IL COMPAGNO
BRIZIO.
®
GIORNALE
DOMENICA 2 APRILE 2006
DEL
EDITORIALE
Questo non è un esperimento letterario o editoriale, né un contenitore di
altro: è il mezzo di comunicazione e
propaganda scelto dal circolo di
Rifondazione Comunista di Calimera,
“Polemonta”.
E’ tempo di elezioni politiche, lavoriamo a Calimera da circa un anno in
forma strutturata, quindi ci interessa
che al lettore arrivino i nostri buoni
motivi per esprimere il proprio voto a
questo partito.
Se Rifondazione a livello nazionale ha
scelto la via del dialogo con il centrosinistra proponendosi come forza di
Governo del Paese, lo ha fatto in virtù
di un accordo di programma con
l’Unione e non certo per senso di
colpa per la passata esperienza, che
agitò tante speranze per ridurre tutto
ad ingiuste accuse di inaffidabilità.
Noi sosteniamo questa scelta perché
è importante che il Governo
Berlusconi sia deposto, che ci sia in
Italia una netta inversione di tendenza
basata su un senso comune di Paese
e crediamo che ciò sia possibile solo
con il contributo della Sinistra. Come
punto di partenza un Programma, una
sintesi avanzata di tante proposte a
cui saremo fedeli passo passo, con l’idea che quanto scritto sia una serie di
punti di partenza; contro le guerre
tutte e il liberismo (con le sue implicazioni, tante…) che devastano la salute
delle società ad uso e consumo di
pochi.
La
partecipazione
di
Rifondazione nel futuro Governo è l’esplicita ammissione di questi principi
da parte del centrosinistra: volete
vedere che l’Italia cambia davvero?
Alle prossime elezioni, Rifondazione in
Italia come noi a Calimera sta lavorando per invertire la rotta, possibile a
nostro avviso solo con una sinistra
forte. Riteniamo sia utile sostenerci per
questo: per ridare dignità al lavoro
umiliato dalla Legge 30, per ridare
senso ad una scuola pubblica che
non indirizzi in funzione della classe
sociale, per applicare la nostra
Costituzione di Pace, per i diritti di tutti
oltre il proprio passaporto o le proprie
scelte personali, per l’ambiente, l’acqua, l’aria, la salute, la cultura come
beni comuni e per tracciare una
nuova idea di progresso e sviluppo.
Berlusconi deve essere sconfitto con il
voto e il voto a Rifondazione è una
forte spinta a liberarci anche del berlusconismo, da questa malattia di
svuotamento della politica in favore di
autoritarismi, ingerenze contro la laicità dello Stato, derive liberiste e attacchi al pilastro della giustizia.
Berlusconismo che, con parodie di sé
stesso e con il rispetto delle dovute
proporzioni!, ritroviamo anche a
Calimera nelle persone che amministrano il Paese con passaggi e forzature al limite delle procedure di controllo e della decisione democratica e
con un’idea di grandezza a venire per
il nostro Comune la cui giustificazione
a volte ha carattere di banalità e ridicolaggine.
Daremo il nostro contributo per creare
le condizioni perché il centrosinistra
nel Paese possa ricomporsi nell’ambito della politica, recuperando l’unità
dei partiti e delle persone, con presupposti nuovi e senza ambiguità, a patto
però che la costruzione del nuovo
Paese parta ora.
Il 9 e 10 aprile è importante dare il
segno numerico che il centrosinistra e
la sinistra a Calimera godono di
buona salute, un voto nel voto.
Il circolo “Polemonta” lavorerà sempre per dare forza a temi importanti
come la pace, i diritti, il lavoro, la giustizia sociale, l’ambiente, e contro una
gestione del bene pubblico a tutti i
livelli verticistica, interessata e imparentata ; Rifondazione, la sua politica,
si alimenta di questi ideali, per questo
chiediamo il vostro voto.
Il compagno Brizio è una simpatica
speranza…
Antonio Montinaro
B
attere Berlusconi è
necessario!
Ma
non basta: dobbiamo battere il berlusconismo per cambiare
realmente le condizioni
del Paese.
Gusti esotici per palati fini.
D
el resto se una persona notoriamente di
buongusto come l’ex improbabile
Ministro Calderoli l’ha definita testualmente
una porcata, questa nuova Legge elettorale qualche retrogusto strano ce l’avrà pure.
E infatti, oltre a offrire irresistibili spinte alla
partecipazione, come ad esempio le liste
bloccate e a serbare altre sensazionali novità, questo spettacolare esempio di architettura elettorale ha anche risvolti moralizzanti.
Come pochi sapranno, infatti, il sistema di
sorteggio dei quattro scrutatori presenti in
ogni seggio, in vigore dal 1989, è stato mandato a farsi benedire da uno degli articoli
della truffarellum.
Da questa tornata elettorale infatti si procederà alla nomina degli scrutatori. Proprio
così. Sarà una Commissione formata per tre
quarti da elementi della maggioranza di
Governo delle Amministrazioni Comunali e
per solo un quarto dalla/e opposizione/i ad
investire di tale prestigiosa (e remunerativa)
carica.
I risvolti di questo simpaticissimo ritorno di
fiamma per il clientelismo old school sono
abbastanza evidenti.
Innanzitutto immaginiamo quali criteri
saranno seguiti per procedere alla nomina.
Siccome credo che anche voi riusciate
senza troppo sforzo ad immaginarli, risparmio di enunciarli.
Poi sarà interessante documentare le file
chilometriche di questuanti cestodifruttamuniti dietro le porte di Sindaci e Consiglieri.
Scene che ricorderanno le code agli sportelli postali per la regolarizzazione dei lavoratori migranti, probabilmente.
Sarà ancora interessante notare come il
buon vecchio voto di scambio tornerà a
trionfare... centocinquanta euro per una
crocetta sul simbolo giusto (se l’aspirante
scrutatore ha la razza lunga tanto meglio...).
Un vero esempio di trasparenza e di equità.
Bisogna però aggiungere che il buon gusto
di alcuni Amministratori, ha portato a procedere comunque al sorteggio anziché alla
nomina personale. Un esempio su tutti può
essere Mesagne.
E a Calimera? Beh. Il buon gusto degli
Amministratori Nostrani lo conosciamo
bene: si procederà alla nomina…
Se già con il meccanismo del sorteggio si
era spesso turbati, in corrispondenza delle
elezioni, da strane sindromi di deja-vu nei
confronti delle Commissioni di seggio, ora ci
dovremo abituare a riconoscere e salutare i
nostri scrutatori con l’affetto e l’affabilità
che riserviamo al nostro salumiere di fiducia.
Luigi Gabrieli
www.vuoivedereche.it
CIRCOLO PRC - CALIMERA
L’economia è al collasso: il potere d’acquisto dei salari è drasticamente diminuito, la precarietà delle nuove forme di
lavoro tinge di fosco il futuro delle nuove
generazioni, la crisi delle quarta settimana
colpisce anche i lavoratori stabili, il sistema
pensionistico e previdenziale è stato
smantellato.
Ma il centrodestra ha anche attaccato nel
profondo la democrazia: con una riforma
costituzionale che mette a rischio l’unità
del Paese e del sistema sociale. Ha attaccato lo spirito pacifista della nostra
Costituzione con la partecipazione alla
guerra irachena e lo sbandieramento
dello scontro di civiltà.
Il centrodestra ha minacciato e colpito i
diritti civili: nell’istruzione pubblica è tornata la selezione di classe, si sono moltiplicate le prigioni per i migranti, tanti, troppi cittadini restano tali solo sulla carta.
Rifondazione Comunista ha fatto un’alleanza politica ed elettorale con le altre
forze dell’Unione: l’unità di tutti per mandare a casa una classe politica che sta
rovinando il Paese.
Oggi serve una nuova politica economica
e sociale, serve ampliare la dewmocrazia
e i diritti, serve un nuovo ruolo dell’Italia in
Europa e nel mondo.
Serve un reale e profondo cambiamento
delle politiche del nostro Paese.
Battere le destre con Rifondazione
Comunista significa dare un segno di sinistra all’Unione.
In questi anni abbiamo imparato nel
governo di municipi, città e regioni che
solo con il movimento, la partecipazione
reale delle forze sociali e dei sindacati, si
può cambiare davvero.
Il conflitto iracheno,
guerra di conquista
Esattamente tre anni fa. Era il 20
marzo del 2003 quando la coalizione
dei volenterosi, senza alcun mandato
dell’ONU e senza alcun avallo della
NATO, iniziava le operazioni militari in
Iraq. A capo della coalizione, i
Governi degli Stati Uniti d’America e
del Regno Unito. In seconda fila, i
Governi di Spagna e Polonia. Ad
assecondare la missione, a difendere
con forza le scelte di Washington e
Londra, a proibire l’esposizione delle
bandiere della pace sui balconi degli
edifici pubblici, il Governo Italiano.
Gli esportatori di libertà. Le ragioni di
tale intervento dichiarate dai volenterosi Governi sono semplici e chiare.
