del lunedì
25
n.
2015
Lunedì 29 giugno 2015
QUESTA SETTIMANA
Fisco e clima,
il risparmio
è «di casa»
L
a casa ancora in evidenza su
questo numero dell’Esperto
Risponde, sia nelle pagine di
«Fisco&Diritti» sia in quelle
di «Risparmio&Famiglia»: da una
parte, infatti, ci sono le regole fiscali
e le tutele per i proprietari di immobili che affittano, mentre nelle
pagine successive trova spazio il
tema, decisamente di stagione,
degli impianti di condizionamento.
Di tutt’altro tema si occupa
invece l’ebook della settimana,
che raccoglie le più importanti
decisioni della giurisprudenza - in
particolare della Corte costituzionale e della Cassazione - in materia di Codice della strada: un
insieme di regole che, oltre alla
continua “manutenzione” del
legislatore, viene spesso corretto,
con prese di posizione di portata
generale, dai giudici. Si pensi, solo
per citare il caso più recente, alla
bocciatura per illegittimità costituzionale di alcuni tipi di autovelox. Come sempre, l’ebook è
gratuito per i lettori di questo
numero: per ottenerlo, basta
collegarsi al sito dell’Esperto
Risponde (www.espertorisponde.il sole24ore.com) e cliccare
sull’imagine di presentazione
dell’ebook. Nella schermata successiva, va inserito il codice della
settimana: ERK1T8I (rispettando
le maiuscole).
L’esperto
risponde
IN REGALO UN E-BOOK PER TABLET E PC
Codice della strada: le decisioni
della Consulta e della Cassazione
OGNI SETTIMANA
UN NUOVO E-BOOK SCARICABILE
CODICE PERSONALE  ERK1T8I
www.espertorisponde.ilsole24ore.com
ILLUSTRAZIONI DI SANDRA FRANCHINO
FISCO & DIRITTI
LOCAZIONI E TASSE
Le tutele
del proprietario
se l’inquilino
è moroso
FISCO & DIRITTI  alle pagine 2 e 3
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’AGENDA
RISPARMIO & FAMIGLIA
I provvedimenti fiscali
aggiornati al 9 giugno
Ilaria Callegari  in ultima pagina
I QUESITI
Il comodato verbale
non dev’essere registrato
Quesito n. 2313  pagina 885
TESORO IN SOFFITTA
I preziosissimi
«fondi oro»
A cura di Marilena Pirrelli  pagina 7
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IMPIANTI DOMESTICI
Condizionatori,
investire subito
per guadagnare
nel tempo
RISPARMIO & FAMIGLIA  pagine 4-5
Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
2
FISCO & DIRITTI
La morosità dell’inquilino
La clausola risolutiva
«ferma» la tassazione
sugli affitti non riscossi
Grazie alla chiusura anticipata del contratto
IL QUESITO
Tra i miei clienti c'è un soggetto
persona fisica, privo di partita
Iva, proprietario di un locale a uso
commerciale locato (negozio).
Nel 2012 l'inquilino, quando se ne
è andato, era in rosso per diverse
mensilità di canone, non incassate
e non dichiarate in Unico dal
proprietario dell’alloggio.
Ora il proprietario ha ricevuto un
avviso di accertamento per le
imposte relative a questi canoni,
ivi comprese quelle dei mesi
successivi, per i quali sussisteva
un nuovo contratto con un altro
inquilino, i cui canoni sono invece
stati correttamente dichiarati.
Come mi devo comportare?
La risoluzione del primo
contratto non è stata
registrata.
G.G. - ABBIATEGRASSO
PAGINE A CURA DI
Giorgio Gavelli
I
l quesito riguarda un tema che si
pone frequentemente (soprattutto in questi anni) e non di rado è oggetto di contenzioso con
l'agenzia delle Entrate. Occorre partire dalla considerazione che l'articolo 26 del Tuir prevede una deroga
importante alla normale regola che
governa l'imposizione dei redditi
dei soggetti “privati” (ossia la tassazione “per cassa”), stabilendo che i
redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo del proprietario (o titolare di diritto reale
sull'immobile) “indipendentemente dalla percezione”.
Le eccezioni a questo principio
non riguardano gli immobili ad uso
diverso da quello abitativo (circolari
n. 150/E/1999 e n. 101/E/2000), per
cui si può ben verificare che il proprietario non incassi mai il corrispettivo della locazione, ma sia comunque soggetto alla relativa imposizione.
La disposizione è stata oggetto di
giudizio di costituzionalità, e la Corte
costituzionale (sentenza n.
362/2000) ha “salvato” il principio,
precisandone però i confini in modo
significativo. Nella sentenza si legge
che «il riferimento al canone di locazione (anziché alla rendita catastale)
potrà operare nel tempo solo fin
quando risulterà in vita un contratto
di locazione e quindi sarà dovuto un
canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione (rapporto contrattuale) sia cessata per scadenza del
termine (articolo 1596 del Codice civile) e il locatore pretenda la restituzione essendo in mora il locatario per
il relativo obbligo, ovvero quando si
sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese
quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di
dichiarazione di avvalersi della clausola (articolo 1456) o di risoluzione a
seguito di diffida ad adempiere (articolo 1454), tale riferimento al reddito
locativo non sarà più praticabile, tornando in vigore la regola generale».
Clausola risolutiva espressa
È molto frequente che nei contratti
sia presente la clausola risolutiva
espressa di cui all'articolo 1456 del
Codice civile, che comporta una risoluzione “ipso iure” (ossia “di diritto”)
del contratto, generalmente in corrispondenza del mancato pagamento
di alcune mensilità. Ciò significa che
l'imposizione dei canoni - anche se
ATTENTI
A...
ATTODAREGISTRARE
Larisoluzionedelcontratto(anchese
avviene“ipsoiure”)èsoggettaa
registrazione(atassafissaeintermine
fisso)etalvoltagliufficifannodiscendere
dalmancatoadempimentolanecessitàdi
continuareadichiarareilcanone
nonostanteilcontrattosia,difatto,risolto.
SecondolaCassazione,tuttavia,il
mancatoadempimentononpuòinfluire
sullacorrettaapplicazionedell'articolo26
delTuir.Inbaseallasentenzan.
22588/2012,infatti,«uncontrattorisolto
nonpuòessereconsideratofontedi
produzionediredditi,restandoirrilevante
lamancataregistrazionedellarisoluzione,
cherispondeamerefinalitàdipubblicità,
senzaincideresulregimesostanzialedel
rapportocontrattuale».Ciònontogliecheè
sicuramenteconsigliabileadempiere,sia
perevitarelasanzionespecificacheper
prevenire(o,comunque,contestare)
l'accertamentosuicanoninonriscossi.
I casi risolti
IL DUBBIO
LA CEDOLARE SECCA
L’EDIFICIO COMMERCIALE
non riscossi - termina con la risoluzione del contratto, e le mensilità successive (non essendo più tecnicamente
da considerare “canoni di locazione”) non seguono la regola “speciale”
di cui all'articolo 26 del Tuir (Cassazione n. 651/2012). Secondo la Corte
costituzionale, infatti, «la risoluzione
del contratto impedisce di configurare il pagamento, effettivo o solo presunto, come effettuato a titolo di canone, cui possa essere commisurata
la base imponibile ai fini dell'imposta
sul reddito... . Una volta che la risoluzione si sia verificata, l'obbligazione
del corrispettivo a carico del conduttore inadempiente per la restituzione
ha natura risarcitoria (articolo 1591), e
non di canone di una locazione ormai
risoluta. Questi redditi (e crediti) risarcitori non possono certamente essere assoggettati alla regola eccezionale della determinazione del reddito
dei fabbricati attraverso il canone di
locazione, in sostituzione dell'ordinario reddito medio (catastale)».
L’INTIMAZIONE
IL REGIME D’IMPRESA
La rendita imponibile
Questo effetto si verifica indipendentemente dal tipo di immobile
(abitativo o meno) oggetto di locazione, per cui il lettore dovrà esaminare il testo del contratto e determinare se (e quando) nel suo caso si sia
verificata la risoluzione, momento a
partire dal quale torna imponibile la
rendita catastale.
Quanto descritto vale anche per le
imprese locatrici, per quanto, in tal
caso, è più difficile che si creino problemi, vigendo il generale principio
di competenza e la disciplina specifica della perdita su crediti (articolo
101, comma 5, Tuir).
L'agenzia delle Entrate conosce bene queste disposizioni, come emerge
dalla circolare n. 11/E/2014 (paragrafo
1.3) e dalla circolare n. 7/2011 della direzione regionale Lombardia. Tuttavia, a
quanto risulta, spesso gli avvisi di accertamento (in particolare quelli provenientidalCentrooperativodiPescara) non ne tengono conto, e si instaurano contenziosi che (sul punto specifico) vedono vittoriosi i contribuenti
(Ctp Brescia n. 365/5/2014, Ctp Forlì n.
125/1/2014 e n. 611/2/2014, Ctr Lazio n.
286/1/2006, Ctp Piacenza n.
109/5/2001). Nel caso di specie, quindi,
occorre far valere le proprie ragioni.
La duplicazione della richiesta su
alcune mensilità deriva probabilmente dalla mancata registrazione
della risoluzione del precedente
contratto (si veda il box a lato) e si
può facilmente contrastare dimostrando che l'imposta è già stata assolta per lo stesso periodo sui canoni
del nuovo contratto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LA MODESTA ENTITÀ
LA COMPETENZA
IL PIGNORAMENTO
Come si applica la disciplina del mancato
incasso dei canoni sugli immobili ad uso
abitativo in caso di contratti per i quali si è
optato per il regime della cedolare secca?
Vanno comunque dichiarati sino
all'ottenimento della convalida dello sfratto?
Spetta il credito per l'imposta versata sui canoni
maturati e non riscossi sino a quando non si
conclude il procedimento giurisdizionale?
In caso di risoluzione del contratto di
locazione di immobile non abitativo, è
possibile evitare di dichiarare i canoni
scaduti e non pagati dall'inquilino? Può
servire la sentenza di convalida di sfratto?
O, comunque, la risoluzione potrebbe
considerarsi retroattiva sin dal momento
del mancato pagamento, a norma
dell'articolo 1458 del Codice civile?
Nel testo del contratto di locazione non ho
rintracciato la clausola risolutiva espressa,
né alcun richiamo all'articolo 1456 del
Codice civile. Come posso fare a ottenere il
medesimo risultato, in modo da poter
cessare di dichiarare i canoni non riscossi?
A quali condizioni la disciplina prevista
dall'articolo 26 del Tuir sul procedimento di
sfratto è applicabile anche ai canoni di
locazione di fabbricati detenuti in regime
d'impresa? Una società di costruzione
immobiliare, che ha temporaneamente
locato alcuni appartamenti ad inquilini
divenuti nel tempo morosi, ha diritto al
credito d'imposta sui canoni dichiarati, ma
non riscossi?
Come comportarsi per i crediti derivanti
dalla mancata riscossione di canoni di affitto
per le imprese, in particolare per gli importi
di “modesta entità” di cui tratta il comma 5
dell'articolo 101 Tuir? Va considerato ogni
canone non pagato come credito a sé stante,
oppure si deve avere riguardo al saldo
complessivo delle posizioni creditorie in
essere verso il medesimo soggetto?
Nell'ambito del reddito d'impresa, come
funziona la determinazione del periodo
d'imposta di competenza per i canoni di
locazione? Trattandosi di una prestazione di
servizi, dovrebbe assumere importanza
l'ultimazione della prestazione, ma come
declinare questo concetto in un contratto
continuativo come quello di locazione di un
immobile?
Per un immobile soggetto a pignoramento,
in cui i canoni di locazione sono percepiti dal
custode e distribuiti al creditore, il debitore
pignorato deve comunque dichiarare il
reddito fondiario anche se non incassa le
somme? Quali sono gli orientamenti della
prassi delle Entrate e della giurisprudenza?
Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
3
L’UTILIZZO
Il bonus può essere indicato nella prima dichiarazione dei redditi
successiva alla fine del procedimento e non oltre il termine di 10 anni
LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
La verifica delle competenze acquisite non è discriminatoria
a condizione che gli oneri economici siano contenuti
Uso abitativo. Dopo la convalida di sfratto
LA SOLUZIONE
Comechiaritodall'Agenzia(Circolaren.26/
E/2011),anchenelregimedellacedolaresi
applical'articolo26,comma1,Tuir.Perle
imposteversatesuicanoninonpercepiti,come
daaccertamentoavvenutonelprocedimento
giurisdizionaledisfrattopermorosità,èriconosciutouncreditod'impostadipariammontare.
Nelcasodispecie,ilcreditod'imposta,è
commisuratoall'importodellacedolareversata.
No. Secondo la Corte di Cassazione (sentenze n. 12905/2007 e 24444/2005) il
solo fatto dell'intervenuta risoluzione (sia
per inadempimento che consensuale) non
è idoneo, di per sé, ad escludere l'imponibilità dei canoni scaduti in precedenza e
non riscossi, a meno che non risulti l'inequivoca volontà delle parti di attribuire
alla risoluzione stessa efficacia retroattiva.
È possibile utilizzare l'articolo 1454, per il
quale la parte adempiente «può intimare per
iscritto di adempiere in un congruo termine,
con dichiarazione che, decorso inutilmente
detto termine, il contratto s'intenderà
senz'altro risoluto». Il termine non può
essere inferiore a quindici giorni, salvo che
dalla diversa pattuizione delle parti o dagli
usi risulti congruo un termine minore.
Come confermato dalla circolare n.
150/E/1999, tale disciplina si applica
limitatamente ai fabbricati tassati con le
disposizioni previste per i redditi fondiari. Si deve trattare, pertanto, di immobili
diversi da quelli strumentali e da quelli
“merce” (ossia alla cui produzione o al
cui scambio è diretta l'attività dell'impresa), ossia i cosiddetti “immobili patrimonio”, disciplinati dall'articolo 90 del Tuir.
Sullapossibilitàdiportareaperditaicreditidi
modestaentità,lacircolaren.26/E/2013ha
chiaritoche,selepartitecreditoriesiriferisconoalmedesimorapportocontrattuale,la
modestaentitàvaverificatainriferimentoal
saldocomplessivodeicreditiscadutida
almenoseimesialterminedelperiodo
d'imposta,riconducibileallostessodebitore
ealmedesimorapportocontrattuale.
L'articolo109,comma2,letterab),Tuir,
prevedecheicorrispettividelleprestazioni
diservizisiconsideranoconseguiti(ele
spesediacquisizionesostenute)alladatain
cuileprestazionistessesonoultimate;
tuttavia,pericontrattidacuiderivano
corrispettiviperiodici(comelalocazione),il
momentorilevanteèquellodellamaturazionedelcorrispettivo.
Secondol'Agenzia(risoluzionen.158/
E/2005)ildebitoreesecutato,seppure
privatodelpoteredidisporredelproprio
bene,nerimaneproprietarioe,cometale,
devedichiarareicanonidilocazione.Dello
stessoavvisolaCassazione,sentenzan.
20764/2006.Didiversoavviso,invece,laCtp
diBari,decisionen.236/I/2011(commentata
in“IlSole-24Ore”del30gennaio2012).
LA SENTENZA
DELLA SETTIMANA
Il credito d’imposta
si recupera in Unico Via libera all’esame
IL QUESITO
Sono titolare di un appartamento
locato. Dal 2013 l’inquilino ha
smesso di pagare il canone. A fine
2014 sono riuscito ad ottenere la
sentenza di convalida di sfratto
per morosità dell'inquilino. In
Unico 2014 ho dichiarato i canoni
come se fossero stati percepiti,
con conseguente tassazione. Cosa
devo fare in Unico 2015? Vorrei
non dichiarare i canoni del 2014 e
ottenere il rimborso delle
maggiori imposte versate per il
2013. In quale modo ed entro
quali termini ciò è possibile? È
vero che devo comunque
assoggettare a tassazione
l'importo della rendita catastale
anche se l'immobile non era
vuoto?
M.N. - POTENZA
P
er i contratti di locazione a uso
abitativo (e solo per essi) l'articolo 26 del Tuir prevede che i
canoni non percepiti «non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida
di sfratto per morosità del conduttore». È inoltre previsto che le imposte
versate sui canoni scaduti e non percepiti (così come risultanti da accertamento avvenuto nell'ambito del
citato procedimento giurisdizionale) originano un credito d'imposta di
pari ammontare.
Si tratta di disposizione derogatoria eccezionale, e come tale non suscettibile di interpretazione analogica all'ipotesi della mancata percezione di canoni per immobili ad uso
non abitativo (Ctr Piemonte, decisone n. 53/5/2010). L'Agenzia ha illustrato questa disposizione con la circolare n. 150/E/1999. Secondo tale
documento, la non imponibilità dei
canoni scatta solo dal momento della conclusione del procedimento,
che si realizza se l'intimato non compare, o se, pur comparendo, non si
oppone e anche in caso di sua opposizione, in quanto a quel punto si
apre il (differente) giudizio ordinario di cognizione. Pertanto, poiché
dagli atti del procedimento giurisdizionale sarà emerso il periodo di
mancata percezione del canone, il
lettore può, in Unico 2015, sia evitare
di dichiarare i canoni non riscossi
nel 2014, sia inserire il credito d'imposta per le maggiori imposte versate sui canoni dichiarati (ma non ri-
scossi) nel 2013. Nel modello, in corrispondenza del rigo del quadro RB
relativo all'immobile, andrà riportato il codice “4” al campo 7 (“casi particolari”), assoggettando comunque
a tassazione la rendita catastale.
Le imposte sui canoni non percepiti del 2013 vanno, invece, indicate a rigo CR8 (e poi a rigo RN32, colonna 2),
e si ottengono riliquidando la dichiarazione dei redditi precedente con la
sostituzione della rendita catastale
all'importo dei canoni non percepiti
ma comunque dichiarati.
Nell'effettuare le operazioni di riliquidazione si deve tenere conto
anche di eventuali rettifiche ed accertamenti operati nel frattempo
dagli uffici. Le istruzioni, correttamente, rammentano che l'eventuale
successiva riscossione totale o parziale dei canoni per i quali si è fruito
del credito d'imposta come sopra
determinato, comporta l'obbligo di
dichiarare (a quadro RM) tra i redditi soggetti a tassazione separata (salvo opzione per la tassazione ordinaria) il maggior reddito imponibile rideterminato (circolare n. 95/
E/2000, paragrafo 4.1.2).
Il credito d’imposta
Il credito d'imposta può essere indicato nella prima dichiarazione dei
redditi utile successiva alla conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto, e comunque non oltre il termine ordinario di prescrizione decennale (articolo 2946 del Codice civile).
In ogni caso, qualora il contribuente non intenda avvalersi del
credito d'imposta nell'ambito della
dichiarazione dei redditi, ha la facoltà di presentare agli uffici finanziari
competenti, sempre nel termine decennale, istanza di rimborso. Attualmente, si può fare riferimento alle
maggiori imposte versate con riferimento alle dichiarazioni presentate
negli anni precedenti, ma non oltre
quelle relative ai redditi 2005, sempre che per ciascuna delle annualità
risulti accertata la morosità del conduttore nell'ambito del procedimento di convalida dello sfratto
conclusosi nel 2014.
Va osservato che esiste una (a
quanto consta isolata) pronuncia della Corte di cassazione (n. 6911/2003),
in base alla quale, indipendentemente dal procedimento di convalida di
sfratto, al contribuente sarebbe concesso di dimostrare la mancata percezione dei canoni di locazione, sulla
base del principio (costituzionale) di
capacità contributiva e di buona fede
(espresso dalla legge n. 212/2000). Sono rintracciabili numerose sentenze
contrarie (ad esempio: n. 11158/2013,
651/2012 e 19166/2003), per cui, prudenzialmente, appare opportuno applicare quanto previsto dall'articolo
26 del Tuir, anche per evitare contestazioni da parte dell'Agenzia, difficilmente attaccabili in giudizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Marina Castellaneta
di lingua e cultura
per i cittadini extra Ue
V
ia libera all'esame di
integrazione civica per i
soggiornanti di lungo
periodo a condizione,
però, che gli oneri economici non
siano eccessivi. È la Corte di
giustizia dell'Unione europea a
chiarire, con la sentenza C-579/13
del 4 giugno 2015, la portata della
direttiva 2003/109 sullo status dei
cittadini di Paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo,
raggiungendo un equilibrio tra i
diritti dei cittadini extra Ue che
hanno già un permesso di soggiorno ed esigenze di integrazione
sociale. È stata la Corte suprema
amministrativa dei Paesi Bassi a
chiamare in aiuto gli eurogiudici.
Al centro della vicenda, due
cittadine di Paesi terzi che avevano già ottenuto un permesso di
soggiorno di lungo periodo. La
Commissione sociale competente
aveva comunicato alle due donne
che, dopo 5 anni, avrebbero dovuto sostenere un esame di integrazione civica. Le donne, però, non
avevano seguito il corso preparatorio all'esame, funzionale a
dimostrare la capacità di esprimersi in olandese e una conoscenza sufficiente della società. Di qui
l'applicazione di un'ammenda.
Prima di tutto, la Corte Ue ha
messo in primo piano l'obiettivo
dell'integrazione dei cittadini di
Paesi terzi stabiliti da lungo tempo
in un Paese membro, che è un
«elemento cardine per la promozione economica e sociale, obiettivo fondamentale dell'Unione».
In questa direzione, la direttiva
lascia agli Stati una certa autonomia nell'individuazione delle
misure idonee ad accertare il
raggiungimento dell'integrazione.
D'altra parte - osserva la Corte Ue
– i cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo hanno
diritto alla parità di trattamento
LA MOTIVAZIONE
“...N
con i cittadini dello Stato membro
interessato e, quindi, l'accertamento del livello di integrazione
civica non è contrario alla direttiva. Tanto più che, nel caso arrivato a Lussemburgo, l'esame era
fissato dopo ben cinque anni,
proprio per accertare l'integrazione effettiva. Che è poi funzionale
alla concessione di una serie di
diritti uniformi «e quanto più
simili a quelli di cui beneficiano i
cittadini dell'Unione europea»,
senza costituire, però, una condizione per il rilascio del permesso
di soggiorno.
La Corte è poi passata a verificare se l'obbligo di integrazione
civica possa essere considerato in
contrasto con il principio di parità
di trattamento. L'articolo 11 della
direttiva, infatti, stabilisce che il
soggiornante di lungo periodo
«gode dello stesso trattamento dei
cittadini nazionali» con riguardo a
diritti come l'accesso a beni e
servizi, inclusa la procedura per
l'ottenimento dell'alloggio e
l'esercizio di attività lavorative. È
vero che i cittadini dello Stato
membro non devono superare un
esame di integrazione civica, ma è
anche vero che le due categorie si
trovano in una situazione diversa
e non comparabile, tenendo conto
del fatto che i cittadini nazionali
sono radicati nel Paese e non
hanno bisogno di alcun accertamento sulla lingua e sulla società
del proprio Stato. Questo vuol
dire che non si verifica alcuna
violazione della parità di trattamento. A patto, però, che l'ammenda per i casi in cui l'esame di
integrazione non sia superato che,
di per sé, non è contraria alla
direttiva, non sia eccessiva, tanto
più che i cittadini extra Ue devono
sostenere i costi di iscrizione per
gli esami.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
q
on si può negare che l'acquisizione di una conoscenza
tanto della lingua quanto della società dello Stato membro ospitante faciliti ampiamente la comunicazione tra i
cittadini di Paesi terzi e i cittadini nazionali e, inoltre, favorisca l'interazione e lo sviluppo di rapporti sociali tra gli stessi. Neppure si può negare
che l'acquisizione della conoscenza della lingua dello Stato membro
ospitante renda meno difficile l'accesso da parte dei cittadini di Paesi terzi
al mercato del lavoro e alla formazione professionale. In tale prospettiva,
nei limiti in cui l'obbligo di superare un esame, come quello in discussione,
permette di assicurare l'acquisizione da parte dei cittadini di Paesi terzi
interessati di conoscenze che risultano incontestabilmente utili per stabilire legami con lo Stato membro ospitante, occorre rilevare che tale obbligo,
di per sé, non compromette la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla
direttiva 2003/109, ma può viceversa contribuire alla loro realizzazione”.
Il Sole 24 Ore
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RISPARMIO&FAMIGLIA
Il clima di casa
Condizionatori,
l’investimento
riduce la bolletta
Guida alla scelta
Tutti gli optional per un uso intelligente
IL QUESITO
base alle reali esigenze di rinfrescamento o riscaldamento, con un notevole risparmio di energia rispetto alla vecchia tecnologia on/off.
Con l’app si risparmia
sulla bolletta
Sto valutando la possibilità
di installare un
condizionatore nella casa
che ho appena comprato, ma
sono preoccupato da
possibili salassi in bolletta.
Come faccio a scegliere un
prodotto che mi consenta di
tenere sotto controllo il
consumo di energia
elettrica nei mesi estivi?
Può bastare orientarsi su un
impianto di efficienza A?
PAGINA A CURA DI
Gaia Giorgio Fedi e Gabriele Petrucciani
P
er non appesantire troppo la
bolletta, uno dei primi aspetti
da considerare per l’acquisto
di un condizionatore in effetti
è la classe di efficienza energetica. I
prodotti più efficienti (A+++, A++ e
A+) costano di più, ma consentono
poi di abbattere il costo dei consumi
elettrici connessi al condizionatore:
con un condizionatore di classe elevata si possono ridurre i consumi fino
a due terzi rispetto a un apparecchio
di classe bassa. Il consiglio è quindi di
«leggere bene l’etichetta energetica
che accompagna il proprio climatizzatore e acquistare quello con la migliore efficienza energetica che si
adatta alle proprie disponibilità economiche» come sottolinea Marco
Dall’Ombra, direttore marketing di
Daikin Italy.
I condizionatori in commercio sono di diversi tipi: monoblocco portatili e split portatili; split e multisplit
fissi, che normalmente sono più efficienti di quelli portatili. «I nuovi modelli di condizionatori fissi in commercio sono tutti a pompa di calore», precisa Dall’Ombra, e quindi oltre alle normali funzioni di
ventilazione, raffreddamento e deumidificazione consentono anche di
riscaldare gli ambienti in inverno o
in giornate particolarmente fredde
nel passaggio da una stagione all’altra. Sono inoltre tutti dotati di tecnologia inverter, che permette di modulare la potenza della macchina in
Ma cos’altro occorre cercare in un
condizionatore per non avere brutte
sorprese in bolletta? «Avendone la
possibilità, una buona idea è scegliere
climatizzatori che abbiano il controllo attraverso il wifi e le app per lo
smartphone», afferma Dall’Ombra.
La maggior parte degli apparecchi ha
infatti un timer che permette di programmare accensione e spegnimento, «ma si tratta di una programmazione teorica, basata su previsioni legate alle abitudini», ammonisce Dall’Ombra. Mentre con l’app si può
accendere il condizionatore a distanza poco prima di arrivare a casa, con la
temperatura giusta adatta alle condizioni del momento.
Un altro elemento utile in un apparecchio di climatizzazione, secondo il
manager , è la presenza di «sensori di
ambiente, grazie ai quali la macchina
si rende conto se nella stanza ci sono
delle persone. Se non ci sono, l’apparecchio si regola su una temperatura
“di riposo”, consumando il minimo
indispensabile per ottenere un minimo di comfort».
Un altro optional molto utile è la
possibilità di orientare il flusso dell’aria, non solo in verticale ma anche
da destra a sinistra. «Ovviamente la
presenza di tutte le funzioni appena
elencate rende l’apparecchio più costoso, con un prezzo dai mille euro in
su, ma si tratta di fattori che consentono comunque di ridurre i consumi.
L’offerta è molto ampia, quindi si può
anche scegliere una macchina che abbia solo alcune di queste funzionalità,
in base al proprio portafoglio», precisa Dall’Ombra. Un ultimo aspetto
molto importante quando si compra
SCRIVI AL «SOLE»
Una casella per le email
su risparmi e consumi
I lettori possono inviare i propri
quesiti in materia di risparmio,
acquisti e consumi alla casella di
posta elettronica dedicata a Risparmio & Famiglia, all’indirizzo
[email protected]
il climatizzatore, aggiunge il manager, «è di assicurarsi che chi installa la
macchina abbia il patentino frigorista
». Per cercare un installatore qualificato si può consultare il sito di Assoclima (www.assoclima.it, menu Faq,
menu Libretto, voce «Come trovare
l’impresa certificata più vicina»).
Alcune buone abitudini
di consumo
Una volta acquistato l’apparecchio,
con qualche accorgimento è possibile ridurre al minimo l’impatto del
condizionatore sulla bolletta. «Il primo consiglio è di verificare quale sia
la tariffa del proprio contratto di fornitura elettrica, e nel caso cambiare
contratto o fornitore», suggerisce
Silvana De Paolo, content manager di
MyBest.it, sito di comparazione di tariffe di Adsl, luce, gas e pay TV. «Se
siamo tutto il giorno fuori casa, e
quindi tendiamo ad accendere il condizionatore dopo le 19 o al weekend, è
meglio una tariffa bioraria, che consente di spendere meno nelle ore notturne e al fine settimana. Viceversa,
se passiamo molto tempo a casa è meglio una tariffa monoraria che consente di pagare sempre lo stesso prezzo, senza picchi durante il giorno»,
aggiunge De Paolo.
Altri consigli riguardano le abitudini di consumo: «Per esempio, evitare di tenere il condizionatore acceso tutto il giorno (4-6 ore nei momenti più caldi della giornata posono essere sufficienti), tenere le finestre
chiuse e areare la casa nelle ore più
fresche del mattino, non montare il
condizionatore vicino a fonti di calore», aggiunge De Paolo. È importante
inoltre non esagerare con il freddo:
«La differenza tra interno ed esterno
non dovrebbe superare mai i 5-6 gradi, sia per tenere bassi i consumi sia
per preservare la salute. Quando è
possibile, è consigliabile usare la sola
funzione di deumidificatore, che
consuma molto meno e aiuta comunque a ridurre molto la percezione di
calore», aggiunge.
Importante è anche «controllare
una volta all’anno i filtri dell’impianto, che fanno consumare più energia
quando sono sporchi, oltre a essere
dannosi per la salute», sottolinea. Seguendo questi accorgimenti, una famiglia di quattro persone che usa un
condizionatore con due split di elevata classe energetica in una casa di 90100 metri quadrati «è in grado di spendere 15 euro al mese per i mesi estivi,
contro i 30-50 che si spenderebbero
con un cattivo utilizzo e un condizionatore non efficiente», conclude.
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I CONDIZIONATORI
IN COMMERCIO
COME RISPARMIARE
SULL’ACQUISTO
Sono interessato all’acquisto di un
climatizzatore e vorrei avere maggiori
delucidazioni sui diversi tipi di prodotti
disponibili in commercio e sui loro costi.
I condizionatori possono innanzitutto
essere portatili o fissi. Quelli portatili
si dividono a loro volta tra
condizionatori monoblocco, che
aspirano l’aria calda degli ambienti e
la inviano all’esterno attraverso un
tubo (quindi la finestra deve restare
aperta o deve avere un foro per il
tubo), e split portatili, in cui l’elemento
interno mobile è collegato con un tubo
(anche in questo caso deve passare
per la finestra) a un motore esterno. Il
prezzo di listino di un condizionatore
monoblocco portatile, secondo
un’indagine di Altroconsumo, varia da
200 a 1.100 euro, mentre per uno split
portatile va da 650 a 1.200 euro. Gli
split fissi hanno un compressore
esterno collegato a uno o più elementi
fissi a parete installati in casa. Sono
più efficienti di quelli portatili e
normalmente possono essere usati
anche per il riscaldamento soprattutto
nei cambi di stagione. Il costo per un
monosplit va da poco più di 300 a
1.500 euro, per un multisplit con due
unità da 600 a 1.800, con tre unità da
1.500 euro in su.
Vorreiaveredeiconsiglisucome
risparmiaresull’acquistodel
condizionatore.Possocercareun’offerta
susiticomeeBayeaffini,ancheper
l’acquistodiunprodottonuovo,omeglio
rivolgersiaunrivenditorespecializzato?
Innanzituttoèmeglioevitarel’acquisto
aridossodell’estate,prediligendoun
periododell’annoincuic’èminore
richiestapericlimatizzatori,come
l’autunnoolaprimavera.Senonsipuò
aspettare,cisonoaltriaccorgimenti.Su
siticomeeBaysitrovanoprodottisia
usatisianuoviaprezzicompetitivi,ma
dopol’acquistooccorrerivolgersiaun
installatorecheabbiailpatentinoda
frigorista,perchéincasodiproblemi
dovutiaun’installazioneerratasi
rischiadinonpoterusufruiredella
garanzia.Un’altrapossibilitàper
risparmiareèquelladiunirsiaun
gruppod’acquisto:finoal17luglioè
ancorapossibileaderireaungruppodi
Altroconsumoecasarinnovabile.itche
consentediacquistareametàdel
prezzodilistino.Oppure,anchesenonè
unrisparmioveroeproprio,persentire
menoilpesodell’esborsosipuòcercare
l’offertadiunfornitoredienergia
elettricacheconsentadirateizzare
l’acquistodelcondizionatorein
bolletta.
