fondato nel 1956
PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA
VALLE DELL’AGNO
n.4 luglio-agosto 2007 - Anno LI - Redazione: 36078 Valdagno (Vicenza), Viale Trento, 4/6 - Telefono 0445 401190
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IL LAVORO NEL VICENTINO
Un mondo in continua evoluzione, con segnali positivi e costante
impegno a migliorare la qualità per competere nel mercato globale.
Due anniverari, due impegni
Vent’anni sono trascorsi da
quando Valdagno e Prien Am
Chiemsee (Germania) hanno
stretto un patto di gemellaggio, suggellando così un’amicizia costruita negli anni tramite i frequenti scambi culturali promossi dal Coro Amici
dell’Obante.
Per la nostra città un’apertura
alla dimensione europea - fatta
quando la moneta unica era
ancora una improbabile prospettiva - uno stimolo a guardare oltre i ristretti confini della
vallata, secondo una linea di
tendenza che in questi anni si
è consolidata divenendo una
esigenza imprescindibile per
tutti, cittadini ed aziende.
Con gli amici di Prien ci sono
stati e sono ancora in atto
programmi di visite turistiche,
scambi studenteschi, collaborazioni culturali per ricerche
storiche ed artistiche.
Mentre rimane un punto fermo
la loro partecipazione alla Festa
d’Autunno con uno stand gastronomico sempre affollato il
cui ricavato viene devoluto in
beneficenza.
Un’amicizia consolidata quindi,
destinata a durare nel tempo e
un impegno per la Pro Valdagno
che per questo gioca un ruolo
importante.
Un gemellaggio che significa
anche un modo per riconciliarsi
con la propria storia.
Infatti vent’anni fa veniva appuntata sul gonfalone del
Comune la Medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza.
Un significativo riconoscimento
per quanto questa nostra vallata
ebbe a patire nei mesi terribili
(settembre 1944 - aprile 1945)
che preludono la fine della seconda guerra mondiale.
Una storia fatta di lutti, di lotte
Il rapporto tra tute blu e colletti
bianchi è ormai 1 a 1; per le
nuove assunzioni, determinanti
la qualifica professionale e il
titolo di studio, meglio se direttamente agganciati alle esigenze delle attività produttive.
Nell’altalena continua di dati
riportati periodicamente da giornali e tv (la ripresa c’é, si, no,
un po’ meno, un po’ di più...)
qualche punto fermo riesce a
fissarlo una recente indagine
promossa dalla Camera di
Commercio di Vicenza (Sistema
informativo Excelsior).
Nello studio “Le previsioni occupazionali e i fabbisogni professionali” viene tracciato un
profilo della realtà vicentina
con puntuali agganci al sistema della formazione e dell’istruzione, in vista di un mercato
che si fa sempre più globale,
ma che contemporaneamente esige un forte radicamento
nel territorio per quanto concerne competenze e innova-
zione tecnologica.
Partendo da alcuni dati postivi:
i primi segnali positivi registrati
a fine 2005 sono stati confermati
nel 2006, ed in alcuni casi
amplificati, soprattutto con la
domanda estera, aumentando
la produzione industriale e del
PIL (prodotto interno lordo) a
livelli precedenti al fatidico 11
settembre 200l.
La ripresa c’é e costituisce una
prima risposta all'ingresso nel
mercato globale di nuovi e
aggressivi competitori, soprattutto dell’estremo oriente.
Ripresa che tuttavia non ha
interessato tutti i comparti (il
settore orafo resta ancora in una
situazione di chiaro-scuro) e
lasciando aperta la questione
dimensionale: le micro-imprese
manifatturiere stentano ad
agganciare le prestazioni delle
medio-grandi.
Il nodo centrale dello sviluppo
si conferma comunque nel
riposizionamento verso l'alto
del nostro sistema produttivo,
vale a dire nel fare cose innovative e di alto contenuto
tecnologico in modo da
spiazzare una concorrenza
che “aggredisce” il mercato in
termini di quantità a basso
prezzo. I dati al riguardo sono
eloquenti, indicando un divario
tra la produzione fisica (in calo)
e il fatturato (in crescita), che
significa un più alto valore del
singolo pezzo: ed ancora, la
crescita delle esportazioni di
prodotto ad alto contenuto
tecnologico e delle domande
di brevetto, sia nazionale che
europeo.
L’industria vicentina cambia la
propria struttura in termini di
numero di addetti, di forma
giuridica e di produzione,
confermando il ruolo di primo
piano nel contesto italiano e
veneto.
Più crescita, più occupazione?
Certamente sì, anche se sarà
prevalentemente un'occupazione di qualità, in una prospettiva di medio-lungo periodo.
Lessinia 1988 - (foto Gino Lazzarin)
Immagine intensa che trasmette la forza di una natura rigogliosa e libera; una natura che appartiene alle
nostre montagne... una ricchezza da custodire e apprezzare con gelosa cura. A Lazzarin la Galleria Civica
Villa Valle dedica una mostra di grande suggestione, 27 ottobre - 18 novembre 2007. (servizio a pag. 8)
Il Gonfalone di Valdagno, dal settembre
1987, è decorato dalla
medaglia d’argento al
Valor Militare per la
Resistenza
Il gonfalone del Comune di
Valdagno - vent’ anni fa - è stato insignito di medaglia
d’argento per attività partigiana.
Ma quell’argento da dove
proviene? Pochi ormai ricordano che sulle colline, tra le
contrade di Piana affondano
molte delle radici e delle
ragioni di quella medaglia che
onora e per sempre onorerà la
città di Valdagno. Per questo
la commemorazione della
strage di Piana non è un
omaggio esteriore e lontano,
ma occasione per ricordare
con verità, per onorare con
sincerità, per fare un esame di
coscienza con severità. Siamo
qui per ricordare con verità.
Perché avvenne quel massacro?
Perché i partigiani, circa duecento, molti dei quali disarmati,
si erano concentrati a Piana?
La spiegazione sta nel fatto
che in quei primi giorni di
settembre 1944 si era diffusa
la convinzione che la guerra
stesse per finire. L’ VIII armata
inglese, infatti, aveva sfondato
la linea gotica sul litorale adriatico mentre la V armata americana sembrava sul punto di
valicare gli Appennini. Pareva
dunque che i tedeschi dovessero ritirarsi e che fosse giunta
l’ora dell’insurrezione generale.
Questo spiega come i partigiani
della “Stella” avessero formulato un piano per occupare
Valdagno partendo dalla Piana
e per questo vi avessero concentrato le loro forze. Invece i
tedeschi bloccarono l’avanzata
degli anglo-americani e dispiegarono un grande numero di
uomini e mezzi per combattere
le formazioni partigiane che li
attaccavano nelle retrovie, nel
Veneto e nel Vicentino in particolare. Perciò quel settembre
del 1944 fu per le forze partigiane vicentine un settembre
nero: dalla valle del Chiampo
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2
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
IL PUNTO - continua dalla prima pag.
fratricide, ma anche di episodi
di altruismo eroico, di aspirazione sincera alla giustizia, alla
libertà, all’unità della Patria, alla
pace.
Gemellarsi con una cittadina
tedesca ha voluto significare
anche questo: chiudere e
consegnare alla storia una
pagina tormentata del nostro
passato collettivo e guardare
tutti uniti ad un futuro di pace
e collaborazione.
Paolo Centomo
Presidente Pro Valdagno
(continua dalla prima pag. “Il Lavoro...”)
Infatti i dati della occupazione
indicano qualche difficoltà ad
agganciare la ripresa: gli indici
del 2006 per Vicenza tendono
ad essere peggiori rispetto al
2005 (aumento del tasso di disoccupazione dal 3,5% al 3,7%
e diminuzione del tasso di
occupazione dal 66,1% al
65,6%).
L'indagine della Camera di
Commercio relativa alle necessità delle imprese e ai fabbisogni professionali ha evidenziato il restringimento della
richiesta di lavoro, soprattutto
nel manifatturiero, nel corso degli ultimi anni.
I saldi tra entrate ed uscite sono
stati sempre positivi ma calanti
nell'ultimo quinquennio.
Il 2007 si profila tuttavia come
l'anno di svolta anche per
l'occupazione: superata la fase
degli anni novanta in cui l'industria richiedeva manodopera
generica in gran numero,
passata la difficoltà dei primi
anni del nuovo secolo in cui
erano i servizi a sostenere l'occupazione, si prospetta una
nuova fase in cui l'industria crea
posti di lavoro anche di alto
profilo.
Prospettiva sostenuta dai dati
2005/06 che mostrano per l'industria un saldo positivo di
1.120 unità pari allo 0,7% dei
dipendenti, mentre nel più dinamico settore dei servizi, in
cui i tassi di rotazione sono più
elevati, il saldo positivo è ridotto
a 270 unità pari allo 0,3%.
Da registrare inoltre un continuo spostamento delle richieste
dalla manodopera non, o poco,
specializzata verso le figure di
più alto profilo, come evidenzia
la serie storica delle richieste
suddivise tra operai e impiegati-quadri-dirigenti: nel 2000
il rapporto era 82% contro il
18%, per il 2007 invece abbiamo percentuali pari al 55,5%
e al 44,5%.
Associazione Provaldagno
In sostanza ora c'é un sostanziale pareggio tra richieste di
tute blu e di colletti bianchi.
Questi i punti fermi di una
indagine che ha il pregio di fare
una fotografia “nitida” della
nostra realtà vicentina e che
dovrebbe innescare una discussione approfondita, non
occasionale e di lungo periodo,
sul nostra sistema scolastico e
di istruzione professionale.
Inutile ripeterci che siamo
perennemente al guado tra una
riforma incompiuta e una che
non si profila nemmeno all’orizzonte. Da oltre trent’anni
si parla di riforma della scuola
superiore...
Teniamoci alla realtà delle cose.
Le scuole superiori crescono
come iscrizioni (anche per l’effetto dell’innalzamento dell’obbligo scolastico) registrando
una diminuzione negli istituti
tecnici e un sensibile aumento
nei licei.
Sembra quindi che le famiglie
preferiscano un percorso di più
ampio respiro culturale (meno
professionalizzante nel breve
periodo). Ma forse, non è proprio così; forse i ragazzi e le
famiglie arrivano alla scelta
scolastica dopo la media
inferiore (oggi “secondaria di
primo grado”) con idee non
molto chiare sulle proprie
capacità e sui reali sbocchi
occupazionali.