Ma non riescono a convincere Paesi
importanti
come
Francia
e
Germania, Russia e Cina; non convincono affatto il Vaticano; non convincono per niente la pubblica opinione
mondiale. Eppure sono ragioni semplici: Saddam Hussein è un dittatore,
possiede armi di distruzione di massa
con le quali è pronto a colpire
l’Occidente, se non oggi domani, ed
è uno stretto alleato di al Qaeda e
del fuggiasco Osama Bin Laden. Ma
soprattutto: in Iraq non c’è né libertà
né democrazia. E quindi c’è bisogno
che qualcuno gliele porti. E la democrazia si porta così, se necessario. Si
segue a pag. 2
Aurora al polo destro
È
’ passato quasi un anno da quando
Forza Italia si è ritrovata in mano le
redini dell’amministrazione pubblica,
grazie a quelle divisioni del centrosinistra
che hanno sacrificato la volontà popolare del Paese. Ed è nel tempo di un solo
anno che la nuova Amministrazione ha
avviato celermente le sue prime impopolari e dannose politiche locali, lontane
anni luce da una corretta interpretazione di sana gestione del bene pubblico e
dell’interesse collettivo.
Basta riferirsi, infatti, a quanto velocemente siano cambiati i rapporti tra
l’Amministrazione Comunale e alcuni
operatori privati quali la Cooperativa
Aurora. Nel luglio scorso, l’odierna Giunta
Comunale ha voluto introdurre alcune
modifiche di ordine finanziario nel contratto
stipulato
tra
Comune
e
Cooperativa Aurora, riguardo la gestione dell’Asilo Nido. Gli amministratori
hanno introdotto tali modifiche tramite
emanazione di una delibera di Giunta,
nonostante lo Statuto Comunale preveda l’emanazione di una delibera di
Consiglio, esponendo irresponsabilmente il Comune a possibili violazioni di ordine contrattuale. È un evidente segno di
arroganza degli attuali amministratori il
fatto che il Consiglio, unico organo rappresentativo degli interessi della cittadinanza, non abbia potuto partecipare né
sia stato informato per tempo di simili
decisioni. Nonostante sia da ricordare
che un Assessore, oltre a badare ai vincoli contrattuali tra Comune e
Cooperativa Aurora, debba badare ai
suoi vincoli matrimoniali con la
Presidentessa
della
medesima
Cooperativa, non vogliamo dubitare
della buona fede degli attuali rappresentanti di maggioranza, ma riteniamo
del tutto errato un simile modo di procedere.
Tutto ciò non è altro che la prova di una
destra poco trasparente nei confronti
della collettività e alquanto incompetente nella gestione degli affari pubblici.
Entrando poi nel merito della delibera, la
quale prevede uno sconto per le famiglie che iscrivono i figli di tre anni ai servizi della Cooperativa Aurora, è da sollevare qualche dubbio sulla correttezza
dei criteri seguiti per l’erogazione del
contributo comunale. Gli attuali amministratori, non tenendo conto dei diversi
livelli reddituali delle famiglie calimeresi,
hanno stabilito che le risorse collettive,
stanziate come contributo per l’iscrizione
ad alcuni servizi della Cooperativa
Aurora, siano distribuite a maggior van-
taggio delle famiglie a reddito più elevato. Infatti, le famiglie appartenenti a
basse classi di reddito possono godere di
uno sconto pari a 49,58 euro mentre
quelle con redditi più elevati arrivano a
beneficiare di uno sconto addirittura pari
a 90,88 euro. Prendendo per buone le
motivazioni contenute nella stessa delibera di Giunta, e cioè che la richiesta di
uno sconto sia pervenuta da alcune
famiglie calimeresi, è da ritenere che tali
famiglie fossero quelle più svantaggiate
economicamente. Pertanto non può
avere alcun senso avvantaggiare i cittadini più abbienti, dimenticando che
Calimera è abitata anche da famiglie
meno facoltose e quindi utilizzare i fondi
pubblici in modo così diseguale non può
che costituire una grave responsabilità
politica cui è necessario dar conto alla
cittadinanza.
Inoltre non si capisce il perché si sia voluto erogare uno sconto esclusivo alle
famiglie con bambini di tre anni e permettere alla Cooperativa di allargare il
suo mercato grazie ai fondi pubblici. Se
pensiamo infatti che a tre anni si può
accedere ai servizi della Scuola
Materna, non sarebbe stato meglio
impiegare le stesse risorse comunali in
altri servizi, magari con una distribuzione
più equa, anziché rischiare di favorire,
anche nella nostra piccola realtà locale,
un’istruzione privata a scapito della pubblica?
Delibera di luglio a parte, qualche interrogativo merita di essere sollevato a
seguito di alcune comunicazioni inviate
dalla Cooperativa Aurora al Comune.
Con esse la Cooperativa ha informato
l’Amministrazione di aver avviato una
serie di attività, come doposcuola e
ludoteca, rivolte ad utenti addirittura fino
a 14 anni di età. A questo proposito
diviene legittimo dubitare, così come ha
fatto l’Unione in sede di Consiglio, se,
quanto contenuto nelle comunicazioni,
costituisca una competenza della
Cooperativa e sia inerente ai vincoli contrattuali
col
Comune.
Qualora
l’Amministrazione preveda l’utilizzazione
di fondi comunali, sia in modo diretto
che indiretto, per la realizzazione di queste nuove attività, tale azione non
potrebbe essere ritenuta pienamente
legittima,
né
da
parte
dell’Amministrazione stessa, né da parte
della Cooperativa. Sosteniamo ciò, sia
alla luce del fatto che non esiste alcun
atto ufficiale, sia in riferimento ai contenuti dell’art. 12 del contratto per la
gestione dell’Asilo Nido.
In base a questo articolo, infatti, la
Cooperativa, in accordo col Comune,
può avviare “ulteriori nuovi servizi integrativi o complementari al servizio di Asilo
Nido”. Essendo queste attività rivolte persino a quattordicenni, come potrebbero
qualificarsi come servizi integrativi o
complementari ai servizi per l’infanzia?
La preoccupazione qui espressa è generata dal fatto che l’Amministrazione
comunale, grazie al suo comportamento
di “silenzio-assenso”, tende ad autorizzare tacitamente ogni felice azione di intraprendenza
economica
della
Cooperativa Aurora. In tal modo quest’ultima ha la possibilità di aumentare le
sue competenze su servizi pubblici che
non le sono propri, ma affidati dal
Comune ad altri Operatori come ad
esempio “il Dado”.
Pertanto, il dubbio che alcuni fondi
comunali, erogati alla Cooperativa
Aurora, vengano utilizzati per ostacolare
l’attività di altri operatori piuttosto che
curare il bene pubblico, non sembra del
tutto infondato. E non è un dubbio infondato il fatto che, grazie ai modi di agire
dei nostri amministratori, la stessa
Cooperativa Aurora potrebbe diventare
quell’unico ente privato in grado di gestire a sua discrezione importanti servizi
pubblici riguardanti l’istruzione delle
nuove generazioni.
Nonostante siamo convinti che a
Calimera si respiri un’aria di grande sfiducia nei confronti degli attuali amministratori (più per loro responsabilità che per
pregiudizio dettato dal nostro colore politico), pare giusto auspicare una diversa
e seria gestione delle risorse collettive a
partire dai servizi per i più piccoli.
Siccome a novembre 2006 il contratto
per la gestione dell’asilo nido cesserà e si
dovrà decidere come gestire questi servizi, auspichiamo (senza scommetterci…)
che gli amministratori sappiano garantire
ai calimeresi quella trasparenza venuta
meno in quest’anno. A tal fine, se si tratterà di indire una gara d’appalto, che sia
una gara con criteri ben definiti e con
competenze ben precise, in cui sia stabilito un vincitore per le sue qualità professionali, in grado di garantire un’equa
erogazione di servizi pubblici. Ma cosa
più importante è che gli amministratori
stiano più attenti ad amministrare le risorse pubbliche con delle valide politiche
redistributive per l’interesse del popolo
calimerese e non, come potrebbe sembrare, di qualche camera matrimoniale.
Angelo Mingiano
segue dalla pag. 1
porta così, con i bombardamenti a tappeto, con le
bombe a grappolo, con le armi al fosforo bianco, con
l’uranio impoverito. La democrazia si sgancia, colpisce e
si diffonde. Qualcuno solleva dubbi? «La solita vecchia
Europa», ci rispondono da Oltreoceano; i soliti «comunisti antiamericani», ci rispondono in casa. Qualcuno fa
notare che Saddam Hussein è stato in passato un alleato americano? «Antiamericani». Qualcuno crede che in
questo modo si darà nuova forza al terrorismo internazionale piuttosto che combatterlo? «Antiamericani».
Qualcuno va pure a pensare che chissà, forse il petrolio... forse ci sono interessi economici… «Antiamericani»...
Così ha inizio un’altra guerra. Che però dura poco: il 1°
maggio, il Presidente americano Bush dichiara al
mondo: «la guerra è finita, il nemico è battuto, oggi il
mondo è un posto migliore».
