IL COMPAGNO BRIZIO. ® GIORNALE DOMENICA 2 APRILE 2006 DEL EDITORIALE Questo non è un esperimento letterario o editoriale, né un contenitore di altro: è il mezzo di comunicazione e propaganda scelto dal circolo di Rifondazione Comunista di Calimera, “Polemonta”. E’ tempo di elezioni politiche, lavoriamo a Calimera da circa un anno in forma strutturata, quindi ci interessa che al lettore arrivino i nostri buoni motivi per esprimere il proprio voto a questo partito. Se Rifondazione a livello nazionale ha scelto la via del dialogo con il centrosinistra proponendosi come forza di Governo del Paese, lo ha fatto in virtù di un accordo di programma con l’Unione e non certo per senso di colpa per la passata esperienza, che agitò tante speranze per ridurre tutto ad ingiuste accuse di inaffidabilità. Noi sosteniamo questa scelta perché è importante che il Governo Berlusconi sia deposto, che ci sia in Italia una netta inversione di tendenza basata su un senso comune di Paese e crediamo che ciò sia possibile solo con il contributo della Sinistra. Come punto di partenza un Programma, una sintesi avanzata di tante proposte a cui saremo fedeli passo passo, con l’idea che quanto scritto sia una serie di punti di partenza; contro le guerre tutte e il liberismo (con le sue implicazioni, tante…) che devastano la salute delle società ad uso e consumo di pochi. La partecipazione di Rifondazione nel futuro Governo è l’esplicita ammissione di questi principi da parte del centrosinistra: volete vedere che l’Italia cambia davvero? Alle prossime elezioni, Rifondazione in Italia come noi a Calimera sta lavorando per invertire la rotta, possibile a nostro avviso solo con una sinistra forte. Riteniamo sia utile sostenerci per questo: per ridare dignità al lavoro umiliato dalla Legge 30, per ridare senso ad una scuola pubblica che non indirizzi in funzione della classe sociale, per applicare la nostra Costituzione di Pace, per i diritti di tutti oltre il proprio passaporto o le proprie scelte personali, per l’ambiente, l’acqua, l’aria, la salute, la cultura come beni comuni e per tracciare una nuova idea di progresso e sviluppo. Berlusconi deve essere sconfitto con il voto e il voto a Rifondazione è una forte spinta a liberarci anche del berlusconismo, da questa malattia di svuotamento della politica in favore di autoritarismi, ingerenze contro la laicità dello Stato, derive liberiste e attacchi al pilastro della giustizia. Berlusconismo che, con parodie di sé stesso e con il rispetto delle dovute proporzioni!, ritroviamo anche a Calimera nelle persone che amministrano il Paese con passaggi e forzature al limite delle procedure di controllo e della decisione democratica e con un’idea di grandezza a venire per il nostro Comune la cui giustificazione a volte ha carattere di banalità e ridicolaggine. Daremo il nostro contributo per creare le condizioni perché il centrosinistra nel Paese possa ricomporsi nell’ambito della politica, recuperando l’unità dei partiti e delle persone, con presupposti nuovi e senza ambiguità, a patto però che la costruzione del nuovo Paese parta ora. Il 9 e 10 aprile è importante dare il segno numerico che il centrosinistra e la sinistra a Calimera godono di buona salute, un voto nel voto. Il circolo “Polemonta” lavorerà sempre per dare forza a temi importanti come la pace, i diritti, il lavoro, la giustizia sociale, l’ambiente, e contro una gestione del bene pubblico a tutti i livelli verticistica, interessata e imparentata ; Rifondazione, la sua politica, si alimenta di questi ideali, per questo chiediamo il vostro voto. Il compagno Brizio è una simpatica speranza… Antonio Montinaro B attere Berlusconi è necessario! Ma non basta: dobbiamo battere il berlusconismo per cambiare realmente le condizioni del Paese. Gusti esotici per palati fini. D el resto se una persona notoriamente di buongusto come l’ex improbabile Ministro Calderoli l’ha definita testualmente una porcata, questa nuova Legge elettorale qualche retrogusto strano ce l’avrà pure. E infatti, oltre a offrire irresistibili spinte alla partecipazione, come ad esempio le liste bloccate e a serbare altre sensazionali novità, questo spettacolare esempio di architettura elettorale ha anche risvolti moralizzanti. Come pochi sapranno, infatti, il sistema di sorteggio dei quattro scrutatori presenti in ogni seggio, in vigore dal 1989, è stato mandato a farsi benedire da uno degli articoli della truffarellum. Da questa tornata elettorale infatti si procederà alla nomina degli scrutatori. Proprio così. Sarà una Commissione formata per tre quarti da elementi della maggioranza di Governo delle Amministrazioni Comunali e per solo un quarto dalla/e opposizione/i ad investire di tale prestigiosa (e remunerativa) carica. I risvolti di questo simpaticissimo ritorno di fiamma per il clientelismo old school sono abbastanza evidenti. Innanzitutto immaginiamo quali criteri saranno seguiti per procedere alla nomina. Siccome credo che anche voi riusciate senza troppo sforzo ad immaginarli, risparmio di enunciarli. Poi sarà interessante documentare le file chilometriche di questuanti cestodifruttamuniti dietro le porte di Sindaci e Consiglieri. Scene che ricorderanno le code agli sportelli postali per la regolarizzazione dei lavoratori migranti, probabilmente. Sarà ancora interessante notare come il buon vecchio voto di scambio tornerà a trionfare... centocinquanta euro per una crocetta sul simbolo giusto (se l’aspirante scrutatore ha la razza lunga tanto meglio...). Un vero esempio di trasparenza e di equità. Bisogna però aggiungere che il buon gusto di alcuni Amministratori, ha portato a procedere comunque al sorteggio anziché alla nomina personale. Un esempio su tutti può essere Mesagne. E a Calimera? Beh. Il buon gusto degli Amministratori Nostrani lo conosciamo bene: si procederà alla nomina… Se già con il meccanismo del sorteggio si era spesso turbati, in corrispondenza delle elezioni, da strane sindromi di deja-vu nei confronti delle Commissioni di seggio, ora ci dovremo abituare a riconoscere e salutare i nostri scrutatori con l’affetto e l’affabilità che riserviamo al nostro salumiere di fiducia. Luigi Gabrieli www.vuoivedereche.it CIRCOLO PRC - CALIMERA L’economia è al collasso: il potere d’acquisto dei salari è drasticamente diminuito, la precarietà delle nuove forme di lavoro tinge di fosco il futuro delle nuove generazioni, la crisi delle quarta settimana colpisce anche i lavoratori stabili, il sistema pensionistico e previdenziale è stato smantellato. Ma il centrodestra ha anche attaccato nel profondo la democrazia: con una riforma costituzionale che mette a rischio l’unità del Paese e del sistema sociale. Ha attaccato lo spirito pacifista della nostra Costituzione con la partecipazione alla guerra irachena e lo sbandieramento dello scontro di civiltà. Il centrodestra ha minacciato e colpito i diritti civili: nell’istruzione pubblica è tornata la selezione di classe, si sono moltiplicate le prigioni per i migranti, tanti, troppi cittadini restano tali solo sulla carta. Rifondazione Comunista ha fatto un’alleanza politica ed elettorale con le altre forze dell’Unione: l’unità di tutti per mandare a casa una classe politica che sta rovinando il Paese. Oggi serve una nuova politica economica e sociale, serve ampliare la dewmocrazia e i diritti, serve un nuovo ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. Serve un reale e profondo cambiamento delle politiche del nostro Paese. Battere le destre con Rifondazione Comunista significa dare un segno di sinistra all’Unione. In questi anni abbiamo imparato nel governo di municipi, città e regioni che solo con il movimento, la partecipazione reale delle forze sociali e dei sindacati, si può cambiare davvero. Il conflitto iracheno, guerra di conquista Esattamente tre anni fa. Era il 20 marzo del 2003 quando la coalizione dei volenterosi, senza alcun mandato dell’ONU e senza alcun avallo della NATO, iniziava le operazioni militari in Iraq. A capo della coalizione, i Governi degli Stati Uniti d’America e del Regno Unito. In seconda fila, i Governi di Spagna e Polonia. Ad assecondare la missione, a difendere con forza le scelte di Washington e Londra, a proibire l’esposizione delle bandiere della pace sui balconi degli edifici pubblici, il Governo Italiano. Gli esportatori di libertà. Le ragioni di tale intervento dichiarate dai volenterosi Governi sono semplici e chiare. Ma non riescono a convincere Paesi importanti come Francia e Germania, Russia e Cina; non