UN MONDO DI SALUTI E BACI
Bizzarrie
1
2
UN MONDO DI SALUTI E BACI
Bizzarrie
3
Scuola elementare statale “Italo Calvino”
via Liguria, 11
Cologno Monzese (Mi)
anno scolastico 2003 - 2004
Classe 5a B
insegnanti Maurizia Carnevale Nadia Ponci
novembre 2003
4
Autori
Marco Alaimo
Roberto Armetta
Francesca Cannone
Andrea Carella
Matteo Chinosi
Michele D’Errico
Maria Teresa Deligio
Alessandro Di Terlizzi
Stefano Galofaro
Nicola Grasso
Gonzalo Gutierrez
Dolaji Henin
Luca Lemma
Marica Limongelli
Marina Mirabella
Manuel Pecorella
Nicholas Penzo
Michael Russo
Elisa Scalvini
Laura Sessa
Diana Sullka
Ahmed Tarek
5
Questo titolo appartiene alla collana collegata al progetto
“La scuola come casa editrice” condotto da anni nella scuola
“Italo Calvino”.
6
PREFAZIONE
Tutto cominciò il primo giorno di scuola.
Dopo gli affettuosi baci e abbracci, dopo i racconti infiniti
delle vacanze appena trascorse, la nostra preoccupazione
fu quella di osservare, leggere e commentare le cartoline
che avevamo spedito alle maestre: i soliti paesaggi visti
dall’alto, i tramonti più o meno infuocati e le spiagge dorate con solitari gabbiani. - Cosa ne facciamo di tutte queste
cartoline? - fu il commento finale.
La maestra si ricordò del libro “Saluti e baci” di Bruno Munari, libro che casualmente proprio quel giorno si trovava
nella sua borsa.
Lo prese e ce lo mostrò. Michael suggerì: - Potremmo modificare anche le nostre cartoline per renderle più ironiche
e simpatiche - e tutti furono d’accordo nel rubare l’idea
che proponeva questi “esercizi di evasione”.
Fu così che iniziammo il nostro “taglia e cuci” di cartoline.
Il risultato fu una raccolta di immagini bizzarre e briose, a
cui assegnammo titoli spiritosi.
Le più spassose sono state inserite nel sito della scuola
dentro la rubrica “Cartoline, che passione!”.
Ci venne anche l’idea di costruire racconti assemblando
più cartoline che potevano avere analogie significative.
Individualmente e a gruppi realizzammo storie carine e
originali che decidemmo di raccogliere in questo simpatico
libretto.
Ora tocca a voi, leggete con attenzione e… non ridete
troppo!
Gli alunni della 5° B
7
8
La dea ribelle
Michele, Matteo, Dolaji
M
olti anni or sono i dominicani pregavano
la dea Venere.
Essa risiedeva in un paradiso acquatico: una
grotta azzurra con l’acqua perfettamente cri-
stallina, con le pareti decorate da bagliori e
riflessi di luce, chiusa da un portone cinese
che impediva l’accesso agli esseri umani.
Un giorno Venere si stancò di ascoltare le
preghiere del suo popolo perciò decise di diventare una persona qualunque.
Uscì dalla grotta con tanti desideri: voleva
andare in barca, esplorare le montagne, visi9
tare le città, avere amici ...
Si sentiva finalmente libera e quell’esperienza
le piaceva ogni giorno di più.
Una mattina, mentre passeggiava su una
spiaggia vide uno splendido castello di sabbia
che sembrava mont S. Michel: era imponente, protetto da mura e con una abbazia sulla
cima.
Venere sapeva che prima o poi la marea si
sarebbe alzata perciò, con i suoi poteri divini,
fece sbucare una mano protettiva davanti al
castello per impedirne la sua distruzione.
Questo fatto però l’aiutò a riflettere sulla fugacità dei beni umani.