Perché i comunisti non gli credono? Perché da quel giorno abbiamo visto la violenza aumentare, il mondo insanguinarsi sempre più, il terrorismo nidificare tra le macerie
delle città irachene, abbiamo visto le torture e i rapimenti, le autobomba nei mercati e contro i palazzi dell’ONU,
il fuoco amico sul Palestine e su Nicola Calipari, il fuoco
nemico su Nassiryiah.
È questa una guerra finita? E se 30mila vittime civili irachene sono un prezzo alto da pagare, per quale motivo
è stato pagato? Dov’erano le armi di distruzione di
massa? Avevano ragione gli ispettori dell’ONU, quelle
armi non c’erano. E i legami col terrorismo internazionale? Anche su questo avevano ragione: non si provano
neanche quelli. E pare che su questi punti così importanti nella scelta di muovere guerra, qualcuno abbia mentito sapendo di mentire. Ma tant’è, l’esportazione di
democrazia giustifica ogni mezzo. Gli affari sono affari.
Ma dov’è la democrazia? Il 28 giugno 2004 c’è stato il
passaggio di “sovranità” dal Governo provvisorio a
guida USA al Governo ad interim Iracheno, presieduto
da Iyad Allawi. Da allora gli Iracheni sono stati chiamati
alle urne per ben tre volte: il 30 gennaio 2005 per l’elezione dell’Assemblea Nazionale di Transizione; il 15 ottobre
per l’approvazione della Costituzione; il 15 dicembre per
l’elezione del nuovo Parlamento. A dirla così sembrerebbe il Paese più democratico della terra. Ma senza pace
non può esserci democrazia. E lo dimostrano gli avvenimenti di queste ultime settimane, il riacutizzarsi delle tensioni e degli scontri tra sunniti e sciiti, l’ulteriore rinvio della
sessione d’apertura del nuovo Parlamento (nel quale
nessuna formazione politica può da sola formare un
Governo e sembra sempre più improbabile una coalizione di unità nazionale), il rischio sempre maggiore di una
guerra civile, di una secessione violenta, di un baratro di
violenza che sembra non avere fine e dal quale i
Governi che questo baratro hanno aperto, cercano di
uscirne nel modo meno disonorevole possibile. E tra questi, anche il nostro.
La missione Antica Babilonia. Dopo aver contribuito fortemente, insieme al governo Aznar, a dividere l’Europa
su una questione così rilevante, dopo aver fatto cadere
nel nulla le tante richieste dell’opinione pubblica Italiana
e delle forze di opposizione di operare con mezzi pacifici alla risoluzione della controversia, finalmente nel giugno del 2003 il Governo Berlusconi è riuscito a scendere
in soccorso degli alleati Anglo-Americani con l’invio di
un proprio contingente militare. Il pretesto: la risoluzione
NUOVE
C
TECNOLOGIE
alimera non può andare avanti
cosi! Nell’era della comunicazione, dove tutto il Paese usufruisce di
una connessione a internet a banda
larga, le sfortunate famiglie residenti
nel rione Miccoli, nei pressi di Piazza
Isonzo, la linea ADSL non hanno
neanche l’idea di cosa sia.
Se pensiamo che al Nord Italia la
banda larga presto verrà sostituita
con la linea a fibra ottica e qui nel
Salento ci sono zone ancora con la
vecchia linea a 56K si capisce subito
questa grave carenza.
Una rete wireless (senza fili) pubblica
potrebbe essere una buona idea per
tutte quelle famiglie che ancora non
possono usufruire dell’ADSL a casa
propria, poiché non costa molto e ci
possono essere praticamente infiniti
collegamenti.
Per rimanere in argomento, mi
domando: qualche calimerese ha
potuto usufruire dei servizi offerti da
un gestore diverso da Telecom
Italia?
In tv vedo Valentino Rossi che sponsorizza Fastweb e mi chiedo quando
finalmente potrò rinunciare a
Telecom e al suo costoso canone
per avere un servizio migliore, spendendo molto meno! Senza pensare
più di tanto che pochi sono a conoscenza di Skype, un programma che
permette di parlare via internet con
tutti i telefoni fissi e cellulari pagando
50 – 60 volte meno di quanto si spende ora (mentre se si chiama ad un
altro computer la spesa è ZERO), o di
Voice, ancora più conveniente di
Skype.
Ma passiamo alla tv. Dal 2007, come
da previsioni del Ministero delle
Comunicazioni, il digitale terrestre
supererà la tv analogica (quella che
vediamo da 50 anni). Però chi di
dovere non ci dice che il digitale terrestre è una tecnologia morta perché i servizi che offre (una partita a
3€) lo si ottiene su internet gratis.
Ma v’è di più! Per legge, se vediamo
su internet una partita senza pagarla
è reato. Ora mi chiedo se è veramente reato vedere una partita gratis o se il reato sia il fatto che
Mediaset ruba 3€ per ogni partita…
Le istituzioni dovrebbero far in modo
che le aziende portino anche qui i
loro servizi facendo risparmiare molti
soldi a tante famiglie.
Quale cultura?
1472 adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 28
marzo 2003 nel quale, preso atto dello stato di occupazione militare dell’Iraq, si richiede alle forze occupanti, in
regime di totale anarchia, di prendere tutte le misure
necessarie per garantire alla popolazione civile
Irachena il necessario rifornimento di viveri e medicinali.
Nasce così la missione Antica Babilonia. Una missione di
pace composta da militari che controllano il territorio,
distribuiscono generi alimentari (rivenduti nei mercati di
Nassiryiah), medicinali (in quantità scarsissima), evitano
per quanto possibile scontri tra la popolazione (quando
non ne sono gli artefici). Ma non pacificano. E non possono farlo fino a quando saranno -saremo- considerati, e
a ragion veduta, truppe di occupazione, alleati degli
invasori, alleati di quei Paesi che, indifferenti ai crimini del
dittatore Saddam Hussein quando l’attenzione era rivolta altrove, sono stati pronti a iniziare una guerra distruttiva proprio in memoria delle vittime di quel regime. La
missione Antica Babilonia non convince gli Iracheni. Ma
non convince neanche noi, che pensiamo che una missione di pace si faccia con altre forze, con altri alleati,
con il coinvolgimento della comunità internazionale. E
che leggiamo di un accordo siglato a metà degli anni
novanta tra il dittatore e la nostra Eni per lo sfruttamento
di un consistente giacimento proprio nella zona di
Nassiryiah. Che veniamo a conoscenza di uno studio
commissionato dal Ministero per le Attività Produttive,
ben sei mesi prima dello scoppio del conflitto, in cui il
professor Giuseppe Cassano scrive che non dobbiamo
lasciarci sfuggire l’occasione di insediarci a Nassiryiah in
caso di guerra, «se non vogliamo perdere un affare da
300 miliardi di dollari». Per restare in tema di soldi: la missione Antica Babilonia è costata fino ad ora circa 2
miliardi di euro. Allo stesso tempo i fondi destinati alla
cooperaione internazionale sono stati drasticamente
tagliati: -15%. Attualmente la percentuale del PIL destinata a questo settore è un misero 0,2%. Anche queste
cifre dimostrano che il percorso intrapreso da questo
Governo va in direzione opposta alla strada per la pace.
L’Iraq nel programma dell’Unione. Su un punto così
importante l’Unione intende invertire la tendenza assunta dal Governo di centrodestra e aumentare le risorse
destinate alla cooperazione internazionale per raggiungere progressivamente l’obiettivo dello 0,7% del PIL
(come previsto dagli accordi presi durante il G8 del
2001). E questo perché è ferma convinzione che un
reale e duraturo processo di pace si possa costruire solo
attuando una concreta cooperazione con i Paesi più
poveri, che sono per ciò stesso i Paesi nei quali è più alto
il pericolo di derive autoritarie e militari.
Sviluppo, pace e democrazia devono procedere di pari
passo; una reale sicurezza globale si può costruire solo
attraverso la progressiva riduzione delle spese militari
nazionali, il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali e
dell’Unione Europea, quale voce unica e autorevole
nella diffusione dei diritti civili e delle libertà personali.
Per questo l’Unione ritiene, così come ha compattamente dimostrato in questi anni di opposizione, che la guerra in Iraq e l’occupazione siano un grave errore. Per questo si impegna, in caso di vittoria, a promuovere immediatamente in Parlamento le misure che consentano il
rientro immediato dei nostri soldati.
Marco De Matteis
Bisogna informare, anche, i concittadini sulle tecnologie applicate all’energia.
Forse in pochi sanno che, istallando
dei pannelli solari sul terrazzo, si produrrebbe energia pulita e “non tassata”, con la possibilità di vendere
alla linea nazionale l’energia prodotta e non consumata (sono ancora
molto costosi ma un ottimo investimento), che,se nelle nuove costruzioni si aumenta lo spessore dei muri
e si mettono dei doppi vetri agli infissi si riduce la spesa di riscaldamento
del 30% e il condizionatore d’aria
sarà usato meno, che la produzione
di energia pulita porterebbe molto
vantaggi a tutta la comunità.
