fondato nel 1956 PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA VALLE DELL’AGNO n.4 luglio-agosto 2007 - Anno LI - Redazione: 36078 Valdagno (Vicenza), Viale Trento, 4/6 - Telefono 0445 401190 Bimestrale edito da : Associazione ProValdagno - Gratis ai soci - Registrazione al Tribunale di Vicenza n. 92 del 22 Dicembre 1956 Pubblicità inferiore al 70% - Stampa Litografia F.lli Danzo snc - 36073 Cornedo, via Monte Ortigara, 83 - Direttore Responsabile: Gianni Luigi Spagnolo - Spedizione in abbonamento postale Comma 20/b Art.2 L.662/96 - Ufficio Postale di Vicenza Ferrovia. 243 Taxe percue (Tassa riscossa) all’Ufficio Postale di Vicenza - Italy E 2,00 IL LAVORO NEL VICENTINO Un mondo in continua evoluzione, con segnali positivi e costante impegno a migliorare la qualità per competere nel mercato globale. Due anniverari, due impegni Vent’anni sono trascorsi da quando Valdagno e Prien Am Chiemsee (Germania) hanno stretto un patto di gemellaggio, suggellando così un’amicizia costruita negli anni tramite i frequenti scambi culturali promossi dal Coro Amici dell’Obante. Per la nostra città un’apertura alla dimensione europea - fatta quando la moneta unica era ancora una improbabile prospettiva - uno stimolo a guardare oltre i ristretti confini della vallata, secondo una linea di tendenza che in questi anni si è consolidata divenendo una esigenza imprescindibile per tutti, cittadini ed aziende. Con gli amici di Prien ci sono stati e sono ancora in atto programmi di visite turistiche, scambi studenteschi, collaborazioni culturali per ricerche storiche ed artistiche. Mentre rimane un punto fermo la loro partecipazione alla Festa d’Autunno con uno stand gastronomico sempre affollato il cui ricavato viene devoluto in beneficenza. Un’amicizia consolidata quindi, destinata a durare nel tempo e un impegno per la Pro Valdagno che per questo gioca un ruolo importante. Un gemellaggio che significa anche un modo per riconciliarsi con la propria storia. Infatti vent’anni fa veniva appuntata sul gonfalone del Comune la Medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza. Un significativo riconoscimento per quanto questa nostra vallata ebbe a patire nei mesi terribili (settembre 1944 - aprile 1945) che preludono la fine della seconda guerra mondiale. Una storia fatta di lutti, di lotte Il rapporto tra tute blu e colletti bianchi è ormai 1 a 1; per le nuove assunzioni, determinanti la qualifica professionale e il titolo di studio, meglio se direttamente agganciati alle esigenze delle attività produttive. Nell’altalena continua di dati riportati periodicamente da giornali e tv (la ripresa c’é, si, no, un po’ meno, un po’ di più...) qualche punto fermo riesce a fissarlo una recente indagine promossa dalla Camera di Commercio di Vicenza (Sistema informativo Excelsior). Nello studio “Le previsioni occupazionali e i fabbisogni professionali” viene tracciato un profilo della realtà vicentina con puntuali agganci al sistema della formazione e dell’istruzione, in vista di un mercato che si fa sempre più globale, ma che contemporaneamente esige un forte radicamento nel territorio per quanto concerne competenze e innova- zione tecnologica. Partendo da alcuni dati postivi: i primi segnali positivi registrati a fine 2005 sono stati confermati nel 2006, ed in alcuni casi amplificati, soprattutto con la domanda estera, aumentando la produzione industriale e del PIL (prodotto interno lordo) a livelli precedenti al fatidico 11 settembre 200l. La ripresa c’é e costituisce una prima risposta all'ingresso nel mercato globale di nuovi e aggressivi competitori, soprattutto dell’estremo oriente. Ripresa che tuttavia non ha interessato tutti i comparti (il settore orafo resta ancora in una situazione di chiaro-scuro) e lasciando aperta la questione dimensionale: le micro-imprese manifatturiere stentano ad agganciare le prestazioni delle medio-grandi. Il nodo centrale dello sviluppo si conferma comunque nel riposizionamento verso l'alto del nostro sistema produttivo, vale a dire nel fare cose innovative e di alto contenuto tecnologico in modo da spiazzare una concorrenza che “aggredisce” il mercato in termini di quantità a basso prezzo. I dati al riguardo sono eloquenti, indicando un divario tra la produzione fisica (in calo) e il fatturato (in crescita), che significa un più alto valore del singolo pezzo: ed ancora, la crescita delle esportazioni di prodotto ad alto contenuto tecnologico e delle domande di brevetto, sia nazionale che europeo. L’industria vicentina cambia la propria struttura in termini di numero di addetti, di forma giuridica e di produzione, confermando il ruolo di primo piano nel contesto italiano e veneto. Più crescita, più occupazione? Certamente sì, anche se sarà prevalentemente un'occupazione di qualità, in una prospettiva di medio-lungo periodo. Lessinia 1988 - (foto Gino Lazzarin) Immagine intensa che trasmette la forza di una natura rigogliosa e libera; una natura che appartiene alle nostre montagne... una ricchezza da custodire e apprezzare con gelosa cura. A Lazzarin la Galleria Civica Villa Valle dedica una mostra di grande suggestione, 27 ottobre - 18 novembre 2007. (servizio a pag. 8) Il Gonfalone di Valdagno, dal settembre 1987, è decorato dalla medaglia d’argento al Valor Militare per la Resistenza Il gonfalone del Comune di Valdagno - vent’ anni fa - è stato insignito di medaglia d’argento per attività partigiana. Ma quell’argento da dove proviene? Pochi ormai ricordano che sulle colline, tra le contrade di Piana affondano molte delle radici e delle ragioni di quella medaglia che onora e per sempre onorerà la città di Valdagno. Per questo la commemorazione della strage di Piana non è un omaggio esteriore e lontano, ma occasione per ricordare con verità, per onorare con sincerità, per fare un esame di coscienza con severità. Siamo qui per ricordare con verità. Perché avvenne quel massacro? Perché i partigiani, circa duecento, molti dei quali disarmati, si erano concentrati a Piana? La spiegazione sta nel fatto che in quei primi giorni di settembre 1944 si era diffusa la convinzione che la guerra stesse per finire. L’ VIII armata inglese, infatti, aveva sfondato la linea gotica sul litorale adriatico mentre la V armata americana sembrava sul punto di valicare gli Appennini. Pareva dunque che i tedeschi dovessero ritirarsi e che fosse giunta l’ora dell’insurrezione generale. Questo spiega come i partigiani della “Stella” avessero formulato un piano per occupare Valdagno partendo dalla Piana e per questo vi avessero concentrato le loro forze. Invece i tedeschi bloccarono l’avanzata degli anglo-americani e dispiegarono un grande numero di uomini e mezzi per combattere le formazioni partigiane che li attaccavano nelle retrovie, nel Veneto e nel Vicentino in particolare. Perciò quel settembre del 1944 fu per le forze partigiane vicentine un settembre nero: dalla valle del Chiampo FONDIARIA SAI DIVISIONE FONDIARIA Agenzia Generale di Valdagno Via S. Clemente, 10/12 36078 VALDAGNO (VI) Tel. 0445 409735 - 409933 - Fax 0445 406097 e-mail: [email protected] divisione FONDIARIA 2 il nostro campanile - luglio/agosto 2007 IL PUNTO - continua dalla prima pag. fratricide, ma anche di episodi di altruismo eroico, di aspirazione sincera alla giustizia, alla libertà, all’unità della Patria, alla pace. Gemellarsi con una cittadina tedesca ha voluto significare anche questo: chiudere e consegnare alla storia una pagina tormentata del nostro passato collettivo e guardare tutti uniti ad un futuro di pace e collaborazione. Paolo Centomo Presidente Pro Valdagno (continua dalla prima pag. “Il Lavoro...”) Infatti i dati della occupazione indicano qualche difficoltà ad agganciare la ripresa: gli indici del 2006 per Vicenza tendono ad essere peggiori rispetto al 2005 (aumento del tasso di disoccupazione dal 3,5% al 3,7% e diminuzione del tasso di occupazione dal 66,1% al 65,6%). L'indagine della Camera di Commercio relativa alle necessità delle imprese e ai fabbisogni professionali ha evidenziato il restringimento della richiesta di lavoro, soprattutto nel manifatturiero, nel corso degli ultimi anni. I saldi tra entrate ed uscite sono stati sempre positivi ma calanti nell'ultimo quinquennio. Il 2007 si profila tuttavia come l'anno di svolta anche per l'occupazione: superata la fase degli anni novanta in cui l'industria richiedeva manodopera generica in gran numero, passata la difficoltà dei primi anni del nuovo secolo in cui erano i servizi a sostenere l'occupazione, si prospetta una nuova fase in cui l'industria crea posti di lavoro anche di alto profilo. Prospettiva sostenuta dai dati 2005/06 che mostrano per l'industria un saldo positivo di 1.120 unità pari allo 0,7% dei dipendenti, mentre nel più dinamico settore dei servizi, in cui i tassi di rotazione sono più elevati, il saldo positivo è ridotto a 270 unità pari allo 0,3%. Da registrare inoltre un continuo spostamento delle richieste dalla manodopera non, o poco, specializzata verso le figure di più alto profilo, come evidenzia la serie storica delle richieste suddivise tra operai e impiegati-quadri-dirigenti: nel 2000 il rapporto era 82% contro il 18%, per il 2007 invece abbiamo percentuali pari al 55,5% e al 44,5%. Associazione Provaldagno In sostanza ora c'é un sostanziale pareggio tra richieste di tute blu e di