Le vie «naturali». Geotermia e solar cooling
Soluzioni alternative
dal sole e dalla terra
I
nstallando nella propria abitazione un impianto solare termico o geotermico è possibile integrare il sistema di riscaldamento e
raffrescare gli ambienti. Una valida
alternativa al tradizionale condizionatore o climatizzatore. Con il
solare termico, per esempio, a partire da una sorgente di calore si può
produrre freddo sotto forma di acqua refrigerata o di area condizionata. Tutto ciò è possibile grazie al
solar cooling, ovvero all’abbinamento tra pannelli solari termici e
una macchina frigorifera. Nella pratica, i pannelli solari installati sulla
propria abitazione assorbono la radiazione del sole e la trasformano in
acqua o aria calda. L’acqua o l’aria,
poi, transita attraverso la macchina
frigorifera e viene trasformata in acqua o aria fredda utile per rinfrescare gli ambienti. Il solar cooling sfrutta il fatto che le ore della giornata
estiva, in cui c’è la maggiore richiesta di freddo per il condizionamento degli appartamenti, coincidono
con la massima disponibilità di radiazione solare. È una tecnologia
giovane, che non ha ancora raggiunto la piena maturità. Gli impianti effettivamente realizzati sono ancora
pochi. E questo è dovuto anche al
fatto che non tutti hanno la possibilità di installare pannelli e collettori
solari necessari per gli impianti: servono spazi giusti, superfici ampie e
soprattutto ben esposte. Condizioni non sempre possibili negli appartamenti di città, anche se si potrebbe ovviare al problema mettendosi
d’accordo con il proprio condominio per installare i pannelli sul tetto,
abbattendo così anche le spese.
Oltre al solar cooling è possibile
bypassare l’utilizzo del più tradizionale climatizzatore anche con la
tecnologia geotermica, che permette di trasferire le temperature
del terreno (più calde di quelle
esterne in inverno e più fresche in
estate) agli edifici da riscaldare o
rinfrescare. Le sonde geotermiche
penetrano nel terreno in verticale o
in orizzontale. La seconda opzione,
meno efficiente della prima ma con
prezzi di installazione minori, è
possibile però solo se si dispongono
di ampi spazi intorno alla propria
abitazione. La geotermia è facilmente applicabile agli edifici di
nuova costruzione, per i quali è possibile progettare ex novo l’intero
impianto in maniera ottimale. Per
gli edifici già esistenti, invece, tutto
diventa più complicato e la convenienza o la fattibilità di un impianto
geotermico devono essere analizzati caso per caso.
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Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
5
LA STIMA DEI COSTI
CASA ECOLOGICA
Il primo obiettivo è evitare un conto energetico eccessivo,
con un aiuto da app e dalle opzioni tecnologiche
Più facile attrezzare le nuove abitazioni
ma anche i vecchi condomini si possono organizzare
STRUMENTI NON SOLO
PER RINFRESCARE
PRENDERSI CURA
DEL CLIMATIZZATORE
QUALE POTENZA
PER GLI SPLIT
È vero che il climatizzatore può
essere usato anche d'inverno per
riscaldare la casa? È una funzione
che hanno tutti i climatizzatori?
Volevo anche avere delle
indicazioni in termini di costi per
capire se è conveniente o meno.
Esistono due tipi di
climatizzatori: i condizionatori,
che sono solo in grado di
raffreddare l’ambiente o
deumidificare, e le pompe di
calore, che invece possono anche
riscaldare l’ambiente grazie a una
valvola d’inversione, cosiddetta
inverter. Per quanto riguarda i
costi, una recente indagine di
Altroconsumo ha evidenziato
come, grazie al clima invernale
più mite, al Sud si spenda meno
che al Nord. In media, comunque,
gli esborsi sono piuttosto
contenuti. Per ambienti da 25
metri quadrati i costi medi per
riscaldare (possono variare in
base al modello e intensità di
utilizzo) vanno dai 34 euro l’anno
a Palermo ai 108 euro l’anno a
Milano. Per ambienti da 35 metri
quadrati i costi medi salgono a 37
euro l’anno a Palermo e a 118 euro
l’anno a Milano.
Ho acquistato da poco un
climatizzatore, potenza 9.000
Btu/h e classe energetica A++. Mi
hanno offerto una garanzia di 5
anni, quindi sono abbastanza
tranquilla. Considerando però che
un climatizzatore ha una vita media
di 15 anni, volevo avere qualche
consiglio per far sì che duri il più a
lungo possibile.
Per gli impianti domestici,
generalmente compresi tra i 2,5
KW e i 3,5 kW, la legge non
prevede interventi obbligatori di
controllo. Questo però non vuol
dire che non bisogna prendersi
cura del proprio climatizzatore. La
manutenzione è importante per
allungarne la vita media, a partire
da un’adeguata pulizia, sia
dell’unità interna sia dell’unità
esterna. Quest’ultima, in
particolare, è a contatto con
sostanze inquinanti e pollini, che
depositandosi potrebbero
attaccare le batterie. Inoltre è
consigliabile lavare
periodicamente il filtro del
climatizzatore con acqua e sapone
e, almeno una volta all’anno, far
controllare il livello del liquido
refrigerante.
Hobisognodiuncondizionatoreevorrei
acquistareunapparecchiofissocon
diversisplit.Vorreicapiresuqualeclasse
dipotenzadebbaorientarmiperglisplit
chedovrannorinfrescarelediverse
stanze.
Èimportanteunapotenzaadatta
all’ambiente:unosplitconunapotenza
inferioredovrebbelavoraresempreai
massimi,conundispendioeccessivodi
energia,mentreunimpiantoconuna
potenzaeccessivarischierebbedinon
deumidificareadeguatamentegli
ambienti,perchélatemperatura
scenderebbetroppovelocemente.La
potenzadelclimatizzatoreviene
espressainBtu(Britishthermalunit).
Percapirequalesialapotenzagiusta
perunambientedarinfrescarechesia
circondatodaaltriambientioabitazioni
sipossonocalcolareimetricubidella
stanzaemoltiplicareper100.Peruna
stanzadi5metriper5,conun’altezzaal
soffittoditremetri(quindidicirca75
metricubi)civorràquindiun
apparecchioda7500Btu.Incondizioni
particolari(peresempiounsottotetto,
unastanzaespostaalungoalsole)i
parametricambiano.Persituazioni
complesseèbenechiedereaun
progettistaunastimadelcaricotermico.
Le occasioni sul mercato. Le imprese di energia elettrica e i modelli da pagare in bolletta
Le offerte alla prova
della convenienza
D
a Eni a Enel, da Bluenergy Esa
Energie. Sono diversi gli operatori che negli ultimi mesi
hanno ampliato l’offerta di servizi. E
oggi, oltre a fornire energia, mettono a disposizione delle famiglie anche un climatizzatore, che potrà essere pagato a rate nella bolletta. In
termini di costi, le offerte sono piuttosto variegate. Esa Energie fa pagare 6 rate bimestrali da 82,50 euro senza interessi per un condizionatore
Split 9.000 Btu/h classe A++ Inverter. Per avere il condizionatore “targato” Bluenergy a pompa di calore
classe A e potenza 12.000 Btu/h, invece, il costo è di 990 euro, che anche in questo caso può essere rateizzato in bolletta in 12 mesi. L’offerta
2015 di Eni, poi, prevede l’installazione di un climatizzatore ad alta efficienza a pompa di calore di classe
energetica A+ e A++ che può essere
controllato da remoto tramite wi-fi
(opzione disponibile per i modelli
Samsung). Il climatizzatore può essere acquistato a partire da 31,2 euro
al mese per 36 mesi da chi è già cliente Eni per il gas o la luce, rateizzando
il costo in bolletta, e anche dai noi
clienti, che per l’acquisto potranno
usufruire del credito al consumo.
Enel Energia, infine, offre ai propri clienti (a partire da luglio la formula sarà estesa anche ai non clien-
LA NORMA
Per gli impianti di tipo domestico,
generalmente compresi tra i 2,5
kw e i 3,5 kw, la legge non prevede
interventi obbligatori di controllo
sui climatizzatori. Gli impianti con
potenza superiore ai 12 kw,
invece, da giugno 2014 devono
essere sottoposti agli opportuni
controlli quadriennali. Il libretto
di impianto, invece, è
obbligatorio per tutti gli
apparecchi. Il decreto
ministeriale del 10 febbraio 2014,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale il
7 marzo 2014, definisce i nuovi
modelli per il libretto di impianto
per la climatizzazione invernale
ed estiva degli edifici. I nuovi
libretti sono entrati in vigore a
giugno dello scorso anno e
possono essere scaricati
direttamente dal sito del
Ministero dello Sviluppo
Economico.
ti) un climatizzatore Samsung, con
controllo da remoto in wifi, classe
A++ a pompa di calore (è disponibile
anche il prodotto di Olimpia Splendid composto da una sola unità interna), che può essere pagato nella
bolletta della luce e gas con 18 rate
mensili senza interessi da 89 euro.
«Il costo complessivo, 1.600 euro,
può sembrare alto – spiega Aurelio
Sarno, responsabile marketing prodotti e servizi di Enel Energia – ma
bisogna considerare che è un prezzo
comprensivo anche dell’installazione, effettuata da operatori qualificati, e dell’estensione della garanzia da
2 a 5 anni. L’offerta è costruita in modo tale che fa tutto Enel Energia,
quindi a conti fatti, sebbene l’importo iniziale possa sembrare più alto, il
costo complessivo è migliorativo rispetto al fai da te».
Ma quale offerta scegliere e cosa
guardare? «Nell’acquistare un condizionatore o climatizzatore insieme alle tariffe dell’energia elettrica
conviene valutare 3 parametri – fa
notare Paolo Rohr, direttore business unit utilities di Facile.it –. In primis le caratteristiche dei condizionatori proposti rispetto alle proprie,
sia in termini di corretto dimensionamento rispetto ai vani da rinfrescare sia di classe di efficienza energetica. Poi è bene fare un confronto
tra il costo totale del condizionatore
acquistato in bolletta e il prezzo del
prodotto acquisto in negozio. Infine, il terzo parametro da valutare è il
calcolo dei risparmi o dei costi aggiuntivi sulla spesa dell’energia elettrica – conclude – se si è già clienti del
fornitore che offre il condizionatore
non ci saranno sorprese in bolletta;
se invece è necessario cambiare fornitore per aderire all’offerta, allora
bisogna valutare l’eventuale variazione di spesa annuale di energia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I CONTI
IN TASCA
di Paolo Zucca
INDICE DI BENESSERE FINANZIARIO DELLE FAMIGLIE ITALIANE
Andamento trend storico 2011-2015*
2011
2012
Mar. Giu. Dic. Mar. Giu. Set.
2013
2014
2015
Dic. Mar. Set. Mar. Set. Mar.
50,0
47,5
45,0
42,5
40,0
* A partire dal 2013 la rilevazione è effettuata nei mesi di marzo e settembre
La ripresa percepita
soprattutto al Nord
Y
Come si stanno modificando gli umori degli italiani? Ing Bank segnala
una maggiore fiducia. Non percepita da tutti.
U
n conto è il percepito e
un conto sono i dati che
emergono da un panel
rappresentativo di
italiani, in questo caso mille
soggetti. La sensazione è che il
peggio sia passato e che ci sia un
parziale ritorno di ottimismo
sulle sorti dell’economia e, a
seguire, degli investimenti.
Soprattutto al Nord, con punte
nel Nord-Est, gli intervistati
avvertono una fase migliore e lo
dicono chiaramente nell’ultima
rilevazione dell’Indice di benessere finanziario (Ibf)calcolato da
anni da Ing Bank con l’aiuto di
Gfk. L’evoluzione degli ultimi
anni (si veda il grafico) ha anticipato fin troppo una ripresa che si
intravede solo ora. Dal marzo
2013 l’insieme delle sei voci
(risparmio, reddito, bollette e
spese, investimenti, debito a
lungo e a breve termine) ha
ripreso leggermente quota e
semestre dopo semestre ha
mandato un segnale agli operatori. Paolo Pizzoli, senior economist di Ing Bank Italia, sottolinea
il cambio di clima che accompagna questi mesi. «La buona performance dei mercati azionari e
obbligazionari nel periodo trova
riscontro nell’aumento del
comfort sugli investimenti.
Inoltre, il rallentamento dell’inflazione, generato soprattutto dal
calo dei prezzi dei prodotti energetici, ha restituito potere d’acquisto alle famiglie favorendo il
miglioramento del comfort
relativo alla capacità di risparmio
e a quella di far fronte alle spese
ricorrenti per le bollette». Un
effetto indiretto del quantitative
easing con effetti sulle condizioni
di concessione dei mutui.
«Non sorprende, quindi, che
anche il comfort relativo ai debiti
a lungo termine (tipicamente
mutui per l’acquisto di abitazioni) sia risultato in aumento.
L’unica dimensione che, a livello
nazionale, non ha ancora segnalato progressi è quella reddituale,
generalmente correlata al ciclo
economico e in particolare, alla
dinamica dell’occupazione». Nei
prossimi mesi proprio la capacità
di generare nuovo lavoro può
essere il combustibile per dare
spinta a un recupero di ottimismo
degli italiani. Più occupazione
stabile - nella testa delle famiglie significa soprattutto più capacità
di risparmio e subito dopo più
investimenti. Non a caso i giovani
rimangono in questo momento la
categoria d’età più fredda. Accumulare delle riserve è «una
priorità di massima anche con
per le famiglie anche con reddito
non elevatissimo». Al 15 marzo
scorso l’indice di risparmio ha
recuperato quota 39,3 in aumento
di 0,8 punti su settembre e di 1,5
sul marzo 2014.
C’è una graduale distensione
anche sulle bollette e le spese che
toglie apprensione e migliora lo
stato d’animo generale. L’indagine fornisce informazioni di
dettaglio sulle aree dove si avvertono i primi riscontri della ripresa: il benessere finanziario è
avvertibile nettamente nel NordEst dove l’indice passa da 42,7 a
47,2 punti con un buon incremento , meno vistoso il progresso del
Nord-Ovest (+0,9 punti). Centro
Italia ( in calo) e Isole rimangono
penalizzate.
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Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
6
I NOSTRI FIGLI
SETTORI PROMETTENTI
Nell’hotellerie, in agricoltura, nella grande distribuzione
il maggior numero di occasioni per i periodi brevi
Lavori per le vacanze
Un impiego estivo
con le carte in regola
Contratto da verificare sui portali ad hoc
IL QUESITO
Mio figlio sta cercando un lavoro
per l’estate. L’obiettivo è mettere
da parte qualcosa per settembre,
quando si sommeranno spese per
l’università e l’affitto. Qualche
consiglio pratico?
di Alberto Magnani
A
*Offerta valida in Italia dal 24/6/2015 al 4/8/2015
genzie online, agenzie tradizionali, passaparola,
LinkedIn... Come si scova
un lavoro estivo, nel labirinto del web? Se l’obiettivo è un contratto stagionale, basta fissare alcune condizioni: cosa si cerca, come e a che
condizioni. Prima di tutto è meglio dare un occhio ai settori con più domanda. In cima alla lista, per i numeri, ci so-
no agricoltura, Horeca (alberghi, ristorazione e catering) e Gdo (grande
distribuzione). Se si è interessati a raccolta o vendemmia, Coldiretti
(www.coldiretti.it) e Confagricoltura
(http://www.confagricoltura.it/ita/)
offrono aggiornamenti e segnalazioni
su tutte le società a caccia di giovani.
Se si pensa a un’esperienza nell’hotellerie, si può passare sia per la sezione “Lavora con noi” delle grandi catene sia per tutti i portali specializzati:
lavoroturismo.it, ad esempio, fa incontrare domanda e offerta in un’unica bacheca divisa per area operativa e
preferenze dei candidati. Quanto alla
grande distribuzione, se non funzionano gli annunci online ci sono le
agenzie: i dati forniti al Sole 24 Ore da
un colosso come Randstad parlano di
167 offerte in retail e commercio al
dettaglio e 117 per magazzinieri e logistica ufficio.
Quando le occasioni ci sono, però,
non è detto che si vedano. Quali sono
gli errori più frequenti in fase di
“esplorazione”? I responsabili Hr ne
elencano alcuni. Ad esempio: la tattica dei “curricula a tappeto”, senza modifiche interne o un elenco delle voci
studiato per colpire il selezionatore; la
ricerca senza metodo, con ore su Goo-
gle alla caccia di offerte improvvise; la
fiducia per i “siti di lavoro” senza riferimenti chiari ad agenzie e aziende,
poco produttivi e soprattutto poco sicuri. Meglio indirizzarsi su portali, da
Monster a Infojobs, o iscriversi ai servizi di alert che permettono di restare
aggiornati sulle offerte ad hoc per il
proprio profilo.
Ultimo capitolo, ma non per importanza, il contratto. Cosa ci deve aspettare? E soprattutto, che stipendi sono
previsti? Come già scritto dal Sole 24
Ore, tutte le assunzioni in regola rispettano i minimi fissati dal contratto
nazionale collettivo del lavoro. Per intendersi: in settori come turismo, la
retribuzione non può scendere sotto
1.200 euro (l’inquadramento è quello
del personale di fatica) e il contratto
deve presentare scadenze ben definite. Il consiglio è di cercare sempre la
supervisione di un legale o un commercialista, per non ritrovarsi in una
truffa prima ancora di calcolare la busta paga. E se si sogna un’esperienza
all’estero? Non è tardi per tentarne
una: le opportunità internazionali sono elencate su siti come Eurojobs.com, con offerte dalla Gran
Bretagna (3.652) al Belgio (337).
IL PRODOTTO
DELLA SETTIMANA
di Federica Pezzatti
Comparto flessibile
per Ubi Sicav
U
bi Sicav Income Opportunities è un nuovo comparto di Ubi Sicav, società
lussemburghese a capitale
variabile di cui Ubi Pramerica Sgr è
distributore principale in Italia, e
sarà in collocamento fino al 20 luglio
2015. È un prodotto flessibile che
mira alla crescita del capitale attraverso la combinazione di diverse
strategie di investimento, di Ubi
Pramerica e di terzi. Per gestire il
comparto i gestori potranno utilizzare strategie multi-asset e multistrategy. C’è anche la possibilità di
aver accesso a fondi di terzi con
strategie multi-manager e anche a
una gamma di case di investimento
italiane ed estere, selezionate dal
team di gestori Ubi Pramerica. Il
fondo prevede, ad agosto 2016, un
dividendo predefinito pari al 3% del
valore iniziale dell’azione e per gli
anni successivi, in caso di performance positiva rispetto al valore di
lancio, l’investitore potrebbe ricevere una cedola annuale eventuale tra
l’1% e il 5%.
Il primo dividendo potrà anche
essere superiore al risultato di
gestione del comparto registrato a
partire dalla data di lancio; in tal caso
la distribuzione rappresenterà un
rimborso parziale del capitale
investito. I costi: a fronte di commissioni annue fisse abbastanza contenute, seppure associate a commissioni di incentivo, ci sono costi di
ingresso e uscita abbastanza elevati
(le ultime decrescono dopo il quinto
anno).
L’IDENTIKIT
Nome: UBI SICAV Income Opportunities – Classe A
Periodo di collocamento:
08/06/2015 – 20/07/2015
Categoria Assogestioni: flessibile
Profilo di rischio/rendimento: 4
Commissione di avviamento: max.
2,60%
Commissione di gestione: 0,98%
annuo fino al 21/07/2020; successivamente 1,50%
Commissione di performance: 10%
del rendimento positivo rispetto
all’High Water Mark
Commissione di rimborso: massimo
2,60%, prevista nei primi cinque
anni, decrescente in base alla permanenza nel comparto
Sottoscrizione minima iniziale e
successiva: 1.000 euro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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liquidazione del creditore. Un valido supporto per affrontare la vendita forzata immobiliare, dalla sua
fase iniziale successiva alla notifica dell’atto di pignoramento sino a quella conclusiva, quella in cui il
debitore perde la proprietà del suo immobile per saldare il debito contratto con uno o più creditori.
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Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
7
COLLEZIONISMI DI LUNGA DATA
TRA MERCATO E TUTELA DEL PATRIMONIO
Rarefatto il numero di opere in circolazione
Gran parte delle tavole è già nei musei internazionali
I primitivi del XII-XIII secolo
Preziosissimi fondi oro
Opere con valori milionari -In Italia si tenta la ricomposizione
IL QUESITO
I fondi oro possono essere
collezionati? Non rappresentano
l’identità storica di una nazione?
di Paolo Bonacina
T
ra le opere di maggior appeal
sul mercato dell’arte vi sono
sicuramente i fondi oro. Nelle grandi fiere d’arte internazionali come Tefaf a Maastricht e nelle
aste di Londra e New York questo genere di opere raggiunge quotazioni
milionarie sulla base dell’illustre provenienza e della perfetta conservazione. L’ultimo record del luglio scorso
porta la firma di Giovanni da Rimini:
l’importante tavola «Sportello sinistro
di un dittico raffigurante scene della
vita della vergine e di altri santi» è stata
aggiudicata da Sotheby’s per 5,6 milioni di sterline.
Il fondo oro è una tecnica pittorica
che prevede l’uso della foglia d’oro stesa su una tavola in legno come fondo
della parte pittorica dipinta. Questa
tecnica, tipica solo dei supporti lignei,
si sviluppa in Italia e nel resto d’Europa,
a partire dal XII- XIII secolo su modelli
di area bizantina. Un forte legame può
essere individuato nella tecnica musiva, basti pensare ai mosaici ravennati,
dove il fondo delle raffigurazioni è
completamente ricoperto d’oro. Come nella raffigurazione dell’ImperatoreGiustiniano,l’orovieneusatoperdareuntonomisticoedivinoaipersonaggi e questo ne spiega l’utilizzo nelle raffigurazioni sacre a partire dal XIII
secolo. Le botteghe degli artisti, veri e
propri laboratori artigiani, preparavano tavole di diversi tipi di legno per
l’esecuzione di grandi opere per commesse pubbliche o piccole tavolette
per la devozione domestica.
Tra i primi e più importanti autori
troviamo Cimabue (1240-1302), e subito dopo Giotto (1267-1337), le cui imponenti pale a fondo oro sono oggi conservate agli Uffizi. Lo stesso Giotto fu
tuttavia il primo, nella tecnica ad affresco, come testimoniano Assisi e Padova, a introdurre l’utilizzo dei fondali architettonici, avvicinando la pittura alla
realtà. Tra le principali scuole pittoriche di questo tipo di tecnica, va ricordata quella senese, con artisti del calibro di Duccio di Buoninsegna, Simone
Martini e Ambrogio Lorenzetti (tra i
cui seguaci si annovera anche lo stesso
Sano di Pietro).
Questiartistisonostatioggettodelle
ricerche del collezionismo internazionale a partire dal Sette e Ottocento dove in occasione dei Grand Tours, i rampolli delle nobili famiglie straniere,
specialmente inglesi, iniziarono ad acquistare queste opere spinti dalla brama di possedere oggetti preziosi provenienti da secoli lontani, per questo
chiamati anche artisti primitivi, e arrivati loro attraverso lunghe vicissitudi-
ni. Nel corso dell’Ottocento le campagne napoleoniche favorirono la spoliazione dei beni ecclesiastici e il confluire di fondi oro nei nuovi musei italiani
come Brera o in quelli francesi. Negli
anni successivi anche i musei inglesi,
come quello di Liverpool, iniziarono
adacquisireoperedeiprimitiviitaliani.
Gli acquisti venivano fatti per lo più ad
un livello attribuzionistico dilettantistico, che fu perfezionato solo nel corsodell’OttocentodafigurequaliCavalcaselle e Morelli. Lo stesso secolo vide
a livello nazionale fiorire il collezionismo di fondi oro: due esempi, Giacomo
Carrara e Giacomo Poldi Pezzoli, le cui
collezioni hanno posto le basi dei due
musei che portano il loro nome.
A partire dall’inizio del Novecento
la fortuna collezionistica dei primitivi
esce dai confini europei, arrivando negli Stati Uniti attraverso figure di mercanti leggendari quali Duveen e Wildenstein, o in Italia Contini Bonacossi.
Collezionisti come Isabella Stewart
Gardner, Andrew Mellon o Samuel
Kress acquistano in Italia capolavori
dei primitivi seguendo i consigli di
grandi storici dell’arte come Bernard
Berenson. Quadri come la «Morte e
Assunzione della Vergine» di Beato
Angelico o la «Madonna con Bambino» di Giotto saranno donati ai più importanti musei americani, tra cui la National Gallery di Washington.
Negli ultimi anni è stata data grande
importanza alla ricostruzione di questo patrimonio smembrato. Si è infatti
tentato di riassemblare le grandi pale
d’altare, vere e proprie costruzioni architettoniche, composte da tavole,
predelle e cimase, che nel corso dei se-
coli erano state distaccate, anche illegalmente, per poter essere rivendute.
Basta pensare alla ricostruzione del
Polittico della Cappella Nobili in Santa Maria degli Angeli a Firenze, dipinto da Agnolo Gaddi e Lorenzo Monaco, i cui scomparti si trovano oggi tra la
Gemaldegalerie di Berlino, La National Gallery di Londra, il Louvre e alcune collezioni private. Oggi, che il mercato dell’arte ha raggiunto dimensioni
globali, le opere di primitivi vengono
collezionate anche nei paesi emergenti come il Sud America o l’Asia, i
cataloghi delle grandi case d’aste internazionali sono ricchi di primitivi
italiani, basti vedere gli incanti di
Sotheby’s e Christie’s del prossimo 8 e
9 luglio a Londra.
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VALUTIAMO IL TESORO DEI
NOSTRI LETTORI
Inviate foto e scheda tecnica di
un’opera o di un oggetto prezioso
all’indirizzo di Risparmio e
Famiglia. Esperti d’arte,
selezionati dal Sole 24 Ore, vi
daranno una valutazione.
L’opinione espressa non
costituisce una expertise o una
dichiarazione di autenticità
dell’opera.
C.L.
L’opera inviataci dal lettore raffigura
una Madonna con Bambino, dipinta su
tavola e con misure di cm 50 x 40. Il
dipinto non presenta attribuzione, è in
cornice e al retro è coperto di due tipi di
carte, una antica con scritte a china con
delle date tra il 1651 e il 1653 a mo’
d’inventario, e la seconda moderna con
scritte a macchina, che non permettono
di verificare il tipo di tavola e
un’eventuale datazione.
Il soggetto si inserisce nella tradizione
tre-quattrocentesca delle Madonne con
bambino, realizzate su tavole di piccole
dimensioni, per un collezionismo intimo
e di tipo privato. Si trattava di piccoli
altaroli privati per una devozione
domestica.
Analizzando la composizione salta
Fondo oro Dipinto su tavola (cm 50 x 40) Madonna con Bambino, dettaglio a destra
all’occhio lo stretto legame con l’opera
del pittore senese rinascimentale Sano
di Pietro (Siena, 1405 – 1481). La sua
produzione, che risente dei modelli di
Domenico di Bartolo e del Sassetta, si
divide tra pale di altare per importanti
commissioni pubbliche e tavole di
piccole dimensioni per una
committenza privata. I tratti di queste
ultime si rintracciano nella maggior
parte del suo corpus dove la Vergine e il
bambino nel loro intimo rapporto
mantengono lineamenti spesso ripetuti
con alcune varianti nelle pose o con
l’inserimento di nuovi dettagli
iconografici come angeli oranti o santi.
Se prendiamo in considerazione la
tecnica con cui è eseguita l’opera in
oggetto ci pare evidente come la sua
datazione non possa essere dell’epoca di
Sano di Pietro: l’oro è steso
uniformemente senza presenza di
A cura di Marilena Pirrelli
Carteggio Risposta ad auguri per
compleanno reale e lettera di auguri
all’ex Re Umberto in esilio a Cascais
Quanto
può valere
una firma
reale
R
ovistando nei cassetti sono
emersi due documenti che
riguardano la famiglia di mia
moglie. Saremmo interessati a
comprendere se hanno qualche
valore “storico” o puramente
affettivo (come credo). Sono entrambi relativi alla famiglia regnante ante Repubblica, uno di risposta
ad auguri per compleanno reale ed il
secondo per auguri all’ex Re Umberto in esilio a Cascais.
G.A.
G
crettatura. I punzoni delle aureole, specie
nella Vergine, sono maldestri e senza
proporzione, e anche le figure, si noti il
volto del Bambino, ricordano le icone
russe. Ritengo quindi che l’opera sia stata
realizzata non più tardi due secoli fa
seguendo il modello illustre di Sano di
Pietro di cui è evidente il legame del
soggetto. È possibile che la tavola possa
nascere anche in legame con l’opera del
falsario Icilio Federico Joni (Siena, 18661946), artista e falsario, specializzato in
replicare dipinti rinascimentali senesi.
Una corretta valutazione dell’opera in
esame può essere compresa tra i 1.000 e
i 2.000 euro.
Per un confronto con un’opera della
maniera di Sano di Pietro si veda il lotto
1, raffigurante una Madonna con il
Bambino, dell’asta di Tajan del 24
ottobre del 2014 dove fu aggiudicata per
4.080 euro; invece per Icilio Federico
Joni si veda la Madonna con Bambino
venduta da Farsetti a Prato il 3 aprile
2009 - lotto 306 - e aggiudicata per
7.600 euro.
entile lettore
coma ci ha segnalato
Sebastiano Cilio,
curatore del noto
catalogo «Autografi italiani dal
1800», al quale abbiamo presentato i due documenti, il carteggio
della nostra Casa Reale continua
ad affascinare collezionisti e
storici.
Il primo è datato 23 dicembre
1936 (Anno XV dell’era fascista)
ed è dattiloscritto su carta intestata della Prefettura e firmato
dal Prefetto Riccardo Motta
(incaricato, come pure esponenti della Casa Reale, a rispondere ai numerosi messaggi
inviati ai Sovrani nelle grandi
occasioni) con un ringraziamento ai Coniugi Molteni per il
telegramma di auguri inviato a
Sua Maestà il Re in occasione
del Genetliaco. La lettera è da
considerarsi comune e di lieve
importanza.
Il secondo è un Biglietto di
ringraziamento, stampato su
cartoncino intestato con stemma a secco, firmato da Umberto
di Savoia con un’intestazione e
una sottolineatura, ma è stato
inviato nel 1956 da Cascais e
privo quindi di valore storico.
L’autografo è quotato tra i 50 e
100 euro ed è della mano del Re,
quindi ha un maggior valore
della lettera dattiloscritta.
esperto di Old Master
esperto di filatelia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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[email protected]
Q
WWW.ILSOLE24ORE.COM/DOSSIER
Su internet, nella sezione Store24, il
Dossier con tutte le puntate del «Tesoro in
soffitta»
LA LETTERA
Vorrei sottoporre alla vostra attenzione
un quadro ritrovato in casa di una zia. Le
misure (bordo interno della cornice) sono
50 x 40 cm. Il dipinto è svolto su tavola di
legno e si trova in buone condizioni .
Desideravo sapere se era possibile in
qualche modo risalire all’autore e avere
una valutazione di massima.
IL TESORO
IN SOFFITTA
Paolo Bonacina
Stefano Cosenz
Il Sole 24 Ore
Lunedì 29 giugno 2015
8
FISCO
I PRINCIPALI PROVVEDIMENTI E I CHIARIMENTI AL 9 GIUGNO
Un credito d’imposta
agli alberghi
per ristrutturazione
e risparmio energetico
730 sostitutivo, il contribuente dovrà
accedere con le proprie credenziali
nell'apposita area autenticata del sito
Internet dell'agenzia delle Entrate,
riaprire la dichiarazione già trasmessa,
apportare le modifiche necessarie e
infine inviare la dichiarazione. Il modello
730 sostitutivo può essere inviato dal 10
giugno fino al 29 giugno 2015. I
contribuenti che abbiano presentato il
modello 730 da cui emerga un debito, in
assenza di un sostituto d'imposta tenuto
ad effettuare il conguaglio, e che abbiano
trasmesso entro il 16 giugno 2015 il
modello F24 per il pagamento delle
somme dovute possono inviare la
dichiarazione 730 sostitutiva entro il
prossimo 21 giugno. La sostituzione del
modello 730 precompilato è ammessa
una sola volta ed eventuali ulteriori
correzioni saranno effettuate con le
modalità ordinarie, tramite il modello
730 integrativo.
Agevolazioni
Decreto ministero Beni e attività culturali e
Turismo 7 maggio 2015
Credito d'imposta alle strutture
ricettive turistico-alberghiere –
Disposizioni applicative. Il decreto
contiene disposizioni applicative per
l'attribuzione del credito d'imposta alle
strutture ricettive turistico-alberghiere di
cui all'articolo 10 del Dl 83/2014,
convertito con modifiche dalla legge
106/2014 [CFF r8471c]. Nella specie,
alle imprese alberghiere, come definite al
decreto stesso, esistenti al 1° gennaio
2012 è riconosciuto un credito d'imposta
del 30 per cento per le spese sostenute
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016
per interventi di ristrutturazione edilizia,
di eliminazione delle barriere
architettoniche, di incremento
dell'efficienza energetica, e per spese per
l'acquisto di mobili e componenti
d'arredo, sempre secondo l'accezione
fatta propria dal decreto, a condizione
che il beneficiario non ceda a terzi e non
destini a finalità estranee all'esercizio
dell'impresa i beni oggetto degli
investimenti prima del secondo periodo
d'imposta successivo. Il credito
d'imposta è ripartito in tre quote annuali
di pari importo, è concesso fino
all'importo massimo di 200 mila euro, ed
è alternativo e non cumulabile, in
relazione alle medesime voci di spesa,
con altre agevolazioni di natura fiscale. Il
decreto individua inoltre le spese
eleggibili al credito d'imposta in
questione, i limiti complessivi di spesa, le
cause di revoca del credito d'imposta,
nonché i controlli e le procedure di
recupero dell'agevolazione
illegittimamente fruita. Per quanto
relativo alla procedura di accesso,
riconoscimento ed utilizzo del credito
d'imposta, dal 1° gennaio al 28 febbraio
dell'anno successivo a quello di
sostenimento delle spese, gli interessati
presentano al ministero dei Beni e delle
attività culturali e del turismo
un'apposita domanda con modalità
telematiche che verranno definite dal
Ministero stesso. Nella domanda
dovranno essere specificati il costo
complessivo degli interventi e
l'ammontare totale delle spese eleggibili,
l'attestazione di effettività delle spese
sostenute e il credito d'imposta
spettante, nonché presentata anche la
dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà relativa ad altri aiuti «de
minimis» eventualmente fruiti
nell'esercizio finanziario in corso e nei
due precedenti e la documentazione
amministrativa e tecnica indicata dal
decreto stesso. Il credito d'imposta è
riconosciuto previa verifica da parte del
ministero dei Beni e delle attività culturali
e del turismo dell'ammissibilità in ordine
al rispetto dei requisiti soggettivi ed
oggettivi e formali, nel limite delle risorse
disponibili. Esso non concorre alla
formazione del reddito ai fini delle
imposte sui redditi e del valore della
produzione ai fini dell'Irap e non rileva ai
fini del rapporto di cui agli articoli 61 e
109 del Dpr 917/1986 [CFF r 5161 e
5209], va indicato nella dichiarazione dei

La precedente
puntata sulle
novità fiscali è
stata pubblicata
sul Sole 24 Ore del
15 giugno
redditi relativa al periodo d'imposta per
cui è concesso ed è utilizzabile
esclusivamente in compensazione, con
modalità stabilite con Provvedimento
dell'agenzia delle Entrate.
