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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 5/2007
Galleria Liber
l’Altra Copertina
“Raganella”, di Lin Te
Disegno realizzato da Lin Te per un progetto di un calendario per la scuola, questa
“Raganella” è stata creata con tecnica mista: ecoline e pastelli.
Buono il contrasto cromatico fra toni caldi e freddi. Molto realistica la resa, in cui
l’unica concessione che dà il senso del fantastico ad un lavoro “troppo finito”, è l’evidenziazione della sagome della raganella,
con un marcato contorno blu, via via sempre più evanescente, fin quasi a confondersi con il delicato celeste dello sfondo.
Loredana Bua
Galleria Liber è uno spazio espositivo aperto
alle vostre creazioni artistiche. Se volete, inviate a
[email protected] le foto in formato gif o jpg. Saranno
pubblicate (in 4ª di copertina) e commentate.
Editoriale
La strada del ricordo è uno dei racconti qui presentati.
Ci si chiedeva se i ricordi fossero importanti e diremmo di sì: la memoria, e
quindi l’esperienza serve a preservare la specie da errori, per fare un
esempio: il bambino che si brucia col fiammifero, se ne ricorderà ogni volta
che vede una scatola di cerini.
Diceva Tolstoj che non ricordare di avere spolverato il divano, equivale a
non averlo fatto per nulla.
Quindi, non avere ricordi equivale a non avere vissuto.
Diceva un nostro conoscente che ci ricordiamo di più i fatti spiacevoli, e
legava tale convinzione al momento della nascita: per farci respirare, ci
picchiano appena nati, niente male come benvenuto al mondo. E un altro
nostro conoscente, indicava la memoria come un sacco, in cui se vi si
mettono oggetti, si ritrovano, fossero anche nel fondo, ma se non vi si
mettono, non si troverà nulla. Ma perché stiamo a parlare della
memoria?… Boh,… non ce lo ricordiamo.
Buona lettura,
Loredana Bua
Labyrinth Liber
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Con questa Guida, dal nome Labyrinth Liber, ricordiamo le sezioni di questo foglio letterario.
Autori Liber ~ Piccole note biografiche per presentare i soci, scritte dai soci stessi.
Galleria Liber ~ Qui viene presentata una creazione artistica di un socio alla volta.
La Musa Calliope ~ Dedicata alle liriche composte dai soci.
Dal diario di un medico ~ Sezione di Liber, dedicata ai racconti scritti da Cecilia Deni.
LiberLibris ~ Spazio aperto alle recensioni scritte dai soci.
Ut Pictura Poesis ~ Dall’omonimo adagio oraziano; in questa sezione è prevista la presentazione di una lirica, ispirata ad un qualunque celebre dipinto.
Le voci di dentro ~ Dall’omonima commedia di Edoardo de Filippo, da cui trae il solo titolo,
dedicata a quei brani narrativi che adottino l’io narrante, senza cadere nella mera autobiografia.
Il giallo e il nero ~ Dedicato evidentemente ai misteri e al noir.
Sogni ~ Dall’omonima pellicola di Akira Kurosawa, tutto quanto fa sogno, fantastico - fantasy
- fantascienza, irreale o non-sense.
LibeRidendo ~ Dedicato all’umorismo.
Spazio Concorsi ~ Dedicato a quei concorsi che vorrete occasionalmente segnalare per Liber.
