La pesca e i suoi problemi attuali nel Compartimento di Manfredonia La provincia di Capitanata, ch’è una delle cosi dette aree depresse del Mezzogiorno, nasconde settori particolarmente sottosviluppati, quale senza dubbio è quello cosi poco noto in cui operano i bravi lavoratori della barca, i silenziosi braccianti del mare. Pertanto pubblico i miei appunti sul grosso problema della pesca in provincia di Foggia; in mancanza di una letteratura su questo argomento, che non è meno importante di qualche altro, tenuto sempre vivo in articoli, concioni e convegni, essi potranno servire per quell’ampio dibattito da molto tempo atteso ed ormai indilazionabile. Ho detto grosso problema senza enfasi, perché la pesca, in specie nel Sud, va considerata non soltanto nei suoi aspetti tecnici, mercantili e folcloristici, ma anche e soprattutto in quello politico-sociale. Alcuni dati bastano a fissare i termini del problema; per inquadrarvi lo svolgimento e trovarne la soluzione, la più aderente possibile alla realtà e la più vicina a giustizia. Valga anzitutto il raffronto statistico della situazione della pesca in Capitanata, cioè nel Compartimento marittimo di Manfredonia, con quella degli altri Compartimenti della nostra regione (v. tab. seg.). Di qui nasce un preciso impegno ad interessarsi del problema, per esprimere in concreto un atto di solidarietà umana e cristiana verso fratelli, che operano e lavorano in settori umili e lontani dall’attenzione del pubblico. * Si accolgono in questa sede quattro articoli, apparsi ne « Il progresso dauno » di aprile-maggio c. a. (nn. 8-10 e 11). Con il consenso dell’A., li riproduciamo dal settimanale diretto dall’on. De Meo, apportandovi i ritocchi e le integrazioni, suggeriti dall’indole della rivista. Ci auguriamo di far cosa utile a tutti gli « interessati » all’argomento ricostruendo gli « appunti » nella unità formale più idonea al proposto loro sviluppo, costituendo essi uno dei pochissimi contributi in materia. 53 ANNO 1964 COMPARTIMENTO MANFREDONIA MOLFETTA BARI BRINDISI TARANTO N. degli N. dei bat addetti al- telli remola pesca velici 6.642 2.874 5.147 4.374 4.025 1.612 489 1.082 1.260 872 N. del naviglio motorizzato 458 310 292 444 224 Valore degli scafi (in migliaia di L.) Valore delle attrezzature (in migliaia di L.) 1.638.980 2.838.675 3.159.450 820.130 363.760 1.964.000 1.133.250 1.111.700 732.000 766.000 Quantità di pesce pescato (in tonnellate) Valore ricavato dalla vendita (in migliaia di L.) 4.429 5.871 6.302 4.111 11.697 1.570.890 1.675.845 1.808.567 2.170.347 2.693.460 4.662 5.865 4.372 4.693 10.473 1.071.836 1.786.106 1.316.385 2.657.052 2.579.318 ANNO 1965 MANFREDONIA MOLFETTA BARI BRINDISI TARANTO 3.750 3.110 5.023 4.542 3.210 1.584 481 1.082 1.468 904 469 336 312 495 270 1.844.900 2.561.600 3.300.160 1.098.040 1.001.320 2.472.000 1.254.255 1.218.900 1.017.500 850.000 Quanti sono gli addetti alla pesca nel nostro Compartimento? Ecco i dati di un censimento col raffronto statistico negli ultimi anni: Addetti alla pesca 1955 1960 1964 1965 in attività principale: - con libretto navigaz. - con foglio ricogniz. 570 3.123 611 3.010 741 2.747 760 2.820 in attività sussidiaria: - con foglio ricogniz. 73 111 154 170 Totali 4.766 3.732 3.642 3.750 Che cosa hanno prodotto, in questi stessi anni, gli alacri pescatori della provincia e che cosa hanno riscosso per la loro opera? La vendita del pescato risulta remunerativa delle loro fatiche e proporzionata al relativo rischio? Per rispondere a questa domanda, occorre confrontare i dati della produzione e della vendita: In tonnellate Ricavato dalla vendita 1955 1960 1964 1965 2.859.400 4.245.446 4.428.986 4.661.822 1.048.024.780 1.179.274.300 1.570.890.166 1.071.836.374 Nel 1965 si è pescato di più che nel 1964, ma i pescatori hanno guadagnato di meno, mentre noi consumatori abbiamo continuato a pagare il pesce allo stesso prezzo, se non forse di più. Il fenomeno è il risultato di diversi fattori, tra i quali la mancanza di una organizzazione di mercato, necessaria non solo per la difesa dei costi, ma anche per la conservazione del pescato, e la presenza degli intermediari, inseriti tra il produttore e il consumatore. A questi fattori, di per sé già gravi, si aggiunge quello più volte lamentato della mancanza di spirito associativo dei pescatori, portati, per lo più, dalla natura stessa del proprio lavoro, ad essere e a restare individualisti. Si pensi che su circa 4.000 addetti alla pesca, solo meno della metà sono organizzati in cooperative, d’altra parte non sempre tutte valide e funzionanti. 