«Gazzetta Ufficiale», 17 giugno 2015, n. 138
«Il Sole 24 Ore» 9 giugno 2015
Pertanto, il più ampio termine di
accertamento è previsto a vantaggio
dell'Amministrazione finanziaria al fine di
poter utilizzare le risultanze delle
indagini penali, possibilità altrimenti
preclusa a causa della vigenza del
cosiddetto doppio binario tra processo
penale e procedimento amministrativo.
Bilancio
«Il Sole 24 Ore» 9 giugno 2015
Risoluzione agenzia Entrate 8 giugno 2015,
n. 57/E
Contenzioso
Correzione di errori contabili. La
risoluzione fornisce chiarimenti in merito
alla correzione di errori contabili secondo
quanto previsto nella circolare 31/E/2013
nella quale si espone il trattamento
fiscale da applicare nell'ipotesi in cui si
proceda ad una correzione di errori
contabili per mancata imputazione di
componenti negativi e/o positivi nel
corretto esercizio di competenza. In
particolare, ai fini del riconoscimento dei
componenti negativi emersi a seguito
della correzione di errori, tale circolare ha
precisato che, nel caso in cui l'annualità
oggetto di errore non sia più emendabile
con la dichiarazione integrativa a favore,
occorre riliquidare autonomamente la
dichiarazione relativa all'annualità
dell'omessa imputazione e, nell'ordine, le
annualità successive fino all'annualità
emendabile, ex articolo 2, comma 8-bis
del Dpr 322/1998 [CFF r6627]. Si
precisa, al riguardo, che la possibilità per
il contribuente di evidenziare
all'Amministrazione finanziaria
l'esistenza di elementi di costo non
dedotti in precedenti annualità deve,
comunque, intendersi limitata ai soli
periodi d'imposta ancora suscettibili di
attività accertativa al momento della
scadenza dei termini di presentazione
della dichiarazione. Specificamente, il
riferimento contenuto nella citata
circolare è al termine determinato
nell'articolo 43, comma 1 del Dpr
600/1973 [CFF r6343]. Nella
risoluzione si specifica espressamente
che la correzione di errori può essere
consentita nei termini ordinari in cui le
annualità sono «aperte», senza che rilevi
il maggior termine, previsto dall'articolo
43, comma 3 del Dpr 600/1973, disposto
esclusivamente a favore
dell'Amministrazione relativamente a
fattispecie per le quali sussiste l'obbligo
di denuncia penale. In particolare, la
finalità della disciplina del raddoppio dei
termini, previsto dal comma 3 sopra
citato, è di garantire all'Amministrazione
finanziaria l'utilizzabilità di elementi
istruttori eventualmente emersi nel corso
delle indagini condotte dall'Autorità
giudiziaria per un periodo di tempo più
ampio rispetto a quello previsto
ordinariamente per l'accertamento.

A CURA DI Ilaria Callegari
Decreto Segr. gen. Giust. amm. 25 maggio 2015
Rito appalti – Dimensione dei
ricorsi e degli atti difensivi. Il decreto
disciplina la dimensione dei ricorsi e
degli altri atti difensivi nel rito
applicabile agli appalti. In particolare, si
specifica che le dimensioni dell'atto
introduttivo del giudizio, del ricorso
incidentale, dei motivi aggiunti, degli
atti di impugnazione principale ed
incidentale della pronuncia di primo
grado, della revocazione e
dell'opposizione di terzo proposti
avverso la sentenza di secondo grado,
dell'atto di costituzione, delle memorie e
di ogni altro atto difensivo devono essere
contenute, per ciascuno di tali atti, nel
numero massimo di trenta pagine.
Vengono, inoltre, indicate le specifiche
redazionali per tali atti.

«Gazzetta Ufficiale», 5 giugno 2015, n. 128
«Il Sole 24 Ore» 26 e 29 maggio 2015
Dichiarazioni
Provvedimento agenzia Entrate 9 giugno 2015
Correzione del modello 730
precompilato già inviato. Il
provvedimento permette ai contribuenti
che abbiano già inviato attraverso
l'apposita funzionalità dell'applicazione
web il modello 730 precompilato con
dati errati o incompleti di correggere la
dichiarazione direttamente, senza
necessità di rivolgersi ad un Caf o a un
professionista abilitato per la
presentazione di un modello 730
integrativo o un modello Unico correttivo
nei termini o integrativo. In particolare,
laddove il contribuente riscontri che il
modello 730 precompilato già
presentato contenga dati errati o
incompleti, può inviare, con le medesime
modalità, una nuova dichiarazione 730
che annulla e sostituisce quella
precedentemente trasmessa. Potranno
così ad esempio essere aggiunti degli
oneri in precedenza dimenticati, si potrà
modificare la dichiarazione in seguito
alle rettifiche della Certificazione unica
comunicate dal sostituto d'imposta dopo
il primo invio del modello 730
precompilato, oppure potranno essere
inserite detrazioni non considerate
precedentemente. Per inviare il modello

«Sito agenzia Entrate» 10 giugno 2015
«Il Sole 24 Ore» 9 e 11 giugno 2015
Irap
Circolare agenzia Entrate 9 giugno 2015, n. 22/E
Modifiche alla disciplina Irap –
Chiarimenti. Forniti nuovi chiarimenti
sulle modifiche apportate dall'articolo 1,
commi da 20 a 24 della legge 190/2014
(Legge di Stabilità 2015) [CFF e4199],
alla disciplina dell'Irap e, in particolare,
su alcune questioni interpretative
sollevate dalle associazioni di categoria
in materia di deducibilità del costo del
lavoro dalla base imponibile Irap e di
credito d'imposta previsto per i
contribuenti che non si avvalgono di
lavoratori dipendenti. In merito alla
deduzione ai fini Irap delle spese per
personale dipendente, dal periodo
d'imposta successivo a quello in corso al
31 dicembre 2014 sono deducibili agli
effetti dell'Irap le spese sostenute per il
personale dipendente impiegato con
contratto di lavoro a tempo
indeterminato dai soggetti che
determinano il valore della produzione
netta in base agli articoli da 5 a 9 del Dlgs
446/1997 [CFF e3980-3985]. A tale
riguardo, relativamente alle imprese che
operano in concessione e a tariffa,
escluse dalla legge dalle deduzioni sul
cuneo fiscale, esse beneficiano ai fini
dell'Irap della deducibilità integrale del
costo sostenuto per i lavoratori
impiegati a tempo indeterminato. Sono
invece esclusi dal beneficio in questione
i contratti a termine, considerata la ratio
sottesa alla norma, finalizzata ad
incentivare gli impieghi a tempo
indeterminato, mentre è deducibile il
costo del lavoro relativo al personale
somministrato, a condizione però che il
rapporto tra agenzia per il lavoro,
somministratrice, e dipendente sia a
tempo indeterminato, a prescindere dal
tipo di contratto commerciale che
intercorre tra l'impresa e l'agenzia per il
lavoro. Le quote di Tfr maturate a partire
dall'esercizio 2015 rientrano a pieno
titolo nella determinazione delle spese
deducibili per il personale dipendente,
poiché trattasi di costi sostenuti a fronte
di debiti certi a carico del datore di
lavoro. I fondi accantonati dal 2015 per
oneri futuri connessi a spese per il
personale rilevano al verificarsi
dell'evento che ha rappresentato il
presupposto per lo stanziamento in
bilancio ed i fondi accantonati
precedentemente all'entrata in vigore
delle nuove regole rientrano nel calcolo
del costo del personale deducibile in
sede di utilizzo. Laddove tali fondi
abbiano generato in passato Irap
deducibile dalle imposte sui redditi,
occorrerà recuperare l'imposta dedotta

tramite rilevazione di un componente
positivo di reddito ex articolo 88 del Dpr
917/1986 [CFF r5188]. Invece, ai
soggetti che determinano il valore della
produzione netta in base agli articoli da 5
a 9 del Dlgs 446/1997, e che non
impiegano lavoratori dipendenti, è
riconosciuto un credito d'imposta nella
misura del 10 per cento dell'Irap lorda.
Tale credito d'imposta, nella specie,
viene riconosciuto solo nell'ipotesi in cui
l'impresa o il professionista non abbiano
avuto dipendenti in ogni giorno del
periodo d'imposta. Di conseguenza, non
viene riconosciuto tale beneficio a coloro
i quali abbiano avuto per un periodo di
tempo limitato nel corso dell'anno
lavoratori alle proprie dipendenze.
«Il Sole 24 Ore» 17 giugno 2015
Riscossione
Decreto Presidente Consiglio dei ministri 9
giugno 2015
Modelli Unico 2015 e Irap 2015 –
Versamento di imposte – Proroga. I
contribuenti tenuti ai versamenti
derivanti da dichiarazione dei redditi,
Irap e dalla dichiarazione unificata
annuale entro il 16 giugno 2015,
esercitanti attività economiche per le
quali sono stati elaborati gli studi di
settore e che dichiarano ricavi o compensi
di ammontare non superiore al limite
stabilito per ciascun studio di settore dal
relativo decreto di approvazione,
effettuano i citati versamenti entro il
prossimo 6 luglio, senza maggiorazioni,
oppure dal 7 luglio al 20 agosto 2015, con
la maggiorazione dello 0,40 per cento a
titolo di interesse corrispettivo. Le
disposizioni di cui sopra si applicano,
oltre che ai soggetti che applicano gli
studi di settore o che presentano cause di
esclusione o di inapplicabilità degli
stessi, compresi quelli che adottano il
regime dei minimi di cui all'articolo 27,
comma 1 del Dl 98/2011 [CFF r6241a], o
il regime forfetario di cui all'articolo 1,
commi da 54 a 89 della legge 190/2014
[CFF r6270], anche ai soggetti che
partecipano a società, associazioni e
imprese ex articolo 5, 115 e 116 del Dpr
917/1986 [CFF r5105, 5215 e 5216].

«Gazzetta Ufficiale», 12 giugno 2015, n. 134
«Il Sole 24 Ore» 13 giugno 2015
Legenda: CFF eo rindicano
il numero di codice (ad esempio 6860)
che consente l’immediata ricerca
della norma di legge
nel “Codice Fiscale Frizzera”
CFF n. eimposte indirette
o CFF n. rimposte indirette,
edito dal Sole 24 Ore
IN COLLABORAZIONE CON
www.24orefrizzera.ilsole24ore.com
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberto Napoletano
CAPOREDATTORE
Mauro Meazza
COORDINAMENTO FISCO & DIRITTI
Cristiano Dell’Oste
IN REDAZIONE
Giacomo Bagnasco,
Antonella Moro
COORDINAMENTO RISPARMIO & FAMIGLIA
Isabella Della Valle
IN REDAZIONE
Nicola Borzi, Rossella Cadeo,
Antonio Criscione, Vitaliano
D’Angerio, Stefano Elli, Marcello
Frisone, Andrea Gennai, Lucilla
Incorvati, Federica Pezzatti,
Marilena Pirrelli, Guido Plutino,
Gianfranco Ursino
L’esperto
risponde
Inserto di consulenza per i lettori
Lunedì 29 giugno 2015
25
Quesiti da n. 2255 a n. 2359
866
866
867
868
873
874
874
876
877
878
880
881
883
884
885
887
889
891
892
896
898
899
900
902
903
ACCERTAMENTO/CONTENZIOSO - A cura di Ezio Maria Pisapia
AGEVOLAZIONI SULLA CASA - A cura di Marco Zandonà
AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE - A cura di Giorgio Confente, Amedeo e Alessandro Sacrestano, Marco Zandonà
DICHIARAZIONE DEI REDDITI DELLE PERSONE FISICHE - A cura di Alberto Bonino e Gianni Marchetti, Alfredo
Calvano, Fabrizio Cancelliere, Giuseppe Merlino
FISCO INTERNAZIONALE - A cura di Fabrizio Cancelliere
IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE - A cura di Caterina Valia
IMPOSTE E TRIBUTI VARI - A cura di Nicola Forte, Massimo Ianni
CONTRIBUENTI MINORI, MINIMI E REGIMI CONTABILI - A cura di Nicola Forte, Paolo Meneghetti
IVA - A cura di Giuseppe Barbiero, Giorgio Confente, Ciro D’Aries, Stefano Setti
SANZIONI TRIBUTARIE - A cura di Giorgio Confente, Giuseppe Merlino, Ezio Maria Pisapia
REDDITI D’IMPRESA - A cura di Gianluca Dan, Paolo Meneghetti
REDDITI DI PARTECIPAZIONE E DI CAPITALE - A cura di Alfredo Calvano, Gianluca Dan, Nicola Forte
TRIBUTI LOCALI - A cura di Luigi Lovecchio, Ezio Maria Pisapia
IMPOSTA DI REGISTRO - A cura di Nicola Forte, Cristina Odorizzi
REDDITI DEI TERRENI E FABBRICATI - A cura di Alberto Bonino e Gianni Marchetti, Luigi Lovecchio
LOCAZIONI - A cura di Matteo Rezzonico, Luca Stendardi
BILANCIO E CONTABILITÀ - A cura di Gianluca Dan, Massimo Ianni, Cristina Odorizzi
COOPERATIVE - A cura di Romano Mosconi
CONDOMINIO - A cura di Pierantonio Lisi, Paola Pontanari, Silvio Rezzonico, Cesarina Vittoria Vegni
CONTROVERSIE STRADALI - A cura di Maria Laura Barbera, Ezio Maria Pisapia
DIRITTO DEL LAVORO - A cura di Alberto Bosco e Angelo Pompei, Stefania Radoccia
DIRITTO DI FAMIGLIA - A cura di Silvia Giamminola
EDILIZIA E URBANISTICA - A cura di Massimo Ghiloni, Vincenzo Petrone, Massimo Sanguini
PRATICHE NOTARILI - A cura di Francesco Saverio Russo, Caterina Valia
PREVIDENZA - A cura di Pietro Gremigni, Giuseppe Rodà, Fabio Venanzi
www.ilsole24ore.com/espertorisponde
Per rivolgere una domanda agli Esperti del Sole 24 Ore
compilare il modulo disponibile sul sito,
dove sono anche reperibili tutti gli approfondimenti del Lunedì
L’esperto risponde
Fisco
FISCO
Accertamento/Contenzioso
[2255]
LOCAZIONI, È DA PROVARE
LA RESCISSIONE ANTICIPATA
 Ho ricevuto un avviso di accertamento per la mancata
dichiarazione del reddito da locazione fabbricati per l’anno
2010. In realtà, l’inquilino – pur avendo un contratto di
locazione regolarmente registrato scadente nel 2012 – ha
risolto anticipatamente il contratto, liberando l’abitazione fin
dal 2009.
Come posso dimostrare l’avvenuta rescissione anticipata,
non avendo provveduto al pagamento con F23 della imposta
relativa alla chiusura anticipata della locazione?
A.P. – NAPOLI
I
l lettore può dimostrare la risoluzione anticipata con
qualsiasi mezzo di prova (a esclusione di quella testimoniale e del giuramento: articolo 7 del Dlgs
546/1992). Se ne deve evincere con chiarezza o che l’inquilino ha abbandonato l’alloggio (il che deve risultare, per
esempio, da verbale di riconsegna delle chiavi o dell’alloggio, disdetta del contratto prima della scadenza, dichiarazione sostitutiva di atto notorio) o che l’alloggio è rimasto
sfitto (inesistenza di contratti con l’acquedotto o per la
fornitura di energia elettrica, cessazione ai fini della Tarsu
o della Tia) oppure, ancora, che la casa è stata data in locazione o in comodato e simili a un’altra persona (basta la registrazione dello specifico contratto).
[2256]
SENZA «VOLUNTARY» RESTA
IL RADDOPPIO DEI TERMINI
 Nel caso di un Paese come San Marino, che è transitato dalla
black list alla white list, la norma che prevede il raddoppio dei
termini di accertamento cessa con effetto retroattivo? Un
soggetto, che non intende aderire alla voluntary disclosure, e
che aveva nel 2007 delle disponibilità liquide su un conto a
San Marino, potrebbe subire ancora oggi un accertamento
oppure, visto che San Marino è stata inclusa nella white list, il
periodo di riferimento è ormai prescritto?
M.L. – ROMA
L
a soluzione prospettata dal lettore è contraddetta dalla legge (articolo 5–quater, comma 4, e articolo 5–quinquies, comma 7, inseriti dalla legge 186 del 2014 nel Dl
167 del 1990).
866
Il raddoppio dei termini per l’accertamento in rettifica o
d’ufficio non opera, «ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria», qualora il Paese (già incluso nella
“black list”) nel quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività finanziarie abbia stipulato con l’Italia,
entro il 2 marzo 2015, un accordo che consente un effettivo
scambio di informazioni (tra questi, la Repubblica di San
Marino). Ciò vuol dire che, se l’interessato non collabora
fattivamente a far recuperare i redditi esteri sottratti a tassazione aderendo alla “voluntary disclosure”, rimane
operativo il raddoppio dei termini per l’accertamento, nonostante San Marino sia transitato nella “white list” (circolare 10/E del 2015, paragrafi 5.1 e 5.2). A ciò si aggiunga
che è pressoché sicuro l’accertamento d’ufficio (dal 2004)
o in rettifica (dal 2006), giacché la Repubblica di San Marino si è impegnata a collaborare con l’Italia per segnalare i
soggetti che avevano conseguito redditi nel proprio territorio.
A cura di Ezio Maria Pisapia
Agevolazioni sulla casa
[2257]
COMUNICAZIONE TARDIVA
SANABILE CON 258 EURO
 Il 23 dicembre 2014 ho installato nella mia abitazione una
pergola con tessuto pvc per la protezione della porta
d’ingresso, in vetro, dai raggi solari e dalla pioggia. Il
pagamento è stato eseguito il 3 febbraio 2015, con bonifico
“parlante”. Non ho trasmesso all’Enea, entro 90 giorni,
l’allegato F, poiché solo ora sono venuto a conoscenza della
possibilità della detrazione. Posso dichiarare, nel 730 del
prossimo anno, la spesa sostenuta e ottenere il bonus del 65
per cento? In altre parole, c’è la possibilità di rimediare alla
mancata trasmissione all’Enea del modello F e, così, di non
perdere il beneficio fiscale?
L. A. – ROÉ VOLCIANO
L’
articolo 1, comma 47, lettera a, della legge 190/2014
prevede, per tutto il 2015, l’estensione del beneficio
del 65% anche con riferimento all’acquisto e alla posa in opera di schermature solari (deve trattarsi degli impianti indicati nell’allegato M al Dlgs 29 dicembre 2006,
n.311, tra i quali rientrano le pergole a protezione delle porte con specifici requisiti di trasmittanza termica). Per fruire della detrazione del 65 per cento, occorre inviare la certificazione energetica e la scheda informativa all’Enea
(modello F) entro 90 giorni dal collaudo dell’intervento.
La scheda informativa, che può essere compilata anche
personalmente dal contribuente, deve contenere: i dati
identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio su cui i lavori sono stati eseguiti, la tipologia di
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
intervento eseguito e il risparmio di energia che ne è conseguito, nonché il relativo costo, specificando l’importo
per le spese professionali e quello utilizzato per il calcolo
della detrazione. Il termine di 90 giorni deve intendersi a
pena di decadenza dai benefici fiscali.
Nel caso di specie è ammessa, tuttavia, la sanatoria prevista dall’articolo 2, comma 1, del Dl 16/2012, convertito in
legge 44/2012, che stabilisce che, in caso di inosservanza
degli adempimenti formali necessari per fruire di benefici
fiscali o regimi fiscali opzionali, il contribuente può, tardivamente, presentare le comunicazioni obbligatorie o assolvere i particolari adempimenti previsti, a condizione
che abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento, effettui la comunicazione o esegua l’adempimento entro il termine di presentazione della prima dichiarazione fiscale utile, versi contestualmente la sanzione minima pari a 258 euro, ex articolo 11, comma 1, del Dlgs
471/1997, mediante F24 (è esclusa la possibilità di compensazione), la violazione non sia stata ancora constatata
o non siano state già avviate attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
La prima dichiarazione utile è quella relativa al primo periodo d’imposta in cui si fruisce della detrazione, quindi,
nel caso di specie (pagamento effettuato a febbraio 2015)
quella da presentare nel 2016, relativa al 2015 (termine ultimo settembre 2016). In sostanza, la sanatoria è ammessa
anche nel caso di specie, mediante versamento di 258 euro
con l’F24.
[2258]
LA DETRAZIONE DEL FAMILIARE
NON PROPRIETARIO
 Un soggetto effettua un bonifico per ristrutturazione delle
facciate condominiali (intervento che può fruire della
detrazione del 50 per cento) di un palazzo appartenente a un
familiare convivente incapiente. Qual è il numero d’ordine
dell’immobile da indicare nel modello 730 dell’esecutore del
bonifico – alla colonna 10, sezione III/a, quadro E – non
figurando l’immobile stesso nel quadro fabbricati di questo
soggetto?
Margherita Branca – ROMA
N
ell’ipotesi di lavori su parti comuni ai fini del 50 per
cento (articolo 16–bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 47, della legge 190/2014; si veda anche
la guida al 50% su www.agenziaentrate.it), anche se le spese sono sostenute dal familiare convivente non proprietario (che, quindi, non indica nella dichiarazione dei redditi
l’immobile nel quadro B), occorre sempre indicare il codice fiscale del condominio (colonna 3 del rigo E41), l’importo detraibile per quell’anno e il numero della rata (da 1 a 10,
nelle colonne 10 e 11 del medesimo rigo). Nella colonna 11 si
Numero 25 - 29 giugno 2015
indicherà il numero d’ordine dell’immobile 1 se questo è
l’unico immobile (tenuto conto anche dei posseduti) oggetto di detrazione fiscale. Se ce ne sono altri per i quali si
fruisce della detrazione, si indicherà il numero successivo
disponibile (2,3, 4 eccetera, a seconda degli immobili che
fruiscono della detrazione).
A cura di Marco Zandonà
Agevolazioni tributarie
[2259]
RIVENDITA AUTO AGEVOLATA
SOLO SE TRA DISABILI
 Sono un imprenditore individuale, in possesso dei requisiti
previsti dalla legge 104/1992, che prevede vantaggi per le
persone disabili. Cinque anni fa ho acquistato un’autovettura
con i benefici della legge citata (detrazione Irpef del 19% sul
tetto massimo consentito e aliquota Iva agevolata del 4 per
cento).
In sede di detrazione Iva, ho provveduto a recuperare solo il
40% dell’imposta pagata.
Tra qualche tempo dovrei rivendere l’autovettura in
questione. Chiedo se devo fatturare con aliquota agevolata
del 4 per cento (come l’aliquota di acquisto), e se la base
imponibile su cui calcolare l’imposta dovuta è pari al 40 per
cento (come la base imponibile Iva soggetta alla detrazione
iniziale).
M.C. – COMO
L
a rivendita del veicolo acquistato da un disabile è soggetta all’aliquota ordinaria se l’acquirente non è (a sua
volta) un disabile, in possesso dei requisiti fissati dalla
norma per l’applicazione dell’aliquota agevolata (numero 31) della tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972 (si
veda anche la risoluzione 66/E del 20 giugno 2012).
La base imponibile su cui calcolare l’Iva, in fase di vendita,
è quella del 40% del corrispettivo, posto che la detrazione
è stata operata nella stessa misura (articolo 13, comma 5,
del Dpr 633/1972).
A cura di Giorgio Confente
[2260]
IL TRATTAMENTO DI ACQUISTI
CON BONUS INVESTIMENTI
 Una Srl ha investito, nel 2014, 130.000 euro in beni
strumentali nuovi, rientranti nella divisione Ateco 28. Negli
anni 2009–2010–2011–2012–2013 ha fatto tutti
investimenti in beni nuovi Ateco 28, per somme inferiori al
limite di 10.000 euro per ogni singolo bene. Nella circolare
867
L’esperto risponde
Fisco
5/E del 19 febbraio 2015 viene specificato che non si devono
considerare tali beni sotto soglia nel calcolo della media.
Pertanto, la Srl deve considerare tutti gli anni a zero per il
calcolo della media? Se così fosse, recupera il 15% dell’intero
investimento di 130.000 euro?
S.P. – PESARO
L’
articolo 18 del Dl 91/2014 attribuisce, ai titolari di
reddito d’impresa, un credito d’imposta pari al 15%
dell’ammontare del costo sostenuto per l’acquisizione di beni strumentali nuovi, eccedente l’importo investito in media nei medesimi beni nei cinque periodi
d’imposta precedenti (con facoltà di escludere dalla media quello in cui l’investimento è stato maggiore). Questa
agevolazione (detta Guidi Padona o anche Tremonti–
quater) è stata oggetto di approfondimento da parte dell’agenzia delle Entrate con la circolare 19 febbraio 2015, n.
5/E. L’amministrazione finanziaria ha evidenziato che gli
investimenti effettuati annualmente nel quinquennio di
riferimento devono riguardare beni aventi i medesimi requisiti dei beni rilevanti agli effetti dell’agevolazione, ovvero:
a) appartenere alla divisione 28 della tabella Ateco;
b) essere strumentali all’attività della specifica imprese;
c) essere nuovi;
d) avere un costo non inferiore a 10.000,00 euro.
Si conferma, pertanto, la chiave di lettura proposta dal lettore.
[2261]
«ZFU», RAVVEDIBILE
IL CREDITO IN ECCESSO
 Per l’anno 2014 è stato utilizzato il credito fiscale attribuito
per le Zfu (zone franche urbane) in eccesso rispetto ai limiti
stabiliti per anno. Con il ravvedimento operoso, e usando lo
stesso codice tributo, si può riversare, maggiorato di sanzioni
e interessi, l’importo utilizzato in eccesso? Tale importo
verrebbe utilizzato l’anno successivo nel rispetto dei limiti del
secondo anno.
N.P. – TARANTO
L
e zone franche urbane generano il diritto ad alcune
agevolazioni, che consistono in:
a) esenzione dalle imposte sui redditi;
b) esenzione dall’Irap;
c) esenzione dall’imposta municipale propria;
d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
Tutti gli incentivi sono fruibili con il modello di pagamento F24 “telematico”, mediante riduzione dei versamenti
dovuti in relazione alle singole imposte per cui si gode dell’esenzione (Irpef/Ires, Irap e Imu) e ai contributi per i
quali è concesso l’esonero. Ciò premesso, la procedura
868
proposta dal lettore – per il “ravvedimento operoso” conseguente a un utilizzo eccessivo dell’incentivo – appare
corretta.
A cura di Amedeo e Alessandro Sacrestano
[2262]
NIENTE 65% SE C’È AFFITTO
DEL BENE STRUMENTALE
 Una Srl ha affittato un appartamento, accatastato A/2, con
un contratto in cui è scritto che si è presenza di«affitto di
immobile ad uso ufficio». L’appartamento in questione può
essere considerato bene strumentale utilizzato nell’esercizio
dell’attività imprenditoriale? Se sì, la Srl potrebbe, quindi,
sfruttare l’agevolazione fiscale del risparmio energetico per la
sostituzione di climatizzazione invernale con una pompa di
calore ad alta efficienza?
Loretino Luzi – SAN BENEDETTO DEL TRONTO
N
el caso di specie, l’abitazione (accatastata in A/2) si
considera fiscalmente bene strumentale per destinazione, ma, secondo le indicazioni delle Entrate,
non può fruire della detrazione del 65 per cento (articolo 1,
comma 47, della legge 190/2014; si veda anche la guida al
65% su www.agenziaentrate.it), proprio perché è concessa in locazione e non viene utilizzata direttamente dalla
società proprietaria.
Per i titolari di reddito d’impresa (ditte individuali, società
di persone o di capitali), la detrazione del 65% spetta solo
se gli interventi di riqualificazione energetica sono eseguiti su fabbricati strumentali (per natura o destinazione)
utilizzati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale. Sono, pertanto, esclusi gli immobili locati a terzi (risoluzione
340/E del 1° agosto 2008) e gli altri immobili posseduti dalle imprese o società. Peraltro, sul punto si segnala anche
l’orientamento diverso, e favorevole al contribuente, dei
giudici di merito (Ctr Lombardia, sentenza 2549/12/2015;
si veda anche «Il Sole 24 Ore» di oggi, lunedì 29 giugno
2015, a pagina 24).
A cura di Marco Zandonà
Dichiarazione dei redditi delle persone fisiche
[2263]
CODICE 9 PER L’ALLOGGIO
PRIVO DI ALLACCI
 Sono comproprietario di due alloggi siti nel comune in cui
si trova l’immobile adibito a mia abitazione principale. Il
primo è concesso in uso gratuito alla cognata (affine di
secondo grado) che vi dimora abitualmente (ha la
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
residenza): per esso indicherei il codice 10 nella colonna 2
(utilizzo) del modello 730. Il secondo è privo di
allacciamento all’energia elettrica, acqua e gas, di fatto non
abitabile: in questo caso indicherei il codice 9 nella colonna
2 (utilizzo) del modello 730.
Vorrei sapere se nella colonna 12, “Casi particolari Imu”,
dev’essere inserito per entrambi gli immobili il codice 3.
M.A. – CUNEO
C
ome correttamente indicato dal lettore, l’immobile utilizzato come propria residenza dalla cognata va indicato con il codice 10 nella colonna “2
– Utilizzo” del quadro B del modello 730, mentre l’unità
immobiliare priva di allacciamenti va indicata con il
codice 9. Come riportato dalle istruzioni ministeriali,
in deroga al più generale principio secondo il quale
l’Imu sostituisce l’Irpef e le relative addizionali con riferimento ai redditi dei fabbricati non locati, compresi
quelli concessi in comodato d’uso gratuito, e individuati con i codici di utilizzo 2, 9, 10 e 15, se gli stessi sono
ubicati nel medesimo comune in cui il contribuente ha
la propria abitazione principale, concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50 per
cento. Pertanto, trattandosi di fabbricati a destinazione abitativa, il lettore dovrà indicare il codice 3 nella
colonna “12 – Casi particolari Imu” per entrambi.
A cura di Alberto Bonino e Gianni Marchetti
[2265]
DA VERIFICARE LE CONDIZIONI
DEL CONTRATTO «UNOPS»
 Una contribuente italiana, residente in Italia nel corso
dell’anno 2014, ha sottoscritto un contratto di lavoro con
Unops (organizzazione delle Nazioni Unite con sede in
Danimarca), prestando il proprio lavoro in Italia. Il contratto
prevede un corrispettivo mensile lordo, sul quale non
vengono operate ritenute.
Al fine della compilazione del modello Unico pf/2015, come
dev’essere trattato questo reddito? Esistono particolari
convenzioni applicabili, in quanto si tratta di una
organizzazione umanitaria?
F.F. – RIMINI
I
L’EFFETTO DELL’IMU
SOSTITUTIVA DELL’IRPEF
n via generale, la convenzione sui privilegi e sulle immunità delle Nazioni Unite, approvata dall’assemblea generaledell’Onuil13febbraio1946,eresaesecutivaperl’Italia
con la legge 1318 del 20 dicembre 1957, prevede l’esenzione da
imposta per gli emolumenti corrisposti ai funzionari dipendenti. L’esenzione è riconosciuta, nell’interesse delle finalità
istituzionali perseguite dalle Nazioni Unite, fintanto che i
funzionari sono in servizio. Qualora le specifiche condizioni
contrattuali che disciplinano il rapporto di lavoro della contribuentenonpossanoesserefatterientrarenell’ambitonormativo evidenziato, i redditi così conseguiti saranno ordinariamente dichiarati nel quadro RC di Unico persone fisiche,
essendo essi attinenti a un’attività (verosimilmente) di lavoro dipendente a tempo determinato svolta in Italia.
A cura di Alfredo Calvano
 Se l’Imu sostituisce l’Irpef, per la seconda casa (rendita
[2266]
[2264]
catastale di 596,21 euro) intestata a mia moglie, fiscalmente a
mio carico, c’è l’obbligo di presentare la dichiarazione dei
redditi, non avendo altri redditi, oltre il 50% della prima
casa?
D. C. – PALERMO
Q
uale che sia l’entità della rendita catastale dell’immobile di proprietà della moglie tenuto a disposizione, non ne ricorre alcun obbligo dichiarativo/impositivo in ambito Irpef, visto l’effetto
sostitutivo Imu. Qualora tale immobile sia ubicato nel
territorio del medesimo Comune dell’abitazione principale, la rendita catastale rileverà ai fini Irpef nella misura del 50% (in questa circostanza, quindi, la sostituzione Imu opera solo parzialmente). Gli adempimenti
dichiarativi impositivi andranno, quindi, eseguiti qualora la percentuale di rendita catastale sia di importo
superiore a 500 euro (comma 2–bis dell’articolo 11 del
Tuir), computando eventualmente anche la quota della rendita dell’abitazione principale, se non soggetta a
Imu (circolare 5/E/2013).