Però bisogna ricordare che la tecnologia dovrà diventare sempre più
semplice e accessibile anche a persone che di acqua sotto i ponti ne
hanno vista passare parecchia. Ciò
non vuol dire che le canzoni di Al
Bano trasmesse non – stop nel periodo natalizio in piazza, sia un passo in
avanti per coloro che non conoscono l’utilizzo dei lettori CD, o (per la Par
Condicio) il Led del centro commerciale “Sole” sia il nuovo modo di fare
pubblicità.
Al posto di pensare ad ampliare il
paese perché non lo rendiamo più
moderno?
Pensiamo allo sviluppo come immagine e come pubblicità del territorio
che ci sarebbe per Calimera se solo
chi ha creato il sito lo rendesse attivo
e aggiornato al 100%. .
Allargando il discorso alla Nazione ci
accorgiamo che i nostri costi di connessione sono tra i più cari al mondo
(non solo d’Europa) e che il nostro
Governo dopo cinque anni di evoluzione con il digitale terrestre, ha
inviato un libretto a casa di 16 milioni
di famiglie italiane con un costo di
0.45€ a copia, tra stampa e spedizione, per una spesa di 7.200.000 € (14
miliardi di lire!).
Ma se con quei soldi avesse comprato dei nuovi pc per le scuole non
avrebbe fatto meglio ?
Queste solo alcune delle anomalie
del nostro Bel Paese, viste dalla prospettiva di una Città della Grecìa
Salentina e viste con gli occhi di un
ventenne….
Alberto Antonaci
D
opo
l’esperienza
del
Comitato Vendola e la successiva apertura del Circolo calimerese di Rifondazione è bene
aprire un dibattito sui vari aspetti
politici e culturali del nostro territorio.
Negli ultimi decenni, la scolarizzazione di massa e l’azione dei
mass media hanno teso ad
annullare e neutralizzare tutte le
culture e le tradizioni locali tramandate dai nostri padri, facendoci dimenticare le nostre origini.
Il nostro ruolo dovrebbe essere di
stimolo e di proposta verso l’Ente
locale, primo interlocutore nella
promozione di tali iniziative, al
fine di sviluppare un’azione incisiva.
Un’azione di salvaguardia e promozione della cultura locale ad
opera di studiosi di chiara fama,
come Vito Domenico Palumbo,
ci consente di vivere ancora di
rendita per quanto riguarda la
necessaria documentazione del
patrimonio culturale grecofono.
Nulla togliendo ai vari studiosi,
ricercatori e depositari di testimonianze orali e scritte e a coloro
che, con il loro costante impegno, speso nelle varie associazioni, rievocano antichi riti e tradizioni, si deve comunque rimarcare
l’assenza di una programmazione che riconduca tutti gli sforzi in
un unico piano d’intervento.
È necessario che gli Enti locali
non si limitino ad erogare finanziamenti o a patrocinare progetti, per quanto possano essere
validi perché, se non si intraprende la strada della programmazione, tali interventi rimarranno
fini a se stessi senza contribuire a
valorizzare o proteggere effettivamente la nostra cultura.
Per questo noi lanciamo la nostra
proposta: la costituzione di una
Consulta Permanente dove la
guida politica degli Enti locali e le
prerogative delle associazioni
che, per loro vocazione statutaria, si impegnano, in questo settore, si possano incontrare.
Solo in questo modo si può costituire un soggetto stabile che programmi e consolidi gli interventi
finalizzati ad una tutela e promozione del patrimonio tramandato
dai nostri padri e solo così tali
interventi potranno avere un’efficacia effettiva.
Donata Maggiore
Qualità, legalità, sicurezza in edilizia: per una nuova cultura.
di Giuseppe Maggiore
Fermo (Ascoli Piceno), 11/01/2006:
Andrea, operaio edile di 32 anni,
cade dal primo piano di un edificio
in ristrutturazione per assenza di
parapetto. Muore, trafitto da un tondino in ferro sporgente da un pilastro.
Venezia,09/02/2006: Salem, lavoratore albanese, morto a seguito di
una caduta mentre lavorava in un
cantiere edile. Per coprire l’infortunio, il lavoratore è stato portato in
strada e l’impresa ha fatto simulare
un incidente automobilistico.
E’ doveroso partire da due tragici
episodi esemplari per risalire all’analisi di un fenomeno che, in Italia, sta
assumendo dinamiche devastanti:
gli infortuni sui cantieri edili e la
carenza di sicurezza sui luoghi di
lavoro.
Nel corso degli anni, il sistema di prevenzione aziendale e cantieristico è
stato migliorato dall’introduzione di
varie normative che hanno previsto il
coinvolgimento e la partecipazione
diretta dei lavoratori nella valutazione dei rischi. Attraverso la figura del
rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, essi hanno oggi il diritto di
indicare le irregolarità, proporre soluzioni e dare consigli ai propri datori di
lavoro. L’impresa, dal canto suo, ha il
dovere di promuovere un percorso
formativo ed informativo (e non sempre lo fa), per fornire ai lavoratori gli
strumenti necessari per proteggersi
dai vari rischi. Questa sinergia, tra
lavoratori ed imprese, è stata creata
per responsabilizzare i vari soggetti
ma evidentemente il verificarsi di
episodi come quelli citati, fa evincere una sbagliata o addirittura mancata applicazione della Legge.
Soprattutto nel settore edile queste
inadempienze hanno inesorabilmente portato a numerosi infortuni di cui,
purtroppo, alcuni mortali.
Ma cos’è In realtà un cantiere edile?
Per molte persone si tratta generalmente di un luogo polveroso, individuabile dall’installazione di una gru,
dove sorgerà una casa o un palazzo
di quelli che hanno invaso le nostre
periferie, in cui lavorano operai,
altrettanto polverosi e umili. Delle
semplici braccia da lavoro. Invece
spesso questa è una realtà pervasa
da ansie, inquietudini, sfruttamenti e
tanti incidenti invalidanti.
Le cosiddette morti bianche registrate in questi primi mesi dell’anno sono
già 40, contro le 191 del 2005, le 232
del 2004, le 213 del 2003.
Da un’indagine svolta dall’ANMIL
(Associazione Nazionale Mutilati e
Invalidi del Lavoro), riferita al mese di
agosto, è emerso che ogni giorno si
registrano in Italia 4 morti per incidenti sul lavoro, oltre 2500 infortuni e
più di 100 invalidità permanenti.
Nel corso dei decenni, le cause principali di infortuni sul lavoro, sono
rimaste sempre le stesse e la caduta
dall’alto rimane ancora la prima e
più banale causa di morte nei cantieri edili. Eppure potrebbe essere
facilmente evitata applicando le più
elementari regole di prevenzione e
protezione come la costruzione di
ponteggi e parapetti a norma e l’utilizzo dei più comuni dispositivi di protezione individuale (caschi, imbracature, occhiali, guanti, cuffie, scarpe
antinfortunistiche….).
Ciò conferma che il fenomeno degli
infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali è diventato ormai di
grave impatto sociale.
E tutto ciò è in netta controtendenza con le statistiche INAIL, che registrano un calo delle morti, ma
basandosi solo sugli incidenti registrati, quelli ufficiali. Dati ufficiali che
molto spesso coincidono con la diminuzione di lavoro regolare e che, talvolta, vanno incrociati con un
mondo parallelo di cui nessuno fornisce statistiche certe: quello irregolare, dei lavoratori in nero che in edilizia raggiunge proporzioni enormi,
con punte del 50% sul totale degli
occupati.
Manca la cultura della sicurezza tra
molti titolari d’imprese edili che
andrebbero sensibilizzati maggiormente in materia. Soprattutto, non si
è ancora ben compreso che le
nuove normative sono state varate
per aiutare l’intero sistema aziendale
visto che, anche nel Salento, si osservano ancora con grande sconcerto,
cantieri che navigano nell’illegalità.
Da sempre gli enti appaltanti anche
pubblici, spesso per un ritorno economico, preferiscono affidare le
opere ad imprese che offrono costi
di lavorazione al massimo ribasso,
pur sapendo che questo si traduce
prima nella non applicazione delle
norme di sicurezza e poi nell’utilizzo
di lavoro irregolare. Ma è ammissibile
che, in una delle maggiori economie
europee, nel 2006, c’è ancora chi
considera la sicurezza dei lavoratori,
la loro vita e la loro salute come
grandezze economiche, un semplice aumento di oneri del processo
produttivo o un costo inutile e superfluo per le imprese? Noi crediamo
invece che essi siano valori umani
fondamentali che vanno salvaguardati sempre ed a qualsiasi costo!
La riduzione dei costi sulla sicurezza e
sul lavoro, favorita dalle politiche
dell’attuale Governo e prevista nella
prossima Finanziaria, avrà pure contribuito all’aumento delle opere edilizie, a discapito spesso della qualità
delle stesse. E quando si parla di
qualità non si può certo tralasciare
uno dei fiori all’occhiello del mondo
dell’edilizia : il settore del restauro e
dei beni culturali.
Il governo Berlusconi, nei 5 anni di
legislatura, ha sistematicamente
ridotto le risorse destinate allo sviluppo di questo settore. L’esercito di
restauratori e archeologi, stimati
attorno ai 30.000, ma riconosciuti in
appena 600 dallo stesso Governo,
sono costretti a lavorare senza una
normativa in grado di riconoscere e
valorizzare la propria professionalità.
