Provincia di Bologna - Comitato per la tutela degli animali d’affezione APPUNTI DEL CORSO PER OPERATORI DI CANILI E DI GATTILI DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA PROVINCIA DI BOLOGNA ASSESSORATO AI SERVIZI SOCIALI COMITATO DI TUTELA DEGLI ANIMALI D’AFFEZIONE C.S.A.P.S.A. O.N.L.U.S. AULA BORGATTI - Università agli Studi di Bologna, Facoltà di Medicina Veterinaria - Ozzano Emilia Premessa La funzione insostituibile svolta, spesso con incondizionata dedizione e pochi mezzi, dalle associazioni protezionistiche di tutela dei cani e dei gatti, nella gestione delle strutture di ospitalità, per l’adozione degli animali in stato di abbandono, và sostenuta con l’aggiornamento e la formazione degli operatori e dei volontari che di queste realtà del no profit sono anima e motore operativo. Sia gli uni che gli altri costituiscono la risorsa professionale ed umana fondamentale su cui fare affidamento per il miglioramento del servizio reso tanto agli animali quanto alla collettività, anche come testimonianza e ruolo pedagogico che i membri delle associazioni protezioniste possono svolgere per elevare la comprensione, il rispetto ed il riconoscimento dei diritti degli animali. Maggiori risultati, inoltre, si possono ottenere quando le differenti compagini professionali e volontarie riescono ad integrarsi tra loro, dentro e fuori dalle rispettive appartenenze associative, con gli altri attori della rete e del sistema di competenze sociali ed istituzionali deputate alla tutela degli animali d’affezione. Obiettivi Il corso vuole dare un contributo in questa direzione, cercando di favorire la circolazione delle informazioni, l’acquisizione di conoscenze, di competenze, di capacità operative essenziali e di promuovere una modalità collaborativa di agire tra persone, associazioni, enti e istituzioni che favorisca il benessere degli animali ed incentivi la loro collocazione adeguata tramite adozioni consapevoli. Destinatari Operatori dei canili e delle oasi feline; addetti alla gestione delle colonie di gatti liberi; operatori addetti alla vigilanza ed al controllo sul territorio; operatori addetti ai servizi per la cattura dei cani randagi/ vaganti e dei gatti liberi. Contenuti e metodologia L’attività formativa verterà sui seguenti ambiti tematici ed argomenti: Igienico sanitario: malattie infettive e parassitarie; requisiti igienico sanitari delle strutture, regime alimentare, igiene dell’animale; Etologico: comportamento del cane e del gatto, imprinting, rapporto uomo-animale, comportamento dell’animale istituzionalizzato e manifestazioni del disagio; Normativo: obblighi legislativi previsti dal codice penale e dalla legislazione nazionale e regionale, sanzioni amministrative, maltrattamenti, anagrafe canina, protezione del gatto libero; Pratica nel canile: come rapportarsi con il cane nel canile, accettazione e “dimissione del cane, ecc. Come rapportarsi con il cane sul territorio Relazione uomo/animale: benessere animale e benessere umano – uomo / uomo aspirante adottante cane – selezione adottante - (tecniche di gestione delle relazioni con l’aspirante adottante al fine di instaurare un rapporto costruttivo di fiducia e collaborazione per il benessere dell’animale e per la selezione dell’animale più idoneo al carattere dell’adottante stesso) IL BENESSERE ANIMALE QUALE VALORE MORALE professor Michele Panzera Se nel campo umano per benessere si deve intendere uno stato armonico di salute, di forze fisiche e morali e per sofferenza, fra l'altro, il risentire di particolari condizioni ambientali rimanendone danneggiati dal punto di vista fisico o morale o, ancora, una condizione di gravi privazioni e sacrifici o una grave menomazione di un diritto, cosa si deve intendere per benessere o sofferenza negli animali? La prima definizione di "welfare" si può far risalire al Comitato Brambell ( dal nome del prof. Rogers Brambell che lo presiedeva) sorto in Scozia nel 1954 con l'incarico di: "esaminare le condizioni in cui viene tenuto il bestiame negli allevamenti intensivi e per consigliare se devono essere stabilite delle norme nell'interesse del loro benessere e, in tal caso, quali devono essere queste norme". Dal Comitato Brambell vennero elencati, con particolare riferimento agli animali allevati, i principi da rispettare per soddisfare le loro esigenze. I 5 principi o libertà stabiliti dal Comitato Brambell per evitare disturbi al "benessere" animale : • dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione • avere un ambiente fisico adeguato • dalle ingiurie • di manifestare le caratteristiche comportamentali speciespecifiche normali • dal timore L'enunciazione di tali principi ha portato - già nel 1965 - ad una prima definizione di "welfare": welfare è un termine generale che comprende il benessere sia fisico che mentale dell'animale. Ogni tentativo di valutarlo, quindi, deve considerare l'evidenza scientifica disponibile relativa alle "sensazioni" degli animali, derivabile dalla loro struttura, dalle loro funzioni e dal loro comportamento. Hughes (1976) ha definito il "welfare": "uno stato di salute fisica e mentale completa, in cui l'animale è in armonia con il proprio ambiente". Duncan e Dawkins (1983) hanno ritenuto impossibile definire precisamente il termine che, in ogni caso, deve comprendere i concetti di animale: a) in situazione di salute fisica e mentale b) in armonia con il proprio ambiente c) in grado di adattarsi all'ambiente senza sofferenza Broom e Johnson (1993) lo definiscono come "la condizione di un individuo in relazione alla sua capacità di affrontare l'ambiente in cui vive", e precisano che "la condizione riguardo la capacità di affrontare" si riferisce sia a quanto deve essere fatto per affrontare l'ambiente, sia alla quantità dei tentativi coronati da successo. La "capacità di affrontare" include il funzionamento dei meccanismi di difesa immunologica, le risposte fisiologiche d'emergenza e una varietà di risposte comportamentali. Quindi oltre che la salute fisica necessaria per garantire il funzionamento delle proprietà fondamentali del vivente è indispensabile, per assicurare il benessere, che l'animale abbia la possibilità di mettere in atto quelle risposte comportamentali che gli consentano di dominare l'ambiente che lo circonda. Ciò può essere raggiunto con poco sforzo e consumo di risorse, con evidente facile acquisizione delle condizioni di benessere, oppure non essere raggiunto con ovvie condizioni di insoddisfazione e sofferenza. Dalle definizioni presentate si comprende come nel corso degli ultimi decenni gli studiosi di biologia animale hanno compreso sempre più profondamente la complessità dell'organismo animale. Per esempio, cercare il cibo, evitare i predatori, adattarsi agli stress ambientali, sono tutti comportamenti che implicano la presenza di complessi meccanismi fisiologici di regolazione, integrazione e controllo. Il comportamento sociale, in particolare, rivela moduli di comportamento adattativo che si possono comprendere solo se si ammette che le caratteristiche di funzionamento cerebrale sono simile alle nostre. Secondo Griffin (1979) quanto più le proprietà fondamentali dei neuroni, delle sinapsi e dei meccanismi neuroendocrini sono simili, tanto più ci si potrebbe attendere di trovare capacità cerebrali confrontabili. E' noto che le funzioni neurofisiologiche fondamentali sono realmente molto simili in tutti gli animali pluricellulari. I meccanismi nervosi coinvolti nel processo di comparazione fra l'evento percepito e la memoria di esperienze passate sono comuni e sono rappresentate dalla corteccia cerebrale, dalla sostanza reticolare, dal talamo e dal sistema limbico. Nella figura sottostante il modello di organizzazione funzionale delle modalità comportamentali mette in evidenza come le strutture grigie centrali (sistema limbico e ipotalamo) negli animali così come nell’uomo svolgono la funzione di decodificatori, integratori e coordinatori dei molteplici e variegati stimoli sia interni sia esterni. Il risultato è l’ordinata azione o modulo comportamentale capace di rispondere efficacemente alle diverse stimolazioni ambientali. ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLE MODALITA’ COMPORTAMENTALI SEGNALI INTERNI SISTEMA LIMBICO SEGNALI ESTERNI IPOTALAMO PROGRAMMA FISSO SISTEMA ENDOCRINO SISTEMA NERV. SISTEMA NERV. VEGETATIVO IPOFISI SOMATICO REAZIONI ESTERNE Nella figura successiva si mette in evidenza che i circuiti funzionali caratterizzanti il sistema limbico sono comuni negli animali più evoluti e nell’uomo evidenziando come l’elaborazione della componente emotiva delle sensazioni (piacevoli, spiacevoli), l’attribuzione e la costruzione di componenti affettive a particolari configurazioni stimolatorie che possono anche evocare ricordi piacevoli o spiacevoli sono analoghe. Corteccia prefrontale Corteccia associativa Giro del cingolo Formazione dell’ippocampo Nuclei talamici ant. Fornice Corpo mammillare Ipotalamo Amigdala Jennings (1962) ha sostenuto, eloquentemente, la continuità comportamentale e mentale fra l'uomo e gli altri animali. Irwin (1971) considerando questi problemi, riconosce che gli animali hanno "aspettative" intendendo con questo termine qualcosa che somiglia alle immagini mentali. Marler (1974) ritiene che "ci illudiamo se pensiamo che una completa discontinuità comportamentale ci separi dagli altri animali". La privazione di attività sociali di vario tipo può evocare negli animali la corrispondente sensazione umana di "solitudine" o di "noia" ma questi esempi assumono connotati antropomorfi e implicano considerazioni soggettive che sono lungi da essere ritenute valide dall'approccio scientifico. La privazione diventa sofferenza quando ad un animale viene impedito ( con restrizioni fisiche o mancanza di stimoli adeguati) di manifestare oltre che le "necessità fisiologiche", essenziali per la sopravvivenza e la riproduzione, anche i "desideri" cioé la rappresentazione cognitiva delle necessità stesse (Duncan a. Poole,1990). La "frustrazione" che deriva da privazioni specifiche può portare a riduzione del benessere in quanto in questo caso si dice che l'animale sperimenta sensazioni sgradevoli (Dawkins,1988). Ciò è reso possibile dal funzionamento del sistema integrato corteccia cerebrale-sostanza reticolare-sistema limbico che conforma nell'individuo la dimensione "affettivo-emotiva" che introduce la componente cognitiva di ogni sensazione, compresa quella definibile col termine di "sofferenza". Oltre alle necessità fisiologiche, quindi, quando si considera il benessere animale la questione delle "necessità comportamentali" assume un'importanza fondamentale. Innanzitutto, la necessità corrisponde, per definizione, alla condizione di impossibilità assoluta o relativa di qualsiasi scelta o sostituzione ed è contrapposta a ciò che è possibile e contingente. Fu Thorpe che per primo nel 1965 presentò al Comitato Brambell una relazione nella quale venivano considerati come elementi costituenti il benessere alcune necessità non strettamente fisiologiche (fame, sete). Tali bisogni - così definiti perchè interpretati utilizzando il modello psico-idraulico lorenziano - si identificano come uno stato per il quale l'animale ha la tendenza a manifestare un determinato comportamento sulla base di una disposizione specifica ad agire in quella direzione. Nel momento in cui l'animale è impossibilitato o incapace ad eseguire un particolare comportamento che abbia i requisiti della necessità, allora si può instaurare sofferenza da privazione specifica. Il benessere di un animale, in accordo con questa interpretazione, è minacciato quando non possono essere soddisfatte non solo le necessità fisiologiche ma anche quelle comportamentali (interazione sociale, grooming, gioco, comportamento esplorativo). In conclusione, secondo quanto su esposto: Il bisogno di un modulo comportamentale induce un'elevata motivazione ad eseguirlo e l’impossibilità ad effettuarlo comporta privazione e, quindi, sofferenza. Le attuali tecniche di allevamento privano gli animali della possibilità di soddisfare alcuni comportamenti definiti di mantenimento e che, analogamente al concetto di omeostasi, sono di fondamentale importanza per il corretto funzionamento dei sistemi neurosensoriali e per la condizione di benessere animale Agenti stressanti di origine ambientale associati alle pratiche di produzione animale Pratiche di allevamento Spazio Restrizione Livelli ntruzionali Variabili ambientali (illuminazione, ventilaz., temperatura, umidità) Standard igienici Rumori Densità Ordine gerarchico Dimensione del gruppo Possibilità di movimento Isolamento Recinzioni Metodi particolari di contenzione Sistemi di stabulazione restrittivi Bibliografia Brambell F.W.R. - Report on the Technical Committee to enquire into the welfare of livestock kept under intensive husbandry conditions, HMSO, London, 1965. Broom D. M. a. V. G. Johnson - “Stress and animal welfare”, Chapman a. Hill, London, 1993. Cermak