Con un pregiudizio di fondo
verso l’istruzione e la formazione professionale e in genere
verso la "fabbrica" vista per lo
più come un luogo di fatica
con scarse prospettive di crescita
professionale. E’ così che l’industria lamenta la carenza di
figure professionali che per
alcuni settori vanno anche oltre
il 50%.
Aggiungendo poi la difficoltà
da parte delle imprese di
identificare precisamente quale
sia il titolo corretto in rapporto alla mansione da svolgere,
creando quindi ulteriori ostacoli
(e incomprensioni) tra offerta e
domanda di lavoro.
Quello che serve in definitiva
non è “il pezzo di carta” (diploma) a tutti i costi ma entrare
nel mondo del lavoro con una
preparazione qualificata e aperta ad una crescita umana e
professionale.
NEI SETTORI ECONOMICI SI
PREVEDE...
Economia provinciale e veneta
risultano essere in progressivo
miglioramento ma questo non
significa crescita occupazionale
generalizzata in tutti i settori.
In provincia le imprese che
intendono assumere sono il
25% del totale, una quota
leggermente minore rispetto
al dato veneto e nazionale.
Il settore metalmeccanico guida
la classifica con le quote più
alte di imprese alla ricerca di
personale e comunque il
secondario sembra più attivo
rispetto al terziario (il 31,7% e
il 18,4%).
Tra i settori meno propensi alla
ricerca di personale vi sono
quelli più in difficoltà: orafo,
mobili e ceramica nell'industria
e in pratica tutti i comparti dei
servizi (soprattutto il commercio e gli studi professionali).
Discorso a parte per le piccole
imprese, meno interessate a
nuove assunzioni; fenomeno
almeno in parte connesso con
il maggior turn-over delle grandi
imprese.
Il saldo attivo, di cui si parlava
all’inizio, contiene quindi anche
elementi negativi provenienti
da settori con il “segno meno”:
il sistema moda, l'oreficeria, la
concia e il settore energetico
nell'industria e il settore turistico e gli studi professionali nel
terziario espelleranno più lavoratori di quanti ne assumeranno.
Sarà invece il settore metallurgico con un saldo positivo di
580 figure professionali (pari al
3,3%) il settore con il maggior
incremento di occupazione, ma
tutti i vari comparti del settore
metalmeccanico hanno dei saldi
positivi.
Nel terziario il saldo più elevato riguardo il commercio al
dettaglio e riparazioni (1,0).
Molto significativa la movimentazione in entrata ed in
uscita del personale del settore
turistico nel quale si segnala un
turn-over complessivo di quasi il 30% della manodopera
dipendente.
Infine, pur nelle difficoltà la
micro-impresa resta la spina
dorsale del nostro sistema
economico ed occupazionale. Il 2007 registra nelle
imprese al di sotto dei 10
dipendenti il saldo maggiore
(1,4%).
Indicazioni, quest’ultime in
particolare, che aprono prospettive anche per la nostra
realtà locale.
Gianni L. Spagnolo
(continua dalla prima pag. “Il Gonfalone...”)
a quella dell’Agno, dall’Altipiano di Asiago alla tragedia del
Grappa. Già venerdì 8 settembre tutto era pronto per
colpire la “Stella”.
Quel giorno, infatti, il capitano
Etschmann, comandante del
presidio tedesco di Recoaro,
trasmise l’ordine di attaccare i
partigiani al 63° battaglione
della Legione fascista “Tagliamento” che era acquartierata
nel centro termale e ad altri
2000/3000 uomini, tedeschi,
il nostro campanile
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fascisti delle brigate nere, ucraini
collaborazionisti, che all’alba
di sabato 9 settembre 1944 strinsero in una tenaglia di ferro e
di fuoco queste colline. Non ci
furono prigionieri, l’ordine era
di uccidere. E così fu fatto, nel
modo più crudele, senza distinguere tra partigiani e civili,
tra vecchi e giovani. Nel giro di
poche ore caddero in 61, il
numero di vittime più alto mai
registrato nella valle dell’Agno
e, dopo il Grappa, nel Vicentino.
In particolare sappiamo che la
contrada Battistini fu devastata
dalla “Tagliamento”.
Non si può escludere che a
Piana fosse presente anche la
terza compagnia della “Tagliamento”, in quei giorni dislocata
a Staro, che aveva tra i suoi
ufficiali il tenente Giorgio
Albertazzi.
Questi sono i fatti.
Essi ci mostrano di quanto
sangue e di quanto dolore sia
impastato l’argento di quella
medaglia che prima di tutto
appartiene a loro, ai 61 di Piana.
E che appartiene poi alle donne
delle contrade di Piana: furono
loro a cercare nei campi e nei
boschi i corpi martoriati dei loro
cari e di sconosciuti partigiani;
furono loro che li raccolsero e
li composero pietosamente
nei carri trainati da buoi che
attraversarono questa piazza
diretti al cimitero, la sera del 9
settembre 1944.
Onore a loro, per sempre.
Ma, ci chiediamo, oggi siamo
noi degni di quella medaglia?
L’abbiamo onorata nei nostri
comportamenti di cittadini che
godono di una libertà conquistata a così caro prezzo da altri?
Abbiamo costruito un’Italia più
giusta come loro speravano?
Abbiamo eliminato insopportabili privilegi?
Abbiamo combattuto la corruzione? Abbiamo lavorato per
il bene comune o abbiamo
cercato solo il nostro personale
tornaconto?
Dobbiamo avere l’onestà di
rispondere che no, non ne
siamo degni, perché non abbiamo costruito un’Italia più
giusta. L’ingiustizia dilaga e il
popolo sovrano è rapinato da
caste insaziabili e impunite.
No, non ne siamo degni, perché non abbiamo eliminato i
privilegi che diventano sempre
più grandi per un numero
sempre più piccolo di persone.
No, non ne siamo degni perché
non abbiamo combattuto la
corruzione, questa immondizia
morale che attraversa e infetta
larga parte del Paese. No, non
ne siamo degni perché ci siamo
abituati a rivendicare solo diritti
e abbiamo voltato le spalle ai
doveri. No, non ne siamo degni
perché stiamo riducendo la
politica a sciocca palestra di
insulti e a indecente bordello
di interessi inconfessabili.
Anche per questo siamo qui
oggi: per dire basta a tutto ciò.
E lo diciamo qui dove i morti
di Piana ci ricordano che i nostri diritti e le nostre libertà
scaturiscono da quell’unica
fonte di dolore e di morte, di
riscatto e di democrazia che è
la Resistenza, là dove il dovere di ribellarsi alla dittatura
nazifascista veniva prima di ogni
diritto, anche di quello alla vita.
Sappiamo bene che per alcuni
irresponsabili la Resistenza è
diventata parola vuota, senza
significato.
Per noi, invece, la Resistenza si
identifica con i tanti uomini e
le tante donne che hanno dato
tutto senza tenere nulla per sé,
tranne la loro dignità di uomini
e di donne liberi.
Per noi la Resistenza si identifica
con i luoghi sacri e inviolabili
del loro sacrificio, come questo
di Piana di Valdagno, luogo di
tragedia e di gloria, di martirio
e di riconoscenza perenne. Per
noi la Resistenza si identifica
con il giuramento solenne di
combattere ogni dittatura e
ogni totalitarismo che oggi
vediamo rinascere nelle forme
di un fondamentalismo pseudoreligioso, sotto il quale si
nasconde il volto sempre uguale
della dittatura che non tollera
le differenze, il pluralismo, il
dialogo, vale a dire la libertà e
la democrazia.
Per sconfiggere chi insegna a
odiare e a uccidere quanti hanno
idee e fedi diverse, dunque,
dobbiamo tornare ancora una
volta alle radici della Resistenza, perché fu allora che
uomini e donne coraggiosi
combatterono per edificare una
società in cui fosse possibile a
tutti esprimere pubblicamente
e pacificamente il proprio credo
religioso e la propria appartenenza politica senza dover
temere pericolose intolleranze
e umilianti ghettizzazioni.
Maurizio Dal Lago
Il socio benemerito Sergio
Tamiozzo (classe 1921) e la
consorte Angela Benetti (classe
1926) hanno festeggiato sessant’anni di matrimonio: 17 aprile
1947 - 17 aprile 2007 Auguri
vivissimi e congratulazioni!
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
DIECI ANNI DI “GOOGLE”
Ricordiamo il Centenario della nascita
di un cittadino valdagnese illustre:
Organizzare la conoscenza del mondo
intero e renderla accessibile a tutti
PADRE POLICARPO CROSARA
“Gli Alpini e i Reduci di Russia della Sezione della Valle dell’Agno e tanti
alpini d’Italia hanno certamente “conosciuto” e visto la “Madonna del
Don” una icona russa che da 60 anni viene ricordata e venerata come
la “Madonnina del Don” in ricordo di tutti i caduti della tragica Campagna
di Russia e Dolce Madre che intercede presso il Figlio per portare la Pace
e la Concordia tra i popoli. Molti Alpini sanno che da 40 anni l’icona si
trova presso la Chiesa di San Carlo dei Padri Cappuccini di Mestre dopo
essere stata portata in pellegrinaggio in 80 città d’Italia e, ogni anno, ai
primi di ottobre, a Piazza Ferretto, a Mestre viene ricordata in forma
solenne con la partecipazione di autorità civili e militari ed un grande
numero di alpini e di fanfare alpine provenienti da tutta la Penisola. La
storia della “Madonna del Don” è conosciuta da molti ma ben pochi
conoscono la storia del Cappellano Militare che in una notte di dicembre
del 1942, nei giorni terribili della tragica ritirata dalla Russia, la raccolse
in una isba distrutta dai bombardamenti tedeschi. Questo cappellano che la recuperò e la fece portare a
Valdagno, risponde al nome di Padre Policarpo Crosara, nato nella nostra città nel 1907 con il nome di Narciso
Crosara. Vediamo dunque la biografia di Padre Policarpo.
