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Rivista
Anno 101 - n. 9 - Settembre 2010
Volo quotidiano Bari Zurigo
Verso il resto del Mondo
E
Editoriale
di Giangi Cretti
I
l sud dell’Italia nel centro d’Europa e da qui nell’universo mondo.
Messo in questi termini, sembra il piano di un volo pindarico. Nei fatti, è un volo d’aereo: quello quotidiano
che dal 6 settembre collega Bari con Zurigo.
Allo stato attuale, diventa l’unico il collegamento diretto quotidiano, che dalla Svizzera aggancia il sud
della Penisola. Una sfida già tentata da altri, su altri scali. Sin qui, però, senza esiti soddisfacenti.
Sarà questa la volta buona? Leonardo De Luca, presidente di Helvetic Airways,ne è convinto. Allo stesso modo
in cui è consapevole che la sfida non è di poco conto.
Già il fatto di poterla intraprendere è per lui motivo di soddisfazione. Per ragioni emotive: la famiglia di De Luca
è infatti originaria di quella zona della Campania che confina con la Puglia. Ma soprattutto per motivi di orgoglio
aziendale: nel progetto, la Swiss, con la quale la collaborazione, su altri fronti, si sta affinando da qualche
tempo, è partner fondamentale. Partenariato che testimonia il grado di affidabilità e di credibilità raggiunto
da Helvetic Airways: una compagnia che è stata rilevata quattro anni fa dopo il fallimento della gestione
precedente.
La decisione di attivare un volo quotidiano con Bari presuppone un cambiamento di strategia: non più voli
pensati per il point to point, che rispondono ad esigenze turistiche, di flussi stagionali o strettamente legati
alle zone collegate. Ma anche traffico di passeggeri in transito: che dalla Puglia, e più in generale dal Sud
dell’Italia continentale, vogliono raggiungere destinazioni europee o intercontinentali.
Ed è qui che il coinvolgimento di Swiss diventa essenziale: Helvetic Airways cura il collegamento fra Bari e
Zurigo, Swiss quello fra Zurigo e il resto del mondo. Così operando, l’aeroporto di Zurigo, sulla cui efficienza
è difficile obiettare, intende diventare un possibile hub per la Puglia e il Sud della Penisola.
***
Inciampare, e quindi soffermarsi di questi tempi, su un canto di Leopardi è certamente frutto di singolare
casualità. Singolare, alla luce, va da sé, dell’altrettanto casuale attualità dei versi,
che il poeta di Recanati – noto per il suo pessimismo - dedicò, quasi un paio di secoli fa, all’Italia.
“O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l’erme
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo,
non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
i nostri padri antichi. Or fatta inerme,
nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? (…)”
Intenzionale è invece la decisione di dare spazio ad una serie di servizi per sottolineare il 150° anniversario
dell’Unità d’Italia. Procederemo pubblicando articoli di Tindaro Gatani di impronta storico-divulgativa, ai quali
si accompagneranno, ogni qualvolta sarà possibile, testimonianze di personalità, che una parte della storia
del nostro ancor giovane Paese l’hanno vissuta in presa diretta.
Su questo numero, accanto ad una ricostruzione dei legami fra Rivoluzione francese e Risorgimento italiano,
proponiamo anche una lunga e interessante intervista con Nerio Nesi, realizzata dal nostro collaboratore
Michele Caracciolo di Brienza.
[email protected]
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n. 9 - Settembre 2010
1
S
Sommario
Editoriale
PRIMO
PIANO
1
Revisione della legge sull’assicurazione
contro la disoccupazione
15
Svizzera: votazione federale del 26 settembre 2010
La Puglia oltre i confini nazionali
17
Helvetic Airways vola giornalmente su Bari
15
«È una grande opportunità per la crescita della Regione»
Per l’ing. Di Paola Amministratore Unico Aeroporti di Puglia
Aeroporti di Puglia
19
Elemento cardine per lo sviluppo economico locale
Collegamenti ferroviari fra Svizzera e Italia
15
In un Convegno a Roma il prossimo 21 settembre
Alla conquista dell’West
25
63° Festival Internazionale del Cinema Locarno
25
La Semaine de la Critique al Festival di locarn
28
Intrevista con Till Brockmann
3 P.M. IN MEILEN
30
Passione e pazienza: Eva Maria Bartenschlager
e Jörg Vogel parlano dell’allevamento di cavalli
INCONTRI
«Credo molto in un futuro declinato al femminile»
45
Donne in carriera: a colloquio con Diana Bracco
CULTURA
Dalla Rivoluzione francese alla nascita del tricolore
49
Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
49
Banchiere di complemento
53
A colloquio con Nerio Nesi
RUBRICHE
53
2
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n. 9 - Settembre 2010
In breve
Italiche
Europee
Internazionali
Oltrefrontiera
Benchmark
Burocratiche
Angolo Fiscale
Angolo legale
4
7
9
11
13
33
34
37
39
Convenzioni Internazionali
L’elefante invisibile
Scaffale
Sequenze
Diapason
Convivio
Motori
Starbene
41
47
63
65
67
72
77
80
In copertina: Aeroporti di Puglia ha realizzato sugli aeroporti di Bari e Brindisi due impianti per la produzione di energia rinnovabile. Gli impianti fotovoltaici, rispettivamente da 200 e da 300
Kw, sfruttando l’irraggiamento solare, producono direttamente energia elettrica, che viene immessa nelle reti a servizio dell’aeroporto, con una sensibile riduzione di energia prodotta da fonti
tradizionali non rinnovabili: combustibili solidi e liquidi. Gli impianti, tra i primi realizzati in Puglia, contribuiscono per circa il 30 – 40% al fabbisogno dei due aeroporti.
DOLCE VITA Adottare un filare di Barbera nelle Lanze
69
Casa Barilla occupa la stazione centrale di Zurigo
71
A far festa al Brodetto
72
Da Nord a Sud
La nuova struttura
78
Chrysler Group & Fiat Group sotto lo stesso tetto
Ducati Day - 25 Luglio 2010
79
IL MONDO Mercanteinfiera Autunno: Parma, 2 - 10 ottobre 2010
IN FIE RA 29ª Mostra internazionale di modernariato,
72
84
antichità e collezionismo
Biglietti gratuiti per il Macef
85
Marmomacc, Veronafiere dal 29 settembre al 2 ottobre 2010
Mostra internazionale di marmi, pietre design e tecnologie
86
Viscom Italia 2010: Fieramilano, 21 - 23 ottobre
87
84
Appuntamento con la visual communication
TriestEspresso Expo: Trieste, 28 - 30 ottobre
88
La vetrina internazionale
IL MONDO 101° Assemblea CCIS
IN CAMERA Verbale
90
Vincenzo Di Pierri
Nuovo Presidente CCIS
87
Il nuovo Consiglio Camerale
In Vino … Italia
93
Vini diversi… l’Italia in comune
Modena: il Biomed oltre la Ferrari e l’Aceto Balsamico...
Le città d’arte del’Emilia Romagna
94
Fiera Agroalimentare del Mediterraneo
24 – 26 settembre a Ragusa
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95
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n. 9 - Settembre 2010
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In breve
Svizzera: 7,8 milioni abitanti
alla fine del 2009
Più merci trasportate
attraverso l’arco alpino
A fine 2009 la Svizzera contava 7.785.800 residenti, con
un aumento di 84.000 persone (+1,1%) rispetto all’anno
precedente. Il saldo migratorio è diminuito del 24% e l’incremento naturale è cresciuto del 2,3%. L’evoluzione è
stata più marcata nelle zone urbane (+1,2%) che in quelle
rurali (+0,9%). Il saldo migratorio positivo per gli stranieri
(+79.000 ) compensa quello, negativo dal 1992, degli
svizzeri (-4400 ). La popolazione di nazionalità svizzera
è aumentata di 39.700 unità, per fissarsi a 6.071.800.
Per il secondo anno consecutivo questa evoluzione non è
riconducibile solo a naturalizzazioni (43.400 nel 2009) ma
anche a un lieve incremento naturale (+700). A fine 2009
quasi tre quarti della popolazione residente in mood permanente (73,6%, ovvero 5.733.400 persone) vivevano
nelle zone urbane. La metà abitava nelle cinque grandi agglomerazioni di Zurigo, Ginevra, Basilea, Berna e Losanna. Le agglomerazioni che hanno conosciuto lo sviluppo
più marcato sono state Yverdon (+2,8%), Bulle (+2,7%),
Konstanz-Kreuzlingen (+2,5%) e Losanna (+2,0%). A registrare diminuzioni sono state le agglomerazioni di Grenchen e Burgdorf (entrambe -0,2%).
Il traffico merci attraverso le Alpi è aumentato nei primi sei
mesi dell’anno sia sulla rotaia sia sulla strada. Secondo il
Dipartimento federale dei trasporti (DATEC), questa crescita, che segna il ritorno in forze della ferrovia, si spiega
quasi esclusivamente con la ripresa congiunturale.
Da gennaio a fine giugno, il volume totale delle merci trasportate è cresciuto del 13,2% rispetto al primo semestre
del 2009, raggiungendo quota 19,2 milioni di tonnellate,
di cui 12 milioni per ferrovia e 7,2 su strada. Questa cifra
resta tuttavia inferiore del 9,4% al volume record del primo semestre del 2008.
Per quanto riguarda i veicoli pesanti, il numero dei tragitti percorsi è aumentato del 7,4%, raggiungendo quota
621.000. Le quantità di merci trasportate su strada sono
aumentate dell’8,1%, ossia di 0,5 milioni di tonnellate.
Ma è soprattutto sul fronte ferroviario, particolarmente
colpito dalla crisi, che si è registrata la crescita più significativa: +1,7 milioni di tonnellate (+16,5%).
Questo incremento si è fatto più consistente nel corso
dei mesi (+12,6% nel primo trimestre; +20,3% nel secondo).
Alla Ferrero il 2° Winning Italy Award
Il Gruppo Ferrero è stato insignito, a Villa Madama a Roma, del prestigioso “Winning Italy Award”. La seconda edizione del premio che vuole essere un riconoscimento a chi, più degli altri, ha saputo
promuovere e valorizzare l’immagine e la reputazione italiana nel
mondo - è stato ritirato direttamente dai due CEO, Pietro e Giovanni
Ferrero alla presenza del Ministro degli Esteri Franco Frattini.
“Nell’indice di reputazione delle aziende mondiali- ha ricordato il Ministro - Ferrero occupa la prima posizione. Questo ci inorgoglisce
come Italiani. Voi – ha detto il Ministro rivolgendosi ai due fratelli- siete davvero portatori di quell’idea che vede l’Italia come Patria dell’alta qualità nei prodotti alimentari. Siete davvero ambasciatori del
made in Italy”. Alla cerimonia era presente anche Gianni Letta che
ha portato le congratulazioni del premier Berlusconi e ha elogiato “la
gloriosa Ferrero”, l’impresa Italiana “più apprezzata al mondo”.
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n. 9 - Settembre 2010
L’Italia si conferma secondo partner commerciale per la Svizzera
Non solo l’Italia si conferma secondo partner commerciale della Confederazione Elvetica, ma quest’ultima continua a rappresentare per le esportazioni italiane il sesto
mercato di sbocco a livello mondiale: nel marzo 2010,
infatti, l’Italia ha esportato in Svizzera merci e servizi per
un valore di 1,33 Miliardi di Euro, un valore quasi pari alla
somma delle esportazioni italiane in Cina e Russia (1,37
Miliardi di Euro), che insieme hanno una popolazione di
1,6 miliardi di abitanti. A livello pro-capite la Svizzera si
conferma quindi di gran lunga il maggiore importatore
e consumatore mondiale di prodotti italiani. Nel primo
semestre 2010 l’Italia ha esportato merci e servizi per
un valore complessivo di 9.6 miliardi di Franchi, facendo
registrare un aumento del 6% sullo stesso periodo del
2009, positiva anche la dinamica delle importazioni italiane dal mercato elvetico (+ 4,5% sul primo semestre
2009). Le espostazione italiane nel 1° semestre 2010:
CHF 9.419.432.646.- + 5.98% rispetto al medesimo periodo dell’anno scorso.
Le esportazioni svizzere nel 1° semestre 2010:
ammontano CHF 8.563.488.933.- + 4.46%”.
Dal 25 settembre 2010
Ripartono a Zurigo i corsi per Sommelier in lingua italiana 2010/2011
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) e l’Associazione Svizzera dei Sommelier Professionisti (ASSP) organizzano, per il sesto anno consecutivo, i corsi per sommelier in lingua italiana. I corsi sono riconosciuti dall’Association Suisse des Sommeliers
Professionnels e dall’Associazione Mondiale dei Sommeliers (ASI) e si indirizzano non solo
ai collaboratori e ai quadri della ristorazione ma anche a tutti gli interessati e amanti del
vino. Il corso è programmato secondo moderni canoni di formazione professionale al fine
di fare acquisire ai partecipanti un adeguato bagaglio tecnico-culturale anche in funzione del
superamento dell’esame finale (facoltativo), il quale darà diritto al titolo di sommelier.
Struttura del corso
Il corso è strutturato in tre livelli indipendenti di dodici unità didattiche ciascuno.
Il 1° livello è dedicato alla viticoltura, alla tecnica di degustazione, alla legislazione, ai distillati e al marketing.
Il 2° livello alla geografia vitivinicola.
Il 3° livello all’abbinamento cibo-vini.
Al termine di ogni livello, il corsista ha la facoltà di presentarsi ad un esame, superato il quale avrà diritto ad un certificato di frequenza. Sede dei corsi è Zurigo.
Esami finali
L’esame finale, in chiusura del terzo corso, prevede:
1. Prova scritta con domande su tutti e tre i livelli
2. Analisi organolettica di due vini
3. Prova pratica di abbinamento cibo-vini
4. Prova orale con domande su tutti e tre i livelli
5. Prova pratica di servizio
Alle prove 4 e 5 saranno ammessi solo coloro che supereranno le prime tre prove dell’esame finale. Il candidato che
non supera l’esame finale potrà ripeterlo al massimo per un’altra volta nella sessione d’esami successiva.
Il 1° corso avrà inizio sabato 25 settembre 2010 e avrà cadenza mensile per i primi due livelli e settimanale per
quanto concerne il 3° livello.
Costi ed iscrizione
Dato il numero limitato dei posti, i candidati saranno accettati secondo l’ordine d’arrivo delle adesioni.
I costi sono stati fissati come segue:
1° livello:
2° livello:
3° livello:
CHF 1'090.-CHF 1'040.-CHF 1'130.--
tassa d’esame intermedio inclusa
tassa d’esame intermedio inclusa
tassa d’esame finale inclusa
In caso d’iscrizione a tutti e tre i livelli, verrà applicato uno sconto del 10%; la quota ammonterà pertanto a CHF
2'934.-- Nella quota sono compresi i libri di testo, la borsa del sommelier contenente i bicchieri di degustazione INAO,
vari dossier d’aggiornamento e tutti i vini in degustazione.
Informazioni ed iscrizioni: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera - Signor Luigi Palma
Seestrasse 123 - Casella Postale, 8027 Zurigo - Tel. 044 289 23 29 - Fax 044 201 53 57
e-mail: [email protected] - www.ccis.ch
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n. 9 - Settembre 2010
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Consumo combinato: 14,7 l/100 km (4.2), 15,7 l/100 km (4.7) I Emissioni di CO2: 345 g/km (4.2), 365 g/km (4.7)
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ITALICHE
di Corrado Bianchi Porro
PMI al passaggio
generazionale
Il problema del passaggio generazionale, è un tema che
ha sempre interessato le piccole e medie imprese italiane. Ogni anno si calcola che siano direttamente interessate alla problematica in Italia circa 66 mila imprese,
mentre le statistiche avvertono che quando avviene un
passaggio generazionale, circa il 30% delle PMI fallisce.
Il che significa - commenta Stefania Milo, presidente dei
Giovani imprenditori CNA Lombardia - che a motivo di
una scarsa attenzione e preparazione a questo problema, circa 65 mila posti di lavoro risultano ogni anno
a rischio. Un altro 30% delle imprese interessate alla
successione supera positivamente questo ostacolo,
mentre ben più di un terzo riscontra difficoltà a rimanere a galla.
Bisogna a questo proposito rammentare che se l’Italia
ha il primato mondiale del numero e della diffusione delle PMI (il che le ha consentito di reggere meglio alla
crisi a motivo dell’elevata flessibilità del sistema), secondo un recente studio della Bocconi, ben il 43% degli
imprenditori della vicina Penisola ha più di 60 anni. È
vero che l’80% degli imprenditori giudicano il passaggio
generazionale un evento cruciale per le sorti della propria azienda, ma nella percezione soggettiva essi continuano tuttavia a considerarsi sufficientemente giovani,
a dispetto del fatto che nei prossimi 10 anni, secondo
una ricerca effettuata dall’Università di Siena, ben il 40%
delle imprese sarà interessato al tema del passaggio
generazionale e la mancata programmazione in tempo
utile costituisce il secondo motivo di fallimento e chiusura delle PMI.
Secondo l’Unione Fiduciaria, il 98% delle imprese italiane ha meno di 20 dipendenti e il 92% di esse è a conduzione familiare. L’Italia ha quasi il 50% delle micro imprese europee e dunque analizzare il mondo delle PMI,
significa anche prendere in esame il modello di famiglia
sottostante. Il ruolo della famiglia nelle nostre imprese,
commenta Andrea Di Benedetto, presidente nazionale
CNA Giovani Imprenditori, assume un ruolo fondamentale. Emerge dalle varie inchieste il lato forte e spesso
romantico dei legami generazionali, di un rapporto familiare non televisivo, nel quale risulta evidente la passione che ne è all’origine. Spesso le imprese nascono
addirittura per dare un futuro e un lavoro alla famiglia
stessa e all’interno di questo mondo si trovano moltissime eccellenze ignorate. È questa una delle colonne
portanti del sistema Italia.
Il problema è caso mai riuscire a dare un futuro a queste imprese. Già avere un figlio che possa prendere le
redini dell’azienda, rappresenta oggi una fortuna. Anche
perché, se il passaggio da padre a figlio risulta in genere meno problematico, le cose si complicano quando il
passaggio avviene da genitore a figlia. Non tanto per
misoginia o per avversione al lavoro femminile, spiega
Alberto Onetti, direttore CrESIT, dell’Università dell’Insubria, ma per mettersi al riparo da possibili conflitti con il
genero e per questo motivo, se ci sono figlie in azienda,
si preferisce liquidarne le quote relativamente alle pretese ereditarie.
Quando si analizza il mondo delle imprese, aggiunge,
bisogna sempre considerare da una parte il mondo
delle imprese e dall’altro il contesto sociale in cui esso
si inserisce. Sono come due lame di una forbice che
s’incrociano. Secondo la ricerca CrESIT, le imprese che
anche nella recente crisi sono riuscite a crescere, sono
quelle capaci di innovare e collaborare. La loro quota
raggiunge il 28% del campione analizzato. Un altro 7%
compie le scelte giuste e tuttavia il mercato non le ha
premiate, mentre l’assoluta maggioranza delle PMI soffrono d’immobilismo. Stare fermi nella speranza che le
cose migliorino, non è una strategia. Se continui a pensare come hai sempre pensato, riuscirai al massimo ad
ottenere i risultati che hai sempre ottenuto. Ma oggi che
il tempo si muove in fretta, ad una velocità sempre maggiore, stare fermi può rapidamente portare all’asfissia.
Ebbene, commenta ancora Alberto Onetti, il passaggio generazionale può rappresentare anche per le PMI
un’occasione di rilancio e di crescita per le imprese. Infatti, dopo il ricambio generazionale, spesso si cambia
passo. Entrano forze nuove e se l’accompagnamento è
ben rapportato tra padre e figlio, il mix riesce ad essere
efficace poiché sposa l’esperienza alle novità.
Nelle testimonianze che abbiamo raccolto alla giornata
nazionale dedicata al tema a Villa del Grumello a Como,
abbiamo sempre avvertito l’orgoglio degli imprenditori
nel tramandare l’esperienza, qualche volta con la difficoltà di lasciare anche la libertà di sbagliare anche ai
dipendenti, ma con la comprensione che attraverso
gli errori si può edificare la necessaria esperienza. Il
passaggio generazionale non sempre è possibile effettuarlo all’interno della famiglia. Magari i figli hanno altre
idee. In ogni modo l’introduzione in azienda di manager
esterni, in questo caso già dotati di esperienza, consente all’azienda di crescere di dimensioni e di effettuare il
passaggio di consegne adeguato, in modo da assicurare il necessario futuro alle PMI.
È un passo doveroso, perché l’età media della generazione al comando è di 61 anni, mentre l’età della generazione subentrante risulta per quasi un terzo nella
fascia di età fra i 30 e i 39 anni. Anche per questo è
importante pianificare la successione per tempo, con
nuove generazioni spesso più preparate ad innovare
e collaborare, ad usufruire della preparazione professionale e allo scambio d’informazioni, cose sempre più
necessarie per rimanere sul mercato.
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n. 9 - Settembre 2010
7
EUROPEE
di Philippe Bernasconi
Ombre sulla ripresa
E pensare che fino ad un paio di mesi fa l’economia
europea sembrava sull’orlo del tracollo, mentre l’unica
speranza di uscire dalla più grave crisi degli ultimi decenni era affidata alla locomotiva a stelle e strisce. Invece, a poche settimane di distanza tutto è cambiato.
Ora a tirare è il Vecchio continente, mentre dall’altra
parte dell’oceano giungono notizie decisamente poco
confortanti. Un vero e proprio capovolgimento di fronte, come direbbero i commentatori sportivi. Che ha
dell’incredibile.
Ricapitolando, l’economia europea non è poi così fragile come si pensava. La crisi da sovra indebitamento
che ha colpito (e continua a colpire) metà del Continente (Grecia in testa, ma Atene è in buona compagnia) è
stata affrontata dalle autorità europee forse in ritardo,
ma con decisione. E ora, grazie anche al contributo
non indifferente del Fondo monetario internazionale,
sembra essere sotto controllo. Se da una parte i fondi
stanziati per evitare il default sembrano aver sortito
gli effetti sperati, dall’altra i governi interessati si sono
rimboccati le maniche per far fronte all’emergenza. Le
drastiche misure adottate (o ancora da adottare, ma
comunque in preventivo) sembrano aver superato le
iniziali resistenze di piazza e sembrano aver convinto i
mercati della loro bontà. Il peggio, insomma, sembra
essere passato. A far lievitare l’ottimismo sono poi arrivati gli stress test voluti dal Comitato delle autorità
europee di vigilanza, una sorta di attività di controllo
del settore finanziario. Su 91 banche europee solo
7 sono state bocciate. Cinque sono spagnole, una
tedesca e una greca, tutte già in fase di riorganizzazione post salvataggio. Ciò significa, per dirla con gli
esperti, che il sistema finanziario dell’Unione europea
è resistente a choc macroeconomici e finanziari negativi. Promossi anche gli istituti di quei Paesi che più di
altri in questi mesi hanno fatto parlare di sé in termini
unicamente negativi. Più di così non si poteva certo
pretendere, a significare che gli sforzi intrapresi dai
singoli Stati e dall’Unione europea nell’affrontare la crisi (fondi per stabilizzare i consumi e aiuti pubblici alle
imprese e alle banche in difficoltà) hanno permesso di
superare la fase più critica. E ora le stesse istituzioni
finanziarie causa e vittime della crisi si stanno rimettendo in carreggiata. Nella speranza - vien però da
dire - che gli errori commessi in passato siano serviti
a qualcosa. E che non vengano più ripetuti. Ma questa
è un’altra storia.
Resta il fatto che sorprendentemente l’economia europea ha ingranato una marcia superiore alla concorrenza occidentale. Merito soprattutto della Germania, che
si è riscoperta locomotiva del Vecchio continente. Nel
secondo trimestre dell’anno il prodotto interno lordo
tedesco è cresciuto del 2,2%, grazie alla forza delle
esportazioni e degli investimenti. Ma bene sono andate
anche le economie degli altri principali Paesi europei.
Il segreto? Aver saputo puntare senza tentennamenti
verso quelle regioni che meno di altre hanno sofferto
la crisi di questi ultimi due anni. Non per nulla nel 2009
per la prima volta l’export tedesco in Cina ha superato
in volume quello verso gli Stati Uniti. “Le esportazioni
tedesche prima della crisi andavano soprattutto verso
i Paesi alimentati dalla bolla del credito: gli stati Uniti,
la Gran Bretagna o la Spagna. Ora che lì le carte di
credito non girano più si sono rivolte verso Cina, India,
Brasile, Russia o Sudafrica”, ha ben spiegato al Corriere della Sera il capo economista di Deustche Bank
Thomas Mayer.
Del resto, i calcoli sono presto fatti. La Cina e l’India
in numeri assoluti hanno una quota nettamente maggiore di benestanti (e quindi propensi a comperare i
prodotti made in Deutschland) rispetto ai Paesi europei e agli stessi Stati Uniti. Per di più, questa fascia di
ceto medio-alto è in costante crescita. Non c’è allora
nemmeno da sorprendersi se il prodotto interno lordo
cinese ha superato quello del Giappone ed è ormai
secondo solo a quello degli Stati Uniti.
Le note meno liete arrivano invece proprio dagli Stati
Uniti. Il grido di allarme lo ha lanciato addirittura la
Federal Reserve. La ripresa, ha fatto sapere la banca
centrale americana, potrebbe essere più lenta del previsto. La fine del tunnel non è ancora lì dietro l’angolo
come si pensava. Tanto che c’è chi teme un processo
deflazionistico (con prezzi e salari in caduta libera) che
sarebbe oltre modo difficile da gestire, soprattutto
in questa fase. E se gli Stati Uniti dovessero cadere
in una seconda recessione (il cosiddetto scenario a
W) allora sì che potrebbero essere guai seri per tutti
quanti. Europa compresa. Perché va bene la Cina, ma,
come ha ammesso la Banca centrale europea, non
è ancora arrivato il giorno in cui si può fare a meno
dell’economia americana, della sua forza e della sua
spinta propulsiva. Se gli Stati Uniti hanno il raffreddore, il resto del mondo ha l’influenza. Mai come in questo caso ciò potrebbe essere vero.
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n. 9 - Settembre 2010
9
INTERNAZIONALI
di Michele
Caracciolo di Brienza
La Cina e la ricerca
del primato
L’economia cinese sta registrando un primato dietro
l’altro. Questo paese è diventato il primo esportatore
al mondo e ha superato gli Stati Uniti nel consumo di
energia. La sua produzione industriale è stata maggiore nel secondo quadrimestre del 2010 di quella del
Giappone. Anche la Svizzera sta perdendo terreno. È
vero che la domanda di beni di lusso è in crescita in
Asia, ma è anche vero che un’azienda cinese ha investito nel settore dell’orologeria della Confederazione. Il
perno del commercio internazionale si sta spostando
rapidamente nel Sud-Est asiatico. Si è passati dal Mediterraneo all’Atlantico e, nel giro di pochi decenni, il
flusso maggiore di traffici parte ora dall’Asia. Ciò che
sorprende è la rapidità di quest’ultimo spostamento.
La Cina è il paese più popoloso del pianeta e la sua
ascesa non sembra arrestarsi. Ha intrapreso da anni
una via di sviluppo continuo e inarrestabile aprendo la
propria economia al mercato, ma mantenendo un sistema politico dittatoriale. Quali i limiti di questo sviluppo
economico e quali i rischi? Il sistema bancario cinese
risente delle forti influenze del governo e spesso non
garantisce quell’obiettività e quella trasparenza necessaria per l’allocazione del credito. I criteri di redditività e di solidità dei bilanci non sono sempre tenuti in
considerazione per lasciare posto a considerazioni di
carattere politico. La crescita della produzione manifatturiera non tiene in scarso conto i vincoli ambientali
imposti alle industrie di altri paesi. L’uso del carbone è
ancora radicato, essendo questa risorsa abbondante
in Cina. Secondo quanto riportato dal World Fact Book,
pubblicazione annuale della CIA sullo stato del mondo,
nel 2009 la Cina ha annunciato che entro il 2020 ridurrà l’intensità di uso del carbone del 40% rispetto ai
livelli del 2005. Il mix di fonti energetiche si arricchisce
quindi di centrali nucleari e idroelettriche. Formidabile
la diga delle tre gole, opera faraonica conclusa l’anno
scorso e capace di soddisfare ogni anno il 3% del fabbisogno energetico cinese(l’equivalente di 140 milioni
di barili di petrolio).
La crescita economica a ogni costo incide sulla qualità
di vita e sinora questo è accettato. Le condizioni di
lavoro sono molto dure e in un paese che vanta una
tradizione comunista ormai unica al mondo pare un
controsenso. L’aumento di ricchezza dell’intera economia cinese nasconde in realtà dei profondi squilibri tra
la costa e l’interno, tra le città e le campagne. Le am-
bizioni di potenza di questo paese sono poi da ridimensionare per il momento dato che la Cina, pur essendo
una potenza nucleare, non ha ancora raggiunto il rango
di superpotenza per molte ragioni. La capacità di proiezione del proprio potere militare è molto limitata se
paragonata a quella degli Stati Uniti. Le basi militari
cinesi all’estero sono pressoché inesistenti.
L’attenzione è rivolta più al commercio che alla sicurezza. La proiezione verso l’estero è funzionale al commercio. La presenza di investimenti cinesi in Africa e il
suo interesse per le risorse del continente rispecchia
questa premessa. L’obiettivo è la crescita del PIL e una
diretta conseguenza di questa ricchezza è la potenza
militare. Ciò è condiviso in Cina e si vede dal successo
editoriale che vi ha avuto il saggio Ascesa e declino
delle grandi potenze di Paul Kennedy, tanto da farne
una serie televisiva di documentari per la televisione cinese. La tesi di Kennedy è che c’è una relazione diretta
tra ricchezza e primato tecnologico di uno Stato e il
suo peso militare in ambito internazionale. Nel momento in cui questa ricchezza ha cominciato a diminuire
anche il peso politico-militare è scemato. Per ora la
Cina non riesce a imporre i suoi standard tecnologici e
la battaglia con gli Stati Uniti si gioca anche su questo
versante.
Il problema della contraffazione resta grave ed è indice
di una scarsa propensione alla ricerca e all’innovazione. L’operosità cinese si scontra quindi con i limiti di
un’innovazione di prodotto che attinge completamente
altrove e alla lunga crea danni a tutti: contraffatti e contraffattori. Nella contraffazione non c’è più incentivo a
innovare. La manifattura del mondo per ora produce
beni di scarsa qualità ad un costo molto basso per via
di un mercato del lavoro sfruttato a livelli impensabili
in Occidente. Allo stesso tempo uno degli obiettivi di
lungo termine del governo cinese è di avere una solida
domanda interna in modo da assorbire di più la propria
produzione di beni ed essere meno dipendente dall’andamento delle esportazioni. Ciò si otterrà migliorando
le condizioni salariali e con la creazione di sistema di
ammortizzatori sociali più diffuso. Un altro freno allo
sviluppo economico può arrivare dalle tensioni regionali. Vi sono dei contenziosi territoriali aperti con il
Giappone sulla sovranità di alcune isole e le ambizioni
nucleari della Corea del Nord restano una minaccia per
la sicurezza regionale e non solo.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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OLTREFRONTIERA
di Fabrizio Macrì
Il bello e il buono
non vanno solo evocati
A Roma il 5 luglio 2010, in occasione del Meeting dei
Segretari Generali delle Camere di Commercio Italiane
all’Estero è stato presentato un interessante rapporto di
Eurisko, Gruppo Gfk, sugli sviluppi dei consumi globali e
sulle prospettive di crescita per il Made in Italy.
La terza parte del rapporto affronta il tema della percezione del Made in Italy nel mondo e di quali elementi del
prodotto italiano (inteso in senso lato come un connubio
tra territorio Italia e merci prodotte, concepite e disegnate
in Italia) risultino vincenti per il nostro Paese sui mercati
internazionali. Si ripete l’ormai consolidata immagine tradizionale dell’”Italian life style” come traino dei nostri prodotti
all’estero: nella percezione dei consumatori esteri l’Italia
primeggia nell’offerta turistica e culturale che ha anche
a che vedere con il generale buon gusto e passione per
l’estetica che ci viene universalmente attribuita e che si
riflette, secondo gli intervistati, nella qualità intrinseca dei
nostri prodotti, ma soprattutto nel loro valore immateriale
che sta nell’evocazione dell’Italia stessa e delle sue bellezze artistico-paesaggistiche. Il Colosseo, il Duomo di Firenze, le mille piazze d’Italia ed il Canal Grande, insomma,
fanno da traino all’acquisto di prodotti italiani che evocano
luoghi di una bellezza che non hanno pari nelle altre città
del Pianeta. Una seria riflessione però sul posizionamento
futuro del Paese nella competizione globale va fatta. Bisogna chiedersi: basta il bello a trattenerci nel novero delle
nazioni più ricche del mondo? Possiamo impostare il nostro
futuro sulla percezione che il mondo ha del nostro passato? Possiamo in sostanza continuare a vivere delle positive
sensazioni che evochiamo?
Il nostro territorio con il suo inestimabile patrimonio culturale ed il suo inespresso potenziale turistico rappresenta
un asset su cui finalmente iniziare a puntare: sarebbe cioè
ora che noi Italiani iniziassimo ad offrire servizi turistici
competitivi, ci adattassimo agli standard di ospitalità internazionale, imparassimo le lingue straniere per far sentire
a casa i nostri ospiti e mettessimo risorse e attenzione
nella difesa e valorizzazione del nostro patrimonio artistico
e culturale.
Pur continuando ad investire e primeggiare nei settori
classici dei beni di consumo evocanti il “bello percepito”
del nostro Paese. Bisogna però riflettere sulla sostenibilità
di questo modello di sviluppo soprattutto in un contesto
competitivo come quello attuale. Continuare a crogiolarsi
nell’autocompiacimento è un po’ come guardarsi l’ombelico e ci espone a serie minacce competitive.