convincono affatto il Vaticano; non convincono per niente la pubblica opinione mondiale. Eppure sono ragioni semplici: Saddam Hussein è un dittatore, possiede armi di distruzione di massa con le quali è pronto a colpire l’Occidente, se non oggi domani, ed è uno stretto alleato di al Qaeda e del fuggiasco Osama Bin Laden. Ma soprattutto: in Iraq non c’è né libertà né democrazia. E quindi c’è bisogno che qualcuno gliele porti. E la democrazia si porta così, se necessario. Si segue a pag. 2 Aurora al polo destro È ’ passato quasi un anno da quando Forza Italia si è ritrovata in mano le redini dell’amministrazione pubblica, grazie a quelle divisioni del centrosinistra che hanno sacrificato la volontà popolare del Paese. Ed è nel tempo di un solo anno che la nuova Amministrazione ha avviato celermente le sue prime impopolari e dannose politiche locali, lontane anni luce da una corretta interpretazione di sana gestione del bene pubblico e dell’interesse collettivo. Basta riferirsi, infatti, a quanto velocemente siano cambiati i rapporti tra l’Amministrazione Comunale e alcuni operatori privati quali la Cooperativa Aurora. Nel luglio scorso, l’odierna Giunta Comunale ha voluto introdurre alcune modifiche di ordine finanziario nel contratto stipulato tra Comune e Cooperativa Aurora, riguardo la gestione dell’Asilo Nido. Gli amministratori hanno introdotto tali modifiche tramite emanazione di una delibera di Giunta, nonostante lo Statuto Comunale preveda l’emanazione di una delibera di Consiglio, esponendo irresponsabilmente il Comune a possibili violazioni di ordine contrattuale. È un evidente segno di arroganza degli attuali amministratori il fatto che il Consiglio, unico organo rappresentativo degli interessi della cittadinanza, non abbia potuto partecipare né sia stato informato per tempo di simili decisioni. Nonostante sia da ricordare che un Assessore, oltre a badare ai vincoli contrattuali tra Comune e Cooperativa Aurora, debba badare ai suoi vincoli matrimoniali con la Presidentessa della medesima Cooperativa, non vogliamo dubitare della buona fede degli attuali rappresentanti di maggioranza, ma riteniamo del tutto errato un simile modo di procedere. Tutto ciò non è altro che la prova di una destra poco trasparente nei confronti della collettività e alquanto incompetente nella gestione degli affari pubblici. Entrando poi nel merito della delibera, la quale prevede uno sconto per le famiglie che iscrivono i figli di tre anni ai servizi della Cooperativa Aurora, è da sollevare qualche dubbio sulla correttezza dei criteri seguiti per l’erogazione del contributo comunale. Gli attuali amministratori, non tenendo conto dei diversi livelli reddituali delle famiglie calimeresi, hanno stabilito che le risorse collettive, stanziate come contributo per l’iscrizione ad alcuni servizi della Cooperativa Aurora, siano distribuite a maggior van- taggio delle famiglie a reddito più elevato. Infatti, le famiglie appartenenti a basse classi di reddito possono godere di uno sconto pari a 49,58 euro mentre quelle con redditi più elevati arrivano a beneficiare di uno sconto addirittura pari a 90,88 euro. Prendendo per buone le motivazioni contenute nella stessa delibera di Giunta, e cioè che la richiesta di uno sconto sia pervenuta da alcune famiglie calimeresi, è da ritenere che tali famiglie fossero quelle più svantaggiate economicamente. Pertanto non può avere alcun senso avvantaggiare i cittadini più abbienti, dimenticando che Calimera è abitata anche da famiglie meno facoltose e quindi utilizzare i fondi pubblici in modo così diseguale non può che costituire una grave responsabilità politica cui è necessario dar conto alla cittadinanza. Inoltre non si capisce il perché si sia voluto erogare uno sconto esclusivo alle famiglie con bambini di tre anni e permettere alla Cooperativa di allargare il suo mercato grazie ai fondi pubblici. Se pensiamo infatti che a tre anni si può accedere ai servizi della Scuola Materna, non sarebbe stato meglio impiegare le stesse risorse comunali in altri servizi, magari con una distribuzione più equa, anziché rischiare di favorire, anche nella nostra piccola realtà locale, un’istruzione privata a scapito della pubblica? Delibera di luglio a parte, qualche interrogativo merita di essere sollevato a seguito di alcune comunicazioni inviate dalla Cooperativa Aurora al Comune. Con esse la Cooperativa ha informato l’Amministrazione di aver avviato una serie di attività, come doposcuola e ludoteca, rivolte ad utenti addirittura fino a 14 anni di età. A questo proposito diviene legittimo dubitare, così come ha fatto l’Unione in sede di Consiglio, se, quanto contenuto nelle comunicazioni, costituisca una competenza della Cooperativa e sia inerente ai vincoli contrattuali col Comune. Qualora l’Amministrazione preveda l’utilizzazione di fondi comunali, sia in modo diretto che indiretto, per la realizzazione di queste nuove attività, tale azione non potrebbe essere ritenuta pienamente legittima, né da parte dell’Amministrazione stessa, né da parte della Cooperativa. Sosteniamo ciò, sia alla luce del fatto che non esiste alcun atto ufficiale, sia in riferimento ai contenuti dell’art. 12 del contratto per la gestione dell’Asilo Nido. In base a questo articolo, infatti, la Cooperativa, in accordo col Comune, può avviare “ulteriori nuovi servizi integrativi o complementari al servizio di Asilo Nido”. Essendo queste attività rivolte persino a quattordicenni, come potrebbero qualificarsi come servizi integrativi o complementari ai servizi per l’infanzia? La preoccupazione qui espressa è generata dal fatto che l’Amministrazione comunale, grazie al suo comportamento di “silenzio-assenso”, tende ad autorizzare tacitamente ogni felice azione di intraprendenza economica della Cooperativa Aurora. In tal modo quest’ultima ha la possibilità di aumentare le sue competenze su servizi pubblici che non le sono propri, ma affidati dal Comune ad altri Operatori come ad esempio “il Dado”. Pertanto, il dubbio che alcuni fondi comunali, erogati alla Cooperativa Aurora, vengano utilizzati per ostacolare l’attività di altri operatori piuttosto che curare il bene pubblico, non sembra del tutto infondato. E non è un dubbio infondato il fatto che, grazie ai modi di agire dei nostri amministratori, la stessa Cooperativa Aurora potrebbe diventare quell’unico ente privato in grado di gestire a sua discrezione importanti servizi pubblici riguardanti l’istruzione delle nuove generazioni. Nonostante siamo convinti che a Calimera si respiri un’aria di grande sfiducia nei confronti degli attuali amministratori (più per loro responsabilità che per pregiudizio dettato dal nostro colore politico), pare giusto auspicare una diversa e seria gestione delle risorse collettive a partire dai servizi per i più piccoli. Siccome a novembre 2006 il contratto per la gestione dell’asilo nido cesserà e si dovrà decidere come gestire questi servizi, auspichiamo (senza scommetterci…) che gli amministratori sappiano garantire ai calimeresi quella trasparenza venuta meno in quest’anno. A tal fine, se si tratterà di indire una gara d’appalto, che sia una gara con criteri ben definiti e con competenze ben precise, in cui sia stabilito un vincitore per le sue qualità professionali, in grado di garantire un’equa erogazione di servizi pubblici. Ma cosa più importante è che gli amministratori stiano più attenti ad amministrare le risorse pubbliche con delle valide politiche redistributive per l’interesse del popolo calimerese e non, come potrebbe sembrare, di qualche camera matrimoniale. Angelo Mingiano segue dalla pag. 1 porta così, con i bombardamenti a tappeto, con le bombe a grappolo, con le armi al fosforo bianco, con l’uranio impoverito. La democrazia si sgancia, colpisce e si diffonde. Qualcuno solleva dubbi? «La solita vecchia Europa», ci rispondono da Oltreoceano; i soliti «comunisti antiamericani», ci rispondono in casa. Qualcuno fa notare che Saddam Hussein è stato in passato un alleato americano? «Antiamericani». Qualcuno crede che in questo modo si darà nuova forza al terrorismo internazionale piuttosto che combatterlo? «Antiamericani». Qualcuno va pure a pensare che chissà, forse il petrolio... forse ci sono interessi economici… «Antiamericani»... Così ha inizio un’altra guerra. Che però dura poco: il 1° maggio, il Presidente americano Bush dichiara al mondo: «la guerra è finita, il nemico è battuto, oggi il mondo è un posto migliore». Perché i comunisti non gli credono? Perché da quel giorno abbiamo