Numero 25 - 29 giugno 2015
IL REDDITO DA FRONTALIERE
È TASSATO SOLO IN SVIZZERA
 Un architetto, residente a Como dal primo gennaio al 30
agosto 2014, e residente a Lugano dal primo settembre a oggi
(iscritto all’Aire, anagrafe degli italiani residenti all’estero, in
pari data, insieme a moglie e figlio) ha svolto attività di lavoro
dipendente in Svizzera per una società locale per l’intero anno
(prima come lavoratore frontaliero e poi come residente in
Svizzera). La moglie ha lavorato l’intero anno 2014 alle
dipendenze dell’Università di Lugano e il figlio frequenta un
asilo nido svizzero.
L’architetto è titolare di partita Iva in Italia, dove ha eseguito
qualche prestazione professionale, ricevendo compensi per
poche migliaia di euro.
Nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2014 può limitarsi a
dichiarare in Italia il reddito derivante dall’attività
professionale svolta in Italia?
Ciro Vitolo – TAVERNERIO
869
L’esperto risponde
Fisco
L
a risposta è positiva, in quanto – dato il quadro descritto, e indipendentemente dalla residenza fiscale del lavoratore (che, salvo prova contraria, nel caso di specie
si considera comunque in Italia, ex articolo 2 del Tuir) –
saranno imponibili in Italia solo i redditi derivanti dall’attività professionale che vi è stata svolta, e non anche quelli
percepiti a titolo di reddito da “frontaliero”, essendo questi ultimi non tassabili in Italia, sulla base dell’accordo siglato tra Italia e Svizzera nel 1974.
A cura di Fabrizio Cancelliere
[2267]
TASSE UNIVERSITARIE,
CONTA L’INTESTAZIONE
 Le detrazioni per i figli a carico, sul 730/2015, sono al 50%
per ciascun genitore. I Mav (pagamenti mediante avviso)
relativi alle tasse universitarie dei figli sono stati pagati
tramite un conto corrente intestato solamente al padre. I Mav
riportano i dati dei figli, e la ricevuta della banca riporta i dati
del padre.
È obbligatorio che il padre detragga queste spese al 100% o si
può sceglierle detrarle al 50% per cento per ciascun genitore
oppure, ancora, al 100% per la madre?
P.K. – MILANO
S
e le contabili di pagamento confermano che la persona
che ha sopportato l’onere è il padre, le spese d’istruzione sarebbero a suo carico indipendentemente dalla diversa ripartizione (50 per cento) della “detrazione per figli a
carico”. L’agenzia delle Entrate (al paragrafo 2.1 della circolare 11/E del 16 febbraio 2007) ha, infatti, chiarito che è ininfluente la ripartizione al 50% dei carichi di famiglia in relazione alle spese sostenute per gli stessi familiari. Ha altresì
precisato che «...quando l’onere è sostenuto per i familiari a
carico, la detrazione o la deduzione spetta al contribuente al
quale è intestato il documento che certifica la spesa. Se, invece, il documento è intestato al figlio fiscalmente a carico,
lespesedevonoesseresuddivisetraiduegenitoriinrelazione al loro effettivo sostenimento. Qualora i genitori intendano ripartire le spese in misura diversa dal 50 per cento devono annotare nel documento comprovante la spesa la percentuale di ripartizione. Se uno dei due coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, quest’ultimo può considerare l’intera
spesa sostenuta, ai fini del calcolo della detrazione o della
deduzione».
[2268]
MASSOFISIOTERAPIA, SCONTO
SENZA PRESCRIZIONE
 Vorrei sapere se è detraibile come spesa medica un ciclo di
870
massofisioterapia, per la riabilitazione di una spalla,
effettuato da un massofisioterapista che ha emesso fattura
con l’addebito dell’Iva. Occorre la prescrizione medica?
Rossella Giuntini – S.CASCIANO IN VAL DI PESA
L
e spese sostenute per prestazioni rese dal massofisioterapista sono detraibili al 19 per cento, e non occorre
la prescrizione medica. In tal senso si è espressa
l’agenzia delle Entrate che, al paragrafo 1.1 della circolare
17/E del 24 aprile 2015, ha chiarito quanto segue: «...considerata l’equipollenza del diploma di massofisioterapista
con formazione triennale, conseguito entro il 17 marzo
1999, al titolo universitario abilitante all’esercizio della
professione sanitaria di fisioterapista, la scrivente ritiene
che le prestazioni rese dai massofisioterapisti in possesso
del suddetto diploma possano essere ammesse in detrazione dall’Irpef ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c),
del Tuir anche senza una specifica prescrizione medica.
Ai fini della detrazione, nel documento di certificazione
del corrispettivo il massofisioterapista dovrà attestare il
possesso del diploma di massofisioterapista con formazione triennale conseguito entro il 17 marzo 1999, nonché
descrivere la prestazione resa».
L’Agenzia è giunta a tale conclusione richiamando la circolare 19/E del 1° giugno 2012 (in tema di prescrizione medica) e la risoluzione 96/E del 17 ottobre 2012 (in tema di
equipollenza), dove, tra l’altro, è stato affermato che «i
possessori di tale titolo rientrano tra gli esercenti le professioni sanitarie elencate nel decreto ministeriale 29
marzo 2001 che beneficiano del regime di esenzione Iva ai
sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del Dm 17 maggio
2002».
[2269]
I PALETTI SUI COSTI
DEI MATERASSI ORTOPEDICI
 Ho acquistato due letti, quattro materassi e quattro cuscini
con marcatura CE (in modo da avere un letto ortopedico in
ogni abitazione, comprese le seconde case di genitori e
suoceri nei luoghi di villeggiatura), e dispongo della
prescrizione del medico, il quale certifica che necessito di
letto e materasso ortopedici per problemi alla schiena. Nella
fattura di acquisto viene indicato solo il totale. Posso detrarre
l’intero importo nella dichiarazione dei redditi?
E.T. – VENEZIA
L’
agenzia delle Entrate ha già chiarito (con la circolare
20/E del 13 maggio 2011, paragrafo 5.16, e con la risoluzione 253/E del 29 settembre 2009) che, fiscalmente, il
contribuente ha diritto alla detrazione prevista dall’articolo
15, comma 1, lettera c, del Dpr 917/1986 qualora:
– dallo scontrino o dalla fattura appositamente richiesta risultino il soggetto che sostiene la spesa e la descrizione del
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
dispositivo medico;
– il soggetto sia in grado di comprovare, per ciascuna tipologia di prodotto per il quale si chiede la detrazione, che la spesa sia stata sostenuta per dispositivi medici contrassegnati
dalla marcatura CE che ne attesti la conformità alle direttive
europee 93/42/Cee, 90/385/Cee e 98/79/Ce.
Ciò premesso, verificata l’inclusione dei prodotti acquistati
nella categoria di quelli rientranti nella definizione di dispositivi medici detraibili (tale verifica non è necessaria per i dispositivi medici, quali i materassi ortopedici e antidecubito,
compresi nell’elenco allegato alla circolare 20/E/2011) ed
essendo sufficiente conservare (per ciascuna tipologia di
prodotto) la sola documentazione dalla quale risulti che il
prodotto acquistato ha la marcatura Ce, in presenza degli altri requisiti d’obbligo, è possibile fruire del beneficio fiscale,
nella misura del 19% della spesa sostenuta.
Ciò premesso, la risposta è affermativa. Anche nella risoluzione 108/E del 3 dicembre 2014, l’agenzia delle Entrate
ha, infatti, ribadito quanto già precisato nella risoluzione
205/E del 20 maggio 2008, nella quale veniva ammessa la
possibilità di effettuare erogazioni liberali che danno diritto alla detrazione direttamente nei confronti di un’articolazione del partito nazionale, essendo tale modalità
correlata alla struttura organizzativa adottata dal partito
nazionale stesso. La citata risoluzione 108/E/2014 ha, altresì, rammentato che «nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione dei redditi è stato, inoltre, precisato che i partiti e movimenti politici possono raccogliere le erogazioni
mediante un unico conto corrente nazionale o più conti
correnti diversi».
[2270]
CONTRIBUTI ALLA BADANTE
DEDUCIBILI SOLO DAL DATORE
DETRAZIONE DEL 26%
PER EROGAZIONI A PARTITI
 Nel 2014 è stata effettuata, tramite bonifico bancario, una
[2271]
 Un contribuente può dedurre le spese relative ai contributi
Inps di una badante, intestate alla moglie fiscalmente a
carico?
G.D. – PARMA
elargizione a un partito politico.La causale del versamento
riportava “emergenza alluvione Marche”.
Si chiede se tale versamento può rientrare tra le elargizioni
che danno diritto alla detrazione del 26% in sede di
dichiarazione dei redditi.
F.R. – ANCONA
I
L
[2272]
e detrazioni per le erogazioni liberali effettuate, mediante versamenti bancari o postali, in favore dei “partiti e movimenti politici” sono state introdotte dagli
articoli 5 e 6 della legge 2 del 2 gennaio 1997, con l’inserimento nel Tuir (Dpr 917/1986) di norme che riconoscono
un beneficio fiscale ai fini Irpef (il comma 1–bis dell’articolo 15, già articolo 13–bis del Dpr 917/1986) e ai fini Ires (articolo 78, già articolo 91). Il Dl 28 dicembre 2013, n. 149, ha disciplinato, a decorrere dal 2014, le detrazioni in esame all’articolo 11, sopprimendo le relative disposizioni del Tuir,
ex comma 1–bis dell’articolo 15 e comma 1 dell’articolo 78
(limitatamente al riferimento all’onere indicato all’articolo 15, comma 1–bis). Tale norma riconosce il diritto alla
detrazione per le erogazioni liberali in denaro effettuate
dalle persone fisiche in favore dei partiti politici (dal 2014,
nella misura del 26% per importi compresi tra 30 e 30.000
euro annui) a determinate condizioni:
1) i partiti politici devono essere iscritti nella prima sezione del “registro nazionale” cui fa riferimento l’articolo 4
del Dl /2013;
2) il versamento delle erogazioni in denaro dev’essere
eseguito tramite banca o ufficio postale o altri sistemi di
pagamento previsti dall’articolo 23 del Dlgs 241/1997, o
tramite altre modalità che garantiscano la tracciabilità
dell’operazione e l’esatta identificazione del suo autore.
Numero 25 - 29 giugno 2015
contributi previdenziali e assistenziali obbligatori,
versati per gli addetti ai servizi domestici e familiari,
possono essere dedotti solo da chi risulta essere il datore di lavoro effettivo. Nel caso esposto, tale soggetto sembra essere la moglie, che, anche se fiscalmente a carico del
marito, non può trasferire il carico contributivo su di lui.
NON RILEVA LA CIFRA PAGATA
PER I CORSI D’INGLESE
 Volevo sapere se nel quadro E, sezione I, del modello 730 è
possibile indicare con il codice 13 (spese per istruzione) i costi
sostenuti per un figlio minorenne a carico, pagati per una
scuola privata di lingua inglese. La scuola è un istituto privato,
che rilascia attestati validi e riconosciuti a livello
italiano/europeo come crediti scolastici.
Se possibile, che documentazione serve? Esiste un limite?
M.M. – ROMA
L
a possibilità di bonus, in questo caso, non esiste, in quanto per “spese per istruzione” (da indicare con il codice 13
nella sezione I del quadro E del modello 730) che possono beneficiare della detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19 per cento, l’articolo 15, comma 1, lettera e, del
Dpr 917/1986 intende le «spese per frequenza di corsi di
istruzione secondaria e universitaria». Deve, quindi, trattarsi di spese (in misura non superiore a quella stabilita per
871
L’esperto risponde
Fisco
letasseeicontributidegliistitutistatali)sostenuteperlafrequenza di corsi che coprono il percorso formativo dello studente nella fase dell’istruzione secondaria (IV livello formativo) e in quella universitaria (dal VI all’VIII livello) o per
la frequenza degli istituti tecnici superiori (V livello formativo), che, come chiarito dall’agenzia delle Entrate (circolare 17/E del 24 aprile 2015), si collocano in un livello intermedio tra l’istruzione secondaria e quella universitaria.
[2273]
L’EREDE CHE PAGA
SUBENTRA AL DEFUNTO
 Vorrei sapere se sono detraibili, nel 730, le spese sostenute
per l’assistenza domiciliare a favore soggetto beneficiario
della legge 104/1992, deceduto nel dicembre 2013, pagate
con fattura del gennaio 2014, intestata alla moglie/erede del
defunto. Per inserirle nel 730, prevale il principio di cassa (la
fattura, per prestazioni erogate a dicembre, è stata pagata a
gennaio 2014) o quello di competenza (le prestazioni sono
state erogate a dicembre 2013)?
V.P. – SASSARI
L
a detraibilità o deducibilità di oneri ai fini Irpef segue il
“principio di cassa”. Quindi, essendo state sostenute nel
2014, le spese sono relative a tale periodo d’imposta. Nel
caso in esame la moglie/erede del defunto potrà fruire del
beneficio fiscale, come confermato dalla circolare del ministero delle Finanze 122/E del 1° giugno 1999, con la quale, al
paragrafo 1.4.1, è stato precisato che «sulla base dei principi
civilistici gli eredi subentrano in tutti i rapporti attivi e passivideldecuius.Pertanto,dopoildecessoglieredisonotenuti
a pagare tutti i debiti del deceduto, ivi comprese le eventuali
spese sanitarie. Analogamente, gli stessi subentrano in tutti
i crediti vantati dal deceduto, ivi compresi gli eventuali crediti d’imposta. Al riguardo, si deve tener conto che se il contribuente non fosse deceduto avrebbe sostenuto direttamente la spesa e vantato un onere che gli avrebbe dato diritto ad un credito d’imposta pari alla detrazione spettante.
Pertanto, si ritiene che, nel caso di specie, sussista il diritto
alla detrazione da parte dell’erede che ha sostenuto le spese
ovvero dagli eredi relativamente alla quota di spese effettivamente sostenute».
[2274]
PER I PLANTARI ORTOPEDICI
SERVE LA CONFORMITÀ «CE»
 Vorrei sapere se le spese per i plantari ortopedici su misura
– con prescrizione medica e scontrino fiscale ma senza
scatola, perchè sono stati utilizzati subito dopo l’acquisto –
possono essere detratte. Si applica lo stesso criterio seguito
872
per le scarpe ortopediche, sempre con prescrizione medica e
tagliando della scatola con la sigla Ce, più lo scontrino fiscale?
F.M. – RIMINI
P
lantari e scarpe ortopediche sono prodotti ortopedici
che rientrano nel novero dei dispositivi medici.
L’agenzia delle Entrate, al paragrafo 5.16 della circolare 20/E del 13 maggio 2011, ha precisato che, dal punto di vista fiscale, il contribuente ha diritto alla detrazione, qualora:
– dallo scontrino o dalla fattura appositamente richiesta, risulti il soggetto che sostiene la spesa e la descrizione del dispositivo medico;
– questo soggetto sia in grado di comprovare, per ciascuna
tipologia di prodotto per il quale si chiede la detrazione, che
la spesa sia stata sostenuta per dispositivi medici contrassegnati dalla marcatura CE che ne attesti la conformità alle
direttive europee 93/42/Ce, 90/385/Cee e 98/79/Ce.
L’Agenzia ha altresì precisato che, per i dispositivi medici
compresi nell’elenco allegato alla circolare 20/E/2011 (che
fornisce un elenco dei dispositivi medici di uso più comune, tra i quali i “prodotti ortopedici”), il contribuente non ha
necessità di verificare che il dispositivo stesso risulti nella
categoria di prodotti che rientrano nella definizione di dispositivi medici detraibili ed è, quindi, sufficiente conservare (per ciascuna tipologia di prodotto) la sola documentazione dalla quale risulti che l’acquisto ha la marcatura CE.
Ciò premesso, nel caso dei plantari fatti su misura sarà necessario recuperare, presso il laboratorio di riferimento, la
documentazione attestante la conformità dei materiali
marchiati CE.
[2275]
LE SPESE MEDICHE COPERTE
IN PARTE DALL’ASSICURAZIONE
 La moglie, non a carico fiscalmente in quanto con proprio
reddito, ha sostenuto delle spese mediche per le quali ha
ricevuto un parziale rimborso, a seguito di una polizza
assicurativa sanitaria stipulata dal datore di lavoro del marito
(la polizza è stipulata con il fondo Fia, Fondo sanitario
impiegati agricoli).
È corretto che la moglie porti in detrazione la differenza tra le
spese sostenute e quelle rimborsate dall’assicurazione del
marito (cioè la parte non rimborsata)?
F. C. – CHITIGNANO
A
norma dell’articolo 15, comma 1, lettera c, del Tuir, è prevista la detraibilità, dall’imposta sulle
persone fisiche, delle spese sanitarie sostenute,
nella misura del 19 per cento, per la parte che eccede
129,11 euro. Peraltro, la norma citata prevede che la detrazione per le spese sanitarie spetta ugualmente se le
stesse sono rimborsate per effetto di contratti di assi-
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
curazione i cui premi non sono detraibili, o per effetto
di contributi o premi che, pur essendo versati da altri,
concorrono a formare il reddito del contribuente.
In questo caso, la lettrice, pur non essendo fiscalmente
a carico del marito, potrebbe beneficiare della detrazione anche per la parte rimborsata. Andrebbe però
verificato se, per quanto attiene al Fia, i contributi/
premi versati non concorrano a formare il reddito imponibile ex articolo 51 del Tuir, poiché in tal caso (come
avviene per il Fasi, Fondo assistenza sanitaria integrativa: si veda la risoluzione 28 maggio 2004, n. 78/E) le
spese sanitarie rimborsate dal fondo non possono essere detratte/dedotte.
[2276]
LA CAUSALE GENERICA
BLOCCA LO SCONTO
 La fattura emessa da un dottore specializzato in
chirurgia odontostomatologica, avente a oggetto
“competenze per l’attività di consulenza tecnica
d’ufficio per accertamento civile contro un’azienda
ospedaliera” rientra fra le spese sanitarie per cui spetta
la detrazione d’imposta?
S.L. – AREZZO
Fisco internazionale
[2278]
DIRITTO AL CREDITO
PER LE IMPOSTE ESTERE
 Un medico sportivo svolgerà la propria professione in
Turchia per 10 mesi (cinque mesi nel 2015 e cinque mesi nel
2016). In questo periodo trasferirà la residenza in Turchia. In
base all’articolo 2, comma 2, del Tuir, sarà quindi considerato
residente in Italia, dove risiederà per più di 183 giorni. La
società sportiva turca gli pagherà il compenso al netto delle
imposte turche. In sede di dichiarazione dei redditi, nel
quadro E si dovrà sommare al reddito di lavoro autonomo
prodotto in Italia quello della Turchia? Il medico avrà diritto al
credito d’imposta per le tasse turche trattenute? Se fosse
assunto come lavoratore dipendente, avrebbe una tassazione
diversa?
L.G. – PIACENZA
M
RCA, DETRAIBILE IL PREMIO
PER IL CONDUCENTE
antenendo lo status di persona fiscalmente residente in Italia, il contribuente sarà tenuto a dichiarare anche il reddito da lavoro autonomo percepito
all’estero, fermo restando il diritto al credito per le imposte pagate in Turchia a titolo definitivo sul medesimo reddito. Analoga conclusione può essere raggiunta nell’ipotesi in cui il reddito si qualifichi come reddito da lavoro dipendente, sebbene in quest’ultimo caso il reddito potrebbe essere tassato forfettariamente, sulla base di una
retribuzione convenzionale, a norma dell’articolo 51,
comma 8–bis, del Tuir.
Questo criterio, generalmente più conveniente rispetto a
quello ordinario (di concorso alla formazione del reddito
complessivo per l’ammontare effettivamente percepito),
può, tuttavia, trovare applicazione solo se la prestazione
lavorativa è svolta all’estero in via continuativa, e come
oggetto esclusivo del rapporto, e solo se l’attività svolta
rientra fra quelle fissate annualmente con decreto del ministro del Lavoro.
 Nel premio di assicurazione Rca, a volte compare un
[2279]
L
a genericità della causale non depone per una risposta affermativa. Se, dalla descrizione nella fattura della prestazione resa, non si evince in modo
univoco la natura “sanitaria” della prestazione stessa,
non sarà possibile fruire della detrazione ex lettera c
del comma 1 dell’articolo 15 del Dpr 917/86 (si veda la
circolare dell’agenzia delle Entrate 17/E del 24 aprile
2015).
[2277]
importo che copre il rischio “infortuni del conducente”. Tale
importo è deducibile dall’Irpef?
Giancarlo Chiarini – PIANORO
T
rattandosi di garanzia accessoria all’assicurazione obbligatoria Rca, che copre sia il conducente
proprietario che eventuali altre persone alla guida della sua auto al suo posto, la quota di premio pagata
per l’assicurazione infortuni del conducente è sempre
detraibile da parte del contraente della polizza (paragrafo 1.4.1, circolare del 12 maggio 2000, n. 95/E).
A cura di Giuseppe Merlino
Numero 25 - 29 giugno 2015
LE ROYALTY AUSTRIACHE
SONO SCOMPUTABILI
 Un contribuente italiano percepisce degli importi a
titolo di diritti d’autore (tra i 1.000 e i 2.000 euro
annui) come erede del nonno, che era un compositore.
Tali importi provengono da un soggetto austriaco. Si
chiede se, sulla base della convenzione contro la doppia
tassazione tra Austria e Italia, questi compensi devono
essere assoggettati a ritenute alla fonte in Austria, e, se
873
L’esperto risponde
Fisco
sì, in quale misura. Inoltre, in quale quadro del modello
Unico vanno dichiarati questi introiti, assieme alle
eventuali ritenute applicate dal Paese estero?
Gianluca Leonardi – TRENTO
I
n termini generali, sui compensi per diritto d’autore (royalty) in uscita dall’Austria e pagati a soggetti
ivi non residenti, si applica una ritenuta a titolo
d’imposta del 20 per cento. In tal caso, tale imposta può
generare un credito scomputabile dall’imposta lorda
italiana, tenuto conto che lo stesso reddito concorrerà
– per l’importo lordo – alla formazione del reddito
complessivo italiano, tramite indicazione nel rigo
RL13 del modello Unico. Il credito per le imposte pagate all’estero, invece, andrà indicato nel quadro CR.
A cura di Fabrizio Cancelliere
Imposta di successione e donazione
[2280]
LE DONAZIONI AL FIGLIO
DI TITOLI DI STATO
 Su un atto di donazione di titoli di Stato italiani al figlio, si
deve applicare, al netto della franchigia riconosciuta,
l’imposta di donazione?
R.V. – MANTOVA
N
on è in realtà chiaro il regime fiscale dei titoli del
debito pubblico (buoni ordinari del Tesoro, certificati di credito del Tesoro e gli altri titoli di Stato garantiti dallo Stato o equiparati).
L’articolo 59, primo comma, lettera b, del Dlgs 31 ottobre 1990, n. 346, prevede l’applicazione dell’imposta di
registro in misura fissa per le donazioni aventi a oggetto ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall’imposta a norma di legge, a eccezione dei titoli del debito
pubblico (compresi i buoni ordinari del Tesoro e i certificati di credito del Tesoro) e degli altri titoli di Stato,
garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall’imposta da norme di
legge.
Nel contempo, l’articolo 85 del Dpr 14 febbraio 1963, n.
1343, dispone l’esenzione dei titoli del debito pubblico
da ogni imposta sui trasferimenti a titolo gratuito per
atti tra vivi, e l’articolo 62 del citato Dlgs 31 ottobre
1990, n. 346, afferma che restano ferme le agevolazioni
previste da altre disposizioni di legge.
L’articolo 59 è stato da alcuni interpretato quale volontà del legislatore di assoggettare tali titoli all’ordinaria
imposta di donazione. In questo senso si è espressa anche l’amministrazione finanziaria con la risoluzione
82/E del 23 aprile 1997. Secondo una diversa interpre-
874
tazione, sulla base del combinato disposto dell’articolo 62 del Dlgs 346/1990 e dell’articolo 85 del Dpr 14 febbraio 1963, n. 1343 (testo unico sul debito pubblico), i
titoli devono ritenersi esenti, dovendosi interpretare
l’articolo 59 del Dlgs 346/1990 nel senso di sancire l’assoluta esenzione da imposta (in tal senso lo studio del
Consiglio nazionale del notariato 481–bis del 21 giugno
1996).
[2281]
LIMITI ALL’OBBLIGO
DI DICHIARAZIONE
 Nel caso in cui il de cuius possedeva in vita un unico
immobile e questo è stato donato prima della morte, la
dichiarazione di successione va presentata?
M.R. – ROMA
L
a dichiarazione di successione dev’essere presentata
se il valore del patrimonio è superiore a 100.000 euro o
se esso comprende beni immobili.
Se l’immobile è stato donato in vita dal defunto, non risulta
compreso nell’asse ereditario; se il valore degli altri beni
ereditari non raggiunge il valore indicato, non è imposta la
presentazione della dichiarazione, come risulta dall’articolo 28, comma 7, del Dlgs 346/1990, modificato dal Dlgs 21
novembre 2014, n. 175.
A cura di Caterina Valia
Imposte e tributi vari
[2282]
PER IL BOLLO VIRTUALE
SI CHIEDE L’AUTORIZZAZIONE
 Una società intende porre in essere, a luglio 2015,
l’assolvimento dell’imposta di bollo in via virtuale. È corretto
che presenti una richiesta in forma libera all’agenzia delle
Entrate? Deve effettuare qualche versamento preventivo o
indicare qualche elemento? A fine 2015, quali ulteriori
adempimenti deve porre in essere? Per eventuali infrazioni
commesse negli ultimi tre anni in relazione alla mancata
apposizione delle marche da bollo, può ricorrere all’istituto
del ravvedimento operoso?
M.R. – MILANO
L’
articolo 15 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 642, stabilisce che l’imposta di bollo può essere assolta in
modo virtuale, su richiesta degli interessati, per
determinati atti e documenti, definiti con appositi decreti ministeriali (Dm 7 giugno 1973, 25 luglio 1975, 31
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
ottobre 1981, 10 febbraio 1988 e 24 maggio 2012).
Il soggetto interessato deve chiedere una preventiva
autorizzazione all’ufficio competente, presentando
una domanda corredata da una dichiarazione da lui
sottoscritta, contenente l’indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere
emessi e ricevuti durante l’anno. L’autorizzazione si
intende concessa a tempo indeterminato ed è revocabile con atto da notificare all’interessato. Le direzioni
provinciali sono competenti in via generale sia al rilascio dell’autorizzazione sia alla liquidazione dell’imposta assolta in modo virtuale.
L’autorizzazione per l’assolvimento dell’imposta di
bollo in modo virtuale è richiesta con istanza prodotta
in bollo, fatte salve le esenzioni ex articolo 16 della tabella allegato B del Dpr 642 citato, corredata dalla dichiarazione contenente il numero presuntivo degli atti che saranno emessi o ricevuti nell’anno solare e la descrizione della loro tipologia.
L’istanza e la dichiarazione sottoscritte dal contribuente, se persona fisica, o dal rappresentante legale
della società o dell’ente, nonché dal rappresentate fiscale del soggetto non residente, sono consegnate all’ufficio competente o trasmesse con raccomandata
con avviso di ricevimento. L’ufficio procede alla liquidazione iniziale dell’imposta dovuta per il periodo che
va dalla data di decorrenza dell’autorizzazione fino al
31 dicembre dello stesso anno. La liquidazione è effettuata in via provvisoria, in base ai dati esposti nella dichiarazione presentata con l’istanza di autorizzazione, ed è ripartita in tante rate uguali quanti sono i bimestri compresi nel periodo stesso, con scadenza alla fine
di ciascun bimestre solare.
A partire dall’anno solare che segue il primo periodo di
operatività del pagamento in modo virtuale, il soggetto autorizzato, entro il 31 gennaio di ciascun anno, presenta all’ufficio una dichiarazione contenente l’indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell’anno precedente, distinti per voce di tariffa, e degli
altri elementi utili per la liquidazione dell’imposta,
nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo.
Sulla base dei dati indicati in tale dichiarazione, l’ufficio, previ gli opportuni riscontri, procede alla liquidazione definitiva a consuntivo dell’imposta dovuta per
l’anno precedente, imputando la differenza, a debito o
a credito, alla rata bimestrale scadente a febbraio o, occorrendo, a quella successiva. L’ufficio opera contestualmente la liquidazione in via definitiva per il precedente anno solare e quella provvisoria per l’anno in
corso. Entrambe le liquidazioni, nonché la ripartizione dell’importo dovuto in rate bimestrali, confluiscono in un unico atto, che costituisce avviso di liquidazione dell’imposta di bollo dovuta.
I versamenti per l’assolvimento dell’imposta di bollo
in modo virtuale liquidata dall’ufficio, nonché il versa-
Numero 25 - 29 giugno 2015
mento dell’acconto ex articolo 15–bis del Dpr 642, i relativi interessi e le sanzioni sono effettuati, in base al
provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate 3 febbraio 2015, mediante il modello F24, a partire dal
20 febbraio 2015. Fino al 31 marzo 2015 era consentito
eseguire i medesimi versamenti con il modello F23.
I versamenti con il modello F24 sono effettuati con i codici tributo istituiti con risoluzione 12/E del 3 febbraio
2015: 2505, denominato “Bollo virtuale – Rata“; 2506,
”Bollo virtuale – Acconto“; 2507, ”Bollo virtuale – Sanzioni”; 2508, “Bollo virtuale – Interessi”.
In materia di ravvedimento operoso trovano applicazione le novità previste dalla legge di stabilità del 2015
(legge 190/2014). In particolare, la violazione potrà essere regolarizzata versando una sanzione ridotta, pari
a un settimo del minimo, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo
a quello durante il quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore.
A cura di Nicola Forte
[2283]
LA SOCIETÀ INATTIVA VERSA
FINO ALLA CANCELLAZIONE
 Sono socio in due Snc (società in nome collettivo) non
attive da anni, ma ancora in essere. Sono obbligato a
pagare la tassa d’iscrizione alla Camera di commercio?
Come posso sospendere questa tassa fino alla
cessazione dell’attività con atto notarile?
R.B. – RAVENNA
I
l diritto annuale dovuto alla Camera di commercio
rappresenta, anche secondo un orientamento giurisprudenziale, un corrispettivo dovuto dall’impresa per l’iscrizione o l’annotazione nel Registro delle imprese (istituito con il Dpr 581/1995 ex articolo 2188
del Codice civile). In ragione di ciò, il diritto annuale è
dovuto, indipendentemente dall’effettivo svolgimento dell’attività, da tutte le imprese iscritte al Registro
delle imprese, fino alla cancellazione, e non sembra
possibile fruire di alcuna sospensione.
Di seguito alcuni dei casi maggiormente ricorrenti di
esclusione dal pagamento del diritto annuale:
1) imprese in fallimento o in liquidazione coatta amministrativa, a partire dall’anno solare successivo a quello in cui è stato adottato il provvedimento;
2) imprese individuali che cessano l’attività, per l’anno
successivo a quello di cessazione dell’attività, sempre
se la domanda di cancellazione è stata presentata entro
il 30 gennaio;
3) società in liquidazione, a decorrere dall’anno successivo a quello di approvazione del bilancio finale di
875
L’esperto risponde
Fisco
liquidazione;
4) le start–up innovative.
A conferma del fatto che l’inattività non determina di
per sé il venir meno dell’obbligo di corrispondere il diritto annuale, si cita la circolare 3665/C del ministero
dello Sviluppo economico del 27 gennaio 2014, con la
quale viene diramata la raccomandazione, a tutte le
Camere di commercio, di procedere a un’accorta valutazione economica della recuperabilità dei diritti annuali prima di cancellare dal Registro delle imprese
delle società inattive, secondo la procedura stabilita
dal Dpr 207/2004 (cancellazione delle imprese individuali e delle società di persone inattive). Tale raccomandazione conferma implicitamente che il diritto
annuale è dovuto anche da soggetti inattivi (o anche in
liquidazione volontaria, ma non ancora sciolti) fino ad
avvenuta cancellazione dal Registro delle imprese.
A cura di Massimo Ianni
Contribuenti minori, minimi e regimi contabili
[2284]
NON È D’OBBLIGO IL REGISTRO
DELLE SOMME IN DEPOSITO
 Poiché il comma 59 della legge 190/2014 (di stabilità
per il 2015) ha esonerato i cosiddetti nuovi minimi dagli
obblighi previsti dal Dpr 633/1972, il registro per i
depositi spese, previsto dal Dm 31 ottobre 1974 (che fa
riferimento all’articolo 39 dello stesso Dpr 633) non è
più obbligatorio? Praticamente, le somme ricevuto in
deposito rimangono nella libera disponibilità del
professionista o vanno annotate in un registro
semplice, a uso interno? Questo vale anche per i
“vecchi” minimi, fino a completamento del
quinquennio?
S.P. – PALERMO
L’
interpretazione del lettore è parzialmente corretta. L’esonero dagli obblighi Iva consente al
contribuente di non istituire il registro, ma non lo
pone al riparo circa la necessità di fornire la prova dell’effettiva natura dei depositi citati. In sostanza, il professionista che riceve la somma dev’essere in grado di
dimostrare l’esistenza delle condizioni fissate dal Dm
31 ottobre 1974. Il fondo spese (compensi e spese) dev’essere indistinto. Inoltre, dalla documentazione in
possesso del professionista deve risultare la data di costituzione del fondo e quale sia il termine di 60 giorni
entro cui l’operazione dev’essere in ogni caso fatturata.