Anche in questo caso, il Governo
ritiene più conveniente favorire un
sistema fondato su poche professionalità riconosciute, anche se non
competenti, da sfruttare con bassi
salari e prive delle tutele più elementari, dalla sicurezza alla previdenza.
Ed è poi per questo che si è costretti
ad assistere a degli obbrobri che
sono il risultato della cementificazione di importanti opere e strutture
architettoniche.
Certamente è difficile pensare che
la rotta si possa invertire se al timone
c’è un Governo che preferisce:
indebolire e ridurre gli organi ispettivi
di vigilanza in materia di sicurezza dei
luoghi di lavoro;
far finanziare le autorità di vigilanza
direttamente dall’impresa;
dare la possibilità di affittare, da altre
imprese, i requisiti per partecipare
alle gare d’appalto(perché magari
l’impresa interessata non li possiede);
depenalizzare e deresponsabilizzare
le imprese in materia di sicurezza,
tentando di modificare il Testo Unico
(tentativo sventato solo grazie alle
continue lotte condotte dalle organizzazioni sindacali di categoria);
tagliare fondi alle Regioni, con politiche sbagliate come la Devolution, a
danno di quelle più povere che
avranno sempre meno risorse da
investire in infrastrutture e beni culturali.
Nella nostra Provincia c’è stata, ultimamente, una presa di coscienza
sulla situazione d’illegalità in edilizia.
È stata individuata, come soluzione
al problema, l’istituzione di uno strumento
chiamato
D.U.R.C.
(Documento Unico di Regolarità
Contributiva), operativo da quest’anno, rilasciato dagli enti preposti
(INPS, INAIL e Cassa Edile) alle imprese che vogliono aggiudicarsi lavori in
appalto, solo previo possesso di
requisiti di idoneità professionale, di
regolarità contributiva ed in materia
di sicurezza. Questa iniziativa è stata
ripresa anche in un tavolo concertativo tenutosi il 20 febbraio scorso,
presso la Prefettura di Lecce, alla
presenza del Prefetto Casilli, dell’On.
Mantovano, Sottosegretario agli
Interni, dei dirigenti di INPS, INAIL,
Cassa Edile, ASL, Organizzazioni sindacali di categoria, ufficiali della
Guardia di Finanza e Sindaci dei
Comuni dai 10.000 ai 15.000 abitanti.
L’obiettivo di questo incontro è stato
anche quello di costituire una rete
socio-istituzionale per contrastare l’illegalità del lavoro privato e di
denunciare una situazione che
vede, nella nostra Provincia, su 120
ispezioni effettuate dall’INAIL, oltre il
40% dei cantieri edili non a norma.
Risulta decisivo l’intervento di
Istituzioni e parti sociali nel promuovere la cultura della sicurezza nei
cantieri e nella repressione del lavoro nero perché condurre una battaglia per la qualità del lavoro in edilizia significa anche valorizzare un
mestiere che va dal mettere insieme
tre mattoni fino al restauro di dipinti o
opere di secoli fa e aver rispetto per
la dignità, spesso negata, della persona che investe se stessa in questa
attività.
I don’t spicchio Chiaffa
“[...] A Calimera esistono due zone
di ampliamento, una alle spalle
della scuola materna e l’altra
verso l’uscita per Melendugno.
Siccome guardando il nostro
paese dall’alto, con una foto
areofotogrammetrica potremmo
notare che manca uno spicchio
nella zona Chiaffa, questa dovrebbe essere completata”. Questa la
sorprendente dichiarazione che
Luigi Mazzei, Assessore ai Lavori
Pubblici e all’Urbanistica del
Comune di Calimera, ha rilasciato
nei giorni scorsi al foglio locale di
informazione “Il Grido” a proposito
del discusso ampliamento delle
aree fabbricabili del paese.
La vicenda della zona Chiaffa si
trascina da anni nelle sale della
politica calimerese ed è uno dei
retroscena sui quali si sono basate
le vicende elettorali dello scorso
anno. Roba da addetti ai lavori,
ma che potrebbe portare alla trasformazione del volto di Calimera
continuando quel processo di
deterioramento del tessuto edilizio
ed urbano che passa per i recenti
sventramenti di alcuni isolati con
l’abbattimento di decine di coperture a volta, e di cui è perfetto
esempio la piazza del Sole.
L’interesse sull’area Chiaffa nasce
dal fatto che a inizio anni ’70
(periodo di immaginifiche e futuribili grandezze calimeresi), con l’adozione del Programma di
Fabbricazione come strumento
urbanistico generale, si prevedevano diverse aree di espansione
urbana. La zona Chiaffa era una di
queste.
Nel corso degli anni altre aree di
espansione sono state oggetto di
lottizzazione, in particolare la zona
Opere, ed anche altre aree definite di completamento sono state
edificate andando ad incrementare nel tempo l’offerta edilizia del
nostro paese.
Prendiamo in analisi il caso della
contrada Opere, area per così
dire “gemella” rispetto alla zona
Chiaffa. Calimera contava nel
1971 poco più di 6.000 anime,
dieci anni dopo, nel 1981 la popolazione era salita a circa 7.000 abitanti, erano necessarie nuove
case. Utilizzando gli strumenti urbanistici attuativi previsti dalla norma,
e cioè redigendo un piano particolareggiato, intorno al 1981 il
Comune di Calimera decideva
l’urbanizzazione dell’area. Nella
relazione al piano particolareggiato della zona Opere si legge che le
aree destinate a residenza erano
pari a 27.300 mq (superficie coperta al piano terra) e che l’altezza
massima prevista per gli edifici non
doveva superare gli 11 m (il che
consente l’edificazione fino a 3
piani fuori terra). Se consideriamo
per ogni nucleo familiare composto da 4 persone un appartamento di 100 mq, è sufficiente un calcolo elementare per stimare che
l’operazione di lottizzazione della
sola zona Opere permise di rispondere ad un fabbisogno abitativo di
La situazione demografica degli
anni successivi vede Calimera crescere con ritmi ben più lenti: nell’arco di 24 anni, dal 1981 al 2005
la popolazione cresce di appena
307 unità (7.042 residenti nel 1981,
7.349 residenti nel 2005).
Negli anni ‘90 dunque la reale problematica legata allo sviluppo del
territorio, più che l’espansione
resta la necessità di dotare il
Comune di un Piano Regolatore
Generale che superi il meno raffinato Programma di Fabbricazione
vigente. Uno strumento utile alla
pianificazione e l’utilizzazione del
territorio con il quale affrontare le
questioni dello sviluppo locale, del-
oltre 2.000 persone (540 famiglie
composte da 4 persone), due
volte la domanda abitativa.
Inoltre, contestualmente al piano
particolareggiato fu attivato il
piano di zona per l’edilizia economica e popolare (PEEP) con il fine
di definire ed inquadrare urbanisticamente le aree destinate alla
realizzazione di case destinate
all’edilizia sovvenzionata andando
così ad incrementare ulteriormente la disponibilità di alloggi nel
nostro paese.
l’ampliamento dei servizi, della
modernizzazione ed adeguamento delle reti nonché la necessità,
mai affrontata prima, di salvaguardare gli elementi che caratterizzano il nostro tessuto urbano e la storia del modello di insediamento
locale.
In
realtà
già
nel
1982
l’Amministrazione
Comunale
aveva conferito ad alcuni professionisti l’incarico di redigere il PRG,
ma si deve attendere l’ottobre del
1997 perché i tecnici depositino il
PUGLIA: quella che stiamo cambiando
L
a Puglia Migliore che era nei
nostri slogan nella campagna
elettorale un anno fa ha trovato
la sua realizzazione. Non è rimasta una di quelle promesse
populistiche tanto care al
Cavaliere. È nelle cose. E ci proponiamo di esportarla a livello
nazionale.
La Puglia Migliore è nella sanità,
dove in un anno le persone che
sono totalmente esenti dal
pagamento del ticket son passate da 685.000 ad 1.612.00.
Quasi un milione in più. Tutto ciò
nonostante i ripetuti tagli ai
fondi da parte del governo
nazionale.
La Puglia Migliore è nel lavoro,
dove grazie all’approvazione
della legge sulla conservazione
dello status, chi è disoccupato
ed ottiene un contratto a
tempo determinato di durata
inferiore ai 12 mesi, non perderà
lo status di disoccupazione e
con esso conserverà le tutele
che gli sono dovute in quanto
precario. Inoltre con la legge
sull’apprendistato professionalizzante la formazione permanente viene trasformata da sotterfugio contrattuale per i datori di
lavoro a momento di vera innovazione e investimento nelle
risorse umane. La Puglia è la
prima regione del Mezzogiorno
e la quinta in Italia ad approvare un testo di questo tipo.
