CONSULENZA FINANZIARIA INDIPENDENTE D&P NEWS - LETTERA di INFORMAZIONE FINANZIARIA Anno VI - Numero 8 del 30 Settembre 2011 EDITORIALE - METTERE I SOLDI SU QUELLO CHE SI PUO’ TOCCARE di Ivano Durante … Una delle grandi motivazioni che spingono i risparmiatori ad investire in immobili (case, terreni…) è la percezione di sicurezza che deriva dalla solidità fisica del bene che si acquista e dalla possibilità … ARTICOLO - COME NASCE UN BUON PORTAFOGLIO Morningstar.it … Il portafoglio perfetto non esiste. E’ quindi inutile perdere tempo cercando di scegliere gli strumenti che possano offrire il guadagno più alto in un dato momento. L’importante è costruirsi il miglior portafoglio … ARTICOLO - CHE CI SIA RISPARMIATA ALMENO LA “PAPY-TAX” Aduc.it … In più occasioni abbiamo detto che l’Italia non è la Grecia e che l’Italia non avrebbe fatto la fine della Grecia. Dal 21 luglio in poi la situazione è drammaticamente peggiorata. Dal punto di vista dei ... ARTICOLO - DALL’AUTOSTRADA AI TORNANTI LaVoce.Info …La metafora dell’auto che percorre un’autostrada e si ritrova improvvisamente su un percorso accidentato è utile per comprendere quanto accade oggi nelle economie occidentali. Perché si passa dalla stabilità … ARTICOLO - POSTE ITALIANE: QUANDO LA PUBBLICITA’ E’ INVERSAMENTE … Aduc.it … Da anni ormai Poste italiane Spa ha affiancato al business di gestione della corrispondenza i servizi di intermediazione finanziaria andando ad assumere sempre di più le caratteristiche di un istituto di credito. … ARTICOLO - L’AGOSTO NERO DELLE PENSIONI Morningstar.it … Per le pensioni, l’estate è stata più nera che per i mercati finanziari. Le manovre messe a punto a luglio e yyad agosto per far quadrare i conti statali hanno previsto una stretta per quelle pubbliche, mentre la crisi … ARTICOLO - FAI IL TRADER DI BORSA? ALLORA SEI PROPRIO UNO PSICOPATICO WallStreetItalia.com … I trader dei mercati finanziari? Più spietati e manipolatori degli psicopatici. È il risultato di uno studio yydell'Università di San Gallo, in Svizzera. I ricercatori elvetici hanno messo a confronto agenti di cambio … Cliccate, consultate e scaricate la D&P News al link http://www.donadiandpartners.it/arch_news_letter.php DONADI & PARTNERS di Baldasso V. & C. S.a.s. Sede Legale: Via XXIV Maggio, 51/2 Sede Operativa: Piazza Caduti per la Libertà, 1/3 - 31027 Spresiano fraz. Visnadello (TV) Telefono 0422 444 114 - Telefax 0422 620 734 - e-mail [email protected] www.donadiandpartners.it SE NON DESIDERA PIU’ RICEVERE QUESTA MAIL CLICCHI qui EDITORIALE Mettere i soldi su quello che si può toccare: le aziende locali di Ivano Durante Una delle grandi motivazioni che spingono i risparmiatori ad investire in immobili (case, terreni…) è la percezione di sicurezza che deriva dalla solidità fisica del bene che si acquista e dalla possibilità dunque, di sperimentarlo attraverso i propri sensi grossolani. Non possiamo dire la stessa cosa dei soldi depositati in c/c o nei prodotti finanziari, che assumono valore reale percepibile fisicamente solo quando vengono riscossi. In realtà, il beneficio in termini di sicurezza percepita trasmesso dai beni immobili, non è quasi mai rappresentativo di una realtà oggettiva, infatti i beni immobili possono essere soggetti a importanti variazioni di prezzo, difficoltà ad essere venduti, deperimento fisico, intemperie atmosferiche, ed a costi non dovutamente contabilizzati nella valutazione economica dell’investimento (imposte periodiche, costi assicurativi, costi di manutenzione….). Una soluzione alternativa all’investimento immobiliare, che abbia delle caratteristiche simili in termini di sicurezza percepita può essere l’investimento diretto in azienda. Sempre tenendo conto delle regole della diversificazione, (banalizzando, mai mettere le uova tutte nello stesso paniere) un risparmiatore potrebbe scegliere anziché avventurarsi nei mercati finanziari o concentrare una grossa cifra in un immobile, di diventare socio, anche per un periodo prefissato di una o più aziende locali, non quotate in borsa. Al termine del periodo potrebbe liquidare la quota ricavandone un guadagno. I vantaggi di investire in aziende locali sono molteplici, sia per l’investitore, che avrebbe la possibilità di controllare direttamente il business scelto ma anche e soprattutto per l’azienda, che avrebbe un alleato cointeressato alla buona riuscita dell’attività ed una minore dipendenza, rispetto alle fonti di finanziamento, nei confronti del sistema bancario. Il beneficio più importante a mio avviso andrebbe alla comunità locale. Il mantenimento