hanno bisogno…”, cap. III, p. 25. 221 A: “… di favore,”, cap. III, p. 11. 222 A: “(l’esempio più notevole di questo tipo di industrie sono in Italia ora le industrie siderurgiche); le imprese…”, cap. III, p. 11. C: “(lʹesempio più notevole di questo tipo dʹindustria sono finora in Italia le siderurgiche); e le imprese… “, cap. III, p. 25. 223 A: “… operai occupati, o per l’importanza del settore che dominano,”, cap. III, p. 11. C: “… e il numero degli operai occupati, o per lʹimportanza del settore che dominano,”, cap. III, p. 25. 224 A: “stato”, cap. III, p. 11. C: “stato, imponendo…”, cap. III, p. 25. 225 A: “… in cui si dovrà…”, cap. III, p. 11. C: “in cui si dovrà”, cap. III, p. 25. 226 A: “… scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti;”, cap. III, p. 11. C: “… scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti.”, cap. III, p. 25. 227 A: “b) le caratteristiche…”, cap. III, p. 11. C: “b) Le caratteristiche…”, cap. III, p. 25. 228 A: “e”, cap. III, p. 11. C: “e il diritto di successione,”, cap. III, p. 25. 109 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 in senso egualitario229 per eliminare i ceti parassitari e per dare ai lavoratori gli strumenti230 di produzione di cui abbisognano, onde migliorare le loro condizioni231 e far loro raggiungere una maggiore indipendenza di vita. Pensiamo, cioè,232 ad una riforma agraria che passando la terra a chi la coltiva233 aumenti enormemente il numero dei proprietari, e ad una riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori, nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l’azionariato operaio ecc.234 C) I giovani235 vanno assistiti con le previdenze236 necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva237 di proseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; dovrà prepararein ogni branca di studi per l’avviamento ai diversi mestieri, e alle diverse attività liberali e scientifiche238 un numero di individui corrispondenti alla domanda del mercato, in modo che le remunerazioni medie, risultino poi pressapoco [sic] eguali per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze fra le remunerazioni nell’interno di ciascuna categoria a seconda delle diverse capacità individuali. 239 D) La potenzialità, quasi senza limiti, della produzione in massa dei generi di prima necessità, con la tecnica moderna permette ormai di assicurare a tutti 229 A: “… nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire, durante una crisi rivoluzionaria, in senso egualitario…”, cap. III, p. 11. C: “… nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire durante una crisi rivoluzionaria in senso egualitario,”, cap. III, p. 25. 230 A: “gl’istrumenti”, cap. III, p. 11. C: “… nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire durante una crissi rivoluzionaria in senso egualitario”, cap. III, p. 25. 231 A: “onde migliorarne le condizioni…”. 232 A: “Pensiamo cioè…”, cap. III, p. 11. C: “Pensiamo cioè…”, cap. III, p. 25. 233 A: “… che, passando la terra a chi la coltiva,…”, cap. III, p. 11. C. ““… che, passando la terra a chi la coltiva,…”, cap. III, p. 25. 234 A: “… azionariato operaio, ecc.;”, cap. III, p. 11. 235 A: “c) i giovani…”, ibidem. C: “c) I giovani…”, cap. III, p. 25. 236 A: “provvidenze”, cap. III, p. 11. 237 C: “le possibilità effettive”, cap. III, p. 25. 238 A: “e dovrà preparare, in ogni branca di studi per l’avviamento ai diversi mestieri e alle diverse attività liberali e scientifiche,”, cap. III, p. 11. C: “e dovrà preparare in ogni branca di studi, per l’avviamento ai diversi mestieri e alle diverse attività liberali e scienficihe,”, cap. III, p. 26. 239 A: “… rimunerazioni medie risultino pressapoco eguali, per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze tra le rimunerazioni nell’interno delle categorie, a seconda delle diverse capacità individuali;”, cap. III, p. 11. C: “… rimunerazioni medie risultino poi press’a poco eguali per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze fra le rimunerazioni nell’interno di ciascuna categoria, a seconda delle diverse capacità individuali.”, cap. III, p. 26. 110 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 con un costo sociale relativamente piccolo,240 il vitto, l’alloggio, ed il vestiario241 col minimo di conforto necessario per conservare il grado di dignità umana242. La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica, dovrà, perciò, manifestarsi non con le forme caritative che riescono sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e risparmio. Così nessuno sarà costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori.243 D) La liberazione244 delle classi lavoratrici può avere245 luogo solo realizzando le condizioni accennate nei punti precedenti: non lasciandole ricadere in balia dei sindacati monopolistici246 che trasportano semplicemente nel campo operaio i metodi soprafattori247 caratteristici soprattutto248 del grande 240 A: “d) la potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo,”, cap. III, p. 11. C: “d) La potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità, con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo,”, cap. III, p. 26. 241 A: “e il vestiario…”, cap. III, p. 11. C: “e il vestiario,”, cap. III, p. 26. 242 A: “… per conservare la dignità umana.”, cap III, p. 11. C: “… per conservare il senso della dignità umana.”, cap. III, p. 26. 243 A: “La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative, sempre avvilenti, e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori;”, cap. III, p. 11. C: “La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica, non dovrà, per ciò, manifestarsi con le forme caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori.”, cap. III, p. 26. D: “la solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative sempre avvilenti ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente senza ridurre lo stimolo al lavoro ed al risparmio.”, p. 23. 244 A: “e) la liberazione…”, cap. III, p. 11. C: “e) La liberazione…”, cap. III, p. 26. 245 A: “aver”, cap. III, p. 11. C: “aver”, cap. III, p. 26. 246 A: “… non lasciandole ricadere nella politica economica dei sindacati monopolistici,”, cap. III, p. 11. C: “… in balia della politica economica dei sindacati monopolistici,”, cap. III, p. 26. D: “La liberazione delle classi lavoratrici non può aver luogo inquadrandole tutte in sindacati monopolistici”, p. 23. 247 A: “sopraffattori”, cap. III, p. 11. C: “sopraffattori”, cap. III, p. 26. 248 A: “specialmente”, cap. III, p. 11. C: “anzitutto”, cap. III, p. 26. D: “soprattutto”, p. 23. 111 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 capitale. I lavoratori debbono tornare ad essere liberi di sciegliere [sic]249 i fiduciari per trattare collettivamente le condizioni a cui250 intendono prestare la loro opera, e lo Stato251 dovrà dare i mezzi giuridici per garantire l’osservanza dei patti conclusi,252 ma tutte le tendenze monopolistiche potranno essere efficacemente combattute solo una volta che siano realizzate quelle trasformazioni sociali.253 Questi sono i cambiamenti necessari per creare254 intorno al nuovo ordine255 un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento256 e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi257 le libertà politiche potranno veramente avere un contenuto concreto258 e non solo formale, per tutti259 in quanto la massa dei cittadini avrà una indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esrcitare [sic]260 un continuo ed efficace controllo261 sulla classe governante. Sugli istituti costituzionali sarebbe superfluo soffermarsi262, poiché, non potendosi prevedere le condizioni in cui dovranno sorgere ed operare263 non faremmo che ripetere quel264 che tutti già sanno sulla necessità di organi rappresentativi265 sulla266 formazione delle leggi, della indipendenza267 della magistratura che prenderà il;[sic] posto268 dell’attuale per l’applicazione imparziale delle leggi269 emanate, della libertà di stampa e di associazione270 per 249 A: “scegliere”, cap. III, p. 12. C:” scegliere”, cap. III, p. 26. 250 C: “… le condizioni cui”, cap. III, p. 26. 251 A: “stato”, cap. III, p. 12. C: “stato”, cap. III, p. 26. 252 A: “… patti conclusi;”, cap. III, p. 12. C: “… patti conclusivi;”, cap. III, p. 26. 253 A: “… efficacemente combattute, una volta che saranno realizzate quelle trasformazioni sociali.”, cap. III, p. 12. C: “… efficacemente combattute, una volta che sieno realizzate quelle trasformazioni sociali.”, cap. III, p. 26. 254 A: “,”. 255 A: “… creare, intorno al nuovo ordine,”, cap. III, p. 12. 256 C: “… mantenimento,”, cap. III, p. 26. 257 C: “… basi,”, cap. III, p. 27. 258 C: “.. concreto,”, ibidem. 259 A: “formale per tutti,”. C: “… per tutti,”, cap. III, p. 27. 260 A: “esercitare”, cap. III, p. 12. C: “esercitare”, cap. III, p. 27. 261 A: “… un efficace e continuo controllo…”, cap. III, p. 12. 262 A: “soffermarci”, cap. III, p. 12. 263 A: “… operare,”, cap. III, p. 12. C: “… operare,”, cap. III, p. 27. 264 A: “quello”, cap. III, p. 12. 265 C: “… rappresentativi,”, cap. III, p. 27. 266 A: “per la”, cap. III, p. 12. 267 A: “dell’indipendenza”, cap. III, p. 12. C: “sull’indipendenza”, cap. III, p. 27. 268 C: “il posto”, cap. III, p. 27. 269 A: “… della magistratura – che prenderà il posto dell’attuale – per l’applicazione imparziale delle leggi…”, cap. III, p. 12. 112 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 illuminare la pubblica opinione271 e dare e dare [sic] a tutti i cittadini272 la possibilità di partecipare effettivamente alla vita dello Stato273. Su due sole questioni è necessario precisare meglio le idee274 per la loro particolare importanza in questo momento nel nostro paese: I°) Sui rapporti dello Stato con la Chiesa: 2°) Sul carattere della rappresentanza politica:275 A) La Chiesa cattolica continua inflessibilmente a considerarsi unica società perfetta a cui lo Stato dovrebbe sottomettersi fornendole le armi temporali per imporre il rispetto della sua ottodossia[sic].276 Si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari di cui cerca profittare per imporre il rispetto della sua ortodossia. per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostruire il suo patrimonio, per stendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia. 277 Il Concordato con cui in Italia il Vaticano ha conclusa l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito per affermare il carattere laico dello Stato e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello Stato sulla vita civile.278 Tutte le credenze religiose dovranno essere 270 A: “… associazione,”, cap. III, p. 12. C: “sulla libertà di stampa e di associazione…”, cap. III, p. 27. 271 A: “l’opinione pubblica”, cap. III, p. 12. C: “l’opinione pubblica”, cap. III, p. 27. 272 A: “… e dare a tutti i cittadini…”, cap. III, p. 12. C: “e dare a tutti i cittadini…”, cap. III, p. 27. 273 A: “stato”, cap. III, p. 12. C: “stato”, cap. III, p. 27. 274 A: “… idee,”, cap. III, p. 12. C: “… idee,”, cap. III, p. 27. 275 A: “… nel nostro paese, cioè sui rapporti dello stato con la chiesa, e sul carattere della rappresentanza politica:”, cap. III, p. 12. C: “… nel nostro paese: sui rapporti dello stato con la chiesa e sul carattere della rappresentanza politica:”, cap. III, p. 27. 276 A: “a) la Chiesa cattolica continua inflessibilmente a considerarsi unica società perfetta, a cui lo stato dovrebbe sottomettersi, fornendole le armi temporali per imporre il rispetto della sua ortodossia.”, cap. III, p. 12. D: “… la chiesa cattolica continua a considerarsi l’unica società perfetta a cui lo stato dovrebbe sottomettersi, fornendole le armi temporali per imporre il rispetto dell’ortodossia secondo i suoi dogmi,”, p. 24. L’intero brano è stato espunto da Colorni. 277 A: “Si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari, di cui cerca di approfittare per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostituire il suo patrimonio, per stendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia.”. D:”… e si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari, di cui cerca di profittare per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostituire il suo patrimonio, per estendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia.”, p. 24. Anche questa frase è stata tagliata da Colorni. 278 A: “Il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza con il fascismo andrà senz’altro abolito, per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile.”, cap. III, p. 12. D: “In Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo con un concordato. Questo concordato andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile.”. C: “a) Il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile”, cap. III, p. 27. 113 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ugualmente rispettate, ma lo Stato non dovrà più avere un bilancio dei culti e dovrà riprendere la sua opera educatrice per sviluppare lo spirito critico.279 B) La baracca280 di cartapesta che il fascismo ha costruito con l’ordinamento corporativo cadrà in frantumi281 insieme con le altre parti dello Stato282 totalitario. C’è chi ritiene che, da questi rottami si potrà trarre il materiale per il nuovo ordine costituzionale.283 Noi non lo crediamo. NelloStato [sic] totalitario le Camere284 corporative sono una beffa che285 corona il controllo poliziesco sui286 lavoratori. Se anche però le camere287 corporative fossero la sincera espressione delle diverse categorie dei produttori, gli organi di rappresentanza delle diverse categorie professionali non potrebbero mai essere qualificate288 per trattare quistioni [sic]289 di politica generale290 e nelle questioni più propriamente economiche diverrebbero organi di soprafazzione [sic]291 delle categorie sindacalmente più potenti. Ai sindacati spetteranno ampie funzioni di292 collaborazione cogli organi statali293 incaricati di risolvere i problemi che più direttamente li riguardano294 ma è senz’altro da escludere che ad essi vada affidata alcuna funzione legislativa295 poiché ne risulterebbe una anarchia 279 A: “Tutte le credenze religiose dovranno essere ugualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti, e dovrà riprendere la sua opera educatrice per lo sviluppo dello spirito critico;”, cap. III, p. 12. D: “Tutte le credenze religiose dovranno essere ugualmente rispettate ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti e dovrà riprendere la sua opera educatrice per lo sviluppo dello spirito critico e per liberare le coscienze da ogni residuo di trascendenza.”, p. 24. C: “Tutte le credenze religiose dovranno essere egualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti.”, cap. III, p. 27. 280 A: “b) la baracca…”, cap. III, p. 12. C: “b) La baracca…”, cap. III, p. 27. 281 A: “… frantumi,”, cap. III, p. 12. 282 A: “stato”, ibidem. C: “stato”, cap. III, p. 27. 283 A: “C’è chi ritiene che da questi rottami si potrà domani trarre il materiale per il nuovo ordine costituzionale.”, cap. III, p. 12. C: “C’è chi ritiene che da questi rottami si potrà domani trarre il materiale per il nuovo ordine costituzionale.”, cap. III, p. 27. 284 A: “Nello stato totalitario le Camere…”, cap. III, p. 12. C: “Negli stati totalitari, le camere…”, cap. III, p. 27. 285 A: “… una beffa, che…”, cap. III, p. 12. C: “la beffa che…”, cap. III, p. 27. 286 A: “dei”, cap. III, p. 12. 287 A: “Camere”, ibidem. 288 A: “qualificati”, cap. III, p. 12. C: “qualificati”, cap. III, p. 27. 289 A: “questioni”, cap. III, p. 12. C: “questioni”, cap. III, p. 27. 290 A: “… generale,”, cap. III, p. 12. C: ““… generale,”, cap. III, p. 27. 291 A: “sopraffazione”, cap. III, p. 13. C: “sopraffazione”, cap. III, p. 28. 292 A: “in”, cap. III, p. 13. 293 A: “con gli organi statali,”, ibidem. C: “con gli organi statali…”, cap. III, p. 28. 294 A: “… riguardano,”, cap. III, p. 13. C: “… riguardano,”, cap. III, p. 28. 295 A: “… legislativa,”, cap. III, p. 13. C: “… legislativa,”, cap. III, p. 28. 114 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 feudale nella vita economica296 concludentesi in un rinnovato dispotismo politico. Molti che si sono lasciati prendere ingenuamente dal mito del corporativismi [sic] dovranno297 essere attratti all’opera di rinnovamento298 ma occorrerà che si rendano conto di quanto assurda sia la soluzione da loro confusamente sognata. Il corporativismo non può aver vita completa299 che nella forma assunta negli300 stati totalitari, per irreggimentare i lavoratori sotto funzionari che ne controllano301 ogni mossa nell’interesse della classe governante. ‐ ------------------ LA SITUAZIONE RIVOLUZIONARIA: Vecchie e nuove correnti302 La caduta dei regimi totalitari significherà sentimentalmente [sic] per interi popoli303 l’avvento della “libertà” poiché sarà scomparso ogni freno ed304 automaticamente regneranno amplissime libertà di parola e di associazione. Sarà il trionfo delle tendenze democratiche. Esse hanno innumerevoli sfumature305 che vanno da un liberalismo molto conservatore306 fino al socialismo e all’anarchia. Credono nella “generazione spontanea”307 degli avvenimenti e delle istituzioni, nella bontà assoluta degli impulsi che vengono dal basso. Non vogliono forzare le mano alla “storia”, al “popolo”, al “proletariato” o come altro chiamino il loro Dio.308 Auspicano la fine delle dittature309 immaginandola come la restituzione al popolo degli imprescrittibili diritti di autodeterminazione. Il coronamento dei loro sogni è un’assemblea 296 A: “un’anarchia feudale nella vita economica,”, cap. III, p. 13. C: “poiché risulterebbe un’anarchia feudale nella vita economica,”, cap. III, p. 28. 297 A: “… corporativismo potranno e dovranno…”, cap. III, p. 13. C: “… corporativismo potranno e dovranno…”, cap. III, p. 28. 298 A: “… rinnovamento,”, cap. III, p. 13. C: “… rinnovamento;”, cap. III, p. 28. 299 A: “concreta”, cap. III, p. 13. C: “concreta”, cap. III, p. 28. 300 C: “dagli”, cap. III, p. 28. 301 C: “controllino”, ibidem. 302 A: “IV La situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correnti”, cap. IV, p. 13. C: “La situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correnti.”, cap. II, p. 17. 303 A: “… significherà per interi popoli…”, cap. IV, p. 13. 304 A: “«libertà» poiché sarà scomparso ogni freno ed…”, cap. IV, p. 13. C: ““«libertà»; sarà scomparso ogni freno, ed…”, cap. II, p. 17. 305 C: “… sfumature,”, cap. II, p. 17. 306 A: “… conservatore,”, cap. IV, p. 13. 307 A: “«generazione spontanea»”, cap. IV, p. 13. C: “«generazione spontanea»”, cap. II, p. 17. 308 A: “… «storia» al «popolo» al «proletariato» o come altro chiamino il loro dio.”, cap. IV, p. 13. C: “… «storia», al «popolo», al «proletariato» o come altro chiamino il loro Dio.”, cap. II, p. 17. 309 C: “… dittature,”, cap. II, p. 17. 115 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 costituente eletta col più esteso suffragio e col più scrupoloso rispetto del diritto degli elettori, la quale decide310 che costituzione il popolo debba darsi.311 Se il popolo è immaturo, se ne darà una cattiva312, ma correggerla si potrà solo mediante una costante opera di convinzione. I democratici non rifuggono dal principio della violenza,313 ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino sull’i. Sono314 perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono essere solo ritoccate315 in aspetti relativamente secondari. Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nella rivoluzione316 russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, con le sue leggi e la sua amministarazione [sic]317, pullulano immediatamente, con sembianze318 di vecchia legalità, o sprezzandola,319 una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze sociali progressiste. Il popolo ha sì alcuni fondamentali bisogni da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie320 e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra di321 loro. Nel momento in cui occorre la massima decisione ed322 audacia, i democratici si sentono smarriti323 non avendo dietro uno spontaneo consenso 310 A: “decida”, cap. IV, p. 13. C: “decida”, cap. II, p. 17. 311 C: “che costituzione debba darsi.”, cap. II, p. 17. 312 A: “… immaturo se ne darà una cattiva,”, cap. IV, p. 13. C: ““… immaturo, se ne darà una cattiva;”, 313 A: “… per principio dalla violenza,”, cap. IV, p. 13. C: “…per principio dalla violenza;”, cap. II, p. 17. 314 A: “… puntino da mettere sugli i. Sono…”, cap. IV, p. 13. C: ““… puntino da mettere sull « i », sono…”, cap.II, p. 17. 315 A: “… che debbono solo essere ritoccate…”, cap. IV, p. 13. 316 A: “nelle rivoluzioni”, cap. IV, p. 14. 317 A: “con le sue leggi e la sua amministrazione,”, cap. IV, p. 14. C: “colle sue leggi e la sua amministrazione,”, cap. II, p. 17. 318 A: “sembianza”, cap. IV, p. 14. 319 A: “… vecchia legalità o sprezzandola,”, ibidem. 320 A: “… orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi,”, cap. IV, p. 14. C: “… orecchie. Con i suoi milioni di teste non riesce ad orientarsi,”, cap. II, p. 18. 321 A: “tra loro”, cap. IV, p. 14. C: “fra loro”, cap. II, p. 18. 322 C: “e”, ibidem. 323 C: “… smarriti,”, ibidem. 116 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni;324 pensano che loro dovere sia di formare quel consenso, e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare:325 perdono le occasioni favorevoli al consolidamento del nuovo regime, cercando di far funzionare subito organi che presuppongono una lunga preparazione326 e sono adatti ai periodi di relativa tranquillità; danno327 ai loro avversari armi di cui quelli poi si valgono328 per rovesciarli; rappresentano insomma, nelle loro mille tendenze, non già la volontà di rinnovamento, ma le confuse velleità329 regnanti in tutte le menti, che, paralizzandosi a vicenda330 preparano il terreno propizio allo sviluppo della reazione; la metodologia331 politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria. Man mano che i democratici logorassero nelle loro logomachie la loro prima popolarità di assertori della libertà, mancando ogni seria rivoluzione politica e sociale, si andrebbero immancabilmente ricostituendo la [sic]332 istituzioni politiche pretotalitarie, e la lotta tornerebbe a svilupparsi secondo i vecchi schemi della contrapposizione delle classi. Il principio secondo il quale la lotta di classe è il termine a cui son333 ridotti tutti i problemi politici, ha costituito la direttiva fondamentale334 specialmente degli operai delle fabbriche335 ed ha giovato a dare consistenza alla loro politica, finché non erano in questione le istituzioni fondamentali della società. Ma336 si converte in uno strumento di isolamento del proletariato, quando si imponga la necessità di trasformare l’intera organizzazione della società.337 Gli operai educati classisticamente338 non sanno allora vedere che le loro particolari 324 C: “passioni. Pensano…”, ibidem. 325 A: “… arrivare; perdono”, cap. IV, p. 14. C: “… arrivare. Perdono…”, cap. II, p. 18 326 C: “… preparazione,”, cap. II, p. 18. 327 C: “dànno”, ibidem. 328 A: “si servono poi”, cap. IV, p. 14. 329 A: “volontà”, ibidem. 330 A: “… vicenda,” ibidem. 331 A: “… della reazione. La metodologia…”, ibidem. C: ““… della reazione. La metodologia…”, cap. II, p. 18. 332 A: “… le istituzioni politiche pretotalitarie,”, cap. IV, p. 14. C: “le istituzioni politiche pre‐ totalitarie,”, cap. II, p. 18. 333 A: “… a cui van…”, cap. IV, p. 14. C: “… cui van…”, cap, II, p. 18. 334 A: “… fondamentale,”, cap. IV, p. 14. 335 A: “… fabbriche,”, ibidem. “… fabbriche,”, cap. II, p. 18. 336 C: “… non erano in questione le istituzioni fondamentali; ma…”, cap. II, p. 18. 337 A: “… quando si imponga di trasformare l’intera organizzazione della società.”, cap. IV, p. 14. 338 C: “Gli operai, educati classisticamente,”, cap. II, p. 18. 117 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 rivendicazioni di classe, o addirittura di categoria,339 senza curarsi del come connetterle340 con gli interessi degli altri ceti,341 oppure aspirano alla unilaterale dittatura della loro classe, per realizzare l’utopistica collettivazione [sic]342 di tutti gli strumenti materiali di produzione, indicata da una secolare propaganda343 come il rimedio sovrano di tutti i loro mali. Questa politica non riesce a far presa in nessun altro strato344 fuorché sugli operai, i quali così privano le altre forze progressive del loro sostegno, e345 le lasciano cadere in balia della reazione346 che abilmente le organizza per spezzare le reni allo stesso movimento proletario. Delle varie tendenze proletarie347 seguaci della politica classista e dell’ideale collettivista, i comunisti hanno riconosciuta348 la difficoltà di ottenere un seguito di forze sufficienti per vincere, e perciò349 si sono – a differenza degli altri partiti popolari – trasformati in un movimento rigidamente disciplinato, che sfrutta quel che residua del mito russo350 per organizzare gli operai, ma non prende legge da essi351 e li utilizza nelle più disparate manovre. Questo atteggiamento rende i comunisti, nelle crisi rivoluzionarie, più efficienti dei democratici,352 ma tenendo essi distinte, quanto più possono, le classi operaie353 dalle altre forze rivoluzionarie – col predicare che la loro “vera”354 rivoluzione è ancora da venire – costituiscono, nei momenti decisivi, un’elemento [sic] settario355 che indebolisce il tutto. Inoltre356 la loro assoluta dipendenza dallo stato russo, che li ha ripetutamente adoperati senza scrupoli per il perseguimento357 della sua politica nazionale, impedisce loro di svolgere 339 A: “… o di categoria,”, cap. IV, p. 14. 340 C: “connetterli”, cap. II, p. 18. 341 C: “… ceti;”, ibidem. 342 A: “collettivizzazione”, cap. IV, p. 14. C: “collettivizzazione”, cap. II, p. 18. 343 C: “propaganda secolare”, cap. II, p. 19. 344 C: “… su nessun altro strato,”, ibidem. 345 C: “o”, ibidem. 346 A: “… reazione,”, cap. IV, p. 14. 347 A: “… proletarie,”ivi, p. 15. C:”Fra le varie tendenze proletarie,”, cap. II, p. 19. 348 A: “riconosciuto”, cap. IV, p. 15. 349 C: “per ciò”, cap. II, p. 19. 350 C: “… che sfrutta il mito russo…”, ibidem. 351 A: “… da essi,”, cap. IV, p. 15. 352 A: “… democratici;”, ibidem. C: ““… democratici;”, cap. II, p. 19. 353 A: “… distinte quanto più possono le classi operaie…”, cap. IV, p. 15. C: “… distinte quanto più possono le classi operaie…”, cap. II, p. 19. 354 A: “«vera»”, cap. IV, p. 15. C: “«vera»”, cap. II, p. 19. 355 A: “… costituiscono nei momenti decisivi un elemento settario...”, cap. IV, p. 15. C: “un elemento settario...”, cap. II, p. 19. 356 C: “Inoltre,”, cap.II, p. 19. 357 C: “… che li ha ripetutamente adoperati per il perseguimento…”, ibidem. 118 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 alcune politica [sic]358 con un minimo di continuità. Hanno sempre bisogno di nasconderso [sic]359 dietro un Karoly, un Blum, un Negrin, per andare poi facilmente360 in rovina insieme coi fantocci democratici adoperati,361 poiché il potere si consegue e si mantiene non semplicemente con la furberia, ma con la capacità di rispondere in modo organico e vitale alle necessità362 della società moderna. La loro scarsa consistenza si palesa invece senza possibilità di equivoci quando, venendo a mancare il camuffamento, fanno regolarmente mostra di un puro verbalismo estremista.363 Se la lotta restasse domani ristretta nel tradizionale campo naionale [sic]364, sarebbe molto difficile sfuggire alle vecchie aporie. Gli stati nazionali hanno infatti già così profondamente pianificato la loro economia rispettive, che365 la questione centrale diverrebbe ben presto quella di sapere quale gruppo di interessi economici, cioè quale classe366 dovrebbe tenere367 le leve di comando del piano. Il fronte delle forze progressiste sarebbe facilmente frantumato nella rissa fra368 classi e categorie economiche. Con le maggiori probabilità i reazionari sarebbero coloro che trarrebbero profitto. Ma anche i comunisti, nonostante le loro deficienze, potrebbero avere il loro quarto d’ora, convogliare le masse stanche e deluse, assumere il potere, edadoperarlo [sic] per realizzare, come in Russia, il dispotismo burocratico su tutta la vita economica, politica e spirituale del paese.369 Una situazione dove i comunisti contassero come forza politica dominante, significherebbe, non uno sviluppo in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del movimento europeo.370 358 A: “… impedisce loro di perseguire una politica...”, cap. IV, p. 15. C: “… impedisce loro di svolgere alcuna politica...”, cap. II, p. 19. 359 A: “nascondersi”, cap. IV, p. 15. C: “nascondersi”, cap. II, p. 19. 360 A: “fatalmente”, cap. IV, p. 15. 361 A: “… dietro i fantocci democratici adoperati,”, ibidem. C: “insieme con i fantocci democratici adoperati;”, cap. II, p. 19. 362 C: “alla necessità”, cap. II, p. 19. 363 L’intera frase è stata espunta dall’edizione colorniana. 364 A: “nazionale”, cap. IV, p. 15. C: “nazionale”, cap. II, p. 19. 365 A: “… le proprie rispettive economie che…”, cap. IV, p. 15.C: “… le rispettive economie, che…”, cap. II, p. 19. 366 A: “… classe,”, cap. IV, p. 15. 367 A: “detenere”, ibidem. C: “detenere”, cap. II, p. 19. 368 A: “tra”, cap. IV, p. 15. 369 Il passaggio da “Ma anche” a “o sparire.” è stato eliminato da Colorni nell’edizione da lui curata. 370 A: “Una situazione dove i comunisti contassero come forza dominante significherebbe non uno sviluppo in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del rinnovamento europeo.”, cap. IV, p. 15. 119 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Larghissime masse restano ancora influenzate o influenzabili dalle vecchie tendenze democratiche e comuniste, perché non scorgono nessuna prospettiva di metodi o di obbiettivi371 nuovi. Tali tendenze sono però formazioni politiche del passato; da tutti gli sviluppi storici recenti nulla hanno appreso, nulla hanno dimenticato;372 incanalano le forze progressiste lungo strade che non possono serbare che delusioni e sconfitte; di fronte alle esigenze più profonde del domani costituiscono un’ostacolo [sic]373 e debbono o radicalmente modificarsi o sparire. Un vero movimento rivoluzionario deve374 sorgere da coloro che han375 saputo criticare le vecchie impostazioni politiche; dovrà sapere376 collaborare colle377 forze democratiche, con quelle comuniste, ed378 in genere con quanti cooperino 379alla disgregazione del totalitarismo,380 ma senza lasciarsi irretire dalla prassi politica di nessuna di esse381. Il partito rivoluzionario non può essere dilettantescamente improvvisato nel momento decisivo, ma deve sin da ora cominciare a formarsi almeno nel suo atteggiamento politico centrale, nei suoi quadri generali e nelle prime382 direttive d’azione. Esso non deve rappresentare una coalizione383 eterogenea di tendenze, riunite solo negativamente384 e transitoriamente, cioè per il loro passato antifascista e nella semplice attesa della caduta del regime totalitario385, pronte a disperdersi ciascuna per la sua strada, una volta raggiunta386 quella caduta. Il partito rivoluzionario sa invece387 che solo allora comincerà che veramente la sua opera388 e deve perciò essere costituito di389 uomini che si trovino d’accordo sui principali problemi del futuro. 371 A: “e di obiettivi”, ibidem. 372 A: “nulla dimenticato;” ibidem. 373 A: “un ostacolo”, ibidem. 374 C: “dovrà”, cap. II, p. 20. 375 A: “hanno”, cap. IV, p. 16. 376 C: “saper”, cap. II, p. 20. 377 A: “con le”, cap. IV, p. 16. C: “con le”, cap. II, p. 20. 378 C: “e”, cap. II, p. 20. 379 A: “cooperano”, cap. IV, p. 16. 380 C: “… totalitarismo;”, cap. II, p. 20. 381 A: “dalla loro prassi politica”, cap. IV, p. 16. 382 A: “prima”, cap. IV, p. 16. 383 C: “massa”, cap. III, p. 28. 384 A: “… riunite solo transitoriamente e negativamente,”, cap. IV, p. 16. 385 A: “del disgregamento del totalitarismo,”, ibidem. 386 A: “… strada una volta raggiunta…”, ibidem. 387 A: “deve sapere invece”, ibidem. 388 C: “… opera;”, cap. III, p. 28. 389 C: “da”, ibidem. 120 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Deve penetrare colla390 sua propaganda metodica ovunque ci siano degli oppressi dell’attuale regime391 e, prendendo come punto di partenza quello392 volta a volta sentito come più doloroso393 dalle singole persone o394 classi, mostrare come esso si connetta con altri problemi395 e quale possa esserne la vera soluzione. Ma dalla sfera via via crescente396 dei suoi simpatizzanti deve attingere e reclutare nell’organizzazione del partito397 solo quelli coloro che hanno398 fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita,399 che disciplinatamente realizzano400 giorno per giorno il necessario lavoro401, provvedono402 oculatamente alla sicurezza, continuità ed efficacia di esso,403 anche nella situazione404 di più dura illegalità405 e costituiscono406 così la solida rete che da [sic]407 consistenza alla più labile sfera dei simpatizzanti. Pur non trascurando nessuna occasione e nessun campo per seminare la sua parola, esso deve rivolgere la sua operosità, in primissimo luogo, a quegli ambienti408 che sono i più importanti come centri409 di diffusione di idee e come centri410 di reclutamento di uomini combattivi; anzitutto verso i due gruppi411 più sensibili nella situazione odierna, e decisivi in quella di domani,412 vale a dire la classe operaia ed413 i ceti intellettuali. La prima è quella che meno si è 390 A: “con la”, cap. IV, p. 16. C: “con la”, cap. III, p. 28. 391 A: “… regime,”, cap. IV, p. 16. C: “… regime,”, cap. III, p. 28. 392 C: “il problema”, cap. III, p. 28. 393 A: “come il più doloroso”, cap. IV, p. 16. 394 C: “e”, cap. III, p. 28. 395 C: “connette con altri problemi,”, ibidem. 396 A: “Ma dalla schiera sempre crescente…”, cap. IV, p. 16. 397 C: “movimento”, cap. III, p. 28. 398 A: “abbiano”, cap. IV, p. 16. 399 C: “… vita;”, cap. III, p. 28. 400 A: “realizzino”, cap. IV, p. 16. “realizzino”, cap. III, p. 28. 401 A: “il lavoro necessario”, cap. IV, p. 16. 402 A: “provvedano”, cap. IV, p. 16. C: “provvedano”, cap. III, p. 28. 403 C: “… sicurezza continua ed efficace di esso,”, cap. III, p. 28. 404 C: “nelle situazioni”, ibidem. 405 A: “… illegalità,”, cap. IV, p. 16. C: “… illegalità,”, cap. III, p. 29. 406 A: “costituiscano”, cap. IV, p. 16. C: “costituiscano”, cap. III, p. 29. 407 A: “dia”, cap. IV, p. 16. C: “dà”, cap. III, p. 29. 408 A: “… la sua operosità in primissimo luogo a quegli ambienti…”, cap. IV, p. 16. C: “… la sua operosità in primissimo luogo a quegli ambienti…”, cap. III, p. 29. 409 C: “... che sono più importanti come centro…”, cap. III, p. 29. 410 C: “centro”, ibidem. 411 A: “gruppi sociali”, cap. IV, p. 16. C: “gruppi sociali”, cap. III, p. 29. 412 C: “… domani;”, cap. III, p. 29. 413 A: “e”, cap. IV, p. 16. C: “e”, cap. III, p. 29. 121 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 sottomessa alla ferula totalitaria e che sarà414 la puù [sic]415 pronta a riorganizzare le proprie fila.Gli [sic]416 intellettuali, particolarmente i più giovani, sono quelli che si sentono spiritualmente più soffocare417 e disgustare dal regnante dispotismo. Man mano altri ceti saranno inevitabilmente attratti nel movimento generale. Qualsiasi movimento che fallisca nel compito di alleanza di queste forze, è condannato alla sterilità,418 poiché, se è un movimento419 di soli intellettuali, sarà privo di quella forza420 di massa necessaria per travolgere le resistenze reazionarie, e sarà anzi diffidente421 e diffidato rispetto alla classe operaia; ed anche se animato da sentimenti democratici, proclive a scivolare422 di fronte alle difficoltà, sul terreno423 della mobilitazione di tutte le altre classi contro gli operai, cioè verso una restaurazione fascista. Se poggerà solo sul proletariato424 sarà privo di quella chiarezza di pensiero che non può venire che dagli intellettuali, e che è necessaria per ben distinguere i nuovi compiti e le nuove vie: rimarrà prigioniero del vecchio classismo, vedrà nemici dappertutto e sdrucciolerà [sic]425 sulla dottrinaria soluzione comunista. Durante la crisi rivoluzionaria426 spetta a questo partito427 organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano428 come crogiuoli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie,429 non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate. Esso attinge alla visione e la sicurezza di quel che va fatto, non in una 414 A: “… ferula totalitaria, che sarà..”, cap. IV, p. 16. C: “… ferula totalitaria, e che sarà…”, cap. III, p. 29. 415 A: “più”, ibidem. C: “più”, cap. III, p. 29. 416 A: “… le proprie file. Gli...”, cap. IV, p. 16. “… la più pronta a riorganizzare le proprie file. Gli…”, cap. III, p. 29. 417 A: “… spiritualmente soffocare…”, cap. IV, p. 16. 418 A: “… queste forze è condannato alla sterilità,”, cap. IV, p. 16. C: “… queste forze, è condannato alla sterilità;”, cap. III, p. 29. 419 C: “se movimento di…”, cap. III, p. 29. 420 C: “della forza”, ibidem. 421 A: “… reazionarie, sarà anzi diffidente…”, cap. IV, p. 16. C: “… reazionarie, sarà diffidente…”, cap. III, p. 29. 422 423 A: “… sarà proclive a scivolare, di fronte alle difficoltà, sul terreno…”, cap. IV, p. 16. C: “… proclive a scivolare, di fronte alle difficoltà, sul terreno…”, cap. III, p. 29. 424 A: “sulla classe operaia”, cap. IV, p. 16. C: “… proletariato,”, cap. III, p. 29 425 A: “sdrucciolerà”, cap. IV, p. 17. C: “… nemici da per tutto, e sdrucciolerà…”, cap. III, p. 29. 426 C: “… rivoluzionaria,”, cap. III, p. 29. 427 C: “movimento”, ibidem. 428 A: “… formano spontaneamente come crogiuoli…”, cap. IV, p. 17. C: “… formano spontaneamente come crogioli…”, cap. III, p. 29. 429 C: “masse rivoluzionarie,”, cap. III, p. 29. 122 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 preventiva430 consacrazione da parte della ancora inesistente431 volontà popolare, ma nella sua coscienza432 di rappresentare le esigenze profonde della società moderna.Dà [sic]433 in tale434 modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi435 masse. Attraverso a questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, ed attorno ad esso436 la nuova vera democrazia.437 Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sboccare438 in un nuovo dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito439 andrà creando con polso fermo, fin dai primissimi passi, le condizioni440 per una vita libera, in cui tutti i cittadini possono partecipare veramente441 alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà – anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche – nel senso442 di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento443 di istituzioni politiche libere. Oggi è il momento in cui bisogna saper gettar444 via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge445 così diverso da tutto quello che si era immaginato446 scartare gli inetti fra447 i vecchi e suscitare nuove energie fra448 i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la 430 A: “… fatto, non da una preventiva…”, cap. IV, p. 17. C: “… fatto non da una preventiva…”, cap. III, p. 29. 431 C: “dell’ancora inesistente…”, cap. III, p. 29. 432 C: “ma dalla coscienza…”, ibidem. 433 A: “… moderna. Dà…”, cap. IV, p. 17. C: “… moderna. Dà…”, cap. III, p. 29. 434 A: “in tal modo”, cap. IV, p. 17. C: “in tal modo”, cap. III, p. 29. 435 A: “nuove”, cap. IV, p. 17. 436 A: “… nuovo stato ed attorno ad esso la nuova democrazia.”, cap. IV, p. 17. C: “e intorno ad esso…”, cap. III, p. 30. 437 A: “… nuovo stato ed attorno ad esso la nuova democrazia.”. 438 A: “sbocciare”, cap. IV, p. 17. 439 A: “partito rivoluzionario”, cap. IV, p. 17. C: “partito rivoluzionario”, cap. III, p. 30. 440 A: “… polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni…”, cap. IV, p. 17. 441 A: “… possano veramente partecipare…”, cap. IV, p. 17. C: “possano partecipare veramente…”, cap. III, p. 30. 442 A: “… sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso…”, cap. IV, p. 17. C: “… sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso…”, cap. III, p. 30. 443 C: “… funzionamento,”, cap. III, p. 30. 444 A: “gettare”, cap. IV, p. 17. C: “gettare”, cap. III, p. 30. 445 A: “… sopraggiunge,”, cap. IV, p. 17. C: “… sopraggiunge,”, cap. III, p. 30. 446 A: “… immaginato,”, cap. IV, p. 17. C: “… immaginato,”, cap. III, p. 30. 447 A: “tra”, cap. IV, p. 17. 448 A: “tra”, ibidem. 123 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere e449 dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere è lung non è facile né sicura, ma deve essere percorsa, e lo sarà.450 449 C: “o”, cap. III, p. 30. 450 A: “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.”, cap. IV, p. 17. C: “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”, cap. III, p. 30. 124 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Un Manifesto per ventisette paesi. La traduzione del messaggio di Ventotene nelle lingue ufficiali dell'Unione europea 125 Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Европейци сме ний, ама все не сме дотам! Яния Йерков За да отпразнува влизането на България в европейския Съюз ита лия й подарява символично Манифеста от Вентотене ‐ акта за раждане на европейския федерализъм, с който Алтиеро Спинели и ернесто роси, през далечната 1941 г., отправят своето предупреждение за империалистическите и тоталитарни потенциални напрежения, криещи се в националната концепция за държавата и призовават прогресивните европейски кръгове да изработят нови форми за съвместно съжителство между гражданските общества, които да са в състояние да обезвредят още при зараждането й всяка агресивна подбуда, появила се между тях. Защо за това радостно приветстване бе избрана именно формата на дар? Защото, позовавайки се на Марсел Мос (първия учен, изследвал практи‐ ката на potlatch, „състезателната” размяна на дарове между племенните вождове на американо‐индианските общности) бихме могли да отговорим, че дарът е сложна система, имаща за цел да свърже две групи хора, за да утвърди социалния престиж на даряващия и да установи степенуването при разпределението на политическата и социална власт. Благодарение на М. Мос и на учениците му днес знаем, че всеки дар се включва в поредица действия: подаряване, приемане на дара, и последващото подаряване на свой ред. „да се подари на свой ред” не означава да „се върне” на онзи, който ни е подарил нещо, а означава да се създаде у другия задължение, равно на онова, което той е създал у нас заради това, че е приел дара. поднасянето на България като дар на Манифеста от Вентотене (изненадващо актуален документ поради способността си да очертае проблеми, които са възлови и днес ‐ освен онези, отнасящи се до отношенията между държавите, също и проблемите за труда, за бедността, за отношенията между гражданските и религиозните общности) ще породи действена верига от взаимни задължения само ако успее да създаде символна система от отношения, в чиито рамки италия и България да се свържат помежду си. Заслуга на М. Мос е, че освен символното значение на дара, той подчертава и отнемащия му характер, т.е. загубата, на която доброволно се подлага онзи, който се реши да се лиши от ценен предмет, за да го подари на друг. Какво би трябвало да изгубят италия и България? Своето Въображаемо, а именно 126 Я. Йерков, Европейци сме ний, ама все не сме дотам! Eurostudium3w aprile-giugno 2011 онази съвкупност от собствени представи и представяния на другия, които всяка общност използва по необходимост в отношенията си с реалното, като така го забулва . Ако италия иска да установи една по‐задоволителна система от връзки с България, трябва да се освободи от вродения си европоцентризъм от западна марка ‐ европоцентризмът, който винаги й е пречил да види в българското общество израз на една богата и оригинална култура, макар и «друга» . друга, защото винаги е била насочена към културни модели, различни от преобладаващо римско‐латинско‐германските, които бележат схващането за политическа власт, религиозен живот и изкуство на Запад. друга, защото пет века османско владичество оставят на България значимо мюсюлманско наследство, към което християнската цивилизация се е отнасяла винаги с недоверие (днес то избликва отново). друга, защото ‐ до съвсем скоро ‐ страната беше част от един военнополитически блок, противопоставен на онзи, на който италия про дължава да бъде член… Ако италианската култура (и в нейните рамки и културата на управляващата класа) не успее да разбере, че западното себепредставяне на европа трябва най‐после да си даде сметка за наличието и на други форми на съществуване в европа, няма никога да се освободи от наивната си претенция за превъзходство в културната (и в политическата) област и ще остане в плен на етнографския поглед към Балкана, за който я укорява ив. Знеполски, защото той й пречи да схване динамизма и сложността на българския принос за европейската кауза. На свой ред един смел прочит на Манифеста от Вентотене от българска страна би могъл да предложи на България възможност да преосмисли по нов начин собствената си държавна традиция и самата си идентичност. пост‐колониалните изследвания подчертават обстойно това, че себепредставянето на „доминираните” страни зависи от погледа на страните, които доминират (за какъвто и вид хегемония да става дума). така че време е и България да се откаже от комплексите си за малоценност, които я доведоха до това, да се приюти в ретроспективната утопия на великата си средновековна империя и да мисли собствената си модерност почти изключително като ново обединение на своите membra disiecta (разчленено тяло), т.е. като стремеж за едно. от много години вече един просветен неин син ‐ прочутият есеист и теоретик на литературата цветан тодоров, който в течение на десетилетия е преживявал терзанието на едно съществуване, невъзвратимо разделено между България и Франция ‐ пише (тъй като го е изстрадал лично), че две половини никога не правят едно. Всяка идентичност ‐ и индивидуалната, и колективната ‐ се изграждат 127 Я. Йерков, Европейци сме ний, ама все не сме дотам! Eurostudium3w aprile-giugno 2011 върху мита за изгубеното, което обаче трябва да си остане такова (иначе се стига да неизмерими исторически трагедии). така че време е акцентът да се премести от етноцентризма и превъзнасянето на „родното”, на „нашето” („родното” и „нашето” сами по себе си не са ценност!) към разсъждението как българите да могат най‐ после да преминат от обекта към субекта на собствената си история (ив. еленков). Вече мина времето на идентичността‐мост, на преходната идентичност (М. тодорова), в безтегловност между изтока и Запада, между Миналото и Настоящото (пенчо Славейков), нито пък е време да се втвърдява и преповтаря неприемането на европа. (М. Костова панайотова). прочутото пожелание на Алеко Константинов, който се надява и Бай Ганьо да стигне един ден до това, да признае пред себе си: „европейци сме ний, ама все не сме дотам”, трябва днес да отвори място за нова позиция, от която българите, в първо лице, да разглеждат идеята за европа, за европейската култура и за европейския Съюз, обогатявайки я със своеобразния си поглед към света. В анализа си за това, как действа дарът, Марсел Мос отбелязва един важен елемент, който по‐късно ще бъде напълно оценен от неговите последователи: логиката на размяната се основава на изключването. Най‐ценните неща (coppers при Kwakiutl, kwaimatnie при Baruya и т.н.) не участват в potlatch, не се продават, нито се подаряват, а се пазят, за да бъдат препредавани. изключени от размяната, макар че се предават от поколение на поколение, на тях именно се основава ‐ според антрополозите ‐ предаването на другите предмети. така, при символичната размяна между италия, България и другите държави от европейския съюз, духът на Манифеста на А. Спинели и е. роси ще може да се смята за напълно осъществен в деня, в който всяка общност ‐ вместо да следва мечтата за тоталзиращ и абсолютен суверенитет ‐ ще разбере, че найценната част от себе си, която трябва да съхрани е, парадоксално, … собствената й зависимост от другия. Не съществува обща и индивидуална идентичност, която да не минава през другия: както проницателно отбелязва Светозар игов ‐ най‐изконните значения на днешното българско ‐ дисаги (Бай Ганьо), каруца (Андрешко), фасулковци (пенчо Славейков) ‐ са от чужд произход. Символичният дълг, който ни свързва едни с други е неизлечим и неотстъпен: това е големият урок, идващ от Мос и е време италия и България да го усвоят. 128 Я. Йерков, Европейци сме ний, ама все не сме дотам! Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Предговор Еудженио Колорни (Рим, 1944 г.) Този текст бе написан и редактиран на остров Вентотене, през 1941 и 1942 г. В тогавашната изключителна обстановка, сковани от твърде строга дисциплина, с инфромация, която по всякакав начин се стремяхме да е колкото може по‐пълна, сред печалната принудителна инерция и в напрегнатото очакване на скорошното освобождение, в някои умове зрееше процес на преосмисляне на всички проблеми, които бяха самата причина за осъществените действия и за поведението, следвано в борбата. Отдалечеността от конкретния политически живот даваше възможност за един по‐дистанциран поглед и подсказваше съвета да се преразгледат традиционните позиции, като се потърсят причините за предишните неуспехи не толкова в техническите грешки на парламентарната или на революцинната тактика, или в някаква неопределена „незрялост” на положението, а в непълнотата на общата постановка и в това, че съсредоточвахме борбата по обичайните разделителни линии, като обръщахме твърде малко внимание на новото, което променяше действителността. При подготовката за ефикасно водене на голямата битка, която се очертаваше в близко бъдеще, се чувстваше необходимостта не просто да се коригират грешките от миналото, а да се оповестят отново политическите цели с ум, освободен от доктринални предубеждения и от партийна митология. Така в главите на някои хора си проправи път важната идея, че главното противоречие, виновно за кризите, за войните, за мизерията и за експлоатацията, които тормозят нашето общество, е съществуването на суверенни държави, определени географски, икономически и военно, които смятат другите държави за конкуренти и за потенциални врагове и които живеят, едните спрямо другите, в състояние на perpetuo bellum omnium contra omnes (постоянна война на всеки срещу всички). причините, поради които тази идея, не нова сама по себе си, придобиваше аспект на нещо ново в условията и по повода, по който беше формулирана, са различни: 1) Преди всичко интернационалното решение на проблема, което фигурира в програмите на всички прогресивни политически партии, е смятано, в известна степен, за необходимо и почти автоматично следствие 129 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 от постигането на целите, които всяка партия си поставя. демократите смятат, че установяването във всяка страна на режима, за който те се борят, ще доведе със сигурност до създаването на онова обединено съзнание, което, преодолявайки културните и морални граници, ще стане предпоставката, смятана за необходима за създаването на свободен съюз на народи и в полето на политиката и на икономиката. Социалистите пък мислят, че установяването на диктатурата на пролетариата в различните държави ще доведе от самосебе си до интернационална колективистична държава. Един анализ на модерното понятие за държавата като общност на интереси и на чувства, свързани с нея, показва ясно, че, независимо от това, че еднаквият вътрешен режим може да улесни отношенията на приятелство и сътрудничество между две държави, въобще не е казано, че това води автоматически и постепенно до обединение, докато съществуват колективни интереси и чувства, свързани с поддържането на обединение, затворено в граници. от опит знаем, че шовинистичните чувства и протекционистките интереси могат лесно да доведат до сблъсък и до съперничество и между две демокрации. Не е казано също така, че една богата социалистическа държава трябва непременно да приеме да сподели собствените си ресурси с друга държава, също социалистическа, но много по‐бедна, само защото и в нея управлява режим, аналогичен на нейния. Спедователно премахването на политическите и икономическите граници между две държави не произтича непременно от едновременното установяване на определен вътрешен режим във всяка от тях, а е отделен проблем, към който трябва да се пристъпи с подходящи средства. Вярно е, че човек не може да е социалист, без заедно с това да е и интернационалист, но то е поради идеологическа връзка, а не поради политическа и икономическа необходимост и от победата на социализма в отделни държави не произтича непременно интернационалната държава. 2) Това, което водеше до по‐нататъшното подчертаване, по независим начин, на тезата за федерецията, бе фактът, че съществуващите политически партии, свързани с минало на борби, водени в рамките на всяка нация, са свикнали, по навик или по традиция, да си поставят всеки проблем като изхождат от негласната предпоставка за същетсвуването на националната държава и като смятат международните проблеми за въпроси на „външната политика”, които трябва да бъдат разрешавани посредством дипломатически действия и договори между различните правителства. това повдение е отчасти причина, отчасти следствие на по‐ горе споменатото, според което, след като се завземат лостовете на властта в собствената страна, споразумението и обединението с подобни режими в 130 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 други страни е нещо, което става автоматически, без необходимост от политическа борба, посветена специално на него. А у авторите на този текст съществуваше дълбокото убеждение, че който иска да постави проблема за интернационалното устройство като централен в съвременната историческа епоха и смята неговото решаване за необходима предпоставка за разрешаването на всички институционални, икономически и социални проблеми, наложени на нашето общество, трябва задължително да преценява от тази гледна точка всички въпроси, имащи отношение към вътрешните политически противоречия и поведението на всяка партия, също и що се отнася до тактиката и стратегията на ежедневната борба. Всички проблеми, от конституционните свободи до класовата борба, от планирането до завземането на властта и употребата й биват осветявани, при поставянето им, по нов начин, изхождайки от предпоставката, че първата цел, която трябва да бъде постигната, е единното устройство в рамките на интернационализма. Една и съща политическа маневра, опирането на едната или другата от участващите в играта сили, подчертаването на един или друг лозунг придобиват твърде различен аспект в зависимост от това дали за главна цел се смята завземането на властта и осъществяването на определени реформи във всяка отделна държава, или пък създаването на икономически, политически и морални предпоставки за установяването на федерално устройство, което да обхване целия континент. 3) Още една причина ‐ и може би най‐важната ‐ бе това, че идеалът за европейска федерация, прелюдия към една световна федерация, който само преди няколко години изглеждаше далечна утопия, днес, след края на тази война, се представя като достижима и съвсем близка цел. Сред тоталното объркване и смесване на народи, което войната предизвика във всички страни, попаднали под немска окупация, при необходимостта да се възстанови на нови основи една почти напълно разрушена икономика, да се поставят на масата всички проблеми, отнасящи се до политически граници, митнически бариери, етнически малцинства и т.н.; предвид самия характер на тази война, в която националният елемент бе толкова често изместван от идеологическия, в която видяхме малки и средноголеми държави да се отказват до голяма степен от суверенитета си в полза на по‐силни държави и в която дори и самите фашисти заместиха понятието „национална незавизимост”, с „жизнено пространство”, във всички тези елементи трябва да се видят податките, които правят днес, в края на войната, по‐актуален от всякога проблема за федералното устройство на Европа. 