colletti bianchi. Questi i punti fermi di una indagine che ha il pregio di fare una fotografia “nitida” della nostra realtà vicentina e che dovrebbe innescare una discussione approfondita, non occasionale e di lungo periodo, sul nostra sistema scolastico e di istruzione professionale. Inutile ripeterci che siamo perennemente al guado tra una riforma incompiuta e una che non si profila nemmeno all’orizzonte. Da oltre trent’anni si parla di riforma della scuola superiore... Teniamoci alla realtà delle cose. Le scuole superiori crescono come iscrizioni (anche per l’effetto dell’innalzamento dell’obbligo scolastico) registrando una diminuzione negli istituti tecnici e un sensibile aumento nei licei. Sembra quindi che le famiglie preferiscano un percorso di più ampio respiro culturale (meno professionalizzante nel breve periodo). Ma forse, non è proprio così; forse i ragazzi e le famiglie arrivano alla scelta scolastica dopo la media inferiore (oggi “secondaria di primo grado”) con idee non molto chiare sulle proprie capacità e sui reali sbocchi occupazionali. Con un pregiudizio di fondo verso l’istruzione e la formazione professionale e in genere verso la "fabbrica" vista per lo più come un luogo di fatica con scarse prospettive di crescita professionale. E’ così che l’industria lamenta la carenza di figure professionali che per alcuni settori vanno anche oltre il 50%. Aggiungendo poi la difficoltà da parte delle imprese di identificare precisamente quale sia il titolo corretto in rapporto alla mansione da svolgere, creando quindi ulteriori ostacoli (e incomprensioni) tra offerta e domanda di lavoro. Quello che serve in definitiva non è “il pezzo di carta” (diploma) a tutti i costi ma entrare nel mondo del lavoro con una preparazione qualificata e aperta ad una crescita umana e professionale. NEI SETTORI ECONOMICI SI PREVEDE... Economia provinciale e veneta risultano essere in progressivo miglioramento ma questo non significa crescita occupazionale generalizzata in tutti i settori. In provincia le imprese che intendono assumere sono il 25% del totale, una quota leggermente minore rispetto al dato veneto e nazionale. Il settore metalmeccanico guida la classifica con le quote più alte di imprese alla ricerca di personale e comunque il secondario sembra più attivo rispetto al terziario (il 31,7% e il 18,4%). Tra i settori meno propensi alla ricerca di personale vi sono quelli più in difficoltà: orafo, mobili e ceramica nell'industria e in pratica tutti i comparti dei servizi (soprattutto il commercio e gli studi professionali). Discorso a parte per le piccole imprese, meno interessate a nuove assunzioni; fenomeno almeno in parte connesso con il maggior turn-over delle grandi imprese. Il saldo attivo, di cui si parlava all’inizio, contiene quindi anche elementi negativi provenienti da settori con il “segno meno”: il sistema moda, l'oreficeria, la concia e il settore energetico nell'industria e il settore turistico e gli studi professionali nel terziario espelleranno più lavoratori di quanti ne assumeranno. Sarà invece il settore metallurgico con un saldo positivo di 580 figure professionali (pari al 3,3%) il settore con il maggior incremento di occupazione, ma tutti i vari comparti del settore metalmeccanico hanno dei saldi positivi. Nel terziario il saldo più elevato riguardo il commercio al dettaglio e riparazioni (1,0). Molto significativa la movimentazione in entrata ed in uscita del personale del settore turistico nel quale si segnala un turn-over complessivo di quasi il 30% della manodopera dipendente. Infine, pur nelle difficoltà la micro-impresa resta la spina dorsale del nostro sistema economico ed occupazionale. Il 2007 registra nelle imprese al di sotto dei 10 dipendenti il saldo maggiore (1,4%). Indicazioni, quest’ultime in particolare, che aprono prospettive anche per la nostra realtà locale. Gianni L. Spagnolo (continua dalla prima pag. “Il Gonfalone...”) a quella dell’Agno, dall’Altipiano di Asiago alla tragedia del Grappa. Già venerdì 8 settembre tutto era pronto per colpire la “Stella”. Quel giorno, infatti, il capitano Etschmann, comandante del presidio tedesco di Recoaro, trasmise l’ordine di attaccare i partigiani al 63° battaglione della Legione fascista “Tagliamento” che era acquartierata nel centro termale e ad altri 2000/3000 uomini, tedeschi, il nostro campanile Periodico di informazione della Valle dell’Agno Direttore Responsabile Gianni Luigi Spagnolo Direttore Paolo Centomo Recapito Associazione Provaldagno IL NOSTRO CAMPANILE Viale Trento 4/6 - 36078 Valdagno e-mail: [email protected] Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Ceolato PREFABBRICATI IN C.A.P. - COSTRUZIONI EDILI CEOLATO PREFABBRICATI SPA - Via Nori, 10 - Valdagno (VI) Telefono 0445 401111 (3 l.r.a.) - Fax 0445 401550 e-mail: [email protected] www.ceolatoprefabbricati.it fascisti delle brigate nere, ucraini collaborazionisti, che all’alba di sabato 9 settembre 1944 strinsero in una tenaglia di ferro e di fuoco queste colline. Non ci furono prigionieri, l’ordine era di uccidere. E così fu fatto, nel modo più crudele, senza distinguere tra partigiani e civili, tra vecchi e giovani. Nel giro di poche ore caddero in 61, il numero di vittime più alto mai registrato nella valle dell’Agno e, dopo il Grappa, nel Vicentino. In particolare sappiamo che la contrada Battistini fu devastata dalla “Tagliamento”. Non si può escludere che a Piana fosse presente anche la terza compagnia della “Tagliamento”, in quei giorni dislocata a Staro, che aveva tra i suoi ufficiali il tenente Giorgio Albertazzi. Questi sono i fatti. Essi ci mostrano di quanto sangue e di quanto dolore sia impastato l’argento di quella medaglia che prima di tutto appartiene a loro, ai 61 di Piana. E che appartiene poi alle donne delle contrade di Piana: furono loro a cercare nei campi e nei boschi i corpi martoriati dei loro cari e di sconosciuti partigiani; furono loro che li raccolsero e li composero pietosamente nei carri trainati da buoi che attraversarono questa piazza diretti al cimitero, la sera del 9 settembre 1944. Onore a loro, per sempre. Ma, ci chiediamo, oggi siamo noi degni di quella medaglia? L’abbiamo onorata nei nostri comportamenti di cittadini che godono di una libertà conquistata a così caro prezzo da altri? Abbiamo costruito un’Italia più giusta come loro speravano? Abbiamo eliminato insopportabili privilegi? Abbiamo combattuto la corruzione? Abbiamo lavorato per il bene comune o abbiamo cercato solo il nostro personale tornaconto? Dobbiamo avere l’onestà di rispondere che no, non ne siamo degni, perché non abbiamo costruito un’Italia più giusta. L’ingiustizia dilaga e il popolo sovrano è rapinato da caste insaziabili e impunite. No, non ne siamo degni, perché non abbiamo eliminato i privilegi che diventano sempre più grandi per un numero sempre più piccolo di persone. No, non ne siamo degni perché non abbiamo combattuto la corruzione, questa immondizia morale che attraversa e infetta larga parte del Paese. No, non ne siamo degni perché ci siamo abituati a rivendicare solo diritti e abbiamo voltato le spalle ai doveri. No, non ne siamo degni perché stiamo riducendo la politica a sciocca palestra di insulti e a indecente bordello di interessi inconfessabili. Anche per questo siamo qui oggi: per dire basta a tutto ciò. E lo diciamo qui dove i morti di Piana ci ricordano che i nostri diritti e le nostre libertà scaturiscono da quell’unica fonte di dolore e di morte, di riscatto e di democrazia che è la Resistenza, là dove il dovere di ribellarsi alla dittatura nazifascista veniva prima di ogni diritto, anche di quello alla vita. Sappiamo bene che per alcuni irresponsabili la Resistenza è diventata parola vuota, senza significato. Per noi, invece, la Resistenza si identifica con i tanti uomini e le tante donne che hanno dato tutto senza tenere nulla per sé, tranne la loro dignità di uomini e di donne liberi. Per noi la Resistenza si identifica con i luoghi sacri e inviolabili del loro sacrificio, come questo di Piana di Valdagno, luogo di tragedia e di gloria, di martirio e di riconoscenza perenne. Per noi la Resistenza si identifica con il giuramento solenne di combattere ogni dittatura e ogni totalitarismo che oggi vediamo rinascere nelle forme di un fondamentalismo pseudoreligioso, sotto il quale si nasconde il volto sempre uguale della dittatura che non tollera le differenze, il pluralismo, il dialogo, vale a dire la libertà e la democrazia. Per sconfiggere chi insegna a odiare e a uccidere quanti hanno idee e fedi diverse, dunque, dobbiamo tornare ancora una volta alle radici della Resistenza, perché fu allora che uomini e donne coraggiosi combatterono per edificare una società in cui fosse possibile a tutti esprimere pubblicamente e pacificamente il proprio credo religioso e la propria appartenenza politica senza dover temere pericolose intolleranze e umilianti ghettizzazioni. Maurizio Dal Lago Il socio benemerito Sergio Tamiozzo (classe 1921) e la consorte Angela Benetti (classe 1926) hanno festeggiato sessant’anni di matrimonio: 17 aprile 1947 - 17 aprile 2007 Auguri vivissimi e congratulazioni! il nostro campanile - luglio/agosto 2007 DIECI ANNI DI “GOOGLE” Ricordiamo il Centenario della nascita di un cittadino valdagnese illustre: Organizzare la conoscenza del mondo intero e