di una parte dei risparmi delle famiglie nel territorio, potrebbe creare un volano virtuoso che aumenta la ricchezza e l’occupazione e soprattutto finanzia le idee di valore, magari trattenendo a casa qualche giovane in più, tentato come tanti di fare le valigie per cercare un futuro migliore in un altro stato. In Italia questo tipo di investimento è decisamente poco diffuso. L’Italia è un paese definito “bankbased”, ossia, le imprese private si finanziano prevalentemente con il debito bancario e molto meno attraverso il mercato dei capitali (quotazione in borsa). La borsa italiana è una delle meno capitalizzate al mondo ed è poco rappresentativa dell’economia reale. Se osserviamo le micro, piccole e medie imprese locali non quotate, ci rendiamo conto che le banche, a livello di capitale investito in impresa rappresentano il vero socio di maggioranza. Dott. Ivano Durante - Tel. 0422 444 114 - Cell. 340 6980649 - e-mail: [email protected] Consulente Finanziario Indipendente per le aziende e le famiglie ed esperto di pianificazione previdenziale VÉÇáâÄxÇét Y|ÇtÇé|tÜ|t \Çw|ÑxÇwxÇàx Come nasce un buon portafoglio I fondi comuni sono gli strumenti ideali per gestire il risparmio. L’importante è sapere come combinarli per costruire un ventaglio adeguato. Valerio Baselli | 02-08-11 Il portafoglio perfetto non esiste. È quindi inutile perdere tempo cercando di scegliere gli strumenti che possano offrire il guadagno più alto in un dato momento. L’importante è costruirsi il miglior portafoglio a seconda delle proprie esigenze. L’esercizio di combinare diversi fondi comuni d’investimento al fine di conseguire un insieme che risponda ai criteri fissati a priori dall’investitore è senza dubbio molto più importante rispetto alla scelta dei singoli fondi. Ma prima di cominciare è fondamentale tener conto di alcuni concetti fondamentali nella costruzione di un portafoglio di fondi. Il primo è che la costruzione della propria asset allocation deve sempre rispondere a un obiettivo predeterminato, in funzione di un lasso di tempo già deciso (breve, medio o lungo periodo). È un assioma ormai abbastanza diffuso e conosciuto il fatto che con l’allungarsi del periodo temporale aumenta la porzione dedicata all’azionario; tuttavia, ci si dimentica con troppa facilità che un portafoglio d’investimento deve essere dinamico, che deve necessariamente cambiare man mano che ci si avvicina all’obiettivo d’investimento o a seconda dell’evoluzione dei mercati finanziari. Fondi base Una volta definito l’obiettivo d’investimento e le percentuali da dedicare all’equity e al reddito fisso, rimane solo la questione di come costruire il portafoglio e da dove cominciare. “A questo proposito, è importante comprendere che non tutti i fondi possono assumere lo stesso ruolo all’interno del portafoglio”, commenta Fernando Luque, analista Morningstar, in una recente nota.. “Possiamo infatti distinguere tre diversi gruppi: il primo formato dai “fondi base”, i quali compongono lo zoccolo duro del portafoglio”. Sono questi i comparti che ci aiuteranno a conseguire il nostro obiettivo, e quindi sono i primi di cui ci si deve occupare. Visto che essi costituiranno la parte centrale dell’asset allocation, devono godere di una certa stabilità. I fondi base possono essere azionari o obbligazionari, ma non tutti i fondi hanno le caratteristiche per poter essere “di base”. Perciò è importante conoscere lo stile d’investimento dei vari comparti. Se ci si concentra sui comparti azionari, la cosa più logica è che i fondi base siano ad alta capitalizzazione e di stile misto (in inglese blend, ovvero nè value nè growth). “I fondi che puntano alla crescita (growth), tendono a presentare livelli di volatilità più alti, anche perchè spesso sono molto esposti verso il settore tecnologico”, prosegue Luque. I comparti che puntano al valore (value), invece, possono essere una buona opzione per gli investitori più conservativi. Inoltre, è sempre conveniente sceglierli ben diversificati, sia geograficamente che per settori. “Rispetto ai comparti obbligazionario, visto che vogliamo dare ai fondi base una certa stabilità, sarebbe più logico scegliere quelli che investono nell’Eurozona, evitando valute esotiche e una duration troppo lunga (ricordiamo che sono i fondi con duration alta che vedono crollare il proprio valore quando i tassi d’interesse salgono)”. Inoltre, è sempre conveniente selezionare fondi con commissioni di gestione inferiori alla media. Fondi di supporto Una volta formata la struttura base del portafoglio, si può completarla attraverso dei fondi