La Puglia Migliore passa per l’ecologia che riesce per la prima
volta nella storia di questa regione a ritagliarsi un ruolo impor-
tante nello sviluppo consapevole. In questa chiave è stato presentato
il
PEAR
(Piano
Energetico
Ambientale
Regionale) che consentirà alla
Puglia di diventare una delle
prime regioni europee nella produzione di energia pulita e alternativa. E in questa direzione
andrà anche il Piano Regionale
delle Attività Estrattive (PRAE),
ora in preparazione.
La Puglia Migliore è nei servizi
sociali con la riorganizzazione
del welfare regionale che consentirà di aiutare le famiglie
impoverite dalle politiche del
centrodestra, con l’abbattimento della discriminazione
contro chi sceglie forme di convivenza alternative a ciò che
nella nostra tradizione giuridica
è definito come famiglia, con le
politiche abitative, con politiche di sostegno alla crescita dei
minori, con una serie di misure di
concrete di contrasto alla
povertà.
La Puglia Migliore non è stata
una chimera sventolata per una
campagna elettorale per poi
sparire all’orizzonte. La Puglia
Migliore è un cammino, è una
realtà costruita giorno dopo
giorno, tassello dopo tassello. È
un laboratorio di realizzazione di
politiche alternative a quelle
della precarietà imposte dal
centrodestra.
Da qui partiamo per impegnarci
a garantire agli italiani un’altra
Italia. Un’Italia Migliore.
CIRCOLO POLEMONTA
ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 9 E 10 APRILE 2006
VOTA
Mettersi in gioco
RIFONDAZIONE
COMUNISTA
PER
PRODI PRESIDENTE
progetto preliminare di quello che
dovrebbe diventare il PRG di
Calimera.
Ma quello del 1997 è un autunno
caldo, almeno per quanto riguarda l’urbanistica calimerese: il 31
ottobre, una ditta di costruzioni
edili, la Guido & Guido s.r.l. di
Calimera presenta un progetto di
lottizzazione della zona Chiaffa. Il
progetto, nel rispetto delle prescrizioni del PdF, insiste su una superficie fondiaria di circa 167.000 mq
(20.000 mq in più rispetto alla
superficie fondiaria rientrante nel
Piano Particolareggiato della zona
Opere). Seguendo lo stesso ragionamento applicato per la zona
Opere si può stimare che, anche
fissando nel 50% la quota di edifici
destinati a residenza, la lottizzazione permetterebbe di rispondere
ad un fabbisogno abitativo teorico
di 2.400 persone, il che alla luce
dei suddetti dati demografici
rende ridicola l’intera operazione.
E difficile pensare che una crescita
demografica della popolazione
residente di Calimera negli ultimi
20 anni, pari ad appena 214 unità
(circa 10 persone l’anno), possa
giustificare la lottizzazione di un’area così estesa.
Ciò nonostante, recentemente
l’amministrazione Comunale ha
adottato il Piano Pluriennale di
Attuazione, di fatto un cronoprogramma, funzionale all’accelerazione delle procedure finalizzate
alla cementificazione dell’area
Chiaffa.
Con l’adozione di questo strumento urbanistico è chiara l’intenzione
della giunta Rosato di apportare
una radicale trasformazione del
territorio. Ma il paese è piccolo e la
gente mormora, e dunque a
Calimera non è propriamente un
mistero che grandi interessi economici gravino sull’area in questione.
Pare che alcuni personaggi, con
importanti incarichi politici nella
presente e passata amministrazione abbiano legato alla zona
Chiaffa la sorte della propria carriera politica, e adesso vorrebbero
concretizzare i loro progetti.
Dunque l’edificazione delle aree in
oggetto risponde ad un interesse
collettivo oppure a logiche di speculazione fondiaria ed edilizia?
Gli amministratori di Calimera
hanno riflettuto su cosa significa
avviare una così ampia trasformazione del territorio ai fini dell’identità stessa di Calimera?
Noi crediamo che regolare la pianificazione e l’uso del territorio di
una città significa pensarne lo sviluppo. Forse conviene allora figurarsi una città viva e organica, vivibile dai suoi cittadini e da tutti
quelli che vi operano, una città
che nelle sue parti conservi, almeno per quel poco che le rimane, le
peculiarità locali fatte di grandi
isolati dal cuore verde, architetture
contadine di pietra, magnifiche
coperture a volta. Una Calimera
che accanto alle nuove costruzioni custodisca per le generazioni
future le tipologie caratteristiche
dell’area mediterranea come le
case a corte, che mantenga la
memoria dell’incredibile rapporto
tra città e campagne tipico di
un’economia contadina ormai in
declino. E’necessario ripensare
globalmente ad una cittadina che
possa attrarre i turisti, ma anche in
grado di aggregare strutture per il
terziario e per il terziario avanzato,
motori dell’economia occidentale, inserendosi in un moderno contesto produttivo. Una cittadina che
sia vivibile, dagli spazi a misura
d’uomo piuttosto che dalle periferie spersonalizzanti e vuote.
Pensare la forma della città significa poi scommettere sulla ricchezza che può venire dal rispetto delle
caratteristiche di un luogo.
Calimera ha già pagato duramente il prezzo di scelte sbagliate compiute in passato e che hanno portato, tra i risultati più visibili, alla
scomparsa di buona parte del centro storico sostituito da ingombranti
casermoni da periferia.
Le scelte della pianificazione urbanistica devono discendere, piuttosto che da sommarie valutazioni di
ordine puramente formale, da
un’analisi approfondita e qualsiasi
decisione su una materia così complessa dovrebbe basarsi in primis sui
dati statistici di incremento demografico, e comunque sulle reali esigenze di una collettività. Ma le
ragioni utilizzate da chi è favorevole all’edificazione della zona
Chiaffa probabilmente sono altre.
Circolo Polemonta
P
er le nuove generazione
Calimera è sempre stato un
paese dormiente, assopito in una
tranquillità irreale. Niente di eclatante, tutto soffocato in un pesante
silenzio. Non perché i problemi non
ci siano ma perché mettersi in
gioco non è molto semplice. Serve
il coraggio di esporsi, di prendersi
delle responsabilità. Ma se non si
parla, le cose non cambiano.
Noi
abbiamo
deciso
che
Calimera si deve svegliare. Il silenzio ai giovani non piace, non ci
piace. Per questo è nato “Il
Grido”, un foglio ripiegato che
raccoglie le grida dei giovani che
vogliono avere un ruolo nella vita
di Calimera e non si accontentano di esserne solo il futuro.
Non esiste una redazione ma un
collettivo redazionale che, oltre ai
propri, accoglie articoli da quanti
vogliono far sentire la propria
voce. Raccogliamo tutto senza
fare distinzioni di sorta. Ci definiamo apolitici, non perché la politica non ci interessi ma perché
vogliamo evitare strumentalizzazioni. Noi la politica la trattiamo
ma non la facciamo.
Vediamo le cose con l’occhio
pulito di chi non ha interessi, anzi
solo uno: ereditare un paese educato alla partecipazione e aperto
ai cambiamenti.
In tre numeri i risultati sono stati
soddisfacenti. Abbiamo visto l’entusiasmo di alcuni e le critiche di
altri, ma abbiamo accolto tutto
allo stesso modo per poter migliorare. Scrivere un giornale non è
facile, noi ci siamo improvvisati
giornalisti senza nessuna pretesa.
Eppure questo “foglio” funziona.
Dopo anni ha risvegliato i calimeresi dal loro sonno, ha saputo stupire quelli che dai giovani di
Calimera non si aspettavano più
nulla e quelli che avevano tanto
da dire ma non vedevano il modo.
Adesso un mezzo c’è. E ne stanno
nascendo altri. Che si stiano smovendo le acque dello stagno calimerese? Noi lo speriamo.
Noi de “Il Grido” non possiamo
fare altro che ringraziare la redazione de “IlCompagno Brizio” per
averci dato spazio e dare il nostro
“in bocca al lupo” per la buona
riuscita di questo giornale.
Lusiana Maggiore
Patate dolci e veleni industriali
C
alimera e Vernole non sanno.
La gente di Melendugno invece qualcosa sa, non molto in realtà,
ma la percezione del rischio c’è, ed
è già molto. Dall’ormai lontano
1999, grazie all’iniziativa economica di un abile imprenditore, un’area estesa poco più di due ettari tra
gli oliveti e i muri di pietre a secco
della campagna di Terra d’Otranto
è diventata incredibilmente produttiva. In realtà i prodotti di questa
azienda, al contrario di quello che
ci si potrebbe aspettare, non sono
olio, patate dolci o agrumi. Tra
Calimera, Melendugno e Vernole,
in un impianto dedicato, avviene il
trattamento di rifiuti liquidi speciali e
pericolosi, sia di origine civile sia di
derivazione industriale. Si tratta di
un’attività molto redditizia, i cui prodotti sono fanghi inquinanti e reflui
liquidi che sono smaltiti nel sottosuolo e nella rete di fognatura nera.
La ditta che gestisce l’impianto nel
quale avvengono le lavorazioni è
regolarmente autorizzata e ogni
giorno può lavorare fino a 2000
metri cubi di rifiuti classificati come
speciali e pericolosi. Una realtà
imprenditoriale senz’altro degna di
nota. Eppure nel dicembre 2004,
l’impianto per il trattamento di rifiuti
speciali e di quelli pericolosi di
Melendugno è posto sotto sequestro dai Carabinieri per la tutela dell’ambiente. Nell’impianto sarebbero stati trattati rifiuti liquidi industriali
incompatibili con l’autorizzazione.