renderla accessibile a tutti PADRE POLICARPO CROSARA “Gli Alpini e i Reduci di Russia della Sezione della Valle dell’Agno e tanti alpini d’Italia hanno certamente “conosciuto” e visto la “Madonna del Don” una icona russa che da 60 anni viene ricordata e venerata come la “Madonnina del Don” in ricordo di tutti i caduti della tragica Campagna di Russia e Dolce Madre che intercede presso il Figlio per portare la Pace e la Concordia tra i popoli. Molti Alpini sanno che da 40 anni l’icona si trova presso la Chiesa di San Carlo dei Padri Cappuccini di Mestre dopo essere stata portata in pellegrinaggio in 80 città d’Italia e, ogni anno, ai primi di ottobre, a Piazza Ferretto, a Mestre viene ricordata in forma solenne con la partecipazione di autorità civili e militari ed un grande numero di alpini e di fanfare alpine provenienti da tutta la Penisola. La storia della “Madonna del Don” è conosciuta da molti ma ben pochi conoscono la storia del Cappellano Militare che in una notte di dicembre del 1942, nei giorni terribili della tragica ritirata dalla Russia, la raccolse in una isba distrutta dai bombardamenti tedeschi. Questo cappellano che la recuperò e la fece portare a Valdagno, risponde al nome di Padre Policarpo Crosara, nato nella nostra città nel 1907 con il nome di Narciso Crosara. Vediamo dunque la biografia di Padre Policarpo. Narciso Alvise Crosara era nato in contrada Tezza a Valdagno il 14 gennaio 1907 da Domenico e Campanaro Elisa. Fu battezzato due giorni dopo dal “Prevosto Dante Pepato alla presenza dei padrini Urbani Augusto di Luigi e Fiori Margherita fu Luigi”. Dopo le Scuole Elementari, il 30 ottobre 1919, all’età di 12 anni, era entrato nel seminario dei frati francescani cappuccini di Verona. Il 20 luglio 1922, a poco più di quindici anni, aveva indossato l'abito cappuccino a Bassano del Grappa, e l'anno successivo, il 21 luglio, aveva emesso la prima professione religiosa. Assolti gli studi liceali a Thiene e quelli teologici a Venezia, fu ordinato sacerdote dal cardinale La Fontaine il 2 febbraio‘30, con il nome di P. Policarpo. Inizi di un lungo cammino Svolse il suo servizio sacerdotale in diversi paesi e città da Thiene a Bassano del Grappa, a Rovigo, a Villafranca, a Fiume, a Capodistria, dal 1935 al 1939 fu direttore dell’oratorio maschile di Trieste ed in seguito assistente spirituale a Lendinara e quindi fu chiamato come cappellano presso l’ospedale civile di Venezia. Cappellano militare sul fronte del Don. Quanto era stato tranquillo e poco movimentato il primo decennio di vita religiosa, altrettanto fu turbinoso e inimmaginabile il periodo successivo. Nel novembre del 1941 era stato presentato dal padre Provinciale come eventuale cappellano militare, e all'inizio del 1942 era già arruolato nel V° battaglione alpini “Tirano” della divisione “Trento”. “Ho qui piena possibilità di avvicinare i miei soldati: ottimi giovanotti delle valli lombarde... scriveva, appena giunto a destinazione..., mentre i miei garretti danno ottima prova di resistenza”. Era sempre in movimento, ora per raggiungere in bicicletta gli uomini delle sue cinque compagnie acquartierate qua e là, ora per tenere istruzioni, ora per metter su due bibliotechine: una per gli ufficiali e l'altra per i soldati... Presto, però, arrivarono preoccupazioni ben più serie per lui e per tutti i suoi bravi alpini. Il 21 luglio, da Rivoli il Btg Tirano si trovava imbarcato su uno delle centinaia di convogli ferroviari diretti in Russia. Alla partenza i più giovani cantano e suonano allegramente mentre i più vecchi sono taciturni e mesti... Quale fosse il suo stato d'animo man mano che si avvicinava alle prime linee del Don lo possiamo arguire dalla lettera che il 16 agosto scrisse al Padre Provinciale dell’Ordine, la quale ha quasi il sapore di un testamento e di un addio, anche se afferma di non temere la morte, “alla quale - scriveva - stiamo cominciando, giorno dopo giorno, a guardarla in faccia”. Negli scontri, che stavano facendosi sempre più aspri e frequenti, padre Policarpo voleva trovarsi, quanto era possibile, accanto ai suoi soldati, non solo per far loro coraggio, ma soprattutto per assisterli in caso di necessità. Per renderci conto del suo comportamento, basta leggere la motivazione che accompagnò il conferimento della sua prima decorazione - una croce di guerra al valor militare (4 ottobre 1942): il tenente cappellano Don Narciso Crosara di Valdagno (VI), “cappellano del battaglione alpino “Tirano”, preparato spiritualmente al compito di Apostolo di Fede, in reparto operante sul fronte russo, il giorno 22 settembre 1942, nottetempo, volontariamente, con sprezzo del pericolo e dell'insidia nemica, seguiva una pattuglia comandata per un'ardua missione e ricuperava assieme a due portaferiti la salma di un alpino rimasta abbandonata nei pressi delle linee nemiche. Fatto segno a reazione di armi automatiche nemiche, manteneva contegno calmo e sereno, portando a termine la sua nobile missione”. Non fu l’unica decorazione che si meritò. Infatti sul fronte russo gli furono concesse altre due medaglie di bronzo, la prima il 25 Novembre 1942 e la seconda il 26 Gennaio 1943, dopo i giorni tragici della Grande Ritirata che costò, solo all’Italia, 90.000 tra caduti e dispersi, oltre alle migliaia dei feriti, i congelati e i mutilati, nel corpo e nello spirito, indelebilmente, per tutta la loro esistenza. Il comportamento coraggioso del cappellano non si smentì durante la famosa ritirata dall'ansa del Don. Si sa che, travolta ogni resistenza al nord e al sud dello schieramento italiano, anche le nostre truppe, per non essere accerchiate e annientate, dovettero ritirarsi in condizioni spaventose, senza sufficienti mezzi di trasporto, senza viveri, con una temperatura che di notte scendeva abbondantemente sotto i 40° centigradi. Il comportamento di padre Policarpo lo possiamo desumere dai cenni di coloro che, di quelle vicende, lasciarono il ricordo scritto. Il tenente medico Guido Zanelli racconta che a Nikolajewka, per l'assistenza dei feriti, padre Policarpo gli fu “di validissimo aiuto morale e materiale. Gli stanzoni - scrive erano bui; egli mi procurò candele, mi procurò bende, aiutò i soldati a spogliarsi per poterli curare, mi aiutò nel seguire e curare coloro che avevano bisogno di medicazione. Da tutte 3 le parti, in ogni stanza nella quale entravo, letteralmente coperta di feriti, sentivo gli alpini chiamarmi, disperati a chiedermi aiuto”. Bellissimo e significativo l'episodio raccontato da Eugenio Corti nel suo romanzo Il cavallo rosso. Lo riportiamo con le parole stesse dell'autore: “Arrivarono i primi sbandati, erano ungheresi dai lunghi pastrani, parlottavano tra loro, probabilmente cercavano da mangiare, andarono oltre senza fermarsi. Arrivò anche il cappellano del Btg. “Tirano” don Crosara, veneto di Vicenza: «Ci sono dei feriti nella tua squadra?», domandò. ‘Eh', fece Luca, assentendo. «Qualcuno di grave che vuole confessarsi?». - 'Gravi no', disse Luca, ‘grazie. Però domani bisognerà trovargli un posto sulle slitte’. II cappellano scorse a un tratto un giovane soldato russo ferito e lo fissò negli occhi un po’ sorpreso. Allora il russo tolse le mani di tasca, con la destra sfilò il pugnale dal fodero e con la sinistra armeggiò al bavero del pastrano per scoprirsi la gola. «No» - urlò il cappellano - «Cosa fai? No, no!». Levò in alto il suo Crocefisso e corse verso di lui: «No, non farlo, non farlo!» II russo lo guardò interdetto, con occhi sfiniti. Il cappellano gli afferrò il polso che stringeva il pugnale e, agitando con l'altra mano il Crocefisso, davanti al suo viso: «Perché ti ammazzi, perché ti ammazzi», gridava. Finalmente il russo fermò lo sguardo sul Crocefisso, circondò con la propria la mano del prete che lo impugnava, e che si tirò il Cristo contro la bocca. Gli alpini guardavano la scena in silenzio; il russo consegnò al prete il pugnale, che venne scagliato il più lontano possibile «La Madre di Dio ti vuol bene - ansimò don Crosara «Ti vuol bene, hai capito? Dio non é come noi uomini.» Il giorno decisivo, ma anche il più sanguinoso per il battaglione Tirano e per tutti gli alpini, fu certamente il 26 gennaio 1943 quando ebbe luogo la celebre battaglia di Nikolajewka, con la quale fu sventato definitivamente il pericolo di accerchiamento da parte di russi. Fu una vittoria - per uscire dalla sacca di morte - che costò parecchi morti e feriti, e anche padre Policarpo riportò due ferite e fu costretto ad alcuni mesi di ospedale. Florindo Morsolin a (fine 1 puntata) È attivo il sito web: www. provaldagno.it Per inviare posta e leggere “il campanile” in formato elettronico 550 anni fa, Johann Gutenberg perfezionò la tecnica della stampa a caratteri mobili, e riuscì a riprodurre in varie copie uguali la sua prima Bibbia a stampa. Quell’invenzione segnò la storia umana, aprendo una nuova fase che ora conosciamo come “Rinascimento”, ed innescò una rivoluzione culturale epocale. Una rivoluzione analoga si sta verificando ai nostri giorni, in proporzioni ben più vaste, e con una rapidità evolutiva mai sperimentata nella storia della umanità. Il primo passaggio è stato la messa a punto della rete Internet. Un importantissimo passo successivio è avvenuto dieci anni fa, nel settembre del 1997, quando due ventiquattrenni studenti di matematica dell’università