detti “di supporto”. Il loro obiettivo è fornire una certa diversificazione e varietà. Inoltre, possono aiutare a diminuire la volatilità complessiva. “Dentro questa classe di fondi, si possono includere ad esempio i comparti azionari small-cap oppure fondi obbligazionari corporate”, spiega sempre Luque. Fondi speciali Il processo di costruzione di un portafoglio non consiste nel mettere assieme fondi con dei buoni rendimenti storici (le performance passate non sono garanzia di performance future). Al contrario, si tratta di scegliere i fondi più adeguati a conseguire l’obiettivo che ci si pone a priori. All’interno di questo processo, ogni fondo dovrà eseguire un compito ben preciso. “Prima di comprare un determinato fondo è quindi opportuno farsi delle domande”, conclude l’analista Morningstar. “Cosa porta questo fondo al mio portafoglio? È compatibile con il mio obiettivo d’investimento? Che cambiamenti comporterebbe il suo ingresso nel mio portafoglio?” ©Copyright 2011 Morningstar. All rights reserved. ADUC - Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori via Cavour 68 - 50129 Firenze Telefono 055.290606 - Fax 055.2302452 www.aduc.it 21 settembre 2011 18:13 Che ci sia risparmiata almeno la “Papy-Tax” di Alessandro Pedone In più occasioni abbiamo detto che l'Italia non è la Grecia e che l'Italia non avrebbe fatto la fine della Grecia. Dal 21 luglio in poi la situazione è drammaticamente peggiorata. Dal punto di vista dei numeri fondamentali (rapporto Debito/Pil, Deficit/PIL, servizio per il debito, crescita del PIL, ecc.) le cose non si sono modificate sostanzialmente rispetto a pochi mesi fa. C'è però una cosa che è cambiata pesantemente: la classe politica –a livello europeo ed a livello italiano- ha fatto di tutto e di più per distruggere la fiducia dei mercati. Partiamo dall'Europa. Il 21 Luglio scorso, dopo un crescendo di tensione sul mercato, si riuscono i leader politici Europei e annunciano solennemente una serie di provvedimenti per difendere l'Euro fra i quali, i più importanti, il rafforzamento del “fondo salvastati” e un programma di swap per i titoli Greci che avrebbe dovuto ridurre strutturalmente il debito ellenico. Dopo il meeting i ministri delle finanze tedesco e francese hanno firmato un editoriale sul Financial Times nel quale dicevano che avrebbero fatto di tutto per salvare l'Euro e che i provvedimenti presi sarebbero stati sufficienti a questo immane scopo. A due mesi esatti da questi annunci, non è ancora stato fatto nulla! E' evidente che in questi due mesi sia successo di tutto sui mercati finanziari. Da qualche giorno, in particolare, dopo che Stark si è dimesso dalla BCE, sembrerebbe che i toni dei politici Tedeschi inizino ad essere diversi. Oltre a bastonare l'Italia, i mercati finanziari hanno iniziato a dare un po' di bastonate anche alla Francia (in particolare alle banche francesi) ed anche lo spead fra il Bund ed il T-Bill si sta allargando. Fra otto giorni avremo un appuntamento che potrebbe significare il via libera politico definitivo al salvataggio dell'Europa, oppure il suo smembramento. Il Parlamento tedesco, infatti, voterà il potenziamento del famoso fondo “salvastati” (l'EFSF, lo stesso del 21 Luglio di cui sopra). Veniamo all'Italia. Lo sceneggiata di Agosto sulla famosa manovra dettata dal “podestà forestiero” (per utilizzare l'espressione coniata da Mario Monti nel famoso editoriale del 7 Agosto 2011 sul Corriere della Sera) ha dimostrato in maniera ormai inequivocabile che l'attuale Governo non può mettere in campo soluzioni poiché costituisce una parte consistente del problema. E' del tutto evidente che se l'Italia si è ridotta ad avere un Governo come quello che oggi abbiamo è anche per colpa di un'opposizione largamente inadeguata al suo ruolo. Da una parte –suole ripetere Marco Pannella– abbiamo i “buoni a niente”, cioè l'opposizione, e dall'altra abbiamo “i capaci di tutto, ma veramente di tutto”, ovvero l'attuale maggioranza. Questa è la migliore fotografia della classe politica che abbia mai ascoltato. L'Italia non è la Grecia sotto molti punti di vista. L'Italia è un Paese ricco, la Grecia è un paese povero. Secondo un recente Financial Stability Report dell'FMI (Fondo Monetario Internazionale) la ricchezza privata della Grecia è pari al 56% del PIL. Per l'Italia la situazione è molto diversa. Il PIL dell'Italia si aggira intorno ai 1.500 miliardi di euro. La ricchezza degli italiani è pari a circa 8.700 miliardi. L'Italia ha tutte le forze, se solo la politica lo volesse, per portare il rapporto Debito/PIL ai livelli