Narciso Alvise Crosara era nato
in contrada Tezza a Valdagno il
14 gennaio 1907 da Domenico
e Campanaro Elisa. Fu battezzato due giorni dopo dal “Prevosto Dante Pepato alla presenza
dei padrini Urbani Augusto di
Luigi e Fiori Margherita fu Luigi”.
Dopo le Scuole Elementari, il 30
ottobre 1919, all’età di 12 anni,
era entrato nel seminario dei frati
francescani cappuccini di Verona.
Il 20 luglio 1922, a poco più di
quindici anni, aveva indossato
l'abito cappuccino a Bassano del
Grappa, e l'anno successivo, il 21
luglio, aveva emesso la prima
professione religiosa. Assolti gli
studi liceali a Thiene e quelli
teologici a Venezia, fu ordinato
sacerdote dal cardinale La
Fontaine il 2 febbraio‘30, con il
nome di P. Policarpo.
Inizi di un lungo cammino
Svolse il suo servizio sacerdotale
in diversi paesi e città da Thiene
a Bassano del Grappa, a Rovigo,
a Villafranca, a Fiume, a Capodistria, dal 1935 al 1939 fu direttore dell’oratorio maschile di
Trieste ed in seguito assistente
spirituale a Lendinara e quindi
fu chiamato come cappellano
presso l’ospedale civile di
Venezia.
Cappellano militare sul fronte
del Don. Quanto era stato tranquillo e poco movimentato il
primo decennio di vita religiosa,
altrettanto fu turbinoso e inimmaginabile il periodo successivo. Nel novembre del 1941 era
stato presentato dal padre
Provinciale come eventuale
cappellano militare, e all'inizio
del 1942 era già arruolato nel V°
battaglione alpini “Tirano” della
divisione “Trento”. “Ho qui piena
possibilità di avvicinare i miei
soldati: ottimi giovanotti delle valli
lombarde... scriveva, appena
giunto a destinazione..., mentre
i miei garretti danno ottima prova
di resistenza”. Era sempre in
movimento, ora per raggiungere
in bicicletta gli uomini delle sue
cinque compagnie acquartierate
qua e là, ora per tenere istruzioni, ora per metter su due bibliotechine: una per gli ufficiali e
l'altra per i soldati...
Presto, però, arrivarono preoccupazioni ben più serie per lui e
per tutti i suoi bravi alpini. Il 21
luglio, da Rivoli il Btg Tirano si
trovava imbarcato su uno delle
centinaia di convogli ferroviari
diretti in Russia. Alla partenza i
più giovani cantano e suonano
allegramente mentre i più vecchi
sono taciturni e mesti... Quale
fosse il suo stato d'animo man
mano che si avvicinava alle prime linee del Don lo possiamo
arguire dalla lettera che il 16
agosto scrisse al Padre Provinciale dell’Ordine, la quale ha
quasi il sapore di un testamento
e di un addio, anche se afferma
di non temere la morte, “alla
quale - scriveva - stiamo cominciando, giorno dopo giorno, a
guardarla in faccia”. Negli scontri,
che stavano facendosi sempre più
aspri e frequenti, padre Policarpo
voleva trovarsi, quanto era possibile, accanto ai suoi soldati, non
solo per far loro coraggio, ma soprattutto per assisterli in caso di
necessità. Per renderci conto del
suo comportamento, basta leggere la motivazione che accompagnò il conferimento della sua
prima decorazione - una croce
di guerra al valor militare (4
ottobre 1942): il tenente cappellano Don Narciso Crosara di
Valdagno (VI), “cappellano del
battaglione alpino “Tirano”, preparato spiritualmente al compito
di Apostolo di Fede, in reparto
operante sul fronte russo, il giorno
22 settembre 1942, nottetempo,
volontariamente, con sprezzo del
pericolo e dell'insidia nemica,
seguiva una pattuglia comandata
per un'ardua missione e ricuperava assieme a due portaferiti la salma di un alpino rimasta
abbandonata nei pressi delle linee
nemiche. Fatto segno a reazione
di armi automatiche nemiche,
manteneva contegno calmo e
sereno, portando a termine la sua
nobile missione”. Non fu l’unica
decorazione che si meritò. Infatti
sul fronte russo gli furono
concesse altre due medaglie di
bronzo, la prima il 25 Novembre
1942 e la seconda il 26 Gennaio
1943, dopo i giorni tragici della
Grande Ritirata che costò, solo
all’Italia, 90.000 tra caduti e
dispersi, oltre alle migliaia dei
feriti, i congelati e i mutilati, nel
corpo e nello spirito, indelebilmente, per tutta la loro esistenza.
Il comportamento coraggioso del
cappellano non si smentì durante
la famosa ritirata dall'ansa del
Don. Si sa che, travolta ogni
resistenza al nord e al sud dello
schieramento italiano, anche le
nostre truppe, per non essere
accerchiate e annientate, dovettero ritirarsi in condizioni spaventose, senza sufficienti mezzi di
trasporto, senza viveri, con una
temperatura che di notte scendeva
abbondantemente sotto i 40°
centigradi. Il comportamento di
padre Policarpo lo possiamo
desumere dai cenni di coloro che,
di quelle vicende, lasciarono il
ricordo scritto. Il tenente medico
Guido Zanelli racconta che a
Nikolajewka, per l'assistenza dei
feriti, padre Policarpo gli fu “di
validissimo aiuto morale e
materiale. Gli stanzoni - scrive erano bui; egli mi procurò
candele, mi procurò bende, aiutò
i soldati a spogliarsi per poterli
curare, mi aiutò nel seguire e
curare coloro che avevano
bisogno di medicazione. Da tutte
3
le parti, in ogni stanza nella quale
entravo, letteralmente coperta di
feriti, sentivo gli alpini chiamarmi,
disperati a chiedermi aiuto”.
Bellissimo e significativo l'episodio raccontato da Eugenio Corti
nel suo romanzo Il cavallo rosso.
Lo riportiamo con le parole stesse
dell'autore:
“Arrivarono i primi sbandati, erano ungheresi dai lunghi pastrani,
parlottavano tra loro, probabilmente cercavano da mangiare,
andarono oltre senza fermarsi.
Arrivò anche il cappellano del
Btg. “Tirano” don Crosara, veneto
di Vicenza: «Ci sono dei feriti
nella tua squadra?», domandò.
‘Eh', fece Luca, assentendo.
«Qualcuno di grave che vuole
confessarsi?». - 'Gravi no', disse
Luca, ‘grazie. Però domani bisognerà trovargli un posto sulle
slitte’. II cappellano scorse a un
tratto un giovane soldato russo
ferito e lo fissò negli occhi un po’
sorpreso. Allora il russo tolse le
mani di tasca, con la destra sfilò
il pugnale dal fodero e con la
sinistra armeggiò al bavero del
pastrano per scoprirsi la gola.
«No» - urlò il cappellano - «Cosa
fai? No, no!». Levò in alto il suo
Crocefisso e corse verso di lui:
«No, non farlo, non farlo!» II russo
lo guardò interdetto, con occhi
sfiniti. Il cappellano gli afferrò il
polso che stringeva il pugnale e,
agitando con l'altra mano il
Crocefisso, davanti al suo viso:
«Perché ti ammazzi, perché ti
ammazzi», gridava. Finalmente
il russo fermò lo sguardo sul Crocefisso, circondò con la propria
la mano del prete che lo impugnava, e che si tirò il Cristo contro
la bocca. Gli alpini guardavano
la scena in silenzio; il russo
consegnò al prete il pugnale, che
venne scagliato il più lontano
possibile «La Madre di Dio ti vuol
bene - ansimò don Crosara «Ti
vuol bene, hai capito? Dio non é
come noi uomini.»
Il giorno decisivo, ma anche il
più sanguinoso per il battaglione
Tirano e per tutti gli alpini, fu certamente il 26 gennaio 1943 quando ebbe luogo la celebre battaglia
di Nikolajewka, con la quale fu
sventato definitivamente il pericolo di accerchiamento da parte
di russi. Fu una vittoria - per uscire
dalla sacca di morte - che costò
parecchi morti e feriti, e anche
padre Policarpo riportò due ferite
e fu costretto ad alcuni mesi di
ospedale.
Florindo Morsolin
a
(fine 1 puntata)
È attivo il sito web:
www. provaldagno.it
Per inviare posta e leggere “il campanile”
in formato elettronico
550 anni fa, Johann Gutenberg
perfezionò la tecnica della
stampa a caratteri mobili, e
riuscì a riprodurre in varie copie
uguali la sua prima Bibbia a
stampa. Quell’invenzione segnò la storia umana, aprendo
una nuova fase che ora conosciamo come “Rinascimento”,
ed innescò una rivoluzione
culturale epocale. Una rivoluzione analoga si sta verificando ai nostri giorni, in proporzioni ben più vaste, e con
una rapidità evolutiva mai
sperimentata nella storia della
umanità. Il primo passaggio è
stato la messa a punto della rete
Internet. Un importantissimo
passo successivio è avvenuto
dieci anni fa, nel settembre del
1997, quando due ventiquattrenni studenti di matematica
dell’università di Stanford in
California diedero vita al motore
di ricerca “Google”. I motori di
ricerca sono siti che catalogano
in un proprio archivio ordinato
e dinamico (database) l' elenco
delle pagine presenti in Internet,
offrendo ai navigatori la possibilità di estrarne le liste sulla base
della ricerca delle parole attinenti ai contenuti. I motori sono
fondamentali per chi utilizza
Internet perché consentono la
ricerca di contenuti, informazioni e dati anche senza conoscere i siti che li pubblicano e
con la possibilità di porre dei
criteri di estrazione attraverso
filtri variamente complessi
(algoritmi matematici) per selezionare le pagine attinenti agli
argomenti d'interesse. I risultati
della ricerca più importanti sono
quelli presentati in prima
pagina. I mezzi di sostentamento dei motori di ricerca
provengono principalmente
dalla pubblicità, che compare
in video insieme ai risultati della
ricerca, orientata e selezionata
dalla medesima navigazione
dell’utente; dalla vendita dei
dati e della tecnologia; dai
servizi aggiuntivi offerti sulla
pagina iniziale secondo le
finalità del sito web. Effettuare una ricerca sui motori è
semplice: digitato l'indirizzo
sulla pagina iniziale, si visualizza solitamente in video un
box che consente di inserire una
o più parole da cercare. Dopo
qualche istante, è emesso il
risultato della ricerca sotto forma
di elenco delle pagine dai
contenuti attinenti. L'attenzione,
ovviamente, si concentra sui
risultati in prima pagina.