di Stanford in California diedero vita al motore di ricerca “Google”. I motori di ricerca sono siti che catalogano in un proprio archivio ordinato e dinamico (database) l' elenco delle pagine presenti in Internet, offrendo ai navigatori la possibilità di estrarne le liste sulla base della ricerca delle parole attinenti ai contenuti. I motori sono fondamentali per chi utilizza Internet perché consentono la ricerca di contenuti, informazioni e dati anche senza conoscere i siti che li pubblicano e con la possibilità di porre dei criteri di estrazione attraverso filtri variamente complessi (algoritmi matematici) per selezionare le pagine attinenti agli argomenti d'interesse. I risultati della ricerca più importanti sono quelli presentati in prima pagina. I mezzi di sostentamento dei motori di ricerca provengono principalmente dalla pubblicità, che compare in video insieme ai risultati della ricerca, orientata e selezionata dalla medesima navigazione dell’utente; dalla vendita dei dati e della tecnologia; dai servizi aggiuntivi offerti sulla pagina iniziale secondo le finalità del sito web. Effettuare una ricerca sui motori è semplice: digitato l'indirizzo sulla pagina iniziale, si visualizza solitamente in video un box che consente di inserire una o più parole da cercare. Dopo qualche istante, è emesso il risultato della ricerca sotto forma di elenco delle pagine dai contenuti attinenti. L'attenzione, ovviamente, si concentra sui risultati in prima pagina. Google, in particolare, è uno strumento potentissimo, una chiave di conoscenza senza paragoni, il più democratico accesso al mondo dello scibile che sia mai esistito. Sergey Brin e Larry Page, due matematici giovanissimi e geniali, sono stati coscienti fin dall’inizio delle potenzialità dello strumento scientifico-tecnologico che andavano elaborando, sia dal punto di vista tecnico che da quello socio-culturale. Consapevoli che avrebbero reso liberi i saperi, e a portata di un clic del mouse. Fin dall'inizio la coppia Page-Brin considerò cruciale il suo ruolo di ricerca; che poi si articolò perfettamente con quello della vendita di spazi pubblicitari riferiti alla parola chiave ricercata dal singolo utente. L’ingresso ufficiale di Google nel mondo della pubblicità avvenne nel 2000. Oggi, Google (da “gogol”, cioé 10 alla decima potenza) è ufficialmente riconosciuto come il motore di ricerca più popolare in tutto il mondo: più di 520 milioni le pagine web visitate ogni giorno; l’80% delle ricerche in rete. Il suo segreto è l’algoritmo di ricerca elaborato da Page e Brin: PageRank, il cui ambizioso obiettivo, esplicitamente dichiarato all’atto della registrazione della loro impresa Google.com, era e rimane questo: "Organizzare la conoscenza del mondo intero e renderla accessibile a tutti". Ecco la rivoluzione di Google, il cui successo è confermato anche dall’incremento del valore di mercato del titolo. Allo sbarco della società a Wall Street, nell'agosto del 2004, il titolo Google approdò sui mercati al valore di "soli" 85 dollari. Oggi, lo stesso titolo è valutato 525 dollari, per un valore di mercato totale della società pari a 164 miliardi di dollari. La potenza di Google oggi fa paura. Tutto risiede nella capacità di filtrare la ricerca di milioni di persone connesse ad Internet, nella capacità di dare risposte anche eccessive alle richieste, inondando di pubblicità mirata e specifica i navigatori del cyberspazio. Un grande potere che non può restare uno strumento neutrale. E infatti, puntualmente, lo scorso luglio è scoppiata la notizia bomba: Google censura la ricerca nei Paesi totalitari, Cina e Paesi arabi in testa, e consegna ai governi informazioni sulla navigazione dei cittadini. Sia il Parlamento americano che Amnesty International si mobilitano e cominciano a chiedere spiegazioni. Google e l’altro gigante di Internet, Yahoo, si difendono affermando di limitarsi a rispettare le leggi di quei paesi, mentre con tutta evidenza sono compiacenti alle pressioni politiche locali. Alla fine, Sergey Brin ammette che la collaborazione con il governo cinese è stato un vero e proprio tradimento dei valori etici aziendali. C’é poi da considerare che l’illusione offerta da Google, di dominare tutto lo scibile umano con un clic, oltre che essere un ovvio inganno, arriva a costituire una sorta di classificazione illusoria dei saperi, dal momento che tutto ciò che non compare su Google sembra impallidire in lontananza, o letteralmente scomparire dalla cultura umana. Insomma, quello che si muove oltre il cono di luce della piazza globale: saperi di nicchia, linguaggi, culture minoritarie, rischia di essere negato ed espulso dall’interesse, dalla memoria e dalla curiosità. Non è naturalmente pensabile la semplificazione che va affermandosi soprattutto tra le persone meno colte ed attente: che non essere reperibili su Google sia come “non esistere”. Gianna Dalle Rive 4 il nostro campanile - luglio/agosto 2007 30 giugno 2007 - THE GOOD FELLAS Una delle "swing band" più conosciute ed apprezzate viste le innumerevoli apparizioni ai maggiori festiva jazz d'Europa come Umbria Jazz e Montreaux e le collaborazioni con importanti nomi del cabaret come Aldo, Giovanni e Giacomo, Cochi e Renato con i quali è appena finito un tour nei piu importanti teatri d'Italia. THE GOOD FELLAS MR. LUCKY & SAN-SA SHUN BAND KISS THE SKY Mercoledì 18 luglio 2007 MR LUCKY & SEN SASHUN B. Luciano Gherghetta forma la sua band attuale nel 1997 assieme a De Checchi, Furegato, Serafini offrendo un blues folk, soul carico di energia e personalità. Mercoledì 4 luglio 2007 - KISS THE SKY Nata nel 2002 la band propone brani propri di ispirazione rock, hard blues, interpreta cover di Jimy Hendrix e classici del rock. SAM KELLY’S STATION HOUSE 11 luglio 2007 - SAM KELLY'S STA TION HOUSE Per cinque anni consecutivi votato dalla Sritish Slues Connection batterista dell'anno. Lo stile di Sam Kelly, creativo, versatile ed energico lo rende unico tanto che proprio per queste doti è uno dei batteristi più richiesti. Sam Kelly's Station House e Primo Blues Band sono band, considerate tra le prime in Italia nell' ambito del blues. ANDY MCKEE Sabato 21 luglio 2007 NSU QUINTET Direttamente da VENETO JAZZ una band d’eccezione: Billy Harper, Cecil Bridgewater, Charlie Persip, Andy Mckee e Rory Stuard in una performance ad alto livello artistico. POZZA BILLY HARPER NSU QUINTET con gli organizzatori SA:KE AND VOODOO HANKS Sabato 28 luglio 2007 TAVERNICOLI PROJECT Il gruppo valdagnese con il loro timbro prettamente acustico che fonde musica etnica, rock e spettacolo. TAVERNICOLI SA:KE AND VOODOO HANKS Cantante, autore, chitarrista e pianista, arriva dall’Olanda, ma con la sua band propone brani della tradizione musicale di New Orleans con arrangiamenti originali. CARTEFALSE Venerdì 27 luglio 2007 - CARTEFALSE Il gruppo propone brani dei Led Zeppelin. il nostro campanile - luglio/agosto 2007 5 IL MOVIMENTO SCOUTISTICO A VALDAGNO 8 Dicembre ‘43: primo giuramento Scout La guerra civile, con tutto il suo carico di sofferenze e distruzioni inenarrabili era terminata solo due mesi prima, il 25 aprile, ma le tensioni e le divisioni avevano sconvolto l’intero assetto economico e sociale. Troppi erano ancora gli ostacoli, le delusioni, le difficoltà che non permettevano una ripresa rinnovata della vita cittadina dopo 20 anni di atroci sofferenze. Inoltre l’industriale tessile Conte Gaetano Marzotto era riparato a Livigno - a pochi km. dal confine svizzero - fin dal luglio del 1944, nel timore di rappresaglie nazi-fasciste contro di lui e i due figli Vittorio E. e Umberto. Ma anche a guerra finita, il clima non si era del tutto stemperato a causa di contrasti nelle opposte fazioni e il Conte, con la sua famiglia, si era trasferito a Portogruaro nel Veneziano. Le distruzioni della guerra fratricida, contro gli aggressori nazisti, erano state enormi e lo stesso stabilimento di Valdagno aveva subito danni per un bombardamento dell’ 11aprile 1945: la fatica di riprendere il lavoro e tornare alle normali attività era enorme. Molti lavoratori, ex internati nei campi di prigionia tedeschi, i reduci e i mutilati delle disastrose e tragiche Campagne di Russia e d’Albania, chiedevano invano il ritorno del “Paron Gaetano” a Valdagno. E fu proprio Mons. Zaffonato, da “Ken” ha lavorato molto per giungere alla prima fatidica “Promessa Scout” svolta in clandestinità, quell’8 Dicembre 1943, con il giuramento di tredici giovani, tra i quali Mario Paganin, Flavio Ronconi, Giorgio Griffani e Dario Cracco. La cerimonia “illegale”, tenutasi nella massima segretezza per la paura di essere scoperti dai fascisti, si celebra nella Cappella Sacro Cuore del Patronato Femminile in Via Galliano. Con questo “battesimo” si assume l’impegno duraturo di Scout nel motto “Estote parati”. A onor del vero il sorgere del Movimento Scout fu inizialmente ostacolato da coloro che animavano da anni l’Oratorio Maschile: il nuovo orientamento sembrava un po’ inconciliabile con gli schemi dell’Azione Cattolica e così i primi aderenti al Movimento Scout si radunavano in altri luoghi, al Patronato Femminile oppure nelle fondamenta dell’erigendo cinema teatro Super, in cantiere per alcuni anni fino alla metà degli anni ‘50. Ma il nostro assistente Don Gino Novello riusciva a smussare gli spigoli che potevano intralciare