131 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Той би могъл да интересува сили, произлизащи от всички социални класи, както по икономически, така и по идейни причини. приближаването към него може да стане чрез дипломатически преговори и чрез народна агитация, като се лансира сред образованите класи изучаването на свързаните с него проблеми и като се предизвикат революционни ситуации, след чието осъществяване да не е възможно връщане назад; като се влияе на управляващите кръгове на държавите‐ победителки и като се провежда агитация в победените държави, убеждавайки ги, че те могат да намерят спасението си и да избегнат пагубните последствия от поражение само в една свободна и обединена европа. Именно затова възникна нашето движение. Заради изключителната важност на този проблем пред всички други, налагащи се в епохата, в която навлизаме; заради убедеността, че, ако оставим положението да се втвърди в старите националистически калъпи, възможността ще бъде пропусната завинаги и на нашия континент няма да има никакъв мир, нито продължаващо благоденствие. Всичко това ни подтикна да създадем независима организация, за да се борим за идеята за федеративна европа като цел, осъществима в годините след края на войната. Не крием трудностите на това начинание, нито могъществото на силите, които ще действат в обратна посока, но вярваме, че за първи път този проблем е поставен на масата на политическата борба не като далечен идеал, а като настоятелна, трагична необходимост. Нашето движение живее вече от почти две години в трудните условия на нелегалност, под фашисткото и нацистко потисничество, неговите последователи идват от редиците на антифашистите и всички те са на линия във въоръжената борба за свобода, и платиха вече тежкия данък на затвора заради общата кауза. това наше движение не е и не иска да бъде политическа партия. така, с тази своя много ясна характеристика, то иска да въздейства на различните политически партии и да действа вътре в тях не само за да бъде приета интернационалната линия, но и ‐ и най‐вече за това ‐ всички проблеми на политическия живот да бъдат поставяни, като се гледат от този нов ъгъл, нещо към което досега бяхме твърде малко привикнали. Не сме политическа партия защото, макар и да лансирамеактивно изучаването на всичко, отнасящо се до институционалните, икономическите и социалните измерения на европейската федерация, и макар да участваме дейно в борбата за нейното осъществяване и да се стараем да разберем кои сили ще могат да действат в нейна подкрепа в бъдещата политическа конюнктура, не искаме да се произнасяме 132 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 официално за бъдещия институционален ред, за по‐голямата или по‐ малка степен на икономическо обобществяване, за по‐голямата или по‐ малка административна децентрализация, и т.н., и т.н., които трябва да характеризират бъдещия федерален орган. оставяме тези проблеми да бъдат широко и свободно обсъждани и дискутирани в нашето движение и всички политически тенденции ‐ от комунистическите до либералните ‐ да бъдат представени при нас. Всъщност нашите следовници принадлежат почти всички към някоя от прогресивните политически партии: всички те са съгласни да се борят за основните принципи на една свободна европейска федерация, основана не на каквато и да е хегемония, нито на тоталитарно устройство и имаща необходимата структурна солидност, която да не позволи тя да бъде сведена до обикновено общество на народите. Тези принципи могат да се резюмират в следните точки: единна федерална армия, обща парична единица, премахване на митническите бариери и на ограниченията за емиграция между страните, принадлежащи към Федерацията, пряко представителство на гражданите във Федералното събрание, единна външна политика. През тези две години нашето движение придоби широка известност сред антифашистките политически групи и партии. Някои от тях заявиха публично присъединяването си и симпатията си към нас. други се обърнаха към нас за сътрудничество при формулирането на програмите си. Може би няма да е самонадеяно ако кажем, че е отчасти наша заслугата проблемите на европейската федерация да са толкова често третирани в италианския нелегален печат. Нашият вестник „L’Unità Europea” („европейско единство”) следи внимателно събитията във вътрешната и международната политика, като изразява позицията си спрямо тях абсолютно независимо. Този текст, плод на разработването на идеи, довели на бял свят нашето движение, предствя, обаче, единствено мнението на своите автори и не представлява заемане на позиция от страна на движението. Желанието ни е чрез него да предложим теми за обсъждане на онези, които искат да преосмислят всички проблеми на международния политически живот, като имат предвид най‐пресния идеологически и политически опит, най‐осъвременените резултати на икономическата наука, най‐смислените и разумни перспективи за бъдещето. Скоро ще дойдат нови изследвания. Нашето пожелание е те да могат да доведат до кипеж на идеи и да допринесат, в сегашната нагорещена обстановка на спешна необходимост от действие, за изясняване на идеите, което да направи действията все по решителни, съзнатаелни и отговорни. 133 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Движението за свободна и обединена европа Рим, 22 януари 1944 г. 134 Е. Колорни, Предговор Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ЗА СВОБОДНА И ОБЕДИНЕНА ЕВРОПА. ПРОЕКТ ЗА МАНЕФЕСТ. ВЕНТОТЕНЕ 1941 Алтиеро Спинели, Ернесто Роси I. КРИЗАТА НА МОДЕРНАТА ЦИВИЛИЗАЦИЯ Модерната цивилизация избра за своя основа принципа на свободата, според който човекът не бива да е инструмент на други хора, а трябва да е независим център на живота. С този кодекс в ръка бе скалъпен грандиозен исторически процес на всички аспекти на социалния живот, които не биха го спазвали. 1) Бе утвърдено еднаквото право на всички нации да се организират в независими държави. Всеки народ, обособен по своите етнически, географски, езикови и исторически характеристики, трябваше да намери в държавния организъм, създаден от него, в зависимост от особената концепция за политически живот, инструмент за задоволяване по найдобър начин на своите нужди, независимо от каквато и да е външна намеса. Идеологията за националната независимост бе мощен подтик за напредък; тя допринесе за преодоляването на жалкия местен патриотизъм в смисъл на по‐широка солидарност срещу потисничеството на чуждите господства; премахна много от спънките, които пречеха на движението на хора и на стоки; допринесе за това на територията на всяка нова държава с поизостанало население да се разпространят институциите и устройството на по‐цивилизованите народи. Тя носеше обаче кълновете на империализма в капиталистическото общество, които нашето поколение видя да израснат, стигайки до създаването на тоталиотарните държави и до развихрянето на световните войни. Сега нацията не е смятана вече за исторически продук на съвместното съжителство на хора, които, благодарение на дългото пребиваване заедно, 135 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 са достигнали до по‐голямо единство на обичаи и на стремежи и откриват в своята държава най‐ефикасната форма на организация на колективния живот в рамките на цялото човешко общество. Нацията се превърна в божествена същност, в организъм, който трябва да мисли единствено за собственото си развитие, без въобще да го е грижа за щетите, които другите могат да понесат от това. Абсолютният суверенитет на националните държави доведе до желанието за надмощие на всяка от тях, тъй като всяка се чувства заплашена от могъществото на другите и смята за свое „жизнено пространство” все по‐обширни територии, които да й позволят да се движи свободно и да си осигури средствата за съществуване, без да зависи от никого. това желание за надмощие би могло да се удовлетвори само чрез хегемонията на най‐силната държава над всичките други подчинени. Вследствие на това държавата се превърна от защитник на свободите на гражданите в господар на служещи поданици, с всички възможности да направи максимална военната им ефективност. и в периодите на мир, смятани като спиране, за да бъде подготвена неизбежната следваща война, волята на военните слоеве преобладава вече в много страни над волята на цивилните слоеве, правейки все по‐трудно функционирането на свободната политическа система: училището, науката, производството, административният апарат работят основно за увеличаване на военния потенциал; майките са разглеждани като раждащи и отглеждащи войници и вследствие на това биват награждавани със същите критерии, с които на панаирите се дават награди на породистите животни; децата са обучавани от най‐ранна възраст в занаята на войната и в омраза към чужденците; индивидуалните свободи се свеждат до нула, след като всички са военизирани и непрекъснато повиквани на военна служба; повтарящите се войни принуждават хората да изоставят семействата, работата, имотите си и да жертват живота си за цели, чиято стойност наистина никой не разбира; за няколко дни биват разрушени десетилетните резултати на усилията, извършени в името на увеличаването на колективното благо. Тоталитарните държави осъществиха по най‐последователен начин обединението на всички сили, прилагайки максимално централизиране и автархия и затова се проявиха като най‐подходящите за днешната международна обстановка организации. достатъчно е една нация да направи крачка напред към по‐подчертан тоталитаризъм, за да бъде последвана от другите, повлечени в същата бразда от колективната воля за оцеляване. 2) Бе утвърдено еднаквото право на всеки гражданин да участва във формирането на държавната воля. така тази воля би трябвало да е синтез 136 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 от променящите се икономически и идеологически изисквания на всички социални категории, изразени свободно. подобна политическа организация разрешава да се коригират или поне да се смекчат много от найголемите несправедливости, наследени от миналите режими. Но свободата на печата и на сдружаване и последователното разширяване на правото на глас правеха все по‐трудна защитата на старите привилегии при запазване на представителната система. Безимотните се научаваха постепенно да си служат с тези иструменти, за да атакуват правата, придобити от състоятелните класи. Социалните налози върху нетрудовите доходи и върху наследствата, прогресивните квоти при по‐големите доходи, освобождаването от данъци на минималните доходи и на имотите от първа необходимост, безплатното обществено училище, увеличаването на разходите за здравеопазване и социaлни грижи, аграрните реформи, контролът във фабриките заплашваха привилегированите слоеве в най‐укрепената им цитадела. И привилегированите слоеве, съгласни с равенството на политическите права, не можеха да допуснат безимотните класи да се възползват от тях, за да се опитат да осъществят онова равенство, което би придало на тези права конкретното съдържание на ефективна свобода. Когато, след края на първата световна война, заплахата стана твърде голяма, бе нормално тези слоеве да приветстват шумно и да подкрепят установяването на диктатурите, които отнемаха законните оръжия от ръцете на противници им. От друга страна, създаването на гигантски индустриални и банкови обединения и на синдикати, събиращи под еднинно ръководство армии от работници ‐ синдикати и обединения, които упражняваха натиск върху правителството, за да осигурят политика, отговаряща най‐конкретно на техните специфични интереси ‐ заплашваха да раздробят държавата на множество икономически феодални владения в жестока борба помежду им. демократично‐либералните уредби, превръщайки се в инструмент, с който тези групи си служеха, за да експлоатират по‐добре цялата общност, губеха все повече престижа си и така се разпространяваше убеждението, че само тоталитарната държава, след като премахне народните свободи, би могла по някакаъв начин да разреши конфликта на интереси, който съществуващите политически институции не можеха вече да удържат. Всъщност тоталитарните режими заздравиха позициите на различните социални категории в точките, до които те бяха стигнали постепенно и наложиха полицейски контрол над целия живот на гражданите, елиминирайки насилствено всеки несъгласен и всяка законова възможност за промяна на действащото състояние на нещата. така бе 137 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 осигурено съществуването на абсолютно паразитния слой на незаинтересованите поземлени собственици и на рентиерите, които допринасят за общественото производство само като прибират квитанциите за рентата си; на слоевете на монополистите и на веригите от дружества, които експлоатират потребителите и стопяват парите на дребните спестители; на плутократите, скрити зад кулисите, които дърпат конците на политиците, за да управляват цялата държавната машина единствено в своя полза под формата на привидно преследване на висшите национални интереси. Запазват се огромните богатства на шепа хора и мизерията на масите, изключени от каквато и да е възможност да се възползват от плодовете на модерната култура. Спасен е, в общи линии, един икономиески режим, при който материалните резерви и работната сила, които би трябвало да задоволяват основните нужди за развитие на жизнената човешка енергия, са насочени към задоволяване на празните интереси на онези, които са в състояние да плащат; иконоимчески режим, при който могъществото на парите се предава по наследство и се увековечава все в същия слой, превръщайки се в привилегия, несъответстваща на неговия действителен принос. При това полето на възможностите на пролетариата е толкова стеснено, че, за да преживеят, работниците често са принудени да се оставят да ги експлоатира онзи, който им предложи каквато и да е възможност за работа. За да държат в бездействие и в подчинение работническата класа, синдикатите бяха превърнати от свободни органи за борба, ръководени от хора, които се радваха на доверието на организираните, в органи за полицейски надзор, под ръководството на служители, избрани от управляващата група и отговарящи единствено пред нея. Ако бъде направена някаква корекция на такъв икономически режим, тя е продиктувана единствено от изискванията на милитаризма, сливащи се с реакционните стремежи на привилегированите кръгове, довели на власт и укрепили тоталитарните държави. 3) Срещу авторитарния догматизъм се утвърди постоянната стойност на критичния дух. Всичко онова, което се твърдеше, трябваше да докаже правотата си или да изчезне. На методичността на това освободено от предразсъдъци поведение се дължат най‐големите завоевания на нашето общество във всяка област. Но тази духовна свобода не издържа на кризата, която доведе тоталитарните държави. Нови догми, които трябваше да се приемат на вяра, или да се приемат лицемерно, се настаняват като господари във всички науки. Въпреки че никой не знае що е раса, и че и най‐елементарните исторически понятия показват нейната абсурдност, от физиолозите се 138 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 изисква да вярват, да докажат и да убедят другите, че някои принадлежат към избрана раса, само защото империализмът има нужда от този мит, за да подклажда омраза и гордост сред масите. Най‐явните понятия на икономическата наука трябва да бъдат смятани за анатема, за да се представят автархичната политика, балансираните размени и други стари инструменти на меркантилизма като изключителни открития на нашето време. поради икономическата взаимозависимост между всички части на света, жизнено пространство за всеки народ, който иска да запази ниво на живот, съответстващо на модерната цивилизация, е цялото земно кълбо. Бе обаче създадена псевдонауката за геополотиката, която иска да покаже състоятелността на теорията за жизнените пространства, за да даде теоретическа обвивка на желанието на империализма да се наложи. Основните данни на историята се фалшифицират в интерес на управляващата класа. Библиотеките и книжарниците се прочистват от всички произведения, смятани за „неортодоксални”. Мракът на оскурантизма отново заплашва да задуши човешкия дух. Самата социална етика на свободата и равенството е разклатена. Хората не са смятани вече за свободни граждани, които се опират на държавата, за да постигнат подобре колективните си цели.те са слуги на държавата, която определя какви трябва да са техните цели и за воля на държавата се приема волята на онези, които държат властта. Хората не са вече правни субекти, а, подредени според йерархията, са длъжни да се подчиняват без да разсъждават на стоящите над тях власти, които се съсредоточват във фигурата на задължително обожествения вожд. режимът на кастите възкръсва нахално от собствената си пепел. Тази реакционна тоталитарна цивилизация, след като победи в няколко страни, намери най‐после в нацистка Германия силата, която бе определа като способна да бъде нейният най‐висш израз. След педантична подготовка, като се възползва дръзко и безскрупулно от егоизма и глупостта на останалите, след като повлече след себе си други васални европейски държави ‐ и първа сред тях италия ‐ и се съюзи с Япония, която преследва подобни цели в Азия, тя се впусна в завоевателската си дейност. Нейната победа би означавала окончателното укрепване на тоталитаризма в света. Всичките й отличителни черти биха се проявили максимално, в крайна форма, и прогресивните сили биха били осъдени да останат в негативна опозиция за дълго време. Традиционната арогатност и непреклонност на немксите военни кръгове вече може да ни даде представа за това какъв би бил характерът на тяхното господство след победа във войната. победилите германци биха могли и да си разрешат лицемерно великодушие към европейските 139 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 народи, да уважат формално техните територии и политически институции, за да управляват така, удовлетворявайки глупавото патриотично чувство, което гледа цвета на граничните колчета и националността на политиците на сцената, вместо да гледа съотношението на силите и истинското съдържание на държавните органи. Както и да е маскирана, действителността би била все същата: едно подновено разделение на човечеството на спарти и илоти. И евентуално компромисно решение между воюващите страни би означавало следваща крачка напред за тоталитаризма, защото всички страни, които биха се спасили от „прегръдката” на Германия, ще възприемат нейните форми на политическа организация, за да се подготвят по подходящ начин за започване на нова война. Но хитлеристка Германия, след като успя да повали една след друга по‐малките държави, с действията си принуди все по‐могъщи сили да се включат в борбата. Смелата войнственост на Великобритания, дори в най‐ критичния момент, когато беше останала сама да дава отпор на врага, допринесе за това германците да се сблъскат с храбрата съпротива на руската армия и даде време на Америка да мобилизира безкрайните си производствени ресурси. и тази борба срещу германския империализъм се свърза тясно с борбата, която китайският народ води срещу японския империализъм. Огромни маси хора и несметни богатства се изправиха срещу тоталитарните сили; могъществото им достигна пре делната си точка и тоталитарните сили вече се топят последователно. А противостоящите им сили прехвърлиха точката на максимална депресия и са вече в подем. Войната на съюзниците с всеки изминал ден събужда волята за освобождение и в страни, които се подчиниха на насилието и бяха замаяни от получения удар. тя събужда това желание дори сред народите на страните от оста, които си дават сметка, че са били въвлечени в една отчайваща ситуация само за да бъдат задоволени апетитите за власт на техните господари. Бавният процес, благодарение на който огромни маси хора се оставяха да бъдат моделирани пасивно от новия режим, като се приспособяваха към него и така допринасяха за укрепването му, вече спря. За сметка на това започна обратният процес. В огромната вълна, която се надига бавно, се оказват всички прогресивни сили, най‐просветените части от работническата класа, които не се оставиха да бъдат разколебани от терора и от ласкателствата в стремежа си към една по‐висша форма на живот. Сред тях са най‐осъзнатите елемнти от интелектуалните слоеве, обидени от деградацията, на която е подложена интелигенцията; 140 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 предприемачите, които, чувствайки се способни за нови инициативи, биха искали да се освободят от букаите на бюрокрацията и от националните автархии, спъващи всяко тяхно движение; накрая всички онези, които поради вродено чувство за достойнство не искат да превиват гръб в унизително слугуване. На всички тези сили днес е поверено спасението на нашата цивилизация. Оражението на Германия не би могло, обаче, да пренареди. II. ЗАДАЧИТЕ СЛЕД КРАЯ НА ВОЙНАТА. ЕДИНСТВОТО НА ЕВРОПА. Мавтоматически европа според нашия цивилизационен идеал. В краткия интензивен период на всеобща криза (разрушени държави, народни маси, жадни за нови слова, като разтопена материя, чакаща да бъде излята в нови форми, готови да тръгнат след сериозни интернационалисти) най‐ привилегированите от старите национални системи слоеве ще се опитат подмолно или чрез насилие да укротят вълната от интернационалистични чувства и страсти и ще се посветят упорито на възстановяването на старите държавни органи. и е веротно управляващите в Англия, може би в съгласие с управляващите в Америка, да се опитат да тласнат нещата в тази посока, за да бъде продължена политиката на равновесие на силите в съзвучие с видимия непосредствен интерес на техните империи. Консервативните сили, т.е. управляващите основните институции на националните държави; висшите кадри на въоръжените сили, сливащи се с монархиите (там, където те съществуват); групите на монополистичния капитализъм, свързали съдбата на своите печалби със съдбата на държавата; едрите поземлени собственици и висшето духовенство, чиито паразитни доходи могат да бъдат гарантирани само в едно стабилно консервативно общество; и след тях цялата неизброима паплач от хора, зависещи от тях или пък заслепени от традиционната им мощ; всички тези реакционни сили вече усещат, че сградата скърца и гледат да се спасят. Срутването й ще ги лиши изведнъж от всички гаранции, които са имали досега и ще ги изложи на атаката на прогресивните сили. РЕВОЛЮЦИОННАТА СИТУАЦИЯ: СТАРИ И НОВИ ТЕЧЕНИЯ Падането на тоталитарните режими ще означава за цели народи, в сантиментален смисъл, настъпване на „свободата”; ще изчезне всяка спирачка и автоматически ще се възцарят свободата на словото и свободата на сдружаване. Ще настъпи триумфът на демократичните 141 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 тенденции. те имат безброй оттенъци, от много консервативния либерализъм до социализма и анархията. те вярват в „спонтанното зараждане” на събитията и на институциите, в абсолютната доброта на импулсите, които идват от низините. Не искат да упражняват натиск върху „историята” , „народа”, „пролетариата” и както още наричат своя Бог. Вярват в края на диктатурите, като си го представят като връщане на народа на неотемното право на самоопределение, увенчаването на техните мечти е създаването на учредително събрание, избрано с най‐широк вот и при най‐стриктно спазване на правата на избирателите; събранието трябва да реши каква конституция да се създаде. Ако народът е незрял, конституцията ще е лоша, но ще може да бъде поправена само посредством последователна работа за неговото убеждаване. Демократите не се отказват по принцип от насилието, но искат да го използват само когато болшинството е убедено, че то е необходимо, т.е., когато то е само нещо като излишната точка върху „i”‐то. Затова те са подходящи ръководители само в епохи на обикновено управление, при което народът, в своята цялост, е убеден, че основните институции са добри и че трябва да бъдат поправени само в относително второстепенни аспекти. през революционните епохи, когато институциите не трябва вече да се управляват, а да се създават, демоктаричните практики се провалят с гръм. Жалостивото безсилие на демократите по време на руската, немската и испанската революции са три от най‐пресните примери. при такива ситуации, след като падне старият държавен апарат, със своите закони и администрация, се пръкват моментално, с образа на старата законност, или презирайки я и отричайки я, поредица от народни събрания и представителства, в които се вливат и се конфронтират всички прогресивни социални сили. така народът има няколко основни нужди, които трябва да бъдат задоволени, но не знае какво иска и какво да направи. С милионите си глави не успява да се ориентира и се разпада на множество тенденции, които се борят помежду си. В момента, в който е необходимо максимално сцепление и смелост, демократите се чувстват объркани, тъй като нямат зад себе си спонтанното народно съгласие, а само един мощен тътен от страсти. Мислят, че е техен дълг да фомират това съгласие и се представят като молещи проповедници там, където са необходими ръководители, които да водят, като знаят къде искат да стигнат. пропускат подходящите случаи за укрепване на новия режим, мъчат се да задействат веднага органи, които изискват дълга подготовка и са подходящи за периодите на относително спокойствие. оставят на противниците си години, от които те после се възползват, за да ги свалят от власт. Въобще представляват, с безбройните 142 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 си тенденции, не волята за обновление, а обърканите прищявки, които царят във всяка глава и които, парализирайки се взаимно, подготвят подходящата почва за развитието на реакцията. демократическата политическа методология ще бъде мъртъв товар при революционна криза. Докато демократите разрушават постепенно в словесни битки предишната си популярност на защитници на свободата, и поради липсата на каквато и да е сериозна политическа и социална революция, неминуемо ще се възстановят предтоталитарните политически институции и борбата ще се върне пак в старата схема на противопоставяне на класите. Схващането, според което класовата борба е целта, до която се свеждат всички политически проблеми, съставляваше основната директива, особено за работниците от фабриките, и допринесе за това да придаде значимост на тяхната политика, докато не беше поставен въпросът за основните институции; той, обаче, се превръща в инструмент за изолиране на пролетариата, когато стане наложителна необходимостта от промяна на цялата организация на обществото. Тогава работниците, възпитани класово, се интересуват единствено от отстояването на собствените си класови, или дори браншови искания, без да ги е грижа как да ги свържат с исканията, отстоявани от останалите слоеве. или се стремят към едностранна диктатура на тяхната класа, за да осъществят утопичната колективизация на всички материални производствени средства, прокламирана от вековната пропаганда като върховно средство за премахване на всичките им злини. тази политика не може да окаже влияние върху никой друг слой, освен върху работниците, които така лишават другите прогресивни сили от подкрепата си, или пък ги оставят да попаднат в ръцете на реакцията, която ги организира ловко, за да пречупи гръбнака на самото пролетарско движение. Сред различните пролетарски тенденции, следващи класовата политика или политиката на колективистичния идеал, комунистите признаха трудността да привлекат достатъчно последователи, за да победят и затова ‐ за разлика от други народни партии ‐ се превърнаха в едно строго дисциплинирано движение, което експлоатира руския мит, за да организира работниците, но не се ръководи от тях, а ги използва в най‐ непоследователни маневри. При революционни кризи това поведение прави комунистите по‐ ефикасни от демократите, но, тъй като те делят, колкото е възможно повече, работническата класа от другите революционни сили ‐ като проповядват, че тяхната „истинска” революция трябва да настъпи тепърва 143 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ‐ се оказват, в решителните моменти, сектански елемент, който отслабва цялото. освен това, абсолютната им зависимост от руската държава, която ги използва многократно за осъществяване на националната си политика, им пречи да водят каквато и да е последователна политика. те все имат нужда да се крият зад някой Карольи, някой Блум, някой Негрин, за да се сгромолясат после с лекота заедно с използваните демократични чучела. Защото властта се взема и се държи не просто с хитрост, а чрез способността да се отговори по органичен и жизнен начин на нуждите на модерното общество. Ако утре борбата остане скована в традиционното национално поле, ще бъде много трудно да се избегнат старите колебания. Националните държави са планирали така дълбоко съответните си икономики, че много скоро централен въпрос ще стане как да се разбере коя група икономически интереси, т.е. коя класа трябва да държи командните лостове на плана. Фронтът на прогресивните сили ще бъде лесно разбит в сблъсъка между класи и икономически категории. Много е вероятно полза от това да извлекат реакционерите. Едно истинско революционно движение трябва да се роди от онези, които са успели да разобличат старите политически постановки; то трябва да може да сътрудничи с демократичните сили, с комунистическите сили и с всички онези, които работят заедно за разрушаването на тоталитаризма, без обаче да разреши на никоя от тях да го хване в мрежите на политическата си практика. Реакционните сили имат ловки хора, обучени да ръководят и те ще се борят настървено, за да запазят превъзходството си. В трудни моменти ще успеят да се представят добре маскирани, ще се обявят за борци за свобода, за мир, за общо благоденствие, за подкрепа на най‐бедните класи. и в миналото сме виждали как те се вмъкнаха в народните движения и ги парализираха, отклониха ги, превърнаха ги в собствената им противоположност. Без съмнение, те ще са най‐опасната сила, за която ще трябва да се държи сметка. Това, което те ще се опитат да използват, за да окажат натиск, ще бъде възстановяването на националната държава. Така те ще могат да окажат натиск върху най‐разпространеното народно чувство, най‐ обиденото от последните събития, най‐лесно употребимото за реакционни цели: чувството на патриотизъм. Така те могат да се надяват, че ще объркат по‐лесно противниците си, тъй като за народните маси единственият придобит досега политически опит е осъществяващият се в национален план и затова е доста лесно да бъдат привлечени и те, и 144 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 късогледите им лидери, във възстановяването на държавите, пометени от бурята. Ако бъде постигната тази цел, реакцията ще победи. привидно тези държави биха могли да са широко демократични и социалистически, но връщането на властта в ръцете на реакционерите ще бъде само въпрос на време. Ще се възродят националните омрази и всяка от новите държави ще разчита, за задоволяването на собствените си интереси, само на силата на оръжието. отново главна задача ще стане, в подългосрочен или в по‐ краткосрочен план, превръщането на народите в армии. Генералите ще започнат да командват отново, монополистите ще печелят от автархиите, бюрактратичният апарат ще се раздува, свещениците ще държат в покорство масите. Всички завоевания от първия момент ще се превърнат в нищо пред необходимостта от нова подготовка за война. Проблемът, който трябва да бъде разрешен преди всичко, е окончателното премахване на разделението на европа на суверенни национални държави; ако той не бъде разрешен, всякакъв друг прогрес ще бъде само привиден. разрушаването на по‐голямата част от държавите на континента под германския барабанен тътен направи обща съдбата на европейските народи, които или всички заедно ще останат под германското господство, или всички заедно ще влязат, след падането на Германия, в революционна криза, в която няма да се чувстват сковани и разграничени в здрави държавни структури. Сега, много повече отколкото в миналото, духовете са настроени за една федерална реорганизация на европа. тежките изпитания от последните десетилетия отвориха очите на онези, които не искаха да гледат и доведоха до съзряването на условия, благоприятни за нашия идеал. Всички мислещи хора си дават вече сметка, че равновесието на независимите европейски държави не може да се запази в съжителство с милитаристична Германия при равни условия с другите страни, нито пък може да се раздроби Германия и да й се стъпи на врата след като бъде победена. Стана ясно, че никоя европейска страна не може да остане настрани, докато другите се борят и че декларациите за неутралитет и договорите за ненападение нямат никаква стойност. Вече се прояви непригодността и дори вредността на организации от типа на обществото на народите, което претендираше, че ще гарантира международното право без военна сила, която да наложи решенията му и като се спазва абсолютният суверенитет на участващите държави. оказа се абсурден принципът за ненамеса, според който всеки народ би трябвало да се остави свободен да си избере деспотичното правителство, което иска, 145 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 сякаш вътрешната уредба на всяка отделна страна не е от жизнен интерес за всички останали европейски страни. Станаха неразрешими многобройните проблеми, които тровят международния живот на континента ‐ очертаването на границите в зоните със смесено население, защитата на инородните малцинства, излазът на море на страните, разположени във вътрешността, балканският въпрос, ирландският въпрос и т.н. те биха намерили най‐простото си разрешение в европейската федерация така, както бяха разрешени в миналото съответстващите проблеми на държавиците, влезли в по‐широки национални обединения: те изгубиха свадливостта си, превръщайки я в проблем на отношенията между отделните провинции. От друга страна краят на чувството за сигурност, произтичащо от невъзможността да бъде нападната Великобритания, която препоръчваше на англичаните splendid isolation, разпадането на френската армия и дори на френската република при първия сериозен сблъсък с немските сили (резултат, който, надяваме се, е смекчил донякъде шовинистичната убеденост за абсолютното галско превъзхоство) и найече съзнанието за преживяната опасност от тотално подчинение, всички тези обстоятелства ще благоприятстват създаването на федерален режим, който да сложи край на настоящата анархия. и това, че Англия прие вече принципа за независимостта на индия, и че Франция изгуби потенциално, чрез признаването на поражението си, своята империя, увеличава възможността за намиране на основа за споразумение за европейско устройство в ‘колониалните владения’. Към всичко това трябва да се прибави накрая изчезването на някои от основните династии и слабата основа, която поддържа оцелелите. Наистина трябва да се има предвид, че династиите, смятащи отделните страни за традиционно собствено право, представляваха, със значителните си, защитавани от тях самите интереси, сериозна пречка за рационалното организиране на Съединените европейски Щати, които могат да се опрат единствено на републиканската конституция на федералните държави. и когато, след преодоляването на хоризонта на Стария континент, всичките народи, които представляват човечествето, се прегърнат с едно общо виждане, ще трябва все пак да се признае, че европейската федерация е единствената приемлива гаранция, че отношенията с азиатските и американските народи могат да се развиват на основата на мирно сътрудничество, в очакване на по‐далечното бъдеще, когато ще стане възможно политическото обединение на цялото земно кълбо. Затова разграничаването между прогресивни и реакционни партии не е вече по формалната линия на по‐голяма или по‐малка демокрация, на 146 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 установяването на повече или помалко социализъм, а по същностно новата линия, която разделя тези, които схващат като главна цел на борбата старото виждане, т.е. завземането на националната политическа власт ‐ и които ще играят, макар и неволно, по свирката на реакционните сили, като допуснат да се втвърди врящата лава на народните страсти в стария калъп и да възкръснат старите безмислия ‐ и онези, които ще видят като главна задача създаването на една солидна интернационална дър‐ жава и ще насочат към тази цел народните сили и след вземането на властта в национален план, ще я използват преди всичко като инструмент за осъществяване на интернационалното единство. С пропаганда и действие и със стремеж да се постигнат споразумения и да се установят по всякакъв начин връзки между отделните движения, които със сигурност се създават в различни страни, е необходимо още отсега да се поставят основите на движение, което да може да мобилизира всички сили и да помогне да се роди новият организъм, който ще бъде най‐грандиозното и най‐новаторското творение, появявало се в европа от векове. това движение трябва да създаде здрава федерална държава, разполагаща с европейски въоръжени сили вместо националните армии, да разруши решително икономическите автархии, които са гръбнакът на тоталитарните режими; да има достатъчно органи и средства, за да гарантира изпълнението, в отделните федерални държави, на своите разпореждания, насочени към поддържането на общия ред, макар и оставяйки на държавите автономност, която да им позволява гъвкави възможности и развитие в политическия живот, съотвестващ на типичните особености на различните народи. Ако в главните европейски страни има достатъчен брой хора, които да разберат това, победата ще бъде скоро в ръцете им, защото обстановката и хората ще са благосклонни към това дело. те ще се озоват срещу партии и тенденции, дисквалифицирани от разрушителните преживявания на последните двадесет години. и тъй като ще е настъпил часът за нови дела, ще е настъпил и часът на новите хора: на дВиЖеНието ЗА СВОБОДНА И ОБЕДИНЕНА ЕВРОПА. III. ЗАДАЧИ НА СЛЕДВОЕННИЯ ПЕРИОД. РЕФОРМА НА ОБЩЕСТВОТО Една свободна и обединена европа е необходимата предпоставка за укрепването на модерната цивилизация, която бе спряна от тоталитарната ера. Веднага след края на тази ера ще тръгне отново историческият процес срещу неравенството и социалните привилегии. Всички стари 147 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 консервативни институции, които пречеха за неговото осъществяване, ще са рухнали или ще са в процес на разпадане и тяхната криза трябва да бъде използвана с кураж и решителност. Европейската революция, за да отговори на нашите изисквания, трябва да бъде социалистическа, т.е., трябва да има за цел еманципацията на работническата класа и осъществяването на по‐човешки условия за живот за нея. ориентирът за предприемане на необходимите мерки в тази насока не може обаче да бъде чисто доктриналният принцип, според който частната собственост на материалните средства за производство трябва да бъде по принцип премахната или да бъде толерирана само временно, когато е невъзможно да се мине без нея. общото одържавяване на икономиката беше първата утопична форма, в която работническата класа виждаше своето освобождаване от капиталистическия ярем: но, ако това се осъществи напълно, то няма да доведе до мечтаната цел. А ще доведе до създаването на режим, при който цялото население ще е подчинено на малобройната класа на бюрократите, които ще управляват икономиката. Истинският основен принцип на социализма, по отношение на който общата колективизация е само прибързан и погрешен извод, е онзи, според който икономическите сили не трябва да владеят хората, а ‐ както става с природните сили ‐ да им бъдат подчинени, да бъдат насочвани и контролирани по най‐рационален начин, така че масите да не са техни жертви. Гигантските сили на прогреса, които произтичат от индивидуалния интерес, не бива да бъдат унищожени в мъртвото блато на рутинната практика, за да не се окажем после пред неразрешимия проблем за възраждането на предприемаческия дух с диференциацията на заплатите и с други подобни мерки; обратното: тези сили трябва да бъдат поощрявани и окуражавани, като им се предложат по‐големи възможности за развитие и реализация, като същевременно се укрепват и усъвършенстват каналите, които да ги насочват към целите, носещи по‐ голяма изгода за цялата общност. Частната собственост трябва да бъде премахната, ограничена, коригирана, разглеждайки всеки конкретен случай, а не догматично, по принцип. тази директива се включва естествено в процеса на формиране на европейски икономически живот, освободен от кошмарите на милитаризма или на националния бюрократизъм. рационалното решение трябва да заеме мястото на нерационалното и в съзнанието на работниците. Като искаме да посочим по‐подробно съдър‐ жанието на тази директива, и като предупреждаваме, че изгодността и начините за осъществяване на всяка прагматична точка трябва винаги да се преценяват 148 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 във връзка с вече необходимата предпоставка за европейскто единство, подчертаваме следните неща: а) Не може да се оставят в ръцете на частници предприятията, които, осъществявайки задължително монополистична дейност, са в състояние да експлоатират масата консуматори. от този тип са например електрическите компании, предприятията, които искат да се задържат поради колективен интерес, но които, за да устоят, имат нужда от защитаващи данъци, от субсидии, от префернциални поръчки и т.н. (най‐ типичен пример за този вид индустрия досега в италия е черната металургия) и предприятията, които поради голямото количество на инвестираните капитали и броя на заетите в тях работници, или поради значимостта на сектора, доминиран от тях, могат да изнудват органите на правителството, като налагат най‐изгодната за тях политика. (например: минната промишленост, големите банкови институти, военната индустрия). това е секторът, в който трябва задължително да се пристъпи към национализация в най‐широк мащаб, без въобще да се спазват придобитите права. б) Характеристиките, които са имали в миналото правото на собственост и правото на наследство, позволиха да се съсредоточат в ръцете на малък брой привилегировани хора богатства, които ще е добре да се разпределят, по време на революционната криза, по равно, за да се премахнат паразитните слоеве и за да се дадат на работниците средствата за производство, от които имат нужда, за да се подобрят икономическите им условия и да им се даде възможност да постигнат по‐голяма житейска независимост. т.е., ние мислим за аграрна реформа, която, предоставяйки земята на онези, които я работят, да увеличи многократно броя на собствениците и за индустриална реформа, която да разшири собствеността на работниците в неодържавените сектори чрез кооперативно управление, работническо акционерство и т.н. в) Младите трябва да бъдат подпомагани чрез необходимите грижи, за да се намали максимално разстоянието между позициите, от които се тръгва в борбата за живот. Особено държавното училище трябва да даде ефективна възможност за продължаване на образованието до висши нива на най‐добрите, а не на най‐богатите и трябва да подготви, във всяка област на обучение, за изпращане към различни занаяти и към различни либерални и научни дейности определен брой лица, съответстващ на търсенето на пазара, така че средното заплащане да се окаже горе‐долу еднакво за всички професионални категории, каквито и да са различията вътре във всяка категория, в зависимост от различните индивидуални способности. 149 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 г) почти безграничният потенциал за масовото производство на стоки от първа необходимост, с модерни технологии, разрешава вече да се осигури на всички, при една относително ниска социална цена, храна, жилище и дрехи, при осигуряване на минималните удобства, необходими за запазване на чувството на човешко достойнство. Затова човешката солидарност към онези, които се оказват изхвърлени в икономическата борба, не трябва да се изразява под формата на съжаление, което унизява и предизвиква същите злини, от чиито последствия се стремим да избягаме, а да е осъществена чрез серия мерки, които да гарантират безусловно на всички, независимо от това могат ли да работят или не, прилично равнище на живот, без да се намаляват стимулите за работа и за спестяване. Така никой няма да бъде принуден от мизерията да приема трудови договори, равни на подаяния. д) Освобождаването на работническата класа може да стане само като се реализират условията, споменати в предходните точки и като не се допусне то да попадне в ръцете на икономическата политика на монополистичните синдикати, които просто пренасят в полето на работниците методите на принудата, типични най‐вече за едрия капитал. Работниците трябва да бъдат отново свободни да избират доверени лица, за да договарят колективно условията, при които са склонни да предоставят труда си и държавата трябва да даде юридическите средства за гарантирането на спазването на заключителните договори. Всички монополистични тенденции ще могат да бъдат ефикасно преборени ако се осъществят тези социални промени. Тва са промените, необходими, за да се създаде около новия ред един много широк кръг от граждани, заинтересовани той да бъде поддържан а също и за да може политическия живот да се развива под знака на свободата и да бъде пропит от силно чувство за социална солидарност. На тази основа политическите свободи ще могат наистина да имат конкретно, а не само формално изражение за всички, тъй като гражданските маси ще имат независимост и достатъчно съзнание, за да упражняват постоянен и ефикасен контрол върху управляващата класа. Би било излишно да се спираме на конституционните институции, защото, след като не могат да се предвидят условията, в които те ще се появят и ще действат, само ще повторим онова, което вече всички знаят относно необходимостта от представителни органи, от създаване на закони, от независимост на съдебната власт, която ще заеме мястото на сегашната, за да прилага безпристрастно създадените закони; и също така за необходимостта от свобода на печата и свобода на сдружаване, за да бъде просветено общественото мнение и за да се даде на всички граждани 150 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 възможност да участват ефективно в живота на държавата. Необходимо е да се уточнят по‐добре идеите само върху два въпроса, поради особената им значимост в нашата страна в този момент: за отношенията между държавата и църквата и за характера на политическото представителство: а) Конкордатът, с който в италия Ватикана сключи съюз с фашизма, ще трябва със сигурност да бъде анулиран, за да се утвърди чисто светският характер на държавата и за да бъде посочено по недвусмислен начин върховенството на държавата над гражданския живот. Всички религиозни вярвания ще трябва да се уважават еднакво, но няма да се налага вече държавата да регулира отношенията между вероизповеданията. б) Картонената барака, която фашизмът издигна с корпоративния закон ще се срути заедно с другите части от тоталитарната държава. Някои хора мислят, че от остатъците утре ще може да се вземе материал за изграждането на новия конституционен ред. Ние не вярваме в тази възможност. В тоталитарните държави корпоративните камари са жестоката подигравка, която увенчава полицейския контрол над работниците. дори обаче ако корпоративните камари бяха искрен израз на различните категории производители, представителните органи на различните професионални категории не биха могли никога да имат необходимата квалификация, за да договарят въпроси от общата политика, а при разглеждането на типично икономическите проблеми биха се превърнали в потиснически органи на синдикално най‐силните категории. На синдикатите ще се полагат широки функции на сътрудничество с държавните органи, натоварени с разрешаването на проблемите, засягащи ги най‐пряко, но със сигурност е изключено да им се повери каквато и да е законодателна функция, защото тогава в икономическия живот би настъпила феодална анархия, водеща до възобновяване на политическия деспотизъм. Много хора, които се оставиха наивно да бъдат завладяни от мита за корпоративизма, ще бъдат привлечени от обновителното дело, но ще трябва да си дадат сметка колко абсурдно е разрешението, за което те объркано мечтаят. Корпоративизмът може да съществува конкретно единствено във формата, възприета от тоталитарните държави, за да строява работниците под командата на функционери, които да контролират всяко тяхна крачка в интерес на управляващата класа. Революционната партия не може да бъде дилетантски импровизирана в решителния момент, а трябва да започне да се формира още сега, поне що се отнася до централното й политическо поведение, до нейните кадри и до първите директиви за действие. тя не бива да представлява една 151 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 разнородна маса от тенденции, събрани само негативно и преходно, т.е., заради антифашисткото им минало и които просто стоят и чакат да падне тоталитарния режим, готови да се пръснат, всяка по пътя си, след постигането на тази цел. революционната партия знае, че едва тогава започва истински нейното дело, и затова трябва да бъде съставена от хора, които да са на едно мнение относно главните проблеми на бъдещето. Тази партия трябва да проникне с методичната си пропаганда навсякъде, където има потиснати от сегашния режим и като приеме за изходна точка проблема, чувстван като наймъчителен от отделните хора и класи, да покаже как той се свързва с други проблеми и кое може да бъде истинското му разрешение. Но от постепенно разширяващия се кръг от нейни симпатизанти трябва да избере и включи в организацията на движението само онези, за които европейската революция се е превърнала в цел на живота им; които да вършат дисциплинирано, ден след ден, необходимата работа, като внимават за нейната ефикасност и приемственост, дори в ситуации на най‐тежка нелегалност и създават така солидна мрежа, която да даде плътност и твърдост на полабилната част от симпатизантите. Без да пренебрегва която и да е възможност и което и да е поле, за да сее своето слово, партията трябва да насочи дейността си преди всичко към средите, които са по‐важни като център за разпространение на идеи и като център за набиране на бойки хора; най‐ вече към двете най‐чувствителни към днешната и решаващи за утрешната социална ситуация групи: работническата класа и интелектуалните среди. Първата се е подчинявала най‐малко на тоталитарното ограничение и ще бъде по‐готова да реорганизира редиците си. интелектуалците, и особено по‐младите, се чувстват духовно най‐задушени и отвратени от деспотичния режим. Постепенно и други слоеве ще се окажат неизбежно привлечени в общото движение. Всяко движение, което не успее в задачата за съюзяването на тези сили, е осъдено на безплодие, тъй като, ако е движение само на инетелкуалци, ще бъде лишено от силата на масите, необходима за разбиването на реакционната съпротива; ще бъде подозрително и няма да се ползва с доверието на работническата класа. и макар и изпълнено с демократични чувства, то би имало склонност, при трудности, да се подхлъзне по наклона на мобилизацията на всички други класи срещу работниците, т.е., към реставрация на фашизма. Ако се опре само на пролетариата, движението ще бъде лишено от онази яснота на мисълта, която може да дойде само от интелектуалците и която е необходима, за да се осъзнаят новите задачи и новите пътища: ще остане в плен на старата 152 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 класова догма, ще вижда навред врагове и ще се подхлъзне по уклона на доктринерското комунистическо решение. По време на революционната криза на това движение се полага да организира и да ръководи прогресивните сили, използвайки всички народни органи, които се формират спонтанно в кипящия котел, в който се закаляват революционните маси, не за да правят плебисцит, а в очакване да бъдат поведени. то ще черпи виждането си и сигурността за онова, което трябва да се направи, не от предварително ръкополагане от страна на още несъществуващата народна воля, а от съзнанието, че представлява съкровените изисквания на модерното общество. По такъв начин ще даде първите директиви на новия ред, първоначалната дисциплина на безформената маса. Чрез диктатурата на революционната партия ще се формира новата държава и около нея ще се изгради истинската нова демокрация. Няма опасност такъв революционен режим да се превърне задължително в нов деспотизъм. това може да стане, ако е бил моделиран сервилен тип общество. Но ако революционната партия създаде с твърда ръка още от първите стъпки условия за свободен живот, в който всички граждани да могат наистина да участват в живота на държавата, еволюцията й ще се развие, макар и през евентуални второстепенни революционни кризи, към прогресивно разбиране и приемане на новия ред от страна на всички и затова към растяща възможност за функциониране, за свободни политически институции. днес е моментът, в който трябва да успеем да изхвърлим стария баласт, станал вече прекалена тежест, да бъдем готови за новото, което идва, толкова различно от онова, което сме си представяли, да отстраним бездейните между стари‐ Те и да възбудим нова енергия сред младите. днес се търсят и се срещат, започвайки да градят бъдещето, онези, които откриха причините на сегашната криза на европейската цивилизация и затова събират наследството на всички движения, издигнали човечеството и пропаднали поради не ‐ рзбиране на целта или на средствата за постигането й. пътят, който предстои да се измине, не е лек, нито е сигурен. Но трябва да бъде извървян и ще бъде извървян! Алтиеро Спинели ‐ Ернесто Роси 153 А. Спинели, Е. Роси, Манифеста от Вентотене Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Το Μανιφέστο του Ventotene, η Ελλάδα, η Κύπρος και η Ευρωπαϊκή Ένωση Paola Maria Minucci ‐ Δημήτρης Δεληολάνης Ηπαρουσίαση για πρώτη φορά στο κοινό της Κύπρου των κειμένων του μεγάλου ευρωπαϊστή Altiero Spinelli έχει ιδιαίτερη σημασία. Ο στοχασμός του Spinelli, πράγματι, αποκτά ειδική βαρύτητα στην Κύπρο, που είναι η μόνη χώρα της Ευρωπαϊκής Ένωσης που ακόμη υφίσταται τη στρατιωτική κατοχή μεγάλου μέρους του εδάφους της. Μια κατάφορη παραβίαση του ευρωπαϊκού ιδεώδους της ελευθερίας, της δημοκρατίας και του σεβασμού των ανθρωπίνων δικαιωμάτων που διακηρύσσονται σε σαφήνεια στο «Μανιφέστο της Βεντοτένε» και που στη συνέχεια απετέλεσαν θεμελιώδεις αξίες της Ευρωπαϊκής Οικονομικής Κοινότητας αρχικά, και της Ευρωπαϊκής Ένωσης στη συνέχεια. Ο Spinelli κατέληξε στο ευρωπαϊκό ιδεώδες όταν στην ατζέντα της πολιτικής επικαιρότητας της Ευρώπης κυριαρχούσαν διαμετρικά αντίθετες πολιτικές ιδέες. Ο ίδιος ο Ιταλός στοχαστής, στέλεχος του εκτός νόμου Ιταλικού Κομμουνιστικού Κόμματος, είχε γνωρίσει από κοντά την λαίλαπα του φασιστικού καθεστώτος και μπόρεσε με εξαιρετική διαύγεια να αποδεσμευτεί από τα ασφυκτικά ιδεολογικά πλαίσια του κυρίαρχου τότε ολοκληρωτισμού. Η διαίσθηση ότι η ενωμένη Ευρώπη δεν μπορούσε παρά να είναι δημοκρατική και πλουραλιστική, αλλιώς θα αναιρούσε τον ίδιο τον εαυτό της, αποτελεί σταθμό στην περαιτέρω πολιτική επεξεργασία όχι μόνον σε ο,τι αφορά το φιλελεύθερο και καθολικό φιλοευρωπαϊκό ρεύμα, αλλά και για την ίδια την αριστερά. Η οποία, εν απουσία, του Spinelli, κινδύνευε να βρεθεί εκτός των διαδικασιών που μεταπολεμικά οδήγησαν στην οικοδόμηση της ενιαίας Ευρώπης. Δημοκρατία, ελευθερία, σεβασμός των ανθρωπίνων δικαιωμάτων δεν είναι ιδέες πρωτόγνωρες για την Κύπρο. Η Κυπριακή Δημοκρατία, που γεννήθηκε χάρη σε σκληρό κι επώδυνο αντιαποικιακό αγώνα, κατάφερε να διασφαλίσει τους δημοκρατικούς θεσμούς και την ελευθερία των πολιτών της ακόμη και όταν στην ευρύτερη περιοχή της ανατολικής Μεσογείου κυριαρχούσαν ανελεύθερα στρατιωτικά καθεστώτα που την επιβουλεύονταν. Η Κυπριακή Δημοκρατία έδωσε μάχη για να προστατεύσει τα ανθρώπινα δικαιώματα των πολιτών της ακόμη κι όταν φυσούσε ορμητικά ο άνεμος της μισαλλοδοξίας και του φυλετικού μίσους. 