Oltre alla regolarità della documentazione, e all’idoneità della stessa a fornire dimostrazione al Fisco, un
registro “a uso interno” può essere comunque utile. La
876
medesima soluzione vale per i contribuenti che si sono
avvalsi del regime dei minimi fino al compimento del
quinquennio.
[2285]
È IRRILEVANTE LA QUOTA
A TITOLO DI LIQUIDAZIONE
 Un professionista partecipa nel 2014 ad
un’associazione professionale, da cui recede il 20
dicembre. Il 21 dicembre apre la partita Iva per svolgere
la medesima professione, autonomamente.
Con riferimento al requisito del limite dei ricavi–
compensi, considerato che nel 2014 non ha emesso
alcuna fattura (con la posizione individuale) ma ha
percepito soltanto, dall’associazione professionale a
cui partecipava, acconti per circa 50.000 euro (che
dovrebbero costituire anticipi sulla quota di
liquidazione a lui spettante per il recesso), può fruire
del nuovo regime forfetario nel 2015? Oppure, nel
computo del limite dei ricavi–compensi ( 15.000 euro),
si deve tener conto anche di tali somme corrisposte
dall’associazione professionale a cui partecipava?
P.M. – CAGLIARI
S
i deve tenere conto esclusivamente dei compensi percepiti a tale titolo nel 2014. Conseguentemente, è possibile accedere, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, al
nuovo regime forfettario previsto dalla legge 190/2014 (legge di stabilità del 2015). È dunque irrilevante la quota attribuita a titolo di liquidazione dall’associazione professionale di
cui faceva parte.
A cura di Nicola Forte
[2286]
IL SUPERMINIMO NON DEDUCE
IL RISCATTO DELLA LAUREA
 Può un “superminimo” (ex Dl 98/2011) dedurre dal reddito
d’impresa i contributi da riscatto della laurea versati all’Inps?
A.D. – BARI
L’
articolo 1, comma 104, della legge 244/2007 stabilisce che «i contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge... si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma». Il riferimento all’ottemperanza a disposizioni di
legge significa che deve trattarsi di contributi previdenziali obbligatori, e non facoltativi, come quelli citati nel quesito. Si ritiene, pertanto, che tali contributi
non possano essere dedotti nel quadro LM.
A cura di Paolo Meneghetti
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
Iva
[2287]
SPLIT PAYMENT CON LIMITI
ALLA COMPENSAZIONE
 Un’impresa di costruzioni ha maturato nel trimestre
un consistente credito Iva, a seguito dell’acquisto di
un’area edificabile su cui costruire un capannone, poi
destinato alla rivendita. L’impresa emette fatture con lo
split payment nei confronti di enti pubblici, ma nel
trimestre in questione, anche computando le fatture
emesse in split payment, non raggiunge il requisito
dell’aliquota media previsto dall’articolo 30, comme 3,
lettera a, del Dpr 633/1972. Può ugualmente chiedere
l’utilizzo in compensazione del credito Iva maturato?
S.F. – PIACENZA
P
oiché, nel caso prospettato, non risulta soddisfatto il requisito indicato dall’articolo 30, terzo comma, lettera a, del Dpr 633 del 1972 (effettuazione esclusiva o prevalente di operazioni attive
ad aliquote più basse di quelle applicabili sugli acquisti e le importazioni; aliquota media applicata su
questi ultimi superiore a quella media applicata sulle operazioni attive; maggiorata del 10 per cento,
escludendo gli acquisti e le cessioni di beni ammortizzabili), l’impresa in oggetto non può utilizzare in
compensazione il credito Iva maturato nel trimestre
di riferimento.
A cura di Giuseppe Barbiero
[2288]
NON APPLICAZIONE LEGATA
A UNA DISCIPLINA SPECIALE
 Una società di capitali ha realizzato impianti
fotovoltaici in convenzione con un Comune e ha
ottenuto, come controprestazione, la cessione del
credito derivante dalla tariffa incentivante. Per effetto
della cessione del credito, la società riceve l’accredito
delle somme direttamente sul proprio conto corrente e,
conseguentemente, emette fattura al Comune per il
rateo mensile di costruzione e progettazione
dell’impianto fotovoltaico.
Alla luce della circolare 15/E del 13 aprile 2015
dell’agenzia delle Entrate, è possibile far rientrare tale
fattispecie nei casi di non applicabilità dello split
payment, in quanto la pubblica amministrazione non
effettua pagamenti di corrispettivo? In alternativa,
bisognerebbe riversare la quota di Iva al Comune, che
Numero 25 - 29 giugno 2015
dovrebbe procedere al pagamento della stessa, in luogo
del fornitore, così come previsto dall’articolo 17–ter del
Dpr 633/1972.
C.R. – CAMPOBASSO
I
chiarimenti inerenti all’applicazione del meccanismo dello split payment sono pervenuti da alcune
circolari emesse dall’agenzia delle Entrate, tra cui
la circolare 15/E del 2015, che, oltre a evidenziare gli
ambiti applicativi soggettivi e oggettivi dello strumento, ha precisato che il meccanismo «non si applica qualora la Pa non effettui alcun pagamento nei confronti del fornitore». Si fa, in particolare, riferimento
a quelle operazioni rese alla Pa per le quali il fornitore
ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettante e – in forza di una disciplina speciale contenuta
in una norma primaria o secondaria – trattiene lo stesso riversando alla Pa committente un importo netto.
«In tali casi – si legge ancora nella circolare citata –
appare coerente escludere le predette fattispecie dal
meccanismo della scissione dei pagamenti, in quanto
l’imponibile e relativa imposta si ritiene che siano già
nella disponibilità del fornitore».
La ratio della disposizione è evidente, in relazione all’attività del concessionario della riscossione; infatti,
l’articolo 17, comma 4, del Dlgs 112/1999 stabilisce che
«l’agente della riscossione trattiene l’aggio all’atto
del riversamento all’ente impositore delle somme riscosse», e, ancora, il comma 6–bis stabilisce che «il
rimborso delle spese di cui al comma 6, lettera a), maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell’anno successivo, è erogato entro il
30 giugno dello stesso anno. In caso di mancata erogazione, l’agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare».
Si ha quindi una disciplina speciale, contenuta in una
norma primaria, che prevede esplicitamente la compensazione finanziaria tra somme dovute all’ente e
somme da versare, in completa adesione alle indicazioni della circolare 15/E/2015.
Non appare, invece, possibile estendere questa fattispecie a situazioni in cui l’ente, in accordo con un soggetto terzo per via di disposizioni contrattuali o organizzative, stabilisca che quest’ultimo può compensare somme a debito e a credito tra le parti interessate.
In relazione al quesito, pertanto, si presuppone che il
caso prospettato non possa rientrare nei casi di esclusione dell’applicazione meccanismo dello split payment previsti dalla circolare 15/E del 2015, non essendo disciplinato da norme primarie e secondarie e, pertanto, essendo soggetto al meccanismo dello split
payment, comportando il versamento a favore dell’ente dell’Iva corrispondente per l’assolvimento degli obblighi in capo a quest’ultimo.
A cura di Ciro D’Aries
877
L’esperto risponde
Fisco
[2289]
[2291]
IVA, CHI È RESPONSABILE
PER OMESSO VERSAMENTO
POSA DI TUBAZIONI
SENZA REVERSE CHARGE
 In caso di mancato versamento dell’Iva riferita al 2014, per
 La nostra azienda vende elettrocompressori e li installa,
(questa operazione la fatturiamo con Iva). Inoltre, si effettua
anche la posa delle tubazioni per il trasporto dell’aria
compressa. Le fatture relative sono soggette a reverse charge?
Enrico Scaramuzza – CREAZZO
una somma superiore a 50.000 euro, fatturata e dichiarata,
tutto il Cda di una Srl è perseguibile penalmente, o solo gli
amministratori delegati o il legale rappresentante? Il termine
ultimo per non incorrere nella sanzione penale è il 27
dicembre 2015?
P.G. – TORINO
I
n linea di principio, la violazione penale di omesso versamento dell’Iva, risultante dalla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 50mila euro è riferibile al legale rappresentante della società. Questo, però,
teoricamente non esclude l’eventuale concorso di altri
soggetti, se venisse accertata anche una responsabilità di
questi ultimi. Si conferma che il 27 dicembre 2015 è il termine ultimo per sanare l’omesso versamento riferito al 2014,
al fine di evitare che la violazione sia penalmente rilevante. L’articolo 10–ter del Dlgs 74/2000 prevede il reato nel
caso in cui l’Iva dovuta non sia versata entro il termine di
pagamento dell’acconto relativo all’anno successivo.
[2290]
IL 10% PER IL SERVIZIO MENSA
DELLA CASA DI RIPOSO
 Una ditta, che esercita l’attività di
gastronomia/preparazione pasti per scuole, case di ricovero,
mense aziendali, somministra alimenti e bevande con
contratto di appalto a una mensa di una casa di riposo. È
corretto applicare in fattura l’Iva al 4 per cento (ex tabella A, n.
37, parte II, del Dpr 633/1972)?
P. B. – MASER
L
a risposta è negativa: l’aliquota Iva del 4% trova applicazione per le somministrazioni effettuate nelle
mense aziendali e interaziendali, scolastiche e per
indigenti (n. 37) della tabella A, parte II, allegata al Dpr 26
ottobre 1972, n. 633. Il servizio mensa gestito in appalto
per la casa di riposo sconta l’aliquota Iva del 10 per cento,
ordinariamente prevista per le somministrazioni di alimenti e bevande (n. 121) della tabella A, parte III, allegata
al Dpr 633/1972. Per completezza, si fa presente che il regime Iva di esenzione è circoscritto al servizio mensa addebitato dalla casa di riposo ai propri ospiti, ex articolo
10, numero 21, del Dpr 633/1972 (risoluzione agenzia delle Entrate 290/E/2002 e risoluzione ministeriale
278/1995).
A cura di Giorgio Confente
878
S
i ritiene che la posa delle tubazioni per il trasporto
dell’aria compressa non sia soggetta a reverse charge. Infatti, tale casistica non rientra tra i codici Ateco
2007 richiamati dalla circolare 14/E del 27 marzo 2015.
[2292]
OPERAZIONI ESENTI, NIENTE
OBBLIGO D’INVERSIONE
 Un’azienda, che compie solo operazioni esenti in regime di
articolo 36–bis del Dpr 633/1972, come tratta la fattura di
un’impresa di pulizie? Deve versare l’Iva sulla fattura in reverse
charge? Deve chiedere l’Iva in fattura e poi non detrarsela?
Valter Ciucci – GENOVA
S
tanti i chiarimenti contenuti nella circolare 14/E del 27
marzo 2015, i contribuenti che, a norma dell’articolo 36–
bis del Dpr 633/1972, hanno dato comunicazione di dispensa dagli obblighi Iva (fatturazione, registrazione e dichiarazione Iva annuale) non sono obbligati all’applicazione
del meccanismo del reverse charge, né alla registrazione Iva
della fattura di acquisto sia nel registro acquisti che nel registro vendite, e al relativo versamento Iva, con il conseguente
obbligo di compilazione e invio della dichiarazione annuale
Iva. Conseguentemente, si ritiene che tali contribuenti debbano comunicare ai propri fornitori, per le prestazioni di servizi soggette al reverse charge, che sono soggetti esonerati
dall’applicazioneditalemeccanismoeche,pertanto,devono
ricevere da essi fornitori regolare fattura con Iva.
A cura di Stefano Setti
Sanzioni tributarie
[2293]
RAVVEDIBILE L’OMESSO
INVIO DELLA POLIVALENTE
 Per le importazioni di beni dalla Repubblica di San Marino
da parte di una società residente in Italia, e nel caso di fattura
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
senza addebito d’imposta, l’operatore economico italiano, a
norma dell’articolo 16, lettera c, del Dm 24 dicembre 1993,
deve comunicare i dati della transazione all’agenzia delle
Entrate utilizzando il “modello di comunicazione
polivalente”, il cui invio dev’essere fatto telematicamente
entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di
annotazione nei registri Iva. Nell’ipotesi di omissione delle
comunicazioni telematiche in esame, si applica la sanzione
amministrativa da 258 a 2.065 euro, ex articolo 11 del Dlgs
471/1997, e, ricorrendone i presupposti, è possibile ricorrere
all’istituto del ravvedimento operoso, ex articolo 13 del Dl
472/1992?
F.B. – PADOVA
L’
omesso invio nei termini degli acquisti di beni, senza Iva esposta in fattura, da parte di fornitori di San
Marino può essere sanzionato con un minimo di 258
euro e con un massimo di 2.065 euro, secondo l’articolo 11
del Dlgs 471/1997. Tale violazione può essere sanata con lo
strumento del ravvedimento operoso. In base all’articolo
13, comma 1, lettera b, del Dlgs 472/1997, è possibile versare
la sanzione ridotta a un ottavo del minimo, pari a 32 euro, se
la violazione viene sanata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel quale la violazione stessa è stata commessa.
A cura di Giorgio Confente
[2294]
DICHIARAZIONE INTEGRATIVA
PER LA VIOLAZIONE FORMALE
 A giugno 2013 ho proceduto alla rideterminazione del
valore di un terreno edificabile, versando la prima rata
dell’imposta sostitutiva il 1° luglio 2013 (in quanto il 30
giugno cadeva di domenica). In sede di dichiarazione dei
redditi per l’anno 2013 (Unico 2014), non ho inserito – nel
quadro RM, sezione X – i dati della rivalutazione.
Posso presentare il modello Unico integrativo entro il 30
settembre 2015? Qual è l’importo delle sanzioni da versare, e
qual è il relativo codice tributo?
D.S. – BRESCIA
L’
agenzia delle Entrate, con la circolare 1/E del 15 febbraio 2013 (al paragrafo 4.3), ha precisato che l’omessa indicazione dei dati relativi alla rivalutazione nel
modello Unico rappresenta una violazione formale, a cui
si rendono applicabili le sanzioni previste dall’articolo 8,
comma 1, del Dlgs 471/97, da un minimo di 258 a un massimo di 2.065 euro.
Trattandosi di dichiarazione infedele per violazioni formali, il lettore potrà ravvedersi presentando una dichiarazione integrativa entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi 2015, versando una sanzione ridotta (un ottavo del minimo, pari a 32 euro) e utilizzando il
Numero 25 - 29 giugno 2015
codice tributo 8911 (“sanzione pecuniaria per altre violazioni tributarie”).
A cura di Giuseppe Merlino
[2295]
TEMPESTIVO L’ACCERTAMENTO
IN RELAZIONE AL 2009
 Il 24 marzo 2015 mi è stata notificata dal Comune, tramite
raccomandata, una sanzione per “omessa denuncia di
occupazione o detenzione locali ai sensi dell’articolo 70 del
Dlgs 507/93”. La sanzione riguarda gli anni 2009 e 2010.
Questa sanzione può essere considerata decaduta, visto il
tempo trascorso tra gli anni in questione (2009 e 2010) e la
ricezione della notifica (marzo 2015)?
A.G. –
I
l Comune non è incorso in alcuna decadenza.
Esso ha il potere di recuperare la tassa sui rifiuti fino alla fine del quinto anno successivo a quello nel corso del
quale doveva essere presentata la denuncia di occupazione o di detenzione dei locali tassabili (articolo 1, comma
161, della legge 296 del 2006). Siccome la denuncia per il
2009 doveva essere presentata entro il 20 gennaio 2010
(articolo 70 del Dlgs 507 del 1993), l’accertamento scade il
31 dicembre 2015 (alla fine del quinto anno successivo al
2010). Ne consegue che l’accertamento ricevuto dal lettore il 24 marzo scorso è tempestivo per il 2009, e a maggior
ragione lo è per il 2010.
[2296]
QUADRO «AC», UNA SANZIONE
PER OGNI CONDOMINIO
 Dovendo provvedere a integrare un modello Unico Pf 2014
con più di un quadro AC (nella dichiarazione originaria non
sono stati inseriti), chiedo se la sanzione ridotta a seguito di
ravvedimento operoso, pari a 32,25 euro (un ottavo di 258
euro), debba essere versata una sola volta o se sia necessario
un versamento per ogni condominio i cui dati sono stati
omessi.
E.G. – PAVIA
L
e plurime violazioni riferite dal lettore non sono circoscritte a “un” modello Unico, ma a tanti modelli quanti
sono i condomìni soggetti all’adempimento (articolo
7, comma 8–bis, del Dpr 605/1973: «gli amministratori di
condominio negli edifici devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori»). La sanzione ridotta (di 32 euro, con troncamento dei decimali) va quindi pagata per ogni condo-
879
L’esperto risponde
Fisco
minio la cui dichiarazione è integrata.
A cura di Ezio Maria Pisapia
Redditi d’impresa
[2297]
AVVIAMENTO AMMORTIZZABILE
ANCHE DAL DONATARIO
 In caso di donazione d’azienda, il valore
dell’avviamento non ancora del tutto ammortizzato
passa in capo al donatario, che, quindi, continua ad
ammortizzare le quote?
E.T. – MILANO
L
a risposta è affermativa, in presenza di un avviamento residuo iscritto nella contabilità del donante che passa al donatario. Dal punto di vista civilistico, l’avviamento acquisito a titolo oneroso può essere iscritto nell’attivo patrimoniale nei limiti del costo
per esso sostenuto, e dev’essere ammortizzato entro
un periodo di cinque anni. È consentito ammortizzare
sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato
di durata superiore, purché esso non superi la durata
per l’utilizzazione di questo attivo.
Fiscalmente l’articolo 103, comma 3, del Tuir consente
la deducibilità delle quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso.
[2298]
SOCIETÀ DI COMODO,
COME EVITARE LA DISCIPLINA
 Una Snc (società in nome collettivo) è stata messa in
liquidazione il 31 dicembre 2014. Verrà presentato
Unico 2014 per il periodo d’imposta 1° gennaio–30
dicembre 2014, e si presenterà Unico 2015 per il giorno
31 dicembre 2014. La Snc verrà sciolta entro il 30
settembre 2015. La società risulta non operativa nel
periodo 1° gennaio–30 dicembre 2014.
Come si può evitare l’adeguamento delle società di
comodo? È possibile, già in Unico 2014 per il periodo
dal 1° gennaio al 30 dicembre dello stesso anno,
segnare la casella “Impegno allo scioglimento”?
Oppure essa va segnata nella dichiarazione relativa al
31 dicembre 2014, cioè nel primo periodo di
liquidazione?
La disapplicazione opera nel periodo in corso alla data
dell’assunzione dell’impegno, nel periodo precedente e
in quello successivo; quindi, se si assume l’impegno con
880
Unico 2015 (31 dicembre 2014) avrebbe validità anche
per il periodo 1° gennaio–30 dicembre 2014, e per
quello successivo dal 1° gennaio 2015, fino alla data di
scioglimento?
Caterina Bigoni – COLOGNO AL SERIO
C
on provvedimento del direttore dell’agenzia
delle Entrate 23681 del 14 febbraio 2008, sono state individuate alcune cause di disapplicazione
automatica della disciplina delle società di comodo.
Tra queste, la lettera a prevede l’esclusione dalla disciplina di comodo delle società in stato di liquidazione che, con impegno assunto in dichiarazione dei redditi, richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma degli articoli 2312 e 2495 del Codice civile, entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi successiva; la disapplicazione opera con riferimento al periodo d’imposta in
corso alla data di assunzione dell’impegno, a quello
precedente e al successivo, o con riferimento all’unico periodo d’imposta ex articolo 182, commi 2 e 3, del
Tuir.
In altri termini, le società in liquidazione che manifestano nella dichiarazione dei redditi la volontà di porre termine alla procedura di liquidazione, e di cancellarsi dal registro imprese entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva a quella in cui
hanno assunto l’impegno in tal senso, sono esonerate
dall’onere di presentare istanza di interpello e, conseguentemente, possono disapplicare la disciplina delle società non operative.
La ratio della disposizione risiede nella volontà di favorire le società in questione, esonerandole dall’applicazione della disciplina delle società non operative
in considerazione del loro particolare status, subordinatamente, tuttavia, all’assunzione, da parte delle
stesse, del preciso impegno a estinguersi entro un determinato lasso temporale, circostanza che comproverebbe l’effettività della procedura liquidatoria.
La norma non indica in quale periodo d’imposta si deve assumere l’impegno alla cancellazione, legittimando di conseguenza la teoria secondo la quale è
possibile prendere la decisione in qualsiasi periodo, e
non solamente in quello della messa in liquidazione.
Pertanto, nel caso illustrato dal quesito, l’assunzione
dell’impegno nel modello Unico 2015 determinerà la
disapplicazione automatica dalla disciplina in esame
per il periodo d’imposta precedente, per il periodo
d’imposta in corso alla data in cui ha assunto l’impegno e per il periodo d’imposta successivo.
Resta fermo l’obbligo, per tale società, di chiedere la
cancellazione al registro imprese, entro il termine per
la presentazione della dichiarazione dei redditi Unico 2016. In mancanza, si ripristina l’obbligo di assoggettarsi alla disciplina delle società non operative fin
dal periodo d’imposta 1° gennaio–30 dicembre 2014.
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
[2299]
LE SPESE PER LAVORATORI
PAGATI CON I VOUCHER
 Nel calcolo della deduzione Ires dell’Irap relativa al
personale, nelle spese del personale vanno considerate
quelle per lavoratori occasionali con voucher? Per l’intero
costo (100 per cento) oppure solo per il costo del lavoratore
(75 per cento), dell’Inps (13 per cento) e dell’Inail (7 per
cento), escluso, quindi, il costo del concessionario (5 per
cento)?
V.D. – TREVISO
I
l reddito dei lavoratori occasionali remunerati tramite
buoni lavoro (i cosiddetti voucher) rientra nella categoria dei redditi diversi (articolo 67, comma 1, lettera l, del
Tuir) e, di conseguenza, non dev’essere considerato ai fini
del calcolo della deduzione Ires relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato.
L’articolo 2 del Dl 6 dicembre 2011, n. 201, consente, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, la deduzione a norma dell’articolo 99, comma 1, del Tuir, di un
importo pari all’Irap determinata secondo gli articoli 5, 5–
bis, 6, 7 e 8 del Dlgs 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni spettanti ex articolo 11, commi 1, lettera a, 1–bis, 4–bis, 4–bis.1 e 4–octies del medesimo
Dlgs 446/1997.
Vanno invece considerate, ai fini della deduzione in esame,
le indennità di trasferta, le somme corrisposte a titolo di “incentivo all’esodo” e quelle accantonate per il trattamento di
fine rapporto o per altre erogazioni attinenti al rapporto di
lavoro dipendente e assimilato, da effettuare negli esercizi
successivi, ferma restando la necessità di recuperare a tassazione la quota Irap dedotta nel caso in cui, successivamente, la somma accantonata si rilevi superiore a quella effettivamente sostenuta.
A cura di Gianluca Dan
[2300]
POSSIBILI DEROGHE
AL PRINCIPIO DI COMPETENZA
 Siamo una azienda di commercio nella veste giuridica
societaria di Sas (società in accomandita semplice) e abbiamo
ricevuto la bolletta energetica con un ritardo di tre anni. I costi
energetici dell’esercizio 2012 e 2013 non sono stati dedotti
all’epoca, poiché la bolletta tardava ad arrivare (sono stati
dedotti in maniera forfettaria in un importo decisamente
inferiore all’importo realmente comunicato qualche giorno
fa). È possibile dedurre i costi nell’esercizio 2014?
S.C. – CATANIA
Numero 25 - 29 giugno 2015
L
a risposta è positiva. I costi vengono dedotti, nel
reddito d’impresa, in base al principio di competenza, principio definito dall’articolo 109, comma
1, del Tuir. Secondo tale norma, la competenza può essere derogata quando il costo, pur certo nell’esistenza,
non è oggettivamente determinabile. Si ritiene che, in
assenza di certificazione con fattura da parte dell’ente
erogatore dell’energia elettrica, il costo non sia obiettivamente determinabile dall’azienda fruitrice. Da ciò
deriva che, applicando il contenuto dell’ultimo periodo dell’articolo 109, comma 1, del Tuir, il costo è determinabile quando si verifica la condizione dell’obiettiva determinazione, cioè, nel caso in questione, nel
2014, quando l’ente procede a comunicare i conteggi.
[2301]
TABACCAI, AMMORTAMENTO
DELLA TASSA NEL RIGO RG18
 Chiedo di sapere come si detrae la tassa novennale che
viene imposta dai Monopoli agli esercenti di rivendita
tabacchi. In particolare, chiedo di sapere se si procede
all’ammortamento in nove anni, detraendo, quindi, ogni
anno la quota di costo pari all’11,12 per cento. In questo
caso, in Unico 2015 va inserita nel quadro RG 18 come
quota di ammortamento?
V. L. – BOLOGNA
T
rattandosi dell’importo dovuto per la concessione
del diritto a rivendere generi di monopolio, si ritiene
che esso vada dedotto rispettando la durata temporale della sua utilità, e cioè per un nono all’anno. Si ritiene
corretta l’indicazione nel rigo RG 18.
A cura di Paolo Meneghetti
Redditi di partecipazione e di capitale
[2302]
LE MINUSVALENZE DA BTP
SONO SCOMPUTABILI
 Un risparmiatore vende dei BTp, a dossier presso una
banca in regime di risparmio amministrato, realizzando
una perdita. Successivamente acquista dei titoli
azionari, che vengono poi rivenduti realizzando un
profitto, sempre attraverso la stessa banca. Perdita e
profitto, ai fini del capital gain, si compensano alla pari,
oppure viene applicato un correttivo, considerando che
il capital gain sui BTp è al 12,50% e quello sui titoli
azionari al 27 per cento?
M.C. – ROMA
881
L’esperto risponde
Fisco
I
n premessa torna opportuno evidenziare che l’aliquota applicata a titolo di imposta sostitutiva sulle plusvalenze (capital gain) realizzate su strumenti finanziari a
decorrere dal 1° luglio 2014 è stata aumentata al 26% (non al
27 per cento, come riportato nel quesito). L’aumento, introdotto dal Dl 66/2014, non ha interessato i titoli di Stato
italiani, in relazione ai quali il prelievo di imposta è rimasto al 12,50 per cento, e, pertanto, l’eventuale minusvalenza da essi derivante è da ritenere scomputabile dalle plusvalenze tassate con aliquota del 26 per cento, nella misura ridotta del 48,08 per cento (a titolo di correttivo), pari al
rapporto tra l’aliquota del 12,50% e quella del 26 per cento.
A cura di Alfredo Calvano
[2303]
L’INDEDUCIBILITÀ
LEGATA ALLE AZIONI
 Una Srl detiene azioni quotate in borsa e incassa un
dividendo. Successivamente vende le azioni con una
minusvalenza. Questa minusvalenza, essendo le azioni non
detenute da 36 mesi, è interamente indeducibile?
A.G. – MASSA
L
a risposta è affermativa, tenendo conto che – secondo
l’articolo 109, comma 3–bis, del Tuir – le minusvalenze
realizzate ex articolo 101 su azioni, quote e strumenti
finanziari similari alle azioni, che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 87 (cosiddetta participation exemption o Pex), non rilevano fino a concorrenza dell’importo
non imponibile dei dividendi, ovvero dei loro acconti,
percepiti nei 36 mesi precedenti il realizzo.
Le disposizioni del comma 3–bis si applicano con riferimento ad azioni, quote e strumenti finanziari similari alle
azioni acquisite nei 36 mesi precedenti il realizzo, sempre
che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere
c) e d) del comma 1 dell’articolo 87.
Esemplificando: in caso di acquisto di una partecipazione,
incasso di 10.000 euro a titolo di dividendi e cessione con
realizzo di una minusvalenza di 20.000 euro, la minusvalenza potrà essere dedotta per un ammontare pari a 10.500
euro (dato da 20.000 meno 9.500, quota non imponibile
dei dividendi percepiti).
[2304]
RISERVA DA CONFERIMENTO
LIBERAMENTE DISTRIBUIBILE
 Un imprenditore individuale costituisce una Srl
unipersonale, conferendo interamente la propria azienda in
regime neutrale di continuità, ex articolo 176 del Tuir.
In sede di costituzione, viene assunto come capitale sociale
882
l’importo di 10.000 euro, e l’ulteriore patrimonio, formato
con utili maturati e già tassati dell’azienda conferita, viene
imputato a riserva da conferimento.
Questa riserva è liberamente distribuibile, analogamente a
quanto previsto dall’articolo 170, comma 3, del Tuir per le
trasformazioni di società di persone in società di capitale, o,
invece, si deve seguire l’ordine di distribuzione previsto
dall’articolo 47, comma 1, del Tuir, dando precedenza agli
utili di esercizio e alle riserve imponibili?
G.I. – MILANO
L
a riserva determinata dal conferimento può essere liberamente distribuita, senza soggiacere alle disposizioni dell’articolo 47, comma 1, del Tuir.
Il comma 5 dello stesso articolo stabilisce che non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società
soggette all’imposta sul reddito delle società a titolo di ripartizione di riserve, o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote,
con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta. Tuttavia, le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
A cura di Gianluca Dan
[2305]
OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE
ALL’ANAGRAFE TRIBUTARIA
 Si chiede se una società holding “pura”, che detiene
partecipazioni e concede finanziamenti alle sue partecipate,
ha l’obbligo di rivolgere all’anagrafe tributaria le
comunicazioni periodiche ex articolo 7, comma 6, del Dpr
605/1973, e la comunicazione integrativa annuale ex Dl
201/2011. Si chiede, inoltre, se, in caso affermativo, ci sono
delle eccezioni, in base a cui la holding non ha l’obbligo di
effettuare queste comunicazioni.
L.F. – BOLZANO
P
rima dell’approvazione del Dl 201/2011 (decreto
“Monti”), cioè prima della soppressione dell’obbligo
di iscrizione delle holding nell’elenco dell’articolo 113
del Tub, testo unico bancario, si distinguevano le holding
“di famiglia”, caratterizzate da una gestione statica delle
partecipazioni, dalle holding che prestavano servizi nei
confronti delle società partecipate.
A seguito dell’abrogazione dell’obbligo di iscrizione, è
stato previsto che, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, gli
operatori finanziari siano obbligati a comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria le movimentazioni relative ai rapporti finanziari, la cui esistenza è stata già oggetto
di comunicazione.
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
Gli obblighi relativi alla comunicazione all’anagrafe tributaria sono ora legati all’attività prevalente, e non più all’iscrizione dovuta all’articolo 113 del Tub. Per tale ragione, l’obbligo in questione riguarda sia le holding statiche
sia quelle di partecipazione (si veda la circolare Assoholding del 14 dicembre 2012), qualora le holding svolgano in
modo prevalente l’attività di natura finanziaria. In tal caso
la prevalenza è presunta qualora, per due esercizi successivi, contestualmente:
a) le attività di natura finanziaria iscritte in bilancio rappresentino una percentuale superiore al 50% del totale attivo;
b) l’ammontare dei ricavi derivanti dalle attività finanziarie iscritte in bilancio sia superiore al 50% dei proventi
complessivi.
A cura di Nicola Forte
Tributi locali
[2306]
PER IL DOPPIO PAGAMENTO
RIMBORSO IN 180 GIORNI
 Per errore ho pagato due volte, a mezzo Posteonline, la rata
di saldo Imu relativa al 2014. Verificato l’errore, ho chiesto,
con nota raccomandata, all’ufficio tributi del Comune, e
successivamente al sindaco, il rimborso della somma pagata
in più. Non ho ricevuto alcun riscontro. Cosa posso fare per
ottenere tale rimborso, o per utilizzare la somma pagata in più
per ridurre i versamenti 2015? Esiste la possibilità di
utilizzare qualche modulo particolare per chiedere la
compensazione o il rimborso di quanto pagato?
A. C. – CASERTA
N
on esistono procedure né “moduli particolari” che
consentano di conseguire più velocemente quanto il
lettore ha già chiesto con la raccomandata.
In materia di tributi locali, l’articolo 1, comma 167, della
legge 296 del 2006 riserva ai regolamenti locali la possibilità di disciplinare la compensazione dei crediti («gli enti
locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti
possono compensare le somme a credito con quelle dovute al Comune a titolo di tributi locali»). Pertanto il lettore
deve informarsi, presso l’ente al quale è stato fatto il pagamento non dovuto, se è stato emanato il regolamento che
gli permette di compensare il credito.
Se la compensazione non è regolamentata, al lettore spetta il rimborso. In tal caso, si tenga presente che il Comune
«provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta
giorni dalla data di presentazione dell’istanza». Solo dopo
il decorso di questo termine il Comune può essere considerato inadempiente (e, magari, il lettore potrà ricorrere
alla Commissione tributaria provinciale).
Numero 25 - 29 giugno 2015
[2307]
BOLLETTE, EREDI «COINVOLTI»
PER L’ULTIMO QUINQUENNIO
 Esiste una vecchia fornitura d’acqua ancora intestata a mio
zio, deceduto nel 2012. Ora, il Comune ha scoperto che lo zio
non pagava i canoni da molti anni e che il consumo di acqua
era elevato. Pertanto, il Comune vuole notificare, a noi eredi,
il conto di tutte le somme non pagate dallo zio. Può farlo? Se
sì, in quale misura, considerando la prescrizione
quinquennale?
Franca Casale – SESSA AURUNCA
I
debiti dello zio deceduto sono trapassati agli eredi, al
pari delle attività. Il Comune, perciò, può chiedere loro
il pagamento dei canoni non corrisposti dal parente.