Siamo di fronte ad un impianto tecnologicamente all’avanguardia, in
grado di trattare “tutte le tipologie
di rifiuti liquidi, anche le più inquinanti” come afferma la ditta, o ad
una bomba ecologica pronta ad
esplodere, come si afferma da più
parti?
Ma andiamo con ordine. Tutto inizia
alla fine del 1991 quando
l’Amministrazione Comunale di
Melendugno, autorizza la società
Ecolio S.r.l. a realizzare, su un’area
fino ad allora coltivata ad oliveto e
vicinissima ai dolmen “Placa” e
“Gurgulante”, un “impianto per il
trattamento di acque di vegetazione” (le acque di vegetazione sono
il refluo liquido proveniente dal processo di produzione dell’olio di
oliva).
Il soggetto proponente, la società
l’Ecolio S.r.l., è una ditta con sede
legale a Bari. Il suo proprietario ed
amministratore unico si chiama
Italo Forina, ed è già proprietario e
legale rappresentante della ditta
S.OL.VI.C. con sede a Canosa di
Puglia che svolge la sua attività di
trattamento rifiuti dal 1992 smaltendo oltre 100 milioni di kg all’anno di
rifiuti liquidi speciali e pericolosi provenienti da varie regioni d’Italia. Il
sig. Forina, uno specialista nel settore dello smaltimento rifiuti, verrà
arrestato nel gennaio 2005 dai
Carabinieri per la tutela dell’ambiente con l’accusa di essere coinvolto in un traffico illecito di rifiuti
derivanti da procedimenti industriali.
Ma torniamo alla nostra storia. Nel
maggio del 1994 la Provincia di
Lecce approva il progetto presentato dalla ditta Ecolio, e in seguito
approva una variante al progetto
iniziale che permette all’Ecolio di
trattare , oltre alle acque di vegetazione, anche liquami civili provenienti da fosse settiche.
Due anni dopo, le vasche dell’impianto, situato in aperta campagna ed al riparo da sguardi indiscreti ormai sono in funzione. Dal
1998 in poi però una serie continua
di inconvenienti susciteranno l’attenzione dell’opinione pubblica e
degli enti coinvolti: valori delle analisi effettuate sui reflui fuori norma,
scarico superficiale di acque reflue
inquinate, “fumi maleodoranti, acri
e penetranti” provenienti dall’impianto di depurazione Ecolio e che
interessano
il
comune
di
Melendugno, etc.
Nonostante questi preoccupanti
segnali l’impianto continua a lavorare regolarmente, anzi nel gennaio 1999 la ditta Ecolio si candida
al salto di qualità. Il signor Italo
Forina, in qualità di amministratore
unico della Ditta, chiede alla
Provincia l’autorizzazione a poter
trattare nell’impianto rifiuti liquidi
industriali speciali e pericolosi. Una
svolta importante, ufficialmente
non condivisa dal Comune di
Melendugno, ma che a giudizio
dell’Amministrazione Provinciale
non comporta sostanziali cambiamenti. Dunque nel marzo 1999 la
Giunta Provinciale concede alla
ditta Ecolio S.r.l. l’autorizzazione
provvisoria al trattamento di rifiuti
liquidi speciali e pericolosi.
Da questo momento in poi a
Melendugno si potranno trattare un
numero sempre crescente di tipologie di rifiuto in quantità sempre più
grandi: la capacità di trattamento
dell’impianto passa dai 100 mc al
giorno, fino a 2000 mc al giorno, le
autorizzazioni saranno regolarmente rinnovate e saranno estese le
tipologie di rifiuto trattabili.
Gli accordi con la Provincia prevedono che anche sulle acque in
uscita dall’impianto di depurazione, siano effettuate con cadenza
regolare approfondite analisi chimiche. Le analisi saranno effettuate
ad opera dei tecnici della ASL che
prelevano l’acqua sempre alla presenza di un tecnico della ditta, alle
volte il responsabile tecnico dell’impianto Ecolio, l’ing. Giorgio Potì, di
Melendugno.
I fatti prendono un’altra piega nel
dicembre 2004 quando la procura
di Lecce ha apre un’inchiesta sull’attività dell’Ecolio. L’impianto per il
trattamento di rifiuti speciali e di
quelli
speciali
pericolosi
di
Melendugno è posto sotto sequestro dai Carabinieri del NOE.
Nell’impianto sarebbero stati trattati rifiuti liquidi industriali incompatibili con l’autorizzazione, inoltre sarebbero stati accertati la miscelazione
ed il trattamento di rifiuti pericolosi
non previsti dall’autorizzazione.
Il sequestro è un duro colpo per
l’Ecolio, tanto più che il Comune di
Melendugno
chiede
all’Amministrazione provinciale di
tornare ad esaminare le autorizzazioni rilasciate a suo tempo alla
società, ed evidenzia che la valutazione di impatto ambientale non è
mai stata effettuata.
Siamo all’epilogo, il 14 settembre
2005 la società Ecolio S.r.l. con lo
scopo dichiarato di “portare a soluzione il sequestro preventivo” decide di avviare la procedura di VIA
(valutazione di impatto ambientale) e deposita lo “studio di impatto
ambientale relativo alla piattaforma polifunzionale, per il trattamento dei rifiuti speciali, ubicata in
Melendugno (LE) alla contrada
masseria Zappi”.
Dunque, gli enti competenti
(Provincia di Lecce, Regione
Puglia), al momento del rilascio
delle autorizzazioni, non hanno creduto di dover avviare a garanzia
dell’ambiente (e della salute dei
cittadini) la procedura di VIA.
Inoltre tutta una serie di inconvenienti legati alla qualità delle
acque di falda e alla qualità dell’aria nell’area circostante l’impianto
fino
al
centro
abitato
di
Melendugno caratterizzano il periodo che va dal 1998 fino al 2005.
Infine l’ipotesi della procura di
Lecce secondo la quale nell’impianto sarebbero avvenuti illeciti
ambientali.
Come finirà questa vicenda? La
procura di Lecce continua le indagini, la Provincia di Lecce potrebbe
tornare sulle autorizzazioni, come
richiesto
dal
Comune
di
Melendugno, ma molto dipenderà
dagli esiti della VIA espressa
dall’Amministrazione Regionale. Ed
almeno per una volta i segnali sono
incoraggianti: la Regione, facendo
proprie le osservazioni avanzate da
varie associazioni tra cui WWF,
Legambiente,
Italianostra
e
L’associazione Sete, ha giudicato lo
studio dell’ecolio insufficiente ed
ha convocato una conferenza dei
servizi alla presenza delle amministrazioni
locali
(compreso
il
Comune di Calimera) al fine di fare
proprie anche le istanze delle
popolazioni locali. Al momento dal
Comune di Calimera ci rassicurano:
”abbiamo chiesto che vengano
rispettate tutte le leggi a garanzia
dell’ambiente e dei cittadini”.
Nel frattempo all’Ecolio si lavora, le
autobotti cariche di chissà cosa
continuano ad arrivare da chissà
dove, le associazioni ambientaliste
cercano di organizzarsi e continuano a combattere la loro battaglia
al fianco di una popolazione di
oltre 20.000 persone che appare un
po’ assopita, forse troppo abituata
ai soprusi, ma con una consapevolezza che si fa strada: vivere in un
ambiente sano è una necessità da
garantire e la sostenibilità delle
scelte di oggi è indispensabile per
le generazioni presenti e future.
Alberto Giammaruco
Il Piano Commerciale di Calimera e la favola della formica e della cicala.
In
questi ultimi tempi circola nelle stanze del Palazzo comunale (e non solo)
una bozza di Piano Commerciale,
predisposto dagli uffici competenti su ispirazione
dell’attuale
maggioranza
di
Centrodestra che governa (!?) la nostra Città.
Il Piano Commerciale (PC) – rifuggendo da
ogni nostalgia politico - passatista – dovrebbe
pianificare lo sviluppo commerciale della
nostra comunità in armonia con le sue “reali”
e non “fantasiose” esigenze di vita quotidiana, regolamentando, sostanzialmente, l’apertura e chiusura di esercizi commerciali,
l’ammodernamento, il trasferimento e l’ampliamento degli stessi.
A questo punto, rispetto al magnificente sforzo creativo dei “Nostri”, sorgono spontanee
due riflessioni: una nel metodo e una nella
sostanza.
Ci piace partire, come sempre, dalla sostanza. Come M.L.King, anche la nostra
Amministrazione ha un sogno: fare di
Calimera la Silicon Valley della Grecìa
Salentina immaginando futuribili crocevia di
popoli e razze che avendo bisogno di sfamarsi e rifornirsi di scorte di ogni genere, diretti
all’esplorazione del Capo di Leuca, non troverebbero nei “poveri” esercizi commerciali
già esistenti le oasi dove rifugiarsi.