154 P.M. Minucci, Δημήτρης Δεληολάνης, Το Μανιφέστο του Ventotene Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Η Κυπριακή Δημοκρατία, με άλλα λόγια, είχε ήδη πλήρως υιοθετήσει τις ευρωπαϊκές αξίες πολύ πριν την επίσημη ένταξη της στην Ευρωπαϊκή Ένωση την πρώτη Μαϊου 2004. Δικαιολογημένα, λοιπόν, ο τότε Πρόεδρος της Κυπριακής Δημοκρατίας, ο αείμνηστος Τάσσος Παπαδόπουλος, χαρακτήρισε την ένταξη της χώρας στην Ευρωπαϊκή Ένωση ως την πλέον σημαντική στιγμή της πρόσφατης ιστορίας της Κύπρου μετά την ανακήρυξη ανεξαρτησίας το 1960. Η Κύπρος εντάχτηκε, λοιπόν, στην ενωμένη Ευρώπη με το κεφάλι ψηλά, έχοντας εκπληρώσει στο ακέραιο όλες τις δεσμεύσεις της, τόσο στο πολιτικό όσο και στο οικονομικό επίπεδο. Ως επιβεβαίωση, ήρθε την πρώτη Ιανουαρίου 2008 και η ένταξη στην ευρωζώνη. Ως χώρα μέλος της Ευρωπαϊκής Ένωσης, η Κύπρος όχι μόνον ενίσχυσε τη θέση της απέναντι σε όσους την επιβουλεύονται, αλλά έθεσε εκ των πραγμάτων και νέες, ευρωπαϊκές, παραμέτρους για την επίλυση του Κυπριακού. Δεν είναι τυχαίο, πράγματι, ότι ένας από τους λόγους που οδήγησαν τους Ελληνοκυπρίους να εκφράσουν σε μεγάλο ποσοστό την αντίθεση τους προς ο προτεινόμενο σχέδιο Αννάν ήταν το γεγονός ότι το σχέδιο αυτό προέβλεπε πολυάριθμες και σημαντικές αποκλίσεις όχι μόνον από τους ευρωπαϊκούς κανόνες, αλλά και από τα ίδια τα ευρωπαϊκά ιδεώδη. Ήδη τη στιγμή της ένταξης η Ευρώπη, με το πρωτόκολλο 10, κατέστησε σαφές ότι εντάχτηκε στην Ευρωπαϊκή Ένωση όλη η Κύπρος και όχι μόνον τα εδάφη υπό τον έλεγχο της νόμιμης κυβέρνησης της Κυπριακής Δημοκρατίας. Η εφαρμογή των ευρωπαϊκών κανόνων στα κατεχόμενα αναστέλλεται, εν όψει μιας οριστικής, βιώσιμης και δίκαιης λύσης της Κυπριακού προβλήματος. Οι Τουρκοκύπριοι πολίτες της Κυπριακής Δημοκρατίας, παρόλο που δεν τους επετράπη από την τότε ηγεσία τους να συμμετάσχουν στις προενταξιακές διαδικασίες στα πλαίσια της αντιπροσωπείας της Κυπριακής Δημοκρατίας, είναι πλέον ευρωπαίοι πολίτες, με όλα τα δικαιώματα και τις υποχρεώσεις που αυτό συνεπάγεται. Αυτή είναι η νέα δυναμική που η ένταξη της Κύπρου στην Ευρωπαϊκή Ένωση αποδίδει στις επίμονες προσπάθειες της κυπριακής κυβέρνησης για επίλυση του Κυπριακού κι επανένωση της χώρας. Είναι σαφές ότι στην αναζήτηση αυτής της λύσης τα ευρωπαϊκά ιδεώδη αποκτούν ιδιαίτερο βάρος και ο,τι οποιαδήποτε πρόταση περί «αποκλίσεων» φαντάζει ολοένα και πιο εξωπραγματική και ανεδαφική. Η νέα, ενιαία Κύπρος που θα γεννηθεί με την αποχώρηση των τουρκικών στρατευμάτων κατοχής, δεν μπορεί παρά να είναι ευρωπαϊκή. Είναι η ευτυχής κατάληξη μιας μακράς πορείας που ξεκίνησε το 1939 στο μικρό ιταλικό νησί Βεντοτένε, όταν τρεις αντιφασίστες εκτοπισμένοι, 155 P.M. Minucci, Δημήτρης Δεληολάνης, Το Μανιφέστο του Ventotene Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ένας σοσιαλιστής, ένας κομμμουνιστής κι ένας φιλελεύθερος ισραηλίτης, κατάφεραν να οραματιστούν το μέλλον της Ευρώπης. 156 P.M. Minucci, Δημήτρης Δεληολάνης, Το Μανιφέστο του Ventotene Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Πρόλογος Εουτζένιο Κολόρνι (Ρώμη, 1944) Ησύλληψη και η σύνταξη των παρόντων κειμένων πραγματοποιήθηκε στο νησί Βεντοτένε, μεταξύ 1941 και 1942. Μέσα σ’ εκείνο το εξαιρετικό περιβάλλον, μέσα στα δίχτυα μιας αυστηρότατης πειθαρχίας, μέσα από μια πληροφορία που με ένα σωρό τεχνάσματα προσπαθούσε κανείς να την καταστήσει όσο το δυνατόν πληρέστερη, μέσα στη θλίψη της αναγκαστικής αδράνειας και στο άγχος της επικείμενης απελευθέρωσης, μέσα στο νου κάποιων ωρίμαζε μια διαδικασία επαναστοχασμού όλων των προβλημάτων που συγκροτούσαν την ίδια την αιτία της τετελεσμένης πράξης και της στάσης που είχε υιοθετηθεί στη μάχη. Η απόσταση από την πραγματική πολιτική ζωή επέτρεπε ένα πιο ουδέτερο βλέμμα και πρότεινε την αναθεώρηση των παραδοσιακών θέσεων, ψάχνοντας τους λόγους των περασμένων αποτυχιών όχι τόσο σε τεχνικά λάθη κοινοβουλευτικής ή επαναστατικής τακτικής, ή σε μια αόριστη «ανωριμότητα» της κατάστασης, όσο σε ανεπάρκειες της γενικής τοποθέτησης, καθώς και στο γεγονός πως η μάχη είχε περιοριστεί στις συνηθισμένες γραμμές ρήξης, εφιστώντας ελάχιστα την προσοχή στο καινούριο που άλλαζε την πραγματικότητα. Ενώ προχωρούσαν οι προετοιμασίες προκειμένου να δοθεί δυναμικά η μεγάλη μάχη που διαγραφόταν για το εγγύς μέλλον, γινότανε αισθητή η ανάγκη όχι απλώς να διορθώσει κανείς τα λάθη του παρελθόντος, αλλά με νου αποδεσμευμένο από δογματικές προκαταλήψεις ή κομματικούς μύθους να εγκαταλείψει τους όρους των πολιτικών προβλημάτων. Μέσα από αυτήν τη διαδικασία ξεπρόβαλε, στο νου μερικών, η κεντρική ιδέα, ότι δηλαδή η βασική αντίθεση, υπεύθυνη της κρίσης, των πολέμων, των βασάνων και των εκμεταλλεύσεων, που ταλαιπωρούσανε την κοινωνία μας, στηριζότανε στο γεγονός της ύπαρξη ηγεμονικών κρατών, γεωγραφικά, οικονομικά και στρατιωτικά καθορισμένων, που θεωρούσαν τα λοιπά κράτη ανταγωνιστές και εν δυνάμει εχθρούς, τη στιγμή που τα μεν ζούσαν σε σχέση με τα δε σε μια κατάσταση αέναου bellum omnium contra omnes. Οι λόγοι για τους οποίους η συγκεκριμένη ιδέα, διόλου νέα αυτή καθεαυτή, αποκτούσε μια όψη καινοτομίας όσον αφορά τις συνθήκες και την περίσταση μέσα στις οποίες είχε καταστεί αντικείμενο σκέψης, είναι ποικίλοι: 157 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 1) Καταρχήν, η διεθνιστική λύση, που εμφανίζεται στο πρόγραμμα όλων των προοδευτικών πολιτικών κομμάτων, θεωρείται από αυτά, υπό μία έννοια, αναγκαία και σχεδόν λογική συνέπεια της επίτευξης των επιδιώξεων, που το καθένα από τα κόμματα αυτά προτείνει. Οι δημοκρατικοί υποστηρίζουν ότι στα πλαίσια της κάθε χώρας η αποκατάσταση του καθεστώτος για το οποίο αγωνίζονται θα οδηγήσει οπωσδήποτε στη διαμόρφωση εκείνης της ενιαίας συνείδησης, η οποία, υπερβαίνοντας τα σύνορα του πνευματικού και ηθικού τομέα, θα δημιουργήσει τις προϋποθέσεις, που αυτοί κρίνουν απαραίτητες, για την ελεύθερη ένωση των λαών στην πολιτική και οικονομική σκηνή. Οι σοσιαλιστές πάλι, από τη μεριά τους, πιστεύουν ότι η αποκατάσταση δικτατορικών καθεστώτων του προλεταριάτου στα διάφορα κράτη θα οδηγήσει από μόνη της σε ένα παγκόσμιο κολεκτιβιστικό κράτος. Μια ανάλυση, τώρα, της μοντέρνας έννοιας του κράτους και του συνόλου των συμφερόντων και των αισθημάτων που συνδέονται με αυτό, αποδεικνύει ξεκάθαρα ότι, μολονότι οι αναλογίες εσωτερικού καθεστώτος μπορούν να διευκολύνουν τις σχέσεις φιλίας και συνεργασίας μεταξύ των κρατών, δεν πρέπει να θεωρείται διόλου δεδομένο ότι αυτές θα οδηγήσουν αυτόματα, ή και βαθμιαία, στην ενοποίηση, για όσο διάστημα θα υφίστανται συλλογικά ενδιαφέροντα και αισθήματα που θα συνδέονται με τη διατήρηση μιας κλειστής μονάδας στο εσωτερικό των συνόρων. Γνωρίζουμε από την εμπειρία μας ότι σοβινινιστικά αισθήματα και ενδιαφέροντα προστατευτισμού εύκολα μπορούν να οδηγήσουν σε μια ανταγωνιστική προστριβή ακόμη κι ανάμεσα σε δύο δημοκρατίες∙ κι ούτε είναι δεδομένο πως ένα πλούσιο σοσιαλιστικό κράτος πρέπει απαραίτητα να αποδεχθεί να θέσει στη διάθεση ενός άλλου, πολύ φτωχότερου, σοσιαλιστικού κράτους τους πόρους του, αποκλειστικά και μόνο γιατί σ’ αυτό ισχύει ένα ανάλογο εσωτερικό καθεστώς με το δικό του. Η άρση των πολιτικών και οικονομικών συνόρων μεταξύ των κρατών, συνεπώς, δεν προέρχεται απαραιτήτως από την ταυτόχρονη εγκαθίδρυση ενός ορισμένου εσωτερικού καθεστώτος στο κάθε κράτος∙ συνιστά ένα ξεχωριστό πρόβλημα που πρέπει να προσβληθεί με τα κατάλληλα και αρμόζοντα σε αυτό μέσα. Όντως, δεν μπορεί κάποιος να είναι σοσιαλιστής, δίχως να είναι παράλληλα και διεθνιστής∙ αυτό, όμως, συμβαίνει περισσότερο για λόγους ιδεολογικών δεσμών και όχι χάριν μιας πολιτικής και οικονομικής ανάγκης∙ κι ούτε το διεθνές κράτος προέρχεται απαραιτήτως από τη σοσιαλιστική νίκη του κάθε κράτους. 2) Ό,τι καθιστούσε επίσης αναγκαία την επίταση της ομοσπονδιακής θέσης με αυτόνομο τρόπο ήταν το γεγονός πως τα υπάρχοντα πολιτικά κόμματα, δέσμια ενός παρελθόντος μαχών που έλαβαν χώρα στα εδάφη 158 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 του κάθε έθνους, είναι μαθημένα, από συνήθεια και κατά παράδοση, να θέτουν όλα τα προβλήματα ξεκινώντας από τη σιωπηρή προϋπόθεση της ύπαρξης του εθνικού κράτους και να θεωρούν τα προβλήματα της παγκόσμιας τάξης ως ζητήματα «εξωτερικής πολιτικής», που μπορούν να επιλυθούν μέσα από διπλωματικές ενέργειες και συμφωνίες μεταξύ των διαφόρων κυβερνήσεων. Η στάση αυτή αποτελεί κατά ένα μέρος την αιτία, και κατά ένα άλλο τη συνέπεια των όσων προηγουμένως ελέχθησαν, σύμφωνα με τα οποία, μόλις κάποιος αρπάξει τα ηνία της εξουσίας της χώρας του, η συμφωνία και η ένωση με συγγενή καθεστώτα άλλων χωρών είναι κάτι που συμβαίνει αφ’ εαυτού, δίχως να υφίσταται ανάγκη να δοθεί αφορμή για μια πολιτική μάχη, ρητά αφιερωμένη σε κάτι τέτοιο. Στους συγγραφείς των παρόντων κειμένων, αντίθετα, είχε ριζωθεί η πίστη πως όποιος θέλει να θέσει μπροστά του το πρόβλημα της παγκόσμιας τάξης ως κεντρικό πρόβλημα της σημερινής ιστορικής εποχής, και θεωρεί την επίλυσή του αναγκαίο όρο για την επίλυση όλων των θεσμικών, οικονομικών και κοινωνικών προβλημάτων που τίθενται στην κοινωνία μας, πρέπει να εξετάσει αναγκαστικά από αυτήν την οπτική γωνία όλα τα ζητήματα που σχετίζονται με τις εσωτερικές πολιτικές αντιθέσεις και τη στάση του κάθε κόμματος, σχετικά και με την τακτική και τη στρατηγική στην καθημερινή μάχη. Όλα τα προβλήματα, από τις συνταγματικές ελευθερίες έως την ταξική μάχη, από το σχεδιασμό έως την κατάληψη και τη χρήση της εξουσίας, αποκτούν μια νέα προοπτική αν ειδωθούν υπό τον όρο πως μια κοινή νομοθεσία στο διεθνή χώρο συνιστά τον πρώτο στόχο που χρειάζεται να υλοποιηθεί. Ο ίδιος πολιτικός ελιγμός, το να βασιστεί δηλαδή κάποιος στη μία ή στην άλλη δύναμη που βρίσκονται επί σκηνής, το να εξάρει το ένα ή το άλλο σύνθημα, αποκτά εντελώς διαφορετικά χαρακτηριστικά, ανάλογα με το αν θεωρηθεί ουσιώδης σκοπός η κατάκτηση της εξουσίας και η υλοποίηση συγκεκριμένων μεταρρυθμίσεων στο χώρο του κάθε κράτους χωριστά, ή η δημιουργία των οικονομικών, πολιτικών και ηθικών όρων για τη σύσταση μιας ομοσπονδιακής νομοθεσίας που θα αγκαλιάζει ολόκληρη την ήπειρο. 3) Ένας άλλος λόγος επίσης –ίσως κι ο σημαντικότερος– συνίστατο στο γεγονός πως το ιδανικό μιας ευρωπαϊκής ομοσπονδίας, πρελούδιο μιας παγκόσμιας ομοσπονδίας, ενώ μερικά χρόνια πριν μπορούσε ακόμα να φαντάζει μακρινή ουτοπία, σήμερα παρουσιάζεται, στο τέλος τούτου του πολέμου, ως ένας στόχος επιτεύξιμος και αρκετά κοντινός. Στο ολοσχερές ανακάτωμα των λαών, που τούτη η σύγκρουση προκάλεσε σε όλες τις χώρες που βρέθηκαν υποκείμενες στη γερμανική κατοχή, στην αναγκαιότητα για ανοικοδόμηση επάνω σε νέες βάσεις μιας οικονομίας που καταστράφηκε σχεδόν ολοκληρωτικά, για επανατοποθέτηση επί 159 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 τάπητος όλων εκείνων των προβλημάτων που σχετίζονται με τα πολιτικά σύνορα, τους τελωνιακούς σταθμούς, τις εθνικές μειονότητες κτλ.∙ στον ίδιο τον χαρακτήρα τούτου του πολέμου, όπου το εθνικό στοιχείο τόσο συχνά υπερίσχυσε του ιδεολογικού, όπου φάνηκαν μικρά και μεσαία κράτη να απαρνιούνται κατά μεγάλο μέρος την κυριαρχία τους προς χάριν ισχυρότερων κρατών, και στον οποίο πόλεμο από την πλευρά των ίδιων των φασιστών η έννοια του «ζωτικού χώρου» αντικαταστήθηκε από την έννοια της «εθνικής ανεξαρτησίας»∙μέσα σε όλα αυτά τα στοιχεία χρειάζεται να επισημανθούν κάποια δεδομένα που καθιστούν όσο ποτέ άλλοτε επίκαιρο, σ’ αυτήν τη μεταπολεμική περίοδο, το πρόβλημα της ομοσπονδιακής νομοθεσίας της Ευρώπης. Δυνάμεις που προέρχονται από όλες τις κοινωνικές τάξεις για λόγους είτε οικονομικούς είτε ιδεολογικούς, μπορεί να ενδιαφέρονται γι’ αυτήν. Τούτη την νομοθεσία μπορεί κανείς να την προσεγγίσει είτε μέσα από διπλωματικές διαπραγματεύσεις είτε μέσα από τη λαϊκή κινητοποίηση: προωθώντας μεταξύ των καλλιεργημένων τάξεων τη μελέτη των προβλημάτων που σχετίζονται με αυτήν και προκαλώντας επαναστατικές συνθήκες, οι οποίες, έχοντας διαμορφωθεί, δε θα επιτρέψουν σε κανέναν να κάνει πίσω∙ επηρεάζοντας το χώρο των κυβερνώντων των νικηφόρων κρατών, και κινητοποιώντας μέσα στα ηττημένα κράτη την ιδέα πως μονάχα σε μια ελεύθερη και ενωμένη Ευρώπη μπορούν τα κράτη αυτά να βρουν τη σωτηρία τους και να αποτρέψουν τις καταστροφικές συνέπειες της ήττας. Γι’ αυτόν ακριβώς το λόγο εμφανίστηκε το Κίνημά μας. Είναι η σπουδαιότητα, η προτεραιότητα αυτού του προβλήματος σε σχέση με όλα τα υπόλοιπα που τίθενται στην εποχή που μπαίνουμε είναι η σιγουριά πως, αν αφήσουμε να παγιωθεί ξανά η κατάσταση σύμφωνα με τα παλαιά εθνικιστικά καλούπια, θα χαθεί μια για πάντα η ευκαιρία, και η ήπειρός μας δε θα μπορέσει να αποκτήσει καμιά ειρήνη και καμιά διαρκή ευημερία∙ είναι όλα αυτά που μας ώθησαν να δημιουργήσουμε μια αυτόνομη οργάνωση, με σκοπό να προασπίσουμε την ιδέα της Ευρωπαϊκής Ομοσπονδίας ως στόχο υλοποιήσιμο για την επερχόμενη μεταπολεμική περίοδο. Δεν εθελοτυφλούμε μπροστά στις δυσκολίες του εγχειρήματος και στην ισχύ των δυνάμεων που θα ενεργήσουν προς την αντίθετη κατεύθυνση∙ πιστεύουμε, όμως, πως είναι η πρώτη φορά που τούτο το πρόβλημα τίθεται επί τάπητος στην πολιτική μάχη, όχι ως ένα μακρινό ιδανικό, αλλά ως μια τραγικά επιτακτική ανάγκη. Οι οπαδοί του κινήματός μας, το οποίο, εδώ και δύο χρόνια περίπου, διάγει το δύσκολο βίο της παρανομίας υπό τη φασιστική και ναζιστική 160 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 καταπίεση, προέρχονται από τις στρατευμένες αντιφασιστικές παρατάξεις και είναι όλοι τους παρατεταγμένοι στην ένοπλη μάχη για την ελευθερία. Το κίνημά μας, που ήδη πλήρωσε το σκληρό τίμημα της φυλακής για τον κοινό αγώνα, δεν είναι, μήτε επιθυμεί να αποτελέσει, ένα πολιτικό κόμμα. Όπως ακριβώς ολοένα και πιο ξεκάθαρα χαρακτηρίστηκε, επιθυμεί να δράσει μέσα στα διάφορα πολιτικά κόμματα και στο εσωτερικό τους, προκειμένου όχι μονάχα να εξαρθεί το διεθνιστικό αίτημα, αλλά επίσης, και κυρίως, προκειμένου να διατυπωθούν όλα τα προβλήματα της πολιτικής του ζωής, θέτοντας ως αρχή αυτήν τη νέα οπτική γωνία, στην οποία έως τώρα τόσο λίγο έχουν μαθητεύσει. Δεν είμαστε ένα πολιτικό κόμμα γιατί, παρόλο που προωθούμε ενεργά κάθε μελέτη που σχετίζεται με τη θεσμική, οικονομική και κοινωνική διευθέτηση της Ευρωπαϊκής Ομοσπονδίας, και παρόλο που λαμβάνουμε ενεργό μέρος στη μάχη για την πραγματοποίησή της και αγωνιούμε να ανακαλύψουμε ποιες δυνάμεις θα μπορέσουν να ενεργήσουν υπέρ αυτής στη μελλοντική πολιτική σκηνή, δεν επιθυμούμε να αποφανθούμε σχετικά με τις θεσμικές λεπτομέρειες, σχετικά με το μικρότερο ή μεγαλύτερο βαθμό της κολεκτιβοποίησης, σχετικά με το μικρότερο ή μεγαλύτερο διοικητικό συγκεντρωτισμό κτλ., που θα πρέπει να χαρακτηρίζουν το μελλοντικό ομοσπονδιακό οργανισμό. Αφήνουμε αυτά τα προβλήματα να συζητηθούν ευρέως και ελεύθερα στους κόλπους του κινήματός μας, και να εκπροσωπούνται σε εμάς όλες οι πολιτικές τάσεις, από την κομμουνιστική μέχρι τη φιλελεύθερη. Όντως, σχεδόν όλοι οι οπαδοί μας είναι στρατευμένοι σε κάποιο προοδευτικό πολιτικό κόμμα: είναι όλοι τους σύμφωνοι με τον αγώνα υπέρ των βασικών αρχών μιας Ελεύθερης Ευρωπαϊκής Ομοσπονδίας, που δε θα βασίζεται σε κανενός είδους ηγεμονίας, ούτε σε ολοκληρωτικά καθεστώτα, αλλά θα είναι προικισμένη με μια διαρθρωτική στερεότητα, προκειμένου να μην καταντήσει μια απλή Κοινωνία των Εθνών. Οι αρχές αυτές συνίστανται στα ακόλουθα σημεία: ενιαίος ομοσπονδιακός στρατός, νομισματική ένωση, κατάργηση των τελωνειακών σταθμών και των περιορισμών στη μετανάστευση μεταξύ των κρατών που θα ανήκουν στην Ομοσπονδία, άμεση εκπροσώπηση των πολιτών στα ομοσπονδιακά συμβούλια, ενιαία εξωτερική πολιτική. Σ’ αυτά τα δύο χρόνια ζωής, το Κίνημά μας διαδόθηκε ευρέως μεταξύ των πολιτικών αντιφασιστικών ομάδων και κομμάτων. Μερικοί από αυτούς εκφράσανε δημόσια την προσχώρηση και τη συμπάθειά τους. Άλλοι πάλι μας κάλεσαν να συνεργαστούμε στις προγραμματικές τους προτάσεις. Ίσως δεν είναι αλαζονικό να πούμε πως σε μας οφείλεται κατά ένα μέρος αν τα προβλήματα της Ευρωπαϊκής Ομοσπονδίας συζητιούνται τόσο συχνά στον παράνομο ιταλικό τύπο. Η εφημερίδα μας, «L’Unita Europea», 161 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 παρακολουθεί με προσοχή τα γεγονότα της εσωτερικής και διεθνούς πολιτικής, παίρνοντας θέση επάνω σε αυτά με απόλυτη κριτική ανεξαρτησία. Τα παρόντα κείμενα, καρπός της επεξεργασίας ιδεών που έδωσε την αφορμή για τη γέννηση του Κινήματός μας, δεν εκπροσωπούν παρά την άποψη των συγγραφέων τους, και δε συνιστούν διόλου την υιοθέτηση μιας θέσης από την πλευρά του ίδιου του Κινήματος. Επιθυμούν μονάχα να είναι μία πρόταση θεμάτων προς συζήτηση μεταξύ όλων αυτών που θέλουν να αναλογιστούν εκ νέου όλα τα προβλήματα της διεθνούς πολιτικής ζωής, παίρνοντας υπόψιν τους τις πιο πρόσφατες ιδεολογικές και πολιτικές εμπειρίες, τα πιο ενήμερα αποτελέσματα της οικονομικής επιστήμης, τις πιο συνετές και λογικές προοπτικές για το μέλλον. Θα ακολουθήσουν σύντομα κι άλλες μελέτες. Ευχή μας είναι να μπορέσουν να δημιουργήσουν μια έκρηξη ιδεών∙ και, μέσα στην παρούσα έκρυθμη ατμόσφαιρα χάριν της αδήριτης ανάγκης για δράση, να συμβάλουν στη διασαφήνιση που καθιστά πάντοτε τη δράση πιο αποφασιστική, συνειδητή και υπεύθυνη. Ιταλικό κίνημα για την ευρωπαϊκή ομοσπονδία Ρώμη, 22 Γενάρη 1944 162 Ε. Κολόρνι, Πρόλογος Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Το Μανιφέστο του Βεντοτένε για μια ελευθερη και ενωμενη Ευρωπη Αλτιέρο Σπινέλι ‐ Ερνέστο Ρόσι I. Η κρίση του μοντέρνου πολιτισμού Оμοντέρνος πολιτισμός έθεσε ως θεμέλιό του την αρχή της ελευθερίας, με βάση την οποία ο άνθρωπος δεν πρέπει να αποτελεί απλό όργανο άλλων, αλλά αυτόνομο κέντρο ζωής. Με αυτόν τον κώδικα στο χέρι προσχεδιάστηκε μια μεγαλειώδη ιστορική αναθεώρηση σε όσες εκφάνσεις της κοινωνικής ζωής δεν τον σεβόντουσαν. 1) Εδραιώθηκε το κοινό δικαίωμα σε όλα τα έθνη σύμφωνα με το οποίο μπορούσαν να οργανωθούν σε ανεξάρτητα κράτη. Κάθε λαός, καθορισμένος από τα εθνοτικά, γεωγραφικά, γλωσσικά και ιστορικά χαρακτηριστικά του, έπρεπε να βρει μέσα στον κρατικό οργανισμό, που δημιούργησε, σύμφωνα με την ιδιαίτερη αντίληψή του για την πολιτική ζωή, για λογαριασμό του, το εργαλείο που θα του επέτρεπε να ικανοποιήσει κατά τον καλύτερο δυνατό τρόπο τις ανάγκες του, ανεξάρτητα από οποιαδήποτε ξένη παρέμβαση. Η ιδεολογία της εθνικής ανεξαρτησίας αποτέλεσε μια ισχυρή μαγιά προόδου∙ με αυτήν ξεπεράστηκαν οι αθλίοι τοπικισμοί υπό την έννοια μιας πιο ευρείας αλληλεγγύης ενάντια στην καταπίεση των ξένων κυριαρχών∙ εξέλειψε πολλούς φραγμούς που εμποδίζανε την κυκλοφορία των ανθρώπων και των εμπορευμάτων∙βοήθησε στην εξάπλωση, στο εσωτερικό της επικράτειας του κάθε νέου κράτους, μεταξύ των πιο υποανάπτυκτων πληθυσμών, των θεσμών και των κανόνων των πιο πολιτισμένων πληθυσμών. Η ιδεολογία αυτή, όμως, κουβαλούσε μέσα της τα σπέρματα του καπιταλιστικού ιμπεριαλισμού, τον οποίο η δική μας γενιά είδε να γιγαντώνεται και να 163 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 οδηγεί στη διαμόρφωση των απολυταρχικών κρατών και στο ξέσπασμα των παγκόσμιων πολέμων. Το έθνος δε θεωρείται πλέον ιστορικό προϊόν της συμβίωσης των ανθρώπων οι οποίοι, έχοντας φθάσει, μέσα από μια μακρά πορεία, σε ένα πιο συμπαγές αμάλγαμα ηθών και επιδιώξεων, βρίσκουνε στο κράτος τους το πιο ικανοποιητικό σχήμα για την οργάνωση της συλλογικής ζωής μέσα στα πλαίσια ολόκληρης της ανθρώπινης κοινωνίας το έθνος, αντιθέτως, αποτέλεσε μια θεϊκή οντότητα, έναν οργανισμό που χρειάζεται να σκέφτεται μονάχα τη δική του ύπαρξη και πρόοδο, χωρίς διόλου να το απασχολεί η ζημία που οι άλλοι μπορούν να υποστούν από αυτό. Η απόλυτη κυριαρχία των εθνικών κρατών οδήγησε το καθένα από αυτά στην επιθυμία να επικυριαρχήσει επί των υπολοίπων, καθώς άρχισε να αισθάνεται ότι απειλείται από την ισχύ των άλλων κρατών και να θεωρεί «ζωτικό του χώρο» περιοχές ολοένα πιο ευρείες, που θα του επέτρεπαν να κινηθεί ελευθέρα και να εξασφαλίσει τα μέσα ύπαρξης, δίχως ωστόσο να εξαρτάται από κανέναν. Αυτή η θέληση για επικυριαρχία δε θα ησυχάσει παρά μονάχα με την ηγεμονία του ισχυρότερου κράτους επί όλων των άλλων υποδούλων. Ως συνέπεια αυτών, το κράτος, από εγγυητής της ελευθερίας των πολιτών, μεταμορφώθηκε σε αφέντη υποτελών υπηκόων στην υπηρεσία του, με σκοπό να συγκεντρώσει όλες τις εξουσίες και να καταστήσει μέγιστη την πολεμική αποδοτικότητά του. Σε περιόδους ειρήνης, μάλιστα, που θεωρούνται στάσεις για την προετοιμασία των αναπόφευκτων επόμενων πολέμων, σε πολλές χώρες η θέληση των στρατιωτικών τάξεων υπερέχει πλέον σε σχέση με τις πολιτικές τάξεις, καθιστώντας ολοένα και πιο δυσχερή τη λειτουργία ελεύθερων πολιτικών δομών: το σχολείο, η επιστήμη, η παραγωγή, η διοίκηση αποσκοπούν κυρίως στην αύξηση του πολεμικού δυναμικού∙οι μητέρες θεωρούνται αναπαραγωγικά όντα στρατιωτών, και κατά συνέπεια βραβεύονται με τα ίδια κριτήρια με βάση τα οποία βραβεύ‐ ονται τα γόνιμα ζωντανά στις εκθέσεις∙τα παιδιά εκπαιδεύονται από την πιο τρυφερή τους ηλικία στο επάγγελμα των όπλων και στο μίσος προς τους ξένους, οι προσωπικές ελευθερίες εκμηδενίζονται, από τη στιγμή που όλοι έχουν στρατιωτικοποιηθεί και συνεχώς καλούνται να στρατευθούν∙οι πόλεμοι επανειλημμένως τους αναγκάζουν να εγκαταλείψουν τις οικογένειες, τη δουλειά και τα υπάρχοντά τους, και να θυσιάσουν την ίδια τη ζωή τους για σκοπούς που την αξία τους κανένας πραγματικά δεν κατανοεί∙ μέσα σε λίγες μέρες καταστρέφονται τα αποτελέσματα προσπαθειών που γίνανε επί δεκαετίες προκειμένου να αυξηθεί η συλλογική ευημερία. 164 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Τα ολοκληρωτικά κράτη, που Εφάρμοσαν στο μέγιστο τον συγκεντρωτισμό και την απολυταρχία, πραγματοποίησαν με τον πιο συνεπή τρόπο την ενοποίηση όλων των δυνάμεων, και έτσι αποδείχθηκαν οι πιο πρόσφοροι οργανισμοί στο σημερινό παγκόσμιο περιβάλλον. Αρκεί ένα έθνος να κάνει ένα βήμα προς ένα πιο έντονο ολοκληρωτισμό, προκειμένου να το ακολουθήσουν άλλα των οποίων η θέληση για επιβίωση θα τα παρασύρει στον ίδιο γκρεμό. 2) Εδραιώθηκε η ισότητα του δικαιώματος όλων των πολιτών στη διαμόρφωση της βούλησης του κράτους. Έτσι αυτή έπρεπε να απηχεί τη σύνθεση των ευμετάβλητων οικονομικών και ιδεολογικών αναγκών όλων των κοινωνικών κατηγοριών που εκφράζονταν ελεύθερα. Αυτή η πολιτική οργάνωση επέτρεψε τη διόρθωση ή τουλάχιστον την εξασθένιση πολλών έντονων αδικιών, που είχαν κληρονομηθεί από τα περασμένα καθεστώτα. Παράλληλα, η ελευθερία του τύπου και του συνεταιρίζεσθαι, καθώς και η προοδευτική διεύρυνση του δικαιώματος της ψήφου, καθιστούσαν ολοένα και πιο δύσκολη την υπεράσπιση των παλαιών προνομίων, με αποτέλεσμα να διατηρούν το αντιπροσωπευτικό σύστημα. Οι άποροι σταδιακά έμαθαν να μεταχειρίζονται τα εργαλεία αυτά στην διεκδίκηση των κεκτημένων δικαιωμάτων τους από τις ευκατάστατες τάξεις∙οι κοινωνικοί φόροι σε εισοδήματα που δεν έχουν κερδιθεί και στις κληρονομιές, οι προοδευτικοί φόροι στα μεγαλύτερα περιουσιακά στοιχεία, η φοροαπαλλαγή των χαμηλών εισοδημάτων και των αγαθών πρώτης ανάγκης, το δικαίωμα στη δωρεάν δημόσια εκπαίδευση, η αύξηση των εξόδων κοινωνικής αντίληψης και της κοινωνικής πρόνοιας, οι αγροτικές μεταρρυθμίσεις, ο έλεγχος των βιομηχανιών, απειλούσανε τις προνομιούχες τάξεις μέσα στα πιο οχυρωμένα τους φρούρια. Επιπλέον, οι προνομιούχες τάξεις, που είχαν συναινέσει στην ισότητα των πολιτικών δικαιωμάτων, δεν μπορούσαν να αποδεχθούν πως οι φτωχές τάξεις θα επωφελούνταν από αυτήν την ισότητα, προκειμένου να διεκδικήσουν μια αληθινή ισότητα που θα έδινε σε αυτά τα δικαιώματα ένα ουσιαστικό περιεχόμενο πραγματικής ελευθερίας. Όταν, μετά το τέλος του Πρώτου Παγκόσμιου Πολέμου, η απειλή έγινε σοβαρότατη, ήταν φυσικό αυτές οι τάξεις να επιδοκιμάσουν θερμά και να στηρίξουν την αποκατάσταση των δικτατοριών, που αρπάζανε τα νόμιμα όπλα από τα χέρια των αντιπάλων τους. Απ’ την άλλη, η διαμόρφωση γιγαντιαίων βιομηχανικών και τραπεζικών ομίλων, καθώς και όσων συνδικάτων ένωναν κάτω από μία μοναδική κατεύθυνση ολόκληρες στρατιές εργαζομένων (συνδικάτα και όμιλοι που πιέζανε την κυβέρνηση, προκειμένου να πετύχουν την καταλληλότερη πολιτική υπέρ των ιδιαίτερων ενδιαφερόντων τους) 165 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 απειλούσε να αποσυνθέσει το ίδιο το κράτος σε πολλές οικονομικές βαρονίες, που θα μπαίνανε σε σκληρή μάχη μεταξύ τους. Οι δημοκρατικο‐φιλελεύθερες νομοθεσίες, έχοντας γίνει το εργαλείο που μεταχειρίζονταν αυτές οι ομάδες για να εκμεταλλευτούν καλύτερα ολόκληρο το κοινωνικό σύνολο, χάνανε ολοένα και περισσότερο την αίγλη τους, κι έτσι διαδιδόταν η πεποίθηση πως μονάχα το ολοκληρωτικό κράτος, καταργώντας τις λαϊκές ελευθερίες, θα μπορούσε κατά κάποιο τρόπο να επιλύσει τις συγκρούσεις των συμφερόντων που οι υπάρχοντες πολιτικοί θεσμοί δεν κατορθώνανε πλέον να καταστείλουν. Πράγματι, στη συνέχεια, τα ολοκληρωτικά καθεστώτα στο σύνολό τους παγίωσαν τη θέση των διαφόρων κοινωνικών τάξεων στα σημεία που κάθε τόσο βρίσκονταν, και απέκλεισαν με τον αστυνομικό έλεγχο της ζωής των πολιτών στο σύνολό της και με τη βίαιη εξάλειψη όλων των αντιφρονούντων, κάθε νόμιμη δυνατότητα για περαιτέρω διόρθωση της κατάστασης των ισχυόντων πραγμάτων. Με αυτόν τον τρόπο εξασφαλίστηκε η ύπαρξη του απολύτως παρασιτικού στρώματος των απουσιαστών ιδιοκτητών γης και των εισοδηματιών που συμμετείχανε στην κοινωνική παραγωγή μονάχα με την είσπραξη των εσόδων από τα μερίδιά τους∙καθώς επίσης και των μονοπωλιακών στρωμάτων και των αλυσίδων εταιρειών που εκμεταλλεύονται τους καταναλωτές και εξανεμίζουν τα χρήματα των μικρών αποταμιευτών∙ των πλουτοκρατών που, κρυμμένοι στα παρασκήνια, τραβούν τα νήματα των πολιτικών ανδρών για να κατευθύνουν ολόκληρο των κρατικό μηχανισμό προς δικό τους αποκλειστικά όφελος, με την επίφαση της επιδίωξης των ανώτερων εθνικών συμφερόντων. Διατηρήθηκαν τα κολοσσιαία περιουσιακά στοιχεία λίγων και η φτώχεια της μεγάλης μάζας, η οποία αποκλείστηκε από κάθε δυνατότητα να γευθεί τους καρπούς του μοντέρνου πολιτισμού. Διασώθηκε, στα πιο ουσιαστικά του σημεία, ένα οικονομικό καθεστώς στο οποίο τα υλικά αποθέματα και το εργατικό δυναμικό, που θα έπρεπε να στρέφονται στην ικανοποίηση των βασικών αναγκών για την εξέλιξη των ανθρώπινων ζωτικών ενεργειών, σκοπό τους έθεσαν αντιθέτως την ικανοποίηση των πιο μάταιων επιθυμιών όσων έχουν τη δυνατότητα να πληρώσουν το πιο υψηλό αντίτιμο∙ ένα οικονομικό καθεστώς στο οποίο, με το δικαίωμα της διαδοχής, η ισχύς του χρήματος διαιωνίζεται μέσα στο ίδιο κοινωνικό στρώμα, που έχει μεταμορφωθεί σε ένα προνόμιο το οποίο δεν αντιστοιχεί διόλου στην κοινωνική αξία των υπηρεσιών που στην πραγματικότητα παρέχονται∙ένα οικονομικό καθεστώς στο οποίο ο χώρος των προλεταριακών δυνατοτήτων παραμένει τόσο περιορισμένος, που για να ζήσουνε οι εργαζόμενοι είναι αναγκασμένοι συχνά να ενδώσουν στην εκμετάλλευσή τους από αυτόν που τους προσφέρει μια οποιαδήποτε δυνατότητα εργασίας. 166 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Τα συνδικάτα, προκειμένου να ακινητοποιήσουν και να υποτάξουν τις εργατικές τάξεις, μεταμορφώθηκαν, από ελεύθεροι αγωνιστικοί οργανισμοί, που τους οδηγούσαν άτομα που χαίρανε της εμπιστοσύνης των μελών, σε όργανα αστυνομικής επιτήρησης, υπό την καθοδήγηση υπαλλήλων που επιλέχθηκαν από την κυβερνητική ομάδα και που προς αυτήν μονάχα λογοδοτούσαν. Κάθε φορά που επιφέρεται μια διόρθωση σε ένα τέτοιου είδους οικονομικό καθεστώς, αυτή υπαγορεύεται πάντοτε από τις ανάγκες του μιλιταρισμού, που συνέβαλαν με τις αντιδραστικές επιδιώξεις των προνομιούχων κοινωνικών στρωμάτων στην εμφάνιση και την παγίωση των ολοκληρωτικών κρατών. 3) Ενάντια στον αυταρχικό δογματισμό, εδραιώθηκε η σταθερή αξία του κριτικού πνεύματος. Ό,τι υποστηριζόταν έπρεπε να δικαιολογήσει την ύπαρξή του ή να εξαφανιστεί. Στη μεθοδικότητα αυτής της απροκατάληπτης στάσης, οφείλονται οι μεγαλύτερες κατακτήσεις της κοινωνίας μας σε κάθε κλάδο. Αυτή, όμως, η πνευματική ελευθερία δεν άντεξε στην κρίση που ανέδειξε τα ολοκληρωτικά κράτη. Νέα δόγματα που πρέπει να υιοθετηθούν μέσα από την πίστη, ή που πρέπει γίνουν αποδεκτά με υποκρισία, εξαπλώνονται από άρχοντες σε όλες τις επιστήμες. Μολονότι κανένας δε γνωρίζει τι είναι μία φυλή, και παρόλο που Βασικές ιστορικές γνώσεις αποδεικνύουν τον παραλογισμό αυτής της θέσης, από τους φυσιολόγους ζητείται να πιστέψουν, να αποδείξουν και να πείσουν πως κάποιοι ανήκουν σε μία εκλεκτή φυλή, μόνο επειδή ο ιμπεριαλισμός έχει ανάγκη αυτόν τον μύθο προκειμένου να ξεσηκώσει στις μάζες το μίσος και την υπερηφάνεια. Οι πιο προφανείς έννοιες της οικονομικής επιστήμης πρέπει να θεωρούνται αναθέματα προκειμένου να παρουσιάσουν την αυταρχική πολιτική, τις ελεγχόμενες δοσοληψίες και τα υπόλοιπα παλαιά όπλα της εμποροκρατίας, ως εξαιρετικές ανακαλύψεις των καιρών μας. Εξαιτίας της οικονομικής αλληλεξάρτησης όλων των μερών του κόσμου, ζωτικός χώρος για κάθε λαό που θέλει να διατηρήσει το επίπεδο ζωής που ανταποκρίνεται στο μοντέρνο πολιτισμό αποτελεί ολόκληρη η υδρόγειος∙ δημιουργήθηκε, έτσι, η ψευδοεπιστήμη της γεωπολι τικής, που ζητά να αποδείξει την εγκυρότητα της θεωρίας των ζωτικών χώρων, προκειμένου να προσφέρει ένα θεωρητικό ένδυμα στην επιθυμία του ιμπεριαλισμού για αυθαιρεσία. Η ιστορία παραποιείται στα πιο βασικά της στοιχεία, προς όφελος της κυβερνώσας τάξης. Οι βιβλιοθήκες και τα βιβλιοπωλεία εξαγνίζονται από όλα τα έργα που δε θεωρούνται ορθόδοξα. Οι σκιές του σκοταδισμού εκ νέου απειλούν να καταπνίξουν το ανθρώπινο πνεύμα. Η ίδια η κοινωνική ηθική της ελευθερίας και της ισότητας έχει υπονομευθεί. Οι άνθρωποι δε θεωρούνται πλέον ελεύθεροι πολίτες που χρησιμοποιούν το κράτος 167 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 προκειμένου να υλοποιήσουν με περισσότερη επιτυχία τους συλλογικούς σκοπούς τους. Είναι υπηρέτες του κράτους, και είναι αυτό το κράτος που καθορίζει ποιοι πρέπει να είναι οι σκοποί τους, και ως βούληση του κράτους γίνεται αναμφίβολα αποδεκτή η βούληση όσων κατέχουν την εξουσία. Οι άνθρωποι δεν αποτελούν πλέον υποκείμενα δικαίου, αλλά, όντας τοποθετημένοι ιεραρχικά, είναι υποχρεωμένοι να υποτάσσονται δίχως συζητήσεις στις ανώτερες αρχές, στην κορυφή των οποίων βρίσκεται ένας δεόντως θεοποιημένος αρχηγός. Το ακαταμάχητο καθεστώς των καστών αναγεννάτε από τις στάχτες του. Αυτός ο αντιδραστικός ολοκληρωτικός πολιτισμός, αφού θριάμβευσε σε μία σειρά χωρών, στο τέλος βρήκε στη ναζιστική Γερμανία την ισχύ που θεωρήθηκε ικανή να βγάλει τα τελευταία συμπεράσματα. Αφού προηγήθηκε μια σχολαστική προετοιμασία, η Γερμανία, εκμεταλλευόμενη, με θράσος και χωρίς ενδοιασμούς, τους ανταγωνισμούς, τους εγωισμούς, την ηλιθιότητα αλλονών, και παρασύροντας στα χνάρια της άλλα υποτελή ευρωπαϊκά κράτη –μεταξύ των οποίων πρώτη την Ιταλία– συνάπτοντας συμμαχία με την Ιαπωνία που επιδιώκει τους ίδιους σκοπούς στην Ασία, ρίχθηκε στο έργο των αυθαιρεσιών. Η νίκη της θα σήμαινε την παγίωση του ολοκληρωτισμού στον κόσμο. Όλες οι ιδιότητές της θα φθάνανε στα άκρα, και οι προοδευτικές δυνάμεις θα ήταν καταδικασμένες να παραμείνουν για μακρύ χρονικό διάστημα μια απλή αρνητική αντιπολίτευση. Η παραδοσιακή αλαζονεία και αδιαλλαξία των γερμανικών στρατιωτικών τάξεων μπορεί ήδη να μας δώσει μια ιδέα του χαρακτήρα που θα αποκτήσει η ηγεμονία τους, ύστερα από ένα νικηφόρο πόλεμο. Οι Γερμανοί, έχοντας νικήσει, θα μπορούσαν να επιτρέψουν στον εαυτό τους μια προσποιητή γενναιοδωρία προς τους υπόλοιπους ευρωπαϊκούς λαούς, να σεβαστούν στους τύπους τα εδάφη και τους πολιτικούς τους θεσμούς, για να κυβερνήσουν με αυτό τον τρόπο ικανοποιώντας το ηλίθιο πατριωτικό αίσθημα που ενδιαφέρεται περισσότερο για τα χρώματα των πασσάλων των συνόρων και την εθνικότητα των πολιτικών ανδρών που παρουσιάζονται στο προσκήνιο, παρά για τη σχέση των δυνάμεων και για το πραγματικό περιεχόμενο των κρατικών οργανισμών. Με όποιον τρόπο κι αν συγκαλυφθεί, η πραγματικότητα θα είναι πάντοτε η ίδια: ένας ανανεωμένος διαχωρισμός της ανθρωπότητας σε Σπαρτιάτες και Είλωτες. Ακόμη και μια συμβιβαστική λύση μεταξύ των αντιμαχόμενων πλευρών, θα σήμαινε ένα επιπλέον βήμα προς τον ολοκληρωτισμό, μια και όλες οι χώρες που θα ξεφεύγανε από την πίεση της Γερμανίας, θα ήταν αναγκασμένες να υιοθετήσουνε τα ίδια μοντέλα πολιτικής οργάνωσης, προκειμένου να προετοιμαστούν κατάλληλα για την επάνοδο του πολέμου. 168 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Αν, όμως, η ναζιστική Γερμανία κατόρθωσε να νικήσει ένα ένα τα μικρά κράτη, ανάγκασε κιόλας δυνάμεις ολοένα πιο ισχυρές να κατεβούν στον στίβο. Η θαρραλέα αγωνιστικότητα της Μεγάλης Βρετανίας, ακόμη και την πιο κρίσιμη στιγμή, έχοντας απομείνει η μόνη που κρατούσε όρθιο το κεφάλι απέναντι στον εχθρό, ενήργησε έτσι ώστε οι Γερμανοί να πάνε να συγκρουστούν με τη σθεναρή αντίσταση του σοβιετικού στρατού, προσφέροντας με αυτόν τον τρόπο χρόνο στην Αμερική να δρομολογήσει την επιστράτευση των άπειρων παραγωγικών της μέσων. Κι αυτή η μάχη ενάντια στο γερμανικό ιμπεριαλισμό συνδέεται στενότατα με την μάχη που ο κινεζικός λαός δίνει ενάντια στον γιαπωνέζικο ιμπεριαλισμό. Αμέτρητες μάζες ανθρώπων και πλούτου έχουν ήδη παραταχθεί ενάντια στις ολοκληρωτικές δυνάμεις∙ η ισχύς των δυνάμεων αυτών έχει φθάσει στο αποκορύφωμά της, και πλέον δεν της μένει άλλο από το να φθαρεί προοδευτικά. Οι αντίπαλες δυνάμεις, αντιθέτως, ήδη έχουν ξεπεράσει το σημείο του μεγαλύτερου εξευτελισμού, και βρίσκονται σε άνοδο. Ο πόλεμος των συμμάχων κάθε μέρα που περνά εγείρει ολοένα και περισσότερο τη θέληση για απελευθέρωση, ακόμη και μεταξύ των χωρών που είχαν υποταχθεί στη βία και είχαν σαστίσει από το χτύπημα που δέχθηκαν: εγείρει τη θέληση της απελευθέρωσης μέχρι και μεταξύ των ίδιων των λαών που ανήκουνε στις δυνάμεις του Άξονα, οι οποίοι συνειδητοποιούν πως παρασύρθηκαν σε μια απελπιστική κατάσταση, προκειμένου να ικανοποιήσουν τη λαχτάρα των αφεντάδων τους για εξουσία. Η βραδεία πορεία, εξαιτίας της οποίας τεράστιες μάζες ανθρώπων επέτρεψαν την παθητική τους διάπλαση από το νέο καθεστώς, προσαρμόστηκαν σ’ αυτό και μ’ αυτόν τον τρόπο συνεισφέρανε στην παγίωσή του, διεκόπη∙ αντιθέτως, ξεκίνησε η αντίστροφη πορεία. Μέσα σ’ αυτό το υπέρογκο κύμα που σιγά σιγά ορθώνεται, συναντιούνται όλες οι προοδευτικές δυνάμεις, τα πιο φωτισμένα μέρη των εργατικών τάξεων που ο τρόμος και οι δελεασμοί δεν κατόρθωσαν να τους αποσπάσουν από το σκοπό τους για μια καλύτερη μορφή ζωής∙ τα πιο συνειδητοποιημένα στοιχεία των τάξεων των διανοουμένων παραμένουν προσβεβλημένοι για την ταπείνωση στην οποία υπόκειται η διανόηση∙ επιχειρηματίες που, έχοντας την αίσθηση πως είναι ικανοί για νέες πρωτοβουλίες, θέλουν να απελευθερωθούν από το γραφειοκρατικό σαμάρωμα και από τις εθνικές απολυταρχίες, που εμποδίζουν κάθε τους κίνηση∙ όλοι όσοι εντέλει, από ένα έμφυτο αίσθημα αξιοπρέπειας, δε σκύβουν το κεφάλι στην ταπείνωση της υποδούλωσης. 169 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Σε όλες αυτές τις δυνάμεις έχει ανατεθεί σήμερα η σωτηρία του πολιτισμού μας. I. Μεταπολεμικά καθήκοντα. Η ευρωπαϊκή ένωση Ηήττα της Γερμανίας δε θα οδηγήσει, ωστόσο, αυτόματα στην αναδιάταξη της Ευρώπης σύμφωνα με τα δικά μας πολιτισμικά ιδανικά. Σε αυτήν τη σύντομη περίοδο έντασης και γενικής κρίσης (κατά την οποία τα κράτη θα βρεθούν τσακισμένα στο έδαφος και οι λαϊκές μάζες θα περιμένουν ανήσυχες τα νέα μηνύματα όντας ένα εύπλαστο φλεγόμενο υλικό που θα επιδέχεται να χυθεί σε νέα σχήματα, και θα είναι ικανές να υποδεχθούν την καθοδήγηση σοβαρών διεθνιστών) τα στρώματα που ήτανε πιο προνομιούχα στα παλαιά εθνικά συστήματα, θα προσπαθήσουν με ύπουλο τρόπο ή με τη βία να καταπνίξουν το κύμα των αισθημάτων και του διεθνιστικού πάθους, και θα αφοσιωθούν επιδεικτικά στον ανασχηματισμό των παλαιών κρατικών οργανισμών. Και είναι πιθανόν πως οι άγγλοι ιθύνοντες, σύμφωνοι ίσως και με τους αμερικανούς, θα επιχειρήσουν να ωθήσουν τα πράγματα προς την κατεύθυνση εκείνη που θα τους επιτρέψει την επανάκτηση της πολιτικής της ισορροπίας των δυνάμεων, για το προφανή άμεσο συμφέρον των αυτοκρατοριών τους. Οι συντηρητικές δυνάμεις, δηλαδή, οι διοικούντες των βασικών θεσμών των εθνικών κρατών, τα ανώτερα στελέχη των ενόπλων δυνάμεων, που μεσουρανούνε, όπου υπάρχουν σήμερα, στις μοναρχίες, οι ομάδες του μονοπωλιακού καπιταλισμού που συνέδεσαν τις τύχες των κερδών τους με τις τύχες των κρατών, οι μεγάλοι γαιοκτήμονες και οι λοιπές εκκλησιαστικές ιεραρχίες που μονάχα μέσα σε μια εδραία συντηρητική κοινωνία μπορούνε να εξασφαλίσουνε τα παρασιτικά τους έσοδα, και πίσω από αυτούς όλο εκείνο το αμέτρητο πλήθος που εξαρτάται από αυτούς, ή που είναι απλώς μονάχα θαμπωμένοι από την παραδοσιακή τους ισχύ, όλες αυτές οι αντιδραστικές δυνάμεις ήδη σήμερα αισθάνονται το οικοδόμημα να τρίζει, και προσπαθούν να σωθούνε. Η κατάρρευση θα τους στερήσει ξαφνικά όλες τις εγγυήσεις που είχανε έως τώρα, εκθέτοντάς τες στην έφοδο των προοδευτικών δυνάμεων. Η ΕΠΑΝΑΣΤΑΤΙΚΗ ΚΑΤΑΣΤΑΣΗ: ΠΑΛΑΙΑ ΚΑΙ ΝΕΑ ΡΕΥΜΑΤΑ Η πτώση των ολοκληρωτικών καθεστώτων θα σημάνει συναισθηματικά για ολόκληρους λαούς το γεγονός της «ελευθερίας»∙ θα εξαφανιστεί κάθε τροχοπέδη, και αυτόματα θα βασιλέψει άπλετη 170 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ελευθερία λόγου και του συνεταιρίζεσθαι. Θα είναι ο θρίαμβος των δημοκρατικών τάσεων. Οι τάσεις αυτές έχουν αναρίθμητες αποχρώσεις: από έναν πολύ συντηρητικό φιλελευθερισμό έως το σοσιαλισμό και την αναρχία. Πιστεύουν στην «αυτόματη γέννηση» των γεγονότων και των θεσμών, στην απόλυτη αξία των παρορμήσεων που φθάνουνε από τα χαμηλά. Δε θέλουν να υπερβάλλουνε με την «ιστορία», το «λαό», το «προλεταριάτο» ή όπως αλλιώς ονομάζουν το Θεό τους. Εύχονται το τέλος των δικτατοριών, και το φαντάζονται ως επιστροφή στο λαό των απαράγραπτων δικαιωμάτων αυτοκαθορισμού. Το επιστέγασμα των ονείρων τους είναι μια συντακτική συνέλευση, εκλεγμένη από την ευρύτερη ψηφοφορία και με τον πιο σχολαστικό σεβασμό του δικαιώματος των ψηφοφόρων, η οποία θα αποφασίσει τι είδους σύνταγμα χρειάζεται να κάνει. Αν ο λαός είναι ανώριμος, θα δώσει ένα άσχημο σύνταγμα∙ αλλά θα μπορεί κανείς να τη διορθώσει μονάχα διαμέσου ενός πειστικού έργου. Οι δημοκρατικοί από αρχή δεν απορρίπτουν τη βία∙ αλλά θέλουν να την εφαρμόσουν μόνο όταν η πλειοψηφία είναι πεπεισμένη για την αναγκαιότητά της, δηλαδή κυρίως όταν πια αυτό δεν θα αποτελεί άλλο, παρά μια μικρή λεπτομέρεια που χρειάζεται να προστεθεί στο συνολικό κλίμα∙ για το λόγο αυτό αποτελούν κατάλληλους διαχειριστές μονάχα σε περιόδους τακτικής διοίκησης, κατά την οποία ένας λαός είναι στο σύνολό του πεπεισμένος για την αποτελεσματικότητα των βασικών θεσμών, των οποίων κανείς χρειάζεται να αναθεωρήσει μονάχα τα δευτερεύοντα. Στις επαναστατικές περιόδους, κατά τις οποίες οι θεσμοί δε χρειάζεται φυσικά να διοικούνται, αλλά να δημιουργούνται, η δημοκρατική πράξη αποτυχαίνει παταγωδώς. Η αξιολύπητη αδυναμία των δημοκρατικών στη ρωσική, γερμανική και ισπανική επανάσταση, είναι τρία από τα πιο πρόσφατα παραδείγματα. Σε τέτοιες περιπτώσεις, μόλις πέσει το παλαιό κρατικό σύστημα, με τους νόμους και τη διοίκησή του, αμέσως ξεπετάγονται, με χαρακτηριστικά παλαιάς νομιμότητας, ή αψηφώντας την, ένα πλήθος λαϊκών συνελεύσεων και αντιπροσωπειών μέσα στις οποίες συγκλίνουν και δρουν όλες οι προοδευτικές κοινωνικές δυνάμεις. Ο λαός, όντως, έχει κάποιες βασικές ανάγκες να ικανοποιήσει, αλλά δε γνωρίζει με ακρίβεια τι θέλει και τι να κάνει. Χιλιάδες φωνές ηχούνε στα αυτιά του. Με τα εκατομμύρια των κεφαλιών που διαθέτει, δεν κατορθώνει να προσανατολισθεί, και αποσυντίθεται σε ένα πλήθος τάσεων που μάχονται μεταξύ τους. Τη στιγμή που χρειάζεται η μέγιστη αποφασιστικότητα και το θάρρος, οι δημοκρατικοί αισθάνονται σαστισμένοι, καθώς δε διαθέτουνε μια αυτόματη λαϊκή συναίνεση, αλλά ένα κλίμα σκοτεινής αναταραχής παθών. Πιστεύουν πως χρέος τους είναι να σχηματίσουν αυτήν τη συναίνεση, και 171 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 παρουσιάζονται ως παρακινητές και κήρυκες, σε μια στιγμή που αυτό που χρειάζεται είναι αρχηγοί για να οδηγήσουν γνωρίζοντας το σημείο στο οποίο θέλουν να φτάσουν. Χάνουν τις ευκαιρίες που είναι ευνοϊκές για την παγίωση του νέου καθεστώτος, προσπαθώντας να θέσουν σε λειτουργία αμέσως όργανα που προϋποθέτουν μια μακρά προετοιμασία, και είναι κατάλληλα για περιόδους σχετικής ηρεμίας∙ δίνουν στους αντιπάλους τους όπλα, τα οποία εκείνοι με τη σειρά τους εκμεταλλεύονται για να τους ανατρέψουν∙ εν πολλοίς εκπροσωπούν, μέσα στις χίλιες τάσεις τους, όχι βέβαια τη θέληση για ανανέωση, αλλά τις συγχυσμένες αβάσιμες φιλοδοξίες που βασιλεύουν σε κάθε νου, οι οποίες, παραλύοντας η μια την άλλη, προετοιμάζουν το γόνιμο έδαφος για την ανάπτυξη της αντίδρασης. Μέσα στην επαναστατική κρίση, η δημοκρατική πολιτική μεθοδολογία θα αποτελέσει ένα νεκρό φορτίο. Καθόσον οι δημοκρατικοί θα φθείρουν στις λογομαχίες τους την αρχική τους δημοτικότητα ως υπέρμαχοι της ελευθερίας, όντας απούσα κάθε σοβαρή πολιτική και κοινωνική επανάσταση, θα κοιτάξουν οπωσδήποτε να ανακατασκευάσουν τους προ‐ολοκληρωτικούς πολιτικούς θεσμούς, και η μάχη θα εξελιχθεί εκ νέου σύμφωνα με τα παλαιά σχήματα των ταξικών αντιπαραθέσεων. Η αρχή σύμφωνα με την οποία η ταξική μάχη είναι το τέλος στο οποίο καταλήγουν όλα τα πολιτικά προβλήματα, αποτέλεσε τη βασική ντιρεκτίβα κυρίως των εργατών των εργοστασίων, και βοήθησε στο να αποκτήσει ανθεκτικότητα η πολιτική τους, έως ότου δεν τέθηκαν υπό συζήτηση οι βασικοί θεσμοί∙ μεταβάλλεται, όμως, σε εργαλείο απομόνωσης του προλεταριάτου, όταν επιβάλλεται η ανάγκη για μετασχηματισμό ολόκληρης της κοινωνικής οργάνωσης. Σε μια τέτοια περίπτωση, οι εργάτες, διαπαιδαγωγημένοι ταξικά, δεν ξέρουν να κοιτάξουν κάτι άλλο πέρα τις ιδιαίτερες διεκδικήσεις της τάξης, ή ακόμα και του κλάδου, δίχως να ασχοληθούν με το πώς θα τις συνδέσουν με τα συμφέροντα των υπολοίπων στρωμάτων∙ή ακόμη αποβλέπουν στη μονοδιάστατη δικτατορία της τάξης τους, προκειμένου να υλοποιήσουνε την ουτοπιστική κολεκτιβοποίηση όλων των υλικών μέσων παραγωγής, η οποία υποδεικνύεται, με βάση μια προαιώνια προπαγάνδα, ως το υπέρτατο γιατρικό για όλες τις συμφορές τους. Η πολιτική αυτή δεν κατορθώνει να πείσει κανένα άλλο στρώμα, πάρεξ τους εργάτες, οι οποίοι με τον τρόπο αυτό στερούν από τις λοιπές προοδευτικές δυνάμεις την υποστήριξή τους, ή τις αφήνουν να γίνουν έρμαιο της αντίδρασης, η οποία με τη σειρά της επιδέξια τις οργανώνει, με σκοπό να τσακίσει τα πλευρά του ίδιου του προλεταριακού κινήματος. 172 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Μεταξύ των διαφόρων προλεταριακών τάσεων, υποστηρικτές της ταξικής πολιτικής και του κολεκτιβιστικού ιδανικού, οι κομμουνιστές αναγνώρισαν πως είναι δύσκολο να πετύχουν την υποστήριξη ικανοποιητικών δυνάμεων προκειμένου να νικήσουν, και γι’ αυτό – αντίθετα από τα λοιπά λαϊκά κόμματα– μεταμορφώθηκαν σε ένα κίνημα αυστηρά πειθαρχημένο που εκμεταλλεύεται το ρωσικό μύθο για να οργανώσει τους εργάτες, δίχως να πειθαρχεί στους κανόνες του, αλλά χρησιμοποιώντας τους μονάχα για τους πιο ετερόκλητους ελιγμούς. Η στάση αυτή, στις επαναστατικές κρίσεις, καθιστά τους κομμουνιστές πιο αποτελεσματικούς σε σχέση με τους δημοκρατικούς∙ξεχωρίζοντας, όμως, όσο περισσότερο μπορούν τις εργατικές τάξεις από τις υπόλοιπες επαναστατικές δυνάμεις – διακηρύσσοντας πως η δική τους «πραγματική» επανάσταση δεν έχει φθάσει ακόμη– συνιστούν, στις κρίσιμες στιγμές, ένα σεχταριστικό στοιχείο που αποδυναμώνει το σύνολο. Επίσης, η απόλυτη ανεξαρτησία τους από το ρωσικό κράτος, το οποίο τους μεταχειρίστηκε επανειλημμένως για τις επιδιώξεις της εθνικής του πολιτικής, τους εμποδίζει να ασκήσουν οποιαδήποτε πολιτική με μια ελάχιστη συνέχεια. Πάντοτε έχουν ανάγκη να κρύβονται πίσω από έναν Karolyi, έναν Blum, έναν Negrin, προκειμένου ακολούθως να συντριφθούν μαζί με τα χειραγωγημένα δημοκρατικά ανδρείκελα∙ γιατί η εξουσία πετυχαίνεται και διατηρείται όχι απλώς με την πονηριά, αλλά με την ικανότητα που έχει κανείς να απαντά με τρόπο συστηματικό και ζωτικό στις ανάγκες της μοντέρνας κοινωνίας. Αν αύριο η μάχη περιοριζόταν στον παραδοσιακό εθνικό χώρο, θα ήταν πολύ δύσκολο να ξεφύγουμε από τα ζητήματα. Πράγματι, τα εθνικά κράτη ήδη έχουν σχεδιάσει τόσο βαθιά τις σχετικές οικονομίες, που το βασικό ζήτημα μπορεί πολύ σύντομα να καταστεί το να μάθουμε ποια ομάδα οικονομικών συμφερόντων, δηλαδή ποια τάξη, πρέπει να κρατήσει τα ηνία της διοίκησης του σχεδίου. Το μέτωπο των προοδευτικών δυνάμεων μπορεί πολύ εύκολα να συντριφθεί στη συμπλοκή μεταξύ οικονομικών τάξεων και κατηγοριών. Κατά πάσα πιθανότητα οι αντιδραστικοί θα είναι αυτοί που θα έχουν όφελος από όλα αυτά. Ένα πραγματικό επαναστατικό κίνημα θα πρέπει να εγερθεί μέσα από αυτούς που μάθανε να κάνουν κριτική στις παλαιές πολιτικές θέσεις∙ θα πρέπει να ξέρει να συνεργάζεται με τις δημοκρατικές δυνάμεις, με τις κομμουνιστικές, και γενικά με όσους συμβάλλουν στην αποσύνθεση του ολοκληρωτισμού∙ δίχως, όμως, να αφεθεί να πιαστεί στα δίχτυα από την πολιτική πρακτική των προαναφερθέντων δυνάμεων. Οι αντιδραστικές δυνάμεις διαθέτουν ανθρώπους και στελέχη επιδέξια και εξασκημένους στο τιμόνι, που θα χτυπηθούν πεισματικά προκειμένου 173 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 να διατηρήσουν την κυριαρχία τους. Τη δύσκολη στιγμή θα ξέρουν πώς να παρουσιαστούν καλά καλυμμένοι, θα ανακηρυχθούν εραστές της ελευθερίας, της ειρήνης, της γενικής ευδαιμονίας, των φτωχότερων τάξεων. Στο παρελθόν ήδη είδαμε πως αυτές παρεισφρήσανε στα λαϊκά κινήματα, παραλύοντάς τα, αλλαξοδρομώντας τα, προσηλυτίζοντάς τα στο ακριβώς αντίθετο ρεύμα. Θα είναι αναμφίβολα η πιο επικίνδυνη δύναμη με την οποία θα πρέπει να αναμετρηθούν. Το σημείο που θα προσπαθήσουν να εκμεταλλευτούν θα είναι η παλινόρθωση του εθνικού κράτους. Θα κατορθώσουν να κερδίσουν έτσι το πιο διαδεδομένο, το πιο προσβεβλημένο από τα πρόσφατα κινήματα, το πιο εύκολα χρησιμοποιούμενο για αντιδραστικούς σκοπούς λαϊκό συναίσθημα: το πατριωτικό. Με τον τρόπο αυτό μπορούν επίσης να ελπίζουν πως θα προκαλέσουν σύγχυση ευκολότερα στις ιδέες των αντιπάλων τους, μια και για τις λαϊκές μάζες η μοναδική πολιτική εμπειρία που έως τώρα έχει κατακτηθεί είναι η εμπειρία που έλαβε χώρα μέσα στα εθνικά όρια∙ γι’ αυτό είναι αρκετά εύκολο να παρασύρουν τόσο τις μάζες όσο και τους μυωπικούς αρχηγούς τους στο πεδίο της ανοικοδόμησης των κρατών που χτυπήθηκαν από την καταιγίδα. Αν αυτός ο σκοπός υλοποιηθεί, η αντίδραση θα νικήσει. Τα κράτη αυτά μπορεί φαινομενικά να είναι σε γενικές γραμμές δημοκρατικά και σοσιαλιστικά∙ η επιστροφή της εξουσίας στα χέρια των αντιδραστικών θα είναι μόνο ζήτημα χρόνου. Θα έρθουνε στην επιφάνεια εκ νέου οι εθνικές ζήλιες, και το κάθε κράτος θα εναποθέσει πάλι την ικανοποίηση των αναγκών του μόνο στην ισχύ των όπλων. Πρωταρχικό καθήκον θα ξαναγίνει σε σχετικά σύντομο χρονικό διάστημα η μετατροπή των λαών σε στρατό. Οι στρατιωτικοί θα διοικήσουνε και πάλι, οι μονοπωλιστές θα επωφεληθούν από τις απολυταρχίες, τα γραφειοκρατικά σώματα θα διογκωθούν, οι ιερείς θα κρατήσουνε υπάκουες τις μάζες. Όλες οι κατακτήσεις της πρώτης στιγμής θα μαραζώσουνε, μπροστά στην ανάγκη της επαναπροετοιμασίας για τον πόλεμο. Το πρόβλημα που πρώτα πρώτα χρειάζεται να επιλυθεί και που αν αποτύχει οποιαδήποτε άλλη εξέλιξη δε θα είναι παρά μια επίφαση, είναι η οριστική κατάργηση της διαίρεσης της Ευρώπης σε ηγετικά εθνικά κράτη. Η κατάρρευση του μεγαλύτερου μέρους των κρατών της ηπείρου υπό τον γερμανικό οδοστρωτήρα ήδη έχει ενώσει τη μοίρα των ευρωπαϊκών λαών, οι οποίοι, είτε όλοι μαζί θα υποκύψουν στη χιτλερική κυριαρχία, είτε όλοι μαζί θα μπούνε, με την πτώση του, σε μια επαναστατική κρίση όπου δε θα είναι κλεισμένοι στον εαυτό τους και ευδιάκριτοι μέσα σε στέρεες κρατικές δομές. Τα πνεύματα είναι ήδη τώρα πολύ ευνοϊκότερα από όσο στο παρελθόν σχετικά με μια ομοσπονδιακή αναδιοργάνωση της Ευρώπης. Η σκληρή 174 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 εμπειρία των τελευταίων δεκαετιών άνοιξε τα μάτια ακόμη κι όσων δεν ήθελαν να δουν, και ωρίμασε πολλές συνθήκες ευνοϊκά προδιατεθειμένες προς το ιδανικό μας. Όλοι οι λογικοί άνθρωποι αναγνωρίζουν πλέον πως είναι αδύνατον να διατηρηθεί μια ισορροπία ανεξάρτητων ευρωπαϊκών κρατών, που θα συμβιώσει με τη στρατοκρατική Γερμανία επί ίσοις όροις με τις υπόλοιπες χώρες, μήτε είναι δυνατόν να κατακερματιστεί η Γερμανία και να κρατηθεί υπό καταπίεση αφού θα έχει νικηθεί. Στην πράξη, φάνηκε ξεκάθαρα πως καμιά χώρα στην Ευρώπη δεν μπορεί να παραμείνει αμέτοχη, τη στιγμή που οι υπόλοιπες βρίσκονται σε σύγκρουση, καθώς δεν ωφελούν σε τίποτα οι ανακοινώσεις ουδετερότητας και οι συμφωνίες ανακωχής. Έχει πλέον αποδειχθεί η ματαιότητα, ή μάλλον η βλαβερότητα, των οργανισμών του τύπου Κοινωνίας των Εθνών που αξίωνε να γίνει εγγυητής ενός διεθνούς δικαίου, δίχως μια στρατιωτική δύναμη ικανή να επιβάλλει τις αποφάσεις της και δείχνοντας το σεβασμό της προς την απόλυτη κυριαρχία των κρατών που συμμετείχαν. Παρανοϊκό αποτέλεσμα είναι η αρχή της μη παρέμβασης, σύμφωνα με την οποία κάθε λαός μπορεί να αφεθεί ελεύθερος να επιλέξει για τον εαυτό του τη δεσποτική κυβέρνηση που θεωρεί καλύτερη, σαν να μη συνιστά σχεδόν το εσωτερικό σύνταγμα του καθενός κράτους μια ζωτική έννοια από την πλευρά όλων των υπόλοιπων ευρωπαϊκών χώρών. Άλυτα έχουν καταστεί τα πολλαπλά προβλήματα που δηλητηριάζουν τη διεθνή ζωή της ηπείρου –σύνορα που έχουν χαραχθεί σε περιοχές μικτών πληθυσμών, άμυνα των εθνικών μειονοτήτων, άνοιγμα προς τη θάλασσα των χωρών που βρίσκονταν στο εσωτερικό, βαλκανικό ζήτημα, ιρλανδικό ζήτημα κτλ.– που θα μπορούσε να βρει στην Ευρωπαϊκή Ομοσπονδία την πιο εύκολη λύση –όπως στο παρελθόν τη βρήκανε και τα αντίστοιχα προβλήματα των κρατιδίων που μπήκανε για να συμμετάσχουνε στην πιο ευρεία εθνική ένωση, έχοντας απολέσει τη δριμύτητά τους, και με τη μεταμόρφωσή τους σε προβλήματα σχέσεων μεταξύ των διαφόρων επαρχιών. Απ’ την άλλη πλευρά, το τέλος της έννοιας της ασφάλειας εξαιτίας του απρόσβλητου της Μεγάλης Βρετανίας, η οποία συμβούλευε στους Εγγλέζους την «splendid isolation», η διάλυση του στρατού και της ίδιας της γαλλικής δημοκρατίας στο πρώτο σοβαρό πλήγμα των γερμανικών δυνάμεων (αποτέλεσμα που ελπίζει κανείς να εξασθένισε πολύ τη σοβινιστική πεποίθηση της απόλυτης γαλλικής υπεροχής) και κυρίως η συνειδητοποίηση της βαρύτητας του κινδύνου μιας γενικής υποδούλωσης που σημειώθηκε∙ όλα αυτά είναι περιστάσεις που θα ευνοήσουν τη συγκρότηση ενός ομοσπονδιακού καθεστώτος, το οποίο θα θέσει τέλος στη σημερινή αναρχία. Και το γεγονός πως η Αγγλία αποδέχθηκε πλέον την 175 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 αρχή της ινδικής ανεξαρτησίας, και πως η Γαλλία έχασε δυνητικά με την αναγνώριση της ήττας όλη την αυτοκρατορία της, καθιστούν πιο προσιτή και την ανεύρεση μιας βάσης συμφωνίας για μια ευρωπαϊκή διευθέτηση στις αποικιακές κτήσεις. Σε όλα αυτά χρειάζεται να προστεθεί ο αφανισμός κάποιων κυρίαρχων δυναστειών, καθώς και η σαθρότητα των βάσεων που στηρίζουνε όσες επιζήσανε. Πρέπει κανείς όντως να υπολογίζει ότι οι δυναστείες, θεωρώντας τις διάφορες χώρες ως ιδιαίτερό τους παραδοσιακό προνόμιο, εκπροσωπούσανε, με τα βαριά συμφέροντα που στηρίζανε, ένα σοβαρό εμπόδιο στη συστηματική οργάνωση των Ηνωμένων Εθνών της Ευρώπης, τα οποία δεν μπορούν παρά να βασιστούν στη συνταγματική δημοκρατία όλων των ομόσπονδων χωρών. Κι όταν, αφού ξεπεραστεί ο ορίζοντας της Γηραιάς ηπείρου, αγκαλιαστούν όλοι οι λαοί που αποτελούν την ανθρωπότητα σε ένα συλλογικό όραμα, χρειάζεται επίσης να αναγνωριστεί ότι η Ευρωπαϊκή Ομοσπονδία αποτελεί τη μοναδική εγγύηση, που μπορεί κανείς να διανοηθεί, για το αν οι σχέσεις με τους ασιατικούς και αμερικανικούς λαούς μπορούν να αναπτυχθούν στη βάση μια ειρηνικής συνεργασίας, σε αναμονή ενός απώτερου μέλλοντος, κατά το οποίο θα καταστεί δυνατή η πολιτική ένωση ολόκληρης της υδρογείου. Για το λόγο αυτό η διαχωριστική γραμμή μεταξύ προοδευτικών και αντιδραστικών κομμάτων ταυτίζεται πλέον, όχι με την τυπική γραμμή της μεγαλύτερης ή μικρότερης δημοκρατίας, του μεγαλύτερου ή μικρότερου σοσιαλισμού που χρειάζεται να θεσπιστεί, αλλά με την ουσιαστικότατη και νέα γραμμή που χωρίζει όσους αντιλαμβάνονται ως βασική επιδίωξη της μάχης την παλαιά επιδίωξη, δηλαδή την κατάκτηση της εθνικής πολιτικής εξουσίας –οι οποίοι θα παίξουνε, αν και ακούσια, και το παιχνίδι των αντιδραστικών δυνάμεων, αφήνοντας την πυρακτωμένη λάβα των παθιασμένων λαών να πήξει μέσα στο παλαιό καλούπι, και τους παλαιούς παραλογισμούς να αναδειχθούν εκ νέου– από εκείνους, που θα θεωρήσουνε βασικό καθήκον τη δημιουργία ενός στέρεου διεθνούς κράτους, που θα οδηγήσουν προς αυτό το σκοπό τις λαϊκές δυνάμεις και που, αφού κατακτήσουν και την εθνική εξουσία, θα το εφαρμόσουν ως πρωταρχικό εργαλείο για την πραγματοποίηση της διεθνούς ένωσης. Αν στις κυριότερες ευρωπαϊκές χώρες υπάρξει ένας επαρκής αριθμός ανθρώπων που θα τα κατανοήσει αυτά, η νίκη σύντομα θα βρίσκεται στα χέρια τους, καθώς η κατάσταση και τα πνεύματα θα είναι ευνοϊκά διατιθέμενα προς το έργο τους. Αυτοί θα βρουν μπροστά τους κόμματα και τάσεις που θα έχουν ήδη ξεπέσει από την καταστροφική εμπειρία της τελευταίας εικοσαετίας. Καθώς θα είναι η ώρα για νέα έργα, θα είναι και η 176 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ώρα και για νέους ανθρώπους: η ώρα του ΚΙΝΗΜΑΤΟΣ ΓΙΑ ΜΙΑ ΕΛΕΥΘΕΡΗ ΚΑΙ ΕΝΩΜΕΝΗ ΕΥΡΩΠΗ. III.Μεταπολεμικά καθήκοντα. Η κοινωνική μεταρρύθμιση Мια ελεύθερη και ενωμένη Ευρώπη συνιστά αναγκαστική προϋπόθεση για την ισχυροποίηση του μοντέρνου πολιτισμού, μέσα στον οποίο η εποχή του ολοκληρωτισμού λειτουργεί ως τροχοπέδη. Το τέλος της εποχής τούτης θα σημάνει αμέσως τη δυναμική επάνοδο της ιστορικής δίκης ενάντια στην ανισότητα και στα κοινωνικά προνόμια. Όλοι οι παλαιοί συντηρητικοί θεσμοί που παρακωλύανε την υλοποίησή της θα ραγίσουν και θα καταρρεύσουν∙ κι αυτήν την κρίση τους πρέπει να εκμεταλλευτούμε με θάρρος και αποφασιστικότητα. Η ευρωπαϊκή επανάσταση, προκειμένου να συνταχθεί με τις ανάγκες μας, θα πρέπει να είναι σοσιαλιστική, δηλαδή να έχει ως σκοπό τη χειραφέτηση των εργατικών τάξεων και την επίτευξη πιο ανθρώπινων συνθηκών ζωής γι’ αυτές. Η πυξίδα προσανατολισμού για τα μέτρα που χρειάζεται να παρθούν προς την κατεύθυνση αυτή, όμως, δεν μπορεί να είναι η καθαρά θεωρητική αρχή σύμφωνα με την οποία η ιδιωτική ιδιοκτησία των υλικών μέσων παραγωγής πρέπει, σε βασικές γραμμές, να καταργηθεί και μονάχα σε έκτακτες περιπτώσεις να είναι επιτρεπτή, όταν είναι αδύνατο να κάνουμε δίχως αυτήν. Η γενική κρατικοποίηση της οικονομίας υπήρξε το πρώτο ουτοπιστικό σχήμα στο οποίο οι εργατικές τάξεις φαντάστηκαν την απελευθέρωσή τους από τον καπιταλιστικό ζυγό∙αφού όμως υλοποιηθεί τελείως, δε θα οδηγήσει στον ονειρεμένο σκοπό, αλλά στην ίδρυση ενός καθεστώτος στο οποίο όλος ο πληθυσμός θα βρίσκεται υπόδουλος στη στενή τάξη των γραφειοκρατών που θα διαχειρίζονται την οικονομία. Η πραγματικά θεμελιώδης αρχή του σοσιαλισμού, του οποίου η αρχή της γενικής κολεκτιβοποίησης υπήρξε μονάχα ένα βιαστικό και εσφαλμένο συμπέρασμα, είναι η αρχή εκείνη σύμφωνα με την οποία οι οικονομικές δυνάμεις δεν πρέπει να εξουσιάζουν τους ανθρώπους, αλλά –όπως συμβαίνει φυσιολογικά– να υπόκεινται σε αυτούς, οι οποίοι θα τις κατευθύνουν και θα τις ελέγχουν με τον πιο λογικό τρόπο, προκειμένου οι μεγάλες μάζες να μη μετατρέπονται σε θύματά τους. Οι γιγαντιαίες δυνάμεις της προόδου που πηγάζουν από το ατομικό συμφέρον, δεν πρέπει να δαπανώνται στη βαλτομένη routiniere πρακτική για να βρεθούμε αργότερα μπροστά στο άλυτο πρόβλημα της ανάτασης του πνεύματος της πρωτοβουλίας με τις διαφοροποιήσεις των μισθών, και με τα λοιπά 177 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 παρόμοια μέτρα∙αντιθέτως, οι δυνάμεις αυτές θα πρέπει να αναδειχθούν και να διευρυνθούν προσφέροντάς τους μια ουσιαστικότερη ευκαιρία για εξέλιξη και χρήση, και συγχρόνως θα πρέπει να παγιωθούν και να τελειοποιηθούν οι φραγμοί που θα τις διοχετεύουν προς στόχους από τους οποίους ολόκληρη η κοινότητα θα επωφελείται κατά το περισσότερο δυνατό. Η ιδιωτική κατοχή πρέπει να καταργηθεί, να περιοριστεί, να διορθωθεί, να διευρυνθεί ανάλογα με την περίπτωση, και όχι δογματικά ως βασική αρχή. Η ντιρεκτίβα αυτή εντάσσεται φυσικά στη διαδικασία διαμόρφωσης μιας ευρωπαϊκής οικονομικής ζωής απαλλαγμένης από τον εφιάλτη της εθνικής στρατοκρατίας και του εθνικού γραφειοκρατισμού. Η λογική λύση πρέπει να λάβει τη θέση της παράλογης λύσης, και στη συνείδηση των εργαζομένων. Επιθυμώντας να ορίσουμε με περισσότερες λεπτομέρειες το περιεχόμενο αυτής της ντιρεκτίβας, και προειδοποιώντας πως η ωφέλεια και οι διαδικασίες του κάθε προγραμματικού σημείου πρέπει πάντοτε να κρίνονται σε σχέση με την απαραίτητη πλέον προϋπόθεση της ευρωπαϊκής ένωσης, επισημαίνουμε τα παρακάτω σημεία: α) Δεν μπορούμε πλέον να αφήσουμε στους ιδιώτες τις επιχειρήσεις που, αναπτύσσοντας μια δραστηριότητα αναγκαστικά μονοπωλιακή, είναι σε θέση να εκμεταλλεύονται τη μάζα των καταναλωτών∙ για παράδειγμα οι ηλεκτρικές βιομηχανίες, οι επιχειρήσεις που θέλουν να διατηρηθούν στη ζωή για λόγους συλλογικού συμφέροντος, αλλά που, για να κρατηθούν, έχουν ανάγκη από προστατευτικούς δεσμούς, επιχορηγήσεις, παραγγελίες υποστήριξης κτλ. (το πιο αξιοσημείωτο παράδειγμα αυτού του είδους των επιχειρήσεων είναι έως τώρα στην Ιταλία οι σιδηρουργικές)∙και οι επιχειρήσεις που εξαιτίας του μεγέθους των επενδυτικών κεφαλαίων και του αριθμού των εργατών που απασχολούν, ή εξαιτίας της σημασίας τους στον τομέα που δεσπόζουν, μπορούν να εκβιάζουν τα κρατικά όργανα, επιβάλλοντας την πιο ευνοϊκή γι’ αυτές πολιτική (π.χ. μεταλλοβιομηχανίες, μεγάλα τραπεζικά ιδρύματα, μεγάλες εφοπλιστικές επιχειρήσεις). Αυτός είναι ο χώρος στον οποίο χρειάζεται να προβεί κανείς το δίχως άλλο σε εθνικοποιήσεις σε ευρεία κλίμακα, δίχως κανένα σεβασμό για τα κεκτημένα δικαιώματα. β) Οι ιδιότητες που είχανε στο παρελθόν το δικαίωμα της ιδιοκτησίας και το κληρονομικό δικαίωμα, επέτρεψαν να συσσωρευτεί στα χέρια λίγων προνομιούχων πλούτος που θα χρειαστεί να διανεμηθεί επί ίσοις όροις κατά τη διάρκεια μιας επαναστατικής κρίσης, προκειμένου να εξαλειφθούν παρασιτικές κοινωνικές τάξεις και να δοθούν στους εργαζόμενους τα αναγκαία εκείνα παραγωγικά εργαλεία, που θα τους βελτιώσουν τις οικονομικές συνθήκες και θα τους επιτρέψουν μια ευρύτερη βιοτική 178 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ανεξαρτησία. Ας σκεφτούμε δηλαδή μια αγροτική μεταρρύθμιση που, μεταβιβάζοντας τη γη στην κατοχή αυτών που την καλλιεργούν, θα αυξάνει γιγαντιαία το νούμερο των ιδιοκτητών, και μια βιομηχανική μεταρρύθμιση που θα διευρύνει την ιδιοκτησία των εργαζομένων στους μη κρατικοποιημένους τομείς, με τους διοικητικούς συνεταιρισμούς, τους εργαζόμενους μετόχους κτλ. γ) Οι νέοι πρέπει να βοηθηθούν με τα αναγκαία μέτρα ενίσχυσης προκειμένου να μειωθούν στο ελάχιστο οι αποστάσεις μεταξύ των αρκτικών θέσεων στη μάχη για τη ζωή. Το δημόσιο σχολείο, ιδιαιτέρως, θα πρέπει να προσφέρει δυνατότητες χειροπιαστές για τη συνέχιση των σπουδών μέχρι τις ανώτερες τάξεις στους πιο ικανούς, και όχι στους πιο πλούσιους∙ και θα πρέπει να προετοιμάζει σε κάθε κλάδο σπουδών, για τη δρομολόγησή τους στα διάφορα επαγγέλματα και στις διάφορες ελεύθερες και επιστημονικές δραστηριότητες, έναν αριθμό ατόμων που θα ανταποκρίνεται στη ζήτηση της αγοράς, έτσι ώστε οι μεσαίες αμοιβές να είναι περίπου ίσες σε όλους τους επαγγελματικούς κλάδους, όποιες κι αν είναι οι διαφορές μεταξύ των αμοιβών στο εσωτερικό του κάθε κλάδου, σύμφωνα με τις διαφορετικές ατομικές αποδόσεις. δ) Το σχεδόν απεριόριστο δυναμικό της μαζικής παραγωγής των ειδών πρώτης ανάγκης, με τη μοντέρνα τεχνολογία, υπόσχεται πλέον σε όλους την εξασφάλιση, με ένα σχετικά χαμηλό κοινωνικό κόστος, τροφής, κατοικίας και ένδυσης, με την ελάχιστη αναγκαία ενίσχυση για τη διατήρηση της αίσθησης της ανθρώπινης αξιοπρέπειας. Η ανθρώπινη αλληλεγγύη, προς όσους αναγκάζονται να υποκύψουν στην οικονομική μάχη, δε θα πρέπει, για το λόγο αυτό, να εκδηλώνεται υπό μορφή φιλανθρωπική, που είναι πάντοτε ταπεινωτική και δημιουργός των ίδιων κακών των οποίων τις επιπτώσεις προσπαθεί να διορθώσει, αλλά με μια σειρά ενισχυτικών μέτρων που θα εγγυώνται ανεπιφύλακτα σε όλους, που δύνανται ή όχι να εργαστούν, ένα επίπεδο ζωής, δίχως να μειώνουν παράλληλα το κίνητρο για τη δουλειά και τη φειδώ. Με τον τρόπο αυτό κανένας δε θα αναγκάζεται πια από την ανέχεια να δεχθεί στραγγαλιστικά συμβόλαια εργασίας. ε) Η απελευθέρωση των εργατικών τάξεων μπορεί να λάβει χώρα μονάχα αν πραγματοποιηθούν οι όροι που προαναφέρθηκαν στα παραπάνω σημεία: μη επιτρέποντας να μετατραπούν σε έρμαια της οικονομικής πολιτικής των μονοπωλιακών συνδικάτων, που απλώς μεταφέρουν στον εργατικό χώρο τις εξουθενωτικές μεθόδους που χαρακτηρίζουν κυρίως το μεγάλο κεφάλαιο. Οι εργαζόμενοι πρέπει ξανά να αποκτήσουν την ελευθερία της επιλογής των πιστωτών, προκειμένου να διαπραγματεύονται συλλογικά τους όρους βάσει των οποίων προτίθενται 179 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 να παρέχουν το έργο τους, ενώ το κράτος από την πλευρά του θα πρέπει να προσφέρει τα νομοθετικά μέσα που θα εγγυώνται την τήρηση των οριστικών συμφωνιών∙όλες οι μονοπωλιακές τάσεις, ωστόσο, θα μπορέσουν να καταπολεμηθούν επαρκώς, μόνο μετά την υλοποίηση των κοινωνικών μετασχηματισμών. Αυτές είναι οι αλλαγές που χρειάζεται να γίνουν προκειμένου να δημιουργηθεί γύρω από τη νέα τάξη ένα ευρύτατο στρώμα πολιτών, που θα ενδιαφέρεται για τη συντήρησή της, και προκειμένου να δοθεί στην πολιτική ζωή μια στερεή σφραγίδα ελευθερίας, εμποτισμένη με ένα έντονο αίσθημα κοινωνικής αλληλεγγύης. Πάνω σε αυτές τις βάσεις, οι πολιτικές ελευθερίες θα μπορέσουν πραγματικά να αποκτήσουν ένα ουσιαστικό, κι όχι μονάχα τυπικό, περιεχόμενο, για όλους, μια και η μάζα των πολιτών θα έχει μια επαρκή ανεξαρτησία και γνώση, που θα της επιτρέπει να ασκεί ένα συνεχή και αποτελεσματικό έλεγχο στην κυβερνώσα τάξη. Είναι επιπόλαιο να σταθούμε στους συνταγματικούς θεσμούς, καθώς, αδυνατώντας να προβλέψουμε τις συνθήκες μέσα στις οποίες θα γεννηθούν και θα ενεργήσουν, δε θα κάνουμε τίποτα περισσότερο από το να επαναλάβουμε αυτό που όλοι γνωρίζουν σχετικά με την αναγκαιότητα των εκπροσωπευτικών οργάνων, με τη διαμόρφωση των νόμων, με την ανεξαρτησία της δικαστικής εξουσίας, που θα πάρει τη θέση της σημερινής για την αμερόληπτη εφαρμογή των νόμων που θα προκύψουν, με την ελευθερία του τύπου και του συνεταιρίζεσθαι, προκειμένου να διαφωτιστεί η κοινή γνώμη και να δοθεί σε όλους τους πολίτες η πραγματική δυνατότητα συμμετοχής στη ζωή του κράτους. Για δύο ζητήματα μονάχα είναι ανάγκη να προσδιορίσουμε καλύτερα τις ιδέες, χάριν της ιδιαίτερης σημασίας που έχουν αυτήν τη στιγμή στη χώρα μας: για τις σχέσεις του κράτους με την εκκλησία και για το χαρακτήρα της πολιτικής εκπροσώπησης: α) Η συμφωνία με την οποία το Βατικανό ολοκλήρωσε τη συμμαχία με το φασισμό οπωσδήποτε χρειάζεται να αρθεί, προκειμένου να εδραιωθεί ο καθαρά λαϊκός χαρακτήρας του κράτους και να στεριώσει με τρόπο αδιαμφισβήτητο την υπεροχή του κράτους επάνω στην πολιτική ζωή. Κάθε θρήσκευμα θα πρέπει να είναι το ίδιο σεβαστό, το κράτος, όμως, δε θα πρέπει πλέον να έχει έναν ισολογισμό θρησκευμάτων. β) Η χάρτινη παράγκα που ο φασισμός κατασκεύασε με τη συντεχνιακή τάξη θα συντριβεί μαζί με τα υπόλοιπα μέρη του ολοκληρωτικού κράτους. Κάποιοι υποστηρίζουν πως από αυτά τα συντρίμμια θα μπορέσουμε αύριο να πάρουμε το υλικό για τη νέα συνταγματική τάξη. Εμείς δεν το πιστεύουμε. Στα ολοκληρωτικά κράτη, τα σωματεία συνεταιρισμών αποτελούν την απάτη που επιβραβεύει τον αστυνομικό έλεγχο επάνω στους εργαζομένους. Ακόμη κι αν τα σωματεία συνεταιρισμών, όμως, αποτελούσαν την ειλικρινή έκφραση των διαφόρων 180 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 κατηγοριών των παραγωγών, τα εκπροσωπευτικά όργανα των διαφόρων επαγγελματικών κατηγοριών δε θα μπορούσαν ποτέ να έχουν τα απαραίτητα προσόντα για να διαπραγματευτούν ζητήματα γενικής πολιτικής, ενώ στα πιο καθαρά οικονομικά ζητήματα θα μεταβάλλονταν σε καταπιεστικά όργανα των πιο ισχυρών συνδικαλιστικά κατηγοριών. Τα συνδικάτα θα έχουν πολλούς ρόλους στη συνεργασία με τα κρατικά όργανα, τα οποία θα είναι επιφορτισμένα με την επίλυση των προβλημάτων που πιο άμεσα θα τα απασχολούν, αλλά πρέπει το δίχως άλλο να αποκλειστεί η πιθανότητα να τους ανατεθεί οποιαδήποτε νομοθετική λειτουργία, γιατί έτσι θα προέκυπτε μια φεουδαρχική αναρχία στην οικονομική ζωή, που θα κατέληγε σε ένα ανανεωμένο πολιτικό δεσποτισμό. Πολλοί που αφελέστατα αφέθηκαν στο μύθο της συντεχνίας, θα μπορέσουν, και το οφείλουν, να παρασυρθούν από το ανανεωτικό έργο∙χρειάζεται, όμως, να αντιληφθούν πόσο παράλογη είναι η λύση που μέσα στη σύγχυσή τους ονειρεύτηκαν. Οι συντεχνίες δεν μπορεί να αποκτήσουν μια πραγματική ζωή παρά μόνο μέσα στο σχήμα που τα ολοκληρωτικά κράτη υιοθέτησαν, προκειμένου να θέσουν τους εργαζομένους υπό την περιοριστική εποπτεία ανώτερων στελεχών, που θα ελέγχουν κάθε τους κίνηση για το συμφέρον της κυβερνώσας τάξης. Το επαναστατικό κόμμα δεν μπορεί την αποφασιστική στιγμή να οργανωθεί βιαστικά και ερασιτεχνικά, αλλά πρέπει ήδη από τώρα να ξεκινήσει η διαμόρφωσή του τουλάχιστον ως προς την κεντρική του πολιτική θέση, τα γενικά του πλαίσια και τις κατευθυντήριες γραμμές δράσης. Το κόμμα αυτό δεν πρέπει να εκπροσωπεί μια ετερογενή μάζα τάσεων, που θα ενωθούν μονάχα με τρόπο αρνητικό και πρόσκαιρα, δηλαδή χάριν του αντιφασιστικού τους παρελθόντος και αναμένοντας απλώς την πτώση του ολοκληρωτικού καθεστώτος, έτοιμη η καθεμιά από αυτές να χαθεί στο δρόμο της, μόλις ο σκοπός αυτός υλοποιηθεί. Το επαναστατικό κόμμα, αντιθέτως, γνωρίζει πως μόνο τότε θα ξεκινήσει πραγματικά το έργο του∙ και γι’ αυτό το λόγο πρέπει να το αποτελέσουν άνθρωποι που θα είναι σύμφωνοι ως προς τα κύρια μελλοντικά προβλήματα. Πρέπει να διεισδύσει με τη μεθοδική του προπαγάνδα οπουδήποτε υπάρχουν δυνάστες του σημερινού καθεστώτος, και, θέτοντας ως σημείο άφιξης το πρόβλημα που από καιρού σε καιρό θα γίνεται αισθητό ως το πιο επίπονο από κάθε άτομο και κάθε τάξη ξεχωριστά, να δείξει πώς το πρόβλημα αυτό συνδέεται με άλλα και ποια μπορεί να είναι η πραγματική τους λύση. Από τη σφαίρα, όμως, των οπαδών του, που σιγά σιγά διευρύνεται, πρέπει να αντλήσει και να στρατολογήσει για την οργάνωση του κινήματος μόνο αυτούς που έθεσαν ως κύριο σκοπό της ζωής τους την 181 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ευρωπαϊκή επανάσταση∙που με πειθαρχία μέρα με τη μέρα εκτελούν το απαιτούμενο έργο, που προνοούν με διορατικότητα για τη συνεχή και επαρκή ασφάλειά του, ακόμη και υπό τις πιο σκληρές συνθήκες παρανομίας, και που συγκροτούν μ’ αυτόν τον τρόπο το γερό δίκτυο που προσφέρει μια υπόσταση στην πιο ασταθή σφαίρα των οπαδών. Δίχως να επισκιάσει καμία ευκαιρία και κανένα τομέα για να διασπείρει το λόγο του, το κόμμα αυτό πρέπει να στρέψει την εργατικότητά του κατά κύριο λόγο στους χώρους που είναι πιο σημαντικοί ως κέντρα διάδοσης ιδεών και ως κέντρα στρατολόγησης μαχητικών ανθρώπων∙ καταρχήν προς τις δυο πιο ευαίσθητες στη σημερι νή κατάσταση κοινωνικές ομάδες, και πιο αποφασιστικές για το μέλλον∙κοντολογίς την εργατική τάξη και την τάξη των διανοουμένων. Η πρώτη είναι αυτή που λιγότερο υποτάχθηκε στο ολοκληρωτικό μαστίγιο, και που θα αποτελέσει την πιο έτοιμη στην επανοργάνωση των γραμμών της. Οι διανοούμενοι, ιδιαιτέρως οι πιο νέοι, είναι αυτοί που αισθάνονται πνευματικά να ασφυκτιούν περισσότερο και να αηδιάζουν από τον βασιλεύοντα δεσποτισμό. Σιγά σιγά κι άλλα στρώματα θα προσελκυστούν αναπόφευκτα από τη γενική αναταραχή. Κάθε κίνημα που θα αποτύχει στην αποστολή της συμμαχίας μεταξύ αυτών των δυνάμεων, είναι καταδικασμένο στη στειρότητα∙γιατί, αν πρόκειται για ένα κίνημα μόνο διανοητών, θα είναι στερημένο από την απαραίτητη μαζική ισχύ που χρειάζεται για την ανατροπή των αντιδραστικών αντιστάσεων, θα είναι καχύποπτο και θα προκαλεί καχυποψία σε σχέση με την εργατική τάξη∙ ακόμη κι αν εμφορείται από δημοκρατικά αισθήματα, θα είναι επιρρεπής να διολισθήσει, μπροστά στις δυσκολίες, στην περιοχή της κινητοποίησης όλων των υπολοίπων τάξεων ενάντια στους εργάτες, δηλαδή προς μια φασιστική παλινόρθωση. Αν στηριχθεί μονάχα στο προλεταριάτο θα του λείπει εκείνη η καθαρότητα σκέψης που δεν μπορεί να προέλθει παρά από τους διανοούμενους, και που είναι απαραίτητη για τον ξεκάθαρο διαχωρισμό των νέων καθηκόντων και των νέων οδών: θα παραμείνει αιχμάλωτος του παλαιού ταξισμού, θα βλέπει παντού εχθρούς και θα διολισθήσει στη δογματική κομμουνιστική λύση. Κατά τη διάρκεια της επαναστατικής κρίσης, απόκειται σε αυτό η οργάνωση και η διοίκηση των προοδευτικών δυνάμεων, χρησιμοποιώντας όλα τα λαϊκά όργανα που αυθόρμητα διαμορφώνονται σαν πύρινα χωνευτήρια όπου ανακατώνονται οι επαναστατικές μάζες, όχι για να εκδώσουν ομοφωνίες, αλλά αναμένοντας να οδηγηθούν. Αυτό αντλεί το όραμα και τη σιγουριά για αυτά που πρέπει να γίνουν όχι από κάποια προκαταρκτική καθιέρωση εκ μέρους της ακόμη ανύπαρκτης λαϊκής 182 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 θέλησης, αλλά από τη συνείδηση ότι εκπροσωπεί τις βαθιές ανάγκες της μοντέρνας κοινωνίας. Με αυτό τον τρόπο δίνει τις πρώτες κατευθυντήριες γραμμές της νέας τάξης, την πρώτη κοινωνική αγωγή στις άμορφες μάζες. Μέσα από αυτήν τη δικτατορία του επαναστατικού κόμματος διαμορφώνεται το νέο κράτος, και γύρω από αυτό η νέα πραγματική δημοκρατία. Δεν πρέπει να φοβηθούμε πως ένα τέτοιο επαναστατικό καθεστώς πρέπει απαραίτητα να καταλήξει σε ένα ανανεωμένο δεσποτισμό. Θα καταλήξει εκεί αν διαμορφώθηκε ένα είδος δουλοπρεπούς κοινωνίας. Αν, όμως, το επαναστατικό κόμμα προχωρήσει με σταθερή πυγμή, από τα πρώτα του κιόλας βήματα, δημιουργώντας τις συνθήκες για μια ελεύθερη ζωή, στην οποία θα μπορούν να συμμετέχουν πραγματικά όλοι οι πολίτες στη ζωή του κράτους, η εξέλιξή του θα είναι, ακόμη κι αν συμβεί αυτό μέσα από πιθανές επουσιώδεις πολιτικές κρίσεις, προς την κατεύθυνση μιας προοδευτικής κατανόησης και αποδοχής της νέας τάξης από την πλευρά όλων, και γι’ αυτό προς την κατεύθυνση μιας ολοένα και πιο πιθανής δυνατότητας λειτουργίας των ελεύθερων πολιτικών θεσμών. Σήμερα είναι η ώρα που πρέπει να ξέρουμε να πετάξουμε από επάνω μας παλιά φορτία που κατάντησαν περιττά, να είμαστε έτοιμοι στο καινούριο που φθάνει και είναι τόσο διαφορετικό από όσο είχαμε φανταστεί, να ξεσκαρτίσουμε τους αδέξιους μεταξύ των παλαιών και να αναδείξουμε καινούριες δυναμικές μεταξύ των νέων. Σήμερα αναζητούνται και συναντιούνται, ξεκινώντας να υφαίνουν την πλοκή του μέλλοντος, αυτοί που αντιλήφθηκαν τα αίτια της παρούσας κρίσης του ευρωπαϊκού πολιτισμού, και γι’ αυτό περισυλλέγουν την κληρονομιά όλων των κινημάτων που εξυψώνουν την ανθρωπότητα, και που ναυάγησαν επειδή δεν κατόρθωσαν να κατανοήσουν το σκοπό που έπρεπε να υλοποιήσουν και τα μέσα με τα οποία θα τον υλοποιούσαν. Ο δρόμος που χρειάζεται να διανύσουμε δεν είναι εύκολος, ούτε σίγουρος. Πρέπει, όμως, να τον διανύσουμε, και θα το κάνουμε! Αλτιέρο Σπινέλι ‐ Ερνέστο Ρόσι 183 Α. Σπινέλι - Ε. Ρόσι, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Præsentation Anna Maria Segala Enhver forståelse, og oversættelsen er det ultimative bevis på forståelse, begynder med tillid. Sådan skriver George Steiner i sin berømte afhandling After Babel1. Men så griber han tilbage til Hegel og tilføjer, at efter tilliden kommer angrebet, eftersom enhver kognitiv handling, der benytter sig af et angreb på et objekt for at uddrage betydning, er aggressiv og invaderende. Angriber man objektet eller bemægtiger man sig det? Heidegger videreudvikler det hegelianske udsagn ved at komme med den påstand, at enhver forståelse indebærer, at subjektet omringer, angriber og assimilerer dette andet ved at bære det med sig eller inkorporere det. ”Transportere” og optage, med en uundgåelig opløsning af teksten, er altså de to umiddelbart genkendelige trin i en oversættelse, og hertil skal lægges selve formålet med gengivelsen og udbredelsen af en given tekst. Studierne i oversættelse har været under stadig udvikling over de sidste tredive år. Med udgangspunkt i en mangfoldighed af discipliner betragtes oversættelsen fra forskellige vinkler med det formål at undersøge de processer, der ligger til grund for overførslen af et kulturelt særtræk fra en bestemt kontekst til en anden, hvor den dernæst skal finde fodfæste. Udfaldet af en sådan import er aldrig givet på forhånd; alt afhænger af den betydning, som en bestemt helhed af værdier bevarer over tid, men tabet af kontakt med de rødder, der var grunden til, at det blev til, kan kompenseres af det nye lys, som oversættelsens spejl kan kaste på den oprindelige tekst. Oversættelsen af Ventotene‐manifestet, der blev skrevet af Altiero Spinelli og Ernesto Rossi i 1941 og Forordet, som Eugenio Colorni skrev ved udgivelsen i 1944, sætter grundtankerne fra den europæiske føderalismes fædre under lup. Teksterne emmer af en stærk, utopisk ånd og af en idealisme gennemtrængt af klassisk kultur, og dette udmøntes i en emfatisk og kompleks stil fyldt med underordnede sætninger og prædikater, efterfulgt af tunge led. Det gør teksten temmelig atypisk i en kultur, hvor Velfærdssamfundet, socialdemokraternes model for samfundets opbygning, har tegnet det sociale liv fra 1930’erne til i dag med en uundgåelig ændring også i sproget, hvor man for eksempel har en vis modvilje mod at skelne mellem ”arbejderklassen” og de ”intellektuelle”. 1 «All understanding and the demonstrative statement of understanding which is translation, starts with an act of trust». G. Steiner, After Babel. Aspects of Language and Translation, Oxford University Press, 1975, p. 296. 184 A.M. Segala, Praesentation Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Dansk kan ved første øjekast give indtryk af at være et temmelig simpelt sprog, fordi det i sammenligning med de romanske sprog er fattigt på bøjninger. I virkeligheden har det danske sprog en ganske kompleks grammatisk struktur. Det er nok ikke noget tilfælde, at Danmark har fostret store lingvister som Rasmus Rask og Louis Hjelmslev. Moderne dansk foretrækker endvidere at sideordne sætningerne i en tekst, og vi ser den oprindelige rytme ændres og teksten blive opdelt i mindre og mere overskuelige enheder. Gerundium, som har en strategisk betydning på italiensk, men som er helt fremmed i det danske sætningssystem, folder sig ud i en ny sætning, som det ses af følgende eksempel: La lontananza dalla vita politica concreta permetteva uno sguardo più distaccato, e consigliava di rivedere le posizioni tradizionali, ricercando i motivi degli insuccessi passati non tanto in errori tecnici di tattica parlamentare o rivoluzionaria, od in una generica «immaturità» della situazione, quanto in insufficienze dell’impostazione generale… (Colorni, versione italiana, p. 31). lyder på dansk således: Afstanden fra det aktuelle politiske liv tillod et distanceret syn og tilskyndede til et kritisk syn på de traditionelle positioner. Tidligere fejltagelser blev ikke først og fremmest søgt forklaret som tekniske fejltagelser i den parlamentariske eller revolutionære taktik eller med, at situationen ikke var «moden», men blev snarere set som et tegn på, at den overordnede præmis var utilstrækkelig… (Colorni, s. 31). Den afdæmpede tone i denne syntaktiske konstruktion minder om Kirkegaards ord, da han kaster sig ud i en lovprisning af det danske sprog og siger, at det er et ”sprog […] der ikke stønner forfangent i den vanskelige Tanke […]; der ikke puster og lyder anstrænget, naar det staaer for det Uudsigelige […]; der ikke finder langt borte, hvad der ligger nær”2. Næsten en nærkamp mellem sprog og tanke i denne stolte hævdelse af originalitet, der dog udtrykkes som ”konfrontation”. I oversættelsen indfører genkendelsen, kollisionen og konkurrencen med den oprindelige tekst et gensidighedsforhold, og værdifulde ligheder genereres. Muligheden for konfrontation er selvfølgelig ikke udelukkende af sproglig, men også af samfundsmæssig og kulturel karakter. Med udgangspunkt i dette anderledes er der chance for en fordybelse, hvorfra der uvægerligt vil fremkomme ny betydning. Oversættelsen af Ventotene‐manifestet tydeliggør en flerstemmighed, der i det væsentlige overbringer mangeartede erfaringer, værdier og holdninger, og alene af den grund udgør oversættelsen et vidnesbyrd om 2 S. Kierkegaard Samlede værker, bd. 8, Stadier paa Livets Vei, Andet halvbind, Gyldendal, 1963, p. 277. 185 A.M. Segala, Praesentation Eurostudium3w aprile-giugno 2011 betydningen af sproglig identitet som alternativ i den kulturelle udjævning, der finder sted. 186 A.M. Segala, Praesentation Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Forord Eugenio Colorni (Rom ‐ 1944) Det foreliggende skrift blev udtænkt og nedskrevet på øen Ventotene i årene 1941‐42. Atmosfæren var præget af den undtagelsestilstand, vi befandt os i. Vi var underlagt en jernhård disciplin, og adgangen til nyhedsinformation var yderst mangelfuld, skønt vi på alle måder forsøgte at gøre den komplet. Uvirksomheden var frustrerende, og vi ventede længselsfuldt på den kommende befrielse. I denne situation begyndte nogle af os at gennemtænke de omstændigheder, der havde været årsag til, at vi havde handlet, som vi havde handlet og taget stilling i kampen. Afstanden fra det aktuelle politiske liv tillod et distanceret syn og tilskyndede til at genoverveje de traditionelle positioner. Tidligere fejltagelser blev ikke først og fremmest søgt forklaret som tekniske fejltagelser i den parlamentariske eller revolutionære taktik eller med, at situationen ikke var «moden», men blev snarere set som et tegn på, at den overordnede præmis var utilstrækkelig. Man havde kæmpet langs de sædvanlige fronter med alt for lidt opmærksomhed på det nye, der var ved at ændre virkeligheden. Under forberedelsen til effektivt at udkæmpe det store slag, der tegnede sig i horisonten, føltes behovet for ikke bare at rette fortidens fejl, men også for at fremføre de politiske spørgsmål på ny, men i termer, der var befriet for dogmatiske fordomme og partipolitiske myter. Hos nogle af os begyndte da den overordnede idé at modnes, at den fundamentale årsag til kriser og krige og til den armod og udbytning, der plager vort samfund, skal søges i eksistensen af de suveræne stater, der er forskellige i geografisk, økonomisk og militært henseende. Disse stater betragter hinanden som konkurrenter og potentielle fjender og befinder sig derfor i en stadig tilstand af bellum omnium contra omnes, alles krig mod alle. Denne ikke i sig selv nye idé antog alligevel nyhedens aspekt under de helt særlige omstændigheder og betingelser, hvorunder den blev udtænkt, og det er der forskellige grunde til: 1) Først og fremmest bliver det internationalistiske endemål, som optræder i programmet hos alle fremskridtsvenlige, politiske partier, betragtet som en uundgåelig, ja nærmest automatisk konsekvens af opnåelsen af de mål, de hver især opstiller. Demokraterne er sikre på, at indførelsen af demokrati i de enkelte lande vil medføre, at der opstår en fælles bevidsthed, og når de 187 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 kulturelle og moralske grænser er overvundet, vil denne fælles bevidsthed udgøre den uomgængelige forudsætning for en fri union af folkeslag, også på det politiske og økonomiske område. Socialisterne på deres side mener, at indførelsen af proletariatets diktatur i de enkelte stater i sig selv vil føre til en kollektiv, international stat. Nu viser en analyse af den moderne statsopfattelse og de interesser og følelser, der er bundet til denne opfattelse, imidlertid klart noget andet. Skønt ligheder mellem de enkelte regimer kan befordre venskabsbånd og samarbejde mellem staterne, er det ikke dermed sagt, at dette automatisk eller gradvist fører til en forening, så længe der findes kollektive interesser og følelser, der er bundet til opretholdelsen af staten som en lukket enhed. Vi ved af erfaring, at chauvinistiske følelser og protektionistiske interesser let kan føre til sammenstød og konkurrence, også mellem to demokratier. Det er heller ikke nødvendigvis sådan, at en rig, socialistisk stat automatisk skal acceptere at dele egne ressourcer med en anden, fattigere socialistisk stat ene og alene af den grund, at de har samme styreform. Afskaffelsen af de politiske og økonomiske grænser mellem enkelte stater er altså ikke nødvendigvis en konsekvens af, at der bliver indført et bestemt regime samtidigt i hver af staterne, men er et separat forhold, som man skal angribe med dertil egnede midler. Man kan ganske rigtigt ikke være socialist uden samtidig at være internationalist, men det er mere af ideologiske årsager end af politisk og økonomisk nødvendighed. Det internationale samfund er ikke nødvendigvis en konsekvens af, at socialismen sejrer i de enkelte lande. 2) Hvad der yderligere tilskyndede til at pege på den føderalistiske tese som selvstændig påstand var det faktum, at de eksisterende politiske partier af traditionelle årsager eller af sædvane var vant til at betragte alle problemer ud fra den stiltiende forudsætning, at nationalstaten er et faktum, fordi de er bundet til en fortid, hvor kampene har været udkæmpet inden for hver nation. De betragter alle spørgsmål af international karakter som «udenrigspolitik», som skal løses gennem diplomatiske forhandlinger og aftaler mellem regeringerne. Denne holdning er delvis grund til, delvis konsekvens af det, der før er peget på, nemlig at når man en gang har grebet tøjlerne i sit eget land, så bliver aftaler og forbindelser med beslægtede regimer i andre lande opfattet som noget, der kommer af sig selv, uden at man behøver at skabe rum for en politisk kamp, der eksplicit handler om netop dette. Forfatterne til det foreliggende skrift var imidlertid kommet til den overbevisning, at den, der vil hævde, at de internationale forhold er det centrale lige nu, og som betragter løsningen af netop disse forhold som en nødvendig forudsætning for løsningen af alle institutionelle, økonomiske og sociale problemer i vort samfund, nødvendigvis må betragte alle andre spørgsmål fra 188 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 denne synsvinkel. Det gælder i indenrigspolitiske spørgsmål, lige som det gælder de enkelte partiers holdninger med hensyn til taktik og strategi i den daglige kamp. Alle forhold, lige fra grundlovssikrede rettigheder til klassekamp, fra planlægning til overtagelse af magten og brugen af samme, kommer til at stå i et nyt lys, hvis de bliver betragtet ud fra den forudsætning, at det første mål, der skal opnås, er en fælles aftale på det internationale område. Selve den politiske manøvre, støtten til den ene eller den anden af de kræfter, der er i spil og fremhævelsen af den ene eller den anden parole, antager fuldstændigt forskellige skikkelser, alt efter om man betragter det som det vigtigste mål at få magten og gennemføre bestemte reformer inden for den enkelte stat, eller man derimod mener, at det er uomgængeligt at skabe økonomiske, politiske og holdningsmæssige vilkår for grundlæggelsen af et føderalt forbund, der kan omfatte hele kontinentet. 3) Der var endnu et motiv, og det er måske det vigtigste. Mens idealet om en europæisk føderation som forløber for en verdensomspændende føderation nemlig for få år siden virkede som en fjern utopi, er det derimod i dag ved afslutningen af krigen en realistisk mulighed, som næsten ligger lige for. Efter krigen kommer følgende forhold til at gøre spørgsmålet om en føderal ordning i Europa aktuelt som aldrig før. Det gælder den omfattende ændring i de befolkninger, der har været underlagt tysk okkupation, nødvendigheden af helt fra grunden at opbygge en økonomi, der næsten er fuldstændigt ødelagt og behovet for igen at sætte spørgsmålene om politiske grænser, toldgrænser, etniske minoriteter og så videre på dagsordenen. Ligeledes gælder det selve karakteren af denne krig, hvor det nationale element så ofte har været vigtigere end det ideologiske, hvor man har set små og mellemstore stater opgive store dele af deres selvbestemmelse til stærkere stater, og hvor begrebet «lebensraum» har erstattet begrebet «national uafhængighed». Et føderalt Europa kan af både økonomiske og idealistiske grunde have interesse for kræfter fra alle sociale lag i samfundet. Man kan arbejde for sagen på mange måder, både gennem diplomatiske forhandlinger og ved folkelig agitation. Man kan opfordre de veluddannede klasser til at undersøge de spørgsmål, der knytter sig til sagen, man kan tilskynde til revolutionære tilstande, som gør det umuligt at vende tilbage til det, der var før, man kan påvirke ledende kredse i de sejrende stater, og man kan over for de tabende lande argumentere for, at de kun i et frit og forenet Europa kan opnå oprejsning og undgå de katastrofale følger af nederlaget. Vor Bevægelse er netop opstået på grund af den forrang, den prioritet, som dette spørgsmål skal have over alle de andre problemer, der trænger sig på i den nære fremtid, som vi er på vej ind i. Overbevisningen om, at chancen vil 189 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 være forspildt for altid og vort kontinent stå uden mulighed for varig fred og velstand, hvis vi lader tingene falde på plads i de gamle, nationalistiske mønstre, er det, der har tilskyndet os til at skabe en uafhængig organisation med det formål at forfægte ideen om det Føderale Europa som et realiserbart mål efter krigens ophør. Vi lukker ikke øjnene for de vanskeligheder, der vil være; ej heller er vi blinde for den kraft og den styrke, der vil arbejde i den modsatte retning, men vi tror, at det er første gang, dette spørgsmål bliver præsenteret på den politiske arena af tvingende, tragiske omstændigheder og ikke af fjerne, idealistiske grunde. Vor Bevægelse har nu i næsten to år eksisteret under vanskelige illegale forhold under den fascistiske og nazistiske undertrykkelse. Vore tilhængere kommer fra de militante, antifascistiske bevægelser og er klar til væbnet kamp for friheden, hvorfor de allerede har betalt den dyre pris i form af fængselsophold til gavn for den fælles sag. Vor Bevægelse er ikke og vil ikke være et politisk parti. Den har i stadigt mere utvetydige vendinger netop gjort det klart, at den vil påvirke de politiske partier, ikke kun for at fremhæve den internationalistiske sag, men først og fremmest for at alle problemerne i den politiske debat bliver fremstillet ud fra denne nye og indtil i dag uvante synsvinkel. Vi er ikke et politisk parti. Vi støtter ethvert studium, der omhandler institutionel, økonomisk og social orden i det Føderale Europa, og vi arbejder aktivt for, at det skal blive en realitet, samtidig med at vi forsøger at finde ud af, hvilke kræfter i det fremtidige politiske felt, der vil medvirke til dets realisering, men vi vil ikke officielt udtale os om institutionelle detaljer, om graden af økonomisk kollektivisering og af administrativ decentralisering og så fremdeles, der skal karakterisere det fremtidige føderale organ. Vi vil derimod give plads til, at disse problemer bliver diskuteret grundigt og frit inden for vor Bevægelse, og at alle politiske fløje, fra den kommunistiske til den liberale, bliver repræsenteret hos os. Faktisk er det sådan, at næsten alle vore tilhængere kæmper aktivt i et af de fremskridtsvenlige, politiske partier, og alle er enige i at fremme de grundlæggende principper for et frit føderalt Europa, der hverken skal baseres på hegemoni af nogen art eller på totalitære systemer, men skal være i besiddelse af en sådan grundlæggende soliditet, at det ikke lader sig reducere til et rent og skært Folkeforbund. Disse grundlæggende principper kan opsummeres som følger: En samlet, føderal hær, en fælles mønt, ophævelse af toldgrænser og fri bevægelighed for folk inden for medlemsstaterne, direkte valg til de føderale organer og en fælles udenrigspolitik. 190 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 I de to år, vor Bevægelse har eksisteret, har vore tanker vundet stor udbredelse inden for de antifascistiske grupperinger og politiske partier. Nogle har udtrykt deres støtte og sympati meget åbent. Andre har rådført sig med os i udformningen af deres programpunkter. Det er vist ikke for meget at sige, at det delvis er vor fortjeneste, når spørgsmålet om Den europæiske Føderation så ofte behandles i den illegale, italienske presse. Vor avis, «Det Forenede Europa», følger opmærksomt de nationale og internationale politiske begivenheder og tager fuldstændig fordomsfrit stilling til disse. Det foreliggende skrift er resultatet af den idébearbejdning, på hvis baggrund vor Bevægelse blev til. Det repræsenterer ene og alene forfatternes meninger og er således ikke et udtryk for Bevægelsens stillingtagen. Skriftet giver sig ikke ud for at være andet og mere end en foreløbig skitsering af de temaer, der skal diskuteres, et oplæg for dem, der vil gentænke alle spørgsmål i det internationale, politiske liv og som tager hensyn til de nylige ideologiske og politiske erfaringer, de seneste resultater inden for den økonomiske forskning, og de mest fornuftige og velbegrundede fremtidsudsigter. Skriftet vil snart blive fulgt af andre studier. Vort håb er, at det kan fremkalde en rigdom af ideer og at det, nu, hvor stemningen er tilspidset, og der er et tvingende behov for handling, kan medvirke til at skabe den klarhed, der kan gøre handlingen stadig mere beslutsom, bevidst og ansvarlig. Den italienske Bevægelse for Den europæiske Føderation Rom, 22. januar 1944 191 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 For et frit og forenet Europa. Udkast til et Manifest Altiero Spinelli, Ernesto Rossi I. Den moderne civilisations krise Den moderne civilisation bygger på princippet om frihed, hvilket betyder, at mennesket ikke blot skal være et redskab for andre, men et autonomt, selvstændigt individ. Med dette princip som grundlag har en storslået, historisk forandringsproces fundet sted inden for alle aspekter af samfundslivet. 1°) Man har anerkendt alle nationers lige ret til at organisere sig i uafhængige stater. Ethvert folk, identificeret ved etniske, geografiske, sproglige og historiske særtræk, skulle i den stat, det selv havde dannet ud fra dets særlige opfattelse af det politiske liv finde det organ, der bedst imødekom netop dette folks behov, uden nogen form for fremmed indblanding. Forestillingen om national uafhængighed har været en stærk drivkraft i fremskridtets tjeneste, idet snæversynet provinsialisme er overvundet til fordel for en udstrakt fællesskabsfølelse over for fremmed undertrykkelse. Hindringer for folks og varers frie bevægelighed blev elimineret, og inden for hver ny stat blev statsinstitutioner og administration udbredt fra højt civiliserede områder til mindre udviklede egne. I ideologien om national selvstændighed lå dog spirerne til den kapitalistiske imperialisme, som vor generation har set vokse sig stadig mere magtfuld, og som har ført til oprettelsen af totalitære stater og udbruddet af to verdenskrige. Nationalstaten kan dog ikke længere betragtes som et historisk resultat af samlivet mellem enkelte befolkningsgrupper, der gennem en lang proces har udviklet sig i samme retning hvad angår skikke og holdninger, og som i deres egen stat har fundet den mest effektive måde at organisere sig inden for rammerne af det humane samfund. Den er derimod blevet en guddommelig A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 enhed, en organisme, som kun beskæftiger sig med egen eksistens og egen udvikling, uden på nogen måde at bekymre sig om den skade, dette kan påføre andre. Nationalstaternes absolutte suverænitet har hos hver enkelt stat ført til et ønske om magt, eftersom de alle føler sig truet af de andres styrke. De betragter stadig større områder som deres «lebensraum», der skal sikre dem fri bevægelighed og et eksistensgrundlag uafhængigt af andre. Denne vilje til at dominere vil ikke høre op, før den stærkeste stat har opnået hegemoni over de øvrige stater. Som følge heraf har statsmagten udviklet sig fra at stå som et værn om den enkelte borgers frihed til at herske over de undersåtter, der på alle måder skal tjene staten for at sikre den højest mulige militære effektivitet. Selv i de fredsperioder, der betragtes som korte afbrydelser i forberedelsen af de næste, uundgåelige krige, har militærets ønsker i dag i mange lande forrang frem for det civile samfunds behov. Dette medfører, at det civile, politiske system får stadigt sværere ved at fungere: Skolen, forskningen, produktionen og det administrative apparat skal principielt først og fremmest tjene til en forøgelse af den militære styrke. Mødre bliver betragtet som fødemaskiner, der skal sørge for at levere nye soldater og bliver derfor belønnet som avledygtige individer på et dyrskue. Børn bliver fra barnsben opdraget til våbenbrug og til at hade fremmede. De individuelle friheder reduceres til intet, efterhånden som samfundet bliver stadig mere militariseret, og borgerne igen og igen indkaldes til militærtjeneste. Krigene tvinger folk til at forlade familie, arbejde, ejendom, ja endog til at ofre livet i kampen for mål, som ingen i virkeligheden forstår værdien af. Resultaterne af mange års anstrengelser for at forbedre den fælles velstand lægges øde på få dage. De totalitære stater har gennem en udbredt centralisering og en høj grad af autarki mest konsekvent formået at forene samfundets kræfter og har dermed demonstreret deres suveræne effektivitet i den nuværende internationale situation. Når blot én nation tager skridt i retning af et mere markant totalitært styre, vil de øvrige af ren og skær overlevelsesvilje være tvunget til at følge efter i samme spor. 2º) Man har anerkendt alle borgeres lige ret til at deltage i dannelsen af statens vilje, der således ville udgøre summen af de forskellige samfundsgruppers frit udtrykte og skiftende økonomiske og ideologiske behov. Denne politiske organisering rettede op på eller mindskede mange af de mest åbenlyse uretfærdigheder fra de tidligere regimer, men trykke‐ og forsamlingsfriheden og den stadige udvidelse af valgretten gjorde det stadig vanskeligere at forsvare de gamle privilegier, når man samtidig ville opretholde det repræsentative system. A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 De besiddelsesløse lærte efterhånden at benytte sig af disse redskaber i kampen for at erhverve samme rettigheder som de besiddende klasser. Særlige afgifter på arbejdsfri indtægter og arv, progressiv beskatning af de største formuer, lov om friholdelse af skat på de laveste indkomster og på de vigtigste fornødenheder og gratis, offentlig skolegang, øgede bevillinger til social bistand og sociale foranstaltninger, landbrugsreformer og fabrikskontrol: Alt dette blev en trussel mod de privilegerede klasser på deres stærkest befæstede positioner. Selv ikke den privilegerede klasse, der i første omgang støttede spørgsmålet om politisk lighed, kunne tillade, at underklassen benyttede sig af rettighederne i forsøget på at gennemføre en økonomisk og social lighed, der ville have givet rettighederne et konkret indhold af reel frihed. Da truslen efter afslutningen af Den første Verdenskrig for alvor voksede, var det da naturligt, at de privilegerede samfundslag varmt støttede indførelsen af diktaturerne, der fratog modstanderne deres legale våben. Samtidig var regeringsmagten presset fra to sider. Der opbyggedes enorme industriforetagender og bankkoncerner, og fagforeningerne sluttede sig sammen under en og samme ledelse og forenede hele armeer af arbejdere. Fagforeninger og industriforetagender søgte at få gennemført den politik, der bedst tjente deres særinteresser, og dette truede med at opløse den selv samme stat i mange små interessefællesskaber i indbyrdes bitter strid. Eftersom det liberal‐demokratiske system var blevet det redskab, som interessegrupperne anvendte i kampen om bedst at udnytte de fælles værdier, mistede dette system gradvist prestige, og der bredte sig således den overbevisning, at kun den totalitære stat gennem afskaffelse af den enkeltes frihed kunne løse de interessekonflikter, som de eksisterende politiske institutioner ikke var i stand til at håndtere. I virkeligheden har de totalitære regimer dog efterfølgende fuldstændigt konsolideret de forskellige sociale klassers en gang opnåede position og afskåret borgerne fra på lovlig vis at ændre tingenes tilstand ved en streng overvågning af borgernes liv og ved brutalt at fjerne alle anderledes tænkende. Man har således sikret eksistensen af en udelukkende parasitær klasse, der består af passive jordejere og rentierer, hvis eneste bidrag til samfundet er at klippe kuponer, af monopoler og karteller, der udnytter forbrugeren og får småsparernes penge til at forsvinde op i den blå luft og af plutokrater, der trækker i trådene i det skjulte og kontrollerer politikerne og hele statsapparatet til egen fordel under dække af at forfølge nationens højere interesse. De få ejer enorme formuer, og de mange fastholdes i fattigdom, uden mulighed for at drage fordel af det moderne samfund. I det store og hele bevarer man altså et økonomisk regime, hvor de materielle ressourcer og arbejdskraften, der i forening skulle sikre menneskets grundlæggende behov, i stedet bliver brugt til A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 at tilfredsstille de mest uvæsentlige behov hos dem, der er i stand til at betale den højeste pris. I dette økonomiske regime tillader man gennem arvelovgivningen, at pengenes magt forbliver hos den samme klasse og bliver et privilegium ude af proportioner med det, der ydes. Proletariatets mulighed for en forbedring af forholdene er yderst begrænset, og arbejderne er ofte tvunget til at lade sig udnytte i kampen for overlevelse. Fagforeningerne, der tidligere var frie kamporganisationer under ledelse af formænd, der nød medlemmernes tillid, er blevet ændret til kontrolorganer under ledelse af ansatte, der er udvalgt af den herskende klasse og kun ansvarlige over for denne. Således fastholdes arbejderklassen i en tilstand af undertrykkelse, og roen på arbejdsmarkedet er sikret. Hvis der sker ændringer under et sådant økonomisk regime, er det altid kun dikteret af militarismen, der i samarbejde med reaktionære kræfter hos de privilegerede klasser har udviklet og konsolideret de totalitære stater. 3°) Mod autoritær dogmatisme har man anerkendt den iboende værdi af kritisk tænkning. Enhver påstand, der blev hævdet, skulle være sand og kunne verificeres, eller trækkes tilbage. De største landvindinger inden for alle områder af vort samfund er opnået på grund af denne metodiske og fordomsfri tænkning. Men åndsfriheden har ikke kunnet modstå den krise, der har banet vejen for de totalitære stater. Nye dogmer, som man enten kan tro blindt på eller blot hyklerisk må lade som om man accepterer, er på vej til at blive fremherskende inden for alle videnskaber. Skønt ingen aner, hvad en race er, og de mest elementære historiske fremstillinger demonstrerer begrebets absurditet, kræves det af fysiologerne, at de skal tro på, bevise og overbevise om, at man kan tilhøre en udvalgt race, blot fordi imperialismen har brug for denne myte for at vække had og stolthed hos folk. De mest indlysende begreber inden for den økonomiske videnskab må lyses i band, for at man politisk kan præsentere merkantilismens gamle travere som for eksempel politisk autarki og handelsbalancespørgsmålet som vor tids største opdagelser. På grund af den verdensomspændende, gensidige økonomiske afhængighed vil ethvert samfund have hele jordkloden som «lebensraum», hvis det vil bevare en levestandard i overensstemmelse med den moderne civilisation, men med stiftelsen af den geopolitiske pseudovidenskab har man villet give «lebensraum»‐teorien et videnskabeligt belæg med det formål at retfærdiggøre imperialismens overgreb. Historien forfalskes på fundamentale områder i den herskende klasses interesse. Biblioteker og boghandler renses for alle værker, der ikke passer ind i det totalitære regimes ideologi. Uvidenhedens mørke truer med på ny at sænke sig over den menneskelige ånd. Læren om frihed og lighed trædes under fode. Befolkningen udgøres ikke længere af frie borgere, som bruger staten i kampen A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 for fælles mål. De er statens tjenere, staten bestemmer, hvad deres mål skal være, og magthaverne bestemmer, hvad statens vilje er. Mennesket betragtes ikke længere som et individ med rettigheder, men fastholdes i et hierarkisk system og skal uden diskussion adlyde de overordnede autoriteter, hvis magt kulminerer i en behørigt guddommeliggjort lederskikkelse. Kasteregimet genfødes kraftfuldt af sin egen aske. Efter at have triumferet i en række lande kom denne reaktionære, totalitære civilisation til slut til fuld udfoldelse i det nazistiske Tyskland. Det blev omhyggeligt forberedt gennem en dristig og skruppelløs udnyttelse af andre landes rivalisering, egoisme og dumhed, ved inddragelse af andre europæiske vasalstater ‐ først og fremmest Italien ‐ og gennem en alliance med Japan, der forfulgte lignende mål i Asien. Dernæst begyndte overgrebene. En endelig sejr vil medføre en konsolidering af totalitarismen i verden. Alt det, der karakteriserer et reaktionært, totalitært regime, vil blive udfoldet til det yderste, og de fremskridtsvenlige kræfter vil i lange tider være henvist til blot og bar passiv opposition. Det tyske militærs velkendte arrogance og intolerance kan allerede nu give os en idé om, hvilken karakter, dominansen vil have, hvis Tyskland vinder krigen. De sejrrige tyskere vil måske nok kunne tillade et skær af generøsitet over for de andre europæiske befolkninger ved formelt at respektere deres grænser og politiske institutioner. På denne måde kan man tilgodese den stupide patriotiske følelse hos dem, der lægger mere vægt på farven på grænsepælene og på nationaliteten hos de politikere, der præsenterer sig på scenen, end på deres forhold til magthaverne og statsinstitutionernes reelle indhold. Virkeligheden vil forblive uændret, om end kamufleret: Den selvsamme opdeling af befolkningen i spartanere og heloter, i herrer og slaver. Et forlig mellem de to kæmpende parter vil ligeledes betyde endnu et skridt hen imod totalitarismen, eftersom alle de lande, der hermed har undgået Tysklands jerngreb, vil være tvunget til at antage den samme politiske organisation for adækvat at forberede sig til en genoptagelse af krigen. Men skønt Hitlertyskland har haft held til at besejre mindre stater en efter en, har det samtidigt tvunget stadig stærkere magter på banen. Storbritannien udviste modig kampiver også på det kritiske tidspunkt, hvor landet alene holdt hovedet højt over for fjenden, og dette har betydet, at tyskerne også har mødt ihærdig modstand fra den russiske armé, og at amerikanerne har haft tid til at mobilisere deres uudtømmelige produktionsressourcer. Kampen mod den tyske imperialisme har nær forbindelse til den kamp, det kinesiske folk fører mod den japanske imperialisme. Uendelige menneskelige og økonomiske ressourcer står i dag klar til at bekæmpe de totalitære magter, som har nået deres kulminationspunkt og nu A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 æder sig selv op indefra. Modstandsmagterne har overvundet deres krise og bliver stærkere og stærkere. De allieredes kamp vækker dag for dag frihedstrangen hos folk, også i de lande, der var blevet underlagt den tyske dominans, og som derfor blev anset for tabte. Selv hos befolkningerne i aksemagterne vågner viljen til modstand, efterhånden som de bliver klar over, at de er blevet tvunget ud i en desperat situation for at tilfredsstille deres lederes magtbegær. Den langsomme proces, under hvilken befolkninger passivt lod sig forme af og tilpassede sig de nye regimer, bidrog til at konsolidere magten. Denne udvikling er standset, og en modsatrettet bevægelse er sat igang. I den massive bølge, der langsomt er ved at rejse sig, samles alle fremskridtsvenlige kræfter. En del af arbejderklassen har gennemskuet regimet og har hverken ladet sig skræmme eller lokke for at opnå et bedre liv, toneangivende intellektuelle er krænkede over den tvungne degradering af den menneskelige intelligens, og fabrikanter er parate til nye initiativer og vil gerne frigøre sig fra bureaukratiets snærende bånd og det nationale autarki, der hæmmer deres forehavender. Endelig er der alle de, der i kraft af deres medfødte sans for værdighed ikke kan bøje ryggen i ydmyghed under slaveriet. Vor civilisations redning ligger i hænderne på disse kræfter. II. Efterkrigstidens opgaver. Den Europæiske enhed En besejring af Tyskland vil dog ikke automatisk medføre, at Europa omdannes i overensstemmelse med vort civilisationsideal. I den korte, intense kriseperiode (hvor stater vil være jævnet med jorden, og hvor befolkningerne i deres venten på et nyt budskab vil være som blødt, flydende materiale, parat til at blive smeltet i nye forme og klar til lade sig lede af personer, der seriøst går ind for den internationalistiske tanke), vil de klasser, der var mest privilegerede i de gamle nationalstater i det skjulte eller med vold forsøge at dæmme op for bølgen af internationalistiske følelser og internationalistisk begejstring, og de vil stædigt arbejde på at rekonstruere de gamle statsorganer. Sandsynligvis vil de engelske ledere, i fuld overensstemmelse med de amerikanske, forsøge at skubbe udviklingen i denne retning for at genskabe den magtbalance, der er i deres imperiers umiddelbare interesse. De konservative kræfter mærker allerede i dag bygningsværket skride: Lederne af nationalstaternes grundlæggende institutioner, fra hærens øverste ledelse helt op til monarkiet, der, hvor det stadig eksisterer, de monopolkapitalistiske grupper, hvis profit er knyttet tæt til statsmagtens, de store jordejere og toppen af det kirkelige hierarki, som kun kan være sikre på at fastholde deres parasitære indkomster i et stabilt, konservativt samfund A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 foruden de mange, som står i et direkte afhængighedsforhold til de første, eller som er blevet forblændet af deres traditionsbundne magt: alle disse reaktionære kræfter vil forsøge at komme uskadte ud af krisen. Et sammenbrud vil med et slag fratage dem deres hidtidige privilegier og udsætte dem for angreb fra de fremskridtsvenlige kræfters side. Den revolutionære situation: gamle og nye strømninger Når de totalitære regimer bryder sammen, vil hele befolkninger føle, at de har fået «friheden» igen, for alle restriktioner vil falde bort, og der vil automatisk herske fuld ytrings‐ og forsamlingsfrihed. Det vil være en triumf for de demokratiske tendenser, der findes i utallige afskygninger fra den yderste konservative liberalisme til socialismen og anarkiet. Demokraterne tror på, at begivenheder og institutioner opstår «spontant», og at de tendenser, der kommer nedefra, er af det absolut gode. De vil ikke øve vold mod «historien», «folket», «proletariatet», eller hvad de nu kalder deres Gud. De ser frem til, at diktaturet bryder sammen og forestiller sig, at dette vil betyde, at folket får deres ufortabelige selvbestemmelsesret tilbage. For dem vil kronen på værket være en grundlovgivende forsamling, valgt med almindelig stemmeret og i den største respekt for vælgernes rettigheder. Den grundlovgivende forsamling bestemmer forfatningens udformning. En umoden befolkning kan medføre en dårlig forfatning, men denne kan kun ændres gennem stadig dialog. Demokraterne tager ikke principielt afstand fra vold, men vil kun anvende vold, hvis det efter flertallets overbevisning er uundgåeligt, og det vil netop sige, når den knap er andet end en overflødig «prik over i’et». Derfor er demokraterne kun habile ledere i perioder med stabil forvaltning, hvor der hersker udbredt tillid til samfundets grundlæggende institutioner hos befolkningen, og hvor der kun er brug for justeringer på relativt underordnede områder. I revolutionstider, når institutionerne ikke blot skal administreres, men skal opbygges, lider den demokratiske praksis alvorligt nederlag. Det seneste eksempel på dette er den fuldstændige magtesløshed, som de demokratiske kræfter har udvist i forbindelse med den russiske, den tyske og den spanske revolution. Når det gamle statsapparat med alt hvad dertil hører af love og administration er brudt sammen, myldrer det straks frem med folkeforsamlinger og foreninger, og her samles de fremskridtsvenlige sociale kræfter i livlig diskussion, enten i tilsyneladende enighed med tidligere lovformelighed eller i åbenlys foragt for samme. Befolkningen har naturligvis nogle fundamentale behov, men har ingen præcis idé om, hvad der ønskes, eller hvordan der skal handles. Tusinde klokker ringer for folkets ører, men uden et fast holdepunkt bliver resultatet blot et utal af grupperinger i indbyrdes kamp. A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Netop på et tidspunkt, hvor der kræves den højeste grad af beslutsomhed og mod, føler demokraterne sig tvivlrådige, fordi de ikke har en spontan, folkelig opbakning i ryggen, men kun et uklart virvar af tendenser. De tror, at det er deres opgave at skabe enighed, og de stiller sig op som formanende prædikanter, mens der i virkeligheden er brug for ledere, der kender deres mål. Demokraterne forpasser den gunstige lejlighed til at konsolidere et nyt styre, fordi de straks forsøger at få samfundets organer til at fungere, men det forudsætter lang tids forberedelse og er kun muligt i perioder med relativt rolige forhold. Således får deres modstandere våben i hånd, som de ikke er sene til at udnytte. Alt i alt repræsenterer de demokratiske bevægelser ikke en enig vilje til fornyelse, men tusindvis af luftige tanker, som indbyrdes lammer hinanden og på den måde gøder jorden for de reaktionære kræfter. Demokratiet som politisk metode bliver en dødvægt under den revolutionære krise. Efterhånden som de demokratiske bevægelser sætter deres første popularitet som frihedens forkæmpere over styr i en endeløs polemik, der ikke resulterer i nogen politisk og social revolution, vil man uvægerligt bevæge sig hen mod en gendannelse af de førtotalitære politiske institutioner. Kampen vil endnu en gang udvikle sig til klassekamp efter det gamle mønster. Princippet om, at alle politiske problemer kan henføres til spørgsmålet om klassekampen, har været den grundlæggende rettesnor specielt for fabriksarbejderne, og det har hjulpet til at skabe konsistens i deres politik, så længe der ikke blev stillet spørgsmålstegn ved de grundlæggende institutioner. I det øjeblik, hvor der er behov for at forandre hele samfundets organisation, bliver princippet et redskab til isolering af proletariatet. Arbejderne, der er opdraget i klassekampens ånd, vil nu kæmpe for deres snævre klasse‐ og lønkrav uden hensyn til de øvrige klassers interesser eller stræbe efter at indføre proletariatets diktatur med det formål at gennemføre den utopiske kollektivisering af produktionsmidlerne, som propaganda gennem århundreder har udpeget som det vigtigste middel til løsning af alle deres problemer. Denne politik vinder ikke gehør i andre samfundslag end hos netop arbejderne, som hermed afskærer de andre fremskridtsvenlige kræfter fra deres støtte eller lader arbejderne falde i armene på de reaktionære kræfter, der dygtigt forstår at organisere disse kræfter for at knægte den selv samme proletarbevægelse. Blandt de forskellige proletariske retninger, der tror på klassepolitikken og idealet om kollektivisering, har kommunisterne anerkendt vanskeligheden ved at opnå tilstrækkelig tilslutning til at vinde. Derfor har de ‐ i modsætning til de andre arbejderpartierudviklet sig til en streng disciplinær bevægelse, der drager fordel af den russiske myte i organiseringen af arbejderne, som de ikke lader komme til orde, men derimod udnytter i allehånde forehavender. A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Derfor er kommunisterne mere effektive end demokraterne, når det kommer til revolutionære kriser, men da de samtidig holder arbejderklassen på så lang afstand som muligt af de andre revolutionære kræfter med påskud om, at den «sande» revolution stadig lader vente på sig, udgør de på afgørende tidspunkter et sekterisk element, der svækker helheden. Derudover står de i absolut afhængighed af den russiske stat, der til stadighed udnytter dem i forfølgelsen af russiske indenrigspolitiske mål, og det forhindrer dem i at føre en politik med bare et minimum af kontinuitet. De er nødt til at skærme sig bag en Karoly, en Blum eller en Negrin, og de går deres egen undergang i møde sammen med deres demokratiske marionetter, eftersom man ikke opnår og beholder magten ved simpel snuhed, men ved på en sammenhængende og væsentlig måde at svare på det moderne samfunds spørgsmål. Hvis morgendagens kamp skal udkæmpes på det traditionelle, nationale