la peste a Taranto nel 1523 ed il trattato di Epiranio Ferdinando sulla malattia In una relazione del prof. Giulio Leccisotti sulla peste a Taranto nel 1945, si legge: «Benché situata all'estremità della Penisola, su quel Mediterraneo che tanto interesse offre dal lato sanitario e che per la peste è la via tradizionalmente seguita nelle sue invasioni del continente europeo, Taranto, a differenza di più lontani porti italiani, era stata finora sempre risparmiata dalla malattia. Essa ne restò indenne anche nella celebre epidemia del 1656 che infierì particolarmente a Napoli e in tutto il Mezzogiorno d'Italia, e nessun contagio seguì nel 1927 alla morte accertata per peste a bordo di una unità militare » (1). Ma se è vero che Taranto e l'intera antica provincia di terra d'Otranto rimasero indenni durante la terribile peste che infierì nel regno di Napoli nel 1956 — le popolazioni salentine attribuirono il prodigio a S. Oronzo (2), onde l'esplosione quasi fanatica del culto per il santo, che fin'allora era stato dimenticato — non è esatto che nella città. bimare non si siano verificate altre epidemie di peste bubbonica. Scrive il Merodio: «Era l'anno 1485 quando la peste più fiera dissestò l'Italia per cui la Terra di Corato al sommo afflitta da quel male, non trovando rimedio in terra ebbe ricorso al cielo. La città di Taranto fu anco afflitta da quel pestifero male, ma non compiacendosi il nostro Dio liberarla all'ora ad intercessione del medesimo santo [Cataldoi da quel travaglio, si vidde prodigiosamente in una imagine del santo dipinta nell'antico Confalone della fraternita dedicata al suo nome ed hora detta di S. Caterina, comparire nel volto di detta imagine il segno della peste, che si vedeva negli appestati: quasi ch'egli amore- (1) PROF. GIULIO LECCISOTTI, La peste bubbonica a Taranto nell'autunno 1945, in Rassegna e bollettino di statistica [del] Comune di Taranto, a. XXVI (1957), n. 2, pg. 15. (2) Infatti la iconografia popolare, di cui esibisco un saggio della mia collezione alla fig. 1, raffigura costantemente S. Oronzo in atto di protezione sul cielo della città di Lecce mandando un angelo armato per scacciare la peste rappresentata da una donna macilenta e scarmigliata che si allontana atterrita da Porta Napoli, ch'è pur difesa da un mastino appiattato sotto di essa porta. 12 Provincia di Lecce - Media teca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce volissimo padre s'infermava nulli suoi figli; e non compiacendosi Dio benedetto concedergli grazia, partecipava in quel modo che poteva alle loro sventure. Si conserva detta immagine miracolosa nella Chiesa di detta ,Confraternita in una cappella al medesimo santo eretta» (3). Quel che dice il Merodio è indirettamente confermato da una notizia di cronaca, che forse esagera la cifra delle vittime della peste a W*3 wWWW W66 W6 :1.;6‘6'w ora W6 WWW ,W ~ ziroxi,/,„Aripr/Aori, »47,#r,o0 , • Fig. 1 S. ORONZO che scaccia la peste dalla città di Lecce ín una stampa popolare del sec. XVIII (Collez. N. Vacca) (3) AMBROGIO MERODIO, Historia tarentina, Copia manoscritta, in BIBLIOTECA PROV. DI LECCE, Mss., vol. 206, pag. 466-67. E' strano assai che GIOVANNI DE VINCENTIIS a pg. 189 della sua Storia di Taranto di Merodio e di altri autori (Taranto, Liuzzi, 1865), mentre riferisce che infierendo a Corato la peste nel 1485, fu eretta in quella città una chiesa dedicata a S. Cataldo, non riporta il resto della notizia, certamente attinta dal Merodio, in cui si parla che la pestilenza si verificò anche in Taranto, proprio nella città di cui compilò la storia! 