J. - Cow cubicle design. Farm Build.Dig., 1983, 18 , 7-9. Cronin G. M. a. P. R. Wiepkema - An analysis of stereo-typed behaviour in tethered sows. Ann. Rech. Vet., 1985, 6 , 527-530 . Dantzer R. a. Mormède P. - “Le stress en elevage intensif” Masson, Paris , 1979 . Dantzer R. , Bluthè R. M. a. Tazi A. - Stress-induced analgesia in pigs. Ann.Rech.Vét.,1986,17,147-151. Duncan I. J. H. a. Poole T. B. - Promoting the welfare of farm and captive animals . In “Managing the behaviour of animals”, (Monaghan P. a. D.G.M. Wood-Gush, Eds.), Chapman a. Hill, London, pp. 193-232, 1990. Griffin D. R. - “L’animale consapevole”, Boringhieri , Torino, 1979 . Hughes B. O. - Preference decisions of domestic hens for wire or litter floors. Appl. Anim. Ethol.,1976, 2 , 155-165. Jennings H. S. - “ Behaviour of lower organism ” . Indiana University Press , Bloomington , 1962. Irwin F. W. - “ Intentional behavior and motivation” Lippincott, Philadelphia , 1971. ETOLOGIA DELL’ANIMALE dottoressa Silvia Ciandella Un percorso che abbia come obiettivo quello di favorire il benessere degli animali ed incentivare la loro adozione non può non prevedere un momento dedicato allo sviluppo nel personale operativo di alcune abilità che li aiuti a comprendere meglio quelle che sono le motivazioni di chi si avvicina all’adozione affinché questa sia una scelta consapevole. Consapevolezza, ovvero l’essere consapevole, è colui che è cosciente di, che si rende conto che. Come posso io operatore di canile o gattile muovermi perché avvenga un’adozione consapevole, perché colui che adotta conosca quali sono le motivazioni che lo spingono all’adozione, perché sia consapevole dei ritmi e dei bisogni dell’animale e non ci sia invece una sovrapposizione, un’identificazione fra i propri bisogni e quelli del proprio cane o del proprio gatto? Non è infrequente infatti vedere in proprietari di animali tenere comportamenti devianti nei loro confronti, costringendoli a interpretare un ruolo che non gli è proprio, trattandoli ad esempio come persone, apparecchiando per loro la tavola, vestirli con abiti adatti all’occasione che si sta festeggiando, tutte cose di cui un cane farebbe volentieri a meno per una bella corsa all’aria aperta. Maltrattare un animale non è solo picchiarlo ma “maltrattiamo” un animale quando “non lo trattiamo come animale” anche se lo circondiamo delle più costose attenzioni che in realtà rispecchiano più dei bisogni, delle esigenze nostre che sue. E’ attraverso il colloquio che l’operatore ha l’opportunità di raccogliere informazioni per farsi un’idea del futuro proprietario, per capire rispetto alle sue esigenze e al suo stile di vita qual è l’animale più adatto a lui aiutandolo così a compierà la scelta più corretta e, allo stesso tempo, può farsi un’ipotesi sulla realtà che aspetta l’animale che sarà adottato. E’ evidenti quindi che la modalità con cui viene condotto il colloquio fa’ la differenza rispetto alla quantità e alla qualità delle informazioni raccolte e quindi come sia importante conoscere alcune strategie comunicative al fine di migliorare la propria abilità nel condurre gli incontri con il futuro proprietario. Vengono riportate alcune tecniche di strategia comunicativa-relazionale. Sviluppare le capacità di ascolto attivo l’ascolto può essere di 3 tipi: 1) non ascolto, cioè l’essere fisicamente presenti ma mentalmente ed emotivamente assenti; 2) l’ascolto direttivo, in cui si svaluta l’interlocutore non concedendogli di esprimersi; 3) l’ascolto attivo, in cui l’ascoltatore si pone con attenzione e sensibilità di fronte al suo interlocutore. L’ascolto attivo fa sentire l’altro accolto, gli trasmette il nostro interesse e lo predispone al dialogo. Ci sono alcuni strategie che possiamo adottare perché questo avvenga. Favorire la comunicazione utilizzando domande aperte: Le domande aperte incoraggiano la persona a esplorare i propri sentimenti e pensieri. Le domande chiuse forzano una data risposta. Esempi di domande aperte: • Mi può dire qualcos’altro? • Vuole parlarmi un po’ di … • Che impressione ha di … Intervenire sulla comunicazione non verbale: guardare in faccia chi ci parla. Questo comportamento gli dice: “Sono qui con te”; mantenere il contatto visivo, guardare negli occhi. Questo comportamento comunica: “Sono attento e interessato a te”; assume una postura inclinata verso l’altro. Comunica “Sono interessato, sono coinvolto”; assumere una postura rilassata. Comunica “Ho energia per te, per lavorare assieme”. SEGNALI NON VERBALI DELLA CALORE COMUNICAZIONE FREDDEZZA Tono della voce Gentile Duro Espressione della faccia Sorridente e interessata Accigliata, disinteressata, impassibile Postura Rilassata, inclinata verso Tesa o l’altro all’indietro Contatto degli occhi Guardare l’altro negli Guardare altrove occhi Gesti Di apertura, benvenuto Distanza spaziale Prossimità, vicinanza Contatto Toccare l’altro gentilezza inclinata di Di rigidità Distanza con Evitare di toccare l’altro Bibliografia Birkenbihl Vera F., L'arte d'intendersi ovvero come imparare a comunicare meglio. Franco Angeli Ed. Birkenbihl Vera F.. L'arte di persuadere. Come affrontare con successo i propri compiti di comunicazione: da colloqui e trattative difficili a discorsi in pubblico. Franco Angeli Ed. D'Amato Vittorio, L'arte del dialogo. Per migliorare la qualità delle nostre comunicazioni e conversazioni, per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Franco Angeli Ed. Davis Martha; Fanning Patrick; McKay Matthew . Messaggi. Come sviluppare tutte le abilità della comunicazione. Il Sole 24 Ore Libri Grillo Mirella M. P. , Persone «difficili». Ovvero come saper trattare e ottenere una comunicazione efficace in famiglia, nel lavoro e con gli amici. Franco Angeli Ed. Parodi Cristina, La comunicazione. Parlare, telefonare, scrivere. Sonzogno Simionato Monica; Anderson George , Terapia d'urto. La comunicazione come strumento per gestire le proprie emozioni. Franco Angeli Ed. Tonon Renato, Il prisma della comunicazione. Imparare a comunicare. Franco Angeli Ed. Watzlawick Paul; Beavin J. H.; Jackson D. D., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Astrolabio ALLERGIA AI DERIVATI EPIDERMICI DEGLI ANIMALI DOMESTICI dottoressa Elena De Benedictis Con il termine di allergia deve essere inteso la abnorme iperreattività immunitaria specifica verso sostanze eterologhe, innocue per i soggetti normali. Vengono denominati allergeni tutte le sostanze eterologhe capace di indurre nell’organismo ad esse sensibilizzato una reazione allergica specifica, responsabile di manifestazioni cliniche diverse. • Allergeni da inalazione: pollini, acari, derivati animali, spore fungine e alcuni farmaci. Questi allergeni danno luogo, nella maggioranza dei casi, a manifestazioni cliniche a carico delle vie respiratorie, che costituiscono almeno 2/3 di tutte le sindromi allergiche • Allergeni da ingestione : alimenti, di origine animale o vegetale, sostanze chimiche diverse (inquinanti alimenti naturali o aggiunte industrialmente ad essi) e farmaci. Gli alimenti provocano più frequentemente manifestazioni a carico della cute e delle mucose (sindrome orticaria/angioedema, ecc.), ma possono dar luogo a sindromi orali, gastrointestinali, respiratorie o a carico di altri organi o apparati o a sindromi sistemiche (shock allergico). Analogamente i farmaci, oltre a condizioni morbose sistemiche (shock allergico), possono dar luogo a manifestazioni cutanee (eruzioni ponfoidi, eritematose, papulose o papulo-vescicolose, ecc), respiratorie (asma, rinite) ed ematologiche (immunocitopenie). • Allergeni da iniezione o da puntura : farmaci e veleno di insetti. I veleni di insetti, soprattutto di imenotteri (api, vespe, calabroni), possono dar luogo a reazioni locali o generali, anche a tipo di shock. • Allergeni da contatto : sostanze chimiche di diversa natura, cosmetici, farmaci per uso topico, sostanze di origine vegetale, presenti nelle diversi cicli industriale. Le manifestazioni cliniche sono a carico della cute e consistono soprattutto in dermatiti da contatto. Spesso le caratteristiche allergeniche sono legate ad un gruppo determinante antigenico (epitopo) della molecola. Con metodiche immunoenzimatiche si possono poi identificare i determinanti allergenici maggiori (verso cui si legano in oltre il 50% dei casi le IgE specifiche presente nei sieri di pz allergici a quella sostanza) e determinanti allegenici minori. I pollini rappresentano gli elementi maschili (gametofiti maschili), cui è demandato il compito di fecondare gli ovuli omospecifici delle piante superiori (o piante a fiore). Le dimensioni variano, a seconda delle specie, da un minimo di 5 ad un massimo di 200 Gli allergeni pollinici sono di natura proteica (o glicoproteica) e sono contenuti nello strato interno (intina o endina) dei granuli, da cui fuoriescono tramite alcuni pori situati sulla loro superficie. Quando i pollini inalati raggiungono le mucose, il loro involucro protettivo lipidico e polisaccaridico viene dissolto dall’acqua e degli enzimi delle secrezioni mucose, mentre vengono liberate le frazioni proteiche o glicoproteiche dotate di potere allergenico. I pollini per essere in grado di sensibilizzare un soggetto e produrre una pollinosi, devono avere le seguenti proprietà: • Contenere componenti specifici atti a sensibilizzare. • Appartenere a piante anemofile, i cui pollini vengono trasportati dal vento per l’impollinazione. • Essere prodotti in grande quantità: è questa una caratteristica delle piante anemofile, che danno origine ad enormi quantità di pollini, proprio per il fatto che solo una piccolissima percentuale di pollini giunge a fecondare un ovolo della stessa specie, mentre il resto si disperde. Basti pensare una pianta di mais può produrre 50 milioni di granuli pollinici, un’unica infiorescenza di betulla circa 5 milioni. • Essere molto leggeri onde poter essere trasportati a grande distanza dal vento. • Appartenere a piante a larga diffusione. • Già in passato era ben noto il potere allergenico della polvere di casa, la cui composizione è quanto mai eterogenea. Solo nel 1967 è stato dimostrato che gli allergeni della polvere sono costituiti da artropodi di piccole dimensioni della classe degli Aracnidi, cioè da cari del genere Dermatophagoides, soprattutto dal D. pteronissinus e dal D. farinae. Questi acari maggiori, così denominati per la loro notevole importanza in allergologia, hanno dimensioni di 200-300 , per cui non possono essere visti ad occhio nudo. Essi trovano il loro habitat naturale nella polvere di casa e nei materiali letterecci o di imbottitura (materassi e cuscini di lana o di piume costituiscono vere e proprie “nicchie ecologiche”, al riparo della luce, per i dermatofagoidi), oltre che nei vestiti e nei tessuti di abbigliamento, in quanto la loro fonte di alimentazione è costituita essenzialmente da forfora umana o animale, miceti e residui alimentari. L’optimum per il loro sviluppo è rappresentato da temperature non eccessivamente fredde ( tra 15° e 30°C)e da ambienti relativamente umidi (60-80% di umidità relativa), ciò spiega il maggiore sviluppo di questi acari in località situate a meno di 1000 - 1500 metri di altitudine (al di sopra di queste altitudini il clima freddo e l’aria secca non favoriscono lo sviluppo degli acari) e nei mesi autunnali. Sono notevolmente frequenti i casi di allergopatie respiratorie da ipersensibilità ad allergeni di origine felina. Il principale allergene del gatto (fel d1), che negli anni precedenti era ritenuto prodotto essenzialmente dalle ghiandole salivari, viene invece prodotto dalle cellule sebacee e, in grado minore, dalle cellule epiteliali squamose basali e si accumula sulla superficie dell’epidermide nella forfora e nei peli. L’allergene del gatto è legato a particelle molto piccole (2-5 ), in grado di disperdersi rapidamente nell’aria e di rimanervi sospese per molte ore. Esso tende ad accumularsi soprattutto nei materiali tessili di arredamento(tappeti, divani, tappezzerie, tende), da cui scompare lentamente anche dopo l’allontanamento dell’animale. Concentrazioni estremamente elevate di questo allergene (fino a 20 ng/m3 d’aria ed oltre 300 mcg7g di polvere domestica) si possono ritrovare in ambienti in cui sia abituale o frequente la presenza di uno o più gatti. Ciò spiega l’insorgenza di manifestazioni cliniche improvvise e gravi in soggetti sensibili quando entrino in uno di tali ambienti. Elevate concentrazioni di Fel d1 possono essere presenti anche nei materiali di abbigliamento (giacche, pantaloni, maglioni ) dei possessori di gatti. E’ verosimile che proteine allergeniche del gatto possano essere facilmente rilasciate anche in ambienti dove non esistono questi animali domestici. La produzione di fel d1 è maggiore nei gatti di sesso maschile, in cui aumenta dopo somministrazione di testosterone e diminuisce notevolmente dopo la castrazione; quest’ultima non modifica, invece la produzione di Fel d1 nelle gatte. Questo allergene presenta parziale cross-reattività con antigeni di felini superiori (leone, tigre, ecc). Per quanto riguarda il cane, la frequenza delle sensibilizzazioni varia a seconda delle razze (sembra più frequente per il boxer e per lo schnauzer). Il principale allergene del cane (can f1) ottenuto dal pelo e dalla forfora è stato recentemente purificato e caratterizzato. Le sensibilizzazioni alla forfora di cavallo sembrano attualmente meno frequenti che n passato e si osservano quasi esclusivamente in soggetti esposti per motivi professionali (fantini, stallieri, veterinari), oltre che in soggetti dediti all’equitazione. Dai derivati epidermici del cavallo sono stati identificati e purificati tre allergeni (Equ c1, Equ c2, Equ c3), parzialmente analoghi a quelli di altri equidi (mulo, asino, zebra). Deve essere ricordato che si tratta d allergeni molto potenti, per cui le manifestazioni cliniche soprattutto di tipo asmatico, in soggetti allergici alla forfora di cavallo sono gravi e possono insorgere bruscamente , non solo per contatto diretto con l’animale ma anche per intermediazione di persone che siano state a contatto diretto con l’animale o anche per il semplice transito in prossimità di scuderie o maneggi. Possono riscontrarsi inoltre sensibilizzazioni per forfore di bovini in soggetti esposti per motivi professionale. Per quello che riguarda i derivati epidermici di coniglio, si segnala l’incremento delle sensibilizzazioni in relazione alla recente abitudine di allevare questo roditore in casa come animale di compagnia Come ampiamente noto, Il sistema immune svolge la sua attività attraverso la cooperazione delle cellule immunocompetenti propriamente dette (che comprendono le diverse popolazioni linfociatarie implicate nella risposta immune) e delle cellule accessorie (monociti/macrofagi, neutrofili, eosinofili, etc), con il concorso di varie molecole (citochine , molecole di adesione, sistema maggiore di istocompatibilità..). In breve: • I linfociti T svolgono funzioni di riconoscimento dell’antigene, attivano la risposta immune e, nel caso delle reazioni cellulo-mediate, esercitano funzioni citotossiche nei riguardi delle cellule bersaglio. • I linfociti B svolgono compiti essenziali nell’immunità umorale (produzione di anticorpi). • Vi è cooperazione T ! B, con due sottopopolazioni linfocitarie: • Linfociti Th (CD4+), a prevalente attività “helper”, che facilitano la formazione di anticorpi • Linfociti Tc (CD8+), citotossici, a prevalente attività “suppressor”, che limitano la produzione anticorpale da parte dei linfociti B. Le citochine, prodotte dai linfociti Th, dalle cellule presentanti l’antigene (APC), dai linfociti NK, dai mastociti, dalle cellule endoteliali e da vari altri elementi cellulari, regolano ed amplificano la risposta immunitaria. L’asma bronchiale rappresenta una delle più comuni malattie croniche dell’adulto e la più comune affezione in età pediatrica. E’ più frequente nelle nazioni caratterizzate da elevato sviluppo socio-economico (7% negli Stati Uniti, solo 0,5% in Africa): La prevalenza è superiore nei paesi del Nord rispetto a quelli del Sud sia in Europa che in America. In Europa la prevalenza è maggiore nelle nazioni occidentali (Italia, Germania, Inghilterra, etc), rispetto a quelle orientali (Russia, Romania, etc). Negli ultimi 15 anni si è verificato un notevole aumento della prevalenza dell’asma bronchiale, secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità sono affetti da asma 100-150 milioni di persone nel mondo con oltre 180.000 morti\anno, con previsioni di crescita della malattia al ritmo del 20% per anno. Studi epidemiologici condotti in Italia in un’area a basso livello di inquinamento ambientale, utilizzando questionari standardizzati e metodologie affidabili, hanno mostrato prevalenza di circa 5% sia nei maschi che nelle femmine. In particolare i dati di prevalenza di malattia suddivisi secondo le diverse fasce di età mostrano un picco in età pediatrica ed uno in età adulta. Nell’ambito del progetto “SIDRIA” (Studi Italiani sui Disturbi Respiratori nell’Infanzia e Ambiente), la prevalenza dell’asma tra gli studenti di 6-7 anni e di 13-14 anni in 10 aree del Nord e del Centro Italia è risultato del 9%.Il dato italiano è inferiore a quello di molti paesi del Nord Europa (ad esempio Regno Unito 20%), ma superiore ad altri paesi del Sud Europa (Grecia 5%), confermando la rilevanza della patologia nel nostro paese.. Teoria dell‘Igiene : Sta guadagnando progressivamente credito l’ipotesi che l’epidemia di allergie sia una diretta conseguenza del generalizzato declino delle malattie infettive e delle stimolazioni microbiche in genere. Si ipotizza che l’igiene, contrastando la ricircolazione dei microbi, nel favorire uno straordinario calo della mortalità infantile abbia contemporaneamente privato le nuove generazioni di quegli stimoli immunologici, inevitabili nei secoli scorsi, in grado di educare correttamente il nostro sistema immunitario e orientarlo ad un fisiologico rapporto con l’ambiente. Alcune sottopopolazioni linfocitarie sono in grado di produrre determinate citochine a preferenza di altre; ad esempio, nell’ambito dei linfociti Th (CD4+) si riconoscono due cloni linfocitari funzionalmente opposti con diverso profilo citochimico: ♦ Th1, che producono essenzialmente IL-2, IL-12, interfeon gamma, interferon alfa e beta e TGF- , che ostacolano la produzione di IgE, responsabili delle reazioni citotossiche dirette o anticorpo-dipendenti e delle reazioni di ipersensibilità ritardata. ♦ Th2, caratteristici dei soggetti atopici, che producono soprattutto IL-4,IL-13, oltre a IL-3, IL-5, IL-6, IL10, che facilitano la produzione di IgE. Le malattie infettive, contratte durante il periodo della maturazione immunitaria, attivano le APC e determinano un aumento della produzione di INF che insieme alla IL-12 attiva la proliferazione dei linfociti Th1 e deprime quella dei Th2. Questo fenomeno spiegherebbe il ruolo protettivo delle infezioni contratte nei primi anni di vita nei confronti dello sviluppo dell’atopia. Studi epidemiologici hanno osservato una relazione inversa tra la presenza di atopia e il morbillo acquisito per via naturale, esposizione al virus dell’epatite A e la reattività cutanea alla tubercolina dopo vaccinazione con BCG. E’ verosimile che l’educazione del sistema immunitario non sia affidata ad un solo evento infettivo, ma piuttosto ad una serie diversificata di contatti microbici, non tutti necessariamente patogeni, ripetuti anche molte volte nel tempo e interessanti non soltanto la mucosa respiratoria, ma anche altre mucose dell’organismo, con particolare riferimento alle mucose dell’apparato digerente. Un ruolo importante giocano inoltre i cambiamenti indotti dalle attività umane negli ambienti interni e il cosiddetto stile di vita occidentale. Caratteristiche degli ambienti interni e dello stile di vita che possono favorire un incremento delle allergopatie respiratorie. • Sistemi di conservazione dell’energia come porte e finestre ad azione sigillante che riducono la ventilazione naturale e conseguentemente incrementano i livelli di umidità interna e di inquinanti chimici. • Incrementato uso si arredamento imbottito e di moquettes • Sistemi di riscaldamento centralizzato o di umidificazione • Materiali di costruzione che introducono nuovi agenti chimici in casa • Più tempo trascorso in ambienti interni. • Vita sedentaria • incrementata presenza di animali con in pelo L’obiettivo delle misure preventive è quello di ridurre i livelli degli allergeni e dei contaminanti chimici negli ambienti interni allo scopo di ridurre l’esposizione dei pazienti sensibilizzati a questi agenti. Il successo di ogni intervento preventivo dipende tuttavia da molti fattori, tra cui l’identificazione dei pazienti ad alto rischio, l’uso di interventi di facile applicazione, la riduzione al minimo dei possibili eventi avversi e la produzione di misure dal buon rapporto costo/efficacia. Sono stati proposti differenti livelli soglia per i principali allergeni da ambiente interno (Der p1, Fel d 1 e Bla g2) in grado di determinare sensibilizzazione delle vie aeree e/o riacutizzazioni dell’asma. Questi quantitativi soglia di allergene possono tuttavia differire da un individuo all’altro a seconda del grado di iperreattività bronchiale e della possibilità di inalazione di altri agenti irritanti. Vi sono anche opinioni divergenti circa le concentrazioni soglia di allergene del gatto perché le quantità di questo materiale nella polvere potrebbero non rappresentare il reale livello di esposizione ambientale. Infatti poiché il 20-25<% del Fel d1 è aerotrasportato negli ambienti interni, ne deriva che sarebbe più appropriata, come indice di esposizione , la valutazione dei livello soglia per ‘allergene in fase acuta mediante l’uso di campionatori per materiale aerodisperso. I livelli di allergene da ambienti confinati che possono causare sensibilizzazione delle vie aeree e/o riacutizzazioni dell’asma nei soggetti suscettibili e gli obiettivi delle misure di allontanamento dagli allergeni vengono indicati nella figura 2. Quando si parla di allergia a derivati epidermici non si può prescindere dal prendere in considerazione l’allergia ad acari della polvere domestica per una serie di motivi : 1. le due sensibilizzazioni spesso coesistono 2. gli acari si cibano di scorie di epidermide non solo umana ma anche dei nostri animali domestici 3. le misure preventive spesso sono comuni. Le procedure utilizzate per ridurre l’esposizione degli allergeni degli acari costituiscono una complessa miscela di interventi ambientali sulle caratteristiche delle abitazioni e l’uso di agenti chimici e fisici. Il letto costituisce la principale riserva di acari vivi ed allergeni degli acari (feci), perché contiene quantità rilevanti di desquamazioni cutanee umane e altri prodotti epiteliali che possono diventare alimento per gli acari. Inoltre, queste proteine allergeniche vengono inalate per molte ore durante il sonno. A causa dello spessore del materasso, gli agenti chimici e/o gli aspirapolvere non sono in genere efficaci, perciò i tessuti di rivestimento vengono generalmente considerati la migliore misura preventiva. I rivestimenti per materassi cuscini devono essere impermeabili agli allergeni degli acari, ma non all’aria e al vapore, dovrebbero essere robusti, facilmente adattabili e frequentemente lavabili per prevenire l’accumulo degli allergeni sulla loro superficie- Coperte e rivestimenti del letto dovrebbero essere lavati almeno a 55 gradi allo scopo di uccidere gli acari. Se il semplice lavaggi in acqua fredda rimuove questi allergeni, il lavaggio a secco uccide glia cari e ne rimuovere gli allergeni dalle coperte. La moquette costituisce una rilevante riserva di acari e derivati epidermici, di conseguenza rappresenta un problema rilevante nella strategia della prevenzione. Essa dovrebbe essere rimossa e sostituita con pavimento di legno, vinile o in mattonelle. Se questi interventi radicali non dovessero essere praticabili andranno adottate altre misure come aspirazioni ad acqua o a secco, uso di agenti acaricidi o denaturanti ed esposizione a luce solare. Il lavaggio a vapore uccide glia cari e ne rimuove gli allergeni fai tappeti, ma questa procedura potrebbe lasciare un residuo d’acqua sufficiente per incrementare il livello di umidità nel microhabitat del tappeto e ciò può contribuire a facilitare la crescita degli stessi. L’impiego di un aspirapolvere è considerato utile per la rimozione di acari, derivati epidermici dai siti di accumulo, solo se l’uso è intensivo e regolare. Gli allergeni ambientali possono essere eliminati in modo completo da tappeti e dall’arredamento solo se l’aspirazione viene associata ad altre misure. Dovrebbero essere utilizzati solo aspirapolvere con adeguati sistemi di filtraggio dello scarico: ad esempio filtri ad alta efficienza sul particolato come gli HEPA e sacchetti a doppio spessore ed un sistema di filtrazione elettrostatico, per evitare l’incremento dei livelli aerodispersi di allergeni provenienti da perdite dell’apparecchio. La maggioranza degli studi dimostra l’efficacia di acaricidi o di agenti denaturanti le proteine degli acari. Questi dovrebbero essere applicati ogni 2-3 mesi per prevenire la ricolonizzazione. Sfortunatamente sono ancora sconosciuti gli effetti sulla salute umana di questi agenti, comunque l’uso a breve termine di acaricidi come il benzoato di benzile è abitualmente ben tollerato. Altri agenti anti-acaro possono agire mediante meccanismi diversi, ad esempio il sale uccide glia acari per disidratazione e l’olio di eucalipto può essere aggiunto nei processi di lavaggio della biancheria da letto. Ovviamente indispensabile per la rimozione degli allergeni l’uso successivo di una vigorosa aspirazione. Una riduzione dell’umidità relativa a meno di 45-50 5 rappresenta un’importante misura per il controllo degli acari. Un incremento del livello della ventilazione naturale interna può essere utile solo in aree geografiche dove l’aria esterne è sufficientemente asciutta. Un sistema curioso di profilassi anti-acaro è il congelamento di piccoli oggetti come animali di peluche nel congelatore domestico per almeno un’ora. Misure per ridurre l’esposizione agli allergeni degli acari della polvere • Tappeti , moquettes, tende ed arredamento imbottito dovrebbero essere evitati. • Questi materiali andrebbero sostituiti con superfici lavabili come il vinile o il linoleum tende lavabili di cotone mobili tappezzabili in cuoio • Dovrebbero essere usate coperture anti-acaro su materassi cuscini e trapunte. • Cuscini, coperte, trapunte e giocattoli di peluche devono essere lavati ogni settimana in acqua calda (55-60°) • Dovrebbe essere usato un aspirapolvere efficiente con filtri HEPA e sacchetti a doppio strato almeno due volte la settimana su tutte le superfici di arredamento, tappeti, pavimenti e biancheria da letto • Uso di antiacari • L’umidità dovrebbe essere tenuta al di sotto del 45%, favorendo la ventilazione naturale o, nelle aree a clima umido, impiegando un deumidificatore. • I pazienti allergici agli acari dovrebbero indossare delle mascherine facciali mentre si usa l’aspirapolvere • I bambini allergici dovrebbero essere tenuti fuori dalle stanze durante e per 2-3 ore dopo l’aspirazione. Il migliore modo di prevenire le riacutizzazioni in pazienti sensibilizzati agli allergeni degli animali da compagnia è il trasferimento degli animali stessi, dopo che sia stata dimostrato il nesso di causalità tra l’esposizione all’animale e la insorgenza della sintomatologia respiratoria. Spesso alla sensibilità cutanea non corrisponde uno specifico quadro clinico o la sensibilità cutanea al pelo dell’animale si associa ad altre sensibilità verso allergeni domestici come gli acari, rendendo assolutamente inutile oltre che doloroso l’allontanamento del proprio animale. Differente è se il soggetto risultato positivo ai derivati epidermici non possiede un cane o un gatto e ci chiede consiglio riguardo l’opportunità di adottarne uno. In questo caso, a meno di una situazione ambientale particolare come una casa con ampi spazi esterni, dove il cane dovrebbe soggiornare per la maggior parte del tempo, allo scopo di evitare ulteriori problemi al proprietario ed all’animale, è opportuno cercare di dissuadere il soggetto allergico. Molti pazienti sensibilizzati tuttavia si rifiutano di trasferire il loro animale o decidono ugualmente la nuova adozione. In alcuni casi, i pazienti arrivano a negare che i loro sintomi respiratori possano essere scatenati dall’esposizione all’animale. In questi casi sono necessarie misure di prevenzione intensive per tentare di ridurre il grado di esposizione all’allergene e, di conseguenza, controllare i sintomi nasali e/o bronchiali. Da un punto di vista generale la rimozione di questi materiali dagli ambienti interni è una utile misura preventiva non solo per il pazienti sensibilizzati agli allergeni degli animali domestici , anche per quelli sensibilizzati alle proteine allergeniche dell’acaro, perché gli acari si nutrono, come abbiamo detto, anche dei derivati epiteliali prodotti dagli animali. I tappeti costituiscono una rilevante riserva di allergeni animali: alcune caratteristiche costitutive come una bassa densità di pelo o l’altezza del pelo, fibre rivestite fluorocarbone, possono influenzare la ritenzione degli allergeni del gatto. Inoltre, sono state riscontrate elevate quantità di Fel d 1 nei tappeti e nei materassi molti mesi dopo l’allontanamento dei gatti. Per questo motivo dovrebbero essere impiegati, negli ambienti interni, aspirapolvere con filtri HEPA in maniera intensiva e per lunghi periodi. Gli allergeni degli animali domestici, in particolare il Fel d1 vengono comunemente travati in molti ambienti interni (privato/ pubblici nonché mezzi di trasporto dove i gatti non sono mai entrati. Si è recentemente dimostrato che gli abiti possono costituire un importante modalità di dispersione dell’allergene del gatto in ambienti privi ditale animale. Questa caratteristica è stata dimostrata anche per l’allergene del cane (can f1). Pertanto la rimozione degli allergeni dagli abiti dei possessori di tali animali dovrebbe essere considerata un punto importante per la prevenzione di questa allergia. Il lavaggio in acqua (senza uso di detergenti) di tessuti di cotone contaminati con fel d 1 costituisce una modalità semplice ed efficace per la completa rimozione dell’allergene del gatto. Al contrario un lavaggio a secco in lavanderia rimuove ampie quantità di allergene di gatto dai tessuti di lana contaminati, ma questa modalità di lavaggio non elimina completamente il materiale allergenico. Misure per ridurre l’esposizione agli allergeni del cane e del gatto • Uso di aspirapolvere con filtri HEPA e sacchetti in doppio strato per rimuovere gli allergeni degli animali dai siti di accumulo • Eventuale uso di depuratori con filtro HEPA per allontanare la quota aerodispersa • Avere le stese attenzioni per il materiale lettereccio descritta per la allergia agli acari • Gli animali dovrebbero essere lavati settimanalmente per ridurre il rilascio delle proteine allergeniche • Dovrebbe essere lavati di frequente il materiale delle cucce • L’uso di Allerpet C sull’animale. • Frequenti spazzolature dell’animale operato da un familiare non sensibilizzato • Gli animali dovrebbero essere tenuti fuori di casa il più possibile e in ogni caso lontani dalla camera da letto • Gli ambienti dovrebbero essere ventilati naturalmente • Il lavaggio frequente degli abiti dei possessori dei gatti ed evitare di indossare all’esterno abiti contaminati da allergeni potrebbe prevenire la dispersione dell’allergene del gatto. Oltre alla terapia medica, un altro modo di interferire con questo tipo di allergia è la ’immunoterapia allergene-specifica (ITS), che consiste nel somministrare al soggetto allergico quantità gradualmente crescenti di un estratto allergenico, con lo scopo di ridurre la sintomatologia provocata dall’esposizione all’allergene stesso. L’efficacia di questo trattamento è stata confermata nel corso degli anni da studi clinici e dell’immunologia di base che ne hanno chiarito indicazioni, controindicazioni e limiti. Questo lavoro di ricerca è culminato con la pubblicazione di un documento ufficiale della Organizzazione Mondiale della Sanità che compendia le attuali conoscenza in tema di ITS. Tale documento valida l‘ITS come strategia terapeutica importante, ne sottolinea l’aspetto di biological response modifyier e comprova l’uso delle vie sublinguale e nasale come valida alternativa al l’ITS per via sottocutanea. Molti di questi aspetti sono stati recentemente ribaditi in altri documenti ufficiale come il Position Paper della European Academy of Allergy and Clinical immunology e ancora dall’OMS, oltre ad essere inserita nelle recenti linee guida del trattamento dell’asma. La Immunoterapia specifica ha come lati negativi: • La durata del trattamento • Il costo • I possibili effetti collaterali Per cui deve essere ben ponderata la scelta dei pazienti da sottoporre a trattamento, con precedenza agli esposti professionalmente, di coloro che presentano una monosensibilizzazione, delle vie di somministrazione con attenta valutazione costo/beneficio. Per concludere, ha fatto scalpore uno studio del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Gotemborg e Linkoping in Svezia in cui è risultato che nei bambini esposti fin dalla nascita (periodo considerato fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario) al pelo degli animali domestici non soltanto risulta diminuito il tasso di sensibilizzazione a cani e gatti, ma è ridotta anche la prevalenza degli stati atopici nella successiva età scolare. Un’inchiesta dell’European Community evidenziava un dato analogo : l’esposizione al gatto in età infantile corrisponde ad una più ridotta sensibilizzazione in età adulta. Attualmente sono in corso numerosi studi che hanno lo scopo di valutare su casistiche più ampie e per tempi lunghi queste osservazione e di considerare le ricadute che una ridotta sensibilizzazione verso questi allergeni abbia sulla comparsa di asma nei soggetti predisposti. PRINCIPALI PARASSITI DEL CANE E DEL GATTO dottoressa Roberta Galuppi Grossolanamente possiamo dividere i principali parassiti del cane e del gatto in 4 grossi gruppi: • I “FUNGHI” • I “VERMI” • I “COCCIDI” • INSETTI, ZECCHE e ACARI I “FUNGHI” Molto spesso si dice genericamente che un animale "ha i funghi". I funghi (o miceti) sono organismi molto diversificati fra loro; infatti con questo termine possiamo includere sia funghi macroscopici, commestibili o velenosi, ma anche funghi microscopici. Questi ultimi possono essere unicellulari, ovvero costituiti da singole cellule che si moltiplicano per gemmazione di nuove unità e che sono solitamente definiti "lieviti", oppure costituiti da lunghi filamenti ramificati detti ife, costituite da più cellule: in questo caso sono chiamati "muffe". Fra i lieviti e le muffe (che sono sempre funghi) sono comprese alcune specie che possono dare malattia perché sono in grado di invadere i tessuti dell'organismo. Il più delle volte, quando si dice che un animale “ha i funghi”, ci si riferisce a una specifica infezione causata da un gruppo ben definito di miceti chiamati DERMATOFITI. Questi appartengono a generi e specie diverse, che hanno in comune la capacità di aggredire le strutture cornee dell'epidermide, dei peli e delle unghie attraverso la demolizione enzimatica della cheratina. I dermatofiti sono generalmente distinti, nella comune terminologia medica, in tre generi: Epidermophyton, che interessa solo l'uomo, Trichophyton e Microsporum. Questi ultimi due generi comprendono varie specie che in base al loro adattamento a diverse situazioni ambientali, possono essere distinte in: - ANTROPOFILE, adattate a vivere sull’uomo, solitamente non colpiscono gli animali (es. Trichophyton rubrum, Microsporum audouinii); - GEOFILE, adattate a vivere nel terreno, ma in grado a volte di dare malattie nell'uomo e negli animali (es. Microsporum gypseum); - ZOOFILE, adattate a vivere sugli animali che possono però essere trasmesse anche all'uomo e sono quindi causa di ZOONOSI (es. Microsporum canis, Trichophyton mentagrophytes e T. verrucosum). Nei cani e nei gatti la specie che si ritrova più di frequente è Microsporum canis, un fungo che in colture artificiali cresce facilmente producendo colonie con un pigmento giallastro e spore caratterstiche multicellate. Quando questi funghi arrivano a contatto con la cute, se riescono a superare le difese cutanee date principalmente dalle secrezioni sebacee e dal continuo rinnovamento delle strutture cutanee, crescono producendo ife che si allungano penetrando nelle strutture cornee nell'epidermide. Per quanto riguarda i peli, le ife penetrano nell'apertura follicolare, crescono aderendo alla superficie del pelo, vi penetrano e continuano a crescere all'interno del pelo verso il bulbo pilifero, senza mai giungere alla zona di accrescimento ma invadendo gradualmente gli elementi cornei che si vanno via via formando. Al tempo stesso le ife formate sono trascinate verso l'esterno dall'accrescimento pilare. In fasi avanzate la crescita dell'ifa all'interno del pelo provoca un indebolimento dello stesso che si spezza a livello dello sbocco follicolare. (da “Pinetti P., 1977: Le dermatofizie) Nel genere Microsporum le ife crescono anche all'esterno del pelo, formando un manicotto. Le ife, intra- o extra-pilari a seconda delle specie, vanno poi incontro a frammentazione suddividendosi in numerosissime artrospore. Queste sono le forme di moltiplicazione e di resistenza del fungo: sono in grado di trasmettere l'infezione da un animale all'altro per contatto diretto, oppure possono essere veicolate da strumenti, attrezzature, panni, vestiti. Specialmente se protette da strutture cornee, sono in grado di mantenersi vive e infettanti nell'ambiente anche per 2 anni. Nel cane le lesioni che si possono trovare in corso di dermatofitosi, in forma tipica sono rappresentate da lesioni rotondeggianti alopeciche (ovvero prive di pelo), più o meno arrossate e/o desquamanti, singole o multiple; più raramente ci possono essere forme molto crostose o con complicanze batteriche. Nei gatti frequentemente le lesioni iniziano come aree di alopecia a livello del padiglione auricolare, ma possono avere localizzazioni varie e, in casi estremi, essere addirittura diffuse. Il gatto però presenta un'altra particolarità: molto spesso può comportarsi come un portatore asintomatico e albergare nel pelo numerose spore del fungo senza però mostrare malattia. Sono questi i casi più pericolosi, poiché come detto prima, questi funghi possono trasmettersi anche all'uomo e in caso di mancanza di lesioni evidenti non sono prese le precauzioni igieniche elementari, quindi la trasmissione viene favorita. Nell'uomo le localizzazioni possono essere varie, ma solitamente è coinvolta la cute glabra. Nei bambini può essere interessato anche il cuoio capelluto. Esistono altri funghi che possono dare malattia nel cane e nel gatto, ad esempio Malassezia pachydermatis, che può determinare otiti o dermatiti, e Aspergillus fumigatus, che può fra l'altro determinare riniti soprattutto nel cane. Mentre il primo è un lievito che spesso vive come saprofita sulla cute il secondo è una muffa ubiquitaria, ovvero presente nell'ambiente quasi ovunque. In entrambi i casi, questi funghi possono dare malattia solo in caso di concomitanti situazioni favorenti. I “VERMI” Anche quando si dice che un animale “ha i vermi” occorre specificare di quale parassiti si tratta, poiché esistono molti "vermi" in grado di dare malattie nel cane e nel gatto. I più comuni sono parassiti che si localizzano a livello intestinale e possono essere di forma cilindrica più o meno affusolata (vermi ”tondi”), o appiattiti (vermi “piatti”). VERMI "TONDI" Fra i vermi “tondi” che da adulti si localizzano a livello intestinale, nel cane e nel gatto troviamo diversi tipi di parassiti con cicli ed effetti patogeni diversi; i più comuni possono essere inclusi nei seguenti gruppi: ASCARIDI, TRICHIURI, ANCILOSTOMI. Quelli indubbiamente presenti con maggiore frequenza sono gli ASCARIDI, grossi vermi bianco opachi localizzati da adulti nell'intestino tenue. Nel cane è presente Toxoxara canis, nel gatto Toxocara cati ed in entrambi Toxascaris leonina. Toxocara canis fra gli ascaridi e quello con il ciclo più complesso, che verrà descritto di seguito. Gli adulti vivono nell’intestino dove causano enterite, meteorismo e, in casi gravi, ostruzione. Producono uova scure, con guscio spesso, molto resistenti nell'ambiente, che una volta uscite con le feci in circa 4 settimane sviluppano al proprio interno una larva di secondo stadio. A questo punto le uova sono infettanti e, se ingerite da un cane, schiudono lasciando uscire le larve. Queste se il cane è di età inferiore a tre mesi, penetrano nella parete intestinale, e dopo una migrazione all’interno dell’organismo, ritornano nell'intestino dove diventano adulte. Se i cani hanno più di 6 mesi le larve non tornano nell’intestino ma migrano in vari tessuti e organi, inclusi fegato, polmone, cervello cuore muscolatura scheletrica ecc., dove rimangono quiescenti. Se il cane è maschio il ciclo si arresta; nelle femmine durante la gravidanza le larve si mobilitano e raggiungono il polmone del feto; da qui dopo la nascita riprendono le migrazioni e raggiungono l'intestino del cucciolo. Le femmine possono infestare anche cucciolate successive. Alcune larve vanno anche nell'intestino della cagne, diventando adulti: dopo alcune settimane dal parto si possono quindi avere grosse quantità di uova nelle feci. In parte le larve vanno anche alla mammella e possono raggiungere il cucciolo con l’allattamento nelle prime tre settimane dopo il parto: queste larve diventano adulte direttamente in sede intestinale senza migrazioni. Se le uova larvate vengono ingerite da ospiti diversi dal cane, detti OSPITI PARATENICI, le larve si localizzano in vari organi e tessuti come nel cane adulto e riprendono il loro sviluppo solo se l’ospite viene ingerito da un cane, sviluppando ad adulti direttamente nell'intestino di quest'ultimo. Oltre che per la sua importanza in campo veterinario questo parassita è conosciuto per le sindromi di Larva migrans visceralis causate nell'uomo. Anche l'uomo, infatti, può comportarsi come un ospite paratenico: se le uova vengono accidentalmente ingerite le larve si possono localizzare nel fegato oppure in vari organi fra cui occhio e cervello. Nell'occhio oltre a danneggiare la vista, danno luogo alla formazione di un granuloma che può confondersi con un tumore della retina e portare all'asportazione del bulbo oculare in caso di diagnosi errata. Se la localizzazione è a livello cerebrale si possono avere epilessia e disturbi del comportamento. Più a rischio sono i bambini Nel gatto l'infestazione da T. cati ha un ciclo è analogo, ma manca il passaggio transplacentare. Per quanto riguarda Trichiuri e Ancilostomi, entrambi vermi ematofagi in grado di determinare oltre che enterite anche anemia, il ciclo biologico è molto più semplice e diretto. Come per gli ascaridi, l’uovo appena emesso con le feci necessita di un periodo di tempo nell’ambiente per sviluppare al suo interno una larva. Nel caso dei trichiuri è l’ingestione di uova larvate infestanti, che resistono fino a 2-3 anni nell’ambiente, a provocare l’infestazione intestinale. Per quanto riguarda gli ancilostomi, dall’uovo dopo la maturazione che necessita di condizioni ottimali (es. parchetti erbosi), fuoriesce una larva che può essere ingerita ma è anche in grado di penetrare da sola nella pelle dei cani e di migrare poi fino a raggiungere l’intestino dove diventerà adulta. Raramente la larva può penetrare anche la cute dell’uomo, compiendo migrazioni sottocutanee e causando dermatite con tragitti arrossati (Larva migrans cutanea) VERMI "PIATTI" In questo gruppo verranno trattate in particolare le “TENIE”. Con questo termine si intendono abitualmente dei vermi “piatti” che da adulti si localizzano nell'intestino e sono costituiti da una testa con ventose, che gli permette di attaccarsi alla mucosa intestinale, un collo e un corpo nastriforme appiattito costituito da tanti segmenti chiamati proglottidi. Questi vermi non hanno apparato digerente e per alimentarsi assorbono attraverso la cuticola le sostanze già digerite dall'ospite in cui vivono, esercitando così una intensa azione sottrattiva. Ogni proglottide, quando è matura, è piena di uova e viene espulsa con le feci. Le uova sono piccole, hanno all'interno una piccola larva e quindi sono già infestanti subito dopo l’emissione, sono avvolte da un guscio molto spesso e una volta liberate nell'ambiente sono molto resistenti. In questo caso non c'è un ciclo diretto, ma perché possa continuare lo sviluppo è necessario un ospite intermedio, diverso per ogni specie di tenia. Quando questo ospite avrà ingerito le uova, al suo interno si formerà una larva, diversa per forma e dimensione a seconda della specie. Il cane o il gatto si infetteranno mangiando l’ ospite intermedio, o parte di esso, contenente la forma larvale. Nel cane e nel gatto, la tenia che si riscontra più di frequente e che è comune a entrambi gli animali si chiama Dipylidium caninum. Viene chiamata anche "tenia cucumerina" per la forma simile a un seme di melone delle proglottidi, che si possono vedere nelle feci anche a occhio nudo. In questo caso l'ospite intermedio è molto comune: si tratta della pulce. Questa ingerisce le uova della tenia quando è ancora in fase larvale, e sviluppa al suo interno la forma infettante per cane e gatto. Quando la pulce è adulta infesta questi animali che, mordicchiandosi per grattarsi, possono ingerirla permettendo così lo sviluppo del verme adulto nell'intestino. Nel gatto c'è un'altra tenia, Taenia taeniformis, che ha come ospite intermedio il topo in cui si sviluppa la forma larvale. Nel cane esistono molte altre tenie che hanno come ospite intermedio animali domestici o selvatici di cui il cane, essendo carnivoro, può cibarsi (es. conigli, lepri, pecore). Fra queste molto importante è una piccola tenia, lunga pochi millimetri, poco patogena per il cane e le cui proglottidi sono praticamente non visibili nelle feci. Si tratta di Echinococcus granulosus che ha come ospite intermedio vari mammiferi, il più importante dei quali è la pecora. In questi ospiti la forma larvale, una grossa cisti chamata IDATIDE, si localizza principalmente in fegato e polmoni. Questa parassitosi è più diffusa in zone di pastorizia, dove le pecore si infettano facilmente da uova presenti in feci di cane che contaminano il pascolo e il cane a sua volta si infesta ingerendo organi parassitati di pecora, che spesso gli vengono dati come alimento in quanto scarti di macellazione. Il rischio di questa parassitosi è che anche l'uomo può comportarsi come un ospite intermedio e se per caso ingerisce accidentalmente uova della tenia (per contaminazione ad esempio delle verdure dell'orto da parte delle feci del cane, o per mani sporche) nel suo organismo può svilupparsi la forma larvale, soprattutto in fegato, e polmoni ma anche in altri organi come il cervello. Questa può raggiungere anche dimensioni notevoli e dare gravi patologie, dovute alla compressione sugli organi adiacenti, che possono essere guarite solo con l'intervento chirurgico. In un canile con alimentazione controllata questa parassitosi non dovrebbe entrare, ma non si può escludere il rischio per gli operatori a causa di cani di nuova introduzione di provenienza non conosciuta. Parlando ancora di vermi, vi sono alcuni vermi "tondi", che da adulti non si localizzano nell'intestino. Fra questi possiamo inserire le FILARIE. Con questo termine nel nostro paese parliamo di due specie: Dirofilaria repens e Dirofilaria immitis: la prima è diffusa soprattutto al sud e gli adulti si localizzano nel sottocute, la seconda è la più importante e più diffusa nelle nostre zone e gli adulti si localizzano nel cuore destro e nei vasi venosi ad esso afferenti, determinando una malattia chiamata "filariosi cardiopolmonare". Una volta si pensava che fosse una patologia esclusiva del cane, ma si è visto che può colpire anche il gatto. Il parassita non si trasmette direttamente da un animale all'altro, ma solo ad opera di zanzare, che succhiando il sangue di un animale ammalato assumono anche le forme larvali partorite dalle femmine adulte e chiamate microfilarie, che sono nel circolo dell'animale parassitato. Queste larve all'interno delle zanzare in circa 15 giorni compiono delle mute fino a diventare larve di terzo stadio infettanti, che si localizzano nell'apparato pungitore della zanzara e vengono trasmesse quando questa punge un nuovo ospite. Dopo altre mute, queste larve in circa 40 giorni diventano giovani adulti (L5) e nel giro di circa 6 mesi gli adulti, localizzati nel cuore si riproducono producendo microfilarie che passano in circolo. Questi parassiti possono vivere per 5 anni nel cuore del cane e 2-3 anni nel gatto. N.B. Le filarie, in particolare Dirofilaria repens, in qualche caso possono essere trasmesse dalle zanzare all’uomo, andandosi poi a localizzare in vari distretti dell’organismo. I COCCIDI I coccidi sono protozoi (organismi unicellulari) che si moltiplicano all'interno delle cellule della mucosa intestinale, provocandone la distruzione. Alla fine del loro ciclo produttivo andranno incontro ad una riproduzione sessuata con formazione delle oocisti, forme di resistenza che verranno immesse nell'ambiente con le feci. Nel cane e nel gatto la coccidiosi, cioè la malattia causata da coccidi propriamente detti, è provocata da diverse specie del genere Isospora. Le oocisti per diventare infettanti devono maturare 2 o 3 giorni nell'ambiente, dove poi possono rimanere vive e vitali per parecchio tempo costituendo un rischio di infezione specialmente per i cuccioli, nei quali la patologia data da coccidi può essere grave, con diarree imponenti, mentre gli adulti sono spesso eliminatori asintomatici. Il ciclo di solito è diretto, per ingestione di oocisti sporulate nel terreno, ma non si può escludere l'ingestione di roditori portatori di uno stadio asessuato dei parassiti nei tessuti, come per Toxoplasma, a cui il genere Isospora è collegato. Anche per questi parassiti è importante l'igiene dell'ambiente e la rimozione rapida delle feci emesse. N.B. Toxoplasma viene trattato nella lezione sulle zoonosi. INSETTI, ZECCHE e ACARI Fra gli insetti parassiti sicuramente i più diffusi nel cane e nel gatto sono le pulci (appartenente al genere Ctenocephalides), che allo stadio adulto sono parassiti obbligati e permanenti e causano prurito, sottrazione di sangue e reazioni allergiche. Le uova prodotte da questi insetti, che da adulti si nutrono di sangue, si schiudono nell'ambiente e fanno uscire delle larve vermiformi coperte di peli che si cibano di residui organici fino a che non diventano adulte. Gli adulti vivono sull'ospite ma possono sopravvivere anche 6 mesi nell'ambiente fra un pasto e l'altro. In particolare Ctenocephalides felis può colpire sia gatto che cane e, in caso di assenza degli ospiti naturali o in caso di gravi infestazioni, può colpire anche l'uomo. N.B. la pulce è l'ospite intermedio di Dipylidium caninum. Da ricordare inoltre altri insetti ematofagi (zanzare, pappataci) vettori di varie malattie. Con il termine di zecche, nel cane e nel gatto si intende solitamente parlare di organismi definiti Ixodidi o zecche dure, dotate di uno scudo dorsale rigido. Nelle nostre zone solitamente si trovano zecche “a tre ospiti”, che parassitano l'ospite solo durante il pasto di sangue e negli intervalli tra un pasto e l’altro si staccano e cadono nel terreno per compiere le mute necessarie a diventare adulti. La femmina specialmente necessita di grosse quantità di sangue per produrre le uova che saranno deposte nell’ambiente. Non si ha il passaggio diretto dell’infestazione da un animale all’altro, ma è l’ambiente che costituisce il fattore di rischio. In caso di infestazioni elevate le zecche sono causa di anemia; inoltre causano lesioni sulla cute nel punto di attacco, possono dare tossicosi e sono in grado di trasmettere diversi agenti di malattia agli animali e all'uomo. Anche diversi acari sono parassiti della cute degli animali. Alcuni di questi sono responsabili delle cosiddette ROGNE. ROGNA SARCOPTICA: Colpisce principalmente il cane ed è data da un acaro chiamato Sarcoptes scabiei, le cui femmine scavano gallerie nella cute per depositare le uova, provocando una grossa reazione cutanea con perdita di pelo, croste imponenti e prurito intenso, che può interessare tutta la cute dell'animale. La trasmissione avviene per contatto diretto o indirettamente tramite oggetti infetti (l'acaro sopravvive due settimane al massimo nell'ambiente). Questi acari sono presenti in diverse varietà, ognuna adattata ad una diversa specie animale: esiste anche una varietà umana che provoca la "scabbia" nell'uomo. Essendo le diverse varietà "specie specifiche", il contatto con cani affetti da rogna sarcoptica non causa scabbia nell'uomo (tranne rarissime eccezioni in soggetti immunodepressi), ma può causare delle dermatiti che generalmente guariscono da sole in circa 15 giorni una volta cessato il contatto con l'animale malato. Esiste anche una varietà di Sarcoptes che colpisce il gatto, ma molto raramente. In questa specie, infatti, più di frequente si ha la ROGNA NOTOEDRICA, data da Notoedres cati, un acaro che ha morfologia e ciclo biologico simile a Sarcoptes scabiei, e determina una patologia analoga. ROGNA DEMODETTICA: attualmente è forse la forma di rogna più comune del cane. E’ data da Demodex canis, un acaro che vive come commensale nei follicoli piliferi e nelle ghiandole sebacee, spesso senza dare malattia. Si trasmette da un cane all'altro solitamente solo nei primi giorni di vita, per lo stretto contatto tra madre portatrice e cuccioli. Difficilmente si trasmette per contatto diretto tra animali adulti. Quando la malattia si manifesta, solitamente in concomitanza di fattori predisponenti, può presentarsi in forma localizzata, con lesioni rotondeggianti che possono sembrare causate da dermatofiti, oppure in forma generalizzata, con complicanze batteriche che determinano perdita di pelo diffusa e forte arrossamento della cute e gli hanno valso il nome di "Rogna rossa". Esistono altre specie di Demodex specifiche per altre specie animali fra cui l’uomo, ma solitamente le forme cliniche più gravi si hanno nel cane. ROGNA OTODETTICA: è la cosi detta "rogna auricolare" causata da un acaro (Otodectes cynotis) che si localizza nel condotto uditivo esterno del cane e del gatto, causando forte prurito e produzione di cerume nerastro. Questo acaro, molto mobile e relativamente grande (può essere visto nel condotto uditivo con la lente dell’otoscopio), si trasmette facilmente da un animale all’altro sia per contatto diretto sia per ambienti contaminati, anche se il tempo di sopravvivenza dell’acaro nell’ambiente esterno non è lunghissimo. Altri acari importanti nel cane e nel gatto, che però non causano rogna, appartengono al genere Cheyletiella. Questi, rappresentati da tre specie specifiche per cane, gatto e coniglio, causano nell'animale di solito solo una lieve dermatite con aumento di forfora, in mezzo alla quale si possono a volte distinguere a occhio nudo gli acari come puntini biancastri e mobili: per questo motivo questa dermatite è stata chamata volgarmente "forfora che cammina". Nell'uomo però, in seguito a contatto con animali infestati, possono verificarsi dermatiti molto pruriginose con presenza lesioni puntiformi arrossate, spesso localizzate nelle zone coperte dai vestiti. Anche in questo caso l'acaro non è in grado di colonizzare l’uomo e una volta trattato l'animale e disinfestato l’ambiente, il problema si risolve. Fonti Bibliografiche: Pinetti P. (1977): Le dermatofizie Piccin Editore, Padova Tampieri M.P. (1983): Le dermatofitozoonosi- IV: 31-40 Urquhart e coll. (1998): Parassitologia veterinaria. UTET, Torino. LA GESTIONE DEL CANILE dottor Giovanni Lorenzi La gestione del canile comporta le seguenti attività: • assistenza degli animali randagi catturati e degli animali ceduti, nonché controlli veterinari e terapie necessarie degli animali ricoverati; • controllo delle zoonosi; • sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive; • affidamento di animali senza padroni a nuovi proprietari; • controllo circa il mantenimento degli animali affidati dal canile; • registrazione ed elaborazione dei dati; • sterilizzazione chirurgica dei randagi per ottenere una riduzione delle nascite; • educazione sanitaria. • a tutti cani trovati o ceduti, senza microchip, ne viene impiantato uno, le spese vengono addebitato al proprietario del cane • custodia di animali sottoposti a provvedimenti di sequestro. Il Canile non deve limitare la propria attività agli animali in senso stretto, ma si deve occupare anche degli aspetti che riguardano gli animali in genere. E’auspicabile che ad esso si possano rivolgere le persone per chiedere informazioni, per tutto ciò che ha in qualche modo attinenza con gli animali. Il Servizio Veterinario in generale ed in particolare il Canile intende sensibilizzare la popolazione, per una maggiore comprensione del mondo animale in genere, promuovendo nell’ambito dell’attività di educazione socio-sanitaria, programmi di informazione e formazione volti alla conoscenza ed al rispetto degli animali, per la tutela della salute e dell’ambiente. Divulga inoltre informazioni inerenti alla prevenzione del randagismo degli animali, il comportamento da tenere nei confronti degli stessi e le cure le attenzioni necessarie. A questo scopo il canile organizza incontri con scolaresche e persone interessate. Si propone anche l’istituzione di un percorso didattico “museo “ strutturato con poster tabloid e attrezzatura interattiva con il quale spiegare argomenti inerenti il mondo animale quali la percezione animale, la comunicazione animale e comportamento da tenere nei confronti degli animali, al fine di permettere, sia alle classi in visita, sia ai visitatori della struttura, di effettuare un percorso culturale che faccia si che la visita al canile non sia solo finalizzata alla ricerca di un animale da compagnia, ma diventi un momento di arricchimento culturale fine a se stesso come può esserlo la visita di una mostra o un museo. La gestione del canile-rifugio Il successo nella gestione dipende da un'efficiente amministrazione e da un'accurata registrazione dei dati. Lo scopo principale di qualsiasi sistema di registrazione è di annotare correttamente le informazioni necessarie, nel modo più semplice possibile. I moduli d’archiviazione e/o le schede informative devono contenere: • data d’introduzione dell’animale; • specie, età, razza, colore del mantello e sesso; • provenienza, eventualmente l'indirizzo ed il numero di telefono dei proprietario cedente; • il numero di registrazione o d’identificazione; • le informazioni riguardanti lo stato di salute e la dieta e eventuali trattamenti sanitari; • data di cessione, generalità, indirizzo e numero di telefono dell’affidatario. Questa procedura non comporta l'esistenza di un elaborato sistema di registrazione dati, tuttavia si deve stabilire sia un sistema cartaceo, sia informatico, per evitare la perdita di dati. E' necessario mantenere aggiornate le informazioni relative allo stato di salute dei cani presenti all'interno del canile, comprendendo la registrazione di: • vaccinazioni; • visite; • controlli di routine nei confronti delle malattie parassitarie; • trattamenti terapeutici ed altre informazioni circa lo stato di salute di ciascun animale; • indagini diagnostiche; • eventuali interventi chirurgici. La gestione computerizzata dei canile permette di raggiungere un'organizzazione più efficiente sia dal punto di vista finanziario che della raccolta d’informazioni accurate e facilmente aggiornabili per ciascun soggetto. I dati raccolti in un computer, possono essere utilizzati in ogni fase allo scopo di mantenere una gestione aggiornata e di identificare velocemente i problemi da risolvere od il lavoro da eseguire. Tutti questi dati devono essere prontamente disponibili. Tra le informazioni inserite nel computer troviamo: • i numeri d’identificazione e le registrazioni; • i dati riguardanti lo stato di salute d’ogni soggetto; • un inventario del rifugio - canile progressivo e globale; • l'alimentazione e le cure per ciascun animale; • le presenze giornaliere dei soggetti all'interno del canile e dello spazio disponibile. (Queste informazioni risultano utili al fine di conoscere in ogni momento la ricettività residua del canile e di confrontare il profitto della pensione da un anno all'altro); • l'inventario del materiale di consumo per ottimizzare il ripristino delle scorte; • registrazione dei controlli su animali affidati; • database perso-trovato. La registrazione dei dati sul computer relativi ad ogni singolo animale, permette di accelerare il servizio d’accettazione e di congedo dei soggetto dalla struttura. La precisione con la quale i dati vengono registrati (manualmente o con l'ausilio del computer) è in relazione all'interesse personale di chi, giorno per giorno, conduce le operazioni.. Abbiamo istituito l'impiego di "schede di lavoro" all'interno della struttura, che descrivono i vari compiti e programmi, in modo tale da indurre il personale ad una più efficiente realizzazione dei rispettivi incarichi. Il personale riveste un ruolo molto importante nello svolgimento delle varie operazioni ed è per questa ragione che dovrebbe essere attentamente selezionato e motivato. E' indispensabile che in ambito lavorativo esistano dei buoni rapporti interpersonali. Si devono ricercare individui che sappiano essere attenti osservatori, pronti nel prendersi cura degli animali e che riescano ad avere un buon rapporto con loro. E' opportuno mantenere vivo l'interesse del personale verso il proprio lavoro incoraggiandone la partecipazione attiva nella programmazione e nell'adempimento dei vari compiti. Sarà opportuno assegnare ruoli diversi, rendendo disponibile la descrizione d’ogni singolo incarico, così che ciascun addetto possa sapere che cosa ci si aspetti da lui. Inoltre è necessario mettere a disposizione del personale, le istruzioni scritte riguardanti le eventuali terapie, le misure igieniche, la manutenzione, la cura e l'alimentazione degli animali. Ad intervalli regolari è indicato eseguire la valutazione dell'attività lavorativa di ciascun addetto. Questa procedura può risultare molto utile se effettuata dallo stesso operatore (auto-esame). Le misure igieniche Importante che tutte le strutture e le attrezzature siano di facile pulizia, disinfezione e manutenzione. Si deve tendere a ridurre i possibili punti d’ingresso d’insetti e roditori e ad eliminarne i potenziali luoghi d’annidamento. Nella pavimentazione del canile si è preferito utilizzare il cemento e piastrelle per la loro facile pulizia. Si è posta attenzione che le superfici non presentino fessure, depressioni ed irregolarità ove l'acqua, gli insetti, i roditori e/o le uova dei parassiti intestinali possano fermarsi. Le superfici di drenaggio sono costruite in modo tale da impedire il ristagno delle urine e dell'acqua di lavaggio con il conseguente sviluppo di cattivi odori. All'interno di un canile, le pavimentazioni di legno presentano problemi di pulizia e di disinfezione ma questo materiale è stato impiegato ugualmente per la costruzione delle pedane ove dormono i cani. Da due anni si è provato a far porre in opera un pavimento di resina del tipo impiegato nelle industrie alimentari, e vi è un ritorno positivo non solo nella maggiore facilità di pulizia ma anche in una maggiore percentuale d’affidamenti degli animali ricoverati in questi box. Ancora una volta una migliore presentazione e un’attenzione alla mancanza d’odori sgradevoli favorisce l’adozione degli animali. I box sono provvisti, nella parte coperta e chiusa, di riscaldamento sotto il pavimento piastrellato. L'attrezzatura per l'igiene del canile La pulizia del rifugio si realizza principalmente con una rimozione meccanica delle deiezioni e un successivo lavaggio con un’idropulitrice con acqua calda a pressione. Gli irroratori di questo tipo possono essere utilizzati non solo per il trattamento di pareti o pavimentazioni dell'edificio, ma anche di piattaforme, box per i cuccioli ed altre attrezzature. Inoltre, utilizzando un accessorio, è possibile aggiungere detergenti o disinfettanti al flusso d’acqua, semplificando così la pulizia. E' importante considerare l'efficacia dei prodotti e la loro sicurezza per la salute animale. Le procedure Giornalmente si lavano le ciotole per il cibo e per l'acqua con soluzioni detergenti, si risciacquano e si lasciano asciugare prima del loro successivo utilizzo. L'impiego periodico di buoni prodotti ad azione disinfettante, in accordo con quanto riportato sulle istruzioni, non solo favorisce l'eliminazione di microrganismi responsabili di varie malattie, ma inoltre contribuisco a ridurre le cause di cattivo odore all'interno di un canile. Si provvede anche a tenere sotto controllo roditori e insetti indesiderati. Il programma di medicina preventiva Con l'aumentare della concentrazione degli animali, si assiste ad una maggiore possibilità di diffusione degli organismi patogeni da un animale all'altro all'interno della popolazione. Per questo è necessario un rigoroso controllo degli animali di nuova introduzione; questi possono avere diverso stato a seconda che siano di: • proprietario noto e stato sanitario noto; • proprietario noto e stato sanitario ignoto; • proprietario ignoto o selvatici; • vi sono poi gli animali temporaneamente ospitati in base alla normativa che regola l’osservazione dei cani morsicatori, essendo la struttura della Sill sia sanitaria sia rifugio. Per gli animali di proprietario noto, è richiesto sia stata effettuata una valida vaccinazione contro le normali malattie della specie e che questa non sia scaduta, ove ciò, per questioni contingibili non sia possibile, la vaccinazione sarà effettuata al momento dell’introduzione e l’animale attenderà in un box d’isolamento di aver acquisito difese anticorpali tali da tutelarlo. Uguale trattamento sarà riservato agli animali di proprietà ignota. Anche gli animali vaccinati però dovranno passare un breve periodo in isolamento per evitare che introducano malattie che eventualmente non si sono ancora clinicamente manifestate. Sempre in struttura d’isolamento, ma senza che siano sottoposti ad alcun trattamento immunizzante saranno accolti gli animali in osservazione per la profilassi della rabbia. Una volta terminato il necessario periodo di quarantena, gli animali, anche in base al loro sesso e alla loro indole, saranno introdotti nei box di soggiorno. Percorso sanitario Provenienza Cane Í Î Ceduto dal proprietario ignota Gatto ↓ ↓ Quarantena rigorosa in Í no Í Libretto di vaccinazione reparto isolamento ↓ ↓ si ↓ ↓ ↓ Visita clinica Esame coprologico-cute ed Quarantena in reparto rifugio annessi cutanei ↓ ↓ Vaccinazione Visita clinica, ↓ ↓ ↓ ↓ Î 7 – 10 giorni appello radio e stampa Í ↓ Graduale introduzione in reparto rifugio, sterilizzazione prima dell’affidamento Sarà necessario di tanto in tanto pubblicizzare le condizioni necessarie al fine di ammettere gli animali, perché capita sempre ve ne siano di portati senza vaccinazioni, mettendo così in pericolo l’animale stesso, introdotto in un ambiente molto affollato senza adeguate difese, e talvolta occupando per tempi non necessari le strutture d’isolamento. Stiamo prendendo in considerazione l’idea di completare meglio la pagina web che ci presenta e di preparare una piccola brochure che tra l’altro fornisca al pubblico le necessarie informazioni. I cuccioli così come i cani adulti vengono vaccinati nei confronti del cimurro, epatite, leptospirosi, parvovirosi, malattia da coronavirus e rabbia secondo un programma regolare stabilito; le vaccinazioni potranno variare secondo l’età dei cani. I gatti vengono vaccinati contro la parvovirosi, la rinite infettiva e la bronchite da calicivirus. Gli animali di tutte le età devono essere controllati e trattati se necessario, per le parassitosi interne ed esterne. Si attuano visite periodiche degli animali da parte del medico veterinario allo scopo di prevenire gravi problemi sanitari all'interno della popolazione del canile e di effettuare un sollecito intervento in caso di necessità. I fattori chiave per un'efficiente attività del canile sono rappresentati da un'adeguata organizzazione e da buone procedure sanitarie, nonché dall'applicazione di un programma sanitario preventivo. E’ molto utile approntare protocolli scritti relativi alle operazioni da svolgersi nel canile ai quali gli operatori tecnici si devono attenere. Disponiamo di un accurato sistema per la registrazione delle cartelle cliniche così da disporre delle informazioni necessarie in caso di necessità. LA CATTURA DEI FELINI Marialuisa Ravenda Perché catturare? Per la prevenzione: significa meno problemi in seguito. Le colonie troppo numerose scatenano fenomeni di intolleranza, che sfociano spesso in avvelenamenti, maltrattamenti, reclami etc.; sei o sette gatti non si notano: dieci, quindici, addirittura venti creano seri problemi e generano crudeltà. Inoltre sono più difficili da seguire sotto il profilo dell’alimentazione e delle cure sanitarie. E’ da sottolineare che la sterilizzazione riduce il propagarsi di gravi malattie. Non va poi dimenticato che le città non sono più un habitat ideale per i gatti: per esempio, il traffico costituisce un grosso rischio di pericolo per i più piccoli. Chi catturare? Sicuramente prima le femmine, poiché sono in grado di prolificare anche due o tre volte l’anno. La cattura va effettuata anche nel caso fossero gravide, poiché si potrà procedere alla sterilizzazione senza creare loro alcun danno. Si dovrà usare più cautela quando si sia nel dubbio che stiano ancora allattando una precedente cucciolata: a volte, si potranno notare le mammelle visibilmente ingrossate e allungate. In questo caso è consigliabile rimandare la cattura fino a quando non ci si sarà accertati che i piccoli siano in grado di nutrirsi da soli. Qualora, tuttavia, i veterinari si dovessero accorgere che la gatta ha da poco partorito (è consigliabile comunque non liberarla, in quanto sarebbe difficile catturarla nuovamente), procederanno ugualmente alla sterilizzazione usando particolari attenzioni, cosicché la gatta potrà essere rimessa in libertà entro le 24 ore tanto da poter tornare dai suoi piccoli. E’ importante sottolineare che la mamma, dopo la sterilizzazione, potrà tranquillamente tornare ad allattare, poiché l’intervento non arresterà il flusso del latte. Quando catturare? Prevalentemente in autunno e inverno: i gatti hanno più fame e non ci sono rischi di cucciolate. La cattura avverrà preferibilmente negli orari in cui viene abitualmente distribuito loro il cibo. E’ consigliabile la presenza del referente della colonia in quanto li tranquillizza; al contrario, meglio evitare la presenza di estranei che comprometterebbero la cattura. Come catturare? Il mio motto personale e’ “tempo, pazienza e un po’ di fortuna”. Per essere catturato, un gatto deve avere fame: i referenti della colonia dovranno quindi tenerli a digiuno almeno dal giorno prima. In colonie di un certo numero, una volta posizionata la gabbia-trappola, si cercherà di distrarre il gruppo con bocconcini prelibati e ci si dedicherà poi al prescelto, facendo attenzione che nessuno degli altri veda mentre questo farà scattare la trappola. In caso contrario, vedendo braccato uno di loro nella gabbia, sarà molto più difficile che i restanti poi entrino a loro volta. Con quali strumenti catturare e come? Trasportino: deve essere di metallo; si usa per i gatti più mansueti. In fondo al trasportino, direttamente su fogli di giornale stesi precedentemente, si colloca un po’ di cibo molto appetibile. Va tenuto pronto in mano il copri trasportino, di tessuto preferibilmente scuro (al buio i gatti si calmano subito). Con pazienza si aspetta che il gatto entri: potrà entrare fino a metà e poi uscire per varie volte. Quando si sentirà più sicuro e inizierà a mangiare tranquillamente, con mano sicura e veloce si tirerà su il portellino del trasportino, assicurandosi prima che sia dentro anche la coda. Immediatamente si procederà a chiudere con il gancio di chiusura, coprire e assicurare ulteriormente la tenuta della chiusura inserendo ai lati dei laccetti (tipo filo verde plastificato). Gabbia a scatto: sistemare in fondo alla trappola il cibo, sempre sminuzzato (altrimenti il gatto prende il pezzo e se lo va a mangiare fuori) e collocarne qualche briciola anche all’ingresso. Per fare scattare il portellino della gabbia è necessario che il gatto poggi la zampina sulla pedanina situata poco prima del cibo. Non bisogna avere fretta! A volte riescono a mangiare allungando il collo, evitando di pestare la pedanina, per cui l’attesa dell’operatore sarà più lunga e a volte anche vana! Anche in questo caso, a cattura avvenuta, coprire immediatamente la gabbia con il telo tenuto a portata di mano e procedere quindi al passaggio dalla gabbia al trasportino (si vedano le istruzioni nel paragrafo Tecnica di passaggio). Se usiamo la trappola a scatto ricordiamoci che non possono entrare due gatti: uno potrebbe farla scattare mentre l’altro che si trova dietro impedirebbe la chiusura completa e, spaventati, fuggirebbero entrambi. Gabbia col filo: con questo tipo di trappola si possono catturare anche due o tre felini, se entrano insieme. Qui si può usare anche la loro ciotola abituale, sistemandola sempre in fondo. Anche in questo caso, mettere delle briciole all’ingresso e, una volta entrato il gatto, assicurarsi che ci sia in tutta la sua lunghezza, compresa la coda. A questo punto si tira il filo con fermezza e rapidità e il più velocemente possibile si copre la gabbia con il telo. Con questo genere di trappola ci si deve assicurare che lo sportello di chiusura resti fermo, eventualmente mettendoci un peso sopra: il gatto o i gatti che sono entrati potrebbero, agitandosi, riuscire a sollevarlo. Procedere poi al passaggio nel trasportino. Gabbia da degenza: viene usata per i gatti più difficili. Essendo molto più grande rispetto alle altre, incute meno diffidenza. Si consiglia ai referenti delle colonie di posizionarla nel luogo dove solitamente viene dato loro da mangiare, sistemando le ciotole all’interno della gabbia ed evitando di lasciare cibo sparso nei dintorni, fintanto che il felino che interessa, per fame, sarà costretto ad entrare nella gabbia. Lasciare che entri ed esca tranquillamente per qualche giorno; nel giorno stabilito per la cattura, ci si apposterà nei pressi della gabbia tenendo in mano la corda che precedentemente avremo assicurato al suo portello, facendola passare ulteriormente attraverso una maglia della stessa. Nel momento in cui il gatto predestinato sarà all’interno, anche se con lui ce ne fossero altri, un operatore tirerà rapidamente la corda trattenendola con forza, mentre un secondo correrà a chiudere il gancio della gabbia. Come nei suddetti casi si coprirà completamente il gabbione e in seguito si procederà con molta cautela al trasbordo di un gatto alla volta (vedi tecnica di passaggio). Tecnica di passaggio (bisogna operare, possibilmente, in due persone): A questo punto si passa alla fase più delicata, ovvero il passaggio dalla gabbia trappola al trasportino, che è bene fare, se è possibile, in un ambiente chiuso oppure direttamente sul posto: questo perché, se per sfortuna il gatto riuscisse a scappare, almeno rimarrebbe sul suo territorio. N.B. Qualora si tratti della cattura di un unico gatto/a, si potrà evitare il passaggio nel trasportino, lasciandolo/a in attesa nella gabbia stessa con la quale poi verrà trasportato/a dal Veterinario. Veniamo dunque al passaggio: la gabbia-trappola e il trasportino vengono accostati il più possibile, facendo prima scivolare il portellino del trasportino sotto alla gabbia-trappola; in mezzo va collocata una tavoletta di legno mobile più grande delle imboccature trasportino-gabbia. • Mentre si solleva il portellino della gabbia-trappola, contemporaneamente si solleva quel tanto che basta la tavoletta di legno: il gatto, per fuggire, si precipita dentro il trasportino. • Subito si fa scivolare di nuovo in basso la tavoletta di legno e la si tiene ben premuta con entrambe le mani contro il trasportino, per evitare che il gatto cerchi di fare forza e uscire. • Si allontana lentamente la gabbia-trappola e, mentre un operatore continua a tenere ben aderente al trasportino la tavoletta, l’altro solleva il portellino del trasportino per portarlo nella posizione di chiusura. Man mano, la tavoletta viene sfilata e infine tolta, quando ormai il portellino è prossimo al gancio di chiusura.Immediatamente dopo si provvede ad assicurare la chiusura del trasportino con i laccetti e naturalmente coprire come già detto. A questo punto verrà legato alla maniglia del trasportino il cartellino indicante le caratteristiche del gatto (se non si è sicuri del sesso mettere un punto interrogativo), e soprattutto la provenienza (indirizzo della colonia e nome del referente), cosicché, per ogni evenienza, incidente, contrattempo o altro, chiunque possa riportare il gatto nella sua colonia. Il gatto sarà quindi tenuto “in attesa” fino all’indomani, giorno della sterilizzazione (i gatti vengono generalmente catturati il giorno prima, anche perché devono essere a digiuno da almeno 15 ore circa), in un luogo tranquillo e sicuro (un garage, una cantina, il bagno etc.). Per nessun motivo dovranno essere tolti dal trasportino anche se piangono, sono errori che si pagano cari. Una volta effettuato il passaggio si utilizza nuovamente la gabbia-trappola per una nuova cattura. Sterilizzazione, degenza post-operatoria e reinserimento nell’oasi. Per essere sottoposto alla sterilizzazione, come già abbiamo detto, il gatto deve essere a digiuno dalla sera prima (almeno dalle ore 19). N.B. A tutti i gatti verrà praticato dai veterinari un piccolo taglio in un orecchio come segno di identificazione (in base all’articolo 29 comma 5 della Legge Regionale dell’Emilia Romagna n. 27 del 7 Aprile 2000): questo perché i gatti liberi o randagi siano distinti dagli altri e soprattutto perché chi cattura possa vedere quali sono già stati sterilizzati e quali non ancora. Dopo la sterilizzazione, per i maschi è sufficiente rimanere 24 ore nello stesso trasportino, dopodiché si possono liberare; le femmine invece devono essere trasferite con il trasportino direttamente nel gabbione e questo avviene generalmente quando sono ancora sotto anestesia. Ovviamente il gabbione deve avere un’apertura sufficientemente grande da potervi collocare dentro il trasportino, al quale, una volta inserito, con molta prudenza si calerà il portellino affinché l’animale abbia più spazio. La degenza va fatta per le prime 24 ore al caldo (dal momento che i gabbioni si tengono generalmente in garage o in cantina, si può tranquillamente lasciare la gatta nel trasportino in queste prime 24 ore, così da poterla tenere in casa); durante questo periodo si deve controllare il respiro dell’animale (verificando anche che abbiano il naso scoperto e che non ci sia perdita di sangue). Durante la degenza l’antibiotico va somministrato preferibilmente in un’unica dose nel momento in cui hanno più fame. La durata della degenza varierà dai quattro giorni in estate ai sei-sette giorni in inverno. Al termine della degenza si procederà alla fase più difficoltosa, che necessita molta attenzione e prudenza, in quanto ci troviamo ad avere il gatto ben sveglio e nella maggior parte dei casi anche molto selvatico. E’ consigliabile comunque non fidarsi mai anche se sembra buono. Per farlo tornare nel trasportino, si cercherà dall’esterno del gabbione, aiutandosi con un bastoncino, di indirizzarlo all’ interno della gabbia più piccola, dopodiché, sempre con il bastoncino, si solleverà il portellino accostandolo con fermezza al punto di chiusura; contemporaneamente, dopo aver aperto il gabbione, si introdurrà la mano e si aggancerà il portellino del trasportino. Se la manovra di passaggio dal gabbione al trasportino risultasse troppo difficoltosa, conviene lasciare il gatto dentro, caricare il tutto in macchina e liberarlo direttamente dal gabbione. E’ inoltre consigliabile, al termine di ogni degenza, disinfettare gabbione e trasportino con varechina. Al momento del reinserimento nella comunità è bene accertarsi delle buone condizioni di salute dell’animale, soprattutto in inverno: in caso contrario, prolungare la degenza. Prima di liberarli nei luoghi di traffico fare attenzione, poiché l’animale disorientato potrebbe attraversare la strada mettendosi in pericolo. Alcuni si stiracchiano, altri fuggono e possono rimanere nascosti anche 3 o 4 giorni. Sarà cura del referente che tutti i gatti della propria colonia vengano sterilizzati. Gestione dei Gatti nei ricoveri Dottor Maurizio Battistini Gestione dei Gatti nei ricoveri Richiede una Necessaria collaborazione tra ente animalista e servizio veterinario. – Senza questo presupposto è impensabile una corretta gestione Difficile collaborazione?? Veterinari – Si sentono sempre sotto accusa degli animalisti – Si nascondono con paroloni e non cercano il dialogo – Raramente apprezzano consigli o interventi esterni Animalisti – Sfiducia perché simpatizzano con liberi prof. – Vogliono applicare terapie nuove – Vorrebbero la loro gestione sanitaria Chi lavora nel gattile? Operatore del gattile – Amante degli animali e non necessariamente animalista. Comportamento – può trovarsi in difficoltà con l’ente che lo stipendia e le richieste di animalisti e veterinari – comportarsi in maniera professionale separando l’aspetto gestionale dal controllo sanitario – Essere attenti allo stato degli animali che si accudisce – Riferire sempre a colleghi di maggior esperienza o al veterinario ogni condizione anomala rilevata Decalogo di buona convivenza Rispetto della “sensibilità” animalista Collaborare per il miglior beneficio animale. Ascoltare ogni richiesta dei volontari animalisti.......anche quelle illogiche ! Informare sempre sugli interventi ambo le parti. Operare nella massima trasparenza. Evitare le scelte troppo personali. Gestione dei Gatti nei ricoveri Gestione – Conduzione – Controllo sanitario Ricoveri • Ricoveri temporanei – Gabbie per degenza – Quarantena • Ricoveri permanenti – Gattile – Colonie Ricovero temporaneo • Quarantena,gabbie per degenza • Permette un isolamento o un preciso controllo in caso di terapie – Conduzione – Alimentazione – Pulizia di ciotole,sabbiera,fornitura di acqua individuale – Pulizia ambientale – Controllo sanitario – Difficoltà nelle cure dei gatti a volte particolarmente selvatici – Possibile difficoltà di cattura Ricovero permanente Colonie – Conduzione – Controllo sanitario –INTERVENTO DELLA “GATTARA” – L’impegno garantisce una soddisfazione personale, “lubrificante sociale” – Permette una conduzione quasi gratuita o a bassissimo costo – Riesce ad avere il “polso “delle presenze in colonia Ricovero permanente Gattile – Conduzione – – – Alimentazione Pulizia di ciotole,sabbiera Pulizia ambientale – Controllo sanitario – Difficoltà nelle cure dei gatti a volte particolarmente selvatici – Possibile difficoltà di cattura Conduzione di ricoveri temporanei e permanenti Alimentazione • Quale – Cibo secco – Cibo umido – scarti • Quanto? Pulizia – – – Ambienti Sabbiere Ciotole Sistemi di cattura Gabbia trappola “Gattaiole” Pinze Cerbottana con siringhe anestetiche Sistemi di contenzione Guanti coperta Contenimento manuale – con 1 o + assistenti Tecnica per prelievo ematologico – – – Giugulare Cefalica dell’avambraccio Femorale Principi di controllo sanitario Informazioni che il personale può mettere in evidenza: Presenza di vomito o diarrea – Caratteristica delle feci e vomito Anoressia/Astenia Perdita di peso Alopecie/Lesioni cutanee Principi di controllo sanitario Particolari atteggiamenti – Antalgici – Zoppie Difficoltà respiratoria o tosse Presenza di parassiti nelle feci – Indicare le caratteristiche Presenza di ectoparassiti Alterata temperatura rettale (38,5 - 39°C) Somministrazione di farmaci Iniezione Somministrazione orale – – – di compresse Sciroppo Terapie di gruppo Trattamenti antiparassitari esterni Terapie di gruppo Interventi profilattici Vaccinazioni Trattamenti antiparassitari Disinfezione delle gabbie e ambienti Antiparassitari Bibliografia Manuale di soccorso • Fondazione Mondo Animale ONLUS tel.0823 859552 Internet • http://www.lidovenezia.com/gattilecoper tina • http://www.uslaosta.com/struttura/preve nzione/san_animale/cangat.shtml • http://www.gattiledicuneo.it/ • http://www.amordigatto.net/gattile.html • http://www.pensionedeifiordalisi.com/ga ttile.htm • http://www.pensionedeifiordalisi.com/de genza.htm • http://www.dimensioneanimalerho.it/ • http://www.fabcats.org/fab3.html Tipologia dei ricoveri Dottor Maurizio Battistini Gatto linee guida OMS/FAO Centro di collaborazione per la ricerca e formazione formazione in sanità pubblica Veterinaria,Roma. Gatti domestici - Gatti sinantropici - Gatti esclusivamente di casa - Gatti urbani randagi - Gatti categoria intermedie - Gatti selvatici Gatti rurali Gatti inselvatichiti Perchè un ricovero per gatti? Necessità etologiche Necessità sanitarie • Animali ammalati • Cure post sterilizzazione –Ne ha realmente bisogno? –Può aiutare gli operatori ad un controllo del randagismo ? Obiettivi di un controllo del randagismo felino Operare prettamente su colonie – Controllo delle nascite Incentivare le adozioni Collaborare con enti animalisti Presupporre la presenza di ricoveri Tipologia dei ricoveri (per gatti sinantropici) Temporaneo – Quarantena – Terapie – ospedalizzazione Permanente – Colonia – Gattile Ricovero permanente Colonia – aggregato di gatti che vive in ambienti dove trova rifugio e sufficienti fonti alimentari • Strettamente legato ad ambiente urbano – Ambienti protetti – Presenza di roditori selvatici /piccioni/piccoli rettili • Gattara – Importante figura indispensabile per l’approvigionamento alimentare e per il controllo Ricovero temporaneo Gabbie – Vengono esclusivamente utilizzate per brevi ricoveri relativi a terapie mediche o degenza post interventi (Gatti trovati feriti con probabile padrone) – Vengono utilizzate per isolare gatti in caso di patologie trasmissibili in corso di profilassi – Controllo di gatti morsicatori per profilassi della Rabbia – Vengono utilizzate per contenere i gatti di colonie via via catturati in attesa di intervento di sterilizzazione Gattile Struttura appositamente costruita per il ricovero permanente E’ realmente necessaria? • Requisiti – Recinzione – Habitat ottimale – Sufficiente riparo – Rispetto etologico Recinzione Rete? – Altezza superiore 1,5 mt. Parte superiore rientrante • Lastre di metallo o materie plastiche. • parte superiore rientrante. • Filo elettrico ? Strumenti per catturare e limitare i movimenti • Divisioni per ambienti • “Gattaiole” Habitat ottimale Cucce per il ricovero Sabbiere per le deiezioni Ciotole per l’alimentazione Protezione per piante Giochi • Indispensabile per far fronte alla noia relativa alla mancanza di caccia e contatti con l’uomo Vantaggi di un ricovero Gattile Censimento Controllo sanitario Contenimento Minor “pressione predatoria”sull’ambiente Possibilità di terapia di gruppo Svantaggi di un ricovero Gattile Elevata carica microbica infettante Minor libertà di movimento Impossibilità di diminuire il numero delle presenze – Difficilmente vengono poi adottati Alto costo gestionale Noia Interessamento di pochi animalisti Vantaggi di un ricovero in colonia Autonoma riduzione del numero delle presenze • Volontaria • Involontaria Minor costo gestionale Maggior libertà di movimento Vita più attiva e meno noiosa Contenzione delle nascite sui randagi Lubrificante sociale per la terza età Svantaggi di un ricovero in colonia Diffusione di mal. Infettive Impatto ambientale ecologico per zone meno urbanizzate • danni sull’ecosistema Impatto ambientale biologico per zone più urbanizzate • Vocalizzazioni/Marcature /Deiezioni Difficoltà di censimento • Minor controllo diretto Impegno gestionale In una colonia • Costo per l’alimentazion e • Impegno fisico In un gattile • Costo per l’alimentazion e • Lavaggio dell’ambiente e ciotole • Pulizia delle lettiere • Assistenza sanitaria Conclusioni Evitare la costruzione di gattili Migliorare il censimento e la gestione delle colonie feline Mantenere ottimi rapporti con enti animalisti e fruire della loro spontanea collaborazione Dott.Maurizio Battistini Servizio Veterinario Rep. di San Marino v.La Toscana 3 Rep di San Marino Tel 0549 994431 maurizio_battistini@virgili o.it Esigenze nutrizionali del gatto Dottor Giacomo Biagi - Elevata richiesta di proteine - Fabbisogni di particolari aminoacidi (taurina e arginina) - Fabbisogno di acido arachidonico - Fabbisogno di vitamina A preformata - Fabbisogno di niacina Fabbisogni proteici del gatto Il gatto necessita di livelli proteici alimentari più alti del cane Livelli minimi di proteine suggeriti dalla AAFCO: Cane adulto (mantenimento) Cane in crescita o in riproduzione 18% SS 22% SS Gatto adulto (mantenimento) Gatto in crescita o in riproduzione 26% SS 30% SS I fabbisogni dipendono anche dalla qualità delle proteine della dieta: digeribilità e composizione aminoacidica Impiego delle proteine alimentari in animali in accrescimento MANTENIMENTO ACCRESCIMENTO GATTO 60% 40% CANE 33% 67% RATTO 35% 65% Aspetti sensoriali coinvolti nella scelta alimentare OLFATTO cm2 di mucosa olfattiva Uomo 3-4 Cane 18-150 Gatto 20 (Dodd e Squirrell, 1980) Fattori influenzanti l’olfatto razza sesso età condizioni ambientali assunzione di farmaci momento fisiologico patologie Aspetti sensoriali coinvolti nella scelta alimentare GUSTO n° di bottoni gustativi Uomo 9.000 Cane 1.700 Gatto 470 (Leitbetseder, 1978) Fattori influenzanti il gusto età assunzione di farmaci patologie Diversi tipi di sapore Aspetti sensoriali coinvolti nella scelta alimentare TATTO Proprietà dell’alimento influenzanti la sensazione tattile consistenza forma dimensioni temperatura Alimentazione: commerciale o casalinga? Diete commerciali Diete casalinghe Maggiori garanzie Costo Conoscenza degli di completezza ingredienti Presenza di Praticità additivi Economicità Tempo di preparazione Possibile inadeguatezza nutrizionale Alimenti commerciali: secchi o umidi? Alimenti secchi Alimenti umidi Praticità ↑ Appetibilità (?) Conservabilità ↑ Assunzione di acqua Economicità