Google, in particolare, è uno
strumento potentissimo, una
chiave di conoscenza senza
paragoni, il più democratico
accesso al mondo dello scibile
che sia mai esistito. Sergey Brin
e Larry Page, due matematici
giovanissimi e geniali, sono stati
coscienti fin dall’inizio delle
potenzialità dello strumento
scientifico-tecnologico che
andavano elaborando, sia dal
punto di vista tecnico che da
quello socio-culturale. Consapevoli che avrebbero reso liberi
i saperi, e a portata di un clic
del mouse. Fin dall'inizio la
coppia Page-Brin considerò
cruciale il suo ruolo di ricerca;
che poi si articolò perfettamente
con quello della vendita di spazi
pubblicitari riferiti alla parola
chiave ricercata dal singolo
utente. L’ingresso ufficiale di
Google nel mondo della pubblicità avvenne nel 2000. Oggi,
Google (da “gogol”, cioé 10 alla
decima potenza) è ufficialmente
riconosciuto come il motore di
ricerca più popolare in tutto il
mondo: più di 520 milioni le
pagine web visitate ogni giorno;
l’80% delle ricerche in rete. Il
suo segreto è l’algoritmo di
ricerca elaborato da Page e Brin:
PageRank, il cui ambizioso
obiettivo, esplicitamente dichiarato all’atto della registrazione
della loro impresa Google.com,
era e rimane questo: "Organizzare la conoscenza del mondo
intero e renderla accessibile
a tutti". Ecco la rivoluzione di
Google, il cui successo è confermato anche dall’incremento
del valore di mercato del titolo.
Allo sbarco della società a Wall
Street, nell'agosto del 2004, il
titolo Google approdò sui
mercati al valore di "soli" 85
dollari. Oggi, lo stesso titolo è
valutato 525 dollari, per un
valore di mercato totale della
società pari a 164 miliardi di
dollari. La potenza di Google
oggi fa paura. Tutto risiede nella
capacità di filtrare la ricerca di
milioni di persone connesse ad
Internet, nella capacità di dare
risposte anche eccessive alle
richieste, inondando di pubblicità mirata e specifica i
navigatori del cyberspazio. Un
grande potere che non può
restare uno strumento neutrale.
E infatti, puntualmente, lo scorso
luglio è scoppiata la notizia
bomba: Google censura la ricerca nei Paesi totalitari, Cina
e Paesi arabi in testa, e consegna
ai governi informazioni sulla
navigazione dei cittadini. Sia il
Parlamento americano che Amnesty International si mobilitano
e cominciano a chiedere spiegazioni. Google e l’altro gigante
di Internet, Yahoo, si difendono
affermando di limitarsi a
rispettare le leggi di quei paesi,
mentre con tutta evidenza sono
compiacenti alle pressioni
politiche locali. Alla fine, Sergey
Brin ammette che la collaborazione con il governo cinese
è stato un vero e proprio tradimento dei valori etici
aziendali. C’é poi da considerare che l’illusione offerta da
Google, di dominare tutto lo
scibile umano con un clic, oltre
che essere un ovvio inganno,
arriva a costituire una sorta di
classificazione illusoria dei
saperi, dal momento che tutto
ciò che non compare su Google
sembra impallidire in lontananza, o letteralmente scomparire dalla cultura umana.
Insomma, quello che si muove
oltre il cono di luce della piazza
globale: saperi di nicchia,
linguaggi, culture minoritarie,
rischia di essere negato ed
espulso dall’interesse, dalla
memoria e dalla curiosità. Non
è naturalmente pensabile la
semplificazione che va affermandosi soprattutto tra le
persone meno colte ed attente:
che non essere reperibili su
Google sia come “non esistere”.
Gianna Dalle Rive
4
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
30 giugno 2007 - THE GOOD FELLAS
Una delle "swing band" più conosciute
ed apprezzate viste le innumerevoli
apparizioni ai maggiori festiva jazz
d'Europa come Umbria Jazz e Montreaux
e le collaborazioni con importanti nomi
del cabaret come Aldo, Giovanni e
Giacomo, Cochi e Renato con i quali è
appena finito un tour nei piu importanti
teatri d'Italia.
THE GOOD FELLAS
MR. LUCKY &
SAN-SA SHUN BAND
KISS THE SKY
Mercoledì 18 luglio 2007
MR LUCKY & SEN SASHUN B.
Luciano Gherghetta forma la sua band
attuale nel 1997 assieme a De Checchi,
Furegato, Serafini offrendo un blues folk,
soul carico di energia e personalità.
Mercoledì 4 luglio 2007 - KISS THE SKY
Nata nel 2002 la band propone brani propri di ispirazione
rock, hard blues, interpreta cover di Jimy Hendrix e
classici del rock.
SAM KELLY’S
STATION HOUSE
11 luglio 2007 - SAM KELLY'S STA TION HOUSE
Per cinque anni consecutivi votato dalla
Sritish Slues Connection batterista dell'anno.
Lo stile di Sam Kelly, creativo, versatile ed
energico lo rende unico tanto che proprio
per queste doti è uno dei batteristi più
richiesti. Sam Kelly's Station House e Primo
Blues Band sono band, considerate tra le
prime in Italia nell' ambito del blues.
ANDY MCKEE
Sabato 21 luglio 2007
NSU QUINTET
Direttamente da VENETO JAZZ una band
d’eccezione: Billy Harper, Cecil
Bridgewater, Charlie Persip, Andy Mckee
e Rory Stuard in una performance ad alto
livello artistico.
POZZA
BILLY HARPER
NSU QUINTET con gli organizzatori
SA:KE AND VOODOO HANKS
Sabato 28 luglio 2007
TAVERNICOLI PROJECT
Il gruppo valdagnese con il loro timbro prettamente acustico che
fonde musica etnica, rock e spettacolo.
TAVERNICOLI
SA:KE AND VOODOO HANKS
Cantante, autore, chitarrista e pianista, arriva
dall’Olanda, ma con la sua band propone brani
della tradizione musicale di New Orleans con
arrangiamenti originali.
CARTEFALSE
Venerdì 27 luglio 2007 - CARTEFALSE
Il gruppo propone brani dei Led Zeppelin.
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
5
IL MOVIMENTO SCOUTISTICO A VALDAGNO
8 Dicembre ‘43: primo giuramento Scout
La guerra civile, con tutto il suo
carico di sofferenze e distruzioni
inenarrabili era terminata solo
due mesi prima, il 25 aprile, ma
le tensioni e le divisioni avevano sconvolto l’intero assetto
economico e sociale. Troppi
erano ancora gli ostacoli, le
delusioni, le difficoltà che non
permettevano una ripresa
rinnovata della vita cittadina
dopo 20 anni di atroci sofferenze. Inoltre l’industriale tessile
Conte Gaetano Marzotto era
riparato a Livigno - a pochi km.
dal confine svizzero - fin dal
luglio del 1944, nel timore di
rappresaglie nazi-fasciste contro
di lui e i due figli Vittorio E. e
Umberto. Ma anche a guerra
finita, il clima non si era del
tutto stemperato a causa di
contrasti nelle opposte fazioni
e il Conte, con la sua famiglia,
si era trasferito a Portogruaro
nel Veneziano. Le distruzioni
della guerra fratricida, contro
gli aggressori nazisti, erano state
enormi e lo stesso stabilimento
di Valdagno aveva subito danni per un bombardamento dell’
11aprile 1945: la fatica di
riprendere il lavoro e tornare
alle normali attività era enorme.
Molti lavoratori, ex internati nei
campi di prigionia tedeschi,
i reduci e i mutilati delle disastrose e tragiche Campagne di Russia e d’Albania,
chiedevano invano il ritorno del
“Paron Gaetano” a Valdagno. E
fu proprio Mons. Zaffonato, da
“Ken” ha lavorato molto per
giungere alla prima fatidica
“Promessa Scout” svolta in
clandestinità, quell’8 Dicembre 1943, con il giuramento di
tredici giovani, tra i quali Mario
Paganin, Flavio Ronconi, Giorgio
Griffani e Dario Cracco. La cerimonia “illegale”, tenutasi nella
massima segretezza per la paura
di essere scoperti dai fascisti, si
celebra nella Cappella Sacro
Cuore del Patronato Femminile
in Via Galliano. Con questo
“battesimo” si assume l’impegno
duraturo di Scout nel motto
“Estote parati”.
A onor del vero il sorgere del
Movimento Scout fu inizialmente ostacolato da coloro che
animavano da anni l’Oratorio
Maschile: il nuovo orientamento
sembrava un po’ inconciliabile
con gli schemi dell’Azione
Cattolica e così i primi aderenti
al Movimento Scout si radunavano in altri luoghi, al Patronato
Femminile oppure nelle fondamenta dell’erigendo cinema
teatro Super, in cantiere per
alcuni anni fino alla metà degli
anni ‘50. Ma il nostro assistente
Don Gino Novello riusciva a
smussare gli spigoli che potevano intralciare il cammino di
familiarità, fratellanza e amore
nei gruppi. Egli ci faceva capire
l’importanza di integrarci e
soprattutto stimolava gli amici
di Azione Cattolica che erano
un po’ restii al nostro gruppo
scout. Ricordo che nel 1944, in
piena guerra civile, i rastrellamenti, le rappresaglie e gli
incendi delle contrade, noi
cominciammo ad acquisire alcune lezioni di morale sociale,
e, iniziando a fare economia,
con i pochi spiccioli a disposizione andammo ad aprire
anche un libretto di deposito a
piccolo risparmio, al portatore
presso la Banca Cattolica del
Veneto - ovviamente - con il
conto n. 1907, intestandolo
“San Giorgio”. Libretto che verrà estinto l’anno dopo...per
mancanza di liquidità! E giunge
la primavera del 1945: i rigori
della guerra si stanno placando
tra molti disagi: carestie, fame,
tragedie familiari, lutti, devastazioni, odi e rancori.
In questo difficile clima Don
Gino e Ken escono all’aperto,
escono dalla clandestinità per
aprirsi alla vita pubblica e
sentono la necessità e l’urgenza
di organizzare il Riparto con
tutti gli annessi e i connessi.
Don Gino Novello e Ken si
recano a Vicenza dall’avv. Carlo
Porta, futuro capo scout vicentino. L’avvocato riceve i nostri
due amici presentandosi in
perfetta divisa scout e dà loro
dei validi consigli sul come
operare in questa prima fase di
avvio delle attività, lasciando
loro alcuni numeri della rivista
“L’Esploratore” degli anni ‘20.
Inizia dunque la fase operativa.
Con i residuati di guerra - i bossoli dei proiettili e altro materiale
di fonderia - si realizzano le
fibbie delle cinture, il giglio e
le insegne. I cappelloni di feltro,
pochi mesi Vescovo di Vittorio
Veneto, che si prodigò per
promuovere una serie di incontri - presso il Castello di San
Martino a Vittorio Veneto - per
favorire il dialogo e la riappacificazione tra il Conte Gaetano,
i rappresentanti dei suoi operai,
alcuni suoi dirigenti e alcuni
membri del Comitato di Liberazione Nazionale allo scopo di far rientrare Marzotto nella
sua valle. Mons. Zaffonato, artefice dell’imminente “Patto del
Lavoro”, che verrà sottoscritto
dopo poco tempo dalle parti,
ritorna dunque a Valdagno per
riferire ai valdagnesi che la
guerra è terminata e che è
tempo di ritornare con rinnovato
e sereno impegno nelle officine,
nei campi e nelle fabbriche.
Arrivò a Valdagno il mercoledì
11luglio celebrando una solenne Santa Messa in Duomo
con migliaia di persone di
ogni età festose e riconoscenti
all’amato Pastore. Nei tre giorni
che rimase nella sua Valdagno,
nel restaurato clima di libertà e
di concordia, con il ritorno delle istituzioni democratiche,
insostituibili garanti di vera
civiltà e di vero progresso,
incontrò le rinnovate diverse
associazioni, confraternite,
gruppi, comitati, membri delle
rappresentanze sindacali, i rappresentanti della Direzione
Aziendale che avevano diretto
l’Impresa tessile durante l’assenza del Conte (Dall’Ara,
Masci, Leopoldo Rausse, Renato
Collard e altri) e i suoi SCOUT!
Il terzo giorno Mons. Zaffonato,
il suo successore l’Arciprete
Don Bortolo Meggiolaro, con
tutti i sacerdoti delle parrocchie
della Vallata e tutti i cittadini e
parrocchiani, parteciparono ad
una grande pellegrinaggio alla
Madonna di Monte Berico,
dolce Patrona delle genti
vicentine, per un solenne Te
Deum di ringraziamento e per
impetrare grazie per un
rinnovato ritorno alla vita. Fu
proprio Mons. Zaffonato a
riferirmi quanto sopra in
occasione degli indimenticabili
incontri che ebbi la gioia di
avere con lui, alla fine del mese
di marzo 1966 nella famosa,
ultima, Settimana Liturgica che
Mons. Girardi portò con grande successo a Valdagno, su proposta di Mons. Giuseppe Sette
e poi nei 3 viaggi nei quali lo
andai a prendere presso la
Residenza San Raffaele a Monte
Berico - dopo si ritirò nel
novembre 1972 dopo i sedici
anni di servizio Vescovile presso
la città di Udine - per portarlo
a Valdagno, per il bicentenario
del Duomo di San Clemente e
per altre importanti celebrazioni
liturgiche promosse dall’attuale
arciprete Mons. Gianni Storti,
da 30 anni fra noi ed ora in
procinto di lasciare la Parrocchia. Il Vescovo Mons. Zaffonato si spense il 28.8.1988.
Morsolin Florindo
L’immagine è stata
scattata il giovedì
12 luglio 1945 al
Poggio Miravalle.
Attorniato da un folto
gruppo di giovani
scout del Riparto
Valdagno 1° Virtus c’é
un sorridente sacerdote: è il giovane
Vescovo di Vittorio
Veneto Mons. Giuseppe Zaffonato (nato
nel 1899 nella vicina
Magré di Schio). Dal
1939 al 1944 era stato
l’amatissimo arciprete
di Valdagno. Nella storica fotografia si possono riconoscere
alcuni giovani scout di allora: “Ken” si trova subito sotto il Vescovo Zaffonato; alla destra del Prelato
è il Capo Riparto Ottorino Dal Lago, padre di Maurizio. Subito dopo, a dx Gianni Ignesti, fratello
di Silvano e poi Silvio De Biasi detto “Ciri”, Radon Mario, Dario Cracco; alla sinistra del Vescovo si
possono notare tra gli altri: il primo a sin. in piedi Dante Fiandri, calciatore affermato, deceduto a
23 anni in un incidente stradale; gli è accanto con l’alpenstock Giuseppe Urbani detto “bepi”: e poi,
tra gli altri, Nazario Gonzo, Edoardo Isello, Dario Savi con il gagliardetto degli “scoiattoli”, Giorgio
Griffani e, accanto al Presule sulla sin., dopo Fongaro Piero c’é l’indimenticabile Mario Paganin.
Sarebbe molto bello poter individuare le generalità esatte di ciascuno dei 40 giovani scout della foto
per lasciarne una copia a ciascuno per ricordare il grande giorno storico. Chi è interessato può
telefonare a “Cian”, il grande amico di “Ken”, ovvero Gianfranco Basso, fratello minore di Romano
oppure a “Nano”, l’altro indimenticabile amico di “Ken”ovvero Fernando Ceron, direttore della
Caritas e della Tenda Rossa in Piazza del Campanile.
srl
Viale Trento, 4 - 36078 Valdagno (VICENZA)
Tel. 0445 406020 (3 linee r.a.) - Fax 0445 408242
E-mail: [email protected] www.valledellagnoviaggi.it
troppo costosi in quei primi anni
dopo guerra, sono sostituiti con
quelli di paglia, offerti dal
cappellaio Umberto Talin. Le
divise invece sono confezionate
con gli scampoli della Manif.
Lane Gaetano Marzotto, tessuti
procurati dal nostro capo
reparto, il carissimo Ottorino
Dal Lago. La presentazione
d’insieme del Riparto Valdagno
1°-Virtus, dati i tempi e le restrizioni, risulta più che buona
e dignitosa. La guerra è finalmente finita con l’estinzione di
tutte le strutture giovanili paramilitari: balilla, gioventù del
littorio, avanguardisti e via di
seguito. Una volta assunta la
fisionomia del Riparto rimane
il compito di procurarsi degli
spazi d’accoglienza tra le mura
dell’Oratorio, cercando di
superare gli ostacoli posti da
alcuni dirigenti dell’Azione
Cattolica locale. Il Movimento
Scout, proiettato in un’ottica
evolutiva diversa da quella
dell’A.C., vede aumentare di
anno in anno i propri aderenti.
Dopotutto la logica dei ragazzi sulla scelta del settore di
impegno era assai semplice ed
è la logica della più grande
libertà e, nel contempo, della
più grande razionalità: ovvero
passare dalla staticità alle
diverse attività, dall’imporre al
proporre. In alcuni momenti si
sono creati disaccordi e
conflittualità tra i giovani e i dirigenti dell’A.C. e noi del Movimento Scout, ma con l’aiuto
di Don Gino le difficoltà vengono superate attraverso la
costituzione ex novo del Gruppo Amici dell’Oratorio. E “Ken”
sarà sempre accanto a Don
Gino. Da quel fatidico 8 Dicembre 1943, data della prima
solenne Promessa Scout, Ken
sarà sempre a nostro fianco,
fratello maggiore di tanti ragazzi
e giovani di tante generazioni,
custode generoso e fedele del
Movimento Scout del Valdagno
1°-Virtus fino allo scorso 8
Agosto, quando Ken, risorto nel
corpo e nello spirito, non più
azzoppato, ha iniziato con rinnovato ardore il suo nuovo
cammino di Guida e di Capo
Scout, con una divisa nuova
fiammante, un cappello dalle
larghe tese, un volto nuovo,
illuminato dal sorriso mentre
canta “Il ritmo dei passi mi
accompagnerà, là verso gli
orizzonti, più in alto, si va..”. E
gridando felice con voce
sonante ci saluta: “Ciao a tutti!
Buon cammino a tutti voi. Vi
porterò sempre nel cuore e lassù
starò in attesa di ciascuno di
Voi, accanto a Mario, Ottorino
e Dante. Ciao Ciri, Cian, Nano,
Giorgio, Bepi Stella, Imerio,
Dario Savi, Felice, Bruno, Dario
Faloppi, Vincenzo, Tarcisio,
Flaminio, Paolo, Maurizio,
Tappo, Fulvio e..tuti quanti. Tuti
voialtri ve speto su nel Paradiso.
Anca là ghe xé on grande
Campo Scout! Grande, belo,
meraviglioso, unico, dove brila
on sole che non tramonta mai!”
G. Basso, detto “CIAN”
Festa D’Autunno
a Valdagno in centro storico
dal 31 ottobre al 4 novembre 2007
6
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
Valdagno dal 1919 al 1923 (quarta e ultima puntata)
di Maurizio Dal Lago
Lotta politica e avvento del fascismo
Poco dopo anche i "Marzottini",
accantonata la minaccia di licenziare 1.000 operai, proposero la riduzione del 30% delle
paghe ma, non essendoci in
mezzo il problema dei due telai,
quella vertenza fu meno lunga
e dirompente e trovò una
soluzione agli inizi di settembre
quando il sindacato bianco
accettò una riduzione delle
paghe del 20%. Invece al VEM
di Valdagno il mese di settembre
fu il più drammatico. I sindacati
bianco, maggioritario, e quello
rosso resistevano, ma i rossi accusavano i bianchi di aver ceduto al Maglio e in altri stabilimenti
della provincia. Arrivarono intimidazioni e violenze contro
operai cattolici, compresi due
attentati: nella notte del 22 settembre scoppiarono due bombe, una al Maglio di Sotto e una
a Novale. Tra il 25 e il 26 i carabinieri arrestarono l'intero comitato di agitazione socialista
(poi liberato il 9 di ottobre). La
durezza dell'intervento era
dovuta alla scoperta che da
qualche settimana operava a
Valdagno un nucleo armato di
sinistra, gli Arditi del popolo, e
che erano avvertibili infiltrazioni, provenienti da Schio,
del neo nato partito comunista.
Sembra poi che in quelle settimane si siano verificate anche
azioni intimidatorie fasciste (lo
squadrista più famoso in valle
era l'avv. Antonio Franceschini,
uomo di fiducia e amministratore dei Marzottini). A
complicare ulteriormente la
situazione arrivarono nuovi,
pesanti licenziamenti: Marzotto
licenziò in tronco 900 operai.
Tra questi molti erano quelli che
si erano più esposti durante
la lunga lotta, ma V.E. Marzotto
approfittò dello scontro in atto
per favorire la ristrutturazione
dell'azienda che doveva partire anche da un drastico ridimensionamento della mano
d'opera, oltre che dalla riduzione delle paghe. Gli operai
accusarono il colpo e alla fine
del mese di ottobre il Sit cedette
alle condizioni dell'azienda. In
cambio ottenne la riammissione
al lavoro di trecento operai.
Forse non fu estraneo alla
conclusione della vertenza
anche il ferimento a colpi di
pistola di V. E. Marzotto,
avvenuto la sera del 25 ottobre.
Il feritore, suicidatosi subito
dopo con un colpo alla testa,
era il valdagnese Vittorio
Nizzero, ex ufficiale di artiglieria, nato a Verona il 21
ottobre 1895. Il Nizzero voleva
essere riconosciuto come figlio
legittimo dal presunto padre
Vittorio Emanuele, il quale
morirà nel marzo 1922, lasciando erede l'unico figlio,
Gaetano, di 28 anni.
1922-1923: la crescita del
fascismo valdagnese e la
sconfitta dei popolari e dei
socialisti.
A metà del 1922 i fascisti di
Valdagno erano pronti ad aprire
la locale sezione del partito. In
un primo tempo la festa per la
consegna del gagliardetto era
stata prevista agli inizi di giugno
del 1922.
Ma dovettero rimandare tutto
perché si trovarono di fronte a
un decreto del governo Facta
del 30 maggio che vietava ogni
comizio e ogni pubblica manifestazione fino a nuovo ordine
(ne fece le spese, ancora una
volta, la processione del Corpus
Domini). Così dovettero attendere il 27 agosto 1922. Un
enorme manifesto annunciava
che la sezione sarebbe stata
intitolata a Cesare Battisti e
proseguiva in questi termini:
"Nel momento in cui il ritmo
vitale del Fascismo nazionale
palpita più potente e più forte
e investe con fulminea rapidità
tutte le manifestazioni della vita
economica e politica d'Italia, le
camicie nere di Valdagno e di
Recoaro inviano con un potente
Alalà l'invito imperativo di non
mancare alla cerimonia". Tra gli
oratori c'era Massimo Rocca,
l'on. De Stefani e l'avv. Antonio
Franceschini, segretario provinciale del partito e, come
ricordato, uomo di fiducia di
Luciano Marzotto. Il tono del
manifesto era quello di chi
sentiva di avere già vinto, anche
se la marcia su Roma avverrà
solo tra due mesi. L'impressione
è confermata anche dalla lettera
che il direttorio locale inviò al
sindaco il giorno prima della
manifestazione: “Sarà una festa
pacificamente e squisitamente
Italiana, di modo che saremmo
a pregarla di voler esporre la
Bandierra [sic] della Patria in
detta ricorrenza. A noi sono noti
i saldi sentimenti Italiani della
S.V. e perciò non dubitiamo che
vorrà aderire al nostro vivo
sentimento, compiendo così il
proprio dovere. Confidando che
Ella non mancherà di aderire,
anche per non dare alle rappresentanze Fasciste foranee
sensazioni che Valdagno è
antipatriottica, le porgiamo vivi
sensi di anticipate grazie e la
riveriamo”. Il sindaco Dalle Ore
acconsentì, e fu quello il primo
segnale di avvicinamento del
sindaco alle posizioni fasciste.
L’anno cruciale: il 1923
Il segnale che il sindaco Dalle
Ore aveva mandato al fascio
valdagnese nell'agosto del 1922
non fu lasciato cadere ma fu
coltivato perché i fascisti
volevano liberarsi di un consiglio comunale costituito da
una maggioranza di popolari e
da una minoranza di socialisti.
I tempi furono giudicati maturi
il 24 settembre 1923 quando il
direttorio del fascio invitò
perentoriamente il consiglio
comunale a dimettersi, in
quanto espressione di tempi
"anormali" nei quali imperavano
i "bolscevismi bianco e rosso"
entrambi antinazionali. Per
questo, secondo i fascisti valdagnesi, il consiglio eletto nel
1920 non era in grado "di
comprendere e di seguire il
nuovo spirito che vivifica la
nazione nella sua mirabile
ascesa verso radiose mete".
Da questa sbrigativa delegittimazione i fascisti salvavano,
solo "l'esponente maggiore",
cioé il sindaco Dalle Ore. Il
cinque ottobre il Consiglio comunale rimandava al mittente
le accuse e la richiesta di dimissioni. Il 18 ottobre i fascisti
tornavano alla carica, ammorbidendo il tono, limitando le
accuse solo ad alcuni componenti del consiglio, ma
ribadendo l'appello alle dimissioni del consiglio per dar
modo ai valdagnesi di eleggere "elementi di altro valore
intellettuale e morale", ma soprattutto dotati "di indubbia
fede nazionale". La minaccia era in coda, allorché si
auspicava che il compito che i fascisti si erano prefissi fosse
"agevolato e svolto pacificamente". Nella seduta del 26,
con soli 14 presenti su trenta, il sindaco Dalle Ore, prese
atto che le accuse di antinazionalismo erano state ritirate
ma poi, a sorpresa, invitò egualmente il consiglio a dimettersi.
Il che, sia pure in modo illegittimo, perché mancava il
numero legale, avvenne. Due giorni dopo, il 28 ottobre,
Dalle Ore celebrò con due manifesti il primo anniversario
della marcia su Roma. Il primo dei due manifesti è
probabilmente un esempio unico in Italia, perché è costituito da un sonetto, composto dallo stesso Dalle Ore:
Il secondo manifesto era in prosa:
Subito dopo il Dalle Ore fu nominato commissario prefettizio, poi commissario regio e infine, nel 1926, Podestà.
La polemica Randon-Randon
Nelle stesse settimane in cui avveniva la resa al fascismo
delle istituzioni democratiche valdagnesi, qualcuno non si
arrendeva, anzi contrattaccava, tanto che per metterlo a
tacere Ugo Romanin, a nome del Direttorio del fascio
valdagnese, il 4 ottobre 1923 scrisse al vescovo Rodolfi
... per richiamare la Sua benigna attenzione su di una lettera
pubblicata da don M.[assimiliano] Randon di Valdagno sul
"Corriere Vicentino" (...) Mi permetto di accluderLe copia
della lettera che il predetto sacerdote ha diretta al signor
Randon Olinto, e che è molto più aggressiva di quella
pubblicata sul giornale (...) Lo scopo della predetta lettera
è di aver posto tutti gli animi fascisti locali in una giustificata
agitazione, pericolosa per le sue conseguenze, che il nuovo
Direttorio farà in modo, impiegando tutta l'autorità derivante
dalla carica, di evitare. Credo non sia superfluo aggiungere
- concludeva il Romanin - che il signor Olinto Randon,
maggiormente colpito, è un buonissimo cattolico osservante.
Ma che cosa aveva scritto di tanto grave don Massimiliano
Randon il 2 ottobre 1923?
Egregio Sig. Olinto Randon,
Ho letto sulla Provincia di
Vicenza di domenica scorsa il
suo articolo "Divagazioni scoutistiche". Non rispondo mai agli
attacchi personali, ma siccome
è la quarta o quinta volta che
ella in privato e in pubblico
calunnia le opere dei sacerdoti
locali, malignando anche sulle
loro intenzioni, così questa volta
mi sento in dovere di risponderle
personalmente riservandomi di
ricorrere alla stampa, come ha
fatto lei. Nel suo articolo, di
sapore prettamente anticlericale,
ella dice che l'associazione
scoutistica locale non è esente
dalla tabe antinazionale e
antipatriottica perché le riunioni
avvengono nella sede del circolo
cattolico e adiacenze popolari.
Con queste ultime parole ella
vuole alludere alla cantina
popolare.
Ora sappia che né il circolo
giov[entù] catt[olica] né l'associazione scoutistica cattolica
hanno alcuna relazione colla
detta cantina, anche se le sedi
sono vicine, come il partito
fascista di Valdagno non ha nulla
a che fare colle prigioni,
quantunque sia loro abbastanza
vicino (...) Le accuse non si
lanciano così alla leggera, ma si
provano; e la logica, signor
Olinto Randon, non è mai stata
il suo forte.
Ma di grazia che cosa ha fatto
il circolo di gioventù cattolica
per meritare questa accusa [di
antipatriottismo]? Fuori le prove
di quanto ella afferma, signor
Olinto Randon, altrimenti ho il
diritto di dire ch'ella è un volgare
mentitore.
Del resto il patriottismo vero
non sta nell'esporre il tricolore
nella vetrina, ma sta in qualche
cosa d'altro di più grande e di
più nobile. E chi di grazia
nell'autunno del 1921[sciopero
agli stabilimenti Marzotto]
sostenne le ire e le vessazioni e
le violenze dei comunisti?
Proprio quelli [i popolari] ch'ella
gratifica col titolo di antipatriottici. Dove allora il partito
fascista locale? Ancora fra le
mani della balia! Se poi per
patrioti ella intende soltanto
coloro che per opportunità
abbandonarono la loro bandiera
per passare tra le file fasciste,
sappia che noi patrioti non lo
saremo mai, perchè non
vogliamo essere dei "girella o
degli arlecchini"! (...)
Certo che la nostra educazione
è un po' diversa da quella degli
altri. I nostri giovani esploratori
che ella taccia di antinazionali
e antipatriottici, per esempio,
non sono mai andati a rubare
l'uva e a danneggiare i campi
dei contadini sollevando le
proteste del proprietario; e noi
facciamo le nostre feste nella
più sana allegria, senza bestemmiare dinanzi alle canoniche per far dispetto ai preti e
senza gridare abbasso nessuno.
Effetti di un'educazione diversa.
Del resto, creda signor Olinto
Randon, per essere degni della
rinnovata e purificata patria i
giovani non hanno bisogno di
essere dei Balilla; basta che
siano dei giovani cristiani. (...).
Ella termina con una minaccia.
Ne teniamo conto perché in
caso di qualunque violenza
sappiamo a chi rivolgerci come maggiore responsabile.
Venga pure, signor Olinto
Randon, o come fiduciario del
P.N.F. o come zelatore farisaico
del tempio: sarà accolto a
dovere perché la pazienza ha
un limite (...).
Le posso assicurare, signor
Olinto Randon, che le sue
sfuriate e le sue minacce non ci
faranno deviare di un passo
dalla via che abbiamo incominciato e dal programma che
siamo fieri di svolgere.
Piuttosto raddoppieremo le
energie per salvare la gioventù valdagnese senza curarci
dell'invidia dei nemici (...).
E a lei un consiglio: la smetta di
fare il tirapiedi di tutti i Signori
e Signore di Valdagno e vedrà
che anche senza di lei assurgerà a quella prosperità morale
e materiale che tutti desiderano; e la smetta di molestare
i preti perché se ella ha la testa
dura, l'ha più dura ancora il
sottoscritto.
Don Massimiliano Randon
Il vescovo Rodolfi si guardò
bene dal prendere il minimo
provvedimento contro quella
testa dura del cappellano di S.
Clemente di Valdagno.
il nostro campanile - luglio/agosto 2007
TESTIMONIANZA SU “KEN”
Soldà Silvano (KEN) classe 1926, scomparso l’8 agosto 2007: personaggio “storico”
della vallata, esempio di generosità ed altruismo.
Dopo il primo storico rito della
“Promessa Scout” dell’8
Dicembre 1943 il nostro assistente spirituale Don Felice
Cocco lascia Valdagno e torna
a Roma per completare gli studi
teologici e di Sacra Scrittura.
Ed è in quell’anno, tragico per
il nostro Paese, che vede via via
scoppiare la Guerra Civile nelle
nostre Regioni del Nord, che
proprio “Ken” si fa carico delle
attività scoutistiche in città con
incontri, uscite ed esperienze
sul campo.
Fin da ragazzo, dall’estate del
1938, Ken era stato il capo
carismatico della “Banda del
Grangaro” (Villaggio Margherita) e negli anni successivi
approda all”Oratorio San Pio
X° di San Clemente.
“Ken” all”anagrafe Soldà Silvano, ha molto a che fare con
quel “Silvano” simboleggiato
nella mitologia romana, il dio
delle foreste e dei campi. Il
“mitologico Ken” conduce i
ragazzini della mia età alla vita
rude, a contatto con la natura,
alla sopravvivenza con i semplici mezzi che madre natura
ci regala, amalgamati dalla
fionda, dal coltello o da un
semplice fiammifero e da una
candela, egli ci addestra a
misurare le nostre forze negli
indimenticabili giochi tra i
boschi del Poggio Miravalle o
sulle acque dell’Agno, a volte
impetuose e difficili. Ciompo
com’é, sghembo nella sua
gamba rattrappita, l’abbiamo
seguito e visto correre tra i
boschi e i prati, a lui ci siamo
accodati nei sentieri delle nostre
montagne e, con lui, ci siamo
riposati sotto la tenda, col sole
e sotto la pioggia di primavera.
“KEN”, nome vanaglorioso, per
fare grandi tutte le cose, per
sublimare le avventure di ogni
giorno e figurare alla maniera
del leggendario cow boy, quello
dei primi film western che i preti
proiettavano all’”Utile Dulci”,
il famoso “Ken Mainard”, duro,
prepotente, vendicativo. Ma il
nostro “Ken” è di tutta un’altra
pasta, non è in cerca di gloria
e di grandi avventure, la sua
stima si misura nell’umiltà e la
schiettezza.
Se chiediamo ad un valdagnese
chi sia Soldà Silvano, pochissimi
ci darebbero delle precise
indicazioni, ma se chiedi di
“KEN” tutti ti offrirebbero una
utile ed immediata individuazione. Noi l’abbiamo subito,
più che accolto.
L’abbiamo accettato nelle
molteplici fasi di apprendimento
all’aria aperta, anche quando,
tra i boschi, ci faceva qualche
occhio nero con il violento
lancio di pigne - “par sbaucarne” ci diceva - oppure ci scuoteva con bruschi strattoni per
segnalarci i pericoli, così come
quando ci spingeva a seguire in
maniera opportuna le tracce,
proprio come uno dei “mohicani”. L’abbiamo tollerato allorquando, repentinamente, ci
buttava dall’argine del fiume,
nelle acque dell’Agno, sul “boio
soto el ponte briscola o quelo
dele vasche”, per insegnarci a
nuotare e vincere la paura
dell’acqua. Con l’esempio e
l’incoraggiamento ci ha portati
a realizzare un grande obiettivo,
l’amicizia, creando quelle
situazioni atte a favorirla.
L’abbiamo seguito, imitato, ascoltato e stimato,
attraverso il suo insegnamento abbiamo appreso
molto di più di quanto i
manuali di etica scout
determinano.
E’ stato un maestro di vita,
di vita rude vissuta in
umiltà, semplicità e
schietta onestà.
“Ken” ha segnato, nel
corso della sua vita, le
tappe fondamentali dello
scoutismo valdagnese.
Le radici del suo operato
si sono sparse in abbondanza, e, si sa, che più
radici ha un albero e più
cresce robusto e forte.
Cerco d’intingere il
pennello nella tavolozza
dei ricordi e rumino e
ripenso per dare una “Ken" saluta con il giglio d'oro conseper la lunghissima ed infaticabile
giusta fisionomia a “Ken” gnatogli
attività scout (2 giugno 200)
ma non trovo colori
sufficienti a rappresentarlo.
chierare con immigrati di ogni
Ken era ed è quello che è.
provenienza, africani, asiatici,
E’ difficile precisare il suo valore
slavi, ortodossi e mussulmani,
umano, rimane per noi la
lui riusciva a dialogare con tutti
certezza che i suoi passi erano
e soprattutto sorridere con loro.
e sono cadenzati nel simbolico
Il suo “servire” era ed è un
motto scout “Servire”.
grande segno di testimonianza
Scout, sempre scout, per questo
e di speranza per le nuove
si rimane giovani, anche quando
generazioni a venire, una giusta
giunge il tempo di meditare il
eredità, un chiaro insegnamento
Salmo 89: “Signore, insegnaci
che avvia i giovani sulla strada
a contare i nostri giorni, e
del successo e della solidarietà
giungeremo alla sapienza del
fra i popoli.
cuore”.
Parlare o scrivere di “Ken”, più
“Ken” dal punto di vista anache arduo, diviene incomplegrafico, è segnalato come
tezza: si può comunque afferanziano, vecchio, ma è riuscito
mare con certezza che egli era
invece a rimanere giovane ed
ed è stato la pietra angolare del
egli non può invecchiare perché
Movimento Scout di Sir Badenla sua lunga vita si è dipanata
Powell a Valdagno, irradiandosi
lungo il filo del servizio, per
in seguito in tutta la Vallata.
questo lui è rimasto sempre
Infatti il carisma di “Ken” ha
giovane.
contagiato un po’ tutti ed è stato
Dopotutto il cuore non inper tutti una istituzione: quando
vecchia. In una atmosfera
si chiedeva il permesso ai gegioiosa di eterna giovinezza, di
nitori per l’uscita settimanale,
stupore, lo trovavamo, solo fino
la condizione di essere accoma qualche settimana fa, all’ompagnati dal sacerdote non era
bra del Campanile di San
sufficiente, ma se con noi c’era
Clemente, alla storica “Tenda
“Ken” il permesso era subito
rossa”, pronto a prestare servizio
accordato.
in opere umanitarie, a chiacG. Basso, detto “CIAN”
S.R.M.
s.n.c.
di Randon Ilario - Zini Pietro
società riparazioni
e costruzioni metalmeccaniche
Via Campagna, 53 36078 Valdagno (VI)
Tel. e Fax 0445/431359
D
A
7
In ricordo del prof. Costantino Lora
E’ mancato all’età di 93 il
prof. Costantino Lora, figura
storica nella vita sociale
della Valdagno del dopoguerra avendo ricoperto la
carica di sindaco dal 1951
al 1958: un periodo di
intensa attività che vide tra
l’altro la metanizzazione del
territorio comunale ed il
conferimento del titolo di
“città” al Comune. Di professione insegnante di lettere
e poi preside ha diretto la
scuola media “Garbin” di
Valdagno, poi la media di
Recoaro e infine quella di
Novale - fondata da lui e
voluta fortemente da tutta la
comunità novalese. Un
servizio lungo ed infaticabile
svolto tra i giovani e proseguito poi come volontariato- una volta
raggiunta la pensione - presso la scuola media dei frati francescani
di Chiampo. Il prof. Lora lascia il ricordo indelebile di una personalità
ricca di umanità ed intelligenza, di servizio alla città svolto con
dedizione, competenza ed entusiasmo, come traspare dalla
testimonianza dell’avv. Spanevello letta durante le esequie svoltesi
nella parrocchiale di Novale il 2 luglio 2007. La sua scomparsa
ci ha lasciati nello sgomento perché con lui se n'é andato un pezzo
di noi, della nostra storia plasmata sul suo insegnamento che la
vita va vissuta con impegno, coerenza e dedizione, mai disgiunti
dall'equilibrio e dalla serenità.
Costantino non era solo un uomo onesto, un buon marito, un buon
padre e un bravo insegnante, era molto di più.
Aveva capito che, per vivere coerentemente con i propri principi,
non bisognava pensare solo a sè stessi ma anche agli altri e,
particolarmente, alla propria comunità. Egli infatti, che era padre
di 9 figli che con la moglie Gina - seguiva con ogni sollecitudine,
non esitò ad assumere la responsabilità di guidare Valdagno come
Sindaco per oltre 6 anni, nei tempi difficili e burrascosi del
dopoguerra. Ebbe tanti consensi per l'opera svolta con il massimo
impegno e dedizione, ma dovette anche soffrire, nell'ultima parte
del suo mandato, una grande amarezza che lo ferì profondamente, ma che accettò in silenzio e senza desiderio di rivalsa.
Ciò peraltro, non lo indusse ad appartarsi, continuando a dare il
suo generoso e valido contributo in campo sociale come Consigliere
dell'Ospedale Civile e Presidente delle Farmacie Comunali.
Come insegnante, non solo sapeva far apprendere con particolare
capacità, ma soprattutto sapeva convincere i suoi ragazzi che lo
studio consentiva loro di affrontare meglio i problemi della vita,
in un rapporto di reciproco rispetto e comprensione.
E questi ragazzi anche oggi conservano di lui un ricordo bellissimo.
Questo suo attaccamento alla scuola e la sua particolare generosità
lo portarono, una volta raggiunta la pensione, a prestare per 16
anni il suo servizio di volontariato alla Scuola Media del Collegio
dei Frati di Chiampo.
Ma, credo, che la caratteristica peculiare di Costantino sia stata
quella di saper ascoltare gli altri, dialogando con loro in piena
libertà e confidenza senza mai sovrapporre i suoi convincimenti
e le sue idee a quelle degli altri.
Era un profondo credente, ma rispettava chi non lo era, così come
rispettava ogni altra opinione diversa dalla sua. Ricercava in ogni
confronto l'aspetto più positivo, bandendo dal dialogo ogni
animosità e sterile critica.
Con lui si creava facilmente un rapporto di amicizia, che permaneva
nel tempo, perché sapeva trasmettere a quanti lo avvicinavano la
sua voglia di vivere e di saper gustare anche ogni piccola gioia.
Il suo eccezionale equilibrio gli permetteva di valutare le cose con
obiettività e cautela, senza lasciarsi andare a facili ottimismi nei
momenti buoni o ad eccessivi scoraggiamenti nei momenti difficili.
Era, in una parola, un saggio.
La sua passione per la montagna coinvolgeva gli amici, con i quali
ha vissuto momenti indimenticabili che sono entrati nella loro
mente e nel loro cuore.
Tutti ricordano come ogni sabato e domenica egli li attendeva,
quasi impaziente, per salire con loro, insieme con la sua Gina,
verso l'alto dove faceva da battistrada ai suoi giovani amici, non
sentendosi mai più vecchio di loro.
Purtroppo 4 anni fa, quando si manifestarono i primi sintomi del
male, egli dovette rinunciare a tante cose che gli erano care,
costringendolo ad affrontare una realtà dolorosa e mortificante. La
vita per lui era improvvisamente cambiata, ma tale mutamento
non riuscì ad intaccare il suo animo e la sua fede, accettando egli
silenziosamente, senza farlo pesare a nessuno, quello che la sorte
gli aveva riservato. Quando gli amici andavano a trovarlo, era lui
che trasmetteva loro la sua incredibile serenità, ed era lui che per
primo si preoccupava delle loro condizioni, nel tentativo, per non
turbare di nascondere loro che stava avvicinandosi alla fine.
Ora ci ha lasciati, ma la morte non potrà rubarci il suo ricordo,
né impedirci, tutte le volte che parleremo di lui e dei tanti felici
momenti trascorsi insieme, di vederlo davanti ai nostri occhi con
il suo sorriso e la sua affabilità. Egli ora vola nell'immensità per
raggiungere l'ultima vetta, la più alta: il Paradiso.
Rolando Spanevello
8
il nostro campanile -luglio/agosto 2007
A GINO LAZZARIN la Galleria Civica Villa Valle dedica una mostra di grande
suggestione dal 27 ottobre al 18 novembre 2007.
GINO LAZZARIN (Verona, 1945) - Gino Lazzarin appartiene alla nobile stirpe dei grandi fotografi,
ma, pur rientrando nella figura di artista della fotografia nel senso magistralmente descritto da Roland
Barthes (cioé colui che compie un eccezionale uso dello strumento fotografico come immobilizzatore
delle immagini oggettuali quali effetti di morte asimbolica di volti e di paesaggi), sorpassa il semplice
uso dello strumento fotografico, passando da questo all’orizzonte più vasto di colui che crea l’immagine
pittorica e dinamica del movimento e del tempo. Aveva cominciato come pittore e, nell’ultima fase
della sua notevole opera, offre immagini di movimento del vedere oggettuale ricostruito, introducendo
il tempo in una vera e propria computer art. Così dà luogo ad un trapasso dell’immagine dalla staticità
della fotografia ad un tipo di pittura di intervento computeristico e coloristico densa di dinamismo
e transmorfosi temporale del reale. Si può pensare anche, a titolo di esempio, a certe opere di Bacon
e magari di Picasso.
Dino Formaggio
NATURA ED ARTIFICIO: GINO MAROTTA
Una mostra un po’ particolare, strana ma
accattivante quella che la Galleria Civica
Villa Valle (16.9 - 7.10. 2007) dedica a Gino
Marotta e che presenta un ciclo di opere
degli anni 60 ed alcuni lavori più recenti
dell'artista raccontandone la personalissima e del tutto contemporanea ricerca
artistica. Marotta utilizza il metacrilato
(plexiglass) come materia da plasmare, e
realizza sculture ritagliate nelle lastre di
plastica colorata, i cui soggetti sono ricavati
dal paesaggio naturale.
Elementi naturali e materiali artificiali
scandiscono lo spazio e danno vita ad un
universo scenografico nel quale lo spettatore
entra liberamente. La luce agisce da vera
protagonista, animando la nuova dimensione naturale ricreata nella Galleria Civica e
facendo vivere le opere di Marotta in un'atmosfera perennemente cangiante e mutevole.
L'artista ha svolto, negli anni una complessa e articolata ricerca sui linguaggi visivi attraverso i nuovi
materiali e le moderne tecnologie rifacendosi ai procedimenti industriali per la produzione in serie.
Il metacrilato, "la" materia artificiale, secondo Marotta "l'unico materiale resistente che non degenera,
perché è un materiale altamente tecnologico", entra in conflitto-confronto-integrazione dialettica con
il suo opposto, il Naturale. La dicotomia Natura
e Artificio caratterizza le opere dell'artista, con
una provocazione di fondo: aver scelto "un materiale
squallido, usato però in modo poetico e lirico, per
trovare un rapporto tra natura e artificio".
I suoi paesaggi artificiali hanno fatto un salto
temporale di più di trent'anni e sono entrati nel
mondo dell'arte contemporanea di diritto come
lo dimostrano le recenti esposizioni a Parigi, Milano, Londra.
L'evento di Valdagno rende omaggio all'artista
dopo l'importante mostra personale alla 52 a
Biennale di Venezia (10 Giugno - 31 Agosto 2007).
TRA GLI OCCHI ED IL CUORE
Gino Lazzarin (classe 1945)
Fin da giovanissimo si accosta
con curiosità e grande passione
al mondo della pittura. Attratto
dal figurativo, rimane attento
osservatore delle nuove tendenze
pittoriche e cerca di capire prima
e comporre poi quelle “macchie”,
apparentemente senza senso,
che gli trasmettono però forti
emozioni. E’ proprio questo rapporto tra fotografia e pittura che
indirizza, in tempi diversi, il suo
modo di vedere e che è presente
anche nel suo particolare modo
di interpretare la foto paesaggistica.
Esaurito quel tema fatto di masse colorate e croste materiche,
capisce che il suo vero obiettivo
è l’Uomo, protagonista assoluto delle sue immagini, che diventano
così espressione immediata e autentica di tale profondo interesse.
Inevitabile l’approdo al reportage nella linea tracciata da Cartier
Bresson. Poi, casualmente, viene l’India e per lui diventa lo
spettacolo dell’uomo, dello spirito, della mente. L’uomo resta
sempre al centro della sua attenzione, anche quando si accosta al
variegato mondo del teatro, occasione unica per sottolinearne gesti
ed espressioni. A distanza di anni, con l’avvento del digitale, ha
messo a punto un sistema di ripresa di immagini video che, in
tempi più lontani, era stato sperimentato anche da Mario Schifano,
ma con le Polaroid e quindi con risultati necessariamente diversi.
Lazzarin sostituisce ai pennelli il computer e rielabora immagini
“catturate” da uno schermo. Il risultato, assai efficace e immediato,
può trovare una similitudine pittorica tra le immagini distorte
dell’espressionismo di Bacon e l’arte pop di Warhol. Fotografo
professionista dal 1973, vive e lavora a Lonigo in provincia di
Vicenza. Ha già pubblicato i libri Teatro allo specchio (1996),
Percorrendo l’India (1999) e Tra gli occhi e il cuore (2004).
(A cura di Alessandro Pron, Galerie Italienne, Parigi
Comune di Valdagno, AMER Spa)
Spese per operazione
Spese tenuta conto
Spese produzione e invio estratto
conto trimestrale
Spese invio contabili
Commissioni pagamento utenze
Costo libretto assegni
Costo carta Bancomat/
Pago Bancomat/Fast pay
Commissioni prelevamenti
Bancomat presso sportelli altre banche
Con un PAC di Euro 100 al mese
Imposta di bollo sul conto
Con un PAC di Euro 150 al mese
Imposta di bollo sul conto
Deposito titoli = 50% sconto
Con un PAC di Euro 200 al mese
Imposta di bollo sul conto
Deposito titoli
per importi non inferiori a 130 Euro
TOTALE =
Riservato a dipendenti e pensionati: Accredito automatico in conto
delle retribuzioni e delle pensioni il giorno stesso del pagamento.
SPORTELLI PRESENTI IN VALLATA:
MAGLIO DI SOPRA, Via S. Trinità, 14 - Tel. 0445 414342 Fax 0445 410496
CASTELGOMBERTO, Piazza Marconi, 20 - Tel. 0445 941180 Fax 0445 940120
TOTALE =
Il PAC è un piano di accumulo per accantonare e risparmiare ogni mese senza
troppo impegno e in tutta sicurezza, una piccola somma che si rivaluta nel tempo.
VALDAGNO, Viale R. Margherita, 15 - Tel. 0445 407240 Fax 0445 407340
CORNEDO, Via Tassoni, 43 - Tel. 0445 446077 Fax 0445 446300
TRISSINO, P.zza Mazzini, 24/26 - Tel. 0445 491374 Fax 0445 491424
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