13 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Lecce, se non si deve intendere la cifra riferita a tutta la provincia: «In quest'anno in Lecce vi fu penuria grande e le genti si morivano di fame, ed inoltre ci fu gran pestilenza talmentecché ne morirono da circa 12 mila» (4). Ma sulla grande pestilenza del 1523, che come una calamità apocalittica si abbatté su Taranto, invano cerchereste notizie nelle fonti finora note, poiché, ch'io sappia, sono concordemente mute. Per giunta in quell'anno sembra che non si sia verificata peste non solo nelle contrade più. vicine a Taranto, ma neanche nelle altre regioni continentali del regno napoletano. Trovo soltanto che nel 1520 infierì in Lecce dove, al dire dell'Infantino, « mori gran parte del popolo > (5); nel 1522 a Trapani (6) e a Roma (7) e, nel 1523, soltanto nell'Italia settentrionale, precisamente a Milano, ove fu « pestis maxima » (8). Quindi la pestilenza che mi accingo a descrivere è da considerarsi circoscritta alla . città di Taranto e come tale rientra tra le pestes privatati et particulares, secondo la classifica del Ferdinando, anche se la malattia prima e dopo il 1523 serpeggiasse più o meno intensamente nelle regioni vicine e lontane del regno napoletano, per esempio: a Galatina nel 1513 (9) e nel 1528 (10); a Mesagne, nel 1527-28 (11), nel 1526 a Brindisi (12); e nel 1516 e nel 1527-28 a Napoli durante l'assedio del Lautrech (13). Della peste a Taranto nel 1523 nessuna informazione avremmo avuto se non vi fosse stato il cinico avvoltoio che non manca quasi mai ,di approfittare nelle pubbliche calamità. Il Memoriale dell'Università al Regio Collaterale Consiglio non precisa in quale mese ebbe inizio e quanto durò l'epidemia. Ma in esso si legge che nel mese di giugno dell'XI a indizione (1523) la peste aveva raggiunto il suo acume per cui la povera cità se abrusava... senza remedio alcunò de posserese ajutar, se non solum quello che poteva venire data misericordia di Dio. (4) BERNARDINO BRACCIO, Notiziario o parte d'Istoria di Lecce, in appendice alla Rivista storica salentina, pg. 9. (5) GIULIO CESARE INFANTINO, Lecce sacra, Lecce, Micheli, 1634, pg. 14. (6) C. GUIDA, Pietro Parisi medico trapanese e il suo "trattato della peste"... in Rivista-LepstilnzaTr 1270,345 neicrostdlaà, sanitaria siciliana, a. 1930, pgg. 467-482. (7) EPIPHANIO FERDINANDO, Aureus de peste libellus (sul quale mi soffermerò oltre), pg. 38. (8) Ivi. (9) ALESSANDRO TOMMASO ARCUDI, Istoria della Terra di S. Pietro (scritta intorno al 1672) ms. inedito da me posseduto, pgg. 171-175;. in Galatina Memorie storiche della città di Galatina, ivi, Mariano, (10) BALDASSARRE PAPADIA, (12) ANDREA DELLA MONICA, s.a., [ma 1937], pg. 60 (ristampa dell'edizione del 1792). (11) EP. FERDINANDO, op. cit., pgg. 14, 24. Micheli, 1674, pg. 622. (13) G. A. Memorie historiche della Città di Brindisi, Lecce,. SUMMONTE, Dell'Historia della città e regno di Napoli, ivi, PIETRO GIANNONE, Istoria civile del regno di Napoli, 1675, Torno 4°, pg. 42; 1763, vol. IV, pg. 30. Bulifon, Palmjra,. 14 Provincia di Lecce - Media teca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce o o CD cc C12 C egi Come sempre succede in tali congiunture, chi può fuggire, fugge, ed il Capitano della Città, Camillo Dentice, con l'intera famiglia, fu il primo che se ne absentò, forse più seguendo l'istinto che il non necessario consiglio che sub silentio, ,cioè confidenzialmente, davano i medici come principale rimedio preventivo contro la peste (14). Il flagello infierì cussì crudelmente... che foro morti da decimilia persuni de modo ditta cita restò nel mese di agosto vacua et dissolata. A sostituire il Capitano ,coraggiosamente fuggito era rimasto il suo luogotenente Gaspare Lo Patrello, il quale fu lo sciacallo nella sventura generale. Nell'agosto nominò di suo arbitrio sindaco ed ordinati, la maggior parte suoi parenti, che secondarono la sua cupidigia e furono gli strumenti delle sue estorsioni in danno della desolata città. Il Lo Patrello s'impadronì armata manu delle entrate dell'Università, disponendone a suo libito; essendogli morti di peste due suoi schiavi, si fece assegnare una lauta pensione sua vita natural durante ed infine s'impossessò di gran parte della somma di 500 ducati che la R. Corte aveva concesso in prestito alla città per la congiuntura. Finita, non sappiamo quando, la terribile pestilenza, nell'ottobre del 1524 l'Università denunciò al Collaterale Consiglio tutto ciò chiedendo di costringere il malversatore ,a restituire il maltolto (15).. Approssimativamente