Ogni erede risponde in proporzione di quanto ha ricevuto, e non esiste responsabilità solidale (articolo 752 del Codice civile: «i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie»). La responsabilità è limitata all’ultimo
quinquennio, salvo che il Comune non abbia validamente
interrotto la prescrizione, anche nei riguardi dello zio, con
uno specifico atto di “messa in mora”, o analoga richiesta
di pagamento. I crediti per la somministrazione dell’acqua si prescrivono, infatti, in cinque anni (articolo 2948, n.
4, del Codice civile), così come si prescrivono in cinque
anni, per esempio, i canoni per la fornitura di energia elettrica (Corte di cassazione, sentenza 6458 del 1985: «il prezzo della somministrazione di energia elettrica, che venga
pagato a scadenze annuali od inferiori all’anno, in relazione ai consumi verificatisi per ciascun periodo, configura
una prestazione periodica, con connotati di autonomia
nell’ambito di una “causa debendi” di tipo continuativo, e
deve ritenersi pertanto incluso nella previsione dell’articolo 2948, n. 4, del Codice civile, con l’ulteriore conseguenza dell’assoggettamento a prescrizione breve quinquennale del corrispondente credito»).
A cura di Ezio Maria Pisapia
[2308]
TASI, PREFERIBILE
UN F24 PER CIASCUNO
 Mia moglie, insieme con il fratello e altri tre cugini, ha
ereditato da uno zio, deceduto a febbraio, un appartamento,
lasciato loro con testamento olografo, pubblicato da un
notaio ai primi di marzo. La successione non è ancora stata
inoltrata all’agenzia delle Entrate. Per il pagamento dell’Imu e
della Tasi, ogni erede poteva fare un F24 a proprio nome e per
la propria quota, oppure uno soltanto doveva versare il tutto?
Non essendo ancora stata fatta la successione, gli eredi, per il
883
L’esperto risponde
Fisco
Comune, sono degli sconosciuti ma credo che i versamenti
vadano comunque fatti: è così?
C. S. – CHIUSI
nettezza urbana – e dove ho la mia residenza. Posso
considerare l’immobile come prima casa ai fini Imu?
D.G. – ROMA
L’
L
accettazione dell’eredità ha sempre effetto retroattivo, dalla data del decesso, a prescindere dall’avvenuta presentazione della dichiarazione di successione. Ne consegue che ciascun erede si considera già da
febbraio proprietario pro quota dell’appartamento e, pertanto, è tenuto al versamento nei termini di legge. Si consiglia, comunque, di eseguire il versamento dei tributi dovuti utilizzando un modello F24 per ciascuno degli eredi,
evitando pagamenti cumulativi. Occorrerà anche che si
esegua l’ultimo pagamento a nome del de cuius per i mesi
dipossesso del 2015. Una volta presentata la denuncia di
successione, il Comune dovrebbe essere a conoscenza
delle generalità degli eredi.
[2309]
AREE EDIFICABILI, CONTANO
LE CHANCE DI COSTRUZIONE
 Mio padre è comproprietario di un terreno diventato
edificabile con l’approvazione del piano urbanistico
comunale nel 2010; il terreno ricade in un ambito suddiviso in
due comparti. Lo stesso, quindi, è soggetto all’approvazione
di un piano urbanistico attuativo, a oggi ancora non
presentato. Va pagata l’Imu sul valore venale dato dal
Comune?
Raffaele Carpentieri – MERCATO SAN SEVERINO
A
i fini della qualificazione di area edificabile, l’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006 richiede che l’area sia
così considerata sulla base degli strumenti urbanistici generali, anche in assenza di strumenti attuativi e,
dunque, anche se l’area in concreto non può essere edificata. Pertanto, se il suolo in questione rientra nello strumento urbanistico generale del Comune, esso va qualificato come edificabile. Il valore imponibile da dichiarare,
tuttavia, dev’essere determinato tenendo conto delle effettive possibilità di costruzione e dei tempi necessari per
lo sfruttamento edificatorio.
[2310]
PER L’ESENZIONE IMU
SERVE LA DIMORA ABITUALE
 Per motivi di lavoro mi sono trasferito temporaneamente
all’estero, per circa un anno, senza cambiare la residenza
italiana e senza iscrivermi all’Aire (anagrafe degli italiani
residenti all’estero). Possiedo un unico immobile in Italia,
dove continuo a pagare tutte le utenze – acqua, luce, gas e
884
a definizione di abitazione principale, per i cittadini
italiani non iscritti all’Aire, richiede la presenza congiunta dei requisiti della residenza anagrafica e della
dimora abituale. Da quanto descritto nel quesito, si deduce che il requisito della dimora abituale non è soddisfatto.
Ne consegue che l’immobile non potrà beneficiare dell’esenzione Imu.
[2311]
IL VALORE DEL TERRENO
RILEVA DALL’INIZIO DEI LAVORI
 Lo scorso anno ho acquistato un immobile, con l’intenzione
di ristrutturarlo tramite demolizione e ricostruzione. Alla fine
del febbraio di quest’anno ho presentato la Scia
(segnalazione certificata di inizio attività) e nel mese di
maggio ha avuto inizio l’intervento. A oggi non sono più
presenti due pertinenze, che non verranno ricostruite, mentre
l’immobile oggetto dell’intervento è in fase di ricostruzione.
Ai fini Imu, dovrò pagare gennaio e febbraio in base alle
rendite catastali, mentre da marzo il pagamento si calcolerà
sul valore dell’area?
F.Z. – RAVENNA
L
a regola secondo cui per i fabbricati in corso di ristrutturazione l’Imu si paga sulla base del valore dell’area
di sedime del fabbricato stesso si applica a partire dalla data di effettivo inizio dei lavori, e fino alla data di effettiva conclusione degli stessi. Si ritiene, pertanto, che se i lavori sono iniziati a maggio, è da tale mese che occorrerà
abbandonare il criterio della rendita catastale.
A cura di Luigi Lovecchio
Imposta di registro
[2312]
LOCAZIONI, NON SI CALCOLANO
GLI ONERI ACCESSORI
 Sto per stipulare un contratto di affitto di cinque mesi per un
immobile ammobiliato. L’importo della pigione sarà
comprensivo dell’ammortamento degli elettrodomestici e dei
mobili in uso nell’appartamento, nonché degli oneri
condominiali che faranno capo all’immobile. In fase di
registrazione online del contratto transitorio, dovrò scrivere
l’intero importo del canone oppure l’importo al netto degli
oneri condominiali e dell’uso dell’arredamento? Se io scrivo il
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Fisco
canone al lordo, l’agenzia delle Entrate mi chiederà le imposte
sull’intero importo. Commetto un errore e, quindi, posso
essere perseguito fiscalmente se comunico il canone al netto
degli oneri di cui sopra?
L.P. – PALERMO
A
lcuni uffici dell’agenzia delle Entrate applicano una
tariffa che si riferisce ad atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, e che prevede
l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3
per cento. In questo caso gli uffici ritengono che la locazione di un appartamento ammobiliato abbia un contenuto
patrimoniale diverso dalla mera locazione. In realtà, però,
tale interpretazione è stata contraddetta dalla circolare
dell’amministrazione finanziaria 15/E del 13 gennaio 1999,
nella quale si chiarisce che i mobili e l’arredamento sono
da considerare pertinenza dell’oggetto principale, l’appartamento, e quindi ne devono seguire il regime fiscale.
Pertanto, l’aliquota da applicare dev’essere quella del 2
per cento sull’importo complessivo del canone (escluse le
spese), che comprende anche il corrispettivo per l’utilizzo dell’arredamento.
Se invece si fossero stipulati due contratti separati, uno
per la locazione dell’immobile e uno per l’uso dell’arredamento e delle attrezzature, il primo sarebbe stato soggetto
al 2 per cento d’imposta e il secondo al 3 per cento.
Oltre al pagamento del canone, la legge prevede una serie
di ulteriori adempimenti (cosiddetti oneri accessori) a carico del locatore (articolo 9 della legge 392/1978). In forza
di tale articolo, l’affittuario è tenuto anche al pagamento
delle spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento
e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e
del condizionamento dell’aria, nonché alla fornitura di altri servizi comuni. Ai fini dell’applicazione dell’imposta di
registro, la base imponibile per i contratti di locazione è
costituita dall’ammontare del corrispettivo in denaro pattuito per l’intera durata del contratto (articolo 43, comma
1, del Dpr 131/1986).
Proprio la natura di corrispettivo, tratto peculiare del canone, induce a non assimilare a questo le spese sostenute
dal conduttore (o anticipate dal locatore poi rimborsato),
per fruire di una serie di servizi, per l’appunto accessori,
rispetto al contratto di affitto. Gli oneri accessori al contratto di locazione, qualunque sia la natura degli stessi,
non concorrono, pertanto, alla determinazione della base
imponibile del contratto stesso per l’applicazione dell’imposta di registro (risoluzione ministeriale 251167 del 1980).
Come peraltro attestato anche dall’Avvocatura di Stato,
con un parere condiviso dal ministero delle Finanze, nei
contratti di locazione o di affitto di unità immobiliari i servizi condominiali (che rientrano tra gli oneri accessori)
imputati dal locatore al locatario sono semplici movimenti finanziari (rimborsi) e non corrispettivi di prestazioni di
servizi imponibili. È, tuttavia, opportuno che le somme riconosciute a favore del locatore a tale titolo non siano con-
Numero 25 - 29 giugno 2015
globate nel canone, ma siano evidenziate a parte, esplicitandone la natura di rimborso spese. In caso contrario, potrebbe risultare difficile giustificarne la diversa natura rispetto al corrispettivo.
A cura di Nicola Forte
[2313]
SOLO IL COMODATO VERBALE
NON VA REGISTRATO
 Il contratto di comodato d’uso gratuito di un immobile
abitativo dev’essere registrato?
P.G. – TORINO
I
l contratto di comodato di un immobile, se stipulato in
forma scritta, dev’essere registrato entro 20 giorni dalla stipula, con pagamento dell’imposta fissa di 200 euro, a prescindere dalla durata prevista (articolo 5, tariffa,
parte I, del testo unico sull’imposta di registro del 26 aprile
1986, n. 131).
Il contratto stipulato in forma verbale, invece, non va registrato.
A cura di Cristina Odorizzi
Redditi dei terreni e fabbricati
[2314]
OPZIONE CEDOLARE
CON RINNOVO AL QUADRIENNIO
 Ho stipulato un contratto di locazione per abitazione (4+4)
in data 1/12/2010 con successiva opzione per la cedolare
secca, comunicata al conduttore con raccomandata del
31/5/2011, ai sensi dell’articolo 3, comma 11 del Dlgs
23/2011. Dopo il primo quadriennio, l’agenzia delle Entrate
deve essere informata sulla prosecuzione del secondo
periodo? In caso di obbligo, l’omissione è sanzionata e in
quale misura?
C. L. – MASSA LUBRENSE
S
i ritiene senz’altro più prudente rinnovare l’opzione
e, prima ancora, la raccomandata informativa all’inquilino al termine dei primi quattro anni di durata del
contratto. Sebbene, invero, non si sia in presenza di una effettiva scadenza contrattuale, ma della naturale prosecuzione del contratto originario, non è chiaro se per l’agenzia delle Entrate l’efficacia dell’opzione si esaurisca comunque allo scadere di tale termine.
Se l’agenzia delle Entrate dovesse confermare questa interpretazione rigorosa, in caso di mancato rinnovo dell’opzione al termine dei quattro anni, per la prima annuali-
885
L’esperto risponde
Fisco
tà successiva troverebbe applicazione l’ordinario regime
Irpef. L’opzione per la cedolare eventualmente esercitata
in ritardo produrrà effetti solo a partire dalla seconda annualità contrattuale susseguente lo scadere del quadriennio originario.
[2315]
PROROGA: IL RIMEDIO
ALL’ERRORE NEL MODELLO RLI
 Un contratto di locazione 4+4, registrato con opzione
cedolare secca, alla prima scadenza quadriennale, non
essendo intervenuta disdetta da ambo le parti, si è
tacimente rinnovato per ulteriori 4 anni.
Il locatore, nel presentare il modello Rli (in via telematica)
all’agenzia delle Entrate, per la proroga, sempre con
opzione cedolare secca, per il secondo periodo
quadriennale, come durata ha indicato (erroneamente) un
anno anzichè i quattro anni previsti contrattualmente. Ora
si chiede come riparare a tale errore: alla scadenza
dell’anno indicato nel modello Rli è opportuno presentare
una nuova proroga per il restante periodo dei tre anni? E
inoltre, il locatore è tenuto ad inviare preventivamente la
raccomandata con ricevuta di ritorno anche per il periodo
di proroga, considerato che nel contratto è inserita la
clausola per l’opzione cedolare secca per tutta la durata
del contratto, salvo revoca?
Angelo Liuzzi – ERCOLANO
S
i tratta di un mero errore materiale che non dovrebbe incidere sulla validità dell’opzione esercitata, anche se occorre comunque comunicarlo all’agenzia delle Entrate. La disciplina della cedolare prevede infatti che l’opzione conservi efficacia sino alla residua durata del contratto, salvo revoca. Nel caso in
esame, l’erronea indicazione del periodo residuo di durata del contratto, comprovabile con la semplice esibizione del contratto stesso, non può in alcun modo essere interpretata come una sorta di “revoca anticipata”
dell’opzione. Per questo motivo non occorre alcuna
raccomandata all’inquilino. Si consiglia di contattare il
locale Ufficio dell’agenzia delle Entrate per verificare
in concreto quale forma di comunicazione adottare per
evidenziare l’errore commesso.
[2316]
LO SFRATTO AL NEGOZIO
E I CANONI NON PERCEPITI
 Nel 2014 ho presentato la dichiarazione dei redditi
2013 dichiarando solo i canoni di locazione percepiti
per un locale commerciale. È seguito lo sfratto
886
esecutivo il 15 aprile 2014. Successivamente,
l’inquilino moroso ha corrisposto le mensilità non
pagate, a seguito di preliminare di decreto di
ingiunzione di pagamento nel mese di novembre 2014.
Tali somme devono essere dichiarate?
Carmine Terrusi – CASTELLANETA
L
a regola secondo cui non si dichiarano i canoni di
locazione non percepiti, una volta ottenuto il
provvedimento giurisdizionale di sfratto per morosità del conduttore, vale testualmente solo per le
locazioni abitative, non anche per le locazioni commerciali (articolo 26 del Tuir). Ne deriva che, a stretto
tenore di legge, il contribuente dovrebbe presentare
una dichiarazione integrativa, avvalendosi del ravvedimento, entro il 30 settembre 2015, al fine di indicare
l’importo dei canoni originariamente non dichiarati.
In tale eventualità, occorre versare l’imposta corrispondente, gli interessi legali e la sanzione ridotta di
un ottavo del minimo (articolo 13, Dlgs 472/1997).
A cura di Luigi Lovecchio
[2317]
LA PROPRIETÀ DI DUE EDIFICI
NELLO STESSO COMUNE
 Vorrei sapere se, possedendo un immobile dato in
uso gratuito a un familiare, situato nello stesso
comune dove si trova l’abitazione principale di
proprietà, l’immobile in uso gratuito concorre ancora
alla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef
nella misura del 50%. Nelle istruzioni di Unico 2015
leggo che gli immobili non locati (identificati con
codice utilizzo 2, 9, 10 e 15) concorrono alla
formazione del reddito imponibile; invece, nel
provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 14
maggio 2015 (pagina 3) leggo che alla pagina 42
dell’allegato a del provvedimento del 23 marzo 2015,
riguardo alla compilazione con «caso particolare
Imu», codice 3, nella colonna 12, per i fabbricati non
locati situati nello stesso comune dell’abitazione
principale, i riferimenti agli utilizzi 9, 10 e 15 sono
soppressi. Chiedo pertanto il vostro parere sulla
corretta compilazione del quadro B/RB.
S.G. – FIRENZE
P
remesso che i provvedimenti di cui parla il lettore
si riferiscono alle specifiche tecniche per la trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi Unico PF 2015, non alle istruzioni per la compilazione della dichiarazione medesima, si conferma che
la corretta compilazione del quadro B della dichiarazione dei redditi prevede che, nel caso in cui gli immobili identificati con il codice utilizzo 2, 9, 10 e 15 siano
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Locazioni
ubicati nel medesimo comune in cui il contribuente
possiede un immobile adibito ad abitazione principale
identificato con il codice utilizzo 1, gli stessi concorrono a formare il reddito imponibile ai fini Irpef e delle
relative addizionali nella misura del 50%. Pertanto,
l’immobile di proprietà del lettore, concesso in comodato d’uso gratuito ad un familiare, concorrerà alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50%
ed andrà identificato con il codice 3 nella colonna «12
Casi particolari Imu».
[2318]
IL COMODATO D’USO
NON TRASFERISCE IL DIRITTO
 Il quesito riguarda un appartamento di proprietà
divisa al 50% tra mia madre e mia nonna.
In questo appartamento sono intenzionato ad iniziare
un’attività di casa vacanze in forma non
imprenditoriale. Nel caso in cui i proprietari stipulino
con me un contratto di comodato d’uso gratuito, chi
deve dichiarare gli introiti percepiti dall’attività di casa
vacanze non imprenditoriale, il comodante (mia madre
e mia nonna) o il comodatario (io)?
A.O. – ROMA
È
necessario segnalare al lettore che il contratto di
comodato d’uso gratuito, poiché semplice diritto
personale di godimento del bene, non trasferisce il
diritto reale sull’immobile in capo al comodatario.
Pertanto, i redditi fondiari, compresi i canoni di locazione derivanti dall’attività di casa vacanze svolta in
forma non imprenditoriale, vanno comunque imputati ai titolari del diritto di proprietà, in questo caso la
mamma e la nonna del lettore. Ciò perché l’articolo 26
del Tuir prevede che i redditi fondiari (tra i quali, appunto, i redditi da locazione) concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito
complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili
a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto
reale. L’agenzia delle Entrate è intervenuta più volte ad
affermare questo principio ed in particolare con la risoluzione 394 del 22/10/2008, in riferimento ad un contratto di comodato, ha precisato che: «Anche nel caso
in cui il comodatario stipuli, quale locatore, un contratto di locazione, la titolarità del reddito fondiario
non viene trasferita dal proprietario–comodante al comodatario–locatore, per cui il reddito effettivo del fabbricato deve essere imputato, anche in quest’ipotesi, al
proprietario dell’immobile». Per ovviare a tale situazione, dovrà essere necessariamente costituito a favore del lettore un diritto reale di usufrutto o di abitazione attraverso una scrittura notarile e successiva trascrizione in conservatoria dei registri immobiliari.
Numero 25 - 29 giugno 2015
[2319]
L’IMMOBILE DA RICOSTRUIRE
VA SEMPRE INDICATO NEL 730
 Distrutta dal terremoto del 2009 avvenuto a L’Aquila, la mia
casa è stata abbattuta nell’aprile scorso. Sarà ricostruita entro
2–3–anni con finanziamento statale, nello stesso sito ma con
ingresso su una strada diversa, con diverso numero civico e
con diversa metratura.
Poichè ora la casa non esiste più, dovrò continuare a indicarla
nel 730?
S.B. – L’AQUILA
G
li immobili distrutti o inagibili a seguito di eventi sismici vanno comunque inseriti nella dichiarazione
dei redditi utilizzando i codici identificativi del relativo stato d’inagibilità. Nello specifico, l’immobile dovrà
essere rappresentato con il codice 1 nella colonna 7 del
quadro B della dichiarazione dei redditi che individua, appunto, i fabbricati distrutti o inagibili a seguito di eventi sismici o altri eventi calamitosi e che, per legge, sono stati
esclusi da imposizione, a condizione che siano stati rilasciati dal Comune certificati attestanti la distruzione o
l’inagibilità. Le relative rendite non concorreranno perciò
alla formazione del reddito complessivo. Tale situazione
va mantenuta sino alla definitiva ricostruzione e ripristino dell’agibilità: il lettore dovrà pertanto continuare a dichiarare l’immobile distrutto, a prescindere dal fatto che
nel frattempo sia stato demolito e siano iniziati i lavori di
ricostruzione, sino al termine dei medesimi, fino al momento cioè in cui sarà identificato con i nuovi estremi catastali e con la nuova rendita.
A cura di Alberto Bonino e Gianni Marchetti
LOCAZIONI
[2320]
LE INFILTRAZIONI DI UMIDITÀ
E I COSTI DI RITINTEGGIATURA
 Si è dato in affitto un immobile da un anno. Prima di
consegnare l’immobile si è proceduto ad effettuare una
ristrutturazione di parte della casa: si è rifatto il bagno
(comprese le tubature nuove), sono stati rifatti gli infissi;
è stata ritinteggiata tutta la casa. In questo anno però c’è
stata la richiesta da parte dell’inquilino di continui miei
interventi. Il vicino ha avuto una perdita di acqua e
l’inquilino ha voluto ridipinta la stanza a mie spese; ha
fatto sostituire il motorino della cisterna d’acqua a mie
spese e adesso c’è di nuovo umidità sempre a causa del
vicino. Compete sempre a me ritinteggiare la stanza?
Inoltre, nel giardinetto c’è da anni un rampicante che di
887
L’esperto risponde
Locazioni
curare o di togliere. Compete a me questa spesa nel caso
in cui l’inquilino non sia interessato a curarlo?
F.G. – CATANIA
S
alvo patto contrario, il conduttore deve chiedere il
risarcimento dei danni, compresi i costi per l’imbiancatura, al proprietario del piano di sopra, dal cui
appartamento è derivata l’infiltrazione. Ed infatti, per
l’articolo 1585, comma 2, del Codice civile – recante “garanzia per molestie” – il locatore non è tenuto a garantire
il conduttore «… dalle molestie di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire
contro di essi in nome proprio». La Suprema Corte ha più
volte avuto modo di puntualizzare che «si ha molestia di
fatto – contro la quale il locatore non è tenuto a garantire
il conduttore, ai sensi dell’articolo 1585, comma 2, del Codice civile – qualora il pregiudizio al conduttore medesimo derivi da un fatto illecito acquiliano del terzo, senza
che venga posto in questione, né direttamente, né indirettamente, il diritto di quello al godimento della cosa»
(Cassazione 8 novembre 1985, numero 5450 e, sostanzialmente nello stesso senso, Cassazione 31 agosto 2011, numero 17881). Quanto all’umidità tuttora persistente, occorre individuarne la causa, fermo restando che – salvo
patto contrario – le spese per la tinteggiatura dei locali si
ritiene competano al conduttore, (salvo qualche pronuncia giurisprudenziale di segno contrario). Si veda, in questo senso, la tabella di ripartizione degli oneri accessori,
allegato G, al Decreto del ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti, 30 dicembre 2002, dettata per la diversa tipologia delle locazione cosiddette, “a canone concordato”, ma che costituisce un utile parametro anche per le locazioni libere. In ordine alle spese per la sostituzione del
motore della cisterna – che, salvo patto contrario, competono invece al locatore – il conduttore che le abbia anticipate, per ottenerne il rimborso, deve dimostrare di aver
avvisato il locatore della necessità dell’intervento e della
sua urgenza, a norma dell’articolo 1577, comma 2, del Codice civile. Quest’ultima disposizione prevede infatti che
«se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente salvo il rimborso, purchè ne dia contemporaneamente avviso al locatore».
Quanto alla manutenzione “ordinaria” della pianta rampicante, (potatura eccetera), essa – salvo patto contrario
– compete al conduttore, a norma dell’articolo 1587, numero 1, del Codice civile, per il quale: «il conduttore deve:
prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del
buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze». Ove il locatore – pur non essendone tenuto – ritenga opportuno estirpare la pianta (o abbia contrattualmente assunto un obbligo in questo senso
con il conduttore), le spese, salvo patto contrario, sono a
suo carico, non rientrando, il taglio di una pianta, nella
piccola manutenzione di cui all’articolo 1576 del Codice.
A cura di Matteo Rezzonico
888
[2321]
RESPONSABILITÀ DEL CEDENTE
SE IL CESSIONARIO NON PAGA
 Ho fatto una cessione di azienda con il relativo
contratto di affitto. Il proprietario del locale però non
mi ha liberato dalle obbligazioni ex articolo 36, legge
392/1978 (cioè se l’attuale conduttore non paga
l’affitto, il proprietario può rivalersi su di me). In effetti
così è stato, cioè il conduttore non sta pagando l’affitto
e io aspetto il decreto ingiuntivo di pagamento. Però io,
2 giorni dopo la cessione di azienda, ho dato disdetta
del mio contratto di affitto e l’attuale conduttore si è
preso le sue responsabilità. Con la mia disdetta fatta
dopo la cessione e la dichiarazione di responsabilità
dell’attuale conduttore, mi salvo dal decreto ingiuntivo
di pagamento?
M.D. – BELLUNO
L’
articolo 36 della legge 392 del 1978 (equo canone)
stabilisce che il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il
consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario
non adempia le obbligazioni assunte. Se, come sembra,
non vi è stata liberazione del conduttore–cedente da parte
del locatore, il primo è tenuto unitamente al subentrante
ad assolvere agli obblighi contrattuali, pagando gli eventuali scoperti anche se maturati successivamente alla cessione del contratto. La disdetta inviata due giorni dopo la
cessione del contratto da parte del cedente al locatore non
serve ad evitare l’obbligo di pagare quanto eventualmente non pagato dal subentrante. Ciò per due ordini di motivi: in primo luogo in quanto la disdetta è stata inviata da
soggetto non più titolare del contratto avendolo ceduto a
terzi; in secondo luogo perchè in ogni caso il cedente e il
cessionario sono tenuti al rispetto di tutti gli obblighi contrattuali, compreso quello del pagamento del corrispettivo fino alla riconsegna effettiva dell’immobile (articolo
1591 del Codice civile).
[2322]
RECESSO CON AVVIAMENTO
PER L’ASILO NIDO
 Un asilo nido privato, in affitto, ha diritto, in caso di fine
anticipata della locazione su uniziativa della proprietà
dell’immobile, al pagamento dell’avviamento?
M.G. – TORINO
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Bilancio e contabilità
L’
articolo 42 della legge 392 del 1978 stabilisce che i
contratti di locazione e sublocazione di immobili
urbani, adibiti ad attività ricreative, assistenziali,
culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, hanno la durata di sei anni. A tali contratti si applicano le disposizioni degli articoli
32 e 41, nonchè le disposizioni per il preavviso per il rilascio di cui all’articolo 28. Per detti contratti non è quindi
applicabile la disciplina dell’articolo 34 della stessa legge
in materia di indennità per la perdita dell’avviamento. La
giurisprudenza (Cassazione civile Sezione III,
26/11/2002, n. 16690) ha però precisato che l’applicabilità
della disciplina dell’articolo 42 della legge non discende
automaticamente dall’individuazione meramente descrittiva dell’attività in esso contemplata, dovendo l’esercizio della stessa non essere sorretto altresì dallo scopo di
lucro. La Corte, richiamando in proposito un consolidato
indirizzo che ha riguardato l’attività scolastica per fini di
lucro e l’attività culturale o ricreativa gestita a scopo di lucro, ha così precisato che si fuoriesce dall’ambito oggettivo di operatività dell’articolo 42 circa la realizzazioni di attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche
quando queste siano svolte con scopo speculativo o di lucro nella forma di vera e propria impresa commerciale;
nel qual caso, prevale la diversa qualificazione della locazione cd. imprenditoriale. Nell’ipotesi di esercizio di asilo
nido con fine di lucro sussiste quindi il diritto del conduttore all’indennità di avviamento nel caso in cui sia il locatore a comunicare disdetta del contratto di locazione.
[2323]
È NULLA LA CLAUSOLA
IN SEDE DI RINNOVO
 Sono proprietario di un immobile di 85 metri quadrati, su
due livelli, in locazione con contratto 3+2 e applicazione della
cedolare secca. Il contratto è stato registrato a nome
dell’inquilino e della sua convivente, che occupavano
l’immobile unitamente alla figlia di lei (maggiorenne). Da
tempo, sono giunti in coabitazione il figlio dell’inquilino
(maggiorenne) e il compagno della figlia dell’inquilina, che è
in gravidanza, raggiungendo quota cinque persone. A luglio
2015 scadono i primi tre anni di contratto e chiedo:
a) se esiste un limite di persone per abitare l’immobile
(l’appartamento ha due camere da letto e una taverna);
b) come devo comportarmi visto che la nascita di un neonato
comporta l’esistenza di un nuovo nucleo familiare
nell’abitazione;
c) se l’inquilino potrebbe sfruttare a suo vantaggio la
presenza di un minore per impugnare un eventuale sfratto;
d) per cosa è possibile modificare il contratto al rinnovo degli
ultimi due anni.
M.C. – TORINO
Numero 25 - 29 giugno 2015
L
a Corte costituzionale, con sentenza 12/02/2004 n.
62,ha precisato che la locuzione “nucleo familiare”
nell’ambito dei rapporti locativi, non allude ad un
concetto tecnico e ben definito. Ai fini del soddisfacimento dell’esigenza di godere di un’abitazione si deve
ricorrere – senza interferire nella complessità e varietà dei rapporti interpersonali – ad una nozione empirica di nucleo familiare, in tal modo intendendo un rapporto dotato di un grado di stabilità e continuità tale da
consentire di definirlo, a prescindere da (meramente
eventuali) relazioni di coniugio, parentela o affinità,
come afferente ad un “nucleo familiare”. La giurisprudenza ha anche precisato che gli eventuali divieti di
ospitalità non temporanea contenuti nel contratto di
locazione confliggono con l’adempimento dei doveri
di solidarietà che si può manifestare attraverso l’ospitalità offerta per venire incontro ad altrui difficoltà. Simili divieti possono altresì confliggere con la tutela dei
rapporti sia all’interno della famiglia fondata sul matrimonio sia di una convivenza di fatto tutelata in
quanto formazione sociale, o con l’esplicazione di rapporti amicizia (Cassazione civile n. 14343 del 2009). La
presenza di una clausola limitativa del numero di abitanti nell’alloggio, eventualmente aggiunta in sede di
rinnovo o modifica del contratto, sarebbe quindi nulla.
La presenza di un neonato non costituisce un motivo
per il conduttore per opporsi allo sfratto; detta presenza potrebbe costituire solo un prolungamento della
procedura di esecuzione forzata del provvedimento di
rilascio. Diverso è il discorso circa il rapporto tra superficie abitabile e numero degli abitanti. Il regolamento locale di igiene stabilisce la superficie abitabile
minima necessaria per ogni abitante: in merito si dovrà
verificare la disciplina specifica esistente nel comune
in cui ricade l’alloggio. Ma l’inosservanza di tale rapporto può essere sanzionata solo dall’autorità deputata a far osservare il regolamento, senza incidere sul
rapporto locatore/conduttore. Può essere utile, in merito, contestare tale eventuale inosservanza al conduttore con lettera raccomandata allo scopo di prevenire
eventuali addebiti al locatore da parte dell’autorità locale per una situazione cui non ha volutamente contribuito.
A cura di Luca Stendardi
BILANCIO E CONTABILITÀ
[2324]
PRIME SPESE DEDUCIBILI
NELL’ANNO DEI PRIMI RICAVI
 Una Srl viene costituita nel dicembre 2014 e, nel corso di
quell’anno, non effettua alcuna operazione attiva e passiva.
Nel mese di febbraio 2015 riceve la fattura di 2.000 euro del
889
L’esperto risponde
Bilancio e contabilità
notaio, relativa alle spese di costituzione. Si chiede se sia
corretto il seguente comportamento:
– nel 2014 si imputano come fatture da ricevere le spese di
costituzione della società di competenza del 2014;
– queste spese vengono imputate tra i costi per servizi e
interamente spesate a conto economico del 2014;
–in sede di Unico 2015 (per i redditi 2014) vengono imputate
tra le variazioni in aumento per l’intero importo in quanto non
è stato conseguito alcun ricavo;
–in sede di Unico 2016 (redditi 2015, anno di conseguimento
dei primi ricavi) viene fatta una variazione in diminuzione per
lo stesso importo.
P.C. – LECCE
L
a soluzione indicata dal lettore è corretta. Infatti l’articolo 108, comma 3, del Tuir stabilisce che le spese relative a più esercizi, tra cui quelle relative ai costi di impianto e ampliamento, sono deducibili nel limite della
quota imputabile a ciascun esercizio.
Le spese indicate nell’articolo 108 citato, sostenute dalle
imprese di nuova costituzione, comprese le spese di impianto, sono deducibili a partire dall’esercizio in cui sono
conseguiti i primi ricavi.
A cura di Gianluca Dan
[2325]
LA STRADA DA SEGUIRE
PER SVALUTARE «MINICREDITI»
 Al 31 dicembre 2013 una società ha svalutato minicrediti
per 20 euro, creando uno specifico fondo svalutazione
minicrediti, e ha costituito un fondo svalutazione crediti, ex
art 106 del Tuir, di 100 euro. Al 31 dicembre 2014 la società
deve procedere alla svalutazione di altri minicrediti (scaduti
nel 2014) per 30 euro. Si chiede se la corretta scrittura
contabile sia:
Fondo articolo 106
a
Fondo minicrediti
a
Fondo svalutazione
minicrediti
oppure
Svalutazione
minicrediti
In questo secondo caso, dunque, non si movimenterebbe il fondo ex articolo 106 del Tuir.
L.B. – GROSSETO
I
nnanzitutto, appare corretto utilizzare differenti conti
per monitorare il fondo svalutazione crediti: ciò in
quanto i crediti svalutati ex articolo 101, comma 5, del
Tuir (cosiddetti minicrediti) non concorrono a formare la
890
base forfettaria dello 0,5% ex articolo 106, con la conseguenza, che in caso di svalutazioni di minicrediti (che
equivalgono sul piano fiscale a perdite su crediti), non si
farà riferimento alla quota stanziata ex articolo 106 del
fondo rischi su crediti, ma si dovrà prendere a riferimento
la quota del fondo creata contabilmente per le svalutazioni ex articolo 101, comma 5, del Tuir.