la musa calliope
Senza titolo
di Mauro Lesti
Tu
Donna d’amore
Assiepata dal monte
In radura
Stornata da pietra
E lichene
Tu
Baita e neve
Circospetta dalla luna
Dove un’ora vale più
Del paradiso
Tu hai capito
E disperatamente amato
L’ultima agonia
D’un uomo
In cui sangue e brina
Si confondono
Nell’immanente
Norme editoriali di Liber
Con l’invio dei Vs. scritti a Liber, s’intende resa implicita attestazione di paternità dell’elaborato. Si ricorda che le opinioni espresse nei testi
sono quelle dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelle degli altri soci o del Mensa stesso. In caso di ripensamento da
parte dei rispettivi autori su quanto fornito a Liber, gli stessi autori sono tenuti a darne tempestiva comunicazione a [email protected]. Per
principio del silenzio assenso, la mancata comunicazione di correzioni o di divieto di pubblicazione, da parte dei soci che hanno inviato
i loro contributi creativi a questo foglio letterario, autorizza Liber ad avere piena libertà di pubblicare sulle sue pagine quanto ricevuto, nella
forma e nella sostanza in cui è stato ricevuto, salvo ovvie correzioni sintattiche e di stile, pubblicazione che può essere fatta anche a
considerevole distanza di tempo dall’invio. Liber è con questa nota sollevato da qualunque responsabilità derivante da omesse correzioni – tanto nei testi che nelle note biografiche - o da omesse revoche di consenso alla pubblicazione da parte degli stessi autori. Solo i
rispettivi autori sono responsabili di quanto scritto su questo foglio letterario. Pertanto ed eventualmente, Liber non ne risponde in
nessuna sede di contenzioso. In ogni caso, a insindacabile giudizio della redazione di Liber, non si accettano elaborati che possano
esporre Liber, Memento ed il Mensa Italia a contenziosi di qualsiasi natura.
La Redazione di Liber
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 5/2007
le voci di dentro
La strada
del ricordo
di Nefeli Misuraca
L
a grande strada che si apriva davanti a me era bianca di luce e
chiazzata dalle ombre veloci di
grovigli di rami, foglie e sabbia spazzati dal vento. Caseggiati scrostati fiancheggiavano uniformemente la prospettiva dritta della strada deserta, coperta di sabbia, ciottoli, fogli grigi di giornali. Spinta indietro e in avanti da un
vento pesante, forte come non lo avevo mai sentito, cercavo di resistere per
guardare più a lungo e capire. Non mi
aspettavo questo deserto, questa solitudine nel fruscìo assordante di un vento che sibilava, ululava, scricchiolava
nelle imposte e sbatteva nei cardini che
cigolavano avanti e indietro. A tratti abbagliata dal sole, a tratti oscurata dalle
ombre fredde delle onde sabbiose, percepivo una solitudine maestosa. Dove
erano tutti? Spazzata via dal vento era
ogni forma di vita. Mi rassegnai e trassi di tasca la guida, determinata a visitare, come avevo programmato, quel
luogo. Una folata di vento mi strappò
di mano il libretto prezioso, tutto ciò
che mi rimaneva per orientarmi. Lo
inseguii brevemente, finché fu squadernato in tanti fogli e trascinato in una
nuvola di sabbia. Mi sedetti nel vano
di una porta chiusa. Fu allora che sentii per la prima volta quell’odore. Era
l’odore del vento. A ondate mi raggiungeva un misto di odore di radici umide
e di sabbia, di mare e di foglie; un misto di vita e di morte che non riuscivo
a districare. Guardai la prospettiva della strada. Volgeva in discesa sparendo
alla vista subito dopo una lieve curva.
Al di là della strada potevo vedere un
promontorio su cui si arrampicavano
SIG - Special
Interest Groups
Per la ML generale
del Mensa Italia
cfr “il Commensale”.
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alcune case e, in cima, una chiesa, una
specie di monastero. Attratta da quella vista e sempre decisa a portare a
termine la mia visita, mi diressi verso
l’altura. Dovevo tenere una mano costantemente davanti agli occhi perché
la sabbia non mi accecasse. Ma non
c’era solo la sabbia. Una serie di pietre, per lo più piccole, dai bordi arrotondati, erano furiosamente trascinate
dal vento a una certa altezza, spesso
quella del mio busto. Tenevo quindi la
mia sottile borsa allungata all’altezza
del busto con l’altra mano. Quello che
cominciò a darmi più noia tuttavia furono i fogli di giornale, grandi e piccoli,
ma soprattutto grandi, che si attaccavano ai pantaloni davanti e dietro, costringendomi a fermarmi spesso. Arrivai in ogni modo al fondo della strada
e mi accorsi allora che terminava contro un muro di terra da cui spuntavano
obliqui degli alberelli immobili che il
vento non raggiungeva. Mi volsi indietro e trovai una strada curva sulla sinistra. La seguii e subito dopo una curva cominciò a salire ripida in volute
repentine. Mi trovai in una strada diagonale che portava direttamente a quella specie di monastero che avevo visto dal basso. Dovevo essere in alto
sul colle, ma quando mi volsi a guardare in basso vidi solo le poche case
asserragliate che mi stavano intorno.
Proseguii per la strada in diagonale,
costeggiata anch’essa da case. Tra una
e l’altra si percepiva un abisso di cui si
vedeva solo il cielo. Arrivai infine al
monastero che si ergeva su una piazza piastrellata di pietre consunte e sporgenti, coperte di sabbia negli interstizi.
Non riuscivo a capire lo stile della costruzione che mi appariva un misto di
diverse arti. Alla mia sinistra un uomo,
i capelli lunghi e grigi che pendevano
sulle sue spalle come tanti fili, mi rivolse la parola. Aveva due lunghi occhi
verdi. Quel vento, diceva, rendeva la
spiaggia molto bella, magica. La sua
macchina era posteggiata nella piaz-
za. Mi chiese se volessi andare alla
spiaggia con lui. Decisi subito di si, ed
entrai nella macchina. I piedi scricchiolarono sul fondo coperto di sabbia e
conchiglie. Ciottoli dalle forme più strane erano sparsi all’intorno. Un intenso
odore di gatto emanava da quella sabbia e da vestiti buttati sul sedile posteriore. Un gatto infatti sporse il muso
grigio e bianco tra i sedili. Aveva la testa come allontanata dal resto del corpo e due orecchie molto lunghe e appuntite. Io sono allergica ai gatti e infatti, fatti pochi metri, cominciai a sentire gli occhi pesanti e un velo bianco,
sempre più fitto me li coprì. La macchina procedeva a sobbalzi, spinta e
rallentata dal vento, finché si fermò.
Scesi dalla macchina e cominciai lentamente a riacquistare la vista: il vento
mi rischiarava le pupille. Percepii al principio solo un verde molto intenso,
come se fossi circondata da erba. L’uomo mi prese per mano e mi fece sedere su una pietra appuntita, su cui
stavo molto scomoda. Fu allora che,
come mi aspettavo, l’uomo provò ad
abbracciarmi. Tuttavia, stranamente, si
allontanò alla mia prima resistenza.
Sentii la portiera richiudersi e la macchina allontanarsi. Fu allora che cominciai a sentire un odore intenso di erba
e un profumo pesante di fiori che il
vento mi sbatteva in faccia. Vedevo
ormai abbastanza bene. Era vero: lo
spettacolo davanti ai miei occhi era
straordinario. Mi trovavo in cima ad una
massa di rocce su cui ciuffi di erba di
un verde metallico e fiori coloratissimi
e molto piccoli formavano un folto tappeto. Il mare era molto più in basso e
il vento che lo attraversava creava
meravigliosi arabeschi luminosi. Non
vedevo altro che rocce, mare ed erba
intorno a me. Chissà dove si trovava il
villaggio. Guardai in entrambe le direzioni e mi incamminai dove il cielo di
sabbia era più fitto.
"
I SIG attivi del Mensa Italia sono: Accademia Alighieri, Borsa, Calcio, Cinema, Cucina,
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 5/2007
sogni
Un luogo amico
di Stefano Machera
A
rrivò a via Tagliamento alle prime luci dell’alba. Non una di
quelle albe luminose che d’estate preannunciano l’apparizione di un
sole accecante che via via ricaccia le
ombre notturne fin negli androni e sotto le automobili parcheggiate, ma una
pallida alba invernale, giusta per la foschia novembrina e i suoi occhi grigi.
Le strade erano ovviamente deserte,
di domenica mattina così presto non
va in giro nessuno, e Marco poté guardarsi intorno con calma, seguendo con
lo sguardo i contorni di quei palazzi
così familiari resi indistinti dalla penombra e dall’umidità. Faceva freddo, e
fredda era la mano con cui in tasca
stringeva la pistola.
Aveva sempre saputo che non avrebbe mai potuto permettersi di viverci,
ma quella era la zona di Roma che
amava di più: il quartiere Coppedé. Da
sempre aveva l’abitudine di esplorarlo, inoltrandovisi da punti sempre diversi, di mattina e al crepuscolo, e
spessissimo di notte, quando le ombre nascondevano colori e disegni ma
non le colonne, i merli e i grotteschi.
E, sempre, vi si era sentito come a
casa, confortato dalla inevitabilità di
quelle linee apparentemente assurde
che invece raccontavano un mondo
molto più umano e ospitale di quello
che si agitava là “fuori” nel baccano di
uffici, negozi e tram. A casa, cercava
di fissare sulla carta le forme precise
quanto irregolari dell’architettura Eclettica. Le decomponeva nei loro elementi, ne ricostruiva il gioco di accostamenti e contrapposizioni, quell’eccesso
così calcolato, che aveva riutilizzato
spesso nelle sue scenografie teatrali.
Iscrizioni 2008:
modalità e quote per
il rinnovo a pag. 15.
Piazza Mincio, quartiere Coppedé, Roma
Ed ora era lì, per fare la sua ultima
visita a Coppedé. Ormai aveva deciso, ma voleva che tutto finisse in un
luogo amico, dove si sentisse a suo
agio, protetto, e nessun luogo gli era
più amico di quel quartiere. Questa
volta entrò dall’arco di via Dora, quasi
solennemente, in fondo si trattava di
un’occasione speciale. Si fermò a osservare la piccola vasca con i pesci, i
fregi dell’arco, il lampadario in ferro
battuto, come se passasse di lì per la
prima volta. Poi si incamminò lentamente verso piazza Mincio, sorridendo mentre passava davanti ai palazzi
che conosceva così bene. Sedette ai
piedi della fontana, col respiro corto e
la mano sempre stretta sul calcio della
pistola. Questo è il posto giusto, pensò. Da qui, tutto quello che vedo reca il
segno di uno sforzo deliberato per evitare la banalità, l’inutile “funzionalità”.
Guardandosi intorno, gli parve però
che tra i palazzi a lui ben noti, verso
via Brenta, si ergesse una torretta che
non riconosceva, e più la guardava, più
sentiva crescere l’assurdo dubbio che
non ci fosse mai stata. Si alzò e si avvicinò a quell’edificio, che era perfettamente in stile col quartiere, e che pure
Marco avrebbe giurato di non aver mai
visto. Per di più, all’altezza dell’edificio
si diramava una stradina privata, anch’essa mai vista prima. Eppure aveva passeggiato centinaia di volte da
quelle parti, e aveva riprodotto ogni
scorcio del quartiere nei suoi disegni.
Era proprio impossibile che ci fosse un
angolo che lui non conosceva, tra l’altro un angolo di grande fascino, vista
la bellezza dell’edificio e del tratto di
via che riusciva a vedere. Dimentico
per un attimo di se stesso, si incamminò per la stradina. Si ritrovò a pas-
sare tra splendidi palazzi che, ne era
sicuro, l’architetto Coppedé non aveva mai progettato. La stradina sembrava sbucare in via Ombrone, ma in un
punto che, pur sembrando familiare a
Marco, era in qualche modo diverso
rispetto alle visite precedenti. Era come
se il carattere irreale del quartiere si
fosse concretizzato, deformando e rendendo cangiante la struttura di vie e
costruzioni. Marco camminò a caso
ancora per un tempo indefinito, finché
non si trovò nuovamente a piazza Mincio. Il sole nel frattempo s’era un po’
alzato, e c’erano un paio di persone in
piedi accanto alla fontana; sembrava
che discutessero, indicando una specie di fagotto abbandonato sul selciato ai loro piedi, che aveva curiosamente una forma quasi umana. Marco restò per un attimo a guardare la scena
attraverso l’aria mattutina ancora un po’
opaca, come se si trattasse di una rappresentazione di cui non comprendeva il tema, poi si guardò intorno, e prevalse in lui il desiderio di scoprire cosa
si nascondeva in quella via che si apriva dall’altra parte della piazza, una via
che non c’era mai stata, neanche quando poco prima lui era passato da quello stesso posto. Si riavviò, mentre udiva distrattamente il suono di una sirena che si avvicinava. Ammirò i merli
di un piccolo edificio ocra, dietro il quale
si intravedeva un giardino delizioso,
chissà dove sbucava questa via, familiare eppure sconosciuta, chissà cosa
lo aspettava dietro l’angolo. I suoni alle
sue spalle si fecero più indistinti, ma il
quartiere stava pian piano animandosi, e dalle case cominciavano ad uscire persone che si avviavano pigramente di qua o di là. Marco sentì la voce
del quartiere, e sorrise.
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 5/2007
dal diario di un medico
La fine
è il mio inizio
di Cecilia Deni
N
Tiziano Terzani
el ‘94 facevo quello che si
chiamava Guardia Medica PFN, un lavoro che mi
lasciava poco tempo per dormire e tantissimo per
leggere. Per me significava scegliere non meno di due o tre
libri la settimana, con punte di cinque o più: ero sempre a
caccia di novità.
Mi capitò di notare una recensione al libro d’un giornalista
italiano che faceva il corrispondente per una testata tedesca e che per un anno aveva girato l’Asia senza mai prendere un aereo. Io all’epoca mi pare non avevo mai lasciato
l’Italia e anche di quella ne avevo visto poca. Figurarsi l’Asia!
Eh, l’Asia, si! Leggiamoci un po’ d’Asia.
Mi sono innamorata di Terzani leggendo Un indovino mi
disse. Poi e’ toccato a In Asia, La Porta Proibita, Un altro
giro di giostra. Poi, gli anni sono volati, ho sentito ch’era
ammalato, e ch’era morto a 66 anni.
Qualche settimana fa guardo la trasmissione pseudo
meteorologica di Fazio e vedo il figlio Folco che presenta
l’ultimo libro, postumo, di Terzani: La fine è il mio inizio.
Dice Fazio: ma ti rendi conto che ne hanno tirato 300 mila
copie? Sono tante! Ah, si? risponde sto bel ragazzo, non
so, io non mi intendo.
Due o tre giorni dopo dal mio libraio vedo il volume in
prima fila e me lo porto a casa.
A sorpresa, ci ritrovo la mia infanzia. L’Italia povera e dignitosa. I soldi della famiglia tenuti nel cassettone, che scemano angosciosamente al finire del mese. Le visite della
domenica, mia madre col dito alzato che ammonisce: si va
a fare una visita di cortesia, non a mangiargli la loro cena;
il gelo che ti entra nelle ossa mentre studi, con la coperta
avvolta attorno; il vestito buono per la domenica e quello
autori liber
Lin Te • Di nazionalità cinese, nato il 1° marzo ‘89 vicino a Shangai. E’ in Italia da nove
anni. per adesso frequenta il terzo anno di un
istituto artistico di Padova. Fa arrampicata sportiva e parkour. ama la storia e tutte le sue
epoche e civiltà e la psicologia. Nel mondo
della diversità biologica è particolarmente interessato agli insetti e anfibi. Pensa che l’archittetura sarà il suo futuro, o qualcos altro di
ugualmente costruttivo. Adora la musica, qualunque musica degna di essere chiamata
musica, il suo genere parte da Mozart ai Metallica paasando dai Sex Pistols e i Police. Afferma che gli piacerebbe essere un anello della
catena d’evoluzione della società umana, in
senso tecnologico.
Mauro Lesti • Medico legale, Mauro Lesti è
nato nel 1955 a Draga S. Elia (TS). Ha partecipato e vinto numerosi premi letterari e ricevuto numerose segnalazioni in altri concorsi (Premio Città di Novara, Platano d’Oro 1994, Trofeo Ketty Daneo 1996, Premio S. Marco Città di
Venezia 2001). Ha pubblicato varie raccolte di
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“andante” per tutti i giorni, e sotto al grembiulino per non
sciupare neanche quello; la fine improvvisa della segregazione sessuale al ginnasio, con la terribile timidezza dei primi mesi.
E i libri. I libri mioddio. Le pareti intere ricoperte della biblioteca universitaria, la magica chiave degli schedari, la
porta misteriosa attraverso cui i bibliotecari ti portavano la
tua porzione di tesoro. I libri che, coi figli, sono uno dei due
modi per ottenere una piccola immortalità.
Ora a me Terzani piace per motivi vari e diversi, riassumibili sostanzialmente nella sua irritante quanto accattivante
sincerità, nella genialità modesta, la curiosità inesauribile, la
disarmante ricerca dell’essenziale.
C’e’ in questo libro il racconto e la mappa di un viaggio,
che e’ anche la meta. Un viaggio che si può fare girando
l’Asia e parlando una mezza dozzina di lingue, ma pure
girando solo un piccolo paese e parlando, se va bene, l’italiano passabilmente e assai meglio il dialetto. E’ un viaggio
in cui i bagagli sono latinamente impedimenta. In cui ogni
cosa e’ un bagaglio, ogni desiderio un impiccio.
A seconda che l’itinerario ti sia già noto o ignoto, puoi
leggere queste pagine e vedere come per altre geografie si
condivida il medesimo percorso, oppure leggere e incuriosirti di questi mirabili tragitti del corpo e dell’animo.
Puoi, con un pizzico di fortuna, ritrovare lo stesso tuo
amore della bellezza unito alla passione per l’essenzialità, il
collezionismo sublimato nell’ascetismo, la consapevolezza
di non poter nulla possedere, ma solo amorosamente custodire. E il riconoscimento del limite. Io qui posso arrivare:
sereno, si, ma non santo. Santo e’ troppo, non e’ per me.
Dunque uno si fa l’idea che sia un libro di filosofia. Ma
invece sono, come sempre quando leggi Terzani, racconti
di viaggio. Da Monticelli a Firenze, l’Europa, l’America e Singapore, il Vietnam e la Cambogia, la Cina, la Birmania ed il
Laos. Macao e il Giappone, Bombay ed il Nepal, la Siberia
e l’Appennino toscano.
Solo e sempre racconti di viaggio. Senza fine. Perché anche l’ultima fine e’ nuovamente l’inizio.
poesie, fra cui Minimalia, Deragliamenti, Gli epiloghi, Amori ed altre cose di mare. La lirica senza titolo è tratta dalla raccolta La notte delle intemperie.
Stefano Machera • 43 anni, fa il consulente informatico. Socio Mensa dal 1986, almeno
crede di ricordare, è da diversi anni coordinatore del SIG Libri. Legge molto e indiscriminatamente, e i gialli sono una sua passione adolescenziale, passione non ancora terminata.
Nefeli Misuraca • Nata a Roma il 16 giugno
1972. Si è laureata in Lettere all’ Università La
Sapienza di Roma. Ha conseguito un Ph.D. in
Letteratura e Arte all’Università di Yale negli Stati
Uniti. Ha insegnato lingua, letteratura e arte italiana all’Università di Yale e ha lavorato in vari
centri di ricerca universitari. È sceneggiatrice
e montatrice cinematografica. È scrittrice in
prosa e in poesia.
Cecilia Deni • Medico di famiglia con un
migliaio di pazienti sparsi prevalentemente tra
Lavino ed il Reno, Cecilia Deni è nata in Sardegna nel 1957. Cresciuta tra il Sarrabus ed il
Campidano, ha frequentato a Cagliari il liceo
classico ed il biennio di Medicina. Trasferitasi
#
a Bologna, vi ha conseguito la laurea nel 1984,
insieme ad una specializzazione in Medicina
dello Sport, un’abilitazione in psicoterapia che
però non utilizza, il biennio di formazione in
Medicina Generale e un particolare genere di
Master in comunicazione. Sposata a un bolognese, ha due figli, che definisce “i grandi amori
della mia vita”. Si dichiara lettrice accanita,
compulsiva, e molto istintiva: dalla narrativa
di genere, soprattutto FS, a quella per ragazzi,
saggistica, fumetti, classici, poesia, teatro,
umoristica, di tutto un bel po’. Tranne il tedesco, ha imparato i fondamenti delle principali
lingue europee – francese più che bene, poi
inglese e spagnolo – e dice di aver viaggiato
poco per cronica mancanza di denaro. Ama
ascoltare musica, andare a teatro, fare lavori
manuali, soprattutto ricamo e falegnameria; si
definisce cuoca passabile ma appassionata.
Eclettica come spesso molti Soci del Mensa,
si interessa di cure palliative, tanatologia, bioetica. Infine, dice di sé: “Sono irrimediabilmente
e piacevolmente golosa e grassa.” Ha recentemente pubblicato il libro “Nessuno a cui parlare”, edizioni Untitl.Ed.
#
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 5/2007
4° Concorso
Letterario
LiberAccademia
Scadenza: 15 gennaio 2008
Liber (foglio letterario contenuto nel
periodico Memento), il Sig Accademia
Alighieri e il Sig Scrivere bandiscono il
loro Quarto Concorso Letterario rivolto ai soci del Mensa Italia in regola con
la quota sociale 2008.
La scadenza è fissata per il 15 gennaio 2008. Non si accetta materiale
spedito oltre questa data (farà fede il
timbro postale).
Regolamento
1. Per i soci del Mensa, anche residenti all’estero purché iscritti al Mensa
Italia, si richiede di essere in regola con
la quota associativa 2008 entro il 31
gennaio 2008, pena l’esclusione in
caso di vittoria.
2. Il concorso prevede tre sezioni:
sezione A: Poesia
sezione B: Racconto
sezione c: Arte
3. E’ possibile partecipare con un
massimo di cinque racconti e/o cinque liriche a tema libero e/o cinque
opere artistiche.
Per le opere artistiche, è sufficiente
inviare una stampa di ciascuna creazione (o su carta fotografica o su comune foglio di stampante).
4. Gli elaborati devono essere inediti
e mai stati presentati e/o premiati in
altre manifestazioni interne o esterne al
Mensa, né mai già letti o messi in mostra pubblicamente e neppure già esposti dai rispettivi autori nelle proprie
home page o in sezioni particolari di
siti Internet o in concorsi letterari o artistici on line o in informali pubblicazioni cartacee e/o elettroniche. L’assenza dei presenti requisiti comporterà l’immediata squalifica del brano o dell’opera d’arte concorrente.
5. Qualora lo desideri, ciascun concorrente può partecipare a tutte e tre le
sezioni, anche con il massimo numero delle opere consentite per ciascuna
sezione.
6. Ciascuna lirica non deve superare
una pagina dattiloscritta, anche in due
colonne. Ciascun racconto non deve
superare sei fogli dattiloscritti. Ciascuna stampa della propria opera d’arte
non deve essere né superiore né inferiore al formato A4.
7. Saranno squalificati gli scritti o le
opere che conterranno frasi o immagini insindacabilmente valutate dalla Giuria gratuitamente volgari, ovvero situazioni obiettivamente indecorose, o
espressioni di vilipendio o apologia nei
confronti di ideologie religiose o politiche o di singole persone o comunità,
o qualunque altra caratteristica che
possa esporre il Concorso, Liber, Memento e il Mensa Italia a qualunque
tipo di contenzioso o che possa lederne l’immagine pubblica.
8. Quanto contenuto negli elaborati
partecipanti è sotto la diretta responsabilità dei rispettivi autori, che sono
gli unici a risponderne in qualunque
sede, in caso di contenzioso con terzi.
9. Gli elaborati saranno valutati da
una Giuria di Soci, in via di definizione.
10. Inviare gli elaborati entro e non
oltre il 15 gennaio 2008 a:
4° Concorso Letterario LiberAccademia
c/o Pillitteri, via Ammiraglio Cagni 13
90146 Palermo.
11. La busta deve contenere:
cinque copie anonime di ciascun elaborato;
2. una copia firmata con:
3. - nome e cognome dell’autore
4. - residenza attuale e telefono
5. - indirizzo e-mail attivo (obbligatorio).
6. Si prega di scrivere i dati dei punti
da 3 a 5 in stampatello, in modo
chiaro e leggibile.
7. Si precisa che, per ciascuna creazione artistica, le copie da inviare devono essere cinque, tutte uguali fra
loro, anonime, e senza segni di riconoscimento. Inoltre, inviare nella
stessa busta una copia firmata, con
scritti sul retro i dati personali già
menzionati in questo elenco, ai punti
da 3 a 5.
8. Le opere d’arte devono avere un titolo. In caso più concorrenti scelgano lo stesso titolo (per esempio:
“Composizione”), la giuria procederà a differenziare tramite lettere dell’alfabeto (“Composizione A”, “Com1.
posizione B”, e così via).
12. Con lo stesso invio, s’intende
resa implicita dichiarazione di paternità delle opere presentate.
13. I nove vincitori saranno avvertiti
per e-mail e saranno premiati durante
il prossimo Convegno di Rovereto
(maggio 2008) e saranno infine pubblicati su Liber, sezione letteraria di
Memento.
14. Ai nove vincitori sarà consegnato l’attestato di merito.
15. Poiché il Mensa è un’associazione senza fini di lucro, i premi non consisteranno in denaro, ma saranno concordati coi vincitori, indicativamente
potranno essere libri d’arte, CD, DVD,
buoni per acquisti on line ecc.
16. Elaborati meritevoli, anche se non
risultassero vincitori effettivi, saranno
presi comunque in considerazione per
la pubblicazione su Liber.
17. Per quanto qui non contemplato, si rimanda alle decisioni della Giuria, il cui giudizio è inappellabile.
18. Diritti d’Autore - Gli autori per il
fatto stesso di partecipare al concorso, consentono all’Associazione Mensa Italia, a Memento e a Liber di pubblicare le opere partecipanti sull’omonima rivista o su eventuale Antologia
del premio o eventualmente anche nei
siti Internet del Mensa, senza aver nulla a pretendere come diritti d’autore. I
diritti (di riproduzione e di sfruttamento
economico) rimangono comunque di
proprietà dei singoli Autori, che sono
liberi di ripubblicare i loro elaborati, nei
modi e nei termini che meglio desiderano, previa comunicazione scritta da
inviare al Consiglio del Mensa Italia
([email protected]) e alla redazione
di Liber ([email protected]) e dopo aver
ottenuto da questi autorizzazione.
19. Gli elaborati dei partecipanti al
Premio non saranno materialmente
restituiti.
20. La partecipazione al concorso
implica la piena accettazione di tutte le
clausole del presente regolamento.
Per ulteriori informazioni e chiarimenti
sul concorso: [email protected] oppure
340 5984485
Palermo, 8 ottobre 2007
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