Purtroppo o per fortuna sia le cose belle che
quelle brutte hanno un inarrestabile limite di
10
durata: è il loro immutabile destino.
Venere quindi decise di tornare ad essere
quella di sempre: una dea.
11
Il drago di Ischia
Luca, Stefano, Nicola
A
Ischia abitava un drago enorme con la
pelle verde e rugosa, con gli artigli lunghi
e affilati di nome Giorgio, che, nonostante il
suo terrificante aspetto, aveva sempre mostrato il suo buon carattere. In estate però i
turisti si lamentavano perché occupava, con
la sua grandezza, la parte di costa migliore,
perciò il Sindaco insieme ai suoi cittadini cacciarono il drago Giorgio, minacciandolo addirittura di morte.
Giorgio arrabbiato per l’offesa ricevuta dagli
ingrati abitanti, si immerse nell’acqua arrivando sul fondale ricoperto da coralli e stelle
marine.
Si rifugiò in una grotta molto buia, infatti era
conosciuta come la grotta della paura.
Si muoveva con difficoltà urtando continuamente contro le pareti finché per caso trovò
una via d’uscita. Imboccò il cunicolo e si trovò a Biancanopoli famosa per la leggenda del
mulino sacro.
Si racconta che il mulino sacro potesse trasportare o nel passato o nel futuro.
Giorgio curioso entrò nel mulino e subito le
12
pale cominciarono a girare vorticosamente.
Dopo qualche minuto Giorgio si trovò nel
passato: era su una stradina di Pietropoli,
un paesino di quattro case sperduto tra i boschi.
Lì incontrò Harry, il più vecchio e saggio contadino del villaggio. Dapprima Harry si spaventò alla vista dell’enorme drago, ma poi
forse a causa del suo tenero sguardo, capì
che Giorgio in realtà era mansueto e dolce.
Fu così che fecero amicizia e divennero inseparabili.
Intanto Ischia fu attaccata dai vandali che
si divertivano a rompere i cartelli stradali, a
giocare al tiro al bersaglio con i lampioni del13
la luce, a scarabocchiare i muri della città, a
distruggere i giochi dei bambini, a molestare
i turisti che abbandonarono l’isola.
Solo allora il Sindaco si pentì di aver cacciato
Giorgio che avrebbe potuto difendere Ischia
da ogni pericolo.
14
LA BUSSOLA PERDUTA
Laura, Andrea, Francesca
I
l sole era sorto su una spiaggia dalla sabbia bianca e fine. Gruppi di palme dal verde acceso inchinavano i loro rami sulle acque
limpide e cristalline. Un manipolo di soldati
in divisa rossa fuoco erano già al lavoro:
marciavano col petto in fuori e a testa alta
ubbidendo ad ogni ordine dato dal loro superiore.
A un certo punto i soldati avvistarono una
tartaruga Caretta Caretta che si stava facendo cullare dolcemente dalle onde.
15
Un comando secco ordinò ai soldati di catturare quello strano esemplare. Caretta Caretta
sentì strane vibrazioni che si avvicinavano
sempre di più. La tartaruga spaventata incominciò a nuotare freneticamente per allontanarsi da quel pericolo e, presa dal panico,
cominciò a dare i numeri. Continuò comunque a nuotare anche se non riusciva più ad
orientarsi. Il destino la condusse in una tranquilla spiaggia deserta. Lì sorgeva un’antica
città ricca di templi, arene e obelischi, che,
a causa di ripetuti bradisismi, fu sommersa
dalle acque. Pian piano la tartaruga si guardò
intorno per assicurarsi che non ci fossero ulteriori pericoli.
- Son morta o sono ancora viva?- si domandava incredula la poverina mentre perlustrava
quelle basse acque tiepide. Un tappeto di alghe ricopriva i preziosi mosaici dei pavimenti,
rossi coralli decoravano alcuni piedistalli di
colonne su cui si riposavano granchi, stelle
marine e ricci. Caretta Caretta camminando
sul fondale scaraventò a gambe all’aria un
paguro che, raccolta la sua conchiglia in fretta e furia, se ne andò.