Da un punto di vista contabile, pertanto, si ritiene corretto
non movimentare quello che il lettore chiama “fondo articolo 106”, procedendo con la seguente scrittura
Accantonamento a fondo
svalutazione minicrediti
a
Fondo svalutazione
minicrediti
Per chiarire occorre precisare quanto segue. Per svalutazione di un credito, si intende la rettifica del valore del credito stesso in relazione al suo presumibile valore di realizzo. In sostanza, con la svalutazione il credito viene mantenuto nell’attivo di stato patrimoniale al valore di iscrizione rettificato attraverso la costituzione di un apposito
fondo. La svalutazione differisce, pertanto, dalla perdita
su crediti, che si realizza a seguito di operazioni di stralcio
o di realizzo, e mediante l’utilizzo dell’eventuale fondo
stanziato.
La svalutazione di minicrediti fa riferimento alla previsione dell’articolo 1 della legge 147/2013 nella parte in cui modifica l’articolo 101, comma 5, del Tuir, quindi con valenza
prevalentemente fiscale.
A fronte delle modifiche normative indicate, mentre da
un punto di vista contabile si tratta sempre di svalutazioni,
da un punto di vista fiscale vi sono differenze sostanziali
tra le svalutazioni di crediti e le svalutazioni di minicrediti:
le prime soggiacciono ai limiti fissati dall’articolo 106 del
Tuir; le seconde sono interamente deducibili secondo
quanto previsto dall’articolo 101, comma 5, del Tuir.
Ne consegue che il fondo rischi su crediti sarà idealmente
al proprio interno così ripartito:
– una quota pari all’importo accantonato per svalutazioni
su crediti deducibili ex articolo 106 del Tuir;
– una quota pari all’importo delle svalutazioni su minicrediti (che equivalgono da un punto di vista fiscale
a perdite);
– una quota da assoggettare a tassazione, e che sarà determinante per stabilire le variazioni fiscali.
L’utilizzo di differenti conti può apparire utile proprio per
monitorare tale stratificazione.
A cura di Massimo Ianni
[2326]
LA NOTA RICHIESTA
PER STORNARE LA FATTURA
 Una partita di merce è stata acquistata nel 2010,
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Cooperative
regolarmente fatturata e contabilizzata dall’acquirente,
senza peraltro essere mai stata ritirata. Nel 2015 il
fornitore emette una nota di credito (fuori campo Iva)
per storno totale della fattura. Come registrare la nota
di credito?
Giulio Davide Mareta – TORINO
T
rattandosi di voce di storno di costo di competenza di esercizi precedenti, la corretta contropartita
da utilizzare è costituita dalle sopravvenienze attive con la seguente modalità.
Crediti verso fornitori
a
Sopravvenienze attive
Le sopravvenienze accolgono, infatti, i componenti
di reddito relativi a esercizi precedenti, dovuti ad
omesse o errate registrazioni contabili; errori di rilevazione di fatti di gestione o non corretta applicazione di principi contabili; sconti, abbuoni, resi o premi
relativi a operazioni svolte in esercizi precedenti.
A cura di Cristina Odorizzi
COOPERATIVE
[2327]
PROPRIETÀ INDIVISA:
AMMESSA LA FIDEJUSSIONE
 Faccio parte di una coop edilizia a proprietà indivisa,
e sono assegnataria di un appartamento. Quando la
coop ha stipulato il mutuo, in banca ci ha fatto firmare
una fidejussione. In pratica io garantisco per conto
della cooperativa un bene che non è mio, poiché
l’appartamento appartiene alla coop e io sono solo
assegnataria. Volevo sapere se è stato lecito il
comportamento della cooperativa: io volevo rifiutarmi
di firmare la fidejussione, ma mi hanno detto che ero
obbligata.
A. V. – ANZIO
P
remesso che l’assegnazione dell’alloggio nella
cooperativa a proprietà indivisa dà diritto al socio di possederlo e abitarlo a termine, di fatto, indefinito, occorre comunque ricordare che l’ottenimento del mutuo dalla banca è funzionale al reperimento dei fondi necessari per la realizzazione del fabbricato idoneo al soddisfacimento della richiesta
abitativa dei soci.
Appare, quindi, corretta la richiesta della banca di far
sottoscrivere la fidejussione alla socia, che andrà ad
abitare l’alloggio realizzato con il finanziamento concesso, e che attraverso il pagamento del canone d’uso
ne consentirà la restituzione.
Numero 25 - 29 giugno 2015
[2328]
L’ASSEGNAZIONE VA FATTA
A UN UNICO SOCIO
 In una cooperativa edilizia a proprietà divisa è possibile
assegnare un immobile al momento del rogito notarile tra due
soggetti soci della cooperativa (in questo caso due fratelli) al
50 per cento? O l’assegnazione può essere fatta
esclusivamente a un unico socio?
M.I. – FOGGIA
L’
assegnazione può essere fatta a un unico socio,
in quanto l’attribuzione dell’alloggio dev’essere
individuata quale conclusione del contratto sociale che si è stipulato con l’ammissione in cooperativa
di ciascun socio.
Nei fatti, a entrambi i soci dovrebbe essere assegnato
un alloggio. Nel caso ciò non avvenisse, essendo ad
esempio disponibile un solo alloggio in relazione alla
graduatoria di ammissione, o non avendo i fratelli soci
le disponibilità finanziarie per ottenere l’assegnazione di un alloggio a testa, sarà possibile regolare successivamente tra di loro eventuali diversi rapporti di condivisione dell’alloggio assegnato a uno dei due.
[2329]
COMPATIBILI LE FUNZIONI
DI DIPENDENTE E PRESIDENTE
 Sono un dipendente di una cooperativa sociale. Vorrei
sapere se un lavoratore dipendente, e socio, di una
cooperativa sociale Onlus può esercitare
contemporaneamente il ruolo di responsabile di area, la
funzione di presidente e amministratore delegato,
accentrando in tal modo e sovrapponendo le tre
funzioni in un’unica persona. Preciso che la cooperativa
è sprovvista di un proprio collegio sindacale. Possono
nascere implicazioni sia sotto l’aspetto giuridico che
sotto quello fiscale?
G.S. – BRESCIA
S
e si osservano i diversi ruoli e incarichi attribuiti
al presidente di una cooperativa, si rileva innanzitutto che quella di responsabile di area è una qualificazione di lavoro dipendente, con la conseguenza
da inquadrare all’interno del relativo contratto, che
opportunamente definisce il ruolo e le mansioni corrispondenti.
La funzione di presidente è di natura elettiva e comporta esclusivamente il potere di firma e di rappresentanza legale, non attraendo su di sé particolari poteri
riferibili alla società. A tale scopo risponde, infatti, la
891
L’esperto risponde
Condominio
funzione di amministratore delegato, che, comunque
rimane anch’essa di natura elettiva, soggetta naturalmente a rendiconto nei confronti del consiglio di amministrazione prima e dell’assemblea poi.
Pertanto, non si individuano elementi di illegittimità o
incompatibilità fra l’incarico di lavoro e le funzioni di
amministrazione.
A cura di Romano Mosconi
CONDOMINIO
[2330]
VIDEOCITOFONO, DA VALUTARE
SE SIA INNOVAZIONE
 Abito in un condominio contrassegnato da cinque
scale aventi ognuna 14 proprietar. Nella mia scala 10
condomini hanno optato per la sostituzione del
citofono esistente con un videocitofono, apponendo
la firma di adesione alla proposta. Io e altri tre non
siamo d’accordo e perciò non abbiamo firmato. Sono
obbligato a sottostare a questa decisione e a pagare
le spese richieste, o posso chiedere che il mio
citofono venga escluso dal collegamento del
videocitofono?
S. C. – ROZZANO
L
a decisione di sostituire l’impianto comune citofonico tradizionale con uno dotato di telecamera
costituisce, al più, una innovazione.
La relativa deliberazione, dunque, è validamente
adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti i due terzi del valore.
Dipende dalle circostanze, poi, la possibilità di considerare voluttuaria o gravosa l’innovazione, con la
conseguente possibilità per i dissenzienti di non partecipare alla spesa (articolo 1121 del Codice civile): a
tal fine, occorre valutare in concreto la sussistenza di
esigenze di sicurezza e l’entità della spesa per la trasformazione dell’impianto. Nel caso di indubbie esigenze di sicurezza a fronte di spese modeste, si potrebbe anche assimilare l’opera – piuttosto che a
un’innovazione – a un intervento di adeguamento:
espressione che, richiamando profili di necessità e
doverosità, è preferibile a quella, piuttosto vaga e priva di riscontri normativi, di “modifica migliorativa”
(pur se quest’ultima locuzione è stata adottata, non
proprio di recente, dalla Cassazione, seconda sezione, 18 maggio 1994, n. 4831). In casi di questo tipo sarebbe sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti un terzo del valore. Ad ogni modo, resta nella facoltà dei singoli condòmini non acquistare e non installare alcuno
schermo all’interno della propria unità immobiliare.
892
[2331]
NIENTE SPESE ASCENSORE
SE NON SI ACCEDE ALLE SCALE
 In un regolamento condominiale, con riferimento
all’edificio “A”, è corretto esonerare dalle spese di esercizio
dell’ascensore, da sempre esistente, dalle spese per la pulizia
e l’illuminazione delle scale, dalle spese per impianti igienici,
le autorimesse in proprietà senza appartamento, con accesso
dalla strada, inserite nello stesso edificio “A”? È corretto
esonerare dalle stesse spese una unità immobiliare inserita in
parte nell’edificio “A” e in parte nell’edificio “B”, uniti a
schiera, con ingresso nell’edificio “B”, il quale ha il suo
regolamento?
G.L. – SAN BENEDETTO DEL TRONTO
I
l regolamento condominiale assembleare, che può essere approvato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore, non può derogare ai criteri legali o convenzionali di ripartizione delle spese (articolo 1123 del Codice
civile). Ne consegue che le eventuali tabelle di ripartizione approvate in assemblea possono sempre essere riviste
o impugnate quando risultino redatte in difformità dal
criterio di ripartizione applicabile al tipo di spesa cui si riferiscono.
La legittimità o meno della delibera di approvazione o
modifica del regolamento o delle tabelle dipende, dunque, dalla corretta applicazione del criterio legale di volta
in volta applicabile, che spesso è tutt’altro che pacifico. In
relazione agli impianti igienici, l’esonero dei proprietari
delle autorimesse che ne siano privi è una soluzione indubbiamente corretta. Non vi sarebbe alcuna ragione per
coinvolgere nella spesa per un impianto comune i condòmini le cui unità immobiliari non siano a quell’impianto
connesse. È in linea con la giurisprudenza prevalente anche l’esonero degli stessi condòmini dalle spese per la pulizia e l’illuminazione del vano scale e per l’esercizio dell’impianto di ascensore.
L’ultima decisione della Cassazione sul punto, benché
non più recente, distingue le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, dirette alla loro conservazione o
ripristino, dalle spese di pulizia e illuminazione. Le prime
andrebbero ripartite per metà in ragione dell’altezza e per
metà in ragione del valore (articolo 1124 del Codice civile).
Per le seconde si seguirebbe il criterio della effettiva utilità espressa dalle scale (nella sentenza della Cassazione
del 12 gennaio 2007, n. 432, si richiama, a proposito, l’articolo 1123, secondo comma, del Codice civile). A tal fine occorre tenere prioritariamente conto dell’altezza del piano e si suppone che sia pienamente lecito escludere tutti i
condòmini che non hanno accesso al vano scale: siano essi proprietari di autorimesse, di locali con accesso dalla
strada o di appartamenti che, pur parzialmente compresi
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Condominio
nel medesimo edificio, siano serviti da un altro vano scale.
In sostanza, pare che il riparto delle spese per scale e
ascensore segua il criterio dell’utilità, che potremmo definire “giuridica”, per le spese di conservazione e ripristino: tutti coloro che partecipano alle economie connesse
allo sviluppo in altezza dell’edificio devono partecipare,
in una certa misura, alle spese che questo sviluppo in altezza comporta; e segua, invece, il criterio dell’utilità che
potremmo definire “effettiva” per le spese legate al godimento. Tale ultimo criterio non riflette il concreto uso
che ciascun condomino faccia delle scale, in relazione alle sue abitudini o alle sue scelte di utilizzazione più o meno intensa della sua unità immobiliare, ma l’obiettiva utilità che la parte comune esprime in favore della sua unità
immobilare: del resto, la nozione stessa di utilità è legata
alle possibilità di utilizzazione, e non all’uso concreto.
[2332]
PER IL MURO DI RECINZIONE
PAGANO SEMPRE TUTTI
 Abito in un condominio nel quale è caduta una parte del
muro di recinzione, con conseguente sprofondamento del
suolo adiacente al muro stesso. Questa superficie è destinata
a posto auto per alcuni condòmini. Le spese relative al
rifacimento del muro e della superficie dei posti auto come
dovrebbero essere ripartite? Si specifica che altri condòmini
hanno il posto auto in tutt’altra parte dell’edificio.
G. C. – PALERMO
I
l muro di recinzione – che nel caso illustrato dal lettore
pare svolgere anche la funzione di contenimento – è
generalmente considerato parte comune a tutte le unità immobiliari condominiali comprese nel complesso
edilizio. Le spese di ripristino del muro e delle altre parti
comuni eventualmente coinvolte nel cedimento si ripartiscono tra tutti i condòmini in ragione del valore proporzionale (cosiddetti millesimi di proprietà). Allo stesso
modo si ripartiscono le somme dovute dal condominio ai
condòmini che abbiano subìto danni alle proprie unità immobiliari di proprietà individuale in conseguenza del cedimento stesso.
A cura di Pierantonio Lisi
[2333]
DANNO DA BENE COMUNE
CON PARTECIPAZIONE AI COSTI
 Riparando il lastrico solare del mio attico, per una ipotizzata
infiltrazione di acqua causata da pioggia, come in altre
occasioni, è stata invece rilevata la rottura di un tubo
dell’impianto di riscaldamento centralizzato. Chi paga in
Numero 25 - 29 giugno 2015
questo caso? Le altre volte, per infiltrazioni da pioggia,
abbiamo sempre pagato per un terzo io e per i rimanenti due
terzi gli altri condòmini della stessa “colonna”.
G. T. – ROMA
I
l caso prospettato non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1126 del Codice civile – che prevede
una ripartizione della spesa per un terzo a carico del
proprietario e per i rimanenti due terzi a carico degli altri
condòmini – in quanto non siamo nell’ambito della “riparazione o ricostruzione” del lastrico, bensì in quello del risarcimento di un danno causato da una tubazione condominiale.
Nell’edificio condominiale può capitare che uno dei condòmini/proprietari subisca un danno derivante da un bene comune (nel caso di specie, da tubatura dell’impianto
di riscaldamento centralizzato). In questo caso il danneggiato si trova ad assumere la duplice veste di soggetto che,
da un lato, ha l’obbligo, in quanto (com)proprietario del
bene, a norma dell’articolo 1117 del Codice civile, di custodire, riparare il bene condominiale e di risarcire il danno
procurato dal bene stesso, mentre, dall’altro, assume la
veste di soggetto che dev’essere risarcito del danno procurato. In definitiva, lo stesso condomino assume la duplice veste di soggetto che deve risarcire e che deve essere
risarcito.
Al riguardo, la Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza
24406/2011, ha statuito che «il proprietario (condòmino)
che subisce un danno derivante da un bene comune, ai
sensi dell’articolo 1117 del Codice civile, deve partecipare
alle spese di riparazione del bene comune (in quanto comproprietario dello stesso bene), ma deve partecipare anche alla ripartizione delle spese di risarcimento del danno
da lui subìto e procurate dal medesimo bene». In concreto, quindi, una parte del danno verrebbe risarcita dal soggetto che lo ha subìto, poiché anche su di lui grava l’obbligo di custodia e di manutenzione del bene comune che ha
prodotto l’evento dannoso.
Sicché, pur percependo il risarcimento (previa verifica di
polizza assicurativa condominiale), il lettore dovrà comunque partecipare alle spese di riparazione del bene comune e alla ripartizione delle spese di risarcimento in proporzione ai millesimi di proprietà.
[2334]
CONTABILIZZAZIONE CALORE:
I CRITERI DI RIPARTO SPESE
 Sono proprietario di un piccolo appartamento, tenuto a
disposizione, nel cui stabile è stato installato il sistema di
contabilizzazione del calore, stabilendo al 60% la quota fissa
e al 40% quella a consumo.
È possibile, e come, contestare tale criterio di ripartizione dei
costi, in quanto contrario allo spirito della legge (chi più
893
L’esperto risponde
Condominio
consuma più paga, allo scopo di spingere verso un risparmio
energetico)?
Mi sembra, infatti, che generalmente la quota fissa non superi
il 40 per cento.
D. B. – ROMA
I
l Dlgs 102 del 4 luglio 2014 ha introdotto rilevanti novità nel settore della contabilizzazione del calore
dei condomìni centralizzati. Per introdurre le importanti novità dettate dal Dlgs citato, “Attuazione
della direttiva 2012/27/Ue sull’efficienza energetica”,
in merito alla contabilizzazione del calore negli edifici,
l’articolo 9, comma 5, prevede che «per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione
delle spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale... quando i condomìni sono
alimentati dal teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento degli
appartamenti e delle aree comuni, qualora le scale e i
corridoi siano dotati di radiatori, e all’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo
centralizzato, l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di
energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla
norma tecnica Uni 10200 e successivi aggiornamenti».
Sicché, la norma Uni 10200/2013 è resa obbligatoria per
il riparto delle spese. Uno dei principali criteri fino ad
ora adottati per prassi dai condomìni stabiliva una
quota “fissa” da dividere in millesimi, e una “variabile”
da ripartire secondo le misure dei contatori. Queste
due percentuali sono ora sostituite concettualmente
da quota consumo volontario e quota consumo involontario.
La prima verrà suddivisa in funzione degli effettivi
consumi registrati dagli strumenti, mentre la seconda
sarà in funzione dei millesimi di fabbisogno di riscaldamento. Come suggerisce l’aggettivo “involontario”, tale componente energetica rappresenta le dispersioni delle colonne di distribuzione del calore.
Questo calore non è regolabile dagli utenti che comunque ne beneficiano. La norma Uni 10200 riporta
quindi i criteri per:
a) determinare la quota involontaria, da suddividere a
millesimi, e quella volontaria, in funzione del consumo
(non sarà più un valore fisso deciso dall’assemblea, come ad esempio il 30 per cento, ma sarà calcolato in funzione di diversi parametri);
b) stabilire dei nuovi millesimi di riscaldamento in base al fabbisogno energetico dei singoli appartamenti.
Per fare tutto ciò è necessario far redigere da professionisti un progetto tecnico, che consenta anche di ottemperare al corretto calcolo delle dispersioni dei sin-
894
goli appartamenti o di effettuare un’analisi energetica
delle singole unità immobiliari.
Pertanto, ricordando la natura inderogabile delle disposizioni contenute nell’articolo 9 del Dlgs 102/2014
(relative alla ripartizione delle spese per il riscaldamento centralizzato), qualora la giurisprudenza dovesse confermare l’orientamento di merito già delineato – secondo cui la tutela apprestata dalla normativa è
di interesse pubblico e non privato – le delibere con le
quali si suddividono i costi di riscaldamento con criteri diversi da quelli indicati dalla norma citata (e ciò vale
anche nel caso prospettato dal quesito, ove è stata illegittimamente indicata una quota fissa, adesso “quota
consumo involontario”, pari al 60 per cento) sarebbero nulle, e non annullabili.
[2335]
SERVOSCALA, PALETTI
ALLA DISINSTALLAZIONE
 Una persona ultraottantenne, con problemi legati alla
poliomielite e una patologia cardiaca, ha chiesto
all’assemblea condominiale il consenso a installare – a sue
spese – un servoscale capace di contenere una carrozzella.
L’assemblea ha approvato a maggioranza, con il voto
contrario di due condòmini, secondo i quali il servoscala deve
essere rimosso dopo la morte dell’invalido.
Per assurdo, se l’invalido morisse 24 ore dopo avere speso
circa ventimila euro per l’installazione, i suoi eredi, al
momento non invalidi, non potrebbero utilizzare l’impianto
un giorno che si rendesse indispensabile anche per loro. È
giusto?
M. M. – ROMA
L
a stessa normativa sulle barriere architettoniche, legge 13/1989, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, non prevede alcuna regola specifica per questi casi, ma regolamenta solo la fase iniziale
dell’installazione, prevedendo che la persona interessata
possa procedere a proprie spese anche se non ottiene la
maggioranza dei consensi in assemblea. Pertanto, l’assenza di una norma precisa che regolamenti l’utilizzo e/o la
permanenza del servoscala, nel caso del decesso della
persona che lo ha fatto installare a proprie spese, può creare incertezze sul corretto comportamento da adottare.
Fata questa premessa, le situazioni prospettabili a seguito
del decesso della persona disabile – che ha fatto installare
il servoscala – possono essere diverse. Ad esempio, i condòmini possono essere d’accordo nel lasciare installato il
servoscala, sicché non si verificherà alcun problema di
sorta. Invece, nel caso da prospettatodal lettore, se i condòmini desiderano che il servoscala debba essere disinstallato a seguito del decesso della persona che lo ha fatto
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Condominio
installare (in caso di assenza di altre persone disabili all’interno del condominio), quest’ultimo dovrà essere rimosso e riconsegnato agli eredi.
Tuttavia, occorre precisare che, nel corso degli anni, la
giurisprudenza è intervenuta con molte pronunce, così
estendendo l’ambito di applicazione della legge 13/1989.
In particolare, la legge è stata ritenuta applicabile anche
nell’ipotesi in cui non vi sia la presenza, all’interno dell’edificio condominiale, di portatori di handicap, o in presenza di persone anziane o anche di invalidi civili, ma non
portatori di handicap. Il ragionamento di tale filone giurisprudenziale si fonda sull’assunto che la ratio era proprio
quella di consentire la “visitabilità” degli edifici medesimi
da parte di tutti coloro che hanno occasione di accedervi,
considerando che i portatori di handicap possono avere
relazioni con l’immobile anche di natura diversa dalla
proprietà. Le relazioni cui fa riferimento la giurisprudenza possono consistere, ad esempio, in un rapporto di locazione, di parentela, abituale frequentazione. Ecco quindi
che, anche di fronte alla volontà dei condòmini in merito
alla disinstallazione del servoscala, pur non ponendosi alcuna questione condominiale interna, occorre avere la
consapevolezza che tale rimozione potrebbe di fatto danneggiare altri soggetti esterni al condominio. Pertanto, si
consiglia di non disinstallare il servoscala in quanto, successivamente al decesso della persona disabile, potrebbe
tornare utile ad altri soggetti con difficoltà motorie.
A cura di Paola Pontanari
[2336]
L’AMMINISTRATORE È «FUORI»
DALLA LITE FRA CONDÒMINI
 Sono amministratrice di un condominio e ho un
problema: uno dei condòmini proprietari, A, ha un
convivente more uxorio, B, che parcheggia la sua
automobile nel posto auto di un altro condòmino, C, pur
non avendone alcun diritto.
Il proprietario C ha più volte lamentato questa
situazione, ma io non so come considerare B, nel senso
che questa persona non è né un inquilino, né un
condòmino proprietario.
È giusto che il condòmino C si rivolga all’amministratore,
visto che i posti auto sono di proprietà privata? Si può
comunque multare B in base all’articolo 70 delle
disposizioni di attuazione del Codice civile? Se sì, quali
sono le procedure? Dovrei forse spedire la raccomandata
alla residenza di B, o la devo spedire dove vive
attualmente (cioè nell’appartamento di A)? Se non si può
multare B, quali provvedimenti alternativi posso
prendere (considerando che non posso comunque
chiudere l’accesso ai posti auto, anche perché A
potrebbe darebbe le chiavi al suo convivente B)?
K.S. – FERRARA
Numero 25 - 29 giugno 2015
P
oiché i posti auto sono di proprietà esclusiva e poiché
il diritto di parcheggio del convivente B è ricompreso
nel diritto di parcheggio del proprietario del posto
auto A, nella specie deve ravvisarsi una occupazione abusiva del posto auto di C, che è un altro condomino.
L’amministratore può essere tenuto ad intervenire nel
contenzioso tra A e C solo ove venga in rilievo l’inosservanza del regolamento condominiale (articolo 1130, n. 1,
del Codice civile). In tal caso, egli può sanzionare il condomino proprietario A, a norma dell’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, sempreché la sanzione sia prevista nel regolamento. La notifica della sanzione deve comunque essere fatta al proprietario A, e non
al convivente B, che non è condomino.
In linea di massima, tocca al condomino C intervenire nei
confronti del condomino A, vertendosi in materia di lite
tra due condòmini e non di lite condominiale.
[2337]
VIDEOSORVEGLIANZA, PAGA
SOLO CHI È FAVOREVOLE
 In occasione dell’assemblea ordinaria condominiale, si è
discusso sulla possibilità di installare videocamere di
sorveglianza come deterrente per eventuali azioni di
intrusione illecita nello stabile. È stato chiarito che la
maggioranza necessaria per deliberare l’intervento è valida
con un numero di voti che rappresenti almeno la metà del
valore dell’edificio.
Considerando l’elevato costo per coprire l’intera area che
comprende oltre ai box interrati e la struttura, dell’edificio con
tre scale anche un ampio giardino cintato, vorrei sapere se per
tale intervento ci si può avvalere di quanto disposto
dall’articolo 1121 del Codice civile, sulle innovazioni gravose,
che al secondo comma recita: «Se l’utilizzazione separata non
è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la
maggioranza dei condòmini che l’ha deliberata o accettata
intenda sopportarne integralmente la spesa».
E.M. – MILANO
A
nalogamente a quanto avviene per la istituzione del
servizio di vigilanza armata, si ritiene che anche in
materia di installazione di videocamere antintrusione possa applicarsi la giurisprudenza secondo cui è consentito l’esonero dalla spesa dei dissenzienti o assenti all’assemblea. In questo senso, la Cassazione, con la sentenza 20 aprile 1993, n. 4631, ha puntualizzato che «la delibera
istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela
dell’incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose
comuni, e, quindi, non è riconducibile alle attribuzioni
dell’assemblea (articolo 1135 del Codice civile). Ne deriva
che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condòmini assenti o dissenzienti e non
895
L’esperto risponde
Controversie stradali
può essere fatta valere per una ripartizione della relativa
spesa anche a loro carico».
A cura di Silvio Rezzonico
[2338]
REVOCHE DI AMMINISTRATORI
NEL SUPERCONDOMINIO
 L’amministratore di uno dei quattro lotti facenti parte del
supercondominio è debitore verso l’amministrazione
generale dell’intero complesso (supercondominio) di una
rilevante somma di danaro e, di conseguenza, sin qui è stato
colpito da ben tre decreti ingiuntivi definitivamente esecutivi.
Si chiede di sapere se l’amministratore del supercondominio,
con il voto favorevole dei rappresentanti dei vari lotti, può
chiedere, alla volontaria giurisdizione del Tribunale civile
competente, la revoca dell’incarico dell’amministratore
debitore a norma dell’articolo 1129, comma 3, del Codice
civile, nella considerazione ch’egli non risulta avere ancora
ottenuto l’approvazione del suo bilancio per gli anni 2012,
2013, 2014, né avere trasmesso all’amministratore delle parti
comuni, seppure ripetutamente sollecitato, l’elenco dei
condòmini morosi a carico dei quali poter procedere alle
previste esecuzioni giudiziarie.
F.F. – PALERMO
L’
amministratore del singolo condominio che fa parte del supercondominio è mandatario dei condòmini di quel condominio. Posto ciò, anche ammesso
che vi sia una sua responsabilità per il debito del condominio da lui gestito nei confronti del supercondominio, non
si ritiene che quest’ultimo abbia il potere di contestarne
l’operato e, quindi, di chiederne la revoca. Gli unici che potrebbero farlo sono i proprietari del condominio che lui
amministra.
A cura di Cesarina Vittoria Vegni
CONTROVERSIE STRADALI
[2339]
IL GIUDICE DI PACE PUÒ
AUMENTARE LA SANZIONE
 Il 25 maggio 2015 sono stata in udienza dal giudice di pace
per un ricorso contro un verbale della polizia stradale, per una
infrazione rilevata a mezzo tutor, in autostrada. Il giudice di
pace, ritenendo particolarmente grave l’infrazione (a causa di
una velocità piuttosto elevata), non solo ha rigettato il ricorso,
ma ha aumentato la sanzione dai 180 euro circa indicati sul
verbale a ben 400 euro, con obbligo di comunicazione dati
del conducente, per la decurtazione di tre punti sulla patente.
Ho cercato informazioni e ho letto che una sentenza della
896
Corte di cassazione prevederebbe che il giudice di pace,in
caso di rigetto del ricorso, non possa comunque aumentare
l’entità della sanzione amministrativa. È così? In caso di
risposta affermativa, a sentenza pronunciata, come posso
muovermi?
P. N. – MONTEPULCIANO
L
a Corte di cassazione, a sezioni unite, con la sentenza
25304 del 15 dicembre 2010, ha chiarito che, in caso di
opposizione a verbale, il giudice di pace, secondo il
proprio libero convincimento, rigettata l’opposizione,
può determinare, anche in assenza di una richiesta in tal
senso della pubblica amministrazione, la sanzione ritenuta più congrua, in misura compresa tra il minimo ed il massimo edittale (che, nel caso di specie, corrispondono rispettivamente a 169 e 679 euro, a norma dell’articolo 142,
comma 8, del Codice della strada). La sentenza del giudice
di pace è appellabile in Tribunale.
[2340]
AMMESSO IL RICORSO
DEL CONSIGLIERE COMUNALE
 Un cittadino può fare ricorso contro una multa per
violazione del Codice della strada nel Comune in cui è
consigliere comunale, depositando al prefetto e non al
giudice di pace? In questo modo, si ritiene che egli non
sarebbe costretto a rassegnare le dimissioni dalla carica
ricoperta, in quanto il prefetto non è un tribunale e, quindi,
l’amministratore non eserciterebbe un’azione legale verso il
Comune.
O.D. – PADOVA
N
ulla vieta a un consigliere comunale di presentare ricorso avverso un verbale di contestazione di violazione al Codice della strada. La normativa vigente attribuisce tale facoltà al trasgressore o agli altri soggetti obbligati in solido, non prevedendo, in tale ambito, alcuna
eccezione. Secondo gli articoli 203 e 204–bis del Codice
della strada, sono rimesse rispettivamente al prefetto e al
giudice di pace del luogo della violazione contestata le valutazioni in ordine all’accoglimento o meno del ricorso
presentato. Tali modalità di ricorso sono alternative fra
loro e possono essere esperite qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta.
[2341]
IL VERBALE DEVE INDICARE
CHI È L’ACCERTATORE
 Ho ricevuto a casa una multa da infrazione per passaggio
con semaforo rosso, riscontrato con l’apparecchiatura T–red.
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Controversie stradali
Nella dicitura del verbale trovo una parte in cui è scritto:
«L’infrazione è avvenuta in data... alle ore... ed è stata
accertata da agenti di questo comando che hanno visionato la
fotografia». Nel fondo del verbale trovo il nominativo del
responsabile del procedimento amministrativo, che non è
sicuramente l’agente che ha accertato la violazione e
visionato la fotografia. È corretto tutto questo? Non ho il
diritto di sapere il nome dell’agente che ha visionato e di fatto
mi ha contravvenzionato? Potrei fare ricorso per questa
mancanza?
A.B. – PADOVA
S
i ritiene che la mancata indicazione, nel verbale di
contestazione, del nominativo di chi ha accertato la
violazione possa costituire motivo di ricorso. Il
verbale, infatti, è un atto pubblico e fa piena prova dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in
sua presenza e descritti senza margini di apprezzamento, a norma dell’articolo 2700 del Codice civile, fino a
querela di falso. L’articolo 385, comma 4, del regolamento di esecuzione del Codice della strada stabilisce che il
verbale dev’essere conforme al modello VI.1 allegato,
che fa parte integrante del regolamento citato. Inoltre, se
redatto con sistemi meccanizzati o di elaborazione dati,
il verbale deve riportare le stesse indicazioni ivi contenute. Tra esse figura anche l’indicazione degli agenti che
procedono all’accertamento e che, quindi, constatano la
violazione a una norma del Codice della strada. Si ritiene, pertanto, che l’indicazione di chi ha proceduto all’accertamento sia elemento essenziale del verbale, in modo
da poter individuare il soggetto responsabile e verificare la sua competenza e legittimazione. Per completezza
si fa presente, infine, che, nel caso in cui il verbale sia redatto con sistemi meccanizzati, la firma autografa dell’agente accertatore non è necessaria ed è sufficiente
l’indicazione a stampa del nominativo con eventuale numero di matricola. Sul verbale meccanizzato deve anche
apparire il nome del rappresentante dell’ufficio dell’organo accertatore oppure, in sua vece, del soggetto responsabile a norma dell’articolo 3 del Dlgs 39/1993. In
questo caso – frequente quando la contestazione non è
immediata e il verbale viene notificato successivamente
alla violazione – la copia originale del verbale redatto e
sottoscritto dagli agenti accertatori dev’essere nell’ufficio dell’organo di appartenenza, disponibile per essere
visionata su richiesta.
[2342]
CONTESTAZIONE DIFFERITA
SOLO SU ALCUNE STRADE
 Una pattuglia composta da due vigili della polizia
municipale rileva la velocità con apparecchio a cannocchiale
su una strada provinciale, senza fermare il trasgressore.
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’eventuale verbale è contestabile?