Nella predisposizione del PC si ipotizza infatti
l’apertura di medio-grandi esercizi commerciali che dovrebbero soddisfare le esigenze di
questo ingente flusso migratorio teorizzato
nell’analisi presuntiva dei consumi che correda il PC.
Non per sminuire la nostra ridente cittadina
ma se geograficamente non siamo in una
posizione di isolamento è altrettanto vero
che il nostro Paese non è un crocevia, un
Paese capace di attirare, in futuro, il doppio
dei consumatori già presenti, come gli
attuali Amministratori tentano di farci credere al fine di giustificare delle scelte non solo
bizzarre ma anche e soprattutto pericolose.
E’ solo nella mente fantasiosa di qualche
Amministratore nostrano (più che fantasiosa
ci verrebbe da dire calcolatrice...) che possiamo attirare una forte domanda di spesa
nel nostro territorio, ampliando, a dismisura
l’ammontare di metri quadri del settore alimentare già esistente.
Si dice che spesso le persone fanno i conti
senza l’oste. I “Nostri”, invece, dimostrano di
farli, i calcoli, con molti osti (perdonate la
licenza linguistica): i circa 14.000 abitanti
che spenderebbero (il condizionale è più
che d’obbligo) nel settore alimentare.
Da dove salta fuori questa cifra? Non si capisce. O meglio si potrebbe forse giustificare e di questo va dato atto ai nostri
Amministratori - con la fiducia che essi ripongono nella futura capacità procreativa
delle donne e degli uomini di Calimera!
Per sostenere questo sforzo procreativo nonché il summenzionato flusso di genti si è
immaginato di voler ampliare a tutti i costi il
settore alimentare, portandolo da 3.493 m2
a 6.200 m2 circa, non essendo sufficienti, i
primi, a soddisfare la domanda dei 14.000
abitanti “virtuali”.
A noi piace credere ai numeri reali e non a
quelli presunti che fanno fare sogni commerciali solo all’attuale Amministrazione comunale ma non ai nostri commercianti che a
stento riescono a tirare il carretto in momenti di restrizione dei consumi come quelli
attuali.
Già, i nostri commercianti! Che ruolo avrebbero costoro in questo immaginifico e
magnifico futuro distributivo?
Pensiamo nessuno, perché non sono stati
ritenuti degni e adeguati a soddisfare le esigenze commerciali immaginate.
Non si è ritenuto di valorizzare l’esistente, le
piccole botteghe, i piccoli negozi, i numerosi esercizi commerciali esistenti da tempo nel
centro del Paese e che da tempo trainano,
con estrema difficoltà, l’economia cittadina.
Poche e irrilevanti misure sono state pensate
per loro. Noi riteniamo, invece, che i 29 esercizi commerciali del settore alimentare, e i 98
del settore no food (settore non alimentare),
siano più che sufficienti a soddisfare la
domanda dei cittadini e dei visitatori.
Cercherete di giustificare il messianico
avvento della Grande Distribuzione con la
chimera della creazione di nuovi posti di
lavoro così di moda (le chimere, si intende)
in questi anni rampanti dell’Italia berlusconiana: sembra quasi di rivivere la Milano da
bere che poi ha bevuto se stessa senza
neanche ubriacarsi!
Tornando alle cose serie, è risaputo e confermato, da diverse e altrettanto serie statistiche economiche, che per ogni nuovo
assunto nella Grande Distribuzione se ne perdono due negli esercizi di media e soprattutto piccola dimensione, per non tacere poi il
fatto che gran parte delle nuove assunzioni
sono part-time, a tempo determinato e
poche, se non inesistenti, quelle a tempo
indeterminato, mentre, al contrario, l’occupazione che si perde è quasi tutta a tempo
indeterminato.
Grave sarebbe, quindi, il danno per l’occupazione calimerese con l’approvazione del
nuovo PC!
E allora perché mortificare tanti altri nostri
concittadini che già fanno fatica ad arrivare a fine mese?
È proprio necessario un simile PC?
E arriviamo ora alla seconda ma non meno
importante riflessione: quella sul metodo con
cui si è giunti all’elaborazione di questo
splendido PC.
Avremmo preferito che prima di presentare il
lavoro finito, che suona tanto di prendere o
lasciare, fossero stati coinvolti i veri soggetti
interessati allo stesso: le organizzazioni dei
commercianti e dei consumatori e, magari,
anche i cittadini.
Nulla di tutto ciò è stato fatto!
Preferiremmo,
invece,
che
qualsiasi
Amministrazione comunale, di qualsiasi colore politico, nel momento in cui deve dotarsi
di uno strumento importante che coinvolge
il Paese intero, abbia la sensibilità democratica di partire dal basso, dai cittadini, per
arrivare a decisioni condivise e non verticistiche. Siamo d’accordo sull’effettiva esigenza
Il
Primo e il 2 ottobre scorsi ha avuto luogo
LiberaGrecìa, la 1° Festa di Liberazione della
Grecìa Salentina, organizzata dal Circolo di
Rifondazione “Polemonta” di Calimera, congiuntamente ai Circoli di Martano, Zollino e Sternatia.
Oltre allo scopo aggregativo, la festa si proponeva
di approfondire temi d’attualità e di interesse politico con l’intenzione di stringere un rapporto, il più
diretto possibile, con i concittadini attorno a tematiche di effettiva rilevanza.
Mentre a Martano, Sternatia e Zollino si son tenuti
dibattiti sulla libera circolazione dei saperi, sui diritti
dei lavoratori e dei migranti, Calimera ha ospitato
le due serate conclusive.
Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, sul
palco di Piazzetta IV Novembre, si sono alternati i
Kaus Meridionalis, i martanesi Capiroska e il cantautore milanese, trapiantato in Toscana, Ivan Della
Mea, mentre, sotto una pioggia battente il
Segretario regionale del PRC, Nicola Fratoianni, si
confrontava con la giornalista Paola Ancora sui
temi dello scenario politico italiano e regionale.
Il bilancio della festa è in definitiva positivo e tuttora permane la soddisfazione di aver costruito un
di un ammodernamento nella rete distributiva alimentare, ma di certo questo non passa
solo ed esclusivamente attraverso l’avvento
della Grande distribuzione.
Inoltre se tra le altre c’è anche la necessità
di adeguati servizi commerciali che forniscano il programmato nuovo insediamento
urbano (zona Opera), discutiamone, senza
però penalizzare l’esistente tessuto commerciale. Auspichiamo l’inserimento di ogni
novità urbanistica nella futura realizzazione
del P.U.G., onde evitare questo genere di
decisioni avventate.
Concludendo, noi pensiamo che con quanto proposto nel PC non si otterrà nessun risultato positivo, né per gli operatori delle medie
strutture locali, né per quelli delle strutture
intermedie, né tanto meno per i cittadini!
Consigliamo il ritiro del PC, ma se si ritenesse
percorribile la via del dialogo lo si dica,
siamo disponibili a dare e a ricevere contributi per il bene degli operatori commerciali
e dei cittadini.
Questo Piano Commerciale ha come giustificazione i sogni di cui abbiamo parlato,
rispettabili in quanto tali, ma che rimangono
sempre e solo sogni molto distanti dalla realtà dei fatti.
Non vorremmo svegliarci travolti dagli incubi
come spesso accade quando ad essere
realizzati sono i sogni di pochi a scapito dei
bisogni di tutti.
Stefania Mingiano
momento di crescita culturale e di confronto sociale in un Paese che da decenni non ospitava una
festa di carattere politico al fine di riavvicinare la
gente ai temi di attualità ed alla politica.
Con grande gioia, nel gennaio scorso, abbiamo
avuto modo di notare che gli amici de “Lo
Specchio” condividevano ampiamente il nostro
resoconto. Con la delicatezza e la “sincerità” che li
ha sempre contraddistinti, infatti, pubblicavano un
articolo che recitava: “Più cani che persone alla
Festa di Liberazione”.
Al di là se è giusto o meno replicare ad un giornale
di gossip locale, penso che i grandi poeti dello
Specchio potevano usare altre parole, anche solo
per una minima forma di rispetto per chi si è impegnato per la realizzazione di quell’evento.
Concludo, dicendo a questi ultimi che, forse, per il
bene e lo sviluppo del nostro Paese è meglio fare
qualcosa correndo il rischio di commettere degli
errori, piuttosto che starsene comodamente seduti
in poltrona, pronti a giudicare e a sparare a zero
sempre e comunque.
Simone Reale
Quante ne hai sentite? Quante te ne raccontano? Specialmente in campagna elettorale. A noi piace dire quello che facciamo e fare quello che diciamo. Per questo
abbiamo messo la ® alle parole, perché non le usiamoosolo per aprire la bocca.
®
O
M
E
L
A
I
O
D
R
N
A
O
P
F
I
R
LE
VUOI VEDERE DIRITTI
CHE L’ITALIA QUELLI DI CIVILTÀ
CAMBIA ®
PACE
DAVVERO.
QUELLA VERA
®
®
SCUOLA
QUELLA PUBBLICA
®
CASA
QUELLA GARANTITA
®
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compagno brizio 1