Un polipo curioso osservava la tartaruga e i
movimenti di un tentacolo sembravano darle
il benvenuto.
16
Improvvisamente fu risucchiata e trascinata
da una terrificante onda anomala proveniente
da chissà quale luogo. L’onda superava ogni
ostacolo distruggendolo e proseguiva la sua
folle corsa verso le popolose città. Caretta
Caretta, racchiusa dentro la sua corazza, fu
scagliata contro alti grattacieli e, come un
proiettile, sbriciolò i vetri delle finestre e continuò il suo volo finché l’onda esaurì la sua
energia alla periferia di quella grande città.
La tartaruga, graffiata e ammaccata, cominciò a camminare su un grigio fiume d’asfalto,
quando uno strano e mostruoso animale metallico con quattro ruote al posto delle zampe
17
stava per schiacciarla, non contento lasciò
una scia puzzolente e irritante che tolse il
respiro alla tartaruga. Caretta Caretta si accorse che quell’ambiente non era certo il suo
habitat naturale e decise di tornare nel suo
paradiso perduto.
Ancora disorientata e confusa scelse la direzione opposta rispetto al mare e si ritrovò su
una montagna innevata.
Un brivido la percorse quando fece conoscenza con la neve. All’inizio la neve era un
nemico, ma poi si rivelò un soffice e morbido
cuscino bianco. La tartaruga prese confidenza: si divertiva scivolando sul suo guscio,
18
facendo capriole, rotolando lungo i pendii,
improvvisandosi un ottimo spazzaneve e costruendo una tartaruga di neve che diventò il
suo compagno di giochi. Scoprì che anche la
montagna poteva soddisfare le sue esigenze.
19
Due animali intraprendenti
Marina, Marco, Diana, Roberto
U
n giorno d’estate un elefante grosso e cicciotto, di nome Sventola, si stancò di trasportare pesanti casse e di esibirsi nel circo
come pagliaccio equilibrista. Avrebbe voluto
correre in libertà nell’immensa savana insieme ai suoi amici.
Una notte Gaspare, il guardiano allampanato
dell’elefante, si addormentò come un sasso
proprio davanti alla gabbia di Sventola che
finalmente aveva l’opportunità di scappare.
Pian piano con la sua lunga proboscide acchiappò le chiavi appese alla cintura di Gaspare, riconobbe subito quella della sua gabbia e
la infilò nella toppa della serratura con molta
delicatezza trattenendo addirittura il fiato per
non svegliare Gaspare.
Lo scatto della serratura sembrò un improvviso sparo che interruppe il rumoroso russare
del guardiano, che comunque non si svegliò.
La porta si spalancò e Sventola, senza tentennamenti, in punta di zampe cercò di allontanarsi il più in fretta possibile. Quando si
sentì al sicuro cominciò a correre incontro alla
libertà.
20
Si rifugiò in una pineta che ricopriva il pendio
di un’alta montagna. Riusciva a malapena a
passare fra un pino e l’altro e, in quel labirinto
di rami spinosi, cercava di schivare le pesanti
pigne che cadevano dagli alberi scossi al passaggio di Sventola.
Si sentiva nuovamente in gabbia quando finalmente si ritrovò sulle rive di un tranquillo lago
alpino dove si specchiavano le cime innevate
che lo circondavano. L’elefante accaldato ne
approfittò per rinfrescarsi con una doccetta.
Percorsi pochi metri, vide un sentiero in fondo
al quale spuntava un campanile un po’ diroccato che sembrava appoggiarsi a una vecchia
21
chiesa.
Sventola entrò nel rudere e fu colto da uno
sgradevole odore di muffa; le pareti, una
volta affrescate, erano scrostate, ricoperte di
muschio, di crepe e di ragnatele.