visto la violenza aumentare, il mondo insanguinarsi sempre più, il terrorismo nidificare tra le macerie delle città irachene, abbiamo visto le torture e i rapimenti, le autobomba nei mercati e contro i palazzi dell’ONU, il fuoco amico sul Palestine e su Nicola Calipari, il fuoco nemico su Nassiryiah. È questa una guerra finita? E se 30mila vittime civili irachene sono un prezzo alto da pagare, per quale motivo è stato pagato? Dov’erano le armi di distruzione di massa? Avevano ragione gli ispettori dell’ONU, quelle armi non c’erano. E i legami col terrorismo internazionale? Anche su questo avevano ragione: non si provano neanche quelli. E pare che su questi punti così importanti nella scelta di muovere guerra, qualcuno abbia mentito sapendo di mentire. Ma tant’è, l’esportazione di democrazia giustifica ogni mezzo. Gli affari sono affari. Ma dov’è la democrazia? Il 28 giugno 2004 c’è stato il passaggio di “sovranità” dal Governo provvisorio a guida USA al Governo ad interim Iracheno, presieduto da Iyad Allawi. Da allora gli Iracheni sono stati chiamati alle urne per ben tre volte: il 30 gennaio 2005 per l’elezione dell’Assemblea Nazionale di Transizione; il 15 ottobre per l’approvazione della Costituzione; il 15 dicembre per l’elezione del nuovo Parlamento. A dirla così sembrerebbe il Paese più democratico della terra. Ma senza pace non può esserci democrazia. E lo dimostrano gli avvenimenti di queste ultime settimane, il riacutizzarsi delle tensioni e degli scontri tra sunniti e sciiti, l’ulteriore rinvio della sessione d’apertura del nuovo Parlamento (nel quale nessuna formazione politica può da sola formare un Governo e sembra sempre più improbabile una coalizione di unità nazionale), il rischio sempre maggiore di una guerra civile, di una secessione violenta, di un baratro di violenza che sembra non avere fine e dal quale i Governi che questo baratro hanno aperto, cercano di uscirne nel modo meno disonorevole possibile. E tra questi, anche il nostro. La missione Antica Babilonia. Dopo aver contribuito fortemente, insieme al governo Aznar, a dividere l’Europa su una questione così rilevante, dopo aver fatto cadere nel nulla le tante richieste dell’opinione pubblica Italiana e delle forze di opposizione di operare con mezzi pacifici alla risoluzione della controversia, finalmente nel giugno del 2003 il Governo Berlusconi è riuscito a scendere in soccorso degli alleati Anglo-Americani con l’invio di un proprio contingente militare. Il pretesto: la risoluzione NUOVE C TECNOLOGIE alimera non può andare avanti cosi! Nell’era della comunicazione, dove tutto il Paese usufruisce di una connessione a internet a banda larga, le sfortunate famiglie residenti nel rione Miccoli, nei pressi di Piazza Isonzo, la linea ADSL non hanno neanche l’idea di cosa sia. Se pensiamo che al Nord Italia la banda larga presto verrà sostituita con la linea a fibra ottica e qui nel Salento ci sono zone ancora con la vecchia linea a 56K si capisce subito questa grave carenza. Una rete wireless (senza fili) pubblica potrebbe essere una buona idea per tutte quelle famiglie che ancora non possono usufruire dell’ADSL a casa propria, poiché non costa molto e ci possono essere praticamente infiniti collegamenti. Per rimanere in argomento, mi domando: qualche calimerese ha potuto usufruire dei servizi offerti da un gestore diverso da Telecom Italia? In tv vedo Valentino Rossi che sponsorizza Fastweb e mi chiedo quando finalmente potrò rinunciare a Telecom e al suo costoso canone per avere un servizio migliore, spendendo molto meno! Senza pensare più di tanto che pochi sono a conoscenza di Skype, un programma che permette di parlare via internet con tutti i telefoni fissi e cellulari pagando 50 – 60 volte meno di quanto si spende ora (mentre se si chiama ad un altro computer la spesa è ZERO), o di Voice, ancora più conveniente di Skype. Ma passiamo alla tv. Dal 2007, come da previsioni del Ministero delle Comunicazioni, il digitale terrestre supererà la tv analogica (quella che vediamo da 50 anni). Però chi di dovere non ci dice che il digitale terrestre è una tecnologia morta perché i servizi che offre (una partita a 3€) lo si ottiene su internet gratis. Ma v’è di più! Per legge, se vediamo su internet una partita senza pagarla è reato. Ora mi chiedo se è veramente reato vedere una partita gratis o se il reato sia il fatto che Mediaset ruba 3€ per ogni partita… Le istituzioni dovrebbero far in modo che le aziende portino anche qui i loro servizi facendo risparmiare molti soldi a tante famiglie. Quale cultura? 1472 adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 28 marzo 2003 nel quale, preso atto dello stato di occupazione militare dell’Iraq, si richiede alle forze occupanti, in regime di totale anarchia, di prendere tutte le misure necessarie per garantire alla popolazione civile Irachena il necessario rifornimento di viveri e medicinali. Nasce così la missione Antica Babilonia. Una missione di pace composta da militari che controllano il territorio, distribuiscono generi alimentari (rivenduti nei mercati di Nassiryiah), medicinali (in quantità scarsissima), evitano per quanto possibile scontri tra la popolazione (quando non ne sono gli artefici). Ma non pacificano. E non possono farlo fino a quando saranno -saremo- considerati, e a ragion veduta, truppe di occupazione, alleati degli invasori, alleati di quei Paesi che, indifferenti ai crimini del dittatore Saddam Hussein quando l’attenzione era rivolta altrove, sono stati pronti a iniziare una guerra distruttiva proprio in memoria delle vittime di quel regime. La missione Antica Babilonia non convince gli Iracheni. Ma non convince neanche noi, che pensiamo che una missione di pace si faccia con altre forze, con altri alleati, con il coinvolgimento della comunità internazionale. E che leggiamo di un accordo siglato a metà degli anni novanta tra il dittatore e la nostra Eni per lo sfruttamento di un consistente giacimento proprio nella zona di Nassiryiah. Che veniamo a conoscenza di uno studio commissionato dal Ministero per le Attività Produttive, ben sei mesi prima dello scoppio del conflitto, in cui il professor Giuseppe Cassano scrive che non dobbiamo lasciarci sfuggire l’occasione di insediarci a Nassiryiah in caso di guerra, «se non vogliamo perdere un affare da 300 miliardi di dollari». Per restare in tema di soldi: la missione Antica Babilonia è costata fino ad ora circa 2 miliardi di euro. Allo stesso tempo i fondi destinati alla cooperaione internazionale sono stati drasticamente tagliati: -15%. Attualmente la percentuale del PIL destinata a questo settore è un misero 0,2%. Anche queste cifre dimostrano che il percorso intrapreso da questo Governo va in direzione opposta alla strada per la pace. L’Iraq nel programma dell’Unione. Su un punto così importante l’Unione intende invertire la tendenza assunta dal Governo di centrodestra e aumentare le risorse destinate alla cooperazione internazionale per raggiungere progressivamente l’obiettivo dello 0,7% del PIL (come previsto dagli accordi presi durante il G8 del 2001). E questo perché è ferma convinzione che un reale e duraturo processo di pace si possa costruire solo attuando una concreta cooperazione con i Paesi più poveri, che sono per ciò stesso i Paesi nei quali è più alto il pericolo di derive autoritarie e militari. Sviluppo, pace e democrazia devono procedere di pari passo; una reale sicurezza globale si può costruire solo attraverso la progressiva riduzione delle spese militari nazionali, il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali e dell’Unione Europea, quale voce unica e autorevole nella diffusione dei diritti civili e delle libertà personali. Per questo l’Unione ritiene, così come ha compattamente dimostrato in questi anni di opposizione, che la guerra in Iraq e l’occupazione siano un grave errore. Per questo si impegna, in caso di vittoria, a promuovere immediatamente in Parlamento le misure che consentano il rientro immediato dei nostri soldati. Marco De Matteis Bisogna informare, anche, i concittadini sulle tecnologie applicate all’energia. Forse in pochi sanno che, istallando dei pannelli solari sul terrazzo, si produrrebbe energia pulita e “non tassata”, con la possibilità di vendere alla linea nazionale l’energia prodotta e non consumata (sono ancora molto costosi ma un ottimo investimento), che,se nelle nuove costruzioni si aumenta lo spessore dei muri e si mettono dei doppi vetri agli infissi si riduce la spesa di riscaldamento del 30% e