della Germania in 8/10 anni. Si può fare, ci sono i mezzi, ma non c'è la classe politica. E' chiaro ed evidente a chiunque voglia vedere con un minimo di obbiettività che questo Governo non solo ha esaurito la sua funzione, ma costituisce una sorta di tassa indiretta sulla testa degli italiani. Se questo Governo fosse immediatamente sostituito da un governo tecnico a giuda Monti con una maggioranza trasversale, il famoso spread BTP/BUND diminuirebbe di almeno 100 punti. Su questo sono pronto ad accettare scommesse (ovviamente simboliche) con chiunque. Di fatto stiamo pagando una tassa, che potremmo chiamare “Papy-Tax” che grava indirettamente sulla testa degli italiani sotto forma di maggiori interessi che dobbiamo pagare sulle nuove emissioni di titoli del debito pubblico. Vediamo fino a quando gli italiani continueranno a sopportare questa situazione. Ogni giorno che passa, aumenterà il costo per rimettere in sesto questa situazione assurda. http://investire.aduc.it/editoriale/che+ci+sia+risparmiata+almeno+papy+tax_19494.php 1/1 Europa / Moneta e Inflazione DALL'AUTOSTRADA AI TORNANTI di Tommaso Monacelli 15.09.2011 La metafora dell'auto che percorre un'autostrada e si ritrova improvvisamente su un percorso accidentato è utile per comprendere quanto accade oggi nelle economie occidentali. Perché si passa dalla stabilità alle turbolenze? E come tornare su strade più tranquille? Sembra crearsi un circolo vizioso tra maggiore incertezza e maggiore avversione al rischio da un lato e stato dell'economia dall'altro. Ma se il volano della paralisi è il circolo vizioso, la politica economica deve adoperarsi in tutti i modi per evitare che si autoalimenti. Non è quello che sta facendo l'Europa. Immaginate una macchina che viaggia comoda su un’autostrada. Lineare, senza incertezze, veloce. A un certo punto la strada diventa a tornanti, a saliscendi, con buche frequenti. La macchina sull’autostrada è l’economia dei paesi avanzati durante gli anni della Great Moderation (1995-2008 circa). Quella sui tornanti impervi è l’economia dalla crisi finanziaria a oggi. QUAL'È LA CAUSA? La teoria (macro) economica ha tutto ben chiaro sui fattori che guidano la macchina lungo l’autostrada. Soprattutto su quale politica monetaria tiene l’auto lungo un sentiero stabile, con inflazione bassa e crescita accettabile. Finché l’auto rimane su quella traiettoria, checché se ne dica, i modelli macro esistenti, i famigerati Dsge, funzionano bene, sono uno strumento quantitativo avanzato per formulare politiche monetarie o fiscali che assicurano che l’auto continui la sua traiettoria in sicurezza. (1) Ma che cosa trasforma, improvvisamente, una comoda autostrada in un terreno accidentato? (2) E soprattutto: una volta che su quel tracciato ci siamo, abbiamo mappe utili per anticipare le curve più pericolose? La macroeconomia e la politica economica di oggi si arrovellano proprio su queste domande. Il problema va scomposto logicamente in due parti. Primo: che cosa sbalza l’auto fuori dall’autostrada? Secondo: una volta che ci troviamo a guidare sui tornanti, abbiamo una carta geografica che ci possa aiutare? Il primo punto è quello che rimane misterioso. Una cosa che certamente abbiamo imparato è che i cambi di tracciato cominciano spesso con cadute precipitose dei prezzi degli asset (immobiliari o azionari). Il Giappone nei primi anni Novanta, ma anche gli Stati Uniti di oggi, sono esempi lampanti. Il mistero vero è però in ciò che precede (e quindi causa) le brusche correzioni nei prezzi degli asset . È solo uno “shock”, qualcosa di inatteso (“esogeno”) che provoca le correzioni? Oppure c’è Page 1/3 http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002557.html qualcosa di sotterraneo che cova al di sotto di quella tranquilla autostrada proprio quando l’auto sembra viaggiare col pilota automatico? Ad esempio, una crescita eccessiva del credito (di cui, per definizione, ci accorgiamo solo quando trabocca in superficie), politiche monetarie troppo orientate alla stabilità dell’inflazione, oppure un sistema finanziario che incentiva a generare troppa leva concentrata nel sistema bancario. Ancora non lo sappiamo. E la crisi sembra aver poi impartito una lezione chiara: non esiste una politica monetaria per i tempi tranquilli separata da una per i tempi di crisi. Le decisioni della politica monetaria prese lungo l’autostrada devono tenere conto del fatto che alzare o abbassare i tassi oggi (o annunciare oggi un certo sentiero dei tassi per il futuro) incide sulla probabilità di essere sbalzati fuori dall’autostrada