Le specializzazioni produttive del Made in Italy sono le stesse di India e Cina che, non solo imitano le nostre produzioni, ma innovano e producono negli stessi settori a costi più
bassi; la crisi economica mondiale ha ormai portata strutturale e non semplicemente congiunturale: i cambiamenti
della struttura produttiva in atto sono destinati a mutare
radicalmente i consumi e la domanda e per di più in una
direzione non favorevole ai settori di specializzazione del
Made in Italy.
Turismo, offerta culturale, vestiario di lusso, prodotti alimentari di nicchia e arredamento fanno tutti parte di ciò
che nelle economie in crisi o in fase di cambiamento strutturale viene considerato superfluo. Lo stesso Marchionne,
CEO di Fiat, ha recentemente più volte evocato i rischi che
la contrazione strutturale della domanda mondiale, dovuta
alla saturazione dello stesso mercato, presenta per l’industria dell’auto. La maggiore attenzione che i consumatori
mondiali hanno per la responsabilità sociale d’impresa, per
la sostenibilità ambientale delle produzioni che arrivano sul
mercato e il vantaggio competitivo, che i nostri più grandi
paesi concorrenti stanno guadagnando in settori fortemente innovativi come quello delle energie rinnovabili, sono due
elementi che rischiano di minare il modello di sviluppo su
cui l’Italia sembra aver puntato in modo quasi esclusivo
negli ultimi 20 anni.
Forse la risposta al dilemma tra vecchio e nuovo sta in
una linea strategica di sviluppo che ci possa far recuperare terreno: sia sul fronte dei nostri tradizionali cavalli di
battaglia, sia sul versante dell’innovazione e consiste nella
valorizzazione ambientale del Paese.
Le catastrofi ambientali che ormai con cadenza annua
inquinano acque e terra del Bel Paese, dalla marea nera
nel fiume Lambro, alle alghe nell’Adriatico, all’emergenza
rifiuti tossici in Campania, all’emergenza rifiuti radioattivi
nello Ionio, si aggiungono ad una tradizione italiana di malagestione del territorio (crescita selvaggia dei centri urbani
e cementificazione di massa, scarsa manutenzione degli
acquedotti e delle falde acquifere, scarsa efficienza della
rete di trasporti pubblici ed inquinamento delle aree urbane). La necessità di far fronte a questa emergenza ci indica
paradossalmente una direzione per un futuro sviluppo della
nostra economia.
Incentivi all’utilizzo delle energie rinnovabili ed investimenti
in tecnologie ad esse applicabili così come in aree di produzione, riqualificazione delle aree urbane ed applicazione di moderne tecnologie di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani e dei rifiuti tossici possono creare opportunità di
sviluppo per le nostre aziende ed il loro indotto così come
per investitori esteri: lo stesso Jeremy Rifkin, economista
di fama mondiale e tra le altre cose consulente del Comune
di Roma, ha dichiarato che l’Italia potrebbe diventare l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili se solo le istituzioni e
le imprese dedicassero “attenzione strategica” a questo
settore. Una radicale riqualificazione del nostro territorio
ci aiuterebbe infine a recuperare posizioni sul mercato turistico nel quale l’Italia, pur vantando il 60% del patrimonio
archeologico mondiale, occupa un preoccupante quinto
posto tra le destinazioni preferite dai turisti internazionali,
alle spalle di Paesi meno fortunati, ma forse più attenti alla
gestione del “bello” che il loro territorio ha da offrire.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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Svizzera: votazione federale del 26 settembre 2010
Revisione della legge sull’assicurazione
contro la disoccupazione
Il 26 settembre 2010 i cittadini svizzeri
dovranno esprimersi sulla revisione dell’assicurazione contro la disoccupazione (AD).
L’assicurazione svizzera contro la disoccupazione offre prestazioni di buona qualità. A seconda
dell’età e della situazione famigliare del lavoratore, essa prevede un’indennità pari al 70 o all’80%
del guadagno assicurato, un diritto all’indennità
prolungato, un efficace servizio di collocamento e
di consulenza nonché un ampio ventaglio di provvedimenti inerenti al mercato del lavoro, come gli
stage professionali per i giovani o gli assegni per
il periodo di introduzione per i disoccupati di una
certa età. L’assicurazione contro la disoccupazione si trova oggi in una condizione di squilibrio
finanziario. Da alcuni anni, infatti, le sue uscite
superano le entrate e il debito è cresciuto costantemente, raggiungendo, a fine giugno 2010, quota
7 miliardi di franchi. Così stando le cose, l’AD non
è più sufficientemente garantita. Dall’ultimo adeguamento della legge, il suo finanziamento si basa
su una previsione del tasso di disoccupazione che
si è rivelata troppo ottimistica. Nei fatti, il tasso di
disoccupazione medio nell’arco di un ciclo congiunturale non è del 2,5% (pari a circa 100 000 disoccupati) bensì del 3,3% (corrispondente a circa
130 000 disoccupati). Con la revisione della legge,
il Consiglio federale e il Parlamento si propongono
di stabilizzare la situazione finanziaria dell’AD e
di ammortizzare il debito. La revisione proposta
combina misure di contenimento delle spese per
622 milioni di franchi e un incremento delle enLE PRINCIPALI MISURE DI RISPARMIO
- Più stretta correlazione tra durata del diritto all’indennità e periodo di contribuzione: attualmente
un periodo di contribuzione di un anno dà diritto
all’indennità giornaliera in generale per un anno e
mezzo. In futuro: coloro che hanno versato contributi per almeno un anno beneficeranno dell’indennità per un anno; a partire da un periodo di contribuzione di un anno e mezzo il diritto all’indennità
sarà di un anno e mezzo.
Dato che le persone di età inferiore ai 25 anni rimangono disoccupate in media per non più di 6
mesi, la revisione prevede per questa categoria di
disoccupati un diritto all’indennità di al massimo 9
mesi, a meno che non abbiano figli a carico.
- Periodi di attesa più lunghi: attualmente i disoccupati cominciano a percepire l’indennità giornaliera
trate per un ammontare di 646
milioni di franchi.
Essa prevede, da
un lato, una riduzione mirata di
determinate prestazioni e, dall’altro, un aumento
dei contributi AD dal 2,0 al 2,2 per cento sui salari o sulla parte di salario fino a 126 000 franchi.
Inoltre, per ammortizzare il debito verrà riscosso
un cosiddetto contributo di solidarietà, pari ad un
ulteriore 1%, sui redditi elevati, ossia sulla parte di
salario compresa tra 126 000 e 315 000 franchi,
come già avvenuto dal 1996 al 2003.
La revisione della legge sull’assicurazione contro
la disoccupazione (LADI) è stata approvata dalle
Camere federali nel corso della sessione primaverile 2010. Dal canto suo il Consiglio nazionale
ha accettato il progetto con 91 voti contro 64 e
37 astensioni, mentre il Consiglio degli Stati si è
espresso favorevolmente con 32 voti contro 12 e
0 astensioni.
Oltre al Consiglio federale e al Parlamento, la revisione è sostenuta anche dai partiti borghesi e da
varie associazioni, tra cui l’organizzazione mantello Economiesuisse, l’Unione svizzera degli imprenditori e i rappresentanti delle arti e mestieri.
Contro la revisione della LADI, PS, Verdi, sindacati, comitati dei disoccupati e altre organizzazioni
hanno lanciato il referendum. Essi si oppongono
alla riduzione delle prestazioni. Ritengono, infatti,
che l’equilibrio finanziario potrebbe essere ristabilito limitandosi a incrementare le entrate.
in genere dopo un periodo di attesa di 5 giorni.
Con la revisione si prevede di aumentare il periodo
di attesa a 10, 15 o 20 giorni per le persone il cui
reddito supera i 60 000 franchi. Maggiore è il reddito, più lungo sarà il periodo di attesa. Tale modifica non riguarda tuttavia le persone con figli a
carico. Per i giovani adulti che non trovano lavoro
al termine della scuola o degli studi si applicherà
un periodo di attesa di 120 giorni, come è attualmente previsto per gli assicurati di età inferiore ai
25 anni senza figli che si ritrovano senza lavoro ad
esempio dopo la maturità.
Non vi sono invece cambiamenti per i giovani
adulti che hanno adempiuto il periodo di contribuzione durante il tirocinio o lavorando durante gli
studi. A questa categoria di assicurati si applicano
i periodi di attesa generali.
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n. 9 - Settembre 2010
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Helvetic Airways vola giornalmente su Bari
La Puglia oltre i confini nazionali
di Giangi Cretti
A partire dal 6 settembre, nell’ambito di un accordo di codeshare con Swiss International Air Lines Ltd., Helvetic Airways serve giornalmente la destinazione di Bari.
Negli ultimi anni la Puglia, regione emergente del sud Italia, ha guadagnato sempre più
importanza per Helvetic Airways. Mentre la società a Brindisi, grazie al turismo e al traffico etnico, era già ben radicata, a Bari - che diventa così la città più meridionale d’Italia che
può contare su un volo quotidiano diretto con la Svizzera - prioritaria sarà la funzione di
collegamento con l’aeroporto di Zurigo.
Di questa, che si profila anche come un’importante novità nell’ambito della strategia operativa della compagnia, abbiamo parlato con Leonardo De Luca, che, oltre che direttore
di Bz Bank è Presidente di Helvetic Airways.
È
un presidente soddisfatto quello che incontro in un assolato pomeriggio di luglio. Per
più di una ragione. Dopo 4 anni – la compagnia è stata, infatti, rilevata nel marzo del
2006 - Helvetic Airways, malgrado gli effetti negativi causati dall’eruzione del vulcano islandese
dal nome impronunciabile e i picchi toccati dal
prezzo del petrolio che ha raggiunto i 150 dollari
al barile, vede consolidata la sua posizione di vettore che ha saputo ritagliarsi un suo “spazio nello
spazio”. Visto il modo in cui era fallita la prima
gestione di Helvetic, si comprende la legittima
soddisfazione di Leonardo De Luca. Che, però, ha
anche altri motivi che lo inducono a guardare il
futuro con ottimismo: dal 6 settembre 2010 per
Helvetic inizia una nuova avventura. Si tratta del
collegamento quotidiano con una città del Sud
Italia, Bari segnatamente, e questa volta, diversamente da quanto solitamente avviene per le altre
destinazioni, non più e non solo per rispondere ad
esigenze dettate dal turismo o dal traffico etnico,
ma con l’obiettivo di collegare, attraverso l’hub di
Zurigo, la Puglia alle rotte intercontinentali.
Una novità rilevante nella strategia operativa di
Helvetic, che sin qui si era mossa puntando ad un
mercato di nicchia, con focus sul Mediterraneo e
qualche puntata su alcune destinazioni slave, balcaniche e più recentemente, con buoni risultati,
sul Mar Baltico, a Rostock.
Una scelta oculata, come conferma De Luca. Dettata da una rigorosa valutazione della concorrenza
e della redditività delle varie rotte; imposta, ma al
contempo favorita, dal fatto di disporre di velivoli
da 100 posti: che hanno sì autonomia di volo più
ridotta, ma consentono anche tassi di occupazione dei posti mediamente più elevati.
Queste valutazioni, sostenute da un’attenta gestione economica, hanno consentito di allacciare rapporti virtuosi con altre compagnie. Una su tutte la
Swiss, con la quale c’è un accordo, recentemente
rinnovato fino al 2014, che prevede la messa a disposizione da parte di Helvetic di tre aeromobili,
di cui viene garantita la manutenzione e fornito
l’equipaggio.
Se, sin qui, come detto, a definire le rotte della
compagnia hanno concorso soprattutto le esigenze dettate dal turismo, finalizzate con collegamenti stagionali e charter, e quelle che vanno
incontro ad un traffico passeggeri di natura etnica,
legato cioè alle zone di origine dei molti lavoratori
stranieri attivi in Svizzera, la decisione di stabilire
un collegamento quotidiano fra Zurigo e Bari scaturisce da una mutata strategia, che presuppone
anche un cambiamento del target di riferimento.
E questo nonostante Helvetic abbia già un collegamento bi/trisettimanale su Brindisi. Ma ciò non
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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deve trarre in inganno puntualizza De Luca: “con
Brindisi ci troviamo di fronte ad una classica destinazione dettata da esigenze turistiche e dal mercato che chiamiamo etnico”.
Per Bari il discorso è diverso. Innanzitutto, è un
aeroporto in espansione, con un numero di passeggeri vicino ai 3 milioni, metà dei quali con
mete extranazionali, e con crescite annue stimabili attorno al 20%. Poi, venuti meno i collegamenti
con l’Europa in seguito al fallimento di Myair, e
modificati quelli forniti da Alitalia, in seguito alle
note tribolate vicende che hanno segnato la vita
recente della compagnia di bandiera italiana, per
un pugliese che voglia recarsi fuori dai confini nazionali è necessario fare scalo in un hub. A questo
punto, poco importa se questo sia Roma oppure
Zurigo. Non fosse, però, che qualche differenza
può anche esserci. Infatti, al fatto che sulla tempestività della consegna dei bagagli il confronto
appare improponibile, va aggiunto che Zurigo
garantisce una coincidenza fintanto che il volo di
collegamento atterra 30 minuti prima del decollo
di quello per il quale il passeggero è in transito.
Una garanzia che Roma non è in grado di offrire. E questo per i passeggeri in transito può essere
tutt’altro che irrilevante.
D’altro canto, i collegamenti su Bari sono stati
pensati per favorire le coincidenze con voli europei o intercontinentali. Si parte da Bari alle 8.45,
arrivando a Zurigo verso le 11 giust’ in tempo per
inserirsi nella “terza onda dei voli Swiss, che prende il via poco dopo mezzogiorno e copre tutto il
mondo”. Il volo di ritorno è previsto la sera alle 18
in coincidenza con l’arrivo a Zurigo “della quarta
onda dei voli Swiss dal resto del mondo”.
“La sfida consiste nel verificare se il numero dei passeggeri interessati al transito, i cosiddetti connecting passengers, giustifica l’investimento”. Secondo De Luca è ragionevole contare “su 10/12000
passeggeri interessati al volo da punto a punto”,
vale a dire al solo volo Zurigo-Bari e/o viceversa.
Bisogna sperare che, grosso modo, altrettanti siano quelli che scelgono l’hub svizzero per il decollo verso mete europee o intercontinentali.
Per l’ing. Di Paola
Amministratore Unico Aeroporti di Puglia
«È una grande opportunità
per la crescita della Regione»
Per Domenico Di Paola, Amministratore Unico di Aeroporti di Puglia “l’avvio del nuovo volo giornaliero per Zurigo si inserisce nel più
ampio contesto dello sviluppo della mobilità area della Puglia”.
“Dopo aver consolidato la fase dello sviluppo delle infrastrutture e
dell’avvio di collegamenti point to point con le principali destinazioni nazionali ed europee, la nostra attenzione si è incentrata sul miglioramento dei collegamenti di superficie con gli aeroporti pugliesi
– il servizio Pugliairbus e la prossima entrata in funzione del passante
ferroviario dell’aeroporto di Bari costituiscono il primo passo di questo progetto – e sulla possibilità di collegarsi a hub europei alternativi
a quelli di Roma e Milano e strategici per il miglioramento del livello
di accessibilità intercontinentale da e per la Puglia.
La disponibilità di un volo diretto e giornaliero con l’hub di Zurigo
rappresenta una grande opportunità per chi opera in funzione della
crescita della Puglia. Si tratta – ha concluso Di Paola – di un volo
destinato ad intercettare interessanti segmenti di mercato, penso in
primo luogo a quello business, più propensi a standard di servizio
più mirati rispetto a quelli prestati da altre tipologie di carrier”.
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Aeroporti di Puglia
Elemento cardine per lo sviluppo
economico della regione
La Puglia, regione moderna e dinamica del Mezzogiorno d’Italia, vanta oggi un
asset aeroportuale differenziato per tipologia di traffico - con strutture di altissimo livello
tecnologico e professionale -, perfettamente integrato con le altre modalità di trasporto.
Un’organizzazione di uomini, mezzi e strutture che opera in conformità ai rigorosi standard internazionali previsti dalle normative ICAO – International Civil Aviation Organization – e dai regolamenti ENAC – Ente Nazionale per l’Aviazione Civile.
A
eroporti di Puglia gestisce in regime di
concessione totale il sistema aeroportuale pugliese, costituito dagli scali di Bari,
Brindisi, Foggia e Grottaglie (Ta).
Obiettivo della società è quello di creare un sistema aeroportuale moderno ed efficiente, con elevati standard di servizio, e che, integrandosi perfettamente con il territorio, ne favorisca la crescita
economica e sociale.
La politica ambientale
In un’epoca in cui una maggiore consapevolezza ambientale è divenuta un valore imprescindibile, anche il suo accostamento alle esigenze di
sviluppo del trasporto aereo non costituisce più
quel tabù che per lungo tempo ha contrapposto
gli opposti schieramenti. Per questo Aeroporti di
Puglia ha adottato una politica che considera il
rispetto e la salvaguardia ambientale un principio basilare sin dalla fase progettuale delle opere
da realizzare. Un'attenzione concretizzatasi con
interventi attuati in materia di approvigionamento energetico, sistemi di mitigazione dell'impatto
ambientale, politiche di abbattimento del rumore
aeroportuale.
Esemplare in questo caso la scelta adottata per
l’Aeroporto Karol Wojtyla di Bari. L'esigenza di
limitare l'impatto visivo dell'aerostazione passeggeri e della viabilità, sono stati i presupposti per
la realizzazione di una serie di interventi di architettura botanica. Oltre che per gli aspetti naturalistici, il sistema del verde dell’aeroporto di Bari è
importante anche per la fruizione ludica e sportiva
da parte dei cittadini, che lungo il “percorso della
salute” possono passeggiare o svolgere attività fisica nell’area attrezzata.
Rientra nella stessa strategia di politica ambientale
il “Sistema Rumore ADP”, realizzato per il monitoraggio del rumore sui quattro aeroporti gestiti
da Aeroporti di Puglia. È uno strumento efficace e
-L’aeroporti di Bari, visione aerea.
flessibile per la gestione dell’inquinamento acustico e, in particolare, per l’analisi dell’impatto
ambientale dei rumori aeronautici, per la pianificazione delle traiettorie di volo e dell’attività aeroportuale stessa.
Energia pulita
Aeroporti di Puglia ha realizzato sugli aeroporti
di Bari e Brindisi due impianti per la produzione
di energia rinnovabile. Gli impianti fotovoltaici,
rispettivamente da 200 e da 300 Kw, sfruttando
l’irraggiamento solare, producono direttamente
energia elettrica, che viene immessa nelle reti a
servizio dell’aeroporto, con una sensibile riduzione di energia prodotta da fonti tradizionali non
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L’esigenza di limitare l’impatto visivo dell’aerostazione passeggeri e della viabilità, sono stati i presupposti per la realizzazione di una serie di interventi di architettura botanica. Oltre che per gli aspetti naturalistici, il sistema del verde dell’aeroporto di Bari è importante anche per la fruizione ludica e
sportiva da parte dei cittadini.
rinnovabili: combustibili solidi e liquidi.
Gli impianti, tra i primi realizzati in Puglia, contribuiscono per circa il 30 – 40% al fabbisogno
dei due aeroporti. Sono attualmente in corso i lavori per la realizzazione di un analogo impianto sull’aeroporto di Foggia, cui seguiranno quelli
sull’aeroporto di Grottaglie.
Un’arte antica in aiuto alla modernità
Il bird strike è uno dei più elevati fattori di rischio
per l’attività aeronautica. Per scongiurare le dannose conseguenze di possibili impatti tra aerei ed
avifauna, è usuale il ricorso a sistemi meccanici
(cannoncini ad aria compressa, riproduttori sonori
dei versi di rapaci) che, tuttavia, risultano invasivi
e rumorosi.
Aeroporti di Puglia per liberare dall'inopportuna
presenza di volpi, selvaggina e volatili le piste di
volo e le aree di manovra dei propri aeroporti, si
avvale di splendidi esemplari di aquila di Harris,
girfalco, falco pellegrino, astore che, sotto la guida di abili falconieri, assolvono a questo delicato compito. Quelli pugliesi sono stati tra i primi
i primi scali italiani a credere in questo metodo;
d’altro canto non poteva che essere così, in quella
che fu la terra di Federico II.
Il ricorso ai falchi, oltre a prevenire l’adattamento
dei volatili a metodi meccanici ed artificiali, fa-
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n. 9 - Settembre 2010
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L’Aeroporto “Karol Wojtyla” di Bari
L'Aeroporto Internazionale "Karol Wojtyla" di
Bari, costituisce un elemento cardine per lo sviluppo di un’area che, nel Mezzogiorno d’Italia, si
caratterizza per la sua particolare dinamicità economica.
L'attuale aerostazione passeggeri si sviluppa su
un’area di circa 30.000 mq distribuiti su cinque
livelli, realizzata secondo i più rigorosi standards
di sicurezza, efficienza operativa e compatibilità
ambientale, che ne fanno una delle più importanti
strutture del panorama aeroportuale continentale.
Oltre alla nuova aerostazione, Bari dispone di
infrastrutture di volo - piazzali sosta aeromobili, pista e via di rullaggio – di eccellente livello,
che nel corso degli ultimi anni hanno favorito il
potenziamento dei collegamenti- sia di linea che
charter, con conseguente incremento del traffico
passeggeri.
Nel corso dell’anno prenderanno il via i lavori di
ampliamento dell’attuale aerostazione passeggeri
che prevedono la realizzazioni di due ali di oltre
20.000 mq. ciascuno che “affiancheranno” l’attuale struttura. Anche per questo ampliamento è prevista l’adozione di soluzioni architettoniche e tecnologiche di grande pregio sia sul piano della sostenibilità ambientale che su quello del risparmio
energetico: utilizzo di sistemi di facciata a doppia
pelle, impianti elettrici eco-efficienti parzializzabili, anche automaticamente, con l’uso di dispositivi
di monitoraggio e controllo, pannelli fotovoltaici
integrati nelle facciate e sulle coperture.
Nel 2011 è prevista, infine, l’entrata in esercizio
del passante ferroviario che collegherà l’aeroporto Karol Wojtyla con Bari e con tutti i capoluoghi
della regione, migliorando sensibilmente il livello
di accessibilità al territorio.
Il traffico del primo semestre 2010
Nei primi sei mesi del 2010 i passeggeri arrivati
e partiti dagli scali di Bari, Brindisi e Foggia sono
stati 2.209.410, a fronte di 1.780.311 dello stesso
periodo del 2009, con un incremento del 24,1%.
Sul Karol Wojtyla di Bari, il consuntivo - arrivi
e partenze - al 30 giugno 2010, si è attestato a
1.519.026 passeggeri, registrando un +18,9% rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno. I passeggeri di linea nazionale sono stati 1.180.520
(+20,2%), mentre quelli internazionali sono stati
276.048 (+ 18,6%). In crescita del 7,6% il totale
movimenti aeromobili del primo semestre, passato
dai 15.774 movimenti del 2009 ai 16.977 del 2010.
Pugliairbus
“Pugliairbus” è il servizio di trasporto terrestre
che collega tra loro gli aeroporti di Brindisi, Fog-
- Il bird strike è uno dei più elevati fattori di rischio per l’attività aeronautica. Aeroporti di Puglia per liberare dall’inopportuna presenza di volpi, selvaggina e volatili le piste di volo e
le aree di manovra dei propri aeroporti, si avvale di splendidi
esemplari di aquila di Harris, girfalco, falco pellegrino, astore
che, sotto la guida di abili falconieri, assolvono a questo delicato compito.
gia e Bari, e quest’ultimo con Taranto e la città
di Matera, sito UNESCO e patrimonio mondiale
dell’umanità. Pugliairbus rientra in un progetto
d’integrazione del sistema aeroportuale pugliese
con la rete dei trasporti di superficie e intende rendere confortevole ed economica l’accessibilità al
territorio regionale da parte di chi usufruisce dei
collegamenti aerei operanti da/per la Puglia.
Il servizio è operativo tutto l’anno
Maggiori informazioni su orari, frequenze e modalità del servizio Pugliairbus e acquisto biglietti
o sono disponibili sul sito http://pugliairbus.aeroportidipuglia.it/
Il passante ferroviario dell’aeroporto di Bari
Entro il 2011 l’aeroporto di Bari disporrà di un collegamento ferroviario passante che, grazie al progetto di interoperabilità della rete ferroviaria regionale, lo renderà accessibile da tutti i capoluoghi
pugliesi. Si tratta di un progetto di grande valore
sociale destinato ad aumentare sensibilmente la
fruibilità e l’accessibilità dell’infrastruttura.
La possibilità di collegare tutti i capoluoghi di
provincia con il principale aeroporto della Puglia
– che di fatto sarà collegato alla rete ferroviaria
regionale e nazionale – rende l’intervento un perfetto esempio di sistema intermodale destinato a
soddisfare nuove forme di domanda e ad aprire
importanti prospettive per lo sviluppo del traffico.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
21
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In un convegno a Roma il prossimo 21 settembre
Collegamenti ferroviari
fra Svizzera e Italia
“I collegamenti ferroviari Nord - Sud e le Nuove Trasversali Alpine nel quadro delle politiche infrastrutturali Italia - Svizzera”, questo il titolo - di un convegno promosso - sotto l’egida delle Commissioni
Affari esteri della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica, della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati e della Commissione Lavori
pubblici, comunicazioni del Senato della Repubblica, dall’Onorevole Franco Narducci e dal Senatore
Claudio Micheloni entrambi parlamenterai eletti
nella circoscrizione estro, ripartizione Europa, con
residenza in Svizzera.
Il dibattito sulle infrastrutture è di estrema attualità e importanza e, nelle intenzioni dei promotori,
il Convegno - che si terrà a Roma il 21 settembre
2010 a palazzo Montecitorio, sala del Mappamon-
do - potrà essere l’occasione per fare il punto sui
collegamenti ferroviari tra l’Italia e la Svizzera alla
luce delle esigenze dell’Europa contemporanea,
e anche per capire come le ferrovie e le autorità
politiche dell’Italia e della Confederazione elvetica
possono cooperare nella sfida della realizzazione
delle nuove trasversali alpine. Al convegno, infatti,
interverranno rappresentanti dei parlamenti, dei governi e delle ferrovie dei due Paesi.
Inoltre, sarà l’occasione per proseguire un dialogo
avviato lo scorso anno, allorché una delegazione
di parlamentari italiani rese visita ai colleghi svizzeri a Lugano, considerando anche che nel prossimo mese di ottobre cadrà l’ultimo diaframma della
galleria di base del San Gottardo, la più lunga al
mondo.
CONVEGNO ITALIA - SVIZZERA
Promosso dalle Commissioni Trasporti, Lavori pubblici e Affari esteri del Senato e della Camera dei Deputati
Con il Patrocinio della Presidenza di: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica
“I collegamenti ferroviari Nord - Sud e le Nuove Trasversali Alpine
nel quadro delle politiche infrastrutturali Italia - Svizzera”
Roma, 21 settembre 2010 - Sala del Mappamondo, Palazzo Montecitorio
Programma
ore 09:30 Indirizzi di saluto:
- On. Stefano Stefani, Presidente Commissione affari esteri, Camera dei Deputati
- Sen. Lamberto Dini, Presidente Commissione affari esteri, Senato della Repubblica
- S.E. Bernardino Regazzoni, Ambasciatore di Svizzera a Roma
ore 09:50 Relazioni
Sen. Roberto Castelli, Vice Ministro Infrastrutture e trasporti
On. Mario Valducci, Presidente Commissione Trasporti, Camera dei Deputati
Sen. Filippo Lombardi, Vice Presidente Delegazione di vigilanza NFTA, Berna
Sen. Luigi Grillo, Presidente Commissione Lavori pubblici, comunicazioni, Senato della Repubblica
Dr. Peter Fuglistaler, Direttore Ufficio federale dei trasporti, Berna
Ing. Mauro Moretti, Amministratore delegato del Gruppo FS Ferrovie dello Stato
Dr. Andreas Meyer, Direttore Generale FFS Ferrovie Federali Svizzere, Berna
Dr. Ing. Renzo Simoni, Presidente Direzione AlpTransit Gottardo Sa, Lucerna
Modera On. Franco Narducci, Vice Presidente Commissione affari esteri, Camera dei Deputati
ore 11:50 Pausa caffè
ore 12:10 Dibattito
Interventi dei componenti delle Commissioni trasporti, della delegazione svizzera e dei parlamentari presenti
Repliche dei relatori
Modera
Sen. Claudio Micheloni, Commissione affari esteri, Senato
Ore 13:30 Conclusioni
Sen. Altero Matteoli, Ministro Infrastrutture e Trasporti
Partecipazione previa prenotazione necessaria al +39 06 67605698
la
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23
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63° Festival Internazionale del Cinema Locarno
Alla conquista dell’West
Malgrado Giove Pluvio, Piazza Grande è il cuore e anche
l’anima del Festival di Locarno. (© Festival del film Locarno)
E
ra iniziato con un proposito del nuovo direttore artistico Olivier Père: “Sarà un festival che non deve annoiare”.
Si è concluso con una dichiarazione del
presidente Marco Solari, che, accogliendo quello che ha definito un “grido d’allarme di Pére”, il
quale rivendica un’internazionalità che non può
limitarsi all’Europa ed alcuni Paesi emergenti, ammette che “oggi, effettivamente, uno dei problemi
è rappresentato dall’America”. Un’ammissione
che sembra annunciare un cambiamento di rotta,
o, quanto meno, l’intenzione di prestare orecchio
a chi ritiene che un festival, con la storia che Locarno ha e la rilevanza che legittimamente rivendica, anche per reggere la concorrenza interna
(leggi: Zurigo), non può prescindere da Holliwood. Senza che questo, e la precisazione accompagna l’ammissione di Solari, significhi cedere alla
malìa del red carpet.
In mezzo, introdotte dalle polemiche – sostanzialmente pretestuose quelle attorno ad una presunta scabrosa radicalizzazione del programma, che
qualcuno insinuava essere intenzionalmente troppo provocatorio – e accompagnate dalle critiche
- legittimamente manifestate quelle sull’ipotetica
funzione educatrice del cinema - 280 proiezioni
(117 in meno dello scorso anno); 148’000 spettatori (erano stati 9000 in più nel 2009, ma a fronte
di un numero di film più elevato e di un utilizzo di
un’ulteriore sala cinematografica: l’Otello di Ascona) di cui 52’000 accorsi in Piazza Grande (5000
in meno dello scorso anno) penalizzata da Giove
Pluvio che, verosimilmente tratto in inganno dal
detto popolare, che vuole bagnato solitamente in
felice rima con fortunato, ha pensato di omaggiare
il festival con pioggia in gran copia.
Numerosi i professionisti, appena sotto la soglia
dei 4000, accolti dal Festival: di questi 900 accreditati nella categoria «industry» e 875 giornalisti
provenienti dall’universo mondo.
In sede di bilancio si fa rilevare che per quanto
concerne il programma del Festival, la 63a edizione è stata caratterizzata dalla giovane età dei cineasti, degli attori, dei membri delle diverse giurie,
degli autori e dei protagonisti dei film nelle diverse
sezioni, nelle quali si sono contate quest’anno 22
opere prime. Nonostante la pioggia, mantengono
inalterato fascino le serate Piazza Grande, soprattutto quelle che hanno ospitato gli invitati d’onore
del Festival: dai registi JIA Zhang-ke e Alain Tanner
(entrambi vincitori del Pardo d’onore Swisscom
2010) a Francesco Rosi (Pardo alla carriera), dal
produttore Menahem Golan (Premio Raimondo
Rezzonico come migliore produttore indipendente) agli attori Chiara Mastroianni (Excellence
Award Moët & Chandon) e John C. Reilly. Motivo
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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di soddisfazione il grande successo di pubblico
consacrata al maestro
riportato dalla retrospettiva
retros
della commedia Ernst Lubitsch, e alle sale piene
per la sezione dei cortometraggi dei “Pardi di domani”, che quest’anno ha festeggiato il suo 20°
anniversario.
Per quanto riguarda i film visti nelle varie sezioni,
va sottolineato che il livello medio è stato piuttosto elevato. Che magari non sempre ha soddisfatto lo spettatore comune, e a Locano è una specie
fortemente rappresentata, che può lamentare una
marcata attenzione all’aspetto formale con film
dai ritmi lenti, spesso girati con sequenze di camera fissa. Un esempio per tutti: il film premiato
con il Pardo d’oro.
In Piazza Grande che del Festival è il cuore (ma
anche l’anima) – 4 sere su 11 inagibile anche ai
più temerari attrezzati di ombrello e mantellina –
continua a ad essere orfana di quelle pellicole in
grado di attirare e trascinare il pubblico. Mancano, per le ragioni di sempre: costi e problemi con
le case di distribuzione, i grandi film americani
(anche se ora le dichiarazioni di Solari la sciano
intuire che ci voglia attrezzare per la conquista
dell’West). Ma mancano anche i film italiani, che,
è fuori di dubbio, attirano il pubblico della vicina
penisola.
Anche in questo caso, il problema è annoso. La vi-
A Francesco Rosi il pardo alla carriera. (© Festival del film Locarno/Pedrazzini)
cinanza con la Mostra di Venezia, dove giocoforza
i produttori preferiscono mettere in vetrina i loro
film, e, presumibilmente, i problemi con i distributori e gestori delle sale della Svizzera italiana, che
non ritengono di dover “bruciare” un film con una
proiezione in Piazza Grande di fronte a migliaia di
spettatori, che ragionevolmente, poi non andranno a rivedere il film nelle sale.
Ne deriva che anche quest’anno la presenza italiana è stata circoscritta ad un film in concorso:
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n. 9 - Settembre 2010
Louis Garrel, Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher sono i
protagonisti di Diarchia, il corto che ha ottenuto la nomination di Locarno agli European Film Awards.
Pietro, più che dignitoso, di apprezzabile spessore narrativo e con una notevole interpretazione
dell’attore protagonista Pietro Casella; a qualche
apprezzata apparizione nelle sezioni collaterali,
marcando però assenza (ingiustificata?) in quella
dei “Cineasti del presente”.
Bello il corto Armandino e il Madre firmato da Valeria Golino al suo esordio come regista e come
produttrice (con il suo compagno Riccardo Scamarcio ha fondato Buena Onda che del film è
ole anche Diarchia,
produttore esecutivo). Notevole
on di Locarno agli
che ha ottenuto la nomination
European Film Awards, altro corto, realizzato da
Ferdinando Cito Filomarino, visto nei “Pardi di
domani” in versione originale francese (!), che si
avvale dell’interpretazione (e scusate se è poco)
di Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher e Louis
Garrel.
Per il resto, ci si consola con gli omaggi: grande
e dovuto quello alla carriera di Francesco Rosi,
di cui, in Piazza Grande, a notte ormai inoltrata
come terza proiezione – preceduto infatti anche
da Il Canale, 11 minuti dedicati al canale di Suez
realizzati nel 1966 da Bernardo Bertolucci - è passato Uomini contro; comprensibile, data la sua natura, l’Excellence award Moet & Chandon a Chiara
Mastroianni, figlia di cotanto padre, che a Locarno
si è vista in un film del concorso internazionale
L’homme au bain, naturalmente targato Francia.
L’edizione 2010 ha segnato, corrisposto da lusinghiero successo, il varo di nuove iniziative come
gli «Industry Days» – tre giorni di proiezioni ed
incontri riservati ai professionisti del cinema – e la
Locarno Summer Academy: il nuovo programma
di formazione destinato agli studenti e ai giovani
professionisti del cinema.
La 64a edizione del Festival del film Locarno si terrà dal 3 al 13 agosto 2011.
I PARDI 2010
CONCORSO INTERNAZIONALE
La Giuria ufficiale del 63° Festival del film Locarno,
ha assegnato:
Pardo d’oro Gran Premio del Festival, della Città e della
Regione di Locarno (chf 90.000 suddivisi in parti uguali
tra il regista e il produttore) a:
HAN JIA (Winter Vacation) di LI Hongqi, Cina
Premio speciale della giuria Premio dei Comuni di Ascona e di Losone (chf 30.000 suddivisi in parti uguali tra il
regista e il produttore) a:
MORGEN di Marian Crisan, Francia/Romania/Ungheria
Premio per la migliore regia Premio della Città e della
Regione di Locarno (chf 30.000 suddivisi in parti uguali
tra il regista e il produttore) a:
Denis Côté per il film CURLING, Canada
Pardo per la migliore interpretazione femminile all’attrice:
Jasna Duricic per il film BELI BELI SVET (White White
World) di Oleg Novkovic, Serbia/Germania/Svezia
Pardo per la migliore interpretazione maschile all’attore:
Emmanuel Bilodeau per il film CURLING di Denis Côté,
Canada
PARDO PER LA MIGLIORE OPERA PRIMA
La Giuria ha assegnato il Pardo per la migliore opera prima - tra quelle presentate nel Concorso internazionale,
Concorso Cineasti del presente e Piazza Grande - Premio della Città e della Regione di Locarno (chf 30.000
suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore)a:
FOREIGN PARTS di Verena Paravel e JP Sniadecki,
USA/Francia
Menzione speciale:
AARDVARK di Kitao Sakurai, USA/Argentina
PRIX DU PUBLIC UBS
Il premio del pubblico «Prix du Public UBS»
(CHF 20.000) è assegnato al film:
THE HUMAN RESOURCES MANAGER di Eran Riklis,
Israele/Germania/Francia
VARIETY PIAZZA GRANDE AWARD
Il Variety Piazza Grande Award è assegnato da una giuria composta dai critici della rivista Variety a un film
presentato in prima mondiale o internazionale in Piazza
Grande, che si distingue sia per le qualità artistiche che
CONCORSO CINEASTI DEL PRESENTE
per un potenziale commerciale, per favorirne la carriera
La Giuria ha assegnato:
Pardo d’oro Cineasti del presente – Premio George internazionale. Il premio è assegnato al film: RARE EXPORTS: A CHRISTMAS TALE di Jalmari Helander, FinlanFoundation (del valore di chf 30.000) al film:
dia/Norvegia/Francia/Svezia
PARABOLES di Emmanuelle Demoris, Francia
Premio speciale della giuria Ciné Cinéma Cineasti del
presente (acquisto del film per chf 30.000 e messa in PREMIO FIPRESCI (Federazione Internazionale della
onda su Ciné Cinéma) al film:
Stampa Cinematografica)
FOREIGN PARTS di Verena Paravel e JP Sniadecki,
La Giuria ha attribuito il premio della critica internazioUSA/
nale (FIPRESCI) al film:
Menzione speciale:
HAN JIA (Winter Vacation) di LI Hongqi, Cina
IVORY TOWER di Adam Traynor, Canada/Francia
Menzione speciale per: KARAMAY di Xu Xin, Cina
la
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La Semaine de la Critique
al Festival di locarno
Till Brockmann, del comitato di selezione del concorso organizzato
dall’ Associazione Svizzera dei Giornalisti Cinematografici (SVFJ-ASLC-ASGC),
ci parla della rassegna che a Locarno propone esclusivamente documentari
di Mattia Lento
G
iunta alla ventunesima edizione, la
Semaine de la critique si è rivelata ancora una volta una delle sezioni più
interessanti del Festival. A differenza
dei concorsi omologhi dei festival di Cannes e Venezia, riservati a opere prime e autori in erba, La
Semaine locarnese si distingue per il fatto di essere espressamente dedicata al film documentario.
Spesso giudicato a torto una forma di cinema non
artistica, oppure poco adatta alla distribuzione in
sala, in questi ultimi tempi il genere documentaristico ha mostrato una certa vitalità anche grazie
ad autori che hanno raggiunto il grande pubblico.
Sette i film in concorso quest’anno e comprendevano diversi sottogeneri che popolano l’affollata
costellazione documentaristica: film-inchiesta, sia
di stampo giornalistico che storico, ritratto, documentario etnografico e sociopolitico e, infine, documentario musicale.
A giornate locarnesi concluse, abbiamo incontrato uno dei curatori della Semaine, Till Brockmann,
che da sette anni conduce i dibattiti che seguono
tutte le proiezioni:
Allora Till, prima di parlarci della Semaine, raccontaci un po’ di te e di come è iniziata la tua
avventura con la critica cinematografica.
Da molti anni mi occupo di cinema. La mia formazione accademica è di tipo cinematografico e
tuttora collaboro all’attività didattica del Seminar
für Filmwissenschaft dell’Università di Zurigo. Ho
iniziato molto presto a lavorare per alcune riviste
di critica e dal 1995 scrivo regolarmente sulle colonne del Neue Zürcher Zeitung.
Dieci anni fa ho deciso di aderire all’ASGC e da
sette anni mi occupo, per conto dell’associazione,
di selezionare i film in concorso e di stimolare il
dibattito tra il pubblico. Mi interesso soprattutto di
cinema asiatico.
Raccontaci perché 21 anni, invece di seguire la
formula di Venezia e Cannes, si è deciso di dedicare la Semaine al genere documentaristico.
La ragione è molto semplice: il concorso ufficiale
28
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
locarnese, a differenza di quelli italiano e francese, predilige le nuove scoperte. Inoltre, il documentario non ha mai avuto grande fortuna e, così,
i fondatori della rassegna hanno deciso di non sovrapporsi al concorso principale e, soprattutto, di
colmare un vuoto nel programma locarnese affidandosi proprio al genere documentaristico. Fino
a quel momento il documentario in Svizzera era
prerogativa esclusiva del festival di Nyon.
Spesso si pensa al documentario come un genere
di semplice classificazione. In realtà, sappiamo
che non è così. Nell’intricata produzione contemporanea, qual è il criterio che vi guida nella
selezione delle opere da presentare al pubblico?
Non seguiamo particolari criteri di selezione dal
punto di vista formale e contenutistico. Neppure
abbiamo la pretesa di farci interpreti di tendenze o di particolari orientamenti della produzione
contemporanea. Più semplicemente, cerchiamo di
differenziare, per quanto possibile, le proposte e,
soprattutto, di mostrare opere di grande qualità e
dal carattere fortemente cinematografico. L’opera
di selezione è comunque davvero difficile e non ci
trova sempre d’accordo.
Blood Calls You (Linda Thorgren, Svezia), Summer
Pasture (Lynn True e Nelson Walker, Stati Uniti/
Cina), Auf Wiedersehen Finnland (Virpi Suutari,
Finlandia), Article 12 (Juan Manuel Biain, Gran
Bretagna/Argentina), Rendeer Spotting (Joonas
Neuvonen, Finlandia), The Furious Force of Rhymes (Joshua Atesh Litle, Francia/Stati Uniti). Tre i
giurati che non si sono trovati concordi nell’assegnazione del premio: Walter Hügli (Svizzera),
Neptune Rovar Ingwersen (Svezia), Luis Martinez
Lopez (Spagna).
Al di là delle scelte di programma per la Semaine,
esiste un dibattito tra gli organizzatori su quella che è la natura del documentario e sul posto
che esso occupa all’interno del “sistema Cinema”
odierno?
No, non c’è nessun dibattito ufficiale che precede o segue la Semaine. Il nostro scopo principale
era ed è quello di far incontrare il genere con il
pubblico. Il dibattito in sala ha forti connotazioni
pedagogiche: quello che noi vogliamo è rendere
popolari alcuni aspetti teorici e, soprattutto, continuare a ribadire l’idea che dietro il documentario
c’è sempre un punto di vista sul mondo e un intervento dell’uomo sulla realtà.
Informazioni: www.pardo.ch e www.sdlc.ch
Ti ritieni soddisfatto dell’edizione di quest’anno?
I numeri parlano da soli: le sette proiezioni hanno
registrato per quattro volte il tutto esaurito. La partecipazione del pubblico al dibattito è stato molto
alta, benché mi aspettassi una discussione più accesa rispetto ai temi trattati. Anche il film vincitore,
il finlandese Reindeer Spotting, che trattava il tema
della droga in maniera inusuale e certamente scomoda, non ha sollevato particolari polemiche.
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Cosa ne pensi della scelta della giuria?
I tre giurati non si sono trovati concorsi sul premio
assegnato e il comunicato ufficiale lo ha dichiarato esplicitamente.
Personalmente ho trovato l’opera realizzata da Joonas Neuvonen molto interessante e innovativa. Il
tono tra il serio e il giocoso, l’esperienza della tossicodipendenza vissuta in prima persona dal regista
e la rappresentazione della droga priva dell’usuale
moralismo mi hanno convinto in pieno. I due titoli
che hanno ricevuto una menzione speciale, The
Furious Force of Ryhmes e Blood Calls You, sono
prodotti di qualità, anche se il primo dei due non
è un’opera particolarmente originale.
I film e la giuria
I film della ventunesima edizione: Das Schiff des
Torjägers (Heidi Specogna, Germania/Svizzera),
la
Rivista
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3 P.M. IN MEILEN
Passione e pazienza: Eva Maria Bartenschlager
e Jörg Vogel parlano dell’allevamento di cavalli
Testo: RICHARD HALL
Fotografie: WILLY SPILLER
Eva Maria Bartenschlager: Guardi, questa giumenta è gravida di Gribaldi, figlio di Kostolany e
uno dei migliori cavalli da dressage.
Quando a febbraio Gribaldi è morto, mi sono state
offerte somme ingenti per il puledro non ancora
nato. È pazzesco! Ma è anche la dimostrazione di
quanto sia richiesta l'eccellenza qualitativa.
Jörg Vogel: Lei non fa le cose a metà, vero?!
Bartenschlager: Alle mie figlie ho detto: quando
ci trasferiamo da Monaco in Svizzera mettiamo in
piedi un allevamento degno di tale nome.
Vogel: Quando sono arrivato in Svizzera con la
mia famiglia la cosa che mi affascinava maggiormente era mettermi a lavoro con la nostra rete
internazionale di contatti. Qual è stato invece
l'aspetto che ha affascinato lei?
Bartenschlager: L'ampiezza delle stalle e dei pascoli di Staldengut mi consentono di mettere in
pratica la mia filosofia di un allevamento con tanta
luce, sole e posto per correre, dotato di box e paddock molto spaziosi.
Da noi tutto è incentrato su geni selezionati, un
ambiente consono agli animali e sull'allenamento. Alleviamo anche pony. Quando affido le redini
a un bambino di sei anni, il pony deve essere in
grado di badargli.
Vogel: Fa esperimenti con linee di sangue migliorando i risultati di stagione in stagione. In questo
richiama un po' l'immagine di una viticoltrice che
mette a frutto la propria esperienza, creatività e
pazienza per raggiungere un obiettivo preciso.
Bartenschlager: A volte bisogna anche avere il coraggio di tentare qualcosa di nuovo: il rischio è la
base del successo. La genetica è più un'arte che
una scienza infallibile. E naturalmente anche la
disponibilità a tenere conto della personalità del
cavallo durante gli allenamenti ha la sua rilevanza. Ma dopo tutto non penso di dover parlare a
un private banker dell'importanza del singolo individuo!
ABN AMRO Bank Switzerland, Jörg Vogel, joerg.
[email protected], tel. +41 (0)44 631 41
11, www.abnamro.ch
Eva Maria Bartenschlager, Staldengut stud farm,
tel. +41 (0)43 844 04 50, www.staldengut.com
In pagina 30: Jörg Vogel (a sinistra) è responsabile presso
ABN AMRO Svizzera del Private Wealth Management in
Asia e nell’area di lingua tedesca. A Meilen ha incontrato Eva
Maria Bartenschlager. Sul suo appezzamento di terreno con
vista sul lago di Zurigo e le Alpi la veterinaria, originaria di
Monaco, dirige il suo allevamento di cavalli Staldengut.
la
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31
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di Nico Tanzi
La memoria e la tecnologia:
una settimana da “pittore”
con in tasca 40 grammi di iPod
Da tempo mi gira in testa una frase: “la tecnologia dà il
meglio di sé quando riesce a farsi dimenticare”. Forse
l’ho letta da qualche parte, forse no, non saprei dirlo con
esattezza. Ma credo di averne compreso fino in fondo il
senso quando, la scorsa settimana, ho passato cinque
o sei giorni a pitturare finestre e porte di casa. I lavori
manuali non sono la mia passione, ma abbandonare per
un po’ le attività consuete, il computer, le riunioni, il telefono, e darci dentro con pennelli e carta vetrata può
essere, a suo modo, incredibilmente rilassante.
Ovviamente non c’è nulla di tecnologico, in quel lavoro.
Ma non è alla pittura che mi riferivo parlando di tecnologia che si fa dimenticare, bensì all’unico accessorio
extra-lavorativo che ho usato in quei giorni: il mio iPod.
Non credo, ma nel caso quanto mai remoto in cui fra chi
legge ci sia qualcuno che non sa di cosa sto parlando:
l’iPod è il più famoso lettore portatile di musica in formato digitale. È un aggeggio che ci si porta tranquillamente in tasca e che permette di ascoltare, con la cuffietta
in dotazione, tutta la musica che si vuole – basta “caricarla” nella memoria.
Ce l’ho già da qualche anno, il mio iPod. L’avevo comprato entusiasta dell’idea di trasferire scaffali interi di
ingombranti compact disc in una memoria che più virtuale di così non ce n’è (nel senso che non porta via
alcuno spazio), di infilare tutta la “mia” musica nei pochi
grammi di peso (una quarantina) dell’apparecchietto in
questione.
In realtà, dopo un paio di tentativi, avevo rinunciato subito a portarmelo dietro, al lavoro piuttosto che andando
in giro. Mi sembrava una cosa un po’ antisociale, e poi
a me piace ascoltare i rumori e i suoni del posto in cui
mi trovo, non ho nessuna voglia di isolarmi. Di fatto, fino
all’altro giorno l’iPod l’avevo usato solo una volta o due
alla settimana, per accompagnare il “jogging” (ascoltare
musica dal ritmo giusto aiuta molto, e in qualche modo
alleggerisce lo sforzo, mentre si corre). A parte quello,
in poche altre occasioni.
Invece, quando ho cominciato a fare il “pittore della domenica” con l’iPod in tasca e gli auricolari nelle orecchie, ho capito subito che stava succedendo qualcosa
di incredibile. So che descrivere certe emozioni non è
facile, ma ci provo lo stesso. Era come se mi passasse
tutta la vita davanti sotto forma di canzoni: per giorni interi, come non mi era mai accaduto prima, i mille e rotti
brani che rappresentano la mia “autobiografia musicale”
si sono susseguiti in un ordine del tutto casuale (avevo
impostato l’ascolto sulla modalità “random”). Ogni brano, si sa, è legato a ricordi, atmosfere, sensazioni, che
a loro volta sono strettamente connessi alle esperienze
di ciascuno di noi. Rimescolarli tutti, e in un certo senso
rivivere quelle sensazioni a ritmo serrato, può essere
un’esperienza (e so di esagerare, ma lo faccio lo stesso
per rendere l’idea) trascendentale.
Sono nato nel 1961, e anche se a volte non mi dispiacerebbe avere vent’anni in meno, credo che la mia generazione sia stata fra le più privilegiate nel rapporto con la
musica. Abbiamo orecchiato i Beatles durante l’infanzia,
Woodstock, Jimi Hendrix e il primo Santana fanno saldamente parte della memoria, Pink Floyd, Deep Purple e
Led Zeppelin hanno esaltato la nostra adolescenza. Altri
ce li portiamo dietro da allora e sono ancora in giro: Bob
Dylan, i Rolling Stones. Sentiamo la nostalgia dei tempi
in cui si passavano serate intere con la chitarra a cantare Simon e Garfunkel (anche se i nostri figli ridacchiano
impietosi al solo pensiero). Abbiamo ballato con Barry
White, Stevie Wonder, James Brown. Siamo passati,
anche se per una breve stagione, attraverso Clash e
Talking Heads. E abbiamo potuto apprezzare quello che
è venuto dopo: Sting e U2, Oasis e Coldplay…
So che questo rischia di diventare un interminabile elenco (forse noioso, e probabilmente anche un po’ scontato). Era solo per spiegare l’ampiezza dell’escursione sia
temporale che stilistica, diciamo così; e per provare a
rendere l’idea: una settimana di isolamento totale con
l’iPod che pesca a caso nel mucchio, ti propone abbinamenti casuali, e tu ti rendi conto che dietro la casualità
si celano richiami inaspettati, affinità nascoste, scherzi
della memoria che salta da un momento all’altro, da un
decennio all’altro…
E tu ti ritrovi a canticchiare e a muovere il pennello (è
stupido, lo so, ma concedetemi la debolezza) al ritmo
di Born to run di Bruce Springsteen, a lasciarti catturare
dai movimenti ipnotici degli Steely Dan di Do it again…
e perfino a ridere ascoltando la canzone più ridicolizzata
della storia del pop, Killing me softly (ricordate l’esibizione scolastica di Hugh Grant nel film About a boy?) – ma
nella versione rap dei Fugees…
E la tecnologia? Dimenticata, appunto. Dietro i quaranta
grammi di un iPod nero lasciato per tutta la giornata,
per tutta la settimana, nella tasca dei pantaloni imbrattati di pittura.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
33
BUROCRATICHE
di Manuela Cipollone
Passaporti elettronici
Contraffazione commerciale
Nuovo codice della strada
La pubblicazione di leggi, decreti, circolari e provvedimenti in Gazzetta Ufficiale ne segna l’entrata in vigore, li rende pubblici dunque consultabili a tutti, ma dà
pure conto della “velocità” del Paese Italia e della sua
burocrazia. Si può rimanere sorpresi, o forse no, nel
leggere nella Gazzetta del 30 luglio due decreti del
Presidente della Repubblica emanati il giorno prima
per stabilire il “Piano di ripartizione dei rimborsi delle
spese elettorali per il rinnovo del Senato” sia per le
elezioni del 2006 che del 2008. Sono passati 4 anni
dalle prime e 2 dalle seconde e quei capitoli non sono
ancora chiusi.
Ma non sempre è così. Emanato il 20 maggio è stato
pubblicato il 27 luglio il decreto del Ministero dell’economia che fissa il costo dei nuovi passaporti elettronici, da quest’anno rilasciati sia in Italia che all’estero,
presso le sedi diplomatico-consolari. Il costo del documento, si ricorda nel decreto, deve essere sostenuto
anche da chi lo richiede, almeno nella parte che serve
per la sua produzione, la spedizione e la manutenzione. Costo che il decreto, che Tremonti firma con
Maroni e Brunetta, fissa in 42,50 euro da versare al
Ministero dell'economia.
Altre novità riguardano la Commissione di vigilanza sui
fondi pensione (Covip) che ha deliberato un regolamento “sulle procedure relative all’autorizzazione all’esercizio delle forme pensionistiche complementari, alle
modifiche degli statuti e regolamenti, al riconoscimento della personalità giuridica, alle fusioni e cessioni e
all’attività transfrontaliera”. Obiettivo del regolamento
quello di semplificare l’attività della Commissione che
deve autorizzare tutte le nuove procedure per l’esercizio delle diverse forme pensionistiche. Quello pubblicato in GU è una sorta di “testo unico” che raccoglie
tutti i regolamenti emanati finora.
Suddiviso in diverse sezioni, ciascuna per ogni diversa
tipologia previdenziale, il regolamento elenca le procedure applicabili a ciascuna tipologia: fondi pensione
negoziali; fondi pensione aperti; PIP; fondi preesistenti. La V sezione, invece, contiene disposizioni nuove,
mentre nella VI è disciplinata la procedura di autorizzazione all’esercizio dell’attività transfrontaliera e di
notificazione alla COVIP dell’avvio della relativa operatività. Questa Sezione è stata redatta tenendo presenti le previsioni contenute nella Direttiva 2003/41/
CE, nell’art.15-bis del decreto n.252 del 2005 e nel
Protocollo di Budapest, elaborato dal CEIOPS, in ma34
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
teria di collaborazione tra Autorità degli Stati membri.
Qualche giorno prima, il 19 luglio, è stato pubblicato
in Gazzetta il decreto legislativo (110/2010) che detta
le regole per la redazione dell’atto notarile in formato
elettronico. Con il decreto viene modificata una legge
del 1913! L’informatica, quindi, entra finalmente negli
studi dei notai che devono dunque dotarsi di firma digitale e prevedere la redazione di un atto al computer,
cosa che rende necessaria anche la firma digitale (o
autografa e poi scannerizzata) delle parti in causa. Il
decreto detta le regole per il corretto uso della firma
digitale e per la sua cancellazione in caso di morte o
sospensione del notaio.
Contratti pubblici di forniture e servizi
Il 28 luglio, è stata invece pubblicata la determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture sulla “Disciplina dei pagamenti nei contratti pubblici di forniture e servizi”.
Nell’atto si precisa che, per i termini di pagamento,
la decorrenza degli interessi di mora e gli interessi in
caso di ritardo, le pubbliche amministrazioni devono
attenersi alle disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 per la redazione dei documenti
di gara e contrattuali. Nella determinazione si precisa
anche che “le stazioni appaltanti non possono subordinare la partecipazione alle procedure di gara o la
sottoscrizione del contratto all'accettazione di termini
di pagamento, di decorrenza degli interessi moratori e
misura degli interessi di mora difformi da quelli previsti
dalla norma, né prevedere tale accettazione come elemento di favorevole valutazione delle offerte tecniche
nell'ambito del criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa”.
L’atto dell’autorità segue un’indagine conoscitiva: per
tutto il 2009 sono stati analizzati i tempi che servono alle PA per pagare le imprese. Ne è emerso che
i tempi di pagamento oscillano in un range che va da
un minimo di 92 giorni ad un massimo di 664 giorni.
Il ritardo è, per lo più, imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei
mandati di pagamento (29,6%) da parte delle stazioni
appaltanti e, più in generale, a lentezze che derivano
da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5%). I ritardi che superano i due mesi
sono segnalati dal 36,4% delle imprese del Nord-Est,
percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest e al
63,3% nel Mezzogiorno. Pubblicata in Gazzetta anche
la deliberazione della Camera dei Deputati sulla Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui
fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo
commerciale. un tema sempre più al centro dell’attenzione politica visto il giro d’affari prodotto dal falso made
in Italy. Obiettivo della Commissione sarà approfondire
la conoscenza dei fenomeni di contraffazione “al fine di
poterli contrastare in modo efficace”, ma anche quello
di studiare le buone prassi sperimentate in Europa e
la legislazione applicata nei Paesi membri dell'Unione
europea. la Commissione dovrà studiare cosa non ha
funzionato nelle norme emanate finora per contrastare
il fenomeno ma anche “valutare l'entità delle risorse da
destinare al sistema statistico per definire la misura delle attività connesse alla contraffazione e alla pirateria
nel campo commerciale, le buone prassi e la normativa
applicate in altri Paesi membri dell'Unione europea e la
congruità dell'interazione tra le norme vigenti in materia
di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e quelle in
materia di promozione dell'invenzione”.
Tolleranza zero
Ormai in vigore da più di un mese, il nuovo Codice della
Strada pubblicato in Gazzetta il 30 luglio scorso. Principio
ispiratore della nuova legge è “tolleranza zero”. Battaglia
su tutti i fronti contro alcool e droga al volante, ma anche
norme più severe per i neopatentati; stretta sulle minicar e esami ogni due anni per gli ultraottantenni, per
cui inizialmente s’era pensato ad un ritiro della patente,
ipotesi che ha scatenato un intenso dibattito nel Paese.
Quanto ai limiti di velocità sulle autostrade, per poter
passare da 130 km/h a 150 serve il Tutor e solo nei
tratti a tre corsie. Per chi supera i limiti di velocità di
oltre 10 km/h ma di non oltre 40 Km/h, i punti decurtati
sono ridotti (da 5 a 3 punti).
Per chi corre di oltre 40 Km ma fino a 60 Km/h rispetto
al limite, sono state riviste le sanzioni pecuniarie incrementandone il valore (nel minimo passa da euro 370 a
euro 500) ma riducendo la durata della sospensione della patente di guida (a 3 mesi) e la decurtazione dei punti
(da 10 a 6). superare il limite di oltre 60km/h costerà anche 779 euro (invece delle attuali 500). Il codice dispone anche un obbligo di precedenza più rigoroso verso i
pedoni che attraversano: i conducenti devono rallentare
e fermarsi non solo quando hanno già impegnato un attraversamento pedonale, ma anche quando i pedoni si
accingono ad attraversare e “manifestano tale volontà in
modo non equivoco”. Tra le nuove misure da segnalare,
infine, la possibilità di usare la targa personalizzata.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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ANGOLO FISCALE
di Tiziana Marenco
La nuova prassi
in materia di Decreto
anti-abuso convenzionale
Il 14 dicembre 1962 il Consiglio federale ha emanato un Decreto concernente “provvedimenti contro l’uso senza causa
legittima delle convenzioni concluse dalla Confederazione per
evitare le doppie imposizioni”. Il Decreto prevede in particolare
misure atte ad evitare che redditi 1) realizzati all’estero da una
società residente in Svizzera ma controllata dall’estero e 2)
per i quali è stato richiesto lo sgravio da imposte alla fonte
estere sulla base di una convenzione sulla doppia imposizione,
vengano impiegati direttamente o indirettamente a soddisfare
diritti di persone non aventi diritto ai benefici della convenzione
in quanto fiscalmente non residenti in Svizzera.
norme specifiche anti-abuso che derogano di conseguenza le
norme del Decreto. La circolare precisa inoltre che per casi
non regolati né dalla convenzione né dal Decreto resta applicabile nel quadro delle regole di interpretazione di una convenzione il principio generale del divieto di abuso stabilito dalla
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio
1969. Nel contesto della circolare l’AFC comunica inoltre, riallacciandosi “pro forma” alla riforma della fiscalità delle imprese III e ai mutamenti della realtà economica, di aver modificato
la prassi di interpretazione delle regole anti-abuso in relazione
alla classificazione di “società attiva” ai sensi del Decreto.
Le circolari dell’AFC
La circolare dell’Amministrazione Federale delle Contribuzioni
(AFC) del 31 dicembre 1962 concretizzava i casi di abuso convenzionale ed elencava tra l’altro le fattispecie del divieto della
ridistribuzione eccessiva a favore di terzi, che limitava al 50%
la ridistribuzione diretta o indiretta dei redditi sopracitati (divieto di trapasso), del divieto di tesaurizzazione e quindi dell’obbligo di ridistribuire almeno il 25% degli stessi redditi (obbligo
di ridistribuzione) e dell’obbligo di finanziamento adeguato di
società residenti in Svizzera. Nei confronti di società che non
soddisfano le condizioni del Decreto, l’AFC può prendere diverse misure, tra le quali la più efficace è quella di rifiutare
alla società l’attestazione di residenza che le permetterebbe
di far valere i benefici convenzionali (sgravio da imposte alla
fonte) nei confronti dello stato estero dove i redditi sono stati
percepiti e tassati alla fonte. In una circolare successiva del
17 dicembre 1998 l’AFC aveva stabilito che le misure del Decreto non erano applicabili a società attive in Svizzera, a
società holding “pure”, cioè quelle senza attività miste, e a
società quotate in borsa o controllate da una società svizzera quotata. Queste società potevano quindi in particolare
ridistribuire più del 50% dei redditi conseguiti dall’estero e per
i quali erano stati fatti valere benefici convenzionali e tesaurizzare gli stessi redditi. Per il finanziamento si dichiaravano
peraltro applicabili le regole generali (“thin cap rules”) stabilite
dalla relativa circolare dell’AFC (Circolare no. 6 del 6 giugno
1997). Restavano riservate norme anti-abuso specifiche di
convenzione quali quelle concluse con l’Italia, la Germania, il
Belgio e la Francia, le quali avevano il sopravvento sulle norme
generali del Decreto.
Nuova definizione del concetto di società attiva
Secondo la nuova prassi anche società con funzione di finanziamento infragruppo, in particolare anche società Cash-Pooling,
possono soddisfare il criterio di società attiva se la loro attività
è esercitata avvalendosi di collaboratori qualificati e la società
produce un plusvalore effettivo. Tale attività deve andare oltre la semplice amministrazione, per esempio attraverso una
gestione attiva dei prestiti, dei rischi e del credito, l’intrattenimento di una relazione attiva con le banche e la gestione delle
liquidità ecc. Anche società di sfruttamento di beni immateriali
quali per esempio brevetti, marchi, know how ecc. possono,
come già in parte praticato dall’AFC sinora, venire classificate
quali società attive, se la gestione dei beni immateriali va oltre
la semplice amministrazione, il personale addetto è qualificato
e la società gestisce attivamente i beni immateriali, sviluppandoli e sfruttandoli continuamente e assicurandone la protezione e registrazione. Queste società devono tuttavia provare che
i rischi e le funzioni relative allo sfruttamento vengono effettivamente assunti rispettivamente espletati in Svizzera.
La modifica più importante riguarda l’interpretazione del requisito del personale di cui la società deve disporre al fine di
essere classificata come “attiva”. La vecchia prassi richiedeva
il reclutamento di personale proprio da parte della società.
Questa interpretazione è troppo severa e non corrisponde più
alla realtà economica, dove spesso nel quadro di una centralizzazione delle funzioni “human resources” un impiegato, solitamente specializzato, viene utilizzato per più società all’interno
del gruppo. L’AFC riconosce quindi, come già prassi in altri
paesi, anche personale formalmente impiegato presso un’altra
società svizzera del gruppo come personale della società che
fa capo ai suoi servizi ricompensando il datore di lavoro formale “at arm’s length”. Così facendo, l’interpretazione del concetto di società attiva viene sensibilmente allargato, permettendo
alla società di fare capo a risorse del gruppo localizzate in
Svizzera per dimostrare di possedere sufficiente sostanza nel
nostro paese.
[email protected]
La nuova circolare AFC del 1° agosto 2010
La nuova circolare del 1° agosto 2010 dell’AFC prende apparentemente spunto dalle recenti modifiche delle convenzioni stipulate dalla Svizzera a seguito della nuova prassi sullo
scambio di informazioni convenzionale per precisare che in un
numero sempre maggiore di convenzioni la Svizzera include
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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ANGOLO LEGALE
di Massimo Calderan
La Sagl è diventata
una piccola SA?
A quasi tre anni dall’entrata in vigore della legge di riforma della Società a garanzia limitata (Sagl, o Srl in Italia),
si può fare un primo bilancio sugli esiti della riforma che
voleva, tra l’altro, avvicinare lo statuto giuridico della Sagl
a quello della società anonima (SA, o SpA in Italia): “same
business, same rules”. Si è accorciata la distanza fra l’SA
e la Sagl, considerata la “piccola” delle società di capitali,
caratterizzata a suo tempo da vari elementi personalistici
tipici delle società semplici o società in nome collettivo,
che non hanno personalità giuridica, come ad esempio la
possibilità di poter prevedere una responsabilità patrimoniale dei soci per i debiti societari.
Il centro di gravità della Sagl è stato spostato verso la
struttura della società di capitali. Nonostante ciò, il capitale minimo è rimasto fermo a CHF 20.000: la Sagl rimane una società accessibile alle piccole e medie imprese
che desiderano presentarsi con una struttura adeguata
al mercato. Ulteriori aspetti, come l’obbligo di liberare
immediatamente il capitale, il principio del trattamento
paritario dei soci, che implica la definizione dei diritti solo
in riferimento alla quota di partecipazione sociale (principalmente il diritto ai dividendi, il diritto di voto) hanno
consentito di creare una struttura più solida e moderna
che ha avvicinato la Sagl alla SA.
Si sono invece mantenute alcune peculiarità della Sagl:
i soci sono di diritto anche i rappresentanti ed i gerenti
della società, gli organi che rappresentano e guidano la
società normalmente combaciano e si sovrappongono
con i partecipanti alla società stessa. La possibilità di
mantenere a livello statutario un riferimento ad un contributo in natura permette di calibrare ancora la società
sulle caratteristiche personali dei soci, che, in alcuni casi
costituiscono un valore aggiunto e/o irrinunciabile per
l’attività esercitata.
La Sagl come la SA ora può essere costituita come società unipersonale, anche da una persona giuridica. L’unico socio non ha nessuna responsabilità patrimoniale per i
debiti della Sagl, salvo che lo statuto preveda versamenti
suppletivi (diversamente dalla SA, dove tale versamenti
sono completamente esclusi). La Sagl viene utilizzata da
piccole e medie imprese, da grandi società che aprono
filiali (ci sono vantaggi fiscali negli Stati Uniti rispetto alla
SA), oppure come joint venture, e anche da imprenditori
singoli che la scelgono per non esporsi al rischio di una
responsabilità patrimoniale personale.
Quando un’impresa assume la forma di Sagl ha ancora
degli adempimenti maggiori in relazione alla documentazione da presentare presso il Registro del Commercio
rispetto alla SA, in quanto i soci e ogni trasferimento di
quota sociale sono iscritti al registro (anche se non è più
necessario l’atto notarile).
La Sagl presenta il vantaggio che tutti gli aspetti essenziali, il suo scopo, la sua organizzazione e anche la relazione tra i soci (modalità di gestione, in particolare se
non esercitata congiuntamente dai soci, il voto in assemblea generale e in consiglio di amministrazione, diritti di
prelazione ecc.) possono essere contenuti in un documento unico, lo statuto depositato presso il Registro di
Commercio. Se preferiscono non rendere pubblici alcuni
accordi, i soci possono prevedere oltre allo statuto un
patto parasociale, non depositato presso il Registro di
Commercio e normalmente non vincolante la società, ma
soltanto i soci. Per contro, nella SA certi accordi tra i soci
e certi aspetti organizzativi non possono essere contenuti nello statuto, ma devono per forza trovare riscontro
in un patto parasociale rispettivamente nel regolamento
d’organizzazione, ambedue non depositati presso il Registro di Commercio.
Nella Sagl lo statuto può prevedere versamenti suppletivi da parte dei soci. Tali versamenti seguono il destino
della quota di partecipazione sociale e non della persona. Rafforzando la posizione dei soci ed aggravando la
loro responsabilità, ovviamente aiutano a stabilizzare e
prestare ulteriore garanzia in ordine alla regolare attività
della società. È però da ricordare che i versamenti suppletivi non possono superare il valore doppio del valore
nominale della quota sociale.
Oggi il regime di revisione è identico per la Sagl e la
SA. Molte società di tutti e due i tipi – con il consenso
dei soci – optano per una revisione limitata piuttosto che
ordinaria quando non raggiungono alcuni parametri, o vi
rinunciano completamente se inoltre non superano i dieci
posti di lavoro a tempo pieno.
Il processo “same business, same rules” è stato portato
ad un ottimo livello. Malgrado in certi aspetti la Sagl si sia
avvicinata alla (piccola) SA, ha mantenuto alcune caratteristiche personalistiche, per cui continua ad essere utilizzata da imprese di tipo, misura e struttura molto diverse.
Di conseguenza, il numero di Sagl non è affatto diminuito
dopo la riforma, come alcuni temevano.
[email protected]
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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Cio’ che pratichiamo dal 1958
ha oggi un nome:
Fair-Relationship-Banking.
Tutte le pubblicazioni bancarie affermano che il cliente è il «centro
dell’attenzione»: cosa signica concretamente questa frase?
E come fare per non perdere di vista questo «centro dell’attenzione»,
fra i tantissimi impegni di un’azienda moderna?
Da più di 50 anni Finter Bank Zurich, banca svizzera di qualità,
percorre la propria strada in autonomia: la nostra presenza sul
mercato è sempre stata molto riservata, ma chi ha voluto conoscerci
meglio ha presto scoperto che da noi il concetto di «valori» assume
un’importanza molto rilevante.
Fair-Relationship-Banking è ciò che i clienti possono chiederci e
che noi dobbiamo dare loro: per tutti i clienti che non si accontentano
di promesse, ma che desiderano provare davvero quanto possa essere
diverso il Private Banking.
Per ulteriori informazioni > www.finter.ch
Fair-Relationship-Banking
Sede centrale: Finter Bank Zürich S.A. Claridenstrasse 35 CH-8002 Zurigo
Sedi e Affiliata: Lugano, Chiasso, Nassau Bahamas
Assicurazione vita: FinterLife Vaduz Liechtenstein
CONVENZIONI
INTERNAZIONALI
di Paolo Comuzzi
Un breve commento
alla [importante ma antica] decisione
della Commissione tributaria centrale,
sez. XI, 14-09-1999, n. 5316
La sentenza si caratterizza per la seguente
massima: “ … il certificato della competente
autorità svizzera che, in base all’art. 29 della
legge 22 dicembre 1978, n. 943, l’interessato deve presentare all’inizio di ogni anno
per evitare che la pensione erogatagli in Svizzera e sottoposta ad imposta nello stesso
Stato sia assoggettata in Italia a doppia imposizione può essere prodotto anche in sede
contenziosa, avendo il termine previsto dalla
norma citata carattere non perentorio, ma
ordinatorio …”.
I fatti oggetto della causa
Una ricostruzione dei fatti di causa consente di dire che
siamo in presenza di una istanza di rimborso contro la
quale è sorto il diritto a dare inizio al contenzioso in
ragione del fatto che detta istanza non è stata presa in
considerazione dall’ente impositore (silenzio rifiuto).
In particolare il contribuente richiedeva in data 7 settembre 1987 il rimborso dell’Irpef corrisposta sulle annualità di pensione 1985 e 1986 erogate dall’INPDAI,
in quanto, essendo residente in Svizzera, per accordo
Italo-Svizzero, la stessa imposizione fiscale era stata
effettuata da tale Paese straniero.
Contro il silenzio rifiuto l’istante ricorreva alla Commissione tributaria di primo grado di Bergamo che, con
decisione n. 418 dell’8 novembre 1991, accoglieva il
gravame, avendo ritenuto, in via pregiudiziale, valida la
produzione della copia del ricorso stesso all’ufficio delle
II.DD. anziché all’Intendenza, regolarmente costituitasi.
La Commissione tributaria di secondo grado di Bergamo, con decisione n. 1065 del 4 novembre 1995, rigettava l’appello dell’ufficio finanziario, confermando in
tutto il giudizio di prima istanza, sia sulla pregiudiziale di
ammissibilità del ricorso di primo grado che nel merito,
in quanto la pensione de quo era stata tassata in Svizzera per cui il contribuente non poteva essere soggetto
d’imposta due volte per lo stesso reddito.
Ricorre ora in Commissione tributaria centrale l’ufficio
finanziario sostenendo nuovamente in via pregiudiziale
l’irricevibilità del ricorso di primo grado prodotto dal
contribuente in copia all’ufficio delle imposte dirette anziché all’Intendenza di finanza competente, ed in merito
che, sebbene a norma dell’art. 18 della L. 23 dicembre
1978, n. 943, l’imposizione sul trattamento pensionistico deve essere eseguita nel Paese di residenza, la
stessa legge all’art. 29 prevede che il tutto sia subordinato alla presentazione all’inizio di ogni anno, da parte
dell’interessato, di una attestazione della competente
Autorità Svizzera in ordine all’esistenza delle condizioni
volute.
La pronuncia nei suoi aspetti giuridici
Di fronte a questi fatti la CTC ritiene di pronunciarsi prima sull’eccezione di inammissibilità del ricorso di prima
istanza per avere la parte contribuente prodotto la copia dello stesso ad ufficio incompetente. A tal proposito
si ritiene di condividere l’operato dei giudici di prima e
di secondo grado nel ritenere sanato il vizio di procedura in quanto l’Intendenza di finanza, venuta comunque a
conoscenza del contendere, si è regolarmente e correttamente costituita in giudizio. Quindi la stessa è stata
messa in grado di difendersi, avendo garantito in pieno
il legittimo svolgimento del procedimento, sanando in
tal modo la pretesa irritualità, senza che nessun diritto
venisse leso a salvaguardia dell’equilibrio procedimentale.
Anche nel merito si ritiene di non accogliere il ricorso
dell’ufficio finanziario considerando equo e, nel caso,
corretto l’operato dei giudici di primo e secondo grado
nel non aver ritenuto potersi applicare la stessa imposta due volte per lo stesso reddito percepito.
E’ pur vero che la L. n. 943 del 1978 prescrive che
all’inizio di ogni anno sia compito del contribuente interessato produrre il certificato dell’Autorità competente straniera circa la sussistenza delle condizioni per
non essere soggetto alla doppia imposizione fiscale,
ma deve rilevarsi, nel caso di specie, che in corso di
giudizio la parte interessata ha comunque prodotto un
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
41
certificato dell’Autorità Svizzera dal quale si rileva che dal
1984 la pensione è stata assoggettata in quello Stato,
dove effettivamente risultava residente all’epoca dei fatti.
Ritiene questo Collegio che il termine di cui alla precitata
legge per la presentazione della certificazione prevista
dall’art. 29 debba considerarsi ordinatorio e che, quindi,
dalla sua inosservanza, del tutto formale, non possa farsi
discendere una pretesa fiscale che in diritto contrasterebbe con i principi base della Carta Costituzionale.
I principi che è lecito trarre
Si deve partire da un presupposto duplice: a) lo scopo
delle convenzioni contro la doppia imposizione è quello
di evitare una doppia imposizione dello stesso reddito;
b) il principio circa il fatto che si deve evitare una doppia
imposizione dovrebbe attuarsi mediante una procedura
di rimborso (e non di esclusione diretta da tassazione
mediante “non intervento” del sostituto come invece avviene in ragione dei ritardi dell’Amministrazione Fiscale
Italiana - la applicazione diretta del dettato convenzionale
viene definito come “trattamento agevolato” nella CM 12
Aprile 1978 n.115/12/248 e viene ammesso sotto la
responsabilità del soggetto erogante).
Di conseguenza possiamo affermare che è lecito invocare una convenzione quando sussista veramente una doppia imposizione del reddito (che non significa tassazione
specifica di quel reddito ma inclusione dello stesso nella
determinazione del reddito) e possiamo dire anche che
la applicazione diretta della convenzione può avvenire in
presenza di una verifica delle condizioni che riguardano il
soggetto percettore [come del resto chiarito dal Ministero fin dagli anni 70].
A questo punto dobbiamo fare una distinzione:
• Da una parte esiste il tema della applicazione diretta
del dettato convenzionale che coinvolge il sostituto
di imposta;
• Da una altra parte esiste il tema della istanza di rimborso (che non coinvolge in alcun modo il sostituto
di imposta ma che si estrinseca in un rapporto diretto tra la Amministrazione ed il percettore).
Con riferimento al primo punto va posto in evidenza che
il soggetto erogante è libero di non fare le ritenute alla
fonte “ … previa produzione da parte del percipiente di
una apposita domanda corredata ..:” ovvero il principio è
chiaro: la ritenuta non viene fatta dall’erogante quando lo
stesso è in possesso dei documenti necessari prima del
momento in cui deve applicare la ritenuta stessa.
Questa posizione in merito agli obblighi di ritenuta è chiara in quanto il Ministero ha affermato che in presenza di
“ … documentazione carente [e documentazione mancante è più di carente diciamo noi] e in ogni caso quando
dall’indagine compiuta non risulti chiaramente che sussistono tutte le condizioni per giungere alla applicazione
della norma …” allora si deve operare la ritenuta ed ov1
viamente rimane aperta la strada del rimborso.
A questo punto (ovvero quando siamo nel mondo del rimborso) è chiaro che il soggetto percettore può esibire
(alla Amministrazione e non al sostituto di imposta ce è
uscito dal rapporto) tutti i documenti che ritiene necessari per attestare il suo diritto e anche in sede contenzioso
appare del tutto evidente che può fornire i documenti che
sostanziano la sua pretesa.
Quello che deve essere distinto è il momento della ritenuta ed il momento del rimborso: in assenza di documenti
non esiste certamente il diritto alla applicazione diretta
del dettato convenzionale (come del resto affermano le
posizioni ufficiali del Ministero) mentre esiste certamente
il diritto al rimborso che si connette a condizioni diverse
rispetto a quelle della produzione di documenti quali i
documenti previsti nella prassi.
Il discorso, messo in questi termini, consente anche di
formulare una tesi in merito alle sanzioni: nel caso in cui
il sostituto di imposta applichi direttamente la normativa
convenzionale, e questo in assenza delle condizioni, pare
chiaro che lo stesso non sia comunque sanzionabile se
queste condizioni sono dimostrate (solo dimostrate1) in
seguito mediante la presentazione di una idonea documentazione anche in fase contenziosa (è chiaro che il
sostituto viene sanzionato non per la mancanza dei documenti ma per la mancanza della ritenuta e quindi è chiaro
che è alle condizioni sostanziali che si deve sempre fare
riferimento2).
Resta invece il caso del sostituto che applica direttamente la convenzione ma non riesce ad avere né prima della applicazione né dopo i documenti: in questo caso è
chiaro che siamo in una posizione complessa in quanto
il sostituto applica il dettato convenzionale sotto la sua
piena ed univoca responsabilità (questo principio è stato ribadito dal Ministero in almeno due occasioni e con
Circolari che seppur antiche non sono mai state poste in
discussione).
In questa situazione le sanzioni saranno a carico del sostituto che non potrà dare prova del diritto del percipiente ma questa è una situazione diversa: diciamo che in
questa situazione si ha quasi una presunzione che non
sussista il diritto e non esiste documento che consente
di vincere questa presunzione.
Se ammettiamo questa differenza tra “applicazione diretta” (possibile quando sono consegnati i documenti) e
applicazione indiretta (rimborso) possibile quando non
sono consegnati i documenti ma in seguito ad una precisa istanza del percettore che produce poi all’ufficio la
documentazione necessaria allora possiamo capire in
dettaglio il tema della sentenza.
In nessun caso, per avere diritto al rimborso della ritenuta, il percettore può essere richiesto di fare qualche
cosa (produzione documentale) prima che il sostituto
paghi per la ragione che quando si chiede il rimborso il
Solo dimostrate nel senso che le condizioni sussistono al momento in cui la ritenuta doveva essere applicata mentre è solo
il punto della dimostrazione che presenta dei profili di problematicità.
2
Mi pare chiaro che l’ordinamento Italiano distingue tra condizioni formali e condizioni sostanziali ovvero tra condizioni la cui
mancanza non comporta aumenti di gettito e condizioni che invece incidono sull’imponibile ed in tema di non residenti a
incidere sull’imponibile e quindi sulla imposta è il fatto di avere o meno diritto alla applicazione del dettato convenzionale al
tempo del pagamento e non il modo mediante il quale si esercita il diritto.
42
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n. 9 - Settembre 2010
rapporto è sempre tra percettore estero e ufficio e non
tra percettore ed erogante e quindi non si vede per quale
motivo il percettore dovrebbe consegnare qualche documento prima di ricevere il pagamento (come se una consegna di documenti all’erogante lo legittimasse [e non si
vede come] alla richiesta di rimborso all’ufficio o come
se una consegna all’ufficio rendesse legittima la richiesta
di non applicazione di una ritenuta [e se il compenso non
viene pagato e le ritenute quindi non sono eseguite per
questo motivo?]).
E’ questo e solo questo che la sentenza intende dire:
in caso di rimborso i documenti li possiamo produrre in
giudizio e non prima.
In nessun caso la stessa afferma il diritto dell’erogante di
pagare senza ritenuta in assenza dei documenti previsti
sul piano “pratico” (anzi di questo proprio non si discute
nella sentenza anche perché si parla di rimborso e quindi
si discute intorno ad una ritenuta operata).
Al più si potrebbe discutere se non avendolo consegnati
prima non possa sostenersi un rifiuto di esibizione con
le conseguenza del caso (anche se a me non pare che
il caso sia questo e comunque possiamo sostenere che
non garantire un rimborso in presenza delle condizioni
sostanziali per averlo e solo perché i documenti sono stati prodotti in giudizio e non prima è sanzione impropria).
Ecco perché anche quando parliamo della direttiva interessi e royalties dobbiamo attenerci sempre al dettato
letterale: in assenza dei documenti probatori la ritenuta
deve essere applicata, resta fermo il fatto che il percettore ha diritto al rimborso e per avere questo rimborso
produce i documenti che desidera (o che gli sono chiesti)
e comincia il contenzioso allegando i documenti che più
ritiene atti di fondare il suo diritto.
Resta un punto: se il percettore produce i documenti
dopo il termine di versamento della ritenuta l’erogante
che non ha applicato le suddette ritenute è sanzionabile?
A mio modo di vedere certamente si ma non per una
questione sostanziale bensì per una questione di carattere formale.
Se il diritto esiste e viene provato il “peccato” del soggetto erogante è formale: egli ha omesso di fare una ritenuta ma sanzionarlo con richieste sostanziali (il famoso
30+20 più la sanzione di infedele dichiarazione) appare
del tutto incongruo considerato che la sua mancanza è
relativa ad un aspetto che in una simile situazione ha carattere formale e che non appare atta a generare una
maggiore materia imponibile.
Conclusione
La sentenza non consente una terza via rispetto a quella
prevista nella nostra prassi, le vie per evitare le ritenute
sono solo due:
1. Applicazione diretta in presenza dei documenti
2. Istanza di rimborso.
La sentenza si limita a dire che in presenza di istanza i
documenti possono essere prodotti anche in giudizio e
non prima.
Resta che in presenza delle condizioni sostanziali il sostituto non può essere sanzionato per la mancanza dei
documenti.
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la
Rivista
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di Ingeborg Wedel
Donne in carriera: a colloquio con Diana Bracco
«Credo molto in un futuro
declinato al femminile»
Prima di parlare della donna e imprenditrice di
successo Diana Bracco, gettiamo uno sguardo
sulla sua azienda: quando e da chi è stato fondato il Gruppo Bracco? Come si è sviluppato?
Mio nonno Elio, nato nel 1884 a Neresine di Pola,
trasferitosi a Milano, fondò il primo giugno 1927 la
Società Italiana Prodotti E. Merck, che presto divenne
Italmerck spa.
Nel 1934 mio padre Fulvio, che l'anno prima si era
laureato in chimica e farmacia, veniva assunto in azienda e successivamente nominato direttore tecnico, in
parallelo con lo sviluppo dell’attività di quella che ormai
era diventata la "Società anonima Bracco”.
Nei decenni Bracco ha intensificato il suo impegno
nella ricerca innovativa e specializzata negli agenti di
contrasto per la diagnostica medica. Tappa fondamentale è stato negli anni '70 lo sviluppo della molecola
di iopamidolo, il primo mezzo di contrasto non-ionico
pronto all'uso. A questo successo si è affiancato dalla
fine degli anni '80 l'avvio di un piano di internazionalizzazione, a cominciare dagli Stati Uniti, oggi il primo
mercato della Bracco Imaging, attraverso Bracco Diagnostics Inc. e Bracco Research Usa.
Complessivamente il nostro Gruppo oggi occupa oltre
2.700 dipendenti, con un fatturato consolidato di circa
960 milioni di euro, di cui circa il 65% sui mercati esteri ed è presente in oltre 80 Paesi in tutto il mondo.
Qual è stato il suo contributo personale
nella storia dell’Azienda di famiglia?
Io rappresento la terza generazione di una famiglia
di imprenditori con oltre ottant’anni di storia alle spalle. Una famiglia che è già presente in azienda con la
quarta generazione nella persona di mio nipote Fulvio
Renoldi Bracco.
Ogni generazione ha portato in azienda qualcosa di
nuovo. Mio nonno Elio creò un’azienda commerciale,
mio padre Fulvio realizzò un’industria integrata e io
ho creduto fortemente nell’internazionalizzazione del
Gruppo fondata sulla Ricerca e Innovazione. Pochi sanno che nel mondo un esame diagnostico su tre (tac,
ecografie, ecc.) è eseguito con mezzi di contrasto
Bracco. Il marchio Bracco, invece, è ben conosciuto
tra il grande pubblico grazie a storici prodotti farmaceutici come Cebion, Xamamina, Euclorina e la linea
di colliri Alfa.
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n. 9 - Settembre 2010
Lei è un manager apprezzato anche nel mondo
degli uomini, e il suo curriculum lo testimonia: è
Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo
Bracco, Vicepresidente di Confindustria con delega per Ricerca & Innovazione e Progetto Speciale Expo 2015, fino al giugno 2009 Presidente
di Assolombarda, e prima ancora Presidente di
Federchimica. Oggi è anche Presidente di Expo
2015 Spa, Vicepresidente della Camera di Commercio di Milano. Una grande imprenditrice attiva
anche sul fronte dell’impegno in ambito culturale,
sociale e civile. Un impegno culminato nella recente creazione della Fondazione Bracco. Quali
difficoltà e quali ostacoli ha dovuto superare nella sua lunga carriera di donna di successo?
Anzitutto studiando sempre con impegno, prima al
Liceo classico Parini di Milano e poi laureandomi in
chimica all’Università di Pavia. In seguito facendo una
lunga e dura gavetta in azienda. Certo, per le donne,
in generale, emergere è sempre difficile, perché si devono far carico della famiglia, della crescita dei figli e
della cura degli anziani.
Purtroppo l’Italia è ancora 72a al mondo nel Gender
Gap Index 2009 e ha un tasso di occupazione femminile che ancora oggi non arriva al 50%. Ma sono
ottimista, perché le statistiche relative agli ultimi anni
evidenziano un miglioramento delle posizioni ricoperte dalle donne. Credo molto in un futuro declinato
al femminile, perché le donne hanno qualità vincenti
come la capacità di fare squadra, l’intuito, la voglia di
non smettere mai di imparare.
Quale atteggiamento assume un
Presidente donna verso i dipendenti femminili?
Come tante altre imprese – sempre più numerose –
anche noi cerchiamo di creare un contesto in cui le
donne si possano esprimere attraverso il lavoro, senza dover rinunciare al proprio ruolo nella vita familiare; un contesto che valorizzi caratteristiche femminili
come l’intuizione, le capacità organizzative e di ascolto, la determinazione, la concretezza.
In Bracco, ad esempio, le donne sono circa il 40%;
le dirigenti, quasi il 20%; le donne che lavorano nella
Ricerca e Sviluppo, quasi il 50%, in un ambito, quello
tecnico-scientifico, dove la presenza femminile in genere è poco diffusa. Del resto, penso che sia dipeso
anche dall’impegno personale in questo campo se
una testata come il Financial Times mi ha fatto l’onore
– che condivido con l’amica Emma Marcegaglia – di
inserire il mio nome nella lista delle prime 50 donneimprenditrici nel mondo.
Le intuizioni femminili sono superiori
a quelle maschili e perché?
Più che altro direi che nessun Paese oggi può rinunciare allo straordinario contributo di idee, competen-
@kYk]-+,+5
DkYdaY-,mgda
]kkaeYfYda
ze e capacità delle donne, che hanno dimostrato in
tutto il mondo di essere uno fattore di sviluppo civile
e culturale e anche un indiscusso motore di crescita economica. È provato che con un più alto tasso
di occupazione femminile cresce il prodotto interno
lordo di un Paese, con effetti positivi sull’economia.
Sul potenziale delle donne si deve quindi investire, impegnandosi nella lotta contro ogni tipo di condizionamento e di discriminazione. In tante aziende, purtroppo, le donne sono ancora poche. Per non parlare della
politica, dove la situazione è addirittura vergognosa.
Qual è la stata la maggiore soddisfazione
per una donna manager come lei?
Tra le esperienze più belle alla guida del Gruppo Bracco posso citare la gioia di essere riusciti ad acquisire,
a metà degli anni Novanta, la Divisione Diagnostica di
un colosso statunitense come la Bristol-Myers Squibb.
Una bella soddisfazione per un’azienda familiare italiana! Un’altra grande emozione è stata la mia elezione
del 2005 a Presidente di Assolombarda – prima donna nella storia dell’Associazione – col voto unanime di
tanti illustri imprenditori maschi.
Una donna impegnata nella carriera,
quale hobby riesce a coltivare?
Da mio Padre Fulvio ho imparato che non bisogna dimenticare mai di essere una persona completa. Nelle
mie giornate e nei viaggi di lavoro mantengo sempre
vive la mia curiosità e la mia passione per la cultura –
un libro, un concerto, una mostra.
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L’ Elefante invisibile
Mondiali di calcio & sentimenti ‘identità
È stato uno degli avvenimenti più seguiti dell’anno in corso.
Un’audience da fare invidia ai più grandi divi della canzone e
dello spettacolo. Si calcola che più di un miliardo di persone
(sui sette che popolano attualmente il nostro globo) abbiano assistito alla kermesse dei campionati mondiali di calcio edizione
2010. Alcune decine di migliaia spostandosi dai vari continenti
fino in Sud Africa, per godersi di persona le prodezze degli eroi
del pallone. Tutti gli altri incollati ai teleschermi: maxi o mini.
Personalmente faccio parte dei restanti 6 miliardi che non hanno visto le partite. Ma l’avvenimento mi ha avvinto comunque,
almeno sotto certi aspetti. Questi hanno però poco a che fare
con la qualità del gioco e con le prestazioni dei protagonisti
diretti, quali giocatori, allenatori e arbitri. Concernono piuttosto
fenomeni direttamente o indirettamente legati al tema dell’identità (Elefante questo molto meno visibile).
Il primo fenomeno che mi colpisce è il fatto che un abitante su sette del pianeta terra stesse contemporaneamente facendo la stessa cosa in determinati momenti: guardare
una partita di calcio. Un marziano che ci osservasse dallo spazio, non potrebbe non esserne colpito: che mai sta succedendo
sul pianeta azzurro da creare una tale eccezionale condivisione
globale del medesimo oggetto di interesse? Che cosa c’è di
così magico in quel pallone che riunisce una simile moltitudine
di umani in un’unica appartenenza al “NOI” degli appassionati
di calcio?
Un secondo fenomeno rilevante è la problematica del
rapporto tra l’individuo calciatore e la squadra di appartenenza. Ogni giocatore in fondo deve trovare un giusto equilibrio tra due bisogni identitari fondamentali, ma non di rado in
contrasto tra loro: da un lato quello di esibire i propri specifici
talenti e appagare le proprie smanie di star; dall’altro quello di
mettersi al servizio del gruppo per contribuire al successo del
collettivo. In effetti, se il singolo vuole acquistare troppa visibilità narcisistica a scapito degli altri, il risultato ne soffre, al punto
che tutta la squadra può risultare perdente. E ciò sotto gli occhi
di una severa platea mondiale giudicante. Ovviamente il calcio
non è il solo gioco di squadra esistente, ma è probabilmente
il più popolare. Per questo si presta bene a essere utilizzato
come una sorta di metafora di molti altri “giochi di squadra” che
costituiscono la linfa delle nostre società: famiglie, imprese,
istituzioni, ecc… Prendendo ispirazione dal calcio ci si potrebbe quindi domandare in riferimento a queste ultime: quali sono
le regole che garantiscono un giusto equilibrio tra l’interesse
del singolo e quello della collettività? Si tratta di regole che
vengono rispettate? Chi sono gli arbitri? Coloro che detengono
il potere si comportano sempre come i buoni coach che sanno
esaltare le qualità dei singoli e valorizzare il merito? Sono sempre necessari avversari esterni per creare una coesione interna
al gruppo? Quali sono gli incentivi più efficaci per portare a buon
fine le sfide comuni?
Il terzo fenomeno riguarda i sentimenti di identità nazionale che impregnano tali contese. Ogni match inizia con
gli inni nazionali. I colori delle maglie simboleggiano la comune
identità. I giocatori sono figli (biologici o adottivi) del territorio
per cui si battono. Ogni squadra è chiamata a lottare per la
gloria del proprio paese. Gli stadi sono un tripudio di bandiere.
Tutto ciò tocca le viscere identitarie più profonde degli spettatori. Allora basta un gol per esaltare e rinvigorire un sentimento di filiazione nazionale magari normalmente un po’ sbiadito.
Pensiamo alla vittoria della Svizzera nei confronti della Spagna.
Nelle strade a far festa non c’erano più 26 cantoni o 2700
comuni ma “gli svizzeri e le svizzere”. Il successo finale della
Spagna è stato festeggiato anche in regioni a vocazione indipendentista quali la Catalogna o i Paesi Baschi. Con sommo
tripudio di case reali e governanti. Chissà, se la squadra belga
avesse trionfato si sarebbe forse risolta la crisi tra Fiamminghi
e Valloni! E se l’Italia avesse nuovamente vinto la coppa, forse
anche Bossi avrebbe gridato “Forza Italia!” (magari senza farsi
sentire all’esterno delle sue mura di casa). Tra l’altro, poveri
quei giocatori che hanno sbagliato un rigore o un tiro decisivo:
sulle loro spalle (o meglio sui loro piedi) grava la responsabilità
di aver reso infelice un’intera nazione! Duro colpo per il sentimento d’identità positiva dell’anti-eroe di turno.
Quarto fenomeno è quello del tifo bi-nazionale, almeno
visto dalla Svizzera. In effetti, mi hanno simpaticamente colpito gli innumerevoli balconi che esponevano doppie bandiere,
quella rossocrociata in genere come costante, affiancata da
quella italiana, oppure spagnola, portoghese, tedesca, ecc…
Appartenenze bi-nazionali allegramente esibite, senza complessi. Indizi di processi d’integrazione che ormai articolano elementi d’identità d’origine con i sentimenti di appartenenza alla
comunità elvetica.
Quinto e ultimo fenomeno che appare in forte evidenza
è la risonanza emotiva di tali competizioni. I media ci hanno mostrato migliaia e migliaia di volti di spettatori che esprimevano tutta una gamma di intense emozioni: gioia e gaudio,
delusioni e frustrazioni, tensioni e timori. Le strade e le piazze
sono diventate luoghi di espressione d’incontenibili e rumorose
manifestazioni di tripudio collettivo. Cosa provoca tali vibrazioni
emotive? Le ragioni sono certamente molteplici e minuziosamente trattate nei testi di psicologia: processi d’identificazione,
contagio emotivo, fenomeni di proiezione, ecc… Una comunque vale pena di essere sottolineata: l’umano bisogno di trovare
una qualche ragione – in mancanza di meglio anche il calcio
– per essere fieri del proprio Paese!
C’è qualcuno che legge di tanto in tanto questa rubrica? Se si,
mi farebbe la grande cortesia di “battere un colpo”, sotto forma
di una mail a [email protected]? Mi piacerebbe sapere
se i temi trattati suscitano un qualche interesse nonché avere
eventuali commenti e reazioni dei lettori (e lettrici, si intende).
1
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra le folle con la sua imponente mole passava comunque
inosservato. Come se fosse invisibile…
la
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n. 9 - Settembre 2010
47
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Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana
Dalla Rivoluzione francese
alla nascita del tricolore
di Tindaro Gatani
Il Senato e la Camera dei Deputati
hanno approvato; Noi abbiano sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo
unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per
sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta
degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare
come legge dello Stato. Da Torino addì 17
marzo 1861.
C
on questo articolo unico della legge n.
4671 del Regno di Sardegna, votato nella seduta del Parlamento piemontese del
14 marzo 1861, venne di fatto sancita
l’Unità d’Italia sotto Casa Savoia. Il successivo 21
aprile, quella legge diventava, per decreto, la n. 1
del nuovo Stato.
I festeggiamenti per ricordare il grande evento sono
già iniziati il 24 giugno 2009, quando il Presidente della Repubblica Italiana Napolitano, il primo
Ministro francese Sarkozy, il Cancelliere tedesco
Merkel ed il Presidente austriaco Fischer si sono
recati a Solferino per ricordare una delle battaglie
più cruente della storia, combattuta il 24 giugno
1859 fra l’esercito austriaco e quello franco-sardo,
con la quale si concluse la seconda Guerra d’indipendenza. Fu la più grande e sanguinosa battaglia, dopo quella di Lipsia del 1813, con un bilancio spaventoso: tra gli oltre 230.000 soldati che vi
presero parte si contarono circa 100.000 tra morti
e feriti. Fu alla vista di quella carneficina e dello
strazio di tanti feriti che il ginevrino Henry Dunant
decise di fondare la Croce Rossa (vedi «La Rivista»
di settembre 2009).
Nel corso di tutto il 2010 e nella prima metà del
2011 sono previste in tutta Italia e anche all’estero
diverse manifestazioni culturali, convegni, mostre,
pubblicazioni per approfondire i vari aspetti del
nostro Risorgimento.
Anche La Rivista, da questo numero, vuole contribuire con una serie di articoli a ricordare le fasi
salienti di quegli avvenimenti, privilegiando il ruo-
La presa della Bastiglia (14 luglio 1789).
lo svolto dagli svizzeri e dalla Svizzera, che fu,
insieme alla Gran Bretagna, la prima a riconoscere ufficialmente il nuovo Regno già il 30 marzo
1861, a soli due settimane dalla sua proclamazione. Ma non solo: tratteremo della mancanza di
tradizioni politiche e culturali univoche delle varie regioni; dell’acceso dibattito sulle diverse proposte di forma di governo da dare al nuovo Stato
(monarchico, repubblicano, federale); della mancanza di un vero e proprio scontro tra l’elemento
liberale e le vecchie classi dirigenti che subirono
ed accettarono con rassegnazione la nuova realtà;
dello scontro tra Stato e Chiesa; dell’insufficiente coinvolgimento popolare nelle decisioni prese;
del fallimento delle promesse fatte e delle aspettative che l’Unità aveva suscitato e così via fino alla
nascita della Questione meridionale, del brigantaggio, del malgoverno della cosa pubblica, della disoccupazione e del conseguente fenomeno
dell’emigrazione. Certo, come ha scritto lo storico
svizzero Werner Kaegi, l’Italia aveva già da diver-
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
49
si secoli «una effettiva coscienza nazionale», ma
fu il modo come l’Unità venne fatta che accentuò
scompensi e divergenze tra le varie regioni e tra le
diverse classi sociali.
Spartiacque tra il vecchio e il nuovo Mondo
La Rivoluzione francese segnò lo spartiacque tra
il vecchio e il nuovo Mondo, mettendo in discussione tutte le istituzioni che da secoli si basavano
sulle caste sociali rigidamente chiuse e creando
un ordine nuovo, dove veniva stabilito un patto tra
cittadini, tutti uguali di fronte alla legge, e lo Stato,
governato non più da un sovrano assoluto, ma da
rappresentanti eletti dal popolo.
La Rivoluzione era iniziata molto tempo prima del
fatidico 1789. Una vasta mole di scritti, di interventi, di idee aveva tentato di mettere in discussione la monarchia assoluta. Molte voci si erano levate per condannare l’amministrazione dello Stato
«illegale nella sua forma, dannosa, e distruttrice di
ogni diritto nei suoi effetti», in quanto limitava «la
libertà e le proprietà dei cittadini».
La popolazione era divisa in tre stati: la nobiltà,
il clero e tutti gli altri che costituivano il “terzo
stato”. A sua volta, diviso di fatto tra una minoranza di professionisti, artigiani e commercianti ed
una grande massa di sudditi ridotti alla miseria e
quindi alla servitù. Dopo il fallimento di alcune
timide iniziative di riforma tendenti a modificare il
sistema impositivo, convertendolo in uno più giusto e uniforme, un’assemblea dei tre ordini (clero,
nobiltà e terzo stato) il 5 maggio 1789 convocò gli
Stati generali per discutere della grave situazione
economica.
Dai bilanci portati alla discussione si apprese che
le spese dello Stato superavano di molto le entrate
e la metà delle uscite era rappresentata dai soli
interessi passivi. I conti non tornavano, la crisi finanziaria si era tradotta in miseria soprattutto per
il popolo. Le prime burrasche si presentarono sotto forma di ribellioni di contadini che, sull’esempio dei coloni americani, che avevano ottenuto
l’indipendenza dall’Inghilterra il 4 luglio 1776, si
misero a piantare nelle pubbliche piazze gli alberi
della libertà, sormontati da berretti frigi e ornati
dalle coccarde tricolori, divenute i simboli della
rivoluzione. Quelle che sembravano proteste isolate si trasformarono ben presto in una fiumana
inarrestabile.
Era il momento giusto che i rivoluzionari aspettavano, per dare la spallata al vecchio regime. Il
14 luglio 1789, l’assalto e l’abbattimento della
Bastiglia, il carcere parigino simbolo dell'oppressione assolutista, segnò lo scoppio della Rivoluzione, che tutto avrebbe sommerso e travolto in
uno spietato clima di resa dei conti. Re Luigi XVI,
la regina Maria Antonietta e molti nobili furono
ghigliottinati sulla pubblica piazza. La stessa fine
fecero poi alcuni rivoluzionari della prima ora. I
vari regni europei, temendo che la Rivoluzione
potesse essere esportata anche nei loro Stati e che
50
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
Il poeta Mario Luzi il 7 gennaio 1997 tenne a Reggio Emilia
il discorso commemorativo del bicentenario della bandiera
italiana.
la monarchia, sull’esempio francese, fosse messe
in discussione, corsero ai ripari, coalizzandosi
contro la Francia. Ne nacque una serie di guerre
nel corso delle quali si sarebbe affermato il genio
politico e militare di Napoleone Bonaparte, la cui
azione, come cantò il Manzoni, nell’ode Cinque
maggio, nell’arco di venti anni si svolse Dall'Alpi
alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / … da
Scilla al Tanai, / dall'uno all'altro mar…”. Il Manzoni si chiede quindi:.. Fu vera gloria? Ai posteri
/ l'ardua sentenza. Una cosa è certa, dopo la Rivoluzione francese e dopo che la bufera napoleonica si era abbattuta su tutto il Continente, nulla
più poteva restare come prima. Le grandi novità
avrebbero interessato anche e soprattutto l’Italia e
la Svizzera.
Il tricolore cispadano
Una delle prime conseguenze dei grandi rivolgimenti portati dalla Rivoluzione francese fu la creazione di governi repubblicani in alcune nazioni
europee. La prima a sorgere in ordine di tempo
fu la Repubblica Cispadana, creata il 28 dicembre
1796 in seguito ad un Congresso tenuto a Reggio
Emilia dai rappresentanti delle città di Modena,
Reggio, Bologna e Ferrara. Il 7 gennaio 1797 il
deputato Giuseppe Compagnoni di Lugo di Romagna propose che lo stendardo della Repubblica fosse innalzato «in tutti quei luoghi nei quali
è solito che si tenga lo stemma della sovranità».
Propose inoltre che si rendesse «universale agli
Italiani lo stendardo o bandiera cispadana di tre
colori: verde, bianco e rosso, e che questi tre colori
si usino anche nella coccarda cispadana, la quale
deve essere portata da tutti». Il tricolore si ispirava a quello francese con il verde al posto del blu.
Coccarda e bandiera tricolori divennero poi simboli anche della Repubblica Cisalpina con capitale Milano, risultata dalla fusione della Cispadana
con la Transpadana.
La futura bandiera italiana aveva già fatto la sua
comparsa qualche mese prima. A Milano, nel settembre 1796, alcuni patrioti si erano ritrovati in
piazza del Duomo per bruciare un libro ritenuto
antirivoluzionario e cantavano: L'è bianca, rossa,
verde / la forma tricolor...! , e sventolavano una
grande bandiera. Quella fu la prima volta che
apparve il tricolore italiano sul quale tuttavia il
bianco precedeva il rosso ed il verde. In seguito
il tricolore verde, bianco e rosso si compose di tre
bande disposte da alcuni orizzontalmente con il
verde in alto e da altri verticalmente con il verde
vicino all’asta, che secondo il simbolismo massonico ereditato dai giacobini, rappresentava la natura e con essa l'acquisto dei diritti di natura, cioè
l’uguaglianza e la libertà.
I tricolori furono, dunque, emblema militare e rivoluzionario. A cominciare dal maggio 1798, tutti
i patrioti italiani, dalle Alpi alla Sicilia, che lottavano per la libertà e l'indipendenza della Patria comune, si riconobbero nella bandiera verde bianca
e rossa che portavano su tutti i campi di battaglia
anche quando combattevano per la libertà di altri
popoli.
Nel 1848, la capitale lombarda insorse contro
l'occupazione austriaca innalzando le bandiere
tricolori sulle barricate delle Cinque giornate. Intervenendo nel conflitto, il re di Sardegna Carlo
Alberto, che aveva fino ad allora conservato la
bandiera azzurra dei Savoia, non esitò a spiegare
al vento il vessillo verde, bianco e rosso. E quel
vessillo, al quale fu sovrapposto il simbolo dei
Savoia, sarebbe diventato la bandiera dell'Italia
unita. Con la caduta della Monarchia e l'avvento
della Repubblica, il 2 giugno 1946, lo stemma sabaudo fu tolto.
Simbolo dell’unità
Il tricolore è comunque, da oltre due secoli, il simbolo più visibile dell’unità dell’Italia e degli Italiani. Il 7 gennaio 1997, a Reggio Emilia, a commemorare il bicentenario della bandiera, è stato
chiamato il poeta Mario Luzi, il cui discorso si
è mantenuto tuttavia ben lontano dall'enfasi che
contraddistinse la famosa orazione tenuta da Giosuè Carducci cento anni prima. Nell'orazione di
Luzi, per il quale «abbiamo imparato com'è difficile e doloroso essere Italiani», è mancata del tutto
ogni retorica patriottarda proponendosi così come
un momento di pacata e grave riflessione su due
secoli della nostra travagliata storia.
Ed eccolo il Tricolore visto da questo grande poeta
del nostro tempo: «Ne ha di macchie e abusi tanti
quanti la società nel nostro Paese ne ha di involuzioni, di vergogne, di smarrimenti. La complicità e
la simbiosi nell'errore lo hanno reso più intrinseco
alla nostra storia e alle sue poco felici alternanze.
Non per questo dobbiamo rimuoverlo o rinnegarlo. Nulla sarebbe più empio e privo di carità. Anzi
anche da qui deve venire lo stringente appello alla
parificazione. Il segno non enfatico, non pretenzioso, non arrogante della nostra umile bandiera,
conscia di dolori e di umiliazioni non meno che di
gloria, è un invito toccante ad esaminare il nostro
stato reale nel nome della solidarietà, della volontà
comune. Questo può dire lo scrittore a tutti, ai politici e a chi urla in tv e sui giornali. Senza mitologie
fasulle e ripulse di comodo. Fare un esame di coscienza, bruciante. Per non arrendersi, perché non
si sia “un volgo disperso che nome non ha”».
LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO
Dobbiamo alla Rivoluzione francese la famosa Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino,
basata su un testo proposto da una commissione
presieduta dal marchese di La Fayette, discusso ed
approvato da un’apposita Assemblea che si riunì
dal 20 al 26 agosto 1789. La redazione definitiva
sarà inserita come preambolo nella Costituzione del
1791 ed ha ispirato tante Carte costituzionali di Stati democratici.
Gli alti valori fondamentali di quel documento saranno confermati dalla loro inclusione nella Dichiarazione universale dei diritti dell‘uomo adottata dalle
Nazioni Unite nel 1948. Ecco alcuni dei diritti sanciti da quella Dichiarazione:
Art. 1. Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali
nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere
fondate che sull’utilità comune.
Art. 2. Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali dell’uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza, e la
resistenza all’oppressione.
Art. 3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione: nessun corpo o nessuna
persona può esercitare un’autorità che non derivi
da essa.
Art. 4. La libertà consiste nel poter fare tutto quel
che non nuocia ad altri.
Art. 5. La legge non ha diritto di proibire se non
le azioni che nuociono alla società. Tutto quel che
non è proibito dalla legge non può essere impedito,
e nessuno può essere costretto a fare se non quello
che essa ordina.
Art. 6. La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere personalmente o per mezzo dei loro rappresentanti alla
sua formazione. Essa deve essere uguale per tutti,
sia quando protegge sia quando punisce (…).
Art. 9. Ogni uomo dovrà considerarsi innocente fin
che non sia dichiarato colpevole.
Art. 11. La libera manifestazione e comunicazione
dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più
preziosi dell’uomo. (…)
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
51
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A colloquio con Nerio Nesi
Banchiere di complemento
di Michele Caracciolo di Brienza
Nerio Nesi è stato Direttore dei Servizi finanziari del Gruppo Olivetti, Presidente della Banca Nazionale del Lavoro, Presidente della Commissione Industria e Attività Produttive della Camera
dei Deputati, Ministro dei Lavori Pubblici. Attualmente presiede la Fondazione
Camillo Cavour. Mi accoglie con garbo
e curiosità nel suo studio di Torino dove
una magnifica libreria riveste le tre pareti
di una grande stanza. Sulla quarta parete e alle spalle del mio interlocutore troneggia la carta dell’Italia preunitaria, alla
sua destra una stampa che ritrae Cavour
e alla sua sinistra un’altra con Garibaldi.
Un orologio a muro della camera scandisce il tempo.
Ho letto il suo libro Banchiere di complemento
(Sperling & Kupfer), su Internet ho trovato moltissime informazioni su di Lei e ho visitato il suo sito,
da dove cominciare? Dico questo perché francamente Lei ha fatto un percorso professionale che
è stato davvero fuori dal comune. Da un lato la
politica e dall’altro un grande impegno nel privato
tra l’Olivetti e la BNL, solo per citare alcune aziende dove ha lavorato, quindi un’esperienza manageriale che ha poi applicato quando ha ricoperto la
carica di Ministro dei Lavori Pubblici. Mi potrebbe
raccontare la visita di Carlo Azeglio Ciampi, allora
Presidente della Repubblica, alla sede del suo Ministero. Come accadde?
Nell’inverno tra il 2000 e il 2001 una grave alluvione colpì l’Italia del Nord – Ovest. Mi dedicai
con impegno totale per queste regioni. Quando
l’alluvione interruppe l’autostrada e la ferrovia che
uniscono Torino e Milano, il Presidente mi disse:
“Bisogna fare il massimo sforzo per ricongiungere
le due capitali industriali del Paese”. E lo facemmo.
E ricordo ancora, con commozione, una mattina
verso le sette, mentre visitavo come ogni giorno i
lavori, un giovane ingegnere mi disse: “L’autostrada
è aperta”. Avevo un numero riservato del Quirinale
e informai subito il Presidente e gli passai il direttore dei Lavori. Sentii le sue parole: “La ringrazio a
Il dottor Nerio Nesi
nel suo studio.
“Questi libri mi proteggono.
Prediligo questo studio con tutte
le pareti a libreria”.
nome del Paese”, gli disse. Dopo poche settimane il
Presidente colse un’occasione istituzionale per visitare il Ministero dei Lavori Pubblici: era un gesto
insolito, credo mai più ripetuto. Ne colsi il significato. Venne nel mio studio e si accorse subito che
sopra il suo ritratto avevo fatto applicare il ritratto di
Cavour. “L’ho messo lì” – osservai – “perché Lei è il
Cavour attuale”. Lo dissi senza pensarci due volte,
ma non sbagliavo. Ciampi è l’uomo che ha fatto riemergere nel popolo italiano sentimenti che sembravano scomparsi e che invece erano soltanto sopiti.
Mi ha anche colpito nel suo libro il ricordo di suo
padre. Come si chiamava?
Ferdinando. Era un operaio metalmeccanico specializzato. Uno di quelli, come dicono a Torino,
che “sanno fare le ali ai moscerini”. Lavorava alla
manifattura tabacchi e riparava le macchine che fa-
la
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cevano le sigarette. Era un operaio colto. La sera si
toglieva la tuta e si metteva la camicia bianca e la
giacca per andare ad ascoltare Wagner. Era un wagneriano, io invece sono verdiano. Ricordo quando
mi portò a vedere i luoghi dove aveva combattuto
durante la prima guerra mondiale. Lui, un cattolico
di stretta osservanza, pacifista, mi disse: “Noi siamo un paese tranquillo, non vogliamo avere nemici,
però abbiamo anche le Alpi che ci proteggono” e
aggiunse una frase che mi colpì: “E sulle Alpi ci sono
gli Alpini”. Nel senso che ci sono degli uomini in
armi che ci proteggono. Non ho dimenticato questa
espressione, anche se risale a molti anni or sono.
In realtà la prima guerra mondiale ebbe un costo
enorme in termini di perdita di vite umane…
Oltre seicentomila morti soltanto per l’Italia.
È vero che Giovanni Giolitti sosteneva che si poteva ottenere “parecchio” dall’Austria, anche senza
quel bagno di sangue?
Mio padre me lo ricordava spesso. Ma quando fu
chiamato alle armi, non fece nulla per sottrarsi.
E nella seconda guerra mondiale?
Le perdite italiane furono circa 300.000, ma non
conosco le cifre esatte, Credo però che il numero
maggiore di caduti sia stato nella campagna di Russia, nelle battaglie dei Balcani, dell’Africa del Nord,
e nella guerra partigiana.
Lei concorda con quanti ritengono che la seconda
guerra mondiale sia stata caratterizzata da gravi
errori strategici?
Il primo, gravissimo errore, anzi la follia, fu la decisione, nel 1940, di entrare in guerra. Era noto lo
stato dell’esercito italiano, duramente provato dalle campagne di Etiopia e di Spagna, l’estrema debolezza dei nostri armamenti, l’impreparazione di
molti capi militari, (non di tutti, però). Nonostante
tutto ciò, i soldati italiani si sono sempre battuti e
non soltanto nelle battaglie divenute famose.
Questo discorso mi porta a chiederle: quanti caduti ha avuto l’Italia complessivamente nelle tre
guerre per l’Indipendenza?
Si può ragionevolmente considerare un numero tra
i cinquanta e i centomila. L’esercito era piccolo, ovviamente, (il Regno di Sardegna comprendeva circa
cinque milioni di cittadini), ma bene addestrato.
Le battaglie più sanguinose del Risorgimento furono quelle di San Martino e Solferino, Ho visto il
bollettino di guerra che emise la Francia. L’armata
sarda ebbe 10.000 tra morti e feriti, l’armata francese 20.000, mentre si calcola che l’armata austriaca
ne ebbe circa 20.000. Fu una carneficina dalla quale nacque la Croce Rossa.
Sì, Henri Dunant si trovava da quelle parti e, vedendo in prima persona gli orrori della guerra,
gli venne l’idea di organizzare in maniera stabile
e strutturata l’aiuto ai feriti durante i conflitti. (Si
veda l’intervista a Cornelio Sommaruga sul numero
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la
Rivista
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“Il presidente Ciampi venne nel mio studio e si accorse subito
che sopra il suo ritratto avevo fatto applicare il ritratto di Cavour”.
“L’ho messo lì” – osservai – “perché Lei è il Cavour attuale”.
di settembre e ottobre 2009 de La Rivista - ndr).
E delle Forze Armate italiane di oggi cosa pensa?
Ho potuto constatare che, tra le grandi amministrazioni dello Stato, quella militare è probabilmente
la più efficiente, perché ha dovuto confrontarsi e
mostrarsi alla pari di quelle degli altri grandi Paesi
Europei e degli Stati Uniti d’America.
Il comportamento dei nostri militari nelle missioni
fuori del territorio nazionale è esemplare. Si tratta
di circa 10.000 uomini, il che significa doverne disporre di circa 30 – 40 mila per i necessari cambi.
«In questi cinquant’anni Torino
mi ha profondamente cambiato»
Lei è emiliano, ma è solito affermare
che la sua città è Torino. Perché?
Perché, dopo un periodo iniziale di difficoltà, in
questi cinquant’anni Torino mi ha profondamente
cambiato: questa è la città di Gramsci, di Gobetti,
di Bobbio ma anche di San Giovanni Bosco, ma
anche di Giovanni Agnelli e di Adriano Olivetti.
Una figura importante nella sua vita fu Riccardo
Lombardi. C’è un’espressione di Lombardi che mi
ha molto colpito e che Lei riporta nel Suo libro. Fu
ripresa poi anche da Sergio Romano nel libro “Memorie di un conservatore” (Longanesi), facendo
riferimento alle nuove leve della diplomazia italiana degli anni Settanta e Ottanta. “La mutazione
genetica” dei socialisti secondo Lombardi era un
fenomeno che lui aveva colto sin dagli inizi della
segreteria Craxi. Secondo Lei a cosa si riferiva?
Lombardi è stato per me un padre. Gli ho voluto
bene come a un padre e credo che lui me ne abbia
voluto come a un figlio. La sua onestà personale fu
cristallina: ricordo che quand’ero presidente della
Banca Nazionale del Lavoro tutti i mercoledì anda-
«Quando Adriano Olivetti morì nel 1961
su un treno, da solo, la famiglia m’incaricò
di curare la divisione ereditaria»
“Quando Adriano Olivetti morì nel 1961 su un treno, da solo,
la famiglia m’incaricò di curare la divisione ereditaria”
vo a colazione da lui e quando ero lì mi vergognavo
perché venivo dalle sale dorate di una grande banca.
Andavo nella casa “francescana” di un uomo che in
certi momenti della sua vita ebbe un grande potere. Negli anni Sessanta, durante il primo governo di
Centro Sinistra, quando fu nazionalizzata l’energia
elettrica, nel 1963 per la precisione, una volta, in
aereo, mentre accompagnavo Riccardo da Roma a
Torino, due persone dietro di noi conversando, dissero: “Se questo aereo cade, di certo la borsa andrà
su”. Riccardo, (mi piace ricordarlo con il nome con
il quale migliaia di compagni lo hanno salutato per
tanti anni), ci ha lasciato un immenso patrimonio
ideale: la convinzione che parlare di socialismo
non è utopia e che una società è socialista quando
consente a ciascun individuo la più ampia possibilità di decidere della propria esistenza, di costruire
la propria vita; la convinzione che bisogna pensare
in grande, che non bisogna avere timore dei grandi
disegni e delle grandi strategie; che la politica vive
nella concretezza dei fatti di ogni giorno, ma vive
anche nel legame che questi fatti quotidiani hanno
con i valori attraverso i quali si esprime il bisogno
dell’uomo di giustificare se stesso e la sua storia.
Questi sono stati gli insegnamenti di Riccardo Lombardi. Di lui però conosco comunque gli errori:
quando, ad esempio, rifiutò la nomina a Ministro
del Bilancio.
Perché fu un errore?
Fu un duplice errore: perché sottovalutò sé stesso,
non rendendosi conto cosa avrebbe significato il
suo ingresso nel Governo in una posizione delicatissima, come quella di Ministro del Bilancio.
E perché sopravalutò sé stesso ritenendo che – rimanendo fuori del Governo – avrebbe impedito la
scissione dell’estrema sinistra del P.S.I, scissione
che al contrario si verificò.
Un altro incontro importante per Lei fu quello con
Adriano Olivetti.
Quando lo conobbi, avevo trentaquattro anni e occupavo già una posizione di rilievo nella direzione
amministrativa della RAI.
Per caso conobbi il figlio, che mi disse: “Vorrei che
conoscesse mio padre”. Andai ad Ivrea e passai con
lui due ore. Ero molto intimorito. L’Olivetti sceglieva un direttore dei servizi finanziari e non parlammo assolutamente di questioni finanziarie. Mi chiese quale era stato l’ultimo viaggio che avevo fatto,
l’ultimo libro che avevo letto, l’ultima pièce teatrale
che avevo visto, il pittore che mi piaceva di più. Mi
colse di sorpresa, lo faceva per capire proprio la mia
visione generale del mondo. Passai all’Olivetti nove
anni straordinari. Insieme a me fu assunto Gianluigi
Gabetti che divenne poi l’uomo forte della famiglia
Agnelli. Quando Adriano Olivetti morì nel 1961 su
un treno, da solo, la famiglia m’incaricò di curare
la divisione ereditaria. Fu un onore per me, il gesto
fatto da una famiglia capitalistica ad un socialista
“lombardiano”: significava una grande fiducia. Non
ebbi alcun vantaggio finanziario, se non un quadro di Guttuso che ho ancora nella mia casa. Fu un
grande insegnamento quella esperienza professionale. Visitai spesso l’America Latina dove l’Olivetti aveva due importanti fabbriche, una in Brasile e
l’altra in Argentina. Soprattutto venni a conoscenza
di quegli strumenti finanziari che permettevano di
tutelarsi dalle fluttuazioni del cambio. Erano ancora poco noti in Italia. Il gruppo Olivetti aveva l’obbligo per entrare in certi Paesi dell’America Latina
di costruire macchinari in quei Paesi e ciò poneva
dei problemi delicatissimi di natura monetaria, dato
che le monete locali erano estremamente fluttuanti.
Una volta entrato nel sistema bancario questa esperienza mi fu molto utile.
Si riferisce anche al factoring e al leasing che furono introdotti in Italia dalla BNL durante la sua
presidenza?
La BNL fu pioniere in questi strumenti finanziari.
Proprio grazie alla mia esperienza all’Olivetti. Il cavalierato del lavoro mi fu attribuito per questo.
Quale presidente glielo conferì?
Sandro Pertini
Anche lui molto amato. Fece non so quanti anni di
carcere e di confino.
Dodici anni in totale e, quando la madre scrisse a
Mussolini per chiedere clemenza, lui la sconfessò.
Era un uomo difficilissimo, ma mi dimostrò la sua fiducia affidandomi la gestione del suo “patrimonio”.
Mi disse: “Ti affido la gestione dei miei beni”. Ora,
i suoi “beni” consistevano in 80 milioni di vecchie
lire dopo cinque anni come Presidente della Camera dei Deputati e altrettanti come Presidente della
la
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Repubblica. Quando vedo gli arricchimenti attuali,
vengo colto da una profonda indignazione.
Sulla vita di Sandro Pertini potrei raccontarle molti
episodi: voglio dirle però solo di uno, particolarmente significativo: il 21 Novembre 1926 una automobile guidata da Adriano Olivetti, (come vede,
i capitalisti non sono tutti uguali), prelevò Filippo
Turati – ricercato dai fascisti – dal suo rifugio milanese, e lo portò a Savona, dove lo attendevano Sandro Pertini e Carlo Rosselli. Insieme si imbarcarono
su un motoscafo che li portò in salvo in territorio
francese. La storia dell’antifascismo italiano è ricca
di questi episodi che i giovani non conoscono.
Mi diceva prima che il rilancio del mito risorgimentale è stata opera del Presidente Ciampi. A volte mi chiedo quale sia l’attualità di uomini come
Garibaldi o lo stesso Cavour, pur riconoscendogli
delle doti straordinarie di stratega, di statista e di
diplomatico. Riuscì a sfruttare la fortuna per raggiungere l’Unificazione.
Per capire l’attualità del Risorgimento, di Garibaldi e di Cavour basterebbe leggere i discorsi che ha
pronunciato l’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Accademia dei Lincei,
alla Scala di Milano, a Quarto, a Calatafimi, e, in
particolare, a Santena, il 6 Giugno. Questo ultimo
discorso, fatto davanti alla tomba del costruttore
dell’Unità di Italia, è un’autentica lezione di storia e dovrebbe essere distribuito in tutte le scuole
della Repubblica. Ma per rendersi conto del genio
cavouriano, La esorto a leggere la lettera che egli
scrisse al Re Vittorio Emanuele II, subito dopo l’incontro con Napoleone III, a Plombières: sono dodici pagine di assoluta preveggenza, contenenti in
dettaglio il piano Italo – francese…
che peraltro prevedeva la dolorosa cessione di Nizza e della Savoia alla Francia…
E che causò un drammatico scontro tra Cavour e
Garibaldi, deputato. Quando Cavour chiese alla
Camera di approvare quella cessione, Garibaldi
urlò: “Lei ha venduto la mia Patria”. Cavour, tesissimo, perdette i sensi. Ma bisogna aggiungere che
pochi mesi dopo, Garibaldi scrisse a Cavour una
lettera nobilissima nella quale gli affidava il destino
dell’Italia, chiedendo per sé il privilegio di tornare
sul campo di battaglia.
«Se non ci fosse stata l’unità,
l’Italia non avrebbe contato nulla»
Cavour morì mesi dopo la proclamazione del Regno nel 1861. Chissà cosa sarebbe successo se Cavour fosse vissuto più a lungo? Se noi pensiamo
al “brigantaggio”, che è in realtà fuorviante come
definizione dato che si può parlare di una vera e
propria guerriglia contro un
occupante, capiamo che l’Italia nasce con delle lacerazioni interne fortissime. Ho visto recentemente delle cifre: tra il 1862 – 66 l’esercito del nuovo
regno occupò la Puglia, la Basilicata e la Calabria
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la
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con 120.000 soldati, i due quinti delle Forze Armate italiane del tempo. Questo contingente riportò
3.000 caduti, tanti quanti l’esercito americano ha
subito in Irak. All’epoca ci furono anche delle accuse da parte della comunità internazionale per i
massacri commessi. Il prezzo pagato dal Meridione per l’Unità è stato molto alto. Chissà che cosa
sarebbe successo se Cavour avesse potuto avviare
il Regno. La stessa centralizzazione così marcata
degli inizi e la “piemontesizzazione” avrebbero
avuto forse un altro corso.
Nel mese scorso La Repubblica ha pubblicato un
articolo di uno dei nostri storici più importanti,
Massimo Salvadori, che si pone una domanda diversa: cosa sarebbe stata l’Italia se non ci fosse stata
l’Unità? Un insieme di piccoli Stati ciascuno dipendente da una grande potenza e così via. L’Italia non
avrebbe contato nulla.
All’inizio a noi è mancato il decentramento ed è
arrivato negli anni successivi in forme anche pittoresche. Tuttavia, cosa sarebbe stata l’Italia se,
anziché avere sin dall’inizio la predominanza di
un’idea così centralizzatrice, fosse passato il progetto confederale di Carlo Cattaneo?
Cattaneo non era il maggiore rivale di Cavour, perché Cavour lo ignorava completamente.
Anche con Mazzini non c’erano rapporti.
Bettino Craxi aveva una straordinaria ammirazione
per Garibaldi. Una volta, quando era presidente del
Consiglio, mi convocò a Palazzo Chigi. Aveva in
mano un telegramma che Cavour scrisse al primo
ministro inglese con il quale lo informava che “(…)
un pericoloso avventuriero sta cercando di entrare nel Regno Unito. Attenzione. Fermatelo appena
possibile: il suo nome è Giuseppe Mazzini”. E Craxi
cominciò a gridare: “Guarda cosa faceva il tuo amico Cavour!”.
È vero, tra questi due uomini – che hanno avuto
entrambi tanta parte nella unificazione nazionale
– non ci fu mai alcuna intesa, ma, sempre, incomprensione e diffidenza.
D’altronde le persone di cui Cavour si fidava completamente erano poche: i due bravissimi Segretari:
Costantino Nigra e Isacco Artom, Massimo D’Azeglio, Alessandro La Marmora, Marco Minghetti e
pochissimi altri.
Cavour parlava meglio il francese dell’italiano. La
madre era ginevrina e lui vi passava parecchio tempo. C’è ancora la sua casa nella Città vecchia.
Le sue città erano Torino, Ginevra, Parigi e Londra.
Non è mai stato a Roma. Ma Le consiglio di leggere
gli ultimi discorsi che egli fece alla Camera dei Deputati, a Torino, sulla assoluta necessità per l’Italia che
Roma fosse la sua capitale. Una sua frase è struggente: “Quando saremo nella più bella città del mondo
forse rimpiangeremo i solenni viali di Torino”.
Sì sente il carattere torinese,
il famoso understatement.
Io l’ho acquisito in tutti questi anni
Bologna ha un’anima diversa.
È una città piacevole, dove tutti si trovano bene, ma
Torino è una città unica, forse perché è stata il centro delle grandi lotte della classe operaia, ma anche
del grande sviluppo dell’industria italiana.
Perché Torino e Milano non si amano?
Per la loro storia, per le loro radici. Pensi al Risorgimento e al diverso atteggiamento della nobiltà e
dell’alta borghesia piemontese rispetto a quello delle stesse classi, lombarde e venete.
E l’ambizione dei Savoia? Anche questo aspetto
deve essere stato determinante. C’è chi li accusa
di rapacità.
Vittorio Emanuele II non era amato da Cavour e non
amava Cavour. Pensi che non partecipò ai suoi funerali: il corteo funebre partì da Palazzo Cavour e passò
davanti alla reggia. Il re non uscì da casa per rendere
omaggio all’uomo che gli aveva dato un regno!
In realtà, con il Re i rapporti non furono mai facili.
Entrambi sapevano di non poter fare a meno l’uno
dell’altro, ma il carattere, il livello culturale, la passione politica erano profondamente diversi. Nel Re,
poi, l’avvenire di Casa Savoia era prevalente su ogni
altro pensiero.
Per Cavour, la monarchia era lo strumento fondamentale per raggiungere l’Unità nazionale, non più
di questo.
Quella unità nazionale che ebbe come sostenitori
soprattutto due Paesi europei, seppur in modo diverso: l’Inghilterra e, soprattutto, la Francia.
Per quanto riguarda l’Inghilterra, molta importanza
ebbe l’Ambasciatore a Torino, Sir Hudson, che condivise pienamente la politica di Cavour convincendo l’allora primo ministro inglese Lord Palmerston a
prendere una posizione favorevole al Risorgimento
italiano e che si manifestò soprattutto quando Garibaldi partì da Quarto, con le sue due navicelle…
Protette al largo dalla flotta britannica.
La Francia ebbe una parte determinante nell’unificazione italiana.
Ma Napoleone III prevedeva un Nord Italia unito
in chiave anti-austriaca, ma non desiderava di certo
l’unificazione di tutta la penisola in un grande Stato.
Questo era il progetto di Napoleone III. Cavour dovette accettarlo. Ma non è vero, come dice qualcuno, che Cavour non credesse nell’Italia unita.
«La Lega ha origini vaghe e
per certi aspetti misteriose»
Questo “qualcuno” a cui Lei si riferisce è ovviamente la Lega. Cosa pensa di questo fenomeno
italiano?
Intanto, tentativi di disfacimento degli Stati nazionali sono presenti, in vario modo, in tutta Europa.
Vuole conoscere il mio parere? La Lega ha origini
vaghe e per certi aspetti misteriose, come sono misteriosi i suoi riti, che a molti appaiono o ridicoli
o folcloristici ma che, amio parere, sono pericolosi, parte di strategie complesse di comunicazione.
Anche quando il suo capo minaccia di mettere in
campo centomila uomini armati, è facile pensare
agli otto milioni di baionette di mussoliniana memoria e riderci sopra.
Ma stiamo attenti: chi pronuncia queste minacce è
un Ministro della Repubblica.
Se poi qualche esponente della Sinistra, per ragioni
incomprensibili, ci informa che la Lega è “una costola della Sinistra“, allora bisogna temere il peggio,
per la stessa Sinistra.
Il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, appare sempre di più come il maggiore rappresentante
della Lega nel Governo, Lo conosce?
Non personalmente. E non ne sono dispiaciuto. Le
confesso che non riesco a prenderlo sul serio: ora
socialista, ora liberista, ora reaganiano, ora keynesiano, ora veterocapitalista, ora no global.
Ne ammiro però la capacità di sostenere tutto e il
contrario di tutto: la necessità dei condoni e il rigore fiscale, le nazionalizzazioni e l’assoluta libertà
del mercato.
Vede: ho conosciuto Ezio Vanoni e nella sua figura ho sempre identificato il Ministro dell’Economia
ideale, per un grande Paese. Lascio a Lei fare il confronto.
Ha avuto dei contatti con l’attuale
Presidente del Consiglio?
Sì. Credo sia un ottimo uomo d’affari con notevoli
doti commerciali. Posta così, la domanda assomiglia a quella di un pubblico ministero. Ma, a parte gli scherzi, cosa vuole che le dica? Non sono
dalla parte di Berlusconi e non appartengo neanche a quella categoria di Italiani che, come diceva
Churchill, “corrono sempre in soccorso del vincitore”. Oltre alle diverse convinzioni politiche, non
condivido la sua lotta contro la Magistratura, contro il Presidente della Camera, contro il Presidente
della Repubblica, contro chiunque ostacoli i suoi
interessi personali. E non posso condividere i suoi
atteggiamenti: ha letto di cosa ha parlato con i governanti bulgari? Dei suoi successi erotico – sentimentali. Ma è concepibile?
Quando incontro persone di tutti gli altri Paesi europei, sento il loro imbarazzo, se il discorso cade
sul nostro Presidente del Consiglio, come se, esprimendo quello che pensano, possano urtare la sensibilità nazionale dell’interlocutore italiano.
Ma perché queste continue pacche sulle spalle o
battute del tipo “Obama abbronzato” o la recente
sulle belle ragazze albanesi? Perché queste continue figuracce?
Lui è convinto e, probabilmente ha ragione, che il
suo popolo, quello che lo vota, lo voglia così e i
fatti purtroppo gli danno ragione.
E ciò dimostra che Berlusconi non è un incidente
della storia, Berlusconi rappresenta una parte del
popolo italiano, una parte consistente.
la
Rivista
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Sì, sarà pure una parte grande, ma per usare
un’espressione di Nixon sono certo che ci sia anche una “maggioranza silenziosa” degli italiani
che comincia ad essere infastidita, se non schifata.
Gianfranco Fini sta cavalcando questo malcontento che avrà forse degli sviluppi imprevedibili.
A mio parere, questi sviluppi dipenderanno dalla
capacità dell’opposizione di presentare un’alternativa credibile e affascinante.
«La Sinistra non ha più le radici
di un tempo»
E la sinistra italiana oggi in che condizioni si trova?
La Sinistra non ha più le radici di un tempo. Rimpiango quel periodo, quando la società civile era
formata dall’insieme di luoghi fisici di istituzioni, di
circoli culturali, e religiosi, di organizzazioni sindacali, cooperative e di categoria, che svolgevano
simultaneamente il ruolo di autogoverno dei cittadini, e di relazioni umane. La politica si faceva in
Parlamento e sui giornali, ma anche nei Consigli
comunali e provinciali, e soprattutto nelle piazze,
nelle fabbriche, nei comizi, nelle sezioni di partito,
nelle parrocchie. L’individuo era la risultante della
società civile in cui era immerso e della quale non
poteva non essere permeato.
E la sua partecipazione alla vita pubblica era un
dato reale, anche se era lontano dal potere e apparentemente non in condizione di influenzarne i
comportamenti. Lo rendevano forte tutte le relazioni di cui era parte, vere e proprie reti di protezione, che- anche nei momenti più difficili, quando
si doveva provare il sapore della sconfitta - erano
in grado di attutire la caduta, di dare il tempo per
preparare la rivincita.
Rimpiango quel periodo nel quale i partiti erano
anche organizzazioni pedagogiche: milioni di persone, giovani di tre generazioni sono passati attraverso la loro scuola di civiltà, di valori, di solidarietà, di rispetto del lavoro e delle virtù civiche.
Cosa è rimasto di tutto questo? Pressoché nulla.
Manca la passione per un’idea generale. Ecco il
dramma della Sinistra.
Mancano forse anche dei leader?
Sì, ma questo è un dato di fatto che grava su tutto il
mondo, con la sola eccezione del Presidente attuale degli Stati Uniti che è certamente il leader di tutto
quello che è “Sinistra” di quel Paese.
Non vede leader europei paragonabili ai loro storici predecessori?
Purtroppo no. Né in Germania, né in Francia, né in
Inghilterra, né in Spagna. E in Italia? Tanto meno.
Chi sono i successori di Luigi Einaudi, di Alcide De
Gasperi, di Ugo La Malfa, di Pietro Nenni e Riccardo Lombardi, di Palmiro Togliatti e di Enrico Berlinguer?
Il Segretario del Partito Democratico Pier Luigi
Bersani non è forse un leader?
Deve ancora dimostrarlo, anche se non condivido
58
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
Il Presidente Giorgio Napolitano il 6 giugno scorso firma
l’Albo d’Onore del Castello di Santena, in occasione del suo
intervento per il bicentenario della nascita (10 agosto 2010) e
l’anniversario della morte (6 giugno 1861) di Cavour.
il giudizio negativo che ha dato di lui recentemente
Carlo De Benedetti, (pur riconoscendogli doti positive nel suo precedente ruolo ministeriale).
Forse è danneggiato dalla generale convinzione che
il suo ispiratore sia Massimo D’Alema.
E di Franceschini cosa pensa?
Non lo conosco abbastanza per poter dare un giudizio: mi colpì però la notizia che, appena nominato
Segretario del Partito Democratico, si recò nella sua
città, Ferrara, insieme al padre, a rendere omaggio
ad un monumento ai partigiani.
E di Veltroni?
Aveva suscitato molte speranze, svanite quando teorizzò il partito “liquido”, cioè senza organizzazione
sul territorio e dopo quella infelice dichiarazione di
”non essere mai stato comunista”; sarebbe come io
dicessi di non essere mai stato socialista.
Chiamparino?
È un ottimo Sindaco di Torino e poteva diventare
un ottimo presidente della Regione Piemonte (può
anche darsi che lo diventi).
Resta un problema: un bravissimo generale di grandi unità può diventare un bravissimo comandante
supremo? Penso di sì. Bisognerebbe provare.
«D’Alema ha fatto un altro
dei suoi tanti errori»
Per quanto riguarda lo scontro tra Massimo D’Alema e Nichi Vendola sulla Puglia, che impressione
ha avuto?
Che D’Alema ha fatto un altro dei suoi tanti errori,
dovuti soprattutto ad un’arroganza e ad una supponenza che hanno danneggiato il Partito Democratico e il Paese. Pensi alle conseguenze che ci sono
state per non aver portato a conclusione la legge sui
conflitti d’interesse.
Anche Bettino Craxi era noto per la sua arroganza.
Sì, ma con una differenza: la passione politica, che
è stata una componente fondamentale della sua
vita insieme ad alcune intuizioni di grande rilievo
sul futuro dell’Europa.
Mi sembra che Lei non voglia toccare un tasto delicatissimo, quello finanziario: tangenti per il P.S.I.
e arricchimenti personali.
Questo silenzio Le fa onore, perché, pur occupando la carica bancaria più importante - la presidenza della BNL attribuita al P.S.I. - nessuno, durante e
dopo quel periodo, ha sollevato eccezioni sulla sua
cristallina onestà personale.
La ringrazio di questo riconoscimento: sono uscito
dalla Banca Nazionale del Lavoro dopo dieci anni,
senza liquidazione e senza pensione, perché questa era la regola per tutti i presidenti degli istituti di
credito di diritto pubblico. E guardo quindi dall’alto, molto dall’alto, le remunerazioni di dirigenti di
imprese meno importanti di quella che era allora
la BNL.
Bettino Craxi si è comportato correttamente sotto
questo aspetto?
Non lo so. Sarà la Storia a stabilirlo.
Eppure ho sentito dire frequentemente che Craxi
aveva una grande stima di Lei.
Ebbi con lui momenti di aperto dissenso e momenti
di collaborazione, sempre con la stessa lealtà: alcuni di questi momenti furono drammatici: quando
fu rapito il figlio di Francesco De Martino, quando
organizzammo il Congresso del Partito a Torino, nel
mezzo del processo alle Brigate Rosse, quando fui
incaricato di rappresentare il P.S.I. presso il Partito
Socialista Spagnolo, in clandestinità.
Ho sempre avuto l’impressione che gli dispiacesse
la mia non adesione alla ristretta cerchia dei suoi
amici. Ma io ero “lombardiano”.
Debbo però dargli atto che mi propose di assumere
l’incarico di Ministro del Tesoro e che capì le ragioni del mio rifiuto.
Non capì, al contrario, le ragioni che mi impedirono di aderire in quanto presidente di una grande
banca alle sue fortissime pressioni a favore di un
importante imprenditore, suo amico. E quell’episodio segnò la fine della nostra collaborazione.
Quegli anni mi hanno insegnato che i despoti esistono perché esistono i sudditi.
Fece grande impressione a suo tempo l’alleanza tra
Banca del Lavoro, Istituto Nazionale delle Assicurazioni e Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per la gestione comune degli imponenti flussi
finanziari che generavano questi tre enti pubblici,
anche in previsione della previdenza integrativa.
Sì. Una grande idea di tre persone: a parte me, Antonio Longo e Giacinto Militello, che avevano propositi comuni.
E perché non fu attuata?
In realtà si giunse all’atto conclusivo: il 29 giugno
1989, il protocollo di intesa fu firmato alla presenza del Direttore Generale del Tesoro. Ma su questa
alleanza si scatenò tutta la furia degli interessi privati offesi, che ebbero in Guido Carli, nel frattempo diventato Ministro del Tesoro, il loro degno rappresentante: nei successivi sei mesi, con metodi
vari, Nesi, Longo e Militello furono rimossi.
E Craxi?
Non fu, a mio parere, complice della rimozione,
ma non gli dispiacque, anche perché gli permise
di mettere al mio posto un suo strettissimo amico, successivamente condannato per corruzione e
bancarotta fraudolenta a due anni di reclusione,
poi patteggiati.
«Ho anche alcune soddisfazioni:
per esempio la visita - il 6 Giugno del Presidente della Repubblica,
che è stato un grande successo»
Siamo al periodo del ritorno alla vita politica: l’ingresso nella Camera dei Deputati, la Presidenza
della Commissione Industria della Camera, il Ministero dei Lavori Pubblici.
Quegli anni – dal 1996 al 2006 – cambiarono di
nuovo la mia vita. Su di essi sto scrivendo un libro
che si intitola: “Ministro di complemento”, che segue “Banchiere di Complemento”, (del 1993): in
entrambi la parola “di complemento” è basilare, a
dimostrazione che, nella vita, il caso, la fortuna, la
divina provvidenza contano molto.
Ed ora? Perché ha accettato la nomina ad Amministratore Delegato della Fondazione Cavour per
la quale dovrà affrontare alla sua età altre responsabilità?
Per amore della mia Patria, per amore della mia
città, nella quale si svolgeranno le celebrazioni del
150°Anniversario della Unità d’Italia.
È vero, sto affrontando preoccupazioni e problemi, dovuti anche al fatto che l’attuale governo nazionale e l’attuale Giunta Regionale del Piemonte
non sembrano mostrare particolare interesse alle
nostre radici e al loro ricordo.
Ma ho anche alcune soddisfazioni: per esempio la
visita - il 6 Giugno - del Presidente della Repubblica, che è stato un grande successo. Mi ha particolarmente colpito in questa visita un episodio in
apparenza modesto: due istituti, il Liceo Classico
di Stato “Cavour” di Torino e la Scuola Media “Falcone” di Santena, si sono disputati l’onore di cantare “Fratelli d’Italia” all’arrivo del Presidente.
Ciò dimostra che questo Inno, che queste parole, e
quello che rappresentano, hanno ancora una forza
coinvolgente nelle giovani generazioni.
È un piccolo segno, ma è un segno che dà un senso alla mia fatica.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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Filosofia Gestione del Tradizione
d’investimento patrimonio bancaria
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Di Jürg Conzett il contributo svizzero alla
12a Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
Su proposta dei membri della Commissione federale d’arte, l’Ufficio Federale della Cultura ha conferito il mandato
all’ingegnere Jürg Conzett, che vive e lavora a Coira.
Con il titolo «paesaggio e opere civili», Jürg Conzett traccia,
insieme al fotografo Martin Linsi di Einsiedeln (SZ), diversi
percorsi attraverso la Svizzera. Jürg Conzett si concentra
su questa tematica, avvalendosi degli interventi apportati a
livello paesaggistico da costruttori e ingegneri. Analizza le
condizioni in cui sono stati realizzati questi interventi: esigenze tecniche, economiche, architettoniche e turistiche;
inoltre, esamina l’attuale importanza di questi interventi per
l’essere umano. Jürg Conzett cerca di fornire una risposta
circa le modalità con cui si sta attualmente trattando il patrimonio architettonico e come questa eredità influenza l’architettura contemporanea. Nel quadro della mostra di Venezia, Jürg Conzett presenterà il proprio inventario su questa
tematica corredato da fotografie, testi, progetti e oggetti.
Nato nel 1956, Jürg Conzett ha studiato ingegneria
edile all’EPF di Losanna e
all’SPF di Zurigo, dove si è
laureato nel 1980. Successivamente, ha collaborato
con l’architetto Peter Zumthor fino al 1988, quando
ha aperto un proprio studio
di ingegneria. Attualmente
gestisce, insieme ai suoi
partner Gianfranco Bronzini e Patrick Gartmann, uno
Copyright Zvg.
studio di ingegneria a Coia
ra. Inaugurata il 29 agosto, la 12 edizione della Mostra
internazionale di architettura di Venezia si svolgerà fino al
21 novembre 2010 nel quadro della Biennale.
Dal 12 settembre al 10 ottobre 2010, Casa Pessina, Ligornetto
Anna Sala: Sensazioni di Paesaggio
La Casa Pessina, donata al Comune di Ligornetto dalla
signora Bianca Pessina in memoria del fratello Apollonio,
scultore e pittore, ospita, al primo piano, nella grande sala,
una personale dell’artista milanese (ma vive e lavora a Varese) Anna Sala, raffinata interprete di dipinti di paesaggio,
alcuni eseguiti qualche anno fa, altri appositamente realizzati per la mostra, promossa dal Dicastero della Cultura di
Ligornetto.
Ci sono marine, “essenziali nella loro linearità”, ma anche
paesaggi toscani e andalusi “più elaborati nella resa”con
riferimento al paesaggio di Simone Martini, alle opere dei
fratelli Lorenzetti ma anche, per le piccole dimensioni allun-
gate in orizzontale e per la raffinatezza del linguaggio, a
certi formati di Giovanni Fattori.
Anna Sala, nei suoi lavori, ripropone, abilissima, gli antichi
procedimenti, di matrice trecentesca e quattrocentesca,
eredi della cultura fiamminga e toscana, come la gessatura
della tavola di legno prima dell’applicazione della pittura a
olio, magra e senza alcun compiacimento materico.
(Dalla Presentazione di Angela Madesani)
Orari di apertura
Giovedì 14.00 – 17.00
Sabato, domenica e festivi 14.00 – 18.00
Dal 5 al 26 settembre alla Galerie Stephan Stucki di Zurigo
Gian Pietro Ravizza: Un ultimo sguardo sul mondo
Ravizza è un piemontese, che per oltre 30 anni ha insegnato lingua e cultura italiana nelle scuole superiori di Zurigo.
Inizialmente, nel suo tempo libero, cercava pietre, dovunque ce ne fossero e le chiamava Fisioliti (Physiolithen),
termine da lui stesso coniato dalla fusione di due parole
greche: physis (natura) e lithos (pietra). Esposte pubblicamente suscitarono l’interesse di un australiano, Mister
Jayton che le acquistò tutte. Oggi quelle’pietre’ si possono
vedere nella Macquire Gallery di Sidney. In seguito Ravizza
orienta il suo talento artistico su carta e penna e su tela e
pennelli. In tempi recenti, dopo aver scoperto che anche il
legno ben si presta all’espressione artistica, i suoi dipinti
sembrano dar corpo alla visione infantile di quel “fanciullino” pascoliano, che, mentre
noi invecchiamo, mantiene
inalterata la sua vitalità.
Le ultime opera di Gian Pietro
Ravizza si possono ammirare
fino al 26 settembre (giovedì
e venerdì dalle 18 alle 20, il
sabato dalle 15 alle 18) presso al Galleria Stucki alla Mainaustr. 34 di Zurigo.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
61
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Il caso
del croato
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In una schietta conversazione con
Arrigo Levi, amico e collaboratore
nei sette anni della Presidenza della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi racconta se stesso.
Dalle radici livornesi alla Normale
di Pisa, all’Abruzzo che lo accolse
nel tempo della vita alla macchia e
dell’avventuroso attraversamento
delle linee per raggiungere l’esercito al Sud già liberato.
Dal lungo apprendistato in Banca
d’Italia a Macerata, alla chiamata
a Roma, dove sarebbe iniziata, dal
Servizio Studi, la graduale ascesa
fino all’ufficio del Governatore.
E poi ancora una sfida inattesa,
che lo porta dalla Banca d’Italia alla
Presidenza della Repubblica, con
un passaggio ai vertici del governo, alla Presidenza del Consiglio e
al Ministero del Tesoro, in tempo
per portare l’Italia nell’euro.
Tutto sembra accadere «per caso»,
una svolta nella vita dopo l’altra,
con occasioni impreviste che si offrono all’intelligenza, alla tenacia,
all’integrità, all’indipendenza politica di Carlo Azeglio Ciampi.
Una lezione di storia, una lezione
di metodo, una lezione di vita, in
un racconto punteggiato di eventi
curiosi, stampati nella memoria
del ragazzo livornese che diventò
Ciampi, il Presidente.
1934. Due poliziotti della Divisione
Affari generali e riservati del Ministero dell’Interno, Eupremio Carruezzo
e Luciano Serra, conducono un’inchiesta sull’assassinio di un ustascia
croato, trovato morto nel suo appartamento di Piazza della Chiesa Nuova, a Roma. Dai riscontri emergerà
l’esistenza di un piano terroristico
volto a uccidere il re Alessandro di
Jugoslavia, che i nazionalisti croati
considerano il principale ostacolo
alla conquista dell’indipendenza. Su
incarico del capo della polizia Arturo
Bocchini, i due poliziotti cominciano
a indagare sull’attentato in progetto,
le cui linee generali sono state rivelate a Bocchini da un informatore
della polizia politica che è però, nella
sua veste pubblica, un esponente
di punta dell’antifascismo italiano a
Parigi. In una capitale francese fosca e misteriosa, popolata di spie
internazionali, poliziotti sentimentali
nostalgici dell’Italia e ambigui antifascisti, Carruezzo e Serra riusciranno
a incontrare l’informatore che, dopo
un serrato colloquio ricco di risvolti ideologici, darà ulteriori notizie
sull’identità del possibile attentatore.
Seguendone le tracce, Carruezzo e
Serra giungeranno in una Barcellona
i cui fermenti paiono quasi alludere
alla guerra civile lì da scoppiare,
mentre le rivelazioni di una fascinosa cantante di night club li porterà a
Marsiglia, dove la vicenda troverà la
sua svolta decisiva. Il finale rivedrà i
nostri eroi a Roma e avrà come protagonista un Mussolini inedito.
Carlo Azeglio Ciampi ha già pubblicato con il Mulino Un metodo per
governare (1996) e La libertà delle
minoranze religiose (2009).
Luciano Marroccu, nato a Cagliari
nel 1948, insegna Storia Contemporanea all’Università di Cagliari.
Nel 2000 esordisce come narratore, pubblicando per Il Maestrale
Fáulas, romanzo giallo, cui segue
due anni dopo Debrà Libanòs, ispirato alla dura repressione causata
dall´attentato al maresciallo Rodolfo
Graziani, viceré d´Etiopia. Del 2004
è Scarpe rosse, tacchi a spillo.
Arrigo Levi, saggista e giornalista, attualmente consulente personale del Presidente Napolitano, ha
pubblicato recentemente con il Mulino Un paese non basta (2009).
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Bologna. È quasi finita la notte quando, in una sala da ballo di salsa e merengue, viene ritrovato il cadavere del
barista del locale, Thomàs Delgado.
Molti sono i potenziali indiziati, prima tra tutti la Guerrera, fidanzata di
Thomàs. Disincantata, scanzonata,
impulsiva, un po’ vanitosa, un po’ maschiaccio, vera salsera, spirito combattivo, la Guerrera lavora presso una
sorta di redazione-garage per un giornale diretto da un becero individuo. È
guerriera di capoeira, l’arte marziale
brasiliana nascosta sotto forma di
danza, e oltre alla salsa ha due grandi
passioni: Dante Alighieri e le patatine
fritte. Vive con Catalina, l’amica cartomante, appassionata come lei di balli
latinoamericani e santeria. Le indagini vengono condotte dall’ispettore
Gabriele Basilica e si incrociano con
quelle della Guerrera, che lo introduce
nel mondo della salsa, svelandogliene
fascino e incoerenze, verità e mistero. La ragazza a volte si contraddice,
tanto che i sospetti cadono a più riprese su di lei. Infatti, avrebbe avuto
molte buone ragioni per farla pagare
a Thomàs, inguaribile sciupafemmine. Nel frattempo un altro cadavere
viene ritrovato nella campagna emiliana: anche in questo caso la vittima è
legata all’ambiente dei locali di salsa
e merengue. E così, tra insegnanti di
danza, animatori pugliesi che si spacciano per latinoamericani, ballerine
bellissime e signore rifatte, esibizionisti, rituali religiosi affascinanti e arcani, storie di sesso torbido, gelosie
e superstizioni, l’ispettore Basilica si
trova catapultato in un mondo per lui
inedito e pressoché incomprensibile.
Però proprio dagli orishas, gli dei
della santeria cubana, quando tutte
le piste sembrano condurre al nulla,
verrà un aiuto inaspettato per scoprire il colpevole…
Marilù Oliva, è nata e vive a Bologna. Questa è la sua opera seconda
dopo il romanzo d’esordio Repetita
pubblicato da Perdissa.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
63
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Sequenze
di Jean de la Mulière
MINE VAGANTI
di Ferzan Ozpetek
THE EXPENDABLES
Fra le mine vaganti la principale è costituita da Tommaso,
che, dopo aver trascorso gli ultimi anni a Roma, lontano da casa sperando di coronare il sogno di diventare
scrittore, torna a Lecce, perché il padre, un importante
imprenditore nel campo della pasta, ha deciso di dividere
le quote aziendali tra i due figli. Tommaso, in realtà, non
è laureato in economia e commercio come pensano i genitori, ma in lettere, e dell’azienda non ne vuole sapere.
Inoltre, all’insaputa della famiglia, è omosessuale ed ha
intenzione di confessare finalmente la verità. I suoi piani
vengono scombussolati dal fratello Antonio che lo anticipa e rivela lo stesso ‘scandaloso’ segreto di Tommaso.
Il tema dell’omosessualità non è l’unico che fa da sfondo
ad una storia, che focalizza l’attenzione sull’accettazione delle diversità e la necessità di manifestare il proprio
il proprio modo di essere e vivere, trovando il coraggio di abbandonare le situazioni che ci rendono infelici.
Il tono si mantiene leggero, avvicinandosi alla commedia
all’italiana, sfruttando l’alchimia tra gli interpreti, gestendo
i loro tempi recitativi, per dare vivacità e ritmo al film.
Barney Ross è un uomo che non ha niente da perdere,
non prova emozioni né sente paura, è un leader e uno
stratega che vive ai margini della società. Le uniche cose
a cui è legato sono un camioncino, un idrovolante e la
sua squadra di mercenari. Assoldati per mettere fine alle
atrocità di un sanguinario dittatore – il Generale Garza –
che per vent’anni ha seminato il terrore in Sud America,
vengono abbandonati al proprio destino, rendendosi bene
presto conto di quali siano i veri nemici.
Esauriti i personaggi e le storie di Rocky Balboa e John
Rambo, Sylvester Stallone torna al cinema d’azione con
un film scritto co-prodotto, interpretato e diretto
La trama, che comunque riporta alla mente quanto accadeva a Rambo abbandonato a se stesso in Vietnam, rende
omaggio il cinema d’azione degli anni ’80 di cui Stallone
fu uno dei massimi esponenti. Rispetto ad allora, oltre ad
una maggiore spettacolarizzazione consentita dall’utilizzo delle moderne tecnologie, i personaggi femminili non
sono poveri e indifesi, ma si distinguono per forza e personalità.
di Sylvester Stallone
COMPLICES di Frédéric Mermoud
In un internet café di una Lione anonima e fredda, Vincent e Rebecca s’incontrano. Lei è una studentessa la
cui madre, assistente di volo, è spesso assente. Lui
vive in una roulotte, guadagnandosi da vivere prostituendosi. L’amore che si accende tra loro, anziché rap-
presentare un’opportunità di emancipazione, induce
Rebecca a lasciarsi coinvolgere nell’attività di Vincent.
La morte di lui e la scomparsa di lei finiscono al centro delle indagini dell’ispettore Cagan e della sua collega Mangin, e ci invitano a ripercorrere la vicenda.
Scioglie i nodi dell’intreccio il regista fa progredire in parallelo due logiche opposte: il disordine e l’impulso da una
parte, l’ordine e la moderazione dall’altra. Ad ogni episodio dell’amore fatale tra i due giovani incoscienti, segue
ciò che poco a poco scoprono i due ispettori. La sorda
inquietudine del duo Mangin-Cagan fa da contrappunto
all’estrema audacia dei due innamorati allegri e bizzarri
che filano verso il loro tragico destino tragico.
Se il ritratto del mondo della prostituzione e l’inquietudine
giovanile sono resi con efficacia, quella dell’indagine sembra suggerito da una scrittura televisiva con atmosfere
dei noir che dilagano sui piccoli schermi casalinghi.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
65
DALLA PUGLIA CON GUSTO
Lunga tradizione in tavola
L
a F. Divella S.p.A. è produttrice di pasta di semola di grano duro da più di 100 anni. Oggi,
nei moderni stabilimenti di Rutigliano e Noicattaro, la Divella produce ogni giorno 1000 tonnellate
di semola di grano duro, 350 tonnellate di farina di
grano tenero e 700 tonnellate di pasta. I molini macinano grani duri selezionati tra i più pregiati trasformandoli in semola per la produzione della pasta Divella: gli spaghetti, i rigatoni, le famosissime
«orecchiette, la pasta all’uovo, l’integrale, trafilata
al bronzo ed, infine, la pasta arricchita di verdure
disidratate (peperoncino, aglio e basilico, pomodoro e spinaci); oltre 150 formati per una scelta
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Remo Anzovino - Igloo (Egea)
Igloo è il risultato di un lungo sogno del pianista Remo Anzovino: «il sogno di
realizzare un album dal sapore fortemente cinematografico, che fa da ponte
tra la musica classica ed il jazz.» L›opera di Anzovino è una sinfonia moderna
che comprende duetti malinconici e tristi che si alternano con ritornelli allegri
e giocondi. È l›incontro tra strumenti di vario genere: tra il pianoforte e la tromba, la chitarra e il sassofono, la batteria e il contrabbasso. Un progetto innovativo in cui suoni e personalità artistiche apparentemente distanti si incontrano
su un terreno comune nel rifugio della più vera creatività. L›igloo simboleggia
questa visione: è un luogo in cui si può entrare e da dove si può osservare il
mondo esterno prima di uscire e riprendere il cammino. Igloo è un disco da
apprezzare anche dal lato grafico grazie alle illustrazioni contenute nel libretto
che lo accompagna. Creato dal fumettista Davide Toffolo, che ha immaginato il
mondo musicale di Remo Anzovino con un concetto minimale e moderno.
Panaphonic – Sunrise Light (Funky Juice)
Proviene dalla città eterna quest’album dal gusto elettronico, jazz, acustico.
Un disco intriso da suoni che fanno da tappeto a dei cori africani su loop
di percussion-grooves e drum sample. Panaphonic è un progetto di Roby
Colella produttore e direttore della Funky Juice Records. La sua missione
è quella di creare un ponte tra le due civiltà, quella africana e quella occidentale. Approfondire le ritmiche comuni: l’atmosfera oscura dell’afro-jazz e
delle danze tribali con i suoni elettronici tipici del nord Europa. Il ritmo viene
delineato da una batteria tropicale composta di strumenti autonomi come il
guiro, le congas, il pandeiro, il repenique, i bongos, lo shekere e la cabasa.
L’intero complesso viene circondato da un arrangiamento digitale che si
unisce perfettamente con gli elementi acustici. I titoli dei singoli brani incuriosiscono, giochi di parole non scelti a caso, ma concepiti consapevolmente:
Sambastique, Funky Shadowlight, Softnoise Revolution, e via dicendo.
Irene Grandi – Alle Porte Del Sogno (Warner)
È l’ultimo album di inediti di Irene Grandi che dall’epoca del duetto con Lorenzo
Ternelli nel 1992 riesce puntualmente ad attirare l’attenzione su di sé. Grazie
alla sua stupenda e solida voce la cantante fiorentina appassiona chiunque: il
suo modo di essere semplice e accessibile le conferisce un fascino particolare.
Irene Grandi non ha alcun timore di salire sul palco e collaborare con musicisti
di culture diverse: difatti, durante l’iniziativa «Il cuore si scioglie» promossa da
Unicooop ha avuto l’occasione di duettare con musicisti dell’India e dell’Africa.
Per lei un’esperienza indimenticabile. Che si ripercuote sul nuovo disco. Grandi
rimane fedele – in linea di massima – al concetto che la portò al successo.
L’album contiene esclusivamente brani inediti. Tra gli altri, La Cometa di Halley,
canzone proposta alla sessantesima edizione del Festival di Sanremo,
e il brano che dà il titolo all’album, Alle Porte del Sogno, che al
momento occupa le prime posizioni nelle classifiche italiane.
Jessica Brando – Dimmi Cosa Sogni (EMI)
I sogni di Jessica Brando si sono avverati a soli 16 anni ,con questo debutto Dimmi Cosa Sogni, pubblicato dall’etichetta EMI Music Italia. L’album
viene accompagnato dal libro, anche scritto dalla giovane cantante, Io
Canto Da Sola. Cantava da sola già da bambina: «all’età di cinque anni mi
sono dedicata – giusto per sfizio – all’intonazione di brani di Frank Sinatra,
Ella Fitzgerald e Dinah Washington.»
Fin dai primi anni si rivela la sua passione e la sua inclinazione verso la
musica. Jessica inizia a partecipare a diversi concorsi locali, per arrivare a
quello più importante, che darà il là alla sua carriera: l’apparizione al Festival di Sanremo. Jessica Brando stupisce per la sua sicurezza, un atteggiamento da star e una voce molto matura per la sua età. In previsione di
un suo perfezionamento vocale, siamo certi che sentiremo parlare ancora
di lei. Le premesse sono più che buone.
la
Rivista
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67
Adottare un filare di Barbera
nelle Lanze
P
er far fronte alla crisi del settore vitivinicolo e salvaguardare lo storico patrimonio dei vigneti locali tra le Langhe e il
Monferrato, il Comune di Castagnole delle Lanze (AT) lancia l’iniziativa “Adotta un filare
nelle Lanze”.
Dal 29 luglio è infatti possibile adottare un filare
di uve Barbera a cui dare il proprio nome. Chi
aderirà all’iniziativa avrà in carico una parte di
vigna che sarà lavorata dai proprietari e le cui
uve saranno vinificate per produrre una Barbera
di altissima qualità. Gli adottanti, riceveranno infine una serie di bottiglie di Barbera, almeno 12,
etichettate con la specifica della vigna e di colui
che l’ha adottata. Dalle modalità d’adozione alla
vendemmia, tutti coloro che aderiranno all’iniziativa saranno aggiornati tramite il sito www.lanze.
it su quanto avviene nella loro vigna, riceveranno
immagini della lavorazione effettuata e potranno
assistere personalmente alla vendemmia o alla
vinificazione.
Ad accompagnare le fasi di lavorazione in vigna e la
vinificazione una delle più autorevoli personalità
dell’enologia italiana ed internazionale di origine
castagnolese, il Cav. Ezio Rivella, da poco eletto
Presidente del Consorzio dei produttori del Vino
Brunello di Montalcino, Presidente dell’Unione
Italiana ed Internazionale degli Enologi nonché
proprietario della cantina BEL SIT di Castagnole.
Per promuovere l’iniziativa, il Comune ha organizzato un tour ciclistico di 3 giorni che ha toccato l’Italia, Svizzera e Germania, che ha visto
i ciclisti della Polisportiva castagnolese e alcuni
amministratori comunali percorrere oltre 200 chilometri al giorno. Dopo la prima tappa lo scorso
29 luglio a Capolago in provincia di Varese, il 30
luglio i promotori, dopo aver sudato sulle rampe
del San Gottardo, si sono presentati affaticati ma
soddisfatti, nell Courtyard by Marriott Hotel di
Zurigo, dove, coadiuvati dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, hanno illustrato il
senso della loro iniziativa. Il loro tour si è concluso il giorno successivo a Brackenheim, nei pressi di Stoccarda con cui il Comune di Castagnole
delle Lanze è gemellato.
Il sindaco, che, con tutta l’amministrazione,
come si suol dire, in quanto garante dell’iniziativa quindi anche della bontà del vino che sarà
vinificato, “ci mette la faccia”, non ha dubbi. Lo
conferma l’entusiasmo con cui descrive la sua
terra: “paesaggi unici e suggestivi, che si colorano
differentemente con il ritmo delle stagioni, e poi
Il sindaco di Castagnole Lanze Marco Violardo e l’assessore
all’industria Marco Cortese, ancora in tenuta da ciclista, illustrano il significato dell’iniziativa.
gli aromi, i cibi, i vini, i profumi: tutto questo sono
le colline delle Lanze. Terre di grandi vini come il
Barbera ed il Moscato. Spazi da percorrere lentamente, girovagando tra filari di vigne e ambienti
modellati dalla natura e dall’uomo, scoprendo
zolla dopo zolla un territorio autentico, vero, affascinante. Luoghi in cui sopravvivono tradizioni
legate alla cultura contadina, come il gioco della
pallapugno, l’arte religiosa delle chiese e dei piloni votivi che si fondono con i dolci pendii su cui
dominano antiche borgate.
Paesaggi resi immortali da Pavese, Fenoglio, Lajolo,
Arpino, Nuto Revelli, le cui pagine suggeriscono al
visitatore infinite rotte... È in questi luoghi che Vi
invitiamo a vivere un’esperienza unica ed emozionante con il progetto “adotta un filare nella Lanze”.
Tutti coloro che fossero interessati al’adozione
di un filare o ad avere ulteriori informazioni che
possono visitare il sito internet
www.lanze.it
contattando l’assessore Marco Cortese:
Tel. 335 7302299 oppure 335 241156
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la
Rivista
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69
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Perfettamente idoneo tanto al consumo da
pasto che da grattugia, è una scelta da veri
intenditori.
Grana Padano, tre stagionature, tre sapori.
Casa Barilla occupa
la stazione centrale di Zurigo
Qui sotto:
La pacifica e gustosa “occupazione”
della Stazione centrale di Zurigo.
Sopra: due vincitori della sfida gastronomica
posano con (a destra) la presidente della giuria.
S
i è trattata di una vera e propria occupazione, va da sé pacifica e, quel che più
conta, molto apprezzata.
Ne sono testimonianza gli oltre 12’000 visitatori, che lo scorso 31 luglio si sono aggirati
fra gli stand gastronomici, allestiti su 1000 mq,
da Casa Barilla nella hall della stazione centrale
di Zurigo.
Dapprima incuriositi dalle ricette, rigorosamente
a base di pasta, che concorrenti dilettanti realizzavano sui fornelli predisposti per l’occasione,
partecipando così simpaticamente ad una competizione che avrebbe definito il vincitore destinato
a rappresentare al Svizzera alla sfida finale che si
svolgerà a Roma il prossimo 28 novembre.
Poi sempre più direttamente coinvolti, non limitandosi ad osservare, ma golosamente stimolati a
gustare i vari piatti: non a caso, oltre 8000 sono
state le porzioni di pasta servite.
Protagonisti grandi e piccini, gli uni e gli altri, guidati da una brigata di professionisti, provenienti
dall’Accademia Barilla, alla scoperta dei piccoli
trucchi che garantiscono il successo nella preparazione di gustosi piatti di pasta. I primi italiani
per eccellenza.
Per la cronaca ricordiamo che la sfida che ha visto misurarsi ai fornelli numerosi appassionati ha
visto il trionfo di Hani Dodin (47anni) e Roman
Sahin (21 anni) votati da una giuria presieduta
dalla celebre cuoca Susanne Vössing. Entrambi
come detto, difenderanno i colori rossocrociati
alla finale che si svolgerà nella capitale italiana.
Va infine sottolineato che, oltre ad un’occasione
per una gustosa incursione nella cucina italiana, la manifestazione promossa da Casa Barilla
aveva anche uno scopo benefico: tutte le offerte
raccolte sono state devolute infatti al Kinderspital
di Zurigo.
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C
di Domenico Consentino
Convivio
Da Nord a Sud
A far festa al Brodetto
P
er gli amanti del mare, per gli amanti del
pesce, l’estate il 2010 passerà alla storia
come l’anno in cui lungo i litorali italiani, da
Trieste a Mazzaro del Vallo e da Palermo,
passando per la Costa Amalfitana, fin su alle Cinque
Terre, attraverso rassegne, sagre e Festival Internazionali è stato reso omaggio alla Zuppa di pesce:
a mio avviso, s’è preparata con il pesce freschissimo di scoglio (scorfano, gallinella, tracina, lucerna,
grongo, rombo chiodato, rana pescatrice, triglia), il
piatto di mare per eccellenza.
Di solito è preparata con vari tipi di pesce, per
tradizione quelli meno pregiati, abbinati talvolta a
molluschi e, nelle varianti più ricche, a crostacei.
Secondo mio padre, pescatore di razza, che portava a casa, un giorno sì e l’altro pure, pesce fresco,
la zuppa di pesce è nata presso i pescatori per riutilizzare il pesce invenduto. E si caratterizza proprio
per l’alta varietà di specie che può comprendere,
per la presenza del pomodoro e di una base quasi
sempre realizzata con aglio (più raramente cipolla)
soffritto in olio. Molte versioni sono arricchite con
peperoncino (vedi la zuppa di pesce calabrese), al-
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la
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n. 9 - Settembre 2010
tre di zafferano (come la bouillebaisse marsigliese
o il brodettodelle Marche), E ancora il tegamino alla
Versigliese, il brodetto alla vastese, quello di Fano.
Senza dimenticare il Cacciucco alla livornese, le cui
origini si perdono nella notte dei tempi, sembra,
infatti, che il più tipico piatto livornese abbia addirittura origini fenice. Altre ancora, sono accompagnate da legumi. Quasi tutte si contraddistinguono
per la consistenza semiliquida, o comunque per la
presenza di una sorta di brodo che si produce con
la cottura o che viene aggiunta in questa fase.
In casa di mia madre, tradizionalmente, le zuppe
di pesce venivano servite insieme a fette di pane
casereccio abbrustolite e, per i palati più esigenti,
come il mio o come quello di mio padre, finemente
agliate.
I brodetti o le zuppe di pesce vanno consumate preferibilmente tiepide e sono adatte sia per il pranzo
(magari come piatto unico), che per la cena. Simbolo della cucina povera, le zuppe di pesce sono
state per così dire “riscoperte” anche sulle tavole
di alcuni ristoratori giovani, con rivisitazioni spesso
volte ad alleggerirne il sapore o la sostanza.
0255 - Franco il pescatore approda con la sua piccola barca alla Baia dellEst.
A Vasto scoppia la guerra del brodetto
“Passino le cozze, ma il cefalo no. Non può essere
proprio accettato”. Con un documento finale molto
forte, la giuria tecnica – composta da sette firme di
spicco del giornalismo enogastronomico italiano – e
gli organizzatori della rassegna Brodetto e Contorni
hanno bocciato, rifiutandosi totalmente di gustare il
brodetto “modificato” servito nell’affascinante cortile del palazzo D’Avalos, all’interno del borgo teatino,
la sera del 17 luglio scorso. E hanno scatenato una
guerra! Per difendere la ricetta originaria del brodetto di pesce alla vastese ai giornalisti si è accodata
la città intera: “Ci scippanno pure la ricetta originale” hanno protestato “Gli amici del brodetto”. E
Nicola del Prete, ideatore della rassegna Il mese del
brodetto, ha rincarato la dose: “Il brodetto di pesce
alla vastese – ha tuonato – va servito fumante nei
caratteristici tegami di coccio. La “tijella”, la tipica
pentola di creta rossa, è essenziale per la preparazione. Altrettanto importante, però, è la scelta del
pesce che deve essere tutto di scoglio. Il cefalo
non c’entra nulla con il brodetto. Questa sera – ha
rimarcato Nicola del Prete, ex sindaco di Vasto – è
stata snaturata la ricetta originale peraltro protetta
dal disciplinare sul brodetto”.
Il viaggiatore goloso, invitato dall’amico Bobo, cuoco per scelta e il più allegro manipolatore di pesce
che il goloso abbia conosciuto, presente quella sera
al lungo (dal 17 giugno al 18 luglio) e grande evento Brodetto e Contorni, organizzato dal Comune di
Vasto in collaborazione con Slow Food Abruzzo, naturalmente si è schierato con la giuria e con tutta la
cittadinanza di Vasto.
Il cefalo vive alle foci dei fiumi e con l’alta marea li
risale. Quindi è un pesce fangoso e le sue carni non
sono adatte per le zuppe. Quando mio padre pescava dei cefali, li sventrava, estraeva le uova per farne
Bottarga” e li ributtava in mare:” I cefali non i vonnu
mancu i gatti affamati” (I cefali non li mangiano neanche i gatti affamati) – soleva dire Il vecchio lupo
di mare - e raccontava che, quando si trovava con i
suoi colleghi a pescare alla foce del fiume Tacina (distante parecchie miglia da casa) e pescavano solo
cefali, dovendo prepararsi da mangiare, i pescatori
sostituivano il pescato, con una grossa “pietra di
mare” per fare la zuppa di pesce. Si preparavano “Il
brodo di sasso!” Che era un brodo realizzato facendo bollire un grosso ciotolo marino, fin quando non
rilasciava i suoi umori più reconditi regalando una
zuppa di pesce talmente povera da prevedere del
pesce solo una memoria minerale.
A Caminia si celebra la minestra
di “ruttama e pasta”
Mentre a Vasto, malgrado la guerra, teneva banco
ancora l’evento di Brodetto e Contorni, al viaggiatore goloso – sempre via e-mail - erano giunti altri
due inviti: uno dall’amico Donato Troiano, direttore
di Informa Cibo e l’altro da un piccolo paese situato
su un promontorio della costa jonica calabrese.
“Domenico –scriveva Donato al goloso – ti volevo
comunicare che anche quest’anno, a Fano (Marche)
è stato dato avvio alla VIII edizione del Festival Internazionale del Brodetto e delle zuppe di Pesce,
che si svolgerà al Lido di Fano, dal 9 al 12 settembre 2010. Il Festival è stato organizzato dalla
Confesercenti di Pesaro e Urbino. E, come a Vasto,
nella Giuria tecnica, tra gli altri giornalisti enogastronomici, ci sarà anche Enzo Vizzari, direttore Guide
Espresso. Desidererei – concludeva Donato – che
il viaggiatore goloso partecipasse ai lavori e desse
un contributo al Festival”.
Altrettanto chiaro era stato anche l’invito giuntomi
da Daniele Averta, giovane e talentuoso chef attivo
la
Rivista
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74
Il giovane Chef Daniele mentre prepara il “fumetto di pesce”.
Francesco mentre sfiletta il pesce di scoglio.
ai fornelli del Blanca Kruz, elegante ristorante situato proprio sulla spiaggia di una splendida insenatura
tra la scogliera di Copanello e quella di Pietragrande
con vista mozza fiato sull’azzurro mare Jonio: “In
occasione della 6° rassegna gastronomica che si
terrà il prossimo 4 agosto nel Comune di Stalettì
–aveva scritto Daniele – al Blanca per un ristretto
numero di nostri clienti e per gli amanti del pesce
abbiamo realizzato un menù degustazione tutto a
base di pesce di scoglio pescato da piccole barche
della zona. Conto sulla tua presenza, caro Domenico, a presto.” .
Il viaggiatore goloso non ha avuti dubbi: ha inviato un e-mail all’amico Donato, informandolo che gli
era impossibile ritornare sull’Adriatico e puntuale
la sera del4 agosto si è presentato al Blanca Kruz
un’ora prima di cena.
Il viaggiatore goloso ha voluto osservare e fotografare il giovane chef Daniele Averta ( 30 anni) e il
suo assistente Francesco Conca (20 anni) mentre
operavano ai fornelli.
Entrambi questi creativi e giovani cuochi, finita la
scuola alberghiera in Calabria, hanno girato in lungo
e largo l’Italia e, prima di rientrare in Calabria, hanno
lavorato in rinomati ristoranti ed eleganti Hotel della
Lombardia, dell’Emilia e Romagna, della Toscana e
del Veneto.
Mentre li osservava sfilettare il pesce o schiumare
il Fumetto di Pesce, al viaggiatore goloso è venuto da pensare che questi giovani pieni di talento,
creativi, e tecnicamente preparati, se solo avessero
a disposizione delle scuole alberghiere nuove, moderne, con attrezzatura d’avanguardia, certamente
potrebbero diventare i portabandiera della “nuova
cucina calabrese”.
I loro piatti (il viaggiatore li ha gustati prima con gli
occhi poi con l’olfatto ed in fine con le papille) affondano le radici in una terra sana, dove si coltivano
e si raccolgano ortaggi prodigiosi (melanzane, pe-
peroni, zucchini, broccoli, cime di rapa, catalogna,
“tenneruni” di zucchine, cicorie e pomodori grossi e
rossi quanto un cuore di bue) che hanno sapori profondi, dove il pesce (spatola, naselli, triglie, scorfani, lucerne, gallinelle, ma anche aguglie, sauri, alici)
arriva dai pescatori, tutte le mattine, delle piccole
imbarcazioni e non dalle flottiglie di alto mare.
I loro sono piatti puliti, belli, buoni, saporiti, onesti,
perché riconoscibili. Come L’insalata di Totano verace con crema di “spiculareddha” (fagioli freschi tipo
borlotti) profumata al rosmarino, Il tortino di spatola
e cipolla rossa di Tropea o La minestra di “ruttama
e pasta”, pasta mista in brodo di pesci di scoglio e
crostacei; Le signe di pescespada con pomodori
secchi (che sono delle lasagnette al pescespada)
o il baccalà cotto in foglia di Bergamotto in salsa
di agrumi.
Seduto all’aperto, dinnanzi ad un mare calmo e argentato da una splendida luna piena, il viaggiatore
goloso ha iniziato con l’insalata di totano ed ha continuato con il tortino di spatola, mentre Giuseppe
Senigllia, attento e preparato Sommelier gli serviva
un calice di Alikia, un vino bianco di Cirò Marina ottenuto da un uvaggio di Greco bianco e Traminer.
Arrivata la minestra di pasta mista e pesci di scoglio
il viaggiatore goloso ha avuto un fremito: provata
la prima cucchiaiata, servita in una elegante fondina calda, i filetti di triglia sfilettati avevano ancora
l’odore del mare e della (vasche) scogliera di San
Gregorio.
La pasta mista era stata cotta nella zuppa di pesce,
la cui consistenza non era ideale, per non peccare
di persistenza. Daniele era stato perfetto!
Aveva creato un grande piatto mettendo insieme
prodotti semplici della sua terra e del suo mare. Ed
è così che fanno i grandi Chef: fra i suoi compiti c’è
anche la valorizzazione degli ingredienti umili che,
pescatori, contadini e artigiani, pescano, coltivano
e preparano per lui.
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Rivista
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MINESTRA DI (RUTTAMA) PASTA MISTA
E PESCI DI SCOGLIO
Ingredienti per quattro persone:
300 g di pasta mista, 4 gamberoni rossi, 1,5
kg. di pesce di scoglio misto(scorfano, lucerne,
gallinelle, tracine, triglie), 1 spicchio d’aglio, 1 peperoncino fresco,150-200 g di pomodori freschi
(San Marzano), 1 ciuffo di prezzemolo, un totano
o un calamaro, 160 g di olio extravergine d’oliva,
sale e pepe.
Come l’ha preparata Daniele:
Ha sgusciato i crostacei mettendo da parte le
teste; squamato, sviscerato e sfilettato i pesci di
scoglio. Ha riscaldato in una padella 10 gr di olio
d’oliva e ha fatto saltare le teste dei gamberi e
dei crostacei per due minuti. Ha aggiunto le teste
e le lische dei pesci e con il vino bianco, carote,
sedano, timo e acqua ha preparato il fumetto di
pesce. Ha fatto cuocere per 30 minuti. Terminata
la cottura, ha aggiustato di sale, ha passato il brodo allo chinois e lo ha tenuto al caldo. Ha riunito
in una pentola 80 g di olio, lo spicchio d’aglio intero e il peperoncino, ha rosolato il totano tagliato
a brunoise (cubetti) per qualche minuto , ha tolto
l’aglio appena ha preso colore ed ha bagnato con il
vino bianco. Quando il vino è sfumato, ha aggiunto
i pomodori tagliati a cubetti, il ciuffetto di prezzemolo tritato, qualche foglia di basilico. Ha quindi
unito i pesci per zuppa sfilettati, ha irrorato con
il fumetto di pesce preparato in precedenza con i
pesci di scoglio e i crostacei e ha fatto cuocere
per circa 8-10 minuti. Ha fatto cuocere la pasta
nel rimanente brodo di pesce e l’ha servita in una
fondina calda guarnendo con i filetti di pesci, con
i crostacei e un ciuffetto di basilico.
Il vino:
Giuseppe ha accompagnato la cena abbinando
l’Alikia. Un vino bianco prodotto con uve Greco
bianco e Traminer dall’Azienda Agricola Senatorevini di Cirò Marina.
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LA RICETTA
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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75
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tasca (a circa 2 metri la moto riconosce il codice della
chiave consentendo l’attivazione), si preme il pulsante
di key-on, si accende il quadro e si avvia la moto. Ha
quattro differenti personalità, che si possono cambiare con un semplice click, anche in movimento.
Parametri fondamentali come potenza, coppia, regolazione sospensioni, controllo di trazione, si possono
adattare alle proprie esigenze.
Però qualche cosa non mi ha soddisfatto. Non è che
non mantenga le promesse, anzi. Ma, per esempio, è
sin troppo facile, con i guanti, passare inavvertitamente alle luci abbaglianti, quel tasto andrebbe migliorato,
come i comandi delle frecce: si rischia di suonare il
clacson.
La nuova Multistrada 1200 - In prova la 1200 S, dotata
di sospensioni Öhlins con sistema DES (Ducati Electronic Suspension) - introduce il concetto di quattro moto
in una, grazie alla combinazione di tre diverse mappe
motore, di serie su tutte le versioni), 8 livelli di "sensibilità" del DTC, anche questo di serie su tutte le versioni
e il sistema DES (Ducati Electronic Suspension), con
differenti livelli di settaggio come taratura automatica
delle sospensioni per singolo pilota, pilota con bagaglio, passeggero e passeggero con bagaglio, disponibile solamente nella versione S. Combinando in modo
opportuno questi elementi si hanno le quattro differenti
configurazioni: SPORT, TOURING, URBAN ed ENDURO.
È grazie al sistema Ride By Wire che sono disponibili 3
diverse mappe motore, con la possibilità di intervenire
sulla modalità di erogazione di coppia e potenza: da
150 a 100 CV.
Il DTC (Ducati Traction Control) di derivazione sportiva
è un sistema che agisce da “filtro”, tra la mano destra
del pilota e lo pneumatico posteriore. In millesimi di
secondo rileva e controlla il pattinamento della ruota
posteriore, è integrato nei Riding Mode, ma rimane
personalizzabile ed è disponibile su tutte le versioni.
Prezzi: da 20’790 (da 21’990 con ABS).
DATI TECNICI
Versioni: Biposto
Motore: Bicilindrico a L, distr. desmodromica, 4
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sonde lambda; omologazione Euro3.
Cambio: 6 marce
Peso: 189 kg
Freni: Ant. 2 dischi - 320 mm, pinze Brembo;
post. disco - 245 mm, pinza a 2 pistoncini, ABS
(Optional versione base)
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Interasse: 1.530 mm
Ruote e pneumatici: ant. lega leggera, 10
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leggera a 10 razze 6,00 x 17”; 190/55 ZR 17”.
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rilevazione guasti (diagnosi), menù di settaggio e
personalizzazione delle funzioni. Interfaccia per
la gestione dei Riding Modes (controllo curva di
potenza e risposta dell’acceleratore, controllo di
trazione). Indicazione modalità «Parking» e «bloccasterzo» inserito.
la
Rivista
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77
Chrysler Group & Fiat Group sotto lo stesso tetto
La nuova struttura
L
78
’integrazione dei dipendenti di Chrysler Group in
Fiat Group è stata ultimata e tutti gli ex dipendenti
Chrysler, che hanno voluto passare a Fiat Group
Automobiles Switzerland SA, hanno firmato i
nuovi contratti e si sono trasferiti nei nuovi uffici in Zürcherstrasse 111 a Schlieren. L'integrazione di Chrysler
Group ha introdotto alcune modifiche e nuove responsabilità nella struttura.
Alexander Bleuel, oltre al ruolo di Managing Director, ricopre anche la responsabilità di direzione del marchio
Fiat. Guy Nelson assume la responsabilità di Brand
Country Manager per i marchi Alfa Romeo, Lancia ed
Abarth. Franz Wermelinger continua ad essere Brand
Country Manager di Fiat Professional. Herbert Meyer diventa Brand Country Manager dei marchi Chrysler, Jeep
e Dodge. Da lui dipendono Claudia Meyer nel ruolo di
Head of Product e Jens Sörensen nel ruolo di Sales Planer. Dominic Rossier diventa Communication Manager
dei marchi Chrysler, Jeep e Dodge e dipende da Maurizio Melzi che, oltre dei marchi italiani si occuperà anche
di seguire le attività di Marketing Communication per
Chrysler, Jeep e Dodge. Virginia Bertschinger diventa
responsabile stampa anche per i marchi americani, oltre
che per i marchi Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Abarth e Fiat
Professional. Per quanto riguarda i settori trasversali Finance, IT, HR, Network Development, Logistics, Custo-
mer Services, Fleet/RAC/Used Cars e Parts&Services, i
tre marchi americani saranno integrati nelle responsabilità già esistenti. Nel settore commerciale sarà mantenuta la separazione tra i marchi italiani e quelli americani:
Marco Parroni è Sales Director dei marchi italiani; per
la vendita dei marchi americani è responsabile il Brand
Country Manager Herbert Meyer.
Guy Nelson assume la responsabilità di Brand Country Manager per i marchi Alfa Romeo, Lancia ed Abarth
Alexander Bleuel, oltre al ruolo di Managing Director, ricopre
anche la responsabilità di direzione del marchio Fiat.
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
Il marchio Chrysler diventa Lancia
Le reti di vendita Lancia e Chrysler saranno raggruppate
sotto il brand Lancia con l'obiettivo di creare una struttura commerciale più efficiente e di elevato livello qualitativo per la distribuzione della rinnovata gamma di prodotti, ricambi e servizi di assistenza correlati. Questa nuova
rete conta di mantenere il numero massimo di concessionari Lancia e Chrysler attuale. I contratti in essere con
i concessionari Chrysler, Jeep e Dodge, come pure quelli Lancia, sono stati disdetti dai relativi importatori, con
decorrenza 31 maggio 2011, nel rispetto del periodo di
disdetta di 1 anno. Fiat Group Automobiles SA ha inviato
ai partner di vendita e servizio una dichiarazione d'intenti
(LOI = Letter of intent) per la sottoscrizione di un nuovo
contratto dealer Lancia. I nuovi contratti dealer saranno
firmati verso la fine del 2010. Il marchio Jeep sarà posizionato e gestito come marchio autonomo sulla base di
un contratto dealer (vendita e servizio) separato.
Ducati Day - 25 Luglio 201
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rivelatosi “pranzetto-abbondante”. Le Ducati, con i rispettivi
piloti, si sono quindi mosse nel Cantone Appenzello, in
un divertente scendi e sali, via Bächli e Urnäsch, siamo
arrivati a Schwägalp, ai piedi del massiccio del Säntis. Il
rientro a Zurigo ha preso il via verso le 16.00, dopo un
caffè, in discesa, sull’asse: Schwägalp – Nesslau – Wattwil
– Ricken, quindi svolta a destra in direzione di Eschenbach;
un ultimo brivido di velocità (Entro i limiti consentiti, quindi
più che brivido, meglio sarebbe parlare di brividino) sulle
autostrade A53 e A3, Reichenburg - Lachen - Zurigo.
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reddo e pioggia avevano convinto gli organizzatori a
rinviare l’evento al 25 luglio 2010, l’unica domenica
che permetteva l’avventura in sella alle nuove Ducati,
per la maggior parte dei partecipanti e soprattutto
per la disponibilità delle motociclette. E il tempo è stato
clemente, qualche nuvola minacciosa non ha scalfito il
buonumore e il sole ha accompagnato il gruppo per quasi
tutta la giornata. Il programma ha subito piccole variazioni,
il giro ci ha portato comunque in montagna, lungo un
percorso abbastanza impegnativo, ma senza grandi
difficoltà. In mattinata ci siamo spostati velocemente
sull’autostrada per uscire dall’agglomerato zurighese,
guidati da Christian della Motorimport fino a Thalwil, quindi,
costeggiando il lago di Zurigo abbiamo raggiunto JonaRapperswil, per una prima tappa, dove, in “Pizzeria da
Beppi”, abbiamo sorseggiato un aperitivo (Rigorosamente
analcolico). Ripartenza, e costeggiando nuovamente il lago
di Zurigo siamo arrivati in quel di Schmerikon, poi a Uznach
da dove è iniziata la risalita, lungo strade cantonali e
secondarie, per il passo della Ricken. Da lì, siamo scesi nel
Toggenburgo, a Wattwil per risalire nuovamente alla volta
di Hemberg, dove al Ristorante Krone, il patron Angelo,
pugliese doc, ci aspettava per un pranzetto all’italiana,
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la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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Starbene
La solitudine dannosa come
15 sigarette
La digitopressione
per alleviare la nausea
La mancanza di relazioni sociali fa male alla
salute e accorcia la vita:
è dannosa come l’alcol
e il fumo ed è due volte
più pericolosa dell’obesità. Molti, in passato,
hanno studiato gli effetti della solitudine sulla psiche; ora
un gruppo di ricercatori della Brigham Young University a
Provo, Utah, ha valutato anche quanto l’assenza di rapporti con gli altri può condizionare la salute fisica. Ed è
arrivato alla conclusione che le relazioni sociali, non importa se con amici, familiari, vicini di casa o colleghi di
lavoro, aumentano le probabilità di sopravvivenza del 50
per cento.
I ricercatori americani hanno analizzato 148 studi dai quali potevano ricavare dati di mortalità su un certo numero
di persone, seguite nel tempo (in media sette anni e mezzo), e informazioni sui loro rapporti sociali. Così hanno
anche potuto confrontare l’impatto dell’isolamento sociale sulla mortalità rispetto ad altri fattori di rischio ben più
conosciuti. E hanno scoperto che quest’ultimo non solo è
due volte più pericoloso dell’obesità, ma equivale a fumare 15 sigarette al giorno o ad abusare dell’alcol ed è più
dannosa della mancanza di esercizio fisico. Ci sono molti
modi attraverso i quali amici o familiari possono influenzare positivamente la salute: dall’effetto tranquillizzante
di un contatto fisico vero e proprio fino alla scoperta di
qualche nuovo significato da dare alla propria esistenza.
Quando una persona intrattiene relazioni con gli altri è
stimolata a prendersi cura di sé e a evitare situazioni di
rischio per la propria salute. L’effetto protettivo delle relazioni non vale soltanto per gli adulti o gli anziani, ma in
qualsiasi periodo della vita.
Mal d’auto, mal di
mare o di aereo? Di rimedi ce ne sono molti
e si possono trovare
anche facilmente in
farmacia, ma se capita di trovarsi sprovvisti della pastiglietta e nei paraggi non c’è ombra di
farmacia o, peggio, non si può cercarne una, che
si fa? O ci si mette l’anima in pace o si seguono alcuni consigli che potrebbero essere utili in questi casi.
I più “grandi” ricorderanno che in caso di nausea da viaggio le nonne per esempio raccomandavano di tenere in
mano un mazzolino di prezzemolo, ma anche qui c’è il
problema che se non si trova il prezzemolo… Ecco quindi
un rimedio semplice e a “portata di dito” suggerito dagli
esperti di digitopressione Dalia Piazza e Antonio Maglio
nel loro volume Corso di Digitopressione edito da De Vecchi. Si prende un dito, magari l’indice, e in caso di nausea
si dovrà premere con il polpastrello, non troppo forte, in
un punto che si trova di fianco allo sterno contro il bordo
costale destro (a lato di quella che chiamiamo popolarmente “bocca dello stomaco”). Premere in questo punto
permette di aprire la valvola pilorica andando ad agire
contro la nausea in generale: quindi anche contro quella
da mal di viaggio.
La digitopressione è una tecnica terapeutica che riprende
i principi dell’agopuntura senza tuttavia utilizzare gli aghi,
ma la semplice pressione delle dita. Questa pressione avviene in punti del corpo corrispondenti a determinati organi
o funzioni e in genere sono gli stessi dell’agopuntura. Molto
utilizzata in oriente, anche a livello casalingo, si prefigge in
generale come l’agopuntura di riequilibrare l’energia vitale dell’organismo e favorire la guarigione da certi disturbi.
L’attività fisica non aiuta chi ha problemi di insonnia
È opinione corrente che
lo sport migliori la qualità
della vita nel suo insieme e
quindi anche la possibilità
di dormire bene. In realtà
uno studio dell’università di
Basilea dimostra che dorme meglio non chi pratica molto esercizio fisico, ma piuttosto chi è soddisfatto perché convinto di farne a sufficienza.
L’équipe del professor Markus Gerber, dell’Istituto dello
sport e delle scienze dello sport, ha interrogato 862 studenti sulla qualità del loro sonno, le attività sportive che
praticano e la loro forma fisica.
In base ai risultati della ricerca, che sono stati pubblicati
nella rivista Medicine & Science in Sports & Exercise, i
soggetti che dormono meglio sono quelli che si sentono
in forma e che ritengono di fare abbastanza sport.
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la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
L’opinione degli intervistati riguardo alla loro forma fisica
spesso non corrisponde alla verità. Un quarto di coloro
che giudicano sufficiente la loro attività fisica in realtà
appartiene al gruppo con il più basso tasso di attività
sportiva.
Nel contempo il 16% di quelli insoddisfatti della loro forma fisica sono in realtà fra i più sportivi. Questa errata
autovalutazione dipende in gran parte dall’ambiente circostante: chi è circondato da «pantofolai» si sente facilmente un grande sportivo.
La mancanza di relazione fra l’attività fisica e il sonno non
è una sorpresa: molti altri studi l’avevano già rilevata.
In alcuni casi lo sport può addirittura avere un effetto
negativo, ad esempio se viene praticato in tarda serata oppure se lo sforzo è esagerato, è troppo grande
rispetto alla capacità di reggere da parte del soggetto
che lo pratica.
Nelle prime ore di sonno
il cervello fa il pieno di energia
Anoressia, prima causa di morte
tra le ragazze tra i 12-25 anni
Nelle prime ore di sonno
il cervello fa il pieno di
benzina in alcune regioni neurali essenziali per
il suo funzionamento
diurno: queste aree neurali, cioè, si riempiono di
Atp (Adenosin Trifosfato), il carburante molecolare delle
cellule. Lo dimostra una ricerca pubblicata sul Journal of
Neuroscience e condotta da Radhika Basheer e Robert
McCarley della Harvard Medical School di Boston.
Numerose ricerche hanno dimostrato che il sonno è un
momento rigenerante per il cervello. Infatti, la carenza di
sonno è legata a deficit cognitivi e di memoria. È stato
anche dimostrato che nel sonno la materia grigia si riorganizza formando nuove connessioni nervose. Ma cosa
esattamente succeda dentro le cellule nervose finora
non era chiaro. Gli esperti hanno visto che in alcune aree
neurali del cervello che hanno un ruolo chiave durante il
giorno, nelle prime fasi del sonno, aumenta tantissimo
l’«Atp». Se alle cavie viene impedito di dormire, invece,
l’Atp non aumenta e durante il giorno l’Atp viene consumato man mano.
I disturbi del comportamento alimentare sono
patologie gravi, invalidanti, con elevato indice
di mortalità. Colpiscono
abitualmente giovani donne in età compresa tra i
12 e i 25 anni. Le persone che presentano dei disturbi
dell’alimentazione richiedono cure prolungate il cui esito
è favorevole nel 70% dei casi, mentre nel 30% dei casi si
parla di malattia molto resistente alle cure e cronicità.
La mortalità per suicidio o per complicanze somatiche
conseguenti alla malnutrizione è del 10% a dieci anni
dall’esordio e del 20% a venti anni: costituisce la prima
causa di morte per malattia nella fascia di età compresa
tra i 12 e i 25 anni, in pazienti di sesso femminile.
Circa il 5 per cento delle giovani tra i 13 e i 35 anni soffre
di anoressia o bulimia, ma l’incidenza sta salendo anche
tra le quarantenni e tra gli uomini, facendo arrivare così
alla cifra complessiva di 3 milioni il numero di persone
affette da problemi alimentari.
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Rivista
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Il
Mondo in fiera
Mercanteinfiera Autunno:
Parma, 2 - 10 ottobre 2010
29ª Mostra internazionale
di modernariato, antichità
e collezionismo
Biglietti gratuiti per il Macef
Marmomacc, Veronafiere dal 29
settembre al 2 ottobre 2010
Mostra internazionale di marmi,
pietre design e tecnologie
Viscom Italia 2010:
Fieramilano, 21 - 23 ottobre
Appuntamento
con la visual communication
TriestEspresso Expo:
Trieste, 28 - 30 ottobre
La vetrina internazionale
FIERE
Mercanteinfiera Autunno: Parma, 2 - 10 ottobre 2010
29ª Mostra internazionale di modernariato,
antichità e collezionismo
In ottobre Parma celebra il collezionismo con Mercanteinfiera. L’attesissima fiera di modernariato, antichità e
collezionismo più grande d’Europa, riaprirà i battenti dal
2 al 10 ottobre con una novità. Per la prima volta, infatti,
un ampio spazio, all’interno del Pad.5, ospiterà “RIUSA
- Materiali e arredi per casa e giardino” una rassegna dedicata a materiali vecchi da utilizzare per ristrutturazioni.
Come sempre i due giorni che precedono la fiera, il 30
settembre e il 1° ottobre, saranno dedicati esclusivamente ai professionisti.
Saranno circa 1.200 gli espositori che occuperanno i vasti padiglioni 3, 5, 6 per una superficie totale di 45.000
mq., messi a disposizione da Fiere di Parma Spa, la
società che organizza l’evento, visitato durante la scorsa edizione da circa 50.000 appassionati tra cui molti
buyers d’oltre oceano. Come ogni anno, ricchissime e
innumerevoli saranno le proposte che spaziano dai mobili
antichi e d’epoca, ai dipinti e complementi d’arredo, passando da ceramiche, argenti, tappeti, bijoux e orologi da
collezione. A questi andrà aggiunta la forte presenza di
oggetti di modernariato una vera attrazione per designer,
architetti, scenografi e personaggi del mondo dello spettacolo, sempre alla ricerca di pezzi storici, unici o da cui
anche trarre semplicemente ispirazione. Ampi spazi sono
inoltre dedicati al piccolo collezionismo e al Vintage di
qualità. Come di consueto, anche questa edizione ospiterà due mostre collaterali. La prima è dedicata a Progetto
Argento: Modelli Culturali e materiali dal ‘700 all’Art Déco.
Al suo interno la mostra, a cura di Alessandro Stefanini
e Andrea De Giovanni, ospiterà la più grande biblioteca
tematica d’Europa e la ricostruzione fedele di una bottega tradizionale con dimostrazioni dinamiche. La seconda
invece, Framemotion è dedicata all’universo delle cornici
ed è curata dall’arch. Laura Villani.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
e-mail: [email protected] - www.ccis.ch
BIGLIETTI GRATUITI PER IL MACEF
L‘89a edizione di Macef, Salone Internazionale
della Casa (www.macef.it) che avrà luogo a Milano
dal 9 al 12 settembre 2010. La manifestazione – motore dei contatti fra il mondo produttivo e l‘apparato
distributivo per tutte le merceologie legate alla casa
– è tra le più grandi al mondo, dove nelle due edizioni
all’anno sono presenti circa 3.500 aziende (20-25%
estere) con 1,5 milioni di prodotti e oltre 180 mila
visitatori.
Uno dei fattori di successo di Macef è la possibilità di
acquisti incrociati: Tavola/Cucina con Regalo; Regalo
con Decorazione, e persino Decorazione con l’area
Persona (Bigiotteria, Accessori moda). E accanto ai
settori merceologici tradizionali Alta decorazione,
Tavola, Argenti & Cucina, Oggetti da regalo,
Trade & Big volume, Bijoux, Oro, Moda e Accessori la fiera allarga il suo scenario espositivo ai
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la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
nuovi settori dell’Outdoor, Gardening e Pet, la vita
all’aperto e il tempo trascorso in compagnia con i
piccoli amici del regno animale.
Con il seguente link avrete la possibilità di accedere
ad un biglietto d’entrata gratuito:
http://www.expopage.net/prereg/macefSet10/topbuyer/easyInvite.jsp?lang=en&ref=SVIZZERA
Non lasciatevi sfuggire l’occasione di avviare e incentivare, attraverso MACEF Settembre 2010, i Vostri
rapporti commerciali con il mercato italiano!
Marmomacc: Veronafiere dal 29 settembre al 2 ottobre 2010
Mostra internazionale di marmi,
pietre design e tecnologie
È l’appuntamento annuale imperdibile per gli operatori del settore in tutto il mondo: Marmomacc, anche
quest’anno, conferma di essere La piattaforma internazionale al servizio di imprese, associazioni di categoria
ed istituzioni. La rassegna nella quale le aziende italiane
promuovono il meglio del Made in Italy come prodotti,
design e macchinari.
La Mostra internazionale di marmi, pietre design e tecnologie, in programma con la sua 45ª edizione dal 29
settembre al 2 ottobre prossimi a Veronafiere, (www.
marmomacc.it), dà voce ad un comparto che solo in Italia occupa circa 60 mila persone, impegnate in 11mila
aziende tra industriali ed artigiane, che creano complessivamente un volume d’affari di 3 miliardi di euro. La
rassegna, lo scorso anno, ha ospitato oltre 1500 espositori, il 49% dei quali stranieri, provenienti da 54 Paesi
diversi, ed accolto 53 mila visitatori professionali (da
130 nazioni) che hanno affollato i padiglioni nei quattro
giorni di manifestazione.
Numeri che sottolineano ulteriormente l’importanza che
la rassegna ha assunto anno dopo anno, diventando il
punto d’incontro di tutti gli operatori internazionali che
a Verona trovano i nuovi prodotti, le nuove tendenze di
un comparto ricco di storia ma fortemente proiettato
nel futuro.
Del resto a livello mondiale il settore lapideo, che pure
patisce la crisi, soprattutto come conseguenza del forte
rallentamento registrato nel comparto delle costruzioni,
soffre meno rispetto ad altri settori merceologici. I Paesi asiatici, in primo luogo India e Cina, aumentano la
produzione, mentre Europa e Sud America evidenziano
una lieve flessione. Lo studio prodotto da «Laboratorio delle Imprese» del centro studi del Banco Popolare
sul settore lapideo italiano ed internazionale evidenzia
come nel 2008 (ultimo dato disponibile) l’estrazione
di materiale lapideo in Cina è arrivata a 27,5 milioni di
tonnellate (+3,8% rispetto all’anno precedente), mentre l’India ha raggiunto i 13,5 milioni di tonnellate. La
Turchia poi, consolida il suo ruolo di terzo produttore
mondiale con 8,2 milioni di tonnellate davanti all’Italia. Il
settore del marmo e della pietra ribadisce una capacità
di reazione maggiore rispetto ad altri comparti, al punto
che negli ultimi 20 anni ha generato un significativo effetto moltiplicatore quadruplicando le attività produttive
e distributive.
Continua intanto la stretta collaborazione di Marmomacc con StonExpo di Las Vegas, la più importante
del Nord America e quella con imprese ed associazioni
per individuare altri mercati interessanti per le pietre ed i macchinari italiani. Come tradizione,
Marmomacc pone grande attenzione agli appuntamenti di carattere culturale che permettono ai
progettisti, agli architetti e ai designer di tutto il mondo di scoprire applicazioni d’eccellenza per
pietre e marmi. Da segnalare in quest’ambito, oltre ai
consueti appuntamenti con Marmomacc meets Design,
che quest’anno avrà come tema Irregolare Eccezionale
e il Best Communicator Award, il Premio Tesi di laurea
Paesaggio, architettura e design litici ideato ed organizzato da Veronafiere in collaborazione con l’Ordine degli
Architetti di Verona.
Da ricordare, infine, l’incontro nel quale l’architetto statunitense di origini italiane Loretta Fulvio vicepresidente
e senior interior designer dello studio Hks racconterà,
nel corso di Marmomacc, come il marmo, in gran parte
italiano, sia diventato il protagonista nella costruzione
del mitico Cowboys Stadium di Dallas.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
e-mail: [email protected] - www.ccis.ch
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
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Viscom Italia 2010: Fieramilano,
21 - 23 ottobre
Appuntamento con la visual communication
Più di 500 fornitori internazionali, 40.000 mq di spazio
espositivo, stand ma non solo: la più grande fiera europea
dedicata alla comunicazione visiva si prepara ad accogliere migliaia di operatori professionali per una tregiorni di
incontri, approfondimenti, laboratori live, concorsi e occasioni di business.
Migliaia i prodotti innovativi in mostra per offrire agli operatori professionali una panoramica completa sulla comunicazione visiva, dai mezzi tradizionali alla digital communication: insegnistica e cartellonistica, stampa & imaging
digitale grande formato, textile promotion, serigrafia e
tampografia, incisione, laser, coppe e trofei, P.O.P., prodotti e servizi per eventi, digital signage.
Tra le numerose nuove iniziative, Viscom lancia la prima
edizione della Scuola di Tecnica Serigrafica, tre giorni di
sessioni di formazione continua che permetteranno di
affinare la tecnica, migliorando la qualità del prodotto e
riducendone i costi di realizzazione.
Spazio ad una professione che si sta facendo strada anche in Italia con Wrap the World around you, il concorso
che vedrà tre giorni di sfida a eliminatorie tra Wrappers da
tutto il mondo che si incontreranno a Viscom per una gara
che non è solo velocità ma soprattutto professionalità,
bravura e precisione.
Riflettori puntati sull’eco-sostenibilità con il Green Trail, il
nuovo percorso che guiderà i visitatori alla scoperta della
Green Communication, segnalando direttamente gli stand
degli espositori che propongono prodotti ecosostenibili
e permettendo di approfondire face-to-face le alternative
“green” presenti sul mercato.
Il Viscom Forum sarà, come di consueto, al centro dell’attenzione con un ricco programma di seminari e conferenze e testimonianze di progetti di successo.
Torna il ViscomLab, l’area di dimostrazioni “live” tenute da
professionisti del settore che si svolgono in modo continuativo durante i tre giorni di manifestazione dove guardare in diretta le lavorazioni e ispirarsi a idee innovative per
allargare il pacchetto di offerte al cliente. Digital Signage
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
by Viscom, area inaugurata
nel 2009, porterà alla ribalta
tutte le potenzialità del mercato della digital communication: qui è possibile, infatti,
toccare con mano le soluzioni più avanzate e capire, dalla voce dei protagonisti, come
si costruisce, funziona e a che cosa serve un progetto di
comunicazione interattiva che permetta di raggiungere il
cliente giusto, con il messaggio giusto, al momento giusto. L’Area Concorsi vedrà in mostra i lavori selezionati
per i due Viscom Awards di quest’anno: Display SuperstarITALIA – dedicato ai P.O.P. Producer - e Il Bulino d’Oro,
premio biennale dedicato all’industria dell’incisione.
È online su www.visualcommunication.it la pre-registrazione che dà diritto all’ingresso gratuito in fiera.
Sempre sul sito, sono disponibili tutti gli aggiornamenti e
le informazioni utili: gli espositori presenti, il programma
completo dei forum e dei lab, gli approfondimenti e le indicazioni su come arrivare e come organizzare il proprio
soggiorno a Milano.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
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TriestEspresso Expo: Trieste, 28 - 30 ottobre
La vetrina internazionale
Tutto il mondo del caffè si dà appuntamento a Trieste. Dal
2002 la città di Trieste è diventata la vetrina internazionale
del caffè espresso grazie alla fiera specializzata biennale
TriestEspresso Expo arrivata quest’anno alla quinta edizione, che si svolgerà nel comprensorio fieristico di Trieste
dal 28 al 30 ottobre. Industria, commercio e cultura del
Caffè sono i tre pilastri di questa fiera specializzata internazionale che Fiera Trieste Spa organizza in collaborazione con l’Associazione Caffè Trieste.
La stampa internazionale e gli operatori l’hanno accreditata quale unico appuntamento al mondo capace di coinvolgere, presentare e mettere a confronto tutta la filiera
dell’industria del caffè espresso, dove i più importanti
operatori al mondo si incontrano per concludere affari per
milioni di euro. Altri Paesi stiano cercando di percorrere quanto fatto dalla Fiera di Trieste ma il TriestEspresso Expo continua a restare punto di riferimento di tutto
il mercato. Nonostante la difficile situazione economica,
i più importanti produttori ed operatori non rinunciano ad
essere presenti a questo appuntamento, tra cui aziende
quali Illy Caffè, Petroncini, Cogeco, IPA Porcellane, ANCAP,
Nuova Simonelli, CMA Astoria, Sandalj, Pecorini, Brambati,
Brasilia, Elektra.
Il trend dell’evento è in continua crescita. Dal 2006 al
2008 gli espositori sono aumentati del 15% e le presenze
già confermate per l’edizione 2010 faranno registrare un
nuovo successo. L’obiettivo del TriestEspresso Expo non
è quello di mettere a segno un nuovo record, ma quello di
continuare a restare punto di riferimento del mercato in
una città che per la propria posizione geografica, al centro
della nuova Europa, è storicamente legata dai traffici commerciali con tutti i Paesi dell’Europa allargata.
L’Italia è il primo Paese al mondo per esportazione di caffè tostato con un fatturato di 700milioni di euro all’anno,
mentre il fatturato di tutta la filiera del caffè a Trieste è di
500 milioni di euro l’anno.
Il legame tra la città giuliana ed il chicco verde risale al
1700. Oggi il Porto di Trieste è uno dei più importanti d’Italia e del Mediterraneo per questo mercato e l’andamento è
in continua crescita..
A livello mondiale la produzione del caffè vale ca. 90 miliardi di dollari e segna una stabilità dei consumi, sono però
cambiati negli ultimi anni i modi attraverso i quali il caffè viene consumato, con una crescente domanda dell’”espresso
all’italiana”. Considerati questi movimenti del settore, oltre
all’aspetto prettamente commerciale dell’evento, il TriestEspresso Expo sarà il luogo dove tutti gli attori del comparto elaboreranno le strategie del mercato, analizzando le
criticità, i punti di forza e le nuove direttrici da percorrere.
L’edizione 2010 del TriestEspresso Expo sarà aperta il
giorno 28 ottobre da un Convegno che vedrà tra i relatori Nestor Osorio, Executive director International Coffee
Organization London che parlerà delle prospettive della
produzione e dei consumi del mercato mondiale del caffèSeminari e convegni caratterizzeranno tutti i tre giorni
della manifestazione, dove verrà presentato anche il Trieste Coffee Cluster, l’Agenzia per lo Sviluppo del Distretto
Industriale del Caffè. Altri eventi nel corso delle tre giornate di apertura del TriestEspresso riuniranno operatori,
professionisti del settore, baristi per toccare con mano
nuovi macchinari e degustare le più svariate miscele di caffè espresso. L’edizione 2010 vedrà anche l’organizzazione del 1° MittelEuropean Barista Open nonchè corsi sugli
aromi del caffè per raccontare il percorso dalla pianta alla
tazzina, con degustazioni e test olfattivi, a cura dell’Università del Caffè di Trieste.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
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Rivista
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Dall’apprezzatissimo furgone Daily al peso massimo Stralis: Grazie agli innumerevoli
modelli disponibili, la nuovissima gamma di mezzi Iveco offre soluzioni specifiche,
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Il
Mondo in Camera
101° Assemblea CCIS
Verbale
Vincenzo Di Pierri
Nuovo Presidente CCIS
Il nuovo Consiglio Camerale
Le città d’arte
del’Emilia Romagna
In Vino … Italia
Vini diversi… l’Italia in comune
Parma in Autogrill Svizzera
dal 20.10 al 19.11.2011
Contatti Commerciali
Il mondo in camera
101a Assemblea Generale della Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera
Al tavolo della presidenza: l’ambasciatore signora Monika Rühl Burzi, membro della direzione della Segreteria di Stato dell’economia – SECO responsabile relazioni economiche bilaterali, il segretario generale della CCIS, Andrea G. Lotti, il presidente
uscente Richard Friedl, il tesoriere Carlo Nicoletti e il revisore dei conti Roberto Lometti.
Verbale
L’8 luglio 2010 si è tenuta a Zurigo, nei saloni della Corporazione “Zunfthaus zur Meisen”, la 101esima Assemblea Generale dei Soci della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, con il seguente ordine del giorno:
1.
Lettura ed approvazione del verbale dell’ Assemblea Generale precedente.
2.
Relazione annuale.
3.
Relazione finanziaria.
4.
Rapporto dei Revisori dei conti.
5.
Discarico del Consiglio.
6.
Rinnovo cariche sociali 2010/2013
7.
Eventuali.
Il Presidente Friedl, dopo aver porto il benvenuto ai
partecipanti ed all’Ambasciatore Monika Rühl-Burzi per
la sua presenza, dichiara aperta l’Assemblea Generale
2010 alle ore 10.30
1.
Passando all’OdG chiede se vi sono osservazioni
da fare in merito al verbale della precedente Assemblea Generale del 25 giugno 2009, che è stato pubblicato nel fascicolo n. 7/8 di luglio/agosto
2009 dell’organo camerale “ La Rivista”. Constatato
che ciò non è il caso, lo dà per letto ed approvato.
2.
L’ing. Friedl legge la prima parte della Relazione
annuale 2010 fornendo una breve panoramica sulle congiunture economiche, svizzera e italiana nel
2009. Mette altresì in rilievo alcuni dati di maggior
risalto riguardanti l’interscambio tra i due Paesi.
VINCENZO DI PIERRI È IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CCIS
Nella sua prima riunione, come previsto dallo statuto, il nuovo consiglio camerale ha proceduto all’elezione del Presidente della CCIS nella persona di Vincenzo Di Pierri, che subentra
all’ingegner Richard Friedl che lascia l’incarico dopo due mandati. Sessant’anni, sposato,
due figli, fiorentino di origine, oggi doppio cittadino: italiano e svizzero, Vincenzo Di Pierri
ha un percorso professionale in costante ascesa che, iniziato nel 1974 al Credito Svizzero, transitando per Ubs e Hsbc, lo vede approdare nel febbraio del 2003 alla Finter Bank
Zürich Ag, Switzerland di cui è Chief Executive Officer.
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
La parola viene poi data al Segretario Generale Andrea
G. Lotti che illustra le molteplici attività svolte dal Sodalizio nel 2009 e quelle già attuate e pianificate nell’anno
in corso.
3.
Successivamente l’ing. Friedl prega il Tesoriere Dr.
C. Nicoletti di leggere la Relazione finanziaria 2009
ed il Preventivo 2010.
4.
Il Presidente invita il Dr. Roberto Lometti a leggere
il rapporto dei Revisori dei conti.
5.
L’ing. Friedl chiede se qualcuno desidera avere ulteriori chiarimenti o esprimere osservazioni sulla gestione 2009. Non essendo questo il caso invita l’Assemblea ad approvare la Relazione annuale 2009,
la Relazione finanziaria ed il Bilancio consuntivo
2009 oltre al Preventivo economico 2010. L’Assemblea esprime all’unanimità, per alzata di mano,
la propria approvazione, dopo di che il Presidente
ringrazia dando discarico al Consiglio camerale per
l’esercizio 2009.
6.
•
•
•
•
•
Sotto il punto rinnovo della cariche sociali
2010/2013 comunica che:
i Consiglieri: Giulio Merlani, Alain Barbey, Roberto Grasso, Alexandre Jetzer e Antonio Rubel hanno manifestato la loro intenzione di non far
più parte del Consiglio per il prossimo triennio;
il Consigliere Claudio De Conto (Pirelli) viene sostituito dal Antonio Calabrò così come Luca Pedrotti (UBS) da Dario Bottoni;
propone i seguenti nuovi Consiglieri: Valerio Nannini della Nestlè, il Aldo Uva della Firmenich, il
Biagio Zoccolillo della Mirabaud e Marco Baur
della Zurigo Assicurazioni;
tutti gli altri Consiglieri vengono confermati;
inoltre informa l’Assemblea che il collegio dei Revisori dei Conti formato da M. Genoni e da R. Lometti si sono dichiarati disponibili per il prossimo
triennio.
Il Presidente Friedl chiede all’Assemblea, per alzata di
mano, se le personalità proposte vengono deliberate
a Consiglieri della CCIS. L’Assemblea accetta con un
applauso.
Informa inoltre della sua decisione di non riproporsi
a Presidente per il prossimo triennio. Crede che i 2
mandati siano stati sufficienti e che rimarrebbe volentieri quale Consigliere. Continuando il Presidente Friedl
comunica d’avere avuto durante il suo mandato grandi
soddisfazioni anche per il fatto d’aver contribuito all’organizzazione del Centenario della Camera ed a questo
riguardo ringrazia l’Assemblea ed il Consiglio. Ringrazia anche il Segretario Generale con il quale ha sempre
avuto un forte rapporto professionale, così come tutti
i collaboratori della Camera che con il loro lavoro, la
loro passione rendono possibile che la Camera sia sotto
l’aspetto qualitativo e di posizionamento quella che è.
Il Presidente Friedl annuncia altresì che Vincenzo Di Pierri si è dichiarato disponibile a proporsi quale candidato
In margine ai lavori dell’Assemblea generale della CCIS sono
intervenuti anche l’ambasciatore d’Italia in Svizzera Giuseppe
Deodato e il presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino
Luigi Pedrazzini.
alla Presidenza della CCIS e che tale sua candidatura
verrà deliberata dal nuovo Consiglio camerale che si
riunirà il 12 luglio p.v..
Passa poi la parola a Marco Gherzi, Presidente Onorario, che rivolge calorose parole di riconoscimento nei
confronti dell’Ing. Friedl per il lavoro svolto durante la
sua presidenza permettendo alla Camera di raggiungere un ulteriore sviluppo nella compagine economicocommerciale italo-svizzera.
Al punto eventuali il Presidente informa dell’avvicendamento di Ginevra annunciando che la nuova Responsabile dell’Ufficio è la Dr.ssa Marianna Valle.
Esauriti gli argomenti dell’Ordine del giorno il Presidente
dichiara chiusa l’Assemblea alle ore 11.30 e passa la
parola all’Ambasciatore Monika Rühl Burzi che interviene sulle relazioni italo-svizzere toccando anche alcuni
aspetti di conflitto tra i due Paesi.
L’Ambasciatore ringrazia personalmente il Presidente
Friedl per il suo prezioso operato in favore delle relazioni italo-svizzere, lo fa anche a nome sia del Presidente
della Confederazione, Doris Leuthard che del Consiglio
della SECO, si augura che anche per il futuro si possa
contare sulla sua autorevole collaborazione.
Il Presidente ringrazia l’Ambasciatore per l’interessante
intervento e per le gentili parole di gratitudine avute nei
suoi confronti.
Seguono i ringraziamenti del SG Lotti rivolti all’Ing. Friedl per il sostegno ricevuto durante il suo mandato, un
sostegno umano e professionale che ha permesso al
SG ed ai suoi collaboratori di gettare le basi per aumentare le attività camerali e di rafforzare il posizionamento
della CCIS. Cita anche il Convegno della CCIS organizzato in occasione del proprio centenario, anche in questo
caso la collaborazione con l’Ing. Friedl è stato determinante per il coinvolgimento di grandi personalità, tra cui
la Consigliera federale Doris Leuthard.
Rivolgendosi all’Ambasciatore Rühl-Burzi il SG auspica di
poter migliorare la collaborazione tra il sistema svizzero
che raggruppa le PMI e la Camera in quanto lo trova non
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
91
del tutto soddisfacente, mancano i punti di riferimento
con cui rendere presente le attività camerali in favore
delle imprese svizzere ed invita l’Ambasciatore a fare, a
questo proposito, una riflessione confermandole tutta la
sua disponibilità e collaborazione a tal fine.
L’Ambasciatore Rühl-Burzi ringrazia il SG e conferma la
sua intenzione di dar seguito a quanto da lui auspicato.
Terminata la seconda parte dell’Assemblea Generale
alle ore 12.00, il Presidente invita i presenti all’aperitivo
gentilmente offerto dall’Helvetic Airways.
Zurigo,8 luglio 2010
Richard Friedl
Presidente
Andrea G. Lotti
Segretario Generale
Il presidente onorario della CCIS rende omaggio al presidente
uscente Richard Friedl.
CONSIGLIO DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA
PRESIDENTE
Vincenzo Di Pierri
CEO, Finter Bank Zurigo
PRESIDENTE ONORARIO
Ing. Marco Gherzi
Presidente Gherzi Textil Organisation,
Zurigo
VICE-PRESIDENTE
Dr. Arch. Luigi Macaluso
Presidente Girard-Perregaux SA,
La Chaux-de-Fonds
VICE-PRESIDENTE E TESORIERE
Dr. Carlo Nicoletti
Vice Presidente Intesa San Paolo Private
Bank (Suisse) SA
la
Sandro D’Isidoro
Consulente Crédit Agricole Indosuez
(Suisse) SA, Zurigo
Ing. Urs Frey
Titolare Nomad Counsel to Management
AG, Küsnacht
Ing. Richard Friedl
Business Development /SFA-01 ABB
Schweiz AG, Baden
Avv. Alfred Leu
CEO Generali (Schweiz) Holding AG,
Adliswil 1
Dr. Siegfried Mayr
Studio Mayr Consulenza tributaria, Milano
Biagio Zoccolillo
Direttore Mirabaud & Cie Banquiers
Privés, Zurigo
REVISORI DEI CONTI
Dr. Maurizio Genoni
Membro della Dir. Gen. Bank Sal.
Oppenheim Jr.& Cie. (Schweiz) AG,
Zurigo
Roberto Lometti
Sigurd Rück AG, Zurigo
MEMBRI ONORARI DI DIRITTO
S.E. Giuseppe Deodato
Ambasciatore d’Italia
Dr. O.C. Meier-Boschenstein
Studio legale, Zurigo
Dr. Luca Attanasio
Consigliere Economico e Commerciale
Ambasciata d’Italia
Dr. Valerio Nannini
Direttore Nestec Ltd., Orbe
Dr.ssa Gaetana Farruggio
Reggente, Consolato Basilea
CONSIGLIERI
Giovanni Battelli
Zollikon
Ing. Riccardo Piunti
Presidente Amministratore Delegato Eni
Suisse S.A., Losanna
Dr. Alberto Colella
Console Generale d’Italia, Ginevra
Avv. Marco Baur
Membro della Direzione Zürich
Versicherungs-Gesellschaft AG, Zurigo
Marco Solari
Presidente Festival Internazionale del
Film di Locarno, Locarno
Enrico Bernasconi
Managing Director Sen. Adv. Credit
Suisse, Zurigo
Dr. Aldo Uva
Corporate Vice President Firmenich SA,
Meyrin
Dr. Dario Bottani
Managing Director UBS AG Zürich
Sig. Rolf H. Wirth
Herrliberg / Roma
Dr. Antonio Calabrò
Direttore Affari Istituzionali e Culturali
di Pirelli & C. Spa, Milano
Dr. Antonio Zanetti
Direttore Generale Egidio Galbani SA,
Grancia
SEGRETARIO GENERALE
Andrea G. Lotti
92
Dr. Cataldo Castagna
Partner Ernst & Young AG, Zurigo
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
Min. Plen. Alberto Galluccio
Console Generale d’Italia, Lugano
Dr. Adolfo Barattolo
Console Generale d’Italia, Losanna
Min.Plen. Mario Fridegotto
Console Generale d’Italia, Zurigo
Dr. Nicandro Cascardi
Capo della Cancelleria Consolare, Berna
Dr. Console Enrico Mora
Console, San Gallo
In Vino … Italia
Province diverse
Vini diversi…
l’Italia in comune
29 settembre – 02 ottobre 2010 – Potenza
20 – 23 novembre 2010 – Faenza – “Fiera Enologica”
01 ottobre: incontri e/o visite aziendali
02 ottobre 2010: ritorno in Svizzera
Nell’autunno del 2010, la CCIS organizzerà in collaborazione con il sistema camerale italiano, una promozione a tutto
campo dei vini di due aree d’Italia ancora poco valorizzate
ma legate da una comune storia romana e mediterranea
e ricche di eccellenze vitivinicole ed alimentari. I costi di
viaggio e pernottamento sono interamente a carico dell’organizzazione
Programma Faenza:
20 novembre 2010: partenza per Faenza
21 novembre: degustazione guidata
e visita di Enologica
22 novembre: incontri b2b con le aziende romagnole
23 novembre: visite aziendali
24 novembre 2010: ritorno in Svizzera
Programma Potenza:
29 settembre 2010: partenza per Potenza
30 settembre: degustazioni e incontri
Info: Fabrizio Macrì
Tel. +41 44 289 23 23 - Fax: 044 201 53 57
E-Mail: [email protected]
MODENA: IL BIOMED OLTRE LA FERRARI E L’ACETO BALSAMICO...
Il Distretto biomedicale modenese cerca partnership in Svizzera: Modena (Italia): 29 novembre - 01
dicembre 2010.
Dal 29 novembre al 01 dicembre 2010 verrà presentato a Modena ad una delegazione di buyer provenienti da
Russia, Emirati Arabi, Germania, UK, Francia e Svizzera il
Distretto modenese del Biomedicale: www.expomo.
com (clickare sulla voce “biomedicale”).
Circa 117 aziende tra produttori di macchinari finiti, attrezzature high-tech e parti elettromeccaniche permettono a Modena da anni di essere un centro di eccellenza
mondiale nel settore.
La CCIS seleziona da oggi aziende svizzere operanti nei
comparti distribuzione di prodotti biomedicali, cliniche,
ospedali centri benessere interessate a recarsi a Modena
in qualità di acquirenti di prodotti e tecnologia locale. La
CCIS cerca inoltre opinion leader, giornalisti, esponenti di associazioni di categoria di settore, interessati a
partecipare per esplorare il Distretto e dare visibilità in
Svizzera alle opportunità più concrete di collaborazione.
Per informazioni:
Fabrizio Macrì
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IL DISTRETTO MODENESE DEL BIOMEDICALE
L’elenco dei settori di specializzazione delle aziende modenesi
1. Dispositivi medici monouso per:
2. Attrezzature elettromedicali:
-
i. Terapia intensiva
ii. Vestibologia
iii. Rinomanometria
Anestesia
Cardiochirurgia
Ginecologia
Emodialisi
Emofiltrazione
Infusione
Kit per medicazione
Mesoterapia
Radiologia
Trasfusione
Urologia
Suture chirurgiche
Chirurgia endoscopica
Elettrochirurgia
3. Macchinari
per assemblaggio automatico
di prodotti medicali e test
4. Servizi di consulenza
nell’ambito produttivo,
clinico e distributivi dei farmaci
e dei dispositivi medici
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
93
Le città d’arte del’Emilia Romagna
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS)
e l’Agenzia Nazionale del Turismo (ENIT) in collaborazione
con l’Agenzia di Promozione Territoriale dell’Emilia Romagna (APT) e la Città d’Arte Emiglia Romanga hanno il piacere di invitarvi il 22 settembre 2010, con inizio alle ore
16°°, presso Villa Sassa Hotel, Lugano ad un Workshop
con incontri B2B tra operatori turistici incoming (prodotti
costa, città d’arte, enogastronomia, terme e benessere) e
operatori svizzeri e giornalisti di settore.
Informazioni
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Lara Francesca Cucinotta, Marketing e Progetti Svizzera
Tel. 044 289 23 23, Fax 044 201 53 57
24 - 26 settembre a Ragusa
Fiera Agroalimentare del Mediterraneo
Dal 24 al 26-settembre si terrà a Ragusa (Sicilia), su iniziativa della locale Camera di Commercio Industria Agricoltura
e Artigianato la 36a edizione della FAM 2010 (Fiera Agroalimentare del Mediterraneo). Quest’anno il settore agroalimentare dominerà la scena con particolare attenzione alla
valorizzazione delle produzioni tipiche siciliane. Già dall’edizione 2009, si è realizzata la promozione del Vino Siciliano,
con l’esposizione di 720 etichette tra le migliori produzioni
di D.O. e di I.G.T. delle aziende siciliane, e dell’Agriturismo
della provincia di Ragusa, con la proposta di interessanti
percorsi enogastronomici e naturalistici. Suggestiva l’esposizione dell’agroalimentare, che racchiude in sé una vetrina completa dei prodotti tipici della Sicilia e di molte altre
regioni italiane, nonché quella della floricoltura con varietà
di fiori, piante ornamentali e aromi, che con i loro colori e
profumi esprimono il senso della nostra terra.
Questa 36^ edizione presenta anche il primo salone
dell’Olio siciliano.
È prevista la presenza di una nutrita delegazione di
buyers provenienti dai paesi dell’area mediterranea, e da
Germania, Svizzera, USA, Brasile e Russia. I due buyer
svizzeri vengono selezionati dalla CCIS tra coloro che
si annunceranno direttamente alla Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera.
Informazioni:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Fabrizio Macrì, Tel. +41 44 289 23 23
Fax 044 201 53 57 - [email protected]
SWITADVICE: pronta la nuova guida fiscale comparata
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera e la Camera di Commercio Svizzera in Italia hanno il piacere di invitarvi a partecipare alla presentazione ufficiale del portale
“switadvice”, la guida fiscale e legale che analizza in modo
comparato l’Italia e la Svizzera. La presentazione si terrà a
Roma, venerdì 22 ottobre 2010, alle ore 11.00 presso la
sede dell’Ambasciata Svizzera. Maggiori dettagli saranno
resi noti prossimamente anche sul sito ufficiale della Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera (www.ccis.ch).
Per informazioni contattare:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Christian Pitardi, Tel. +41 44 289 23 23
[email protected] - [email protected]
Parma in Autogrill Svizzera dal 20.10 al 19.11 2010
Stazioni di servizio su strade ed autostrade svizzere, centri
commerciali e centri cittadini, stazioni ferroviarie, aeroporti
internazionali e alberghi, queste le location in cui su tutto il
territorio svizzero sono distribuiti i punti vendita del Gruppo
Autogrill che venderanno per due mesi (dal 20. ottobre al
19 dicembre 2010) una selezione delle eccellenze alimentari di Parma.
Si tratta di ristoranti (self service o con servizio al tavolo),
bar, negozi di alimentari ed altri articoli, chioschi rivenditori
di piccoli e veloci snack a portar via, pizzerie rinomate.
Alcuni di questi punti vendita sono organizzati in catene e
sotto il “marchio tetto” Autogrill i prodotti parmensi verranno venduti in locali con i marchi:
94
la
Rivista
n. 9 - Settembre 2010
Motta Cafè Bar Milano, A ‘mò Cafè Bar Ristorante, Passaggio e Pizza Pasta Caffè Ristorante.
7 produttori parmensi rigorosamente selezionati dai buyer
di Autorgill commercializzeranno per due mesi, grazie e a
questa iniziativa congiunta di Parma Alimentare e Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera, 7 tipologie di prodotto: Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Sugo di
Pomodoro, Salame, Anolini, Tortelli e Gnocchi.
Per maggiori informazioni:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Fabrizio Macrì, Tel. +41 44 289 23 23
Fax 044 201 53 57- [email protected]
Contatti Commerciali
DAL MERCATO ITALIANO
Offerte di merci e servizi
Prodotti tessili
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Walter-von-der-Vogelweide-Str. 6
I – 39031 Bruneck
Tel. 0039/0474 533142
Fax 0039/0474 533105
[email protected]
www.moessmer.it
Acqua minerale
Monteforte srl
Via Lazzari,110
I - 41050 Montese (MO)
Tel. 0039 059-980056
Fax 0039 059-980057
[email protected] - www.monteforte.it
Piante e vivai
Vivai Masetti Sabino
Via Bassa della Vergine, 214/C
I - 51100 Pistoia
Tel: 0039/0573/380404
Fax 0039/0573/985028
E-mail: [email protected]
www.vivaimasettisabino.it
Lavorazione legno
Zanuso Legno S.r.l.
Via Nobel 18
I - 20035 Lissone (MI)
Tel: +39 039 482151
Fax: +39 039 483468
E-mail: [email protected]
www.zanusolegno.com
Pasta
Pasta Rossini srl
Via Via Modena, 340
I - 34034 Cassana FE
Tel. 0039/0532824477
Fax 0039/0532824476
E-mail: [email protected]
www.pastarossini.it
Vino
Azienda Agricola Roccasanta
via Cortemilia Alessandria, 4
I – 12074 Perletto
Tel. +39 0173 81795
Fax +39 0173 81795
[email protected]
www.aziendagricolaroccasanta.it
Prodotti da forno
ORO.PAN
C/da San Giuliano-zona P.I.P.
I - 85050 Brienza PZ
Tel. 0039/3297113688
Fax: 0039/0975381158
E-mail:fragranze [email protected]
Zincatura a caldo
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Via Prima Strada, 6
I – 35026 Conselve (PD)
Tel. +39/049 9500150
Fax. +39/049 9500377
[email protected] - www.bisolzinco.it
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Via dei Lamponi 8/D
I – 40137 Bologna
Tel: +39.051.6238596
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per mobili e cucine
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Via Tagliamento 8
I - 37051 Bovolone VR
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Fax 0039/0456908231
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Packaging per alimenti
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I – 35016 Piazzola sul Brenta (PD)
Tel. 0039/049 9697701
Fax 0039/049 969703
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Pasta Julia Spa
Via Piemonte snc
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I - 06038 Spello PG
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Rivista
n. 9 - Settembre 2010
95
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