område, vil det være meget svært at undgå de traditionelle modsætninger. Nationalstaterne har allerede fastlagt deres respektive økonomier på så grundlæggende områder, at det centrale spørgsmål meget hurtigt vil blive, hvilke økonomiske interessegrupper og dermed hvilken samfundsklasse, der skal have ledelsen. De fremskridtsvenlige kræfter vil hurtigt blive splittet i indbyrdes skænderier mellem klasser og økonomiske interesser. Sandsynligvis vil dette gavne de reaktionære kræfter. En sand revolutionær bevægelse skal udgå fra dem, der har forstået at kritisere de traditionelle, politiske positioner. Bevægelsen skal kunne samarbejde med både de demokratiske og de kommunistiske kræfter, ja, i det hele taget med alle, der arbejder for at splitte totalitarismen uden at lade sig besnære af en enkelt, politisk praksis. De reaktionære kræfter råder over dygtige og veluddannede folk og ledere, som vil kæmpe indædt for at bevare deres overherredømme. I det afgørende øjeblik vil de forstå at skjule deres reelle hensigter, og de vil proklamere, at de er tilhængere af frihed, fred og velfærd, både generelt og for de laveste klasser. Vi har tidligere set, hvordan de har forstået at infiltrere de folkelige bevægelser, hvordan de har paralyseret dem og afsporet dem og forandret dem til det modsatte af, hvad de var. Fra denne kant vil den alvorligste fare udgå, og denne fare kan man ikke lade ude af betragtning. De reaktionære kræfter vil først og fremmest arbejde for at genetablere nationalstaten for således at få tag i den folkestemning, der er mest udbredt, den følelse, der er blevet mest krænket i de seneste år og den holdning, som lettest lader sig anvende til reaktionære formål, nemlig den patriotiske. På denne måde kan de også håbe på lettere at kunne sprede usikkerhed hos modstanderne, eftersom den eneste politiske erfaring, folk besidder, har udfoldet sig inden for det nationale område. Det vil derfor være temmelig let at A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 få både folket og deres mest nærsynede ledere til at slutte op om gendannelsen af de nationalstater, der er blevet raseret under stormvejret. Hvis dette mål bliver nået, har reaktionen vundet. Også selv om staterne tilsyneladende i vid udstrækning er både demokratiske og socialistiske, vil det kun være et spørgsmål om tid, før magten igen ligger i de reaktionære kræfters hænder. Der vil opstå rivalisering mellem staterne, og enhver af de nye stater vil igen sætte sin lid til væbnet magt for at tilfredsstille egne behov. Hovedopgaven vil før eller senere blive at forvandle befolkningerne til hære. Generalerne vil igen få kommandoen, monopolisterne vil udnytte autarkiet, de bureaukratiske systemer vil svulme op, og præsterne vil mane folkemasserne til lydighed. Alle de opnåede landvindinger vil gå tabt, fordi staterne vil føle, at de er nødt til igen at forberede sig til krig. Det vigtigste er altså helt at undgå, at Europa opdeles i nationalstater. Hvis denne opgave mislykkes, vil alle andre fremskridt blot være skinfremskridt. Det faktum, at den største del af kontinentets stater er brudt sammen under den tyske krigsmaskine, har allerede forenet det europæiske folk i en fælles skæbne. Staterne vil enten alle blive underlagt den tyske dominans, eller de vil ved Tysklands sammenbrud opleve en revolutionær krise, uden at være fastlåst og skarpt opdelt i suveræne nationalstater. I forhold til tidligere er der allerede nu en meget mere positiv holdning til en føderal organisering af Europa. Den barske lære af de sidste tyve års begivenheder har åbnet øjnene også hos dem, der tidligere nægtede at se og har modnet mange forhold til fordel for vort ideal. Alle ræsonnable folk erkender nu, at man hverken kan opretholde en ligevægt af uafhængige, europæiske stater med Tyskland som militær magt på lige fod med de andre lande eller dele Tyskland op i små enheder og holde det under kontrol, når det en gang er besejret. Med al ønskelig tydelighed har det vist sig, at intet land i Europa kan holde sig udenfor, når de andre kæmper. Hverken neutralitetserklæringer eller ikke‐angrebspagter har haft nogen værdi. Folkeforbundet har vist sig at være nytteløst, ja, ligefrem skadeligt. Organisationen foregav at kunne garantere international ret uden en militærmagt til at gennemtvinge sine beslutninger og i samtidig respekt for medlemsstaternes absolutte suverænitet. Princippet om ikke‐intervention har vist sig at være absurd. Ifølge denne grundtanke skulle enhver befolkning frit kunne vælge en nok så despotisk regering, nærmest som om hver enkelt stats grundlov ikke samtidig var af vital interesse for alle andre europæiske lande. De mange problemer, der forpester kontinentets internationale liv, har været umulige at løse. Det gælder spørgsmål om grænsedragning i områder med en blandet befolkning, beskyttelse af etniske mindretal, kystadgang for lande, der ligger midt inde i Europa, Balkanspørgsmålet, det irske spørgsmål og så videre. A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Alle disse problemer vil i et Føderalt Europa finde den enkleste løsning, på samme måde som lignende problemer før har fundet sin løsning, når småstater indgik i en bredere national enhed, og problemerne blev mindre betydningsfulde ved at blive reduceret til problemer om forhold mellem forskellige provinser. Flere omstændigheder taler til fordel for grundlæggelsen af et føderalt regime, der kan sætte en stopper for det aktuelle anarki. Man er for eksempel ikke længere overbevist om Storbritanniens uangribelighed, eftersom det var Storbritannien, der rådede englænderne til «the splendid isolation». Opløsningen af den franske hær og dermed den franske republik, der brød sammen ved det første alvorlige sammenstød med de tyske styrker (noget, som forhåbentlig har gjort det af med gallernes chauvinistiske overlegenhedsfølelse), er et andet faktum, og sidst, men ikke mindst, gælder det risikoen for at blive tvunget til en total underkastelse. I og med at England et tæt på at have accepteret princippet om indisk uafhængighed, og at Frankrig potentielt har mistet hele sit imperium ved at anerkende nederlaget, bliver det også lettere at nå til enighed om grundlaget for en europæisk ordning med hensyn til kolonibesiddelserne. Hertil skal til slut lægges, at nogle af de største dynastier er gået under, og at de resterende hviler på en meget skrøbelig base. Disse dynastier betragtede de enkelte lande som deres personlige, hævdvundne privilegium, og sammen med deres magtfulde støtter udgjorde de en alvorlig forhindring for den rationelle organisering af Europas forenede stater, der udelukkende kan bygge på en republikansk forfatning i alle medlemsstaterne. Hæver man dernæst blikket og kigger ud over Det gamle Kontinents horisont i en samlet vision for alle folkeslag i verden, vil man samtidig forstå, at Den europæiske Føderation er den eneste tænkelige garanti for, at forholdet til de asiatiske og de amerikanske folkeslag kan udvikle sig på grundlag af fredeligt samarbejde, indtil den dag en gang i fremtiden, hvor det vil blive muligt at danne et verdensomspændende fællesskab. Det, der adskiller fremskridtsvenlige og reaktionære partier i dag, er ikke spørgsmålet om demokrati eller socialisme i større eller mindre grad. Der går nu en helt ny skillelinje mellem de partier, der stadig hylder den ældgamle tanke om erobring af den nationale, politiske magt og de partier, der ser det som deres vigtigste opgave at skabe en suveræn, europæisk stat. Den første gruppering spiller, måske ufrivilligt, de reaktionære kræfters spil ved at lade folkets følelser fastlåses i det traditionelle mønster som glødende jern, der stivner i gamle former, så gamle absurditeter genopstår. Den anden gruppering har derimod til hensigt at mobilisere de folkelige kræfter i kampen for den europæiske stat, og når de har erobret den nationale magt, vil de først og A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 fremmest bruge den som et redskab i kampen for international enhed. Det er allerede nu nødvendigt at støbe fundamentet til en bevægelse, der kan mobilisere alle kræfter i bestræbelsen på at skabe den organisation, der vil være det største og mest fornyende, der er fremkommet i Europa i mange år. Dette skal ske gennem ord og handling og ved på alle måder at forsøge at opnå enighed og knytte bånd mellem de forskellige bevægelser, der ganske givet er ved at opstå i de enkelte lande. Formålet er oprettelsen af en stabil, føderal stat, der skal råde over væbnede, europæiske styrker som erstatning for de nationale hære, der beslutsomt skal afskaffe de autarkiske økonomier, som har udgjort rygraden i de totalitære regimer, og som skal råde over organer og midler i tilstrækkelig grad til at sørge for opretholdelse af ro og orden i de enkelte medlemslande. Der skal dog være plads til en vis grad af autonomi, der skal tillade en vis fleksibilitet og en udvikling af det politiske liv under hensyntagen til de særlige forhold i de enkelte befolkninger. Hvis der i de største europæiske lande er tilstrækkeligt mange, der har forståelse for dette, vil sejren på kort tid være dem i hænde, for både situationen og stemningen vil være positiv over for deres forehavende. Disse folk vil stå over for partier og tendenser, som alle er diskvalificerede af de sidste årtiers katastrofale eksperiment. Den nye tid kalder på nye initiativer og nye kræfter: fra BEVÆGELSEN FOR ET FRIT OG FORENET EUROPA. III. Efterkrigstidens opdrag. Omdannelse af samfundet Et frit og forenet Europa er en nødvendig betingelse for den moderne civilisations fremgang. Den totalitære periode medførte en midlertidig stilstand, men når denne æra er slut, vil man straks fortsætte den historiske kamp mod ulighed og sociale privilegier. Alle de gamle, konservative institutioner, som forhindrede iværksættelsen af reformer, vil være brudt sammen eller vil være på sammenbruddets rand, og denne krise bør udnyttes med mod og beslutsomhed. Den europæiske revolution skal være socialistisk for at leve op til vore krav, og det vil sige, at dens formål skal være arbejderklassens frigørelse og gennemførelsen af mere menneskelige livsvilkår for arbejderne. Det kompas, der skal styres efter, når der skal træffes foranstaltninger i den retning, skal dog ikke pege mod det rent doktrinære princip, der siger, at privat ejendomsret til produktionsmidlerne skal afskaffes og kun tillades midlertidigt som den sidste mulighed. En fuldstændig statsovertagelse af økonomien har været den vigtigste utopi i arbejderklassens forestilling om frigørelse fra den kapitalistiske magt, men når nationaliseringen er fuldt ud gennemført, indebærer det ikke opfyldelsen af det ønskede mål, men fører til dannelsen af et regime, hvor hele A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 befolkningen er underkastet en lille klasse af bureaukrater, der administrerer økonomien. Princippet om kollektivisering bygger på en forhastet og fejlagtig følgeslutning: Socialismens grundlæggende princip fastslår, at de økonomiske kræfter ikke bør dominere mennesket, men at de ‐ lige som det sker med naturkræfterne ‐ skal underlægges mennesket og ledes og kontrolleres på den mest hensigtsmæssige måde, således at de store befolkningsmasser ikke bliver ofre for disse kræfter. Den enorme fremdrift, der udgår fra individuelle interesser, skal ikke kvæles i sløvhedens grå rutine, så man efterfølgende står over for den uløselige opgave at skulle vække de initiativrige kræfter med løndifferentiering eller lignende. Denne virkelyst skal i stedet opmuntres og støttes med muligheder for udvikling og beskæftigelse, og på samme tid skal man sørge for at sikre og forbedre de regler, der leder mod de mål, der bedst tjener fællesskabets interesser. Den private ejendomsret skal på nogle områder ophæves eller begrænses, på andre områder korrigeres eller udvides, men spørgsmålet om den private ejendomsret skal ikke behandles dogmatisk i respekt for princippet i sig selv. Denne retningslinje indgår naturligt som et led i processen med at skabe en europæisk økonomi, der er befriet for militarismens og det nationale bureaukratis mareridt. Den rationelle løsning skal træde i stedet for den irrationelle, også i arbejdernes bevidsthed. Vi vil herunder fremhæve nogle punkter og uddybe spørgsmålet om den private ejendomsret, men vi vil samtidig understrege, at ethvert programpunkt altid har det forenede Europa som sin uomgængelige forudsætning, og at programpunkterne skal ses i overensstemmelse med denne forudsætning: a) Man kan ikke fortsat lade private foretagender udføre aktiviteter, der nødvendigvis må være monopolistiske, og som dermed er i stand til at udnytte forbrugerne. Som eksempler kan nævnes elektricitetsindustrien eller andre foretagender, som man i samfundets interesse vil holde liv i, men som for at klare sig har brug for beskyttelsestold, subsidier, handelsmæssige foranstaltninger osv. (det tydeligste eksempel på en sådan industri har man indtil nu i Italiens jern‐ og stålindustri). Det samme gælder for de foretagender, der i kraft af omfanget af investeret kapital og antallet af ansatte arbejdere eller i kraft af betydningen af den sektor, de dominerer, kan afpresse de statslige organer og på denne måde gennemtvinge den politik, der er mest fordelagtig for dem (f.eks. minedrift, store bankforetagender og våbenindustri). På disse områder skal man uden tøven skride til nationaliseringer i fuldt omfang, uden at tage hensyn til de en gang erhvervede rettigheder. b) Den private ejendomsret og arvelovgivningen har i sin tidligere udformning haft en karakter, der har gjort det muligt at akkumulere formuer A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 hos de få privilegerede. Disse rigdomme vil det være nødvendigt at fordele ligeligt under en revolutionær omvæltning; dels for at fjerne de parasitære klasser, dels for at give arbejderne de produktionsmidler, de har behov for i kampen for bedre økonomiske muligheder og større frihed. Her tænker vi dels på en landbrugsreform, der ved at overlade jorden til dem, der dyrker den, vil forøge antallet af jordbesiddere betragteligt, dels på en reform, der skal udvide ejendomsretten til at omfatte arbejderne i de ikke‐nationaliserede sektorer gennem oprettelse af kooperativer, udstedelse af medarbejderaktier osv. c) De unge skal have den nødvendige støtte, således at forskellen i opvækstforhold ikke bliver bestemmende for deres muligheder senere i livet. Særligt den offentlige skole bør sørge for, at det er de bedst begavede, der får en reel mulighed for at fortsætte studierne, og ikke de rigeste. Derudover skal den sørge for, at der uddannes det antal studerende, der svarer til markedets krav inden for de forskellige grene af uddannelse: håndværk, handelsskoler, liberale erhverv og videregående studier. På denne måde skal det sikres, at den gennemsnitlige indkomst er nogenlunde ens inden for de forskellige erhvervsgrupper, selv om der kan være forskelle i indkomsten inden for den enkelte gruppe, alt afhængig af den enkeltes individuelle evner. d) I kraft af den moderne teknologi har man i dag en næsten ubegrænset mulighed for masseproduktion af varer til dækning af de grundlæggende behov, og dette medfører, at man med en relativt lav udgift kan sikre alle mennesker bolig, tøj og mad i det omfang, der som minimum er nødvendigt for at opretholde følelsen af menneskelig værdighed. Solidariteten med dem, der bliver tabere i den økonomiske kamp, skal derfor ikke give sig til kende i form af en til enhver tid ydmygende godgørenhed fra dem, der selv har skabt de forhold, hvis konsekvenser de nu prøver at afhjælpe. Solidariteten skal derimod udgøres af en forsorg, der betingelsesløst garanterer alle en værdig levestandard, hvad enten de er i stand til at arbejde eller ej, uden dog at fratage folk lysten til at arbejde og spare op. Dette sikrer, at ingen længere vil være tvunget til at acceptere urimelige arbejdskontrakter på grund af fattigdom. e) Arbejderklassens frigørelse kan kun finde sted under forudsætning af, at man realiserer de oven for nævnte punkter. Man må ikke lade arbejderne falde i armene på de monopolistiske fagforeninger, for deres økonomiske politik medfører blot, at storkapitalens dominerende metoder overføres til arbejdernes område. Arbejderne skal igen have frihed til at vælge de tillidsmænd, som kollektivt kan forhandle de betingelser, arbejderne ønsker at arbejde under, og staten skal juridisk sikre overholdelsen af de indgåede aftaler. Alle de monopolistiske tendenser kan dog først bekæmpes effektivt, når de sociale ændringer er gennemført. A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Disse ændringer er forudsætningen for, at den bredest mulige del af befolkningen vil være interesseret i at opretholde den nye orden. Ændringerne vil give det politiske liv et solidt præg af frihed, men med en samtidig høj grad af solidaritet. På dette grundlag vil den politiske frihed ikke blot få en formel, men reel betydning for alle, eftersom borgerne vil være uafhængige og vil have den fornødne viden til effektivt at føre kontrol med den ledende klasse. Det er overflødigt at gå i detaljer med hensyn til det konstitutionelle system, da det ikke er muligt at forudse, under hvilke betingelser, det vil opstå og virke. Det vil derfor blot være en gentagelse af det, alle er enige om vedrørende nødvendigheden af repræsentative organer, lovgivningens udformning og uafhængigheden i det embedsvæsen, der skal overtage posten fra det nuværende system og sikre, at de nye love upartisk kan bringes i anvendelse. Ligeledes drejer det sig om trykke‐ og forsamlingsfriheden, der skal sikre den frie, offentlige meningsdannelse, der giver borgerne mulighed for en reel indflydelse på statens forhold. På to punkter er det dog nødvendigt at præcisere vor holdning, da det er spørgsmål, der har en særlig betydning for vort land netop nu: Det drejer sig om statens forhold til kirken og arten af politisk repræsentation: a) Lateranpagten, der markerede Vatikanets alliance med fascismen i Italien, skal ubetinget ophæves for at fastslå statens helt igennem verdslige karakter og for utvetydigt at fastslå statens forrang i samfundet. Alle trosretninger skal respekteres på lige fod, og staten må ikke have et særligt forhold til nogen religion. b) Det korthus, som fascismen har skabt med korporatismen, vil falde sammen ligesom de øvrige dele af den totalitære stat. Der er dem, der hævder, at man af disse rester kan finde materiale til en ny grundlov. Det tror vi ikke på. I de totalitære stater har de korporative kamre kun tjent som staffage for at sløre den brutale kontrol med arbejderne. Selv hvis de korporative kamre var det sande udtryk for de forskellige erhvervs‐ og interesseorganisationer, kunne deres repræsentanter aldrig kvalificere til at behandle emner af almen, politisk karakter. Med hensyn til spørgsmål af rent økonomisk karakter ville de stærkeste fagforeninger få karakter af overgrebsorganer. Fagforeningerne har naturligvis til opgave at arbejde tæt sammen med de statslige organer på de områder, der angår dem, men det er helt udelukket, at der kan overlades dem nogen lovgivningsmæssig funktion, for dette ville skabe en slags feudalt anarki i det økonomiske liv, der ville ende med en fornyet politisk despotisme. Mange, der naivt har ladet sig forføre af den korporative myte, kan og bør føle sig tiltrukket af arbejdet for fornyelse, men de bør se i øjnene, hvor absurd den løsning er, som de har drømt om. Korporatismen kan kun fungere i den udformning, den har fået i de totalitære stater: Som et redskab i A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 disciplineringen af arbejderne under funktionærer, der kontrollerer hvert eneste af deres skridt i den herskende klasses interesse. Det revolutionære parti kan ikke improviseres som et dilettantisk foretagende i sidste øjeblik, men bør allerede nu begynde at etablere sig omkring sin centrale politiske holdning, sine mest markante ledere og sit første handlingsprogram. Partiet skal ikke blot repræsentere en mangfoldighed af tendenser, der kun holdes sammen negativt og midlertidigt af den fælles antifascistiske fortid og blot venter på det totalitære styres sammenbrud for dernæst at splittes og gå hver til sit. Det revolutionære parti ved, at først da begynder arbejdet for alvor, og derfor skal det bestå af folk, der er enige med hensyn til de vigtigste spørgsmål i fremtiden. Partiet skal systematisk virke for udbredelsen af sine ideer overalt, hvor folk bliver undertrykt af det nuværende regime. Med udgangspunkt i netop det, der af enkeltpersoner eller klasser opleves som det alvorligste problem, skal partiet påpege, hvordan dette hænger sammen med andre problemer, og hvordan man for alvor kan løse det. Men i den stadigt voksende tilhængerskare skal partiet kun rekruttere de personer til bevægelsen, der har den europæiske revolution som det vigtigste mål i deres liv. Det er personer, der dag efter dag udfører det nødvendige arbejde, og som omhyggeligt og effektivt sørger for, at det bliver udført sikkert, også i de farligste illegale situationer. Disse folk udgør det solide netværk, der vil sikre konsistens over for en vekslende skare af sympatisører. Skønt partiet ikke bør forsømme nogen lejlighed til at udbrede sine tanker, bør det dog først og fremmest arbejde i de miljøer, som er vigtigst for udbredelsen af ideerne og med hensyn til rekruttering af folk. Det drejer sig især om de to grupper, der er de mest lydhøre i dag og de mest beslutsomme i morgen: Arbejderklassen og de intellektuelle. Arbejderklassen, som mindst af alle har underlagt sig den totalitære svøbe, og som mest villigt vil være parat til at omorganisere i egne rækker, og de intellektuelle, særligt de yngste, som i højeste grad åndeligt væmmes ved og føler sig kvalt af den regerende despotisme. Efterhånden vil andre klasser uundgåeligt føle sig tiltrukket af bevægelsen. Enhver bevægelse, der fejler i forsøget på at forene disse kræfter, er dømt til undergang. Hvis den kun er de intellektuelles bevægelse, vil den mangle den styrke fra masserne, der er nødvendig for at overvinde den reaktionære modstand, og bevægelsen og arbejderklassen vil betragte hinanden med gensidig mistro. Skønt bevægelsen kan være nok så demokratisk i sin indstilling, vil den dog være tilbøjelig til at fejle, når den møder vanskeligheder, nemlig når alle klasser skal mobiliseres til kamp mod arbejderne, altså ved en genindførelse af fascismen. Hvis bevægelsen derimod kun består af A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 proletariatet, vil den mangle den klarhed i tankegangen, som kun kan komme fra de intellektuelle, og som er uomgængelig, når man skal definere nye opgaver og nye veje, der skal følges. Den vil være bundet af gammel klasseteori, se fjender overalt og glide hen imod den doktrinære, kommunistiske løsning. Under den revolutionære krise har bevægelsen til opgave at organisere og lede de fremskridtsvenlige kræfter. Det skal den gøre ved at udnytte de folkelige bevægelser, der opstår spontant og er som en smeltedigel for de revolutionære masser, der samler sig, ikke for at udstede dekreter, men for at blive ledet. Bevægelsen henter ikke sin vision og sin sikkerhed om, hvad der skal gøres, gennem en forhåndsgodkendelse fra en endnu ikke eksisterende folkevilje, men i bevidstheden om at repræsentere de grundlæggende behov i det moderne samfund. Bevægelsen afsætter således den første rettesnor for den nye sociale orden og giver hermed de vage folkemasser de første direktiver. Gennem dette revolutionære diktatur skaber man den nye stat og rundt om denne et nyt, sandt demokrati. Man behøver ikke at frygte, at et sådant revolutionært regime skal munde ud i fornyet despotisme. Det ender det med, hvis det, man har skabt, er et slavesamfund. Men hvis det revolutionære parti uden tøven fra allerførste færd bestræber sig på at opstille betingelserne for et frit samfund, hvor alle borgere har en reel mulighed for at deltage i statens liv, vil partiet, også selv om der måske på vejen vil være mindre politiske kriser, udvikle sig hen imod en stadig større forståelse og accept af den nye orden fra alle parters side, og derfor også hen imod en stadig større mulighed for velfungerende, frie, politiske institutioner. I dag er det øjeblik kommet, hvor man skal være klar til at smide gamle, overfyldte bylter ud, holde sig klar til det nye, der kommer, selv om det er så anderledes end det, man forestillede sig, gå uden om det, der ikke duer hos de gamle og hente ny energi hos de unge. I dag mødes alle de, der har gennemskuet årsagen til den nuværende krise i den europæiske civilisation for at begynde at væve fremtidens væv. De forener arven fra alle de bevægelser, der forsøgte at oplyse mennesket og som fejlede, fordi de ikke forstod, hvilket mål, de skulle nå eller hvilke midler, de skulle anvende. Den vej, der skal banes, vil hverken blive let eller sikker, men banes skal den, og banet vil den blive! Altiero Spinelli ‐ Ernesto Rossi A. Spinelli, E. Rossi, For et frit og forenet Europa Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Eesti Lugejale Albert Lázaro‐Tinaut ‐ Pietro U. Dini Regione Lazio eestkostel ilmub eesti keeles esmakordselt “Ventotene manifest” (“Manifesto di Ventotene”). Manifesti autori Altiero Spinelli (1907‐1986) tutvustamine eesti lugejale, isegi kui seda teha lühivormis, ei ole lihtne. Eesti ajaloos ja kultuuris leidub vaevalt isiksust, keda annaks täiuslikult paigutada Spinelli kõrvale, et seeläbi valgust heita temale kui ühinenud Euroopa varajasele kavandajale ja tema tegevusele, mis sai konkreetse kuju Euroopa Föderalistliku Liikumisena (Movimento Federalista Europeo). Ometi ei ole Eestile mitme sajandi jooksul kaugeltki olnud võõras Euroopaga ühtekuulumise tunne. See leidis oma varajase väljenduse juba rahvuslikul ärkamisajal, ent iseäranis jõuliselt avaldus see “Noor‐Eesti” liikumise moodustanud vaimuinimeste tegevuses. Piisab, kui meenutada Gustav Suitsu kuulsat lauset aastast 1905: “Olgem eestlased, aga saagem ka eurooplasteks”. Vaevalt saaks seda ilmekamalt öelda. Ei tule ka unustada Rahvarinde euroopalikke läkitusi maailmale Baltimaade uue iseseisvuse künnisel aastatel 1988‐1989. Tõsi küll, nende siht oli rahvusliku iseolemise taastamine ning soov näidata ilmset ülekohust, mis oli Eestile osaks saanud vägeva naaberrahva võimu all. Küllap selgitab väikerahva ajalooline ihalus rahvusena püsima jääda rahvusliku ideaali pidevat ja tugevat rõhutamist ärkamisajast saadik. Eestil ei ole olnud aega sünnitada mõtlejad, kes kujutlenuksid Eesti isamaa saatust Euroopa liitriigi liikmena. Läbi kahe sajandi väldanud rahvusliku iseolemispüüdluse protsessis on Eestil säravaid saavutusi: laulupeod, omakeelse kirjanduse ja ajakirjanduse loomine, saksa traditsioonist lahku löönud luule ja muusika juurdumine, õigekirja kehtestamine. Kõige selle juures on olnud erakordselt tähtis suhtlemine teiste kultuuridega, teiste rahvaste kirjanduse tõlkimine, kultuurivahetus vennaliku Soomega ja Skandinaaviamaadega, samas aga ka kiikamine Pariisi kui Lääne‐Euroopa kunsti‐ ja vaimuelu keskuse poole. Noored eesti haritlased, nagu Friedebert Tuglas, rändasid varakult mööda Euroopat, avades Eestile tõeluse uusi tahke ja avardades eestlaste silmapiire. Eesti kultuur on oma lätetes tugevasti võlgu saksa kultuurile, mis juba ise tähendab varajast kultuurilist kuulumist läände – veel kaua enne, kui Esimese maailmasõja järel esmakordselt ajaloos tekkis Eesti vabariik. Samas hakkas lääne tähendus Eesti jaoks alates esimesest iseseisvusajast murranguliselt laienema. 209 A. Lázaro-Tinaut - P.U. Dini, Eesti Lugejale Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Seetõttu ei ole eesti lugejal küllap raske mõista asjaolusid, mis tõukasid Altiero Spinellit visandama ja kirjutama manifesti, mida nüüd ka eesti keeles lugeda saab. Ta tähendas selle üles kuueteistkümnel pagendusaastal Türreeni mere tillukesel Ventotene saarel, Napoli ranna lähedal. Küüditamine ja pagulus on sõnad, mida eestlased paraku tunnevad liigagi hästi. Nõnda siis, sel muust ilmast ära lõigatud saarel, mida kunagi keegi ei väisanud (ja kus tema tahte kohaselt puhkab ta põrm), sai teoks Spinelli “liitriigi‐avastus”. Kes oli Altiero Spinelli? Seda korpulentset, tugevat meest – põrandaaluse tegevuse perioodil kasutas ta muuseas nime “Pantagruel” – on mõned nimetanud Euroopa Mooseseks. Tõepoolest oli Spinelli suur eurooplane igas mõttes. Lähtudes mõnedest mõtetest, mida Itaalia Risorgimento ajajärgul oli väljendanud Giuseppe Mazzini, kavandas Spinelli plaani Euroopa liitriigist, mis teeks lõpu sõjalistele konfliktidele Vanas Maailmas. Just tema üle kõige püüdles sellele, et vabastada liitriigi mõte utoopilistundelisest raamist ja anda sellele konkreetse poliitilise programmi sisu. Sõja järel tõi ta Euroopa liitriigi idee edumeelsete jõudude kultuuridebatti, rõhutades seda kõigis oma kirjutistes ja avalikes esinemistes. Tema jaoks tähendas Euroopa liitriigi kavand “imerohtu” ja “revolutsiooni”, mille abil suudetakse ületada suveräänsete riikide etapp ning luua Euroopa Ühendriigid. Kui ta kirjutas, et “türannide aeg” – hävingud ja tapatalgud – on ümber saamas, siis pidas Spinelli silmas Lääne‐Euroopat. Ta ei võinud ette näha poliitilist süsteemi, mis veidi hiljem seati sisse Kesk‐ ja Ida‐Euroopas. Kulgenuks liitriigi loomine tema kavandi järgi, oleksid vahe‐Euroopa riigid (nende seas Eesti, Läti ja Leedu) pääsenud unustusest, mis neile poliitika‐ ajaloos enam kui poole sajandi jooksul osaks sai. Õnneks on ajalugu kordki osutunud ettenägelikumaks inimlikust ettenägematusest, ning alates 1. maist 2004 on Euroopa Liit – mille rajajaid oli Spinelli – saanud tõeluseks samuti Eesti Vabariigile. 210 A. Lázaro-Tinaut - P.U. Dini, Eesti Lugejale Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Eessõna Eugenio Colorni (Rooma 1944) Käesolevad tekstid on kirjutatud Ventotene saarel 1941. ja 1942. aastal. Selles range distsipliiniga õhkkonnas, kus informatsioon püüti muuta võimalikult täiuslikuks, kus valitses ühelt poolt pealesurutud tegevusetusest tingitud nukrus ning teisalt lootus peagi vabaneda, küpses mitmetes peades plaan mõelda veelkord läbi kõik need probleemid, mis olid olnud senise programmi motiivideks ning võitluse ajal võetud hoiaku põhjusteks. Eemalolek otsesest poliitilisest tegevusest võimaldas viimasest veidi distantseeruda, näha selle traditsioonilisemaid seisukohti ning leida eelnevate läbikukkumiste põhjuseid, pidades silmas mitte niivõrd parlamentaarse või revolutsioonilise taktika tehnilisi vigu või olukorra üldist „ebaküpsust“, kuivõrd positsioonide puudulikkust, samuti võitluse lõpetamist tavapäraste reeglite järgi, pööramata tähelepanu reaalsust üha enam muutvatele uutele ideedele. Valmistudes edukalt võitlema juba etteaimatavas lahingus, tunti vajadust mitte ainult parandada minevikus tehtud vigu, vaid seista samuti vastu tulevastele poliitilistele probleemidele ilma eelarvamuste ega parteimüütideta. Neist mõtetest kasvas välja uus teooria, mille kohaselt seisneb meie ühiskonna põhiline vastuolu – põhjustades erinevaid kriise, sõdu, vaesust ja ülekohut – geograafiliselt, majanduslikult ja sõjaliselt iseseisvate suveräänsete riikide olemasolus. Viimased on arvamusel, et teised riigid on nende alatised vastased ja võimalikud vaenlased, elades pidevas bellum omnium contra omnes seisundis. Põhjuseid, miks see idee – mis iseenesest ei olnud uus – tundus äärmiselt uudne, on mitmeid: Esiteks, internatsionalistlikku lahendust – mis on olemas kõikide progressiivsete poliitiliste parteide programmis – käsitletakse kui vajalikku ja peaaegu automaatset tingimust partei eesmärkideni jõudmiseks. Demokraadid arvavad, et nende poolt soovitava režiimi taastamine viiks igas riigis turvaliselt ühise teadvuse tekkimiseni, ületades kultuurilised ja moraalsed piirid ning looks demokraatide arvates hädavajaliku eelduse selleks, et tekiks vaba rahvaste liit nii majanduslikul kui poliitilisel tasemel. Sotsialistid omalt poolt arvavad, et proletariaadi diktatuuri taastamine mõnedes riikides viiks iseenesest kollektiivse internationalistliku riigini. Siiski näitab riigi ning sellega kaasnevate huvide moodne käsitlus selgelt seda, et isegi kui sarnased riigikorrad võivad kergendada sõprussuhteid ja 211 E. Colorni, Eessõna Eurostudium3w aprile-giugno 2011 koostööd kahe riigi vahel, siis ei pruugi sellele tingimata järgneda ei koheselt ega järk‐järgult ühise liidu loomine. See on nii vähemalt niikaua, kuni eksisteerivad ühised huvid, mis on suunatud piirisisese kinnise liidu säilitamiseks. Kogemuse põhjal teame, et šovinism ja protektsionism võivad viia kergesti vastuoludeni ning kahe demokraatia vahelise konkurentsini. Samuti ei ole sugugi kindel, et rikas sotsialistlik riik nõustuks oma varasid jagama teise, palju vaesema sotsialistliku riigiga ainult sellepärast, et mõlemas riigis eksisteerib analoogne poliitiline režiim. Poliitiliste ja majanduslike piiride kaotamine mingite riikide vahel ei tähenda tingimata seda, et riikides olevad poliitilised režiimid samaaegselt taastuks, vaid seda, et tegemist on omaette küsimusega, mille lahendamiseks on vajalikud asjakohased meetmed. Kindlasti ei saa olla sotsialist, olemata samal ajal ka internatsionalist, ent seda pigem ideoloogilistel kaalutlustel kui poliitilistel või majanduslikel põhjustel. Sotsialistide ülekaalust igas riigis eraldi ei pruugi veel välja areneda internatsionalistlik riik. Föderalistlikku teesi ajendas rõhutama fakt, et olemasolevad poliitilised parteid – olles seotud võitlusi täis minevikuga iga rahvuse keskel – on traditsiooniliselt harjunud probleeme lahen dama rahvusriigi tasandil, nimetades rahvusvahelisi probleeme „välispoliitilisteks“, mida peab lahendama diplomaatia ning valitsusvaheliste lepingute abil. Selline käitumine on osaliselt põhjus ja osaliselt ka tagajärg kõigele eelmainitule: kui mõne riigi valitsuses on „hobused juba vankri ette rakendatud“, toimivad lepingud ja ühendused teiste riikidega justkui iseenesest, ilma, et peaks tegema erilisi poliitilisi jõupingutusi. Järgnevate tekstide autorid olid siiski veendunud, et see, kes soovib internatsionalistliku korra probleemi püstitada kui kaasaja keskset probleemi – käsitledes selle lahendust kui kõikide institutsionaalsete, majanduslike ja sotsiaalsete probleemide lahendust – peab arvesse võtma kindlasti kõiki küsimusi, mis puudutavad poliitilisi sisekonflikte ja iga partei käitumist, kaasa arvatud igapäevase võitluse taktikat ja strateegiat. Kõiki probleeme – alates põhiseaduslikest vabadustest klassivõitlusteni, planeerimisest võimuvõtmiseni ning selle kasutamiseni – näeb teisest perspektiivist, kui lähtuda eeldusest, et esimene eesmärk on luua ühine kord rahvusvahelisel tasemel. Samasugune poliitiline käitumine – toetumine ühele või teisele jõule, ühe või teise otsuse rõhutamine – toob välja väga erinevaid aspekte, olenevalt sellest, kas põhieesmärgiks võetakse võimuvõtmine ja kindlate reformide teostamine igas riigis või peetakse olulisemaks majan duslike, poliitiliste ja moraalsete eelduste loomist, taastamaks föderaalne kord, mis hõlmaks tervet kontinenti. 212 E. Colorni, Eessõna Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Vaba ja ühendatud Euroopa nimel. Ventotene manifest Altiero Spinelli ‐ Ernesto Rossi I. Moodsa tsivilisatsiooni kriis Moodne tsivilisatsioon on oma aluseks seadnud vabaduse põhimõtte, mille järgi inimene ei pea olema vaid teiste tööriist, vaid oma iseseisva elu keskpunkt. Selle põhimõtte järgi ehitati üles hiiglaslik ajalooline protsess kõigis neis sotsiaalse elu valdkondades, mis sellest seni lugu ei pidanud. Kinnitati kõikide rahvaste võrdsed õigused moodustamaks iseseisevaid riike. Iga rahvas oma etniliste, geograafiliste, lingvistiliste ja ajalooliste tunnustega pidi endale looma riikliku korra vastavalt oma poliitilistele põhimõtetele nii, et see rahuldaks parimal võimalikul viisil tema vajadusi kõigist välistest sekkumistest hoolimata. Rahvusliku iseseisvuse ideoloogia on olnud võimas edu võti. See on võimaldanud üle saada äpardunud kitsarinnalisusest ning astuda solidaarsemalt välismaalastest vallutajate vastu välja; see on ka kõrvaldanud paljusid takistusi, mis raskendasid inimeste ja kaupade vaba liikumist; võimaldanud institutsioonide ja asutuste laiendamist igas riigis rikkama elanikkonna juurest vaesemate elanike poole. Siiski kasvas just sellest ideoloogiast välja kapitalistliku imperialismi idee, mida meie põlvkond on näinud kasvamas hiiglaslike mõõtmeteni kuni totalitaarsete riikide tekkimiseni ja maailmasõdade toimumiseni. Nüüd ei käsitleta rahvust enam kui ajaloolist produkti, mis tekib inimeste koos elamise tagajärjel pika aja vältel, mille jooksul nad on jõudnud ühiste eesmärkide ja traditsioonide tekkimiseni ning leidnud oma riigi loomise kaudu kõige tõhusama vormi kollektiivse elu organiseerimiseks inimühiskonna raames. See on muutunud, vastupidi, jumalikuks isikuks, organismiks, mis peab mõtlema ainult oma eksistentsile ning oma käitumisele, võtmata arvesse kahjut, mida ta võib põhjustada ülejäänutele. Rahvusriikide absoluutne A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 suveräänsus eeldab iga rahvusriigi soovi domineerida ning käsitleb „elukeskkonnana“ järjest suuremaid alasid, võimaldades liikuda vabalt ning kindlustada eluks vajalikud vahendid kellestki sõltumata. Seda soovi võib teostada ainult kõige tugevam riik hegemoonia kaudu teiste üle. Selle tagajärjel on Riik kui kodanike vabaduste kandja muutunud end teenivate alamate peremeheks, püüdes viimastest saada maksimaalset kasu. Kaasa arvatud rahuajal – mida peetakse järgmiseid sõdu ettevalmistavateks pausiks – domineerivad siiski paljudes riikides rohkem militaarsed kui tsiviileesmärgid, mis teeb omakorda iga kord järjest raskemaks vabade poliitiliste sektorite toimimise: kool, teadus, tootmine ja ametiasutused hakkavad samuti teenima sõjalisi eesmärke; emasid käsitletakse sõdurite tootjatena ning selle tulemusena autasustatakse neid samade kriteeriumite järgi kui tõuloomi turul; lapsi õpetatakse juba maast madalast relva kandma ning välismaalasi vihkama; individuaalne vabadus kahandatakse nullini seni, kuni kõik on militariseeritud, kusjuures pidevalt pakutakse sõjaväelist abi juurde; sõdade kordumine kohustab pere, töö ja eraomandi maha jätma ning pühendama elu eesmärkidele, mille tegelikku väärtust ei tea keegi; väheste päevade jooksul hävitatakse ühise heaolu jaoks kümnete aastatega saavutatu. Totalitaarsed riigid on need, kes on saavutanud kõikide jõudude ühtsuse kõige tõhusamal viisil, kasutades maksimaalselt oma keskendusvõimet ja võimu ning näidates, et just need ongi tänapäeval rahvusvahelises plaanis kõige sobivamad vahendid. Piisab sellest, et üks rahvus teeb sammu totalitaarsuse poole, kui teisedki järgivad tema näidet, et ellu jääda. Kinnitati kõikide kodanike võrdõiguslikkus Riikliku tahte loomise eesmärgil. See pidi olema kõikides sotsiaalsetes kategooriates vabalt väljendatud erinevate ja muutlike ideoloogiliste ja majanduslike nõudmiste sünteesi tulemus. Selline poliitiline organisatsioon võimaldas parandada või vähemalt vähendada eelmiste poliitiliste režiimide ebaõigluse jäänukeid. Siiski, sõna‐ ja ühinemisvabadus ning hääleõiguse laiendamine tegid vanade privileegide kaitsmise järjest raskemaks, hoides alles vaid esindusliku süsteemi. Vähehaaval õppisid puudust kannatavad inimesed mainitud vahendeid kasutama, et saavutada samu õigusi, mis olid jõukamatel. Sotsiaalmaksud perekondlikelt tuludelt ja pärandustelt, progressiivne tulumaks suurematelt varandustelt, tulumaksuvaba miinimumi ja esmaste hüvede suurendamine, tasuta riiklik haridus, sotsiaalsete teenuste tasu kõrgendamine, põllumajandusreformid, tehaste kontroll – kõik see ohustas priviligeeritud klasse, kes elasid aina kindlustatumalt. Paremal järjel olevad ühiskonnaklassid, kes olid aktsepteerinud poliitilise võrdõiguslikkuse, ei saanud väita, nagu kasutaks vaesemad neid ära, et saada osa samadest hüvedest ja vabadusest. Pärast esimest maailmasõda, kui see oht A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 muutus reaalsemaks, oli loogiline, et rikkad plaksutasid käsi ja toetasid diktaduuride taastamist, võttes vastastelt seaduslikud relvad käest. Teisest küljest, suurte tööstuslike komplekside, pankade ja sündikaatide teke, mis ühendasid ühe juhatuse alla terveid töötajate hulki; sündikaadid ja kompleksid, mis avaldasid valitsusele survet, et poliitika vastaks paremini nende huvidele, ähvardades muuta Riigi väikesteks omavahel sõdivateks majanduslikeks gruppideks; demokraatlik‐liberaalsed üksused muutusid nimetatud gruppide ühiseks vahendiks, kaotasid niiviisi järk‐järgult oma prestiiži ning hakkas levima veendumus, et ainult totalitaarne Riik, kaotades rahva vabaduse, on suuteline teatud määral lahendama konflikte, milleks poliitilised institutsioonid võimelised ei olnud. Seega, totalitaarsed režiimid kindlustasid oma positsioone erinevates sotsiaalsete kategooriates, saavutades järjest püstitatud eesmärke, kontrollides kõikide kodanike elu ning kõrvaldades vägivaldselt kõik dissidendid, sealhulgas ka seadusliku võimaluse olukorda hiljem parandada. Sel viisil tugevdus ühe täiesti parasiitse sotsiaalse klassi positsioon, koosnedes maaomanikest, mõisnikest ning rantjeedest, kes andsid ühiskonda oma panuse ainult tänu dividendidele; mõningatest monopoli omavatest ühiskonnaklassidest ning tarbijaid koormavatest suurfirmadest, kes muutsid väikesäästja raha olematuks; rikkast koorekihist, kes eesriide taga poliitikute nööre tõmbasid, juhtides nii kogu riiklikku masinavärki ning saades sellest kasu ühiskondlike huvide sildi all. Niisiis jäävad endiselt alles hiiglaslikud varandused ning viletsust tundvad rahvamassid, jäädes täiesti kõrvale kõikidest moodsa ühiskonna hüvedest. Põhiliselt säilitatakse majanduslik kord, mille materiaalseid reserve ja tööjõudu – mida pidi kasutatama inimenergia põhivajaduste jaoks – suunatakse rahuldama hoopiski nende primaarseid soove, kes on võimelised maksma kõrget hinda majandusliku režiimi eest, kus pärandusõiguse kaudu jääb rahaline võim alati sama ühiskonnaklassi kätte ning muutub privileegiks, mis ei vasta osutatud sotsiaalsete teenuste reaalsele väärtusele. Samal ajal jäävad töölisklassi võimalused niivõrd piiratuks, et äraelamiseks on nad sunnitud vastu võtma ükskõik millise tööpakkumise, lastes end ekspluateerida. Selleks, et töölisklasse endiselt ohjes hoida, on muutunud ka ametiühingute iseloom: need ei ole enam vabad võitlevad organisatsioonid, mida juhtisid usaldusväärsed isikud, vaid hoopis politseilikku järelvalvet teostavad organid, mida juhivad töötajad, keda valib juhatusse vastav ainult selleks kokku kutsutud nõukogu. Kui sellist režiimi peakski kunagi muudetama, on selle algatajaks alati militaristid, kes teevad koostööd priviligeeritud klasside tagurlike vandenõudega selleks, et taastada ja tugevdada totalitaarseid riike. A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Autoritaarse dogmatismi vastu on alati võidelnud kriitiline vaim. Kõik otsused, mis vastu võeti, pidid olema kas äärmiselt ratsionaalsed või ei tulnud üldse kõne alla. Sellisest käitumisest on olnud ajendatud meie ühiskonna kõige suuremad vallutused kõigis valdkondades. Ent see vaimne vabadus ei ole vastu pannud kriisile, mis viis totalitaarsete riikide tekkimiseni. Uued dogmad, mida peab kas usu tõttu või lihtsalt silmakirjalikult aktsepteerima, koguvad võimu igasugustes teadusvaldkondades. Isegi, kui keegi ei tea, mis on rass ning isegi kui kõige elementaarsemad ajaloolised mõisted näitavad selle mõiste absurdsust, nõutakse füsioloogidelt, et nad usuks, tõestaks ja veenaks ka teisi selles, et kuulutakse väljavalitud rassi hulka ainult sellepärast, et imperialism vajab seda müüti masside seas viha ja ülbuse õhutamiseks. Selleks, et tutvustada diktaatorlikku poliitikat, peab majandusteaduse kõige levinumaid põhimõtteid põlualusteks ning tasakaalustatud kaubavahetust ja teisi vananenud merkantilismi väljundeid meie aegade kõige suuremateks leiutisteks pidama. Kogu maailma majanduse omavahelise sõltuvuse tõttu on kõikide rahvaste elukoht – kes vähegi tahavad ellu jääda ning kaasaegse tsivilisatsiooni nõuetele vastata – kogu maakera; selle asemel aga on välja mõeldud pseudoteadus nimega geopoliitika, mis soovib tõestada elukeskkondade järjekindlust, õigustades oma teooria abil imperialistlikku võimuiha. Vastavalt sellele, millest huvitub valitsev klass, võltsitakse ka ajaloolisi fakte. Raamatukogud ja raamatupoed puhastatakse teostest, mida ei peeta poliitiliselt korrektseteks. Pimeduse vood ähvardavad taas inimvaimu lämmatada. Samuti jälitatakse vabaduse ja võrdsuse sotsiaalset eetikat. Inimesi ei peeta enam vabadeks kodanikeks, kes toetuvad Riigile, et saavutada oma ühiseid eesmärke. Nad on Riigi teenijad ning Riik otsustab, millised peavad olema nende hüved; nende soov, kes on võimul, saab kogu Riigi sooviks. Inimesed ei ole enam õiguse subjektid, vaid, olles hierarhiliselt seotud, peavad nad alistuma vastu vaidlemata neid valitsevatele võimudele, mille eesotsas on tingimata jumalaga võrreldav valitseja. Klassiühiskond sünnib jällegi omaenese tuhast. See totalitaarne ja tagurlik ühiskond leidis pärast mitmetes maades võidukalt läbi löömist lõpuks natsistlikul Saksamaal võimaluse, mis hiljem näitas tema võimet jõuda kõige äärmuslikumate tagajärgedeni. Pärast põhjalikku ettevalmistust, süvendades julgelt ja süümepiinadeta rivaalitsemist, egoismi, rumalust ning tõmmates endaga kaasa ka teisi Euroopa riike – nende seas esimesena Itaalia – ja võttes liitlaseks ka Jaapani, kes jätkas Aasias sarnaste eesmärkidega, alustas ta kõikide üle domineerimist. Tema võit tähendaks totalitaarse süsteemi lõplikku kinnistumist kogu maailmas. Kõik tema A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 omadused muutuksid veelgi tugevamateks ning progressiivsed jõud peaksid leppima pikka aega vaid opositsiooni rolliga. Saksa sõjaväe traditsiooniline ülbus ja järeleandmatus peaks meile juba andma ettekujutuse sellest, milline oleks tema käitumine pärast sõjalist võitu. Võidurõõmsad sakslased võivad olla isegi mingil määral armulikud teiste Euroopa rahvaste suhtes, arvestades formaalselt nende maavaldusi ja poliitilisi institutsioone ning rahuldades sel viisil rumalat patriootlikkust, mis tunneb muret rohkem piiripostide värvide ja poliitikute rahvuse kui jõuvahekordade või riigiorganite järjepidevuse pärast. Siiski, ka varjatuna jääb reaalsus samaks: toimub järjekordne inimkonna lõhestumine spartalasteks ja helootideks. Kompromiss kahe vastandliku poole vahel tähendaks samuti sammu totalitarismi poole, sest kõik riigid, kes Saksamaa ülemvõimust pääseksid, oleksid sunnitud oma poliitilisi mehhanisme järjekordseks sõjaks ette valmistama. Ent kui hitlerlik Saksamaa on suutnud väiksemad riigid ükshaaval võita, on ta oma tegevusega kaasanud ka järjest suuremaid jõude. Suurbritannia võitlusvõime isegi kõige kriitilisematel hetkedel – isegi üksi vaenlase vastu jäädes – tingis selle, et sakslased pidid vastamisi seisma nõukogude vägedega ning Ameerikal oli aega alustada mobilisatsiooni oma piiramatutest tootlikest ressurssidest. Ja see võitlus Saksa imperialismi vastu on olnud otseselt seotud Hiina rahva võitlusega Jaapani imperialismi vastu. Juba on üles rivistatud hiiglaslikud inimmassid ja varad võitluseks totalitarismi vastu; nende jõud on saavutanud oma maksimaalse võimsuse ja nüüdsest alates võib neid kasutada vaid vähehaaval. Vastased aga on juba langusperioodist üle saanud ja koguvad taas jõudu. Liitlaste sõda tekitab iga päevaga juurde soovi vabaneda, seda samuti riikides, mis olid allutatud vägivallale ning kaotasid pärast saadud lööki täielikult tee lahendusteni; ka Teljeriikide rahva seas äratas see sarnase soovi, avastades, et nad on sattunud viletsusse ainult selleks, et oma riigipeade soove järgida. See aeglane protsess – mille kaudu hiiglaslikud inimmassid lasid end passiivselt uue režiimi jaoks kujundada, kohandades end sellega ja aidates sel viisil kaasa viimase tugevdamisele – peatus ning alustas seejärel vastupidises suunas liikumist. Selles suures lainevoos, mis tasapisi tõuseb, leiame me kõiki edasiliikuvaid jõude, töölisklasside kõige helgemaid hulki, kes ei ole lasknud end võita ei hirmust ega tulutust soovist saada paremaid elutingimusi; intelligentsi kõige vastutustundlikumaid esindajaid, solvatuna nende viletsast positsioonist; ettevõtjaid, kes tunnevad endas soovi võtta uusi initsiatiive, tahavad vabaneda bürokraatia tõketest ning segavatest võimudest; ning viimaks, kõiki neid, kes sünnipärasest eneseuhkusest ei suuda end alandada. A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Kõigi nende jõudude kätte on täna usaldatud meie ühiskonna pääsemine. II. Sõjajärgsed ülesanded. Euroopa ühtsus Saksamaa kaotus ei saaks aga Euroopat meie ideaalse ühiskonnamudeli järgi automaatselt uuesti üles ehitada. Lühikese ja tugeva üldise kriisi ajal (riigid oleksid hingetud ja rahvahulgad ootaksid ärevalt uusi sõnumeid, muutudes uutes vormides sulavaks, hõõguvaks, nõretavaks massiks, kujundades end tõsimeelsete internatsionalistlike kavandite järgi ümber) prooviksid vanade natsionalistlike süsteemide ajal priviligeeritud ühiskonnakihid nüüd seda internatsionalistlikku lainet kas varjatult või vägivaldselt peatada ning taastada vanad riigiorganid. On võimalik, et Inglise võimujuhid, olles võib‐olla kooskõlas Ameerika arvamusega, üritavad samas suunas teed rajada, taastamaks tasakaalustatud võimuga poliitika ilmselgelt enda impeeriumite huvides. Konservatiivsed jõud, teisisõnu: rahvusriikide põhiorganite juhid, relvastatud vägede juhid, kuningriigi pooldajad (seal, kus veel kuningriike eksisteerib); monopolistaatust omavad kapitalistid, kes on oma kasud sidunud riiklike kasumitega; suurmaaomanikud ja kirikupead, kellele vaid stabiilselt konservatiivne riik saab parasiitseid sissetulekuid garanteerida; ning nende järel suur hulk inimesi, kes neist sõltuvad või siis on harjunud nende traditsioonilise võimuga; kõik need tagurlikud jõud, kes on juba hakanud tundma, et maja seinad hakkavad kokku varisema ning püüavad end päästa. Varing võtaks neilt äkitselt ära kõik tagatised, millest nad seni osa on saanud ning jätaks nad progressiivsete jõudude kätte. REVOLUTSIOONILINE OLUKORD: VANAD JA UUED VOOLUD Totalitaarsete režiimide läbikukkumine tähendab kõigile rahvastele sentimentaalses mõttes „vabaduse“ saabumist, kaovad ära kõik piirangud ning koheselt hakkavad valitsema laialdane sõnaja ühinemisvabadus. Sellest saab demokraatiliste suundumuste triumf. Viimastel on palju erinevaid nüansse, mis ulatuvad väga konservatiivsest liberalismist sotsialismi ja anarhiani. Nad usuvad sündmuste ja institutsioonide „spontaansesse isetootmisesse“, altpoolt tulevate soovide absoluutsesse headusesse. Nad ei taha sekkuda ei „ajalukku“, „rahvasse“, „proletariaati“ ega ka sellesse, kuidas nad oma Jumalat nimetavad. Nad soovivad diktatuuride lõppu ning arvavad, et see ongi rahva seadusliku enesemääramisõiguse taastamine, nende unistuste tipuks on põhiseaduslik assamblee, mida valitakse enamushäältega ning arvestades piinliku täpsusega iga valija õigusi; see assamblee otsustaks ka põhiseaduse vastuvõtmise. Kui A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 rahvas ei ole piisavalt küps, valitakse halb põhiseadus; seda aga saab parandada vaid pideva veenmistöö abil. Demokraadid ei väldi üldiselt vägivalda; siiski soostuvad nad seda kasutama vaid siis, kui enamik on veendunud selle hädavajalikkuses, teisisõnu, kui on tegemist vaid tühise täpiga „i“ peal; sel põhjusel on nad tõhusad juhid vaid tavapärastel rahuperioodidel, kui nende rahvas on veendunud põhiinstitutsioonide headuses ning selles, et viimaseid on vajalik muuta vaid mõnes teisejärgulises aspektis. Revolutsiooniperioodidel, kui institutsioone ei pea enam ainult haldama, vaid looma, variseb demokraatia praktika kokku. Kõige eredamad näited sellest on demokraadid Vene, Saksa ja Hispaania revolutsioonides. Olukordades, kus vana riigiaparaat on koos oma seaduste ning administratsiooniga läbi kukkunud, tõusevad kohe esile vanale korrale kas sarnased või seda kritiseerivad assambleed ja rahvaesindused, mille raames võtavad sõna kõik progressiivsed sotsialistlikud jõud. Rahval on loomulikult mõned põhivajadused, ent ta ei ole veel oma soovides kuigi kindel. Tema kõrvades kõlab tuhat kella. Miljonite peadega ei suuda ta alati orienteeruda ning tema hinges toimub pidev sisemine võitlus. Siis, kui on tarvis teha suuri otsuseid, tunnevad demokraadid end ebakindlalt, kuna neil ei ole enam endist rahvapoolset toetust – alles on vaid pidev kirgede torm. Nad arvavad, et nende kohuseks on see toetus taas saavutada ning esitlevad end uuenduslike oraatoritena, kuigi tegelikkuses on vaja hoopis selge sihiga riigipeasid. Nii kaotavad nad uue režiimi kinnistamiseks soodsaid juhuseid, püüdes otsekohe saada tööle organeid, mis nõuavad pikka ettevalmistusaega ning mille tulemusena on nad tõhusad vaid suhteliselt rahulikel perioodidel; nad kingivad oma vastastele aega juurde, mida viimased kättemaksuks hiljem ära kasutavad; nad ei esinda enam tuhandeid tendentse ega uuenduslikke soove, vaid segaseid meeleolusid, mis üksteist halvates valmistavad ette tagurluseks sobivat pinnast. Demokraatliku poliitika metodoloogia muutub seega revolutsioonilise kriisi surnud punktiks. Samal ajal kui demokraadid oma kasutute vabadust tõotavate vestlustega oma algset populaarsust kaotavad – ning kuna tõsiseltvõetavat poliitilist ja sotsiaalset revolutsiooni ei toimu – oleks kindlasti võimalik taastada tööliste poliitilised institutsioonid ja algaks uuesti võitlus vanu ühiskonnaklasse vastandavate skeemide järgi. Põhimõte, mille järgi klassidevaheline võitlus on võti kõikide poliitiliste probleemide lahendamiseks, on loonud põhinormid spetsiaalselt tööliste ja vabrikute jaoks ning aidanud poliitikale sisu juurde anda, samas kui põhiinstitutsioonid on endiselt küsimuse alla jäänud. Juhul, kui on vajalik terve ühiskond ümber kujundada, saab samast põhimõttest hoopis tööliste isoleerimisvahend ning sellest tulenevalt oskavad töölised – keda on haritud A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 klassiühiskonna vaimus – näha vaid enda klassi või kategooriaga seotud hüve, sidumata neid teiste ühiskonnaklasside huvidega; teisel juhul unistavad nad ühepoolsest sõjaväelisest diktatuurist ja utoopilisest kollektivisatsioonist, mida propaganda reklaamib kui universaalset ravimit. Sel poliitikal ei õnnestu olla aktsepteeritud mitte ühegi teise sotsiaalse organismi poolt ning seega langevad kõik teised progressiivsed jõud tagurlike käte vahele, kes kasutab olukorda osavalt ära proletariaadi liikumise hävitamiseks. Erinevate töölisliikumiste seas – kes järgivad klassiühiskonna poliitikat ja kollektivistlikku ideaali – on kommunistidel olnud raske koguda piisavalt jõude ning sellest tulenevalt on neil erinevalt kõikidest teistest rahvaparteidest väga range distsipliiniga liikumine, millest võtab eeskuju ka Vene müüt, korraldades tööliste elu ilma neile tähelepanu pööramata ning kasutades neid vaid kõige lihtsamate tööde jaoks. Sellise käitumisviisi tõttu on kommunistid revolutsiooniliste kriiside ajal palju tõhusamad kui demokraadid; ent tööliste ning teiste revolutsiooniliste jõudude vahel suurt vahet tehes – kinnitades kõikidele, et nende „tõeline“ revolutsioon on veel tulemas – moodustavad nad otsustavatel hetkedel sektilaadse elemendi, mis nõrgestab tegelikult ühendust tervikuna. Pealegi ei võimalda nende täielik sõltuvus Vene riigist (kes neid korduvalt oma huvide tarvis ära on kasutanud) luua ühtki kestvamat poliitikat. Neil on alati vaja peita end mõne Károly, Blum’i või Negrin’i taha, et hiljem laostuda koos kõigi demokraatidest fantoomidega; seda enam, et on väga