COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.04 Pagina 1 DYNAMIC 37660 LIVE RECORDING COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.05 Pagina 2 ATTILA 1 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 1 33732 LIVE RECORDIN G ATTILA Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) Dramma lirico in one prologue and three acts Libretto by Temistocle Solera ATTILA: Orlin Anastasov ODABELLA: Radostina Nikolaeva EZIO: Ventseslav Anastasov FORESTO: Daniel Damyanov ULDINO: Plamen Papazikov LEONE: Dimitar Stanchev ORCHESTRA AND CHORUS OF THE SOFIA NATIONAL OPERA CONDUCTOR: Alessandro Sangiorgi DIRECTOR: Plamen Kartaloff SET DESIGNERS: Plamen Kartaloff, Boris Stoynov COSTUME DESIGNER: Lyubomir Yordanov ASSISTANT DIRECTOR: Vera Petrova CHORUS MASTER: Violeta Dimitrova FILMED BY: TV1 VIDEO DIRECTOR: Plamen Kartaloff SOFIA NATIONAL OPERA BULGARIA 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 2 ITALIANO N el catalogo delle opere verdiane, Attila, rappresentato per la prima volta al Teatro la Fenice di Venezia nel 1846, occupa, cronologicamente, il nono posto, collocandosi tra l’Alzira (Napoli, San Carlo, 12 agosto 1845) e il Macbeth (Firenze, Teatro alla Pergola, 14 marzo 1847). Alla F enice Verdi aveva trionfato, appena due anni prima, nel marzo del 1844, con l’Ernani, su libretto (primo di una lunga serie a venire) di Francesco Maria Piave, a quel tempo giovane e ancora abbastanza inesperto “poeta” stabile del teatro lagunare: la commissione di una nuova opera per la stagione 1845/6 era stata la naturale conseguenza di quel successo. Per il soggetto della nuova opera, V erdi si orientò sul dramma di un autore tedesco, l’Attila, König der Hunner (Attila, re degli Unni) di Zacharias Werner (1808), nel quale “aveva trovato quel genere di romanticismo pittoresco, un po’ d’accatto nei motivi medievaleggianti, corruschi e ricchi di atteggiamenti plateali, che correvano nel sottobosco teatrale tedesco e che parevano fatti apposta per diventare libretti d’opera. Al solito, l’originale offriva una sceneggiatura già pronta, da sfrondare e da verseggiare secondo gli schemi rituali del melodramma” (Claudio Casini). Il soggetto era semplice e di un’efficacia e grandiosità quasi primitive, adattissime dunque alle corde del giovane Verdi. Forse fu per questo motivo che il compositore, dopo aver comunicato le idee del nuovo soggetto a Francesco Maria Piave, decise improvvisamente di cambiare librettista e di affidarsi al più esperto Temistocle Solera, l’autore di Oberto, Nabucco, I Lombardi alla prima crociata e Giovanna d’Arco. Fu una scelta infelicissima perché Solera, dopo aver steso la trama del libretto e verseggiato il prologo e i primi due atti, nell’agosto del 1845 se ne fuggì in Spagna. Qui si diede per qualche tempo all’attività di impresario teatrale al seguito della moglie, il soprano Teresa Rosmini, lasciando Verdi nelle peste, ma autorizzandolo a rivolgersi, se lo riteneva necessario, a Francesco Maria Piave. Da quell’uomo 2 modesto e devoto al compositore che era, Piave si sobbarcò serenamente il compito di portare a termine l’ultimo atto del libretto, ma, su suggerimento di Verdi, sostituì il finale corale previsto da Solera con uno scontro tra i protagonisti. N onostante le difficoltà che ne avevano visto la nascita, il libretto trovò alla fine la piena approvazione di Verdi, che in una lettera a Léon Escudier, suo editore francese, non riuscì a trattenere il suo entusiasmo per il nuovo lavoro che si accingeva a compiere: “A giorni comincerò l’ Attila per Venezia, che è un soggetto stupendo… Come sarebbe bello l’Attila pel Grand Opéra di Parigi! Vi sarebbero soltanto da aggiungere poche cose, e tutto il resto andrebbe bene”. Analoghe considerazioni furono espresse in quei giorni anche al librettista romano Jacopo Ferretti: “Sono occupatissimo per l’Attila! Oh, il bel soggetto! Ed i critici potran dire quel che vorranno, ma io dirò: Oh il bel libretto musicabile!”. Il “bel soggetto”, così come Solera era venuto rielaborandolo, costituiva senza dubbio un completo stravolgimento della tragedia di Werner, che Julian Budden ha giustamente definito “un’incredibile farragine teutonica”. Solera, patriota convinto, aveva capito che il vento stava ormai tirando dalla sua parte, e si era dunque adoperato per far sì che nell’opera comparissero impliciti ma chiarissimi appelli all’irredentismo italiano. Occorre ricordare, infatti, che nel 1846, anno in cui Attila fu dato a V enezia, i cittadini veneziani erano ancora sudditi dell’Impero austro – ungarico, verso il quale – nonostante gli odierni ridicoli tentativi di riscrittura della storia – non mostrarono mai alcuna simpatia. Solera modificò liberamente l’ordine delle scene e per compiacere i veneziani fece terminare il Prologo, che si apre sulla piazza di Aquileia conquistata e distrutta dai barbari, con la scena della fondazione di Venezia, città destinata a diventare ancora più bella e importante della distrutta Aquileia. Inoltre la frase che il generale Ezio rivolge ad Attila, “ Avrai tu l’universo, resti l’Italia a me”, che nel libretto 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 3 altro non significa che una pura e semplice proposta di accomodamento tra il soldato romano rotto agli intrighi e il re barbaro, fu interpretata erroneamente dal pubblico come un riferimento implicito alla condizione politica italiana, e accolta sempre da grande entusiasmo. In effetti, ciò che V erdi cercava nel libretto, col consueto infallibile intuito, era un tono magniloquente, capace di suscitare un entusiasmo civile e patriottico, e Solera seppe adeguatamente accontentarlo. Dal punto di vista musicale, l’opera è stata giustamente definita “scultorea”, nel senso che, se la psicologia dei personaggi – a differenza di quanto accadrà di lì a un anno nel Macbeth – è descritta sommariamente e non ha alcun rilievo nello sviluppo della vicenda, l’impeto eroico e drammatico dell’invenzione teatrale è addirittura travolgente. Senza dubbio significativo è il fatto che accanto al re barbaro e al soldato romano, anche l’unico personaggio femminile, quello di Odabella, presenti caratteri eroici e guerreschi; la giovane, infatti, intende vendicare la morte del padre, ucciso da Attila, e riuscirà a realizzare il suo scopo alla fine dell’opera quando, con Foresto e Ezio, parteciperà all’uccisione del re barbaro, pugnalandolo personalmente al cuore. Alla prima esecuzione dell’Attila, il 17 marzo 1846, nei ruoli principali cantarono il basso Ignazio Marini (Attila), il baritorno N atale Costantini (Ezio), il soprano Sofia Loewe (Odabella) e il tenore Carlo Guasco (Foresto). La prima rappresentazione ebbe un successo contrastato, anche per colpa della modesta forma dei cantanti e di uno di quegli incidenti che sono così caratteristici della storia del teatro. Pare infatti che le candele che illuminavano la festa di Attila nell’atto secondo fossero state fatte con un sego di qualità scadente, che puzzava in modo molto fastidioso dopo che queste erano state spente, con grande fastidio degli spettatori. Il successo, tuttavia, crebbe di recita in recita, e l’opera si affermò ben presto trionfalmente in tutta Italia. Come scrisse Benjamin Lumley nelle sue memorie, forse nessuna delle opere di V erdi aveva suscitato più entusiasmo in Italia o coronato il compositore di più numerosi allori dell’ Attila. Dopo il 1861 e la proclamazione del Regno d’Italia, il clima di acceso patriottismo che aveva portato al successo questa ed altre opere verdiane si affievolì notevolmente, e la fortuna di Attila cominciò a decrescere, pur senza venire mai meno. Danilo Prefumo 3 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 4 PROLOGO La città di Aquileia è stata semidistrutta dalla invasione degli Unni al comando del feroce Attila. Un gran numero di Unni, Eruli ed Ostrogoti rende omaggio al condottiero. Uldino, un giovane bretone schiavo di Attila, presenta al vincitore un gruppo di vergini di Aquileia scampate al massacro dopo aver valorosamente combattuto al fianco dei loro padri e fratelli: fra esse è Odabella, che ha visto perire il proprio padre e crede perduto anche Foresto, l ‘uomo che amava. Attila, colpito dalla bellezza e dalle fiere parole della fanciulla, se ne innamora e le fa dono della sua spada, ordinando che assieme alle altre vergini, Odabella sia condotta al campo e faccia parte della sua corte. Odabella cinge la spada di Attila, fingendo di sottomettersi all ‘invasore, ma meditando la vendetta. Allontanate le donne, viene introdotto Ezio, valoroso generale romano che, in odio al giovane imperatore V alentiniano, viene ad offrire ad Attila il suo aiuto per le future conquiste, pur di avere in cambio l’Italia. Ma Attila rifiuta sdegnosamente ogni compromesso: egli vuole conquistare Roma e le città italiche con la forza. Colpito, Ezio ribatte che se Attila non lo vuole alleato, lo avrà, come nel passato, valoroso nemico sul campo di battaglia. A Rio Alto, nelle lagune adriatiche, gli Eremiti che vivono nelle capanne costruite su palafitte accolgono gioiosamente le donne e gli uomini di Aquileia, che sarà presto ricostruita più forte e più bella. La nuova città sarà, anzi, edificata sulle palafitte su cui sorgono ora le misere capanne degli Eremiti. I profughi ringraziano Iddio e gli Eremiti per l’aiuto. Solo Foresto è inconsolabile, perché la sua Odabella è caduta in mano al barbaro guerriero. P oi si esalta nella visione profetica di una patria risorta. ATTO I Un bosco presso il campo di Attila. E ‘notte: Odabella piange il padre e l’amato F oresto, quando sopraggiunge quest ‘ultimo, che è riuscito a raggiungerla sfidando mille perico- 4 li. Il giovane, credendo che Odabella lo abbia tradito, investe aspramente la fanciulla, ma ella si difende disperatamente dalle accuse: ella sarà come Giuditta che salvò Israele uccidendo Oloferne. Per questo ha accettato di seguire Attila ed ha cinto la sua spada: con questa spada ella vendicherà la patria, uccidendo l’invasore. Pentito, Foresto abbraccia Odabella, rinnovandole il suo amore. La tenda di Attila. Il condottiero dorme, vegliato dallo schiavo Uldino. Improvvisamente si sveglia in preda al terrore: gli è apparso in sogno un vegliardo, che, venendogli incontro, gli vietava l’ingresso a Roma, terra di Numi e non di comuni mortali. Ripresosi e convocati i suoi duci, Attila ordina che squillino le trombe per muovere contro Roma, ma si ode un coro mistico che si fa sempre più vicino. Dalla collina avanza un lungo corteo di vergini e di fanciulli romani. Alla loro testa è P apa Leone, il vegliardo che Attila ha sognato, che gli ripete le fatali parole. Tutti restano sorpresi e smarriti, e più degli altri Attila che, sopraffatto da invincibile terrore, si prostra dinanzi a Leone, rinunciando alla conquista di Roma. ATTO II Il campo di Ezio in prossimità di Roma. Il generale romano legge con ira una lettera dell’imperatore Valentiniano, che gli annuncia la tregua con gli Unni e gli ordina di ritornare a Roma. Egli sogna di riportare la città agli antichi splendori, sottraendola al comando di un imbelle giovinetto. Giungono degli ambasciatori di Attila ad invitare Ezio al campo. Fra essi, travestito, è F oresto che, rimasto solo con Ezio, gli rivela che Attila sarà ucciso in quello stesso giorno: le schiere romane siano pronte ad un suo cenno. Quando vedranno un fuoco divampare dalla collina, si gettino sugli Unni che, privi del loro capo, saranno in breve sconfitti. Il campo di Attila. N ella notte rischiarata dalle torce si prepara un solenne convito. Attila, con il suo seguito, riceve Ezio e lo invita a suggellare la tregua. Foresto avverte nascostamente Odabella che nella tazza che fra poco Attila porterà alle labbra Uldino 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 5 ENGLISH ha versato un potente veleno. Ma proprio mentre Attila sta per bere, Odabella, che vuole il nemico ucciso di mano sua e non per il tradimento di uno dei suoi fidi, avverte il condottiero, salvandolo. Foresto si proclama colpevole ed ha salva la vita solo perché Odabella lo chiede ad Attila in cambio della sua rivelazione. Mentre Attila annuncia per l’indomani le sue nozze con Odabella, ora ben degna di essere sua sposa, e il suo proponimento di riprendere la lotta contro Roma, Foresto maledice Odabella per quello che egli crede un atroce tradimento. E invano la fanciulla lo supplica di fuggire, assicurandolo che fra poco ella potrà avere intero il suo perdono. ATTO III N el bosco che divide il campo di Attila da quello di Ezio. Foresto attende che Uldino gli rechi notizie delle nozze di Attila con Odabella. Uldino annuncia che il corteo sta accompagnando la sposa alla tenda del condottiero. Le schiere romane stanno in armi al di là del bosco, e F oresto invia Uldino a dar loro il segnale dell’attacco. Mentre il giovane ancora impreca per il tradimento di Odabella, la fanciulla giunge correndo, fuggita dal campo barbaro; la segue, fuori di sé, Attila, che viene investito da tre nemici: Odabella gli ricorda la morte del padre, Foresto, la patria ed il suo amore distrutti, Ezio, tutti i suoi delitti e la distruzione che ha portato nel mondo. Mentre si ode il clamore dell’assalto romano al campo di Attila, Foresto si slancia a trafiggere il barbaro, ma è prevenuto da Odabella, che con la spada donatele dal condottiero compie finalmente la sua vendetta. In Verdi’s catalogue Attila, which was first performed at Venice’s La Fenice in 1846, is chronologically listed as his ninth work, coming between Alzira (N aples, San Carlo theatre, 12th August 1845) and Macbeth (Florence, Alla Pergola theatre, 14th March 1847). In V enice, Verdi had triumphed two years previously (March 1844) with Ernani, on a libretto – the first of many to come – by Francesco Maria Piave, the then young and still relatively inexperienced “poet” of the Venetian theatre; it was in the wake of that success that V erdi was commissioned to write a new opera for the 1845/46 season. As subject for his new work Verdi chose the tragedy Attila, König der Hunner (Attila, King of the Huns ), by the German playwright Zacharias Werner (1808), where “he had found that kind of picturesque Romanticism, somewhat clichéd in its flashy and gaudy Medieval themes, which snaked in the German theatrical underwood and seemed perfect for an opera libretto. As usual, the original work provided a ready -made script, only needing to be edited and versified according to the standard rituals of melodrama” (Claudio Casini). The subject was simple, effective and grandiose almost in a rough way, thus perfectly in tune with the young Verdi’s sensitivity. After having told Francesco Maria Piave of the new project, suddenly the composer had second thoughts about that librettist and turned to the more expert Temistocle Solera, the author of Oberto, Nabucco, I Lombardi alla Prima Crociata and Giovanna d’Arco. The move turned out to be a bad one, for Solera, after drawing up the plot and versifying the prologue and first two acts, in August 1845 flew to Spain. There he worked for some time as an impresario in the retinue of his wife, the soprano T eresa Rosmini, leaving Verdi in trouble but authorising him, if need be, to turn to Francesco Maria Piave. Piave, who was a mild man, devoted to the composer, serenely accepted the task of writing the libretto’s last act, replacing, on V erdi’s suggestion, Solera’s would-be choral finale 5 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 6 with a clash between the main characters. Despite its laborious birth, Attila’s libretto finally obtained the full approval of V erdi who, in a letter to Léon Escudier, his French editor, expressed all his enthusiasm for the new project: “In a few days I am going to begin the Attila for Venice, a wonderful subject… How great it would be to stage Attila at the Grand Opéra in P aris! We would only need to make a few additions, and it would work just fine”. Similar thoughts were also expressed to the Roman librettist Jacopo Ferretti: “I am extremely busy with Attila! What a fine subject! And let critics say what they want, for I will say: what a fine libretto to put to music!”. As a matter of fact, Solera had re-worked the “fine subject” and altogether transformed Werner’s tragedy, which Julian Budden had rightfully defined “an incredible T eutonic jumble”. Solera was a staunch patriot who had understood that Italian irredentism had the wind in its sails; he had therefore made sure to include in the opera implicit but very clear patriotic messages. It ought to be remembered that in 1846, the year of Attila’s Venice première, Venetians were still subjects of the Austro-Hungarian Empire, for which, despite some ridiculous modern attempt to show otherwise, they felt no special love. Solera modified ad lib the order of the scenes and, to please Venetians, ended the Prologue, which opens in the wrecked main square of an Aquileia conquered by Attila’s hordes, with the scene of the foundation of Venice, a city destined to become even more beautiful and important. Moreover, the Roman general Ezio’s words to Attila, “You may have the universe, but let Italy be mine”, which is none other than a wily proposition of settlement, were erroneously interpreted by the audience as implicitly referring to the Italian political situation, invariably arousing great enthusiasm. Indeed what V erdi, with his customary insight, sought was rhetoric capable of stirring civil and patriotic fervour , and Solera knew how to please him. 6 From a musical point of view Attila has been defined a “sculptural” work; and if the characters’ psychology – unlike in Macbeth, which would come a year later – has no great insight and little relevance in the unrolling of events, the epic and dramatic impact is overwhelming. Significant, to this end, is undoubtedly the fact that belligerent and heroic traits can be found not only in the Roman soldier and the Barbarian king but also in Odabella, the only female character: the young woman wants to avenge the death of her father, killed by Attila, and achieves her goal at the end of the opera when, with F oresto and Ezio, she takes active part in the king’s assassination, stabbing him of her own hand. In the first performance of Attila, on 17th March 1846, the main roles were interpreted by the bass Ignazio Marini (Attila), the baritone N atale Costantini (Ezio), the soprano Sofia Loewe (Odabella) and the tenor Carlo Guasco (Foresto). It was no great success, partly because the singers were not in top form and partly , perhaps, due to one of those incidents that are so characteristic in the history of the theatre: apparently the candles lit for Attila’s feast in Act Two were of poor quality and once put out produced an awful smell, causing great annoyance in the audience. Each following performance, however, met with increasing success, and the opera would soon be triumphant all over Italy. As Benjamin Lumley wrote in his memoirs, perhaps no other opera by V erdi was received more enthusiastically or won the composer more laurels than Attila. After 1861 and the proclamation of the Kingdom of Italy, the feelings of ardent patriotism that had contributed to the success of this and other Verdian operas gradually decreased. So did the fortunes of Attila, though they never really diminished completely. Danilo Prefumo (Translated by Daniela Pilarz) 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 7 PROLOGUE The city of Aquileia has been badly ravaged by the invasion of the Huns, led by the fierce Attila. A great number of Huns, Heruli and Ostrogoths pay homage to their leader . Uldino, a young Breton slave of Attila’s, introduces a group of virgins from Aquileia spared from the massacre after having fought courageously beside their fathers and brothers: among them is Odabella, who has lost both her father , killed before her eyes, and the man she loves, F oresto, whom she also believes dead. Attila, struck by her beauty and proud words, falls in love with her and gives her his sword, ordering that she be taken together with the other virgins to the camp, to become part of his court. Odabella belts on Attila’s sword, pretending to submit to the invader’s will but planning her revenge. As the women are taken away, Ezio, a valiant Roman general, is brought forward. He hates the young emperor Valentiniano, and comes to offer his help to Attila for his future campaigns, in exchange for the command over Italy . Attila refuses indignantly any co mpromise: he plans to conquer Rome and the rest of Italy through force. Troubled, Ezio answers that if Attila will not have him as an ally , he will have him, like in the past, as a brave enemy on the field of battle. At Rio Alto, in the Adriatic lagoons, the Hermits live in huts built on piles. They joyously take in the survivors from Aquileia, making plans to rebuild a stronger and more beautiful city. It shall also be built on piles, where the Hermits’ simple huts now stand. The refugees thank god and the Hermits for their help. Only Foresto is inconsolable, because his Odabella is in Attila’s hands. Then he is roused by the prophetic vision of his resurrected homeland. ACT ONE The woods near Attila’s camp. It is night; Odabella is mourning her father and her beloved Foresto when the latter arrives, having managed to come to her despite the great danger. The man thinks that Odabella has been unfaithful and attacks her bitterly , but she desperately defends herself against his accusations: she will be like Judith, who saved Israel by killing Holofernes. Only for this reason has she agreed to follow Attila and is wearing his sword. W ith this sword she will avenge their homeland, killing the invader. Foresto embraces Odabella, pledging his love to her. Attila’s tent. The commander sleeps, guarded by Uldino. Suddenly, he awakes in terror: he has dreamt that an old man, coming toward him, barred his entrance to Rome, land of the gods, not of common mortals. Having recovered, Attila calls his captains and orders the trumpets to sound for the march on Rome, but a mystic chorus is heard approaching. A long column of Roman virgins and young men are seen on the hills, and at their head is P ope Leo, the very old man Attila dreamt of , who repeats the fatal words. All present are shocked and terrified, Attila more than anyone else. He prostrates himself before the P ope, giving up his plan to conquer Rome. ACT TWO Ezio’s camp near Rome. The Roman general angrily reads a letter from the emperor Valentiniano, announcing a truce with the Huns and ordering him to return to Rome. He dreams of rebuilding Rome to its ancient splendour, taking the command away from the weak youth. A Hun delegation arrives, inviting Ezio to Attila’s camp. Among these is Foresto in disguise. When alone with Ezio, Foresto tells him that Attila will be killed that very day: the Roman troops should be ready. When they see a signal fire on the hill, they should fall on the Huns who, without their leader, will be overwhelmed in no time. Attila’s camp. In the night illuminated by torches a solemn banquet is being prepared. Attila, with his followers, receives Ezio and invites him to sign a truce. A sudden gust of wind extinguishes most of the torches: hidden, F oresto informs Odabella 7 1 Attila_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.48 Pagina 8 that in the cup from which Attila will soon drink Uldino has put a potent poison. B ut just as Attila raises the cup to his lips, Odabella, who wants her enemy killed by her own hand and not by the betrayal of one of his own, forewarns him. Foresto declares his guilt, and his life is spared only through Odabella’s intercession. While Attila announces her marriage, the next day, with Odabella, now worthy of him, and his intention to resume his fight against Rome, F oresto curses Odabella for what he believes a hideous betrayal. The young woman implores him to escape, assuring him that in a short time he will have good reason to fully pardon her. ACT THREE In the woods that separate Ezio’s camp from Attila’s, F oresto waits for Uldino to bring him news of the marriage of Attila and Odabella. Uldino announces that the procession is accompanying the bride to the commander’s tent. The Roman troops are ready just beyond the woods, and F oresto tells Uldino to give them the signal to attack. While the young man continues to curse Odabella’s betrayal, she herself arrives in a hurry, having escaped from the Huns’ camp. A furious Attila follows her close behind, but he is blocked by three enemies: Odabella, seeking revenge for her dead father; Foresto, for his fatherland and love destroyed; and Ezio, for all the crimes and destruction he has caused all over the world. As echoes of the Roman assault on Attila’s camp reach them, F oresto lunges forward, but is preceded by Odabella who, with the sword given her by Attila, finally manages to take out her revenge. 8 COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.05 Pagina 3 2 LUISA MILLER 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 1 33523 LIVE RECORDIN G LUISA MILLER Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) Melodramma tragico in three acts Libretto by Salvatore Cammarano Luisa - Darina Takova Rodolfo - Giuseppe Sabbatini Il Conte di Walter - Alexander Vinogradov Miller - Damiano Salerno Federica - Ursula Ferri Wurm - Arutjun Kotchinian Laura - Elisabetta Martorana Un contadino - Luca Favaron Orchestra and chorus of the Teatro La Fenice di Venezia Conductor: Maurizio Benini Chorus master: Emanuela Di Pietro Director: Arnaud Bernard Set designer: Alessandro Camera Video director: Tiziano Mancini 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 2 ITALIANO Gli eventi che portarono Verdi alla creazione di Luisa Miller furono piuttosto travagliati; il motivo principale è da ricercare nel fatto che il compositore doveva, per contratto, scrivere una seconda opera per il San Carlo di N apoli, dopo lo sfortunato esito dell’ Alzira nel 1845. Aggiungiamoci pure che non correva buon sangue tra Verdi e l’impresa che gestiva il teatro partenopeo. Tuttavia il teatro è anche fatto di questo, di intoppi, di imprevisti, di impegni presi malvolentieri che spesso possono tramutarsi in occasioni per fare arte autentica. E così fu per Luisa Miller: dopo una serrata trattativa sul compenso, sulla venuta di Verdi a Napoli (richiesta a lui poco gradita ma alla quale dovette infine assentire) e dopo diversi differimenti dovuti alle precarie condizioni finanziarie impresariali, finalmente si arrivò a un accordo tra le parti. I contatti tra V erdi e il librettista Salvatore Cammarano per la stesura della nuova opera risalgono già al 1846, cioè in pratica agli inizi delle vicende che sono state brevemente riassunte. Tra i soggetti in lizza per essere musicati compare, fin dall’inizio, Kabale und Liebe di Friedrich Schiller, “un magnifico dramma di grand’effetto in teatro” a detta dello stesso V erdi. Ma prima che la scelta definitiva cadesse sull’opera di Schiller, i due passarono in rassegna anche altre possibilità: la loro attenzione si concentrò in particolare su L’Assedio di Firenze (titolo poi cambiato in Maria Ricci), argomento tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore risorgimentale F rancesco Domenico Guerrazzi. Su questa iniziativa calò però implacabile la scure della censura borbonica; fu Cammarano stesso a comunicare a Verdi la ferale notizia e proporgli di ritornare al progetto iniziale di ispirazione schilleriana. Quest’ultimo fatto è degno di nota poiché ci mostra come Verdi e Cammarano discutano ad armi pari. Salvatore Cammarano (18011852) era un librettista assai famoso e aveva fornito i testi a molti grandi compositori del primo Ottocento italiano (Donizetti, P acini, Mercadante). Il dialogo sulla Luisa Miller fu quindi tra artisti già affermati e Verdi ebbe per Cammarano attenzioni ben diverse da 2 quelle che dedicò a Piave; addirittura accettò in svariati punti le indicazioni del poeta. Il compositore si mostrerà invece più coriaceo quando verrà il momento di lavorare al Trovatore. L’opera andò finalmente in scena la sera dell’8 dicembre 1849. Interpeti principali della prima furono Marietta Gazzaniga (Luisa), Settimio Malvezzi (Rodolfo), Achille De Bassini (Miller), Antonio Selva (già Silva in Ernani alla Fenice nel 1844, Conte di Walter), Marco Arati (W urm) e Teresa Della Calandri (Federica). Il successo fu pieno e si consolidò sempre più nelle repliche successive; tuttavia quest’opera stentò a imporsi, soprattutto a causa di cast non pienamente adeguati all’arduo compito. In effetti Luisa Miller richiede ai quattro protagonisti grandi doti tecniche e grande estensione. Il ruolo della protagonista copre oltre due ottave (come anche quello del Conte di Walter) e necessita di sicurezza in acuto, tipica dei soprani lirico-leggeri, e di pienezza nella regione medio-grave, tipica dei soprani lirico-drammatici. Luisa è pennellata con tratti ora delicati ora forti, in una maniera che anticipa l’intensità delle grandi eroine della trilogia popolare. Non mancano momenti convenzionali ma le pagine di più forte impatto drammatico sono sue. La parte di Rodolfo ha una tessitura medioacuta di grande difficoltà e nella sua grande aria è messa a dura prova la gestione della zona di passaggio della voce. Alla classica baldanza del tenore, si affiancano con franchezza accenti elegiaci prima poco presenti nei personaggi tenorili ideati da Verdi. Il Conte di W alter è il classico basso cantabile verdiano, di tessitura medio-alta, con sfoghi in acuto e sporadici affondi nella regione grave. È un personaggio decisamente poco amabile e che ipocritamente desidera l’affetto del figlio. Questa profonda contraddizione è molto ben resa nella celebre aria Il mio sangue, la vita darei . In Miller, il padre di Luisa, V erdi ha voluto sfruttare al massimo le capacità della voce baritonale nella regione acuta. Gli eventi e la sua collocazione sociale lo rendono impotente, uno dei pochi padri-baritoni del teatro verdiano che non ha modo di essere giusti- 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 3 TRAMA ziere o tiranno. Non esenti da difficoltà anche i due comprimari “di lusso”, W urm e Federica: il primo, un “cattivo” par excellence, è scritto in tessitura per basso pieno e ha un bel duetto col Conte, la seconda è uno dei pochi ruoli prettamente contraltili scritti da Verdi. Il coro non ha qui grandi pagine né grande rilevanza, ma è abbastanza ovvio, vista la tematica intimista che caratterizza Luisa Miller. Anche se non può essere annoverata tra i capolavori assoluti, Luisa Miller è comunque un’opera ricca di momenti musicali splendidi e ricopre un ruolo centrale nell’evoluzione della drammaturgia verdiana, di transizione tra il teatro dei grandi conflitti e quello più intimo e psicologico. È indubbio che per V erdi l’opera sia prima di tutto un fatto teatrale e dove in Luisa Miller può forse mancare un flusso continuo di ispirazione, al di sotto di esso troviamo il solido alveo costruito da un grande uomo di teatro quale Verdi fu e quale egli stesso desiderava essere definito. In Luisa Miller trovano inusitato spazio gli accenti elegiaci di ispirazione più belcantista (si pensi al ruolo di Luisa o agli splendidi cantabili di Walter e Rodolfo), certamente favoriti dalla tematica intimista del soggetto. Il vertice di questa nuova dimensione del canto verdiano è probabilmente la grande aria del tenore, Quando le sere al placido, un brano di assoluta bellezza, sognante, forse davvero scritto più per incantare l’ascoltatore che per aderire, diciamo verdianamente, al testo. Stefano Olcese Atto Primo In un villaggio tirolese, nella prima metà del 1600, si festeggia il compleanno di Luisa, figlia del vecchio soldato in ritiro Miller . La ragazza attende trepidante l’arrivo di Carlo, lo straniero della quale si è innamorata. Al primo incontro col giovane Miller prova tristi presentimenti. Mentre si avviano alla chiesa per una funzione, Wurm, cortigiano presso il castello del conte di W alter, chiede a Miller spiegazioni: un anno prima gli aveva chiesto la mano della figlia, ed ora ella si appresta a sposare un altro? Miller obietta che mai costringerebbe la figlia ad un’unione che non desidera; W urm allora gli svela che Carlo altri non è che il figlio di W alter, Rodolfo. Al castello, Wurm ora svela al conte che suo figlio intende sposare Luisa, mandando così a soqquadro il matrimonio con F ederica, duchessa di Ostheim. Walter manda a chiamare Rodolfo e lo forza a chiedere la mano della sopraggiungente duchessa. Ma Rodolfo confessa a Federica di amare un’altra, destandone lo sdegno. N el frattempo Miller svela a Luisa la vera identità dell’amato e giura vendetta per l’inganno subito. Rodolfo sopraggiunge e rassicura Luisa, giurandole eterna fedeltà. Sopraggiunge anche Walter, che accusa Luisa di essere una volgare seduttrice. Miller sguaina la spada e lo minaccia, e Walter replica ordinando di imprigionare padre e figlia. Ma Rodolfo ottiene la libertà dell’amata minacciando di svelare a tutti come il padre sia diventato conte di Walter. Miller è portato via e Luisa sviene. Atto Secondo Per salvare il padre da morte, Luisa è costretta da Wurm a dichiarare per iscritto di non amare Rodolfo ma W urm stesso. A castello, Walter e W urm riconoscono di essere esposti ad un alto rischio per la minaccia di Rodolfo, che sa dell’assassinio del cugino del conte, voluto da W alter e attuato da Wurm. Entra Federica, e Walter la rassicura: l’amore di Rodolfo per Luisa sarà presto spento. Luisa, accomp agnata da Wurm, dichiara davanti alla duchessa, sotto la minaccia dell’uccisione del padre, di 3 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 4 ENGLISH amare Wurm. Rodolfo intanto ha letto la lettera scritta dall’amata e ne è sconvolto, pensando che Luisa l’abbia tradito. Convocato Wurm, lo sfida a duello e questi per salvarsi spara in aria; accorre gente da ogni parte, fra cui Walter, che propone al figlio la più amara vendetta: sposare F ederica. Rodolfo acconsente. Atto Terzo Luisa ha deciso di lasciarsi morire. Miller , rilasciato da prigione, la trova mentre sta scrivendo all’amato. Luisa affida al padre la lettera, nel quale dà appuntamento a Rodolfo nell’altra vita; la disperazione del padre però la fa desistere dai suoi propositi, e la giovane propone al padre di abbandonare il paese per una vita raminga e povera ma lontana da gente tanto malvagia. Dall’esterno proviene il suono dell’organo in chiesa: si sta per celebrare il matrimonio tra Rodolfo e F ederica. Rodolfo si presenta improvvisamente, chiedendo spiegazioni della lettera. V ersa di nascosto del veleno nella brocca dell’acqua. Quando Luisa gli conferma di averla scritta di proprio pugno, beve; poi dà da bere anche a lei. Quindi rivela il contenuto della coppa. Prima di morire, Luisa spiega la verità. Sopraggiungono Walter, Wurm e alcuni contadini. Colle ultime sue forze Rodolfo riesce a trafiggere con la spada l’odiato W urm. 4 The events that led V erdi to create Luisa Miller were rather tormented; the main reason was the fact that the composer was obliged by contract to write a second opera for the San Carlo in Naples, after the failure of Alzira in 1845. W e might also add that relations between V erdi and the management of the N aples theatre were rather strained. Theatre, however, is made of this too, of snags, unforeseen events, tasks taken on unwillingly that could often turn out to be occasions for the creation of real art. And this is what happened with Luisa Miller: after tough negotiations over his fee, over the fact that Verdi would have to go to N aples (a request that he found irksome but which he had to accept in the end) and after a series of postponements due to the precarious financial situation of the impresario, agreement was finally reached between the two parties. Contacts between Verdi and the librettist Salvatore Cammarano for the drafting of the new opera date back to 1846, when the events we have referred to were just beginning. The subjects taken into consideration included from the very beginning a drama by Friedrich Schiller, Kabale und Liebe , “a magnificent drama of great theatrical effect” as Verdi himself said. But before Schiller’s work was definitively chosen, the two men looked at other candidates: their attention focused especially on L’Assedio di Firenze (whose title was then changed to Maria Ricci), based on the novel of the same name by the Risorgimento writer Francesco Domenico Guerrazzi. The implacable axe of the Bourbon censors fell on this idea; Cammarano himself gave V erdi the grim news and suggested they went back to the initial Schiller-based inspiration. This fact is not without significance for it shows us that Verdi and Cammarano worked as equal partners. Salvatore Cammarano (1801-1852) was a librettist of some fame and had provided texts for many great composers in the first half of the nineteenth century in Italy (Donizetti, P acini, Mercadente). The dialogue about Luisa Miller was thus one between two respected artists, and V erdi treated Cammarano with a degree of respect 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 5 that he did not show for Piave; indeed, in several points he accepted the poet’s indications. The composer was to be much more inflexible, however, when the time came to work on Il Trovatore. The opera was finally staged on the evening of 8th December 1849. The leading singers at the première were Marietta Gazzaniga (Luisa), Settimio Malvezzi (Rodolfo), Achille De Bassini (Miller), Antonio Selva (who had been Silva in Ernani at the F enice in 1844, Conte di W alter), Marco Arati (W urm) and Teresa Della Calandri (F ederica). The performance was a resounding success and the opera continued to affirm itself in further performances; yet this opera struggled to establish itself, especially because of a cast that was not wholly equal to its great demands. In fact Luisa Miller requires great technical gifts and vocal extension of its four leading roles. The title role covers over two octaves (as does Conte di W alter) and calls for the sureness in the upper range of a light-lyrical soprano together with the full voice in the mid-low region of the dramatic-lyrical soprano. Luisa is portrayed now with delicate touches now with bold strokes, in a manner that anticipates the great heroines of the popular trilogy. Conventional moments are not lacking but the pages with the strongest dramatic impact are hers. Rodolfo’s part has a very difficult mid-high tessitura and his great aria severely tests the singer’s ability to deal with the passage zone. The classical boldness of the tenor is accompanied by openly elegiac accents that had rarely before been heard in the tenor roles created by Verdi. The Conte di W alter is the classical, cantabile Verdi bass, with mid-high tessitura bursting into acutes and sporadically plumbing the low register. This is a highly unlovable character who hypocritically desires his son’s affection. This profound contradiction is very well rendered in his famous aria Il mio sangue, la vita darei. In Miller, Luisa’s father, Verdi sought to exploit fully the capacity of the baritone voice in the upper region. Events and his social position make Miller powerless, one of the few baritone-fathers in V erdi opera who is unable to be an executer or a tyrant. The two “luxury” co-starring roles, W urm and Federica, are again not lacking in difficulties: Wurm, a “bad guy” par excellence, is scored in a full bass tessitura and has a fine duet with the Count, while F ederica is one of the few purely contralto roles written by Verdi. The chorus here does not have any great pages or any great relevance, but this is hardly surprising given the intimist theme that characterises Luisa Miller. Though it cannot be counted among absolute masterpieces, Luisa Miller is an opera that abounds in splendid moments of music and one that occupies a central role in the evolution of Verdi’s dramaturgy, a role of transition between the theatre of great conflicts and intimate, psychological drama. Undoubtedly opera for Verdi is first and foremost a theatrical question, and while Luisa Miller may be lacking in a continuous stream of inspiration, the work is underpinned by the solid riverbed constructed by a great man of the theatre as Verdi was and as he, indeed, liked to be defined. In Luisa Miller unwonted space is found for the elegiac accents of more belcanto inspiration (think about the role of Luisa or the splendid cantabile passages for Walter and Rodolfo), certainly favoured by the subject’s intimate theme. The pinnacle of this new dimension of Verdi singing is probably the great tenor aria, Quando le sere al placido, a passage of absolute, dreamlike beauty, written perhaps more with the intention of enchanting the listener than of adhering to the text, as V erdi would say. Stefano Olcese (Translated by Timothy Alan Shaw) 5 2 Luisa Miller_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.13 Pagina 6 PLOT Act One A village in T yrol, during the early 1600s. The villagers are celebrating the birthday of Luisa, daughter of Miller, an elderly soldier in retirement. The girl is anxiously awaiting the arrival of Carlo, the foreigner with whom she has fallen in love. When he meets the young man for the first time, Miller is overcome with a sense of foreboding. As they are walking to church to attend a service, Wurm, a courtier at W alter’s castle, asks him for explanations: a year before he had asked for Luisa’s hand in marriage, and now the girl is about to marry another? Miller remarks that he would never force his daughter into a marriage she does not want; Wurm then reveals Carlo’s true identity: he is Rodolfo, Walter’s son. At the castle, W urm now tells the count about his son’s intentions: he wants to marry Luisa, upsetting Walter’s plans of a union with F ederica, duchess of Ostheim. Walter summons Rodolfo and forces him to propose to Federica, who is about to arrive. But Rodolfo instead reveals to her that he loves another, arousing her indignation. Meanwhile, Miller informs Luisa of the true identity of her beloved and swears revenge. But Rodolfo arrives and reassures Luisa, promising her eternal love. N ow W alter too arrives; he accuses Luisa of being a vulgar seductress. Miller draws his sword and threatens the count, and W alter orders the arrest of both father and daughter . Rodolfo, however, manages to have Luisa released, threatening to reveal to the world how he really became count of W alter. Miller is dragged away and Luisa faints. Act Two In order to save her father from death, Luisa is forced by Wurm to write a letter in which she declares that she does not love Rodolfo but Wurm himself. At the castle, W urm and Walter realise they are running a serious risk, because Rodolfo knows of the assassination of the Count’s cousin, carried out by Wurm on the Count’s orders. Enter Federica, and W alter reassures her: Rodolfo’s love for Luisa will soon die. W ith her father’s life still on the line, Luisa 6 declares before the Duchess that she indeed loves W urm. Rodolfo, in the meantime, has read Luisa’s letter and is distraught, believing Luisa has betrayed him. He summons Wurm and challenges him to a duel; to save himself this fires his pistol in the air, causing people to come running in from all over . Among them is W alter, who suggests to his son a very bitter revenge: to marry Federica. Rodolfo accepts. Act Three Luisa has decided to die. Miller , who has been released from prison, finds her as she is writing a letter to her beloved. Luisa gives the letter to her father; in it she promises Rodolfo to meet him in the afterlife. Her father’s distress, however , makes her change her mind, and she proposes him to flee the country for a simple life as wanderers, far from such evil enemies. F rom outside one can hear the sound of the church organ: the marriage between Rodolfo and Federica is about to be celebrated. Suddenly Rodolfo bursts in, asking for explanations. Without her knowing; he pours poison into the decanter on the table; when Luisa confirms that she wrote the letter herself, he drinks. Then he offers her some water, and after she drinks too he reveals what was in the cup. Before she dies Luisa manages to explain the truth. W alter, Wurm and some villagers arrive. W ith the last of his strength, Rodolfo runs the much loathed Wurm through with his sword. COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.06 Pagina 4 3 IL TROVATORE DVD booklet colore 37668_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.01 Pagina 1 37668 LIVE RECORDIN G Il Trovatore Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) Opera in four parts Libretto by Salvatore Cammarano, Leone Emanuele Bardare Manrico - Fabio Armiliato Leonora - Daniela Dessì Il Conte di Luna - Giovanni Meoni Azucena - Ann McMahon Quintero Ferrando - Luciano Montanaro Ines - Ninon Dann Ruiz - Xavier Petithan Un messo - Raffaele Lancellotti Un vecchio zingaro - Edwin Radermacher Orchestra of the ORW and Chorus of the Opéra de Namur Conductor: Paolo Arrivabeni Chorus master: Marcel Seminara Director: Stefano Vizioli Assistant to the director: Lorenzo Nencini Set and costume designer: Alessandro Ciammarughi Light designer: Franco Marri Video Director: Jacky Croisier DVD booklet colore 37668_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.01 Pagina 2 Trama Parte I - Il duello Il palazzo dell’Aliaferia di Saragozza, Spagna Ferrando, capitano delle guardie, ordina ai suoi armigeri di fare buona guardia, mentre il Conte Di Luna si aggira sotto le finestre di Leonora, damigella della Principessa. Di Luna ama Leonora ed è geloso del suo rivale, il trovatore Manrico. Per passare il tempo, Ferrando racconta agli armigeri la vicenda vecchio Conte: molti anni prima, una zingara era stata accusata di aver gettato il maleficio sul fratello minore dell’attuale Conte di Luna; il bambino si era ammalato e la zingara era stata arsa viva , nonostante le sue proteste di innocenza. Prima di morire, aveva ordinato a sua figlia Azucena di vendicarla, e questa aveva rapito il bambino. I resti bruciati di un infante erano stati trovati tra le ceneri di una pira, ma il vecchio Conte non si era rassegnato alla perdita del figlio, e sul letto di morte aveva incaricato il primogenito, l’attuale Conte di Luna, di cercare Azucena. Giardino del palazzo della principessa Leonora mette a parte la sua confidente Ines dell’amore che prova per Manrico. Si ode una voce, e il Conte di Luna la riconosce come quella del suo rivale. Nell’oscurità, Leonora esce scambia il conte per Manrico e corre fra le sue braccia. Il Conte riconosce in Manrico il suo nemico, condannato a morte per motivi di affiliazioni politiche, e lo sfida a duello. Leonora cerca di frapporsi, ma non vi riesce. Parte II - La gitana Accampamento di zingari Azucena racconta a Manrico, suo figlio, che molti anni prima vide morire sul rogo la madre accusata di stregoneria dal vecchio Conte di Luna. P er vendicarsi, rapì il figlio del Conte ancora in fasce e, accecata dalla disperazione, decise di gettarlo nel fuoco; per una tragica fatalità, tuttavia, confuse il proprio figlio col bambino che aveva rapito. 2 Manrico capisce così di non essere il vero figlio di Azucena e le chiede di conoscere la propria identità, ma per Azucena l’unica cosa importante è che lei l’abbia sempre amato come un figlio, protetto e curato proprio come quando tornò all’accampamento ferito dopo il duello col Conte. Manrico confida alla madre di esser stato sul punto di uccidere il Conte, durante quel duello, ma di esser stato frenato da una voce misteriosa. Un messaggero avverte Manrico che Leonora, credendolo morto, sta per entrare in convento. Nonostante Azucena cerchi di fermarlo, perché ancora debole per le ferite ricevute, Manrico parte per fermarla. Davanti al convento Il Conte Di Luna tenta di rapire Leonora che sta per ritirarsi al convento, ma Manrico sventa il rapimento e porta in salvo l’amata. Parte III - Il figlio della zingara Campo di Di Luna Di Luna ed i suoi attaccano la fortezza dove Manrico si è rifugiato con Leonora. Azucena è catturata da F errando e condotta dal Conte di Luna. Costretta dalla tortura e dalle minacce, confessa di essere la madre di Manrico. Il Conte di Luna esulta doppiamente per la cattura. Uccidendo la zingara otterrà doppia vendetta: per il fratello ucciso e su Manrico che gli ha rubato l’amore di Leonora. Ordina che si prepari una pira. Sala nel castello Manrico e Leonora stanno per sposarsi in segreto e si giurano eterno amore. Ruiz sopraggiunge ad annunciare che Azucena è stata catturata e di lì a poco sarà arsa viva come strega. Manrico si precipita in soccorso della madre. DVD booklet colore 37668_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.01 Pagina 3 Plot Parte IV - Il supplizio Act 1: The Duel Vicino alle prigioni Il tentativo di liberare Azucena fallisce e Manrico viene imprigionato assieme alla madre. Leonora implora il Conte di lasciare libero Manrico: in cambio è disposta a diventare sua sposa. In realtà non ha alcuna intenzione di farlo e segretamente ingerisce del veleno da un anello. The Palace of Aljaferia, Zaragoza, Spain Ferrando, the captain of the guards, orders his men to keep watch while Count di Luna wanders restlessly beneath the windows of Leonora, lady-in-waiting to the Princess. Di Luna loves Leonora, and is jealous of his successful rival, the troubadour Manrico. In order to keep the guards awake, F errando narrates the history of the count to the guards: many years before a gypsy was wrongfully accused of having bewitched the youngest of the Di Luna children; the child had fallen sick and for this the gypsy had been burnt alive as a witch, over her protests of innocence. Dying, she had commanded her daughter Azucena to avenge her, which she did by abducting the baby . Although the burnt bones of a child were found in the ashes of the pyre, the father refused to believe in his son’s death; dying, he commanded his firstborn, the new Count Di Luna, to seek Azucena. Nella prigione Manrico e Azucena sono in attesa della loro esecuzione. Manrico cerca di calmare la madre, terrorizzata. Alla fine, la donna si addormenta sfinita. Giunge Leonora ad annunciare la libertà a Manrico e ad implorarlo di scappare. Ma quando egli scopre che lei, la donna che ama, non lo seguirà, si rifiuta di fuggire. È convinto che per ottenere la sua libertà Leonora l’abbia tradito, ma lei, nell’agonia della morte, gli confessa di essersi avvelenata per restargli fedele. Il Conte, entrato a sua volta nella prigione, ascolta di nascosto la conversazione e capisce d’esser stato ingannato da Leonora, che muore fra le braccia di Manrico. Ordina di giustiziare il trovatore. Quando Azucena rinviene, egli le indica Manrico morente, ma pur nella disperazione la donna trova la forza di rivelare al Conte la tragica verità: «Egli era tuo fratello» e mentre viene tratta a morte può finalmente gridare: «Sei vendicata, o madre!». Garden in the palace of the princess Leonora confesses her love for Manrico to her confidante, Ines. When they have gone, Count Di Luna hears the voice of his rival, Manrico, in the distance. While Leonora in the darkness mistakes the count for her lover, Manrico himself enters the garden, and she rushes to his arms. The count recognises Manrico as his enemy , who has been condemned to death due to his political affiliations, and challenges him to a duel over their common love. Leonora tries to intervene, but cannot stop them from fighting. 3 DVD booklet colore 37668_DVD booklet colore 33616.qxd 05/09/2013 12.01 Pagina 4 Act 2: The Gypsy Woman The gypsies’ camp Azucena, the daughter of the Gypsy burnt by the count, is still haunted by her duty to avenge her mother . The Gypsies break camp while Azucena confesses to Manrico that after stealing the Di Luna baby she had intended to burn the count’s little son along with her mother , but overwhelmed by the screams and the gruesome scene of her mother’s execution, she became confused and threw her own child into the flames. Manrico realises that he is not the son of Azucena, but loves her as if she were indeed his mother, as she has always been faithful and loving to him. Manrico tells Azucena that he defeated Di Luna in their duel, but was held back from killing him by a mysterious power. A messenger arrives and reports that Leonora, who believes Manrico dead, is about to enter a convent and take the veil that night. Although Azucena tries to prevent him from leaving in his weak state, Manrico rushes away to prevent her from carrying out this intent. In front of the convent Di Luna and his attendants intend to abduct Leonora, and the Count sings of his love for her. Leonora and the nuns appear in procession, but Manrico prevents Di Luna from carrying out his plans, and instead takes Leonora away with him. Act 3: The Son of the Gypsy W oman Di Luna’s camp Di Luna and his army are attacking the fortress where Manrico has taken refuge with Leonora. F errando drags in Azucena, who has been captured wandering near the camp. When she hears Di Luna’s name, Azucena’s reactions arouse suspicion, and Ferrando recognizes her as the murderer of the count’s brother. Azucena cries out to her son Manrico to rescue her and the count realizes that he has the means to flush his 4 enemy out of the fortress. He orders his men to build a pyre and burn Azucena before the walls. A chamber in the castle Inside the castle, Manrico and Leonora are preparing to be married. She is frightened; the battle with Di Luna is imminent and Manrico’s forces are outnumbered. He assures her of his love, even in the face of death. When news of Azucena’s capture reaches him, he summons his men and desperately prepares to attack. Leonora faints. Act 4: The Punishment Before the dungeon keep Manrico has failed to free Azucena and has been imprisoned himself. Leonora attempts to free him by begging Di Luna for mercy and offers herself in place of her lover . She promises to give herself to the count, but secretly swallows poison from her ring in order to die before Di Luna can possess her. In the dungeon Manrico and Azucena are awaiting their execution. Manrico attempts to soothe Azucena, whose mind wanders to happier days in the mountains. At last the gypsy slumbers. Leonora comes to Manrico and tells him that he is saved, begging him to escape. When he discovers she cannot accompany him, he refuses to leave his prison. He believes Leonora has betrayed him until he realizes that she has taken poison to remain true to him. As she dies in agony in Manrico’s arms, she confesses that she prefers to die with him than to marry another. The count has heard Leonora’s last words and orders Manrico’s execution. Azucena awakes but is unable to stop Di Luna. In anguish and anger , she cries out: “He was your brother ... You are avenged, mother!”. COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.06 Pagina 5 LA TRAVIATA 4 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.51 Pagina 1 33462 LIVE RECORDIN G Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) La traviata Opera in three acts Libretto by Francesco Maria Piave from “La Dame aux camélias” by Alexandre Dumas fils New production of the Opéra Royal de W allonie - Liège Violetta Valéry: Cinzia Forte Flora Bervoix: Tineke Van Ingelgem Annina: Federica Carnevale Alfredo Germont: Saimir Pirgu Giorgio Germont: Giovanni Meoni Gastone di Letorières: Cristiano Cremonini Barone Douphol: Chris De Moor Dottor Grenvil: Lorenzo Muzzi Marchese d’Obigny: Patrick Delcour Giuseppe: Marcel Arpots Un commissionario: Marc Tissons Un domestico di Flora: Youri Lel Orchestra and Chorus: ORW Conductor: Paolo Arrivabeni Chorus master: Marcel Seminara Director: Stefano Mazzonis di Pralafera Set designer: Edoardo Sanchi Costume designer: Kaat Tilley Light designer: Franco Marri Video director: Matteo Ricchetti Recorded at the Opéra Royal de Wallonie - Liège, on 17th March 2009 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.51 Pagina 3 Italiano “Una figura elegante, giovane, e che canti con passione” Dopo il successo trionfale del Rigoletto, nel 1851, Giuseppe V erdi si trovava in un momento particolarmente felice. A soli 38 anni era ormai il più popolare e rispettato operista italiano; le sue opere erano rappresentate con crescente successo in tutta Europa, e le preoccupazioni e le difficoltà degli esordi erano ormai solo un ricordo. Gli “anni di galera”, contrassegnati da alti ritmi produttivi e da scelte non sempre fortunate in materia di libretti e di soggetti da musicare, erano dunque finiti. Il 1853 fu l’ultimo anno in cui V erdi mise in scena, a distanza di un mese e mezzo circa, due opere. Il trovatore, infatti, fu rappresentato con grande successo a Roma il 19 gennaio 1853. La traviata, scritta per il T eatro La F enice di Venezia, andò in scena per la prima volta il 6 marzo e cadde clamorosamente. Verdi stava ancora lavorando al Trovatore quando accettò l’offerta avanzatagli dall’impresa della Fenice per una nuova opera da rappresentare nella stagione di carnevale del 1853. Nel febbraio del 1852, a P arigi, il compositore assistette ad una recita del dramma La dame aux camélias (La signora delle camelie) di Alexandre Dumas figlio (1824–1895), che veniva allora rappresentata per la prima volta, con un tipico succès de scandale. Verdi ne rimase colpito, ma occorse diverso tempo prima che si orientasse definitivamente per un adattamento operistico della vicenda di Marguerite Gautier. Ancora nell’estate del 1852 la scelta del soggetto non era stata fatta. Soltanto in ottobre, dopo reiterati solleciti da parte dell’impresa, Verdi sciolse i suoi dubbi e, messo da parte un altro libretto a cui Francesco Maria Piave stava da tempo lavorando, optò definitivamente per il dramma di Dumas. Il tempo a disposizione era pochissimo, ma V erdi e Piave lavorarono con impressionante rapidità. La tollerante censura veneziana, d’altro canto, non pose ostacoli di rilievo: solo chiese ed ottenne che il titolo escogitato inizialmente da Piave, Amore e morte , fosse sostituito. L’impresa veneziana si adoperò in ogni modo perché l’epoca dell’azione fosse spostata in un altro secolo. Verdi si oppose, ma alla fine dovette cedere e l’opera fu messa in scena con costumi del diciottesimo secolo. Verdi si mostrò subito preoccupato per la scelta del soprano che avrebbe dovuto interpretare la parte della protagonista. Desiderava infatti “una figura elegante, giovane, e che canti con passione”, mentre il soprano scritturato dal teatro, F anny Salvini Donatelli, presentava caratteristiche fisiche ed interpretative esattamente contrarie. Anche in questo caso V erdi si impuntò, minacciò di andarsene, ma finì per accettare le cose come stavano; e questo alla fine si rivelò fatale, perché l’implausibilità scenica del personaggio, unita a condizioni vocali tutt’altro che perfette, ebbe effetti deleteri sulle reazioni del pubblico. La traviata andò così in scena il 6 marzo 1853 e, come scrisse Verdi al direttore d’orchestra Angelo Mariani, fece “fiascone”. Il pubblico non la gradì e anche la critica veneziana, per quanto con un certo garbo, mise in luce chiaramente che l’opera non era piaciuta. V erdi, tuttavia, non si mostrò troppo turbato dall’insuccesso. Sempre nella stessa lettera al Giuseppe Verdi 3 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.51 Pagina 4 Mariani aggiungeva infatti: “Ho torto io o hanno torto loro. P er me credo che l’ultima parola sulla Traviata non sia quella d’ieri sera”. Verdi aveva visto giusto: con qualche opportuno cambiamento, La traviata risollevò le proprie sorti un anno dopo, il 6 maggio 1854, sempre a Venezia, ma questa volta al Teatro San Benedetto, grazie anche alla bella prova di un giovane soprano dotato delle caratteristiche fisiche e vocali che Verdi desiderava, Maria Spezia. Da quel momento in poi, il suo successo crebbe continuamente e oggi può essere considerata, almeno in Italia, come l’opera verdiana di gran lunga più popolare. Com’è noto, il dramma La dame aux camélias di Dumas figlio era a sua volta ricavato dall’omonimo romanzo che il giovane scrittore aveva pubblicato, con enorme successo, nel 1848. N el tratteggiare l’eroina del suo romanzo, Marguerite Gautier, Dumas si era ispirato a Marie Duplessis, celebre démimondaine parigina di cui era stato per qualche tempo amante, morta di tisi nel 1847, a soli 23 anni. Vista la buon accoglienza ottenuta dal romanzo, l’anno dopo Dumas decise di trarne un lavoro teatrale. La messa in scena del dramma fu però ritardata di quasi tre anni a causa dell’opposizione della censura. Soltanto al principio del 1852, grazie anche all’intervento di Dumas padre, che godeva all’epoca di un immenso prestigio e di importanti appoggi nelle alte sfere, il dramma poté essere rappresentato al Théâtre du V audeville, dove replicò il successo del romanzo. Il passaggio dal romanzo alla pièce teatrale – che da un punto di vista letterario risulta assai meno interessante e originale – comportò qualche piccola modifica, soprattutto nel senso di una meno accentuata crudezza realistica delle situazioni e di una maggiore idealizzazione della figura della protagonista. Il libretto di F rancesco Maria Piave segue sostanzialmente lo svolgimento del dramma. Nell’adattamento librettistico è però del tutto omesso il secondo atto del lavoro di 4 Dumas, quello in cui il complesso carattere della cortigiana risulta chiaramente delineato anche nei suoi aspetti più venali. L’opera verdiana, al contrario, accentua notevolmente gli aspetti più nobili e disinteressati della protagonista, Violetta V aléry, facendone più una vittima della società che una figura di dubbia moralità, ancorché di buon cuore. La soppressione del secondo atto della pièce dumasiana derivava dunque, oltre che dalla consueta esigenza di stringatezza e rapidità dell’azione, che era tipica di Verdi, anche da una precisa scelta di caratterizzazione psicologica del personaggio. Quanto a stringatezza, ad ogni buon conto, La traviata ha pochi rivali: la sua durata si aggira infatti sulle due ore, che possono anche scendere ove si pratichino i consueti tagli di tradizione. Verdi, come già s’è detto, desiderava che l’opera mantenesse l’ambientazione contemporanea che le aveva dato Dumas; per questo protestò con forza quando l’impresa veneziana, temendo possibili obiezioni da parte della censura, volle a tutti i costi che l’opera fosse ambientata in un altro secolo. La vicenda traeva infatti gran parte del suo interesse e del suo impatto emotivo sul pubblico dal fatto che gli eventi narrati erano “vita vissuta”, attualità. Fino quasi alla fine dell’Ottocento, tuttavia, La traviata fu rappresentata in costumi settecenteschi, e anche le edizioni dello spartito coeve collocavano la vicenda a P arigi e nelle sue vicinanze intorno al 1700. Col tempo, tuttavia, si è definitivamente affermata l’abitudine di rappresentare l’opera così come Verdi l’aveva concepita, rispettando l’originale ambientazione parigina di metà Ottocento. Danilo Prefumo 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.51 Pagina 5 Trama ATTO PRIMO Un’affiatata compagnia di gaudenti aristocratici e compiacenti damigelle si è riunita per trascorrere l’ennesima notte di piaceri. Un po’ disorientato fra tanto vortice di parole e di musica, è Alfredo Germont, che si è fatto introdurre dall’amico Gastone col proposito di conoscere personalmente la padrona di casa, oggetto di segreta passione. Violetta si burla di tante attenzioni, e propone un brindisi collettivo. La festa prosegue nel salone contiguo con le danze; gli invitati accorrono, ma un accesso di tosse frena Violetta, che si trattiene assistita da Alfredo. I due rimangono soli. Alle profferte amorose dell’uno si mescolano le ricuse divertite dell’altra, che a un uomo non può promettere altro che amicizia. Catturati nuovamente dal turbinio della festa, che sta per volgere al termine, i due si danno appuntamento per il giorno seguente. È ormai l’alba e Violetta, rimasta sola, medita turbata sull’effetto sortito in lei dalle parole di Alfredo: che sia forse giunto il giorno del suo primo vero amore? N o di certo. Il destino di Violetta è ben altro: continuare nella sua condizione di gaudente indipendenza sociale. ATTO SECONDO Il riaprirsi della tela, su una casa di campagna presso P arigi, ci rivela contro ogni aspettativa un Alfredo perfettamente inserito in un tranquillo ménage di coppia con la donna. La serenità conquistata ha tuttavia vita breve. La servetta Annina, rivela di essere stata inviata dalla padrona a P arigi per alienare i beni restanti e finanziare così la nuova esistenza. Alfredo, aperti finalmente gli occhi dopo tre mesi di estasi beata, corre egli stesso in città per cercare una soluzione. Rientra Violetta; sorride di un invito che le giunge dai vecchi amici per la sera stessa: non è più vita per lei! Ed ecco piombare inatteso il padre d’Alfredo che chiede alla donna una netta recisione della convivenza peccaminosa: il futuro genero, venuto a conoscenza dell’onta che grava sulla famiglia Germont, minaccia di abbandonare la sorella di Alfredo. Violetta oppone tutto il suo autentico e disinteressato amore per Alfredo, ma il vecchio Germont cinicamente le consiglia, finché è giovane, di tornare alla vita gaudente di prima; l’uomo è volubile e quando la bellezza sarà svanita anche Alfredo si rivolgerà altrove. La donna cede. Abbandonerà Alfredo a patto che, quando il dolore avrà sopraffatto la sua ormai cagionevole salute, gli venga rivelata la verità. Rimasta sola, Violetta si appresta a scrivere ad Alfredo quando questi rientra inaspettatamente. La scena che ne segue culmina in una straziante richiesta d’amore da parte di Violetta; poi questa fugge verso P arigi. La lettera viene recapitata all’amato pochi minuti dopo: questi l’apre, la legge e cade disperato fra le braccia del padre, rimasto per consolare e riconquistare il figlio. Alfredo si stacca a dirato dall’abbraccio paterno, intento a scoprire chi possa essere la causa dell’improvviso voltafaccia di Violetta (forse il barone Douphol?); il suo sguardo si posa su un foglio abbandonato sul tavolo: l’invito per la sera stessa al solito festino; è lì che l’offesa verrà vendicata. Con un repentino cambio di scena, siamo al centro di un ballo mascherato. A poche ore dal fatto, la notizia della separazione fra i due amanti circola già in società. Ecco giungere Violetta, accompagnata dal barone Douphol. Alfredo sbanca tutti al tavolo da gioco, anche il rivale, in una sfida a carte che assume inevitabilmente connotazioni ben più personali. La tensione viene interrotta dall’invito alla cena: i convitati si allontanano, tranne Violetta, che in un disperato tentativo di evitare il peggio ha fatto chiamare Alfredo. Il dialogo è impossibile: lei si vede costretta ad ammettere di amare Douphol, pur di non svelare il vero, e lui, chiamati i presenti a raccolta, con ira crescente ne denuncia pubblicamente la con- 5 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 6 dotta, gettandole ai piedi una borsa di danaro in pagamento per il periodo trascorso insieme. La situazione precipita nel concertato finale, aperto dall’ingresso inatteso di Germont padre che rimprovera il figlio per il suo comportamento indecoroso. Si accodano le espressioni di rimorso di Alfredo, le dolenti rimostranze di Violetta, e i moti compassionevoli di tutti gli astanti. ATTO TERZO Il preludio si apre con le identiche note dell’inizio, ma senza più deviare verso i toni della passione e della frivolezza: il presente è solo dolore – fisico, oltre che morale ed affettivo, in quanto la tisi ha ormai condotto l’eroina sul letto di morte. Al capezzale l’assistono ancora la fedele Annina e le cure pietose del medico. La sofferenza e l’indigenza di Violetta contrastano con l’opulenza del carnevale parigino, che fa giungere dalla strada i suoi canti festosi. Unica consolazione in tanta solitudine è una lettera che la donna ha ricevuto da Germont padre: l’informa del duello, in cui il barone è rimasto ferito, e della partenza di Alfredo dalla Francia. Ragguagliato finalmente dal padre sulla verità degli eventi, sta ora facendo rapido ritorno per farsi perdonare dall’amata. Purtroppo è ormai tardi: le forze abbandonano Violetta giorno dopo giorno. Ma ecco Annina entrare tutta eccitata nella stanza: Alfredo è arrivato, e corre fra le braccia di Violetta. Alla rappacificazione immediata seguono i più ottimistici progetti per il futuro; Violetta vorrebbe uscire, correre in chiesa per ringraziare Iddio della nuova gioia, ma le forze non la reggono più. Si chiami pure il medico, ma se non riesce a salvarla il tanto sospirato ritorno di Alfredo, nessun altro lo potrà in terra. Anche Giorgio Germont sopraggiunge per l’ultimo conforto: le voci si uniscono nel concertato finale avviato dalla protagonista che, dopo pochi istanti di apparente vigore, cade esanime. Saimir Pirgu (Alfredo Germont) - Cinzia Forte (Violetta Valéry) 6 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 7 English “An elegant, young figure, and one who sings with passion” After the triumph of Rigoletto, in 1851, Giuseppe Verdi found himself in a particularly felicitous moment. Only 38 years old, he was now the most popular and highly respected operatic composer in Italy; his operas were being staged with growing success all over Europe, and the worries and hardships of his early years were now only memories. The “galley years”, characterised by high production rhythms and choices of librettos and subjects to set that were not always fortunate, were now over . 1853 was the last year when Verdi staged two operas, at a distance of about one and a half months. Il Trovatore, in fact, was successfully staged in Rome on 19th January 1853. La Traviata, written for the F enice Theatre in Venice, was presented on 6 th March and was a clamorous flop. Verdi was still working on Il Trovatore when he accepted the request made by the impresario of the Fenice Theatre for a new opera to be performed in the 1853 carnival season. In February 1852 in Paris, the composer was present at a performance of the play La Dame aux Camélias (The Lady of the Camellias) by Alexandre Dumas fils (18241895), which was being performed for the first time with a typical succès de scandale. Verdi was impressed, but it was some time before he finally decided on an operatic adaptation of Marguerite Gautier’s story . The summer of 1852 arrived and still no subject had been chosen. It was not until October, after the repeated promptings of the impresario, that V erdi finally overcame his doubts and, setting aside another libretto by F rancesco Maria Piave that he had been working on for some time, opted definitively for the Dumas drama. There was very little time available, but V erdi and Piave worked with astonishing rapidity . The tolerant censor of V enice, furthermore, did not create any significant obstacles: he merely asked for and obtained a change of the title that Piave had originally thought up, Amore e morte. The Venice theatre did its utmost to have the action moved to another century . Verdi opposed this but in the end had to yield and the opera was staged in 18 th-century costumes. Verdi was immediately preoccupied with the choice of the soprano for the title role. What he wanted was “an elegant, young figure and one who sings with passion”, whilst the soprano engaged by the theatre, F anny Salvini Donatelli, presented physical and performing characteristics that were quite the opposite. Here again Verdi dug his heels in, threatened to leave but finally accepted things as they were. In the end this was to prove fatal, for the stage implausibility of the singer, linked to vocal conditions that were far from perfect, had a deleterious effect on the public. La Traviata thus went on stage on 6th March 1853 and, as V erdi wrote to the conductor Angelo Mariani, was a “great fiasco”. The public did not like it and even the critics of V enice, albeit with a certain elegance, clearly stated that they had not appreciated the opera. V erdi, however, did not appear to be unduly upset by its failure. In the same letter to Mariani he added: “Either I am wrong or they are wrong. I believe that last night’s is not the last word on Traviata.” Verdi was right: with a few welljudged changes, La Traviata was a success one year later, on 6 th May 1854, again in Venice but this time at the San Benedetto theatre, thanks in part to the fine performance of a young soprano blessed with the physical and vocal characteristics that Verdi wanted, Maria Spezia. F rom that moment on, its success grew continually and today it may be considered, in Italy at least, as by far the most popular of Verdi’s operas. As we know , the drama La dame aux camélias by Dumas fils was, in turn, based on the novel of the same name that the young writer had published, with great success, in 1848. In depicting the heroine of his 7 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 8 novel, Marguerite Gautier , he had drawn inspiration from Marie Duplessis, the famous Parisian démi-mondaine whose lover he had been for some time, and who died of consumption in 1847 at the age of just 23 years. Given the good reception of the novel, one year later Dumas decided to create a theatrical work from it. The staging of the play, however, was delayed for nearly three years by the censor’s opposition. It was only in early 1852, thanks to the intervention of Dumas père, who enjoyed immense prestige and had friends in high places at the time, that the play was performed at the Théâtre du Vaudeville and was as successful as the novel. The move across from novel to theatrical pièce – which in literary terms is much less interesting and original – involved some minor changes, especially a less strongly marked realistic crudeness in the situations and greater idealisation of the figure of the protagonist. Francesco Maria Piave’s libretto mainly follows the events of the play. In adapting it as a libretto, however, he completely removed Dumas’s second act, the part in which the complex character of the courtesan is more clearly delineated in her most venal aspects. The Verdi opera gives remarkable emphasis to the nobler, more disinterested aspects of the leading lady, Violetta Valéry, making her a victim of society rather than a figure of dubious morality, though of good heart. The suppression of the second act of Dumas’s pièce was thus the product not only of Verdi’s typical demand for concision and rapid action but also of a deliberate choice of psychological characterisation for the role. As for concision, indeed, La Traviata has few rivals: it lasts about two hours, or even less if the traditional cuts are made. Verdi, as we have said, wished the opera to keep the contemporary setting that Dumas had given it; he protested vigorously when the Venice theatre direction, fearing possible objections by the censor, sought to have the opera set in another century . The plot Saimir Pirgu (Alfredo Germont) 8 found much of its interest and its emotive impact on the public in the fact that the events it related were “real life” of the day . Until nearly the end of the nineteenth century, however, La Traviata was performed in eighteenth-century costume, and even the coeval editions of the score set the story in and near Paris about 1700. W ith time, however, the habit has been consolidated of staging the opera as V erdi conceived it, respecting its original Parisian mid-nineteenth-century setting. Danilo Prefumo 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 9 Plot ACT ONE A merry group of aristocratic friends and flighty girls have gathered to pass another night of pleasure. Alfredo Germont, a little disoriented by the whirl of talk and music, has been introduced by his friend Gastone; Alfredo wishes to meet the mistress of the house, object of his secret passion. Violetta mocks all his attentions and proposes a collective toast. The party continues with dancing in the adjoining room; the guests rush in, but Violetta is held back by an attack of coughing and stays behind, assisted by Alfredo. The two are left alone. She replies with laughing refusals to his offer of love, telling him she can promise no more than friendship to a man. Caught up again in the bustle of the party which is now drawing to an end, the two agree to meet again the following day. It is dawn now and Violetta, alone, is disturbed by the effect that Alfredo’s words have had on her: is this perhaps the day of her first real love? Certainly not. Violetta’s destiny is quite different: to continue in her condition of carefree social independence. ACT TWO The curtain rises on a country house outside Paris where, contrary to all expectations, we find Alfredo perfectly inserted in a peaceful life with Violetta. Y et the serenity they have achieved is not to last. The maid Annina reveals that her mistress has sent her to Paris to sell off the last of her property and thus finance their new existence. Alfredo, finally opening his eyes after three months of ecstatic happiness, rushes off to Paris to look for a solution. Violetta enters; she smiles at an invitation for that very evening from her old friends: that is not her life any longer! Then suddenly Alfredo’s father appears, asking the girl to put an immediate end to this sinful life with his son: his future son-in-law, who has come to know of the dishonour that has struck the Germont family, threatens to break off his engagement to Alfredo’s sister. Violetta defends herself , speaking of her genuine, disinterested love for Alfredo, but old Germont cynically advises her to go back to her former life of pleasure while she is still young; men are inconstant and when her beauty fades, Alfredo too will turn his attentions elsewhere. The woman yields. She will abandon Alfredo on condition that, when her pain has got the better of her already failing health, he be told the truth. Left alone, Violetta is writing a letter to Alfredo when he himself returns unexpectedly. The following scene culminates in a heart-breaking request for love from Violetta; then she flees to Paris. The letter is delivered to Alfredo just a few minutes later, he reads it and falls in desperation into the arms of his father, who has stayed to console and win back his son. Alfredo pushes his father away angrily , intent on discovering who could have brought about this sudden change in Violetta (baron Douphol perhaps?); his eyes fall on the sheet of paper left on the table: the invitation to the usual party that same evening; that is where the insult will be avenged. A rapid scene change finds us at a masked ball. Onlya few hours after the event, news of the separation of the two lovers is already the talk of the town. N ow Violetta appears, accompanied by baron Douphol. Alfredo beats everyone at the card table, even his rival in a card-duel that inevitably takes on far more personal connotations. The tension is interrupted by the invitation to dinner: all the guests move into the dining room, except for Violetta, who in a desperate attempt to avoid the worst has had Alfredo called. Dialogue is impossible: she finds herself obliged to admit that she loves Douphol, so as not to reveal the truth, and he, calling all the others to his side, angrily denounces her behaviour in public, and throws a bag of money at her feet in payment for the time they have spent together. The situation precipitates in the 9 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 10 concertato finale, opened by the unexpected entrance of Germont father, who rebukes his son for his indecorous behaviour. The act closes with Alfredo’s expressions of remorse, Violetta’s sorrowful remonstrations and gestures of sympathy from all the others. ACT THREE The prelude opens on the same notes as the beginning, but without deviating towards tones of passion and frivolity: the present is only pain – physical, as well as moral and emotive, for consumption has now brought the heroine to her deathbed. She is assisted by her faithful maid Annina and the compassionate care of the doctor. Violetta’s suffering and poverty contrast with the opulence of the Parisian carnival, whose festive songs drift up from the street below . The only consolation she has in all this solitude is a letter that she has received from old Germont: he tells her of the duel in which the baron was wounded and of Alfredo’s departure from F rance. Finally informed of the truth of the situation by his father, Alfredo is now hurrying back to beg pardon of his beloved. Sadly it is late now: Violetta’s strength is abandoning her day by day . But now Annina enters excited: Alfredo has arrived, and he runs to Violetta’s arms. They immediately make peace and then optimistic plans for the future. Violetta would like to go out, rush to church to thank god for this new joy, but she is not strong enough. The doctor is called, but if Alfredo’s longedfor return cannot save her then no one else on earth can. Giorgio Germont also arrives to offer final comfort: the voices blend in the concertato finale opened by Violetta who, after a few moments of apparent vigour, falls lifeless. From left to right, forefront: S. Pirgu (Alfredo Germont)- C. De Moor (Barone Douphol) C. Forte (Violetta Valéry) - T. Van Ingelgem (Flora Bervoix) 10 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 11 Deutsch “Eine elegante, junge Person, die mit Leidenschaft singen soll” N ach dem triumphalen Erfolg mit „Rigoletto“ 1851 erlebte Giuseppe Verdi einen besonders glücklichen Moment. Mit erst 38 Jahren war er schon der populärste und angesehenste italienische Opernk omponist; seine Opern wurden mit steigendem Erfolg in ganz Europa gespielt, und die Sorgen und Schwierigkeiten seiner Anfänge waren nur mehr eine Erinnerung. Die von großer Geschwindigkeit beim Sc hreiben und nicht immer glückliche Entscheidungen hinsichtlich zu vertonender Sujets und Libretti gekennzeichneten „Galeerenjahre“ waren also vorbei. 1853 war das letzte Jahr, in dem Verdi in einem Abstand von ungefähr eineinhalb Monaten zwei Opern auf die Bühne brachte, denn „Il T rovatore“ wurde am 19. Januar 1853 mit großem Erfolg in Rom uraufgeführt, während „La T raviata“ am 6. März erstmals im T eatro La Fenice in Venedig gegeben wurde und durchfiel. Verdi arbeitete noch am „T rovatore“, als er das Angebot des Fenice für eine neue Oper annahm, die in der Karnevalssaison 1853 gespielt werden sollte. Im F ebruar 1852 besuchte der K omponist in P aris eine Aufführung des Dramas „La dame aux camélias“ (Die Kameliendame) von Alexandre Dumas fils (1824-1895), das damals erstmals gegeben wurde und einen typischen succès de scandale hatte. Verdi war beeindruckt, doch brauchte es einige Zeit, bevor er sich endgültig für eine Opernfassung der Geschichte von Marg-uerite Gautier entschied. N och im Sommer 1852 war die Wahl des Sujets noch nicht erfolgt. Erst im Oktober gab V erdi nach wiederholten Mahnungen des Theaterunter -nehmens seine Zweifel auf und entschied sich endgültig für Dumas’ Drama, nachdem er ein anderes Libretto, an dem F rancesco Maria Piave schon längere Zeit arbeitete, zur Seite geschoben hatte. Es stand nur sehr wenig Zeit zur V erfügung, doch V erdi und Piave arbeiteten mit beeindruckender Geschwindigkeit. Auf der anderen Seite machte die tolerante Zensur Venedigs keine großen Schwierigkeiten und verlangte nur , daß der von Piave anfänglich erdachte T itel „Amore e morte“ (Liebe und T od) geändert würde. Das venezianische Opernhaus setzte sich aber dafür ein, daß die Zeit der Handlung in ein anderes Jahrhundert verlegt würde. V erdi widersetzte sich, mußte aber schließlich nachgeben, und die Oper wurde in K ostümen des achtzehnten Jahrhunderts inszeniert. Der Komponist zeigte sich sofort wegen der Wahl der Sängerin, welche die Titelrolle singen sollte, besorgt, denn er wollte „eine elegante, junge P erson, die mit Leidenschaft singen soll“, während die vom Opernhaus verpflichtete Sopranistin F anny Salvini Donatelli in ihren körperlichen und interpretatorischen Merkmalen genau das Gegenteil davon war. Auch in diesem Fall sträubte sich Verdi und drohte an, zu gehen, aber schließlich akzeptierte er die Dinge so, wie sie lagen. Dies erwies sich schlußendlich als fatal, weil die szenische Unglaubwürdigkeit der Figur zusammen mit einem alles andere als vollkommenen stimmlichen Zustand verderbliche Auswirkungen auf die P ublikumsreaktionen hatte. So ging „La T raviata“ am 6. März 1853 über die Bühne und war ein „Riesenfiasko“, wie Verdi an den Dirigenten Angelo Mariani schrieb. Dem P ublikum gefiel sie nicht, und auch die venezianische Kritik machte – wenn auch mit einer gewissen Liebenswürdigkeit – deutlich, daß die Oper nicht gefallen hatte. Dennoch zeigte sich Verdi von dem Mißerfolg nicht sehr beunruhigt, denn in dem Brief an Mariani schrieb er auch: „Ich habe Unrecht oder sie haben Unrecht. Meinerseits glaube ich, daß das letzte Wort über die „Traviata“ nicht das von gestern Abend war“. Der K omponist hatte richtig gesehen, denn mit ein paar kleinen Änderungen war die Oper ein Jahr später, am 6. Mai 1854, erfolgreich – wieder in Venedig, aber diesmal am T eatro San 11 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 12 Benedetto, was auch der guten Leistung des jungen Soprans Maria Spezia zu verdanken war, welche die körperlichen und stimmlichen Eigenschaften besaß, die Verdi wünschte. Seit damals stieg der Erfolg des Werkes ständig, das heute – zumindest in Italien – als die bei weitem populärste Oper Verdis angesehen werden kann. Bekanntlich war das Drama „La dame aux camélias“ von Dumas fils seinerseits aus dem gleichnamigen Roman entstanden, den der junge Schriftsteller 1848 mit Riesenerfolg veröffentlicht hatte. Bei der Zeichnung der Heldin seines Romans Marguerite Gautier hatte sich Dumas an Marie Duplessis inspiriert, einer berühmten Pariser Halbweltdame, die 1847 erst dreiundzwanzigjährig an Schwindsucht gestorben und deren Liebhaber er eine Zeitlang gewesen war. Angesichts der guten Aufnahme des Romans beschloß Dumas ein Jahr darauf , ein Drama daraus zu machen. Dessen Inszenierung verschob sich aber wegen des W iderstands der Zensur um fast drei Jahre. Erst Anfang 1852 konnte es im Théâtre de V audeville gegeben werden, wo es den Erfolg des Romans wiederholte. Dies war auch der Intervention von Dumas père zu verdanken, der damals ungeheuer angesehen war und in hohen Kreisen bedeutende Unterstützung fand. Der Übergang vom Roman zum Theat erstück (das vom literarischen Standpunkt aus sehr viel weniger interessant und originell ist) brachte ein paar kleine Änderungen mit sich, vor allem im Sinne einer weniger starken realistischen Härte der Situationen und einer größeren Idealisierung der Hauptfigur. Das Libretto von Francesco Maria Piave folgt im wesentlichen dem Verlauf des Dramas. In der Bearbeitung für das Libretto fiel aber der zweite Akt von Dumas’ W erk völlig weg, in welchem der komplexe Charakter der Kurtisane auch in seinen läßlichsten Aspekten umrissen wird. Im Gegensatz dazu unterstreicht V erdis Oper 12 die edelsten und uneigennützigsten Seiten seiner Protagonistin Violetta V aléry und macht aus ihr eher ein Opfer der Gesellschaft denn eine zwar gutherzige Figur von zweifelhafter Moral. Daß der zweite Akt von Dumas’ Stück gestrichen wurde, ist also nicht nur auf die übliche Notwendigkeit von Verknappung und rasch ablaufender Handlung zurückzuführen, wie sie für V erdi typisch war, sondern auch auf eine genaue Entscheidung hinsichtlich der psychologischen Charakterisierung der Figur . Bezüglich der Knappheit hat „La Traviata“ jedenfalls wenige Rivalen, denn sie dauert ungefähr zwei Stunden oder noch weniger, wenn die üblichen traditionellen Striche vorgenommen werden. Wie bereits erwähnt, wünschte V erdi, daß die Oper das von Dumas verliehene zeitgenössische Milieu beibehalten sollte. Deshalb protestierte er heftig, als das venezianische Theaterunternehmen um jeden Preis wollte, daß das W erk in einem anderen Jahrhundert spielen sollte, weil Einwendun-gen der Zensur befürchtet wurden. Die Geschichte zog nämlich einen Großteil ihres Interesses und ihrer emotionalen W irkung auf das Publikum aus der Tatsache, daß die erzählten Ereignisse „gelebtes Leben“ und von Aktualität waren. Dennoch wurde „La Traviata“ fast bis Ende des 19. Jahrhunderts in Kostümen des 18. gespielt, und auch die zeitgenössischen Ausgaben der Partitur siedelten die Handlung in P aris und Umgebung um 1700 an. Mit der Zeit setzte sich dennoch endgültig die Gewohnheit durch, die Oper so zu spielen, wie V erdi sie entworfen hatte und die ursprüngliche Ansiedelung im P aris zur Hälfte des 19. Jahrhunderts einzuhalten. Danilo Prefumo 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 13 Die Handlung ERSTER AKT Eine vertraute Gesellschaft genießerischer Adeliger und entgegenkommender junger Damen hat sich versammelt, um eine weitere vergnügliche N acht zu verbringen. Ein wenig desorientiert in diesem Strudel von Worten und Musik steht Alfredo Germont, der sich von seinem F reund Gastone einführen ließ, mit dem V orhaben, die Hausherrin, die Gegenstand seiner geheimen Leidenschaft ist, persönlich kennenzulernen. Violetta lacht über so viel Aufmerk samkeit und schlägt ein gemeinsames Trinklied vor. Das Fest wird im Salon nebenan mit Tänzen fortgesetzt. Die Gäste strömen hin, doch Violetta wird von einem Hustenanfall aufgehalten, und sie bleibt mit Alfredo allein zurück. Mit dem amourösen Anerbieten des jungen Mannes mischt sich ihre belustigte Zurückweisung, denn sie kann einem Mann nichts anderes als Freundschaft bieten. N euerlich im T rubel des Festes, das im Begriff ist, zu Ende zu gehen, verabreden sich die beiden für den nächsten Tag. In der angebrochenen Morgendämmerung denkt die allein gebliebene Violetta beunruhigt über die in ihr hervorgerufene W irkung von Alfredos W orten nach. Sollte vielleicht der Tag ihrer ersten echten Liebe gekommen sein? Sicherlich nicht. Violettas Schicksal ist ein ganz anderes, nämlich ihre genußfreudige gesellschaftliche Unabhän-gigkeit fortzusetzen. ZWEITER AKT Bei Aufgehen des V orhangs über einem Landhaus in der N ähe von P aris sehen wir gegen jede Erwartung einen Alfredo, der mit Violetta das ruhige Leben eines P aares führt. Die erlangte Heiterkeit ist jedoch von kurzer Dauer. Die Zofe Annina entdeckt Alfredo, daß die Herrin sie nach Paris zur Veräußerung ihres verbli ebenen Besitzes geschickt hat, um so ihre neue Existenz zu finanzieren. Alfredo, dem nach drei Monaten seliger Ekstase endlich die Augen aufgehen, eilt auf der Suche nach einer Lösung seinerseits in die Stadt. Violetta kehrt zurück. Sie lächelt über eine Einladung der alten Freunde für den selben Abend, denn das ist nicht mehr ihr Leben. Nun erscheint unerwartet Alfredos V ater, der von Violetta den Abbruch ihres sündhaften Zusammenlebens verlangt, denn sein künftiger Schwiegersohn droht, nachdem er von der Schande erfahren hat, die über der F amilie Germont schwebt, Alfredos Schwester zu verlassen. Violetta setzt dem ihre ganze echte, uneigennützige Liebe zu Alfredo entgegen, doch der alte Germont rät ihr zynisch, in ihr voriges Genußleben zurückzukehren, solange sie noch jung ist. Der Mann ist unbeständig, und sobald ihre Schönheit verschwunden ist, wird sich auch Alfredo anderswo hinwenden. Violetta gibt nach. Sie wird Alfredo unter der Bedingung verlassen, daß ihm die W ahrheit entdeckt wird, sobald der Schmerz ihre bereits schwache Gesundheit zunichte gemacht hat. Allein geblieben, beginnt sie an Alfredo zu schreiben, als dieser unerwartet zurückkehrt. Die sich daraus ergebende Szene hat ihren Höhepunkt in einer herzzerreißenden Bitte Violettas um Liebe; dann flieht sie nach Paris. Der Brief wird dem Geliebten wenige Minuten später gebracht; er öffnet und liest ihn und fällt verzweifelt in die Arme seines Vaters, der geblieben ist, um seinen Sohn zu trösten und zurückzuerobern. Alfredo entwindet sich zornig der väterlichen Umarmung mit der Absicht, zu erfahren, wer der Grund für Violettas plötzlichen Gesinnungswandel ist (vielleicht Baron Douphol?). Sein Blick fällt auf ein auf dem T isch liegendes Blatt P apier – es ist die Einladung für den selben Abend zum üblichen F est; dort wird er die Beleidigung rächen. Der umgehende Szenenwechsel führt uns mitten in einen Maskenball. W enige Stunden nach dem Ereignis ist die N achricht von der T rennung der beiden 13 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 14 Liebenden schon im Besitz der Gesellschaft. N un kommt Violetta in Begleitung von Baron Douphol. Alfredo gewinnt allen, auch seinem Rivalen, das ganze Geld bei einem Kartenspiel ab, das unvermeidlicherweise sehr viel persönlichere Züge annimmt. Die Spannung wird durch die Aufforderung zum Abendessen unterbrochen. Die Gäste entfernen sich mit Ausnahme von Violetta, die in dem verzweifelten Versuch, das Schlimmste zu verhindern, Alfredo rufen ließ. Es kommt zu einem unmöglichen Dialog, in dem sie sich, um die Wahrheit verborgen zu halten, zu der Behauptung gezwungen sie ht, sie liebe Douphol, während er , nachdem er die Anwesenden herbeigerufen hat, in steigendem Zorn öffentlich ihr Verhalten anprangert und ihr als Bezahlung der gemeinsam verbrachten Zeit Geld vor die Füße wirft. Die Lage überstürzt sich im Schlußensemble, das mit dem unerwarteten Erscheinen von Germont père beginnt, der seinem Sohn wegen seines unziemlichen Betragens Vorwürfe macht. Es folgen der Ausdruck der Gewissensbisse Alfredos, die schmerzlichen Vorhaltungen Violettas und die mitleidigen Worte aller Umstehenden. DRITTER AKT Das Vorspiel beginnt mit den gleichen Noten des Beginns, ohne aber dann in die Töne der Leidenschaft und Leichtfertigkeit überzugehen, denn die Gegenwart besteht nur aus Schmerz. N eben seiner moralischen und emotionalen F orm gibt es ihn auch körperlich, weil die Schwindsucht die Heldin bereits an den Rand des T odes geführt hat. Am Krankenbett ist noch die getreue Annina, unterstützt von der mitleidsvollen Behandlung des Arztes. Violettas Schmerzen und ihre Armut stehen im Gegensatz zur Opulenz des P ariser Karnevals, dessen festliches Singen von der Straße hereindringt. Der einzige Trost in dieser Einsamkeit ist ein Brief, den Violetta von G. Meoni (Giorgio Germont) - C. Forte (Violetta Valéry) 14 Germont père erhalten hat. Er informiert sie über das Duell, in dem der Baron verwundet wurde, und darüber, daß Alfredo Frankreich verlassen hat. V om Vater endlich über die wahren Ereignisse unterrichtet, ist er nun rasch auf dem W eg zu der Geliebten, um ihre Vergebung zu erlangen. Es ist leider sehr spät, denn Tag für Tag werden Violettas Kräfte weniger. Doch nun betritt Annina ganz aufgeregt das Zimmer, denn Alfredo ist eingetroffen und wirft sich in Violettas Arme. Der sofortigen Versöhnung folgen die optimistischsten Pläne für die Zukunft, und Violetta möchte in die Kirche eilen, um Gott für die neue F reude zu danken, aber ihre Kraft hält sie nicht mehr aufrecht. Man möge ja den Arzt rufen, aber wenn die so ersehnte Rückkehr Alfredos sie nicht retten kann, so kann es niemand auf dieser W elt. Auch Giorgio Germont kommt für einen letzten Trost hinzu; die Stimmen vereinen sich im Schlußensemble, das von der Protagonistin angeführt wird, die nach wenigen Augenblicken scheinbarer Energie entseelt zu Boden stürzt. 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 15 Francais « Une figure élégante, jeune, et qui chante avec passion » Après le succès triomphal de Rigoletto en 1851, Giuseppe Verdi traverse une période de sa vie particulièrement heureuse. A 38 ans, il est déjà le compositeur d’opéra italien le plus populaire et le plus respecté. Ses ouvrages connaissent un succès grandissant partout en Europe, et les soucis et les difficultés de ses débuts ne sont plus qu’un souvenir. Les « années de galère », marquées par un rythme de production élevé et des choix parfois malheureux quant aux livrets et aux sujets à mettre en musique, sont désormais derrière lui. L’année 1853 est la dernière où V erdi compose deux ouvrages en moins de deux mois. En effet, Le Trouvère est donné avec beaucoup de succès à Rome le 19 janvier 1853, et la première représentation de La Traviata, écrite pour le Théâtre La F enice de Venise, a lieu le 6 mars. Elle connait en revanche un échec retentissant. Verdi travaille encore au Trouvère quand il accepte l’offre de La Fenice pour un nouvel opéra à composer à l’occasion du Carnaval de 1853. En février 1852, le compositeur assiste à la représentation d’une nouvelle pièce de théâtre d’Alexandre Dumas fils (1824–1895), La dame aux camélias, qui est frappée par une série de scandales. V erdi est marqué par cette pièce mais il s’écoulera encore un certain temps avant qu’il ne s’oriente définitivement vers une adaptation de l'histoire de Marguerite Gautier pour l'opéra. A l’été 1852, le choix du sujet n’est toujours pas arrêté. Ce n’est qu’en octobre, après de nombreuses relances de la part du théâtre, que les doutes de V erdi se dissipent. Il écarte un autre livret auquel Francesco Maria Piave travaille depuis un certain temps et opte définitivement pour le drame de Dumas. Il ne reste plus beaucoup de temps mais Verdi et Piave travaillent avec une impressionnante rapidité. La censure vénitienne, plutôt tolérante, ne soulève pas d’obstacles majeurs, exigeant seulement que le titre initialement choisi par Piave, Amour et mort, soit remplacé. De son côté, le théâtre vénitien fait pression pour que l’époque de l’action soit déplacée dans un autre siècle. Verdi s’y oppose mais doit finalement s’incliner, et l’ouvrage est mis en scène avec des costumes du dix -huitième siècle. Verdi se montre immédiatement inquiet quant au choix de la soprano qui doit interpréter le rôle de la protagoniste. En effet, il souhaite « une figure élégante, jeune, et qui chante avec passion » alors que la soprano engagée par le théâtre, F anny Salvini Donatelli présente un caractère d'interprète totalement opposé. Là aussi, V erdi s’entête et menace de tout abandonner , mais il finit par accepter les choses telles quelles ; au final, cette décision sera fatale car l'invraisemblance scénique du personnage, ajoutée à des conditions vocales loin d’être parfaites, auront des effets désastreux sur les réactions du public. La Traviata est donc présentée le 6 mars 1853 et est un véritable fiasco, comme l’écrit V erdi au chef d’orchestre Angelo Mariani. Le public ne l’aime pas et la critique vénitienne souligne, quoiqu’avec une certaine discrétion, que l’ouvrage n’a pas plu. Cependant, V erdi ne paraît pas très troublé par cet échec. Dans la même lettre adressée à Mariani, il ajoute en effet : « c’est moi qui ai tort, ou ce sont eux. Quant à moi, je pense que le dernier mot sur la Traviata n’a pas été dit hier soir » Verdi a vu juste. Il y a apporté quelques modifications bien choisies et La T raviata ressuscite un an plus tard, le 6 mai 1854 – toujours à Venise, mais cette fois au théâtre San Benedetto – grâce aussi à la belle performance de Maria Spezia, une jeune soprano dotée des qualités physiques et vocales souhaitées par Verdi. A partir de ce moment, son succès grandit constamment et La Traviata peut être aujourd’hui considérée, du moins en Italie, comme l’opéra le plus populaire de Verdi. 15 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 16 Comme on le sait, le drame La dame aux camélias de Dumas fils est tiré du roman éponyme publié avec un grand succès par le jeune écrivain en 1848. P our dépeindre son héroïne, Marguerite Gautier, Dumas s’était inspiré de Marie Duplessis, célèbre demi-mondaine parisienne morte de phtisie à 23 ans en 1847, et qui avait été pendant quelques temps sa maîtresse. Les lecteurs ayant fait un bon accueil à son roman, Dumas décide un an plus tard d’en tirer une pièce de théâtre. Mais sa mise en scène est retardée de trois ans en raison de l’opposition de la censure. Ce n’est que début 1852 – et grâce à l’intervention de Dumas père, qui jouit à l’époque d’un immense prestige et d'appuis haut placés – que le drame peut être présenté au Théâtre du Vaudeville, où il reçoit un succès comparable à celui du roman. La transposition du roman en pièce de théâtre – moins intéressante et originale d’un point de vue littéraire – entraîna quelques modifications, notamment pour diminuer la crudité réaliste des situations et accentuer l’idéalisation du personnage principal. Le livret de F rancesco Maria Piave épouse en partie le déroulement du drame mais en éliminant entièrement le second acte de l’ouvrage de Dumas, où le caractère complexe de la courtisane apparaît clairement dans tous ses aspects, y compris le plus vénal. En revanche, l’ouvrage de V erdi met l’accent sur la noblesse et le désintéressement de la protagoniste, Violetta Valéry, faisant d’elle une victime de la société plutôt qu’un personnage à la moralité douteuse, quoique généreux. La suppression du second acte de la pièce dérive donc non seulement de l’exigence habituelle de concision et de rapidité de l’action qui distingue Verdi, mais aussi d’un choix précis de caractérisation psychologique du personnage. En ce qui concerne la concision, La Traviata a peu d'égal : sa durée est d’environ deux heures mais peut être réduite lorsqu’on effectue les coupures traditionnelles. Cinzia Forte (Violetta Valéry) 16 Verdi souhaitait donc que son ouvrage se situe au dix -neuvième siècle, comme Dumas l’avait imaginé. C’est pourquoi il protesta vigoureusement quand le théâtre vénitien, craignant de possibles objections de la censure, voulut absolument déplacer l’œuvre dans un autre siècle. L’histoire devait en effet une grande partie de son succès et de son impact émotionnel auprès du public au fait que les événements mis en scène étaient d’actualité en ces années-là. N éanmoins, jusqu’à la fin du dix -neuvième siècle La Traviata fut présentée en costumes du dix-huitième, et les éditions contemporaines de la partition situaient elles aussi l’histoire à P aris aux environs des années 1700. Avec le temps, cependant, il est courant de représenter l’ouvrage de V erdi au milieu du dix-neuvième siècle, comme il l’avait imaginé. Danilo Prefumo 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 17 Intrigue ACTE PREMIER Une jo yeuse compagnie d’aristocrates jouisseurs et de jeunes filles complaisantes s’est réunie pour passer encore une fois une nuit de plaisirs. Un peu désorienté par autant d'agitation, Alfredo Germont, qui s'est fait accompagner par son ami Gaston, désire faire la connaissance de la maîtresse de maison dont il est secrètement épris. Violetta se moque de ses attentions et propose un toast collectif . La fête se poursuit dans le salon voisin où les invités accourent. Violetta quant à elle est en compagnie d'Alfredo. Il lui déclare son amour mais elle se moque en riant et affirme qu’elle ne peut offrir que son amitié à un homme. Emportés par le tourbillon de la fête qui va bientôt se terminer, tous deux se donnent rendez-vous le lendemain. L’aube pointe déjà et Violetta, demeurée seule, est troublée par l’effet qu’ont eu sur elle les paroles d’Alfredo : serait-ce pour elle le véritable premier amour ? Certes non. Le destin de Violetta est tout autre : elle doit poursuivre sa vie, une vie de plaisirs. ACTE DEUXIÈME Le rideau se lève sur une maison de campagne près de P aris où Alfredo et Violetta vivent tranquillement. Mais la sérénité conquise sera brève. La servante Annina annonce que sa maîtresse l’a envoyée à Paris pour vendre les biens qu’il lui reste afin de financer leur nouvelle existence. Ouvrant les yeux après trois mois d’une extase béate, Alfredo se rend à Paris pour y trouver une solution. Violetta entre : elle sourit car elle vient de recevoir une invitation pour le soir même envoyée par de vieux amis, mais cette ancienne vie lui semble absurde. Survient le père d’Alfredo qui lui demande de renoncer à sa liaison immorale avec son fils. Une rumeur de scandale plane sur la famille Germont: son futur gendre menace de rompre avec la soeur d'Alfredo. Violetta lui explique qu’elle aime son fils d’un amour véritable et désintéressé, mais Germont lui conseille avec cynisme de revenir à sa vie de plaisirs tant qu’elle est jeune : l’homme est volage et Alfredo ira voir ailleurs quand sa beauté sera fanée. La jeune femme cède. Elle abandonnera Alfredo à condition que la vérité lui soit révélée quand sa santé désormais délicate vacillera. Demeurée seule, elle s’apprête à écrire à Alfredo quand celui-ci revient à l’improviste. La scène qui suit culmine dans la poignante déclaration d’amour de Violetta, qui s’enfuit à Paris. Alfredo reçoit sa lettre q uelques minutes plus tard, la lit et s’effondre désespéré dans les bras de son père, venu le consoler mais aussi le raisonner. Plein de ressentiment, Alfredo s’arrache des bras de son père, se demandant qui peut avoir provoqué la volte-face de Violetta (peut être le baron Douphol ?) ; son regard s’égare sur une feuille abandonnée sur la table : l’invitation pour la fête qui doit avoir lieu le soir même ; c’est là qu’il se vengera. Nous sommes maintenant dans un bal masqué. Quelques heures après la fuite de Violetta, la nouvelle de la séparation entre les deux amants circule déjà. Survient Violetta, accompagnée du baron Douphol. Assis à une table de jeu, Alfredo défie les autres joueurs aux cartes, y compris son rival, et gagne. La tension se calme quand on annonce le souper ; les convives s’éloignent, sauf Violetta qui, dans une tentative désespérée d’éviter le pire, a demandé à Alfredo de rester près d’elle. Le dialogue est impossible : pour cacher la vérité, elle doit admettre qu’elle aime Douphol ; Alfredo, dans un accès de rage, appelle les convives et blâme publiquement la conduite de la jeune femme avant de jeter à ses pieds une bourse d’argent pour la dédommager de ses frais d’entretien pendant leur vie commune. La situation se précipite au final, qui débute avec l’entrée soudaine de Germont père reprochant à son fils sa conduite indécente. 17 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 18 Alfredo exprime quelques remords, Violette de douloureux reproches et les convives des paroles de compassion. ACTE TROISIÈME Le prélude s’ouvre sur le même thème qu’au début, mais sans plus dévier vers le thème de la passion et de la frivolité : le présent n’est que douleur – physique, mais aussi morale et affective car la phtisie a désormais conduit l’héroïne sur son lit de mort. Elle est entourée de sa fidèle Annina et d’un médecin qui lui prodigue ses soins. La souffrance et l’indigence de Violetta contrastent avec l’opulence du carnaval parisien, dont la musique joyeuse monte de la rue. La seule consolation de la mourante dans sa solitude est la lecture d'une lettre de Germont père qui l’informe du duel, au cours duquel le baron a été blessé, et du départ de France d’Alfredo. Ayant été informé par son père de la vérité sur leur séparation, celui-ci s’apprête à rentrer pour demander pardon à sa bien-aimée. Mais il est déjà trop tard car Violetta faiblit de jour en jour. Annina entre dans la chambre, toute excitée : Alfredo est là et il vient se jeter dans les bras de Violetta. La réconciliation est suivie de projets d’avenir optimistes ; Violetta voudrait sortir, courir à l’église pour remercier Dieu de cette nouvelle joie, mais ses forces l’abandonnent. Inutile d’appeler le médecin, car si le retour tant désiré d’Alfredo ne peut la sauver, rien ni personne ne pourra la guérir. Germont père survient alors pour lui offrir un ultime réconfort : les voix s’unissent en un concertato final entamé par l’héroïne qui expire au bout de quelques instants après une vaine résurrection. 18 4 La Traviata_DVD book def 33567 Gazza.qxd 04/09/2013 14.52 Pagina 19 19 COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.07 Pagina 6 SIMON BOCCANEGRA 5 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 1 33650 LIVE RECORDIN G SIMON BOCCANEGRA Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) Melodramma in one prologue and three acts Libretto by Francesco Maria Piave Simon Boccanegra - Roberto Frontali Maria Boccanegra - Amarilli Nizza Jacopo Fiesco - Ferruccio Furlanetto Gabriele Adorno - Walter Fraccaro Paolo Albiani - Gezim Myshketa Pietro - Paolo Battaglia Un’ancella di Amelia - Donatella Gugliuzza Orchestra and Chorus of the Teatro Massimo di Palermo Conductor: Philippe Auguin Chorus master: Andrea Faidutti Director: Giorgio Gallione Set and costume designer: Guido Fiorato Video director: Matteo Ricchetti 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 2 ITALIANO N ella sua prima versione, il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi andò per la prima volta in scena al T eatro La Fenice di Venezia il 12 marzo 1857. Alla base del libretto, scritto da F rancesco Maria Piave, c’è il dramma Simón Bocanegra dello spagnolo Antonio Garcia Gutiérrez, un autore che aveva già fornito a V erdi il soggetto per un’opera di qualche anno precedente, Il Trovatore. Verdi terminò la stesura della nuova opera in un tempo relativamente breve, come gli era abituale, e dedicò molta attenzione alle prescrizioni per l’allestimento scenico. L’esito delle rappresentazioni veneziane, tuttavia, fu molto al di sotto di quanto Verdi si aspettava. Le ragioni del fiasco, o, forse più correttamente, del semplice insuccesso di stima – che per V erdi, a quel punto della sua carriera, equivaleva ad un fiasco – non riguardavano né l’esecuzione, che era stata in complesso soddisfacente, né l’allestimento scenico, assolutamente in linea con la media del tempo. Il critico della Gazzetta Privilegiata di V enezia che recensì lo spettacolo subito dopo la prima comprese le ragioni dell’insuccesso con un’acutezza che merita di essere segnalata: “La musica del Boccanegra è di quelle che non fanno subito colpo […] Ella è assai elaborata, condotta col più squisito artifizio e si vuole studiarla nei suoi particolari. Da ciò nacque che la prima sera ella non fu in tutti compresa, e se ne precipitò da alcuni il giudizio. Dopo aver circolato per i teatri italiani con scarsa fortuna fino al 1871, il Simon Boccanegra “prima versione” uscì completamente di repertorio. Verdi, tuttavia, non smise mai di pensare al modo di riportare l’opera sulle scene, apportandovi le necessarie modifiche. L’occasione propizia si presentò solamente sul finire del 1880, allorché il compositore, fatta definitivamente pace con Arrigo Boito (che molti anni prima aveva intonato una irridente Ode saffica col bicchiere in mano “All’arte italiana” per la quale Verdi si era sentito offeso), iniziò a lavorare col letterato e musicista padovano al progetto dell’Otello. Fu Giulio Ricordi a sugge- 2 rire a Verdi di iniziare a saggiare le possibilità di una collaborazione con Boito iniziando proprio dal rimaneggiamento del Simon Boccanegra, che Ricordi avrebbe provveduto a far inserire nel cartellone della Scala per l’anno 1880/81: se il lavoro fosse andato a buon fine e i due uomini si fossero trovati in sintonia su un progetto di modeste dimensioni, più facile sarebbe stata la loro collaborazione sul progetto maggiore, quello dell’Otello. Tutto fu realizzato in tempi brevissimi. Ricordi spedì la sua proposta a Verdi a metà di novembre del 1880; il 20 di quello stesso mese il compositore gli rispose affermando che il Prologo poteva rimanere tale e quale (in realtà poi operò diversi e importanti cambiamenti), mentre il secondo e il terzo atto necessitavano di aggiustamenti marginali. Ciò che non funzionava era, a suo giudizio, soprattutto il primo atto. Verdi, però, aveva già individuato una possibile soluzione, con una scena interamente nuova: e cioè quella scena del Gran Consiglio, che sostituisce il vecchio finale del primo atto – una festa popolare in piazza per celebrare i venticinque anni di dogato del Boccanegra – e che rappresenta uno dei maggiori punti di forza della versione definitiva dell’opera. In poco meno di sei settimane, il lavoro di revisione e riscrittura del Simon Boccanegra fu ultimato. Il risultato, ove si confrontino le due versioni, può essere definito in un solo modo: stupefacente. Stupefacente non solo perché la scena ex-novo del Gran Consiglio – “uno dei più nobili edifici di tutto il dramma musicale” secondo l’autorevole opinione di Julian Budden – è un capolavoro che anticipa con tutta evidenza gli esiti supremi dell’ Otello; ma, forse ancor più, perché gli interventi di riscrittura delle parti preesistenti ne definiscono una visione musicale completamente nuova, che in genere non mostra significativi punti di scollamento col linguaggio “anni Ottanta” della scena del Gran Consiglio. Verdi, del resto, aveva chiaramente espresso il suo pensiero a Boito nella sua lettera dell’otto gennaio 1881: “Io vorrei fare tutto di 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 3 TRAMA seguito come se si trattasse di un’opera nuova”. N on è purtroppo possibile dare minutamente conto di tutti i cambiamenti apportati da V erdi nella seconda versione della partitura. Occorre però ribadire che in nessun altro caso di revisione di una propria composizione Verdi fu altrettanto radicale e altrettanto felice. Al Simon Boccanegra del 1857 potrebbe invece ben adattarsi la definizione di “opera non interamente riuscita” che Massimo Mila ha ingiustamente assegnato alla versione del 1881. Là il desiderio di battere strade nuove si esprimeva infatti in un linguaggio che, per quanto ormai lontano dai moduli e dalle formule correnti, si avvaleva di una sintassi, soprattutto nell’uso del recitativo, che era ancora, largamente, quella tradizionale. Ed in effetti se c’è un problema nel Simon Boccanegra – ed è ciò che lo ha fatto definire “un capolavoro quasi perfetto”, e non “perfetto” tout court – esso sta proprio nella sutura non sempre felice e spesso facilmente avvertibile tra le parti “riformate”, e le meno riuscite e più rétro tra le parti originali. Così riveduto e corretto, Simon Boccanegra tornò sulle scene alla Scala di Milano il 24 marzo 1881, diretto da Franco Faccio, e con una serie di interpreti d’eccezione che ne assicurarono il successo: Simon Boccanegra fu Victor Maurel, che sei anni dopo sarebbe stato il primo Jago; Gabriele Adorno fu F rancesco Tamagno, futuro primo Otello; Anna d’Angeri fu Amelia/Maria, Edouard De Reszke fu Fiesco e Federico Salvati, Paolo Albiani. Per l’opera iniziava una seconda vita, che l’avrebbe lentamente condotta alla definitiva riabilitazione e al pieno accoglimento nel repertorio dei principali teatri nella seconda metà del ventesimo secolo. Danilo Prefumo Prologo Prima metà del secolo XIV , in una piazza di Genova sulla quale si affaccia il palazzo dei Fieschi. È sera, e l’artigiano P aolo Albiani, il suo amico Pietro, marinai e popolani parteggiano per l’elezione a doge di un prode corsaro al servizio della Repubblica: Simon Boccanegra. Egli accetta la candidatura per amore di Maria Fiesco, che il nobile padre gli negò come sposa benché dai loro amori fosse nata una bimba: quando egli sarà doge, il Fiesco non gli potrà più ricusare Maria che, gravemente inferma, vive segregata nel palazzo. Esce Fiesco piangente perché la figlia è morta; respinge duramente Simone e si dichiara disposto alla pace con lui se gli restituirà l’innocente bimba messa al mondo da Maria. Ma Simone non può; anch’egli ha perduto ogni traccia della piccina, che era stata affidata a una donna e che è poi stata misteriosamente rapita. Mentre Boccanegra invoca disperatamente il nome di Maria, la folla lo acclama doge. Primo atto Giardino del palazzo Grimaldi presso Genova, venticinque anni dopo . Una giovane rievoca il suo passato di orfanella cresciuta in un convento insieme a una piccola Amelia Grimaldi, poi morta. I Grimaldi, proscritti, per evitare che i loro beni passassero ai dogi, sostituirono l’orfana alla sorella. Ora tutti credono che la giovane sia Amelia. La raggiunge il gentiluomo Gabriele Adorno, suo fidanzato, e poco dopo giunge il doge Boccanegra, venuto a chiedere la mano di Amelia per il suo favorito P aolo. Rimasto solo con la giovane, le annuncia di aver fatto grazia ai Grimaldi, ma la fanciulla gli rivela di non essere una Grimaldi. Boccanegra ritrova in lei la figlia perduta, e si abbracciano teneramente. Ora Simone rifiuta a P aolo la sua mano. Lui lo taccia di ingrato, e insieme a Pietro decide che la giovane venga portata via con la forza. L’inimicizia fra nobili e popolo si aggrava. Fiesco, che ha preso il nome di Andrea, partecipa ad una congiura dei guelfi contro il 3 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 4 doge. La rivalità si fa sentire anche nel palazzo degli Abiati, dove Boccanegra presiede un’adunanza del Consiglio della Repubblica, presenti fra i popolani anche Paolo e Pietro. Egli si adopera per calmare gli animi, quando dalla piazza in tumulto irrompono popolani che inseguono a morte Gabriele, reo di avere ucciso uno sgherro rapitore di Amelia. Il ratto sarebbe stato ordito per conto di un alto personaggio che si vuole sia lo stesso doge. Ma la liberata Amelia, senza farne il nome, indica P aolo al padre. Le opposte fazioni stanno per azzuffarsi ma Boccanegra, con una nobile invocazione alla pace, riesce a impedirlo; quindi costringe lo stesso P aolo a maledire colui che ha disposto il rapimento. Secondo atto Stanza del doge nel P alazzo Ducale. Prima di tentare la fuga P aolo vuole vendicarsi e versa un velenoso sonnifero nella tazza del doge. Incita inoltre Gabriele ad ucciderlo, facendogli credere che Amelia è oggetto d’impuri desideri da parte del doge stesso. S’incontrano Amelia e Gabriele; la prima, che in realtà si chiama Maria come la madre ma di cui nessuno conosce la vera identità, proclama la purezza dei sentimenti fra lei e il doge. Gabriele figura nella lista dei nemici di Boccanegra, dal quale invano Amelia invoca perdono per lui. Il doge beve l’acqua avvelenata e si assopisce; Gabriele si avventa col pugnale contro di lui, ma Amelia riesce a fermarlo. Riavutosi, il doge sacrifica all’amore per la figlia la sua causa e rivela a Gabriele di essere il padre di Amelia/Maria, imponendogli di correre fra i guelfi insorgenti e placarli in nome della patria comune; premio, se vi riuscirà, la mano di Amelia. Terzo atto Salone del Palazzo Ducale. Domata la rivolta, Genova è in festa per le nozze di Amelia e Gabriele. I1 congiurato P aolo andrà al supplizio, ma prima trova modo di confidare a Fiesco che un veleno da lui propinato mina la vita del doge. Sentendosi già vicino 4 alla morte, Boccanegra si affaccia a contemplare il mare, rimpiangendo di non avervi trovato la tomba. Entra Fiesco, ma il doge rivolge al vecchio nobile espressioni di amicizia: sappia che l’orfanella che ritenne perduta è stata trovata, ed è Amelia. I due riconciliati si abbracciano, e prima di spirare Simone Boccanegra può benedire Amelia e Gabriele sopraggiunti, trasmettendo a Gabriele il potere. Fiesco annuncia ai genovesi che Boccanegra è morto e li invita ad acclamare il nuovo doge. 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 5 ENGLISH The first version of Giuseppe Verdi’s Simon Boccanegra was premiered at V enice’s La Fenice theatre on 12th March 1857. The libretto, by F rancesco Maria Piave, was based on Simón Bocanegra by the Spaniard Antonio Garcia Gutiérrez, who had already given Verdi the subject for Il Trovatore, a few years earlier. As was his custom, Verdi completed the new opera in a relatively short time, paying great attention to the staging directions. The opera, however, did not reap the success V erdi had expected. The reasons for the fiasco – or , rather, for the lukewarm reception, which for V erdi, at that stage in his career, was akin to a fiasco – had nothing to do with the performance, more than satisfactory, or the staging, in line with the average of the day. The critic who reviewed the première in the Gazzetta Privilegiata di Venezia pinpointed the causes with such insight that he deserves to be quoted: “The music of Boccanegra is not an immediate hit […] It is very elaborate, developed with great mastery, and requires to be studied in detail. Hence, the first night, it was not understood by all, and many gave of it a spur-of-the-moment assessment.” After being performed in Italian theatres to little success until 1871, Simon Boccanegra “first version” went out of the repertoire. Verdi, however, never stopped thinking of how to bring it back, after the necessary modifications. The right occasion presented itself towards the end of 1880, when the composer, having reconciled himself with Arrigo Boito (who, several years earlier had composed a sarcastic Ode saffica col bicchiere in mano “ All’arte italiana” which had offended Verdi), began to work with the scholar and musician from Padua on Otello. It had been Giulio Ricordi who had suggested to Verdi that he should investigate a possible collaboration with Boito, and also suggested that he should begin, indeed, with a new version of Simon Boccanegra; he would then have the opera added to the La Scala programme for the season 1880/81; if that task was successful and the two worked well together, they could think of a bigger project, such as Otello. All was accomplished in a very short time. Ricordi sent Verdi his proposal in the middle of November 1880; on the 20th the composer replied, stating that the Prologue could remain untouched (actually he ended up making quite a few and important changes to it), while the second and third acts needed some minor adjustments. What, in his opinion, really did not work, was the first act, but he had already thought of a possible solution: an entirely new scene, that of the Great Council, to replace the old Act One finale. This scene, a gathering to celebrate Boccanegra’s twenty-fifth anniversary as a Doge, is one of the strengths of the final version of the opera. In less than six weeks, the revision of Simon Boccanegra was completed. The result, when we compare the two versions, is stunning. Not only because the new scene – which according to the authoritative opinion of Julian Budden is “one of the most noble structures of the entire drama” – is a masterpiece that foreshadows the superlative achievements of Otello, but perhaps even more so because V erdi’s adjustments define a completely new musical perspective, generally coherent with the language “of the Eighties” of the new scene. Verdi, in any case, had told Boito very clearly, in a letter dated 8th January 1881: “I would like to treat this as a new opera”. It is not possible here to list all the changes the composer made; but one thing is certain: in no other work of revision was V erdi as radical and effective as in Simon Boccanegra. Massimo Mila defined it “not entirely successful”, but this assessment applies rather more to the 1857 version, where the desire to explore new paths resulted in a language that, though far from the contemporary modules and formulas, was still largely traditional, especially in the recitatives. And indeed, if there is a fault in Simon Boccanegra – and this is why it was described as an “ almost perfect masterpiece” – it is in the not always seamless 5 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 6 PLOT junctures between the revised parts and those, more old-fashioned, that have been left untouched. The revised version of Simon Boccanegra was staged at Milan’s La Scala on 24th March 1881, with F ranco Faccio on the podium and a cast of stars that secured its success: Victor Maurel in the title role (six years later he would be the first Jago); Francesco Tamagno as Gabriele Adorno (the future first Otello); Anna d’Angeri as Amelia/Maria, Edouard De Reszke as Fiesco and Federico Salvati as Paolo Albiani. That performance marked a new beginning for the opera, which would gradually gain recognition and, in the second half of the 20th century, would enter the repertoire of the most important theatres. Danilo Prefumo (Translated by Daniela Pilarz) Prologue First half of the 14th century; a square in Genoa with the palace of the Fieschi family . It is evening and the artisan Paolo Albiani, his friend Pietro, seamen and people hope that the valiant corsair Simon Boccanegra, in the service of the Genoa Republic, will be elected Doge. Boccanegra has accepted to run for the position because of his love for the noble Maria Fiesco, whom he was stopped from marrying, despite the birth of a daughter, because of his plebeian origins: if he becomes the Doge, her father Fiesco will not be able to refuse him Maria, who is unwell and lives locked in the palace like a prisoner. A distraught Fiesco comes out of the palace: his daughter has died; when he sees Simone, he harshly rejects him, saying that there will be no peace between them unless Simone brings him the daughter that was born to Maria. Simone, however , cannot do that: he has lost all traces of the girl, who had been entrusted to a woman and who has mysteriously vanished. While Boccanegra weeps over Maria’s death, the people hail him as the new Doge. Act One Gardens of the Grimaldi P alace, near Genoa, twenty-five years later. A young woman remembers her past: an orphan, she was raised in a convent together with the girl Amelia Grimaldi, who later died. The Grimaldis, exiled, to avoid having their properties confiscated by the Doges, took her in as their daughter. Everyone now believes her to be Amelia. She is joined by Gabriele Adorno, her fiancé; shortly after , also Boccanegra arrives: he is there to ask her to marry Paolo, his councilor. Left alone with her, Boccanegra discovers that she is not a Grimaldi, but a foundling. He slowly realizes that she is his long-lost daughter , and they are overwhelmed with joy . The marriage with Paolo is off, and this, furious, plots with Pietro to abduct the girl. The Council Chamber The animosity between nobles and ple- 6 5 Simon Boccanegra_DVD booklet colore 33616.qxd 04/09/2013 14.53 Pagina 7 beians is degenerating. Fiesco, who disguises himself under the name of Andrea Grimaldi, takes part in a conspiracy against the Doge. While Boccanegra is in the Council Chamber encouraging his Councilors to make peace with Venice, a crowd rushes in, chasing Gabriele Adorno, who has killed a man who had abducted Amelia. The misdeed would have been ordered by a righranking official, and suspicions immediately fall on Boccanegra. Amelia, arrives; she describes her misadventure and silently points to P aolo. Fighting is about to break out, but Boccanegra, in a noble appeal, manages to restore the order; then he forces Paolo to curse the man – himself – who has plotted the abduction. Act Two The Doge’s apartment. Paolo has imprisoned Fiesco. Determined to kill Boccanegra, he pours poison in his cup. He then urges Gabriele to kill him, making him believe that the Doge is in love with Amelia. Amelia and Gabriele meet. She tries to reassure him that the feelings between her and Boccanegra are chaste. She claims only to love him, but cannot reveal her secret – that Boccanegra is her father – as Adorno’s family was killed by the Doge. Adorno hides as Boccanegra is heard approaching. Amelia confesses to Boccanegra that she is in love with his enemy Adorno. Boccanegra is angry, but tells his daughter that if the young nobleman changes his ways, he may pardon him. He asks Amelia to leave, then drinks the poisoned water, which Paolo has placed on the table, and falls asleep. Adorno emerges and is about to kill Boccanegra, when Amelia returns in time to stop him. Boccanegra wakes and reveals to Adorno that Amelia is his daughter. Adorno begs for Amelia’s forgiveness. N oises of fighting are heard – Paolo has stirred up a revolution against the Doge. Adorno promises to fight for Boccanegra, who vows that Adorno shall marry Amelia if he can crush the rebels. Act Three Inside the Doge’s Palace. The uprising against the Doge has been put down. Paolo has been condemned to death for fighting with the rebels against the Doge. Fiesco is released from prison by the Doge’s men. On his way to the scaffold, Paolo boasts to Fiesco that he has poisoned Boccanegra. Fiesco is deeply shocked. He confronts Boccanegra, who is now dying from Paolo’s poison. Boccanegra recognizes his old enemy and tells Fiesco that Amelia is his granddaughter . Fiesco feels great remorse and tells Boccanegra about the poison. Adorno and Amelia, newly married, arrive to find the two men reconciled. Boccanegra tells Amelia that Fiesco is her grandfather and, before he dies, names Adorno his successor. The crowd mourn the death of the Doge. 7 COPERTINE_Layout 1 05/09/2013 12.08 Pagina 7 FALSTAFF 6 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 1 33649 LIVE RECORDIN G Giuseppe Verdi (Busseto, 1813 - Milan, 1901) Falstaff Commedia lirica in three acts, Libretto by Arrigo Boito, from The Merry Wives of Windsor by William Shakespeare New production by Opéra Royal de W allonie Sir John Falstaff (Baritone): Ruggero Raimondi Ford (Baritone): Luca Salsi Mrs Alice Ford (Soprano): Virginia Tola Nannetta (Soprano): Sabina Puértolas Mrs Quickly (Mezzo): Cinzia De Mola Mrs Meg Page (Mezzo): Liliana Mattei Fenton (Tenor): Tiberius Simu Dott. Cajus (Tenor): Gregory Bonfatti Bardolfo (Tenor): Pietro Picone Pistola (Bass): Luciano Montanaro Orchestra and Chorus: Opéra Royal de Wallonie Conductor: Paolo Arrivabeni Chorus Master: Marcel Seminara Concertmaster: Jean-Gabriel Raelet Director, Set/Costume/Light Designer: Stefano Poda Video Director: Matteo Ricchetti A Dynamic/Rai Trade coproduction 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 3 Italiano el 1887, alla rispettabile età di settantaquattro anni, Giuseppe Verdi fece rappresentare alla Scala di Milano un’opera che il pubblico musicale di tutta Europa attendeva ormai, si può dire, da sedici anni: l’Otello. Sedici anni erano infatti dovuti trascorrere perché, dopo il successo dell’Aida (1871), il grande vecchio del melodramma italiano tornasse nuovamente sulle scene con una nuova creazione; ed erano in molti a giurare che, con l’Otello, la carriera di Giuseppe Verdi fosse giunta alla sua trionfale ultima tappa. Il librettista dell’Otello, il compositore e drammaturgo Arrigo Boito, era però convinto che quest’opera non dovesse costituire necessariamente il canto del cigno del compositore, e fin dall’estate del 1887 (cioè pochi mesi dopo la trionfale prima di Otello) iniziò un paziente lavoro diplomatico per convincere Verdi a cimentarsi con un nuovo soggetto scespiriano, che Boito si sarebbe naturalmente incaricato di ridurre a libretto: quello del Falstaff, desunto dalle Allegre comari di Windsor del drammaturgo britannico. Verdi, dapprincipio, si mostrò perplesso; ma, in realtà, il desiderio di musicare un’opera di carattere comico era in lui troppo vivo e pungente perché la proposta di Boito lo potesse lasciare indifferente. Prima di allora, Verdi si era cimentato una sola volta con un’opera buffa; lo aveva fatto quasi cinquant’anni prima, nel 1840, con la sua seconda opera, Un giorno di regno (Il finto Stanislao), il fiasco più clamoroso di tutta la sua carriera: l’opera, infatti, era stata ritirata dopo una sola rappresentazione, e mai più messa in scena. Negli anni della maturità, il comico era però venuto a mescolarsi al tragico in due importanti opere verdiane, Un ballo in maschera (1859) e La forza del destino (1862); e ora Verdi si vedeva proporre un soggetto desunto dall’opera dell’autore venerato, quello stesso Shakespeare da lui definito un giorno “la massima autorità nella conoscenza del cuore umano”. Dopo molti tentennamenti e dinieghi, tanto risoluti quanto intimamente poco convinti, alla fine Verdi accettò la proposta di Boito. Era il luglio del 1889: Boito aveva quindi impiegato più di due anni per vincere le resistenze del compositore. Il libretto fu ultimato in breve tempo, e al prin- N cipio di marzo del 1890 Verdi poté incominciare a comporre la musica. Il lavoro, inizialmente, procedette spedito, e il primo atto fu scritto in poche settimane; in seguito, però, il musicista attraversò un lungo periodo di crisi, causato dalla morte di alcuni amici carissimi, tra cui Emanuele Muzio, l’unico allievo che Verdi avesse mai avuto. Soltanto verso la fine del 1891 Verdi ritornò con nuova lena al lavoro, che fu consegnato all’editore Ricordi, nella sua veste pressoché definitiva, nell’autunno dell’anno successivo. La prima esecuzione del Falstaff, salutata dal prevedibile grande successo, ebbe luogo alla Scala di Milano il 9 febbraio del 1893. Il quasi ottantenne Verdi, come era suo costume, aveva seguito le prove con l’entusiasmo e la determinazione di sempre. Il libretto boitiano del Falstaff è desunto prevalentemente dalla commedia The Merry Wives of Windsor (Le allegre comari di Windsor), rappresentata probabilmente nel 1600 (o 1601), e pubblicata nel 1602. Questa commedia, tra le più farsesche e ridanciane che Shakespeare abbia mai scritto, è a sua volta in larga parte basata su un racconto tratto da una raccolta di novelle di un autore rinascimentale italiano, Il pecorone di Ser Giovanni Fiorentino. Nella versione scespiriana, la commedia si incentra sulla figura di Sir John Falstaff, personaggio che era già comparso in un precedente lavoro del drammaturgo britannico, l’Enrico IV (rappresentato intorno al 1597/8), e che godeva di larga popolarità sulle scene teatrali inglesi. Boito riuscì abilmente a conservare i caratteri originali della commedia scespiriana, concentrandoli in un libretto agile, conciso e fantasioso. Il suo Falstaff non è una figura esclusivamente comica, ma un personaggio complesso che esprime una visione amaramente disincantata della vita, nella convinzione, enunciata nella parte conclusiva dell’opera, che “tutto nel mondo è burla”, e la vita non è che un gioco senza senso, che spetta all’uomo volgere in commedia anziché in tragedia. Boito, d’altro canto, non si limitò a riprendere in modo più o meno fedele la vicenda delle Allegre comari di Windsor, ma l’arricchì anche, intelligentemente, con inserti desunti dall’Enrico IV. Il monologo di Falstaff sull’onore, nel primo 3 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 4 Trama atto dell’opera (L’onore…ladri!), è derivato ad esempio dal monologo pronunciato da Falstaff prima della battaglia di Shrewsbury, nella prima parte dell’Enrico IV. Anche il Quand’ero paggio, che Falstaff canta nel secondo atto, è la rielaborazione di due differenti passi del dramma storico. Da quel colto letterato che era, inoltre, Boito arricchì il suo libretto di citazioni desunte dalla letteratura italiana classica. I deliziosi versi di Fenton, Bocca baciata non perde ventura / Anzi rinnova come fa la luna, sono desunti ad esempio da una novella del Decamerone di Giovanni Boccaccio. Opera conclusiva della lunga carriera musicale verdiana, posta al termine di un’attività creativa prolungatasi per quasi cinquantaquattro anni, il Falstaff è la più perfetta e sfingea delle creazioni del compositore bussetano. Lo stesso Verdi ebbe più volte a dichiarare di averla composta esclusivamente per il proprio piacere, senza pensare né a teatri né a cantanti. Certo è che in questo suo Falstaff, che ha ben pochi punti di contatto con la tradizione dell’opera comica italiana del Settecento e della prima metà dell’Ottocento, Verdi ha fatto ricorso ad un’orchestra di concezione spesso cameristica, estremamente leggera e duttile. Il taglio rapidissimo delle scene, i frequenti tratti autoparodistici, l’uso raffinatissimo e allusivo dell’orchestra, lo stupefacente magistero compositivo ma, al tempo stesso, la quasi completa assenza di numeri chiusi e di spunti lirici di facile memorizzazione, hanno peraltro fatto sì che quest’opera fosse per lungo tempo più ammirata che amata. Falstaff, in effetti, rivela tutti i suoi incanti solo dopo ascolti ripetuti; la sua grandezza è quella dei capolavori posti in quel momento particolare della vita in cui i grandi musicisti si possono permettere il lusso di scrivere soltanto per se stessi, senza più doversi preoccupare di quelle che saranno le reazioni del pubblico e dei critici. Danilo Prefumo 4 Atto 1 L’anziano e corpulento Sir John Falstaff progetta di conquistare due belle e ricche dame: Alice Ford e Meg Page. A questo scopo invia alle due comari lettere d’amore perfettamente identiche. Il fatto scatena lo sdegno e l’ilarità delle donne, che con Mrs. Quickly e Nannetta (figlia di Alice) progettano una burla ai danni del cavaliere, tale da togliergli la voglia di atteggiarsi ad ardente seduttore. Rassicurano inoltre Nannetta che non sposerà il Dott. Cajus, come vorrebbe Mr. Ford, ma il giovane Fenton, che le fa la corte e di cui lei è innamorata. Atto 2 Mrs. Quickly reca a Falstaff un messaggio di Alice Ford: la donna lo attende a casa “dalle due alle tre”. Avvertito dai servi di Falstaff, Mr. Ford irrompe in casa propria per sorprendere gli adulteri. Ma le donne fanno a tempo a nascondere Falstaff dentro la cesta del bucato e a gettarlo nel fossato sottostante tra le risa di tutti i presenti. Atto 3 Alice rivela al marito la verità e tutti - uomini e donne - si coalizzano per giocare a Falstaff un’altra spettacolare burla: Mrs. Quickly lo convince a recarsi ad un secondo appuntamento con Alice e Meg, a mezzanotte, nel parco di Windsor, travestito da Cacciatore Nero. L’incontro galante si trasforma in “tregenda”: mascherati da creature fantastiche, tutti gli abitanti di Windsor circondano il panciuto seduttore ed i bambini, travestiti da folletti, lo tormentano costringendolo a confessare i suoi peccati. Quando Falstaff riconosce il servo Bardolfo comprende di essere stato, ancora una volta, gabbato. Ma non è il solo: aiutati dalle maschere, “la regina delle fate” (Nannetta) sposa il giovane Fenton, che Mr. Ford crede essere il Dott. Cajus. Ritrovata l’antica baldanza, Falstaff detta la morale della storia: “Tutto nel mondo è burla”. 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 5 English n 1887, at the venerable age of seventyfour, Giuseppe Verdi had a new opera premièred at Milan’s La Scala: Otello. Audiences throughout Europe had been eagerly awaiting a new work from him for sixteen years, for indeed that much time had elapsed since his previous opera, Aida. No doubt many must have thought that with Otello Verdi’s career had come to its triumphant last leg; not, though, Arrigo Boito. The librettist of Otello refused to consider this the composer’s swan song and, from the summer of 1887 – a few months after Otello’s successful première –, he patiently began to try and convince Verdi to compose to another subject from Shakespeare, which he himself, naturally, would turn into a libretto: Falstaff, from the English dramatist’s play The Merry Wives of Windsor. Initially Verdi was sceptical; but to work on a comic subject must have provided quite a strong temptation. In his career the composer had only scored one opera buffa: Un giorno di regno (Il finto Stanislao), his second work. Composed in 1840, almost fifty years before Otello, Un giorno di regno had been a fiasco: the opera had been withdrawn after only one performance, never to be staged again. Later, in Verdi’s maturity, comic elements would creep into two of his tragic operas: Un ballo in maschera (1859) and La forza del destino (1862). Now, though, he was being given the opportunity to work on a subject taken from his favourite author, that same Shakespeare whom he had once defined “the greatest authority in the knowledge of the human heart”. After much hesitation, as resolute in form as it was weak in substance, Verdi accepted Boito’s proposal. It was July 1889: the librettist had taken more than two years to win over the composer’s reluctance. The libretto was completed in a short time: by the beginning of March 1890 Verdi was able to set to work. The first act went swiftly and was finished in the space of a few weeks; but then the musician went through a trying period, caused by the death of some close friends – among them Emanuele Muzio, his only pupil. It would be the end of 1891 before Verdi was up to speed again. By the fall of the following year the opera was ready for the I publisher Ricordi. Falstaff debuted at La Scala on the 9th of February 1893, and was received with predictable enthusiasm. The nearly eighty-year-old composer had followed rehearsals with his customary zeal and strength of character. Falstaff’s libretto is based on the play The Merry Wives of Windsor, staged in 1600 (or 1601) and published in 1602. One of the more grotesque and comical of Shakespeare’s plays, it was taken, in turn, from Il pecorone, a collection of short stories by the Italian Renaissance author Ser Giovanni Fiorentino. Shakespeare’s play revolves around the figure of Sir John Falstaff, a character that had already made an appearance in his Henry IV (1597/98) and enjoyed great popularity on English theatre stages. Boito skilfully preserved the original traits of Shakespeare’s comedy, converging them into a libretto that is agile, concise and imaginative. His Falstaff is not a solely comical figure; he is a complex character with a cynical outlook on life. As he sings in the finale, “everything in the world’s a jest”, life is a meaningless game which man can turn from tragedy into comedy. Boito not only re-traced, more or less faithfully, the plot of The Merry Wives of Windsor: he enriched it, quite cleverly, with passages taken from Henry IV. Falstaff’s Act One monologue on honour (L’onore… ladri!), for example, is taken from a monologue the same character declaims in the first part of Henry IV, before the battle of Shrewsbury. And the aria Quand’ero paggio, sung by Falstaff in Act Two, is the re-elaboration of two different passages from the same historical play. As the cultivated man of letters he was, Boito, moreover, embellished his libretto with quotes taken from the Italian classical literature. For example, Fenton’s delightful verses Bocca baciata non perde ventura / Anzi rinnova come fa la luna, are from Giovanni Boccaccio’s Decameron. Verdi’s last opera, which crowned nearly fiftyfour years of creative activity, is the most perfect and enigmatic work ever composed by the musician from Busseto. The composer himself repeatedly declared that he wrote it exclusively for his own pleasure, with no specific theatre or singer in mind. Indeed, once 5 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 6 6 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 7 7 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 8 The plot he went as far as saying that the opera should have been premièred at the little theatre of Sant’Agata, instead of Milan’s La Scala. This opera has little in common with the 18th-century and early 19th-century Italian opera buffa tradition: Verdi’s orchestral writing is often chamber-like, very light and flexible. This opera’s fast pace, its frequent self-derisive passages, the refined and allusive use of the orchestra, and its high artistic quality but almost complete absence of closed numbers and easy melodies, made it, for a long time, more admired than loved. Indeed Falstaff reveals all of its marvels only after many listenings. Its greatness lies perhaps in the fact that it was composed in that particular stage of an artist’s life – wonderful and bitter at once – when one can afford to work only for one’s own pleasure and not worry about the audiences’ response; the stage when glory is assured but nothing is left, regrettably, for the conquering. Act One The old and portly Sir John Falstaff plans to conquer two fair and wealthy ladies: Alice Ford and Meg Page. To do this, he sends them identical love letters. Outraged but also amused, the women, with Mrs. Quickly and Nannetta (Alice’s daughter), devise a prank that will forever discourage Falstaff to play the seducer. The also reassure Nannetta that she won’t be made to marry Dr. Cajus, as his father would want, but the young Fenton, whom she loves. Act Two Mrs. Quickly brings Falstaff a note from Alice Ford: the woman will be alone at home “between two and three”. Warned by Falstaff’s servants, Mr. Ford bursts into the house to catch the adulterous couple. But the women manage to hide Falstaff in the laundry basket and throw him through the window into the ditch, where he must endure the jeers of the crowd. Act Three Alice tells her husband the truth, and all - men and women - join to play Falstaff another spectacular prank: Mrs. Quickly convinces him to meet Alice and Meg again, at midnight, at Herne’s oak in Windsor Park, dressed as the Black Huntsman. The would-be romantic meeting turns into a “Sabbath”: disguised as fantastic creatures, the inhabitants of Windsor surround the paunchy seducer, and a number children dressed as sprites torment him till he confesses his sins. When Falstaff recognises Bardolph, he understands that he has been made, once again, a fool of. He is not the only one, though: with the help of the masquerade, the “queen of the Fairies” (Nannetta in disguise) finally marries Fenton, to the dismay of her father who thought he was marrying her to Dr. Cajus. Having found his former self-assurance, Falstaff states the moral of the story: “All the world’s a jest”. 8 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 9 Deutsch iuseppe Verdi brachte 1887 im ansehnlichen Alter von vierundsiebzig Jahren an der Mailänder Scala ein Werk heraus, auf das die Opernliebhaber ganz Europas seit nunmehr sechzehn Jahren warteten, wie gesagt werden kann – Otello. Sechzehn Jahre hatten ja vergehen müssen, bis nach dem Erfolg von Aida (1871) der große Alte der italienischen Oper mit einer Neuschöpfung auf die Bühne zurückkehrte. Viele hatten dann darauf geschworen, daß Giuseppe Verdis Laufbahn mit Otello ihren triumphalen letzten Abschnitt erreicht hatte. Der Komponist und Autor Arrigo Boito, Librettist von Otello, war aber überzeugt, daß diese Oper nicht notwendigerweise den Schwanengesang des Komponisten bilden mußte und begann ab Sommer 1887 (also wenige Monate nach der triumphalen Uraufführung von Otello) mit einer geduldigen diplomatischen Mission, um Verdi zu überreden, sich neuerlich mit einem Sujet von Shakespeare zu befassen, das er, Boito, natürlich für das Textbuch bearbeiten würde. Es ging um Falstaff nach Die lustigen Weiber von Windsor des britischen Barden. Verdi zeigte sich anfangs unschlüssig, aber in Wirklichkeit war in ihm der Wunsch, eine Oper komischer Natur zu schreiben, zu lebendig und intensiv, als daß ihn Boitos Vorschlag gleichgültig hätte lassen können. Zuvor hatte sich Verdi ein einziges Mal an einer komischen Oper versucht – das war 1840, fast fünfzig Jahre früher, mit seiner zweiten Oper Un giorno di regno (Il finto Stanislao), die ihm das größte Fiasko seiner ganzen Laufbahn einbrachte. Das Werk war denn auch nach einer einzigen Vorstellung abgesetzt und nie wieder inszeniert worden. In den Jahren der künstlerischen Reife hatte sich aber das heitere mit dem tragischen Genre in zwei bedeutenden Verdiopern vermengt, in Un ballo in maschera (1859) und in La forza del destino (1862). Nun sah sich Verdi einem Sujet gegenüber, das einem Werk des verehrten Dichters entsprang, jenes Shakespeare, den er eines Tages als „die höchste Autorität in der Kenntnis des menschlichen Herzens“ bezeichnet hatte. Nach vielem Zögern und Verweigern, das so entschieden wie in seinem Inneren wenig überzeugt war, akzeptierte Verdi schließlich Boitos Vorschlag. Man schrieb Juni 1889 – G Boito hatte also über zwei Jahre gebraucht, um den Widerstand des Meisters zu brechen. Das Libretto wurde in kurzer Zeit verwirklicht, und Anfang März 1890 konnte Verdi mit der Komposition beginnen. Anfänglich ging die Arbeit rasch vonstatten, und der erste Akt entstand in wenigen Wochen. Dann kam es aber zu einer langen Krise, die durch den Tod einiger sehr lieber Freunde bewirkt wurde, darunter Emanuele Muzio, der einzige Schüler, den Verdi je hatte. Erst gegen Ende 1891 kehrte der Komponist mit frischen Kräften zu der Arbeit zurück, die dem Verleger Ricordi im Herbst des darauffolgenden Jahres in ihrer fast endgültigen Gestalt übergeben wurde. Die mit erwartbar großem Erfolg aufgenommene Uraufführung von Falstaff fand am 9. Februar 1893 an der Mailänder Scala statt. Der fast achtzigjährige Verdi hatte, wie es seine Gewohnheit war, die Proben mit der alten Begeisterung und Entschiedenheit verfolgt. Boitos Libretto zu Falstaff leitet sich über-wiegend von der Komödie The Merry Wives of Windsor her, die wahrscheinlich 1600 (oder 1601) uraufgeführt und 1602 veröffentlicht wurde. Dieses Stück gehört zu den spaßigsten und schwankhaftesten, die Shakespeare je geschrieben hat und beruht seinerseits auf der Erzählung Il pecorone aus einer Novellensammlung des italienischen Renaissanceschriftstellers Ser Giovanni Fiorentino. In Shakespeares Fassung ist Sir John Falstaff der Mittelpunkt der Komödie, eine Figur, die bereits in einer früheren Arbeit von ihm erschienen war, in Heinrich IV. (gespielt um 1597/8), und die auf den englischen Bühnen sehr populär war. Boito gelang es geschickt, die originalen Charaktere von Shakespeares Komödie beizubehalten und in einem gewandten, prägnanten und phantasievollen Libretto zusammenzufassen. Sein Falstaff ist keine ausschließlich komische Figur, sondern eine komplexe Persönlichkeit, die eine bitterlich ernüchterte Sicht auf das Leben zum Ausdruck bringt, in der am Schluß der Oper ausgesprochenen Überzeugung, daß „alles Spaß auf Erden ist (Tutto nel mondo è burla)“, und das Leben nichts als ein sinnloses Spiel, das der Mensch in eine Komödie anstatt in eine Tragödie verwandeln sollte. Andererseits beschränkte sich Boito nicht darauf, die Handlung der Lustigen Weiber von Windsor 9 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 10 Die Handlung mehr oder minder getreulich wiederzugeben, sondern er bereicherte sie auf intelligente Weise auch um Einschübe aus Heinrich IV. Falstaffs Monolog über die Ehre im ersten Akt der Oper (L’onore... ladri! = Die Ehre... Diebe!) ist beispielsweise von dem Monolog abgeleitet, den Falstaff vor der Schlacht von Shrewsbury im ersten Teil von Heinrich IV. hält. Auch Quand’ero paggio (Als ich Page war), von Falstaff im zweiten Akt gesungen, ist die Bearbeitung zweier verschiedener Stellen des Historiendramas. Außerdem bereicherte Boito als gebildeter Literat, der er war, sein Libretto um Zitate aus der klassischen italienischen Literatur. Fentons entzückende Verse Geküßter Mund geht nicht verloren / Geht immer neu auf wie der Mond stammen beispielsweise aus einer Novelle von Giovanni Bocaccios Decamerone. Das letzte Werk der langen musikalischen Laufbahn Verdis steht am Ende einer fast vierundfünfzig Jahre langen schöpferischen Tätigkeit. Falstaff ist die vollkommenste und rätselhafteste der Schöp-fungen des Komponisten aus Busseto. Verdi selbst erklärte wiederholt, sie ausschließlich zu seinem eigenen Vergnügen geschrieben zu haben, ohne an Bühnen oder Sänger zu denken. Fakt ist, daß er sich in diesem seinen Falstaff, der sehr wenige Berührungspunkte mit der italienischen komischen Oper des 18. und der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts hat, eines oft kammermusikalisch angelegten, äußerst leichten und geschmeidigen Orchesters bedient. Der schnelle Zuschnitt der Szenen, die häufigen autoparodistischen Züge, die äußerst raffinierte Orchesterbehandlung voller Anspielungen, die erstaunliche komposit-orische Meisterschaft, aber gleichzeitig das fast völlige Fehlen geschlossener Nummern und leicht merkbarer melodischer Einfälle bewirkten jedoch, daß diese Oper lange Zeit mehr bewundert als geliebt wurde. Falstaff entdeckt uns denn auch seinen ganzen Zauber erst nach wiederholtem Hören. Seine Größe ist die der Meisterwerke, die sich in jenem besonderen Moment des Lebens einstellen, in dem sich die großen Komponisten den Luxus erlauben können, nur für sich selbst zu schreiben, ohne sich noch darum sorgen zu müssen, wie Publikum und Kritik reagieren werden. 10 1. Akt Der alte, dicke Sir John Falstaff plant die Eroberung zweier schöner, reicher Damen – Alice Ford und Meg Page. Zu diesem Zweck schickt er den beiden vollkommen gleich-lautende Liebesbriefe. Das löst bei den Frauen sowohl Heiterkeit als auch Empörung aus, und sie hecken zusammen mit Mrs. Quickly und Nannetta, Alices Tochter, einen Schabernack zulasten des Ritters aus, um ihm die Lust, sich als glühender Verführer zu geben, zu nehmen. Außerdem beruhigen sie Nannetta, daß sie nicht Dr. Cajus heiraten wird, wie Mr. Ford es möchte, sondern den jungen Fenton, der ihr den Hof macht, und in den sie verliebt ist. 2. Akt Mrs. Quickly bringt Falstaff eine Botschaft von Alice Ford, die ihn „von zwei bis drei Uhr“ bei sich daheim erwartet. Mr. Ford, den Falstaffs Bediente informiert hatten, stürzt herein, um die Ehebrecher zu überraschen. Den Frauen gelingt es aber, Falstaff rechtzeitig im Wäschekorb zu verstecken und ihn unter dem Gelächter der Anwesenden in den unten gelegenen Wassergraben zu werfen. 3. Akt Alice entdeckt ihrem Gatten die Wahrheit, und alle, Frauen wie Männer, schließen sich zusammen, um Falstaff einen weiteren spektakulären Streich zu spielen. Mrs. Quickly überredet ihn, sich zu einem zweiten Rendezvous mit Alice und Meg zu begeben, und zwar um Mitternacht im Park von Windsor, verkleidet als Schwarzer Jäger. Das galante Treffen verwandelt sich in einen Hexensabbat, denn als phantastische Geschöpfe maskiert, umringen alle Einwohner Windsors den dickbäuchigen Verführer, und die als Kobolde verkleideten Kinder peinigen und zwingen ihn, seine Sünden zu beichten. Als Falstaff seinen Diener Bardolfo erkennt, wird ihm klar, daß er neuerlich genarrt wurde. Doch nicht nur er, denn mit Hilfe der Verkleidungen heiratet die „Feenkönigin“ (Nannetta) den jungen Fenton, den Mr. Ford für Dr. Cajus hält. Nachdem Falstaff seine frühere Selbst-sicherheit zurückgewonnen hat, spricht er die Moral der Geschichte aus: „Alles auf der Welt ist Spaß“. 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 11 Français n 1887, à l’âge respectable de soixante-quatorze ans, Giuseppe Verdi fit représenter à la Scala de Milan un opéra que les mélomanes de l’Europe toute entière attendaient désormais depuis seize ans, j’ai cité Otello. De fait, seize années s’étaient écoulées entre le succès d’Aida en 1871 et le retour au théâtre du ténor du mélodrame italien avec une nouvelle création ; et nombreux étaient ceux qui étaient prêts à jurer qu’avec cet Otello, Giuseppe Verdi avait entamé l’ultime étape triomphale de sa carrière. Le librettiste d’Otello, le compositeur et dramaturge Arrigo Boito, était quant à lui convaincu que cet ouvrage n’était pas nécessairement le chant du cygne du compositeur ; dès l’été 1887 (c’est-à-dire à peine quelques mois après la première triomphale d’Otello), il commença donc une longue négociation pour convaincre Verdi d’affronter un nouveau sujet tiré de Shakespeare, que Boito aurait naturellement transformé en livret : il s’agissait bien sûr de Falstaff, inspiré des Joyeuses Commères de Windsor du dramaturge anglais. De prime abord, Verdi se montra perplexe. Mais en réalité, le désir de mettre en musique un ouvrage comique était trop vif et aigu pour que la proposition de Boito le laisse indifférent. Verdi ne s’était jusqu’alors essayé qu’une seule fois à l’opéra comique, cinquante ans plus tôt, en 1840, avec son second opéra : Un jour de règne (Le faux Stanislas) demeurait le plus grand fiasco de sa carrière et avait définitivement disparu de l’affiche après la première. Dans les années de la maturité, cependant, le comique s’était mélangé à deux reprises au tragique dans deux importants ouvrages de Verdi, Un bal masqué (1859) et La force du destin (1862) ; et Verdi se voyait maintenant proposer un sujet d’un auteur qu’il vénérait, ce Shakespeare dont il avait dit un jour qu’il était « le maître de la connaissance du cœur humain ». Après moult hésitations et refus, aussi déterminés que fondamentalement peu assurés, Verdi finit par accepter en juillet 1889 la proposition de Boito, à qui il avait donc fallu près de deux années pour vaincre les résistances du compositeur. Le livret ayant été achevé en peu de temps, Verdi put commencer à composer la musique E en mars 1890. Travaillant d’abord rapidement, il acheva le premier acte en quelques semaines. Mais il traversa ensuite une longue période de crise due à la mort de quelques amis très chers, parmi lesquels Emanuele Muzio, le seul élève que Verdi ait jamais eu. Ce n’est que vers la fin 1891 que le compositeur retourna à son travail avec une nouvelle ardeur. A l’automne de l’année suivante, il remit à l’éditeur Ricordi sa partition dans sa version quasi définitive. La première exécution de Falstaff, accueillie avec le grand succès habituel, eut lieu à la Scala de Milan le 9 février 1893. Comme à son habitude, Verdi – déjà âgé de près de quatre-vingt ans – avait suivi les répétitions avec l’enthousiasme et la détermination qui l’avaient toujours distingué. Pour son livret de Falstaff, Boito s’était principalement inspiré de la comédie Les Joyeuses Commères de Windsor, une œuvre sans doute représentée vers 1600 (ou 1601) et publiée en 1602. Cette comédie, l’une des plus plaisantes et drôles de Shakespeare, est à son tour tirée en grande partie d’une des nouvelles d’un auteur italien de la Renaissance, Il pecorone de Ser Giovanni Fiorentino. La comédie de Shakespeare est centrée sur le personnage de Sir John Falstaff, déjà présent dans un de ses ouvrages précédents, Henri IV (représenté aux alentours de 1597/98), un personnage très populaire sur les scènes anglaises. Boito parvint habilement à conserver les caractères originaux de la comédie de Shakespeare dans un livret agile, concis et plein de fantaisie. Son Falstaff n’est pas un personnage exclusivement comique, c’est aussi une figure complexe qui exprime une vision amère et désenchantée de la vie, convaincu que, comme il le dit à la fin, « le monde entier n’est qu’une farce » et que la vie n’est qu’un jeu insensé que l’homme doit jouer comiquement et non pas tragiquement. Boito ne se borna pas à reprendre plus ou moins fidèlement l’histoire des Joyeuses Commères de Windsor, il enrichit également très intelligemment son livret de passages tirés d’Henri IV. Le monologue de Falstaff sur l’honneur, au premier acte (L’onore…ladri!), dérive par exemple du monologue de Falstaff avant la bataille de Shrewsbury, dans la première partie d’Henri 11 6 Falstaff_DVD booklet colore 33649.qxd 06/09/2013 9.30 Pagina 12 Intrigue IV. L’air que chante Falstaff au second acte, Quand’ero paggio, est lui aussi une réécriture de deux différents passages du drame historique. En fin lettré qu’il était, Boito truffa également son livret de citations puisées dans la littérature italienne classique. Les beaux vers de Fenton, Bocca baciata non perde ventura / Anzi rinnova come fa la luna, sont tirés par exemple d’une nouvelle du Décameron de Boccace. Œuvre ultime d’une longue carrière qui s’étend sur près de cinquante-quatre ans, Falstaff est aussi la création la plus parfaite et énigmatique du compositeur italien. Verdi luimême déclara à plusieurs reprises qu’il l’avait composée exclusivement pour son plaisir, sans penser aux théâtres ni aux chanteurs. Il ne fait aucun doute que Verdi a fait appel à un orchestre extrêmement souple et léger, souvent proche des formations de chambre, dans son Falstaff qui a bien peu de choses à voir avec l’opéra comique italien traditionnel du dix-huitième et de la première moitié du dix-neuvième siècles. En raison du rythme rapide des scènes, des nombreux traits autoparodiques, de l’utilisation raffinée et allusive de l’orchestre, de la maîtrise compositionnelle stupéfiante et en même temps de l’absence quasiment totale de numeri chiusi et de motifs lyriques faciles à mémoriser, cet ouvrage a été pendant longtemps plus admiré qu’aimé. En effet, Falstaff ne dévoile tous ses charmes qu’après l’avoir entendu maintes fois ; sa grandeur est celle des chefs-d’œuvre composés à un moment particulier de la vie où les grands musiciens peuvent se permettre le luxe d’écrire pour eux-mêmes, sans avoir à craindre les réactions du public et de la critique. 12 Acte premier Sir John Falstaff, un homme corpulent et déjà âgé, a l’intention de conquérir deux dames belles et riches : Alice Ford et Meg Page. Il envoie donc aux deux dames des billets doux identiques. Lorsqu’elles le découvrent, les deux femmes laissent éclater leur indignation et leur hilarité. Aidées de Mrs. Quickly et de Nannette (fille d’Alice), elles imaginent de se moquer du chevalier et de lui donner une leçon qui lui ôtera l’envie de jouer au séducteur assidu. Elles rassurent également Nanette, qui n’épousera pas le docteur Cajus, comme le souhaite Mr. Ford, mais le jeune Fenton, qui lui fait la cour et dont elle est éprise. Acte deuxième Mrs. Quickly apporte à Falstaff un message d’Alice Ford : la jeune femme l’attend chez elle « de deux à trois heures ». Averti par les serviteurs de Falstaff, Mr. Ford rentre chez lui à l’improviste afin de surprendre les deux amants. Mais les femmes parviennent à cacher Falstaff dans le panier à linge et à le jeter dans le fossé, faisant ainsi la joie des personnes présentes. Acte troisième Alice révèle la vérité à son époux et tous – hommes et femmes – se coalisent pour jouer à Falstaff un autre bon tour : Mrs. Quickly le convainc de se rendre à minuit dans le parc de Windsor, déguisé en Chasseur Noir, pour y rencontrer Alice et Meg. Le rendez-vous galant se transforme en cauchemar : déguisés en créatures fantastiques, tous les habitants de Windsor encerclent le séducteur pansu et les enfants, habillés en feux-follets, le tourmentent jusqu’à ce qu’il confesse ses péchés. Quand Falstaff reconnaît son serviteur Bardolfo, il comprend qu’on s’est encore moqué de lui. Mais il n’est pas le seul, car les masques aident la « reine des fées » (Nanette) et le jeune Fenton à se marier, à la grande joie de Mr. Ford qui prend le jeune homme pour le docteur Cajus, dont il a pris l’apparence. Ayant retrouvé son assurance, Falstaff annonce la morale de cette histoire : « le monde entier n’est qu’une farce ».