diecimila furono, dunque, le vittime della peste denunziate dalla Università. E noi, per ora, dobbiamo accettare questa cifra, non avendo altre fonti per controllarla. Né abbiamo disponibili altre fonti sincrone per potere accertare, sia pure approssimativamente, la popolazione di Taranto nel 1523, allo scopo di stabilire la percentuale delle vittime sul numero degli abitanti. Ma qualche indizio postumo sulla cifra della popolazione ce lo esibisce il ,Giustiniani il quale, su documenti dell'Archivio di Napoli esistenti ai suoi tempi, ci riferisce che un decennio dopo, nel 1532, Taranto era tassata per 2191 fuochi (16). Calcolando, come comunemente si fa, 5 persone per ogni fuoco, o famiglia, Taranto, un decennio dopo la peste, aveva una popolazione ,che si aggirava intorno ai 10-11 mila abitanti. Dato che io ho riferito per compiutezza d'indagine, ma che non credo possa essere utilizzato . per tentare un rilievo statistico. Nel 1525 Taranto fu visitata da Leandro Alberti che la trovò molto decaduta in rapporto allo splendore di cui parlano gli scrittori (14) ARTURO CASTIGLIONI, I libri italiani della pestilenza, in II volto di Ippocrate, Milano, Soc. Ed. « Unitas », 1925, pg. 165. rsità ed il provvedimento del R. Collaterale Con(15) Leggi il ricorso dell'Unive siglio in APPENDICE. (16) LORENZO GIUSTINIANI, ivi, 1805, vol. IX, pg. 134. Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, 16 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce antichi, ma non accenna alla peste che l'aveva desolata appena due anni prima (17). Fig. 3 - il frontespizio dell' « Aureus de peste libellus » Kpilaai0 Ferdinando (17) Tuttavia qualche notizia sí può utilizzare : « Dell'antica città veggonsi i vestigi della sua grandezza e del Teatro, di molti sontuosi edifici... (LEANDRO ALBERTI, Descrittione di tutta Italia, in Venetia, MDLXVII, fi. 231t). Nel 1525, dunque, non tutto era ancora distrutto della città greca. 17 2 - LA ZAGAGLIA Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce L'argomento della peste nelle nostre contrade mi porge il pretesto per parlare di un rarissimo curioso trattatello su di essa scritto da Epifanio Ferdinando da Mesagne che ai suoi tempi godé fama di ottimo medico. Nato nel 1569, studiò prima filosofia e poscia medicina nello Studio di Napoli, ove fu discepolo di Bernardino Longo e di Antonio Mazzapinta da Montesardo, laureandovisi nel 1594. Tornò a Mesagne dove nel 1605 fu sindaco e dove esercitò con successo la medicina tanto che spesso veniva richiesto come consulente in tutta la regione salentina. Medico ordinario dei principi di Avetrana nel 1616 seguì Giulia Farnese, moglie di Giov. Antonio Albricci II, nel viaggio che fece a Roma e a Parma. In queste città si fece molto apprezzare da medici e da persone colte tanto che, secondo il suo primo biografo, dall'ambasciatore di Venezia a Roma sarebbe stato invitato ad insegnare nello studio di Padova. Ma il Ferdinando non avrebbe accettato perché voleva tornarsene in patria (18). Diffusero ancor più la sua fama le varie opere che scrisse, alcune delle quali furono pubblicate ed altre rimasero manoscritte (19). Mori in Mesagne il 6 dicembre 1638. Chi voglia saperne di più della sua vita, ricorra alle citate opere del De Angelis e del Profilo, che al De Angelis si rimena, con raccomandazione di potarle delle esagerazioni in esse contenute. Il fac-simile del frontespizio dell'Aureus de peste libellus del Ferdinando, che qui si pubblica (fig. 3), rende pleonastica una descrizione bibliografica di esso (20). Due cause spinsero il Ferdinando a scriverlo: l'orrendo ricordo della terribile peste che infierì a Mesagne nel 1527-28, peste della quale fu intrepido osservatore e cronista un suo prozio. Poiché dice che « expertus est » e la peste mesagnese « propris oculis vidit » egli farebbe pensare che il suo antenato sia stato medico. Ma non si ha ricordo, come per i discendenti, di ascendenti medici del Ferdinando. Si può ragionevolmente congetturare che l'avanculus sia il canonico Tommaso Geofilo che lasciò una cronaca manoscritta, ora