il cammino di familiarità, fratellanza e amore nei gruppi. Egli ci faceva capire l’importanza di integrarci e soprattutto stimolava gli amici di Azione Cattolica che erano un po’ restii al nostro gruppo scout. Ricordo che nel 1944, in piena guerra civile, i rastrellamenti, le rappresaglie e gli incendi delle contrade, noi cominciammo ad acquisire alcune lezioni di morale sociale, e, iniziando a fare economia, con i pochi spiccioli a disposizione andammo ad aprire anche un libretto di deposito a piccolo risparmio, al portatore presso la Banca Cattolica del Veneto - ovviamente - con il conto n. 1907, intestandolo “San Giorgio”. Libretto che verrà estinto l’anno dopo...per mancanza di liquidità! E giunge la primavera del 1945: i rigori della guerra si stanno placando tra molti disagi: carestie, fame, tragedie familiari, lutti, devastazioni, odi e rancori. In questo difficile clima Don Gino e Ken escono all’aperto, escono dalla clandestinità per aprirsi alla vita pubblica e sentono la necessità e l’urgenza di organizzare il Riparto con tutti gli annessi e i connessi. Don Gino Novello e Ken si recano a Vicenza dall’avv. Carlo Porta, futuro capo scout vicentino. L’avvocato riceve i nostri due amici presentandosi in perfetta divisa scout e dà loro dei validi consigli sul come operare in questa prima fase di avvio delle attività, lasciando loro alcuni numeri della rivista “L’Esploratore” degli anni ‘20. Inizia dunque la fase operativa. Con i residuati di guerra - i bossoli dei proiettili e altro materiale di fonderia - si realizzano le fibbie delle cinture, il giglio e le insegne. I cappelloni di feltro, pochi mesi Vescovo di Vittorio Veneto, che si prodigò per promuovere una serie di incontri - presso il Castello di San Martino a Vittorio Veneto - per favorire il dialogo e la riappacificazione tra il Conte Gaetano, i rappresentanti dei suoi operai, alcuni suoi dirigenti e alcuni membri del Comitato di Liberazione Nazionale allo scopo di far rientrare Marzotto nella sua valle. Mons. Zaffonato, artefice dell’imminente “Patto del Lavoro”, che verrà sottoscritto dopo poco tempo dalle parti, ritorna dunque a Valdagno per riferire ai valdagnesi che la guerra è terminata e che è tempo di ritornare con rinnovato e sereno impegno nelle officine, nei campi e nelle fabbriche. Arrivò a Valdagno il mercoledì 11luglio celebrando una solenne Santa Messa in Duomo con migliaia di persone di ogni età festose e riconoscenti all’amato Pastore. Nei tre giorni che rimase nella sua Valdagno, nel restaurato clima di libertà e di concordia, con il ritorno delle istituzioni democratiche, insostituibili garanti di vera civiltà e di vero progresso, incontrò le rinnovate diverse associazioni, confraternite, gruppi, comitati, membri delle rappresentanze sindacali, i rappresentanti della Direzione Aziendale che avevano diretto l’Impresa tessile durante l’assenza del Conte (Dall’Ara, Masci, Leopoldo Rausse, Renato Collard e altri) e i suoi SCOUT! Il terzo giorno Mons. Zaffonato, il suo successore l’Arciprete Don Bortolo Meggiolaro, con tutti i sacerdoti delle parrocchie della Vallata e tutti i cittadini e parrocchiani, parteciparono ad una grande pellegrinaggio alla Madonna di Monte Berico, dolce Patrona delle genti vicentine, per un solenne Te Deum di ringraziamento e per impetrare grazie per un rinnovato ritorno alla vita. Fu proprio Mons. Zaffonato a riferirmi quanto sopra in occasione degli indimenticabili incontri che ebbi la gioia di avere con lui, alla fine del mese di marzo 1966 nella famosa, ultima, Settimana Liturgica che Mons. Girardi portò con grande successo a Valdagno, su proposta di Mons. Giuseppe Sette e poi nei 3 viaggi nei quali lo andai a prendere presso la Residenza San Raffaele a Monte Berico - dopo si ritirò nel novembre 1972 dopo i sedici anni di servizio Vescovile presso la città di Udine - per portarlo a Valdagno, per il bicentenario del Duomo di San Clemente e per altre importanti celebrazioni liturgiche promosse dall’attuale arciprete Mons. Gianni Storti, da 30 anni fra noi ed ora in procinto di lasciare la Parrocchia. Il Vescovo Mons. Zaffonato si spense il 28.8.1988. Morsolin Florindo L’immagine è stata scattata il giovedì 12 luglio 1945 al Poggio Miravalle. Attorniato da un folto gruppo di giovani scout del Riparto Valdagno 1° Virtus c’é un sorridente sacerdote: è il giovane Vescovo di Vittorio Veneto Mons. Giuseppe Zaffonato (nato nel 1899 nella vicina Magré di Schio). Dal 1939 al 1944 era stato l’amatissimo arciprete di Valdagno. Nella storica fotografia si possono riconoscere alcuni giovani scout di allora: “Ken” si trova subito sotto il Vescovo Zaffonato; alla destra del Prelato è il Capo Riparto Ottorino Dal Lago, padre di Maurizio. Subito dopo, a dx Gianni Ignesti, fratello di Silvano e poi Silvio De Biasi detto “Ciri”, Radon Mario, Dario Cracco; alla sinistra del Vescovo si possono notare tra gli altri: il primo a sin. in piedi Dante Fiandri, calciatore affermato, deceduto a 23 anni in un incidente stradale; gli è accanto con l’alpenstock Giuseppe Urbani detto “bepi”: e poi, tra gli altri, Nazario Gonzo, Edoardo Isello, Dario Savi con il gagliardetto degli “scoiattoli”, Giorgio Griffani e, accanto al Presule sulla sin., dopo Fongaro Piero c’é l’indimenticabile Mario Paganin. Sarebbe molto bello poter individuare le generalità esatte di ciascuno dei 40 giovani scout della foto per lasciarne una copia a ciascuno per ricordare il grande giorno storico. Chi è interessato può telefonare a “Cian”, il grande amico di “Ken”, ovvero Gianfranco Basso, fratello minore di Romano oppure a “Nano”, l’altro indimenticabile amico di “Ken”ovvero Fernando Ceron, direttore della Caritas e della Tenda Rossa in Piazza del Campanile. srl Viale Trento, 4 - 36078 Valdagno (VICENZA) Tel. 0445 406020 (3 linee r.a.) - Fax 0445 408242 E-mail: [email protected] www.valledellagnoviaggi.it troppo costosi in quei primi anni dopo guerra, sono sostituiti con quelli di paglia, offerti dal cappellaio Umberto Talin. Le divise invece sono confezionate con gli scampoli della Manif. Lane Gaetano Marzotto, tessuti procurati dal nostro capo reparto, il carissimo Ottorino Dal Lago. La presentazione d’insieme del Riparto Valdagno 1°-Virtus, dati i tempi e le restrizioni, risulta più che buona e dignitosa. La guerra è finalmente finita con l’estinzione di tutte le strutture giovanili paramilitari: balilla, gioventù del littorio, avanguardisti e via di seguito. Una volta assunta la fisionomia del Riparto rimane il compito di procurarsi degli spazi d’accoglienza tra le mura dell’Oratorio, cercando di superare gli ostacoli posti da alcuni dirigenti dell’Azione Cattolica locale. Il Movimento Scout, proiettato in un’ottica evolutiva diversa da quella dell’A.C., vede aumentare di anno in anno i propri aderenti. Dopotutto la logica dei ragazzi sulla scelta del settore di impegno era assai semplice ed è la logica della più grande libertà e, nel contempo, della più grande razionalità: ovvero passare dalla staticità alle diverse attività, dall’imporre al proporre. In alcuni momenti si sono creati disaccordi e conflittualità tra i giovani e i dirigenti dell’A.C. e noi del Movimento Scout, ma con l’aiuto di Don Gino le difficoltà vengono superate attraverso la costituzione ex novo del Gruppo Amici dell’Oratorio. E “Ken” sarà sempre accanto a Don Gino. Da quel fatidico 8 Dicembre 1943, data della prima solenne Promessa Scout, Ken sarà sempre a nostro fianco, fratello maggiore di tanti ragazzi e giovani di tante generazioni, custode generoso e fedele del Movimento Scout del Valdagno 1°-Virtus fino allo scorso 8 Agosto, quando Ken, risorto nel corpo e nello spirito, non più azzoppato, ha iniziato con rinnovato ardore il suo nuovo cammino di Guida e di Capo Scout, con una divisa nuova fiammante, un cappello dalle larghe tese, un volto nuovo, illuminato dal sorriso mentre canta “Il ritmo dei passi mi accompagnerà, là verso gli orizzonti, più in alto, si va..”