domani. La probabilità di ritrovarsi sul terreno accidentato in futuro deve esplicitamente influenzare le decisioni sui colpi di acceleratore da dare oggi, quando navighiamo rilassati da casello a casello. INCERTEZZA E AVVERSIONE AL RISCHIO Secondo aspetto: perché sui tornanti la macchina perde improvvisamente energia e spesso non risponde ai comandi, oppure lo fa in modo scomposto? Ci sono ancora molte cose che ignoriamo. Ma il dato che appare lampante è che in queste fasi l’auto quasi si arresta perché paralizzata da due fattori: (i) maggiore incertezza (la quantità di rischio), (ii) maggiore avversione al rischio (la sensibilità al rischio per ogni suo dato livello). Le imprese non assumono e non investono, le famiglie risparmiano e quindi non consumano, le banche dubitano delle controparti e preferiscono cercare luoghi sicuri dove parcheggiare le loro risorse. È la maggiore incertezza e avversione al rischio che causa un rallentamento dell’economia, oppure è quest’ultimo che rende gli agenti economici più incerti e avversi al rischio? È un chiaro circolo vizioso. All’inizio ci troviamo improvvisamente sbalzati da una comoda autostrada a un terreno di guida impervio. (3) Meccanicamente, l’incertezza aumenta, quindi si rallenta. Ma rallentare fa sì che si prolunghi la permanenza nel terreno accidentato. Questo alimenta ancora di più l’incertezza e la nostra avversione a trovarci sballottati sui saliscendi. Da un lato si rallenta ancora di più, dall’altro ogni nuova curva a gomito diventa ancora più indigesta. Credo sia quanto sta accadendo dal 2008 nelle economie avanzate: un circolo vizioso tra incertezza e avversione al rischio da un lato e stato dell’economia dall’altro. Analiticamente, è solo un punto di partenza. Ma è questo, secondo me, ciò che manca ai modelli macro moderni: una teoria rigorosa che spieghi che cosa succede quando la macchina esce dall’autostrada, perché tende a rallentare e a rimanere sui saliscendi molto di più di quello che le condizioni economiche oggettivamente implicherebbero. Ne seguono due importanti implicazioni. Primo, in tempi tranquilli, così come in tempi di crisi, non possiamo trattare l’incertezza e l’avversione al rischio come dati costanti. Quando si guida rilassati in autostrada, si aumenta la velocità e la nostra propensione ad assumere rischi aumenta. Che cosa ha prodotto il sofisticato sistema di securitization negli Usa se non una drastica diminuzione della avversione al rischio delle banche tra il 2000 e il 2008? E di questo, quanto è responsabile la regolamentazione finanziaria? E quanto invece il fatto stesso che l’economia cresceva, il mercato immobiliare cresceva e quindi la propensione al rischio aumentava alimentando a sua volta la crescita economica? Secondo, se il volano principale della paralisi dell’economia è il circolo vizioso descritto, la politica economica deve fare di tutto per evitare che si autoalimenti. Possiamo argomentare per ore su diverse misure da prendere (aumentare l’Iva, ridurre le pensioni, eccetera), ma il problema di primo ordine è quello. Page 2/3 http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002557.html Purtroppo, invece, la situazione sta degenerando. La Bce balbetta e fornisce un’immagine lacerata. In più, ci sono tutti i segnali di un mercato interbancario in Europa che sta andando in sofferenza. La maggiore avversione al rischio delle banche europee le sta spingendo non solo a vendere Btp e a comprare bund ma, soprattutto, a depositare fondi in misura crescente presso le banche americane. Ci sono tutti prodromi di una fuga dall’euro. (1) Dsge è l’acronimo di Dynamic Stochastic General Equilibrium. Denota una metodologia e una classe di modelli molto diffusi nella ricerca macroeconomica recente e tra gli operatori e ricercatori delle banche centrali. (2) Il mutamento di tracciato è ciò che tecnicamente si definisce una “non-linearità”. (3) Si ricordi che il verdetto non è ancora chiaro su che cosa causi il cambio di terreno di guida. Page 3/3 http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002557.html ADUC - Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori via Cavour 68 - 50129 Firenze Telefono 055.290606 - Fax 055.2302452 www.aduc.it 27 luglio 2011 12:09 Poste italiane: quando la pubblicità è inversamente proporzionale all'efficienza di Marianna D'Alessandro Da anni ormai Poste Italiane Spa ha affiancato al business di gestione della corrispondenza i servizi di intermediazione finanziaria andando ad assumere sempre più le caratteristiche di un istituto di credito. Anche le soluzioni di investimento proposte sono sempre più simili a quelle del mondo bancario: fondi comuni di investimento, prodotti finanziario assicurativi, obbligazioni strutturate... Entrando in una filiale di poste italiane è possibile trovare ampia pubblicizzazione dei prodotti di risparmio e investimento, con una quantificazione in termini di poster e brochure difforme a seconda del tipo di prodotto. Matematicamente si potrebbe supporre l'esistenza di una relazione inversa tra il grado di efficienza del prodotto e l'ampiezza della pubblicità che viene fatta allo stesso. La spiegazione è presto data: i prodotti inefficienti sono quelli che contengono maggiori commissioni e costi impliciti a favore dell'emittente o del soggetto abilitato al collocamento, quindi semplicemente viene pubblicizzato di più il prodotto dal quale si possono ottenere maggiori guadagni (per l'emittente o per il soggetto abilitato al collocamento, non di certo per l'investitore). Al primo posto della classifica degli strumenti finanziari maggiormente pubblicizzati -quindi più inefficienti- troviamo i prodotti finanziario-assicurativi di PosteVita, denominati Postafuturo Argento, Postafuturo Extra, Postafuturo Certo 2011, Postapresente cedola....si tratta di assicurazioni sulla vita che prevedono una rivalutazione dei premi investiti in base all'andamento della Gestione Separata Posta ValorePiù e che hanno oneri di sottoscrizione, costi di emissione, commissioni di gestione e costi di riscatto. Al secondo posto, appartenenti alla stessa famiglia, troviamo le polizze index linked e unit linked. L'ultimo distribuito prende il nome di Programma Garantito Titanium: si tratta di una index linked con scadenza 2018 che prevede il pagamento di tre cedole fisse e una aleatoria a scadenza legata all'andamento dell'indice Eurostoxx50. L'investitore deve sostenere costi di caricamento e di copertura assicurative, inoltre pur essendo previsto il diritto di riscatto prima della scadenza le condizioni per esercitarlo sono molto onerose. Al terzo posto si possono inserire i fondi comuni di investimento mobiliari e immobiliari, i costi di gestione applicati ai vari comparti non hanno nulla da invidiare a quelli tipici delle Sgr di origine bancaria, poi ci sono le commissioni per la banca depositaria e in alcuni casi anche quelli di sottoscrizione e riscatto. Al quarto posto ci sono le obbligazioni collocate da Poste italiane, indipendentemente dal titolo in questione e dal suo rendimento atteso, l'inefficienza in questo caso si trova tutta nelle commissioni di collocamento e negli oneri impliciti determinati dalle metodologie di pricing dello stesso. Infine il prodotto meno pubblicizzato, ma anche il più efficiente e in grado di fare la differenza tra le Poste e il sistema bancario in genere, è rappresentato dai Buoni fruttiferi postali. Riporto la definizione che ne da il sito delle poste: “ i Buoni Fruttiferi Postali sono dei titoli emessi dalla Cassa depositi e prestiti, garantiti dallo Stato Italiano e collocati in esclusiva da Poste Italiane. Garantiscono sempre la restituzione del capitale investito e gli interessi maturati”. Per sottoscriverli è sufficiente l'apertura di un libretto di risparmio postale (a costo zero). Ce ne sono di diversi tipi: ordinari, dedicato ai minori, indicizzati a scadenza, indicizzati all'inflazione, i rendimenti aggiornati di ciascuna tipologia possono essere consultati al seguente link (http://www.poste.it/bancoposta/buonifruttiferipostali/index.html). L'emissione del mese di luglio dei buoni indicizzati all'inflazione contiene una novità: mentre nelle emissioni precedenti la remunerazione legata all'inflazione era effettiva solo a partire dal terzo anno di detenzione, ora questo gap è stato colmato e i buoni della serie j14 sono agganciati all'inflazione sin dall'inizio. Riteniamo che questo prodotto sia l'ideale per piccoli investitori avversi al rischio, in quanto mantenere inalterato il potere d'acquisto del proprio capitale rappresenta di per se un obiettivo significativo. In conclusione la trasformazione delle poste in un istituto di credito non ha portato nessun valore aggiunto alla tutela del risparmiatore italiano, infatti le poste non hanno fatto altro che uniformarsi all'offerta di prodotti di investimento già esistenti sul mercato con il limite di avere un personale non qualificato e il vantaggio (per loro) di avere a portata di mano una clientela costituita da una nutrita schiera di pensionati che almeno una volta al mese passano dagli sportelli postali e possono essere oggetto di offerte commerciali. Il consiglio è sempre quello di investire solo in quei prodotti dei quali si ha una percezione chiara del funzionamento, e se si tratta di buoni postali non sentitevi demodé, sono meglio di tanti altri strumenti in circolazione e anche se i rendimenti sono più contenuti, almeno non si rischia di incorrere in brutte sorprese. http://investire.aduc.it/articolo/poste+italiane+quando+pubblicita+inversamente_19365.php 1/1 L’agosto nero delle pensioni Le manovre finanziarie danno una stretta a quelle pubbliche. La previdenza complementare fa i conti con la crisi. Sara Silano | 02-09-11 Per le pensioni, l’estate è stata più nera che per i mercati finanziari. Le manovre messe a punto a luglio e ad agosto per far quadrare i conti statali hanno previsto una stretta per quelle pubbliche, mentre la crisi del debito sovrano e i crolli delle Borse hanno inflitto un duro colpo alla previdenza complementare. La stretta Sul primo fronte, i cambiamenti sono all’ordine del giorno. Il governo sembra aver fatto retromarcia sul divieto di riscatto degli anni universitari e del servizio militare. Alcuni provvedimenti, invece, sono già legge (n.111 del 15 luglio 2011). Tra questi, c’è l’introduzione di un meccanismo di limitazione crescente dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita per il biennio 2012-2013, con l’eccezione di quelle più basse (fino a 1.428 euro). Un’altra novità è rappresentata dall’anticipo al 1° gennaio 2013 del meccanismo di adeguamento permanente dei requisiti pensionistici alla speranza di vita. In pratica, se quest’ultima aumenta (la certificazione spetta all’Istat su base triennale), crescono anche i requisiti per il trattamento di vecchiaia e anzianità. Per le donne del settore privato, salirà a 65 anni l’età per percepire la pensione di vecchiaia. L’innalzamento comincerà nel 2020 e sarà portato a termine entro il 2032. Per le persone che cessano l’attività lavorativa con 40 anni di contributi, invece, sono stati introdotti dei limiti per ritardare il godimento della pensione. Le incognite Non sono da escludere altri aggiustamenti, anche se la direzione per il primo pilastro è segnata, perché l’obiettivo dello stato, non procastinabile, è rimettere in sesto i suoi disastrati conti, ai quali una gestione “allegra” della previdenza pubblica ha largamente contribuito (mi riferisco in particolare a quel fenomeno ben descritto da Mario Giordano nel suo ultimo libro “Sanguisughe. Le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche”, edito Mondadori, per il quale oggi vengono chiesti a tutti i sacrifici, anche se pochi hanno invece ricevuto i benefici). Le questioni critiche Sul livello di benessere che i lavoratori avranno, terminata la vita lavorativa, non incide solo la manovra, ma anche l’andamento dei mercati. Un mercato Orso può essere un’opportunità per i giovani che hanno davanti a sé decenni di contributi da versare e quindi possono investire in una linea previdenziale più aggressiva. Non lo è invece per chi è vicino alla pensione e si vede ridotti i suoi rendimenti. Rispetto ad altre crisi, l’ultima ha l’aggravante di aver coinvolto i titoli di stato italiani, che sono molto presenti nei portafogli dei fondi pensione, con conseguente aumento del rischio. Infine, la situazione economica, ed in particolare l’alto tasso di disoccupazione giovanile (1,14 milioni di giovani sotto i 35 anni secondo Confartigianato), pone un’altra seria minaccia alla futura pensione di chi entra (o cerca di entrare) nel mondo del lavoro oggi. Temi questi ultimi che si sentono poco nel vivace dibattito di questi giorni, ma potrebbero rivelarsi ben più gravi, con lo sgretolarsi del pilastro pubblico. ©Copyright 2011 Morningstar. All rights reserved. WallStreetItalia.com Fai il trader di Borsa? Allora sei proprio uno psicopatico Pubblicato il 26 settembre 2011 | Ora 18:19 Fonte: Elmar Burchia MILANO - I trader dei mercati finanziari? Più spietati e manipolatori degli psicopatici. È il risultato di uno studio dell'Università di San Gallo, in Svizzera. I ricercatori elvetici hanno messo a confronto agenti di cambio con un gruppo di disturbati mentali e sottoposto le due categorie a diversi test. I risultati sono oltremodo preoccupanti ed hanno sorpreso gli stessi esperti. OPERATORI E FRODI- Le circostanze e le dimensioni del misfatto attribuito a Kweku Adoboli, il 31enne trader-truffatore inglese che ha messo in ginocchio due settimane fa il colosso bancario Ubs, hanno l’aria di essere una sorta di conferma ai risultati dello studio svolto ora dall'Università di San Gallo. Difatti, il