55 Ed ecco la forza peschereccia del Compartimento: Motopescherecci Motobarche Removelici Totale Valore Valore attrezzatura Motopescherecci Motobarche Removelici Totale Valore Valore attrezzatura ANNO 1955 ANNO 1960 N. S.L.T. N. S.L.T. 50 60 1.374 1.484 964,71 303,58 2.139,13 3.407,42 53 230 1.348 1.631 1.405,20 1.156,78 2.340,27 4.729,93 362.600.000 220.500.000 714.475.000 714.370.000 ANNO 1955 ANNO 1960 N. S.L.T. N. S.L.T. 116 342 1.612 2.070 2.733,81 1.525,55 2.393,93 6.653,29 126 343 1.584 2.053 2.827,10 1.541,41 2.340,27 6.708,78 1.638.980.000 1.964.000.000 1.844.900.000 2.472.000.000 Le imbarcazioni removeliche diminuiscono, aumentano le motobarche e i motopescherecci; e ciò grazie alla politica del Governo con i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno. Diventa uno spettacolo sempre più raro vedere barche a remo o a vela solcare il nostro mare, anche perché lo sport della vela non ha trovato ancora una fase di organizzazione tra gli appassionati praticanti. Il processo di meccanizzazione delle attrezzature e degli strumenti di lavoro è ancora in atto, anche per la proroga della validità della legge sulla Cassa, ed è un bene, per un verso, ma è un male, per un altro. Questo aggiornamento agevola la navigazione e facilita il lavoro, evitando l’uso dei remi e consentendo cosi di spingersi il più lontano possibile dalla costa; ma causa lo sfruttamento irrazionale delle acque, col conseguente danno del patrimonio ittico. Alla pesca il Ministro del Bilancia, on.le Pierracini, dedica una parte del suo « programma di sviluppo economico per il quinquennio 1965-69». Non poteva non farlo per una visione globale della programmazione, essendo la pesca uno degli aspetti dell’economia nazionale. Ma egli studia, e doverosamente, il fenomeno sul piano generale e conclude, prevedendo un finanziamento, per lo sviluppo del settore, dell’ordine « di 50 miliardi nel quinquennio, di cui 30 da destinare al rafforzamento della flotta oceanica, 5 all’aumento del fondo di rotazione della pesca costiera e mediterranea, 3 alla realizzazione delle attrezzature a terra ». Nel prendere atto di questa previsione, che può essere da me con- 56 CONSORZIO DI BONIFICA DELLA CAPITANATA La diga di Occhito Il segretario g.le del Consorzio, prof. Curatolo, conduce i giornalisti in visita PROBLEMI DELLA PESCA NEL COMPARTIMENTO DI MANFREDONIA MANFREDONIA – La fascia costiera dalla spiaggia Castello al villaggio dei pescatori comprende la fortezza militare, iniziata da re Manfredi e minuta di opere adeguate ai loro tempi degli Angioini e degli Aragonesi; il molo di levante, il mercato ittico, i depositi PROBLEMI DELLA PESCA NEL COMPARTIMENTO DI MANFREDONIA mercantili, il comando marittimo e la capitaneria di porto, i cantieri navali, la dogana, il molo di ponente col raccordo ferroviario. SCRITTI MERIDIONALI DI A. FRACCARETA Il busto eretto all’Economista nell’aula intitolatagli dalla Università di Bari divisa, avverto che il presente esame è limitato alle esigenze della nostra provincia, alle possibilità e ai propositi degli enti locali (Provincia e Comuni) interessati alla pesca. E’ pacifico che tengo conto delle impostazioni nazionali del problema, ma intendo portare la mia attenzione agli impegni che futuri amministratori della nostra provincia e delle nostre città marinare e lacunari dovranno prendere per la pesca e per i pescatori. Infatti, sarebbe insufficiente qualsiasi intervento del Governo centrale, se venisse meno la collaborazione degli enti locali. Purtroppo, nel passato, per mancanza di indagini e di studi, della pesca ci si è occupati soltanto marginalmente. Perciò sono partito dalla statistica, con l’anagrafe dei lavoratori occupati nel settore, col quadro completo delle forze che operano, dei capitali e del patrimonio impiegato, della consistenza economica della pesca nella nostra provincia, e questo senza pretendere di esaurire un discorso, che va continuato e concluso. La sostituzione della barca removelica con quella a motore va diventando sempre più intensa, per cui ritengo che, entro breve spazio di tempo, la barca removelica continuerà a stare soltanto nei laghi, mentre in mare aperto sarà utilizzata per le sole pesche stagionali lungo la costa, come quella delle seppie. Stiamo assistendo, e le cifre ce lo documentano, ad un sicuro e costante progresso della meccanizzazione e a un continuo ammodernamento delle attrezzature da pesca, e ai primi impianti delle celle frigorifere per la conservazione del pescato. Tutto ciò è stato possibile per il deciso apporto finanziario a fondo perduto fino al 400/o della spesa della Cassa per il Mezzogiorno, che finora ha fatto beneficiare la nostra provincia, di un miliardo e mezzo di contributi, una vera e propria manna, anche per la vita dei cantieri navali. L’investimento straordinario nel settore, quindi, con dato approssimativo ma molto vicino alla realtà, può essere indicato in 3 miliardi di lire, per il periodo di validità della legge sulla Cassa. Molto ancora resta da fare, e magari più organicamente, e la proroga della Cassa, recentemente voluta dal Governo ed approvata dal Parlamento, mette a disposizione della pesca altre somme, altre possibilità. Spetta, ora, ai pescatori, alle loro cooperative di servirsene. Come ho già detto, la sostituzione della vela col motore è indubbiamente una conquista del progresso ed una necessità di stare al passo con i tempi, potrebbe arrecare pure inconvenienti come il depauperamento della fauna marina. Occorrerà studiare e combattere il fenomeno con serietà di intenti e di propositi. In questo campo molto può e deve fare l’Amministrazione provinciale, ponendo, tra i problemi da impostare e risolvere, quello della creazione di un istituto talassografico e di biologia marina e lacunare, per studiare il grado di pescosità dei nostri mari, le zone di pesca e le possibilità future dello sfruttamento. — —, 57 Nel nostro tempo, non si può più concepire l’esercizio della pesca nel modo e nella maniera tradizionale. Anche questa deve avvalersi di tutti i ritrovati della tecnica, giacché anch’essa sta diventando un fatto industriale. Un tempo, la pesca si riduceva all’elementare attività di calare le reti in mare e di raccogliere il pescato. Oggi, la pesca è divenuta, invece, un’operazione tecnicamente complessa, ed i pescatori devono avvalersi e servirsi dei più diversi strumenti offerti dal progresso tecnico, dotando le navi anche di scandagli-radio per la localizzazione dei banchi di pesca, di radar, di radiotelefono. E’ stato proposto, da più parti, un periodo di riposo e di stasi nell’attività della pesca, onde consentire la difesa e la crescita del novellame. Ciò è un bene, ma occorrerà vedere e studiare il periodo più opportuno e assicurare l’assistenza ai pescatori forzatamente disoccupati. Per la difesa del prodotto è urgente, indilazionabile, che i Comuni marittimi e lacunari realizzino la costruzione di mercati ittici, che devono avere tutte le attrezzature idonee e per la vendita rapida e sollecita della merce, e per la conservazione del pescato, con ampie sale per la preparazione del pesce. Provincia e Comuni, in collaborazione tra loro, dovranno impegnarsi a fondo per l’addestramento, la preparazione e la qualificazione professionale degli addetti alla pesca, che vanno resi idonei alla nuova dimensione scientifica e tecnica del proprio lavoro. Certo non tutto potrà venire dal Governo, dalla Provincia e dai Comuni. E’ necessaria a questo processo di rinascita del settore la piena, leale e fattiva collaborazione degli stessi pescatori, che dovranno sentirsi i protagonisti e gli arbitri del loro avvenire. Potranno essere emanate nuove leggi, potrà essere regolamentata ed organizzata, in modo compiuto, la pesca, potranno gli enti locali istituire gli assessorati addetti al settore (cosi come proposto dal Convegno Regionale della Pesca tenuto presso l’Amministrazione Provinciale di Bari il 15 settembre 1963), se non ci sarà la partecipazione attiva dei pescatori, tutto ciò sarà vano. Tra i pescatori vivono alcuni speculatori che, usando dannosi mezzi di pesca, distruggono, con il novellame, la vita, il domani dei propri figli. Necessita una maggiore coscienza civica tra gli stessi operai della pesca, che devono avere la forza di allontanare dalle loro organizzazioni questi « illegali ed abusivi ». Ma c’è di più. I pescatori della piccola pesca sono riuniti in cooperative. Le cooperative in provincia sono 20, di cui 6 a Manfredonia, 3 a Margherita di Savoia, 2 ciascuna a Lesina, Cagnano e Vieste, ed 1 nei centri dì Rodi, Carpino, Ischitella, S. Nicandro e Tremiti. Le cooperative, tutte regolarmente costituite e legalmente riconosciute, avrebbero bisogno di aggiornare le proprie strutture alle nuove necessità della pesca. Comunque esistono e, per il vero, esplicano una 58 meritoria attività di assistenza e di mutualità. Strumenti idonei alla tutela degli interessi degli associati, dovrebbero essere potenziate e meglio organizzate. Quello che manca completamente, nella nostra Provincia, è l’attività di cooperativa di secondo grado, cioè il consorzio, meglio, i consorzi tra le cooperative per la realizzazione delle opere a terra (frigoriferi, celle frigorifere, retifici). I pescatori devono adeguarsi ai tempi nuovi creati dalla economia e dallo sviluppo tecnico; devono assolutamente concentrare le iniziative, unire gli sforzi affinché abbia successo l’azione del Governo e degli enti locali col risultato di ottenere l’auspicato sviluppo e potenziamento della pesca. Impossibile racchiudere in un breve scritto l’esame delle leggi sulla pesca in Italia, e discutere in sintesi la loro validità odierna nel settore. Molte sono le leggi, vecchie ed antiquate, non più idonee alla regolamentazione moderna della pesca, comprensibili, nella loro applicazione, solo da esperti e da iniziati. Occorre rivedere diverse disposizioni, e riordinarle. C’è bisogno di una legge organica che disciplini le attività della pesca e che difenda il patrimonio ittico nazionale. Si è iniziato a provvedere con la recente legge 963 del 14-7-1965; occorre però continuare sulla strada intrapresa, senza inutili e dannosi ritardi. Sulla necessità ed urgenza dell’intervento per una moderna disciplina, basterebbero due esempi, due aspetti dell’attività della pesca, che ci fanno vedere da vicino il fenomeno: la pesca di frodo e la pesca a strascico nelle tre miglia dalla costa, due dolenti note della vita del mare; due modi di esprimere l’egoismo di alcuni pescatori, veri e propri « pirati » della pesca, che dovrebbero essere banditi, prima ancora che dalle leggi positive, dalla coscienza della categoria interessata. Non è che i due metodi di pesca siano identici nelle conseguenze; ma gli è che tutte e due non trovano, nella nostra legislazione, norme univoche, semplici, chiare ed organiche. La pesca di frodo dovrebbe essere repressa a norma dell’art. 30 del I. U. 8-10-1931, n. 1604, che affida la repressione del Corpo Forestale dello Stato, ai Carabinieri, alle Guardie di Finanza, alla Capitaneria di Porto, al Ministero della Difesa, agli Agenti Sanitari, alle Direzioni dei Mercati, alle Guardie daziarie e municipali, ad ogni agente giurato della forza pubblica per la pesca di mare, sotto la direzione della Capitaneria di porto e, poi, con il decreto sul decentramento (D. P. 13-71954). n. 747) agli agenti dell’Amministrazione provinciale. Si pensò, col decentramento, di affidare la vigilanza sulla pesca di frodo, a titolo sussidiario, anche alle Amministrazioni provinciali. Si disse che troppi erano gli organi tenuti alla vigilanza della pesca di frodo e che questi, impegnati in tante e diverse funzioni, non potevano dedicarsi a fondo a questo delicato compito. Ma secondo il mio parere, non si tratta di aggiungere altri agenti, 59 a quelli già numerosi, in servizio, ma si tratta di affidare ad un solo organo la repressione! Il decentramento è servito a stabilire il principio che di queste cose si interessi l’Amministrazione provinciale; facciamo noi, ora, in modo che questa se ne interessi con serietà, includendo la vigilanza sulla pesca tra i suoi compiti di istituto. Tutti sanno che la pesca a strascico è proibita per legge (D.M. 112-1933) entro le tre miglia dalla costa, ma tale decreto, senza numero, non è stato mai pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, e pertanto non ha alcun valore. Questo è stato accertato recentemente, dopo 30 anni di applicazione, dal Pretore di Terracina e dal Tribunale di Napoli, i quali hanno dovuto assolvere gli imputati dall’aver effettuato la pesca a strascico entro le tre miglia dalla costa, perchè il fatto non ... è reato (!) Dovrebbe, quindi, essere in vita l’art. 16 del R. D. del 13 novembre 1882, n. 1090, modificato dal R. D. 30-11-1884, n. 2783, che vieta « la pesca con reti ed altri apparecchi a strascico, tirati da galleggianti, nelle acque del mare sino ad un miglio marittimo (metri 1851) da qualsiasi punto della costa o dal lido »; e ciò solo per il periodo dal 1. dicembre di ciascun anno al 1. maggio dell’anno successivo. Stando così le cose, la pesca con reti a strascico sarebbe consentita, oltre il periodo del 1. maggio, anche ad un centimetro dalla costa: ecco l’assurdo e l’incongruenza della norma! Di qui la necessità di rivedere la materia e di disporre di una nuova regolamentazione. Nel frattempo, in attesa di tanto, la Capitaneria di porto di Manfredonia in sede di concessione del permesso di pesca inserisce una clausola sulla proibizione della pesca a strascico; e ciò secondo la disposizione data dall’autorità marittima, nello spirito della norma prevista dal R. D. 26-9-1912 n. 1107. E’ interessante considerare anche il problema di fondo della pesca dei nostri due laghi di Varano - 7 mila ettari circa di estensione - e di Lesina - 5 mila ettari circa - e quello della regolamentazione giuridica. L’attuale disciplina è dettata da due ordinanze della Capitaneria di Porto di Manfredonia, inadeguate ed insufficienti allo scopo, tanto da imporre un approfondito esame del complesso problema, che tenga conto, oltre che delle condizioni generali, delle reali attività in via di sviluppo nell’ambiente ittico lagunare. Sono legali e legittime le ordinanze emesse dalla Capitaneria di porto di Manfredonia? Per Varano, la risposta potrebbe essere affermativa — sebbene io ne dubiti, perché anche le sue acque sono interne —, dopo la pubblicazione del D.P.R. dell’11-8-1965 sulla Gazzetta Ufficia1e che cancella tale lago dall’elenco delle acque pubbliche interne; ma non così per Lesina, ove l’Amministrazione marittima disciplina la pesca in acque tuttora inscritte in quelle pubbliche interne, di competenza del Ministro dell’agricoltura e foreste. 60 E’ necessario, quindi, la revisione dell’intera materia, a tutela della disciplina giuridica della pesca. Di rilievo la recente costituzione, da parte dei pescatori di Cagnano, di un consorzio « Tutela ed incremento pesca laguna di Varano », in funzione fin dallo scorso anno, alle cui dipendenze sono 4 guardiapesca. Di fronte alle assenze dei responsabili, la categoria ha cercato di risolvere, almeno in parte, il grosso problema della vigilanza. Bisogna, però, fare di più e meglio al fine di evitare l’impiego nella pesca di dannosissimi attrezzi e, quello più nefasto, di bombe. Sembra infatti, che anche sulle due belle lagune si faccia a gara a distruggere, col novellame, il lavoro dei pescatori onesti. Gravi e urgenti sono i lavori di dragaggio dei canali adduttori e la sostituzione di alcune griglie, per assicurare una maggiore produttività delle lagune. Considerevole è stata l’agitazione dei pescatori di Cagnano, i quali, per protesta, si portarono sul canale di Capoiale, per cercare di togliere con rudimentali attrezzi (zappe e pale) la sabbia che ostruisce quasi per intero alcuni tratti dello stesso canale. Molti sono i pescatori della zona che sono costretti per l’impoverimento ittico delle lagune, ad abbandonare il mestiere, la città e l’ambiente familiare, e cercare lavoro all’estero. La diminuzione degli addetti alla pesca, da conseguirsi attraverso il passaggio ad altre attività produttive, è prevista dallo stesso « programma di sviluppo » dell’on. Pieraccini, come obbiettivo della programmazione in materia di politica della pesca, per realizzare un aumento della produttività del settore; e ciò sul piano nazionale può essere giusto e valido. Ma l’esodo dei pescatori delle nostre lagune non è conseguenza di una realistica visione del problema, bensi, è doloroso constatarlo, del disordine che regna nel settore. Ritengo, infatti, che una più compiuta disciplina della pesca possa non solo assicurare lavoro ai 550 circa pescatori della zona interessata, ma anche garantir loro un reddito sufficiente. E’ opportuno, nel quadro di una visione globale del problema della pesca, l’emanazione di una legge speciale per la costruzione delle case alle famiglie della gente di mare. Come si è provveduto per i braccianti della terra, si faccia per i braccianti.., del mare. I pescatori, con carico familiare numeroso, con esigenze particolari e proprie del lavoro cui sono dediti, vivono in uno stato di disagio e di assoluta indigenza ed hanno bisogno di una casa tutta per loro. I pescatori, come del resto i contadini, non possono beneficiare dell’INA-Casa perché non pagano i contributi. Possono partecipare ai concorsi per l’assegnazione delle case popolari, ma queste vengono realizzate, per lo più, alla periferia urbana, lontane dal luogo di lavoro. I pescatori, invece, vogliono la casa vicino al mare, vicino al loro battello, vicino alle loro reti; vogliono, anche nel sonno, continuare a 61 sentire la voce del loro mare e questo non per poesia, ma per seguirne gli « umori », per correre in tempo, in caso di burrasca, a salvare il loro natante. Nella nostra provincia, con i finanziamenti della legge n. 640 sulla eliminazione delle abitazioni malsane, sono sorte le prime case per i pescatori. L’istituto Case Popolari di Foggia ha realizzato, per conto dello Stato, 37 alloggi a Manfredonia, 12 alloggi a Margherita e ha in appalto 6 alloggi a Cagnano Varano. E’ encomiabile, a questo proposito, la volontà e l’impegno di alcuni pescatori di Margherita i quali, riuniti in cooperativa, con il contributo dello Stato, stanno realizzando nella loro città 26 alloggi per i propri iscritti. E’ un esempio che meriterebbe d’essere seguito. All’unisono con l’opera legislativa, bisognerà, come si è accennato avanti, provvedere alla costruzione dei mercati, degli impianti frigoriferi per la conservazione del pescato, ai porti e alle loro attrezzature, alla creazione di una vera e propria organizzazione a terra. Questo è il minimo che chiedono i pescatori della nostra provincia per non morire, per dare nuova vita e vigore al loro settore. Bisogna evitare l’abbandono da parte dei giovani dell’attività della pesca, dando loro la sicurezza nel lavoro con la certezza di un adeguato e remunerativo reddito. Qualcosa è stata fatta nel passato, ma ci sono state anche sfasature e frammentarietà nell’azione. Solo chi non fa niente, non sbaglia mai. Occorre però in futuro maggiori coordinamento e organicità. I pescatori sono gente buona, dediti al lavoro e alla famiglia, e chiedono il giusto riconoscimento del proprio apporto all’economia e alla crescita della provincia. A noi tutti, dai diversi posti di responsabilità, spetta raccogliere l’invito per realizzare le loro attese, in modo da assicurare agli amici pescatori la fiducia nell’avvenire e il giusto compenso al sacrificio di ogni giorno. L’attuazione di un nostro impegno politico ed amministrativo rappresenterebbe un atto di doverosa giustizia nei loro riguardi e, in definitiva, si risolverebbe a tutto vantaggio della provincia intera. BERARDINO TIZZANI 62