. E gridando felice con voce sonante ci saluta: “Ciao a tutti! Buon cammino a tutti voi. Vi porterò sempre nel cuore e lassù starò in attesa di ciascuno di Voi, accanto a Mario, Ottorino e Dante. Ciao Ciri, Cian, Nano, Giorgio, Bepi Stella, Imerio, Dario Savi, Felice, Bruno, Dario Faloppi, Vincenzo, Tarcisio, Flaminio, Paolo, Maurizio, Tappo, Fulvio e..tuti quanti. Tuti voialtri ve speto su nel Paradiso. Anca là ghe xé on grande Campo Scout! Grande, belo, meraviglioso, unico, dove brila on sole che non tramonta mai!” G. Basso, detto “CIAN” Festa D’Autunno a Valdagno in centro storico dal 31 ottobre al 4 novembre 2007 6 il nostro campanile - luglio/agosto 2007 Valdagno dal 1919 al 1923 (quarta e ultima puntata) di Maurizio Dal Lago Lotta politica e avvento del fascismo Poco dopo anche i "Marzottini", accantonata la minaccia di licenziare 1.000 operai, proposero la riduzione del 30% delle paghe ma, non essendoci in mezzo il problema dei due telai, quella vertenza fu meno lunga e dirompente e trovò una soluzione agli inizi di settembre quando il sindacato bianco accettò una riduzione delle paghe del 20%. Invece al VEM di Valdagno il mese di settembre fu il più drammatico. I sindacati bianco, maggioritario, e quello rosso resistevano, ma i rossi accusavano i bianchi di aver ceduto al Maglio e in altri stabilimenti della provincia. Arrivarono intimidazioni e violenze contro operai cattolici, compresi due attentati: nella notte del 22 settembre scoppiarono due bombe, una al Maglio di Sotto e una a Novale. Tra il 25 e il 26 i carabinieri arrestarono l'intero comitato di agitazione socialista (poi liberato il 9 di ottobre). La durezza dell'intervento era dovuta alla scoperta che da qualche settimana operava a Valdagno un nucleo armato di sinistra, gli Arditi del popolo, e che erano avvertibili infiltrazioni, provenienti da Schio, del neo nato partito comunista. Sembra poi che in quelle settimane si siano verificate anche azioni intimidatorie fasciste (lo squadrista più famoso in valle era l'avv. Antonio Franceschini, uomo di fiducia e amministratore dei Marzottini). A complicare ulteriormente la situazione arrivarono nuovi, pesanti licenziamenti: Marzotto licenziò in tronco 900 operai. Tra questi molti erano quelli che si erano più esposti durante la lunga lotta, ma V.E. Marzotto approfittò dello scontro in atto per favorire la ristrutturazione dell'azienda che doveva partire anche da un drastico ridimensionamento della mano d'opera, oltre che dalla riduzione delle paghe. Gli operai accusarono il colpo e alla fine del mese di ottobre il Sit cedette alle condizioni dell'azienda. In cambio ottenne la riammissione al lavoro di trecento operai. Forse non fu estraneo alla conclusione della vertenza anche il ferimento a colpi di pistola di V. E. Marzotto, avvenuto la sera del 25 ottobre. Il feritore, suicidatosi subito dopo con un colpo alla testa, era il valdagnese Vittorio Nizzero, ex ufficiale di artiglieria, nato a Verona il 21 ottobre 1895. Il Nizzero voleva essere riconosciuto come figlio legittimo dal presunto padre Vittorio Emanuele, il quale morirà nel marzo 1922, lasciando erede l'unico figlio, Gaetano, di 28 anni. 1922-1923: la crescita del fascismo valdagnese e la sconfitta dei popolari e dei socialisti. A metà del 1922 i fascisti di Valdagno erano pronti ad aprire la locale sezione del partito. In un primo tempo la festa per la consegna del gagliardetto era stata prevista agli inizi di giugno del 1922. Ma dovettero rimandare tutto perché si trovarono di fronte a un decreto del governo Facta del 30 maggio che vietava ogni comizio e ogni pubblica manifestazione fino a nuovo ordine (ne fece le spese, ancora una volta, la processione del Corpus Domini). Così dovettero attendere il 27 agosto 1922. Un enorme manifesto annunciava che la sezione sarebbe stata intitolata a Cesare Battisti e proseguiva in questi termini: "Nel momento in cui il ritmo vitale del Fascismo nazionale palpita più potente e più forte e investe con fulminea rapidità tutte le manifestazioni della vita economica e politica d'Italia, le camicie nere di Valdagno e di Recoaro inviano con un potente Alalà l'invito imperativo di non mancare alla cerimonia". Tra gli oratori c'era Massimo Rocca, l'on. De Stefani e l'avv. Antonio Franceschini, segretario provinciale del partito e, come ricordato, uomo di fiducia di Luciano Marzotto. Il tono del manifesto era quello di chi sentiva di avere già vinto, anche se la marcia su Roma avverrà solo tra due mesi. L'impressione è confermata anche dalla lettera che il direttorio locale inviò al sindaco il giorno prima della manifestazione: “Sarà una festa pacificamente e squisitamente Italiana, di modo che saremmo a pregarla di voler esporre la Bandierra [sic] della Patria in detta ricorrenza. A noi sono noti i saldi sentimenti Italiani della S.V. e perciò non dubitiamo che vorrà aderire al nostro vivo sentimento, compiendo così il proprio dovere. Confidando che Ella non mancherà di aderire, anche per non dare alle rappresentanze Fasciste foranee sensazioni che Valdagno è antipatriottica, le porgiamo vivi sensi di anticipate grazie e la riveriamo”. Il sindaco Dalle Ore acconsentì, e fu quello il primo segnale di avvicinamento del sindaco alle posizioni fasciste. L’anno cruciale: il 1923 Il segnale che il sindaco Dalle Ore aveva mandato al fascio valdagnese nell'agosto del 1922 non fu lasciato cadere ma fu coltivato perché i fascisti volevano liberarsi di un consiglio comunale costituito da una maggioranza di popolari e da una minoranza di socialisti. I tempi furono giudicati maturi il 24 settembre 1923 quando il direttorio del fascio invitò perentoriamente il consiglio comunale a dimettersi, in quanto espressione di tempi "anormali" nei quali imperavano i "bolscevismi bianco e rosso" entrambi antinazionali. Per questo, secondo i fascisti valdagnesi, il consiglio eletto nel 1920 non era in grado "di comprendere e di seguire il nuovo spirito che vivifica la nazione nella sua mirabile ascesa verso radiose mete". Da questa sbrigativa delegittimazione i fascisti salvavano, solo "l'esponente maggiore", cioé il sindaco Dalle Ore. Il cinque ottobre il Consiglio comunale rimandava al mittente le accuse e la richiesta di dimissioni. Il 18 ottobre i fascisti tornavano alla carica, ammorbidendo il tono, limitando le accuse solo ad alcuni componenti del consiglio, ma ribadendo l'appello alle dimissioni del consiglio per dar modo ai valdagnesi di eleggere "elementi di altro valore intellettuale e morale", ma soprattutto dotati "di indubbia fede nazionale". La minaccia era in coda, allorché si auspicava che il compito che i fascisti si erano prefissi fosse "agevolato e svolto pacificamente". Nella seduta del 26, con soli 14 presenti su trenta, il sindaco Dalle Ore, prese atto che le accuse di antinazionalismo erano state ritirate ma poi, a sorpresa, invitò egualmente il consiglio a dimettersi. Il che, sia pure in modo illegittimo, perché mancava il numero legale, avvenne. Due giorni dopo, il 28 ottobre, Dalle Ore celebrò con due manifesti il primo anniversario della marcia su Roma. Il primo dei due manifesti è probabilmente un esempio unico in Italia, perché è costituito da un sonetto, composto dallo stesso Dalle Ore: Il secondo manifesto era in prosa: Subito dopo il Dalle Ore fu nominato commissario prefettizio, poi commissario regio e infine, nel 1926, Podestà. La polemica Randon-Randon Nelle stesse settimane in cui avveniva la resa al fascismo delle istituzioni democratiche valdagnesi, qualcuno non si arrendeva, anzi contrattaccava, tanto che per metterlo a tacere Ugo Romanin, a nome del Direttorio del fascio valdagnese, il 4 ottobre 1923 scrisse al vescovo Rodolfi ... per richiamare la Sua benigna attenzione su di una lettera pubblicata da don M.[assimiliano] Randon di Valdagno sul "Corriere Vicentino" (...) Mi permetto di accluderLe copia della lettera che il predetto sacerdote ha diretta al signor Randon Olinto, e che è molto più aggressiva di quella pubblicata sul giornale (...) Lo scopo della predetta lettera è di aver posto tutti gli animi fascisti locali in una giustificata agitazione, pericolosa per le sue conseguenze, che il nuovo Direttorio farà in modo, impiegando tutta l'autorità derivante dalla carica, di evitare. Credo non sia superfluo aggiungere - concludeva il Romanin - che il signor Olinto Randon, maggiormente colpito, è un buonissimo cattolico osservante. Ma che cosa aveva scritto di tanto grave don Massimiliano Randon il 2 ottobre 1923? Egregio Sig. Olinto Randon, Ho letto sulla Provincia di Vicenza di domenica scorsa il suo articolo "Divagazioni scoutistiche". Non rispondo mai agli attacchi personali, ma siccome è la quarta o quinta volta che ella in privato e in pubblico calunnia le opere dei sacerdoti locali, malignando anche sulle loro intenzioni, così questa volta mi sento in dovere di risponderle personalmente riservandomi di ricorrere alla stampa, come ha fatto lei. Nel suo articolo, di sapore prettamente anticlericale, ella dice che l'associazione scoutistica locale non è esente dalla tabe antinazionale e antipatriottica perché le riunioni avvengono nella sede del circolo cattolico e adiacenze popolari. Con queste ultime parole ella vuole alludere alla cantina popolare. Ora sappia che né il circolo giov[entù] catt[olica] né l'associazione scoutistica cattolica hanno alcuna relazione colla detta cantina, anche se le sedi sono vicine, come il partito fascista di Valdagno non ha nulla a che fare colle prigioni, quantunque sia loro abbastanza vicino (...) Le accuse non si lanciano così alla leggera, ma si provano; e la logica, signor Olinto Randon, non è mai stata il suo forte. Ma di grazia che cosa ha fatto il circolo di gioventù cattolica per meritare questa accusa [di antipatriottismo]? Fuori le prove di quanto ella afferma, signor Olinto Randon, altrimenti ho il diritto di dire ch'ella è un volgare mentitore. Del resto il patriottismo vero non sta nell'esporre il tricolore nella vetrina, ma sta in qualche cosa d'altro di più grande e di più nobile. E chi di grazia nell'autunno del 1921[sciopero agli stabilimenti Marzotto] sostenne le ire e le vessazioni e le violenze dei comunisti? Proprio quelli [i popolari] ch'ella gratifica col titolo di antipatriottici. Dove allora il partito fascista locale? Ancora fra le mani della balia! Se poi per patrioti ella intende soltanto coloro che per opportunità abbandonarono la loro bandiera per passare tra le file fasciste, sappia che noi patrioti non lo saremo mai, perchè non vogliamo essere dei "girella o degli arlecchini"! (...) Certo che la nostra educazione è un po' diversa da quella degli altri. I nostri giovani esploratori che ella taccia di antinazionali