Eppure Sventola percorse tutta la navata fino
all’altare anch’esso mal ridotto, dietro il quale c’era una porticina che l’elefante sfiorando
fece cadere. Faticò ad oltrepassare la soglia:
infilò prima la proboscide, poi le orecchie e
infine la testa, dovette ritirare in dentro la
pancia trattenendo il respiro, ma rimase incastrato il sederone finché dopo vari tentativi
riuscì a sbloccarsi.
22
Un’altra prova lo attendeva: doveva oltrepassare un ponte pericolante che per fortuna resse il peso del pachiderma. Ora si trovava sul
versante opposto. Guardandosi attorno vide
un tempio circolare con un grande portone.
Dentro c’era una ricca vegetazione perché all’interno sgorgava una sorgente termale che
forniva acqua e sali minerali in quantità. Dalla
sorgente partiva un ruscello che Sventola seguì e si trovò dove il torrente si trasformava
in un placido fiume. Vicino all’argine Sventola
vide una robusta zattera, decise di usarla per
arrivare il prima possibile al mare. La corrente
lo cullò per un’intera giornata prima di avvistare il mare tra rossi bagliori proprio nell’ora
del tramonto.
23
Dopo una riposante notte sulla spiaggia,
Sventola vide tra gli scogli un topo molto
strano. La prima reazione fu quella di scappare, ma il topino intraprendente gli saltò sulla
proboscide per fare amicizia, aveva sempre
desiderato avere un grande amico. Sventola,
commosso, gli propose di partire insieme a lui
per la sua agognata savana.
24
Cambio di rotta
Marica, Nicholas, Michael, Ahmed
M
ary Poppins era stanca della solita vita:
portare bambini strillanti al parco dentro
passeggini e carrozzine, nutrirli ad orari regolari e cambiare loro pannolini fetidi. Il tutto
per poche sterline. Insoddisfatta di quella vita
perfida decise di ricominciare da zero tentando la fortuna a un tavolo di poker a Las Vegas.
Senza rimpianti aprì l’ombrello di scatto e
decollò nel cielo nuvoloso di Londra. Uno
stormo di piccioni incuriositi la infastidiva,
forse cercavano di capire che uccello fosse.
25
Improvvisamente il vento cambiò direzione e
Mary Poppins si ritrovò a sorvolare l’Egitto.
Avvistò un castello, le sembrò molto strano
che sorgesse in un luogo così isolato e decise
di scendere per visitarlo. Giunta a terra però
non trovò nessun castello: era solo un miraggio. Un turbine di aria calda e sabbia rovente l’avvolse. Poi d’improvviso il ghibli, come
spesso accade, svanì. Si guardò intorno e
vide parecchie sfingi tutte uguali tranne una,
grande e tempestata di diamanti che le disse:
- La ricchezza è molto vicina a te. Mary Poppins interpretò male questa frase
pensando che avrebbe vinto tanti soldi a Las
Vegas. Voleva proseguire il suo viaggio, ma
26
l’appetito le ricordò che a Milano, davanti al
castello Sforzesco, al posto della fontana c’era
una montagna di grana padano. Si diresse
verso l’Italia controllando le correnti d’aria,
puntò verso nord finché scorse il Duomo. Si
abbassò di quota, spezzò una punta di grana
e se lo gustò fino all’ultima briciola all’ombra
di una guglia.
Ripartì dirigendosi verso ovest. Il sole all’orizzonte era di un rosso laccato e dipingeva con
sfumature arancioni cielo e mare.
In controluce vide due ombre scure a forma
di cavalli che pascolavano tra le nuvole. Erano Lampo e Furia, esemplari unici di cavalli
volanti. Capitavano proprio a fagiolo perché
quei cavalli erano molto veloci.
Mary Poppins chiese un passaggio al più giovane fino a Koerk in Florida.
