DOMENICA 2 DICEMBRE 2012 38 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA Percorsi Controcopertina Inediti Il racconto del viaggio compiuto con un amico nel 1955 e le tavole nate per illustrarlo, ora ritrovate. Il pittore anticipa i tempi: come una graphic novel Il Don Chisciotte del West La tavole di queste pagine In questa pagina, da sinistra Wildi si rappresenta, all’inizio del viaggio, mentre guarda il cielo stellato. A bordo del treno cromato, che l’artista ritrae nella prima tavola in alto a sinistra, divide il tempo con Carlin, amico e compagno di viaggio. Li vediamo insieme dormienti, o quasi, nell’immagine qui a sinistra: l’uomo con il bocchino è Carlin, quello con gli occhiali e un occhio aperto è Wildi. Lungo il percorso il paesaggio varia, dal finestrino si vedono, come nella foto qui sopra, anche minacciosi tralicci della corrente (cui seguiranno le torri del petrolio e numerose altre inquadrature). L’America è un posto strano, tanto che Wildi e Carlin, con il suo bravo bocchino, a volte si sentono, come nella foto sopra a destra, dei marziani: lo dimostrano le fogge di copricapi e gli arnesi alle orecchie quanto le loro facce sgomente. E finalmente arrivano in California, il bar qui a destra lo dimostra. Nell’immagine grande, un cielo stellato alla van Gogh con il riflesso dei due amici che guardano dal finestrino del treno (foto di Paolo Semprucci). di ANTONIO FAETI G iunti a una certa età, come nel mio caso, accade quello che memorabilmente descrisse Lovecraft nel suo La chiave d’argento, in cui narrava dell’impossibilità di stupirsi, di meravigliarsi, di restare attoniti quando si è messo insieme un certo numero di anni. Poi un caro amico pesarese, Elio Giuliani, giornalista e collezionista di pittura, mi ha improvvisamente donato, di nuovo, la chiave della porta dei sogni. I talismani sorprendenti e salvifici che mi sono stati offerti sono due: uno è un libretto stampato a Pesaro in poche copie dalle Arti Grafiche Federici, nel 1958, Appuntamento a S. Barbara. La seconda opportunità consiste nella visione di un certo numero di disegni del pittore pesarese Achille Wildi, destinati a illustrare le pagine di quel testo ma evidentemente tenuti poi inediti, separati dal volume. Alluderò prima al testo. Appuntamento a S. Barbara è un diario di viaggio, un diario così vero da rendere pienamente partecipi noi lettori, non solo delle scoperte, emozioni, perplessità, titubanze attribuibili ai due erranti, ma anche dei dubbi sottintesi, delle perplessità quasi non confessabili, delle riconosciute incertezze interpretative che si offrono ai due viaggiatori. I quali compongono, preliminarmente, una coppia di quelle volute — per i loro itinerari — da Cervantes o da Leskov: infatti Wildi è piccolino mentre l’amico che l’accompagna, il co-proprietario di Da Pesaro alla California, 60 anni fa: il diario americano di Achille Wildi una fabbrica di ceramiche Wilfredo Carlin, è alto un metro e novanta. Partono il 20 maggio 1955 da Port au Prince, arrivano a Santa Barbara in California in una data che non ci è fornita, fino alla Florida usano l’aereo, poi per la Florida, la Georgia, l’Alabama, il Mississippi, la Louisiana, il Texas, il Nuovo Messico vanno in treno, lo splendido treno monumentale, tutto nichelato, nitido di pulizia, con vagoni ristorante che impongono soggezione ma servono cibi privi di ogni sapore. Ecco, nella storica e nostalgica comparazione tra la rinascimentale perfezione della cucina pesarese e queste povere ma ricchissime ossessioni gastronomiche si fonda il rapporto vero tra ciò che vedono e ciò che interpretano. La sapiente presa di distanza del pittore ceramista sarebbe grandemente educativa proprio oggi. Wildi ammira le grandi distese coltivate con edenica perfezione, ma accumula brandelli di sconcertante razzismo, si addolora per la terrificante anomia dei piccoli centri tutti uguali, sente un inespresso dolore mentre fa leggere a Carlin ciò che via via scrive. E ciò che non è scritto, ciò che è tra le righe, ciò che si configura in una freudiana percezione del sintomo (di essa il pittore ha piena coscienza) rende questo diario di viaggio molto nostro, molto desiderabile, attuale perché inattuale. Poi ci sono i disegni, sottratti al volume, visti per la gentilezza di Giuliani che li possiede e che qui presentiamo per la prima volta. Ho pubblicato il mio Guardare le figure quarant’anni fa, ho seguito, da allora, mostre di illustratori, presiedo dal 1999 la giuria del «Bologna Ragazzi Award», ho scritto altri libri in argomento, ma un’emozione di questo tipo non l’ho mai provata. Ecco che cosa devo inevitabilmente affermare: nel 1955, in viaggio per alcuni Stati degli Usa, il pittore e ceramista pesarese Achille Wildi è in realtà un autore di graphic novel di oggi, assolutamente nostro contemporaneo, che agisce, si comporta, delinea, contorna, condensa e stilizza, interamente, come i migliori fra i giovani talenti che operano quasi sessanta anni dopo. Osserviamo una delle tavole apparentemente più semplici: i vagoni del treno, guardati e disegnati dal finestrino mentre il treno si delinea proprio dentro il paesaggio di sabbia, alture, sterpaglie che abbiamo visto in tanti film. Però, proprio come fanno oggi gli autori di graphic novel, Wildi sembra essersi collocato «dopo» quei film che non erano ancora stati girati. Su questa sconcertante capacità di anticipazione ho provato a riflettere. Che fosse proprio la sua arte di ceramista a fornirgli questo sguardo «altro», diverso, violentemente nostro anche se collegato a un anno indubbio? Non ho documenti, riflessioni, ottiche per sostenere questa ipotesi: essa scaturisce da un «tutto è possibile» che, effettivamente, in arte compare. Ma si tratta solo di folli e spregiudicate appro- priazioni simili a quella di Proust che scopre l’Informale in Vermeer quando fa morire Bergotte... Per contro, le terrificanti, nerissime torri del petrolio che giganteggiano, ancora dal finestrino, tetre dimore del demonio, lugubri emblemi funerari, negli anni in cui James Dean e Enrico Mattei componevano ariostesche sinfonie sul trovar petrolio, epopea nuova di un’epica cavalleresca dove la torre, a Cortemaggiore e negli Emirati, era lieta, fastosa, glorificante come una cornucopia delle mille felicità... sono torri di Wildi, lontane dal suo tempo. Sono assolutamente da collocare nell’oggi, nella contemporaneità nostra della graphic novel, due tavole che mostrano i compagni di viaggio di Wildi. Ho letto il libro, so cosa annotava mentre — lui minuzioso ceramista — si rendeva capace di rendere sonno, stanchezza, sofferenza, alterità, dissonanza nei suoi vicini addormentati o quasi addormentati. Fin da Daumier, i vicini di scompartimento si resero pretesto per una grande svolta pittorica che Wildi conosce benissimo così da tenerla lontana da sé. Perché vuole raccontare ben altro e lo ha scritto nel diario. È immerso nell’antropologia culturale della differenza, è mosso, dentro e intensamente, dalle irripetibili suggestioni che gli si offrono. Col favore del sonno altrui, ceramista di Pesaro ben desto, ci racconta che il bimbo addormentato in braccio, il soldato assopito, il profilo di donna non accomunano, bensì dividono. È un altro scompartimento, contiene una