il condizionatore d’aria sarà usato meno, che la produzione di energia pulita porterebbe molto vantaggi a tutta la comunità. Però bisogna ricordare che la tecnologia dovrà diventare sempre più semplice e accessibile anche a persone che di acqua sotto i ponti ne hanno vista passare parecchia. Ciò non vuol dire che le canzoni di Al Bano trasmesse non – stop nel periodo natalizio in piazza, sia un passo in avanti per coloro che non conoscono l’utilizzo dei lettori CD, o (per la Par Condicio) il Led del centro commerciale “Sole” sia il nuovo modo di fare pubblicità. Al posto di pensare ad ampliare il paese perché non lo rendiamo più moderno? Pensiamo allo sviluppo come immagine e come pubblicità del territorio che ci sarebbe per Calimera se solo chi ha creato il sito lo rendesse attivo e aggiornato al 100%. . Allargando il discorso alla Nazione ci accorgiamo che i nostri costi di connessione sono tra i più cari al mondo (non solo d’Europa) e che il nostro Governo dopo cinque anni di evoluzione con il digitale terrestre, ha inviato un libretto a casa di 16 milioni di famiglie italiane con un costo di 0.45€ a copia, tra stampa e spedizione, per una spesa di 7.200.000 € (14 miliardi di lire!). Ma se con quei soldi avesse comprato dei nuovi pc per le scuole non avrebbe fatto meglio ? Queste solo alcune delle anomalie del nostro Bel Paese, viste dalla prospettiva di una Città della Grecìa Salentina e viste con gli occhi di un ventenne…. Alberto Antonaci D opo l’esperienza del Comitato Vendola e la successiva apertura del Circolo calimerese di Rifondazione è bene aprire un dibattito sui vari aspetti politici e culturali del nostro territorio. Negli ultimi decenni, la scolarizzazione di massa e l’azione dei mass media hanno teso ad annullare e neutralizzare tutte le culture e le tradizioni locali tramandate dai nostri padri, facendoci dimenticare le nostre origini. Il nostro ruolo dovrebbe essere di stimolo e di proposta verso l’Ente locale, primo interlocutore nella promozione di tali iniziative, al fine di sviluppare un’azione incisiva. Un’azione di salvaguardia e promozione della cultura locale ad opera di studiosi di chiara fama, come Vito Domenico Palumbo, ci consente di vivere ancora di rendita per quanto riguarda la necessaria documentazione del patrimonio culturale grecofono. Nulla togliendo ai vari studiosi, ricercatori e depositari di testimonianze orali e scritte e a coloro che, con il loro costante impegno, speso nelle varie associazioni, rievocano antichi riti e tradizioni, si deve comunque rimarcare l’assenza di una programmazione che riconduca tutti gli sforzi in un unico piano d’intervento. È necessario che gli Enti locali non si limitino ad erogare finanziamenti o a patrocinare progetti, per quanto possano essere validi perché, se non si intraprende la strada della programmazione, tali interventi rimarranno fini a se stessi senza contribuire a valorizzare o proteggere effettivamente la nostra cultura. Per questo noi lanciamo la nostra proposta: la costituzione di una Consulta Permanente dove la guida politica degli Enti locali e le prerogative delle associazioni che, per loro vocazione statutaria, si impegnano, in questo settore, si possano incontrare. Solo in questo modo si può costituire un soggetto stabile che programmi e consolidi gli interventi finalizzati ad una tutela e promozione del patrimonio tramandato dai nostri padri e solo così tali interventi potranno avere un’efficacia effettiva. Donata Maggiore Qualità, legalità, sicurezza in edilizia: per una nuova cultura. di Giuseppe Maggiore Fermo (Ascoli Piceno), 11/01/2006: Andrea, operaio edile di 32 anni, cade dal primo piano di un edificio in ristrutturazione per assenza di parapetto. Muore, trafitto da un tondino in ferro sporgente da un pilastro. Venezia,09/02/2006: Salem, lavoratore albanese, morto a seguito di una caduta mentre lavorava in un cantiere edile. Per coprire l’infortunio, il lavoratore è stato portato in strada e l’impresa ha fatto simulare un incidente automobilistico. E’ doveroso partire da due tragici episodi esemplari per risalire all’analisi di un fenomeno che, in Italia, sta assumendo dinamiche devastanti: gli infortuni sui cantieri edili e la carenza di sicurezza sui luoghi di lavoro. Nel corso degli anni, il sistema di prevenzione aziendale e cantieristico è stato migliorato dall’introduzione di varie normative che hanno previsto il coinvolgimento e la partecipazione diretta dei lavoratori nella valutazione dei rischi. Attraverso la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, essi hanno oggi il diritto di indicare le irregolarità, proporre soluzioni e dare consigli ai propri datori di lavoro. L’impresa, dal canto suo, ha il dovere di promuovere un percorso formativo ed informativo (e non sempre lo fa), per fornire ai lavoratori gli strumenti necessari per proteggersi dai vari rischi. Questa sinergia, tra lavoratori ed imprese, è stata creata per responsabilizzare i vari soggetti ma evidentemente il verificarsi di episodi come quelli citati, fa evincere una sbagliata o addirittura mancata applicazione della Legge. Soprattutto nel settore edile queste inadempienze hanno inesorabilmente portato a numerosi infortuni di cui, purtroppo, alcuni mortali. Ma cos’è In realtà un cantiere edile? Per molte persone si tratta generalmente di un luogo polveroso, individuabile dall’installazione di una gru, dove sorgerà una casa o un palazzo di quelli che hanno invaso le nostre periferie, in cui lavorano operai, altrettanto polverosi e umili. Delle semplici braccia da lavoro. Invece spesso questa è una realtà pervasa da ansie, inquietudini, sfruttamenti e tanti incidenti invalidanti. Le cosiddette morti bianche registrate in questi primi mesi dell’anno sono già 40, contro le 191 del 2005, le 232 del 2004, le 213 del 2003. Da un’indagine svolta dall’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro), riferita al mese di agosto, è emerso che ogni giorno si registrano in Italia 4 morti per incidenti sul lavoro, oltre 2500 infortuni e più di 100 invalidità permanenti. Nel corso dei decenni, le cause principali di infortuni sul lavoro, sono rimaste sempre le stesse e la caduta dall’alto rimane ancora la prima e più banale causa di morte nei cantieri edili. Eppure potrebbe essere facilmente evitata applicando le più elementari regole di prevenzione e protezione come la costruzione di ponteggi e parapetti a norma e l’utilizzo dei più comuni dispositivi di protezione individuale (caschi, imbracature, occhiali, guanti, cuffie, scarpe antinfortunistiche….). Ciò conferma che il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è diventato ormai di grave impatto sociale. E tutto ciò è in netta controtendenza con le statistiche INAIL, che registrano un calo delle morti, ma basandosi solo sugli incidenti registrati, quelli ufficiali. Dati ufficiali che molto spesso coincidono con la diminuzione di lavoro regolare e che, talvolta, vanno incrociati con un mondo parallelo di cui nessuno fornisce statistiche certe: quello irregolare, dei lavoratori in nero che in edilizia raggiunge proporzioni enormi, con punte del 50% sul totale degli occupati. Manca la cultura della sicurezza tra molti titolari d’imprese edili che andrebbero sensibilizzati maggiormente in materia. Soprattutto, non si è ancora ben compreso che le nuove normative sono state varate per aiutare l’intero sistema aziendale visto che, anche nel Salento, si osservano ancora con grande sconcerto, cantieri che navigano nell’illegalità. Da sempre gli enti appaltanti anche pubblici, spesso per un ritorno economico, preferiscono affidare le opere ad imprese che offrono costi di lavorazione al massimo ribasso, pur sapendo che questo si traduce prima nella non applicazione delle norme di sicurezza e poi nell’utilizzo di lavoro irregolare. Ma è ammissibile che, in una delle maggiori economie europee, nel 2006, c’è ancora chi considera la sicurezza dei lavoratori, la loro vita e la loro salute come grandezze economiche, un semplice aumento di oneri del processo produttivo o un costo inutile e superfluo per le imprese? Noi crediamo invece che essi siano valori umani fondamentali che vanno salvaguardati sempre ed a qualsiasi costo! La riduzione dei costi sulla sicurezza e sul lavoro, favorita dalle politiche dell’attuale Governo e prevista nella prossima Finanziaria, avrà pure contribuito all’aumento delle opere edilizie, a discapito spesso della qualità delle stesse. E quando si parla di qualità non si può certo tralasciare uno dei fiori all’occhiello del mondo dell’edilizia : il settore del restauro e dei beni culturali. Il governo Berlusconi, nei 5 anni di legislatura, ha sistematicamente ridotto le risorse destinate allo sviluppo di questo settore. L’esercito di restauratori e archeologi, stimati attorno ai 30.000, ma riconosciuti in appena 600 dallo stesso Governo, sono costretti a lavorare senza una normativa in grado di riconoscere e valorizzare la propria professionalità. Anche in questo caso, il Governo ritiene più conveniente favorire un sistema fondato su poche professionalità riconosciute, anche se non competenti, da sfruttare con bassi salari e prive delle tutele più elementari, dalla sicurezza alla previdenza. Ed è poi per questo che si è costretti ad assistere a degli obbrobri che sono il risultato della cementificazione di importanti opere e strutture architettoniche. Certamente è difficile pensare che la rotta si possa invertire se al timone c’è un Governo che preferisce: indebolire e ridurre gli organi ispettivi di vigilanza in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro; far finanziare le autorità di vigilanza direttamente dall’impresa; dare la possibilità di affittare, da altre imprese, i requisiti per partecipare alle gare d’appalto(perché magari l’impresa interessata non li possiede); depenalizzare e deresponsabilizzare le imprese in materia di sicurezza, tentando di modificare il Testo Unico (tentativo sventato solo grazie alle continue lotte condotte dalle organizzazioni sindacali di categoria); tagliare fondi alle Regioni, con politiche sbagliate come la Devolution, a danno di quelle più povere che avranno sempre meno risorse da investire in infrastrutture e beni culturali. Nella nostra Provincia c’è stata, ultimamente, una presa di coscienza sulla situazione d’illegalità in edilizia. È stata individuata, come soluzione al problema, l’istituzione di uno strumento chiamato D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva), operativo da quest’anno, rilasciato dagli enti preposti (INPS, INAIL e Cassa Edile) alle imprese che vogliono aggiudicarsi lavori in appalto, solo previo possesso di requisiti di idoneità professionale, di regolarità contributiva ed in materia di sicurezza. Questa iniziativa è stata ripresa anche in un tavolo concertativo tenutosi il 20 febbraio scorso, presso la Prefettura di Lecce, alla presenza del Prefetto Casilli, dell’On. Mantovano, Sottosegretario agli Interni, dei dirigenti di INPS, INAIL, Cassa Edile, ASL, Organizzazioni sindacali di categoria, ufficiali della Guardia di Finanza e Sindaci dei Comuni dai 10.000 ai 15.000 abitanti. L’obiettivo di questo incontro è stato anche quello di costituire una rete socio-istituzionale per contrastare l’illegalità del lavoro privato e di denunciare una situazione che vede, nella nostra Provincia, su 120 ispezioni effettuate dall’INAIL, oltre il 40% dei cantieri edili non a norma. Risulta decisivo l’intervento di Istituzioni e parti sociali nel promuovere la cultura della sicurezza nei cantieri e nella repressione del lavoro nero perché condurre una battaglia per la qualità del lavoro in edilizia significa anche valorizzare un mestiere che va dal mettere insieme tre mattoni fino al restauro di dipinti o opere di secoli fa e aver rispetto per la dignità, spesso negata, della persona che investe se stessa in questa attività. I don’t spicchio Chiaffa “[...] A Calimera esistono due zone di ampliamento, una alle spalle della scuola materna e l’altra verso l’uscita per Melendugno. Siccome guardando il nostro paese dall’alto, con una foto areofotogrammetrica potremmo notare che manca uno spicchio nella zona Chiaffa, questa dovrebbe essere completata”. Questa la sorprendente dichiarazione che Luigi Mazzei, Assessore ai Lavori Pubblici e all’Urbanistica del Comune di Calimera, ha rilasciato nei giorni scorsi al foglio locale di informazione “Il Grido” a proposito del discusso ampliamento delle aree fabbricabili del paese. La vicenda della zona Chiaffa si trascina da anni nelle sale della politica calimerese ed è uno dei retroscena sui quali si sono basate le vicende elettorali dello scorso anno. Roba da addetti ai lavori, ma che potrebbe portare alla trasformazione del volto di Calimera continuando quel processo di deterioramento del tessuto edilizio ed urbano che passa per i recenti sventramenti di alcuni isolati con l’abbattimento di decine di coperture a volta, e di cui è perfetto esempio la piazza del Sole. L’interesse sull’area Chiaffa nasce dal fatto che a inizio anni ’70 (periodo di immaginifiche e futuribili grandezze calimeresi), con l’adozione del Programma di Fabbricazione come strumento urbanistico generale, si prevedevano diverse aree di espansione urbana. La zona Chiaffa era una di queste. Nel corso degli anni altre aree di espansione sono state oggetto di lottizzazione, in particolare la zona Opere, ed anche altre aree definite di completamento sono state edificate andando ad incrementare nel tempo l’offerta edilizia del nostro paese. Prendiamo in analisi il caso della contrada Opere, area per così dire “gemella” rispetto alla zona Chiaffa. Calimera contava nel 1971 poco più di 6.000 anime, dieci anni dopo, nel 1981 la popolazione era salita a circa 7.000 abitanti, erano necessarie nuove case. Utilizzando gli strumenti urbanistici attuativi previsti dalla norma, e cioè redigendo un piano particolareggiato, intorno al 1981 il Comune di Calimera decideva l’urbanizzazione dell’area. Nella relazione al piano particolareggiato della zona Opere si legge che le aree destinate a residenza erano pari a 27.300 mq (superficie coperta al piano terra) e che l’altezza massima prevista per gli edifici non doveva superare gli 11 m (il che consente l’edificazione fino a 3 piani fuori terra). Se consideriamo per ogni nucleo familiare composto da 4 persone un appartamento di 100 mq, è sufficiente un calcolo elementare per stimare che l’operazione di lottizzazione della sola zona Opere permise di rispondere ad un fabbisogno abitativo di La situazione demografica degli anni successivi vede Calimera crescere con ritmi ben più lenti: nell’arco di 24 anni, dal 1981 al 2005 la popolazione cresce di appena 307 unità (7.042 residenti nel 1981, 7.349 residenti nel 2005). Negli anni ‘90 dunque la reale problematica legata allo sviluppo del territorio, più che l’espansione resta la necessità di dotare il Comune di un Piano Regolatore Generale che superi il meno raffinato Programma di Fabbricazione vigente. Uno strumento utile alla pianificazione e l’utilizzazione del territorio con il quale affrontare le questioni dello sviluppo locale, del- oltre 2.000 persone (540 famiglie composte da 4 persone), due volte la domanda abitativa. Inoltre, contestualmente al piano particolareggiato fu attivato il piano di zona per l’edilizia economica e popolare (PEEP) con il fine di definire ed inquadrare urbanisticamente le aree destinate alla realizzazione di case destinate all’edilizia sovvenzionata andando così ad incrementare ulteriormente la disponibilità di alloggi nel nostro paese. l’ampliamento dei servizi, della modernizzazione ed adeguamento delle reti nonché la necessità, mai affrontata prima, di salvaguardare gli elementi che caratterizzano il nostro tessuto urbano e la storia del modello di insediamento locale. In realtà già nel 1982 l’Amministrazione Comunale aveva conferito ad alcuni professionisti l’incarico di redigere il PRG, ma si deve attendere l’ottobre del 1997 perché i tecnici depositino il PUGLIA: quella che stiamo cambiando L a Puglia Migliore che era nei nostri slogan nella campagna elettorale un anno fa ha trovato la sua realizzazione. Non è rimasta una di quelle promesse populistiche tanto care al Cavaliere. È nelle cose. E ci proponiamo di esportarla a livello nazionale. La Puglia Migliore è nella sanità, dove in un anno le persone che sono totalmente esenti dal pagamento del ticket son passate da 685.000 ad 1.612.00. Quasi un milione in più. Tutto ciò nonostante i ripetuti tagli ai fondi da parte del governo nazionale. La Puglia Migliore è nel lavoro, dove grazie all’approvazione della legge sulla conservazione dello status, chi è disoccupato ed ottiene un contratto a tempo determinato di durata inferiore ai 12 mesi, non perderà lo status di disoccupazione e con esso conserverà le tutele che gli sono dovute in quanto precario. Inoltre con la legge sull’apprendistato professionalizzante la formazione permanente viene trasformata da sotterfugio contrattuale per i datori di lavoro a momento di vera innovazione e investimento nelle risorse umane. La Puglia è la prima regione del Mezzogiorno e la quinta in Italia ad approvare un testo di questo tipo. La Puglia Migliore passa per l’ecologia che riesce per la prima volta nella storia di questa regione a ritagliarsi un ruolo impor- tante nello sviluppo consapevole. In questa chiave è stato presentato il PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) che consentirà alla Puglia di diventare una delle prime regioni europee nella produzione di energia pulita e alternativa. E in questa direzione andrà anche il Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE), ora in preparazione. La Puglia Migliore è nei servizi sociali con la riorganizzazione del welfare regionale che consentirà di aiutare le famiglie impoverite dalle politiche del centrodestra, con l’abbattimento della discriminazione contro chi sceglie forme di convivenza alternative a ciò che nella nostra tradizione giuridica è definito come famiglia, con le politiche abitative, con politiche di sostegno alla crescita dei minori, con una serie di misure di concrete di contrasto alla povertà. La Puglia Migliore non è stata una chimera sventolata per una campagna elettorale per poi sparire all’orizzonte. La Puglia Migliore è un cammino, è una realtà costruita giorno dopo giorno, tassello dopo tassello. È un laboratorio di realizzazione di politiche alternative a quelle della precarietà imposte dal centrodestra. Da qui partiamo per impegnarci a garantire agli italiani un’altra Italia. Un’Italia Migliore. CIRCOLO POLEMONTA ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 9 E 10 APRILE 2006 VOTA Mettersi in gioco RIFONDAZIONE COMUNISTA PER PRODI PRESIDENTE progetto preliminare di quello che dovrebbe diventare il PRG di Calimera. Ma quello del 1997 è un autunno caldo, almeno per quanto riguarda l’urbanistica calimerese: il 31 ottobre, una ditta di costruzioni edili, la Guido & Guido s.r.l. di Calimera presenta un progetto di lottizzazione della zona Chiaffa. Il progetto, nel rispetto delle prescrizioni del PdF, insiste su una superficie fondiaria di circa 167.000 mq (20.000 mq in più rispetto alla superficie fondiaria rientrante nel Piano Particolareggiato della zona Opere). Seguendo lo stesso ragionamento applicato per la zona Opere si può stimare che, anche fissando nel 50% la quota di edifici destinati a residenza, la lottizzazione permetterebbe di rispondere ad un fabbisogno abitativo teorico di 2.400 persone, il che alla luce dei suddetti dati demografici rende ridicola l’intera operazione. E difficile pensare che una crescita demografica della popolazione residente di Calimera negli ultimi 20 anni, pari ad appena 214 unità (circa 10 persone l’anno), possa giustificare la lottizzazione di un’area così estesa. Ciò nonostante, recentemente l’amministrazione Comunale ha adottato il Piano Pluriennale di Attuazione, di fatto un cronoprogramma, funzionale all’accelerazione delle procedure finalizzate alla cementificazione dell’area Chiaffa. Con l’adozione di questo strumento urbanistico è chiara l’intenzione della giunta Rosato di apportare una radicale trasformazione del territorio. Ma il paese è piccolo e la gente mormora, e dunque a Calimera non è propriamente un mistero che grandi interessi economici gravino sull’area in questione. Pare che alcuni personaggi, con importanti incarichi politici nella presente e passata amministrazione abbiano legato alla zona Chiaffa la sorte della propria carriera politica, e adesso vorrebbero concretizzare i loro progetti. Dunque l’edificazione delle aree in oggetto risponde ad un interesse collettivo oppure a logiche di speculazione fondiaria ed edilizia? Gli amministratori di Calimera hanno riflettuto su cosa significa avviare una così ampia trasformazione del territorio ai fini dell’identità stessa di Calimera? Noi crediamo che regolare la pianificazione e l’uso del territorio di una città significa pensarne lo sviluppo. Forse conviene allora figurarsi una città viva e organica, vivibile dai suoi cittadini e da tutti quelli che vi operano, una città che nelle sue parti conservi, almeno per quel poco che le rimane, le peculiarità locali fatte di grandi isolati dal cuore verde, architetture contadine di pietra, magnifiche coperture a volta. Una Calimera che accanto alle nuove costruzioni custodisca per le generazioni future le tipologie caratteristiche dell’area mediterranea come le case a corte, che mantenga la memoria dell’incredibile rapporto tra città e campagne tipico di un’economia contadina ormai in declino. E’necessario ripensare globalmente ad una cittadina che possa attrarre i turisti, ma anche in grado di aggregare strutture per il terziario e per il terziario avanzato, motori dell’economia occidentale, inserendosi in un moderno contesto produttivo. Una cittadina che sia vivibile, dagli spazi a misura d’uomo piuttosto che dalle periferie spersonalizzanti e vuote. Pensare la forma della città significa poi scommettere sulla ricchezza che può venire dal rispetto delle caratteristiche di un luogo. Calimera ha già pagato duramente il prezzo di scelte sbagliate compiute in passato e che hanno portato, tra i risultati più visibili, alla scomparsa di buona parte del centro storico sostituito da ingombranti casermoni da periferia. Le scelte della pianificazione urbanistica devono discendere, piuttosto che da sommarie valutazioni di ordine puramente formale, da un’analisi approfondita e qualsiasi decisione su una materia così complessa dovrebbe basarsi in primis sui dati statistici di incremento demografico, e comunque sulle reali esigenze di una collettività. Ma le ragioni utilizzate da chi è favorevole all’edificazione della zona Chiaffa probabilmente sono altre. Circolo Polemonta P er le nuove generazione Calimera è sempre stato un paese dormiente, assopito in una tranquillità irreale. Niente di eclatante, tutto soffocato in un pesante silenzio. Non perché i problemi non ci siano ma perché mettersi in gioco non è molto semplice. Serve il coraggio di esporsi, di prendersi delle responsabilità. Ma se non si parla, le cose non cambiano. Noi abbiamo deciso che Calimera si deve svegliare. Il silenzio ai giovani non piace, non ci piace. Per questo è nato “Il Grido”, un foglio ripiegato che raccoglie le grida dei giovani che vogliono avere un ruolo nella vita di Calimera e non si accontentano di esserne solo il futuro. Non esiste una redazione ma un collettivo redazionale che, oltre ai propri, accoglie articoli da quanti vogliono far sentire la propria voce. Raccogliamo tutto senza fare distinzioni di sorta. Ci definiamo apolitici, non perché la politica non ci interessi ma perché vogliamo evitare strumentalizzazioni. Noi la politica la trattiamo ma non la facciamo. Vediamo le cose con l’occhio pulito di chi non ha interessi, anzi solo uno: ereditare un paese educato alla partecipazione e aperto ai cambiamenti. In tre numeri i risultati sono stati soddisfacenti. Abbiamo visto l’entusiasmo di alcuni e le critiche di altri, ma abbiamo accolto tutto allo stesso modo per poter migliorare. Scrivere un giornale non è facile, noi ci siamo improvvisati giornalisti senza nessuna pretesa. Eppure questo “foglio” funziona. Dopo anni ha risvegliato i calimeresi dal loro sonno, ha saputo stupire quelli che dai giovani di Calimera non si aspettavano più nulla e quelli che avevano tanto da dire ma non vedevano il modo. Adesso un mezzo c’è. E ne stanno nascendo altri. Che si stiano smovendo le acque dello stagno calimerese? Noi lo speriamo. Noi de “Il Grido” non possiamo fare altro che ringraziare la redazione de “IlCompagno Brizio” per averci dato spazio e dare il nostro “in bocca al lupo” per la buona riuscita di questo giornale. Lusiana Maggiore Patate dolci e veleni industriali C alimera e Vernole non sanno. La gente di Melendugno invece qualcosa sa, non molto in realtà, ma la percezione del rischio c’è, ed è già molto. Dall’ormai lontano 1999, grazie all’iniziativa economica di un abile imprenditore, un’area estesa poco più di due ettari tra gli oliveti e i muri di pietre a secco della campagna di Terra d’Otranto è diventata incredibilmente produttiva. In realtà i prodotti di questa azienda, al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare, non sono olio, patate dolci o agrumi. Tra Calimera, Melendugno e Vernole, in un impianto dedicato, avviene il trattamento di rifiuti liquidi speciali e pericolosi, sia di origine civile sia di derivazione industriale. Si tratta di un’attività molto redditizia, i cui prodotti sono fanghi inquinanti e reflui liquidi che sono smaltiti nel sottosuolo e nella rete di fognatura nera. La ditta che gestisce l’impianto nel quale avvengono le lavorazioni è regolarmente autorizzata e ogni giorno può lavorare fino a 2000 metri cubi di rifiuti classificati come speciali e pericolosi. Una realtà imprenditoriale senz’altro degna di nota. Eppure nel dicembre 2004, l’impianto per il trattamento di rifiuti speciali e di quelli pericolosi di Melendugno è posto sotto sequestro dai Carabinieri per la tutela dell’ambiente. Nell’impianto sarebbero stati trattati rifiuti liquidi industriali incompatibili con l’autorizzazione. Siamo di fronte ad un impianto tecnologicamente all’avanguardia, in grado di trattare “tutte le tipologie di rifiuti liquidi, anche le più inquinanti” come afferma la ditta, o ad una bomba ecologica pronta ad esplodere, come si afferma da più parti? Ma andiamo con ordine. Tutto inizia alla fine del 1991 quando l’Amministrazione Comunale di Melendugno, autorizza la società Ecolio S.r.l. a realizzare, su un’area fino ad allora coltivata ad oliveto e vicinissima ai dolmen “Placa” e “Gurgulante”, un “impianto per il trattamento di acque di vegetazione” (le acque di vegetazione sono il refluo liquido proveniente dal processo di produzione dell’olio di oliva). Il soggetto proponente, la società l’Ecolio S.r.l., è una ditta con sede legale a Bari. Il suo proprietario ed amministratore unico si chiama Italo Forina, ed è già proprietario e legale rappresentante della ditta S.OL.VI.C. con sede a Canosa di Puglia che svolge la sua attività di trattamento rifiuti dal 1992 smaltendo oltre 100 milioni di kg all’anno di rifiuti liquidi speciali e pericolosi provenienti da varie regioni d’Italia. Il sig. Forina, uno specialista nel settore dello smaltimento rifiuti, verrà arrestato nel gennaio 2005 dai Carabinieri per la tutela dell’ambiente con l’accusa di essere coinvolto in un traffico illecito di rifiuti derivanti da procedimenti industriali. Ma torniamo alla nostra storia. Nel maggio del 1994 la Provincia di Lecce approva il progetto presentato dalla ditta Ecolio, e in seguito approva una variante al progetto iniziale che permette all’Ecolio di trattare , oltre alle acque di vegetazione, anche liquami civili provenienti da fosse settiche. Due anni dopo, le vasche dell’impianto, situato in aperta campagna ed al riparo da sguardi indiscreti ormai sono in funzione. Dal 1998 in poi però una serie continua di inconvenienti susciteranno l’attenzione dell’opinione pubblica e degli enti coinvolti: valori delle analisi effettuate sui reflui fuori norma, scarico superficiale di acque reflue inquinate, “fumi maleodoranti, acri e penetranti” provenienti dall’impianto di depurazione Ecolio e che interessano il comune di Melendugno, etc. Nonostante questi preoccupanti segnali l’impianto continua a lavorare regolarmente, anzi nel gennaio 1999 la ditta Ecolio si candida al salto di qualità. Il signor Italo Forina, in qualità di amministratore unico della Ditta, chiede alla Provincia l’autorizzazione a poter trattare nell’impianto rifiuti liquidi industriali speciali e pericolosi. Una svolta importante, ufficialmente non condivisa dal Comune di Melendugno, ma che a giudizio dell’Amministrazione Provinciale non comporta sostanziali cambiamenti. Dunque nel marzo 1999 la Giunta Provinciale concede alla ditta Ecolio S.r.l. l’autorizzazione provvisoria al trattamento di rifiuti liquidi speciali e pericolosi. Da questo momento in poi a Melendugno si potranno trattare un numero sempre crescente di tipologie di rifiuto in quantità sempre più grandi: la capacità di trattamento dell’impianto passa dai 100 mc al giorno, fino a 2000 mc al giorno, le autorizzazioni saranno regolarmente rinnovate e saranno estese le tipologie di rifiuto trattabili. Gli accordi con la Provincia prevedono che anche sulle acque in uscita dall’impianto di depurazione, siano effettuate con cadenza regolare approfondite analisi chimiche. Le analisi saranno effettuate ad opera dei tecnici della ASL che prelevano l’acqua sempre alla presenza di un tecnico della ditta, alle volte il responsabile tecnico dell’impianto Ecolio, l’ing. Giorgio Potì, di Melendugno. I fatti prendono un’altra piega nel dicembre 2004 quando la procura di Lecce ha apre un’inchiesta sull’attività dell’Ecolio. L’impianto per il trattamento di rifiuti speciali e di quelli speciali pericolosi di Melendugno è posto sotto sequestro dai Carabinieri del NOE. Nell’impianto sarebbero stati trattati rifiuti liquidi industriali incompatibili con l’autorizzazione, inoltre sarebbero stati accertati la miscelazione ed il trattamento di rifiuti pericolosi non previsti dall’autorizzazione. Il sequestro è un duro colpo per l’Ecolio, tanto più che il Comune di Melendugno chiede all’Amministrazione provinciale di tornare ad esaminare le autorizzazioni rilasciate a suo tempo alla società, ed evidenzia che la valutazione di impatto ambientale non è mai stata effettuata. Siamo all’epilogo, il 14 settembre 2005 la società Ecolio S.r.l. con lo scopo dichiarato di “portare a soluzione il sequestro preventivo” decide di avviare la procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) e deposita lo “studio di impatto ambientale relativo alla piattaforma polifunzionale, per il trattamento dei rifiuti speciali, ubicata in Melendugno (LE) alla contrada masseria Zappi”. Dunque, gli enti competenti (Provincia di Lecce, Regione Puglia), al momento del rilascio delle autorizzazioni, non hanno creduto di dover avviare a garanzia dell’ambiente (e della salute dei cittadini) la procedura di VIA. Inoltre tutta una serie di inconvenienti legati alla qualità delle acque di falda e alla qualità dell’aria nell’area circostante l’impianto fino al centro abitato di Melendugno caratterizzano il periodo che va dal 1998 fino al 2005. Infine l’ipotesi della procura di Lecce secondo la quale nell’impianto sarebbero avvenuti illeciti ambientali. Come finirà questa vicenda? La procura di Lecce continua le indagini, la Provincia di Lecce potrebbe tornare sulle autorizzazioni, come richiesto dal Comune di Melendugno, ma molto dipenderà dagli esiti della VIA espressa dall’Amministrazione Regionale. Ed almeno per una volta i segnali sono incoraggianti: la Regione, facendo proprie le osservazioni avanzate da varie associazioni tra cui WWF, Legambiente, Italianostra e L’associazione Sete, ha giudicato lo studio dell’ecolio insufficiente ed ha convocato una conferenza dei servizi alla presenza delle amministrazioni locali (compreso il Comune di Calimera) al fine di fare proprie anche le istanze delle popolazioni locali. Al momento dal Comune di Calimera ci rassicurano: ”abbiamo chiesto che vengano rispettate tutte le leggi a garanzia dell’ambiente e dei cittadini”. Nel frattempo all’Ecolio si lavora, le autobotti cariche di chissà cosa continuano ad arrivare da chissà dove, le associazioni ambientaliste cercano di organizzarsi e continuano a combattere la loro battaglia al fianco di una popolazione di oltre 20.000 persone che appare un po’ assopita, forse troppo abituata ai soprusi, ma con una consapevolezza che si fa strada: vivere in un ambiente sano è una necessità da garantire e la sostenibilità delle scelte di oggi è indispensabile per le generazioni presenti e future. Alberto Giammaruco Il Piano Commerciale di Calimera e la favola della formica e della cicala. In questi ultimi tempi circola nelle stanze del Palazzo comunale (e non solo) una bozza di Piano Commerciale, predisposto dagli uffici competenti su ispirazione dell’attuale maggioranza di Centrodestra che governa (!?) la nostra Città. Il Piano Commerciale (PC) – rifuggendo da ogni nostalgia politico - passatista – dovrebbe pianificare lo sviluppo commerciale della nostra comunità in armonia con le sue “reali” e non “fantasiose” esigenze di vita quotidiana, regolamentando, sostanzialmente, l’apertura e chiusura di esercizi commerciali, l’ammodernamento, il trasferimento e l’ampliamento degli stessi. A questo punto, rispetto al magnificente sforzo creativo dei “Nostri”, sorgono spontanee due riflessioni: una nel metodo e una nella sostanza. Ci piace partire, come sempre, dalla sostanza. Come M.L.King, anche la nostra Amministrazione ha un sogno: fare di Calimera la Silicon Valley della Grecìa Salentina immaginando futuribili crocevia di popoli e razze che avendo bisogno di sfamarsi e rifornirsi di scorte di ogni genere, diretti all’esplorazione del Capo di Leuca, non troverebbero nei “poveri” esercizi commerciali già esistenti le oasi dove rifugiarsi. Nella predisposizione del PC si ipotizza infatti l’apertura di medio-grandi esercizi commerciali che dovrebbero soddisfare le esigenze di questo ingente flusso migratorio teorizzato nell’analisi presuntiva dei consumi che correda il PC. Non per sminuire la nostra ridente cittadina ma se geograficamente non siamo in una posizione di isolamento è altrettanto vero che il nostro Paese non è un crocevia, un Paese capace di attirare, in futuro, il doppio dei consumatori già presenti, come gli attuali Amministratori tentano di farci credere al fine di giustificare delle scelte non solo bizzarre ma anche e soprattutto pericolose. E’ solo nella mente fantasiosa di qualche Amministratore nostrano (più che fantasiosa ci verrebbe da dire calcolatrice...) che possiamo attirare una forte domanda di spesa nel nostro territorio, ampliando, a dismisura l’ammontare di metri quadri del settore alimentare già esistente. Si dice che spesso le persone fanno i conti senza l’oste. I “Nostri”, invece, dimostrano di farli, i calcoli, con molti osti (perdonate la licenza linguistica): i circa 14.000 abitanti che spenderebbero (il condizionale è più che d’obbligo) nel settore alimentare. Da dove salta fuori questa cifra? Non si capisce. O meglio si potrebbe forse giustificare e di questo va dato atto ai nostri Amministratori - con la fiducia che essi ripongono nella futura capacità procreativa delle donne e degli uomini di Calimera! Per sostenere questo sforzo procreativo nonché il summenzionato flusso di genti si è immaginato di voler ampliare a tutti i costi il settore alimentare, portandolo da 3.493 m2 a 6.200 m2 circa, non essendo sufficienti, i primi, a soddisfare la domanda dei 14.000 abitanti “virtuali”. A noi piace credere ai numeri reali e non a quelli presunti che fanno fare sogni commerciali solo all’attuale Amministrazione comunale ma non ai nostri commercianti che a stento riescono a tirare il carretto in momenti di restrizione dei consumi come quelli attuali. Già, i nostri commercianti! Che ruolo avrebbero costoro in questo immaginifico e magnifico futuro distributivo? Pensiamo nessuno, perché non sono stati ritenuti degni e adeguati a soddisfare le esigenze commerciali immaginate. Non si è ritenuto di valorizzare l’esistente, le piccole botteghe, i piccoli negozi, i numerosi esercizi commerciali esistenti da tempo nel centro del Paese e che da tempo trainano, con estrema difficoltà, l’economia cittadina. Poche e irrilevanti misure sono state pensate per loro. Noi riteniamo, invece, che i 29 esercizi commerciali del settore alimentare, e i 98 del settore no food (settore non alimentare), siano più che sufficienti a soddisfare la domanda dei cittadini e dei visitatori. Cercherete di giustificare il messianico avvento della Grande Distribuzione con la chimera della creazione di nuovi posti di lavoro così di moda (le chimere, si intende) in questi anni rampanti dell’Italia berlusconiana: sembra quasi di rivivere la Milano da bere che poi ha bevuto se stessa senza neanche ubriacarsi! Tornando alle cose serie, è risaputo e confermato, da diverse e altrettanto serie statistiche economiche, che per ogni nuovo assunto nella Grande Distribuzione se ne perdono due negli esercizi di media e soprattutto piccola dimensione, per non tacere poi il fatto che gran parte delle nuove assunzioni sono part-time, a tempo determinato e poche, se non inesistenti, quelle a tempo indeterminato, mentre, al contrario, l’occupazione che si perde è quasi tutta a tempo indeterminato. Grave sarebbe, quindi, il danno per l’occupazione calimerese con l’approvazione del nuovo PC! E allora perché mortificare tanti altri nostri concittadini che già fanno fatica ad arrivare a fine mese? È proprio necessario un simile PC? E arriviamo ora alla seconda ma non meno importante riflessione: quella sul metodo con cui si è giunti all’elaborazione di questo splendido PC. Avremmo preferito che prima di presentare il lavoro finito, che suona tanto di prendere o lasciare, fossero stati coinvolti i veri soggetti interessati allo stesso: le organizzazioni dei commercianti e dei consumatori e, magari, anche i cittadini. Nulla di tutto ciò è stato fatto! Preferiremmo, invece, che qualsiasi Amministrazione comunale, di qualsiasi colore politico, nel momento in cui deve dotarsi di uno strumento importante che coinvolge il Paese intero, abbia la sensibilità democratica di partire dal basso, dai cittadini, per arrivare a decisioni condivise e non verticistiche. Siamo d’accordo sull’effettiva esigenza Il Primo e il 2 ottobre scorsi ha avuto luogo LiberaGrecìa, la 1° Festa di Liberazione della Grecìa Salentina, organizzata dal Circolo di Rifondazione “Polemonta” di Calimera, congiuntamente ai Circoli di Martano, Zollino e Sternatia. Oltre allo scopo aggregativo, la festa si proponeva di approfondire temi d’attualità e di interesse politico con l’intenzione di stringere un rapporto, il più diretto possibile, con i concittadini attorno a tematiche di effettiva rilevanza. Mentre a Martano, Sternatia e Zollino si son tenuti dibattiti sulla libera circolazione dei saperi, sui diritti dei lavoratori e dei migranti, Calimera ha ospitato le due serate conclusive. Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, sul palco di Piazzetta IV Novembre, si sono alternati i Kaus Meridionalis, i martanesi Capiroska e il cantautore milanese, trapiantato in Toscana, Ivan Della Mea, mentre, sotto una pioggia battente il Segretario regionale del PRC, Nicola Fratoianni, si confrontava con la giornalista Paola Ancora sui temi dello scenario politico italiano e regionale. Il bilancio della festa è in definitiva positivo e tuttora permane la soddisfazione di aver costruito un di un ammodernamento nella rete distributiva alimentare, ma di certo questo non passa solo ed esclusivamente attraverso l’avvento della Grande distribuzione. Inoltre se tra le altre c’è anche la necessità di adeguati servizi commerciali che forniscano il programmato nuovo insediamento urbano (zona Opera), discutiamone, senza però penalizzare l’esistente tessuto commerciale. Auspichiamo l’inserimento di ogni novità urbanistica nella futura realizzazione del P.U.G., onde evitare questo genere di decisioni avventate. Concludendo, noi pensiamo che con quanto proposto nel PC non si otterrà nessun risultato positivo, né per gli operatori delle medie strutture locali, né per quelli delle strutture intermedie, né tanto meno per i cittadini! Consigliamo il ritiro del PC, ma se si ritenesse percorribile la via del dialogo lo si dica, siamo disponibili a dare e a ricevere contributi per il bene degli operatori commerciali e dei cittadini. Questo Piano Commerciale ha come giustificazione i sogni di cui abbiamo parlato, rispettabili in quanto tali, ma che rimangono sempre e solo sogni molto distanti dalla realtà dei fatti. Non vorremmo svegliarci travolti dagli incubi come spesso accade quando ad essere realizzati sono i sogni di pochi a scapito dei bisogni di tutti. Stefania Mingiano momento di crescita culturale e di confronto sociale in un Paese che da decenni non ospitava una festa di carattere politico al fine di riavvicinare la gente ai temi di attualità ed alla politica. Con grande gioia, nel gennaio scorso, abbiamo avuto modo di notare che gli amici de “Lo Specchio” condividevano ampiamente il nostro resoconto. Con la delicatezza e la “sincerità” che li ha sempre contraddistinti, infatti, pubblicavano un articolo che recitava: “Più cani che persone alla Festa di Liberazione”. Al di là se è giusto o meno replicare ad un giornale di gossip locale, penso che i grandi poeti dello Specchio potevano usare altre parole, anche solo per una minima forma di rispetto per chi si è impegnato per la realizzazione di quell’evento. Concludo, dicendo a questi ultimi che, forse, per il bene e lo sviluppo del nostro Paese è meglio fare qualcosa correndo il rischio di commettere degli errori, piuttosto che starsene comodamente seduti in poltrona, pronti a giudicare e a sparare a zero sempre e comunque. Simone Reale Quante ne hai sentite? Quante te ne raccontano? Specialmente in campagna elettorale. A noi piace dire quello che facciamo e fare quello che diciamo. Per questo abbiamo messo la ® alle parole, perché non le usiamoosolo per aprire la bocca. ® O M E L A I O D R N A O P F I R LE VUOI VEDERE DIRITTI CHE L’ITALIA QUELLI DI CIVILTÀ CAMBIA ® PACE DAVVERO. QUELLA VERA ® ® SCUOLA QUELLA PUBBLICA ® CASA QUELLA GARANTITA ®