smarrita, nella quale parlava della peste mesagnese di quegli anni, come c'informa Diego Ferdinando (21). (18) DOMENICO DE ANGELIS, Vita di Epifanio Ferdinando, in Vite de' letterati salentini, Napoli, Raillard, 1713, vol. II, pg. 223. (19) Vedine il' Catalogo in DE ANGELIS cit., pgg. 229-230 e in ANTONIO PROFILO, Vie, piazze, vichi e corti di Mesagne, Ostuni, Tip. « Ennio », 1894, pgg. 254-256. (20) E' sufficiente aggiungere ch'è di pagine numerate 113 e di 11 innumerate di indice; è rilegato in pergamena, in 8°. L'esemplare, rarissimo, mi fu favorito dal prof. Noè Scalinci che fu insigne oftalmologo e storico della medicina. (21) DIEGO FERDINANDO, Messapographia seu Historia Messapiae, libro 4°, cap. 15 (ms. posseduto dalla BIBLIOTECA ARCIVESCOVILE « DE LEO » di Brindisi). Per Tommaso Geofilo, V. PROFILO, op. cit., pgg. ESD-ESE. 18 Provincia di Lecce - Mcdiateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce La seconda ragione che lo spinse a scrivere il libellus fu l'imperversare della peste nel 1623 a Roma e a Napoli per cui si sentì in dovere di raccogliere quanto egli sapeva sulla malattia allo scopo di preservare . dal flagello che minacciava da lontano la propria patria (pp. 14-15). ,o itto @ALI' imr~,~34"#/ r , vvvyvvv~,- ,rrvvvv ,„ ,r7z'ttifit," WittAtatt Ar~r Fig. 4 - EPIFANIO FERDINANDO. DA MESAGNE, alibi e dell' « Aureus de peste libellus ».. (Incisione di F. De Grada nelle « Vite de' letterati salentini » del De Angelis). Ma il libretto non è, purtroppo, il risultato di osservazioni personali, poiché durante l'esercizio della professione auctor non vidit 19 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce pestem (p. 96). Nel redigere l'opera, fu costretto a condensare il frutto delle proprie letture dai primi secoli ai suoi giorni. E' dunque un'opera scritta ex libris, e come tale si presta ad una facile critica demolitrice che sarebbe di pessimo gusto. Come lavoro di compilazione è certamente ammirevole in quanto dimostra una conoscenza larga e profonda di tutta la letteratura sull'argomento, citando onestamente le fonti d'informazione. Dopo una larga scorsa storica, il Ferdinando segnala quelli che ai suoi tempi erano ritenuti i segni premonitori dell'epidemia; le varie forme come si presenta la malattia, i vari rimedi, i consigli igienici da osservare per evitarla, tra cui primo: quello che istintivamente è seguito da tutti: chi può fuggire, fugga. Certo muove il riso oggi leggere che Lemnio riteneva utile contro la peste, alle prime avvisaglie, di far sparare cannoni (Pestes bombardarum sonitu expulsae) e mortaretti di notte, nonché suonare le campane. Certo muove il riso oggi leggere che Antonio Prato consigliava come rimedio lo sterco di gallina o di colombo (pp. 26-27). Il Ferdinando consigliava di far accendere legna odorosa nelle fornaci dei figuli, ch'erano molte in Mesagne, per purificare l'aria (p. 98), consiglio che ripeteva nell'altra sua opera De coelo messapiengi (22). Ma non c'è da ridere se consigliava di non fare stagnare l'acqua, come a Ceglie del Gualdo (attuale Ceglie Messapico) dove, fuori le mura, per la macerazione del l i no, le acque erano fetentes ed ammorbavano l'aria (p. 47); non c'è da ridere se consigliava l'espurgo delle fogne, la pulizia delle strade, il seppellimento in fosse profonde dei cadaveri e delle carogne degli animali, l'isolamento dei malati e dei sospetti, di far murare le case degli appestati, l'abbruciamento della biancheria degli stessi, e di guardarsi dalle vespe che possono essere veicolo della malattia. I rimedi, che sull'autorità dei più reputati medici dell'antichità consigliava, certo fan ridere della loro ingenuità. Ma noi medici di oggi non ridiamo dei rimedi prescritti da noi stessi con fiducia ai nostri malati solo qualche anno fa? I progressi della terapia fino a qualche decennio addietro sono stati lentissimi, non senza ritorni a concezioni ritenute sorpassate, onde non deve far meraviglia quel che consigliavano i medici che ci hanno preceduti, né farci corrivi a condannare sommariamente questo libellus