e antipatriottici, per esempio, non sono mai andati a rubare l'uva e a danneggiare i campi dei contadini sollevando le proteste del proprietario; e noi facciamo le nostre feste nella più sana allegria, senza bestemmiare dinanzi alle canoniche per far dispetto ai preti e senza gridare abbasso nessuno. Effetti di un'educazione diversa. Del resto, creda signor Olinto Randon, per essere degni della rinnovata e purificata patria i giovani non hanno bisogno di essere dei Balilla; basta che siano dei giovani cristiani. (...). Ella termina con una minaccia. Ne teniamo conto perché in caso di qualunque violenza sappiamo a chi rivolgerci come maggiore responsabile. Venga pure, signor Olinto Randon, o come fiduciario del P.N.F. o come zelatore farisaico del tempio: sarà accolto a dovere perché la pazienza ha un limite (...). Le posso assicurare, signor Olinto Randon, che le sue sfuriate e le sue minacce non ci faranno deviare di un passo dalla via che abbiamo incominciato e dal programma che siamo fieri di svolgere. Piuttosto raddoppieremo le energie per salvare la gioventù valdagnese senza curarci dell'invidia dei nemici (...). E a lei un consiglio: la smetta di fare il tirapiedi di tutti i Signori e Signore di Valdagno e vedrà che anche senza di lei assurgerà a quella prosperità morale e materiale che tutti desiderano; e la smetta di molestare i preti perché se ella ha la testa dura, l'ha più dura ancora il sottoscritto. Don Massimiliano Randon Il vescovo Rodolfi si guardò bene dal prendere il minimo provvedimento contro quella testa dura del cappellano di S. Clemente di Valdagno. il nostro campanile - luglio/agosto 2007 TESTIMONIANZA SU “KEN” Soldà Silvano (KEN) classe 1926, scomparso l’8 agosto 2007: personaggio “storico” della vallata, esempio di generosità ed altruismo. Dopo il primo storico rito della “Promessa Scout” dell’8 Dicembre 1943 il nostro assistente spirituale Don Felice Cocco lascia Valdagno e torna a Roma per completare gli studi teologici e di Sacra Scrittura. Ed è in quell’anno, tragico per il nostro Paese, che vede via via scoppiare la Guerra Civile nelle nostre Regioni del Nord, che proprio “Ken” si fa carico delle attività scoutistiche in città con incontri, uscite ed esperienze sul campo. Fin da ragazzo, dall’estate del 1938, Ken era stato il capo carismatico della “Banda del Grangaro” (Villaggio Margherita) e negli anni successivi approda all”Oratorio San Pio X° di San Clemente. “Ken” all”anagrafe Soldà Silvano, ha molto a che fare con quel “Silvano” simboleggiato nella mitologia romana, il dio delle foreste e dei campi. Il “mitologico Ken” conduce i ragazzini della mia età alla vita rude, a contatto con la natura, alla sopravvivenza con i semplici mezzi che madre natura ci regala, amalgamati dalla fionda, dal coltello o da un semplice fiammifero e da una candela, egli ci addestra a misurare le nostre forze negli indimenticabili giochi tra i boschi del Poggio Miravalle o sulle acque dell’Agno, a volte impetuose e difficili. Ciompo com’é, sghembo nella sua gamba rattrappita, l’abbiamo seguito e visto correre tra i boschi e i prati, a lui ci siamo accodati nei sentieri delle nostre montagne e, con lui, ci siamo riposati sotto la tenda, col sole e sotto la pioggia di primavera. “KEN”, nome vanaglorioso, per fare grandi tutte le cose, per sublimare le avventure di ogni giorno e figurare alla maniera del leggendario cow boy, quello dei primi film western che i preti proiettavano all’”Utile Dulci”, il famoso “Ken Mainard”, duro, prepotente, vendicativo. Ma il nostro “Ken” è di tutta un’altra pasta, non è in cerca di gloria e di grandi avventure, la sua stima si misura nell’umiltà e la schiettezza. Se chiediamo ad un valdagnese chi sia Soldà Silvano, pochissimi ci darebbero delle precise indicazioni, ma se chiedi di “KEN” tutti ti offrirebbero una utile ed immediata individuazione. Noi l’abbiamo subito, più che accolto. L’abbiamo accettato nelle molteplici fasi di apprendimento all’aria aperta, anche quando, tra i boschi, ci faceva qualche occhio nero con il violento lancio di pigne - “par sbaucarne” ci diceva - oppure ci scuoteva con bruschi strattoni per segnalarci i pericoli, così come quando ci spingeva a seguire in maniera opportuna le tracce, proprio come uno dei “mohicani”. L’abbiamo tollerato allorquando, repentinamente, ci buttava dall’argine del fiume, nelle acque dell’Agno, sul “boio soto el ponte briscola o quelo dele vasche”, per insegnarci a nuotare e vincere la paura dell’acqua. Con l’esempio e l’incoraggiamento ci ha portati a realizzare un grande obiettivo, l’amicizia, creando quelle situazioni atte a favorirla. L’abbiamo seguito, imitato, ascoltato e stimato, attraverso il suo insegnamento abbiamo appreso molto di più di quanto i manuali di etica scout determinano. E’ stato un maestro di vita, di vita rude vissuta in umiltà, semplicità e schietta onestà. “Ken” ha segnato, nel corso della sua vita, le tappe fondamentali dello scoutismo valdagnese. Le radici del suo operato si sono sparse in abbondanza, e, si sa, che più radici ha un albero e più cresce robusto e forte. Cerco d’intingere il pennello nella tavolozza dei ricordi e rumino e ripenso per dare una “Ken" saluta con il giglio d'oro conseper la lunghissima ed infaticabile giusta fisionomia a “Ken” gnatogli attività scout (2 giugno 200) ma non trovo colori sufficienti a rappresentarlo. chierare con immigrati di ogni Ken era ed è quello che è. provenienza, africani, asiatici, E’ difficile precisare il suo valore slavi, ortodossi e mussulmani, umano, rimane per noi la lui riusciva a dialogare con tutti certezza che i suoi passi erano e soprattutto sorridere con loro. e sono cadenzati nel simbolico Il suo “servire” era ed è un motto scout “Servire”. grande segno di testimonianza Scout, sempre scout, per questo e di speranza per le nuove si rimane giovani, anche quando generazioni a venire, una giusta giunge il tempo di meditare il eredità, un chiaro insegnamento Salmo 89: “Signore, insegnaci che avvia i giovani sulla strada a contare i nostri giorni, e del successo e della solidarietà giungeremo alla sapienza del fra i popoli. cuore”. Parlare o scrivere di “Ken”, più “Ken” dal punto di vista anache arduo, diviene incomplegrafico, è segnalato come tezza: si può comunque afferanziano, vecchio, ma è riuscito mare con certezza che egli era invece a rimanere giovane ed ed è stato la pietra angolare del egli non può invecchiare perché Movimento Scout di Sir Badenla sua lunga vita si è dipanata Powell a Valdagno, irradiandosi lungo il filo del servizio, per in seguito in tutta la Vallata. questo lui è rimasto sempre Infatti il carisma di “Ken” ha giovane. contagiato un po’ tutti ed è stato Dopotutto il cuore non inper tutti una istituzione: quando vecchia. In una atmosfera si chiedeva il permesso ai gegioiosa di eterna giovinezza, di nitori per l’uscita settimanale, stupore, lo trovavamo, solo fino la condizione di essere accoma qualche settimana fa, all’ompagnati dal sacerdote non era bra del Campanile di San sufficiente, ma se con noi c’era Clemente, alla storica “Tenda “Ken” il permesso era subito rossa”, pronto a prestare servizio accordato. in opere umanitarie, a chiacG. Basso, detto “CIAN” S.R.M. s.n.c. di Randon Ilario - Zini Pietro società riparazioni e costruzioni metalmeccaniche Via Campagna, 53 36078 Valdagno (VI) Tel. e Fax 0445/431359 D A 7 In ricordo del prof. Costantino Lora E’ mancato all’età di 93 il prof. Costantino Lora, figura storica nella vita sociale della Valdagno del dopoguerra avendo ricoperto la carica di sindaco dal 1951 al 1958: un periodo di intensa attività che vide tra l’altro la metanizzazione del territorio comunale ed il conferimento del titolo di “città” al Comune. Di professione insegnante di lettere e poi preside ha diretto la scuola media “Garbin” di Valdagno, poi la media di Recoaro e infine quella di Novale - fondata da lui e voluta fortemente da tutta la comunità novalese. Un servizio lungo ed infaticabile svolto tra i giovani e proseguito poi come volontariato- una volta raggiunta la pensione - presso la scuola media dei frati francescani di Chiampo. Il prof. Lora lascia il ricordo indelebile di una personalità ricca di umanità ed intelligenza, di servizio alla città svolto con dedizione, competenza ed entusiasmo, come traspare dalla testimonianza dell’avv. Spanevello letta durante le esequie svoltesi nella parrocchiale di Novale il 2 luglio 2007. La sua scomparsa ci ha lasciati nello sgomento perché con lui se n'é andato un pezzo di noi, della nostra storia plasmata sul suo insegnamento che la vita va vissuta con impegno, coerenza e dedizione, mai disgiunti dall'equilibrio e dalla serenità. Costantino non era solo un uomo onesto, un buon marito, un buon padre e un bravo insegnante, era molto di più. Aveva capito che, per vivere coerentemente con i propri principi, non bisognava pensare solo a sè stessi ma anche agli altri e, particolarmente, alla propria comunità. Egli infatti, che era padre di 9 figli che con la moglie Gina - seguiva con ogni sollecitudine, non esitò ad assumere la responsabilità di guidare Valdagno come Sindaco per oltre 6 anni, nei tempi difficili e burrascosi del dopoguerra. Ebbe tanti consensi per l'opera svolta con il massimo impegno e dedizione, ma dovette anche soffrire, nell'ultima parte del suo mandato, una