In quella città viveva lo zio che noleggiava
ovviamente auto volanti supersoniche. Mary
Poppins preferì una decappottabile e in un
battibaleno si trovò a Las Vegas. Scelse il
casinò che le sembrava più bello: due piani
di cristallo dove si riflettevano le luci colorate
della città. Entrò nella sala poker dove c’era
un tavolo verde tondo ricoperto di fiches. Prese posto e iniziò a giocare sognando il tesoro
di zio Paperone.Giocò per molte ore: vinse
27
poche volte e perse tutte le sterline che faticosamente lavorando aveva guadagnato. Non
le rimaneva che giocare il suo ombrello! Mary
Poppins non sapeva decidersi, finché si rese
conto che non poteva rischiare oltre.
Da quel momento la fortuna tornò a sorriderle, infatti andandosene trovò 100 dollari
a terra.
Mary Poppins rimase in America dove diventò
una famosa scrittrice di libri per bambini.
28
Turisti per forza
Elisa, Gonzalo, Maria Teresa, Manuel
D
ue bambini trentini, di nome Anna e Carlo, vivevano su una montagna nevosa e
fredda ma molto accogliente. La loro casa
era piccola, bella, vicino a un ruscello, aveva
quattro graziose stanze: un bagno, una cameretta, una cucina e una stanzetta da pranzo. Nello scantinato c’erano una barchetta e
due slittini.
Ad Anna e Carlo piaceva un sacco andare con
lo slittino, ma ancora di più fare lo snowbarca, uno sport che si pratica con la barca sulla neve. I bambini si vestivano sempre con i
costumi del loro paese: Anna indossava una
lunga gonna, un maglione che le teneva caldo
e degli scarponcini. Carlo invece vestiva con
una camicia di lana, un gilet, un paio di pantaloni con bretelle, scarpe e calzettoni.
Purtroppo a causa dell’effetto serra, gli sport
sulla neve furono sospesi però si potevano divertire lo stesso giocando con gli amici.
Un giorno camminando per il sentiero Anna e
Carlo videro degli strani monumenti volanti a
forma di edifici religiosi. I due bambini erano
spaventati, ma erano ancora più terrorizzati
29
quando capirono che era un’invasione di UFO
che volevano conquistare il Trentino.
Anna e Carlo dovettero scappare, lasciare la
loro dolce casa e i loro amici.
Dopo aver scalato alte e rocciose montagne,
arrivarono sulle cime del Gran Canyon.
Camminando intravvidero un piccolo paesino
sostenuto da stalagmiti.
Anna e Carlo restarono in quel piccolo, bello
ma quasi disabitato villaggio per un giorno e
una notte, giusto il tempo per riposarsi.
Il giorno dopo, Anna e Carlo si rimisero in
cammino, verso chissà quale altro posto.
Dopo ore di cammino si ritrovarono in un am30
biente dove era possibile ritrovare ogni tipo di
pianta. I due approfittarono dell’ombra delle
enormi palme per fare un riposino.
Appena svegliati, Anna e Carlo ricominciarono il loro viaggio; arrivati in città si ritrovarono di fronte a una villa sontuosa, entrarono e
videro ampi saloni, sculture in marmo, affreschi, quadri famosi, porcellane e argenterie,
vasi cinesi e un maestoso giardino con una
grande fanfara. Questa era villa Casati, la più
bella villa nobiliare di Cologno Monzese.
Forse avevano trovato un posto dove stabilirsi
perché il Trentino era stato ormai conquistato
dagli UFO.
31
Carlo e Anna si accorsero che a Cologno Monzese mancava l’arte del vino, quindi decisero
di insegnare a tutti la tecnica della produzione del vino. Quando tutti assaggiarono quel
succo d’uva non si accontentarono e forse ne
bevvero un goccetto di troppo.
Anna e Carlo, per il loro buon vino, aprirono
una enoteca vicino a Villa Casati.
32
33
Scarica

un mondo di saluti e baci