keeruline saavutada võimu vaid strateegiliste trikkide abil – vaja on vastata organiseeritult ja elujõuliselt kõigile kaasaegse ühiskonna nõudmistele. Kui tulevikus muutuks sama võitlus vaid riigisiseseks fenomeniks, oleks väga raske vanu vastuolusid vältida. Rahvusriigid on oma majanduslikud eesmärgid niivõrd tugevalt ära defineerinud, et keskseks küsimuseks saaks peagi see, millised majanduslikud huvid – teisisõnu, milline sotsiaalne klass – peaks omama võtit võimu juurde. Progressiivsed jõud laguneks peagi majanduslike kategooriate ja ühiskonnaklasside vahelise pideva tüli tõttu. Ilmselt saaksid olukorrast kõige rohkem kasu tagurlikud jõud. Tõeline revolutsiooniline liikumine peaks saama alguse nende hulgast, kes on osanud vanu poliitilisi seisukohti kritiseerida; see peaks oskama koostööd teha ka demokraatidega, kommunistidega ning üldisemas mõttes kõigi nendega, kes totalitarismi vastu töötavad, laskmata end samas mõjutada ühegi demokraatilise partei konkreetsest poliitikast. Tagurlike jõudude käsutuses on juhiharidusega ning väga osavad inimesed, kes on võimelised väsimatult oma privileegide säilitamise eest võitlema. Kui saabub otsustav moment, oskavad nad end varjata, nimetades end vabaduse, rahu ja kõikide – ka vaesemate ühiskonnaklasside – austajateks. A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Minevik on meile näidanud, kuidas nad end rahvaliikumiste taha haakinud on ning kuidas nad viimased hiljem halvavad, oma teelt kõrvale juhivad, muutes nad täiesti vastupidiseks sellele, mis nad algselt olid. Ilma vähima kahtluseta on tegemist kõige ohtlikuma jõuga, millele tuleb kindlameelselt vastu seista. Tagurlike jõudude keskseks argmendiks on rahvusriigi taastamine. Sel viisil suudavad nad inimestes äratada rahvusliku tunde, mis on poliitiliste liikumiste poolt kõige haavatavam, ent ka kõige kergemalt ära kasutatav tagurlike eesmärkide saavutamiseks: patriotism. Sel viisil saavad nad ka oma vastaste ideid kõige lihtsamalt „ähmastada“, seda enam, et rahvamasside jaoks on ainuke poliitiline kogemus toimunud rahvusriigi kontekstis – nii on viimaseid ning nende kõige pimedamaid juhte väga lihtne veenda kõiges selles, mis puudutab riikide ülesehitamist ja taastamist peale tormi. Kui see eesmärk oleks täidetud, oleks tagurluse võit kindel. Sellised riigid võivad olla väliselt täiesti demokraatlikud ja sotsialistlikud; niisiis on ainult aja küsimus, et võim jõuaks uuesti tagurlike jõudude kätte. Uuesti tõuseks esile rahvuslikud tunded ning iga Riik leiaks rahulolu enda nõudmiste täitmisest relvastatud jõudude abil. Põhiülesandeks oleks muuta varem või hiljem inimesed sõjaväeks. Kindralid hakkaksid uuesti käsutama, monopolistid saaksid uuesti oma võimu kätte, bürokraatiline korpus muutuks hiiglaslikuks ja piiskopid haaraksid taas rahva ohjad enda kätte. Kõik algsed saavutused jõuaksid uuesti nullpunkti, sest riiki oleks taas vaja sõjaks ette valmistada. Esimene probleem, mis tuleks lahendada – ning kui seda ei saa lahendada ükski teine jõud – on vaid väline probleem, täpsemalt Euroopa lõplik jagamine suveräänseteks rahvusriikideks. Suurema osa riikide hävinemine Saksamaa teerulli all on Euroopa rahvaid juba ühendanud: kõik peavad kas koos hitlerliku režiimi alla minema või vastupidi – kui viimane langeb – sisenema revolutsioonilisse kriisi, mis ei võimalda neil tugevaid riiklikke struktuure üles ehitada. Täna on föderaalse Euroopa ümberkorraldamise idee palju vastuvõetavam kui minevikus. Viimaste kümnete aastate raske kogemus on avanud ka nende silmad, kes näha ei tahtnud ning olukord soosib igati meie ideaali. Kõik mõistlikud inimesed tunnistavad täna, et militaristliku Saksamaaga kõrvuti eksisteerivate Euroopa iseseisvate riikide olukorda ei saa tasakaalus hoida analoogselt teiste riikidega ning et samuti ei saa killustada Saksamaad ja teda võidetuna alla suruda. Kogemus näitab, et mitte ükski Euroopa riik ei saa jääda kõrvale, kui teised omavahel tülitsevad ning et neutraalsust kinnitavad deklaratsioonid ja null‐agressiivsuse aktid on täiesti kasutud. Juba küllalt on nähtud, kui kasutud ja isegi ohtlikud on organisatsioonid nagu Rahvaste Ühendus, mis püüavad tagada rahvusvaheliste seaduste täitmist ilma sõjaväelise toetuseta ning arvestades samas kõikide liikmesriikide absoluutset A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 suveräänsust. Mittesekkumise põhimõte on alati olnud absurdne – selle järgi peaks iga rahvas omama vabadust valida selline despootlik valitsus, nagu ta parasjagu soovib, justkui ei peaks iga riigi põhiseadus olema kooskõlas ka kõikide teiste liikmesriikidega. Samuti on esile tõusnud mitmeid lahendamatuid probleeme, mis mürgitasid kogu kontinendi elu – mitme rahvusega piirkondadesse piiride kehtestamine, vähemusküsimused, sisemaal asuvate riikide väljapääs merele, Balkani küsimus, Iiri küsimus jne. – need probleemid saaksid lihtsama lahenduse Euroopa Föderatsioonis. Lahenduse sai kunagi ka suure ühendusega liituvate väikeriikide probleem: kibedusest üle saades muudeti probleemid erinevate provintsidevahelisteks suheteks. Teisest küljest, inglastele „täielikku isolatsiooni“ tõotava võitmatu staatuse lõpp, sõjaväe ja Prantsusmaa lagunemine pärast esimest tõsist kokkupõrget Saksamaaga (tulemus, mis loodetavasti vähendas Gallia šovinistlikku käitumist ja üleolevat suhtumist) ning eriti olukorra tõsiduse teadvustamine – kõik need elemendid soodustavad föderaalse režiimi moodustamist, lõpetamaks praeguse anarhia. Faktid, et Inglismaa on nüüdseks aktsepteerinud India iseseisvuse alguse ning et Prantsusmaa kaotas osaliselt – oma läbikukkumist tunnistades – kogu oma impeeriumi, muudavad samuti lihtsamaks ühise nõu leidmise, loomaks Euroopa ühise kokkuleppe koloniaalvalduste suhtes. Kõigele sellele peab lisama mõnede põhiliste dünastiate kadumise ja olemasolevate alustalade nõrkuse. Peab arvesse võtma seda, et dünastiad – kelle jaoks riigid olid vaid endiste rantjeede territooriumid – kujutasid endast koos võimsate huvidega, mida nad toetasid, tõsist takistust ratsionaalsele Euroopa Ühendriikide organisatsioonile, mis omakorda võib toetuda vaid kõikide liikmesriikide vabariiklikele põhiseadustele. Juhul, kui nad hõlmavad – ületades Vana Maailma piiri – üldise visioonina kõiki inimkonda moodustavaid rahvaid, tuleb tunnistada, et Föderaalne Euroopa on ainuke garantii, mis võimaldab luua rahumeelseid suhteid Ameerika ja Aasia riikidega, lootes kunagi hiljem saavutada kogu maakera poliitilist ühtsust. Progressiivseid ja tagurlikke parteisid eraldav joon ei ole enam formaalne ega näita demokraatia kõrgemat või madalamat taset ega sotsialistide osakaalu arvu: see on hoopis uus piir, mis eraldab need, kelle lõppeesmärgiks on vanade traditsioonide võit – teisisõnu, rahvusliku poliitilise võimu kehtestamine – ning kes lihtsustavad seega (ka ise seda teadmata) vanu kirgi kütvaid tagurlikke mänge ning iidsete absurdsuste taas esilekerkimist, nendest, kes näevad oma põhiülesandena internatsionalistliku ja tugeva riigi loomist, suunates sellesse samuti rahvuslikud jõud. Isegi allutatud kujul kasutatakse neid esmase vahendina rahvusvahelise ühtsuse saavutamiseks. Propaganda ja tegevuse abil, püüdes kõigest hingest luua seoseid ja kokkuleppeid erinevates riikides tekkivate liikumiste vahel, on vaja koheselt A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 luua sellise liikumise alused, mis oleks võimeline koondama kõiki jõude. On vaja, et sünniks uus organism, mis oleks suurim ja uuenduslikum Euroopas; mis aitaks rajada föderaalset ja stabiilset Euroopat ühtse relvastatud sõjaväega riiklike vägede asemel; mis hävitaks süümepiinadeta totalitaarsete riikide selgrooks olevad majanduslikud monopolid; mis omaks piisavalt vahendeid selleks, et föderaalsed riigid oleksid võimelised ise oma otsuseid vastu võtma, et kõigile riikidele jääks piisavalt autonoomiat tõhusa poliitika korraldamiseks vastavalt iga rahvuse eripäradele. Kui põhilistes Euroopa riikides on piisavalt inimesi, kes sellest kõigest aru saavad, ei ole võit kaugel, sest nii füüsiline kui vaimne seisund on selleks juba valmis. Nende vastasteks on viimase kahekümne aasta jooksul diskvalifitseerunud parteid ja tendentsid. Käes on uute tegude ja uute inimeste aeg: LIIKUMINE VABA JA ÜHTSE EUROOPA NIMEL. III. Sõjajärgsed ülesanded. Ühiskonna reformed. Vaba ja ühtne Euroopa on vajalik kaasaegse ühiskonna tugevdamiseks ja totalitarismi peatamiseks. Viimase lõppemine võimaldaks koheselt käivitade ajaloolise protsessi ebaõigluse ja sotsiaalsete privileegide vastu. Kõik vanad ja konservatiivsed institutsioonid, mis protsessi takistaksid, on juba hävinenud või hävinemas ning seda kriisi peaks julgelt ja otsustavalt ära kasutama. Euroopa revolutsioon – selleks, et see meie soovidele vastaks – peaks olema sotsialistlik, teisisõnu, peaks soodustama tööliste iseseisvust ning inimlikumaid elutingimusi. Siiski ei tohiks selleks kasutatav „kompass“ olla absoluutne: põhimõtteliselt peaks kaotama igasuguseks tootmiseks vajaliku eraomandi ning seda peaks aktsepteerima vaid hädavajalikus olukorras. Majanduse täielik riigistamine oli esimene utoopia, mille abil töölised uskusid vabastada end kapitalismi orjusest; siiski ei vii see unistuste täitumisteni, vaid sellise režiimi rajamiseni, kus kogu rahvas on sunnitud alluma majandust juhtiva piiratud bürokraatidest grupile. Sotsialismi tegeliku aluse ning sellega kaasneva üldise kollektiviseerimise kohta on tehtud liialt kiireid ja eksitavaid järeldusi, sest tegeliku printsiibi kohaselt ei tohiks majanduslikud jõud domineerida mitte inimesi – vaid vastupidi – inimesed peaksid ise suunama majandust endale kõige mõistlikumal viisil. Samamoodi peaksid nad käituma ka loodusjõududega, et rahvamassid ei muutuks viimaste ohvriks. Individuaalsest huvist tulenevad hiiglaslikud jõud ei peaks langema taas rutiini lõksu ning leidma end lahenduseta olukorrast, püüdes tekitada initsiatiivi palgakõrgenduste ja muu sarnase kaudu; vastupidi, neid jõude peaks stimuleerima ja laiendama, et pakkuda paremaid töö‐ ja palgavõimalusi kõigile, suunates jõukanalid kogu ühiskonna jaoks soodsate eesmärkide poole. A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Eraomandi peab ära kaotama, piirama, korrigeerima või suurendama vastavalt konkreetsele olukorrale. See suund kuulub militarismist ja rahvuslikust bürokraatiast vabanenud majandusliku Euroopa kujundamise protsessi juurde. Irratsionaalsete otsuste asemele peavad tulema ratsionaalsed otsused, seda ka tööliste teadvuses. Selleks, et programmi sisust paremini aru saada, rõhutades iga selle elemendi sobivust ja kasutusviisi – mida peaks omakorda alati seostama Euroopa hädavajaliku eelarvega – tuleks välja tuua järgmised punktid: Enam ei saa jätta erasektori kätte firmasid, mille äritegevus on täiesti monopoolne ning mis sellest tulenevalt omavad võimalust teenida tarbijate pealt väga suuri kasumeid; sellesse kategooriasse kuuluvad elektriga tegelevad ettevõtted, need, mida tahetakse hoida sellises positsioonis ühiste huvide pärast, mis vajavad toimimiseks protektsionismi, toetusi, soodsat seadusandlust jne (ehedaks näiteks on siinkohal metallurgitööstused Itaalias); samuti puudutab see firmasid, mis võivad pelgalt tänu oma kapitali ja tööliste arvu suurusele või sektori tähtsusele teha kaastööd valitsusega, surudes neile peale endale soodsat poliitikat (näiteks kaevandused, suured pangad, infrastruktuurid). See on sektor, kus peab kindlasti tegema suuri riigistamisi, ilma mingite mööndusteta omandatud õiguste suhtes. Omadused, mis iseloomustasid kunagi omandiõigust ja pärimisõigust, on teinud võimalikuks selle, et kõik rikkused kogunesid mõnedesse priviligeeritud kätesse – neid oleks nüüd revolutsiooni käigus sobilik võrdselt laiali jagada, kõrvaldamaks parasiitsed klassid ja andmaks töölistele vajalikud tootmisvahendid, muutes nende majanduslikke tingimusi ning aidates neil saavutada iseseisvamat elu. Mõelgem, niisiis, põllumajandusreformile, mille kaudu haritaks maad ja mille abil omanike arv kasvaks jõudsalt, ning tööstusreformile, mis laiendaks tööliste omandiõigust mitte riigi valduses olevate sektoriteni kooperatiivse juhtimise ja aktsiate kaudu jne. Noori peab aitama olemasolevate vahenditega, vähendamaks suuri klassierinevusi võitluses elu nimel. Riiklik koolisüsteem peaks võimaldama selle, et kõige andekamad – ja mitte vaid kõige rikkamad – õpilased saaksid omandada kõrghariduse ning et haridust saaks omandada kõigil erinevatel erialadel, valmistamaks noori ette erinevateks ametiteks, vabadeks ning teaduslikeks tegevusaladeks vastavalt tööturu nõudmistele nii, et keskmised palgad oleksid võimalikult võrdsed kõigis kategooriates vastavalt individuaalsele võimekusele, ükskõik, kui suured vahed sektorisiseselt palkades eksisteerivad. Esmasteks vajadusteks massiivselt toodetud hüvede peaaegu piiramatu võimsus võimaldab moodsa tehnika abil tagada peaaegu kõigile suhteliselt madala hinnaga toidu, peavarju ja riietuse – teisisõnu, inimväärikuseks A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 vajalikud minimaalsed mugavused. Inimeste solidaarsus nende suhtes, kes võitlevad elu ja surma nimel, ei peaks alati väljenduma heategevuses – see on alati alandav ning toodab samasugust halba, mille tulemusi ta parandada soovib – vaid pakkuma tingimuseta tagatisi kõigile, nii nendele, kellel on võimalik töötada kui ka neile, kellel see võimalik ei ole, selleks, et saada osa väärikast elust, taandamata motivatsiooni vaid tööle ja kokkuhoiule. Sel moel ei lange keegi viletsusse ega pea alla kirjutama ekspluateerivatele lepingutele. Töölisklassi vabastamine võiks toimuda ainult juhul, kui eksisteerivad järgnevad tingimused: vältides monopoolsete sündikaatide majanduspoliitika domineerimist, mis reguleerivad suurkapitalide absoluutset üleolekut töökeskkonnas. Töölised peavad omandama taas vabaduse saada tagasi oma ühiskondlikud garantiid, et koos käsitleda tingimusi, mille kohaselt nad teenuseid jagada soovivad ning riik peaks tagama omaltpoolt juriidilised meetmed lepingute korrektseks täitmiseks; siiski peaks võitlema kõigi monopoolsete tendentside vastu nii kaua, kui kõik mainitud sotsiaalsed muutused toimunud on. Need on vajalikud muutused, loomaks uuele korrale vastavalt sellest huvitatud kodanikevõrgustiku ning andmaks poliitikale suurema vabaduse ja sotsiaalse solidaarsuse. Nendel alustel saavad poliitilised vabadused lõpuks ometi endale konkreetse sisu, mis ei ole enam ainult formaalne, vaid eksisteerib kõikide jaoks: sel viisil oleks olemas juba piisav kodanike hulk, kellel oleks piisavalt teadmisi, et valitsevate organite üle pidevat ja tõhusalt kontrolli teostada. Oleks pealiskaudne piiritleda end vaid põhiseaduslike institutsioonidega, sest olles ise võimetu nägema ette tingimusi, milles nad toimima peaksid, ei teeks me muud, kui kordaks seda, mida kõik juba niigi teavad nii esinduslike organite, seaduste loomise kui kohtunike iseseisvuse kohta; selle kohta, kuidas praegust olukorda peaks muutma, et oleks võimalik vastu võtta korrektseid seaduseid sõna‐ ja ühinemisvabaduse nimel, valgustamaks avalikku arvamust ja andmaks kõigile kodanikele võimaluse osaleda tõhusalt riigi tegevuses. On vaja vaid täpsustada kaks väikest küsimust, et ettepanekud selgineksid ning et nende tähtsusest meie maal veelgi enam aru saadaks: nendeks on riigi suhted kirikuga ning poliitilise esindatuse iseloom: Kokkuleppe, mille kohaselt Vatikan on Itaalias seotud fašismiga, peaks eemaldama viivitamatult, kinnitamaks riigi täielikku ilmalikkust ning näidates ilma ühegi kahtluseta riigi tähtsust tsiviilküsimustes. Kõiki religioone peaks austama võrdsetel alustel: riik ei peaks tegema mingisuguseid kultuslikke eelistusi. See kaardimajake, mille fašism oma korraga ehitas, laguneb koost koos kõigi teiste totalitaarse riigi osadega. On neid, kelle arvates võib neist rusudest A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 tekkida uuesti materjale uue põhiseadusliku korra jaoks. Meie seda ei usu. Totalitaarsetes riikides poliitiliselt töölisi kontrollivad korporatiivsed kojad on täielik narrus. Isegi kui viimased oleksid erinevate poolte ausad esindused, ei oleks nad kunagi pädevad, lahendamaks üldpoliitilisi küsimusi ning majanduslike teemade puhul muutuksid nad kõige võimsamate sündikaatide allorganisatsioonideks. Sündikaatidele vastavad küll laialdased koostööfunktsioonid riigiorganitega – mis vastutavad neid otseselt puudutavate probleemide lahendamise eest – ent neid ei tohiks mingil juhul usaldada seadusandlike funktsioonide puhul, seda enam, et sellisel juhul oleks tulemuseks täielik majanduse feudaalanarhia, mis muutuks uuendatud poliitiliseks despootluseks. Paljud neist, kes on lasknud end petta korporativismi müüdist, võivad ja peaksid suunduma uuenduste poole; nad peaksid siiski teadvustama oma eelneva otsuse absurdsust. Korporativism võib võtta kuju vaid totalitaarsetes riikides, et allutada töölised ametnikele, kes kontrollivad viimsetki kui nende liigutust valitsuse huvides. Revolutsiooniline partei ei saa otsustaval hetkel diletantlikult improviseerida, vaid peab end harima alates praegusest momendist vähemalt keskpoliitika tasandil, mis puudutab põhiraamistikke ja esimaseid määrusi. Ta ei peaks esindama kuidagimoodi kokku pandud tendentsidest heterogeenset massi, teisisõnu, ta ei tohks oma antifašistliku mineviku pärast ja ainult totalitaarse režiimi langust oodates laskma endal killustuda ka siis, kui eesmärk on juba saavutatud. Revolutsiooniline partei teab täpselt, et alles siis algaks tema tegelik ülesanne ja seega peab ta koosnema inimestest, kes on põhiliste tulevikuprobleemide suhtes ühel nõul. Oma metoodilise propagandaga peab ta sisenema sinna, kus on praegusele režiimile allutatud inimesed, võttes lähtepunktiks probleemi, mis on iga hetkega valusam nii indiviidi‐ kui klassitasandil, näidates, kuidas see probleem suhestub teiste probleemidega ja mis võiks olla kõige tõeline lahendus. Ent oma toetajate arvu kasvades peab ta liikumise toimimiseks tööle võtma ainult need, kelle põhiliseks elu eesmärgiks on Euroopa revolutsioon, kes peavad neid eesmärke teostama iga päev, range distsipliini abil, vajalikus töömahus, valvates tähelepanelikult turvalisuse ja efektiivsuse üle ka kõige ebaseaduslikumates olukordades, moodustades sel viisil tugeva võrgustiku, milles oleks koht ka toetajate kõige nõrgemal lülil. Kasutades ära kõiki juhuseid ja sihtgruppe, et oma sõnumit levitada, peab partei oma jõud suunama esmalt kõige tähtsamate ideede levitajateni ning värbama oma ridadesse kõige pädevamaid inimesi; esiteks, kõige õrnemate ja tundlikumate sotsiaalsete gruppide suunas nii täna kui homme, teisisõnu, tööliste ja intellektuaalide seas. Esimene neist (töölised) on end kõige vähem totalitarismile allutanud ning kõige enam valmis oma ridu ümber A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 organiseerima. Intellektuaalid – eriti noorimad nende seas – on need, kes tunnevad end vaimselt kõige ahistatumalt ning kes vihkavad despootlust kõige enam. Seejärel, vähehaaval, saab olema ka teisi sotsiaalseid gruppe, kes on üldisest liikumisest huvitatud. Igasugune liikumine, mis ei suuda neid kahte jõudu ühendada, on määratud läbikukkumisele, sest kui tegemist on vaid intellektuaalse liikumisega, jääb sellel puudu liikmete arvust, et välja ajada kõik teised tagurlikud jõud ning töölised seda seega enam ei usalda ega austa. Isegi kui tegemist on demokraatlike tunnetega, kukub see läbi raskuste tõttu võitlusväljal, kus kõik teised klassid on mobiliseeritud tööliste vastu, teisisõnu, see võib viia fašismi taastamiseni. Toetudes aga ainult töölistele, jääb puudu sellest mõtteselgusest, mis võib pärineda vaid intellektuaalidelt ning mis on oluline, eristamaks õigesti uusi kohustusi ja uusi suundi: selline liikumine jääks vana klassitsismi vangiks ning näeks igal sammul vaid vaenlasi, suundudes kommunistliku lahenduse poole. Revolutsioonilise kriisi ajal on sellel liikumisel vaja organiseerida ja juhtida progressivseid jõude, kasutades kõiki populaarseid organeid, mis moodustuvad spontaanselt justkui tulised söed ning millesse lisanduvad ka revolutsioonilised massid, eesmärgiks mitte ainult rahvahääletus, vaid ka lootus järgida õiget suunda. Sellest saab alguse kindlus ja visioon edasise tegevuse kohta, ent mitte siiani veel puudu oleva rahvusliku tahte tõttu, vaid teadlikust soovist esindada kaasaegse ühiskonna sügavaid nõudmisi. Sel viisil tekivad uue korra esimesed direktiivid, esimene sotsiaalne kord vormitule massile. Selle revolutsioonilise partei diktatuuri kaudu kujuneb välja uus riik ning sellega koos uus ja tõeline demokraatia. Ei tohiks karta, et taoline revolutsiooniline režiim viiks tingimata uue despootluse juurde. See toimuks ainult juhul, kui püütaks järgida orjaühiskonna mudelit. Kui aga revolutsiooniline partei loob algusest peale kindla rütmi ning tingimused vabaks eluks, nii et kõik kodanikud saaksid tõeliselt riigi elus osaleda, viib selle areng – isegi kui võivad tekkida mõned poliitilised kriisid – järkjärgulise uue korra mõistmiseni ning seega uue kasvava võimaluseni vabade poliitiliste instituutide toimimise suunas. Nüüd on käes moment, mil on vaja eemalduda vanadest mudelitest ning olla valmis uuteks olukordadeks, mis on väga erinevad kõigest sellest, mida võis ette kujutada; on vaja eemaldada kõik ebasobiv ja vana ning luua noorte hulgas uut energiat. Täna otsivad ja leiavad nad taas üksteist, luues koos uut tulevikku, kõik need, kes on hakanud märkama praeguse Euroopa ühiskonna kriise ning kes seetõttu võtavad taas kokku kõik inimkonda tiivustanud liikumised, mis on eelnevalt läbi kukkunud vaid selle tõttu, et ei ole A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 aru saadud kas eesmärgist või sellest, kuidas selle eesmärgini jõuda. Teekond selleni ei ole ei lihtne ega turvaline. Ent selleni peab jõudma ja selleni jõutakse! Altiero Spinelli ja Ernesto Rossi Ventotene, suvi 1941 A. Spinelli, E. Rossi, Vaba ja ühendatud Euroopa nimel Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Johdanto Pertti Lepistö Pieni Ventotenen saari ei liene vieläkään kovin tunnettu Suomessa, ja on selvää, että toisen maailmansodan aikana siitä oli kuultu vielä harvemmin. Ehkä Suomeen oli kantautunut vain hajanaisia tietoja pikkuruisesta saaresta, jonka fasistidiktaattori Benito Mussolinin valtakoneisto oli havainnut oivaksi paikaksi toisinajattelijoiden tehokasta eristämistä varten. Suomella oli saman aikaan omat ongelmansa oman hengissä pysymisensä kanssa. Josif Stalinin Neuvostoliitto ja Adolf Hitlerin Saksa olivat päättäneet elokuussa 1939 solmitulla Ribbentropin ‐ Molotovin sopimuksella Suomen päätymisestä Neuvostoliiton etupiiriin, mikä oli johtava Suomen vasta keväällä 1945 loppuneisiin sotiin. Suomi säilytti itsenäisyytensä, mutta Neuvostoliiton kanssa solmittu ja useaan otteeseen jatkettu ystävyys‐, yhteistyö‐ ja avunantosopimus oli kuitenkin jonkinlaisena täydellisen puolueettomuuden varjona aina 1990‐ luvulle saakka ja samalla Suomessakin luonnollisesti virinneiden eurooppalaisuushenkisten tavoitteiden jarruna, vaikka Suomi sitoutuikin yya‐ sopimuksen voimassaolon aikana moniin muihinkin kansainvälisiin sopimuksiin. Suomen luonnollinen Eurooppa‐hakuisuus sai täyttymyksensä tammikuussa 1995, kun Suomesta tuli Euroopan unionin jäsenmaa. Mitä Ventotenen tuskin 15 neliökilometrin kokoisella saarella sitten on tekemistä yhtenäisen Euroopan ja edelleen Suomen kanssa? Paljonkin, vaikka saaren eristysleirin ja sen asukkaiden ‐ ja erityisesti Eugenio Colornin, Ernesto Rossin ja Altiero Spinellin ‐ merkitystä ei vielä laajasti Suomessa tunnetakaan. Fasismin vaarallisiksi toteamat miehet eivät lannistuneet jyrkkäkurisessa pakkotoimettomuudessa alati uhanneeseen depressioon, vaan he löysivät laajoissa ja syvällisissä keskusteluissaan oman henkisen vapautensa, joka oli ideaali yhdistetystä, yhtenäisestä ja vapaasta Euroopasta. Vuosien pohdinnan ja keskustelujen tuloksena syntyi manifestiluonnos, joka salakuljetettiin saarelta manner‐Italiaan ja jota sitten levitettiin italialaisen vastarintaliikkeen piirissä. Sittemmin julistusluonnos, jonka pääosan kirjoittivat Altiero Spinelli ja Ernesto Rossi ja johon Eugenio Colorni myöhemmin laati esipuheen, on yleisesti tunnettu nimellä Ventotenen manifesti. Julistusluonnos sai lopullisen muotonsa kesällä 1941, kun Saksa oli hyökännyt Neuvostoliittoon ja kun Suomi oli menossa kohti jatkosotaa. 229 P. Lepistö, Johdanto Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Spinellin syntymän satavuotisjuhlakomitea, Rooman La Sapienza ‐ yliopisto ja Lazion maakunta ovat nyt käännättäneet manifestin Euroopan unionin eri kielille. Kyseessä on ensimmäinen kerta, kun julistus pääsee todella suuren lukijajoukon ulottuville. Pitkä karkotus ja sen tuoma etäisyys tarjosivat Colornille, Rossille ja Spinelli tilaisuuden ‐ järjenvastaisestikin ‐ asioiden ennakkoluulottomaan ja perinpohjaiseen analyysiin. Euroopan unionin tuntemattomat kummisedät tunsivat varmasti Marxin, Engelsin, Leninin ja muiden teoriat kommunismista ja sosialismista ja niiden toteuttamisesta sekä eri näkemykset työväenluokan kärsimyksen lopettamisvaihtoehdoista, mutta he eivät antaneet oppi‐isiensä tekstien rajoittaa omaa poliittista ja eri selkkauksiin ja tuhoisaan maailmansotaan syitä ja niihin ratkaisumallia etsivää järkeilyään. Spinellin, Rossin ja Colornin analyysi on kirkkaampaa ja vapaampaa. Proletariaatin jatkuvaa kärsimystä ei suinkaan unohdeta, mutta työväenluokan mahdollisuudet paremman ja tasa‐arvoisemman yhteiskunnan rakentamisessa nähdään heti huonoina. Todelliseen uudistukseen pitää valjastaa kaikki yhteiskunnan luokat. Spinelli, Rossi ja Colorni näkevät Euroopan ainoana mahdollisuutena perustuslakiin pohjautuvan ylikansallisen valtion luomisen. Syy siihen, että Euroopassa oli aina epäonnistuttu eikä pysyvää rauhaa ollut pystytty saamaan aikaan, on yksinkertaisesti valtioiden rajoittamattomassa itsemääräämisoikeudessa, mikä taas kärjistyi totalitaaristen maiden vahvemman laki ‐tyyppisenä toimintana. Ventotenen manifesti syntyi kahdessa vaiheessa: Spinelli ja Rossi viimeistelivät varsinaisen manifestin kesällä 1941, ja Colorni kirjoitti sen esipuheen talvella 1944, kun Mussolini oli jo kaadettu Italiassa ja Yhtenäinen ja vapaa Eurooppa ‐liike oli jo toiminut maanalaisesti kaksi vuotta. Colorni selittää esipuheessa julistuksen syntyä ja korostaa, että manifestin sanoma ei ole sidoksissa minkään puolueen ohjelman. Manifesti on monelta osin hyvin kaukonäköinen: uuden yhteisön tavoitteina nähdään rahaliitto, yhteiset puolustusvoimat, yhteinen ulkopolitiikka, vapaa liikkuminen maiden välillä, tullirajojen poistaminen, mistä tavoitteista osa on jo toteutunut Euroopan unionissa. Manifesti ei dogmaattisesti kiellä tuotantolaitosten yksityisomistusta, mutta se sallittaisiin ainoastaan poikkeustapauksissa. Aina ennakoinnit eivät osu kohdalleen: manifestin mukaan kaikki suuret tuotantolaitokset ja pankit pitäisi ehdoitta valtiollistaa. Muussa tapauksessa jäisi vaara, että ne pääsevät tärkeytensä takia kiristämään yksityistä valtiota. 230 P. Lepistö, Johdanto Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Spinelli ideoi eurooppalaista federatiivista valtiota, jossa kaikkia koskevan politiikan pääkysymyksistä päättää laajalla vaalilla valittu parlamentti mutta jossa kunkin jäsenmaan ”poliittinen elämä kehittyy näissä maissa eri kansojen erityisominaisuuksien vaatimalla tavalla”. Kaiken kehityksen perustana on jyrkän kansallisista valtioista vapautuminen ja yksityisen ihmisen vapaus. Kiintoisa on myös julistuksen kohta, jossa puhutaan sosiaalisesta tuesta. Yhteiskunnan tulee toki tyydyttää kaikkien kansalaisten perustarpeet, mutta annetun avun ei pidä suuruutensa takia heikentää innostusta työntekoon. Samoin korostetaan, ”että valtion ei tarvitse pitää lukua uskonnoista”. Ventotenen manifestin teho on sen sanoman oikeellisuudessa. Tästä todistaa sekin, että Manifestiin perustuva järkeily on saanut suurta kannatusta melkein kaikissa poliittisissa suuntauksissa. Julistuksen monet ajatukset ovat vieläkin ajankohtaisia, vaikka ne syntyivätkin poikkeuksellisissa oloissa. Manifestissa todetaan edelleen, että vain vahva eurooppalainen federaatio voi antaa mahdollisuuden rakentaa rauhanomaiset ja toimivat suhteet muiden maanosien kansojen kanssa. Jos federaation rakentamisessa epäonnistutaan ja tuhoisa kansallismielinen ajattelu pääsee taas vahvistumaan, on kaikki menetetty, ja lopputuloksena voi taas olla ”ihmiskunnan jako Alistajiin ja Alistettuihin”. Mielestäni julistuksen ansioksi on ilman muuta katsottava sen ajatuksen ulkokohtaisuus, vaikka on hyvin mahdollista, että pitkän vankeuden takia kirjoittajien mielessä on ainakin ajoittain käynyt viettelys katkerankin sävyiseen analyysiin. Ajatuksenkulku on kuitenkin aina selkeä, vaikka julistuksen lauserakenne on välistä raskaahko. Ventotenen pieni saari ansaitsee siellä syntyneen julistuksensa vuoksi kaikin mokomin saamansa Euroopan saari ‐ lisänimen. 231 P. Lepistö, Johdanto Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Esipuhe Eugenio Colorni (Rooma 1944) Nämä kirjoitukset on laadittu ja toimitettu Ventotenen saarella, vuosina 1941 ja 1942. Tuossa poikkeuksellisessa ympäristössä, erittäin kovan kurin silmukassa, kun saatuja uutisia yritettiin tuhansin keinoin saada mahdollisimman tyhjentäviksi, kun pakkotoimettomuus teki surulliseksi, ja tuleva vapauttaminen levottomaksi, alkoi eräiden mielessä kypsyä kaikkien taisteluun ja toimintaan johtaneiden ongelmien uudelleen arvioinnin prosessi. Etäisyys konkreettisesta poliittisesta elämästä soi mahdollisuuden vapaampaan tarkkailuun, ja se kannusti perinteisten lähtökohtien uudelleen arviointiin niin, että takavuosien epäonnistumisten syitä ei etsitty niinkään parlamentaarisen tai vallankumouksellisen taktiikan virheistä tai yleistilanteen ”kypsymättömyydestä” vaan riittämättömyydestä yleisessä tilan teen määrittelyssä ja siinä, että taisteluun käytiin pitkin tuttuja välirikon linjoja ottaen liian vähän huomioon kaikkea uutta, joka muokkasi todellisuutta. Samalla, kun valmistauduttiin tehokkaasti lähitulevaisuuden suureen taisteluun, tunnettiin tarvetta ei pelkästään tehtyjen virheiden korjaamiseen vaan myös poliittisten ongelmien pääkohtien uudelleen muotoilemiseen, kun mieli oli vapaa doktrinäärisistä ennakkoluuloista ja puolueen myyteistä. Näin joidenkin mielessä kehittyi se keskeinen ajatus, että maantieteellisesti, taloudellisesti ja sotilaallisesti yksilöityneiden täysin riippumattomien valtioiden olemassaolo on perusristiriita ja ‐syy kriiseihin, sotiin, kurjuuteen ja hyödyn tavoitteluun, jotka koettelevat yhteiskuntaamme, koska tällaiset valtiot pitävät muita valtiota kilpailijoinaan ja mahdollisina vihollisinaan, ja koska yhteiselossa vallitsee ikuinen bellum omnium contra omnes ‐ tilanne(’kaikkien sota kaikkia vastaan’). Syitä siihen, miksi tämä ei sinänsä uusi ajatus sai uutuuden vaikutelman niissä oloissa ja tilanteessa, missä se syntyi, on monia: 1) Ennen kaikkea, kansainvälinen ratkaisu kuuluu kaikkien edistyksellisten puolueiden ohjelmaan, ja edistykselliset puolueet pitävät sitä tietyssä mielessä omien tavoitteidensa täyttämisen välttämättömänä tai automaattisena seurauksena. Demokraattien mukaan heidän tukemansa hallintomallin perustaminen jokaiseen maahan johtaisi varmasti sellaisen yhteisen tietoisuuden muodostumiseen, joka kulttuuri‐ ja moraalirajat ylitettyään muodostaisi kansojen vapaan yhdistymisen ‐ myös poliittisen ja taloudellisen ‐ 232 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 välttämättömän lähtökohdan. Ja sosialistit puolestaan, ajattelivat, että proletariaatin diktatuurin luominen eri valtioihin veisi itsestään kansainväliseen kollektiivivaltioon. Valtion modernin käsitteen ja siihen liittyvien kaikkien intressien ja tunteiden analyysi todistaa kuitenkin selvästi, että vaikka sisäisten hallintomallien samankaltaisuudet voivatkin helpottaa ystävyyssuhteita ja yhteistyötä eri valtioiden välillä, ei ole ollenkaan sanottu, että ne veisivät automaattisesti tai progressiivisestikaan yhdistymiseen niin kauan kuin on olemassa intressejä ja tunteita, jotka liittyvät johonkin rajojen sisälle suljettuun yhteyteen. Tiedämme kokemuksesta, että sovinistiset tunteet ja protektionistiset intressit voivat helposti johtaa kahden demokratian väliseen törmäykseen ja keskinäiseen kilpailuun. Eikä ole sanottu, että jokin rikas sosialistinen valtio välttämättä hyväksyisi omien voimavarojensa jakamisen toisen paljon köyhemmän sosialistisen valtion kanssa vain siksi, että siinä oleva hallintomalli on samankaltainen kuin sen oma hallintomalli. Poliittisten ja taloudellisten rajojen poistaminen valtioiden väliltä e siis ole välttämätöntä seurausta jonkin tietyn hallintomallin samanaikaisesta luomisesta jokaiseen valtioon, vaan se on oma ongelmansa joka pitää ratkaista siihen sopivin asein. Ei voi olla sosialisti, jos ei ole internationalisti ‐ se on totta ‐ mutta tämä on ideologinen side paremminkin kuin poliittinen ja taloudellinen tarve; ja sosialismin voitto yksittäisissä valtioissa ei välttämättä vie internationalistisen valtion syntyyn. 2) Se, mikä vei eteenpäin ja federalistisen teesin autonomi ‐ seen korostumiseen, oli tosiasia, että olemassa olevat poliittiset puolueet, joita yhdisti niiden omassa maassaan käymä taistelu, on opetettu, tavan ja perinteen vuoksi, esittämään kaikki ongelmat niin, että liikkeelle lähdetään vaietusta kansallisen valtion olemassaolon olettamuksesta ja että kansainvälisen järjestyksen ongelmia pidetään ”ulkopolitiikan” kysymyksinä, jotka ratkaistaan diplomatian keinoin ja eri hallitusten tekemien sopimuksien avulla. Tämä suhtautuminen on osin syy ja osin seurausta ensin mainitusta, jonka mukaan yhteisymmärrys ja yhtenäisyys muiden maiden kanssa tulee itsestään kunhan vallan valjaat on saatu käsiin omassa maassa ilman, että täytyy ryhtyä taisteluun nimenomaan tätä päämäärää varten. Näiden tekstien kirjoittajin oli sen sijaan juurtunut vakaumus, että sen, joka haluaa ratkaista kansainvälisen järjestyksen ongelman näiden aikojen keskeisenä ongelmana ja joka pitää ratkaisua välttämättömänä lähtökohtana kaikkien yhteiskunnassame olevien institutionaalisten, taloudellisten ja sosiaalisten ongelmien ratkaisuun, pitää nähdä tästä näkökulmasta kaikki sisäiset poliittiset erimielisyydet ja jokaisen puolueen käyttäytyminen ja myös jokapäiväistä taistelua ja taktiikkaa koskevat asiat. Kaikki ongelmat, 233 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 perustuslaillisista vapauksista luokkataisteluun, suunnittelusta vallan haltuun ottamiseen ja sen käyttöön saakka, joutuvat uuteen valoon, jos ne ratkaistaan aloittamalla siitä lähtökohdasta, että ensin pitää päästä yhteiseen järjestykseen kansainvälisellä alueella. Myös poliittinen menettely saa eri luonteen sen mukaan, mihin pelissä oleviin voimiin se tukeutuu ja mitä tunnussanaa korostetaan, ja sen mukaan, pidetäänkö olennaisena tavoitteena vallan haltuun ottoa ja tiettyjen reformien toteuttamista jokaisessa yksityisessä valtiossa vai pidetäänkö oleellisena tavoitteena sellaisten taloudellisten, poliittisten ja moraalisten lähtökohtien luomista, joita tarvitaan koko maanosan huomaansa ottavan federalis‐tisen järjestyksen rakentamiseksi. 3) Yksi lisäsyy ‐ ja ehkä kaikkein tärkein ‐ muodostui siitä, että Euroopan federaation ihanne, joka on maailmanlaajuisen federaation alkusoittoa ja joka saattoi vaikuttaa kaukaiselta utopialta vielä muutama vuosi sitten, on nykyään ‐ tämän sodan loppuessa ‐ tavoite johon voidaan päästä. Se on melkein ulottuvillamme. Täydellinen kansojen sekoittuminen, mitä tämä konflikti aiheutti kaikissa saksalaismiehitykseen joutuneissa maissa, välttämättömyys rakentaa uudelle perustalle melkein täysin tuhoutunut talous ja kaikkien poliittisia rajoja koskevien ongelmien esille tuominen ‐ tullimuurit, etniset vähemmistöt jne. ‐ sekä samaisen sodan luonne, jossa kansallinen elementti niin usein jäi ideologisen elementin jalkoihin ja jossa pienten ja keskisuurten valtioiden nähtiin luopuvan suurelta osin itsemääräämisoikeudestaan vahvempien valtioiden hyväksi ja jossa samaisten fasistien ”elintilan” käsite laitettiin ”kansallisen itsenäisyyden” käsitteen tilalle ovat elementtejä, jotka tekevät Euroopan federaation ajankohtaisemmaksi kuin koskaan. Nämä seikat pitää tunnistaa. Kaikista sosiaalisista luokista poliittisista ja ihannesyistä tulevat voimat saattavat olla kiinnostuneita siitä. Sitä lähemmäksi voidaan päästä poliittisten neuvottelujen ja kansankiihotuksen kautta, edistäen sivistyneen luokan parissa sitä koskevien ongelmien tutkimusta, ja provosoiden vallankumouksellisia valtioita, että paluu entiseen ei ole enää mahdollista, vaikuttaen voittajavaltioiden johtajiin, ja julistaen voitetuissa valtioissa sanaa, että ne voivat löytää pelastuksen ja välttää tappion tuhoisat seuraukset vain vapaassa ja yhtenäisessä Euroopassa. Meidän liikkeemme on syntynyt nimenomaan tämän takia. Tämän ongelman tärkeydestä ja kiireydestä verrattuna kaikkiin muihin kaikkiin asioihin, jotka nousevat esiin aikoina, mihin olemme menossa. Varmuudesta, että jos annamme vanhojen kansallisten piirien vahvistua uudestaan, on tilaisuus menetetty ikuisesti ja eikä maanosaamme voi kohdata mikään kestävä rauha tai hyvinvointi. Tämä kaikki sai meidät luomaan itsenäisen 234 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 organisaation, jonka tavoitteena on levittää ajatusta Euroopan federaatiosta, joka on mahdollista toteuttaa sodan jälkeen. Emme piilottele tehtävämme vaikeutta, ja meitä vastustavien voimien vahvuutta, mutta on ensimmäinen kerta ‐ näin uskomme ‐ kun tämä asiaa tuodaan poliittisen taistelun huomion kohteeksi, eikä vain kaukaisena ideaalina vaan liikkeelle panevana traagisena välttämättömyytenä. Meidän Liikkeemme, joka on jo toiminut kaksi vuotta maanalaisesti fasistien ja natsien sorron alla ja jonka aseelliseen vapaustaisteluun yhdistyneet jäsenet ovat peräisin antifasistisista ryhmistä ja joka on jo joutunut sovittamaan kovalla vankeudella yhteisen asian ajamista: Meidän liikkeemme ei ole eikä se halua olla poliittinen puolue. Niin kuin tähänkin asti on toiminnalle on ollut ominaista, se haluaa vaikuttaa eri puolueisiin ja myös niiden sisäpuolella, mutta ei vain niin, että internationalistisen ratkaisun kiireellisyys tajutaan vaan myös ja etenkin siksi, että kaikki poliittisen elämän ongelmat ratkaistaan lähtien liikkeelle näkökulmasta, johon on tähän asti niin vähän totuttu. Emme ole poliittinen puolue, koska vaikka edistämme kaikkea Euroopan federaatiota koskevaa taloudellista ja sosiaalista tutkimusta, ja vaikka otamme osaa taisteluun sen toteuttamiseksi ja haluamme löytää ne voimat, jotka voivat toimia asian hyväksi tulevassa poliittisessa liitossa, emme halua virallisesti ottaa kantaa institutionaalisiin yksityiskohtiin, esimerkiksi talouden kollektivisointiasteeseen, hallinnon jakamiseen tai keskittämiseen jne. asioihin, joiden pitää olla luonteenomaisia tulevalle federatiiviselle organisaatiolle. Sallimme sen, että näistä ongelmista keskustellaan laajasti ja avoimesti liikkeemme sisällä ja että kaikki poliittiset suuntaukset, kommunistisesta liberaaliin, ovat edustettuina liikkeessämme. Ja niin onkin: meihin liittyneet aktivistit kuuluvat melkein kaikki johonkin edistykselliseen puolueeseen: kaikki tukevat yksissä mielin sellaisen vapaan Eurooppalaisen federaation periaatetta, joka ei perustu mihinkään valta‐asemaan tai totalitaariseen järjestykseen, ja jolla on tukeva struktuuri, jotta siitä ei tule mikään yk ‐ sinkertainen Kansainliitto. Nämä periaatteet voidaan luetteloida seuraaviin kohtiin: yksi federatiivinen armeija, rahaliitto, tullirajojen ja federaatioon kuuluvien maiden välisen liikkumisen rajoittamisen poistaminen, kansalaisten suora edustus federatiivisissa elimissä, yhteinen ulkopolitiikka. Tänä kahden vuoden elinaikanaan Liikkeemme on levinnyt laajasti antifasistisissa poliittisissa puolueissa ja ryhmissä. Jotkin niistä ovat ilmaisseet julkisesti samanmielisyytensä ja myötätuntonsa. Toiset ovat pyytäneet yhteistyötämme ohjelmiensa laatimiseen. Ei ole ehkä liian mahtailevaa sanoa, että on osaksi meidän ansiota, jos Euroopan federation problematiikkaa käsitellään niin usein Italian maanalaisessa lehdistössä. Meidän lehtemme 235 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 L’Unita Europea (’Euroopan yhtenäisyys’) seuraa tarkasti kansainvälisen ja sisäpolitiikan tapahtumia, ja muodostaa niistä oman mielipiteensä täysin itsenäisesti. Nämä kirjoitukset, jotka ovat hedelmää liikkeemme synnyn taustalla olevasta ajatustenvaihdosta, ovat vain kirjoittajien henkilökohtaisia mielipiteitä, eivätkä ne missään tapauksessa ole samaisen liikkeen kannanotto. Ne haluavat vain antaa ehdotuksia keskustelun aiheiksi niille, jotka haluavat taas pohtia kaikkia kansainvälisen politiikan ongelmia niin, että he ottavat huomioon tuoreimmat ideologiset ja poliittiset tapahtumat ja taloustieteen uusimmat saavutukset ja järkevimmät ja mielekkäimmät tulevaisuudennäkymät. Muita tutkielmia tulee pian. Toiveemme on, että ne saavat aikaan mielipiteiden kuohuntaa ja että ne osaltaan selkeyttävät nykyistä, toiminnan välttämättömyyden ja kiireyden takia hehkuvaa ilmapiiriä, ja saavat toiminnan päättäväisemmäksi, tietoisemmaksi ja vastuuntuntoisemmaksi. Euroopan federaatiota tukeva italialainen liike Rooma 22. tammikuuta 1944 236 E. Colorni, Esipuhe Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta. Manifestiluonnos Ventotene 1941 Altiero Spinelli – Ernesto Rossi I. Modernin sivilisaation kriisi Moderni sivilisaatio on määritellyt perustakseen vapauden periaatteen, jonka mukaan yksityisen ihmisen ei pidä olla toisten vähäpätöinen väline vaan elämän itsenäinen keskiö. Tämän määritelmän myötä on alkanut suuri historiallinen prosessi, joka koskee kaikkia niitä sosiaalisen elämän aspekteja, jotka eivät ole tätä periaatetta noudattaneet. 1) Kaikilla kansoilla on oikeus järjestyä itsenäisiksi valtioiksi. Jokaisen kansan, jota yksilöllistävät etniset, maantieteelliset, kielelliset ja historialliset piirteet, piti löytää itse kehitetyssä ja oman poliittisen käsityksensä mukaan luodussa valtiollisessa organisaatiossa sellainen väline, jolla tämä valtio voi parhaiten tyydyttää omat tarpeensa, itsenäisesti, ja vailla mitään ulkoista väliintuloa. Riippumattomuuden ideologia oli edistyksen tehokas innoite. Sen avulla päästiin yli kapeanäköisistä nurkkakuntalaisuuksista solidaarisuuden laajassa merkityksessä ulkomaalaisten sortopolitiikkaa vastaan. Se on poistanut monia esteitä, jotka vaikeuttivat ihmisten ja tavaroiden liikkumista. Sen avulla on saatettu kehittyneempien kansanosien instituutiot ja säädökset vähemmän kehittyneiden kansanosien ulottuville jokaisessa uudessa valtiossa. Mutta sen mukana kulkeutui kapitalistisen imperialismin ituja, joiden sukupolvemme on nähnyt paisuvan niin paljon, että on syntynyt totalitaarisia valtioita ja puhjennut maailmansotia. Kansakuntaa ei enää pidetä ihmisten yhteiselon historiallisena tuotteena, johon oli päästy pitkän, tapoja ja toiveita suuresti yhdistäneen prosessin ansiosta, ja jossa valtio nähtiin tehokkaimpana muotona kollektiivisen elämän järjestämiseen ihmisyhteisön rajojen sisällä. Kansakunnasta on tullut sitä A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 vastoin jonkinlainen ylempiarvoinen kokonaisuus, organisaatio, jonka tehtävänä oli ajatella vain omaa olemassaoloaan ja omaa kehitystään, ilman mitään huolta siitä haitasta, mitä muille mahdollisesti aiheutui. Kansallisten valtioiden ehdoton riippumattomuus on vienyt jokaisen tavoittelemaan valta‐ asemaa, koska jokainen tuntee itsensä uhatuksi toisten voimavarojen taholta ja jokainen päättelee oman ”elintilansa” aina vain laajemmaksi alueeksi, jonka sisällä ne voivat liikkua vapaasti ja hankkia tarvikkeita omaa olemassaoloaan varten, kenestäkään riippumatta. Tämä vallan halu voi rauhoittua vain kun eletään vahvimman valtion hegemoniassa, johon muut on alistettu. Tämän seurauksena valtio on muuttunut kansalaistensa vapauden suojelijasta itsensä palveluksessa olevien käskyläisten isännäksi niin, että sen pitää hallussaan kaikki keinot mahdollisimman suuren sotatehokkuuden tavoittelemiseksi. Myös rauhan aikoina, joita pidetään valmistelutaukoina seuraavia väistämättömiä sotia varten, on sotilasluokan tahto nyttemmin monissa maissa jo hallitsevampi kuin siviililuokan tahto. Tämän takia vapaiden poliittisten järjestelmien kuten koulun, tie‐teen ja tuotannon ja siviilihallinnon on yhä vaikeampi toimia, koska hallintokoneisto on suunnattu lisäämään sotilaallista voimaa. Äitejä pidetään sotilaitten tuottajina ja tämän seurauksena heitä palkitaan samalla tavalla kuin näyttelyissä palkitaan tuottoisia eläimiä. Lapset kasvatetaan varhaisesta iästä alkaen aseiden käsittelyyn ja vihaan ulkomaalaisia kohtaan. Yksityinen vapaus nollataan, koska kaikki militarisoidaan, ja kaikkia kutsutaan jatkuvasti aseisiin. Jatkuvat sodat pakottavat jättämään perheen, työn, omaisuuden ja uhraamaan oman elämän sellaisia tavoitteita varten, joiden arvoa ei kukaan todella ymmärrä. Muutamassa päivässä tuhotaan yhteisen hyvinvoinnin lisäämiseksi vuosikymmenien aikana tehdyt saavutukset. Totalitaariset valtiot ovat niitä, jotka ovat määrätietoisimmin yhdistäneet kaikki voimansa ja toteuttaneet äärimmilleen keskittämisen ja omavaraisuuden ja jotka näin ovat todistaneet olevansa sopivimpia tämänpäiväiseen kansainväliseen yhteisöön. Riittää kun yksikin kansa ottaa askeleen kohti vähänkin selvempää totalitarismia niin muut seuraavat sitä saman hengissä pysymisen halun ajamina. 2) Kaikilla kansalaisilla on yhdenvertainen oikeus osallistua valtion tavoitteiden ja aikomusten muodostamiseen. Tämän piti olla kaikkien vapaasti itseään ilmaisevien sosiaalisten ryhmien vaihtuvien taloudellisten ja ideologisten tarpeiden yleisnäkemys. Tällaisen poliittisen organisaation ansiosta voitiin korjata tai ainakin lieventää monia räikeimpiä aiemmilta hallituskoneistoilta perinnöksi saatuja epäoikeudenmukaisuuksia. Mutta lehdistön ja kokoontumisen vapaus ja äänioikeuden progressiivinen A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 laajeneminen tekivät vanhojen etujen puolustamisesta aina vain vaikeampaa, jos samalla haluttiin säilyttää edustuksellinen hallintomalli. Omaisuudettomat oppivat vähä vähältä käyttämään näitä välineitä hyväkseen ja iskeäkseen hyvinvoivien luokkien hankkimiin etuoikeuksiin. Pääomatulojen verotus ja perintövero, progressiivinen verotus, minimipalkkojen ja ensisijaisten hyödykkeiden verottomuus, maksuton julkinen koulu, terveydenhuollon ja sosiaali ‐ huollon varojen lisääminen, maatalousuudistus ja tuotantolaitosten valvonta olivat asioita, jotka uhkasivat etuoikeutettuja luokkia kaikkein vahvimmissakin linnoituksissa. Nekään etuoikeutetut luokat, jotka olivat sallineet poliittisten oikeuksien tasa‐arvoisuuden, eivät voineet myöntyä siihen, että vähäosaisten luokat käyttäisivät tätä hyväkseen yrittäessään toteuttaa todellisen tasa‐arvon, joka olisi antanut näille oikeuksille konkreettisesti vapauden sisällön. Silloin kun ‐ ensimmäisen maailmansodan jälkeen ‐ uhka kasvoi liian suureksi, oli luonnollista että nämä luokat osoittivat lämpimästi suosiotaan ja antoivat tukensa, kun niiden vastustajilta riisuttiin lailliset aseet ja diktatuureja rakennettiin uudestaan. Toisaalta jättiläismäisten teollisuus‐ ja pankkikompleksien ja saman johdon alle kokonaisia työntekijöiden armeijoita koonneiden ammattiyhdistysliikkeiden muodostuminen sekä niiden omiin tavoitteisiinsa sopivan politiikan saamiseksi harjoittama hallituksen painostus uhkasivat hajottaa valtion moneksi pieneksi taloudelliseksi ja toistensa kanssa kitkerässä sodassa olevaksi kuppikunnaksi. Demokraattis‐liberaalit välineet, joita nämä ryhmät käyttivät hyväkseen koko yhteisön riistossa, menettivät aina vain enemmän arvoaan. Näin levisi vakaumus, että ainoastaan totalitaarinen valtio voisi jollakin tavoin ‐ kansalaisoikeudet poistaen ‐ ratkaista ne etuisuuskonfliktit, joita poliittiset instituutiot eivät enää kyenneet kontrolloimaan. Tosiaankin, totalitaariset hallintokoneistot ovat ylipäätään vahvistaneet eri sosiaalisten kategorioiden asemaa vähän kerrallaan saavutetuilla tasoilla, ja ne ovat kansalaisten elämän täydellisellä poliisivalvonnalla ja kaikkien toisinajattelijoiden väkivaltaisella eliminoimisella sulkeneet pois kaikki lainmukaiset mahdollisuudet korjata voimassa olevaa asiaintilaa. Näin on varmistettu niiden täysin loisena elävien maanomistajien ja koroilla eläjien olemassaolo, jotka osallistuvat sosiaaliseen tuotantoon vain repäisemällä osakekirjojensa kulmia. Samoin on varmistettu sellaisten kuluttajia hyväkseen käyttävien monopolistiluokkien ja yritysketjujen olemassaolo, jotka haihduttavat piensäästäjien rahat ja sellaisten kulissien taakse piiloutuneiden raharuhtinaiden olemassaolo, jotka naruista vetämällä ohjaavat poliitikkoja pyörittämään koko valtiokoneistoa vain omaksi edukseen ‐ näennäisesti A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 korkeamman kansallisen edun nimissä. Näin säilytetään harvojen valtavat omaisuudet ja modernin kulttuurin hedelmien nautintomahdollisuuksia vaille jäävien suurten massojen kärsimys. Näin pelastetaan pääosiltaan se taloudellinen valtajärjestelmä, jossa materiaalivarat ja työvoimat, sen sijaan että ne ohjattaisiin tyydyttämään inhimillisen elämän kehityksen perustarpeita, ohjataankin tyydyttämään korkeimman hinnan maksamiseen pystyvien harvojen turhamaisia tarpeita. Näin pelastetaan se hallintokoneisto, jossa rahan voima perintöoikeuden turvin jatkaa ikuista liikkumistaan samassa luokassa muuttuen etuoikeudeksi, jolla ei ole mitään yhteyttä todellisten palvelujen sosiaaliseen arvoon. Näin proletariaatin mahdollisuudet jäävät niin pieniksi, että voidakseen elää työntekijöiden on usein pakko suostua heille mitä tahansa työtä tarjoavien hyväksikäyttöön. Jotta työläisluokat voitaisiin pitää kurissa ja alistettuina, on ammattiyhdistysliikkeet muutettu jäsenten luottamusta nauttivien henkilöiden johtamista vapaista työtaisteluorganisaatioista poliisin mallin mukaisiksi valvontaorganisaatioiksi, joitakin johtavat hallitsevan ryhmän valitsemat ja vain sille vastuussa olevat työntekijät. Jos tällaiseen taloudelliseen hallintokoneistoon tehdään jotakin korjauksia, ne ovat pelkästään sotapolitiikan sellaisten vaatimusten sanelemia, jotka yhdistävät etuoikeutettujen luokkien taantumuksellisia tavoitteita kun totalitaarisia valtioita koetetaan synnyttää ja vahvistaa. 3) Ahdasmielisen autoritaarisuuden vastavoimaksi on vakiintunut jatkuvan kriittisyyden pysyvä arvo. Kaiken väitetyn pitää osoittautua todeksi tai väittämän pitää kadota. Yhteiskuntamme kaikkien alojen suurimmatkin saavutukset ovat tämän ennakkoluulottoman asenteen ansiota. Mutta tämä spirituaalinen vapaus ei pysynyt hengissä siinä kriisissä, joka synnytti totalitaariset valtiot. Uudet dogmit, jotka piti hyväksyä uskon nimissä tai tekopyhäi sesti, ovat isännän asemassa kaikilla tieteen aloilla. Vaikka kukaan ei tiedäkään, mikä on rotu, ja vaikka alkeellisimmatkin historialliset huomiot osoittavat rotukäsitteen järjettömyyden, vaaditaan, että fysiologit uskovat, todistavat ja vakuuttavat, että kuulutaan valittuun rotuun ‐ vain siksi, että imperialismi tarvitsee tätä myyttiä nostaakseen massoissa vihan ja ylpeyden tunnetta. Kaikki taloustieteen selvimmätkin käsitteet pitää ymmärtää kirouksiksi jotta taloudellisen omavaraisuuden politiikka, ylijäämäiset kauppataseet ja muut merkantilismin romut voidaan esitellä meidän aikojemme suurina keksintöinä. Maailman kaikkien osien keskinäisen taloudellisen riippuvuuden vuoksi koko maailma on uudenaikaista sivilisaatiota vastaavan elintason säilyttämistä haluavan kansan luonnollista elintilaa, mutta on kehitetty geopolitiikan näennäistiede, joka haluaa todistaa A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 elintila‐ajattelun johdonmukaisuuden. Näin imperialismin vallanhalulle voidaan luoda teoria. Historian tärkeimpiä merkintöjä vääristellään hallitsevan luokan tavoitteiden mukaisesti. Kirjastoista ja kirjakaupoista poistetaan teokset, joita ei pidetä puhdasoppisina. Sanan‐ ja ajatuksenvapauden estämisen synkkyys uhkaa taas tukehduttaa humaa ‐ nisen hengen. Samoin syrjäytetään vapauden ja tasa‐arvon sosiaalinen etiikka. Ihmisiä ei enää arvioida vapaina kansalaisina, joita valtio auttaa pääsemään paremmin kollektiivisiin tavoitteisiin. He ovat valtion palvelijoita, ja valtio päättää heidän kohtalonsa, ja valtion tahtona esitellään ilman muuta valtaa pitävien tahto. Ihmiset eivät ole enää oikeudellisia yksilöitä, vaan heidät on järjestetty hierarkkisesti ja heidän pitää nöyrästi totella korkeampia auktoriteetteja, jotka kulminoituvat sopivasti jumalan asemaan nostettuun johtajaan. Kastien hallintokoneisto nousee uljaasti omasta tuhkastaan. Sen jälkeen kun tämä taantumuksellinen totalitaarinen sivilisaatio oli saanut riemukkaan voiton joukossa maita, se löysi natsi‐ Saksassa sen vallan, jota pidettiin kykenevänä löytämään lopulliset ratkaisut. Huolellisen valmistelutyön jälkeen ja sitten pöyhkeästi ja häikäilemättömästi muiden keskinäistä kilpailua, egoismia ja typeryyttä hyväksi käyttäen ja muita eurooppalaisia vasallivaltioita perässään vetäen ‐ ensimmäisten joukossa oli Italia ‐ ja Aasiassa samanlaiseen tulokseen tähtäävän Japanin kanssa liittoutuen, Saksa ryhtyi valloitustoimiin. Sen voitto merkitsisi totalitarismin lopullista vakiintumista koko maailmaan. Kaikki totalirismille ominaiset piirteet kärjistettäisiin äärimmilleen, ja edistyksellisten voimien kohtalona olisi joutua pitkäksi aikaa yksinkertaisen kielteisen opposition asemaan. Saksalaisen sotilasluokan perinteinen röyhkeys ja joustamattomuus voi antaa meille jonkinlaisen kuvan siitä, minkälaista olisi heidän valtakautensa voittoisan sodan jälkeen. Voitokkaat saksalaiset voisivat antaa Euroopan muille kansoille vaikutelman hyväsydämisyydestä niiden alueita ja poliittisia instituutioita kunnioittamalla, ja näin halliten antaa tyydytyksen typerälle patrioottiselle tunteelle, joka tuijottaa rajakeppien väriä ja esillä olevien poliitikkojen kansallisuutta eikä valtion organisaatioiden todellista sisältöä ja voimasuhteita. Todellisuus olisi joka tapauksessa naamioitu ja aina sama: ihmiskunnan jako Alistajiin ja Alistettuihin. Taistelussa olevien luokkien sovitteluratkaisukin olisi lisäaskel kohti totalitarismia, koska kaikkien Saksan kuristusotteesta karanneiden maiden olisi pakko ottaa käyttöön samanlaiset poliittisen organisaation muodot uuteen sotaan valmistautumista varten. Hitlerin Saksa, vaikka se onkin kyennyt lyömään yksitellen pienemmät valtiot, niin se on toiminnallaan pakottanut mukaan aina vain vahvempia A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 voimia. Ison‐Britannian myös kriittisimmillä hetkillä osoittama taisteluhenki silloin kun se jäi yksin vihollista vastaan, aiheutti sen, että saksalaiset lähtivät törmäykseen vasten neuvostoarmeijan rohkeaa vastarintaa, ja se antoi aikaa Amerikalle käynnistää sen rajattomat tuotantovarat. Ja tämä sota saksalaista imperialismia vastaan on suoraan yhteydessä siihen taisteluun, mitä Kiinan kansa käy japanilaista imperialismia vastaan. Valtavat ihmismassat ja rikkaudet ovat jo kääntyneet vastustamaan totalitaarisia valtoja, joiden voimavarat ovat jo saavuttaneet huippunsa eivätkä ne voi muuta kuin alkaa murentua hiljalleen. Niiden vastavoimat ovat sitä vastoin päässet yli suurimman depressionsa, ja ne ovat nousussa. Liittolaisten sota herättää joka päivä enemmän vapauden kaipuuta myös niissä maissa, jotka olivat alistuneet väkivallan edessä ja jotka olivat joutuneet eksyksiin saamansa iskun takia, ja tämä vapauden kaipuu on heräämässä jopa akselivaltojen kansoissa, kun ne huomaavat tulleensa vedetyksi epätoivoiseen tilanteeseen vain niiden johtajien kiihkeän vallanhalun takia. Tämä hiljainen prosessi, jossa valtavat ihmismassat antoivat uuden hallintokoneiston passiivisesti muokata itseään ja johon ne mukautuivat samalla tätä koneistoa lujittaen, on pysähtynyt. Nyt on sen sijaan käynnystänyt vastakkainen prosessi. Tässä hiljalleen kohoavassa valtavassa aallossa ovat mukana kaikki edistykselliset voimat, työtä tekevien luokan kaikkein valistuneimmat osat, jotka eivät ole antaneet hirmuvallan ja houkutusten häiritä itseään paremman elämän tavoittelussa. Siinä ovat mukana älymystön valppaimmat osat, jotka ovat loukkaantuneet lukeneiston häpäisystä. Siihen osallistuvat uusiin aloitteisiin itsensä valmiiksi tuntevat yrittäjät, jotka haluaisivat vapautua jokaista heidän liikettään vaikeuttavista byrokratian ja kansallisen omavaraisuuden kahleista, ja lopulta kaikki ne, jotka synnynnäisestä ihmisarvon tunteesta eivät voi suostua alistetun luokan nöyryyttämiseen. Näiden voimien varassa on sivilisaatiomme pelastuminen. II. Sodanjälkeiset tehtävät. Euroopan yhtenäisyys Saksan tappio ei kuitenkaan johtaisi automaattisesti Euroopan uudistumista omien sivilisaatioihanteidemme mukaisesti. Yleiskriisin lyhyenä kiihkeänä aikana (minkä aikana valtion ovat maahan lyötyinä, minkä aikana kansalaisjoukot odottavat uudisviestejä, minkä aikana kansalaismassat ovat sulaa irtomateriaalia valmiina uusiin muotoihin valamista varten ja valmiina ottamaan vastaan oikeasti kansainväliset johtajat) ne luokat, joilla oli eniten etuoikeuksia vanhoissa kansallisissa järjestelmissä, yrittävät juonittelemalla tai väkivalloin vaientaa kansainvälisyysmielisten tunteet ja A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 toiveet sekä pyrkivät pöyhkeillen rakentamaan uudestaan vanhoja valtiollisia koneistoja. Ja on luultavaa, että englantilaiset johtajat, ehkä yhteistyössä amerikkalaisten kanssa, yrittävät saada asiat kulkemaan tähän malliin, jotta voimien tasapainon politiikka elpyisi uudestaan, mikä olisi selvästi ja heti molemman valtakunnan edun mukaista. Konservatiiviset voimat eli kansallisille valtioille välttämättömien instituutioiden johtajat, armeijoiden ylimmät päälliköt, ja ‐ siellä missä niitä vielä on ‐ monarkioiden huipulla kulminoituvat ryhmät eli ne monopolikapitalismin ryhmät, jotka ovat liittäneet rahallisten voittojensa kohtalon omien maidensa kohtaloon, ja suurmaanomistajat ja kirkolliset hierarkiat, jotka voisivat olla varmoja loisansioistaan vain vakaassa konservatiivisessa yhteisössä ja lopuksi lukematon joukko niitä, jotka ovat näistä ryhmistä riippuvaisia tai jotka ovat vain näiden ryhmien perinteisen mahtavuuden sokaisemia: kaikki nämä taantumukselliset voimat kuulevat jo näinä päivinä rakennelmansa rapisevan ja yrittävät pelastautua. Sortuminen veisi niiltä kerralla kaikki ne vakuudet joita niillä on tähän asti ollut, ja ne joutuisivat alttiiksi edistyksellisten voimien hyökkäykselle. VALLANKUMOUKSELLINEN TILANNE: VANHAT JA UUDET SUUNTAUKSET Totalitaaristen hallintokoneistojen kaatuminen tulee merkitsemään kokonaisille kansoille tunnepohjaisesti vapauden toteutumista; kaikki jarrut poistuvat, ja suuri sanan‐ ja kokoontumisen vapaus tulee automaattisesti voimaan. Demokraattiset suuntaukset voittavat. Niissä on lukemattomia eri vivahteita, jotka ulottuvat hyvin konservatiivisesta liberalismista sosialismiin ja anarkiaan saakka. Ne uskovat tapahtumien ja instituutioiden ”spontaaniin sukupolveen” ja pohjalta tulevien impulssien täydelliseen hyväntahtoisuuteen. Ne eivät halua tyrkyttää omia ajatuksiaan ”historiankirjoitukseen”, ”kansalle”tai ”proletariaatille” tai miten kukin sitten kutsuukaan omaa Jumalaansa. Ne toivovat diktatuurien loppumista, mikä käsitetään peruuttamattoman itsemääräämisoikeuden antamiseksi takaisin kansalle. Niiden haaveiden kruununa on sellainen perustuslakia säätävä kokous, joka on valittu mahdollisimman laajalla vaalilla ja tunnollisesti äänestäjiä kunnioittaen ja joka päättää minkälainen perustuslaki on laadittava. Jos kansa on epäkypsä, voi tuloksena olla huono laki, mutta sitä voi korjata vain vakaumuksellisella ja jatkuvalla työllä. Demokraatit eivät pelkästä periaatteesta hylkää väkivaltaa, mutta sitä halutaan käyttää vain silloin kun enemmistö on vakuuttunut sen A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 välttämättömyydestä eli oikeastaan vain silloin kun kyse ei ole muusta kuin melkein joutavasta työstä laittaa pisteet i‐kirjaimien päälle. Siksi he ovat johtajia, jotka ovat sopivia vain normaalihallinnon kausiin, jolloin kansa kokonaisuudessaan on vakuuttunut tärkeiden instituutioiden hyvyydestä ja pätevyydestä. Vallankumousten aikana, jolloin instituutioita ei pidä vain hallita vaan instituutiot pitää rakentaa, demokraattinen käytäntö epäonnistuu murskaavasti. Venäjän, Saksan ja Espanjan vallankumoukset ja demokraattien säälittävä kyvyttömyys niissä ovat kolme tuoreimmista esimerkeistä. Näissä tilanteissa, kun vanha valtioaparaatti on kaatunut lakeineen ja hallintokoneistoineen, pursuilee heti suuri määrä ‐ vanhanmallista laillisuutta jäljitellen tai halveksien ‐ eri kokouksia ja kansaa edustavia ryhmiä, joissa kaikki edistykselliset sosiaaliset voimat kokoontuvat yhteen ja esiintyvät äänekkäästi. Kansalla kyllä on perustarpeita, jotka pitää tyydyttää, mutta kansa ei tiedä, mitä vaatia ja mitä tehdä. Tuhannet kellot soivat kansan korvissa. Miljoonapäinen joukko ei kykene löytämään oikeaa suuntaa, ja se hajoaa moneen toistensa kanssa taistelussa olevaan suuntaukseen. Sillä hetkellä, kun tarvitaan erityistä päättäväisyyttä ja rohkeutta, demokraatit joutuvat eksyksiin, koska heidän tukenaan ei ole kansan spontaania yksimielisyyttä vaan pelkkä sekava eri intohimojen meteli. Demokraatit kuvittelevat, että heidän tehtävänään on yksimielisyyden muodostaminen, ja he esiintyvät kuin varoittavat saarnamiehet siellä missä tarvitaan johtajia, jotka osaavat viedä oikeaan määränpäähän. Demokraatit eivät osaa hyödyntää otollisia tilanteita uuden hallintokoneiston vahvistamiseksi, koska he yrittävät heti saada toimimaan sellaiset elimet, jotka edellyttävät pitkää valmistelua ja jotka ovat sopivia lähinnä suhteellisen rauhallisuuden aikakausiin. He antavat vastustajilleen aseet joita nämä sitten käyttävät heidän kaatamisekseen; Kaiken kaikkiaan demokraatit eivät vielä tuhansine suuntauksineen edusta halua uudistukseen vaan pelkästään kaikkien mielessä viriäviä sekavia toiveita. Itse asiassa he valmistelevat otollista maaperää taantumuksellisten voimien kehitykselle. Demokraattisesta poliittisesta metodologiasta tulee kuollut paino vallankumouksellisessa kriisissä. Kun demokraatit vähä vähältä kuluttaisivat sanallisessa kiistassaan loppuun alkusuosionsa vapauden tukijoina, ja kun heidän toiminnastaan kuitenkin puuttuu todellinen poliittinen ja sosiaalinen vallankumous, mentäisiin väistämättä kohti totalitaarista aikaa edeltäneiden poliittisten instituutioiden jälleenrakentamista, ja taistelua tultaisiin käymään vanhoin tavoin luokat vastakkain asettaen. Periaate, jonka mukaan luokkataistelu on se kehys, johon sisällytetään kaikki poliittiset ongelmat, on antanut etenkin tehdastyöläisille olennaisen A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 toimintalinjan ja ja antanut tukevuutta heidän politiikalleen, mutta vain niin kauan kun kyseessä eivät olleet tärkeimmät instituutiot. Tämä ajattelu kääntyy proletariaatin eristäväksi välineeksi silloin, kun on välttämätöntä muokata yhteiskunnan koko organisaatiota. Perinteisen luokkaajattelun kasvattamat työläiset eivät silloin huomaa kuin omat luokkavaatimuksensa tai jopa vain kategorialliset vaatimukset, ilman että he huolehtisivat niiden liittämisestä muiden ryhmien intresseihin. Tai sitten he haaveilevat oman luokkansa yksisuuntaisesta diktatuurista, jotta he voisivat toteuttaa kaikkien materiaalisten tuotantovälineiden utopistisen kollektivisoinnin, minkä vuosisatainen propaganda on osoittanut kaikkien heidän kärsimiensä vääryyksien yleväksi ratkaisijana. Tämä politiikka ei saa otetta mistään muusta kerroksesta paitsi työläisistä, jotka näin lakkaavat tukemasta muilta edistyksellisiä voimia, tai jättävät ne taantumuksen ulottuville, joka taas joustavasti organisoi ne lopettaakseen proletaarisen liikkeen. Luokkapolitiikan ja kollektivismin ihannetta seuraavien eri proletaaristen suuntausten joukossa ovat kommunistit huomanneet vaikeuden saada mukaan riittävästi voimia jotta voitto olisi mahdollinen, ja tämän takia he ovat ‐ muista kansanpuolueista poiketen ‐ muuntuneet jyrkän kurinalaiseksi liikkeeksi, joka hyödyntää venäläistä myyttiä työläisten organisoimiseksi, mutta näiltä ei hyväksytä mitään määräyksiä, ja työläisiä käytetään mitä erilaisimpiin juonitteluihin. Tämä suhtautuminen saa kommunistit vallankumouksellisten kriisien aikana paljon tehokkaammiksi kuin demokraatit, mutta se, että työläiset pidetään mahdollisimman etäällä kaikista muista vallankumouksellisista voimista ‐ julistaen, heille, että heidän ”todellinen” vallankumous on vielä tulossa ‐ tekee työläisistä ratkaisevilla hetkillä puoluekiihkoisen elementin, joka heikentää kaikkea. Lisäksi kommunistien ehdoton riippuvuus Venäjän valtiosta, joka jatkuvasti käytti heitä hyväkseen kansallisessa vainoamispolitiikassaan, estää heitä toteuttamasta vähänkään kestävämpää politiikkaa. Heidän pitää aina mennä piiloon jonkun Karolyn, Blumin tai Negrinin taakse marssiakseen sitten kohti tuhoa hyväksi käytettyjen sätkynukkedemokraattien kanssa. Valtaa ei hankita ja säilytetä pelkästään viekkaudella vaan myös kyvyllä vastata tehokkaasti ja elävästi uudenaikaisen yhteisön tarpeisiin. Jos taistelu pysyisi vastakin perinteisen rajoitetusti kansallisella alueella, olisi hyvin vaikeaa välttää vanhoja epävarmuustilanteita. Kansalliset valtiot ovatkin jo perin pohjin suunnitelleet omat taloutensa niin, että keskeiseksi kysymykseksi tulee pian se, että minkä talousintressiryhmän eli minkä luokan tulee ottaa haltuunsa suunnitelman ohjaussauvat. Edistyksellisten voimien rintama rikkoutuisi helposti eri taloudellisten luokkien ja kategorioiden A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 välisessä nujakassa. Kaikkein luultavimmin taantumukselliset hyötyisivät tästä tilanteesta. Oikean vallankumouksellisen liikkeen pitää nousta niistä, jotka ovat osanneet arvostella vanhoja poliittisia pakotteita. Sen pitää kyetä yhteistyöhön demokraattisten ja kommunistisien voimien kanssa, ja yleensäkin niiden kanssa, jotka auttavat totalitarismin hajottamisessa, mutta ilman että se jäisi minkään poliittisen käytännön satimeen. Taantumuksellisilla voimilla on johtamiseen koulutettuja ovelia ihmisiä ja joukkoja, jotka tulevat taistelemaan raivokkaasti säilyttääkseen herra‐asemansa. Ne osaavat tarvittaessa esittäytyä hyvin naamioituneena. Ne julistautuvat vapauden, rauhan ja yleisen hyvinvoinnin rakastajiksi sekä köyhimpien luokkien hyväntekijöiksi. Jo aikaisemmin olemme nähneet, kuinka ne ovat ujuttautuneet kansanliikkeiden sisään ja lamauttaneet ne, ohjanneet ne toisaalle ja käännyttäneet ne täysin päinvastaisiksi. Epäilemättä taantumukselliset ovat kaikkein vaarallisin niistä ryhmistä, joiden kanssa välit pitää selvittää. Kohta, josta ne yrittävät ponnistaa, tulee olemaan kansallisen valtion uudelleen rakentaminen. Näin ne voivat saada kiinni laajimmalle levinneestä ja eniten viimeaikaisten liikkeiden loukkaamasta, ja siksi helpoiten taantumuksellisten voimien tavoitteita varten valjastettavasta tunteesta: patrioottisesta tunteesta. Näin toimien ne toivovat myös helpoiten sotkevansa vastustajiensa ideat, koska kansan massojen ainoa tähän asti hankkima poliittinen kokemus on kansalliselta alueelta, ja tämän takia on melko helppoa saada kansan massat ja niiden likinäköisimmät johtajat mukaan myrskyn maahan lyömien valtioiden uudelleen rakentamiseen. Jos tämä tavoite toteutuisi, taantumus olisi voittanut. Nämä valtiot voisivat näennäisesti olla hyvinkin demokraattisia ja sosialistisia. Vallan paluu taantumuksellisten käsiin olisi vain ajan kysymys. Kansalliset epäluulot heräisivät henkiin, ja jokainen valtio uskoisi omien tarpeidensa tyydyttämisen taas aseiden voimalle. Tärkeimmäksi tehtäväksi tulisi taas kansojen muuttaminen armeijoiksi enemmän tai vähemmän nopeasti. Kenraalit palaisivat komentamaan, byrokraattiset henkilöstöt paisuisivat, monopolien haltijat käyttäisivät hyväkseen kansallisen omavaraisuuden ideaa, papit pitäisivät massat lauhkeina. Kaikki ensimmäisen vaiheen saavutukset kutistuisivat olemattomiin, koska taas pitäisi valmistautua uuteen sotaan. Asia, joka pitää ratkaista ensi tilassa ‐ ja jos siinä epäonnistutaan niin kaikki muu edistys jää vain näennäiseksi ‐ on Euroopan jako itsenäisiin maihin, mikä jako pitää lopullisesti poistaa. Suurin osa maanosan valtioista romahti saksalaisen jyrän alla, ja tämä on yhdistänyt Euroopan maiden kohtaloita, jotka joko kaikki yhdessä ovat alistettuina Hitlerin vallan alla tai jotka kaikki yhdessä ‐ Hitlerin vallan kaatuessa ‐ lähtevät mukaan vallankumoukselliseen kriisiin, A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 jossa niiden ei tarvitse jäykistyä vahvoihin valtiollisiin struktuureihin. Ihmismielet ovat takavuosiin verrattuna paljon paremmin valmiina federatiivisen Euroopan uudelleen organisointia varten. Viime vuosikymmenien kova kokemus on avannut myös niiden silmät, jotka eivät halunneet nähdä, ja monet asiat ovat muuttuneet ihanteitamme suosiviksi. Kaikki järkevät ihmiset myöntävät nyttemmin, että Euroopan itsenäisten valtioiden tasapainoa ei voi enää säilyttää yhdenvertaisista oikeuksista nauttivan militaristisen Saksan kanssa, eikä Saksaa voida pilkkoa ja pitää sitä kuristusotteessa sitten kun se on voitettu. Saatujen tulosten perusteella näyttää selvältä, ettei yksikään Euroopan maa voi jäädä syrjään kun muut taistelevat. Puolueettomuusjulistuksilla ja hyökkäämättömyyssopimuksilla ei ole mitään merkitystä. Samoin on tullut todistetuksi sellaisten Kansainliitto‐tyyppisten organisaatioiden tarpeettomuus ja haitallisuuskin, jotka halusivat taata kansainvälisen oikeuden turvautumatta sotilasvoimiin päätösten toteuttamisen varmistamiseksi, kun samalla haluttiin kunnioittaa jäsenvaltioiden ehdotonta itsemääräämisoikeutta. Periaatteellinen päätös siitä, että interventioihin ei ryhdytä, osoittautui järjenvastaiseksi. Sen mukaan jokaisen valtion pitäisi antaa vapaasti koota parhaaksi uskomansa mielivaltainen hallitus ikään kuin yksittäisen maan sisäinen perustuslaki ei olisi muiden Euroopan maiden elintärkeä kiinnostuksen kohde. Monet ongelmat, jotka myrkyttävät maanosan kansojen välistä elämää, ovat jääneet vaille ratkaisua ‐ sekakansojen asuttamien alueille vedetyt rajat, erilleen joutuneiden vähemmistöjen suojelu, sisämaassa olevien kansojen pääsy merelle, Balkanin tilanne, Irlannin kysymys jne. Nämä ongelmat saisivat mitä yksinkertaisimman ratkaisun Euroopan Federaatiossa samalla tavalla niin kuin takavuosina pikkuvaltioiden vastaavat ongelmat saivat ratkaisun kun nämä valtiot liittyivät suurempaan kansalliseen liittoon katkeruutensa unohtaen ja tullen osaksi eri maakuntien välistä problematiikkaa. Toisaalta Isoon‐Britanniaan hyökkäämisen mahdottomuuden (ja englantilaisten mieleen innoittaman splendid isolation ‐ idean) antaman varmuuden tunteen loppuminen, Ranskan armeijan ja tasavallan hajoaminen heti ensimmäisessä todellisessa törmäyksessä Saksan armeijan kanssa (toivottavasti tämä tulos heikensi tuntuvasti sovinistista vakaumusta gallialaisesta ehdottomasta ylemmyydestä) ja erityisesti tietoisuus lähellä olleesta yleisen orjuuden vaarasta ovat kaikki asioita, jotka edesauttavat nykyisen anarkian lopettavan federatiivisen hallintomallin rakentamista. Ja se tosiasia, että Englanti on nyttemmin jo hyväksynyt Intian itsenäisyyden periaatteen ja se, että Ranska on menettänyt tappion tunnustamisen kautta koko valtapiirinsä, tekevät helpommaksi jonkinlaisen sopimuspohjan löytämisen siirtomaaomistusta koskevan eurooppalaisen ratkaisun tekemiseksi. A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Tähän kaikkeen pitää lisätä joidenkin tärkeimpien hallitsijasukujen katoaminen, ja vielä jäljelle jääneitä sukuja tukevien perustojen heikkous. Pitää näet ottaa huomioon, että eri maita pääasiallisina tulolähteinään pitävät hallitsijasuvut olivat tukemiensa suurten intressien kanssa vakavasti otettava uhka Euroopan Yhdysvaltojen järkevälle organisaatiolle, jota taas ei voi rakentaa muulle perustalle kuin kaikkien federaation maiden tasavaltalaiselle perustuslaille. Ja kun päästään vanhan maanosan horisontin yli, ja kun yhdytään samaan näkemykseen kaikkien ihmisyhteisön muodostavien kansojen kanssa, pitää kuitenkin muistaa että Euroopan Federaatio tarjoaa ainoan mahdollisen synnytettävissä olevan takuun, että suhteet Aasian ja Amerikan kansojen kanssa voidaan rakentaa rauhanomaisen yhteistyön pohjalle siitä kauempana sitä olevaa aikaa odotettaessa, kun koko maailmanlaajuinen yhtenäisyys voi käydä toteen. Erolinja edistyksellisten ja taantumuksellisten puolueiden välillä ei enää ole se muodollinen ero suuremman ja pienemmän demokratian välillä tai suuremman sosialismin tai pienemmän sosialismin rakentamisen välillä, vaan se on aivan uusi linja, joka erottaa toisistaan yhtäältä ne, jotka pitävät välttämättömänä tavoitteena vanhanaikaista taistelua (kansallisen poliittisen vallan hankkiminen) ja jotka ‐ tahtomattaankin ‐ ovat taantumuksellisten voimien pelinappuloina ja antavat vanhantyylisten poliittisten tavoitteiden hehkuvan laavan vahvistua ja antavat näin vanhojen järjettömyyksien nousta uudestaan ja toisaalta ne, jotka näkevät keskeiseksi tehtäväkseen vahvan kansainvälisen valtion luomisen ja jotka ohjaavat tähän suuntaan kansan voimavarat, ja jotka kansallisen vallan saavuttamisenkin jälkeen toimivat etulinjassa kansainvälisen yhtenäisyyden toteuttamisen välineenä. Propagandan ja toiminnan avulla ja yrittäen vahvistaa kaikin voimin sopimuksia ja siteitä eri maissa varmasti syntyvien yksittäisten liikkeiden kanssa kannattaa jo nyt luoda pohjaa liikkeelle, joka osaa mobilisoida kaikki voimat uuden sen kokonaisuuden luomiseksi, josta tulee suurenmoisin ja innovatiivisin, mitä Euroopassa on vuosisatoihin syntynyt. Jotta voidaan perustaa vahva federatiivinen valtio, jolla on kansallisten armeijoiden asemesta yhteiseurooppalainen armeija, joka lopullisesti murskaa taloudelliset autarkiat, totalitaaristen hallintokoneistojen selkärangan ja jolla on tarpeeksi hallintoelimiä ja välineitä valvoa yksityisissä federatiivisissa maissa määräystensä ja päätöstensä toimeenpanoa yhteisen järjestyksen ylläpitämiseksi ja joka kuitenkin samaan aikaan suo näille valtiolle autonomian, jonka myötä poliittinen elämä kehittyy näissä maissa joustavasti eri kansojen erityisominaisuuksien vaatimalla tavalla. Jos Euroopan tärkeimmissä maissa on tarpeeksi suuri määrä tämän ymmärtäviä ihmisiä, voitto tulee pian olemaan heidän käsissään, koska olot ja A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 ihmismielet ovat suosiollisia heidän toimilleen. Heitä vastassa on puolueita ja suuntauksia, jotka on todettu sopimattomiksi kahden viime vuosikymmenen tuhoisan kokemuksen aikana. Koska nyt on uusien toimien aika niin aika on myös uusien ihmisten, VAPAAN JA YHTENÄISEN EUROOPAN LIIKKEEN. III. Sodanjäkeiset tehtävät. Yhteisön reformi Vapaa Eurooppa on uudenaikaisen sivilisaation vahvistamisen välttämätön lähtökohta, minkä totalitaarinen vaihe keskeytti. Tämän vaiheen loppuminen käynnistää heti uudelleen sosiaalisten etuoikeuksien ja eriarvoisuuden vastaisen historiallisen prosessin. Kaikki vanhat konservatiiviset instituu ‐ tiot, jotka estivät sen toimeenpanemista, sortuvat tai ne ovat sortumassa. Ja niiden kriisi pitää käyttää hyväksi rohkeasti ja päättäväisesti. Voidakseen vastata meidän tarpeitamme pitää eurooppalaisen vallankumouksen olla sosialistinen, eli sen pitää tarjota työtä tekevien luokkien vapauttaminen ja ystävällisempien elinehtojen tarjoaminen näille. Tarvittaviin toimenpiteisiin ohjaavana kompassina ei voi kuitenkaan olla puhtaasti oppikirjamainen periaate, jonka mukaan materiaalisten tuotantovälineiden yksityisomistus pitää periaatteellisesti kieltää ja sallia vain väliaikaisesti, kun ilman sitä ei mitenkään tulla toimeen. Talouden yleinen valtiollistaminen oli ensimmäinen utopistinen muoto, jonka avulla työläisluokkien oli tarkoitus vapautua kapitalistien ikeestä. Mutta sitten kun se täysin toteutettu, se ei viekään toivottuun tulokseen vaan sellaisen hallintokoneiston perustamiseen, missä koko kansa palvelee pientä taloutta johtavaa byrokraattien ryhmää. Sosialismin todellinen perusperiaate ‐ yleinen kollektivisointi ei ollut muuta kuin pikainen päättelyvirhe ‐ on se, että taloudelliset voimat eivät saa hallita ihmisiä, vaan ‐ niin kuin on luonnon voimien kanssa ‐ ihmisten pitää alistaa ne ja ohjata ja kontrolloida niitä mahdollisimman järkevästi jotta suuret massat eivät ole niiden uhreja. Jättiläismäisiä edistyksen voimia, joita nousee yksityisistä intresseistä, ei pidä sammuttaa rutiinikäytännön jähmettyneeseen rämeeseen niin, että sitten taas oltaisiin sen ratkaisemattoman ongelman edessä, että aloitehenkeä pitää herätellä palkkaeroilla tai muilla sellaisilla toimenpiteillä. Nämä voimat pitää nostaa arvoonsa ja niitä pitää ulottaa laajemmalle ja niille pitää tarjota kehitys‐ ja käyttömahdollisuuksia, ja samalla pitää vahvistaa ja parantaa niitä valleja, jotka ohjaavat näitä voimia kohti koko kollektiivin kannalta hyödyllisimpiä tavoitteita. Yksityisomistus pitää poistaa, sitä pitää rajoittaa ja oikaista, tapaus tapaukselta, mutta ei kuitenkaan periaatteeltaan oppikirjamaisesti. Tämä johtoaate sijoittuu luontevasti militarismin ja kansallisen byrokratian painajaisesta vapautuneen eurooppalaisen talouselämän rakentamisprosessiin. Rationaalinen ratkaisu pitää ottaa irratoniaalisen ratkaisun tilalle, myös A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 työntekijöiden tietoisuudessa. Tämän johtoaatteen sisältöä tarkemmin jäsennellen, ja samalla korostaen, että jokaisen ohjelmakohdan sopivuus ja käyttötavat pitää aina arvioida suhteessa jo aivan ehdottomaan olettamukseen eurooppalaisesta yhtenäisyydestä, haluamme korostaa seuraavia kohtia: a) Yksityisille ei voi jättää niitä tuotantolaitoksia, jotka välttämättä toimivat monopolistisesti ja jotka tämän takia pystyisivät käyttämään hyväkseen kuluttajien massaa; esimerkiksi sähkölaitoksia, yrityksiä, jotka halutaan säilyttää yhteisen hyvän nimissä mutta jotka pysyäkseen pystyssä tarvitsevat suojeluveroja, tukiaisia, suosiollisia tilauksia jne. (metalliteollisuus on tähän asti ollut selvin italialainen esimerkki tämäntyyppisistä teollisuuslaitoksista); yrityksiä, jotka investoidun pääoman suuruuden tai työläisten suuren määrän tai hallitsemansa alan suuren merkityksen takia pystyisivät kiristämään valtion hallintoelimiä pakottaen ne tekemään itselleen hyödyllisiä päätöksiä (esimerkiksi kaivosteollisuus, suuret pankit, aseteollisuus). Tämä on se ala, jolla pitää edetä ilman muuta kohti suurta kansallistamista, kunnioittamatta hankittuja etuisuuksia. b) Ominaispiirteet, joilla aiemmin säädettiin omistus‐ ja perintöoikeudesta, ovat antaneet rikkauksien kasaantua harvojen etuoikeutettujen käsiin. Nämä rikkaudet on hyödyllistä jakaa tasaarvoisesti, jotta loisluokat voidaan eliminoida ja jotta työntekijöille voidaan antaa ne tuotantovälineet, joita he tarvitsevat parantaakseen taloudellisia olojaan ja jotta he yltäisivät elämässään suurempaan riippumattomuuteen. Siksi ajattelemme maatalous ‐ uudistusta, jossa maan antaminen sen viljelijöille lisää valtavasti maanomistajien määrää, ja teollisuuden reformia, jossa työntekijöiden omistus laajenee niille sektoreille, joita ei ole valtiollistettu, osuuskuntien muodossa ja työntekijöiden osakkuuksin. c) Nuoria tulee auttaa tarpeellisin toimenpitein, jotta välimatkat elämän taistelun lähtöpaikoilla tulevat mahdollisimman pieniksi. Erityisesti julkisen koululaitoksen pitää tarjota kyvykkäimmille todellinen mahdollisuus jatkaa opiskelua ylimmille asteille saakka, eikä vain rikkaimmille; ja sen pitää huolehtia kaikista opintojen aloista, jotta eri ammatteihin ja eri liberaaleihin ja tieteellisiin toimintoihin johdatetaan yksilöitä markkinavaatimusten mukaisesti niin, että kaikkien ammattiryhmien keskipalkat jäävät suunnilleen samansuuruisiksi vaikka saman ammattityhmän sisällä voikin olla palkkaeroja kykyjen mukaisesti. d) Modernia tekniikkaa käyttävän perustarpeiden massatuotannon lähes rajattomien mahdollisuuksien ansiosta kaikille voidaan nyttemmin varmistaa, suhteellisesti pienin sosiaalisin kustannuksin, ruoka, asunto ja vaatetus; ihmisarvon tunteen säilyttämiseksi. Inhimillinen solidaarisuus taloudellisessa sodassa häviölle jääneitä kohtaan ei siksi saa muistuttaa muodoiltaan aina A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 nöyryyttävää hyväntekeväisyystyötä joka itse aiheuttaa samoja vääryyksiä, joiden seurauksia sen pitäisi yrittää korjata. Inhimillisen solidaarisuuden pitää sopivin toimenpitein ja varauksitta taata kaikille ‐ pystyivät nämä työntekoon tai eivät ‐ kohtuullinen elintaso kuitenkaan vähentämättä innostusta työntekoon ja säästämiseen. Näin kenenkään ei tarvitse kurjuuden takia allekirjoittaa sortavia työsopimuksia. e) Työtä tekevien luokkien vapautuminen voi tapahtua vain jos edellä mainitut kohdat toteutetaan: kun työtä tekeviä ei jätetä uudestaan niiden monopolististen ammattiyhdistysten talouspolitiikan armoille, jotka yksinkertaisesti tuovat työkentälle suurkapitalismille ominaisia, orjuuttavia keinoja. Työntekijöiden pitää uudestaan olla vapaita valitsemaan luottamushenkilönsä neuvotellakseen kollektiivisesti oloista, joissa he työskentelevät, ja valtion pitää antaa oikeudelliset välineet lopullisten sopimusten noudattamisen varmistamiseksi. Kaikki kapitalistiset suuntaukset voidaan tehokkaasti voittaa sitten kun kaikki nämä sosiaaliset uudistukset on toteutettu. Nämä ovat välttämättömiä muutoksia, jotta uuden järjestyksen ympärille saadaan luoduksi erittäin laaja ja uuden järjestyksen säilymisestä kiinnostunut kansalaisverkko ja jotta poliittiseen elämään voidaan jättää tukeva, vahvalla sosiaalisen solidaarisuuden tunteella kyllästetty vapauden merkki. Näillä perustoilla poliittinen vapaus voi oikeasti saada konkreettisen sisällön ‐ eikä pelkästään muodollista ‐ koska kansalaisten massalla on itsenäisyytensä ja tarpeeksi tietoa hallitsevan luokan jatkuvaan ja tehokkaaseen valvontaan. Olisi turhaa pitäytyä perustuslaillisissa instituutioissa, koska on mahdotonta ennakoida, minkälaisiin oloihin ne syntyvät ja minkälaisissa oloissa ne tulevat toimimaan. Emme tekisi muuta kuin toistaisimme sen, minkä kaikki jo tietävät edustuksellisista instituutioista tai lainsäädännöstä tai sen tuomariston riippumattomuudesta, joka ottaa nykyisen tuomarikunnan paikan tehtyjen päätösten puolueettoman täytäntöönpanon varmistamiseksi tai lehdistön ja kokoontumisen vapaudesta julkisen mielipiteen valistamiseksi ja valtiolliseen elämään osallistumisen todellisen mahdollisuuden antamiseksi kaikille kansalaisille. Vain kahdessa asiassa on välttämätöntä selventää käsityksiä, koska ne ovat erityisen tärkeitä maallemme näillä hetkillä: valtion suhteessa kirkkoon ja poliittisen edustuksen ominaisuuksissa. a) Sopimus, jonka kanssa Vatikaani päätti Italiassa liittolaisuutensa fasismin kanssa pitää ilman muuta mitätöidä, jotta voidaan korostaa valtion puhtaasti maallista luonnetta ja jotta voidaan yksiselitteisesti tarkentaa, että valtiolla on ylin oikeus kansalaiselämään. Kaikki uskonnollisia vakaumuksia pitää kunnioittaa, mutta valtion ei tarvitse pitää lukua uskonnoista. A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 b) Paperitalo, jonka fasismi rakensi korporatiivisella määräyksellä, tulee sortumaan palasiksi muiden totalitaarisen valtion osien kanssa. On niitä, joiden mielestä näistä romuista saadaan materiaalia uuteen perustuslailliseen järjestykseen. Me emme usko sitä. Totalitaarisissa valtioissa korporatiiviset huoneet ovat huiputusta, joka kruunaa työntekijöiden poliisikontrollin. Ja vaikka korporatiiviset huoneet olisivatkin eri tuotantokategorioiden rehellinen ilmaisu, eri ammattikategorioiden edustuksellisia elimiä ei koskaan hyväksyttäisi neuvottelemaan yleispoliittisista asioista, ja nimenomaisesti taloudellisissa kysymyksissä niistä tulisi ammattiyhdistyksellisesti vahvempien kategorioiden sortamiselimiä. Ammattiyhdistysliikettä odottaa paljon laajoja yhteistyötoimintoja niiden valtion elinten kanssa, joiden tehtävänä on ratkaista ammattiyhdistysliikettä suoraan koskevat ongelmat, mutta ilman muuta voi sulkea pois sen mahdollisuuden, että niille uskotaan lainsäädännöllisiä tehtäviä, koska se merkitsisi feodaalista anarkiaa talouselämässä, ja tuloksena olisi taas poliittinen mielivaltaisuus. Monet, jotka hyväuskoisesti antoivat korporativismin myytin viedä itsensä mukanaan, voivat ja heidän täytyy kiinnostua uudistuspolitiikasta; mutta on tarpeellista, että he tajuavat, kuinka järjenvastainen heidän sekavasti uneksimansa ratkaisu on. Korporativismi ei voi olla konkreettista kuin totalitaarisen valtioiden omaksumassa muodossa, kun työntekijät voidaan alistaa virkamiesten alaiseen kuriin, missä nämä tarkkailevat työntekijöiden jokaista liikettä hallitsevan luokan intressien hyväksi. Vallankumouksellista puoluetta ei voi harrastelijamaisesti improvisoida ratkaisevalla hetkellä vaan sen pitää alkaa jo tästä hetkestä lähtien muodostua ainakin keskeisen politiikan, kokonaisrakenteen ja ensimmäisten toimintamallien osalta. Sen ei tarvitse edustaa niiden suuntausten kirjavaa massaa, jotka ovat kokoontuneet yhteen vain kielteisesti ja väliaikaisesti antifasistisen taustansa vuoksi ja yksinkertaiseen totalitaarisen hallintokoneiston romahtamisen odotteluun, ja valmiina lähtemään omille teilleen sitten kun tavoitteeseen on päästy. Vallankumouksellinen puolue tietää, että vasta silloin sen työ todella alkaa, ja siksi sen pitää koostua ihmisistä, jotka yhtä mieltä tulevaisuuden keskeisistä ongelmista. Sen pitää ulottaa systemaattinen propaganda kaikkialle, missä on nykyisen hallintokoneiston sortamia, ja sen pitää ottaa lähtökohdaksi kerta kerralta se ongelma, joka on ollut kaikkien tuskaisin sekä yksityisille henkilöille että luokille ja sen pitää näyttää, kuinka ongelma on yhteydessä muihin ongelmiin ja mikä voisi olla ongelman todellinen ratkaisu. Mutta yhä vain suuremmaksi kasvavasta tukijoiden joukosta puolueen pitää ottaa liikkeen A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 organisaatioon ja värvätä vain ne, jotka tehneet eurooppalaisesta vallankumouksesta elämänsä päätavoitteen, ja jotka kurinalaisesti päivä päivältä toteuttavat tarvittavan työn ja jotka tarkkaavaisesti huo ‐ lehtivat työn jatkuvasta varmuudesta ja tehokkuudesta myös kovimmissa lainvastaisissa tilanteissa ja rakentavat näin vahvan verkon, joka antaa tukevuutta myös puolueen tukijajoukon epävakaammalle osalle. Lyömättä laimin mitään tilannetta ja mitään aluetta sanankylvössä, puolueen pitää ohjata uutteruutensa ensin niihin kohteisiin, jotka ovat tärkeämpiä ideoiden levityksen ja taisteluhaluisten ihmisten palvelukseen oton kannalta. Se pitää ohjata etenkin kahteen sosiaaliseen ryhmään, jotka ovat kaikkein herkimpiä nykyisessä tilanteessa ja tärkeimpiä tuonnempana, toisin sanoen työläisluokkaan ja älymystöryhmiin. Näistä ensimmäinen on se, joka on vähiten alistunut totalitaarisen tyrannivallan edessä ja joka on ensimmäisenä valmis järjestämään rivinsä uudestaan. Intellektuellit, erityisesti nuorimmat, ovat niitä, jotka ovat eniten tunteneet kärsineensä hallitsevan mielivaltaisuuden aiheuttamasta henkisestä tukehduttamisesta ja nolaamisesta. Vähä vähältä myös muut ryhmät mieltyvät väistämättä liikkeeseen. Mikä tahansa liike, joka epäonnistuu näiden voimien yhteen liittämisessä, on tuomittu tehottomuuteen, koska jos pelkästään älymystön liike jää vaille taantumuksellisen vastarinnan lyömisessä tarvittavan massan voimaa, tulee se itse epäluuloiseksi tai sitä kohtaan ollaan epäluuloisia työläisluokkaan verrattuna, ja vaikka demokraattiset tunteet olisivat sen henkenä, se olisi valmis liukumaan vaikeuksien edessä kaikkien muiden työläisiä vastustavien luokkien mobilisaatioon, eli siis kohti fasismin uudelleen rakentamista. Jos liike tukeutuu pelkästään proletariaattiin, jää se ilman ajatuksen kirkkautta, joka ei voi tulla muualta kuin älymystöltä. Ja kirkas ajatus on tärkeä, jotta uudet tehtävät ja tiet voidaan hyvin eritellä. Jos liike tukeutuu pelkästään proletariaattiin, jää se vanhan luokka‐ajattelun vangiksi, ja vihollisia nähdään joka puolella ja se liukastuu kommunistien teoreettiseen ratkaisuun. Tämän liikkeen tehtävänä on organisoida edistykselliset voimat ja johtaa niitä vallankumouksellisen kriisin aikana, käyttämällä kaikkia kansan järjestöjä ‐ joita syntyy spontaanisti kuin massoja kuumissa sulatuspadoissa ja joihin vallankumoukselliset voimat sekoittuvat, ei kansanäänestyksiä varten odottamaan, vaan sitä, että joku ryhtyy ohjaamaan niitä. Tämä liike antaa näkymät ja varmuuden siitä, mitä pitää tehdä, mutta sitä ei tehdä vielä oletetun kansan tahdon läpimurron takia, koska sitä ei ole vielä olemassa vaan sen tietoisuuden johdosta, että nyt edustetaan uudenaikaisen yhteisön syvältä tulevia tarpeita ja vaatimuksia. Tällä tavoin annetaan uuden järjestyksen ensisäädökset, ensimmäisen järjestys muodottomille massoille. Tällaisen A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 vallankumouspuolueen diktatuurin kautta muodostetaan uusi valtio, ja sen ympärille uusi oikea demokratia. Ei ole pelkoa, että tällainen vallankumouksellinen hallintokoneisto välttämättä ajautuu uudistettuun mielivaltaisuuteen. Näin voi käydä, jos muodostuu orjuutukseen perustuva yhteisö. Mutta jos vallankumouksellinen puolue menee eteenpäin ja luo varmoin käsin ‐ ja heti ensi askeleista alkaen ‐ olosuhteet vapaata elämää varten, missä kaikki kansalaiset voivat todella ottaa osaa valtiolliseen elämään niin sen kehitys tulee tapahtumaan ‐ vaikkakin mahdollisten vähäarvoisten poliittisten kriisien kautta ‐ uuden järjestyksen kaikkien osien kasvavan ymmärryksen ja hyväksynnän hengessä, ja tämän takia vapailla poliittisilla instituutioilla on suuremmat mahdollisuudet toimia. Nyt on aika, jolloin pitää osata heittää pois liian suuriksi käyneet vanhat taakat ja pitää itsensä valmiina tulossa olevaa uutta varten, joka on niin erilainen kuvitellusta. Vanhojen joukosta pitää laittaa syrjään hyödyttömät ja nuorten joukossa pitää herättää uusia energioita. Nyt etsivät ja tapaavat toisensa ‐ tulevaisuuden juonta kutoen ‐ ne, jotka näkivät Euroopan sivilisaation tämänhetkisen kriisin syyt. He ottavat vastaan niiden kaikkien ihmisyyttä ylistävien liikkeiden perinnön, jotka olivat haaksirikkoutuneet koska ei ollut yhteisymmärrystä tavoitteesta, mihin pitäisi päästä tai ei ollut välineitä tavoitteeseen pääsemiseksi. Tie, mikä pitää kulkea, ei ole helppo eikä turvallinen. Mutta se pitää kulkea loppuun asti. Ja näin tulee käymään! Altiero Spinelli ‐ Ernesto Rossi A. Spinelli, E. Rossi, Vapaan ja yhtenäisen Euroopan puolesta Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Inledning Pertti Lepistö Den lilla ön Ventotene är nog inte så väldigt känd i Finland, och det är klart att under andra världskriget visste man ännu mindre om den. Några sporadiska uppgifter hade kanske förirrat sig till Finland om den obetydliga ön som fascistdiktatorn Benito Mussolinis statsmaskineri hade konstaterat vara ett utomordentligt ställe där oliktänkare effektivt kunde isoleras från omvärlden. Vid samma tider hade Finland fullt upp med att försvara sin existens som en självständig nation. Josef Stalins Sovjetunion och Aldolf Hitlers Tyskland hade i augusti 1939 med den så kallade Ribbentrop‐Molotovpakten beslutat att Finland skulle införlivas i Sovjetunionens intressesfär, vilket ledde till att Finland drogs in i krig vilka avslutades först på våren 1945. Finland bevarade sin självständighet men fördraget om vänskap, samarbete och bistånd som slöts och upprepade gånger förnyades med Sovjetunionen fällade en nära nog total skugga över neutraliteten ända till 1990‐talet, och på samma gång fungerade det bromsande på de mål i europeisk anda som man naturligtvis också i Finland uppställde, även om Finland under åren då Vsb‐pakten var i kraft slöt många andra internationella avtal. Finland strävan att tillhöra den europeiska gemenskapen kröntes med framgång då Finland i januari 1995 anslöts sig som medlemsstat i den Europeiska Unionen. Men vad har då den knappt 15 m2 stora ön Ventotene att göra med ett enat Europa och i vidare bemärkelse med Finland? En hel del, fastän öns isoleringslägers och dess invånare och speciellt Eugenio Colornis, Ernesto Rossis och Altiero Spinellis betydelse inte är så känd i Finland. Männen soma v fascismen betecknades som de farligaste drevs inte ned I en ständigt hotande depression av den hårdföra disciplinen, utan de fann i sina utförliga och djuplodande diskussioner en egen andlig frihet, som var drömmen om ett förenat, enhetligt och fritt Europa. Resultatet av flera års begrundan och diskussioner födde ett utkast till ett manifest som smugglades från ön till fastlandets Italien och som sedan spreds inom den italienska motståndsrörelsen. Manifestutkastet, som till största delen författades av Altiero Spinelli och Ernesto Rossi, och som Eugenio Colorni senare skrev förordet till, har seder mera blivit allmänt känt under namnet Ventotene‐ manifestet. Manifestutkastet fick sin slutliga utformning sommaren 1941 då Tyskland hade anfallit Sovjetunionen och då Finland var på väg in i fortsättningskriget. Jubileumskommittén, som grundades med anledning av 255 P. Lepistö, Inledning Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Spinellis födelse för 100 år sedan, universitetet Sapienza i Rom och landskapet Lazio har nu låtit översätta Manifestet till de olika språken inom Europeiska Unionen. Det är första gången som ningen oche avståndet som den skapade erbjöd Colorni, Rossi och Spinelli ett tillfälle att mot allt förnuft fördomsfritt och grundligt analysera sakernas tillstånd. De okända gudfäderna till den Europeiska Unionen kände säkert tikk Marx, Engels, Lenins och de övrigas teorier om socilism och kommunism, hur teorierna skulle förverkligas och de olika synpunkterna på möjligheterna att göra slut på arbetarklassens lidanden, men de tillät inte läromästarnas teste att begränsa sitt eget politiska resonemang som sökte orsakerna till de olika konflikterna och det förödande världskriget och en lösningsmodell för dessa. Spinellis, Rossis och Colornis analys är klarare och friare. Det ständiga lidandet som proletariatet lever under glöms inte bort, men de inser genast att arbetarklassen har dåliga möjligheter att bygga upp ett bättre och jämlikare samhälle. Alla samhällets klassers krafter bör sättas in för att en verklig förnyelse skall uppnås. Spinelli, Rossi och Colorni ser som den enda möjligheten för Europa att en övernationell stat som grundar sig på en konstitution skapas. Orsaken till att man i Europa ständigt misslyckats och inte sunna åstadkomma en bestående fred har helt enkelt berrot på den obegränsade självbestämmanderätt som staterna tillskriver sig, vilket i sin tur i tillspetsad form har lett till totalitära stater som stöder sig på den starkares lag. Ventotene‐manifestet kom till i två skeden: Spinelli och Rossi finslipade det egentliga Manifestet på våren 1941, och Colorni skrev förordet till det på vintern 1944 då Mussolini redan hade störtats i Italien och rörelsen för ett enat och fritt Europa hade verkat under jorden i två festets budskap inter är bundet till något partipolitiskt program. Manifestet är till många delar väldigt framsynt: Bland målen för den nya gemenskapen finns en valutaunion, gemensamma försvarsmakter, en gemensam utrikespolitik, fri rörelse mellan länderna, avlägsnandet av tullgränser; av dess mål har flera redan förverkligats inom den Europeiska Unionen. Det finn inte ett dogmatiskt förbjud i Manifestet mot privat ägande av produktionsanläggningar, men det kan endast tillåtas i undantagsfall. Spådomarna besannas inte alltid: Enligt Manifestet bör alla större produktionsanläggningar och banker villkorslöst nationaliseras. I annat fall finns det en risk att de på grund sin betydelse kan utöva utpressing på den enskilda staten. Spinelli skisserade en europeisk federativ stat där de viktigaste politiska besluten som berör alla, fattas av ett på bred basis valt parlament, men där det “politiska livet i varje medlemsstat utvecklas i respektive länder på ett sätt som motsvarar de nationella, speciella egenskaperna”. Grunden för all utveckling är frigörelsen från extremt nationella stater och den enskilda människans frihet. Intressant är även den passus i Manifestet där man talar om det sociala stödet. Samhället bör 256 P. Lepistö, Inledning Eurostudium3w aprile-giugno 2011 visserligen tillfredsställa alla medborgares grundbehov, men hjälpen som ges får inte, på grund av sin storlek, försvaga motivationen att arbeta. Det detona också att “staten inte behöver hålla räkning på religionerna”. Ventotene‐ Manifestet är betydelsefullt på grund av att dess budskap är rätt. Ett bevis på detta är även att resonemanget som Manifestet grundar sig på har ränt stort medhåll i nästan alla politiska strömningar. Flera av de tankar som framförs i Manifestet är fortfarande aktuella i dag, även om de föddes under exceptionella förhållanden. I Manifestet konstaterar man vidare att endast en stark europeisk federation kan skapa möjligheter att bygga upp fredliga och fungerande relationer till folk som lever på andra kontinenter. Om man misslyckas i uppbyggandet av en federation och det ödesdigra nationella tänkandet åter vinner terräng är allt förlorat och slutresultatet kan bli “att mänsligheten än en gång delas upp i Förtryckare och Förtryckta”. Jag anser att till manifestets förtjänst bör utan vidare räknas denna objektiva tanke, även om det är mycket möjligt att författarna, på grund av sin långvariga fångenskap, tidvis har lockats att göra en analys som präglas av bitterhet. Tankegången är emellertid alltid mycket klar, fastän manifestets satsuppbyggnad iblan känns tung. Den lilla ön Ventotene förtjänar väl sitt smeknamm Europa‐ön tack vare Manifestet som föddes på den. 257 P. Lepistö, Inledning Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Förord Eugenio Colorni (Rom 1944) Följande skrifter har avfattats och redigerats på ön Ventotene, mellan åren 1941 och 1942. Inom ramarna för en mycket sträng disciplin, genom underrättelser som man försökt med alla medel göra så kompletta som möjligt, i sorgen över den påtvingade overksamheten och i längtan efter den närstående frigivningen, började det i denna exceptionella miljö hos några sinnen att mogna en process av omvärdering av alla de frågor som hade varit självaste motiven till den genomförda kampen och vår hållning i den. Avståndet till det aktiva politiska livet möjliggjorde en mer objektiv syn, och fordrade en omvärdering av de traditionella positionerna vid utredningen av skälen till de förlidna misslyckanden, som inte berodde så mycket på tekniska misstag i de parlamentariska eller revolutionära strategierna, eller på situationens allmänna «omognad», utan snarare på en otillräcklig generell uppläggning, och på att kampen hade riktats längs de sedvanliga skiljelinjerna, med alldeles för lite uppmärksamhet på det som höll på att omforma verkligheten. Under förberedelserna för att verkningsfullt utkämpa den kamp som tornade upp i en närstående framtid, fanns det ett behov av att inte bara korrigera tidigare felsteg, utan också överskrida gränserna för de politiska problemen med sinnen fria från doktrinära förutfattade meningar och partimyter. Det var så idén väcktes, hos några få själar, att den grundläggande motsägelsen som är ansvarig för kriserna, krigen, fattigdomen och exploateringen som plågar vårt samhälle, är förekomsten av suveräna stater, geografiskt, ekonomiskt, militärt avgränsade, som betraktar de övriga staterna som konkurrenter och potentiella fiender, och som lever den ena mot den andra i ett tillstånd av evigt bellum omnium contra omnes. Skälen till varför denna idé, som i sig inte var ny, fick ett drag av nyhet i det tillstånd och vid det tillfälle då den formulerades är flera: 1) Först och främst att den internationalistiska lösningen, som förekommer i alla de progressiva politiska partiernas program, anses av dessa i viss bemärkelse vara en nödvändig och nästan automatisk följd av uppfyllandet av målen som var och en av dem ålägger sig. Demokraterna anser att inrättandet inom varje enskild stat av den regeringsform de förespråkar, helt säkert skulle leda till uppkomsten av det förenade samvete som, genom att överskrida 258 E. Colorni, Förord Eurostudium3w aprile-giugno 2011 gränserna på det kulturella och moraliska området, skulle skapa premisserna som de anser nödvändiga för en såväl politisk som ekonomisk fri union mellan folken. Socialisterna i sin tur anser att upprättandet av proletariatets diktatur i de olika staterna i sig skulle leda till en kollektivistisk och internationell stat. En analys av den moderna idén om staten och av helheten av intressen och känslor som är förknippade med den visar klart att, trots att deras interna likheter kan underlätta för vänskap och samarbete mellan stater, så är det inte alls säkert att de per automatik och eller ens på sikt kan leda till ett enande, så länge det finns kollektiva intressen och känslor som bygger på en sluten enhet inom gränserna. Vi vet av erfarenhet att chauvinistiska känslor och protektionistiska intressen lätt kan leda till motsättningar och konkurrens även mellan demokratier. Det är inte heller självklart att ett rikt socialistiskt land skulle acceptera att dela sina resurser med ett mycket fattigare, bara för att ett socialistiskt styre likt det egna rådde där. Upphävandet av de politiska och ekonomiska gränserna mellan en stat och en annan följer därför inte nödvändigtvis av det samtidiga inrättandet av en viss intern styrelseform i respektive stat. Det är tvärtom en egen fråga, som måste angripas med egna medel som lämpar sig för den frågan. Man kan inte vara socialist utan att vara internationalist, det är sant, men det beror på en ideologisk förpliktelse snarare än på en ekonomisk och politisk verklighet, och den internationella staten följer inte nödvändigtvis av den socialistiska segern i de enskilda staterna. 2) Det som dessutom på ett autonomt sätt drev framhållandet av en federalistisk tes var det faktum att de existerande politiska partierna, mot en bakgrund av kamp utkämpad inom de enskilda nationerna, av vana och tradition utgår från den outtalade föreställningen om nationalstaten, och betraktar den internationella ordningen som en fråga för «utrikespolitiken», som måste lösas genom diplomatiska handlingar och överenskommelser länderna emellan. Denna inställning är delvis orsakad av, och delvis en följd av den tidigare omnämnda föreställningen, enligt vilken samförståndet och enigheten med andra besläktade regeringar kommer av sig själv så fort man fattat regeringstyglarna i det egna landet, utan att man uttryckligen behöver bedriva en politisk kamp för dessa frågor. Hos författarna till de föreliggande texterna fanns däremot en övertygelse om att den som vill ta sig an den internationella ordningen som det centrala problemet för den aktuella historiska epoken ‐ och som anser dess lösning vara den nödvändiga premissen för att lösa alla de institutionella, ekonomiska och sociala problemen i vårt samhälle ‐ måste från denna infallsvinkel betrakta alla de frågor som avser den interna politikens kontraster och alla partiers inställningar, även med avseende på den dagliga kampens taktik och strategi. 259 E. Colorni, Förord Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Alla frågor, från de konstitutionella friheterna till klasskampen, från planeringen av maktövertagandet till användningen av makten, hamnar i ett nytt ljus om de utgår från premissen att det primära målet är att upprätta en enhetlig ordning i det internationella fältet. Själva den politiska strategin att söka stöd hos ömsom den ena och ömsom den andra av krafterna i spelet, genom att betona ett eller annat slagord, får olika gestaltningar, ifall man anser att huvudmålet är maktövertagandet och införandet av vissa specifika reformer inom ramen för varje enskild stat, eller om man anser att det är skapandet av de ekonomiska, politiska och moraliska förutsättningarna för inrättandet av en federal ordning som omfattar hela kontinenten. 3) Ytterligare ett skäl ‐ och kanske det viktigaste ‐ är det faktum att även om idealet om en europeisk federation, som ett förstadium till en global federation, bara för några år sedan kunde framstå som en avlägsen utopi, framstår det idag vid slutet av detta krig som ett uppnåeligt mål, och nästan inom räckhåll. I den totala sammanblandning av folk som denna konflikt har medfört i alla länder som drabbats av den tyska ockupationen; på grund av nödvändigheten att på nya premisser återskapa en nästan helt ödelagd ekonomi; vid återförandet på agendan av alla frågor som avser de politiska gränserna, tullgränserna, de etniska minoriteterna etc.; i detta krigs själva natur, där det nationella inslaget så ofta har överskuggats av det ideologiska inslaget, där man har sett små och medelstora stater bjuda ut en stor del av sin suveränitet, och där till och med hos fascisterna idén om ett «livsrum» har ersatt den om «nationellt oberoende »; i alla dessa element urskiljer man omständigheter som aktualiserar, som aldrig förr i denna efterkrigstid, frågan om Europas federala ordning. Den kan vara intressant för krafter från alla samhällsklasser, av både ekonomiska och ideologiska skäl. Man kommer att nalkas den genom folkrörelser; genom att i de bildade klasserna främja studiet av de frågor som rör den; genom att åstadkomma revolutionära tillstånd, efter vilka det kommer att bli omöjligt att vända tillbaka; genom att påverka de styrande kretsarna i de segrande länderna; och genom att i de besegrade länderna sprida idén att de bara i ett fritt och enat Europa kan finna sin räddning och undvika nederlagets förödande konsekvenser. Det är därför som vår rörelse har fötts. Företrädet som denna fråga har jämfört med alla andra i den epok i vilken vi nu inträder beror på förvissningen att om vi låter situationen åter stelna i de gamla nationalistiska formerna så kommer chansen att vara förlorad för alltid, och ingen fred och inget välstånd kommer att få någon varaktighet på vår kontinent. Allt detta har drivit oss att skapa en självständig organisation med syfte att förespråka för idén om en 260 E. Colorni, Förord Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Europeisk federation som ett uppnåeligt mål för den nästkommande efterkrigstiden. Vi vill inte blunda för svårigheterna eller styrkan hos de krafter som kommer att verka i motsatt riktning; men det är, anser vi, första gången som denna fråga förs fram, inte som ett avlägset ideal, utan som en tvingande och tragisk nödvändighet. Vår rörelse, som nu sedan två år tillbaka leder en farofylld hemlig existens under det fascistiska och nazistiska förtrycket; vars anhängare kommer från de militanta antifascisternas led och alla deltar i den beväpnade kampen för friheten, och redan har betalat ett högt pris i form av fängelsevistelser för den allmänna saken; denna vår rörelse är inte och vill inte vara ett politiskt parti. Såsom den har gestaltat sig mer specifikt, vill den verka på de politiska partierna och inom dem, inte bara för att framhäva den internationalistiska instansen, utan framför allt för att alla politiska frågor skall utgå från det perspektiv, som dessa partier fram till nu varit så ointresserade av. Vi är inte ett politiskt parti eftersom vi, trots att vi aktivt stödjer allehanda studier av den institutionella, ekonomiska och sociala ordningen i den nya europeiska federationen, och trots att vi aktivt deltar i kampen för dess förverkligande och bemödar oss om att upptäcka vilka krafter som kommer att kunna agera till dess förmån i den framtida politiska konjunkturen, inte vill uttala oss officiellt om de institutionella enskildheterna, om den mer eller mindre omfattande administrativa centraliseringen etc. etc., som skall karaktärisera den framtida federala organismen. Må alla dessa frågor bli utförligt och fritt behandlade inom vår rörelse, och må alla politiska tendenser, från den kommunistiska till den liberala, vara representerade hos oss. I praktiken är alla våra militanta anhängare aktiva i någon av de progressiva politiska partierna. Alla är överens om att företräda de grundläggande principer som är förutsättningen för en fri Europeisk federation, som inte är baserad på hegemonier av något slag, ej heller på en totalitär ordning, och som skall rustas med den strukturella soliditet som inte reducerar den till kravlösheten hos t.ex. Nationernas Förbund. Dessa principer kan sammanfattas i följande punkter: en enda federal armé, monetär union, avskaffande av tullgränserna, obegränsad invandring mellan federationens stater, folkets direktrepresentation i de federala rådsförsamlingarna, samt en gemensam utrikespolitik. Under sin tvååriga levnadstid har vår rörelse spritt sig på bred front bland de antifascistiska grupperna och de politiska partierna. Några av dessa har offentligt gett rörelsen sitt stöd och visat sin sympati. Andra har bjudit in oss att samarbeta kring formuleringen av deras program. Det är inte förmätet att säga att det är delvis vår förtjänst att frågan om en europeisk federation så ofta tas 261 E. Colorni, Förord Eurostudium3w aprile-giugno 2011 upp i den italienska hemliga pressen. Vår tidning, «Europeisk Union», följer inrikes ‐ och utrikespolitikens händelser noga, och förhåller sig fullständigt oberoende till dem. Följande skrifter, resultatet av formuleringen av de idéer som gav upphov till vår rörelse, representerar dock bara deras författares åsikter, och utgör ingalunda något ställningstagande av själva rörelsen. De avser bara att vara förslag på diskussionsämnen för dem som vill omvärdera problemen i den internationella politiken genom att väga in den senaste tidens ideologiska och politiska erfarenheter, de senaste resultaten inom den ekonomiska vetenskapen, och de rimligaste framtidsperspektiven. De kommer snart att följas upp av fler studier. Vår förhoppning är att dessa skrifter kommer att väcka idéer, som i den rådande stämningen, präglad som den är av den betvingande nödvändigheten att agera, medför ett bidrag av klarhet som skall göra detta agerande mer bestämt, medvetet och ansvarsfullt. Den italienska rörelsen för den europeiska federationen Rom, den 22 januari 1944 262 E. Colorni, Förord Eurostudium3w aprile-giugno 2011 För ett fritt och enat Europa. Utkast till ett manifest Ventotene 1941 Altiero Spinelli – Ernesto Rossi I. Den moderna civilisationens kris Den moderna civilisationen har uppställt som sin grundval principen om frihet, som innebär att människan inte bara skall vara ett instrument åt andra, utan ett autonomt centrum för liv. Utifrån detta ramverk har en storslagen historisk process inletts mot alla aspekter av samhällslivet som inte respekterat denna princip. I) Man har hävdat alla nationers lika rätt att sluta sig samman i självständiga stater. Varje folk, definierat av dess etniska, geografiska, språkliga och historiska egenskaper, skulle i den statliga organisation som hade skapats av just det folket i överensstämmelse med dess speciella uppfattning om politiskt liv, hitta det instrument som utan inblandning utifrån på bästa sätt skulle svara mot dess behov. Ideologin om nationellt oberoende har varit en stark drivkraft för framåtskridandet. Tack vare den har en småsint lokalpatriotism kunnat övervinnas till förmån för en mer vidsträckt solidaritet mot utländska härskares förtryck; den har undanröjt hindren för många personers och varors rörlighet; den har inom varje ny stats territorium spritt den mera avancerade befolkningens institutioner och regelverk till den mindre utvecklade delen av befolkningen. Denna ideologi har emellertid inom sig burit fröet till den imperialistiska nationalism som vår generation har sett växa till gigantiska proportioner, och som lett till de totalitära staternas uppkomst och världskrigens utbrott. Nationen betraktas inte längre som den historiska produkten av samexistens mellan människor, som, genom en lång process, uppnått en större 263 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 enhetlighet i fråga om vanor och strävanden, och som i nationalstaten finner den mest ändamålsenliga formen för att organisera det kollektiva livet inom hela det mänskliga samhällets ram. Nationen har snarare blivit en gudomlig enhet, en organism som bara behöver tänka på sin egen existens och utveckling, utan att på minsta vis bekymra sig om den skada som den därigenom kan åsamka andra. Nationalstaternas absoluta suveränitet har lett till viljan att härska över alla andra, eftersom alla nationalstater känner sig hotade och som sitt «livsrum» betraktar allt större territorier, där de ska ha fri rörlighet och kunna tillskansa sig resurser oberoende av andra. Denna vilja att härska kan inte tyglas annat än genom att den starkaste staten får herravälde över alla de andra, därmed förslavade staterna. Staten har således förvandlats från en beskyddare av medborgarnas frihet till en herre över sina undersåtar, som med alla medel tvingas tjäna den för att ge den maximal slagkraft i krig. Även under perioder av fred, som betraktas som uppehåll för att förbereda de kommande, oundvikliga krigen, härskar i många länder just nu den militära klassens vilja över den civila, något som gör det allt svårare att få fria politiska system att fungera. Skola, vetenskap, produktion och förvaltningsorgan är huvudsakligen inriktade på att öka krigspotentialen; mödrar betraktas som soldatalstrare, och premieras som sådana enligt samma kriterier som man på uppvisningar premierar boskap som ger rik avkomma; barnen fostras ända från späd ålder till att föra vapen och att hata utlänningar; individens frihet reduceras till ett intet alltifrån den stund då alla har militariserats och ständigt kallas in för att göra värnplikt; de ideliga krigen tvingar männen att lämna familj, arbete och egendom, och att offra sina liv för mål som ingen förstår, och på bara några få dagar fullständigt ödeläggs resultatet av decenniers gemensamma ansträngningar för att öka det kollektiva välståndet. Det är de totalitära staterna som mest konsekvet har enat alla krafter, genom att de i den största utsträckningen har infört centralstyrning och autarki, och därigenom visat att de är de organ som är bäst anpassade till dagens internationella omgivning. Det räcker med att en nation tar ett steg närmare en mer utpräglad totalitarism för att den skall följas av andra, som dras med i samma fåra på grund av sin vilja att överleva. 2) Man har hävdat medborgarnas lika rätt att delta i processen att forma statens vilja. Den skulle således utgöra syntesen av alla samhällsklassers fritt uttryckta och skiftande ekonomiska och ideologiska krav. Genom en sådan politisk organisation har det varit möjligt att rätta till, eller åtminstone mildra, många av de mest skriande orättvisorna som ärvts från tidigare regimer. Tryckfriheten, föreningsfriheten och den gradvisa utvidgningen av rösträtten 264 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 gjorde det också allt svårare att försvara gamla privilegier eftersom de gjorde att man höll fast vid det representativa systemet. De medellösa lärde sig så småningom att använda dessa instrument för att erövra samma rättigheter som de välbärgade klasserna. Den särskilda skatten på inkomst från kapital och arv, den progressiva beskattningen av större förmögenheter, skattebefrielsen för de lägsta inkomstskikten och för oumbärliga varor, den fria allmänna skolan, de ökade utgifterna för socialhjälp och social omsorg, jordbruksreformerna och inspektionerna på fabrikerna hotade de privilegierade klasserna i deras allt kraftigare befästa citadell. Inte ens de privilegierade klasser som hade gått med på jämlikhet när det gällde de politiska rättigheterna kunde acceptera att de sämre lottade klasserna verkligen använde sig av dessa rättigheter för att försöka uppnå denna jämlikhet, som därigenom skulle ges ett konkret innehåll av reell frihet. När hotet efter första världskrigets slut blev överhängande, var det naturligt att dessa klasser varmt välkomnade och stödde upprättandet av diktaturerna, som slog de juridiska vapnen ur motståndarnas händer. Samtidigt bildades gigantiska industri ‐, bank ‐ och fackföreningskonglomerat, som under en fana förenade hela arméer av arbetare, fackföreningar och andra sammanslutningar. När dessa pressade på regeringarna för att driva fram den politik som bäst svarade mot deras särskilda intressen hotade själva staten att upplösas i en mängd ekonomiska förläningar som bittert bekämpade varandra. De demokratiska och liberala system, som dessa grupper använde sig av för att bättre kunna exploatera hela kollektivet, förlorade allt mer i status. Därigenom spred sig övertygelsen att det bara var den totalitära staten som, genom att upphäva folkets frihet, på något sätt skulle kunna lösa de intressekonflikter som de befintliga politiska institutionerna inte längre lyckades stävja. De totalitära regimerna har därefter i själva verket i stort sett befäst de olika samhällsklassernas ställning på den nivå de gradvis hade uppnått, och genom att låta polisen kontrollera varje aspekt av medborgarnas liv och med våld undanröja oliktänkande, har de förhindrat varje laglig möjlighet att förändra status quo. Härigenom tryggades existensen av den odelat parasiterande klassen, bestående av frånvarande jordägare och rentierer, vars enda bidrag till samhällsproduktionen är att klippa aktiekuponger, och de monopolägande klasserna och affärskedjorna, som sög ut konsumenterna och gjorde att småspararnas pengar försvann; plutokrater som bakom kulisserna drar i politikernas trådar, för att kunna styra statens hela maskineri till sin egen exklusiva fördel under skenet av att söka uppnå överordnade nationella mål. De kolossala förmögenheterna bevaras för några få, likaså eländet för de stora massorna, som är utestängda från att njuta den moderna kulturens frukter. I allt väsentligt har en ekonomisk regim räddats, i 265 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 vilken de materiella resurserna och arbetskraften, som skulle inriktas på att tillgodose grundläggande behov för att utveckla människans livsviktiga energier, i stället inriktas på att tillgodose de mest futila önskningarna hos dem som kan betala priset för dem; en ekonomisk regim, under vilken pengamakten i och med arvsrätten bevaras inom samma klass, och omvandlas till ett privilegium, som inte på något sätt motsvarar det sociala värdet av de faktiskt utförda tjänsterna. På så sätt begränsas också valmöjligheterna för proletärerna, som för att överleva tvingas låta sig exploateras av den som erbjuder dem vilken möjlighet som helst till att få arbete. För att hålla arbetarklassen fjättrad och underkuvad har fackföreningarna omvandlats från att ha varit fristående kamporganisationer, som leddes av personer som åtnjöt medlemmarnas förtroende, till att bli organ för polisiär övervakning, under ledning av tjänstemän som den styrande klassen väljer ut och som endast ansvarar inför den. Om någon korrigering görs i en sådan ekonomisk regim så dikteras den alltid av militärens behov, som har strålat samman med de privilegierade klassernas reaktionära strävanden efter att låta totalitära stater uppstå och konsolideras. 3) Mot auktoritär dogmatism har man hävdat det bestående värdet av en kritisk anda. Alla postulat måste antingen bevisa sitt värde eller försvinna. Vårt samhälles största landvinningar inom alla områden har kunnat göras tack vare det metodiska tillvägagångssätt som är ett resultat av denna fördomsfria inställning. Denna tankefrihet har dock inte kunnat stå emot den kris som ledde till de totalitära staternas uppkomst. Nya dogmer som accepteras av övertygelse eller av hyckleri har installerat sig som envåldshärskare inom alla vetenskaper. Trots att ingen vet vad en ras är, och att den mest elementära historiska kunskap visar på det absurda i resonemanget, så krävs det av fysiologerna att de skall tro på, visa och övertyga folket om att det tillhör en utvald ras, enbart för att imperialismen behöver denna myt för att kunna piska upp hat och stolthet hos massorna. Den ekonomiska vetenskapens mest självklara sanningar måste betraktas som anatema om man vill lansera autarkin, merkantilismens handelsbalans och alla dessa andra gammalmodigheter, som vår tids utomordentliga upptäckter. Genom alla världsdelars ömsesidiga ekonomiska beroende utgör hela jorden ett “livsrum” för varje folk som vill bevara en levnadsstandard som svarar mot den moderna civilisationen; mot detta har pseudovetenskapen geopolitik skapats i syfte att bevisa grunden för en annan livsrumsteori, som kan användas för att klä imperialismens vilja att förtrycka i en teoretisk dräkt. De mest grundläggande historiska fakta förfalskas i den styrande klassens intresse. Bibliotek och bokhandlar rensas på alla verk som inte betraktas som renläriga. Obskurantismens mörker hotar på nytt att kväva 266 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 människosjälen. Frihetens och jämlikhetens sociala etik har undergrävts. Människorna betraktas inte längre som fria medborgare, som drar nytta av staten för att bättre kunna uppnå sina kollektiva mål. De är i stället tjänare åt staten, som bestämmer vilka deras mål skall vara, och statens vilja jämställs med viljan hos dem som besitter makten. Människorna är inte längre undersåtar som har rättigheter, utan inordnas hierarkiskt, och tvingas att utan diskussion lyda de överordnade hierarkierna, med en ledare på toppen som tvångsmässigt har upphöjts till gud. Ståndsregimen uppstiger övermodigt ur sin egen aska. Efter att ha triumferat i en rad länder fann denna totalitära och reaktionära civilisation slutligen i Nazityskland den makt som ansåg sig kunna dra de yttersta konsekvenserna av den. Efter noggranna förberedelser, dvs. genom att djärvt och skrupelfritt utnyttja andra staters rivaliteter, egoism och enfald, genom att dra med sig andra europeiska vasallstater ‐ den första bland dem Italien ‐ och slutligen genom att alliera sig med Japan, som vill uppnå identiska mål i Asien, gav sig Nazityskland i kast med uppgiften att underkuva alla andra. Nazitysklands seger skulle innebära att totalitarismen slutgiltigt konsolideras i världen. Alla dess egenskaper skulle skärpas till det yttersta, och de progressiva krafterna skulle under lång tid vara dömda till en simpel, negativ opposition. Den tyska militära klassens traditionella arrogans och omedgörlighet kan redan nu ge oss en föreställning om hur dess herravälde skulle gestalta sig efter ett segerrikt krig. De segerrika tyskarna skulle även kunna tillåta sig att ge sken av generositet gentemot de andra europeiska folken och formellt respektera deras territorier och politiska institutioner, för att på så sätt både härska och samtidigt tillfredsställa den enfaldiga patriotiska känsla som hellre ser till gränspålarnas färg, och nationaliteten hos de politiker som träder fram i rampljuset, än på maktförhållanden och statsorganens faktiska innehåll. Hur den än kamoufleras, kommer verkligheten alltid att vara densamma: en återupplivad uppdelning av mänskligheten i Spartaner och Heloter. Också en kompromisslösning mellan de olika sidorna i kampen skulle i ett vidare perspektiv innebära ett framsteg för totalitarismen, eftersom alla de länder som lyckades undkomma Tysklands järngrepp skulle tvingas att acceptera samma form av politisk organisation för att kunna vara tillräckligt förberedda för att återuppta kriget. Även om Hitlertyskland har kunnat slå ned småstaterna en efter en, har det dock med sina handlingar tvingat allt mäktigare krafter att ge sig in i striden. Tack vare Storbritanniens modiga stridsanda, även i det mest kritiska ögonblicket när landet ensamt höll stånd mot fienden, fick tyskarna såsmåningom stångas mot det tappra motståndet från den ryska armén, och 267 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Amerika fick tid på sig att börja mobilisera sin ofantliga produktionsapparat. Denna kamp mot den tyska imperialismen hänger nära samman med den kamp som det kinesiska folket utkämpar mot den japanska imperialismen. Enorma människomassor och rikedomar har redan ställts upp mot de totalitära makterna, vars styrka har nått sin kulmen och nu bara kan gradvis förtäras. De motsatta krafterna å sin sida har redan övervunnit den djupaste nedgången och är nu i tilltagande. Varje dag väcker de allierades krig på nytt viljan till befrielse, även i de länder som har varit underkuvade av våldet och vacklat i förvirring efter det slag de fick ta emot. Deras krig väcker denna vilja till och med hos axelmakternas folk, som inser att de har dragits in i en desperat situation enkom för att tillfredsställa sina härskares maktbegär. Denna långsamma process, genom vilken enorma människomassor passivt lät sig formas av den nya regimen, anpassades till den och bidrog på så sätt till att konsolidera den, har nu stannat upp, och den omvända processen har i stället inletts. I denna enorma våg, som sakta växer till sig, återfinns alla de progressiva krafterna och de mest upplysta grupperna inom arbetarklassen, som inte låtit sig avledas i sina strävanden mot en högre livsform av terrorn eller smickret; de mest välinformerade bland de intellektuella, som förolämpats av den djupa förnedring som förnuftet har utsatts för; företagare som känner sig i stånd till nya initiativ, och vill befria sig från det byråkratiska oket och de nationella autarkierna som har inskränkt deras minsta rörelse; och slutligen alla övriga som, på grund av en medfödd känsla av värdighet, inte kan kröka rygg under ett förödmjukande slaveri. Räddningen av vår civilisation anförtros idag alla dessa krafter. II. Efterkrigstidens uppgifter. ett enat Europa Tysklands fullständiga nederlag skulle dock inte automatiskt leda till en nyordning i Europa enligt vårt civilisationsideal. Under en kort och intensiv krisperiod (när nationalstaterna ligger krossade, och när folkmassorna, som smält materia, glödande och lätt att stöpa i nya former, ängsligt väntar på nya budskap och vägledning från verkligt internationalistiskt sinnade människor), kommer de mest privilegierade klasserna i de gamla nationella systemen att, med list eller våld, försöka dämpa vågen av känslor och internationalistisk passion, och de kommer helt öppet ägna sig åt att rekonstruera de gamla statsorganen. Det är också troligt att de engelska ledarna, kanske i samförstånd med de amerikanska, försöker driva på sakerna i den riktningen i syfte att återuppta maktbalanspolitiken, skenbart i deras imperiers omedelbara intresse. De konservativa krafterna, dvs. ledarna för nationalstaternas grundläggande institutioner; de väpnade styrkornas övre skikt (som 268 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 sammanfaller med monarkierna där dessa fortfarande förekommer); de monopolkapitalistiska grupper som har knutit sina profiters öden till statens; storgodsägarna och de högtidliga prästhierarkierna, som bara kan få sina parasitinkomster garanterade i ett stabilt, konservativt samhälle; och utöver dem de otaliga skaror som är beroende av dem och som är förblindade av deras traditionella makt; alla dessa reaktionära krafter känner nu att byggnaden knakar i fogarna och försöker rädda sig. Om byggnaden störtar samman skulle de i ett slag berövas alla de garantier de dittills haft och utsättas för de progressiva krafternas angrepp. Den revolutionära situationen: gamla och nya strömningar De totalitära regimernas fall kommer att innebära ankomsten av en känslomässig «frihet» för hela folk, då varje hämmande kraft försvinner, och vidsträckt yttrandefrihet och föreningsfrihet automatiskt kommer att råda. Det kommer att vara de demokratiska tendensernas triumf. Dessa tendenser har oräkneliga nyanser, från urkonservativ liberalism till socialism och anarki. De tror på händelsers och institutioners «spontana uppkomst», och på den absoluta godheten hos de underifrån kommande impulserna. De vill inte tvinga fram förändringar hos «historien», «folket», «proletariatet » , eller vad de nu kallar sin gud. De önskar livligt att diktaturen skall upphöra och föreställer sig att folket då återlämnas den oemotsägliga rätten till självbestämmande. Deras högsta dröm är en konstituerande församling, som har valts med den mest utvidgade rösträtt och med den mest skrupulösa respekt för väljarna, och som beslutar om vilken författning folket skall anta. Om folket är omoget kommer det att anta en dålig författning, som man kommer att kunna rätta till endast med ihärdiga ansträngningar för att övertyga. Demokraterna ryggar i princip inte för våld, men vill bara bruka våld när majoriteten är övertygad om att det är oundvikligt, dvs. när det inte betyder mer än att sätta en nära nog överflödig prick över i:et. Demokraterna är därför passande ledare enbart i tider med normal förvaltning, när hela folket är övertygat om de grundläggande institutionernas godhet och då dessa bara måste ändras i relativt sett mindre viktiga hänseenden. I revolutionstider, när institutionerna inte bara måste förvaltas, utan skapas, fallerar de demokratiska tillvägagångssätten på ett uppseendeväckande sätt. Demokraternas ömkliga oförmåga under revolutionerna i Ryssland, Tyskland och Spanien är tre av de senaste exemplen. I sådana situationer, när den gamla statsapparaten med dess lagar och förvaltning har fallit, frodas omedelbart, under sken av gammal legalitet eller i öppet trots mot den, en mängd församlingar och folkrepresentationer, där alla progressiva sociala krafter löper samman och 269 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 agiterar. Folket har således vissa grundläggande behov som skall tillfredsställas, men det vet inte precis vad det vill eller vad det måste göra. Tusen klockor ringer i dess öron, men det miljonhövdade folket verkar inte kunna finna en gemensam riktning, och det splittras upp i en mängd tendenser som bekämpar varandra. I det ögonblick då det behövs störst beslutsamhet och mod känner sig demokraterna vilsna eftersom de inte har ett spontant folkligt samförstånd bakom sig, utan bara ett grumligt tumult av passioner. De tror då att deras skyldighet är att skapa ett sådant samförstånd, och de framställer sig som övertygade förespråkare där det istället behövs ledare som visar vägen och strävar åt ett bestämt håll. De går miste om gynnsamma tillfällen att konsolidera den nya regimen eftersom de försöker få de organ, som förutsätter lång förberedelse och som är anpassade till perioder av relativt lugn, att omedelbart börja fungera; de ger sina motståndare vapen som dessa sedan använder för att störta dem; när allt kommer omkring utgör de med sina tusen tendenser inte viljan till förnyelse utan de fåfänga begär som bor i alla sinnen, och som genom att paralysera varandra bereder terräng för en reaktionär utveckling. De demokratiska politiska metoderna kommer att vara en dödvikt under den revolutionära krisen. Efter att demokraterna med otaliga hårklyverier har slitit ut sin första popularitet som frihetsförespråkare, och i avsaknad av en seriös politisk och social revolution, kommer de pretotalitära politiska institutionerna osvikligt att återupprättas, och kampen att vändas och utvecklas enligt de gamla mönstren med klassmotsättningar. Principen att klasskampen är det tillstånd som alla politiska problem kan reduceras till har varit en fundamental riktlinje, särskilt för fabriksarbetarna, och den har tjänat till att ge stadga åt deras politik, så länge inte samhällets grundläggande institutioner har ifrågasatts. Men denna princip blir ett instrument som isolerar proletariatet, när det behövs en omvandling av hela samhällets organisation. De klassmedvetna arbetarna vet då bara att ta hänsyn till de särskilda behoven hos den egna klassen, eller gruppen, utan att befatta sig med hur de skall kunna förena dem med de andra klassernas intressen. De eftersträvar den egna klassens diktatur, för att kunna förverkliga den utopiska kollektiviseringen av alla materiella produktionsmedel, något som i en sekellång propaganda har angetts som en universalkur för deras lidande. Denna politik verkar inte göra intryck på något annat skikt än arbetarna, som på grund av den undandrar de andra progressiva krafterna sitt stöd, och låter dessa hamna i reaktionens makt, som skickligt organiserar dem i syfte att knäcka just den proletära rörelsen. 270 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Bland de olika proletära tendenserna, anhängarna av klasspolitiken och det kollektivistiska idealet, har kommunisterna erkänt svårigheten med att bli tillräckligt starka för att segra och därför har de ‐ i motsats till de andra folkliga partierna ‐ omvandlats till en strängt disciplinerad rörelse, som utnyttjar den ryska myten för att organisera arbetarna, utan att ta order av den men genom att utnyttja den i de mest skiftande intriger. Detta förhållningssätt gör kommunisterna effektivare än demokraterna under revolutionära kriser; men genom att så mycket som möjligt hålla arbetarklassen åtskild från de andra revolutionära klasserna ‐ genom att förkunna att deras «sanna» revolution skall komma ‐ blir de ett sekteristiskt element som försvagar helheten i det avgörande ögonblicket. Dessutom hindras de av sitt oavlåtliga beroende av den ryska staten, som upprepade gånger använt dem för att söka fullfölja sin nationella politik, från att driva en politik med minsta kontinuitet. De måste hela tiden gömma sig bakom en Karoly, en Blum, en Negrin, för att sedan lätt rasa ner tillsammans med de demokratiska marionetter som används, eftersom makten inte kan uppnås och upprätthållas blott genom list, utan därutöver kräver förmågan att organiskt och vitalt svara mot det moderna samhällets behov. Om morgondagens kamp skulle inskränkas till det traditionella, nationella området, så skulle det vara mycket svårt att undvika de gamla motsägelserna. Nationalstaterna har mycket riktigt redan planerat sina egna respektive ekonomier så ingående att den centrala frågan snart skulle bli att bara reda ut vilken grupp av ekonomiska intressen, dvs. vilken klass, som skulle få kontroll över spelplanen. Fronten med de progressiva krafterna skulle lätt krossas i trätan mellan klasser och ekonomiska grupper. Med största sannolikhet skulle det vara de reaktionära som tjänar på det. En sann revolutionär rörelse måste uppstå bland dem som har vetat att kritisera de gamla politiska hållningarna; den måste kunna samarbeta med de demokratiska krafterna, med de kommunistiska, och i största allmänhet med alla dem som verkar för totalitarismens fall, men utan att snärja in sig i några av gruppernas respektive politiska praktiker. De reaktionära krafterna förfogar över dugliga män och ledare, som är tränade i att föra befäl och som kommer att kämpa oförtrutet för att bevara sin överlägsenhet. I det avgörande ögonblicket kommer de att veta hur de skall framträda, väl kamouflerade. De kommer att utropa sig till fredsälskare, frihetsälskare och till förkämpar för allmänt välstånd för de fattigaste klasserna. Vi har redan, i det förflutna, sett hur de nästlat sig in i folkrörelserna, paralyserat och avlett dem, och omvandlat dem till sin raka motsats. De kommer tveklöst att utgöra den farligaste kraften som man kommer att behöva göra upp med. 271 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Frågan som dessa krafter kommer att lyfta fram är återinförandet av nationalstaten. De kommer således att ta tag i den mest utbredda folkliga känslan, den som har kränkts mest av de nya rörelserna, den som är lättast att använda för reaktionära syften: den patriotiska. På det sättet kan dessa krafter också hoppas på att lättare grumla samman motståndarnas idéer, eftersom folkmassornas dittills enda politiska erfarenhet är den som utvecklades inom den nationella sfären, varför det är ganska lätt att inrikta både dem och deras mer närsynta ledare på återuppbyggandet av de stater som har nerfällts i den kraftiga stormen. Om de reaktionära krafterna uppnår det målet kommer de att ha vunnit. Hur dessa stater än ger sken av att vara i grunden demokratiska eller socialistiska, så skulle det bara vara en tidsfråga innan makten åter hamnar i de reaktionäras händer. De nationella avundsjukorna skulle få nytt liv, och varje stat skulle återigen försöka uppfylla dess egna behov uteslutande genom vapenmakt. Deras huvudsakliga uppgift skulle bli att på mer eller mindre kort sikt omvandla sina folk till arméer. Generalerna skulle återgå till att föra befäl, monopolägarna skulle profitera på autarkierna, byråkratkåren svälla och prästerna hålla massorna fogliga. Alla de tidigare landvinningarna skulle krympa till ett intet inför nödvändigheten av att på nytt förbereda sig för krig. Den fråga som i första hand måste lösas ‐ varje annat framsteg vore annars bara ett sken ‐ är det slutgiltiga avskaffandet av Europas indelning i suveräna nationalstater. Genom att merparten av kontinentens stater har brutit samman under den tyska ångvälten har de europeiska folkens öde redan förenats; de kommer antingen att gemensamt underkastas Hitlers herravälde, eller också, när det har fallit, gemensamt gå in i en revolutionär kris, där de inte kommer att ha stelnat i eller vara åtskilda i solida statsstrukturer. Stämningen är idag långt mer än förut inställd på en federal omorganisation av Europa. Den svåra erfarenheten från de senaste decennierna har öppnat ögonen även på dem som inte ville se, och har gjort att många omständigheter som främjar vårt ideal har mognat. Alla förnuftiga människor erkänner numera att det är omöjligt att upprätthålla en jämvikt mellan självständiga europeiska stater i vilken det militaristiska Tyskland ingår på samma villkor som de andra; det är inte heller möjligt att stycka upp Tyskland och hålla landet i schack när det väl har besegrats. Bevisligen kan inget land i Europa ställa sig utanför när de andra slåss. Förklaringar om neutralitet och icke‐angreppspakter är värdelösa. Deras lönlöshet och till och med skadlighet har nu demonstrerats av organisationer som Nationernas förbund, som gjorde anspråk på att garantera internationell rätt utan att ha någon militär kraft med kapaciteten att genomföra organisationens beslut, och som fortfarande respekterade de deltagande 272 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 staternas absoluta suveränitet. Principen om icke‐intervention har visat sig vara absurd, eftersom varje folk enligt den skall få fritt välja att överlämna sig till det despotiska styre det anser vara bäst, som om varje enskild stats inre konstitution inte skulle utgöra ett vitalt intresse för alla de andra europeiska länderna. De många problem som förgiftar kontinentens internationella liv har blivit omöjliga att lösa: gränser som dras kring områden med blandad befolkning, försvaret av etniska minoriteter, tillgång till hamnar för länder som ligger i Europas inre, Balkanfrågan, Irlandfrågan osv. De problemen skulle finna en enkel lösning i europeiska förbundet, på samma sätt som motsvarande problem tidigare har mildrats för småstater som blivit en del av en större nationell enhet, genom att de förvandlats till interna frågor mellan olika provinser. Å andra sidan så utgör slutet på känslan av säkerhet vad gällde Storbritanniens oangriplighet, som hade uppmanat engelsmännen till «splendid isolation», samt den franska arméns och själva den franska republikens upplösning vid de tyska styrkornas första allvarliga framstöt (vilket förhoppningsvis borde ha försvagat den chauvinistiska inbilskheten gällande den franska överlägsenheten), och i synnerhet medvetenheten om vilken allvarlig risk man löpte för hela Europas förslavning, omständigheter som alla kommer att främja bildandet av en federal regim, som kommer att göra slut på den rådande anarkin. Genom det förhållande att England har accepterat principen om Indiens självständighet, och Frankrike potentiellt förlorat hela sitt imperium i och med att landet har erkänt sig besegrat, kommer det också att bli lättare att hitta en grund för samförstånd i syfte att skapa en europeisk ordning för frågor som rör de koloniala besittningarna. Till allt detta måste slutligen läggas, att några av de mest betydande dynastierna har försvunnit och att den bas som håller de kvarvarande dynastierna uppe är svag. Man måste beakta att dynastierna, genom att de har betraktat de olika länderna som sina egna hävdvunna apanage, och de mäktiga intressen som har gett dem sitt stöd, i själva verket har utgjort ett allvarligt hinder för en förnuftsbaserad organisation av Europas förenade stater, som bara kan vila på en republikansk konstitution omfattande alla förbundsstater. Och när den gamla kontinentens horisont väl har passerats, kommer alla de folk som utgör mänskligheten att omsluta varandra i en gemensam vision, och man kommer att inse nödvändigheten av den europeiska federationen som den enda tänkbara garanten för att förbindelserna med de asiatiska och amerikanska folken skall kunna utvecklas på en fredlig samarbetsgrund i väntan på en mera avlägsen framtid, där en global politisk enhet kommer att bli möjlig. Skiljelinjen mellan de progressiva och de reaktionära partierna skär därför numera inte längs den formella linjen mellan mer eller mindre demokrati eller 273 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 mer eller mindre socialism, utan längs den i grunden helt nya linjen mellan dem som förlägger kampens primära syfte till det gamla området, dvs. erövrandet av den nationella politiska makten ‐ och som, om än ofrivilligt, kommer att spela de reaktionära krafterna i händerna genom att låta folkens passion likt vitglödgad lava vända och stelna i den gamla formen så att gamla absurditeter uppstår på nytt ‐ och dem som kommer att se skapandet av en solid internationell stat som den viktigaste uppgiften, som kommer att inrikta folkets kraft mot detta mål, och som, också om de erövrar den nationella makten, först och främst skulle använda den som ett instrument för att förverkliga internationell enhet. Med propaganda och handling, genom att på alla sätt söka upprätthålla avtal och band mellan de enskilda rörelser som redan håller på att bildas i olika länder, måste nu grunden läggas för en rörelse som kan mobilisera alla krafter; detta krävs för att skapa den nya organism som kommer att bli den mest storslagna förnyelsekraften som har uppstått i Europa på århundraden; för att kunna inrätta en bred federal stat som förfogar över en europeisk väpnad styrka i stället för de nationella arméerna, vilket definitivt kommer att sopa undan de ekonomiska autarkierna, ryggraden i de totalitära regimerna; för att organisationen skall ha de organ och resurser som behövs för att i de enskilda federala staterna genomföra sina beslut, som skall syfta till att upprätthålla en gemensam ordning; och för att ge staterna den autonomi som medger en smidig utformning och utveckling av det politiska livet som svarar mot de skilda folkens olika egenskaper. Om det i de största europeiska länderna finns ett tillräckligt stort antal människor som förstår detta, kommer segern snart att vara deras, eftersom både omständigheterna och människornas sinnelag kommer att främja deras ansträngningar. Omkring sig kommer de att se partier och trender som allihopa redan har diskvalificerat sig genom de senaste tjugo årens katastrofala erfarenhet. Eftersom tiden för ny handling kommer att vara inne, kommer tiden för nya människor också att vara inne ‐ tiden för RÖRELSEN FÖR ETT FRITT OCH ENAT EUROPA! III.Efterkrigstidens uppgifter. reformen av samhället Ett fritt och enat Europa är en nödvändig förutsättning för att förstärka den moderna civilisationen, för vilken den totalitära eran var ett bakslag. Slutet på denna era innebär att den historiska processen som motarbetar skillnader och sociala privilegier omedelbart återupptas fullt ut. Alla de gamla konservativa institutionerna som hindrade dess genomförande kommer att ha brutit samman, eller vara i färd med att bryta samman, och deras kris måste utnyttjas med mod och beslutsamhet. 274 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Den europeiska revolutionen måste vara socialistisk för att svara mot våra behov, dvs. dess föresats måste vara att emancipera arbetarklassen och att skapa mänskligare levnadsförhållanden för arbetarna. Kompassen för åtgärderna som måste vidtas i denna riktning kan dock inte vara den rent doktrinära principen, enligt vilken den privata äganderätten till de materiella produktionsmedlen i princip måste avskaffas och bara tolereras tillfälligt, i de fall den inte kan undvaras. Den första utopiska form i vilken arbetarklassen har formulerat sin befrielse från det kapitalistiska oket har varit det allmänna förstatligandet av ekonomin. När förstatligandet en gång väl har förverkligats fullt ut, leder det emellertid inte till det mål som arbetarklassen har drömt om, utan till inrättandet av en regim där hela befolkningen förslavas under en byråkratklass som förvaltar ekonomin. Den verkligt grundläggande principen för socialismen, och den för vilken den allmänna kollektivismen bara har varit en förhastad och felaktig slutsats, är den princip enligt vilken de ekonomiska krafterna inte får härska över människorna, utan skall ‐ likt naturkrafterna ‐ kuvas, ledas och kontrolleras av människorna på det mest rationella sättet, så att de stora massorna inte skall falla offer för dem. De gigantiska framstegskrafter som uppkommer ur det individuella intresset får inte förödas i rigida “rutinförfaranden”, för att vi sedan bara skall stå inför det olösliga problemet med att blåsa nytt liv i entreprenörsandan, genom löneskillnader och andra åtgärder. Dessa krafter måste i stället uppmuntras och spridas genom större möjligheter till utveckling och användning, och kanalerna som skall föra dem mot målet, den största nyttan för hela kollektivet, måste samtidigt förbättras och konsolideras. Den privata äganderätten måste avskaffas, begränsas, korrigeras eller utvidgas från fall till fall, och inte dogmatiskt, enligt en princip. Denna riktlinje är ett naturligt led i processen att forma ett europeiskt ekonomiskt liv, som skall vara befriat från såväl militarismens mardrömmar som nationell byråkrati. De rationella lösningarna måste ersätta de irrationella, även i arbetarnas medvetande. Vi vill genom att framhäva följande punkter ange innehållet i denna strävan mer i detalj, och betona att det lämpliga i var och en av programpunkterna, och medlen för att uppnå dem, måste bedömas i förhållande till den europeiska enheten som numera utgör en oundgänglig förutsättning för dem: a) Företag som bedriver en med nödvändighet monopolistisk verksamhet och som har möjlighet att profitera på konsumentmassorna (t.ex. elindustrin) kan inte längre lämnas åt privata ägare; inte heller företag som vill hålla sig vid liv av skäl som sammanhänger med kollektivets intresse, men som för att stå stadigt behöver skyddstullar, bidrag och preferensorder osv. (det viktigaste exemplet på denna typ av industri just nu är i Italien stålindustrin); eller företag som genom storleken på investerat kapital och antalet anställda, eller genom 275 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 betydelsen hos den sektor som de dominerar, kan utöva utpressning på statsorganen för att dessa skall genomföra den för dem mest fördelaktiga politiken (t.ex. gruvindustrin, storbankerna och vapenindustrin). Det är på detta område som man utan vidare måste gå fram med förstatligande i mycket stor skala, utan att fästa någon vikt vid lagligen förvärvade rättigheter. b) Ägande ‐ och arvsrättens tidigare utformning gjorde det möjligt att i några få privilegierades händer ackumulera rikedomar som det är på sin plats att under en revolutionär kris omfördela på ett jämlikt sätt, för att avskaffa de parasiterande klasserna och ge arbetarna de produktionsverktyg som de behöver för att kunna förbättra sina ekonomiska villkor och uppnå större självständighet i sina liv. Vi tänker således på en jordbruksreform, som genom att jorden övergår till dem som brukar den ökar antalet ägare, och en industriell reform, som i de icke‐förstatligade sektorerna utvidgar arbetarnas äganderätt genom kooperativ drift, anställdas aktieinnehav osv. c) De unga måste hjälpas med nödvändiga åtgärder för att minska avstånden mellan deras utgångsförutsättningar till ett minimum. I synnerhet skall den allmänna skolan ge de mest begåvade studenterna, inte de rikaste, reella möjligheter att bedriva studier upp till den högsta nivån, och den skall inom varje studieområde som leder till en yrkesutbildning, eller till olika fria och vetenskapliga professioner, förbereda det antal studenter som svarar mot marknadens behov, för att genomsnittslönerna i stort sett skall bli lika för alla yrkesgrupper, även om lönerna inom varje grupp kan skilja sig åt efter olika individuell förmåga. d) Den nästan obegränsade kapaciteten för massproduktion av viktiga förnödenheter med den moderna tekniken gör det nu möjligt att, till en relativt låg social kostnad, tillförsäkra alla mat, bostäder, kläder och den minsta bekvämlighet som är nödvändig för att upprätthålla mänsklig värdighet. Den sociala solidariteten gentemot förlorarna i den ekonomiska kampen får av det skälet inte manifesteras i olika former av förödmjukande välgörenhet, som orsakar samma onda cirkel som de försöker bryta, utan genom en rad åtgärder som ovillkorligt garanterar alla en anständig levnadsstandard, oavsett om de kan arbeta eller inte, utan att därigenom minska stimulansen till arbete och sparande. På detta sätt skulle ingen genom sin nöd tvingas acceptera dekapiterande arbetsavtal. e) Arbetarklassens befrielse kan bara åstadkommas genom att de villkor som skisseras i de föregående punkterna förverkligas, utan att ännu en gång dikteras av de monopolistiska fackföreningarna och deras ekonomiska politik, som helt enkelt överför storkapitalets repressiva metoder på arbetets område. Arbetarna måste åter få frihet att välja sina befullmäktigade ombud för att kollektivt förhandla fram de villkor under vilka de avser att utföra sitt arbete, 276 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 och staten måste ge dem de rättsliga medel som krävs för att garantera att ingångna avtal hålls; men alla monopolistiska tendenser kan slås ned effektivt när de sociala förändringarna väl har genomförts. Dessa är de förändringar som krävs för att i den nya ordningen skapa ett mycket brett skikt av medborgare, som har ett intresse av att upprätthålla den, och för att det politiska livet skall präglas av frihet och en stark känsla av social solidaritet. På dessa grunder skulle de politiska friheterna verkligen få ett konkret och inte bara ett formellt innehåll för alla, eftersom medborgarna kommer att vara självständiga och ha tillräcklig kunskap för att utöva en effektiv och kontinuerlig kontroll över den styrande klassen. Det torde vara överflödigt att uppehålla sig vid de konstitutionella institutionerna, eftersom vi inte kan förutse de villkor under vilka de kommer att inrättas och fungera, utan vi kan bara upprepa det som alla redan vet när det gäller nödvändigheten av representativa organ för utformningen av en lagstiftning och oberoende domstolar, som skall ersätta den nuvarande ordningen och garantera en opartisk lagtillämpning, tryckfrihet och föreningsfrihet i syfte att upplysa den allmänna opinionen och ge alla medborgare möjlighet att reellt delta i statens liv. Bara på två punkter krävs ytterligare preciseringar, på grund av deras särskilda betydelse i vårt land just nu, nämligen förhållandet mellan staten och kyrkan, samt den politiska representationens form. a) Det fördrag genom vilket Vatikanen slutit sin allians med fascismen i Italien måste omedelbart upphävas, för att entydigt slå fast statens fullständigt konfessionslösa natur och dess överhöghet över det medborgerliga livet. Alla religiösa trosinriktningar skall respekteras lika, staten skall inte längre ägna sig åt någon balansräkning mellan religionerna. b) Den barack av papier‐maché som fascismen har byggt genom den korporativistiska ordningen kommer att störta samman med den totalitära statens alla övriga delar. Det finns de som tror att man kan hämta material till morgondagens konstitutionella ordning från dessa spillror. Det tror inte vi. I den totalitära staten är de korporativa kamrarna den stora bluff som kröner den polisiära kontrollen över arbetarna. Även om de korporativa kamrarna vore ett uppriktigt uttryck för de olika producentgrupperna, så skulle de representativa organen för de olika yrkesgrupperna ändå aldrig kunna vara kvalificerade att behandla allmänpolitiska frågor, och i mer specifikt ekonomiska frågor skulle de bli till förtryckarorgan för de fackligt starkare grupperna. Fackföreningarna kommer att ha vidsträckta funktioner i samarbetet med de statsorgan vars uppdrag det är att lösa sådana problem som direkt berör fackföreningarna, men det är definitivt uteslutet att de skulle få någon lagstiftande funktion, eftersom detta skulle kunna medföra en feodal anarki inom det ekonomiska livet som 277 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 skulle sluta i en förnyad politisk despotism. Många som naivt har låtit sig luras av myten om korporativism kan och bör lockas av förnyelsearbetet, men det är nödvändigt att de är medvetna om det absurda i den lösning som de på ett förvirrat sätt drömde om. Korporativismen kan inte ha någon konkret existens förutom i den form som härrör från de totalitära staterna, med syftet att underordna arbetarna under tjänstemän som i den styrande klassens intresse kontrollerar deras minsta rörelse. Det revolutionära partiet kan inte på ett amatörmässigt sätt improviseras fram i det avgörande ögonblicket, utan måste redan nu börja ta form åtminstone vad gäller dess huvudsakliga politiska inriktning, allmänna struktur och första handlingsprogram. Partiet får inte företräda en heterogen koalition av tendenser, som bara förenas tillfälligt och negativt, dvs. genom sitt antifascistiska förflutna och enkom i kravlös väntan på att den totalitära regimen skall falla, och som alla är beredda att skingras och gå sin egen väg när de väl har uppnått sitt mål. Det revolutionära partiet vet i stället att det är först då som dess arbete verkligen börjar, och det måste därför bestå av människor som är överens om de viktigaste framtidsfrågorna. Partiet måste med sin metodiska propaganda tränga igenom överallt där det finns människor som förtrycks av den nuvarande regimen, och med utgångspunkt i det problem som av de enskilda individerna och klasserna upplevs som allra mest smärtsamt, visa hur det hänger samman med andra problem och hur dessa problem skall lösas. Men från den växande skaran av sympatisörer får partiet till sin partiorganisation enbart rekrytera dem som har gjort den europeiska revolutionen till det viktigaste målet i sina liv, som dag för dag disciplinerat utför det nödvändiga arbetet och omsorgsfullt sörjer för kontinuerlig och effektiv säkerhet, även i situationer som innebär de mest olagliga handlingar, och sålunda utgör det solida nätverk som ger stadga åt den flyktigare kretsen av sympatisörer. Utan att försumma något tillfälle eller område vid spridningen av sitt budskap, måste partiet först och främst inrikta sin verksamhet på de miljöer som är de viktigaste centra för åsiktsspridning och rekrytering av stridslystna människor, framförallt från de två samhällsgrupper som är mest mottagliga i dagens situation, och mest avgörande för morgondagens, nämligen arbetarklassen och de intellektuella. Den första gruppen är den som minst underkastat sig den totalitära piskan, och som snabbast kommer att omorganisera de egna leden. De intellektuella, särskilt de yngsta, är de som allra mest känner att de andligen kvävs och kväljs av den rådande despotismen. Allteftersom kommer andra klasser oundvikligen att dras med i den allmänna rörelsen. 278 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Varje rörelse som misslyckas med uppgiften att förena dessa krafter är dömd till improduktivitet, eftersom en rörelse med enbart intellektuella kommer att sakna den styrka från massorna som behövs för att slå tillbaka det reaktionära motståndet; den kommer att vara misstänksam och misstrogen gentemot arbetarklassen, och även om den inspireras av demokratiska känslor så kommer den att vara benägen att ducka för svårigheterna med de andra klassernas reaktion mot arbetarna, och således gå mot ett återinförande av totalitarismen. Om den stödjer sig enbart på arbetarklassen, så kommer den att sakna den tankens klarhet som bara kan komma från de intellektuella, och som är nödvändig för att urskilja de nya uppgifterna och de nya vägarna; den kommer att bli det gamla klassmedvetandets fånge, den kommer att se fiender överallt och glida mot den doktrinära, kommunistiska lösningen. Under den revolutionära krisen tillkommer det detta parti att organisera och leda de progressiva krafterna genom att använda alla de spontant bildade folkliga organen som glödande smältdeglar, där de revolutionära krafterna legeras, inte för att förrätta folkomröstningar, utan för att ledas framåt. Partiet hämtar sin vision och förvissning om det som måste göras, inte från en förmodad välsignelse från en ännu obefintlig folkvilja, utan i medvetenhet om att det företräder det moderna samhällets djupgående behov. På det sättet anger partiet de första riktlinjerna för den nya ordningen, de nya massornas första sociala disciplin. Genom denna det revolutionära partiets diktatur formas den nya staten, och kring denna stat den nya demokratin. Det finns ingen anledning att frukta att en sådan revolutionär regim med nödvändighet skulle utmynna i en ny despotism. Den skulle hamna där om det är ett servilt samhälle som formas. Om det revolutionära partiet dock med fast hand från första början skapar förutsättningarna för frihet, där alla medborgare kan delta reellt i statens liv, så kommer dess utveckling, även genom eventuella mindre politiska kriser, gå i riktning mot en ökande förståelse och acceptans för den nya ordningen hos alla, och därmed en växande möjlighet för de fria politiska institutionerna att fungera. Idag har ögonblicket kommit när det är nödvändigt att undanröja gamla hinder som står i vägen; att förbereda sig för det nya som kommer, som är så olikt det man har föreställt sig; och att göra sig av med de odugliga bland de gamla och väcka ny energi hos de unga. De som har insett orsakerna till den europeiska civilisationens nuvarande kris söker och finner varandra idag, när de börjar fläta samman framtidens väv, och de förvaltar arvet från alla de rörelser för mänsklighetens upphöjelse som har strandat till följd av sin oförmåga att förstå vare sig vilket mål som skulle uppnås eller vilka medel som 279 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 skulle användas för att uppnå det. Vägen som skall följas är varken lätt eller säker, men den måste följas, och kommer att följas! Altiero Spinelli – Ernesto Rossi 280 A. Spinelli, E. Rossi, För ett fritt och enat Europa. Eurostudium3w aprile-giugno 2011 Το Μανιφέστο του Βεντοτένε, η Ελλάδα και η Ευρωπαϊκή Ένωση Paola Maria Minucci Ημετάφραση του Μανιφέστου του Ventotene στις γλώσσες της Ευρωπαϊκής Ένωσης κι ακόμα περισσότερο η μετάφραση και η διάδοσή του στην Ελλάδα, αποτελούν μια σημαντική στιγμή περισυλλογής. Η πορεία της Ελλάδας προς την Ευρώπη σημείωσε μια ιστορική εξέλιξη σε σχέση με των υπολοίπων χωρών, και ιδιαίτερα με της Ιταλίας. Τα χρό‐ νια που στην Ιταλία κυκλοφορούσε το μανιφέστο, η Ελλάδα βρισκότανε υπό την πίεση ενός άγριου εμφύλιου πολέμου που δεν άφηνε χώρο για ιδεολογικούς και πολιτικούς στοχασμούς, αν εξαιρέσει κανείς κάποιες μεμονωμένες και σποραδικές εκδηλώσεις. Στην Ιταλία, στα χρόνια 1940‐1943, κατά τη διάρκεια της εξορίας στο νησί Βεντοτένε με την κατηγορία της συνωμοσίας εναντίον των δυνάμεων του κράτους, ο Αλτιέρο Σπινέλι συνέτασσε μαζί με τους Ερνέστο Ρόσι και Εουτζένιο Κολόρνι το έγγραφο που επρόκειτο να αποτελέσει τη βάση του μελλοντικού Ευρωπαϊκού Ομοσπονδιακού Κινήματος, Το σχέδιο ενός μανιφέστου για μια ελεύθερη και ενωμένη Ευρώπη, πιο γνωστό ως Μανιφέστο του Βεντοτένε. Σ’ εκείνο το μανιφέστο, επιβεβαιωνότανε η καταδίκη του πολέμου, της ιδεολογίας Κράτους‐έθνους και της αρχής της απόλυτης επικυριαρχίας, στοιχεία που στο παρελθόν είχανε ευνοήσει τη γέννηση των ολοκληρωτικών καθεστώτων στην Ευρώπη και είχανε απειλήσει την ειρήνη. Το τέλος του πολέμου άφηνε άλυτα πολλά προβλήματα που θα μπορούσαν να αποτελέσουνε τη σπίθα για νέες συγκρούσεις∙μονάχα η συγκρότηση μιας Ευρωπαϊκής ομοσπονδίας θα ήταν ικανή να τα επιλύσει, απορρίπτοντας κάθε εθνικιστική αξίωση στο όνομα του γενικού καλού. Η ομοσπονδιακή ιδέα του Σπινέλι και των συντρόφων του δυσκολεύτηκε να ριζώσει στην Ευρώπη. Έτσι, υπερίσχυσε η πολιτική των μικρών βημάτων κι ως εκ τούτου, μετά το δεύτερο παγκόσμιο πόλεμο, κατά τη δεκαετία του ’50, γεννήθηκαν στην Ευρώπη η ΕΚΑΧ, η ΕΟΚ και η ΕΥΡΑΤΟΜ. Τι συνέβαινε στην Ελλάδα εκείνα τα χρόνια; Οι αλλαγές που σημειώθηκαν από το 1974 έως σήμερα είναι τόσο εκπληκτικές που παρουσιάζουν από πολιτικής, οικονομικής και κοινωνικής απόψεως ένα εντελώς καινούριο έθνος. Τη δεκαετία του ’50, όμως, δεν είχαν υλοποιηθεί ακόμη οι οικονομικές προϋποθέσεις για την προσχώρηση της χώρας στην Ευρωπαϊκή Οικονομική Κοινότητα. Η ελληνική οικονομία υπέφερε εξαιτίας των διαρθρωτικών αδυναμιών της, ενώ τα επίπεδα παραγωγικότητας 281 P.M. Minucci, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε, η Ελλάδα Eurostudium3w aprile-giugno 2011 βρισκόντουσαν κάτω από τα ευρωπαϊκά πρότυπα. Επίσης, υπήρχε η χρόνια διαμάχη με την Τουρκία εξαιτίας του Κυπριακού ζητήματος. Τη δεκαετία του ’60 η Κυβέρνηση Καραμανλή, πεπεισμένη πως η ευρωπαϊκή ολοκλήρωση αποτελούσε ένα απαραίτητο βήμα για τη διαφύλαξη της ειρήνης, τη σταθερότητα και την ανάπτυξη, πάσχισε προκειμένου η χώρα να καταφέρει να συμπεριληφθεί στην Ευρωπαϊκή Οικονομική Κοινότητα. Το 1961 η Ελλάδα είχε συνάψει με την Κοινότητα μια συμφωνία σύνδεσης με σκοπό τη θέσπιση τελωνιακής ένωσης και την εναρμόνιση της αγροτικής πολιτικής εν όψει μιας πιθανής μελλοντικής προσχώρησης. Με το πραξικόπημα του 1967 και την εγκαθίδρυση του καθεστώτος των συνταγματαρχών στην Ελλάδα, αναστελλότανε προσωρινά το Σύνταγμα και συλλαμβάνονταν πολιτικοί και αντιφρονούντες. Η διεθνής κοινότητα δεν είχε διακόψει τις διπλωματικές σχέσεις με τη χώρα αλλά πολύ σύντομα οι καταδικαστικές αντιδράσεις καθιστούσανε αισθητή την παρουσία τους. Μεταξύ των στόχων της νέας υπερεθνικής οικονομικής και νομικής τάξης πραγμάτων, που είχε θεσπιστεί στην Ευρώπη μετά το δεύτερο παγκόσμιο πόλεμο, υπήρχαν, πράγματι, ο σεβασμός των ανθρώπινων δικαιωμάτων και των βασικών ελευθεριών, καθώς και η μάχη ενάντια στην πιθανή επιστροφή των ολοκληρωτικών καθεστώτων στην Ευρώπη. Εν τω μεταξύ, τον Δεκέμβρη του 1969 η Ελλάδα αποβάλλεται από το Ευρωπαϊκό Συμβούλιο εξαιτίας της παραβίασης των ανθρωπίνων δικαιωμάτων που είχε διαπράξει η χούντα∙πολλές από τις βοήθειες που η Ευρωπαϊκή Ένωση είχε υποσχεθεί διαγράφονται∙το μεγαλύτερο μέροςτων πολιτιστικών, επιστημονικών και εμπορικών εκδηλώσεων ακυρώνεται∙η συμφωνία σύνδεσης με την ΕΟΚ «παγώνει» έως το 1974, τη χρονιά δηλαδή που πέφτει το δικτατορικό καθεστώς και αποκαθίσταται η δημοκρατία. Ο Spinelli –που την εποχή εκείνη ήτανε μέλος της Επιτροπήςυπήρξε ένας από τους πιο πεπεισμένος υποστηρικτές της αναστολής των συμφωνιών σύνδεσης εναντίον της Ελλάδας των συνταγματαρχών. Σε διεθνές επίπεδο το καθεστώς είχε τη σιωπηλή υποστήριξη των ΗΠΑ που απασχολούνταν με τον ψυχρό πόλεμο με την ΕΣΣΡ. Η θέση της Ελλάδας στα σύνορα με το ανατολικό μπλοκ, την καθιστούσε ένα σημαντικό πιόνι της διεθνούς σκακιέρας. Οι ΗΠΑ, βάση του δόγματος Τρούμαν, προσφέρανε χρηματοδοτήσεις για να στηρίξουνε την ελληνική οικονομία. Μετά την πτώση του συνταγματαρχικού καθεστώτος το 1974, που καθορίστηκε από την τουρκική εισβολή στην Κύπρο, ο Κωνσταντίνος Καραμανλής, έχοντας επιστρέψει από την εξορία, αποκαταστούσε στη χώρατις ελευθερίες και επανατοποθετούσε στην ημερήσια διάταξη της πολιτικής ατζέντας τον ευρωπαϊκό φάκελο. Η προσχώρηση στην ΕΟΚ παρουσιαζότανε απαραίτητη για τη σύνδεση της Ελλάδας με τη Δύση, για την ισχυροποίηση της 282 P.M. Minucci, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε, η Ελλάδα Eurostudium3w aprile-giugno 2011 δημοκρατίας και την ενίσχυση της ασφάλειας. Η Ελλάδα, έχοντας απελευθερωθεί από το δικτατορικό καθεστώς, ικανοποιούσε τώρα τις πολιτικές προϋποθέσεις για την αποδοχή της στην ομάδα των Εννιά. Τον Ιούνιο του 1975, μερικές ημέρες μετά την ψήφιση του νέου Συντάγματος, η ελληνική κυβέρνηση υπέβαλλε στην Κοινότητα την αίτηση ένταξης. Τα αιτήματα ένταξης της Ελλάδας, της Ισπανίας και της Πορτογαλλίας εκείνα τα χρόνια επέτρεπαν το ξεκίνημα της διαδικασίας διεύρυνσης της Ευρωπαϊκής Οικονομικής Κοινότητας στο Νότο και επικύρωνανε οριστικά το δεσμό μεταξύ Ευρωπαϊκής κοινότητας, δημοκρατίας και σεβασμού των ανθρωπίνων δικαιωμάτων. Οι διαπραγματεύσεις για την ενσωμάτωση της Ελλάδας ξεκινούσανε στις Βρυξέλλες το 1976. Ήτανε τα δύσκολα χρόνια της πετρελαϊκής κρίσης και του οικονομικού μαρασμού, που συνοδεύτηκαν από υψηλά επίπεδα ανεργείας και πληθωρισμού. Παρόλες τις ανησυχίες, από την πλευρά των χωρών της βόρειας Ευρώπης για την πιθανή μαζική συρροή Ελλήνων μεταναστών, και από την πλευρά των χωρών της νότιας Ευρώπης εξαιτίας του φόβου τους για τονανταγωνισμό των ελληνικών αγροτικών προϊόντων, που βρισκόντουσαν σε χαμηλές τιμές, το 1979 υπογραφότανε στην Αθήνα η συμφωνία προσχώρησης της χώρας στην Ευρωπαϊκή κοινότητα και το 1981 η Ελλάδα γινότανε μέλος της Κοινότητας. Ο Giscard d’Estaing επιβεβαίωνε πανηγυρικά πως η Ευρώπη, με την προσχώρηση της Ελλάδας, επέστρεφε στις ρίζες της που βρισκόντουσαν στην Ελλάδα. Από το 1999 η Ελλάδα αποτελεί μέρος των χωρών της ζώνης του ευρώ, καθώς και της συνθήκης Σέγκεν, ενώ κατά τη διάρκεια του πρώτου εξαμήνου του 2003 ανέλαβε την Προεδρία της ΕΕ. Η ελληνική οικονομία σημειώνει έναν από τους υψηλότερους δείκτες ανάπτυξης σε ολόκληρη την Ευρωπαϊκή Ένωση. Από το 1994 έως σήμερα το ακαθάριστο εγχώριο προϊόν αυξήθηκε με ρυθμό της τάξεως του 4% ετησίως∙ μ’ αυτόν τον τρόπο μειώθηκε ακόμη περισσότερο η απόκλιση από τις υπόλοιπες βιομηχανοποιημένες χώρες, χάρη και στις ευρωπαϊκές χρηματοδοτήσεις. Το 2004 μεγάλο διεθνή αντίκτυπο, υπό την έννοια της αποδοτικότητας και της εικόνας, είχε η διοργάνωση των Ολυμπιακών Αγώνων στην Αθήνα. Η απόδοση του Μανιφέστου στα ελληνικά προσπάθησε να λάβει υπ’ όψη της κυρίως τις ανάγκες του αναγνώστη∙ ως εκ τούτου έθεσε ως στόχο της μια μετάφραση που να είναι κατά το δυνατόν αναγνώσιμη στη γλώσσα άφιξης. Το βασικό νόημα δεν προδόθηκε ποτέ, παρόλο που κάποτε θεωρήθηκαν απαραίτητες είτε κάποιες διασαφηνιστικές αποδόσεις των εννοιών, είτε μια πιο ελεύθερη μετάφραση εκεί όπου αποδείχθηκε αδύνατη ή δυσκολονόητη η κατά λέξη απόδοση. Αναγνωρίζοντας τη σημασία που αυτό το Μανιφέστο είχε κυρίως στα χρόνια που συντάχθηκε, η μετάφραση προσπάθησε να 283 P.M. Minucci, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε, η Ελλάδα Eurostudium3w aprile-giugno 2011 διατηρήσει το ίχνος της εποχής, προτιμώντας ξεπερασμένους όρους στη θέση των πιο σύγχρονων. 284 P.M. Minucci, Το Μανιφέστο του Βεντοτένε, η Ελλάδα