grande amarezza che lo ferì profondamente, ma che accettò in silenzio e senza desiderio di rivalsa. Ciò peraltro, non lo indusse ad appartarsi, continuando a dare il suo generoso e valido contributo in campo sociale come Consigliere dell'Ospedale Civile e Presidente delle Farmacie Comunali. Come insegnante, non solo sapeva far apprendere con particolare capacità, ma soprattutto sapeva convincere i suoi ragazzi che lo studio consentiva loro di affrontare meglio i problemi della vita, in un rapporto di reciproco rispetto e comprensione. E questi ragazzi anche oggi conservano di lui un ricordo bellissimo. Questo suo attaccamento alla scuola e la sua particolare generosità lo portarono, una volta raggiunta la pensione, a prestare per 16 anni il suo servizio di volontariato alla Scuola Media del Collegio dei Frati di Chiampo. Ma, credo, che la caratteristica peculiare di Costantino sia stata quella di saper ascoltare gli altri, dialogando con loro in piena libertà e confidenza senza mai sovrapporre i suoi convincimenti e le sue idee a quelle degli altri. Era un profondo credente, ma rispettava chi non lo era, così come rispettava ogni altra opinione diversa dalla sua. Ricercava in ogni confronto l'aspetto più positivo, bandendo dal dialogo ogni animosità e sterile critica. Con lui si creava facilmente un rapporto di amicizia, che permaneva nel tempo, perché sapeva trasmettere a quanti lo avvicinavano la sua voglia di vivere e di saper gustare anche ogni piccola gioia. Il suo eccezionale equilibrio gli permetteva di valutare le cose con obiettività e cautela, senza lasciarsi andare a facili ottimismi nei momenti buoni o ad eccessivi scoraggiamenti nei momenti difficili. Era, in una parola, un saggio. La sua passione per la montagna coinvolgeva gli amici, con i quali ha vissuto momenti indimenticabili che sono entrati nella loro mente e nel loro cuore. Tutti ricordano come ogni sabato e domenica egli li attendeva, quasi impaziente, per salire con loro, insieme con la sua Gina, verso l'alto dove faceva da battistrada ai suoi giovani amici, non sentendosi mai più vecchio di loro. Purtroppo 4 anni fa, quando si manifestarono i primi sintomi del male, egli dovette rinunciare a tante cose che gli erano care, costringendolo ad affrontare una realtà dolorosa e mortificante. La vita per lui era improvvisamente cambiata, ma tale mutamento non riuscì ad intaccare il suo animo e la sua fede, accettando egli silenziosamente, senza farlo pesare a nessuno, quello che la sorte gli aveva riservato. Quando gli amici andavano a trovarlo, era lui che trasmetteva loro la sua incredibile serenità, ed era lui che per primo si preoccupava delle loro condizioni, nel tentativo, per non turbare di nascondere loro che stava avvicinandosi alla fine. Ora ci ha lasciati, ma la morte non potrà rubarci il suo ricordo, né impedirci, tutte le volte che parleremo di lui e dei tanti felici momenti trascorsi insieme, di vederlo davanti ai nostri occhi con il suo sorriso e la sua affabilità. Egli ora vola nell'immensità per raggiungere l'ultima vetta, la più alta: il Paradiso. Rolando Spanevello 8 il nostro campanile -luglio/agosto 2007 A GINO LAZZARIN la Galleria Civica Villa Valle dedica una mostra di grande suggestione dal 27 ottobre al 18 novembre 2007. GINO LAZZARIN (Verona, 1945) - Gino Lazzarin appartiene alla nobile stirpe dei grandi fotografi, ma, pur rientrando nella figura di artista della fotografia nel senso magistralmente descritto da Roland Barthes (cioé colui che compie un eccezionale uso dello strumento fotografico come immobilizzatore delle immagini oggettuali quali effetti di morte asimbolica di volti e di paesaggi), sorpassa il semplice uso dello strumento fotografico, passando da questo all’orizzonte più vasto di colui che crea l’immagine pittorica e dinamica del movimento e del tempo. Aveva cominciato come pittore e, nell’ultima fase della sua notevole opera, offre immagini di movimento del vedere oggettuale ricostruito, introducendo il tempo in una vera e propria computer art. Così dà luogo ad un trapasso dell’immagine dalla staticità della fotografia ad un tipo di pittura di intervento computeristico e coloristico densa di dinamismo e transmorfosi temporale del reale. Si può pensare anche, a titolo di esempio, a certe opere di Bacon e magari di Picasso. Dino Formaggio NATURA ED ARTIFICIO: GINO MAROTTA Una mostra un po’ particolare, strana ma accattivante quella che la Galleria Civica Villa Valle (16.9 - 7.10. 2007) dedica a Gino Marotta e che presenta un ciclo di opere degli anni 60 ed alcuni lavori più recenti dell'artista raccontandone la personalissima e del tutto contemporanea ricerca artistica. Marotta utilizza il metacrilato (plexiglass) come materia da plasmare, e realizza sculture ritagliate nelle lastre di plastica colorata, i cui soggetti sono ricavati dal paesaggio naturale. Elementi naturali e materiali artificiali scandiscono lo spazio e danno vita ad un universo scenografico nel quale lo spettatore entra liberamente. La luce agisce da vera protagonista, animando la nuova dimensione naturale ricreata nella Galleria Civica e facendo vivere le opere di Marotta in un'atmosfera perennemente cangiante e mutevole. L'artista ha svolto, negli anni una complessa e articolata ricerca sui linguaggi visivi attraverso i nuovi materiali e le moderne tecnologie rifacendosi ai procedimenti industriali per la produzione in serie. Il metacrilato, "la" materia artificiale, secondo Marotta "l'unico materiale resistente che non degenera, perché è un materiale altamente tecnologico", entra in conflitto-confronto-integrazione dialettica con il suo opposto, il Naturale. La dicotomia Natura e Artificio caratterizza le opere dell'artista, con una provocazione di fondo: aver scelto "un materiale squallido, usato però in modo poetico e lirico, per trovare un rapporto tra natura e artificio". I suoi paesaggi artificiali hanno fatto un salto temporale di più di trent'anni e sono entrati nel mondo dell'arte contemporanea di diritto come lo dimostrano le recenti esposizioni a Parigi, Milano, Londra. L'evento di Valdagno rende omaggio all'artista dopo l'importante mostra personale alla 52 a Biennale di Venezia (10 Giugno - 31 Agosto 2007). TRA GLI OCCHI ED IL CUORE Gino Lazzarin (classe 1945) Fin da giovanissimo si accosta con curiosità e grande passione al mondo della pittura. Attratto dal figurativo, rimane attento osservatore delle nuove tendenze pittoriche e cerca di capire prima e comporre poi quelle “macchie”, apparentemente senza senso, che gli trasmettono però forti emozioni. E’ proprio questo rapporto tra fotografia e pittura che indirizza, in tempi diversi, il suo modo di vedere e che è presente anche nel suo particolare modo di interpretare la foto paesaggistica. Esaurito quel tema fatto di masse colorate e croste materiche, capisce che il suo vero obiettivo è l’Uomo, protagonista assoluto delle sue immagini, che diventano così espressione immediata e autentica di tale profondo interesse. Inevitabile l’approdo al reportage nella linea tracciata da Cartier Bresson. Poi, casualmente, viene l’India e per lui diventa lo spettacolo dell’uomo, dello spirito, della mente. L’uomo resta sempre al centro della sua attenzione, anche quando si accosta al variegato mondo del teatro, occasione unica per sottolinearne gesti ed espressioni. A distanza di anni, con l’avvento del digitale, ha messo a punto un sistema di ripresa di immagini video che, in tempi più lontani, era stato sperimentato anche da Mario Schifano, ma con le Polaroid e quindi con risultati necessariamente diversi. Lazzarin sostituisce ai pennelli il computer e rielabora immagini “catturate” da uno schermo. Il risultato, assai efficace e immediato, può trovare una similitudine pittorica tra le immagini distorte dell’espressionismo di Bacon e l’arte pop di Warhol. Fotografo professionista dal 1973, vive e lavora a Lonigo in provincia di Vicenza. Ha già pubblicato i libri Teatro allo specchio (1996), Percorrendo l’India (1999) e Tra gli occhi e il cuore (2004). (A cura di Alessandro Pron, Galerie Italienne, Parigi Comune di Valdagno, AMER Spa) Spese per operazione Spese tenuta conto Spese produzione e invio estratto conto trimestrale Spese invio contabili Commissioni pagamento utenze Costo libretto assegni Costo carta Bancomat/ Pago Bancomat/Fast pay Commissioni prelevamenti Bancomat presso sportelli altre banche Con un PAC di Euro 100 al mese Imposta di bollo sul conto Con un PAC di Euro 150 al mese Imposta di bollo sul conto Deposito titoli = 50% sconto Con un PAC di Euro 200 al mese Imposta di bollo sul conto Deposito titoli per importi non inferiori a 130 Euro TOTALE = Riservato a dipendenti e pensionati: Accredito automatico in conto delle retribuzioni e delle pensioni il giorno stesso del pagamento. SPORTELLI PRESENTI IN VALLATA: MAGLIO DI SOPRA, Via S. Trinità, 14 - Tel. 0445 414342 Fax 0445 410496 CASTELGOMBERTO, Piazza Marconi, 20 - Tel. 0445 941180 Fax 0445 940120 TOTALE = Il PAC è un piano di accumulo per accantonare e risparmiare ogni mese senza troppo impegno e in tutta sicurezza, una piccola somma che si rivaluta nel tempo. VALDAGNO, Viale R. Margherita, 15 - Tel. 0445 407240 Fax 0445 407340 CORNEDO, Via Tassoni, 43 - Tel. 0445 446077 Fax 0445 446300 TRISSINO, P.zza Mazzini, 24/26 - Tel. 0445 491374 Fax 0445 491424