Nel tratto di strada in questione, di una decina di chilometri, il
limite di velocità è di 50 km/h a causa di case sparse poste in
due/tre punti lungo il tragitto, e solo per un tratto di un
centinaio di metri il limite scenda a 30 km/h, senza alcuna
apparente ragione.
G. M. – TORTONA
N
el quesito non viene specificata la categoria della
strada ove è stato effettuato l’accertamento, secondo la classificazione stabilita dall’articolo 2
del Codice della strada con riguardo alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali. Questo aspetto
mancante costituisce un presupposto vincolante ai fini
della possibilità di derogare al principio generale della
contestazione immediata delle violazioni in materia di
controllo dei limiti di velocità con dispositivi elettronici. A norma dell’articolo 4 della legge 168/2002, infatti,
gli organi di polizia stradale possono procedere all’accertamento e alla contestazione differita su autostrade
e strade extraurbane principali di cui al citato articolo 2,
comma 2, lettere a e b, del Codice della strada, nonché
sulle strade di cui alle lettere c e d del medesimo articolo, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto. Pertanto, i controlli di velocità
“da remoto” sono sempre possibili sulle strade “extraurbane principali” ma non sulle strade “urbane ordinarie”, mentre per quelle “extraurbane ordinarie” e per
quelle “urbane di scorrimento” occorre l’autorizzazione del prefetto, che può consentire l’installazione di autovelox sulla base di alcuni elementi quali la pericolosità, il traffico o la difficoltà di fermare il veicolo. La preventiva valutazione da parte del prefetto – tendente a
verificare che, in concreto, sussistano le obiettive ragioni che legittimano l’impiego di strumenti di accertamento a distanza delle violazioni, in deroga al principio
generale della contestazione immediata – è, pertanto,
esclusa per le strade urbane di quartiere (articolo 2, lettera e, del Codice della strada) e per le strade locali (articolo 2, lettera F), in quanto esse presentano caratteristiche strutturali e limitazioni di velocità tali da consentire sempre l’intervento diretto degli organi di polizia stradale e la conseguente contestazione immediata.
L’installazione in strade prive delle caratteristiche previste dalla legge rendono la multa annullabile, in quanto i tratti di viabilità ordinaria su cui autorizzare le postazioni fisse «trovano come limite insuperabile il tipo
di strada, che è individuato con certezza dalla legge
168/2002» (Cassazione civile, sezione II, 15 febbraio
2011, n. 3701 e 6 aprile 2011, n. 7872).
Si fa presente, infine, che l’avviso della presenza o dell’utilizzo dei dispositivi dev’essere fornito all’utenza,
in qualsiasi strada venga installato il dispositivo, pena
la nullità della contestazione per violazione di legge
(Cassazione, sentenze 24526 del 2006 e 12883 del 2007).
A cura di Maria Laura Barbera
897
L’esperto risponde
Diritto del lavoro
[2343]
LA DOMANDA DI DILAZIONE
ELIMINA LA PRESCRIZIONE
 Sono cittadino italiano e vivo in Russia da tre anni. Il 27
febbraio 2015 mi è arrivata, in Russia, una cartella di Equitalia
che riguardava multe non pagate (ma per le quali avevo fatto
istanza al prefetto: i vigili mi dissero che, se non ricevevo nulla
entro un anno, non dovevo più preoccuparmi). Le multe sono
state fatte nel 2008. La cartella mi è arrivata insieme ad altre.
Io, profano in materia, arrivando la cartella insieme ad altre,
non potevo eliminarne una, perché mi veniva evidenziato il
totale delle cartelle e mi si chiedeva la rateizzazione di tutte;
così ho chiesto la rateizzazione. Posso fare ancora qualcosa?
Preciso che ho gia pagato la seconda rata di tutte le cartelle.
F. R. – KURSK
L
a sanzione per la violazione accertata nel 2008 poteva
considerarsi già prescritta il 27 febbraio 2015 poiché,
stando a quanto racconta il lettore, non gli è stata mai
notificata la decisione del prefetto sul suo ricorso, che
avrebbe fatto decorrere un nuovo quinquennio da tale notificazione. Tuttavia con la domanda di dilazione (un atto
«incompatibile con la volontà di non riconoscere il debito
prescritto»: Cassazione, n. 12953 del 2007) e con il pagamento parziale di due rate (Cassazione, n. 13302 del 2006,
secondo cui «un pagamento parziale implica il riconoscimento del diritto all’intera prestazione») egli ha riconosciuto il debito, vanificando la prescrizione già maturata, e
ora gli è precluso di invocarla. A ciò si aggiunga che non è
proponibile il rimborso delle rate pagate a fronte del debito prescritto (articolo 2940 del Codice civile: «non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto»).
A cura di Ezio Maria Pisapia
DIRITTO DEL LAVORO
[2344]
L’INQUADRAMENTO
DEI TECNICI DI PROGETTAZIONE
 Mi sono laureata in ingegneria (laurea magistrale), e
successivamente ho completato lo stage di sei mesi in
un’azienda, che ora mi propone un contratto di
apprendistato professionalizzante. Il Ccnl (contratto
collettivo nazionale di lavoro) è quello dei dipendenti delle
aziende metalmeccaniche private e della installazione di
impianti.
La mansione riportata è impiegato tecnico–amministrativo
con qualifica di disegnatore tecnico, la denominazione del
profilo formativo è tecnico di progettazione.
898
Mi aiutereste a capire il livello di inquadramento in cui
dovrei essere inserita?
C.S. – MILANO
I
l Ccnl citato dalla lettrice stabilisce che appartengono alla quinta categoria (che individua il disegnatore) quei lavoratori che, in base a istruzioni e applicando procedure
operative relative al sistema di programmazione della produzione adottato nell’ambito dello specifico campo di competenza e con riferimento ai dati, alle parti, ai mezzi, ai settori di produzione stabiliti dai programmi generali, definiscono con singoli programmi il carico e l’alimentazione equilibrata delle macchine o degli impianti, i loro tempi di
compimento, intervenendo in caso di anomalie o di variazioni dei programmi; seguono lo stato di avanzamento delle
lavorazioni ai fini del rispetto dei loro tempi di compimento; in caso di variazioni dei programmi generali partecipano
alla ricerca di soluzioni atte alla riequilibratura dei propri
programmi. Una considerazione importante, in ragione
della natura di tale contratto, è che, pur dovendosi considerare come un’assunzione a tempo indeterminato, nel periodo di apprendistato sono consentiti un inquadramento
d’ingresso e uno superiore definitivo, che viene riconosciuto al termine per la conseguita formazione.
A cura di Alberto Bosco e Angelo Pompei
[2345]
RICORSO, I TERMINI
PER INFORMARE L’AZIENDA
 In un procedimento per una causa di lavoro, quali sono i
tempi e le procedure? In seguito a un licenziamento collettivo,
dopo l’impugnazione e dopo avere depositato la causa in
Tribunale, quanti giorni passano perché all’azienda venga
comunicato che è stato inoltrato il procedimento al Tribunale?
C’è una fase di tentativo di conciliazione prima che il giudice
decida?
V.R. – BOLOGNA
L
a disciplina del processo del lavoro è contenuta in
via generale negli articoli 409 e seguenti del Codice di procedura civile.
L’impugnativa del licenziamento – sia esso individuale o all’esito di una procedura collettiva – irrogato adun
lavoratore non sottoposto al regime delle tutele crescenti è, invece, regolata da un’apposita disciplina, delineata dai commi da 47 a 68 dell’articolo 1 della legge
92/2012 (cosiddetta legge Fornero). Nello specifico, al
comma 48 dell’articolo 1 è previsto che, a seguito del
deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale, il
giudice deve emettere il decreto di fissazione della prima udienza di comparizione delle parti in causa, la
quale non può essere fissata oltre 40 giorni dal deposito del ricorso. Al contempo, il giudice assegna al ricor-
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Diritto di famiglia
rente un termine non inferiore a 25 giorni prima dell’udienza, affinché egli provveda a notificare al convenuto una copia del ricorso depositato e una copia del
relativo decreto di fissazione d’udienza.
Ciò comporta, quindi, che la parte convenuta verrà a
conoscenza dell’esistenza del procedimento solo nel
momento in cui le verranno notificati, da parte del ricorrente, gli atti oggetto della causa e il relativo decreto. Peraltro, il termine di 40 giorni – a differenza di
quello di 25 giorni – non è perentorio e, quindi, può capitare che l’udienza sia fissata oltre questo termine.
Per quanto concerne, invece, la possibilità di addivenire a soluzioni conciliative della controversia una volta
instaurato il procedimento, in prima udienza il giudice
(pur avendone la sola facoltà, ma non l’obbligo, come
invece nel procedimento disciplinato dal Codice di
procedura civile agli articoli 413 e seguenti) normalmente invita le parti a tentare una conciliazione, eventualmente formulando alle stesse una propria proposta.
[2346]
APPRENDISTI, DA SUBITO
IL CALCOLO PER GLI «SCATTI»
 Esiste un riferimento normativo generale dal quale evincere
che gli apprendisti (quale che sia il Ccnl, contratto collettivo
nazionale di lavoro) iniziano a maturare gli anni per gli scatti
di anzianità solo al raggiungimento della qualifica? Per
esempio, nel Ccnl commercio un apprendista, assunto nel
2006 con un apprendistato di 48 mesi, ha il primo scatto nel
2013 (in quanto, terminato l’apprendistato nel 2010, inizia da
tale anno a maturare i tre anni per il primo scatto) o nel 2009
(ossia trascorsi i primi tre anni dall’assunzione)?
Annamaria Palamone – ROMA
G
li scatti di anzianità sono elementi che la contrattazione collettiva inserisce nella retribuzione
normale dei lavoratori e che, unitamente al Tfr,
trattamento di fine rapporto, costituiscono il principale automatismo retributivo legato all’anzianità. Essi
non sono regolati da alcuna norma di legge, ma unicamente dai contratti collettivi. In particolare, il Ccnl
Terziario–Confcommercio, all’articolo 192, stabilisce
che, ai fini della maturazione degli scatti, l’anzianità di
servizio decorre dalla data di assunzione per tutto il
personale, non distinguendo tra le varie tipologie di
contratto utilizzate per assumere il personale. Inoltre,
come previsto dall’articolo 1 del Dlgs 167/2011 (cosiddetto testo unico dell’apprendistato), il contratto di
apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, se non è stabilito diversamente
dal testo unico e dalla contrattazione collettiva, è soggetto alla stessa disciplina di tale contratto.
Numero 25 - 29 giugno 2015
Ciò premesso, si ritiene che anche agli apprendisti a
cui si applica il Ccnl Terziario–Confcommercio l’anzianità di servizio ai fini degli scatti di anzianità dovrebbe essere calcolata dal primo giorno di lavoro.
A cura di Stefania Radoccia
DIRITTO DI FAMIGLIA
[2347]
DIVORZIO BREVE ANCHE
PER PROCEDURE GIÀ IN CORSO
 La separazione consensuale con comparsa davanti sl
presidente del tribunale è avvenuta a gennaio 2014 (il
mio matrimonio era stato contratto in separazione dei
beni). In virtù della legge sul divorzio breve, posso ora
presentare la domanda di divorzio anche se non sono
passati tre anni, oppure il mio procedimento rientra
nella precedente normativa?
M.P. – TREVISO
L
a legge sul divorzio breve, n, 55 del 2015, è entrata in
vigore il 26 maggio scorso; per l’articolo 3 i termini
ridotti si applicano anche ai procedimenti in corso,
e anche nei casi in cui il procedimento di separazione
risulti ancora pendente. Il lettore potrà dunque presentare la domanda di divorzio anche subito, essendo
trascorso il termine di sei mesi dall’udienza presidenziale ed essendosi trattato di separazione consensuale. Al di là del termine che risulta abbreviato, le altre
norme sostanziali e processuali risultano immutate; il
lettore potrà avvalersi delle nuove procedure in materia di divorzio. In particolare, la richiesta congiunta di
divorzio può essere formalizzata anche mediante convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte, pur in presenza di figli minori.
[2348]
IL FONDO PATRIMONIALE
PUÒ SUBIRE LA REVOCAZIONE
 Nel 2008 è stato costituito dai coniugi un fondo
patrimoniale. Nel 2007 uno dei coniugi, titolare di ditta
individuale, aveva contratto un mutuo ipotecario per la
costruzione di un complesso residenziale. Il bene
ipotecato è diverso da quelli destinati al fondo
previdenziale.
Il mutuo è stato erogato a stati avanzamento lavori nel
2008, 2009, 2010. Nel 2012, con atto notarile, è stata
effettuata l’erogazione a saldo del mutuo. Con lo stesso
atto del 2012, «si confermano tutte le pattuizioni di cui
al contratto del 2007» e «si riconosce che la somma
899
L’esperto risponde
Edilizia e urbanistica
finora erogata si riferisce a spese effettivamente
sostenute per il programma costruttivo ammesso al
finanziamento». Il fondo patrimoniale può essere
soggetto all’azione revocatoria?
L.C. – MONZA
I
n linea generale la risposta al quesito è affermativa: l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale può essere
soggetto a revocazione. L’orientamento della Cassazione è costante sul punto; è stato recentemente specificato che la costituzione di un fondo patrimoniale è un atto a
titolo gratuito, anche se proveniente dai coniugi, e capace
di ridurre la garanzia generale spettante ai creditori; ma il
suo carattere facoltativo, e la rimessione della sua eventuale costituzione alla libera scelta dei coniugi, esclude
ogni contrasto con la tutela delle esigenze della famiglia
costituzionalmente garantite (sentenza 7250 del 2013).
L’azione, in sé ammissibile, dev’essere poi valutata nel
merito sulla base di principi complessi. Intanto, è stato deciso, l’azione revocatoria presuppone solo l’esistenza del
debito e non anche la sua esigibilità, potendo essere esperita pure per crediti condizionati, non scaduti e anche solo
eventuali. Inoltre, quando la costituzione del fondo è atto
gratuito successivo al sorgere del credito, è sufficiente riscontrare in capo al debitore la consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni della banca creditrice, anche
sotto il profilo della maggiore onerosità dell’eventuale recupero coattivo.
Il punto più rilevante, nel caso riassunto dal lettore (che
merita comunque una consulenza specifica sui documenti), sembra essere quello riguardante lo scopo del debito;
la giurisprudenza ha interpretato l’articolo 170 del Codice
civile nel senso che il debitore ha l’onere di provare che lo
scopo del debito è estraneo ai bisogni della famiglia e che il
creditore era a conoscenza della circostanza. La clausola
citata sulla finalità della somma erogata potrebbe essere
interpretata in favore del lettore; ma potrebbe non essere
sufficiente a escludere la revocatoria se un giudice dovesse ritenere che l’attività svolta con il finanziamento è compiuta nell’interesse della famiglia.
A cura di Silvia Giamminola
EDILIZIA E URBANISTICA
[2349]
LE CONDIZIONI FISSATE
PER IL SILENZIO ASSENSO
 Un fabbricato è stato costruito abusivamente nel gennaio
2004, prima della scadenza di presentazione della domanda
di condono, ex legge 326/2003. Avendo completato nei tempi
tutto l’iter, compreso il pagamento dell’oblazione degli oneri
di urbanizzazione, il Comune ancora non rilascia il permesso
di costruire in sanatoria, né ha comunicato, nell’arco di questi
900
anni fino a oggi, il parere di diniego o di accoglimentodella
domanda. Posso considerare il fabbricato sanato a tutti gli
effetti e, se sì, posso completare i lavori?
A. G. – STRIANO
I
l condono edilizio, nel rispetto delle condizioni fissate dalla legge, è un atto dovuto che non lascia margini di discrezionalità nell’istruttoria della domanda di sanatoria, per cui, ad esempio, non può essere
chiesta documentazione aggiuntiva rispetto a quella
prevista dalle norme, proprio perché è un procedimento speciale (Consiglio di Stato, sezione IV,
n.1188/20139). Si deve, però, tenere conto che il comma
33 dell’articolo 32 della legge 326/2003 prevede la possibilità, per le Regioni, di emanare disposizioni per la
definizione del procedimento amministrativo per il rilascio della sanatoria, compresa una eventuale ulteriore documentazione. La legge ha anche previsto che
l’inerzia della pubblica amministrazione equivale alla
finzione giuridica del rilascio della concessione in sanatoria per silenzio assenso. Difatti l’articolo 35 della
legge 44/1985, applicabile anche al condono del 2003,
dispone che, decorso il termine perentorio di 24 mesi
dalla presentazione della domanda, quest’ultima s’intende accolta qualora siano state corrisposte le somme
dovute a titolo di oblazione e di contributo concessorio, siano state effettuate le denunce ai fini catastali, Ici
e smaltimento rifiuti, sia stata presentata la documentazione di legge completa e non infedele circa il rispetto della data di realizzazione dell’abuso per essere ammesso al condono, ossia 31 marzo 2003. L’ulteriore condizione è che l’abuso non ricada in aree soggette a inedificabilità assoluta o gravate da vincolo di tutela per il
quale occorre preliminarmente ottenere la relativa
autorizzazione. L’interessato, ove ricorrano le condizioni elencate, può invocare nei confronti dell’amministrazione l’avvenuta formazione del silenzio assenso e chiedere di avere la possibilità di ultimare i lavori.
A cura di Massimo Ghiloni
[2350]
IMPIANTI TERMICI ISCRIVIBILI
AL «CATASTO» SICILIANO
 Per il catasto impianti termici in Sicilia è stato
emanato il decreto 556/2014, che riguarda qualsiasi
impianto di climatizzazione, esclusi stufe, caminetti e
radianti. Sono, così, soggetti a registrazione e
manutenzione periodica anche tutti gli impianti
domestici esistenti in ogni singola casa, cioè pompe di
calore anche piccole, condizionatori anche portatili,
scaldacqua o scaldabagno a gas e/o elettrici, impianti a
gas o gasolio di riscaldamento autonomo?
S.P. – PALERMO
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Edilizia e urbanistica
C
on decreto del dirigente generale della Regione
siciliana 556 del 23 luglio 2014, sono disciplinati la
registrazione degli impianti termici e il controllo
e la manutenzione degli impianti termici.
Gli impianti termici comprendono tutti gli impianti
destinati alla climatizzazione estiva e invernale degli
ambienti, con o senza produzione di acqua calda per
usi igienici e sanitari, o destinati alla sola produzione
centralizzata di acqua calda per gli stessi usi, compresi
eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore, nonché gli organi di regolazione e
di controllo.
Sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento, con esclusione di stufe, caminetti, apparecchi per il riscaldamento localizzato a
energia radiante. Questi ultimi sono tuttavia assimilati
agli impianti termici qualora si tratti di impianti fissi e
la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare sia
maggiore o uguale a 15 kW.
[2351]
IL DURC DEV’ESSERE VALIDO
ALL’INIZIO DEI LAVORI
 È sorta una questione con l’ufficio tecnico comunale
circa la corretta applicazione dell’articolo 90, comma
10, del Dlgs 81/2008, per lavori privati richiesti tramite
segnalazione certificata d’inizio attività (Scia) cui era
stato allegato un documento unico di regolarità
contributiva (Durc) valido, venuto poi a scadere durante
l’esecuzione dei lavori.
È necessario ripresentare il documento unico di di
regolarità contributiva durante tutto l’arco dei lavori?
Può il responsabile unico del procedimento sospendere
i lavori e l’efficacia della segnalazione certificata
d’inizio attività, trascorsi 30 giorni dalla sua
presentazione?
R.C. – CASERTA
I
l Durc dev’essere depositato presso l’amministrazione concedente prima dell’inizio dei lavori, a cura del committente. In quel preciso momento dev’essere in corso di validità. Così si assolve agli obblighi di legge, e non è necessario ripresentarlo alla scadenza.
Attenzione: la mancanza del Durc comporta la sospensione del titolo abilitativo solo se i lavori iniziano in assenza dello stesso. Ad ogni modo, se un cantiere dura
molti mesi, è opportuno, ma non obbligatorio, aggiornare il Durc alla naturale scadenza, ossia è meglio che il
committente chieda l’aggiornamento del Durc all’impresa, se non per legge, per sua tranquillità.
A cura di Vincenzo Petrone
Numero 25 - 29 giugno 2015
[2352]
DISTANZE, PER LE TETTOIE
NON SONO PREVISTE DEROGHE
 Il Rec (regolamento edilizio comunale) fissa le distanze
previste tra gli edifici in caso di costruzioni, prevedendo per
esse i minimi inderogabili. Nel caso in cui, però, si
costruiscano manufatti “facilmente amovibili”, ad esempio
pergolati e gazebo, queste distanze vengono ridotte a quelle
previste dal Codice civile.
Una tettoia può essere compresa tra i manufatti facilmente
amovibili? Diversamente, qual è il criterio per stabilire cosa
sia o meno amovibile rispetto a una costruzione stabilmente
infissa al suolo o, nel caso di una tettoia, alla parete
dell’edificio?
S. M. – TOLENTINO
S
i ritiene che, anche per la questione sottoposta con il
quesito in esame, possano essere presi in considerazione i parametri che la giurisprudenza amministrativa utilizza quando debba decidere, in relazione a determinate opere, sulla necessità o meno di preventivo rilascio da
parte del Comune di un idoneo titolo abilitativo a costruire.
In tal senso la giurisprudenza amministrativa ha più volte
ribadito che l’intervento edilizio deve avere i requisiti della
precarietà e temporaneità, oltre che della facilità di rimozione (Tar Lazio Roma, sezione I, 7 febbraio 2007, n. 964, e,
nello stesso senso, Consiglio di Stato, sezione V, 13 giugno
2006, n. 3490). Venendo al caso di specie, ne consegue che la
tettoia, essendo normalmente ancorata all’edificio e non
avendo le caratteristiche di precarietà e temporaneità indicate, non pare possa rientrare nel novero dei manufatti edilizi cui è consentito derogare ai minimi previsti dal regolamento edilizio in materia di distanza tra le costruzioni.
[2353]
PER OPERE DA COMPLETARE
IL RICALCOLO NON È DOVUTO
 Con Dia (dichiarazione di inizio attività) del 2007 i
proprietari di un fabbricato di civile abitazione, a norma
dell’articolo 27 della legge regionale della Lombardia
12/2005, procedevano alla ristrutturazione di un edificio
trasformando, internamente alla sagoma edilizia, una singola
unità immobiliare in due unità abitative. Per tale intervento
sono stati corrisposti gli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, e il costo di costruzione per l’intera opera.
Per problemi economici l’intervento veniva limitato al
completamento di una sola unità immobiliare con il rilascio
del certificato di agibilità. Il 5 marzo 2015 il proprietario ha
presentato un nuovo progetto di ristrutturazione dell’altra
unità immobiliare. A fronte della Scia (segnalazione
901
L’esperto risponde
Pratiche notarili
certificata di inizio attività) presentata, il Comune chiede
nuovamente il pagamento degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria, calcolati sulla base della tariffa vigente
per gli edifici esistenti, e il costo di costruzione.
Il proprietario dissente, ritenendo equo limitare il pagamento
del solo costo di costruzione per le opere di finitura, come da
computo. Qual è il parere dell’esperto?
G. g. – CREMA
C
ome previsto dall’articolo 15, comma 3, del Dpr
380/2001, il rilascio di un nuovo permesso di costruire (o Scia) per le opere ancora da eseguire è
soggetto, ove necessario, al ricalcolo del contributo di
costruzione. Nel caso in cui, quindi, si tratti di completamento di opere già previste dal precedente permesso di
costruire, e per cui il contributo di costruzione è già stato versato, non pare vi siano i presupposti per il ricalcolo, altrimenti si concretizzerebbe un doppio pagamento
in relazione alle medesime opere edilizie. Quanto sopra
con l’eccezione dell’ipotesi in cui la somma richiesta dipenda da una attualizzazione del contributo di costruzione in relazione a nuovi parametri contributivi intervenuti dopo il rilascio del primo permesso di costruire
(in tal senso, Tar Trentino Alto Adige, Bolzano, 5 settembre 2006, n. 351). Nell’ipotesi in cui, invece, il contributo di costruzione già corrisposto non fosse compensivo delle opere di completamento oggetto poi della
Scia, allora la differenza andrà versata.
[2354]
PER ALLARGARE LA FINESTRA
SERVE UN TITOLO EDILIZIO
 Un condomino ha allargato una finestra su un muro
portante dell’edificio, senza alcuna autorizzazione
condominiale, ma soprattutto comunale. Mi chiedo se ciò
possa arrecare pregiudizio alla stabilità dell’edificio e se non
avrebbe dovuto essere coinvolto il Genio civile.
N.M. – ANCONA
S
econdo le disposizioni contenute nell’articolo 3,
comma 1 lettere b, c e d, del Dpr 380/2001, nelle cui
previsioni rientrano le opere in questione (e a
maggior ragione trattandosi di apertura di finestra su
muro portante), l’intervento edilizio descritto nel quesito comporta senz’altro l’obbligo, per il soggetto esecutore, di munirsi di un idoneo titolo edilizio a costruire, rilasciato dall’amministrazione comunale. Diversamente, ove tali opere fossero state realizzate in assenza
del titolo edilizio, esse sarebbero da considerare abusive. D’altro canto, trattandosi dell’apertura di una finestra su un muro portante, la stessa potrebbe compromettere la stabilità dell’edificio o deturpare il decoro
della facciata, conseguendone anche l’obbligatorietà
902
dell’autorizzazione condominiale.
A cura di Massimo Sanguini
PRATICHE NOTARILI
[2355]
IL DIRITTO D’USO SI CONCEDE
ANDANDO DAL NOTAIO
 Sono proprietario, con mia madre e a mio fratello, di
un terreno agricolo. Io e mia madre vorremmo cedere in
diritto d’uso a mio fratello, coltivatore diretto, questo
terreno, che lui già conduce. Qual è la prassi corretta
per iscrivere questo diritto reale, così da avere anche un
beneficio ai fini Imu? Bisogna stipulare un atto
notarile?
F.V. – VITERBO
L’
uso è un diritto reale di godimento su cosa altrui, regolato essenzialmente dalle norme in materia di
usufrutto; fanno eccezione il fatto che eventuali
frutti possono essere raccolti per quanto occorre ai bisogni dell’usuario e della sua famiglia, e il divieto di cedere il
diritto o di darlo in locazione.
Trattandosi di diritto reale, la sua costituzione è soggetta a
trascrizione nei registri immobiliari, e tale formalità esige
la stipula di un atto pubblico notarile o di una scrittura privata autenticata da un notaio.
A cura di Francesco Saverio Russo
[2356]
TRASFERIMENTO ALLA EX
IN ESENZIONE DA IMPOSTE
 Nella sentenza di divorzio il giudice ha provveduto a
trasferire la mia parte di usufrutto (50 per cento) alla mia ex
moglie per la casa acquistata dopo il matrimonio. Questo atto
notarile è esente da spese fiscali, salvo l’onorario al notaio?
P.S. – BENEVENTO
S
e il giudice ha ordinato con la sentenza di divorzio il trasferimento del diritto di usufrutto mediante apposito successivo atto da formalizzare
ai sensi di legge, sarà necessario provvedere alla stipula del relativo contratto. Il trasferimento sarà esente
da imposte di bollo, registro, ipotecaria, catastale e da
tasse ipotecarie, ex articolo 19 della legge 6 marzo
1987, n. 74. Si vedano anche la sentenza della Corte costituzionale 10 maggio 1999, n. 154, e le circolari dell’agenzia delle Entrate 16 marzo 2000, n. 49/E, e 21 giugno 2012, n. 27/E.
A cura di Caterina Valia
Numero 25 - 29 giugno 2015
L’esperto risponde
Previdenza
PREVIDENZA
[2358]
[2357]
RIVALUTAZIONE PENSIONI
LIMITATA A 2012 E 2013
LAVORI AUTONOMI, NON BASTA
LA COMUNICAZIONE ANTE CIG
 Alla rivalutazione delle pensioni hanno diritto, sempre
tenendo conto del limite di reddito, anche coloro che sono
andati in pensione nel 2013, 2014 e 2015?
Pietro Riccardi – CASTEL SAN GIOVANNI
 Nel caso di cassa integrazione in deroga di un
lavoratore dipendente che, al tempo stesso, svolge
anche attività di lavoro autonomo, e che pertanto, al
momento della domanda di Cig da parte dell’azienda,
era già iscritto alla gestione artigiana Inps, lo stesso era
tenuto alla comunicazione all’istituto dell’attività di
lavoro autonomo svolta?
La circolare 130 del 4 ottobre 2010 dell’Inps parla di
comunicazione “preventiva” durante la Cig, ma in
questo caso l’Inps era già a conoscenza dell’attività
autonomo del dipendente, in quanto antecedente alla
data della Cig stessa.
Riteniamo pertanto che la comunicazione non andasse
fatta.
È corretto?
G. F . – CASTEL DI LAMA
S
i ritiene che la sentenza 70/2015 della Corte costituzionale in materia di rivalutazione delle pensioni per il
2012 e 2013 non trovi applicazione per i pensionati con
decorrenza negli anni 2014 e 2015. Infatti, il cosiddetto trascinamento per gli anni successivi scatta solo per i pensionati
del 2012 e 2013. Lo stesso discorso vale anche tenendo conto
dell’articolo 1 del Dl 65 del 21 maggio 2015, che ha arrecato
una parziale applicazione della sentenza della Consulta.
A cura di Giuseppe Rodà
[2359]
L’
articolo 8, comma 5, della legge 160/1988 stabilisce l’obbligo di comunicazione preventiva all’Inps dello svolgimento di un’attività lavorativa
durante la Cig.
La formulazione letterale farebbe intendere che
l’adempimento sussista solo in caso in cui l’attività
stessa sia successiva alla Cig, e non precedente.
In caso di un secondo lavoro subordinato (precedente o
successivo) la comunicazione non è più obbligatoria, perché sostituita da quella effettuata dal datore di lavoro (Dl
76/2013). In caso di lavoro autonomo, comunque, la comunicazione è obbligatoria e, riteniamo, dovuta anche
se l’attività è antecedente alla messa in Cig.
Ciò in quanto quello che la legge vuole impedire è il cumulo totale tra integrazione salariale e reddito, cosa
che si verifica anche se l’attività autonoma fosse precedente ala Cig.
Dato che la circolare 130/2010 dell’Inps fissa le regole del
cumulo parziale tra reddito autonomo e integrazione salariale, proprio la comunicazione del reddito autonomo
permetterà all’Inps di modulare l’erogazione del trattamento di Cig.
A cura di Pietro Gremigni
OPZIONE DONNA, REQUISITI
«FISSATI» AL 2014
 Mia moglie ha 56 anni di età e 37 anni di contributi nel
settore commercio . Potrà fruire della opzione donna? In caso
di risposta negativa, a quale età potrò percepire la pensione?
G.B. – MANTOVA
A
l momento la risposta è negativa poiché, secondo le interpretazioni di Inps e ministero del Lavoro, i requisiti
vanno perfezionati tenendo presente che entro il 2015
deve risultare aperta la finestra mobile di 12/18 mesi. Ciò
equivale a dire che i requisiti dovevano essere perfezionati
nel2014.Tuttavia,dopol’estate,conlapresentazionedelDdl
Stabilità potrebbero aprirsi spiragli di proroghe o interventi
correttivi, secondo i diversi progetti di legge depositati in
Parlamento. Sulla base delle stime della speranza di vita future, e fatti salvi gli effettivi adeguamenti, la pensione di vecchiaia della moglie del lettore sarà perfezionata non prima
del 2026, mentre le pensione anticipata – indipendentemente dall’età anagrafica – si perfezionerà al raggiungimento di
42 anni due mesi di contributi nel biennio 2019/2020. Anche
in quest’ultimo caso, il requisito è stimato.
A cura di Fabio Venanzi
Ecco il significato delle abbreviazioni normative contenute nell'Esperto risponde
Dm
= Decreto ministeriale
Dl
Cm
= Circolare ministeriale
Dlgs = Decreto legislativo
Rd
= Regio decreto
Numero 25 - 29 giugno 2015
= Decreto legge
Tuir = Testo unico delle imposte sui redditi
Dpr
= Decreto del Presidente della Repubblica
Dpcm = Decreto del Presidente del Consiglio del ministri
903
L’esperto risponde
Istruzioni per l'uso
ONLINE IL SITO DELL’ESPERTO RISPONDE
www.ilsole24ore.com/espertorisponde
1 È online la nuova versione del sito dell’Esperto risponde. Un
portale che valorizza i punti di forza della rubrica fondata nel
1984 e li integra con i Forum tematici abbinati alle Guide
pratiche pubblicate ogni lunedì con il Sole 24 Ore.
1 Sul sito dell’Esperto risponde è possibile cercare la risposta al
proprio caso specifico all’interno di una banca dati che conta
oltre 200mila quesiti. Inoltre, lo stesso motore di ricerca
integra le risposte fornite dagli esperti nei Forum tematici,
come quelli sui bonus casa, le pensioni, la Tasi.
1 Dallo stesso sito si può inviare una domanda agli oltre 100
esperti del Sole 24 Ore e partecipare ai Forum di volta in volta
attivati su t emi d’attualità. Da oggi, infatti, va in pensione
l’invio delle domande in forma cartecea tramite coupon e via
fax, e internet diventa l’unico canale per l’invio di quesiti.
PER CERCARE UNA RISPOSTA
1 È possibile
consultare
la banca dati
delle risposte
con una
ricerca per:
eparola
rargomento
tfascicolo
1 Tra i risultati
della ricerca
appaiono:
ele risposte
pubblicate
ogni lunedì
sull’Esperto
risponde
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1 Per inviare
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24 Ore (la
registrazione
è gratuita)
904
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una domanda
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“classico”
dell’Esperto
risponde
ri Forum
attivati di
volta in volta
su temi
d’attualità
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