tempismo è perfetto: il giovane broker è stato nel frattempo accusato di una frode da 2,3 miliardi di dollari (1 miliardo e 650 milioni di euro) ai danni della più grande banca svizzera. La domanda che molti osservatori si sono posti: Perché lo ha fatto? E ancora: cosa non funziona con le banche, ma soprattutto con quei giovani professionisti della Borsa? La risposta dei ricercatori svizzeri: si comportano in maniera più spietata e manipolatrice degli psicopatici. LO STUDIO - Sono stati presi in esame l’impegno a cooperare e l'egoismo di 27 operatori professionisti, in gran parte impiegati presso banche svizzere, ma anche trader che lavorano nel commercio delle materie prime e degli hedge fund, i fondi speculativi. Dall’altra parte uno studio effettuato in precedenza su 24 persone con gravi problemi psichici e ricoverate in cliniche in Germania e un altro, svolto su un gruppo di controllo di 24 persone «normali». Ebbene, i soggetti hanno sostenuto prove di simulazioni al computer e sono stati sottoposti a test d'intelligenza. Alla base degli esperimenti c'era il noto gioco a somma zero, in cui se uno guadagna l’altro perde. Le conclusioni hanno addirittura superato le aspettative del team messo insieme da Pascal Scherrer e Thomas Noll, il primo un esperto forense, il secondo psichiatra e direttore del centro di detenzione svizzero Pöschwies, a nord di Zurigo. «Naturalmente non si possono mettere sullo stesso piano gli operatori di Borsa con i disturbati mentali», ha spiegato Noll alla Neue Zürcher Zeitung. Tuttavia, aggiunge il coautore Noll: «In certi casi i trader si sono comportati in modo più egoista, più aggressivo e sono risultati più inclini al rischio rispetto al gruppo di psicopatici che hanno completato lo stesso tipo di test». INCLINAZIONE A DISTRUGGERE - Noll ha sottolineato che con il loro comportamento spesso senza scrupoli, i trader - che maneggiano quotidianamente azioni, derivati o cambi - non hanno nemmeno superato l'obiettivo del guadagno assoluto in raffronto con gli altri gruppi. Invece di lavorare in modo oggettivo e sobrio per un profitto più alto, «hanno soltanto cercato di ottenere più dei loro avversari. E per danneggiarli hanno speso molte energie». In altre parole: è un po’ come se il vicino di casa avesse la stessa nostra macchina e «si andasse da lui con la mazza da baseball per distruggerla. Il tutto solo per avere l'auto più bella nel quartiere». Gli studiosi, riferisce Nzz nella sua versione online, non sanno spiegarsi questa inclinazione alla distruzione. Copyright © Corriere della Sera. All rights reserved Trader shock: "sogno una Goldman governera' il mondo" recessione, Pubblicato il 27 settembre 2011 | Ora 15:11 Fonte: WSI New York - La conduttrice della Bbc deve aver pensato di essere la malcapitata protagonista di una qualche candid camera. Invece si e' trattato semplicemente della confessione sincera di un operatore di mercato che ha esposto come stanno veramente le cose nei mercati. In un'intervista concessa stamattina ai microfoni dell'emittente inglese, un trader semisconosciuto ha descritto in poco piu' di tre minuti quello che la maggior parte del mondo ignora, ma che analisti e banche sanno. "Mi spiace dirlo, ma sono giorni che sogno una nuova recessione. E' la verita', lo sanno tutti che c'e' chi si puo' fare tantissimi soldi grazie alla recessione", ha detto cinicamente Alessio Rastani. "Apprezziamo la sua franchezza, ma cosa dovrebbe pensare il resto d'Europa", ha risposto la conduttrice, attonita. In quella che sara' con ogni probabilita' la sua ultima apparizione in televisione, sicuramente nei canali piu' popolari come Cnbc e Fox, l'investitore si e' limitato a esporre la cruda realta' dei fatti: "La crisi economica e' come un cancro: se aspetti, aspetti e continui ad aspettare nella speranza che se ne vada, dai alla metastasi il tempo di espandersi e poi sara' troppo tardi". Difficile dare torto a Rastani su questo punto. Seppur con uno spietato cinismo il trader ha il merito di aver levato il velo sull'ipocrisia che circonda media, autorita' e mercati. Il presentimento e' che rimarra' inascoltato. Il nocciolo della teoria e' che la gente deve prepararsi al peggio, in prospettiva di uno scenario cupo, in cui la recessione spazzera' via i risparmi dei cittadini e arricchira' i potenti della finanza. "In meno di 12 mesi i risparmi di milioni di persone evaporiranno e ci troveremo in un mondo dominato da Goldman Sachs. La cosa peggiore da fare ora e' non fare nulla". Purtroppo all'orizzonte non ci sono molti finali alternativi a questo.