ferdinandeo che, se non è più oggi nec aureus, nec utilis, è certamente varius et curiosus di molta erudizione e dimostra nel suo autore un oculato aggiornamento delle conoscenze che si avevano agli inizi del seicento sulla terribile epidemia contro la quale imploriamo, intonandolo col Ferdinando il nostro Libera nos, Domine! NICOLA VACCA (22) Cfr.: NICOLA VACCA, La ceramica salentina, Lecce, 1954, pg. 69. ZO Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce APPENDICE Per parte dela Università dela cita de Taranto è stato presentato in lo R. Collaterale Consiglio memoriale del tenore seguente : Sacro R. Collaterale Consiglio la Università et homine de Taranto fanno intender ad quello : come in lo anno XIa indiz. in quella dicta povera cita era cossì crudelmente flagellata dala peste et proprie nono mensis Iuni quando dicta cita se abrusava et totalmente indisperato senza remedio alcuno de posserese adj tar, ma solum da la misericordia di Dio, lo magnifico Camillo Dentice allhora Capitano in quella per trovarse con la mogliere figlioli et la Casa in dicta cita sene absentò : restando luogotenente uno citatino nomine Gasparro Lo patrello con lo sindaco et altri ordinati, dove foro morti da decemilia persuni : de modo dicta povera cita restò vacua et dissolata : et essendo in lo mese de augusto lo dicto Gasparro creò et fe novo sindico et ordinati ad suo modo et la major parte de sui parenti et amici e de persune molto inabile per lo che dicto Gasparro avendo la Università ad suo modo ultra che et de continuo per suo officio la dicta universita per sua , provisione ducati quindici per omne mese et ducati nove lo mese per soi famigli et altri extorsioni et insolensie ma etiam essendo morti in dicta peste dui soi scavi se le fe pagare da dicta Universita in perpetuum sua vita durante onze dudece quibus anno fandosene fare un ampio privilegio con clausole exorbatissime et inaudite con multi derucatiune etiam che nonobstante qualsevoglia necessità de dicta Università et servizio Regio non se li potessero impedire ma propria autorità et armata manu se li potesse pigliar da tutte le entrati de dicta Universita : del che se ne fe pigliare ducati trentasei, licet da pò scornato lo renunciasse questo privilegio ma non restituete li dicti ducati 36 de modo che ebbe in quello poco tempo tra questi 36 ducati et cento de oro per la morte de li scavi ultra li 150 ducati se li pigliò per cunto de sua provvisione hebbe ducati 150 che tutti ascendeno alla summa de docati triciento quali denari foro de quelli 500 ducati che la R. Corte improntò ad dieta Universita per subsidio et ajuto de la peste : alli quali dicta povera Università al presente è astrecta pagarli. E perché dicta povera cita se trova exausta et minata et con excessivi debiti che non havria lo modo de pagar un quatrino : ha revocato tucti donatiune relaczatiune de pagamenti facti indebitamente in lo dicto anno proximo XI a Inditionis per dicta Universita et quelli recuperare et possersene subvenire ad tanti loro excessivi bisogni et precise gli ultimi 150 ducati pagati ad dicto Gasparro indebitamente et contra la forma de li Capituli de epsa Universita quale voleno che quando se relapsa o pagha simile cosa se faczano per ballotte et non per voce et Io dicto Gasparro se li fe paghare ad vuce contro lo tenor de dicti Capituli et de omni jurispositione : pertanto supplicano V.S.I. se degnano ordinare al magnifico Capitano seu suo locotenente de dieta cita habbia de continente simpliciter et de plano sine strepitu et figura juditii constrengere il dicto Gasparro ad restituire et pagare li dicti ducati 150 ultimi ad esso pagati per dìcta Universita aczò con quelli se ne possa dieta. povera cita subvenire in parte de sui bisogni, remota omni excep Lione etiam fori aczò la Justitia abbia suo loco : lo quale Memoriale per dicto R. Collaterale Consiglio.... Napoli, 13 ottobre 1524. (ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, R. Camera della Summaria, Partiwn, vol. 13, foll. 48-49). Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce